Home | chi e dove | news | agenda | documenti | varie | links | rassegna stampa |
RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2009
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2009
SEGNALAZIONI - Ferrovie: quattro dubbi sui progetti
dellaTav
L’ultima cartina della Tav riportata dal Piccolo riguardante il passaggio della ferrovia collegante Trieste a Divaccia non dice assolutamente nulla circa il coinvolgimento dell’attuale stazione centrale di Trieste. Anzi sembrerebbe che la linea passi sotto le colline di Trieste e arrivi a Capodistria a quota zero per poi salire sotto le colline della valle del Risano e coinvolgere il monte Carso. Quindi o la cartina è fatta molto male oppure qualcuno ci sta prendendo in giro. Si prospettano quattro possibilità di interpretazione. La prima è che l’attuale stazione di Trieste, che è una stazione di testa, diventi anche di transito e cioè i binari provenienti da Ronchi a bassa quota arrivando a Trieste vadano sottto il livello del mare per raggiungere Capodistria e quindi la nostra stazione diventi in parte sotterranea e collegata all’attuale da scale mobili e quantaltro. La seconda soluzione è che i binari in arrivo da Ronchi lambiscano la città, e per arrivare a Trieste si crei un raccordo ad hoc, ed essendo la nostra stazione di testa fermerebbero a Trieste solo i treni diretti nella nostra città. È difficile che una carrozza da Lisbona a Kiev si arresti a Trieste e poi un nuovo locomotore la riagganci per ripartire. In questo caso solo pochissimi convogli arriverebbero a Trieste centrale. Oppure si crea una nuova stazione per la Tav in altra parte della città... Diverso è il discorso per i treni merci. Terza soluzione come da cartina! Trieste non è collegata ed è tagliata fuori, e la ferrovia è funzionale solo al porto di Capodistria. Anzi parrebbe che la linea arrivi da Ronchi già ad alta quota per poi scendere verso Capodistria. Una quarta soluzione è quella di saltare la nostra stazione centrale e fare riferimento invece a quella di Campo Marzio, ma anche così facendo Campo Marzio non sarebbe stazione di transito. Se a Trieste non fermano i treni vuol dire allora che la Tav serve esclusivamente alla Slovenia a tutto detrimento del porto di Trieste.
Piero Zanon
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2009
AnDanDes, più forte dei vandali
Nel 1999 un gruppo di giovani mamme del rione, guidate da Laura Flores, in seguito alla ristrutturazione edilizia eseguita dal Comune di Trieste nel giardino, hanno cominciato a ripensare allo spazio del parco, per proporre iniziative all’insegna dell’aggregazione e dell’intrattenimento per tutti. Partita quasi per gioco l’idea è poi crescita costantemente e ora il sodalizio rappresenta un punto fermo per tantissime famiglie. L’associazione culturale AnDanDes nasce ufficialmente nel 1999 e inizia presto a collaborare con l’area lavori pubblici, l’area educazione e l’area promozione sociale del Comune. Nella primavera e nell’estate del 2000 iniziano i primi eventi culturali, con le scuole della zona e con le altre realtà associative e produttive vicine. Un passo importante poi viene compiuto nell’anno successivo. «Nel 2001 l’associazione si impegna nell'applicare il metodo di progettazione partecipata per la costruzione di uno spazio al chiuso che garantisca un maggiore comfort nei momento di sosta dei frequentatori del giardino – si legge nel sito dell’Andandes – e sceglie l'architetto Lamonarca, che trasforma il punto di partenza del Comune, che prevedeva un piccolo spaccio di bibite, in uno spazio a misura di bambini». Negli anni seguenti nasce l’iniziativa per gli Spazi Urbani in Gioco, che vede proprio l’associazione come coordinatrice del progetto. Nel frattempo le mamme avviano anche un’opera di pulizia del verde. Nel 2005 inizia la costruzione del punto ristoro e nel 2006, a opera conclusa, viene concesso l'utilizzo della cucina-laboratorio all'associazione. Segue un periodo di danni e devastazione da parte di vandali, che distruggono i bagni per 17 volte. L’Andandes non si arrende e, ripristinati i servizi, l’attività prosegue, anche dopo la distruzione della cucina. Dopo dieci anni di successo e di gratificazioni le idee e la buona volontà continuano a persistere.
(m.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2009
Goletta Verde: sono inquinate le foci di Isonzo e
Tagliamento
di GRADO Foci di Isonzo e Tagliamento inquinate; illeciti su ogni 4,1 chilometri di costa del Friuli Venezia Giulia, tanto che a livello nazionale la nostra regione si trova al terzo posto di questa non certo piacevole classifica; infine “Bandiera Nera” di Legambiente alla Caffaro di Torviscosa. In sintesi sono queste le notizie diffuse in occasione della prima tappa del tour di Goletta Verde che prosegue per Venezia (da oggi a martedì) per poi fare scalo in giro per tutta l’Italia. Quest’anno i responsabili di Goletta Verde di Legambiente hanno cambiato gli obiettivi. Non più la verifica delle acque di balneazione dato che anche lo scorso anno erano stati riscontrati responsi favorevoli per il 92% delle campionature fatte, ma verifica dei punti che in linea di massima dovrebbero presentare criticità, come le foci dei fiumi. In generale, poi, si pensa a tutte le coste italiane. Nella classifica generale incentrata in particolare sull’abusivismo edilizio sul demanio marittimo e sull’inquinamento delle acque, il Friuli Venezia Giulia si colloca all’11° posto (nel 2008 53 casi con 48 persone denunciate o arrestate e 8 sequestri) ma in quella degli illeciti (pesca di frodo – è stato citato l’eclatante caso di Marano Lagunare – e infrazioni al codice della navigazione) si piazza addirittura al terzo posto. Infatti sono state complessivamente accertate 454 infrazioni con 457 persone denunciate o arrestate e 54 sequestri effettuati (720 chilogrammi di pesce, 780 di novellame, 48 di crostacei e 38 di molluschi). È stata Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, a rendere noti i dati ufficiali dei campionamenti effettuati nei giorni scorsi sottolineando appunto le criticità riscontrate alle foci dell’Isonzo e del Tagliamento. Per l’esattezza i prelievi sono stati fatti alla Foce dell’Isonzo – fine strada del Caneo in località Punta Sdobba e alla Foce del fiume Tagliamento. Entrambi sono risultati inquinati. La Bandiera Nera di Legambiente, come ha illustrato il presidente regionale, Giorgio Cavallo, è stata assegnata alla Caffaro, alla memoria, cioè , della società finale che ha gestito e chiuso l’impianto chimico di Torviscosa “che ha inquinato – ha sottolineato il relatore – per lunghi anni la Bassa friulana e la laguna di Grado e Marano senza prendere quelle misure tecnicamente disponibili che avrebbero permesso di continuare l’attività produttiva e salvaguardare l’ambiente”. Assieme alla Caffaro – è stato sempre Cavallo ad affermarlo - la Bandiera Nera va condivisa da tutti coloro che, nella società e nelle istituzioni, per subalternità o per logiche di rinvio hanno aiutato la Caffaro nel suo pervicace atteggiamento. “Della vicenda – ha ulteriormente affermato Cavallo - è responsabile in primo luogo la Snia che, attraverso le diverse società susseguitesi, non ha mai affrontato adeguatamente il nodo dell’inquinamento da mercurio (e non solo)”. Visibilmente soddisfatto l’assessore comunale di Grado, Giorgio Marin, che ha ribadito come qui non sia stato rilevato abusivismo edilizio in zone demaniali e nemmeno pesca di frodo. Ha messo in luce altresì i continui controlli delle coste e gli interventi al grande depuratore che si concluderanno fra un paio d’anni. A puntare il dito sugli aspetti prettamente scientifici è stato Lino Santoro del comitato scientifico di Legambiente regionale, mentre Luisella Milani dell’osservatorio per l’Alto Adriatico dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia ha messo in luce i 2 punti di debolezza regionali rilevati nel Golfo di Panzano, esattamente a Marina Iulia e al Lido di Panzano che sono chiusi alla balneazione. Criticità note che sono già state valutate e approfondite ma non ancora risolte se non con dei lavori a Marina Iulia e qualche intervento al depuratore di Nova Gorica. Da segnalare, infine, come ha evidenziato un altro esponente regionale di Legambiente, Michele Tonzar, la netta contrarietà di Legambiente al rigassificatore.
ANTONIO BOEMO
Muggia estende la raccolta porta a porta
Altre novità a Muggia per la raccolta dei rifiuti, dopo l’annuncio della campagna di sensibilizzazione e promozione della raccolta. Verrà infatti ampliato, passando da 80 a 120 utenze, e migliorato, il servizio porta a porta, che include le frazioni riciclabili dell'umido, della carta e cartone, del vetro, delle lattine e della plastica. Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio, passando da 33 a 45 utenti. La sperimentazione della nuova forma di prelievo a domicilio è già partita dagli esercizi pubblici e commerciali. Gradualmente, nel corso dell'anno, sarà estesa alle aziende artigiane e industriali. Solo successivamente, monitorati i risultati e fatti gli eventuali aggiustamenti in base all'esperienza, sarà allargata alle famiglie, iniziando in via sperimentale con la frazione di Zindis. Da lì, osservati gli effetti e oliati i meccanismi, il nuovo servizio potrà man mano abbracciare tutta la cittadina. Ma i tempi non saranno brevi. Attualmente infatti il Comune ha individuato la lista di artigiani e fabbriche con cui avviare la nuova fase di sperimentazione, ai quali verranno forniti degli appositi contenitori. I tempi non sono ancora quantificabili, anche se è verosimile che, tra fornitura dei contenitori e adeguata informazione, non si partirà prima dell'autunno. Queste novità, assieme ad altre iniziative che verranno attuate dall'amministrazione per promuovere la raccolta differenziata in ambito comunale, con l'obiettivo di aumentarne le percentuali in base ai dettami della legge nazionale, saranno illustrate martedì alle 17 in un incontro pubblico al teatro Verdi, al quale è invitata a partecipare tutta la cittadinanza. Cittadinanza del resto già messa al corrente dell'avvio della campagna informativa con una lettera e con l'opuscolo allegato, che in questi giorni stanno arrivando per posta alle 6.500 famiglie residenti nel Muggesano. I contenitori per il servizio porta a porta saranno di colore bianco per carta e cartone, giallo per la plastica, verde per vetro e lattine e marrone per l'umido. Finché non sarà partito il servizio porta a porta, quest'ultimo, ovvero la frazione organica dei rifiuti, dovrà essere ancora conferito nei cassonetti stradali azzurri, riservati alla raccolta del secco residuo. La novità più interessante e sicuramente più utile per raccapezzarsi tra le diverse tipologie di contenitori è la pubblicazione di un ”dizionario” che abbinerà il nome del singolo rifiuto al suo giusto conferimento.
Gianfranco Terzoli
Metropolitana leggera, in arrivo 7 milioni - Un treno
Gorizia-Nova Gorica-Sesana
Il collegamento ferroviario passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica si farà. Verrà così sanata l’anomalia di due città che, incredibilmente, non sono unite dai treni. Non solo. Si prevedono anche collegamenti sulla direttrice Nova Gorica-Sesana. Inoltre, decolleranno anche i progetti di valorizzazione dei percorsi della Grande guerra. Il Comitato di sorveglianza del programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia ha - infatti - approvato i due progetti strategici del Comune di Gorizia, attribuendo loro il punteggio massimo. Si tratta di un primo step importante e quasi decisivo. «Per la seconda e ultima fase siamo molto ottimisti. Credo proprio che i fondi necessari (7 milioni complessivamente, ndr) verranno messi a disposizione della nostra municipalità», sottolinea raggiante l’assessore comunale Guido Germano Pettarin. Di questo (e di molto altro) si parlerà domani mattina nel corso di un incontro alle 10 fra il sindaco Romoli, lo stesso Pettarin, l’ambasciatore dell’Ince Pietro Ercole Ago, l’esperto per i trasporti dell’Ince Carlo Fortuna e i sindaci (o loro delegati) dei Comuni di Nova Gorica e San Pietro-Vertojba. TRASPORTI. Ma in cosa si esplicita il progetto? In aiuto arriva Alessandro Puhali, presidente dell’associazione di studi turistici Valussi di Gorizia ed esperto di cose ferroviarie che collabora strettamente con la commissione. «La questione - dice - non è tanto poter contare su un collegamento ferroviario passeggeri tra Gorizia e Nova Gorica, tra le quali ci si può agevolmente spostare anche a piedi, quanto utilizzare il raccordo ferroviario di circa otto chilometri esistente tra le due città per mettere in relazione tra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. Sarebbe sufficiente prevedere che alcuni dei treni delle Ferrovie slovene, composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria, invece di terminare il loro servizio a Nova Gorica, prolungassero la percorrenza per circa 10 minuti sino alla stazione di Gorizia centrale, al fine di realizzare delle coincidenze con i convogli di Trenitalia in esercizio sulla relazione Trieste–Udine–Venezia. Ovviamente le stesse automotrici delle Ferrovie slovene potrebbero ripartire per le loro destinazioni (Jesenice/Lubiana – Sesana/Capodistria) dalla stazione di Gorizia centrale». Si realizzerà, pertanto, un «ring» ferroviario che farà perno sul nodo Gorizia-San Pietro per collegare rapidamente tutta l’area transfrontaliera per creare così una sorta di metropolitana leggera per i viaggiatori e favorire una rapida circolazione delle merci. Nel medesimo progetto è previsto lo sviluppo, all’autoporto di Gorizia, del terminale che consente lo scambio gomma-rotaia. In sostanza, si svilupperanno sempre più i treni Ro-La: treni capaci di caricare i Tir completi e di trasportarli via ferrovia. SABOTINO. L’altro progetto prevede la prosecuzione e l’integrazione dei lavori di valorizzazione e recupero del monte Sabotino. In territorio italiano da diversi anni sono in corso opere di pulizia, ripristino e valorizzazione, sia dal punto di vista storico (vestigia della Grande guerra; resti della pieve di San Valentino), sia dal punto di vista ambientale (ripristino della landa carsica). In territorio sloveno con contributi europei (progetto Interreg 2000-2006), è stato realizzato un Parco della Pace, che avendo come punto d’appoggio l’ex casermetta slovena di confine del Sabotino (ex museo della zona monumentale), si collega al sottostante centro di Salcano con una serie di itinerari che toccano alcuni siti significativi della montagna, evidenziati da opportuna segnaletica. Il Comune di Gorizia propone di integrare i precedenti lavori costituendo organici percorsi didattici, di visita, punti d’accesso e di sosta nel territorio italiano del Sabotino, collegandosi alle realtà di ripristino in corso o già realizzate (italiane e slovene), procedendo per lotti funzionali. In soldoni, si prevede: a risoluzione della scarsa disponibilità di spazio per la sosta degli automezzi in prossimità dell’accesso all’area (San Mauro) la conversione a tale scopo della ex strada di servizio alla “strada di Osimo”: area che alleggerirebbe anche la criticità per il traffico locale; la manutenzione della sentieristica, anche storica, per il collegamento dell’area di sosta a San Mauro da un lato e al Sabotino dall’altro; la sistemazione della casermetta del Sabotino ed allestimento interno, ad uso didattico–museale e a supporto alle visite guidate turistico-didattiche; la sistemazione di arredo funzionale a supporto dei percorsi.
FRANCESCO FAIN
IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2009
Piano regolatore, si può costruire solo in Carso
Un segreto è un segreto finché qualcuno non lo spiffera. Il Piano regolatore di Trieste, discusso fin qui con strategie carbonare affinché non una virgola diventasse nota prima della sua formale adozione, è diventato pubblico ieri per indisciplinatezza dei Verdi: «Secretare un Piano regolatore che al contrario andrebbe costruito assieme alla città - hanno detto il consigliere comunale Alfredo Racovelli e Alessandro Metz - è solo levarsi qualche fastidio insito nei comportamenti democratici, le segrete stanze poi sono l’unico posto dove è lecito sospettare libertà di mercanteggiamento, non c’è controllo». E così il corposissimo documento è stato copiato in dischetto e messo «democraticamente» in piazza. Eccone alcuni punti salienti, che i Verdi hanno analizzato con la consulenza di due architetti, Giulio Polita e Claudio Farina. EDIFICARE. Il nuovo Prg limita le nuove edificazioni. Le consente nella zone C (di espansione). Sono 18, di cui ben 13 in Carso: a Opicina, dove diventa edificabile perfino una parte del Villaggio del Fanciullo (al cui interno c’è anche un campo di calcio), a Padriciano e Prosecco. Altre 5 si trovano in città, di cui 3 nel solo rione di San Giovanni. Una di queste è nella famosa via Timignano il cui verde è stato già aspramente difeso contro le previsioni «cementificatorie» di un precedente e scaduto piano Peep. Le altre sono in via Damiano Chiesa e in via Dudovich. Edificabile anche Contovello. TUTELA. Pregevole (lo hanno riconosciuto anche i Verdi) il lavoro di ricognizione fatto sugli edifici storici, la tutela è stata estesa a tutti quelli costruiti prima del 1918, cioé in epoca asburgica. Da conservare facciate e altezze. Il «piano colore» impone tinteggiature coerenti con la storia e il contesto. I Verdi rimpiangono che restino fuori tutela palazzi più recenti, ad esempio quello della Ras. CENTRO STORICO. Si amplia, ingloba i borghi Giuseppino e Franceschino e parte di viale Miramare. Le rive sono catalogate alla voce «attività miste», e il Prg certifica decisioni già prese: Parco del mare, Silos, mercato ortofrutticolo destinato a centro residenziale e alberghiero, La ex stazione di Campo Marzio rimane riservata a museo. COSTIERA. Protetta. Non si costruisce più. Si possono solo ampliare del 10% le case esistenti ed esclusivamente per motivi igienico-sanitari. Osservano i Verdi: «E come la mettiamo col ”piano casa” che prevede il 20% in più di edificabilità fuori dal centro città ed è una legge che mette in subordine il documento urbanistico locale?». MOBILITA’. Non ci sono modifiche sostanziali.Si analizza il traffico certificando l’aumento di 200 mila scooter in 10 anni e si ripesca il Piano urbano parcheggi (Pup) ideato dal precedente assessore Maurizio Bucci: 5000 i nuovi parcheggi previsti. SERVIZI. L’idea di fondo è di limitarne l’espansione. «Un solo asilo nido nuovo è annunciato» lamentano i Verdi, che invece vorrebbero una città dove scuole, asili e uffici convivano nel centro, «qui invece solo negozi, bar e ristoranti, quando sono chiusi la città evidentemente si spegne». VERDE. Tutto catalogato, pubblico e no. È stato misurato in 11 milioni di metri quadrati. Entrano in vincolo anche i giardini pregiati privati, «verde pubblico» è anche il giardinetto di casa. Secondo i commentatori-divulgatori «va bene che sia protetto, ma non è certo ascrivibile al verde pubblico, il cui scopo è la socialità diffusa». PERMESSI. Per edificazioni entro i 5000 metri cubi («sarebbero 16 appartamenti da 100 metri») non occorre più il piano particolareggiato, basta la concessione edilizia. Si va più svelti. Ma c’è menio controllo del territorio e il Comune perde gli oneri di urbanizzazione, ovvero le opere pubbliche che il privato era fin qui obbligato a fornire in cambio dell’uso degli spazi cittadini.
GABRIELLA ZIANI
I Verdi: «Ma manca una strategia univoca»
Per i Verdi, che hanno deciso di rendere pubblico il «secretato» Piano regolatore, il documento urbanistico «manca di una strategia complessiva sulla città, fotografa l’esistente e resta ancorato a una visione centripeta, che si occupa del centro storico e trascura le zone periferiche». Lo ha detto ieri il consigliere Alfredo Racovelli che con Alessandro Metz ha prodotto anche un documento sulla «mancata trasparenza» e sulla visione più generale, definita «cristallizzata», ferma al discorso dei parcheggi per auto e moto, senza soluzioni alternative: «Sparita la prospettiva di una metropolitana leggera, inesistente l’ipotesi di introdurre la bici in città. Un Prg che ricalca quello Illy-Cervesi». Infine, aguzze frecciate al Pd, che per martedì annuncia una seconda «pubblicizzazione» del piano: «Parla tanto del Parco del mare, sul Piano regolatore solo schiamazzi in aula...». Ma Fabio Omero, che del Pd è capogruppo, ha già protestato quanto meno sull’occultamento delle carte: «Ci riempiamo tanto la bocca con la ”pianificazione partecipata” e poi arriviamo al paradosso di secretare le commissioni consiliari, non s’è mai visto, con la stessa logica anche le riunioni del consiglio comunale dovrebbero essere secretate, e perfino il bilancio preventivo». Conclude Omero: «Una volta licenziata dalla Giunta la delibera del Piano regolatore deve essere pubblica: informazione significa trasparenza e solo la trasparenza garantisce che indici e zonizzazioni non cambino a seconda degli interessi privati che in simili occasioni si manifestano sempre». Alla conferenza stampa di ieri c’erano il Wwf e alcuni comitati di quartiere, per Roiano e Gretta e per Cologna, preoccupati per piani costruttivi già efficaci, e contestati. Il Wwf: «Questo Prg così pieno di tutele arriva a buoi scappati, fotografa una situazione decisa al di fuori delle norme urbanistiche».
(g. z.)
Da Legambiente 2 vele all'Isola
GRADO Goletta Verde di Legambiente presenta stamane (alle 11, nell’area della diga sul retro del palazzo municipale) “le criticità del mare e delle coste del Friuli Venezia Giulia” mentre ieri si è parlato della Guida Blu di Legambiente con Grado che si è visto assegnare ancora due vele su un massimo di cinque (Lignano ne ha una). «Bene le due vele – afferma Legambiente -, ma ancora molti i ritardi da colmare. È necessario dare uno stop a nuove edificazioni, sfruttare energia solare e adottare la raccolta differenziata porta a porta. Comunque è un risultato incoraggiante per l’amministrazione gradese che vede premiati gli sforzi degli ultimi anni in chiave ambientale. Un risultato che arriva anche in seguito ai passi in avanti fatti in termini di mobilità, con la realizzazione della pista ciclabile che collega il centro di Grado ai Campeggi/Valle Cavanata e con la recente pedonalizzazione delle aree adiacenti al centro storico». Ma ci sono, secondo Legambiente, aspetti che preoccupano come la forte spinta speculativa-immobiliare che negli ultimi anni ha comportato un progressivo abbruttimento del centro urbano, l’abbandono del comune da parte di molti residenti e la crescita delle seconde case mentre perplessità ci sono per il progetto “Valle Cavarera” che prevede nuove importanti edificazioni a fronte di una rilevante quantità di locali invenduti. Grado è l’unico comune della provincia di Gorizia ad aver appena adottato, solo per i commercianti, il sistema di raccolta “porta a porta”, unico sistema in grado di aumentare la raccolta differenziata a livelli superiori al 50%, come dimostrato dai risultati ottenuti nel resto della provincia di Gorizia. «È da qui che bisogna partire per consentire a Grado un’ulteriore crescita in termini di sostenibilità ambientale – commenta Michele Tonzar di Legambiente Friuli Venezia Giulia –. Siamo moderatamente soddisfatti del risultato ottenuto quest’anno da Grado, ma proprio a fronte delle ampie possibilità di crescita non possiamo restare fermi e vantarci di questo riconoscimento». Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, ha invitato inoltre a predisporre un piano per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici nelle strutture pubbliche. All’incontro di ieri hanno partecipato anche il presidente della Git, Mauro Bigot, l’assessore comunale Giorgio Marin, l’assessore provinciale Mara Cernic e Gloria Gatto di Legambiente del Friuli Venezia Giulia.
(an. bo.)
ZOES ZONA EQUOSOSTENIBILE - MARTEDI', 23 giugno 2009
Quel pasticciaccio brutto dell’Eni in Nigeria -
Valori 68, aprile 2009
Quattro società, tra cui la Snamprogetti dell’Eni,
hanno pagato per dieci anni oltre 180 milioni di dollari di tangenti a
funzionari e politici nigeriani in cambio di licenze e contratti. L’Eni si tira
fuori. Ma Valori ha trovato intrecci da chiarire.
DIECI ANNI DI MAZZETTE, DISTRIBUITE A FUNZIONARI, UOMINI DI PARTITO,
POLITICI NIGERIANI in cambio di contratti da miliardi di dollari. Corruzione
aggravata e reiterata. Con queste accuse, all’inizio di marzo, è finito dietro
le sbarre l’avvocato inglese Jeffery Tesler. Il mandato di cattura è partito
dalla Corte distrettuale di Houston, in Texas, ma altri procedimenti sono stati
aperti dalla Sec (l’autorità di vigilanza dei mercati Usa) e dalle camere penali
di Francia, Nigeria, Gran Bretagna e Italia. Una bomba a orologeria che, nei
prossimi mesi, potrebbe mettere nei guai i manager e i bilanci di quattro
multinazionali dell’energia, tra cui l’italiana Eni
La banda del gas liquido
Tutto inizia nel 1991, quando quattro imprese che fanno infrastrutture per i
giacimenti di gas e petrolio decidono di creare una joint venture per
partecipare ad un bando del governo nigeriano. Lo scopo è quello di portare a
casa la commessa di Bonny Island, un progetto faraonico da sei miliardi di
dollari per costruire impianti di liquefazione del gas nel sud della Nigeria.
La joint venture si chiama TSKJ ed è costituita dalla francese Technip,
dall’americana KBR (allora controllata dall’Halliburton), da Snamprogetti
Netherlands BV, controllata al 100% dall’Eni e registrata ad Amsterdam, e dal
gruppo giapponese JGC. Le attività di TSKJ sono gestite attraverso tre società
off shore, con sede a Funchal, nell’arcipelago di Madeira, al largo delle coste
marocchine. In tutte e tre le società siedono cittadini italiani, rappresentanti
del Gruppo Eni. La terza, in particolare, LNG Servicos e gestao de projectos,
partecipata da Snamprogetti al 25%, sembra essere cruciale per l’esito delle
indagini. Dal conto olandese di LNG Servicos e gestao de projectos sarebbero
infatti partiti tutti i pagamenti più importanti.
Tangenti per tutti i calibri
In termini tecnici si chiamano “EPC contracts” (Exploration, Production and
Concession) e nel caso nigeriano sono quattro, per un totale di sei “treni”: le
infrastrutture necessarie per convogliare il gas naturale negli impianti e
trasformarlo in LNG (gas naturale liquefatto), in modo che possa essere
trasportato nelle navi. TSKJ vuole aggiudicarsi tutti i contratti e non si fa
scrupoli. Agli inizi degli anni Novanta, il Comitato Esecutivo della joint
venture incarica l’avvocato Jeffrey Tesler, di “aiutare TSKJ ad ottenere
commesse in Nigeria”, attraverso “il pagamento di somme di denaro finalizzate
alla corruzione di funzionari e uomini politici nigeriani di massimo livello”.
Così si legge nel testo dell’accusa. Dal 1994 al 2004 Tesler gestisce 130
milioni di dollari. Ma non basta. Bisogna anche foraggiare dipendenti pubblici
di livello più basso. Per questo si sceglie una società di consulenza
giapponese, a cui, dal 1996 al 2004, viene affidato un budget di 50 milioni di
dollari. I destinatari delle tangenti “giapponesi” sono in particolare una serie
di dipendenti della NLNG (Nigeria LNG Limited), una joint venture tra la NNPC
(società petrolifera statale) e Shell, Total e Eni (con il 10,4%). In tutto TSKJ
mette sul piatto 180 milioni di dollari, che Tesler e il consulente giapponese
distribuiscono a pioggia, in un arco di dieci anni. Alla fine gli sforzi vengono
ripagati e la joint venture porta a casa tutta la posta.
Il fallimento della governance
Le vie attraverso cui sono veicolati i soldi sono tortuose, ma l’accusa non
manca di ricostruirle tutte, una per una. Per versare il “budget” di Tesler si
sceglie Tri-Star Investments Ltd, società veicolo con sede a Gibilterra, di cui
Tesler è consigliere di amministrazione. Il denaro parte da un conto olandese di
LNG servicos e gestao de projectos, e finisce, attraverso una banca
corrispondente americana, nei conti che Tesler ha aperto nel Principato di
Monaco e in Svizzera. Da lì le mazzette vengono smistate sui conti svizzeri dei
funzionari africani, oppure sono prelevate in contanti per essere portate «con
valigie e furgoni» in un hotel di Abuja, la capitale nigeriana, dove ad
aspettarle ci sono «membri della NNPC o del partito al potere». Secondo
l’accusa, Tesler e la società di consulenza giapponese avrebbero agito “per
conto di TSKJ, ma anche dei singoli componenti della joint venture”. Come l’Eni,
che – come riportava il settimanale L’Espresso (ottobre 2008) – finora si è
difesa dicendo di essere stata sempre all’oscuro dei pagamenti: i rapporti
isituzionali erano gestiti dalla KBR.
I documenti del registro delle imprese di Madeira, di cui è venuto in possesso
Valori, potrebbero però raccontare un’altra storia. Anzi, potrebbe raccontarla
Antonio Falliti, consigliere in quota Snamprogetti di LNG servicos dal 1999 al
2006. Il 12 dicembre del 2002, mentre è ancora in LNG, Falliti viene infatti
nominato amministratore delegato di Baltoro Participations SA, con sede nel
Lussemburgo, una holding controllata da Rosevara Limited e Sanlux Investments
Limited, due veicoli societari irlandesi, che sono alla base dell’impero europeo
dei magnati messicani del gas Zaragoza Fuentes, proprietari della Zeta Gas.
Indagati per traffico di cocaina negli anni Novanta e per riciclaggio di denaro
a cavallo del 2000, alcuni membri illustri della famiglia Zaragoza Fuentes sono
stati più tardi accusati di corrompere funzionari della compagnia petrolifera di
Stato Pemex, per ottenere licenze. La stessa da cui il Gruppo Eni (attraverso
Saipem) ha ottenuto, alla fine del 2005, un contratto per l’installazione a mare
di sei piattaforme per l’estrazione di petrolio nella Baia di Campeche, in acque
territoriali messicane. La storia si ripete.
Oppure è tutta un’altra storia. Lo scopriremo presto.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 22 giugno 2009
Traffici per tre miliardi di euro: ecco il bottino delle zoomafie
Nel rapporto 2009 pubblicato dalla Lega antivivisezione, le attività illecite e il fatturato della criminalità organizzata. Sfruttamento degli animali, contrabbando, assalto al mare. Le principali novità
TRE miliardi di euro. E' il fatturato delle cosche della
criminalità organizzata specializzate nello sfruttamento degli animali. Il dato
emerge dal rapporto Zoomafia 2009 della Lega anti vivisezione, curato da Ciro
Troiano: una pubblicazione che da dieci anni analizza l'andamento di queste
attività illecite. Ecco le principali novità.
Cavalli e scommesse clandestine. E' un pezzo consistente della zoomafia, circa
un terzo del fatturato complessivo. Nel 2008 il numero delle corse clandestine
bloccate dall'intervento degli agenti è raddoppiato passando da 8 a 16.
Aumentato anche il numero delle persone denunciate (296 contro le 261 dell'anno
precedente) e dei cavalli sequestrati (147 contro i 114 del 2007). Molti dei
cavalli sequestrati erano stati sottoposti a dosi massicce di sostanze vietate
(dalla cocaina agli anabolizzanti passando per il viagra). Sostanze proibite che
con buona frequenza vengono utilizzate anche nel circuito delle corse normali.
Cresce anche il numero dei cavalli rubati (5 mila all'anno secondo alcune stime)
e quello delle corse clandestine che avvengono in condizioni di grave rischio
per gli animali, in strade bloccate illegalmente al momento della partenza dei
cavalli.
Traffico di cani. Con 14 milioni di cani e gatti l'Italia detiene il primato
europeo degli animali da compagnia. Un bacino potenziale straordinario per la
zoomafia che ha aumentato la sua attività: sono circa 500 mila i cani importati
illegalmente ogni anno dai paesi dell'est e venduti a prezzi elevati spacciando
falsi pedigree.
Alti anche i proventi dei canili che tengono gli animali in condizioni disperate
arrivando a incassare due milioni e mezzo di euro l'anno per mille cani.
Biopirateria. Tra i 40 milioni di animali che vivono nelle case degli italiani
si contano 30 mila tartarughe, 3 mila grossi felini (leoni, pantere, leopardi) e
altre specie protette introdotte illegalmente. Il nucleo operativo della Cites
(la convenzione per la protezione delle specie in via di estinzione) solo nel
gennaio 2008 all'aeroporto di Torino ha recuperato 2 zanne di avorio, 7 corna di
cervo, un'iguana e un coccodrillo imbalsamati, 4 pelli di coccodrillo, 3 pelli
di varano, 2 pelli di elefante, 28 pezzi di avorio lavorato. Complessivamente il
traffico illecito di fauna esotica protetta frutta 500 milioni di euro l'anno.
La "cupola" del bestiame. Sono 100 mila gli animali rubati ogni anno dagli
allevamenti. Per fronteggiare la crescente pressione dell'illegalità
organizzata, nel 2008 sono stati sequestrati beni e animali per un valore pari a
206 milioni di euro. Con le 20 mila tonnellate sequestrate dai Nas nella lotta
contro le sofisticazioni alimentari si potrebbero riempire 1.270 camion per il
trasporto degli alimenti. Il reparto più colpito (un terzo del totale) è il
settore delle carni e degli allevamenti.
L'assalto al mare. Il saccheggio del mare (traffico di datteri di mare e ricci,
spadare, pesca illegale) vale 300 milioni di euro l'anno.
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2009
Gli abitanti di via Giusti: «No ad altre costruzioni,
ci portano via il bosco» - PROGETTO PER CENTO ALLOGGI
Quesito da un milione di euro: come riuscire a far
transitare camion e betoniere necessari a costruire delle nuove case quando
l’unica via d’accesso alle nuove aree cantierabili risulta essere una sorta di
viottolo impervio e scalcinato che raggiunge una larghezza massima di 2 metri e
36 centimetri? È questa solo una delle domande che non hanno ricevuto né
risposta né approfondimento durante la seduta del Terzo consiglio
circoscrizionale, impegnato a esprimere un parere per il rilascio della
concessione edilizia di un nuovo lotto di costruzioni che riguarda il fondovalle
roianese solcato dal Rio Martesin. L’area verde, che si trova incastonata tra la
collina di Monteradio e quella di Scala Santa, sarà interessata a breve da un
imponente intervento edilizio diviso in tre lotti. Qualcosa come 30.000 metri
cubi di cemento e mattoni che dovrebbero sostanziare almeno un centinaio
appartamenti in un comprensorio dalle caratteristiche rupestri e scoscese in
presenza di terreno “fragile”, quelle marne e quel flysch che, silenziosamente e
inesorabilmente scivolano sempre più a valle per l’inevitabile forza di gravità.
La seduta del parlamentino è stata seguita da un gruppo di residenti di vicolo
Rio Martesin e di via Giusti, preoccupati per la sorte dell’ultimo polmone verde
del rione. Se i tre nuovi lotti di edilizia residenziale andranno in porto –
sospiravano i cittadini – addio bosco, viti e terrazzi, addio soprattutto al
paesaggio globale dell’ameno fondovalle, quello che qualcuno, con una certa
ironia, ha descritto come la villeggiatura “stanziale” degli anziani, dei più
piccoli e di tutti coloro che non hanno soldi per possedere un giardino.
«Alla luce del recente e grave smottamento accaduto in un cantiere di via Monte
Valerio – ha spiegato il residente Luciano Sinico – temiamo fortemente per la
stabilità degli edifici di via Giusti e dintorni. Cento nuovi appartamenti non
sono uno scherzo, e mi chiedo se le due colline che ci circondano riusciranno a
resistere a un assalto del genere». «Dire che siamo tramortiti è poco – ha
osservato Rosario Formica, un altro residente di via Giusti – anche perché a suo
tempo il sindaco e la circoscrizione ci avevano assicurato che la vallata non
sarebbe stata violata. Ora a chi dobbiamo credere?».
Di fronte alle apprensioni e agli interrogativi dei cittadini, il Consiglio
Circoscrizionale ha liquidato velocemente la questione con un parere negativo a
maggioranza al nuovo lotto nonostante la richiesta del consigliere azzurro
Fabrizio Frandoli, condivisa dai colleghi Ledi, Giovannini e Ambroset di
sospendere il giudizio per richiedere ulteriore documentazione al riguardo. «Il
parlamentino ha perso un’occasione per approfondire un progetto complessivo che
prevede la realizzazione di una sorta di nuovo quadrilatero di Rozzol Melara
nell’ultimo lembo verde di Roiano. Anche il sindaco – ha affermato il presidente
della quarta commissione consigliare comunale Lorenzo Giorgi – è seriamente
preoccupato per questi nuovi lotti. Stiamo rischiando di sacrificare una valle
intera».
Maurizio Lozei
Dobbiamo salvare il verde di Trieste dalle brame dei
palazzinari
L'ex sindaco Illy aveva previsto per la città di Trieste
uno sviluppo demografico fino a cinquecentomila abitanti, creando a misura un
piano regolatore di continua espansione, mentre a distanza di soli dieci anni
esso manifesta che la stima fu completamente sbagliata. Non solo non esiste
aumento demografico, ma un continuo calo: l'ottanta per cento della popolazione
della città è composto da persone anziane al di sopra dei sessant'anni, che
spesso vivono in condizioni precarie di sopravvivenza. Le famiglie giovani
disagiate aumentano a dismisura poiché non riescono con i loro miseri e
traballanti stipendi a pagare gli affitti e pertanto aumentano le richieste di
alloggi popolari.
Con la mancanza di fondi gli enti pubblici cercano di recuperare l'esistente e
renderlo a regola delle norme di sicurezza. In caseggiati semivuoti i pochi
anziani rimasti, dopo una vita passata tra le quattro mura che hanno visto
nascere, crescere la loro famiglia, vengono sfrattati e nelle migliori
opportunità cambiati di appartamento, zona, tessuto sociale, sradicando amicizie
e abitudini, che spesso li portano alla depressione e alla morte precoce.
Una città con traffico caotico, con uno degli indici dei sinistri più alti
d'Italia, dove la fa da padrone l'inquinamento. Una camera a gas tra Ferriera e
autoveicoli, ventilata dalla nostra provvidenziale bora, che una volta ci
portava le radiazioni di Cernobyl, e adesso ci pulisce l'aria dallo smog e dalle
polveri sottili e ci permette di scorrazzare con gli autoveicoli e inquinare
senza problemi.
Piani per la riduzione del traffico, parcheggi di scambio, utilizzo delle
metropolitane leggere che a Trieste potrebbero collegare l'altopiano, Muggia, e
creare un anello circolare attorno alla città ci sono, ma vengono inutilizzati.
Per quanto riguarda il territorio, la città viaggia tra l'indifferenza dei
cittadini, che mugulano ma poi in realtà lasciano che tutto proceda per il suo
corso. Il piano regolatore fatto dal sindaco Illy, dopo i due mandati della
destra, con il sindaco Dipiazza è ancora vigente. Tutti lo recriminano, ma poi
in realtà continua l'incremento edilizio.
Capito che Trieste non decolla né demograficamente né industrialmente, che non
possiede territorio, che possiede circa diecimila appartamenti sfitti o da
ristrutturare, perché non si pone atto rapidamente al nuovo piano regolatore,
bloccando in tutti i rioni le costruzioni inutili?
Sono di questi giorni gli scempi di San Giovanni, del Cubone delle Suore
Orsoline in Gretta, visibile per la sua bruttezza da piazza Unità d'Italia,
della imminente cementificazione dei versanti di Gretta e Roiano dove le vetture
andranno a gravitare sul vicolo Rio Martesin e la via Giusti, apportando
ulteriore traffico a Roiano centro. Simile sorte toccherà alla piana di Monte
Radio, dove sono in fase di dismissione le antenne Rai. E che dire della
vergognosa tappezzatura della via Commerciale, del vicolo delle Rose, di San
Giovanni, Opicina, Trebiciano, Villa Carsia, Basovizza!
I piani paesaggistici, i vincoli non servono assolutamente a nulla: sono solo
pane per i professionisti della ciacola.
Regione, Provincia, Comune non sono esenti da responsabilità, permettendo tale
andazzo.
Il nostro sindaco Dipiazza che vuole essere «uno in mezzo a noi», che ha assunto
ad «interim» la delega dell'assessorato all'urbanistica, agisca con tempestività
dove ancora è possibile salvare la città. I costruttori acquistano terreni
agricoli e poi pretendono di tramutarli in costruibili. Questa è una scusa che
permette loro di fare quello che vogliono. Giardini, zone agricole, boschi,
prati non devono più essere tramutati in zone costruibili nel nuovo piano
regolatore.
Barbara Gerusina
IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2009
Piazza Libertà, il Comitato riprende la battaglia - «Il
Comune non ci fa vedere il progetto, raccogliamo altre firme per salvare gli
alberi»
REPLICA L’ASSESSORE BANDELLI: «VERRA’ INDETTA
UN’ASSEMBLEA PUBBLICA»
«L’assessore Bandelli ha di recente annunciato che al progetto di
riqualificazione di piazza Libertà si stanno apportando modifiche rispetto a
quello preliminare approvato dal Consiglio comunale il 30 maggio 2008. Abbiamo
tentato di capire di cosa si tratta e chiesto di visionare il progetto, ma dal
Comune abbiamo ricevuto solamente ripetuti silenzi. È anche per questo che siamo
scesi in piazza di nuovo contro l’abbattimento degli alberi secolari di piazza
Libertà. Fino ad oggi abbiamo raccolto 10 mila firme e non ci fermeremo».
Questo il grido lanciato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza
Libertà (composto da numerosi cittadini, con il supporto dell’Associazione
orticola del Fvg “Tra fiori e piante”, di Wwf, Italia nostra, Lav e Gruppo Beppe
Grillo Trieste), che ha dato il via a una seconda tranche di raccolta firme. «Il
nostro obiettivo è quello di continuare la campagna di sensibilizzazione –
spiega Alessandra Chermaz, del comitato - Si tratta di una questione molto
sentita come dimostrano le migliaia di firme raccolte, ma anche le numerose
telefonate che riceviamo. Il problema è che dall’amministrazione comunale non
arrivano notizie certe». Da qui la decisione del comitato di tornare nuovamente
alla “guerra dei banchetti” (i prossimi due venerdì in via San Lazzaro angolo
via delle Torri dalle 17.30 alle 19.30).
Rimanda al mittente tutte le accuse l’assessore ai Lavori pubblici Franco
Bandelli, che spiega: «Il progetto di riqualificazione di piazza Libertà è in
fase di evoluzione e vi si stanno apportando piccole migliorie. Un esempio?
Inseriremo, nell’area pedonale fronte stazione, una corsia di emergenza per i
mezzi pubblici. Per tutte le altre modifiche, che non intaccano comunque
l’ossatura del progetto approvato in Consiglio comunale, rimando al momento in
cui avremo la versione definitiva, durante l’estate. Quando il progetto sarà
ultimato e avrà ottenuto tutti i pareri necessari, come quello della
Soprintendenza, e prima di appaltare l’opera – aggiunge l’assessore – indirò
un’assemblea pubblica».
Il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli non molla la presa e
ribatte: «Ho insistito, ma ho solamente potuto visionare il progetto negli
uffici senza ricevere una copia, come spetterebbe a ogni membro dell’aula
consiliare». Arriva anche qui la replica secca del responsabile dei Lavori
pubblici: «Il Consiglio comunale ha già approvato ciò che rientra nelle sue
competenze: il progetto di variante urbanistica. A iter ultimato, invece,
l’approvazione definitiva spetterà esclusivamente alla giunta. Non sussistono
ulteriori passaggi obbligatori in aula».
Elisa Coloni
Costa: a rischio i fondi per il Corridoio 5, il governo
decida
IL PRESIDENTE DELL’AUTHORITY VENEZIANA LANCIA L’ALLARME
DI FRONTE AGLI OPERATORI DI LOGISTICA E TRASPORTI
Maresca (Compagnia di Monfalcone) insiste: «I grandi traffici viaggiano verso
Genova e Rotterdam, non per Trieste»
VENEZIA Abbattere le resistenze, togliere i freni, accelerare la costruzione
di una rete transeuropea di trasporti efficiente, sicura e socialmente
rispettosa dei lavoratori. Il futuro della politica dei trasporti in Europa
passa dal Nordest, che deve portare all’attenzione del Parlamento europeo le sue
richieste in termini di sviluppo delle infrastrutture. Una prima sfida è già
sulla carta: il Corridoio ferroviario 5 da Lisbona a Kiev. Ma il percorso tra
Mestre e Trieste è ancora in via di definizione, gettando dubbi sul
finanziamento di 30 milioni di euro, che la Commissione Europea ha stanziato nel
2004.
Nel corso del convegno «Il futuro della politica dei trasporti in Europa –
2009-2014», che si è tenuto ieri a Venezia, si sono confrontati i maggiori
esperti in tema di trasporti e Paolo Costa, presidente dell’Autorità Portuale di
Venezia ha assicurato che i fondi europei sono al sicuro: «Il problema sarà
recuperare il resto dei finanziamenti dal Governo italiano, che devono coprire
almeno l’80% dei costi di realizzazione». Per Maurizio Maresca, di recente
nominato alla presidenza della Compagnia portuale di Monfalcone, questo sforzo
potrebbe rivelarsi una perdita di tempo e di risorse: «I due corridoi ferroviari
significativi e fondamentali per i traffici dovrebbero essere il
Genova-Rotterdam e Ronchi-Tarvisio. In ogni caso, il percorso del Corridoio 5
per il Fvg dovrebbe passare per Gorizia e non per Trieste».
Maresca parla anche di «grave ritardo nello sviluppo della logistica europea»:
«I porti sono inconsistenti e l’Europa, ora, deve agire su due livelli: prima di
tutto deve varare norme forti e promuovere una disciplina unitaria per la
gestione dei i porti-corridoio. In secondo luogo, deve individuare, in Italia 3
o 4 porti-corridoio fondamentali. Penso a Genova-Savona e
Venezia-Monfalcone-Trieste».
SILVIA ZANARDI
RIGASSIFICATORE - Critiche infondate
Rispondo alla segnalazione su Il Piccolo di Trieste
dell'8/6 us. a firma del signor Lorenzo Novello che, in modo confuso, risponde
ad un mio pubblico attacco al Sindaco di Muggia Nerio Nesladek, del quale
criticavo il comportamento tenuto nella Seduta di Comitato del Porto che, per
oggetto, aveva la stipula degli accordi sul nuovo P.r.p.
Spazziamo immediatamente il campo da ogni possibile fraintendimento: per il
Comitato di Salvaguardia del Golfo di Trieste, io opero in qualità di addetto
stampa e, in questa specifica veste, ho l'obbligo di segnalare tutto ciò che in
merito agli impianti ritenuti pericolosi (non solo da me: i rigassificatori
figurano nell'elenco del Ministero dell'Ambiente come particolarmente
pericolosi) che tentano di aggredire lo scarso territorio che ci è rimasto con
lo sviluppo di attività ad alto rischio e, soprattutto, senza il rispetto delle
leggi nazionali e comunitarie che tali attività regolano.
Devo dirle, inoltre, che del mio intervento lei ha capito quello che voleva:
cioè nulla! Prima di parlare corre l'obbligo di prestare un minimo di attenzione
alle parole che sono state scritte. Vi avrebbe letto (a metà della prima colonna
del mio intervento) che la maggioranza dei consiglieri comunali di Muggia, ma
anche la maggior parte degli ambientalisti che operano sul territorio, erano
d'accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo Piano. (Sa cosa significa
pronunciamento positivo?) Ciò che, viceversa, non ha trovato coesione nemmeno
quando il Sindaco Nesladek, esponendo una sua teoria ricca di utopia, è stato
quando ha tentato di convincere il Consiglio alle sue ragioni. Quelle sue
ragioni, purtroppo per lei e per il sindaco che difende a spada tratta, non solo
non sono state accolte, ma nelle motivazioni di chiusura del Verbale consiliare
(apra bene le orecchie signor Novello), è stata deliberata la seguente mozione:
3. Di dare mandato al Sindaco, quale componente del Comitato Portuale, di agire
con ogni mezzo, compreso se necessario il voto contrario all'adozione del Piano
Regolatore Portuale, qualora non venisse rivista la zonizzazione del polo
energetico in modo da impedire la possibilità di realizzare rigassificatori di
Gnl o depositi di Gpl.
La delibera contenente il precisato punto 3, è stata dichiarata immediatamente
eseguibile ai sensi dell'articolo 1, comma 19, della L.R. 11. 1203 n°21, con
l'approvazione della maggioranza del Consiglio, specie di quella parte che
sostiene il Sindaco Nesladek.
Orbene, il Sindaco Nesladek, come uomo di rappresentanza delle Istituzioni
locali, in Comitato Portuale avrebbe dovuto eseguire alla lettera il mandato
ricevuto. Era un suo preciso dovere etico, morale e giuridico. Doveva chiedere
soltanto se il Comitato Portuale avesse o meno l'intendimento di togliere dal
Piano ogni e qualsiasi riferimento al Polo energetico. Se non fosse stato in
grado di veder soddisfatta la sua richiesta, gli rimaneva un'ultima e definitiva
mossa che gli era stata assegnata, in via fiduciaria, dal Consiglio Comunale di
Muggia: esprimere voto contrario all'adozione del Nuovo Piano Regolatore
Portuale. Punto! Tutto il resto che lei mi ha scritto è assolutamente privo di
interesse per me e di nessun valore giuridico. Gli uomini che vengono chiamati a
rappresentare i cittadini dai quali vengono eletti, dovrebbero avere a cuore
legge, diritto e Costituzione. Solo su queste basi di impegno morale, uno può
agire ed essere anche difeso nel caso in cui commettesse errori in buona fede.
Scegliendo strade di personali convincimenti per soluzioni immaginarie ;
eludendo perfino i mandati ricevuti, non si va da nessuna parte.
Per tutte le sciocche insinuazioni che lei vorrebbe attribuirmi in chiave
pseudo-politica, peggio di così non poteva cadere, perché chi mi conosce sa
perfettamente quanto io sia refrattario a qualsiasi ideologia politica.
Giorgio Jercog - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2009
Il ”Miani” in Regione senza appuntamento - DELEGAZIONE
RESPINTA
Senza appuntamento non si entra. Un destino ricorrente
quello del Circolo Miani - associazione che da anni si batte per la chiusura
della Ferriera di Servola - che ieri con una trentina di aderenti si è
presentato in piazza Oberdan per avere un colloquio con i capigruppo del
Consiglio regionale. Gli uscieri hanno chiamato gli uffici e la risposta è stata
un secco no «perché non avete preso preventivamente appuntamento». La stessa
sorte era capitata ai componenti la settimana scorsa, quando il ”Miani” aveva
tentato la sortita in piazza Unità d’Italia, per incontrare il presidente della
giunta, Renzo Tondo, anche in quel caso senza appuntamento. Il responso era
stato identico: non si passa. L’unico a dare ascolto ieri ai presenti è stato il
consigliere regionale Igor Kocijancic che ha promesso l’interessamento per un
futuro appuntamento.
Sebenico, iniziata la produzione di energia eolica -
FASE SPERIMENTALE DI UN MESE
FIUME Poco a Sudest di Sebenico, in località Grebastica, a
pochi chilometri dalla linea di costa, la seconda centrale eolica di questa
regione dalmata ha cominciato a immettere in rete i primi kilowatt di energia
elettrica ricavati dall’utilizzo della forza del vento. L’impianto, che si
compone di 11 generatori, ha cominciato una fase di collaudo della durata di
circa un mese. Il secondo «parco eolico» della regione sebenzana ha una potenza
installata pari a 9,6 megawatt. Secondo la scheda tecnica, una volta in funzione
a pieno regime la nuova centrale eolica dovrebbe fornire al sistema distributivo
nazionale circa 24 gigawattore di corrente (ossia 24 milioni di kilowatt).
La batteria di generatori è dislocata in posizione sopraelevata, sull’altura di
Orlice, appena qualche chilometro a Nord della Litoranea adriatica, all’incirca
a metà strada fra Sebenico e Capocesto (Primosten). A realizzare il progetto è
stata la ditta EnerSys, con sede a Ragusa (Dubrovnik) ma che ha praticamente
fatto da tramite per un investimento di capitale tedesco. «Made in Germany» è
anche l’intera filiera tecnologica installata nei pressi di Grebastica.
L’ammontare dello stanziamento è di circa 12 milioni di euro. Per potenza
installata, la Centrale eolica di Monte Orlice è solo di poco inferiore a quella
già operativa in zona Trtar-Krtolica, sempre nella stessa regione centrodalmata
e sempre con tecnologia e capitale tedesco, che annovera un «filare» di 14
generatori (11,2 Mw) e che, dalla sua entrata in funzione, in quasi tre anni ha
fornito alla rete di distribuzione elettrica poco meno di una novantina di
milioni di kilowatt.
Entrambe le centrali sono state realizzate in piena conformità alle norme del
nuovo quadro legislativo sull’utilizzo delle fonti energetiche alternative.
Norme secondo le quali entro la fine del 2010 in Croazia tali fonti dovrebbero
sopperire ad almeno il 4% dell’intero fabbisogno nazionale di corrente
elettrica. Sempre in quanto a fonti alternative, fin qui il maggiore impianto
eolico resta quello in funzione alle spalle di Segna, i cui 14 generatori hanno
una potenza installata pari a 42 Mw. Anche in questo caso la tecnologia è della
Wallenborn GmbH, un’industria tedesca, cui ha fatto da tramite per l’appoggio
«logistico» la rovignese «Valalta». Il «parco eolico» di Segna, installato in
zona Vratarusa, sul versante Sud della catena montuosa del Velebit e che
s’inerpica da 500 a 840 metri di quota, dovrebbe presto ottenere altri 8
generatori (anche questi con eliche tripala su piloni di 80 metri) con i quali
il potenziale installato salirebbe a circa 62 Mw, diventando così il maggiore
impianto del genere nel Sudest Europa.
(f.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2009
Ferriera, l’altoforno in fase di riaccensione -
Dimezzato il numero dei lavoratori in cassa: adesso sono cento
Torna a produrre ghisa la Ferriera di Servola. L’altoforno
numero 3 è già entrato in fase di preriscaldamento. «Prima della fine del mese
vi sarà la prima colata», hanno annunciato due rappresentanti di fabbrica:
Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Ciò ha tolto un po’
di rabbia ai lavoratori. La seconda tranche di cassa integrazione, partita
lunedì e che si protrarrà per tredici settimane, si preannuncia meno dura della
prima. Sono un centinaio attualmente (su 520 dell’organico complessivo) i
lavoratori costretti a rimanere a casa rispetto ai 200-250 in ”cassa” o in ferie
obbligate fino alla settimana scorsa.
«Tornano finalmente al lavoro quelli dell’altoforno - spiega Palman - finora i
più duramente colpiti dalla crisi e tra pochi giorni si rimetterà in funzione
anche la macchina a colare, il che richiederà altre presenze nello stabilimento.
Il fatto che la ”cassa” sia limitata a un centinaio di persone permette di fare
rotazioni più ampie e di ridurre il salasso economico per i dipendenti e per le
loro famiglie». Anche da questo punto di vista la situazione però resta
difficile (chi è in ”cassa” percepisce circa 750 euro al mese) e come riferisce
Salvaneschi molti operai, almeno una trentina, per poter tirare avanti hanno
chiesto un anticipo del loro Tfr.
L’operazione di accensione dell’altoforno (precedentemente funzionava l’altro,
poi bloccato perché non a norma) è lunga e delicata. Verrà fatto funzionare solo
a mezzo regime data la grave crisi che il mercato della ghisa continua ad
attraversare. «Una situazione questa che potrebbe protrarsi per tutto l’anno -
sottolinea Palman - ma se finalmente si tornerà al ritmo pieno il numero di 470
dipendenti in organico prospettato dall’azienda rischia di rivelarsi
insufficiente».
La Lucchini ha annunciato che non rinnoverà il contratto ai 50 lavoratori
assunti a termine, portando di conseguenza l’organico da 520 a 470 persone.
Contro questa decisione l’Ugl effettuerà oggi alle 17.30 un volantinaggio in
piazza Unità. Si è però aperta una trattativa con l’intento di ”barattare” il
maggior numero possibile di lavoratori a termine con altrettanti a meno di tre
anni del pensionamento che potrebbero andarsene in mobilità con un’integrazione
economica messa a disposizione dall’azienda. Anche di questo si parlerà
nell’incontro a cui parteciperanno i segretari confederali dei sindacati e i
vertici aziendali venerdì 26 giugno nella sede di Assindustria.
(s.m.)
Il piano rifiuti arriva all’esame della giunta
TRIESTE Il progetto di Piano regionale dei rifiuti è
all’ordine del giorno della seduta odierna di giunta. Il documento, proposto
dall’assessore Vanni Lenna, fa il punto della situazione sul tema della raccolta
e dello smaltimento dei rifiuti e rappresenta un passaggio significativo
nell’adozione del piano che, secondo l’assessore, sarà approvato entro la
primavera del prossimo anno. L’esecutivo regionale sarà chiamato anche ad
approvare un riparto da 1,5 milioni di euro a favore delle associazioni
sportive: si tratta di una seconda tranche di risorse a favore di quelle realtà
che non hanno trovato posto tra le «top 50» finanziate ad aprile dall’assessore
Elio De Anna.
Rigassificatore, la Croazia in corsa per superare
Trieste - PRESSIONI SU SANADER
FIUME La settimana prossima il governo croato dovrebbe
prendere una decisione sui termini di costruzione e consegna del rigassificatore
che sorgerà a Castelmuschio (Omisalj), nella parte settentrionale dell’ isola di
Veglia. La conferma è arrivata a Fiume per bocca di Michael Mertl, direttore
generale del consorzio Adria Lng, al quale è stata affidata la costruzione e
gestione del terminal metanifero isolano.
Mertl è intervenuto nella presentazione del progetto del rigassificatore
vegliota, avutasi nella sede della Camera d’economia regionale di Fiume: «L’
esecutivo del premier croato Ivo Sanader dovrebbe agire in tempi brevi – ha
affermato Mertl – poiché in questi giorni si assumono le decisioni relative al
terminale Lng a Trieste. Il megaimpianto triestino potrebbe rappresentare per
noi un pericoloso concorrente, ma se il governo di Zagabria reagirà la settimana
prossima come dovrebbe, allora saremo in vantaggio». Secondo Mertl, se non ci
saranno gravi battute d’arresto, il rigassificatore di Castelmuschio dovrebbe
diventare operativo nella seconda metà del 2014, movimentando annualmente sui 10
miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Nella seconda fase, si dovrebbe passare invece a 15 miliardi di metri cubi all’
anno. E’ un progetto da 800 milioni di euro, investimento che toccherà il
miliardo di euro assieme all’ edificazione del gasdotto. L’ appuntamento alla
Camera d’ Economia conteale a Fiume è stato promosso da Adria Lng, il consorzio
composto dalla francese Total, dall’ austriaca Omv, dalla slovena Geoplin e
dalle tedesche Rwe ed E. On Ruhrgas. Nel capoluogo quarnerino – montano, si è
parlato soprattutto delle opportunità delle aziende croate nel partecipare alla
realizzazione dell’ ambizioso progetto energetico. Per tale motivo, i
rappresentanti di una trentina di imprese fiumane e del resto della Croazia
hanno prestato particolare attenzione alle parole di Mertl e di David Marriott,
consulente ed esperto internazionale nel settore.
«La presenza delle aziende croate – ha dichiarato Marriott – sarà decisiva nel
porre in essere il rigassificatore, sia nella struttura societaria di Adria Lng,
sia nell’ approntamento del terminal». Confermato che, rispettando la prassi per
investimenti di questa portata, alla fine del 2010 o all’ inizio del 2011 il
consorzio sceglierà con concorso internazionale l’ Epc, cioè la persona che
dovrà anche scegliere i subappaltatori.
Andrea Marsanich
Piano regolatore, le scuse di Dipiazza non reggono: se
si vuole, «se pol»
E veramente degna di miglior causa - e anche un po'
patetica - l'ostinazione con cui il sindaco Dipiazza ripete, da anni, che la
colpa di tutti gli scempi edilizi a Trieste è del piano regolatore del '97 (cioè
quello di Illy), e che lui ed i suoi non potevano «impedire ai proprietari dei
terreni di costruire, pena denunce e sanzioni».
Lo ha ripetuto, Dipiazza (v. Il Piccolo del 5 giugno scorso), in risposta alle
rimostranze degli abitanti di Roiano, allarmati per il mega-progetto che prevede
nuove edificazioni residenziali in via Giusti e nell'area dell'ex centrale
elettrica, accanto al rio Martesin.
In realtà, la giurisprudenza amministrativa ha ampiamente confermato proprio
l'opposto, e cioè che un Comune può modificare il proprio piano regolatore in
qualsiasi momento e che non esiste alcun «diritto edificatorio» dei privati,
neppure in presenza di piani attuativi già approvati.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la n. 2418 del 10 gennaio 2009) lo
ha ribadito per l'ennesima volta, concludendo così - a favore del Comune di
Perugia - un contenzioso aperto proprio da uno di quei ricorsi dei privati, che
tanta paura pare facciano invece al sindaco di Trieste.
Si aggiunga che da molti anni il Wwf ed altre associazioni ambientaliste,
insieme a diversi comitati di cittadini, cercano di far entrare questo concetto
nelle menti degli amministratori cittadini, proprio in considerazione delle
scelte scellerate contenute nel piano regolatore illyano.
I quali amministratori, peraltro, ne hanno avuto di tempo, per rivedere tali
scelte (Dipiazza è sindaco dal 2001...).
Così come non mancavano certo le motivazioni: grande valore ambientale e
paesaggistico di molte aree dichiarate edificabili, mancanza di adeguata
viabilità e perfino di fognature (è il caso di via Giusti ma anche della
totalità delle edificazioni previste in costiera), e così via.
È inevitabile perciò concludere che, se le previsioni del piano regolatore sono
rimaste invariate dal '97 ad oggi, è perché così hanno voluto sia Illy ed i
suoi, sia Dipiazza e la sua maggioranza.
Inutile ed anzi puerile, quindi, che il sindaco cerchi di nascondersi dietro il
«no se pol», perché in realtà «no se vol». Lo si era visto, peraltro, anche due
anni fa, in occasione della delibera di direttive per la variante al piano
regolatore: era quella infatti l'occasione per rimediare - sia pure in ritardo -
agli scempi urbanistici venturi.
Sindaco e Consiglio comunale si sono però piegati alle pressioni del mondo
dell'edilizia e della speculazione immobiliare e la variante che uscirà da
quelle - debolissime - direttive non modificherà nulla di sostanziale rispetto
al piano vigente.
Bene sarebbe perciò, da parte di Dipiazza, smettere di prendere in giro i
cittadini, ripetendo informazioni infondate e fuorvianti, utili soltanto a «insempiar
la gente».
Dario Predonzan - Direttivo regionale Wwf Friuli Venezia Giulia
URBANISTICA (1) - Colate di cemento
Finalmente è arrivato il piano casa voluto dal Presidente
del Consiglio Berlusconi anche in regione. Soddisfatta della legge, l'assessore
regionale Seganti, da sempre attenta al problema casa, elogia la nuova legge,
che a suo dire in particolare per le zone di periferia dove le case sono brutte
e in degrado, verranno ristrutturate con gli incentivi per poter ammodernare
ingrandendo, utilizzando le fonti energetiche alternative ecologiche.
La legge così, porrà anche limiti alle cementificazioni di nuove zone verdi, che
verranno conservate ad uso e consumo delle future generazioni.
Sa l'assessore Seganti che la zona di Via Giusti, Vicolo Rio Martesin a Tieste è
interessata da un mega progetto edilizio che nulla lascerà alle future
generazioni se non lo squallore della fotocopia della Via Commerciale?
E allora si attivi prima che sia troppo tardi.
Dario Ferluga
URBANISTICA (2) - Una via da salvare
C’è a Trieste una strada, non proprio una strada, forse
una stradina, anzi più precisamente si tratta di un vicolo, vicolo Rio de
Martesin «fondovalle incastonato fra Tersenico (Monteradio) e Scalasanta». La
strada scende stretta tra le case per arrivare infine ad un ponte, questo è
l’ultimo punto in cui è possibile vedere il patok, torrente Carbonara-Martesin.
Il luogo racconta ancora di un passato rurale, un passato fatto di serre per i
fiori, di orti e di pastini coltivati, di quando ancora si camminava per i
sentieri, i «clanz» a fianco di muretti a secco e scale in pietra. Questo luogo
merita sicuramente un visita anche perché pare che presto cambierà aspetto. Il
bosco confina con i pastini proprio come doveva apparire una volta la via
Commerciale, che vista adesso...
La questione che volevo porre alle persone più qualificate, o a chiunque abbia
voglia di rispondere, è perché si debba rovinare qualcosa di bello e anche molto
particolare, potrei azzardare di interesse naturalistico! Se ho capito bene il
sindaco Dipiazza dichiara di avere le mani legate di fronte al precedente piano
regolatore voluto da Illy, e soprattutto di fronte alla minaccia di un’eventuale
causa legale da parte della proprietà che intende costruire. I consiglieri della
terza circoscrizione si sono sempre detti contrari anche se un po’ imbarazzati
per il giudizio non vincolante delle loro riflessioni. E allora? Tutti contrari
nessun favorevole. Contrari lo sono sicuramente i residenti, contrari (almeno a
parole) i consiglieri, contrario anche il sindaco e i favorevoli? La mia non
vuole essere una polemica sterile né intende indagare il curioso rapporto
economico-politico alla base di queste decisioni: vuole essere soltanto una
proposta per migliorare il rapporto tra il Comune e i suoi cittadini, almeno per
gli aspetti riguardanti la comunicazione e la trasparenza. Si può anche decidere
che effettivamente certe zone andrebbero prese in considerazione con progetti
specifici, penso ai contributi per il ripristino dei pastini, alla tutela della
aree boschive, alla salvaguardia dei torrenti con i loro ecosistemi, ma anche ai
parchi di quartiere e a tutte quelle misure per salvaguardare il nostro
bellissimo territorio. Forse, alla luce dei recenti smottamenti che hanno
interessato diverse zone della città, si potrebbero rivedere gli indici di
edificabilità in certe zone, considerare l’impatto ambientale delle costruzioni
nel contesto del luogo, e perché no, valutarne l’estetica. Ma questo è compito
dei tecnici, come cittadino residente in una zona interessata ad un prossimo
intervento mi piacerebbe sapere almeno cosa succede e quale vantaggio avrà la
città di Trieste dalla progressiva scomparsa delle sue zone verdi.
Giorgio Bragagnolo
COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - Udine, 17 giugno
2009
100 NUOVE DERIVAZIONI IDRAULICHE LASCERANNO IN SECCA I
NOSTRI FIUMI PIÙ BELLI
L’energia idroelettrica è in Italia e anche in FVG la
più importante delle energie rinnovabili. In Regione la produzione copre il 12%
del fabbisogno totale di energia elettrica.
Gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (certificati
verdi e conto energia) hanno determinato condizioni di forte redditività anche
per questo tipo di impianti e quindi si sono moltiplicate le richieste per
ottenere le autorizzazioni alle derivazioni dai corsi d’acqua.
Pare che oggi siano giacenti in Regione 100 domande di nuove derivazioni
richieste prevalentemente da imprenditori privati. Ogni autorizzazione viene
trattata con una procedura singola mentre manca completamente un quadro di
riferimento per una valutazione complessiva degli interventi effettuati e
proposti sui corsi d’acqua interessati.
Legambiente del FVG ha espresso tutta la sua preoccupazione perché in assenza di
linee guida precise e tempestive da parte della Regione e di normative
aggiornate e complete, oggi si rischia non solo di fare un danno ambientale
gravissimo, in caso di accettazione incondizionata delle richieste, ma anche di
modificare l’insieme di intere zone peggiorandone le caratteristiche ambientali
e le potenzialità turistiche, economiche, la fruizione da parte di intere
categorie sociali come i pescatori, la situazione microclimatica ed anche la
stabilità idrogeologica.
Legambiente del FVG chiede alla Regione di rendere noti i dati in suo possesso
relativamente ai tratti sottesi dalle nuove richieste in modo da consentire a
tutti la conoscenza e la discussione serena su quanto si prospetta a carico dei
nostri fiumi.
La cosa ancora più preoccupante è data dal fatto che la previsioni di nuovi
impianti idroelettrici fatte dal Piano Energetico Regionale sono di un aumento
di soli 12 MWe a fronte di alcune centinaia richiesti; ma anche su questo
Legambiente del FVG chiede che la Regione diffonda i dati in suo possesso.
Legambiente del FVG ritiene che la Regione debba rapidamente prendere in mano la
situazione impedendo che strumenti utili come il Piano per la Tutela delle
Acque, la cui elaborazione viene attualmente seguita dall’ARPA, vengano ad
entrare in vigore quando ormai tutti i buoi sono fuggiti dalla stalla.
Per Legambiente in questo momento non va rilasciata nessuna autorizzazione di
derivazione e di realizzazione di centrali idroelettriche, in particolare nel
territorio montano, senza che vi sia un quadro adeguato di riferimento con la
definizione di specifici criteri per valutare le iniziative proposte secondo un
orientamento di interesse generale e nel quadro di una valutazione complessiva
dello stato dei singoli corsi d’acqua.
Per questo chiediamo che la Regione si doti subito di criteri di selezione delle
domande che siano compatibili con le esigenze ambientali, sociali, economiche ed
energetiche del territorio.
Questo non significa non considerare l’acqua tra le possibili fonti rinnovabili
per la produzione di energia elettrica, ma significa riportarla alle sue reali
dimensioni e potenzialità che, con tutta evidenza, sono oggi molto contenute.
In particolare, l’obiettivo principale dovrebbe essere di inserire le iniziative
in una logica di integrazione locale di utilizzo di più fonti rinnovabili, quali
biomasse, solare fotovoltaico e termico, geotermia e là dove possibile risorse
eoliche, al fine di creare crescenti condizioni di autonomia energetica sia per
gli insediamenti residenziali che per le attività produttive.
Tutto ciò non può prescindere da una attiva regia delle amministrazioni
pubbliche, ed in particolare della Regione, dotate di opportuni strumenti di
intervento, in grado di governare le situazioni secondo una prospettiva duratura
di rapporto con il territorio evitando di avallare le operazioni di pura
speculazione sganciate da ogni legame con i reali interessi delle comunità
locali.
Legambiente del FVG lancia pertanto un grido d’allarme alla Regione, alla
società, ai soggetti competenti perché, tenuto conto delle previsioni del Piano
Energetico Regionale, si addivenga urgentemente alla stesura di linee guida in
grado di contrastare la valanga di richieste giacenti, che definiscano il quadro
della volontà politica di governare il territorio e le sue acque secondo criteri
di sostenibilità e non di mero interesse privato e perché siano messi a
disposizione i dati della nuove richieste e delle relative potenze da
installare.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2009
Piano regolatore top secret: Sasco caccia Marzi
dall’aula - Il difensore civico: «Sono allibito». Bordate da Decarli
Fuori il pubblico. Al bando giornalisti e fotografi. Via,
persino, il difensore civico, allontanato dal presidente ribattezzato
dall’opposizione ”Sasco-Ahmadinejad” per la bravura dimostrata nel creare
un’«atmosfera che farebbe invidia all’Iran», con tanto di «luci basse, tende
tirate e un unico microfono funzionante».
Più secretata di così la riunione della Commissione VI, chiamata ieri ad
assistere all’illustrazione del piano regolatore, proprio non poteva essere. A
nulla sono valse le proteste partite tanto dai banchi del centrodestra quanto da
quelli del centrosinistra per tentare di ammorbidire i guardiani dell’ordine e
rimuovere il segreto d’ufficio sul documento in discussione. «Gli atti di
pianificazione diventano pubblici solo dopo la loro adozione - ha sentenziato il
segretario generale Santi Terranova -. Di conseguenza le sedute preliminari
della Commissione devono svolgersi a porte chiuse».
Un diktat a cui, come detto, il presidente Sasco ha obbedito senza fiatare.
Tanto che la mozione d’ordine presentata dal consigliere della Lega Maurizio
Ferrara - mozione che invitava ad abolire la secretazione in virtù
dell’assunzione di responsabilità dei consiglieri tenuti a non rivelare le
informazioni- , è stata dichiarata irricevibile, tra le critiche
dell’opposizione e i malumori di buona parte degli esponenti della maggioranza.
Tutti, tra l’altro, irritati anche dalla scelta di distribuire il cd con la
documentazione relativa al piano soltanto ai capigruppo e non ad ogni
commissario, forse proprio per prevenire ulteriormente le fughe di notizie.
Già questo basterebbe a giustificare l’espressione ”corrida” usata dallo stesso
Sasco per descrivere la parte iniziale della seduta. Ma il bello, o il brutto a
seconda dei punti di vista, è andato in scena in realtà quaranta minuti dopo
l’avvio dei lavori. Quando, cioè, in aula si è presentato il difensore civico
Maurizio Marzi. «Qui non ci puoi stare - è stata la poco calorosa accoglienza
riservatagli dal presidente -. La riunione è secretata e tu non hai titolo per
accedere a questi atti. Quindi, Maurizio, credo proprio che tu debba uscire
dall’aula». «Un’affermazione a cui, all’inizio, non volevo credere. - spiega
Marzi -. Dire che sono rimasto allibito è poco. Lo Statuto e il regolamento
comunale specificano che il difensore civico può chiedere tutti gli atti e i
documenti, senza i limiti imposti dal segreto d’ufficio. La decisione di
allontanarmi è stata quindi un fatto grave perché dimostra, da un lato, scarsa
sensibilità nei confonti delle funzioni che ricopro e, dall’altro, l’assoluta
mancanza di rispetto per le regole di trasparenza che dovrebbero ispirare le
pubbliche amministrazioni».
«Durante l’intera seduta mi sono limitato a seguire le indicazioni fornite da
Terranova, l’unico ”notaio” della situazione autorizzato a dare interpretazioni
giuridiche - è la replica di Sasco -. Io giurista non sono e, vista la
delicatezza degli argomenti, non ho potuto far altro che attenermi alle
direttive». Una difesa giudicata debole e insufficiente da più di un
commissario. «Il dibattito sul piano regolatore non poteva partire con un piede
più sbagliato - commenta il Cittadino Roberto Decarli -. Sorge il sospetto che
l’amministrazione voglia evitare il confonto con la città su un tema tanto
importante». «Il segretario Terranova - spiega Fabio Omero del Pd - ci ha
fornito una sua personale interpretazione della norma sulla trasparenza sugli
atti pianificatori. Non ha però voluto, o saputo rispondere alle altre mie
domande. Perché, per esempio, se è vero che la stessa norma prevede che la
partecipazione e l’informazione al pubblico siano escluse anche per gli atti
amministrativi generali e di programmazione, sui bilanci preventivi le sedute
sono pubbliche?».
Meno dura, ma in ogni caso contrariata, la maggioranza. «Se potessi scegliere,
anch’io preferirei eliminare queste limitazioni, anche perché alla fine parliamo
di un segreto di Pulcinella - ammette la capogruppo di An Angela Brandi -. Ma
qui abbiamo a che fare con un obbligo di legge. E le leggi, piaccia o non
piaccia, non si possono aggirare».
MADDALENA REBECCA
RIGASSIFICATORE - Attenti agli espropri
Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la
provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di
Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato il loro consenso ad essere
attraversati da un metanodotto che come si può leggere nell'avviso ufficiale
pubblicato dal Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile
dovrà espropriare diversi terreni. Per la precisione nei comuni di Trieste,
Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse, Fiumicello e Ruda.
Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul giornale integra
infine a tutti gli effetti , anche la comunicazione personale ai sensi dell'art.
8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire che gli
espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul
giornale, il che sarebbe terrificante.
Sempre in questo avviso (che, faccio notare, non è stato fatto pubblicare sul
Piccolo che è indiscutibilmente il giornale più letto in questa parte della
regione) si dice che il suddetto metanodotto serve per collegare alla rete
nazionale il rigassificatore di Zaule, ma anche quello eventuale in mezzo al
golfo davanti a Grado, e adesso abbiamo la conferma: da quello che abbiamo
sentito ieri al Tgr E.On ripresenta il progetto off-shore e conta che questo
venga approvato.
Ora, mi chiedo: che fine ha fatto l'opposizione di politici come l'ex sindaco di
Grado Roberto Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei
tempi) contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della
Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si
va a costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a
qualcosa: in questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno
sottovalutare gli effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per
l'ecosistema: dal fondo marino saranno sollevati e mandati in circolazione tutti
quegli inquinanti che si sono sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi
danni alla pesca che, in quel caso, si dovrebbe proibire. Per non parlare della
nautica da diporto, e di tutte quelle attività connesse allo sfruttamento del
mare come il turismo; che ci dicono sia la salvezza per la nostra malandata
economia.
Siccome uno dei più strenui fautori di questi impianti è il sottosegretario
all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso partito dell'ex
sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone si trovano al
governo non siano più interessate al loro territorio grazie al quale –
evidentemente – sono stati eletti. E che dire del presidente della Regione Tondo
che (sicuramente qualcuno avrà visto il dibattito) disse di essere contrario a
questi impianti ed è per questo che ha avuto il voto di molti cittadini di
questa regione?
Purtroppo gli abitanti di Trieste sono in questo momento molto impegnati a
prendere il sole e non si sono ancora accorti di quello che sta per capitare al
loro bel mare.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2009
Meno cantieri con il nuovo Piano regolatore - VIA
LIBERA DELLA GIUNTA AL RINNOVATO STRUMENTO URBANISTICO
Tiro corretto in base ai 20mila alloggi sfitti in
città. Giro di vite anche in Costiera
Forte contrazione delle ”aree di espansione”, quelle in cui, in passato, in
nome di una presunta fame di alloggi, sono state autorizzate massicce operazioni
di speculazione edilizia. Riduzione degli indici volumetrici e di edificabilità
ammessi nelle zone di pregio ambientale del centro. Vincoli più stringenti per
le zone, a partire dalla Costiera, classificate come aree a vocazione turistica
e residenziale. Sono questi gli assi portanti su cui poggia il nuovo Piano
regolatore comunale, l’atteso strumento urbanistico che ieri mattina ha ricevuto
il primo via libera della giunta e ora proseguirà l’iter in vista dell’adozione
prevista entro fine luglio.
ALLOGGI SFITTI Punto di partenza del piano è stata l’analisi puntuale del
fabbisogno abitativo nel territorio di Trieste. Fabbisogno, hanno accertato gli
uffici, finora ampiamente sovradimensionato. Il censimento effettuato proprio in
funzione della stesura del piano ha accertato infatti la presenza all’interno
del comune di ben 20 mila alloggi sfitti. Un numero sorprendente, che ha
convinto della necessità di correggere il tiro rispetto al passato. Di qui la
decisione di ridimensionare le ”vecchie” zone C, vale a dire le cosiddette aree
di espansione in cui finora erano stati lasciati margini di manovra
particolarmente ampi ai costruttori e dove invece, in futuro, scatterà un vero e
proprio giro di vite in termini di volumetrie.
CENTRO STORICO Il nuovo Piano regolatore riserva un’attenzione particolare anche
al centro storico, inserito per la prima volta all’interno di un’unica
perimetrazione che includerà sia l’originario nucleo ottocentesco sia gli
ampliamenti eseguiti nel secolo scorso. L’unificazione permetterà, una volta
completato l’iter dello strumento urbanistico, di provvedere alla stesura di uno
specifico piano particolareggiato, fondamentale per garantire omogeneità negli
interventi edilizi inseriti nel cuore della città. Sempre a livello di centro
storico, è prevista una riconsiderazione delle aree B0, vale a dire le zone
ritenute di pregio ambientale, nelle quali verranno riviste al ribasso le
cubature ammesse.
AREE RESIDENZIALI E TURISTICHE Volumetrie ridotte e più rispettose del
territorio dovranno caratterizzare anche gli interventi nelle vecchie zone BT e
BNI, ossia le aree a vocazione turistica e residenziale, come ad esempio la
Costiera, vittime in passato di fenomeni di pianificazione selvaggia. Per
evitare che si ripetano in futuro, il Piano regolatore prevede una puntuale
revisione delle zone edificabili e la sostituzione dei vecchi piani
particolareggiati con strumenti di edificazione diretta.
AREE AGRICOLE Novità in vista anche per i proprietari di aziende agricole. Nelle
aree classificate come E3, E4, E6 e EB - appunto aree agricole e forestali -
verranno consentiti e agevolati gli interventi di adeguamento dell’attività
esistente. Sarà più facile quindi trasformare in agriturismo il casale inserito
nella tenuta di famiglia.
CAMPER E CIRCO Per la prima volta, inoltre, il Piano regolatore individua aree
da dedicare specificatamente all’accoglienza dei camper turistici e degli
”spettacoli viaggianti”. Espressione quest’ultima chiaramente riferita alle
manifestazioni circensi che in futuro lasceranno la precaria - e da molti
giudicata poco appropriata - sistemazione nel piazzale vicino alla Risiera per
trovar spazio in un’area riservata e attrezzata.
L’IPOTESI GINNASTICA Fin qui le linee guida del documento, le uniche attualmente
divulgabili perché inserite negli allegati della delibera di giunta. Per
conoscere i dettagli del piano, al momento secretati, bisognerà invece
attenderne l’adozione. Servirà quindi qualche settimana per avere conferma delle
indiscrezioni circolate negli ultimi giorni: una tra tutte, quella riferita a
una possibile trasformazione in chiave residenziale del complesso di via
Ginnastica che ospita attualmente la sede della Sgt.
I COMMENTI «Se fossimo a scuola, a questo Piano regolatore darei un bel 9 -
dichiara soddisfatto il sindaco Dipiaza dopo il via libera della giunta - È
stato fatto un ottimo lavoro». Ancora più geneneroso nei voti l’assessore ai
Lavori pubblici. «In una scala da 1 a 10 darei un 9,8 - commenta Franco Bandelli
-. I tecnici hanno recepito alla perfezione le direttive approvate dal consiglio
comunale il 27 luglio del 2007. Con un Piano come questo, il territorio di
Trieste non potrà più essere deturpato da ”cuboni” e costruzioni invasive».
MADDALENA REBECCA
«Pellet pericolosi solo se bruciati» - Decine di
chiamate ai vigili del fuoco per controllare il combustibile
INDICAZIONI DELLA PREFETTURA DOPO IL CASO DI MUGGIA
Decine di telefonate di persone spaventate che nei mesi scorsi hanno
acquistato nel supermercato Castorama di Muggia i sacchi di pellet contaminato
con il Cesio137 sono arrivate al centralino dei vigili del fuoco di via D’Alviano.
Qualcuno poi si è recato personalmente nella sede dei vigili per consegnare i
sacchi ritenuti a rischio. Infatti l’altro ieri, nonostante la giornata festiva,
la Procura di Aosta ha disposto un decreto di sequestro preventivo del
combustibile ecologico in legno per stufe domestiche, risultato radioattivo. Il
materiale sarebbe stato importato dalla Lituania. L'operazione è scaturita dalla
denuncia di un cittadino valdostano che, riscontrando un'anomalia nella
combustione del pellet acquistato da un rivenditore locale, ha fatto analizzare
il materiale ed ha scoperto la presenza di radioattività.
Ieri intanto la Prefettura ha inviato una nota sui sequestri effettuati
domenica, nella quale si comunica che «il materiale contaminato è esclusivamente
il pellet di marca Naturkraft Premium prodotto dalla Uab Granul Invest». Nel
comunicato si precisa che «il materiale in questione non costituisce alcun
pericolo in condizioni normali. Possono invece risultare dannose le ceneri
prodotte dalla combustione. Pertanto - rilevano in Prefettura - chiunque abbia
in casa pellet di questa marca è invitato a non utilizzarlo come combustibile e
a riportarlo al rivenditore dove lo ha acquistato e in alternativa contattare i
vigili del fuoco per ottenere indicazioni sulle procedure da attivare e per far
controllare il materiale».
Nella nota «si ribadisce che il prodotto sequestrato e risultato contaminato è
il pellets ”Naturkraft Premium 6mm» e che «alcuni pellet dal nome simile sono
stati venduti nel centro Castorama di Muggia. Le prime analisi effettuate dai
vigili hanno confermato che non vi è alcun pericolo di contaminazione. I
campioni saranno consegnati all’Arpa che procederà ad analisi più approfondite.
In ogni caso Castorama si è resa disponibile a ritirare i sacchi venduti».
TRASPORTI - Alta velocità
Dopo i vari «tuboni» che i nostri politici ci volevano
appioppare, fortunatamente spariti per le proteste della popolazione,
apprendiamo dalla stampa che è in fase di progetto l’alta velocità ferroviaria
per la linea Trieste-Divaccia.
Il percorso della linea dovrebbe raggiungere Divaccia tramite un percorso
sotterraneo, molto lungo, che prevede lo scavo di gallerie, passanti, oltre alle
altre zone, nella parte alta del rione di San Giovanni.
Teniamo a precisare che in quella zona, ricca di vene d’acqua, provenienti dal
vicino Timavo, si trova anche l’acquedotto storico denominato Capofonte, già
recentemente al centro di polemiche per gli inconvenienti dovuti ai lavori per
le case dell’Ater. È di questi giorni, a conferma della delicatezza del sito, la
frana che mette in pericolo le costruzioni esistenti, dovuta agli scavi per i
nuovi insediamenti edilizi.
Ci sembra, osservando la cartina, pubblicata sul giornale in data 28 aprile, che
forse la via più breve per raggiungere Divaccia sarebbe partire da Opicina, già
servita da una stazione con un numero consistente di binari. Poi si deve tenere
conto che la nostra zona è già gravata dalla circonvallazione ferroviaria che
passa circa sotto la direttrice piazza Volontari Giuliani-via Kandler, che ha
provocato in fase di realizzazione molti inconvenienti, citiamo ancora
l’esistente linea che parte da Rozzol e passa nella parte alta del nostro
territorio. Vista la situazione esistente, riteniamo che gravare la nostra zona
di altre servitù ferroviarie sia assurdo.
Dato che in varie parti del territorio provinciale le organizzazioni operanti
sullo stesso stanno promuovendo forme di protesta democratica, invitiamo tutti
con questo tramite a organizzarci per fare azioni adeguate anche nel nostro
rione.
Stelio Ziviz - sindacato Pensionati Cgil
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2009
Analizzati i pellet comprati a Muggia: tracce di una
sostanza radioattiva - INTERVENTO DELLA POLIZIA NEL SUPERMARKET ”CASTORAMA”
Pensava di aver acquistato dell'eco-combustibile di
qualità conosciuto con il nome di pellet utilizzabile anche come lettiera per i
conigli, ma ha scoperto di avere in casa una sostanza potenzialmente
radioattiva. Giuseppe Paparella si è presentato ieri pomeriggio nella sede dei
vigili del fuoco portando tre sacchi di materiale. E dai primi controlli è
emerso che il pellet era del tipo oggetto di un maxisequestro della procura di
Aosta.
L’allarme è stato girato subito alla polizia. Gli agenti della squadra volante
su indicazione del consumatore sono andati a verificare tra gli scaffali del
supermercato Castorama se c’era ancora qualche sacco di quel particolare tipo di
combustibile. Ma ormai, vista la stagione, il prodotto è esaurito. L’uomo
infatti l’aveva acquistato tre mesi fa.
Dai primi accertamenti sul campione è stata rilevata dai vigili del fuoco la
presenza di Cesio137: sostanza radioattiva prodotta dalla detonazione di armi
nucleari e dai reattori delle centrali. Tuttavia, è stato spiegato, che la
radioattità si manifesta solo quando il combustibile viene bruciato in una
stufa. Nessun problema invece se il materiale rimane inutilizzato. Il pellet
analizzato a Trieste presenta molte analogie con quello sequestrato nelle altre
province italiane sia come etichetta che come materiale, ma la marca non pare
essere la stessa: Natural Kraft è il nome del pellet inquisito, mentre quello
esaminato a Trieste si chiama Pellet Kraft. Secondo i vigili del fuoco infatti
la quantità di Cesio137 trovata nel pellet potrebbe comunque rientrare nella
normalità, poiché in realtà è normale - hanno spiegato - che durante la crescita
del pellet, alcuni radioisotopi si fissino nel legname. Anche dal punto di vista
della pericolosità del materiale radioattivo rinvenuto, c'è un sospetto di
pericolosità, che però non è ancora confermato dalle autorità sanitarie.
La merce - un totale di 251 tir - era arrivata dal Baltico nello scorso autunno
e poi venduta in tutta Italia, dal nord al sud e importata in un deposito di
Varese. L'eco-combustibile in questione, che in alcuni casi ha fatto rilevare
una radioattività cinque volte superiore alla soglia di tollerabilità, fa parte
di una partita - non completamente contaminata - di 10mila tonnellate giunte
dalla Lituania nell'autunno scorso e distribuite da un importatore di Varese.
Oltre la Valle d'Aosta, le regioni coinvolte sono la Lombardia (Varese, Milano,
Como, Lecco, Cremona, Bergamo, Pavia, Lodi, Sondrio e Brescia), il Piemonte
(Torino e Cuneo), la Liguria (Savona e La Spezia), il Veneto (Vicenza), l'Emilia
Romagna (Forlì, Ravenna Ferrara e Bologna), il Lazio (Frosinone e Viterbo),
l'Abruzzo (L'Aquila), la Puglia (Bari, Brindisi e Taranto), la Calabria
(Cosenza) e la Sardegna (Sassari e Cagliari).
Ora l'attenzione è rivolta alle eventuali minacce alla salute a cui possono
essersi esposti coloro che sono entrati in contatto con l'eco-combustibile
contaminato. Il Cesio137, infatti, è un materiale radioattivo estremamente
tossico. Il soggetto può subire danni cellulari dovuti alle radiazioni che
possono persino provocare perdita di conoscenza, coma o morte. Dipende dalla
resistenza delle singole persone, dalla durata dell'esposizione e dalla
concentrazione a cui il soggetto è esposto. Il rischio, in questo caso, non
dovrebbe essere elevato.
CORRADO BARBACINI
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2009
Missione a Lubiana sul rigassificatore di Zaule - Roma
punta a chiudere la partita, ma intanto i tedeschi rilanciano la piattaforma
marina
Alla trasferta in Slovenia farà seguito entro giugno il
sì della Prestigiacomo
L’epoca dei rinvii e dei silenzi ”tattici” sul via libera romano al
rigassificatore di Zaule - che fonti attendibili davano per scontato già prima
di Pasqua - stavolta pare essere finita davvero. Proprio nei giorni in cui i
tedeschi di E.On rilanciano l’interesse per il proprio progetto - quello ex
Endesa per la piattaforma marina nel golfo di Trieste - gli spagnoli di Gas
Natural stanno per incassare una volta per tutte il sì alla loro proposta di
impianto interrato nell’area ex Esso. Per quest’ultimo infatti la firma del
ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo sul documento di Via (la
Valutazione d’impatto ambientale, ndr), che completerà l’ok paesaggistico
sottoscritto dal responsabile dei Beni culturali Sandro Bondi, a meno di
improbabili colpi di scena diplomatici arriverà entro la fine di giugno. La
diplomazia è in ballo perché l’anello di congiunzione tra lo stato attuale e il
”nulla osta” del governo italiano sta a Lubiana, la capitale della Slovenia,
dove nella settimana entrante è in programma la missione di alcuni delegati del
ministero della Prestigiacomo che hanno il mandato di sciogliere, certificazioni
comunitarie alla mano, le ultime perplessità del governo Pahor. Da Lubiana, in
effetti, erano giunte anche in sede Ue richieste di sommare e incrociare le
implicazioni ambientali derivanti dall’eventuale installazione di tutti e due
gli impianti di rigassificazione ipotizzati a Trieste.
Nulla trapela per i canali ufficiali sulla missione slovena - dalla data esatta
all’identità degli emissari - ma l’aria che si respira a Palazzo è di ottimismo.
L’incertezza, insomma, sarebbe scongiurata. «La commissione Via - osserva
Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente espresso da Trieste - ha svolto
puntualmente e completato tutte le indagini supplementari determinate dalle
obiezioni della Slovenia. Ora manca solo un ultimo passo formale di carattere
internazionale, dopodiché arriverà la firma del ministro». E da lì il cerino
passerà a Gas Natural da una parte e alla Regione e alle amministrazioni locali
dall’altra, per il monitoraggio delle procedure di realizzazione. Con il Comune
- non è un mistero - che a quel punto giocherà a carte scoperte la sua partita
per le royalties, le contropartite da strappare ai ”conquistatori” spagnoli, in
primis l’ingresso della partecipata AcegasAps nel business del rigassificatore.
Una partita che Roberto Dipiazza sta gestendo personalmente, visto che è lui ad
accogliere i vertici di Gas Natural ogni volta che si presentano in città per
ricordare che loro, quel progetto, lo vogliono realizzare. Ma a che punto è la
trattativa? «Il ruolo ufficiale del Comune - non si sbottona il sindaco -
partirà con il via libera del ministro. Per ora sono solo visite di
cortesia...».
PIERO RAUBER
RIGASSIFICATORE - Il ministero chiede il parere sul
piano off-shore - Lettera degli uffici dello Sviluppo economico. Menia: Trieste
non avrà due impianti
Il rigassificatore off-shore sembrava un’idea morta e sepolta. In queste ore però E.On - che sta realizzando a Livorno un altro terminale ed è titolare anche del progetto triestino nell’ambito delle sue recenti acquisizioni dal gruppo Endesa - conferma l’interesse per la piattaforma marina, precisando che attende il permitting entro il 2009. In tale quadro s’infila una lettera di fine maggio in cui la direzione per la Sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del ministero dello Sviluppo economico chiede alla direzione per la Salvaguardia ambientale del ministero dell’Ambiente «quali misure intenda adottare a garanzia del principio dell’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo con un provvedimento espresso». Su cosa? Proprio sull’«istanza di pronuncia di compatibilità ambientale», la Via presentata nel 2006 da Endesa. Si profila un futuro con due rigassificatori? «Direi proprio di no», taglia corto Roberto Menia. «Il secondo via libera - precisa il sottosegretario - produrrebbe un cumulo d’impatti ambientali e la valutazione si è fatta sul progetto a terra. A questo si somma la contrarietà all’impianto marino, impensabile per un’area che punta sul turismo, espresso dalle amministrazioni locali. È determinante ciò che dice il territorio». «I due rigassificatori - gli fa eco Dipiazza - sono un’ipotesi che non esiste. Se firmano la Via per uno non credo la firmino per l’altro. Capisco che chi investe su una proposta tenti comunque, sostenendo la validità di studi e progetti che magari poi possono essere venduti».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2009
Ferriera, si apre uno spiraglio per i 50 precari -
SERVOLA: FIRMATE DALLE RSU ALTRE 13 SETTIMANE DI CASSA
Potrebbero restare ma solo se altrettanti lavoratori
vicini alla pensione se ne andranno
Si apre uno spiraglio per salvare perlomeno una parte dei cinquanta operai
con contratto a tempo determinato della Ferriera di Servola anche se
l’operazione comporterebbe comunque un sacrificio che si ripercuoterà su
un’altra fetta di lavoratori. La soluzione, individuata ieri nel corso
dell’incontro tra gli esponenti delle Rsu e la direttrice del personale Alessia
Zeppa, sulla scia di quanto già messo in atto nello stabilimento della Lucchini
di Piombino prevederebbe l’inserimento pieno nell’organico dei precari a patto
che si trovino, su base volontaria, altrettanti lavoratori cui mancano per
raggiungere la pensione tre anni o meno e che potrebbero dunque essere messi in
mobilità e percepire l’indennità prevista. Per favorire questo processo
l’azienda sarebbe disposta a dare un incentivo che, secondo voci ancora
ufficiose, sarebbe di 7.500 euro per il primo anno, di 10 mila per il secondo e
di 10 mila per il terzo.
Ieri i rappresentanti di fabbrica hanno firmato il prolungamento della cassa
integrazione: dal 15 giugno per ulteriori 13 settimane interesserà un massimo di
200 lavoratori. In realtà l’azienda ha già annunciato che ne saranno coinvolti
100-120 dipendenti. L’altoforno sarà comunque attivato fugando i timori più
grossi, quelli legati all’ipotesi di una sua riaccensione solo a settembre, dopo
la conclusione delle ferie.
«Per dare un giudizio sulla trattativa - ha commentato ieri Franco Palman della
Uilm - attendiamo l’esito dell’incontro che si svolgerà tra il 22 e il 25 giugno
con la partecipazione dei vertici aziendali e delle segreterie sindacali
confederali e la successiva assemblea che sarà convocata con i lavoratori. È
indubbio che la Lucchini stia attuando una riorganizzazione dei reparti in base
a un organico ribassato, ma il criterio usato è meno peggio di quanto temessimo.
La riorganizzazione globale sembra equilibrata e le situazioni più sfavorevoli
riguardano i capi in pari misura rispetto agli operai».
Certo è che, si tratti di non rinnovare i contratti a termine oppure di
incentivare la mobilità dei più anziani, l’organico fino a pochi mesi fa di 540
dipendenti, oggi già sceso a 520, verrà portato a 470 dipendenti. E l’organico
di 470 diverrà la linea del Piave dei rappresentanti sindacali che con questi
numeri intenderebbero giungere fino al momento della riconversione e della
ricollocazione dei lavoratori. Rimane però sempre l’incognita del mercato che
per quanto concerne la ghisa, così come l’acciaio, è tuttora in forte crisi e
che potrebbe costringere la Lucchini a ulteriori ridimensionamenti nei prossimi
anni.
Sulla trattativa è invece critico a oltranza Luigi Pastore rappresentante di
fabbrica per il sindacato Faims-Cisal. «Quella che ci sta imponendo l’azienda -
afferma - non è una trattativa, ma una vera e propria purga dimagrante. Abbiamo
già intuito che intendono chiudere lo stabilimento nel 2013 e non nel 2015 come
concordato. Ma da qui al 2013 la sicurezza di tutti i dipendenti è in pericolo
perché con i nuovi organici previsti l’incolumità non può essere garantita. I
reparti vengono sguarniti e accorpati: per fare solo un esempio i settori
movimento stradale e movimento ferroviario sono stati inglobati nel reparto
dell’altoforno. Vengono ridotte le squadre e diminuisce la possibilità di
scoprire sul nascere le fonti di pericolo. Recentemente sono stato io a
segnalare una fuga di gas in cokeria e un tubo dell’acqua che spandeva in
mensa».
SILVIO MARANZANA
Un piano del traffico non risolve i problemi
Non credo che un Piano del traffico, oggi, possa risolvere
o quantomeno affrontare i problemi. Semmai, potrebbe gestire il non-traffico.
Dopo aver assistito negli ultimi 15 anni almeno al susseguirsi di vari «piani»
più o meno parziali dall’«epoca Illy» a oggi, passando attraverso i vari Honsell,
Barduzzi, Camus, Bucci e simili, ci troviamo nel caos completo dopo aver
«buttato» i soldi dei contribuenti per redigere piani, pagare i «pianisti»,
distribuire paletti e panettoni, pedonalizzare e chiudere vie, eliminare corsie
o crearne di «preferenziali» o imponendo sensi unici alle rimanenti.
Il risultato è stato quello di ripensare il traffico veicolare, sempre in
maggiore crescita, sulle uniche vie rimaste ancora «libere», ottenendone il
collasso e la protesta degli abitanti frontalieri sopravvissuti. Penso quindi
che non si possa stendere alcun progetto sul traffico, tantomeno parziale e
ancor peggio locale, senza prima aver combinato radicalmente atteggiamento nei
confronti dei parcheggi. Dato per scontato che non possiamo fare a meno di auto
e moto e che queste non possono restare in movimento 24 ore su 24, né possiamo
interdire o limitarne la fabbricazione e la vendita, pena il fallimento di uno
dei più potenti pilastri dell’economia della nazione, in attesa di una
invenzione futuristica che li possa sostituire, dobbiamo per forza trovare il
modo di far sostare tutti questi veicoli togliendoli possibilmente dalle strade
che servono, per l’appunto, al loro «traffico». La scelta di concedere e
delegare la costruzione e la gestione di questi parcheggi su terreno comunale a
società private – di lucro – non è una soluzione. Per cui, l’amministrazione
pubblica deve inderogabilmente assumersi in prima persona l’impegno sociale,
prima che economico o politico, di realizzare un numero adeguato, e a costi
molto contenuti per l’utenza, se non addirittura gratuiti, di posti macchine,
oltreché di furgoni, camper ecc.
Il profitto che ne deriverà per la comunità intera, per multe risparmiate,
stipendi di vigili e aiutanti, tempo ed energie risparmiate, commercio e
artigianato rinvigoriti, sarà tutto di guadagnato per il benessere pubblico e
privato.
Bruno Benevol
IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2009
Ferriera, sul tavolo il destino dei 50 precari - LA
RIACCENSIONE DELL’ALTOFORNO A SERVOLA
Allo studio del Comune le formule a favore dei
lavoratori in esubero - Stamane incontro tra azienda e Rsu. Circolo Miani,
battibecco con l’assessore Rosolen
Si svolgerà stamane l’incontro fra i componenti delle Rsu aziendali e i
dirigenti della Ferriera, per discutere delle modalità di uscita per i 50
lavoratori dichiarati in esubero. L’appuntamento odierno farà da preludio a
quello che si terrà entro giugno e che vedrà al tavolo i rappresentanti delle
organizzazioni sindacali confederali.
In concomitanza con l’annuncio della riaccensione dell’altoforno, la Servola spa
aveva spiegato che non sarebbe stato rinnovato il contratto ai 50 dipendenti
assunti a tempo determinato. «L’incontro con l’azienda – precisa Franco Palman
della Uilm – servirà per cercare di individuare incentivi a favore di coloro che
sono vicini alla conclusione della loro attività, in modo da rendere meno
traumatica quest’uscita». Sul tema ha diffuso un comunicato anche l’Ugl
metalmeccanici, nel quale la segreteria della sigla si dichiara «esterrefatta
per il comportamento tenuto dalla Lucchini che, dopo aver siglato un protocollo
d’intesa il 20 aprile, nel quale si ribadisce che la diversificazione produttiva
è collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane impiegate nel ciclo
siderurgico, adesso comunica l’intenzione di porre fine alla collaborazione
lavorativa con chi, una volta giunto alla scadenza, abbia un contratto a tempo
determinato».
Ieri si è tenuta una seduta della Commissione speciale per la Ferriera istituita
dal Municipio, di cui è presidente il consigliere comunale Marco Toncelli:
«Abbiamo inoltrato una richiesta ufficiale alla Segreteria generale del Comune –
spiega – perché si cerchi di individuare quali sono le formule possibili per
attribuire, ai lavoratori in esubero, competenze a tempo, nell’ambito degli
incarichi socialmente utili. Esiste una legge regionale che finanzia le
amministrazioni attive su questo piano e noi abbiamo sollecitato il Comune di
Trieste a rendersi disponibile». E sempre sul fronte della Ferriera, va
registrata l’animata riunione del Circolo Miani, i cui componenti, una trentina
in tutto, si sono ritrovati all’ingresso del palazzo della giunta regionale, per
dialogare con il presidente, Renzo Tondo. Quando quest’ultimo ha fatto sapere di
«essere molto impegnato», si è scatenata la reazione con applausi ironici e
grida «vergogna, vergogna». Il clima si è ulteriormente surriscaldato quando
l’assessore Alessia Rosolen, uscendo, si è sentita rimproverare dai presenti per
il suo «scarso impegno per la chiusura della Ferriera» e ha risposto con un
gesto che quelli del Miani non hanno apprezzato.
Ugo Salvini
Mare inquinato, niente bagni a Staranzano - Le analisi
effettuate dall’Arpa svelano valori massimi di coliformi e streptococchi
IL SINDACO: NELL’ISONZO SI SCARICA DI TUTTO - «Paghiamo colpe che sono di altri»
STARANZANO Bagni vietati al Lido di Staranzano. L’Arpa
(Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) a sorpresa ha comunicato
ieri all’amministrazione comunale che i valori delle analisi effettuate il 25
maggio e quelle successive di controllo fino al 3 giugno, hanno superato di
molto i limiti consentiti dalla legge. Solo due settimane prima, il mare era
pulitissimo. «Visti i risultati delle analisi microbiologiche negative – scrive
l’Arpa – dai campioni di acque di balneazione prelevati il 18 maggio e nei
giorni 25, 26, 27 maggio e 1, 2, 3 giugno, la zona del Lido risulta
temporaneamente non idonea alla balneazione». I valori dei coliformi totali e
quelli degli altri parametri hanno subìto, infatti, un’impennata notevole
sforando completamente i valori minimi. Infatti, da 3.200 (il limite consentito
è 2.000) del 25 maggio hanno raggiunto il 3 giugno nel prelievo delle 9.40,
addirittura il valore di 7.800, cioè circa quattro volte in più di quello
massimo consentito.
Il sindaco Lorenzo Presot, a pochi giorni dalla sua rielezione, è stato così
costretto a firmare la sua prima ordinanza indicante il divieto di balneazione e
l’immediata sistemazione della segnaletica sulla spiaggia da parte del personale
comunale. Non c’è pace, dunque, per il Lido che solo fino a pochi giorni prima,
aveva l’acqua di mare perfettamente a posto come indicavano, infatti, i valori
relativi al 4 maggio scorso che erano: coliformi totali 143 su 100 millilitri
d’acqua, coliformi fecali 11 (il massimo è 100), streptococchi 51 (massimo 100),
salmonella assente.
«Continuiamo a pagare colpe di altri – afferma Presot – senza che i diretti
interessati prendano i dovuti provvedimenti. E così si scarica nell’Isonzo di
tutto e di più: acque di fogna arrivano direttamente in mare senza passare per
il depuratore e l’inquinamento che arriva dal canale De Dottori o da zone prive
di fognature.»
Rigassificatore in golfo
Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la
provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di
Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato (nella più totale
indifferenza dei consiglieri) il loro consenso ad essere attraversati da un
metanodotto che – come si può leggere nell’avviso ufficiale pubblicato dal
Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile - dovrà
espropriare diversi terreni.
Per la precisione i comuni di: Trieste, Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse,
Fiumicello e Ruda. Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul
giornale integra infine a tutti gli effetti, anche la comunicazione personale ai
sensi dell'art. 8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire
che gli espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul
giornale, il che sarebbe terrificante. Sempre in questo avviso (che, faccio
notare, non è stato fatto pubblicare sul Piccolo che è indiscutibilmente il
giornale più letto in questa parte della regione) si dice che il suddetto
metanodotto serve per collegare alla rete nazionale il rigassificatore di Zaule
ma anche quello eventuale in mezzo al golfo, davanti a Grado. Ora, mi chiedo:
che fine ha fatto l’opposizione di politici come l'ex sindaco di Grado Roberto
Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei tempi)
contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della provincia
di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si va a
costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a qualcosa: in
questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno sottovalutare gli
effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per l'ecosistema: dal fondo marino
saranno sollevati e mandati in circolazione tutti quelli inquinanti che si sono
sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi danni alla pesca che in quel
caso si dovrebbe proibire. Per non parlare della nautica da diporto, e di tutte
quelle attività connesse allo sfruttamento del mare come il turismo.
Siccome uno dei più strenui fautori di questo impianto a Zaule è il
sottosegretario all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso
partito dell'ex sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone
si trovano al governo non siano più interessate al loro territorio grazie al
quale – evidentemente – sono stati eletti. E quindi ormai di questo territorio
si possa fare carne di porco. Sarebbe bene che gli elettori ci facciano un
pensierino alla prossime elezioni.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2009
Il guru di Obama: giù i prezzi con le energie
rinnovabili - Mark Hopkins: «La rivoluzione verde di Barack aiuterà le aziende
del Fvg ad uscire dalla crisi»
UDINE «Se mi telefona Berlusconi, gli posso fare da
consulente». Lo dice col sorriso Mark Hopkins, responsabile della fondazione Onu
per l'Energy Efficiency e guru di Barack Obama per il Piano energia e ambiente.
Hopkins era ospite ieri a Udine a un seminario organizzato da Friuli Innovazione
con il sostegno della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e in
collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti di Milano.
All’incontro con Hopkins, accompagnato dall’assessore regionale all'Energia,
Riccardo Riccardi, hanno partecipato numerose imprese del Fvg, Friuli
Innovazione e l’Area di ricerca triestina impegnata da sempre nell’integrazione
fra sistema imprenditoriale e ricerca con soluzioni eco-compatibili. Riccardi ha
definito «obiettivi affascinanti» quelli proposti da Mark Hopkins con l'avvio di
una nuova "strategia verde" dell'Amministrazione Obama. L'assessore ha ricordato
che l'orizzonte-Friuli Venezia Giulia in campo energetico deve invece, prima di
tutto, fare i conti con le ancora giovani competenze dell'Amministrazione
regionale in questo strategico comparto, dopo il trasferimento di tali
attribuzioni dallo Stato con il decreto legislativo 110 dell'aprile 2002. Ne
abbiamo parlato con Hopkins.
Hopkins, che cosa suggerisce alla politica italiana in materia di energia?
Di non lasciarsi scappare via la grande fortuna del vostro territorio: il sole.
I politici, con una natura così favorevole, hanno un’opportunità e una
responsabilità, pure in Friuli Venezia Giulia. In una regione con un’eccellente
base industriale, con ottimi imprenditori, con una comunità accademica di grandi
esperti, con una tecnologia avanzata, si deve iniziare a creare mercati
dell’energia. Non solo per migliorare la qualità dell’ambiente, ma anche per
ridurre i costi delle famiglie e creare nuovi posti di lavoro. Come già avviene
nelle università americane, che hanno un filo diritto con l’imprenditoria,
collaborando potremmo utilizzare nella stessa ottica l’ottima ricerca condotta
nei vostri atenei che attende di essere valorizzata.
È anche una questione di sicurezza e costi? Certamente. Con le energie
rinnovabili si riduce l’urgenza di gas.
Energie rinnovabili. Ma quali?
Il sole, innanzitutto, ma non sempre il sole. I costi della tecnologia dipendono
dalla sede, va sempre fatta una valutazione di quella che può essere l’energia
più efficace in un determinato territorio. Positivo che il ministero competente
italiano stia studiando con impegno il percorso delle bio-energie.
Pensa che il governo italiano abbia bisogno di consulenti in questo settore?
Se il presidente Berlusconi mi chiama, lo faccio volentieri. Scherzi a parte, è
molto importante che i leader capiscano la portata della questione energetica.
La spinta per nuovi sviluppi viene dall’alto, un ruolo fondamentale per questa
nuova «economia verde» come la chiama il presidente Obama lo rivestono gli
amministratori locali. Vent’anni fa le nuove strade per l’economia furono aperte
dai leader che colsero la novità epocale dei computer.
In Friuli Venezia Giulia si chiedono da anni infrastrutture più moderne. Come
conciliare questa necessità con l’obiettivo del rispetto per l’ambiente?
È un problema non differente da quello che molte volte devono affrontare varie
zone degli Stati Uniti. Credo sia importante studiare preventivamente i progetti
in modo da andare incontro alle esigenze degli ambientalisti e della popolazione
in generale.
E se gli ambientalisti alzano le barricate?
Nessun gruppo deve prevaricare sugli altri. L’amministrazione Obama lavora per
trovare il miglior compromesso possibile con grande sensibilità nei confronti
dei cittadini cui le nuove infrastrutture servono. A loro vanno presentate
alternative. Spiegando che, per fare un esempio, il treno ha meno emissioni dei
veicoli che usano combustibili fossili. Una popolazione informata aiuta a
prendere le migliori decisioni per tutti.
MARCO BALLICO
Alta velocità e false promesse politiche
Al Tg3 regionale si parlava del Corridoio Cinque. Un
politico (non ricordo chi, ma la cosa ha poca importanza, tanto sono tutti
uguali) ha più o meno detto che «occorre realizzare la nuova linea ad alta
velocità al più presto possibile, per spezzare il nostro isolamento con l’Est e
il Centro-Europa, altrimenti rimarremo sempre più isolati».
Curiosamente una linea ferroviaria sempre valida fra Trieste e l’Est e il
Centro-Europa esiste e funziona, solo che su questa linea fra Trieste e Sesana
sono stati tolti i treni.
Domenica scorsa ero a Capodistria a vedere un treno speciale storico-turistico
austriaco, a cui è stato negato l’accesso in Italia, e che perciò è andato a
Capodistria da dove i gitanti sono venuti a Trieste in bus. A Capodistria ho
visto l’intercity «Pohorje» che la collega con i confini ungherese e austriaco,
da dove si può proseguire con ottime coincidenze. A Capodistria vi erano pure
quattro treni di agenzia per Vienna, Praga e Bratislava. Capodistria quindi,
tramite la vecchia e funzionante linea di Carlo Ghega, è ben collegata; in
pratica sostituisce Trieste come capolinea.
Vedendo questo, e sentendo il politico, credo di aver capito perché non si può
più viaggiare in treno fra Trieste e Sesana, e quindi oltre; questo isolamento
fa parte di un disegno politico ben preciso, che ha isolato Trieste per poter
dimostrare che senza il «tubone» del Corridoio 5 non c’è futuro. Inoltre il
Corridoio 5 potrebbe fare come l’autostrada, passare sul Carso a Villa Opicina,
da dove con le linee esistenti si potrebbe raggiungere presto e bene Trieste con
opportune coincidenze. Invece no, si propone il percorso più difficile e
complicato, insomma il più costoso. A buon intenditor...
Paolo Petronio
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2009
Riccardi: la città chiarisca cosa si aspetta dalla Tav
- LA RICHIESTA DI MODIFICA DEL TRACCIATO
L’assessore: decidere tra uno snodo a Opicina e la
stazione centrale Dobbiamo costruire il consenso
«Già un paio di mesi fa abbiamo posto alle Ferrovie una serie di
interrogativi che pressuppongono correzioni e perfezionamenti della tratta
ferroviaria Trieste-Divaccia rispetto a quanto previsto dallo studio di
fattibilità realizzato da Italfer su incarico di Rfi». L’assessore regionale
alle Infrastrutture e Traporti Riccardo Riccardi ha così ribadito ieri la sua
risposta alle proteste sollevate da gruppi di cittadini durante l’illustrazione
dell’altra sera in Consiglio comunale e alle perplessità denunciate da molti
degli stessi consiglieri. «Mi attendo anche che Trieste - ha aggiunto - mi dica
chiaramente quale funzione intende attribuire al corridoio 5 e se pensa di
rafforzare la stazione centrale oppure creare un hub a Opicina. A questo scopo
mi raccorderò con il sindaco Dipiazza. Anche perché la ferrovia Trieste-Divaccia
deve essere a servizio soprattutto della piattaforma logistica del Friuli
Venezia Giulia, il cui cuore è proprio il porto di Trieste pur nell’ambito degli
scali integrati dell’Alto Adriatico».
Secondo l’ingegner Mario Goliani, responsabile del progetto fino a qualche
settimana fa al momento del pensionamento, «spostamenti del tracciato o percorsi
alternativi sono tuttora ipotizzabili, anche se - ha voluto precisare - lo
studio di fattibilità non prevede il passaggio sotto la Valrosandra com’è stato
affermato, bensì più a Nord oltre il Monte Stena». Contro «l’attacco alla
Valrosandra», si concentrano molte delle critiche del Comitato No Tav.
«Dobbiamo procedere anche nella costruzione del consenso - ha spiegato Riccardi
- facendo sì che il malcontento sia il più ridotto possibile e in questa
direzione apportare correttivi. Dobbiamo però tenere ben presenti alcuni punti
fermi. In particolare che il Corridoio 5 resta una priorità indiscutibile non
solo per il sistema economico del Friuli Venezia Giulia, ma per l’intero Paese e
per le economie che si affacciano sul Mediterraneo. Che la sua realizzazione è
coerente alla strategia di sviluppo della portualità integrata. Che è
indispensabile una convergenza con il progetto sloveno per il tratto che sarà
realizzato in quel territorio.
E tra qualche settimana è previsto l’insediamento a Trieste dell’executive board
della Commissione intergovernativa che dovrà avviare gli studi per la
realizzazione del progetto per il quale l’Unione europea ha già stanziato 50,7
milioni di euro. Per la sola progettazione sono previsti quattro anni: da qui al
2013. L’Ue coprirà le spese per il progetto dell’opera al 50 per cento e quella
per la sua realizzazione al 30 per cento. Il costo solo per il tratto italiano è
stato stimato in un miliardo e 300 milioni di euro. Sarà da vedere in che misura
i progettisti, logicamente sulla base degli input politici, vorranno ora
riprendere lo studio di fattibilità.
Come ricorda l’ingegner Goliani, altre ipotesi alternative erano già state
scartate, anche per l’opposizione degli abitanti. Tra queste il passaggio in
superficie, anziché come poi previsto quasi totalmente in galleria, 150 metri
sottoterra. Recentemente sono state previste delle varianti. Una allontana il
tracciato dalla zona ospedaliera di Cattinara spostandolo verso il mare e
facendolo emergere per 300 metri in superficie in località Rio Storto, sopra
Zaule. Ciò per evitare qualsiasi, seppur minimo, rischio di impatto vibrazionale
sulle apparecchiature ospedaliere.
(s.m.)
L’Ogs studia la salute del Mediterraneo - PROGETTO
MYOCEAN
Nella Giornata mondiale dedicata agli oceani, ricercatori
dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs hanno
illustrato a Genova le attività che l’Istituto con sede a Trieste e Udine sta
svolgendo nell’ambito del progetto europeo MyOcean (www.myocean.org).
L’occasione è stata fornita dal Primo Convegno nazionale di Oceanografia
Operativa, organizzato a Genova dal Gruppo Nazionale di Oceanografia Operativa (GNOO),
una struttura di coordinamento nazionale dell'Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, con sede a Bologna. Lo Gnoo contempla al suo interno 8 membri,
parte del Collegio deliberante a cui partecipa il Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare in qualità di primo ente finanziatore:
Ogs, Ingv, Cnr, Istituto Idrografico della Marina, Aeronautica Militare,
Arpa-Emr, Conisma, Enea e presto Ispra.
Gli studi triestini riguardano l’identificazione e l’utilizzo di specifici
parametri bio-geochimici che permettono di effettuare previsioni a breve termine
sullo stato di salute del Mediterraneo.
Natura e riutilizzo dei rifiuti - DIECI INCONTRI ALLA
SCUOLA ”TRE CASETTE” DI BORGO SAN SERGIO
«Rifiuti: ti riuso». È questo il titolo del progetto
promosso dal comitato genitori della scuola dell’infanzia Tre Casette di Borgo
San. Sergio, in collaborazione con il Gruppo Beppe Grillo Trieste, in seguito
all'affermazione nel concorso Spurg indetto dal Comune di Trieste.
Il primo dei dieci incontri previsti si terrà oggi a partire dalle 17.30 e,
attraverso la messa in scena di una storia “animata”, verranno trattati i temi
degli elementi della natura e delle energie rinnovabili.
Il calendario degli incontri è visionabile nel sito del Comune
(http://www.retecivica.trieste.it/spurg/locandina_trecasette.pdf) e nel forum
del Gruppo Beppe Grillo Trieste (http://www.meetup.com/beppegrillotrieste/boards/thread/6262814/20/).
Informazioni al numero telefonico: 347 5055569.
TRAFFICO - Via le auto
Ha ragione Bucci (Fi) a dire che è devastante attirare le
auto nel centro! Inoltre è pure più costoso costruire parcheggi nel centro.
Suggerisco che Trieste segua l’esempio di molte città italiane che hanno creato
il loro centro storico per proteggere i loro valori artistici ed ecologici. Noto
con piacere che il centro è stato abbellito con le aree pedonali.
Quello che manca però, è un po’ più di verde, un po’ più di alberi specialmente
in piazza Goldoni e piazza Sant’Antonio.
Mi auguro che i prossimi parcheggi vengano costruiti fuori del centro storico.
Roberto Pregarz
LA VOCE.INFO - MARTEDI', 9 giugno 2009
ITALIA A TUTTO GAS - Energia e Ambiente / Infrastrutture e Trasporti
Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d'investimento che riguardano il metano. E' dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell'approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.
In attesa della seconda inaugurazione del terminale di
rigassificazione di Rovigo e a breve distanza dalla pubblicazione del bilancio
di Snam Rete Gas, in cui si riassumono le quantità trasportate nell’ultimo
triennio, è utile analizzare i trend del mercato del gas naturale italiano.
QUANTO GAS CONSUMIAMO
Dopo quasi dieci anni di forte crescita, con una media annua di oltre il 4 per
cento, dal 2006 i consumi di metano in Italia si sono stabilizzati: nell’ultimo
triennio, abbiamo consumato circa 85 miliardi di metri cubi annui, attestandoci
come terzo consumatore europeo.
Scomponendo per settore, quasi il 70 per cento della domanda addizionale è
dovuto all’utilizzo di gas per la generazione di energia elettrica, soprattutto
attraverso i cicli combinati. La parte restante è essenzialmente dovuta al
settore residenziale, dove politiche di incentivazione hanno favorito la
metanizzazione della Penisola.
La stabilizzazione dei consumi negli ultimi tre anni, invece, è spiegabile con
la saturazione del settore domestico: ormai i comuni metanizzati sono più di
6.200 su un totale di 8.101. Inoltre, la variazione di questa domanda dipende
esclusivamente da fattori meteo. Tra i motivi ci sono anche il lento, ma
inesorabile declino della domanda industriale, per la delocalizzazione delle
imprese energivore e il forte rallentamento della crescita dei consumi legati
alla generazione di energia elettrica da gas naturale, ormai intorno al 50 per
cento del totale. Tali fattori, a nostro avviso, costituiscono un limite
strutturale a un ulteriore e significativo sviluppo del mercato nazionale. A ciò
vanno aggiunti gli effetti della crisi economica sulle attività produttive:
comporta oggi una riduzione della domanda e, per quanto congiunturale, potrebbe
avere delle ripercussioni sui consumi dei prossimi anni.
LE INFRASTRUTTURE
La dotazione infrastrutturale del nostro paese è indicata nella tabella 1,
relativa alla nostra capacità d’importazione.
Tabella 1: Punti d’ingresso di gas naturale 2009.
Punto d’ingresso Provenienza Capacità annua max (Mmc)
Passo Gries Nord Europa 20
Tarvisio Russia 35
Mazara del Vallo Algeria 32
Gela Libia 9
Panigaglia Gas liquefatto (Algeria) 3
Rovigo Gas liquefatto (Qatar) 8
TOTALE 107
Fonte: AEEG, 2008.
In più, il nostro paese produce circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno:
l’offerta massima potenziale per il prossimo anno termico è dunque di oltre 117
miliardi di metri cubi. A onor del vero, considerando alcuni vincoli
tecnico-economici, la capacità reale dovrebbe essere di poco superiore ai 105
Mmc. (1) Comunque, è ben superiore rispetto al fabbisogno italiano, stimato in
forte diminuzione per il 2009, intorno agli 80 Mmc. (2)
Tuttavia, le previsioni di domanda elaborate dal ministero dello Sviluppo
economico indicano per i prossimi anni un consistente aumento dei consumi: 90
Mmc al 2010; 100 Mmc al 2015; 105 Mmc al 2020. (3) Il paese avrebbe dunque
bisogno di ulteriori investimenti infrastrutturali onde evitare rischi di
shortage nei prossimi anni. (4) Rischi ancor più evidenti se si considera che la
produzione interna dovrebbe, inesorabilmente, diminuire.
Diamo quindi uno sguardo alle infrastrutture in fase di progettazione,
presentate in tabella 2.
Tabella 2: Punti d’ingresso di gas naturale previsti.
Nuovo Progetto Provenienza Anno di inizio Capacità annua max (Mmc)
TAP Mar Caspio - 10
IGI Mar Caspio - 10
Galsi Algeria 2012 8
Porto Empedocle Gas liquefatto - 8
Panigaglia 2 Gas liquefatto 2014 5
TOTALE 41
Fonte: AEEG, 2008.
Nella tabella sono stati indicati solo alcuni dei progetti previsti, quelli
considerati più probabili. Pur non segnalando quasi nessuna data di inizio
attività, ministero e Autorità dell’energia li indicano in operatività intorno
al 2015. (5) Ciò significa una capacità d’importazione del nostro paese pari a
quasi 150 Mmc, a fronte di una domanda prevista dal ministero di circa 100 Mmc.
A questo punto, alcune riflessioni si rendono necessarie. Anzitutto,
l’incremento della domanda ipotizzato appare ottimistico: la prevista
metanizzazione della Sardegna potrebbe aumentare al massimo di un miliardo di
metri cubi all’anno la domanda nazionale; per quel che concerne il settore
industriale, invece, pare difficile ipotizzare una significativa inversione di
tendenza rispetto al lento declino degli ultimi dieci anni.
COME DIVENTARE UN HUB DEL GAS
Veniamo adesso all’aspetto più controverso da stimare: il mix di generazione di
energia elettrica. Quello che possiamo dire è che gli obblighi europei sulle
energie rinnovabili e, soprattutto, la volontà del governo di puntare sul
nucleare sono dei forti disincentivi a ulteriori investimenti nella generazione
termoelettrica. Se, infatti, le rinnovabili sono caratterizzate da discontinuità
(hanno perciò bisogno di una riserva di potenza tradizionale), l’energia
elettronucleare, per contro, coprendo ottimamente i consumi di base, rischia di
spiazzare impianti turbogas anche molto recenti. Difficilmente, quindi, potranno
bastare i balzi dei consumi per autotrazione o le futuristiche applicazioni
dell’idrometano. Del resto, le previsioni elaborate dall’Unione Europea stimano
una stabilizzazione dei consumi italiani di gas naturale intorno ai 90 miliardi
di metri cubi, in caso di effettivo raggiungimento degli obiettivi del 2020. (6)
L’abbondanza di nuovi progetti può dunque avere solo due spiegazioni: la
speranza che l’Italia diventi un hub del gas, con la conseguenza che una quota
importante dei flussi di metano transitino sul nostro paese per poi essere
consumati da altri paesi dell'Unione. Oppure, un’eccessiva incentivazione dei
nuovi progetti. A questo proposito, secondo una controversa delibera
dell’Autorità dell’energia, in caso di sottoutilizzo delle nuove infrastrutture,
il sistema gas e in ultima analisi i consumatori, si accollerebbe la copertura
di parte dell’investimento.
Scongiurando la seconda ipotesi, quali sono i passi necessari affinché l’Italia
diventi un hub fisico del gas naturale? Anzitutto, è necessario un maggior
coordinamento di tutti gli attori interessati, in primis governo e regolatore.
La possibilità che il nostro paese diventi il crocevia del gas europeo dipende
dalla rapidità con cui saremo in grado di costruire dei corridoi di
approvvigionamento: i primi progetti realizzati saranno naturali barriere
all’entrata in operatività di altre infrastrutture. Bisognerebbe dunque
accelerare gli investimenti in capacità d’esportazione (a oggi, è di fatto
impossibile che il gas importato possa uscire dal nostro paese); dare nuovo
impulso al Punto di scambio virtuale, la nostra embrionale borsa del gas;
procedere con decisione verso la separazione proprietaria di Snam da Eni. Senza
questa dolorosa, ma necessaria separazione, la credibilità del paese come hub
sarebbe compromessa: difficilmente, infatti, l’Europa riterrebbe completamente
affidabile il gestore di un hub controllato da uno dei più importanti player del
mercato.
(1) Tra i vincoli c'è ad esempio la limitata capacità di stoccare
gas nel periodo estivo, che non consente un utilizzo a pieno regime dei gasdotti
per tutto l’arco dell’anno.
(2) Iefe 2009.
(3) Si veda l'intervento di Giovanni Perrella “La domanda e l’offerta di gas
naturale in Italia nel 2008” al seminario Aiee del 9 marzo 2009.
(4) Per maggiori ragguagli si veda ad esempio: “Il gas naturale liquefatto per
l’Europa”, a cura di Susanna Dorigoni, Franco Angeli, 2009.
(5) Si veda Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta,
2008, dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, disponibile anche on line:
http://www.autorita.energia.it/relaz_ann/relaz_annuale.htm.
(6) Si veda P. Capros, L. Mantzos, V. Papandreou, N. Tasios, “Model-Based
Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables”, Report
to the European Commission, June 2008.
Federico Pontoni e Antonio Sileo
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2009
«Va modificato il progetto della Trieste-Divaccia» -
NO-TAV: PROTESTA DI 300 PERSONE IN PIAZZA UNITA’ E INTERRUZIONE
PER PROTESTE DEL CONSIGLIO
L’assessore regionale Riccardi annuncia in Comune la
richiesta di rettifiche fatta alle Ferrovie
La Regione ha chiesto a Rete ferroviaria italiana una possibile revisione
dell’attuale studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia che
prevede un lungo tratto in galleria, in particolare sotto la Valrosandra. Lo ha
annunciato l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Riccardo
Riccardi intervenendo all’illustrazione del progetto nell’aula del Consiglio
comunale al termine di una convulsa giornata caratterizzata da proteste e
perplessità.
Bandiere, striscioni e un unico slogan: No Tav. Oltre 300 persone avevano
protestato nel pomeriggio in piazza Unità. Una cinquantina poi hanno preso posto
negli spazi riservati al pubblico del Consiglio comunale per assistere
all’illustrazione del progetto. Mentre l’ingegner Mario Goliani di Rete
ferroviaria italiana forniva alcuni dettagli tecnici i fischi e le urla del tipo
«Vergognatevi», «Cosa porta tutto questo alla gente?» hanno provocato
l’interruzione della seduta per cinque minuti.
Momenti di tensione si erano registrati già in precedenza. Alle 18.30 una
delegazione dei manifestanti si è diretta verso l’ingresso del municipio con
l’intento di entrare nella sala consiliare, ma è stata bloccata dalla polizia
municipale con la motivazione che la seduta in quel momento era sospesa.
Dagli interventi del rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e
Trasporti Roberto Ferrazza e dallo stesso Goliani si è saputo che l’opera verrà
complessivamente a costare 2 miliardi e 400 milioni di euro, dei quali un
miliardo e 300 milioni per la parte italiana e un miliardo e 100 milioni per
quella slovena. I finanziamenti dell’Unione europea copriranno il 30 per cento
delle spese di realizzazione e il 50 per cento del costo del progetto. Intanto
sono a disposizione 50,7 milioni per la progettazione che da sola porterà via
quattro anni di tempo: da qui al 2013.
Ai tecnici sono piovute le domande, ma soprattutto i dubbi e le perplessità da
parte di tutti i consiglieri comunali intervenuti. Lo studio di fattibilità
prevede infatti un percorso tra Trieste e Divaccia quasi interamente in galleria
con passaggio anche sotto la Valrosandra. Un dislivello di oltre 400 metri, ma
anche alcuni ”ghirigori”. «Non convince, sembra una pista per go-kart», ha
commentato lapidario Piero Camber del Pdl. E Mario Ravalico del Pd ha calcato la
mano sui possibili danni al territorio carsico, al sistema idrogeologico,
all’ambiente. In tarda serata l’intervento di Riccardi che ha annunciato la
richiesta a Rfi di ”correzioni e perfezionamenti”. (s.m. e r.t.)
A Montebello e Campo Marzio la Trieste del futuro -
Illustrate le linee guida del Piano regolatore. Aree da riqualificare e siti
militari dismessi
La zona di Montebello (Fiera e caserma di via Rossetti) e
quella di Campo Marzio, dove oggi c’è il mercato ortofrutticolo, come principali
aree da riconvertire in autentici fulcri di sviluppo della Trieste del futuro.
Barcola, tutto il lungomare fino al bivio di Miramare, da trasformare in un polo
turistico. Le ex caserme di Banne e di Opicina da utilizzare per scopi civili
così come un’altra cospicua serie di siti militari dismessi. Un settore di
territorio nei pressi del canale navigale di Zaule destinato a nuovi
insediamenti industriali, commerciali e artigianali. Una riutilizzazione di aree
industriali dismesse (ad esempio la Sadoch di viale Ippodromo). Una
riperimetrazione con restringimento del centro storico per liberare alcune zone,
come ad esempio quella di via Udine, dai rigidissimi vincoli che oggi rendono
quasi impossibile qualsiasi intervento.
L’iter Sono alcune delle linee fondamentali del nuovo Piano regolatore del
Comune di Trieste. Sono state illustrate ieri alla giunta comunale, sindaco
Roberto Dipiazza in testa, allargata ai capigruppo dei partiti di maggioranza
del centrodestra, dal direttore del servizio di Pianificazione urbana del
Comune, Ave Furlan. Contemporaneamente sono così partiti l’iter per uno
strumento pianificatorio che deve dettare le modalità di sviluppo della città
per i prossimi decenni, ma anche una corsa contro il tempo che deve concludersi
con l’adozione del Piano da parte del Consiglio comunale tassativamente entro il
27 luglio, pena il decadimento di tutta la procedura e la necessità di rifare
tutto da capo con limitazioni molto più stringenti.
Obiettivo non del tutto scontato quest’ultimo. Agli assessori infatti sono stati
dati ora alcuni giorni di tempo per studiarsi i voluminosi incartamenti e lunedì
prossimo la giunta sarà chiamata a votare la delibera. Poi il Piano regolatore
sarà illustrato ai consiglieri comunali e circoscrizionali e un tecnico del
municipio sarà a disposizione per chiarimenti. Il malloppo sarà inviato alle
sette circoscrizioni che avranno venti giorni di tempo per esprimersi. Tornerà
rapidamente in giunta e poi passerà alla Commissione urbanistica presieduta da
Roberto Sasco (Udc) che fin d’ora auspica che gli eventuali emendamenti siano il
più ampiamente possibile condivisi. Da qui il passaggio al Consiglio comunale
che eventualmente utilizzando anche una maratona oratoria dovrà giungere al voto
per l’adozione entro il 27 luglio.
Autorizzazioni Partirà poi la seconda fase. Il Piano verrà inviato per l’esame e
gli indispensabili nulla osta agli uffici urbanistici e della tutela ambientale
della Regione e alla Sovrintendenza ai Beni ambientali e artistici. Quindi verrà
pubblicamente esposto e cittadini e associazioni potranno presentare
osservazioni o, se direttamente interessati, opposizioni. Quindi nuovamente al
Consiglio comunale che dovrà discutere anche le singole osservazioni e poi
votare l’approvazione definitiva. A questo punto saremo già arrivati ai primi
mesi del 2010.
Il Piano regolatore del Comune recepisce le intese con l’Autorità portuale che
sono state approvate per l’analogo strumento pianificatorio dello scalo.
Individua a propria volta nel terrapieno di Barcola un’area di sviluppo
turistico da inserire all’interno di un corposo intervento che dovrebbe
rimodellare la linea di costa fino al bivio di Miramare rubando centinaia di
metri quadrati al mare per l’insediamento di strutture turistico-ricettive.
Le aree I due principali polmoni di sviluppo semicentrali vengono identificati
nella zona di Montebello, in particolare nell’area che dovrà essere lasciata
libera dalla Fiera e nell’ampio comprensorio della caserma di via Rossetti per
il quale sono partite le procedure per la sdemanializzazione, e in quella di
Campo Marzio da dove se ne andrà il Mercato ortofrutticolo all’ingrosso e sarà
riqualificata l’ex Stazione ferroviaria, per fare spazio, presumibilmente ad
alberghi, centri congressi o musei. Per queste due aree il nuovo Piano
regolatore prevederà comunque una pluralità di possibili destinazioni lasciando
lo spazio per scelte specifiche.
GLi obiettivi La filosofia generale del piano punta a una riqualificazione del
patrimonio esistente e fa riferimento a una città stabilizzata demograficamente
su un numero di 220 mila abitanti. Modifica la variante 66 progettata alla fine
degli anni Novanta dagli ingegneri Cervesi-Barduzzi che a propria volta era
intervenuta sulla variante 25 pensata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta
allorché la Democrazia Cristiana prefigurava una Trieste con mezzo milione di
abitanti.
SILVIO MARANZANA
Giornata dell’Ambiente: Ponterosso sarà ripulito -
L’INIZIATIVA DELL’ONU - Sommozzatori nel canale per bonificarlo dai rifiuti
L'ecologia marina sarà un tema approfondito a Trieste in
occasione della "Giornata mondiale dell'Ambiente", istituita nel 1972 dalla
Assemblea generale delle Nazioni Unite, celebrato nel mese di giugno in tutto il
pianeta, in oltre 100 Paesi.
Una delle tappe triestine di sensibilizzazione sui problemi della educazione
ambientale si pone sotto il titolo di "Operazione Canale Pulito", in programma
sabato 13 giugno nella zona del Canale Ponterosso, a cura della Holiday -
Divisione Ecologica, in collaborazione con l'AcegasAps e l'Assessorato allo
Sviluppo Economico del Comune di Trieste.
Operazione piuttosto vasta e complessa quella prevista nel cuore cittadino
nell'arco del primo pomeriggio di sabato prossimo, una vera "task - force"
ecologica che vedrà impiegati sul campo un buon numero di sommozzatori del Sub
Sea Club Trieste e dell'Aquafun Diving Academy, affiancati dalle squadre del
Corpo Pompieri Volontari di Trieste. L'"Operazione Canale Pulito" prevede nello
specifico l'intervento di due squadre operative, una formata da esperti
subacquei ( si ipotizza una trentina circa) i primi attori della manifestazione,
alle prese con il recupero e la bonifica dei fondali marini; l'altra squadra
invece verrà impegnata nello stoccaggio dei rifiuti, nella differenziazione e
assemblaggio degli stessi in appositi cassonetti, posizionati in prossimità del
mare e del Canale Ponterosso.
La mappa della operazione targata Holiday - Divisione Ecologica ( ramo nato nel
2004 dalla Holiday Sas) una proposta quasi inedita per la provincia giuliana,
include anche l'impiego di tre imbarcazioni, di cui due gommoni ed uno scafo in
vetro resina messi a disposizione del Sub Sea Club di Trieste. Non è finita. Il
Corpo dei Pompieri Volontari della provincia interverrà a giochi ultimati,
rifinendo l'intera operazione con la pulizia definitiva delle banchine,
attraverso l'uso di una autopompa.
Il programma completo di "Operazione Canale pulito" attende ancora
l'ufficializzazione ma nel complesso non dovrebbe discostarsi troppo dall'inizio
attorno alle 15 delle prime immersioni, con attività nei fondali che dovrebbe
concludersi verso le 17.30. Sino alle 19 circa l'operazione dovrebbe completarsi
con la raccolta dei rifiuti, il lavaggio delle aree interessate e il ripristino
totale della zona attorno via Roma e il primo tratto di mare. Ulteriori
informazioni sull'evento del 13 giugno, visitando i siti www.holidaysignals.com
e www.ecosystem3000.it
Francesco Cardella
TRASPORTI - Alta velocità
Il «Piccolo» del 28 aprile, pubblica il tracciato
dell’alta velocità sotto Trieste fino a Divaccia. La prima osservazione da fare
è economica: il tracciato logico Ronchi-Opicina con stazione a Opicina viene
scartato, meglio i «tuboni» lunghi lunghi, che negli appalti consentono ai
politici di mangiare di più.
Ma si legge anche «una nuova direttrice di questo tipo permetterebbe
l’alleggerimento dei traffici di passeggeri sulle linee già esistenti con il
loro spostamento a bordo dell’alta velocità. Quello spazio libero verrebbe così
riempito accogliendo nuove quantità di merci».
Sulla linea esistente il traffico passeggeri è nullo, non si può più raggiungere
in treno da Trieste Sesana (ormai divenuta stazione Trieste Nord), figuriamoci
Kiev. In quanto al traffico merci, il transito di Opicina vede passare treni al
30% della potenzialità possibile. Quindi l’esistente linea Bivio Aurisina -
confine sloveno ha un 70% di disponibilità di treni inutilizzata.
Non sarebbe più logico invece di stravolgere il territorio, cercare di far
funzionare le linee esistenti, anche in considerazione del fatto che in tutta
Europa il merci più veloce non viaggia a più di 100 km/h?
Ma chi fa questi progetti ha la cognizione della realtà?
Paolo Petronio
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2009
Tav: Riccardi e Ferrovie in Consiglio comunale - Oggi
l’audizione in aula E davanti al Municipio un sit-in di protesta
Si preannuncia una seduta consiliare molto calda, quella
che si svolgerà oggi in piazza Unità d’Italia a partire dalle 18.30. All’ordine
del giorno ci sarà infatti anche un’audizione sulla Tav con particolare riguardo
per la bretella ferroviaria Trieste-Divaccia che dovrebbe interessare il
territorio locale coinvolgendo in primis il Comune di San Dorligo, ma toccando
anche il Municipio di Trieste. Dopo avere esaurito in una prima sessione i temi
non trattati nella seduta precedente, alle 19.30 l’aula consiliare convocata in
via straordinaria vedrà discutere il delicato tema dell’alta velocità con
un’audizione cui sono stati invitati l’assessore regionale alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi, l’architetto Roberto Ferrazza del ministero delle
Infrastrutture e Trasporti e l’ingegner Mario Goliani del gruppo Rete
ferroviaria italiana. Lo stesso Goliani era stato il primo tecnico a presentare
pubblicamente lo studio di fattibilità sul tratto Trieste-Divaccia promosso
dalle Ferrovie dello Stato.
In concomitanza con la seduta del Consiglio comunale, il popolo triestino No Tav
si riunirà alle 18.30 sotto il Municipio per opporsi a quello che da più parti è
stato rinominato progetto ”Trivella a volontà” (Tav appunto). Il presidio del
costituendo comitato è stato annunciato attraverso alcuni volantini nei quali si
ricordano tre cifre inerenti al progetto di collegamento tra Trieste e il
Corridoio 5: «35 chilometri di gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra, 2.400
milioni di euro di nostro denaro e 15 anni di lavori previsti». Al grido di «No
alla Tav, No alla distruzione del Carso» il comitato hanno annunciato di volersi
«mobilitare subito contro il furto del suolo».
Tra gli altri argomenti inseriti all’ordine del giorno di oggi, il Consiglio
valuterà le proposte di deliberazione inerenti il commercio su aree pubbliche
nel territorio comunale con disposizioni relative ai mercati di piazza
Ponterosso, campo Belvedere, Opicina, via dei Mille e piazzale delle Puglie;
nonché la ratifica della deliberazione giuntale relativa alla variazione del
bilancio di previsione 2009 e pluriennale 2009-2011.
Riccardo Tosques
RIGASSIFICATORE - Ambiente e lavoro
Mi riferisco all’intervento del signor Arnaldo Scrocco,
per conto del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, pubblicato il
27 maggio.
Ritengo molto discutibile la posizione del signor Scrocco che accusa
pesantemente di incoerenza il sindaco di Muggia - Nesladek per la sua posizione
sul piano regolatore del porto di Trieste.
Sarebbe sufficiente chiedere a Scrocco di spiegare ai giovani senza lavoro e
senza un futuro, ai cassaintegrati, ai sottoccupati e ai precari: quali sono le
sue proposte per dare una serie e credibile prospettiva alternativa al piano si
sviluppo portuale? Non va bene il rilancio del Porto, non vanno bene i tre
miliardi di investimenti sull’unica realistica possibilità di invertire il
declino economico e sociale di queste terre? Che cosa propone di diverso?
Nulla, perché probabilmente questo problema non lo tocca.
Dietro al «no» per il rigassificatore è sempre più evidente una strumentale
azione puramente denigratoria del sindaco di Muggia. Di fatto, il Comitato per
la salvaguardia del Golfo di Trieste raramente si rivolge alle istituzioni
competenti e preferisce attaccare chi fino ad ora, senza un potere effettivo di
veto, ha combattuto con coerenza contro il rigassificatore, sia quando governava
il centrosinistra sia adesso che governa il centrodestra. Purtroppo, tale
posizione può essere funzionale al centro-destra muggesano per cercare di
smarcarsi da precise responsabilità assunte a livello del comune di Trieste,
della Regione e del governo nazionale in merito al progetto «Rigassificatore».
Credo, a proposito di interesse della comunità muggesana, che il sindaco
Nesladek sia stato lineare nel suo comportamento: «Non si può votare contro il
futuro del Porto perché negheremmo una grande opportunità per il futuro
occupazionale dei giovani e allo stesso tempo non si può votare a favore del
rigassificatore in quanto pericoloso e in contrasto con le opportunità di
sviluppo economico». Ricordo, a tale proposito, che a fronte dei milioni di euro
da investire e dell’area occupata per il rigassificatore, le previsioni di solo
80 nuovi posti di lavoro (presentate con tanta prosopopea) sono da considerarsi
molto e molto limitate. A mio avviso, la posizione assunta dal sindaco di
Muggia, che lucidamente ha individuato il modo più realistico e concreto per
battersi contro il temuto rigassificatore togliendogli lo spazio e destinandolo
ad altre attività portuali a maggiore valore aggiunto, risulta consapevole,
coerente e corretta.
E per chiudere un dubbio ancora (perché a pensare male talvolta si indovina!),
non sarà che la mancata costruzione del molo ottavo e del terminal traghetti
faciliterà l’entrata delle gasiere nel vallone di Muggia?
Lorenzo Novello
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2009
Nasce a Sistiana la «banca del tempo» - Scambio gratuito e solidale di servizi tra famiglie, da venerdì il data base
Il servizio si aggrega allo spazio Pollicino
DUINO AURISINA Dopo oltre due mesi di preparazione, si inaugura venerdì
prossimo la «banca del tempo» nel comune di Duino Aurisina. Finanziata dalle
Pari opportunità della Regione, l'iniziativa mira a permettere alle famiglie di
aiutarsi a vicenda, mettendo a disposizione il proprio tempo e ottenendo tempo
dagli altri, in modo gratuito e solidale, offrendo le proprie competenze in
cambio di altre.
L'iniziativa ha avuto successo in molti comuni di piccola dimensione a livello
nazionale, ed era uno dei punti di rilievo della politica proposta
dall'assessore Daniela Pallotta. La sede della struttura è stata fissata a Borgo
San Mauro, a Sistiana, nei locali dello spazio gioco Pollicino, dove ci sarà
sempre una persona a gestire lo sportello e il data base che incrocia domanda e
offerta di tempo.
Molte famiglie del territorio - spiega Daniela Pallotta - hanno già aderito
all'iniziativa, altre lo faranno venerdì dalle 16 in poi, quando la struttura
verrà formalmente inaugurata «da due delle donne politico più attente ai
problemi delle donne lavoratrici», lei stessa, appunto, e Alessia Rosolen, «che
hanno sostenuto numerose iniziative per permettere alle madri di tornare a
lavorare dopo aver avuto bambini».
L'amministrazione di Duino Aurisina ha già inviato per posta alle famiglie con
figli piccoli una informativa sulla banca del tempo, con la possibilità di
iscriversi spiegando che cosa si offre (ore di insegnamento, ripetizioni, baby
sitting, corsi di cucina, tempo per fare la spesa, e via dicendo) e che cosa si
chiede in cambio, al fine di aggiornare il database che permette poi di mettere
in contatto le famiglie con bisogni coincidenti. L'iniziativa è, per quest'anno,
finanziata, ma l'obiettivo del prossimo anno è quello di creare una cooperativa
tra famiglie per gestirla, affinché - come già avvenuto per lo spazio gioco di
Pollicino - vi sia per qualche donna anche una diretta opportunità lavorativa.
«In questi progetti - ha commentato l'assessore Pallotta - bisogna credere e
bisogna investire: sul momento le famiglie possono essere indecise, ma poi, come
già accaduto in questo territorio, la solidarietà crea un importante collante».
(fr c.)
IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2009
«Tav Trieste-Divaccia, la gente va informata» - Nato un
comitato fra 30 associazioni della zona di Dolina
TRIESTE «Vogliamo che sullo studio di fattibilità del
collegamento ferroviario Trieste – Divaccia ci sia un’ampia informazione per
tutti gli strati della popolazione. Solo in questo modo sarà possibile prendere
una posizione consapevole verso un progetto che rischia di rovinare un intero
territorio». Così si sono espressi ieri a Trieste i rappresentanti del nuovo
comitato spontaneo dell’area di San Dorligo/Dolina, che raggruppa una trentina
tra associazioni e organizzazioni.
«Siamo preoccupati per il silenzio di numerose istituzioni e pubbliche
amministrazioni su un progetto che prevede un forte impatto ambientale – ha
spiegato il portavoce del comitato Vojko Kocjancic, accompagnato dall’architetto
Luisa Degrassi e dall’ingegnere Alen Kermac. La zona di Dolina – ha continuato
Kocjancic – ha già dato molto al progresso di questa parte della provincia.
Grandi motori, Grande viabilità, oleodotto, zona industriale hanno segnato in
modo indelebile questo territorio, e ora ci troviamo di fronte a un progetto che
rischia di stravolgere zone protette dall’Ue».
Le principali perplessità dei relatori riguardano la tutela ambientale della Val
Rosandra e del Carso in generale, il cui complicato reticolo di corsi d’acqua
sotterranei e cavità ipogee rischierebbe di implodere a causa del tracciato
della Tav. «Non si riesce a capire cosa c’entri con l’alta velocità il percorso
sinuoso che lo studio di fattibilità prevede per l’area sottostante la riserva
naturale della Val Rosandra e il contiguo altipiano di San Servolo – ha ribadito
Kocjancic – in una condizione di pendenza (17 per mille) che non permetterebbe
l’utilizzo di grandi convogli per il traffico merci».
Il comitato rimarca come parte del percorso del collegamento ferroviario ricada
in un’area protetta dall’Unione europea attraverso le definite zone di
protezione speciale e i siti di importanza comunitaria. E ciò a fronte del fatto
che Trieste, che dovrebbe beneficiare della nuova linea, si troverebbe tagliata
fuori dal tracciato principale. «Che senso ha mettere a repentaglio la sicurezza
delle zone toccate dalla linea – ha rincarato Alen Kermac – quando sarebbe
razionale ipotizzare una tratta diretta Ronchi–Divaccia che permetterebbe di
risparmiare almeno 20 chilometri di gallerie sotterranee?».
Maurizio Lozei
«La Ferriera sta tagliando gli organici» - I sindacati:
a casa i 50 assunti a termine, vogliono dimezzarci entro il 2013
Le Rsu annunciano reazioni durissime Voci di
occupazione dello stabilimento
Cinquanta esuberi. Questa l’altra faccia della medaglia riguardo
all’annuncio della riaccensione dell’altoforno dato giovedì dalla Servola spa.
L’hanno mostrata ieri le Rsu e alcuni tra i lavoratori più arrabbiati al termine
di un’animata assemblea che si è tenuta all’interno dello stabilimento. Secondo
quanto hanno rivelato Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi della
Fim-Cisl l’azienda ha annunciato che non verrà rinnovato il contratto ai
cinquanta dipendenti assunti a tempo determinato. Alla scadenza (per i primi si
tratta già del 31 luglio) verranno mandati a casa. «C’è di peggio - ha aggiunto
Palman - la Lucchini ha pure affermato che se anche un giorno l’altoforno
dovesse tornare a funzionare a pieno ritmo (la ripresa è invece prevista al
minimo tecnico, ndr.) l’organico non sarà più quello attuale».
La risposta sarà fortissima, secondo la stessa ammissione delle Rsu e sarà
annunciata nei prossimi giorni, ma già ieri al circolo dei lavoratori si parlava
di occupazione dello stabilimento. A questo scenario infatti c’è da aggiungere
anche la proroga della cassa integrazione (la prima tranche si chiude il 13
giugno) che secondo quanto ha prefigurato l’azienda riguarderà 100-120
lavoratori per ulteriori tredici settimane. «Sull’accordo per la prosecuzione
della ”cassa” siamo sotto una sorta di ricatto - hanno spiegato i sindacalisti -
dobbiamo firmare altrimenti l’azienda non anticipa il trattamento (circa 750
euro mensili) che l’Inps ci mette tre, quattro mesi a erogare».
«Ho una moglie, due figli e un appartamento con il mutuo da pagare - ha
raccontato Nicola Spinoso, 44 anni - quando ieri ho detto al mio bambino di 11
anni che dal 30 novembre sarò senza lavoro perché il mio contratto non sarò
rinnovato si è messo a piangere». «Lavoro nella macchina a colare - spiega Rocky
Leo, 37 anni - ai trenta del mio reparto ci hanno messi in cassa integrazione
per tre mesi filati proprio quando ho fatto un prestito per pagare il funerale
di mia mamma. Di conseguenza mi restano 360 euro al mese e ho due figli di 20 e
7 anni. Mia moglie fa la pulitrice ma le hanno ridotto le ore e porta a casa 540
euro al mese. Sapete dove lavora? Qui in Ferriera anche lei. Se chiudono lo
stabilimento siamo morti, già ora mangiamo solo pasta, pranzo e cena».
«I politici di questa città pensano solo alla Barcolana e alla Bavisela - ha
accusato Palman - non vedono la miseria e la disperazione che ci sono dietro le
luci blu di piazza Unità. Non esiste un progetto economico per la provincia, non
è la Ferriera che muore, è l’intero comparto industriale». «Tutti gli aiuti e
gli appoggi che Comune e Provincia ci hanno promesso - hanno aggiunto i
lavoratori - si sono concretizzati nella tessera per gli autobus e nemmeno dal
primo del mese».
Ma ciò che farà scattare la rivolta estrema dei lavoratori è il fatto che i
sindacati ritengono che vi sia un patto occulto tra l’azienda e la politica
locale, Regione in primis. «La Lucchini ottiene l’autorizzazione per l’altoforno
e poi i terreni e le agevolazioni per gli insediamenti futuri a partire dalla
centrale elettrica - hanno denunciato Palman e Salvaneschi - in cambio riduce
drasticamente l’organico della Ferriera di modo che al momento della chiusura i
dipendenti superstiti non costituiranno più una bomba sociale e potranno essere
realmente in buona parte ricollocati. Noi non ci stiamo: in 540 siamo partiti
all’inizio di questa trattativa e 540 vogliamo essere nel 2015».
In realtà già ora i dipendenti si sono ridotti per ragioni varie a 520, meno i
cinquanta a tempo determinato fanno 470. «C’è un progetto - ha denunciato
Maurizio Pertan del direttivo Faims-Cisal - per dimezzarci entro il 2013». Il
fronte dei lavoratori è compatto: «Siamo perfettamente in linea con le posizioni
delle Rsu», ha voluto sottolineare Roberto Cecchini referente dell’Ugl, il
sindacato di destra che all’interno della Ferriera conta una settantina di
simpatizzanti.
SILVIO MARANZANA
La Regione rilancia la guerra allo smog Traffico
vietato davanti alle scuole
TRIESTE Dal divieto di tenere acceso il motore nei centri
città per più di tre minuti, in caso di traffico a rilento, alla circolazione
interdetta nelle vie adiacenti alle scuole negli orari di entrata e uscita degli
studenti. Dal noleggio di un’auto solo per i chilometri che servono grazie al
car sharing all’acquisto in multiproprietà con il car-pooling. E, ancora,
dall’abbonamento agevolato per i mezzi del trasporto pubblico ai bus navetta per
arrivare in centro città. Sono molte le azioni (e le limitazioni) che il Piano
regionale per il contenimento dell’inquinamento contiene. E che dovrebbero
scattare, visto che la Regione ha appena avviato la Vas, già a settembre, quando
si apre il periodo più sensibile.
IL PIANO Il Piano regionale in corso di predisposizione, come spiega l’assessore
all’Ambiente Vanni Lenna, «predisporrà un censimento del territorio e un piano
di miglioramento dell’aria che si prefigge da un lato di ricondurre gli
inquinanti entro i valori limite e dall’altro di effettuare delle scelte
precise, rendendo migliori i valori rilevati». Una relazione sulla valutazione
della qualità dell’aria è già stata fatta nel 2005. Poi è seguita una prima
zonizzazione del Friuli Venezia Giulia: Trieste, Udine, Pordenone, Porcia,
Cordenons, Gorizia e Monfalcone sono stati inseriti nella mappa dei territori in
cui far scattare i provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico. Il Piano,
però, amplierà e aggiornerà la zonizzazione in base ai nuovi dati acquisiti
grazie al monitoraggio condotto con l’Arpa e a fronte del ripetersi di
«situazioni di episodi acuti di inquinamento atmosferico». Lenna, intanto,
afferma che «dalla precedente amministrazione regionale abbiamo ereditato un
grave ritardo. Ma, entro i termini fissati a livello ministeriale, saremo
comunque in grado di elaborare un primo documento preliminare. E concluderemo il
Piano entro il 2009».
LE AZIONI Le misure anti-smog sono molteplici. La Regione indica, ad esempio, la
necessità di «attivare per alcune zone del centro abitato limitazioni totali o
parziali del traffico (zone pedonali o zone a traffico limitato) per l’intero
anno o per un numero significativo di ore con sistemi automatici di controllo».
Prevede, al contempo, «il divieto di mantenere acceso il motore dei veicoli in
caso di soste che si prolungano per più di tre minuti nelle zone più
congestionate» come pure «il divieto della circolazione nelle vie adiacenti alla
scuola negli orari di entrata ed uscita studenti». Sempre per gli studenti sono
in arrivo «tariffe scontate sugli abbonamenti», mentre per tutti è previsto «un
servizio di biciclette per gli spostamenti urbani». Sulla stessa scia si
collocano gli interventi per attuare il car sharing e il car pooling. C’è poi la
volontà di attuare una politica dei parcheggi che renda conveniente il trasporto
pubblico locale: «Il costo mensile per parcheggiare su suolo pubblico - recita
il provvedimento - deve essere pari almeno al costo di un abbonamento mensile
per il Tpl urbano».
LE FASI Sono dodici le fasi previste per la piena attuazione del Piano. Si
comincerà con l’elaborazione del rapporto preliminare. Seguiranno le
consultazioni, la trasmissione del Piano (insieme a Rapporto ambientale, parere
motivato e documentazione acquisita), l’approvazione con decreto del presidente
della Regione, la pubblicazione sul Bur e infine la pubblicazione sul web delle
modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle misure
correttive adottate.
ELENA ORSI
EDILIZIA - Cubone a Gretta
Nel leggere l’articolo sulla frana di via Valerio noto con
piacere che il sindaco di Trieste punta il dito sul piano regolatore che ha
creato non pochi disastri. Uno di questi è stato recentemente ultimato nella
zona di Gretta con la costruzione di un enorme cubone (committente Iride Srl).
Come non bastasse è stato da poco approvato il progetto di un’altra costruzione
che si attaccherà al medesimo cubone (committente Sit Srl). È chiaro che tutto
viene fatto nel rispetto almeno formale delle norme edilizie (ancorché di
difficile controllo per un comune mortale) però ci sono delle cose che
andrebbero meglio chiarite. In primo luogo vorrei capire come mai venga sempre
disatteso il parere negativo espresso da parte delle circoscrizioni che in
realtà sono le più competenti a valutare le situazioni, le necessità e le
caratteristiche del rione. Che senso ha chiedere un parere se poi questo non
essendo vincolante viene sempre disatteso. In secondo luogo credo che anche
l’attuale piano regolatore dia la possibilità di dire no a certi scempi anche se
i criteri tecnici presentati ne rispettino i dispositivi. L’articolo 14 e 15 del
regolamento che parlano dei criteri di valutazione da parte della Commissione
edilizia parlano di raffronti delle nuove costruzioni con il contesto esistente,
alle presenze territoriali preesistenti, agli aspetti decorativi, di materiali e
colori, all’impatto ambientale delle opere, alle modalità di inserimento
paesaggistico e del tessuto urbanistico. Sarei molto curioso di capire come
questo cubone e così anche il prossimo che verrà costruito lo si possa veder ben
inserito nel contesto attuale. Dal fronte mare si notava molto meno il palazzo
abbattuto delle suore Orsoline che non questa costruzione dalle tinte
verdi/celestine che mal si inserisce nel contesto urbano esistente.
Per cui in attesa del nuovo piano regolatore basterebbe un maggior rispetto
delle valutazioni delle circoscrizioni e un maggior coraggio nel prendere delle
decisioni basate anche se non soprattutto su valutazioni ambientali.
Se questo potesse essere un suggerimento per rivedere intanto tutto ciò che
ancora dev’essere costruito potrebbe essere già un buon risultato.
Renzo Ramani
LA REPUBBLICA - VENERDI', 5 giugno 2009
AMBIENTE - Ecco perché Stati Uniti e Cina sono in corsa
per pulire il mondo
Le due superpotenze si sono convinte che
la sfida delle fonti rinnovabili è decisiva. Non per ragioni etiche ma perché
sanno che l'industria verde può essere la via per uscire dalla recessione
"LA CINA si candida a diventare il Dragone Verde, vuole vincere la
corsa mondiale verso un'economia low-carbon, a bassa emissione di Co2". Non è
propaganda del regime di Pechino. L'affermazione, fatta alla vigilia della
Giornata mondiale dell'Ambiente dell'Onu che si celebra oggi, è di Steve Howard
che dirige il Climate Group, importante ong ambientalista americana. Howard
indica la chiave di questa conversione: "I dirigenti cinesi si sono convinti che
questa è la nuova ricetta del profitto". Via via che si svelano i contenuti
della maximanovra di investimenti pubblici varati dalla Repubblica Popolare per
rilanciare la crescita, ecco che cosa si scopre: su 586 miliardi di dollari di
spesa pubblica aggiuntiva, ben 220 miliardi (il 40%) va a finanziare l'industria
verde, dal risparmio energetico alle fonti rinnovabili, dall'auto elettrica al
motore ibrido. L'Amministrazione Obama rincorre la lepre cinese: sui 787
miliardi di dollari di manovra di rilancio della crescita, Washington ne stanzia
una quota inferiore ma comunque importante (112 miliardi) per l'ambiente.
E almeno in un settore l'America si piazza in testa in questo duello: negli
ultimi 12 mesi ha installato 8.300 megawatt di impianti eolici, un record
storico, mentre la Cina arriva seconda con 6.300 megawatt di energia prodotta
dal vento. Entro la fine del 2009 però il colosso asiatico sarà il primo
esportatore mondiale di turbine eoliche. Arranca un po' indietro l'Unione
europea, che pure fu a lungo un modello di virtù per avere sottoscritto quasi da
sola gli impegni di Kyoto sulla riduzione delle emissioni carboniche. Ma anche
sul Vecchio continente spira un vento di ottimismo. La battaglia ambientale non
è più percepita come una zavorra, un sovrappiù di costi, e un ostacolo allo
sviluppo. Al contrario la Commissione di Bruxelles annuncia che "i benefici
delle energie rinnovabili in termini di sicurezza e di lotta all'inquinamento
vanno a braccetto con consistenti vantaggi economici". Non sono affermazioni
volontaristiche. Già oggi il solo business delle energie rinnovabili occupa 1,4
milioni di europei, per lo più ricercatori, tecnici, manodopera altamente
qualificata. "Altri 410.000 posti di lavoro aggiuntivi verranno creati - spiega
la Commissione - se l'Unione europea raggiunge l'obiettivo del 20% di energie
rinnovabili sul totale entro il 2020".
Più dei proclami politici, più delle esortazioni lanciate da istituzioni
internazionali, l'ottimismo è sorretto dalla nuova attenzione che il mondo del
business rivolge all'ambiente. Un sorpasso significativo è avvenuto nel corso
del 2008, lo annuncia ora lo United Nations Environmental Program. Per la prima
volta nella storia, l'anno scorso i capitali privati globalmente investiti nelle
fonti rinnovabili (140 miliardi di dollari) hanno superato quelli investiti
negli idrocarburi e altre energie fossili (110 miliardi). Il contributo decisivo
a questo sorpasso lo hanno dato le nazioni emergenti. Guidate da Cina e Brasile,
hanno aumentato del 27% i loro investimenti in energie pulite.
Certo i problemi da risolvere restano immani. La Cina si è risvegliata solo dopo
che il suo modello di sviluppo energivoro ha seminato distruzione. Oggi sui 600
milioni di cinesi che abitano in zone urbane, solo l'1% respira un'aria che
sarebbe considerata "non tossica" in base agli standard europei. E la recessione
può esercitare un pericoloso effetto anestetizzante. Grazie al crollo della
produzione industriale, ai fallimenti, alle chiusure di fabbriche, il 2008 ha
visto per la prima volta una riduzione parallela delle emissioni di Co2 sia in
Cina che in America. Questo è un effetto tipicamente temporaneo, non deriva da
cambiamenti strutturali. Guai se lo choc recessivo crea l'illusione che si possa
abbassare la guardia. La decrescita può far male all'ambiente se inaridisce i
finanziamenti nella ricerca.
Il più grande inquinatore del pianeta sembra deciso a fare sul serio. L'ultimo
rapporto del Climate Group sulla Cina è intitolato "La Rivoluzione Pulita".
Negli ultimi mesi Pechino ha già investito 12 miliardi di dollari in energie
rinnovabili: è seconda solo alla Germania. La Repubblica Popolare pianifica di
raddoppiare il peso delle energie pulite portandole al 15% del totale entro il
2020. È un obiettivo ambizioso vista la situazione di partenza: oggi l'80% della
corrente in Cina è generata da centrali termoelettriche a carbone. Anche sul
carbone, la materia prima più inquinante in termini di Co2, c'è uno spiraglio.
L'Agenzia Internazionale dell'Energia spiega che "le scelte cinesi saranno la
chiave per un uso meno inquinante del carbone, la sfida in assoluto più
urgente". Secondo l'Aie la Repubblica Popolare può diventare "leader nel
business del carbone pulito, dove sta sviluppando innovazioni tecnologiche
uniche, che altri paesi dovrebbero adottare". Un segnale della nuova attenzione
che si respira su questi temi: dopo averlo ignorato per anni, il governo cinese
ha accolto a braccia aperte Al Gore. Il Premio Nobel è stato finalmente
autorizzato a organizzare un importante convegno a Pechino, sul cambiamento
climatico, con il contributo parallelo dell'Accademia delle Scienze e dell'Asia
Society di Orville Schell (un think tank di New York che in passato non ha
lesinato le critiche alla politica cinese). Il disgelo è avvenuto con la
benedizione del mondo industriale: nella recessione globale, il business verde è
uno dei pochi motori ancora trainanti. In questo caso l'economia di mercato
aiuta l'ambiente, perché è pilotata da una guida politica. Da Washington a
Pechino, il ruolo dello Stato è cruciale nel mandare impulsi al settore privato,
costruendo la nuova cornice di incentivi e disincentivi entro cui si muove il
mercato.
La logica del profitto, piegata a fini virtuosi, è all'opera in un settore che a
lungo è stato l'imputato numero uno per l'inquinamento atmosferico:
l'automobile. Anche in questo caso la Cina è un laboratorio interessante.
Pechino punta a battere tutti sul traguardo dell'auto elettrica, "saltando" una
generazione nel percorso di sviluppo della sua industria automobilistica. Il
gruppo Byd di Shenzhen, partito da una posizione di forza come fornitore
mondiale di batterie per telefonini, si è diversificato nelle batterie per auto
e sviluppa un modello a motore interamente elettrico. I capitali privati ci
credono, al punto che l'operazione coinvolge il nome più illustre della finanza
americana. Nel settembre 2008 il gruppo Berkshire Hathaway che fa capo a Warren
Buffett (detto il "saggio di Omaha", il secondo uomo più ricco del pianeta) ha
acquistato una quota del 10% nel capitale della Byd, scommettendo che la Cina
sarà tra i vincitori nella corsa. Il primo modello di berlina quattroporte ad
alimentazione solo elettrica della Byd sarà in vendita in America nel 2011.
Barack Obama non vuole rassegnarsi al dominio asiatico nell'auto pulita.
Annunciando la bancarotta della General Motors, che deve sfociare nel parto di
una casa più snella e competitiva, il presidente ha ribadito che tra i compiti
del nuovo management c'è il rinnovamento della gamma per ridurre i consumi
energetici. Gli effetti si sentiranno a cascata perché l'industria
automobilistica è al centro di una vasta ragnatela: l'indotto è l'universo di
aziende che forniscono componenti, si stima che raggiunga fino a due milioni di
persone negli Stati Uniti. Come dimostra il caso delle aziende giapponesi,
sudcoreane e cinesi che producono batterie al litio per auto elettriche o
ibride, attorno alla domanda di un'auto pulita si genera un intera attività
industriale nuova. Inaugurando una fase di interventismo statale che non ha
precedenti dai tempi di Franklin Roosevelt, Obama ha chiarito che ambiente e
profitto devono andare d'accordo. È questa la cifra distintiva della sua
politica industriale. Il sociologo inglese Anthony Giddens è convinto che sia la
strada giusta per superare le resistenze del passato: "Obama riesce a
trasformare l'ambientalismo in un messaggio positivo. Rende evidente il nesso
tra energie alternative, sicurezza, e crescita economica. È capace di ispirare
una vera svolta, e questa può contagiare anche l'Europa".
FEDERICO RAMPINI
IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2009
Riparte l’altoforno, ma rimane la ”cassa” - L’ANNUNCIO
FATTO DALLA LUCCHINI AI RAPPRESENTANTI SINDACALI DELLA FERRIERA DI SERVOLA
Altre tredici settimane a casa per 100-120 dipendenti
perché la produzione sarà ridotta
Riparte l’altoforno della Ferriera di Servola. Quello contraddistinto dal
numero 3 sarà attivato entro giugno, ma a causa delle difficili situazioni di
mercato funzionerà a ritmo estremamente ridotto, per cui la cassa integrazione
sarà prorogata per altre tredici settimane e investirà 100-120 lavoratori a
rotazione. Queste le principali comunicazioni che sono state fatte ieri mattina
dalla Lucchini-Severstal nel corso dell’annunciato incontro con i rappresentanti
di fabbrica.
«In relazione al perdurare della difficile situazione congiunturale,
caratterizzata da una situazione di mercato ancora deficitaria con vendite al
30-40 per cento rispetto agli standard abituali - hanno fatto sapere ieri i
vertici di Lucchini spa - l’Afo 3 potrà ripartire al minimo tecnico limitando di
fatto l’attività produttiva diretta e indiretta». E riferendosi anche ai
contenuti dell’incontro con le Rsu, l’azienda ha riferito che «si è evidenziato
come tutte le previsioni al momento vedono una ridefinizione al ribasso della
domanda mondiale di acciaio per cui è presumibile che tali livelli produttivi
verranno mantenuti anche per i prossimi anni».
Affermazioni che hanno suscitato forti timori tra i rappresentanti sindacali.
Alla vigilia della trattativa che aveva portato alla prima richiesta di cassa
integrazione, la Servola spa aveva denunciato un invenduto di 100 mila
tonnellate di ghisa e 150 mila tonnellate di coke. Situazione che è solo
leggermete migliorata nelle ultime settimane. Per il momento dunque, mentre per
una buona fetta dei 540 dipendenti si annuncia anche un’intera estate con 750
euro al mese, è scongiurata solo l’ipotesi peggiore: quella che poteva
addirittura prefigurare la mancata riaccensione dell’altoforno.
«La produzione potrà riprendere come previsto entro il mese di giugno - ha
comunque annunciato ieri con una certa soddisfazione la Servola spa - al termine
delle tredici settimane di cassa integrazione». Si tratta della prima tranche
che attualmente vede a casa un paio di centinaia di lavoratori e che si
concluderà il 13 giugno. Assieme all’altoforno numero 3 verranno riattivati
anche gli impianti connessi e cioé l’agglomerato e la macchina a colare che sono
attualmente fermi. Ancora, la ripresa dell’Afo 3, seppur rallentata
complessivamente, consentirà comunque la ripresa delle forniture di ghisa
liquida allo stabilimento della Sertubi che a propria volta è interessato da
provvedimenti di messa in cassa integrazione.
L’azienda ha anche ricordato come sull’altoforno siano stati fatti interventi
per 7 milioni, in particolare quelli richiesti per l’autorizzazione integrata
ambientale, tra cui il rifacimento del sistema di caricamento, la sostituzione
della cappa di aspirazione del piano di colata e del sistema di raffreddamento,
l’implementazione di nuovi impianti elettrici e di automazione. I vertici
aziendali hanno anche ribadito che «nonostante la difficile situazione economica
verrà mantenuto anche nel 2009 il premio di risultato legato ai livelli della
sicurezza».
SILVIO MARANZANA
Roiano, nuovo complesso edilizio in via Giusti - Il
sindaco Dipiazza: «Abbiamo le mani legate, colpa di quel disgraziato Piano
regolatore»
INSORGONO I RESIDENTI NELL’AREA DI VICOLO RIO MARTESIN
Erano stati i primi a coalizzarsi contro il “tubone”, che prevedeva una
nuova direttrice di penetrazione cittadina. Avevano reagito con altrettanta
veemenza al megaprogetto che prevedeva in via Giusti e nell’area dell’ex
Centrale elettrica di Roiano un complesso abitativo con parcheggi e case
ecologiche nell’area verde vicino alla vallata di Rio Martesin. Ora nulla
possono di fronte a un progetto che interesserà proprio quel fondovalle
incastonato tra Monteradio e scala Santa.
«Abbiamo cercato di porre i vincoli necessari – ammette il sindaco Roberto
Dipiazza ai residenti di via Giusti e vicolo Rio Martesin – ma non potevamo
impedire ai proprietari dei terreni di costruire, pena denunce e sanzioni. Sono
dispiaciuto per i roianesi, ma non è nostra la responsabilità. Quello sciagurato
Piano Regolatore del ’97 (all’epoca della giunta Illy, ndr) che ha permesso la
costruzione di case su case in tutti i quartieri della città non lo abbiamo
certo realizzato noi». Il sindaco conferma dunque che l’area di vicolo Rio
Martesin, via Giusti e dintorni, a cui è possibile accedere solo attraverso uno
stretto vicolo, risulta interessata da una variante urbanistica che prevede la
costruzione di nuove palazzine.
Ma non è l’unica parte di Roiano che fa gola ai costruttori. È in corso di
completamento nella parte alta di scala Santa, infatti, un nuovo caseggiato
dalla cubatura consistente, a monte di solo qualche metro rispetto a un’altra
recente costruzione. Si sta costruendo pure in vicolo delle Rose, dove è
prevista la realizzazione di nuove palazzine su di un versante molto ripido. In
questo caso ci sono state delle segnalazioni da parte di alcuni residenti che
hanno rilevato uno smottamento sulla scarpata a monte della strada non lontano
dall’area dei lavori.
Sul progetto che interessa la vallata di via Giusti si registrano diverse
posizioni. A cominciare da quella di Piero Ambroset, coordinatore della
commissione urbanistica della terza circoscrizione. «Il nostro parlamentino ha
dato sempre parere negativo ai diversi progetti edilizi che interessano questo
territorio. Sulla variante definitiva – aggiunge Ambroset - non so dire nulla,
tuttavia mi chiedo come faranno a passare con camion e bettoniere lungo quel
vicolo Martesin che in alcuni punti raggiunge a malapena i due metri di
larghezza».
«Peggio di così non poteva andare», afferma Luciano Sinico, residente in via
Giusti preoccupato da una cementificazione che potrebbere «arriverà sino a Monte
Radio». In una Roiano già collassata dal traffico, secondo i residenti la
realizzazione di nuove case appare un controsenso. «Che ne sarà poi della
stabilità della zona? Avete visto tutti cosa sta succedendo in via Monte Valerio
- dice Sinico - dove il transito dei mezzi pesanti ha provocato un grande
smottamento».
«Ci sentiamo impotenti, soli e traditi. Nonostante le promesse del sindaco e
della circoscrizione – interviene Rosario Formica, residente in via Giusti –
dovremo sopportare l’annientamento dell’ultimo spazio verde di Roiano». Gli
fanno eco Ruggero Zanconati e Rosanna Klaus: «Abbiamo difeso questo piccolo
polmone di alberi e campagna con i denti – dicono – ma pare che non sia servito
a niente. Vogliono costruire case in una città in netto decremento demografico.
E non pensano che questo verde rappresenta la zona di “villeggiatura” della
gente anziana che non può muoversi da questa parte di Roiano». La preoccupazione
riguarda il fatto che la nuova costruzione andrebbe a caricare un’area in cui
«non ci sono fognature e strad «creare abitazioni enormi davanti a vecchie case
rurali - sostiene Dario Ferluga - significa distruggere un meraviglioso
paesaggio antico»
Maurizio Lozei
Nuova legge leghista sulla caccia - DOPO L’ALTOLÀ DELLA
CONSULTA
PORDENONE La Lega presenta una proposta di legge regionale
sulla caccia per superare i rilievi che hanno portato alla bocciatura
dell’attuale normativa da parte della Corte costituzionale. Il testo, illustrato
a Pordenone, punta a cambiare l’impianto della legge precedente, ispirandosi al
principio di sussidiarietà e trasferendo le competenze alle Province. Si punta
quindi alla collaborazione tra enti e organismi per la gestione faunistica e
venatoria, con l’istituzione di una «Conferenza permanente per la gestione
faunistica e venatoria», che funziona come struttura di raccordo tra Regione,
Province e organismi venatori. Il testo prevede poi il rafforzamento delle
Riserve di caccia e dei Distretti venatori. Per superare i rilievi di
incostituzionalità, la proposta prevede inoltre la soppressione
dell’Associazione dei cacciatori e la presenza dei «portatori di interesse» nei
Distretti venatori, introducendo il «controllo delle specie problematiche» come
volpi, cinghiali e corvidi e istituendo infine lo strumento della Commissione
disciplinare d’appello e di conciliazione.
MARE PULITO - Bagni sicuri a Staranzano L’Arpa promuove
il Lido - Le analisi dell’Agenzia per l’ambiente: i valori
dell’inquinamento sono dentro i limiti di legge
STARANZANO Il mare del Lido di Staranzano è balneabile.
L’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) ha comunicato ieri al Comune, i valori
delle analisi risultati ampiamente nella norma, relative al 4 maggio scorso:
“coliformi totali” 143 su 100 millilitri d’acqua (il limite consentito è 2.000),
“coliformi fecali” 11 (il massimo è 100), “streptococchi” 51 (massimo 100),
“salmonella assenti”. Un trend positivo che si allunga dalla passata stagione, a
conferma che l’inquinamento, anche se il mare è sempre sotto osservazione,
sembra oramai alle spalle, un brutto ricordo. Invece rappresenta un ottimo
segnale per l’estate che ha già dato segni della sua forte presenza con il caldo
eccezionale di maggio. La notizia è ancora più incoraggiante per gli operatori
degli stabilimenti balneari “Jeko bay” e “Surf bar” dopo che anche il mare di
Marina Julia è tornato pulito.
Intanto, proprio nei giorni scorsi il Lido di Staranzano è stato ripulito da
detriti, tronchi e quintali di alghe e con il bel tempo è cominciata una
stagione estiva promettente con l’assalto dei bagnanti alla spiaggia degli
ultimi fine settimana. In primo luogo è stato portato via il materiale
ingombrante (tronchi di una certa dimensione scaricati in mare dall’Isonzo e
anche la carcassa di una vecchia imbarcazione). Poi con l’ausilio di una ruspa
sono state ammassate tutte le alghe in una zona della spiaggia che non potesse
turbare la presenza dei bagnanti. La ripulitura ha prima interessato lo
stabilimento “Jeko bay”, poi man mano si è arrivati al “Surf bar”.
Per nascondere l’ammasso delle alghe, al momento è stata creata una sorta di
“mascheratura” dell’area di deposito, nell’attesa di effettuare la cosiddetta
“vagliatura”. Il procedimento consiste nell’utilizzo di un macchinario a nastro,
dove vengono prelevate le alghe senza portare via anche la sabbia. E le alghe
successivamente verranno portate allo smaltimento.
TRASPORTI - Ambientalisti e Tav
Gli «Amici della Valle» salutano con favore l’interesse
espresso dal presidente generale del Cai in difesa della Val Rosandra, contro la
Tav e sulle sue vicende storico-culturali e paesaggistiche. In coda al breve
articolo comparso su «Il Piccolo», in data 28 maggio, si legge una nota di
quanto ha dichiarato il presidente dell’Associazione XXX Ottobre che, con
testuali parole, afferma che la realizzazione della Tav non andava vista
attraverso una sterile e vuota logica del non fare a tutti i costi, ma da quella
concreta e positiva che consiste nella individuazione di soluzioni alternative.
Al proposito vorrei far notare che, nonostante la notizia sia emersa in città
con grave ritardo e con un progetto definitivo che la dice lunga sulla
disponibilità di dialogo da parte dei progettisti e sui margini di trattativa,
il «popolo degli amanti della Natura» si è mobilitato organizzando numerose
riunioni – con interventi di autorevoli professori universitari, geologi
responsabili per l’ambiente, Italia Nostra, Wwf... contrari alla realizzazione
del progetto Tav.
Vi è inoltre il Comune di Dolina che, in accordo con i cittadini, ha espresso
vivace dissenso. Nel contesto degli incontri si sono sentite le testimonianze di
quanto accaduto nel Mugello; c’è di che rimaner sgomenti!
Visto quanto sopra non capisco «dove» il presidente della XXX Ottobre abbia
ravvisato questo sterile e vuoto ostruzionismo da parte degli ambientalisti.
Le alternative ci sono; eccome! Peccato che ora manchino gli interlocutori; i
responsabili della Tav che, presentato il progetto definitivo, si sono dileguati
come «vento di primavera»: spariti. Per concludere: la scoperta della «grotta
impossibile», avvenuta durante la realizzazione delle gallerie per la Grande
Viabilità, dovrebbe fare scuola; tanto per non cadere nella solita sterile e
vuota logica del fare a tutti i costi. Rispettiamo l’imprevedibilità del nostro
Carso.
Virgilio Zecchini
Tav ignorata - GOVERNO
Ho letto l’articolo di fondo sul Piccolo del 28 maggio del
direttore Paolo Possamai in cui contestava la mancanza di finanziamenti per l’Av
sia da parte del governo, attraverso il Cipe, sia da parte delle Ferrovie dello
Stato. Egli ironicamente poneva un dilemma: «se era più importante e urgente un
treno veloce che attraversi la pianura padana e colleghi l’Italia ai paesi della
nuova Europa, oppure che il treno Frecciarossa viaggi rapido e mezzo vuoto tra
Bari e Napoli». Questa tratta tra l’altro è una di quelle che le Ferrovie
privilegeranno al posto di quelle del Nordest. L’ironia del direttore nasconde a
malapena la sua aspirazione affinché la linea Av Venezia-Trieste-Lubiana venga
finanziata e portata a termine al più presto. A onore del vero però egli pone
anche alcuni dubbi sull’efficacia trasportistica della soluzione tecnica
individuata che, tra l’altro, appare fortemente impattante per l’ambiente. Credo
che si riferisca al traforo del Carso da Ronchi fino a Trieste. E qui il
direttore auspica che il progetto fin qui elaborato venga ridiscusso a fondo e
in modo trasparente. Fatte queste considerazioni trovo poco coerente il suo
auspicio a che la linea Av venga costruita prima possibile perché dice lui,
rappresenta un’opera strategica non solo per il Nordest ma per l’Italia intera.
Il rinvio della progettazione completa e quindi dell’inizio dei lavori il
direttore lo ascrive alla litigiosità imperante fra i politici delle due regioni
del Nordest. Un esempio di queste diatribe è rappresentato dal tracciato che il
presidente del Veneto vorrebbe lungo la costa, mentre Tondo lo vorrebbe verso
l’interno. Io credo che il direttore Possamai, se è convinto che l’attuale
progetto passante sotto le pendici del Carso può rappresentare un impatto
fortemente negativo per l’ambiente sottostante, non dovrebbe perorare la causa
di quei politici privi di buon senso, che se ne fregano dell’ambiente, purché si
facciano affari con le imprese costruttrici. Basterebbe rifarsi al processo che
la magistratura ha istruito nei confronti delle imprese costruttrici dell’Av nel
Mugello, accusate di scempio ambientale per aver fatto sì che interi paesi
rimanessero senz’acqua, a causa della cementificazione della zona che ha
cancellato le falde idriche.
Bruno Cargnelutti (Monfalcone)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 giugno 2009
Comitato No Tav Trieste: "Presidio in piazza Unità" - lunedì 8 giugno
In concomitanza con la riunione del Consiglio comunale di
Trieste che dovrebbe discutere del progetto di fattibilità della nuova tratta
ferroviaria Trieste-Divaccia, il comitato No Tav organizza lunedì 8
giugno alle 18.30 una manifestazione in piazza Unità.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2009
Tav, due opzioni in favore dell’ambiente - LO STUDIO DI
FATTIBILITÀ ITALO-SLOVENO SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO
Quelle denominate ”Cattinara” e ”Osp” modificano la
soluzione ottimizzata del tracciato
Un leggero spostamento in direzione del mare, verso il basso, a sud-ovest. E
le inversioni dei tratti all’aperto del tracciato ferroviario. Questi, in
sintesi, i contenuti delle due varianti al percorso ottimizzato della Tav
Trieste-Divaccia. Un doppio adeguamento che modifica leggermente la soluzione
ritenuta migliore dai progettisti autori dello studio di fattibilità congiunto
italo-sloveno. Un disegno che prevederebbe il passaggio nel sottosuolo della
doppia canna ferroviaria per la quasi totalità dei 35,6 chilometri dello
spicchio locale del Corridoio 5. Unica eccezione, i 200-300 metri all’altezza
della valle dell’Ospo in Slovenia.
OPZIONE CATTINARA Tornando alle due alternative, queste sono state «studiate per
il possibile insorgere di problemi di tipo ambientale», spiega l’ingegner Mario
Goliani, uno dei padri del progetto ed ex responsabile dello stesso per la Rete
Ferroviaria Italiana. Si tratta, nello specifico, delle opzioni denominate «Cattinara»
e «Osp». La prima in territorio italiano, la seconda in quello sloveno.
L’opzione Cattinara «allontana il tracciato di progetto dalla zona ospedaliera
di Trieste», spostandolo verso il mare e facendo sì che un tratto del
collegamento, della lunghezza di circa 300 metri, viaggi all’aperto (nella
versione ottimizzata invece il passaggio è sempre sotterraneo) proprio sotto il
viadotto della Gvt, in località Rio Storto, sopra Zaule. Una soluzione utile a
«ridurre i potenziali impatti vibrazionali in fase di esercizio sui ricettori
sensibili», come si legge all’interno dello Studio di fattibilità. Fra le
criticità sottolineate dai tecnici nei passaggi della relazione, emerge in
effetti la «remota possibilità che la soluzione ottimizzata del percorso possa
causare delle vibrazioni relazionate al passaggio dei treni», rischiando quindi
di interferire in qualche modo con l’attività dell’ospedale di Cattinara. Le
probabilità che ciò possa accadere, rilevano i tecnici, sono comunque molto
basse. In ogni caso, per progetti imponenti come sarà (forse usare il
condizionale sarebbe meglio, vista l’incertezza che ruota attorno ai
finanziamenti, come dimostrato di recente dal Cipe proprio per la
Venezia-Trieste) il collegamento transfrontaliero locale, ovviamente non si può
correre nemmeno il minimo rischio.
Ma la stessa opzione Cattinara porta in dote altre presunte problematiche. In
primis quelle collegate proprio alla presenza dei viadotti della Grande
viabilità triestina e alla coabitazione della Tav con gli stessi. Non solo,
però: difficoltà, stando alle parole contenute nell’atto prodotto dal consorzio
composto da Italferr e dagli esperti sloveni del settore trasporti, potrebbero
essercene per il possibile inquinamento delle acque in fase di cantiere e di
occupazione di suolo naturale. «Ma le gallerie che dovrebbero passare sotto il
Carso - puntualizza in merito Goliani - sarebbero tutte più alte del livello
delle acque di base che, ovviamente, cambia a seconda delle zone. La quota
minima verrebbe raggiunta laddove sfocia il Timavo, quella massima nel punto in
cui si inabissa. La copertura delle gallerie potrebbe eventualmente essere
toccata solo nel caso di piene intense, ma comunque non certo dalle acque
normali».
OPZIONE OSP L’altra alternativa interessa invece il territorio della vicina
Repubblica, segnatamente l’area della valle dell’Ospo. La parte specifica dello
studio trae origine dai dubbi mossi dalla componente slovena del consorzio sui
possibili danni ambientali a un’area «soggetta a molti vincoli», anche culturali
e paesaggistici, e che è inserita negli elenchi della Rete natura 2000, progetto
per la conservazione degli habitat naturali di interesse comunitario. La
soluzione Osp, se adottata, porterebbe il percorso della Trieste-Divaccia a 200
metri di distanza dalla grotta Osapska, eliminando i previsti 200-300 metri
all’aperto per spostare tutto sotto terra. «In definitiva, l’opzione Osp
comporta meno impatti potenziali sui siti Natura 2000, sul paesaggio ed in
relazione all’impatto acustico nella fase di esercizio», è una delle conclusioni
sottolineate dai progettisti. I quali, è bene ricordarlo, hanno firmato uno
studio di fattibilità che, non essendo un progetto esecutivo, può subire delle
ulteriori modifiche.
TRANSPADANA Nominato recentemente presidente di Transpadana in rappresentanza
dei soci pubblici, il numero uno della Camera di commercio di Trieste Antonio
Paoletti si confronterà a breve con gli altri componenti del Cda del comitato
promotore della direttrice europea dell’Alta velocità per studiare le strategie
da portare avanti sul territorio. Per il momento, promette: «Punterò a
coinvolgere in un dialogo costruttivo i comuni interessati dal passaggio della
Tav».
MATTEO UNTERWEGER
Tre miliardi per unire il Cadore alla Carnia -
IL COLLEGAMENTO TRA L’A27 E L’A23
In Veneto c’è una proposta per i primi 23 chilometri,
mentre il Friuli Venezia Giulia latita
IN REGIONE SCARSO L’INTERESSE DA PARTE DEI PRIVATI PER LA REALIZZAZIONE
DELL’OPERA
TRIESTE Una autostrada lunga 85 chilometri per collegare il Cadore alla
Carnia. Un progetto per fare uscire dall’isolamento le aree della montagna, per
dare impulso alle aree produttive e al turismo. Un progetto – di cui esistono
per ora buone intenzioni e la volontà condivisa di Veneto e Friuli Venezia
Giulia di realizzarla – che per concretizzarsi ha bisogno di risorse: tre
miliardi di euro secondo lo studio commissionato due anni fa dalle associazioni
Industriali di Belluno, Treviso, Pordenone e Udine e donato alle Regioni.
Risorse pubbliche da investire nel collegamento non ce ne sono per cui il
progetto è a caccia di fondi privati. In Veneto è stata avanzata una proposta di
project financing per il primo troncone (23 chilometri) mentre in Friuli Venezia
Giulia le manifestazioni di interesse latitano.
LO STUDIO Due anni fa le associazioni industriali di Belluno, Treviso, Pordenone
e Udine, hanno donato uno studio di fattibilità sull’opera redatto dallo Studio
Ingegner de Beaumont e a DEPFA Bank, sotto la supervisione e il coordinamento
dell’architetto Bortolo Mainardi. Il punto di partenza è stata l’analisi del
collegamento autostradale tra la A27 (Venezia-Belluno) e la A23 (Udine-Tarvisio),
elaborata dall’Anas e completata nel marzo 2005. Partendo dal sistema del
«doppio arco» determinato dal Passante di Mestre (Dolo/A4-Mogliano-Quarto d’Altino/A4)
da un lato e dalla Pedemontana veneta «unita» al completamento della A28 (Montebello/A4-Tiene-Bassano-Conegliano-Pordenone-Portogruaro/A4),
dall’altro, lo studio ha ipotizzato a completamento del quadro una prosecuzione
della A 27 – autostrada che interseca centralmente entrambi gli «archi» - verso
nord-est, fino al collegamento con la Carnia e quindi con il Friuli.
L’OPERA Secondo l’elaborazione, che prende le mosse dallo studio di fattibilità
dell’Anas, l’opera – si parla di una strada a scorrimento veloce o di
un’autostrada, ma comunque di un’arteria a pedaggio - andrebbe costruita in tre
tronconi: tra Pian di Vedova e Pieve di Cadore (23 chilometri), tra Pieve di
Cadore e Forni di Sopra (altri 23 chilometri) e tra Forni e la connessione con
la A 23. L’ipotesi di tracciato economicamente più impegnativa risulta essere
quella a più basso livello di impatto ambientale e paesaggistico, ovvero quella
che prevede la massimizzazione dei percorsi in galleria (66% dello sviluppo
totale) e una forte contrazione del tracciato in viadotto (12% dello sviluppo
totale).
I COSTI L’arteria, secondo lo studio di Confindustria - che tiene conto dei
flussi di traffico medi giornalieri (ipotizzati 31300 veicoli il giorno nel
primo tratto, 12500 nel secondo e 14 mila nel terzo) -, comporterebbe costi «di
pura costruzione» tra i 2 e i 3,2 miliardi. La cifra massima ipotizzata,
considerata la necessità di ridurre al minimo l’impatto ambientale, sembra
quella più attendibile. A questa andrebbero poi sommati tutti gli oneri di
costruzione per cui, secondo gli esperti, l’intera strada potrebbe arrivare a
superare tranquillamente i quattro miliardi. Considerata la scarsità di risorse
pubbliche e l’impegno che entrambe le Regioni hanno già riversato su altri
fronti, l’unica via plausibile per realizzare il collegamento è la ricerca di
fondi privati.
IL VENETO Dopo aver deliberato la facoltà di essere ente concedente (al posto di
Anas), la Regione Veneto ha aperto alle manifestazioni di interesse di privati
una prima proposta – per il primo troncone e quindi quello che di fatto
attraversa il Cadore e che potrebbe tranquillamente vivere autonomamente dando
una risposta al traffico, soprattutto turistico, delle Dolomiti – è arrivata. Ad
avanzarla è stata una associazione temporanea di impresa formata da Grandi
Lavori Fincosit Spa di Roma e dalle due imprese venete Adria Infrastrutture Spa
e Ing. Mantovani Spa. La Regione è ora chiamare a valutare la proposta nel
merito e, in caso risponda ai desiderata, deliberare il pubblico interesse
dell’opera, atto preliminare e necessario alla progettazione.
IL FRIULI VENEZIA GIULIA Il percorso in Friuli Venezia Giulia sembra, invece, in
salita. Non per mancanza di interesse da parte della politica – che già con la
giunta Illy aveva sostenuto l’importanza del collegamento e aveva deliberato la
facoltà, per la Regione, di rilasciare concessioni per arterie a pedaggio,
strade e autostrade -, ma per mancanza di interesse da parte dei privati.
«L’opera – spiega l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi – è stata
inserita nell’accordo Tondo Berlusconi e come tale è ritenuta strategica dalla
Regione. Dobbiamo però fare i conti con risorse pubbliche che non ci sono. Le
nostre priorità al momento sono l’asse terza corsia della A 4 - Villesse Gorzia
e gli interventi per decongestionare la viabilità ordinaria collegata al sistema
autostradale. L’unico modo per realizzare quel collegamento richiede l’impegno
di risorse private, ma al momento la Regione non ha ricevuto alcuna
manifestazione di interesse né proposta di project financing».
MARTINA MILIA
Agenda 21, si discute di viabilità, risorse energetiche
e territorio - LA PROSSIMA SETTIMANA A MUGGIA E SAN DORLIGO
SAN DORLIGO È pronto il calendario dei prossimi
appuntamenti nel contesto dell’Agenda 21 di San Dorligo della Valle e Muggia.
Tre i gruppi tematici che prenderanno il via la prossima settimana. Lunedì,
dalle 17 alle 19 nella sala consiliare di Muggia, si discuterà di risorse
energetiche locali. Il giorno seguente, sempre dalle 17 alle 19, al Centro
visite di San Dorligo si parlerà di viabilità educata e sostenibile, mentre
mercoledì sarà la volta della promozione del territorio, tema che verrà
sviscerato nella sala del consiglio comunale di Muggia sempre dalle 17 alle 19.
Lunedì si discuterà, in particolare per quanto riguarda San Dorligo, di tre
temi: come recuperare legname per riscaldamento ottenendo permessi per taglio di
alberi e cespugli dalla Forestale, l’utilizzo dell’energia eolica (”la bora è
amica”), l’incentivazione geotermica e il recupero delle acque meteoriche.
Riguardo a Muggia l’incontro verterà su tre aree: la mancanza di conoscenza
sulla possibilità di ottenere risorse energetiche locali, lo sfruttamento
dell’energia eolica sul Monte Carso e lo sfruttamento delle biomasse con il
materiale risultante dalla pulizia di boschi e sentieri.
Per informazioni sui gruppi tematici sorti in seno al progetto Partecipassieme
si può contattare l’ufficio Agenda 21 all’indirizzo di posta elettronica
agenda21@com-san-dorligo-della-valle.regione.fvg.it oppure al numero di telefono
040.8329231.
(r.t.)
«Da San Rocco al Lazzaretto: costa persa» - UN’AREA
ANCORA DA VALORIZZARE
È un peccato che quel magnifico tratto di costa che
partendo da Porto S. Rocco si estende sino al Lazzaretto non sia valorizzato in
pieno. Sono ormai passati molti anni che la sua fruibilità per quanto riguarda
la balneazione è interessata solamente ad alcune piccole zone «attrezzate».
L’amministrazione comunale in carica si è già attivata da tempo per risolvere
questo problema, ma, credo per l'elevato costo del lavoro, al momento tutto è
fermo (o quasi). A suo tempo la Regione aveva avviato uno studio di fattibilità
e di valorizzazione di questo tratto di costa. Rimane però il problema del
terrapieno inquinato «Aquario», a mio parere ormai dilavato negli anni sia dalle
piogge sia dalle mareggiate.
Di fronte al terrapieno c’è un allevamento di mitili soggetti a controlli
igienico sanitari prima di essere commercializzati (quindi a buon intenditor....).
Sarebbe magnifico se l’amministrazione regionale stanziasse i soldi neccessari
sia per bonificare il sito, sia per riqualificare almeno quel tratto di
terrapieno (già fornito di terra e scogliera): forse per questo intervento il
costo non sarebbe megagalattico.
Sono sicuro che sarebbe un vanto sia per la Regione sia per l'amministraziuone
comunale di Muggia, per i suoi cittadini e quant’altri interessati alla
balneazione: la speranza forse è l'ultima a morire.
Piero Robba
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2009
Ferriera, l’altoforno 3 pronto a funzionare - I
sindacati: «Ma temiamo che la Lucchini denunci una serie di esuberi» - Domani il
confronto tra azienda e Rsu
Faccia a faccia i vertici della Ferriera e le Rsu domani
nello stabilimento di Servola dove quasi duecento lavoratori continuano a essere
in cassa integrazione. «Non c’è alcun ostacolo né tecnico né burocratico
all’accensione dell’altoforno numero 3 - ha affermato Francesco Semino,
responsabile relazioni pubbliche del Gruppo Lucchini - in questi giorni stiamo
valutando se vi sono le condizioni di mercato per attuarla e lo comunicheremo ai
lavoratori».
Secondo fughe di notizie non confermate l’altoforno verrà attivato, ma sarà
fatto funzionare a regime ridotto a seguito della crisi che ha investito anche
il mercato della ghisa e una parte dei lavoratori dovrebbe proseguire la cassa
integrazione anche dopo questa prima tranche che si concluderà il 13 giugno.
«Il timore non è legato tanto alla funzionalità a ritmi ridotti poiché la crisi
obiettivamente non potrà esaurirsi prima dell’anno prossimo - ha specificato
ieri Franco Palman della Uilm - quanto alla possibilità che l’azienda approfitti
della situazione per denunciare una serie di esuberi, mentre uno stabilimento
come quello di Servola dove oltretutto vi sono in ballo anche numerosi contratti
a termine, non può funzionare in efficienza e sicurezza con un organico
inferiore alle attuali 540 unità».
Con la riduzione del numero dei dipendenti, secondo Palman l’azienda, gettando
nel dramma numerose famiglie, toglierebbe però molte castagne dal fuoco al
settore politico che non si troverebbe più alle prese con la ricollocazione di
un numero così ampio di operai e tecnici come quello attuale.
E la denuncia di «violazione di alcune norme di sicurezza da parte dell’azienda»
viene avanzata già ora da Luigi Pastore, rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza di Faims-Cisal. «La manutenzione a turno - afferma Pastore - opera
solo con il turno di notte e unicamente con l’elettricista, mentre in precedenza
gli interventi venivano eseguiti assieme al meccanico proprio per ragioni di
sicurezza. La salvaguardia impianti è scoperta dalle 16.30 alle 22. L’infermeria
non è più presidiata dai medici». Secondo Pastore, che invoca di conseguenza
l’immediato intervento delle istituzioni competenti, «le condizioni già note di
altissima pericolosità degli impianti obsoleti e la mancanza di personale
specifico di pronto intervento mettono a rischio l’incolumità dei lavoratori».
«Attualmente sono sempre fermi l’altoforno, il reparto agglomerato e la macchina
colare - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - e funzionano soltanto la
cokeria, la centrale elettrica interna, il terminal solo se arrivano navi e in
parte la manutenzione e l’amministrazione. Un rischio immediato da evitare è che
l’azienda voglia arrivare in questa situazione fino al prossimo inverno».
«La settimana prossima vi sarà un confronto allargato anche con le segreterie
confederali - spiega Palman - ma già domani dovrebbero apparire chiare le
intenzioni dell’azienda». La rabbia dei lavoratori potrebbe esplodere fin
dall’assemblea che si terrà venerdì.
(s.m.)
Lucchini - progetto centrale termoelettrica: domanda di Valutazione di Impatto Ambientale, Valutazione di Incidenza, Autorizzazione Integrata Ambientale.
Servola, il Miani fa appello all’orgoglio dei residenti
- ASSEMBLEA PUBBLICA A VALMAURA
Sollecitata la chiusura dello stabilimento siderurgico
Circolo, sopravvivenza difficile
Un appello all'«orgoglio dei residenti» chiamati a opporsi alla situazione
di stallo. L'ennesima accusa alle autorità istituzionali, Azienda per i servizi
sanitari compresa, colpevoli di «mancato intervento a favore della popolazione».
Un ironico invito ai russi, proprietari della Ferriera, «a non voler insegnare
qualcosa in tema d'impresa ai triestini, i cui cantieri seppero costruire navi
che solcarono gli oceani». Sono alcuni dei principali passaggi del lungo
intervento di Maurizio Fogar, ex presidente del circolo Miani, alla pubblica
assemblea convocata l'altra sera nell'area giochi del comprensorio dell'Ater di
via Valmaura. ”Chiudono il Miani e non la Ferriera" era il titolo stampato sulle
1.500 locandine affisse sui portoni delle case del rione dai soci del Miani nei
giorni precedenti l'appuntamento; il mancato rinnovo dei finanziamenti al
circolo, da parte della Regione, ha messo in seria difficoltà l'organizzazione
presieduta ora da Livio Fogar. Questi ha richiamato l'attenzione del pubblico -
non numeroso - sul nodo sopravvivenza del circolo, lasciando poi le
argomentazioni di merito a Maurizio Fogar, che ha chiesto ancora la chiusura
della Ferriera.
(u.s.)
TRASPORTI - Ferrovie in crisi
Il Piccolo è stato gentile a pubblicare in questi anni
diverse mie segnalazioni sulle complesse e disastrate ferrovie. In alcuni casi,
per coincidenza, ci sono stati degli sviluppi ma quasi sempre negativi.
Peggiorati i già miseri servizi internazionali via Opicina/Tarvisio, di fatto
inesistenti, escludendo quelli mancanti da 60 anni per Pola e Fiume. Tagli anche
a Udine su Roma e Milano.
Le piccole modifiche grafiche all’orario venduto in edicola, suggerite per
migliorare le linee triestine forse non servono. Sembra che a breve, per
risparmiare, Trenitalia non lo stamperà più copiando Francia e Spagna a danno
dei milioni di persone senza Internet a casa. Vorrei vedere se sparissero i
giornali cartacei, i libri, ecc. Intanto il progetto «rete snella» è arrivato
anche qui: ridimensionata Opicina, smantellato Prosecco, tolti alcuni scambi in
città penalizzando il traffico merci. Qualcuno forse ci ha messo più zelo del
dovuto sperando di fare carriera.
Per il traffico merci Italia-Est Europa vedo dell’altro: deviare gli attuali
merci sul Brennero per intasarlo al massimo e rendere necessario il suo
raddoppio. Dall’altro lato si dirà che l’attuale linea via Opicina è
tecnicamente inadatta senza la Tav sotto il Carso. Addio alla speranza di
ripristinare la breve Cervignano-Aquileia-Grado Pontile, con il suo potenziale
turistico, chiusa da 60 anni ma con i binari rimasti intatti. Da alcuni mesi
sono stati invece smantellati per farci la pista ciclabile.
Ancora più recente il probabile raddoppio delle tariffe per organizzare treni
storici con mezzi d’epoca. Una scusa per demolirli forse perché hanno troppo
successo mentre gli austriaci ripiegano su Capodistria. E dire che i tedeschi ci
guadagnano pure oltre a mantenere viva una cultura ferroviaria.
Trieste è una delle 10-12 città ad avere questi mezzi mentre per il museo di
Campo Marzio continua il disinteresse di tutti, volontari esclusi.
Patrick Mazzieri
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2009
Alta velocità, Legambiente chiede un tavolo unico - CON
IL COINVOLGIMENTO DEI COMUNI
Un tavolo unico per discutere dell’alta velocità in Friuli
Venezia Giulia. È questa la richiesta degli esponenti di Legambiente, Rudy
Fumolo e Andrea Wehrenfennig, e indirizzata ai Comuni interessati dalla
realizzazione del progetto della linea ferroviaria Trieste-Divaccia. «L’Italia -
ha detto Fumolo - ratificando la Convenzione di Aarhus nel marzo del 2001,
accolse la direttiva che prevede la partecipazione del pubblico alle decisioni
che riguardano argomenti come l'alta velocità. Nulla di tutto questo però è
avvenuto - ha aggiunto - perciò esiste il concreto rischio che, se il progetto
dovesse proseguire con le attuali modalità, l’Italia possa essere destinataria
di una segnalazione di infrazione. Anche col progetto della linea ferroviaria
Trieste-Divaccia - ha concluso Fumolo - il traffico ferroviario aumenterebbe di
una percentuale inferiore all'unità rispetto a quello su gomma, invece il nostro
obiettivo è quello di un massiccio appesantimento delle tasse a carico dei
camion, sulla scia di quanto stanno facendo o hanno già fatto numerosi Paesi
europei, in modo da favorire il trasferimento del movimento merci su rotaia».
«Da realizzare però - ha precisato Wehrenfennig - senza quel disastroso impatto
previsto dalla progettazione attuale. Proponiamo invece - ha continuato - per
quanto concerne il cosiddetto ”Progetto prioritario n.6”, il rispetto delle
normative europee, con un costo notevolmente inferiore e in tempi più rapidi,
attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 km/h dell'attuale linea
ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento fra Trieste e Capodistria in area
muggesana e il potenziamento del bivio San Polo Monfalcone-Bivio di Aurisina».
Ugo Salvini
TRASPORTI - Confronto sulla Tav
In uno degli interventi ormai quotidiani sulla Tav, un
lettore afferma: «Mi stupisce che l’allarme lanciato da Paolo Rumiz non abbia
riscosso la dovuta attenzione». In realtà, il 20 aprile, a Dolina lo scrittore
ha affermato che non si tratta di essere favorevoli o contrari alla Tav, ma di
pretendere progettazione e realizzazione di opere rispettose dell’ambiente, come
avviene all’estero, contrariamente a come si è operato nel Mugello. Cosa
possibile anche in Italia, se si pensa alla realtà della Pontebbana. L’allarme è
venuto da altri relatori, contrari per principio all’alta velocità anche sotto
l’aspetto logistico. È vero, non si è aperto un vero dibattito. Con l’uscita
dalla politica di Riccardo Illy, manca un serio confronto, perché prevalgono gli
argomenti di chi, prevenuto, non è interessato alla realizzazione delle opere.
Con la sua gestione, il Fvg ha attuato una politica dei trasporti, con una
visione europea, tesa a migliorare la mobilità di merci e passeggeri in funzione
dello sviluppo economico. Senza la sua adesione alla Transpadana non si sarebbe
nemmeno avviato il progetto del Corridoio V. Con la gestione Illy non sono
mancate risposte, incontri e approfondimenti, senza preoccupazioni di stampo
elettoralistico. I risultati hanno dovuto fare i conti con quanti si ostinano a
non comprendere la dimensione internazionale dei traffici. Concordo quindi con
la necessità di un approccio, come quello di Paolo Rumiz, auspicando che vengano
altri interventi di quanti sono interessati, come Riccardo Illy, a lavorare
seriamente per lo sviluppo economico della nostra regione.
Luigi Bianchi
«Servola, a rischio cementificazione un’area adibita a
orti» - RESIDENTI IN ALLARME, SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE CONSILIARE
«Non cementificate anche questo pezzo di terreno». La richiesta parte dai residenti le cui case sono vicine a una zona verde tra via del Roncheto e via Silvula, oggi adibita a orti rionali. Il rappresentante della Settima circoscrizione, Giovanni Castello, ha spiegato ieri, durante un sopralluogo della quarta Commissione consiliare comunale, che si tratta di uno degli ultimi terreni appartenenti alla ex comunella di Servola e ora in gestione al Comune. Come ha spiegato il consigliere comunale Iztok Furlanic, c’è preoccupazione tra i residenti: gira voce che il terreno con il nuovo piano regolatore diverrebbe edificabile. Il presidente della Commissione Lorenzo Giorgi ha sostenuto che «il caso di questa zona verde che potrebbe divenire edificabile non sarà l’unico del nuovo piano regolatore. Nel pieno rispetto del lavoro fatto da tecnici e giunta, sarà però il consiglio comunale a dovere far rispettare le zone verdi anche perché non si può costruire all’infinito quando la popolazione non cresce».
(da.cam.)
Comunicato stampa - LUNEDI', 1 giugno 2009
Sentenza della Corte Costituzionale contro la legge
sulla caccia regionale. di Maurizio Rozza
Rappresentante delle Associazioni di Protezione
Ambientale del Friuli venezia Giulia in seno al Comitato Faunistico Regionale
Hanno vinto le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia; Ha
vinto quella parte - oggi purtroppo minoritaria - di cacciatori onesti e
moderati che credono che solo riportando un coinvolgimento effettivo delle tre
parti sociali coinvolte nella pianificazione e gestione dell'attività venatoria
( ambientalisti, agricoltori, cacciatori) si potrà garantire conservazione e
tutela alla fauna selvatica, patrimonio pubblico per legge dello Stato . Ma ha
vinto soprattutto la legalità sui tentativi della Regione di legalizzare qui
comportamenti previsti altrove come violazioni di legge, anche a carattere
penale.
La Corte Costituzionale ha accolto sostanzialmente tutti i rilievi avanzati
dalle associazioni ambientaliste - WWF, LIPU, Legambiente, LAC, LAV . Ha
spazzato via deliri normativi come quello che prevedeva che tutta la Regione -
laguna e mare incluso - dovessero rientrare nella zona faunistica delle Alpi. Un
maldestro tentativo di ridurre le aree interdette alla caccia, che per legge
devono essere comprese in una superfice dal 10 al 20 per cento nelle aree
montane, contro il 20-30 per cento delle aree non montane. O, ancora,
l'altrettanto maldestro tentativo di riaprire l'uccellagione in Friuli Venezia
Giulia, destinandone addirittura i frutti a finalità "amatoriali ed amatorali".
L'uccellagione nel resto d'Italia viene sanzionata penalmente con l''arresto
fino ad un anno o l'ammenda fino a 2000 Euro.
Ma la vera "rivoluzione copernicana" è soprattutto l'obbligo, sancito dalla
Corte, di coinvolgere tutte e tre le parti sociali negli organismi dove avviene
la gestione venatoria. La Legge Regionale n. 6 faceva si che la fauna selvatica,
definita dalla legge italiana "patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata
nell'interesse della Comunità nazionale ed internazionale" diventasse una "cosa
nostra" del mondo venatorio.
La normativa regionale, cancellata ora dalla Corte, disegnava infatti un
panorama inquietante in cui il controllato diventava controllore di se stesso.
L'operato delle Riserve di Caccia, composte integralmente da cacciatori e
deputate a pianificare ed attuare l'attività venatoria, era sottoposto
unicamente al controllo del Distretto Venatorio, a sua volta costituito dagli
eletti delle medesime Riserve di Caccia e dagli altri organismi venatori
esistenti sul territorio di competenza. Al di sopra di entrambi, deputata a
istruire ed applicare un sistema disciplinare e sostitutivo, era stata posta la
"Associazione dei Cacciatori", eletta da tutti i cacciatori attivi nel Friuli
Venezia Giulia. Nessuno, ne in Italia ne nei rari paesi ancora più trogloditi in
materia ambientale, aveva mai osato tanto.
Una legge approvata dal centrosinistra con Enzo Marsilio nelle funzioni di
assessore, ma portata alle sue conseguenze estreme dal centrodestra, in uno
spirito assolutamente "bipartisan" . Se la "colpa" di aver approvato la Legge è
del centrosinistra, spetta a Claudio Violino - attuale assessore in carica - il
merito di aver cercato di demolire anche gli ultimi rimasugli di ragionevolezza
e legalità nel quadro normativo regionale in materia di tutela della Fauna. La
Legge Regionale n. 6, fatta ora a pezzi dalla Consulta, prevedeva un
rafforzamento della vigilanza attraverso la costituzione del Corpo Unico di
Vigilanza Ambientale entro il gennaio 2009. Il centrodestra, in barba a questo
impegno e con il consenso del centrosinistra regionale , ha preferito invece
trasformare con la recente riforma sulla polizia locale gli ultimi guardiacaccia
in vigili urbani al servizio delle Province, deputati a controllare clandestini
e traffico stradale. Nessuno più a vigilare sull'enorme patrimonio pubblico
regionale della fauna selvatica e mani libere a bracconieri e cacciatori che non
vogliono "lacci e lacciuoli".
Sempre nela responsabilità dell'attuale assessore Claudio Violino è l'aver
trasformato il Comitato Faunistico Regionale, ultimo residuo baluardo del
confronto tecnico e scientifico delle tre parti sociali nellì'ennesimo monopolio
venatorio. La legge regionale 6/2008 prevedeva infatti che il comitato -
deputato a fornire indirizzi e pareri nella gestione venatoria e faunizica -
composto da fosse composto in modo variegato ed equilibrato da rappresentanti
del mono ambientalista, venatorio, agricolo, degli enti locali , nonchè dagli
esponenti della ricerca scientifica.. Tradotto ed interpretato nelle nomine
concretamente effettuate dall'assessore Violino, oggi dei quattordici membri
totali ben nove - compreso presidente e vicepresidente - sono cacciatori. e solo
due esponenti delle associazioni di protezione ambientale.
Uno squilibrio che confligge con il buon senso, oltre che con le nuove
determinazioni della Corte Costituzionale.
L'assessore Violino, come il suo predecessore Marsilio, oggi ha davanti a se un
bivio: continuare a privilegiare la linea dura della peggior parte del mondo
venatorio, che vuole continuare a considerare "cosa nostra" la fauna selvatica,
oppure favorire finalmente una linea aderente ai principi fatti propri dalla
normativa europea ( utilizzata comunque anche nella maggior parte dei Paesi
dell'Africa... ) a tutela della biodiversità e della lotta al bracconaggio, per
la soppressione delle attività di caccia non sostenibili. In questa seconda
opzione troverebbe alleati ambientalisti, agricoltori e la parte responsabile
del mondo venatorio. La scelta resta a lui.
Ma gli ambientalisti, se l'opzione sarà ancora a favore di una alleanza con
coloro che stanno portando alla cancellazione della biodiversità di questa
Regione, faranno tutti i passaggi necessari per fermare immediatamente ogni
forma di caccia . E, probabilmente, in questa battaglia troveranno ancora
alleata quella parte del mondo venatorio che vede nelle attuali politiche
regionali il rischio concreto della cancellazione della vita selvatica dal
nostro territorio.
Maurizio Rozza
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2009
Ferrovie, in vendita l’abbonamento «Tuttotreno Fvg» -
Tariffe agevolate previste dalla nuova convenzione con la
Regione. Introdotte multe e premi sulla puntualità
I TAGLIANDI SI POTRANNO ACQUISTARE DA OGGI NELLE
BIGLIETTERIE DI TRENITALIA E NELLE AGENZIE DI VIAGGIO
TRIESTE Sarà in vendita da oggi in tutte le rivendite che normalmente
servono le Ferrovie dello stato il nuovo abbonamento «Tuttotreno Fvg». La nuova
formula, che permetterà (grazie alla compartecipazione della Regione) una
tariffa agevolata per viaggiare sui treni regionali, scatterà come previsto
assieme alla sottoscrizione del nuovo contratto con Trenitalia.
L'ABBONAMENTO. Tuttotreno Fvg è un abbonamento mensile o annuale vendibile nelle
configurazioni IC, ES City e ES, basato, sotto l’aspetto tariffario,
sull’abbonamento regionale. La prima tipologia consente al titolare
l’utilizzazione di tutti i treni regionali e dei treni di lunga percorrenza
accessibili in ragione della configurazione scelta. Il costo è calcolato come la
somma tra il valore dell'abbonamento regionale 40/7/A (che va da un minimo di
19,50 euro a un massimo di 137 a seconda dei chilometri, in seconda classe) e la
differenza tra la categoria di treno più elevata a cui viene consentito
l'accesso e l'abbonamento mensile considerato. Il tutto viene poi maggiorato del
3 per cento. La seconda tipologia è un’«estensione regionale» degli abbonamenti
IC, ES City e ES: permetterà di viaggiare anche sui treni regionali
(naturalmente per la tratta già prevista dall'abbonamento sottoscritto) e
comporta una maggiorazione del 5 per cento. Come detto, i nuovi biglietti
saranno in vendita da oggi nelle biglietterie Trenitalia e le agenzie di
viaggio.
IL CONTRATTO. Come è stato più volte anticipato, il contratto prevede una serie
di penali nel caso in cui Trenitalia non rispetti gli standard previsti. Per
quanto riguarda la puntualità, il mancato rispetto comporta l’applicazione di
una penale su base annuale pari a 15.000 euro per ogni decimo di punto
percentuale di scostamento in meno rispetto allo standard prefissato. Per le
soppressioni, si applica una penale di 1.000 euro per ora eccedente lo standard
per i treni che transitano all’interno delle fasce 7-9 e 17-19, e 100 euro per
ora di soppressione nelle altre fasce.
Il contratto prevede poi una composizione dei treni che deve garantire il posto
a sedere per tutti i passeggeri: solo nelle fasce pendolari è tollerato che la
clientela viaggi in piedi per non più di 20 minuti. qualsiasi disfunzione
prevede una penale pari a 1 euro per ogni posto offerto in meno rispetto a
quanto stabilito. Per le informazioni è prevista una penale variabile in
funzione della tipologia di informazione (nelle stazioni e fermate, per
modifiche dell’orario, elenco punti vendita, orari apertura biglietteria si
parla di 150 euro, e altrettanto per le informazioni a bordo treno fornite dal
sistema automatico, mentre per quelle del personale si scende a 100 euro, e per
le altre informazioni 50).
PREMI. Se si parla di multe, però, non si deve dimenticare che il contratto
prevede anche premi per la puntualità. Premi che sono pari a 15mila euro per
ogni decimo di punto percentuale di scostamento in più rispetto allo standard
prefissato per la fascia 0-5 minuti e altrettanto per ogni decimo di punto
percentuale di scostamento in più rispetto allo standard prefissato per la
fascia 0-15 minuti. La metodologia così individuata potrà essere comunque
rimodulata sulla base dei risultati dei monitoraggi. In caso di proroga del
contratto, infatti, Regione e Trenitalia si impegnano ad avviare un confronto al
fine di determinare un ulteriore incremento dell’indice da applicare, a partire
dal 1° gennaio 2013, sulla base dei dati consolidati nel quadriennio precedente.
Elena Orsi
Contro i rigassificatori
Argomenti contro l'insediamento di uno o due
rigassificatori nel Golfo di Trieste non mancano, anzi. Diciamo che più che
altro vorrei sapere quali sarebbero i vantaggi: 2 centesimi in meno per ogni
litro di benzina (forse)?
Faccio parte del comitato che da anni si batte contro l'insediamento di questi
mostri nel nostro golfo, e so con quante difficoltà ci si trova a far passare
un'informazione che non sia quella dei fautori di questo impianto.
Mi chiedo: Il Piccolo, giornale di Trieste, non ha mai pensato se sia il caso di
prendere posizione? Posizione contraria ovviamente. Trieste è una città
bellissima da sempre governata da persone che non sono in grado di valorizzarla,
ma questo non toglie che a Trieste ci siano ancora aperte tutte le possibilità
per una crescita sia commerciale sia turistica. Tutto questo non può che finire
nel caso venga insediato uno solo di questi impianti. Ora, io non sono triestina
ma amo Trieste e mi piange il cuore che non ci sia una cittadinanza degna di
questo nome disposta a lottare contro la distruzione del proprio patrimonio
naturalistico, paesaggistico, turistico, ecc. ecc.
Quello che vogliono fare è soltanto un affare per pochi a danno di tutta la
cittadinanza (non solo di Trieste).
Le ultime elezioni sono state perse dal centrosinistra proprio a causa della
scarsa considerazione che c'è stata su queste tematiche.
Vorrei che il giornale desse dignità a questa nostra protesta che non è una
sindrome di nimby ma soltanto la ricerca della verità e la tutela di un bene che
appartiene a noi tutti.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2009
Piano regolatore, il Comune accelera e va in appello
contro il ricorso dei geologi - DOPO LA BOCCIATURA SUBITA DAVANTI AL TAR
Lunedì 8 giugno. In quella data, annuncia il sindaco
Dipiazza, approderà in giunta il documento più atteso degli ultimi anni: il
nuovo Piano regolatore comunale. Peccato che sul futuro dello strumento
urbanistico penda ancora come una spada di Damocle il ricorso presentato dal
Collegio nazionale dei geologi per ottenere l’annullamento della delibera con
cui nel 2008 il Comune aveva affidato all’Università, in regime di convenzione,
«un incarico di supporto alla redazione della relazione geologica per la
predisposizione della variante al Prgc».
Quel ricorso, come noto, è stato accolto dal Tar, che ha ritenuto fondate le
accuse di illegittimità mosse dai geologi alla procedura seguita dal Municipio.
L’amministrazione comunale ha deciso però ora di affrontare il secondo «round»,
presentando appello davanti al Consiglio di Stato nella speranza di ribaltare la
sentenza di primo grado. «Andiamo avanti - spiega Carlo Tosolini, direttore
dell’area Pianificazione territoriale -, perché siamo convinti di aver agito con
la massima correttezza e buona fede».
Il ricorso al Consiglio di Stato in ogni caso, assicura Tosolini, non
interferirà con l’iter del Piano regolatore che, esauriti tutti i passaggi
tecnici, si appresta ora ad entrare nel vivo della discussione politica. «L’8
giugno quindi lo presenteremo in giunta - conferma Dipiazza -, per arrrivare poi
all’adozione finale a metà luglio».
Un cronoprogramma che non convince però l’Ordine dei geologi. «Sconcerta
constatare - osserva il presidente regionale Sandro Rota - come, a distanza di
un mese dalla sentenza, il Comune nulla abbia fatto per risolvere il problema
che lui stesso ha creato e, anzi, continui a sostenere di essere nel giusto. Il
Tar ha chiaramente stabilito che ”la relazione geologica consta di un’attività
di esclusiva competenza della professione geologica”. Il Comune, quindi, avrebbe
dovuto affidarla attraverso un bando di gara».
Le mucillaggini si scoprono dall’alto - NUOVA TECNICA
MESSA A PUNTO DALL’OGS
Non è ancora emergenza mucillagini, me se dovesse
verificarsi quelli dell’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica
sperimentale) saranno di sicuro i primi a saperlo. Due ore di volo sono bastate
infatti ai ricercatori per avvistare un anomalo episodio di fioritura di
microrganismi caratterizzato da strisce biancastre lunghe da decine a centinaia
di metri, proprio in mezzo al Golfo di Trieste. Le zone interessate dal fenomeno
identificato dal dott. Michele Giani dell’Ogs, erano quelle in prossimità della
diga foranea (lato interno verso il vallone di Muggia) del porto di Trieste,
nella zona costiera di S. Croce, di Duino, nella zona compresa tra punta Sdobba
e Grado in corrispondenza dei fronti creati dalle acque dell’Isonzo, tra Grado e
Isola, nella zona costiera slovena tra Isola, Strugnano e Pirano.
La missione si è svolta lo scorso 26 maggio a bordo di un piccolo monomotore
dell’Ogs, decollato dal vicino aeroporto sloveno di Divaccia, equipaggiato con
sofisticati sensori ottici in grado di captare minime variazioni del colore
della superficie marina.
«Abbiamo effettuato i rilevamenti da 1700 mt di quota – spiega Franco Coren,
Direttore del Dipartimento di Geofisica della litosfera – altezza da cui è
possibile ottenere una risoluzione di un metro al suolo. Puntando gli strumenti
su un cordone biancastro che si snodava in mezzo al golfo abbiamo ottenuto una
firma spettrale di questo “oggetto” biologico, cioè un diagramma specifico di un
particolare organismo vivente che abbiamo cercato poi di identificare con
l’aiuto dei colleghi biologi».
«In questo periodo – spiega Paola Del Negro, ricercatore del Dipartimento di
Oceanografia biologica - contrassegnato da un rilevante incremento termico delle
acque, è importante associare ai controlli puntiformi sulla qualità dell’acqua
(normalmente effettuati nei monitoraggi costieri dell’Arpa)anche un’osservazione
a più ampia scala per poter valutare la comparsa di eventuali fenomeni anomali
già negli stadi iniziali».
«Abbiamo paura, di sera scatta il coprifuoco»: è
allarme cinghiali in via Commerciale - GLI ANIMALI SONO SCESI IN CITTÀ
Damiano: «Non porto più fuori il cane». Alessandra: «Le
mie figlie si fanno accompagnare dai fidanzati»
Livio Micheli: «Ho dovuto recintare il mio orto, mi mangiano tutta la verdura»
«La sera portavo a spasso il cane, adesso non più. C'è il
coprifuoco». Damiano Larotella abita da cinquant'anni in via Giaggioli, vicino
il capolinea della linea 28 e lungo la salita che collega il caseggiato di
Cologna a via Commerciale. La zona, tranquilla e circondata dalla frescura del
bosco, da qualche tempo registra la presenza di cinghiali che si spingono fin
dentro i giardini delle abitazioni provocando danni alle colture e gran spavento
agli abitanti.
«Posso considerarmi fortunato - racconta Damiano sul terrazzo di casa - non ho
mai incontrato personalmente un cinghiale, ma sarei curioso di vederne uno. Quel
che trovo la mattina in giardino sono i bulbi dei tulipani estirpati: l'ultimo
episodio risale a un mese fa, ma qua dietro - dice indicando le abitazioni dei
vicini - i problemi sono quotidiani». «Da questo inverno - aggiunge la moglie -
i cinghiali sono diventati ormai di casa». E la conferma arriva da Alessandra
Viviani che, insieme al marito e ai sette figli, risiede vicino all'abitazione
dei Larotella: «Ogni notte è la stessa storia - spiega - i nostri due cani
cominciano ad abbaiare perchè nei paraggi ci sono alcuni cinghiali.
«Non è difficile incontrarli anche sulla strada principale: una sera avevamo un
appuntamento ma non abbiamo potuto muoverci perché un gruppetto di loro stava
proprio qui, lungo questo vialetto sterrato che fa da ingresso all'abitazione».
Seduti all'ombra di un poggiolo, la signora racconta dei danni arrecati al
giardino e alle piante dei fiori. Gli alberi da frutto circondano le case
arroccate lungo la ripida salita, ma la rilassata atmosfera campagnola è solo
apparente.
Dopo il tramonto non c'è anima viva, gli unici movimenti sono quelli di pochi
coraggiosi che con fare sospetto rientrano alle proprie abitazioni: «Le mie
figlie hanno paura - racconta Alessandra - e si fanno accompagnare fino al
portone dai rispettivi fidanzati. Una sera uno di loro ha anche ripreso un
gruppo di cinghiali che gironzolava in strada. Ma i cinghiali - interrompe la
figlioletta Maria - sono anche all'asilo di Rebecca!" (in via Commerciale, ndr).
"Si è voluto costruire nuove case - conclude il figlio Francesco - e così
facendo ci si è spinti verso il bosco, sconfinando sul territorio degli
animali».
Attraversando via Commerciale e i binari del tram, verso il campo scuola
Draghicchio, si incontra via Amendola. Al numero 4 Livio Micheli si gode la
pensione lavorando l'orto della casa appartenuta alla madre. Al suono della
parola cinghiale, Livio si precipita subito in giardino: «Ho dovuto recintare
tutto, vede? Ho dovuto arrangiarmi come potevo». Di naturale hanno ben poco le
reti di materasso addossate lungo il perimetro della proprietà, e la recinzione
casalinga non sembra funzionare a dovere: «E' impressionante - commenta - posso
piantare solo i pomodori perché di zucchine e cetrioli i cinghiali sono
ghiotti». In diversi punti infatti le reti di protezione sono state sollevate
dalle incursioni dei maialini selvatici. «Beh, per farla breve - conclude Livio
- io avrei la soluzione: un laccio intorno al collo. Ma non si può, e così
succede che i danni degli incidenti causati dai cinghiali li debbano pagare gli
automobilisti!». Risalendo via Amendola, dai piani alti del palazzo al civico 6
si domina lo spazio sottostante, con una visuale che dal campo di calcio arriva
al bosco. «Pur chiudendo il cancello - racconta la moglie di Stelio Slamic - i
cinghiali riescono ad entrare lo stesso facendo danni al terreno che sta davanti
all'ingresso. Noi dalla terrazza vediamo tutto - prosegue il marito - Si tratta
di un gruppo, probabilmente la mamma con i piccoli che, alla ricerca di cibo, si
spinge fin dentro il campo sportivo. Abito qui da dodici anni e questa storia ha
avuto inizio quasi tre anni fa. Avrei paura - conclude la donna - ad uscire la
sera e trovarmeli davanti».
LINDA DORIGO
CINGHIALI - L’esperto dell’Enpa: «Non sono pericolosi,
sono abituati alla nostra presenza»
A rassicurare i concittadini ci pensa il presidente dell'Enpa
di Trieste, Gianfranco Urso: «Oggi i cinghiali si possono incontrare un po'
dappertutto perché sono diventati sinantropi, cioè amici dell'uomo, e hanno
perso la selvaticità acquisendo una semisedentarietà. Se il cinghiale non scappa
è perché aspetta che gli si butti qualcosa da mangiare. Questi animali non sono
pericolosi, col passare del tempo si sono abituati alla nostra presenza e per
loro è comodo trovare residui di cibo o scarti di lavorazione delle vigne
accanto ai cassonetti, soprattutto durante la stagione invernale quando il bosco
offre poco sostentamento. L'ordinanza del sindaco Dipiazza - continua Urso - ha
impedito alle persone che già lo facevano di continuare a dar da mangiare agli
animali, e questi si vedono costretti a sfamarsi da soli.
Al problema si potrebbe ovviare stabilendo dei punti di approvvigionamento lungo
la fascia che va da Sistiana al Lazzaretto dove i cinghiali possano trovare il
cibo. E' importante - conclude Urso - porre attenzione a come si agisce quando
si alterano gli equilibri che la natura crea dopo i danni cagionati dall'uomo.
Solo un confronto sensibile, nell'equo contemperamento delle diverse esigenze,
potrà consentire l'avvio di un intervento condiviso e almeno parzialmente
risolutore».
(l.d.)
Processo al rigassificatore nel Vallone di Muggia: si
tratta di un rischio oppure di un’opportunità?
Da quando, nell’ormai lontano 30 ottobre 2006, si svolse
un grande convegno sul tema «Processo al rigassificatore: un rischio o un’opportunita?»
non si può dire che l’interrogativo sia stato ancora sciolto. Alcuni dei nostri
più autorevoli amministratori ed esponenti politici sono favorevoli, ma il più
diretto interessato, il Comune di Muggia, è fieramente contrario, così come il
Comune di Monrupino, mentre il sindaco Dipiazza è favorevole e il Consiglio
comunale di Trieste, sia pure tempo fa, si era espresso in senso positivo
condizionandolo però all’ottenimento di ricadute economiche e vantaggi per la
popolazione che ripagassero i disagi tecnici e ambientali.
Rispetto all’argomento “rigassificatore” è stato preannunciato e si attende a
breve che il ministro Stefania Prestigiacomo ponga la firma sul decreto che
autorizza la sua costruzione sull’area ex Esso di Zaule nella baia di Muggia,
che fa parte integrante del golfo di Trieste. Ebbene, oggi si ha l’impressione
che l’Italia sia un Paese poco democratico, perché in questa occasione la
popolazione è stata esclusa dal processo decisionale e non è stata finora
consultata, in netto contrasto con quanto era avvenuto il 29 settembre 1996, a
proposito dell’analogo progetto della Snam di inserire un impianto di gas
liquido nel golfo di Monfalcone. A quel tempo venne indetto un referendum
popolare sul quesito “volete che nel territorio del Comune di Monfalcone sia
realizzato un terminal per la rigassificazione del gas naturale?”, il cui
risultato, nonostante i grandi mezzi persuasivi che cercò di mettere in atto la
Snam, fu una clamorosa bocciatura con netta maggioranza di voti contrari.
Una volta che il ministro Prestigiacomo (e quindi il governo) avrà firmato il
decreto che dovrebbe dare il via libera alla costruzione del rigassificatore,
quali potrebbero essere i tempi e le prospettive per il concreto avvio del
progetto? Proprio alcune settimane fa è stato annunciato che la Commissione del
Parlamento europeo ha recepito e si riserva di esaminare la petizione presentata
dall’associazione ambientalista Greenaction contro il rigassificatore di Zaule
per il quale, secondo l’associazione, non sarebbero state rispettate le
normative per la sicurezza dell’impianto né gli aspetti relativi all’impatto
ambientale e alle procedure autorizzative.
Un altro nodo in sospeso e che non sarà facile sciogliere, è quello
dell’opposizione che la Slovenia ha manifestato fin dal primo momento al
rigassificatore nel golfo di Trieste, opposizione confermata anche in un recente
incontro nel corso del quale il nostro ministro degli Esteri Frattini ha
assicurato al suo collega sloveno Rupel che «nulla verrà fatto se non ci sarà
l’accordo anche della Slovenia, perché si toccano punti delicatissimi come
l’impatto ambientale in tutto il Nordest Adriatico». Ma c’è qualcosa di più.
Sembra che sia molto più avanzato del nostro il progetto della Croazia per il
rigassificatore previsto a Castelmuschio nell’isola di Veglia dal governo di
Zagabria, dove l’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto è già stata predisposta
e le resistenze degli ecologisti sono state superate.
Tutto questo interesse è dimostrato anche dal conglomerato transnazionale che
partecipa alla cordata per la realizzazione del rigassificatore di Veglia, a
partire dalle tedesche Eon Ruhrgas e Erw Gas, all’Austria (Omv), Francia
(Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin). Nelle ultime
settimane si è poi verificato il colpo di scena del gruppo russo Surgutneftegaz,
di cui uno dei principali azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente ed
attuale premier russo Putin, ilquale ha acquistato 1,5 miliardi di dollari di
azioni dell’austriaca Omv, entrando di forza in questo complesso russo –
balcanico che, proprio in competizione con la Russia, dovrebbe ricevere il
metano destinato al rigassificatore di Veglia principalmente dal Qatar, dove a
sua volta la Ruhrgas tedesca ha istituito una propria affiliata. Anche la Russia
ci ha messo dunque lo zampino.
Questo tipo d’interesse internazionale, soprattutto con la partecipazione
tedesca ma come si è visto anche molto più vasto, sembrerebbe decisamente più
influente della Gas Natural spagnola che patrocina questo rigassificatore che il
governo italiano vorrebbe collocare nella contestata baia di Muggia e - poiché
sembra davvero difficile, anche in presenza dell’opposizione manifestata dalla
Slovenia, che possano esistere due rigassificatori a così poca distanza come
quello di Veglia e quello di Trieste - la partita è ancora tutta da giocare e
l’esito finale tutto da verificare.
Quanto poi al progetto italiano nella nostra zona industriale, la Lista per
Trieste ha espresso ancora nel luglio di un anno fa contrarietà per siffatto
modo di procedere chiedendo pubblicamente di partecipare alla relativa
discussione che ci si aspettava nelle sedi istituzionali competenti dove si
sarebbe dovuto conoscere (e far conoscere alla popolazione) benefici e rischi
per la città; discussione che era stata promessa in maniera fumosa or da uno or
dall’altro vertice amministrativo ma che nei fatti fino ad oggi non si è mai
svolta. La Lista è tuttora in attesa e fiduciosa che prima di ogni decisione
irrevocabile questo coinvolgimento popolare voglia essere attuato,
nell’interesse della credibilità stessa di chi ci governa.
Bruno Baldas - (Vicepresidente della Lista per Trieste)
IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2009
Nesladek: si rifletta sul no al rigassificatore
previsto a Capodistria - IL SINDACO DI MUGGIA
MUGGIA «La scelta della Slovenia di non realizzare nel
golfo un rigassificatore è importantissima per se stessa, e deve anche servire
da monito per quanto riguarda la realizzazione di un simile impianto nel porto
di Trieste». E' più che soddisfatto, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek,
all'indomani dell'annuncio del governo sloveno di non realizzare l'impianto a
pochi chilometri in linea d'aria dal Vallone di Muggia.
«Il nostro territorio – osserva Nesladek – è stato più che presente nella
battaglia portata avanti da tutti coloro che si sono opposti alla realizzazione
di questo progetto. Abbiamo a nostro modo contribuito, e ora ci aspettiamo che
anche Trieste rifletta bene sulla necessità di non realizzare un impianto a
pochi chilometri di distanza da quello negato». L'amministrazione comunale di
Muggia, infatti, ha infatti organizzato incontri con l'amministrazione comunale
di Capodistria, sia in municipio, sia in Slovenia.
Sul fronte dell'iter per la realizzazione del rigassificatore di Trieste,
Nesladek torna poi a riflettere, dopo la scelta di non prendere parte al voto,
in sede di Comitato portuale, sul piano regolatore dello scalo: «Come ho avuto
modo di spiegare, uscire dall'aula era l'unico modo per evitare di contraddirmi.
Votare a favore del piano regolatore significava da un lato appoggiare anche la
previsione di uno spazio per il polo energetico, e quindi avvalorare l'ipotesi
rigassificatore, inaccettabile nel mio ruolo di sindaco di Muggia. D’altra
parte, votare contro avrebbe significato negare lo sviluppo strettamente
portuale della zona logistica, un elemento che invece auspico con forza perché
più aumenta il traffico portuale meno possibilità ci saranno per lo sviluppo di
un rigassificatore».
Strategie a parte, il sindaco di Muggia ribadisce la contrarietà della propria
amministrazione al progetto del rigassificatore, «inaccettabile»» per lo
sviluppo economico e turistico della cittadina rivierasca. «Lo abbiamo espresso
a più voci – ricorda – e con continuità. Così come abbiamo fatto per il
rigassificatore di Capodistria, siamo determinati a proseguire su questa
strada».
Francesca Capodanno
Miani: «Ci tagliano fondi, ma sulla Ferriera non
molliamo» - LUNEDÌ NUOVA ASSEMBLEA PUBBLICA INDETTA DAL CIRCOLO A VALMAURA
Più di 1.500 locandine affisse sui portoni delle case del
rione per richiamare l'attenzione di tutti, ancora una volta, sul tema
dell'inquinamento atmosferico prodotto dalla Ferriera di Servola e indire
sull'argomento una nuova pubblica assemblea, fissata per lunedì alle 20.30 nel
campo giochi del complesso Ater di via Valmaura 75-77.
Il circolo Miani, nonostante le recenti vicissitudini di natura giudiziaria, non
molla. Il titolo scelto per l'appuntamento di lunedì è esplicito al riguardo:
«Chiudono il circolo Miani e non la Ferriera». Un appello alla solidarietà della
gente «che però non prelude alla chiusura del nostro circolo - ha spiegato ieri
il presidente, Livio Fogar - anche se siamo molto perplessi davanti al taglio
dei contributi a nostro favore, maturato dalla Regione sotto la presidenza Illy
e proseguito con la gestione Tondo. Andiamo avanti per la nostra strada operché
siamo convinti di lavorare per il bene della collettività in perfetta buona
fede».
L'ex presidente del circolo, Maurizio Fogar, ha attaccato il sindaco Roberto
Dipiazza «che invece di convocare la Conferenza dei servizi, come avrebbe ben
diritto, per chiudere la Ferriera - ha sottolineato - davanti alle nostre
precise richieste in tal senso, delle quali si sono fatti interpreti i
consiglieri comunali della Lega Nord Maurizio Ferrara e Giuseppe Portale, ha
risposto dicendo che non esistono i presupposti perché l'amministrazione
comunale solleciti in tale direzione la Regione».
Il capogruppo del Carroccio in Municipio, Maurizio Ferrara, ha colto l'occasione
per ricordare che la sua rinuncia a un ruolo in giunta comunale «fu determinata
proprio dalla netta sensazione di non avere le mani libere nella gestione del
problema Ferriera, in quanto - ha dichiarato - si privilegiano le ragioni,
sicuramente legittime, della tutela dei livelli occupazionali, rispetto a quelle
del rispetto per l'ambiente che sono più importanti».
Romano Pezzetta, portavoce di "Servola respira", ha affermato che «bisogna
potenziare il porto e chiudere la Ferriera».
(u.s.)
Marina Julia torna balneabile - DALL’11 GIUGNO VIA I
DIVIETI - Estesa la rete fognaria e inquinamento ridotto: si può andare in acqua
MONFALCONE I cartelli di divieto di balneazione spariranno
dalla spiaggia di Marina Julia. L'assessore regionale alla Salute, Vladimir
Kosic, ha deciso di restituire la balneabilità alla spiaggia monfalconese, priva
da quasi due anni, a fronte del percorso compiuto dal Comune di Monfalcone e,
soprattutto, dell'esito favorevole dei campionamenti effettuati dall'Arpa tra la
fine della scorsa estate e questa primavera. Il "verdetto" è stato emesso a
conclusione del tavolo che si è tenuto giovedì a Trieste e al quale hanno
partecipato il sindaco Gianfranco Pizzolitto, l'assessore comunale all'Ambiente,
Paolo Frittitta, e il responsabile di Arpa per il settore acque, Giorgio Matassi.
L'assessore Kosic ha quindi fornito una risposta all'amministrazione comunale
entro la fine di maggio, come si era impegnato a fare e con una "puntualità" che
l'assessore all'Ambiente Frittitta non manca di sottolineare. Monfalcone dovrà
comunque attendere ancora una decina di giorni prima che la Regione formalizzi
la sua decisione, perché, causa elezioni, la prima riunione utile della giunta
Tondo avrà luogo l'11 giugno. L'appuntamento sarà preceduto quindi dal primo
prelievo del mese di giugno, che sarà effettuato da Arpa all'inizio della
prossima settimana.
PIAZZA LIBERTÀ - Giardino storico
Su «Il Piccolo» del 16 aprile, in un’intervista con
l’assessore Bandelli, veniva dato forte risalto al fatto che le ultime modifiche
apportate al progetto di «riqualificazione» di Piazza Libertà lasciavano
invariato il giardino storico della piazza. Rispetto al progetto preliminare,
che prevedeva sulla piazza lato via Ghega una sorta di autostrada a 7/8 corsie,
sembra che le corsie automobilistiche verrebbero ridotte a 6. Visto che
nell’articolo non risulta chiaro come il raddoppiamento della superficie della
strada dalle 3 corsie esistenti alle 6 corsie preventivate possa mantenere
inalterato il perimetro del giardino abbiamo approfittato dell’incontro pubblico
del 29 aprile, organizzato dal gruppo Beppe Grillo di Trieste, per chiedere al
Sindaco informazioni sulle ultime modifiche al progetto. Il Sindaco ha dato
piena disponibilità, qualora ne fosse fatta richiesta, a fornire al Comitato
copia dell’ultima versione del progetto. Presentata regolare richiesta via
e-mail a tutt'oggi non abbiamo avuto riscontro né da parte del primo cittadino
né dagli uffici comunali competenti.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la Salvaguardia del Giardino
Storico di Piazza Libertà
IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2009
Doppia vela a Grado da Legambiente per ecologia e
servizi - Riconoscimento anche all’arenile di Lignano ma è il lago di Cavazzo al
top della classifica
GRADO Due vele, due stelle, quattro petali. È il risultato
che Grado si porta a casa nella Guida blu 2009 di Legambiente, che assegna i
voti di qualità, pulizia, servizi e tutela dell'ambiente alle principali
località balneari italiane. In Friuli Venezia Giulia a intascarsi l'ambito
riconoscimento sono Lignano e Grado. E mentre la prima consolida la sua
posizione (una vela nel 2008, una vela nel 2009), Grado invece raddoppia: dalla
sola vela conquistata nel 2008 passa alle due del 2009. Entrambe le località poi
guadagnano in servizi. Ma c'è anche un outsider: il lago di Cavazzo a Trasaghis,
che si porta a casa ben tre vele.
I RISULTATI NEL FVG
Nel 2008 Grado si era portata a casa una vela derivante dall'attribuzione di due
stelle per la tutela dell'ambiente e un petalo per i servizi. Nel 2009 conta due
vele, due stelle e tre petali. Lignano nel 2008 aveva conquistato una vela, una
stella e due petali. Nel 2009 conferma la vela e aumenta il resto, arrivando a
due stelle e tre petali. Dalla sezione riservata ai laghi, invece, ecco le tre
vele ottenute dal lago di Trasaghis. Come spiega la Guida blu, «lo stato di
conservazione del territorio e del paesaggio di una località è indicato con le
stelline. I petali, sempre da 1 a 5, fotografano invece la qualità
dell’accoglienza e la sostenibilità turistica della località». In tutta Italia
sono 114 le località con 2 vele e 35 quelle a una vela. Il giudizio attribuito a
ciascuna località, dalle 5 vele assegnate alle migliori fino a 1 vela, è frutto
di valutazioni approfondite. I parametri sono suddivisi in due principali
categorie: qualità ambientale e qualità dei servizi ricettivi. Vi possono dunque
essere località naturalisticamente più significative delle premiate con le 5
vele, ma con servizi turistici non eccellenti.
LA SITUAZIONE NAZIONALE
Sono 483 i centri balneari indicati dal Touring Club. Legambiente ne ha
selezionati 286 sulla base dei dati raccolti sulle caratteristiche ambientali e
sulla qualità dell’ospitalità. I dati sono stati poi integrati dalle valutazioni
espresse dai circoli locali e dall’equipaggio della Goletta Verde. Con una media
di 3,4 vele per località è la Sardegna la regione più “gettonata” dell’estate
2009, seguita da Toscana (3,03), Puglia (3), Sicilia (2,63), Abruzzo (2,6),
Campania (2,56), Basilicata e Marche a pari merito con una media 2,5 vele per
località. «Quelli che ogni estate suggeriamo come meta di vacanze nella Guida
Blu – ha commentato Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente
– sono luoghi che hanno scommesso sulla qualità». La Guida Blu 2009 (320 pagine
a colori, disponibile in libreria a 18 euro) riporta quindi le circa 300 pagelle
delle località balneari e delle oltre 70 lacustri. Anche quest’anno poi
l'associazione ha redatto l’elenco aggiornato degli alberghi per l’ambiente che
si fregiano dell’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo: 365
strutture, 21.400 stanze, 47.400 posti.
L'elenco completo è reperibile sul sito
www.legambienteturismo.it
Elena Orsi
Tav, in campo il Cai nazionale: «Va tutelata la Val
Rosandra» - Mozione votata all’unanimità all’assemblea generale
di Lecco: «Servono soluzioni alternative»
Voto unanime al Club alpino italiano centrale, in
occasione dell’assemblea generale di Lecco, a tutela della Val Rosandra
interessata dal tracciato sotterraneo della Tav, così come progettato dalle
Ferrovie.
A Lecco infatti si è parlato della «minaccia grave all’integrità dell’ecosistema
della Val Rosandra», serbatoio di biodiversità ma anche riferimento per
generazioni di alpinisti e rocciator, giacché è stata la prima palestra di
roccia in Italia, pensata, voluta e realizzata da Emilio Comici nel 1929 per la
neocostituita “scuola di alpinismo” nazionale.
È stato poi osservato, all’assemblea generale, che lo scavo, previsto per il
collegamento ferroviario ad alta velocità Trieste-Divaccia in doppia galleria
potrebbe devastare in maniera irreversibile il sottosuolo carsico, con un
rinsecchimento del torrente Rosandra e con un mutamento ecologico e
geomorfologico degli habitat delle cavità sotterranee, per non parlare
dell’asportazione di più di 8 milioni di metri cubi tra rocce calcaree e
arenaria.
L’appello è stato lanciato dal presidente della XXX ottobre di Trieste, Giorgio
Godina, con una mozione presentata in assemblea. L’assemblea e il presidente
generale del Cai Annibale Salsa hanno fatto propria la preoccupazione e assunto
l’impegno concreto a tutelare la valle nelle sedi più appropriate, e ciò, rileva
Godina, «non attraverso una sterile e vuota logica del “non fare” a tutti i
costi ma attraverso quella concreta e positiva del ”come fare” e del ”fare con
partecipazione” per individuare soluzioni alternative» al tracciato proposto.
Lubiana boccia il rigassificatore di Capodistria
- Il ministero dell’Economia ha respinto il «permesso energetico»
avanzato dalla tedesca Tge Gas Engineering
LE AUTORITÀ LOCALI SONO SEMPRE STATE CONTRARIE AL
PROGETTO
CAPODISTRIA Non ci sarà nessun terminal rigassificatore nel Porto di
Capodistria. Il ministero dell'Economia della Slovenia ha respinto la richiesta
della «Tge Gas Engineering» per il «permesso energetico», documento che avrebbe
consentito alla società tedesca di andare avanti con il progetto di costruzione
di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica
in un'area di 30 ettari all'interno del porto capodistriano. Nel Piano
regolatore a livello nazionale - questa la motivazione del ministero - non sono
previsti impianti energetici in quella zona.
La Tge comunque non molla ed ha annunciato ricorso, anche perché l'iniziativa è
stata promossa tre anni dopo la stesura del Piano regolatore. La bocciatura, la
società tedesca la considera pertanto un problema di forma e non un giudizio di
merito sul loro progetto. Che la Tge non abbia intenzione di arrendersi, lo
conferma pure il fatto che nei giorni scorsi, proprio mentre da Lubiana arrivava
la risposta negativa del ministero dell'Economia, il direttore della società
tedesca, Vladimir Puklavec, ha sottoscritto con la preside della Facoltà di
marineria dell'Università di Lubiana, professoressa Elen Twrdy, un accordo di
collaborazione per studiare e analizzare i rischi che comporterebbe un impianto
simile.
Il progetto della Tge, del valore complessivo di quasi 1 miliardo di euro
(inclusivo dei costi di finanziamento e con un'incidenza del valore delle opere
da affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni stimata in una quota del
33%) impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano,
all'interno del Porto. Esso prevede la costruzione, in prossimità dei
preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di
Sermino, di due contenitori in acciaio da 150.000 metri cubi, dentro strutture
in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto criogeno al punto
d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e della
centrale elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri
cubi di gas all'anno. È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di
formazione in prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato di 1.200
addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di
circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione lintoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia prevista appare particolarmente adatta ai
fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo
dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'unico vero problema ambientale
è rappresentato dall'aumento del traffico di navi cisterna nel golfo di Trieste,
di altre 50-60 unità all'anno. Parte degli esperti sloveni però lo vede
diversamente: se l'Italia costruirà uno dei suoi rigassificatori nell'area del
Golfo di Trieste (a Zaule) e se la Croazia ha già pronto il progetto per un
terminal rigassificatore sull'isola di Veglia, allora è bene che anche la
Slovenia si attrezzi.
Altre tecnologie, peraltro, sono anche più invasive di quella prevista dal
progetto della Tge Gas Engineering. Le autorità locali, almeno finora, si sono
sempre dichiarate categoricamente contro tutti i rigassificatori in zona, quello
di Capodistria ma anche quello di Zaule pianificato dall'Italia.
Lo smog della Ferriera
Alle elezioni del 6 e 7 giugno si vota per il Parlamento
Europeo. Andrò a votare perché è un mio diritto e dovere, però come posso votare
questi partiti e mandarli in Europa quando non mi tutelano nemmeno in casa? Sono
più di dieci anni che nel rione di Servola siamo democraticamente inquinati,
imbrattati con le polveri e odori nauseabondi del mostro Ferriera.
Sul blog del sindaco una signora servolana disperata, il 19 maggio, ha segnalato
fumi e ricadute di polvere; il sindaco le ha risposto che passa spesso per
Servola per conoscere la situazione. Non ho elementi per dubitare sulle
affermate frequenti presenze del signor sindaco a Servola. Mi sia permesso però
di sottolineare l’immensa differenza tra una presenza occasionale e una vita 24
ore su 24 in loco, in particolare se quest’ultima viene vissuta tra le vie
Giardini, Pitacco, San Lorenzo in Selva e Ponticello, specie nelle loro zone più
basse, perciò vicinissime, massimo 200 metri, alla centralina di rilevamento
della qualità dell’aria (stazione Fs Servola) gestita dall’Arpa Fvg
contrariamente a quelle di via Pitacco e Svevo, non Arpa. Si è appreso che detta
centralina ha rilevato 120 superamenti dei limiti di legge per le Pm 10
nell’anno 2008 (contro i 35 massimi ammessi annualmente, cioè come se un anno di
vita in loco valesse per tre, al massimo consentito però!), per cui la famosa
attesa 2015, per gli abitanti della zona, costituirebbe «tempo sanitario» di 6x3
cioè 18 anni, con conseguenze incremento di rischi connessi.
Chiaramente a parità di condizioni e già ve ne sono i segnali, dopo la ripresa
dei primi veri calori primaverili, in attesa di un peggioramento estivo, qualora
la produzione, attualmente ridotta, dovesse riprendere a regime. Chiedo perciò
al signor sindaco quali misure concrete intenda attuare a tutela della pubblica
salute e dell’ambiente, nella sua veste di massima autorità sanitaria cittadina.
Nevio Tul
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2009
Rigassificatore, da Roma ancora nessun via libera Menia:
«Sta arrivando» - GAS NATURAL: CREDIAMO IN TRIESTE
Pasqua è passata da un pezzo. Eppure - a differenza di quanto ipotizzavano voci romane a marzo - il via libera del governo Berlusconi al progetto di Gas Natural per il rigassificatore on-shore di Zaule non è arrivato entro quella ricorrenza. E neanche dopo. Continua a tempo indeterminato dunque l’attesa della firma sul decreto con cui il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo autorizzerà formalmente la costruzione dell’impianto proposto dal colosso spagnolo dell’energia nell’area ex Esso, completando il sì paesaggistico arrivato dal ministro dei beni culturali Sandro Bondi. Un’attesa che secondo Roberto Menia, che del dicastero della Prestigiacomo è sottosegretario, dovrebbe risolversi a breve, ma che finché non finisce tiene in sospeso una buona fetta dell’economia triestina di domani, se è vero che al rigassificatore sono legati nuovi orizzonti di business della multiutility di casa AcegasAps, i piani Lucchini per la futura centrale elettrica da 400 megawatt, l’addio alla Ferriera, il conseguente lancio della piattaforma logistica e delle stesse bonifiche. L’impasse, nelle stanze dei bottoni della città - a partire da quelle del Comune - viene interpretata come un effetto collaterale della burocrazia destinato a sbloccarsi. Questo in risposta ad alcune indiscrezioni che vorrebbero Gas Natural, complici le prolungate incertezze, vicino al disinnamoramento nei confronti di Trieste a vantaggio di un’altra location, quella di Taranto, spesso incrociata alla nostra città anche per la spartizione dei fondi delle rispettive piastre logistico-portuali. Sul sito di Gas Natural Italia, in effetti, il gruppo ricorda di aver «presentato nel 2004 alle autorità italiane la domanda per ottenere l’autorizzazione a realizzare i progetti di due impianti di rigassificazione in Italia, a Taranto e a Trieste». «Progetti di questo tipo - ha fatto presente nei giorni scorsi Giuseppe Muscio, responsabile relazioni esterne Gas Natural Italia Spa, escludendo ufficialmente cambi di rotta - non sono mica scatole vuote che si possono spostare da una parte all’altra. Le implicazioni territoriali hanno un’importanza molto alta, noi continuiamo a sostenere la validità della proposta su Trieste anche per la sua vicinanza strategica all’area della grande industria del Nord Italia. Per il resto abbiamo inoltrato già da tempo tutte le istruttorie di chiarimento e pure noi siamo in attesa del decreto», ha concluso Muscio, ricordando che il colosso energetico crede nel mercato tricolore e continua a investire, «visto che i risultati del gruppo in Italia nel primo trimestre 2009 ha registrato un indice di redditività di 23 milioni, il 35,3% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a conferma della natura anticiclica del settore». «Non so chi si fosse sbilanciato nel parlare di Pasqua - puntualizza Menia - da quanto mi risulta l’autorizzazione dovrebbe arrivare a breve. L’iter è finito, la procedura è corretta ed è arrivata pure l’ultima risposta alla Slovenia che si era rivolta in sede europea per presunti impatti transfrontalieri negativi».
(pi.ra.)
Calligaris: «Senza Tav esclusi dall’Est Europa» -
Allarme degli industriali dopo lo stop del Cipe. Il governatore Tondo: «Non
cambierà nulla»
UDINE «Non fare la Tav in tempi brevi significa tagliarci
le possibilità di essere collegati all'Est Europa». Lo sostiene il presidente di
Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris. Il presidente è
intervenuto in merito all'appello del collega veneto Andrea Tomat dopo
l'esclusione dei finanziamenti del tratto Brescia-Verona-Padova e del
prolungamento fino a Trieste della Tav, decisa dal Cipe. «Le infrastrutture - ha
proseguito Calligaris - sono la base del sistema economico. Se non ci sono i
fondi per la progettazione non è un segnale positivo, ma bisogna portare avanti
questo progetto, che è determinante non solo per il nostro territorio - ha
sottolineato - ma per lo sviluppo futuro dell'Europa».
A proposito dell'opposizione alla delibera Cipe da parte del presidente del
Veneto, Giancarlo Galan, Calligaris ha detto che «chi ha in mano il potere di
gestire questa situazione deve esercitarlo in maniera molto determinata. Anche
il presidente Tondo - ha concluso - deve essere molto rigido».
Ma il governatore del Friuli Venezia Giulia è tutt’altro che allarmista. Per
Tondo «non ci sono risorse che vengono asportate» dai progetti relativi alle
tratte della Tav nel Nordest.
«Non c'erano prima e non ci sono adesso», ha detto il presidente del Friuli
Venezia Giulia, sottolineando la differenza tra i finanziamenti decisi dal Cipe
e quelli europei destinati alla progettazione delle tratte Quarto d'Altino-Ronchi
e Venezia Mestre-Quarto d'Altino. «Le risorse non c'erano prima - ha
sottolineato Tondo - e quindi non si tratta di un trasferimento di risorse.
Semplicemente non c'erano. Di questo io ero consapevole. È evidente - ha
aggiunto - che dovremo ricercare le risorse nei mesi e negli anni futuri. Resta
il fatto che la progettazione preliminare dell'alta velocità, per noi, è
finanziata con fondi europei».
«Da parte mia - ha sottolineato - non c'è alcun accanimento contro il Cipe o
contro il Governo per aver distratto fondi. Certo, avrei preferito fossero
stanziati, ma sono anche consapevole che in un momento come questo, e con il
terremoto dell'Abruzzo non era facile. I soldi per la progettazione preliminare
ci sono - ha continuato - poi è chiaro che dovremo fare una battaglia tutti
assieme per recuperare le risorse necessarie per andare avanti».
«Tutto ciò, è bene ricordarlo - ha concluso Tondo - non inficia il percorso
della terza corsia dell'autostrada A4 Venezia-Trieste, che va avanti».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2009
Risparmio energetico, domande al via -
MODULI ON-LINE dal sito della Regione
TRIESTE Risparmio energetico, domande al via. Da ieri è
infatti possibile scaricare, dal sito internet della Regione, il regolamento e i
moduli delle domande per la concessione dei finanziamenti per la realizzazione
di interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma degli
impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico relativi alla
prima casa. Si tratta di contributi in conto capitale, nella misura massima del
50% della spesa ammissibile, non inferiore però a 3mila euro. L’ammontare
massimo è di 10.000 euro. Le domande vanno inoltrate alle direzioni provinciali
competenti a partire dal 4 giugno.
«L’astensione non basta. Bisognava dire no al piano
regolatore del porto»
In data 30 aprile 2009, a Muggia si tenne un consiglio
comunale che aveva come oggetto primario la decisione sulle Intese ai sensi
dell'art. 5 della legge 28.01.1984 n° 84 (approvazione o meno del Nuovo piano
regolatore portuale). In linea di principio, la maggioranza dei consiglieri
comunali di Muggia, ma anche la maggior parte degli ambientalisti che operano
sul territorio, consapevoli dell’importanza del nuovo strumento di regolamento
portuale, erano d’accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo piano. In
esso, però, e specificatamente nelle Norme Attuative relative all’Area 1, -
Punto Franco Oli Minerali ed Area ex Esso, definite nel N.P.R.P «nuovo polo
industriale energetico», si potrebbero collocare le più nefaste attività
industriali, assolutamente vietate, sia dalla Legge Seveso che da molte
disposizioni e decreti delle Comunità europee, quando nella immediata vicinanza
del progettato «polo», preesistessero insediamenti di attività lavorative o
peggio, se vi fossero concorrenti presenze di agglomerati urbani densamente
abitati.
Queste preesistenze, intorno all’ex zona Esso di Zaule ci sono e, per tale
semplicissima ragione, tutta la zona costiera industriale che va dalla Ferriera
di Servola e si espande con i depositi della Siot (ci sono ben otto attività
pericolose con distanze spaziali limitate) devono, per legge, essere considerate
«off limits» sia per essere presenze incompatibili sia con lo «sviluppo
sostenibile» che per la «compatibilità ambientale».
Il consiglio comunale di Muggia aveva già deliberato più volte la negazione
all’impianto di rigassificazione proposto dalla spagnola Gas Natural in zona ex
Esso di Zaule.
Il sindaco Nesladek, con un’inspiegabile «teoria logistica», dimenticando
totalmente di essere stato eletto sindaco per pochi voti di preferenza,
cavalcando la promessa programmatica del «no»! assoluto ai rigassificatori,
dimenticando il mandato ricevuto dal Consiglio comunale (quale componente del
Comitato Portuale, ad agire con ogni mezzo, compreso, se necessario, il voto
contrario all’adozione del Piano Regolatore Portuale, qualora non venisse
rivista la zonizzazione del polo energetico, in modo di impedire la possibilità
di realizzare rigassificatori di gnl o depositi di gpl) all’atto della
votazione, anziché dire «no!» (specificando eventualmente le sue ragioni), è
uscito dalla sala astenendosi dal voto.
Significa: «Perdonatemi signori, sono d’accordo con voi, ma per salvare la
faccia mi astengo. Così la votazione risulterà perseguita all’unanimità!».
Questo è stato un comportamento gravissimo. Il sindaco dovrebbe dare le
dimissioni.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 26 maggio 2009
Far West cave: perdiamo 500 milioni di euro
Più di vent’anni anni fa, quando il Brasile non aveva
ancora raggiunto lo status di paese di prima grandezza economica e l’ambientalismo
era una scienza esoterica, alcune aziende carioca si facevano pubblicità con lo
slogan «Venite a inquinare da noi». Dal punto di vista delle cave sembra che
l’Italia sia rimasta bloccata in quel vecchio quadro culturale: sono ancora
tempi di saldo. L’ultimo rapporto della Legambiente conferma dati avvilenti: 6
mila cave in esercizio e circa 10 mila abbandonate. Migliaia di fianchi di
colline e di montagne restano piaghe aperte, esposte al rischio di infezione da
ecomafia. Mentre scavare altre cave resta facile e redditizio.
L’Italia è una consumatrice vorace, talvolta compulsiva, di sabbia , ghiaia e
pozzolana. L’edilizia di necessità ha fatto girare il motore del dopoguerra e
quella speculativa continua a muovere miliardi di euro sul filo della legalità.
Con oltre 800 chili pro capite di cemento ci piazziamo al secondo posto nella Ue,
subito dopo la Spagna. Siamo il paese dal cemento facile anche perché la materia
prima è a buon prezzo e la gestione è da Far West.
In questo modo si produce una remissione secca per il Paese: perdiamo mezzo
miliardo di euro l’anno. Se infatti applicassimo le tariffe della Gran Bretagna
si arriverebbe a un’entrata totale di quasi 570 milioni di euro, più di 10 volte
quello che viene incassato effettivamente con le attuali tariffe. In Italia
invece in cinque Regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e
Sardegna) e in Val d’Aosta viene permesso il prelievo di qualsiasi tipo di
roccia senza incassare un solo euro e le tariffe per i quasi 150 milioni di
metri cubi di materiali estratti restano basse ovunque. In Lombardia si chiedono
44 centesimi a metro cubo per materiali venduti a circa 6 euro a metro cubo, in
Emilia Romagna 57 centesimi per materiali venduti a 11 euro a metro cubo.
Le Regioni dove si effettua il prelievo maggiore sono la Puglia con 25 milioni
di metri cubi, la Lombardia con 23,6 milioni di metri cubi e il Lazio con 19,2
milioni di metri cubi. Queste tre regioni producono da sole oltre il 47,5 per
cento del totale di sabbia e ghiaia. Eppure il canone di estrazione richiesto è
estremamente basso, o del tutto inesistente nel caso della Puglia.
Eppure le alternative esistono e funzionano. La Repubblica Ceca ha introdotto il
concetto di consumo di suolo tassando oltre alla quantità di materiale prelevato
anche la superficie occupata dalle cave. In Danimarca da oltre 20 anni il
problema è stato risolto con una politica di tassazione che arriva a far pagare
50 euro a tonnellata per buttare in discarica gli inerti: così il 90 per cento
dei materiali inerti utilizzati viene dal riciclo. In Italia avviene il
contrario: si ricicla solo il 9 per cento dei 45 milioni di tonnellate di
rifiuti inerti prodotti ogni anno.
Antonio Cianciullo
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2009
UNIVERSITA' - Le energie alternative; doppio appuntamento.
Giovedi' mattina in H3 e in aula Bachelet.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 25 maggio 2009
ENERGIA - Si consuma meno elettricità - E' la
prima volta nel dopoguerra - Nel 2009 calo del 3,5%, colpa della crisi. Primi
rinvii per il nucleare. Frena anche la spesa per le rinnovabili
ROMA - Per la prima volta dal dopoguerra i consumi
energetici globali sono in netta flessione: il 2009 si chiuderà a quota meno 3,5
per cento. Un segnale negativo dal punto di vista economico ma anche
preoccupante dal punto di vista ambientale. Il rapporto dell'International
Energy Agency, distribuito al G8 energia aperto ieri a Roma, precisa infatti che
nell'immediato la crisi ha portato a una riduzione del carico inquinante (6 per
cento in meno di emissioni di anidride carbonica nel 2008 e una quota analoga
nel 2009), ma nel lungo periodo i gas serra aumenteranno: "I bassi prezzi dei
combustibili fossili e le difficoltà finanziarie possono portare a una riduzione
degli investimenti nelle tecnologie pulite, aumentando il bisogno di centrali
alimentate con i fossili".
Nel 2009, aggiunge l'Iea, in assenza di interventi correttivi da parte dei
governi si potrebbe registrare una caduta del 38 per cento degli investimenti
nelle fonti rinnovabili, interrompendo un trend di crescita molto incoraggiante
(più 85 per cento nel 2007). E' per questo che i ministri dei 23 paesi che hanno
partecipato ai lavori del G8 di Roma e che rappresentano più dell'80 per cento
del mercato globale dell'energia si sono dati tre obiettivi. Primo: definire
strategie condivise per affrontare il cambiamento climatico globale che non può
superare la soglia dei 2 gradi senza conseguenze catastrofiche. Secondo:
promuovere gli investimenti per la sicurezza energetica e lo sviluppo
sostenibile. Terzo: dare energia al miliardo e 600 milioni di persone che non
hanno accesso alla rete elettrica.
I primi atti concreti sono stati la firma da parte di 13 paesi dell'accordo
internazionale sull'efficienza energetica, l'intesa tra l'Enel e l'ente
elettrico statale egiziano per rilanciare le fonti rinnovabili, un accordo italo
giapponese per la promozione del nucleare. "Si tratta di creare una sinergia
positiva tra i governi, che devono dare le regole, e le imprese, che devono
mettere a disposizione i capitali", ha detto il ministro dello Sviluppo
economico Claudio Scajola. "Perciò per la prima volta nel corso di una riunione
dei ministri dell'Economia è stato organizzato un incontro tra governi e
imprese".
Non è detto infatti che il prezzo del barile del greggio si fermi tra i 60 e i
70 dollari, quella che il presidente dell'Eni Roberto Poli ha definito la
"fascia magica" che stimola l'innovazione senza deprimere il mercato. E in
presenza di sbalzi continui e violenti, come ha sottolineato l'amministratore
delegato di Sorgenia Massimo Orlandi, "serve un quadro stabile di regole e
incentivi che consenta alle imprese di fare gli investimenti necessari a
garantire la sicurezza energetica e quella climatica". Spingere sull'innovazione
e sull'energia pulita, ha aggiunto l'amministratore delegato del Gse Nando
Pasquali, avrebbe ricadute positive anche sul piano occupazionale: "Le fonti
rinnovabili hanno creato 2,3 milioni di posti di lavoro negli ultimi 5 anni e in
Italia potranno dare nei prossimi anni 60-70 mila posti di lavoro".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2009
AMBIENTE - Scali inutilizzati
È notizia recente che a partire dall’entrata in vigore
dell’orario estivo, lo scalo ferroviario di Villa Opicina ed anche quello di
Cervignano oltre a sospendere il lavoro nelle ore notturne, rimarranno chiusi
pure nei giorni festivi. La stazione di Pontebba e quella di Villa Opicina sono
state costruite all’inizio degli anni ’60 spendendo fior di miliardi spianando
migliaia di metri cubi di terreno roccioso, per lo più adatto solo al pascolo.
Poco male quindi? Beh, dipende dai punti di vista. L’impatto negativo sul
paesaggio c’è stato, eccome! Comunque a quel tempo gli ambientalisti ancora non
esistevano. Adesso lo scalo di Pontebba che contava ben ventinove binari
elettrificati, è stato già smantellato, e le rotaie spedite in fonderia. Lo
stesso destino sta per capitare a Villa Opicina. Come verranno utilizzati tutti
quei chilometri quadrati di terreno spianato, solo Dio lo sa. Invece per
costruire lo scalo di Cervignano negli anni ’90 sono stati coperti di cemento
centinaia di ettari di terreno coltivabile, con un danno ambientale ed economico
incalcolabile. Anche in quel caso il grido di dolore degli ambientalisti e
quello degli agricoltori è stato rimasto inascoltato. I dissenzienti sono stati
messi a tacere in nome della ragion di Stato. Adesso, dopo pochi anni dalla sua
costruzione, sembra che nemmeno il super-scalo di Cervignano serva più a niente.
È in progetto infatti una nuova mega-struttura intermodale nei pressi di Padova,
che dovrebbe supplire a tutto lo smistamento ferroviario delle merci nel
Centro-Nord. Intanto però i danni all’ambiente rimangono. Adesso si fa un gran
parlare di Tav e di ponte sullo Stretto. Ma siamo sicuri che codeste gigantesche
strutture siano indispensabili? Non si potrebbe far funzionare al meglio quello
che già esiste ?
Gianni Ursini
S. GIOVANNI - Colate di cemento
Sono certa di parlare non solo a titolo personale ma anche
a nome di molti miei condomini e concittadini.
Non solo ci hanno deturpato vista e paesaggio permettendo di costruire in via
Pagliaricci un mostro che noi chiamiamo «affettuosamente» vaporiera (con
appartamenti peraltro invenduti) ma ne stanno ultimando uno poco più su e ora,
non paghi di cotanto oltraggio alla natura, ne stanno progettando un altro di 5
piani più mansarda, più non si sa ben cos’altro, proprio dietro alla vaporiera.
Ecco che nel volgere di pochi anni quello che restava del tipico paesaggio
cittadino di San Giovanni (casette, orti, giardini, pastini con residui muretti
a secco, purtroppo non tutelati dalle belle arti) è stato spazzato via da un
gigantesco caterpillar. A parte considerazioni del tipo: «chi saranno mai quei
deficienti che vorranno acquistare un appartamento con vista sul didietro del
condominio più in basso...» ci chiediamo se era proprio necessario dare permessi
dissennati per la costruzione di mostri e far colare cemento per megacondomini i
cui appartamenti non verranno mai venduti? Perché una città che si reputa civile
come la nostra in uno stato di diritto che fa dell’ambientalismo uno dei suoi
cavalli di battaglia non obbliga i fortunati possessori di un pezzo di terra a
far edificare sulle loro proprietà esclusivamente villette a schiera, magari con
giardinetti propri e comuni, in bioedilizia e con pannelli fotovoltaici
conservando la tipologia dei pastini e lasciando integra (per quanto possibile)
l’identità delle nostre zone? C’è inoltre in tutta questa incresciosa storia, un
aspetto che non viene mai tenuto in considerazione: sono state sradicate decine
di alberi (alcuni secolari) proprio ora che gli uccelli stanno nidificando:
perché non far iniziare i lavori in autunno o tarda estate quando la maggior
parte dei volatili sta per migrare. Basta che i Comuni riempiano le casse con
costose concessioni edilizie, tanto chissenefrega del verde, del paesaggio, del
benessere dei cittadini. Facciamo diventare Trieste come Napoli dove sfido
chiunque a trovare un albero e un filo d’erba in città o in collina, o come
Genova...
Si dice che i giovani non si stanno avvicinando alla politica, che fanno
desistenza, che non partecipano alla vita pubblica. Se questi sono gli esempi
che diamo ai nostri ragazzi, allora come li capisco. Io che sono di un’altra
epoca (!), di un’altra generazione, dove la politica si mangiava a tavola con il
pane e dove ci si appassionava alle battaglie e agli ideali approvo il loro
comportamento.
Ora non c’è più niente da fare: il danno è sotto i nostri occhi, le
devastazioni, le speculazioni, la mancanza di rispetto per il verde pubblico e
privato sono a portata di mano (e qui dovremmo aprire un altro capitolo sulle
potature dissennate, ma torneremo sull’argomento).
Mi congedo sapendo di essere nel giusto, ma purtroppo non basta per essere
cittadini soddisfatti.
Maria Irene Cimmino Petracco
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2009
Fotovoltaico: sono 1678 gli impianti «Una spinta alle
energie alternative» - DATI CONFARTIGIANATO
UDINE Sono 1678 impianti, per una potenza complessiva pari
a 12.388,7 kW (il 3% della potenza complessivamente installata in Italia) gli
impianti fotovoltaici installati in Fvg: il dato è stato reso pubblico da
Daniele Nonino, capocategoria degli impiantisti elettrici di Confartigianato
Udine. Se per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente
l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili si comprende la
grande rilevanza della diffusione delle energie alternative».
«Tav, costi immensi e difficoltà imprevedibili» - UN
PROGETTO ANCORA ”OSCURO”
Mi associo alla lettera del sign. Solvesi «Il tracciato
della Tav» (Il Piccolo del 17 maggio). Il tracciato ufficialmente indicato, con
lunghissime gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra e molte curve quasi a
tornanti, sembra davvero incomprensibile e ingiustificabile.
Il sig. Solvesi rammenta opportunamente che per portare la Tav a Divaccia
basterebbe potenziare l’esistente linea da Monfalcone per Opicina, e utilizzare
l’autoporto di Fernetti e linee già esistenti per il traffico da e per Trieste.
Vari esperti (geologi, ingegneri, economisti) hanno più volte segnalato i danni
all’ambiente, le difficoltà imprevedibili, i costi enormi e i disagi alla
popolazione derivanti dall’eseguire il tracciato sotto il Carso. Al contrario i
sostenitori di questo percorso – già dai tempi dell’ex assessore Sonego – non
hanno mai indicato ai cittadini ragioni precise, verificabili, comprensibili per
considerarlo necessario.
Allora è lecito domandarsi; che cosa c’è dietro l’insistenza nel proporlo
ufficialmente? Accordi politici, con quali motivazioni? Interessi economici di
parte, p. es. sulla progettazione e sugli scavi per un’opera che, a posteriori,
potrebbe risultare costosissima e ingestibile? Non basta rispondere: «è stato
concordato con la Slovenia e approvato dall’Unione Europea». I cittadini che
porteranno le conseguenze (anche di spesa pubblica) vorrebbero conoscere le
motivazioni vere, se ce ne sono.
Franco Chersi
IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2009
INVESTIMENTI SUL RISPARMIO ENERGETICO - Fotovoltaico,
la manovra estiva finanzierà i privati e le imprese
TRIESTE Un canale di finanziamento per i privati e per le
imprese. La Regione punta a sostenere il fotovoltaico con la manovra estiva: si
ipotizza uno stanziamento di 600mila euro anche se, sui numeri, sono in corso le
verifiche.
L’ENERGIA «VERDE» Il Friuli Venezia Giulia, dopo l’approvazione del regolamento
per le manutenzioni destinate al risparmio energetico (che lascia fuori proprio
gli impianti solari termici, fotovoltaici e geotermici), investe ancora
sull’energia «pulita». Lo annuncia l’assessore all’Edilizia Vanni Lenna: «Stiamo
lavorando alla variazione di bilancio che, a giugno, porterà nuovi fondi al
settore del fotovoltaico. Il finanziamento sarà destinato a privati e imprese e
utilizzerà i fondi non impiegati». Nell’attesa del canale dedicato al
fotovoltaico - con i finanziamenti per i privati che saranno gestiti dalle
Province e quelli per le imprese dalla Regione - chi ha intenzione di adeguare
la sua casa all’insegna del risparmio energetico potrà farlo con il regolamento
che diverrà attuativo il 3 giugno e sbloccherà 3 milioni di euro in tre anni.
LE TIPOLOGIE Gli interventi ammissibili al finanziamento sono definiti nel
dettaglio. Il primo capitolo è dedicato a «opere e modifiche necessarie per
rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per
realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non
comportino modifiche delle destinazioni di uso». Il secondo capitolo riguarda
gli «interventi di manutenzione straordinaria sugli edifici esistenti
finalizzata al miglioramento dell’efficienza energetica» come isolamento
dell’involucro edilizi, utilizzo di impianti ad alto rendimento, sistemi
schermanti esterni di controllo degli apporti solari o di controllo dell’inerzia
termica degli elementi costruttivi che contribuiscano a migliorare il rendimento
energetico dell’edificio nel periodo estivo. Sono compresi anche gli interventi
finalizzati al conseguimento del risparmio energetico e di messa a norma degli
impianti tecnologici (tra i quali impianti di distribuzione, utilizzazione
dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche,
nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, gli
impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di
refrigerazione, gli impianti idrici e sanitari e quelli per la distribuzione e
l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, nonché per la protezione antincendio.
LE ESCLUSIONI Sono invece esclusi gli impianti di produzione, trasformazione,
trasporto dell’energia elettrica, gli impianti radiotelevisivi, le antenne, gli
ascensori, i montacarichi, le scale mobili nonché i nuovi impianti solari
termici, fotovoltaici e geotermici con pompe di calore e similari che tuttavia
saranno finanziati con le variazioni ormai imminenti.
Elena Orsi
TRIESTE TRASPORTI - Saliti al 27% gli ecoveicoli di
ultima generazione
Il direttore generale Luccarini: «Trieste Trasporti
all’avanguardia per il rinnovo di mezzi e servizi»
«È necessario uno sforzo da parte di tutti affinché a Trieste i mezzi
pubblici possano disporre di un numero più alto di corsie preferenziali e
possano accostarsi alle fermate senza complicazioni, meno stop&go significa meno
consumi e pure meno stress per i nostri conducenti», insiste l’ad di Trieste
Trasporti Paparo ricordando una fresca uscita pubblica del sindaco Roberto
Dipiazza, che parlando del Piano del traffico aveva fatto convergere le prossime
novità proprio sulla necessità di aumentare la velocità commerciale dei bus.
L’assessore provinciale Zollia raccoglie l’assist e, guardando sempre alla
data-chiave del 2010, sentenzia: «Credo sia doveroso che la Regione riconosca
per le tariffe di servizio su Trieste un calcolo chilometrico diverso (oggi
uguale, vale 3,47 euro a km, ndr) da quello applicato nelle altre realtà
territoriali del Friuli Venezia Giulia». Tutti i saliscendi della nostra
provincia, la conformazione e il traffico delle strade cittadine assegnano in
effetti a Trieste appena 14,77 chilometri all’ora (14,87 l’anno precedente) di
velocità commerciale dei bus. L’unico neo - puntualizza il direttore generale
Piergiorgio Luccarini - in un quadro aziendale «modello, di elite nazionale». A
cominciare dalla cosiddetta flotta: 273 autobus con quattro anni di età media,
«a fronte di una tendenza nazionale pari a nove anni e mezzo se non di più. Il
che significa - insiste Luccarini - che siamo all’avanguardia per l’utilizzo di
mezzi ad alto profilo ecologico, in virtù dei 33 veicoli EEV di ultima
generazione che acquistiamo annualmente, per un investimento di circa sette
milioni, al fine di rinnovare la flotta stessa. Si badi bene che gli studi
dicono che un EEV produce, a livello di emissioni, quasi gli stessi quantitativi
di un autobus a metano».
Nell’ultimo bollettino aziendale presto in distribuzione, si legge in effetti
che i parametri generazionali dei 273 mezzi di Trieste Trasporti sono migliorati
dal 2007 al 2008: la percentuale di bus dotati di pedana è passata dall’86% al
91%, quella dei veicoli EEV dal 18% al 27%, quella degli Euro4 dal 5% al 9%,
mentre l’incidenza degli Euro3 - i meno avanzati oggi in dotazione - è scesa dal
23% al 18%. L’aria condizionata per i conducenti ha raggiunto il 100% (99% nel
2007) mentre quella integrale è salita dall’80% al 93%. Confermato infine il
100% di presenza degli indicatori di linea a led luminosi. «La gente, e parliamo
di 160mila passeggeri al giorno, ha percepito la nostra politica di innovazione
e rinnovamento peraltro visibile già di primo impatto per il colore azzurro
degli esemplari nuovi - aggiunge il direttore generale - al punto che l’indagine
sulla soddisfazione degli utenti che commissioniamo esternamente da nove anni ha
registrato proprio nel 2009 il massimo storico con un gradimento pari al 96,22%
contro il 94,17% dell’anno precedente, mentre i reclami sono calatidel 20%». Il
primo aspetto da migliorare secondo l’utenza - un campione contattato
telefonicamente di non meno di 1.600 persone, di cui 400 residenti fra Duino
Aurisina e Muggia - è la frequenza delle corse, soprattutto in ore serali e zone
periferiche, a fronte della voce ”personale” riscontrata nel 2008. La
caratteristica ritenuta più importante è la puntualità. «Ed essendo proprio la
puntualità il servizio preferito - chiude Luccarini - possiamo sbilanciarci
nell’affermare che l’aspettativa è di fatto già soddisfatta». A proposito di
personale, il bollettino attesta ancora che l’organico dei conducenti di Trieste
Trasporti nell’ultimo anno si è rimpinguato da 593 a 602, dentro un
monte-personale in lieve discesa da 832 a 829 unità.
(pi.ra.)
Cinghiale attacca una coppia: «Salvati dalla pizza» -
BRUTTA AVVENTURA PER DUE FIDANZATI GIOVEDÌ SERA AL FERDINANDEO
Racconta Paola Pahor: «Un bestione, ci siamo rifugiati
su un tavolo di legno e abbiamo buttato la Viennese»
I cinghiali sono tra noi, fin quasi in centrocittà. E attaccano le persone.
L’ultima allucinante avventura è stata vissuta da Paola Pahor, una triestina
come tante, puntata da uno di questi animali definito particolarmente
voluminoso. Ha dovuto barattare la propria incolumità con la pizza che stava
mangiando e il cui odore sembra avesse fatto perdere la testa al cinghiale. Alla
fine Paola si è salvata, incolume, ma senza aver potuto gustare la pizza.
Era una bella e calda serata quella di giovedì. «Erano le sette e mezza e al
Ferdinandeo dove stavo passeggiando assieme al mio compagno c’era ancora il
sole», racconta la donna. Dunque nessuno scenario tenebroso o oscuro di
tregenda. «Da quelle parti c’è un laboratorio che fa pizze per asporto dove
lavora mio figlio - prosegue nel racconto - la fame stava salendo e ci siamo
fermati a prendere due pizze e due bibite. Abbiamo pensato di andarcele a
mangiare in santa pace di fronte dove ci sono un tavolo e sedili di legno. A
poche decine di metri di distanza da molte estati a questa parte si svolge la
Festa celtica».
Sarà stato magari anche qualche influsso esoterico, dal momento che in zona si
celebravano anche meditazioni e riti New Age, fatto sta che proprio in quel
momento si è materializzato qualcosa di impensabile. «All’improvviso da dietro
un cespuglio - racconta ancora Paola - è saltato fuori un cinghiale enorme ed è
venuto dritto sparato contro di noi».
Immaginarsi il terrore che s’è impossessato della coppia. «Abbiamo pensato a
metterci in salvo, ma non sapevamo da quale parte scappare perché l’animale
sembrava non volerci dare via di fuga. Siamo così saliti in piedi sul tavolo e
io mi sono messa a urlare. Il mio cuore faceva 200 battiti al minuto. A
raccontarla fa ridere, ma a viverla è tutto il contrario. Vicino a noi non c’era
nessuno, ma alla fine siamo riusciti a richiamare l’attenzione di due persone
che stavano facendo jogging».
A un certo punto Paola ha pensato di poter farsi valere con le ragioni forti:
«Ho lanciato contro il cinghiale la bottiglietta di plastica dell’acqua
minerale, ma ciò non ha sortito alcun effetto perché l’animale sembrava più
arrabbiato di prima e non ci dava tregua. Allora ho capito cosa voleva
realmente, la pizza. Il mio fidanzato era stato più veloce di me a mangiarla e
l’aveva pressoché finita, ma la mia era quasi intera: una pizza viennese.
Strano, un cinghiale affamato di carne di maiale».
La pizza è riuscita finalmente a distrarre il cinghiale. «Fauci da far spavento,
ma si è fermato un po’ a masticare. In questo modo siamo riusciti a scendere e a
raggiungere la strada. Lentamente l’animale ha preso nuovamente a seguirci, ma
si è fermato sul ciglio, alla fine notato da molti automobilisti. Avevo paura
che provocasse un incidente. Dirò a mio figlio di mettere una tabella fuori dal
laboratorio: ”Attenti ai cinghiali”. Quanto alla Festa celtica non oso pensare
cosa potrebbe succedere».
SILVIO MARANZANA
CINGHIALI - Sono ormai scesi fino in città - DI CASA IN
VIA COMMERCIALE - Un’ordinanza del sindaco punisce chi dà da mangiare ai suini
selvatici
Hanno distrutto gran parte delle coltivazioni a Roiano,
mandando all’aria la vendemmia. Hanno ”arato” una buona percentuale di campi sul
Carso, devastando strutture e recinti e compromettendo i raccolti. In alcuni
casi, come ad esempio in via Commerciale, sono stati a un passo dall’aggredire i
residenti. L’emergenza cinghiali è diventata ormai quotidiana. Anche perché gli
animali, nella spasmodica ricerca di cibo (o semplicemente di quei ”benefattori”
irresponsabili che li nutrono) si spingono ormai quasi fino al centro. Non a
caso un esemplare era arrivato in piazza Volontari giuliani, a due passi dal
Giardino pubblico, mentre pochi mesi fa una donna in via Commerciale era stata
circondata da alcuni cinghiali a caccia di cibo.
Una presenza potenzialmente molto pericolosa perché è chiaro che gli animali se
non trovano cibo si innervosiscono e possono anche passare all’aggressione
diretta. Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza
per vietare di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità
del fenomeno, prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari
che negli ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. I cinghiali,
infatti, in condizioni di tranquillità possono partorire fino a due cucciolate
in un anno. Regione e Provincia si erano allineate e Walter Godina,
vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata del numero
dei cinghiali è in corso «entro la fine di maggio».
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - VENERDI', 22 maggio 2009
Pessima idea. Il Senato approva il ritorno al nucleare
Legambiente e Greenpeace criticano duramente le ultime decisioni del
Parlamento in campo energetico. Con l’approvazione da parte del Senato degli
articoli sul nucleare, contenuti nel ddl sviluppo, si da il via libera a un
imponente piano di nuclearizzazione del paese. “Ci vorrebbero almeno 7 reattori
nucleari da 1600 megawatt, poi servirebbero i depositi per le scorie e gli
impianti per la fabbricazione del combustibile. In sintesi, l’Italia diverrebbe
un unico grande cantiere per almeno 20 anni e si ritroverebbe diffuse sul
territorio strutture imponenti e insicure, per realizzare le quali bisognerebbe
affossare ogni altra forma di produzione energetica, come le rinnovabili,
condannando il paese all’arretratezza e rinunciando a tutte le opportunità
occupazionali (250mila posti di lavoro solo in Germania), tecnologiche e di
sostenibilità che le rinnovabili invece garantiscono”.
“La scelta del governo sul nucleare è autoritaria e centralista: le Regioni si
ribellino e non rinuncino all’esercizio del potere”. Le due associazioni
ambientaliste invitano le Regioni italiane a non cedere sulle loro prerogative
di governo e criticano severamente il ritorno all’atomo approvato dal Senato con
gli articoli 14, 15, 16 e 17 del ddl Sviluppo ed energia che prevede, tra
l’altro, il potere sostitutivo dello Stato sugli enti locali in caso di mancato
accordo sulla localizzazione delle future centrali.
Legambiente e Greenpeace sottolineano che “la competenza delle amministrazioni
regionali in materia d’energia è sancita dalla costituzione. Ma alla
concertazione e alla trasparenza il governo preferisce l’autoritarismo e il
segreto militare, con il rischio quasi certo di far piombare il Paese in un
ginepraio di conflitti sul territorio: esattamente il contrario di quello che
occorre all’Italia per risollevarsi dalla crisi economica e per contrastare il
cambiamento climatico. Persino nella nuclearissima Francia sono previste
procedure ben più trasparenti e democratiche, mentre quello che si presenta qui
con l'approvazione del testo di legge è quasi un "golpe nucleare" con l'idea di
militarizzare il territorio per imporre un sistema energetico”. Secondo gli
ultimi sondaggi di Eurispes e Ipsos la maggioranza degli italiani non vuole la
costruzione di nuovi impianti nel nostro Paese.
Le due associazioni aggiungono che “l’Italia non può permettersi di tornare
indietro, deve guardare al futuro del sistema energetico distribuito, fondato
sull'efficienza nella produzione e negli usi finali e sullo sviluppo delle
rinnovabili. Questo voto sul nucleare è totalmente privo di lungimiranza, anche
perché non risolleverà le sorti dell'economia nazionale in uno scenario di crisi
dalle dimensioni mondiali”.
La scelta del nucleare è controproducente: è una tecnologia vecchia, inquinante,
insicura e costosa. Le nuove centrali non risolveranno i problemi energetici del
Paese, non serviranno a mantenere gli impegni europei di riduzione delle
emissioni di gas serra e non faranno abbassare la bolletta dei cittadini.
Italia tra i primi paesi al mondo a raggiungere la
“Grid parity” fotovoltaica
Ci sono buone possibilità che l'Italia diventi il primo
paese dell'Unione europea in cui l'elettricità generata dall'energia
fotovoltaica e quella convenzionale abbiano lo stesso costo di accesso alla rete
elettrica. In altre parole il nostro paese potrebbe essere il primo a
raggiungere la cosiddetta grid parity (parità nella rete). Ciò è dovuto al fatto
che i fornitori italiani di energia solare beneficiano di prezzi
dell'elettricità comparativamente alti.
Se, come ci si attente, i prezzi cresceranno ad una media del 6% l'anno, gli
impianti italiani indipendenti potrebbero raggiungere la grid parity nel 2011.
La graduatoria cambia se si considerano gli impianti fotovoltaici su larga
scala. In questo particolare settore sarà la Germania la prima a veder
allineati, nel 2012, i prezzi di elettricità fotovoltaica e di quella classica.
Gli impianti su larga scala hanno il vantaggio di costi di investimento
proporzionalmente più bassi e sono in grado di fornire elettricità a prezzi
inferiori rispetto ai piccoli fornitori. Un’agenzia di ricerca di mercato, la
Greentech Media, fa però previsioni meno ottimistiche per le installazioni
tedesche di piccola dimensione, montate sui tetti degli immobili. Per queste la
grid parity sarà raggiunta nel 2013-2014. Previsioni basate sul fatto che i
prezzi dell'energia fornita alla rete a causa dell'inflazione crescano in media
del 6% l'anno.
La riduzione delle tariffe di vendita alla rete dell'energia fotovoltaica (feed
in) sta anche generando un maggior stimolo per lo sviluppo. Ciò significa che
sale la pressione sul mercato tedesco per produrre energia solare in modo
efficiente usando tecnologie di punta. Grazie a questo stimolo l'industria sta
lavorando a pieno ritmo per creare concetti produttivi anche migliori.
Una struttura di mercato del tutto differente fa invece sì che sia ancora lunga
la strada per raggiungere la grid parity in Francia. Il basso costo
dell'elettricità fornita alla griglia, agevolato dai sussidi statali, limita lo
sviluppo del fotovoltaico. Inoltre le tariffe feed in di acquisto dell'energia
fotovoltaica non sono studiate per diminuire nei prossimi anni, ma solo per
essere aggiornate con il tasso di inflazione. Questi elementi spingono i
fornitori francesi di energia solare a ridurre i costi di produzione rispetto al
concorrente tedesco.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2009
BAIA DI SISTIANA - «Non avevamo più soldi per le cause
al Tar». Predonzan (Wwf) spiega la resa - Il sindaco Ret: «Al Comune 4 milioni»
Chi ride e chi piange. La guerra dei trent’anni sulla Baia
di Sistiana è solo apparentemente finita. Si è spenta, in realtà, per
sfinimento. Ha vinto, a duro prezzo, chi voleva il villaggio turistico e lo
scavo del fondo cava. Hanno perso gli ambientalisti e si sono zittiti i comitati
e i protestanti di vario genere. «Io già lo vedo finito il villaggio della cava
- esulta il sindaco Giorgio Ret (Pdl) -, sarà una delle cose più belle d’Europa,
che spettacolo, che nuovo microclima, sarà caldo d’inverno e fresco d’estate, in
autunno il Comune diventerà proprietario della Costa dei Barbari, col ministero
dell’Ambiente e la Regione abbiamo firmato un accordo di programma per cui
diventerà riserva naturale, metteremo docce e gabinetti, ai nudisti troveremo un
riparo, per carità, ma sarà una spiaggia aperta a tutti, e in collegamento col
nuovo hotel Europa...».
Il mandato di Ret scade a metà 2012: «Qualcosa di fatto riuscirò a vederlo -
dice -, ma certo se inauguro o festeggio invito tutti i sindaci precedenti,
tutti volevano questo insediamento, qualcuno ha perso il posto per via della
Baia».
Ciò che più conta, però, sono i danari. «In tutto avremo ricevuto 4 milioni di
oneri di urbanizzazione - racconta il sindaco -, grazie a questi non solo siamo
l’unico Comune con più di 5000 abitanti a non aver usato l’addizionale Irpef per
la prospettiva di incassare l’Ici dalle seconde case, ma stiamo mettendo a posto
tre scuole slovene e tre italiane, abbiamo fatto l’asilo nido, fatto i
marciapiedi a Sistiana e ora li facciamo ad Aurisina, aggiustato la casa di
riposo: per gli anni futuri questo Comune non avrà più spese».
«Ci siamo dovuti arrendere perché economicamente non potevamo più sostenere le
cause al Tar - dice invece malinconico Dario Predonzan, dirigente del Wwf sempre
in prima linea sul territorio -, tutte le battaglie sono andate a favore della
Baia, perfino un soprintendente contrario è stato messo a tacere. No - prosegue
- l’intervento snatura il paesaggio, cambia la linea di costa, è una colata di
cemento in area protetta, si è distrutto un bosco, il progetto poi è sempre
quello, ha subìto solo ritocchi marginali. E i parcheggi sotterranei? Hanno meno
impatto paesaggistico, ma resta quello ambientale perché sono scavati nella
roccia, non è che se occhio non vede cuore non duole. Il cuore duole sempre, ma
in sede legale hanno sempre vinto i più forti: la giustizia amministrativa è per
i ricchi, perché bisogna sempre avere un avvocato. Mi dispiace - conclude - non
solo per le energie spese in tanti anni, ma per il risultato negativo, quando
tutto sarà costruito magari verrà fuori qualcuno e dirà: perché non avete
fermato questa porcheria? E io risponderò: e voi che protestavate perché siete
scomparsi?». No, la battaglia non è finita: è solo sopita.
(g.z.)
Cattivi odori fatti respirare a un vicina, condannato a
pagare 150 euro di multa - PER L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO
Condannato per aver prodotto troppa puzza.
È questa la singolare situazione in cui si trova oggi Pietro Tassinari,
riconosciuto responsabile dal giudice Laura Barresi di aver provocato emissioni,
vapori e fumi, atti a offendere. Dovrà pagare una sanzione pecuniaria di 150
euro a cui si aggiungono 500 euro di risarcimento e 900 di spese legali
sostenute da una vicina di casa che ha ingaggiato con lui questa battaglia ed è
uscita vincitrice dall’aula di Giustizia. Bianca Laura Degrassi- costituitasi in
giudizio con l’avvocato Walter Zidarich - ora potrà respirare a pieni polmoni in
tutte le stanze del suo appartamento posto al pianoterra della villetta di via
Gattorno 2. Prima accanto alla finestra dalla cucina, poi a poca distanza da
quella della stanza da bagno, Piero Tassinari, secondo l’accusa, aveva posto un
impianto di compostaggio in cui confluivano svariati rifiuti organici: residui
di frutta, erba da sfascio, gusci d’uova, foglie secche, scarti di cucina, fondi
di caffè. I residui marcivano e si trasformavano in terra ma la loro
decomposizione provocava miasmi insopportabili, molto violenti nel caldo
dell’estate quando le finestre restano aperte e nei giorni di pioggia battente e
di umidità alta.
Era stata la stessa assemblea condominiale a varare questa iniziativa
”ecologica”, decidendo di installare nel giardino l’impianto per produrre «compost».
Promotore dell’iniziativa era stato Pietro Tassinari che riteneva di eliminare
in modo autonomo i rifiuti del piccolo condominio, riducendo così le quantità da
avviare all’inceneritore comunale. Maria Bianca Degrassi si era opposta,
cercando di far rimuovere il bidone e il suo maleodorante contenuto. Aveva
chiesto l’intervento dei carabinieri, dei tecnici dell’Arpa, dell’Azienda
sanitaria e del Comune. Scopo dichiarato, quello di evitare di dover inalare
«profumi» indesiderati a cui spesso si affiancava l’ingombrante presenza di
sciami di moscerini.
Un esposto alla Procura, ha avuto il potere di far avviare l’azione penale al pm
Maddalena Chergia. L’ipotesi di reato era quella punita dall’articolo 674 che
sanziona - com’ è avvenuto per la Ferriera di Servola - chi getta o versa cose
atte a offendere, o provoca miasmi, emissioni, vapori o fumi». Il processo si è
svolto in tre udienze in cui le parti hanno citato 14 testimoni. Determinante la
deposizione di Carlo Coslovich, geologo dell’Arpa. Ha spiegato che il
regolamento di polizia urbana del Comune di Trieste non considera compatibile
con l’ambiente cittadino un impianto di compostaggio domestico.
(c.e.)
EDILIZIA E AMBIENTE - Arrivano le pagelle per premiare
le case «ecologiche» - La Regione certificherà la qualità dell’abitare: «Siamo i
primi in Italia»
TRIESTE In Friuli Venezia Giulia arriva la casa
certificata. Rispetta l’ambiente, riceve energia da fonti rinnovabili e contiene
l’utilizzo di acqua. La Regione, prima in Italia, istituisce il Vea, un
protocollo per la valutazione della qualità energetica e ambientale di un
edificio che, dopo la prossima definizione di un regolamento, costituirà tra
l’altro criterio di priorità nei finanziamenti per gli interventi di acquisto,
costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici e privati.
LEGGE La giunta Tondo ha già adottato in via preliminare il Vea, nel rispetto
dell’articolo 6 della legge 23/05, per disciplinare la valutazione del livello
di sostenibilità degli interventi edilizi e graduare i contributi previsti
nell’articolato. In sostanza con il Vea, recependo l’analogo progetto italiano
Itaca, si assegnano alle case le «pagelle» di eco-sostenibilità. Le schede di
valutazione sono 22 divise in 6 aree: analisi energetica, impianti per la
produzione di energia da fonti rinnovabili, materiali da costruzione, risparmio
idrico e permeabilità dei suoli, qualità esterna e interna, altre
considerazioni.
VALUTAZIONI Quanto più gli edifici saranno costruiti in modo da risparmiare
energia e acqua, con materiali riciclabili, integrati nell’ambiente naturale e
sociale, isolati acusticamente, protetti dall’inquinamento atmosferico ed
elettromagnetico, tutelati dagli agenti inquinanti, tanto più otterranno
punteggi alti. E scaleranno le graduatorie per l’accesso ai finanziamenti
pubblici.
CERTIFICAZIONE Il traguardo è quello della certificazione. Al fine di favorire
una migliore qualità dell’abitare, l’uso di materiali edilizi di origine
naturale, il contenimento dei consumi energetici e la diminuzione dei carichi
inquinanti, la Regione adotta infatti una procedura di certificazione della
sostenibilità energetico ambientale degli edifici, la Vea. Il protocollo
determinerà il valore energetico/sostenibile assegnando una classe alfa/numerica
all’edificio, da quella inferiore G3, G2 e G1 a salire fino alla classe A+3, A+2
e A+1.
INCENTIVI «Il protocollo che pone il Friuli Venezia Giulia all’avanguardia –
spiega l’assessore Vanni Lenna – imprime una svolta fondamentale: costruire
secondo criteri sostenibili per l’ambiente. Il Vea rappresenta un ottimo
strumento di controllo, monitoraggio e promozione. E sicuramente avrà importanti
ricadute nel campo immobiliare e delle costruzioni e potrà essere di forte
impulso all’innesco di un processo generale di incentivi verso un’edilizia
eco-compatibile».
VALORE «La casa certificata – prosegue Lenna – costituirà uno degli elementi
qualificativi della nuova valutazione immobiliare del bene; un valore alto di
classe energetica e ambientale determinerà la qualità o meno della casa posta
sul mercato e il conseguente valore».
Marco Ballico
TRAFFICO - Italiani e auto
L’italiano medio dedica ogni anno alla propria auto 1500
ore: ci sta seduto, in marcia e in sosta, la parcheggia, si guadagna i soldi per
acquistarla, lavora per pagare la benzina, i pedaggi, l’assicurazione, il bollo,
le multe. Ogni giorno passa quattro delle sue sedici ore di veglia o per la
strada o occupato a procurarsi i mezzi che l'auto richiede, senza contare il
tempo speso in altre occupazioni imposte dal trasporto: quello trascorso in
ospedale, in tribunale o in garage, quello perso guardando in tv gli spot
pubblicitari di automobili, scorrendo pubblicazioni specializzate: queste 1500
ore sono investite per percorrere 10.000 km, circa 6,5 km all’ora. Nei Paesi
privi di una massiccia presenza dell’industria del trasporto, la gente ottiene
lo stesso risultato andando a piedi dovunque voglia, e il traffico assorbe dal 3
all’8% del tempo sociale anziché il 28%. Ciò che distingue il traffico dei Paesi
poveri da quelli ricchi non è un maggior chilometraggio per ogni ora di vita ma
l'obbligo di consumare in forti dosi l'energia disegualmente distribuita
dall’industria del trasporto. L'automobile è diventata un ossimoro: impedisce
all’individuo di spostarsi. Auto: mobile?
Mauro Luglio - Monfalcone
COMUNICATO
STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 21 maggio 2009
TAV IN FRIULI VENEZIA GIULIA : UN APPELLO AI COMUNI PER
UN RUOLO PIÙ FORTE
A 6 anni di distanza dalla prima presentazione in Friuli
Venezia Giulia del primo progetto di Alta Velocità ferroviaria – TAV – relativo
alla tratta Ronchi-Trieste si può constatare che a oggi nessun progetto è stato
approvato, nemmeno in via preliminare, nonostante leggi speciali (la legge
obiettivo del 2001) che avrebbero dovuto accelerare le procedure progettuali e
che invece hanno contribuito a rallentarle creando nel contempo forti stati di
tensione con parte della popolazione coinvolta .
Ora assistiamo ad un nuovo capitolo di questa vicenda: l'imminente fase di
progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaca, parte integrante della
realizzazione del progetto prioritario europeo n° 6 come da Decisone 1692/96 e
successive modifiche (884/2004).
Per molti aspetti questa nuova progettazione rischia di replicare quanto già
visto relativamente alla tratta TAV Ronchi-Trieste e Ronchi-Ronchis in termini
di contrasto con la popolazione e di sviamento da quelle che sono le vere
problematiche dei cittadini relativamente al trasporto pubblico con, in
aggiunta, uno spaventoso dispendio di risorse pubbliche ancor più importante in
un momento in cui la crisi economica si abbatte in maniera estremamente violenta
sui settori più deboli della società.
In forza di ciò Legambiente chiede a tutti i Comuni direttamente interessati dal
progetto e a quelli che potenzialmente potrebbero essere interessati dalle opere
accessorie (quali cave di prestito, cantieri, discariche, elettrodotti di
servizio, viabilità accessoria ed attraversamenti urbani da parte della
movimentazione terra) UNA PRECISA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’.
Legambiente chiede che i Comuni:
1) richiedano l’apertura di un tavolo regionale unico sul progetto prioritario
n°. 6, al fine di evitare che sulla progettazione di un'opera transnazionale,
come questa, si ragioni, in maniera privata da ogni logica, progettando tronchi
ferroviari di poche decine di Km (quali la Trieste-Ronchi), che non hanno altro
obiettivo che quello di spostare i problemi della costruzione dell’opera da
un’area ad un'altra;
2) richiedano formalmente alla Regione di farsi carico di quanto previsto dalla
Convenzione di Aarhus ratificata dall’Italia il 16 marzo 2001, n. 108, in
particolare l’art. 6 riguardante PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO ALLE DECISIONI
RELATIVE AD ATTIVITÀ SPECIFICHE, la cui mancata applicazione porterà
inevitabilmente all’attivarsi di procedure d’infrazione in sede europea.
Legambiente sottolinea che la realizzazione di una nuova linea ferroviaria con
caratteristiche TAV attraverso il territorio regionale è ASSOLUTAMENTE INUTILE
dal punto di vista del traffico merci visto che linee come l’attuale
Mestre-Ronchi funzionano solo al 40% della propria potenzialità.
Il progetto prioritario n°. 6 può essere realizzato in perfetta armonia con le
norme europee, con un costo notevolmente inferiore ed in tempi più celeri
attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 Km/h dell’attuale linea
ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento Trieste-Capodistria in area muggesana
e il potenziamento del Bivio San Polo (Monfalcone)-Bivio D’Aurisina.
E' bene tenere presente inoltre, che il trasferimento del traffico merci da
strada a ferrovia è in larga parte indipendente dalla realizzazione della TAV:
come già dimostrato con la Pontebbana, la semplice realizzazione di una nuova
infrastruttura non trasferisce automaticamente i traffici su questa, in quanto
IN ASSENZA DI UNA SERIA POLITICA TARIFFARIA SUI PEDAGGI DEL TRAFFICO PESANTE, il
traffico su strada rimarrà in buona parte più competitivo di quello su ferrovia.
Legambiente conclude che pertanto che in assenza di un’azione coordinata da
parte dei Comuni si rischia di ritrovarsi completamente in balia di decisioni
calate dall’alto o frutto di accordi con singoli Comuni che scaricano la
questione sui loro vicini. Una progettazione realizzata in questo modo non può
che portare a fortissime tensioni sociali con la popolazione.
In caso d’inazione da parte delle amministrazioni comunali queste dovranno
essere ritenute corresponsabili di una situazione che sta ulteriormente
degenerando dal punto di vista progettuale.
Legambiente FVG
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 21 maggio 2009
L'Alta velocita' spaventa Trieste - in Friuli l'ultimo fronte anti TAV.
Cantieri e scavi per dieci anni. Svelato il progetto: e' subito polemica.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2009
ALTA VELOCITÀ E PERICOLI - «Sulla Tav urge la consultazione popolare»
COMUNICATO
STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 20 maggio 2009
MA COSA FA
IL COMMISSARIO DAMELE A PONTEBBA? - LA REGIONE LO SOSTITUISCA.
Legambiente
segue da tempo la vicenda dell'impianto a biomasse proposto dalla Società OMNIA
a Pontebba e su cui la Provincia ha dato l'autorizzazione il 30 gennaio scorso.
Si tratta di un impianto di produzione di energia elettrica dalla potenza di 12
MWe e che consuma 140 mila tonnellate all'anno di biomassa legnosa.
E' noto che la vicenda ha determinato la caduta della Giunta Comunale di
Pontebba e la nomina di un Comissario Straordinario da parte della Regione
Friuli Venezia Giulia nella persona del dott. Daniele Damele che in precedenza,
in qualità di funzionario provinciale aveva presieduto la Conferenza di Servizi
per l'autorizzazione dell'impianto.
Il Commissario in una sua dichiarazione, anche in seguito ad incontri con i Capi
gruppo uscenti, aveva assicurato di non essere disponibile ad alcun atto
significativo in relazione alla realizzazione di questo impianto.
Nei giorni scorsi, con delibera n. 100 del 13.05.2009, il Commissario
Straordinario con i poteri della Giunta Comunale, ha chiuso il procedimento di
VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sulla variante urbanistica collegata
all'autorizzazione della centrale a biomasse.
Ciò significa che il Comune ha accettato in via definitiva il Rapporto
Ambientale della Società proponente e ritiene che l'intervento non abbia effetti
significativi per l'ambiente e che quindi non vada assoggettato ad una procedura
completa di VAS.
La delibera forse potrà anche essere formalmente legittima in base alle attuali
disastrose disposizioni di legge regionali e statali in materia e a causa di
come la precedente Amministrazione comunale ha trattato l'argomento:
identificazione dell'autorità ambientale unicamente nel Servizio VIA della
Regione e pubblicità ridotta a semplice avviso di deposito degli atti.
Tale delibera però significa nella sostanza che il Comune di Pontebba non ha
nulla di proprio da dire sull'argomento e che tutto quello che è stato oggetto
di discussione in questi mesi in Consiglio Comunale, in assemble pubbliche, in
interventi di cittadini e di esperti, etc è stato buttato nella spazzatura.
Si tratta di un atto politico di una gravità inaudita che riteniamo non possa
restare senza risposta da parte della Regione, organo istituzionale responsabile
della nomina di questo commissario.
Per favore, sostituite Daniele Damele, prima che faccia ulteriori danni.
Il Presidente di Legambiente FVG - Giorgio Cavallo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2009
Porto, c’è il Piano regolatore: sì all’unanimità - OK
DEL COMITATO, IL DOCUMENTO PRECEDENTE ERA DEL ’57
Ampliamento e potenziamento delle strutture portuali
Boniciolli: fatto storico. Dipiazza: messa in moto la
città. Riccardi: una programmazione moderna
Il porto di Trieste ha da ieri sera un nuovo Piano regolatore (il precedente
risaliva al 1957) che amplierà moli e banchine per 200 ettari rendendo possibili
tra l’altro il raddoppio del Molo Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo,
oltre che della Piattaforma logistica, la creazione di un ampio terminal per i
traghetti Ro-Ro alle Noghere, l’allungamento del molo Bersaglieri della Stazione
marittima. Lo ha adottato con voto favorevole all’unanimità dei presenti (ma il
sindaco di Muggia Nesladek è uscito dall’aula per non votare) il Comitato
portuale nel corso di una seduta-lampo conclusasi alla Torre del Lloyd con un
megabrindisi.
Per la sua approvazione definitiva il Piano dovrà ottenere la Valutazione
ambientale strategica (Vas) della Regione, il voto favorevole del Consiglio
superiore dei Lavori pubblici, la Valutazione d’impatto ambientale (Via) del
Ministero dell’Ambiente prima del decreto finale ancora della Regione. Un iter
che rischia di portar via due anni, due anni e mezzo. «Ma che noi speriamo di
accorciare notevolmente - ha affermato dopo il voto il presidente dell’Autorità
portuale Claudio Boniciolli - anche in considerazione del fatto che il ministro
delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli ha affermato che quelli di
Genova e di Trieste sono i due porti principali sui quali l’Italia dovrà fare
affidamento per il futuro».
La nota emessa dall’Autorità portuale parla di «evento di portata storica per la
città e il porto» e di «rilancio dello scalo e delle attività economiche nelle
relazioni con la regione, l’Italia e l’Europa». Svolta ottenuta grazie «a un
ritrovato clima d’intesa tra le istituzioni, il mondo imprenditoriale e
sindacale».
Una ritrovata unità sottolineata anche dal fatto che ieri il Comitato ha
approvato inoltre la delibera di concessione per 15 anni dello Scalo Legnami a
General cargo terminal (30% Pacorini, 30% Ocean, 30% Agentimar e 10% Friulia),
questione che aveva sollevato per mesi polemiche e contrapposizioni. Il canone
annuo è stato fissato in un milione 28 mila 369 euro. In settimana il presidente
Boniciolli e il presidente di Gct, Sandro Benvenuti firmeranno l’atto di
concessione.
Resta ancora aperta la battaglia per il terminal di Fernetti dove si
contrappongono lo stesso Boniciolli e il presidente della Camera di commercio
Antonio Paoletti. «È tempo che tra gli azionisti torni il sereno - ha dichiarato
ieri l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi - per questo motivo
entro dieci giorni convocherò un incontro con tutti per risolvere la querelle e
scongelare il milione di euro della Regione per migliorare il raccordo
ferroviario tra Fernetti e Opicina». Riccardi ha espresso apprezzamento per
l’adozione del Piano. «Rappresenta la premessa - ha dichiarato - affinché il
porto possa finalmente costruire una sua moderna programmazione su basi diverse
da quelle fin qui utilizzate».
«Fatta la variante per il Porto Vecchio, ora il Piano regolatore del porto,
mentre è pronto anche quello generale del Comune: abbiamo messo in moto tutta la
città»: questo il commento del sindaco Roberto Dipiazza. In Comitato portuale è
uscito invece dall’aula per non votare il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek.
«Non ero in condizioni di esprimere un voto - ha spiegato - sono infatti
favorevole alla filosofia generale del Piano e convinto della sua
indispensabilità, ma contrario all’allargamento del Polo energetico, al cui
interno troverà spazio il rigassificatore, che oltretutto comporta la rinuncia
ad altri tipi di traffici ben più redditizi».
SILVIO MARANZANA
Una strada in galleria - IN DIREZIONE GRANDE VIABILITÀ
Il Piano regolatore del porto che è stato adottato ieri ha
recepito in toto la variante per il Porto Vecchio che era stata approvata con
decreto del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia in data 10 settembre
2007.
PORTO VECCHIO Nell’area è previsto l’insediamento di attività di ”portualità
allargata”. Le richieste di concessione giunte all’Autorità portuale prevedono
l’insediamento di cantieri, porti nautici, uffici, scuole, acquari, musei,
fiere, negozi, foresterie.
I progetti globali, che interessano quasi tutta l’area, sono stati presentati da
una società di Maurizio Zamparini presidente del Palermo calcio e fondatore del
Mercatone Emmezeta, dalla Save-Aeroporto di Venezia e dal cartello di
costruttori Maltauro-Rizzani de Eccher. Non sono esclusi un accordo o una
fusione tra queste tre proposte. Una prima scelta dovrebbe essere fatta dall’Authority
già alla fine del mese e dopo l’invio dei progetti al Comune il Comitato
portuale a fine luglio potrebbe affidare le concessioni.
VIABILITA’ STRADALE Nel nuovo strumento pianificatorio generale dello scalo la
viabilità stradale di servizio al porto è articolata anche nello scenario di
Piano sul raccordo autostradale della Grande viabilità triestina che contorna
l’intero perimetro del territorio portuale dal Porto Nuovo fino al Canale
industriale incluso, con vari svincoli a uso promiscuo portuale e urbano.
Il Piano prevede quale nuova infrastruttura a servizio esclusivo del traffico
portuale la nuova viabilità di collegamento del futuro Molo VIII con la Grande
viabilità, che si svilupperà in galleria artificiale attraverso l’area demaniale
fino alla viabilità esistente raccordata allo svincolo di via Errera, per uno
sviluppo complessivo di 2,5 chilometri. Questa soluzione consente il
mantenimento della piena operatività della banchina attualmente a servizio della
Ferriera di Servola.
RETE FERROVIARIA La rete ferroviaria di servizio al porto nell’assetto di Piano
prevede sostanzialmente il potenziamento delle strutture attuali con l’uso dello
scalo di Campo Marzio e il mantenimento degli impianti satelliti, in particolare
di Servola, di San Sabba e di Aquilinia, e con la creazione di un nuovo scalo
alla radice del futuro Molo Ottavo.
Le superportacontainer sul nuovo Molo Ottavo - E
nell’area Noghere sorgerà un terminal dedicato alle navi ro-ro
Queste le principali opere previste dal nuovo Piano
regolatore.
MOLO BERSAGLIERI È previsto il potenziamento del molo che costituisce il
Terminal crociere del porto di Trieste. Sarà allungato di 150 metri e allargato
sul lato Sud di 15 metri fino a raggiungere una larghezza complessiva del molo
di 100 metri e un’estensione addizionale di piazzale di 15 mila metri quadrati.
Com’è noto inoltre il Magazzino 42 sarà riqualificato e connesso all’adiacente
corpo centrale della Stazione marittima.
MOLI V E VI Sarà chiuso e recuperato a uso terminalisti il bacino tra i Moli V e
VI, entrambi prolungati fino alla linea di massimo tombamento posta 50 metri
oltre la testata del Molo V e oltre 400 metri oltre la testa del Molo VI per
un’estensione totale aggiuntiva di 26 ettari. Sarà inoltre riqualificato
l’intero layout delle sovrastrutture e infrastruture del Punto franco nuovo con
la prevista demolizione dei vecchi magazzini.
MOLO VII Sarà prolungato per 800 metri aggiuntivi e di un’area di circa 32
ettari recuperata a mare su un fondale di 18 metri, interamente dedicata ai
contenitori. La capacità del terminal, opportunamente attrezzato con gru di
banchina e di piazzale di elevata capacità, sarà portata a oltre un milione di
teu all’anno. Sul lato Nord del Molo VII è previsto anche un allargamento di 20
metri per la creazione di un attracco per navi Ro-Ro che non interferirà con le
attività del terminal container. Va rilevato che il prolungamento potrebbe
essere autofinanziato dalla To Delta di Pierluigi Maneschi
PIATTAFORMA LOGISTICA Previsto un recupero a mare di 16 ettari (complessivamente
il terminal avrà 24 ettari) e un nuovo fronte di banchina di circa 1.300 metri.
Nonostante il pronunciamento favorevole del Cipe, il Governo non ha chiarito
quali saranno i finanziamenti statali per quest’opera.
MOLO VIII Si staglierà dalla Piattaforma logistica e potrà disporre di una
superficie di 85 ettari con due fronti di banchina di 1.200 metri, distanti fra
loro 750 metri, per un totale di 3.150 metri di banchina. Potrà ospitare le
superportacontainer di ultima generazione.
TERMINAL RO-RO NOGHERE Sarà realizzato un nuovo terrapieno dal torrente Rosandra
a Rio Ospo con un fronte banchinato di 1.250 metri dotato di 4-5 sporgenti di 25
metri atti all’ormeggio di navi Ro-Ro.
Già programmate opere per 628 milioni - Ma adesso anche il progetto operativo triennale dovrà essere aggiornato
Molo Settimo: il Gruppo Maneschi pronto con 120 milioni
Nell’attesa del Piano regolatore, ha funzionato da strumento strategico per
il porto di Trieste il Piano operativo triennale approvato dal Comitato portuale
ancora nel 2007 e che aveva previsto investimenti per 628 milioni di euro. Ora
anche questo piano potrà essere aggiornato anche perché la stima di spesa per
alcune di queste opere è nel frattempo cresciuta.
È il caso dell’intervento principale del Piano triennale, quello della
Piattaforma logistica che sorgerà tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola,
e i cui lavori possono venir avviati senza dover attendere l’approvazione
definitiva del Piano regolatore. Da allora la spesa preventivata è cresciuta da
278 a oltre 310 milioni ed è svanito l’interesse manifestato da imprenditori
coreani. L’Authority ha a disposizione un’ottantina di milioni e il Gruppo Gavio
in una lettera si è detto disposto a intervenire con 100 milioni. Il Cipe ha poi
inserito la Piastra logistica di Trieste nelle opere che saranno finanziate, ma
il Governo non ha mai quantificato l’ammontare del finanziamento.
Il secondo intervento per ordine di grandezza già incluso nel Piano operativo
triennale riguarda il raddoppio del Molo Settimo quantificato in una spesa di
120 milioni di euro. Un progetto da 110 milioni è stato recentemente presentato
all’Autorità portuale dalla stessa Trieste marine terminal (Tmt), la società che
gestisce il Molo Settimo che è proprietà al cento per cento della To Delta di
Pierluigi Maneschi. L’opera potrebbe così essere autofinanziata con la formula
del project financing. «Contiamo di avere a disposizione già nel 2014 - ha
affermato l’altro giorno Fabrizio Zerbini, presidente di Tmt - il Molo Settimo
raddoppiato che ci permetterà di portare la capacità annuale del terminal da 600
mila a un milione e 200 mila teu».
Proprio il raddoppio del Molo Settimo, secondo quanto ha affermato lo stesso
presidente dell’Authority, Boniciolli, potrebbe essere una di quelle opere da
poter avviare come modifica tecnico-funzionale senza dover attendere
l’approvazione definitiva del Piano regolatore.
Ancora, come si evince anche dalla tabella, il Pot ha previsto tra gli
interventi principali l’allungamento e il potenziamento del Molo Bersaglieri
della Stazione marittima con 15 milioni, il potenziamento del Molo VI, incluso
l’abbattimento dei magazzini, con 20 milioni, la realizzazione di una nuova
strada di collegamento tra il Porto Nuovo e lo Scalo Legnami per 20 milioni.
Tutte queste opere sono logicamente ora incluse nel Piano regolatore. Per la
realizzazione del terminal Ro-Ro alle Noghere il Piano operativo triennale aveva
fissato la spesa in 60 milioni più 50 milioni per la riqualificazione ambientale
dell’area. (s.m.)
No Tav, una mozione impegna il futuro sindaco del
Comune di S. Dorligo - PRESENTATA DALL’OPPOSIZIONE
SAN DORLIGO Impegnare i componenti del nuovo Consiglio
comunale e della futura giunta ad esprimere nuovamente la contrarietà alla
realizzazione sul territorio del nuovo collegamento ferroviario Trieste–Divaccia
(tratto della Tav inserito nel più ampio percorso del Corridoio 5) e ad
individuare un’idonea alternativa al tracciato sin qui proposto.
Questo il senso della mozione firmata dai consiglieri del centrodestra Roberto
Massi, Roberto Drozina e Giorgio Jercog, che verrà presentata alla prossima
riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. I tre esponenti
dell’opposizione hanno sottolineato che «il collegamento ferroviario
rappresentato nell’attuale studio di fattibilità è un’opera di cui non si
ravvisa alcuna ragionevole giustificazione tecnica, ma dalla quale, sicuramente,
deriveranno danni alla popolazione ed insopportabili devastazioni all’ambiente,
in un territorio che, nel passato anche recente, è stato già ampiamente
penalizzato da pesanti insediamenti industriali ed infrastrutture pubbliche».
Oltre ad operare in ogni sede per il conseguimento di tali finalità, i
consiglieri di Oltre il Polo e Rinnovamento di Centro sollecitano anche «nei
modi ritenuti più opportuni ed esaustivi, la più ampia informazione alla
cittadinanza circa i progressi in merito». Sull’argomento Trieste-Divaccia,
nell’ultima seduta consiliare, il centrosinistra ed il centrodestra per la prima
volta si erano spaccati: la maggioranza aveva votato senza l’appoggio
dell’opposizione una delibera firmata prima dall’assessore Stravisi e poi in
corsa presa in carico dal sindaco Premolin, mentre una mozione del centrodestra
era stata cassata dal centrosinistra.
(r.t.)
Giorgi, un Nobel ospite all’Addobbati - LO SCIENZIATO
PARLERÀ AI RAGAZZI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Una lezione interattiva: i giovani faranno domande ed
esporranno le ricerche
Filippo Giorgi, Premio Nobel per la Pace 2007, in qualità di membro del
Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, e ricercatore del Centro
internazionale di Fisica teorica di Miramare, terrà oggi, dalle 10.45,
nell’auditorium della scuola Addobbati, in salita di Gretta 34/5, una lezione
sui cambiamenti climatici in atto sul pianeta. Ad ascoltarlo ci saranno gli
studenti delle classi terze delle medie Addobbati e Brunner. Diversamente
dall’anno scorso, la lezione sarà interattiva, in quanto gli studenti porranno
domande ed esporranno i risultati di loro ricerche.
Durante l’anno scolastico gli studenti hanno affrontato questa problematica
nell’ambito del programma di “Educazione ambientale per la sostenibilità”, che
si colloca nel contesto della collaborazione tra la scuola e gli Istituti di
eccellenza di Trieste, come quello di Miramare. «Affrontare i temi dei
cambiamenti climatici e la conseguente necessità di salvaguardare l’ambiente e
le sue risorse per le future generazioni – ha spiegato il professor Elvio
Toselli, organizzatore dell’appuntamento - significa porsi nella prospettiva di
uno sviluppo sostenibile. Questa meta rappresenta per gli studenti una sorta di
sfida cognitiva, che li porta a interrogare un illustre scienziato e
ricercatore. Durante l’anno scolastico hanno esaminato e studiato gli effetti
dei cambiamenti climatici sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla società
umana. Nelle lezioni in classe i quesiti emersi sono stati numerosi, tra cui ad
esempio quale sarà il clima che gli scienziati prevedono per la regione
mediterranea nei prossimi decenni, oppure quali saranno gli effetti del
riscaldamento climatico sulla salute dei cittadini europei. Oggi sarà
l’occasione per avere una risposta ai massimi livelli».
(u.s.)
IL GAZZETTINO - MARTEDI', 19 maggio 2009
E' arrivato il via libera anche dalla commissione per i beni culturali - Le censure slovene non sono state accolte dall'Unione Europea.
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2009
Prima casa, fino a 10mila euro per i pannelli solari -
La giunta stanzia 9 milioni. L’assessore Lenna: se necessario aumenteremo i
fondi
RISPARMIO ENERGETICO NELL’EDILIZIA -
Gli incentivi della regione
TRIESTE In arrivo 9 milioni in tre anni per installare nelle case della
regione sistemi a risparmio energetico come i pannelli solari. Chi infatti
punterà a ristrutturare la propria abitazione optando per un maggior uso delle
fonti rinnovabili potrà contare su un contributo regionale pari al 50% della
spesa (fino a un massimo di 10mila euro).
Il regolamento, appena approvato in giunta, diventerà operativo dal prossimo 4
giugno, dopo la pubblicazione sul Bur. Per il triennio 2009-2011, come detto,
sono disponibili 9 milioni di euro.
IL REGOLAMENTO Prevede la concessione di finanziamenti in conto capitale per la
realizzazione di «interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla
messa a norma di impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio
energetico» (pannelli solari, geotermici, fotovoltaici, e altri strumenti
finalizzati al conseguimento del risparmio energetico secondo le modalità
indicate dal decreto legislativo 192/05). Beneficiari dei contributi sono i
soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili ''prima casa''.
Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari
di immobili ''prima casa''. I contributi sono assegnati con il procedimento
valutativo nei limiti delle disponibilità finanziarie previste dalla legge,
nella misura del 50 per cento del costo dell’intervento ritenuto ammissibile e
comunque con importo non superiore a 10.000 euro e per importi non inferiori a
3mila. La Regione parte con una previsione minima di 300 domande all'anno.
LE RISORSE I fondi in totale messi a disposizione dalla Regione sono 9 milioni
di euro. Il 70 per cento delle risorse disponibili è destinato agli interventi
collocati nella parte superiore della graduatoria, che verrà formata a partire
dall’intervento di maggior costo. Le risorse finanziarie disponibili sono
ripartite in proporzione alla popolazione residente in ciascuna provincia del
territorio regionale( alla provincia di Gorizia l'11%, a quella di Pordenone il
24%, alla provincia di Trieste il 21% e a quella di Udine il 44 per cento). Sono
ammissibili a contributo le spese sostenute dopo la presentazione della domanda.
«Se le richieste di contributi saranno numerose, visto che al momento si stima
di dare risposata a circa 300 richieste l’anno, l’importo verrà implementato in
assestamento di bilancio, il prossimo giugno» spiega l'assessore all'Edilizia
Vanni Lenna. Le domande potranno esser inoltrate alle Direzioni provinciali dei
lavori pubblici competenti per territorio entro 60 giorni dalla pubblicazione
sul Bur del bando (prevista il prossimo 3 giugno: dal 4 quindi si possono
inviare le domande)
GLI OBIETTIVI Sono essenzialmente due. «Da un lato – spiega ancora Lenna - i
fondi pubblici contribuiranno a incentivare aggiornamenti tecnologici degli
impianti esistenti e stimolare interventi volti al risparmio energetico e una
nuova cultura dell’abitare; dall’altro il provvedimento risveglia il mercato
regionale e sostiene le piccole medie imprese artigiane che non partecipano a
gare di appalto pubbliche per le loro dimensioni contenute e non godono di
sostegni sociali». In tutto, si parla di oltre 15mila realtà in Fvg.
ELENA ORSI
Ferriera, rischio di cassa prolungata - LA CRISI DEL
MERCATO CONDIZIONA L’AVVIO DELL’ALTOFORNO
Duecento operai con 750 euro al mese: impossibile
mantenere la famiglia
Crescono i timori tra i dipendenti della Ferriera di Servola. «Probabilmente
a fine settimana sarò in grado di annunciare se la produzione a giugno potrà
riprendere o meno. Sto avendo una serie di incontri proprio a questo scopo», ha
affermato ieri il direttore dello stabilimento, Francesco Rosato. La paura è che
le 13 settimane di cassa integrazione che scadono il 14 giugno vengano
prorogate. Attualmente in «cassa» vi sono all’incirca 200 dei 540 dipendenti, ma
un’altra cinquantina sono in ferie, perlopiù forzate.
L’azienda sta anticipando ai lavoratori il trattamento di cassa integrazione che
verrà poi liquidato dall’Inps, ma in un incontro avuto nei giorni scorsi con i
rappresentanti di fabbrica ha affermato di non poter liquidare il cosiddetto
«premio di risultato» proprio perché gli altoforni sono fermi. «La gente è molto
preoccupata - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - anche perché essendo in
via di esaurimento pure le ferie, cominciano realmente a farsi sentire le
difficoltà economiche. La cassa integrazione non raggiunge nemmeno l’80 per
cento dello stipendio base: con 750 euro al mese è pressoché impossibile mandare
avanti una famiglia».
Una ventina di giorni fa nello stabilimento di Piombino della Lucchini-Severstal
la cassa integrazione è stata prorogata per altre 13 settimane, ma sono state
differite al 18 ottobre le date di fine contratto per 259 lavoratori a termine.
Lì l’altoforno comunque rimarrà inattivo nei mesi di luglio e agosto poiché la
richiesta di prodotti siderurgici è crollata in tutto il mondo e di conseguenza
la produzione va al rallentatore. A Servola i contratti a termine sono stai
congelati e la loro sorte così come le notizie ufficiali sulla cassa
integrazione verranno comunicate ai sindacati in un incontro che l’azienda
convocherà entro la fine di maggio.
«La sensazione è che la cassa integrazione sarà prolungata - afferma ancor più
pessimisticamente Luigi Pastore di Failms-Cisal - ma il mio personale timore è
che potrebbe addirittura annunciare una serie di esuberi. È inutile nascondersi
che la situazione è drammatica e anche le amministrazioni locali, il Comune e la
Provincia, la stanno sottovalutando».
Frattanto proprio ieri la giunta comunale ha approvato la convenzione tra il
Comune e l’Arpa per un’azione di monitoraggio e lotta all’inquinamento
atmosferico derivante dalle immissioni provenienti dallo stabilimento di
Servola. Nello spcifico verranno svolte mirate analisi delle polveri sottili (Pm
10) e degli idrocarburi policiclici aromatici (benzoapirene). Ma in questo
frangente non è l’emergenza ambientale, bensì unicamente la critica situazione
del mercato a mettere a rischio l’immediato futuro della Ferriera. Come hanno
esplicitato sia l’azienda che i sindacati non esistono più ostacoli né
burocratici né tecnici per l’attivazione dell’altoforno numero 3. «I lavori di
adattamento dell’altoforno proseguono e sono già giunti alla fase finale - ha
spiegato Salvaneschi - l’azienda però non ha mai dato assicurazione che sarà
effettivamente attivato».
Il 20 aprile Rosato aveva spiegato che delle centomila tonnellate di ghisa
invendute che avevano costretto l’azienda a ricorrere alla cassa integrazione a
Servola, ne erano state poi vendute fino a quel giorno 25 mila. Ieri il
direttore dello stabilimento non ha inteso neppure aggiornare la cifra
sull’invenduto. «Anche in questo momento - ha affermato - sto trattando per
tentare di ripartire il mese prossimo».
(s.m.)
«No Tav» schiera anche cani e cavalli - Duecento
persone alla manifestazione di Basovizza: «Progetto impensabile»
RADUNO AL LAGHETTO TRA STRISCIONI E LIBRI ECOLOGISTI
Pacifico, silenzioso ma determinato. Il popolo No Tav si è presentato così
ieri pomeriggio al laghetto di Basovizza per manifestare il dissenso al
Corridoio 5, in particolare al tratto ferroviario che interesserebbe il
territorio con la Trieste-Divaccia. Il festoso raduno di circa 200 persone era
caratterizzato dal presidio di animali, soprattutto cani e cavalli. L’iniziativa
è stata ideata anche con il contributo di Andrej Rismondo, un giovane di
Padriciano: «Saputo della Tav qualche mese fa, ho deciso con l’amico Virgilio di
far sentire la nostra voce ma anche quella degli animali, che assieme a uomini e
ambiente sarebbero le vittime predestinate di un vero stupro alla natura»,
spiega Andrej. Pochi metri in là Virgilio Zecchini, referente del Gruppo Amici
della Val Rosandra: «Questo non è l’ambiente adatto per costruire una linea
sotterranea ad alta velocità. Ogni metro di lavoro corrisponderebbe a una
grotta: progetto impensabile».
Tra i politici mischiati ai presenti anche Alessandro Metz (ex consigliere
regionale dei Verdi) e Giorgio Jercog (consigliere comunale uscente di San
Dorligo della Valle). Sulle panchine nel piccolo spazio verde alcuni banchetti
improvvisati per la vendita di libri ecologisti. In un’altra zona erano esposte
su un cartellone bianco alcune foto raffiguranti la Siot e la Grande viabilità.
Due gli striscioni poggiati a terra, entrambi con dicitura italiana e slovena: «El
Carso no se toca» e «Giù le mani del Carso». Tante infine la bandiere a sfondo
bianco con la scritta No Tav in rosso e la locomotiva stilizzata di un treno in
nero barrata con una X sempre di color rosso. Singolare la presenza di un pesce
rosso dentro una vasca circolare piena d’acqua: «Siamo muti ma ci uniamo alla
protesta», il significativo cartello. Il partecipante più osservato è stato però
un possente cavallo nero dalla folta criniera: «È un tiro pesante croato di 10
anni e anche lui è qui con me per un protesta silenziosa», ha spiegato Max.
Riccardo Tosques
Paoletti presidente di Transpadana: la direttrice Ue
dell’alta velocità
TRIESTE Antonio Paoletti, presidente della Camera di
Commercio di Trieste e dell’Unione regionale delle Camere di Commercio del
Friuli Venezia Giulia è il nuovo presidente della parte pubblica di Transpadana,
l’organismo promotore della direttrice ferroviaria europea ad Alta Velocità/Alta
Capacità merci e passeggeri Lione-Torino-Milano/Genova-Verona-Padova-Venezia-Trieste-Lubiana.
È stato eletto ieri a Milano assieme al rappresentate del comparto privato,
Luigi Rossi di Montelera (Confindustria), Antonio Paoletti presiede ora il
consiglio di amministrazione del Comitato Promotore della direttrice ferroviaria
Europea Transpadana ad Alta Capacità Merci e passeggeri.
RIFIUTI - Raccolta indifferenziata
Il «report promo-informativo» sulla raccolta differenziata
degli imballaggi in alluminio, pubblicato a intera pagina su Il Piccolo del 6
maggio scorso dal Cial con il patrocinio del Comune di Trieste in collaborazione
con AcegasAps, ha vistosamente richiamato l'attenzione sulla necessità della
raccolta differenziata dei rifiuti da conferire nelle cosiddette campane e
specifici cassonetti stradali; raccolta «differenziata» per suddividere i
rifiuti che possono essere riciclati (come carta, plastica, alluminio, vetro
ecc.) da quelli di effettivo scarto.
Anche dal Servizio Relazioni Esterne della Divisione Ambientale di AcegasAps,
nel trascorso mese di marzo, in molte abitazioni è stato recapitato un utile
foglio informativo sull'importanza e le modalità della raccolta dei rifiuti
urbani, unitamente al periodico «I servizi» della stessa Acegas, sulla cui
copertina Trieste viene definita «città virtuosa nella gestione dei rifiuti»! Ma
perché tanto virtuosa se è notorio che Trieste si colloca ai più bassi livelli
nella classifica della raccolta differenziata, sia nazionale sia regionale,
superata anche da Comuni limitrofi e principalmente dal Comune di Muggia?
Di chi la colpa di tale disinteresse? Di una mancata imposizione organizzativa
da parte delle Istituzioni locali nonostante il notevole balzello della Tarsu
(imposta smaltimento rifiuti), o della mancata esortazione che deriverebbe
implicitamente da una presenza capillare di cassonetti e campane differenzianti
i vari tipi di rifiuti?
Perché la Divisione Ambiente della AcegasAps, oltre a specificare i punti di
raccolta per rifiuti ingombranti, non provvede a divulgare anche una mappatura
stradale dove stazionano tali tipi di raccoglitori, tanto rari da dissuadere
anche i cittadini più volenterosi? Probabilmente si tratterebbe di un
«censimento» molto deludente che vanificherebbe i contenuti del recente citato
foglio informativo.
Infatti, nell'area dove è ubicato il mio ed altri caseggiati contigui, esistono
cassonetti di sola raccolta «indifferenziata» nei quali viene gettato qualsiasi
tipo di rifiuto famigliare, artigianale e di uffici, bar, ristoranti!
Io e tanti altri abitanti in zona saremmo ben intenzionati ad organizzarci per
la raccolta differenziata purché ci sia presenza degli adatti contenitori non
necessariamente sotto casa, ma in punti stradali facilmente raggiungibili anche
dalle persone anziane.
Aldino Destro
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2009
Energia, crescita record delle fonti rinnovabili - Gli
impianti eolici sono saliti del 29% Più pannelli solari
ROMA Per la prima volta nel 2008 l'aumento globale della
potenza energetica derivante da fonti rinnovabili ha superato l'aumento di
quella da fonti classiche, segnando un incremento del 16% rispetto al 2007
contro un +10% messo a segno dalla produzione da oli fossili (+8%) e dal
nucleare (+2%). In particolare, tra le energie rinnovabili, solare, eolica e
geotermica sono cresciute in un anno del 6%, mentre l'idroelettrica ha segnato
un incremento del 10%. Globalmente, il contributo delle energie rinnovabili alla
produzione energetica mondiale nel 2008 è cresciuto al 6%, contro il 3,4% del
2007. È quanto emerge dal quarto rapporto sullo stato globale delle energie
rinnovabili stilato da un'organizzazione francese, la Ren21, in cui si precisa
che a determinare la crescita delle produzione globale da rinnovabili è stato
anche un incremento degli investimenti nel settore del 16%.
Nel dettaglio, la potenza prodotta a livello globale dalle energie rinnovabili è
passata dai 240 mila Gigawatt del 2007 ai 280 mila Gigawatt del 2008 (+16%).
Compresa l'energia idoelettrica invece si arriva a 1.140 Gw. Il contributo
maggiore è arrivato dalla crescita di produzione energetica da biodiesel ed
etanolo (+34%), seguita da eolico (+29%) e solare (+15%). Un aumento legato,
secondo lo studio, soprattutto alle politiche dei paesi che sempre di più
credono nelle energie rinnovabili, aumentando nel 2008 gli investimenti in
questo settore del 16%.
EOLICO: La capacità produttiva degli impianti è aumentata, nel 2008, del 29%. In
totale, l'anno scorso, sono stati prodotti 121 gigawatt (Gw), più del doppio dei
59 Gw prodotti a fine 2005. La Cina ha raddoppiato la sua capacità di produzione
per il quinto anno consecutivo, e con i 12 gw prodotti supera in anticipo di due
anni il limite di dieci gw che si era prefissata di raggiungere entro il 2010.
SOLARE: I pannelli solari continuano ad essere la tecnologia in più rapida
crescita, con il 70% di aumento della capacità di produzione, che ha raggiunto i
13 gw. La Spagna si conferma il Paese leader, con 2,6 gw di potenza in più dai
nuovi impianti installati lo scorso anno. In Germania, invece, nel 2008 sono
stati 200mila i sistemi di produzione di acqua calda prodotta da energia solare
installati.
GEOTERMICO: La capacità di produzione da questa fonte di energia ha superato i
10 gw nel 2008, con gli Stati Uniti al primo posto dello sfruttamento dei
giacimenti. L'energia derivata dal geotermico è usata ormai in 76 Paesi.
COMPAGNIE: Nell'agosto del 2008 erano 160 le aziende di energie rinnovabili ad
avere un fatturato di oltre 100 milioni di dollari. Tra tutti i Paesi, l'India
in particolare è diventata il primo produttore di pannelli solari, con
investimenti proposti dalle diverse compagnie di circa 18 miliardi di dollari.
Almeno 64 Paesi hanno oggi in atto misure per promuovere lo sviluppo di energie
da fonti rinnovabili.
«Parte la Torino-Lione»
TORINO Il progetto della Torino-Lione ad alta velocità
ferroviaria «sarà pronto entro il 30 giugno prossimo, poi partiranno i primi
lavori». Lo ha ribadito il ministro alle Infrastrutture ai Trasporti, Altero
Matteoli, partecipando a Torino, ad un incontro sulle grandi opere promosso dal
Pdl. «Spero che si possa aggiungere a un accordo con i sindaci - ha detto
Matteoli - sarebbe una cosa bellissima, in ogni caso questo governo ha la forte
volontà di realizzare un'opera fondamentale non solo per il Piemonte ma per
tutta l'Italia». Matteoli ha ricordato di «avere sempre detto chiaramente, negli
incontri con i sindaci, che la Torino-Lione »non è in discussione e si farà«, e
ha spiegato che nell'ultimo mese l'appuntamento periodico con gli amministratori
locali è stato sospeso «perchè in quasi tutta la Valle di Susa si voterà e ho
ritenuto opportuno attende l'esito delle elezioni».
Gli ambientalisti dicono sì al parco per l’arcipelago
davanti a Sebenico - LA TUTELA SI ESTENDE OLTRE LE INCORONATE
FIUME Pieno e incondizionato appoggio è stato espresso da
tutte le organizzazioni ambientaliste dell’area costiera all’iniziativa di
proclamare Parco naturale, e con ciò sottoporre a particolare regime di tutela,
anche le isole dell’ arcipelago antistante Sebenico che non sono incluse nel
Parco nazionale delle Incoronate.
Quest’ultimo si estende sulla direttrice sudest-nordovest a circa 15 miglia
nautiche dal territorio municipale sebenzano, per cui l’iniziativa punta a porre
sotto tutela le restanti 136 tra isole, isolotti o scogli che «fuoriescono» dal
Parco delle circa 150 terre emerse delle Incoronate. Il nuovo Parco naturale –
più o meno sulla falsariga di quello istituito per il massiccio del Monte
Maggiore, che sovrasta il Quarnero – includerebbe quindi tutta una serie di
isole e isolotti in gran parte disabitati o che comunque vedono la presenza
umana solo durante il periodo estivo. L’idea del nuovo Parco naturale si deve a
un gruppo costituitosi spontaneamente tra gli sparuti residenti sulle poche
isole abitate dell’arcipelago sebenzano.
L’intento è di mettere al riparo le isole dai sempre più pressanti tentativi di
urbanizzazione selvaggia dell’area insulare con costruzioni improvvisate e
abusive. Un tentativo di tutela, insomma; un tentativo di preservare le isole
dall’incombente devastazione.
La prima che occorre proteggere dall’aggressione del cemento o dei prefabbricati
dei nuovi inquilini stagionali calatisi dall’ interno è l’isola di Morter, sulla
quale risiedono circa 5 mila dei complessivamente 6 mila residenti
nell’arcipelago sebenzano: l’unica provvista di collegamenti marittimi regolari
con la terraferma e di un reticolo di infrastrutture a malapena sufficiente a
sopperire al fabbisogno della popolazione attuale.
Al rischio dell’abusivismo e dell’urbanizzazione selvaggia sono però esposte
sempre più anche le altre isole maggiori, come Capri, Zuri, Slarino e Pervicchio.
Per i promotori dell’iniziativa del nuovo Parco naturale, sulla quale per ora le
autorità regionali di Sebenico sembrano voler sorvolare, dall’area in questione
dovrebbero essere banditi anche i mastodonti turistico-alberghieri delle vacanze
su scala industriale.
(f.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2009
Istruzioni in caso di incidenti alla Siot - OPUSCOLO
DEL COMUNE - La nota informativa sarà distribuita a chi vive vicino allo
stabilimento
SAN DORLIGO Nelle prossime settimane il Comune di San
Dorligo della Valle distribuirà alle famiglie che vivono vicino allo
stabilimento Siot una nota informativa contenente le principali norme di
comportamento da tenere in caso di incidente. In base al decreto legislativo
334/1999 che recepisce la direttiva europea 96/82/CE è previsto infatti
l'obbligo per i Comuni di «diffondere un'adeguata informazione alla popolazione
potenzialmente a rischio sui pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose».
Nel caso del territorio di San Dorligo della Valle l’area interessata riguarda
una decina di abitazioni della frazione di Mattonaia, alcune aziende di via
Travnik e della zona artigianale di Dolina. In una nota l’amministrazione
precisa comunque che «la probabilità del verificarsi di un incidente considerato
rilevante dalla legge è piuttosto rara per il fatto che la normativa prevede
specifici obblighi a carico del gestore dello stabilimento in materia di
sicurezza ed a carico delle autorità pubbliche in materia di sorveglianza e
controllo delle attività a rischio».
Altre informazioni dettagliate si possono trovare sul sito della Prefettura -
www.prefettura.it/trieste -, sul link della Protezione civile, dove è possibile
visionare il Piano di emergenza esterno per lo stabilimento Siot e sul sito web
dello stesso Comune all’indirizzo
www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it.
(r.t.)
Fiume la prima città in Croazia con un impianto a
energia solare
FIUME Fiume è la prima città in Croazia ad aver installato
il sistema ad energia solare segnando così l’avvio della produzione di energia
elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Il sistema è stato posizionato sul
tetto del Palazzo municipale in Corso e con i suoi 44 moduli fotovoltaici della
potenza di 10 kilowatt sara’ in grado di produrre 9 mila kilowatt di energia
elettrica all’anno. Lo ha rilevato nel corso della presentazione il direttore
dell’impresa Energo preposta alla distribuzione di gas e riscaldamento centrale.
Grazie a questa centrale elettrica ad energia solare nell’arco di 25 anni
nell’aria verranno emesse 68 tonnellate in meno di biossido di carbonio. Entro
il 2012 la Città di Fiume intende installare sistemi del genere nel 10 per cento
dei propri impianti, ed entro la fine del 2009 verra’ avviato il progetto
relativo all’incentivazione dell’utilizzo dell’energia solare da parte degli
utenti a domicilio.
LUSSINPICCOLO - Ultimatum da Punta Kriza: via l’antenna
o c’è il blocco Manifestazione di protesta e stop al collegamento che porta a
Ossero
L’ ultimatum è stato lanciato: se entro il prossimo 31
maggio non sarà rimossa l’ antenna del concessionario per la telefonia mobile
Vip, gli abitanti di Punta Croce, a Cherso, daranno vita a manifestazioni di
protesta, che comprenderanno tra l’ altro il blocco della strada che collega
questa località e Ossero.
Lo hanno comunicato i responsabili del Comitato locale di Punta Croce e della
direzione della società locale Puntari, rilevando ai giornalisti che la
popolazione del posto sta tentando ormai da sette anni di far scomparire il
ripetitore, un gigante di 30 metri, posto all’ ingresso dell’ abitato e distante
non più di una ventina di metri dalle prime case. Per giunta, l’ antenna era
stata collocata in modo illegale, in quanto la Vip non aveva ottenuto i permessi
necessari, violando apposta le norme di legge in materia. Una vicenda che risale
addirittura all’ormai lontano 2002: il ministero della Salvaguardia ambientale
aveva apportato la delibera sulla rimozione della struttura, ordinanza che aveva
visto l’ azienda concessionaria (e la cosa è andata avanti per altri sette anni)
fare orecchie da mercante. Quindi, dallo stesso dicastero era stato rivolto l’
appello alla Vip a smantellare il ripetitore entro il 30 aprile 2003, altrimenti
l’ operazione sarebbe stata eseguita da una ditta ingaggiata dal ministero.
Non se n’ è fatto niente e il «palo» è rimasto lì, risparmiato sia dalla Vip,
sia da maestranze e ruspe ministeriali. Con il passare del tempo e degli anni, e
visto che nessuna delle competenti istituzioni muoveva neppure un dito, la
tensione è andata aumentando, fino a quando gli isolani hanno deciso che è tempo
di finirla e di opporsi a questa specie di anarchia, di mancato rispetto dello
stato di diritto.
«Noi sappiamo che la legge è dalla nostra parte e lo sapevamo in tutti questi
anni, anche nel 2006 quando protestammo sotto l’ antenna, senza ottenere
risultati concreti – parole del presidente della società Puntari, Franko Kucic –
abbiamo così optato per il blocco dell’ arteria Punta Croce – Ossero, una strada
frequentata anche dai turisti, che così verranno a sapere cosa succede in queste
zone».
Per dare sostegno e credibilità al dissenso, è stata organizzata anche una
raccolta di firme, alla quale si poteva aderire fino alla giornata di ieri. La
petizione sarà sottoposta all’ attenzione della Città di Lussinpiccolo e del
sindaco Gari Cappelli (Punta Croce appartiene geograficamente a Cherso, ma è
inserita nella municipalità lussignana), con la speranza che vengano informate
le competenti istituzioni statali. La pazienza degli abitanti del suggestivo
abitato chersino è ormai agli sgoccioli e le eventuali «barricate» sulla Punta
Croce – Ossero avrebbero senz’ altro ripercussioni negative sulla locale
industria turistica.
(a.m.)
Il tracciato della Tav
Ho letto con interesse i recenti articoli sul tracciato
dell’alta velocità ferroviaria a Trieste e i relativi commenti e opinioni
sull’argomento.
Secondo me sarebbe magnifico poter sveltire i collegamenti di Trieste con il
resto dell’Italia e con l’Est Europa. Ho una figlia che lavora a Milano e so
bene quanto ci impiega ad arrivare a casa con la «tradotta» Milano-Trieste.
Purtroppo, nonostante tutto, non sono riuscito a farmi un’idea chiara di cosa si
prevede di fare.
Sembrerebbe, dalle planimetrie che ho visto, che l’ipotesi sia di far passare il
tracciato prevalentemente in galleria alle spalle di Trieste. La zona più vicina
al centro mi sembra dovrebbe essere quella di S. Giovanni. Non mi è chiaro, a
questo punto, a cosa serva questa linea. Se deve servire il traffico passeggeri
mi sembra che passi lontano dal centro città e non credo che sia ipotizzabile
una nuova stazione centrale a S. Giovanni. Se deve servire il traffico merci il
percorso per arrivare in porto, tra tornanti e scambi per la linea verso
Capodistria, diventa lunghissimo. A questo punto agli operatori merci converrà
far arrivare le merci a Capodistria!
Oltretutto costruire ex novo una linea ferroviaria con le caratteristiche
indicate avrà certamente, come evidenziato anche da chi mi ha preceduto, dei
costi nascosti oggi difficilmente prevedibili.
La zona prevista per gli scavi è nota come fortemente carsificata e ricca di
grotte e vene d’acqua sotterranee. Chiaramente incontrarle comporterà costi
aggiuntivi e ritardi di esecuzione, senza parlare dei problemi ecologici.
Ricordiamo quello che è successo nella galleria di Padriciano della grande
viabilità, quando si è incontrata quella che è stata chiamata la Grotta
Impossibile. Il rallentamento dei lavori è durato mesi e i costi sono lievitati.
Non sarebbe più logico (e meno costoso) trasformare la stazione di Poggioreale
nella stazione Tav di Trieste? Scusate se un profano si permette di avanzare
questa proposta ma, guardando la carta, si vede subito che il tracciato da
Monfalcone a Opicina-Poggioreale può essere facilmente rettificato senza pesanti
interventi e adattato alle esigenze della Tav.
Oltretutto, a quel punto, per arrivare a Divaccia la linea ferroviaria c’è già.
Basta aggiornarla.
Si avrebbe così anche il vantaggio di sfruttare l’Autoporto di Fernetti (che sta
sul tracciato) come polo logistico per le merci, sgravando il porto e
semplificando la distribuzione dei container.
Oltre a tutto ciò la stazione di Poggioreale è ben collegata alla città e le
linee attuali potrebbero essere facilmente usate come metropolitane, con la
semplice aggiunta delle stazioni necessarie e allungando la linea del tram
Trieste-Opicina.
Non so quanti lo sappiano ma Trieste è già dotata di varie linee ferroviarie
(ben poco usate) che potrebbero benissimo essere trasformate in metropolitane.
Sono queste:
1-Opicina-Poggioreale, via Bonomea, bivio Faccanoni, Guardiella (stazione), via
Cumano-Rozzol (stazione), l.go Pestalozzi, via S. Marco, Staz. Campo Marzio.
2-Campo Marzio, via Svevo, Risiera, via Caboto, via Flavia, Aquilinia, Noghere,
Muggia-Ospo (questa linea ha una diramazione che arriva anche alla Grandi
Motori).
3-Campo Marzio, via Svevo, p.zza Volontari Giuliani, cavalcavia di Barcola
(circonvallazione sotterranea).
Non sarebbe forse il caso di sfruttare queste linee alleggerendo così il nostro
caotico traffico di superficie?
Ezio Solvesi
Sadoch in degrado
Il Comitato di via Pollaiuolo vuole ribadire ad alcune
affermazioni esposte dall'arch. Fabbro nell'articolo "Sadoch in degrado,
continua la protesta" pubblicato il 4 maggio. Egli afferma: "Escludiamo che ci
sia dell'amianto sbriciolato. Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata
a suo tempo dall'Ass. La Art 2000 precisa anche di cercare di mantenere in
sicurezza il sito, dove però i vandalismi sono numerosi e quotidiani i danni
alle recinzioni, perciò invita i residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta
notino presenze sospette".
In risposta alle affermazioni di cui sopra, precisiamo che nel giugno del 2008
un’emittente locale ha realizzato due servizi sul ritrovamento, all'interno del
comprensorio, di amianto sotto forma di eternit e altri rifiuti, quali fusti
contenenti materiali non ben individuati, gomme auto ecc... Noi abitanti non
abbiamo mai visto nessuna ditta specializzata (vestiti di bianco) a occuparsi
della bonifica vantata dall’arch. Fabbro. Per quanto concerne il mantenimento
della sicurezza nel sito, noi che abitiamo in prossimità, non abbiamo visto
alcuno chiudere i varchi; basta fare un giro in v.le Ippodromo per vedere ampie
aperture; in via Settefontane un portone d'accesso al comprensorio è sempre
aperto, consentendo l'accesso alla «discarica» sul retro della ex fabbrica e
dalla via Pordenone ci sono solo quattro transenne che anche la bora fa cadere;
succede spesso di vedere persone non meglio identificate aggirarsi all'interno
alla sera e anche ragazzi durante il giorno (si veda anche i graffiti all'ultimo
piano). I cittadini, comunque, hanno già più volte chiamato le varie forze
dell'ordine e non solo. Risulta singolare, quasi ridicolo, che alla vigilanza
del sito, che non è vigilato da chi dovrebbe e che ci ha comportato tanti disagi
per il degrado e per l'insicurezza, siano chiamati proprio gli abitanti
incolpevoli (dopo il danno, pure la beffa). Vista la contrapposizione risultante
su queste righe sul pericolo dell'amianto e sulla sicurezza nel sito, saremo
costretti a rivolgerci alla Procura della Repubblica affinché faccia chiarezza
sull'argomento, e chiederemo altresì al Sindaco misure urgenti (ex art.54 D.Lgs.
18 agosto 2000 n° 267) affinché tuteli l'incolumità e la sicurezza dei
cittadini.
Desta nuova preoccupazione negli abitanti l'affermazione dell'ing. Tosolini: «Il
piano regolatore peraltro è in fase d'aggiornamento, ma non è detto che la
variante riconfermerà piccole modifiche stradali, come la via Pollaiuolo».
Questa è una vera e propria dichiarazione d'intenti che, se venisse attuata,
confermerebbe la politica del Comune ad eliminare i problemi anziché risolverli.
Il Comitato di via Pollaiuolo
COMUNICATO STAMPA di W.W.F Italia Nostra Legambiente L.I.P.U. - SABATO, 16 maggio 2009
Disegno di legge “anti-crisi”. Gli
ambientalisti: “Servono modifiche sostanziali, per un rilancio dell’economia che
non sia solo sostegno alla crescita a spese dell’ambiente.”
Resta critico il giudizio degli ambientalisti sul
disegno di legge “anti-crisi”, predisposto dalla Giunta regionale e approvato
(con modifiche) dalla IV Commissione del Consiglio.
WWF, Italia Nostra, Legambiente e LIPU avevano già stigmatizzato alcuni
contenuti del testo originario: dimezzamento - anche retroattivo! - delle
tariffe a carico delle aziende per le istruttorie ed i controlli dell’ARPA,
necessari al rilascio dell’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale (tariffe
ridotte ad una cifra simbolica per gli allevamenti industriali), procedure
quanto mai sbrigative per accelerare la realizzazione di infrastrutture ed altre
opere pubbliche o private dichiarate “strategiche” dalla Giunta regionale,
esenzione dall’obbligo della VIA per i “piani straordinari d’emergenza”.
Le norme sulle opere “strategiche” sono state stralciate dalla Commissione, con
l’intesa di riscriverle in aula in una forma più rispettosa delle competenze
comunali, mentre le altre sono rimaste invariate.
“Non è cambiato quindi – osservano gli ambientalisti – l’impianto complessivo
del disegno di legge, che resta sempre improntato alla volontà (illusione?) di
aumentare la crescita del PIL, senza alcun riguardo alla qualità degli
interventi che si andrebbero a realizzare.”
La crisi economica dovrebbe invece, secondo le associazioni ambientaliste,
essere l’occasione per sviluppare le azioni ed i settori, in grado di correggere
le distorsioni del modello di sviluppo (dissipatore di risorse non rinnovabili e
di qualità ambientali) che è all’origine della crisi stessa. Si dovrebbe quindi
investire, ad esempio, nel sostegno ai settori che per comodità si riuniscono
sotto la sigla di “green economy” – risparmio energetico, riduzione degli
inquinamenti, raccolta differenziata spinta dei rifiuti, manutenzione del
territorio, riqualificazione del patrimonio edilizio, agricoltura biologica,
tutela e incremento della biodiversità, ecc. – e per un riequilibrio del sistema
dei trasporti, oggi gravemente sbilanciato a favore della viabilità stradale.
“Perché non puntare - continuano gli ambientalisti - ad esempio a realizzare
finalmente il collegamento ferroviario di soli 6 km tra i Porti di Trieste e
Capodistria (un progetto è pronto da anni), e il raddoppio della linea
Cervignano-Udine, anziché prefigurare sempre e soltanto un’alluvione di nuove
strade e autostrade?”
La posizione della Giunta regionale appare, aggiungono WWF, Italia Nostra,
Legambiente e LIPU, culturalmente tributaria dei diktat di Confindustria, che al
solito cerca di scaricare sui contribuenti il peso finanziario del rilancio
economico nei momenti di difficoltà (nel più puro stile italico del
“privatizzare i profitti e socializzare le perdite”), senza il benché minimo
accenno critico – e autocritico – rispetto alla crisi sempre più evidente del
modello di sviluppo imperante.
Anzi, il presidente regionale degli industriali Calligaris pretende, come
dichiarato di recente alla stampa, che si dia “impulso alle opere pubbliche e
alle infrastrutture: dall’alta velocità al rigassificatore, dai collegamenti
stradali e aerei al nucleare.” Tutto per lo più a spese di Pantalone e senza il
minimo riguardo né alla compatibilità ambientale, né alla sostenibilità
economica di tali interventi.
Gli ambientalisti si augurano perciò che il Consiglio regionale, il quale
martedì 19 maggio esaminerà il disegno di legge anti-crisi, vi apporti quei
correttivi indispensabili per non far pagare all’ambiente il costo di un
tentativo – miope quanto incerto nei risultati – di rilancio della crescita
economica.
E’ necessario quindi eliminare gli “sconti” sulle tariffe dell’AIA (“Ne
beneficerebbe anche la Ferriera di Trieste, che sicuramente non merita
trattamenti di favore”) e confermare l’obbligo della VIA per i “piani
straordinari d’emergenza” (“Potrebbero rivelarsi un escamotage per realizzare
opere devastanti come le casse d’espansione sul Tagliamento, mega-escavazioni in
altri corsi d’acqua, nuovi massicci dragaggi in laguna, ecc. scavalcando ogni
garanzia di compatibilità ambientale“).
IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2009
«Tav, ecco cosa è successo al Mugello» - La riunione
degli oppositori - Le testimonianze di altri comitati italiani: attenti alla
vostra bella Val Rosandra
Ragazzi in jeans e t-shirt, anziani in pantaloni e
camicia, molte donne anche con qualche bambino al seguito, uomini di mezz’età in
giacca e cravatta. È l’eterogenea platea di oltre un centinaio di persone che
ieri pomeriggio si è riunita al centro Ukmar di Domio per dare vita al
costituendo Comitato No Tav di Trieste. L’occasione per incontrarsi è stata
quella di ascoltare le testimonianze di altri comitati No Tav sparsi per la
penisola giunti appositamente nella frazione di San Dorligo della Valle, il
comune che dovrebbe essere particolarmente interessato dalla linea ferroviaria
Trieste-Divaccia, anello di congiunzione il Corridoio 5.
L’intervento che ha sicuramente destato maggior impressione è stato quello di
una coppia proveniente dal Mugello. Le immagini proiettate in sala, con le
gallerie invase dall’acqua e i letti dei rigogliosi fiumi prosciugati, hanno
creato più di qualche preoccupazione tra i residenti presenti. «Questo è
l’effetto drenante delle gallerie, state attenti, perché questo potrebbe
succedere anche nella vostra bella Val Rosandra», spiega Marina da Firenze. Non
è da meno però il contributo visivo proposto da Claudio del comitato Kein Bbt
del Süd Tirol. Decine e decine di cantieri, vallate una volta incontaminate e
ora completamente invase da ruspe e cemento. Chi non ha (ancora) visto
distruggere le proprie terre è invece Claudio da Alessandria, rappresentante del
comitato contro il Terzo valico tra Liguria e Piemonte: «Da noi si corre il
rischio che lungo l’ipotetico tragitto della Tav si scoprano fibre di amianto
nella montagna, allora dico che è giusto ribellarsi nella maniera più opportuna
a questi soprusi soprattutto quando le istituzioni, invece che ascoltare i
cittadini, minacciano di schierare l’esercito come accaduto da noi». Dalla
platea scrosciano applausi.
Gli attesi esponenti dalla Val di Susa invece non ci sono. Ma hanno fatto
pervenire a due delle anime più attive del comitato locale, Dario e Carlo
Visintini, alcune lettere. Molto sentita la missiva di Nicoletta Dosio:
«Sull’esempio della nostra Valle sono nate infinite mobilitazioni contro la
rapina di opportunità e risorse, per i diritti di tutti ad un’esistenza felice e
a un lavoro dignitoso: anche per non deludere quelle persone non ci arrenderemo
mai». Il prossimo appuntamento del Comitato No Tav di Trieste è fissato per
lunedì alle 18.30 al laghetto di Basovizza: in prima linea, l’annunciata
presenza di centinaia di animali domestici e non solo, con padroni al seguito.
Riccardo Tosques
”Svuota le cantine”: iniziativa scolastica per la
raccolta rifiuti - SAN GIOVANNI
Si terrà oggi dalle 8.30 alle 12.30, alla Rotonda del
Boschetto, nella sede della VI Circoscrizione, la Giornata ecologica per la
raccolta differenziata intitolata “Svuota le cantine”. L’”evento” concluderà le
attività svolte nel corso del terminante anno scolastico nell’ambito del
Progetto “3 Erre: Risparmio, Riciclo e Riuso – Gestisco i rifiuti, proteggo
l’ambiente”, promosso e finanziato dalla Provincia di Trieste a favore dei
Comuni, che vede quale “capofila” il Comune di Trieste con le sue Aree Sviluppo
Economico e Turismo ed Educazione Università e Ricerca. Promuove la “giornata”
l’Istituto Comprensivo scolastico San Giovanni.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2009
Fonti rinnovabili e comuni - IN 70 ALL’INCONTRO A
MUGGIA
MUGGIA Si è svolto ieri al teatro Verdi di Muggia il
secondo incontro pubblico organizzato dall'Agenda 21 locale Pass sul risparmio e
le risorse energetiche dal titolo “Energia da fonti rinnovabili: cosa può fare
la pubblica amministrazione”. Alla presenza del vicesindaco di Muggia Franco
Crevatin e dell’assessore all’Agenda 21 Loredana Rossi, circa una settantina di
persone hanno preso parte all’appuntamento. Tra i temi toccati la pianificazione
per l'uso efficiente e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia del Comune
di Muggia e del Comune di San Dorligo della Valle. Presenti anche i volontari
dell'Ecosportello per fornire informazioni sugli aspetti normativi e sulle
agevolazioni fiscali per il risparmio energetico. Per ulteriori informazioni si
può contattare il sito internet
www.riservavalrosandra-glinscica.it.
Riunione dei comitati No Tav - ALLA SALA DEL CENTRO
ANTON UKMAR
TRIESTE Nel tardo pomeriggio di oggi, alle 18, la sala del
Centro Anton Ukmar «Miro» a Domio ospiterà un incontro pubblico organizzato dal
costituendo Comitato triestino No Tav. Interverranno anche alcuni rappresentanti
di altre realtà che operano con gli stessi obiettivi di quella locale, ma
provenienti da aree diverse del Paese: il comitato No Tav della Val di Susa,
quello di Trento e Bolzano e ancora della Toscana (Firenze-Mugello) e di
Alessandria (che si contrappone al terzo valico Tav). Gli esponenti delle
singole realtà illustreranno le loro motivazioni per continuare ad opporsi alla
realizzazione delle cosiddette grandi opere. Inoltre, saranno presenti anche
persone appartenenti ai comitati No Tav del Basso Friuli e a quello contrario
all’autostrada Carnia-Cadore. Un altro incontro anti-Tav Trieste-Divaccia è in
programma lunedì, alle 16.30, allo stagno di Basovizza.
Castelreggio, esposto degli ambientalisti - Presentato
dalla Greenaction Transnational alla Procura di Trieste assieme ad altre istanze
NUOVI SVILUPPI ATTORNO AL CASO CHE TIENE BANCO NELLA
BAIA DI SISTIANA
DUINO Non solo ricorsi al Tar, peraltro attesi in nuove versioni. Sulla
questione di Castelreggio è arrivato ieri anche un esposto in Procura, ad opera
dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, nome relativamente
recente nella politica ambientale regionale (esiste dal 2008, con sede in via
Palestrina, e si è messa in evidenza per aver iniziato battaglie contro i
progetti del rigassificatore in Golfo e della Tav), ma know how assolutamente
rodato, posto che il presidente è Roberto Giurastante, già presidente degli
Amici della Terra. Molti affiliati di quella associazione sono confluiti proprio
in questo nuovo sodalizio.
Ieri Greenaction Transnational ha annunciato in una nota di aver depositato alla
Procura della Repubblica di Trieste una serie di nuovi ricorsi a tema sulla Baia
di Sistiana, uno dei quali si inserisce nella cronaca più recente, riguardando
appunto Castelreggio, mentre altri affrontano questioni già sollevate in
passato, con richiesta di riesame, e relative in particolare allo sviluppo della
Baia di Sistiana, dai tempi della proprietà Cardarelli a oggi.
«Abbiamo sollevato la questione della Baia di Sistiana - ha spiegato ieri uno
dei dirigenti di Greenaction, Paolo G. Parovel - in questo momento in cui
l'argomento Castelreggio è di massima attualità, perché riteniamo che anche la
situazione che si è venuta a creare relativamente alla concessione demaniale sia
connessa al sistema di sviluppo e al clima presente in Baia».
Insomma, dopo qualche anno di pausa torna la battaglia degli ambientalisti
triestini contro la proprietà della Baia e il progetto di recupero del sito, che
viene considerato di carattere speculativo.
Nessun commento da parte della proprietà della Baia, attraverso il portavoce
Cesare Bulfon, mentre il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non si
scompone: «Questi, e probabilmente anche altri esposti, coinvolgeranno la
Procura, in quanto la questione di Castelreggio è controversa, ma soprattutto
come si è visto dai numerosi ricorsi al Tar, combattuta. Non abbiamo ancora i
contenuti, quindi non mi è possibile entrare nel merito». L'unica buona notizia
arriva intanto dalle previsioni meteo: la libecciata, che fino a ieri era
prevista dai meteorologi per il fine settimana pare essersi "sgonfiata",
mettendo così al riparo la spiaggia di Castelreggio da possibili danni e dalla
ulteriore erosione, allo stato attuale già ai minimi storici quanto a
compattezza della battigia.
(fr.c.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2009
Park Sant’Antonio, monta un no trasversale - Udc e
Lega: sì ai soli posti di pertinenza. Bucci (Fi): devastante attrarre le auto
nel centro
FORTI DUBBI SUL PROGETTO IN COMMISSIONE CONSILIARE.
OMERO (PD): CAMBIATE LE CARTE IN TAVOLA
E meno male che doveva essere il progetto più immediatamente cantierabile
per far fronte a una carenza di parcheggi endemica. L’ipotesi di realizzare Park
Sant’Antonio se n’è uscita ieri con le ossa rotte dalla Sesta commissione del
Consiglio comunale, dopo una discussione che si lascia dietro almeno un paio di
sensazioni inquietanti. La prima: piace realmente a pochi, con una trasversalità
di pareri negativi tra centrosinistra e centrodestra che lascia allibiti. La
seconda: se questo era considerato il progetto realizzabile in minor tempo, a
che punto saranno gli altri?
La discussione, iniziata con un ”distinguo” sullo stesso ruolo dell’assessore
Paolo Rovis («A che titolo parla? Non sapevamo neanche – ha sottolineato Roberto
Decarli dei Cittadini – che avesse la delega sui project financing, e comunque
di urbanistica deve parlare il sindaco Dipiazza, che ha mantenuto la delega») ha
via via preso una direzione imbarazzante per l’amministrazione. Perché un
progetto che non è difeso neanche da tutta la maggioranza che lo propone parte
già con l’handicap.
Prendete ad esempio Roberto Sasco, presidente della Sesta e uomo Udc. Quel
parcheggio gli va bene, come ha dichiarato, solo se realizzato secondo le
direttive del ”Pup” (Piano urbano parcheggi). E dunque: pertinenziale e senza
posti a rotazione. Quelli, semmai, si possono fare «sotto il canale di
Ponterosso, secondo un’idea che non ho mai capito perché sia stata bocciata». Il
futuro Centro congressi di Palazzo Carciotti, assicura, «non può farne a meno».
Sulle già scomode poltroncine, il centrosinistra non ha fatto che contorcersi.
Perché, come ha stigmatizzato ancora Decarli «dal piano parcheggi votato nel
2007 in qua si segnalano solo cancellazioni. San Giusto non si fa più, Riva III
novembre neanche, a meno di modifiche. Qui parliamo solo di idee e di
intenzioni». Articolata anche la contestazione di Fabio Omero del Pd. «Questo
progetto – ha detto – fa parte del Pup. Su quello era stato bandito il project
financing, e mi chiedo adesso cosa farà l’imprenditore che si è visto cambiare
le carte in tavola e come si comporterà questa maggioranza, visto che servono
una variante al piano regolatore e una al piano parcheggi; e i passaggi, tra
giunta e consiglio, non sono pochi». Mario Ravalico, sempre del Pd, ha invece
posto l’accento sui problemi della sicurezza in fase di costruzione e sulle
garanzie da assicurare in merito alla staticità degli edifici circostanti.
Anche nella maggioranza che regge il Comune le posizioni sono a dir poco
variegate. Così mentre Angela Brandi (An) difendeva la scelta e l’assessore
Rovis ammetteva di aver trovato «un campo già arato, dove semino e me ne vado
prima che finisca il grano», Maurizio Ferrara della Lega Nord ha confermato il
gradimento solo per l’ipotesi pertinenziale (sposata dagli uffici e dallo stesso
mobility manager Bernetti). Un attacco diretto è arrivato più tardi dalla
Regione attraverso il consigliere di Forza Italia ed ex assessore Maurizio Bucci.
«Il passaggio da pertinenziale a parcheggio di rotazione è devastante, una
follia priva di qualsiasi strategia. Bandelli è bravo a spostare transenne e
terra ma ha detto cose discutibili. Quello degli uffici non era solo un parere
indicativo. Sant’Antonio nasceva nell’ottica di non portare macchine in centro,
mentre così si spingono le vetture proprio lì per parcheggiare! C’erano i tre
contenitori sulle Rive (tutti peraltro fermi o bocciati ndr), si sarebbero fatte
sparire le macchine alla vista, come in tutte le città moderne, ma – incalza
Bucci – certe persone dimostrano di non avere coscienza e cultura sul futuro
della città».
FURIO BALDASSI
Lasci l’auto prendi la bici: via al test - Le due ruote
a disposizione nei garage di S. Giovanni e Sant’Andrea - Amt lancia tre mesi di
prova con 12 mezzi
Scatta questa mattina il test ecologico trimestrale
”posteggio+bici” lanciato da Amt, la Spa partecipata all’87% dal Comune che
gestisce circa duemila stalli a pagamento in città.
Ieri i primi mezzi a due ruote con chiavetta anti-furto destinati al progetto -
che i cittadini potranno utilizzare gratuitamente per fare le loro commissioni
dopo aver chiuso e lasciato la propria macchina nel garage a pagamento -
facevano mostra di sé fra viale Sanzio e via Locchi, all’ingresso dei park
coperti di San Giovanni e Sant’Andrea, ovvero le due strutture individuate, tra
quelle gestite da Amt, per i primi tre mesi di sperimentazione.
Tre mesi nei quali saranno dodici, complessivamente, le biciclette messe a
disposizione a rotazione tra i due parcheggi con fascia oraria continuata
7.30-20.30, previo deposito alla cassa di una cauzione da venti euro per i
clienti occasionali - restituiti alla riconsegna della chiavetta anti-furto -
che diventa invece gratuita per i titolari di abbonamento a uno dei due park
coinvolti nell’operazione.
Nel caso in cui l’iniziativa decollasse, considerato che per ora ci sono
soltanto dodici bici ritirabili dopo aver posteggiato la macchina qualcuno
potrebbe persino arrivare nel momento sbagliato - cioè quando gli ecomezzi sono
già tutti per strada, manovrati da altri automobilisti che hanno avuto la
medesima idea - e non potrebbe così soddisfare la propria voglia di farsi una
pedalata.
Da qui la precisazione fatta nei giorni scorsi da Comune e Amt - in occasione
della presentazione ufficiale del progetto denominato «La bici fa felici»,
mutuato da alcuni precedenti in altre città - che si tratta di una prima
sperimentazione, che durerà per l’appunto tre mesi.
In base alla risposta dell’utenza, infatti, il numero delle biciclette
disponibili all’uscita dei park potrebbe lievitare, arrivando a interessare -
ipotesi che l’assessore comunale alle partecipate Paolo Rovis non ha escluso,
anzi - pure le aree di sosta a pagamento in superficie in centro città.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2009
Alta velocità a Trieste, servono 1344 milioni - Ma la
stima dei costi di costruzione non contempla imprevisti durante gli scavi nel
sottosuolo
Investimenti pari a un miliardo e 344 milioni di euro, cui
si sommeranno ulteriori spese straordinarie collegate principalmente a
imprevisti. Ad esempio quelli - se non scontati, altamente probabili - da
ricondurre agli ostacoli inattesi che verranno rilevati nel sottosuolo. Non
costerà meno di questa cifra, insomma, la realizzazione della parte italiana
della Tav Trieste-Divaccia, tratto di collegamento fra Italia e Slovenia che
rientra nel più ampio disegno del Corridoio 5. Lo dice il progetto redatto da
Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, assieme ai colleghi sloveni dell’Istituto
traffico e trasporti di Lubiana, appendice del relativo ministero.
Costi per materiali, opere ferroviarie e servizi di ingegneria (le cifre
complessive vengono riportate nella tabella a fianco): queste le macro-voci
utilizzate per comprendere ogni necessità. Materialmente, la fetta più
consistente riguarderà scavi, collegamenti, rotaie e servizi accessori: 908
milioni e 300mila euro. Fino al 2009, ci si concentrerà solo su un lavoro
teorico e progettuale, il cui valore economico è stimato in 49,6 milioni di
euro. Dal 2010 in avanti si aggiungeranno, un passo dopo l’altro, gli interventi
sul campo, che dal 2011 in poi monopolizzeranno la tabella programmatica per la
creazione dell’opera. Una di quelle che tutti considerano appartenente al
capitolo delle grandi opere, considerata strategica da Stato e imprenditoria e
contestata dagli abitanti delle aree interessate dal passaggio del suo percorso,
specie chi - come i residenti e gli amanti della Val Rosandra - teme di vedere
stravolto il paesaggio circostante.
Tutte le analisi sono state effettuate ritenendo il 2020 come anno buono per
l’effettiva entrata in esercizio dell’Alta velocità ferroviaria Trieste-Divaccia
(il cui tracciato si snoderà lungo 35,6 chilometri), con i cantieri dunque
chiusi nel 2019. A pieno regime di traffico, si arriverà - secondo queste
previsioni - nel 2025. Gli studi hanno quindi valutato anche i futuri costi di
manutenzione ordinaria, in riferimento - testualmente - «al fabbisogno
incrementale di personale» che, con la tratta a pieno regime, si attesterebbe a
20 addetti. A proposito di costi complessivi da sostenere per il mantenimento
annuale, a opera terminata e per i due paesi congiuntamente, cresceranno o
diminuiranno a partire dal 2020 stesso, tra manutenzioni straordinarie, gestione
delle infrastrutture ferroviarie, operazioni del servizio merci e quelle del
trasporto passeggeri. Nell’ordine, nell’arco di un periodo di tempo fino al 2044
(come quello preso in considerazione), la prima voce comporterà una spesa
globale aggiuntiva da 4 milioni e 30 mila euro; la seconda da 56 milioni e 10
mila; le ultime due, infine, rispettivamente da 860 milioni e 610 mila e da 92
milioni e 430 mila euro.
MATTEO UNTERWEGER
L’investimento regge grazie ai pedaggi - Le analisi
dicono che il primo anno porterà dieci milioni di euro
Non solo costi, ma anche entrate. Quelle che dovranno
corrispondere le imprese di gestione del servizio ferroviario al titolare
dell’infrastruttura stessa. Sì, il riferimento è ancora alla Tav
Trieste-Divaccia e allo studio progettuale congiunto italo-sloveno, nel quale si
effettuano delle stime pure sugli euro da incassare attraverso i pedaggi. Il
calcolo in questione è stato effettuato - in riferimento ai chilometri
territorialmente di competenza italiana - in base ad ogni traccia oraria che può
essere venduta, ovvero al singolo treno che circola sulla rete.
Venendo alle stime sui pedaggi stessi, le procedure di elaborazione firmate
dalla Rete ferroviaria italiana (Rfi) hanno portato a valutare un elenco di
percorsi, nei quali chiaramente rientra il collegamento da Trieste all’ex
confine italo-sloveno. Ecco, in primis, che la traccia oraria da Venezia, per
treni a lunga percorrenza e nell’ipotesi che viaggino di giorno, comporterebbe
un pedaggio di 304 euro giornalieri. Allungando il tragitto con partenza da
Milano e arrivo sempre alla vicina Repubblica, la quota lieviterebbe fino a
881,40 euro per treni merci. Restringendo invece il campo al percorso Trieste-ex
confine, per treni di tipo regionale si arriverebbe a 92 euro mentre per quelli
merci a 140,20. Si tratta di prezzi da applicare fra operatori, non di quelli
dei biglietti per l’utenza, è bene ribadirlo.
Sono stati portati a compimento anche dei calcoli sulle presunte entrate
complessive annue da pedaggio. Partendo dal 2020, annata ancora considerata di
attivazione parziale della Trieste-Divaccia, in cui i milioni in entrata
arriverebbero alla cifra di dieci e 400mila euro. Cinque anni dopo, nel 2025 ed
a pieno regime, il dato crescerebbe a 13 milioni e 100 mila euro. Il quadro è
stato assemblato tramite proiezioni sui numeri delle tracce giornaliere
potenzialmente vendibili e dei giorni di circolazione dei singoli treni, nonché
sulla composizione dei percorsi tra stazioni centrali di fermata, tratti inclusi
sulla rete di percorrenza principale e su quella complementare.
(m.u.)
Due manifestazioni di protesta - VENERDÌ
A DOMIO E LUNEDÌ A BASOVIZZA - Al secondo appuntamento presenti anche
animali assieme agli abitanti
Due manifestazioni di protesta contro il progetto Tav
Trieste-Divaccia sono state organizzate per i prossimi giorni. La prima, in
programma venerdì alle 18, sarà un incontro pubblico alla sala del Centro Anton
Ukmar di Domio, promosso dal costituendo Comitato triestino No Tav.
Nell’occasione, interverranno i rappresentanti delle pari realtà contrarie alla
realizzazione di grandi opere del genere sul territorio, provenienti da altre
zone della penisola: dalla Val di Susa, da Trento e Bolzano, dalla Toscana e da
Alessandria. Inoltre è prevista la presenza di esponenti del comitato No Tav del
Basso Friuli e di quello schierato contro l’autostrada Carnia-Cadore. I vari
delegati esporranno le loro motivazioni.
Lunedì, invece, alle 16.30, si raduneranno nell’area dello stagno di Basovizza i
residenti della zona e non. Ma non saranno da soli: porteranno con loro,
infatti, gli animali di proprietà come asini, cavalli, mucche e anche cani e
gatti. Un modo per inviare agli autori del progetto della tratta locale del
Corridoio 5 un messaggio firmato da tutto il mondo della natura. A curare
l’appuntamento sono il bar Cappuccetto rosso di Trebiciano ed il Gruppo Amici
della Val Rosandra: anche in questo caso si discuterà di impatto ambientale
legato alla realizzazione del collegamento ferroviario.
(m.u.)
Omero (Pd): il park di Sant’Antonio attrarrà le auto
nel centro storico - I PROGETTI IN COMMISSIONE URBANISTICA
Si parlerà dei due progetti di parcheggi interrati in
piazza Sant’Antonio oggi in commissione consiliare urbanistica. «Sono stato io a
chiederlo», scrive il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero: «Molti infatti
sono i cittadini che già ci hanno manifestato la loro contrarietà al parcheggio.
La Lega Nord in Comune poi si è espressa contro e io condivido le motivazioni
del consigliere Maurizio Ferrara». Il motivo? «Ha ragione Ferrara - scrive Omero
- quando sostiene che urbanisticamente è sbagliato creare poli di attrazione del
traffico privato nel centro storico. Soprattutto quando si vuole puntare a una
sua pedonalizzazione con il famoso "ring" che gli gira attorno. È poi
irrazionale parlare di parcheggi senza il piano del traffico». Omero fa un
esempio: «Se si realizzassero questo nuovo park e quello sotto San Giusto non si
potrebbe più pedonalizzare corso Italia o limitarlo al trasporto pubblico,
perché altrimenti su via San Spiridione si concentrerebbe il traffico di 1200
automobili. E poi l'attuale piano del traffico prevede che proprio via San
Spiridione, da dove dovrebbero entrare e uscire le auto del nuovo park, e il
primo tratto di via Filzi fino a via Machiavelli diventino aree pedonali o a
traffico pedonale privilegiato. Come dire: nessun park in piazza Sant'Antonio
senza variante sostanziale del piano in vigore».
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2009
Riccardi: «Non perderemo i soldi per l’Alta velocità» -
«La progettazione per il Corridoio V ferroviario procede speditamente»
LA RISPOSTA DELL’ASSESSORE
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia assicura il massimo impegno
affinché le progettazioni delle opere del Corridoio V ferroviario (Progetto
prioritario n° 6) procedano speditamente individuando delle soluzioni
progettuali condivise dal territorio. Lo afferma l'assessore Riccardo Riccardi
commentando le indiscrezioni di stampa che paventano la possibilità di perdere i
finanziamenti europei sulla tratta Alta Velocità/Alta Capacità della
Venezia-Ronchi.
L'esigenza di progettare questa nuova infrastruttura sulla base di un tracciato
condiviso, già dalla fase degli studi preliminari, ha suggerito un percorso di
concertazione fra le istituzioni e con il territorio che tenesse anche in conto
delle altre infrastrutture in corso di progettazione. La Regione Friuli Venezia
Giulia attraverso una condivisione con gli Enti Locali interessati - prosegue
l'Assessore regionale - ha proceduto alla definizione di un tracciato che,
seppure in presenza di ulteriori elementi di approfondimento tecnico, risulta
maturo per consentire il completamento del progetto preliminare e il pieno
rispetto della tempistica comunitaria.
Il lavoro fra la Regione Friuli Venezia Giulia e Veneto continua a essere
intenso e proficuo tanto che è stato possibile a Rete ferrovia italiana (Rfi),
per il tramite del ministero delle infrastrutture, chiedere recentemente
all'Unione europea la proroga al 31 dicembre 2010 delle Decisioni comunitarie n°
5841 del dicembre 2004 e n° 5961 del 2005 relative alla progettazione della
linea ad Alta velocità /Alta capacità fra Venezia e Ronchi.
I finanziamenti europei per la progettazione preliminare si possono quantificare
in 3 milioni sulla tratta ferroviaria Quarto d'Altino-Ronchi dei legionari su un
totale di 8 milioni e di un ulteriore finanziamento di 2 milioni di euro sulla
tratta Venezia Mestre-Quarto d'Altino su un costo complessivo di progettazione
di 4 milioni e 500mila euro.
La richiesta di proroga all'Unione europea - conclude l'esponente regionale - è
potuta avvenire grazie alla piena condivisione da parte della Regione Fvg e del
Veneto della tempistica delle progettazioni che verranno inderogabilmente
completate entro la fine del prossimo anno.
Arriva il ddl per «blindare» la banda larga -
Contrasto alle antenne selvagge: regolamento comunale per la
programmazione e localizzazione degli impianti.
TRIESTE Mai più rischi. Riccardo Riccardi, dopo aver
annullato in corner l’accordo tra Mercurio Fvg e Telecom, «blinda» la banda
larga. E lo fa, nella bozza del disegno di legge sulle telecomunicazioni
illustrata ieri a Udine a gestori, ordini, ambientalisti, subordinando
all’autorizzazione della Regione e quindi a gare ad evidenza pubblica la
concessione a privati dell’eventuale capacità di trasmissione eccedente il
fabbisogno della pubblica amministrazione. L’assessore ai Trasporti, confermando
il «programma Ermes» di contrasto al divario digitale affidato a Insiel (dopo
l’incorporazione di Mercurio), affronta nella bozza anche la questione della
telefonia mobile. In particolare, puntando a porre un freno alle antenne
«selvagge», prevede la novità di un regolamento comunale per la programmazione e
localizzazione degli impianti.
Park Sant’Antonio: l’altro progetto Ampliata la piazza, sparisce la fontana
L’ELABORATO DELLA CORDATA RICCESI & CO PREVEDE 216 BOX E 115 POSTI A ROTAZIONE
Parcheggio di Sant’Antonio, si va avanti. Anche se non
sono mancate, in queste ultime settimane, le prese di posizione contrarie
all’apparente scelta del Comune, il Municipio non molla e conferma il sito. E,
dopo il progetto Pirzio Biroli per la Carena (23 milioni di costo) e lo
strascico di polemiche che si è portato dietro, tocca all’altra cordata locale,
targata Riccesi, il compito di spiegare le proprie idee. Abbastanza diverse da
quelle dei concorrenti e, per certi versi, più vicine a quelle di Dipiazza & c.
«Non pensiamo a un progetto faraonico con annesso centro commerciale – spiega
Donato Riccesi dell’omonima impresa – perché i negozi sono già chiusi sopra il
livello stradale, figurarsi sotto... Allo stesso tempo non ci concentriamo su
fontane et similia perché siamo consci che implicano troppi oneri manutentivi
esclusi dal progetto. Quello che vogliamo, al di là del parcheggio, è arrivare a
costruire una piazza fruibile».
Concetti buoni e giusti. Ma sorprendenti, se si calcola che nel piano parcheggi
per il ”park” di piazza Sant’Antonio era prevista una destinazione solo
pertinenziale, e cioè di pura vendita ai residenti. Cos’è cambiato? «In realtà
niente – osserva l’assessore Franco Bandelli – perché una volta che il progetto
è presentato e sta in piedi finanziariamente nulla osta a cambiare la sua
destinazione da pertinenziale a misto, compresa la rotazione. In questo momento
piazza Sant’Antonio effettivamente risulta come pertinenziale, ma gli uffici
dicono che il loro è un parere puramente consultivo». Un inciso importante,
perché, come osserva lo stesso Riccesi, «da quando il Duce aveva interrato il
canale quell’area non era mai stata vissuta come piazza». Il costruttore, al
riguardo, evidenzia anzi «le aiuole in difficoltà, sempre più spesso oggetto di
manifestazioni di ogni tipo, dalla birra al cioccolato, mentre ci sembrerebbe
più utile disporre di una piazza libera e non sacrificata come attualmente...».
A cercare di far chiarezza interviene l’assessore che ha la delega ai project
financing, Paolo Rovis. «Il nostro problema – osserva – è quello di soddisfare
sia i possibili utenti dell’impianto che i residenti. Obiettivamente confermo
che l’impianto è quello che ha maggiori possibilità di riuscita a breve. Non
solo: ci consentirà di liberare Ponterosso, dando allo stesso tempo risposte ai
residenti della zona».
Altro chiarimento: la presenza di Riccesi & co., che per così dire «avanzavano»
un progetto dal Comune, dopo che era stato cassato quello di piazza del
Ponetrossi, in questo caso è puramente casuale e non legata a meccanismi di
compensazione. Lo conferma Rovis, aggiungendo che «c’è un dialogo normale con le
imprese».
E i disagi? Anche qui Riccesi sembra avere idee chiare. «Noi puntiamo a mettere
in posa una pavimentazione in arenaria, per recuperare uno spazio pedonale vero
e non il giardino della miseria attuale, con fontane scarse o che non gettano
acqua, aiuole malconce eccetera. Ampi spazi dalle case confinanti vicine. Sono
anche stufo di citare Plâce Vendome a Parigi, ma avete idea di cosa abbiano
sopportato i gioiellieri di quella città durante i lavori? E i torinesi al tempo
delle Olimpiadi invernali? I triestini non possono fare lo stesso?».
FURIO BALDASSI
Commissione paesaggio, ecco i nomi - L’opposizione: ma
i liberi professionisti andavano esclusi
Paolo Zelco, Pasquale Bucci, Ermanno Simonati e Andrea
Benedetti. Sono i quattro professionisti - ai quali si affiancherà il dirigente
comunale Walter Cossutta - scelti come componenti della Commissione paesaggio,
il nuovo organismo che ieri ha ricevuto il definitivo via libera dalla giunta.
I finalisti sono stati selezionati direttamente dal sindaco tra le terne di nomi
indicate dagli ordini professionali e dalle Facoltà universitarie con
insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. «La scelta è caduta su ottimi
tecnici, valutati sulla base di esperienze e capacità, fuori quindi da ogni
logica di schieramento - precisa Roberto Dipiazza -. Tecnici che sono diretta
emanazione degli ordini professionali, e rispetto ai quali mi auguro non ci
saranno polemiche».
A rappresentare l’Ordine degli architetti sarà l’ex vicepresidente Paolo Zelco,
dello studio «Zelco e Lazzari» a cui si deve il progetto di riqualificazione di
piazza Libertà. Tra i nomi indicati dal Collegio dei geometri è stato invece
scelto quello del presidente e coordinatore delle commissioni catasto e sviluppo
dell’ordinamento professionale Pasquale Bucci, mentre in rappresentanza
dell’Ordine degli ingegneri è stato designato Ermanno Simonati, titolare assieme
a Stefano Patuanelli dello studio Bauenlab che, fra gli altri interventi, ha
firmato il progetto di ampliamento della sede del Mib al Ferdinandeo. Il quarto
componente, indicato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni
culturali, è infine Andrea Benedetti, docente di Restauro alla facoltà di
Architettura. Nella nuova commissione, invece, non siederà alcun componente
degli ordini dei geologi e dei periti. «Ma solo per una questione di numeri -
conclude Dipiazza -. I componenti da nominare erano quattro a fronte di 9 realtà
proponenti».
Sulle procedure seguite per selezionare i finalisti punta però il dito
l’opposizione. «Avevamo chiesto che venissero esclusi dalle terne quanti
esercitano la libera professione a Trieste - commenta il capogruppo del Pd Fabio
Omero -. Una proposta, dettata dalla necessità di evitare situazioni di
conflitto di interessi e incompatibilità, evidentemente non presa in
considerazione. Proprio come la richiesta di coinvolgere tra le realtà chiamate
a proporre nomi anche le associazioni ambientaliste».
(m.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2009
Corridoio 5, l’Italia rischia di perdere i fondi Ue -
BRUXELLES HA STANZIATO 30 MILIONI MA IL PROGETTO RISCHIA DI NAUFRAGARE
Il conflitto fra Friuli Venezia Giulia e Regione Veneto che studia un percorso alternativo vicino al mare
VENEZIA Alzi la mano chi non ha, almeno per una volta,
protestato contro la mancanza di finanziamenti all'Alta velocità nel Nordest,
contro la messa in secondo piano rispetto agli altri progetti italiani. Alzi,
ancora, una mano chi non ha rivolto l'accusa contro Roma che non dà i soldi alle
Ferrovie, che lesina i fondi per quest'opera lasciando il Corridoio Cinque, un
asse vitale per il Nordest italiano e la sua posizione logistica in Europa,
incompiuto. Bene.
SOLDI ADDIO. Tutti quelli che fino a ora hanno protestato sappiano che in questi
giorni si sta consumando una piccola tragedia, o, se così si vuole, una farsa.
Perché‚ l'Italia sta perdendo i 30 milioni di euro che la Commissione europea
aveva concesso (di cui 5 per il finanziamento del progetto preliminare dell'Alta
velocità-Alta Capacità tra Mestre e Trieste). Li sta perdendo non per colpa di
Roma, ma delle Regioni, il Veneto in prima fila e a seguire per logica il Friuli
Venezia Giulia, che in realtà è andato avanti eroicamente da solo. Tutto ciò
succede perché‚ che da cinque anni, da quel 2004 in cui questi soldi erano stati
concessi in nome dell'importanza riconosciuta al Corridoio Cinque, non sono
riusciti a tracciare un progetto comune che definisse dove deve passare la
ferrovia per le due regioni. Contatti affannosi sono in corso, in queste ore,
per tentare di trovare una soluzione, una bozza, in modo da non perdere i
finanziamenti e con essi anche la faccia.
PROROGA. Ma nessuno sa se, tra richieste di proroga, che il ministero delle
Infrastrutture sembra intenzionato ad avviare, progetti abborracciati all'ultimo
minuto per trovare un compromesso, si arriverà da qualche parte. L'Italia
rischia così di presentarsi all'appuntamento del 2010, quando in sede europea ci
sarà la quinquennale revisione delle priorità e dello stato di realizzazione dei
«Corridoi», con un asse Ovest-Est mozzato alle ali, cioè ancora in ballo, sulla
Torino Frejus, e di là da venire sulla Mestre-Trieste, con il rischio di
compromettere le decisioni future sui finanziamenti. Enzo Cipolletta, direttore
delle Ferrovie, non è pessimista, almeno sul Nordovest. «Se entro quest'anno -
dice - si deciderà di avviare i lavori del tunnel credo che potremo presentarci
nel 2010 con qualche forza. Certo che se restiamo in alto mare sia a Ovest che a
Est, tutto diventa più complicato».
BUCHI. Senza contare i numerosi «buchi» nel mezzo, e cioé il fatto che tra
Verona e Padova, soprattutto, c'è in mezzo ancora irrisolto il nodo di Vicenza
ormai in ballo da anni, senza che un vero accordo sia stato raggiunto sul
tracciato, e quindi sul finanziamento. Mentre da Treviglio fino a Brescia le
Ferrovie attendono di sapere quanta parte verrà destinata quest'anno dal governo
alla costruzione effettiva della linea. A Est comunque l'assenza di un progetto
e la perdita dei finanziamenti sono un segno della responsabilità che, alla
fine, hanno anche le Regioni nel fallimento.
INDECISI. Soprattutto il Veneto che per ora non ha deciso nulla mentre i
friul-giuliani, soprattutto sotto la presidenza di Riccardo Illy, per il quale
il Corridoio Cinque era una vera ossessione, sono andati avanti.
AUTOSTRADA. Da Latisana a Ronchi, la tratta che è in territorio di qua dal
Tagliamento, è stata infatti più o meno definita. Ma senza sapere come da Mestre
si arriverà a Portogruaro, è poco più di nulla. E poi ritornano qui in ballo i
friul-giuliani con Autovie, dato che il percorso più logico era quello di
affiancare la ferrovia all'autostrada Mestre-Trieste.
IL TRACCIATO. Ma la soluzione è finita in un vicolo cieco, un po' per i costi, -
bisogna rifare tutti i cavalcavia e nessuno sa chi li paga -, un po' perché
ormai c'è la corsa a fare la terza corsia d'urgenza, un po' perché‚ la Regione
Veneto si è messa a progettare altro, e cioé un percorso che passa vicino al
mare, vicino a Jesolo e Eraclea, ritenuto impossibile e pazzesco da tutti non
solo per i costi ma anche perché‚ passa in zone ultradense di paesi o di siti
delicati dal punto di vista naturalistico. E come in tutti i casi che si
comincia a discutere un progetto invece di un altro, si finisce nel nulla.
I COMMENTI. Paolo Costa, che da anni sta conducendo una battaglia in Europa e
che come presidente del Porto di Venezia, insieme a Trieste, sta cercando di
ribilanciare sull'Adriatico un asse logistico infrastrutturale che rischia di
spostarsi altrove, dice di essere sicuro che la priorità del Corridoio Cinque
verrà confermata. «È un fatto scontato - dice -, del resto a livello europeo
stiamo tessendo una serie di accordi che ridefiniscono gli assi: come quello
raggiunto pochi giorni fa, su proposta austriaca, estende il Corridoio
Varsavia-Vienna a Danzica, Trieste e Venezia, con l'accordo di cechi, sloveni e
polacchi, creando un legame tra Baltico e Adriatico».
Ma tutto questo lavoro si rivelerà per gran parte inutile, se non si rafforzerà
l'asse ferroviario, di cui i porti hanno bisogno come il pane per la loro
logistica, ma che le Regioni, e soprattutto il Veneto, sembrano non considerare
prioritario.
ALESSANDRA CARINI
COMUNE - Commissione paesaggio
Leggo sulle Segnalazioni la polemica di un consigliere
comunale dell'opposizione, riguardante la composizione della nuova Commissione
comunale per il paesaggio, istituita recentemente con legge regionale, con
competenza sull'impatto architettonico nelle zone di pregio ambientale.
Un tanto premesso, si è ritenuto opportuno valutare l'inserimento di un
rappresentante dei diversamente abili in detto organismo, pur non essendo una
commissione urbanistica.
Così, a fronte di un ordine del giorno di contenuti estremamente limitati,
presentato da un consigliere di minoranza, la maggioranza ne ha presentato un
altro, dando indicazioni puntuali agli Uffici comunali: procedere mediante
convenzioni con la Consulta Provinciale dei disabili, affinché sia i progetti su
edifici pubblici, sia quelli privati aperti al pubblico (le banche ad esempio),
vengano valutati anche da chi deve muoversi in maniera differente.
Un documento seriamente strutturato, e quindi applicabile. Il resto è solo
demagogia fine a se stessa.
Piero Camber - capogruppo Pdl al Comune di Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2009
Antenna, appello a Menia - L’installazione in via del
Veltro - I RESIDENTI AL SOTTOSEGRETARIO: VENGA A VEDERE
Dopo avere ricevuto un no dal Consiglio di Stato sulla
questione delle antenne Gsm-R che le Ferrovie vogliono installare per le
comunicazioni interne alle gallerie ferroviarie, gli abitanti di via del Veltro
non si danno per vinti. Riunitisi in comitato, hanno scritto al sottosegretario
all’ambiente Roberto Menia per chiedergli un intervento che affronti
l’emendamento alla Finanziaria del 2006 del governo Prodi. Emendamento che in
sostanza esautora i Comuni e le Soprintendenze - anche in presenza di aree
paesaggistiche tutelate - da ogni parere sulle installazioni di sicurezza delle
Ferrovie. I cittadini invitano Menia a un sopralluogo nella via posta sotto San
Giacomo.
«L’antenna - si legge nella lettera - è costituita da un sistema di
comunicazione mobile tra il personale operante a bordo dei treni e il personale
di terra, che in questo caso coinvolge solo uno o due treni merci che
attraversano un tratto delle Ferrovie a poche decine di metri dalle abitazioni.
Le centinaia di famiglie che abitano nei pressi hanno contestato il criterio con
il quale le Ferrovie hanno installato la struttura di trenta metri».
Nel documento si rileva come del problema si siano occupati il Comune - con la
Commissione trasparenza - e la Direzione regionale per i beni paesaggistici.
Questi ultimi due enti hanno fatto ricorso, sia al Tar che poi al Consiglio di
Stato, ritenendo che gli enti locali dovrebbero essere consultati quando esista
un vincolo paesaggistico, ricevendone come si diceva un doppio pollice verso.
Spiega il consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli: «Tutto parte dalla
Finanziaria 2006 che prevede una semplice comunicazione di Dia (dichiarazione
inizio attività) agli enti preposti che non possono intervenire in alcun modo».
La lettera a Menia si conclude così: «Siamo consapevoli che il “metodo”
utilizzato dalle Ferrovie abbia prodotto una situazione simile in diversi comuni
italiani, per cui riteniamo che il problema possa essere risolto soltanto con un
intervento in Parlamento».
Daria Camillucci
IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2009
Amt lancia il pacchetto ”posteggio + bici” - Le due
ruote a disposizione di chi lascerà l’auto a S. Giovanni o in via Locchi
SPA PARTECIPATA DAL COMUNE: UTILI PER 840MILA EURO
Parcheggiate nei garage di San Giovanni e Sant’Andrea? Vi daranno una bici
con chiavetta anti-furto per fare le vostre commissioni in zona.
Dopo il pagamento via cellulare, Amt ne trova un’altra. Da giovedì prossimo
dodici biciclette saranno disponibili a rotazione, fra i due park di viale
Sanzio e via Locchi, per una sperimentazione di tre mesi che, se avrà successo,
potrebbe sfociare in un incremento di mezzi ecologici a due ruote utilizzabili
in uscita dai posteggi a pagamento, forse pure da quelli all’aperto. Ai clienti
occasionali sarà chiesta una cauzione di 20 euro, gratuita invece per gli
abbonati. «La bici fa felici!» è lo slogan dell’operazione annunciata
dall’assessore con delega alle partecipate Paolo Rovis durante la presentazione
dei dati di bilancio 2008 della stessa Amt, la Spa di proprietà del Municipio
all’87% che gestisce in house 857 stalli blu comunali in superficie e altri
1.043 coperti nelle strutture di via del Rivo, Sant’Andrea, San Giovanni,
Scorcola, Fiera e via Tor San Piero. Dati che - osservano Rovis e il presidente
della partecipata Rocco Lobianco - parlano di un utile dopo imposta di 840mila
euro, di un risultato operativo pari a un +5,05% del valore di produzione,
nonché di 800mila euro finiti nelle casse comunali con la tassa di occupazione
suolo pubblico. Dal 2005 al 2008, inoltre, i ricavi da vendite e prestazioni
sono passati da due milioni a due milioni e 900mila, mentre le spese sono
diminuite di 500mila euro per un drastico contenimento dei costi passato anche
per un ridimensionamento dei servizi esternalizzati. Numeri che collocano Amt
tra le Spa a capitale pubblico ad alto valore strategico per il Comune.
Un valore però che potrebbe avere una data di scadenza al 31 dicembre 2010, dopo
la quale le attuali normative imporranno un rinnovo della concessione attraverso
un bando europeo. «È vero che la legislazione dice questo - ammette Rovis - ma è
altrettanto vero che le norme, di questi tempi, sono soggette a molte revisioni
a distanza ravvicinata. Ci penseremo a ridosso di quella data». «A testimonianza
di questi continui aggiornamenti giurisprudenziali in materia quasi
schizofrenici tra sentenze e circolari ministeriali - fa eco Lobianco - un anno
fa eravamo a un passo dalla gestione dei parcheggi comunali a Gorizia, che poi
non si poté fare».
Ultima annotazione: la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio toglie 38
posti - precisa il direttore di Amt Davide Fermo, presente con il vicepresidente
Adriano Schreiber - «ma abbiamo dato mandato agli uffici di trovare alternative
in aree limitrofe», aggiunge Rovis.
(pi. ra.)
Controlli ok: è pulita l’acqua di Marina Julia - I
divieti di balneabilità vanno rimossi: è già partita la richiesta ufficiale a
Trieste
L’INDAGINE DI MAGGIO
MONFALCONE Il mare del golfo di Panzano continua a mantenersi pulito. Anche
il campionamento effettuato a inizio maggio dall’Arpa ha dato un esito
favorevole, promuovendo in questo preludio di stagione balneare l’acqua di
Marina Julia e dimostrando come gli interventi di completamento della rete
fognaria del quartiere e della città stiano dando risultati. Sempre che non ci
sia la pioggia ad aumentare la portata dell’Isonzo, trasportando con velocità
l’inquinamento organico del fiume. A fronte del buon esito dei due prelievi di
aprile il Comune, a firma del sindaco Pizzolitto e dell’assessore all’Ambiente
Frittitta, ha inviato la richiesta alla Direzione regionale alla Salute perchè
sia firmata l’ordinanza di balneabilità per Marina Julia. «Abbiamo allegato al
documento gli studi realizzata dall’Arpa dallo scorso anno - spiega Frittitta -
e tutte le procedure e gli atti di ciò che abbiamo fatto per la nostra
spiaggia». Secondo l’assessore, l’acqua di Marina julia ”deve” rientrarne nei
tratti di mare balneabili, visto che è stato fatto ciò che prevede la direttiva
Ue. Cioè azioni concrete per risolvere le cause di inquinamento e monitoraggio
delle acque attraverso prelievi che hanno avuto esito favorevole anche a cavallo
di due stagioni estive quindi per 6 mesi consecutivi. Già la prossima settimana
l’assessore dovrebbe inoltre convocare il tavolo di lavoro istituzionale che ha
operato sul problema inquinamento (composto da Comune, Ato, Arpa, Irisacqua,
Consorzio di bonifica isontina). «In questo modo il gruppo continuerà a essere
aggiornato sui passi compiuti e quelli da compiere», dice Frittitta, che
sottolinea come grazie al rapporto continuo e proficuo tra amministrazione e
Arpa non è necessario attendere i tempi canonici per sapere gli esiti dei
prelievi. «Tant’è che posso già annunciare che anche il prelievo del primo
maggio ha avuto un buon esito - rileva Frittitta - e quindi non possiamo essere
penalizzati dal fatto che oltre a cause locali di inquinamento ci siano anche
cause generali».
(la.b.)
Treni, massimo 5 minuti di ritardo. Per contratto -
Saranno investiti 100 milioni di euro per l’acquisto di nuovi mezzi: i
”Minuetto” e i ”Vilvalto”
SIGLATO A UDINE UN ACCORDO TRA L’ASSESSORE RICCARDI E
IL RESPONSABILE PASSEGGERI DI TRENITALIA LAGUZZI
UDINE C’è un obiettivo da raggiungere già quest’anno: 9 treni su 10 con un
ritardo massimo di 5 minuti. E ci sono altri 8 mezzi in cantiere per migliorare
ulteriormente negli anni successivi: 4 treni pagati dalla Regione saranno
operativi entro il 2011, altrettanti acquistati da Trenitalia funzioneranno
l’anno successivo. Si lavora per il cittadino: accanto alla “puntualità” la
parola d’ordine è “pulizia”.
IL CONTRATTO. A Udine, nel Palazzo della Regione, l’assessore ai Trasporti
Riccardo Riccardi e il responsabile della Divisione passeggeri regionale di
Trenitalia Giancarlo Laguzzi siglano il nuovo contratto di servizio per il
Trasporto pubblico ferroviario in Friuli Venezia Giulia per il triennio
2009-2011, con possibile proroga fino al 2014.
I NUOVI TRENI. Un accordo con annesso investimento di 100 milioni di euro (il
70% a carico della Regione, il 30% di Trenitalia) per l’acquisto di nuovi treni:
i Minuetto (design Giugiaro, lunghi poco meno di 52 metri, 122 posti a sedere di
seconda classe e 24 di prima classe, 200 in piedi) e i Vilvalto (i treni
"doppi", con piano superiore e inferiore, destinati al trasporto dei pendolari
nelle ore di punta in quanto garantiscono maggior spazio). Convogli da
utilizzare su quali tratte? “Sarà la Regione a decidere quali direttrici
potenziare”, spiega Laguzzi.
I COSTI. Sempre in tema di risorse, per il 2009 la Regione, a fronte di un
volume di traffico di 3.042.517 treni/km annui, verserà 36 milioni di euro, Iva
compresa. Contestualmente Trenitalia si impegna a migliorare la qualità dei
servizi, qualità che verrà costantemente monitorata. Il contratto stabilisce
infatti standard da rispettare quanto a puntualità, affidabilità, pulizia,
affollamento, comfort e informazioni.
GLI OBIETTIVI. Nel dettaglio il documento sottoscritto ieri prevede per ogni
anno un miglioramento di mezzo punto percentuale sul rispetto degli orari: il
traguardo per Trenitalia nel 2009 è di far arrivare a destinazione al massimo
con 5 minuti di ritardo il 91% dei mezzi. E ancora la Regione non pagherà i
corrispettivi relativi ai treni cancellati per responsabilità del gestore,
mentre andranno garantiti limiti anti-affollamento e la piena funzionalità di
porte, servizi igienici, sedili, impianti di
illuminazione-informazione-climatizzazione.
LE MULTE. In casa di inadempienza ecco le sanzioni: 15mila euro per ogni decimo
di punto percentuale oltre il limite fissato per i ritardi, 1.000 euro per ogni
ora di servizio sospeso, “multine” da 50 a 100 euro per disfunzioni varie. Il
contratto prevede però anche premi nel caso gli obiettivi siano raggiunti in
anticipo sui tempi stabiliti. Trenitalia fornirà mensilmente alla Regione un "report"
sull'andamento del servizio, che comunque l'amministrazione del Friuli Venezia
Giulia controllerà autonomamente, affidando tale "incarico" ai pendolari, che
dunque assumono un ruolo preciso e specifico nell'ambito delle previsioni
contrattuali. Pendolari che dal prossimo 1 giugno potranno utilizzare con il
loro abbonamento non solo i treni regionali ma, con un’integrazione ferroviaria
(Tuttotreno Fvg), pure quelli a lunga percorrenza.
Un risultato importante, ha sottolineato a fine incontro l’assessore Riccardi.
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2009
La Regione taglia i contributi alle associazioni - Il
numero resta alto (75), ma i soldi sono in calo: 1,4 milioni di euro. Niente
fondi agli enti locali
IMPORTI DA DIECIMILA A 35MILA EURO
TRIESTE Le associazioni da soddisfare restano
tante: 75. I soldi sono però in calo: 1,4 milioni di euro. Roberto Molinaro ne
prende atto nel giorno in cui la giunta regionale distribuisce il fondo per il
sostegno dell’attività istituzionale di vari organismi culturali.
IL RIPARTO Su proposta dell’assessore alla Cultura la giunta Tondo stanzia
infatti 735mila euro (importi da 10mila a 35mila euro) a favore di 41
associazioni dei settori musica, teatro, danza e altri 665mila per 33 circoli e
sodalizi operanti nelle discipline letterarie, umanistiche e scientifiche. Meno
soldi per tutti e, evidentemente, qualche escluso.
Si è deciso di non finanziare in quest'occasione gli enti locali e i soggetti
che già beneficiano di altre forme di finanziamento regionale per la loro
attività.
LINEA OBBLIGATA “La legge finanziaria regionale 2009 – spiega Molinaro –, seppur
in un contesto di maggiori risorse per la cultura e con una priorità per gli
interventi in favore della valorizzazione dei beni culturali, prevede una
sensibile riduzione di stanziamento.
Da ciò una inevitabile riduzione delle contribuzioni assegnate ai singoli
richiedenti in sede di riparto. Analoga e obbligata linea – anticipa l’assessore
– sarà tenuta anche per il prossimo riparto relativo ai progetti proposti
davvero numerosi ed interessanti ma che solo in piccola parte saranno sostenuti
dall’amministrazione regionale”.
LAVORI SOCIALMENTE UTILI La giunta, su proposta di Alessia Rosolen, ha quindi
confermato l’intenzione di sostenere i lavori socialmente utili negli enti
locali con 6 milioni di euro. A beneficiarne saranno persone in cassa
integrazione o mobilità.
La gestione di risorse e progetti sarà dell’Agenzia regionale del lavoro.
Sempre su proposta dell’assessore Rosolen l’esecutivo ha dato il via libera a un
protocollo d’intesa con il Comando militare del Friuli Venezia Giulia per il
ricollocamento dei militari congedati attraverso iniziative di formazione
professionale e work experience.
ANTI-ALCOL Tra le altre delibere quella dell’assessore alla Salute Vladimir
Kosic sulle linee guida per la prevenzione dei problemi di sicurezza sul lavoro
legati al consumo di bevande alcoliche.
L’obiettivo, secondo i principi del Piano nazionale Alcol e Salute e partendo
dal dato dell’Oms (il 10% degli infortuni sul lavoro può essere condizionato
dall'assunzione di alcol)m sarà di favorire corretti stili di vita e la
conoscenza dei problemi correlati all'assunzione di alcolici. Le Aziende
sanitarie dovranno impegnarsi a promuovere la creazione di una rete sanitaria
territoriale che si occupi, oltre che della prevenzione, anche della cura e
della riabilitazione, raccordandosi con datori di lavoro, organizzazioni di
categoria, rappresentanti dei lavoratori, referenti dei servizi di prevenzione.
DAMELE COMMISSARIO La giunta regionale ha pure stabilito lo scioglimento del
Consiglio comunale di Pontebba. In attesa del rinnovo degli organi ordinari, che
avrà luogo con la prossima tornata elettorale di giugno, è stato nominato
commissario straordinario per l'amministrazione provvisoria Daniele Damele,
giornalista e funzionario provinciale di Udine. Su proposte del vicepresidente
Luca Ciriani, è stato infine costituito il Comitato tecnico consultivo per le
politiche economiche. A presiederlo sarà Aldo Burello, già manager di Electrolux
e presidente di Autovie Venete tra il 2004 e il 2006.
MARCO BALLICO
Fondi regionali al Circolo Miani Ora indaga la
Corte dei conti - Si punta a chiarire se gli uffici abbiano verificato la
correttezza delle richieste avanzate dal Circolo
IPOTIZZABILE IL DANNO ERARIALE
La Procura della Corte dei conti ha aperto un’inchiesta sui contributi che
la Regione ha assegnato negli ultimi anni al Circolo Ercole Miani di cui è
presidente Maurizio Fogar.
Gli inquirenti stanno acquisendo i singoli atti dell’inchiesta che ha consentito
alla Procura dalla Repubblica di ottenere il rinvio a giudizio per truffa e
falso dello stesso Fogar. Il processo penale formalmente è già avviato e la
stessa Amministrazione regionale si è costituita parte civile per cercare, in
caso di eventuale condanna, di rientrare in possesso dei centomila euro ottenuti
dal circolo nel 2005 e nel 2006 per la propria attività culturale.
Oltre agli atti acquisiti dagli investigatori della Guardia di finanza
nell’ambito dell’inchiesta penale, la Procura regionale della Corte dei Conti
sta raccogliendo altri documenti e atti. Primi fra tutti quelli redatti dagli
uffici regionali che hanno gestito ed esaminato le richieste di contributi che
il Circolo aveva presentato in base alle legge 68/81: la richiesta era stata
accolta e la direzione del Servizio delle attività culturali aveva emanato due
decreti che autorizzavano i pagamenti: il numero 940 del 20 aprile 2005 e il
1121 del 9 maggio 2006.
Ora il procuratore regionale Maurizio Zappatori ha iniziato a esaminare - alla
luce di un eventuale danno erariale - se tutte le verifiche sulle richieste di
finanziamento avanzate dal Circolo Miani sono state effettuate secondo i crismi
di legge o se al contrario può essere ipotizzata a carico di qualche funzionario
regionale una colpa grave o il dolo.
Va aggiunto che le inchieste della magistratura contabile da qualche anno
possono snodarsi su un binario autonomo dalle analoghe iniziative penali, mentre
un tempo la Procura della Corte dei conti, prima di agire per danno erariale,
doveva attendere il passaggio in giudicato della sentenza della magistratura
ordinaria. Questo preclusione aveva in pratica vanificato la possibilità
concreta di ricuperare all’erario quando indebitamente percepito o speso.
Sulla vicenda che sta scuotendo il Circolo Miani è intervenuto ieri l’avvocato
Guido Fabbretti, legale di Maurizio Fogar. Ha ribadito che dalle indagini della
Procura della Repubblica «è pacificamente emerso come alcuna somma sia stata
distratta dal presidente del circola o da chi per lui per fini diversi da quelli
statutari». L’avvocato a questo proposito ricorda che fin dal 2007 le verifiche
contabili hanno attestato la «pertinenza» del resoconto fornito dal Centro Studi
Ercole Miani ssull’impiego dei finanziamenti.
CLAUDIO ERNÈ
Regione e Trenitalia firmano il contratto In arrivo
treni più puntuali e puliti
TRIESTE Il controllo sulla puntualità e sulla pulizia dei
treni, la possibilità di sanzioni, gli investimenti e il ruolo dei pendolari
sono i punti chiave del contratto di servizio che Regione e Trenitalia firmano
ufficialmente oggi a Udine. Il contratto, valido per il triennio 2009-2011 e
prorogabile fino al 2014, è il primo che Trenitalia sottoscrive con una Regione
italiana «scendendo a patti» e impegnandosi per iscritto a garantire la qualità
del servizio. «La filosofia del contratto - spiega l'assessore regionale
Riccardo Riccardi - è nuova: la Regione paga un servizio in base alle
prestazioni che devono essere fornite, altrimenti scattano le sanzioni, che
vanno comunque a servizio del sistema».
Muggia, sarà attivata la ”Banca del tempo” Baby sitter,
corso gratis
Assistenza al computer, giardinaggio, dopo scuola per
ragazzi, ecco alcuni esempi di servizi molto preziosi per chi ne ha bisogno e
non vuole ricorrere al solito mercato economico. Da tempo esiste un progetto che
garantisce uno scambio reciproco di prestazioni utili. Sull'ottima scia di
Trieste, anche Muggia sta per creare la propria ”Banca del Tempo”.
Un ipotetico istituto nel quale i clienti depositano il loro tempo libero e in
cui non vengono compiute né operazioni monetarie né finanziarie, ma si offre la
propria disponibilità in cambio di quella degli altri, con lo scopo di
scambiarsi favori. L'idea di istituire anche a Muggia questo servizio é stata di
più associazioni «Abbiamo pensato - spiega Laura Pomicino, dell'"Axe" - che ci
si poteva unire per complementarsi e sfruttare così tutte le possibilità».
L'Associazione "Mamme in gioco" e l'"Aida" (Associazione Interculturale donne
assieme) hanno accettato immediatamente l'invito, e con il supporto del Comune
di Muggia hanno creato questa nuova struttura.
Per aiutare la partenza del progetto, il Comune organizza un corso gratuito di
baby sitter della durata di 30 ore, le persone che lo frequenteranno si
impegneranno a offrire un po' del loro tempo presso la ludoteca. Il corso
inizierà a metà settembre e nell'orario che meglio soddisferà l'esigenza della
maggioranza dei corsisti, sarà tenuto da personale qualificato e tratterà
diversi temi, quali psicopedagia, psicomotricità e animazione. Le iscrizioni al
corso saranno aperte fino tutto il mese di maggio presso la ludoteca "Fantamondo"
in Via D'Annunzio 12, fino a giugno invece presso il Servizio Educativo,
Politiche Giovanili e Sport in Piazza della Repubblica 4.
Cristina Polselli
Quesiti sulla Tav
Leggo sul Piccolo un articolo che approfondisce il tema
della Tav con particolare riferimento alla tratta Ronchi-Lubiana via Trieste
Divaccia. È con spirito costruttivo che chiedo: 1) sono stati interpellati
geologi, speleologi ecc.? È risaputo che il Carso presenta una innumerevole
serie di grotte e di acque sotterranee con il pericolo di deviazione dei corsi;
2) Non sembra che il tracciato segnato quasi completo in galleria risulti troppo
oneroso, più lungo e con curve che diminuiscono notevolmente la velocità e la
sicurezza? 3) Non sembra che il tracciato proposto determini lo svilimento dello
scalo di Villa Opicina (che ha 40 binari) e dell’Autoporto di Fernetti, che
attualmente dovrebbe venire collegato mediante un nuovo raccordo con Villa
Opicina? 4) Nell’articolo vi è scritto che ci sono stati vari progetti: è stata
valutata la possibilità di fare il tracciato più diretto Ronchi-Opicina, via
Bivio-Aurisina, Divaccia? Si risparmierebbe l’impiego di una serie infinita di
camion per il trasporto del materiale di scavo enorme. Ci sono, oltremodo,
notizie in merito alla destinazione di detto materiale? E dove passeranno i
camion, ipotizzando che una massa tale venisse impiegata ad esempio sulla zona
del fronte mare?
Luigi Franzil
«Commissione paesaggistica, l’opposizione voleva
evitare lottizzazioni»
Lunedì 20 aprile il Consiglio comunale ha approvato il
regolamento relativo all’istituzione della Commissione paesaggistica. Tutto per
il meglio penserà il cittadino che legge la notizia sul quotidiano locale.
Quello che però il cittadino non sa è che in quella occasione il sindaco, che si
vanta di essere l’uomo del fare, ha praticamente negato ai consiglieri la
possibilità e il diritto/dovere di svolgere il proprio mandato nel migliore dei
modi.
La delibera infatti era stata portata nella commissione competente, convocata
giovedì 16 aprile per venerdì 17, per essere votata in Consiglio il successivo
lunedì 20. In quella sede avevo fatto presente, come già in altre occasioni, che
un argomento così importante non poteva essere analizzato in tempi così stretti.
Mi era stato detto che non si poteva fare altro in quanto, come stabilito da una
delibera della giunta regionale, il Comune doveva espletare tale incombenza
entro il 22 aprile pena la perdita della delega di tale compito che sarebbe
passato alla Regione. Ancora una volta i consiglieri comunali dovevano
esprimersi, presentare eventuali emendamenti e successivamente votare un
documento in quattro giorni, tra i quali un sabato e una domenica. Infastidita
dal ripetersi di questa situazione il lunedì ho telefonato in Regione per
chiedere chiarimenti in ordine a tale scadenza e soprattutto per capire quali
sarebbero state le conseguenze di un ritardo. Dalla gentile funzionaria che mi
ha risposto ho appreso che la scadenza non era quella del 22 aprile ma del 9
maggio. A questo punto la sera del Consiglio ho chiesto la parola e come
pregiudiziale alla trattazione dell’argomento ho proposto che lo stesso fosse
rinviato di una settimana per permettere ai consiglieri di affrontare e
approfondire il tema, secondo me di primaria importanza, con la necessaria
tranquillità. La mia richiesta è stata stigmatizzata con forza dal sindaco in
persona, che non ha voluto nemmeno prenderla in considerazione, in quanto non
sarebbe stato mio compito verificare l’operato e le affermazioni dei suoi
uffici, né di contattare direttamente la Regione. Ha dichiarato che non c’era
nulla da approfondire! Ha insinuato che questo era una tentativo della sinistra
per lottizzare la commissione paesaggistica. Mentre proprio gli emendamenti da
noi proposti andavano in senso diametralmente opposto. Si voleva escludere -
come si fa in molte altre parti d’Italia - che della commissione facessero parte
professionisti che operano a Trieste e che spesso sono i più «gettonati» nella
redazione dei progetti più rilevanti.
Al di là del modo mi preoccupa il fatto che i lavori delle commissioni e del
consiglio siano considerati dal Sindaco una perdita di tempo e che, invece di
adoperasi affinché i consiglieri sia di opposizione che di maggioranza, che
ricordo rappresentano i cittadini, possano espletare nel migliore dei modi il
loro compito, li stigmatizza come demolitori o guastatori perché si permettono
di disturbare il manovratore. È un comportamento poco democratico e anche
incoerente per un sindaco che si vanta di essere il sindaco del fare. Non vorrei
che il «fare» si trasformasse in «faccio tutto io».
Bruna Tam - Consigliere comunale Pd
IL SOLE 24 ORE - GIOVEDI', 7 maggio 2009
Fotovoltaico, la corsa continua. Prevista una riduzione degli incentivi.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2009
Mare: alla Lega Navale l’unica bandiera blu della costa
triestina - Il riconoscimento di qualità ambientale premia anche gli arenili di
Grado e Lignano
GRADO E’ l’Isola del Sole a mantenere inalterato, assieme
alla ligure Moneglia, il record assoluto in Italia in fatto di Bandiere Blu.
Infatti, ieri mattina a Roma, si è vista assegnare il prestigioso vessillo
targato numero 20 (quelle consecutive sono 19). Inoltre nel Friuli Venezia
Giulia a far sventolare ancora la Bandiera Blu assegnata dalla Fee (Foundation
for Environmental Education) c’è Lignano Sabbiadoro che sino ad oggi ne ha
ricevute complessivamente 19. Sono inoltre 13 le Bandiere Blu per gli approdi
che finiscono in Regione, una Trieste, (quella della Lega Navale), 2 in
provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 10
in provincia di Udine (5 a Lignano, 3 nel comune di Latisana oltre a Marina
Sant’Andrea di San Girogio di Nogaro e Marina di Aquileia).
Il prestigioso vessillo, la Bandiera Blu d’Europa, continua, dunque, a
sventolare su Grado che ieri mattina a Roma, nella sede del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, è stata ampiamente complimentata dal
responsabile nazionale della Fee, Claudio Mazza. Segnalata pure Lignano perché
anche questa località balneare del Friuli Venezia Giulia rientra fra quelle
considerate ”storiche” che fino ad oggi hanno cioè ricevuto almeno 15 Bandiere
Blu.
Grado poi fa parte delle 7 spiagge italiane che meritano l’eccellenza. Ci sono
quelle di Caorle, un paio di Cesenatico e di Viareggio e una di Follonica e c’è
pure la spiaggia principale dell’Isola del Sole, quella gestita attualmente
dalla Git. “Grado – ha dichiarato il Segretario Generale della Fee Italia,
Claudio Mazza, - è una delle migliori località ed ha una delle migliori spiagge
d’Italia. Ed avrei proprio il grande piacere di tornare a Grado per la cerimonia
ufficiale”.
Ieri mattina a Roma c’erano l’assessore comunale di Grado Giorgio Marin e il
sindaco di Lignano Del Zotto. «La Bandiera Blu – sottolinea Marin - dà
un’immagine di una località molto competitiva sul versante turistico-ecologico:
fa capire che c’è un sistema di gestione ambientale che si coniuga con lo
sviluppo turistico e ambientale sostenibile». Aggiunge il Sindaco di Lignano:
«La Bandiera Blu, specialmente all’estero – dice Del Zotto – è vista come un
vero e proprio certificato internazionale di qualità. Il turista le va a vedere
queste cose”.
Un plauso in generale viene fatto inoltre alle marine e ai privati perché è
fondamentale che i Comune sappiano trascinare anche i vari stabilimenti e le
marine.
ANTONIO BOEMO
BANDIERA BLU - Nella lista si notano varie assenze
illustri Ma molti approdi non vogliono partecipare - DA PORTO SAN ROCCO A MARINA
SAN GIUSTO
TRIESTE La Lega Navale di Trieste ha ricevuto la
prestigiosa «Bandiera Blu», assegnata dalla sezione italiana del Fee, il
Foundation for Enviromental Education, la federazione che si occupa di
educazione ambientale. L'ambito riconoscimento premia le marine che, a
un'attenta valutazione globale, sono in linea con le indicazioni e le politiche
di rispetto e tutela dell'ambiente. Tra le motivazioni, la cura e l'attenzione
con le quali la Lega, nonostante gli spazi e le strutture non particolarmente
ampi a disposizione, ha cercato di promuovere interventi e iniziative sempre in
linea con la difesa e il rispetto dell'ambiente marino.
Quest'anno nella provincia di Trieste la ”Bandiera Blu” è stata assegnata
unicamente alla Lega Navale. «Siamo molto soddisfatti – dice il presidente della
Lega navale, Ennio Abate – anche perché sappiamo che i controlli sono severi. La
procedura della Fee prevede che si risponda a un questionario, poi bisogna
attendere l’arrivo dei loro ispettori, che non sempre si palesano. Infine –
aggiunge - di anno in anno ci sono verifiche, per controllare se i programmi di
miglioramento indicati dalle marine sono rispettati. La bandiera blu di quest’anno
– conclude Abate – sarà uno sprone per fare sempre meglio».
Di tutt’altro parere è Roberto Sponza, direttore del Porto San Rocco di Muggia.
«Abbiamo avuto esperienze non sempre felici con la Fee – dichiara – e, da un
paio d’anni in qua, ci rifiutiamo di rispondere al loro questionario. Sappiamo
di essere una struttura di qualità – conclude – e ciò basta, senza bisogno di
certificazioni esterne». Ed ecco spiegato il mistero dell’unica bandiera alla
Lega. Anche Italo Mariani, titolare della Marina San Giusto, non risponde
infatti ai questionari della Fee: «Non ci interessa partecipare a questa
competizione – precisa – stiamo bene così». Sono nove le «Bandiere blu»
assegnate in tutto ai porticcioli del Friuli Venezia Giulia ed esse
rappresentano un primato ben meritato a livello nazionale.
Ugo Salvini
BANDIERA BLU - NEL 2009 DODICI PREMI IN PIÙ - Meno
rifiuti sulle spiagge grazie alla differenziata - Liguria, Marche
e Toscana le regioni con più attestazioni
ROMA Meno rifiuti sulle spiagge delle vacanze: cresce
infatti l'impegno sulla raccolta differenziata. Per la prossima estate sono 227
le spiagge dove sventoleranno le Bandiere Blu 2009, 12 in più rispetto allo
scorso anno e il 10% delle spiagge premiate a livello internazionale; 113 le
località rivierasche coinvolte (9 in più) nella mappa del mare italiano doc.
Bandiera blu anche a 60 approdi turistici (erano stati 56 lo scorso anno). Sul
podio la Liguria raggiunge Marche e Toscana con 16 vessilli a testa.
Questi i risultati del riconoscimento di qualità ambientale assegnato ieri a
Roma dalla Fee (la Fondazione per l'educazione ambientale), giunto alla 23/a
edizione.
Con 16 bandiere il primato 2009 spetta ancora a Toscana (che aggiunge una
bandiera, Pietrasanta in provincia di Lucca) e Marche (+1, Mondolfo in provincia
di Pesaro-Urbino) raggiunte però dalla Liguria (+2, Savona-Fornaci in provincia
di Savona e Ameglia-Fiumaretta in provincia di La Spezia), mentre l'Abruzzo
rimane stabile con 13. Una in più per la Campania, dove quasi tutte le località
candidate sono riuscite a raggiungere l' obiettivo, portando così la regione a
quota 12. Stabile invece l'Emilia Romagna che rimane a 8.
Due bandiere in più per la Puglia con 7 vessilli ed 1 in più per il Veneto che
sale a 6. Sicilia, Calabria e Lazio ne hanno acquistata una raggiungendo quota
4; il Friuli Venezia Giulia riconferma le 2 dell'anno scorso come la Sardegna.
Il Molise ne perde una rimanendo con 1 sola Bandiera Blu, come la Basilicata.
I laghi sono presenti con 2 bandiere blu. Uno in particolare è di significato:
il Lago di Scanno in provincia dell'Aquila. L'altra bandiera per i laghi è stata
confermata a Cannero Riviera in provincia di Verbania in Piemonte.
A livello di Mediterraneo, l'Italia si colloca al 5/o posto dopo Spagna, Grecia,
Turchia e Francia.
La Bandiera Blu premia le località con acque di balneazione eccellenti e nelle
quali le amministrazioni si sono impegnate a migliorare lo stato dell'ambiente,
promuovendo un turismo sostenibile. In pagella anche il grado di funzionalità
degli impianti di depurazione; lo smaltimento dei rifiuti con particolare
riguardo alla raccolta differenziata e alla gestione dei rifiuti pericolosi; le
iniziative per una migliore vivibilità nel periodo estivo; la valorizzazione
delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio; la cura
dell'arredo urbano e delle spiagge; la possibilità di accesso al mare per tutti
i fruitori senza limitazioni.
Il Park S. Antonio incontra due ostacoli: progetto
”blindato” e Lega contraria - PARLA PIRZIO BIROLI, AUTORE DELL’ELABORATO DELLA
CARENA
Non è ancora partito e già innesca polemiche. Il
parcheggio sotterraneo di piazza Sant’Antonio, che la giunta comunale giudica
come la struttura più celermente realizzabile nel variegato campo dei progetti
locali, trova subito alcuni ostacoli. Il primo è di carattere politico. La Lega
Nord, in una nota a firma del capogruppo in Comune Maurizio Ferrara, esprime la
propria «contrarietà assoluta» ritenendo del tutto irrazionale «favorire
l’accesso alle automobili all’interno del centro storico e pedonale».
L’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis ha precisato di recente che la
struttura è destinata a parcheggi pertinenziali e con box, ma anche a stalli a
rotazione.
A elevare il secondo ostacolo è - involontariamente - l’architetto Roberto
Pirzio Biroli, autore dell’elaborato presentato dalla Carena (una delle due
società in corsa per il sito) che riproduciamo qui a lato, e che ha vinto nel
2002 il relativo concorso di idee internazionale, insieme allo Studio Brt
Architetti e Ingegneri Bote, Richter, Teherani di Amburgo. «Il concorso, bandito
dall’allora assessore Maurizio Bradaschia – ricorda Pirzio Biroli – ha seguito i
regolamenti europei e prevede - non tutti lo sanno - che anche se dovesse
vincere un’altra impresa, questa dovrà realizzare con le prescrizioni comunali
il progetto vincitore. È una regola severa e precisa».
Il primo a cadere dalle nuvole è lo stesso sindaco Dipiazza, cui salta
decisamente la mosca al naso. «Gli architetti spesso hanno il difetto di creare
progetti irrealizzabili. Ma come, ignorando la bora si vuol fare quella specie
di vasca trasparente, che diventerebbe subito un ricettacolo di immondizie? No,
devo rifiutare quel progetto per il bene della città. Ha vinto un concorso
d’idee, sì, ma mica per questo sono costretto a realizzarlo».
Sicuro? Un funzionario comunale, Walter Toniati, all’epoca nella commissione che
doveva decidere sul progetto, annota che «in ballo non c’era il parcheggio
sotterraneo, ma la riqualificazione di superficie delle aree di pubblica
fruizione». Sembra di capire, dunque, che il progetto Pirzio Biroli dovrebbe far
testo, ma solo per le opere esterne.
E all’interno? Lo stesso progettista nega sia previsto un centro commerciale nel
primo piano dell’opera, il cui costo totale era stimato sui 23 milioni di euro.
«Al 1° livello del parcheggio sotterraneo – racconta – visibile dall’alto grazie
alla lastra trasparente, sono previsti spazi moderni, oltre a custodia, cassa,
servizi igenici, con suddivisioni mobili per l’organizzazione di eventi, un
mercatino dei prodotti del Carso, un centro informazioni per il turismo per chi
ha parcheggiato nei 15.369 mq di parcheggio. Una sistemazione – continua –
simile a quella attuata dalle Ferrovie nella stazione centrale per evitare aree
di ingresso al parcheggio degradate». Una realtà, dunque, con 4 livelli di
parcheggio e alcuni spazi di uso-eventi al 1° livello. «Una sorta di secondo “Tergesteo”,
coperto in parte dal 2° livello del parcheggio».
Pirzio Biroli ricorda ancora che la Carena, spendendo 60mila euro, ha portato la
proposta originale «fino a un dettaglio tale per cui ormai il passaggio a un
progetto esecutivo sarebbe questione di un paio di mesi». Ma la gara è ben di là
a venire. «Ho cercato – conclude il progettista – di dare una qualità
architettonica a livello internazionale, come in atto in altre grandi città
europee. Ma se Trieste lo vuole, la si può sempre ridimensionare...»
FURIO BALDASSI
Gas Natural Italia, Ebitda a +35,3% -RISULTATI
TRIMESTRALI - Redditività a 23 milioni, decolla pure la distribuzione: +31,3%
ROMA Gas Natural, che ha in progetto un impianto di
rigassificazione a Trieste, ha diffuso ieri i risultati del primo trimestre
2009. I dati relativi alle attività del Gruppo in Italia sono in netta crescita:
l'Ebitda ha raggiunto i 23 milioni di euro, il 35,3% in più rispetto allo stesso
periodo dello scorso anno. Lo rende noto la compagnia in un comunicato.
Nei primi tre mesi del 2009 il volume di gas distribuito è stato pari a 1.768
GWh, il 31,3% in più rispetto al primo trimestre del 2008, dovuto principalmente
a condizioni metereologiche normali e grazie all'incorporazione della società
Pitta Costruzioni lo scorso 3 luglio (+105 GWh). Gas Natural Distribuzione
Italia ha raggiunto a marzo di quest'anno 400.000 punti di riconsegna di
distribuzione di gas metano. Nel solo primo trimestre 2009 l'incremento è stato
di 3.500 punti di riconsegna.
Proseguono inoltre le attività di espansione della rete. Gas natural infatti ha
avviato in aprile un piano di fusione con il gruppo elettrico Union Fenosa che
porterà alla costituzione di uno dei primi gruppi energetici spagnoli. Da
rilevare che Eni farà ricorso contro la decisione dell'Antitrust spagnolo di
consentire a Gas Natural di mantenere il 50% di Union Fenosa Gas dopo la fusione
con la casa madre. Il gruppo italiano controlla l'altro 50% di Union Fenosa Gas.
FERRIERA - L’inquinamento è rimasto
Il giorno venerdì 1° maggio 2009, a pagina 14 de Il
Piccolo ho letto i seguenti titoli sulla ferriera: Dopo gli interventi imposti
alla Lucchini dalla procura - Ferriera, inquinamento sceso del 75% -
L’abbassamento del bezoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno.
Vorrei segnalare che prima e dopo la chiusura dell’altoforno in via Pitacco dove
abito, nel rione di Servola non è cambiato quasi nulla, giornalmente
democraticamente siamo imbrattati dalle polveri e dobbiamo subire la violenza
degli odori nauseabondi provenienti dalla vicina Ferriera.
Nel blog di Roberto Dipiazza «Sindaco risponde» un cittadino ha proposto il
seguente quesito che il sottoscritto condivide:
Al Sindaco di Trieste.
In data 22/4/’09 si è appreso, dall’edizione serale di un Tg locale, che sarebbe
in essere un procedimento penale nei confronti della proprietà della Ferriera di
Servola per 240 eventi di emissioni di polveri e fumi provenienti dallo
stabilimento stesso e che un gruppo di cittadini residenti a Servola si sarebbe
costituito parte civile in quanto lesi dall’attività industriale sopra citata.
Detti eventi sarebbero riscontrati anche dagli enti ufficiali preposti,
quantomento fino al 18/6/’08, secondo quanto esplicitato dalla tv locale.
Le si chiede perciò come mai il Comune di Trieste, a cui fanno capo nidi, asili
d’infanzia, ricreatori e campi sportivi limitrofi all’impianto siderurgico,
nonché Lei, attraverso la Sua carica istituzionale di massimo tutore e
responsabile della sanità e dell’ambiente cittadini, non abbia fatto
altrettanto, proprio in virtù di parte massimamente lesa nei suoi beni materiali
pubblici e nei suoi compiti istituzionali di tutela della cittadinanza.
La ringrazio anticipatamente per la risposta che sicuramente saprà e vorrà dare
a me ed a quanti seguono il Suo blog.
La risposta del Sindaco 29/4/’09
Come Sindaco del Comune di Trieste ho costantemente informato, per quanto di
competenza, la Procura della Repubblica ed ho provveduto all’adozione dei
necessari provvedimenti intesi alla tutela della salute pubblica. Sarà mia cura
intraprendere tutte le azioni a tutela degli interessi della collettività,
qualora emergessero responsabilità a seguito di eventuali procedimenti penali.
Nevio Tul
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2009
Ecomafie, giro d’affari di 20,5 miliardi di euro -
RAPPORTO LEGAMBIENTE
ROMA Un giro d'affari da 20,5 miliardi nel 2008: è il
business dell'ecomafia che, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente, non
conosce crisi ed è in aumento rispetto all'anno precedente. Nel Rapporto
ecomafia 2009, presentato ieri, risultano 25.776 reati accertati, quasi 31 al
giorno, tre all’ora. Più del 48% si è consumato nelle quattro regioni a
tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia). Aumentano
l’abusivismo e i trafficanti di rifiuti pericolosi.
L’amianto si ricicla: basta una fornace - Impianto di
portata europea capace non solo di inertizzare ma anche di trasformare la
materia
INNOVATIVO PROGETTO DELLA COMMISSIONE REGIONALE
AFFIANCATA DA TECNICI ED ESPERTI
L’iniziativa sarà illustrata martedì agli assessori Costo: 15 milioni di euro
Una fornace, basterebbe questo per rendere inerte l’amianto, trasformare
chimicamente in granelli inoffensivi le sue mortali fibre, e perfino
riutilizzare il materiale così ottenuto per farne piastrelle, o plastica da
vendere per rientrare dai costi, o per otturare le vecchie discariche, senza
dispersione in aria di particelle pericolose.
È il rivoluzionario progetto, messo a punto dalla commissione regionale amianto
con la fondamentale collaborazione di tecnici esperti, che martedì prossimo alle
11.30 verrà ufficialmente presentato agli assessori regionali Vladimiro Kosic
(Salute) e Vanni Lenna (Ambiente). Costo presunto dell’impianto: 15 milioni di
euro. Ma solo smaltire una tonnellata di questo purtroppo ancora diffusissimo
materiale ne costa 150: si stima che in Italia esistano sul territorio,
calcolando solo i tetti delle case in eternit, ben 2 miliardi di metri quadrati.
Lo spiega Mauro Melato, direttore dell’Istituto di Anatomia patologica con sede
a Gorizia, docente universitario e da un anno presidente della Commissione
amianto, che ha organizzato questo studio preliminare assieme al medico della
prevenzione dell’Azienda sanitaria Valentino Patussi, all’ingegner Renzo Simoni
dello stessa struttura, a Enrico Bullian, storico monfalconese e collaboratore
dell’Associazione esposti all’amianto (autore di «Il male che non scompare,
storia e conseguenze dell’uso dell’amianto nell’Italia contemporanea» pubblicato
dal Ramo d’oro), a un tecnico dell’istituto di Igiene ambientale di Pordenone, a
Mauro Graziani, docente di Chimica all’Università di Trieste e già preside della
facoltà, e soprattutto con la dotta consulenza di Alessandro Gualtieri,
ordinario di mineralogia all’Università di Modena e Reggio Emilia,
particolarmente esperto della materia.
Già Bullian nel suo libro parlava della possibilità di rendere inerte l’amianto,
le cui fibre sottilissime provocano asbestosi e mesoteliomi e hanno colpito
duramente le popolazioni di Monfalcone e Trieste, i lavoratori dei cantieri, dei
porti, i marittimi (solo di recente la Procura di Trieste è riuscita a chiudere
le indagini sulle responsabilità penali delle aziende in tante morti sul
lavoro).
«In regione - dice Melato - esiste una sola discarica per amianto, è in Friuli a
Porcia: è perfetta, ma non utilizzata, non sappiamo ancora perché. L’amianto a
caro prezzo rimosso viene spedito in Germania, perché in Veneto ormai tutti i
depositi sono pieni. Seppellire l’amianto però vuol dire consegnarlo alle
generazioni future, l’acqua piovana causa percolazioni, rivoli nei fiumi,
successivo disseccamento e quindi nuove fibre diffuse in aria. La vera soluzione
è distruggerlo per sempre, e solo in Francia esiste un impianto, che Simoni è
andato a vedere, ma produce una sostanza vetrificata e una lava poi
inutilizzabile, in Lombardia si fanno intanto prove tecniche».
In sostanza, si tratterebbe di impiantare in una zona senza rischio ambientale
questo capannone dotato di fornace a metano, dove lavorerebbero circa 30 persone
(tra cui chimici). L’amianto immesso, previo imballaggio sigillato, verrebbe
sottoposto ad alte temperature, tali da modificare chimicamente la sostanza e
renderla granulare, sabbiosa, riutilizzabile, in un ciclo operativo di 24 ore.
L’impianto potrebbe essere messo a disposizione anche del Veneto, per non dire
di Slovenia e Croazia, «dove c’è moltissimo amianto, la Croazia - sottolinea
Melato - l’ha messo fuori legge ben più tardi di noi».
Questa asportazione e distruzione, oltre agli evidenti vantaggi (manca però una
sperimentazione su cavie) ne porta anche di ordine economico: «I soldi che oggi
si spendono per mandare in Germania l’amianto - conclude Melato - potrebbero
essere usati qui, senza dire che i privati di fronte a costi tanto ingenti oggi
non rimuovono terrazzini, tetti, pollai fatti di eternit, o lo fanno magari
abusivamente».
GABRIELLA ZIANI
AMIANTO - «Costi ammortizzati in breve» - Intanto la
Regione lancia un dvd su eternit e leggi
«Se si realizza, questo progetto sarà di un’importanza non
solo nazionale, ma europea». È il commento di Valentino Patussi, responsabile
del servizio Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda
sanitaria che ha collaborato al progetto sulla trasformazione in materiale
inerte dell’amianto, a cura della specifica Commissione regionale e del
presidente Mauro Melato, che martedì prossimo sarà presentato agli assessori
competenti. «È la politica che decide - sigla Patussi -, ma l’importanza
dell’operazione appare straordinaria, è stato calcolato che in quattro-cinque
anni i costi sarebbero ammortizzati, talmente tanto è l’amianto da mettere in
sicurezza, e si abbatterebbero le spese di rimozione: uno dei più pericolosi
cancerogeni potrebbe davvero sparire».
Per informare sull’amianto in tutti i suoi risvolti, scientifici, medici, legali
e legislativi, la Commissione regionale ha prodotto anche un dvd che sarà
diffuso gratuitamente a tutti i potenziali interessati, dagli «esposti
all’amianto» ai medici. Lo ha finanziato la Regione, che vi ha inserito anche
informazioni su tutti i provvedimenti legislativi esistenti. Intanto però a
Trieste la categoria dei marittimi, pur consistente, è l’unica a non vedere
ancora riconosciuti i propri diritti in materia pensionistica, per un intricato
e a tutt’oggi irrisolto incrocio di responsabilità e inefficienze burocratiche.
(g. z.)
Un «corteo» di cavalli e maiali contro la Tav che buca
il Carso - RITROVO ALLO STAGNO DI BASOVIZZA
BASOVIZZA Anche gli animali si schierano contro la Tav.
Non saranno infatti solo gli gli abitanti del Carso triestino a ribadire la loro
preoccupazione per il progetto della Trieste-Divaccia: il prossimo 18 maggio,
infatti, allo stagno di Basovizza i residenti dell’area si raduneranno in tanti,
portando con sé mucche, maiali, cavalli, asini, pecore ma anche cani e gatti di
proprietà.
Alla «Gita in Valle», come è stato ribattezzato l’appuntamento, ci saranno in
effetti allevatori come pure lavoratori impegnati in altri settori. Tutti uniti
da un denominatore comune: l’ansia per il futuro del territorio carsico e della
provincia intera, nella fattispecie legata ai cambiamenti innescati dai lavori
per la realizzazione del tratto locale del Corridoio 5. La particolarità,
stavolta rispetto al passato, sarà proprio quella di vedere scendere in campo
gli animali al fianco dei loro padroni. Per l’occasione è stato coniato anche
uno slogan: «Ti col can e mi col mus, ’ndemo in Vale zu fuss». «Fra le varie
specie, ci saranno almeno un centinaio di animali - osserva Virgilio Zecchini,
referente del Gruppo Amici della Val Rosandra -. Avremo anche delle carrozze
trainate dai cavalli, ma qualcuno probabilmente si porterà dietro pure una
vaschetta con i suoi pesci rossi». Il messaggio che gli organizzatori vogliono
veicolare è chiaro: a loro avviso, infatti, i problemi che i tuboni della
Trieste-Divaccia andranno a innescare riguarderanno non solamente gli uomini, ma
la natura nel suo complesso. Oltre ai residenti sul Carso triestino, il raduno
si connoterà probabilmente di un carattere transfrontaliero: «Siamo sicuri che
ci raggiungerà anche qualche cittadino sloveno dalla vicina Repubblica»,
aggiunge Zecchini.
L’organizzazione del ritrovo del 18 maggio (fissato peraltro alle 16.30) fa
riferimento, per informazioni e indicazioni logistiche, al bar Cappuccetto rosso
di Trebiciano. Da lì, è stato avviato il passaparola che dovrebbe portare
«quanto meno cinquanta persone (gli animali, come accennato, saranno di più, ndr)
nella zona dello stagno di Basovizza in quella giornata», spiega la titolare del
locale stesso, Michela Vattovani. «Lì - prosegue - rifletteremo sul teorico
impatto ambientale dell’opera. Poi, alla fine, ci sarà lo spazio anche per una
bevuta».
(m.u.)
«Gli ambientalisti sempre contrari all’insediamento di
Monte d’Oro»
Leggo le critiche del signor Leo Tamburini alle
associazioni ambientaliste su vari argomenti e vorrei precisare quanto segue.
1) Personalmente ho contribuito all’accantonamento dell’ipotesi del raddoppio
della galleria a Muggia anche a salvaguardia degli edifici esistenti nelle
adiacenze nonché della serenità di decine di famiglie ivi residenti, ottenendo
nel contempo che 500 mila euro ancora in cassa vengano destinati a uno studio
sull’intera viabilità comunale attuabile soltanto con il consenso dei cittadini.
2) Per quanto riguarda la costruzione a suo dire di «capannoni agricoli», ho
l’impressione che lei si sia confuso con il termine «deposito attrezzi
agricoli».
3) Per quanto riguarda le aree vicine al complesso residenziale «Costa Alta», il
funzionario della Provincia di Trieste che segue la conclusione della vicenda
collegata alla frana sulla sottostante strada provinciale del dicembre 2005, a
seguito dell’intervento degli ambientalisti presso l’organo competente, mi ha
informato che l’Ente sta recuperando parte degli 850 mila euro costituenti il
quadro economico di spesa per la messa in sicurezza e consolidamento della
scarpata previo accordo con la ditta proprietaria; è in corso la predisposizione
del piano catastale-tavolare di frazionamento per individuare esattamente le
aree da cedere all’Ente pubblico. Rilevo pertanto che l’intervento ambientalista
è risultato utile per raggiungere l’interesse pubblico e quello dei cittadini
come nel caso della collaborazione con il Comune che grazie ai costanti contatti
con la Protezione civile ha portato alla positiva e definitiva conclusione dei
lavori per la messa in sicurezza della frana su una delle scarpate di Borgo San
Cristoforo.
4) Parte dei residenti di Borgo San Cristoforo come pure Borgo San Pietro ai
tempi della precedente amministrazione si sono trovati in contrasto con il
Comune a causa di nuove opere allora proposte nei loro borghi; i progetti
prevedevano interventi che avrebbero portato a un ridimensionamento del numero
dei parcheggi. A quanto mi è stato riferito, quando uno dei residenti di Borgo
San Pietro si era lamentato del progetto, vista anche la presenza di persone
anziane, la persona con cui parlava gli aveva risposto che potevano andare a
parcheggiare a Muggia Vecchia (tanto per capire: circa un chilometro a monte).
Alla fine il cambio dell’amministrazione comunale ha portato alla chiusura della
vicenda lasciando invariato il numero dei parcheggi come richiesto dai
residenti.
5) Per quanto riguarda quello che lei ha definito «l’ecomostro denominato Monte
d’Oro», opera alla quale siamo sempre stati contrari, debbo ricordarle che la
modifica dello strumento urbanistico che ha permesso la sua realizzazione è
stata approvata dal precedente consiglio comunale. Mi sembra poi quanto meno
singolare la sua posizione quando, lamentandosi dell’opera, critica gli
ambientalisti, pure contrari, invece di rivolgere i suoi commenti verso chi lo
ha autorizzato. Per quanto riguarda poi la realizzazione di un rimessaggio per
camper in una zona ad alto pregio ambientale nella parte alta della Valle delle
Noghere, va rilevato che l’intervento delle associazioni ambientaliste non è
affatto contemporaneo all’inaugurazione del centro commerciale di cui sopra;
sono infatti passati già due anni dall’intervento delle Associazioni presso gli
enti competenti.
Fabio Longo - presidente del Comitato Sos Muggia
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2009
Bandelli: mostrerò a Racovelli il progetto di piazza
Libertà - L’ASSESSORE: NON INSABBIO NULLA
«Mi ritengo offfeso, io non ho ”lunghe mani”, forse è il consigliere Racovelli ad aver avuto, in quest’occasione, la lingua lunga. Ma lo smentisco subito: io non insabbio proprio nulla e non ho niente da nascondere né da temere, da mercoledì (domani, ndr) lo invito a contattare me o la mia segreteria per un appuntamento in cui potrà visionare il progetto di piazza Libertà, non serve che chiami Roma». L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli replica al verde Alfredo Racovelli, che aveva denunciato di non aver potuto accedere, tramite la dirigente d’area, l’architetto Marina Cassin, alla consultazione dell’ultima versione del discusso progetto di riqualificazione del fronte-stazione, quella con il lato di via Ghega ridotto da sette a sei corsie. «L’architetto Cassin - sbotta Bandelli - ha risposto correttamente a Racovelli. Si tratta di un progetto attualmente al vaglio della Soprintendenza, non è definitivo, può subire ulteriori modifiche. Mi dispiace che, a quel punto, non sia venuto da me come ha fatto altre volte, la strada la conosce bene. Mi stupisce la sua uscita, considero Racovelli persona corretta ed educata in ambito consiliare, ma capisco che fa gola una foto sul giornale...». Anche il presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor, ha dato però ragione a Racovelli. «Mi permetto di non commentare, chi vuol capire capisca», taglia corto Bandelli.
(pi.ra.)
Un catasto comunale per gli impianti termici -
L’ASSESSORE RICCARDI PRESENTA LA BOZZA DEL DISEGNO DI LEGGE REGIONALE
SULL’ENERGIA
Servirà a snellire accertamenti e ispezioni su quelle
strutture destinate al contenimento dei consumi
UDINE I Comuni si doteranno di un catasto degli impianti termici degli
edifici. Lo prevede la bozza del disegno di legge sull’energia presentato ieri a
Udine dall’assessore regionale Riccardo Riccardi ai rappresentanti delle
categorie economiche, delle associazioni ambientaliste, degli ordini
professionali e delle multiutilities del Friuli Venezia Giulia. Il catasto,
inserito all’interno del sistema informativo regionale, sarà formato attraverso
la comunicazione dei conduttori o degli amministratori di condominio che
dovranno indicare la titolarità, l’ubicazione, la potenza nominale, l’anno di
installazione e il tipo di combustibile in uso del proprio impianto, nonché le
sue successive sostituzioni o potenziamenti. Obbligo analogo anche per le
società distributrici di combustibili che dovranno comunicare ai Comuni la
titolarità e l’ubicazione degli impianti da loro riforniti negli ultimi mesi. La
norma va ad attuare quanto previsto dalle legge nazionale in materia ed era già
stata inserita nel ddl predisposto nella precedente legislatura che però aveva
ricevuto l’approvazione della Commissione competente senza riuscire ad approdare
per tempo in Consiglio regionale.
La realizzazione del catasto informatico comunale dovrebbe consentire di
omogeneizzare e rendere più efficaci ed economici gli adempimenti degli enti
relativi ad accertamenti e ispezioni degli impianti finalizzati al contenimento
dei consumi energetici. Un altro catasto, gestito dall’Arpa, riguarderà invece
gli elettrodottI con tensione superiore ai 130 kilovolt e consentirà di valutare
i livelli di campi elettrici e magnetici di eventuali nuove linee tenendo conto
di quelle esistenti evidenziando situazioni critiche in termini di esposizione
della popolazione.
Il disegno di legge, ha spiegato Riccardi, intende inoltre ridefinire le
competenze degli enti locali trasferendo in particolare alle amministrazioni
provinciali le competenze autorizzative (attualmente svolte dai Comuni) che
rimarranno invece in capo alla Regione per quanto riguarda impianti di grandi
dimensioni. I Comuni saranno chiamati a predisporre i Documenti energetici
comunali che saranno il passaggio attuativo del Programma energetico regionale e
dei Programmi regionali attuativi. La bozza si pone come obiettivo la
semplificazione delle procedure di autorizzazione a tutti i livelli per quanto
concerne impianti energetici di produzione, depositi e infrastrutture per il
trasporto e la distribuzione di energia, puntando allo strumento della
conferenza dei servizi per arrivare a procedimenti unici. «Entro la fine del
prossimo anno – ha affermato Riccardi – andrà ridefinito il Piano energetico
regionale. Nel frattempo è comunque necessario mettere mano alla legge
attualmente in vigore (datata 2002, ndr) soprattutto sul piano delle procedure».
(r.u.)
La Regione parte civile contro Fogar - Il presidente
del Miani accusato di falso e truffa: la difesa cita 9 testimoni - In ballo un
contributo da centomila euro
L’Amministrazione regionale si è costituita ieri parte
civile nel processo che vede sul banco degli imputati Maurizio Fogar, al vertice
da innumerevoli anni del Circolo ”Ercole Miani”. Fogar è stato rinviato a
giudizio dal gip Enzo Truncellito per truffa aggravata e falso. Secondo
l’inchiesta diretta dal pm Giuseppe Lombardi avrebbe ricevuto dalla stessa
Regione, attraverso attestazioni che l’accusa ritiene false, centomila euro di
contributi per il ”suo” circolo. I contributi su cui si è focalizzata
l’attenzione degli investigatori della Guardia di Finanza sono quelli del 2005 e
del 2006.
La Regione ha affidato il mandato di rappresentarla nel processo all’avvocato
Mauro Cossina ma nel dibattimento ci sarà anche una seconda parte civile: nel
corso dell’udienza preliminare si era infatti già costituito Giorgio De Cola, a
cui era stato attribuito il ruolo di componente del Consiglio direttivo del
Circolo Ercole Miani. «È stata un’attestazione del tutto falsa, fatta a mia
totale insaputa», ha sempre affermato De Cola che dopo aver scoperto questo
significativo ”dettaglio” ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine conclusasi col rinvio a giudizio
dell’«apparente» presidente Maurizio Fogar per falso e truffa. «Apparente» è la
definizione che compare sul decreto di rinvio a giudizio.
Il processo entrerà nel vivo il prossimo 30 novembre e sarà celebrato dal
giudice Giorgio Nicoli. Il difensore di Fogar, l’avvocato Guido Fabbretti ha
annunciato che chiederà l’audizione di nove testimoni, mentre l’accusa ne ha già
citati 17.
Tempi lunghi insomma, ma anche una battaglia a tutto campo. La difesa ha già
spiegato che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare - il
Circolo Miani a presentare la richiesta di contributi pubblici, in quanto «ente
di interesse culturale». Erano infatti disponibili i finanziamenti e i
contributi della legge 68/81.
Il Circolo aveva depositato la documentazione richiesta, e secondo la Procura
aveva «attestato falsamente a un pubblico ufficiale, individuato nel
responsabile regionale del procedimento relativo alle concessione del
contributo, che il Consiglio direttivo era formato da Giorgio De Cola, Luciana
Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucc ae Fulvio Montecarlo». Secondo
l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi
consuntivi, anche il direttore regionale del Servizio delle attività culturali
Nicolò Molea che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i
centomila euro.
(c.e.)
I risultati del progetto "3 Erre": riuso di materiali
con fantasia - PRESENTATA LA FASE FINALE
TRIESTE Muggia, grazie ai suoi ragazzi, da quelli delle
scuole di infanzia fino agli iscritti delle medie, è riuscita a portare a
termine un progetto che oramai da due anni impegnava, istituti scolastici,
ricreatori e istituzioni di diverso grado. "3 Erre" (risparmio, riuso, riciclo)
è arrivato alla sua fase conclusiva, la presentazione dei lavori finali. Ieri
nella sala Negrisin di Muggia, è stata aperta per un'ora in anteprima
l'esposizione di tutti i lavori creati durante la fase precedente del progetto.
L'idea è quella di risparmiare più materiale possibile e quindi riutilizzarlo in
altre forme: ecco prendere vita vestiti o borsette, creati con borse di
surgelati, sacchetti di plastica, alluminio e lattine. «Nella fase finale -
spiega l'insegnante Irene Favet - abbiamo cercato di unire le diverse
generazioni, invitando nonne, zie e mamme a lavorare con i ragazzi per insegnare
loro vecchi trucchi del passato». «L'aspetto più entusiasmante - dice Elide
Catalfamo, responsabile del progetto - è il coinvolgimento della comunità
locale».
Il progetto è riuscito nell'intento di modificare un po' le abitudini della
comunità. «Negli ultimi anni qualcosa è cambiato - conferma il vicesindaco di
Muggia, Franco Crevatin - grazie sicuramente ad una nostra precisa politica di
amministrazione, ma sicuramente dobbiamo anche dare atto al valore di questi
progetti».
Cristina Polselli
URBANISTICA - Piazza S. Antonio
Cosa diranno i nostri cari commercianti di 4 anni di
lavori per il parcheggio di piazza S.Antonio? Quindici anni fa raccolsero un
migliaio di firme per cancellare un pregevole progetto dell'architetto Gigetta
Tamaro che avrebbe restituito lo specchio d'acqua davanti alla chiesa in poco
più di un anno, trasformando il banale giardinetto in un teatro sull'acqua
fiancheggiato dalle antenne delle navi che un tempo ormeggiavano nel canale:
essendo il comune commissariato, una brillante dirigente si assunse la
responsabilità di cancellare il progetto già approvato e finanziato «perché
contrario alla volontà popolare». Oggi, con la crisi, che faranno? E chissà se
il sindaco Dipiazza ricorda la promessa elettorale di pedonalizzare tutto il
borgo Teresiano collegando i parcheggi più lontani con alcuni minibus (come in
funzione a Roma ormai da 30 anni)? A chi interessa oggi rovinare il centro
cittadino riportandovi il traffico allontanato con tanta fatica? Qualche urgente
risposta sarebbe davvero necessaria.
Lucio Vilevich
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2009
ALTA VELOCITÀ «Tav, in Val Rosandra 100 camion al
giorno» - La XXX Ottobre: dieci anni per asportare i previsti 8 milioni di metri
cubi di materiale
L’associazione chiede un «dibattito costruttivo»
sull’impatto ambientale
«Un dibattito costruttivo per la definizione di un progetto così importante
e vitale per l’economia dell’intera città». Sul nodo Trieste e infrastrutture -
nella fattispecie, su Tav e Val Rosandra - scende in campo anche l’associazione
XXX Ottobre, sezione del Cai incaricata di occuparsi di tutela e salvaguardia
del territorio. E lo fa per manifestare la propria preoccupazione sulla
Trieste-Divaccia con un intervento ufficiale del suo presidente, Giorgio Godina,
il quale riprende un paio di passaggi della relazione generale relativa allo
Studio ambientale del progetto: «Dal momento che lo studio è stato condotto
sulla base di dati disponibili in letteratura, ma senza un riscontro puntuale
sul campo, è difficile valutare gli impatti specifici esercitati sui singoli
elementi del sistema floristico e faunistico». E poi: «...alcune alterazioni
potrebbero risultare irreversibili per flora e fauna».
Queste le frasi che più delle altre hanno allarmato Godina, il quale, in chiave
futura e in tema di impatto ambientale, sottolinea un aspetto pratico legato
allo scavo e alla prevista asportazione di 8 milioni di metri cubi di materiale,
tra rocce calcaree ed arenaria, dalla zona carsica per l’effettuazione dei
lavori: «Considerando che un singolo grosso camion può trasportare 20 metri
cubi, per realizzare l’intero sterramento sarebbe necessario veicolare 100
camion al giorno per dieci anni consecutivi senza mai fermarsi».
Un dato, secondo il presidente della XXX Ottobre, «da moltiplicare ancora per
due, considerando per ogni singolo camion un viaggio di andata e uno di
ritorno». Il tutto, conclude, «con le ripercussioni del caso derivanti dalle
emissioni acustiche, da quelle dei gas di scarico nell’atmosfera, dalle
vibrazioni, all’interno o nei pressi dei centri abitati». Sulla base di queste
considerazioni e per spazzare via «i tanti riserbi e gli anomali silenzi» sul
tema, come li definisce lui stesso, Godina chiede un dibattito costruttivo fra
le parti, un coinvolgimento dei cittadini.
Il medesimo auspicio è stato rilanciato qualche giorno fa dal consigliere
regionale dell’Italia dei valori, Stefano Alunni Barbarossa, con
un’interrogazione presentata alla giunta guidata da Renzo Tondo. Alunni
Barbarossa, dopo aver sottolineato come «le popolazioni interessate dal
passaggio del tracciato non sono mai state coinvolte in alcun tipo di
discussione», chiede che le stesse siano contemplate per «scelte così importanti
per il territorio e che ricadranno nel bene e nel male anche sulle generazioni
future». La risposta, immediata come richiesto dall’atto del consigliere, è
arrivata attraverso l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti, Riccardo
Riccardi: «Per quanto concerne la tratta in territorio italiano, la Regione è
tenuta a dare l’intesa sulla localizzazione, sentiti i comuni nel cui territorio
si realizza l’opera (secondo l’articolo 3 del Decreto legislativo 190 del 2002,
ndr)». E, quindi, «appare pienamente garantito quel coinvolgimento dei cittadini
ritenuto necessario non solo dall’interrogante, ma dall’intero esecutivo
regionale», ha aggiunto Riccardi.
Una convocazione del Consiglio comunale è stata richiesta invece da Roberto
Decarli (Cittadini): «È arrivata l’ora che si parli di Tav nella sede più
appropriata, il Consiglio comunale di Trieste, invitando in questa assise i
membri del Ceb all’interno del quale è previsto un rappresentante della Regione,
del Ministero dei Trasporti e della Rete Ferroviaria Italiana, o in subordine
l’assessore Riccardi, e una rappresentanza delle associazioni ambientaliste più
rappresentative congiuntamente al Cai XXX Ottobre».
Proprio la settimana scorsa, il sottosegretario a Infrastrutture e trasporti
Bartolomeo Giachino, in visita a Trieste, aveva parlato della Tav
Trieste-Divaccia ricordando che «il governo considera il Corridoio 5 strategico,
per il trasferimento del traffico merci dalle autostrade ai treni, permettendo
così progressi in termini di sicurezza, mole di merci trasportate e un minor
inquinamento».
MATTEO UNTERWEGER
Piano traffico, più corsie per gli autobus
- PROGETTO IN GRAVE RITARDO, ORA SARÀ RITOCCATO PER ACCOGLIERE LE
RICHIESTE DI TRIESTE TRASPORTI
Senso di marcia invertito in via Geppa. Riproposto il
ring Corso Italia-via Carducci
Roberto Dipiazza, in ragione di quella delega alla mobilità trattenuta per
sé dopo l’uscita di scena di Maurizio Bucci, eletto un anno fa in Consiglio
regionale, assicura che ci sta lavorando sopra da almeno un mese e mezzo,
lasciando intendere che la grande novità sarà un incremento delle corsie
preferenziali per gli autobus. Ma l’opposizione, per voce del capogruppo del Pd
Fabio Omero, memoria storica del centrosinistra sull’argomento, non gli crede. E
torna a incalzare il sindaco sulla storia infinita del Piano del traffico,
«oggetto dei soliti silenzi e rinvii» anche adesso che è diventata realtà, da
quattro mesi, la «rescissione consensuale» della collaborazione con il professor
Roberto Camus. Un documento «nato male e finito peggio», con la bocciatura da
parte dello stesso Dipiazza del piano Camus, la cui ricostruzione - si mormora a
palazzo, e non solo tra i banchi del centrosinistra - si troverebbe ancora in
alto mare e sarebbe subordinata al varo di piani particolareggiati come Borgo
San Sergio piuttosto che San Vito (entrato a regime in questi giorni) o, ancora,
alla fresca variante per i lavori di pedonalizzazione tra piazza della Borsa,
via Einaudi e via Cassa di Risparmio con lo sguardo già rivolto verso il futuro
terzo ponte sul canale di Ponterosso.
ALTRE PRIORITÀ Una ricostruzione «organica» che, peraltro, non sarebbe neppure
rientrata fra le priorità dell’ammministrazione municipale. Da dove, di questi
tempi, si punta forte sulle partite del Parco del mare, il cui studio di
fattibilità dell’assessore Giovanni Ravidà approderà oggi in giunta, e della
variante generale al Piano regolatore, attesa al rush finale nelle prossime
settimane e vincolata a un’approvazione definitiva del Consiglio comunale entro
fine luglio.
In quel caso in effetti, pena la decadenza dei vincoli di salvaguardia del verde
e dei contesti urbani di pregio, una data di scadenza c’è. Quella che è sempre
mancata al Piano del traffico. Di date, ad oggi, Dipiazza non parla.
LA REVISIONE Parla, questo sì, che «sto lavorando, finalmente, su un documento
divenuto di proprietà del Comune, e lo sto facendo con risorse del Comune», dato
che è nata una task-force ristretta composta dal mobility manager Giulio
Bernetti e dal geometra Luigi Vascotto. Un percorso di revisione
tecnico-politica, dunque, con la supervisione del sindaco e assessore
autodelegato, con alcuni capisaldi: «Mai - dice ad esempio Dipiazza- invertiremo
la marcia di via San Francesco stravolgendo il flusso attuale. Resta valida poi
l’idea del Ring lungo Corso Italia e via Carducci, che resteranno così come
sono, e le Rive».
CORSIE PREFERENZIALI Primizie? Il primo cittadino si lascia scappare una «via
della Geppa a senso invertito, dalle Rive stesse per arrivare in via Carducci».
E solo per i bus. Perché, in realtà, il Piano del traffico targato Dipiazza e
non più Camus - riprendendo le annose richieste della Trieste Trasporti al
Comune, rimaste finora a mezz’aria - prevede attualmente una serie di
simulazioni per incrementare le corsie preferenziali. Obiettivo? «Aumentare -
insiste il sindaco - la velocità commerciale dei mezzi pubblici, che a Trieste è
bassa. E per questo ci confronteremo con la Provincia, che è l’ente competente
in materia. Più che del traffico urbano privato, che abbiamo in buona misura già
risolto con le Rive nuove e la Grande viabilità, bisognerebbe parlare del Piano
del trasporto pubblico locale».
PIERO RAUBER
PIANO DEL TRAFFICO - Omero: «Si procede a piccole
fette»
Per il Pd, però, quelle del sindaco Dipiazza, sono solo
«parole». «La verità - stuzzica Omero - è che il Comune continua ad applicare il
cosiddetto Piano Honsell-Barduzzi-Illy del ’98, quello che loro hanno sempre
detto che faceva schifo e che, subentrando come maggioranza nel 2001, avevano
immediatamente giurato di voler cambiare. Anche gli stessi piani
particolareggiati, come l’individuazione di parcheggi o le nuove delimitazioni
di aree pedonali, ultima quella attorno a piazza della Borsa, fanno riferimento
sempre al Piano del ’98». «Prima - aggiunge il capogruppo dei democratici in
Consiglio comunale - Dipiazza diceva che finché non finiva le Rive non varava il
nuovo Piano del traffico, poi che non l’avrebbe fatto prima dell’inaugurazione
della Gvt. Adesso ripete che non si può stringere, in vista di un’eventuale
pedonalizzazione di via Mazzini, finché non si levano le rotaie di Stream.
Sta di fatto che in questo modo si è trovata la strategia per non fare nulla. Il
procedere a pezzetti non sta in piedi. E intanto stiamo incassando soldi statali
dal fondo per la mobilità che dovrebbero servire per l’abbattimento
dell’inquinamento da traffico (525mila euro su un costo totale di 750mila, ndr)
per costruire il ponte sul canale di Ponterosso tra via Cassa di Risparmio e via
Trento».
Negato a Racovelli (Verdi) il progetto su piazza
Libertà - Il consigliere comunale invitato a rivolgersi ad una commissione di
Roma per visionare le carte
Per regolamento i consiglieri comunali dovrebbero in
teoria poter accedere agli atti amministrativi del municipio. In teoria,
appunto. Perché, nella pratica, capita che agli eletti quel diritto venga
negato. L’ha sperimentato a proprie spese l’esponente dei Verdi Alfredo
Racovelli, nel momento in cui ha chiesto agli uffici di ottenere una copia
aggiornata del progetto di riqualificazione di piazza Libertà.
«Rispetto alla versione originale sulla quale l’aula si era espressa tempo fa,
sono state apportate delle modifiche che riducono da sette a sei le corsie di
marcia sul lato di via Ghega - spiega Racovelli -. Modifiche annunciate
dall’assessore Bandelli alla stampa, ma mai illustrate ufficialmente al
consiglio. Per questo mi sono rivolto alla dirigente dell’area Lavori pubblici
Marina Cassin, chiedendo copia dell’elaborato. Mi è stato però risposto che il
progetto è ancora in fase d’istruttoria e, di conseguenza, non può essere
visionato».
Ricevuto il primo rifiuto, Racovelli ha bussato ad una seconda porta, quella del
segretario e direttore generale del Comune Santi Terranova: «Da lui mi sono
sentito dire che esistono diversità di vedute all’interno del Comune sulla
facoltà dei consiglieri di visionare i progetti - continua Racovelli -. Il
suggerimento finale, pertanto, è stato di rivolgermi ad una Commissione
governativa, con sede a Roma, che si occupa proprio di accesso agli atti.
Suggerimento che, ovviamente, non ho seguito. Mi pare evidente che qualcuno sta
provando ad insabbiare la questione. Non so se dietro a questa serie di no ci
sia la lunga mano di Bandelli. Sta di fatto che non si vuole fare chiarezza
sull’opera forse più contestata degli ultimi anni, contro la quale sono state
raccolte oltre 10 mila firme e su cui il consiglio deve necessariamente poter
tornare ad esprimersi».
Argomenti esposti anche durante l’ultima riunione nella quale l’esponente
dell’opposizione ha incassato l’appoggio e la solidarietà del presidente del
consiglio comunale. «A mio parere Racovelli, come ogni altro consigliere, ha il
diritto di ottenere copia dei progetti - conferma Sergio Pacor -. E a difesa di
quel diritto ho pure scritto un opuscolo, nel quale indico anche il percorso per
chi, ritenendosi leso, sceglie di ricorrere alle vie giudiziarie. Se Racovelli
deciderà di avviare un procedimento di questo tipo, gli metterò a disposizione
un avvocato. Ovviamente mi auguro che non si debba arrivare a tanto».
«Quando si tratta di interpretare leggi e regolamenti, la parola spetta
necessariamente al segretario Terranova - replica il sindaco Dipiazza -. È lui
che interviene ogni volta che viene segnalato un problema in consiglio. Detto
questo, io non ho problemi a mostrare il progetto di piazza Libertà a Racovelli
perché non c’è nulla da nascondere. Sarebbe il caso di abbandonare però questa
ostilità nei confronti di un intervento assolutamente necessario. Un intervento
- conclude Dipiazza - che ora viene criticato e che poi, una volta concluso,
sarà apprezzato da tutti come avvenuto per piazza San Giacomo».
(m.r.)
Sadoch in degrado, continua la protesta - I RESIDENTI
DI VIA POLLAIUOLO: EDIFICI PERICOLANTI DA DEMOLIRE
Continuano le proteste nella zona di viale Ippodromo. I
residenti di via del Pollaiuolo, riunitisi da tempo in comitato, chiedono al
Comune di intervenire sul degrado causato da un paio di edifici pericolanti che
da una quindicina d’anni hanno obbligato al transennamento di un lato della
strada. Gli abitanti sollecitano l’amministrazione ad applicare il piano
regolatore che prevede un allargamento della strada effettuabile appunto con
l’esproprio degli edifici pericolanti. Lanciano poi un grido di allarme,
sostenendo che nel comprensorio di proprietà della Art Duemila ci sarebbero
residui abbandonati di eternit polverizzato privi di protezione sul lato di via
del Pollaiuolo, nelle adiacenze degli edifici diroccati. Questi edifici fanno
parte del comprensorio dell’ex cartiera Sadoch, già citata anche per il
fallimento Tonnellotto, che con la sua Ipg srl vi doveva costruire la Residenza
Ippodromo. Con il fallimento la questione è finita in Tribunale, e la proprietà,
la Art Duemila, non può disporre del bene, affidato ad un curatore.
Ma andiamo per ordine. Spiega Elpidio Puppatti che in via del Pollaiuolo è
proprietario di due casette: «Il degrado è insostenibile. Nelle case diroccate
su un lato della strada si sono insediate anche persone senza fissa dimora. La
Art 2000 è la proprietaria di questi immobili, tranne uno. Chiediamo al Comune
di intervenire con un esproprio per eliminare le catapecchie e allargare la via,
come è previsto dal Piano regolatore». Analoga la richiesta di altri residenti,
come Mario Naveri e Marcello Pace.
La Art 2000 risponde per voce della proprietà e dell’architetto Fabbro, già
direttore dei lavori per Tonnellotto: «Escludiamo che ci sia dell’amianto
sbriciolato, Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata a suo tempo
dall’Azienda sanitaria. Se c’è qualche pezzo di amianto è intero e non
sbriciolato. Quanto agli immobili di via del Pollaiuolo, la situazione è in mano
al curatore fallimentare. Non possiamo né vendere né ristrutturare. Lanciamo
anzi un appello alle autorità per vedere sbloccata la situazione». La Art 2000
precisa anche di cercare di mantenere in sicurezza il sito, dove però i
vandalismi sono numerosi: quotidiani i danni alle recinzioni. Perciò invita i
residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta notino presenze sospette.
Intanto, il dirigente del Comune Carlo Tosolini precisa che «per gli espropri ci
vogliono soldi che in questo momento di congiuntura mancano. Il piano regolatore
peraltro è in fase di aggiornamento, ma non è detto che la variante riconfermerà
piccole modifiche stradali, come nel caso di via del Pollaiuolo».
Daria Camillucci
Consiglio direttivo fantasma: a giudizio
Maurizio Fogar - PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI - Le accuse del pm: falso e truffa
ai danni della Regione per un contributo di 100mila euro
Centomila euro. Oggi si apre davanti al Tribunale il
processo che vede imputato Maurizio Fogar, «apparente presidente» del Circolo
Ercole Miani, come lo definisce il pm Giuseppe Lombardi nel capo di imputazione
in cui gli contesta due ipotesi di reato: la truffa e il falso ai danni
dell’Amministrazione regionale. I centomila euro rappresentano quanto il circolo
ha percepito tra l’11 marzo 2005 e lo stesso giorno del 2006 e nello stesso capo
di imputazione la Regione Friuli Venezia Giulia viene indicata come ”parte
offesa”. In altre parole la legge le consente di costituirsi parete civile per
cercare di ricuperare all’erario, in caso di eventuale condanna di Fogar, i
centomila euro erogati per le attività culturali del Circolo Ercole Miani che
negli ultimi anni si è segnalato per l’intensa attività diretta a sottolineare
il pericolo per la salute della popolazione rappresentato dalle emissioni della
Ferriera di Servola. Innumerevoli le iniziative politiche ma anche giudiziarie.
In precedenza negli Anni Novanta lo stesso circolo aveva avuto il merito di
farsi editore di una pubblicazione di notevole spessore culturale e di aver
portato a Trieste, presentandoli al pubblico in conferenze e dibattiti,
personaggi come l’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov, i pm titolari delle
inchieste milanesi su «mani pulite» e gli avvocati difensori di alcuni dei
politici e manager imputati.
A mettere nei guai Maurizio Fogar è stato un esposto presentato da un cittadino
che ha sostenuto di avere trovato il proprio nome e cognome inserito- a sua
totale insaputa- nel direttivo del circolo Miani.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno evidenziato che la «cooptazione»
forzata non aveva coinvolto solo il firmatario dell'esposto ma anche altre
ignare persone. «Maurizio Fogar in qualità di apparente presidente del Circolo
Miani, in sede di presentazione di due documentazioni atta ad accedere ai
finanziamenti e ai contributi regionali, con artifici e raggiri consistiti nella
presentazione in due occasioni diverse, di due analoghe dichiarazioni nelle
quali attestava falsamente la composizione degli organi sociali del Circolo,
destinatario dei contributi e nella quale cooptava artificiosamente Giorgio De
Cola, Luciana Scherni, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Moncalvo,
attribuendo loro la falsa qualifica di componenti dell’inesistente consiglio
direttivo del circolo, traeva in inganno l'Amministrazione regionale del Friuli
Venezia Giulia così ottenendo ingiustamente la concessione di due diverse
annualità nella misura di 50 mila euro per il 2005 e altrettanto per il 2006».
Secondo il decreto di rinvio a giudizio firmato dal giudice Enzo Truncellito, le
cinque persone a cui era stato attribuiti falsamente il ruolo di componenti del
consiglio direttivo, «mai avevano prestato il consenso all’assunzione di quelle
funzioni».
Secondo l’avvocato Guido Fabbretti, difensore di Maurizio Fogar, il suo
assistito non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha unicamente degli
aspetti formali, tant’è che la procura non ha contesta alcuna uscita illegittima
di denaro dalla casse del circolo. Inoltre le assemblee si sono svolte
regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è mai stato
redatto alcun verbale. In sintesi le decisioni sarebbe state assunte in sede
assembleare, da tutti i 300 soci del circolo.
(c.e.)
SLOVENIA - La centrale di Krsko riprende l’attività - Ispezionati il reattore nucleare e i sistemi di raffreddamento Sostituite 56 barre di uranio
KRSKO - Dalla notte tra sabato e domenica, la centrale nucleare di Krsko è nuovamente collegata alla rete dopo un mese di lavori di revisione dell'impianto. Il reattore è stato riacceso alcuni giorni prima, ma, come sempre in questi casi, ci sono volute non meno di 72 ore perché la centrale potesse operare a pieno regime.
Il reattore era stato spento agli inizi di
aprile, quando si è concluso il 23.o ciclo di combustibile. Sono state
sostituite le barre di uranio esaurite, 56 sulle complessive 121, ed è stato
revisionato l'intero sistema. Sono stati ispezionati il reattore, le condotte, i
sistemi di raffreddamento, i generatori di vapore, e tutte le saldature. La
pausa annuale è stata sfruttata anche per apportare alcune migliorie tecniche
legate fondamentalmente agli strumenti di misurazione. I lavori hanno coinvolto
tutti i 600 dipendenti della centrale e circa 2000 collaboratori esterni, in
prevalenza altamente specializzati.
Tutto si è svolto senza grossi problemi, se si esclude un piccolo incidente sul
lavoro, peraltro senza gravi conseguenze, quando un operaio è scivolato
dall'impalcatura durante i lavori di pulizia del serbatoio con acqua distillata.
La centrale è stata collegata alla rete con qualche giorno di ritardo sui tempi
previsti, ma solo perché non c'era alcuna fretta. «E' stato fatto un grande
lavoro - ha dichiarato il direttore dell'impianto Stane Rozman - e non c'era
bisogno di stringere i tempi, anche perché i consumi sono calati e, viste le
piogge di aprile, pure le centrali idriche non hanno nessuna difficoltà per
operare a pieno regime».
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2009
In sfilata anche la protesta No-Tav - TANTI GLI
AMBIENTALISTI ARRIVATI DA FUORI PROVINCIA
Lavoro e diritti innanzitutto, ma anche difesa
dell’ambiente e rispetto per il territorio. Le celebrazioni del 1 maggio a
Trieste hanno assunto quest’anno un chiaro sapore ecologista, grazie alla
presenza in corteo di decine di ambientalisti. Giovani e anziani, alcuni
arrivatia anche da fuori provincia, decisi ad esprimere con forza la loro
contrarietà a «tutte quelle opere folli che la politica spaccia per occasioni di
sviluppo, ma che, invece, altro non sono se non manovre per arricchire i soliti
noti e violentare l’ambiente».
Ecco allora gli striscioni contro l’alta velocità ferroviaria - «l’illusione di
un lavoro, la certezza di sprechi e danni al territorio» -, le critiche alle
istituzioni che sostengono il progetto del rigassificatore, gli slogan per dire
no all’autostrada Carnia-Cadore e agli interventi che rischiano di stravolgere
l’habitat del fiume Tagliamento. Il tutto accompagnato da un colonna sonora
particolarmente efficace: Caparezza e la sua «Grande Opera», manifesto della
lotta contro le lobby dell’edilizia e le decisioni prese sulla pelle delle
popolazioni.
Una protesta comunque pacifica e pacata: chi temeva provocazioni da parte dei
gruppi No Tav è stato smentito. L’unico e innocuo fuori programma è stata la
costruzione di un «carretto ad alta velocità», fatto correre in piazza Unità
sotto lo sguardo divertito di centinaia di manifestanti.
(m.r.)
Muggia, via libera al prg del porto -
Decisivo il voto della maggioranza, si è astenuto il centrodestra -
Insoddisfatto e molto critico il Comitato per la salvaguardia del Golfo
DOPO UNA COMBATTUTA SEDUTA NOTTURNA
MUGGIA Il consiglio comunale di Muggia si è espresso favorevolmente per il
raggiungimento dell’intesa per il Piano regolatore del porto di Trieste.
Al termine di una seduta iniziata alle 18.30 e terminata ben oltre la mezzanotte
la maggioranza di centrosinistra ha fatto passare il documento con l’aggiunta di
un emendamento firmato dal consigliere Paolo Prodan (Pdl) rispondendo
positivamente all’Autorità portuale.
Astenuti dal voto invece i consiglieri di centrodestra presenti in aula.
«Abbiamo scelto concetti chiavi quali il porto, le navi, le gru, l’incremento
commerciale, il tutto inquadrato in uno sviluppo sano –ha spiegato il sindaco di
Muggia Nerio Nesladek- ma abbiamo scelto anche il mare, anche a costo di
sacrificarne un pezzo».
Il primo cittadino ha poi ricordato che il Piano regolatore del porto è «uno
strumento necessario per la crescita economica dell’area, che favorirà i
traffici commerciali, il movimento di navi e l’occupazione».
La riunione del consiglio ha visto anche la presenza in aula del comitato per la
Salvaguardia del Golfo di Trieste il quale, tramite il responsabile Arnaldo
Scrocco ed il consigliere comunale di San Dorligo Giorgio Jercog, ha fatto
pervenire ai consiglieri, agli assessori e al sindaco Nesladek un volantino con
il quale si esortava il consiglio a rifiutare qualsiasi tipo di risposta
all’Autorità portuale sul Piano per la «sostanziale incompletezza dello
specifico strumento, risultante esso sprovvisto della prescritta Vas
(valutazione ambientale strategica), strumento senza il quale l’atto proposto è
da considerarsi annullabile per violazione di legge».
La votazione favorevole al Piano regolatore del porto giunge pochi giorni dopo
il nulla osta arrivato dal consiglio comunale di Trieste con il sì da parte sia
del centrodestra che dal centrosinistra.
Uniche eccezioni il consigliere dei Verdi per la pace Alfredo Racovelli,
astenutosi dalla votazione, ed il consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano
Edera, uscito dall’aula prima del voto.
(r.t.)
PRG - NESLADEK SPIEGA IL VOTO - «Una scelta strategica
anti-rigassificatore»
«Un evento di grandissima importanza non solo per il
territorio di tutta la provincia ma anche per la stessa città di Muggia che
accoglierà sul suo territorio, nella zona ex Aquila, una importante espansione
del porto stesso». Questo il commento del sindaco di Muggia Nerio Nesladek
all’avvenuta approvazione in consiglio del piano regolatore portuale. «Queste
intese – scrive in un’articolata nota – sono la premessa di un rilancio dello
sviluppo portuale da molti anni atteso e voluto da parte di parte dei
lavoratori, degli imprenditori e di tutta la comunità». «E’ stata anche una
scelta strategica – precisa però Nesladek – contro la paventata installazione
del rigassificatore a due passi da casa nostra. Premesso infatti che non abbiamo
purtroppo nessuna possibilità di porre veti su quell’installazione perché
territorialmente non competenti, siamo però convinti che, proprio per questioni
di spazio, sarà molto difficile realizzare un impianto di quel tipo in uno
spazio angusto tra un terminal petroli già esistente e quel nuovo terminal
traghetti nella zona ex Aquila, che giovedì abbiamo approvato con il nuovo piano
regolatore».
«E’ stata, infine – aggiunge ancora – una scelta di risanamento perché
attualmente il terminal Roro è l’unica possibilità per bonificare e
riqualificare la zona dell’ex Aquila. Stupisce e indigna quindi che il
centrodestra, guidato da un Grizon particolarmente incattivito, non abbia voluto
votare queste intese esprimendo quindi contrarietà al Piano regolatore portuale.
Hanno perso una grande opportunità di far del bene alla nostra comunità e al
territorio e creato imbarazzo al sindaco Dipiazza che aveva personalmente
garantito - senza dubbio alcuno - che il centrodestra a Muggia avrebbe votato
compattamente per il sì».
«Prendiamo atto invece – aggiunge Nesladek – della oggettiva alleanza che Grizon
e soci hanno stretto con l’associazione guidata dall’ex sindaco socialista
Rossini (ora dotatosi di un cognome diverso), politico di lungo corso che ora
tuona contro i megacentri commerciali, decisi proprio quando lui faceva politica
e amministrava».
Il progetto ”3 Erre” nelle scuole muggesane - Insegna
ai più giovani l’importanza di una corretta raccolta delle immondizie - ATTIVO
DAL 2006
MUGGIA La Provincia di Trieste, nell’ambito degli
interventi di sua competenza in materia di rifiuti, ha messo a disposizione
dell’Area Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste dei fondi per
la sensibilizzazione della popolazione scolastica e non dell’intera provincia,
al tema dei rifiuti, del ciclo integrato, del risparmio, della raccolta
differenziata. Il progetto «3 Erre», partito già nel 2006, e che aveva coinvolto
finora varie scuole triestine.
Alla seconda fase, che coinvolge invece Muggia e si conclude il 9 maggio, hanno
aderito circa cinquanta scuole e strutture educative comunali, con la
partecipazione diretta di duecento classi. I bambini di Muggia con gli
insegnanti e gli educatori hanno elaborato lavori pratici sul tema e di questi
racconteranno in conferenza stampa domani alle 17 nella Sala conferenze del
Centro Millo in piazza delle Repubblica. Dall’esperienza i giovani partecipanti
hanno compreso che l’obiettivo primario di ogni azione volta alla gestione dei
rifiuti deve essere finalizzata alla diminuzione della produzione degli stessi,
il termine – risparmio- quindi ha assunto il duplice significato di stimolo alla
riduzione dei rifiuti direttamente e indirettamente attraverso un diverso modo
di utilizzo degli oggetti di uso.
Nel 2008 il progetto «3 Erre» ha ottenuto un’importante riconoscimento dalla
Commissione nazionale italiana Unesco che gli ha riconosciuto le caratteristiche
di progetto conforme ai principi ed alle finalità dello sviluppo sostenibile.
IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2009
Ferriera, inquinamento sceso del 75% - L’abbassamento
del benzoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno
DOPO GLI INTERVENTI IMPOSTI ALLA LUCCHINI DALLA PROCURA
Una riduzione del 75 per cento, a distanza di quattro mesi. Questo il dato
sul sostanziale abbassamento della presenza nell’aria di benzoapirene,
nell’abitato di Servola, riscontro che scaturisce dalle misurazioni effettuate
da una delle due centraline sistemate in zona - su iniziativa del sostituto
procuratore Federico Frezza - dalla Procura della Repubblica del Tribunale di
Trieste. Precisamente si tratta di quella piazzata in via Pitacco, a 200 metri
dalla Ferriera.
La differenza emerge dal raffronto, contenuto nell’apposita relazione preparata
dal professor Pierluigi Barbieri (Dipartimento di Scienze chimiche
dell’Università di Trieste), fra i campionamenti effettuati in due periodi
diversi: il primo, da febbraio ad aprile del 2008, ed il secondo, iniziato a
Ferragosto e chiusosi il 10 dicembre dello stesso anno. Proprio in quest’ultima
fase, antecedente alla chiusura dell’altoforno 2 (conseguenza della mancata
effettuazione dei lavori previsti dall’Aia), la media giornaliera relativa
all’idrocarburo policlico aromatico è risultata sensibilmente più bassa: da 2,22
nanogrammi per metrocubo, il valore è sceso infatti a 0,57. Cos’è cambiato? La
variazione, secondo la tesi della Procura, è da attribuire a una serie di
interventi di ammodernamento realizzati dalla proprietà della Ferriera sullo
stabilimento siderurgico, su «indicazione» di Frezza. Riqualificazione del
sistema di aspirazione del piano di colata dell’altoforno 2, realizzazione di
una cappa di aspirazione localizzata presso la macchina a colare, ampliamento
della rete di irrorazione di parchi e piazzali, sdoppiamento del sistema di
riscaldamento delle batterie di distillazione, manutenzione delle porte della
cokeria e dei loro telai e sostituzione e revisione delle colonne di sviluppo
della batteria B: queste le prescrizioni contenute nell’istanza di dissequestro
dello stabilimento, firmata dal pm e datata 26 giugno 2007. Un provvedimento che
rientra nel più ampio scenario di un procedimento avviato per le presunte
omissioni di azioni volte ad impedire emissioni diffuse di fumi dannosi e
polveri imbrattanti. Un inquinamento dell’aria che, per la Procura, va
addebitato ai processi produttivi della Ferriera.
Le soluzioni proposte, e poi adottate dalla Lucchini Spa proprietaria dello
stabilimento di Servola, erano state suggerite in una precedente relazione da un
altro consulente della procura (dopo Barbieri), sulle cui considerazioni e
accertamenti si è basato il pm: si tratta del professor Marco Boscolo, docente
associato del Dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Ateneo triestino. «Dal
confronto dei dati emerge un miglioramento della qualità dell’aria - spiega
proprio Boscolo -, che riteniamo collegato agli interventi eseguiti. È servito
soprattutto lo sdoppiamento delle linee di alimentazione della cokeria, per
quanto concerne il benzoapirene: sono state così create migliori condizioni di
cottura, con una conseguente diminuzione degli sfornamenti prematuri, che ne
causavano l’emissione. Per le Pm10, importante l’intervento alla cappa di
aspirazione del forno di colata».
A proposito di Pm10, la centralina di via Pitacco ha registrato un calo anche in
questo caso: -23% (da una media giornaliera di 45,11 nanogrammi per metro cubo a
34,7). I dati sulla diminuzione generale vengono confermati dall’altro
apparecchio posizionato dalla Procura, quello di via dei Giardini nell’area
dell’ex scuola «Damiano Chiesa», a 500 metri dall’impianto: -43,5% per il
benzoapirene (da 0,31 a 0,175) e -21% per le polveri sottili (da 36,55 a 28,92).
Va rilevato come i campionamenti siano stati portati a termine in giornate prive
di ventosità elevata e di precipitazioni.
MATTEO UNTERWEGER
FERRIERA: insediata la nuova commissione
Si è insediata ieri mattina la Commissione speciale Ferriera del Comune. Il consigliere comunale del Pd, Marco Toncelli, ne è stato nominato presidente. L’orientamento iniziale del Consiglio era quello di eleggere Roberto Decarli (Cittadini), che però ha ribadito la sua rinuncia all’incarico, peraltro già espressa, in ragione di una scadenza del compito affidato alla commissione stessa (31 luglio 2009) - a suo avviso - troppo vicina. Lunedì i componenti si riuniranno per affrontare il primo punto per cui è stato costituito quest’organo, quello delle misure economiche da stabilire per aiutare i lavoratori finiti in cassa integrazione dopo la chiusura dell’altoforno 2.
«No Tav», la protesta va anche in sfilata - Contro il
progetto attesi manifestanti da tutta la regione
«Giù le mani dal Carso». Sarà questo lo slogan adottato
dai gruppi No Tav che oggi presenzieranno al corteo del primo maggio con uno
striscione bilingue atto a ribadire la contrarietà al progetto del Corridoio 5 e
del tratto Trieste-Divaccia. In campo San Giacomo si riverseranno dalla regione
i comitati dell’isontino, del monfalconese, della bassa friulana nonché il
comitato contro il Corridoio 5. A guidare le delegazioni i rappresentanti del
gruppo anarchico Germinal di Trieste. «Quest’anno diversi comitati del Friuli
Venezia Giulia hanno deciso di partecipare al tradizionale corteo dei lavoratori
–recita un documento stilato dal gruppo Germinal- perché la zona di Trieste (e
in particolare della Val Rosandra) è un punto fondamentale per il passaggio
della linea ad alta velocità/alta capacità. La realizzazione di una linea av
sarebbe una gravissima minaccia per il territorio, per gli abitanti ma anche per
i lavoratori, poiché porterebbe un pesante impoverimento delle risorse e un
danno alla specificità naturale e sociale di queste terre». La tratta
transfrontaliera Trieste-Divaccia con i suoi 35 km di percorso in galleria nel
Carso creerà «una devastazione ambientale molto più grave di quella che si è
avuta nel Mugello per la tratta Bologna-Firenze –sentenzia il documento redatto
dagli anarchici- perché il progetto che dovrebbe coinvolgere la Val Rosandra è a
tutti gli effetti uno dei progetti più assurdi della storia d'Italia, molto
peggio del ponte sullo stretto di Messina». I manifestanti anti Tav si
posizioneranno alla fine del corteo, nel tratto rappresentato da associazioni e
movimenti.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2009
ISTRIA - I mitilicoltori contro il ministero della
Pesca - Secondo i pescatori le biotossine non riguardano i mitili ma solo le
uova marine
Il ministero croato invita a rifornirsi solo da chi
rilascia un certificato sulla validità
UMAGO Per gli allevatori di mitili, i giornali che nei giorni scorsi hanno
riportato la notizia sulla chiusura di alcuni allevamenti lungo l'Adriatico
avrebbero travisato la realtà causando tra l'altro un grosso danno economico in
seguito al calo del 50 percento della vendita dei loro prodotti.Il quotidiano
«La Voce del Popolo» riporta le dichiarazioni fatte in conferenza stampa da
Claudio Coslovich e Daniele Kolec,presidenti delle Associazioni ittiche «Mytilus»
e «Mare Croaticum» secondo i quali i dati sulla presenza di biotossine si
riferirebbero alle uova marine e non ai mitili o cozze. «I controlli sui nostri
prodotti ittici sono rigorosissimi - hanno detto - e l eventuale presenza di
tossine viene rilevata immediatamente». Va precisato che della rigorosità dei
controlli e delle scarsissime possibilità che un prodotto avariato degli
allevatori autorizzati finisca a tavola lo abbiamo scritto anche noi. Appare
comunque inconfutabile il fatto che il Ministero dell'agricoltura, pesca e dello
sviluppo rurale abbia disposto la chiusura a scopo precauzionale di una decina
di impianti ittici lungo l'Adriatico. E si precisa che essi verranno riaperti
dopo che due controlli di seguito nell'arco di 48 ore risulteranno negativi al
test delle biotossine. La notizia è stata poi ripresa da tutti i giornali
incluse le edizioni on line. Il Ministero stesso invita i ristoratori e i
cittadini a rifornirsi di mitili esclusivamente presso i fornitori e allevatori
che rilascino dichiarazioni sulla validità dei loro prodotti. Va sicuramente
considerato un fatto che nuoce all'immagine degli allevatori in regola con la
legge: ovvero i mitili di sospetta provenienza (anche dai bacini portuali) che
finiscono nelle cucine dei ristoranti causando a volte intossicazioni e
avvelenamenti.
(p.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2009
Muggia, scontro su rigassificatore e viabilità -
L’INCONTRO ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE «IMPRONTA MUGGIA»
Il sindaco Nesladek contesta le affermazioni del
presidente dei Verdi Millo
MUGGIA Scontro la il sindaco Nesladek e i Verdi che sostengono la giunta. Il
vivace botta e risposta è avvenuto durante l’assemblea pubblica indetta
dall'associazione Impronta Muggia sul tema «La viabilità e il rigassificatore
nel nuovo piano del porto». L’incontro, organizzato nella sala Millo dall’ex
vicesindaco di Muggia Jacopo Rothenaisler (nuovo cognome dell’ex politico
socialista Rossini), ha visto anche la partecipazione dei Verdi di Muggia, che
siedono in consiglio comunale, con la presenza tra i relatori del presidente
provinciale Giorgio Millo.
Rothenaisler e lo stesso Millo hanno espresso preoccupazioni sulle possibili
conseguenze che il nuovo piano del porto potrebbe comportare per la viabilità
nel comune rivierasco. Ad essi ha replicato «in diretta» il sindaco Neskladek,
confutando le diverse affermazioni.
Rothenaisler ha puntato il dito soprattutto sul rigassificatore, composto da
«due serbatoi in cemento armato capaci di contenere 280 mila metri cubi di gas»
e sul rischio che «il vallone di Muggia possa diventare un posteggio per gasiere
e petroliere, e che una città che una volta era composta da pescatori prima,
salinatori poi e infine cantierini possa diventare una periferia portuale di
infima qualità».
L’ex vicesindaco ha parlato poi di diversi interventi, tra i quali un semaforo
in via Flavia per creare nella zona di Aquilinia lo spazio per il flusso di
veicoli commerciali, la costruzione del terminal ro-ro nei pressi del canale di
Zaule, quattro nuove rotonde, nonché la creazione di un altro centro
commerciale, quasi il doppio del Freetime, opere che andrebbero ad incidere
negativamente sul traffico nella zona delle Noghere.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Giorgio Millo (Verdi Muggia), il
quale ha espresso «preoccupazione anche perché giovedì (domani, ndr) andremo in
consiglio comunale a votare un’intesa, strumento previo il quale il piano
regolatore viene adottato dal comitato portuale, che però non conosciamo». Millo
ha poi ribadito l’importanza, come riportato nei documenti rilasciati
dall’Autorità portuale, di «garantire la più ampia partecipazione della comunità
alle scelte da effettuare».
Il sindaco Nerio Neslade ha smontato in maniera articolata gli argomenti di
Rothenaisler e Millo. «La viabilità proposta non sarà affatto così – ha spiegato
– perché manca quell’opera fondamentale che è il bypass di Aquilinia, struttura
a quattro corsie sull’asse Muggia-Trieste, necessario per l’espansione ad est
del porto».
Nesladek ha poi osservato che senza il bypass «non sussiste la possibilità di
creare il terminal ro-ro» e che quindi «il paventato passaggio di centinaia di
tir non sussisterà». Il semaforo in via Flavia, «inizialmente previsto, non
rientra tra i progetti, altrimenti il Comune non accetterà il patto d’intesa»,
ha aggiunto Nesaldek, che sul tema rigassificatore ha ricordato «la strenua
lotta perpetuata in qualità di sindaco contro questo progetto, per il quale le
redini appartengono alla maggioranza di centrodestra della Regione».
Riccardo Tosques
Mare pulito a Marina Julia
MONFALCONE Il monitoraggio delle acque effettuato
dall’Arpa ad aprile promuove Marina Julia. Trascorsi i sei mesi dall’ultimo
prelievo sfavorevole, nella seconda metà di luglio del 2008, il Comune di
Monfalcone invierà già all’inizio della prossima settimana alla Regione la
richiesta formale di revoca del divieto di balneazione, che ormai campeggia
sulla spiaggia da quasi due anni. L’Assessorato all’ambiente motiverà la domanda
non solo con l’esito favorevole del monitoraggio di aprile ma anche con i lavori
effettuati per mettere in sicurezza la rete fognaria di Marina Julia e quelli
avviati da Irisacqua per completare la rete monfalconese. «La Regione ha la
facoltà di reinserire Marina Julia nelle zone in cui è consentita la balneazione
- ha spiegato l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, comunicando l’esito dei
prelievi di aprile - e il nostro ufficio ha già avviato l’istruttoria per
raggiungere questo risultato».
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2009
Alta velocità a Trieste: ecco il percorso sotterraneo -
Il tunnel da Opicina a Conconello e poi verso San Giovanni, Cattinara e Val
Rosandra
I 35,6
CHILOMETRI FINO A DIVACCIA
In una prima fase erano nove le alternative
progettuali, poi è arrivata l’approvazione al tracciato definitivo da 35,6
chilometri della Tav Trieste-Divaccia nel luglio scorso. Negli anni si sono
inseguite incertezze, polemiche, proteste, dichiarazioni più o meno favorevoli
alla realizzazione. Di certo, c’è sempre stato un elemento: la tratta
trasnfrontaliera fra Italia e Slovenia fa parte di uno dei «Progetti prioritari»
dell’Unione europea (punto 6 dell’allegato III della decisione 884 del 2004
dell’Europarlamento), quello del potenziamento dell’asse ferroviario
Lione-Trieste e del suo allungamento verso Budapest e oltre. E con esso, della
più ampia direttrice Barcellona-Kiev, il Corridoio 5.
I residenti del comune di San Dorligo della Valle sono saliti di recente alla
ribalta delle cronache per il loro «no» al progetto, ma il collegamento
interesserà ovviamente anche il territorio cittadino di Trieste, non solo la sua
provincia. A prescindere da ogni valutazione sull’opportunità (economica,
ambientale, strategica e così via) di arrivare alla creazione effettiva
dell’opera, la stessa si collegherà alla linea in ingresso da Ronchi Sud,
sviluppandosi quindi a nord-ovest della città fino al chilometro 5. La velocità
iniziale di passaggio dei treni raggiungerà i 250 chilometri orari. La ferrovia
transiterà, nel sottosuolo, quasi all’altezza di Villa Opicina (in zona - al km
3,6 - è prevista la prima delle cosiddette finestre costruttive, inizialmente
utili ad avviare i lavori e poi, in futuro, come sfiati). Da lì, la direzione
intrapresa porterà verso est: Conconello e da lì, a sud, la zona più alta
dell’abitato del rione di San Giovanni, attorno al chilometro 7 del percorso. Il
tragitto continuerà all’altezza di Santa Maddalena Superiore, per infilarsi in
un corridoio compreso fra l’ospedale di Cattinara e la Grande viabilità
triestina. In quel tratto, il traffico ferroviario dovrebbe viaggiare a circa
180 chilometri all’ora.
Doppio bivio in prossimità dei 9.600 metri della linea, per consentire il
collegamento con la zona portuale-industriale di Trieste e agli impianti di
Campo Marzio da un lato e, dall’altro, con la stazione di Aquilinia. Quest’ultima
connessione avverrebbe utilizzando l’esistente raccordo della Wärtsilä,
avvalendosi inoltre di un nuovo segmento a singolo binario.
Al chilometro 10 e 900 metri, ecco la finestra costruttiva di San Giuseppe e
l’avvio dell’aggiramento dell’abitato di Bagnoli della Rosandra, che - secondo i
documenti - viene superato passandoci alle spalle, attraversando la Val Rosandra,
e proseguendo a destra (guardando la cartina geografica) di San Dorligo della
Valle. Infine, inversione di rotta e collegamento con la preesistente ferrovia
che porta da Capodistria a Divaccia. A proposito, per la Slovenia riveste una
grande importanza proprio il fatto di poter disporre di una nuova via
preferenziale per arrivi e partenze al suo unico porto nazionale.
I vertici di Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, e del Ministero dei
trasporti sloveno si sono anche soffermati, nel corso della progettazione, sulle
proiezioni dei traffici ferroviari al 2025, 2035 e 2045. Prospettive di lungo
periodo, dalle quali è emerso che, senza la Trieste-Divaccia, un eventuale
andamento di alto livello quantitativo di merci e passeggeri non potrebbe essere
evaso al 100 per cento. Dal punto di vista strategico, va ricordato che una
nuova direttrice di questo tipo permetterebbe l’alleggerimento dei traffici di
passeggeri sulle linee già esistenti, con il loro spostamento a bordo dell’Alta
velocità. Quello spazio libero verrebbe così riempito accogliendo nuove quantità
di merci.
MATTEO UNTERWEGER
Con la nuova linea in 17 minuti per completare il
viaggio - Nello studio di fattibilità elencate le criticità cui si potrebbe
andare incontro durante gli scavi
Il costo complessivo dell’opera si aggira attorno ai
due miliardi e 400 milioni di euro
Con la nuova percorrenza, i treni ad Alta velocità ci metterebbero,
nell’ipotesi più sfavorevole, 17 minuti per raggiungere Divaccia partendo da
Trieste. Ma il dato potrebbe scendere addirittura a 13. Stando alle relazioni
ufficiali dello studio di fattibilità del progetto locale per la Tav, il
risparmio in termini di tempo supererebbe l’ora: attualmente per raggiungere la
città slovena si impiegano in treno, dal capoluogo del Friuli Venezia Giulia,
qualcosa come 89 minuti. Praticamente un’ora e mezza. Grazie al collegamento,
gli utenti avranno poi l’opportunità di raggiungere Lubiana in 40 minuti.
Il costo stimato dell’opera dovrebbe aggirarsi attorno ai 2,4 miliardi di euro,
di cui oltre la metà per il tratto da realizzare eventualmente in territorio
italiano.
Nell’ambito dello studio di fattibilità, sono state anche analizzate le
criticità cui i lavori utili alla creazione dell’opera andrebbero incontro. Tra
queste, l’impossibilità di conoscere con precisione (bensì solo in linea di
massima) lo scenario sotterraneo che i tecnici si potrebbero trovare di fronte
durante gli scavi, ipotizzando ovviamente la presenza di fenomeni di carsismo.
Poi, gli aspetti problematici già noti interesseranno interferenze con
fondazioni stradali e sottoservizi, la tutela ambientale e del panorama
idrogeologico della Val Rosandra ma anche l’attraversamento sotterraneo delle
zone abitate della provincia. San Giovanni, come Conconello, ad esempio: uno
degli argomenti chiave sarà quello della distanza fra le case, in superficie, e
le doppie gallerie, nel sottosuolo.
Proprio sull’impatto ambientale, in passato, tutti i comuni del Monfalconese e
della provincia di Trieste interessati dal progetto (Trieste e Duino Aurisina
esclusi) si erano espressi negativamente.
(m.u.)
Sadoch nel degrado, la gente protesta - La
Circoscrizione chiede al sindaco di far pulire e recintare l’area
I residenti di viale Ippodromo e delle zone limitrofe
continuano a protestare per lo stato di abbandono in cui versa da anni l’ex
azienda cartotecnica Saul Sadoch, struttura attorno alla quale gravitano anche
anche tipi poco raccomandabili.
Nel comprensorio, che si apre su viale Ippodromo ma che ha tre lati affacciati
su case di via Settefontane, via del Pollaiuolo e via Pordenone, l’altra
settimana è stato rinvenuto anche il cadavere di un suicida.
In risposta alle sollecitazioni degli abitanti la Quinta circoscrizione ha
deciso di sccrivere al sindaco Roberto Dipiazza per richiedere un intervento che
imponga alla proprietà di migliorare almeno la recinzione dell’ex fabbrica,
nella quale si aprono varchi attraverso i quali chiunque può passare.
Va ricordato come nell’area occupata dal comprensorio fosse destinata a nascere
la Residenza Ippodromo della Ipg srl, di cui era leader Flaviano Tonnellotto, ex
presidente della Triestina. Un cantiere finito nelle aule giudiziarie in quanto
la proprietà del complesso Art 2000 aveva accusato la società di Tonnellotto di
non aver rispettato delle scadenze. A tutt'oggi la situazione appare in stallo.
Spiega intanto un abitante, Mario Naveri: «Tutto il materiale - inerti, qualche
mobilio e altro - che si trovava all’interno della fabbrica e i resti della
demolizione di un capannone, dal 2005 giacciono in abbandono sul retro del
comprensorio in una sorta di discarica a cielo aperto, con il risultato che ci
arriva la polvere nelle abitazioni quando tira la bora. Abbiamo anche paura di
ruberie e temiamo di fare brutti incontri quando torniamo a casa, visto che nel
luogo si entra con estrema facilità. Per questo motivo ci siamo rivolti alla
circoscrizione, dopo aver rivolto rimostranze da tutte le parti, perché si
faccia qualche cosa, almeno pulendo le vie esterne all’ex fabbrica dove il verde
e la pulizia delle strade avrebbero bisogno di un occhio di riguardo».
L’altro giorno il presidente della Quinta circoscrizione Silvio Pahor ha scritto
dunque al sindaco per chiedere un intervento. Dipiazza ha risposto promettendo
di interessarsi della questione.
Daria Camillucci
Pulizia a Canovella e Costa dei barbari: oltre 14 mila
euro - LA CONCLUSIONE IN SETTIMANA
DUINO AURISINA Un intervento straordinario di pulizia
delle spiagge di Canovella de’ zoppoli e della Costa dei barbari in vista della
stagione estiva è stato avviato dall’amministrazione comunale di Duino Aurisina
e sarà concluso entro la settimana.
In attesa del contributo chiesto alla Regione – pari a circa 70mila euro – per
le opere di riqualificazione in seguito al tornado dell’8 agosto 2008, la giunta
Ret ha deciso di mettere mano ai fondi comunali, sborsando complessivamente
14mila euro.
Il primo intervento ha interessato la zona di Canovella de’ zoppoli, con una
spesa di tremila euro. «La situazione di abbandono e la presenza di diversi
tronchi portati dal mare è diventata insostenibile – spiega l’assessore ai
Lavori pubblici Andrea Humar –. Come peraltro richiestoci da diversi cittadini,
abbiamo quindi deciso di rimuovere tutti i rifiuti».
Decisamente più sostanzioso il secondo intervento, che sta coinvolgendo la Costa
dei barbari, dove i detriti si sono accumulati anche con le forti piogge che
hanno messo in ginocchio il territorio il primo dicembre scorso. «Investiamo
circa 11mila euro per rimettere a posto l’area, attualmente impresentabile, in
vista della stagione balneare», ha commentato Humar.
La decisione da parte del Comune di intervenire sulle spiagge è nata anche in
seguito a diversi sopralluoghi effettuati dalla sezione di Duino della squadra
nautica della Polizia assieme al sindaco Ret e ai tecnici comunali.
Tutte le operazioni di pulizia delle spiagge vengono effettuate via mare, con
l’ausilio di una chiatta e la partecipazione del personale dell’AcegasAps. «E’
una manutenzione molto importante, in una zona ancora difficilmente accessibile
– ha aggiunto Humar –. Abbiamo deciso di intervenire via mare, in maniera tale
da rendere le operazioni poco invasive anche nei confronti dei cittadini».
(r.t.)
Muggia: sicurezza, porto e viabilità - ASSEMBLEA
PUBBLICA
MUGGIA «La viabilità e il rigassificatore nel nuovo piano
del porto». Questo il tema dell’assemblea pubblica, in programma oggi alle 17
alla Sala Millo, organizzata dall’associazione Impronta Muggia in collaborazione
col partito dei Verdi Muggia. L’incontro si propone di analizzare le future
problematiche di sicurezza e di viabilità in ambito locale legate all’attuazione
del nuovo piano del porto. Sono stati invitati il sindaco, gli assessori e i
consiglieri comunali di Muggia, il sindaco di San DorligoValle, la presidente
della Provincia, il presidente del Porto, quello dell’Ezit, e le associazioni
ambientaliste.
«Scempio irrimediabile alle Noghere» - WWF E
GREENACTION SULLA COSTRUZIONE DI UN CAPANNONE
TRIESTE «E' ormai irrimediabile lo scempio nella valle
delle Noghere, in seguito alla costruzione di un grande capannone a ridosso dei
laghetti». Lo affermano Wwf e Greenaction Transnational, che avevano già
denunciato ciò che stava accadendo. «Il capannone della società Mancar –
rilevano – è sito all'interno di un'area, adiacente il biotopo dei laghetti
delle Noghere, soggetta a vincolo paesaggistico e di grande pregio naturalistico
per la presenza degli unici lembi di bosco igrofilo della provincia, habitat di
svariate specie di uccelli e anfibi».
Malgrado ciò, sottolineano le due associazioni ambientaliste, sull'area continua
a gravare una destinazione urbanistica a zona industriale, «che da anni
chiediamo, invano, di eliminare».
Contestata anche l'autorizzazione paesaggistica che la Regione «contraddicendo
il proprio stesso vincolo» aveva concesso nell'ottobre 2007 al capannone della
Mancar.
Il Wwf aveva poi scoperto che nel maggio 2008 il Comune di Muggia aveva
rilasciato la concessione edilizia per la costruzione del capannone, in assenza
però della procedura Via (valutazione dell'impatto ambientale), necessaria in
base alle norme regionali. Di qui, lo scorso febbraio, la richiesta al Comune di
Muggia di revocare la concessione e bloccare i lavori, cominciati all’inizio
dell’anno. «Se ciò fosse accaduto – sottolineano gli ambientalisti – si sarebbe
potuto ancora rimediare ai danni. Il Comune è rimasto però inerte, senza neppure
inviare all'ufficio regionale competente per la Via la documentazione richiesta.
I lavori sono però continuati, con l'evidente obiettivo di mettere tutti di
fronte al fatto compiuto». In effetti la costruzione del capannone è quasi
completata.
«Non essendo stati fermati i lavori – concludono gli ambientalisti – i danni
arrecati all'ambiente naturale si possono considerare irreversibili. Saremo
perciò costretti a chiedere l'intervento degli organi giurisdizionali, per
tentare almeno di individuare con precisione i responsabili di quanto accaduto».
MUGGIA - Finti ambientalisti
Ho letto ultimamente della raccolta firme e dell’incontro
con l’amministrazione comunale di Muggia da parte di un gruppo ambientalista
nostrano. Ma come, questi ambientalisti sono gli stessi che hanno cavalcato la
campagna elettorale assieme all’attuale maggioranza in Comune e ora le si
scagliano contro? Non è forse più probabile che il tutto sia stato pianificato a
tavolino per togliere la «patata bollente» del raddoppio della galleria dalle
mani dell’amministrazione comunale? Finti ambientalisti che predicano bene e
razzolano male, ambientalisti che battendosi contro la cementificazione a
Lazzaretto sono poi i primi che lo fanno costruendo «capannoni agricoli»; finti
animalisti che d’inverno sfoggiano pellicce di animali ormai rari; finti
paladini della cittadinanza che per sottrarre quei «quattro» voti che hanno
permesso al centro sinistra di vincere le elezioni a Muggia avevano creato una
lista col finto intento di bloccare la realizzazione del complesso residenziale
denominato Costa Alta mediante l’assurda intenzione di avvalersi del diritto di
«comunella» del marciapiede di accesso allo stesso gruppo condominiale.
L’amministrazione stessa di Muggia, che prima delle elezioni faceva parte di
un’importante associazione ambientalista a livello nazionale, con sorriso a 32
denti ha tagliato il nastro dell’ecomostro denominato Monte d’Oro che ha
disintegrato una collina, estirpato dei boschi e bellissimi olivi e che con la
crisi economica potrebbe diventare una «cattedrale nel deserto», amministrazione
che sostiene finti parchi come quello della Concordia a Cerei. Altri
ambientalisti «amici» dell’amministrazione che poco prima dell’inaugurazione
dell’ecomostro guarda caso hanno cercato di distogliere l’attenzione mediante un
articolo sul costruendo rimessaggio per camper nei pressi dei laghetti delle
Noghere. Si contrappone a tutto questo un’opposizione con poca «verve», con poca
fantasia che si appiglia sempre agli stessi argomenti che vengono prontamente
ribattuti.
Leo Tamburini
SANT’ANTONIO - Parcheggio nell’acqua
E così vogliono costruire un parcheggio sotterraneo anche
davanti a S. Antonio Nuovo. Si tratta di un monumento pregevolissimo dal punto
di vista artistico, ma fu costruito con i materiali dell’eterna legge del «voio
ma no posso», la stessa che, proprio in quel tempo, onorò la visita di Francesco
I d’Asburgo alla strada nuova di Opicina soltanto con un misero obelisco di
legno. Una chiesa che fu recentemente incendiata da un petardo, e dalla quale
ruzzolò nella piazza la testa di un santo protettore. Essa ovviamente non fece
danno, ma di quell’edificio si dice che quando ci si posa un colombo ne crolla
il cornicione; e tuttavia i geologi, pur garantendone la stabilità, dopo costosi
studi ammettono che nello scavo potrebbero forse trovare tracce d’acqua marina,
quando un qualunque operaio della vecchia Acegat direbbe che, se per sostituire
un tubo marcio in un vasto raggio attorno al canale bisogna aspettare la bassa
marea, il nuovo parcheggio sarà necessariamente... un buco nell’acqua!
Ma poi, perché rischiare danni irreparabili, devastare un’altra piazza,
riempirla di odiosi muri in cemento, di griglie e di orribili ammenicoli, quando
a pochi metri c’è qualcuno che vorrebbe costruire un parcheggio meccanizzato? Se
quando va all’estero, la nostra classe dirigente non si limiterebbe soltanto a
gustarsi i pranzi di lavoro, saprebbe che in Europa, e perfino in Italia, si
costruiscono dappertutto parcheggi meccanizzati perché non necessitano di rampe
di accesso né di spazi di manovra, e perciò richiedono soltanto 1/3 di cubatura
rispetto a quelli tradizionali. Essi consentono un minor impatto ambientale e
così a S. Giacomo sarebbe stato possibile realizzare un parcheggio meccanizzato
senza tagliare gli alberi sopravvissuti a tutte le guerre. Purtroppo, sia
l’attuale amministrazione sia quella precedente ha sempre preferito le violette
agli alberi di alto fusto, ma mi chiedo: se si è sempre concessa la
realizzazione di qualsiasi obbrobrio, come mai non la si concede anche al
parcheggio di via Machiavelli, salvando così S. Antonio? Io non conosco il sig.
Pertot, ma corre voce che non possa fare nulla soltanto perché è inviso alla
nomenklatura. Gradirei una risposta da chi è convinto che siamo tutti d’accordo
a fare... un buco nell’acqua!
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2009
«AcegasAps punta a sinergie con Net Udine e Iris
Gorizia. Serve una rete a vantaggio di tutto il Nordest» - Paniccia: «Il futuro
si gioca sull’ambiente»
IL PRESIDENTE ILLUSTRA LE STRATEGIE DELL’AZIENDA ALLA
VIGILIA DELL’ASSEMBLEA SUL BILANCIO
TRIESTE Sottolinea il dividendo in un periodo in cui non tutte le quotate lo
pagano, intravede altri introiti straordinari sulla scia di Estenergy, e lancia
nuovi messaggi di aggregazione alle aziende del Nordest, soprattutto nel settore
ambiente dove, dice, «si gioca il futuro». E domattina Massimo Paniccia,
presidente di AcegasAps, illustrerà all’assemblea il bilancio 2008 che l’assise
(convocata alla Camera di commercio) sarà poi chiamata a votare.
Nonostante la crisi, il bilancio all’esame dell’assemblea registra cifre in
crescita ma un dividendo inferiore al 2007.
Il bilancio 2008 è molto migliore dell’anno passato, anche se non c’è lo stesso
risultato economico, che era dovuto al fatto straordinario della cessione del
49% di Estenergy. Quest’anno stiamo peraltro trasferendo a Estenergy 130mila
clienti elettrici, con un’operazione che è in itinere, per creare un polo ”dual
fuel”, gas-energia elettrica, con minori costi, minore burocrazia e mi auguro
anche minori spese per gli utenti. Il conto gestionale è molto migliorato; sono
mancati, come dicevo, gli apporti straordinari, che mi auguro arrivino nei
prossimi anni.
E il taglio al dividendo, dimezzato rispetto al 2007?
Abbiamo ritenuto giusto riconoscere ai soci solo parte del risultato, visto il
periodo economico che stiamo attraversando. Tra le utility quotate siamo però
una di quelle che paga il dividendo, diverse hanno rinunciato a farlo.
A cosa destinerete la quota non distribuita ai soci?
Siamo impegnati in diverse operazioni: il completamento della terza linea del
termovalorizzatore di Padova, siamo in corsa per realizzare l’interconnesione
elettrica con la Slovenia, e investiremo anche nel miglioramento delle reti
elettriche.
Per l’interconnesione con la Slovenia un progetto analogo è stato presentato da
un consorzio in cui c’è anche Iris Gorizia.
L’abbiamo proposto anche a Gorizia. Con la logica del fare assieme, abbiamo
detto alla Regione che sarebbe un vantaggio per tutti. Ma è sull’ambiente che
vanno attuate sinergie con Net Udine e Iris, perchè è in questo settore che si
gioca il futuro. Bisogna evitare di fare tante discariche, ottimizzando il ciclo
dei rifiuti. Stiamo investendo. Sarebbe bello farlo assieme agli altri.
Nel Nordovest si sta realizzando la grande aggregazione Iride-Enia. A Nordest,
invece, dopo tanti progetti la situazione ristagna.
Il nostro è un territorio ricco di campanilismi, ma molto meno di voglia di
aggregarsi. Ci troviamo però in un sistema che fa capire l’impoverimento che può
derivare dall’avere i centri decisionali lontano, come nei casi Stock e Safilo.
Salvo la fusione Trieste-Padova, nulla si è fatto finora nel Nordest. E’ invece
importantissimo trovare una definizione fra noi, Amga Udine, Iris e Ascopiave,
per contribuire allo sviluppo socioeconomico e della qualità della vita del
territorio.
Lo scorso anno avete tentato di sbloccare la situazione cercando un partner nei
termovalorizzatori, ma forse i tempi non erano i migliori.
Nel settore ambiente, AcegasAps, facendo leva sui sei termovalorizzatori del
Nordest, assieme alle aziende più virtuose nella raccolta differenziata potrebbe
creare una società che soddisfi le necessità dei nostri territori. E’ da vedere
come, ma l’argomento va approfondito e chiarito. Altrimenti può capitare che
grandi player intervengano nel nostro territorio. Se non si riesce ad arrivare a
una fusione, pensiamo almeno a una rete a vantaggio del territorio. I pesci
grossi sono sempre in agguato...
Alcuni mesi fa avete però bloccato la gara per la cessione del 40% dei
termovalorizzatori di Trieste e Padova.
Vogliamo un partner e non un padrone. I potenziali soci si sono affacciati nel
momento peggiore della storia finanziaria. Abbiamo rifiutato offerte che già
oggi sarebbero diverse. L’operazione è comunque necessaria per l’azienda e utile
per il territorio e i cittadini. Un’alleanza va quindi perseguita. Mi auguro
che, dopo il rinnovo delle concessioni del Comune e dell’Autorià portuale e
l’autorizzazione integrata ambientale per l’impianto di Trieste, potremo essere
più forti nelle trattative con partner di minoranza.
Riproporrete quindi la gara
Spero che entro l’anno il discorso termovalorizzatori possa essere riaperto ma
anche chiuso.
Di recente avete acquistato da Cofathec il 49% di Sinergie, che ora controllate
al 100%. A cosa puntate?
E’ un’operazione con grande valenza per i servizi sul territorio. Sinergie era
nata da un’alleanza con Cofathec, ma i problemi burocratici italiani hanno fatto
capire ai francesi che il futuro era incerto. Così abbiamo approfittato per
acquisire il 100%, con un impegno di 20 milioni. E’ un’ottima azienda, che dà
risultati eccellenti e li darà ancora di più. Mi aguro che faremo meglio nei
servizi energetici per gli enti pubblici e gli ospedali. Abbiamo l’interesse a
dare buoni servizi e a conservarli nel tempo. E’ un interesse reciproco,
dell’azienda e degli enti locali, un interesse della collettività. Anche in
questo caso è meglio che il controllo sia locale piuttosto che all’estero, la
qualità della vita se ne avvantaggia.
Gli investimenti in Serbia per la metanizzazione di alcune aree stanno intanto
dando i primi risultati.
Sia in Serbia sia in Bulgaria siamo presenti noi ma anche Amga Udine e altri.
Sarebbe meglio dare vita a sinergie, per disporre di una massa critica maggiore
che permetterebbe di gestire meglio più territori. La vocazione è di andare
all’estero, di portare il nostro know how. Mi auguro che si arrivi a qualche
forma di accordo.
La partecipazione nel previsto rigassificatore di Trieste è sempre nei vostri
piani?
Nel nostro Paese c’è sempre un problema di tempi. La centrale elettrica
(progetto Severstal-Lucchini, ndr) e il rigassificatore possono portare
ricchezza e occupazione. Siamo sempre disponibili a partecipare, ma vorremmo
qualche certezza sui tempi, per poter programmare gli investimenti. Quanto al
freddo prodotto dal rigassificatore va detto che, se ci fosse qualcuno disposto
a investire, disponendo a costo zero di una linea del freddo concorrenziale e
conveniente, ciò potrebbe dare lavoro a centinaia di addetti.
GIUSEPPE PALLADINI
Aurisina, Veronese chiede al sindaco Ret una riunione
sulla Tav
DUINO AURISINA Dopo l’affollata assemblea di qualche
giorno fa a San Dorligo, lo slogan «No Tav» si estende anche al territorio di
Duino Aurisina. A mostrarsi manifestatamente contraria al tracciato dell’Alta
velocità è la Lista Insieme, che per voce del capogruppo Massimo Veronese
richiede una riunione urgente in Comune per interrogare il sindaco Ret in merito
all’assenza di informazioni sul progetto.
«Lo studio di fattibilità dell’opera – esordisce Veronese – è stato presentato
principalmente per iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle. Registro
però un silenzio quasi assordante sull’iter di approvazione del tratto
Ronchi-Trieste. Infatti il problema dell’attraversamento completo del Carso
attraverso una lunga galleria è la vera questione di fondo. Su tale tema Regione
e ministero sono avari di dati e chiarimenti».
Oltre un anno fa il centrosinistra aveva organizzato un incontro ad Aurisina,
nel quale erano emerse forti criticità sull’ipotesi del tracciato. E ciò in
seguito alla presenza della falda acquifera a Medeazza e all’attraversamento dei
centri di Visogliano e Aurisina. «Abbiamo informato il sindaco – prosegue
Veronese – e presentato una mozione urgente in consiglio che è stata votata
all’unanimità. Ret si è formalmente impegnato a convocare l’assessore regionale
ai Trasporti per avere chiarimenti, ma a tutt’oggi non abbiamo notizie. Ritengo
per questo necessario che il sindaco convochi una riunione in municipio».
Non si tratta tuttavia dell’unico argomento su cui l’opposizione lamenta
scarsità di informazioni: «Nulla si sa – rimarca Veronese – sull’accordo di
programma che la giunta ha approvato mesi fa per un progetto teso alla
valorizzazione storico e culturale, ma anche turistico e agricola, dell’area dei
monti Ermada e Cocco, presentata dalla Tenuta nobile Castel Duino srl. Il
progetto è stato licenziato anche dalla commissione edilizia, ma
l’amministrazione non ha ritenuto utile informare né il consiglio comunale né
gli abitanti di Ceroglie e Malchina».
In sede di approvazione delle varianti 24 e 25 al piano regolatore, poi,
l’esecutivo si era impegnato ad avviare le procedure per la predisposizione di
una nuova variante al piano, così da soddisfare tutte le richieste non accolte.
A fine dicembre è stato conferito l'incarico per la redazione di uno studio
propedeutico alla modifica dello strumento urbanistico generale. «Ma il termine
per consegnare tale studio – conclude il capogruppo della Lista Insieme - era il
22 febbraio 2009. Siamo in aprile e di tale documento non si è mai discusso, né
in commissione né in consiglio».
Tiziana Carpinelli
«Energeticamente» sbarca a scuola - ALL’«ADDOBBATI
BRUNNER»
Sarà una mattinata speciale quella che vivranno martedì
gli studenti delle classi terze della scuola media Addobbati Brunner. Potranno
operare da protagonisti in modo interattivo con gli operatori dell'Osservatorio
meteorologico regionale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Arpa).
Promotore dell'iniziativa didattica è anche quest'anno Elvio Toselli,
responsabile del progetto di Educazione ambientale per la sostenibilità della
scuola, che collabora con il Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste
sui temi della biodiversità. Lo scorso anno, in questo contesto, intervenne sui
cambiamenti climatici Filippo Giorgi, del Centro di Fisica Teorica di Miramare.
L'appuntamento di martedì costituirà la prima tappa della mostra intitolata
«Energeticamente», allestita per la prima volta in una scuola di Trieste. La
mostra è composta da una ventina di laboratori portatili, che consentono di
osservare e comprendere fenomeni naturali e fisici e di valutare l'importanza
dell'uso di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili. I laboratori
portatili sono dei minikit tecnologici, che fanno vedere vari fenomeni: come un
impianto fotovoltaico sia capace di trasformare l'energia solare in energia
elettrica, con un modulo che ne stima l'efficienza, come funzionano un
generatore di idrogeno, un essiccatore solare, una miniserra. «La manifestazione
- spiega Toselli - si colloca all'interno del programma scolastico di Educazione
ambientale per la sostenibilità, che si concentra sulla conoscenza e lo studio
del funzionamento dei sistemi ambientali, per sviluppare nei giovani una
adeguata sensibilità ecologica e comportamenti più rispettosi verso l'ambiente.
In tale prospettiva si colloca il programma di studio che sviluppa in classe
lezioni sull'atmosfera e sul suo bilancio termico, sull'effetto serra, sui
contenuti del Protocollo di Kyoto del 1997, sul Piano d'azione di Bali del 2007
e sulle prospettive del prossimo convegno delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, che si terrà a Copenaghen a dicembre».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO,25 aprile 2009
San Dorligo, l’aula si divide sul «no» alla
Trieste-Divaccia - QUERELLE SULLA DELIBERA
SAN DORLIGO Per la prima volta il Consiglio comunale di
San Dorligo della Valle si è spaccato su un tema sinora comune a tutte le
fazioni politiche: il no al Corridoio 5. E’ successo nell’ultima seduta
dell’amministrazione Premolin, nella quale una delibera presentata
dall’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi ha creato un piccolo
putiferio sia tra l’opposizione sia nella fila della maggioranza.
«Sono rimasta offesa per quanto accaduto, anche perché il lavoro che
personalmente sto facendo per estendere la conoscenza tra la popolazione sulla
Trieste-Divaccia credo sia sotto gli occhi di tutti». L’assessore ai Lavori
pubblici Laura Riccardi Stravisi ha commentato così la decisione, presa dalla
maggioranza del Consiglio comunale, di cambiare il firmatario della delibera
sulla Tav presentata dalla stessa Stravisi.
I consiglieri che appoggiano il sindaco Premolin hanno infatti cambiato in corsa
la proponente della delibera, affidandone la sottoscrizione al primo cittadino.
Alcuni momenti di tensione si sono verificati anche quando è stato tolto uno dei
quattro punti della delibera, inerente «la proposta di individuare un percorso
alternativo della Trieste-Divaccia (rispetto a quello esistente, ndr)
avvalendosi anche di esperti esterni».
Nella dichiarazione di voto Elisabetta Sormani, capogruppo dei Cittadini,
partito di cui fa parte l’assessore Stravisi, ha annunciato di abbandonare
l’aula. «Ho voluto esprimere così il mio disappunto, sia per aver stralciato il
punto inerente la possibile creazione di un tracciato alternativo, sia per aver
tolto all’assessore Stravisi la proposta della delibera», ha commentato la
Sormani.
«Lo strumento della delibera era inadeguato, ma semplicemente ripetitivo di ciò
che già era stato espresso con due specifiche mozioni». Così il consigliere
Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro) ha comunicato il suo no al documento
Stravisi-Premolin, decidendo di lasciare l’aula al momento del voto assieme agli
altri componenti dell’opposizione (ad esclusione dell’esponente dei Verdi, Moira
Fontanot, che ha espresso parere positivo).
«L’atto era del tutto strumentale e dal chiaro sapore elettorale», ha ribadito
Giorgio Jercog (Oltre il Polo). Gli esponenti dell’opposizione hanno poi
proposto una loro mozione non firmata «senza alcuna rivendicazione, per
sostituire la maldestra delibera dell’assessore», come ha rimarcato Drozina.
La maggioranza però ha rimandato al mittente il documento, facendo dunque
passare la delibera nella quale si è proposto di ribadire alla Regione la
contrarietà del Comune alla Trieste-Divaccia, senza dimenticare di continuare a
dare informazioni ai cittadini sugli eventuali sviluppi del faraonico progetto
che dovrebbe pesantemente coinvolgere il territorio di San Dorligo della Valle.
Riccardo Tosques
Muggia, eco-casa nel rispetto del territorio - LA
PROPOSTA DI ALCUNI GIOVANI NELL’AMBITO DEL PROGETTO «3 R»
MUGGIA La Provincia punta sui giovani, perché come afferma
Elide Catalfamo «se vengono sensibilizzati per primi, i ragazzi riescono a
essere dei grandi catalizzatori anche per gli adulti». Così, con il progetto «3
R», si è pensato di divulgare l’abitudine alla raccolta differenziata attraverso
modifiche di comportamento a partire proprio dai più piccoli.
Il gruppo che ieri si è raccolto alla stazione degli autobus di Muggia, assieme
alla musica di Radio Fragola, con cartelloni e depliant è solo un assaggio della
creatività sprigionata dai ragazzi. Il progetto, arrivato ormai alla fase
finale, è finanziato da fondi regionali dati alla Provincia cha, a sua volta, si
è avvalsa dell'esperienza dell'Area educazione del Comune di Trieste. «Questo è
un buon esempio - afferma la Catalfamo, consulente del Comune e responsabile del
progetto ”3 R” - di come non sprecare i soldi. Piuttosto di pubblicare libricini
o guide varie abbiamo deciso di far parlare i giovani e le loro idee».
Da quando è iniziato, nel 2006, il progetto ha coinvolto circa 60 classi di
scuole pubbliche e private, e strutture educative comunali del territorio
provinciale, che hanno prodotto lavori creativi e originali. Circa 50 scuole
partecipano, quest'anno, alla seconda fase del progetto, per un totale di quasi
6 mila studenti dalla materna alle superiori.
Risparmio, riuso e riciclo. Tre buoni consigli, cui i ragazzi di Muggia ne hanno
accostato un quarto, ovvero «Ripenso al territorio seguendo il risparmio». Alan
Stefanato, Eugenio Dreolin, Lorenzo Bordon, Matteo Mikac e Niki Pecchiar, sono i
giovani del ricreatorio Penso di Muggia dai quali è partita l'idea e che,
assieme agli educatori della cooperativa La Collina, hanno presentato ieri il
loro progetto.
Una casa ecosostenibile ideale, un'enorme torre con ciascun piano dedicato a
qualcosa di speciale, come la musica. Un centro di aggregazione ad emissione
zero creato esclusivamente per loro. Da questa idea nasce Cream (Creatività ed
ambiente), progetto in evoluzione, visto che ieri un grande pannello bianco e un
pennarello erano a disposizione per chi volesse partecipare a questa idea con
qualsiasi contributo.
Assieme al cartellone anche un box per lasciare il proprio messaggio, spille e
altri gadgets, tutto materiale che nella prima decade di maggio sarà esposto
alla sala Negrisin di Muggia.
Cristina Polselli
Boom del fotovoltaico Riccardi: investiremo nelle fonti
rinnovabili - VERSO IL PIANO ENERGETICO REGIONALE
TRIESTE Cresce anche in Friuli Venezia Giulia la
produzione energetica da fonti rinnovabili: solo nel 2008 il fotovoltaico è
cresciuto del 214% e l’idroelettrico rappresenta ormai il 13% del consumo
interno lordo. E la Regione intende assecondare il trend: «Una componente
rilevante del piano energetico sarà legata alle fonti rinnovabili» assicura
l’assessore all’Energia, Riccardo Riccardi.
Prima, però, i numeri. Aper, Associazione produttori energia da fonti
rinnovabili, comunica che dal marzo 2008 al gennaio 2009 la potenza installata
in impianti fotovoltaici del Friuli Venezia Giulia è passata da 2,58 Mw a 8,12%
Mw, con una crescita del 214%. Aumenta anche la potenza installata in impianti a
biomassa che sono 11 sul territorio regionale e producono 8,0 Mw, collocandosi
nella fascia medio-bassa a livello nazionale. La produzione di energia
idroelettrica resta la prima fonte rinnovabile, con una potenza installata pari
a 455 Mw, raggiungendo quota 13% nel totale del consumo interno lordo regionale.
Oltre i numeri, i programmi: il Friuli Venezia Giulia intende approvare entro
l’anno la nuova legge regionale in materia di energia e il nuovo piano
energetico dando spazio alle fonti rinnovabili. Riccardi anticipa che la
revisione della norma sulle procedure per le autorizzazioni è ormai in
dirittura: «La revisione della legge interviene prevalentemente su questioni di
natura procedimentale, cioè semplifica tutti gli strumenti per ottenere le
autorizzazioni per gli impianti. La presenterò la prossima settimana agli enti
interessati». La «linea di politica energetica della giunta regionale», invece,
troverà spazio nel Piano energetico: «Ma non vi è dubbio che una componente
rilevante sarà legata alle fonti rinnovabili». Altro nodo cruciale è lo stato
della rete di distribuzione: «Dobbiamo tenere conto - spiega Riccardi - della
complessità della distribuzione energetica e dei sistemi che devono essere
rinnovati. Abbiamo un sistema di distribuzione dell’energia che è fragile, lo
dice anche l'Autorità per l’energia, e un sistema di reti che va riqualificato.
Il problema è serio».
Gas, l’Italia disporrà di nuove forniture Scajola:
«È finita la dipendenza dalla Russia»
SOFIA Dalla fine del 2009 l'Italia potrà contare su 21
miliardi di metri cubi di gas in più all'anno.
Nuove forniture che consentiranno al Paese di godere di una maggiore sicurezza
negli approvvigionamenti e di porre le basi per il suo progetto di diventare un
hub del gas: un crocevia di passaggio del metano verso gli altri stati del
Vecchio Continente.
È il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, a tirare le somme dei
nuovi progetti che entreranno in funzione entro la fine dell'anno: il
rigassificatore di Rovigo di Edison, che sarà «pienamente operativo» da
settembre e darà all'Italia altri 8 miliardi di metri cubi di gas provenienti
dal Qatar (pari al 10% del fabbisogno annuo), e lo «sbottigliamento» dei
gasdotti Ttpc e Tag, che arrivano rispettivamente da Algeria e Russia e che
immetteranno ulteriori 13 miliardi di metri cubi di gas nella rete nazionale.
Con gli altri gasdotti dell'Itgi dall'Azerbajian e del Galsi dall'Algeria che,
promette Scajola dal vertice di Sofia ”Gas Naturale in Europe”, «saranno
terminati entro la fine della legislatura», l'Italia si appresta quindi a
sganciarsi dalla dipendenza quasi esclusiva dal gas russo: perchè la Russia è
«un elemento indispensabile per qualsiasi politica energetica a livello europeo»
ma «non può pensare di essere il detentore unico del mercato del gas in Europa».
A margine del vertice, sempre nell'ottica della sicurezza degli
approvvigionamenti, il ministro ha avuto incontri con i rappresentanti di Grecia
e Turchia, ai quali ha chiesto di trovare una soluzione entro un mese ai
problemi che ancora ostacolano la definizione del contratto dell'Itgi, che
porterà il gas azero in Italia proprio attraverso la Turchia: Ankara sta ora
chiedendo maggiori quantità di gas per sè e più alte tariffe di transito.
Scajola ha incontrato anche i ministri dell'energia del Qatar e della Russia,
che gli hanno spiegato come l'Italia potrebbe rappresentare «un ponte» per il
loro gas verso l'Europa. «Vedono l'Italia - ha detto Scajola - come un hub per
il loro gas verso l'Europa. Con tutti i Paesi del Mediterraneo stiamo chiudendo
un anello energetico, in cui l'Italia assumerà un ruolo strategico anche per la
sua posizione geografica».
Allarme-tossine nei mitili: chiusi i primi allevamenti
- Vendita proibita in attesa di test. Pericolo dai molluschi del mercato abusivo
Zagabria: stop dal ministero dopo la segnalazione di
sostanze velenose
POLA Allarme biotossine nei mitili lungo la costa adriatica croata, tanto
che il Ministero dell'agricoltura, pesca e sviluppo rurale ha disposto la
chiusura di diversi allevamenti, tra cui quelli istriani che si trovano nel
Canale di Leme, a Val d'Arsa e a Porto Badò.
Il drastico provvedimento è scattato dopo che nei primi mesi dell'anno in
diversi punti del litorale è stata riscontrata la fioritura di alcune specie di
fitoplancton dalle quali hanno appunto origine le temibili biotossine. Queste
possono provocare la paralisi e in casi estremi anche la morte, di chi mangia la
carne infetta dei frutti di mare.
Gli allevamenti verranno riaperti dopo che risulteranno negativi due controlli
fatti in sequenza. Sul suo sito Internet il Ministero dell’agricoltura ha
precisato che la situazione è alquanto seria, in quanto oltre alle tossine del
gruppo Dsp (Diarhetic Shellfish Poison) che provocano disturbi intestinali, per
la prima volta sono apparse le biotossine Psp (Paralytic Shellfish Poison) molto
più pericolose in quanto causano la paralisi e anche la morte nel caso di grande
consumo di bivalvi infetti.
Importante segnalare che le biotossine resistono anche alla cottura dei frutti
di mare. Tuttavia è alquanto improbabile che mitili infetti degli allevamenti
registrati finiscano a tavola, visto che il controllo delle biotossine è
settimanale mentre quello del fitoplancton avviene una volta al mese. Il
problema invece sorge con i mitili serviti nei ristoranti di cui non è accertata
la provenienza. Il Ministero afferma di non sapere quante cozze vengono messe
clandestinamente sul mercato locale.
Stando a dati ufficiosi, nei ristoranti e nelle trattorie istriane annualmente
verrebbero servite un centinaio di tonnellate di mitili raccolti nei bacini
portuali dove l'acqua è inquinata, eludendo controlli sanitari e probabilmente
anche quelli tributari.
Queste partite di alimenti non passano alcun controllo ed esiste il pericolo che
oltre alle biotossine contengano anche metalli pesanti e batteri. Per stroncare
il fenomeno, che sicuramente rappresenta una minaccia costante per la salute
delle persone con prevedibili ripercussioni anche sul turismo, si annuncia
l'intensificazione dei controlli sanitari. Ai cittadini e ai ristoratori viene
lanciato l'ulteriore appello ad acquistare i frutti di mare unicamente negli
allevamenti regolarmente registrati, che rilascino la necessaria dichiarazione
sulla qualità del prodotto. Va precisato che le cozze vengono messe sul mercato
anche dai raccoglitori autorizzati che in Istria sono un centinaio.
Già da tempo essi sollecitano l'apertura di un laboratorio in Istria che rilasci
il certificato sull'idoneità del prodotto. Sembra però che la loro voce non
venga ascoltata per cui i campioni di mitili continuano a venire inviati al
laboratorio dell'Istituto oceaonografico di Spalato, l’unico del genere in
Croazia.
(p.r.)
LA REPUBBLICA - VENERDI', 24 aprile 2009
Arriva la legge blocca-ricorsi - Se perdi al Tar risarcisci- Lo scopo dichiarato è contrastare "l'egoismo territoriale".
Ma potrebbe mettere all'angolo celebri sigle come
Italia Nostra o Wwf
Lo scopo dichiarato è quello di contrastare "l'egoismo territoriale" che
rallenta "il cantiere Italia". Ma l'effetto della legge anti Nimby (not in my
back yard, non nel mio giardino), in caso di approvazione, sarà di azzerare,
attraverso la minaccia di risarcimenti milionari, i ricorsi alla giustizia
amministrativa da parte di associazioni ambientaliste storiche, che difendono
ciò che resta del Belpaese da abusi edilizi e colate di cemento.
La proposta di legge 2271 è sottoscritta da 136 deputati del Pdl ed il primo
firmatario è l'onorevole Michele Scandroglio, genovese, fedelissimo del ministro
Claudio Scajola. Aderiscono, tra i tanti, l'ex ministro Pietro Lunardi, il
presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, il vice di quella Ambiente
Roberto Tortoli, l'ex presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti.
Presentata in sordina nei giorni del "piano casa", con due brevi aggiunte
all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 (responsabilità processuale delle
associazioni di natura ambientale), potrebbe schiacciare all'angolo celebri
sigle come Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Vas Verdi Ambiente e Società, senza
parlare della miriade di comitali locali.
Con la modifica 5-ter qualora il ricorso alla giustizia amministrativa "sia
respinto perché manifestamente infondato, il giudice condanna le associazioni
soccombenti al risarcimento del danno oltre che alle spese del giudizio".
Pensiamo a cosa vorrebbe dire un anno di fermo cantiere per il ponte sullo
stretto di Messina tra una prima sentenza favorevole del Tar e una bocciatura
del Consiglio di Stato: un risarcimento per milioni di euro.
"È una legge liberticida, intimidatoria, di regime - attacca l'avvocato Daniele
Granara, docente alla facoltà di giurisprudenza di Genova, legale in molti
ricorsi ambientali - . Confido che venga ritenuta palesemente anticostituzionale
visto che l'articolo 24 stabilisce che "Tutti possono agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi"".
Ma per il deputato e coordinatore ligure del Pdl Scandroglio le istanze
ambientaliste hanno moltiplicato "comportamenti di protesta contro le scelte
infrastrutturali sviluppate da soggetti pubblici e privati... proteste che,
conosciute con l'acronimo "Nimby", determinano un ritardo costante del "cantiere
Italia"... di gran parte degli interventi pubblici... e della stessa edilizia
residenziale". Tutto ciò, prosegue il deputato "senza che sia previsto alcuno
strumento di responsabilizzazione delle associazioni di protezione ambientale,
le quali, talvolta, presentano ricorsi pretestuosi, con il solo e unico scopo di
impedire la realizzazione dell'opera pubblica". Scandroglio aggiunge che, per
combattere questa "forma di egoismo territoriale", il governo ha già varato
norme per "l'iter accelerato delle opere pubbliche.
Le modifiche richieste (la proposta è al vaglio della commissione giustizia)
accennano anche all'applicazione di azioni risarcitorie ai sensi del codice
civile in caso i ricorsi respinti abbiano agito "con mala fede o colpa grave",
ma secondo l'avvocato Granara questa possibilità è già garantita e prevista. La
vera svolta è quindi l'eventualità di un risarcimento in caso di ricorso
respinto.
"È chiaro - spiega il presidente di Italia Nostra Giovanni Losavio - che lo
scopo specifico della proposta di legge è quello di mettere catene (concrete e
psicologiche) alle Associazioni, impedendo di fatto lo svolgimento del proprio
ruolo civico con la minaccia di ritorsioni per avere la via spianata a fare del
territorio quello che "loro" vogliono".
MARCO PREVE
IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2009
Rovis: parking di piazza Sant’Antonio, entro
dicembre via libera al progetto - PREVISTI TRA I TRE E I QUATTRO ANNI DI LAVORI,
IL COSTO SI AGGIREREBBE TRA I 9 E GLI 11 MILIONI
Dai tre ai quattro anni di tempo per realizzarlo, tra
parte burocratica e di cantiere. E circa 9-11 milioni di spesa. Sono le prime
cifre del parcheggio interrato di piazza Sant’Antonio, attualmente il più
avanzato tra quelli previsti nel piano comunale. «La nostra previsione
indicativa – conferma l’assessore delegato al project financing, Paolo Rovis –
prevede 3900 metri quadrati su tre piani interrati e 361 posti macchina. Su
questa traccia sono arrivati in effetti due progetti, attualmente al vaglio
degli uffici. La proposta della Carena prevede quattro livelli, ha eliminato
l’ipotesi originaria di destinare uno dei piani ad attività commerciali e
attualmente prevede 500 posti macchina. L’altra cordata, quella con Riccesi e
gli altri, prevede invece 361 parcheggi su tre livelli, sia a rotazione che
pertinenziali e con box. In superficie è prevista una riqualificazione totale
dell’area e un impatto il meno invasivo possibile».
Rovis conferma anche che l’ipotesi Sant’Antonio «ha indubbiamente l’iter
progettuale più avanzato». Esaurita la scrematura da parte degli uffici,
l’assessore calcola indicativamente che «entro l’anno» si dovrebbe arrivare, da
parte della giunta, alla scelta del progetto finale. «Sceglieremo in modo
discrezionale uno dei due progetti», anticipa Rovis, aggiungendo che
l’intervento verrà quindi messo a gara, «ma con diritto di prelazione del
proponente». In pratica chi ha in mano l’elaborato vincente ha praticamente il
100 per cento di possibilità di costruirlo, perché ha la facoltà di pareggiare
qualsiasi offerta venga fatta per realizzarlo. «Una volta che la giunta avrà
deciso – anticipa Rovis – ci vorranno almeno sei mesi per portare a compimento
l’iter burocratico e poi i cantieri potranno aprire».
Per quanto concerne i costi, Rovis precisa che sono puramente indicativi. «Il
progetto originario della Carena costava 23 milioni di euro – sottolinea – ma è
chiaro che avendo perso per strada il centro commerciale la spesa si è ridotta
di molto. Basti dire che il progetto dell’altra cordata, con un piano in meno,
ha un prezzo indicativo di 9 milioni appena... Diciamo allora che una cifra
realistica viaggia tra i 9 e gli 11 milioni».
Con il project financing l’esborso sarà sostenuto dal privato che vince la gara,
che però a sua volta potrà godere della concessione di 30 anni come diritto di
superficie e della gestione del parcheggio. Il privato che invece vorrà
comprarsi un posto macchina lo avrà per 90 anni.
Non tutti sembrano comunque entusiasti del possibile nuovo impianto. Giulia
Giacomich, presidente di Italia nostra, lo contesta prima ancora che sia stata
messa giù la prima pietra. «Eravamo già indignati per il ponte, figurarsi il
parcheggio! Siamo assolutamente contrari, quella è una zona che non va toccata
né trasformata. La piazza, poi, è pregevole, non può essere trasformata nel
tetto di un parcheggio. Anche se vogliono fare le uscite in via San Spiridione è
comunque un intervento che disturba. Perché piuttosto non lasciano terminare
quel parcheggio di Pertot che è proprio dietro l’angolo, con la casa già
sventrata? È una zona talmente bella che dovrebbe essere vincolata dall’Unesco!».
«Anche a San Giacomo – replica Rovis – si parlava di piazza rovinata, ma poi si
è visto com’è migliorata la situazione...»
FURIO BALDASSI
Roiano, a ruba i 23 nuovi stalli di Amt -
Struttura coperta in via Tor San Piero: previsti abbonamenti mensili o annuali -
Area in concessione dal Comune all’Agenzia
Neanche il tempo di ufficializzarne l’apertura, la
disponibilità sul mercato e via, i 23 nuovi posti macchina al coperto di via Tor
San Piero sono stati praticamente occupati tutti in poche ore. La cronica sete
di parcheggi che tormenta il rione di Roiano ha così trovato un minimo sollievo,
parziale sì ma comunque utile. Nell’attesa che il futuro park interrato di largo
Roiano diventi realtà attraverso l’istituto del project financing, con i suoi
200 spazi, e che si possa, ancora più in là nel tempo, fruire finalmente
dell’area della caserma della Polstrada.
Tornando alla più stretta attualità, la struttura di via Tor San Piero 7, data
in concessione dal Comune all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), conta
appunto su 23 parcheggi, per i quali è stata prevista la doppia possibilità di
abbonamento: mensile a 90 euro o annuale a 900 euro, quest’ultima la più
gettonata tanto che nella sola prima mattinata dall’inaugurazione sono state
staccate ben 13 tessere. Sommando questi nuovi stalli in struttura a quelli già
operativi, il totale di posti macchina al chiuso gestiti da Amt in città è
salito a quota 1042. Solo Saba Italia ne possiede di più a Trieste. Il
parcheggio di Amt che ne vanta complessivamente di più, 602, è quello di Sant’Andrea,
tra via Locchi e via Carli, che pur chiudendo il proprio bilancio annuale in
utile non riesce comunque ad avvicinare il cosiddetto tutto esaurito. In
superficie, invece, la competenza di Amt riguarda circa 900 stalli: in tutto, la
somma porta a sfiorare il limite delle duemila unità.
«Stiamo continuando a raccogliere i frutti del lavoro svolto prima assieme a
Piero Tononi, quando ricopriva in Comune la carica di assessore al Patrimonio, e
oggi con il suo successore Claudio Giacomelli. Ci consolidiamo nella sosta in
struttura, offrendo un servizio a prezzi decisamente bassi», afferma Rocco
Lobianco, presidente di Amt. «L’abbonamento annuale comporta alla fin fine una
spesa mensile di 75 euro - gli fa eco Paolo Rovis, assessore comunale con delega
alle società partecipate -, una soluzione conveniente. Il fatto che quei 23
posti macchina in via Tor San Piero venissero occupati in tempo breve era
prevedibile, considerato il bisogno della zona di Roiano. Si tratta di una
prima, piccola risposta alle esigenze dei residenti».
MATTEO UNTERWEGER
Regione-Trenitalia, mille euro di multa per ogni ora di
servizio soppresso - OGGI LA CONVENZIONE ALL’ESAME DELLA GIUNTA
TRIESTE Puntualità, affidabilità, pulizia, affollamento e
composizione, comfort di viaggio, informazioni alla clientela: sono i sei
pilastri sui quali si reggerà il nuovo contratto Regione Trenitalia che andrà in
esame in giunta oggi, con l'obiettivo di essere firmato entro l'8 maggio. Ognuno
di loro prevede una serie di parametri ben precisi in base al rispetto dei quali
si prevederà poi la quantificazione del sistema di multe.
Primo punto, naturalmente, la puntualità, che dovrà rispettare una seria di
parametri ben precisi. Il contratto prevede infatti un massimo ritardo e una
«percentuale limite» di treni in ritardo. «L'obiettivo – spiega il Servizio
trasporti della Regione – è quello di avere ogni convoglio in perfetto orario.
Siccome sappiamo che è impossibile, si è previsto un parametro che prevede il
90,86% di treni con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di
treni con un lasco tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali
indici di puntualità, si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo
di punto percentuale in più». Naturalmente si tratta di un indice fissato
annualmente.
SOPPRESSIONI E INFORMAZIONI Anche per quanto riguarda le soppressioni sono
previsti severi controlli. Saranno contate anch'esse su base annuale, e solo
sulle soppressioni imputabili direttamente a Trenitalia e nelle ore previste per
i pendolari. La contravvenzione andrà a ritmo di mille euro per ogni ora di
servizio sospeso. Un'ampia parte del contratto sarà poi destinata alle
informazioni alla clientela, specie per quanto riguarda comunicazioni su
variazioni di orario, del servizio o soppressioni. Se anormali, ci saranno delle
contravvenzioni, che variano da 50 a 100 euro per ogni disfuzione. «In questo
caso il controllo avverrà con delle rilevazioni da parte di osservatori» spiega
ancora la Regione.
CONFORT E PULIZIA Per quanto riguarda la pulizia, come detto, si è preferito non
prevedere il diretto «esborso» da parte di Trenitalia. Gli importi delle multe
appioppate per mancata pulizia saranno invece reinvestiti in altre pulizie
aggiuntive. In questo modo si punta a raggiungere il massimo risultato
«pratico». Anche per il comfort sono previsti una serie di parametri «base»
definiti dal contratto, che prevedono ad esempio che tutti gli apparati presenti
a bordo, come le porte o i bagni, siano perfettamente funzionanti. Partendo da
questo stato di fatto, Trenitalia sarà poi tenuta a rispettarlo e, nel caso di
anomalie riscontrate sempre dai «controllori regionali», a pagare le sanzioni
previste. Infine, Trenitalia si adopera per garantire un posto a sedere a tutti
i passeggeri adeguando l'offerta di treni alla necessità. Altrimenti, anche in
questo caso si troverà a pagare delle penalità.
ELENA ORSI
GREENACTION TRANSNATIONAL - GIOVEDI', 23 aprile 2009
Nota stampa - Greenaction sul tratto Trieste-Divaccia
dellaTAV – Corridoio 5
GALLERIA CARSICA IRREALIZZABILE: INTERCETTEREBBE FIUMI
SOTTERRANEI
Trieste, 22.4.2009. - Il tracciato ferroviario indicativo della TAV-
Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia (oggetto di accordi Italia-Slovenia - UE)
prevede il superamento del dislivello dell’altopiano carsico in galleria, con
due grandi tornanti sotto la valle carsica profondamente incisa del torrente
Rosandra. Questo tratto della galleria è irrealizzabile.
Il sottosuolo della valle e di ambedue i suoi versanti è infatti attraversato a
varie profondità da livelli sotterranei attivi e fossili del sistema fluviale
antico da cui residuano i corsi torrentizi superficiali della Glinscica-Rosandra
e di Beka-Ocizla, con i relativi inghiottitoi e risorgive. Piogge sovrabbondanti
sui due lati dell’altopiano attivano inoltre le connessioni dell’intero sistema
sotterraneo con la risalita di acque in pressione sin sotto il letto roccioso
terminale del torrente (riconfermata dalle presenze del crostaceo acquatico
ipogeo Troglocharis).
La galleria prevista intercetterebbe perciò anche cavità di deflusso attivo
delle acque sotterranee e rischierebbe costantemente di venire inondata in
pressione, richiedendo soluzioni costruttive di tipo sottomarino qui insicure e
troppo costose.
L’organizzazione ambientalista Greenaction Transnational chiede quindi che, a
prescindere dagli altri problemi della TAV, questa galleria venga immediatamente
cancellata dalle previsioni comunitarie, italiane e slovene per non sprecare
tempo e denaro nell’accertamento tardivo di impossibilità già evidenti.
Il progetto attuale del tratto di ferrovia Trieste-Divaccia prevede un tracciato
di 35,6 km quasi tutto in galleria, per un costo di 2,4 miliardi di euro. La sua
realizzazione è affidata ad un Comitato intergovernatovo (Cig) Italia-Slovenia e
ad un Common executive body (Ceb) tecnico misto fra Italia, Slovenia ed UE.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel.+39
040-2410497 - info@greenaction-planet.org
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2009
Auto sotto Sant’Antonio, riecco il progetto - NUOVA
STRATEGIA SUL PIANO PARCHEGGI - Dipiazza: «È una scelta che trova
tutti favorevoli, ora faremo una gara»
Il Comune corregge il tiro sui parcheggi. Impastoiata in
imprevedibili lungaggini burocratiche la struttura prevista sotto il colle di
San Giusto, di gran lunga la più visibile e prestigiosa dei progetti finora
annunciati, l’amministrazione sta cercando alternative sul breve-medio termine.
E ritorna prepotentemente d’attualità, dunque, l’unica area che sarebbe
cantierabile in project financing, con tempi brevi e disagi relativi, quella di
Sant’Antonio. Un obbligo, più che una scelta per l’amministrazione. Mentre
procede a passi da gigante il processo di pedonalizzazione (l’avvio dei lavori
in via Cassa di Risparmio e successivamente in piazza della Borsa avverrà subito
dopo la fine del mercato di «Piazza Europa», il 19 maggio prossimo) i cittadini
scoprono quotidianamente di poter, sì, camminare sempre più in libertà, ma allo
stesso tempo di non poterlo fare, perché mettere la macchina da qualche parte è
diventata un’utopia.
«Il progetto di Sant’Antonio va avanti – conferma il sindaco Roberto Dipiazza –
perché è una scelta che trova tutti favorevoli, anche a prescindere da qualche
benestare in più o in meno. Esistono delle proposte, dovremo fare una gara ma è
sicuro che il progetto è importante e ci interessa. Bisogna farlo. Dite di San
Giusto in ritardo? Vero, ma avete idea di cosa siano le autorizzazioni? Ero
sindaco da un paio di giorni, nel 2001 e mi dicevano: quest’anno parte San
Giusto. Bene, siamo nel 2009... Non si può sgarrare, la legge 127 è rigida,
prevede addirittura che prima firmi un mio dirigente e poi io! Per questo anche
l’ultima delle virgole deve essere perfetta».
«Noi abbiamo il dovere di partire – incalza l’assessore ai Lavori pubblici
Franco Bandelli – perché la pedonalizzazione ce lo impone. Dipiazza ha ragione:
Sant’Antonio va fatto. Ho visto uno dei progetti, non è invasivo, ha due
ingressi ed è ad almeno sei metri di distanza degli edifici. La sua
realizzazione, inoltre, ci consentirebbe di intervenire anche in piazza
Ponterosso, eliminando quegli orribili parcheggi di superficie e riportando
tutta l’area a mercato, come prevede il progetto del collega Rovis, che
condivido. Di sicuro non possiamo più ritardare, perché ho la sensazione che gli
elettori ce la farebbero pagare».
Al momento, i progetti in effetti sembrano essere due. La prima a presentarne
uno, un paio d’anni fa, fu la società Carena. Prevedeva, come conferma il
responsabile triestino, Alberto Modugno, una struttura interrata che al primo
piano sotterraneo avrebbe dovuto ospitare un centro commerciale che prendeva la
luce direttamente dal soffitto, trasparente. «Il progetto è sempre là – ammette
quasi sconsolato Modugno – ma tra il dire e il fare... Comunque non sono
pessimista neanche per San Giusto, della cui cordata facciamo parte. Di sicuro i
ritardi non dipendono mai dai costruttori, semmai dal Comune».
Il secondo progetto è stato invece elaborato da un gruppo di imprese che
comprende nomi come Riccesi, Venuti, Mecasol e Palazzo Ralli e, stando alle
prime indiscrezioni, sarebbe decisamente più spartano. «Dal punto di vista
tecnico – racconta Donato Riccesi dell’omonima società – Sant’Antonio è più
semplice degli altri da realizzare. Si scaverebbe in un posto dove il canale è
stato interrato, e dunque per la massima parte su sedime di riempimento,
attraversato da pochissime quote tecnologiche, senza problemi di allagamenti e
esterno alle strade, tanto che entrata e uscita graverebbero sulla sola via San
Spiridione, che è già pedonale su tre lati. Sarebbe un’opera ancora più semplice
di quella realizzata in piazza Vittorio Veneto». «L’ipotesi Sant’Antonio ha
gambe per camminare, ed è forse l’unica», commenta l’assessore Paolo Rovis, che
gestisce direttamente il project financing. Qualcosa più di una dichiarazione
d’intenti.
FURIO BALDASSI
Posteggi in Foro Ulpiano, via libera al raddoppio - Ma
in superficie restano i 290 stalli in piazza Oberdan e davanti al liceo Dante
Una vera partita a poker, quella che contrappone il Comune
ai gestori, o aspiranti tali, di parcheggi in città. Il primo fronte, si fa per
dire, di crisi, è quello con la Saba Italia, che nel «pacchetto» legato al
raddoppio del posteggio sotterraneo di Foro Ulpiano - project financing da dieci
milioni, compresa la pedonalizzazione di via Giustiniano, a fronte di una
concessione fino al 2085, per far quadrare il suo piano d’investimento chiede
una royalty da 298 nuovi posti blu a pagamento in superficie sulla cintura delle
vie Fabio Severo, Coroneo e Carducci, fino a via San Francesco, o in subordine
verso Borgo Teresiano. Una richiesta che aveva fatto capolino in giunta con un
documento di indirizzo, respinto al mittente davanti alle perplessità espressa
dagli assessori. Rivista a freddo, ha messo allo scoperto più di qualche limite,
dei quali si fa testimone l’assessore Bandelli.
«È indubbio che Foro Ulpiano, assieme alle Rive e a Sant’Antonio – commenta
Bandelli – sia uno dei punti di forza del piano parcheggi in città. È anche
vero, però, che non si possono cassare continuamente gli abitanti della zona.
Per questo stiamo pensando di mantenere attivi quantomeno i posti di superficie,
circa 290, che dovevano sparire una volta realizzato il prolungamento di Foro
Ulpiano, per riservarli proprio ai residenti». La cosa dovrebbe tradursi in un
nuovo accordo con la Saba, che in pratica otterrebbe il via libera al raddoppio
che le sta tanto a cuore, a fronte però di una modifica del progetto che
consenta di preservare i preziosi posti macchina anche in superficie.
(f.b.)
Interparking: «Su Park Audace stiamo trattando col
Comune» - PRESENTATO UN RICORSO AL TAR
Sulla scia del parcheggio di Sant’Antonio potrebbe riprendere quota, a breve, tra incontri di riavvicinamento e schermaglie davanti al Tar, un altro progetto: quello del park Audace, la megastruttura interrata sulle Rive da 662 posti e 24 milioni d’investimento Iva esclusa, immaginata fra palazzo Carciotti e il Teatro Verdi. Un confronto tra i referenti della Interparking Italia di Venezia, costola dell’omonimo colosso belga, e quelli del Municipio sarebbe in agenda per inizio maggio. Obiettivo: trovare un compromesso sulle superfici da sventrare dalla banchina lato mare verso l’asse viario delle Rive, recuperando così la fattibilità di un’opera che l’amministrazione Dipiazza considera necessaria e che Interparking vuole realizzare. Questo mentre al Tar risulta depositato da alcuni giorni un ricorso della stessa Interparking contro l’invito a riformulare la proposta progettuale arrivata da Comune e Regione a ottobre. Un ricorso tutto da interpretare perché, un secondo progetto, Interparking l’aveva già riproposto a gennaio - con una bretella provvisoria verso la banchina, interna al cantiere, per decongestionare il traffico durante i lavori - incassando un altro no dal Municipio a fine marzo. Allora il Consiglio comunale ha ribadito il parere negativo d’impatto ambientale in quanto lo scavo, che si prenderebbe sei metri al di là delle aiuole, «potrebbe comportare pericoli di dissesto statico» verso «Palazzo Carciotti, la Chiesa greco-ortodossa e il Teatro Verdi». «Il ricorso - chiarisce l’ingegner Angelo Giglio, referente triestino della cordata con la Amg Sas - è un atto dovuto in quanto la legge impone il rispetto di certi tempi entro cui impugnare gli atti». Ne arriverà allora un secondo? «Stiamo parlando con l’amministrazione - ammette Giglio - per cercare di trovare una soluzione. C’è una nuova volontà di venirsi incontro. Ci sarà un incontro tecnico in cui chiariremo che non c’è alcun problema di stabilità, il progetto è stato redatto per la parte geologica dallo studio Zini di Udine e per quella strutturale dal Politecnico di Milano, il meglio in circolazione». «Magari su qualche modifica, su una riduzione d’impronta si può ragionare - chiude Giglio - ma l’orientamento è quello di trovare un’intesa. Il parcheggio s’ha da fare, c’è la volontà di Interparking e c’è la consapevolezza che la città ne ha bisogno».
(pi.ra.)
«I molluschi dell’Adriatico a rischio biotossine» -
APPELLO DEL MINISTERO DELLA PESCA A RISTORATORI, TURISTI E PESCATORI
I più colpiti dalla fioritura primaverile possono
essere cozze, ostriche, telline e lumache di mare
Una nuova legge non prevede più l’obbligatorietà dei controlli veterinari
FIUME Scattato in Croazia, soprattutto lungo la costa, l’allarme biotossine
marine. È stato il ministero dell’Agricoltura, Foreste e Pesca a lanciare un
appello in cui si invitano cittadini, turisti e titolari dei centri di
ristorazione a prestare la massima attenzione ai consumi di molluschi bivalvi,
uova e lumache di mare.
Il pericolo è legato ad una possibile intossicazione, che potrebbe rivelarsi
anche grave e la cui origine è stata spiegata nell’appello del dicastero: in
questi ultimi tempi, diverse zone dell’Adriatico stanno avendo una consistente
fioritura di alghe fitoplancton, contenenti biotossine, di cui si nutrono le su
esposte specie. Il rischio di essere intossicati c’è, è reale e dunque vanno
prese tutte le precauzioni possibili.
Si deve stare attenti quando si ordinano cozze, ostriche, capesante, mussoli,
dondoli (i tartufi di mare), vongole ed anche lumache e uova di mare, tutte
delizie di cui molte persone vanno ghiotte, ma che potrebbero nascondere
l’insidia delle biotossime. Secondo i responsabili del ministero, non bisogna
scherzare soprattutto con le uova di mare (microcosmus sulcatus), che –
filtrando quotidianamente enormi quantità di acqua – si pappano le alghe
tossiche, costituendo pertanto un pericolo per la salute dell’uomo.
In questo senso va detto che l’uovo di mare è un prodotto molto ricercato negli
ultimi anni, che viene offerto in diversi ristoranti della riviera istro –
quarnerino – dalmata e che vede in prima fila quali consumatori i clienti
italiani. Il microcosmus sulcatus, ritenuto il più potente afrodisiaco tra gli
organismi marini, può dunque fare spedire coloro che lo consumano diritto
all’ospedale, con grado di intossicazione che dipende da tipo e quantitativo di
biotossine ingerite.
Non c’è da scherzare dunque, con i cittadini e i proprietari di ristoranti e
trattorie che vengono invitati ad acquistare i frutti di mare esclusivamente
presso i rivenditori autorizzati. I prodotti devono inoltre possedere il
regolare contrassegno, mentre i commercianti hanno l’obbligo di avere la
documentazione concernente la compravendita.
«Coloro che acquistano molluschi bivalvi, ricci, lumache e uova di mare
direttamente dai raccoglitori o comunque da persone non autorizzate – così nel
documento diffuso dal ministero – lo fanno a proprio rischio e pericolo». A
complicare la situazione, sostengono i veterinari croati, è la nuova
disposizione di legge – scattata agli inizi del mese scorso – in base alla quale
non sono più obbligatori i controlli veterinari sui pescherecci, che in pasato
venivano effettuati prima che pesci, molluschi e crostacei finissero sul
mercato.
Al posto dei controlli, sono gli stessi pescatori a dovere compilare un
documento in cui garantiscono che il prodotto da loro pescato e messo in
commercio è idoneo dal punto di vista igienico – sanitario. Va rilevato che un
paio di giorni dopo l’entrata in vigore della nuova regola, in una trattoria di
Laurana vi è stato un caso di intossicazione per consumo di pesce azzurro.
«Mangiare pesci, molluschi bivalvi e crostacei – questa l’ opinione degli
operatori veterinari croati – è diventato purtroppo molto rischioso, per l’
assurdità di una disposizione che andrebbe assolutamente cambiata».
ANDREA MARSANICH
A Sebenico sorgeranno due centrali eoliche e
una solare - IN DALMAZIA SI PUNTA SULL’ENERGIA PULITA. DIFFICOLTÀ PER L’IMPIANTO
FOTOVOLTAICO DOVUTA ALLE MINE
FIUME Tra due o tre anni l’area di Sebenico potrebbe
funzionare principalmente a sole e vento. Nel senso che buona parte dell’energia
elettrica necessaria alla zona verrebbe fornita da impianti alternativi: una
centrale fotovoltaica e altre due eoliche.
Una di quest’ultime si appresta a entrare in funzione, mentre per la seconda in
questi giorni sono in fase di montaggio su una spianata collinare in località
Trtar gli ultimi due generatori dell’impianto che avrà una potenza installata di
9,6 megawatt e sarà in grado di sopperire ai consumi di circa 7 mila utenti. La
centrale eolica di Trtar, con la sua batteria di undici generatori, dovrebbe
cominciare il ciclo di collaudo nella seconda metà di maggio. A «far girare le
eliche» per prima dovrebbe comunque essere la centrale sistemata sulla collina
di Orlice, anche questa con undici generatori ma con un potenziale superiore (12
MW) e in grado di alimentare sulle 8-9 mila utenze. Entrambi gli impianti – che
a detta dei tecnici potranno contare su condizioni microclimatiche pressochè
ideali –fanno capo alla tedesca «EnerSys GmbH» di Bissingem, società leader
nella progettazione, realizzazione e finanziamento di centrali eoliche, già
presente, oltre che in Germania, in Bulgaria, Lettonia e Lituania. Il costo
dell’intero progetto si aggira intorno ai 12 milioni di euro.
Alternativo eolico a parte, la grossa novità che viene segnalata in questi
giorni dall’amministrazione regionale di Sebenico è tuttavia un’altra: l’avvio
dei preliminari «cartacei» per una centrale fotovoltaica che sarebbe non
soltanto un inedito assoluto in Croazia, ma anche un impianto di riferimento
europeo. La serietà e concretezza del progetto è dimostrata dal fatto che nel
piccolo comune di Promina, immediatamente alle spalle di Sebenico e a un
migliaio di metri di altitudine, per fare spazio all’impianto a pannelli solari
si è già provveduto a modificare il piano regolatore. Per la futura centrale
fotovoltaica è stata riservata un’area di 250 ettari. Si tratta di una brulla
estensione carsica delle Dinariche (massiccio del Velebit) con un unico difetto:
la zona non è stata ancora interamente bonificata dalle mine che costituiscono
lo spiacevole e pericoloso retaggio della guerra in Croazia nei primi anni
Novanta. Per la realizzazione del progetto, di cui si occupa il fondo
d’investimenti «Nexus», sarà quindi giocoforza procedere allo sminamento e alla
messa in sicurezza dell’area. Oltrechè provvedere poi a tutti gli allacciamenti
e infrastrutture necessarie. Secondo il progetto di massima, ai circa 250 ettari
di pannelli solari corrisponderebbe una potenza installata di una sessantina di
megawatt. La centrale fotovoltaica, unita alle due eoliche prossime a entrare in
funzione, dovrebbero far diventare quella di Sebenico la regione leader in
Croazia e in tutto il sudest Europa in quanto a energia da fonti alternative.
Per la centrale «solare» di Promina, da realizzarsi in capo a due anni e con
impiantistica in gran parte di produzione nazionale, il preventivo calcola una
spesa intorno agli 80 milioni di euro.
(f.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2009
Antenna in via del Veltro, Roma dice sì - SENTENZA DEL
CONSIGLIO DI STATO, CHIESTO L’INTERVENTO DI MENIA
Dura mazzata per gli abitanti di via del Veltro che -
contro la presenza di un traliccio, all’interno di un’area delle Ferrovie,
destinato a ospitare un’antenna per la telefonia mobile - avevano sperato in una
sentenza favorevole del Consiglio di Stato. Il ricorso contro il pronunciamento
del Tar, presentato dal Comune, assieme alla Soprintendenza e il Ministero dei
beni culturali, ha dato ancora una volta ragione alle Ferrovie. Appello contro
le antenne GSM-R respinto, quindi, e conferma del pronunciamento del Tar.
Nella sostanza il pronunciamento, pur puntualizzando il valore del vincolo
paesaggistico esistente in alcune zone della rete ferroviaria, afferma la
priorità della sicurezza dei treni e delle comunicazioni di cui il sistema di
infrastrutture è garante. Ma i cittadini non vogliono arrendersi. Anzi,
intendono coinvolgere il sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto
Menia, affinché dopo un sopralluogo in via del Veltro si attivi per modificare
la norma del 2006 che dà carta bianca alle Ferrovie sulle antenne Gsm-r.
«Il punto cruciale è che le Ferrovie affermano di poter collocare le loro
antenne anche in presenza di vincolo paesaggistico. Noi sosteniamo che tali
collocazioni dovrebbero avere un’autorizzazione da parte del Comune e della
Sopritendenza», spiega l’avvocato Oreste Danese, legale del Comune assieme ai
colleghi Maria Serena Giraldi e Domenico Vicini. E aggiunge, dopo la missione a
Roma: «Purtroppo il Consiglio di Stato, come in precedenza il Tar, hanno dato
priorità alla sicurezza, rispetto la tutela del paesaggio in quanto c’è anche
una norma che lo prevede».
Un ricorso andato male, dunque, ma che aveva visto anche l’opposizione
schierarsi al fianco della scelta della giunta Dipiazza. Dal consigliere Roberto
Decarli (Cittadini) all’esponente dei Verdi, Alfredo Racovelli, pronto a
contestare ancora quell’antenna. «L’emendamento di legge del governo Prodi,
inserito nella finanziaria 2006, scavalcando i permessi dei Comuni e delle
Sopritendenze, ha dato in pratica carta bianca alle Ferrovie per tralicci e
antenne, che sorgono come funghi e non sempre in stato di effettiva necessità -
dice Racovelli - Ma non disperiamo, anche perché il ricorso triestino, il primo
a livello nazionale, potrebbe fare da apri pista ad altri Comuni italiani.
Inoltre gli abitanti intendono sollecitare nelle sedi opportune la modifica
della norma governativa del 2006». I residenti di via del Veltro, ma a
protestare sono anche quelli di via dei Baiardi, sono pronti a chiedere un
incontro urgente al sottosegretario Roberto Menia.
Daria Camillucci
San Dorligo, addio al microchip per la tariffa rifiuti
- CONSIGLIO COMUNALE QUASI UNANIME: UN NO E UN’ASTENSIONE
SAN DORLIGO Il regolamento sulla tariffa dei rifiuti è
stato al centro della seduta del consiglio comunale di San Dorligo ieri mattina.
Il calcolo degli svuotamenti con il microchip viene abbandonato, e continua solo
per fini statistici. I dati raccolti dallo scorso gennaio con il micrichip sono
infatti ancora troppo pochi per essere attendibili
Di conseguenza la parte variabile della tariffa verrà calcolata, come nel 2008,
suddividendo la spesa complessiva fra tutte le famiglie. Non cambia nulla per la
parte fissa della tariffa, che continuerà ad essere conteggiata in base al
numero dei componenti la famiglia e alla superificie della casa.
Votata favorevolmente da tutto il consiglio, eccezion fatta per l’astensione di
Elisabetta Sormani (capogruppo dei Cittadini, maggioranza) e per il no di Boris
Gombac (capogruppo di Uniti nelle Tradizioni, opposizione), la delibera ha di
fatto abolito le «tecniche di calibratura della quantità di apporti individuali
specificabile in chilogrammi», sostituendole con l’applicazione del «sistema
presuntivo riferito alla produzione media comunale pro capite», desumibile dalle
tabelle predisposte dalla sezione regionale del catasto dei rifiuti.
La richiesta di abbandonare il chip transponder e, quindi, il conteggio del
numero di prelievi era partita inizialmente dai quattro consiglieri
d’opposizione Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro), Roberto Jercog (Oltre il
Polo), Roberto Massi (Oltre il Polo) e Sergio Rudini (Lega Nord).
«È un ottimo risultato essere riusciti a condurre in porto questa battaglia,
anche perché il microchip concretamente non era mai riuscito a dare benefici
positivi», ha commentato Drozina.
Di diversa visione l’analisi del consigliere Boris Gombac, che a sua volta ha
presentato una proposta di ritiro della delibera: «Secondo il regolamento
comunale mancano le firme dei singoli consiglieri. Ora chiederò il parere
dell’ufficio legale della Regione, confidando che la delibera venga annullata».
Il consigliere Elisabetta Sormani (Cittadini), come detto, ha invece ha
preferito astenersi. La spiegazione l’ha fornita lei stessa: «Non entro nei
meriti tecnici della delibera. La commissione riunitasi nei giorni precedenti
non ha espresso un documento condiviso da tutte le parti, ma solamente
un’imposizione da parte del centrodestra».
(r.t.)
La megattera «Boby» emerge a Punta Olmi - Avvistata da
alcuni surfisti a 50 metri da terra. È rimasta nella zona per mezz’ora
MUGGIA «Boby», la megattera avvistata e seguita un mese fa
davanti alle coste di Grado, è riapparsa ieri a poca distanza da Muggia, dopo
che un quindicina di giorni fa era stata vista da pescatori di Marano a qualche
miglio al largo di Porto Buso.
Il nuovo avvistamento è avvenuto verso le 10 davanti a Punta Olmi. A notare il
caratteristico spruzzo, seguito dall’emersione del grande mammifero, sono stati
alcuni surfisti del gruppo «Barcoletta».
«Eravamo in attesa del vento – racconta Michele Rocco – quando a una cinquantina
di metri dalla riva abbiamo notato emergere la balena, che poi si è diretta
verso Punta Sotttile. L’abbiamo seguita da terra ed è emersa altre due volte,
per poi andare in direzione di Capodistria. Il tutto è durato una mezz’ora».
Che si tratti della balena avvistata a Grado è confermato dai segni notati sulla
pinna dorsale. Ma le immagini scattate dai surfisti fanno pensare a una nuova
ipotesi: le megattere potrebbero essere due. «In ciascuna immagine – precisa
Rocco – c’è una sola balena, ma una sembra più piccola, il che ci fa pensare che
possano essere due».
Una possibilità che non viene esclusa da Antonio Tortora, comandante delle
imbarcazioni dell’Arpa, che davanti a Grado ha seguito per la prima volta,
assieme ad alcuni ricercatori dell’ente, l’ormai famosa megattera. «In effetti –
commenta – una quindicina di giorni fa la balena è stata vista da pescatori al
largo di Porto Buso, e il giorno prima un’altra megattera era stata avvistata a
Rovigno. Nel golfo potrebbero quindi essercene due».
Oggi l’imbarcazione dell’Arpa sarà proprio nelle acque di San Bartolomeo, a poca
distanza da Punta Sottile, per effettuare alcuni campionamenti di molluschi,
operazione che sarà ripetuta al largo di Grignano. «Sarà un’occasione per
perlustrare la zona – commenta Tortora – chissà che non si riesca a rivedere la
megattera».
Il primo avvistamento, quello davanti a Grado, è rimasto ben impresso nella
memoria di Tortora. «L’abbiamo seguita da Grado fin quasi a Monfalcone –
racconta – perchè disponevamo di un catamarano che non produce molta onda e
quindi disturba poco l’animale. Viaggiava a una bella velocità, attorno ai 10
nodi. Era lunga sui 12 metri e risaliva in superficie circa ogni due minuti.
Avevamo paura che potesse arenarsi; invece quando la profondità dell’acqua si
riduceva a quattro, cinque metri tornava verso il largo».
(gi. pa.)
Rigassificatore di Aquilinia, le tante buone ragioni
per opporsi a un progetto molto poco sicuro
In merito alla ventilata possibilità di realizzazione del
tanto discusso rigassificatore di Gas natural in località Aquilinia - Trieste,
desidero ribadire, come la stragrande maggioranza della popolazione, la più
netta contrarietà per le motivazioni qui di seguito espresse.
La provincia di Trieste, piccola per estensione territoriale, per quanto attiene
all’ambiente è la più disastrata d’Italia. Qui infatti sono concentrate le
strutture più inquinanti, per citarne alcune: il sito inquinato nazionale dell’Ezit,
l’ex raffineria Aquila con i vari depositi, la discarica di Scalo Legnami
(qualche mese fa la stampa locale parlava di catastrofe ambientale e arresto dei
responsabili), l’oleodotto con il via vai di petroliere, la Ferriera,
l’inceneritore che disperde diossina e varie discariche di amianto sparse qua e
là, ecc. dinnanzi a tale scempio in questi anni non è stato fatto assolutamente
nulla.
Come è noto, il protocollo di Kyoto e le Direttive europee impongono agli Stati
membri di ridurre le emissioni di anidride carbonica; qui, in controtendenza, su
un territorio tanto provato, si vuole dare corso alla realizzazione del suddetto
rigassificatore.
Penso che non esista da nessuna parte, né in Italia, né all’estero che un’opera
di impatto così devastante e alto rischio, venga realizzata in centro abitato in
un contesto più che negativo. Il golfo di Trieste è un catino chiuso alle
correnti, con una profondità media di 15-20 metri (ci vuole un mese per il
ricambio completo di acqua), la bora soffia raggiungendo raffiche che superano
spesso i 150 km orari, nei dintorni ci sono fonti infiammabili e inoltre c’è il
continuo traffico di petroliere che vanno ad alimentare l’oleodotto e percorrono
lo stesso tratto di mare.
Le norme di sicurezza di altri Paesi prevedono che dette strutture siano
collocate a 18-20 km dalla costa se posizionate a mare o, se a terra, in zona
disabitata.
Il fronte del no (in base a stampa locale: Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Sos
Muggia, Comitato per la salvaguardia del Golfo, Greenaction Transnational,
Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle) si è adoperato in tutti i
modi e continua la propria opposizione per segnalare la non fattibilità di detto
progetto e scongiurarne la realizzazione intraprendendo anche le vie giudiziarie
per varie irregolarità e manipolazioni riscontrate nella stesura dello stesso.
Le nostre Istituzioni, a seconda della loro competenza territoriale,
intervengono sempre a disastro compiuto: dopo che i soffitti sono caduti sugli
studenti, dopo che le frane annunciate hanno seppellito migliaia di innocenti
(vedi Vajont, Autostrade ecc.). Qui si colloca sopra la testa della popolazione
residente una bomba ad altissima potenzialità, infatti l’impianto avrà la
capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma noi cittadini da chi
siamo tutelati?
Pertanto dinnanzi a una gestione del territorio condotta da anni in maniera
scandalosa e irresponsabile, chiedo l’intervento del Ministero dell’Interno
quale organo preposto alla sicurezza del territorio, e l’intervento della
Magistratura per l’accantonamento definitivo di tale progetto al fine della
salvaguardia della vita della popolazione residente nella zona interessata.
Licia Micheli
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2009
RICONVERSIONE DELLA FERRIERA. FIRMATO IL PROTOCOLLO PER
LA CENTRALE TERMOELETTRICA - Via libera all’altoforno 3 dalla Regione
Ma la ripresa dell’attività a giugno resta in forse, è
fermo il mercato
«Delle centomila tonnellate di ghisa accumulate in surplus che ci hanno
costretti a ricorrere alla cassa integrazione, ne abbiamo vendute 25 mila,
mentre 75 mila tonnellate rimangono da piazzare ai clienti. Di conseguenza non
siamo ancora in grado di dire se a giugno potremo riprendere la produzione».
Parole preoccupanti quelle pronunciate ieri da Francesco Rosato direttore della
Ferriera di Servola a margine della cerimonia che ha sancito l’avvio del
programma di riconversione dello stabilimento siderurgico e dell’iter per la
realizzazione della megacentrale termoelettrica.
È il mercato ora l’unico ostacolo alla ripresa dell’attività della Ferriera, dal
momento che, come ha riferito lo stesso Rosato, la Regione ha dato un
sostanziale nulla osta all’accensione dell’altoforno numero 3 dopo che l’azienda
era stata diffidata a utilizzare l’Afo 2, fuori norma. «Abbiamo comunicato per
lettera - specifica l’assessore all’ambiente Vanni Lenna - che la modifica fatta
non è sostanziale per cui non è necessario riottenere l’Aia (Autorizzazione
integrata ambientale. Basterà rifare il decreto spostando il nulla osta dall’Afo
2 all’Afo 3 dal momento che sono analoghi».
In aprile intanto la cassa integrazione sta interessando 170 operai a rotazione,
in totale 300. Ma tutti e 540 i dipendenti restano con il fiato sospeso anche se
ieri i sindacalisti «accerchiando» il direttore hanno ottenuto la promessa di un
incontro per i primi di maggio durante il quale dovrebbe venir detta la parola
definitiva sulla ripresa dell’attività.
Ieri in Regione il presidente Renzo Tondo, la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat, il sindaco Roberto Dipiazza, l’amministratore delegato di
Lucchini spa Hervè Marie Kebrat e l’amministratore unico di Lucchini energia
Francesco Rosato hanno firmato il protocollo d’intesa sulla realizzazione della
nuova centrale a metano da oltre 400 Mw che produrrà energia elettrica e vapore
e sorgerà nell’area ex Esso e più precisamente su parte dell’area dell’ex
discarica di via Errera prospiciente il canale navigabile. L’investimento
previsto è di 300 milioni di euro e la centrale dovrebbe entrare in funzione nel
2013.
«Non bisogna certo considerarla l’alternativa occupazione alla Ferriera - ha
detto a margine Rosato - dal momento che saranno solo 30-50 le persone impiegate
in modo diretto alle quali potrebbe aggiungersi un indotto di 80-100 unità».
Accanto alla centrale, come ha ribadito anche ieri il sindaco Dipiazza vanno
considerati la Piattaforma logistica per la quale domani il presidente
dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà in audizione al Cipe, il
rigassificatore di Gas Natural di cui si attende a settimane il decreto di via
libera da parte del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e la fabbrica
di funi d’acciaio della stessa Severstal. Realizzazione sulle quali si registra
unità d’intenti da parte delle principali amministrazioni, non così netta
unitarietà tra i sindacati dove alcune frange sono contrarie al rigassificatore
e altre sono per la permanenza sine die di un comparto siderurgico.
Ieri Luca Visentini della Uil e Luciano Bordin della Cisl hanno tentato di
mettere spalle al muro il presidente Tondo: «Vogliamo uscire da questa riunione
con un percorso tracciato dalle istituzioni verso la realizzazione di 4-5
strutture in grado di assorbire mille posti di lavoro». «Non è questo il ruolo
del presidente della Regione - ha replicato Tondo - altrimenti qui dovremmo
parlare anche della Caffaro e della Safilo. Va creato un Tavolo ristretto della
riconversione, una cabina di regia composta da un numero minimo di
rappresentanti delle istituzioni, della proprietà e dei sindacati».
Frattanto con la firma del Protocollo d’intesa si avvia la procedura
autorizzativa per la centrale termoelettrica. «Tra l’11 e il 15 maggio - ha
annunciato Rosato - presenteremo il progetto a Roma». La procedura autorizzativa
sarà regolata da una Conferenza dei servizi istituita presso il ministero dello
Sviluppo economico.
Nel protocollo, tra l’altro si legge che «la Lucchini ha promosso alcune
iniziative per lo sviluppo di nuove attività nella meccanica, nel settore della
logistica e delle infrastrutture energetiche, anche con lo scopo di rendere
minimi gli impatti socio-economici e di sostenibilità correlati alla
diversificazione produttiva il cui avvio è previsto non prima di cinque-sei
anni, essendo collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane
attualmente impiegate nel ciclo siderurgico e in attività a esso connesse».
SILVIO MARANZANA
Severstal-Lucchini, concessione in scadenza per la
banchina ma sarà rinnovata per 4 anni - «Intendiamo investire a Trieste per fare
i terminalisti»
La Lucchini ha anche avviato le procedure per l’acquisto
di una gru di banchina con un investimento di oltre 4 milioni di euro. Anche
questo annuncio è stato fatto ieri dal direttore della Ferriera di Servola,
Francesco Rosato. «Intendiamo intensificare a Trieste anche il ramo logistico
dell’azienda con un incremento dei traffici operando da terminalisti soprattutto
per conto terzi», ha specificato.
Mentre lo stabilimento è collocato quasi completamente su terreno di proprietà,
la concessione della banchina alla Lucchini-Severstal, come ha rilevato il
segretario generale dell’Autorità portuale Martino Conticelli, scade al 31
dicembre «ma sarà certamente rinnovata». Secondo quanto afferma lo stesso
Conticelli «i volumi di traffico previsti, attorno ai due milioni di tonnellate
all’anno, sono stati egregiamente mantenuti», per cui l’Authority non ha nulla
da eccepire sulla prosecuzione dell’attività, che anzi contribuisce allo
sviluppo del porto.
L’azienda sta ora predisponendo un progetto di rafforzamento dell’attività, come
dimostrato già ora dalla nuova gru, e dinanzi ad esso e agli investimenti
effettuati e che presumibilmente saranno fatti anche in futuro, il rinnovo della
concessione potrebbe essere superiore ai quattro anni. Per lo Scalo Legnami il
contratto ancora in trattativa tra Autorità portuale e General cargo terminal è
di quindici anni. «Comunque - afferma Conticelli - nella trattativa per il
rinnovo e per la sua durata non potranno subentrare considerazioni di carattere
politico neanche per quanto concerne la riconversione dell’area, in quanto
l’attività della Ferriera e quella del terminal possono essere anche
completamente indipendenti una dall’altra».
(s.m.)
No Tav, la protesta parte da San Dorligo - AFFOLLATO
INCONTRO AL TEATRO DI BAGNOLI SUL PROGETTO PER LA TRIESTE-DIVACCIA
Il 1° maggio a San Giacomo una manifestazione con la
partecipazione dei comitati regionali
SAN DORLIGO Il movimento No Tav è pronto a sbarcare a Trieste. L’annuncio è
stato divulgato ieri, attraverso un volantinaggio davanti al teatro comunale
Presveren di Bagnoli della Rosandra, sede dell’incontro pubblico sul Corridoio 5
indetto dal Comune di San Dorligo della Valle.
Il primo maggio a Trieste, in Campo San Giacomo, il popolo contro l’alta
velocità scenderà per la prima volta in piazza per protestare contro la «folle
logica della sottrazione di soldi pubblici da investire per il miglioramento e
l’ammodernamento della rete ferroviaria esistente». Alla manifestazione hanno
annunciato la loro presenza i comitati No Tav del Friuli Venezia Giulia.
Un teatro Presveren stracolmo ha intanto visto, come si diceva, l’incontro
pubblico per analizzare lo studio di fattibilità della linea ad alta velocità,
che dovrebbe coinvolgere ampiamente il territorio di San Dorligo della Valle.
«Il silenzio che avvolge il progetto del Corridoio 5 e del tratto
Trieste-Divaccia è funzionale alla maggior spesa possibile di denaro pubblico:
oggi più che mai abbiamo dunque il dovere civile di essere preoccupati e di
vigilare su questo progetto che attualmente non è certo frutto di un processo
democratico». Paolo Rumiz ha aperto così l’incontro, al quale hanno partecipato
diversi tecnici delle Ferrovie, esperti nel settore dei trasporti, geologi e
ambientalisti.
A spiegare per primo le ragioni di questa criticità è stato Dario Predonzan,
responsabile energia e trasporti del Wwf regionale: «Attualmente i fondi
necessari per la tratta Venezia-Trieste-Divaccia corrispondono solo all’1,24%
del costo totale di questa folle opera, sulla quale per altro non esistono studi
unitari. Una strategia in realtà per distogliere l’attenzione sul progetto
finale, che concretamente non porterebbe nulla di positivo per i cittadini».
Francesco Magro, esperto nazionale nel settore trasporti, ha ribadito
sostanzialmente il concetto: «Facendo un analisi del costo/beneficio di questa
opera ci rendiamo conto di quanto sia in dubbio l’utilità e la funzionalità
dell’alta velocità in quest’area».
Il referente trasporti di Legambiente Fvg, Andrea Wehrenfennig, ha ricordato
invece come «rendere efficienti le ferrovie attuali sarebbe un intervento
prioritario rispetto al Corridoio 5», mentre il vicedirettore del Dipartimento
di Scienze della Terra Peter Suhadolc, sismologo, ha puntato l’attenzione sulle
vibrazioni che potrebbero verificarsi, che però «nei terreni duri come il
calcare non dovrebbero essere troppo amplificate».
Il direttore del Dipartimento di Scienze geologiche, ambientali e marine
dell’Università di Trieste, Franco Cucchi, ha poi delineato scenari inquietanti
inerenti «ai battenti d’acqua che potrebbero aprirsi improvvisamente nel
sottosuolo causando l’allagamento delle gallerie».
Il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, ha portsato il discorso sul piano
politico, ricordando che «l’assessore regionale di competenza continua a negare
un incontro sulla questione della Trieste-Divaccia, nonostante le ripetute
richieste formulate da diverse settimane».
L’assessore comunale all’Ambiente e ai Progetti europei, Laura Riccardi
Stravisi, ha infine annunciato che l’8 maggio si terrà un altro incontro
pubblico. Al teatro Presveren porteranno le proprie testimonianze i sindaci
della Val di Susa e del Mugello.
RICCARDO TOSQUES
Scontro in Consiglio sulla Commissione paesaggio -
ESAMINATI A TARDA NOTTE ANCHE LA PEDONALIZZAZIONE DI VIA CASSA DI
RISPARMIO E IL PIANO DEHORS
Bocciata la richiesta di rinvio dell’opposizione. Il
nuovo organismo passa con i soli voti della maggioranza
L’iter della nuova Commissione locale per il paesaggio ha infiammato ieri
sera gli animi dei consiglieri comunali. Ad accendere la miccia è stato il
rifiuto opposto dal sindaco alla richiesta di rinvio dell’approvazione della
delibera che istituisce il nuovo organismo. Richiesta avanzata dall’opposizione
per poter valutare con maggior attenzione il materiale relativo ai compiti e
alle funzioni della Commissione, arrivato nelle mani dei consiglieri solo
giovedì scorso. Roberto Dipiazza, però, non ha voluto sentir ragioni. «È una
delibera squisitamente tecnica che dev’essere approvata con urgenza - ha tuonato
il primo cittadino -. Qualsiasi discussione equivale ad una perdita di tempo».
Frase interpretata dal centrosinistra come un tentativo di svilire il ruolo
dell’aula e mettere il bavaglio ai consiglieri.
La risposta dell’opposizione non si è fatta attendere: ostruzionismo in piena
regola e discussione, lenta e dettagliata, di ventiquattro emendamenti. Nessuno,
alla fine, è passato, mentre è stato accolto un ordine del giorno, presentato da
Piero Camber e firmato da tutti i capigruppo di maggioranza, che prevede per la
Commissione paesaggio l’obbligo di coinvolgere la Consulta dei disabili nelle
valutazioni dei progetti pubblici e privati di interesse pubblico.
Il lungo dibattito sul nuovo organismo municipale - che alla fine è stato
approvato con 24 voti favorevoli, quelli della sola maggioranza, e 14 contrari
-, ha giocoforza fatto ritardare di molto l’esame delle altre questioni sul
tappeto. Prima tra tutte la riqualificazione e pedonalizzazione di piazza della
Borsa e via Cassa di Risparmio. Anche su questo fronte si è registrata una netta
spaccatura tra i due schieramenti. L’opposizione ha manifestato contrarietà al
progetto, contestando con decisione anche un secondo tassello legato
all’iniziativa: l’installazione del ponte sul Canale di Ponterosso. Canale
definito senza mezzi termini «un obbrobrio». Nessun cedimento, invece, tra le
fila della maggioranza, che ha sposato compatta l’operazione di restlyng voluta
dalla giunta. Discusso a tarda notte anche il regolamento del piano dehors,
arricchito di un nuovo risvolto: la previsione, nelle zone del centro
identificate come sensibili (viale XX settembre, piazza Unità etc.) di ulteriori
piani di dettaglio, che dovranno essere stilati su proposta della maggioranza
degli esercenti della zona.
AMBIENTE - Riciclaggio trascurato
Desidero far presente un fatto riguardante la raccolta
differenziata. Il giorno 9 aprile, alle ore 13.45 mi sono recato al piazzale
sottostante il comprensorio scolastico di Melara, in via Forlanini, per vuotare
i miei raccoglitori con i quali differenzio la carta, la plastica, il vetro e
l’alluminio. Mentre introducevo la carta, arrivò un piccolo motocarro di una
nota cooperativa cittadina, che si posizionò presso l’altro bottino per la
raccolta della carta e vi scaricò con il ribaltabile il suo carico.
Immediatamente notai che oltre alla carta vi erano altri materiali che si
potevano benissimo separare e altri che erano comuni rifiuti che di regola
andrebbero posti negli appositi cassonetti.
Vedendo ciò sono rimasto malissimo, io che solitamente prima di differenziare la
carta tolgo i punti metallici e il nastro d’imballo, ma giustifico questo fatto
(che non è uno isolato) con la scusa che forse vi sono persone che non sanno
leggere, altrimenti perché in un contenitore dove campeggia la scritta «carta,
non introdurre altri materiali» si introduce tutto fuorché il materiale
indicato? Sarà per pigrizia, negligenza? Chissà? La cosa certa è la mancanza di
senso civico e di rispetto per l’ambiente.
Mauro Ulcigrai
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2009
Tav, i mille segreti di un progetto che rischia di
sventrare il Carso
Lo scavo di più gallerie significa più spese e più
danni ambientali Uno scempio di fronte al quale è giusto allarmarsi e protestare
Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si rassegnino. Per
avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territorio - l'opera pubblica più
ciclopica del dopoguerra nel Friuli-Venezia Giulia - dovranno rivolgersi al
piccolo Comune di Dolina. Dovranno farlo, perché il resto è silenzio. Sul
percorso ad altissimo impatto ambientale si vocifera da quasi due anni, ma
Regione, Provincia e Comune capoluogo non hanno mai voluto fornire notizie. Come
non hanno ritenuto di coinvolgere gli elettori in fase di progetto, ora non
ritengono di doverli informare a cose definite. Qualcuno fa il pesce in barile,
e dice di non saperne nulla. E già questo dovrebbe inquietare.
La realizzazione dell’imponente opera mette a repentaglio l’equilibrio del Carso
La sola finestra in questo anomalo riserbo è l'assemblea aperta indetta dal
Comune di cui sopra, oggi alle 18.30, nel teatro di Bagnoli della Rosandra -
Boljunec. È un'occasione speciale che si offre a tutti gli abitanti tra il
confine sloveno e Monfalcone: tanto più che gli uffici tecnici municipali hanno
avuto la bontà di inserire i tabulati del progetto nel sito
www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it, per consentire al pubblico di
intervenire meglio nel dibattito. Consiglio vivamente di darvi un'occhiata.
Basta cliccare in alto a sinistra la voce "Documenti riguardanti il corridoio
5", poi cercare "studio di fattibilità" nel riquadro di sinistra. Dopo la
descrizione, in basso a destra c'è il simbolo dell'Excel (33Kb), cliccando sul
quale compaiono 62 disegni e relazioni.
Dieci minuti sono sufficienti per capire. Ciò che si supponeva è confermato. Il
tragitto della Tav, anziché prendere diagonalmente quota sul Carso per
raggiungere il nodo di Divaccia ("gate" per la direttrice Lubiana-Budapest),
sprofonda in galleria parallelamente alla costa - Santa Croce, via del Pucino,
Gretta, San Giovanni - e sfiora Trieste per poi risalire, avvitandosi attorno
alla Val Rosandra, con un sistema di curve decisamente anomale per un percorso
ad alta velocità. Un percorso che comporta il doppio di gallerie necessarie e
pare avere l'unico scopo di agganciare con più facilità il porto di Capodistria,
con una bretella lautamente finanziata dall'Unione Europea.
Tutti sanno che più gallerie significano più spese e più rischi ambientali. Lo
si è visto nel percorso della Tav tra Bologna e Firenze, in tunnel per il 90 per
cento, costato il quintuplo del previsto alle nostre tasche, e cifre
incalcolabili in termini di dissesto idrogeologico. Settecentocinquanta milioni
di euro, secondo la valutazione del tribunale di Firenze, per non parlare delle
cave rimaste aperte e dell'inquinamento da scorretto smaltimento dei materiali
di scavo. Di fronte a un simile scempio è giusto e necessario allarmarsi e
chiedersi come mai un'opera così importante per l'economia del Nord-Est sia
portata avanti con una segretezza che - visto il terreno - potremmo quasi
definire "carsica".
Vi sono tante domande in sospeso su questa storia della Tav, ma la prima di
tutte è: perché questa scelta? Perché un tragitto che comporta lo scavo di ben
7,75 milioni di metri cubi di roccia in terreno carsico - dunque ricco d'acqua e
imprevedibile - e non sembra offrire significativi vantaggi né alla città né al
suo porto? Perché non un percorso più semplice, più superficiale e distante da
Trieste, ma collegabile alla città con un servizio navetta dalle parti di
Opicina? A chi giova davvero tutto questo, aziende edilizie a parte? Ma è solo
l'inizio di una serie di domande da cui è difficile scappare.
Per esempio: quale voce in capitolo hanno avuto gli esperti del terreno? Tra
Firenze e Bologna quasi nulla. I geologi, che avevano avvertito dei rischi di
quel tragitto, sono stati ignorati dal direttore del lavori (poi ministro)
Pietro Lunardi, coi risultati che si vedono: novanta corsi d'acqua, risorgive e
pozzi ridotti al minimo o scomparsi per sempre. Ora il rischio è che accada
anche qui, se è vero che nella stessa relazione si ammette che lo studio è stato
compiuto solo "sulla base di dati disponibili in letteratura" e "senza un
riscontro puntuale sul campo". Col risultato, si conclude, che alcune
alterazioni sull'habitat "potrebbero risultare irreversibili".
Altra domanda: come mai la Regione ha potuto consentire che il grosso dei lavori
si concentrasse nell'unica vera grande riserva naturale della Provincia, la
forra della Val Rosandra, la più straordinaria cattedrale di roccia del
Friuli-Venezia Giulia, sede di un acquedotto romano ancora intatto e punto di
passaggio di fauna selvatica di ogni tipo? Che senso della programmazione ha una
Regione che chiede per la Val Rosandra la tutela del programma europeo "Natura
Duemila" e poi ne consente lo smantellamento?
E ancora: come mai il grosso dei lavori di sbancamento si concentra in un Comune
- Dolina - che ha sofferto più di qualsiasi altro in termini di grandi opere?
Perché ora anche la Tav in un territorio già piagato da enormi cave mai
ripristinate, dagli sbancamenti per la Grandi Motori e dagli espropri di terreni
agricoli per i serbatoi della Siot? Perché portare al collasso uno spazio già
sfiancato da espropri, sbancamenti e oleodotti, col rischio di creare una
protesta popolare simile a quella della Valsusa? Ma soprattutto: perché non se
ne parla? Perché bisogna rivolgersi al Comune di Dolina per cavare il ragno dal
buco?
Si parla tanto di federalismo, e allora cosa vi è di più federale del
coinvolgimento delle popolazioni interessate nel progetto di grandi opere? In
gioco, con la Tav attorno al nodo di Trieste, è l'essenza stessa del rapporto
democratico fra il Centro e il territorio. Una partita, questa, che va giocata
responsabilmente da tutti, nella speranza che al centro vi sia la pubblica
utilità e non l'interesse di alcuni. Saperlo, è indispensabile, affinché a
vincere, nella definizione del percorso, non siano semplicemente quelli che
urlano di più.
Il treno veloce è indispensabile a togliere Trieste dal suo binario morto e a
ricollegarla al suo Hinterland naturale. Ma siamo in Italia, e ahimè molte opere
di pubblica utilità, come le centrali eoliche e le grandi discariche, sono
dislocate non sulla base di priorità o piani concordati, ma sulla base delle
"minori resistenze" del territorio. Una grande azienda si presenta con molti
soldi a piccoli Comuni in bolletta e contratta con loro una grande opera
pubblica senza l'apertura di un tavolo regionale. Chiaramente è una partita
senza storia, in assenza di garanti all'altezza. Non vorremmo accadesse anche da
noi, e soprattutto non vorremmo accorgercene solo a cose fatte.
PAOLO RUMIZ
Una giornata col Wwf a Miramare nelle stanze segrete
degli Asburgo - Aperti gli uffici della Riserva, immutati dai tempi di
Massimiliano e Carlotta
MOLTI I PARTECIPANTI ALLE VISITE
Nonostante il cielo plumbeo sono tanti i triestini che hanno deciso di
trascorrere la domenica esplorando i lati nascosti dell’area marina di Miramare
grazie alle visite guidate «dietro le quinte», che il Wwf ha organizzato in
occasione della Giornata delle oasi 2009.
«Pensavamo che il maltempo avrebbe rovinato l’iniziativa – dice Sara Famiani del
Wwf – invece fin dalla prima visita abbiamo registrato più di trenta persone». I
visitatori hanno potuto conoscere parti dell’area marina protetta normalmente
non accessibili al pubblico, perché riservate alla ricerca o ad attività
didattiche con le scuole.
L’itinerario parte dalla spiaggia Ducale, punto balenare privilegiato
dell’arciduca Massimiliano e della principessa Carlotta, dal quale ancora oggi
si gode una prospettiva inconsueta del castello. Tra i partecipanti sono
numerose le famiglie: i bambini hanno imparato a riconoscere la fauna ittica del
golfo grazie ai puzzle didattici realizzati dal Wwf.
«L’intento delle aree marine protette – spiega la guida, Michele – non è di
chiudere spazi al pubblico, ma anzi quello di rendere partecipe la popolazione
della conservazione dell’ambiente».
La visita prosegue all’interno del Castelletto di Miramare, sede odierna degli
uffici e dei laboratori dell’area. L’edificio ospita al piano terra una serie di
sale con acquari che imitano i fondali del golfo. Al piano superiore si trovano
gli uffici del Wwf, collocati in quattro stanze spettacolari in cui arredamento
e decorazioni sono pressoché immutati rispetto al tempo in cui Massimiliano e
Carlotta le abitarono, attendendo la realizzazione del castello, e all’epoca in
cui Carlotta vi si rifugiò dopo la morte del marito in Messico.
Una grande stanza decorata con motivi floreali su legno scuro è motivo
d’interesse anche scientifico: «Qualche anno fa venne qui uno studioso tedesco –
racconta Michele – che ci disse che alcune delle specie di fiori ritratte qui
sono ormai estinte, e che quindi possono essere studiate solamente sui disegni
d’epoca». A riprova dell’attenzione dimostrata da Massimiliano per la realtà
multietnica dell’Impero, una delle stanze è decorata in stile moresco con
versetti coranici.
Roberto Pizzutti, presidente regionale del Wwf, ha spiegato ai partecipanti il
senso dell’iniziativa: «Queste visite sono parte di un movimento che a livello
nazionale mobilita migliaia di persone, portandole alla scoperta delle aree
protette del Wwf: si tratta di territori preziosi che, senza il nostro
intervento, sarebbero stati distrutti dalle speculazioni e dall’inquinamento».
La Giornata delle oasi Wwf si svolge ogni anno in aprile e coinvolge oltre cento
oasi: Miramare è l’unica area marina protetta in Italia a essere gestita dal Wwf,
e in quanto tale è inserita nel novero delle oasi. Le visite guidate si sono
ripetute nel corso della giornata al ritmo di una all’ora: accanto a «Miramare
dietro le quinte», il Wwf ha organizzato una seconda escursione della durata di
due ore che, partendo da Castelletto risaliva il cosiddetto «Sentiero dei
pescatori» per arrivare allo stagno di Contovello, esempio singolare di un
ecosistema in parte naturale e in parte artificiale.
GIOVANNI TOMASIN
Il Servizio civile è aperto ai minorenni - La Regione
tra le prime a offrire quest’esperienza a ragazzi tra i sedici e i diciotto anni
Il Friuli Venezia Giulia è tra le prime regioni italiane
in cui verrà introdotto il servizio civile per i ragazzi che non hanno ancora
compiuto i 18 anni. Una novità che interessa moltissimi giovani, che già hanno
chiesto informazioni e desiderano avviare un'esperienza spesso propedeutica a un
lavoro vero e proprio.
Lo scorso 1° aprile la giunta regionale ha approvato il «Documento di
programmazione del servizio civile regionale e solidale» per gli anni 2009-2011,
che di fatto ha dato il via a quello che viene definito «Servizio civile
solidale» per ragazzi tra i 16 e i 18 anni, che potranno essere impiegati per
240 ore durante i mesi estivi o 360 distribuite nell'arco dell'anno scolastico.
«Visto che si tratta di studenti, potranno tranquillamente aderire una volta
conclusa la scuola, nel periodo di vacanze, o disporre le ore nel tempo libero
negli altri mesi», spiega Alberto Meli, referente dell'Info Servizio Civile
della regione. «L'apertura del servizio anche ai minorenni è molto importante,
perchè le attività sono un'esperienza di alto valore sociale ed educativo e le
richieste non mancano, abbiamo già tanti contatti».
Gli ambiti di impiego sono fissati nella legge 11/07 e sono educazione e
promozione culturale, educazione alla pratica sportiva, difesa ecologica, tutela
e incremento del patrimonio forestale, tutela e salvaguardia del patrimonio
storico, artistico, culturale e ambientale, politiche della pace e diritti
umani.
Molti i ragazzi che hanno aderito negli ultimi anni alle iniziative promosse
dagli enti. Spesso si tratta di universitari, che seguono un progetto attinente
agli studi in atto o già portati a termine. Altre volte sono giovani che
desiderano tentare un primo approccio al mondo del lavoro, mettendosi alla prova
con responsabilità, orari e impegni. Ogni ente può richiedere un numero massimo
di tre volontari per progetto, che saranno presentati entro la seconda metà di
maggio, quando è fissata la scadenza. Tutti possono visionare le iniziative e
gli ambiti a disposizione, scegliere ciò che più interessa e presentare la
propria domanda di adesione. È previsto un compenso.
«Tra le novità introdotte in merito al Servizio Civile – aggiunge Meli – anche
la sburocratizzazione dell'iter, snellito e velocizzato, in modo da rendere più
breve il tempo che intercorre tra la presentazione del progetto e la sua
successiva approvazione e partenza». Considerando i tempi tecnici di valutazione
e via libera, il bando per i volontari dovrebbe uscire la prima settimana di
giugno e i giovani avranno due settimane di tempo per presentare domanda agli
enti.
Informazioni sono disponibili sui siti www.fvgsolidale.regione.fvg.it e
www.infoserviziocivile.it. In tutto il Friuli Venezia Giulia sono 340 i ragazzi
che attualmente stanno partecipando al Servizio Civile, 180 solo a Trieste.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2009
Corridoio 5, dibattito a San Dorligo - DOMANI NELL’AULA
DEL CONSIGLIO
SAN DORLIGO Corridoio 5 nuovamente in primo piano. Per
domani alle 18.30, nella sala consiliare, il Comune ha indetto una tavola
rotonda per discutere dell’impatto ambientale sul territorio del progetto
ferroviario Trieste-Divaccia. L’incontro vedrà la partecipazione di diversi
tecnici, che analizzeranno lo studio di fattibilità elaborato da Rete
ferroviaria italiana. Parteciperanno al dibattito il direttore del Dipartimento
di Scienze geologiche e ambientali dell’Università Franco Cucchi, il
vicedirettore del Dipartimento di scienze della Terra Peter Suhadolc, il
responsabile del settore energia e trasporti del Wwf regionale Dario Predonzan,
il referente trasporti di Legambiente Fvg Andrea Wehrenfennig e l’esperto di
trasporti Francesco Magro. A moderare il dibattito interverrà il giornalista
Paolo Rumiz. Aperto al pubblico, l’incontro vedrà anche la presenza anche del
sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin e dell’assessore all’Ambiente Laura
Riccardi Stravisi.
(r.t.)
Sulla spiaggia del «Bagno Ducale» - VISITE E
PASSEGGIATE A MIRAMARE NELLA GIORNATA DELLE OASI WWF
Oggi l’Oasi di Miramare partecipa alla festa nazionale del
Wwf aprendo il suo Centro Visite al pubblico e organizzando cinque eventi
speciali gratuiti.
Ecco le iniziative per il pubblico: alle 10 e alle 15 «Fuori e dentro Miramare:
scorci e riflessioni sul Sentiero Natura» in collaborazione con il Civico Museo
di Storia naturale di Trieste. Dal Castelletto si parte per per un'escursione
guidata dal Parco di Miramare allo stagno di Contovello attraverso il Sentiero
Natura. Lo staff di Miramare sarà affiancato da alcuni collaboratori del Museo
per condurre i partecipanti alla scoperta del ciglione carsico e della costiera,
con un approfondimento verso gli aspetti faunistici (alla mattina, grazie alla
partecipazione di Nicola Bressi) e verso gli aspetti geologici e paleontologici
(nel pomeriggio, grazie all'intervento di Deborah Arbulla). L’escursione durerà
circa due ore con un dislivello in salita di circa 250 metri e nessun punto di
ristoro durante il tragitto. È consigliabile dotarsi di scarpe comode adatte
all'escursionismo in ambiente carsico.
Alle 11 e alle 16 «Miramare dietro le quinte», a cura dello staff di Miramare.
Ritrovo al Castelletto per una visita inusuale alle strutture dell'Area Marina
solitamente chiuse al pubblico per esigenze operative. In via eccezionale i
partecipanti verranno accompagnati alla spiaggia del Bagno Ducale (solitamente
chiusa al pubblico) dove vengono svolte le attività didattiche e di monitoraggio
e dove partono le attività subacquee, e i laboratori didattici adibiti a
ospitare i lavori delle scolaresche, e infine gli spazi del primo piano del
Castelletto, ora adibiti a uffici. La visita si concluderà con il giro del
Centro Visite dove lo staff sarà a disposizione per aiutare i visitatori a
riconoscere gli organismi marini presenti negli acquari.
Durante tutta la giornata odierna sarà possibile ritirare dietro al versamento
di un contributo minimo i biglietti per partecipare al sorteggio dei premi messi
a disposizione dalla Riserva. Sarà possibile ritirare i biglietti al Centro
Visite dalle 10 alle 17,30. L'estrazione e la premiazione avverranno alle 17.45
al Castelletto. Se i possessori dei numeri vincenti non saranno presenti alla
premiazione avranno tempo una settimana (fino a domenica 26 compresa) per
ritirare i premi. I numeri dei biglietti vincenti saranno pubblicati da domani
sul sito della Amp.
Megacentrale elettrica, prima firma in Regione -
FERRIERA VERSO LA RICONVERSIONE
Domani la sigla dell’intesa con Comune, Provincia e
Lucchini-Severstal: investimento da 300 milioni
Si mette improvvisamente in moto, almeno sulla carta, e con inattesa unità
d’intenti, tutta l’area Est della provincia che costituirà il futuro
economico-occupazionale di Trieste. Domani Lucchini-Severstal, Regione,
Provincia e Comune di Trieste firmeranno il protocollo d’intesa per la nuova
megacentrale termoelettrica da 420 Mw del gruppo bresciano, primo nucleo per la
riconversione della Ferriera. Mercoledì, come si evidenzia in questa stessa
pagina, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà al Cipe che
gli renderà noto l’ammontare dei finanziamenti per la Piattaforma logistica e
nello stesso giorno la Commissione urbanistica del Comune invierà al Consiglio
per il voto del 27 aprile le intese con il Piano regolatore del porto.
L’appuntamento di lunedì è fissato alle 15 in Regione. «È una firma importamente
che rafforza il procedimento autorizzativo per la realizzazione dell’impianto -
ha commentato ieri Francesco Semino, direttore delle relazioni esterne della
Lucchini-Severstal - va ribadito però che lunedì non si avvia l’iter per la
dismissione della Ferriera, ma si mette solo il primo tassello per andare verso
una certa direzione».
L’entrata in funzione della centrale, per la cui realizzazione il gruppo ha
stabilito ben 300 milioni di investimento, non è però prevista prima del 2012.
L’impianto occuperà una superficie di 30 mila metri quadrati oggi in concessione
al Comune di Trieste, accanto al termovalorizzatore. A regime occuperà 150
persone tra dipendenti diretti e indotto. Il nuovo impianto (420 Mw) sarà di
potenza ben superiore alle centrali tradizionali (170 megawatt), funzionerà
esclusivamente a metano e produrrà energia elettrica e vapore.
Secondo quanto è trapelato, il testo del protocollo definisce la centrale
elettrica come una risorsa per il territorio, riconosce il progetto come
importante occasione di riconversione produttiva e impegna i firmatari a porre
in essere le azioni necessarie all’emissione del decreto autorizzativo del
ministero dello Sviluppo economico e a promuovere il progetto presso tutti gli
enti interessati.
Attualmente è in fase di stesura il progetto della centrale per la quale,
all’interno dello stesso protocollo, la Lucchini-Severstal si impegna a mettere
in atto le più efficaci misure per la salvaguardia ambientale. Il protocollo
accoglie anche un emendamento avanzato della Provincia e al posto
dell’Osservatorio ambientale che avrebbe dovuto essere creato presso il Comune,
sarà costituito un Osservatorio socio-ambientale che terrà conto anche della
situazione occupazionale e che sarà collocato presso la Provincia che ha
competenza su entrambe queste materie. Per la gestione dell’impianto il Gruppo
ha già annunciato la creazione di una società ad hoc, ”Lucchini energia”, con
sede a Trieste e quindi con ricadute economiche e fiscali a vantaggio della
città.
Lunedì, dopo l’appuntamento per la firma, sempre in Regione si svolgerà
l’incontro convocato dal presidente Renzo Tondo con i rappresentanti sindacali,
oltre che con gli stessi amministratori locali, per monitorare l’andamento della
cassa integrazione alla Ferriera che entro la fine di questo mese dovrebbe
riguardare ben 180 dipendenti. «L’Arpa sta facendo le analisi per
l’autorizzazione all’attivazione dell’altoforno numero 3», ha detto ieri
l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna. Ma qualche giorno fa il
direttore dello stabilimento Francesco Rosato ha fatto crescere l’allarme:
«Vedremo a giugno se ci sono le condizioni di mercato per attivarlo».
SILVIO MARANZANA
Grado, via alla raccolta differenziata porta a porta -
SI INIZIA CON RISTORANTI E ALBERGHI, POI SI PASSERA’ ALLE FAMIGLIE
Parte domani la raccolta differenziata, limitata alla
cosiddetta frazione ”umida”, con un servizio porta a porta riservato unicamente
alle grandi utenze. Il rifiuto organico (umido) comprende, ad esempio, scarti di
cucina, fondi di caffè, filtri da tè, resti alimentari (carne, formaggio, pesce,
uova, pasta, verdura, dolci, pizza, frutta, ecc), pane vecchio, salviette di
carta unte, piccole ossa, gusci di cozze, terriccio da vaso, ceneri spente di
caminetto. Non sono ammessi, invece, erba e ramaglie, materiali secchi
(imballaggi, cocci di ceramica, mozziconi di sigaretta, ecc.), rifiuti
riciclabili (vetro, plastica, alluminio, ecc.), stracci anche se bagnati,
pannolini e assorbenti.
Il servizio interesserà ristoranti, alberghi, mense, supermercati, campeggi e
agriturismi. Complessivamente, sono previste 120 postazioni dotate di
biopattumiera, di bidoncini carrellati di 120 litri l’uno o, per utenze
particolarmente importanti, cassonetti da mille litri. Domani debutta il
servizio inizialmente per una quarantina di utenze. Dal 16 maggio se ne
aggiungeranno un’altra cinquantina. Fino a fine settembre il servizio di
raccolta sarà giornaliero, comprese le domeniche e le giornate festive. Tutti i
bidoncini verranno, invece, vuotati a giornate fisse con frequenza
tri-settimanale (lunedì, giovedì e sabato) da gennaio a marzo e da ottobre a
dicembre. Questo particolare servizio ”porta a porta” per le grandi utenze
dovrebbe consentire di incrementare la raccolta complessiva della differenziata
che nell’arco di un anno è mediamente del 30%, portandola fino almeno al 42%,
con un ulteriore possibile incremento quando sarà a pieno regime.
È stato calcolato che durante i periodi invernali, da novembre a marzo la
raccolta differenziata effettuata unicamente dai gradesi raggiunge addirittura
il 50%. Ciò significa che l’abbassamento della media annuale è derivata da
quanti utilizzano le seconde case e dagli operatori delle varie attività
economiche estive.
Se saranno raggiunti i risultati auspicati, è intenzione del Comune, ha spiegato
l’assessore Giorgio Marin, estendere il servizio anche a tutti gli altri
esercizi pubblici e in seguito ai residenti. Il progetto è finalizzato a ridurre
la quantità di rifiuti da portare in discarica.
IL PICCOLO - SABATO,18 aprile 2009
Rigassificatore, via libera alla petizione -
COMMISSIONE UE: RICEVIBILE IL DOCUMENTO DI GREENACTION - Contestazioni
sull’impatto ambientale
La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha
dichiarato «ricevibile» la petizione presentata dall'associazione ambientalista
Greenaction in relazione al progetto per il rigassificatore di Zaule, petizione
che ora proseguirà il suo iter.
Nel documento vengono affrontati non solo gli aspetti della sicurezza
dell’impianto ma anche quelli relativi all’impatto ambientale e alla procedura
autorizzativa.
Greenaction contesta in particolare la violazione della procedura di Via
(Valutazione impatto ambientale) che ha visto «l’esclusione di fatto della
popolazione dal processo decisionale, non essendo stati garantiti i diritti di
informazione e di ricorso come previsto dalle direttive comunitarie», e la
violazione della procedura Vas (Valutazione ambientale strategica) in quanto,
sempre secondo l’associazione ambientalista, il progetto del rigassificatore si
troverebbe in conflitto con il piano regolatore del porto.
Assieme a questa petizione Greenaction ne ha presentata una sulla violazione
della legge Seveso nella provincia di Trieste. in quanto gli argomenti trattati
sono strettamente connessi.
In questa seconda petizione si ricorda che le normative comunitarie impongono
per gli impianti industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei
disastri attraverso piani d’emergenza per la popolazione e altre cautele «che a
Trieste risultano disattese».
Gli impianti indicati nella petizione, specifica l’assocciazione ambientalista.
sono in particolare serbatoi industriali di liquidi e gas fortemente esplosivi
e/o tossici, concentrati nella Zona industriale, a breve distanza da Muggia e
dal confine italo-sloveno.
Le sostanze pericolose, rileva Greenaction, vanno dagli idrocarburi al gpl,
all’ossigeno liquido, all’ammoniaca anidra, alla formaldeide, e «sono
immagazzinate a distanze così ridotte che un’esplosione incidentale o per atti
di terrorismo (già verificatisi nel 1972) potrebbe innescare effetti a catena,
interessando anche aree della Slovenia».
Il progettato inserimento di un rigassificatore nella stessa area, prosegue
l’associazione ambientalista, moltiplicherebbe in misura esponenziale questi
rischi, totalmente ignorati nelle valutazioni d’impatto.
«La Ferriera si può chiudere subito» - Il Circolo Miani:
«Ricorrere a fondi Ue per far lavorare tutti nell’opera di bonifica»
Altro che deadline fissata al 2015. Altro che tavoli
d’accompagnamento verso la riconversione. Il Circolo Miani, dal suo quartier
generale di Valmaura affacciato su una Ferriera che oggi sbuffa neanche a mezzo
servizio, ha rilanciato ieri - per voce del suo leader morale Maurizio Fogar -
la propria ricetta «per salvare ambiente e lavoro», alla faccia di una «classe
politica incapace, tanto a Destra quanto a Sinistra, che continua a perdere le
occasioni». Non una terapia a lunga scadenza, ma una cura da cavallo, a
prescindere da quanto succederà a giugno, a chiusura del contingente di cassa
integrazione. Per il Circolo Miani la chiusura dello stabilimento - «che è una
struttura morta e sepolta non per la diffida della Regione ma per la crisi,
prevedibile, della siderurgia» - sarebbe percorribile da subito mutuando il
modello del complesso industriale napoletano di Bagnoli. Là dove è stato creato
«un gruppo di studio tecnico-giuridico per individuare una marea di fondi
comunitari per la dismissione della produzione a caldo».
A quel punto, secondo Fogar, sarebbe possibile istituire «un consorzio misto a
capitale pubblico con partecipazione di privati, a cominciare da Lucchini e
dalla concessionaria di Scalo Legnami (la General Cargo Terminal, ndr), che
assuma i dipendenti della Ferriera, quelli della Sertubi e altre centinaia di
lavoratori per smantellare la Ferriera, ripulire l’area e avviare l’operazione
di bonifica, attraverso una massiccia tombatura in cemento armato con
l’obiettivo di destinare tutta l’area alla Piattaforma logistica, convogliando
nelle vasche di colmata pure i grandi blocchi di inerti derivati dagli scavi
della Gvt». E per massiccia s’intende «200-300 metri verso il largo, unico
procedimento possibile se non si vuole smuovere lo strato melmoso e tossico
delle aree marine, disperdendo l’inquinamento per l’Alto Adriatico, e se si
vogliono per davvero accorciare tempi e costi».
Già, i tempi. Da sempre la grande incognita. «Eppure il 31 dicembre 2009 -
ribatte Fogar - scade la concessione demaniale a Lucchini. In quel caso si
vedrebbe se esiste o meno una volontà politica di cambiare rotta».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2009
«Rigassificatore di Zaule, violate le norme europee» -
RECLAMO DEGLI AMBIENTALISTI
Il Wwf, assieme alla Legambiente, a Italia Nostra, al
Comitato Sos Muggia, a Greenaction Transnational e al Comitato Salvaguardia
Golfo di Trieste, ha presentato un reclamo inviato alla Commissione Europea per
la mancata applicazione della normativa comunitaria sul rigassificatore di Zaule.
Il reclamo segue due esposti presentati alla Procura. Le associazioni puntano il
dito contro il governo reo, a loro avviso, di non aver predisposto un programma
in tema di infrastrutture energetiche.
«La mancanza di un quadro di riferimento complessivo – osserva per il Wwf Dario
Predonzan – non consente ai cittadini di farsi un’opinione e perciò di
esprimersi in merito, come prevede la direttiva europea sulla Valutazione
ambientale strategica (Vas)». Nel reclamo viene evidenziata la mancata
assunzione delle irregolarità riscontrate da ambientalisti, enti locali e
Regione sullo studio di impatto ambientale (Via) realizzato da Gas Natural, con
riferimento all’inizio della pratica il 3 marzo del 2006. In quel frangente gli
ambientalisti evidenziavano l’assenza di riferimenti al metanodotto di
collegamento tra il nuovo impianto e la rete già esistente. Ulteriori mancanze
riguardano l’«inadeguata valutazione» dell’impatto delle acque di scarico del
terminale Gnl e dell’utilizzo del cloro sull’ambiente marino della baia
muggesana. (ma.lo.)
«Porto San Rocco costruito nella legalità» - GLI
AMBIENTALISTI: «VOGLIONO CHIEDERCI I DANNI PER GLI ESPOSTI? NESSUNA PAURA»
Dipiazza: lo garantisco come ex sindaco di Muggia.
Nesladek alla proprietà: un patto per ripartire
«Porto San Rocco è stato realizzato nella massima legalità, lo garantisce il
sindaco di Muggia di allora, cioè il sottoscritto. Contro la proprietà c’è un
accanimento terapeutico da paura». Roberto Dipiazza - dopo la reazione di 24 ore
fa della proprietà, che ha definito Porto San Rocco «in ginocchio» per le
inchieste della magistratura - prende posizione e si dice pronto a metterci la
mano sul fuoco. «Trovo vergognoso - si scalda Dipiazza - che davanti a un
investimento da 160 miliardi di lire, che anzi ha bonificato un’area altamente
inquinata, si faccia la pulce e a sproposito per una minima parte di quei 15
ricevuti con l’Obiettivo 2. È da cinque anni che partono esposti e indagini
perché si presume di aver trovato l’inquinatore. La proprietà è sempre più
nauseata e se a un certo punto se ne andrà chi avrà perso? Il nostro territorio.
E i prelievi del caso Aquario? Sarebbe bene ricordare come siano stati fatti
davanti alla Ferriera...». «Degli errori del passato - frena l’attuale sindaco
di Muggia Nerio Nesladek - ci sarebbe da discutere, e lo faremo. Ma ora mi preme
che Porto San Rocco non vada in rovina. Alla proprietà chiedo di sottoscrivere
un patto con la città, con l’obiettivo di ripartire senza più intendere Porto
San Rocco come un’isola: un’impostazione che non ha pagato. E poi se ritiene di
aver ragione, persegua i ”calunniatori”». Il riferimento è agli ex Amici della
Terra, oggi Greenaction Transnational, autori degli esposti. «Se dalla Porto San
Rocco Spa dicono, senza citarci, che ci chiederanno i danni, per noi non è un
problema, tutte le nostre azioni sono state puntualmente verificate», rileva
Roberto Giurastante. Che rilancia: «Abbiamo letto che l’esposto del caso
Acquario sarebbe stato archiviato, ma non abbiamo al momento ricevuto notifiche,
che per prime spettano ai denuncianti. Quanto agli imputati del processo
Acquario, sappiamo che ne è stato assolto uno solo, gli altri hanno beneficiato
della prescrizione dei reati commessi». «Metalli pesanti e idrocarburi non
volano, è evidente che qualcuno li ha scaricati», è la chiosa di Dario Predonzan
dal Wwf.
(pi.ra.)
Contributi regionali al ”Miani” Fogar rinviato a
giudizio - Il presidente del Circolo accusato di truffa e falso:
secondo la Procura incassò 100mila euro senza diritto
LA DIFESA: SOLO ASPETTI FORMALI
Negli anni 2005 e 2006 il Circolo Miani ha ricevuto contributi per 100 mila
euro dalla Regione ma - secondo la Procura - non ne aveva il diritto. Maurizio
Fogar, il presidente dell’associazione, che in questi anni ha promosso
iniziative popolari sul caso della Ferriera di Servola, è stato rinviato a
giudizio con l’accusa di truffa e falso. Comparirà davanti al giudice
monocratico il prossimo 4 maggio. A chiedere e ottenere il giudizio è stato il
pm Giuseppe Lombardi che nel capo di imputazione ha definito lo stesso Fogar
«apparente presidente» in quanto non risulterebbe mai essere stato formalmente
eletto.
L’indagine condotta dai finanzieri della sezione di pg della Procura è durata
molti mesi. È nata da un esposto relativo a presunte irregolarità contabili
all’interno del Circolo. Esposto che era stato archiviato, ma dopo l’opposizione
era tornato a essere oggetto di indagine. In pratica, secondo gli accertamenti
della Guardia di finanza, sarebbero stati utilizzati i nomi di Giorgio Decola,
Luciana Scherna, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Montecalvo come
componenti del consiglio direttivo dell’associazione quando non c’erano né
verbali né altri documenti che confermassero l’avvenuta elezione o la nomina
ufficiale. Questo sarebbe avvenuto per ottenere - sempre secondo la Procura - i
contributi regionali erogati a fronte della presentazione di indicazioni
ritenute dagli investigatori false sulla composizione del consiglio direttivo
del Circolo Miani e anche dei bilanci ritenuti altrettanto irregorari.
Ma per la difesa, rappresentata dall’avvocato Guido Fabbretti, si è trattato
solo di un aspetto formale: non c’è stato alcun illecito. La prova, per il
difensore, è rappresentata dal fatto che la stessa Guardia di finanza non ha
accertato alcuna uscita di denaro illegittima dalle casse dell’associazione di
Maurizio Fogar. Non solo. Le assemblee sono state convocate regolarmente ma
proprio per la natura popolare dell’associazione stessa non è mai stato redatto
alcun verbale. Lo ha confermato durante il primo interrogatorio lo stesso Fogar
che ha spiegato come gli incarichi di responsabilità fossero stati attribuiti
sulla base delle decisioni dell’assemblea dell’associazione composta da oltre
300 persone.
(c.b.)
Parte la raccolta mirata delle lattine - LA
DIFFERENZIATA PRO CAPITE DELL’ALLUMINIO È DI SOLO 116 GRAMMI
C’è una nuova parola d’ordine per l’estate che si
avvicina: gettare le lattine di bibite e birra nelle campane della raccolta
differenziata. A lanciare l’appello, che sembra banale e ha invece un importante
significato ecologico e di risparmio energetico, è il Comune. L’amministrazione
di piazza Unità, di concerto con AcegasAps, che coordina la raccolta rifiuti in
città e il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo dell’alluminio, ha
organizzato la campagna “Obiettivo alluminio”. Quest’ultimo è l’ingrediente
fondamentale per un gran numero di imballaggi che si utilizzano quotidianamente:
oltre alle lattine ci sono le bombolette spray, le scatolette, le vaschette.
«Fra le sue proprietà – hanno spiegato gli esperti del ”Cial” – c’è quella,
importantissima, della riciclabilità al cento per cento, processo che si può
completare senza che l’alluminio perda le sue caratteristiche originali». Da qui
la richiesta ai cittadini: «È fondamentale che la popolazione ricordi di gettare
le lattine e tutti i contenitori in alluminio nelle campane verdi – ha spiegato
Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente di AcegasAps – perché questo
permette al nostro termovalorizzatore di via Errera di razionalizzare i processi
di produzione di energia attraverso la combustione dei rifiuti».
Nel 2008 a Trieste il recupero di alluminio pro capite è stato di 116 grammi: un
numero che può facilmente essere migliorato. «Va ricordato – ha aggiunto
l’assessore comunale Paolo Rovis – che il 13 per cento del consumo di energia
elettrica della città è prodotto dal termovalorizzatore. Se si raccoglie
l’alluminio nella differenziata – ha proseguito – si crea spazio per incenerire
altre sostanze non riciclabili».
Nel contesto della campagna nazionale, Trieste è stata inserita, assieme ad
altri nove capoluoghi di provincia, nel lotto di città dove, per sensibilizzare
i più giovani alla raccolta differenziata, si svolgerà un concorso riservato
alle scuole superiori. Gli studenti triestini potranno concorrere, con foto e
articoli, sul tema del riciclo dell’alluminio: i vincitori, uno per provincia,
saranno ospiti del Film festival per ragazzi “Giffoni”.
(u.s.)
PUNTO INFORMATICO - GIOVEDI', 16 aprile 2009
Spazio, ultima frontiera delle energie rinnovabili
Roma - Prima di arrivare sulla Terra, l'energia solare
attraversa lo spazio che divide il nostro pianeta dal Sole, viene filtrata
dall'atmosfera e nel tragitto perde una parte non trascurabile del suo
potenziale. La possibilità di raccoglierla e spedirla al suolo prima che tale
potenziale vada perduto è una teoria in circolazione da decenni, ma la prima
applicazione concreta si vedrà solo nel 2016 quando Pacific Gas & Electric
metterà in funzione il primo, vero impianto di energia solare "spaziale" in
California.
PG&E, la più importante utility energetica dello stato USA, ha messo sotto
contratto la società Solaren Corp per la realizzazione di un network di
satelliti permanenti in orbita intorno al Pianeta con il compito di raccogliere
i raggi solari, convertirli in onde radio ad alta energia e poi spedirli sulla
Terra nella stazione ricevente di Fresno, dove verranno infine convertiti in
corrente elettrica e immessi direttamente nel network di fornitura alla
popolazione.
L'energia solare raccolta nello spazio offre parecchi vantaggi, pochi (e a
quanto pare risolti) problemi: la quantità di energia che è possibile produrre
con un tale sistema ammonterebbe a un carico di 200 megawatt costanti, e
l'assoluta mancanza di fattori ostacolanti quali atmosfera, alternarsi del
giorno e della notte e le diverse condizioni climatiche dettate dal ciclo delle
stagioni garantirebbero un funzionamento 24 ore al giorno, ogni singolo giorno,
per tutta la durata della vita del satellite ricevente.
Le celle solari impiegate nello spazio sono poi in grado di ricevere, con le
tecnologie attuali, dalle 8 alle 10 volte la quantità di energia oggi ricavata
dal fotovoltaico qui sulla Terra. Il sistema di trasmissione e ricezione
funziona a ciclo continuo, non c'è bisogno di batterie di backup per supportarlo
quando il Sole non c'è: nello spazio il Sole c'è sempre e le difficoltà
immobiliari sono pari a zero.
Solaren Corp sostiene che per il 2016 sarà pronta a lanciare in orbita il
network satellitare, i problemi connessi all'impresa (alte energie dei raggi
solari non filtrati dall'atmosfera inclusi) sono stati risolti e la società ha
tutto l'expertise che occorre per mandare nello spazio 25 tonnellate di metallo
per ogni singolo satellite.
Il progetto di Solaren risolverebbe poi le controindicazioni poste da uno studio
del Pentagono del 2007 che, accanto alla relativa facilità di implementazione
del "fotovoltaico spaziale" basato sulla rodata tecnologia delle comunicazioni
satellitari, metteva il costo significativamente più alto dei prezzi di mercato
"terrestri", per lo meno all'inizio. Il sistema di Solaren dovrebbe invece
essere "competitivo sia in termini di performance che di costi con le altre
fonti di produzione energetica", secondo quanto sostiene il CEO dell'azienda
Gary Spirnak.
In attesa che il fotovoltaico spaziale rivoluzioni il campo delle energie
rinnovabili, a ogni modo, la ricerca procede anche sul fotovoltaico terrestre,
in particolare con la realizzazione di piccoli galleggianti potenziati con
nanotubi di carbonio in grado di attivarsi e riscaldare l'acqua attorno a essi
direttamente con i raggi solari.
Al contrario dei sistemi attuali per la produzione di energia solare, quello a
cui stanno lavorando i ricercatori della University of California, Berkeley
elimina l'esigenza di un componente "intermediario" per la conversione da fotoni
a energia spendibile per alimentare la rete elettrica, rendendo (in teoria)
ancora più conveniente e competitivo il ricorso alle fonti rinnovabili una volta
che si sarà provata l'effettiva scalabilità della tecnologia e la sua reale
utilità in applicazioni concrete.
Alfonso Maruccia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2009
Rigassificatore, due petizioni oggi all’esame di
Bruxelles - AL PARLAMENTO EUROPEO
Oggi a Bruxelles la Commissione per le petizioni del
Parlamento Europeo discuterà la petizione sulla violazione della Legge Seveso
nella provincia di Trieste (483/07) e quella (1147/2008) sul progetto del
terminale di rigassificazione della società Gas Natural nel porto di Trieste,
precisamente nella zona di Zaule. Entrambe sono state presentate da Roberto
Giurastante, coordinatore di Greenaction, e accorpate perché gli argomenti
trattati sono connessi. Nella petizione 0483/07 viene affrontata la presunta
violazione della Legge Seveso: le norme comunitarie impongono per gli impianti
industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei disastri con piani
d’emergenza per la popolazione ed altre cautele che a Trieste - secondo
Greenaction - risultano disattese. L’inserimento di un rigassificatore nell’area
di Zaule - sempre stando alla petizione - moltiplicherebbe in misura
esponenziale questi rischi.
Nell’altro documento, si affrontano gli aspetti della sicurezza del progetto del
terminal gas stesso, e si contestano quelli relativi all’impatto ambientale e
alla procedura autorizzativa.
PIAZZA LIBERTA' - Dal 2011 solo bus davanti alla
Stazione - Cambia il restyling della piazza: salvo il giardino. Cantiere a fine
estate
Il passaggio tra l’ingresso della stazione e il giardino
di Sissi sta per scrollarsi di dosso quel fisiologico tasso di pericolosità
confermato dall’incidente di ieri. È atteso per fine estate, infatti, il via al
megacantiere da 12-14 mesi che porterà all’annunciata rivoluzione di piazza
Libertà, con il fronte-stazione senza più passaggi di macchine e scooter e il
flusso del traffico allungato verso via Ghega. Rivoluzione annunciata, sì, ma
con un paio di freschi aggiustamenti - una corsia in meno lato via Ghega,
recuperata con un’altra preferenziale per i bus a tagliare lo stesso
fronte-stazione - decisi dall’amministrazione comunale rispetto al progetto
originale. Un progetto attorno al quale l’anno scorso si erano scatenate furiose
polemiche per un riassetto viario «spinto» sotto i palazzi e per il sacrificio
di alcuni alberi storici, oggetto di una guerra di numeri tra Municipio e
ambientalisti e di una raccolta di diecimila firme per la loro tutela. Quegli
aggiustamenti - assicura l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, senza
sbilanciarsi in cifre - «tendono a salvaguardare una quota maggiore di piante,
in quanto recepiscono il vincolo della Soprintendenza di mantenere com’è
l’attuale perimetrazione del giardino storico». Le modifiche spuntate nel
progetto definitivo, che proprio domani gli uffici comunali invieranno alla
Soprintendenza per l’ok decisivo, riguardano come detto la contrazione della
batteria di corsie dietro il giardino, lato via Ghega. Erano sette, diventano
sei. Quella di troppo viene dirottata, ma solo solo per i mezzi pubblici, là
dove oggi esistono le fermate e i passaggi dei bus rasenti il lato stazione del
giardino di Sissi. «In fase di progetto definitivo - puntualizza Bandelli - i
nostri uffici sono riusciti a ricavare questa corsia preferenziale, in modo da
rispettare le dimensioni della porzione retrostante del giardino storico. Le
proiezioni dicono che lì ci passerà un autobus ogni tre minuti. Dunque la
continuità di prospettiva e di assenza di traffico, dalla stazione verso il
giardino stesso, nella sostanza viene mantenuta». Un escamotage necessario,
questo, per spianare la strada a una partita colossale che deve partire per
forza: sono in ballo tre milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila
del Ministero delle Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati
però a una rendicontazione entro l’anno. «Venerdì (domani, ndr) il progetto
definitivo ”parte” per la Soprintendenza - chiude Bandelli - e al termine dei
novanta giorni di legge siamo certi che arriverà il via libera. A quel punto,
per il progetto esecutivo, sarà sufficiente una determina dirigenziale e subito
dopo bandiremo la gara. È lecito ipotizzare che il cantiere potrà aprirsi tra
settembre e ottobre». Durata indicativa «12-14 mesi». Sulla carta, quindi, il
nuovo volto di piazza Libertà potrebbe essere realtà a fine 2010, alla vigilia
del taglio del nastro del nuovo Silos targato Coop Nordest.
PIERO RAUBER
Corridoio V: via libera alla progettazione della
Trieste-Divaccia - L’OPERA COSTERA’ 2,4 MILIARDI DI EURO
Istituito l’ufficio tecnico che sarà il braccio
operativo della Commissione italo-slovena che dovrà realizzare la tratta da 35
chilometri
TRIESTE Via libera alla progettazione preliminare della tratta ferroviaria
Trieste-Divaccia del Corridoio V. Il passo – burocratico, ma decisivo – è stato
infatti compiuto ieri, con l’istituzione del Ceb (Common executive body): un
ufficio tecnico, composto da sette membri (tre italiani, altrettanti sloveni e
un rappresentante dell’Ue), che sarà il braccio operativo della Commissione
intergovernativa Italia-Slovenia (Cig) nella realizzazione di quest’opera da
35,6 chilometri e 2,4 miliardi di euro. La decisione presa ieri durante una
riunione in Regione, alla presenza di tutti i soggetti coinvolti, permette così
di uscire dall’impasse causato dalla contrarietà della Slovenia di seguire il
normale iter (adottato dall’Italia con la Francia e con l’Austria
rispettivamente per i collegamenti della Torino-Lione e del Brennero) che
prevede l’istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico (Geie).
Sembrano dettagli tecnici, ma in realtà non lo sono. Infatti, pur avendo in mano
uno studio di fattibilità e i finanziamenti europei per avviare la progettazione
di questo complesso intreccio di rotaie (74,7 milioni di euro), fino a ieri era
impossibile procedere, proprio perché mancava un contenitore giuridico adeguato
e avvallato da entrambe le parti, Italia e Slovenia.
Lubiana aveva sempre mostrato perplessità sull’istituzione del Geie, sostenendo
di non essere ancora in grado di adattare i propri procedimenti normativi a
quelli previsti dal Geie.
Ora questo contenitore c’è, cioè è stato concretamente stabilito quale sarà il
“team” supervisore della fase preliminare di progettazione (il Ceb, appunto, in
cui ci saranno un rappresentante della Regione, del ministero dei Trasporti e di
Rfi). Si può quindi partire, ma non senza un lieve ritardo. Anche se l’assessore
regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, che ha definito l’accordo “un grande
passo in avanti”, ha garantito che “resta confermata la previsione di concludere
l'iter progettuale entro la fine del 2013”, proprio a causa delle lungaggini
burocratiche degli ultimi mesi, ieri le parti in causa hanno constatato un
evidente ritardo, che renderà necessario lo slittamento dell’utilizzo della
prima parte dei finanziamenti comunitari. Si tratta di 12 milioni di euro
previsti da Bruxelles sul 2009, di cui quasi certamente 9 o 10 milioni verranno
fatti slittare al prossimo anno, per l’impossibilità di spenderli entro la fine
del 2009.
Tutto ciò è emerso ieri, durate la prima riunione della Commissione
intergovernativa Italia-Slovenia dopo l'approvazione unanime da parte della
stessa Cig dello studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia.
Erano presenti esponenti dei Governi di Roma e Lubiana, dell’Ue, di Rete
ferroviaria italiana e Trenitalia.
Tra gli argomenti all’ordine del giorno c’era anche il progetto Adria-A, che
coinvolge, in seno all’Ince, numerose realtà territoriali di Friuli Venezia
Giulia, Veneto e Slovenia (enti locali, porti e aeroporti), che dovrebbero
essere collegate (i tempi saranno lunghi, visto che solo per la progettazione si
parla di circa tre anni) da una rete ferroviaria per soli passeggeri: una sorta
di maxi metropolitana leggera. “Abbiamo presentato questo progetto ai
rappresentanti del Governo italiano e sloveno – ha spiegato Riccardi – che ci
hanno mostrato grande interesse. Attendiamo quindi di sapere se questa
iniziativa potrà godere della partecipazione dei due rispettivi ministeri”.
ELISA COLONI
Risparmio energetico a casa propria: dibattito con gli
esperti oggi a Bagnoli - ORGANIZZAZIONE CONGIUNTA MUGGIA-SAN DORLIGO
SAN DORLIGO Come ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico della propria casa? Questo sarà solo uno degli argomenti che saranno trattati questo pomeriggio nell’incontro pubblico organizzato al Teatro Preseren di Bagnoli dall’inequivocabile titolo «Risparmio energetico: cosa possono fare i cittadini?». Inserito nel nuovo percorso di agenda 21 locale «PartecipAssieme – Sodeluj Skupaj», la tavola rotonda organizzata congiuntamente dai Comuni di San Dorligo della Valle e Muggia inizierà alle 17 con l’intervento del direttore scientifico del Sincrotone di Trieste Renzo Rosei sul tema «Il problema energetico», che sarà seguito da quello della ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria civile Claudia Fedrigo con una relazione sugli «Interventi per il risparmio energetico nelle abitazioni». Il direttore del servizio disciplina tecnica edilizia e strutture a supporto residenza del Fvg Luciano Pozzecco presenterà poi un elenco di suggerimenti invece su come «Ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico». Alle 19 alcuni cittadini di San Dorligo racconteranno infine le loro esperienza in tema di energia. Presenzieranno all’incontro il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e l’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi. Intanto il Comune di San Dorligo ha indetto per lunedì alle 18.30 in Municipio una tavola rotonda sul tema del Corridoio 5. All’incontro aperto al pubblico prenderanno parte esperti in varie discipline attinenti alle problematiche relative all’impatto che il tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia potrebbe comportare per il territorio circostante.
(r.t.)
Inquinamento e sviluppo, un esempio dai nostri Comuni minori
Nel recente sondaggio della SWG è emerso chiaramente che i
nostri concittadini desiderano innanzitutto veder valorizzate le peculiarità del
proprio territorio e una prima risposta l’hanno data dimostrando bassa
propensione per gli insediamenti industriali che non è da intendersi come
negazione, frutto di mentalità retrograda, bensì invito a prendere in
considerazione lo sfruttamento dell’energia alternativa e ciò a tutela
dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Una risposta dettata da una cultura
che si sta facendo strada lentamente ma che avanza inesorabilmente.
Non c’è ormai chi non sia a conoscenza che l’effetto serra è provocato
principalmente da anidride carbonica, cloro fluorocarburi, metano, ossido di
azoto, azoto troposferico con gravi conseguenze sul riscaldamento globale del
pianeta. Come del pari si sa che l’80% delle emissioni di anidride carbonica
proviene dalla combustione del carbone, del petrolio e del metano. E cosa si fa
per contenere queste emissioni, per arrestarle?
Un esempio concreto ce lo stanno dando i comuni minori: Duino-Aurisina, Muggia,
San Dorligo della Valle che, assieme, hanno dato vita all’associazione “Mare e
Carso” per la valorizzazione del turismo sostenibile e la definizione di
strategie per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili stimolando
l’apporto del privato cittadino e interrogandosi su ciò che deve fare la
pubblica amministrazione.
A questa concreta campagna di educazione e promozione si sono uniti Sgonico e
Monrupino, mentre le comunelle di Trebiciano e Banne, con l’aiuto della
Forestale, hanno portato a termine degli importanti lavori di ripulitura e
manutenzione di due vecchi sentieri carsici per renderli sicuri e accessibili a
tutti
Un altro esempio concreto ci viene dal Sud d’Italia, da Benevento, dove una
vecchia fabbrica inquinante è stata trasformata in un moderno impianto per la
produzione di pannelli fotovoltaici. La svolta della nostra economia potrebbe
derivare proprio dall’inserimento in questo mercato energetico. In questo
contesto potrebbe inserirsi la riconversione della Ferriera, con beneficio di
chi vi lavora, degli abitanti del luogo, dell’intera città.
La nostra città non si piange addosso ed ha espresso chiaramente i suoi
intendimenti che sono poi quelli di garantire il rispetto delle regole e delle
persone stimolandone i valori e i talenti contro i privilegi e le illegalità;
valorizzare le piccole e medie imprese, azzerare la burocrazia. Una città che
guarda al suo mare in cui si riflette e in cui ci crede, che sta restituendo ciò
che era stato sottratto.
La richiesta di ”identità di un segno visibile all’esterno” che dovrebbe
provenire dalla valorizzazione della peculiarità del territorio s’è alzata
unanime: a livello individuale e locale.
Luisa Nemez
ENERGIA - Purezza e inquinamento
L’on. Menia, sottosegretario all’ambiente, dichiara (v. Il
Piccolo del 3 aprile) che l’Italia deve lavorare affinché il suo fabbisogno
energetico derivi per il 25% dal nucleare (con un altro 25 dalle fonti
rinnovabili e il restante 50 dalle fonti fossili), definito «energia pulita».
Il sottosegretario non precisa entro quanto tempo dovrà essere raggiunto questo
obiettivo, né se si riferisca all’energia in tutte le sue forme, oppure alla
sola elettricità: sono molti, ahimè, i politici che confondono le due cose. Va
ricordato che le centrali nucleari producono soltanto elettricità, la quale
copre all’incirca un 20% dei consumi complessivi di energia. Supponendo che
Menia parli solo di questa, l’obiettivo indicato tecnicamente non sarebbe
impossibile da raggiungere: una volta in funzione le quattro centrali di terza
generazione che il governo italiano si è impegnato a comprare dalla Francia
(senza rivelarne il costo), si potrebbero produrre circa 51 mila GWh (gigawattora),
a fronte di un consumo complessivo che nel 2007 è stato pari a circa 315 mila
GWh. Ipotizzando che i consumi non aumentino, basterebbero quindi due reattori
in più per raggiungere il 25% del totale.
Prima di arrivarci andrebbero però risolti - oltre a quello non secondario dei
costi - altri problemi, tra cui il destino delle scorie radioattive, che è ben
lungi dall’essere risolto anche nei Paesi di più lunga esperienza nel settore
come la Francia. Si aggiunga che il nucleare richiede una serie di lavorazioni
(dall’estrazione all’arricchimento dell’uranio, cui vanno aggiunti la
costruzione dell’impianto e il suo smantellamento a fine vita, fino alla
gestione delle scorie), le quali implicano elevatissimi consumi di energia in
varie forme, con le conseguenti emissioni di «gas serra». Le stime più
accreditate indicano che tali emissioni, man mano che si dovrà ricorrere
all’uranio ricavato da graniti anziché da giacimenti sabbiosi, cresceranno in
misura esponenziale, fino a superare quelle di una centrale convenzionale a gas.
In effetti, la disponibilità di uranio è limitata, come quella di combustibili
fossili, a qualche decina d'anni, il che spiega perché il suo costo sia
aumentato di 10 volte tra il 2003 e il 2007.
Anche volendo sorvolare sulla radioattività liberata in normali condizioni di
funzionamento e sul sempre possibile verificarsi di incidenti con rilascio di
radioattività nell’ambiente, appare perciò avventata la definizione dell’on.
Menia sul nucleare come «energia pulita».
Senza dimenticare che, come accennato prima, una seria politica energetica
dovrebbe occuparsi anche dell’80% di consumi energetici non coperti
dall’elettricità: quelli per i trasporti, per esempio, o quelli per il
riscaldamento, ancora in prevalenza coperti con gli idrocarburi (derivati del
petrolio e gas). Gli studi più aggiornati dimostrano che il potenziale di
risparmio è enorme, anche in Italia.
Limitandosi all’elettricità, per esempio, uno studio del Politecnico di Milano
indica che l’Italia potrebbe ridurre di oltre il 40% i propri consumi,
semplicemente sostituendo le apparecchiature attualmente impiegate con quelle
più efficienti già disponibili sul mercato.
Potenziali di risparmio analoghi esistono negli altri usi energetici
(riscaldamento, trasporti, ecc.) e c’è già chi ha dimostrato che è non solo
possibile, ma anche conveniente, costruire edifici completamente «passivi», cioè
in grado di soddisfare il proprio fabbisogno energetico senza alcun apporto di
combustibili fossili o elettricità dall’esterno, ma combinando tecniche di
risparmio e fonti rinnovabili. Particolarmente interessante, in questo senso,
l'esperienza avviata da qualche anno in Provincia di Bolzano con l’Agenzia «Casa
clima».
Nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia (sezione documenti, sottosezione
"energia") è disponibile il recentissimo studio "Cambiamenti climatici, ambiente
ed energia", al quale hanno contribuito alcuni dei maggiori esperti italiani
della materia. Vi viene delineato uno scenario che prevede - a parità di servizi
resi agli utenti - la riduzione dei consumi energetici del 20 % entro il 2020 e
del 50 % entro il 2030, mediante un ricorso massiccio alle fonti rinnovabili ed
alle tecnologie per l'efficienza energetica, integrate in un sistema di
incentivi e sostegni normativi, senza ricorrere al nucleare.
Certo, bisognerebbe adottare un approccio attento alla globalità degli usi
energetici, che tenga conto della necessità di ridurre sul serio le emissioni di
"gas serra" (l'Ipcc raccomanda una riduzione del 60-85% entro il 2050) e sia
pensato in funzione delle esigenze dei cittadini-utenti e non di quelle dei
venditori di energia e dei costruttori di mega-impianti (com'è invece purtroppo
tradizione in Italia).
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2009
Commissione europea, archiviato l’esposto sul caso
Acquario - MUGGIA. DELUSI GLI AMBIENTALISTI
La Direzione generale per l’ambiente della Commissione europera ha
archiviato la denuncia presentata nel 2003 dagli Amici della Terra contro
l’allora amministrazione comunale, accusata di irregolarità nella gestione del
«caso» dell’interramento di Acquario, il terrapieno realizzato in passato fra
Punta Olmi e Punta Sottile.
Nel loro esposto, i vertici dell’associazione ambientalista imputavano
all’esecutivo muggesano, in quegli anni retto dal forzista Lorenzo Gasperini, di
aver «utilizzato in modo illecito finanziamenti comunitari inseriti
nell’Obbiettivo 2 per un progetto», appunto l’interramento di Acquario,
«realizzato in violazione delle direttive comunitarie sulla tutela ambientale».
Sulla base di quei rilievi la Commissione europea aveva aperto una procedura (la
numero 2003/4983 ndr) che ieri, appunto, è stata definitivamente chiusa. A
distanza di sei anni dall’avvio della pratica, infatti, i funzionari di
Bruxelles non hanno ravvisato gli estremi dell’utilizzo illecito di fondi
comunitari e hanno disposto l’archiviazione del caso. proprio come fatto per per
altre situazioni italiani portate all’attenzione della Commissione: il Mose di
Venezia, un’area del porto di Genova, una zona delle Marche interessata da una
querelle sulla gestione dei servizi idrici.
Della vicenda Acquario si parla ormai da anni, da quando cioè, a seguito di
alcuni esposti presentati dagli ambientalisti, la Procura di Trieste incaricò i
carabinieri del Noe di prelevare campioni nel terrapieno tra Punta Olmi e Punta
Sottile. Le analisi effettuate dall’Arpa rivelarono la presenza nel terreno di
idrocarburi e di altri inquinanti (piombo, cadmio, mercurio) in misura superiore
ai limiti previsti dalla legge per l’uso dell’area a verde pubblico. L’inchiesta
condotta dal pm Maddalena Chergia portò davanti al tribunale cinque persone:
Manlio Romanelli, già amministratore unico della società che aveva promosso
l’interramento di Acquario; Aldo Mazzocco, già al vertice della società Marina
Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori d’interramento; Corrado Del Ben,
già vicepresidente di Acquario; Ervino Leghissa, legale rappresentante della
società Duino Scavi. Nel tempo tutti e cinque gli imputati sono stati
prosciolti.
Isontino: 20mila euro contro l’inquinamento creato
dalla luce
CORMONS Stop all’inquinamento luminoso. L’amministrazione
provinciale ha inserito nel bilancio di previsione un progetto ad hoc che
riguarda l’attuazione delle attività relative all’applicazione della legge
regionale 15 del 18 giugno 2007: normativa denominata «Misure urgenti in tema di
contenimento dell’inquinamento luminoso per il risparmio energetico nelle
illuminazioni per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta
dagli osservatori astronomici».
Le competenze che riguardano le Province sono relative all’articolo 4: gli enti
intermedi devono esercitare in primis il controllo sul corretto e razionale uso
dell’energia elettrica negli impianti di illuminazione esterna e devono
provvedere a diffondere i principi dettati dalla presente legge anche attraverso
la stipula di accordi di programma con i Comuni. Concetti che sono scritti a
chiare lettere nella relazione previsionale. «Le Province, poi, individuano
entro un anno dall’entrata in vigore della legge gli impianti di grande
inquinamento luminoso rispetto ai quali prevedere, entro un ulteriore anno, le
priorità di bonifica anche su segnalazione degli osservatori astronomici o delle
associazioni che si occupano della protezione del cielo notturno».
Sulla scorta di questi concetti, ai fini di dare attuazione all’indirizzo di
legge verrà individuata una consulenza specialistica «per analizzare le
caratteristiche di inquinamento sul territorio provinciale ai fini della
formalizzazione della parte di pianificazione illuminotecnica. Ai fini della
raccolta dei dati, nella prima fase di analisi occorre altresì coinvolgere i
Comuni per comprendere lo stato di fatto relativamente alle sorgenti di
inquinamento relative a vie, aree e gli impianti esistenti (tipologie di corpi
illuminanti). In una seconda fase, dedicata alla descrizione dei risultati, si
deve procedere alla verifica e all’attività di pianificazione».
Per tale progetto sono stati stanziati dall’ente guidato da Enrico Gherghetta
20mila euro.
Lubiana ha deciso di abbattere 70 orsi e 10 lupi - La
scelta del governo «per mantenere l’equilibrio delle popolazioni». Proteste del
Wwf italiano
LUBIANA In Slovenia, entro la fine dell’anno, saranno
abbattuti 70 esemplari di orso bruno e 10 di lupo. Lo ha stabilito il governo,
per mantenere l’equilibrio della popolazione di queste due specie protette.
Una decisione che preoccupa il Wwf italiano ma che secondo i promotori rientra
nelle normali campagne di contenimento degli esemplari di queste specie da parte
della Slovenia. Il decreto, in vigore dall’11 aprile, è stato firmato nei giorni
scorsi dal ministro all’Ambiente Karl Erjavec. Prevede specifiche finestre
temporali durante le quali i cacciatori potranno abbattere gli animali previsti.
Per gli orsi bruni si va dal 1.o gennaio al 30 aprile e dal 1.o ottobre al 31
dicembre. Per i lupi, invece, dal 1.o gennaio al 28 febbraio e, ancora, dal 1.o
ottobre al 31 dicembre. Secondo il ministro Erjavec, le popolazioni delle due
specie protette in questione godono di ottima salute. Gli orsi bruni, in
particolare, si concentrano soprattutto nelle zone a Sudest della Slovenia, al
confine con la Croazia. La presenza di lupi invece pare sia più sparsa sul
territorio. Attualmente, secondo le stime, in Slovenia vivono 430 esemplari di
orso bruno. I lupi invece si attesterebbero tra le 70 e le 100 unità. Il dato è
meno preciso, mancando un adeguato metodo di censimento di questi animali.
«Questi animali – così Erjavec – hanno spazio a sufficienza e un habitat
adeguato. Ma non hanno nemici naturali». Da qui, la necessità di provvedere alla
limitazione annua del loro numero. La quantità massima di animali da uccidere è
stata tuttavia ridotta in questi ultimi anni, per adeguarsi a specifiche
normative europee in materia. «Questo decreto è legato alla necessità di
mantenere il giusto equilibrio ecologico – ha tenuto a precisare il ministro -.
Non ha nulla a che fare con i danni che questi animali possono causare». E in
effetti, molti agricoltori hanno a che fare ogni anno con «visite» inaspettate e
non volute di questi animali, che causano danni soprattutto a coltivazioni e
allevamenti (rarissimi gli attacchi all’uomo). Nel corso del 2008 sono stati
1494 i danni totali causati da esemplari di specie protette, di cui 609 dovuti
agli orsi. Il governo ha erogato risarcimenti per un totale di oltre 520 mila
euro (164 mila solo per danni causati da orsi). Il decreto è stato giudicato
«tardivo» dai rappresentanti dei guardaboschi sloveni, che ritengono infatti che
entro la prima scadenza (il 30 aprile) non si riusciranno a uccidere molti orsi
e quindi si rischiano maggiori danni nel periodo estivo.
Dal Ministero, invece, replicano che le scorrerie estive sono legate alla
presenza di cibo che attira i plantigradi e non al loro numero.
Dalla Facoltà di biotecnica dell’Università di Lubiana, giunge inoltre la
rassicurazione che la popolazione di orsi in Slovenia è ben seguita e che le
misure finora adottate per mantenerne l’equilibrio in natura hanno funzionato
bene.
Ben diversa la posizione Oltreconfine. Nonostante le rassicurazioni del governo
di Lubiana, il Wwf italiano teme che questa «caccia all’orso» sia motivata solo
dai danni arrecati da questi animali e giudica eccessivo il numero di esemplari
da abbattere. Propone quindi di permettere agli orsi una maggiore libertà di
movimento anche verso altre zone del Paese e d’istituire una nuova area a loro
dedicata nei pressi di Tarvisio.
PORTO - Ripensiamo la viabilità
All’inaugurazione del monumento a Massimiliano spiccava un
cartello che non poteva restare inosservato: 10.000 firme contro il «mostro» di
piazza Libertà, che prevede un percorso tipo «Indianapolis» attorno a piazza
della Stazione, con l’inutile e faraonico progetto di ben 8 corsie per lato.
Tale sistemazione renderà difficile la percorrenza della piazza e dintorni
rischiando di far saltare i nervi a qualsiasi automobilista che non sia
Schumacher, e forse anche all’asso tedesco.
Cerchiamo ora, cari responsabili, di pensare un po’ più in grande e superare
quel tabù che è il Porto Vecchio, dove un tempo il piano regolatore prevedeva
una vera e propria autostrada che partiva dall’ex Silos per arrivare in viale
Miramare, da dove una rampa si collegava alla Grande viabilità di Barcola, non
si è ovviamente costruita, basterebbe aprire quello squallido portone poco prima
del ponte della ferrovia di viale Miramare e immettervi le vetture che passando
per il Porto Vecchio usufruirebbero di una comoda bretella, del tipo di quelle
costruite a suo tempo in Porto Nuovo, per penetrare in via Cavour, rendendo
inutile l’allucinante progetto attorno al giardino, salvando nel contempo
parecchi alberi dalla distruzione, come pure la Sala Tripcovich, che verrebbe
giustamente valorizzata come lo è stata finora.
Oltretutto, con questa soluzione, ovviamente più semplice, si potrebbe togliere
una bella fetta di traffico da viale Miramare, liberando, nel contempo, almeno
in parte, il rione di Roiano dall’assedio delle auto. Concludendo, mi auguro che
il Comune riprenda in esame il progetto proposto per aprire un dialogo positivo
coi cittadini.
Gianni Cavicchi
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2009
Centro forestale: boom di visitatori - PASQUETTA A
BASOVIZZA - Dall’inizio del 2009 duemila presenze nella nuova struttura
BASOVIZZA Boom di presenze a Pasquetta al Centro didattico
forestale di Basovizza, uno dei punti di riferimento per eccellenza per gli
escursionisti e gli appassionati del complesso e variegato mondo carsico. Già
dal primo mattino la nuova struttura del Dipartimento forestale, collocata alle
porte della frazione carsolina, era stata letteralmente presa d’assalto non solo
dai triestini ma soprattutto da tanti forestieri. Molti di loro hanno
approfittato della bella giornata per conoscere un centro visite che, per ogni
amante della natura, rappresenta un ausilio per approfondire la conoscenza del
singolare mondo carsolino, rappresentato e divulgato dai Forestali attraverso
specifici diorami, installazioni e altri supporti culturali di profilo moderno e
didattico.
Dall’inizio del 2009 sono state oltre duemila le visite al nuovo centro, in
particolare di scolaresche di ogni ordine e grado, provenienti non solo dalla
regione ma anche dalle nazioni vicine, Austria compresa. Ad accompagnare gli
ospiti un gruppo collaudato di Guardie forestali. Nel nuovo centro visite,
vengono organizzate pure delle mostre temporanee e delle presentazioni di testi
attinenti alle tematiche ambientali. Tra questi, vale la pena citare quel «Camminaboschi.fvg»,
agile volumetto realizzato dagli stessi Forestali che propone ai lettori una
serie di 10 itinerari nei boschi più affascinanti della nostra regione. Connesse
all’attività del Centro didattico, le escursioni guidate nel vicino bosco «Igouza»
(dove si trova il sentiero attrezzato Ressel) e nei boschi regionali triestini «Bazzoni»
e «Salzer». Per informazioni e prenotazioni, è possibile telefonare allo
040-3773677 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, l’email è
didatticonaturalistico.agrifor@regione.fvg.it.
Maurizio Lozei
TRAFFICO - Solo promesse
Piano del traffico e Piano dei parcheggi dovevano essere
due priorità già nel programma elettorale del primo mandato del sindaco Dipiazza:
significa che siamo ancora a discutere, dal 2001, sul nulla. Solo chiacchiere e
propaganda.
Diciotto progetti sono stati annunciati da questa amministrazione nel 2007,
diciotto progetti inseriti con orgoglio nel Piano dei parcheggi, e finora quello
che vediamo è il nulla. Tra l'altro, i circa seimila posti auto che si
verrebbero a creare con il Piano, se mai vedrà la luce, non coprirebbero nemmeno
la metà di quanto serve: a Trieste mancano infatti 12mila posteggi per le
quattro ruote (che sono 160mila) e 21mila parcheggi per le due ruote, peraltro
nemmeno prese in considerazione dal Piano stesso. E comunque in questo Piano non
c'è alcuna attenzione per le periferie né per i borghi carsici, come se anche
quelle zone di Trieste non risentissero della lotta al posto auto.
E poi c'è l'altro capitolo insoluto, il Piano del traffico, che probabilmente
non vedrà mai la luce viste le baruffe all'interno del centrodestra. Per non
parlare, ancora, di un altro progetto fondamentale per questa città che dovrebbe
procedere di pari passo al Piano del traffico e a quello dei posteggi, e cioè il
Piano regolatore generale, che dopo dodici anni meriterebbe di essere rivisto.
Il futuro urbanistico della città ha bisogno di una cabina di regia unica. Ma
questa non c'è. Ci sono soltanto esperimenti, interventi spot e tanta marcia
indietro.
Sergio Lupieri - consigliere regionale Partito democratico
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 aprile 2009
Trenitalia-Regione, multe da oltre 3 milioni - I
disservizi dei treni costeranno cari alle Ferrovie. L’assessore Riccardi:
«Accordo entro aprile»
TRIESTE Sanzioni massime che possono superare i tre
milioni di euro, proporzionate alla «gravità del fatto» e differenziate a
seconda che si parli di ritardi, mancata informazione ai viaggiatori o altri
disservizi. Non per le pulizie, però: perchè in tal caso si ovvierà garantendo
servizi gratuiti. Questi sono i dettagli del sistema sanzionatorio del nuovo
contratto Trenitalia-Regione che sarà in firma a breve: secondo l’assessore ai
Trasporti Riccardo Riccardi, entro la fine del mese: gli elementi principali
infatti sono già stati fissati ed elaborati.
I DISSERVIZI L'elemento più curioso riguarda sicuramente il sistema di sanzioni,
che per la prima volta «puniranno» Trenitalia nel caso in cui sulle linee
ferroviarie avvengano dei disservizi. Le sanzioni in questione riguardano
diversi possibili problemi, tra i quali i ritardi nei collegamenti, le
soppressioni, la mancata informazione alle utenze, e anche la mancata pulizia.
Se le Ferrovie verranno ritenute carenti in uno di questi particolari campi,
ecco scattare il sistema di sanzioni che servirà a garantire ai passeggeri un
servizio migliore.
LE SANZIONI Secondo quanto previsto nel contratto che sarà firmato a breve, le
sanzioni potranno arrivare a un importo massimo che potrà arrivare al valore del
10 per cento dell'intero contratto, calcolato attorno ai 36 milioni di euro. Il
che significa che, in caso di gravissime carenze, Trenitalia potrà essere
condannata a pagare alle Regione multe fino a 3,6 milioni di euro. Si tratta
chiaramente di un caso limite, che, specifica la Regione, «ci auguriamo non
avvenga mai». Una particolarità riguarda le pulizie, che non sono inserite tra
le operazioni «sanzionabili» in senso monetario: si è preferito prevedere invece
che le eventuali carenze in tale campo vengano recuperate in «azioni di pulizia
aggiuntiva». A controllare che tutto vada secondo le regole, poi, come già
anticipato dallo stesso assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, saranno
appositi «controllori regionali» che gireranno sulle linee della regione a
controllare puntualità, pulizia e informazioni agli utenti. «Abbiamo puntato,
come priorità, al rispetto di tre elementi fondamentali: pulizia, puntualità, e
qualità del servizio, cioè eventuali soppressioni di corse, informazioni alla
clientela, attività di manutenzione» ha spiegato Riccardi. E per verificare il
rispetto degli standard, la Regione deve prevedere un sistema di controllo, che
non può certo essere demandato ai pendolari, che pure avranno un loro ruolo
centrale e riconosciuto. Ecco perchè nel contratto si prevedono una serie di
controlli a random sulle linee regionali, effettuati da appositi ispettori
regionali che faranno ispezioni e compileranno i verbali sulla base dei quali
poi sarà valutato il servizio.
IL CONTRATTO Come spiega Riccardi, «ormai il documento è pronto nei suoi
elementi fondamentali, mancano solo alcuni particolari da rivedere ma contiamo
comunque di poterlo chiudere entro la fine del mese». L'accordo comporterà un
investimento di 100 milioni di euro, 74 a carico della Regione e 29 di
Trenitalia, per l'acquisto di un nuovo parco rotabile.
Elena Orsi
Pista ciclabile, lavori sul ponte di via dell’Istria -
Tra San Giacomo e Draga Sant’Elia
L’assessore provinciale Tommasini: «Senza intoppi, la inaugureremo a metà giugno»
Sono entrati nella fase decisiva i lavori per la
realizzazione della pista ciclabile destinata a collegare San Giacomo e Draga
Sant’Elia. È iniziato infatti l’intervento più delicato, quello che riguarda il
posizionamento dei pannelli per la carenatura sotto il ponte di via dell’Istria,
proprio di fronte all’ospedale infantile «Burlo Garofolo», dove una volta
sorgeva il ponte della ferrovia.
Questi lavori «se non ci si metterà di mezzo il maltempo», spiega l’assessore
provinciale con delega ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, dovrebbero finire
entro maggio. «A quel punto – aggiunge ancora Tommasini – basterà sistemare il
tratto della pista che attraversa il rione di Campanelle, lungo il quale ci sono
ancora carcasse di vecchie automobili, abbandonate da una depositeria che oggi
non è più attiva».
«Se tutto andrà per il verso giusto – conclude l’assessore provinciale –,
rispetteremo i tempi previsti per l’inaugurazione, che dovrebbe essere fissata
nella seconda metà di giugno». Per poter procedere allo sgombero delle carcasse,
l’amministrazione ha dovuto preventivamente risolvere alcune problematiche di
natura giuridica.
Recentemente è stato asfaltato il tratto che va dal punto informativo di via
Orlandini al parcheggio dell’ospedale infantile, la prima parte del quale, fino
alla palestra dei Salesiani, è già percorribile.
L’intervento in atto sul ponte viene eseguito senza chiudere la strada al
traffico, ma istituendo il solo senso unico alternato, assicurando così un
minimo di scorrevolezza alla circolazione, in quel punto spesso molto intensa.
Una volta ultimata la rimozione dei materiali delle automobili abbandonate, i
vari tratti del percorso potranno essere collegati tra loro. Servirà soltanto un
intervento finale per l’eliminazione delle erbacce che naturalmente crescono
lungo il tragitto e di pulizia generale del percorso.
Tornando al ponte sulla via dell’Istria, la sua superficie sarà ricoperta con lo
stesso materiale della pista ciclabile, mentre lateralmente ci saranno le lastre
di vetro trasparente che garantiranno agli utenti sicurezza e protezione dal
vento. La lunghezza complessiva dell’intero percorso della pista è di oltre
dodici chilometri.
La struttura, una volta inaugurata, non sarà utile solo per le escursioni
domenicali, che tutti prevedono saranno frequenti e caratterizzate dalla
presenza di numerosi ciclisti, soprattutto nei primi tempi di apertura, vista la
novità assoluta, ma anche per la mobilità quotidiana.
La Provincia di Trieste punta all’inserimento del tracciato ciclabile nei
circuiti internazionali e italiani degli amanti della bicicletta, come «Ferrovie
dismesse», specializzato proprio nei tratti ferroviari recuperati. In futuro
l’opera potrebbe essere collegata con i circuiti sloveni e la «dorsale carsica
ciclabile».
(u.s.)
IL PICCOLO - SABATO,11 aprile 2009
Muggia, si potenzia la differenziata - AUMENTANO ISOLE
ECOLOGICHE E PORTA A PORTA
Novità: in distribuzione anche grandi contenitori per
olio da cucina
MUGGIA Novità nell'asporto rifiuti a Muggia. Entro fine mese, alle attuali
tipologie di raccolta differenziata si aggiungeranno la frazione umida e l'olio
da cucina. Alle famiglie che ne faranno richiesta verranno distribuite 100
compostiere per il trattamento della frazione umida e mille contenitori per olio
da cucina da cinque litri, mentre un centinaio da 25 litri sarà affidato ad
altrettanti esercizi pubblici. Aumenterà anche il numero dei contenitori per la
raccolta indifferenziata (di 30 unità), quello delle isole ecologiche (da 70 a
80) e raddoppierà il numero dei cassonetti per il verde (da 40 a 80). Le due
iniziative sperimentali hanno l'obiettivo di incrementare la raccolta
differenziata e il recupero dei rifiuti prodotti con la conseguente riduzione
dei costi per il conferimento al termovalorizzatore. Gli olii raccolti dovranno
essere successivamente consegnati dai singoli utenti al centro di raccolta di
Vignano. Lo smaltimento dell'olio da cucina non è un problema da poco. Uno
scorretto conferimento porta infatti a conseguenze gravi per l'ambiente: basti
considerare che se gettato nel lavandino, un litro di olio di frittura ricopre
con una pellicola di un millimetro un chilometro quadrato di acqua marina. La
distribuzione dei contenitori agli interessati sarà gratuita e verrà effettuata
presso il centro lunedì, martedì, mercoledì e giovedì dalle 8.30 alle 14.30 e
venerdì e sabato dalle 10 alle 16. Per informazioni ci si può rivolgere allo
0403360421 o 040232391.
Si sta concludendo intanto anche la sostituzione dei vecchi contenitori di
Ecoverde con i nuovi di Italspurghi Ecologia. Il Comune, dopo l'affidamento a
Italspurghi Ecologia del servizio di asporto rifiuti dal primo febbraio, si
propone il raggiungimento del 40% di raccolta differenziata al sesto mese e del
55% al nono. Si prevede in un prossimo futuro il miglioramento della raccolta
differenziata porta a porta presso 120 utenti (negozi e pubblici esercizi).
Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio,
passando da 33 a 45 utenti. Entro fine mese le isole ecologiche diverranno 80,
con il posizionamento in tutti i punti di raccolta di nuovi cassonetti da 3.200
litri per carta e plastica e nuove campane per vetro e lattine. Le campane
attualmente utilizzate verranno sostituite con dei cassonetti gialli per la
plastica e bianchi per la carta. Attualmente sono presenti sul territorio 185
cassonetti da 1.100 litri per la raccolta indifferenziata, e 210 (70 per
tipologia) per la raccolta di carta, plastica, vetro e lattine.
Gianfranco Terzoli
Ripuliti due sentieri sul Carso - A CURA DELLE
COMUNELLE DI TREBICIANO E BANNE
TRIESTE Le comunelle di Trebiciano e Banne hanno da
qualche giorno portato a termine dei consistenti lavori di manutenzione a due
vecchi sentieri carsici. Grazie all’asporto dei rifiuti e al taglio delle
ramaglie,i sentieri sono ora accessibili a tutti. «Ci siamo impegnati per il
recupero di un antico sentiero che dalle porte della nostra borgata porta alla «Labarnica»,
l’abisso di Trebiciano. Un passaggio boschivo - spiega David Malalan, presidente
della Comunella/Jus di Trebiciano - che da tempo risultava inselvatichito e
impraticabile. Ora chi vuole provare una nuova via nei nostri boschi può
finalmente percorrerla senza problemi e fatica». I volontari della Comunella di
Trebiciano si sono ritrovati a lavorare di domenica durante l’inverno. Attrezzi
alla mano, sotto l’attento controllo della Forestale, hanno ridotto i rami e gli
alberi pericolanti, tagliato le sterpaglie, rimosso i rifiuti. Analogo lavoro
hanno prodotto i volontari della Comunella di Banne lungo il sentiero che porta
al vecchio stagno posto nei dintorni della Scuola locale, a fianco della
Provinciale 1. «Ci siamo impegnati per completare il lavoro iniziato due anni
orsono - afferma per la comunella locale Guglielmo Husu - e oltre al taglio di
arbusti e alberi malati abbiamo dovuto impegnarci a fondo per l’asporto dei
numerosi rifiuti e inerti abbandonati». Si tratta di vecchi copertoni d’auto,
centinaia di bottiglie vuote, altri rifiuti metallici e ingombranti. Sino a
qualche anno fa anche questo sentiero veniva utilizzato per raggiungere una
vicina discarica. «Oltre al recupero delle immondizie - riprende Husu - abbiamo
provveduto a triturare le ramaglie raccolte, un’operazione costosa ma
importante, visto che l’abbandono dei rami può essere causa di incendio». La
pulizia e la manutenzione dei sentieri non rappresenta solo un valore aggiunto
per gli escursionisti, ma un importante mezzo per la prevenzione degli incendi
boschivi, consentendo ai mezzi di soccorso, in caso di bisogno, di raggiungere i
focolai.
Maurizio Lozei
VIABILITÀ - Quel treno per Grado
Riguardo ai lavori di realizzazione della pista ciclabile
Cervignano-Grado, nasce spontanea una riflessione sull’ennesimo scempio
ferroviario o, per meglio dire, sull’ennesima occasione mancata di migliorare il
sistema dei trasporti regionale. Il fatto che questa ex ferrovia sia dismessa
dal 1946, non significa che non possa avere una sua funzione anche nel XXI
secolo; se infatti è venuto meno il motivo della sua costruzione, ossia portare
a svernare a Grado la ricca aristocrazia mitteleuropea d’inizio ’900, avrebbe
invece un potenziale enorme come linea locale a servizio tanto dei pendolari
quanto dei turisti, soprattutto in estate.
È vero che essa si fermava a Belvedere, ma dato che verrà realizzato un nuovo
rilevato per giungere fino a Grado con la bici, non sarebbe stato impossibile
costruirlo per il treno. Bisogna inoltre considerare che i ciclisti sportivi
utilizzano poco questi percorsi preconfezionati, con la mountain bike si va in
fuoristrada, mentre il cosiddetto cicloturismo non muove certo enormi masse di
persone specialmente d’inverno; riguardo ai friulani, poi, se può essere
appetibile per un cervignanese andare al mare in bici, non credo che chi
proviene da Udine o da più lontano sia disposto a pedalare per decine di
chilometri per un bagno al mare. Ma questa non è certo una campagna contro la
bicicletta, tutt’altro. Prendiamo a esempio la provincia di Bolzano: in Val
Venosta hanno riattivato la linea Merano-Malles chiusa dalle Fs nel ’90,
dimostrando la validità di questa scelta con oltre un milione di passeggeri
l’anno; a fianco della stessa corre la pista ciclabile, con noleggio bici nelle
stazioni, dando un esempio di cosa sia la vera intermodalità turistica. Se
questa scelta fosse stata presa anche per la Cervignano-Grado oltre che per la
Carnia-Tolmezzo, oggi si potrebbe andare dalla montagna al mare e viceversa con
un unico mezzo veloce, sicuro ed ecologico.
Invece siamo costretti a incolonnarci con le auto in micidiali e puzzolenti
ingorghi, o impiegare molto più tempo con le corriere costrette nei medesimi
incolonnamenti; senza dimenticare che la linea Udine-Cervignano è chiusa nei
giorni festivi, dimostrando la totale arrendevolezza delle nostre ferrovie. Il
fatto poi, che in mezza Italia, come nel resto d’Europa, si stanno rimettendo i
tram laddove furono tolti cinquant’anni orsono, è la palese dimostrazione che
quelle degli anni ’50-’60 furono decisioni scellerate, anche alla luce del fatto
che proprio in questi giorni si torna a parlare dell’ennesimo blocco del
traffico causa inquinamento. Invece i nostri amministratori locali ci riempiono
le orecchie di facile demagogia su strade intasate e pericolose, oltre che sulle
polveri sottili, inneggiando al riequilibrio strada-rotaia, ma poi di fatto
finanziando solo e esclusivamente opere stradali pensate sostanzialmente per il
traffico pesante. Non c’è da stupirsi in una regione che non ha mai amato il
treno, con le tariffe ferroviarie tra le più alte d’Italia, dove si continua a
scontare la benzina e dove, a dettar legge, sono le potentissime lobby del
trasporto su gomma. Se mai ci si renderà conto degli errori commessi, sarà ormai
troppo tardi!
Claudio Canton - seguono 14 firme
IL PICCOLO - VENERDI', 10 aprile 2009
«Non è detto che a giugno riapriamo la Ferriera» -
Aperta solo la cokeria che lavora al 50% delle sue potenzialità. In aprile 180
gli operai a casa
LO SOSTIENE IL DIRETTORE DELL’IMPIANTO DI SERVOLA DATA
LA DIFFICILE SITUAZIONE DI MERCATO
«Stiamo adeguando l’altoforno 3 come previsto, però a giugno vedremo se ci
sono o meno le condizioni di mercato per riattivarlo come previsto. Siamo di
fronte a una crisi molto particolare e perdurante, abbiamo perso il 65% del
mercato e per ora non si vedono spiragli di ripresa, le nostre vendite residue
sono del 30-35%». Lo ha affermato ieri l’amministratore delegato della Ferriera,
Rosato, da Brescia dove ha partecipato a riunioni nella sede centrale della
Lucchini. Che cosa significa non riaprire quell’altoforno? Che la fabbrica di
fatto interrompe l’attività.
Con il 40% dei dipendenti in cassa integrazione, destinati ad aumentare in
questo mese, aperta e in funzione è attualmente solo la cokeria, che produce
però al 50% delle sue potenzialità. Un crollo verticale, dunque. E dove va il
coke prodotto? Da nessuna parte. «Neanche Piombino lo può assorbire - prosegue
il direttore della fabbrica -, anche lì l’attività è gravemente compromessa, tra
poco faremo il piano commerciale per il prossimo trimestre e solo allora avremo
un quadro più chiaro della situazione di aprile».
Intanto a giorni sarà un mese da che è scattata la cassa integrazione: «Per ora
ne sono interessati 80-90 dipendenti - spiega Rosato -, entro aprile credo che
raddoppieremo il numero a 170-180, a maggio vedremo com’è la situazione, ma
certo non toccheremo il numero massimo, di oltre 300, per i quali avevamo
chiesto l’autorizzazione». In pratica adesso sta a casa, a rotazione, appunto il
40% dei dipendenti.
Intanto per il 20 aprile il presidente della Giunta, Tondo, ha ufficialmente
convocato proprietà, istituzioni e sindacati all’apertura del tavolo di
negoziazione sulla Ferriera di Servola, per avviare la discussione concreta sui
passi da intraprendere in vista della concordata chiusura nel 2015 dell’attività
siderurgica e del «trapasso» ad altre produzioni e aziende in loco. La Provincia
ha già inviato in Regione un proprio documento per sottolineare come all’ordine
del giorno siano state inserite con troppa evidenza le questioni ambientali,
mentre è necessario - dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat -
indirizzare i lavori «soprattutto sulla questione occupazionale».
A Servola, attorno alla fabbrica praticamente spenta, senza più nuvole di fumo
dai camini, le centraline segnalano basse emissioni di Pm10, ma guardando i dati
dell’Arpa anche di marzo non si notano grandissime differenze: a Ferriera ancora
attiva, e cioé all’inizio del mese scorso, i valori registrati dal mezzo mobile
di San Lorenzo in Selva ondeggiavano sempre al di sotto del limite di 50
microgrammi. Un superamento casomai è stato registrato il 7 aprile in via
Carpineto (52 microgrammi) e in via Svevo (51). Al contrario, dati molto bassi
hanno segnalato le centraline in via Pitacco l’8 e 9 marzo, a fuochi ancora
accesi: 14 e 12 microgrammi.
L’azienda comunque lavora alle modifiche sull’altoforno 3, quello che aveva
chiesto alla Regione di riattivare dopo lunga sosta, al posto dell’impianto già
indicato nel testo dell’Autorizzazione integrata ambientale, nonostante le
pesanti incertezze. È solo per una coincidenza di diversi motivi, sottolinea
Rosato, che chiusura dell’altoforno e cassa integrazione sono avvenute quasi in
contemporanea: «È la crisi economica che ci ha indotto a rallentare l’attività,
anche senza chiusura dell’altoforno saremmo stati ugualmente costretti».
Quanto alla nuova azienda produttrice di cavi metallici che la russa Severstal,
socio di Lucchini, ha confermato l’altro giorno, potrebbe avere qualche
rilevanza per l’attività della Ferriera? «No, è un’iniziativa che nasce fuori
dalla Lucchini stessa - ribadisce Rosato -, appartiene a un’azienda socia di
Severstal, noi siamo dunque solo dei loro vicini, ma vicini per così dire ’’alla
lontana’’».
GABRIELLA ZIANI
Bonifiche, contributi camerali per 1,5 milioni -
Imprese convocate il 20 aprile per dare il proprio assenso alla nuova ipotesi di
accordo
ANNUNCI DEL PRESIDENTE PAOLETTI FIDUCIOSO SU
UN’ACCELERAZIONE DELL’ITER
Un milione e mezzo della Camera di commercio a favore delle imprese del Sito
inquinato che saranno sottoposte a esborsi non indifferenti nel quadro del nuovo
accordo di programma sulle bonifiche. Lo annuncia il presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti il quale rilevando come l’ente camerale abbia svolto
«una notevole mole di lavoro per giungere a una soluzione» entri direttamente in
campo anche con un contributo finanziario nel momento in cui, data soprattutto
la crisi economica, l’accesso al credito risulti particolarmente difficoltoso.
Il danno ambientale che le imprese dovranno pagare oscilla tra i 160 e i 200
milioni. Nella nuova bozza di riparto inserita dalla Regione nel documento
politico programmatico che sarà allegato all’accordo di programma, il 70 per
cento della cifra (circa 140 milioni) sarà a carico delle imprese definite
impattanti e superimpattanti, il 20 per cento (circa 40 milioni) andrà pagato in
proporzione della durata della proprietà del terreno. Un 10 per cento infine
(circa 20 milioni) dipenderà dalle dimensioni del terreno stesso. In quest’ultimo
caso è stata stabilita una spesa di 3,6 euro al metro quadrato per qualsiasi
tipo di impresa.
Le aziende sarano chiamate a esprimere il proprio parere su questa nuova bozza
nell’ambito dell’incontro che la stessa Camera di commercio ha convocato per
lunedì 20 aprile. «Ammmesso che vi sia il via libera da parte dell’azienda - ha
sostenuto ieri Paoletti - a maggior ragione non vi saranno ostacoli da parte
delle varie amministrazioni e l’iter procederà spedito. Alla resa dei conti non
si sarà perso tempo eccessivo».
I passaggi burocratici e politici però sono ancora numerosi. Come ha rilevato
l’assessore regionale Vanni Lenna, dopo l’approvazione dell’accordo i
rappresentanti della Regione e degli enti locali nel comitato di indirizzo e
controllo dovranno discutere il documento politico-programmatico con il soggetto
governativo deputato all’attuazione dell’accordo. E per il fatto che la stessa
bozza d’accordo è stata modificata per alcune richieste degli enti locali il
documento dovrà essere riportato all’attenzione della Regione, del Consiglio
provinciale, dei Consigli comunali di Trieste e di Muggia, dell’Ezit, del
Comitato portuale. L’intesa sbloccherà anche il vincolo che impedisce alle
imprese del Sito inquinato di espandersi.
(s.m.)
DELIBERA DELLA GIUNTA DIPIAZZA - Magazzini Silos:
imminente il via - “Pedibus, Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”
La giunta comunale ha acquisito ieri i necessari pareri
espressi dalle autorità ambientali e che sono parte integrante dell’accordo di
programma per la realizzazione dei Magazzini del Silos, in via Flavio Gioia, a
lato della Stazione ferroviaria. Sull’intervento per complessivi 120 milioni di
euro che come rileva l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis è il
secondo per entità finanziaria dopo la Grande viabilità, si stanno susseguendo
le Conferenze dei servizi. I lavori preparatori di demolizione e consolidamento,
che sono stati stimati in 6-7 milioni, potranno partire già prima della firma
dell’accordo di programma e presumibilmente entro l’estate.
La maxistruttura progettata da Coop Nordest prevede tra l’altro la realizzazione
di un ipermercato, un centro commerciale, un’area per il benessere e il tempo
libero, una grande sala polifunzionale e un albergo di prestigio.
La giunta comunale ieri ha approvato anche lo studio planivolumetrico necessario
per la realizzazione della copertura del campo da tennis del Circolo marina
mercantile “Nazario Sauro”.
Su proposta dell’assessore all’Educazione, università e ricerca Giorgio Rossi è
stato inoltre espresso parere positivo per l’adesione all’iniziativa “Pedibus,
Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”, finanziata dalla giunta
regionale del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste”. Il progetto
partirà il prossimo anno scolastico e punta a favorire la crescita di alcuni
significativi aspetti educativi come il rispetto dell’ambiente, l’importanza
dell’attività motoria, la condivisione di un percorso la socializzazione tra i
ragazzi. In pratica si darà la possibilità ai ragazzi di ritrovarsi alle 7.30
del mattino in determinati punti della città e, accompagnati da un
educatore-guida, di fare insieme a piedi uno specifico percorso, toccando le
diverse sedi scolastiche da raggiungere.
Dopo le festività pasquali, la giunta comunale tornerà a riunirsi già a metà
della prossima settimana.
Scuole, interventi per 2,2 milioni - I LAVORI DI
MANUTENZIONE A CARICO DEL COMUNE
Il Comune sta attuando una serie di interventi per la
manutenzione delle scuole cittadine di competenza, tra le quali ci sono anche la
Biagio Marin-Foschiatti, il ricreatorio De Amicis, l’asilo Piccoli Passi e la
materna Arcobaleno. La spesa complessiva per gli interventi manutentivi del 2009
è di 2,2 milioni di euro.
Gli interventi sono stati illustrati ieri nel dettaglio dall’assessore ai Lavori
pubblici Franco Bandelli e commentati dal collega all’Educazione giovanile,
Giorgio Rossi, nel corso di una seduta della quinta commissione-scuola,
presieduta da Manuela Declich, che ha recepito anche un ordine del giorno del
consigliere di opposizione Roberto Decarli.
Per quanto riguarda il ricreatorio De Amicis di via Colautti sono stati riparati
i danni per infiltrazioni di acqua dell’edificio sovrastante e sostituiti i
controsoffitti dell’aula computer, risanati i servizi igienici della palestra e
del piano superiore e fatti adeguamenti di legge per la sicurezza, montati
corrimano e una nuova recinzione sulla via Ressel. Entro l’anno verrà anche
messo in sicurezza l’edifico andato a fuoco tempo fa e messi dispositivi
antipiccione. Nell’incontro De Carli ha sollecitato l’intervento per la pulizia
degli spazi esterni del complesso, che lasciano molto a desiderare.
La Declich si è impegnata a fare una ulteriore seduta della quinta per
illustrare il problema all’assessore competente Paolo Rovis. Proseguendo
l’elenco degli interventi, nella scuola elementare Marin di via Marco Praga sono
state eliminate le infiltrazioni del tetto e rimesso in funzione l’ascensore,
che era in disuso, con la sostituzione del quadro di manovra. Nella scuola la
quinta commissione farà presto un nuovo sopralluogo, con la presenza
dell’assessore allo Sport paris Lippi, per verificare la possibilità dell’uso
rionale di alcuni spazi esterni.
All’asilo Piccoli Passi e alla scuola materna Arcobaleno di via Frescobaldi,
invece, è stata sostituita la guaina del tetto (zona nido) e revisionati i
lucernari. Per l’asilo La Mongolfiera inoltre è già stato progettato un nuovo
impianto di condizionamento, pronto per il prossimo settembre (costo 60 mila
euro). Per quanto riguarda la elementare Foschiatti di via Benussi, invece, sono
stati appena sostituiti i pavimenti in 3 aule e recuperata ad uso scolastico
l’ex cucina. Programmata la riparazione dei marciapiedi esterni. Nella lunga
lista di lavori ci sono anche quelli per le materne Sorelle Agazzi, don Marzari
di Opicina e Barchetta.
(d. c.)
Agenzia per l’ambiente, sede unica a Udine - Gli
obiettivi: meno spese, più uomini sul territorio e meno impiegati. Un solo
laboratorio unificato
L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE TONDO
UDINE Più uomini sul territorio, meno in ufficio. Con l’obiettivo di essere
più efficiente e meno costosa, l’Arpa del commissario Paolo Basaglia rivede la
sua missione. In particolare, il personale diventerà più tecnico e meno
amministrativo e dei quattro laboratori provinciali sin qui operanti se ne farà
uno solo, con sede a Udine. Per Renzo Tondo e Vanni Lenna “è una rivoluzione”.
CRITICITA’ A Palmanova, in conferenza stampa, il presidente della Regione e
l’assessore competente, assieme a Basaglia, spiegano il nuovo assetto. Partendo
dalle premesse. All’insediamento, lo scorso settembre, del commissario, non
mancavano le criticità: bilancio di previsione non approvato e 2,3 milioni non
assegnati, mancato rispetto del patto di stabilità, stesse attività di
laboratorio nelle quattro sedi dipartimentali, debolezza dei servizi
territoriali, squilibrio nella distribuzione del personale (su 360 dipendenti
40% di amministrativi), necessità di rinnovo tecnologico, pratiche e fascicoli
pendenti alla Procura della Corte dei conti.
IL PRIMO RIASSETTO Basaglia, riferiscono Tondo e Lenna, ha già iniziato a
cambiare faccia all’Arpa. Il bilancio di previsione 2008 è stato approvato a
dicembre con l’impiego di riserve pari a 890mila euro, 1.470.000 in meno
rispetto al previsto, e si è poi adottata in giunta la previsione 2009 (pareggio
a 23,6 milioni). IL PERSONALE Quanto al personale, ferma restando la dotazione
complessiva, è in previsione, con la stabilizzazione di una quarantina di
precari e l’assunzione nel corso dell’anno di 16 tecnici, la riduzione degli
amministrativi dal 40 al 10%. I restanti lavoratori verranno distribuiti tra
servizi territoriali e sistemi ambientali (40%), laboratorio unico regionale
(30%) e settore tecnico-scientifico e Osmer (30%).
LABORATORIO UNICO Un’altra novità è quella del laboratorio centralizzato, la cui
realizzazione (a Udine, probabilmente nell’area alle spalle dell’ospedale Sant’Osvaldo)
richiederà un investimento di 10 milioni di euro (di cui 6 già disponibili) e
quattro anni di tempo. Nella fase transitoria i laboratori provinciali saranno
gestiti da un coordinatore, successivamente le sedi di Trieste, Gorizia e
Pordenone, che non verranno soppresse e non subiranno spostamento di personale,
vedranno modificate le loro funzioni. Ma è certo, assicura l’assessore, che
l’operatività sul territorio “verrà incrementata”, mentre in Alto Friuli si
avvierà un nuovo servizio.
SPESE CENTRALIZZATE E ancora nel piano di lavoro di Basaglia è già stata
stipulata una convenzione con il Csc per l’acquisto dei beni e servizi necessari
all’Agenzia per la protezione dell’ambiente (dalle procedure di gara agli
acquisti in economia). Molte cose in divenire ma Tondo è già più che
soddisfatto: “La squadra formata dall’assessore Lenna, dal commissario Basaglia
e dai direttori Carlo Temporale e Giorgio Mattassi, oltre alla direzione
centrale Ambiente, ha rivoluzionato questa Agenzia trasformandola in uno
strumento agile e attivo, implementandone la presenza sul territorio. E’ stato
intrapreso un percorso davvero virtuoso per cambiare una situazione che era
realmente in sofferenza. La nuova Arpa può diventare un modello per una Regione
più leggera".
RIFORMA RADICALE “Da quando ci siamo insediati – spiega Lenna – abbiamo
individuato sin da subito la necessità di porre rimedio a una situazione che
necessitava una riforma radicale del sistema. I principi chiave sono lo
snellimento, il controllo della spesa e il risparmio.
Coniugare questi elementi con le esigenze del personale non è stato facile, ma
siamo riusciti a trovare una congiunzione tra i due aspetti, mantenendo chi già
operava in Arpa all'interno dell'Agenzia e stabilizzando pure i precari”.
Insomma, quello che era un “carrozzone” diventa “strumento agile e operativo per
assicurare al Friuli Venezia Giulia un sempre migliore equilibrio ambientale”.
MARCO BALLICO
Monfalcone, analisi per decidere come salvare il golfo
di Panzano - MONITORAGGIO DELLE ACQUE
MONFALCONE Il monitoraggio ordinario sulla qualità delle
acque marine ai fini della concessione o della revoca della balneabilità è
ripreso la scorsa settimana. Anche nello specchio di Marina Julia, che non può
quindi non attendere con ansia i risultati delle analisi. L’esito del
campionamento dovrebbe essere reso noto a giorni e da esso dipende, assieme a
quello del monitoraggio che sarà effettuato nella seconda metà del mese, il
ritorno alla balneazione, negato dalla Regione a dicembre. Lo ha sottolineato
ieri l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, presentando assieme alla
responsabile dell’Arpa di Gorizia Ketty Cettul il completamento dello studio
commissionato dal Comune nel 2007 all’agenzia per definire le cause
dell’inquinamento del golfo di Panzano e le strategie da attuare. Lo studio
diventa quindi uno strumento fondamentale per pianificare gli interventi più
urgenti, oltre a quelli già realizzati a Marina Julia, e chiederne l’inclusione
nel Piano per la qualità delle acque che la Regione si è impegnata a varare
entro fine anno, stabilendo le risorse finanziarie per attuarlo. Come ha
sottolineato ieri anche Franco Sturzi dell’Arpa, che ha coordinato lo studio,
sono già disponibili i fondi necessari a realizzare il Piano d’ambito dell’Atoo
attraverso Irisacqua, ma non quelli per attuare le azioni aggiuntive delineate
dall’analisi condotta sulle acque interne, principali responsabili, a iniziare
dall’Isonzo, dell’inquinamento del golfo. Se Nova Gorica, 50mila abitanti
equivalenti che scaricano nel Corno, si doterà di un depuratore entro fine 2011
grazie ai finanziamenti Ue, rimangono da collegare gli scarichi di 10mila
abitanti equivalenti di Gorizia.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 aprile 2009
Ambientalisti: più poteri alle Soprintendenze - A
TUTELA DEL PATRIMONIO
Per proteggere il patrimonio ambientale e culturale
triestino occorre ridare autorevolezza e potenziare l’organizzazione delle
Soprintendenze per i Beni architettonici. Solo così si potrà frenare quel
lassismo di enti e istituzioni che sta producendo disastri al territorio e al
suo paesaggio.
Così la pensano le associazioni ambientaliste – Wwf, Italia Nostra, Legambiente,
Greenaction Transnational, Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, il
Capofonte, Camminacittà, Comitato Trieste Vivibile – che ieri hanno presentato
un dossier sul degrado del territorio triestino. Il documento, sottoscritto
anche dagli studiosi Margherita Hack e Livio Poldini e dal giornalista Paolo
Rumiz e dai presidenti nazionali di Wwf e Italia Nostra, è stato inviato al
ministero per i Beni culturali, alle commissioni parlamentari, alla giunta
regionale e ai sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina.
«La principale risorsa per il nostro Paese è rappresentata dai beni culturali e
ambientali – ha detto per il Wwf Dario Predonzan – eppure da anni enti e
istituzioni continuano a non tutelarli a vantaggio degli interessi speculativi».
«È per l’interesse di pochi – ha continuato Giulia Giacomich, presidente
provinciale di Italia Nostra – che si rischia, per esempio, di stravolgere
piazza della Libertà».
Sui dissesti e sullo scempio che tocca diverse parti del territorio costiero si
è soffermato invece il presidente di Greenaction Transnational Roberto
Giurastante. L’appello degli ambientalisti triestini rivolto alle autorità
nazionali è di rafforzare le strutture periferiche del ministero con le sue
autonomie, congiuntamente a un maggiore controllo sulle scelte degli enti locali
nella gestione del territorio.
Maurizio Lozei
Bonifiche, il 70% del danno a carico di chi inquina -
Ma si pagherà anche in rapporto alla superficie e agli anni di proprietà del
terreno
La proposta del riparto inserita dalla Regione in un
documento politico Nuova bozza dell’accordo di programma: necessario il voto
degli enti
Il danno ambientale che le imprese del Sito inquinato dovranno pagare –
cifra non ben definita, ma compresa fra i 160 e i 200 milioni – sarà ripartito
in ragione del tipo di attività, della durata della proprietà dell’area e delle
sue dimensioni. Una proposta in questo senso è stata inserita dalla Regione nel
documento politico-programmatico che sarà allegato all’accordo di programma.
I contenuti del documento sono stati illustrati ieri ai rappresentanti dei
Comuni di Trieste e Muggia, della Provincia e dell’Ezit (reinserito nella bozza
di accordo) dagli assessori regionali all’Ambiente e al Bilancio, Lenna e
Savino.
Quanto al riparto, il 20% (circa 60 milioni) andrà pagato in proporzione alla
durata della proprietà del terreno. Un 10% (circa 20 milioni) dipenderà dalle
dimensioni del terreno stesso (è stata stimata una spesa di 3,6 euro al metro
quadro per qualsiasi tipo di impresa). Il 70% (circa 140 milioni) sarà invece a
carico delle imprese definite impattanti e super-impattanti (situazioni da
definire attraverso analisi approfondite).
Si tratta per ora solo di una proposta. «Dopo l’approvazione dell’accordo –
spiega l’assessore regionale Vanni Lenna – i rappresentanti della Regione e
degli enti locali nel comitato di indirizzo e controllo dovranno discutere il
documento politico-programmatico con il soggetto governativo deputato
all’attuazione dell’accordo stesso».
Ma nell’incontro di ieri la Regione ha presentato anche una nuova bozza
dell’accordo, che vede inserite alcune richieste degli enti locali. Modifiche
che comportano però nuovi e lunghi passaggi. «L’accordo – precisa Vanni Lenna –
andrà ora concordato con i tre ministeri (Ambiente, Sviluppo economico e
Infrastrutture, ndr), e poi dovrà essere votato dalla giunta regionale, oltre
che dai consigli degli enti firmatari». I Comuni di Trieste e Muggia, come la
Provincia, dovranno così riportare il testo in aula. L’Ezit dovrà farlo rivotare
dal consiglio di amministrazione, cosi come dovrà fare l’Ap in sede di comitato
portuale.
Tornando al documento politico-programmatico, nel testo sono ribaditi gli
obiettivi dell’accordo di programma. «E’ un testo che rafforza l’accordo –
precisa l’assessore Savino – e che è stato in gran parte condiviso dagli enti».
Piuttosto nutrito l’elenco degli obiettivi dell’intesa, a cominciare dallo
sblocco del vincolo all’espansione delle imprese nel Sito inquinato, per
proseguire con il completamento delle caratterizzazioni e con la restituzione
all’uso dei terreni risultanti non inquinati. Punti peraltro già noti, come pure
il trattamento delle acque di falda in un apposito depuratore (da costruire), e
il potenziamento del depuratore di Servola.
GIUSEPPE PALLADINI
Esce di casa, i cinghiali la puntano - DISAVVENTURA IN
VIA COMMERCIALE ALTA
«Mi sono trovata accerchiata da un branco di cinghiali. Ho
cercato di fuggire ma uno di questi, probabilmente spaventato, mi è venuto
addosso con il muso e mi ha colpito a una gamba. Non ho riportato lesioni se non
un ematoma ma la paura è stata forte».
Le parole sono di Federica Broili, impiegata dell’Allianz-Lloyd Adriatico.
L’altra sera dopo essere uscita da casa nella parte alta di via Commerciale, se
l’è proprio vista brutta ed è tornata spaventata nella sua abitazione. «Forse
avevano fame. Erano sei cinghiali che all’improvviso si sono avvicinati con
intenzioni non credo benevole». E aggiunge: «Abito nella zona di via Commerciale
da molti anni e non è la prima volta che incontro dei cinghiali, ma in questo
caso, ripeto, ho avuto proprio paura. Perché uno mi ha puntato cercando di farmi
cadere a terra. Credo che si siano spinti fino in via Commerciale anche perché
molta gente che abita da queste parti dà loro da mangiare. Così gli animali
girano tranquillamente in tutta la zona. È chiaro che se non trovano cibo si
innervosiscono e possono anche spaventarsi tentando di aggredire qualcuno come è
accaduto a me».
Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza per vietare
di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità del fenomeno,
prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari che negli
ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. Recentemente Walter
Godina, vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata
del numero dei cinghiali è in corso. «Entro la fine di maggio verrà attuato e
completato il piano di abbattimento dei cinghiali», aveva detto.
Il progetto verrà affiancato da altre iniziative meno cruente ma altrettanto
importanti. Saranno posizionati dei «pastori elettrici» (fili a bassa tensione
spesso rintracciabili nelle zone di montagna) e dei dissuasori olfattivi. In
entrambi i casi l’obiettivo è di evitare che gli animali si avvicinino troppo al
centro abitato. «Dove possibile cercheremo di catturare i cinghiali e
trasferirli in un altro luogo – aveva aggiunto Godina – anche se sappiamo che
questa operazione è piuttosto difficile, perché i cinghiali tendono a tornare
nei luoghi di origine». Nei casi estremi, comunque, come riconosciuto dalla
Regione, il sovrapopolamento dei cinghiali andrà ridimensionato con
l’abbattimento.
(c. b.)
I tedeschi puntano al rigassificatore di Veglia -
Berlino chiede un’accelerazione dei lavori durante l’incontro tra Sanader e la
Merkel
IL PROGETTO FA CAPO ALLA EON RUHRGAS E ALLA ERW GAS AG.
MA C’È LA CONCORRENZA RUSSA
FIUME Pur non essendo enumerato esplicitamente nell’agenda dei colloqui, è
tuttavia certo che il rigassificatore previsto a Castelmuschio (Omisalj),
sull’isola di Veglia (Krk), è stato uno dei temi trattati ieri a Berlino nei
colloqui fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier croato Ivo
Sanader. Stando a quanto è trapelato in via ufficiosa, pare che da parte tedesca
sia stato sollecitato un impegno più efficace del governo di Zagabria nella
realizzazione di un impianto che dovrebbe far approdare in riva al Quarnero le
metaniere con il gas naturale «alternativo» a quello delle forniture russe. Il
progetto relativo al rigassificatore di Veglia – terminal Lng secondo l’acronimo
inglese o Gnl nella traduzione italiana – fa capo a un conglomerato
transnazionale in cui sono proprio le tedesche Eon Ruhrgas ed Erw Gas Ag a
guidare la cordata, che vede peraltro far parte della spedizione anche membri di
Austria (Omv), Francia (Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin).
Una squadra variegata, quindi, ma accomunata da un unico interesse: quello di
potersi avvalere di una fonte di approvvigionamento che non dipenda
esclusivamente dai chiaroscuri di luna sopra il Cremlino.
Per la realizzazione del rigassificatore di Castelmuschio, dove l’area per
l’impianto è stata già predisposta e dove sembrano in gran parte superate anche
le resistenze degli ecologisti, sotto la spinta delle due predetti componenti
tedesche la cordata trasnazionale ha già provveduto alla fondazione di Adria Lng,
una joint venture con sede a Zagabria e nella quale Eon Ruhrgas ed Rwe avrebbero
rispettivamente il 22,5 e l’ 11,5 dello stock azionario. Alla rappresentanza
croata in seno ad Adria LNG spetterebbe una fetta azionaria del 25 per cento.
Sennonchè adesso è proprio la struttura della fetta azionaria croata a frenare
tutto. Il fatto è che la componente croata vedrebbe al primo posto la compagnia
petrolifera Ina, della quale, passo dopo passo, la magiara Mol è diventata
azionista di maggioranza relativa, con una partecipazione che sfiora ormai il 50
per cento. E, guardacaso, proprio della Mol nelle ultime settimane è entrata di
prepotenza (acquistando per circa 1,5 miliardi di dollari le azioni possedute
dall’austriaca Omv) il gruppo russo Surgutneftegaz, nel quale uno dei principali
azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente e ora premier russo Putin. Il
compendio di questo gulasch russo-balcanico sarebbe dunque questo: ora il
Cremlino può pilotare Mol e quest’ultima può fare lo stesso con Ina, quantomeno
rallentando la marcia di Adria Lng verso il rigassificatore quarnerino. Una
manovra più che comprensibile, da parte degli oligarchi del gas e del petrolio
russi, tantopiù che al terminal di Castelmuschio dovrebbe sbarcare il metano
proveniente da un’area estrattiva non sotto il loro controllo, diretto o
indiretto che sia.
Il metano dovrebbe infatti arrivare a Veglia principalmente dal Qatar, a sua
volta interessato alla realizzazione del progetto e dove di recente Ruhrgas ha
partorito una propria affiliata. Da quanto sopra emerge un quadro estremamente
complesso, fatto di interessi particolari e condizionamenti incrociati, nel
quale non sono esclusi nuovi colpi di scena. A prescindere da quanto si siano
detti o possano avere concluso ieri a Berlino la Merkel e Sanader, una cosa
sembra abbastanza sicura. Che l’interesse per il rigassificatore è ben presente
e che il progetto, magari con un avvicendamento di partner, dovrebbe potersi
realizzare. Magari con una più massiccia partecipazione tedesca (a Berlino si
vorrebbe il via ai lavori l’anno prossimo e l’entrata in funzione dell’impianto
3-4 anni dopo). Il rigassificatore di Veglia richiederebbe di mettere sul piatto
una puntata minima di 800 milioni di euro. Che garantirebbero al centro-sud
Europa un flusso «alternativo» di 10 e più probabilmente 15 miliardi di metri
cubi di gas all’anno.
(f.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 aprile 2009
FERRIERA - Centrale elettrica non prima del 2013 -
Palazzo Galatti e Municipio dicono sì all’accordo con Regione e Lucchini
L’entrata in funzione della centrale elettrica da 420 Mw,
che il gruppo Lucchini Severstal intende realizzare accanto al
termovalorizzatore, non avverrà prima del 2013. E il suo avvio sarò legato alla
disponibilità di gas, il che fa capire come si attenda la costruzione del
rigassificatore di Gas Natural.
Il dato emerge dalla bozza del protocollo d’intesa in fase di elaborazione tra
Regione, Comune, Provincia e Lucchini Severstal, per la messa a punto del quale
un incontro è previsto a fine mese.
Il sindaco Dipiazza e la presidente della Provincia Bassa Poropat hanno dato
ieri il rispettivo parere favorevole. «Con la centrale elettrica – rimarca
Dipiazza – si eviterà che il rigassificatore scarichi acqua fredda nel vallone
di Muggia. La centrale produce infatti acqua calda, che serve al
rigassificatore. Si potrebbe scambiare acqua calda e fredda fra i due impianti,
senza scaricare nulla nel golfo».
La presidente della Provincia, condividendo l’impostazione generale del
protocollo, ha anche inviato alla Regione alcune integrazioni. «Ho chiesto
innanzitutto – spiega – che si tenga conto delle ricadute sul territorio in tema
di abbattimento delle tariffe energetiche e della cessione del calore residuo.
Quanto all’osservatorio ambientale che dovrebbe essere creato al Comune di
Trieste, ho domandato che si pensi a un osservatorio socio-ambientale, che tenga
conto della situazione occupazionale. E, infine, che lo stesso osservatorio sia
posto presso la Provincia, che ha competenze sia in tema di ambiente sia di
lavoro».
Il testo del protocollo parla della centrale elettrica come una risorsa per il
territorio, riconosce il progetto come importante occasione di riconversione
produttiva, e impegna i firmatari a porre in essere le azioni necessarie
all’emissione del decreto autorizzativo del ministero dello Sviluppo economico e
a promuovere il progetto presso tutti gli enti interessati.
La centrale è in fase di progettazione. In proposito, nello stesso documento la
Lucchini Severstal si impegna a meettere in atto le migliori misure in campo
ambientale. E’ previsto inoltre che la sede legale della società di gestione sia
a Trieste, con le relative ricadute sul piano fiscale.
(gi. pa.)
I russi raddoppiano, arriva la nuova fabbrica - Entro
fine anno Severstal avvierà la produzione di cavi d’acciaio nello stabilimento
sul canale industriale
INVESTIMENTO INIZIALE DI 5 MILIONI, PREVISTA UNA
QUARANTINA DI POSTI DI LAVORO
Sbarcheranno tra poche settimane. Forse fra meno di un mese. E così la
produzione di funi giganti d’acciaio, utilizzate anche nel rimorchio e
nell’ormeggio delle trivelle petrolifere off-shore, sarà pronta a partire nel
giro di qualche mese. Trasformando Trieste - queste sembrano essere le
intenzioni - nel primo polo mondiale del settore.
Il riferimento va ai delegati e ai tecnici del gruppo Severstal, già presente in
città e abbinato alla Lucchini nella gestione della Ferriera di Servola. La
volontà del colosso russo è infatti quella di raddoppiare il suo impegno sul
territorio. Per farlo ha rilevato nemmeno un anno fa il pacchetto azionario
della «Redaelli Tecna», storica produttrice di funi d’acciaio in Val Trompia,
leader europeo nel settore, con cui sta perfezionando il progetto Trieste.
Il lancio avverrà concretamente tramite la controllata Metiz. «Entro la fine
dell’anno l’attività partirà. Hanno ottenuto tutte le autorizzazioni e stanno
rispettando i tempi annunciati», conferma Francesco Semino, responsabile delle
relazioni esterne della Lucchini-Severstal, dopo i contatti con i responsabili
del gruppo guidato dal magnate russo Alexei Mordashov.
«Questo è il loro cronoprogramma», aggiunge Semino, «e nelle prossime settimane,
in un’area all’imbocco del canale industriale, inizieranno ad arrivare i
materiali necessari per la realizzazione del basamento di cemento e della
piattaforma all’interno del canale. Sulla struttura verrà poi sistemato il
macchinario dal quale usciranno le maxi-funi».
La nuova realtà industriale avrà sede sul versante sud del canale industriale,
in un capannone già adibito ad attività industriale, e accoglierà, secondo
quanto previsto dal progetto iniziale, 15-20 addetti. Ma, successivamente, i
posti di lavoro garantiti diventeranno almeno una quarantina. Inizialmente,
l’investimento della proprietà ammonterà a 5 milioni di euro.
Le funi d’acciaio prodotte avranno una resistenza meccanica garantita di 600
tonnellate, grazie anche al cospicuo utilizzo di carbonio e di soluzioni
tecnologiche d’avanguardia per la loro realizzazione. In particolare, il
particolare tipo di acciaio richiesto arriverà da fuori Trieste, e a seconda
delle caratteristiche potrà essere prodotto dallo stesso gruppo
Lucchini-Severstal ma anche essere acquistato da altri produttori.
Soddisfatto per questo nuovo insediamento il sindaco Roberto Dipiazza, il quale
rileva «la scelta logistica dell’azienda che imbarcherà direttamente le funi
prodotte, con economie di scala che faranno diventare competitiva la fabbrica».
L’impatto sull’indotto marittimo viene sottolineato dal direttore di
Assindustria Paolo Battilana: «Con questa azienda – osserva – ci sarà uno
sviluppo delle attività portuali legate alla produzione manufatturiera».
Sia Battilana sia il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, osservano poi come in
quell’area il problema della bonifica sia stato risolto di fronte all’importanza
dell’insediamento industriale, e come ciò costituisca un piccolo segnale di
inversione di tendenza nel complesso problema del Sito inquinato.
MATTEO UNTERWEGER e GIUSEPPE PALLADINI
Il futuro sta nello sviluppo del Porto - I triestini lo
giudicano più importante di altri settori. Ferriera, la vuole chiusa il 56%
I politici si azzuffano? I cittadini non più. Gli
schieramenti tirano la propria rete? I triestini sembrano aver scelto la terza
via: basta accapigliarsi. Quel che serve è già chiaro. Restano sfumature di
giudizio, opzioni predilette o neglette, ma la «città divisa» per definizione
sembra tramontata con l’inverno, almeno sulle grandi questioni. Lo sviluppo
della città è nel porto: consenso generale, molto più ampio che per altri
settori, al 34% (era del 21% nel ’97). Lo pensano il centrodestra (34%), il
centrosinistra (31%), il centro (29%) e i non collocati politicamente (39%). Poi
la Ferriera: meglio chiuderla. Lo dice in media il 56% dei cittadini, con un
picco nel centro (67%) e a destra (62%), col centrosinistra al 52% e i non
collocati al 50.
Prima di tutto, i cittadini però vogliono «una gestione della cosa pubblica
onesta e trasparente». Quasi un plebiscito. Allo stesso modo, miglior gestione
dei rifiuti, sostegno all’economia, meno traffico e più parcheggi, più
attenzione ai giovani.
Ecco la seconda parte del sondaggio realizzato dalla Swg lo scorso marzo su
impulso di un gruppo che potremmo definire di «elementi sparsi di classe
dirigente». I quali volevano appunto capire i desideri e gli interessi della
gente, distinti da quelli dei politici. La Swg ha fatto precedere l’analisi da
un paio di domande relative al gradimento del sindaco Dipiazza e come si sa ne è
uscito un consenso del 66%, superiore a quello che Berlusconi raccoglie a
livello locale (39%).
Ma in questa seconda parte di interviste si legge in controluce quel che a
Trieste si pensa su commercio e cultura, sicurezza e crociere, fabbriche e
scienza. E prima di entrare nello specifico, si segnalano alcune peculiarità: il
commercio è più di centrodestra, la scienza più di centrosinistra, le sagre e le
fiere sono più di centrosinistra, la nautica da diporto di centrodestra. Il
centrodestra, poi, avversa l’alta velocità e in campo culturale non ha alcun
interesse per i festival del cinema (ghiottoneria invece per i non collocati).
La cosa strana è che, avendo Swg distinto i propri intervistati in tre aree di
orientamento politico, in mezzo ci sta appunto il «centro». In questa pancia
molte sorprese. A cominciare dal fatto che il segmento è l’unico a dare «zero»
consensi alla nautica da diporto come motore dello sviluppo turistico, e pone
invece ai vertici l’offerta alberghiera e di ristoro, che non appassiona invece
né a destra né a sinistra. Un’altra singolare convergenza si ha sulla scienza:
per favorirne lo sviluppo il 60% del campione pensa, in media, che sia
necessario che le imprese utilizzino di più la ricerca. A centrosinistra il
risultato sale al 65%, nel centrodestra sta alla pari, col 63%, tra i «non
collocati» è al 58%. Il centro si ferma al 17%, ma punta sul «dare maggiore
visibilità ai centri di ricerca scientifica» con 89% di risposte, che scendono
62% nel centrodestra e al 58% nel centrosinistra (media del 56%). Così questo di
«centro» è l’unico segmento molto d’accordo sul «creare un coordinamento
regionale delle attività scientifiche». Che significa collaborare con Udine. Lo
vota l’81%. E si trova accanto però solo il 5% del centrodestra (il 21% del
centrosinistra). Di contro, dal «centro» si vede malissimo un coordinamento con
Paesi confinanti: sì solo dal 7%. Il centrodestra sta al 18%, preferisce
l’estero al Friuli. Il centrosinistra spicca col 53%: l’estero piace.
GABRIELLA ZIANI
Dimezzati i fondi al Servizio civile - IL PRESIDENTE
DELL’ARCI - «A Trieste 142 volontari ma nel 2009 si prevede una mazzata sui
progetti»
Nel 2007 erano 45 mila i giovani volontari nel Servizio
civile. Nel 2009 inizieranno quest’esperienza appena in 25 mila. Una «forbice»
numerica inequivocabile, dovuta alla mazzata sui fondi statali. L’anno scorso
furono 266 milioni di euro, quest’anno saranno 211 milioni, «di cui 40 - fa
sapere il presidente nazionale Arci Servizio Civile, Licio Palazzini - si devono
al grande impegno del sottosegretario Giovanardi. Se non si fosse dato da fare,
con i 171 milioni messi a disposizione dallo Stato, nel 2009 non sarebbe partito
alcun volontario. I progetti, infatti, si avviano tra ottobre e novembre, quindi
il grosso della spesa viene sostenuto l’anno successivo. I soldi, in pratica,
sarebbero bastati solo per finanziare i volontari entrati in servizio nel 2008.
Dall’estero ci guardano con curiosità: avevamo fatto una cosa buona e ora,
mentre Stati Uniti e Francia aumentano i fondi, noi precipitiamo».
Palazzini ha spiegato ieri numeri e aspettative al consiglio regionale dell’Arci
Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia, riunito a Trieste. «Progetti per 25
mila giovani - insiste - a fronte di 105 mila presentati in Italia. È la cosa
ancor più peccaminosa è che di questi, 13 mila saranno gestiti dall’Ufficio
nazionale di Roma, 12 mila dalle 21 Regioni, con un’inutile moltiplicazione
della burocrazia».
In regione sono 316 i volontari attualmente in servizio, attivi in campo
ambientale, archeologico, assistenziale e sportivo. Percepiscono 433 euro al
mese. Trieste ne conta il numero maggiore, 142, contro gli 80 di Udine, i 53 di
Pordenone e i 41 di Gorizia.
Il taglio dei fondi si è già fatto sentire pesantemente. Nel 2008 l’Arci ha
registrato un calo del 40% e quindi un «congelamento» a 316 del tetto dei
volontari. Nel 2007 erano 416, 398 nel 2006 e, nel 2005, primo anno di avvio del
servizio, 262. Quest’anno - testimonia Giuliano Gelci, presidente regionale - a
Trieste è rimasta indietro una decina di domande. E le prospettive sono ancora
più incerte.
Entro maggio il governo dovrebbe scoprire le carte della riforma dell’intero
sistema del Servizio civile. «Noi vorremmo che fosse indicato il numero minimo
di giovani - spiega Palazzini - quindi l’introduzione di un elemento di
stabilità economica. Poi vorremmo che si decidesse ”a che cosa serve” il
servizio civile. Se il messaggio non è chiaro, i giovani si sentono come ”forza
lavoro aggiuntiva” non come i destinatari di un’esperienza formativa. E
l’equivoco genera diffidenza. Valuteremo le proposte del governo e poi
decideremo: nel 2008 abbiamo raccolto diecimila firme on-line contro gli
”attentati” al Servizio civile. Queste riunioni che tengo a livello territoriale
servono proprio a questo: a rimanere allenati».
(ar. bor.)
Torna la ”grande puzza”, decine di segnalazioni - IERI
MATTINA IN GRAN PARTE DELLA CITTÀ È STATO AVVERTITO UN FORTE ODORE DI GAS
Verifiche affidate a pompieri, tecnici AcegasAps Arpa e
motovedette della Capitaneria
Chi credeva che avesse ormai definitivamente lasciato la città ha dovuto
ricredersi: la ”grande puzza”, come ormai sono abituati a chiamarla molti
triestini, è tornata a farsi sentire.
Ad avvertire quel fortissimo e persistente odore di gas, ieri mattina, sono
stati i residenti di mezza Trieste: da Barcola a Roiano, da piazza Oberdan fino
a Servola e Valmaura. Gli stessi che hanno poi intasato di telefonate i
centralini dei vigili del fuoco e del servizio emergenze dell’AcegasAps,
avanzando come di consueto le più disparate ipotesi sull’origine delle zaffate
maleodoranti.
C’è chi ha dato la colpa alla Ferriera, chi a qualche nave ormeggiata in rada, e
anche chi ha attribuito l’episodio alla decomposizione di corposi banchi di
alghe nel golfo.
Per tentare di dare, almeno questa volta, una spiegazione al fastidioso
fenomeno, sono scese in strada ieri delle autentiche task-force di esperti.
Coinvolti pompieri, tecnici dell’Arpa, squadre dell’ex municipalizzata, uomini
della Capitaneria di porto. Quest’ultima in particolare, vista la possibilità
che a provocare la fuoriuscita di gas fosse stata proprio qualche imbarcazione,
ha effettuato addirittura due tranche di controlli: la prima da parte dei
responsabili del servizio sicurezza della navigazione, la seconda affidata ad
una vedetta che ha fatto un vero e proprio tour completo in rada.
Le verifiche della Guardia costiera hanno però intanto escluso ogni tipo di
responsabilità a carico degli equipaggi: all’origine dei miasmi, garantiscono
infatti dalla Capitaneria, non c’è stata alcuna operazione di sfiatamento di
gas, peraltro non proibita dalla legge dal momento che serve ad evitare la
formazione di pressioni troppo elevate all’interno delle cisterne.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e
dell’AcegasAps - questi ultimi hanno accertato l’assenza di perdite nella rete
del gas -, così come i sopralluoghi degli stessi sopralluoghi dei vigili del
fuoco. Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente
torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha
fatta franca e non ha trovato spiegazioni.
Spiegazioni che avrebbero permesso forse di tranquillizzare i consiglieri
regionali turbati a tal punto dalla presenza dell’ondata maleodorante da non
riuscire a concentrarsi sui lavori dell’aula. Per buona parte della mattinata
infatti la discussione, più che da articolate riflessioni sulla bontà
dell’operazione ronde prevista dal ddl sulla sicurezza, è stata monopolizzata
dalle illazioni sull’origine della puzza. Puzza che molti eletti non triestini,
evidentemente, sperimentavano per la prima volta.
Per tentare di chiarire l’arcano e riportare un po’ d’ordine all’interno
dell’assemblea di piazza Oberdan ha dovuto prendere la parola addirittura il
presidente Edouard Ballaman. Un intervento, il suo, che se da un lato è riuscito
a tranquillizzare gli animi, dall’altro non ha impedito che passassero di bocca
in bocca freddure e battute di spirito sull’origine del poco simpatico fenomeno.
(m.r.)
Elettricità pulita, accordo tra Wwf e Terna - MENO
IMPATTO SU MIRAMARE
Sviluppo sostenibile e tutela ambientale sono gli elementi
cardine che hanno portato alla sigla di un protocollo d'intesa tra il Wwf e
Terna Spa, il gestore della rete elettrica nazionale.
Si tratta del primo protocollo d'intesa di questo genere volto alla difesa è
finalizzato a uno sviluppo sostenibile della rete con particolare riguardo alla
riduzione dell'impatto ambientale delle grandi linee elettriche di trasmissione
ed alla tutela della biodiversità, nei confronti delle Oasi naturalistiche, in
particolare quella di Miramare.
A sottoscrivere il documento Enzo Venini, presidente Wwf Italia, e Flavio
Cattaneo, ad di Terna che ha sottolineato come «la collaborazione con il Wwf ci
permetterà di utilizzare, fin dal processo di pianificazione, le competenze
specifiche maturate da una delle associazioni più rappresentative a livello
internazionale in ambito di tutela ambientale».
Rigassificatore a Capodistria, presentato il progetto
tedesco - Nessuna autorità locale presente. Un evento fallimentare
L’impianto costerebbe 1 milione di dollari ma creerebbe
solo 150 posti di lavoro
CAPODISTRIA Nessun esponente delle autorità locali, pochi imprenditori, un
solo rappresentante delle associazioni ecologiste. È stata quasi completamente
ignorata la presentazione del progetto di un rigassificatore e di una centrale
elettrica nel porto di Capodistria, organizzata ieri nella città costiera dalla
società tedesca «TGE Gas Engineering», che ormai da due anni – per ora senza
grande successo - tenta di promuovere l'idea di un impianto di rigassificazione
da costruire nell'area portuale. Così come si è dichiarata sempre contraria ai
rigassificatori nel golfo di Trieste – sia a quello sulla terraferma che a
quello «off-shore» - Capodistria sembra decisa a respingere anche l'idea di un
rigassificatore in casa propria. Anche ieri i responsabili della TGE hanno
sottolineato tutti i vantaggi di un progetto definito tecnologicamente
all'avanguardia, ma alla presentazione delle «Nuove opportunità di sviluppo
energetico» - come è stato titolato l'appuntamento, è mancato quello che nelle
intenzioni degli organizzatori doveva essere il principale destinatario delle
informazioni, il pubblico.
Il progetto, come noto, prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti
impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a
2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio
da 150.000 metri cubi, dell'impianto di rigassificazione e della centrale
elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di
gas all'anno. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240
Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea. Per il
riscaldamento del GNL – questo il principale vantaggio della tecnologia proposta
– non sarebbe utilizzata l'acqua marina, ma parte dell'energia sprigionata dalla
centrale, che a sua volta sarebbe alimentata a gas. Le perdite energetiche e i
danni ambientali, in altre parole, sarebbero ridotti al minimo. «Ci rendiamo
contro – ha dichiarato il consulente della TGE Gas Engineering, Janko Puklavec –
che per portare avanti un simile progetto ci vuole la collaborazione della
popolazione e degli imprenditori locali. Il valore del progetto è stimato a
circa 1 miliardo di dollari. Se dovesse decollare, si creerebbero 150 posti di
lavoro per personale altamente specializzato, con un indotto complessivo di
altri 600 posti in regione». Sono stime, ha spiegato Puklavec, basate su uno
studio fatto nel 2007 dall'Istituto economico della Facoltà di giurisprudenza di
Lubiana. La tecnologia a basse temperature che sarebbe impiegata in questo
progetto, secondo il professor Peter Novak, membro del Comitato scientifico
dell'Agenzia europea per l'ambiente, offre nuove opportunita' anche ai settori
della ricerca e dell'istruzione.
È giusto che si facciano tutti gli studi ambientali necessari, ha sottolineato
invece il professor Stojan Petelin della Facoltà di Marineria di Portorose, ma è
comunque impossibile aspettarsi una sicurezza assoluta per quanto riguarda
impianti energetici, in nessuna parte del mondo. I responsabili della TGE si
sono detti ad ogni modo disponibili a sottoporre il loro progetto – che non
dispone ancora dei permessi necessari per poter essere avviato – a tutte le
verifiche. Le presentazioni continueranno.
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 aprile 2009
Nella Contea di Fiume nuovi impianti eolici - Già
iniziato il monitoraggio sull’altura di Jelenje. Via libera delle autorità anche
per Fuzine
TRE O QUATTRO STRUTTURE
FIUME La Contea litoraneo-montana di Fiume potrebbe diventare la
regione-leader in Croazia in quanto a sfruttamento dell’energia eolica. Tra
qualche anno nell’area di Fiume gli impianti per l’utilizzo della forza del
vento per trarne energia elettrica potrebbero essere addirittura tre o quattro.
È iniziato il monitoraggio su un’altura disabitata in zona Jelenje, pochi
chilometri alle spalle del capoluogo quarnerino, dove si pianifica l’ubicazione
di un «parco eolico» con una batteria di 28 turbine e una potenza installata di
56 megawatt. Ora si apprende che una centrale eolica simile potrebbe essere
piazzata anche nelle vicinanze di Fuzine, nell’area montana del Gorski Kotar,
sovrastante il Golfo del Quarnero. Anche nel caso di Fuzine le cose sembrano
procedere abbastanza speditamente, almeno per quanto attiene la piena
disponibilità delle autorità municipali e di quelle regionali nei riguardi del
potenziale investitore, la svizzera Res Spa, che si avvale della «Elettrostudio»
di Mestre (come nel caso di Jelenje) e si appoggia in loco all’affiliata «Prodomo».
Proprio nei giorni scorsi i rappresentanti di quest’ultima, unitamente a Carlo
Drago, di «Elettrostudio» hanno avuto un incontro con il sindaco di Fuzine
Kauzlaric, per mettere a punto la road map del progetto. Un incontro dall’esito
positivo.
Tanto che al termine è stato reso noto che il monitoraggio dell’area prescelta e
la stesura di uno studio d’impatto ambientale verranno avviati entro l’anno. Il
nullaosta del Ministero dell’economia è già stato rilasciato, così come il
placet dell’Istituto regionale alla pianificazione territoriale. L’ubicazione
della centrale eolica di Fuzine è in zona Zvirjak. Anche in questo caso si
tratta di un’area sopraelevata e disabitata, per la quale le indicazioni avute
dall’Istituto meteorologico nazionale croato paiono più che propizie. Posto che
il monitoraggio dell’intensità e direzione dei venti prevalenti dovrà protrarsi
per circa un anno, la realizzazione del progetto non sarà possibile prima di 2-3
anni. Per la centrale eolica di Fuzine si prevede un investimento dell’ordine di
un centinaio di milioni di euro.
(f.r.)
Rigassificatore: il presidente regionale Tondo si
esprime come fosse in preda a una forza estranea
Il calendario astronomico dice che stiamo vivendo
nell’anno 2009. In molti Paesi del mondo la civiltà si è fortemente sviluppata e
le libertà democratiche sembrano aver eradicato l’assolutismo dei potenti e la
vocazione maligna d’infergere alle moltitudini l’umiliazione della sopraffazione
e dei diritti negati. Tuttavia in troppe latitudini della Terra, i soprusi e le
sofferenze per fame e gravi malattie continuano a mietere milioni di vittime
innocenti che, per gran parte, sono dovute al potere degli Stati
tecnologicamente avanzati e per di più «ingordi». Ci illudevamo che l’Italia
fosse diventato un luogo di benessere diffuso, una sorta di Patria del diritto
largamente applicato e che il suo popolo non avesse motivi d’impoverire la mente
con ricordi storici di travagli da autoritarismo e d’improvvide imposizioni di
antiche memorie.
Ciò malgrado, dei «diktat» di vago ricordo dittatoriale, sono stati
improvvidamente schizzati sui triestini con un’intervista rilasciata dal
presidente Tondo in data 31 marzo. È stato un brusco risveglio, una
folgorazione, perché eravamo abituati ad un uomo mansueto, equilibrato,
disponibile al dialogo pacato. Ci siamo trovati, invece, sotto un torrente di
rabbia; un torrente di verbi, aggettivi e sostantivi sparati con inconsueto
livore, che non era impeto politico, ma qualcosa di oscuro, come se il
linguaggio udito non appartenesse alla persona che lo usava, ma ad una forza
estranea che lo aveva carpito alla realtà.
Alcune delle dichiarazioni estrapolate da quell’intervista: «Energia, basta con
le malinconie». «Subito elettrodotti e rigassificatore». «Rigassificatore: il sì
di Tondo». «Il tempo dei dubbi è finito». «La gente deve lavorare, basta fare
gli schizzinosi». «Basta perdere tempo, sì al rigassificatore». Viene poi
sollecitato dall’intervistatore a parlare dei rapporti transfrontalieri con la
Slovenia. Gli viene ricordato che la Slovenia non vuole il rigassificatore nel
sito di Zaule (baia di Muggia) in seguito ad una ponderosa Valutazione di
impatto ambientale sviluppata da una commissione scientifica (altamente
qualificata). Ciò che Tondo risponde può pacificamente essere interpretato per
un «chissenefrega!»: «Ma noi sì! Supereremo queste posizioni. Certi dubbi sul
progetto non sono più all’ordine del giorno». Il Tondo, poi, richiama alla
memoria dei giuliani il disastroso terremoto che squassò il Friuli nel ’76.
Tondo dimentica di parlare dei tanti morti che ci sono stati e delle
responsabilità oggettive dei poteri tecnico-amministrativi e di quelli politici
del tempo che, per ignavia o menefreghismo, hanno lasciato sviluppare
un’edilizia su un territorio notoriamente sismico, privo, quasi totalmente,
delle regole sul calcestruzzo armato, così come dimentica di parlare delle diga
del Vajont. Ma le rassicurazioni sulla sicurezza, come quelle di oggi su Zaule e
Muggia, si sprecarono e le segnalazioni disinteressate, ostinatamente poste in
evidenza, furono disattese e ritenute perfino offensive. Tondo dovrebbe fare un
bagno di umiltà e tornare ad essere l’uomo libero e onesto che conoscevamo.
Considerazioni conclusive: in tutta questa vena di sentore predicatorio in cui
il male verrebbe sconfitto dalla «regola friulana del fare», pone in evidenza
che gli ordini sono ordini che non vanno discussi. Dimentica il Tondo di tenersi
aggiornato o di farsi aggiornare da un ufficio capace di renderlo edotto di ciò
che sta accadendo nel mondo! Se tale metodo informativo adottasse, saprebbe
dell’intervento dell’ing. Bruno Agricola, d.g. Salvaguardia ambientale del
ministero all’Ambiente e coordinatore in Sottocommissione Via a Roma.
L’intervento, rilasciato in conferenza alla rivista specializzata Staffetta
Quotidiana del 27 marzo scorso, tra le varie problematiche afferenti agli iter
autorizzativi, due ne pone in evidenza che direttamente interessano Trieste.
1) Il d.g. Agricola lamenta: «Spesso, insieme alle commissioni sono state
cambiate anche le regole. Con l’ultimo cambiamento, consolidando una tendenza
già presente, si è impoverita la Commissione di professionalità tecniche
specifiche e si è arricchita di professionalità tecniche-amministrative. Il
ministro è stato avvertito! Qui, l’Agricola, rimarca le critiche che il nostro
comitato espresse in fase di Via sul rigassificatore di Zaule «...si è
impoverita la commissione di professionalità tecniche specifiche ...» sta a
significare che le Commissioni vengono costituite in maggior parte da
commercialisti e avvocati, con un tasso di preparazione di cultura specifica
zero! E costoro decidono sulla compatibilità ambientale di un sito!
2) Di geopolitica. Quando all’ing. Agricola viene chiesto di esprimersi sulla
Via transfrontaliera, così egli risponde: «...quando non c’è accordo politico i
tempi si dilatano. Per esempio il ministro Frattini ha detto che senza il
consenso politico della Slovenia a Trieste non si fa niente, e non si possono
guastare le relazioni politiche con un Paese per fare un rigassificatore».
Precisazioni: non vorremmo che l’ing. Agricola fosse considerato uno che rema
contro, anzi, è colui che richiama il ministro competente a ricostituire una
Commissione Via fatta di persone competenti! Tutto ciò specificato, al
presidente Tondo diciamo: non sono i progetti a non essere più all’ordine del
giorno, ma il rigassificatore di Zaule.
Arnaldo Scrocco - addetto stampa Comitato per la salvaguardia del Golfo di
Trieste
CIVILTÀ - Pratiche e prediche
Da anni ormai con le nostre scarse forze stiamo cercando
di intervenire per portare un po’ di civiltà e vivibilità nella vita quotidiana
della nostra città; ma come possiamo sperare di ottenere qualche risultato
quando uno dei nostri amministratori, e non certo l’ultimo per importanza, uno
cioè di coloro che dovrebbero aiutarci in quest’opera ed essere di esempio e
guida ai cittadini, fa, nell’ordine, queste cose: dichiara di "scendere a cento
all'ora per via Commerciale", ordina di distruggere panchine e tavoli nelle
poche zone di verde attrezzato della nostra città, ed infine sbraita e minaccia
contro i vigili urbani che trovano la sua auto parcheggiata sulle strisce
pedonali. E poi si ha il coraggio di parlare di sicurezza!
Vogliamo sperare che questi comportamenti non trovino consenso tra la
popolazione, e questo ovviamente si vedrà al momento del voto, ma qualora si
verificasse che i cittadini approvano tutto ciò, non crediamo che si possa
parlare di democrazia, bensì di quella forma di governo che Cicerone con termine
greco definiva "oclocrazia", cioè il governo dei peggiori, il contrario
dell'aristocrazia; peggiori che godono del consenso dei peggiori, cioè di coloro
che si fanno un vanto di rendere la città invivibile ed insicura per tutti.
Noi ci auguriamo però ancora che, con uno scatto di orgoglio, Trieste voglia
dimostrare di essere ancora quello che un tempo si vantava di essere: una città
civile.
Il direttivo del Circolo Legambiente di Trieste
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 aprile 2009
G8 Ambiente, servono 400 miliardi all’anno - FORUM DI
TRIESTE - L’Enea: bisogna cambiare stile di vita per combattere il riscaldamento
globale
TRIESTE La Banca Mondiale chiede più investimenti sulle
energie rinnovabili, l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea) pone l'accento
sul miglioramento dell'efficienza energetica: sono i principali temi emersi nel
Forum G8 sull'ambiente, chiuso ieri a Trieste dopo tre giorni di incontri.
L'appuntamento triestino, incentrato sulle tecnologie a bassa emissione di
carbonio, è stato organizzato dal Ministero dell'Ambiente in vista del G8
Ambiente di Siracusa. Al Forum, che si è tenuto all'Area Science Park
sull'altipiano carsico, hanno partecipato delegazioni di 19 Paesi. Un documento
finale di sintesi, che tiene in considerazione i rapporti di Banca Mondiale e
Iea, e il dibattito di questi giorni, sarà inviato al vertice G8 Ambiente di
Siracusa in agenda dal 22 al 24 aprile prossimi, al G8 Energia di Roma del 24
maggio e al vertice G8 della Maddalena, che si terrà dall'8 al 10 luglio.
In particolare, sarà ribadita la richiesta della Banca Mondiale a uno stimolo
fiscale «verde» da 400 miliardi di dollari all'anno, mentre la Iea stima il 36%
di riduzione delle emissioni e prevede, nei prossimi 10 anni, una spesa in
tecnologie che si aggira sui 14 mila miliardi di dollari. Il 2009 è un anno
chiave per le politiche globali sul cambiamento climatico: nell'incontro
triestino si è ricordato che a dicembre, a Copenhagen, la comunità
internazionale dovrà adottare un trattato sul riscaldamento climatico globale
che succederà a quello di Kyoto.
Adattare lo stile di vita a un nuovo modello energetico e tecnologico: è la
sfida da intraprendere, secondo l'Enea, per far fronte al riscaldamento globale.
«Bisogna trovare gli strumenti idonei - ha detto Artale, ricercatore e membro
dell'Ipcc - perchè gli stili di vita si adattino e cambino in funzione di un
nuovo modello energetico e tecnologico. Bisogna intervenire nella società e
sviluppare strumenti idonei, incentivare i trasporti pubblici, costruire le case
in modo più efficiente. La prima persona che deve chiedere una rivoluzione
energetica - ha aggiunto - deve essere il cittadino».
Per l'abbattimento della Co2, ha precisato Artale, «la soluzione più concreta è
la raccolta, il cosiddetto ”storage”. Ci sono i primi esperimenti per
conservarla sotto terra: è una tecnologia molto costosa, e l'Enea - ha concluso
- la sta sperimentando in Sardegna».
Kemiplas, verso l’ok alla produzione - Probabile
sentenza a favore dell’azienda chimica ora ferma per la crisi
Nella causa intentata dal Comune di Capodistria escluse
audizioni di dipendenti
CAPODISTRIA Al Tribunale di Capodistria si è conclusa l'udienza principale
nella causa promossa dal Comune di Capodistria – anche a nome di 220 suoi
abitanti - contro la fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani. La
sentenza sarà pronunciata a giorni ma è quasi certo che la «fabbrica dei veleni»
- come la chiamano gli abitanti del posto - potrà continuare con la produzione,
ora sospesa per problemi legati alla crisi economica.
Il Tribunale ha infatti respinto la richiesta dei rappresentanti del Comune di
Capodistria - gli avvocati Franci Matoz e Bogomir Horvat - di ascoltare le
testimonianze di ex e attuali dipendenti dell’azienda, così come dei residenti,
che avrebbero dovuto raccontare - per gli avvocati - quanto in realtà sia
pericolosa la produzione, quali sono i danni che provoca all'ambiente e come si
possano di fatto alterare le misurazioni delle emissioni nocive, finora
risultate sempre entro i limiti consentiti. I due legali si sono detti sorpresi
della decisione dei giudici: «I tribunali sloveni non hanno esperienza con le
cause ecologiche e in questo caso hanno trattato la vicenda come fosse una
questione solo economica». È un errore, sostiene Horvat: nelle cause di natura
economica si deve provare l'esistenza di un danno, mentre in quelle ecologiche è
sufficiente dimostrare che esiste il rischio di un danno per l'ambiente o le
persone. I due legali del Comune di Capodistria contrariati anche per il rifiuto
del Tribunale di predisporre una perizia sulla situazione reale negli impianti
di produzione e sulla possibilità di «dosare» la produzione in modo da rientrare
nei parametri consentiti di emissione di sostanze nocive. Hanno già annunciato
eventuali ricorsi. Di tutt'altro umore il direttore della «Kemiplas» Muharem
Kadic: «Credo che siamo riusciti a provare che la fabbrica lavora rispettando
tutte le norme ambientali. Non è vero che abbiamo adeguato la produzione alle
misurazioni delle emissioni e che provochiamo danni ambientali».
Riciclaggio rifiuti, Trieste fanalino di coda -
STUDENTI DI BIOLOGIA IN VISITA AL TERMOVALORIZZATORE ACEGAS
Desidero segnalarvi che la scorsa settimana un gruppo di
26 studenti del Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste è stato
ospite delle strutture del Termovalorizzatore dell'Acegas nell'ambito del corso
di Economia e Gestione Ambientale tenuto dal prof. Dario Gasparo dell'Università
degli Studi di Trieste. L'incontro, che viene proposto da qualche anno, ha avuto
la particolarità di essere l'ultimo condotto da Lucio Del Conte, che per
l'Ufficio relazioni esterne e comunicazione coordina le attività didattiche e le
visite; infatti il tecnico da questa settimana sarà in pensione. Ci auguriamo
che l'azienda prosegua nella direzione della comunicazione e del coinvolgimento
dei giovani in questa rilevantissima e importante attività: non solo perché gli
studenti abbiano l'opportunità di "toccare con mano" quello che è un problema
enorme (la gestione dei rifiuti) e le quantità in gioco (ben 500 tonnellate di
immondizie smaltite e bruciate ogni giorno!) ma anche perché essi possano
coinvolgere altre persone con l'obiettivo di portarle a produrre meno scarti(1,2
Kg a testa al giorno) e ad essere più consapevoli dell'inquinamento prodotto. È
avvilente infatti scoprire che nella nostra provincia non si raggiunga nemmeno
il 20% del riciclato (l'obiettivo del Decreto Ronchi era del 35%) ma è
importante imparare come si può trattare rifiuti quali gli olii esausti e quali
siano le modalità più corrette per lo smaltimento delle batterie o delle
plastiche, argomenti poco pubblicizzati e sui quali il cittadino sa ben poco. Lo
sa il cittadino che a Trieste vengono conferiti e bruciati anche i rifiuti di
Gorizia e Pordenone? Lo sa che l'energia prodotta (15 MWatt) è sufficiente al
fabbisogno di 30 mila cittadini? Che gli scarti residui viaggiano fino in
Austria e in Germania per essere smaltiti nelle miniere di sale? Che è più
dannoso versare l'olio della frittura nel water piuttosto che in una bottiglia
di plastica depositata nel cassonetto?
Dario Gasparo
Frane e prevenzione
In relazione alle notizie riportate recentemente dagli
organi d'informazione sui movimenti franosi che si susseguono a Trieste (via
Udine, via del Timo, strada del Friuli, Strada Costiera, ecc.) è necessario
rilevare che le frane sono state recepite dai triestini, almeno fino a qualche
anno fa, come eventi calamitosi che non riguardano il nostro territorio. In
questo senso l'episodio di via Brandesia dell'inizio degli anni 70 dello scorso
secolo è stato considerato come un caso isolato e non ha scalfito il triestino
medio nella sua certezza di immunità dai fenomeni franosi.
In realtà non è proprio così e più o meno dal 2001 ne stiamo prendendo coscienza
tutti a causa dei dissesti franosi che si stanno ripetendo con sempre maggior
frequenza; basti pensare agli eventi che si sono manifestati nell'area tra Santa
Croce e Grignano e lungo la via del Pucino, talvolta associati al degrado dei
vecchi muri a secco di sostegno degli antichi pastini. Nella prima periferia e
nel contesto urbano si sono poi rilevati crolli ripetuti di massi lungo la parte
alta di strada del Friuli; il fenomeno di instabilità geostatica di salita di
Gretta nel 2002 che ha comportato la chiusura per un periodo di tempo non breve
di questa importante arteria; il dissesto del pendio di vicolo dell'Edera (2003)
con gravi problemi di stabilità per l'edificio della scuola materna; smottamenti
lungo la salita al Cacciatore (meglio conosciuta come la strada del Boschetto);
dissesti di minore entità nel rione di Gretta e lungo vicolo delle Rose, per
finire, almeno per ora, con le frane di strada del Friuli e di via Udine dove si
sta intervenendo per la bonifica e il risanamento del versante.
Come si vede non siamo di fronte a casi isolati bensì ad una situazione
abbastanza generalizzata dovuta principalmente alle caratteristiche geologiche
del territorio triestino dove non esiste unicamente il solido calcare carsico,
ma anche il "flysch", con proprietà geomeccaniche non proprio ottimali, che in
situazioni meteoclimatiche avverse può dar luogo a dissesti di dimensioni non
rilevanti ma comunque gravi per le implicazioni che comportano sul tessuto
urbano e sulla viabilità.
A questi fattori naturali, purtroppo, deve aggiungersi una concausa non
irrilevante, consistente negli interventi antropici sul territorio che sempre
più spesso sono decisamente disinvolti.
Certamente non si può dire che l'Amministrazione comunale non stia operando
attivamente in questo settore; a mio avviso però è necessaria una maggiore
incisività basata su una urgente programmazione ed esecuzione di interventi
mirati a mantenere la sicurezza idrogeologica del territorio a livelli
accettabili. Infatti, anche se può sembrare banale, gli interventi di
manutenzione ordinaria costituiscono un'azione fondamentale per la conservazione
dell'equilibrio idrogeologico.
In tal senso un segnale non certo positivo e a mio avviso poco lungimirante, da
parte della maggioranza di centrodestra, è stato il non accoglimento degli
emendamenti che ho presentato con il collega Carmi in sede di discussione del
bilancio preventivo 2009 per anticipare a quest'anno l'esecuzione degli
interventi di manutenzione del territorio previsti nel piano triennale delle
opere.
Infine, in previsione del nuovo piano regolatore generale, ormai prossimo, è
indispensabile che le aree franose vengano accuratamente individuate e
perimetrate, provvedendo all'aggiornamento dello specifico documento tecnico già
esistente a corredo del piano regolatore vigente; un tanto ai fini
dell'imposizione dei vincoli pianificatori necessari per la salvaguardia del
territorio e la tutela della pubblica incolumità.
Mario Ravalico - (cons. com. Pd).
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 aprile 2009
Sigoni: Rc favorevole a un comitato no Tav - Decisa
presa di posizione del vicesindaco di San Dorligo all’incontro curato da
Rifondazione
DOMIO «Siamo favorevoli alla nascita di un comitato No Tav
a San Dorligo della Valle, per evitare il rischio di devastazione di un
territorio che ha già subito 50 anni di martiri e saccheggi». Maurizio Sigoni (Rc),
vicesindaco di San Dorligo, ha risposto così al progetto della linea ferroviaria
Trieste-Divaccia – inserita nel più ampio contesto del Corridoio 5 – tema
cardine della tavola rotonda organizzata al centro «A. Ukmar Miro» di Domio
dalla sezione locale di Rifondazione comunista.
Coordinata dal consigliere regionale di Rifondazione Igor Kocijancic, la
riunione, alla quale ha partecipato anche l’europarlamentare comunista Roberto
Musacchio, è stata l’occasione per discutere della situazione del progetto del
Corridoio 5 e in particolare del tratto che dovrebbe passare attraverso gran
parte del comune di San Dorligo.
Tra i presenti è intervenuto anche il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo
Vizintin: «La linea ferroviaria esistente nelle nostre aree è sottoutilizzata, e
in generale la rete italiana è un disastro. Perché dunque non investire qui,
invece che prevedere un progetto di finto progresso e di finto sviluppo che
comporterebbe soltanto danni ambientali?».
Sulla stessa lunghezza d’onda il rappresentante di Legambiente Fvg, Andrea
Wehrenfennig: «A un progetto come quello della Trieste-Divaccia e al mito della
Tav, la risposta più concreta è il miglioramento dei collegamenti dei porti con
il retroterra, ma anche il potenziamento delle reti ferroviarie attuali».
A smorzare parzialmente i toni è stato l’eurodeputato Roberto Musacchio: «La
situazione non è ancora compromessa: i costi della struttura sono ingentissimi,
i fondi invece pochi. Inoltre non sono previsti finanziamenti da parte
dell’Unione Europea per opere che hanno un forte impatto ambientale. Nonostante
ciò – ha aggiunto Musacchio – occorre vigilare a tutti i livelli: sia da parte
degli amministratori, ma anche da parte dei cittadini».
A conclusione del dibattito hanno ribadito il loro «no alla Tav» sia l’assessore
ai Lavori pubblici di San Dorligo Laura Stravisi Riccardi, che ha sottolineato
come «il Comune debba fungere da collettore perché il progetto di un’opera
simile nel nostro territorio appare quanto meno drammatica», sia il sindaco
Fulvia Premolin, la quale ha affermato «di aver chiesto più volte un incontro
con l’assessore regionale alle Infrastrutture per discutere di questo argomento,
senza mai essere stata ascoltata». Il primo cittadino ha infine annunciato i
prossimi incontri pubblici sulla Trieste-Divaccia in programma al teatro
comunale Preseren: il 20 aprile con alcuni tecnici, e il 7 maggio assieme ai
sindaci della Val di Susa e del Mugello.
Riccardo Tosques
G8, Trieste capofila per lo sviluppo sostenibile
SOTTOSCRITTO UN PROTOCOLLO PER LA PROMOZIONE DI
TECNOLOGIE A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia e Trieste diventano capofila dello sviluppo
sostenibile. È questo il significato del Protocollo sottoscritto ieri, alla
Prefettura del capoluogo regionale, dai rappresentanti del ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Corrado Clini, e della
Regione Friuli Venezia Giulia, l'assessore alle Risorse economiche e
finanziarie, Sandra Savino. Il documento, intitolato «Sviluppo sostenibile e
promozione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio», è finalizzato a
favorire l’utilizzo di energia pulita. «Risparmiare energia è una delle sfide
più importanti – ha detto Roberto Menia, il deputato triestino che ricopre la
carica di sottosegretario all’Ambiente – e questo è uno degli strumenti per
centrare l’obiettivo».
Cinque sono le iniziative previste: promozione di un programma strategico di
interesse nazionale per la mobilità sostenibile delle merci e delle persone;
realizzazione di un «distretto rinnovabile» nelle zone montane della provincia
di Udine, con l’impiego di biomasse, di piccoli impianti idroelettrici e di
energia solare per la generazione di elettricità e calore; sviluppo di un
programma di efficienza energetica negli edifici pubblici della Regione e del
Comune di Trieste, con la diagnosi energetica e la successiva applicazione di
tecnologie efficaci; promozione del turismo sostenibile nella zona costiera di
Duino-Aurisina; realizzazione di un sistema transfrontaliero che coinvolga
Italia e Slovenia per la gestione integrata e sostenibile delle risorse idriche.
Il protocollo, della durata di tre anni, rinnovabili, indica in 90 giorni il
tempo per preparare i progetti e avvia un programma «molto concreto e
impegnativo – ha detto Clini - dal quale ci si aspetta interessanti esiti».
(u.s.)
Contatori digitali, sostituzioni a rilento - PER ALCUNI
CITTADINI CON IL NUOVO SISTEMA LA LUCE SALTA PIÙ SPESSO. ACEGAS: NON È VERO
Meno di un terzo del totale i nuovi contatori per
l’energia elettrica impiantati nelle case dei triestini. Le sostituzioni sono
state finora 46 mila sulle 141 mila necessarie e AcegasAps è in difficoltà nel
prevedere la fine della complessa operazione: molta gente, avvertita col
classico foglietto sulla porta, spesso non si fa trovare in casa (o non può
organizzare una presenza). Ma intanto c’è chi, col nuovo contatore già in casa,
tutto elettronico, a display, dove premendo pulsanti si ottengono notizie sul
contratto e sui consumi, già protesta.
Il motivo? Sembra che il moderno misuratore, che tra l’altro funziona con un
sistema di lettura a distanza e quindi fa finalmente sparire i «consumi stimati»
e i successivi «conguagli», abbia una minore tolleranza sui consumi che eccedono
il limite stabilito per le case di residenza, pari a 3 kilowattora. In buona
sostanza, si dice che la luce «salta» molto facilmente, si resta al buio e
bisogna riattivare l’energia dal contatore. Che se è condominale costringe a
scendere al pianoterra.
«Non è vero - risponde per l’Acegas il responsabile delle relazioni esterne,
Roberto Lisjak -, la tolleranza sul consumo superiore arriva fino al 10% come
prima, è il tipo di misurazione che è cambiato, quindi se il consumo è molto
eccedente, e in modo improvviso, il contatore si blocca. Altrimenti la
tolleranza dura fino a 182 minuti».
I vecchi contatori hanno un sistema di controllo del consumo più artigianale,
attraverso una lamella metallica che si surriscalda via via che la troppa
energia fluisce. Fino al punto di calore che fa «saltare la luce».
Il cambio del contatore è completamente gratuito per i cittadini. Il nuovo
apparecchio viene installato nella stessa posizione del precedente. In casa se
era in casa e in un vano condominiale collettivo se si tratta di nuova
costruzione. «Sono cambiamenti imposti alle aziende distributrici dall’Authority
per l’energia elettrica - prosegue Lisjak -, che agisce sempre dalla parte del
cliente. Ne è una prova il fatto che con questi contatori sarà misurabile e
visibile anche dall’utente la durata di ogni interruzione di energia elettrica,
ci sono ’’multiutility’’ che non avendo garantito un veloce ripristino di
erogazione sono state pesantemente multate».
Quanto costa ad AcegasAps l’operazione contatore? «Svariati milioni di euro». La
cifra esatta non può essere comunicata a semplice domanda perché si tratta di
un’azienda quotata in Borsa, «che di soldi può parlare solo seguendo precise
regole di garanzia». In futuro con questi contatori sarà possibile anche
scegliere diverse tariffazioni orarie, orientandosi quindi al risparmio
(energetico ed economico). Lo si apprende dal manuale che gli addetti
all’installazione consegnano, e dove si trova anche un interessante dettaglio
sui consumi dei comuni elettrodomestici. Chi è il più «mangione»? L’asciugabiancheria,
da 3000 watt, con la lavastoviglie (tra 2000 e 3000). E il più risparmioso? La
radio: ne brucia solo 10. Il computer sta a 200 e la tv tra 100 e 600.
(g. z.)
Cipolletta ai pendolari: servizi non adeguati - IL
PRESIDENTE DELLE FERROVIE: «COMPETIZIONE INIQUA IN EUROPA»
CERNOBBIO Chiede scusa ai pendolari per «il servizio non
adeguato» e disegna, come «nuova frontiera», un'offerta migliore anche per chi
non viaggia con l'alta velocità ma con i treni regionali e interregionali. Il
presidente delle Ferrovie, Innocenzo Cipolletta, al Workshop Finanza di
Ambrosetti, parla diretto e dice: «Per noi è qualcosa che fa male al cuore
offrire un servizio non adeguato ai cittadini e ai pendolari». Cipolletta
sceglie così la strada dell'autocritica e annuncia che le Ferrovie dello Stato
stanno «trattando con le Regioni per contratti più lunghi, di almeno sei anni,
da scontare in banca per investire in treni e carrozze» perchè «il traguardo» di
un servizio efficiente per i pendolari - afferma - «è la nostra nuova
frontiera».
Ma il presidente delle Fs richiama anche ad un cambio di rotta nella politica
dei trasporti italiana con un'incentivazione del trasporto su rotaie ai danni di
quello su gomma, anche attraverso un inasprimento del bollo e delle tariffe
autostradali per camion e Tir. «Portare più merci sulle rotaie ha come
condizione necessaria la costruzione di infrastrutture - spiega - ma questo non
è sufficiente: le merci continueranno a viaggiare su gomma fino a che le strade
saranno congestionate». E questo perchè «per motivi di ordine politico in Italia
- spiega - sono sempre stati sussidiati i trasporti su gomma» come è avvenuto
anche recentemente in occasione «dell'impennata del prezzo del petrolio».
In tal senso il presidente delle Ferrovie illustra alcune anticipazioni dei
lavori dell'advisory board voluto da Trenitalia sul tema della 'liberalizzazione
e competizionè. Il quadro che emerge è di un'Italia in cui il trasporto merci su
gomma è pari al 90,1% contro l'81,4% della Francia e al 65,7% della Germania.
Ma Cipolletta critica anche le «asimmetrie» nella concorrenza in Europa in tema
di trasporti ferroviari e auspica un «processo di equilibrio». «Il nostro
sistema - dice - è il più aperto d'Europa, l'Italia ha un mercato molto più
contendibile che in Francia e Germania: mi auguro - aggiunge - che le asimmetrie
siano corrette aprendo i mercati».
IL PICCOLO - SABATO, 4 aprile 2009
Scuole con più di 35 anni, record in Friuli Venezia
Giulia - Rapporto di Legambiente: «In Italia sono il 55 per cento, da voi
addirittura l’80»
UDINE Il Friuli Venezia Giulia si colloca in una posizione
«abbastanza buona» nella graduatoria di «Ecosistema scuola 2009», il nono
rapporto di Legambiente sull’edilizia e sui servizi scolastici in Italia. Ma
Trieste è in coda alla classifica. E le scuole sono mediamente più vecchie che
nel resto d’Italia. Lo ha affermato ieri, in una conferenza stampa a Udine, la
responsabile nazionale scuola e formazione di Legambiente, Vanessa Pallucchi.
Subito dopo, però, la Pallucchi ha evidenziato la grossa differenza che emerge
tra una Provincia e l’altra e «che andrebbe colmata anche attraverso la
pianificazione regionale»: Pordenone e Gorizia si situano in una posizione
medio-alta della graduatoria, Udine si colloca a metà, mentre Trieste si ritrova
in coda. Pallucchi ha anche sottolineato che, mentre la media nazionale degli
edifici scolastici costruiti prima del 1974 ammonta al 55%, la media regionale
del Friuli Venezia Giulia è decisamente più alta: circa l’80% delle scuole hanno
più di 35 anni. I motivi? «Quello principale è il fatto che in Friuli Venezia
Giulia - ha risposto la Pallucchi - la scolarizzazione è stata precedente
rispetto alle altre regioni italiane. Ne deriva che il patrimonio edilizio
scolastico abbisogna sicuramente di riqualificazione». Altri dati emersi dal
rapporto di Legambiente, sono quello del 38% di edifici che hanno necessità di
manutenzione urgente e quello del 16% di edifici che utilizzano le energie
rinnovabili. «Sotto questo aspetto - ha concluso Pallucchi - c’è ancora un
grosso lavoro da fare, perchè quella energetica è una riqualificazione
necessaria e che può portare a sconti economici importanti».
Da Roma 3 milioni per spingere sull’energia pulita -
FORUM G8 AMBIENTE: OGGI LA SIGLA DELL’INTESA TRA MINISTERO, REGIONE E COMUNE
I fondi annui serviranno anche a promuovere il turismo
sostenibile a Duino
I primi riverberi dei dibattiti sollevati con il Forum internazionale del G8
ambiente sulle Tecnologie a basse emissioni di carbonio, inaugurato ieri
all’Area science park, si registreranno già oggi, quando in Prefettura ministero
dell’Ambiente, Regione e Comune sigleranno un protocollo d’intesa per
incentivare il ricorso all’energia pulita. L’obiettivo del documento, che
porterà a una prima tranche di finanziamento governativo da 3 milioni di euro
l’anno, è triplice: incrementare lo sviluppo di tecnologie innovative per le
risorse alternative (come solare e biomasse), realizzare una rete elettrica
alimentata da fonti rinnovabili per servire i comuni montani della Carnia;
promuovere il turismo sostenibile nelle aree che denotano questa vocazione, a
cominciare dalla zona di Duino Aurisina.
Ad annunciare l’accordo è stato ieri il sottosegretario all’Ambiente, Roberto
Menia, che ha sottolineato come da queste sessioni «emergeranno risultati
fondamentali per la discussione politica prevista al G8 Ambiente di Siracusa».
«La sfida è duplice – ha commentato -: perseguire la salvaguardia ambientale e
sviluppare nuove tecnologie contro l’effetto serra, per ridurre del 50% le
emissioni di Co2 entro il 2040. Dobbiamo intraprendere la strada per la
decarbonizzazione nell’ambito dell’economia globale. L’indirizzo è quello
dell’energia pulita, affinché vengano progressivamente commercializzati modelli
oggi sperimentali. Abbiamo gli strumenti per superare l’attuale crisi e questi
vanno appunto individuati nello sviluppo ecosostenibile, volano di crescita per
l’economia globale e locale».
«Il protocollo – così Corrado Clini, direttore generale del ministero
dell’Ambiente - prevede di partire con un finanziamento annuale non inferiore a
3 milioni, cui la Regione aggiungerà la sua parte. Allo sviluppo dei progetti
concorreranno istituzioni pubbliche e private: i primi dovranno coprire i costi
aggiuntivi per ricerca e sviluppo, le aziende gli investimenti per la
realizzazione». A livello globale invece lo sviluppo di tecnologie innovative
implica un minimo di 14 mila miliardi di dollari in 15 anni e di oltre 45 mila
miliardi in 35-40 anni. Il governatore Renzo Tondo ha reso noto l’investimento
di 3,5 milioni per lo sviluppo dell'energia dal fotovoltaico, mentre sulle
biomasse ha ricordato che le energie rinnovabili di origine agricola e forestale
sono trattate nel Programma di sviluppo rurale 2007-2013, con oltre 240 milioni
di euro di fondi pubblici. «Occorre sviluppare tutte le potenzialità che
abbiamo, senza essere ideologici», ha aggiunto. Per Tondo, questo protocollo
permette di «sviluppare tutte le opportunità, fino a una sinergia con centrale
nucleare di Krsko in Slovenia, con cui auspico di poter collaborare. Nell'ambito
della cooperazione territoriale europea e, di conseguenza, anche del progetto
Euroregione - ha concluso - il Friuli Venezia Giulia è impegnato a individuare
soluzioni per migliorare la sostenibilità ambientale del sistema dei trasporti».
Sergio Garribba, consigliere per l’energia del ministro dello Sviluppo economico
Claudio Scajola, ha detto che «gli investimenti in queste tecnologie devono
essere parte delle politiche anticrisi dei Paesi sviluppati»: «L’Italia è stata
citata» per «il bonus alla sostituzione di veicoli vecchi, più inquinanti, e la
defiscalizzazione sulle ristrutturazioni edilizie. Investimenti interessanti
perché in grado di riconvertire una parte della forza lavoro uscita dal mercato
causa la recessione. Se ne è discusso anche al G20 di Londra».
Il vertice, organizzato dai ministeri di Ambiente e Sviluppo economico, vede
riuniti i rappresentanti di 19 Paesi di tutto il mondo.
Tiziana Carpinelli
Dall’Ue 4 milioni per il bio-gasolio - A SCIENZE
FARMACEUTICHE
Il Dipartimento di scienze farmaceutiche dell’Università
ha ottenuto un finanziamento europeo di 4 milioni di euro per un progetto della
durata di tre anni denominato Irene che ha prestigiosi partner (tra i primi
l’Agenzia della federazione russa per la scienza e l’innovazione, l’Università
di Mosca e le Accademie delle scienze di Mosca e San Pietroburgo) e un intento
di grande portata: estrarre enzimi, trasformarli attraverso processi di
biotecnologia e rimetterli a funzionare nella chimica per produrre bio-gasolio,
prodotti farmaceutici, alimentari, di cosmetica e di chimica fine sostenibili
dal punto di vista ambientale.
Una soddisfazione davvero grande per Lucia Gardossi, coordinatrice scientifica
del progetto, presentato ieri nell’aula Cammarata dell’ateneo anche dal rettore
Francesco Peroni, che ha messo molto in evidenza il fatto che sia «sempre
l’università il polmone strategico della ricerca», e che finanziamenti di simile
portata «si ottengono solo di fronte a proposte di alto valore».
Particolare non di poco conto, questo lavoro viene sviluppato da un ampio gruppo
di borsisti e dottorandi, cioé di «atipici» della ricerca e solo da due docenti
di ruolo: la stessa Gardossi e Cynthia Ebert.
A questa indagine collaboreranno anche Stoccolma, Copenaghen, il politecnico di
Delft, un’università di Taskent e la più importante ditta europea (anche questa
danese) che attualmente lavora con gli enzimi per creare processi chimici
«naturali». «L’Europa in questo campo - ha sottolineato Gardossi - non accetta
alcun progetto che non abbia una destinazione finale concreta e un effettivo
impatto sulla vita dei cittadini». Più di 20 anni di ricerche, ha aggiunto la
docente, stanno dietro al lusinghiero risultato ottenuto dall’Università di
Trieste, che per questo lavoro (oltre 100 pagine di descrizione) non assocerà a
sè l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologie, avendo già partner a
sufficienza.
Il finanziamento porterà a Trieste «tre contrattisti e mezzo» ha detto la
docente. E Peroni ha speso parole calde e non rassegnate sulla situazione della
ricerca: «I risultati si reggono moltissimo sul lavoro in strutture pubbliche di
persone non strutturate, ma a fronte di finanziamenti insufficienti fa specie il
sacrificio che viene chiesto a giovani brillanti, che poi non ricevono
trattamento e considerazione proporzionati. E questo ci allarma».
(g.z.)
Commissione paesaggio operativa già a fine mese ma i 5
componenti verranno scelti solo dalla giunta - RILASCERÀ PARERI SUGLI INTERVENTI
EDILIZI
Esprimere pareri consultivi sulla conformità paesaggistica
degli interventi sul territorio. È il compito che sarà chiamata a svolgere la
Commissione paesaggio, l’organismo che, in linea con quanto previsto dal Codice
dei beni culturali e paesaggistici, prenderà il posto della «vecchia»
commissione edilizia del Comune.
La nuova realtà dovrebbe diventare operativa in tempi brevi, forse già entro la
fine di aprile. Approvata l’altro giorno in giunta, le delibera relativa
all’istituzione della Commissione passerà ora all’attenzione delle
Circoscrizioni, che avranno 10 giorni di tempo per esprimere eventuali parere, e
della Commissione Urbanistica. Successivamente, probabilmente nella seduta del
20 aprile, a pronunciarsi sarà il consiglio comunale.
In caso di voto favorevole, il giorno successivo la giunta tornerà a riunirsi
per scegliere i componenti tra la rosa di nomi che verranno indicati dagli
Ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri, periti e geologi) e dai
presidi delle Facoltà con insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. Della
Commissione paesaggio faranno parte quattro tecnici ai quali si aggiungerà un
presidente «interno», cioè selezionato tra i dirigenti municipali, a fronte dei
9 componenti della vecchia commissione edilizia.
La scelta dei designati spetterà unicamente alla giunta. Il consiglio infatti
non avrà voce in capitolo e potrà esprimersi soltanto sull’istituzione del nuovo
organismo. Una formula che suscita più di qualche dubbio tra gli esponenti
dell’opposizione. «Della nuova commissione finora non abbiamo saputo nulla -
commenta Roberto De Carli -. Ci auguriamo però, vista la delicatezza dei temi in
discussione, che la partita sia gestita con la massima trasparenza». Dal canto
suo l’assessore Franco Bandelli invita a guardare con ottimismo alla novità
«perché consentirà di accorciare finalmente i tempi il rilascio delle
concessioni».
Gradisca: «Quel depuratore inquina l’Isonzo» -
L’impianto incriminato è sotto sequestro ma è rimasto egualmente in funzione
INDAGINE DELLA FORESTALE REGIONALE
GRADISCA Rimane ancora sotto sequestro penale il depuratore di Gradisca
d’Isonzo gestito da Irisacqua, la società che gestisce il ciclo integrato
dell’acqua.
Alcune settimane fa, infatti, il Nucleo operativo per l’attività di vigilanza
ambientale del Corpo forestale regionale e della Stazione forestale di
Monfalcone era entrato in azione in seguito alle segnalazioni di privati
cittadini riguardanti la presenza, alla bocca dello scaricatore del depuratore,
di ampie chiazze di sostanze maleodoranti e melmose. Era partita un’indagine che
- protrattasi per alcuni mesi - ha avuto come momento culminante il sequestro
dell’impianto.
A quanto si è potuto apprendere, all’imbocco dello scaricatore del depuratore,
si sarebbe formata una vasta superficie stagnante di sostanza maleodorante e
melmosa che rischia (questa è la tesi dell’accusa) di inquinare le acque del
fiume Isonzo.
Nei prossimi giorni, con l’ausilio di personale tecnico incaricato dalla
Procura, si cercherà di accertare se effettivamente il depuratore di Gradisca
rappresenti una fonte di inquinamento per il corso del fiume Isonzo e se questo
scarico, contribuisca ad alterare le caratteristiche di balneabilità delle acque
del golfo di Panzano presso Monfalcone, dove il fiume riversa le sue acque,
problematica recentemente al centro di studi e ricerche da parte delle
amministrazioni pubbliche interessate.
Accertamenti ed indagini sono tuttora in corso anche per verificare se
l’impianto è dotato di tutte le autorizzazioni necessarie e se gli enti preposti
a rilasciarle e ad effettuare le analisi sugli scarichi, si siano mai
preoccupate della massa melmosa che si era formata allo scarico. Va ricordato
cha anche su queste pagine, più volte il problema era stato sollevato, ospitando
segnalazioni di cittadini, cacciatori e pescatori, che lamentavano lo stato di
degrado a valle dello scaroco del depuratore.
Nel settembre dello scorso anno, dubbi sul corretto funzionamento dell’attuale
depuratore erano stati avanzati da un gruppo di cacciatori della locale riserva,
che si erano affrettati a segnalare le condizioni della zona fluviale sita al
confine fra i comuni di Gradisca e Villesse, non lontano dal dismesso ponte
ferroviario. È una zona di difficile accesso: dopo l’ingresso da via Gramsci,
l’area è raggiungibile solo attraverso una lunga strada sterrata che è quasi
completamente invasa dalla boscaglia. Lì a un certo punto ricompare l’Isonzo, ad
alcune centinaia di metri in linea d’aria dal depuratore. E lì che il collettore
principale dell’impianto scarica le acque reflue.
È già partita però la gara europea per la progettazione del nuovo depuratore di
Gradisca, che rappresenta l’opera maggiore prevista nel Piano d’ambito.
CENTRALE NUCLEARE - Lavori a Krsko - CENTRALE FERMA
KRSKO - La centrale nucleare di Krsko è ferma, per la regolare manutenzione annuale. Sarà rimessa in funzione e riattaccata alla rete di distribuzione di corrente elettrica alla fine di aprile.
Si è infatti
concluso il 23.esimo «ciclo di combustibile» e l'impianto, attualmente in fase
di raffreddamento, ha dovuto essere fermato per sostituire le barre di uranio
esaurite, complessivamente 56, revisionare tutto il sistema e fare alcune
modifiche. È un'operazione complessa che, oltre all'intero personale, 600
dipendenti, coinvolge in varie fasi altri 1500 lavoratori altamente
specializzati. Lo scopo dei lavori e' quello di garantire la sicurezza ma anche
di aumentare l'efficacia della centrale.
E se a salvare la Terra fosse, per assurdo, la febbre
da smog? - Scontro pessimisti-ottimisti sulle regole da stabilire per salvare il
nostro pianeta
Perché si gridano slogan pro o contro la firma del
cosiddetto protocollo di Kyoto sulla limitazione delle emissioni in atmosfera?
Perché il temuto aumento della temperatura globale finisce per mettere in
discussione le nostre responsabilità nei confronti delle generazioni a venire.
Perché limitare le emissioni di gas in atmosfera è oneroso e l’Occidente non
vuole alzare i propri costi industriali di fronte all’insostenibile concorrenza
di Cina, India, eccetera. Perché mutamenti climatici e paura della catastrofe
toccano le nostre corde emotive. E infine perché non è facile per gli scienziati
dire una parola definitiva in merito.
I pessimisti osservano che nel nostro emisfero le temperature medie hanno
cominciato ad aumentare dall’inizio dello sviluppo industriale in Europa e Nord
America, ossia dalla metà del secolo XIX. Gli ottimisti replicano che iniziò
proprio allora un ciclo naturale di riscaldamento dopo il freddo dei secoli
precedenti. Dicono che è stata l’attività solare a causare sia la fase calda nel
Medioevo che quella fredda dei secoli XIV-XVIII, con l’avanzata dei ghiacciai di
cui rimane traccia anche in alcuni affreschi svizzeri e del Tirolo.
Spesso dimentichiamo che, durante l’ultima glaciazione (circa 20 mila anni fa),
i ghiacciai arrivavano poco a nord di Udine e l’Alto Adriatico emerso era terra
di pascolo. E’ stato negli ultimi 10 mila anni che il mare si è alzato, di 20
metri, e continua a crescere. Rilievi austroungarici alla mano, a Trieste nel
corso del ‘900 il livello marino è cresciuto di poco meno di 20 cm,
perfettamente in armonia con il tasso di innalzamento naturale. Altro che
effetto serra! Protestano gli ottimisti.
Viceversa, la maggioranza degli studiosi del clima concorda che l’insieme delle
emissioni in atmosfera di gas prodotti dall’uomo provoca l’aumento dell’effetto
serra - anche se alcune emissioni inquinanti tendono a ridurlo - ma nessuno sa
di quanto esattamente.
I pessimisti sono affascinati da una serie di interessantissimi articoli del
gruppo di Gerald Meehl, del Centro Nazionale di Ricerca Atmosferica del Colorado
(USA), il quale ha dimostrato in modo convincente che l’effetto serra sta
aumentando significativamente soprattutto dal 1960. Ma sorvolano sui dubbi dello
stesso Meehl, che dichiara di non sapersi spiegare l’aumento globale di
temperatura dal 1900 al 1940, apparentemente non dovuto alle emissioni di gas
“pericolosi”. Quattro mesi fa, l’Associazione Geofisica Americana ha intitolato
così una sessione del suo congresso: «Sono state le variazioni dell’attività
solare le cause dominanti dei cambiamenti climatici durante l’era industriale?».
E i due coordinatori hanno risposto: «L’analisi dei dati disponibili indica che
la variabilità solare ha un ruolo importante, forse dominante».
Siamo insomma ancora prigionieri di quel “forse”. Non resta quindi che fare come
gli economisti, che non sanno mai che pesci pigliare: ipotizzare scenari. Quello
peggiore vive su tre “se”. Se l’impennata delle temperature in questi ultimi
decenni è stata effettivamente conseguenza dello sviluppo industriale, se
dovremo continuare a bruciare idrocarburi e carbone, se non si fermerà lo
sviluppo demografico dei grandi paesi emergenti, ebbene a queste condizioni
andremo incontro a problemi climatici globali davvero seri. E ciò perché, anche
se riuscissimo a ridurre le nostre emissioni, nessuno potrà obbligare Cina,
India, Brasile, Malesia etc. a fare altrettanto.
Scenario così-così: continua il riscaldamento naturale, ma riusciamo a trovare
nuove fonti di energia e il tasso di crescita demografica rallenta. Allora, si
verificherà comunque un aumento naturale del livello del mare e delle
temperature, ma meno drammatico.
Infine, gli ottimisti tutti d’un pezzo possono attaccarsi agli astronomi che
accreditano il raggiungimento di un “grande massimo” da parte dell’attività
solare. Date le periodicità degli ultimi 400 mila anni, il riscaldamento
naturale starebbe per diminuire e si andrebbe verso una piccola glaciazione. A
questo punto, per assurdo, l’aumento delle temperature ipoteticamente generato
dalla nostra attività potrebbe rivelarsi utile, contrastando il raffreddamento.
Salvati dalla nostra stessa avventatezza. Per chi vuole crederci.
LIVIO SIROVICH
IL PICCOLO - VENERDI', 3 aprile 2009
Una commissione per il paesaggio - URBANISTICA - NUOVO
ORGANISMO
Via la vecchia commissione edilizia, arriva la commissione
locale per il paesaggio. Lo ha deciso la giunta comunale, che nel corso della
seduta di ieri ha approvato, su proposta del sindaco (nonché assessore
all’urbanistica) Roberto Dipiazza, la delibera che istituisce e disciplina
appunto la commissione locale per il Paesaggio, nuovo organismo in cui
siederanno cinque componenti ed esperti in materia di tutela ambientale e
paesaggistica, scelti dall'amministrazione comunale «fra una rosa proposta dagli
ordini e collegi professionali e dall'Università», come precisa una nota
dell’amministrazione municipale.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 148 del decreto legislativo 42/2004, il
nuovo organismo andrà così a sostituire la vecchia commissione edilizia che era
composta da nove rappresentanti. La delibera di giunta approderà ora in
consiglio comunale per la sua definitiva applicazione.
«Con questo atto - è il commento di Dipiazza - si istituisce un organismo più
agile e di notevole valenza tecnica, che consente dare un apporto sempre più
qualificato sotto il profilo paesaggistico, venendo incontro alle giuste
esigenze dei cittadini e di quanti operano in questo specifico settore».
«Bonifiche, niente storno di fondi» - MENIA CORREGGE IL
TIRO
TRIESTE «Non c'è alcuno storno di fondi dalle bonifiche
dei siti inquinati verso i lavori per il ponte di Messina»: lo ha detto ieri il
sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia durante la presentazione di questo
Forum.
«A proposito della delibera Cipe che aveva ingenerato polemiche nei giorni
scorsi - ha spiegato Menia - si tratta di fondi che sono stati prelevati dalla
disponibilità di alcuni ministeri e portati in capo alla Presidenza del
Consiglio, che li utilizzerà poi per scopi strategici».
Menia ha aggiunto che «è una banalizzazione dire che questi fondi serviranno per
il ponte di Messina» e ha precisato che «i fondi per le bonifiche dei siti
inquinati arriveranno non da singoli ministeri, ma dalla Presidenza del
Consiglio».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 aprile 2009
Sito inquinato, meno soldi per le bonifiche - Il Cipe
ha trasferito finanziamenti dei ministeri in un fondo strategico della
presidenza del Consiglio
COLPO DI SCENA NELL’ANNOSA VICENDA DELLE AREE DA
RISANARE
Il sottosegretario Menia: «I soldi per la prima fase sono al sicuro. Si poteva
chiudere l’accordo qualche mese fa ma ci sono state obiezioni»
Meno soldi per le bonifiche. La delibera con cui il Cipe ha destinato oltre
3 miliardi destinati alle bonifiche in diverse zone d’Italia al «Fondo
strategico per il Paese», vale a dire il piano delle grandi opere varato dal
governo (fra cui anche il ponte di Messina), giunge come una doccia fredda nel
momento in cui è pronto il documento «alternativo» alla bozza di accordo
ministero-Regione, elaborato dalle categorie attraverso la commissione creata
alla Camera di commercio. Documento che proprio in questi giorni dovrebbe essere
illustrato dal presidente camerale Paoletti al sottosegretario Menia e
all’assessore regionale Lenna.
I fondi previsti per la prima fase dell’accordo (circa 130 milioni) non sono in
pericolo. A precisarlo è lo stesso sottosegretario all’Ambiente («Sono già stati
trasferiti dal ministero alle Regione, e quindi sono disponibili»), il quale a
proposito del fondo strategico rileva che «sarà più difficile attingervi. Sarà
la presidenza del Consiglio – spiega – a decidere quali saranno le opere
strategiche o e quali no. Anche la bonifica può essere strategica se c’è un
percorso ben definito e che porta a determinati risultati».
Menia parla comunque di «depotenziamento» dei ministeri dell’Ambiente e dello
Sviluppo economico, a seguito della delibera del Cipe, che in altri termini
significa che risorse assegnate finora ai due dicasteri sono state «prelevate» e
dirottate nel fondo strategico.
Il sottosegretario all’Ambiente non nasconde poi un certo fastidio per la
risposta locale alla bozza dell’accordo di programma siglata tra ministero e
Regione a fine dicembre. «Abbiamo diviso l’accordo in due fasi – ricorda – e si
poteva chiuderlo subito con i fondi disponibili. La via era praticabile, c’era
anche la disponibilità degli industriali. Invece qualcuno, come la Provincia, ha
sollevato obiezioni sui contenuti. Se si vuole la luna nel pozzo...».
Sui contenuti del nuovo testo elaborato dalla commissione della Camera di
commercio, Menia non si sbilancia: «Non lo conosco. Se conterrà delle migliorie
le adotteremo».
Ma proprio su questo testo interviene il presidente dell’Assindustria, Corrado
Antonini, che per superare l’impasse ha voluto alcune settimane fa quella
riunione di tutte le categorie economiche da cui è scaturita la commissione che
ha prodotto il nuovo documento.
«Il testo – rileva Antonini – è il risultato di un percorso coerente di tutte le
categorie economiche, che va a salvaguardare le realtà imprenditoriali che non
hanno inquinato. Il discorso fatto in sede di Camera di commercio – aggiunge –
ha apportato milgioramenti alla bozza dell’accordo, ma ciò non toglie che vanno
trovate le risorse per attuare gli interventi di bonifica».
Si tratta di risorse, prosegue il presidente di Assindustria, che devono
riguardare tutti i siti inquinati, e quindi anche quello di Trieste, dove la
situazione di impasse sta bloccando da anni lo sviluppo economico e sociale del
territorio. «Auspico – conclude Antonini – che si facciano al più presto i passi
necessari all’approvazione dell’accordo, così come è stato modificato in sede
camerale. Dev’essere però un’intesa che preveda i fondi necessari alle
bonifiche».
GIUSEPPE PALLADINI
Ansaldo punta su una centrale eolica nel Golfo -
Fornirebbe energia sufficiente a 10mila famiglie e darebbe lavoro a un centinaio
di operai specializzati
PROGETTO PRESENTATO INSIEME A SOCIETÀ BULLONERIA
EUROPEA (SBE) DI MONFALCONE
TRIESTE Un impianto di produzione di energia eolica potrebbe sorgere nel
golfo di Trieste con lo stabilimento per realizzarne i componenti situato a
Monfalcone. Il progetto è stato illustrato ieri dai responsabili della Ansaldo
Sistemi Industriali e della Società Bulloneria Europea al presidente della
commissione infrastrutture del Consiglio regionale, Alessandro Colautti.
Si tratta di piattaforme off-shore, per certi aspetti simili a quelle
petrolifere, che consentirebbero la produzione totale di 30 megawatt di energia
(il corrispettivo del consumo annuo di circa 10 mila famiglie) che verrebbero
immessi nella rete distributiva parallelamente a quelli prodotti con le fonti
tradizionali. Le piattaforme , consistenti in una base da cui si erge una
«torre» che capta il vento tramite un’elica, verrebbe realizzato a terra nello
stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al largo dove la base viene
sommersa sott’acqua lasciando emersa soltanto la «torre». «L’impianto verrebbe
installato ad almeno 15 miglia dalla costa – spiega il vicepresidente di Ansaldo
Sistemi Industriali, Ferdinando Piazza – con un impatto visivo quindi non
particolarmente significativo e potrebbe rappresentare un punto di riferimento
per tutta l’area dell’Adriatico, compresi i Paesi vicini».
Il progetto prevede un investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto
concerne il sistema di infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni
relativi alla realizzazione della piattaforma eolica vera e propria. La scelta
di Monfalcone come possibile luogo dove installare un impianto di questo tipo è
legata alle buone condizioni di vento che si registrano in quella particolare
area del golfo di Trieste. «Abbiamo dei vantaggio competitivi notevoli per la
realizzazione di questo impianto – sostiene il presidente di Sbe, Alessandro
Vescovini – relativi alla presenza di una banchina, al raccordo ferroviario già
esistene ed alla contiguità degli stabilimenti».
La presenza dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori
del progetto, la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati
«già presenti in questa zona considerata la vocazione cantieristica». Oltre al
progetto illustrato ieri, Ansaldo sta lavorando, insieme alle Università di
Trieste e Udine, alla realizzazione di un prototipo di generatore a magneti
permanenti da 50 tonnellate e 4 metri di diametro per la produzione di energia
eolica da 2,5 megawatt che verrà presentato ad ottobre e che punta al mercato
mondiale: «Si tratta di un settore in forte espansione – sostiene Piazza – e
riteniamo significativo che in un periodo di crisi come quello che stiamo
attraversando si vada a fare uno sforzo per investire in maniera decisa
sull’innovazione».
Quello di ieri è stato soltanto il primo contatto tra le aziende che intendono
portare avanti il progetto e le istituzioni ma l’atteggiamento di Colautti è di
apertura. «Naturalmente ci vogliono tutti gli approfondimenti del caso, siamo
soltanto ad una fase di approccio rispetto al progetto. Tuttavia – afferma
l’esponente del Pdl – si tratta di un’ipotesi indubbiamente interessante che va
nella direzione che vogliamo seguire per quanto concerne le politiche
energetiche, ovvero la ricerca di fonti alternative e rinnovabili». Il progetto,
che è stato illustrato a Colautti attraverso una simulazione al computer, viene
considerato dal consigliere regionale «non particolarmente impattante sul piano
ambientale e paesaggistico. Ci sono sicuramente prospettive interessanti sia sul
piano della produzione che, in un secondo momento, anche della vendita di
energia».
Colautti ha assicurato che si farà portavoce del progetto nei confronti della
giunta regionale e nei prossimi mesi potrebbe organizzare un ciclo di audizioni
in commissione per illustrarlo al Consiglio.
Roberto Urizio
Forum sull’ambiente domani a Trieste - La sfida si
gioca sugli investimenti in tecnologie a basso contenuto di carbonio
- IN VISTA DEL G8 ALLA MADDALENA
TRIESTE Si apre domani all’Area Science Park di Padriciano
(ore 9) il «Forum internazionale sulle tecnologie a basse emissioni e a basso
contenuto di carbonio», organizzato dal ministero dell’Ambiente in
collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e Area Science Park di
Trieste. Al Forum, tappa fondamentale in vista del «Summit G8» del luglio
prossimo alla Maddalena e delle riunioni preparatorie «G8 Ambiente» del 22
aprile a Siracusa e «G8 Energia» del 24 maggio a Roma, si discuterà sulle
prospettive dello sviluppo e della disponibilità dei combustibili alternativi e
delle nuove tecnologie in grado di assicurare entro i prossimi 20-30 anni una
risposta adeguata alla crescente domanda di energia senza aumentare le emissioni
di anidride carbonica. Partecipano i rappresentanti di 17 Paesi di tutto il
mondo ed esponenti di Commissione europea, Ocse, Agenzia internazionale
dell’energia, Unido, Banca mondiale, Banca europea e asiatica degli investimenti
e delle maggiori imprese dell’energia e dell’auto.
Corrado Clini direttore generale del ministero dell’Ambiente che introdurrà i
lavori del Forum, ha rilevato che la riunione di Trieste riveste un ruolo
importante anche in vista della Conferenza sui cambiamenti climatici di fine
anno a Copenaghen, che dovrebbe stabilire un accordo più ampio e impegnativo del
protocollo di Kyoto. «Secondo il Panel intergovernativo sui cambiamenti
climatici – osserva Clini – le emissioni globali dovrebbero essere ridotte di
almeno il 50% entro i prossimi 30 anni, mentre il trend attuale fa prevedere una
crescita di oltre il 60%». «D’altra parte - aggiunge - la domanda d’energia
cresce in Asia e Sud America per assicurare alla popolazione ed all’economia la
disponibilità di energia, chiave essenziale per lo sviluppo sostenibile e
l’uscita dalla povertà». Dunque, «la sfida dei cambiamenti climatici – secondo
Clini - si può vincere se la comunità internazionale saprà individuare misure
finalizzate a sostenere gli investimenti in tecnologie a basso contenuto di
carbonio, accompagnate da regole globali». Il Forum discuterà due documenti base
preparati dall’Agenzia internazionale dell’energia sullo sviluppo delle nuove
tecnologie energetiche e dalla Banca mondiale sui meccanismi di finanziamento
per assicurare lo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche. Domani alle 9,
prima dell’inizio dei lavori, l’intervento di Roberto Menia, sottosegretario
all’Ambiente. Oggi alle 12 nella ex Pescheria, presenti il sindaco Dipiazza e
Corrado Clini, sarà illustrato il libro «Design italiano per la sostenibilità»,
pubblicazione promossa dal ministero dell’Ambiente e finalizzata a mettere in
evidenza una selezione di prodotti realizzati da aziende italiane che hanno
saputo integrare il rispetto dell’ambiente con l’innovazione e il design. La
presentazione sarà accompagnata da una mostra sul design italiano, aperta fino
al 14 aprile.
Il parcheggio si paga anche con il telefonino -
Iniziativa di Amt che ai primi 500 abbonati praticherà uno sconto di 7 euro
Basta con i parchimetri. È finita l’era della ricerca
spasmodica della monetina per far durare più a lungo la sosta. Il parcheggio, da
lunedì 6 aprile, si pagherà anche con il telefonino, almeno per quanto riguarda
quelli gestiti dall’Azienda per la mobilità territoriale (Amt). Un salto nella
tecnologia che vede Trieste tra le prime, in compagnia di una ventina di altri
comuni italiani, ad aver adottato un sistema che si distingue anche per la sua
estrema semplicità. Lo hanno illustrato ieri mattina i vertici dell’azienda,
affiancati per l’occasione dall’assessore Paolo Rovis.
Il presidente di Amt, Rocco Lobianco, ha messo l’accento sul fatto che tra i
vantaggi del nuovo metodo c’è quello di non dover prevedere la durata della
sosta. In pratica il cliente notifica, chiamando un numero telefonico a costo
zero, l’inizio della sua sosta e fa lo stesso quando la sosta si conclude,
pagando dunque a consuntivo, e computando l’esatto prolungarsi della sosta. «Con
questo nuovo sistema, che si affianca a quelli già in atto e operativi come l’Europark
– ha osservato l’assessore Paolo Rovis - si potrà pagare il parcheggio della
propria autovettura per il tempo effettivamente occupato, in maniera comoda,
rapida e senza costi aggiuntivi».
Il direttore di Amt ha invece posto l’accento sulle peculiarità tecniche del
nuovo sistema. A iniziare dalle modalità di pagamento. Per utilizzare il
Telepark è necessario munirsi di un kit di attivazione al costo di 10 euro
(comprensivo di 3 euro di sosta) che è disponibile presso gli uffici Amt di via
d’Alviano 15, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13, o negli altri punti
vendita convenzionati (via cassa di Risparmio, ma altri ne seguiranno). Ai primi
500 abbonati l’attivazione (del costo di 7 euro), ha ricordato Davide Fermo,
sarà effettuata gratuitamente.
Quindi si compiono, una volta soltanto, le procedure di attivazione chiamando il
numero 0893080 e seguendo le istruzioni della voce guida. Di pari passo si
colloca sotto il parabrezza dell’auto lo sticker adesivo, fornito sempre da Amt,
o, qualora si utilizzino altre autovetture, si lascia sul cruscotto la Parkcard
con il codice ID di dieci cifre rivolto ben visibile verso l’esterno.
Più facile a farsi che a dirsi, in effetti. L’unico possibile «fastidio»,
riguarda la consultazione dei cartelli posti nelle varie zone di sosta, il cui
codice di quattro cifre va aggiunto al numero digitato. Per capirsi meglio: ad
inizio sosta si chiama il numero 089308xxxx (xxxx è il codice dell’area di
sosta, riportato sotto le tabelle segnaletiche della zona dove si parcheggia,
differenti anche per tariffa, ad esempio quindi 0893080755) e si attende la
connessione (bastano al massimo tre squilli, senza nessuna risposta e con nessun
costo telefonico). A fine sosta invece si chiama il numero 0893089990, si
attende che il sistema chiuda la connessione (anche in questo caso bastano tre
squilli e non c’è alcun costo telefonico).
Rapido e indolore. E in grado, come ha punteggiato ironicamente Rovis, anche di
farla finita definitivamente con quei «furbetti» che amavano «dimenticare» la
macchina nelle ultime ore serali, quando il limite era ancora in vigore e
lasciarla lì fino alle prime ore della mattina dopo, evitando di pagare almeno
una parte del pedaggio.
(f.b.)
Arrivano i tedeschi con l’automobile sul treno - Oggi
il primo convoglio di Deutsche Bahn, in estate saranno quattro alla settimana
Dalla Germania fino a Trieste dopo aver caricato la
macchina sul treno. È la prospettiva già aperta per i turisti tedeschi
soprattutto, ma anche per quelli olandesi, belgi e addirittura scandinavi. Treni
tedeschi in arrivo da oggi fino all’inizio di ottobre sul binario 1 della
Stazione centrale dai quali già nel corso di questa stagione potrebbero sbarcare
complessivamente 18 mila persone. Treni di Deutsche Bahn, ma non qualsiasi,
bensì del tipo «Autozug». Ogni convoglio può trasportare una cinquantina di
automobili, o in alternativa moto in numero più cospicuo, caricate su cinque
carri. Ogni treno è completato da 4-5 carrozze con cuccette, un vagone
ristorante e 2-3 carrozze letto dotate di doccia o addirittura di vasca da
bagno.
Trieste, abbandonata dalle crociere marittime e dai traghetti, tenta così una
piccola rivincita, proponendosi come home-port per questi «traghetti» ferroviari
anche se è chiaro che la destinazione finale per la grande maggioranza di questi
viaggiatori del Centro e Nord Europa saranno le spiagge della Dalmazia e
dell’Istria. Negli intenti della Regione che promuove l’operazione, la nuova
rotta potrebbe incrementare i soggiorni balneari nelle tradizionali mete di
Grado e Lignano. «Il Comune di Trieste ha inviato a Deutsche Bahn materiale
illustrativo sulla città – spiega l’assessore al Turismo Paolo Rovis – mentre
Promotrieste ha fornito informazioni su pacchetti preformati che prevedono
itinerari, visite e soggiorni in provincia. Questa iniziativa, affiancata al
recupero di alcune navi bianche e ai nuovi voli su Ronchi, dovrebbe farci
resistere sul fronte turistico anche in tempo di crisi».
Deutsche Bahn, il cui nome era filtrato come possibile candidato nella gara per
il gestore unico del trasporto in regione che avrebbe voluto la giunta Illy ma
che questa amministrazione ha abbandonato, inserisce ora Trieste come terminal «Autozug»,
affiancandola ai capolinea italiani già esistenti a Verona, Bolzano e
Alessandria. I treni su Trieste saranno, nella maggior parte del periodo, ben
quattro alla settimana: uno da Berlino, uno da Dusseldorf che imbarcherà
automobili anche a Francoforte, e due da Amburgo.
Una famiglia di tre persone da Berlino dovrebbe pagare 250 euro per lo
scompartimento con tre letti e 149 per la macchina. È stato anche calcolato che
quattro persone sul tratto Amburgo-Trieste, scegliendo in treno le soluzioni più
economiche, possono risparmiare fino a 230 euro totali. L’operazione va in
direzione del turismo ecosostenibile levando le automobili dalle autostrade
tedesche, austriache e italiane, eliminando lo stress della guida e delle code e
i rischi di incidenti stradali, ma non privando i turisti della possibilità di
fruire della propria macchina nella località di vacanza. Un’alternativa
evidentemente anche più economica rispetto al binomio aereo-auto a noleggio. Da
verificare invece la risposta, sicuramente più contenuta, da parte di potenziali
turisti italiani diretti in Germania.
Stamattina alle 10.15 il primo treno che giungerà da Berlino, e che avrà a bordo
anche autorità e giornalisti tedeschi, sarà accolto dalle autorità regionali e
locali con una cerimonia di benvenuto da parte di Agenzia Turismo Fvg: omaggi
floreali alle signore, buffet con prodotti tipici del territorio e banda
musicale.
SILVIO MARANZANA
In via Gioia park con 120 posti - APRIRÀ A GIORNI
In via Flavio Gioia l’area tra la Stazione centrale e il
Silos si sta trasformando in una prima vera e propria zona di scambio
intermodale. È stata in particolare costruita una rampa per permettere lo sbarco
e l’imbarco delle auto e delle moto dai treni «Autozug» di Deutsche Bahn che da
oggi fino a ottobre arriveranno a Trieste anche quattro volte alla settimana sul
binario 1. Personale di Trenitalia effettuerà le operazioni, delicate quasi
quanto quelle che si svolgono sui traghetti marittimi.
In via Gioia è stata anche creata un’area di sosta per complessivi 120 posti
auto e tra qualche giorno diverrà operativo il parcheggio che sarà gestito dalla
Metropark, società, controllata da Rete ferroviaria italiana, alla quale sono
affidate progettazione, realizzazione e gestione di parcheggi su aree di
proprietà delle Ferrovie. La tariffa oraria dovrebbe essere di 0,80 euro, quella
giornaliera di 3 euro e quella mensile di 45 ridotti a 30 per chi ha
l’abbonamento ferroviario.
Con la creazione dei Magazzini Silos e la riqualificazione di piazza Libertà
tutta l’area fungerà da zona di scambio intermodale includendo le Stazioni dei
treni e delle autocorriere, il terminal traghetti sul Molo Quarto, i capolinea
di molti autobus urbani e servizi di autonoleggio oltre ai parcheggi per le
automobili.
(s.m.)
Konrad n. 145 - Aprile 2009 - pag. 4 di Dario Predonzan
Faraoniche velleità - La megalomania irrazionale delle
Grandi Opere
Anche in Friuli Venezia Giulia, come nel resto del Paese,
da anni la classe politica – senza sostanziali differenze tra gli schieramenti –
e le principali categorie economiche (sindacati compresi) insistono sulla
necessità di alcune grandi infrastrutture, cioè autostrade e TAV.
Si tratta della terza corsia per la A4 (ma c’è chi vorrebbe progettare già la
quarta corsia, poi verrà probabilmente la quinta…) dell’adeguamento del raccordo
Villesse-Gorizia, senza dimenticare la Carnia–Cadore (allacciamento tra A23 e
A27 attraverso l’alta valle del Tagliamento e quella del Piave) e la
Sequals-Gemona. Piatto forte, la TAV Venezia-Trieste-Lubiana, che si vorrebbe
far arrivare prima o poi al confine ucraino e magari anche oltre.
Costi e progetti
Il tutto costerebbe una barca di quattrini. Circa un miliardo e mezzo di Euro la
terza corsia della A4 e la Villesse-Gorizia (da finanziare ovviamente con i
pedaggi), 2,2 miliardi invece la Carnia-Cadore, per la quale spingono
soprattutto gli industriali del Bellunese pronti a realizzare il tratto veneto
in project financing (lavori a carico di privati, che incasserebbero poi per
qualche decennio i pedaggi). Per le prime due i progetti definitivi sono già
pronti, mentre per la Carnia-Cadore esiste soltanto uno studio di fattibilità.
Per la Sequals-Gemona la Regione pensa a caratteristiche autostradali,
probabilmente anche qui con il ricorso al project financing.
Quanto alla TAV, lo studio di fattibilità italo-sloveno per la tratta
Trieste-Divaccia prevede un costo complessivo di circa 2,5 miliardi di Euro:
sommati ai 6,129 miliardi delle tratte Venezia-Ronchi e Ronchi sud-Trieste,
fanno oltre 8,6 miliardi.
Buio pesto sul come trovare questa montagna di soldi: finora, infatti, sono
stati acquisiti solo i fondi per le progettazioni, 48 milioni di Euro per la
Ronchi sud-Trieste e circa 102 per la Trieste-Divaccia, la metà dei quali da
contributi europei. Fanno 150 milioni, pari all’1,75% del totale...
Lo stato della progettazione è il seguente:
- sulla tratta Venezia-Ronchi sud esiste soltanto – dal 2007 - un progetto
preliminare della tratta tra Portogruaro e Ronchi sud, che non ha mai cominciato
la procedura di VIA per le critiche al tracciato avanzate dalla Regione Friuli
Venezia Giulia e dai Comuni della Bassa Friulana, mentre la progettazione della
tratta Venezia-Portogruaro è bloccata per il dissenso manifestato sul tracciato
dalla Regione Veneto;
- sulla tratta Ronchi sud-Trieste il progetto preliminare nel 2003 aveva
cominciato la procedura VIA, per essere poi sonoramente bocciato dal ministero
dei beni culturali e dalla Commissione speciale VIA del ministero dell’ambiente,
tanto da imporne il ritiro; un nuovo progetto, più volte annunciato, non risulta
sia stato ancora redatto;
- per la tratta Trieste-Divaccia, come detto, esiste soltanto uno studio di
fattibilità, e la progettazione preliminare è agli inizi.
Mistero anche sui tempi necessari per il completamento di queste progettazioni e
per l’espletamento della procedura VIA (valutazione dell’impatto ambientale).
La costruzione di una Grande Opera richiede infatti un progetto preliminare, che
va sottoposto alla VIA; soltanto se l’esito di quest’ultima è positivo, si
procede con la stesura del progetto definitivo e quindi di quello esecutivo.
Appena dopo si possono appaltare i lavori. Sempre che, nel frattempo, siano
saltati fuori i quattrini, naturalmente.
Problema tipicamente italiano è l’inattendibilità delle stime sui costi delle
opere: come ha sottolineato anche la Corte dei Conti, è “normale” che tra la
progettazione iniziale e la fine dei lavori i costi lievitino tre o quattro
volte (ma ci sono casi di opere costate dieci volte il preventivato!), a causa
delle varianti successive o degli imprevisti tecnici e geologici. I quali a loro
volta sono indice di progettazioni scadenti.
Per la Ronchi-Trieste e la Trieste-Divaccia si prevedono complessivamente oltre
60 km di doppie o triple gallerie sotto il Carso: gli “imprevisti” certo non
mancherebbero. Basta pensare alla grotta “Impossibile” (nel senso che non
avrebbe dovuto esserci), scoperta durante i ben più modesti scavi per le
gallerie della Grande Viabilità Triestina tra Cattinara e Padriciano. Senza
contare che i costi per km delle linee TAV finora realizzate in Italia sono
risultati in media tre o quattro volte superiori a quelli delle analoghe linee
francesi e spagnole.
C’è poi il problema dei materiali di risulta dallo scavo delle gallerie: circa 7
milioni di metri cubi secondo il progetto della Ronchi sud-Trieste, più altri
9,3 milioni di metri cubi secondo lo studio della Trieste-Divaccia. Assai vaghe
le idee su come e dove smaltire queste enormi quantità. Si accenna alla
costruzione di un’isola artificiale in mare, tra le Isola e Capodistria (!), che
comunque assorbirebbe soltanto 1,5 milioni di metri cubi: il resto è mistero.
Non meraviglia, perciò, che di fronte a proposte del genere tra le comunità
locali cresca l’allarme. Il Consiglio comunale di S. Dorligo della valle –
Dolina ha infatti già approvato all’unanimità due mozioni molto critiche sullo
studio per la Trieste-Divaccia. Quel Comune è peraltro l’unico che si sia finora
preoccupato di approfondire l’argomento. Trieste, invece, brilla per la più
totale inerzia.
Il rischio è insomma che tutto finisca per ridursi alla spartizione di una
grande torta di studi e progettazioni (150 milioni, di questi tempi, non sono
certo bruscolini…), protratti per anni ma senza portare ad alcuna realizzazione
concreta. Mentre intanto, ovvio, le autostrade si faranno!
Eppure l’unico studio “strategico” esistente sulla TAV in Friuli Venezia Giulia,
realizzato nel 2007 su incarico dell’InCE (Iniziativa Centro Europea),
costruisce le proprie stime dando per scontato il completamento dell’intero
Corridoio 5 (da Lione al confine ucraino) nel 2015(!), ovviamente glissando sul
problema del reperimento dei fondi.
La pianificazione rovesciata
Un tocco di genio: la legge regionale n. 16 del 2008 istituisce il “Sistema
delle infrastrutture di trasporto, della mobilità e della logistica”. In pratica
un elenco di tutte le opere viarie, ferroviarie, portuali, ecc. – grandi e
piccole – ritenute necessarie dalla Giunta regionale (in base a quali criteri di
valutazione, non è dato sapere). Logica e buon senso vorrebbero che la
programmazione delle infrastrutture sia inclusa nella pianificazione del
territorio o preceduta da questa. Anche perché la sostenibilità ambientale di
strade e ferrovie non è valutabile in assenza di un serio quadro di riferimento
sulla tutela del paesaggio e degli ecosistemi naturali, sulla struttura dei
centri abitati, e così via. Secondo la legge sarà invece il contrario: è il
sistema delle infrastrutture che sarà “recepito nello strumento di
pianificazione generale regionale” e quindi le esigenze di coerenza urbanistica
e sostenibilità ambientale vengono subordinate alle (pesanti) modificazioni
introdotte con le nuove opere. Il mondo alla rovescia.
Un’impostazione coerente, però, con il mantra recitato da tempo a tutti i
livelli, secondo il quale bisogna investire in nuove infrastrutture per uscire
dalla crisi economica, stimolando i comparti produttivi con un cospicuo flusso
di denaro pubblico e creando così posti di lavoro. Via quindi alla “legge
Obiettivo” con le sue Grandi Opere: TAV, autostrade, Ponte sullo Stretto e chi
più ne ha più ne metta (Bossi è arrivato a chiedere “100 nuovi aeroporti”…
perché evidentemente non ce ne sono già abbastanza!). Grandi Opere nel contempo
totem della “politica del fare” e risposta propagandistica alla crisi economica:
ovvio quindi che prescindano da qualsiasi tentativo di valutazione razionale e
pianificazione.
Viene accantonato, così, il problema di dove siano i quattrini per realizzarle,
in un Paese che vede aumentare – anziché diminuire – il suo già mostruoso debito
pubblico. Né si pensa a valutare seriamente se le nuove infrastrutture si
giustifichino dal punto di vista economico. Potrebbero infatti arrivare delle
brutte sorprese: il gruppo del prof. Marco Ponti, al Politecnico di Milano, ha
sottoposto ad analisi costi-benefici le principali opere della “Legge
Obiettivo”, con esito disastrosamente negativo per quasi tutte, Ponte sullo
Stretto in primis.
Cosa servirebbe davvero
Di fronte all’aggravarsi della crisi, intanto, anche gli industriali cominciano
a chiedere di sbloccare le “piccole opere”: costruzione di rotonde stradali,
ripavimentazione di strade e marciapiedi, messa in sicurezza delle scuole
(questa sì, com’è noto, un’esigenza seria) e così via. Interventi semplici, con
progetti spesso già pronti, per i quali servono soldi veri, da spendere subito.
Per un sistema dei trasporti sostenibile, invece, TAV e Grandi Opere sono
deleterie, perché distolgono risorse umane e fondi dagli impieghi davvero utili.
Occorrerebbero semmai interventi limitati e graduali per eliminare i “colli di
bottiglia” sulla rete ferroviaria esistente e poche nuove opere (come il
raccordo - 6 km di ferrovia “normale” - tra i porti di Trieste e Capodistria),
ma soprattutto scelte lungimiranti per eliminare le disfunzioni organizzative,
normative e tariffarie che penalizzano il trasporto su ferro a vantaggio di
quello su gomma. Il che significa anche rinunciare ai progetti di nuove
autostrade.
Governo e Regioni sembrano però ancora prigionieri del mito delle
mega-infrastrutture, in un delirio insieme allarmante (per le sorti delle
finanze pubbliche) e ridicolo (per la sproporzione tra l’entità di quanto si
vorrebbe realizzare e la pochezza di chi vorrebbe gestire il tutto): faraoniche
velleità, appunto.
Dario Predonzan
altro materiale sull’argomento nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia
sezione “documenti” - lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia è
disponibile nel sito www.sandorligo-dolina.it
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
Il Friuli spinge sul fotovoltaico.
La Regione Friuli incentiva la produzione di energia
mediante l'installazione di pannelli fotovoltaici nei pressi degli edifici
scolastici. Per questo motivo è stato sottoscritto un accordo quadro fra
l'Assessore regionale alla Pianificazione territoriale Federica Segnanti e i
sindaci dell'associazione che ha Cividale (Udine) quale capofila e comprende i
comuni di Buttrio, Corno di Rosazzo, Manzano, Moimacco, Pavia di Udine,
Pradamano, Premariacco, Remanzacco e San Giovanni al Natisone. La Regione
concorrerà alla spesa complessiva di 2 milioni di euro con 1 milione e 600 mila
euro (il resto della cifra sarà a carico dei Comuni). L'accordo è in linea con
quanto previsto a livello nazionale da normative che incoraggiano
l'installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e la sua
attuazione e consentirà ai Comuni non solo un risparmio, ma addirittura un
ritorno economico a partire dal quinto anno dall'installazione degli impianti.
Il sindaco di Cividale, Attilio Vuga, ha dichiarato che "è già stata fatta tutta
l'attività propedeutica all'avvio dei lavori" per cui a breve saranno promulgati
i bandi che consentiranno l'assegnazione degli appalti per l'installazione,
durante le vacanze scolastiche, di impianti fotovoltaici di potenza nominale
compresa tra i 9 ed i 20 kWp. Vuga ha quindi sottoposto all'assessore Seganti un
altro progetto mirato al risparmio energetico ed al contenimento della spesa a
vantaggio dei bilanci comunali: l'installazione di impianti di illuminazione a
Led che consentono di ottimizzare i consumi e, a parità di resa, un abbattimento
della spesa di circa 60 per cento.
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF - Dal tetrapak ai mattoni
- l'anima verde dei materiali
L'esperto ambientale risponde alle domande dei lettori
su come smaltire imballaggi particolari e come realizzare un'abitazione a prova
di ondata di calore
ROMA - Cartoni di latte, confezioni di pelati, succhi di frutta da bere con la
cannuccia. Oggetti di uso quotidiano, di cui sappiamo però molto poco. L'esperto
del Wwf Massimiliano Varriale risponde ai quesiti dei lettori di Repubblica.it
sulla sostenibilità di questi imballaggi e le loro modalità di smaltimento.
Attraverso le risposte alle altre domande, tanti suggerimenti sulle scelte
edilizie per isolare correttamente casa da caldo e freddo, con enormi vantaggi
per ambiente e portafoglio.
Con questa seconda tranche si chiude il capitolo dedicato a rifiuti e risparmio
domestico. L'argomento del prossimo mese sarà il verde urbano, la protezione
degli animali e della biodiversità. Tutti temi che il piano casa del governo, la
nuova proposta di legge sulla caccia e le vittime dei cani randagi hanno
riportato di grandissima attualità. A rispondere sarà l'esperto del Wwf Fabrizio
Bulgarini. I quesiti possono essere inviati via email all'indirizzo v.gualerzi@repubblica.it
Tempo fa la società tetrapak ha reclamizzato la riciclabilità di questo
materiale composito. E' vero che il procedimento di riciclaggio del tetrapak è
fattibile solo con un enorme dispendio di energie? Inoltre ho sentito dire che
in Italia vi è un'unica cartiera in grado di riciclare questo materiale. Potete
confermarmi anche questa notizie?
Jacopo Zurlo
E' più sostenibile il latte nella bottiglia di plastica o quello nel
tetrapak?
Sergio
Il Tetra Pak è un imballaggio cosiddetto poliaccoppiato, vale a dire
costituto da più materiali (75% carta, 20% polietilene e 5% alluminio), uniti
insieme grazie al film di polietilene colato a caldo, il tutto quindi senza fare
uso di collanti. Il fatto di non essere un monomateriale rende sicuramente più
complesso il processo di riciclaggio e recupero. Il Tetra Pak può essere
conferito nei contenitori destinati alla raccolta differenziata di carta e
cartone solo dove le Cartiere hanno dato il loro consenso a Comieco (Consorzio
Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) e il Comune
abbia attivato una specifica campagna informativa. In altri casi questi
imballaggi sono conferiti nei contenitori della raccolta differenziata multi
materiale.
Il numero di Comuni in cui oggi è di fatto attivo un servizio di raccolta del
Tetra Pak è ancora piuttosto limitato. Gli imballi in Tetra Pak raccolti in
maniera differenziata sono portati alle cartiere di riferimento dove vengono
introdotti in un apposito un macchinario (pulper) che li spappola anche grazie
all'aggiunta di acqua calda: il rilascio delle fibre di cellulosa in acqua porta
al distacco delle lamine di polietilene e alluminio.
La cellulosa così estratta è di ottima qualità e viene impiegata per realizzare
imballaggi specifici. La frazione costituita da polietilene/alluminio è
trasformata in Ecoallene, un materiale con cui si realizzano gadget e altri
manufatti (non entro qui nel merito di quanto questi siano realmente utili e di
quanto possano essere effettivamente ulteriormente riciclati).
Dal momento che circa il 95% dei materiali che compongono il Tetra Pak sono in
carta e plastica, ossia dotati di buon potere calorifico, esiste una certo
interesse a conferire questi imballaggi agli impianti di incenerimento con
recupero energetico: una pratica ambientalmente poco vantaggiosa (per non dire
assai dannosa) che si sostiene solo grazie ai finanziamenti statali.
Stabilire poi cosa sia più sostenibile tra un contenitore in plastica o uno in
Tetra Pak non è affatto semplice giacché occorrerebbe eseguire una attenta
analisi del ciclo di vita (LCA) di entrambi: dalle fasi produttive a quelle di
smaltimento. Ad esempio è assai diverso se una bottiglia di plastica può essere
recuperata come materia o se è inviata a un impianto d'incenerimento. Ogni kg di
plastica richiede, infatti, mediamente 14.000 Kcal di energia per essere
prodotto e quando noi lo andiamo a bruciare in un inceneritore con recupero
energetico recuperiamo solo una parte del suo potere calorifico: in pratica,
ammettendo un rendimento elettrico del 25%, considerato un potere calorifico
inferiore (pci) medio delle plastiche di circa 7.800 Kcal/kg, si recupereranno
soltanto meno di 2.000 kcal delle 14.000 originariamente spese...
Tramite il riciclaggio, finalizzato al recupero di materia, sarebbe invece
possibile un vantaggio energetico oltre 5 volte superiore rispetto
all'incenerimento: nelle operazioni di riciclaggio si consumano solo 2.000
Kcal/kg e, quindi, si recuperano (risparmiano) quasi 12.000 Kcal/kg. Ancora più
vantaggioso appare il riutilizzo dei contenitori. Il consiglio che posso dare è
quindi di orientare gli acquisti verso imballaggi meno problematici e più
facilmente riciclabili, meglio ancora se direttamente riutilizzabili mediante un
meccanismo di "vuoto a rendere" così come avviene in alcuni casi con le
bottiglie di vetro.
Si sente dire continuamente che un modo per risparmiare energia è azionare gli
elettrodomestici (lavapiatti e lavatrice) la sera. La mia domanda può sembrare
banale, ma io vorrei sapere cosa si intende esattamente per sera. In altri
termini, a partire da che ora è bene mettere in funzione questi elettrodomestici
perché ci sia un effettivo risparmio energetico?
Agnese Lombardo
Purtroppo non è vero che azionare gli elettrodomestici la sera (o nelle ore
notturne) consenta di risparmiare energia. I kWh consumati da un
elettrodomestico, infatti, non cambiano secondo l'orario cui noi decidiamo di
farlo funzionare. Facciamo un esempio per meglio comprendere la questione. Una
moderna ed efficiente lavatrice (classe A+), consuma meno di 0,85 kWh per ciclo
di lavaggio (lavaggio cotone a 60°C, lavatrice da 5 kg); quest'apparecchio
consumerà la stessa quantità di energia elettrica (cioè gli stessi kWh) a
prescindere dall'orario di utilizzo, diurno o notturno che sia: il consumo è,
infatti, un parametro strettamente connesso alle caratteristiche tecniche
(prestazioni) dell'apparecchio utilizzato e alle modalità del suo utilizzo (es.
scelta della temperatura di lavaggio).
Il suggerimento, di alcune aziende fornitrici di elettricità, di accendere gli
elettrodomestici durante la notte, risponde più che altro alle loro esigenze di
gestione dei carichi orari e alla possibilità di acquistare energia da altri
paesi: durante le ore diurne sono infatti richieste dalla rete (e quindi dalle
diverse utenze) potenze di ben oltre 40.000 MW (40.000 milioni di Watt, ossia 40
milioni di kW) di energia, con punte che possono superare i 55.000 MW, durante
la notte ne occorrono mediamente 30.000 MW o anche meno. Queste fluttuazioni
sono connesse al fatto che durante la notte molte aziende sono chiuse e la
maggior parte delle persone dorme, quindi le richieste di energia sono
inferiori.
In sostanza per le compagnie elettriche è vantaggioso riuscire a spostare quota
parte dei consumi nelle ore notturne perché permette loro di usare impianti di
produzione relativamente più economici. In realtà la questione è ancora più
complessa: durante la notte i nostri operatori energetici preferiscono tenere
spente molte centrali elettriche e importare una quota di energia prodotta dalle
centrali nucleari francesi o svizzere. Questi Paesi di notte sono
sostanzialmente costretti a esportare l'energia prodotta dalle loro centrali
nucleari che, funzionando a ciclo continuo, non possono essere accese e spente a
piacere. Nelle ore notturne, quindi, in cui la domanda è assai minore, Francia e
Svizzera, al fine di garantire la stabilità del proprio sistema elettrico, hanno
l'esigenza di cedere elettricità ai paesi limitrofi. In pratica acquistando
energia nucleare dalla Francia (o dalla Svizzera) stiamo facendo loro un favore.
Ho in programma di costruire una villetta unifamiliare nella campagna toscana.
Ovviamente, vorrei garantire alla mia famiglia un comfort abitativo sia nei mesi
caldi d'estate che in quelli freddi dell'inverno e, inoltre, ottenere un buon
risultato estetico. E' possibile raggiungere insieme questi diversi obiettivi?
Quali materiali potrebbe suggerire per le esigenze espresse?
Giorgio
Si tratta di una domanda complessa che necessita di una risposta piuttosto
articolata. Premesso che la scelta dei materiali può incidere notevolmente sulla
qualità dell'edificio, occorre tener presente, però, che la costruzione di una
casa è un progetto complesso e che il risultato ottenuto dipende da numerose
variabili, quali: il corretto orientamento, il rapporto superficie/volume, la
distribuzione degli interni, la scelta delle soluzioni di involucro e dei
relativi materiali, la qualità dell'esecuzione. E' inoltre importante osservare
che non tutti i materiali da costruzione sono idonei dal punto di vista
ambientale, nonostante siano molti i prodotti in edilizia capaci di assicurare
elevate prestazioni energetiche. In generale un materiale edile che sia "buono"
anche per l'ambiente dovrebbe non essere di origine sintetica, non contenere
additivi chimici, non subire trasformazioni lunghe ed energivore, non essere
importato da lontano, essere duraturo e non presentare difficoltà di
smaltimento, o meglio poter essere recuperato per impieghi analoghi o di altro
genere.
La prima considerazione da fare, alla luce dell'esigenza di comfort estivo ed
invernale, certamente associati ad un basso consumo energetico, è quella di
riferirsi ad una modalità costruttiva cosiddetta massiva che, per effetto
dell'elevata inerzia termica, contribuisce ad un significativo risparmio nei
consumi, soprattutto nel periodo estivo, assicurando favorevoli condizioni di
comfort, senza dover ricorrere a costosi ed energivori impianti di
climatizzazione. E' bene ricordare che il nostro è un paese caratterizzato da un
clima mediterraneo, dove la protezione dall'irraggiamento solare in estate e la
capacità di accumulo dell'energia diurna costituiscono elementi importanti nella
progettazione di edifici residenziali, e non solo.
La forte crescita degli ultimi anni dei consumi energetici estivi, per effetto
di un uso smodato dei condizionatori d'aria, indica chiaramente come il problema
del raffrescamento estivo sia spesso ignorato in fase progettuale, adottando
soluzioni costruttive inadeguate. Recenti ricerche universitarie (Politecnico di
Milano) hanno dimostrato che due abitazioni, a parità di condizioni (isolamento,
esposizione, cubatura, modalità di utilizzazione, ecc.) ma con differente massa
dell'involucro esterno ("leggera" e "pesante"), possono avere una differenza nei
consumi energetici annuali fino al 30% a favore della soluzione massiva.
Altro aspetto da considerare è indubbiamente la garanzia di durata nel lungo
periodo del materiale e delle sue prestazioni senza dover ricorrere a pesanti
interventi di manutenzione nel tempo, che potrebbero annullare inesorabilmente
le "strabilianti" perfomance promesse inizialmente, che possono nel breve
periodo superare addirittura gli stessi costi iniziali di costruzione. Soluzioni
intonacate sono indubbiamente più vulnerabili rispetto a soluzioni in laterizio
faccia a vista che non richiedono praticamente manutenzione e risolvono di fatto
l'esigenza estetica a cui si fa riferimento nella domanda. Senza confondere,
però, quest'ultimo aspetto con la qualità architettonica che, invece, dipende
strettamente dalla capacità creativa del progettista.
Le città storiche di cui è ricca la sua Toscana, caratterizzate da una
continuità estetica urbanistica e paesaggistica, ne sono un esempio lampante. La
scelta dei materiali, deve tenere conto, come premesso, delle ricadute
ambientali legate al loro impiego, che si aggiungono alle priorità già elencate.
I prodotti selezionati devono cioè essere facilmente reperibili in ambito locale
(il trasporto impatta molto sull'ambiente), in sintonia con le costruzioni
esistenti, collaudati e perfettamente conosciuti dalle maestranze, riciclabili
al termine della vita utile della costruzione in cui sono stati utilizzati. In
tal senso, un materiale come il laterizio, già preferito per le sue qualità
estetiche, può costituire una garanzia di sostenibilità dell'edificio.
Anche la sicurezza, infine, riveste una sua importanza, spesso sottostimata,
soprattutto per quanto concerne la qualità dell'aria interna (assenza di gas o
sostanze volatili emesse da solventi o simili) delle abitazioni in cui
trascorriamo molto del nostro tempo e, in condizioni eccezionali, ma tutt'altro
che rare, come ad esempio l'incendio: è bene ricordare a tale riguardo che le
vittime causate da avvenimenti di questo tipo sono state principalmente
provocate dall'emanazione di gas tossici che hanno impedito la fuga delle
persone coinvolte.
Vorrei capire meglio cosa sono massa e sfasamento di cui sempre più spesso sento
parlare in giro. A cosa servono?
La ringrazio per la sua domanda che ci permette di affrontare un interessante
argomento con implicazioni sul modo di costruire e quindi sul nostro modello di
vita attuale ma anche futuro, e che mette in risalto la necessità di ridurre
drasticamente anche i consumi per il condizionamento estivo. Da alcuni anni,
oramai, il picco di consumo di energia elettrica si è spostato dalla stagione
invernale a quella estiva, questo a causa del sempre maggior numero di
condizionatori installati, con forti criticità soprattutto, nelle regioni del
centro-sud dell'Italia. Non a caso le tipiche e tradizionali costruzioni
dell'area mediterranea sono identificate con la terminologia "massive": basti
pensare ai trulli, alle tholos ed ai nuraghi.
L'idea di massa, del "peso", richiama alla memoria le costruzioni in muratura di
una volta: chiese, palazzi, case rurali, ecc., dove ci si rifugiava quando la
calura estiva diveniva difficilmente sopportabile. Purtroppo questo aspetto è
sempre stato trattato marginalmente dalla normativa in materia. Gli stessi
recenti decreti legislativi 192/05 e 311/06, che recepiscono la direttiva
europea in tema di risparmio energetico e del contenimento delle dispersioni
termiche, hanno di fatto privilegiato soprattutto il contenimento dei consumi
invernali, anche se è da apprezzare l'introduzione del concetto di massa per
l'involucro esterno che deve essere superiore, in determinate condizioni
climatiche, a 230 kg/m2.
Il ricorso a soluzioni con una massa importante permette non solo di raggiungere
idonei valori d'isolamento termico (riducendo i consumi energetici per la
climatizzazione degli ambienti interni) ma, contemporaneamente, di avere ottimi
risultati sul fronte dell'isolamento acustico (altro argomento sempre più
percepito nella quotidianità). Il valore aggiunto delle soluzioni massive, che
riguardano l'insieme delle pareti, dei solai e delle coperture - ad esempio,
murature in laterizio, sia del tipo cosiddetto "monostrato" (con blocchi) sia
del tipo a "cassetta" (combinazione con forati, blocchi, mattoni faccia a vista,
tavelloni, isolanti, ecc.) - va indubbiamente a vantaggio del comfort termico
abitativo, in modo passivo, senza costituire quindi un costo a carico degli
occupanti.
Uno dei modi più efficaci per il controllo della climatizzazione degli spazi
interni negli edifici, sia in estate sia in inverno, è proprio lo sfruttamento
di questa proprietà dei componenti edilizi, ovvero dell'inerzia termica. Gli
effetti positivi dell'inerzia termica sono valutabili in termini di sfasamento
dell'onda termica (che esprime il periodo di tempo necessario affinché il calore
attraversi la parete e passi nell'ambiente interno dell'edificio) e attraverso
il fattore di decremento o attenuazione (un valore adimensionale dato dal
rapporto fra il flusso termico massimo della parete capacitiva e il flusso
massimo di una ipotetica parete a massa termica nulla).
La massa dei materiali è, infatti, in grado di svolgere una vera e propria
funzione di regolatore della temperatura tra esterno e interno nell'arco della
giornata, riducendo al minimo il ricorso all'impiantistica dedicata alla
climatizzazione degli ambienti. In parole povere, i muri accumulano il calore e
lo rilasciano quando all'esterno la temperatura si è abbassata. Se fuori,
infatti, il massimo valore si raggiunge all'ora di pranzo, all'interno questo
non è percepito: ad esempio in estate gli ambienti abitativi sono raggiunti
dalla temperatura più elevata solo durante la notte, dopo un certo numero di
ore, attenuata dalla presenza del muro, quando ormai la temperatura esterna si è
abbassata verso valori minimi.
Tra l'altro recenti simulazioni tramite software di tipo dinamico, che tengono
conto cioè del variare delle condizioni ambientali nel corso della giornata,
hanno dimostrato una forte influenza sul contenimento dei consumi per le
soluzioni pesanti ("massive"), anche in inverno.
Per capire come orientarsi al momento di effettuare la scelta della soluzione
costruttiva più idonea, non esistendo al momento prescrizioni normative di
valori di attenuazione e sfasamento conformi, ci si può riferire al Protocollo
Itaca (una sorta di valutazione a punti proposta dalle Regioni, che tiene conto
di tutte le caratteristiche salienti della soluzione costruttiva adottata), in
cui è consigliato un valore di sfasamento minimo di 8 ore ed un fattore di
attenuazione minore di 0,35.
Volevo sapere se le buste di plastica possono essere riciclate o se ci sono
distinguo in tal senso.
Giada Ceridono
Le buste di plastica possono solitamente essere conferite nei raccoglitori
per la raccolta multi materiale (plastica, vetro, alluminio) insieme agli
imballaggi.
Le buste o shopper in plastica (generalmente polietilene) rappresentano un
gravissimo problema ambientale essendo divenuti probabilmente gli oggetti di
consumo più diffusi al mondo: ogni anno ne vengono prodotti oltre 5.000
miliardi... Considerato che si tratta di prodotti "usa e getta" non
biodegradabili è facile intuire che peso ambientale possano avere, tanto in fase
di smaltimento quanto in quella di produzione (essendo realizzati a partire dal
petrolio). Per "decomporre" un sacchetto di plastica occorrono decenni e quando
questi finiscono in mare sono causa di morte per soffocamento per molte specie
di animali (soprattutto tartarughe e cetacei).
La gravità della situazione ha spinto diversi Paesi a vietarne o disincentivarne
fortemente l'uso. In Italia, dove si producono circa 300.000 tonnellate l'anno
di buste, si parla del 2010, ma conoscendo come vanno le cose nel nostro paese è
prevedibile che i tempi saranno ancora più lunghi... In base a quanto detto non
si può che consigliare di sostituire da subito le buste di plastica con sporte
in materiali naturali e resistenti fatti per durare nel tempo, come le classiche
borse di tela
Due lettrici di Roma, Manuela Pinto e Maria, ci chiedono quanto è
affidabile la raccolta differenziata effettuata nella capitale, insinuando il
dubbio che in realtà vada tutto a finire nell'inceneritore.
In molti hanno scritto per chiedere chiarimenti sulle raccolte differenziate a
Roma esprimendo diverse critiche su come queste sono condotte e su quale sia il
destino finale dei materiali così raccolti. Non possiamo che concordare con
quanti sostengono che a Roma e provincia la gestione dei rifiuti non brilli per
eccellenza. I numeri peraltro parlano da soli: in tutta la provincia di Roma si
raggiunge un modestissimo 13,2% di raccolta differenziata. Nel comune di Roma
ogni cittadino nel 2007 ha prodotto in media 649 kg di rifiuti e di questi solo
il 17% è stato raccolto in maniera differenziata. Tutto il resto è avviato agli
insostenibili impianti di smaltimento (che si tratti d'inceneritori,
gassificatori e/o discariche).
Il problema, oltre che di una cattiva gestione generale, va ricercato nel fatto
di ricorrere a sistemi di raccolta basati sui cassonetti stradali che non
consentono di raggiungere elevati livelli quantitativi e qualitativi di raccolte
differenziate. E' dimostrato, infatti, come nei cassonetti e raccoglitori
stradali si verifichino conferimenti impropri che danneggiano la qualità del
materiale da avviare a riciclo. Le migliori esperienze di gestione dei rifiuti,
che hanno portato ai più brillanti risultati nelle raccolte differenziate e
nella stessa responsabilizzazione dei cittadini, sono quelle che puntano sui
così detti sistemi di raccolta "porta a porta", ossia di tipo domiciliare
(l'organizzazione del servizio cambia da città a città tenendo, conto di
numerosi fattori locali specifici). I dati raccolti dimostrano
inequivocabilmente che solo con le raccolte domiciliari "porta a porta" è
possibile riuscire a raggiungere elevatissimi livelli quali-quantitativi di
raccolta differenziata: infatti in questi casi s'instaura un rapporto diretto
tra cittadini, pubbliche amministrazioni e società di gestione dei rifiuti.
Ognuno sa quale compito deve svolgere e comprende pienamente l'importanza di
eseguire una corretta gestione e differenziazione dei rifiuti. Peraltro il
cittadino comprende meglio come i rifiuti siano prevalentemente il prodotto, non
solo di un sistema produttivo inefficace e inefficiente, ma di scelte
individuali operate al momento dell'acquisto: scegliere prodotti con minore
contenuto d'imballaggi o con imballaggi più facilmente riciclabili, orientarsi
su prodotti sfusi magari con sistemi di vuoto a rendere, ecc., divengono opzioni
alla portata di ogni individuo.
Sempre dai dati di letteratura emerge come nei comuni, dove si ricorre al "porta
a porta", non solo le raccolte differenziate raggiungono i risultati brillanti
sopra citati, ma si innescano anche diffusi comportamenti virtuosi di riduzione
e prevenzione della produzione dei rifiuti stessi: il cittadino torna a sentirsi
responsabile dei suoi rifiuti e opera scelte che ne consentono di ridurre la
quantità già al momento dell'acquisto delle merci. Così mentre negli anni la
produzione dei rifiuti è diminuita nelle città in cui si è puntato sui sistemi
"porta a porta", in quelle in cui si è adottato il sistema dei cassonetti
stradali i rifiuti sono andati aumentando. Peraltro il ricorso alle raccolte
domiciliari "porta a porta" consente di passare da forme di tassazione generica
alla tariffazione puntuale: si pagano così solo i rifiuti realmente prodotti.
Aspetto, questo, capace di innescare meccanismi comportamentali ulteriormente
vantaggiosi.
Per fortuna possiamo dire che anche in una realtà considerata difficile come
quella di Roma, i recenti esperimenti di raccolta "porta a porta", condotti in
alcuni quartieri, hanno dato risultati ottimi (superando in poche settimane il
60% di raccolta differenziata di qualità), dimostrando che il sistema può
funzionare ovunque, ha patto che vi sia la volontà politica di farlo funzionare
e non si antepongano gli interessi privati di chi vuole privilegiare la filiera
dell'incenerimento (sorretto dagli aiuti di Stato) a quella più virtuosa e
sostenibile del recupero di materia.
L'invito a tutti i cittadini è, quindi, di continuare a fare la raccolta
differenziata nel migliore dei modi, spingendo sulle pubbliche amministrazioni e
sulle società di gestione dei rifiuti affinché ovunque sia adottato il sistema
di raccolta domiciliare "porta a porta". Allo stesso tempo è importante che
tutti i cittadini sappiano orientare i propri acquisti; ad esempio a Roma (ma lo
stesso discorso varrebbe per moltissime altre città...) l'acqua dell'acquedotto
è di buona qualità e si potrebbe tranquillamente evitare di acquistare quella in
bottiglia. E' una piccola scelta che può portare notevoli benefici, non solo di
tipo ambientale.
L'olio di frittura (essendo completamente organico), può andare nel bidone del
compost o sulla terra in un angolo del giardino?
Nicola Bressi
Gli oli vegetali usati nelle fritture sono sicuramente prodotti "organici"
distinguibili dagli oli minerali derivanti dai combustibili fossili. Questo però
non li rende innocui per l'ambiente, qualora non correttamente smaltiti.
Infatti, soprattutto a causa del processo di frittura dei cibi, gli oli vegetali
subiscono delle alterazioni caratterizzate dalla formazione di una serie di
prodotti di ossidazione, volatili e non volatili. I primi sono sostanzialmente
persi durante le fasi di frittura, i secondi tendono ad accumularsi negli oli
caricandoli di sostanze inquinanti prodotte dai processi di carbonizzazione dei
residui alimentari. Processi che, per l'appunto, portano al deterioramento e
alla stessa non riutilizzabilità (a scopo alimentare) degli oli una volta usati
per friggere.
Queste trasformazioni chimiche rendono, di fatto, gli oli usati potenzialmente
molto inquinanti qualora smaltiti nell'ambiente, è anche per tale motivo che non
vanno gettati nel lavandino o nel water. Gli oli usati, infatti, una volta
entrati nei sistemi fognari possono influenzare negativamente il funzionamento
dei depuratori; gli oli che invece raggiungono acque superficiali (ad esempio
laghi o fiumi) formano su questi una sottile pellicola impermeabile che rende
impossibili gli scambi gassosi, in primis quelli di ossigeno, fondamentali per
la sopravvivenza delle forme di vita acquatiche. Se poi questi oli finiscono
nelle falde acquifere ne possono compromettere la stessa potabilità. Il loro
sversamento nei terreni può danneggiare direttamente le piante impedendone
l'assorbimento dei nutrienti a livello radicale.
Alla luce di quanto appena detto appare evidente come la corretta gestione di
questi rifiuti debba comportare una loro attenta raccolta differenziata: gli oli
usati andranno messi in un contenitore di plastica o vetro di adeguate
dimensioni che, una volta riempito, potrà essere svuotato nei bidoni o fusti
presenti presso le piattaforme e isole ecologiche attrezzate allo scopo. Occorre
anche rammentare che gli oli usati costituiscono una preziosa risorsa in quanto
possono essere rigenerati e impiegati in diversi processi industriali in
sostituzione degli oli minerali derivati dal petrolio. Uno degli impieghi più
interessanti degli oli usati è la loro trasformazione in biodiesel da impiegare
al posto del diesel di provenienza fossile.
Qualche giorno fa sono andata in ospedale a trovare una parente all'ora dei
pasti. I pasti vengono serviti tutti in contenitori di plastica sigillati:
quindi 3 piatti per primo secondo e contorno, altro piccolo contenitore per il
formaggio grattugiato, altre tre piccole bustine per olio, sale e aceto,
bicchiere e posate di plastica. Che senso ha tutto questo? Che fine fa quella
montagna di stoviglie di tutti gli ospedali?
Marcella Pellegrini
Purtroppo il problema dell'utilizzo di piatti, bicchieri e altre stoviglie
in materiali "usa e getta" (prevalentemente plastica, ma in alcuni casi anche
alluminio) si è assai diffuso negli ospedali, e non solo (si pensi anche alle
mense delle scuole o di altri enti).
Questo è avvenuto soprattutto per motivi di carattere economico e non certo per
ragioni ecologiche o igenico-sanitarie: il massiccio ricorso all'usa e getta ha,
infatti, impatti ambientali assai elevati, sia nelle fasi di produzione sia in
quelle di smaltimento. Nel caso delle plastiche si tratta di materiali derivati
dal petrolio (un combustibile fossile prezioso ma anche estremamente
inquinante), che assorbono molta energia durante i cicli produttivi. Peraltro,
dal momento che sono prodotti non biodegradabili, hanno fortissime difficoltà ad
essere correttamente smaltite.
Su quale fine facciano queste grandi quantità di materiali, dopo il loro
utilizzo, è presto detto: solitamente finscono in impianti d'incenerimento e le
ceneri e scorie (equivalenti a circa il 30% in peso dei materiali bruciati),
derivanti dai processi di combustione che avvengono in questi impianti, dovranno
poi essere smaltite in discariche per rifiuti speciali e, anche, pericolosi (le
ceneri e, soprattutto, le scorie di filtraggio dei fumi si caricano, infatti, di
metalli pesanti e decine di composti inquinanti). L'altro 70% del materiale
incenerito viene emesso in atmosfera sotto forma di fumi contenenti svariate
decine di sostanze inquinanti e pericolose per la salute e l'ambiente. Per
fortuna ancora oggi esistono ospedali (o mense) che, sensibili ai problemi
ambientali, continuano a utilizzare piatti, bicchieri e altre stoviglie in
materiali riutilizzabili, previo adeguato lavaggio. Di recente è giunta notizia
che un ospedale di Napoli ha deciso di abbandonare l'uso della plastica e
dell'alluminio, precedentemente adottati per contenere i cibi e le bevande,
passando a materiali riutilizzabili. Si tratta d'iniziative importati che vanno
nella giusta direzione.
Volevo sapere se nylon e pellicole di plastica possano essere riciclate o se
debbano essere gettate nel rifiuto generico.
Stefano Colonnello
Il nylon e le varie pellicole di plastica possono essere conferite nelle
campane/raccoglitori della raccolta differenziata della plastica o in quelle
multi materiali (vetro, plastica, alluminio), anche se occorre prestare
attenzione alle indicazioni fornite dalla società di gestione dei rifiuti (ex
municipalizzata) che opera nella sua città. Le cose infatti possono cambiare a
seconda del comune in cui si risiede.
Per quanto concerne poi il fatto che queste plastiche possano essere realmente
riciclate e recuperate come materiali nuovamente utili è assai più complesso.
Dal punto di vista tecnico le plastiche possono essere riciclate ma occorre
avere ben chiaro come la fortissima eterogeneità di polimeri (plastici) renda il
tutto estremamente più complesso. Proviamo a chiarire meglio la questione. Se ad
esempio esistesse un solo tipo di plastica (non importa che la sigla sia PET,
PE, PS o PP), dal suo processo di recupero, sarebbe possibile ottenere
nuovamente lo stesso tipo di polimero. Ma dal momento che tutte le plastiche
vengono mischiate insieme nel processo di recupero di materia, solitamente si ha
la loro fusione e il materiale finale ottenuto presenta proprietà generalmente
scadenti o comunque non paragonabili a quelle del prodotto di partenza. Questo
ha rappresentato uno dei principali problemi per il recupero delle plastiche. A
ciò si deve sommare il fatto che le plastiche sono accomunate tutte da un
elevato potere calorifico, aspetto che le rende particolarmente appetite agli
impianti di incenerimento.
Ricordiamo a tal riguardo come detti impianti possono costituire un rilevante
problema ambientale e sanitario. Peraltro non aiutano a risolvere il problema
della gestione dei rifiuti che dovrebbe basarsi prioritariamente sulla
riduzione, sul riutilizzo e sul riciclaggio finalizzato al recupero di materia.
Il così detto "recupero energetico" operato dagli inceneritori è di fatto un
vero e proprio spreco di energia: tramite il riciclaggio, finalizzato al
recupero di materia, sarebbe infatti possibile un vantaggio energetico 5 volte
superiore rispetto all'incenerimento.
Quanto detto dimostra ancora una volta che certe tipologie di materiali
dovrebbero essere usate il meno possibile, orientandoci su prodotti e
contenitori riutilizzabili più e più volte o, quando questo non fosse possibile,
su materiali facilmente riciclabili e magari biodegradabili. Si tratta spesso di
scelte individuali facili da compiere che consentono elevati benefici
ambientali, in termini di riduzione degli impatti e contenimento degli sprechi
di materia ed energia.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
LEGAMBIENTE CONTRO IL PIU’ GRANDE IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIFIUTI DELLA
REGIONE
La Conferenza
Tecnica della provincia di Pordenone ha approvato a maggioranza l’impianto di
compostaggio con produzione di biogas e recupero energetico proposto dalla
Bioman in comune di Maniago, vicino alla discarica esistente. L’impianto, già
attivo grazie ad una procedura semplificata, potrà essere ampliato fino a
ricevere la bellezza di 280.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili,
cioè oltre 900 tonnellate al giorno. Come paragone, si pensi che l’inceneritore
di Trieste (attualmente l’impianto friulano più grande) ne brucia 500 t/g. La
lista dei rifiuti che potrà ricevere è lunghissima: da rifiuti agricoli a fanghi
di depurazione, da rifiuti agro-industriali a scarti di macellazione, da
deiezioni animali a colture energetiche. La frazione organica dei rifiuti
urbani, invece, (il cosiddetto “umido”) non può essere trattata perché
l’impianto non è compreso tra quelli previsti dal Piano regionale sui rifiuti e
quindi non è autorizzabile, almeno fino a quando il Piano regionale non verrà
modificato.
L’impianto oltre al compostaggio tradizionale sarà dotato di due digestori dove
le biomasse (80000 t/a) subiranno una fermentazione anaerobica con la produzione
di biogas, una miscela di metano e anidride carbonica che alimentando due motori
a scoppio darà luogo alla produzione di energia elettrica e termica in parte
consumata in proprio e in parte ceduta alla rete.
Legambiente promuove la produzione di energia con questo tipo di impianti perché
essa avviene senza produzione di nuova CO2 e con limitate emissioni inquinanti.
In virtù di questi vantaggi vengono riconosciuti degli incentivi all’energia
elettrica prodotta, sotto forma di certificati verdi.
Il problema è che se la taglia dell’impianto è così grande, le biomasse trattate
non saranno prodotte in loco, ma percorreranno anche centinaia di chilometri per
arrivare all’impianto (ovviamente su gomma visto che la ferrovia non ci arriva),
perdendo letteralmente per strada i vantaggi ambientali. In sostanza ogni
aggiunta energetica (in questo caso i consumi e le emissioni legate al
trasporto) non fa altro che peggiorare il bilancio ambientale del ciclo di
lavorazione delle biomasse.
Ecco perché Legambiente si è opposta a questo impianto, non per la sua
tipologia, ma perché impianti di questo tipo andrebbero distribuiti sul
territorio in modo da ottenere una generazione elettrica diffusa là dove ci sono
le biomasse, in questo caso i rifiuti.
Siamo favorevoli, quindi, ad autorizzare l’impianto anche per la frazione
organica dei rifiuti urbani così da ridurre il bacino di provenienza dei rifiuti
ed evitare che i nostri rifiuti biodegradabili vadano fino ad Este per subire lo
stesso processo, mentre importiamo rifiuti speciali dal Veneto. Anzi, non si
capisce perché si debba aspettare la revisione del Piano Regionale sui Rifiuti
per eliminare questa aberrazione e non si possa invece utilizzare
un’autorizzazione indifferibile ed urgente come già è successo per risolvere
altre emergenze regionali.
Udine, 1 aprile 2009 - Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
Rigassificatore, proposto un referendum - «È
INCOMPATIBILE DAL PUNTO DI VISTA AMBIENTALE»
Il consiglio comunale ha bocciato all’unanimità il
progetto dell’impianto
MUGGIA Approfittare delle prossime elezioni europee di giugno per indire un
referendum sulla realizzazione del «metanodotto Trieste-Grado-Villesse». Questa
la proposta emersa nell’ultima riunione del Consiglio comunale di Muggia che ha
avuto come punto cardine dell’ordine del giorno il parere sulla relazione
tecnica della creazione della struttura proposta da Snam rete gas. All’unanimità
i consiglieri presenti in aula hanno nuovamente bocciato la proposta di una
struttura ritenuta «incompatibile da un punto di vista ambientale», al termine
di una seduta lunga e intensa nella quale si è vissuto più di qualche momento di
tensione.
Introdotta dall’assessore all’Ambiente Edmondo Bussani, la discussione ha visto
subito gli interventi critici da parte di Italo Santoro (Insieme per Muggia,
centrodestra) e Piero Veronese (Uniti con Nesladek per Muggia, centrosinistra).
Il membro dell’opposizione ha ritenuto «offensivo verso il Consiglio e verso la
città il fatto che si continuino a ricevere delle richieste per esprimere delle
valutazioni su un progetto che più volte è stato bocciato in maniera chiara»,
l’esponente della maggioranza, invece, ha ribadito che «non spetta al Consiglio
entrare nel merito tecnico della questione perché è stato già espresso un chiaro
parere politico».
A replicare a Veronese è stato lo stesso sindaco Nerio Nesladek che ha ricordato
come «il Comune debba per legge dare delle risposte sui pareri tecnici, anche se
politicamente la posizione è già emersa da tempo». Ad alzare un po’ i toni è
arrivato poi l’intervento del consigliere del Pdl Claudio Grizon che ha voluto
«tirare la giacchetta al sindaco per non aver cercato di interagire maggiormente
con le altre istituzioni al fine di formare una tavola rotonda per cercare di
smuovere l’omertà e la rassegnazione attorno a un progetto chiaramente calato
dall’alto».
Dall’opposizione, tramite Paolo Prodan (Pdl), si è puntato anche il dito su due
«anomalie, riguardanti il piano portuale che non ha previsto un’area adeguata
tenendo conto che il tracciato del tubo sottomarino potrebbe creare dei problemi
per il passaggio delle petroliere nel canale navigabile». Significative le
successive parole proferite da Andrea Mariucci (Italia dei Valori) che ha
sottolineato come «tutta questa situazione della Snam ricorda la vicenda di
Longarone e del Vajont narrata dall’attore Marco Paolini, nella quale spicca
l’arroganza istituzionale di chi è arrivato qui con la consapevolezza di
realizzare questo progetto sapendo già di poterlo fare».
Gli animi si sono accesi, però, dopo l’intervento di Fulvio Tomini (Pd), il
quale ha ricordato che «tranne la Lega nessuno ha dato una risposta alla lettera
divulgata nei giorni precedenti per trovare una soluzione comune su un problema
che trova il Consiglio unanimemente d’accordo». L’intervento di Tomini ha
trovato subito la pronta replica da parte di Grizon: «Non prendo ordini dal
segretario del Pd e non ho mai avuto simpatia per i primi della classe che
scrivono una letterina all’universo mondo, quando poi la presidente della
Provincia di Trieste Bassa Poropat non si è mai pronunciata sull’argomento».
A cercare di stemperare gli animi, prima della votazione definitiva, è
intervenuto ancora il sindaco Nerio Nesladek: «Se ci fossero state le webcam e i
cittadini avessero potuto assistere a quest’ultima mezz’ora di dibattuto credo
che sarebbero rimasti quantomeno stupiti. Ancora una volta si è dato vita ad un
classico teatrino della politica, riuscendo a litigare anche quando tutti si è
d’accordo sul da farsi».
A suggellare la seduta il primo cittadino, in sintonia con il consigliere
d’opposizione Grizon, ha lanciato la proposta: «Dobbiamo mobilitare
trasversalmente tutte le persone, assieme agli altri enti interessati sulla
questione, per mettere in piedi una consultazione popolare sul rigassificatore».
Questa la risposta di Grizon: «Dobbiamo capire come impostare il tutto ma credo
proprio che l’idea sia buona».
Riccardo Tosques
Piano parcheggi, una scatola vuota - Nel 2007 erano
previsti 18 cantieri, nemmeno uno è partito -
Quei progetti rimasti .bloccati
Da strumento presentato come indispensabile, in grado di
soddisfare la storica fame di posti auto a Trieste, a semplice scatola vuota. È
la parabola discendente del piano parcheggi del Comune, approvato con grande
enfasi nel 2007 e, da allora, rimasto lettera morta. Non solo infatti non è
stato avviato alcuno dei 18 cantieri ipotizzati dal documento, ma fatica a
prendere corpo la stessa filosofia portante dell’operazione: quella che
prevedeva di far sparire le macchine dalle Rive per valorizzare il water-front.
Quel risultato, secondo il piano, avrebbero dovuto essere assicurato dalla
costruzione di tre grandi contenitori. Tutti però, a distanza di due anni dal
disco verde allo strumento urbanistico, esistono al momento solo sulla carta. Il
park Audace, da realizzare tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi, è stato
bocciato per la seconda volta l’altra sera dal consiglio comunale, preoccupato
che l’intervento immaginato dai tecnici dell’Inteparking Italia di Venezia possa
creare problemi strutturali agli edifici vicini, Il posteggio da ricavare sotto
il piazzale dell’ex Bianchi langue in attesa di trovare costruttori interessati.
E anche il cantiere che secondo la tabella di marcia avrebbe dovuto avere i
tempi più rapidi e prendere il via ad inizio 2008, quello del parcheggio davanti
alla Marittima che può già contare sull’autorizzazione del Via, non è ancora
partito. E a questo punto, ipotizza qualcuno, rischia addirittura di non partire
più.
Dietro ai ritardi, ufficialmente legati alla necessità di definire con
l’Autorità portuale le condizioni per il rilascio della concessione demaniale,
ci sarebbe infatti un nuovo e più prudente atteggiamento della Saba Italia. «La
società conosce i risultati non esaltanti ottenuti dagli altri contenitori
cittadini - spiega il sindaco Roberto Dipiazza, che detiene anche la delega
all’Urbanistica -. Silos, San Giacomo, Giulia sono sottoutilizzati e Saba
Italia, prima di sborsare cifre importanti (18 milioni di euro ndr) vuole fare i
suoi calcoli. Il progetto, quindi, procede a rilento». «Saba inizia a chiedersi
se vale davvero la pena sostenere un investimento di quelle proporzioni -
osserva Maurizio Bucci, ex assessore comunale all’Urbanistica e ”papà” del piano
parcheggi -. Anche perché un conto è se spariscono tutti i parcheggi in
superficie sulle Rive, un altro è se, accanto al contenitore della Saba,
rimangono due piazzali con strisce blu (gestiti dalla Trieste terminal
passeggeri, ndr). La gente, nel secondo caso, tenderà inevitabilmente a
parcheggiare all’aperto». Letture che la spa, al momento, non conferma e non
smentisce. Da Roma, infatti, l’amministratore delegato Giovanni Centurelli si
limita a fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni.
MADDALENA REBECCA
Piano regolatore, i geologi ”scavalcati” vincono al Tar
- ACCOLTO IL RICORSO DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEI PROFESSIONISTI
Rischiano ora di slittare i tempi di definizione del
nuovo strumento urbanistico
Il complicatissimo iter del nuovo Piano regolatore generale del Comune -
concepito nelle sue linee d’indirizzo frena-cemento nell’estate del 2007 -
rischia di finire fuori tempo massimo proprio in queste ore, mentre già annusa
l’odore del traguardo. E per una mini-consulenza da 26mila euro più Iva.
Peraltro già completata. A mettere in discussione la rigida road-map burocratica
- che indica nel 26 luglio il termine per il voto del Consiglio comunale sulla
variante generale, pena la decadenza dei vincoli preliminari di salvaguardia
approvati due anni prima - è un dispositivo di sentenza con il quale il Tar
informa di aver accolto un ricorso del Consiglio nazionale dei geologi contro il
modus operandi del Municipio sulla stesura del Prg stesso. La categoria
professionale, dal suo quartier generale di Roma, ha infatti chiesto e ottenuto
dal Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia l’annullamento degli atti
comunali che nel 2008 avevano affidato all’Università di Trieste, in regime di
convenzione, un «incarico di supporto alla redazione della relazione geologica
per la predisposizione della variante al Prgc». Non una relazione geologica vera
e propria - hanno sempre sostenuto gli uffici della Pianificazione territoriale
di passo Costanzi che dipendono dal sindaco Roberto Dipiazza come titolare della
delega all’urbanistica - bensì un lavoro di preselezione dei dati dagli archivi
regionali, poi elaborati e controfirmati in casa da un dipendente comunale, un
geologo abilitato dall’esame di Stato, in ossequio al principio di contenimento
della spesa pubblica e, al tempo stesso, in linea con gli obblighi di legge. Una
pesante forzatura della libera concorrenza e un escamotage di facciata, ha
incalzato invece l’avvocato di Roma Anna Lagonegro, legale del Consiglio dei
geologi, puntando il dito contro la scelta del Municipio di non bandire una gara
e di affidare l’incarico a un’altra istituzione pubblica dopo una procedura
ristretta. Fosse passato oltretutto un simile precedente, alla categoria dei
geologi in quanto liberi professionisti sarebbe venuto a mancare il pavimento
sotto i piedi.
«Per quanto ci riguarda - spiega l’ingegner Carlo Tosolini, direttore della
Pianificazione territoriale - riteniamo di aver agito nella massima correttezza.
Quindi, in attesa che vengano depositate le motivazioni, noi andiamo comunque
avanti perché i tempi sono stringenti. Non è escluso che non si ricorra in
appello al Consiglio di Stato, o che in alternativa si decida di pagare.
Fermarsi sarebbe un danno assai maggiore per la città». E in effetti quel
«pagare» un eventuale risarcimento è vissuta, in Comune, come la strada più
percorribile, giacché il lavoro dell’Università sarebbe ben che finito. Ma, per
questione di principio, Dipiazza è furioso: «Tentare di bloccare il Piano
regolatore - rileva - significa tentare di bloccare lo sviluppo della città. Non
è possibile che, in Italia, gli interessi della collettività intera rischino
sempre di bloccarsi a ogni pié spinto da parte di un interesse particolare, di
una singola categoria».
I geologi però, per bocca dell’avvocato Lagonegro, rilanciano senza diplomazia:
«Un eventuale risarcimento dei danni ci interessa poco, dall’esame del Tar è
emerso che è stata effettuata una procedura illegittima e questa dunque va
rifatta, predisponendo un bando di gara aperto. Predisporremo una seconda
diffida all’amministrazione a proseguire l’iter, dopo quella che avevamo
inoltrato già a fine 2008 al momento della presentazione del ricorso». E se il
Municipio si rivolgesse al Consiglio di Stato? Probabilmente l’ultima parola
arriverebbe quando il Prg sarebbe già stato approvato in via definitiva.
«Riteniamo - taglia corto Lagonegro - che quando usciranno le motivazioni la
controparte si renderà conto di non poter chiudere, giuridicamente, il Prg. Al
Comune conviene aslcoltarci e discutere con noi, per risolvere il problema anche
sotto il profilo tecnico».
(pi.ra.)
«Legge sulla caccia, abolire le associazioni delle
doppiette» - PRESENTATA LA PROPOSTA LEGHISTA
TRIESTE Abolire l’Associazione dei cacciatori, affidare
maggiori competenze alle Province, tagliare costi e burocrazia. Sono i cardini
su cui si fonda la proposta di legge della Lega Nord che intende modificare le
norme sulla caccia. Illustrata dal capogruppo Danilo Narduzzi, dall’assessore
Claudio Violino, dai consiglieri Enore Picco e Mara Piccin e dal vicepresidente
dell’Anci, Enzo Bortolotti, la proposta di legge anticipa la sentenza della
Corte Costituzionale sul ricorso presentato dal Governo sulla legge 6/2008:
«Vogliamo dare un segnale politico – afferma Narduzzi – e riteniamo necessario
non aspettare la sentenza». Il testo prevede di sopprimere l’Associazione dei
cacciatori in cui è obbligatorio iscriversi per ottenere la licenza (ed è questa
la principale obiezione del Governo), affidando la gestione dell’attività
venatoria alle Province.
La Slovenia pronta al raddoppio della centrale nucleare di Krsko
LUBIANA - Il premier sloveno Borut Pahor ha confermato che
la costruzione del secondo blocco della centrale nucleare di Krsko - situata a
Sud Ovest della Slovenia a circa 130 chilometri da Trieste - rimane nel piano di
sviluppo energetico a lungo termine della Slovenia.
Il problema con ogni probabilità sarà affrontato nella riunione del consiglio
strategico per l'energia che si riunirà a giorni per decidere i cambiamenti da
apportare alla politica energetica slovena.
Lo rileva il quotidiano croato «La voce del Popolo di Fiume». Una delle priorità
è proprio rappresentata dalla costruzione del secondo blocco di Krsko e dalla
continuazione dell'attività del blocco attuale ha rilevato Pahor.
Il ministro italiano per lo Sviluppo economico Claudio Scajola nella sua recente
visita in Friuli Venezia Giulia aveva dichiarato che il governo italiano
appoggia la partnership italo-slovena nell'ampliamento della centrale nucleare.
Ma, finora, nonostante anche le grandi pressioni della giunta regionale del
Friuli Venezia Giulia presieduta dal leader di centrodestra, Renzo Tondo,
Lubiana ha sempre fatto orecchie da mercante. Ma il governatore Renzo Tondo
continua a premere per una collaborazione con Krsko.
Rigassificatori e sicurezza: perché è improponibile la
scelta del sito muggesano di Zaule
Abbiamo avuto in città la presenza dell’ingegner Filippo
Gavelli, senior manager per Exponent Inc., una ditta di consulenze
ingegneristiche e scientifiche con sede in California. Lo scopo di questo
seminario, proposto dal prof. Nobile dell’Università di Trieste, «era quello di
analizzare alcuni degli argomenti principali nel dibattito sulla sicurezza dei
rigassificatori e delle navi metaniere, al fine di identificare i veri rischi,
che devono essere valutati attentamente, e di separarli dai miti, che invece
creano timori infondati nella popolazione».
1) I timori «infondati» nella popolazione sono una conseguenza diretta della
cattiva informazione, ad arte programmata sia dai proponenti sia dalle
istituzioni nazionali e locali, a cui si sono accodate, per esclusive ragioni di
business, le forze castali economiche e buona parte di quelle forze politiche
colluse con quelle economiche.
2) Ciò premesso, per dovute motivazioni di etica sociale, tralasciamo di
esprimerci sui molti problematismi legati ai rigassificatori, alle metaniere,
metanodotti e depositi, stante che il tema del seminario si esponeva con un
unico argomento, tuttavia di grande importanza: «La sicurezza».
3) Le condizioni sulla sicurezza sono strettamente legate alla localizzazione
del sito prescelto per «incastonarvi» il rigassificatore e le connesse strutture
indispensabili a farlo funzionare.
4) Una localizzazione in un sito desertico non avrebbe motivo d’essere discussa
per l’assenza di rischio per cose e persone. Una localizzazione come quella di
Zaule (ne parliamo anche noi visto che nella locandina di programma, Trieste è
stata nominata), era ed è improponibile: a) per le preesistenti strutture a
rischio d’incidente rilevante; b) per l’estrema vicinanza di agglomerati urbani
densamente abitati; c) per essere stato progettato in pieno Sin (sito inquinato
d’interesse nazionale) che, sembra, verrà disinquinato senza prendere in
considerazione anche il mare lungo tutta la linea di costa dalla zona di Barcola
e fino al confine con la Slovenia, che da vari prelievi e carotaggi eseguiti a
varie profondità risulta essere altamente inquinato. Il tema della sicurezza è
pertanto un argomento astratto se non c’è, in opposizione, una condizione di
rischio, da cui può derivare un danno grave o gravissimo a cose e persone. Se la
sicurezza viene poi affidata alla «profezia» incardinata sulle poche
rassicuranti basi della speranza, i timori delle popolazioni sono maggiormente
fondati, specie se leggi e regole sulla materia specifica vengono regolarmente
eluse dall’informazione diffusa per favorire gli interessi dei poteri forti. Per
concludere riportiamo una parte dell’intervento del professor Nobile apparso sul
Piccolo di Trieste il 21 gennaio 2007. Sono parole giuste, oneste e soprattutto
responsabili: «...per individuare la migliore ubicazione degli impianti. La loro
ubicazione in prossimità, o peggio al margine di zone a forte densità
industriale e abitativa (come a Zaule), rappresenta un rischio credo
intollerabile».
Arnaldo Scrocco - (Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste)
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 marzo 2009
A scuola con il Pedibus - MA I BAMBINI CHIEDONO NUOVE
STRISCE E PIÙ VIGILI
Andare a scuola a piedi è bello, ma ci si sente più sicuri
se vicino c’è un vigile urbano a regolare il traffico, e se ci sono nuove
strisce pedonali e marciapiedi più larghi. È il messaggio che un gruppo di
giovanissimi alunni della scuola primaria Virgilio Giotti di Strada di Rozzol ha
portato al consiglio della sesta circoscrizione, coinvolta nel progetto
“Pedibus” pensato dalla Uisp triestina sulla scia dell’iniziativa nazionale
”Diamoci una mossa” il cui obiettivo è ridurre l’obesità infantile attraverso
azioni e politiche di movimento attivo rivolte all’infanzia.
L’incontro con il parlamentino - il secondo da quando “Pedibus” è iniziato - è
stato un momento di confronto tra la rappresentanza dei piccoli allievi e i
consiglieri, impegnati a sostenere nelle sedi istituzionali le istanze dei
bambini. Il progetto, che in sostanza coinvolge un’ottantina di ragazzini della
Giotti per almeno un sabato al mese, prevede l’arrivo a scuola rigorosamente a
piedi senza l’utilizzo di auto e mezzi pubblici. Fermata dopo fermata, lungo tre
diversi itinerari che partono da altrettante aree di Rozzol, il “Pedibus” con
bambini e accompagnatori si ingrossa strada facendo accogliendo nuovi allievi,
per arrivare infine all’entrata della scuola Giotti in Strada di Rozzol 61.
«Nell’informare la circoscrizione dei propri progressi e nella richiesta di
nuovi interventi per semplificare la loro marcia – spiega Elena Debutto,
responsabile per la Uisp triestina e promotrice dell’azione educativa – gli
scolari dimostrano di aver maturato un’ottima percezione della viabilità e delle
sue regole». «Sarà nostra cura – continua per la sesta circoscrizione il
presidente Gianluigi Pesarino Bonazza – girare le loro giuste richieste a chi di
dovere. I ragazzini chiedono innanzitutto nuove strisce pedonali nel tratto che
da via Cumano porta a via Lucano, e degli specchi parabolici nei pressi di una
scalinata che da via Revoltella scende in Strada di Rozzol. E chiedono
soprattutto che la polizia municipale, oltre a accompagnarli nel percorso verso
scuola, sia sempre presente davanti alla stessa, a regolamentare il passaggio
sempre più veloce di moto e veicoli».
Maurizio Lozei
Il Coped-CamminaTrieste aderisce alla campagna «Siamo
tutti pedoni» - INIZIATIVA PARTITA A LIVELLO NAZIONALE
Anche il Coped-CamminaTrieste aderisce alla campagna
nazionale «Siamo tutti pedoni», partita il 25 marzo scorso e che proseguirà fino
a maggio. L’obiettivo dell’iniziativa, che si svolge sotto l’Alto patronato del
Presidente della Repubblica, è quello di sensibilizzare i cittadini, in tutta
Italia, sui rischi che corrono gli utenti deboli della strada. Sicurezza: questa
la parola d’ordine dei promotori che snocciolano anche alcuni, preoccupanti
numeri. Nel 2007, infatti, sono stati 627 i pedoni che hanno perso la vita per
strada (il 29 per cento di questi è stato investito da mezzi in transito mentre
si trovava sulle strisce pedonali), 20.525 i feriti. La metà delle vittime,
segnala il coordinamento nazionale, rientra nella categoria degli over 65.
A livello locale, il Coped denuncia il poco rispetto da parte degli
automobilisti nei confronti dei pedoni, un atteggiamento che si traduce - recita
una nota firmata dal presidente Sergio Tremul - in «70 chilometri di marciapiedi
occupati». Lo stesso dicasi per «il 90 per cento delle fermate bus»,
quotidianamente tramutate - secondo il Coped - in improvvisate aree di sosta per
le automobili. «Non è questa la Trieste che vogliamo - prosegue il documento di
CamminaTrieste -. Siamo pronti a discutere con tutti e a trattare con le
istituzioni sulla base di questa realtà».
Nell’ambito della campagna «Siamo tutti pedoni», giovedì l’organizzazione di
volontariato triestina accompagnerà una delegazione di «piccoli pedoni», bambini
della scuola dell’infanzia Munari appartenente all’Istituto comprensivo Valmaura,
al Comune di Duino Aurisina per una visita durante la quale i giovanissimi
saranno ricevuti anche dal sindaco Giorgio Ret.
(m.u.)
«Sull’urbanistica leggi poco chiare» - L’Ordine degli
ingegneri chiede ai politici di snellire le pratiche burocratiche
«Per un progetto le varianti oggi rappresentano il modo
normale di fare pianificazione»
Norme precise e procedure burocratiche più semplici: «sono elementi
necessari per poter operare in un settore come quello urbanistico, che in Italia
continua a essere poco chiaro e privo di regole certe e condivise». Si può
riassumere così l’appello anti-deregulation lanciato ieri agli amministratori
locali da parte dagli ingegneri del Friuli Venezia Giulia, durante un convegno
organizzato al Mib dall’Ordine degli ingegneri di Trieste, dal Centro nazionale
studi urbanistici e dalla Federazione degli ordini regionale. Obiettivo
dell’incontro, cui hanno partecipato anche il sindaco Roberto Dipiazza e
l’assessore regionale alla Pianificazione territoriale Federica Seganti, era
proprio quello di raccogliere le proposte dei professionisti in materia di
pianificazione territoriale e illustrarle agli amministratori locali, per
costruire un percorso condiviso verso la stesura della nuova legge regionale
sull’urbanistica. Argomento più che attuale oggi, quando a livello nazionale il
Piano casa infiamma il dibattito politico e, sul fronte triestino, si sta
lavorando al nuovo Piano regolatore, che dovrebbe essere pronto tra pochi mesi.
«Per i prossimi dieci anni almeno, l’asse centrale della pianificazione rimarrà
focalizzato sui temi del rinnovo urbano e della riqualificazione del territorio
- ha spiegato Dionisio Vianello, presidente del Centro nazionale studi
urbanistici -. Dalle esperienze passate si trae l’insegnamento che sono troppe
le cose che non si possono conoscere nella fase di formazione di un Prg. Spesso
maturano i presupposti per l’avvio di un determinato progetto, ma poi ci si
accorge che le condizioni sono cambiate e che si deve ricorrere a una variante
del piano. Quindi le varianti rappresentano oggi il modo normale di fare
pianificazione. In un momento in cui giacciono in Parlamento varie proposte di
legge in materia urbanistica – ha concluso – molte Regioni hanno deciso di
muoversi in maniera autonoma». Come sta agendo la nostra? «La legge regionale
sull’urbanistica varata dalla giunta Illy – ha spiegato Federica Seganti – era
uno strumento complesso e rigido. Ora stiamo lavorando alla nuova norma di
pianificazione territoriale, che dovrebbe essere pronta al massimo tra un anno e
mezzo, che sarà più snella».
(e.c.)
Caccia, nuova legge Pdl: non la votiamo - PROPOSTA DEL
CARROCCIO
TRIESTE Sopprimere l'Associazione dei cacciatori: è quanto
ipotizza il gruppo della Lega Nord nel Consiglio regionale del Friuli Venezia
Giulia nella proposta di legge sulla caccia che presenterà oggi a Trieste.
Il provvedimento modifica la legge regionale approvata nel 2008 dalla precedente
maggioranza regionale di Centrosinistra, in particolare per quanto riguarda le
norme impugnate dal Governo davanti alla Corte Costituzionale.
Ma ci sono grane in vista: il Pdl non appoggia la proposta di legge della Lega
Nord sull'attività venatoria, considerata «una proposta iniqua, malfatta e
insufficiente». Lo afferma il consigliere regionale del Pdl del Friuli Venezia
Giulia, Roberto Marin. «Questa proposta di legge non ci piace - spiega, in una
nota, Marin - per il modo con cui è stata fatta e per i suoi contenuti. Domani
(oggi, ndr) la Corte Costituzionale si esprimerà ma l'assessore Violino, da
subito sollecitato ad intervenire sui quattro punti impugnati dalla Corte, è
rimasto inerte per dieci mesi ed ora in fretta e in furia chiede di approvare
questa legge, adducendo necessità di carattere e di natura politica, al fine di
dare un segnale alla Corte Costituzionale».
Iris-Istrabenz: progetto di elettrodotto fra Italia e
Slovenia - L’impianto fornirà una potenza di 200 megawatt. Coinvolta anche la
Sdag (autoporto di Gorizia)
I LAVORI PARTIRANNO NEI PRIMI MESI DEL 2010
GORIZIA Conclusione dell’iter amministrativo entro il 2009, partenza dei
lavori nei primi mesi del 2010 e piena operatività nel 2011. Questi i tempi di
realizzazione e attivazione dell’elettrodotto italo-sloveno, capace di una
potenza nominale di 200 megawatt. Il collegamento non sarà di tipo aereo bensì
interrato e il suo percorso si snoderà per circa 16 chilometri, tra Vertoiba,
piccola località appena oltre il confine italiano, e Redipuglia. Il progetto e
la futura gestione dell’impianto sarà portata avanti da un consorzio misto del
quale fanno parte la multiservizi Iris, la Sdag, che gestisce l’autoporto di
Gorizia e la Kb1909, la holding della comunità slovena, per l’Italia. Da parte
slovena, le raltà coinvolte sono Istrabenz, Hse e Lux energy.
Di giorno il cavo trasporterà elettricità dalla Slovenia all’Italia. Di notte
l’energia si muoverà in direzione inversa. «In Slovenia –evidenzia Armando
Querin, presidente di Iris - durante la notte c’è bisogno di ripompare acqua nei
bacini idroelettrici alpini (che da soli forniscono quasi il 40% del fabbisogno
d’oltreconfine, ndr) che nel corso della giornata vengono svuotati». Non è un
caso, ad esempio, se nella zona della Nord Primorska, la regione a settentrione
di Nova Gorica, esistono dei problemi di deficit energetico che saranno superati
una volta completati una serie di interventi, tra i quali figura la
realizzazione di una nuova stazione di pompaggio a Dance e il completamento del
collegamento elettrico Divaccia-Vertoiba. Il costo dell’elettrodotto
transfrontaliero è destinato ad aggirarsi sui 30 milioni di euro.
«Finora abbiamo investito 400mila euro per la progettazione – ha evidenziato
Boris Peric, numero uno di KB. Le commissioni di transito e i proventi della
commercializzazione dell’energia dovrebbero permetterci di recuperare i costi
nell’arco di sei-otto anni, con ricavi annuali stimati nell’ordine dei 4 milioni
di euro». «Dobbiamo comunque sbrigarci – ha sottolineato Querin -. L’attivazione
di infrastrutture di questo genere interessa da vicino numerosi operatori del
mercato elettrico, a cominciare da Terna». Dagli enti locali è già arrivato un
sostanziale via libera al progetto, fatta eccezione per la Provincia e il Comune
di Sagrado.
Nicola Comelli
Via i rottami d’auto - A LUSSINO E A CHERSO - Sono
state rimosse novanta carcasse
LUSSINPICCOLO Importante iniziativa ecologica nelle isole
di Lussino e Cherso, dove una novantina di carcasse d’ auto sono state rimosse e
spedite a Fiume, nell’apposita area dell’azienda specializzata Metis. L’azione è
stata promossa dalla sezione ambientalisti della Casa di rieducazione di
Lussinpiccolo, sostenuti dal fotografo zagabrese Romeo Ibrisevic, noto per avere
organizzato nel Paese numerose iniziative del genere, che hanno permesso la
rimozione e lo stoccaggio di 12 mila carcasse di automobili. A mettersi in
contatto sono stato Ibrisevic e il professore di geografia e responsabile del
citato gruppo di ecologisti, Elvis Vickic. Messo a punto il piano, gli assistiti
della Casa di rieducazione sono entrati in azione, sparpagliandosi lungo
l’arcipelago cherso–lussignano e individuando i vecchi veicoli (macchine,
furgoni, moto), che anche da anni deturpano il paesaggio delle due isole
quarnerine. In due giorni di ricerche, i giovani ambientalisti hanno rinvenuto
ben 90 carcasse, rimosse dagli appositi camion della fiumana Metis, che ha la
concessione a livello regionale per questo tipo di attività. Non stupisca il
numero di catorci ritrovati: infatti, esistono casi in cui la cifra delle
carcasse rimosse supera quello della popolazione. Alcune settimane fa, nell’
isolotto di Zirje che conta non più di una trentina di abitanti, sono state
portate via circa 300 vecchie automobili, da tempo in stato d’ abbandono.
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 marzo 2009
Piano rifiuti, previste tariffe a consumo - Il progetto
richiederà almeno nove mesi. Nessun limite al numero d’impianti - L’obbiettivo è
emissioni zero
TRIESTE Tariffe «a consumo», bacino unico regionale con la
possibilità di un gestore unico, nessun limite al numero di impianti se
rispettano le prescrizioni regionali, tra le quali quelle relative alle
«emissioni zero».
La giunta del Friuli Venezia Giulia dà il via alla procedura di Valutazione
ambientale e con essa alla stesura del nuovo Piano regionale dei rifiuti, la cui
elaborazione richiederà comunque parecchi mesi (almeno nove) per rispondere alle
complesse procedure burocratiche previste dalle attuali norme.
Alla conclusione dell'iter, il Piano sarà approvato con un decreto del
presidente della giunta regionale Renzo Tondo.
I punti del Piano. Al momento, l'elaborazione del nuovo Piano sta passando
attraverso la raccolta, da parte degli uffici regionali, dei dati dei gestori
degli impianti di smaltimento presenti sul territorio regionale. In totale gli
impianti autorizzati, di qualsiasi tipo, nel Friuli Venezia Giulia sono 450, di
cui 180 attualmente in esercizio. La Regione vuole capire quali siano i termini
di accordo tra Comuni e gestori per comprendere in che modo prevedere la messa a
norma con la riduzione delle emissioni.
Servirà infatti un periodo di transizione dall'approvazione del Piano
all'effettiva conversione per permettere a tutte le realtà di adeguarsi alle
previste «emissioni zero». Tre infatti sono le priorità che si sono tenute in
considerazione nella formulazione del Piano rifiuti: la tutela della salute dei
cittadini, con emissioni zero, la raccolta differenziata e le nuove tecnologie.
In quest'ultima ottica viene previsto anche l'arrivo dei cosiddetti dissociatori
molecolari.
Le nuove tecnologie. In realtà il progetto non prevederà chiaramente il
dissociatore, bensì qualsiasi nuova tecnologia che permetta l'azzeramento delle
emissioni, con la possibilità di bonificare le discariche, che quindi caleranno
di numero. Allo stesso tempo non prevede un numero massimo di impianti: tutti
possono investire sul territorio, a patto però che l'impianto sia coerente con
le prescrizioni regionali a tutela dell'ambiente. Allo stesso tempo il Piano
della Regione punta a eliminare i «bacini provinciali». Finora, infatti, i
rifiuti prodotti in una provincia dovevano essere smaltiti all'interno della
stessa, con l'assurdità di alcuni Comuni costretti a conferire i loro rifiuti a
società fuori regione che poi li smaltivano in ambito regionale. L'idea, che è
però ancora tutta da verificare, è anche quella di prevedere un gestore unico.
Ma per farlo, sarà prima necessario parificare tutte le Ato.
Una cosa certa è però l'intenzione di far coincidere le Ato dei rifiuti con le
Ato idriche: in questo modo, facendone un unico ente, ci sarebbero notevoli
risparmi.
La raccolta differenziata. Il Piano prevederà la possibilità di una tariffa «a
scalare» per i Comuni che attueranno meglio la catena del riciclo: chi più farà
calare il rifiuto indistinto meno pagherà la tassa sui rifiuti.
Le quote della raccolta dei rifiuti «secchi» indifferenziati che la Regione
dovrà raggiungere devono infatti passare dai 173 kg per abitante del 2008 ai 115
del 2010 fino agli 81 del 2011. L’attuazione di tale programma da parte delle
Province comporta che i rifiuti urbani devono obbligatoriamente subire un
trattamento (riciclaggio, trattamento anaerobico o aerobico, recupero di
materiali o energia) in un opportuno impianto a tecnologia complessa.
«Spingeremo nella direzione della raccolta monomateriale, ovvero della raccolta
multimateriale degli imballaggi, limitando quanto più possibile la raccolta del
rifiuto urbano indifferenziato» afferma l'assessore Vanni Lenna.
Che specifica: «Tengo a precisare che la fase di confronto con i cittadini non
si è conclusa con il convegno di novembre. Lasceremo infatti aperto un ulteriore
canale di discussione, lo stesso che ha raccolto finora le osservazioni e le
indicazioni utili alla formulazione del Piano. La materia rifiuti è infatti in
costante e veloce evoluzione: ho pertanto ritenuto opportuno non chiudere il
dialogo con gli utenti che saranno i veri fruitori del nuovo strumento».
Elena Orsi
«Marevivo», un impegno di 25 anni per la storia e la
salute dell’Adriatico - ANNIVERSARIO E INIZIATIVE DELL’ASSOCIAZIONE
AMBIENTALISTA
Lunedì 6 aprile la rassegna «Una storia scritta
sull’acqua» parla di cantieristica
L'Associazione ambientalista Marevivo compie 25 anni. Il sodalizio, guidato
in Friuli Venezia Giulia dal 2002 da Marino Vocci, traccia il bilancio di un
quarto di secolo di attività e prosegue anche questa primavera con la rassegna
«Trieste, una storia scritta sull'acqua». Si tratta di una delle principali
manifestazioni portate avanti con lo scopo di far conoscere le meraviglie del
mare nel rispetto dell'ecologia ambientale.
Sedici gli appuntamenti di questa edizione. Dopo l'incontro sull'anguilla e
quello dedicato a Fulvio Tomizza, lunedì 6 aprile, come sempre alle 18 al Museo
del Mare, è prevista la conferenza su «In viaggio con Egone Missio e la
cantieristica giuliana». Nel corso della serata Maurizio Eliseo ricorderà il suo
emozionante viaggio, l'ultimo sulla Queen Elizabeth 2, da Southampton a Dubai.
Gli appuntamenti della primavera di «Trieste una storia scritta sull'acqua» si
chiuderanno con un incontro dedicato alla Dalmazia previsto per il 25 maggio. La
rassegna riprenderà a settembre con altri sei incontri, per terminare il 14
dicembre con «Il mare in pentola, storia del brodetto. Contaminazioni dei gusti
tra stagioni e marinerie del Golfo di Trieste».
Per questa estate, inoltre, sono previste come di consuetudine numerose
iniziative dedicate all'educazione ambientale e rivolte soprattutto ai più
giovani. «I nostri volontari - spiega il delegato per il Friuli Venezia Giulia
di Marevivo, Marino Vocci - saranno presenti sulle spiagge per spiegare ai
bambini le caratteristiche dell'universo marino. L'obiettivo è quello di far
capire alle nuove generazioni che nel mare c'è un intero mondo con il suo
ecosistema che va conosciuto e tutelato».
Numerosi i progetti portati avanti dall'associazione a livello locale e sposati
anche dal direttivo nazionale come ad esempio «Mediterraneo Doc» che sta
procedendo con una serie di incontri in Slovenia e Croazia. Lo scopo è quello di
ribadire che il Mediterraneo è uno, e va tutelato a prescindere che bagni le
coste italiane, slovene o croate.
Da segnalare poi il progetto per il recupero e la valorizzazione del cosiddetto
pesce povero. «Basta pensare - sottolinea Vocci - che su seicento specie tra
pesci e molluschi commestibili, in realtà, per una questione di cultura e
abitudine ne mangiamo solo una ventina. Nella lista dei più assaporati, infatti,
mancano l'angusigolo, il bobo, il suro e il guatto, solo per fare degli esempi.
Allo scopo di sensibilizzare la gente su questo tema stiamo anche incontrando le
istituzioni. Nei giorni scorsi, per esempio, assieme al rappresentante dei
pescatori Michele Doz, siamo stati accolti, per parlare di questo tema, dal
sindaco di Gorizia Ettore Romoli».
Marevivo è anche in prima linea per la tutela e la valorizzazione delle isole
cosiddette minori che ha portato ad una collaborazione con Cherso. Da segnalare
poi la campagna «Ricominciamo dal mare: patrimonio inestimabile e identità del
nostro Paese» che prevede anche per quest'anno una serie di incontri e
manifestazioni.
Per gli amanti della natura, inoltre, proseguono le escursioni per ammirare le
meraviglie delle nostre terre. «In questi anni - racconta Vocci - siamo andati a
piedi da Cherso al Carso. Una camminata di sei giorni. Un'altra escursione di
cinque giorni lungo la Parenzana, da Trieste a Parenzo, un'altra ancora dalla
Ciciaria a Cittanova. Sono esperienze meravigliose che ti permettono di
conoscere davvero il territorio, le diverse culture e i diversi gusti. Alla
sera, infatti, oltre ad assaporare i piatti tipici del posto creiamo anche degli
incontri con musicisti, scrittori o politici della zona».
Marevivo, inoltre, è anche presente nel comitato scientifico del Parco del Mare.
«È un progetto - conclude Vocci - che sposiamo e che trova le sue basi proprio
in un documento ”Trieste per un parco culturale del mare”, prodotto alla fine
del convegno organizzato dall'Associazione nel 2004 in occasione dei cento anni
del Museo del Mare».
(s.s.)
Barcola, una pista ciclabile pericolosa
Nei giorni scorsi abbiamo assistito, in viale Miramare, ad
un piccolo incidente nel quale è stata coinvolta una ciclista urbana urtata da
una macchina.
Nel giro di qualche centinaio di metri i ciclisti che percorrevano la stessa
strada, in entrambe le direzioni, erano più d'uno, a dimostrazione di un sempre
più diffuso utilizzo della bicicletta.
Vogliamo ricordare che purtroppo chi pedala verso Barcola e' costretto ad usare,
fino al cavalcavia ferroviario, la carreggiata, essendoci una pista ciclabile
che però è a senso unico soltanto per chi entra in città.
Ed allo stesso modo chi da Barcola pedala verso Trieste lo deve fare in balia
delle automobili, a rigore fino al cavalcavia ferroviario, perche' il tratto
ciclabile e' sempre a senso unico per i ciclisti che escono dalla città.
È quindi diventato del tutto evidente che è sempre piu' urgente la realizzazione
di un percorso ciclabile protetto lungo Viale Miramare in entrambe le direzioni.
Questo per permettere ai sempre piu' numerosi ciclisti una mobilita' sicura in
sella alla propria bici.
Come associazione che per statuto è sorta al fine di promuove e tutelare l'uso
della bicicletta, vogliamo richiamare i nostri amministratori pubblici ad azioni
concrete per garantire a chi usa la bici percorsi sicuri e scongiurare il
ripetersi di simili incidenti.
Clara Comelli - (Associazione Ulisse-Fiab)
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 marzo 2009
Scuole pericolose, Trieste è decima - STUDIO
LEGAMBIENTE: GORIZIA 22.A, UDINE 33.A, PORDENONE 39.A
TRIESTE Trieste si colloca al 10.o posto in Italia, con un
punteggio di -18,65, per la pericolosità degli istituti scolastici. Gorizia si
ferma al 22.o, Udine al 33.o.
La più tranquilla è Pordenone, con un 39.o posto. La classifica annuale sulla
condizione delle scuole in Friuli Venezia Giulia evidenzia come anche in regione
ci siano delle situazioni di difficoltà. Anche se, come spiega la stessa
Legambiente, «molti dei dati richiesti (in particolare sulla presenza di fonti
d'inquinamento) sono di difficile reperibilità da parte dei Comuni, visto che in
molti casi manca un vero e proprio monitoraggio. Questo può comportare dei
vantaggi per chi non risponde a queste domande, quindi i Comuni che si trovano
più in basso nella graduatoria non è detto che siano senza scuole a rischio:
potrebbero in effetti non aver compiuto dei monitoraggi accurati». Comunque sia,
anche andando a vedere nel dettaglio la situazione della regione, si nota che il
36% delle scuole è stato realizzato tra il 1940 e il 1974 e solo il 3,10% è
stato costruito dopo il 1990. Tutte le scuole hanno il certificato di agibilità
statica e igienico-sanitaria ma solo il 36,67% contano quello di prevenzione
incendi. Solamente il 16% conta fonti d'energia rinnovabile. In più, il 67,91%
delle scuole del Fvg si situano tra 200 metri o un chilometro da un'antenna
cellulare e l'1,22% delle scuole si colloca anche a meno di 200 metri da aree
industriali.
Tra i dati positivi, il fatto che la raccolta differenziata funzioni nelle
scuole regionali: il 97% raccoglie la carta, l'86% recupera cartucce e toner, il
52% effettua anche la raccolta della plastica. La situazione del Friuli Venezia
Giulia rispecchia, nelle difficoltà, quella nazionale. «Uno dei dati più
rilevanti - spiega Legambiente - rimane l’età del nostro patrimonio edilizio
scolastico. Rimane una grossa percentuale di scuole ancora troppo vecchie, ben
il 55,63 costruite prima del 1974, anno in cui entrarono in vigore i
provvedimenti per le costruzioni che insistono in particolari aree sismiche. Un
patrimonio di difficile gestione per gli enti proprietari (Comuni e Province),
che dichiarano un 38,14% di edifici che necessitano di manutenzione
straordinaria, alla quale fanno fatica a fare fronte per difficoltà di
reperimento di finanziamenti».
Legambiente registra poi un vuoto di pianificazione politica, amministrativa e
finanziaria, sia a livello regionale che nazionale, che «diviene ancora più
evidente se si tiene conto dell'emergenza intorno alla messa in sicurezza degli
edifici scolastici: la metà dei quali non ha, ancora oggi, certificazioni
importanti come a esempio, il certificato di prevenzione incendi e non possiede
scale di sicurezza». La mancanza di un monitoraggio costante dello stato della
sicurezza degli edifici scolastici, secondo Legambiente, non dà la possibilità
di stabilire le priorità degli interventi e quantificare i finanziamenti
necessari. «Una storia perpetrata nel tempo di deroghe e proroghe rispetto alle
regole della sicurezza che ogni luogo pubblico deve avere e a maggior ragione,
dovrebbe avere, una scuola» conclude l'associazione.
(e.o.)
Merci, vanno utilizzati di più i treni - LE PROSPETTIVE
DELLA LOGISTICA SECONDO LA CAMERA DI COMMERCIO
«Trieste è la provincia italiana con la più alta dotazione
di infrastrutture di logistica (cinque volte la media nazionale), ma patisce una
fondamentale inadeguatezza della rete stradale e ancor più di quella
ferroviaria». È una delle conclusioni alle quale sono giunti quattro studi
realizzati dalla Camera di comemrcio con la collaborazione tecnica di
Uniontrasporti e finanziati da Unioncamere. Scopo delle indagini era individuare
le necessità logistiche per la competitività della provincia.
I risultati sono stati illustrati dal presidente camerale Antonio Paoletti e da
Vittorio Macchitella e Antonello Fontanili, rispettivamente direttore generale e
responsabile operativo di Uniontrasporti nel corso di un convegno svoltosi alla
Camera di commercio.
Il basso utilizzo della rotaia è dimostrato dai dati di traffico ferroviario su
Tarvisio (5 milioni di tonnellate all’anno) e su Gorizia e Villa Opicina (in
entrambi i casi un solo milione). Si tratta di «valori ridotti se comparati a
quelli legati ai transiti sugli altri valichi ferroviari alpini». Il rapporto
sul «madre in Trieste», come ha rilevato Paoletti, «evidenzia come nonostante il
raddoppio la ferrovia Pontebbana (Udine-Tarvisio) sia rimasta ampiamente
sottoutilizzata, a causa dei colli di bottiglia organizzativi e infrastrutturali».
Lo studio indica un modello che va seguito: é quello dell’autostrada del mare
Trieste-Turchia con l’imbarco ogni anno di più di 200 mila Tir turchi sulla via
d’acqua. Indica «come si può ridurre il traffico stradale e integrare la
movimentazione ferroviaria».
Dagli studi emerge l’invito alle piccole imprese ad allearsi in consorzi per
rendere possibili economie logistiche di scala.
(s.m.)
Clima, dopo Washington vertice alla Maddalena su
mutamenti ed energia
WASHINGTON Gli Stati Uniti di Barack Obama intendono
assumere la guida della lotta ai cambiamenti climatici. Perciò il presidente
statunitense ha inviato i leader dei 16 Paesi più ricchi a un forum-vertice in
programma a Washington il 27 e il 28 aprile che trarrà le conclusioni in un
nuovo incontro su energia e mutamenti climatici a margine del vertice G8 della
Maddalena in Italia dall'8 al 10 luglio. L’ha reso noto ieri sera la Casa
Bianca. L'obiettivo finale è giungere a un nuovo accordo sui cambiamenti
climatici all'Onu.
Il presidente Obama in merito ha scritto una lettera al premier Silvio
Berlusconi nella quale si chiede l'aiuto dell'Italia per riattivare il «Major
Economies Forum» sull'energia ed i cambiamenti climatici. Berlusconi ha dato il
suo via libera, appunto in margine al G8. Intanto a pochi giorni al G20 di
Londra il vice presidente Usa Biden, prova a calmare le proteste dei «no global»:
«Dateci una chance» di provare a dare risposte alla crisi internazionale.
IL PICCOLO - SABATO, 28 marzo 2009
Energia e ambiente a confronto - OGGI ALLA STAZIONE MARITTIMA
Si intitola «Energia, ambiente, lavoro: quale futuro?» la
conferenza provinciale organizzata da Rifondazione comunista oggi dalle 15 alle
20 alla Stazione marittima. All’introduzione di Franco Peruggini, responsabile
della commissione ambiente del Prc, e i saluti dei sindaci di Dolina e Muggia
Fulvia Premolin e Nerio Nesladek, seguirà il confronto su vari temi, dal
rigassificatore alla situazione delle ex municipalizzate come AcegasAps, con
vari relatori tra cui Lino Santoro di Legambiente e il parlamentare sloveno
Franco Juri.
Falesie di Duino, è nata la riserva - Sì della Regione al piano di conservazione: 100 ettari tra bosco e mare
DUINO AURISINA - La Riserva naturale delle falesie è realtà.
Un progetto iniziato nel 1987, il cui iter si è concluso ieri mattina con la
firma del presidente della Regione Tondo, dopo che giovedì la giunta aveva
approvato l'ultima versione del piano di conservazione e sviluppo relativo alla
zona del sentiero Rilke.
Per il Comune di Duino Aurisina si tratta di un momento molto atteso, perché
alle norme che tutelano la natura della zona, fino alle falesie e al mare,
corrisponde un progetto di sviluppo turistico sostenibile dell’area stessa.
La perimetrazione della riserva è stata confermata, sulla base di quanto
stabilito oltre dieci anni fa, in una legge regionale del 1996: si tratta di
cento ettari tra bosco e mare, delimitati da un lato dalla statale 14,
dall'altro dall'abitato di Duino e dalla baia di Sistiana.
La conferma della perimetrazione ribadisce anche l'inclusione all'interno della
riserva naturale - caso abbastanza unico in Italia - del campeggio Mare Pineta,
che grazie all'approvazione ora può mettere in cantiere una serie di lavori
attesi da anni. Il progetto di sviluppo del parco comprende infatti la
possibilità per gli imprenditori di realizzare il ristorante in pietra, al posto
dell'attuale struttura di legno, costruire una decina di bungalows accanto allo
spazio delle tende, e mettere a posto la recinzione provvisoria tra il
campeggio, il sentieri Rilke e la strada. fica e assai poco turistica. Già già
campeggio a quattro stelle, ora il Mare Pineta potrà ambire alla richiesta -
precisano gli imprenditori proprietari del sito - della quinta stella.
Sul fronte della protezione ambientale, il falco e gli altri uccelli che
nidificano sulle falesie saranno tutelati, così come le specie marine, per
proteggere le quali sono previsti divieti di pesca sotto le rocce a strapiombo.
Benefici anche per il Comune, che potrà realizzare - grazie a soldi già erogati
o in fase di erogazione - i servizi igienici all'inizio del sentiero, e
apportare integrazioni di tipo turistico nella zona del parcheggio, nei pressi
del punto informativo.
«Si tratta di un provvedimento molto importante - ha commentato il sindaco Ret -
perchè oltre alle attività in corso, e ai finanziamenti previsti dalla Regione,
che ammontano a circa 80mila euro l'anno per la gestione del parco, risolveremo
una serie di questioni molto sentite, dallo sviluppo del camping fino ai servizi
per i turisti. Sono passati vent'anni dalla prima richiesta, ma ora questo
obiettivo è realtà».
(fr.c.)
IL PICCOLO - VENERDI', 27 marzo 2009
Procedura 2009 per le detrazioni fiscali del 55% (risparmio energetico)
dall'inserto speciale "Casa: materiali - arredo - impianti - sicurezza"
«I cinghiali devastano le nostre vigne» - Da Roiano
fino a Cattinara: la denuncia dei produttori di vino
«Francamente non so cosa si debba fare per bloccare questo
andazzo. Forse solo il verificarsi di un fatto eclatante potrebbe porre un freno
alle incursioni dei cinghiali, costringendo chi di dovere ad affrontare di petto
una situazione che non riusciamo più a gestire».
Dice così Silvano Ferluga, viticoltore di Laijnarij, frazioncina abbarbicata sul
colle di Roiano, area agricola praticamente contigua al centro cittadino. Stando
alle sue parole, confermate peraltro dai colleghi Andrej Ferfoglia e Andrej Bole,
gli animali selvatici continuano a devastare prati e terrazzamenti, spingendosi
giorno dopo giorno sempre più a valle, forse perché alimentati da qualcuno che
non conosce o che dimentica i contenuti dell’ordinanza municipale che pure
prevede una pesante sanzione per chi venga sorpreso a offrire del cibo ai
selvatici. «Non so se dalle nostre parti ci siano soggetti così incauti –
riprende Ferluga – tuttavia la situazione è davvero allarmante. I cinghiali
continuano a provocare grossi danni a cose e strutture».
«È vero – interviene Andrej Ferfoglia, la cui azienda agricola non è lontana dai
terrazzi del collega – i cinghiali sono protagonisti di autentiche incursioni.
Mandano all’aria opere in muratura e muretti a secco, divelgono pali e piante,
scavano a fondo rovinando gli impianti viticoli. Proteggersi con recinzioni non
è facile – osserva ancora l’imprenditore agricolo – anche perché ci troviamo in
zone ripide dove barriere e ostacoli si superano facilmente».
«Sono tanti e sempre pronti ad agire», continua Andrej Bole, viticoltore di
Pischianzi e presidente del Consorzio di Tutela della Doc Carso: «Ovviamente se
la prendono anche con le piante giovani, appena concimate. Scavano nel letame e
nella pacciamatura allettati dai profumi, e per nutrirsi di tuberi, vermi e
altri animaletti spiantano brutalmente le barbatelle. Abbiamo subito dei danni
ingenti e altrettanti continuiamo a subirne. Di fronte a tutto questo diversi
operatori pensano di gettare la spugna: così non è possibile lavorare, perché i
danni subiti sono ingenti».
Da Roiano a Cattinara, la situazione appare sempre la stessa. Per Longera e
Melara è Gianluigi Pesarino Bonazza, presidente del sesto parlamentino, a farsi
portavoce dei cittadini. «Le segnalazioni della gente sono quasi quotidiane –
dice – a evidenziare le razzie dei selvatici nei campi e nei giardini privati.
Quel che è peggio – sostiene Pesarino – è che alcune persone stanno continuando
a dar da mangiare ai cinghiali, in barba alle regole. Sulla questione ho
informato i vigili urbani, chiedendo loro di effettuare dei sopralluoghi nelle
aree per le quali ci è stata segnalata la presenza dei cinghiali. Ai cittadini
rinnovo l’invito a osservare l’ordinanza comunale che vieta di dar cibo ai
selvatici, ricordando che i loro gesti irresponsabili potrebbero causare dei
guai anche seri».
Maurizio Lozei
Sequestrati 4 camion, posto a rischio per 25 dipendenti
- Provvedimento del Gico contro la ditta di demolizioni Leone srl
per traffico illecito di materiale di scavo
MUGGIA. QUATTRO AUTISTI IN BILICO GIÀ TRA 10 GIORNI
Il Gico di Trieste, il gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata
in seno alla Guardia di Finanza, ha sequestrato l'altra mattina tre mezzi della
ditta di scavi, demolizioni e trasporti Leone Srl di Muggia. Alla base un
traffico illecito del materiale di scavo verso la Slovenia. Il provvedimento,
però, rischia di mandare in strada 25 dipendenti. Se i mezzi non verranno
dissequestrati, secondo il titolare della ditta, i primi quattro autisti saranno
licenziati già tra 10 giorni. Un quarto camion della Leone Srl è stato posto
sotto sequestro già dal settembre scorso, sempre nell'ambito della stessa
indagine. «Non ho altra scelta oltre a quella del licenziamento - spiega il
titolare Mario Leone - anche perché i macchinari vincolati sono quelli più
produttivi. Sono consapevole di non aver agito nei termini di legge, però mi
chiedo se in un momento di crisi come questo non esista una normativa che
permetta di sbloccare il sequestro per consentire alle ditte di lavorare».
«Il motivo per cui ci recavamo in Slovenia - così Leone -, a Bertocchi, è dovuto
al fatto che a Trieste non esistono discariche, ma solo centri di recupero che
accolgono per ogni ditta una quantità minima di circa 50 metri cubi di materiale
di scavo al giorno, mentre a pieno regime noi ne produciamo quotidianamente
anche 600-700. È assurdo ottenere permessi per avviare i lavori di costruzione,
ma poi non avere un posto dove andare a depositare il materiale». Secondo quanto
riferito da Leone, il punto di conferimento più vicino a Trieste in grado di
accogliere quantità più sostanziose è a Pordenone, essendo già saturo quello di
Cormons. «Per ogni metro cubo di scavo - dice - dobbiamo sborsare ai centri di
raccolta locali una cifra che può andare dai 15 ai 22 euro, quando ne guadagnamo
per la stessa quantità una media di tredici. In Slovenia la cifra scende a 5
euro a metro cubo. Per ogni cantiere, inoltre, la legge impone di effettuare
delle analisi sul materiale, che tra l'altro noi abbiamo sempre fatto, anche in
questa circostanza, e per una delle quali paghiamo circa 400 euro». A questo, a
suo dire, si aggiungono i costi di carburante, per effettuare anche due viaggi
al giorno a Pordenone, il costo dei dipendenti e i rischi che tragitti più
lunghi possono portare.
Intanto la Leone Srl ha bloccato l'inizio dei lavori previsti a Trieste per
lunedì che consistono nello sbancamento di 8mila metri cubi per la costruzione
di residence. «Nonostante il sequestro - aggiunge - dovremo continuare in questi
giorni non solo a sostenere spese onerose, come ad esempio 5mila euro al mese di
leasing, per mezzi che sono fermi, ma anche affrontare tutti quei clienti
inviperiti che vedranno bloccati i loro lavori». A causa di un analogo
provvedimento, che aveva bloccato due camion l'anno scorso, la ditta ha perso
una somma di circa 25mila euro. «Mia moglie non lavora - racconta Gigi, uno dei
quattro autisti che tra dieci giorni rischia di perdere il lavoro - e abbiamo
una figlia di cinque anni. Dobbiamo pagare l'affitto, le bollette, l'asilo. Non
so davvero come faremo». Incalza il collega Marino «Io ho 54 anni e credo sarà
impossibile per me a questa età trovare un altro posto di lavoro. Devo sostenere
le spese universitarie di mia figlia e mia moglie guadagna solo 600 euro al
mese. Tra l'altro qualche anno fa ho perso un'occupazione a causa degli stessi
motivi. Credo che ditte come queste devono sostenere spese davvero troppo alte.
Inoltre, non vedo perché dopo la caduta dei confini non sia possibile depositare
il materiale negli appositi centri di raccolta sloveni con meno burocrazia».
Secondo il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip, sono stati circa 25 i
viaggi effettuati senza l'adeguata autorizzazione verso la Slovenia dai mezzi
della Leone Srl dall'8 al 11 settembre scorso.
(s.s.)
riceviamo e pubblichiamo
GIOVEDI', 26
marzo 2009 - COME CONDANNARE GLI
AMBIENTALISTI “CATTIVI” - mail di Roberto Giurastante (Greenaction Transnational)
Nel 2003 presentai alla Procura della Repubblica di Trieste un esposto su un rilevante illecito urbanistico del Comune di Muggia, essendovi allora sindaco l’arch. Lorenzo Gasperini (Forza Italia). L’illecito consisteva nella ricezione ed adozione del Piano Regolatore Particolareggiato (PRPC) d’iniziativa privata “Parco Commerciale Flavia” presentato dalla società M.C.C. s.r.l., con sede in Villorba (Treviso) in violazione della L.R. n. 52/1991, art. 49, poiché proposto da soggetto (la M.C.C. s.r.l.) che non disponeva dei 2/3 del valore delle aree e degli edifici dell’ambito di intervento (ma soltanto 1/8 delle superfici), senza concorso né assenso degli altri proprietari. Si trattava di un intervento attorno al quale ruotavano cospicui interessi speculativi privati, ad iniziare dalle progettazioni, dagli appalti e dalle forniture. L’esposto penale era stato reso necessario dal fatto che l’amministrazione comunale aveva anche omesso di inoltrare ai Consiglieri una segnalazione dell’illecito depositata prima del voto, di modo che essi approvarono il PRPC all’unanimità confidando nella regolarità attestata dalla Commissione Edilizia Integrata, che avrebbe dovuto invece già rilevare preliminarmente l’illecito. La Commissione era composta dal Sindaco arch. Gasperini, che si era riservato la delega di assessore all’urbanistica, e da funzionari ed altri professionisti del settore: architetti, ingegneri e geometri, anche in rappresentanza dei rispettivi Ordini professionali. La formazione del progetto risaliva inoltre alla precedente amministrazione del sindaco Roberto Dipiazza - imprenditore di supermercati divenuto sindaco di Trieste - essendone già assessore all’urbanistica lo stesso arch. Gasperini, noto protagonista professionale e politico del settore.
L’arch. Gasperini risulta avere subito condanne per violazione delle norme di controllo dell’attività urbanistico-edilizia e di tutela delle zone di particolare interesse ambientale, nonché per distruzione di bellezze naturali, e rinvio a giudizio per falsità ideologica in atto pubblico per errate asseverazioni urbanistiche; risulta poi avere ricevuto incarichi di consulente per progetti urbanistici realizzati nel Comune di Muggia (nonostante fosse contemporaneamente un pubblico amministratore in carica). Contemporaneamente all’esposto penale indirizzai una segnalazione documentata dei fatti alle Amministrazioni comunale e regionale nonché agli Ordini professionali coinvolti, chiedendo provvedimenti adeguati alla natura e gravità del caso.
L’esposto alla Procura venne archiviato nonostante mia opposizione, ed io venni querelato per diffamazione aggravata dal Sindaco-assessore e dagli altri membri della Commissione. La querela riguardava però soltanto l’esposto alle Amministrazioni ed agli Ordini competenti, e non quello penale. La Procura assegnò anche questo procedimento allo stesso PM, che delegò le indagini e la citazione a giudizio allo stesso ufficiale di P.G. (indaganti quindi su proprie stesse indagini), i quali nel procedimento a carico dei querelanti per l’illecito urbanistico ne avevano accreditata l’asserita inesistenza omettendo di verificarla, ed avevano pertanto un proprio rilevante interesse a confermarla nel nuovo procedimento senza nuove indagini. Su tali basi il sottufficiale di P.G.delegato rinviò arbitrariamente ed erroneamente a giudizio l’indagato davanti al Giudice di pace invece che al Giudice monocratico per fattispecie non incluse ed anzi negate in querela. Il procedimento venne assegnato ad un GdP, l’avv. Umberto Ercolessi, che non se ne astenne pur essendo stato notoriamente candidato sindaco nella stessa provincia per lo stesso schieramento politico (Polo delle Libertà) del sindaco Gasperini, della sua amministrazione e di altri querelanti. Il ruolo di PM venne affidato al nucleo PG della Polizia Urbana di Trieste, cioé a dipendenti amministrativi del sindaco Dipiazza, predecessore, già assuntore e sodale del Gasperini.
La situazione ambientale anomala delineata dai fatti sin qui esposti appare confermata dalle circostanze che inspiegatamente il primo difensore dell’imputato, (noto esponente politico locale e regionale) depositò fuori termini la lista dei testi a difesa, e chiese al Giudice di determinare direttamente il risarcimento civile in subordine alla condanna (favorendo così i querelanti). L’istruttoria dibattimentale si svolse perciò con l’audizione dei soli testi del PM, gli stessi querelanti. All’imputato venne negata la prova liberatoria della verità del fatto (l’illecito urbanistico) benché dovuta (art. 596, comma 3°, n. 1 c.p.) ed espressamente invocata. Il procedimento penale si svolse con verbalizzazione irregolare, sommaria ed omissiva, ove non vennero nemmeno trascritte le dichiarazioni dell’imputato all’udienza conclusiva (in assenza di qualsiasi altra forma di registrazione probatoria). In esito a quanto sopra il Gdp emise sentenza fuori competenza, su capo d’imputazione diverso ed anzi contrario a quello in querela ed in violazione plurima dei diritti della difesa, condannando l’imputato, con le attenuanti generiche, al pagamento della multa, delle spese processuali e del risarcimento del danno morale e delle spese di costituzione di ciascuna delle parti costituite, per un ammontare complessivo di circa 28.000 euro. La sentenza venne confermata dal Tribunale di Trieste in appello monocratico, ove la prova della verità venne concessa ma incredibilmente disattesa assieme alla carenza di giurisdizione. Come si indirizza un processo? Basta far sparire i documenti scomodi. Gli accertamenti difensivi svolti nel tempo hanno anche portato alla scoperta di conduzioni anomale anche nell’indagine penale sull’illecito urbanistico a due livelli concorrenti. Le indagini di P.G. risultano infatti consistite (come documentatamente in altri casi da parte degli stessi organi di P.G.) nell’acquisire ed accreditare senza verifiche dichiarazioni false e reticenti di parte indagata che negavano l’illecito urbanistico. Successivamente è stata inoltre riscontrata la totale assenza nel fascicolo, anche per numerazione degli atti, della mia opposizione all’archiviazione. Gli accertamenti perciò richiesti alla Cancelleria hanno rivelato che l’atto di opposizione da me depositato in termini era stato inserito in altro fascicolo relativo ad un altro mio esposto sulle irregolarità di un progetto di sviluppo turistico (Muia Turistica). Per il che il GIP archiviò sia il primo procedimento (numero RG 3540/03 relativo al caso MCC) in fittizia assenza di opposizione, sia il secondo procedimento (numero R.G. 3541/03 relativo al caso Muia Turistica) poiché l’opposizione in atti non riguardava quel procedimento. Gli atti vennero ritrasmessi al PM che pur in presenza della contestazione del GIP non provvide a disporre la reintegrazione dell’atto oppositivo al fascicolo di pertinenza per sanarne l’archiviazione illegittima. Ma a fronte della mia richiesta alla Cancelleria di certificare un tanto per iscritto il P.M. le ha restituito l’atto con la notazione manoscritta “N.P.”: non procedere.
Questa sequenza di comportamenti giudiziari invero sorprendenti ed a più livelli ha in sostanza eluso ovvero impedito l’accertamento doveroso in sede penale dell’illecito urbanistico la cui prova mi è stata parallelamente impedita nel procedimento di primo grado nei miei confronti e disattesa in appello dal giudice monocratico. Così consentendo sia l’impunità degli influenti responsabili dell’illecito, sia la mia ingiusta condanna per averlo denunciato. Un sistema di malgoverno può prosperare a danno della collettività. Solo grazie all’omertà.
Quanto sopra esposto non può che destare legittime preoccupazioni anche alla luce della situazione ambientale del capolugo del Friuli Venezia Giulia dove, a fronte di un gravissimo inquinamento del territorio, si è dovuto assistere ad una sostanziale inerzia da parte dell’autorità giudiziaria. Inerzia ostacolata solamente dagli interventi (doverosi) di pochi ambientalisti trovatisi però molto rapidamente al centro di numerose azioni giudiziarie ai limiti della intimidazione. Nessun responsabile delle decine di discariche che hanno devastato la piccola provincia di Trieste dal mare al Carso (basti pensare alle decine di grotte - circa 200 alcune con laghi di nafta formatisi a seguito degli scarichi - seppellite dai rifiuti industriali) è stato mai individuato e quindi condannato.
Invece gli ambientalisti che hanno denunciato inquinamenti e responsabili hanno subito numerosi rinvii a giudizio e, come si vede, alla fine anche le condanne. E per finire sotto processo da queste parti, se ti trovi contro il sistema omertoso, basta decisamente poco. E’ sufficiente ad esempio segnalare pubblicamente la pericolosità di un parco giochi per bambini sotto il quale è stata occultata una discarica di rifiuti tossico nocivi. Immediatamente i responsabili dell’inquinamento ti querelano per diffamazione e tu vieni rinviato a giudizio mentre loro - gli inquinatori - se la cavano senza problemi (nessun processo e la discarica rimane lì occultata sotto il parco giochi perché l’autorità giudiziaria ritiene che non sia di sua competenza l’intervento). Oppure chiedere l’accesso ad atti pubblici relativi a progetti di urbanizzazione ai danni dell’ambiente (la solita cementificazione selvaggia che fa girare molti soldi). In questo caso vai a finire sotto processo per interruzione di servizio pubblico (con le tue richieste hai disturbato l’attività della pubblica amministrazione). E, visto che tu sei fuori dal sistema, oltre a non potere avere spazio sui media locali devi anche stare zitto quando ti denigrano pubblicamente. Se un giornale pubblica una notizia falsa nei tuoi confronti non hai infatti diritto alla replica e se ti rivolgi al Tribunale come prevede la Legge sulla stampa oltre a vederti respingere la richiesta vieni pure condannato a pagare le spese a favore dell’organo di disinformazione.
Questa è solo una parte di quanto noi abbiamo dovuto subire e stiamo subendo per difendere i diritti della collettività. E questi comportamenti persecutori non fanno certo onore alle istituzioni di un Paese democratico.
Come reagire agli abusi dei poteri forti: creare una rete di legalità. Solo facendo conoscere queste situazioni possiamo sperare di creare una breccia in un sistema che si fa scudo dell’indifferenza della gente. Un modo efficace per reagire inoltre è certamente quello di esercitare i propri diritti di cittadini europei denunciando le storture del “sistema Italia” alle Istituzioni comunitarie. Creare insomma una rete di legalità per opporsi all’illegalità dilagante nel nostro Paese. Una rete basata sulla rete. Lo scambio di informazioni può avvenire molto rapidamente ed efficacemente utilizzando internet e ognuno può mettere a disposizione degli altri aderenti alla rete della legalità le proprie competenze. Si tratta di essere più operativi possibili. Individuare il problema e intervenire per risolverlo.
Quali sono le Istituzioni comunitarie a cui si possono
rivolgere i cittadini per chiedere il rispetto dei loro diritti calpestati dallo
Stato? Il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e la Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo. E’ possibile inoltre, per la violazione dei fondamentali
diritti umani, rivolgersi all’ONU e alle sue strutture. Quali sono i diritti la
cui negazione costituisce motivo di ricorso? Tutti quelli riconosciuti dal
Trattato istitutivo della Comunità Europea e dalla Convenzione Europea per i
Diritti dell’Uomo. Ambiente, salute, lavoro, uguaglianza, giustizia, sono
materie che rientrano in questo ambito. La Giustizia europea prevede che tutti i
cittadini siano uguali davanti alla Legge e che tutti possano avere un equo
processo (concetti non molto chiari in Italia). Tra le garanzie fondamentali
assicurate ai cittadini dalla giustizia europea vi è anche quella sulla la
responsabilità dei magistrati (negata in Italia in violazione peraltro della
stessa Costituzione). Una base della “rete” esiste già a Trieste rappresentata
dalla nostra associazione (Greenaction Transnational) transnazionale per la
difesa dell’ambiente e dei diritti civili (sito internet:
www.greenaction-planet.org) i cui componenti da anni si battono contro le
ecomafie del nord est (che per gli organi di informazione nemmeno esistono).
Roberto Giurastante
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 marzo 2009
MUGGIA - Comitato contro il rigassificatore - I VERDI
RILANCIANO L’IDEA
Istituire un comitato tecnico-politico «con la presenza
paritaria di partiti e associazioni e la guida di un tecnico di provata capacità
scientifica e del sindaco, espressione di tutte le forze politiche che in
Consiglio comunale si sono espresse all'unanimità contro la realizzazione del
rigassificatore nella zona industriale di Zaule: il solo organismo con il peso
tecnico, istituzionale e politico per contrastare l'impianto e le lobby ad esso
correlate». La proposta viene rilanciata dalla Federazione dei Verdi di Muggia,
alla vigilia della seduta consiliare di lunedì (quando si dovrà esprimere un
parere sulle modifiche ai sistemi di sicurezza del metanodotto) e all'indomani
della lettera aperta inviata dal Pd alle forze politiche locali per ribadire il
no all'impianto.
«Il capogruppo consiliare del Pd, Fulvio Tomini - affermano il presidente
provinciale dei Verdi Giorgio Millo e il portavoce Giorgio Della Valle -
dimentica che già nell'ottobre 2007 in un convegno organizzato dai Verdi assieme
a Pdci, Rc, Sdi e Sinistra democratica era stata individuata una serie di rischi
per il territorio. Affermare oggi che il Pd muggesano è l'unico partito ad aver
effettuato uno studio sugli effetti negativi del rigassificatore è quantomeno
fuorviante. Ricordiamo – proseguono – che nel 2008, all'indomani di un secondo
convegno, i Verdi lanciarono la proposta di formare il comitato. Se c'è la
volontà di procedere in questa direzione saremo i primi a rimboccarci le
maniche: sterili letterine dal sapore di volantino elettorale verranno respinte
al mittente»
(g.t.)
Sito inquinato, pronto il documento unitario -
Consegnato alla Camera di commercio il testo elaborato dalle categorie
«Lo presenterò al sottosegretario Menia e all’assessore
Lenna. Possibile si firmi presto»
È a una svolta la possibilità di arrivare alla firma dell’accordo di
programma sul Sito inquinato. Il documento elaborato dalla commissione, creata
in seno alla Camera di commercio dalle associazioni di categoria, è stato
consegnato ieri al presidente dell’ente camerale Antonio Paoletti.
Nel giro di tre settimane la commissione – presieduta da Enrico Eva e di cui
facevano parte Giovanni Balbo per la Confindustria, il direttore dell’Ezit De
Alti, l’avvocato Borgna per la Cdc e l’ing. Zantedeschi per la Cna – ha prodotto
un testo che sulla spinosa questione delle bonifiche mette d’accordo tutto il
mondo imprenditoriale triestino.
«Per prima cosa presenterò il documento al sottosegretario Menia – annuncia il
presidente della Camera di commercio – e poi all’assessore regionale
all’Ambiente Lenna. La prossima settimana riuniremo poi alla Camera di commercio
tutti i soggetti interessati per presentare il testo agli enti locali. Se verrà
accettato dal ministero e dalla Regione – sottolinea Paoletti – si potrà
arrivare in breve alla firma».
Il presidente camerale non si sbilancia troppo sui contenuti del documento. «Si
è cercato di non stravolgere il precedente testo – osserva – e di prendere atto
che è un’occasione da non perdere». Ma il principio cardine (chi non ha
inquinato non paga) è salvo? «I principi fondamentali – risponde Paoletti – sono
stati salvaguardati. C’è una qualche forma di solidarietà fra le imprese. Le
categorie – conclude – hanno fatto un piccolo passo indietro, sperando che lo
facciano anche le istituzioni».
(gi. pa.)
Duino, la fognatura sarà collegata all’impianto
depuratore di Sistiana - INTERVENTO DI 1,5 MILIONI DI EURO
DUINO AURISINA La fognatura di Duino sarà collegata al
depuratore di Sistiana. La giunta comunale ha approvato ieri il progetto
definitivo del primo stralcio per l’estensione della rete fognaria.
I lavori, che dovrebbero partire nei primi mesi del 2010, prevedono la
realizzazione di «un collettore fognario e relative stazioni di pompaggio per il
convogliamento in pressione delle acque nere della frazione di Duino
all’impianto di depurazione centralizzato di Sistiana».
Il progetto del megacantiere, che andrà ad interessare anche il Villaggio del
pescatore, è stimato in 1 milione 572mila euro, somma non ancora coperta
totalmente. «Prevediamo che la cifra verrà raggiunta entro breve grazie a un
finanziamento della Regione, che assieme ai fondi comunali risolveranno del
tutto la copertura economica», spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea
Humar.
Attualmente a Duino la rete fognaria è limitata a una ridotta fognatura
«separata», che convoglia i reflui al depuratore sito nel piazzale sovrastante
il porto. Il completo allacciamento del comprensorio sarà articolato in più fasi
temporali, caratterizzate da un progressivo completamento delle reti fognarie e
dall’allacciamento al collettore di tutte le frazioni.
La fase iniziale prevede la connessione al depuratore di Sistiana degli scarichi
allacciati all’attuale rete fognaria e di quelli provenienti dal Villaggio del
pescatore. Nelle fasi successive si punterà all’ottimizzazione e al
completamento della fognatura di Duino e all’allacciamento delle frazioni minori
(Medeazza e San Giovanni di Duino).
Da un punto di vista prettamente tecnico il progetto definitivo prevede dunque
un collettore in pressione dello sviluppo di 2.200 metri, tre stazioni di
sollevamento poste in serie (stazione «depuratore», «polizia» e «bivio») e
infine un pozzetto di drenaggio (destinato a diventare un futuro punto di
sollevamento) per il rilancio della fognatura locale non collegabile a gravità.
A Duino i lavori partiranno non appena terminato il collegamento che andrà a
interessare in autunno il Villaggio del pescatore.
L’assessore ai Lavori pubblici Humar sta anche valutando l’ipotesi, assieme alla
proprietà della baia, di spostare l’attuale depuratore in una zona più idonea
rispetto a quella attuale. «L’obbiettivo – spiega – è di riqualificare il
depuratore comunale in una zona più a monte rispetto a Sistiana, ma per ora è
solo un’idea che verrà comunque valutata nelle sedi opportune».
Riccardo Tosques
Recupero della landa carsica, pascolo a Basovizza -
AVVIATO IL PROGETTO DELL’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE
TRIESTE Continua con la pulizia del bosco e del sottobosco
il progetto di recupero della landa carsica portato avanti dalla Provincia.
Lungo la strada fra Basovizza e il valico di Lipizza si può già notare un «mini
pascolo» di capre, mucche e pecore.
Si tratta di un progetto attuato da palazzo Galatti per il recupero della landa
carsica, che a causa della mancanza dell'attività di pascolo ha lasciato posto
al pino nero, varietà che distrugge la biodiversità. «Negli ultimi decenni -
spiega l’assessore all'Agricoltura Walter Godina - la landa carsica ha
progressivamente perso il ruolo di pascolo al quale era deputata. Ciò ha
comportato una modifica anche della flora e della vegetazione. Per questo già
l'amministrazione provinciale precedente aveva iniziato un percorso di recupero
della landa che ora si sta concretizzando».
Entro l'autunno partirà inoltre la costruzione, a Basovizza, di un ricovero per
animali da pascolo. Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con tre
aziende associate alla Cooperativa agricola di Basovizza. Per la realizzazione
della struttura, la recinzione, l'alimentazione idrica e l'installazione dei
pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, la Provincia
prevede una spesa di 300mila euro.
Il piano di lavoro è stato sviluppato dopo aver consultato le Università di
Trieste, Padova e Udine, che hanno effettuato studi sulla prevalenza di
vegetazione nel territorio, sulla capacità di foraggiamento delle diverse aree e
sulle modifiche della micro e avifauna.
«Un progetto di questo tipo - precisa Godina - non solo potrà costituire un
modello per analoghi interventi in Italia e Slovenia, ma potrà anche
incrementare le attività economiche del territorio con la produzione di
formaggi, carne e latte».
Nei piani della Provincia c'è anche la creazione di un centro didattico per
permettere agli alunni di conoscere animali che difficilmente hanno occasione di
incontrare.
Nei giorni scorsi le commissioni provinciali consiliari agricoltura e
programmazione, assieme all'assessore Godina, hanno effettuato un sopralluogo a
Basovizza per constatare l'avanzamento del progetto. «Tutti i consiglieri - ha
commentato il presidente della prima commissione, Albino Sosic - si sono detti
soddisfatti per quanto sta avvenendo. Poter passeggiare nella natura, tra gli
animali, crediamo possa essere una grande opportunità anche turistica, oltre che
educativa».
(s.s.)
Autobus Trieste-Sesana: proroga fino a settembre
- Il servizio continua ma la Provincia ammette: «Difficile che
collegamenti come questo si autofinanzino»
LINEA TRANSFRONTALIERA
Una proroga fino a settembre, con l’aggiunta delle corse anche al sabato.
Con l’obiettivo di avere un quadro dell’andamento del servizio nel periodo
estivo e per trarre così un bilancio definitivo sul collegamento dopo un anno
intero di attività. Si tenterà così, in qualche modo, di salvare l’autobus
transfrontaliero Trieste-Sesana, attualmente in affanno tra riscontri inferiori
alle attese per quanto riguarda l’utenza e vari scricchiolii sul piano della
sostenibilità economica.
Le decisioni sono state prese ieri dai rappresentanti della Provincia di Trieste
e di Trieste Trasporti, alla fine di un vertice fra le parti. «È difficile che
questo tipo di linee riescano ad autofinanziarsi (in effetti la Trieste-Sesana
era stata sostenuta dalla Banca di credito cooperativo del Carso e da un partner
sloveno, ndr). In questi mesi l’autobus transfrontaliero è stato utilizzato da
circa ottomila persone: all’inizio avremmo pensato ad una maggiore affluenza da
parte di studenti», questo il pensiero dell’assessore provinciale con delega a
Infrastrutture e trasporti, Vittorio Zollia. «Si è così deciso di prorogare il
servizio per completare l’anno di attività e basarsi su riscontri completi -
continua Zollia -, verificando poi la possibilità futura di inserire ipotetiche
linee transfrontaliere nell’ambito del programma del trasporto pubblico locale».
Spetterà adesso alla Trieste trasporti fare le sue riflessioni
tecnico-organizzative: «Effettueremo le nostre valutazioni - afferma Pier
Giorgio Luccarini, direttore generale della società stessa -. Il futuro? Quella
del servizio transfrontaliero integrato rispetto a quello consueto è un’ipotesi
di lavoro. Andranno ovviamente verificate eventuali coperture economiche
attraverso bandi europei».
L’estensione del servizio al sabato è stata pensata sulla base dei suggerimenti
arrivati dagli utenti attraverso le apposite schede per il monitoraggio.
«Il bus Trieste-Sesana oggi può essere realizzato solo con contributi privati -
ha aggiunto Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste -,
ma nel prossimo bando regionale cercheremo di far inserire anche linee
transfrontaliere».
(m.u.)
Collio: piste ciclabili da Gorizia a Dolegna -
Investimenti per 3,8 milioni di euro. Prevista la realizzazione di aree di sosta
per i camper
CORMONS Cinque tipologie di percorsi ciclabili. La cui
partenza dell’iter realizzativo è programmata già per quest’anno. Entra nel vivo
il progetto «Marketing del Collio» che, da libro dei sogni, si trasformerà in
realtà, in opere reali e concrete. Sfogliando il Piano triennale delle opere
pubbliche della Provincia si scopre che verrà realizzato, nell’ambito del
territorio del Collio, un itinerario ciclabile che - attraverso la piana del
Preval - andrà da Gorizia a Cormòns fino a Dolegna, snodandosi in un’area dai
rilevanti contenuti paesaggistici e ambientali.
Il progetto, corroborato da finanziamenti pari a 3 milioni 850mila euro, prevede
la predisposizione di una rete principale di itinerari ciclabili su strada
asfaltata e non. Questi saranno collegati con tracciati ciclabili in sede
propria sfruttando le strade campestri esistenti, in parte promiscui con il
transito dei mezzi agricoli e di accesso ai fondi privati, al fine da consentire
il collegamento dei centri abitati alla rete ciclabile principale.
Ma entriamo nel merito dei cinque tracciati ciclabili: verrà creato un percorso
di collegamento fra il centro abitato di San Lorenzo e quello di Capriva
attraverso il Parco comunale dei Laghetti Rossi e sono previsti altri percorsi
pedonali e ciclabili per l’accesso nell’ambito di riqualificazione della Palude
del Preval nel Comune di San Floriano.
Altri tracciati (già esistenti) si trovano sugli argini del torrente Versa
nell’ambito del progetto generale di sistemazione idraulica dell’intero bacino
drenante. «L’ambito del Preval è caratterizzato dalla presenza di una ramificata
rete di strade campestri che si snodano dalle colline prossime ai centri abitati
della Piana.
Tale sistema di strade campestri - si legge nel Piano triennale delle opere
pubbliche - oltre a mettere in collegamento gli ambiti del Preval consente
l’accesso diretto ai fondi agricoli coltivabili. Accanto all’irregolare
morfologia caratterizzata dalle strade campestri, gli ambiti del Preval sono
caratterizzati dalla fitta e regolare rete di canali, frutto della bonifica
idraulica necessaria allo smaltimento delle acque. L’itinerario ciclabile di
progetto tutelerà le preesistenze morfologiche-ambientali sfruttando per ampi
tratti il sedime delle strade campestri esistenti e gli spazi prossimi ai canali
di scolo idraulici».
CSV - Uno strumento in più per la solidarietà: apre lo
Sportello per il volontariato - LA SEDE IN GALLERIA FENICE
Il Centro servizi del Fvg raccoglie 1676 gruppi che
operano in Regione per sostenere le persone in difficoltà
La struttura radunerà le 300 realtà attive in provincia. Offrirà formazione,
consulenze aule e attrezzature
Il Centro servizi volontariato del Friuli Venezia Giulia, organizzazione che
accoglie al suo interno 1676 realtà operanti sull’intero territorio regionale,
inaugura oggi alle 11, in galleria Fenice 2, il nuovo sportello di Trieste. Dopo
aver operato per anni in via Torrebianca 21 e aver visto il numero crescente
delle associazioni e dei gruppi che nel Csv trovano il loro punto di
riferimento, il trasferimento in Galleria Fenice (dove saranno a disposizione
degli operatori e degli associati il secondo e il terzo piano dell’immobile) si
è rivelato scelta opportuna e lungimirante.
Il nuovo spazio sarà al servizio di quanti sono impegnati all’interno del
volontariato della provincia giuliana: al 31 dicembre le associazioni di Trieste
erano poco meno di 300. Attraverso il nuovo sportello saranno offerti servizi
alle associazioni di volontariato iscritte e non al registro regionale,
consulenze, corsi di formazione, informazione e sostegno per progetti e
attività, mettendo a disposizione nuove sale, aule e attrezzature.
Dopo l’inaugurazione di stamane seguirà, alle 16, in via San Francesco 2, sede
del Centro Studi Csv, un incontro con gli studenti dal titolo: «Oltre i banchi
di scuola: studenti e volontariato», al quale interverranno i rappresentanti di
vari istituti e dell’Università, nonché associazioni di volontariato.
Coordineranno i lavori Sergio Raimondo, presidente del Csv del Friuli Venezia
Giulia e il consigliere eletto per la Provincia di Trieste, Andino Castellano.
Lo sportello di galleria Fenice sarà aperto con il seguente orario: dal lunedì
al venerdì, dalle 9.30 alle 12.30 e, su appuntamento, anche nei pomeriggi di
martedì, mercoledì e giovedì. Per informazioni tel 040-635061.
Il «Centro interprovinciale servizi di volontariato Friuli Venezia Giulia» è
un’associazione di associazioni, senza fini di lucro, nata il 7 luglio del 2000
alla Villa Manin di Passariano. Le associazioni costituenti furono 85 a cui si
aggiunsero le quattro province. Il 27 settembre di quell’anno il Comitato di
gestione del Fondo speciale per il volontariato deliberò di istituire il Centro
di Servizio e di assegnare la gestione dello stesso al Centro interprovinciale
servizi di volontariato del Friuli Venezia Giulia, con sede a Pordenone, in
Viale Martelli 51.
Scopo del Csv è di sostenere e qualificare l'attività di volontariato, erogando
le prestazioni sotto forma di servizi a favore di tutte le organizzazioni di
volontariato che operano nel territorio del Friuli Venezia Giulia, purché si
ispirino ai principi dell’art. 3 della L.266/91. Ai servizi si accede
direttamente attraverso gli sportelli territoriali, dove è possibile richiedere
informazioni, porre quesiti, ottenere supporto su questioni inerenti tematiche
del volontariato.
Il Centro, in questi anni, ha attivato, in vari punti della regione, una dozzina
di sportelli ed è oggi presente a Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone, Tolmezzo,
Azzano Decimo, Gemona del Friuli, Monfalcone, Porpetto, Sacile, San Daniele del
Friuli, San Vito al Tagliamento.
La Legge 266/91 dispone le modalità di finanziamento dei Centri di servizio,
prevedendo che una quota dei proventi delle fondazioni di origine bancaria sia
destinata alla costituzione di Fondi speciali per il volontariato presso le
regioni. Ogni fondo speciale è amministrato da un Comitato di Gestione, composto
da 15 membri: 7 rappresentanti delle Fondazioni di origine bancaria, uno
dell'Associazione delle Casse di Risparmio italiane (Acri), quattro delle
organizzazioni di volontariato e tre delle istituzioni regionali e locali (UpvFvg,
Anci, Uncem). In Friuli Venezia Giulia, le fondazioni di origine bancaria sono
quelle delle Casse di Risparmio di Udine e Pordenone, di Trieste, di Gorizia,
delle Provincie Lombarde.
Ugo Salvini
Il Quarnero punta sull’energia eolica - La centrale
sorgerà alle spalle di Fiume e costerà 100 milioni di euro
UN ALTRO IMPIANTO STA PER DIVENTARE OPERATIVO SUL
VELEBIT
Fra gli investitori potrebbe esserci anche un’azienda veneta: la Elettrostudio
Energy di Mestre
FIUME Anche la regione di Fiume (Contea litoraneo-montana) avrà tra qualche
anno il suo parco eolico: una centrale «alternativa», che fornirà energia
elettrica sfruttando la forza del vento. La cosa non è ancora del tutto certa,
anche se al momento appare perlomeno molto probabile. Se tutto procederà come
previsto la realizzazione del progetto potrebbe cominciare l’anno prossimo. Nel
frattempo si dovrà espletare il tortuoso iter burocratico per l’ottenimento di
tutta la panoplia di autorizzazioni, certificati e licenze. Un percorso già
iniziato con il rilascio del nullaosta a procedere emesso in via preliminare dal
ministero dell’Economia, anche se il «placet» più importante dovrebbe venire dal
dicastero preposto all’ Ambiente, Edilizia e Infrastrutture. Stando al progetto
di massima, il parco eolico fiumano dovrebbe essere realizzato su un’altura
disabitata in località Jelenje, un piccolo comune della fascia suburbana,
immediatamente a monte del capoluogo quarnerino e in linea d’aria a neppure una
decina di chilometri dalla città. L’altura prescelta è quella di Jelenski vrh,
poche centinaia di metri sul livello del mare, dove i soffi di Eolo sono
solitamente generosi, a cominciare da quelli di bora e di scirocco. A investire
nel progetto del parco eolico di Jelenje (un’idea nata a metà 2006) dovrebbe
essere la veneta Elettrostudio Energy SpA di Mestre, sbarcata a Fiume con una
sua affiliata Prodom. Proprio venerdì c’è stato un nuovo «incontro operativo»
fra Carlo Drago, in rappresentanza della ditta veneta, la responsabile di Prodom,
Gordana Puskaric, e il sindaco della municipalità di Jelenje, Branko Juretic.
L’appuntamento ha riguardato in primo luogo l’installazione in vari punti della
zona prescelta di anemometri e indicatori vari per monitorare l’intensità e la
direzione dei venti prevalenti. Finora tutte le “esplorazioni” preliminari già
effettuate hanno indicato proprio il pianoro sopraelevato di Jelenski vrh come
l’ubicazione ottimale per l’installazione dei piloni di sostegno delle grandi
eliche azionate dal vento e collegate ai generatori.
Nel frattempo – oltre all’approntamento di uno studio di impatto ambientale –
sono destinati a proseguire i contatti con la municipalità di Jelenje, con
l’amministrazione regionale (peraltro già avvenuti) e con gli uffici governativi
preposti. Per quanto riguarda l’amministrazione regionale fiumana, il progetto
(l’investimento stimato dovrebbe ammontare a un centinaio di milioni di euro) ha
il pieno e totale appoggio. Per la Contea litoraneo-montana si tratta di un
progetto-pilota che potrebbe spianare la strada ad altri impianti del genere,
per esempio sulle alture subito sopra Buccari o nei dintorni di Fuzine,
sull’altopiano del Gorski kotar.
(f.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 marzo 2009
RIGASSIFICATORE - Muggia, il Pd chiede un «no» unanime
al Gnl - Lettera aperta del neosegretario Dragan alle forze politiche e ai
consiglieri comunali
MUGGIA Una lettera aperta con cui il circolo muggesano del
Partito democratico chiede di ribadire la netta contrarietà al rigassificatore,
da inviare in forma pubblica al ministro dell'Ambiente, al sottosegretario
roberto Menia, al presidente della Giunta regionale, al presidente della
Provincia e ai sindaci di Trieste, San Dorligo e Muggia. L'hanno ricevuta ieri
tutte le forze politiche e i membri del Consiglio comunale, ai quali il Pd
chiede di dire con forza «no» a una scelta definita inaccettabile,
sottoscrivendo appunto il documento.
E' questo uno dei primi atti del nuovo segretario del Pd Gianfranco Dragan,
nominato martedì sera dai 19 membri del direttivo, che si è anche dotato di una
struttura organizzativa in cui le funzioni di comunicazione e amministrazione
sono state assegnate rispettivamente a Oliviero Kokosar e Valentina Parapat.
«Con la presente, le forze politiche di Muggia – si legge nel documento -
intendono confermare a tutte le istituzioni che hanno una responsabilità o un
ruolo consultivo nel processo per l'approvazione del rigassificatore e degli
impianti di distribuzione, la loro più convinta e profonda contrarietà alla
realizzazione dell'impianto e delle infrastrutture correlate».
Nella lettera si fa notare come «l'identificazione del sito sia inaccettabile,
perché trasforma il catino del vallone in un terminal energetico con
un'intensificazione del traffico marittimo con vettori ad elevato rischio: le
petroliere del terminal petroli, le porta benzina e le gasiere, limitando
pesantemente se non totalmente qualsiasi futura espansione di traffici e di
attività portuale».
«Ulteriore aggravante – prosegue la lettera – la prospettiva del gasdotto
sottomarino, perché va ad insistere su un area altamente inquinata e comporta
zone di rispetto che limiterebbero l'utilizzo di uno spazio acqueo già
ristretto».
Sul caso del rigassificatore Dragan ribadisce una posizione autonoma del circolo
rispetto al Pd provinciale e regionale. «Essendo un circolo territoriale -
spiega - manteniamo saldo il rapporto di collaborazione con le strutture
provinciali e regionali del partito, anche se ci sentiamo di rappresentare le
istanze della comunutà muggesana prendendo anche posizioni autonome».
Tra le iniziative annunciate, il coinvolgimento diretto delle periferie, da
Chiampore a Zindis. «Dal direttivo – spiega Dragan – è emersa la volontà di
essere maggiormente a contatto con le realtà periferiche, soprattutto dove
esistono grosse concentrazioni di abitanti, che hanno diritto ad essere
rappresentati e sostenuti e che incontreremo creando momenti di confronto».
(g.t.)
Polo museale in bilico per gli alti costi - Allarme di
Italia Nostra. L’Authority: «Cerchiamo soluzioni per la gestione»
«L’Autorità portuale, nonostante 11 milioni di euro già a
disposizione, potrebbe fare dietrofront sulla realizzazione del Polo
formativo-museale in Porto Vecchio a causa dei preventivati alti costi di
gestione». L’allarme è stato lanciato ieri da Italia Nostra tramite la
presidente provinciale Giulia Giacomich, nel corso di una conferenza stampa.
Aldo Cuomo, ex direttore del Demanio dell’Authority e ora candidato a presiedere
la Fondazione che gestirà le strutture, presente all’incontro, ha tentato di
smussare i timori: «La sentenza favorevole del Tar del Lazio ci permetterà ora
di spostare il Punto franco e così i progetti di quello che sarà l’Istituto di
cultura marittimo-portuale decolleranno». Ma più tardi telefonicamente il
segretario generale Martino Conticelli li ha in qualche misura alimentati quei
timori: «Gli edifici verranno certamente ristrutturati. Per il resto bisogna
ancora capire come tutta la struttura potrà stare in piedi, nel senso di
autosostentarsi economicamente».
Questa sorta di quadratura del cerchio evidentemente non è stata ancora
identificata se è vero, com’è stato denunciato qualche settimana fa da
consiglieri regionali bypartisan, che i progetti sono stati rallentati: non sono
stati completati né quello definitivo per la Centrale idrodinamica né quello
preliminare per la Sottostazione elettrica. Italia Nostra ha evidenziato ieri i
segnali di possibile ripensamento da parte dell’Authority che si sarebbero
manifestati sia in una lettera che in interventi dello stesso presidente Claudio
Boniciolli che ha messo in dubbio la possibilità di realizzare il Polo museale,
in quanto non è certo che l’Authority possa garantire il funzionamento della
struttura a causa dei costi di gestione.
«Solo fraintendimenti e dubbi superati - ha sostenuto ieri Cuomo - tanto che
tutto si sta muovendo. Sono ben cinque oggi gli ingegneri dell’Authority e sono
al lavoro per completare i progetti. Quest’estate sarà rimorchiato a Trieste da
La Spezia il sottomarino Fecia di Cossato e prima della fine dell’anno verrà
collocato a terra nell’area prescelta». Ha tentato di replicare in questo modo
ai dubbi che sono stati espressi oltre che da Italia Nostra, anche da Carlo
Dellabella del Wwf, da Giovanni Greco dell’Associazione marinai che fa da
tramite per il sottomarino, da Vladimiro De Noto e Roberto Sangermano della
Guardia costiera ausiliaria proprietaria del pontone galleggiante Ursus.
Oltre a Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica e ad altri spazi dove
saranno collocati vecchi strumenti portuali, del Polo museale dovrebbero far
parte il sottomarino Fecia di Cossato, il pontone Ursus, il rimorchiatore Audax,
un idrovolante e i vecchi «scalandroni». Lorenzo Deferri, presidente del Cral
del Porto, ha ipotizzato per la gestione del Polo museale l’intervento
volontario di alcuni soci. Italia Nostra ha ventilato la possibilità di
ricorrere a fondi regionali, di stipulare accordi con Comune e Provincia, di
valutare la disponibilità di associazioni e gruppi di volontari.
(s.m.)
Precenico, contro l’antenna una lettera a Napolitano
DUINO AURISINA Il comitato anti-antenna di Precenico ha
deciso di appellarsi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per
scongiurare l’ipotesi dell’installazione di un traliccio per la radiotelefonia
mobile alto 25 metri, nella parte superiore della frazione .
«Il sito proposto dal gestore (la Ericsson Telecomunicazioni, ndr) è proprio a
ridosso delle abitazioni e quindi andrebbe in netto contrasto con i principi di
tutela del diritto del benessere e della salute dei cittadini», recita il
documento firmato dalla portavoce del comitato Barbara Leghiša.
La lettera è stata indirizzata anche al ministro per lo Sviluppo economico
Claudio Scajola, alla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio
del Friuli Venezia Giulia, nonché alla Wind, la compagnia telefonica che
dovrebbe usufruire dell’antenna in concessione alla multinazionale Ericsson.
Delfini, Lussino contro la riserva permanente -
PROGETTO MINISTERIALE
LUSSINPICCOLO Il delfino, croce e delizia dei lussignani.
Da anni, anzi da decenni, questo mammifero marino viene preso a simbolo del
Comune di Lussinpiccolo, sulla falsariga di quanto avviene a Cherso, dove
l’animale rapresentativo dell’isola è il grifone, avvoltoio dalla testa bianca.
Non appena si mette piede nel comune lussignano, la figura del delfino è
presente un pò ovunque, nei depliant dell’Assoturistica, sulle fiancate dei bus
delle linee urbane, nella principale piazza del capoluogo, dove fa bella mostra
di sé una fontana con le statue di due delfini, inaugurata nell’ormai lontano
1960. E poi da 16 anni a questa parte, il primo sabato agostano è riservato a
Lussingrande alla Giornata del delfino, manifestazione unica nel suo genere.
I più meritevoli di cotanta attenzione sono per l’appunto i delfini lussignani,
una colonia di circa 120 esemplari che pescatori, diportisti e qualche volta
anche i bagnanti, possono ammirare di tanto in tanto. Fin qui tutto bello e in
regola. Il discorso cambia quando a Lussinpiccolo e nell’isola si parla di
tutela del cetaceo, della necessità d’istituire un «santuario» dei delfini,
un’area marina protetta. Ricordiamo all’uopo che nel 2006, su decisione del
Ministero croato della cultura, è stata istituita una specie di riserva dei
delfini, della durata di tre anni.
Nel luglio di quest anno, il Dicastero dovrebbe proclamare la riserva
permanente, con un grado di tutela al momento sconosciuto. Da qui i malumori e
le proteste di varie categorie, in primis pescatori, diportisti e agenzie che si
occupano di trasporto marittimo di vacanzieri, le quali temono che l’entrata in
vigore di un santuario potrebbe proibire o comunque limitare le attività. Tempo
fa, il Consiglio cittadino di Lussinpiccolo, guidato da una coalizione di
centrodestra, ha approvato una delibera con cui si chiede che nelle acque
dell’arcipelago non via sia alcuna zona in regime di protezione dei delfini. I
pericoli, per i mammiferi marini, sono molteplici, dalle eliche dei natanti alle
reti nelle quali si possono impigliare e morire. Giorni fa, a tenere una
conferenza stampa sullo scottante argomento, sono stati il presidente del
Consiglio municipale Milan Muzic e l’assessore Ivan Fabijanic. I due hanno
ricordato l’atteggiamento assunto dal parlamentino isolano, rinnovando la
richiesta alle autorità di Zagabria di non proclamare alcuna riserva.
«Non vi sono motivi plausibili per farlo – hanno detto ai giornalisti –: lungo
tutto l’Adriatico vi sono numerose colonie di delfini e in nessuna parte sono
state adottate speciali misure di tutela. Lo stesso deve valere anche per le
nostre acque. Eventuali aree protette potrebbero arrecare gravi e irrecuperabili
danni all’economia locale». Buono insomma per fare da simbolo dell’isola, figura
non grata invece per pescatori professionisti e sportivi, come pure per altre
categorie, tutti supportati dal Consiglio comunale. In attesa di sapere come
andrà a finire fra un paio di mesi, Lussino si prepara comunque a sostenere il
primo vero e proprio assalto turistico del 2009, quello pasquale. Secondo la
direzione dell’impresa alberghiera lussignana Jadranka Hoteli, le prenotazioni
fioccano copiose per le comitive organizzate, mentre è minore l’interesse da
parte dei turisti individuali.
«Non prevediamo cali rispetto alle presenze dell’anno scorso – ha dichiarato il
direttore generale della ”Jadranka” Snjezana Baljak –: un calo dei prezzi? Ma
neanche per sogno. Stiamo lavorando invece per aumentare, allo stesso costo, la
qualità dei nostri servizi». Lussino dovrebbe ospitare a Pasqua sui 1.500
villeggianti.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 marzo 2009
Il Pd: poca differenziata e Tarsu troppo costosa
Dipiazza: vadano a Napoli - BOTTA E RISPOSTA SUI RIFIUTI
Lo sviluppo dell’AcegasAps e l’incremento della raccolta
differenziata dei rifiuti sono conciliabili. È il concetto espresso dal
segretario del Pd, Roberto Cosolini, e dal capogruppo del partito in consiglio
comunale, Fabio Omero. «Non è vero che il potenziamento della raccolta
differenziata – ha detto Cosolini – può mettere a rischio lo sviluppo dell’AcegasAps.
Finora abbiamo visto solo applicare, da parte del Comune, facili aumenti alla
Tarsu, mentre la raccolta differenziata è sempre più difficile. Secondo
un’opinione diffusa, la raccolta differenziata danneggerebbe l’attività del
termovalorizzatore dell’AcegasAps. Meno rifiuti, meno energia prodotta, e quindi
venduta, è il ragionamento del Comune. In realtà – ha sottolineato - sarebbe
sufficiente aumentare la percentuale di differenziata, per liberare spazi
nell’impianto di termovalorizzazione, che potrebbe così accogliere rifiuti anche
da altri centri regionali, incrementando la produzione di energia. Non è
ammissibile - ha concluso - che il Comune strumentalizzi lo sviluppo dell’Acegas
Aps come argomento contro la differenziata».
Ma la replica non tarda ad arrivare: «Lo stiamo facendo, non solo le diciamo
come gli esponenti del Pd. Nell’ultimo anno è diminuito il rifiuto
indifferenziato - ha affermato l’assessore Paolo Rovis - consentendo così di
bruciare nel termovalorizzatore anche un quantitativo proveniente da Gorizia. È
un imput che abbiamo dato all’AcegasAps, sono contento che Cosolini se ne sia
accorto adesso».
Ma la polemica riguarda anche le tariffe. Omero ha ricordato di avere chiesto al
Comune di conoscere i conti della Tarsu: «A tutt'oggi la risposta non è
pervenuta. Eppure – ha detto - sommando quanto versato all’AcegasAps per lo
smaltimento dei rifiuti e la pulizia delle strade, e sottraendo alla cifra
ottenuta quanto il Comune paga per la tutela del verde e la gestione dei parchi
dovrebbe restare, nelle casse comunali, almeno un milione di euro, peraltro
prelevato dalle tasche dei cittadini. Se così fosse, i triestini non
pagherebbero il costo reale, ma un prezzo concordato con la società. Abbiamo la
sensazione - ha concluso - che i cittadini finiscano con il pagare due volte gli
stessi servizi».
Secca la replica del sindaco Roberto Dipiazza: «Propongo al Pd di fornire una
consulenza in materia al sindaco di Napoli, Russo Jervolino, e al governatore
della Campania Bassolino...».
(u.s.)
Circolo Miani: «Ferriera, va creato un super ente» - LA
PROPOSTA: «PER LA RICONVERSIONE»
Formare una società temporanea d’impresa pubblico-privata
con un commissario come figura di garanzia, che gestisca la crisi della Ferriera
di Servola e, attingendo a fondi europei, porti lo stabilimento siderurgico alla
riconversione. È questa la proposta giunta ieri dal circolo Miani, durante
un’assemblea pubblica organizzata nella sede del sodalizio ambientalista in via
Valmaura.
«Nell’attuale momento di disorientamento, in cui la classe politica e le forze
sindacali sono incapaci di agire e prendere decisioni – ha spiegato Maurizio
Fogar, presidente del circolo Miani – noi proponiamo quella che ci sembra
l’unica soluzione possibile: la costituzione di un super ente che coinvolga il
Governo, la Regione, i Comuni di Trieste e Muggia, la Provincia, l’Ezit e
l’Autorità portuale, ma anche la Severstal-Lucchini e gli operatori portuali, e
che, attraverso i fondi comunitari, proceda alla pulizia e alla tombatura del
sito. Quell’area dovrebbe essere riconvertita e destinata all’attività del
nostro scalo, e rioni come San Sabba andrebbero del tutto rivisti, non più come
quartieri-dormitorio, ma come retroporto. E gli abitanti – ha aggiunto -
dovrebbero vivere altrove, in case Ater molto più accoglienti di quelle
esistenti oggi». Si tratta, come emerso ieri, di un piano già presentato
dall’associazione nel 2003, ma «che non è mai stato preso in considerazione».
(e.c.)
Venezia, 200 milioni per la centrale a alghe. -
Bordon e Costa (Authority portuale): «Proporremo il
progetto a Trieste e Capodistria» Una tecnologia rivoluzionaria
VENEZIA Dieci ettari di terreno tra le ciminiere e i silos
di Porto Marghera, trafitti da centinaia di tubi di plastica trasparente alti 8
metri, ripieni di alghe: diatomee monocellulari che grazie alla fotosintesi
crescono un milione di volte in più di quanto accade in natura: nel porto di
Venezia nascerà il primo impianto in Italia a produrre energia ricavata dalle
alghe. L’impianto sarà in grado di produrre circa 40 megawatt, vale a dire
l'equivalente della metà dell'energia necessaria agli abitanti del centro
storico di Venezia e un terzo della centrale Enel di Porto Marghera. A firmare
il progetto sarà la nuova società eNave (Energia dalle alghe per Venezia): 51%
Autorità portuale, 49% la neo-costituita società Enalg dell’ex ministro Willer
Bordon, la società che si è assicurata la commercializzazione in Italia del
brevetto di Solena Group: il gruppo Usa in Spagna si sta applicando alla
produzione di biokerosene per l'aviazione.
La prima centrale elettrica verde del mondo sarà capace di produrre 24 ore su
24, 365 giorni all'anno, ad emissioni zero, 50 Mw di purissima energia,
utilizzandone un quinto per alimentarsi: Venezia ne consuma 80-100, il porto
veneziano una decina. A mettersi in società, due ex ministri del centro
sinistra: Paolo Costa, presidente dell'Autority portuale, e Willer Bordon, Ad di
Enalg, che ha creato con l'amico imprenditore Giancarlo Giglio, ex
amministratore delegato di Datamat (poi ceduta a Finmeccanica). La prima
centrale elettrica pulita e senza le rotture di carico giorno-notte del
fotovoltaico, potrebbe essere operativa in due anni.
I vari protagonisti dell’iniziativa si propongono di farne un modello
esportabile anche negli altri porti del Nord Adriatico, compresa Trieste: «Se il
progetto della centrale a biomasse ricavate dalle alghe funzionerà -ha detto
Costa- siamo già pronti a proporre il progetto della centrale ad alghe anche a
Ravenna, Trieste e Capodistria, città con cui Venezia ha avviato accordi di
cooperazione».
«Da Venezia può partire una rivoluzione energetica mondiale nell'ambito delle
fonti rinnovavbili: sono sicuro che gli investitori faranno al coda», dice Paolo
Costa, «come porto abbiamo due obiettivi: l'autosufficienza energetica e la
riduzione delle emissioni di Co2, comprese quelle prodotte dalle navi agli
ormeggi. In futuro, il fine è il collegamento elettrico delle navi, senza più
emissioni in atmosfera, ma stiamo lavorando anche ad un progetto di fotovoltaico
per 32 megawatt». «Per un paio di settimane ho cercato di scoprire quale fosse
il trucco perchè‚ mi sembrava un progetto incredibile, alla fine mi sono
arreso», sottolinea Bordon, «è una tecnologia rivoluzionaria: non ha
l'instabilità delle altre fonti rinnovabili come sole e vento, cattura
l'anidride carbonica e rilascia ossigeno, è un impianto a filiera cortissima,
che non incide sul traffico».
«L'obiettivo - ha sottolineato il presidente dell'Autorità portuale di Venezia
Paolo Costa - è di garantire l'autosufficienza energetica del porto e, nel
prossimo futuro, di guardare alla possibilità di fornire da terra l'energia alle
navi ormeggiate».
«Le alghe - ha spiegato l'ex ministro dell'ambiente Willer Bordon - superano
molte delle criticità delle energie rinnovabili attuali come l'eolico e o il
fotovoltaico a cominciare dal fatto che consentono di produrre energia per 8.000
ore l'anno contro le 1.700 del solare».
Roberta De Rossi
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 marzo 2009
Edilizia, la Regione semplifica la normativa Risparmi
previsti tra i 500 e gli 8mila euro
TRIESTE I cantieri «in casa» non saranno più un incubo. La
Regione semplifica la vita ai cittadini e con il nuovo codice dell’edilizia, al
quale sta lavorando l’assessore Federica Seganti, taglierà costi e tempi dei
lavori. Il risparmio – in termini di tempo – andrà da un minimo di due mesi a un
massimo di cinque. E se il tempo è denaro, anche il portafoglio ne beneficerà:
da un minimo di 500 euro a un massimo di 8 mila euro.
L’ITER Oggi per costruire – dalla recinzione all’abitazione – esistono tre
procedure. «C’è la concessione edilizia che necessita dell’autorizzazione del
comune e di tempi e costi che variano a seconda del progetto – esemplifica
l’assessore Seganti -; la procedura con denuncia di inizio attività in cui il
cittadino comunica l’inizio dei lavori e il comune ha trenta giorni di tempo per
bloccare eventualmente l’inizio lavori; infine il regime di attività libera».
LA SEMPLIFICAZIONE L’obiettivo della Regione è quello di semplificare il più
possibile la vita ai cittadini che devono fare piccoli interventi, legati in
prevalenza all’abitazione principale, senza per questo ridurre i controlli nel
caso di interventi pubblici o privati di grandi dimensioni e impatto per il
territorio. «Abbiamo cercato di trasferire alcune procedure, che oggi
necessitano di concessione edilizia o di Dia – aggiunge Seganti -, in libera
attività, riducendo in questo modo tempi e costi per le famiglie».
OGGI Le complicazioni per chi deve mettere mano in casa o in giardino oggi sono
dietro l’angolo. «Forse non tutti sanno che per fare un movimento terra in una
zona agricola, magari per creare un orto – spiega l’assessore –, oggi è
necessario, in base alla legge regionale 5 del 2007, richiedere una concessione
edilizia». Non va meglio se bisogna ricostruire un muretto in pietra. «In questo
caso serve l’autorizzazione paesaggistica» e se non si rispettano le procedure
si rischia la denuncia penale. Tutto questo ha dei costi visto che il cittadino
deve rivolgersi a un professionista per la progettazione oltre naturalmente ad
affrontare i tempi della procedura.
I COSTI Oggi nel caso di interventi dove sia necessaria la dichiarazione di
inizio attività, bisogna aspettare almeno due mesi: 30 giorni per il progetto ai
quali si aggiunge un altro mese prima dell’inizio lavori. In questo frangente il
comune può bocciare il progetto e a quel punto l’iter deve ripartire con le
modifiche progettuali per recepire le richieste dell’ente. «Abbiamo calcolato –
dice Seganti – che per la documentazione e la pratica amministrativa un
cittadino spende da un minimo di 500 euro a un massimo di 2000 euro». Se invece
della Dia serve la concessione edilizia i valori crescono. «In termini di spesa
si parla di diverse migliaia di euro – aggiunge l’assessore – che si aggirano su
un minimo di 8 mila euro per i lavori più piccoli, quelli che noi cerchiamo di
spostare in Dia o in regime di libera attività. Quanto ai tempi, in un comune
come Trieste, ad esempio, per ottenere una concessione servono almeno 150
giorni».
IL RISPARMIO Aumentare la libera attività significa quindi abbattere costi e
tempi delle procedure. La Regione, nella direzione della semplificazione,
prevede anche un altra facilitazione. «Il permesso di costruire sarà soggetto al
silenzio assenso – anticipa l’assessore – e non più al silenzio diniego. Il
comune avrà 60 giorni di tempo più altri 15 per dare il proprio parere. In caso
di mancato rispetto dei tempi la richiesta di permesso sarà accolta
automaticamente».
MARTINA MILIA
EDILIZIA - Almeno 10 interventi a costo e tempo zero:
dai pannelli solari ai depositi interrati di Gpl - IL
CODICE PREVEDE AUMENTI DI CUBATURE DEL 5-10%
TRIESTE Sono almeno una decina i lavori che i cittadini
potranno realizzare in regime di libera attività e quindi a costo e tempo zero.
Si andrà dall’installazione dei pannelli solari o fotovoltaici all’installazione
di depositi interrati di Gpl; dalla sostituzione delle finiture non strutturali
degli appartamenti all’integrazione dei servizi igienico sanitari. E ancora la
manutenzione delle principali condotte – fognature, rete idrica, gas, linee
elettriche –, ma anche l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Saranno semplificate anche le procedure per interventi più complessi come
possono essere la bonifica e la sistemazione del terreno connesso ad attività
agricole, la sostituzione degli infissi, la realizzazione di pertinenze in
edifici esistenti, la sostituzione e costruzione di recinzioni, muri di cinta o
cancellate in fondi privati e la realizzazione di depositi di merci all’interno
di zone destinate ad attività produttive.
Il nuovo codice dell’edilizia è in fase di elaborazione da alcuni mesi e la
bozza è ormai ultimata. La Regione l’ha inviata agli ordini professionali e alle
categorie interessate per avere un confronto da subito sul merito dei
provvedimenti e convocherà un tavolo per discuterla e cercare di fare sintesi
all’inizio di aprile. Il disegno di legge conterrà anche le misure relative agli
ampliamenti delle cubature, che – alla luce delle nuove misure del governo –
dovranno essere confrontati con gli input che arrivano da Roma. Anche su questo,
però, la Regione sembra intenzionata a tenere una sua linea: sviluppo sì ma
indici parametrati al tipo di intervento e quindi nel massimo rispetto del
contesto in cui si va ad operare. Ecco perché il codice prevede aumenti di
cubature del 5 - 10 per cento per i piccoli edifici – case, dimore private –
mentre è più restio a seguire una logica della percentuale quando si tratta di
grandi interventi come nel caso di centri commerciali o piani residenziali di
grande portata.
Le direttrici del nuovo codice, infatti, saranno due: da un lato la
semplificazione delle procedure, a vantaggio dei cittadini e di chi deve fare
piccoli interventi, dall’altro un’attenzione costante per evitare speculazioni
edilizie. La normativa, nelle intenzioni dell’assessore Seganti, dovrebbe creare
vantaggi anche agli artigiani e alle imprese «perché semplificare le procedure
per i cittadini significa garantire – spiega – tempi certi al committente, ma
anche all’impresa che può organizzare meglio il proprio lavoro».
(m. mi.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 marzo 2009
Processo alla Ferriera: i cittadini di Servola chiedono
i danni - TRAMITE L’ASSOCIAZIONE «NO SMOG»
L’associazione di cittadini No Smog di Servola si
costituirà parte civile nel processo penale intentato alla Ferriera dal pm
Federico Frezza che contesta all’azienda siderurgica inquinamento e molestie per
240 episodi di sforamento dei limiti di polveri sottili, misurati tra 2007 e
2008 con le centraline della stessa Procura. La prima udienza è fissata per il
22 aprile.
Si costituiranno parte civile anche singoli cittadini che in questi anni si sono
rivolti al numero speciale dell’Azienda sanitaria per problemi di salute legati
alla qualità dell’aria, e altri che si sono sottoposti ad analisi privatamente e
hanno depositato l’esito delle indagini mediche.
Lo ha annunciato ieri l’associazione in una pubblica assemblea, di nuovo
affollata, in cui è stato prima di tutto sottolineato: «Ci dispiace per i
lavoratori che oggi sono in cassa integrazione, ma da un lato non ne siamo noi i
responsabili, e dall’altro non vorremmo che l’emergenza occupazionale mettesse
in ombra le responsabilità ambientali dell’azienda».
La presidente Alda Sancin e il segretario Adriano Tasso hanno proiettato
diapositive che vanno ad accrescere il già grosso dossier, che costituisce un
«diario» degli eventi, tra carteggi pubblici e notizie pubblicamente diffuse.
Sulla scorta di ciò Tasso ha dimostrato che sia l’Azienda sanitaria e sia la
Provincia hanno manifestato (e comunicato per iscritto alla Regione) forti
perplessità sulla decisione improvvisa della Lucchini, a fine dicembre, di
chiedere la ristrutturazione di un altoforno diverso rispetto a quello indicato
nella legge regionale di Autorizzazione integrata ambientale (Aia), di cui la
Lucchini ha chiesto come si sa addirittura la sospensione per sei mesi.
Se gli enti manifestano perplessità anche sulla situazione «strutturale» di un
altoforno inattivo da ben sette anni, i cittadini sulla scorta delle norme
avvertono: «Quando le aziende spostano l’attività su segmenti di fabbrica non
espressamente citati nell’Aia, tutto il provvedimento autorizzativo va rifatto
daccapo». Intanto a Servola sono sparite le enormi nuvole di fumo, il cielo è
fermo, così l’attività degli oltre 300 lavoratori messi in cassa integrazione.
La cokeria stessa ridurrà il lavoro al 50% delle sue potenzialità.
I No Smog hanno di recente anche ottenuto un incontro con l’assessore regionale
alla Salute, Vladimir Kosic: «Lui era assente - ha riferito Tasso -, ma due
esperti medici dell’Agenzia regionale della Sanità ci hanno informato di una
novità interessante: la Regione ha stanziato 450 mila euro per un piano di
monitoraggio in due anni sulla salute dei cittadini, da realizzare con metodo
scientifico assieme all’Arpa».
La stessa associazione, che domenica 15 marzo è stata protagonista di un
servizio sui problemi ambientali della Ferriera trasmesso da La 7, sta
procedendo con le segnalazioni alla Corte europea di Strasburgo, e chiede che i
problemi della sicurezza e della salute vengano risolti prima dell’avvio
dell’altoforno ristrutturato, «per non ritrovarsi con gli stessi problemi di
prima, mentre da gennaio 2010 cambiano le leggi e gli sforamenti ammessi non
saranno più 35 all’anno, ma solo 7».
GABRIELLA ZIANI
IL PICCOLO - SABATO, 21 marzo 2009
Scajola «Il rigassificatore si farà, riconversione per
la Ferriera» - Il governo valuterà la possibilità di applicare
gli sconti benzina come tra Lombardia e Svizzera
TRIESTE Il rigassificatore a Trieste si farà, il processo
di riconversione della Ferriera verrà seguito e agevolato, il governo valuterà
la possibilità di applicare in quest’area gli sconti sulla benzina già praticati
nella fascia della Lombardia al confine con la Svizzera. Queste le indicazioni
che gli amministratori triestini hanno avuto dal ministro dello Sviluppo
economico Claudio Scajola nel corso dell’incontro di ieri sera all’aeroporto di
Ronchi.
«Rigassificatore, Piattaforma logistica, Centrale di cogenerazione, Fabbrica di
funi d’acciaio, riuso del Porto vecchio, Parco del mare: queste sono le carte
che Trieste sta per giocare e sulle quali il ministro ha concordato», riferisce
il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. «Assieme al presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti - aggiunge Dipiazza - abbiamo anche consegnato a
Scajola un dossier dal quale risulta come 140 milioni di euro finiscano in
Slovenia a seguito del fatto che molti automobilisti vanno a fare il pieno
oltreconfine. Lo Stato italiano perde 70-80 milioni all’anno ed è nel suo
interesse prendere qualche contromisura».
«Dinanzi al ministro - riferisce la presidente della Provincia di Trieste, Maria
Teresa Poropat - è perlomeno emersa una concordanza di vedute di tutte le
amministrazioni sul futuro economico della città e abbiamo anche appreso con
piacere dalla Regione che la firma per l’accordo di programma sul Sito inquinato
è imminente. Resta però la grande incognita dei tempi sui quali Scajola non ha
fornito alcuna indicazione». Quando partirà la costruzione del rigassificatore
per il quale il ministro ha detto che al Ministero dell’Ambiente si sta
concludendo l’istruttoria tecnica? Quando potranno cominciare a essere operative
la Piattaforma logistica, la Centrale elettrica, la fabbrica di funi? Molti
operai della Ferriera e della Sertubi sono già ora in cassa integrazione, non
tutti sono certi di poter tornare a lavorare a giugno e comunque il 2015 è stato
indicato dalla stessa Lucchini-Severstal come data di chiusura della Ferriera.
A margine il ministro ha affermato che «Dipiazza è il più dinamico sindaco
d’Italia e merita di andare al Parlamento europeo». Negli ultimi giorni Dipiazza
non ha escluso una sua candidatura all’Europarlamento.
SILVIO MARANZANA
IL PICCOLO - VENERDI',20 marzo 2009
Scajola: pronti a una partnership italo-slovena per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko - IL MINISTRO ALL’ ECONOMIA RACCOGLIE LA PROPOSTA DI TONDO
TRIESTE - Il governo è pronto a sostenere una partnership italo-slovena per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko.
Claudio Scajola
«raccoglie» la proposta di Renzo Tondo, supporter convinto dell’atomo «senza
confini», perché quella proposta «non è in contrasto con il programma nucleare
italiano» e «può favorire l’adozione dei migliori sistemi di sicurezza». Ma il
ministro dello Sviluppo economico, alla vigilia del suo arrivo in Friuli Venezia
Giulia dove lo attende una full immersion con istituzioni, imprenditori e
categorie economiche, si sofferma soprattutto sulla crisi. E sulle misure per
contrastarla: assicura massima disponibilità a cercare soluzioni per la Caffaro,
la Ferriera, la Safilo. E, pur non sbilanciandosi sulla ripresa, lancia un
messaggio di ottimismo: «Si intravede qualche timido segnale di inversione».
Ministro, qual è l’obiettivo della sua visita odierna in Friuli Venezia Giulia?
Toccare con mano i problemi delle imprese della regione. Non è possibile pensare
di aiutare le imprese italiane nella ripresa e nello sviluppo trascurando le
realtà locali. Incontrerò il presidente Tondo, i politici locali, le
associazioni degli industriali, alcune aziende in crisi come la Caffaro e la
Safilo.
O come la Ferriera di Servola. Il governo può aiutarle? In che modo?
Fin dall’autunno il governo ha messo in cantiere interventi per dare sostegno
alle imprese. Abbiamo messo 1,5 miliardi di euro nel Fondo di garanzia per il
credito, il che significa finanziamenti per 70-80 miliardi di euro. Abbiamo
introdotto l’Iva all’incasso e la revisione degli studi di settore. Abbiamo
rimesso in sesto la chimica e varato il Fondo ammortizzatori sociali. Ieri
abbiamo avviato interventi per il settore moda e mercoledì abbiamo insediato il
tavolo per le piccole imprese. Stiamo anche snellendo le procedure per le crisi
aziendali.
E quindi?
Confido che, utilizzando questi strumenti, si potranno trovare soluzioni per le
imprese del Friuli Venezia Giulia.
I dati sulla crisi rimangono allarmanti. Quali sono le sue previsioni? Scorge
segnali positivi?
I dati degli ultimi mesi sono una conferma delle difficoltà, tuttavia si
intravede qualche timido segnale di inversione, almeno in alcuni settori. Giorni
fa il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha
sottolineato come i mercati non abbiano ancora valutato la portata positiva del
calo dei prezzi delle materie prime e dei piani di rilancio messi in campo dai
governi.
In quali settori si intravedono segnali di inversione?
Per l’auto, ad esempio, i dati parziali sulle prenotazioni di vetture sono
incoraggianti. Tanto che la Fiat ha ridotto la cassa integrazione.
Lei ha recentemente dichiarato che il primo impegno del governo dev’essere
quello di indurre le famiglie a spendere e investire parte dei risparmi. Bastano
gli incentivi annunciati? Ce ne sono altri allo studio?
Le famiglie italiane hanno un patrimonio complessivo che Banca d’Italia ha
valutato nel 2007 in 8 mila miliardi di euro, mentre lo Stato ha un debito di
1.700 miliardi. Dobbiamo sollecitare le famiglie che hanno un reddito certo e
dei risparmi a consumare e a investire, come stiamo facendo con gli incentivi
all’auto e con il piano casa in preparazione che potrebbe attivare investimenti
immobiliari privati per 50-60 miliardi.
Sostegno alle pmi. Quali le nuove misure in cantiere?
Abbiamo previsto una serie di interventi per sostenere i 5 milioni di piccole
imprese italiane. Ieri abbiamo annunciato misure per il settore moda. Mercoledì
abbiamo insediato il tavolo sulle pmi che avvierà ulteriori iniziative sia nel
lungo periodo che in questo momento di particolare difficoltà.
Confindustria del Friuli Venezia Giulia apre le porte a una centrale nucleare.
Potrebbe essere ospitata, come ventilato da ambientalisti e Pd, a Monfalcone?
Allo stato attuale è del tutto prematuro fare indicazioni concrete sulle
possibili localizzazioni. Come prevede il disegno di legge «Sviluppo», in
discussione al Senato, entro l’anno definiremo i criteri che devono essere
seguiti nella scelta dei siti delle centrali nucleari, e poi saranno le imprese
energetiche a proporre le località più adeguate con un iter autorizzativo che
garantisce il pieno coinvolgimento degli enti locali e la piena trasparenza e
informazione delle popolazioni. Sono lieto che la Confindustria del Friuli
Venezia Giulia sia disponibile a ospitare una centrale anche perché comprende
che le popolazioni, le imprese e i territori ne avranno un notevole beneficio,
anche economico.
Il presidente Renzo Tondo insiste nel proporre una partnership italo-slovena per
il raddoppio di Krsko. L’ipotesi è percorribile? Interessa l’Italia?
L’ipotesi non è in contrasto con il programma nucleare italiano e si colloca in
una prospettiva di collaborazioni europee che questo governo sostiene
attivamente. Se, a fronte di un’eventuale richiesta delle autorità slovene, le
imprese energetiche italiane mostreranno disponibilità, il governo Berlusconi
non farà mancare il proprio sostegno, soprattutto per favorire l’adozione dei
migliori sistemi di sicurezza a Krsko.
Rigassificatore di Trieste. La Slovenia, impegnata a realizzare un
rigassificatore a Capodistria, pone obiezioni. Come risponde l’Italia?
Nella zona vi sono altri progetti di rigassificatori con ipotesi di
localizzazione in Slovenia e in Croazia. Vi è un ulteriore progetto situato in
mare, al centro del Golfo di Trieste, presentato dalla società Endesa, per il
quale è in corso il procedimento d’impatto ambientale. È evidente l’opportunità
di un coordinamento tra le diverse iniziative considerato che occorre,
specialmente in un momento di crisi economica, utilizzare al meglio le
possibilità di investimento del settore privato per realizzare nei tempi più
brevi le iniziative che presentano i migliori requisiti di fattibilità,
adeguatezza ed efficienza.
Perché il progetto di Gas Natural non decolla?
L’iter della valutazione di impatto ambientale è stato molto complesso. Al
momento è in corso presso il ministero dell’Ambiente la conclusione
dell’istruttoria tecnica per giungere al pronunciamento definitivo che mi auguro
arrivi quanto prima.
ROBERTA GIANI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 marzo 2009
Visogliano, l’elettrodotto non sarà interrato - LA
TERNA HA ILLUSTRATO IL PROGETTO DI AGGIORNAMENTO DELLA RETE
DUINO AURISINA Non sarà interrato il tratto di
elettrodotto che passa per Visogliano e San Pelagio, almeno secondo il progetto
della Terna. La conferma arriva dalla conferenza dei servizi «informativa»
svoltasi a Roma, con la presenza dei Comuni interessati alla modifica del
sistema di trasporto dell'energia, tra i quali anche Duino Aurisina.
La Terna ha esposto il progetto di aggiornamento della rete: fatta eccezione per
un tratto nella zona di Monfalcone, non è previsto alcun altro interramento, ma
solo lo spostamento dell'elettrodotto all'esterno dei centri abitati.
Per la tratta di competenza di Duino Aurisina, nonostante il voto unanime del
consiglio comunale, le petizioni degli abitanti e le lettere alla Regione,
niente cavi sotto terra dunque.
«Una scelta che non è ancora definitiva ma che - spiega l'assessore all'Ambiente
Giorgio Tamaro - non prevede che il Comune di Duino Aurisina possa avere un
ruolo decisionale. Spetta infatti alla conferenza dei servizi tra Regione,
Governo e Terna decidere le modalità definitive di trasformazione
dell'elettrodotto, e l'intesa tra Regione e ministero dell'Ambiente varrà anche
come variante al piano regolatore di Duino Aurisina», perché allo stato dei
fatti è impossibile effettuare alcuna modifica all'elettrodotto, in quanto il
piano regolatore prevede che qualsiasi cambiamento imponga l'interramento o in
particolari casi la realizzazione di tralicci in legno.
Secondo l'assessore Tamaro «si tratta già di un ottimo risultato aver ottenuto
lo spostamento dei tralicci». Ma la popolazione delle due frazioni aveva chiesto
a gran voce l'interramento, prima di tutto per una questione di salute, e poi
anche per la valorizzazione turistica del sito.
Per quanto riguarda l'iter, nel corso della conferenza dei servizi è stato reso
noto il parere della Regione, che aveva sottolineato le opposizioni di Duino
Aurisina al solo spostamento dei tralicci: resta da capire se nei prossimi
incontri la Regione farà valere le scelte locali di Duino Aurisina, o si
accorderà con il ministero sulla base del progetto presentato dalla Terna.
In ogni caso, per le famiglie che vivono a contatto con i pali dell'alta
tensione, le attuali strutture dovrebbero ormai avere i mesi contati.
(fr.c.)
San Dorligo, gruppo di lavoro sui rifiuti - IL NODO
DELLA RACCOLTA PORTA A PORTA
Calcolo delle tariffe, modalità del servizio e problemi
dei condomini - Il sindaco Premolin ha accolto la richiesta dei consiglieri di
opposizione
SAN DORLIGO Nasce un gruppo di lavoro misto (maggioranza e opposizione),
costituito da assessori, consiglieri e funzionari comunali, sul tema da mesi
centro dell’attenzione nel territorio di San Dorligo della Valle: la raccolta
«porta a porta» dei rifiuti.
La proposta, lanciata dai consiglieri d’opposizione Giorgio Jercog (Oltre il
Polo), Roberto Massi (Oltre il Polo), Roberto Drozina (Rinnovamento di centro) e
Sergio Rudini (Lega Nord Padania), è stata accolta dal sindaco Fulvia Premolin:
«Devo concordare che sul sistema porta a porta, adottato da questa
amministrazione negli ultimi due anni, c'è indubbiamente ancora tanto da fare,
sia per quanto riguarda il sistema vero e proprio, sia sul regolamento
sanzionatorio, come anche sul modo di gratificare i più virtuosi. Anche se siamo
alle prime armi – osserva – abbiamo però fatto parecchio e reputo che siamo
sulla buona strada».
Quanto all’ordine dei lavori del gruppo, i quattro consiglieri d’opposizione
hanno espresso in primis la richiesta di un’analisi dello stato di fatto (come
sono stati utilizzati i dati dei microchip-transponder, quanti i dipendenti
coinvolti, come vengono calcolate le tariffe).
In seconda battuta vi sono alcune considerazioni sulle modalità del servizio, la
principale riferita agli orari di prelievo («anche per pari tipologia la levata
nella stessa frazione avviene in orari disomogenei nell’arco della giornata
indicata dall’ecocalendario»), mentre per quanto riguarda le problematiche dei
condomini «la situazione presenta aspetti non ancora risolti, per cui sembrano
prevalere soprattutto le iniziative fai da te»».
Saranno poi formulate alcune proposte, tra le quali la preminente è relativa ai
microchips-transponder, ritenuti «inutili in quanto unicamente finalizzati a
realizzare iniquità e a istigare comportamenti illeciti. Il loro eventuale
mantenimento può avere senso soltanto per un utilizzo a scopo statistico (e
quindi limitato nel tempo) al fine di verificare, in seguito, la possibilità di
soluzioni più coerenti ed eque».
Intanto è sempre intenzionato a svolgere un referendum sulla questione Boris
Gombac (Uniti nelle Tradizioni): «Per mettere fine ad un simile sperpero di
denaro pubblico porteremo a compimento il referendum consultivo per
l’abrogazione del servizio porta a porta per sostituirlo con le isole
ecologiche». (
r.t.)
Progetto di città sostenibile: un concorso per l’idea
migliore - LANCIATO DALLA PROVINCIA
Per fare di Trieste una città diversa, più sostenibile sia
dal punto di vista ambientale che dei rapporti sociali, bisogna innanzitutto
partire dai suoi cittadini. A questa la convinzione alla base di «DiversIdea»,
un concorso patrocinato dalla Provincia e rivolto a tutti quelli che vivono a
Trieste e dintorni per la promozione di idee inedite e creative sull'adozione di
stili di vita sostenibili.
Aperto fino al 20 maggio, il concorso (che verrà presentato domani alle 19 alla
sede Arci di via San Michele 24/b e il cui bando è scaricabile all'indirizzo
www.cultures.it/divercity) invita gli abitanti della città giuliana e del
territorio circostante a proporre un progetto, artistico ma che trasmetta un
messaggio il più concreto possibile, relativo a temi come il riciclaggio, la
mobilità sostenibile, il dialogo interculturale.
L'idea del concorso è nata un anno fa, quando, durante il VI Festival delle
Diversità (tenutosi al Comprensorio di San Giovanni dal 12 al 15 giugno) oltre
80 persone sono state coinvolte in un progetto denominato «DiverCity»: una serie
di tavoli tematici organizzati da varie associazioni e onlus che hanno cercato
di definire, attraverso il dialogo tra i partecipanti, le «buone pratiche» che,
se messe in atto, potrebbero fare di Trieste una città più sostenibile.
Sei i temi indicati allora per stimolare la riflessione: «fa la spesa giusta»,
«cicli e ricicli», «mobilità sostenibile», «altrinformazione», «abitare urbano
solidale» e «dialogo tra le culture».
Gli stessi temi sono riproposti oggi dal concorso «DiversIdea», con l'invito a
inviare il proprio progetto alla Cammini Aperti Onlus/Centro delle Culture,
promotrice dell'iniziativa, e con l'obiettivo di organizzare, nel corso del
prossimo Festival delle Diversità , una esposizione dei progetti vincitori.
Attraverso la peculiare mostra nata da «DiversIdea», il pubblico del festival
potrà conoscere e visionare le proposte più innovative e interessanti in materia
di sostenibilità. Se dall'idea si passerà alla pratica, poi, lo scopo di «DiversIdea»
potrà dirsi davvero raggiunto. E la nascita di una «DiverCity» sarà senz'altro
più a portata di mano.
Giulia Basso
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 marzo 2009
Ansaldo-Mangiarotti, l’affare nucleare in Fvg
- LE IMPRESE IN CORSA PER GARANTIRSI L’INDOTTO DELLE NUOVE
CENTRALI: MONFALCONE IN PRIMA LINEA
L’Asi fornirà generatori per una centrale in Francia.
L’ad Claudio Gemme: «Siamo pronti a partire»
MONFALCONE Ci sono imprese del Friuli Venezia Giulia già in corsa nella
nuova sfida italiana sul nucleare. A Monfalcone Ansaldo Sistemi Industriali non
ha mai abbandonato la ricerca sul nucleare. Nel 2007 la Mangiarotti, gruppo
attivo nella componentistica con stabilimenti a Sedegliano e San Giorgio di
Nogaro, ha acquistato il 70% delle quote di Ansaldo Camozzi, ribattezzata
Mangiarotti Nuclear. Mangiarotti, guidata dal presidente e ad Paolo Di Salvio,
ha formalizzato in queste settimane l'acquisto dell'area ex Ineos di Monfalcone,
dove si producevano films rigidi di plastica, per riconvertirla in uno
stabilimento di carpenteria e montaggio di grandi componenti anche per impianti
nucleari. Quando sarà completato l'iter legislativo per il ritorno del nucleare
in Italia, come annunciato dal ministro Scajola, Enel ed Edf collaboreranno per
costruire in Italia almeno quattro unità Epr con l'obiettivo di giungere
all'avvio operativo della prima entro il 2020. E anche Ansaldo Sistemi
Industriali è pronta.
«Non abbiamo mai lasciato strategicamente il nucleare», conferma
l'amministratore delegato di Asi Claudio Andrea Gemme, da sempre, con orgoglio,
uomo di Ansaldo, nato professionalmente con la sfida nucleare in Italia alla cui
conclusione ha partecipato da protagonista, gestendo nel 1987 la dismissione del
reattore di Montalto di Castro. L'Italia, quindi, secondo Gemme, è rimasta fuori
troppo a lungo dalla realizzazione di un impianto nucleare "chiavi in mano" per
pensare di muoversi in proprio e quindi ben venga la collaborazione con i
francesi.
Ansaldo sistemi industriali però non ha mai abbandonato la ricerca sul nucleare
e la produzione, tanto da avere in corso la fornitura di generatori ad Areva per
la nuova centrale in costruzione in Francia a Flamanville, dopo aver maturato
esperienza in Romania. Asi è quindi pronta a rientrare nel settore anche in
Italia. Le quattro centrali da realizzare in Italia (Enel e Edf, secondo quanto
annunciato dal ministro Scajola, dovrebbero realizzare quattro unità Epr con
avvio operativo entro il 2020) per Asi potrebbero del resto valere attorno ai
200 milioni di euro.
«Ben venga appunto l'alleanza con la Francia - sottolinea quindi Gemme -, ma si
dovrebbe in qualche modo pretendere che la componentistica sia fornita da
imprese italiane». È quanto ieri a Roma l'ad di Ansaldo sistemi industriali ha
cercato di spiegare a esponenti del Governo. «È chiaro che poi dobbiamo essere
pronti - aggiunge Gemme - da qui al 2013 e università, ricerca, industria devono
riappropriarsi di competenze che comunque non sono mai scomparse del tutto nel
nostro Paese».
Le imprese in grado di partecipare alla costruzione dei quattro impianti non
mancano, anche in Friuli Venezia Giulia, dove Asi ha appunto il suo stabilimento
più grande, quello di Monfalcone, 500 dipendenti e una produzione di grandi
motori a corrente alternata per il settore oil&gas e marine, tra gli altri.
C'è poi Mangiarotti che sta già lavorando in Cina e negli Stati Uniti con
Westinghouse, in Francia con Areva e sta costruendo contenitori destinati al
trattamento e stoccaggio delle scorie per conto di Areva Tni, Sogin e della
russa Rosatom. La società quindi si aspetta di avere notevoli opportunità di
lavoro, utilizzando il know-how acquisito in tutta la sua storia. Il gruppo
punta grazie all'intesa Berlusconi-Sarkozy a un volume d'affari medio su quattro
impianti di circa 800 milioni di euro. Non a caso la società, nonostante il
momento non facile per l'economia, ha formalizzato in queste settimane
l'acquisto dell'area ex Ineos di Monfalcone, dove si producevano films rigidi di
plastica, per riconvertirla in uno stabilimento di carpentieria e montaggio di
grandi componenti anche per impianti nucleari.
L'investimento complessivo si aggira sui 100 milioni di euro, ma la nuova unità
produttiva di Monfalcone, che potrebbe entrare in attività, iter burocratici
permettendo, entro il 2011, ha dalla sua l'affaccio sulla banchina del porto. Lo
stabilimento potrà quindi essere rifornito via mare e soprattutto imbarcare
quanto prodotto senza problemi di trasporti eccezionali su gomma. Nell’area ex
Ineos la società vuole realizzare un capannone attrezzato da 30mila metri
quadrati nel quale verrà effettuato l'assemblaggio finale della componentistica
proveniente dagli stabilimenti di Sedegliano, San Giorgio di Nogaro e Milano.
A Monfalcone dovrebbero essere movimentati componenti fino a 300 tonnellate di
peso. Lo stabilimento di Mangiarotti a regime dovrebbe impiegare attorno alle
150 persone, un numero non trascurabile di questi tempi.
LAURA BLASICH
Il canto d’amore di Boby senza compagni nel golfo -
Incontro ravvicinato in acqua del cronista sub con la megattera davanti alle
secche di Grado
Alle 10.20 di ieri mattina il cetaceo, lungo una decina
di metri, è riaffiorato puntuale nelle acque basse: ma sa come orientarsi
GRADO Eccola, la balena Boby. Compare dall’oscurità di un orizzonte denso,
color verde bottiglia, come un enorme spettro marino. Prima il bianco
fosforescente della pinna pettorale, lunga e gibbosa, simile all’ala di un
piccolo aeroplano, che agita in un movimento molto simile a un simpatico saluto.
Poi ecco materializzarsi il dorso grigio, e infine vedo la coda maestosa, dai
movimenti lenti e podoresi. Potrei allungare la mano per una fuggevole carezza,
invece prevale il buon senso e mi sposto appena in tempo per evitare un urto che
potrebbe anche rompermi una gamba. Lascio sfilare la balena davanti a me nel
silenzio del mare, e quindi provo a seguirla, pinneggiando a fatica dietro la
sua ombra. Lei sopporta le attenzioni per qualche secondo, cerco di starle
dietro affannando nell’autorespiratore, ma alla fine, con un ultimo colpo di
coda, Boby mi lascia inesorabilmente indietro e sparisce nelle profondità di una
dimensione che non è la mia.
INCONTRO
RAVVICINATO
Cronaca di un incontro ravvicinato con Boby, la megattera che da qualche
settimana pascola nelle acque basse e appetitose del Golfo di Trieste. Una breve
visita a casa sua, pochi metri sotto il mare, giusto il tempo di rendersi conto
della sua salute, e forse dei motivi che l’hanno spinta fin quassù. E vista
così, da vicino, Boby appare in buona forma, piuttosto consapevole di dove deve
andare e per cosa, salvo evitare le secche dei fondali di Grado dove, immagino,
debba sentirsi in una specie di sgabuzzino stretto e buio.
Boby è lunga dieci metri, ha una caratteristica crestina bianca sulla pinna
dorsale, dimostra di non gradire troppo motori e motoscafi e ogni tanto si
diverte a sguazzare menando grandi colpi di coda all’aria. Ieri Boby ha visto
sorgere il giorno poco al largo dell’Isola del sole, subito fuori dalla Fosa, e
ha passato la giornata a pascolare da quelle parti prima di allontanarsi verso
il largo.
La caccia alla balena - una caccia benevola, auotorizzata, fotografica, allo
scopo di verificare eventuali pericoli e raccogliere informazioni per il Centro
nazionale studi cetacei - inizia di buon mattino, dalla darsena dell’Isola della
Schiusa. Qui mi aspetta Stefano Caressa, titolare dell’omonima ditta di lavori
marini e subacquei. Caressa conosce il Golfo di Trieste come le sue tasche,
sopra e sotto, sa dove si trovano secche e relitti, dune e dossi, ha esplorato e
cartografato nel dettaglio ogni centimetro di questo vasto specchio d’acqua - il
punto più estremo del Mediterraneo - e se c’è una persona in grado di pensare
come un essere marino è lui. Lo raggiungo all’imbarco dove è ormeggiata la sua
motobarca, il Castorino II, uno scafo da soma che si è costruito da solo capace
di sopportare qualsiasi fatica e insidia tra i canali della laguna come in mare
aperto. L’idea è di intercettare, se possibile, la traiettoria di Boby, che è un
po’ come indovinare un terno al lotto, considerato il fatto che da lunedì non ci
sono stati più avvistamenti. Chiedo a Caressa, se mai lui fosse una balena, dove
andrebbe a parare per evitare guai e trovare buon cibo. «Di sicuro eviterei le
secche del Banco della Mula di Muggia», risponde, mentre ci raggiunge, con
funzioni di vedetta e supporto logistico, Angela Giorgione, responsabile dell’infopoint
di Turismo FVG di Grado. Carichiamo a bordo del Castorino II l’attrezzatura
subacquea - mute, bombole e pinne - e l’apparecchiatura fotografica, pur sapendo
che le possibilità di avere un incontro ravvicinato con Boby sono prossime allo
zero assoluto.
Nello stesso istante, a un tiro di obice da dove siamo, sulla pista dell’aerocampo
di Prosecco si appresta a decollare lo Zin Savage Cruiser di colore giallo di
Maurizio Di Mauro, presidente del Gruppo amici del volo di Trieste, che gestisce
l’ex aviosuperfice militare per conto della Protezione civile. In estate i
piloti sportivi del Gav svolgono voli di controllo antincendio, stavolta invece
Maurizio Di Mauro effettuerà una ricognizione aerea scova-cetacei volando fino a
Punta Sdobba, restando così all’interno degli invisibili corridoi dell’aria
assegnati al volo sportivo.
CANTI D’AMORE All’Isola della Schiusa, intanto, mollati gli ormeggi, il
Castorino II si avvia a bassi giri verso la Fosa. Consultiamo la carta nautica e
prepariamo i binocoli, mentre Angela Giorgione si lascia andare ad alcune
osservazioni in bilico tra etologia e filosofia. «Pensate - dice -, le balene
sono animali sociali, mentre Boby sta vagando in solitudine da settimane, e per
di più in acque poco profonde; le magettare comunicano tra di loro per mezzo di
suoni a bassa frequenza, possono sentirsi a centinaia di chilometri di distanza.
Magari Boby sta chiamando e chiamando ma nessuno le risponde. Deve sentirsi
molto sola». Concordiamo sull’ipotesi, il che aggiunge una ragione in più alla
massima, coniata sempre da Angela, per cui «andare dietro a una balena è sempre
una ricerca spirituale».
Di mio aggiungo un pensiero ispirato sui canti d’amore delle megattere, quelle
melodie ancestrali che percorrono mari e oceani in una variazione di temi legate
sempre a un ordine preciso. In qualsiasi angolo oceanico si trovino le
popolazioni di megattere intonano lo stesso canto, e quando con il passare del
tempo la melodia si modifica, tutte le megattere di tutto il mondo seguono
contemporanemente questo mutamento. È un gigantesco, immane coro sottomarino in
nome dell’amore, una lezione che noi abitanti della terraferma non impareremo
mai, e che al contrario di quel poveraccio di Achab, così pieno di odio verso il
mondo, mi fa provare un’immediata simpatia per la balena cui stiamo dando la
caccia.
Usciamo dal corridoio marittimo della Fosa, affollata come sempre di
pescherecci, motovedette e scafi da diporto in transito, e puntiamo al largo.
Intanto Di Mauro è già in volo sul golfo, non lo possiamo vedere e alla fine non
lo potremo nemmeno sentire, perché i cellulari perdono volentieri la linea da
qui a lì, a ulteriore dimostrazione del fatto che le balene, in quanto a
comunicazione, sono molto più avanti di noi.
«LAGGIU’ SOFFIA!» Comincia la ricerca. Passano cinque minuti e mi lascio
scappare uno sconsolato «non abbiamo nessuna possibilità di trovare Boby». Nello
stesso istante Angela alza un braccio e indica un punto indistinto sulla
superficie dal mare pronunciando la frase ormai entrata nei più frusti repertori
della letteratura di mare: «Laggiù soffia». Puntiamo occhi e binocoli sulla
tavola levigata del golfo, e all’improvviso, molto più vicino di quanto
potessimo immaginare, compare il dorso sfiatante della balena. Siamo a meno di
cinquecento metri dalla diga di Grado, in prossimità delle aree protette di San
Gottardo e Sant’Agata, in una zona di basso fondale, l’ecoscandaglio segna
cinque metri appena. Qualsiasi mammifero starebbe e disagio qua sotto, eppure
Boby non sembra troppo inquieta. Appare e compare con pigra indifferenza, ogni
tanto si lascia scappare un soffio più rumoroso degli altri, chi sono questo
scocciatori, sembra dire. Sta filando dritta in direzione nord-ovest verso la
secca a est dell’imboccatura del canale di accesso al Porto di Grado. Avvisiamo
una motovedetta dei carabinieri che sta incrociando a meno di un miglio,
chiediamo permesso di immersione alla Guardia costiera (concesso), avvertiamo
lassù in cielo via sms Maurizio Di Mauro che abbiamo trovato ciò che stavamo
cercando (lui ringrazia via sms, inverte la rotta e torna all’aerocampo),
indossiamo mute e autorespiratori con sorprendente rapidità e non appena il
dorso della megattera è sufficientemente vicino mi tuffo.
All’inizio non vedo niente, solo i riflessi verdognoli di queste acque
post-lagunari, la visibilità non supera i due metri. Boby potrebbe essere
vicinissima (e infatti lo è) ma io non la vedo. La verità è che questo cetaceo
il cui peso dovrebbe aggirarsi intorno alle 25 tonnellate potrebbe spuntare da
un momento all’altro da qualsiasi parte, e urtarmi suo malgrado con poca
gentilezza ed effetti molto traumatici. Rimpiango con sofferenza le limpide
acque - che so - della Sardegna, in confronto a queste torbide del nostro golfo,
e scendo di un paio di metri nuotando con inutile cautela. Sgrano gli occhi,
come se questo potesse servire a rendere l’acqua meno impenetrabile, e sforzo
l’udito, come se davvero potessi sentire Boby non dico cantare, ma almeno
annunciarsi. Naturalmente non vedo e non sento nulla, a parte lo sfiato del mio
autorespiratore, che mi accorgo essere molto più rapido di quanto imponga ogni
elementare regola di immersione.
E a un tratto eccola la balena: esce dal nulla con la regale, muta indifferenza
di tutti i grandi abitanti del mare, passa così vicino che la potrei toccare
solo allungando una mano, accolgo il suo saluto elargito con la bianca pinna
pettorale in tempo per schivare la coda, mi lancio in un breve e ridicolo
inseguimento e alla fine la perdo nel nulla da cui era arrivata.
LE SECCHE SCHIVATE Più tardi, grazie alle caute manovre di Caressa il Castorino
II continuerà a seguire Boby in direzione ovest. Schivata una prima secca, la
balena arriverà fino a una lingua di sabbia - profondità meno di quattro metri -
per poi invertire la rotta e puntare al largo evitando anche le secche del Banco
della Mula di Muggia.
Presto la motobarca di Caressa sarà affiancata da una motovedetta della Guardia
Costiera e dal ponton-boat dell’Arpa, l’Agenzia regionale protezione
dell’ambiente, i cui occupanti, tra cui il comandante Antonio Tortora, la
biologa Lisa Faresi e alcuni studenti dell’Univesrità di Trieste, riusciranno ad
avvicinare di nuovo Boby e filmarla nel suo incedere subacqueo.
Immagini e osservazioni raccolte durante la giornata saranno quindi trasmesse ad
Alessandro Bortolotto, presidente del Centro studi cetacei, la rete nazionale
italiana per gli spiaggiamenti, già in contatto con la Guardia Costiera di Grado
(il sito ufficiale è www.centrostudicetacei.org, ed esiste un numero telefonico
funzionante sulle 24 ore reso disponibile da Europ Assistance 02-58204050.
Informazioni generali sulle specie presenti in Mediterraneo sono disponibili
anche al portale www.zoonomia.it).
In quanto a Boby, forse adesso incrocia ancora le acque del golfo. Di certo con
la speranza di essere lasciata in pace dagli umani, magari nell’attesa di
sentire il lontano richiamo di un canto d’amore.
PIETRO SPIRITO
La megattera, un cetaceo rarissimo nel Mediterraneo
La megattera (Megaptera novaeangliae)è una balena di
modest6e dimensioni (12 metri per 25-30 tonnellate) che è solita vivere quasi
esclusivamente nei mari artici e antartici nel corso della stagione estiva, per
poi spostarsi nei mesi invernali verso l’Equatore per la riproduzione. La
presenza di una megattera nel Mediterraneo è ritenuta eccezionale dagli
studiosi, e ancor più nell’Alto Adriatico dove si ricorda un solo avvistamento
precedente, avvenuto nell’agosto del 2002 al largo di Senigallia.
A giudizio degli esperti che hanno osservato Boby già nei giorni scorsi quando
era stata avvistata davanti a Pirano, si tratta di un animale «splendido», in
ottimo stato di salute. Nessuna ferita nè perdita dell’orientamento hanno
costretto dunque Boby a venire, da sola (è un animale abituato alla vita di
branco) nell’angolo più nordico del Mediterraneo. Più probabilmente, dicono i
biologi, si è fermata qui perchè la megattera, che abitualmente si ciba di
plancton, ha trovato un abbondante pascolo a base di sardine. Quando avra fatto
il «pieno» probabilmente se ne andrà.
Energia, risparmio da 500 mila euro - Grazie ad un
contratto a prezzo fisso stipulato dagli ospedali triestini
Spese ridotte dopo l’adesione dell’Azienda al Consorzio
energia dell’Assindustria
Tra tante notizie pessime ne arriva una buona: gli ospedali triestini nel
2008 sono riusciti a risparmiare oltre mezzo milione di euro sull’energia
elettrica, di cui ovviamente hanno un consumo enorme, pari a 20 milioni di
kilowattora.
Il risultato non è stato ottenuto tagliando i fili o spegnendo indispensabili
luci, né tantomento, è ovvio, staccando la spina di qualche macchinario, ma
grazie a una decisione tecnico-amministrativa, che si è rivelata strategica
anche se all’inizio era sembrata strana: l’Azienda ospedaliero-universitaria ha
deciso infatti due anni fa di aderire al Consorzio energia dell’Assindustria di
Trieste (Ceat), presieduto dal presidente della Wartsila, Sergio Razeto, e il
cui consiglio direttivo ha proposto di recente la stipula di un contratto per
l’energia «a prezzo fisso». Scelta oculata nel momento in cui il prezzo dei
prodotti petroliferi ha poi toccato livelli preoccupanti. Il risultato è stato
un consistente risparmio rispetto all’acquisto sul mercato libero.
Lo stesso Consorzio energia, di cui fanno parte ora 46 aziende del territorio
(fra cui Sincrotrone, Sissa, Illycaffè, la stessa Wartsila ovviamente, e poi
Diaco, Pacorini, Modiano e Siot) ha calcolato che il risparmio ottenuto per
tutti è stato mediamente del 22 per cento. Per avere un’idea dei quantitativi di
energia di cui si parla, il Ceat ha calcolato che le aziende consorziate
consumeranno quest’anno ben 185 milioni di kilowattora.
Per gli ospedali triestini, in particolare, i tecnici del Ceat hanno dedotto
questi risultati: alle torri di Cattinara sono stati spesi 389 mila e 900 euro
in meno in un anno, e al Maggiore 547 mila e 750. Complessivamente appunto più
di mezzo milione di euro rimasti nelle casse per la medesima quantità di
consumi. Un livello di costi cui raramente si pensa quando si parla di servizio
sanitario e di relative spese.
Mattonaia, in esame pm10 e idrocarburi - LE ANALISI
DELL’ARIA
SAN DORLIGO Una campionatura automatica del particolato
sospeso pm10, del quale l’analisi in laboratorio dovrà determinare il
quantitativo di polveri, fumo e sostanze liquide. Questo lo scopo principale
della campagna di monitoraggio della dell’aria, in atto nella frazione di
Mattonaia, territorio che ospita il parco serbatoi della Siot. In accordo tra il
Comune, l’Arpa e la stessa Siot, da un paio di settimane sono state posizionate
alcune apparecchiature. La decisione è stata presa dopo diverse segnalazioni da
parte dei residenti, che ciclicamente lamentavano forti odori dal parco
serbatoi.
Per monitorare l’aria è stato posizionato il laboratorio mobile dell’Arpa,
attrezzato con strumentazione automatizzata (gascromatografo con rilevatore a
spettrometria di massa), per condurre sul campo rilievi ad elevata sensibilità
ed ampio spettro di indagine analitica. Verrà poi utilizzato un campionatore
automatico sequenziale di polveri pm10 (diametro inferiore ai 10 micron), i cui
risultati saranno oggetto di analisi in laboratorio per la relativa
caratterizzazione, in particolare per la determinazione del contenuto in
idrocarburi policiclici aromatici (Ipa).
Infine sono stati installati dispositivi per la captazione di sostanze organiche
disperse nell’aria (Sov), tra cui anche gli stessi Ipa. Cinque in tutto le
postazioni operative per quest’ultima campionatura: a Mattonaia, in via di
Muggia, strada per Caresana, sul piazzale della Wärtsilä e a Bagnoli.
(r.t.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 marzo 2009
E il volontariato cambia sede - Dal sociale alla
cultura, nuovi sportelli per le attività del Csv
La sezione triestina del Centro servizi per il
volontariato (Csv) del Friuli Venezia Giulia ha una nuova sede. Anzi, due: in
Galleria Fenice 2 e in via San Francesco 2. La prima ospita lo sportello aperto
al pubblico, mentre nella seconda si svolgono le attività delle associazioni
aderenti. Entrambe sono operative da qualche giorno, ma verranno ufficialmente
inaugurate il 26 marzo.
Ma anche se l’indirizzo cambia, l’attività rimane finalizzata al raggiungimento
degli obiettivi tradizionali. Quest’anno infatti sono stati stanziati dal Csv
560mila euro a favore delle associazioni di volontariato della regione, per
finanziare progetti di contrasto alla povertà e all’isolamento sociale e
promozione della cultura e dell’impegno del volontariato fra i giovani. Sono
queste infatti le azioni considerate prioritarie dal Centro servizi per il
volontariato (che ha da poco predisposto anche un nuovo regolamento per le tante
realtà che intendano fare domanda). I bandi previsti dal regolamento sono
quattro: uno per attività editoriale e pubblicitaria, due per iniziative
finalizzate alla diffusione della cultura della solidarietà e all’orientamento
dei volontari a livello locale, oppure per particolari interventi di carattere
complesso e per far fronte a emergenze sociali; l'ultimo per progetti di
formazione. Le domande di contributo (che possono essere presentate solamente
dalle associazioni con sede legale in Friuli Venezia Giulia) sono disponibili
on-line sul sito www.csv-fvg.it e vanno compilate e consegnate (o spedite) agli
sportelli territoriali.
A Trieste, come si diceva, l’indirizzo dello sportello è cambiato. Chi volesse
avvicinarsi al variegato universo del no-profit, oppure richiedere il sostegno
del Csv per la propria attività, dovrà rivolgersi allo sportello di Galleria
Fenice 2. La nuova sede sarà inaugurata il 26 marzo alle 11 alla presenza di
numerose autorità. Nell’altro spazio, in via San Francesco 2, si terrà nella
stessa giornata l’incontro “Oltre i banchi di scuola”: studenti e volontariato”,
che vedrà gli interventi di studenti di vari istituti cittadini e
dell’Università di Trieste, oltre a quelli dei rappresentanti delle associazioni
di volontariato locali. L’incontro sarà coordinato da Sergio Raimondo,
presidente del Csv Fvg, e da Andino Castellano, consigliere del Csv.
Ma di cosa si occupa, nello specifico, questa realtà? Il Csv raggruppa varie
associazioni senza fini di lucro e utilizza risorse provenienti dalle Fondazioni
di origine bancaria, dai soci, da contributi di enti locali, da convenzioni con
enti pubblici e privati del territorio regionale e da donazioni. Scopo
principale del Csv Fvg è sostenere e qualificare l’attività di volontariato,
erogando le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore di tutte le
organizzazioni di volontariato che operano nel territorio regionale, iscritte e
non ai registri del volontariato regionale. Il Csv dà assistenza in campo
fiscale-amministrativo e di bilancio, giuridico-legale e assicurativo, nella
progettazione sociale, in materia di sicurezza, nella ricerca fondi, nella
redazione del bilancio sociale, nella creazione personalizzata di brochure e
volantini, nella comunicazione e documentazione, nella progettazione e
formazione nell’ambito del servizio civile. L’associazione regionale dà inoltre
assistenza a tutti coloro che intendono costituire una nuova realtà associativa.
Fra le altre attività svolte ci sono poi il sostegno nella realizzazione di
progetti ed eventi, anche mediante erogazione di contributi.
Lo Sportello del Csv di Trieste garantisce alle associazioni l’utilizzo gratuito
di computer e attrezzature varie, come le fotocopiatrici e i telefoni, oltre che
di sale per conferenze.
(e.c.)
Differenziata, firme per il referendum - GOMBAC
CONTRATTACCA
SAN DORLIGO DELLA VALLE «Non viviamo in un comune
democratico. La raccolta di firme per il referendum consultivo sulla raccolta
differenziata dei rifiuti, porta a porta, sarà la prova del nove per capire il
parere della gente su quella che è una vera e propria truffa ai loro danni».
Dopo aver incassato (come previsto) il parere sfavorevole del Consiglio
comunale, il consigliere di San Dorligo della Valle Boris Gombac torna alla
carica su quello che ormai da tempo è un suo cavallo di battaglia: l’abolizione
del sistema porta a porta per la raccolta dei rifiuti.
Scemata l’ipotesi di andare a un referendum per via istituzionale, Gombac
preannuncia che ad aprile aprile inizierà la raccolta di firme per «passare alla
via popolare, così la gente potrà finalmente esprimere il proprio parere
liberamente, su quella che oramai una situazione vergognosa».
Il consigliere di Uniti nelle tradizioni sottolinea poi come «il Consiglio
comunale non abbia nemmeno motivato la sua decisione di bocciare la mozione sul
quesito referendario, nonostante il parere favorevole della Commissione dei
garanti».
Ora l’iter prevede 200 firme che verranno riproposte alla Commissione, la quale
darà nuovamente il nulla osta consentendo quindi la raccolta vera e propria casa
per casa.
Gombac infine punta il dito contro «i consiglieri di opposizione che in passato
avevano sostenuto la lotta per il referendum, e che poi hanno fatto marcia
indietro, azione della quale dovranno rendere conto ai loro elettori tra qualche
mese»
Questa la replica di Roberto Massi (Oltre il Polo): «Inizialmente eravamo
d’accordo con Gombac, perché sull’onda emotiva dei disagi recati dal porta a
porta ci sembrava che il referendum fosse la soluzione migliore. Poi, però,
questo sistema ha preso piede e i disagi sono lentamente scemati. Riteniamo
comunque che si debbano apporre sensibili migliorie».
Massi rileva poi che «la formula di raccogliere firme tra la gente proprio
durante la campagna elettorale sia una cosa di cattivo gusto e che, se mai
dovesse andare in porto questo referendum, provocherebbe solo un grosso
dispendio economico per le casse comunali».
Il sistema referendario nel Comune di San Dorligo prevede la necessita di
raccogliere un quarto di adesioni all’interno del corpo elettorale, dunque poco
più di 1.200 firme, affinché la consultazione popolare possa avere inizio.
(r.t.)
Energia, due condotte tra Italia e Slovenia - Le
realizza Adria Link (AcegasAps-Enel) tra Vrtojba e Redipuglia
TRIESTE Adria Link, la nuova società costituita ai primi
di febbraio da Acegas-Aps, Enel Produzione e Tei per la realizzazione e la
gestione di infrastrutture elettriche d'interconnessione tra Italia e Slovenia,
ha presentato all'assessore regionale all'Energia, Riccardo Riccardi, i progetti
di due nuove linee interrate provenienti dalla vicina Repubblica.
Il presidente e l'amministratore delegato di Adria Link, Vincenzo Vadacca e
Fabrizio Scaramuzza, hanno illustrato all'assessore Riccardi i progetti di
merchant-line da Vrtojba a Redipuglia (con una capacità di circa 150 megawatt) e
da Dekani a Zaule, in provincia di Trieste, per una potenza di circa 80 MW.
Entrambi i progetti, è stato sottolineato, sono previsti a cavo interrato e
quasi sempre paralleli ad attuali tracciati stradali.
Per la linea Vrtojba-Redipuglia, è stato inoltre riferito, a breve sarà
presentato il progetto di un nuovo tracciato, alternativo a quello già
ipotizzato in precedenza, per non attraversare il centro abitato di Sagrado
(Gorizia).
L'assessore Riccardi, a conclusione dell'incontro, ha auspicato che sulla linea
elettrica dalla Slovenia verso Redipuglia, in considerazione dell'esistenza di
un analogo progetto da parte un'altra cordata industriale, possa venir ritrovata
una condizione d'intesa.
La balena «Boby» ha ritrovato la via del mare aperto -
LA MEGATTERA SI E’ ALLONTANATA DALLE SECCHE PERICOLOSE
Ieri nessun avvistamento ma i monitoraggi continuano.
Avviso ai diportisti: chi la vede non si avvicini con le eliche
TRIESTE Chi ieri mattina è uscito in mare a Grado nella speranza di
immortalare spruzzi d’acqua ed evoluzioni spettacolari, è rimasto a bocca
asciutta. Boby, la balena intercettata domenica sera a 2,5 miglia dalla costa ha
fatto perdere le tracce. A nulla sono servite le perlustrazioni effettuate dalle
motovedette della Guardia costiera: del cetaceo finito accidentalmente in Alto
Adriatico, secondo gli esperti lo stesso sorpreso in precedenza davanti a Pirano,
nemmeno l’ombra.
Una delusione per i curiosi, una buona notizia per i biologi. Il fatto che la
megattera (specie a cui appartiene l’esemplare sorpreso nei nostri mari ndr) sia
sfuggita nelle ultime ore agli avvistamenti, induce infatti a pensare che abbia
preso il largo e si stia dirigendo verso fondali più profondi e più ospitali.
«La speranza è che la balenottera abbia iniziato a scendere verso sud - spiega
Roberto Odorico, biologo del Laboratorio della Riserva marina di Miramare -.
Confidiamo che stia percorrendo a ritroso il tragitto che l’ha portata ad
imbottigliarsi nelle nostre acque. Ci piace pensare che abbia ritrovato in un
certo senso la strada di casa».
Un pensiero che allontanerebbe quindi lo spettro dello spiaggiamento. Anche
perché, sebbene disorientata, la balenottera sembra essere in buone condizioni.
«L’abbiamo vista vispa e tranquilla - continua Odorico -. Anche la ricerca di
cibo non pare essere difficoltosa. In genere questi animali si nutrono di
plancton ma, all’occorrenza, possono ripiegare facilmente su altro. Nel mare del
Nord sono stati segnalati esemplari che mangiavano addirittura cormorani. Nel
nostro caso, più semplicemente, la megattera sta mangiando pesce azzurro».
I monitoraggi proseguiranno anche nei prossimi giorni. Fin d’ora però gli
esperti raccomanda a chiunque dovesse avvistare l’animale di non avvinarsi
troppo: il rumore dei natanti potrebbe disorientarlo mentre le eliche
rischierebbero di diventare una trappola mortale.
Parte da Trieste la sfida all’anidride carbonica con
gli esperti dell’Ogs - SE NE PARLERÀ A VENEZIA
TRIESTE Cacciatori di CO2. Potrebbero essere definiti
così, i ricercatori dell’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica
sperimentale di Trieste, che concorreranno per conto di Enel all’individuazione
e alla valutazione di idoneità del primo sito italiano di stoccaggio nel
sottosuolo di anidride carbonica.
Dopo il Nobel per la Pace consegnato nel 2007 ad Al Gore per l’impegno nella
divulgazione dei cambiamenti climatici causati dall’uomo, le discussioni sulla
politica energetica e le conferenze internazionali che si sono occupate del
«sequestro» geologico della CO2 - responsabile del surriscaldamento del pianeta
- si sono moltiplicate. L’interesse, al centro di una specifica tre giorni
indetta da domani a Venezia, è maturato in conseguenza dello straordinario
potenziale di abbattimento delle emissioni di gas serra garantito da tali
sistemi. L’appuntamento riunirà sull’Isola di San Servolo i 13 rappresentanti
del più grande Istituto virtuale europeo sul confinamento geologico
dell’anidride carbonica (il social network CO2GeoNet) per fare il punto
sull’insieme delle tecniche di cattura, definite tecnologie Ccs: Capture &
Storage of CO2. Tra i partecipanti figureranno anche i ricercatori dell’Ogs, a
cui l’Enel ha richiesto un contributo per il primo test da effettuarsi in Alto
Adriatico, a Porto Tolle, nel Rovigiano.
Queste tecnologie, come spiega l’ingegner Sergio Persoglia, segretario di
CO2GeoNet, vengono utilizzate per rispedire al mittente - cioè al sottosuolo -
il carbonio in forma ossidata dopo che è stato combusto dall’uomo partendo dalla
sua forma ridotta (CH4, petrolio e carbone): «L’anidride carbonica, stando agli
studi, non costituisce un refluo inquinante se iniettato nel sottosuolo, ma è un
reagente acido che interagisce con la roccia, con i fluidi del sottosuolo e con
le caratteristiche geologiche, come quelle di resistenza al taglio, di viscosità
e permeabilità, della roccia ospitante».
«I politici - chiarisce Persoglia - si sono resi conto che l’emissione di CO2
comporta dei costi elevati per la collettività. Così la Commissione europea si è
posta l’obiettivo, più strigente rispetto al Protocollo di Kyoto, di ridurre la
presenza del gas serra. Una direttiva, che tra aprile e maggio verrà emanata,
imporrà a tutti i paesi, entro un certo termine, di dotarsi di strumenti di
cattura del gas. A essere coinvolti saranno in primis le industrie e tra queste
le centrali elettriche, responsabili di produrre l’80% di emissioni nel
settore». Ma come funziona lo stoccaggio? «La Co2 - risponde Persoglia - si
forma dal rogo di combustibili fossili: gas, carbone o petrolio. E viene
sprigionata, sotto forma di fumo, dalle ciminiere degli impianti. La tecnica
prevede che all’interno delle condotte venga introdotta una torre per far
precipitare dall’alto un composto chimico di acqua e amine. La sostanza assorbe
la materia gassosa e si imbibisce di CO2, cadendo al fondo. La mistura, raccolta
e sottoposta a fasi di raffreddamento e riscaldamento, viene quindi compressa
per essere immagazzinata, tra i 900 e i 2.500 mt di profondità, nel sottosuolo,
all’interno di rocce porose. Vi sono paesi, come il Canada, che da oltre 10 anni
hanno assimilato la tecnica». «E l’Ogs - conclude lo studioso - mantenendo i
contatti con queste realtà ha acquisito un ruolo preminente nell’attuazione
dell’impianto dimostrativo nel Veneto».
TIZIANA CARPINELLI
Il collegamento al rigassificatore - Grizon: il Comune
tace sul Gnl - Nesladek: ribadiremo in aula il nostro «no» al metanodotto
MUGGIA «A pochi giorni dalla scadenza dei termini per
esprimere un nuovo parere sulle modifiche apportate dalla Snam ai sistemi di
sicurezza del metanodotto della Gas natural, il Comune di Muggia ancora tace. Se
non si darà una mossa nei prossimi giorni, rischia di stendere un velo di
silenzio sugli ultimi atti che porteranno alla realizzazione del
rigassificatore».
La denuncia arriva dal consigliere comunale di Fi Claudio Grizon. Altrettanto
secca la replica del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e dell'assessore allo
Sviluppo energetico, Edmondo Bussani. «L’ennesimo ingiustificato allarmismo di
Grizon - ribattono gli amministratori - in quanto il Comune porterà il documento
all'attenzione dell'aula in tempo utile». E rilanciano: «Perché piuttosto non si
attiva nei confronti del Comune di Trieste e della Regione, retti dalla sua
stessa parte politica?».
Grizon, intervenendo sul suo blog, ha ricordato che «la documentazione con la
richiesta di un parere sulle modifiche apportate dalla Snam ai sistemi di
sicurezza del metanodotto che dovrebbe portare, via mare, il Gnl dall’impianto
di Gas natural fino a Villesse, è arrivata al Comune e protocollata il 21
gennaio scorso, mentre la lettera della Direzione regionale dell'ambiente porta
la data del 30 gennaio. Ma il Consiglio comunale – ha aggiunto – a pochi giorni
dalla scadenza dei termini, non ne sa niente. Gli uffici non hanno indicazioni
da parte della giunta. Non si sa se, e quando, il Consiglio potrà dare questo
ennesimo parere, per cercare di bloccare la realizzazione degli impianti e della
condotta sottomarina di Gnl. Nesladek, se non si darà una mossa, dopo essersi
opposto a onor del vero al Gnl, rischia di stendere un velo di omertà sugli
ultimi atti che porteranno alla realizzazione di questo contestato impianto. A
meno che non sia una scelta – ha concluso – calata dall'alto, dal Pd
provinciale, che sul Gnl non la pensa come lui. Il valore politico del gesto
sarebbe ancora una volta importantissimo».
«La pratica è stata istruita e la delibera verrà portata in Consiglio nella
prossima seduta utile», ribatte l'assessore Bussani. Gli fa eco il primo
cittadino: «Il Comune fornirà il parere in tempo utile, ribadendo una posizione
di contrarietà all’impianto già espressa con continuità negli ultimi tre anni.
Ribadisco che gli unici due Comuni ad essersi fortemente opposti al progetto
sono stati proprio Muggia e San Dorligo della Valle. Anzi, se Grizon prova
realmente dispiacere per la sua realizzazione, lo invitiamo a intervenire presso
il Comune di Trieste e la Regione, che invece hanno espresso parere favorevole.
Al Comune di Muggia ci pensiamo noi».
(g.t.)
Veglia vuole il rigassificatore prima di quello di
Trieste - I lavori al via nel 2011. I croati temono la concorrenza italiana
Sanader più volte ha rimarcato l’importanza della
struttura energetica
VEGLIA La Croazia deve fare le cose in fretta al riguardo del nascente
rigassificatore a Veglia, se non vorrà subire le conseguenze legate all’entrata
in funzione di un impianto similare nell’area di Trieste. È l’opinione che in
questi ultimi tempi esprimono gli esperti energetici croati, preoccupati dal
progetto «rigassificatore triestino», che potrebbe sminuire l’appeal (leggi
togliere concorrenzialità) del terminal vegliota, da far sorgere nella località
di Castelmuschio (Omisalj). In questo momento, il progetto del rigassificatore
croato registra sì un vantaggio temporale su quello triestino, ma un tanto,
sostengono gli addetti ai lavori, non giustifica l’accumulo di eventuali
ritardi. «Sappiamo che c’è in piedi un match con il futuro rigassificatore
triestino, ma non è mica l’ unico – è quanto dichiarato dalla portavoce del
consorzio Lng Adria (costruirà il terminal isolano), Andreja Pavlovic – noi
siamo chiamati a sfidare anche gli altri impianti metaniferi in Europa». È certo
comunque che entro la fine del 2009, o al più tardi all’inizio dell’anno
venturo, la Lng Adria otterrà la licenza di costruzione, con i lavori di
edificazione che dovrebbero cominciare nel 2011. Il rigassificatore, questa la
previsione, dovrebbe entrare in funzione nel 2014, per un costo che si
aggirerebbe sul miliardo di euro. Lo stesso premier Sanader ha più volte
sollecitato la costruzione del rigassificatore.
«Se intende trarre profitto dal megaimpianto di Castelmuschio, la Croazia deve
agire in tempi rapidi, senza più tentennamenti – ha affermato il direttore
generale di Lng Adria, Michael Mertl – in caso contrario, ne risentirà la nostra
concorrenzialità, a tutto vantaggio del rigassificatore giuliano. Anzi, posso
dire che qualsiasi rigassificatore operante nella dirimpettaia Penisola,
potrebbe arrecarci danno, poiché l’ Italia è ancor sempre un gigante
industriale, con un mercato da fare invidia. Dovremo essere veloci per non farci
sbattere le porte in faccia dei mercati europei». Di questo avviso anche
Miljenko Sunic, presidente dell’Associazione croata degli esperti di gas, il
quale ha asserito che la Croazia deve giocare d’ anticipo su Trieste in quanto
«chi tardi arriva – ha sentenziato – male alloggia». Una tesi condivisa da
Slavko Krajcar, docente alla facoltà zagabrese di Elettrotecnica e responsabile
del gruppo di lavoro chiamato a redigere il documento sulle strategie
energetiche della Croazia: «Fare tardi in confronto a Trieste non risulterà
deleterio per il Paese – ha detto – bensì per il nostro rigassificatore. Un
simile impianto, così costoso, non può restare senza materia prima, ma deve
essere costantemente sotto pressione». Il docente Igor Dekanic, della facoltà
zagabrese di Geologia e Mineralogia, ha dapprima rilevato che a Veglia si
dovrebbero movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di gas, a
Trieste sugli 8 miliardi, aggiungendo che l’esistenza di due impianti di questo
genere, a così breve distanza, potrebbe risultare problematica.
Non è di questo avviso invece il sottosegretario al ministero croato dell’
Economia, Leo Begovic, dettosi certo che Castelmuschio e Trieste non si
metteranno reciprocamente i bastoni tra le ruote: «Il fabbisogno europeo di gas
è di giorno in giorno maggiore, tutti vorrebbero affrancarsi dall’ instabile
mercato russo e pertanto i due rigassificatori nordadriatici potranno
tranquillamente coesistere. Noi avremo pure la grande opportunità offertaci
dalla Bosnia – Erzegovina, Paese che oggigiorno ha una rete del gas che copre
soltanto il 2 per cento del territorio nazionale. Dobbiamo inoltre ingrandire la
nostra rete del gas, soprattutto in Dalmazia».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 marzo 2009
«Boby» è ricomparsa al largo di Grado - LA BALENA
AVVISTATA DA UN VELISTA ALLA SECCA «MULA DI MUGGIA»
Capitaneria e Protezione civile in allarme: acque
troppo basse, rischia di arenarsi - A un bambino di Grado ricorda Moby Dick
GRADO È rimasto esterrefatto quando, passando a circa due miglia dalla costa
gradese, più o meno al traverso della Pineta, un diportista triestino che stava
tornando verso casa dopo aver fatto una veleggiata, ha avvistato nientedimeno
che una balena (o più probabilmente una balenottera) che dovrebbe essere lunga
all’incirca 9 metri. Erano circa le 16.30 quando il diportista ha avvistato il
cetaceo. Pronto è stato l’allarme tanto che una motovedetta della Guardia
Costiera di Grado che già si trovava in mare in perlustrazione, ha raggiunto il
punto nel giro di pochi minuti. Il serio pericolo è che la balenottera, avendo
quasi certamente perso l’orientamento, vada a insabbiarsi sul Banco della Mula
di Muggia che si trova più o meno dinnanzi a Grado Pineta.
«Quando l’abbiamo avvistata – dice il comandante dell’Ufficio Circondariale
Marittimo di Grado, Giuseppe Laterza – si trovava a circa due miglia dalla
costa, verso le 18 era già a un miglio». Il comandante di Circomare ha fatto
intervenire sul posto anche la Protezione Civile che ha mezzi che possono
navigare su bassi fondali ma con il buio il servizio è stato per forza di cose
sospeso.
Fortunatamente quando l’hanno lasciata, la balena sembrava a ogni modo dirigersi
verso il largo. Dal momento dell’avvistamento i militari della Guardia Costiera
non hanno potuto far altro che osservare il cetaceo in quanto anche il referente
regionale del Centro Nazionale Cetacei di Milano, ha detto che non si può far
altro. «La balenottera – dice ancora il comandante Laterza – sembrava stordita,
girava spesso in circolo avvicinandosi sempre più verso la costa. Non reagiva in
nessuna maniera e noi non abbiamo potuto fare assolutamente niente se non
osservarla». Dell’avvistamento, in quanto può essere pericoloso anche ai fini
della navigazione, sono ovviamente state informate anche le capitanerie di porto
di Trieste e Monfalcone.
Sulla provenienza della balenottera ovviamente non c’è alcuna certezza.
Probabilmente si tratta di quella avvistata verso la fine del mese di febbraio
nel golfo di Trieste e poi dinnanzi a Pirano: avvistamenti di questo genere sono
molto rari nell’Alto Adriatico. Ma quella di Trieste sembrava misurare misurasse
circa 12 metri di lunghezza.
La balenottera ha già trovato, ovviamente fra i più piccoli, i suoi fans che si
augurano che ce la faccia a tornare in mare aperto. Ricordando le immagini viste
in tv dei primi avvistamenti al largo di Pirano, un bambino gradese ha già
trovato un nome al cetaceo: «Boby», storpiando involontariamente il nome della
balena bianca di Melville. Quando, con le prime luci, oggi riprenderanno le
ricerche sulla secca della «Mula di Muggia», tutti si augurano di non trovare
più le sue tracce: smuovere un bestione di nove metri che in acque basse ha
perso l’orientamento non è un’impresa facile.
Per «Boby» infatti le acque del Golfo rischiano di essere mortali: Boby infatti
è una megattera, un cetaceo che abitualmente vive nei mari artici e antartici
durante l’estate, per poi portarsi verso l’Equatore per la riproduzione nel
periodo invernale.
È del tutto eccezionale che una megattera attraversi lo stretto di Gibilterra
per entrare in Mediterraneo: qualche avvistamento si è verificato fra la costa
francesse e le baleari, dove il mare è comunque ben più freddo e profondo. Ma in
Adriatoco una megattera si era vista solo nel 2002, al largo di Senigallia.
Boby, quando era stata avvistata dagli esperti al largo di Pirano, sembrava in
ottima salute e scorazzava fra Venezia, Capodistria e Trieste. Ma ha anche
bisogno di cibo, e tanto: Boby ha bisogno di un paio di tonnellate di pesce
(sardine e altro) al giorno. A sulla Mula di Muggia, una secca lunga e
insidiosa, difficilmente lo troverà.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 marzo 2009
Ferriera, in ”cassa” da domani 190 operai - Le Rsu:«Atti
eclatanti se non avremo risposte». Presidio sotto il Municipio
«Ci sono banche pronte a bloccare i mutui di chi è
coinvolto nella Cigo»
«Se non ci daranno delle risposte esaurienti faremo tremare le finestre di
qualche palazzo». Lo annunciano i sindacati alla vigilia del consiglio comunale
straordinario indetto per domani alle 18.30 sul nodo Ferriera. «Per circa 190 di
loro domani stesso scatterà la cassa integrazione ordinaria determinata dallo
stop ambientale all’altoforno 2», afferma il sindacalista Franco Palman (Uilm).
La Cigo nel complesso coinvolgerà - per 13 settimane - dai 325 ai 380 operai
(tetto teorico massimo), ma «all’inizio la metà delle maestranze interessate
ricorrerà allo smaltimento del monte ferie 2008 o risulterà impiegato nella
messa in sicurezza dei reparti in procinto di chiudere l’attività».
Data la crisi globale che investe il mercato siderurgico, lo scenario si
prospetta drammatico. E per far sentire con forza le proprie istanze, domani
oltre un centinaio di lavoratori - secondo l’annuncio dei sindacati - presidierà
piazza Unità a partire dalle 17.30 con striscioni e megafoni. In ballo, come
spiegano, c’è molto più della sopravvivenza al regime salariale ridotto: ci si
gioca l’intero futuro del comparto, indotto compreso. Le carte da esibire sono
la Piattaforma logistica, la futura centrale elettrica targata Lucchini in area
ex Esso, il vicino rigassificatore di Zaule fino all’annunciata fabbrica di funi
giganti per trivelle petrolifere sul Canale navigabile, controllata sempre da
Severstal. Opzioni che saranno valutate la prossima settimana - ma la data è
ancora da fissare - al tavolo col governatore Renzo Tondo.
Nel frattempo, sul nodo Ferriera e Sertubi, anche i gruppi di maggioranza della
Provincia (Pd, Verdi, Prc, Sinistra democratica e Idv) chiedono la convocazione
urgente di un consiglio straordinario. «Guardiamo positivamente all’istituzione
di un tavolo ristretto da parte della Regione per affrontare le problematiche
del lavoro con gli enti locali, le parti sociali, quelle datoriali e
possibilmente anche con le associazioni di categoria - sottolinea Maria
Monteleone, capogruppo del Pd - anche se riteniamo che finora si siano persi dei
mesi preziosi».
I sindacati domani studieranno intanto un piano d’azione. «Avvieremo un
monitoraggio - riprende il discorso Palman (Uilm) - per vedere come distribuire
la Cigo. La chiusura di interi reparti creerà un effetto domino bloccando
l’attività dell’agglomerato, della macchina colare e dei servizi. Il nostro
tentativo sarà di affidare agli operai gli interventi oggi svolti da ditte
esterne, ma si tratta di una questione delicata, da valutare con attenzione
affinché non si creino situazioni di conflitto».
Sul consiglio comunale di domani i sindacati ripongono grandi speranze: «Se non
avremo risposte concrete per avviare una riconversione saremo pronti ad atti
eclatanti: non dico nulla, ma se non ci sarà un totale cambio di sviluppo
dell’economia cittadina faremo tremare qualche finestra di qualche palazzo»,
conclude Palman. «Innanzitutto - è il commento di Enzo Timeo (Uilm) - vogliamo
vedere chi ha raccolto l’invito del sindaco e quali sono le misure che verranno
accordate per affrontare la difficile situazione dei lavoratori. In che misura
si potranno sostenere queste famiglie? Ci sono banche disposte a bloccare i
mutui di chi è coinvolto nella Cigo, alla stessa stregua degli accordi prodotti
per esempio a Udine?».
«Dobbiamo assolutamente garantire un aiuto a tutti gli operai in sofferenza -
conclude Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) -, anche a quelli di Sertubi».
TIZIANA CARPINELLI
ISTRIA - Golfisti: «No alle cementificazioni» - IL CASO
ALLA CORTE COSTITUZIONALE
POLA In Istria non si placano le proteste contro la contestata «legge sui campi di golf». La prevista cementificazione della suggestiva area di Montona sta sollevando un polverone da parte degli stessi golfisti, per i quali appare evidente che la normativa è il cavallo di Troia di nuove colate di cemento e asfalto nell'ambiente naturale. Ricordiamo che in Istria è pianificata la costruzione di ben 24 campi, oltre a Montona anche a Marlera, vicino a Medolino e nell'Istria interna, tutti dotati di alberghi e ville, considerati il vero business nell'intero investimento. I golfisti del club di Medolino affermano che in Slovenia ci sono in tutto 11 campi, però senza cementificazione annessa. Sotto accusa anche gli articoli della legge che permettono l'espropriazione di terreni privati, come se si trattasse di costruirci strade o ferrovie. Una legge - si dice - che non ha eguali negli altri Paesi europei. Intanto si attende il verdetto della Corte costituzionale della Croazia alla quale si sono rivolte diverse associazioni con l’obiettivo di verificare la costituzionalità della norma.
(p.r.)
IL PICCOLO - SABATO, 14 marzo 2009
Tav, nuovo «no» di San Dorligo - IL CONSIGLIO RIBADISCE
L’OPPOSIZIONE ALLA TRIESTE-DIVACCIA
SAN DORLIGO Una mozione approvata all’unanimità per
ribadire ancora una volta il «no» al collegamento ferroviario Trieste-Divaccia,
anche alla luce di quanto emerso nel recente incontro con la cittadinanza a
Bagnoli. Giovedì scorso il consiglio comunale di San Dorligo, in seduta
straordinaria, si è espresso nuovamente in maniera negativa sul Corridoio 5,
bocciandone l’ipotesi di realizzazione.
«Come verrà gestito l’enorme volume di materiali di scavo estratto dalle tre
finestre costruttive previste nel nostro comune e, ad avvenuto prolungamento del
raccordo ferroviario della Wärtsilä Italia, quale sarà il volume del traffico di
treni merci che impegnerà questa nuova linea a due passi dall’abitato di
Bagnoli?». Questi i due quesiti più importanti esposti dai consiglieri
d’opposizione Giorgio Jercog (Oltre il Polo) e Roberto Drozina (Rinnovamento di
Centro) inseriti nel testo che, dopo alcune modifiche, è stato votato da tutto
il consiglio.
Il consigliere Drozina ha però espresso qualche perplessità sulla richiesta di
soppressione del paragrafo inerente la «volontà dell’amministrazione ferroviaria
di evitare qualsiasi approfondimento in merito». A tale proposito Drozina ha
sottolineato poi di «avere l’impressione, pur ignorandone le possibili
motivazioni, che sull’argomento della Trieste-Divaccia il sindaco rappresenti,
in qualche modo, l’anello debole di quella catena di forte attenzione che tutti
noi dobbiamo mantenere tesa su questo tema».
Secca la replica del sindaco Fulvia Premolin: «Quando è stato tolto il
riferimento alle Ferrovie personalmente non c’ero, ma credo che
l’amministrazione ferroviaria si sia comportata bene, innanzitutto partecipando
al dibattito pubblico di qualche settimana fa e poi dandoci il nulla osta per
pubblicare sul sito del Comune la documentazione del progetto preliminare della
Trieste-Divaccia».
I documenti riguardanti il Corridoio 5 da un paio di giorni sono consultabili
sul portale www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it e sul sito
www.riservavalrosandra.it.
«I dati sono ora visionabili da tutti – afferma l’assessore ai Lavori pubblici
Laura Riccardi Stravisi - e ciascuno potrà esprimere opinioni, proposte, o
formulare domande, utilizzando a tal fine l'indirizzo di posta elettronica
cross5@com-san-dorligo-della-valle.regione.fvg.it.»
Riccardo Tosques
Nogaro, il Tar dice sì alla mega-vetreria
TRIESTE La mega-vetreria di San Giorgio di Nogaro si può
fare. Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto i ricorsi presentati dal Wwf
e dal Comune di Marano Lagunare contro la prevista realizzazione dell’impianto
della società Sangalli Vetroitalia di Vittorio Veneto. Con due sentenze il
tribunale amministrativo ha infatti dichiarato che il provvedimento con cui la
Regione aveva accertato la compatibilità ambientale della vetreria è pienamente
legittimo. In particolare, il Tar ha condiviso le tesi prospettate
dall’Avvocatura della Regione relativamente alla piena competenza della Regione
stessa a dotarsi di regole di pubblicità e di partecipazione del pubblico al
procedimento di Via anche difformi da quelle statali, purché rispettose delle
necessarie garanzie partecipative, in quanto la materia ambiente è trasversale e
la competenza esclusiva dello Stato non esclude interventi di dettaglio della
Regione negli ambiti propri. Nel merito, il Tar ha rigettato tutti i motivi
prospettati dai ricorrenti, riconoscendo che la ditta ha adempiuto a tutte le
integrazioni progettuali richieste dalla Regione, ha preso in considerazione
alternative progettuali e anche la cosiddetta «opzione zero». Rispetto alle
lamentate carenze di dati sulla qualità dell’aria, il Tar ha affermato che il
problema sussiste, ma di ciò non può farsi carico il proponente.
ANTENNE - Le due verità
Il 21 dicembre 2007, «Il Piccolo» aveva pubblicato un
articolo intitolato: «Il Comune dà via libera al piano antenne». Il 28 febbraio
2009 leggiamo su «Segnalazioni» l’articolo intitolato «I tempi - Piano antenne,
slitta l’approvazione», dove in sintesi si afferma, che il piano antenne
comunale di settore per la telefonia mobile approvato nel dicembre 2007, subirà
delle modifiche per conformarsi al nuovo piano regionale voluto
dall’amministrazione Tondo e precisa che l’adeguamento potrebbe richiedere anche
sei mesi.
Il comitato «Borgo San Sergio» riceve una lettera datata 17 luglio 2008, firmata
dal sindaco Roberto Dipiazza, in risposta a una nostra precedente, in cui
leggiamo: «La realizzazione del suddetto impianto è stata effettuata nel pieno
rispetto della vigente normativa statale e regionale in materia...». Ma riguardo
al piano comunale di settore per la telefonia mobile, si precisa che lo stesso è
in fase di approvazione. Delle due l’una, c’è qualcuno a Trieste che può
togliere i dubbi a noi poveri cittadini e senza cadere in odiose
giustificazioni, confermare dove si colloca la verità? Generalmente su fatti
come questi, il potere politico cala il suo asso migliore: il silenzio! Alleato
con tempi lunghi nelle risposte. Ricetta studiata, per logorare la pazienza dei
cittadini e far cadere tutto... nel dimenticatoio generale.
Romano Umer
IL PICCOLO - VENERDI',13 marzo 2009
Cava di Sistiana, villaggio pronto nel 2013 - Il
rimodellamento concluso entro l’anno. Nella primavera 2010 il via alle
costruzioni
SI DELINEANO LE TAPPE DEL PRIMO INTERVENTO NELLA BAIA
DUINO AURISINA Una sbirciata dalla rete allentata lungo la strada,
un’occhiata durante una passeggiata sulla spiaggia di Castelreggio, o dalla
barca in una delle prime uiscite della stagione. Nelle prossime settimane i
triestini che, con l'arrivo del bel tempo, si recheranno nella baia di Sistiana
si troveranno di fronte a un’aspetto dell’ex cava completamente diverso da
quello dell’anno scorso.
Un paesaggio «lunare»: grandi terrazzamenti, piante recentemente inserite in un
territorio arido e brullo, e una nuova strada che da Borgo San Mauro condurrà
fino al mare.
Un chilomentro e mezzo tra i sassi e le rocce che rappresentera la via d'accesso
al nuovo borgo turistico, i cui tempi, sempre con tutte le cautele del caso,
iniziano a delinearsi.
Il primo punto riguarda l'aspetto autorizzativo: il Cmune di Duino Aurisina ha
terminato il proprio ruolo, avendo completato l'iter delle concessioni edilizie.
Si tratta di un punto fermo, anche se - precisa il sindaco - «manterremo
l'impegno di coinvolgere la Soprintendenza quando si tratterà di decidere sul
piano colore degli edifici».
Per l’ex cava non tutti i permessi sono ancora definiti: è in piedi un iter
amministrativo relativo alla realizzazione della profonda insenatura, ma su un
lungo percorso come quello per la realizzazione dell’insediamento nell’ex cava
si tratta dell'ultimo sprint verso il traguardo.
La proprietà - come nel suo costume - non si sbilancia, anche se delinea in modo
ampio le prossime tappe: entro la fine dell'anno la lunga attività di
rimodellamento sarà conclusa. Sarà l'ultima tappa di un percorso di demolizione.
Per anni le ruspe hanno lavorato al fine di rendere la vecchia cava un luogo
«vivibile».
A seguire, presumibilmente entro la primavera 2010 – indica il portavoce della
proprietà Cesare Bulfon - sarà possibile realizzare la profonda insenatura, che
permetterà di far entrare acqua nella zona bassa della cava, realizzare un
approdo, rendere vivibile il clima e più affascinante il sito a livello
turistico.
Allora, e solo allora, benché le concessioni di edificazione siano praticamente
completate, la proprietà inizierà a costruire. Il complesso turistico - che si
comporrà di alberghi, case per vacanze e strutture ricettive a corredo, nascerà
in circa due anni di lavori. Due anni durante i quali si avvierà anche tutto il
marketing, ovvero la vendita e commercializzazione del sito.
Non è ancora chiara, infatti, la formula scelta dalla proprietà che fa capo
all'imprenditore mantovano Carlo Dodi. La scelta riguarda la vendita dell'intero
sito a tour operators, il suo affitto, oppure la vendita o l’affitto di parti
del sito agli operatori turistici e la gestione diretta di alcune delle
strutture.
Il portavoce della proprietà, Cesare Bulfon, non commenta ma lascia intendere
che la scelta potrebbe rivelarsi ancora prematura, viste le modifiche del
mercato a seguito della crisi economica.
Insomma, per proseguire nella scaletta temporale, nel 2011 si lavorerà ai
calcestruzzi e contemporaneamente si guarderà alla commercializzazione del sito
con formule ancora da definire.
I lavori saranno prevedibilmente conclusi nel 2012, e dal 2013, con un ritardo
«monumentale» rispetto alla prima conferenza dei servizi su questo progetto
avviata nel 1998, si aprirà il sito.
(fr.c.)
Ferriera e diossina
Ben 65mila euro spesi in perizie e altri 2mila per
l’oblazione (cioè per estinguere il reato). Così la Ferriera di Servola ha
potuto chiudere il processo sulle emissioni di diossina dal proprio impianto di
agglomerazione, secondo quanto riferisce Il Piccolo del 10 marzo.
Questo per gli sforamenti del limite alle emissioni fissato dalla Regione.
Andrebbe, per completezza, ricordato però che tale limite (comunque 4 volte
superiore a quello stabilito per l'inceneritore dell’Acegas - Aps) era stato
fissato dalla Regione nel marzo 2005, soltanto dopo che il problema delle
emissioni di diossina dalla Ferriera era stato denunciato dal Wwf. Prima,
infatti, nessuno dei pur numerosi organi di «controllo» ci aveva pensato...
Eppure sarebbe bastato uno sguardo alla letteratura tecnica.
Morale: per decenni l’impianto di agglomerazione ha sparso nell’aria
quantitativi imprecisati (nessuno li misurava) di diossine, con conseguenze
incalcolabili per la salute della popolazione. Tant’è che, dopo l’esplosione del
«caso», l’Azienda sanitaria annunciò l’avvio di un’indagine sull’argomento,
della quale purtroppo si sono poi perdute le tracce. Così vanno le cose quando
la salute dei cittadini interferisce con corposi interessi economici: è forse
una semplice sensazione che siano sempre questi ultimi a prevalere? È certo
legittimo il dispiacere, che traspare chiaramente dall’articolo citato, per
l’esborso al quale la Ferriera è stata costretta. È legittimo però anche
dispiacersi per l’inerzia degli organi preposti alla tutela della salute e
dell’ambiente e per il fatto che ciò abbia consentito all’azienda di produrre e
guadagnare a spese della salute pubblica: la quale salute ha anch’essa un costo,
incalcolabile.
Fabio Gemiti - responsabile settore inquinamento Wwf Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 marzo 2009
Ferriera, si riparte dal ”tavolo ristretto” - La
Regione: via agli incontri per delineare la riconversione dopo il 2015. Le Rsu:
tutto già visto
CONFRONTO TRA TONDO, AZIENDA, ENTI LOCALI E PARTI
SOCIALI
Prendere di petto l’emergenza di oggi per rimettere definitivamente a fuoco
il post-Ferriera di domani. La crisi globale che investe anche il mercato
siderurgico e la cassa integrazione che da lunedì, per lo stop ambientale
all’altoforno 2, coinvolgerà per 13 settimane dai 325 ai 380 operai - come
parametro teorico masssimo - diventano paradossalmente spunto per tentare di
riscrivere la storia infinita di questa città. Data di scadenza: il 2015. Carte
da giocare: la Piattaforma logistica, la futura centrale elettrica da 400
megawatt targata Lucchini in area ex Esso, il vicino rigassificatore di Zaule
fino all’annunciata fabbrica di funi giganti per trivelle petrolifere sul Canale
navigabile, controllata sempre da Severstal.
L’INCONTRO Nel vertice sul nodo Ferriera in Regione - quello di ieri, promesso
al volo durante il corteo della scorsa settimana - Renzo Tondo prova infatti a
dare uno scossone guardando oltre. Il governatore, davanti ai rappresentanti
delle parti sociali, della proprietà e delle istituzioni locali, propone e
battezza con il placet di tutti - pur con tiepida perplessità dei sindacati - un
«tavolo ristretto» che vuol essere definitivo e partirà con le prime
convocazioni la prossima settimana. Un’agenda di incontri insomma, con la regia
dello stesso Tondo, che come si legge in una nota ufficiale della Regione «da un
lato consenta l’inizio di un percorso condiviso e mirato a cogliere le
opportunità che deriveranno dalla riconversione della siderurgia triestina, e
dall’altro affianchi i lavoratori della Ferriera, secondo i principi di etica
della responsabilità che l’attuale governo regionale intende applicare in questo
difficile momento».
LA RIPRESA Nell’anno 2009 - lo stesso che fino a un lustro fa, prima
dell’avvento dell’era Severstal, era indicato come deadline della Ferriera - si
ritorna dunque per l’ennesima volta a discutere di piano condiviso in ottica
dismissione-riconversione, sulla scia dei tavoli avviati in Regione già nel
2001. Un impegno pesante, in quanto assunto in presenza di una lunga fila di
interlocutori: gli assessori regionali al Lavoro e all’Ambiente, Alessia Rosolen
e Vanni Lenna, il sindaco Roberto Dipiazza, la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat, il consigliere delegato di Servola Spa Francesco Rosato,
il direttore delle relazioni esterne di Lucchini Francesco Semino, le Rsu e i
leader sindacali, dal segretario regionale della Uil Luca Visentini al
provinciale della Fiom-Cgil Antonio Saulle.
LE INCERTEZZE Proprio Saulle, questo tavolo regionale, lo considera una chiave
per «capire cosa significa il superamento della siderurgia in termini di
occupazione ed economia per la città», giacché stando alle prime indiscrezioni
il migliaio di posti garantiti oggi da Ferriera e indotto potrebbe essere
coperto solo in fase di dismissione e costruzione - non a regime ordinario - dei
progetti di piattaforma logistica, centrale elettrica e rigassificatore. «Ma su
queste obiezioni non ci siamo fatti cogliere impreparati - puntualizza a fine
incontro la Rosolen - in quanto abbiamo ribadito come lo scorso ottobre
l’Agenzia regionale del lavoro, su nostro mandato, abbia avviato uno studio
sulla ricollocazione dei lavoratori per effetto della futura dismissione della
Ferriera».
LA PROPRIETÀ La proprietà, intanto, per voce di Semino, si sbilancia e promuove
l’incontro di ieri: «È stato un confronto sereno e costruttivo, tale da gettare
le basi per dipanare la matassa. Tanto in chiave attuale, in questa situazione
cioè di generale difficoltà a prescindere dalla diffida della Regione
sull’Autorizzazione integrata ambientale, quanto in prospettiva: dobbiamo essere
consapevoli che il 2015 può sembrare lontano ma fa presto ad arrivare». «Siamo
innanzi - gli fa eco il direttore di Assindustria Paolo Battilana - a un
approccio pragmatico che giudichiamo positivo e che merita quindi la massima
collaborazione».
GLI SCENARI Tutto perfetto? Non proprio. «Pare una storia già vista dal 2001 in
poi, ci auguriamo di sbagliarci ma non vorremmo constatare un’altra volta che
non è possibile credere a nulla», fa spallucce Franco Palman, Rsu della Uilm.
Che ricorda come oggi sia in agenda l’assemblea dei lavoratori, che dovranno
esprimersi sul mandato da dare ai propri rappresentanti in sede di firma
dell’accordo con la proprietà sulla cassa integrazione: accordo che metterà
sullo stesso piano i diritti dei precari, salverà la maturazione di tredicesime
e premi di produzione e sancirà l’anticipo degli assegni Insp da parte
dell’azienda. «Tre mesi li possiamo sopportare, ci conforta il fatto che i
lavori sull’altoforno 3 procedono a ritmo serrato», aggiunge Palman, ripensando
all’intervento di Visentini il quale durante l’incontro di ieri ha sottolineato
che «il vero problema, oggi, è che l’azienda non è in grado di garantire la
riassunzione dei dipendenti alla fine del periodo di cassa integrazione». La
crisi incombe, insomma, e non è tutta colpa del blocco dell’altoforno 2. «Se non
fossimo sereni - la replica di Rosato - non spenderemmo soldi sull’avvio
dell’altoforno 3 (7 milioni, ndr) senza sapere che possiamo utilizzarlo».
SOLDI DAL COMUNE Proprio lunedì il Consiglio comunale affronterà, in seduta
straordinaria, l’affare Ferriera. E qui il regista sarà Dipiazza, per il quale,
in realtà, quello di ieri è stato un secondo incontro dopo un primo contatto
riservato con i sindacati di tre giorni fa. È nell’aria l’ipotesi che il
Municipio decida di dare una mano, una manina, ai cassintegrati più in
difficoltà. «Vediamo - preannuncia Dipiazza - se in sede di Consiglio comunale,
e ripeto quel ”se” visto che non si tratta di una scelta personale ma che spetta
al massimo organo rappresentativo della città, se sarà per l’appunto possibile
trovare una formula per erogare ai lavoratori qualche centinaio di euro, sotto
forma di sostegno al reddito, privilegiando chi ha figli».
LA POLEMICA Dall’ex assessore regionale al Lavoro della gestione Illy, l’attuale
segretario provinciale Pd Roberto Cosolini, arriva infine «un giudizio positivo
sull’opportunità che si apra un percorso serio e condiviso nell’ottica della
dismissione». Ma arriva anche un affondo polemico verso l’asse Tondo-Dipiazza.
«Con questa mossa - rileva in effetti Cosolini - smentiscono tutte le promesse
elettorali di chiusura anticipata. Che il 2015 fosse un giro di boa era noto
anche ai sassi. Ecco che si ritorna, com’era ovvio, al punto di partenza».
PIERO RAUBER
FERRIERA - I vertici infiniti iniziati nel 2002 -
CRONISTORIA
Ferriera e tavoli tecnici. Ristretti, allargati, solo
ipotizzati ma anche regolarmente andati in scena. Una lunga storia.
- 25 gennaio 2002
Vertice con amministratori locali ed esponenti di governo a Roma. L’allora
presidente della Provincia, Fabio Scoccimarro, ipotizza per lo stabilimento
«fatti tangibili entro fine anno».
- 10 luglio 2002
Si apre il tavolo di confronto convocato dall’assessore regionale all’industria
dell’epoca, Sergio Dressi.
- 25 luglio 2002
Prima riunione dei numerosi tavoli tecnici istituiti da Dressi.
- 17 marzo 2003
Al tavolo, condotto sotto la regia della Regione, vengono costituiti gruppi di
lavoro sulla riconversione. Più tardi, a inizio giugno, la tornata elettorale
che porta Riccardo Illy ed il centrosinistra alla guida dell’ente regionale.
- 10 ottobre 2003
Prima riunione del nuovo tavolo regionale coordinato dal neoassessore alle
Attività produttive, Enrico Bertossi. Viene ufficializzata l’assegnazione
dell’incarico di consulente della Regione per la Ferriera all’ex city manager
Giovanni Gambardella. Una consulenza da 138 mila euro.
- 27 ottobre 2004
Nel corso del tavolo di concertazione convocato dalla Regione sulla crisi
dell’industria, riemerge l’ipotesi di una prosecuzione dell’attività della
Ferriera oltre il 2009.
- 29 settembre 2005
Si riunisce il tavolo tecnico-istituzionale in Regione per valutare la
situazione dello stabilimento e la prosecuzione dell’attività di fronte a un
quadro ambientale difficile.
- 27 luglio 2005
Comune e Provincia lasciano il tavolo tecnico fra le parti, per l’«assenza di un
piano industriale certo».
- 28 luglio 2007
I Verdi in Consiglio regionale sposano l’idea lanciata di recente dall’allora
ministro all’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, sull’istituzione di un tavolo
tecnico.
Edilizia scolastica, dossier degli studenti - DOPO IL
CROLLO ALL’OBERDAN
Un documento dettagliato che evidenzi, caso per caso,
tutte le carenze strutturali delle scuole superiori triestine. A stilarlo
saranno gli stessi studenti, che così mirano a dare un contributo concreto per
evitare il ripetersi di fatti come quello accaduto lunedì al liceo Oberdan, dove
è crollato un pezzo di soffitto nell’aula che ospita la terza I. La proposta
arriva dall’Unione degli studenti, che nelle prossime settimane si riunirà in
via straordinaria. «Convocheremo un’assemblea – conferma Nethanel Treves,
presidente dell’Uds e alunno del liceo di via Veronese – a cui inviteremo i
rappresentanti degli istituti. L’idea è di stilare un reportage che raccolga
tutti i problemi delle nostre scuole, per poi consegnarlo alla Provincia».
Ieri intanto tutto sembrava tornato normale all’Oberdan. A parlare coi ragazzi
della terza I è stata la preside, Clementina Frescura: «Gli studenti mi hanno
detto di aver dormito tranquilli: non hanno subito choc particolari. Si sono
comportati bene e anche gli insegnanti hanno contribuito a contenere la
preoccupazione». «Ma non siamo ancora del tutto tranquilli – commenta Matteo
Bertagni, rappresentante di istituto -: a molti pare inverosimile che due
tecnici siano riusciti da soli a controllare ben 48 aule in una mattinata.
Avremmo preferito un’indagine più approfondita».
Sono proseguiti intnato anche i lavori di messa in sicurezza delle due aule
risultate inagibili dopo il sopralluogo effettuato dalla Provincia: sono la
terza I – teatro del crollo di parte dell’intonaco del soffitto – e la seconda
L, che con tutta probabilità verranno controsoffittate.
(e.le.)
«San Giacomo, potenziare la differenziata» - PULIZIA E
RIFIUTI: IL PUNTO IN UN INCONTRO TRA CIRCOSCRIZIONE E ACEGAS
Intensificare la frequenza di lavaggio dei cassonetti dei
rifiuti e della raccolta differenziata, agevolare lo spazzamento delle strade e
combattere l’abbandono di rifiuti ingombranti sui marciapiedi e agli angoli
delle strade.
Sono questi i punti principali su cui è stato incentrato l’incontro tra il
presidente della Quinta circoscrizione, Silvio Pahor, i consiglieri di
maggioranza Antonio Perossa e Pietro Genna e il funzionario dell’area Ambiente,
servizi esterni e qualità urbana di AcegasAps, Mauro Cotterle.
La riunione, nel corso della quale è stato effettuato anche un sopralluogo in
alcuni punti di San Giacomo, ha permesso di tracciare un bilancio dello stato di
pulizia del rione, analizzando nel dettaglio le criticità dell’area, più volte
segnalate sia dai cittadini, sia dal parlamentino. «L’incontro è stato
sicuramente utile per creare un canale di comunicazione diretto con la
multiutility sul tema dell’igiene pubblica e rafforzare i rapporti con i
funzionari operanti sul territorio. Abbiamo deciso di verificare la situazione
con alcune verifiche dirette – spiega Pahor -. Per quanto riguarda la raccolta
differenziata dei rifiuti urbani è emersa la necessità di rendere più capillare
la presenza dei contenitori diversificati, al momento assenti in alcune aree del
quartiere a causa di problemi logistici. Nelle vie particolarmente strette
risulta infatti difficile assicurare il passaggio dei mezzi dell’ex
municipalizzata. Inoltre, è stata rimarcata la necessità di aumentare la
frequenza di lavaggio dei bottini e di combattere l’abbandono di oggetti
ingombranti per strada».
Tra i siti presi in esame nel corso dell’incontro, oltre a strade, piazze e
spazi verdi, anche la zona di via dei Montecchi, dove spesso i ciclomotori e i
veicoli posteggiati impediscono lo spazzamento quotidiano di marciapiedi.
Mattia Assandri
Riqualificazione energetica per gli edifici della provincia
Risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti sono gli obiettivi del progetto.
Cementificio, il Tar impone la riapertura dell’iter
regionale - ACCOLTO IL RICORSO DI CEMENTI NORDEST
TORVISCOSA Il Tar lo definisce «un mero vizio formale del
procedimento». Di fatto, l’ipotesi di costruire un cementificio a Torviscosa non
è ancora del tutto tramontata. Il Tribunale amministrativo regionale ha infatti
accolto il ricorso di Cementi Nordest avviato contro la Regione in seguito alla
decisione di cassare la realizzazione dell’impianto. Questa decisione del Tar
non comporta automaticamente un via libera alla costruzione del cementificio. Ma
costringe la Regione a riaprire la pratica e correggere l’iter formale,
sottoponendo al vaglio della commissione Via anche gli ultimi pareri raccolti. A
quel punto, la commissione potrà dare un parere sulla base del quale la giunta
regionale sarà chiamata a deliberare. Al momento non c'è niente di definitivo,
quindi. Gli avvocati Michele Tibald, Federico Gambini e Diego Modesti, che hanno
seguito la pratica per il Comune di Bagnaria e per l’azienda sanitaria numero 5
della Bassa friulana, hanno spiegato che il Tar non ha bocciato la Regione nel
merito del suo giudizio, ma ha evidenziato che mancava un passaggio burocratico.
Secondo quanto riferito, alla documentazione presentata dalla Regione alla
commissione Via sarebbe mancato l’ultimo giro di pareri vincolanti, tra i quali
proprio quello dell’azienda sanitaria. E questo inghippo ha permesso a Cementi
Nordest di appellarsi al Tar con successo. L’assessore regionale Vanni Lenna
taglia corto: «La commissione Via è un organo consultivo che espleterà il
compito di fornire un parere a cui la giunta si atterrà». Lenna assicura che non
ci sono posizioni pregiudiziali, pur confermando che il governatore Tondo, in
sede di campagna elettorale, si era espresso contrariamente rispetto al
progetto. L’assessore infine chiude: «Anche se la situazione economica è
difficile, la giunta farà le sue valutazioni autonomamente». Torna quindi alla
ribalta una vicenda che aveva provocato fortissime tensioni nella bassa friulana
e creato frizioni nei palazzi della politica regionale, con forti scossoni anche
all’interno dell'allora maggioranza di centrosinistra. La Cementi Nordest aveva
presentato il progetto nella primavera del 2006, scatenando la reazione dei
Comuni di Cervignano, Terzo, Porpetto e Carlino. Torviscosa e San Giorgio si
erano espressi favorevolmente, pur con delle prescrizioni. Poi era montata la
protesta popolare, cui avevano fatto seguito una prima bocciatura da parte
dell'azienda sanitaria. Il 14 giugno anche la politica aveva respinto il
progetto.
(gio.st.)
Corsi professionali, 120 ragazzi al Villaggio del
fanciullo - Italiano il 67% degli alunni Dalla Regione ogni anno sostegni per
1,3 milioni di euro
PRESENTATO IL BILANCIO SOCIALE
Più di 120 ragazzi, provenienti dalle più diverse estrazioni sociali e
talvolta gravati da complesse problematiche familiari, quotidianamente seguiti
nei corsi di formazione professionale «e della persona». È questo l’impegno
giornaliero del Villaggio del Fanciullo di Opicina, struttura che si appresta a
celebrare, nel prossimo autunno, i 60 anni di attività a fianco dei giovani.
Ieri, il presidente, monsignor Pier Giorgio Ragazzoni, ha tracciato le linee del
bilancio sociale relativo al 2007. «A partire da quel lontano ottobre del 1950 –
ha detto monsignor Ragazzoni - quando furono approvati i progetti per la
realizzazione dei primi edifici, cioè due nuclei abitativi e le officine per
l’insegnamento professionale, il Villaggio è una realtà che è costantemente
cresciuta, affiancando i ragazzi privi di un ambiente familiare. Oggi – ha
aggiunto – il 67 per cento dei 120 ragazzi che frequentano i nostri corsi
triennali, superando i quali si può diventare operatore grafico, meccanico o
cuoco e pasticcere, sono italiani, il 26 per cento provengono dall’Est europeo,
gli altri da Africa, Americhe e Asia».
Il principale sostegno finanziario che permette al Villaggio del Fanciullo di
operare sul territorio, garantendo un futuro a ragazzi che altrimenti sarebbero
destinati a soffrire situazioni complicate, arriva dalla Regione Friuli Venezia
Giulia. Ammonta a circa 1,317 milioni di euro il contributo annuale
dell’amministrazione regionale, al quale si affiancano i circa 60mila euro
provenienti dai Fondi sociali europei. Monsignor Ragazzoni ha voluto ricordare
che nello Statuto del Villaggio si afferma che «si tratta di un ente di culto
che ha per fine dare gloria a Dio, attraverso l’educazione spirituale e
religiosa dei minori e la loro raccolta in un villaggio espressamente ideato,
costruito diretto con speciali criteri di moderna pedagogia cristiana».
All’appuntamento ci ha partecipato anche il Vescovo, monsignor Eugenio Ravignani,
che ha espresso parole di «vivo apprezzamento per l’attività svolta». Anna Illy,
in qualità di presidente dell’associazione Solidarietà Trieste, ha voluto
evidenziare che «in tutti questi anni di intensa attività, il Villaggio del
Fanciullo ha saputo mantenere una linea di grande attenzione per i ragazzi,
adeguandosi alle nuove realtà che la società ha proposto. Il bilancio sociale
presentato oggi (ieri, ndr) – ha concluso – è uno strumento che ha senso se
pensato in una logica di continuità, perché l’abitudine a farlo determina un
costante miglioramento della qualità».
(u. s.)
SAN DORLIGO - Mozione No-Tav: se ne parla in consiglio
«Appare evidente la volontà di evitare qualsiasi approfondimento da parte dell’amministrazione ferroviaria così come è evidente che tale posizione non possa essere accettata dalla comunità dolinciana». Si riattizzano le polemiche dopo l’assemblea indetta sul progetto di collegamento ferroviario tra Trieste e Divaccia inserito nel più ampio contesto del Corridoio 5. A tornare sulla vicenda i consiglieri di maggioranza del Comune di San Dorligo Giorgio Jercog (Oltre il Polo) e Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro) i quali, in una mozione congiunta da presentare al prossimo consiglio, hanno espresso la loro contrarietà. «L’incontro con i rappresentanti della Rfi non ha corrisposto ad alcuna delle domande più specifiche che l’uditorio ha posto e in particolare su come verrà gestito l’enorme volume di materiali di scavo estratto dalle tre finestre costruttive previste a San Dorligo». Impegnano quindi la giunta «a offrire un’ampia informazione alla cittadinanza».
(r.t)
DUINO AURISINA - Una nuova sede per la Banca del tempo
- Gli uffici si sposteranno a Borgo San Mauro. Assegnati una linea telefonica e
un sito web
SONO STATI DESIGNATI ANCHE LA PSICOLOGA E IL TECNICO
INFORMATICO, VINCITORI DEL BANDO
Ha un numero di telefono, che è lo 040 2907059, e una email (bdt.pollicino@gmail.com),
ma presto avrà anche una nuova sede, la banca del tempo di Duino Aurisina. Il
progetto, formalmente partito il 1° marzo, è entrato nella sua fase operativa.
Se ne occupano una psicologa, Antonella Celea di 35 anni, e un informatico,
Fabrizio Tomasi di 30, che hanno vinto il bando di gara realizzato dal Comune
per avviare il progetto.
Alla banca del tempo, si venderanno lezioni di musica, lezioni di realizzazione
di bigiotteria, ripetizioni scolastiche, lezioni in lingua straniera,
disponibilità a tenere a pranzo ragazzi dopo la scuola e ad andarli a prendere o
portarli alle varie attività pomeridiane. L'elenco dei potenziali crediti e
debiti di ore alla banca è infatti ricco di attività, frutto delle elaborazioni
dei primi questionari pervenuti dalle famiglie che hanno già manifestato la
scelta di aderire.
In realtà, tuttavia, l'iniziativa deve essere ancora promossa nel dettaglio: «I
due animatori del progetto - ha spiegato ieri l'assessore Daniela Pallotta -
stanno avviando la promozione del servizio con una serie di volantini e
manifesti e presto sarà pronto anche il sito internet, attraverso il quale gli
interessati potranno iscriversi al database che gestirà tutta la banca del
tempo». Ne consegue che anche le categorie potranno essere ampliate, con
ulteriori attività da porre a debito o a credito di ore dei cittadini che si
iscriveranno al progetto.
La banca del tempo, attualmente ubicata in uffici comunali che si trovano a
Visogliano, sarà presto spostata a Borgo San Mauro 124, nella sede dei Servizi
Sociali dell’Ambito 1.1 che offre uno spazio di gioco e accoglienza dei bambini
(chiamato «Pollicino»).
Tra i compiti dei due organizzatori - il cui contratto scadrà il prossimo
dicembre - c’è anche l’impegno ad avviare e formare un gruppo di aderenti alla
banca stessa che abbia interesse e motivazione a fondare un'associazione.
Associazione che, il prossimo anno, dovrà gestire la Banca del tempo stessa. «Il
nostro impegno economico per il primo anno è notevole - ha detto ancora
l'assessore Palotta - grazie a un contributo regionale: per il futuro
auspichiamo che i cittadini si mettano in gioco e per qualcuno questo potrebbe
diventare un lavoro». La regione ha infatti finanziato il progetto con circa
60mila euro.
(fr.c.)
I cicloturisti di Ulisse invitano a farsi contagiare
dalla bici - STASERA IL PROGRAMMA 2009
«Contagiamoli tutti!» È questo il motto per il lancio
della nuova campagna di sensibilizzazione per l'uso della bicicletta promosso
dall’associazione di cicloturisti e ciclisti urbani di Trieste Ulisse-Fiab che
questa sera alle 20.30 presenterà alla Casa della musica il calendario di
attività 2009. Durante la serata verranno illustrati i progetti in corso nonché
le iniziative e le gite del sodalizio che attualmente conta oltre 150 iscritti.
Tra i punti previsti la ciclabilità transfrontaliera dalla ciclopista della Val
Rosandra al collegamento Muggia-Parenzana con aggiornamenti sui progetti e
considerazioni sullo snodo urbano cittadino e le proposte per il cicloturismo e
il programma delle gite sociali, ma anche un’analisi della Trieste ciclabile con
punto sulla situazione del censimento ciclabile, progetto ciclomappe e sicurezza
e infine la presentazione del nuovo sito web dell'associazione.
«L'Ulisse-Fiab è ormai nota per le sue innumerevoli attività legate alla
promozione dell'utilizzo della bici a Trieste e dintorni - spiega il presidente
Luca Mastropasqua - e da anni si impegna a portare avanti la propria
”Ciclo-Odissea” in una città dove sembra proprio che la bici non trovi gli spazi
adeguati per essere usata in sicurezza. Eppure sono sempre di più le biciclette
in giro. Evidentemente è un mezzo che contagia e che fa venire voglia di essere
usato per il suo essere ecologico, economico, silenzioso e che tiene in forma
chi lo utilizza. In più libera le città dal traffico».
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefano Cozzini, socio storico e consigliere
dell’Ulisse: «In realtà c'è ancora molto lavoro da fare per far sì che anche le
amministrazioni colgano appieno questo messaggio e contribuiscano con la loro
fondamentale azione ad uso sicuro e garantito della bicicletta».
L’attività di coordinamento dell’associazione è divisa in gruppi di lavoro:
mobilità, comitato feste e gite. Per intervenire ai direttivi e/o partecipare ai
gruppi di lavoro il sodalizio triestino può essere contattato via mail a info@ulisse-fiab.org
oppure lasciando un messaggio in segreteria telefonica allo 040.304414. «E’ da
anni che facciamo una fatica allucinante semplicemente per poter andare in bici
- ha concluso Mastropasqua - allora la nostra unica risorsa è diventare una
moltitudine e pedalare, il più possibile, in ogni occasione e diffondere così il
contagio e liberare la città dal traffico e la nostra società una velocità
sconsiderata e insostenibile».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 marzo 2009
Endesa abbandona il progetto per il rigassificatore
off-shore - MENTRE QUELLO DI GAS NATURAL ASPETTA SOLO L’OK DA ROMA
Il colosso tedesco dell’energia E.On - che dopo il fresco
accordo con Enel controlla il business di Endesa Italia - chiude in un cassetto
a tempo indeterminato il progetto del rigassificatore off-shore nel golfo di
Trieste. Gli preferisce, ormai ufficialmente, quello croato previsto a
Castelmuschio, sull’isola di Veglia, il cui iter burocratico è ben più avanti e
non deve nemmeno fare i conti con la «concorrenza» forte di un’alternativa
gradita e sponsorizzata ad ampia maggioranza dalle istituzioni territoriali:
l’impianto on-shore di Zaule della spagnola Gas Natural.
La penisola tricolore, per la casa madre di Dusseldorf, resta sì un mercato
interessante, ma principalmente in virtù delle aperture del governo Berlusconi
nei confronti di un ritorno al nucleare.
Lo ha fatto capire ieri in Germania l’amministratore delegato della stessa E.On,
Wulf Bernotat, in occasione della presentazione dei dati di bilancio 2008.
La notizia viene a galla, per l’appunto, mentre a Trieste si contano ormai le
ore che mancano all’imminente via libera definitivo al progetto targato Gas
Natural: un nulla osta sul quale manca solo la firma del ministro dell’Ambiente
Stefania Prestigiacomo, che fonti romane danno in arrivo entro Pasqua dopo gli
ultimi passaggi formali in Commissione di Via (la Valutazione d’impatto
ambientale, ndr).
Ad ogggi, infatti, resterebbero soltanto da ratificare le prescrizioni esaminate
nei giorni scorsi dalla Sottocommissione di Via in merito all’interramento per
metà altezza (25 metri rispetto ai 50 complessivi) dei due serbatoi per il Gnl,
nonché all’arretramento degli stessi rispetto alla linea di costa.
(pi.ra.)
EDILIZIA SCOLASTICA - Oberdan a pezzi, a rischio
un’altra aula - Chiusi i due locali. In città altri sei istituti necessitano di
interventi urgenti
L’ASSESSORE Tommasini: «Servirebbero 35-40 milioni per
ristrutturare tutti gli istituti» - IL SOPRALLUOGO DOPO IL CROLLO
È successo nell’aula che ospitava la terza I al liceo Oberdan, ma un
identico episodio sarebbe potuto accadere nella sala dove, fino a due giorni fa,
anche la seconda L faceva lezione. Non solo però, visto che l’emergenza edilizia
delle scuole triestine è un fenomeno esteso, vastissimo, anche a causa della
vetustà di molti palazzi. Uffici, docenti, studenti e rappresentanti
istituzionali lo confermano e indicano nel Nautico, nel Carli, nella succursale
che ospita Petrarca e Nautico stesso in largo Sonnino e nella palestra del Da
Vinci/Sandrinelli i casi più «a rischio».
Il sopralluogo effettuato ieri mattina dai tecnici della Provincia all’Oberdan,
dopo il crollo di un pezzo di soffitto avvenuto nella mattinata di lunedì in
pieno orario di lezione, ha ribadito la necessità di chiudere quella che - a
questo punto - è l’ex aula della terza I all’interno dell’istituto di via
Veronese. Ma gli approfondimenti hanno messo in evidenza una situazione simile
nell’altra ala dell’edificio, nello spazio dove era sistemata la seconda L. Oggi
tutti gli studenti dell’Oberdan torneranno regolarmente sui banchi, la
sospensione delle lezioni, infatti, è ufficialmente finita dopo una sola
giornata. Le due classi «senza casa» saranno spostate in alcuni laboratori, in
primis quello multimediale, il cui allestimento non è stato ancora completato.
Soluzioni temporanee, in ogni caso, potranno essere trovate anche in virtù della
momentanea assenza di altre quattro classi, via questa settimana perché in gita
scolastica.
Sono 18,7 i milioni di euro che, nel biennio 2009-2010, la Provincia ha deciso
di investire per effettuare una serie di interventi nel settore dell’edilizia
scolastica. «Così metteremo a posto la situazione al Volta, al Carli, allo
Stefan all’interno del Comprensorio di San Giovanni, la succursale di Petrarca e
Nautico in largo Sonnino e la palestra del Da Vinci. Oltre a ciò, completeremo
il nuovo polo tecnico-scientifico di villa Giulia», spiega l’assessore
provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini. Che tuttavia aggiunge: «Da una
stima fatta, ci vorrebbero però 35-40 milioni di euro per mettere completamente
a posto tutte le scuole della provincia di Trieste». Da notare, per avere ancora
un segnale di quale sia lo stato delle scuole triestine, che un milione e 200
mila euro sono stati già stanziati per mettere a posto gli impianti elettrici
dei vari istituti. È di 220 mila euro annui, infine, l’importo destinato dalla
Provincia alla cosiddetta manutenzione ordinaria nei diversi edifici scolastici.
MATTEO UNTERWEGER
EDILIZIA SCOLASTICA - Provincia, controlli ogni 6 mesi
- Stipulato un protocollo d’intesa per il monitoraggio - Verifiche a fine anno e
nella pausa natalizia
L’impegno ad effettuare una serie di accertamenti e
controlli tecnici due volte all’anno. Il primo, nel periodo immediatamente
successivo alla fine dell’anno scolastico. Il secondo, durante la pausa
natalizia, a cavallo fra dicembre e gennaio. Una calendarizzazione delle
verifiche mirata a prevenire rischi di crolli o cedimenti strutturali dei
singoli edifici. Con questo impegno, la Provincia di Trieste ha rassicurato ieri
gli studenti, a margine dell’incontro avvenuto a palazzo Galatti fra una
delegazione di ragazzi e, per l’ente provinciale, il presidente Maria Teresa
Bassa Poropat e l’assessore Mauro Tommasini. Inoltre, ha fatto sapere proprio
Tommasini, vista la situazione generale e considerato quanto accaduto
all’Oberdan lunedì mattina, la Provincia integrerà la quota di euro destinata
secondo il bilancio di previsione al mondo dell’edilizia scolastica. Una
variazione sarà possibile a giugno, alla prima occasione utile.
«È stato un incontro positivo, propositivo da parte degli studenti, in cui
abbiamo condiviso e firmato un protocollo d’intesa - riepiloga Maria Teresa
Bassa Poropat -. A partire in via sperimentale dal prossimo anno scolastico,
inizieremo un monitoraggio degli istituti con i responsabili della sicurezza
interni. Il primo alla fine dell’anno scolastico, il secondo circa sei mesi
dopo. Inoltre, organizzeremo degli incontri periodici con i vari consigli
d’istituto e gli stessi responsabili della sicurezza interna, al fine di
evidenziare problematiche particolari».
Ritornando al crollo dell’altro giorno, intanto, sul perché la Provincia sia
intervenuta solo a episodio avvenuto, nonostante la segnalazione del 26 febbraio
scorso inviata dallo stesso liceo Oberdan agli uffici dell’ente, l’assessore
Mauro Tommasini osserva come «nella richiesta non fosse stata segnalata in alcun
modo la priorità dell’intervento. Tanto che, assieme alla segnalazione delle
crepe, ce n’era pure una per la riparazione di un bottone di uno sciacquone».
Non proprio un’urgenza, insomma, quest’ultima. Quanto alle crepe, però, almeno
un minimo di preoccupazione avrebbero dovuto sollevarlo. «C’è una condivisione
di responsabilità - afferma ancora Tommasini - tra noi e gli istituti, che
dovrebbero tenere sempre sotto controllo la situazione della sicurezza
quotidiana».
Sulla questione, l’unico commento giunto dal Centro servizi amministrativi di
Trieste, ovvero la costola provinciale dell’Ufficio scolastico regionale, è
stato quello della coordinatrice Licia Pavanello: «Su questi problemi, le scuole
si rapportano direttamente con la Provincia».
(m.u.)
Proposta di legge per salvare le storiche linee
ferroviarie - Potrebbero essere sfruttate come attrazione turistica e via di
collegamento col centro
Valorizzare le vecchie linee ferroviarie dismesse sul
territorio regionale, per trasformarle in elemento di collegamento fra le
attrazioni turistiche del Friuli Venezia Giulia e per diventare esse stesse,
assieme alle stazioni storiche, fulcro di interesse per i turisti. Questo il
contenuto della legge che dovrebbe andare all’esame del Consiglio regionale
entro maggio. Lo ha annunciato ieri l’esponente del Pdl, Piero Camber,
presidente della VI Commissione consiliare regionale (che si occupa della
cultura) al termine di un sopralluogo alle strutture e ai locali del Museo
Ferroviario di Campo Marzio.
«La legge – spiega Camber – avrà come titolo ”Valorizzazione della rete
ferroviaria regionale a scopo turistico culturale”. Il Friuli Venezia Giulia è
ricco di linee ferroviarie dismesse, che sono però perfettamente funzionanti, e
di vecchie stazioni, a cominciare proprio da questa di via Giulio Cesare, di
grande valenza culturale e turistica». Il sopralluogo, che ha visto presenti
diversi consiglieri regionali, è servito a verificare una situazione che, per
l’edificio di Campo Marzio, potrebbe evolversi rapidamente. «Esiste un contratto
preliminare di vendita stipulato fra un gruppo di imprenditori edili e le
Ferrovie – dice Camber – per la cessione dell’edificio, pur nel rispetto dei
vincoli che garantiscono la conservazione del Museo. Una coabitazione fra
privati e l’attività museale potrebbe essere però molto difficile, ecco perché
auspichiamo che si presentino piuttosto enti pubblici o aventi finalità
pubbliche, come la Fiera di Trieste. Se si dovesse concretizzare questa seconda
opzione, il Museo potrebbe proseguire nella sua attività, pur con le necessarie
limitazioni, convivendo con gli eventi fieristici. In questo contesto si
potrebbe inserire un intervento della Regione per acquisire, dalle Ferrovie, le
linee dismesse e chiudere così il cerchio».
La spada di Damocle è un possibile sfratto, visto che nel 2006 una società
trevigiana ha acquisito all’asta l’intero complesso di Campo Marzio di proprietà
delle Ferrovie, vincolato - per stazione, binari e collezioni - dalla
Soprintendenza regionale. «Noi paghiamo un affitto di 60 mila euro all'anno, un
comodato piuttosto oneroso - così il presidente del Dlf Claudio Vianello -. Il
rischio è che Trieste da un lato perda il museo, dall'altro che scompaia un
terminal viaggiatori che potrebbe essere rivitalizzato turisticamente e per la
mobilità verso il centro». La Stazione ferroviaria di Campo Marzio venne
inaugurata nel 1906. Oggi a curare il Museo sono i volontari della Sezione
appassionati trasporti (Sat) del Dopolavoro ferroviario di Trieste.
Ugo Salvini
Precenico protesta contro l’antenna Il sindaco Ret si
appella a Scajola - Nuovo progetto in Comune. Il comitato: «È spostata solo di
qualche metro»
Bocciati i due siti alternativi che erano stati
proposti dai tecnici
DUINO AURISINA Il borgo carsico di Precenico è nuovamente in fermento.
Qualche giorno fa è ricomparso il progetto per l’installazione di un’antenna per
la telefonia mobile dell’altezza di 24 metri appartenente al colosso svedese
della Ericsson, progetto che la scorsa estate aveva letteralmente scombussolato
la frazione di Duino Aurisina minandone la tranquillità.
«Tutto taceva da parecchi mesi e questo silenzio sembrava far ben presagire,
mentre la scorsa settimana è stato presentato in Comune un nuovo progetto per
l’installazione di questo traliccio», spiega Barbara Leghiša, la portavoce del
comitato antiantenna di Precenico. Dopo l’iniziale levata di scudi dei
residenti, questi assieme al sindaco Giorgio Ret avevano fatto dei sopralluoghi
con i tecnici incaricati suggerendo due siti alternativi, entrambi collocati in
zone lontane dalle abitazioni. «Sembrava che uno dei luoghi suggeriti, posto in
direzione del monte, fosse stato ritenuto valido ed invece rispetto al sito
individuato originariamente ci si è spostati solo di qualche metro», spiega la
Leghiša.
Sulla spinosa questione è subito intervenuto il primo cittadino di Duino
Aurisina Giorgio Ret che ha preannunciato alcune iniziative: «Innanzitutto ho
inviato una lettera al Ministro delle Telecomunicazioni Claudio Scajola per
renderlo edotto sulla vicenda, stessa cosa ho fatto con i deputati triestini
presenti in Parlamento, mentre ai referenti dell’antenna ho spedito una missiva
chiedendo il perché della bocciatura dei siti da me proposti e soprattutto la
presentazione del rendering con il possibile nuovo scenario in presenza del
traliccio».
Questa la secca replica da parte di Patrizia Pecoraro, referente della Wind,
l’ente che dovrebbe gestire l’antenna in concessione dalla Ericsson: «Per ora mi
limito a dire che a breve prepareremo una relazione con i motivi tecnici della
scelta di rimanere vicino al sito prescelto in origine: non ho altro da
aggiungere». Sino ad adesso il nuovo progetto ha avuto il nulla osta della
Regione e della Forestale. Il prossimo step è il consenso del Comune tramite la
Commissione paesaggistica integrata, un passaggio «obbligato», spiega Ret: «So
che altre amministrazioni comunali coinvolte in passato in casi simili hanno
provato ad opporsi ma hanno perso la causa al Tar», spiega il primo cittadino.
Una volta superato questo «ostacolo» vi sarà l’ultimo e decisivo giudizio da
parte della Sovrintendenza. Due sono le questioni più spinose. La prima
naturalmente legata a motivi sanitari: «Alcune recenti indagini
medico-scientifiche non hanno escluso possibili danni alle persone, in
particolare ai bambini, che siano esposti in maniera continuativa a tali
emissioni elettromagnetiche», spiega la Leghiša. La seconda questione riguarda
invece la monetizzazione del progetto. Il terreno su cui sorgerà l’antenna è
infatti (come già nel primo progetto) di proprietà privata. La proposta unanime
del paese era invece stata un’altra: utilizzare un terreno delle Comunelle in
modo tale da avere un ritorno economico per il paese. «Nemmeno questa nostra
richiesta è stata ascoltata», sorride amaramente la Leghiša. Per la serie oltre
al danno, anche la beffa.
RICCARDO TOSQUES
Agenda 21, al via gli incontri sulla tutela ambientale
SAN DORLIGO Una serie di incontri per raccogliere opinioni, idee e proposte sul turismo sostenibile e sul risparmio energetico. Questo lo scopo del nuovo percorso di Agenda 21 intitolato «PartecipAssieme», avviato dopo la presentazione al teatro «Preseren» di Bagnoli e alla sala Millo a Muggia. Il processo, che intereserà i cittadini di San Dorligo e Muggia, con la supervisione della Provincia ha lo scopo di discutere di «temi inerenti la salvaguardia ambientale per noi ma soprattutto per le future generazioni», così il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin. L’assessore comunale all’Agenda 21 di Muggia Loredana Rossi ha invece sottolineato l’importanza di «guardare il territorio senza confini, con occhi intelligenti e rivolti verso lo sviluppo razionale», mentre l’assessore ai Lavori pubblici di San Dorligo Laura Riccardi Stravisi ha ricordato che «saper ascoltare e unire le diversità di opinioni è il compito principali di Agenda 21». Tra le novità alcune passeggiate tematiche e uno spazio dedicato ai giovani con laboratori mirati.
Gli alunni della «Saba» piantano gli ippocastani che
avevano fatto nascere - CERIMONIA A VILLA COSULICH
Quando erano in prima elementare, durante l’autunno,
avevano raccolto una ventina di castagne d’ippocastano trovate nel giardino
della propria scuola, poi le avevano piantate in alcuni vasetti per studiare e
vedere lo sviluppo di queste piante. A cinque anni di distanza di quelle venti
castagne germogliate sono rimaste due piantine che i ragazzi dell’attuale VB
della scuola Umberto Saba hanno voluto piantare nel giardino di Villa Cosulich.
Accompagnati dai loro insegnanti -i maestri Elena Declich e Andrea Ambrosi e
dalla direttrice vicaria Francesca D’Alessio e assistiti dal funzionario
forestale del Verde pubblico Alfonso Tomè e alla presenza dell’assessore ai
Lavori Pubblici Franco Bandelli- i ragazzi della VB hanno così portato a termine
la loro ricerca applicata, iniziata in prima elementare, piantando i due
alberelli d’ippocastano negli appositi spazi previsti e concordati all’interno
del parco di Villa Cosulich. Un plauso all’iniziativa è stato espresso anche
dall’assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli che, invitato sul posto, ha
voluto donare ai ragazzi una scheda tecnica di approfondimento sulla cura e la
crescita degli ippocastani.
Gorizia, energia meno cara dalla Slovenia - Via libera
all’elettrodotto da Vertojba. Fornirà la città e l’Isontino con un cavo di 16
chilometri
OGGI LA PRESENTAZIONE UFFICIALE NELLA SEDE IRIS
SAVOGNA Lunghezza: 16 chilometri. Potenza massima: 200 megawatt. Sono i
numeri più significativi dell’elettrodotto transfrontaliero italo-sloveno che ha
per capofila «Kb1909», società finanziaria per azioni Financna delniška družba
di Gorizia: un impianto importante che consentirà un contenimento dei costi
nelle regioni della Primorska (Slovenia) e dell’Isontino.
L’importante iniziativa verrà presentata oggi alle 11 nella sede di Iris spa di
via IX Agosto 15 a Gorizia: saranno presenti i vertici del consorzio promotore
di società italiane e slovene che annovera oltre a Iris, la Sdag, Kb 1909,
Istrabenz Gorenje d.o.o., Holding Slovenske elektrarne d.o.o. e Lux Energy
d.o.o. L’infrastruttura interesserà in Slovenia il comune di Vertojba e in
Italia quelli di Gorizia, Savogna, Sagrado, San Pier e Fogliano Redipuglia.
L’elettrodotto correrà per complessivi 16 chilometri da Vertoiba, in territorio
sloveno, e Redipuglia in territorio italiano, attraversando i territori dei
comuni di Gorizia, Savogna d’Isonzo, Sagrado, Fogliano-Redipuglia e San Pier
d’Isonzo. L’infrastruttura prevede la messa in posa di un cavo interrato di
potenza massima di 200 megawatt che, grazie alla schermatura in canalette
trapezoidali, rende minimo l’impatto ambientale dell’opera e ne garantisce
l’assoluta sicurezza sotto il profilo delle emissioni elettromagnetiche.
L’elettrodotto si connota quale fondamentale infrastruttura di connessione tra
le due realtà – quella italiana e quella slovena – che negli anni hanno
sviluppato le rispettive reti elettriche in modo parallelo e indipendente:
l’impianto consentirà di rendere contigue dal punto di vista elettrico le
regioni della Primorska (Slovenia) e dell’Isontino, rendendo reciproco
l’approvvigionamento in un’ottica di contenimento dei costi dell’energia
elettrica in ingresso nell’area goriziana. La realizzazione dell’elettrodotto
potenzialmente potrebbe portare anche all’elettrificazione della rete
ferroviaria slovena da Nuova Gorizia a Sesana, linea complementare del
progettato Corridoio 5.
Il progetto, il cui iter di approvazione è alle fasi conclusive nella sede
dell’amministrazione regionale, sarà illustrato dettagliatamente oggi nella sede
di Iris. Kb1909 Società finanziaria per azioni è la holding finanziaria a capo
del gruppo Kb1909. Il gruppo è costituito da 30 società collegate e controllate.
L’attività economica della società e del gruppo Kb1909 è concentrata
principalmente nell’area del Friuli Venezia Giulia, nella Repubblica di Slovenia
e nei mercati dell’Europa centro e sud-orientale.
FRANCESCO FAIN
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 marzo 2009
Diossina dalla Ferriera, reato estinto L’azienda ha
speso 65mila euro in perizie
EMISSIONI RIPORTATE A NORMA, ERANO ACCUSATI DIRETTORE E
PRESIDENTE. CASO RISOLTO CON L’OBLAZIONE
Sessantacinquemila euro di spese di perizia, più altri duemila per
l’oblazione: in totale 67 mila euro.
Tanto è costato alla Ferriera di Servola chiudere ieri a livello giudiziario
l’inchiesta sulle emissioni di diossina prodotte dall’impianto di
agglomerazione. Lo stesso impianto era stato sequestrato nell’agosto del 2005
dal pm Federico Frezza e finché l’azienda non lo ha riportato - con ulteriori
ingenti spese - ai valori di emissioni previste dal Decreto regionale del 16
marzo 2005, è rimasto inattivo.
Ma andiamo con ordine. L’oblazione di duemila euro, del cui versamento i legali
del gruppo Lucchini hanno dato ieri prova al giudice Giorgio Nicoli, ha estinto
il reato di cui erano accusati Francesco Rosato e Giovanni Schinelli,
rispettivamente direttore dello stabilimento e presidente della Servola spa.
Secondo l’accusa, ora caduta grazie all’oblazione e al ripristino dei valori di
emissioni nei limiti di legge, i due dirigenti non «avevano osservato o non si
erano curati che fossero osservate le prescrizioni dell’autorizzazione regionale
per quanto attiene alle emissioni in atmosfera provenienti dall’impianto di
agglomerazione. Ciò per colpa, consistita nell’omesso, doveroso controllo del
ciclo produttivo e nell’omesso colposo adeguamento alla migliore tecnologia
disponibile sul mercato».
Le emissioni di diossina dal camino E5 il 13 luglio 2005 avevano raggiunto quota
1,527 nanogrammi per metri cubo d’aria e il precedente 21 aprile 0,723
nanogrammi, quando il limite massimo di legge era fissato in 0,4 nanogrammi.
Dopo 13 mesi di controlli, verifiche, sperimentazioni, nell’autunno del 2006
l’impianto era ritornato nella normalità. Questo lungo periodo era stato
utilizzato dalla Procura congiuntamente ai tecnici del Gruppo Lucchini e ai
propri consulenti per capire se e come fosse possibile rispettare i limiti
dell’autorizzazione regionale. La risposta al quesito «se e come» era venuta dal
professor Marco Boscolo che aveva spiegato che per far rientrare le emissioni di
diossina nei parametri di legge, l’agglomerato deve essere sempre irrorato con
una certa percentuale di urea: esattamente lo 0,15 per cento della massa del
materiale che poi finisce nell’altoforno.
Gli esperimenti condotti nelle condizioni più diverse, e sotto il controllo dei
consulenti della Procura, hanno confermato la diagnosi e la terapia adottata. Da
qui il dissequestro e l’apertura per gli indagati della via dell’oblazione.
«Il procedimento è stato connotato da una visione non meramente ed
esclusivamente repressiva dell’azione penale, bensì da una visione attenta al
comportamento dinamico della pluralità di interessi coinvolti» aveva scritto il
pm Federico Frezza nel provvedimento di dissequestro. Poi aveva spiegato a
chiare lettere quali erano «gli interessi coinvolti». «Il diritto alla salute e
all’ambiente salubre, primari e intangibili. Ma anche, sia pure un gradino al di
sotto, il diritto all’esercizio dell’iniziativa economica privata, che è libera,
purché non in contrasto con l’utilità sociale e purché non rechi danno alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana».
CLAUDIO ERNÈ
Nuovo depuratore attivo entro il 2012 - Investimento di
50 milioni che servirà per gli impianti di Servola e Barcola
FIRMATO L’ACCORDO TRA GLI ENTI, DALLA PROVINCIA 500MILA
EURO PER IL PROGETTO
Parte il progetto per la realizzazione di nuovi impianti per la depurazione
delle acque reflue urbane a Servola e Barcola. Per urbane si intendono le reflue
domestiche, le industriali e quelle meteoriche di dilavamento, convogliate nelle
reti fognarie.
È stato siglato ieri, a palazzo Galatti, il relativo accordo fra Provincia,
Comune, Regione, Autorità di ambito territoriale ottimale "Triestino" e Autorità
portuale. Il testo impone ai firmatari un rigido rispetto dei tempi, con
l'indicazione delle date di scadenza entro le quali i lavori dovranno essere
compiuti, e comunque entro il 2012. Le spesa prevista ammonta a 50 milioni di
euro, di cui 44 impegnati nella realizzazione del progetto. I restanti 6 sono
destinati all'acquisizione dell'area di Servola Scalo legnami e all'adeguamento
del depuratore di Barcola. Per il finanziamento delle opere sarà utilizzato
l'aumento tariffario previsto dalla legge finanziaria del 2001. La Provincia ha
già erogato all'amministrazione comunale 500mila euro, finalizzati alla
progettazione definitiva degli interventi. Nel periodo di attuazione del
programma, la qualità delle emissioni del corpo idrico ricettore saranno
monitorate dall'Arpa e dall'Azienda Sanitaria.
«Con questa sigla la Provincia conferma il ruolo di ente di coordinamento - ha
detto Maria Teresa Bassa Poropat, presidente di palazzo Galatti - adesso sarà
possibile avviare il necessario percorso di ristrutturazione degli impianti di
depurazione, che attualmente non rispondono agli standard europei e necessitano
di un potenziamento».
L'accordo impegna i soggetti firmatari a garantire, nel più breve tempo
possibile, il corretto funzionamento degli impianti esistenti e il loro
progressivo adeguamento alle previsioni del decreto legislativo emanato in
materia, il 152 del 2006 e del Piano regionale di tutela delle acque, di
prossima adozione. Nello specifico, il progetto prevede di realizzare il
collegamento tra l'impianto di pretrattamento di Barcola, che sarà convertito in
uno di sollevamento, e quello di Servola, dove saranno recapitati tutti i
reflui. Contemporaneamente si procederà alla realizzazione della sezione
biologica del depuratore di Servola, per la quale il Comune ha già richiesto
all'Autorità portuale la concessione demaniale delle aree per la costruzione
dell'impianto.
L'assessore comunale Paolo Rovis ha ricordato che «sarà il Comune la stazione
appaltante» e che «uno dei vantaggi sarà l'eliminazione del depuratore di
Barcola». Rovis ha anche assicurato che i lavori «saranno effettuati nei mesi
invernali, per non condizionare la stagione balneare». L'assessore regionale
Sandra Savino ha voluto precisare che «i cittadini non subiranno aumenti
tariffari, perché i fondi già esistono», mentre il presidente dell'Autorità
portuale, Claudio Boniciolli, ha dichiarato che «la firma è posta perché siamo
consapevoli delle urgenze della città, ma non siamo soddisfatti della continua
sottrazione di spazi all'area di nostra competenza».
Ugo Salvini
Park San Giusto non decolla più - Dopo che il Comune ha
fatto ritirare Amt frenano anche i costruttori
Riccesi: «Esistono vincoli e vari problemi da
risolvere, ma sarebbe un’attrazione»
Doveva essere la soluzione ai problemi di parcheggio in centro. Un po’
struttura di servizio, un po’ attrazione turistica, col suo ascensore interno
che avrebbe collegato in pochi secondi la via del Teatro romano col colle di San
Giusto, costituiva l’uovo di Colombo per l’affannata mobilità cittadina. Su Park
San Giusto, però, tornano ad addensarsi i nuvoloni del dubbio, sebbene il Comune
abbia tirato fuori un cronoprogramma che parla, ottimisticamente, di consegna
nel luglio 2013. E a frenare sono proprio i teorici realizzatori.
La fine delle certezze è incominciata nel dicembre scorso, con la scelta del
Comune di uscire dalla società che dovrebbe realizzare il progetto. Un passaggio
in due tempi, che ha coinvolto l’Amt (Azienda per la mobilità territoriale),
controllata all’87 per cento dallo stesso Comune, invitata, si fa per dire, dal
Municipio a mettere le sue quote (il 75,5 per cento, per un valore superiore al
milione di euro), a disposizione del pool di costruttori che dovrebbero
realizzare l’opera (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering di
Padova). «In questa maniera – sostiene tuttora l’assessore Paolo Rovis – si
snellisce di molto l’iter. Perchè comunque l’intenzione del Comune resta quella
di portare avanti il progetto».
Nessuna intenzione di passare la mano dunque, anche se dal pool di imprese
arriva più di qualche «distinguo». «Per ora – racconta Donato Riccesi
dell’omonima impresa – Ci hanno mandato una comunicazione nella quale ci
anticipano questa loro intenzione. Dal canto nostro abbiamo dato una risposta
affermativa, condizionata però a dei passaggi obbligati da fare. Il più
significativo è quello di rimpiazzare il gestore. Noi non abbiamo la
professionalità per gestire un parcheggio – sottolinea il costruttore – ce ne
vuole un altro che però, magari, può avere necessità tecnico-operative non
proprio corrispondenti con quelle dell’Amt, considerato che lo deve gestire per
30 anni. E poi diciamolo, normalmente si costruisce un albergo quando si sa chi
lo gestisce...».
Con ogni probabilità i motivi sono anche altri. E così, mentre il presidente di
Amt, Rocco Lobianco giudica un falso problema quello del gestore («della
compagine azionaria fanno parte anche la Ssm spa di Udine con il 5 per cento e
l’Acupark srl del gruppo Aci con l’1 per cento, ed entrambe sono in grado di
prendere la gestione dell’impianto»), il suo direttore nonchè presidente della
«Park San Giusto», Davide Fermo racconta anche qualche particolare inedito. «Non
è che il parcheggio sia in ritardo con i tempi, è che magari qualcuno si è fatto
prendere dall’entusiasmo, fornendo delle notizie incontrollate. Di vero c’è –
spiega Fermo – che sono in corso indagini archeologiche e studi sul diritto nel
sottosuolo, e si tratta di attività che richiedono certe tempistiche».
«È vero – conferma Riccesi – esistono vincoli da risolvere, che ovviamente hanno
i tempi della burocrazia italiana. In più ci sono le opere onerose di sicurezza
richieste dai vigili del fuoco. Il parcheggio sarebbe obiettivamente un unicum,
non ne esiste un altro uguale in Italia. La struttura più simile che mi viene in
mente è quella di Salisburgo, ma loro non hanno, come noi, la normativa del
vigili del fuoco più severa d’Europa, che impone ad esempio la ventilazione
naturale e non meccanica».
Va inoltre aggiornata la convenzione su nuovi parametri, perchè il costo
dell’opera è aumentata dal 2000 ad oggi del 20 per cento almeno (quello attuale
è lievitato a circa 26 milioni ndr), coerente con i parametri Istat. Un’altro
dato che ha fatto storcere il naso a molti, ma che Rovis, a questo punto, non
prende più in considerazione. «Il pubblico faccia il pubblico, il privato il
privato. È a loro che spetta di preparare un piano economico-finanziario e
curare la gestione del parcheggio».
Ma tra vincoli e ritocchi quel parcheggio inizia a piacere sempre meno. E quel
cartello di inizio lavori messo ottimisticamente in posa all’inizio dell’ultima
campagna elettorale, rischia di rimanere solo un inno all’ottimismo...
FURIO BALDASSI
Volontariato, le esperienze a confronto
Si intitola «I percorsi del volontariato in Friuli Venezia
Giulia. Una rete di speranza per rispondere alla crisi» l’incontro pubblico che
la Federazione regionale del Movimento di volontariato italiano Movi organizza
oggi alle 17.30 allo sportello Csv di via San Francesco 2. L’iniziativa si
prefigge di «incontrare i volontari della provincia per avviare un dibattito
sull’attualità della scelta e dei valori del volontariato e confrontarsi con i
loro vissuti quotidiani». Verrà anche presentato il volume che raccoglie gli
atti delle conferenze regionali del volontariato tenute a Palmanova, Trieste e
Napoli nel 2007.
IL GAZZETTINO - LUNEDI', 9 marzo 2009
Tagli ai Beni culturali, Nordest più penalizzato
Le riduzioni nei finanziamenti previsti dal piano triennale di programmazione dei lavori pubblici del ministero premiano regioni non virtuose.
Alla Soprintendenza di Venezia sforbiciata del 99% per
i restauri. Ma il Lazio riceverà almeno il 25% dei fondi disponibili
Lacrime e sangue per i monumenti e le opere d'arte del Nordest. La facile
previsione arriva dal piano triennale di programmazione dei lavori pubblici del
ministero dei Beni culturali. E a guardare le cifre a rischio è la stessa
conservazione dei monumenti del Veneto che vede dimezzati i fondi per i
restauri. Infatti da 7,5 milioni di euro per lo scorso anno si passa ai 3,9
milioni di euro previsti per il 2009. Con una punta che arriva a tagli del 99
per cento per i fondi concessi per restauri alla Soprintendenza di Venezia.
Per il resto del triennio, fino al 2011, potrebbe andare anche peggio con
riduzioni previste a livello nazionale per 1 miliardo e 402 milioni di euro
secondo il Consiglio superiore del ministero (496 milioni per il 2009; 412 per
il 2010; 493 per il 2011) su una quota che era pari allo 0,28 per cento del
bilancio generale. I tagli hanno portato, il 25 febbraio scorso, alle dimissioni
del preside della Normale di Pisa, Salvatore Settis, noto a Nordest per aver più
volte criticato le pubblicità invasive a Venezia, dal ruolo di presidente del
Consiglio superiore del ministero insieme a vari consiglieri. E la ricaduta dei
tagli sul Veneto «potrebbe portare nel 2011 a decurtazioni del 90 per cento dei
finanziamenti attuali», secondo Edoardo Radolovich, del coordinamento beni e
attività culturali della Uil Veneto.
SOLDI AL LAZIO Ma anche nei sacrifici ci sono sostanziali differenze tra le
varie regioni. Differenze che per esempio portano il Lazio, nel corso del 2009,
a ricevere comunque il 25 per cento dei fondi disponibili (poco meno di 18
milioni di euro) contro il 5,41 per cento concesso al Veneto, nonostante le
dimensioni e la popolazione delle due regioni siano più o meno le stesse, e
senza nulla togliere alla consistenza del patrimonio artistico di Roma e
dintorni.
Va un po' meglio al Friuli Venezia Giulia. Nonostante rappresenti più o meno un
terzo del Veneto, la regione a statuto speciale per il 2009 riceve da Roma 3,2
milioni di euro per la sua monumentalità contro, appunto, i 3,9 del Veneto. E,
paradossalmente, in due settori strategici come i capitoli per i beni
architettonici e per quelli archeologi il Friuli riceve più del Veneto. Nel
primo caso si tratta di 1,6 milioni contro 1,4; nel caso dei beni archeologi al
Friuli vanno 921mila euro contro i 900mila del Veneto.
Niente a che vedere, comunque, in confronto con i fondi destinati, tanto per
fare qualche esempio, al Lazio, (6 milioni di euro per i beni architettonici,
3,7 per gli archeologici) o alla Campania (2,7 milioni all'architettura, 1,3
milioni all'archeologia). In quest'ultimo caso, peraltro, è stato concluso il 18
febbraio scorso un accordo tra il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, e
il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, per un programma di
valorizzazione dei siti archeologici locali, a partire da Pompei.
NULLA A NORDEST Contemporaneamente a Nordest, in tema di archeologia, non è
previsto alcun finanziamento per il 2009: non c’è un soldo per i restauri alla
necropoli preromana di via Tiepolo a Padova, e nemmeno per la manutenzione della
soletta di copertura dell'area archeologica che si trova sotto piazza Duomo a
Feltre, o per le manutenzioni al sito di Altino o ai pavimenti romani a
Concordia Sagittaria. Niente per il 2009 anche per la maggior parte delle
manutenzioni previste ad Aquileia, comprese quelle ordinarie, o per la necropoli
longobarda a Romans d'Isonzo, nel goriziano. Per tutti questi interventi sono
previsti finanziamenti a partire dal 2010 ma saranno subordinati, ovviamente,
alle prossime leggi finanziarie. Insomma, nessuno può dirsi sicuro che i
quattrini alla fine non verranno tagliati.
Rimanendo a Nordest, la provincia di Trento ha deciso dal primo marzo scorso di
sopprimere la propria Soprintendenza ai beni archeologici, autonoma da Roma, e
aggregarla a quella dei beni archivistici per contenere il numero di dirigenti.
Forse non è lo stessa atmosfera che si respira in Campania, dove il capitolo di
bilancio destinato alle segreterie generali assorbe, sui fondi stanziati per i
beni culturali nel 2009, 160mila euro, venti volte più degli 8.633 euro
stanziati per la stessa voce in Veneto.
Una delle mazzate peggiori l'ha subita la Soprintendeza ai beni architettonici
veneziana, che per comprensibili ragioni faceva la parte del leone nella
ripartizione dei finanziamenti: ebbene, ha ragistrato decurtazioni del 99 per
cento. I fondi a sua disposizione passano infatti da 1,8 milioni di euro ad
appena 20mila euro, indispensabili per il rifacimento del soffitto di una chiesa
i cui dipinti rischiano di staccarsi. Zero euro tra i fondi ordinari per il 2009
invece per i restauri delle Procuratie Nuove e di parte del Palazzo Ducale in
piazza San Marco. E zero euro per lavori già iniziati come il raddoppio delle
Gallerie dell'Accademia. Evidentemente i trulli di Alberobello battono i palazzi
veneziani: la Puglia ha infatti ricevuto per la tutela del proprio patrimonio
architettonico 1,5 milioni di euro, 100mila in più di quanto destinato al
Veneto.
L’ARTE PUÒ ATTENDERE Ma il Veneto può attendere anche in tema di stanziamenti
minori. I 26mila euro necessari al rifacimento degli affreschi settecenteschi di
Giambattista Canal che ornano la curia vescovile di Rovigo arriveranno non prima
del 2011, nonostante il soffitto dove si trovano sia definito «staccato» dallo
stesso documento di programmazione triennale del ministero. Mentre a Padova zero
euro per il 2009 per il restauro del meraviglioso coro della basilica di Santa
Giustina in Prato della Valle (100mila euro previsti, finanziati in due tranches
nel 2010 e nel 2011). Scalano al 2010, sempre se non vi saranno altri tagli
futuri, pure i restauri del duomo e di palazzo Clabassi a Udine, anche se in
quest'ultimo caso c'è da rimettere in sesto una parte delicata come la
copertura, oltre al completamento del restauro del duomo di Venzone.
Nello stesso tempo però vengono stanziati 40mila euro per la tutela del
patrimonio librario della Basilicata. Una cifra pari a quella prevista per il
Veneto, nonostante in quest’ultima regione abbia sede la Biblioteca Marciana con
i suoi 13mila manoscritti e tremila incunaboli in predicato di divenire
patrimonio dell'umanità.
Pierluigi Tamburrini
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 9 marzo 2009
California del Sud in fiore e finalmente tornano le api
Dopo anni di allarme, gli insetti si sono ripresentati in massa nei campi
fioriti. E allevatori, agricoltori ed esperti tirano un sospiro di sollievo.
Einstein disse: "Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non
resterebbero che quattro anni di vita"
BUONE notizie dagli Stati Uniti: nella California del Sud, ricoperta ora di
campi e alberi fioriti, sono tornate le api; proprio lì dove avevano iniziato a
scomparire tre anni fa facendo preoccupare ambientalisti ed esperti climatici.
Un allarme esteso anche all'Europa, che non aveva risparmiato neppure l'Italia,
dove nel giro di un anno la popolazione delle api si è dimezzata.
Nel 2006 negli Stati Uniti fu lanciato il primo grido d'allarme perché gli
insetti si erano presentati all'appuntamento con la primavera a ranghi molto
ridotti: dal 30 al 50 per cento in meno. I fiori si seccavano e cadevano dagli
alberi, gli agricoltori erano disperati e gridavano alla catastrofe. Ci fu chi
citò la frase attribuita ad Einstein: "Se l'ape scomparisse dalla faccia della
terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita". Fatti i conti, fino
al 2010.
Ora, a tempo quasi scaduto, il pericolo sembra scongiurato. Questa primavera, di
fronte ai miliardi di fiori sbocciati si sono inaspettatamente schierate intere
divisioni di api operaie pronte a fare il loro dovere fino in fondo e a salvare,
così, il mondo, l'umanità, ma soprattutto il ricchissimo mercato delle mandorle
californiane, pari all'80 per cento delle mandorle di tutto il mondo.
La ragione per cui siano tornate rimane un mistero, come ancora non si è
chiarito il motivo della loro scomparsa: si è parlato degli ogm,
dell'inquinamento, dell'effetto serra, dei pesticidi e dei cellulari. Una
ricerca commissionata dalla Fao conclude: "per la maggior parte dei tipi di
impollinatori i dati a lungo termine della popolazione sono insufficienti, ed
incompleta è la conoscenza della loro ecologia di base". Tradotto: non si sa.
Forse ha ragione chi ha fatto notare in questi anni che si può parlare di una
serie di fattori incrociati, dall'insorgere di alcune epidemie negli alveari al
fatto che in California le api si nutrono sempre degli stessi nettari (mandorle
e grano), il che le ha alla lunga debilitate.
Sul ritorno in massa delle api potrebbe aver influito, in modo indiretto, anche
la crisi economica. Tra agosto e dicembre i prezzi delle mandorle sono crollati
del 30 per cento, gli agricoltori hanno tagliato i costi e si sono messi a dar
loro la pastura alle api autoctone senza "assumerne" di stagionali. Ne hanno
migliorato la dieta, così, ed aumentato il numero, facendo tirare un sospiro di
sollievo a tutti.
Rifiuti, truffa all'impianto di Colleferro- tredici
persone agli arresti domiciliari - I carabinieri del Noe hanno sequestrato due
termovalorizzatori, 25 gli indagati
Traffico illecito di materiali, anche pericolosi, che
venivano smaltiti in violazione delle norme
ROMA - Due termovalorizzatori dell'impianto di Colleferro sono stati
sequestrati e 13 persone sono state poste agli arresti domiciliari con le accuse
di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti,
falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, accesso abusivo a sistemi
informatici, violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e
prescrizione delle autorizzazioni e favoreggiamento personale. L'operazione è
stata condotta dal Nucleo operativo ecologico (Noe) dei Carabinieri di Roma,
diretti dal capitano Pietro Rajola Pescarini. Le ordinanze di custodia
cautelare, emesse dalla procura di Velletri, sono state eseguite nelle province
di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno.
Le persone indagate sono in tutto 25.
In manette sono finiti i dirigenti del consorzio che gestisce l'impianto di
smaltimento alle porte di Roma e alcuni responsabili dell'Ama per il ciclo dei
rifiuti.
Le indagini, durate circa un anno, si sono sviluppate con servizi di
osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti, consulenze
tecniche. Gli inquirenti hanno accertato che a Colleferro veniva smaltito ogni
tipo di rifiuto violando "tutte le norme previste". Parte del materiale, hanno
verificato gli uomini dell'Arma, arrivava "di nascosto" dalla Campania e
comprendeva anche rifiuti pericolosi che dopo essere stati trattati venivano
commercializzati come cdr.
Significativo è l'episodio che riguarda la combustione di pneumatici all'interno
del termodistruttore, nonostante le rimostrante e i dubbi posti da alcuni operai
verso i responsabili dell'impianto. Il materiale non idoneo veniva annotato
dagli operai sulla documentazione e sui registri di accettazione con diverse
diciture quali "Munezza", "Pezzatura grossa" o "scadente". Le autorità debbono
ora verificare se si siano prodotte pericolose immissioni di fumi nell'ambiente
circostante, densamente popolato.
Il Gip ha autorizzato la prosecuzione delle attività di termovalorizzazione, che
tuttavia dopo il sequestro dovranno avvenire sotto la vigilanza del personale
del Noe di Roma.
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 marzo 2009
Si presenta l’energia fai da te - DOMANI
ALL’ASSOCIAZIONE «ZUF»
Come produrre e utilizzare insieme energie: una sfida che
si rivolge a tutti e affronta il dolente tasto dei problemi ambientali e sociali
come inquinamento, limitatezza delle risorse ed equità nella loro distribuzione.
Domani, alle 20.30, nella sede dell'Associazione Zuf in via Foscolo, 31 la
società Cooperativa «Retenergie» presenterà il progetto di costituzione di una
struttura capace di costruire impianti di produzione di energia attraverso la
forma dell'azionariato popolare. Il progetto prevede la possibilità di includere
gli utilizzatori finali di energia chiudendo così un circolo virtuoso che parte
dalla produzione arrivando fino al consumo.
Anche la struttura organizzativa, quella della cooperativa, non è secondaria in
quanto gli obiettivi devono essere coerenti con i mezzi utilizzati per
raggiungerli: partecipazione, autogestione e solidarietà. Retenergie nasce nel
dicembre 2008 a Fossano, Cuneo, per iniziativa di un gruppo di persone impegnate
nel campo delle autoproduzioni di energia da fonti rinnovabili e rappresenta un
allargamento dell'esperienza «Adotta un kw» promossa dall'associazione «Solare
Collettivo Onlus» culminata nel corso dello scorso anno con la costruzione di un
impianto fotovoltaico da 20 Kw. Finanziato con una sorta di «azionariato
popolare» cui hanno partecipato più di quaranta persone, l'impianto di Mondovì è
diretta conseguenza di un'idea presentata nel gennaio 2007 sulle pagine del blog
di un agricoltore biologico, Marco Mariano, oggi presidente della Cooperativa.
Originalità a parte, l'idea ha funzionato anche dal punto di vista finanziario e
ambientale grazie alla capacità di «fare rete»: l'impianto infatti è stato
realizzato in collaborazione con un'altra cooperativa che si occupa di raccolta
differenziata e che ha dato piena disponibilità a ospitare la realizzazione del
progetto. Dopo il successo della prima iniziativa, l'associazione ha lanciato la
successiva «Adotta un KW2». L'idea di mettere insieme un po' di persone decise a
investire direttamente e senza intermediari speculativi in energie rinnovabili
non è più sufficiente e si è così deciso di puntare più in alto: «Ciò che più ci
interessa -spiega Marco Mariano, responsabile Retenergie - è creare un modello
di sviluppo etico e partecipato da applicare poi ad altre realtà, mantenendo
l'indipendenza e lavorando sulla coesione sociale. Una nuova cultura ecologica
può nascere solo da una radicale riappropriazione di responsabilità e potere da
parte dei singoli, dei piccoli gruppi e dalle comunità locali: responsabilità e
potere che si traducono in progetti produttivi e iniziative di consumo
intelligente».
Linda Dorigo
Coped: contro le polveri sottili servono misure più
efficaci
Sulla scia dei recenti aumenti del livello di Pm10 in
città - «uno sforamento è stato registrato lo scorso 28 febbraio», il
Coped-Camminatrieste invita in una nota il Comune «a prendere dei provvedimenti
ancora più efficaci in caso di livelli molto alti, e si augura «che il piano del
traffico veda la luce entro breve tempo, a beneficio della città».
Camminatrieste torna poi ad auspicare lo sviluppo «di un sistema dei trasporti
regionale e transfrontaliero su ferro, che comprenda interconnessioni rapide tra
Trieste, Capodistria, Sesana, Gorizia, Monfalcone e l’aeroporto di Ronchi»».
Questo sistema integrato, scrive il Coped, «potrebbe favorire l’economia e il
turismo di questi territori, con benefici ambientali e culturali per tutta
quest’area geografica». Camminatrieste invita infine Comune e Trieste Trasporti
«a creare importanti sinergie per premiare coloro che si servono del mezzo
pubblico e che vanno a piedi in modo da tutelare la salute e l’incolumità dei
cittadini».
Salviato (Banca Etica): siamo antidoto alla recessione
- «Niente titoli tossici ma risparmio trasparente». I soci sono 30mila, 972 in
Friuli Venezia Giulia
L’ISTITUTO DI CREDITO CHE INVESTE NEL SOCIALE,
NELL’AMBIENTE E NEL COMMERCIO SOLIDALE FESTEGGIA 10 ANNI
TRIESTE Sta festeggiando in questi giorni il suo decennale, con una serie di
iniziative che toccheranno varie città italiane. Ma di ragioni per festeggiare
Banca Etica ne ha più d’una. I nuovi conti correnti sono aumentati del 14,5% a
livello nazionale in un anno (2007-2008), con punte del 19% in Friuli Venezia
Giulia. I dati di Banca Etica sono la piccola prova di un ripensamento
collettivo sulle funzioni degli istituti bancari, che non a caso ha coinciso con
il periodo nero della crisi finanziaria globale. Nel novembre scorso, nel bel
mezzo della crisi finanziaria mondiale, a livello nazionale il numero dei
correntisti di Banca Etica è aumentato del 73%, toccando a fine 2008 quota
19.150. Con i suoi 30000 soci, di cui 972 in Friuli Venezia Giulia e 383 a
Trieste, Banca Etica è una piccola realtà in forte espansione: proprio la scorsa
settimana ha aperto a Udine il suo secondo ufficio in regione, dopo quello
triestino di Via Donizzetti. In previsione dell’apertura di una filiale con sede
a Trieste entro la fine del 2010.
In Friuli Venezia Giulia i numeri di Banca Etica sono ancora di piccola entità,
con una raccolta diretta di più di 11 milioni a livello regionale e di 4 milioni
nella città di Trieste. Ma sono numeri in crescita costante, che sembrano
beneficiare della crisi economica anziché subirla. Per il presidente di Banca
Etica, Fabio Salviato, la spiegazione di questo fenomeno è semplice: «Siamo una
scialuppa di salvataggio per il transito doloroso verso una nuova economia: il
vecchio sistema tecnicamente è fallito e solo un artificio contabile, la
valorizzazione dei titoli tossici, ha permesso di tenerlo in piedi. Le regole
basate sulla massimizzazione degli investimenti – spiega Salviati - mal si
conciliano con la fiducia dei consumatori, che necessitano invece di maggiore
trasparenza». Per Salviati sono proprio la trasparenza e l’eticità degli
investimenti il segreto del successo di Banca Etica. L'esempio più lampante è
quello dei fondi di investimento: le azioni e i titoli di stato messi in
portafogli sono emessi esclusivamente da aziende e stati ”promossi” dal punto di
vista etico.
«Sono escluse a priori - spiega Salviato - le imprese che producono armi, che
testano sugli animali e non rispettano l'ambiente, così come i Paesi che
applicano la pena di morte, che non rispettano il protocollo di Kyoto e non
tutelano i diritti dei loro cittadini». A sorpresa, questa rigorosa selezione
funziona bene anche dal punto di vista del rendimento: i fondi monetari etici
hanno reso in media in un anno il 5,21% e gli obbligazionari misti il 2,97%.
«Sul fronte dei mutui, invece, finanziamo soprattutto associazioni e cooperative
– prosegue il presidente di Banca Etica –, enti senza scopo di lucro che sono i
soggetti per i quali siamo nati e per cui lavoriamo. Alle persone fisiche
l'istituto presta denaro solo per l'acquisto della prima casa e per prestiti
personali destinati a sostenere bisogni primari coerenti con i valori della
banca. Per i mutui valuta con attenzione il merito creditizio per disincentivare
l'eccessivo indebitamento delle persone e delle famiglie, che – sottolinea
Salviati - è stato poi uno dei fattori scatenanti della crisi finanziaria negli
Stati Uniti, con il fenomeno dei subprime».
«Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia – racconta Alice Pesiri,
promotrice finanziaria (ma la dicitura corretta sarebbe ”banchiere ambulante”)
della sede triestina di Banca Etica – i maggiori progetti che attualmente
finanziamo sono quelli della cooperativa sociale «Il posto delle fragole» e del
Goap (Gruppo Operatrici Antiviolenza e Progetti). Sosteniamo infine le botteghe
del commercio equo-solidale. A Trieste abbiamo anche lanciato dei progetti di
microcredito in partenariato con il Comune , la Caritas, le Acli e la onlus
Solidarietà Trieste».
GIULIA BASSO
BANCA ETICA - Una raccolta di 560 milioni, 12 filiali -
ERANO 197 NEL 2002
TRIESTE Nata nel 1999 dopo un lungo percorso portato
avanti da tante associazioni del Terzo Settore che difficilmente trovavano
credito presso gli istituti tradizionali, oggi Banca Etica, con le sue 12
filiali, ha una raccolta di risparmio pari a 560 milioni di euro (erano circa
197 milioni nel 2002), cui si aggiungono gli oltre 230 milioni di euro di
patrimonio affidato alla società di gestione del risparmio, Etica sgr.
L'istituto attualmente finanzia oltre 3 mila iniziative di economia sociale per
432 milioni di euro, una cifra che si è più che sestuplicata rispetto ai 69
milioni del 2001. Ma il carattere di questa banca emerge soprattutto dalla
tipologia dei suoi 30 mila soci, che sono per il 77% Onlus, associazioni e
cooperative sociali, e dai destinatari dei suoi finanziamenti. Ad usufruire dei
crediti, infatti, sono per il 30% soggetti non profit che erogano importanti
servizi socio assistenziali e di inserimento al lavoro; per il 34% cooperative e
Onlus dedite al miglioramento della qualità della vita, l'accesso allo sport e
alla cultura; per il 9% Ong dedite alla cooperazione internazionale o
organizzazioni che si occupano di commercio equo e solidale, e per il 15%
persone fisiche cui la banca concede credito per l'acquisto della prima casa non
di lusso
L’Italia non saprà mai gestire il nucleare
Proseguendo imperterrito nella sua politica degli annunci,
il nostro capo del governo soggiogato dal fascino del suo collega Sarkozy, che
sta facendo il giro delle varie piazze onde tentar di vender le sue famose
centrali nucleari impropriamente chiamate di terza generazione ha fatto
l’ennesimo annuncio: l’Italia costruirà quattro centrali nucleari e la prima
sarà in funzione nel 2020. Il governo, in effetti, su ciò non si è ancora
pronunciato, ma per lui questo non costituisce certo un problema. Nessuna paura,
però, si tratta solo di un annuncio. Figurarsi se un paese, come l’Italia di
oggi, che non sa nemmeno gestire le immondizie e i treni dei pendolari, è in
grado di costruire e gestire delle centrali nucleari di qualsiasi generazione si
tratti e soprattutto affrontare l’irrisolto problema delle scorie nucleari,
radioattive per migliaia di anni. Inoltre c’è da risolvere il piccolo problema
della scelta dei siti, dato che anche quelli che sono favorevoli al nucleare le
accettano, basta però che non siano piazzate nel giardino di casa loro.
Si veda, a tale proposito, la certo più facile scelta dei siti dei
termovalorizzatori o dei rigassificatori, tanto per fare qualche esempio.
Trieste, a proposito di quest’ultimi, ne dovrebbe saper qualcosa. Bisogna però
dire che anche per l’altro eclatante ricorrente annuncio, «La costruzione del
Ponte sullo Stretto di Messina», si sa benissimo, e lo sanno perfino i politici,
che non si farà mai. Bisogna però ammettere che rispetto alle annunciate
centrali nucleari, esso presenta un indubbio vantaggio: il sito è naturalmente
individuato.
Adriano Corneretto
RIGASSIFICATORI - False promesse
Sul Piccolo del 18.2.2009 si menziona che in seguito al
summit degli assessori regionali, il rigassificatore (da costruire) potrà
assorbire i lavoratori espulsi dalla Ferriera di Servola e dalla Sertubi (oltre
540 persone).
Se questo fosse mai possibile, si dovrebbe considerare il tempo necessario per
aggiornare professionalmente i lavoratori della Ferriera e della Sertubi per
lavorare al rigassificatore, visto tra l’altro con grande preoccupazione, per i
possibili pericoli derivanti dall’inadeguatezza del sito, da tutte le persone
competenti in materia scientifica. Mi pongo una domanda: quanto lavoro ci
sarebbe veramente per i lavoratori di Trieste? Nel rigassificatore della
Adriatic Lng al largo di Porto Viro (Rovigo), lavorano 100 cittadini britannici
tra ingegneri e tecnici (Corriere della Sera del 3.2.2009). Quanti lavoratori
spagnoli verrebbero a formare i quadri a Trieste?
Le guerre tra poveri come quelle della raffineria Lindsey Oil a Grimsby, nel
Lincolnshire, non hanno senso all’interno della Comunità europea. Per rispetto
ai lavoratori, i nostri politici dovrebbero essere più trasparenti e dire
esattamente come stanno le cose.
Oscar García Murga
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 marzo 2009
IL WWF SULLO «SCEMPIO» DELLA VALLE DELLE NOGHERE - «Il
Comune deve revocare quella concessione»
MUGGIA Malgrado le denunce degli ambientalisti, prosegue
la costruzione del capannone industriale, in un’area di grande pregio
naturalistico nella valle delle Noghere. È passato più di un mese, infatti, da
quando il Wwf ha segnalato al Comune, alla Regione e alla Soprintendenza «la
devastazione in atto, che interessa una superficie di quasi 12mila metri
quadrati a ridosso dei laghetti delle Noghere». Qui si sta realizzando uno
stabilimento per rimessaggio e riparazione di camper e roulottes.
L’area è però, stando al Wwf, fin dal 1991 «soggetta a vincolo paesaggistico,
istituito dalla Giunta regionale in ragione della sua grande valenza
naturalistica». Gli ambientalisti, da almeno un decennio, chiedono di «eliminare
la destinazione industriale ma nessuna iniziativa in questo senso è stata finora
assunta, benché la stessa Regione nel Piano territoriale regionale adottato
nell’ottobre 2007 (non ancora approvato) avesse previsto l’inedificabilità per
l’intera area di vincolo paesaggistico».
Peraltro, sempre stando agli ambientalisti, la concessione edilizia rilasciata
dal Comune non sarebbe leggittima «poiché l’intervento doveva essere
preventivamente sottoposto a Via (valutazione dell’impatto ambientale) da parte
della Regione». «Il che non è avvenuto», sottolineano. Da ciò la segnalazione
del Wwf che chiedeva al Comune di revocare la concessione. Dopo oltre un mese,
lamentano gli ambientalisti, «nulla è accaduto, tranne la richiesta della
Regione al Comune di Muggia di fornire documentazione sul progetto e la
dichiarazione dell’ufficio comunale ambiente di essere completamente all’oscuro
di tutta la vicenda».
«Nel frattempo - proseguono gli ambientalisti - i lavori proseguono. Dopo lo
spianamento dell’area e il riporto di materiali inerti, compresi però anche
residui di demolizione, è in fase avanzata anche la realizzazione delle
fondamenta del capannone previsto». «In questo modo – concludono Wwf e
Greenaction transnational – rischiano di diventare irreversibili i danni
all’ambiente naturale, che sarebbero stati ancora rimediabili se si fossero
bloccati subito i lavori revocando la concessione. Ci auguriamo che
un’anacronistica e irresponsabile concezione dello “sviluppo”, responsabile di
tanti disastri ambientali, non finisca per prevalere ancora una volta,
distruggendo il poco che rimane di un ecosistema unico come quello della valle
delle Noghere».
L’acqua? Oro blu mal distribuito: un quarto del pianeta
non ce l’ha - INCONTRO PROMOSSO DAL ROTARY
L'acqua è una risorsa distribuita sul pianeta in modo
molto disomogeneo, vale a dire che si trova nei posti sbagliati e nelle quantità
sbagliate. Oggi, dei sei miliardi di abitanti che popolano il globo terrestre,
più di 1,5 miliardi non ha accesso all'acqua potabile (5mila bambini al giorno
muoiono a causa delle malattie provocate dalle acque infette). Fino ad alcuni
decenni fa, infatti, l'oro blu era considerato - soprattutto dai paesi
industrializzati - un «pozzo senza fondo» da cui intingere con grande
leggerezza.
Le ricadute sociali e ambientali dell'emergenza idrica sono state al centro del
forum sull'acqua promosso dal Rotary Club Trieste e condotto dal climatologo
Antonio Brambati, cui hanno partecipato il chimico Mauro Graziani e l'ecologista
Enrico Feoli, nella sala conferenze dell'Hotel Greif Maria Theresia. Solo un
esiguo 3% dell'acqua del pianeta è dolce: di questa percentuale il 70% si trova
nei ghiacciai e il 30% nel sottosuolo.
Mediamente a livello mondiale il 70% del prelievo dell'acqua è destinato
all'agricoltura, il 20% all'industria e il rimanente 10% è utilizzato per usi
domestici. «Nei paesi sottosviluppati dov'è drammaticamente carente e male
utilizzata - ha spiegato Brambati - la sua assenza porta al crollo
dell'agricoltura e ciò innesca un circolo vizioso di povertà, denutrizione e
malattie». Ben 3,5 milioni di persone all’anno muoiono a causa di patologie
provocate da acque infette.
Particolarmente drammatiche le condizioni di vita nelle grandi megalopoli della
povertà in Asia, Africa e America Latina, dove migliaia di disperati non hanno
accesso all'acqua potabile e dove non esiste sistema fognario. Entro il 2050 si
prevede un forte aumento demografico che porterà la popolazione complessiva
mondiale a 9 miliardi. Ciò comporterà una crescita verticale del fabbisogno
idrico per far fronte alle coltivazioni dei prodotti agricoli necessari a
sfamare le popolazioni nei paesi in via di sviluppo. Le politiche per lo
sviluppo sostenibile devono cercare soprattutto di non permettere che l'oro blu
da bene collettivo - queste le conclusioni dei relatori - diventi un bene
economico, aprendo la strada alla «petrolizzazione» dell'acqua.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - SABATO, 7 marzo 2009
La differenziata arranca a quota 20% Ma per il vetro e
la plastica è boom -
vedi tabella
L’incidenza della raccolta differenziata sul totale dei
rifiuti prodotti, a Trieste, è cresciuta solo del 3 per cento in quattro anni.
Nel 2008 il dato ha superato il 20 per cento (20,25 per l’esattezza), nel 2004
era stato del 17,01. Nelle intenzioni del Comune, questa lenta crescita dovrebbe
mostrare un’accelerazione nei prossimi mesi. Si punta a un ulteriore incremento,
al massimo di una decina di punti percentuali, nell’arco di un altro anno (degli
strumenti che verranno impiegati per questo, si riferisce a parte). Rimarrà
comunque lontano l’obiettivo del 50% da raggiungere nel 2010, come caldeggiato
dall’Unione europea e indicato a livello normativo. «Ma si tratta di un
traguardo fissato dall’Ue per i cosiddetti Ato, gli Ambiti territoriali
ottimali, che finora in Friuli Venezia Giulia non sono stati costituiti e che
dovrebbero comprendere più comuni assieme. So che la Regione ci sta lavorando»,
puntualizza l’assessore comunale con delega alle società partecipate (quindi
anche AcegasAps) Paolo Rovis.
In ogni caso, a fronte di un calo nel totale delle tonnellate di immondizie
prodotte in città (-1,37%), resta il fatto che in un quadriennio il ricorso alla
differenziata si è corretto di poco. Guardando il solo dato assoluto, si è
passati da 17.344 tonnellate a 20.365 (+17,4%). Tra le impennate più
sostanziose, nell’elenco complessivo dei tipi di rifiuto raccolti lo scorso
anno, rispetto al 2004, ecco i settori degli imballaggi di vetro (+470%), di
quelli in plastica (+320%) e della carta-cartone con il suo +49,68%. Un quadro
che rende giustizia ad un sempre maggiore senso civico da parte dei cittadini:
le cosiddette campane, insomma, non sono più quegli oggetti misteriosi che i
triestini inizialmente guardavano con curiosità ma anche con sospetto. Le
abitudini stanno cambiando, ma non così in fretta. L’amministrazione comunale
spinge su questo tasto non solo perché riciclare è uno dei fondamenti del
rispetto ambientale e per il fatto che più materiale viene riutilizzato, più si
fanno economie di scala con i relativi sistemi. Ma anche per la presenza, qui in
città, del termovalorizzatore Errera3, pronto a bruciare la quasi totalità del
rifiuto indifferenziato. Aumentando il differenziato raccolto, infatti, via via
si può liberare altro spazio per accogliere immondizie da fuori provincia, dalle
altre parti della regione, senza rimetterci sul piano della produzione totale di
watt.
Della spazzatura triestina indifferenziata, solamente un quinto del totale -
sono numeri forniti dal Comune di Trieste - non viene convertito in energia
elettrica (si tratta di immondizie particolari destinate a speciali discariche).
Approfondendo l’analisi, attualmente, il 13 per cento dell’elettricità consumata
in città è frutto proprio della trasformazione garantita dal termovalorizzatore.
L’immissione di energia nel circuito locale viene pagata dai gestori all’AcegasAps,
proprietaria dell’impianto della zona industriale: un ricavo che va ad incidere,
positivamente per il consumatore, sulle bollette destinate all’utenza. Non ci
fosse il termovalorizzatore, insomma, il cittadino pagherebbe qualche euro in
più all’anno. Senza dimenticare, peraltro, i contributi previsti dalla
deliberazione Cip 6 per la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili,
altro denaro che entra in base alla quantità di energia prodotta dall’impianto.
La riduzione assoluta - dal 2004 al 2008 - delle tonnellate di rifiuti prodotte,
passate da 101.951 a 100.552, si fonda su un duplice motivo: in primis è
conseguenza del costante calo demografico degli ultimi anni, in secondo luogo si
deve pure a una riduzione dei consumi.
Tra i casi curiosi, va segnalato come l’elenco dei tipi di rifiuto utilizzato
dal Comune si è arricchito da quest’anno di alcune voci particolari, composte
dalla lettera «R» e da un numero di riferimento a fianco (da 1 a 5). Sono sigle
che identificano alcuni elettrodomestici, la cui identificazione è stata
modificata con l’introduzione di questi codici nel corso dell’anno. In generale,
la tecnologia avanza in fretta e, come la si compra, così la si butta via.
Sempre più. Prova ne sia l’aumento, da un anno all’altro, del numero di
cellulari finiti nei cassonetti, spesso per fare spazio alla soluzione di ultima
generazione: da 178 a 268.
MATTEO UNTERWEGER
DIFFERENZIATA - Rovis: «Presto nuovi contenitori» -
Spesa da 500mila euro ma si risparmierà sul lavoro di smaltimento
L’ASSESSORE ILLUSTRA LE STRATEGIE DEL COMUNE
«Puntiamo a incrementare la raccolta differenziata del 5-7 per cento ancora
in un anno, attraverso delle strategie studiate ad hoc. E, secondo il trend
attuale, anche i cittadini ci metteranno del loro, garantendo un ulteriore 2 per
cento in più». Per un totale di poco inferiore, nella migliore delle ipotesi, ai
dieci punti percentuali. Parola dell’assessore comunale con delega alle società
partecipate, Paolo Rovis. Come noto, il Comune ha due progetti in corso di
definizione. «Entro la fine del 2009 dovrebbe essere avviato l’intero
programma», aggiunge Rovis che riepiloga: «Prima di tutto è previsto un aumento
del numero di isole ecologiche sul territorio, ovvero di batterie di campane per
la raccolta differenziata. Contestualmente, verrà ridotta la presenza dei
cassonetti grigi. In questo modo, verrà eliminato un alibi, ovvero la mancanza
di bottini specifici, con cui si giustificano alle volte i cittadini per la
mancata divisione della spazzatura. In questi giorni, gli uffici comunali, in
sinergia con AcegasAps, stanno effettuando un’analisi per capire dove sistemare
i nuovi contenitori. Non è possibile farlo dappertutto, basti pensare alle vie
più strette del centro». L’operazione comporterà una spesa da 500 mila euro, ma
«alla fine il suo costo reale sarà pari a zero», osserva ancora Rovis. Che
chiarisce: «Il maggior ricorso alla differenziata comporterà infatti un
inferiore lavoro di smaltimento al termovalorizzatore e un incremento della mole
di contributi».
Non è finita qui, però: «L’altra azione - continua l’assessore - è quella mirata
sugli esercizi commerciali, con il via alla raccolta porta a porta degli
imballaggi».
L’amministrazione comunale, inoltre, darà battaglia ai cittadini indisciplinati:
«Procederemo a una revisione del Regolamento sull’igiene urbana inserendo
l’obbligo di effettuare la differenziata. Se una persona verrà colta in fallo,
in prossimità dei contenitori, sarà multata. Si tratta di un’idea - conclude
Rovis - che, una volta resa concreta, andrà comunque sottoposta al vaglio del
Consiglio comunale».
CURIOSITÀ Rispetto ai dodici mesi precedenti, nel 2008 sono diminuite di più di
duemila tonnellate le quantità di rifiuti solidi urbani gettati via dai
cittadini. Oltre duecentocinquanta, invece, quelle in meno per quanto riguarda
il settore dei rifiuti ingombranti. Nemmeno sessanta le tonnellate di divario
(sempre in diminuzione) per le immondizie raccolte dal servizio di pulizia delle
strade. Singolare è il fatto che il peso totale dei frigoriferi gettati via sia
aumentato di quasi 22 mila chilogrammi. Addirittura raddoppiato il dato relativo
alle lavatrici nel giro di un anno: dai 215.620 chili del 2007 ai 548.818 del
2008, fra modelli obsoleti e apparecchiature fuori uso. (m.u.)
DIFFERENZIATA - Quando il sacco finisce nel bottino
sbagliato - Il caso di largo Roiano: l’isola ecologica c’è, eppure non tutti la
utilizzano a dovere
Un enorme sacco di plastica, talmente zeppo che sembra
stia per esplodere. Al suo interno, guardando bene, una serie di resti di altri
involucri. Di che materiale a loro volta? Be’, in effetti, pure questi di
plastica. Al centro di largo Roiano, c’è un’isola per la raccolta dei rifiuti:
due bottini grigi, quelli tradizionali, e poi il «tris ecologico» con la campana
verde per il vetro e le lattine, il contenitore blu (plastica) e quello giallo
(carta e cartone).
La situazione ideale, verrebbe da pensare, per assicurare continuità e piena
fedeltà alla propria raccolta differenziata. Nessun alibi. Anzi, una specie di
monito quotidiano a non dimenticarsi di preparare a casa i diversi sacchetti.
Invece, quell’enorme sacco di plastica va a finire dove non dovrebbe, fagocitato
da uno dei bottini di color grigio. L’incaricato del conferimento, evidentemente
un dipendente di un’attività della zona, non mostra imbarazzi nell’azione. E
dire che siamo in pieno giorno anche se, a onor del vero, di gente ce n’è poca
in giro perché piove. «Ma come?», è il primo pensiero che viene, comunque, alla
vista della scena. Aprendo entrambi i cassonetti gemelli, si scopre che il caso
non è isolato.
Peraltro, il paradosso non si consuma solamente a Roiano: in giro per la città,
non mancano esempi dal simile tenore. In zona San Giusto, di recente, è stato
divertente notare un siparietto davanti ad alcuni cassonetti. Un uomo lancia un
cartone con all’interno anche delle bottiglie, della plastica e del polistirolo
dentro un contenitore grigio. L’esatto contrario del buon senso civico, visto
che a fianco ci sono le soluzioni per la differenziata. L’autore del «misfatto»,
per giunta, si macchia pure dell’aggravante: non un solo materiale, ma tanti
(carta, vetro e plastica) assieme ad assemblare l’oggetto del peccato. Glielo fa
notare un passante: «Scusi, ma perché butta tutto lì? Ha le varie campane
attaccate». Risposta, in un dialetto triestino piuttosto aggressivo: «Con tuti i
problemi che gavemo in Parlamento, cosa la vol che sia». Però, forse, deputati e
senatori la raccolta la fanno come si deve, chissà. Si inizia dalle piccole
cose, dicono.
Scene simili vedono protagonisti alcuni bar del centro. A fine serata, tra la
stanchezza di gestori e camerieri, spunta il classico sacco nero. C’è chi lo
sigilla bene, ma qualcun altro no: ed è lì che si svela l’inganno. Bottiglie,
frammenti di bicchieri rotti, qualche cartone, assieme ad altra spazzatura. Un
occhio allenato nota facilmente le tracce della differenziata mancata. Specie se
il solito sacco non finisce dentro il bottino, ma ci viene solo appoggiato a
fianco. Pigrizia? Poco tempo? Mancanza di lucidità a fine giornata? Forse le
motivazioni stanno nel giusto mix fra le componenti. Tuttavia, c’è un però. In
piazza della Borsa, per citare un caso fra tanti, c’è una fila di contenitori,
ma tutti «non specializzati». All’interno, si trova di tutto. Carta, cartone,
plastica compresi. «D’altronde - sarà stato il ragionamento di molti cittadini
(lavoratori in zona e non) - non possiamo mica sobbarcarci alcune centinaia di
metri di strada per trovare i cassonetti giusti. Anche perché, l’immondizia
pesa, specie se è tanta». Proprio per questo, il Comune prevede l’incremento
delle isole ecologiche entro la fine del 2009. A proposito di rifiuti pesanti o
ingombranti, alle volte qualcuno si dimentica della presenza degli appositi
centri di raccolta sul territorio e del servizio gratuito di recupero a
domicilio, garantito da AcegasAps.
Nel complesso, tanto farà pure la sensibilità ambientale della gente. Quante
volte, passeggiando per la città, si notano situazioni quanto meno singolari.
Non ultimo il quadretto di una signora che, vicino al rione di Ponziana, ferma
l’auto, scende e getta alcune bottiglie di vetro, una ad una, nel cassonetto. In
quello verde, come la teoria vorrebbe? No, troppo facile: nell’antro metallico
grigio. Unica possibile scusante, nello specifico, un eventuale problema di
daltonismo.
(m.u.)
IL PICCOLO - VENERDI', 6 marzo 2009
Rigassificatore verso l’ok dell’Ambiente Attesa entro
Pasqua la firma del ministro -
I numeri del rigassificatore
Il decreto del ministro dell’ambiente Stefania
Prestigiacomo, con cui verrà autorizzata la costruzione nell’area ex Esso del
rigassificatore progettato dal gruppo spagnolo Gas Natural è atteso entro
Pasqua, e forse anche prima.
Uno degli ultimi passaggi prima nella predisposizione del documento
autorizzativo era in programma ieri pomeriggio alla sottocommissione Via
(Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente. All’ordine del
giorno della lunga seduta, che a tarda sera era ancora in corso, la valutazione
delle prescrizioni allegate al parere favorevole del ministero dei Beni
culturali, inviato alla Commissione Via a fine gennaio.
Questo dicastero ha infatti condizionato il proprio sì all’impianto di
rigassificazione a due modifiche al progetto: l’interramento per metà altezza
(25 metri rispetto ai 50 complessivi) dei due enormi serbatoi per il Gnl, e
l’arretramento degli stessi rispetto alla linea di costa.
Fonti ministeriali, supportate anche da alcuni addetti ai lavori, sottolineano
la notevole accelerazione che le procedure per arrivare al decreto di
autorizzazione hanno subìto nelle ultime settimane.
Una volta ottenuto il via libera dalla sottocommissione, la documentazione
potrebbe approdare alla Commissione Via plenaria nel giro di una decina di
giorni. E questa commissione, come già avvenuto nel giugno scorso con il primo
via libera, ratifica in sostanza la decisione della sottocommissione.
A quel punto l’intero incartamento sarà pronto per approdare all’ufficio di
gabinetto del ministro, cui spetta il compito di predisporre il testo del
decreto. La firma, secondo le ultime risultanze, è prevista a cavallo di Pasqua.
Tempi rapidi come questi sono avallati anche dal fatto che sul rigassificatore
di Zaule c’è una sostanziale convergenza a livello politico e istituzionale,
oltre che nel mondo industrale triestino e regionale. A favore dell’impianto si
sono espressi più volte il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il
sindaco Roberto Dipiazza e il presidente degli industriali Corrado Antonini. A
sostenere la costruzione del rigassificatore ci sono anche la multiutility
AcegasAps, interessata ad entrare nella società di gestione, e il gruppo
Severstal-Lucchini, che a fianco della Ferriera ha previsto una centrale
elettrica da 400 Mw che potrebbe essere alimentata con il metano prodotto
dall’impianto di Gas Natural.
Va comunque ricordato che a pesare sulla decisione del ministero dell’Ambiente
sarà anche il corposo dossier in cui l’omologo ministero sloveno ha espresso le
obiezioni del governo di Lubiana sul progetto del gruppo spagnolo.
Un nuovo «no» ai rigassificatori nell’Alto Adriatico è giunto intanto, sempre da
Lubiana, nei giorni scorsi. Ad esprimersi in questo senso è stata la commissione
per lo sviluppo regionale del Consiglio di stato, che ha appoggiato sia la
petizione, contro qualsiasi impianto di questo genere nel golfo di Trieste,
consegnata dalle organizzazioni non governative, sia la mozione contraria del
sindaco di Capodistria, Boris Popovic, in relazione al ventilato rigassificatore
nel porto di Capodistria.
GIUSEPPE PALLADINI
Gazprom, intesa con gli spagnoli
Il colosso russo Gazprom, che attraverso i gasdotti vende
ogni anno miliardi di metri cubi di gas all’Europa, punta anche al settore del
gas naturale liquefatto (Gnl), in cui finora era assente. E per farlo ha scelto
il gruppo spagnolo Gas Natural, che ha realizzato e gestisce alcuni
rigassificatori nella penisola iberica e che attraverso la società Stream (in
cui Gas Natural è socio al 50% con il gruppo Repsol) nel 2008 ha trasportato,
con una flotta di 12 metaniere, 35 miliardi di metri cubi di gas.
Un memorandum di intesa fra Gazprom e Gas Natural, che comprende la fornitura di
gas per i mercati in cui opera il gruppo spagnolo, è stato siglato martedì
scorso dall’amministratore delegato di Gazprom Alexei Miller e dal presidente di
Gas Natural Salvador Gabarro. L’intesa punta ad estendere la collaborazione fra
i due gruppi anche in altri settori, fra cui il commercio del gas, il commercio
dei diritti sulle emissioni di C02, e la generazione di energia elettrica.
Con riguardo a quest’ultimo settore, Gazprom studierà la possibilità di
acquisire impianti a ciclo combinato per la generazione di energia realizzati e
gestiti da Gas Natural.
Gazprom e Gas Natural negozieranno inoltre accordi a medio e lungo termine per
l’acquisto e la vendita di Gnl, e studieranno la possibilità di intese
commerciali per sviluppare i rispettivi business nell’Europa nord-occidentale.
Gazprom punta tra l’altro al mercato residenziale (le utenze domestiche) della
Spagna, e in campio potrebbe offrire al gruppo spagnolo la possibilità di
partecipare ai campi di esplorazione dei giacimeenti di gas russi.
Gas Natural ha intanto acquisito la maggioranza delle quote di Union Fenosa,
terza compagnia energetica della Spagna, e grazie a questa operazione entro
giugno vedrà quasi raddopiare (da 11 a 20 milioni) il proprio parco-clienti nel
mondo.
(gi. pa.)
Rigassificatore, Frattini dovrà tener conto del «no» pronunciato da Lubiana
Molte gole profonde gestite e sovvenzionate
dall’establishment castale politico ed economico di Trieste, con il compito di
tenere sotto controllo la diffusione delle notizie sfavorevoli agli «adoratori
del profitto», sono state servite. Il Comitato per la salvaguardia del golfo di
Trieste, come le altre associazioni ambientaliste, erano certe che la posizione
della Slovenia, apparsa chiara fin dal primo momento: «No! ai rigassificatori»,
si sarebbe ripetuta nel suo etico atteggiamento anche ai massimi livelli
politici. E così puntualmente è stato. In data 25.02.09, nella 17ª seduta della
Commissione per la gestione locale e lo sviluppo regionale del Consiglio
Nazionale (Drzavni Svet) hanno trattato della petizione dell’organizzazione
ambientalista internazionale e non governativa AAGreen che in Slovenia è
rappresentata da Green-Slo. La petizione chiedeva: «Gas Terminal a Koper e nel
Golfo di Trieste? No Grazie.» La Commissione ha accettato di appoggiare e di
accettare all'unanimità la posizione della precedente convocazione del Consiglio
Nazionale che, nella totalità, ha respinto la realizzazione di gas terminal
negli spazi sloveni!
La Commissione ha pure richiamato tutti gli Organi statali perché interrompano
subito tutte le attività (burocratiche) del proposto terminale a Koper. Dalle
informazioni via e-mail troviamo delle precisazioni: «La Commissione
parlamentare ha aderito alla petizione che si esprimeva contro i rigassificatori
di Trieste». Dichiarazione confermata anche dall'ex sottosegretario all'Ambiente
di Slovenia il quale si esprime in accordo con la Commissione che condivide
appieno le decisioni della scorsa legislazione che aveva bocciato i
rigassificatori di Trieste. In tutto questo «no collettivo», alla petizione «Gas
Terminal a Koper e nel golfo di Trieste?», oltre al Sindaco di Koper Popovic, è
stata bocciata per sottoscrizione, da più di 20 associazioni in Slovenia, da
partiti politici a livello nazionale e locale, parlamentari del Consiglio
Nazionale e da moltissime singole persone. In sostanza: un trionfo del
buonsenso!
Tutto ciò premesso, ricordiamo al Ministro degli Esteri Franco Frattini quanto
disse al suo omologo Sloveno nell'incontro bilaterale Italia - Slovenia svoltosi
solo un paio di mesi fa in tema di rigassificatori a Trieste: «Nulla verrà fatto
se non ci sarà l'approvazione anche dello Stato Sloveno».
Occorre ricordare al nostro Ministro che in quell'incontro, Egli rappresentava
ufficialmente lo Stato italiano e che le sue parole erano un impegno etico e
morale, oltre che economico e politico, il cui peso per lo Stato è quello di
dimostrare che i suoi ministri, quando vanno in giro per il mondo a dispensare
oneste promesse, lo fanno per ribadire l'autorità democratica ed il rispetto
delle regole internazionali e, in particolare, di quelle comunitarie che sia
l’Italia sia la Slovenia sono obbligati a rispettare.
Arnaldo Scrocco
Caso Ferriera in Consiglio comunale - LA CRISI DELLO
STABILIMENTO - La seduta il 16. Cassa integrazione, oggi l’incontro
azienda-sindacati
Un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera e la
cassa integrazione è stato fissato per lunedì 16 marzo alle 18.30. Lo hanno
deciso ieri i capigruppo consiliari accogliendo concordemente la proposta di
Roberto Decarli (Cittadini). Verranno invitati il presidente della Regione,
Renzo Tondo, o suoi assessori delegati, i vertici della Lucchini, le Rsu
aziendali, un rappresentante del ministero dell’Ambiente.
A quella data i lavoratori interessati alla Cig saranno a casa già da tre giorni
e si sarà anche svolto l’incontro che il presidente Tondo, parlando con gli
operai scesi l’altro giorno in piazza, ha deciso di convocare per mercoledì 11
marzo. I consiglieri comunali hanno in preparazione un documento unitario da
presentare in aula, che però verrà redatto tenendo conto degli esiti - specifica
Angela Brandi (An) - del vertice in Regione. Oggi intanto gli stessi sindacati
di fabbrica incontrano la proprietà, all’indomani del recepimento della lettera
ufficiale che annuncia una richiesta di cassa integrazione per 380 dipendenti di
tutti i settori operativi.
Dopo le preoccupazioni per l’inquinamento del quartiere di Servola e per la
salute dei lavoratori diventa ora prevalente il terribile timore di una crisi
che colpisce la Ferriera ma in modo ancora più pesante l’acciaieria di Piombino.
«Il timore è che l’azienda approfitti della crisi per anticipare provvedimenti
già fissati al 2015 - riflette Fabio Omero (Pd) -, in quel caso resteranno 1000
persone in strada e nessuno bonificherà quei terreni, dopo i fumi in aria ci
sarà qualcosa di peggio, un cancro in terra». «Dopo la sorpresa per l’alto
numero di casse integrazioni chieste dalla proprietà - specifica Piero Camber (Fi)
- vogliamo che la Lucchini ci spieghi in aula questo comportamento».
«Noi speriamo di non veder confermato dall’incontro con l’azienda il numero di
cassintegrati scritto sulla carta - confessa Franco Palman della Uilm-Uil -,
confermiamo che chiederemo all’azienda di coprire la differenza di stipendio, ma
vogliamo anche sapere che cosa ne sarà dei circa 70 contratti a tempo
determinato che scadono entro un anno, e riguardano tutti ragazzi giovani di
Trieste, e che cosa ne sarà dei cinquantenni difficilmente riqualificabili, e
della generazione di mezzo, quella dei trentenni, dico la verità e la dico col
cuore - prosegue il sindacalista - c’è alla Ferriera gente così disperata che
vedo la situazione pericolosa, qualcuno teme di vedere la propria vita
distrutta, la propria casa, la famiglia: si tratta di persone già
psicologicamente provate da anni di stress, e che comunque fanno un lavoro molto
pesante».
Fanno paura i 600 esuberi già annunciati a Piombino e si sente il peso «di
probabili accordi già stretti su rigassificatore e centrale elettrica, non
vorrei - conclude Palman - che nella situazione prevalessero altri interessi,
già costituiti».
(g. z.)
Progetto Natura 2000: un video a Basovizza - OGGI
AL CENTRO FORESTALE NELLA SEDE IAT
BASOVIZZA La conoscenza della natura, le azioni e gli interventi messi in atto per tutelarla saranno di scena oggi al Centro didattico naturalistico della Forestale a Basovizza. Alle 17 verrà presentato il documentario di Franco ed Andrea Musi dedicato al Progetto Natura 2000, che sta impegnando tutti i Paesi dell’Unione europea. Avviato nel 1992, il progetto ha lo scopo di tutelare la biodiversità e gli spazi naturali del continente mediante una rete coordinata di aree protette. Per attuarlo lo Stato italiano ha coinvolto le Regioni, e anche il Friuli Venezia Giulia ha indicato gli habitat naturali e le specie della propria flora e fauna che devono far parte della rete europe Natura 2000. La conoscenza di questo progetto e dei suoi significati per la regione è ancora limitata. Il video, che sarà presentato dagli autori, si propone dunque di divulgare un tema di grande importanza per la conservazione della natura nel Friuli Venezia Giulia e lo sviluppo equilibrato dei suoi territori più preziosi, tra cui il Carso. Copie del filmato verranno distribuite al pubblico.
(m.lo.)
Ambiente, tappa a Grado per la Goletta Verde
GRADO Dopo Monfalcone e Trieste, lo scorso anno, Goletta
Verde di Legambiente ha scelto Grado per la sua sosta in Friuli Venezia Giulia
nell'ambito della campagna 2009 per il monitoraggio dello stato di salute del
mare e delle coste italiani. L'associazione ambientalista sta già lavorando
all'appuntamento, che di solito cade tra luglio e agosto, assieme
all'amministrazione comunale con cui già la scorsa estate aveva organizzato
un'iniziativa dedicata ai mutamenti climatici. «A breve inizieremo ad
attrezzarci per organizzare l'ospitalità della Goletta e del suo equipaggio»,
spiega Michele Tonzar, responsabile di Legambiente Monfalcone. La campagna di
verifica della qualità delle acque lo scorso anno ha in ogni caso promosso a
pieni voti il mare che bagna l'isola d'oro, mettendo invece in evidenza il
pessimo stato di salute dell'Isonzo.
Riccardi: qui nessuna centrale nucleare Tondo: il
parlamento approvi l’Euroregione - IL CONSIGLIO REGIONALE APPROVA
IL RITOCCO ALLO SCONTO IRAP
TRIESTE Giornata movimentata in Consiglio regionale tanto
da costringere ad una seduta aggiuntiva, giovedì prossimo, in cui si parlerà di
liste d’attesa e del caso Noava. Ieri l’aula ha approvato una norma che sullo
sconto Irap mentre, in sede di interrogazioni, il presidente Tondo ha invitato
l’assemblea a ‘premere’ sul Parlamento per accelerare l’iter dell’Euroregione e
l’assessore Riccardi ha escluso l’ipotesi che una centrale nucleare possa
sorgere sul territorio regionale.
IRAP Il Consiglio regionale ha approvato, prima in Commissione e poi in aula
(dove i lavori nel pomeriggio sono ripresi con due ore di ritardo), una norma
che modifica i parametri delle aliquote per l’Imposta regionale sulle attività
produttive a seguito di un risoluzione del Ministero delle Finanze. In pratica
la Finanziaria nazionale per il 2008 riduceva l’aliquota base dell’Irap da 4,25
al 3,9%, motivo per cui andava proporzionalmente riparametrato lo sconto
dell’1%. Le aliquote scontate passano così dal 2,9% al 2,98% e dal 3,1% al
3,17%. Un obbligo determinato dalla direttiva ministeriale, secondo l’assessore
Savino, mentre per Roberto Asquini “è una scelta politica sbagliata perché alza
le tasse”. Le nuove aliquote sono valide a decorrere dal 2008. La stessa legge
cancella le norme sul personale che l’opposizione aveva definito ‘ad personam’ e
che aveva coinvolto gli assessori Violino e De Anna.
EUROREGIONE Il presidente Renzo Tondo ha sollecitato il Consiglio ad «approvare
all’unanimità un ordine del giorno per sollecitare il Parlamento a legiferare
sui Gect», la cornice legislativa dell'Euroregione. Tondo, nel rispondere ad
un’interrogazione del consigliere regionale del Partito Democratico, Alessandro
Tesini, ha affermato, in accordo con l’interrogante, che «la legge sui Gect
dovrebbe essere svincolata dai decreti attuativi per evitare che l'approvazione
e l'entrata in vigore dell’Euroregione slitti all’infinito». Il deputato del Pd,
Ettore Rosato, considera “positivo che il presidente Tondo condivida le nostre
preoccupazioni.
NUCLEARE «Condividiamo la scelta nucleare avanzata dal Governo. Tuttavia, né in
sede governativa nazionale né altrove, sono stati in alcun modo ipotizzati siti
del territorio regionale adatti o possibili per l’insediamento di una centrale
nucleare”. Così si è espresso l’assessore alle infrastrutture, Riccardo Riccardi,
rispondendo a due interrogazioni dei consiglieri Giorgio Brandolin (Pd) e
Roberto Antonaz (Rifondazione).
GIUNTA L’esecutivo regionale ha approvato il regolamento per l’accreditamento
dei privati per i servizi al lavoro. Con questo regolamento, spiega l’assessore
Alessia Rosolen, «la Regione può riconoscere a operatori privati l'idoneità a
erogare servizi al lavoro, in particolare i servizi di incontro fra domanda e
offerta, di prevenzione della disoccupazione di lunga durata e sostegno alla
ricollocazione professionale, consentendo loro di partecipare attivamente alla
rete dei servizi per il mercato del lavoro e di poter eventualmente accedere a
risorse pubbliche». La Giunta ha inoltre deciso di partecipare al bando
comunitario da 4,8 milioni previsto dal Programma operativo di cooperazione
transnazionale “Central Europe” con il progetto centroeuropeo “Baltic and
Adriatic Transport Cooperation”. La giunta delle nomine, infine, ha dato via
libera unanime alla proposta della giunta di nominare Giuseppe Mareschi alla
presidenza del comitato esecutivo dell’Areran.
Agenda 21, Muggia e S. Dorligo fanno squadra - Al
centro del progetto turismo sostenibile, risparmio energetico e lavori pubblici
«PARTECIPASSIEME» - Intesa con il sostegno di
Provincia e Regione
SAN DORLIGO Lo sviluppo del turismo sostenibile nelle aree a maggior
attrattività turistica, l’individuazione di buone pratiche sul risparmio
energetico e l’implementazione dei lavori pubblici partecipati.
Sono questi i tre punti focali emersi nel nuovo progetto di Agenda 21 locale «PartecipAssieme»,
stipulato tra il Comune di San Dorligo della Valle e il Comune di Muggia, con la
supervisione della Provincia e il contributo della Regione.
Capofila, nonché ente coordinatore del programma, il Comune di San Dorligo: «Il
nostro territorio e quello di Muggia pur avendo situazioni e caratteristiche
diverse, fanno parte della stessa area geografica e hanno necessità di
riqualificazione e sviluppo che devono essere integrate in un quadro più ampio,
come appunto quello provinciale. In futuro questo criterio potrebbe
progressivamente essere esteso fino a includere i territori sloveni», ha
spiegato il sindaco Fulvia Premolin.
«Il Comune di Muggia vanta un'esperienza positiva di Agenda 21 locale sulla
mobilità sostenibile e riqualificazione degli spazi urbani di uso pubblico, che
ha consentito la condivisione di scelte in materia di rivitalizzazione urbana»,
ha commentato il sindaco di Muggia Nerio Nesladek.
La nuova iniziativa vuole trasformare i progetti di avvio dell'Agenda21 locale
nei territori comunali in un processo partecipativo continuo, focalizzato su
ambiti specifici, siano essi tipologie di territorio o argomenti da affrontare,
potenziando forum e gruppi tematici già istituitisi nei precedenti processi di
partecipazione.
Altra tappa importante del percorso partecipato sarà poi «il coinvolgimento dei
giovani nel laboratorio con bimbi, ragazzi e ragazze di entrambi i Comuni, che
si costituirà in collaborazione con le scuole, elementari e secondarie di primo
livello», come ha spiegato l’assessore di Muggia alle Politiche giovanili
Loredana Rossi.
Sul progetto PartecipAssieme «alcune azioni progettuali coinvolgeranno i
cittadini di entrambi i comuni – ha precisato l'assessore di San Dorligo Laura
Riccardi Stravisi – mentre altri saranno di specifico interesse dei rispettivi
residenti. Ad esempio i lavori pubblici partecipati devono necessariamente
essere condivisi con la popolazione che risiede nelle aree oggetto di interventi
di riqualificazione urbana».
Il progetto è stato illustrato anche dai collaboratori incaricati, la società
cooperativa Shoreline e l'associazione no profit Kallipolis, che al riguardo
hanno ricordato che «“l'obiettivo è la creazione di un piano di azione locale
nel quale vengano specificati obiettivi ed azioni, sullo sviluppo di scenari
turistici e buone pratiche sostenibili per il risparmio energetico».
La prima assemblea pubblica di presentazione del percorso partecipativo si
svolgerà nei rispettivi Comuni, e precisamente lunedì 9 marzo alle 18 a San
Dorligo, al teatro comunale «F. Prešeren» di Bagnoli, e martedì 10 marzo alle 17
a Muggia, alla Sala Millo in piazza della Repubblica. La presentazione è aperta
a tutta la cittadinanza.
Riccardo Tosques
TRASPORTI - Ritorniamo al tram
È da un po’ di tempo che aumenta l’interesse dei cittadini
sul riutilizzo del tram. Intorno a questo tema si sono sviluppate svariate
opinioni, alcune delle quali stroncano qualsiasi ipotesi sull’argomento. Noi
socialisti liberali triestini pensiamo che ci siano valide ragioni nel sostenere
che il futuro del trasporto pubblico risieda nella trazione elettrica. C’è chi
afferma che installare una linea alimentata da energia elettrica sia
insostenibile perché i costi sono elevatissimi. Noi invece affermiamo che,
trattandosi di un servizio pubblico, non ci siano né cifre né conti che possano
valere quanto la salute dei cittadini, spesso minata dall’inquinamento
atmosferico.
Da una recente analisi risulta che per conoscere quale mezzo di trasporto sia
più conveniente (tram-bus) sia necessario confrontare tutti i costi:
dall’acquisto, alla gestione, alla manutenzione (ordinaria e straordinaria) che
si sostengono durante gli anni di vita del mezzo. Ebbene, se è vero che per
l’acquisto di un tram si spende di più che non per un autobus, è vero anche che
il primo ha una vita utile almeno di quattro volte superiore a quella del bus. È
dunque palese che i vantaggi economici (e non solo) siano tutti a favore della
trazione elettrica: infatti, oltre a quelli economici, ci sono anche i vantaggi
per la salute delle persone, ai quali è difficile attribuire un prezzo.
La nostra Associazione, che ritiene questo un argomento molto sentito dai
triestini, si attiverà presso il Comune, unico proprietario della tranvia,
affinché, con atti concreti, venga incontro alle aspettative dei suoi cittadini,
ansiosi di tornare a vedere sferragliare i tram per le strade di Trieste.
Luigi Guerriero - Associazione socialisti liberali triestini
BORA.LA - GIOVEDI', 5 marzo 2009
Entro il 2009 «bidoni della differenziata in ogni
piazzola delle immondizie»
Entro il 2009 ogni vecchio cassonetto delle ‘scovazze’ in
città verrà accompagnato, piazzola per piazzola, ai bidoni del riciclaggio e
senza maggiori costi per i cittadini di Trieste. Ciò avverrà salvo alcune
eccezioni, ove terreni scoscesi o strade troppo strette lo impediscano. A
raccontarlo è Paolo Rovis, Assessore ai rapporti con le società controllate e
partecipate del Comune di Trieste che spiega come «tutti i punti di raccolta dei
rifiuti verranno ripensati e in alcuni casi ricollocati» (link al blog di
Rovis). A breve inoltre il Comune farà partire la raccolta porta a porta degli
imballaggi, presso i negozianti.
Nel 2008, fa sapere Rovis, il totale dei rifiuti riciclati a Trieste è stato del
20,25% sul totale delle ‘scovazze’ prodotte. Anche con questa cifra (+ 2%
rispetto al 2007), il Comune di Trieste può essere considerato come fanalino di
coda tra i Comuni del Friuli Venezia Giulia e tra i meno efficienti nel nord
Italia. Una legge nazionale del 2006, infatti, avrebbe voluto che per ogni
Ambito territoriale ottimale (Ato, degli Enti che la Regione Fvg non si è ancora
preoccupata di creare) si raggiungesse il 45% di rifiuti riciclati, obbiettivo
che sarà del 65% nel 2012.
Tornando a Trieste, entro quest’anno sarà revisionata la disposizione di tutte
le piazzole presso cui i cittadini lasciano le loro immondizie. Come linee
generali, il Comune vuole che in ogni piazzola ci siano i cassonetti per tutti i
tipi di differenziata (rifiuti normali indifferenziati, carta, vetro).
Probabilmente, per razionalizzare spazi e cassonetti, ci sarà qualche piazzola
in meno o qualche altra, in via eccezionale, che non avrà i bidoni della
differenziata.
Spiega Rovis: «L’aumento dei rifiuti riciclati non comporterà nuovi costi con
Acegas o a carico dei contribuenti. L’acquisto di nuove campane per i rifiuti da
riciclare verrà compensato da nuove entrate. Per esempio, ci arriveranno dei
nuovi redditi dai consorzi (come Conai e Comieco) che pagano per acquistare i
rifiuti differenziati. Ci saranno inoltre minori costi di smaltimento nel
termovalorizzatore. E la raccolta costerà di meno perché ci sarà la diminuzione
del numero di piazzole che contengono i cassonetti dei rifiuti».
Nel contempo il Comune sta predisponendo alcune modifiche al Regolamento di
igiene urbana che prevederà l’obbligo di produrre la raccola differenziata per
tutti i cittadini.
Rovis non è d’accordo sulle «pagelle» d’inefficienza che in questo campo
verrebbero affibbiate al Comune. «Intanto, con il porta a porta per gli
imballaggi, con la riorganizzazione delle piazzole di raccolta e con l’aumento
dei bidoni per la differenziata, aumenteremo la nostra cifra di differenziata
per almeno il 6 o 7%».
«Ma, soprattutto», afferma Rovis, «dobbiamo guardare alla fine che fanno i
rifiuti. Il nostro 80% di rifiuti non riciclati viene oggi mandato
all’inceneritore e, così, fornisce il 13% dell’energia elettrica usata a
Trieste. Mi chiedo chi sia il più bravo rispetto a noi se tanti rifiuti, nei
casi di altri Comuni, finiscano nelle discariche. Discariche che da noi non
esistono».
Rovis, rispetto alla possibilità di far partire il riclaggio dell’umido («ci
farebbe aumentare la percentuale di differenziata di un 20%», ammette), nega
categoricamente che ci sia in cantiere questa possibilità. «La raccolta
dell’umido comporterebbe maggiori costi, senza che vi siano compensativi
sufficienti. Mandare l’umido a impianti di compostaggio è costoso. Ricordo
inoltre che il compost là prodotto di solito va a finire in discarica. Noi non
ne abbiamo bisogno perché abbiamo l’inceneritore».
Rovis infine si sofferma sulle presunte irregolarità che il Comune di Trieste
commetterebbe nelle sue basse percentuali di differenziata. «Ricordo che noi in
questo momento non infrangiamo la legge sui tetti minimi di differenziata,
perchè dovrebbero essere gli Ato a risponderne, di quei limiti». Gli Ato (Ambiti
territoriali ottimali) nel resto d’Italia sono stati strutturati su base
provinciale o regionale sulla base di legislazioni regionali. In Friuli Venezia
Giulia, l’Assessore regionale Lenna ha fatto notare come per creare gli Ato
ovvero per rivedere il rapporto tra enti locali, aziende gestrici e pratiche di
raccolta dei rifiuti non ci siano le “condizioni di mercato”. In altre parole,
per sbrogliare la matassa rifiuti, Lenna aspetta che le multiutility si comprino
a vicenda o che i Comuni capoluoghi di Provincia trovino clamorosi e improbabili
accordi tra di loro.
Enrico Maria Milic
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 marzo 2009
Ferriera, la richiesta della Lucchini: cassa
integrazione per 380 lavoratori - Lo scenario risulta peggiore del previsto. Lo
stop interesserà tutti i reparti
LA CRISI ALLO STABILIMENTO DI SERVOLA - Scatterà
dal 16 marzo Le Rsu preannunciano una dura battaglia per ridurre l’entità del
provvedimento
Con una ufficiale lettera inviata ai sindacati aziendali Lucchini ha
formalizzato ieri la sua richiesta di cassa integrazione per la Ferriera di
Servola. Sale rispetto alle prime ipotesi di 250 il numero dei dipendenti
interessati dal provvedimento che avrà valenza dal 16 marzo, per 13 settimane.
Si tratta di 380 posizioni lavorative. E non ristrette all’altoforno e reparti
correlati, come inizialmente previsto. Lo stop dal lavoro scatterà - è detto
nella lettera - per tutti i reparti produttivi, per le aree di servizio, e per
gli uffici amministrativi.
Domani è in calendario l’incontro con le Rsu. «La nostra richiesta di cassa
integrazione non sarà soggetta a trattative - spiega l’amministratore delegato,
Francesco Rosato -, ma d’altro canto non è detto che in cassa integrazione
andranno esattamente 380 dipendenti: questo è solo il numero massimo indicato
dall’azienda, per essere più chiari significa che certamente non prevediamo un
numero superiore a questo, ma ogni valutazione è rimandata, prima c’è l’incontro
con le Rsu». Medesima comunicazione era stata inviata nei giorni scorsi
dall’Associazione industriali alle organizzazioni provinciali del sindacato.
La Lucchini comunque provvederà in questo tempo alla ristrutturazione
dell’altoforno 3, già indicato come principale causa del calo produttivo, dopo
che la Regione aveva negato all’azienda una proroga di sei mesi (fino a giugno)
per adeguarsi alle prescrizioni dell’Aia e cambiando anche obiettivo,
annunciando cioè di aver scelto di ristrutturare l’altoforno 3 piuttosto che
quello indicato nel documento della legge regionale. Ma intanto la crisi
dell’acciaio è diventata il problema prevalente, a Trieste come a Piombino, e
già è nei piani che quando il ristrutturato altoforno sarà rimesso in azione a
giugno funzionerà al 70 per cento del suo potenziale. Salvo nuove sorprese
(brutte o buone) dai mercati.
Quel numero, 380, ha incominciato a ronzare ieri nella mente dei lavoratori, «e
l’atmosfera tra i dipendenti, se mai era possibile, si è fatta ancora più cupa»,
specifica Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Oggi la rabbia è destinata a crescere
e i sindacalisti si presenteranno con il coltello tra i denti al confronto di
domani con l’azienda. Giunto faccia a faccia con il presidente della Regione
Renzo Tondo, martedì in piazza Unità Enzo Timeo della Uilm gli ha detto: «Gli
operai devono portare a casa i soldi per i loro figli. Se non avremo risposte
esaurienti, noi sindacalisti non saremo in grado di governare la piazza». Il
pensiero è andato alla rivolta del 1994 con i trattori per le strade e i
cassonetti incendiati, ma allora la situazione era diversa perché tutta la città
voleva la sopravvivenza della Ferriera che poi venne comprata dalla Lucchini.
«Effettivamente pensavamo anche come prima sparata a un numero leggermente
inferiore - ha precisato Salvaneschi -, pensavamo soltanto al reparto a caldo,
la stessa azienda aveva parlato del 60 per cento del personale e non di tutti i
reparti. Per questo nello stabilimento è cresciuto il panico, ma siamo tutti
convinti che quel numero riusciremo ad abbassarlo. Anche per esperienza
personale sappiamo che le proprietà sparano alto per poi riuscire a portare a
casa il massimo possibile dopo il confronto con i sindacati. È accaduto così
anche recentemente alla Sertubi dove addirittura gli operai sono stati
richiamati al lavoro dopo aver fatto meno di metà della cassa integrazione
annunciata».
«Abbassare quel numero è solo uno dei nostri obiettivi - annuncia Antonio Saulle
di Fiom-Cgil - era prevedibile che l’azienda tirasse in ballo un effetto domino
anche sugli altri reparti a seguito dello stop dell’altoforno. La tattica è
questa, poi si va al confronto che sarà senz’altro duro perché noi abbiamo due
altre questioni da mettere in ballo su cui non intendiamo transigere: la
richiesta che l’azienda integri la differenza economica tra il trattamento di
”cassa” e lo stipendio e l’assicurazione che dopo le tredici settimane
annunciate tutti i dipendenti riprenderanno a lavorare».
GABRIELLA ZIANI
Godina: «Cinghiali, entro maggio il piano di
abbattimento» - IL VICEPRESIDENTE DELLA PROVINCIA ANNUNCIA ANCHE
ALTRE MISURE MENO CRUENTE
TRIESTE «Entro la fine di maggio verrà attuato e
completato il piano di abbattimento dei cinghiali». Walter Godina,
vicepresidente della Provincia, conferma che la procedura che porterà alla
riduzione forzata del numero dei cinghiali è in corso.
Il progetto verrà affiancato da altre iniziative meno cruente ma altrettanto
importanti. Innanzitutto vi sarà un posizionamento di «pastori elettrici» (fili
a bassa tensione spesso rintracciabili nelle zone di montagna) e di dissuasori
olfattivi. In entrambi i casi l’obbiettivo è di evitare che gli animali si
allontanino dalle zone in cui abitualmente vivono.
«Dove possibile cercheremo di catturare i cinghiali e trasferirli in un altro
luogo – prosegue Godina – anche se sappiamo che questa operazione è piuttosto
difficile, perché i cinghiali tendono a tornare nei luoghi di origine». Il
vicepresidente della Provincia ricorda poi la mossa «fondamentale fatta
recentemente dal Comune di San Dorligo, che ha emesso un’ordinanza per
sanzionare chi dà da mangiare ai cinghiali, abitudine sbagliata che dev’essere
debellata».
Nei cassi estremi, comunque, come riconosciuto dalla Regione, il
sovrapopolamento dei cinghiali andrà ridimensionato con l’abbattimento.
Ma come si provvederà allo smaltimento delle carcasse? «Ci sarà un accordo con
un macello – spiega Godina – e comunque ho disposto personalmente che i soldi
incassati dalla vendita dagli animali vengano messi a disposizione delle
associazioni ambientaliste che si occupano della tutela della fauna e della
flora».
«Regole precise per la salvaguardia della fauna in provincia» vengono intanto
richieste dalla sezione triestina della Lav, la Lega antivivisezione, proprio in
merito al piano secondo il quale la Provincia intende abbattere cento cinghiali.
«Il massacro di massa - scrive la Lav in una nota - non servirà a eliminare il
problema».
La Lav condivide comunque la volontà del vicepresidente della Provincia Godina
«di investire e trovare soluzioni alternative alla soppressione degli animali,
tutelando però anche i terreni agricoli della nostra provincia. E’ però
necessario – rileva – dare regole precise al fine di evitare l'accanimento
fisico e mediatico nei confronti di questi animali», che «depredati del loro
territorio, rinchiusi sempre più in spazi limitati da strade e nuove
costruzioni, per una legge naturale cercano il cibo vicino alle abitazioni».
L’associazione chiede inoltre che siano vietati i ripopolamenti di specie
cacciabili, come appunto i cinghiali, e «sanzionate le varie associazioni di
cacciatori che lo fanno o l’hanno fatto, causando danni agli agricoltori e agli
automobilisti».
Crollano i consumi di energia - A Nordest il calo più
elevato dopo il Piemonte: -11,4% - I DATI DI TERNA
PADOVA Un altro mese in netto calo per i consumi di
energia elettrica. Dopo il -8,5% di gennaio, nel mese di febbraio 2009 la
quantità di energia elettrica richiesta in Italia è stata pari a 25,9 miliardi
di kilowattora, con una flessione dell'8,9% rispetto ai volumi richiesti a
febbraio dell'anno precedente. E continua la discesa dei consumi a Nordest. Nel
mese di febbraio, secondo quanto rilevato da Terna Spa (la società incaricata
della gestione della rete elettrica nazionale ad alta ed altissima tensione), il
fabbisogno elettrico è stato di 3,8 miliardi di kilowattora (il 14% del totale
nazionale), con un calo del 11,4% rispetto allo stesso mese del 2008.
A livello nazionale la quantità di energia elettrica richiesta, pari a 25,9
miliardi di kilowattora, ha fatto registrare invece un calo medio dell’8,9%
rispetto ai volumi richiesti a febbraio dell’anno precedente. Mediamente quello
del Triveneto è il calo più elevato registrato in tutta Italia dopo quello del
Piemonte (che segna un -14%).
Per quanto riguarda l'utilizzo delle fonti a febbraio 2009 la domanda di energia
elettrica è stata soddisfatta per un 84,2% con produzione nazionale mentre per
la quota restante (15,8%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. Sono
segnalate in crescita le fonti di produzione idroelettrica (+46,5%) ed eolica
(+17,9%). Viceversa per la produzione termoelettrica si è avuta una contrazione
del - 20,9% e per la produzione geotermoelettrica un - 11,7%.
L’andamento negativo dei consumi elettrici non andrà a incidere sulle attività
di sviluppo della rete previste da Terna. L’Autorità per l’energia elettrica e
il gas infatti, riconoscendone la natura infrastrutturale, ha introdotto un
meccanismo di «mitigazione» del rischio connesso alla prevista diminuzione dei
consumi di energia elettrica. Il meccanismo, attraverso una «franchigia» di
+/-0,5%, rende anelastici i ricavi tariffari di Terna rispetto all’andamento del
fabbisogno elettrico garantendo in questo modo la continuità degli investimenti
di sviluppo della rete.
Segna, pronto il parco eolico del Velebit Fornirà 125
milioni di kWh all’anno - Potrà sopperire al fabbisogno energetico di una città
di 120mila abitanti
UN INVESTIMENTO DI 57 MILIONI DI EURO. L’OPERA È STATA
REALIZZATA DALLA ROVIGNESE «VALALTA»
SEGNA Sta per essere ultimato il parco eolico di Vratarusa, alle spalle di
Segna (a Sudest di Fiume), il più grande impianto del genere in questa parte
d’Europa, con i suoi 5mila e 800 metri quadrati di superficie, che inglobano ben
14 turbine. L’ultimo aerogeneratore è stato montato martedì scorso, ponendo così
fine alla fase di sistemazione delle turbine, durata cinque mesi.
L’infrastruttura riuscirà a produrre annualmente 125 milioni di kWh. Stando agli
esperti i chilowattora potranno sopperire al fabbisogno energetico di una città
di circa 120mila abitanti. La Croazia, ricordiamolo, ha una popolazione di 4
milioni e mezzo di persone e dunque Vratarusa assumerà un’importanza
straordinaria per il settore energetico nazionale, specie al riguardo delle
fonti di energia rinnovabili. La centrale nell’entroterra di Segna, abbarbicata
sulle pendici del Velebit (Alpi Bebie), sarà il terzo impianto in Croazia
azionato dal vento, dopo quelli di Pago e Sebenico. Piano piano nell’ex
repubblica jugoslava si vanno facendo strada i progetti riguardanti le fonti
energetiche pulite, di cui la Croazia abbonda, soprattutto se parliamo dei
venti. A Vratarusa si sfrutterà soprattutto la bora (lo scirocco è meno
presente), un vento praticamente inesauribile sul Velebit, la catena che divide
l’aspra regione della Lika dal mare Adriatico.
È un progetto, quello della centrale eolica, che è stato realizzato dall’azienda
rovignese Valalta per conto della società tedesca Walenborn, per un investimento
complessivo di 420 milioni di kune (sui 57 milioni di euro). Da rilevare che,
prima del montaggio degli aeromotori, c’è voluto un anno di preparativi, che
hanno riguardato pure l’edificazione delle strade d’accesso all’infrastruttura.
Il posizionamento delle turbine, con pali alti 80 metri e un’«apertura alare» di
90 metri (per un peso ciascuna di 260 tonnellate), è durato cinque mesi, un
periodo più lungo del dovuto, con ritardi causati da temperature estremamente
rigide durante i mesi di dicembre e gennaio. Nonostante il clima polare, le
maestranze dell’impresa istriana e di quella tedesca hanno lavorato sodo ed ora
non resta che posare i cavi della corrente, sistemare il cantiere e testare
l’attrezzatura. Conclusa questa fase, si potrà procedere all’apertura del parco,
che avrà il compito di «addomesticare» la ben nota bora di Segna, un vento che
sa essere particolarmente vivace e dunque adatto a generare corrente elettrica
senza costi di produzione altissimi e senza inquinamento.
Le 14 turbine di Vratarusa avranno una potenza installata di 42 megawatt, con la
locale centrale di trasformazione che assorbirà l’energia elettrica a 30
chilovolt sfornandola a 110 chilovolt, dopo di che la «luce» sarà immessa
tramite cavi sotterranei nell’elettrodotto Segna-Crikvenica. La costruzione
della centrale è stata accompagnata di pari passo dall’approntamento di una
nuova strada d’accesso, lunga 3,5 chilometri e larga 5 metri. Inoltre si è dato
luogo alla ristrutturazione della viabile che dal passo del Vratnik, sopra
Segna, conduce verso la citata Vratarusa.
Andrea Marsanich
Rifiuti, aumenta la tassa ma non la qualità del servizio
È esploso in questi giorni il malcontento, covato ormai da
anni, sull’eccessivo aumento della tassa sui rifiuti solidi urbani che, a
Trieste, è la più alta d’Italia. La risposta non si è fatta attendere: i soldi
incassati dalla tassa sulle ”scovazze” sono stati investiti per smaltire le ”scovazze”,
appunto. È stata cioè aperta una nuova linea per supportare non soltanto lo
smaltimento dei rifiuti prodotti dagli abitanti locali ma pure quelli dei bacini
limitrofi come Gorizia, Slovenia ecc. Ciò dovrebbe naturalmente aumentare gli
introiti e nel contempo diminuire la tariffa degli abitanti locali. Dovrebbe.
Detto ciò non mettiamo il Comune sotto accusa (e capiremo più avanti il perchè)
quanto l’ACEGAS che, agendo in regime di monopolio, incrementa in modo
impressionante gli utili senza correre alcun rischio. Se andiamo ad esaminare il
punto 3 dello Statuto del Gruppo ACEGAS troviamo che la Società ha per oggetto
”l’esercizio – in proprio e/o per conto terzi, sia in via diretta, sia
attraverso società controllate e/o collegate – delle attività inerenti” e al
punto A) troviamo innanzitutto la gestione integrata delle risorse idriche
(altra nota dolens quanto a tariffe, non in fatto della qualità ma questo non è
merito della SpA). Tralasciamo il resto e portiamoci al punto C) che tratta la
gestione, cioè, dei servizi ambientali e prevede servizi di igiene urbana quali
raccolta, trasporto e smaltimento, recupero anche energetico,dei rifiuti urbani
compresi gli assimilati, raccolta differenziata, lavaggio e spazzamento
stradale, ma anche messa in sicurezza e bonifica di siti inquinati. Ogni
enunciazione potrebbe essere oggetto di commento. E andando avanti, ancora di
più perché al punto 3.2 veniamo messi al corrente che la Società può operare –
sia direttamente, sia con terzi (e qui ci troviamo di fronte ad un labirinto da
far invidia a Dedalo) – oltre che nei servizi indicati al punto A) e C) anche in
settori integrativi ”finalizzati alla produzione di beni e attività rivolte a
realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile della
comunità locale”. A tal fine vengono indicati, tra gli altri, impianti di
illuminazione pubblica e impianti semaforici proprio quelli che vanno
maggiormente a incrementare gli introiti e quindi gli utili della società.
Sono questi i fini sociali della SpA? Ci limitiamo a chiedere: in quale
percentuale ha aumentato i posti di lavoro? Come e in che modo interviene per
sanare i siti inquinati? Perché siamo tanto in arretrato con la raccolta
differenziata? E perché, ancora, non si è sobbarcata l’onere della terza linea
senza doverla far pagare ai cittadini che contribuiscono tutti a incrementare i
suoi utili? Una società che fornisce beni pubblici, i cui servizi hanno costi
eccessivi per i cittadini non può e non deve essere una società per azioni. E’
ben vero che l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale. Lo dice l’art. 41 della nostra Costituzione.
Luisa Nemez
Tassa rifiuti - PER METRO QUADRO
Grazie a 11 cittadini e all'avvocato Carbone (e non alle
associazioni per i consumatori!) ora sappiamo che non erano «fandonie» quelle
sostenute da molti cittadini e dai consiglieri comunali e circoscrizionali del
centrosinistra. Se non avesse avuto un fondamento, il ricorso non sarebbe stato
preso neanche in considerazione. Certo, la vicenda non è ancora conclusa ma
resta indiscutibile l'ingiustizia di tassare i mq e non il numero di persone. È
questo ultimo il parametro da considerare per la produzione di rifiuti, non
qualche grammo di polvere in più. I soldi spesi, poi, per la terza linea del
termovalorizzatore potevano e potranno essere recuperati «accogliendo» i rifiuti
da altre regioni e non tartassando i triestini, il cui numero è stazionario e
non “abbisognavano” della terza linea. Mi risulta che Napoli chiese aiuto anche
al Fvg che rispose «picche», così i rifiuti di Napoli presero la via della
Germania a costi molto più alti (un'occasione perduta!). Piuttosto, diamo una
accelerata alla raccolta differenziata! Questa è, a Trieste, a percentuali
bassissime che ci costeranno le sanzioni della Ue mentre rappresenta l'unico
modo per pagare solo e veramente il dovuto. Sempre che si voglia ignorare anche
l'aspetto educativo e civico di salvaguardia dell'ambiente, di abitudine al
riciclo e di abbandono dell’usa e getta, come ci suggerirebbe la crisi attuale.
Infine, quanto alle «pantegane fino al V piano» mi chiedo per quanto tempo
dovremo tollerare la disinformazione e le frasi ad effetto dei nostri politici,
locali e non: da napoletana che vive a Trieste da 40 anni ma che si reca
frequentemente a Napoli devo smentire il mio sindaco e rassicurare i triestini:
se vi recate a Napoli potrete alloggiare anche a piano terra senza alcun
pericolo!
Giuliana Cesàro - e i consiglieri del Pd della IV Circoscrizione
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 marzo 2009
FERRIERA - «Se si chiude non abbiamo alternative» - Gli
operai: non c’è alcun progetto concreto di nuova industrializzazione
Allo studio l’impegno su turismo, soldi e web
Tonino Pantuso gira disorientato tra i colleghi di lavoro in piazza Unità.
«Sono da trent’anni in Ferriera - racconta - prima in manutenzione ora in
contabilità, ho moglie e due figli. Siamo in una situazione drammatica e assurda
perché non c’è un progetto concreto di nuova industrializzazione. Gli infermieri
sanno che devono stare in ospedale e i pompieri in caserma, noi se chiudono la
Ferriera non sappiamo dove andare».
«Gli operai sono terrorizzati di perdere il posto di lavoro perché sanno che di
altri non ne trovano», ha spiegato Luigi Pastore di Failms-Cisal.
A far coraggio ai lavoratori alcuni esponenti del Comitato città per il lavoro.
«Crediamo che i posti di lavoro vadano preservati - afferma la presidente
Norvena Pecorella che indossa il giubbino arancione da operaia - siamo qui per
dare solidarietà ai lavoratori e fare pressione sui politici. Ci muoveremo in
aiuto di tutti i lavoratori in difficoltà». Accanto agli operai anche una
quindicina di studenti. «Siamo del collettivo universitario La scintilla -
spiega Pierre Ginon, studente di Filosofia - e del collettivo delle superiori
Che Guervara. Affianchiamo la lotta degli operai anche per far ripartire il
movimento studentesco».
Ad attendere il corteo in piazza Unità anche Adele Pino, assessore provinciale
al Lavoro. «Bisogna fin da oggi - afferma - tracciare il disegno della presenza
industriale sul territorio. Infatti nella nuova centrale elettrica della
Lucchini e nella Piattaforma logistica potrebbero reimpiegarsi soltanto un paio
di centinaia dei mille lavoratori in pericolo». «Non possiamo pensare a mille
guardiani del Parco del mare», afferma ironicamente Roberto Cosolini, segretario
provinciale del Pd. Roberto Decarli dei Cittadini ha fatto mettere al primo
punto della riunione dei capigruppo di domani l’indizione di un Consiglio
comunale straordinario tutto dedicato alla Ferriera. In piazza anche Giuliana
Zagabria dei Comunisti italiani e Marco Toncelli del Pd. (s.m.)
Lucchini: piena collaborazione nel confronto tra le
parti - Raccolto l’invito del governatore Venerdì la società definirà i numeri
della cassa integrazione
La Lucchini spa ha sottolineato ieri in una nota ufficiale
l’adesione al Tavolo di confronto con l’azienda e le parti sociali promosso
dalla Regione su richiesta dei rappresentanti sindacali. La proprietà della
Ferriera ci sarà dunque all’incontro che il presidente della Regione Renzo Tondo
ha già convocato per mercoledì 11 marzo. «La Lucchini spa - prosegue ancora la
nota - ribadisce inoltre la sua massima collaborazione a proseguire il positivo
confronto con le organizzazioni sindacali e con le istituzioni di riferimento:
Regione Friuli Venezia Giulia e in particolare con l’assessore Alessia Rosolen,
Provincia e Comune di Trieste».
Venerdì mattina è però in programma un incontro per alcuni versi decisivo tra
azienda e sindacati. «Proprio per rispetto alla nostra controparte - ha
affermato ieri Francesco Semino responsabile delle relazioni esterne - non
possiamo anticipare quelle che saranno le strategie che indicherà l’azienda per
affrontare la crisi». Già si sa comunque che sono state chieste tredici
settimane di cassa integrazione a partire dal 12 marzo, giorno in cui dovrà
essere disattivato l’altoforno numero 2, oggi fuori norma. La partenza
dell’altro altoforno, il 3, avverrà il 26 maggio. «Quell’altoforno però - ha
preannunciato Francesco Rosato, direttore dello stabilimento - a causa della
crisi internazionale funzionerà al 70 per cento per cui non è certo che potremo
riprendere al lavoro tutti i dipendenti. C’è il rischio che per alcuni la cassa
integrazione debba proseguire».
Venerdì si saprà intanto quanti lavoratori (secondo illazioni quasi 250 sui 540
totali) saranno in ”cassa” fino al 26 maggio. Ma i sindacati hanno anche chiesto
che l’azienda integri la differenza di denaro tra l’indennità della cassa
integrazione e lo stipendio. Si prevede battaglia e già ieri tra alcuni
lavoratori circolavano parole dure, in caso di esito negativo della trattativa:
sciopero e occupazione della Ferriera.
(s.m.)
CRISI DELL’ACCIAIO - Lucchini, calano gli ordini 600 a
rischio a Piombino - Taglio di 420 precari e ”pensionamento” per 180 Produzione
ridotta al 50%
LIVORNO La crisi economica si abbatte sulle acciaierie
Lucchini di Piombino, ora di proprietà del gruppo russo Severstal. Sono circa
600 i dipendenti dello stabilimento che rischiano di essere tagliati nell'ottica
di un ridimensionamento dell'organico dell'azienda in seguito al calo degli
ordinativi. La riduzione della produzione comporterà il taglio di 420 lavoratori
precari, ai quali, una volta scaduti, l'azienda non rinnoverà i contratti. La
direzione dello stabilimento ha inoltre inviato all'Inail la documentazione
relativa a 180 dipendenti, che potrebbero usufruire del prepensionamento in base
alla legge sull'amianto.
Ieri i dirigenti dello stabilimento hanno incontrato i responsabili dei
sindacati Fiom, Fim e Uilm, ai quali hanno espresso la volontà di rivedere
l'assetto organizzativo. Nei prossimi mesi, come rivela il segretario
provinciale Fiom, Luciano Gabrielli, la produzione dello stabilimento
siderurgico si attesterà su un volume di 1 milione e 100 mila tonnellate di
acciaio, pari a circa il 50% dell'attuale capacità produttiva degli impianti.
In assenza di segnali di ripresa le risorse dell'azienda saranno interamente
destinate alla sopravvivenza dello stabilimento e all'abbattimento dei costi
fissi. Confermati invece gli investimenti strategici connessi alla realizzazione
di un nuovo laminatoio e al potenziamento dell'altoforno, quando le condizioni
del mercato lo permetteranno.
La Lucchini aveva già affrontato la crisi ricorrendo alla cassa integrazione che
aveva portato anche alla chiusura dell' altoforno, fatto assolutamente
straordinario. La Cig aveva interessato circa 450 lavoratori e in alcuni reparti
è ancora attiva.
Pm10 oltre i limiti in via San Lorenzo - UNICO
SFORAMENTO
Un certo rimescolamento dell’aria e leggere piogge hanno
fatto abbassare il livello degli inquinanti, e in particolare quello delle
polveri sottili.
Non c’è quindi da attendersi alcuna limitazione alla circolazione, anche perchè
oggi e domani sono attese precipitazioni più estese e intense rispetto a quelle
di inizio settimana.
Rispetto agli sforamenti delle polveri sottili registrati domenica da quasi
tutte le centraline dell’Arpa, lunedì i valori delle pm10 sono scesi di
parecchio. L’unico superamento del limite di 50 microgrammo per metro cubo è
stato rilevato dal mezzo mobile dell’Arpa posto in via San Lorenzo in Selva, con
una media giornaliera di 56 microgrammi. Vicina al limite la concentrazione di
pm10 in via Carpineto, dove sono stati registrati 49 microgrammi per metro cubo.
Per contro il livello più basso, sempre nella giornata di lunedì, è stato
misurato dalla centralina di via Pitacco, con 29 microgrammi. Livelli qualsi
analoghi in via Svevo, dove si sono rilevati 33 microgrammi. Concentrazioni
piuttosto basse anche in piazza Libertà, dove la centralina la registrato 36
microgrammi, mentre in via Torbandena le pm10 hanno raggiunto i 43 microgrammi.
A Muggia infine le polveri sottili hanno sfiorato il limite, con 47 microgrammi
per metro cubo.
Test dell’aria a Mattonaia - PER TRE MESI
SAN DORLIGO E’ stata posizionata ieri, in prossimità del
varco doganale numero 7 della Siot, la centralina mobile dell’Arpa (nella foto
Lasorte) che dovrà monitorare, nei prossimi tre mesi, la qualità dell’aria nella
frazione di Mattonaia.
«Individuare le sostanze organiche alle quali possono essere attribuite le
esalazioni odorose percepite nel comprensorio abitativo circostante il deposito»
è appunto lo scopo dell’iniziativa promossa dal Comune assieme alla Società
italiana per l’Oleodotto transalpino e all’Agenzia regionale per l’ambiente.
La richiesta dell’installazione di una centralina era emersa in seguito alle
continue lamentele dei residenti che abitano nei pressi del parco serbatoi della
Siot, infastiditi dai forti odori che provengono dall’area. In passato verifiche
sulle emissioni e sul livello della qualità dell’aria erano già state compiute,
peraltro con esito negativo.
«Queste rilevazioni consentiranno di dare risposte alle ripetute istanze della
popolazione che chiede garanzie sia per quanto riguarda la salute pubblica che
per la vivibilità dell’area in relazione agli odori che si rilevano nella zona»,
ha commentato il sindaco Fulvia Premolin, la quale ha poi sottolineato che
l’accordo raggiunto con la Siot va incontro all’esigenza di tutelare l’ambiente
partendo dalla prevenzione.
«Sono certa – ha aggiunto il primo cittadino – che questo accordo, già molto
significativo di per se, sarà il primo passo verso nuove, proficue iniziative
comuni, in sinergia fra le imprese del territorio e la pubblica
amministrazione».
E l’amministratore delegato della Siot, Adriano Del Prete, ha osservato come «il
posizionamento di questa unità mobile sia un’ulteriore testimonianza
dell’impegno della Siot in campo ambientale, un impegno che richiede
innanzitutto trasparenza di comportamenti e stretta collaborazione con le
istituzioni».
Il sindaco Premolin ha poi espresso soddisfazione per la promessa della Siot di
fornire un contributo al Comune di San Dorligo della Valle, in relazione ai
costi per il collegamento e l’acquisto dello strumento che verrà indicato
dall’Arpa al termine di questo monitoraggio trimestrale sulla qualità dell’aria
e sulle caratteristiche degli odori. (r.t.)
Sistiana, via ai controlli acustici - Sarà l’Arpa a
misurare il rumore prodotto da strade, autostrada e ferrovia
RISPOSTA DELL’ASSESSORE REGIONALE LENNA AL CONSIGLIERE
GABROVEC (PD)
DUINO AURISINA Un impegno formale, a vantaggio dei cittadini di San Giovanni
di Duino, «incastrati» tra diverse infrastrutture viarie e perseguitati dal
rumore.
Autostrada, statale per Gorizia (il noto e «famigerato» Vallone), ma anche
ferrovia, oltre alla Cartiera Burgo. Il piccolo abitato di San Giovanni di
Duino, pur trovandosi in un incantevole angolo di Carso, soffre di inquinamento
acustico, e molti cittadini hanno più volte chiesto il posizionamento di
barriere che possano limitare il rumore.
Barriere che fino ad ora non sono mai state installate, nonostante le ripetute
richieste, e anche i ripetuti impegni in clima elettorale dei sindaci che si
sono succeduti nel tempo, ma che ora vedono avviato un nuovo iter.
Come ha illustrato ieri in consiglio regionale l'assessore Lenna, a seguito di
un’interrogazione del consigliere Igor Gabrovec (Pd), l'iter è formalmente
partito con l'avvio del monitoraggio acustico nelle zone in questione, dove di
fatto i cittadini stanno perdendo la pazienza a causa del continuo rumore.
A effettuare i monitoraggi acustici è l'Arpa, che ha avuto anche il ruolo di
«consulente scientifico» per valutare e interpretare i dati del rumore, e
attribuirli ai diversi assi viari che passano sul territorio e sono, assieme,
responsabili della difficile situazione denunciata dai cittadini.
Una volta analizzati i dati, se effettivamente risulteranno sforati i limiti del
rumore fissati per legge, e quindi ci si troverà in presenza di effettivo
inquinamento acustico, sarà il gestore dell'infrastruttura rumorosa a dover
provvedere, e in tempi brevi e certi, al posizionamento delle barriere
acustiche.
I dati dell'Arpa dovranno quindi venir analizzati nel dettaglio, ma non solo:
secondo le normative in vigore, gli stessi dati dovranno essere resi pubblici -
sottolinea il consigliere Igor Gabrovec - affinché risulti chiaro quali
infrastrutture provocano inquinamento sonoro e quali sono i soggetti tra
Ferrovie, Friuli Venezia Giulia Strade e Autovie Venete a dover, nel caso,
provvedere al posizionamento delle barriere. La pubblicità dei dati - ha
confermato l'assessore regionale Lenna - avverrà tramite il sito della Regione.
Si tratta, tuttavia, di un problema generalizzato nel territorio di Duino
Aurisina. Anche gli abitanti di Aurisina, quelli di Sistiana e i residenti nella
parte di Duino che si trova oltre alla ferrovia, hanno più volte denunciato una
situazione di disagio causato dall'aumento dei passaggi lungo l'autostrada, in
particolare da parte dei mezzi pesanti, che nella zona diventano particolarmente
rumorosi essendo l'autostrada anche leggermente in salita.
Nonostante le assicurazioni e gli impegni, tuttavia, le barriere sono state
posizionate solo in piccola parte, in attesa di un «maxi progetto» di
abbattimento del rumore lungo tutta la tratta di competenza di Autovie Venete.
Il progetto è già stato approvato e il dialogo con i Comuni risulta aperto da
lungo tempo.
(fr.c.)
La foce del Quieto sarà riserva ornitologica - Vi
stazionano circa 200 specie di uccelli di cui la metà è ormai in via di
estinzione
CITTANOVA La suggestiva foce del maggiore corso idrico istriano, il Quieto e l'adiacente Baia di Torre diventeranno riserva ornitologica sotto rigorosa tutela. L'iniziativa è stata avviata 4 anni fa dall'ente pubblico Natura Histrica che ha provveduto a inviare la relativa documentazione alla Direzione per la tutela della natura, presso il Ministero croato della cultura. L'area in questione si estende su 466 ettari e abbraccia 140 parcelle catastali per lo più di proprietà statale, ce ne sono però anche diverse private. Come spiega Elvis Zahtila, direttore di Natura Histrica, la foce del Quieto e la Baia di Torre sono un importante biotopo umido e una delle poche zone paludose rimaste integre sul Mediterraneo. Qui hanno il loro habitat 200 specie di uccelli di cui la metà figura sulla cosiddetta lista rossa, ossia sono minacciati dall'estinzione. Dopo quella di Palù a Rovigno, questa sarà la seconda riserva ornitologica in Istria. Però vi abitano anche 34 specie di mammiferi come pipistrelli, toporagni, scoiattoli, puzzole, quindi 9 specie di anfibi e 15 specie di rettili. Cosa comporterà il nuovo status dell'area per le abitudini della popolazione locale? Natura Histrica sostiene che non ci saranno grossi cambiamenti. Per quel che riguarda l'agricoltura l'unica limitazione riguarda il divieto dell'uso di pesticidi per cui si propone l'avvio della coltivazione di prodotti biologici. Parlando di pesca invece, la foce del Quieto sarà off-limits per quella all'amo. Rimane immutata invece la tradizionale tratta dei cefali nella Baia di Torre. I canoisti potranno coninuare a dedicarsi alla loro passione, rispettando però l'apposita segnaletica che tutelerà le abitudini giornaliere degli uccelli e soprattutto i loro nidi. Si calcola che lo status di riserva ornitologica dovrebbe venir approvato da Zagabria entro il prossimo giugno dopo che il primo elaborato era stato steso 4 anni fa. Elvis Zahtila è convinto che qui potrà venir avviata una tendenza o passione sempre più popolare nel mondo: l'osservazione degli uccelli alla quale in Europa si dedicano 10 milioni di persone. Negli Stati Uniti invece ce ne sono ben 60 milioni.
(p.r.)
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 3 marzo 2009
Rapporto Ambiente Italia 2009 - Troppe auto, emergenza
rifiuti - L'Italia vista da Legambiente
Il Rapporto 2009: parco macchine eccessivo, ma a basso
tasso di emissioni di co2. Allarme polveri sottili e ossidi di azoto. Eccessivo
utilizzo delle discariche
ROMA - Sono ancora troppi i veicoli che circolano nel nostro Paese. Ma il
nostro, insieme a quello francese, è il parco auto con il quantitativo minore di
emissioni di anidride carbonica: 146 grammi al chilometro. Nonostante questo,
nelle città italiane resta aperta l'emergenza polveri sottili e ossidi di azoto,
che inquinano l'aria che respiriamo.
I dati arrivano dal rapporto Ambiente Italia 2009 di Legambiente presentato oggi
a Roma dal presidente nazionale dell'associazione Vittorio Cogliati Dezza,
dall'esponente della direzione di Ambiente Italia Duccio Bianchi e dal
responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani.
La mobilità. E' il "punto dolente", dice il rapporto. Sia gli spostamenti
personali che quelli delle merci si svolgono in larga parte su strada, con il
trasporto delle merci al 74% del totale. Insignificante la ripresa fatta segnare
dal sistema del trasporto pubblico rispetto agli altri Paesi europei. "Il parco
veicolare - afferma Legambiente - si mantiene spropositatamente elevato", ma
grazie all'efficacia della fiscalità ambientale e quindi all'alta tassazione sui
carburanti, l'Italia si conferma con la Francia il Paese col parco auto a minor
emissione di anidride carbonica (146 g/km contro una media europea di 158).
L'inquinamento/1. Nel 2007, nel 70% circa dei comuni capoluogo, in almeno una
centralina di monitoraggio la media annuale del biossido di azoto ha superato il
valore limite (40 microgrammi per metro cubo), mentre nelle grandi città solo in
un caso su tredici si ha un valore medio di tutte le centraline inferiore al
limite. Nello stesso anno, il 65% di tutte le stazioni di monitoraggio ha
registrato il superamento del valore limite giornaliero del pm10
(50microgrammi/metro cubo per non oltre 35 giorni all'anno), con una situazione
eccezionalmente critica nelle regioni padane e a Roma.
L'inquinamento/2. Calano dell'1,7% le emissioni di gas climalteranti. Ma non
grazie alle politiche messe in campo - sottolinea Legambiente - quanto piuttosto
per il casuale effetto della combinazione tra bassa crescita economica e alte
temperature invernali che determinano minori consumi energetici per usi civili".
E comunque, con 570 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente,
l'Italia è ancora il terzo paese europeo per emissioni (nel 1990 era quinto) ed
è ancora al 17,5% sopra l'obiettivo che dovrà essere raggiunto al 2012.
I rifiuti. Il 54% dei rifiuti urbani viene ancora smaltito in discarica e la
produzione nazionale di rifiuti urbani è aumentata del 12% dal 2000 al 2006.
Legambiente punta l'indice in particolare contro la politica dei
commissariamenti (costata agli italiani circa 1,8 miliardi di euro) e contro la
scelta dei termovalorizzatori, che diffonde tra la popolazione l'idea che è
meglio bruciare i rifiuti piuttosto che farli diventare una risorsa. Dunque "vi
è una preoccupazione crescente per la politica del governo, che rischia di
essere controproducente".
La situazione generale. Molti indicatori confermano una realtà difficile per
l'Italia, a partire da quelli sociali, con l'aumento della disuguaglianza
interna (nel 2000 il 20% della popolazione più ricca guadagnava 4,8 volte quello
che guadagnava il 20% più povero, nel 2006 la percentuale è salita al 5,6), il
calo degli investimenti in istruzione e cultura, la frequenza scolastica ben
sotto la media europea e la distanza con gli altri paesi nella ricerca
scientifica.
I rimedi. Attivare un sistema di incentivi e penalizzazioni e ripensare la
politica fiscale. E' la ricetta di Legambiente per "intraprendere il green new
deal globale da cui l'Italia non può e non deve rimanere esclusa". Bisogna cioè
"spostare la tassazione dal lavoro al consumo di risorse preziose come quelle
ambientali". Basta dunque "investire in grandi opere e intervenire per
consolidare ulteriormente il potere e il monopolio di pochi grandi gruppi
industriali".
Le novità positive. Il nostro Paese, secondo Legambiente, è diventato leader
europeo per numero di licenze di prodotti con marchio Ecolabel con il 31% sul
totale, e grande è stato anche il successo dei sistemi di gestione ambientale
con 13.132 siti certificati Iso 14001 nel 2008. Cresce ancora l'agricoltura
biologica con 1.150.253 ettari in conversione e convertiti nel 2007, contro i
70.674 del 1994. E picca per riuscita il settore della ricettività diffusa,
salito dal 19% del 2000 al 23% del 2007, dei bed and breakfast e degli
agriturismi.
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 marzo 2009
Amianto, autopsia per tutte le morti sospette - FRA
TRIESTE E MONFALCONE SONO 1800 LE PERSONE DECEDUTE NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI
Esami in caso di mesotelioma o tumore al polmone: la
Procura punta a rafforzare le indagini con dati precisi
Se le analisi confermeranno quanto i medici hanno constatato sui pazienti in
vita, per i giudici sarà più facile risalire alle aziende e alle loro
responsabilità
Un significativo passo in avanti nella definizione delle tante morti per
amianto e dei relativi procedimenti penali.
È il passo compiuto dal pm Giuseppe Lombardi, che ha disposto che ogni persona
deceduta in provincia di Trieste per mesotelioma pleurico o tumore al polmone
sia sottoposta ad autopsia prima di essere sepolta. I risultati dell’esame
devono poi essere comunicati alla Procura, come avviene obbligatoriamente nei
casi di omicidio.
La scorsa settimana sono state effettuate due autopsie su altrettanti corpi di
anziani operai. E ieri mattina il dottor Fulvio Costandinides ne ha effettuata
una terza nella sala settoria di via Costalunga adiacente al cimitero. Sul
tavolo il corpo di un anziano morto qualche giorno fa di tumore alla pleura.
Finora questi esami non sempre venivano effettuati e la mancanza di dati
incontrovertibili sulle cause dei decessi hanno condizionato negativamente molte
indagini sulle responsabilità penali dei dirigenti delle aziende di cui gli
operai deceduti hanno manipolato l’amianto senza alcuna protezione. Nel dubbio -
dice la legge, ma anche la cultura giuridica - l’imputato va assolto.
I risultati delle autopsie disposte per tutti i casi di morte per tumore al
polmone o alla pleura dovrebbero consentire un meno arduo svolgimento delle
indagini. Se le analisi autoptiche confermeranno ciò che i medici curanti hanno
«visto» e diagnosticato al paziente ancora in vita, la Procura potrà risalire
con una certa facilità e con molte certezze alle aziende in cui questo o quell’operaio
o tecnico hanno lavorato trenta o quarant’anni fa. Il libretto di lavoro, i
contributi versati all’Inps e all’Inail, consentiranno una precisa ricostruzione
di tutta la vita lavorativa di chi è stato ucciso dal mesotelioma pleurico, un
tumore che non lascia scampo e appena si manifesta uccide in pochi mesi.
La decisione della Procura è diretta conseguenza della strage di operai e
tecnici dei cantieri navali, ma anche di lavoratori portuali, che ha colpito
silenziosamente l’area triestina e il monfalconese. Secondo gli epidemiologi
sono 900 i decessi collegabili all’uso dell’amianto a Monfalcone. E altrettanti
sono stati segnalati negli ultimi trent’anni a Trieste. In totale 1800 persone
morte, sessanta ogni dodici mesi per ognuno di questi trent’anni. Nel futuro
immediato il numero di decessi per amianto è destinato a salire ancora, almeno
fino al 2015-2018.
Questa strage, questi dati agghiaccianti sono emersi tra mille difficoltà. Pochi
sono i processi finora celebrati e molte le inchieste che stanno segnando il
passo in attesa di approdare all’aula. Un anno fa il procuratore generale di
Trieste Beniamino Deidda, ora trasferitosi a Firenze, aveva avocato a sé le
indagini dopo aver puntato l’indice accusatore sui ritmi della Procura di
Gorizia e sui fascicoli dormienti negli armadi di quel Tribunale. Per ricuperare
i ritardi il magistrato ha organizzato per la prima volta in Italia un pool
composto da investigatori dei carabinieri, medici del lavoro e ingegneri esperti
in sicurezza che hanno vagliato centinaia di documenti e cartelle cliniche di
operai e tecnici uccisa dal mesotelioma pleurico.
La Procura di Trieste e il pm Giuseppe Lombardi che si occupa prevalentemente di
incidenti sul lavoro - mortali e non - ha compiuto un ulteriore passo in avanti,
puntando sulle autopsie per raccogliere dati sempre più precisi sulle cause dei
decessi dei lavoratori. Ecco perché vengono effettuate queste autopsie. Allo
stesso tempo per ogni fascicolo e per ogni decesso vengono ricostruite le
situazioni contrattuali e storiche dell’epoca in cui l’operaio e il tecnico sono
venuti a contatto con l’amianto. Il più delle volte il calendario deve essere
riportato all’indietro di svariati decenni.
«Ci siamo proiettati in quegli anni, a partire dal 1965, ricostruendo
l’organizzazione del lavoro e le conoscenze mediche e scientifiche. In altri
termini abbiamo riformulato il ”sapere” di quell’epoca e ne abbiamo seguito
passo passo gli sviluppi negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando in
Italia il decreto 257 ha interdetto l’uso dell’amianto» hanno spiegato gli
inquirenti. Già in precedenza, dagli anni Cinquanta, era nota la pericolosità
dell’amianto. «Non esiste un vuoto normativo. Il Decreto 303 è entrato in vigore
nel 1956: non si parla di mesotelioma pleurico ma si indicano con precisione
alle aziende come devono essere protetti i singoli lavoratori dai fumi, dalle
polveri e dalle emissioni nocive» ha spiegato più volte il procuratore generale
Beniamino Deidda.
CLAUDIO ERNÈ
Ferriera, i lavoratori tornano in piazza Sciopero e
corteo - OGGI LA PROTESTA
I lavoratori della Ferriera tornano in piazza. E lo fanno
a distanza di 15 anni da quelle giornate del 1994 in cui tutta la città si
mobilitò per evitare la chiusura dello stabilimento.
La profonda preoccupazione e la tensione che vivono i lavoratori per il loro
futuro occupazionale si estrinsecheranno oggi in due maniere: uno sciopero di
quattro ore e un corteo che raggiungerà la sede della giunta regionale in piazza
dell’Unità.
Lo sciopero sarà articolato in maniera diversa a seconda delle mansioni: i
turnisti incrocieranno le braccia nelle ultime quattro ore di ogni turno, mentre
gli altri lavoratori sciopereranno dalle 8.30 alle 12.30.
La manifestazione in piazza sarà preceduta da un’assemblea davanti all’ingresso
del personale alla Ferriera, che inizierà alle 7.30. Attorno alle 8.30 il corteo
dovrebbe muovere dallo stabilimento. La destinazione non sarà però il palazzo
del consiglio regionale in piazza Oberdan, come annunciato nei giorni scorsi, ma
la sede della giunta della Regione in piazza dell’Unità.
Il cambiamento è dovuto a un’altra manifestazione davanti al consiglio
regionale, «prenotata» in precedenza. Da Servola il corteo dei lavoratori si
dirigerà verso via Svevo, per proseguire lungo viale Campi Elisi, passeggio
Sant’Andrea e le Rive, fino in piazza dell’Unità.
A quel punto una delegazione dei lavoratori chiederà di incontrare i vertici
della Regione. Richieste ufficiali non sono state effettuate, ma l’assessore al
Lavoro, Alessia Rosolen, non vede difficoltà per un incontro: «Non mi è stato
chiesto nulla – precisa – ma appena lo faranno sarò disponibile».
«Abbiamo la garanzia verbale che qualcuno ci riceverà – osserva Umberto
Salvaneschi delle Rsu –. Ci auguriamo che ciò avvenga. La situazione è tesa, c’è
forte preoccupazione per la gravità del momento».
Franco Palman, anch’egli esponente delle Rsu, ricorda invece che «alla Regione
sono state inviate da tempo richieste di incontri, anche da parte delle
segreterie provinciali, ma non abbiamo mai avuto risposta». E sull’annunciato
ricorso alla cassa integrazione rileva che «la Cig viene spiegata con la crisi,
ma in realtà a pesare è la diffida inviata all’azienda dalla Regione».
(gi. pa.)
SFORAMENTI DI PM10 - Piogge in arrivo nessun blocco
ALLARME SMOG
Rischio blocco del traffico scongiurato grazie alle piogge annunciate dalle
previsioni meteo. Nonostante gli sforamenti nelle concentrazioni di polveri
sottili nell’aria registrate dalle centraline dell’Arpa nelle ultime ore, non
scatterà alcun tipo di limitazione alla circolazione veicolare. Merito, appunto,
della proiezioni degli esperti che, per le prossime 48 ore, prevedono
precipitazioni estese ed intense. Le piogge dovrebbero riuscire a «pulire»
l’aria e riportare i livelli di pm 10 sotto la soglia massima consentita pari a
50 microgrammi per metro cubo.
Domenica lo sforamento più rilevante, 76 mg/mq, era stato registrato dalla
centralina di via Carpineto. Oltre i limiti anche i valori di via Tor Bandena
(70 mg/mq), via San Lorenzo in Selva (71mg/mq), via Pitacco (58 mg/mq) e via
Svevo (60). Nella norma, invece, le concentrazioni di polveri sottili registrate
dalla centralina posizionata in piazza Libertà (46 microgrammi per metro cubo) e
Muggia dove i valori si sono fermati a quota 47 mg/mq.
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 marzo 2009
Gorizia, lo smog non dà tregua: prime restrizioni
- Nuovo sforamento dei livelli delle polveri sottili. Domani stop
ai vecchi ciclomotori. Per ora niente targhe alterne
GORIZIA Non dà tregua lo smog a Gorizia. Per la seconda
giornata consecutiva, la centralina dell’Arpa di via Duca d’Aosta ha registrato
una concentrazione di polveri sottili (Pm 10) ben superiore al livello di
guardia dei 50 microgrammi per metro cubo: il valore, infatti, si è attestato
sabato sugli 80 µg/m3 e il trend della giornata di ieri sembra essere stato lo
stesso dei giorni scorsi. Le giornate soleggiate e la pressoché totale assenza
di vento hanno favorito la concentrazione degli agenti inquinanti.
Una prima restrizione è già scattata. Per l’intera giornata odierna non potranno
essere utilizzati soffiatori per lo spazzamento delle strade. Se oggi, come
sembra praticamente certo, dovesse evidenziarsi un nuovo sforamento (il terzo
consecutivo), scatteranno le prime restrizioni al traffico.
Non è ancora il momento delle targhe alterne: il piano d’azione comunale
prevede, infatti, un’escalation di provvedimenti. «Se le condizioni
meteorologiche non dovessero favorire una maggiore dispersione degli inquinanti
e si verificasse un ulteriore superamento della soglia - spiega il funzionario
del settore Ambiente, Giovanni Pollastri - le restrizioni riguarderanno il
divieto di circolazione dei ciclomotori pre Euro 1, il divieto di innalzamento
della temperatura oltre i 20 gradi negli edifici adibiti a residenza, uffici,
attività commerciali e ricreative, di culto, sportive e assimilabili, il divieto
di innalzamento della temperatura oltre i 18 gradi per gli edifici adibiti ad
attività industriali, artigianali e assimilabili. Tutti provvedimenti che,
chiaramente, scatterebbero martedì».
L’amministrazione comunale sta seguendo con attenzione l’evolversi della
situazione. Anche l’assessore comunale all’Ambiente Francesco Del Sordi ha
controllato ieri - in tempo reale - l’andamento dei dati raccolti dalla
centralina di via Duca d’Aosta. «Sembra proprio che il terzo sforamento
consecutivo ci sarà. Questa mattina (ieri, ndr), il dato sembrava essersi
attestato attorno ai 70 microgrammi per metro cubo». Un dato elevato considerato
che quella di ieri era una giornata domenicale e, per giunta, con il
centro-città chiuso al traffico per consentire il regolare svolgimento della
Maratonina.
«Ma sappiamo che questo è il periodo più delicato dell’anno - aggiunge Del Sordi
- domani mattina (oggi, ndr) valuteremo la situazione. Va detto che in questi
mesi la situazione è stata molto positiva sotto il profilo della qualità
dell’aria: lo scorso inverno, di questi tempi, avevamo istituito in diverse
giornate la circolazione a targhe alterne. C’era stato anche il blocco totale
del traffico. Il clima ci ha dato una mano sino ad oggi: quindi, possiamo
tranquillamente dire di essere stati molto fortunati, indipendentemente da ciò
che potrà accadere nei prossimi giorni».
FRANCESCO FAIN
Rockwool, nuova protesta ambientalista - Un esperto: le
emissioni della fabbrica potrebbero causare malformazioni genetiche
ALBONA Un migliaio di persone si è dato appuntamento ieri
nella piazza del borgo di Sottopedena nel cuore dell'Istria per un'altra
manifestazione di protesta contro la danese Rockwool, la contestata fabbrica di
lana di vetro accusata di devastare l'ambiente e rovinare la salute della
popolazione. Il comizio è stato promosso dall'associazione sorta ad hoc «Terra
nostra», alla quale sono giunti messaggi di sostegno dagli ambientalisti della
Norvegia, Spagna e Italia e anche della Dalmazia. Tutti gli oratori hanno
chiesto l'immediata chiusura e smantellamento della fabbrica richiamandosi alla
Costituzione e alla Carta sui diritti umani, in quanto come hanno detto,in sei
mesi di produzione a regime di collaudo, la Rockwool non ha fatto altro che
avvelenare l'ambiente e le persone. «La nostra è diventata una vallata di
lacrime» ha gridato qualcuno, riferendosi alle forti irritazioni alle vie
respiratorie e agli occhi, causate dalle emissioni di gas nell'atmosfera. Il
consigliere regionale Tullio Persi docente universitario di matematica e di
fisica atomica ha affermato che,in base ai dati di cui dispone, le emissioni
tossiche causeranno malformazioni genetiche nei futuri nascituri. «Nel processo
tecnologico - ha aggiunto - viene sprigionata radioattività per cui anche la
salute dei dipendenti è seriamente in pericolo».
Persi ha quindi affermato che tra le sostanze tossiche ci sarebbero le
formaldeidi, bandite dall'Unione euopea perché cancerogene. E dal comizio non
sono mancate frecciate e anche insulti al presidente della regione Ivan Jakovcic
accusato di un clamoroso voltafaccia. «Cinque anni fa andava parlando che la
Rockwool avrebbe significato la prosperità economica della nostra vallata - è
stato detto - e ora a pochi mesi dalle elezioni amministrative locali, si è
schierato dalla parte dei manifestanti». Nel mirino anche l'ex sindaco di Pedena
Branko Ruzic ,il sindaco di Albona Tullio Demetlika e ad altri politici accusati
di aver portato la Rockwool in Istria per interessi personali. Uno dei numerosi
trasparenti recava la scritta Istria=Cernobyl. In un altro Jakovcic, Demetlika e
Ruzic venivano definiti traditori del popolo istriano. E c'era anche un annuncio
mortuario dell'Istria «nata nel 1943 e morta nel 2007» con l'arrivo della
Rockwool. Ricordiamo che la fabbrica è venuta a costare 75 milioni di euro e che
da un'occupazione a 400 persone tra dipendenti e indotto. Tra l'altro la sua
direzione è ancora in attesa del permesso di agibilità che Zagabria però non
intende concedere fino a che non sarà costruita una strada d'accesso asfaltata e
non sarà allacciata alla rete idrica in maniera definitiva.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 marzo 2009
«La Tarsu in eccesso deve essere risarcita» - Visentini
(Uil) chiede al Comune di non presentare ricorso. Omero vuole conoscere i conti
DOPO IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO SULL’AUMENTO DEL
27 PER CENTO
Caso Tarsu: il dibattito politico non accenna ad allentare la presa. Questa
volta, infatti, a scendere in campo sono Fabio Omero (capogruppo del Partito
democratico in consiglio comunale), Alfredo Racovelli (Verdi per la pace) e Luca
Visentini (segretario generale della Uil locale).
«La risposta stizzita del sindaco Dipiazza al parere del Consiglio di Stato
sulla Tarsu - sottolinea Omero - conferma solo i dubbi sulla scarsa trasparenza.
Da quando le tariffe della Tarsu vennero incrementate del 27,30% ”al fine di
dare copertura al 100% delle spese sostenute dal Comune relativamente alla
gestione dell’intero ciclo del servizio di igiene ambientale”, recitano le
relazioni - ricorda - prima Roberto Decarli e poi il sottoscritto, coinvolgendo
la Commissione dei capigruppo, hanno chiesto di conoscere i reali conti della
Tarsu. A tutt'oggi - contesta Omero - la risposta non ci è pervenuta».
Eppure, «sommando quanto viene versato all'Acegas-Aps per il servizio
smaltimento rifiuti e la spazzatura delle strade a quanto il Comune paga per la
tutela del verde e la gestione dei parchi, dovrebbe avanzare nelle casse
comunali 1 milione di euro da quanto è stato prelevato dalle tasche dei
cittadini. Ma non basta! Non è chiaro, infatti, neppure se nelle spese per
rifiuti e spazzatura l'Acegas-Aps imputi anche costi generali, ammortamento
degli investimenti ed eventuali utili per se stessa. Se così fosse, i triestini
non pagherebbero più il “costo” reale, come voluto dalla norma, ma un “prezzo”
concordato con la società. Abbiamo la sensazione che i cittadini finiscano con
il pagare due volte gli stessi servizi».
Alfredo Racovelli, dal canto suo, si rivolge all’assessore alle Risorse
economiche e finanziarie, Giovanni Battista Ravidà, quando «esprime
pubblicamente un’opinione tecnicamente sbagliata sugli effetti del Ricorso
straordinario al Capo dello Stato sulla delibera con la quale il Comune di
Trieste ha aumentato del 27,30 % la Tarsu a cittadini e imprese. E, per un
assessore “tecnico”, non è poco. La legge dice che le decisioni sui Ricorsi
straordinari possono essere impugnate solo per revocazione. È evidente che non
vi sarà alcun motivo di revocazione. Pertanto, è scontato che fra alcuni mesi il
Comune di Trieste dovrà prendere atto di aver incassato illegittimamente, negli
anni 2007, 2008 e 2009, il 27,30% in più della Tarsu». Infine, una previsione:
«Il Comune dovrà rimborsare quanto indebitamente incassato».
Luca Visentini, nel suo intervento, si augura invece che «il Comune di Trieste
abbia il buon senso di non fare ricorso contro il parere del Consiglio di Stato,
che ha riconosciuto il diritto di 11 cittadini, difesi dall’avvocato Carbone, di
vedersi risarcito l’aumento eccessivo della Tarsu. Come sindacato, avevamo
subito segnalato che quell’aumento, che ci poneva in testa alle classifiche
nazionali, era ingiustificato nel principio, perché non corrispondeva a un
miglioramento del servizio».
Il segretario generale della Uil aggiunge che «il Comune di Trieste era (e in
gran parte è ancora) del tutto inadempiente rispetto alla raccolta e allo
smaltimento differenziato dei rifiuti. Continua a bruciare l’immondizia propria
e di altri Comuni con tutte le conseguenze negative per l’ambiente che questo
comporta. La giustificazione dell’aumento data dal sindaco è ridicola, oltre che
offensiva. Un’azienda come l’Acegas avrebbe dovuto realizzare gli investimenti
con risorse proprie, non scaricandoli sui cittadini di cui l’azienda si
interessa molto meno che dei suoi soci».
La conclusione di Visentini è che «il Comune è, per fortuna, ancora un Ente
pubblico. Prenda atto del legittimo diritto dei suoi amministrati e si prepari
ad accantonare tutte le risorse necessarie per risarcirli tutti. La Uil, anche
attraverso la propria associazione dei consumatori, l’Adoc, è a disposizione di
tutti coloro che vorranno richiedere questo risarcimento».
(dan.ben.)
Ferriera: «Non tutti gli operai torneranno a maggio» -
Nello stabilimento servolano il direttore Rosato tratteggia anche lo scenario
peggiore
Mercoledì incontro col ministro Scajola
«C’è qualche rischio che la cassa integrazione debba proseguire anche oltre
il 26 maggio, data prevista per l’avvio dell’altoforno numero 3». Così si è
espresso ieri Francesco Rosato direttore dello stabilimento servolano della
Lucchini, senza tentare di minimizzare o nascondere la realtà. «Ciò avverrà però
- ha precisato - solamente nella peggiore delle ipotesi, qualora la crisi di
mercato peggiorasse e comunque il provvedimento interesserebbe un numero ridotto
di dipendenti».
Resta di conseguenza molto alta la soglia di allarme attorno alla Ferriera.
Venerdì la maggior parte dei sindacalisti hanno indicato tre colpevoli
dell’attuale situazione: la Lucchini, la Regione, il Comune, Dopodomani i
lavoratori porteranno la protesta in piazza: sfileranno in corteo per le vie
cittadine e raggiungeranno il palazzo di piazza Oberdan dov’è prevista la seduta
del Consiglio regionale chiedendo di essere ricevuti dal presidente della
Regione Renzo Tondo. Per capire qualche intenzione dell’azienda dovranno però
attendere venerdì allorché è fissato il prossimo incontro con i vertici
aziendali. «Venerdì - ha confermato ieri Rosato - definiremo il numero di
lavoratori che saranno messi in cassa integrazione, che saranno una percentuale
di quelli delle aree interessate e affronteremo la questione della sessantina di
contratti a termine». I sindacalisti porranno un altro punto caldo: la richiesta
alla Lucchini di integrare la differenza tra ammontare della ”cassa” e
stipendio.
«L’emergenza Ferriera - ha annunciato ieri Alessia Rosolen, assessore regionale
al Lavoro - sarà il primo punto che affronteremo nell’incontro che avremo
mercoledì all’aeroporto di Ronchi con il ministro allo Sviluppo economico
Claudio Scajola. È necessario infatti - ha rilevato - un più incisivo, oltre che
immediato impegno da parte del Governo sulle ipotesi di riconversione
dell’attività. Sulle bonifiche, la Piattaforma logistica, il rigassificatore
deve essere il Governo nazionale a dare la spinta decisiva». Rosolen ha anche
detto che riceverà i lavoratori della Ferriera «ogniqualvolta lo chiederanno».
Ciò dovrebbe avvenire martedì. «Anche l’azienda però - ha sostenuto - deve
essere chiara sulle prospettive occupazionali a breve e a lungo termine».
E mentre il sindaco Roberto Dipiazza ieri ha dribblato le richieste di commenti,
secondo l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis «la crisi di mercato può
essere un acceleratore per la chiusura della Ferriera e l’avvio delle attitività
alternative. Non si può però pensare - dice Rovis - che nel frattempo i
lavoratori rimangano in strada».
Situazione meno agitata alla Sertubi dove comunque l’azienda ha chiesto la cassa
integrazione per 11 settimane per 190 lavoratori. «Giovedì incontriamo l’azienda
- riferisce Alfonso Senatore della Fim-Cgil - e poi faremo assemblea. Contiamo
comunque di ridurre il periodo di ”cassa” in misura notevole».
SILVIO MARANZANA
Alta velocità, San Dorligo critica le Ferrovie - Il
sindaco Premolin: «Rfi non ha risposto alla richiesta di divulgare il progetto
su Internet»
SAN DORLIGO «Diverse settimane fa abbiamo chiesto
l’autorizzazione alla Rfi per mettere sul sito internet del Comune lo studio di
fattibilità del collegamento Trieste-Divaccia, ma non abbiamo ancora ricevuto
risposta».
Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin appare piuttosto seccata.
«A voce ci è stato il nulla osta, ma a una precisa richiesta scritta di
divulgare il progetto del Corridoio 5 che dovrebbe interessare il nostro
territorio non ci sono pervenute alcune risposte».
Eppure la questione della costruzione della nuova linea ferroviaria sta animando
da diverse settimane i cittadini. «Ci stanno giungendo molte richieste e
personalmente invito i cittadini a contattarci via mail per tutti i loro dubbi»,
osserva l’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi.
Il fermento su un argomento di cui si sta parlando da diversi anni è aumentato
soprattutto dopo l’incontro pubblico di un mese fa al teatro comunale «Preseren»,
incontro nel quale l’ingegner Mario Goliani, fino a pochi mesi fa responsabile
dello svolgimento del progetto nonché membro della Commissione intergovernativa
italo-slovena, ha presentato lo studio di fattibilità dell’ambizioso progetto.
«In realtà di molte cose preoccupanti nemmeno si è parlato – ha commentato il
consigliere Giorgio Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo) – e quindi ora
vogliamo capire quali saranno le prossime mosse dell’amministrazione comunale».
Ancora più critico il consigliere Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro):
«L’incontro aveva il compito di rendere edotta la cittadinanza sull’effettivo
impatto dell’opera sul territorio comunale, mentre l’ingegner Goliani ci ha
intrattenuti sulle caratteristiche dell’opera, glissando però con eleganza le
domande più specifiche che l’uditorio, dopo un’ampia dimostrazione di pazienza,
ha cominciato a porre».
Due le domande più gettonate, ancora senza risposta: in primis come verrà
gestito l’enorme volume di materiali di scavo estratto dalle tre finestre
costruttive previste nel territorio di San Dorligo della Valle. In seconda
istanza, ad avvenuto prolungamento del raccordo ferroviario di Wärtsilä, quale
sarà il traffico di treni merci, con i convogli che impegneranno questa nuova
linea a due passi dall’abitato di Bagnoli?
Domande che per ora non hanno ricevuto alcuna risposta. «Nei prossimi giorni
faremo altri incontri con i cittadini delle frazioni – promette l’assessore
Stravisi – fornendo le risposte che sono a nostra conoscenza».
Riccardo Tosques
Scout e guide slovene ripuliscono il Carso - PRIMA
USCITA A OPICINA
La sensibilità e la tutela verso l’ambiente crescono
grazie alle azioni concrete che si è capaci di produrre sul territorio. Da
questo assunto, l’Associazione Scout e Guide cattolici sloveni in Italia (Szso)
si sta rendendo protagonista di una serie di interventi di pulizia in svariati
angoli dell’altipiano carsico.
Nella giornata di ieri, una trentina di scout, guidati dagli istruttori, si è
ritrovata a Opicina per un’azione di pulizia lungo Strada per Vienna, in un sito
verde nelle immediate vicinanze di un centro commerciale. I ragazzi si sono
impegnati nella raccolta di rifiuti, cartacce e altri oggetti dismessi e
colpevolmente abbandonati da ignoti nell’area arbustivo-boschiva.
Una situazione di degrado che rappresenta, purtroppo, una triste consuetudine
per il comprensorio triestino. Accanto all’incuria del singolo, che spesso non
porta via i rifiuti dopo le passeggiate e le escursioni effettuate lungo
l’altopiano e i dintorni del capoluogo, vi sono sistematici abbandoni da parte
di padroncini e altri soggetti che utilizzano scarpate e doline per disfarsi di
inerti e rifiuti ingombranti che andrebbero invece deposti nei luoghi opportuni,
le discariche comunali presenti in modo capillare nella provincia.
Il lavoro di pulizia dei giovani scout della Szso continuerà anche nei prossimi
sabati di marzo nei pressi di Santa Croce, a Duino e nuovamente nell’area
opicinese. Per quest’ultima azione, saranno coadiuvati dalla Circoscrizione di
Altipiano Est, il cui presidente Marco Milkovich ha già confermato la propria
adesione a queste iniziative dall’alto profilo morale e educativo. Esempi di
come si debba agire per concretizzare un nuovo modello attivo di tutela e
affetto nei confronti degli ambienti naturali. Atteggiamenti fondamentali per
poter tramandare ai posteri un territorio integro e salubre.
Maurizio Lozei
Muggia, nozioni per non inquinare - ALLE ELEMENTARI E
MEDIE
MUGGIA Versando nel lavandino un litro di olio di
frittura, si ricopre un chilometro quadrato d'acqua con una pellicola di un
millimetro. È una delle nozioni anti-inquinamento che imparano i 150 alunni
delle scuole elementari e medie di Muggia. È partito infatti venerdì, con una
lezione sul ciclo delle acque, il primo corso di educazione ambientale istituito
grazie all'accordo tra Comune, Istituto comprensivo «G. Lucio» e Teseco
Educational, sezione didattica dell'azienda che sta attuando la bonifica
nell'area ex Aquila.
Le lezioni faranno conoscere ai ragazzi gli strumenti e i comportamenti per non
inquinare l'acqua e insegneranno a prestare attenzione agli inquinanti
industriali. Contestualmente è stato avviato il concorso «Acqua, il bene più
prezioso?». Gli alunni di elementari e medie dovranno impostare una campagna di
comunicazione - realizzando un video o un poster - per sensibilizzare l'opinione
pubblica sulla salvaguardia del patrimonio idrico. L'opera vincitrice sarà
diffusa sul sito del Comune e dell'azienda o affissa sotto forma di manifesto.
(g.t.)
Ma che fine ha fatto il Piano del traffico?
Caro sindaco, qualche domanda. Piano del traffico: lo si
potrà mai avere? Era proprio necessario dare mandato al prof. Camus per uno
studio che poi agli occhi dell’amministrazione si è rivelato fallimentare? Al
già citato professore erano state date delle coordinate da seguire che
piacessero all’amministrazione? I soldi dati per la consulenza di Camus sono
stati ben spesi?
E a proposito di soldi. Era necessario spendere 200.000 euro per abbellire
piazza Unità per le scorse festività natalizie e per le attività della notte di
Capodanno? In un periodo di crisi finanziaria, in un momento in cui il Comune
riceve dallo Stato meno soldi data l’abolizione dell’Ici sulla prima casa forse
era il caso di seguire l’esempio di alcune grandi capitali come Londra o Parigi
che in momenti di difficoltà non hanno paura di comportarsi in maniera più
austera. Allo stesso modo forse i soldi risparmiati potevano essere veicolati a
favore di tutti abbassando l’addizionale Irpef o la tassa sui rifiuti.
L’abbassamento delle tasse, almeno a livello teorico, dovrebbe fare in modo che
rimangano più soldi a disposizione dei singoli cittadini per comprare beni. In
quest’ottica suggerisco di pensare anche a quanti negozi stanno chiudendo in
città e da ben prima che scoppiasse la crisi finanziaria della seconda metà
2008.
Tommaso Contessi
IL PICCOLO - SABATO, 28 febbraio 2009
Bonifiche, le categorie riscrivono l’accordo - Un
gruppo di saggi lavorerà su una proposta alla Regione: «Tutelare chi non ha
inquinato»
SU INIZIATIVA DELLA CAMERA DI COMMERCIO, CHE FARÀ DA
CAPOFILA
La Trieste economica, senza distinguo tra colossi e microaziende, solleva la
paletta davanti all’accordo di programma preliminare Stato-Regione sulle
bonifiche. E si prende 15 giorni per riscriverlo, nella parte delle discusse
transazioni a titolo risarcitorio, nel tentativo che i «custodi» di oggi del
sito inquinato ieri non paghino per colpe non proprie, se non quote simboliche,
e le responsabilità vengano caricate di più sulle spalle di chi ha
effettivamente inquinato. Sta dunque per nascere una proposta di revisione - da
presentare a stretto giro agli assessori regionali all’ambiente Vanni Lenna e
alle finanze Sandra Savino - al documento varato il 30 dicembre dalla giunta
Tondo. Quello in attesa del nulla osta dalla Provincia e dai comuni di Trieste e
Muggia, che prevede a carico delle imprese 178 milioni: 18 nello start-up da
risarcimenti per inquinamenti accertati e 160 in fase 2, proprio dalle
transazioni.
La scelta di un rilancio nel merito - per evitare la rottura con un ricorso al
Tar che rischierebbe di riportare all’età della pietra un sito inquinato già di
per sé bloccato - è uscita ieri dalla Camera di Commercio, che fungerà da
capofila. In piazza della Borsa, su convocazione urgente del presidente Antonio
Paoletti, si è ritrovata la commissione Ambiente dell’ente camerale, guidata dal
direttore di Confartigianato Enrico Eva, che ha nominato un gruppo di saggi che
la prossima settimana riscriverà l’accordo e lo sottoporrà alla commissione
stessa, allargata a consumatori e sindacati. «Catalizzando auspicabilmente - si
legge in una nota diffusa dalla Camera di Commercio - il consenso anche da parte
dei comuni interessati». Paoletti farà poi da interfaccia per il passaggio
istituzionale in Regione. I saggi rappresentano le diverse anime dell’economia
locale: ne fanno parte lo stesso Eva, il direttore dell’Ezit Paolo De Alti, il
responsabile del servizio Ambiente Assindustria Giovanni Balbo, Giovanni Borgna
in rappresentanza dello studio legale incaricato dalla Camera di Commercio,
l’associato Cna ed esperto di bonifiche Dario Zantedeschi. «Cercheremo una
mediazione - puntualizza Eva - in modo che vengano tenute maggiormente in
considerazione le ragioni delle piccole e medie imprese». «Il mandato del
comitato ristretto - gli fa eco il direttore di Assindustria Paolo Battilana - è
quello di trovare una proposta che tuteli il più possibile le aziende che non
sono responsabili dell’inquinamento».
Aziende che - come si legge nel comunicato della Camera di Commercio - in base
al testo normativo approvato due giorni fa al Senato sugli accordi di programma,
«porrebbe a carico delle imprese, ancorché estranee, oneri stimati in via del
tutto approssimativa per Trieste attorno ai 40 euro per metro quadrato. Un onere
assolutamente insostenibile, a giudizio del presidente Paoletti e della
commissione Ambiente, in un periodo di difficile congiuntura, e comunque non
giustificato».
Nella nota si fa ancora presente che «l’ente camerale stesso potrebbe
contribuire ad abbattere ulteriormente l’onere a carico delle imprese, mediante
l’utilizzo di apposite risorse prudentemente accantonate negli ultimi due
esercizi».
(pi. ra.)
Ferriera: i lavoratori tornano a protestare in piazza
- DOPO L’ANNUNCIO DELLA PROPRIETÀ CHE NON RIUSCIRÀ PIÙ A
GARANTIRE GLI STESSI LIVELLI OCCUPAZIONALI
Proclamate quattro ore di sciopero. Martedì sfileranno
per le vie del centro, in gioco 770 posti
Tornano in piazza i lavoratori della Ferriera. A centinaia martedì mattina
partiranno dallo stabilimento di Servola e sfileranno in corteo lungo le vie
della città fino a raggiungere il palazzo del Consiglio regionale di piazza
Oberdan dove chiederanno di essere ricevuti dal presidente della Regione Renzo
Tondo e dai rappresentanti di tutti i gruppi politici, mentre è già stata
inviata la richiesta per un incontro anche con il Prefetto. La manifestazione si
svolgerà in concomitanza con quattro ore di sciopero che sono state proclamate
per quel giorno: dalle otto e mezza a mezzogiorno e mezza. Già alle sette e
mezza del mattino però i dipendenti si riuniranno in assemblea e al termine
scatterà la manifestazione esterna.
Le dichiarazioni fatte giovedì dal direttore dello stabilimento Francesco Rosato
e dal responsabile delle relazioni esterne del gruppo Francesco Semino secondo i
quali non possono essere date garanzie sul mantenimento dei livelli
occupazionali al termine delle 13 settimane preannunciate di cassa integrazione,
rischia di rendere incandescente l’atmosfera non solo a Servola, ma in tutta la
città e di far scoppiare una vera emergenza sociale. Nell’assemblea accesa di
ieri, al termine della quale è stato deciso di riportare la protesta in piazza,
è riapparso lo spauracchio di mille persone e altrettante famiglie sul lastrico.
Facce funeree tra gli operai alle tre di ieri pomeriggio all’uscita dello
stabilimento. Neanche i sindacalisti hanno misurato le parole. «La
preoccupazione è diventata allarme e da ora in poi non faremo più sconti a
nessuno», ha commentato Franco Palman della Uilm. «I responsabili di questa
situazione sono l’azienda, la Regione e il Comune e i circoli sorti per far
chiudere la Ferriera», ha precisato Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl.
«Vogliamo far vibrare tutta la città per la salvezza della Ferriera». Il luogo
in cui furono pronunciate queste parole era lo stesso che sarà rioccupato
martedì, piazza Oberdan. A gridarle non un sindacalista, ma l’allora vescovo
Lorenzo Bellomi. Assieme a lui c’erano il vicepresidente della Regione Roberto
Antonione e il vicesindaco Roberto Damiani e la folla era enorme. Era il 2
ottobre 1994. Giravano minacciosi ruspe e trattori e gli operai inferociti
piantavano le tende in piazza Unità. Poi era arrivata la Lucchini a salvare la
Ferriera dalla chiusura. Ma solo poco più di sei anni più tardi, nel febbraio
2001, gran parte dello schieramento politico premeva già per la chiusura entro
un determinato lasso di tempo.
Da quest’ultima data sono passati più di otto anni, eppure per riassorbire gli
attuali 540 dipendenti della Ferriera, i 230 della Sertubi e qualche altro
centinaio dell’indotto, politici e imprenditori nel frattempo non hanno fatto
nulla. Piattaforma logistica e rigassificatore sono progetti futuribili e
fumosi. Per la stessa nuova centrale elettrica progettata proprio dalla Lucchini
nell’area ex Esso non tornano né tempi, né numeri, com’è stato del resto
constatato giovedì anche nell’incontro tra i manager della Lucchini Severstal e
l’amministrazione provinciale.
La realtà è molto più cruda e immediata. «Il 12 marzo chiuderà l’altoforno dove
lavoro - ha commentato ieri dopo l’assemblea Nicola Spinoso, 43 anni - e ho il
terrore che non ci tornerò mai più. Ho una moglie e due bambini, di 5 e di 11
anni. Sono qui da otto mesi con un contratto che scade il 30 novembre e che
speravo di rinnovare. E invece dopo il 12 marzo io e la mia famiglia cosa
faremo?». «Lavoro qui a Servola da 13 anni - ha riferito Massimo Buiatti, 38
anni - momenti brutti ne ho passati anche quando prima di passare all’altoforno
lavoravo nell’acciaieria. Ma stavolta temo veramente che per noi sia la fine. Ho
un’unica amarissima consolazione, quella di non avere figli».
«L’azienda ci ha già detto che quando il 26 maggio l’altoforno 3 sarà riattivato
verrà fatto funzionare solo al 70 per cento delle proprie potenzialità», hanno
rivelato i sindacalisti. La Lucchini-Severstal ha 100 mila tonnellate di ghisa e
150 mila tonnellate di coke invenduti, gli ordinativi sono crollati, la crisi
economica internazionale sta mettendo in ginocchio tutto il comparto
siderurgico. Per ora l’azienda ha preannunciato 13 settimane di cassa
integrazione. Il numero di dipendenti che ne saranno coinvolti (le illazioni
parlano di 250) sarà comunicato nel nuovo incontro tra azienda e sindacati
fissato per venerdì 6 marzo.
«Possiamo anche credere che l’altoforno 3 a fine maggio sarà pronto a ripartire,
ma a questo punto chi può essere certo che effettivamente ripartirà?», hanno
lamentato ancora i sindacalisti. «Se la crisi perdurerà - ha confessato giovedì
Semino - saremo costretti a rallentare la produzione per cui non sappiamo se
riusciremo a mantenere i livelli occupazionali». «D’ora in poi non accettiamo
più discorsi astratti sulla riconversione perché adesso con il cerino in mano
sono rimasti gli operai», ha minacciato Palman. «Vogliamo inchiodare l’azienda
alle proprie responsabilità - ha esortato Luigi Pastore di Faims-Cisal - e
ottenere il rinnovo degli oltre 60 contratti a tempo determinato, una quindicina
dei quali scadono già sabato».
«Rinnovo dei contratti a tempo determinato e integrazione salariale da parte
dell’azienda sono le nostre richieste prioritarie - ha sintetizzato Salvaneschi
- perché non si può pensare di mandare avanti una famiglia con i 650 euro della
cassa integrazione. E il sindaco non pensi di salvarsi la coscienza solo pagando
gli interessi sugli anticipi della cassa come ha annunciato di voler fare».
SILVIO MARANZANA
Tagli al servizio civile, un volontario su due a
rischio - ALLARME DEL MOVI FVG: «LA REGIONE INTERVENGA»
TRIESTE Taglio del 40% dei fondi a livello nazionale che si ripercuoterà, a cascata, a livello regionale: è allarme per il Servizio civile del Friuli Venezia Giulia. Sebbene le cifre siano ancora provvisorie, il budget complessivo scende dai 298 milioni di euro di un anno fa ai 171 in bilancio quest’anno. Nel 2008, secondo gli ultimi dati, il Friuli Venezia Giulia ha ottenuto 180mila euro destinati a coprire il costo netto degli stipendi mensili dei volontari (che percepiscono una «paga» di 433 euro mensili per un impegno di 12mila ore all’anno). «Se i fondi dovessero essere decurtati, è evidente che anche il numero di volontari dovrà necessariamente essere ridotto» denuncia il Movi, il movimento per il volontariato del Friuli Venezia Giulia, anche se gli stanziamenti ancora inutilizzati del 2008 potrebbero sopperire almeno in parte alla riduzione prevista. Ma, se così non fosse, i 319 volontari a disposizione in Friuli Venezia Giulia si potrebbero ridurre del 40-50%, mettendo in serie difficoltà tutti gli enti e i servizi (biblioteche, assistenza ai disabili, accoglienza degli studenti Erasmus...) che si affidano proprio al Servizio civile per sopperire alla mancanza di personale. Il Movi del Friuli Venezia Giulia sollecita pertanto la Regione a intervenire, applicando una legge già esistente: «Se i fondi saranno decurtati, le difficoltà saranno enormi. La Regione, però, ancora lo scorso anno ha approvato una sua legge per il Servizio civile volontario che dà la possibilità anche ai minorenni di 16 e 17 anni e agli stranieri di accedervi. Solo che per applicare la norma è necessario un regolamento che al momento non è ancora arrivato. Chiediamo quindi che si faccia al più presto anche per poter sopperire alle mancanze a livello nazionale». Per far fronte alle necessità nel 2008, la Regione aveva stanziato 200mila euro. Per il 2009 l’impegno dovrebbe essere ancora maggiore.
(e.o.)
Il Comune difende la Tarsu: «Pronti a fare ricorso»
- Ravidà: «Il parere del Consiglio di Stato non è definitivo». Nemez: «Aperta
una strada importante»
Sulla Tarsu i cittadini aspettino a cantar vittoria. Il
monito arriva tanto dal Comune quanto dalle associazioni dei consumatori.
Entrambe le voci sottolineano infatti come il parere con cui Consiglio di Stato
ha giudicato accoglibile il ricorso presentato da undici cittadini difesi
dall’avvocato Gianfranco Carbone contro l’aumento del 27,3% della tassa sui
rifiuti scattato nel 2007, sia solo un primo e, quindi non definitivo, passo.
«Parliamo del parere del Consiglio di Stato che dovrà poi essere sottoposto
all’attenzione del presidente della Repubblica - spiega l’assessore al Bilancio
Giovanni Ravidà -. Manca ancora la decisione finale del capo dello Stato, E non
è detto che questa sia in sintonia con l’orientamento fin qui espresso dal
massimo organo della giustizia amministrativa».
Orientamento che, peraltro, ha lasciato di sasso i vertici del Comune. «Siamo
rimasti stupiti perché, qualche mese fa, avevamo ricevuto dal Consiglio di Stato
indicazioni di tenore diverso - continua Ravidà -. Ci era stata infatti
comunicata la decisione di rigettare la richiesta di sospensiva avanzata dai
ricorrenti. E quella scelta ci aveva fatto ritenere che l’intero ricorso sarebbe
stato ritenuto non fondato. Invece le cose sono andate diversamente. Ora
valuteremo con attenzione tutti i punti evidenziati nel parere e studieremo come
muoverci nel caso in cui anche il presidente della Repubblica confermasse la
decisione di accogliere le osservazioni dei ricorrenti. Come Comune siamo
convinti della piena legittimità degli atti assunti. Se sarà necessario quindi -
conclude il responsabile del Bilancio -, presenteremo anche noi ricorso contro
alla giustizia amministrativa».
Una mossa, quella annunciata dall’amministrazione Dipiazza, che non stupisce le
associazioni dei consumatori. «Era prevedibile che il Comune si attrezzasse per
difendere il proprio operato - osserva la presidente dell’Otc Luisa Nemez -. Per
sapere come andrà a finire la storia, quindi, ci vorrà molto tempo. Si sa come
vanno queste procedure burocratiche. In ogni caso credo che l’inizitiva degli
undici cittadini difesi da Carbone sia molto importante, perché apre una strada,
sulla quale bisognerà insistere e proseguire. Quello della Tarsu è un argomento
che sta a cuore a moltissimi cittadini. E già lunedì prossimo credo che in
associazione riceveremo tante telefonate interessate a seguire l’esempio degli
undici ricorrenti».
Un interesse che l’Organizzazione di tutela dei consumatori considera più che
giustificato- «L’aumento del 2007 è stato vergognoso - continua la presidente -.
A Trieste paghiamo la tassa sui rifiuti più alta d’Italia. Primato che avevamo
anche primo del ritocco del 27,3%. Sotto accusa comunque non ci sono solo gli
importi, Anche i meccanismi di applicazione della tariffa, che non tengono conto
del numero dei componenti della famiglia ma solo dei metri quadrati della casa,
sono assolutamente da rivedere».
(m.r.)
Piano antenne, slitta l’approvazione - Rinviato il voto
in Commissione per adeguare il testo alle nuove norme regionali - Tra un mese
pronte le modifiche
Slitta al prossimo mese l’approvazione del piano comunale
di settore per la localizzazione delle antenne. Il rinvio è stato deciso ieri
dalla VI commissione che, accogliendo la proposta formulata dagli uffici, ha
scelto di rivedere il testo alla luce delle ultime normative adottate in materia
dalla Regione.
«L’amministazione Tondo - spiega il presidente della Commissione Roberto Sasco -
ha emesso nuove norme tecnico-amministrative legate alle Vas (valutazioni
ambientali strategiche), che consentono di regolamentare in maniera più rigorosa
la localizzazione delle antenne di telefonia. Si è quindi deciso di adeguare
alle novità l’attuale piano di settore (adottato dal consiglio comunale nel
dicembre 2007, sottoposto poi alle osservazioni di Soprintendenza, cittadini e
gestori e ora in attesa di approvazione ndr), in modo da garantire una maggior
tutela del paesaggio e della salute dei cittadini».
Un rinvio accolto però polemicamente da qualche esponente dell’opposizione.
«Siamo di fronte all’ennesimo ritardo - commenta Alessandro Minisini del Pd,
firmatario di una mozione urgente per sollecitare un intervento risolutivo da
parte del Comune sul tema delle antenne-. Il piano di settore avrebbe dovuto
essere pronto già nel 2006. Invece, se tutto va bene, riusciremo ad approvarlo
entro l’estate. Intanto però i gestori, approfittando campo lubero: ci troveremo
quindi a fare la stalla quando i buoi sono già tutti scappati».
Oltre alla revisione del testo e al rinvio dell’approvazione del piano, la
Commissione ieri ha anche sollecitato la ripresa dell’attività del gruppo di
lavoro creato proprio con l’obbiettivo di risolvere alcune criticità e
avvicinare le posizioni di cittadini e gestori. Sul tappeto questioni come la
possibilità di spostare, in qualche caso anche solo di pochi metri, alcune delle
antenne già esistenti. È il caso ad esempio degli impianti di via Lazzaretto
vecchio, piazzetta Belvedere, via Campanelle e via Sara Davis.
L’altra partita che il gruppo di lavoro spera di poter affrontare è quella del «co-siting»,
vale a dire l’utilizzo della stessa antenna da parte di più gestori telefonici,
possibilità sulla quale finora gli stessi gestori hanno storto in naso.
(m.r.)
Il sindaco Ret va a Roma a chiedere l’interramento
dell’elettrodotto - L’alta tensione troppo vicina alle case e i residenti
protestano
DUINO AURISINA Sarà una Conferenza dei servizi di
carattere informativo in programma al ministero delle Infrastrutture a Roma, il
prossimo 10 marzo, a ridare attualità al tema dell'interramento
dell'elettrodotto dell'alta tensione che passa per le frazioni di Visogliano,
Malchina e San Pelagio.
Ieri il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, ha ricevuto infatti la
convocazione per l'incontro, durante il quale verranno espresse le richieste
degli enti locali e il progetto della Terna, la società che gestisce a livello
nazionale gli elettrodotti. Oltre a Duino Aurisina, saranno infatti
rappresentati dai rispettivi primi cittadini anche i Comuni di Monfalcone,
Fogliano e Redipuglia, oltre che il Comune di Trieste, competente per la tratta
nella frazione di Padriciano. L'incontro rappresenta un ulteriore passo avanti
nel lungo iter attivo ormai da molti anni, che vede contrapposta la Terna e le
amministrazioni comunali che «ospitano» l'elettrodotto proveniente dalla
Slovenia.
A seguito di nuove normative - e anche per modificare la capacità
dell'elettrodotto stesso - la Terna deve apporre delle modifiche all'impianto di
trasmissione dell'energia elettrica, e per questo ha sottoposto un progetto ai
comuni compresi nella zona confinaria, in particolare nella tratta Padriciano -
Redipuglia, dove i tralicci dell'alta tensione si trovano in molti casi a pochi
passi dalle abitazioni. I rispettivi comuni - e Duino Aurisina in particolare -
hanno effettuato le loro osservazioni sul progetto, chiedendo a più riprese
l'interramento, e non solo lo spostamento dei tralicci lontano dai centri
abitati. Ma i costi tra spostamento e interramento sono notevolmente diversi. E
secondo i tecnici spesso l'interramento non risulta la soluzione migliore: ne è
uscita una lunga querelle che non ha ancora trovato soluzione.
E proprio qui si inserisce il nuovo incontro a Roma, che secondo il sindaco Ret
«permetterà di riparlare di questo importante argomento, facendo valere quelli
che sono i nostri orientamenti, in particolare gli impegni che ci siamo presi
con i cittadini, i quali chiedono ove e quanto possibile, l'interramento della
linea dell'alta tensione». Visogliano e San Pelagio sono le frazioni
maggiormente interessate alla questione: alcuni tralicci, infatti, si trovano
molto vicini alle abitazioni, e i residenti denunciano costantemente una serie
di disservizi, oltre che paure per quanto concerne la salute. Sul fronte
disservizi, oltre al ronzio, alla difficoltà di collegare le antenne della tv,
c'è la paura quando arrivano forti temporali. I fulmini tendono infatti a
scaricarsi - dicono gli abitanti - nelle vicinanze dei pali dell'alta tensione.
Sul fronte della salute, ci sono i timori per i possibili effetti dei campi
elettromagnetici, in particolare nei confronti dei bambini che vivono e giocano
all'ombra dei tralicci stessi.
«L'incontro - afferma Ret - non sarà risolutivo poiché si tratta di una
Conferenza dei servizi di carattere informativo, ma darà la possibilità ai
rappresentanti di tutto il territorio interessato, a cavallo delle province di
Trieste e Gorizia, di fare quadrato a favore di una comune impostazione, oltre
che dialogare direttamente con i rappresentanti della Terna avendo come
mediatore il ministero». Duino Aurisina chiederà alla Terna di allontanare i
tralicci anche dalle zone agricole del territorio dove si coltivano vitie
ortaggi: «Sulle colline toscane - hanno infatti rilevato le associazioni degli
agricoltori del territorio - di elettrodotti non se ne vedano». E sottolineano
come la presenza dell'elettrodotto vada pesantemente a cozzare contro gli
investimenti e le intenzioni del territorio di promuovere il Carso quale meta di
carattere agrituristico ed enogastronomico.
Francesca Capodanno
Val Rosandra off-limits per gli scalatori - Divieto di accesso alla Parete bianca per tutelare la riproduzione del falco pellegrino
L’ordinanza resterà in vigore fino al 30 giugno: una
sanzione di 50 euro a chi trasgredisce
SAN DORLIGO Divieto di accesso nell'area del versante Sud della «parete
bianca» della Val Rosandra fino al 30 giugno. È questa la decisione adottata
tramite un’ordinanza da parte dell’amministrazione comunale di San Dorligo della
Valle per tutelare così una coppia di falchi pellegrini, che già da parecchi
mesi sono stati avvistati nei cieli e tra le rocce della Riserva naturale. I
trasgressori rischiano una multa di 50 euro.
Il divieto, che scatterà a partire da domani, «copre un periodo di tempo
considerato utile per la preparazione del nido e per la deposizione delle uova -
si legge nell’ordinanza firmata dal sindaco Fulvia Premolin - un periodo
delicato nel quale c’è la necessità di evitare che la coppia venga disturbata».
A far scattare l’allarme è stata una segnalazione giunta via mail da parte di
Ilario Zuppani della sezione triestina della Lega italiana protezione uccelli (Lipu)
grazie anche alle osservazioni dei naturalisti ornitologi Enrico Benussi,
Luigino Felcher e Roberto Valenti.
La coppia di falchi pellegrini era stata già avvistata nel 2008 e aveva
evidenziato una frequentazione assidua del sito, tanto da riprodursi con
successo proprio tra le rocce della Val Rosandra. Anche durante questo inverno,
in verità, l’inseparabile coppia è stata notata più volte aggirarsi nei cieli di
San Dorligo.
La decisione di sbarrare l’accesso alla «parete bianca» - meta preferita da
rocciatori triestini e goriziani - è nata anche in base al regolamento della
Riserva della Val Rosandra secondo il quale l’organo gestore (il Comune di San
Dorligo, ndr), «al fine della tutela di habitat o di specie di particolare
pregio può individuare aree di speciale tutela all’interno delle quali si può
vietare attività escursionistiche, alpinistiche o di altra natura».
Copia dell’atto firmato dalla Premolin è stato inviato per conoscenza alle
autorità competenti, ma anche al Cai Trieste XXX Ottobre, alla Società Alpina
delle Giulie e alla Spdt. Ai trasgressori di questa ordinanza che comprende
«tutta l’area tra l'imbocco lato Trieste della pista ciclopedonale e la
cosiddetta via dei scovazini», verrà applicata la sanzione amministrativa di 50
euro.
Riccardo Tosques
San Dorligo, multa «leggera» per chi nutre cinghiali:
50 euro
SAN DORLIGO Niente mano pesante per chi darà da mangiare
ai cinghiali nel comune di San Dorligo della Valle. Il sindaco Fulvia Premolin
ha firmato un’ordinanza nella quale i trasgressori verranno sanzionati con
un’ammenda pari a 50 euro, una cifra decisamente di poco conto se rapportata con
l’analogo atto emanato dal Comune di Trieste che dal 30 dicembre scorso ha
deciso di punire i trasgressori con multe che vanno dai 150 sino ai 900 euro.
«Abbiamo fatto visionare il documento al Prefetto che ha dato il suo nulla osta
e poi ci siamo attenuti alle cifre imposte dalla legge - ha commentato il primo
cittadino di San Dorligo Fulvia Premolin - anche se ammetto che personalmente
non ho spinto per aumentare le sanzioni». Le uniche aree escluse da questa
ordinanza coincidono con quelle riservate all’attività venatoria: «Diversi
cacciatori sono venuti da me preoccupati dal fatto di non poter più attirare gli
animali con il cibo, ma li ho subito rassicurati dicendo loro che potranno
continuare a svolgere normalmente la loro attività nelle zone di loro
competenza», ha spiegato la Premolin.
Nel frattempo anche la Provincia sta proseguendo il piano per il mezzo di
prelievo in deroga per la riduzione forzata del numero di questi animali
selvatici, un numero ritenuto oramai «non più compatibile con la presenza
umana».
A tale proposito il sindaco ha confermato che «sono arrivate diverse
segnalazioni nei mesi scorsi da parte di incontri da parte della cittadinanza
con questi animali, solitamente tranquilli, ma che possono sempre costituire un
pericolo per l’uomo». In particolare sulla pista ciclopedonale sono stati
avvistati diversi cinghiali, in alcuni casi con prole al seguito. L’assessore ai
Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi qualche giorno fa aveva commentato che
quella dei cinghiali è «una proliferazione abnorme che seppur a malincuore dev’essere
stroncata». In questa settimana nessuna sanzione è stata ancora applicata e non
sono stati nemmeno riscontrati altri incontri ravvicinati con quelli che si
stanno rivelando essere sempre più degli indesiderati animali «domestici».
(r.t.)
CSV - Il volontariato - CENTRO SERVIZI
Prendo lo spunto dalla segnalazione del dott. Debernardi
apparsa il 21 febbraio. Lo ringrazio perché nelle sue parole colgo il
riconoscimento della mia azione. È vero, mi sono speso molto perché Trieste
abbia una sede senza barriere architettoniche che finalmente permetta a tutti i
volontari di usufruire del Csv. Mi sarei accontentato di meno grandiosità sia
per ottemperare al principio di modestia del volontariato sia per evitare di
suscitare invidie magari presso altre zone della regione. Staremo a vedere.
Importante è che ora il volontariato triestino la usi al meglio e che diventi
sempre più accessibile e usata secondo la necessità del volontariato diventando
punto di riferimento per la città e per tutti quei cittadini, soprattutto
giovani, che intendono dedicare qualche ora del loro tempo al servizio degli
altri. Apriremo anche uno sportello di «orientamento» al volontariato.
Nel mio operare in questi quasi due anni di mandato ho anche cercato di mettere
in chiaro che il volontariato è cosa molto seria e rigorosa: è gratuità, stile
di vita, donazione, partecipazione, trasparenza, terzietà ovvero agire
essenzialmente per gli altri e non solo per i propri soci. Non ci sono sempre
riuscito perché lo statuto del Csv è troppo spurio e amministrare fondi per il
volontariato attraverso un’associazione di associazioni insieme a enti pubblici
è cosa molto difficile. Si presta il fianco a ogni sorta di strumentalizzazioni.
Certo è che c’è molto da fare e non tutti anche da parte del volontariato stesso
se ne rendono conto. Credo proprio che presto avremo opportunità anche a livello
regionale di chiarire molte cose, a partire dal rinnovo della concessione della
gestione degli sportelli Csv dove penso che cautela e rigore dovranno procedere
in simbiosi perché con i tempi che corrono anche sul volontariato si abbatterà
la scure dei costi.
G. Andino Castellano - consigliere eletto a Trieste al Cd del Volontariato
del Fvg
IL PICCOLO - VENERDI', 27 febbraio 2009
Tarsu troppo cara, 11 cittadini risarciti - Accolto il
ricorso al Consiglio di Stato. Contestavano l’aumento del 27,3% deciso nel 2007
ORA MANCA SOLO LA FIRMA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Quell’aumento non l’avevano proprio digerito. Certo, la
vita costa, l’inflazione, anche se di nascosto, galoppa, ma pagare un aumento
del 27,3% per la Tarsu, la cosiddetta tassa «delle scovazze», era un po’ troppo.
Così, nel 2007 undici cittadini si sono rivolti all’avvocato Gianfranco Carbone
per preparare un qualche tipo di ricorso. E il civilista ha pensato bene di
inoltrare direttamente un ricorso straordinario al capo dello Stato, e cioè al
presidente della Repubblica. Che, con i tempi della burocrazia, ha girato il
tutto al Consiglio di Stato per ottenere un parere. Il testo, finalmente
arrivato, boccia la decisione municipale, e apre uno scenario di possibili
ricorsi a pioggia che angoscia Palazzo Cheba. «Per un problema tecnico-giuridico
– sottolinea l’avvocato Carbone – questa decisione vale solo per gli undici
protagonisti del ricorso. Ma nessuno vieta ad altri triestini di rivolgersi
eventualmente al giudice di pace e fare riferimento all’indebito arricchimento
del Comune, sulla base di una delibera che è stata considerata illegittima». A
spanne, una possibile botta «virtuale» per il Comune sui 9-10 milioni di euro.
Nel suo ricorso, tra l’altro, Carbone rileva come il Comune di Trieste
«richiamandosi ancora al decreto legislativo 507/93 (ormai abrogato) nel suo
regolamento non prevede alcuni elementi essenziali per la determinazione della
tariffa».
Questi i principali indicati: per le utenze domestiche non attribuisce alcun
coefficiente per il calcolo della tariffa sulla base del numero degli occupanti
con la conseguenza che vengono penalizzati i nuclei familiari pluricellulari che
pagano – contra legem – secondo i metri/quadrati di superficie dell’alloggio
senza alcun correttivo sul numero dei componenti; non ha suddiviso la città in
zone omogenee (tranne una parziale riduzione per le zone in cui non viene svolto
il servizio) col che viene applicata la stessa tariffa (che ricomprende anche lo
spazzamento delle strade) sia nelle aree centrali – ove all’evidenza è più
frequente il servizio che nelle aree periferiche ove è all’evidenza meno
qualitativamente incidente e meno frequente. Per le utenze extradomestiche,
inoltre, «non ha suddiviso la città in zone omogenee col che viene applicata la
stessa tariffa ovunque a tutte le attività economiche: a parità di mq un negozio
o un pubblico esercizio in periferia paga quanto un analogo negozio o pubblico
esercizio in centro o nelle zone pedonali».
Ancora: «con la determinazione del costo a metro/q delle 16 classi rispetto ai
coefficienti di attribuzione sia della parte fissa che della parte variabile
della tariffa previsti dal D.Lgs 22/97 e dal dpr 158/99 ha penalizzato le
attività professionali ed artigianali a tutto vantaggio della grande
distribuzione (supermercati ed ipermercati) ed ha creato una disparità non
comprensibile fra attività di commercio al dettaglio».
Per questi e altri motivi (secondo il Consiglio di Stato era già finito per il
Comune il periodo di transizione che avrebbe dovuto portarlo a raggiungere la
piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani) l’aumento
sarebbe dunque risultato ingiustificato.
Detta così, sembra quasi una vicenda di ordinaria burocrazia. Nei fatti si
tratta di un chiavistello che, sebbene incontri in Comune anche perplessità
oltre che smarrimento, sortisce già adesso il potere di far saltare la mosca al
naso al sindaco Dipiazza. «Hanno accettato il ricorso. Forse perchè non è stato
rappresentato che quei soldi sono serviti a un investimento. Quando spiegherò
che non siamo a Napoli, Roma o in alttre città in crisi proprio perchè sono
riuscito a investire altri 80 milioni di euro sulla terza linea
dell’inceneritore, forse cambieranno idea tutti, anche questi undici cittadini.
Con tre linee, adesso, brucio 150mila tonnellate d’immondizia, copro il servizio
per Lignano d’estate e per Gorizia. Questi cittadini hanno fatto il male della
città, una delle poche in Italia che non ha problemi di smaltimento rifiuti.
Spero, a questo punto, che vadano a vivere a Napoli, dove hanno le ”pantigane”
fino al terzo piano...».
FURIO BALDASSI
Ferriera, una ripresa a rischio occupazione - La
Lucchini: «Ordinativi di ghisa crollati: 13 settimane di ”cassa”, poi si vedrà»
CRISI DELLA SIDERURGIA E STOP DELL’ALTOFORNO
«Al momento dell’avvio dell’altoforno numero 3 previsto
per il 26 maggio potremo essere costretti ad attuare una riduzione complessiva
della produzione e se ciò avverrà non saremo in grado di mantenere gli attuali
livelli occupazionali». La frase ripetuta ieri sera al telefono da Francesco
Semino direttore delle relazioni esterne del gruppo Lucchini Severstal e
pronunciata qualche ora prima durante l’incontro in cui sono state preannunciate
tredici settimane di cassa integrazione ha gettato inquietanti ombre sul futuro
più immediato della Ferriera di Servola, facendo piombare nel panico i
rappresentanti sindacali.
L’assemblea dei lavoratori convocata per le 13.30 di oggi nella sala mensa dello
stabilimento si preannuncia infuocata. I rappresentanti di categoria hanno
rinviato ogni commento a questo pomeriggio. «Situazione allarmante - ha
commentato Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil - perché
l’azienda ha affermato: ’Non garantiremo i livelli occupazionali’». «Non
firmeremo l’accordo sulla Cassa integrazione - hanno preannunciato Luigi Pastore
rappresentante di fabbrica e Giulio Frisari segretario provinciale di
Faims-Cisal - questo stop è la conseguenza di inadempienze dell’azienda. I
rischi ora sono tanti: una decina di contratti a termine scadono sabato e non
verranno rinnovati. Il turn-over non sarà più mantenuto». Più ottimista in
particolare sulla ripartenza del 26 maggio Luca Visentini della Uil, ma forse
solo perché i segretari confederali erano già usciti allorché sono state fatte
le dichiarazioni ritenute più preoccupanti, in particolare dal direttore dello
stabilimento di Servola, Francesco Rosato, che era affiancato oltre che da
Semino anche da manager del gruppo.
Sul numero di lavoratori da mettere in cassa integrazione si deciderà nel
prossimo incontro del 6 marzo. Già ieri intanto la Sertubi ha annunciato 11
settimane di cassa integrazione per 190 lavoratori a partire dal 16 marzo.
«Nessuno può fare pronostici sulla durata di questa crisi per cui non sappiamo
come la potremo gestire - ha specificato Semino - se cioé dovremo prolungare la
cassa integrazione come a Piombino dove stiamo continuando con la ’cassa’ da
ottobre, se sarà sufficiente mandare i lavoratori in ferie o che altro dovremo
fare. Certo è che noi dobbiamo produrre in funzione della domanda di cui oggi
c’è una fortissima contrazione. Attualmente abbiamo invendute 100 mila
tonnellate di ghisa e molte migliaia di tonnellate di coke (si parla di 150
mila, ndr.)».
L’attenzione generale di conseguenza si è già spostata dalla mancata concessione
della proroga da parte della Regione che crea uno stop obbligato alla produzione
tra il 12 marzo e il 26 maggio alla crisi generale della siderurgia che tra
dicembre e gennaio ha prodotto un crollo anche del 70 per cento del fatturato in
molte aziende italiane del settore. L’incertezza che si è aperta dunque non è
più limitata a due mesi e mezzo, ma arriva fino al 2015, data prevista per la
dismissione e che dovrebbe veder attivati già alcuni dei progetti di
riconversione.
Questo scenario in particolare è stato al centro dell’incontro che Rosato e
Semino hanno avuto ieri mattina in Provincia con la presidente Maria Teresa
Bassa Poropat e gli assessori Adele Pino e Vittorio Zollia. «Attiveremo
immediatamente un tavolo di concertazione con le organizzazioni sindacali e gli
enti coinvolti - ha annunciato Bassa Poropat - nella prospettiva
dell’assorbimento del personale della Ferriera. Rispetto alle iniziative
previste infatti come la nuova centrale elettrica non battono né i tempi poiché
il 2015 è già vicino, né tantomeno i numeri dal momento che nella centrale
potranno trovare occupazione 150, forse 200 lavoratori. Si deve dunque spingere
per una rapida firma del Protocollo d’intesa sui siti inquinati, preliminare
all’insediamento della centrale, del rigassificatore, della Piattaforma
logistica, del nuovo depuratore».
«Nell’ultimo anno - aggiunge Pino - sono stati messi in mobilità 100 lavoratori
del terziario e altrettanti dell’industria per la quale si tratta di una
percentuale molto più alta avendo meno occupati. Bisogna dunque lavorare per
salvare il comparto industriale».
SILVIO MARANZANA
Arci Servizio civile, Iannone neopresidente - GELCI
DIMISSIONARIO
Costanza Iannone, già volontaria e attualmente
coordinatrice regionale sulle attività in ambito servizio civile, è stata eletta
all’unanimità quale nuovo presidente di Arci Servizio civile Trieste. Prende il
posto di Giuliano Gelci (dimissioni concordate), che manterrà altri incarichi a
livello territoriale, regionale e nazionale. Arci Servizio civile Trieste è
presente su tutto il territorio provinciale con le associazioni consociate: Arci
Nuova associazione, Itis, Ics, Unione circoli culturali sloveni-Zskd,
LegAmbiente e Uisp. I volontari collaborano in ambiti assistenziali, culturali e
sportivi.
Altroconsumo: oltre all’alta velocità ci sono anche i
treni «lumaca»
ROMA Le Ferrovie italiane corrono su due binari diversi:
da un lato i treni Frecciarossa sulla linea ad alta velocità e dall'altro
convogli vecchi, lenti e sporchi, su cui si affannano ogni giorno due milioni di
pendolari, che per dare precedenza ai bolidi delle rotaie rinunciano spesso alla
puntualità. Lo rileva un'inchiesta condotta da Altroconsumo sulla puntualità di
571 treni a lunga percorrenza dal 20 al 24 dicembre 2008 e dal 3 al 6 gennaio
2009 secondo cui il 64% è arrivato in ritardo, compresi quelli ad altà velocità.
Nell'indagine, 34 treni hanno avuto ritardi superiori a due ore e quasi tutti
erano diretti al Sud.
Vertice Scajola-Tondo su crisi industriale e nucleare -
Il governatore: confermo l’interesse per il raddoppio di Krsko. Sul tavolo anche
il nodo Ferriera
VISITA IN REGIONE IL 4 MARZO DEL MINISTRO PER LO
SVILUPPO ECONOMICO
TRIESTE «Ospitare una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia? La mia
idea principale rimane quella della collaborazione con la Slovenia». Il ritorno
al nucleare dell’Italia conquista l’agenda politica. E i sindaci, i presidenti
di provincia, i governatori già si dividono tra quelli che non vogliono una
centrale nucleare «nel cortile di casa» e quelli che, invece, sono disponibili:
Lazio e Toscana, ad esempio, dicono no mentre Veneto e Lombardia dicono sì. Il
Friuli Venezia Giulia, però, sceglie la «terza via». Anzi, come ricorda il
presidente Renzo Tondo, l’ha già scelta: «Già negli scorsi mesi ho espresso la
disponibilità della Regione a collaborare al raddoppio della centrale nucleare
di Krsko». Da allora non è cambiato nulla: «La mia idea principale rimane
quella. E presuppone un impegno da parte del governo italiano ad aprire un
canale di contatto con la Slovenia» ribadisce Tondo. E lo ribadirà a breve,
ancora una volta, direttamente al ministro per lo Sviluppo economico, Claudio
Scajola: mercoledì 4 marzo, infatti, lo stesso Scajola arriva in visita in
Friuli Venezia Giulia, dove lo attende un tour de force di incontri,
appuntamenti, colloqui. «La presenza di Scajola - anticipa Tondo - sarà un
momento importante di confronto e di informazione su alcuni temi centrali per
l’industria del Friuli Venezia Giulia. Caffaro, Ferriera di Servola,
rigassificatore, Distretti industriali sono solo alcuni degli elementi che porrò
all’attenzione del governo, assieme ovviamente alla questione nucleare».
Una questione che sta innescando polemiche sul territorio: il Pd, con i
consiglieri Franco Brussa e Giorgio Brandolin, interrogano la giunta per sapere
se è vero che Monfalcone potrebbe essere uno dei siti «candidati» ad ospitare
una centrale nucleare. Ribatte, per le vie brevi, l’assessore regionale Riccardo
Riccardi: «Non so di che parlino. Per quanto mi riguarda non esistono né atti né
dichiarazioni né proposte. La linea è quella indicata dal presidente Tondo:
puntare sulla collaborazione con Krsko».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 febbraio 2009
«Pronti ad abbattere 100 cinghiali» - Via libera ai
guardacaccia. Previste anche reti con piccole scariche elettriche
PIANO DA 20MILA EURO DELLA PROVINCIA CON L’OK DELLA
REGIONE
Trieste come Genova deve affrontare ora con i fatti l'allarme cinghiali.
Sono un migliaio gli esemplari presenti tra il Carso triestino e quello
goriziano. Un numero troppo alto per una specie che nell'ultimo anno, spesso a
causa della negligenza di alcuni cittadini che posizionano ciotole di cibo
vicino alle case, si sta progressivamente avvicinando ai centri abitati. Strada
nuova per Opicina, Longera, Cattinara, Roiano alta, Sgonico e San Dorligo sono
le zone più colpite dal fenomeno. Proprio ieri è arrivata dalla Regione Friuli
Venezia Giulia la proroga dell'autorizzazione di abbattimento in deroga. Ciò
significa che, sulla base dello studio effettuato nei mesi scorsi sull'anomala
crescita e su un innaturale insediamento di cinghiali anche in aree urbane e
periurbane, cento esemplari potranno venir abbattuti al di fuori dei confini
delle riserve di caccia. Le operazioni potranno essere eseguite anche vicino ai
centri abitati ma esclusivamente dai guardacaccia dell'amministrazione
provinciale. «Negli ultimi mesi - spiega il vicepresidente della Provincia di
Trieste Walter Godina, con delega alla caccia e alla tutela della flora e della
fauna - la mia casella di posta elettronica e quella dell'ente sono tempestate
da ingiurie, minacce e offese per la decisione di abbattere alcuni esemplari.
Ritengo doveroso fare un appello alla cittadinanza, affinché prevalga il buon
senso. Se da un lato la Provincia è deputata a tutelare la flora e la fauna del
territorio, dall'altra non può non tener conto dei pericolosi episodi che ci
sono stati segnalati».
Dagli incidenti stradali, ai danni all'agricoltura, per i quali tra l'altro
viene anche spesso richiesto un risarcimento, a cui si aggiungono i frequenti
incontri con i cinghiali a ridosso delle abitazioni. Pochi giorni fa una mamma
ha raccontato che mentre passeggiava sul Carso, il figlio che teneva a
guinzaglio il cane è stato trascinato dall'animale verso un cinghiale che aveva
incominciato a caricare per difendere i propri cuccioli. Fortunatamente il
piccolo ha mollato per tempo il guinzaglio senza finire nella zuffa tra bestie.
Episodi come questi sono sempre più frequenti. Anche per questo ora la Provincia
di Trieste procederà con l'abbattimento, come tra l'altro già avvenuto in altre
parti d'Italia. I cinghiali, inoltre, in condizioni di tranquillità possono
partorire fino a due cucciolate in un anno.
Fatto accaduto anche sul nostro territorio visto l'ampio incremento delle
specie. L'altro giorno a Genova sono stati soppressi 20 esemplari in cinque ore
di battuta. Sarà meno invasiva l'azione a Trieste, dove i cittadini delle zone
interessate verranno avvisati per tempo dagli uffici competenti.
«Quotidianamente - spiega uno dei guardiacaccia della Provincia, Ilario Zuppani
- i cittadini ci chiamano per intervenire a ridosso dei centri abitati. La
scorsa sera sono andato personalmente in Strada nuova per Opicina, dove un
esemplare si trovava in difficoltà sul ciglio della strada. Spesso la causa è da
attribuire ai cittadini che li sfamano abituandoli così a trattenersi vicino
alle case. Allontanarli è molto difficile, anche perché la provincia di Trieste
non è così vasta, e oltretutto gran parte di questi animali provengono da un
allevamento e hanno perso il naturale senso di selvaticità».
Il piano d'azione, per il quale la Provincia ha stanziato 20mila euro, prevede
anche interventi di dissuasione di avvicinamento ai centri abitati con
particolari sistemi di recinzione attraversati da corrente elettrica a basso
voltaggio . «Al fine di coinvolgere le realtà più sensibili e preparate nella
tutela della fauna - continua Godina - sto valutando l'ipotesi di affidare
l'incarico per gli interventi più delicati ad una delle associazioni
ambientaliste protezioniste presenti sul territorio. Inoltre, se dovessimo
apprendere che dalla cessione delle carcasse dei cinghiali abbattuti a seguito
del prelievo della Regione vi risultasse un introito, tali fondi andranno posti
a bilancio vincolati per interventi a tutela della flora e della fauna». Sono
anche numerose le e-mail di cittadini che denunciano il fatto che la carne dei
cinghiali abbattuti finisca spesso nei piatti di qualcuno. «Se così fosse -
precisa Godina - si tratterebbe di peculato. Pertanto invito i cittadini che
volessero denunciare queste irregolarità a farlo con prove concrete e nelle sedi
competenti».
(s.s.)
CINGHIALI - Racovelli: Comune indifferente verso la
fauna - Il verde polemico dopo l’ordinanza che vieta di dare da mangiare agli
animali selvatici
«I consiglieri di maggioranza della Prima commissione
hanno dimostrato cinismo e indifferenza verso il problema dei cinghiali e della
fauna selvatica in città, valutando negativamente un eventuale confronto con gli
enti preposti ad occuparsi della questione».
Non le manda a dire Alfredo Racovelli (Verdi per la pace), esponente
dell’opposizione in Municipio, a margine della riunione della commissione avente
come oggetto all’ordine del giorno la mozione dello stesso Racovelli datata 19
novembre. Un documento legato, all’epoca, all’ipotesi di «soluzione finale» del
sindaco sul problema della presenza dei cinghiali nei territori urbani della
città e poi superato dalla nota ordinanza emessa da Roberto Dipiazza alla fine
del 2008, in base alla quale chi dà da mangiare ai cinghiali rischia una multa
dai 150 ai 900 euro. L’ordinanza stabilisce, infatti, il «divieto assoluto di
alimentare (sia direttamente che con l’abbandono di scarti di cibo sul
territorio) i cinghiali e in generale qualunque specie appartenente alla fauna
selvatica». I cittadini vengono inoltre invitati a collaborare segnalando alla
Provincia di Trieste, istituzione competente in materia di fauna selvatica,
tutte le situazioni di disagio o altro, in modo da garantire un’azione di
monitoraggio costante e prevenzione della situazione.
Proprio in virtù dell’atto emesso dal sindaco, Racovelli aveva chiesto alla
Sesta commissione la convocazione «degli enti competenti per ottenere delle
informazioni da loro e capire quali siano le dimensioni del problema, visto che
fra l’altro un cinghiale è stato recentemente abbattuto».
Dalla Sesta commissione, competente in materia di ambiente e vigilanza, la palla
è passata poi alla Prima commissione, che si occupa fra le altre cose di igiene
e sanità pubblica, ma pare che un passaggio sia saltato: «A me è arrivata solo
la mozione del 19 novembre - spiega Andrea Pellarini (An), presidente della
Prima commissione -, peraltro successivamente ritirata perché superata. L’altra
lettera non mi è stata inviata».
Amareggiato, Racovelli non risparmia critiche a Pellarini: «Se un presidente
convoca una commissione, concorda con il proponente i contenuti e le persone da
invitare. Altrimenti, non lo fa nemmeno, se ritiene la questione non più
attuale. Io ho mandato tutto alla Sesta commissione, ma la trasmissione alla
Prima è stata monca. Peccato, si è trattato di un’occasione persa».
(m.u.)
La balena non lascia il golfo di Pirano Nuovi
avvistamenti del cetaceo - È in buona salute e si lascia avvicinare ma in queste
acque rischia di morire
IL MAMMIFERO SI NUTRIREBBE DEl BRANCHI DI SARDELLE CHE
POPOLANO L’AREA MARINA
SALVORE È stata avvistata anche in mare aperto all’imboccatura del Golfo di
Pirano la balena gobba che nei giorni scorsi era stata vista nel Golfo di
Trieste, di fronte a Muggia.
Secondo gli esperti l’animale non pericoloso per l’uomo, avrebbe perso
l’orientamento e compierebbe così dei giri tra Pirano, Trieste e il mare aperto
verso Venezia.
Alcuni dipendenti di un’azienda turistica del posto raccontano di aver visto
l’animale ogni tanto emergere.
I media italiani affermano che le balene di questo tipo vivono nell’Oceano
Atlantico e non sanno spiegarsi il motivo per il quale questo esemplare avrebbe
attraversato lo Stretto di Gibilterra spingendosi fino al Golfo di Trieste.
La settimana scorsa un gruppo di biologi marini italiani e sloveni hanno seguito
lo spostamento dell’animale nell’Alto Adriatico arrivando alla conclusione che
gode di buona salute e che si lascia avvicinare. In queste acque però molto
difficilmente riuscirebbe a vivere.
Le balene gobbe raggiungono dai 12 ai 16 metri di lunghezza, giornalmente
mangiano fino a 2 tonnellate di cibo e non vivono lontano dal gruppo.
Qualora popolassero l’Alto Adriatico, per le sardelle ci sarebbe il rischio
della sparizione.
Un esemplare simile era stato avvistato nell’Adriatico nell’agosto del 2002
quando si era impigliato nelle reti dei pescatori che quindi l’avevano rimesso
in libertà.
La balena gobba non c’entra niente con la grande moria di sardelle giganti (sardinella
aurita) di questi giorni nel Golfo di Pirano le cui carcasse vengono spinte dal
vento sulla costa.
Alen Soldo del Centro di studi marini presso l’Università di Spalato sostiene
che la moria è un fenomeno normale dell’inverno rigido, dovuto alla bassa
temperatura del mare.
Questa diventa fatale a 10 gradi e a volte scende fino a 6 gradi. Sulla
temperatura del mare influisce direttamente quella dell’aria poiché da queste
parti la profondità media è di soli 30 metri.
Ecco spiegarsi il motivo per cui branchi di sardella gigante (che in cucina non
è il massimo del piacere gastronomico) e anche altro pesce azzurro d’inverno
migrano a Sud di Pola dove la profondità supera i 50 metri.
Il mare in questo caso risente meno della temperatura esterna.
La presenza della balena nelle acque slovene e croate ha comunque suscitato un
grosso interesse tanto da creare il fenomeno del vero e proprio «turismo del
cetaceo». Soprattutto dal Veneto sono molti i turisti che sono giunti a Pirano
sperando di vedere il cetaceo.
(p.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 febbraio 2009
Treni storici e piste ciclabili
TRIESTE Audizioni in sesta commissione sulla proposta di legge di Giorgio Baiutti che prevede la valorizzazione turistico-culturale della rete ferroviaria del Friuli Venezia Giulia, ad esempio attraverso la riconversione delle linee dismesse in piste ciclabili, come già accade in Carinzia. Nel corso delle audizioni sono state fornite raccomandazioni sulla salvaguardia delle infrastrutture esistenti e su iniziative in collaborazione con Austria e Slovenia. È stato inoltre chiesto l’abbattimento dei costi per i treni speciali transfrontalieri e l’utilizzo dei fondi Ue. Rete ferroviaria italiana ha chiesto di inquadrare la legge nel sistema dei trasporti regionali.
L'inurbamento dei cinghiali costituisce un problema
concreto
La proliferazione e il progressivo inurbamento di specie selvatiche è un fenomeno che non riguarda soltanto Trieste e nemmeno i soli cinghiali. Caprioli, volpi e non solo, da tempo scendono dal Carso verso la periferia di Trieste e sovente entrano nell’abitato; il problema non sono gli animali, che si comportano da animali, ma l’uomo che – per un mal posto istinto di tutela o, al contrario, per una, tanto atavica quanto ormai inutile brama di predatore – assume nei loro confronti comportamenti sbagliati. Sono visceralmente contrario alla caccia, quella dei bracconieri e degli «sparatori», così come non ritengo compatibile che la grande cultura dei nostri corregionali friulani la pratica dell’uccellagione, ma c’è un’esigenza che non possiamo dimenticare, quella di saper riequilibrare squilibri che con le nostre attività abbiamo portato sul territorio e agli ecosistemi. quindi, per la salvaguardia delle specie stesse, non si può criminalizzare una caccia selettiva, controllata e mirata all’eliminazione di soggetti malati, in sovrannumero o pericolosi. È la scelta che ha fatto – a malincuore – il Parco della Valgande, dove i cinghiali non sono mai esistiti sino a quando una scriteriata iniziativa ambientalista non ha introdotto alcune coppie trasferite dalla Maremma! Ora sono censiti più di 300 esemplari incrociati con ogni altra specie di suino inselvatichito e non. C’è chi scrive di alternative all’abbattimento, ben vengano suggerimenti possibili, non i soliti «buoni consigli» di chi non può dare cattivo esempio, anzi forse lo dà disseminando spazzatura fuori dei cassonetti o portando pane e mele ai cinghiali o realizzando ricoveri perché non soffrano i rigori dell’inverno carsolino! La cattura e la sterilizzazione, leggete il manuale edito dall’allora Apat (ora Ispra) per conto del ministero dell’Ambiente e ditemi quanti cinghiali si possono catturare con quei sistemi, ditemi quale stress subiscono nella cattura e nel trasferimento (dove poi si possano trasferire nessuno lo dice); benemerita l’Enpa ma ne ha già un numero elevato nel suo parco di Cattinara. La sterilizzazione, parliamo di esemplari di peso superiore a 100 chili, non si tratta di un intervento banale come quello che si pratica sui gatti randagi! Recinzioni a prova di cinghiale? Beh, si possono fare, ma ci ritroveremmo ad avere un territorio frammentato da barriere che renderebbero difficile la vita a tante altre specie; già abbiamo il Carso ridotto ad aiuola spartitraffico, possiamo immaginare tutta la viabilità e le proprietà private recintate con struttura a prova di cinghialessa inferocita? Tutto questo non vuol dire che si possano abbattere soggetti giovani, spauriti e disorientati – al punto da intrappolarsi da soli nelle stanze del Santorio – come recentemente accaduto, probabilmente, a uno dei cinghialotti che usano stazionare sotto i muraglioni di una nota pizzeria per attendere avanzi di cibo, fidandosi degli umani!
Sergio Bisiani - segretario regionale di Ambiente e è vita
IL PICCOLO - MARTEDI' , 24 febbraio 2009
Pm10, in città nessun allarme: valori nella norma
È emergenza smog, in Friuli Venezia Giulia, per l’elevata concentrazione di polveri sottili rilevata nei giorni scorsi a Udine e Pordenone dalle centraline Arpa. A Trieste, a parte un leggero sforamento registrato l’altro giorno dal dispositivo posto in via Carpineto (51 mg di Pm10 per metro cubo d’aria contro un massimo tollerato dalla legge di 50), nessun allerta. Ieri, infatti, tutti i dati forniti dalle nove centraline stanziali presenti in città (e riferiti alla giornata di domenica) non hanno evidenziato anomalie. Lo conferma il sindaco Roberto Dipiazza: «Non mi giunge, dall’Azienda sanitaria, alcuna segnalazione di rilievo - dice -: vale la pena ricordare che prima di qualsivoglia provvedimento amministrativo si devono verificare tre sforamenti consecutivi, cosa che non mi risulta essere avvenuta. Inoltre, la grossa perturbazione atmosferica che sta attraversando il Paese si dirigerà presto anche sulle nostre zone, interrompendo così la situazione di ”cappa” venutasi a creare sul territorio». «E poi - conclude - diciamo la verità: l’innalzamento delle Pm10 è spesso causato più dagli impianti di riscaldamento o della Ferriera che dalle automobili. Si corre sempre dietro alla targa alterna perchè fa comodo così...». A Gorizia - inizialmente interessata dal fenomeno - le cose sembrano migliorare con 46 mg di Pm10 per metro cubo d'aria contro un massimo di 50, mentre a Udine e Pordenone le polveri sottili sono rimaste oltre i limiti. Come previsto dalla legge, quando si verificano degli sforamenti che superano i tre giorni consecutivi, scattano le misure antinquinamento: il ricorso alle targhe alternate, l’interdizione dei veicoli al centro urbano, il lavaggio delle strade con delle autopompe. A Udine il sindaco Furio Honsell pensa a uno stop alle vetture più inquinanti. Per quanto riguarda Pordenone, Cordenons, Sacile e Porcia ci saranno invece le targhe alterne.
(t.c.)
IL SOLE 24 ORE - LUNEDI', 23 febbraio 2009
Fotovoltaico meno conveniente con i nuovi contratti
Per chi produce energia tramite pannelli fotovoltaici (e
risparmia sulla spesa per l'elettricità) è tempo di preparare i documenti. Se ha
scelto il regime dello scambio sul posto – un'opzione che, semplificando,
consente di cedere alla rete l'energia elettrica prodotta in più e di prelevarla
quando serve – entro il 31 marzo dovrà stipulare una convenzione con il Gestore
dei servizi elettrici (Gse), la società pubblica che promuove le fonti
rinnovabili.
Il Gse diventa ora il responsabile unico del servizio, subentrando agli
operatori di mercato come soggetto di riferimento. È una delle novità introdotte
dal 1° gennaio 2009 a seguito dei decreti attuativi della Finanziaria 2008 e
delle delibere 74/08 e 01/09 dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Lo scambio sul posto non va confuso con il conto energia, l'incentivo principale
per chi produce energia da un impianto fotovoltaico. Il conto energia, infatti,
remunera tutta l'elettricità prodotta, con una "tariffa agevolata" che varia da
35 a 48 eurocent per kWh prodotto secondo la potenza e l'integrazione
architettonica degli impianti, contro un prezzo di mercato di circa 20 cent.
Dopodiché, in aggiunta al conto energia, l'energia elettrica prodotta
dall'impianto e non immediatamente autoconsumata può essere venduta a tariffe
prefissate oppure (per chi ha impianti fino a 200 kW), applicando il regime
dello scambio sul posto, prima ceduta poi prelevata in uguale quantità dalla
rete per il proprio autoconsumo. Prelievo che può avvenire anche mesi o anni
dopo, senza che più valga il limite di tre anni previsto in precedenza dalla
normativa. E lo scambio sul posto è scelto dalla maggioranza delle persone con
un impianto casalingo (il 96%): conviene se indicativamente si consuma quanto si
produce.
Le novità
Tra le innovazioni di quest'anno, c'è l'individuazione del Gse come soggetto di
riferimento, una misura che risponde all'esigenza di uniformare le procedure a
livello nazionale: tutti coloro che hanno un impianto per la produzione di
energia rinnovabile e vogliono attivare lo scambio sul posto dovranno
sottoscrivere la convenzione con il Gse. Il termine del 1° gennaio 2009 è stato
spostato al 31 marzo per dare agli utenti il tempo di adeguarsi (ma è realistico
ritenere che non sarà un limite perentorio) e la convenzione si stipula sul sito
del Gse (www.gse.it).
Seconda novità, lo scambio sul posto viene esteso agli impianti più grandi: non
più fino a 20 kW di potenza, ma fino a 200 kW, a patto che siano entrati in
esercizio dopo il 31 dicembre del 2007. Terza variazione, i tempi di rimborso:
ora il contributo in conto scambio sarà calcolato dal Gse trimestralmente in
acconto e corrisposto quando l'importo superi una soglia minima definita dal Gse.
Su base annuale, poi, ci sarà il conguaglio. Cambia poi la modalità di
erogazione del contributo: prima gli utenti ricevevano la bolletta del proprio
operatore alleggerita della parte di energia autoprodotta. Da quest'anno,
invece, pagano interamente le bollette e si vedono attribuire sul proprio conto
corrente il contributo dal Gse.
Infine, la valorizzazione economica dei kWh prodotti: la compensazione fra
energia prodotta e consumata non sarà più calcolata sulla base della quantità di
kWh, ma sul loro valore economico di mercato. In questo modo, spiegano dal Gse,
si avrà un quadro più realistico dei ricavi e delle spese legati allo scambio di
energia.
Minore convenienza
Ma cosa cambia in termini economici per l'utente? Molto dipende dalle condizioni
del singolo impianto. In generale, tuttavia, il nuovo sistema è leggermente meno
conveniente per il consumatore perché ora la voce di contributo per la "quota
servizi" prevede un rimborso di un minor numero di componenti rispetto a prima:
secondo una stima provvisoria del Gse, la minore convenienza non dovrebbe andare
oltre il 3-4%, anche perché viene rimborsata l'Iva pagata dalle famiglie (o dai
soggetti senza partita Iva) sulle bollette elettriche.
Fabrizio Patti
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 febbraio 2009
Viabilità, piano da 40 milioni
TRIESTE Quaranta milioni di euro per eliminare i «punti neri», a maggior rischio di incidenti, della viabilità regionale. La giunta approverà oggi in via definitiva la delibera che assegna un finanziamento di 2 milioni di euro per 20 anni a favore di interventi sulla statale 13 Pontebbana, sulla 14 della Venezia Giulia e sulla strada regionale 56 di Gorizia. Complessivamente sono 47 gli interventi previsti per aumentare la sicurezza viaria. E proprio sulle infrastrutture si incentrerà l’incontro organizzato dal Pdl oggi alle 18.15 a Palmanova, nell’auditorium San Marco: incontro al quale prenderanno parte il presidente della Regione Renzo Tondo, i coordinatori regionali del Pdl Isidoro Gottardo e Roberto Menia, gli assessori Riccardo Riccardi e Vanni Lenna e i consiglieri regionali del Pdl. Viabilità e terza corsia saranno i temi più caldi ma si parlerà anche di piano regionale dei rifiuti, urbanistica e edilizia. In giunta, invece, oltre alla delibera sui «punti neri», arriverà l’atto costitutivo del distretto della tecnologia navale e il coordinamento tra gli enti di ricerca con un apposito accordo. All’attenzione dell’esecutivo regionale anche la richiesta dello stato di crisi da parte del comparto della gomma-plastica della provincia di Gorizia. Intanto il segretario regionale della Uil, Luca Visentini, chiede a Tondo di ripensare alla destinazione dei fondi sulla sicurezza. «Per fortuna i Comuni della nostra Regione, di destra e di sinistra, hanno chiarito che qui le ronde non servono» dichiara l’esponente sindacale che si chiede «se non sarebbe meglio spendere i 12 milioni stanziati per telecamere e ronde a favore di asili nido o case di riposo o magari per pagare la manutenzione e la benzina delle auto della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza». Questa mattina, infine, l’assessore alla sanità, Vladimir Kosic, sarà a Udine per il convegno «Federalismo sanitario e continuità dell'assistenza: le proposte di Federsanità Anci Fvg e Veneto» insieme al collega veneto Sandro Sandri.
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 febbraio 2009
Enel-Endesa, la centrale di Monfalcone resta fuori del
nuovo colosso: sarà ceduta ai lombardi di A2A
MONFALCONE Il controllo totalitario di Enel su Endesa pone la parola fine alla «instabilità dei rapporti» fra i principali soci del gruppo elettrico spagnolo. È questo, ha detto l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, uno dei punti di forza dell'accordo siglato la scorsa notte, con cui la società italiana ha rilevato da Acciona il 25% di Endesa, salendo così al 92% del gruppo elettrico.«Con questa acquisizione Enel ottiene il pieno controllo di Endesa, un'azienda ben gestita e con grandi possibilità di crescita, leader in Iberia e Sud America. Enel ed Endesa potranno accelerare il processo di sinergie industriali, tecnologiche e di mercato a beneficio di tutti i clienti e con possibilità di incremento dei risultati a vantaggio di tutti gli azionisti». La transazione da 11,1 miliardi ha «risolto una situazione di instabilità delle relazioni tra soci», ha spiegato Conti, sottolineando che l'operazione rappresenta «una soluzione vantaggiosa per entrambi». E non preoccupa nemmeno l'ammontare del debito, destinato a crescere di 11,7 miliardi, oltre i 50 miliardi con cui Enel ha chiuso il 2008. «Confermo l'obiettivo di rimanere con un rating singola A», ha aggiunto Conti, mentre il costo del debito «nel 2009 sarà più o meno quello del 2008». Il caso Monfalcone. In questa vicenda c’è un riflesso che riguarda la centrale di Monfalcone prima controllata da Endesa Italia e in seguito ceduta ai tedeschi di E.On e divenuta pedina di una complessa partita italo-tedesco-iberica. Cosa accade alla luce del nuovo assetto di Enel-Endesa? I movimenti innescati dalla scalata a Endesa da parte di Enel e completata in questi giorni si assesteranno solo attorno a metà estate per quel che riguarda la centrale termoelettrica di Monfalcone. L'impianto è entrato nel 2001 nel gruppo spagnolo attraverso l'acquisto di una delle tre general company che proprio Enel fu costretta a creare e a mettere sul mercato nell'ambito del processo di liberalizzazione del settore elettrico italiano. La centrale di Monfalcone, assieme ad altri impianti, anche idroelettrici, confluirono in Endesa Italia, partecipata prima al 15 e poi al 20% da Asm Brescia, dal primo gennaio del 2008 fusasi con Aem Milano e divenuta quindi A2A. I contrasti sorti tra la cordata Enel-Acciona e la tedesca E.On per la scalata a Endesa si sono risolti quando E.On ha fatto un passo indietro, in cambio però di tutti gli impianti non spagnoli di Endesa, quindi Endesa Italia, oltre al controllo dell'iberica Viesgo. Vista la sua partecipazione in Endesa Italia, A2A ha scelto lo scorso luglio gli asset della controllata italiana del gruppo spagnolo: la centrale termoelettrica di Monfalcone e il nucleo idroelettrico della Calabria. Gli asset prescelti devono ancora essere conferiti a un veicolo societario controllato al 100% dalla multiutility lombarda che, conseguentemente, vedrà cancellata la sua partecipazione del 20% in Endesa Italia. In via transitoria la centrale di Monfalcone, che ha una potenza di 980 megawatt, è quindi traghettata a E.On la scorsa estate in attesa di passare ad A2A. Quanto dovrebbe avvenire nel corso dei prossimi mesi. Nel suo piano industriale A2A ha riconfermato fra l'altro la trasformazione in un ciclo combinato da 800 megawatt dei due gruppi a olio, da 580 megawatt, dell'impianto termoelettrico di Monfalcone.
(l. bla.)
Perché pulire il mare quando è già pulito
In una bellissima mattinata di sole mi sono recato al club remiero della Sachetta, dove sono socio da più di trent'anni, e ho effettuato un'uscita in mare. Il vento della notte aveva spazzato il mare che appariva straordinariamente pulito, non si scorgeva sulla superficie delle acque del golfo quel sudiciume che talvolta vi staziona, specie nelle giornate di bonaccia o di scirocco. Ebbene, quella mattina vidi quello che può apparire un controsenso, ma che è una prassi che diverse volte ho potuto constatare in altre giornate nelle quali la pulizia delle acque era analoga: due imbarcazioni dedicate alla rimozione delle immondizie dal mare stavano effettuando un'accurata pulizia dei bacini del porto, il che appariva surreale in quanto, in quella giornata il mare era eccezionalmente pulito. L’operazione superflua durò quasi un'ora. Altre volte, anche di recente, specialmente dopo le piogge, quando nel golfo stazionano immensi banchi di immondizie - ramaglie frammiste a plastiche, nylon, animali annegati gonfi per la putrefazione, il tutto saldato da una melma di briciole di polestirolo intrise di nalfta - degli spazzini del mare neanche l'ombra! Ci penseranno poi i venti e le correnti a trasportare altrove le masse inquinanti… Quando il nostro bel golfo, dalla Sacchetta a Miramare, è tutto una sozzeria, rincresce veramente di non vedere efficacemente all’opera questi servizi ecologici che presumo siano pagati anche con i nostri tributi.
Antonio Sofianopulo
IL PICCOLO - SABATO, 21 febbraio 2009
Muggia, discarica di amianto scoperta sulla strada di
Farnei - NESLADEK: «UN FATTO GRAVISSIMO»
MUGGIA Una discarica abusiva di amianto è stata scoperta
poco fuori Muggia, in strada di Farnei. Sei sacchi contententi il pericoloso
materiale, con tutta probabilità derivato da qualche demolizione avvenuta nella
zona, sono stati abbandonati a bordo strada.
A scoprirli domenica scorsa (ma la notizia è emersa solo ieri) sono state alcune
persone che hanno segnalato il fatto alla polizia municipale, la quale a sua
volta ha avvertito del ritrovamento il sindaco Nerio Nesladek. Il primo
cittadino a sua volta ha contattato il vicesindaco Franco Crevatin, che, come
riferisce Nesladek, «si è rapidamente attivato assieme al dirigente del servizio
tecnico, reperito nonostante fosse in ferie e si trovasse fuori Muggia».
Già nella giornata di domenica i sacchi erano stati messi in sicurezza da una
ditta specializzata, che ha provveduto a inserirli in speciali contenitori
previsti dalle norme sui rifiuti pericolosi. Crevatin e il funzionario
municipale avevano contattato, attraverso l’Italspurghi, che gestisce il
servizio di asporto rifiuti a Muggia, una ditta di Udine che ha provveduto a
mettere in sicurezza il materiale e a rimuovere i sacchi.
Nessun pericolo per la cittadinaza, assicurano gli amministratori, in quanto
come detto l’amianto è stato immediatamente messo in sicurezza, ma anche in
considerazione del fatto che eventuali danni alla salute possono insorgere solo
dopo un'esposizione prolungata.
Resta però la gravità del fatto, che verrà denunciato alle autorità competenti.
«Il fatto è gravissimo - commenta Nesladek - in quanto non si tratta di un
semplice ma altrettanto deplorevole abbandono di rifiuti, come sporadicamente è
già accaduto in passato e io stesso avevo denunciato, ma di un atto contro la
salute pubblica, in quanto tutti conoscono la pericolosità dell'amianto anche se
non in tempi immediati. Oltretutto – prosegue – l'episodio riveste una rilevanza
penale. Ribadiamo con forza che faremo di tutto, assieme agli inquirenti, per
risalire al responsabile, che verrà persegutito con la massima severità. Voglio
rivolgere un ulteriore appello ai cittadini – conclude – in particolare per le
situazioni in cui esiste pericolo per la salute: chi avesse problemi a smaltire
rifiuti pericolosi o di natura particolare è invitato a contattare i nostri
servizi tecnici, che lo assisteranno per trovare insieme la soluzione più
adeguata».
Gianfranco Terzoli
Rozzol-Melara invasa dai cinghiali a caccia di cibo -
GLI ABITANTI LI VEDONO SEMPRE PIÙ SPESSO: DISCORDANTI LE OPINIONI SUL DA FARSI
Cinghiali all’interno del quadrilatero di Rozzol-Melara.
Continuano le segnalazioni da parte di cittadini reduci da incontri bizzarri con
questi animali che per certi versi si stanno rivelando sempre più “domestici”.
Ma cosa pensano gli abitanti del rione? Certamente c’è chi si dimostra più
preoccupato e chi appare più tranquillo. Tra quest’ultimi si colloca Sergio
Ravalico: «Personalmente vedere dei cinghiali nelle zone abitate non mi fa né
caldo né freddo. Credo infatti che oramai loro si siano abituati a stare vicini
alle persone e credo che anche noi dovremmo fare altrettanto con loro. Ne ho
visti diversi rincasando o al mattino presto e non ho mai riscontrato nessun
tipo di problema».
Non è dello stesso avviso invece Marina Scilimati, che abita in via Pasteur:
«Ogni mattina, quando vado a prendere il bus, vicino alla fermata vedo passare
regolarmente anche dieci cinghiali, spesso molto grossi, dal mio punto di vista
un vero e proprio pericolo sia per gli automobilisti che per le persone. Inoltre
– prosegue la Scilimati - vedo che la gente continua a dare da mangiare a questi
animali che si avvicinano sempre più alle nostre case distruggendo tutto quello
che incontrano». Abbatterli potrebbe essere dunque la soluzione come paventato
anche dall’amministrazione provinciale? «No, credo di no, ma certo è che bisogna
prendere assolutamente dei provvedimenti concreti».
Nella zona di Rozzol-Melara si reca anche Claudio Valentini: «Spesso si è
sentito parlare di cinghiali al Ferdinandeo o addirittura a San Luigi. Ora sono
arrivati nel comprensorio. Personalmente posso solo dire che spero che qualche
imbecille non si prenda la briga di sparare a questi animali, che probabilmente
a causa del crudo inverno di questa particolare annata stanno andando alla
ricerca di cibo altrove rispetto alle loro zone abituali». Sulla stessa
lunghezza d’onda il commento di Marisa Rapagna, anche lei residente in via
Pasteur: «Li ho visti spesso mentre attendevo il bus 25, ma non mi fanno alcuna
paura. So che molte persone lasciavano frutta e pane per questi animali: questi
potrebbero creare un pericolo per il traffico, ma non certo per i pedoni.
Proprio l’altro giorno mio marito ne ha visti un paio attraversare la strada,
segnale comunque che la zona è soggetta alla presenza di queste bestie».
Più cauto invece Mauro Puntar: «Io non li ho mai notati qui in giro, in compenso
ho visto spuntare all’improvviso dei caprioli e ho davvero temuto di fare un
incidente. So che per quanto riguarda i cinghiali si è parlato anche di
abbattimento. Io proporrei invece di mettere delle ampie zone recintate grazie
alle quali sia garantita la nostra e la loro sicurezza. Ad ogni modo incontrare
dal vivo dei cinghiali mi desterebbe sicuramente un po’ di paura, più che altro
per il timore di essere caricato».
Riccardo Tosques
«Guardie volontarie per l’ambiente» - L’idea
di Ambiente e è vita: «Potrebbero operare in Carso, anche a cavallo» - NUOVA
STRUTTURA DELL’ASSOCIAZIONE
Guardie ecologiche volontarie per tutelare l'equilibrio
faunistico e ambientale del Carso. È la proposta dell'associazione "Ambiente e è
vita". «Pensiamo a volontari privi di armi- ha spiegato Sergio Bisiani,
segretario regionale dell'Associazione dal 1998 e ora coordinatore nazionale del
Comitato tecnico scientifico dell'Associazione - riconoscibili grazie a una
divisa o un tesserino che, grazie a una convenzione con gli enti locali,
potrebbero diventare pubblici ufficiali. Dovrebbero ispezionare il Carso,
denunciando chi viola le regole di tutela ambientale e degli animali,
fotografando situazioni di rischio e reato, chiamando le forze dell'ordine».
Seguendo la Puglia, dove operano le guardie ecologiche a cavallo, Bisiani ha
parlato di «possibilità di riproporre l'esperienza sul Carso».
”Ambiente e è vita" ha subito una profonda trasformazione organizzativa,
assumendo una connotazione federale «grazie alla quale ogni regione dispone di
maggiore autonomia». "Ambiente e è vita" collabora con l'associazione "Crescere
insieme" che in città ha chiesto una spiaggia per i cani.
Bisiani, accanto alla nuova segretaria regionale, Luisa Polli e a quello
provinciale, Andrea Humar, ha parlato anche dei problemi dell'area ex Esso: «Per
metterlo in sicurezza e favorire l'insediamento di nuove attività produttive su
quel sito bisogna pensare a un contenimento sotterraneo e non solo di
superficie».
(u. s.)
«Ferriera, la centrale non garantisce gli operai» -
Sindacati scettici: nessun progetto concreto, resta irrisolto il nodo dei posti
di lavoro
I COMMENTI DOPO L’INCONTRO TRA SINDACO E VERTICI
AZIENDALI
«Ma ci pensa qualcuno alle maestranze?». Profondo scetticismo tra i
sindacati dopo il confronto tra il sindaco Dipiazza e i vertici di
Severstal-Lucchini. Dito puntato contro le istituzioni, «ree» di «parlare senza
rendersi conto della realtà». Una realtà semplice, secondo i rappresentanti
della categoria: i posti «eventualmente garantiti dalla nuova centrale elettrica
o dal rigassificatore non sono sufficienti a coprire l’occupazione del comparto
siderurgico triestino». All’origine della polemica, il fatto che per l’ennesima
volta i sindacati sarebbero stati messi davanti a ipotesi progettuali già
concordate. «Ancora nessuno si è seduto a un tavolo né siamo stati convocati per
discutere la riconversione - esordisce Enzo Timeo, segretario Uilm -. Non riesco
a dimostrarmi favorevole a proclami che annunciano una soluzione occupazionale
quando chi parla non sa nemmeno cosa sta dicendo. L’unica a comportarsi bene è
l’azienda, che guarda però ai profitti. Questa nuova ipotesi potrà garantire
solo una decina di posti stabili, tutti gli altri operai verranno impiegati per
un paio d’anni nelle bonifiche e poi resteranno a spasso». Concorde Antonio
Saulle, Fiom-Cgil: «Dal 2001 chiediamo un tavolo per discutere il piano di
riconversione della Ferriera, senza avere risposta». «Nulla di concreto - così
Franco Palman delle Rsu Uilm -: invece di affrontare i problemi si sparigliano
le carte. La Cigo farà perdere risorse rappresentate dai contrattisti a termine:
non è possibile che a pagare siano i più deboli».
Interviene il consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli: «La richiesta
dei lavoratori di non perdere nemmeno un euro è più che legittima. Questa crisi
ci può servire per non arrivare al 2015 impreparati e far pagare nuovamente ai
lavoratori situazioni che altri devono decidere». Decarli propone che il sindaco
«incarichi un membro della giunta o un professionista esterno di seguire tutti i
processi di trasformazione esistenti che potrebbero essere il trampolino di
lancio per lo sviluppo della città».
L’ultima stoccata (riferita a Sergio Lupieri e a Stefano Alunni Barbarossa) è a
«un paio di consiglieri regionali dell’opposizione che per pura e gretta ricerca
del consenso hanno voluto rendere pubblica la loro istanza alla Regione di
rigettare la richiesta di proroga avanzata dalla Lucchini per effettuare i
lavori sull’Afo 3, non conoscendo gli argomenti in piedi né dal punto di vista
ambientale, né occupazionale e tanto meno tecnico».
(ti.ca.)
CSV - il volontariato - CENTRO SERVIZI
Nel gennaio 1994 uscì il «Portolano di psicologia» che
come tutti i moderni dizionari raccoglie i lemmi fondamentali della disciplina.
Fra questi c’è pure l’impresa sociale o meglio «dall’analisi dell’organizzazione
del lavoro al pensiero strategico». Lo scrissi io e mi permetto di ricordarlo
perché desidero rammentare che la frattura ideologica fra Stato e mercato si può
ricomporre in parte nella pratica (non nel potere). Il riferimento vale anche
per ricordare che allora come oggi bisogna dubitare di chi si definisce «impresa
di solidarietà» (o anche «impresa sociale»). Su questa falsariga ho avanzato
critiche puntali alla conduzione del Centro servizi volontariato della Regione e
ho preso le parti di Andino Castellano eletto al consiglio direttivo dal
volontariato triestino ma ciononostante cacciato dalla vicepresidenza. Oggi il
volontariato di Trieste ha una nuova sede, appariscente e composita e senza
barriere architettoniche, in galleria Fenice e un distaccamento aggiuntivo in
via San Francesco. Siamo partiti nel dire che le persone disabili non potevano
accedere alla sede e dunque ai servizi e siamo arrivati al tanto. L’azione di
Andino ha dato i frutti sperati ma anche la direzione ha lavorato alacremente. E
molti altri. Perché non continuare, procedendo nella trasparenza, nella
partecipazione, nella valorizzazione del volontariato affidando ad esso compiti
seri che possono andare dai budget di cura a presenza di maggiore rispetto?
Siamo perfettamente consapevoli che il Csv non è per niente «volontariato» – si
è iscritto senza deliberazione assembleare all’albo della promozione sociale,
continua a non far leggere i verbali cioè le deliberazioni perché un consulente
l’ha equiparato ad un’azienda di capitali – ma ciò non toglie che possa maturare
un pensiero strategico in tale direzione. Se eviterà altre arroganze e una
sicura confusività non sarà niente male. Ma per far ciò si ha bisogno non tanto
di una rete quanto di vere relazioni fra volontari diversi. E un’attenzione più
mirata da parte della politica che è facilmente seducibile dalle intimità
fredde, quelle che fondano l’ontologia emozionale. Come molti, del resto, come
la società dello spettacolo...
Augusto Debernardi
IL PICCOLO - VENERDI', 20 febbraio 2009
Scuole, previsti altri 15 milioni di spesa - SARA’ LA
VOCE PIU’ CONSISTENTE DEGLI INTERVENTI DI QUEST’ANNO
Maledetta vecchiaia. C’è proprio la vetustà del patrimonio
immobiliare del Comune dietro alle massicce iniezioni di fondi necessari a far
fronte alle continue emergenze. Un dato dietro al quale, peraltro, l’assessore
Bandelli trova anche motivi di conforto. «Nel 2008 abbiamo speso molto
soprattutto per la manutenzione delle scuole, ed è la cosa che mi dà più
soddisfazione, visto che eravamo stati attaccati per il nostro apparente
disinteresse. La verità è che facciamo miracoli per stare dietro alle richieste.
L’anno scorso sono state 8915, siamo riusciti a soddisfarne un terzo, 2465, e lo
considero un grande successo! Quest’anno, poi, posso anticipare che solamente
per le scuole è già prevista una spesa di 15 milioni di euro, tre milioni in
più, cioè, dell’intero bilancio 2008».
Più contenuta, in effetti, la spesa per l’edilizia scolastica effettuata
nell’anno passato. Aveva monopolizzato circa 3 milioni di euro, compresi gli
interventi effettuati nei ricreatori. I lavori sono stati effettuati agli asili
nido (di via Veronese, di via Manzoni, via Caboro e dell’Edera), alle scuole
materne delle vie Mamiani e Puccini, piazzale Monte Re), alle elementari
Milcinski (foto), Lona, don Milani, Longo, Mauro, Pittoni e Rossetti, alle medie
inferiori Addobbati, Caprin, Divisione Julia, Codermatz, Corsi e Dante, e hanno
anche interessato le palestre scolastiche di Brunner, Roli, Rossetti e Svevo,
oltrwe che, come anticipato, i ricreatori (Gentili, Lucchini, Coboldi, de Amicis
e Ricceri, e altri locali di refezione scolastica nelle vie del Cerreto e
Mamiani.
Il direttore dell’Area Giampiero Tevini e le direttrici dei Servizi manutenzione
edilizia ordinaria, Antonia Merizzi, e straordinaria, Lucia Iammarino hanno
convenuto sull’ottimo funzionamento di Global service, che, previa chiamata a un
call center è in grado di gestire richieste di manutenzione urgente con
pochissimo preavviso e in tempi ridotti.
(f.b.)
Intercettazioni Noava difeso dagli ecologisti - IL
«GRANDE ORECCHIO»
TRIESTE Cittadini e Italia dei Valori insistono del
chiedere chiarezza mentre gli ambientalisti si pongono a difesa del tanto
discusso Noava.
Il Nucleo operativo per l’attività di vigilanza ambientale, salito agli onori
della cronaca come possibile covo di intercettazioni telefoniche eccellenti (ma
non autorizzate) continua a fare discutere. Sul piano politico il gruppo
consiliare Cittadini–Idv ha annunciato che presenterà una mozione da discutere
nella prossima seduta del Consiglio regionale, in programma dal 3 al 5 marzo, e
chiedono chiarezza, anche alla luce del fatto che il Nucleo è stato istituito
con una delibera della Giunta regionale dell’ottobre del 2002, quando presidente
della Regione era Renzo Tondo e assessore alle risorse forestali l’attuale
capogruppo della Lega, Danilo Narduzzi.
«È necessario capire cos’è successo e se, come sembra, qualcosa è sfuggito al
controllo delle istituzioni» afferma il capogruppo di Cittadini–Idv, Piero
Colussi, sottolineando come «la chiarezza è necessaria su tutti i fronti,
tenendo conto del fatto che il Noava è stato istituito da Tondo ma anche che per
cinque anni a governare c’era la giunta Illy».
«Anche oggi – aggiunge Colussi con il vicecapogruppo Alessandro Corazza - il
senatore Ferruccio Saro torna sulla questione del Noava, rendendo noto
attraverso la stampa di aver depositato una terza interrogazione al ministro
della Giustizia, Angelino Alfano. Adesso, però, basta far melina. Se, come fa
intendere, Saro sa chi e come è stato intercettato illegalmente, allora è
arrivato il momento che vada alla Procura della Repubblica e anche il presidente
Tondo deve avvertire l’esigenza di fare immediata chiarezza e di andare oltre
l’intenzione, pur condivisa ma ancora insufficiente, di chiudere il centro
d’ascolto».
La volontà di Tondo di chiudere il «Grande orecchio» regionale non trova
d’accordo gli ambientalisti. In una nota congiunta, Wwf, Lipu, Legambiente,
Italia Nostra, Lav e Lac del Friuli Venezia Giulia, affermano che le intenzioni
del presidente «fanno trasparire un messaggio: meno tutela per l’ambiente e per
gli abitanti della Regione». Secondo il portavoce della «battaglia»
ambientalista a favore del Noava, Ilario Zuppani (Lipu) «le importanti indagini
svolte dal Noava sui lucrosi traffici illeciti di animali selvatici e domestici,
nonché quelle sui traffici dei rifiuti, hanno interrotto alcune importanti
attività criminali ma evidentemente hanno anche infastidito alcuni politici
locali». Gli ambientalisti si chiedono «come pensa l’amministrazione regionale
di contrastare questo tipo di reati, commessi da associazioni criminali che
spesso hanno molti mezzi e pochi scrupoli?» e propongono di «rafforzare il Noava
e la vigilanza ambientale. Ciò non toglie che, nel caso emergano irregolarità
commesse dai singoli, si debba procedere secondo quanto stabilito dalla legge,
il che non implica la necessità di annullare in toto un nucleo dalle elevate
professionalità e potenzialità».
Roberto Urizio
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 19 febbraio 2009
I segreti dell'acqua e mici verdi - l'esperto risolve i
vostri dubbi - INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF
Seconda tranche di risposte ai quesiti dei lettori sui consumi
sostenibili.
Dal prossimo mese lo specialista ambientale affronta
efficienza energetica e gestione dei rifiuti
ROMA - Prodotti quotidiani, a iniziare dall'acqua minerale e la carta
stagnola, ma anche alcune curiosità molto particolari come la lettiera per gatti
più ecologica. Dopo la prima tranche di risposte dell'esperto del Wwf Eva Alessi,
a Repubblica.it sono arrivati moltissimi altri quesiti. Con le spiegazioni che
seguiono il capitolo della sostenibilità dei consumi si chiude. Il prossimo mese
a rispondere alle domande dei lettori sarà Massimiliano Varriale, che per
l'associazione ambientalista segue i temi dei rifiuti e del risparmio energetico
tra le mura domestiche. A lui potrete indirizzare i vostri interrogativi sulla
scelta degli elettrodomestici più efficienti, i sistemi di riscaldamento
migliori, la raccolta differenziata e le fonti rinnovabili. Proprio il prossimo
mese - per l'esattezza il 28 marzo - il Wwf promuove l'appuntamento con l'Earth
Hour-l'Ora della Terra per incoraggiare singoli individui, comunità, città,
aziende, istituzioni al tema del risparmio energetico. Le domande su questi
argomenti possono essere spedite via posta elettronica all'indirizzo v.gualerzi@repubblica.it
Vincenzo Calo e Matilde Castiglione hanno formulato domande relative all'impatto
ambientale dell'uso di acqua minerale, sulle loro qualità e sulla reale
sicurezza di quella che esce dai nostri rubinetti.
Cari Matilde e Vincenzo, avendomi voi posto domande che riguardano un unico
tema, quello delle acque minerali e destinate al consumo umano, unisco le
risposte in modo da fornire, a voi e ai lettori interessati, un quadro più
completo della questione. Una trattazione esaustiva del tema, vista la
complessità della legislazione corrente, avrebbe richiesto spazi e tempi non
compatibili con questa rubrica. Rimando a quanti interessati approfondimenti sui
testi di legge e sui siti specialistici (ISS, ARPA, ASL, ecc.).
Oggi in Italia sono presenti sul mercato circa 250 marche di acque minerali
naturali con un incremento costante della produzione, arrivato a un consumo
medio annuo pro-capite di 178 litri, tra i più alti in Europa e nel mondo.
Questo perché in molti ritengono, ingiustificatamente a mio avviso, che l'acqua
imbottigliata sia più pura e immune dall'inquinamento di quella del rubinetto.
É invece un dato di fatto come l'acqua imbottigliata sia molto più costosa di
quella potabile e, ancor più grave, determini un enorme aumento dei cicli di
produzione e smaltimento dei contenitori in plastica (solitamente in PET, la
bottiglia e in differente polimero, il tappo), nonché un inquinamento dovuto
alle operazioni di trasporto, principalmente effettuate su gomma. Dal punto di
vista della sostenibilità ambientale è assolutamente insensato trasportare, per
i normali consumi familiari, bottiglie di acqua da una parte all'altra del
nostro Paese spostandole per migliaia di chilometri così come altrettanto
insostenibile appare la mole di rifiuti che ogni anno deve essere gestita,
spesso con operazioni di smaltimento fortemente impattanti.
La migliore acqua da bere non si trova necessariamente in una bottiglia, se
vogliamo bere acqua pura dobbiamo porre maggiori sforzi nel proteggere fiumi,
laghi e falde idriche e investire in modo che tale acqua arrivi in modo sicuro
al consumatore attraverso i rubinetti.
Le acque minerali naturali vengono definite "acque che, avendo origine da una
falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o
perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari ed eventualmente,
proprietà favorevoli alla salute".
Il consumatore che intende acquistare acqua minerale deve leggere attentamente
l'etichetta verificando i valori che più si adattano alle proprie esigenze. Ad
esempio, per i lattanti e i neonati, i requisiti di scelta dell'acqua riguardano
acque minimamente mineralizzate e caratterizzate dalla quasi assenza di nitrati.
Ancora, acque minerali: "ferruginosa o contenente ferro" sono indicate nelle
anemie da carenza di ferro, "magnesiaca" nella prevenzione dell'arteriosclerosi
(perché, come quelle contenenti litio e potassio, induce una dilatazione delle
arterie); "sodica", utile per chi pratica sport, ecc.
Qual è la sostanza migliore per riempire la lettiera del gatto. Le comuni
sabbiette vanno comunque smaltite nella spazzatura, aumentandone il volume, ma
la segatura viene dagli alberi quindi... c'è qualcosa a minor impatto
ambientale?
Virginia
Cara Virginia, la funzione della lettiera è principalmente quella di miscelarsi
alle deiezioni prodotte dagli animali (gatti e non solo) rimanendo
sufficientemente asciutta e friabile. Esistono in commercio moltissimi tipi di
sabbie per lettiera, da quelle in silicio a quelle in fibre vegetali, molte
delle quali con profumazioni chimiche, ideate per i proprietari più che per i
gatti. Tra i prodotti che hanno le migliori prestazioni ambientali c'è
sicuramente il terriccio, buona soluzione dal punto di vista ecologico, ma con
capacità assorbente limitata e non perfetta igiene, soprattutto per i gatti
d'appartamento. Lo stesso dicasi per la comune segatura per la quale
generalmente si impone una sostituzione totale pressoche quotidiana. Terriccio e
segatura hanno però il grande vantaggio di poter essere recuperate attraverso
pratiche di compostaggio, trattandosi di materiali organici.
In appartamento (al parere scientifico aggiungo quello di proprietaria di 2
amatissimi gatti) sono solitamente preferibili quelle agglomeranti in argilla
naturale non trattata che, seppur non recuperabili (da smaltire quindi nella
raccolta indifferenziata), riescono a garantire condizioni igieniche più idonee
alla convivenza tra esseri umani e gatti.
E' preferibile cucinare al forno in una teglia cibi tipo arrosto e poi
utilizzare molta acqua per scrostare e lavare la teglia oppure foderare la
teglia con un foglio di alluminio così da non avere un forte consumo d'acqua ma
una pallottola di alluminio sporco che non so se è riciclabile?
Lucia
Gentile Lucia, dal punto di vista ambientale non è consigliato a priori l'uso
dell'alluminio come materiale di interposizione nella cottura, a causa
dell'elevata quantità di energia necessaria a produrlo. In alternativa
all'alluminio, ove necessario e idoneo, può essere utilizzata la carta da forno,
che però va gettata dopo l'uso nel cassonetto indifferenziato. Per ridurre
l'incidenza delle parti bruciacchiate che, anche dal punto di vista della
salute, indicano la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, tossici e
potenzialmente cancerogeni, è opportuno ungere in maniera adeguata e uniforme il
fondo e le pareti delle teglie e pirofile e mantenere appropriati tempi e
temperature di cottura. Una buona pratica di lavaggio, inoltre, che preveda un
ammollo con acqua calda (e senza l'aggiunta di sapone) facilita la pulizia delle
stoviglie senza sprechi d'acqua permettendo di contenere il ricorso a materiali
di interposizione tra cibo e tegame stesso.
Cosa possiamo fare per ridurre i rischi di accumulo di sostanze tossiche nel
nostro organismo?
Gianluca Gulluni
Salve Gianluca, le sostanze chimiche di sintesi costituiscono parte integrante e
vitale dello stile di vita moderno. Sono, infatti, presenti in una vasta gamma
di prodotti di consumo - dai mobili, ai capi d'abbigliamento, ai prodotti per
l'igiene e la cura della persona, agli elettrodomestici, agli interni di
autoveicoli fino ai prodotti per la pulizia degli ambienti. Sebbene abbiano
senza dubbio migliorato la qualità della vita, molte sostanze chimiche
possiedono proprietà indesiderate: possono essere nocive per la salute,
persistere nell'ambiente e bioaccumularsi nell'organismo di animali selvatici e
uomo. Tali proprietà ne hanno permesso un'estrema diffusione che ha oltrepassato
i confini e le frontiere avendo raggiunto gli ecosistemi di tutto il mondo,
anche i più remoti. Le vie di esposizione ai contaminanti sono molte e diverse,
in ogni caso, per gli uomini come per la fauna selvatica, la principale rimane,
in particolare le sostanze persistenti e bioaccumulabili, l'alimentazione.
Il Wwf ha pubblicato diversi rapporti sulla natura e la portata della
contaminazione chimica nell'uomo e nella fauna selvatica (disponibili a questo
indirizzo) che le suggerirei di consultare. Inoltre, non potendo in questa sede
dilungarmi eccessivamente, le comunico che tra qualche giorno sarà appositamente
aggiunto all'indirizzo internet sopra citato uno specifico documento con facili
consigli applicabili nella vita quotidiana.
Distributore di detersivi alla spina
Ecco le ultime risposte di Eva Alessi ai dubbi dei lettori di Repubblica.it
sull'impatto ambientale dei nostri consumi. Dal prossimo mese l'esperto del Wwf
Massimiliano Varriale risponde alle domande sui rifiuti urbani e il risparmio
energetico tra le mura domestiche. A lui potrete rivolgere i vostri
interrogativi sulla scelta degli elettrodomestici più efficienti, i sistemi di
riscaldamento migliori, la raccolta differenziata e le fonti rinnovabili. Le
domande su questi argomenti possono essere spedite via posta elettronica
all'indirizzo email2.
I lettori Giovanni Campolo e Alessandro Lovato ci hanno rivolto domande sulla "ecologicità"
dei detersivi biodegradabili, sull'impatto ambientale delle loro confezioni e
sulla possibile alternativa rappresentata dai prodotti "alla spina".
Gentili Giovanni e Alessandro, gli imballaggi sono una componente dominante
della quantità totale di rifiuti che produciamo; in quest'ottica la proposta dei
detersivi alla spina (in cui i consumatori si recano nei punti vendita muniti di
un contenitore che poi riempiranno grazie al sistema dei dispenser) punta a
ridurre i contenitori necessari, semplicemente permettendone il riutilizzo.
Oltre ai detersivi questo sistema dovrebbe estendersi a latte, pasta, acqua
minerale e quant'altro. Occorre, infatti, investire nella prevenzione della
produzione di rifiuti, disincentivando la creazione e l'uso di prodotti usa e
getta. Questo permetterebbe di ridurre i costi energetici e ambientali di
produzione, smaltimento e trasporto.
A peggiorare la situazione sussiste quanto da voi giustamente sottolineato ossia
l'abuso di imballaggi per singolo prodotto (ad esempio, le confezioni di
merendine presentano mediamente 3 strati: plastica esterna, cartone intermedio,
plastica a contatto con l'alimento, per non parlare poi di alcune creme per
viso); il fatto che alcune tipologie di imballaggio siano realizzate in
materiali assai diversi tra loro e di difficile separazione (vedi, ad esempio, i
poliaccoppiati in carta, plastica e alluminio dei contenitori di succhi di
frutta, latte, passata di pomodoro), il fatto che spesso si tratti di materiale
non riciclato... scelte industriali e di mercato che rafforzate dalle decisioni
individuali a loro volta indotte spesso dalle pressioni pubblicitarie
determinano un circolo vizioso da cui è difficile uscire.
Spesso inoltre la sostenibilità dell'imballaggio non rispecchia quella del
contenuto o viceversa: alimento biologico avvolto in eccesso di imballaggi;
contenitore in materiale riciclato o biodegradabile e contenuto non
particolarmente virtuoso. In questo ginepraio, al di là degli indirizzi
aziendali, l'individuo può orientare il mercato attraverso le sue scelte:
prodotti alla spina, prodotti sfusi o con imballaggi ridotti e facilmente
riciclabili, se possibile formati famiglia più che monodosi.
In merito all'ecologicità di certi prodotti, bisogna essere cauti: spesso i
termini "ecologico" e "naturale" vengono volutamente abusati, ossia utilizzati
in modo improprio e, in taluni casi, ingannevole. I detersivi abitualmente
contengono composti chimici che possono essere tossici, bioaccumulabili e
persistenti, caratteristiche che determinano danni all'ambiente e alla salute.
Per questi motivi è, prima di tutto, importante orientare le proprie scelte su
quei prodotti, ad esempio, senza fosforo e fosfati, con elevata biodegradabilità
(superiore al 95%), con tensioattivi e sbiancanti di derivazione naturale,
profumazione a base di oli essenziali di origine vegetale, ricordando sempre che
nonostante l'ecologicità di certi prodotti, questi possono inquinare mari, laghi
e fiumi e dunque occorre non eccedere nell'uso.
Desidereri sapere se esistono studi riguardo la presenza di pesticidi e/o
aflatossine in alcuni alimenti di largo consumo come pani integrali di segala e
crusca, frutta secca o tostata e salata...
Pietro Rispoli
Gentile Pietro, in Italia i monitoraggi relativi alla Sicurezza degli Alimenti
(sia di origine vegetale sia animale) sono coordinati dal Ministero del Lavoro,
Salute e Politiche Sociali, Direzione Generale Sicurezza degli Alimenti e
Nutrizione. Dal sito del ministero è possibile scaricare ogni anno i resoconti
di questi monitoraggi, condotti prevalentemente dalle Arpa, dagli istituti
zooprofilattici e dalle Asl. I controlli si sviluppano lungo tutta la filiera
produttiva, dalla produzione primaria alla trasformazione, magazzinaggio,
trasporto e commercio, fino alla somministrazione e al consumo.
L'indagine prevede accertamenti completi sul prodotto, attraverso ispezioni,
campionamenti e analisi di laboratorio, sopralluoghi nell'ambito dell'ambiente
di produzione e indagini sul personale addetto, nonché controlli
sull'applicazione dei programmi che le aziende predispongono per
l'individuazione dei punti critici della catena produttiva (HACCP).
Il Dott. Gianluca Tognon, biologo e consulente dell'Istituto di Prevenzione
Oncologica di Firenze, che ha collaborato nella redazione della risposta su un
argomento così specifico e specialistico, afferma tra le altre cose che:
"Attualmente sono disponibili i risultati derivanti dai monitoraggi fino
all'anno 2007. Nell'ultimo rapporto, risultano particolarmente interessanti, per
quanto riguarda le micotossine, i risultati ottenuti dagli Istituti
zooprofilattici e dalle Arpa che sono stati condotti su 110.773 campioni e che
hanno rivelato infrazioni in 3.297 prodotti (poco meno del 3%). In particolare,
risultavano irregolari 390 prodotti a base di cereali su 10.829 analizzati
(3,6%), 138 campioni di frutta secca oleosa su 2.009 (6,9%), 81 campioni di
prodotti ortofrutticoli su 6.558 analizzati (1,2%). Di queste irregolarità (che
riguardavano contaminanti, problemi di etichettatura, o composizione chimica non
adeguata) il 4,5% era imputabile a contaminazione eccessiva da micotossine
(quindi una percentuale molto bassa).
Per quanto riguarda invece i controlli relativi all'individuazione di residui di
prodotti fitosanitari negli alimenti di origine vegetale, è risultato che su
3.656 campioni di frutta analizzati, il 48,4% dei campioni conteneva residui di
uno o più fitofarmaci, ma solo l'1,4% del totale ne conteneva in misura
superiore ai limiti di legge. Per quanto riguarda la verdura, il 17% dei
campioni analizzati conteneva uno o più residui, con lo 0,7% del totale di
prodotti che non era a norma di legge. Infine i cereali, dove il 16,2% dei
campioni conteneva residui con uno 0,2% di tutti i prodotti analizzati non a
norma.
É da sottolineare che i limiti di legge vengono calcolati per singolo pesticida,
mentre è difficile effettuare una valutazione tossicologica complessiva, che
tenga in considerazione gli effetti sinergici dovuti alla contaminazione
contemporanea di più composti, come è invece possibile effettuare per le
diossine. A tale proposito, l'ultimo monitoraggio pubblicato sul sito
dell'Unione Europea ribadisce come una probabile spiegazione della riduzione con
gli anni del numero di campioni che superano i limiti massimi consentiti sia
proprio la pratica sempre più comune di aumentare il numero di fitofarmaci
utilizzati, riducendone le dosi applicate. Questo spiegherebbe anche l'aumento
dei campioni che presentano più residui. Si rende quindi necessaria una maggiore
attenzione a questo fenomeno per i potenziali effetti sinergici (non facilmente
prevedibili) dovuti all'esposizione a più composti contemporaneamente.
Ricordiamo infine che il 1 settembre 2008 è entrato in vigore il Regolamento
Europeo n. 396/05 che ha armonizzato la definizione dei limiti massimi
consentiti (LMR) nei prodotti alimentari nei Paesi membri dell'Ue. In molti
casi, ad esempio, si è infatti osservato che la quantità di pesticida necessaria
in agricoltura è di gran lunga inferiore al massimo livello considerato ancora
sicuro. In simili situazioni, il LMR è fissato al livello inferiore, così da
garantire che sia utilizzata solamente la quantità minima necessaria.
Interessanti saranno dunque i risultati dei monitoraggi che verranno condotti in
seguito a questa importante novità.
Dalla ditta che stampa pieghevoli mi sono sentita dire se preferivo carta
normale riciclata o sbiancata senza cloro? Quale di queste ha impatto minore nei
confronti della natura?
Anna Villa
Cara Anna, posto che oggi molti tipi di carta sono sbiancati senza cloro, alla
luce dei gravi danni ambientali provocati da questo processo in passato,
generalmente è preferibile orientare le proprie scelte verso la carta riciclata.
Questa, infatti, nel corso del suo ciclo di vita presenta mediamente impatti
sensibilmente più bassi rispetto all'utilizzo di carta da cellulosa pura.
L'utilizzo di carta riciclata permette dunque non solo di ridurre l'impiego di
materie prime (di cellulosa e, quindi, di legno) ma anche di risparmiare energia
e acqua nei processi produttivi. Ad esempio, ogni foglio bianco di carta A4 (80
g/m2) incorpora 10 litri di acqua mentre un foglio in carta riciclata arriva a
contenerne fino al 75% in meno. Non solo acqua: sussiste una differenza tra le
due tipologie di carta anche rispetto alle emissioni di anidride carbonica; la
carta riciclata ha emissioni medie pari a circa la metà di quella non riciclata.
Vorrei un consiglio. Ieri ho acquistato uno stampo da torte in silicone: non
sarà per caso un materiale che al momento in cui viene introdotto in forno per
la cottura delle torte emana una qualsiasi sostanza tossica?
Francesca
Le pentole, le teglie e altri contenitori impiegati per la cottura dei cibi sono
prodotti in una notevole varietà di materiali che talvolta possono far insorgere
problematiche relative alla cessione di sostanze tossiche dal contenitore al
contenuto. Generalmente si tratta di quantità molto ridotte di queste sostanze
che, sebbene regolamentate da normative, presentano spesso dati tossicologici
relativi agli effetti dell'esposizione non completi, soprattutto per quel che
riguarda l'esposizione cronica. Gli stampi in gomma siliconica, peraltro molto
di moda negli ultimi anni grazie anche ad un design spesso colorato e
accattivante, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche sembrano essere
costituiti da un materiale abbastanza inerte; il silicone dovrebbe, infatti,
possedere caratteristiche di stabilità e non liberare sostanze nocive.
Devo però dire che al momento, da quanto mi risulta, non sono presenti sul
silicone studi scientifici che ne confermino la non tossicità nel momento in cui
lo si utilizza ad alte temperature e per tempi prolungati. Da indagini
pubblicate da Altroconsumo si evidenziano alcune criticità correlate
principalmente al primo utilizzo dello stampo, durante il quale si
verificherebbe una migrazione di sostanze tossiche. L'associazione stessa
suggerisce come un lavaggio accurato dello stampo possa ridurre tale rischio,
regola che ritengo buona prassi generale.
Sebbene sia consapevole di alcuni vantaggi di questi stampi (sono infrangibili,
flessibili, pratici, versatili) ritengo che il vetro (e nello specifico le
pirofile in Pirex) rappresenti un materiale sicuro dal punto di vista
igienico-sanitario e dal punto di vista delle problematiche di cessione al
prodotto, senza considerare che è un materiale più facile di altri da riciclare.
Giudizio altrettanto positivo può essere espresso nei confronti di buone pentole
in acciaio inox, praticamente eterne.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 febbraio 2009
Ferriera, all’ex Esso la nuova centrale elettrica - La
collocazione in un’area in concessione al Comune vicina a quella del
rigassificatore
CONFRONTO TRA DIPIAZZA E I VERTICI DELL’AZIENDA
La location del progetto energetico targato Severstal-Lucchini - quello
della futura centrale elettrica di nuova generazione da 400 megawatt e 250-300
milioni d’investimento - potrebbe essere dirottata dall’attuale zona dell’ex
acciaieria della Ferriera verso un pezzo di demanio portuale in area ex Esso,
oggi in concessione al Comune. A metà strada tra un impianto che esiste già,
l’inceneritore di via Errera, e un altro in odore di realizzazione, il
rigassificatore. Così il frontemare di Servola, non appena si chiudesse la
partita della progressiva dismissione dello stabilimento siderurgico, sarebbe
libero per la piattaforma logistica, le cui fondamenta sono quel cordone di
contenimento a mare inserito nel primo step dell’accordo di programma sulle
bonifiche.
Non solo. La vicinanza tra Gas Natural e la centrale Lucchini potrebbe
sbrogliare uno dei nodi ambientali, innescando una simbiosi accattivante anche
economicamente: l’acqua fredda sputata dal rigassificatore anziché finire in
mare verrebbe usata per il raffreddamento della centrale. E la centrale, di
rimando, cederebbe l’acqua calda per la ritrasformazione dello stato chimico del
gas.
L’INCONTRO Un’ipotesi di progetto, questa, su cui si sono confrontati ieri sera
- mentre si avvicinano i due mesi e mezzo di cassa integrazione per circa 500
lavoratori causa l’annunciato stop all’altoforno 2 - il sindaco Roberto Dipiazza,
l’amministratore delegato della Servola Francesco Rosato e il direttore delle
relazioni esterne di Lucchini Francesco Semino.
LE REAZIONI Dall’incontro però, non sarebbe uscita una boutade come altre. E
neppure un mero gentlemen's agreement: «Si tratta di qualcosa di più - così
Dipiazza - è un progetto che inizia adesso e che intendiamo portare in tempi
brevi all’attenzione di Regione, Provincia e Autorità portuale per la chiusura
di un protocollo d’intesa da sottoporre poi a Roma. Finisse in estate l’iter
locale, e finisse entro l’anno l’iter nazionale, la centrale potrebbe essere
pronta attorno al 2012 perché già si sa che a Lucchini servirebbero a quel punto
24-30 mesi per realizzare l’impianto». «Si sta lavorando in varie direzioni -
gli fa eco Semino - per cercare di trovare la soluzione ottimale da più punti di
vista, compreso quello ambientale. Certo è che se arrivasse il rigassificatore
si metterebbbero in moto dei risvolti positivi».
GLI SCENARI A regime, la centrale elettrica dovrebbe dare lavoro a circa 150
lavoratori tra diretti e indotto. Altrettanti troverebbero spazio tra
rigassificatore e piattaforma logistica. Ma tra cantieri e bonifiche il numero
dovrebbe essere di molto superiore: la sola Lucchini ha già dichiarato di
prevedere dai 200 ai 600 addetti, per una media continuativa di 400, in fase di
costruzione del suo impianto. «Tra una cosa e l’altra potremmo riempire la
bisaccia», si augura Dipiazza.
I FRONTI APERTI Il rilancio industriale e occupazionale, pare di capire, per il
Municipio si gioca su quattro fronti. Primo: il controverso accordo sulle
bonifiche Stato-Regione ora al vaglio degli enti locali, per lo start-up della
piattaforma logistica. Secondo: l’atteso via libera congiunto dei ministri Bondi
e Prestigiacomo per il rigassificatore. Terzo: il trasloco della centrale di
Lucchini accanto all’inceneritore. Quarto: il ruolo di AcegasAps, da coinvolgere
nel progetto Lucchini. «Ne parlerò nei prossimi giorni al presidente Paniccia»,
anticipa in proposito Dipiazza.
PIERO RAUBER
«Ronde» di ispettori sui treni dei pendolari - La
Regione effettuerà controlli a sorpresa: multe a Trenitalia in caso di sporcizia
o di ritardi
NEL CONTRATTO DI SERVIZIO PREVISTA UNA CLAUSOLA A
TUTELA DEI PASSEGGERI
TRIESTE La Regione manderà le «ronde» sui treni del Friuli Venezia Giulia: i
controllori, rigorosamente in borghese, verificheranno sul campo la funzionalità
del trasporto ferroviario e, nel caso di ritardi, sporcizia o mancato rispetto
dei patti, faranno partire multe da migliaia di euro.
IL CONTRATTO In attesa della firma definitiva del contratto di servizio con
Trenitalia, dunque, la Regione affina le armi contro i disservizi su rotaia e
prevede la presenza di «agenti in borghese» sui treni: dipendenti regionali che,
nascosti tra i passeggeri, controlleranno che Trenitalia faccia il suo mestiere.
«Abbiamo puntato, come priorità, al rispetto di tre elementi fondamentali: la
pulizia, la puntualità e la qualità del servizio intesa come contrasto alla
soppressioni di corse, informazioni precise alla clientela, attività di
manutenzione» ricorda l’assessore regionale ai Trasporti e alle Infrastrutture,
Riccardo Riccardi.
LA VERIFICA Ma come controllare che Trenitalia onori gli accordi chiusi a Udine
il 6 febbraio? Accordi che valgono 100 milioni di euro e sono a misura di
pendolare? «Per verificare il rispetto degli standard - spiega Riccardi -
dovremo naturalmente prevedere un sistema di controllo, che non potrà certo
essere demandato ai pendolari, che pure avranno un loro ruolo centrale e
riconosciuto. Tale sistema dovrà essere preso in carico dalla Regione. Ecco
perchè abbiamo pensato di inserire nel contratto di servizio una serie di
controlli ”random” sulle linee regionali effettuati da appositi ispettori
regionali. Gli ispettori, al termine delle verifiche, compileranno i verbali
sulla base dei quali sarà valutato il servizio».
LE MULTE A cascata, sulla base di quelle valutazioni, saranno comminate le
eventuali sanzioni a Trenitalia che, sebbene non siano ancora state quantificate
in modo puntuale, «potranno essere anche di qualche migliaio di euro», come
specifica lo stesso Riccardi. Il contratto di servizio è ormai in dirittura
d’arrivo: comporta un investimento di 100 milioni di euro, 74 a carico
dell’amministrazione regionale e gli altri a carico del gestore, per l’acquisto
di 8 treni entro il 2012. L’obiettivo è quello di perfezionare il contratto
stesso entro febbraio in modo che il consiglio di amministrazione di Trenitalia
lo possa esaminare entro marzo. Accanto alle multe per eventuali disservizi e i
controllori «in borghese», il contratto prevede anche agevolazioni sulle
condizioni di accesso degli abbonati del servizio regionale ai treni di lunga
percorrenza, dagli InterCity agli Eurostar sino al Cisalpino. Ma il contratto
stabilisce anche la futura integrazione tariffaria tra ferrovie e trasporto
pubblico locale su gomma, ovvero autobus e corriere.
LA GARA Tale integrazione si realizzerà ovviamente solo dopo la gara per per il
trasporto pubblico che la Regione bandirà entro l’anno per affidare la gestione
del servizio su gomma e marittimo a un solo soggetto, gestione che seguirà un
percorso parallelo a quello del contratto di servizio con Trenitalia, della
durata di sei anni. Ma l’obiettivo finale, come ribadisce Riccardi, è quello di
prevedere una «tariffazione unica» sia per treni che per autobus.
Elena Orsi
RIGASSIFICATORE - Il rispetto delle leggi
Più il tempo passa e più serrati si fanno i nodi che
strozzano le assurde pretese di chi vorrebbe i rigassificatori a Trieste.
Costoro non conoscono le leggi italiane né quelle europee. Sono per principio
contro ogni ragione logica; soffiano sul piano politico come fosse forza
propedeutica del fare ad ogni costo anche fuori dalla legge.
Non meraviglia quindi che il presidente dell’Autorità portuale e il sindaco di
Trieste spendono inutili parole sui lunghi tempi di autorizzazione di strumenti
e infrastrutture che, viceversa, come fanno presente Piero Camber e Fabio Omero,
hanno passaggi tecnici indispensabili che Boniciolli e Dipiazza vorrebbero
bypassare con l’apporto del sottosegretario all’Ambiente Menia. Il Piano
regolatore del Porto di Trieste, in stand by «da una vita», non trova sbocchi
positivi per aggirare il prossimo? Non saranno certo le diavolerie concertate
nelle stanze «oscure» che porteranno luce, verità e moralità all’operatività
marittima del nostro porto, dimenticando, soprattutto, che le ragioni primarie
«del fare», in una regione a statuto speciale, già depredata dei suoi legittimi
diritti costituzionali di autonomia, non può accettare ulteriori soprusi da
persone che pensano in grande vivendo però con la mente a Lilliput.
Cosa si deve fare? È semplice! Comportarsi tutti con onestà sociale, anteponendo
alle proprie lobbistiche utopie le ragioni primarie che sono l’humus di una
civiltà moderna che ha piantato delle nuove radici in un’Europa degli Stati e
che, già per questa sola ragione, non si dovrebbe soffiare sulle braci sopite
dei nazionalismi e dei localismi.
Facciamo presente che gli indirizzi autoritativi più rappresentativi e
ineludibili sono: V.A.S.-V.I.A. (per la parte tecnica); Seveso, Espoo e Aarhus
(per la socio-politica). Tutto ciò che si tenta di inventare, interpretare,
legiferare nell’ambito avulso da ciò che è l’Europa degli Stati per uno sviluppo
sostenibile, va considerato un’aggressione antidemocratica violenta e priva di
valore giuridico, che potrà trovare la sua razionale soluzione soltanto di
fronte ai preposti tribunali europei.
Arnaldo Scrocco - Comitato salvaguardia Golfo di Trieste
IL SOLE 24 ORE - MERCOLEDI', 18 febbraio 2009
BLOG DI BEPPE GRILLO - MERCOLEDI', 18 febbraio 2009
La decrescita felice - di Maurizio Pallante
Nell’ottica della decrescita la politica energetica va indirizzata prioritariamente verso la riduzione dei consumi, che per più del 50 per cento sono costituiti da echi e aumentare l’efficienza è il pre-requisito per lo sviluppo delle fonti rinnovabili
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 18 febbraio 2009
Edifici colabrodo di calore, le termo-foto dello
scandalo -
GUARDA LA GALLERIA CON LE PAGELLE
EFFICIENZA ENERGETICA - Per documentare gli sprechi
Legambiente ha realizzato le termografie di case e uffici. Ma ci sono anche gli
esempi virtuosi
Il palazzo della Regione Toscana: dalla termografia la mappa degli sprechi
ROMA - "Occhio non vede, cuore non duole". Il vecchio adagio parla dei
sentimenti, ma Legambiente ha deciso di applicarlo al risparmio energetico per
evitare che si possa continuare a fare finta di niente, voltandosi dall'altra
parte. E' più facile fare a meno di intervenire e innovare finché non ci si
rende davvero conto di quanto sono inefficienti i nostri palazzi, soprattutto se
messi a confronto con quelli realizzati attraverso tecniche edilizie
d'avanguardia. Ma, per usare un altro vecchio modo di dire, occorre "vedere per
credere" e proprio questo è ciò che l'associazione ambientalista si è sforzata
di fare.
"Come si può descrivere in maniera semplice e comprensibile gli sprechi
energetici di un edificio, le ragioni per cui si spende tanto di bolletta del
riscaldamento?". Partendo da questa domanda, Legambiente ha "termofotografato",
in collaborazione con Edison e grazie all'elaborazione dello studio
dell'ingegner Vittorio Bardazzi di Prato, nuovi immobili per abitazioni e
edifici pubblici per uffici in quattro città: Roma, Firenze, Milano, Bolzano.
"Il risultato - spiega Edoardo Zanchini, responsabile energia dell'associazione
- è molto interessante e mostra come vi possano essere difetti macroscopici
oppure soluzioni perfette che determinano differenti livelli di comfort e di
spesa per chi ci vive e li utilizza. La differenza non è piccola, la termografia
permette di visualizzare il funzionamento delle pareti e quindi di capire se un
edificio è ben costruito, se avrà bisogno di un minor utilizzo di energia per il
riscaldamento d'inverno e di energia per il condizionamento dell'aria d'estate.
In un edificio ben isolato si può arrivare a spendere fino a un quarto in
termini di bolletta energetica, con un risparmio che per una famiglia vuol dire
centinaia di euro, per edifici di uffici migliaia di euro ogni anno".
In questo caso più che fare classifiche tra nord e sud, tra pubblico e privato o
tra buoni e cattivi, Legambiente intendeva confermare le potenzialità della
certificazione energetica degli edifici. Il governo Prodi l'aveva resa
obbligatoria come documentazione da allegare alle compravendite di immobili a
partire dal primo luglio 2008, ma il nuovo esecutivo Berlusconi ha cancellato il
provvedimento. E al momento, anche se la direttiva europea 2002/91 la impone a
tutti gli Stati membri, in Italia mancano ancora le linee guida.
"Quello che emerge con forza da questo studio - spiega ancora Zanchini - è che
la certificazione energetica funziona. A Bolzano, dove a differenza che nel
resto del Paese è in vigore, i risultati si vedono e gli stabili, quelli
residenziali come quelli destinati ad uffici pubblici, permettono risparmi sulle
spese di raffreddamento e riscaldamento (30 kWh/mq anno contro 120 kWh/mq anno)
fino a un quarto di quanto occorre nelle altre città".
"L'aspetto paradossale - aggiunge Zanchini - è che tutti gli stabili presi in
considerazione sono nuovi e di pregio. Stiamo parlando di case da 4-5 mila euro
a metro quadrato e adottare i migliori accorgimenti ai fini dell'efficienza
energetica avrebbe fatto aumentare il prezzo in misura modesta. Il problema è
che fino ad oggi la domanda del mercato immobiliare è stata tale da non spingere
i costruttori a innovare, facendoli vivere di rendita con tecniche e materiali
obsoleti dal punto di vista dell'efficienza".
Ora invece il settore è in profonda crisi e la parabola dell'edilizia rischia di
essere la stessa dell'industria automobilistica, impegnata a recuperare in
fretta il tempo perduto sul versante ambientale per non finire travolta dalla
crisi e dai nuovi imperativi ecologici ed energetici.
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 febbraio 2009
Impatto ambientale, la Provincia va a metano - Appalto
quinquennale da 9 milioni di euro per rinnovare e gestire gli impianti di 47
edifici
«Credo sia un dovere per la pubblica amministrazione
quello di dare un contributo alla riduzione dell’impatto ambientale».
L’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, ha commentato in
questo modo l’appalto quinquennale da 9 milioni e mezzo di euro «Servizio
energia integrato e multi servizio tecnologico» assegnato dalla Provincia
guidata da Maria Teresa Bassa Poropat alla società di multiservizi tecnologici
Siram.
L’intervento, presentato ieri, rientra nel progetto per la riqualificazione
energetica, la riduzione delle emissioni inquinanti e il rispetto delle norme di
sicurezza degli impianti di tutti gli edifici del patrimonio immobiliare
provinciale. L’appalto vinto da Siram interessa gli impianti di riscaldamento,
elettrici e idrici, di 47 edifici. Tra questi anche i 33 istituti scolastici di
pertinenza provinciale.
«Nel predisporre il nuovo bando di gara - ha detto Tommasini - sono state
richieste attività quali la gestione degli impianti, la realizzazione di un
portale telematico interattivo per richieste e controlli e investimenti per la
riqualificazione degli impianti, oltre alla metanizzazione totale delle
centrali».
Secondo il direttore della divisione Nord-Est di Siram, Maurizio Minca,
l’intervento avrà un impatto significativo sui consumi: «Grazie alla
riqualificazione e all’applicazione di tecnologie e combustibili a basso impatto
ambientale, innanzitutto il metano, la riduzione dei consumi si aggirerà intorno
all’8-10% con picchi del 17% per alcuni edifici».
«La peculiarità dell’appalto - ha inoltre spiegato Tommasini - è che la
Provincia corrisponderà a Siram un canone fisso, mentre sarà l’azienda a
sostenere i costi diretti dei consumi. È quindi nel loro interesse realizzare
impianti che consumino il meno possibile. Nel complesso, l’appalto è di poco più
costoso del precedente ma garantisce risultati di gran lunga migliori: è un
aspetto che abbiamo dovuto considerare poiché il finanziamento del progetto non
si appoggia su fondi europei ma ricade completamente sulle casse provinciali».
L’intenzione dell’appaltatore è quella di portare a termine i lavori entro i
primi mesi del 2010: «Investiremo circa un milione di euro - ha spiegato Minca -
che contiamo di recuperare nei quattro anni successivi». Oltre al rinnovo degli
impianti, l’intervento includerà diagnosi a campione per l’attestazione della
certificazione energetica degli edifici, una serie di corsi di formazione sulla
gestione degli impianti rivolta al personale della provincia e un corso per l’Energy
Manager.
«Cercheremo di calibrare, per quanto possibile, gli interventi della Provincia
sulle strutture - ha aggiunto Tommasini - In modo da renderli uniformi con gli
impianti tecnologici».
Secondo le stime Siram, infine, gli interventi porteranno a una forte riduzione
degli inquinanti: -100% di anidride solforosa, -89% di polveri sottili, -51% di
ossidi di azoto e -39% d’ossido di carbonio. La riduzione prevista del 16%
sull’anidride carbonica equivarrebbe a 360 tonnellate emesse in meno l’anno.
Giovanni Tomasin
«Ferriera, nessun dubbio sulla cassa integrazione» - Lo
stop riguarderà l’altoforno macchina colare e agglomerato
Rassicurazioni della Lucchini alla Regione: coprirà il
periodo 12 marzo-26 maggio
Sono interessati dal provvedimento anche molti dipendenti della Sertubi
Nell’incontro del 26 sarà definito il numero dei lavoratori e valutate le
richieste dei sindacalisti
La Lucchini-Severstal ha fugato ogni dubbio ieri sera sulla possibilità di
ottenere la cassa integrazione per i propri dipendenti e per quelli della
Sertubi (si è fatto il numero di 500) che rimarranno temporaneamente senza
lavoro a causa della chiusura obbligata dell’altoforno numero 2 oggi fuori
norma. Lo ha fatto nell’incontro avuto con gli assessori regionali al Lavoro
Alessia Rosolen e alle risorse economiche Sandra Savino e al quale hanno
partecipato anche il sindaco Roberto Dipiazza, il direttore dello stabilimento
di Servola, Francesco Rosato e il responsabile relazioni pubbliche, Francesco
Semino.
L’azienda ha anche ribadito di voler mettere in funzione l’altoforno numero 3
prima della fine di maggio. «Si tratta di coprire due mesi e mezzo - ha
affermato Rosolen - con la ’cassa’ che la Lucchini è certa di ottenere anche
perché a Piombino hanno usufruito di recente di questo istituto gruppi di mille,
addirittura di millecinquecento lavoratori». «Si tratterà di cassa integrazione
ordinaria - ha sostenuto Semino - e potremo certamente beneficiarne anche in
virtù dei presupposti della crisi economica internazionale e della difficile
situazione congiunturale attraversata dal comparto siderurgico».
Nell’animata assemblea tenutasi nello stabilmento lunedì pomeriggio i
lavoratori, supportati dai sindacalisti, hanno più volte affermato di non
volerci rimettere un euro a seguito di questa vicenda tanto che il dibattito è
sfociato nella richiesta all’azienda di integrare la differenza tra il
contributo della cassa, circa 750 euro, e l’ammontare dello stipendio, poco più
di 1.100 euro. Una richiesta che secondo osservatori esterni ha ben poche
possibilità di essere accolta «in toto». «Questa questione - ha annunciato ieri
Semino - verrà affrontata nella riunione che avremo con le Rsu e con i sindacati
giovedì 26. In quella sede sarà definito anche il numero dei lavoratori che
verranno messi in cassa integrazione, perché noi finora un numero non l’abbiamo
mai dichiarato, e le modalità».
Fonti sindacali hanno parlato di 250 dipendenti senza lavoro su un totale di
540, quelli cioé che operano nei reparti altoforno, macchina colare e
agglomerato. Dovrebbero invece continuare a funzionare la cokeria e il terminal
rinfuse. Della cassa integrazione dovrebbero però usufruire anche altrettanti
dipendenti della Sertubi, la principale azienda dell’indotto della Ferriera.
La necessità di fermare la produzione per due mesi e mezzo è conseguenza del
fatto che la Lucchini-Severstal non ha concluso i lavori sull’altoforno numero 2
entro il termine del 31 dicembre e che la Regione non ha concesso una proroga,
ma ha emanato una diffida che scade il 12 marzo. L’altoforno numero 3 che si sta
mettendo a norma non sarà però pronto a partire prima del 26 maggio. «Non
potevamo tentare nuovamente di negoziare una proroga - ha commentato ieri Semino
- per cui abbiamo tracciato questo percorso che è stato condiviso». «La riunione
non si è spinta a tratteggiare gli scenari futuri dell’area», ha aggiunto
Rosolen. Quest’argomento però, come si legge a fianco, è stato toccato nella
riunione precedente.
Oggi i vertici della Lucchini-Severstal avranno un nuovo incontro con il sindaco
Dipiazza, mentre ieri la questione della Ferriera ha caratterizzato la relazione
di Umberto Salvaneschi della Fim al convegno provinciale della Cisl.
SILVIO MARANZANA
LENNA - Il futuro: rigassificatore e Piattaforma
logistica - «Gli enti firmino in tempi rapidi lo schema della Giunta per le
bonifiche»
Dipiazza: «Il Comune interverrà perché gli
ammortizzatori siano liquidati in tempo reale»
Se il trattamento di cassa integrazione verrà concesso, i 500 lavoratori
della Lucchini e della Sertubi che potrebbero esserne interessati percepiranno i
soldi in tempo reale. Il sindaco Roberto Dipiazza ha infatti ribadito ieri
pomeriggio che sarà il Comune a liquidare gli interessi passivi affinché le
banche possano anticipare il denaro che l’Inps invia con due-tre mesi di
ritardo.
Prima che lo stesso sindaco e l’assessore regionale al lavoro Alessia Rosolen si
confrontassero con i vertici della società, vi è stato un summit ieri pomeriggio
nella sede di via Giulia della Regione che ha coinvolto anche gli assessori alle
Attività produttive Luca Ciriani, all’Ambiente Vanni Lenna, alle Infrastrutture
e Trasporti Riccardo Riccardi e alle Finanze Sandra Savino.
«Abbiamo fatto assieme al sindaco un quadro ricognitivo dell’intera area», si è
limitato ad affermare Riccardi. «Compito della Regione è monitorare le aziende
che intendono riconvertire, come la Ferriera, ma prendendo in considerazione la
questione complessiva del Sito inquinato. È indispensabile - ha aggiunto - che
le amministrazioni alle quali abbiamo inviato lo schema dell’accordo di
programma approvato in Giunta ce lo restituiscano in tempi brevi con le
opportune osservazioni». «Il Comune è pronto a firmare quell’accordo - ha
affermato Dipiazza - ma sorgono sempre mille problemi poché nessuno vuole
pagare». Il riferimento è soprattutto alle aziende insediate in zona industriale
che non intenderebbero pagare per danni non fatti da loro.
«Per le caratterizzazioni, le bonifiche, il confinamento a mare una prima
tranche di finanziamenti è già a disposizione - ha spiegato Lenna - una seconda
deriverà dalle transazioni con le aziende». «Dalla Regione per le transazioni
con le aziende che non hanno inquinato ci attendiamo un prezzo politico», ha
affermato Dario Bruni, presidente di Confartigianato.
Lenna ha confermato che i cardini della riconversione saranno la Piattaforma
logistica, il rigassificatore, il depuratore. In questi ambiti dovrebbero anche
essere riciclati i lavoratori espulsi dalla Ferriera di Servola (oggi 540) oltre
probabilmente a quelli della Sertubi. È chiaro che si innesca un problema di
tempistiche perché i nuovi insediamenti, ammesso che vengano fatti, ci
metteranno un bel po’ di tempo per essere operativi.
(s.m.)
AcegasAps blocca l’operazione termovalorizzatori - I
due impianti che producono energia dai rifiuti sono stimati 250-300 milioni
DECISIONE A SORPRESA DELLA MULTIUTILITY
TRIESTINO-PADOVANA
«Le condizioni di mercato non sono favorevoli. Non accettiamo nessuna delle
offerte»
TRIESTE Stop all’operazione termovalorizzatori. La multiutility
triestino-padovana AcegasAps interrompe il procedimento per la cessione del 40%
degli impianti di termovalorizzazione di Trieste e Padova, che nelle intenzioni
avrebbero dovuto essere riuniti in una società di scopo in fase di costituzione.
Non è dato sapere se e quando la «gara» verrà riproposta. In ogni caso, pare,
che per quest’anno non se ne riparla.
La decisione è stata comunicata nella serata di ieri con una scarna nota, al
termine del consiglio di amministrazione convocato a Trieste proprio per l’esame
delle offerte vincolanti, pervenute all’advisor Unicredit entro la scadenza di
mercoledì scorso.
«Prendendo atto che le condizioni attuali del mercato non sono favorevoli
all’operazione – si legge nel comunicato – il consiglio di amministrazione ha
deliberato di non accettare alcuna delle offerte, interrompendo la procedura
avviata per la cessione della partecipazione sociale».
La crisi internazionale ha dunque pesato in qualche modo sull’operazione decisa
e avviata circa sei mesi fa. In effetti i due impianti di termovalorizzazione
sono valutati complessivamente attorno ai 250-300 milioni, mentre per la
costruzione della sola terza linea di Padova la multiutility sta investendo 100
milioni.
Troppo poco, dunque, quello che AcegasAps avrebbe potuto realizzare in questo
momento cedendo il 40% dell’asset complessivo. Anche perchè nelle ultime
settimane i pretendenti al «matrimonio» avrebbero giocato al ribasso. Secondo
indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, alla fine le offerte vincolanti
sarebbero state infatti giudicate non soddisfacienti.
Uno dei pretendenti più agguerriti è risultato essere il fondo per le
infrastrutture F2i, guidato da Vito Gamberale, che in questi mesi è
particolarmente impegnato nel Nordest ad allargare il proprio portafogli, avendo
acquisito alcune importanti partecipazioni in società autostradali come
Autobrennero, Serenissima e Autovie Venete.
Ma ad avanzare offerte sono state anche le multiutility Hera (Bologna) ed Enìa
(Parma, Piacenza e Reggio), che proprio in questo periodo sta perfezionando la
fusione con il gruppo ligure-piemontese Iride. Per inciso, l’ex direttore
generale della Regione Friuli Venezia Giulia, Andrea Viero, dalla scorsa estate
amministratore delegato di Enìa, dovrebbe assumere la direzione generale della
nuova società.
Proposte per l’acquisizione della quota nei termovalorizzatori sono poi giunte
da Actelios, società del gruppo Falck, e dal colosso francese dei trattamenti
ambientali Veolia.
L’atmosfera della «gara», avviata da AcegasAps per individuare un partner nella
società da creare conferendo i due impianti (tesa anche ad ampliare il perimetro
dell’attività di raccolta e trattamento dei rifiuti e di produzione di energia
elettrica), si è particolarmente surriscaldata nelle ultime settimane.
A dimostrazione del grande interesse suscitato dall’operazione, ma anche della
competizione scatenatasi fra i potenziali soci della multiutility, la Consob ha
rilevato alcune fughe di notizie che l’hanno indotta a chiedere ad AcegasAsp di
spostare il consiglio di amministrazione, già convocato per le 12, al tardo
pomeriggio, quando le contrattazioni a Piazza Affari erano già chiuse.
Il tormentone infinito del Piano del traffico: un
progetto di facciata
Ci risiamo; a scadenze regolari il sindaco ci propina una
nuova puntata di questo tormentone infinito che è (o dovrebbe essere) il nuovo
piano generale del traffico urbano; ora si parla di «fase due»; è veramente
stupefacente. Non c’è mai stata una «fase uno», a meno che con ciò non si
vogliano intendere le notizie spot che in questi anni sono trapelate di quando
in quando su parti limitate del piano in corso di redazione, facendo trasparire
tra l’altro sull’argomento opinioni contrastanti delle diverse anime che
compongono la maggioranza comunale; Dipiazza parla ora della «necessità di
armonizzare il piano di Camus con il contesto cittadino»: ma, di solito, quando
una pubblica amministrazione affida un incarico a un professionista esterno
nell’atto contrattuale vengono definiti i criteri e le linee guida per il
raggiungimento dello scopo prefissato; quindi questa ora auspicata
«armonizzazione» doveva avvenire in corso d’opera nella sua sede naturale e cioè
nell’ambito dei periodici incontri che normalmente vengono programmati proprio a
questo fine tra il professionista incaricato e i rappresentanti
dell’amministrazione.
La cruda realtà è che dopo quasi otto anni il sindaco Dipiazza e la sua
maggioranza non hanno prodotto nulla per quanto riguarda il nuovo piano del
traffico urbano. Siamo desolatamente al punto di partenza; e per coprire questa
enorme carenza ora riprendono le cortine fumogene con notizie parziali,
scollegate tra loro, senza un disegno strategico di fondo, con vaghe promesse di
far conoscere le «varie ipotesi» tra qualche mese; e poi via con il solito
carosello: via Mazzini pedonalizzata: e i bus per dove passeranno? Il centro
chiuso salvo via Roma, via Santo Spiridione e via Imbriani: nulla si dice di
corso Italia, che però se rimasse aperto al traffico privato, inficerebbe di
fatto la ragion d’essere di quello che il sindaco definisce pomposamente il
«Ring» (traffico privato convogliato su un percorso di cintura dalla Stazione
alle Rive fino a Campi Elisi per rientrare in centro attraverso le gallerie); il
tutto condito con un pizzico di bus elettrici nel centro caldeggiati sette o
otto anni fa dall’allora assessore Bradaschia.
Tutto fa brodo per il nostro sindaco, salvo che uno strumento così importante
per la città come il piano del traffico meriterebbe ben altro approfondimento;
si vuole veramente incrementare e agevolare il trasporto pubblico (corsie
preferenziali, regolazione semaforica dedicata, ecc.) disincentivando il mezzo
privato? E come si intende procedere per la regolamentazione della sosta? E la
realizzazione dei parcheggi? Più che di modifiche di facciata la città ha
bisogno di provvedimenti integrati e coraggiosi che permettano di raggiungere i
livelli di mobilità urbana ormai consolidati da tempo in altri centri europei
anche a noi vicini.
Mario Ravalico - consigliere comunale Pd
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 febbraio 2009
Bonifiche, a pagare saranno le aziende - Passa in
Senato la legge che regola gli accordi per il danno ambientale
Giulio Camber non ha votato: «Si tratta di un documento
poco chiaro»
L’accordo di programma sul Sito inquinato è ancora allo stato di bozza,
molto contestata e approvata solo dalla giunta regionale, ma già il governo
mette le mani avanti sul nodo del pagamento del danno ambientale, emerso
nell’ultima riunione in Regione con il direttore generale del ministero
Mascazzini e le associazioni di categoria.
La conversione del decreto legge 308 (misure straordinarie in materie di risorse
idriche e di protezione dell’ambiente), attuata nei giorni scorsi dal Senato,
prevede infatti la possibilità per il ministero dell’Ambiente di predisporre uno
schema di contratto per le transazioni con le aziende e di avviarne la
procedura. Il tutto, senza nuovi oneri per lo Stato. Oneri che quindi ricadranno
per intero sulle imprese.
Alla votazione non ha preso parte il senatore Giulio Camber, in contrasto con la
maggioranza. «Si tratta di un documento poco chiaro – ha spiegato – che presenta
discrasie e come tutte le leggi è soggetto a interpretazioni». Nella
dichiarazione di voto Camber ha rilevato forti perplessità sulle procedure delle
transazioni, nonchè la «mancanza di puntualità sulle carenti coperture di
bilancio» e in tema di danno ambientale.
Immediate le reazioni delle associazioni di categoria. Parlando di passo in
avanti verso il «famigerato danno ambientale», il presidente di Confartigianato
Dario Bruni, preannuncia manifestazioni di protesta ma dichiara di attendersi
prima «la definizione da parte della Regione di un ”prezzo politico” per le
transazioni delle attività che non hanno inquinato. Se si parla invece di 30-40
euro al metro quadro – osserva – si rischia una rivoluzione. Sono cifre fuori da
ogni logica e improponibili sul piano della sostenibilità».
Ribadendo che Confartigianato è per lo sblocco della situazione, ma non sulle
spalle delle piccole aziende, Bruni ricorda infine il rischio che la Ferriera
non paghi il danno ambientale grazie a investimenti per l’ambiente di ammontare
equivalente.
«Questa norma crea un ulteriore problema e allontana ancora di più dalla
soluzione», sottolinea Sandra Cosulich Pesle, presidente dell’Associazione
piccole industrie, la quale ribadisce che «le imprese non possono pagare per
qualcosa di cui non sono colpevoli. Ci vuole – afferma – una valutazione
tecnica: prima bisogna avere i risultati dei carotaggi sull’intera area del Sito
inquinato».
Anche la presidente dell’Api concorda poi sulla necessità di una via d’uscita,
per la quale ipotizza «un’interpretazione della legge a nostro favore, o uno
stanziamento dello Stato», e in caso contrario prevede che «tutte le imprese
faranno ricorso».
«Il vero problema – sbotta Stefano Zuban, rappresentante del Cna e
vicepresidente dell’Ezit – è che il sottosegretario Menia non ha portato a Roma
le istanze locali come ci si attendeva. E il rischio di dover pagare il danno
ambientale dimostra la debolezza di tutta la classe politica locale. La cifra di
160 milioni – conclude – è quella minima; nessuno sa quanto sia il danno
ambientale, lo Stato si è riservato di determinarlo».
GIUSEPPE PALLADINI
AUTOSTRADA - A4, i Tir calano del 15,4%
TRIESTE È diminuito del 15,4% a gennaio il traffico di
mezzi pesanti sulla rete di Autovie Venete, rispetto al gennaio 2008.
Sull'autostrada A4 Venezia-Trieste, sulla A28 e e sulla A23, sono diminuite del
13,8% le entrate e del 15,4% le uscite di Tir. Dai 714 mila mezzi pesanti
entrati nella rete a gennaio 2008 si è passati ai 615 mila del 2009, e dalle 737
mila uscite di mezzi pesanti si è passati a 623 mila.
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 febbraio 2009
On-line la mappa delle pulizie delle strade
- Le giornate di spazzamento di 1320 vie. Rovis: i
cittadini potranno segnalare disservizi
ELENCO CONSULTABILE SUL SITO WEB DEL COMUNEIl
marciapiedi sotto casa è invaso dalle cartacce? D’ora in poi, per sapere quando
verrà ripulito, non In arrivo macchine larghe meno di un metro da utilizzare
su marciapiedi e aree pedonali
servirà più tempestare di telefonate gli uffici municipali o inseguire gli
operatori ecologici avvistati qualche isolato più in là. Basterà collegarsi al
sito del Comune e visualizzare i dettagli dell’attività di spazzamento e
lavaggio delle strade.
L’amministrazione Dipiazza ha infatti deciso di pubblicare on line l’elenco
delle 1320 vie cittadine e la frequenza con cui ciascuna di esse viene
interessata dalle operazioni di pulizia, affidate alle ditte e alle cooperative
che lavorano in appalto per conto dell’AcegasAps. Una novità che risponde
innanzitutto a un’esigenza di maggior trasparenza. «Il servizio di spazzamento
costa alle casse comunali circa 4 milioni di euro all’anno - spiega l’assessore
ai rapporti con le società partecipate Paolo Rovis -. È giusto quindi che i
cittadini, che quel servizio lo pagano attraverso la Tarsu, siano informati sul
tipo di attività svolta. Ecco perché abbiamo deciso di rendere pubblico il
programma base delle attività, a cui all’occorrenza potranno aggiungersi altri
interventi mirati. Un programma elaborato sulla base dell’esperienza del
passato: ci si è resi conto, per esempio, che per tenere pulite le strade
piccole inserite in contesti residenziali e poco trafficate basta intervenire
una o due volte al mese. Mentre per le aree più frequentate è necessaria una
pulizia più sistematica».
Basta infatti scorrere l’elenco delle 1320 strade per scoprire che, per esempio,
nella piccola via dell’Agro gli spazzini passeranno solo una volta al mese - per
la precisione il primo lunedì del mese - mentre in largo Barriera o in Capo di
Piazza scope e macchinari saranno in azione ogni giorno, da lunedì a sabato.
Oltre a fare chiarezza sulla tipologia del servizio, la pubblicazione del
programma di spazzamento punta a centrare anche un secondo obiettivo. «Contiamo
di ottenere una maggior collaborazione da parte dei cittadini - continua Rovis
-. Da un lato ci aspettiamo che diminuiscano le richieste di informazioni
perché, se una persona sa che la sua via verrà pulita il martedì mattina,
eviterà chiaramente di telefonare il lunedì sera per sollecitare la rimozione
dei rifiuti. Dall’altro auspichiamo che le persone, sentendosi
responsabilizzate, ci segnalino eventuali disservizi o ritardi. In caso di
mancato spazzamento sono previste delle sanzioni per il gestore, appunto l’AcegasAps,
che poi si rivale sulle ditte in appalto. Quelle sanzioni consentono di
assicurare una miglior qualità del servizio e l’aiuto dei cittadini consentirà
di applicarle qualora se ne presenti la necessità».
Quest’anno le operazioni di pulizia e lavaggio strade sono assicurate non solo
da operatori «armati» di scopa e secchio, ma anche da nuove macchine
spazzatrici, larghe appena 80 centimetri e con motore euro 5, specializzate
nello spazzamento di marciapiedi e aree pedonali. Un’altra novità, infine,
riguarda gli strumenti a disposizione degli addetti ai lavori. «Dallo scorso
mese - conclude Rovis - ogni spazzino ha in dotazione anche un gancio
particolare che consente di liberare le caditoie intasate dalle foglie. A breve,
inoltre, gli operatori ecologici di tutte le ditte e le cooperative scelte dall’AcegasAps
indosseranno una stessa divisa».
(m.r.)
Ferriera, operai in assemblea a difesa del posto - E
sul ricorso alla cassa integrazione domani incontro tra l’azienda e l’assessore
Rosolen
«La situazione è molto grave. Il turnover alla Ferriera di
Servola è bloccato da dieci anni. Chi va in pensione non viene sostituito e non
c’è personale da prepensionare. Adesso ci dicono che l’altoforno 2 verrà fermato
il 12 marzo, mentre l’altoforno 3 potrà essere riavviato solo tra la fine di
maggio e l’inizio di giugno. Duecentocinquanta operai - secondo l’azienda -
dovrebbero restare a casa e un attimo dopo la stessa situazione coinvolgerà
altri 300-350 addetti della Sertubi perché senza altoforni attivi non si fa la
ghisa e senza ghisa non si possono realizzare i tubi».
Lo ha dichiarato ieri con polemica rabbia Enzo Timeo, segretario dei
metalmeccanici della Uil. E le sue parole descrivono bene lo stato d’animo con
cui oggi alle 13.30 nella mensa dello stabilimento siderurgico si riuniranno in
assemblea gli operai della Ferriera. In un’ora cercheranno di mettere a fuoco
con la loro Rsu una strategia a difesa dei posti di lavoro messi a rischio, come
quelli dell’indotto, dall’ingiunzione regionale che impone alla Ferriera di
fermare entro il 12 marzo l’altoforno 2, privo dal primo gennaio delle
autorizzazioni regionali all’esercizio perché «fuori norma». Resteranno invece
in funzione la banchina rinfuse e la cokeria. Dovrà essere riconsiderata inoltre
la mancanza del gas d’altoforno che viene miscelato con quello della cokeria e
col metano della rete per far funzionare la turbina della centrale Elettra.
«S’intravvede la possibilità di utilizzare la cassa integrazione», aveva
affermato un paio di giorni fa all’inizio della crisi, Francesco Semino,
responsabile per le relazioni esterne del gruppo Lucchini-Severstal. Ieri su
questa soluzione-tampone sono emersi i primi dubbi. La diffida regionale a
interrompere l’esercizio entro il 12 marzo potrebbe rendere difficile l’iter
della cassa integrazione anche perché la crisi economica ha già messo a rischio
in tutta Italia nel solo settore siderurgico 16 mila posti di lavoro che a breve
scadenza potrebbero trasformarsi in altrettanti «esuberi».
Una parola chiara, se non definitiva, sui criteri di applicazione della
eventuale cassa integrazione ai 250 operai dell’«area a caldo» della Ferriera
potrà venire dal comitato istituito all’Inps ma soprattutto dall’incontro già
programmato per domani tra i vertici della Ferriera e l’assessore regionale al
Lavoro Alessia Rosolen.
Nella vicenda dell’altoforno 2 è già intervenuta la Procura della Repubblica.
Fin dai primi giorni di gennaio era stata aperta un’inchiesta che coinvolge i
vertici dello stabilimento. Visto che la situazione dell’impianto ha continuato
a essere fuorilegge, priva dell’autorizzazione regionale all’esercizio, il pm
Federico Frezza ha chiesto al Tribunale il «via libera» al sequestro
dell’altoforno.
CLAUDIO ERNÈ
Consumatori: alta velocità? In Italia treni «lumaca» -
DA REGGIO CALABRIA A TRIESTE 19 ORE
ROMA Servono fino a 38 ore per arrivare da Aosta a Trapani
in treno, fino a 19 ore e 23 minuti da Reggio Calabria a Trieste: «Altro che
altà velocità, in Italia regna la velocità lumaca». Ad affermarlo è il Codacons
in un comunicato nel quale si spiega che «ha svolto una indagine per verificare
i tempi di percorrenza dei treni nel nostro Paese, nelle tratte non collegate
dall'alta velocita». «Abbiamo provato a collegare città che si trovano ai
margini opposti dell'Italia - spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi - ma
anche città che si trovano nella stessa regione, calcolando, attraverso gli
orari forniti dal sito internet di Trenitalia, i tempi di percorrenza. Abbiamo
scoperto così che oltre all'Alta Velocità c'è una Italia che viaggia a...
velocità lumaca!».
Il primato spetta al viaggio Aosta-Trapani che richiede fino a fino a 38 ore e
45 minuti, mentre per arrivare da Trapani ad Otranto servono fino a 23 ore e 46
minuti, pochi di più rispetto ad Aosta-Reggio Calabria (23 ore e 8 minuti). Più
veloce è invece il collegamento che unisce il capoluogo di regione della
Calabria a Trieste: fino a 19 ore e 23 minuti, un'ora in più del viaggio tra
Imperia e Taranto (18 ore e 14 minuti). Ma non è solo il passaggio Nord-Sud a
richiedere tempo: anche il collegamento Est-Ovest tra Trieste e Cuneo richiede
la bellezza di 9 ore e 11 minuti.
Talvolta l'orario di partenza può determinare in modo deciso l'entità del tempo
che si impiegherà per raggiungere un posto: viaggiare in treno da Trapani a
Messina richiede 12 ore e 20 minuti se si parte di sera, 7 ore e 28 minuti se
invece si parte di pomeriggio. Lo stesso accade per la tratta Foggia-Taranto:
richiede 11 ore e 15 minuti la sera, 7 ore e 17 minuti se si parte di mattina.
Diminuire il rumore, risparmiando energia
Parecchi anni fa, chiaccherando con un direttore del
Piccolo, non triestino, mi lamentavo del rumore e del caos del traffico in
città. Il direttore, amabilmente, mi rispose che se non mi piaceva tutto questo,
potevo tranquillamente andare a vivere in campagna, perché la vita cittadina,
deve convivere con rumore e traffico, elementi senza i quali, secondo lui, una
città non era una città.
Alla fin fine ho sostanzialmente condiviso tale parere, ma penso che, anche in
questo caso, il bene risiede nel giusto compromesso tra le caratteristiche
tipiche che deve avere una città e un tentativo di limitare il rumore,
migliorando così, indubbiamente, la qualità della vita.
Riviste specializzate riportano il valore in decibel (unità di misura del
rumore) emessi dalle varie fonti sonore. Per esempio: un martello pneumatico
emette 120 db, il traffico 80 db, un clacson o un camion in marcia 90 db, la
pioggia 50 db, il rumore del fogliame o un respiro 10 db. E via discorrendo.
L'indicazione, forzatamente generica, se mostra le differenze tra un tipo di
rumore e l'altro, in realtà non è tecnicamente corretta perché, come è facile
intuire, ogni rumore si attenua allontanandosi dalla fonte. Quindi, per avere
un'indicazione esatta si dovrebbe aggiungere, al valore assoluto, a quanta
distanza viene misurato.
Ma questa è una sottigliezza. È appurato che in città la principale fonte del
rumore proviene dal traffico: i veicoli circolanti emettono suoni sempre più
intensi man mano che aumentano il loro peso e velocità. Siccome, come detto, è
fuor di dubbio che limitare il rumore è cosa buona, si deve tener presente che
due sono le strade: interventi strutturali e modo di utilizzo dei veicoli.
Strutturalmente è indubbio che l'uso di asfalti fonoassorbenti per la
pavimentazione delle strade attenua il fenomeno (si parla di 10 db), e buone
sono anche le barriere antirumore, pur se molto costose. Ancor meglio è
l'adozione di un piano del traffico efficace ed efficiente.
Passi da gigante sono stati fatti dalle fabbriche nell'insonorizzazione delle
singole vetture. Con le ultime generazioni, al minimo, sembra che il motore sia
spento. Ma è il modo d'uso quotidiano che risolve buona parte del problema e il
relativo comportamento coincide con il risparmio energetico.
Evitando brusche accelerazioni ed energiche frenate (se inutili ai fini della
sicurezza), limitando l'uso del condizionatore solamente a quando serve davvero,
rinunciando all'utilizzo dell'avvisatore acustico se non in caso di vera ed
estrema necessità (quindi non per salutare l'amico sul marciapiede), si
diminuirà sostanzialmente il rumore, risparmiando, come detto anche energia. E
non è poco.
LA REPUBBLICA - VENERDI', 13 febbraio 2009
L'ambiente all'esame della crisi - "Alla fine sarà
un'opportunità"
Bisogno di cambiare, ma minori
investimenti; meno emissioni, ma con il petrolio a buon mercato. Il parere degli
esperti su come la recessione potrebbe incidere sul futuro del Pianeta
ROMA - Terry Barker, il direttore del Centro per la ricerca
della mitigazione dei cambiamenti climatici dell'Università di Cambridge, ha
azzardato un pronostico molto impegnativo: "In occasione della Grande
Depressione, tra il 1929 e il 1932, le emissioni di anidride carbonica sono
crollate del 35 per cento. A mio avviso esiste la possibilità che entro il 2012
il calo sarà ancora più vistoso, tutti gli indicatori stanno precipitando". E'
un po' come sostenere che il problema del riscaldamento globale è praticamente
risolto, visto che in appena due anni sarebbe stata ottenuta quasi la metà
dell'ambizioso obiettivo fissato da Obama per il 2050 (-80%) e quasi raddoppiato
quello del -20% previsto dall'Unione Europea per il 2020.
Tutto risolto, dunque? Non esattamente, perché altri esperti fanno notare che la
crisi ridurrà drasticamente i fondi necessari a riconvertire l'economia verso il
traguardo delle "emissioni zero", e quando i paesi del G20 saranno fuori dal
tunnel della recessione la produzione di gas serra schizzerà nuovamente alle
stelle in un battibaleno, vanificando in pochissimo tempo i benefici dello stop.
Questa ambiguità è solo una delle tante che la crisi economica intreccia con le
politiche ambientali. I fattori per cui il rallentamento può rappresentare una
svolta positiva sono molti, ma altrettante sono le possibili minacce. Crisi
economica significa meno emissioni, necessità (o quanto meno possibilità) di
rivedere il modello di sviluppo seguito sin qui. Non è un caso se mai come in
questo momento si parla ovunque (tranne che in Italia, purtroppo) di New Deal
Verde. Ma crisi economica significa allo stesso modo far retrocedere l'ambiente
nell'agenda delle priorità rispetto a problemi più urgenti come l'occupazione,
avere a disposizione meno risorse da investire in ricerca e innovazione
tecnologica e significa, infine, prezzo del petrolio in caduta libera, il che
rende meno conveniente pratiche virtuose come l'efficienza e il risparmio
energetico.
Le variabili e le possibili risposte della politica a questo scenario sono
moltissime e capire quali di questi aspetti alla fine sarà più importante è
molto difficile. Un gruppo di "addetti ai lavori" di prima qualità ha provato
comunque a sbilanciarsi in una previsione per Repubblica.it.
Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ed ex consulente
del ministro Pierluigi Bersani.
Credo che il saldo finale della crisi sarà positivo in termini di opportunità
ambientali, ma che l'entità di questo saldo dipenderà dalle politiche che
verranno adottate. Tutto fa pensare che gli Usa, spingendo sulla trasformazione
della produzione di automobili verso modelli a basso consumo e destinando 50-100
miliardi di dollari alla riqualificazione energetica degli edifici pubblici e
alle rinnovabili, si stiano attrezzando per una incisiva ed efficace fuoriuscita
"ecologica" della crisi. In parallelo, gli investimenti sugli scisti bituminosi
e sul nucleare subiranno invece un rallentamento.
Giappone e Corea del Sud hanno analogamente lanciato dei pacchetti di stimolo
marcati come "Green new deals" e la Cina intende spendere larga parte dei 586
miliardi di dollari in progetti legati all'energia e all'ambiente. L'Europa è
sulla stessa strada, forte anche degli ottimi risultati che alcuni paesi, come
la Germania e la Spagna hanno ottenuto in termini di nuove industrie ed
occupazione nel campo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Segnali
contraddittori e per certi versi sbagliati vengono invece dall'Italia.
Gianfranco Bologna, Direttore scientifico del Wwf Italia.
Credo che la crisi farà diminuire l'impronta ecologica in maniera sensibile in
una fase in cui eravamo di fronte a una evidente recessione ambientale, con le
capacità del Pianeta di assimilare e rigenerare il nostro sviluppo decisamente
superate. E' una crisi annunciata da chi, come il Club di Roma, la temeva da
anni, venendo molto spesso dileggiato da personaggi, come il ministro Tremonti,
che hanno scoperto solo ora queste tematiche. Nessuno si augurava però di
arrivare a questo punto e nessuno pensava che l'uomo, essendo sapiens, dovesse
passare attraverso questa situazione per capire le solide basi scientifiche dei
limiti dello sviluppo. Questa crisi ora ci pone la possibilità di vedere la
questione ambientale e di affrontarla in maniera positiva. Le scelte di Obama
vanno in questa direzione anche per gli uomini straordinari di cui si è
circondato. Ha dato spazio alla cultura scientifica mostrando di aver capito
quali sono le opportunità della ripresa. Per ora ci sta indicando una strada di
svolta molto interessante. Chi si posiziona per primo è favorito, ma da noi si
fa un catenaccio difensivo e perdente. Tutto sommato non direi che la crisi "fa
bene", ma più modestamente che rappresenta più un'opportunità che non un
pericolo.
Marzio Galeotti, docente di Economia ambientale all'Università di Milano
e redattore della Voce.info
E' molto difficile fare una previsione, le variabili sono molte e francamente
non sono in grado di dare una risposta certa. La mia impressione è che nel
complesso la crisi rappresenta un'opportunità, che però va colta mostrando
coraggio e capacità d'innovazione e cambiamento, come sembra abbia capito Obama.
Non credo però che puntare su rinnovabili ed efficienza energetica sia
sufficiente a tirarci fuori dalla crisi. Sicuramente è un'occasione per una
importante e profonda riforma. La crisi darà sicuramente una botta positiva alle
emissioni di gas climalteranti, ma se nel frattempo non si introducono
cambiamenti rischia di essere un sollievo provvisorio.
Maurizio Pallante, animatore del Movimento italiano per la decrescita e
ex consulente del ministro Pecoraro Scanio.
Ritengo che la recessione porterà a superare la follia indotta nei paesi
occidentali da sessant'anni di sovrabbondanza di petrolio a basso prezzo e ad
adottare comportamenti individuali e stili di vita più responsabili nei
confronti degli ambienti: meno spreco di risorse e meno emissioni. Ma ritengo
che apra anche grandi prospettive per investimenti e sviluppo di settori
industriali che producono, commercializzano, installano e fanno la manutenzione
di tecnologie che accrescono l'efficienza nell'uso delle risorse: dalla
coibentazione degli edifici alla produzione di macchinari ed elettrodomestici
più efficienti, dal recupero delle materie prime secondarie contenute negli
oggetti dismessi allo sviluppo di forme di mobilità più veloci e meno inquinanti
(mezzi pubblici collettivi e mezzi pubblici a uso privato a domanda alimentati
elettricamente a rete). E' compito della politica indirizzare in questi settori
la ricerca e gli investimenti, ma non è detto che ci riesca o voglia farlo,
perché le pressioni delle lobby industriali esistenti (automobile ed edilizia)
sono molto forti. Se questa ipotesi si realizzasse, si potrebbe avviare un nuovo
ciclo economico virtuoso basato sulla riduzione dei consumi di materie prime e
di energia a parità di produzione.
Roberto Della Seta, senatore Pd e ex leader di Legambiente.
Non direi che la crisi è un bene perché non sono un fan della decrescita. Se la
decrescita fosse una soluzione noi ambientalisti staremmo vincendo e Berlusconi
sarebbe un nostro eroe, visto che ogni volta che va al governo il Pil
diminuisce. Non credo che sia un bene perché in tempi di recessione c'è il
rischio che la distribuzione delle risorse verso la tutela dell'ambiente e le
politiche ambientali in genere finiscano per essere penalizzate.
Tutto sommato penso però che sarà un'opportunità positiva, anche se a un prezzo
(più povertà, più disoccupazione) che non avrei mai voluto pagare. Sono
ottimista perché le elite (parlo del mondo, non certo dell'Italia) hanno reagito
meglio di quanto si potesse sperare, soprattutto se teniamo conto che il rischio
di risposte difensive, per esempio lo stop al 20-20-20 è stato forte e reale. La
tentazione a mettere da parte il problema ambientale però rimane e la partita
non è decisa. La percezione che bisogna orientare i consumi in maniera diversa
ora però esiste.
Arturo Lorenzoni, Direttore di Ricerca presso l'Istituto di Economia e
Politica dell'Energia e dell'Ambiente dell'Università Bocconi di Milano.
Gli effetti della crisi sul settore sono funzione delle politiche che andiamo ad
avviare. Sta a noi decidere se amplificare la spirale negativa della crisi del
manifatturiero o se dare una risposta forte a partire dalla domanda obbligata di
sostenibilità nel settore energetico. Per questo in fondo ritengo sia
un'opportunità: la discesa dei tassi avvantaggia gli investimenti ad alta
intensità di capitale; i problemi del settore auto favoriscono interventi mirati
a soluzioni innovative (non incentivi a pioggia, ma sostegno a soluzioni
efficienti, come le auto a bassi consumi, le ibride, le elettriche); l'edilizia
può riprendersi se punta sulla qualità di materiali e impianti. Le scelte
americane possono veramente stravolgere i mercati. Se si confermano i target
altissimi a breve termine (raddoppio delle rinnovabili Usa in tre anni), ad
esempio tutta la produzione dell'est di moduli fotovoltaici, che ora sono
venduti sottocosto in Europa, riprende la via degli Stati Uniti, con una ripresa
degli investimenti e un sostegno ai prezzi (buono per l'industria, meno per i
consumatori). Ma gli esempi possono essere molti.
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO - VENERDI', 13 febbraio 2009
Ferriera, tra un mese 500 lavoratori a casa - L’azienda alle Rsu: «L’altoforno numero 2 verrà fermato fino a giugno per lavori»
IL 12 MARZO SCADE LA DIFFIDA DELLA REGIONE
L’assemblea dei lavoratori convocata per lunedì. Chiesto l’intervento del
Prefetto e della Regione
Duecentocinquanta dipendenti della Ferriera e altrettanti della Sertubi tra
un mese rimarranno senza lavoro. Sarà la drammatica conseguenza della decisione
presa dall’azienda e comunicata ieri, in un lungo incontro solo ufficialmente
«tecnico», dai vertici dell’azienda alle Rsu. «Non abbiamo alternative: il 12
marzo fermeremo l’altoforno oggi in funzione, il numero 2», hanno
sostanzialmente affermato il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i
responsabili per il personale del gruppo Enzo Di Martino e dell’azienda Alessia
Zetto.
«Siamo enormemente preoccupati - è stato il commento di Umberto Salvaneschi di
Fim-Cisl dopo l’incontro - significa che con l’altoforno, a caduta, si bloccherà
tutta l’area a caldo e dovranno andarsene a casa quasi metà dei 540 dipendenti.
Immediatamente dopo resterà paralizzata la Sertubi». L’atmosfera in Ferriera, da
anni tesa, ieri si è fatta incandescente. Per lunedì alle 13.30 in sala mensa è
stata convocata l’assemblea generale dei lavoratori, subito dopo si terrà una
conferenza stampa. Intanto sono partite lettere dei sindacati alla Regione, al
Comune, alla Prefettura con la richiesta di incontri urgenti.
«Nelle ultime 24 ore non c’è stata alcuna novità dopo il nostro annuncio
dell’inevitabile stop», ha dichiarato telefonicamente Rosato. «S’intravvede la
possibilità di utilizzare la cassa integrazione - ha comunicato più tardi
Francesco Semino, reponsabile relazioni esterne del gruppo - Tra una decina di
giorni in un incontro con le varie componenti metteremo a fuoco questo
strumento».
È probabile infatti che a Servola il lavoro debba restare semiparalizzato e
limitato alla cockeria e al terminal portuale fino a giugno, periodo in cui
probabilmente sarà possibile attivare l’altro altoforno, il numero 3. Lo stop
infatti è diretta conseguenza della diffida inviata dalla Regione che ha dato
alla Lucchini 30 giorni di tempo per adeguare l’altoforno oggi funzionante
(ancora fuori norma, ndr,) dopo aver respinto una richiesta di sei mesi di
proroga. Ma la Lucchini in un comunicato spiega che ritiene «ormai impossibile
riprendere tali lavori soprattutto alla luce degli importanti interventi già
intrapresi». Il riferimento è ai 7 milioni di euro stanziati per l’avviamento
dell’altoforno 3.
Nella stessa nota l’azienda dice di aver «ottemperato alle numerose prescrizioni
richieste dall’Aia e alle due precedenti diffide della Regione attuando
investimenti significativi in diverse aree dello stabilimento (cokeria,
altoforno, agglomerato) per un totale di 18 milioni di euro che hanno già
portato risultati più che soddisfacenti in termini di miglioramento della
qualità dell’aria».
SILVIO MARANZANA
FERRIERA - Rosolen: «Scarsa attenzione alle norme» -
Tondo: «Prima di pronunciarmi voglio studiare bene la situazione»
LE REAZIONI. GRANDE PREOCCUPAZIONE DEL SINDACO E DEGLI
ASSESSORI REGIONALI
«E se per caso, magari tra un mese, l’altoforno dovesse saltare in aria
provocando una sciagura? Chi pagherebbe per le vite dei lavoratori? Non ci
saremo mica dimenticati i sette morti alla Thyssenkrupp, vero?». Roberto
Dipiazza, sindaco di Trieste, non usa mezzi termini per commentare i più recenti
e inquietanti sviluppi del «caso Ferriera».
Il discorso, secondo il primo cittadino, è semplice: «O sei a norma o non lo
sei. Il problema è sempre lo stesso: perché l’azienda non si è messa in regola?
Avevano mesi e mesi per farlo - incalza Dipiazza - Comprendo la preoccupazione
per il lavoro dei dipendenti e le loro famiglie, preoccupazione che è anche la
mia. Farò di tutto per sostenerli, ma esiste anche la preoccupazione per
l’incolumità dei lavoratori. In caso di disgrazia, chi avrebbe la responsabilità
di aver autorizzato l’attività? Rimarrebbero solo le lacrime, proprio come a
Torino».
Esplicita preoccupazione anche sul fronte Regione dove il presidente Renzo Tondo
ha preannunciato per oggi un vertice con gli assessori competenti, Rosolen e
Lenna. «L’argomento è delicato - il commento del governatore - Prima di
esprimermi in proposito, perciò, voglio confrontarmi con loro».
Vanni Lenna (delega ad Ambiente e Lavori pubblici) conferma dal canto suo che
«la diffida è stata un atto dovuto. Un atto tecnico - precisa - e non certo
politico, dovuto all’inosservanza delle regole. L’azienda doveva e poteva
programmare prima le conseguenze, senza affidarsi a una domanda di proroga
addirittura con tredici giorni di anticipo rispetto la scadenza». E Alessia
Rosolen (Lavoro, Università e Ricerca) rilancia. «Credo che sia mancata, da
parte dell’azienda, la doverosa attenzione su un nodo delicato. Come Regione -
ha anticipato - faremo tutto ciò che potremo ma rimango egualmente annichilita e
molto preoccupata per il futuro di tante persone. Esisteva un percorso di
dismissione che doveva essere condiviso e, invece, è saltata fuori quella
domanda di proroga. Con le attuali conseguenze. Ritengo - conclude - si tratti
di un caso di incompleta valutazione e scarsa ottemperanza delle norme. Ora,
però, bisogna rimanere calmi: personalmente, mi sono già attivata».
DANIELE BENVENUTI
«M’illumino di meno»: al buio piazza Unità
Meno luci accese oggi in città, nell’ambito della campagna
nazionale «M’illumino di meno» promossa dalla trasmissione di Radio 2
«Caterpillar» nell’ambito della Giornata internazionale del risparmio energetico
in linea con gli obiettivi proposti dal Protocollo di Kyoto per l’ambiente. Luci
spente e piazza Unità al buio dalle 18 alle 19: così il Comune aderisce
all’iniziativa. Intanto la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat
ha inviato una lettera di sensibilizzazione sul tema ai sindaci dei comuni di
Duino, Sgonico, Monrupino, San Dorligo e Muggia, ai dirigenti scolastici e anche
ai collaboratori dell’ente. L’obiettivo - si legge in una nota della Provincia -
è quello di focalizzare «la partecipazione della cittadinanza sul binomio
ambiente-energia». Anche le aziende aderenti a Confcommercio, a partire dalle 18
per pochi minuti, sono invitate a spegnere luci e insegne. Qualche minuto di
luci spente all’Università.
Alta velocità, pioggia di critiche alla presentazione
del progetto - ESAMINATO IL PERCORSO DELLA TAV
L’incontro al teatro di Bagnoli ha sollevato tra i
residenti perplessità per il suo impatto
SAN DORLIGO Parecchi dubbi, molte polemiche e più di qualche momento di
tensione ieri sera al Teatro comunale France Preseren di Bagnoli della Rosandra,
sede dell’incontro dal titolo «Il Corridoio 5 e il nostro territorio». La folta
platea che ha riempito la sala ha ascoltato inizialmente in silenzio la
relazione dello studio di fattibilità «Cross 5» illustrato dall’ingegner Mario
Goliani, fino a pochi mesi fa responsabile dello svolgimento del progetto nonché
attuale membro della Commissione intergovernativa italo-slovena.
IL PROGETTO GENERALE Tre i parametri più significativi della nuova linea
ferroviaria Trieste-Divaccia: la pendenza dell’1,7% del percorso, la velocità
media stimata attorno ai 160 km/h con velocità massima raggiunta dal treno
pendolino 200 km/h. I punti di forza invece sono stati indicati da Goliani nel
nuovo collegamento diretto tra Trieste e Capodistria e la riduzione dei tempi di
percorrenza per il traffico internazionale passeggeri tra Trieste e Lubiana di
circa 30 minuti.
IL PROGETTO LOCALE Goliani si è poi addentrato nel caso specifico di San
Dorligo, il comune sul quale ricadrebbe maggiormente il peso dell’imponente
opera. I lavori più impattanti da un punto di vista ambientale sarebbero
costituiti dalle tre finestre costruttive denominate «San Giuseppe» (vicino
l’abitato di Bagnoli), «Rosandra» (in prossimità di Draga Sant’Elia) e «San
Dorligo» (nei pressi di Dolina). Il tecnico delle Fs ha spiegato il valore di
tali finestre, intese come «delle aperture laterali per poter accedere alla
galleria dall’esterno a piedi o con mezzi gommati, che verrebbero scavate per
esigenze di costruzione e poi una volta terminati i lavori come uscite di
sicurezza». Il tecnico delle Fs ha comunque espresso qualche dubbio sul numero
complessivo previsto a San Dorligo: «C’è tempo per ridiscuterne la posizione, a
esempio quella chiamata inopinatamente Rosandra, sita vicino a Draga, potrebbe
non essere necessaria».
DOMANDE E CRITICHE «Ma dove andrà a finire tutto il materiale di scavo (stimato
secondo lo studio in oltre 4.500.000 di metri cubi ndr)?», ha chiesto ad alta
voce un cittadino. «Ancora non si sa se la roccia scavata sia un onere o un
valore», la risposta di Goliani: solo successivamente a questa stima «si capirà
se Slovenia e Italia si contenderanno o si rifileranno a vicenda il materiale».
Tra il pubblico anche il consigliere comunale Roberto Drozina che ha chiesto
numi sul progetto di «prolungamento del raccordo ferroviario esistente nell’ex
Grandi Motori che si andrebbe a collegare con una finestra». Goliani in effetti
ha confermato che «bisogna ancora chiedere il permesso allo stabilimento
Wartsila per portare a termine questo tratto».
Il consigliere Giorgio Jercog ha poi evidenziato che proprio tale tracciato che
dalla ex Grandi Motori porterebbe a una delle finestre della Trieste-Divaccia
«passerebbe vicinissimo al centro abitato di Bagnoli e alla centrale elettrica»,
una considerazione che ha subito scaldato gli animi. «Voi volete svendere il
nostro territorio solo per fini economici e per vostri interessi», ha tuonato
una signora riscuotendo il consenso della platea. A calmare gli animi è
intervenuto il sindaco Fulvia Premolin ricordando che la serata era stata
indetta per «la presentazione pubblica del progetto di fattibilità e per fare
delle domande ai tecnici». La parola è andata ad alcuni giovani che hanno
criticato «il sistema di far piovere dall’alto decisioni per ottenere un
abbassamento di ben 30 minuti per andare da Trieste a Lubiana: un affare
decisamente per pochi che condannerà però molti».
Riccardo Tosques
Discarica a cielo aperto a Sant’Antonio in Bosco -
ANCORA ABBANDONI DI RIFIUTI
SAN DORLIGO Secchi pieni di scarti edili, cocci di mattoni
rotti, sacchi neri con materiale non identificato. Ma anche diverse bottiglie di
birra, pezzi di metallo e addirittura un boiler. Il Magazzino provinciale numero
19, il fatiscente piccolo fabbricato color porpora posto in località Sant’Antonio
in Bosco lungo la strada che dalla zona di Cattinara conduce a Bagnoli della
Rosandra, è stato nuovamente preso di mira da parte di ignoti. Che hanno
approfittato della posizione «strategica» del sito - collocato all’interno di un
piazzale posto alla destra della carreggiata per gli automobilisti provenienti
da Trieste - per abbandonare rifiuti e quant’altro.
Il fabbricato vicino al quale si è creata questa mini discarica abusiva a cielo
aperto è di proprietà della Provincia, esattamente come la strada antistante, ma
l’area sulla quale sorge il magazzino appartiene alla Comunella di Sant’Antonio
in Bosco, la quale solo quattro mesi fa aveva provveduto alla rimozione di
un’altra giacenza di scarti composta da copertoni di automobili, taniche con
liquido non identificato, un barilotto vuoto contenente materiale infiammabile,
secchi con residui edili, sacchi neri della spazzatura riempiti fino all’orlo e
altri lasciti meno ingombranti.
(r.t.)
Ansaldo investe 15 milioni contro la crisi
- LE STRATEGIE NELLO STABILIMENTO DI MONFALCONE LEADER NELLA
PRODUZIONE DI MOTORI ELETTRICI
L’ad Gemme: «Parte un piano di rilancio nelle energie
rinnovabili: dall’eolico all’auto elettrica»
TRIESTE Le altre aziende per affrontare la crisi tagliano, riducono costi,
produzione e personale, l’Asi (Ansaldo sistemi industriali) riprogramma le sue
strategie e investe. I nuovi settori innovativi ora sono le energie rinnovabili,
il fotovoltaico, l’eolico e l’automotive.
Una sfida che l’Ansaldo lancia anche con il suo stabilimento di Monfalcone, il
«più importante al mondo» nella costruzione di motori elettrici con circa 500
addetti. Gli investimenti riguardano anche l’ingrandimento dello stabilimento e
l’avvio di nuovi progetti su aree di business diverse.
«Per le imprese questo momento di crisi può diventare un’opportunità per
identificare le cause di quanto sta accadendo – spiega l’amministratore
delegato, Claudio Andrea Gemme – ritarare le strategie, trovare le idee giuste e
rinascere più forti di prima.
L’Asi è un’azienda che fa impianti elettrici ed elettronici, e il mercato in
questo momento di difficoltà mondiale va capito. Noi ora puntiamo sulle energia
rinnovabili: dall’eolico al fotovoltaico sino all’auto elettrica».
270 milioni di euro di ricavi consolidati (+11%), un Ebitda di 21,5 milioni
(+30%), questi i numeri del bilancio con i quali Ansaldo sistemi industriali
vuole archiviare il 2008 e con un portafoglio ordini del 2009 che pesa circa 300
milioni di euro.
«Normalmente le imprese in questi momenti sono inclini a fare errori – continua
l’ad – ed erodono la loro competitività, non investono più, mandano a casa il
personale, riducono o fermano la produzione. L’azienda in pratica implode. Noi
abbiamo scelto una strada diversa, quella di investire, puntare alla performance
degli impianti, dare valore ai clienti e un ritorno ai nostri investimenti».
Un percorso che l’Ansaldo riesce a intraprendere non solo perchè si è
internazionalizzata: «Ora non basta essere globali – continua Gemme – anche
perchè la crisi è mondiale. Il punto è avere un prodotto che possa compensare la
perdita di mercato. Noi puntiamo, come detto, alle energie rinnovabili, e più
che essere globali serve il mix di prodotto».
L’Ansaldo prevede di investire nel 2009 quasi 7 milioni in ricerca e sviluppo,
ha varato un piano di miglioramenti strutturali e solo per Monfalcone sono
previsti 15 milioni di euro di investimenti nei prossimi 3 anni. Infine la nuova
strategia di puntare a prodotti ad alto valore aggiunto nei segmenti delle
energie rinnovabili.
Una delle prime iniziative è il progetto Vision che vede tra l’altro Fincantieri
capofila di altre aziende e centri di ricerca nell’ambito del programma
Industria 2015 con la presenza anche della Regione Veneto. Obiettivo è la
realizzazione in 3 anni di 16 vaporetti ecologici (a propulsione ibrida
idrogeno-fotovoltaico) e a emissioni 0 dal 2013. Asi fornirà la propulsione
elettrica, il sistema di distribuzione dell’energia e il sistema di automazione
per il controllo e il comando del vaporetto.
Nel campo delle energie rinnovabili poi Asi sta studiando applicazioni nel
settore dell’eolico offshore che permetteranno di installare turbine eoliche di
grandi dimensioni (3,5-5 megawatt) per la produzione di energia pulita in aree
del mare lontane dalla costa (10-15 miglia) eliminando così impatti visivi e
ambientali come già realizzato (è un prototipo) nel canale d’Otranto.
Sul fronte dell’automotive infine Ansaldo è i contatto con alcune società nel
settore autoveicoli in modo da realizzare una valida alternativa alle attuali
motorizzazioni a idrocarburi con l’obiettivo di sviluppare tecnologie e sistemi
«a impatto zero».
Questi gli obiettivi, anche se non c’è alcuna certezza sull’evoluzione della
crisi: il 2009 è colmo di ordini e non ci saranno problemi, i nodi arriveranno
in ritardo nel 2010 o dopo, come per altre aziende (una di queste è la Danieli).
«Nel passato gli obiettivi finanziari hanno oscurato la vera attività
industriale — conclude Gemme – tutti pensavano a questo. Oggi bisogna guardare
all’azienda e al core business, con investimenti mirati e idee giuste per uscire
dalla crisi».
GIULIO GARAU
PUNTO INFORMATICO - GIOVEDI', 12 febbraio 2009
Il fotovoltaico punta sul nano
Roma - C'è la nanotecnologia alla base dei risultati
raggiunti dai ricercatori di Los Alamos, New Mexico, con i quali è stata
evidenziata la possibilità per le tecnologie fotovoltaiche di nuova generazione
di disperdere meno luce solare riuscendo nel contempo ad aumentare la produzione
di energia elettrica.
Le celle solari convenzionali sono infatti in grado di rilasciare un singolo
elettrone per ogni fotone assorbito, sprecando letteralmente il resto
dell'energia solare che quel fotone porta con sè in calore residuo.
Utilizzando nanocristalli semiconduttori come base delle celle fotovoltaiche,
invece, è possibile ridurre lo spreco di energia solare producendo più di un
elettrone per singolo fotone. Già nel 2004 al Los Alamos i ricercatori
lavoravano a simili tematiche, ed erano riusciti ad aumentare l'efficienza di
assorbimento dei fotoni grazie a nanocristalli fatti di un composto
selenio-piombo.
Tali ricerche sono andate avanti, e i nuovi studi aumentano la probabilità che
in un futuro non troppo lontano l'efficienza energetica delle celle
fotovoltaiche potrebbe crescere dal 31 al 40 per cento. Tutto sta ora a
sviluppare un materiale adeguato da cui ricavare i nanocristalli adatti allo
scopo.
Alfonso Maruccia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 febbraio 2009
«Ferriera, per adeguare l’altoforno 2 bisogna
interrompere la produzione»
L’ANNUNCIO DELLA LUCCHINI DOPO L’ARRIVO DELLA DIFFIDA
DELLA REGIONE: ENTRO UN MESE LA DECISIONE
Si profila una chiusura in tempi rapidi, al massimo un mese, dell’altoforno
numero 2 della Ferriera di Servola. Ad annunciare l’inatteso stop è stata ieri
la stessa proprietà dello stabilimento siderurgico, che ha avviato nelle ultime
ore una «valutazione sull’opportunità di fermare l’attività del numero 2 nel
rispetto dei tempi e delle procedure di sicurezza».
Una mossa a sorpresa, decisa forse per «battere sul tempo» la Procura dopo la
diffusione della notizia di un possibile sequestro dell’impianto. Una decisione
che, però, la Lucchini presenta come un semplice passaggio obbligato. In
pratica, messa alle strette dalla diffida inviata dalla Regione e ricevuta
formalmente martedì scorso, l’azienda sostiene di non aver altra scelta se non
quella di «adeguarsi alle prescrizioni vigenti». Prescrizioni che impongono
interventi sostanziali sull’altoforno numero 2, dal quale continuano ad uscire
polveri e gas contenenti benzopirene, benzene e anidride solforosa. Talmente
sostanziali da essere giudicati dalla proprietà incompatibili con il
mantenimento dell’attività dell’altoforno.
Proprio per evitare di arrivare ad uno stop definitivo, il gruppo bresciano
aveva chiesto all’amministrazione Tondo una proroga di sei mesi per poter
eseguire gli interventi richiesti dall’Autorizzazione integrale ambientale, vale
a dire il rifacimento della bocca del camino del numero 2. Ma quella richiesta è
stata sonoramente bocciata e sostituita da un’indicazione rigida e perentoria:
la Lucchini, ha fatto sapere la Regione, dovrà ottemperare alle prescrizioni
entro 30 giorni dalla data del ricevimento della diffida, arrivata ufficialmente
martedì scorso. Un «niet» che ha mandato all’aria i piani dell’azienda che,
nell’arco del primo semestre 2009, contava di dar corso all’avvicendamento dei
due altoforni, il numero 3 al posto del numero 2, proprio per poter «attuare in
quest’ultimo «una serie di interventi di manutenzione straordinaria sul sistema
di caricamento, sull’impianto di raffreddamento, sui rivestimenti refrattari e,
come appunto previsto dall’Aia, anche il rifacimento della bocca del camino.
Ora, visto che l’opzione della «staffetta» è stata giudicata inaccettabile dalla
giunta regionale, alla Lucchini non resta che rivedere il programma iniziale e
avviare subito i lavori al numero 2, bloccandone contemporanemente la
funzionalità. Le ricadute concrete di questa scelta sulla produzione della
Ferriera, verranno accertate solo nei prossimi giorni. «Al momento - ha spiegato
il direttore dello stabilimento Francesco Rosato - posso soltanto dire che una
buona percentuale dell’attività dello stabilimento verrà fermata. Indicazioni
più precise sono ancora premature visto che abbiamo ricevuto la diffida solo 30
ore fa. Al momento stiamo studiando che tipo di assetto produttivo e operativo
dare alla Ferriera».
Nessuna indicazione esatta, attualmente, nemmeno sulla data della sospensione
dell’attività dell’altoforno. «La diffida della Regione parla però di un periodo
di 30 giorni per l’adeguamento alle prescrizioni - conclude Rosato -. Lo stop
quindi scatterà in quel lasso di tempo».
MADDALENA REBECCA
Missione della giunta alla centrale di Krsko «Con il raddoppio più energia anche per noi»
TRIESTE - In Friuli Venezia Giulia non saranno realizzate centrali nucleari, ma una via d’uscita alla carenza energetica potrebbe arrivare da una collaborazione con la centrale slovena di Krsko. Una collaborazione che per ora passa sopra la testa della Regione: per avvallarla serve un patto tra i due governi nazionali.
La giunta regionale conferma l’interesse allo sviluppo
del nucleare nei limiti di sua competenza. Lo fa attraverso gli assessori
all’Ambiente, Vanni Lenna, e alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, che ieri
hanno visitato la centrale slovena. Il presidente Tondo aggiunge che «non ci
sono novità. Parlerò con il Ministro Scajola (ndr Attività produttive) a marzo».
E’ in programma in primavera la Conferenza nazionale Energia-Ambiente che dovrà
delineare le strategie italiane in materia.
La visita alla centrale - di proprietà della società Nek, a sua volta
controllata in forma paritetica dalle aziende energetiche delle Repubbliche di
Slovenia e Croazia - è stata organizzata da Confindustria giovani di Udine. Vi
hanno partecipato una quarantina di giovani imprenditori, provenienti anche da
Pordenone, Trieste, Venezia e dall'Austria. E proprio dagli industriali arriva
l’auspicio che la Regione possa investire nel progetto di ampliamento della
centrale slovena. «Questo – dice Enrico Accettola, presidente Gruppo Giovani
Imprenditori di Udine e promotore della visita – significherebbe poter
acquistare l’energia a prezzi più competitivi. Diversamente i prezzi saranno gli
stessi che ci propongono la Francia e gli stati da cui importiamo energia». Ecco
perché le categorie economiche chiedono anche «una maggiore informazione alla
popolazione su un tema di cui si sa troppo poco. Abbiamo scoperto oggi –
esemplifica Accettola – che in caso di incendio il nucleo della centrale viene
isolato in due secondi». L’auspicio di una partnership che coinvolgesse proprio
la Regione era stata espressa nei mesi scorsi dallo stesso presidente Renzo
Tondo. «Una collaborazione in termini generali – dice l’assessore Lenna -
sarebbe interessante. Un ampliamento della centrale, che pare essere confermato
dall’autorità slovena, potrebbe consentirci di importare quantità significative
di energia, ma per arrivare a questo serve un accordo tra il governo italiano e
quello sloveno». A maggior ragione visto che il Friuli Venezia Giulia non potrà
ospitare centrali.
«Il governo italiano sembra intenzionato a realizzare cinque centrali in Italia,
ma la nostra area non è vocata a questo tipo di impianti» ricorda Lenna. Una
strada per avere energia a basso costo, quindi, potrebbe essere quella di
investire nella vicina Slovenia.
«L’amministrazione regionale – hanno evidenziato Lenna e Riccardi ricordando che
la competenza resta dello Stato - è fortemente impegnata in questa fase sul tema
delle grandi infrastrutture energetiche, ricercando il massimo consenso
possibile, nella consapevolezza che dal miglioramento delle forniture di energia
elettrica dipende la competitività del sistema produttivo del Friuli Venezia
Giulia». La centrale di Krsko, entrata in funzione nel 1983, è stata
continuamente aggiornata negli anni e attualmente ha una capacità di 727
megawatt.
L'impianto utilizza un reattore ad acqua pressurizzata di tecnologia americana (Westinghouse),
sfruttando la vicinanza del fiume Sava.
L'energia elettrica prodotta viene immessa in elettrodotti, tutti di tipo a
traliccio aereo, che si diramano anche verso la Croazia, l'Austria e l'Italia.
Attualmente il 38 per cento dell'energia elettrica prodotta in Slovenia deriva
da fonte nucleare. L'attività della centrale è sottoposta, oltre che alle norme
di sicurezza internazionali, anche a una duplice vigilanza interna: un’agenzia
che dipende dal ministero dell'Ambiente e della Pianificazione internazionale e
da un organo indipendente. “Gli standard di sicurezza, mutuati da quelli
americani – conferma Lenna -, sono molto elevati”.
Martina Milia
AcegasAps si decide la partita sui termovalorizzatori -
Fra i candidati per il 40% della futura società: Hera, Enia, Actelios, Falck, il
fondo di Gamberale
IL CDA SI RIUNIRÀ MARTEDì PER ESAMINARE LE OFFERTE
TRIESTE Riserbo assoluto in casa AcegasAps sull’esito della prima fase della
selezione per un partner nella futura gestione dei termovalorizzatori di Trieste
e Padova. Alle 12 di ieri è scaduto il termine per il deposito delle offerte
vincolanti, ma neanche il numero dei pretendenti al «matrimonio» è stato reso
noto.
Ci sono alcune offerte, si limitano a dichiarare ai piani alti di palazzo
Modello, aggiungendo solo che un apposito consiglio di amministrazione discuterà
le offerte martedì prossimo.
Da una prima selezione effettuata dall’advisor Unicredit nelle scorse settimane
erano emersi alcuni importanti operatori dei settori dell’ambiente e
dell’energia: le multiutility Hera (Bologna) e Enìa (Parma, Piacenza e Reggio,
che in questi giorni sta completando la fusione con la ligure-piemontese Iride),
la società Actelios del gruppo Falck e il colosso francese dei trattamenti
ambientali Veolia.
Ma tra i pretendenti al 40% della futura società in cui AcegasAps farà confluire
i termovalorizzatori di Trieste e Padova c’è anche F2i, il fondo italiano per le
infrastrutture di cui l’ad è Vito Gamberale.
In questi tempi F2i è particolarmente attivo nel Nordest, dove di recente ha
acquisito quote di Autobrennero, Serenissima e Autovie Venete (e di quest’ultima
è il terzo azionista dopo Friulia e la Regione Veneto).
Gli interessi di F2i non guardano solo al settore autostradale, ma comprendono
anche le reti nazionali, il gas, l’energia elettrica e le telecomunicazioni.
E proprio in questi giorni F2i punta ad entrare nel capitale di Olt-Offshore
Toscana, società per la costruzione e la gestione del rigassificatore al largo
di Livorno, progettato a suo tempo dal gruppo spagnolo Endesa.
Tornando all’operazione termovalorizzatori, la stessa è partita circa sei mesi
fa, quando il cda di AcegasAps ha dato il via libera alla futura separazione
societaria dei due impianti, con l’obiettivo di stabilire un preciso valore di
questi asset ma anche di allargare il perimetro dei territori che conferiscono i
loro rifiuti ai due termovalorizzatori.
Il valore degli impianti in questione è stimato fra i 250 e i 300 milioni. In
particolare, la sola costruzione della terza linea del termovalorizzatore di
Padova, che sarà completata entro l’anno, ha richiesto un investimento di 100
milioni.
Ogni anno gli impianti di Trieste e Padova trattano complessivamente 300 mila
tonnellate di rifiuti, producono
GIUSEPPE PALLADINI
Una mega discarica abusiva alle porte di Capodistria -
Scoperta durante i lavori della tangenziale Sud a Ancarano
«Stop ai lavori fino a quando l’intera area non sarà
del tutto bonificata»
CAPODISTRIA Una vasta discarica abusiva a pochi chilometri dal centro di
Capodistria, con migliaia di tonnellate di rifiuti, è stata scoperta durante i
lavori di costruzione della tangenziale Sud di Ancarano, una delle future
viabili d'accesso alla città, destinata principalmente a convogliare il traffico
merci in direzione del porto.
I lavori sono stati interrotti e non continueranno – ha annunciato il sindaco
Boris Popovic – fino a quando l'intera area non sarà bonificata. Il sito è
quello dell'ex discarica per rifiuti organici della «Luka Koper» (legale fino al
1995), per cui la sua esistenza non era un segreto, ma la quantità e il tipo di
rifiuti venuti a galla durante i lavori di costruzione della bretella
autostradale hanno costretto le maestranze dell'azienda edile «Primorje» a
bloccare la realizzazione dell'opera.
Nella discarica non veniva gettato soltanto materiale biodegradabile: sono stati
rinvenuti pure pneumatici, materie plastiche e scarti edilizi. A giudizio del
sindaco, la discarica è in realtà molto più vasta di quello che si supponeva, e
si estende anche nell'area portuale vera e propria. Il grande parcheggio per le
automobili, così come alcuni edifici ad uso del Porto, secondo Popovic,
potrebbero essere stati costruiti esattamente sopra la discarica. Il sito
contiene – secondo le prime valutazioni – da ottomila a diecimila tonnellate di
rifiuti di tutti i tipi. Per poter continuare a costruire la strada, è
necessario rimuoverli e questo richiede una spesa non indifferente di circa 1,5
milioni di euro.
Molti di più saranno invece necessari per bonificare l'intera area. Il comune ha
informato della scoperta l'Ispettorato all'ambiente, dal quale si attende che
definisca gli interventi necessari. Le spese dovrebbero essere coperte dai
responsabili – se le indagini permetteranno di invididuarli – oppure dai
proprietari dell'area in questione, ossia lo Stato, la «Luka Koper» e lo stesso
comune di Capodistria. L'avvocato del comune, Franci Matoz, presenterà un
esposto anche alla polizia, anche se si è detto convinto che per il tempo
trascorso dalla deposizione del materiale ad oggi gli eventuali reati commessi
da chi ha usato la discarica sono già caduti in prescrizione.
È importante, comunque, come ha sottolineato in conferenza stampa, che si trovi
una soluzione per la situazione attuale e si predisponga la bnonifica dell'area.
La discarica per rifiuti organici e' stata usata dalla «Luka Koper» fino al
1995, per cui, indirettamente, è stato chiamato in causa l'ex direttore del
Porto di Capodistria, nonchè uno dei principali avversari politici dell'attuale
sindaco Popovic, Bruno Korelic. «Molte cose succedevano da molto prima del mio
arrivo, – ha dichiarato Korelic ai giornalisti – praticamente da quando il Porto
è stato costruito». Secondo l'ex numero uno dello scalo capodistriano, non
dovrebbe comunque essere difficile risalire ai dati sull'ampiezza reale della
discarica, partendo dalla documentazione dell'epoca e anche dalle immagini
d'archivio. I lavori alla tangenziale Sud di Ancarano sono fermi, e, a questo
punto, non c'è alcuna previsione su quando potranno essere ripresi e completati.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 febbraio 2009
Tav, incontro pubblico sulla Trieste-Divaccia - DOMANI
SERA A BAGNOLI
BAGNOLI «Il Corridoio 5 e il nostro territorio». Questo il
tema dell’incontro pubblico che si svolgerà domani alle 18 al teatro comunale «Preseren»
di Bagnoli della Rosandra.
Voluta da tutto il Consiglio comunale, la tavola rotonda vedrà la partecipazione
di alcuni tecnici di Rete ferroviaria italiana (Gruppo Fs), responsabili dello
studio di fattibilità «Cross 5», con il referente di base ingegner Mario Goliani,
fino a pochi mesi fa responsabile del progetto nonché attuale membro della
Commissione intergovernativa italo-slovena.
L’incontro sarà l’occasione per la cittadinanza per esporre i propri
interrogativi, alla luce di quanto emerso nell’ultima relazione predisposta da
Rfi e dal ministero della Slovenia per la realizzazione del tratto
Trieste-Divaccia, che dovrebbe interessare proprio il cuore di San Dorligo della
Valle con tre finestre costruttive vicino a Bagnoli, Draga e Dolina.
In base ai dati della relazione sull’analisi ambientale «volumi di scavo del
ramo iniziale Trieste sono stati stimati attorno ai 4.650.000 metri cubi».
Inoltre «lo smaltimento dei materiali in eccesso e l’utilizzo di cave a cielo
aperto comporteranno degrado del paesaggio, trasformazioni ambientali e dello
spazio fisico».
«Noghere, quella concessione edilizia va
revocata» - WWF E GREENACTION TRANSNATIONAL INTERVENGONO SUL PROGETTO PER UN
CAPANNONE INDUSTRIALE
Il sindaco di Muggia, Nesladek: «Dobbiamo verificare,
ma non sembra che la Via fosse necessaria»
TRIESTE «Lo scempio nella valle delle Noghere, dove è in costruzione un
capannone industriale a ridosso dei laghetti, dev’essere fermato. La concessione
edilizia, rilasciata nel maggio 2008 dal Comune di Muggia alla società Mancar
sas è infatti viziata all’origine e va revocata».
A chiedere con forza la marcia indietro dell’amministrazione muggesana sono il
Wwf e Greenaction Transnational, che spiegano come il progetto doveva essere
preventivamente sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale (Via), in
quanto le dimensioni superano le soglie previste dalle norme. «Solo se la Via si
fosse conclusa positivamente – rilevano gli ambientalisti – il Comune avrebbe
potuto rilasciare la concessione edilizia».
«Sorprende – affermano sempre i rappresentanti di Wwf e Greenaction
Transnational – che nessuno, nè al Comune di Muggia nè in Regione si sia accorto
che la realizzazione dell’intervento Mancar non poteva essere autorizzata in
assenza della Via. Eppure l’iter del progettto è stato piuttosto lungo e
travagliato».
Il Wwf ha così chiesto al sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, di revocare la
concessione edilizia e di bloccare i lavori in atto da alcuni mesi. Lavori che
finora hanno riguardato opere di livellamento del terreno.
Premettendo di aver ricevuto la richiesta del Wwf solo ieri, il sindaco di
Muggia sottolinea che «da una prima valutazione dei tecnici comunali non sembra,
ma con riserva di approfondimento, che la Via sia necessaria. Un approfondimento
che faremo a breve, e se la Via risulterà necessaria verrà fatta».
Nesladek osserva comunque che sia il piano urbanistico regionale, sia il piano
regolatore di Muggia, sia ancora il piano infrastrutturale dell’Ezit, prevedono
la possibilità di insediamenti industriali nella zona adiacente ai laghetti
delle Noghere.
«Abbiamo dovuto adattarci – precisa il sindaco – a quanto stabilito a suo tempo
da altri. Allo stato delle cose il Comune non poteva rifiutare la richiesta di
insediamento, anche perchè spetta alla Regione dare l’autorizzazione sotto il
profilo paesaggistico».
In proposito gli ambientalisti ricordano che già nel 2006 era stata richiesta
l’autorizzazione paesaggistica alla Regione, in quanto l’area ricade in quella
vincolata dei laghetti delle Noghere e zone circostanti. Autorizzazione che gli
ambientalisti avevano contestato perchè non aveva tenuto conto del valore
naturalistico dell’area.
«Anche la recente variante per l’ampliamento del capannone – ricordano Wwf e
Greenaction International – è stata autorizzata a fine 2008 dalla Regione sotto
il profilo paesaggistico, benchè il piano territoriale regionale preveda l’inedificabilità
per tutta la zona vincolata. L’autorizzazione è stata poi annullata dalla
Soprintendenza, ma contro l’annullamento sono ricorsi al Tar sia la Mancar, sia
l’Ezit, sia la Regione».
Gestore unico autobus-traghetti dal 2011 Resta separato
il contratto con Trenitalia - L’obiettivo resta quello di fondere la ferrovia
con il trasporto locale
Il nuovo bando pronto entro la fine del 2010 e durerà
sei anni
TRIESTE Le aziende del trasporto pubblico del Friuli Venezia Giulia fanno
sistema. Creano una società unica – una cooperativa a responsabilità limitata –
che parteciperà alla gara per il trasporto pubblico, bandita dalla Regione entro
l’anno, per affidare il servizio su gomma e marittimo a un solo soggetto. Il
ferro (e quindi la ferrovia), per il momento, seguirà un percorso parallelo
attraverso un contratto di servizio con Trenitalia (della durata di sei anni).
LA SOCIETÀ Il Friuli Venezia Giulia si prepara a una gara europea per affidare
il trasporto pubblico su gomma e via mare a un gestore unico e le quattro
società che operano in regione non si fanno trovare impreparate. Anzi, scelgono
di sfidare le grandi società mettendo insieme le forze. Le quattro aziende
provinciali - Trieste Trasporti, Saf di Udine, Atap di Pordenone e Apt di
Gorizia – hanno quindi costituito il “contenitore” che permetterà alle attuali
società di proporsi come soggetti naturali per proseguire il servizio nei
prossimi anni. Si tratta della Tpl Fvg scarl, una società cooperativa a
responsabilità limitata con sede legale a Gorizia. Il capitale sociale è stato
equamente suddiviso tra le società partecipanti, che hanno sottoscritto il 25
per cento delle quote ciascuna.
LE TAPPE La gara – il bando dovrà essere pronto entro il 31 dicembre 2010 quando
scade l’attuale concessione – affiderà il servizio dei bus e dei traghetti a un
gestore unico a partire dal primo gennaio 2011. «Prima si tratta di approvare il
piano del trasporto pubblico locale – spiega l’assessore Riccardi – che dovrà
essere coerente con le politiche portate avanti anche in materia di trasporto su
ferro. A marzo firmeremo il contratto ponte con le ferrovie» ricorda
l’assessore. La durata del contratto del ferro sarà di sei anni per cui non è
escluso che il bando di gara per la gomma tenga conto di questo termine.
L’obiettivo futuro della Regione, infatti, resta quello di un gestore unico che
ricomprenda anche il servizio ferroviario. «Parlare di tempi della gara oggi è
prematuro – aggiunge Riccardi -. Per quel che riguarda il piano sarà pronto
entro la fine dell’anno. Intanto è positivo che le società della regione si
mettano insieme».
IL CDA La governance della nuova società vede rappresentate tutte e quattro le
aziende del trasporto pubblico regionale. Il consiglio di amministrazione è
composto da cinque rappresentanti: Cosimo Paparo, amministratore delegato di
Trieste Trasporti, Pier Giorgio Luccarini, direttore generale dell’azienda
giuliana, Paolo Polli, presidente dell’Apt di Gorizia, Silvano Barbiero,
consigliere delegato della Saf di Udine, Mauro Vagaggini, presidente dell’Atap
di Pordenone. Vagaggini è stato nominato presidente del consiglio di
amministrazione mentre la carica di vice è andata a Luccarini e il ruolo di
amministratore delegato a Barbiero.
I NUMERI La nuova società riunirà circa 1.900 addetti, di cui 1.420 autisti. A
livello di mezzi potrà invece contare su 1.055 autobus extraurbani, 526 bus
urbani e 120 autobus da turismo.
PROSSIMI PASSI «Il consiglio di amministrazione – spiega Vagaggini – dovrà
presto riunirsi per iniziare a ragionare di contenuti e degli impegni che ci
attendono in vista della gara». Andrà analizzata la capitalizzazione della
società e gli strumenti di cui dovrà dotarsi per affrontare il salto di qualità.
«Per ora l’abbiamo costituita offrendo un unico interlocutore alla Regione e
mettendoci nelle condizioni di competere con gli altri colossi, italiani e
internazionali, interessati all’assegnazione del servizio».
Martina Milia
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 febbraio 2009
Ferriera, pronte le carte per il sequestro del camino
dell’altoforno numero 2
DOPO LA DIFFIDA DELLA REGIONE, LA PROCURA CHIEDERÀ AL
GIP IL PROVVEDIMENTO RESTRITTIVO
Battaglia a tutto campo attorno al camino dell’altoforno numero 2 della
Ferriera di Servola. Dalla mezzanotte del 31 dicembre la struttura è fuorilegge
perché il gruppo Lucchini non ha rispettato l’impegno, assunto un anno fa, a
dotarlo dei migliori impianti antinquinamento disponibili sul mercato. Dalla
ciminiera escono e finiscono nell’atmosfera polveri e gas contenti benzopirene,
benzene e anidride solforosa. Per questa violazione il pm Federico Frezza ha
scritto sul registro degli indagati i nomi di Francesco Rosato, direttore dello
Stabilimento di Servola e amministratore delegato della società proprietaria,
nonché di Giuseppe Lucchini e del rappresentante della Severstal, Hervè Kerbat.
Questa inchiesta è conclusa, ma le emissioni fuorilegge continuano e
continueranno finché a giugno non verrà attivato l’altoforno numero 3. Va
aggiunto che i tre indagati hanno chiesto - attraverso i rispettivi legali- di
poter essere ammessi all’oblazione per l’ipotesi di reato che viene loro
contestata dalla Procura. Ma i fumi continuano a riversarsi nell’atmosfera di
Servola e degli altri rioni adiacenti. Fioccano gli esposti e le denunce, mentre
la Regione si è detta indisponibile a concedere alla Ferriera una proroga di sei
mesi per poter adempiere agli impegni assunti.
In questo quadro è probabile che di fronte all’elusione degli accordi
sottoscritti un anno fa, la Procura sia pronta ad agire con gli strumenti del
Codice. Si parla insistentemente di un possibile, se non probabile, sequestro
del camino dell’altoforno 2 per evitare che il reato già contestato ai vertici
dello stabilimento dal primo gennaio scorso, possa continuare a essere portato
ad ulteriori conseguenze.
Allo stesso tempo i vertici della Ferriera stanno cercando di ottenere a livello
politico- amministrativo un «salvacondotto» adatto a garantire l’attività
dell’impianto fino a giugno. Le due azioni - quella della Procura destinata a
sfociare davanti a giudice delle indagini preliminari con la richiesta di
sequestro e quella società proprietaria degli impianti che punta a una proroga,
corrono su binari paralleli ma in direzioni opposte. Chi arriva primo alla meta,
vince il «round» e probabilmente anche la battaglia dell’altoforno.
Certo è che il mondo politico istituzionale si è già espresso. «Non ci sono
alternative. Devono ottemperare alle norme di legge. Esistono priorità
fondamentali che coinvolgono non solo la salute degli abitanti di Servola, ma
anche il diritto all’incolumità degli stessi lavoratori della Ferriera» ha
affermato di recente il sindaco Roberto Dipiazza. La Direzione regionale
dell’Ambiente e l’avvocatura regionale hanno annunciato che stanno predisponendo
una nuova diffida da notificare alla proprietà della Ferriera. Altre due erano
state inviate in passato ed erano collegate all’attività della cokeria.
Negativo anche il parere del consigliere regionale Sergio Lupieri del Pd.
«Lascia perplessi che la Lucchini non abbia eseguito i lavori di bonifica
dell’altoforno 2. Se il governatore Tondo vuole essere coerente non accolga la
richiesta di proroga».
CLAUDIO ERNÈ
Sosta selvaggia, 56mila multe in un anno - Nel 2007 fu
raggiunta la quota di 68 mila contravvenzioni: una ogni tre abitanti, anziani e
neonati compresi
Il record in via Fabio Severo con sei verbali al
giorno. In via Giulia ”sanzionate” 1198 auto
I DATI DEL 2008 EVIDENZIANO IL PROBLEMA DELLE MACCHINE IN DOPPIA FILA
Tempo fa i negozianti delle strade più colpite sollevarono la polemica: «Così
perdiamo clienti»
È via Fabio Severo la giungla degli automobilisti triestini. Parcheggiano in
seconda fila, sul marciapiede, nell’area riservata ai bus; oppure usano il posto
riservato ai disabili. Chi percorre la strada è costretto a slalomare tra le
auto dribblando i pedoni che tentano di attraversare la strada. Ed è proprio lì
che ogni giorno sei automobilisti si trovano il foglietto verde sul parabrezza.
Secondo le statistiche della polizia municipale, via Fabio Severo è la strada di
Trieste più a rischio contravvenzioni, seguita da via Giulia e via Carducci. In
via Fabio Severo in un anno i vigili hanno staccato 2368 verbali per i vari tipi
di divieto di sosta previsti dal Codice della strada. Una montagna di multe: una
media di un verbale staccato ogni quattro ore. Sei multe al giorno.
Si tratta di un brutto record per Trieste, un dato che rappresenta da un lato il
disagio degli automobilisti che non sanno dove posteggiare - o piuttosto non
vogliono fare a piedi neanche cento metri - ma dall’altro un segnale di
maleducazione e di intolleranza. E soprattutto di mancanza di rispetto per il
prossimo.
In tutta la città i divieti di sosta multati nel 2008 sono stati ben 56 mila:
cifra comunque inferiore a quella del 2007, quando si è raggiunta quota 68mila.
Che significa in pratica una multa ogni tre abitanti, bambini e anziani
compresi.
E sul totale delle multe comminate, in un anno sono state quasi 9500 quelle
causate da posteggio sul marciapiede. A 4572 ammontano le contravvenzioni in
zona a traffico limitato, praticamente nel centro cittadino. Poco più di duemila
le «seconde file» e 3.500 le occupazioni di aree di carico e scarico.
«Queste situazioni - commenta Sergio Abbate, comandante della polizia municipale
- si verificano perché le persone non sono abituate a utilizzare i parcheggi a
pagamento anche per soste molto brevi. La gente preferisce, forse anche per
pigrizia, lasciare l’auto in doppia fila o sulla fermata del bus. Questo non è
possibile. Si tratta di un comportamento non solo vietato, ma che causa un
ingombro pericoloso e impedisce la viabilità ordinaria».
Certo l’offensiva portata sul fronte multe in via Fabio Severo non è mai
piaciuta. Due anni fa la questione era esplosa. Sui parcheggi in doppia fila,
tollerati per lungo tempo, era scattata la tolleranza zero: le multe fioccavano
a raffica al minimo accenno di fermata. Ne erano sortite accese polemiche: i
negozianti avevano fatto sentire forte la propria protesta. «I nostri affari
sono precipitati, così come il numero dei clienti» avevano detto esasperati
bariste e gommisti, titolari di negozi di mercerie e gestori dell’adiacente
supermercato. I vigili avevano spiegato il motivo del rigore: «Si tratta di uno
dei più importanti assi viari del centro. Qui non si parcheggia».
Fin qui, tornando alle cifre relative alle multe, la situazione di via Fabio
Severo. Al secondo posto a pari merito, in quella che è la top ten delle strade
più multate, compaiono via Giulia e via Carducci. In ciascuna di queste strade
hanno parcheggiato abusivamente in un anno quasi 1200 automobilisti ritenuti
indisciplinati. In pratica cento multe per divieto al mese.
E proprio in via Giulia, come in via Fabio Severo, due anni fa erano esplose le
proteste dei commercianti che avevano parlato di ”strage”. L’episodio che aveva
fatto perdere la pazienza ai negozianti si era verificato quando un anziano
cliente di una pescheria era stato multato dopo essersi fermato per pochi minuti
- così era stato sostenuto - in seconda fila. I vigili erano stati inflessibili,
nonostante avesse spiegato tutto prima che il verbalizzante iniziasse a
scrivere.
Corso Italia infine si attesta sotto le mille multe. E altrettanto si può dire
per le vie Giustiniano, San Spiridione e Tor Bandena. Sono state registrate
situazioni meno preoccupanti per il portafoglio degli automobilisti in via
Rossetti (697 verbali), via Battisti (661) e piazza Libertà (652). Infine via
Roma, largo Barriera e via del Coroneo si sono attestate su medie più
tollerabili: 350 le contravvenzioni emesse nel 2008.
CORRADO BARBACINI
Ma i park coperti restano vuoti - LIBERO IL 50% DEGLI
STALLI
Chi, per giustificare l’abitudine dei triestini a lasciare
la macchina in seconda fila, invocasse la carenza di posti auto in centro città,
verrebbe facilmente smentito.
I posteggi infatti, almeno quelli inseriti nei grandi contenitori coperti, ci
sono, eccome. Il punto è che vengono sistematicamente snobbati dalla maggioranza
degli automobilisti cittadini. Per rendersene conto, basta pensare che il park
del Silos e del Foro Ulpiano, mediamente, sono occupati solo per il 50% della
loro capienza complessiva.
La colpa della diffusione della sosta selvaggia nel centro cittadino, quindi,
non va attribuita alla penuria di parcheggi regolari, quanto alla difficoltà di
molti a sborsare le cifre richieste per usufruire dei posti auto a pagamento.
Posti destinati ad aumentare con l’entrata a regime delle nuove strutture
previste dal Piano parcheggi del Comune.
Il park «Le Rive-Stazione Marittima», quattro livelli interrati per un totale di
oltre 500 posti da realizzare sotto piazzale Marinai d’Italia, ha ottenuto
l’estate scorsa il parere favorevole della commissione per la Valutazione di
impatto ambientale. Lo stesso già incassato dal park San Giusto, il cui iter
burocratico è iniziato ben nove anni fa, pensato per accogliere 724 posti
macchina: il cartello che indicava l’opera in costruzione è apparso apparso già
nel 2006, ma i lavori non sono mai partiti. Dovrà essere rivisto e ripresentato,
invece, il progetto dell’altro maxi-parcheggio previsto sulle Rive davanti a
palazzo Carciotti, il park Audace: in questo contenitore dovrebbero trovar posto
in futuro 662 veicoli.
Intesa Enel-Acegas, elettrodotti con la Slovenia -
Investimento da 31 milioni per due linee interrate che partono da Zaule e
Redipuglia
COSTITUITA LA SOCIETÀ ADRIALINK. NELL’OPERAZIONE ANCHE
LA LOMBARDA TEI
Attendiamo le valutazioni d’impatto ambientale dei governi di Roma e di Lubiana
TRIESTE AcegasAps entra alla grande in un business tutto nuovo, la
costruzione e gestione di linee elettriche di interconnessione fra Italia e
Slovenia. E lo fa con due partner, uno dei quali non ha bisogno di
presentazioni: è l’Enel, uno dei grandi player internazionali dell’energia che
distribuisce e vende elettricità e gas in Europa, Nord America e America Latina.
Il terzo socio di Adria Link (questa la società creata ad hoc nei giorni scorsi)
è la lombarda Tei (gruppo Trafigura), specializzata nel trading e nella
produzione di energia elettrica, di cui AcegasAps è già socia nella centrale a
ciclo combinato Elettrogorizia.
Queste settimane sono un periodo di grande fermento in casa AcegasAps. Alcuni
giorni fa questa intesa con Enel e Tei, mentre domani scade il termine per le
offerte vincolanti relative alla futura cessione del 40% dei termovalorizzatori
di Trieste e Padova. Una gara che ha destato grande interesse non solo in
Italia, e che vede in corsa tra i vari gruppi F2i (fondo per le infrastrutture
che fa capo a Gamberale), Hera, Enia, Actelios e i francesi di Veolia.
Tornando ad Adria Link (che è una srl, in cui i tre soci hanno quote paritarie)
l’atto costitutivo è stato firmato nei giorni scorsi nella sede Enel di Roma, ma
l’intesa è stata resa nota solo ieri. La sede della nuova società sarà a
Gorizia. Enel esprimerà l’amministratore, mentre la presidenza sarà assegnata a
rotazione ad AcegasAps e a Tei.
Oggetto sociale, come si diceva, è la costruzione e gestione di linee elettriche
di interconnessione fra Italia e Slovenia, ma non è escluso che questa
partnership favorisca altri importanti «ragionamenti» con il colosso energetico.
I progetti ai quali Adria Link sta già lavorando, e che sul piano tecnico sono
molto avanti, riguardano la costruzione di due elettrodotti interrati, uno in
provincia di Trieste e uno in quella di Gorizia. Il primo collegherà la stazione
elettrica di Zaule con quella di Dekani, l’altro metterà in connessione la
stazione di Redipuglia con Vrtojba.
Sul piano operativo i tempi non dovrebbero essere troppo lunghi. I lavori per la
costruzione dei due elettrodotti potrebbero infatti iniziare entro l’anno. Gli
investimenti previsti ammontano a circa 31 milioni, in parte destinati a ridurre
gli impatti ambientali e paesaggistici.
«L’iter autorizzativo – spiega l’ad di AcegasAps, Cesare Pillon – non poteva
chiaramente iniziare prima della costituzione della società. Adesso attendiamo
le valutazioni d’impatto ambientale da parte dei ministeri italiano e sloveno,
cui dovrà seguire il via libera dei Comuni interessati. Il percorso non dovrebbe
essere troppo arduo – aggiunge – in quanto i tracciati dei due elettrodotti
prevedono scavi lungo arterie stradali esistenti».
In particolare, i due progetti hanno già ottenuto un parere positivo preventivo
dai due gestori delle reti italiana e slovena. Il ministero sloveno dell’Energia
ha già rilasciato i relativi permessi, mentre da parte italiana sono in stato
avanzato le procedure per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio da
parte della Regione Friuli Venezia Giulia.
I due elettrodotti consentiranno complessivamente un incremento degli scambi
transfrontalieri di circa 250 megawatt, e saranno ovviamente collegati alla rete
nazionale, garantendo e migliorando, oltre agli scambi transfrontalieri, anche
la sicurezza di esercizio del sistema elettrico italiano.
GIUSEPPE PALLADINI
Rifiuti a San Dorligo - IL SINDACO PRECISA
In risposta alla segnalazione apparsa in data 2 febbraio
2009, riguardo alla raccolta dei rifiuti nel Comune di San Dorligo della Valle,
devo precisare e ripetere quanto da me precedentemente affermato che tutto è
sotto controllo, corrisponde a verità, in quanto con l’attuazione del nuovo
progetto «Porta a porta» abbiamo raggiunto tutti gli obbiettivi che ci siamo
imposti: 1) educare ed incentivare la raccolta differenziata per raggiungere
almeno il 35% dei rifiuti da conferire alle piattaforme di recupero - stiamo
raggiungendo il 45% come richiesto dalla finanziaria 2008; 2) ridurre il
quantitativo di rifiuti, da conferire all’impianto di termovalorizzazione - i
rifiuti sono stati ridotti di diverse tonnellate, mentre nel frattempo è
aumentato il costo dell’Acegas per ogni tonnellata; 3) migliorare l’arredo
urbano, togliendo i cassonetti dalle strade - lo abbiamo fatto nei primi tre
mesi; 4) rendere puntuale la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti - lo stiamo
facendo anche attraverso i microchip, di modo che i cittadini paghino in
proporzione alla produzione di rifiuti.
Per quanto riguarda la ditta che ha iniziato da poco il servizio nel nostro
comune, ribadisco quanto già detto: è giusto dar loro un po’ di tempo per
abituarsi al nuovo territorio. Non capisco però di quale «patto» stia parlando
il segnalatore con il consigliere di opposizione «Jergor» (quest’ultimo non so
chi sia) in merito alla campagna contro i rigassificatori. Proprio su questi il
consiglio si è espresso all’unanimità sulla base di tutta una serie di
motivazioni. Ma comunque sono d’accordo che è giusto parlarne e riparlarne e
credo sia quello che stiamo facendo.
Fulvia Premolin - sindaco di San Dorligo
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 febbraio 2009
Coped, nuovo impegno a difesa dei pedoni - ASSEMBLEA
ANNUALE DEI SOCI - Confermati i vertici: presidenti Sergio Tremul e
Margherita Hack
Potenziamento del trasporto pubblico, lotta al «parcheggio
selvaggio», attuazione del piano del traffico urbano. Sono gli obbiettivi che il
Coped-CammaTrieste intende perseguire nel 2009. Obbiettivi messi a fuoco durante
l’assemblea annuale dei soci, convocata pochi giorni fa.
Punto di partenza dell’analisi fatta dal presidente del sodalizio Sergio Tremul,
i risultati raggiunti nel corso dell’anno da poco concluso. Qualcosa di buono
per i pedoni infatti, secondo l’assocazione, è stato fatto, come testimoniano la
nascita di nuove isole pedonali, la riqualificazione di alcune piazze e il
dibattito sull’ipotesi di ampliare le zone off-limits per le auto. Per riuscire
davvero a migliorare la qualità della vita dei triestini tuttavia, secondo il
Coped, è necessario intensificare gli sforzi anche in un’altra direzione,
liberando cioè marciapiedi e fermate degli autobus dalla continua e invadente
presenza delle auto in sosta abusiva. «Le soluzione per risolvere questo
problema esistono - ha spiegato Tremul -. Il primo passo, in questo senso, dev’essere
l’attuazione del piano urbano del traffico. Tutte le politiche per la mobilità
sostenibile devono essere indirizzate alla riduzione dell’utilizzo dei mezzi
privati a favore del trasporto pubblico».
L’assemblea dei soci è stata chiamata anche ad approvare i bilanci e rinnovare
le cariche. Sergio Tremul e Margherita Hack sono stati confermati nei loro
incarichi di presidente e presidente onorario dell’associazione. Della
segreteria operativa faranno parte Caterina Dolcher, Carlo Genzo e Andrea Vatta.
Croazia-Ue, spunta il no danese per il via libera alla
«Rockwool» - Il sì all’adesione se finiscono le contestazioni ecologiste a
Sottopedena
POLA Come se non bastassero i bastoni fra le ruote poste
dalla Slovenia, un nuovo pesante ostacolo si va collocando sul cammino della
Croazia verso l'Unione europea. Stiamo parlando della contestatissima fabbrica
di lana di roccia della società danese «Rockwool», costruita a Sottopedena con
un investimento pari a 75 milioni di euro, di cui gli ambientalisti e la
popolazione locale chiedono la chiusura per motivi d’inquinamento.
Ebbene al governo del premier Sanader sarebbe pervenuto un ultimatum
inequivocabile da Copenhagen, per bocca dell'ambasciatore danese a Zagabria Bo
Eric Weber. Ossia: «Se la fabbrica della ”Rockwool” a Sottopedena non otterrà
tutti i permessi per potere operare indisturbatamente al riparo dagli ecologisti
e dalla popolazione locale che si lamentano dell'impatto sull'ambiente,
bloccheremo i negoziati di adesione della Croazia con Bruxelles». Lo stesso
ambasciatore però smentisce pubblicamente le pressioni del suo Paese. Stando a
varie fonti, l'eventuale chiusura e smantellamento della ”Rockwool” in Istria
potrebbe venire interpretato come un fattore d’insicurezza e pericolo per gli
investimenti stranieri in Croazia. A dire il vero, già un anno fa da Bruxelles
c'era stato un tentativo di fare pressione su Zagabria a proposito della
fabbrica. Per la precisione, il facente funzione di direttore
dell'amministrazione generale per l'allargamento dell'Ue Christian Danielsson
aveva scritto al Ministero croato dell'ambiente che proprio la sicurezza
giuridica degli investimenti stranieri in Croazia rappresenta uno dei punti
fermi nel negoziato di adesione.
Una brutta gatta da pelare dunque per il premier Sanader che ancora non si è
pronunciato sulla delicata questione. Non si è fatta attendere invece la
reazione del presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic che comunque
stenta a credere alle notizie che circolano sulla stampa, visto che considera la
Danimarca un Paese molto sensibile alle questioni che riguardano la tutela
dell'ambiente.
«Però se fossero vero - aggiunge - come ex ministro degli Esteri e delle
integrazioni europee posso dire che l'adesione all'Ue può aspettare, a
differenza della salute della nostra gente e del nostro paesaggio. Gli
investitori danesi devono mettersi in testa che sono giunti in una regione
europea altamente civilizzata, di cui devono rispettare le leggi e gli abitanti.
Se si dovesse arrivare alla chiusura della ”Rockwool”, faremo il possibile per
trovare un altro posto di lavoro ai 140 occupati».
(p.r.)
Dentro la centrale idrodinamica cuore del futuro Museo
del Porto - CONFERENZA DI ANTONELLA CAROLI A ITALIA NOSTRA
Costruita nel 1890, comprende ancora intatte tutte le
macchine originarie
Da anni cultrice della storia e delle tecnologie che resero nell'ottocento
il nostro porto il secondo scalo marittimo d'Europa dopo Marsiglia e fiore
all'occhiello dell'Impero asburgico, Antonella Caroli, già segretario generale
del porto di Trieste, terrà per Italia Nostra, oggi alle 17.30 alla sala
Baroncini, una conferenza sulla centrale idrodinamica del Porto Vecchio.
L'incontro, corredato da una ricca sequenza d'immagini del nostro scalo e di
quello di Amburgo, realtà legate da stupefacenti analogie storiche e
architettoniche, è il secondo di una serie di appuntamenti con studiosi ed
esperti internazionali organizzati dall'architetto sulle costruzioni portuali
storiche, in vista del costituendo Polo Museale del nostro porto.
«Molti cittadini - afferma Caroli - non conoscono ancora il Porto Vecchio, che
si potrebbe definire ”lagerhauser” (parte di città destinata alla movimentazione
delle merci), né la centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica di
riconversione, edifici monumentali che, con il magazzino 26 e le altre
costruzioni portuali, hanno portato alla ribalta mondiale il nostro porto»: un
tema già presentato di recente con successo dall'architetto nell'ambito di una
serata Soroptimist in collaborazione con l'Archivio di Stato di Trieste diretto
da Grazia Tatò.
Le richieste di visitare il porto sono numerosissime: esperti e delegazioni
nazionali ed estere chiedono di conoscere la Centrale Idrodinamica, la quale,
costruita nel 1890 quale unico impianto di potenza idraulica completo, comprende
ancora intatte tutte le macchine originarie, che fino al 1988 producevano
energia per tutti i mezzi di sollevamento del porto.
Collegata ad essa è la «sottostazione elettrica di riconversione» (1913), che
tuttora conserva trasformatori, riduttori e strumentazioni elettriche d'epoca,
parte dei quali in funzione. Pur presentando elementi di degrado, dovuto
all'abbandono, le costruzioni mantengono note stilistiche di pregio e
testimoniano vivamente quell'archeologia industriale-portuale, che ha segnato il
passaggio dal XIX al XX secolo dal punto di vista delle metodologie di
costruzione e tecnologico.
Gli edifici e gli impianti, che si trovano nel Punto Franco vecchio all'altezza
del ponte ferroviario su viale Miramare, diventeranno il fulcro del Polo Museale,
inteso come centro di cultura storica e di formazione marittima e portuale: un
progetto sul quale si è trovato pieno accordo tra Regione, Autorità Portuale e
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e nel 2007 si è siglato un
protocollo d'intesa: per il recupero e il restauro della Centrale Idrodinamica è
iniziato un programma d'intervento completamente finanziato, mentre per il Polo
il programma dei finanziamenti è in itinere.
Il progetto di recupero, che non farà morire l'affascinante genius loci di cui è
pervaso il porto, richiama modelli già realizzati ad Amburgo, Brema, Città del
Capo e Sidney e prevede l'inserimento di unità di navigazione ora dismesse,
progettate e costruite a Trieste, di storiche attrezzature elettromeccaniche, di
affascinanti fondi archivistici, arredi e plastici.
Marianna Accerboni
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 febbraio 2009
Muggia, la raccolta rifiuti sperimenterà il ”porta a
porta” - IL SERVIZIO AGGIUDICATO ALL’ITALSPURGHI
MUGGIA Sperimentazione della raccolta porta a porta presso
400 utenze domestiche. Distribuzione di 100 «composters» a chi ne farà
richiesta. Un nuovo servizio sperimentale per la raccolta degli oli esausti da
cucina. Il raggiungimento del 40% di raccolta differenziata al sesto mese di
affidamento e del 55% al nono. Infine, uno studio di fattibilità per la
sistemazione di cassonetti a scomparsa nel centro storico.
Queste le principali novità per l’asporto dei rifiuti a Muggia, legate
all'affidamento del servizio, dal primo febbraio scorso, a Italspurghi Ecologia,
che si è aggiudicata la gara europea per 843.375 euro, con un ribasso di circa
130mila euro rispetto alla base fissata a 975mila euro. Italspurghi ha inoltre
offerto diversi miglioramenti rispetto a quanto previsto dal capitolato
d'appalto.
Per i muggesani, nell'immediato però non cambierà nulla. L’Italspurghi - in base
a una trattativa privata seguita alla rescissione del contratto con la ditta
Ecoverde - stava già svolgendo, sia pur provvisoriamente, il servizio di
raccolta dei rifiuti e garantirà pertanto la sua continuità, provvedendo anzi a
una serie di miglioramenti.
Quanto alle innovazioni del porta a porta, assicura l'amministrazione, queste
saranno graduali e verranno comunque anticipate da una campagna informativa che
partirà a breve, non appena fissati i termini con i responsabili dell'azienda
che si è aggiudicata l'appalto.
«La campagna che stiamo progettando - osserva l'assessore all'Ambiente e
sviluppo energetico, Edmondo Bussani - intende illustare ai cittadini, oltre
alle modalità delle nuove forme di raccolta, i benefici che questa produrrà sia
all'ambiente che alle casse comunali. Nel medio termine contiamo si traduca in
benefici anche per l'utenza, con il passaggio da tassa sui rifiuti a tariffa».
Il nuovo servizio prevede il miglioramento della raccolta differenziata porta a
porta presso 120 utenti (negozi e pubblici esercizi), con la raccolta della
frazione umida delle cucine dei ristoranti anche nelle domeniche di luglio e
agosto.
Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio,
passando da 33 a 45 utenti. Aumenterà anche la raccolta del verde, i cui
contenitori passeranno da 50 a 80. Le isole ecologiche da 70 diverranno 80, con
il posizionamento in tutti i punti di raccolta di nuovi cassonetti da 3.200
litri per carta e plastica e nuove campane per vetro e lattine.
Verrà poi attivato un servizio sperimentale per la raccolta degli oli esausti da
cucina. Italspurghi distribuirà mille appositi contenitori ad altrettanti
utenti, che dovranno poi portarli al centro di raccolta di di Vignano. La
vuotatura dei contenitori di rifiuti sul Lungomare Venezia e nel centro storico
avverrà anche nelle domeniche di luglio e agosto.
Gianfranco Terzoli
Enpa: salvati oltre duemila animali e i cinghiali sono
diventati domestici - POSITIVO IL BILANCIO DEGLI INTERVENTI A FAVORE DELLA FAUNA
Un’aquila, pur curata, non potrà più volare: sarà un’«attrazione» per i
visitatori
Oltre 650 gatti, 239 gabbiani, 244 colombi, 117 cornacchie. Sono i numeri
più elevati di soccorsi che l’Enpa ha portato a termine nel 2008, che si
aggiungono a 72 ricci, 93 passeri, 40 caprioli, 64 merli, ma anche tartarughe
abbandonate dai proprietari, pipistrelli, cinghiali, conigli, moltissimi uccelli
feriti e, tra le curiosità, una maestosa aquila. «La protezione animali di
Trieste ha chiuso il 2008 con 2370 animali ricoverati nella struttura di via
Marchesetti 10/4 e nei grandi recinti dell’Oasi del Farneto, di cinque mila
metri quadrati, accessibili e visitabili», spiega il commissario straordinario
dell’ Enpa Gabriella Cinti Macchia. «Il numero degli animali soccorsi è
inferiore a quello del 2007 che ha visto oltre 3200 ricoverati. Purtroppo il
mancato affidamento totale della raccolta sul territorio degli animali selvatici
ha prodotto una minore capacità di tempestivo intervento. L’Enpa, infatti, con
il suo unico dipendente e i suoi volontari può operare in continuità solo dalle
14.00 alle 20.00 dei giorni feriali. Il resto è affidato alla Provincia di
Trieste e ai suoi incaricati».
Tra gli animali soccorsi molti sono stati restituiti al loro ambiente. «Ben 41
caprioli sono stati accolti al pronto soccorso dopo investimenti o cadute da
dirupi, quattro saranno liberati a breve sono ancora ospiti cinque cinghiali
che, raccolti giovani, si sono talmente abituati all’uomo da rendere
problematica la liberazione per eccessiva familiarità», aggiunge il commissario.
Il numero elevato di aiuti ai mici ha contribuiti alla campagna di
sterilizzazione felina, che ha comportato oltre 600 interventi, con il sostegno
del Comune di Trieste. «Continua la azione di contenimento delle colonie dei
randagi – sottolinea - e con un grande impegno delle gattare a cui va
riconosciuta una dedizione e una cura dei gatti di colonia veramente
ammirabile».
A seguire l’attività dell’Ente anche tante scuole: oltre 400 studenti hanno
fatto visita alla struttura nei vari mesi dell’anno. Il 2008 ha anche registrato
alcuni avvenimenti particolari. «Il più importante è stato l’ urgente ospitalità
data a 230 uccelli sequestrati dalla Guardia Forestale, molti di essi in
precarie condizioni di salute – precisa il commissario - dopo un paio di mesi
oltre 110 hanno potuto esser liberati, mentre gli altri sono stati trasferiti in
un centro della Forestale. Altro avvenimento l’arrivo di una aquila reale del
Parco delle Dolomiti, con un’ala gravemente lesa, non potrà più volare, ma potrà
rimanere ospite gradito per la gioia di chi desidera vedere da vicino la regina
dei cieli e delle montagne». I soci dell’Enpa sono aumentati e superano quota
1500.
«Ricordiamo che l’Enpa-onlus – conclude Gabriella Cinti Macchia - si sostiene
con le quote sociali e con le elargizioni dei cittadini non ricevendo dallo
Stato alcun sostegno. Il nome ente molto spesso suscita l’errata idea di una
dipendenza pubblica, ma così non è trattandosi unicamente di un riconoscimento
di qualità: ente morale appunto. Un sentito ringraziamento inoltre va dato ai
soci ed ai cittadini che portano cibi, scatolame, croccantini e giornali
direttamente alla sede. Grazie a questi contributi la spesa per alimentare gli
animali ricoverati riesce ad essere ancora sostenibile». Nel 2008 è stato anche
avviato il progetto per la realizzazione di un cimitero per gli animali
nell’Oasi del Farneto ed è stato costruito un piccolo edificio ospitante i
servizi igienici per dotare l’area, di mille metri quadrati, riservata alle
manifestazioni e ai ragazzi in visita.
Micol Brusaferro
Cinghiale abbattuto, caso nazionale - REAZIONI
INDIGNATE IN TUTTA ITALIA
Sta assumendo dimensioni nazionali la protesta nata nel mondo ambientalista dopo la diffusione della notizia dell’abbattimento di un giovane cinghiale, sorpreso a dormire dentro l’ex Santorio. Ad esprimere il loro sdegno per quella che considerano «una barbara esecuzione» sono in queste ore decine di animalisti di tutt’Italia. «Non ci possiamo credere - scrivono Marianna Napoli e Giulia Gueli Alletti di Milano -. Una simile brutalità non merita altri commenti. Auguriamo solo a chi compie queste ”prodezze” contro povere creature incolpevoli e indifese, di non trovarsi mai ,a loro volta, in situazioni simili».
Rifiuti, dissociatore molecolare a Cormons - AVVIATO IL
PROGETTO PER SETTE ECOPIAZZOLE «DRIVE IN»
Il presidente della Provincia Gherghetta: lo installeremo solo con il via
libera dei cittadini
CORMONS «Il dissociatore molecolare a Pecol dei Lupi si farà soltanto se la
sperimentazione che stiamo attuando avrà esito positivo e se ci sarà il
nullaosta dei cittadini e del Comune di Cormons».
Enrico Gherghetta non esclude la possibilità che il dissociatore possa essere
installato a Pecol dei Lupi, «con l’unico obiettivo di svuotare la discarica»,
aggiunge. Il progetto, pertanto, non è stato archiviato. «È chiaro però che
essendoci tanti ”se” di mezzo non è un progetto che si concretizzerà, se mai si
concretizzerà, dall’oggi al domani».
Intanto, arrivano le eco-piazzole drive in. A coniare questo termine è lo stesso
Gherghetta che intende concretizzare nei paesi dell’Isontino un progetto che
vede come località-capofila Montebelluna nel senso che la località veneta è
stata la prima, in assoluto, a introdurre questo rivoluzionaria metodologia di
raccolta dei rifiuti.
«La Provincia realizzerà sette ecopiazzole moderne, isole ecologiche tipo ”drive
in”. Come sono realizzate? Si entra con la tessera direttamente a bordo l’auto e
si fa il giro attorno ai container interrati posti centralmente. A seconda della
tiplogia di rifiuti, ci si ferma, si svuota il tutto e si esce. Il fatto di
poter entrare con la vettura o con il furgone è un bel vantaggio perché non
serve spostare per parecchi metri i materiali, talvolta molto pesanti». Che il
progetto sia in stato piuttosto avanzato, lo conferma anche il fatto che la
Provincia si è già informata sui prezzi ed è pronta a stanziare i finanziamenti
necessari. «Costano circa 250.000 euro l’una: sono strutture molto avanzate in
cui si possono portare tutti i tipi di scarti, persino le batterie delle auto e
gli oli esausti dei motori».
Gherghetta è entusiasta di questa novità. «Ho anticipato questa nostra
intenzione sia al Comune di Gorizia che a quello di Monfalcone e devo dire che
ho riscontrato grandissimo interesse da parte di quelle due amministrazioni. Mi
sono informato su quelle che sono le caratteristiche di tali ecopiazzole e ho
anche delle fotografie che illustrano le modalità di raccolta e smaltimento. In
questo momento, come ben sapete, ci sono tante strutture diverse disseminate sul
territorio, molte volte si trovano in zone mal collegate, isolate, scomode da
raggiungere. Ecco che un progetto di tale portata potrebbe giovare alla qualità
della vita del cittadino». Onde evitare che si inneschino polemiche a priori e a
prescindere, il presidente della Provincia mette subito le mani avanti e precisa
che tali ecopiazzole, quando saranno realizzate, saranno distanti dagli abitati.
Gherghetta infine interviene sulla discarica che aprirà a Brazzano. «Continuo a
leggere accuse nei miei confronti: dicono che ho sempre dichiarato che non si
sarebbero aperte nuove strutture di questo tipo sul territorio. Invito queste
persone ad andarsi a leggere il mio programma elettorale dove c’è scritto a
caratteri cubitali che la Provincia è contraria alla realizzazione di nuove
discariche sul territorio ma di quelle di rifiuti solidi urbani e non certo di
materiali inerti».
I casi, pertanto, sono due a sentire Gherghetta: o c’è scarsa conoscenza («Non è
detto che tutti abbiano letto con attenzione il programma elettorale») o c’è
malafede.
FRANCESCO FAIN
ARCI SERVIZIO CIVILE FVG - COMUNICATO STAMPA -
SABATO, 7
febbraio 2009
IN DIECIMILA A SALVARE IL SERVIZIO CIVILE
La petizione lanciata da ARCI Servizio Civile a sostegno del Servizio Civile
Nazionale ha superato ad oggi oltre 10.000 firme.
L’ha confermato oggi il Presidente di ARCI Servizio Civile del Friuli Venezia
Giulia, Giuliano Gelci.
ARCI Servizio Civile è preoccupata del taglio drastico del 42% delle risorse
economiche a disposizione per il servizio civile nazionale. Si passa dai 299
milioni stanziati per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella
finanziaria per il 2009. Una cifra che mette a rischio la possibilità di avere
bandi per il 2009 se non per un esiguo numero di volontari. Volontari (tra i 18
e 28 anni) che finora, dietro un riconoscimento di circa 400,00 euro mensili per
una anno, vivevano un’esperienza educativa nella società civile in ambiti quali
assistenza, protezione civile, ambiente, promozione culturale e sportiva.
Per ARCI Servizio Civile l’accesso volontario al Servizio Civile Nazionale è
inserito nella prospettiva di allargare progressivamente la partecipazione
giovanile a questa esperienza perché, se ben fatta, l’intero Paese ne
riceverebbe un inestimabile miglioramento.
Sarebbe possibile allargare a condizioni giovanili e zone territoriali la
partecipazione, oggi a rischio, rendendo il Servizio Civile Nazionale anche
un’esperienza educativa fra pari, in cui lo scambio fra generazioni (giovani e
operatori degli enti e cittadini) si somma allo scambio tra giovani diversi,
nella situazione fisica, nelle condizioni materiali, nella cultura.
In questo quadro, guardando anche i processi demografici e sociali in corso,
l’accesso dei giovani stranieri residenti in Italia farebbe assumere al Servizio
Civile Nazionale un formidabile potere di loro integrazione nelle regole di
convivenza, in un contesto di pluralismo e di scambio fra culture e vissuti.
IL PICCOLO - SABATO, 7 febbraio 2009
Il dopo-Camus del traffico: torna via Mazzini pedonale
- Dipiazza: chiudere più parti possibili del centro e poi fare un ”Ring” di
scorrimento
Elaborato pronto a fine anno, dopo un confronto con
imprenditori e negozianti
Piano del traffico fase due. Il Comune inizia ad affrontare il dopo Camus,
dopo il sostanziale congelamento della proposte formulate dall’ingegnere sulla
nuova viabilità cittadina. La frase, diplomatica, che usa il sindaco Dipiazza,
parla in realtà della «necessità di armonizzare il piano di Camus col contesto
cittadino» ma in sostanza si tratta di una parziale riscrittura. A iniziare dal
tormentone di via Mazzini che, dopo batti e ribatti estenuanti, sembra di nuovo
destinata a un futuro pedonale.
In tal senso, almeno, ne hanno parlato ieri mattina, in un nuovo gruppo di
lavoro lo stesso sindaco e gli ingegneri Tosolini e Bernetti, oltre al dottor
Vascotto. Una piccola task-force che riparte da via Mazzini per chiudere un
discorso di pedonalizzazione quasi totale della città «sta finalmente venendo
fuori la città che voglio – dice senza mezzi termini il sindaco – con un centro
storico senza auto nella sua quasi interezza. Eccezion fatta per le vie Imbriani,
San Spiridione e Roma che non possono proprio essere chiuse, pena il collasso
del traffico, il percorso dalle Rive al Viale e oltre è quasi ultimato».
In un futuro medio-lungo (Dipiazza parla apertamente della fine dell’anno, come
minimo, per la presentazione di un progetto organico) si dovrebbe arrivare anche
al famoso «Ring», ispirato a quello viennese e che, come asse di scorrimento
veloce ai margini della zona centrale, si strutturerà lungo le vie Carducci,
piazza Libertà, Rive, Campi Elisi per poi rientrare in centro lungo le due
gallerie San Vito e Sandrinelli. «Sono idee – ammette il sindaco – per le quali
devo ancora confrontarmi con la Provincia, che ha competenza specifica in
materia di trasporto urbano e con la stessa TriesteTrasporti, ma il clima mi
sembra propositivo e credo che alla fine le varie proposte troveranno una
soluzione soddisfacente».
«Lavoreremo qualche mese – anticipa Dipiazza – prima di presentare a
commercianti e imprenditori e poi alle circoscizioni le varie ipotesi, in modo
che si tratti di scelte partecipate, perchè il piano del traffico riguarda tutta
la città. Poi, in fase operativa, partiremo con realizzazioni step by step nella
varie parti cittadine interessate.
Dopo la controversa esperienza di «Stream» sembra che, contrariamente a quanto
era stato detto in un primo momento i bus elettrici non entreranno in servizio
di raccordo tra aree pedonalizzate e non. «Nulla vieta però - mette le mani
avanti Dipiazza – se un domani riusciremo chiudere molti dei progetti in questa
città, di dare corpo anche a queste fantasie».
(f.b.)
Italia Nostra: fondi stornati per rifare piazza Libertà
- Lettera ai Beni culturali: il Comune ha chiesto soldi statali finalizzati a
sanare un degrado che non c’è
AMBIENTALISTI E COMITATI CHIEDONO AL SINDACO UN
INCONTRO PUBBLICO SUL DESTINO DEGLI ALBERI Contro la riqualificazione
viaria e urbana di piazza Libertà - «che è in realtà un intervento distruttivo
di un pezzo di storia e sacrifica un numero imprecisato di alberi secolari» -
ambientalisti e gruppi auto-organizzati tentano ancora una volta di far pesare
in extremis quelle diecimila firme depositate in Municipio a ottobre. Stavolta
però la strategia cambia. E così, dopo le fresche dichiarazioni del sindaco
Dipiazza e dell’assessore ai Lavori pubblici Bandelli che ribadiscono la
«necessità» di tirare dritto, le contromosse superano i confini cittadini.
Obiettivo: stoppare un iter destinato ad aprire, nel secondo semestre di quest’anno,
«un cantiere da 420 giorni consecutivi» in area stazione. Italia Nostra infatti,
di concerto con Wwf e Comitato per la difesa del giardino storico di piazza
Libertà, e davanti a una Soprintendenza che «latita», ha inviato alla segreteria
generale del ministero dei Beni culturali, a Roma, una lettera con un report
storico del fronte-stazione e soprattutto una richiesta di un «vincolo diretto
specifico, molto più caratterizzato e stringente», come precisa Giulia Giacomich,
presidente locale di Italia Nostra. «Piazza Libertà - aggiunge - è una
testimonianza forte della Trieste austro-ungarica emporiale di fine ’800 e lo
spostamento integrale della viabilità sul lato di via Ghega (più una «esse» di
rientro verso il Silos, ndr) comporta una distruzione irreparabile del suo
asssetto storico». Ma non è solo questione di vincoli. Nella lettera ci sta un
passaggio, velato, in cui si evoca - tiene a sottolineare la Giacomich - un
eventuale «illecito amministrativo». Che significa? «Che quei due milioni e
361mila euro ottenuti dal ministero delle Infrastrutture per l’opera (più un
milione e mezzo dalla Regione, ndr) vengono dalla legge 21/2001 per il recupero
di quartieri degradati a forte disagio abitativo e occupazionale in prossimità
di zone portuali». Si tratterebbe dunque di «un vero e proprio sviamento di
fondi statali visto che l’area, già interessata fra il 1998 e il 2004 da un
piano di recupero da 900mila euro, è zona di pregio architettonico a prevalenza
di terziario». C’è poi la «scarsa considerazione dei cittadini, che dire scarsa
è un eufemismo», rincara la dose il referente territoriale del Wwf Carlo
Dellabella. Così Ilaria Ericani, portavoce del Comitato per piazza Libertà,
chiede all’amministrazione Dipiazza di «organizzare un incontro pubblico prima
dell’approvazione del progetto definitivo, affinché l’assessore Bandelli ci
spieghi come potranno essere sacrificati soltanto 4/5 alberi visto che ne
saranno tolti almeno 13». Bandelli ripete da sempre che, con le ultime tecniche
di trapianto botanico, il saccrificio sarebbe appunto limitato.
«Fisiologicamente - sostiene però il botanico Carlo Genzo, presidente nazionale
di Camminacittà - non è possibile il trapianto di alberi ultracentenari di
quelle dimensioni. Gli scavi, poi, rischieranno di tocccare le parti terminali
delle radici, funzionali alla vitalità della pianta. Il tentativo di trapianto
dunque, che in partenza comporta tecniche onerose, si configurerebbe come uno
spreco di denaro».
PIERO RAUBER
Università a luci spente per l’ambiente - VENERDÌ IL
BLACK-OUT. RIPARTITI I FONDI ALLE ASSOCIAZIONI STUDENTESCHE
Venerdì 13 febbraio, alle 18 in punto, sull’Università
cittadina calerà il buio. Le luci esterne si spegneranno, così come i computer e
tutti i dispositivi elettrici non indispensabili. Un black-out simbolico di
alcuni minuti, fortemente voluto dagli studenti per sensibilizzare l’opinione
pubblica sull’importanza del risparmio energetico per abbattere sprechi e
inquinamento.
L’idea non è stata partorita a Trieste: «M’Illumino di meno», questo il nome
della campagna lanciata cinque anni fa dal programma di Radio2 «Caterpillar», ha
già contagiato negli anni milioni di persone, raccogliendo adesioni eccellenti
anche tra ambasciate, comuni e province, grazie al patrocinio ottenuto dal
Consiglio Europeo. «Ora, in questa quinta edizione, vogliamo esserci anche noi –
spiega il presidente del Consiglio degli studenti dell’ateneo giuliano, Paolo
Prelazzi -. Abbiamo lanciato la proposta al Consiglio di amministrazione
dell’Università, che l’ha subito recepita. Ci sembra un messaggio importante,
visto anche l’attuale momento di crisi economica».
Oltre allo spegnimento di quasi tutte le luci esterne (alcune rimarranno accese
per motivi di sicurezza), i rappresentanti degli universitari hanno poi chiesto
un ulteriore sforzo all’ateneo, proponendo altre forme di risparmio da attuare
durante tutto l’anno: dall’utilizzo della posta elettronica per le comunicazioni
ufficiali (in modo da risparmiare sulla carta), all’acquisto di carta riciclata
al posto di quella normale; dalla sostituzione degli impianti di illuminazione
con apparati a basso consumo, fino all’avvio di una campagna informativa sul
risparmio energetico.
Nell’ultima seduta del Consiglio, però, non si è parlato solo di ambiente:
spazio è stato dato anche alla ripartizione dei fondi a disposizione degli
universitari – 37mila euro – tra le associazioni studentesche che ne avevano
fatto richiesta. Su 13 domande, 7 sono state rigettate per vizi di forma, per
cui a spartirsi il «bottino» sono state sei associazioni. Si tratta dell’Aegee,
associazione europea studenti universitari, che nei prossimi mesi organizzerà
tre eventi di rilievo tra cui la Summer University 2009 dedicata agli studenti
stranieri; RadioInCorso, la web radio studentesca, che a breve inizierà a
trasmettere on-line; il Coro dell’Università; l’Assis, Associazione studenti di
Scienze internazionali e diplomatiche di Gorizia; Fuorionda, che gestisce il
giornalino universitario e il Sism, Segretariato italiano studenti medicina, che
oltre a organizzare un concerto in beneficenza in maggio promuoverà incontri
sulla salute pubblica.
Elisa Lenarduzzi
San Dorligo, rilevazioni sulla qualità dell’aria
SAN DORLIGO A breve, forse già agli inizi di marzo, nel
territorio del comune di San Dorligo della Valle, inizierà una campagna per la
misurazione della qualità dell’aria che dovrebbe protrarsi per almeno un anno.
«Molti cittadini chi hanno domandato ai effettuare queste rilevazioni – spiega
il sindaco Fulvia Premolin – e soprattutto quelli che abitano nella zona di
Mattonaia, che si lamentano per i cattivi odori riconducibili principalmente
agli impianti della Siot. Il giorno 11 – aggiunge – avremo un incontro
tecnico-operativo con l’Arpa, in cui decideremo tutti gli aspetti necessari per
partire con le misurazioni».
Oltre 200 studenti alla mostra sull’energia
DUINO AURISINA Oltre 200 studenti delle elementari e delle
medie hanno partecipato a «Energeticamente», mostra interattiva nella sede ex
Aiat e tesa a sensibilizzare i giovani al riciclo e all'ottimizzazione del
consumo di energia. L'iniziativa fa parte di un più progetto intitolato «Im...patti
ambientali», finanziato dalla Provincia e realizzato dagli assessorati comunali
all'Ambiente e all'Istruzione. «Il tema di quest'anno - ha spiegato l'assessore
Svara - riguarda le diverse fonti di energia, con particolare riferimento a
quelle alternative e rinnovabili».
Cartiera verso l’autonomia energetica - Entro l’estate
due nuove turbine permetteranno di ridurre i costi delle materie prime
INVESTIMENTI CONTRO LA CRISI
DUINO AURISINA La prima entrerà in funzione entro questo mese, la seconda in
estate. Nonostante la crisi che attraversa, la Cartiera Burgo di San Giovanni di
Duino sta effettuando in questo periodo un importante investimento legato alla
cogenerazione di energia elettrica.
L'impianto attualmente in uso (composto da due turbine) è infatti obsoleto
rispetto alle necessità dell'industria. La sua sostituzione rappresenta un
investimento, iniziato già nel 2007. Negli ultimi due anni, infatti,
l'amministrazione comunale di Duino Aurisina, che ha organizzato anche una
conferenza dei servizi sul tema, sfociata prima in un accordo di programma e
quindi in un lungo iter, ha dato tutte le autorizzazioni necessarie alla
realizzazione del nuovo impianto, il cui obiettivo sta nel rendere
autosufficiente la cartiera dal punto di vista dell’approvvigionamento di
energia elettrica.
L'entrata in funzione delle due nuove turbine a gas permetterà di dismettere
entro l’estate l'attuale impianto. La Burgo produrrà la «propria» energia usando
il vapore impiegato nel procedimento di realizzazione della carta, secondo una
tecnologia consolidata già utilizzata in altre cartiere.
L'impianto diventerà così indipendente sul fronte dell'energia elettrica, che
non dovrà quindi essere più annoverarla fra le materie prime da acquistare.
Anzi, l'impianto di cogenerazione sarà in grado in alcuni periodi di fornire
energia elettrica alla rete nazionale, una «vendita» che andrà a compensare gli
acquisti di energia in qualche altro stabilimento italiano del gruppo, che non
possiede un impianto a questo livello di efficienza.
«Per Duino Aurisina - spiega il sindaco Giorgio Ret - non sussiste alcun rischio
con l'attivazione del nuovo impianto, né si creerà alcuna forma supplementare di
inquinamento.
L'avvio della centrale di cogenerazione - un investimento il cui costo, secondo
i dati in possesso del sindaco, si aggira sugli 8 milioni di euro - dovrebbe in
qualche modo aiutare ad abbassare i costi di produzione della carta, rendendo
quindi potenzialmente più competitivo lo stabilimento di Duino, che attualmente
attraversa una difficile crisi.
Restando in tema di energia elettrica, attraversa una fase di stasi il progetto
di Terna (il gestore nazionale delle linee elettriche) per l’adeguamento
dell’alta tensione, che per Duino Aurisina - e in particolare per le frazioni di
San Pelagio e Visogliano - si dovrebbe tradurre in uno spostamento della linea
elettrica che attraversa quei paesi.
«Non abbiamo alcuna comunicazione - dichiara il sindaco Ret -. Dopo aver inviato
le nostre osservazioni ai progetti di Terna, ribadito la nostra preferenza
all'interramento rispetto alla scelta di spostare i tralicci dai centri abitati
mantenendo il passaggio della rete per via aerea, non abbiamo più avuto alcuna
risposta».
(fr. c.)
Regione e Trenitalia Accordo da 100 milioni a misura di
pendolari - Entro tre anni otto nuovi mezzi in servizio
Abbonamenti speciali validi anche per l’Eurostar
UDINE Se i treni saranno sporchi o arriveranno in ritardo,
Trenitalia pagherà una sanzione alla Regione Friuli Venezia Giulia. Rimediando
così alla colpa di non aver servito al meglio il pendolare, vero protagonista
dell’accordo da 100 milioni di euro chiuso ieri a Udine tra l’assessore ai
Trasporti Riccardo Riccardi e il responsabile divisione passeggeri regionale di
Trenitalia Giancarlo Laguzzi. Un accordo che verrà formalizzato a maggio dopo i
via libera del cda del gestore e della giunta Tondo.
Un sistema di sanzioni, dunque, «a garantire che ci sarà la massima attenzione
al servizio», spiega Riccardi. Sanzioni che andranno da poche centinaia di euro
nel caso di lamentele giustificate dell’utenza sul fronte della comunicazione e
dell’informazione a un massimo di 15mila euro, si legge nella bozza condivisa
ieri, se Trenitalia peggiorerà in tema di puntualità. Quello dei tempi non
appare il problema principale – la media degli ultimi 4 anni sulle tratte
regionali è stata del 91% di treni in orario, il 92% nel 2008 – ma, sottolinea
ancora l’assessore, «abbiamo voluto costruire le basi di un’ampia tutela per chi
paga il biglietto. Non a caso le eventuali sanzioni a carico del gestore saranno
utilizzate per migliorare ulteriormente la qualità del servizio».
Quello che verrà firmato a marzo sarà il primo contratto di servizio del
trasporto pubblico locale su rotaia stretto da una Regione italiana con
Trenitalia. Durerà 6 anni e comporterà un investimento di 100 milioni, 74 a
carico dell’amministrazione regionale e 29 del gestore, per l'acquisto di un
nuovo parco rotabile: 8 treni, fa sapere Riccardi, disponibili tra la fine del
2011 e l’inizio del 2012. Pendolari protagonisti, ma come? «Studieremo un
sistema – prosegue l’assessore – che definisca un significativo ruolo e la forte
partecipazione dei passeggeri nell'attività di verifica del servizio. Il loro
sarà un pressing nei confronti della Regione con la finalità comune della
fornitura del miglior servizio possibile».
Nel testo discusso ieri sono anche previste agevolazioni sulle condizioni di
accesso degli abbonati del servizio regionale anche ai treni di lunga
percorrenza. Sarà infatti sottoscritta una specifica intesa in base alla quale
gli utenti della regione potranno acquistare una tessera mensile o annuale che
consentirà, previo pagamento di un’integrazione tariffaria, di accedere pure a
Eurostar, Cisalpino e InterCity. Infine, in merito alla richiesta della Regione
di garantire attraverso Trenitalia la qualità dei servizi erogati dalla Rete
Ferroviaria Italiana, all’interno delle stazioni, è stato convenuto che tale
problematica dovrà trovare soluzione a margine del contratto attraverso una
valutazione congiunta estesa a Rfi e al ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti.
(m.b.)
Parte il 2 aprile il «supertreno» Berlino-Trieste
TRIESTE A partire dal 2 aprile arriverà in Friuli Venezia Giulia il primo treno delle ferrovie tedesche DB Autozug che, partendo da Berlino, consentirà di viaggiare su rotaia con la propria auto o moto al seguito. Il nuovo servizio - presentato ieri alla Fiera Reisen di Amburgo dal vicepresidente della Regione Luca Ciriani - è frutto di una convenzione attivata con il gestore tedesco che garantirà un afflusso di oltre 18 mila turisti da Germania, Olanda e Scandinavia. «La convenzione - spiega Ciriani - prevede un collegamento diretto quattro volte alla settimana». L’iniziativa Regione-Deutsche Bahn prevede anche una vettura del treno dedicata alla degustazione e alla vendita dei vini del Friuli Venezia Giulia.
Veglia, in quattro anni sarà raddoppiato il terminal
petrolifero a Castelmuschio
FIUME Con un investimento complessivo intorno ai 148-150
milioni di euro, il terminal isolano dello Janaf (Oleodotto adriatico), che si
affaccia sul Quarnero nelle vicinanze di Castelmuschio (Omisalj), nei prossimi
quattro anni verrà trasformato nel principale centro di stoccaggio e
distribuzione del greggio per il Sudest Europa. Il terminal nella parte
nordoccidentale dell'Isola di Veglia (Krk) diventerà, in pratica, una sorta di
supermercato e area di deposito per le scorte di petrolio dei Paesi dell'area:
Croazia, Bosnia-Erzegovina e poi, «in arrampicata» verso Nord, Ungheria e
Slovacchia.
Il terminal fungerebbe inoltre da «rubinetto» alternativo alle forniture che
arrivano da Est per le raffinerie serbe di Pancevo e Novi Sad, controllate dal
colosso russo «Gazprom». Nel progetto potrebbe forse rientrare pure la Slovenia.
Queste le novità, che hanno subito suscitato grande interesse, annunciate dal
presidente amministrativo dello Janaf, Ante Markov. Stando al quale il progetto
non rientra nella nebulosa del futuribile ma è qualcosa di preciso e concreto
che, sia pure in minima parte, sta già prendendo forma lungo il tracciato
continentale dello Janaf vicino Sisak. Vi vengono apprestati due nuovi grandi
serbatoi, con un'opzione per altri tre. Per quanto attiene al terminal di
Castelmuschio, con l'allestimento di nuovi serbatoi le capacità di stoccaggio
passerebbero dalle 760 mila tonnellate a 1,5 milioni. Lungo l'asse dello Janaf
che s'inerpica verso Nord e il territorio ungherese, a Virje, poca distante dal
confine magiaro, un'altra area di deposito intermedia verrebbe aumentata.
Proprio a fine 2008 si era avuta conferma della propensione dei governi
ungherese e slovacco ad affidare le proprie scorte obbligatorie di greggio al
terminal quarnerino, istituendo così una sorta di partenariato energetico
trilaterale.
Nell’area dell’attuale terminal Janaf verrebbe apprestata una nuova batteria di
8-9 grandi serbatoi circolari per immagazzinare petrolio greggio, affiancati da
altri otto minori (10 mila metri cubi ciascuno) per stoccare prodotti finiti o
derivati. In più, entro la cinta del terminal, anche un serbatoio da 1.240 metri
cubi per biocarburanti. L’allargamento del terminal a Castelmuschio ha già
ottenuto, in linea di massima, il placet dell’amministrazione locale dopo la
promesssa che il 12% dell’investimento complessivo verrebbe speso per garantire
adeguati dispositivi di tutela e preservazione dell’ambiente.
Altre le novità secondo quanto anticipato da Markov. Entro il 2009 verrebbe
avviata la posa di nuove condotte, facendo diventare lo Janaf «bidirezionale» in
tutto il percorso. Attraverso la sua diramazione Est, che si protende fino alla
Serbia toccando prima la raffineria bosniaca di Bosanski Brod, sarebbe pertanto
possibile fare arrivare il greggio russo targato «Gazprom», fino a Castelmuschio.
In pratica verrebbe così riesumato il discusso progetto «Druzba Adria» che,
respinto non molto tempo addietro per l'insorgere degli ecologisti, ora
rientrebbe in gioco dalla porta di servizio. Una riunione al riguardo sarebbe in
programma entro fine mese a Mosca, dove dovrebbe darsi appuntamento l'apposita
commissione intergovernativa russo-croata. Per Markov l’ampliamento sarebbe
realizzabile con costi sui 256 milioni di euro: Janaf assicurerebbe 30-40
milioni di euro l'anno. Il resto verrebbe finanziato attraverso la
ricapitalizzazione.
(f.r.)
IL PICCOLO - VENERDI', 6 febbraio 2009
Piazza Unità spegne le luci per «M’illumino di meno» - OBIETTIVO: RIDURRE I CONSUMI
Il 13 febbraio piazza Unità (nella foto qui sotto è
raffigurato il Municipio di sera) spegnerà simbolicamente le sue luci per la
quinta edizione di «M’illumino di meno», la giornata di mobilitazione per il
risparmio energetico lanciata dal noto programma di Radio2 Caterpillar . Nella
conferenza stampa di ieri i Giovani Democratici hanno insistito sull’importanza
di aderire all’iniziativa, illustrando la mozione che i capigruppo del Pd
presenteranno in Provincia e Comune per sensibilizzare le istituzioni sui temi
ambientali. «Il Comune ha già deliberato la partecipazione a ”M’illumino di
meno” – afferma l’assessore Paolo Rovis – che sarà presentata ufficialmente la
prossima settimana: fa piacere che per una volta maggioranza e opposizione siano
sulla stessa linea, anche se la seconda arriva un po’ in ritardo».
Il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero ha definito il 13
febbraio «una giornata simbolica che deve essere uno stimolo per le
istituzioni». «Coerentemente al ”decalogo verde” presentato da Walter Veltroni
una settimana fa - ha aggiunto - ci impegneremo per l’attuazione di due proposte
ambientali da anni incastrate nella burocrazia comunale: l’emendamento che
prevede sconti sugli oneri edilizi per le costruzioni a basso consumo energetico
e la nomina di un ”energy manager”».
Maria Monteleone, capogruppo Pd in Provincia, ha rilevato come a livello locale
i primi passi siano già stati fatti: «La creazione dell’ecosportello,
l’iniziativa per la diffusione delle lampadine a basso costo, l’impianto
geotermico del polo scolastico di Villa Giulia, l’impianto fotovoltaico della
palestra del Da Vinci e quello della Casa del cinema, in procinto di essere
attivato. Quando un ente dimostra sensibilità su questi temi ne consegue una
risposta dei singoli». Il 13 febbraio scorso ”M’illumino di meno” ha coinvolto,
oltre a piazza Unità, innumerevoli piazze e monumenti in Italia ed Europa. «È
curioso – ha concluso Matej Iscra dei Giovani Democratici – che proposte come
questa debbano venire da programmi radio e non da leggi dello Stato».
Giovanni Tomasin
Noghere, il Wwf denuncia uno «scempio» ambientale - Le
associazioni puntano il dito contro la costruzione di un capannone tra i
Laghetti e il Rio Ospo
NESLADEK: «MASSIMA ATTENZIONE ALL’HABITAT NATURALE»
MUGGIA Un'ampia area della Valle delle Noghere, situata sul versante destro
del Rio Ospo e adiacente ai Laghetti, «sarebbe stata pesantemente manomessa
nelle scorse settimane». È l’accusa che lanciano gli ambientalisti, che
definiscono uno «scempio» quanto perpetrato ai Laghetti delle Noghere «in
seguito ai lavori per la costruzione di un capannone e altre strutture». A
puntare l’indice sono i rappresentanti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra,
Greenaction Transnational e i Comitati Sos Muggia, assieme ai cittadini di Zaule,
che in una nota congiunta affermano la necessità di «ampliare l'area tutelata
(quella dei laghetti, ndr) e bloccare altre manomissioni con un'adeguata
modifica del piano regolatore di Muggia». Le associazioni chiamano direttamente
in causa il Comune, definito «assente».
Il sindaco Nerio Nesladek però replica: «Il nuovo piano regolatore generale e le
direttive che ne esprimono le linee guida sono in avanzata fase di composizione
e garantisco che saranno molto attente alle questioni ambientali, come del resto
dimostra l'azione fin qui attuata».
Le associazioni tuttavia lamentano «la distruzione di filari di salici e pioppi»
e un'ampia zona a prato sarebbe stata «parzialmente coperta da detriti di
demolizione, veicolo di inquinamento della flora autoctona», compromettendo
superfici utilizzate da uccelli e anfibi. Il tutto preluderebbe «alla
costruzione degli edifici destinati a ospitare un'azienda». «Se tali opere
venissero realizzate - affermano gli ambientalisti - i Laghetti subirebbero
conseguenze negative. I danni all'ambiente sono ancora rimediabili, a condizione
che non si prosegua con i lavori di impermeabilizzazione e con l'edificazione
nell'area». «Diventano perciò urgenti - concludono - il blocco definitivo del
progetto e l'ampliamento dell'area tutelata e in questo può rivelarsi decisiva
l'azione del Comune».
La variante al piano regolatore, in procinto di essere discussa in Consiglio
comunale, dovrebbe contenere - stando alle associazioni - adeguate norme di
salvaguardia non solo nell'area dei Laghetti, ma anche in altre parti del
territorio minacciate dal cemento (come Lazzaretto e Punta Ronco). Le recenti
modifiche alla legge urbanistica regionale - osservano ancora - consentono ai
Comuni di introdurre tali norme anche in questa fase e Muggia non dovrebbe
rinunciare all’occasione di dotarsi di uno strumento urbanistico sostenibile».
«Stiamo lavorando sulla variante - conferma a sua volta il sindaco - anche in
riferimento all’applicazione della salvaguardia: la decisione spetta alla giunta
e al vaglio del Consiglio. Ma confermo la massima attenzione ai problemi
ambientali».
Gianfranco Terzoli
Rigassificatore, ora Lubiana tira il freno - Il
ministro dell’Ambiente: non mi sembra sia una priorità del porto di Capodistria
Erjavec: «Si tratta di un progetto ecologicamente molto
sensibile». Pressioni della «Tge Engineering»
CAPODISTRIA Nuovo freno del governo sloveno all’ipotesi di un
rigassificatore nel porto di Capodistria. L’argomento è stato affrontato nei
giorni scorsi, a Capodistria, dal ministro sloveno all’Ambiente, Karl Erjavec,
in visita nella zona costiera. Erjavec, all’incontro con la direzione della Luka
Koper, ha rilevato che non vi è alcuna possibilità che sorgano terminali di gas
nell'area del Porto di Capodistria, in particolare perché si tratta di un
progetto ecologicamente molto sensibile.
«Dato che la comunità locale e l'ambiente non possono accettare questo progetto
- ha spiegato Erjavec -, penso che non vi sia alcuna possibilità che venga
costruito e dopo le discussioni con i rappresentanti del Porto, ho la sensazione
che questa non sia nemmeno una priorità». Eppure proprio nei giorni scorsi
Vladimir Puklavec, direttore della filiale slovena della «Tge Gas Engineering»,
società tedesca che fa capo al gruppo francese «Suez», promotrice e tra i
possibili proprietari (assieme alla stessa Luka Koper e altri soggetti)
dell'impianto, aveva annunciato che il progetto sarà presentato a breve, per
convincere l'opinione pubblica sui vantaggi del terminal.
Una volta ricevute le autorizzazioni, la «Tge Engineering» sarebbe in grado di
iniziare la sua costruzione già entro un anno. Erjavec, con la direzione
portuale, ha anche parlato del piano di utilizzo ambientale. Il ministro ha
riconosciuto la necessità che siano accelerati i tempi di approvazione del
piano, che contempla un ulteriore sviluppo dello scalo capodistriano.
«Il porto di Capodistria – ha rilevato Erjavec - è di importanza strategica per
la Slovenia. Questa è la nostra finestra sul mondo». Secondo la direzione
portuale, ancora prima del piano ambientale, potrebbe essere approvato quello di
utilizzo per il terminal autocarri, in vista anche della prossima ultimazione
del nuovo collegamento stradale che devierà il traffico pesante dal centro
cittadino.
Il ministro si è anche recato alle saline di Sicciole, colpite dall’alta marea
degli inizi di dicembre. Per la sistemazione delle saline, il governo ha
stanziato 150 mila euro per i primi interventi, a fronte di un danno stimato in
un milione e 800 mila euro. Ma Erjavec non ha escluso che si possa attingere a
fondi europei. Il ministro infatti ha annunciato che il governo, assieme alla
direzione delle saline, preparerà «un progetto del valore di 10 milioni di euro
- ha detto - per una completa ristrutturazione della zona delle saline, vista
come una delle zone umide più tipiche della Slovenia».
GREENACTION TRANSNATIONAL - COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 5 febbraio 2009
Trieste – ambientalista condannato perché denuncia
illecito urbanistico. - Immediato ricorso a Cassazione ed UE.
Trieste, 5 febbraio 2009 – L’associazione ambientalista
Greenaction Transnational annuncia l’immediato ricorso in Cassazione ed in sede
europea del suo dirigente Roberto Giurastante contro la condanna per
diffamazione che il Tribunale di Trieste, dopo una recente assoluzione per fatto
analogo, gli ha confermato in appello il 4 febbraio, addebitandogli anche multe,
risarcimenti e spese per oltre 30.000 euro. Giurastante aveva denunciato alle
istituzioni competenti una grossa operazione urbanistica del Comune di Muggia
(amministrazione Gasperini) come provatamente illecita.
Greenaction ritiene radicalmente violate le garanzie dell’equo processo, poiché
la Procura (allora retta da N.M. Pace) archiviò la denuncia d’illecito
urbanistico accettando senza indagini le tesi degli amministratori comunali,
mentre su loro querela il denunciante venne imputato per diffamazione,
processato davanti al giudice di pace invece che al giudice ordinario e
condannato senza concedergli la prova della verità dei fatti, dovuta per legge;
il suo ricorso in appello venne contestato dalla Procura, convalidato dalla
Cassazione ma poi assegnato, invece che alla Corte d’Appello, al giudice
monocratico, che secondo l’associazione ha pretermesso le eccezioni di
illegittimità, le prove e l’evidenza giuridica che la denuncia documentata di un
illecito urbanistico non può costituire reato.
L’associazione transnazionale segnala che questa vicenda e la precedente affine
(relativa ad inquinamenti transconfinari) stanno suscitando in rete scalpore e
solidarietà anche da parte di organizzazioni ambientaliste di altri Paesi.
(P.G.P.)
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 5 febbraio 2009
Crisi, la Cgil sposa la cura verde - "Subito 350mila
nuovi posti"
Il sindacato presenta un piano per rilanciare l'economia in collaborazione con Legambiente: "Finora dal governo pochi soldi e niente innovazione"
ROMA - La Cgil sposa la ricetta del new deal verde per
uscire dalla crisi economica e si allea con Legambiente per lanciare un grande
piano di interventi in grado di stimolare la ripresa, creare nuovi posti di
lavoro (almeno 350 mila, solo per cominciare), favorire l'innovazione e risanare
l'ambiente. Il pacchetto di stimoli "rossoverde" è stato presentato oggi nella
sede nazionale del sindacato dal segretario confederale Paola Agnello Modica e
dal presidente dell'associazione, Vittorio Cogliati Dezza. Una scommessa sulla
quale la Cgil crede molto, tanto che inizialmente all'iniziativa avrebbe dovuto
partecipare il numero uno Guglielmo Epifani, costretto poi a volare a Bruxelles
per impegni più urgenti.
Il ragionamento della Confederazione parte dal durissimo giudizio, condiviso da
Legambiente, sulle scelte fatte sino ad oggi dal governo. All'estero, fanno
notare le due organizzazioni, da Londra a Pechino, da Washington a Madrid, tutti
i principali paesi investono miliardi a tre cifre, puntando decisamente
all'innovazione tecnologica legata all'ambiente e al contrasto dei cambiamenti
climatici. "Da noi invece ne sono stati annunciati appena 45, dei quali solo 5
sono risorse fresche, mentre le altre sono già programmate da tempo",
sottolineano.
A questo si aggiunge il fatto che, secondo il sindacato, palazzo Chigi ha
puntato "a rompere la coesione sociale, scegliendo di far pagare l'onere della
crisi ai lavoratori". Linea confermata, secondo Agnello Modica, dalle
indicazioni che arrivano sugli incentivi auto. "A leggere i giornali - fa notare
- c'è ben poco di cui rallegrarsi, manca completamente la questione degli
investimenti nei nuovi motori e la salvaguardia degli stabilimenti".
L'alternativa proposta da Cgil e Legambiente è fatta invece di "misure
immediatamente cantierabili" che nell'immediato possono dare lavoro a 350 mila
persone, "facendo scattare però un effetto volano in grado di creare molta più
occupazione". I settori su cui agire sono quattro: energia, edilizia, trasporti
e sicurezza ambientale. Ma per farlo, stando all'analisi delle due
organizzazioni, non c'è bisogno di risorse aggiuntive. Il primo strumento è
cambiare l'ordine delle priorità. "E' sufficiente privilegiare quegli interventi
che hanno la capacità di abbattere gli sprechi sociali, ambientali ed economici
prodotti dal nostro sistema produttivo", sottolinea la proposta "rossoverde". La
seconda leva è "rilanciare la lotta spietata all'evasione fiscale". Infine
occorre "qualificare la spesa nella pubblica amministrazione, contrastando
attivamente gli sprechi ad ogni livello".
Cgil e Legambiente non sono entrate nel dettaglio dei possibili interventi,
rimandando a un confronto annunciato per il 10 marzo con tutte le categorie
produttive, da Confindustria, agli artigiani, agli agricoltori, nella speranza
di coinvolgerle nel progetto. "E vero che Confindustria sulla vicenda del
pacchetto europeo 20-20-20 ha fatto una battaglia di retroguardia, ma era una
battaglia ideologica, mentre noi ci presentiamo con la forza della ragione",
sottolinea Cogliati Dezza. All'appuntamento del prossimo mese il sindacato si
presenterà forte delle proposte specifiche elaborate in queste settimane dalle
organizzazioni territoriali e di categoria.
Un esempio di come si può tenere insieme il circolo virtuoso del new deal verde,
Agnello Modica lo ha voluto però anticipare. "In Italia - ricorda - esistono
ancora 2 miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture in amianto: sostituirle
tutte con pannelli solari significherebbe creare occupazione, risparmiare sulle
spese sanitarie future e contribuire a tagliare la bolletta energetica delle
aziende. Ci guadagnerebbero tutti ed è una cosa che si può fare subito".
VALERIO GUALERZI
PUNTO INFORMATICO - GIOVEDI', 5 febbraio 2009
Fotovoltaico ed eolico prendono quota
Roma - Suscitano molto interesse due progetti, intrapresi
rispettivamente da un'azienda statunitense e da una startup formata da
ricercatori finlandesi e australiani, volti a creare pannelli fotovoltaici più
economici. Il tutto senza influire sul risultato prodotto: stando ai
protagonisti della ricerca, i nuovi metodi fornirebbero un risultato identico a
quello ottenuto dei comuni pannelli fotovoltaici.
Il primo progetto, nato dalla collaborazione tra l'Australian National
University, Spark Solar Australia e l'azienda finlandese Braggone Oy, ha come
obbiettivo quello di creare un componente fluido da spruzzare sui pannelli. Il
progetto, che avrà durata triennale, dovrebbe consentire di "spruzzare un film
di idrogeno ed uno di materiale non riflettente su un nastro trasportatore" si
legge in una dichiarazione rilasciata da Spark Solar. Il procedimento, sul quale
non è dato al momento sapere altro, servirà a rimpiazzare le attuali tecniche di
fabbricazione delle celle fotovoltaiche, giudicate troppo costose.
Secondo i ricercatori della joint venture il nuovo dispositivo potrà ridurre i
costi complessivi di un'intera fabbrica di medie dimensioni di circa 2,5 milioni
di euro. Il tutto sarà possibile senza alcuna perdita a livello qualitativo: "Le
celle saranno della stessa qualità di quelle tradizionali, ma molto più
economiche" dichiara il dottor Keith McIntosh della Australian National
University.
Ugualmente ambizioso è il progetto della Advanced Green Technologies, società
statunitense il cui vanto sono dei pannelli fotovoltaici molto più sottili e
molto più performanti dello standard in commercio: secondo l'azienda, i suoi
pannelli continuerebbero a produrre energia anche nei giorni in cui il cielo è
coperto. Tutto questo, grazie all'utilizzo di laminati molto leggeri incapsulati
in moduli composti da un polimero trasparente. Il prodotto è ideato soprattutto
per le zone il cui clima non è sempre clemente: "Se è vero che in zone assolate
tutto l'anno come il sud della California il nostro pannello non può competere
con quello di vetro, è anche vero che in zone in cui il clima non è così mite,
su base annuale, la nostra invenzione rende di più" dichiara Gene Okun,
dirigente dell'azienda.
Ma non è solo sul fotovoltaico che sono puntate le aspettative dei ricercatori:
anche il settore eolico continua ad avanzare, facendo sempre più breccia nei
sistemi di produzione energetica. Con esso avanzano anche gli Stati Uniti: di
queste settimane la notizia che vede gli USA sorpassare per produzione di
energia eolica la Germania, staccandola di un gigawatt.
Il sorpasso, avvenuto durante lo scorso anno, vede gli USA come il maggior
produttore di energia eolica a livello mondiale, con 25GW complessivi rispetto
ai 24GW prodotti in Germania. I nuovi impianti hanno aggiunto una capacità di
ben 8,4GW alla rete preesistente, destinata ad essere ulteriormente ampliata
dall'intervento della commissione Finanza del Senato che ha di recente
annunciato di voler applicare detrazioni fiscali pari a 31 miliardi di dollari
da investire sulle energie pulite.
Vincenzo Gentile
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 febbraio 2009
ABITAZIONI - Un Ecosportello per capire come si
risparmia energia
Agevolazioni fiscali, finanziamenti bancari, consumi
energetici, dispersioni termiche, impianti di riscaldamento, fotovoltaici, pompe
di calore, tipologie di pannelli solari... Per imparare a gestire il risparmio
energetico con un occhio rivolto alla salute e l’altro al portafoglio, dal 9
gennaio è attivo in via Donizetti 5/a l’Ecosportello della Provincia, punto
informativo cui possono rivolgersi i cittadini che intendono realizzare un
concreto risparmio energetico nelle proprie abitazioni. «Il progetto – spiega
Lino Santoro, presidente del circolo Verdazzurro Legambiente che coordina lo
sportello - fornisce gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, normative
e sui costi per presentare un quadro generale per la progettazione e
l’installazione di sistemi di isolamento termico dell’abitazione, di impianti a
basso consumo energetico, solari fotovoltaici e termici. I giovani operatori
dell’Ecosportello, dopo aver seguito un corso di formazione – continua Santoro -
sono preparati per fornire spiegazioni e suggerimenti, fino al 17 marzo tutti i
martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 in via Donizetti».
Su richiesta, consulenze specifiche per la realizzazione di interventi tecnici
nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti previsti da
Banca Etica che, insieme al Circolo Arci, ha sottoscritto un protocollo d’intesa
con l’Ecosportello.
In collaborazione con l’associazione Laser-Laboratorio architettura,
sostenibilità, energia, ricerca, dal 12 febbraio per un totale di cinque
giovedì, all’Ecosportello si svolgeranno incontri informativi sulla
sostenibilità e sul risparmio energetico negli edifici a cura di architetti e
ingegneri di “Laser”. «Vogliamo – conclude Santoro – che i cittadini abbiano
tutti gli strumenti per risparmiare energia, soldi e preservare l’ambiente
dall’inquinamento. Non basta fare critiche ai grandi impianti, è necessario dare
soluzioni alternative contribuendo a innescare un processo di conversione dei
consumi dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili, creando nuovi posti di
lavoro all’interno delle piccole e medie imprese che hanno investito e
investiranno in futuro in questo settore». Info: tel. 366 5239111,
www.legambientetrieste.it.
Linda Dorigo
Nuove centraline per le polveri ultrafini - Dal 2010
sarà obbligatorio misurarle. Abbassati i limiti di tutti gli inquinanti
Fra meno di un anno, con l’arrivo del 2010, diventerà
obbligatoria la rilevazione delle polveri utrafini, le cosiddette pm2,5, più
pericolose delle «sottili» (le pm10) perchè riescono a raggiungere gli alveoli
polmonari portando con sè i diversi inquinanti.
Non solo. Tutti i limiti degli inquinanti saranno più ristretti. Così, dagli
attuali 35 sforamenti annuali delle pm10 si passerà a soli 7, e la media annuale
delle stesse polveri sottili dovrà scendere da 40 a 20 microgrammi per metro
cubo.
Secondo le linee guida della direttiva europea 2008/50, a Trieste saranno
necessari due rilevatori per le pm2,5. L’Arpa ne ha già acquistato uno, e sta
effetuando le prime prove, ma sull’ubicazione delle due apparecchiature una
decisione sarà presa più in là. «Stiamo lavorando con la Regione – spiega
Stellio Vatta, direttore della dipartimento triestino dell’Arpa – al piano
regionale della qualità dell’aria. Dove collocare le nuove apparacchiature lo
decideremo in base ai dati delle misurazioni annuali».
Non serviranno comunque grandi investimenti per adeguarsi alle nuove norme sulla
misurazione delle polveri ultrafini. Gli strumenti di rilevazione sono gli
stessi, ma devono essere corredati di separatori per questo tipo di polveri, e
di campionatori in grado di trattare ogni ora un volume d’aria maggiore di
quello necessario alla rilevazione delle pm10.
Sul posizionamento delle centraline (anche di quelle attualmente in funzione)
Fabio Gemiti, chimico, esperto del Wwf in tema di ambiente, nutre però non pochi
dubbi. «Non si sa – osserva – se le centraline sono piazzate nei punti più
opportuni. Potrebbero esserci delle zone della città che presentano un
inquinamento elevato che però non viene rilevato. Ad esempio, gli ossidi di
azoto emessi dalla centrale di cogenerazione della Ferriera, in condizioni di
venti da sud o anche di stagnazione dell’aria sono stati misurati a grande
distanza: San Luigi, il Cacciatore e nei pressi di Monte Spaccato».
Gemiti sottolinea quindi la necessità di applicare i modelli matematici di
dispersione degli inquinanti nell’aria, appunto perchè le emissioni dei camini
più alti possono interessare aree anche vaste. «Mi aspetto molto – osserva – dal
lavoro che l’Arpa sta effettuando a livello regionale per la messa a punto di
questi modelli, anche nella prospettiva dell’apertura di nuovi impianti, come la
centrale elettrica annunciata dal gruppo Lucchini-Severtal».
(gi. pa.)
Gli ambientalisti: «No al Parco del Mare» - «Gli
acquari sono carceri senza sbarre e il progetto economicamente non sta in piedi»
«Gli acquari, così come gli zoo, non sono altro che
carceri per gli animali». È la dura presa di posizione assunta da alcune
associazioni ambientaliste, decise a dare battaglia al futuro Parco del Mare.
Per esprimere la loro contrarietà al progetto che dovrebbe sorgere sulle Rive,
la «Lega anti vivisezione», l’«Ente nazionale per la protezione animali» e «Greenaction
transnational» hanno formulato una serie di articolate valutazioni, già inserite
on-line sul sito www.enpa.it. Valutazioni che partono da considerazioni di
carattere etico legate al «maltrattamento» degli animali e della loro
«detenzione innaturale», per poi affrontare anche la parte economico-finanziaria
del progetto e concludere che quel Parco proprio «non s’ha da fare».
Innanzitutto perché, scrivono in una nota i presidenti di Lav, Enpa e
Greenaction, «l’acquario è un carcere senza sbarre. Il vetro può rendere meno
cruda la realtà, ma la sostanza non cambia. Strutture simili non sono idonee e,
troppo spesso, diventano semplici luoghi di sofferenza e di mortalità elevata
degli esemplari ospitati. E la sofferenza animale, ovunque e comunque
perpetrata, è da rifiutare e non la si può mascherare né con la presunta ricerca
scientifica né ammorbidendola con nomi accattivanti. La parola bio-parco
nasconde sempre uno zoo e il termine ricerca è troppe volte un comodo alibi per
un triste acquario-laboratorio di presunta conservazione della specie».
Fin qui, appunto, le considerazioni di carattere etico. Ma è anche sul tasto
della scarsa sostenibilità dell’investimento che gli ambientalisti battono per
tentare di bloccare la realizzazione del Parco del mare. «Per giustificare
l’intervento si prende a modello l’Acquario di Genova, facendo un gran parlare
del numero dei visitatori di quella struttura - scrivono ancore i presidenti dei
tre sodalizi -. Ci si scorda però di sottolineare che il pareggio di bilancio
per l’Acquario genovese si situa a 1 milione e 200 mila visitatori e che oggi il
massimo risultato ottenuto è di 1 milione e 330 mila paganti. E 130 mila
biglietti pagati rappresentano un margine esiguo che non copre nemmeno una
minima parte dell’investimento. Per il progetto di Trieste si parlava nel 2004
di un milione di potenziali visitatori, scesi poi a 900 mila nel 2006 e a 300
mila nell’ultima previsione formulata nel 2008». Pochi e anche incerti, secondo
le associazioni ambientaliste, specie se si considera che la Croazia sta
progettando un acquario a Fiume.
L’altro punto interrogativo, per Lav, Enpa e Greenaction, riguarda la
disponibilità dei finanziamenti. «In origine il Parco del Mare avrebbero dovuto
essere finanziato con i soldi dell’Expo 2008. Poi si è parlato di investitori
privati mentre oggi il tutto si è ridotto alsemplice intervento pubblico».
L’acqua della laguna analizzata a Graz - Al via
il monitoraggio antinquinamento: serviranno due anni
MARANO LAGUNARE Un monitoraggio accurato e costante in
laguna. Nei prossimi due anni, per una settimana ogni tre mesi, le acque di
Marano saranno analizzate per verificare l’eventuale presenza di nitrati e la
loro provenienza. Lo ha confermato, ieri a Marano Lagunare, l’assessore
regionale alle Risorse agricole del Friuli Venezia Giulia, Claudio Violino, nel
corso di un incontro nel quale sono state illustrate le caratteristiche del
progetto di ricerca denominato «Individuazione e caratterizzazione della
presenza di fonti di inquinamento nella laguna di Marano».
Con la collaborazione del Comune di Marano e del Corpo forestale regionale - ha
spiegato Violino - biologi del Joanneum Research, Istituto di ricerca sulle
acque di Graz coordinati dal goriziano Pierpaolo Saccon, e tecnici dell’Ersa,
Agenzia regionale per lo sviluppo rurale, hanno iniziato lo scorso lunedì ad
effettuare campionature delle acque lagunari. Il materiale raccolto sarà
analizzato nei laboratori di Graz, ed in parte anche a Grenoble, grazie alla
collaborazione attivata con un istituto della città francese.
Il progetto mira a conoscere, grazie a nuove metodologie di ricerca, fattori di
possibile inquinamento delle acque dolci della pianura friulana, che vanno ad
alimentare il bacino lagunare. Saranno infatti analizzati e campionati oltre 50
diversi punti, scelti non soltanto nell’area lagunare vera e propria, ma anche
alle foci dei fiumi, in mare aperto e, per la prima volta, sul corso del
Tagliamento.
L’obiettivo del monitoraggio è di comprendere se l’eventuale presenza di nitrati
sia causata dalle attività dell’uomo oppure dalla presenza di impianti di
depurazione, da attività economiche di varia natura, o anche dall’inquinamento
dell’aria.
Alberi di valore storico Quattro sono triestini - SONO
150 IN ITALIA
In Italia ci sono duemila alberi considerati di ”notevole
interesse” e 150 di ”valore storico o monumentale”, di cui quattro si trovano a
Trieste. Si tratta di una quercia, che si erge sul Monte Carso alta 20 metri, un
tiglio nella piazzetta della chiesa nella frazione di Crogole a San Dorligo con
11 metri di altezza e un diametro del tronco di 4 metri, un leccio nel parco di
Miramare di 16 e un’altra quercia nella dolina di Percedol che raggiunge ben 31
metri di altezza. Un vero e proprio patrimonio naturalistico, storico e
culturale che in base alla normativa regionale da un anno è passato alle
competenze della Provincia di Trieste.
L’Ente, attraverso esperti fitopatologi, ha appena salvato uno di questi alberi
che rischiava di morire e ora proseguirà nell’azione di monitoraggio per la loro
conservazione, già in passato minata dalle piogge acide e dall’inquinamento.
«Alberi monumentali come questi - spiega l’assessore all’Educazione ambientale
Dennis Visioli - sono utili agli esperti per individuare le peculiarità del
terreno e del clima, ma sono anche un’attrazione per la promozione nella nostra
provincia di un turismo ambientale. Provvederemo all’installazione di
un’adeguata cartellonistica per illustrare le caratteristiche di questi alberi
secolari e promuoveremo dei percorsi naturalistici che partendo dal Carso
possono arrivare fino a Miramare».
La Provincia, inoltre, intende favorire la conoscenza di questi alberi
monumentali soprattutto nelle scuole. «Ci faremo promotori nelle scuole
dell’obbligo del nostro territorio - prosegue Visioli - di lezioni specifiche su
questo tema, seguite da escursioni. L'obiettivo è quello di sensibilizzare le
nuove generazioni alla tutela dell'ambiente e al rispetto della natura».
(s.s.)
Cinghiale abbattuto, scoppia la polemica - Decine di
mail inviate a Comune e Provincia da ambientalisti furiosi - ISTITUZIONI SOTTO
ACCUSA
È bastato che diventasse pubblica la notizia
dell’abbattimento del cinghiale sorpreso a dormire dentro il cantiere dell’ex
Santorio per scatenare la rabbia e lo sdegno di decine di cittadini. Persone
schierate dalla parte degli animali che, per manifestare il loro disaccordo con
quella che considerano «una incivile e ingiustificata esecuzione», hanno dato il
via a una massiccia offensiva on-line. Il cinghiale - un esemplare di 30-40
chili - era stato trovato dagli operai del cantiere che avevano chiamato i
guardiacaccia, che lo hanno abbattuto senza peraltro riuscire a freddarlo al
primo colpo.
In queste ore dunque tantissime e-mail, alcune dai toni anche piuttosto duri,
intasano le caselle di posta elettronica del sindaco Dipiazza e del
vicepresidente provinciale Godina, entrambi accusati di scarsa sensibilità e
incompetenza. «Dire che sono rimasta inorridita dalla barbarie che è stata
permessa è poco - scrive Silvia Mancini -. Possibile che si debbano affrontare
tematiche del genere in maniera così brutale? Mi vergogno di essere cittadina di
un paese tanto incivile». «Anziché uccidere il cinghiale si sarebbe potuti
ricorrere a una soluzione più umana, saggia ed eticamente corretta: addormentare
l'animale e reintrodurlo in zone idonee - scrive Graziano Grieco -. Fosse stato
un terrorista in procinto di far saltare il cantiere in aria, al limite estremo,
il ricorso alle armi ci sarebbbe potuto stare, ma trattandosi di un cinghiale,
fra l'altro di appena un anno, ci si sarebbe aspettati dalle autorità competenti
un pò più di intelligenza». «Chiamare un veterinario e farlo addormentare e
portare in campagna costava troppa fatica vero? - chiede Paola -. Povero
cinghiale e povero chi si trova a Trieste, strano esempio di rispetto per gli
animali. Se trovate un senza tetto agite nello stesso modo?»
Tante anche le critiche piovute da fuori città. «Complimenti a tutti i
protagonisti di questa triste vicenda per l’umanità dimostrata - è l’ironia di
Ilaria Pantanella da Belluno -. Mi domando: chi è la bestia? Vergognatevi». «Il
metodo per risolvere le cose è sempre lo stesso: ammazzare - aggiunge Christian
Galfrè -. Io a Trieste non metterò mai più piede e come me spero molta altra
gente». «Sono allibita e schifata per la decisione di uccidere il povero
cinghiale, tra l’altro facendolo anche soffrire - commenta Simona Scalas da
Cagliari -. Quando capirete che gli animali vanno rispettati?».
E tra tanti messaggi di disappunto, alcuni accompagnati pure da qualche insulto,
c’è anche chi annuncia l’intenzione di ricorrere alla magistratura: «Ricordo che
la violenza sugli animali è perseguibile dalla legge - ammonisce Matteo Manili
-. Farò quindi il mio esposto alle autorità».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 febbraio 2009
Nuovo esposto contro il rigassificatore - Gli
ambientalisti: dati manipolati da Gas Natural e pressioni romane sul
Soprintendente
In futuro una petizione da inviare a Strasburgo
Fra visite di cortesia a Trieste di Gas Natural e corteggiamenti a distanza,
e in attesa pure che da Roma arrivi il nulla osta incrociato dei ministri
dell’Ambiente Prestigiacomo e dei Beni culturali Bondi, a spezzare l’inerzia sul
destino del rigassificatore a terra di Zaule ci ripensano gli ambientalisti. Il
fronte del no - Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Sos Muggia, Comitato per la
salvaguardia del Golfo e Greenaction Transnational - torna alla carica per vie
giudiziarie presentando un secondo esposto alla Procura, a integrazione di
quello di novembre in base al quale, secondo gli stessi estensori, il pm
Cristina Bacer avrebbe aperto un fascicolo. Gli appunti mossi in questo secondo
esposto - depositato il 28 gennaio e illustrato ieri - viaggiano su un doppio
binario, tecnico e politico. Anzitutto vengono denunciate «gravi manipolazioni»
di cui Gas Natural si sarebbe resa responsabile nel terzo e ultimo studio
sull’impatto dello scarico delle acque fredde nella baia di Muggia. Un rapporto,
dicono gli ambientalisti, che risale ad aprile 2008 - prima del parere
favorevole della commissione Via - e messo sul web a novembre. «I modelli
matematici che avrebbbero dovuto considerare eventuali effetti cumulativi a
lungo termine dello scarico in una baia a ridotto tasso di ricambio - così Dario
Predonzan, responsabile regionale territorio-energia per il Wwf - non superano
cicli da 18 ore. E poi le simulazioni non tengono conto di temperature del mare
inferiori a 9 gradi, quando i dati dell’Ogs attestano che a febbraio si può
arrivare a 7. Strano che Gas Natural non se ne sia accorta. E strano non se ne
siano accorti nemmeno al ministero».
La seconda segnalazione alla magistratura si ricollega - come ricorda anche
Giorgetta Dorfles per Italia Nostra - alla denuncia mediatica di un mese fa,
quando il fronte del no aveva parlato di «forti pressioni» del ministero dei
Beni culturali che avrebbero portato il Soprintendente Guglielmo Monti, dopo tre
no paesaggistici, «a rimangiarsi il parere, trasformandolo in positivo il 4
dicembre». «In fondo - rincara la dose il responsabile locale del Wwf Carlo
Dellabella - in quel pronunciamento c’è un’ammissione, laddove si evidenzia la
”richiesta della Direzione generale... tesa a voler ottenere un parere positivo
sul proposto rigassificatore a Zaule”». «Ci stiamo muovendo con gli amici
sloveni e croati - aggiunge Roberto Giurastante per Greenaction - per una
petizione da presentare all’Europarlamento affinché venga ribadita la necessità
di un accordo trinazionale sulla politica energetica, prima che ognuno dei tre
Paesi dell’Alto Adriatico si muovano ognuno per un rigassificatore in casa».
«Non va dimenticato - gli fa eco Fabio Longo per Sos Muggia - che a settembre il
ministro degli Esteri Frattini aveva assicurato che l’Italia ”non agirà
unilateralmente contro la volontà della Slovenia”. E la Slovenia contro il
rigassificatore di Zaule si è già espressa». «Il sindaco vuol fare un regalo
alla città con il Parco del mare - chiude Giorgio Jercog per il Comitato per il
Golfo - ma l’unico regalo sarebbe smetterla di trattare sottobanco e cacciare
Gas Natural».
PIERO RAUBER
Ferriera, l’altoforno 2 resta aperto - Ma la diffida
regionale potrebbe costringere a fermare l’attività - I propositi del direttore
Rosato
La terza diffida che a breve la Regione invierà alla
Ferriera potrebbe avere pesanti e immediate conseguenze economico-occupazionali.
«In ogni caso non prevediamo interventi di adeguamento all’altoforno 2, perché
questi sono in programma sul numero 3, che sarà comunque pronto e operativo a
giugno», dice infatti il direttore dello stabilimento di Servola, Francesco
Rosato. E lo fa a ventiquattro ore dall’annuncio dell’assessore regionale
all’Ambiente, Vanni Lenna, in merito al mancato accoglimento della richiesta di
modifica del progetto Afo1 e di proroga di sei mesi per completare gli
interventi previsti dal programma dell’Aia, presentata dalla Servola Spa.
Oltre alla temporanea sospensione dell’efficacia dell’autorizzazione integrata
ambientale, la società proprietaria della fabbrica aveva domandato alla Regione
l’assenso per trasferire gli interventi di adeguamento dall’altoforno 2 (oggetto
delle prescrizioni), quello attualmente in funzione, al 3, al momento
inutilizzato e più facilmente ammodernabile. Un’ipotesi giudicata dagli uffici
regionali come «non accoglibile». Di conseguenza, la Ferriera dovrebbe a questo
punto affrettarsi ad adeguare l’impianto numero 2. Ma la cosa, come ha detto
Rosato, non avverrà perché non è proprio in programma. E, peraltro, porterebbe
probabilmente via ben più tempo dei sei mesi di proroga auspicati. Quindi,
scaduto il limite temporale imposto dalla nuova diffida, «la produzione potrebbe
anche essere interrotta», afferma lo stesso direttore dello stabilimento. Del
tutto e fino a giugno, ovvero quando sarà effettivamente pronto l’altoforno 3.
«Con conseguenti danni sia dal punto di vista economico che da quello
dell’occupazione», aggiunge Rosato. Che conclude ribadendo «di non aver ricevuto
ancora alcuna indicazione dalla Regione e di non sapere se la diffida arriverà
nel corso di questa o della prossima settimana. Certo, si tratta di un atto
dovuto, previsto per legge».
Dei vari interventi da completare, secondo quanto previsto dall’Aia, entro il 31
dicembre scorso, quello di «revisione della bocca dell’altoforno in officina» è
l’unico a non essere stato ultimato.
L’allarme occupazionale, intanto, è già scattato fra i rappresentanti sindacali:
«La preoccupazione per possibili fermate della produzione è altissima - spiega
Enzo Timeo, segretario provinciale della Uilm -. Sentiremo i dirigenti
dell’azienda per avere il quadro della situazione». Timeo non nasconde poi le
sue perplessità sull’atteggiamento della Regione: «Non capisco perché in questa
fase l’amministrazione regionale non permetta alla Ferriera di avere la modifica
del progetto per trasferire gli interventi di adeguamento all’altoforno 3? È un
impianto più moderno, che peraltro, una volta avviato al posto del numero 2,
avrebbe un minore impatto ambientale: andrebbe insomma a risolvere alcuni
problemi».
MATTEO UNTERWEGER
Resterà invariata la tassa sui rifiuti - Entro la prima
metà dell’anno raccolta porta a porta degli imballaggi di cartone
Ventisei milioni di euro: è l’importo globale del piano
economico-finanziario dell’Acegas per l’attività di raccolta, spazzamento e
smaltimento dei rifiuti, varato dalla giunta comunale nell’ultima riunione. Un
adempimento pressochè formale, che conferma lo stesso importo del 2008,
propeduetico all’approvazione del bilancio. Atto formale, che però per i
cittadini ha un risvolto positivo, soprattutto in questi mesi di morsa
economica: la tassa sui rifiuti, la Tarsu, nel 2009 non aumenterà.
Il «riparto» dei ventisei milioni viene dettagliato dall’assessore allo Sviluppo
economico, Paolo Rovis: 16 milioni e mezzo di euro per le attività di raccolta e
per lo spazzamento delle strade; 8.800 per lo smaltimento nell’inceneritore; 800
mila per assicurarsi la disponibilità dell’Acegas a interventi che non rientrino
nei servizi contrattualmente stabiliti. Per esempio, quando si tratta di
smantellare quelle «installazioni» di rifiuti ingombranti abbondonati ai bordi
delle strade, oppure di provvedere a pulizie particolari legate ad eventi
atmosferici come l’acqua alta.
Accanto al documento economico, il Comune ha chiesto e ottenuto dall’Acegas un
miglioramento nell’attività di pulizia delle strade, che viene appaltata
all’esterno. La società, già da metà dicembre, ha messo in campo altre cinque
macchine spazzatrici di piccola dimensione, adatte alla pulizia delle aree
pedonali e dei marciapiedi. Una dotazione suppletiva che si è aggiunta al parco
macchine già operativo, senza costi ulteriori per l’utenza. Inoltre, ciascuno
degli operatori ecologici è stato munito dell’apposito gancio necessario alla
pulizia delle caditoie: un problema che si manifesta in tutta la sua gravità nei
giorni di pioggia, quando l’acqua non riesce a defluire e si riversa, a fiume,
sulle strade.
Ma altre novità sono in arrivo nel settore rifiuti. Nel 2009, spiega Rovis, il
Comune punta ad aumentare le percentuali della «differenziata», che negli ultimi
tre anni ha fatto comunque registrare un incremento dal 16 al 20 per cento.
«Entro la prima metà dell’anno - anticipa l’assessore - in accordo con le
categorie, puntiamo a varare la raccolta porta a porta degli imballaggi di
cartone e a implementare le ”isole ecologiche”, cercando di collocare accanto ai
cassonetti grigi quelli destinati a carta, bottiglie e plastica».
L’obiettivo è stimolare anche «psicologicamente» il cittadino, facendogli
trovare, non troppo lontano da casa sua, tutti i cassonetti necessari ai diversi
tipi di spazzatura. «Puntiamo - dice Rovis - a migliorare le percentuali della
raccolta dal 5 al 7 per cento. Incrementare la differenziata significa ridurre i
rifiuti che conferiamo al termovalorizzatore e quindi liberare spazio per le
richieste che ci pervengono da altre province».
(ar. bor.)
Sito inquinato, convegno fra dubbi e polemiche -
ORGANIZZATO DALL’EZIT
Ancora tanti, troppi dubbi. Le organizzazioni di categoria
delle piccole e medie imprese hanno avuto la conferma del «regno
dell’incertezza» che vige sulle sorti del Sito inquinato, anche dopo l’affollato
convegno organizzato dall’Ezit in collaborazione con Golden associates, gruppo
internazionale di società di consulenza specializzata nell’ingegneria geotecnica
e nelle scienze ambientali. Un appuntamento intitolato «Il sito di interesse
nazionale di Trieste: criticità e possibili prospettive», che ha messo in luce
ancora una volta la labilità del sistema giuridico italiano per quanto concerne
la responsabilità di chi debba pagare i danni dell’inquinamento provocato
nell’area.
Da questo punto di vista l’intervento più pregnante è stato quello dell’avvocato
Federico Peres (B&P Avvocati di Verona e Milano), il quale ha rimarcato «che a
livello europeo se non viene individuato il soggetto responsabile che inquina
solitamente è lo Stato ad intervenire economicamente, un approccio che però in
Italia ancora non è applicato dato che si tende a riversare il problema sul
privato».
Criticata invece la presenza di Roberto Della Torre, direttore centrale Ambiente
e Lavori pubblici della Regione, che ha proposto «un nuovo accordo di programma
con un contributo economico di natura comunitaria», da parte dell’assessore
comunale di Trieste Paolo Rovis il quale, «in qualità di imprenditore e non di
politico», si chiede perché «abbia la sensazione che è più comodo far pagare chi
è piccolo e chi non può difendersi quando tutti sanno che ad aver inquinato
l’area sono stati Ferriera, Aquila ed Ex Esso».
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, ha lamentato come «il nuovo accordo di
programma sia giunto con delle modifiche che non portano dei benefici agli enti
privati del proprio Comune e che il consiglio vedrà se votarne o meno
l’approvazione».
Accorato poi l’intervento di Dario Bruni, presidente della Confartigianato, che
ha parlato di situazione che potrebbe portare allo «scontro sociale tra persone
che hanno delle garanzie ed altre che non sono invece tutelate». Bruni ha
aggiunto che per avere «un minimo di sicurezza necessaria per il bene stesso
dell’economia, nell’accordo di programma, sarà fondamentale mettere nero su
bianco che chi non ha inquinato non deve pagare per le bonifiche né dovrà mai
pagare». Questo infine il commento del presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita:
«Finiamo la caratterizzazione (i test dei terreni, ndr) e facciamo gli studi
idrogeologici necessari: poi sarà la volta di redigere i progetti per il futuro
dell’area».
Riccardo Tosques
San Dorligo, a giorni le misure contro il cibo ai
cinghiali - SITUAZIONE ALLARMANTE
SAN DORLIGO «Una proliferazione abnorme, che seppur a
malincuore va stroncata». Con queste parole l’assessore ai Lavori pubblici di
San Dorligo, Laura Riccardi Stravisi, commenta la decisione della Provincia di
includere il territorio comunale fra quelli interessati alle misure
anti-cinghiale.
A breve la Provincia approverà infatti il «mezzo di prelievo in deroga» per
applicare la riduzione forzata del numero di questi animali selvatici, numero
ritenuto oramai «non compatibile con la presenza umana».
Tanti infatti i danni recati alle coltivazioni, ai giardini e ai recinti delle
case, come spiega la stessa Stravisi: «Molte persone si sono lamentate. Ci sono
genitori o nonni che non si fidano a lasciare i propri figli piccoli giocare
vicino alle zone verdi. Recentemente c’è stato addirittura un contatto
ravvicinato tra un motociclista e un cinghiale. E pensare – aggiunge la Stravisi
– che inizialmente il nostro territorio era stato escluso dai primi
provvedimenti presi dalla Provincia, ma poi la situazione si è fatta allarmante
anche nelle nostre zone e siamo stati costretti a prendere questi
provvedimenti».
A giorni poi verrà quindi emanata un’ordinanza da parte del sindaco Fulvia
Premolin, nella quale sono previste multe per chi verrà ritenuto responsabile
dell’alimentazione dei cinghiali «sia direttamente sia con l’abbandono di scarti
di cibo sul territorio».
Il Comune di San Dorligo della Valle sta dunque per seguire l’esempio di quello
di Trieste, che con l’ordinanza datata 30 dicembre scorso e firmata dal sindaco
Roberto Dipiazza, ha deciso di punire i trasgressori con multe da 150 a 900
euro.
(r.t.)
Piazza Libertà - BANDELLI RISPONDE
Rispondo alla segnalazione di martedì 27 gennaio dal
titolo «Restauro piazza Libertà» a firma del sig. Renato Biagi rassicurandolo
prima di tutto di non essere mai stato abituato a celarmi dietro maschere di
alcun tipo, di non aver mai dichiarato di farmi un «baffo» delle 10.000 presunte
firme contro la riqualificazione di piazza Libertà ma anzi di aver operato
insieme agli otto enti coinvolti nel progetto tenendo in particolar
considerazione le osservazioni venute dai comitati e dai cittadini che come è
mia abitudine rispetto pienamente.
Credo di aver già più volte espresso tutte le motivazioni che hanno portato alla
scelta progettuale che stiamo per varare definitivamente per cui mi sembra
ripetitivo tornarci sopra.
Solo per rispetto della verità voglio ancora rassicurarlo che nessun cifra
consistente è stata usata per il trasferimento della statua di Massimiliano in
piazza Venezia, cosa peraltro e non lo dico io, ma la realtà dei fatti,
pienamente gradita dalla maggioranza dei nostri concittadini.
Concludo con una considerazione amara e triste sulla sua affermazione che i 2500
mq in più di piazza saranno oggetto di bivacchi non autorizzati, credo che
spetti all’Amministrazione pubblica la gestione di questi spazi, ma alla
collettività e al senso civico di ognuno di noi far si che la fruibilità sia
garantita a tutti coloro che ne hanno piacere e bisogno, nel rispetto però delle
regole del vivere civile.
Franco Bandelli - assessore ai Lavori pubblici e Coordinamento eventi di
Trieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 febbraio 2009
Regione: niente proroga e ultimatum alla Ferriera
- NUOVA DIFFIDA DOPO IL MANCATO COMPLETAMENTO DELLE PRESCRIZIONI
CONTENUTE NELL’AIA
L’assessore Lenna: «Richiesta non accoglibile». Non è
esclusa la sospensione dell’autorizzazione ambientale
La Servola Spa aveva chiesto altri sei mesi di tempo auspicando di poter
spostare gli ultimi lavori dall’altoforno 2 al numero 3: ipotesi rigettata
La Regione mette la Ferriera con le spalle al muro. E allo stabilimento, a
breve, arriverà anche un ultimatum, sotto forma di diffida ufficiale. La
richiesta di proroga presentata a dicembre dalla Servola Spa (gruppo
Lucchini-Severstal), proprietaria della fabbrica, per avere altri sei mesi utili
a rispettare l’intero elenco di prescrizioni previste dall’Aia, è stata intanto
rigettata. Per usare le parole dell’assessore regionale all’Ambiente, Vanni
Lenna, gli uffici l’hanno giudicata «non accoglibile».
LA DIFFIDA Non è finita qua, perché la Direzione Ambiente e l’Avvocatura
regionale predisporranno a breve una nuova diffida, la terza, per la società
proprietaria dello stabilimento. La presa di posizione della Regione è stata
annunciata ieri in Consiglio regionale dall’assessore Lenna durante il
cosiddetto Question Time. Ma il nuovo documento potrebbe essere, in realtà, più
severo dei precedenti. Se la soluzione «morbida» sarebbe appunto quella del
richiamo condito dall’indicazione di un nuovo termine temporale perentorio per
rispettare le prescrizioni, l’ipotesi più dura porterebbe alla «sospensione
della validità dell’Aia», l’autorizzazione integrata ambientale, come confermato
dallo stesso Lenna. Un atto pesantissimo che non porterebbe all’immediata
chiusura dell’attività della Ferriera, ma farebbe segnare un deciso passo in
quella direzione.
NIENTE MODIFICHE Nella sua domanda (inoltrata il 18 dicembre, quindi in anticipo
rispetto alla scadenza del 31), la Servola Spa aveva auspicato non solo di
ottenere del tempo in più, ma anche di modificare una parte del progetto Afo1
«Sistema di tenuta gas e polveri», una delle componenti dell’elenco di
interventi previsti. Precisamente, la proprietà della Ferriera chiedeva di poter
adeguare l’altoforno 3 invece del 2, quello attualmente in funzione e per il
quale era stata imposta la «revisione della bocca in officina». L’avvicendamento
era stato proposto perché, secondo le analisi svolte internamente, l’impianto
numero 3 sarebbe più facile da adeguare, per il semplice motivo che è stato meno
utilizzato del 2: i due altoforni, di fatto, sono identici. Nelle intenzioni, la
proprietà avrebbe voluto continuare a utilizzare il numero 2 fino a giugno, per
poi rimpiazzarlo con il 3, spento da tempo, e adeguarlo con calma. Ma la Regione
ha detto «no»: le spiegazioni fornite dalla società del gruppo
Lucchini-Severstal non sono state ritenute sufficienti.
GLI INTERVENTI Visto che la serie di interventi prescritti non è stata ultimata
entro lo scorso 31 dicembre, a causa della mancata revisione della bocca
dell’altoforno in questione, come accertato durante la verifica dei tecnici
dell’Arpa l’8 gennaio (tutte le altre prescrizioni sono state invece
rispettate), la Regione stessa invierà nei prossimi giorni la diffida ai vertici
dello stabilimento. Lo stesso provvedimento, previsto dalla legge, era stato già
emesso due volte nei confronti della Servola Spa, in entrambi in casi per
adeguamenti da effettuarsi agli impianti di aspirazione della cokeria.
I DATI Fumo nero, in alcune giornate «odori acri» e sforamenti rispetto al
limite consentito di Pm10 nell’aria. La concentrazione di polveri sottili, in
microgrammi per metro cubo, ha toccato le preoccupanti quote di 90 il 16 luglio
scorso, 125 (valore medio) il 5 agosto e 110 (in via San Lorenzo in Selva) sei
giorni dopo. Questi sono solamente alcuni dei dati contenuti nella relazione
sulle criticità e le prestazioni ambientali collegate all’attuale conduzione
dell’altoforno 2. Un lavoro, quello preparato dal Dipartimento provinciale
dell’Arpa e inviato alla Direzione centrale Ambiente della Regione il 24
dicembre scorso, che in qualche modo ha ribadito la necessità di concludere il
progetto Afo1. Si tratta di un approfondimento che si è basato sul periodo di
osservazione partito nel giugno del 2008 e proseguito sino al dicembre
successivo.
L’AZIENDA «La diffida, di solito, comporta dei tempi da rispettare. Quelle
precedenti, almeno, erano circostanziate. Per ora, in attesa di ricevere il
documento, non possiamo che aspettare», è stata la replica del direttore della
Ferriera, Francesco Rosato, non appena informato delle novità. Poco prima di
riceverle, peraltro, era ritornato sulla richiesta di modifica e di sospensione
temporanea e parziale dell’efficacia dell’Aia, affermando: «Immagino che, per la
Regione, non sia un problema se si tiene aperto un altoforno piuttosto che
l’altro. Già da ottobre, abbiamo dato il via agli interventi sul numero 3». Poi,
la doccia fredda.
MATTEO UNTERWEGER
FERRIERA - Dipiazza: «Devono adeguarsi alla legge» -
DECISIVO IL PARERE DELL’ARPA
«Non ci sono alternative: devono ottemperare alle norme
previste dalla legge. Se la Regione impone di prendere adeguati provvedimenti -
questo il commento del sindaco Roberto Dipiazza - quelli della Lucchini Spa non
possono evitare di farlo. Esistono priorità fondamentali che riguardano non solo
la salute degli abitanti di Servola ma anche il diritto all’incolumità degli
stessi lavoratori della Ferriera. Questa mattina, insieme al sindaco di Duino e
al presidente della Provincia, abbiamo incontrato una commissione ministeriale
giunta da Roma per lavorare sulla piaga delle morti bianche: la gravità e
l’urgenza della problematica hanno toccato tutti noi».
Maria Teresa Bassa Poropat, dal canto suo, ha preso atto del provvedimento. «Lo
scopro direttamente da voi - ha spiegato - Al momento, perciò, non sono in
possesso di indicazioni precise e rimando ogni valutazione al momento in cui
potrò leggere la documentazione che la Regione invierà alla Ferriera e, per
conoscenza, anche alla Provincia di Trieste».
Sergio Lupieri, consigliere regionale del Pd e protagonista di un’interrogazione
in merito proprio nei giorni scorsi, ha ricordato che «l’Arpa, già in data 8
gennaio, ha effettuato un sopralluogo nello stabilimento accertando che
l’intervento relativo al rifacimento della bocca di carico dell’altoforno numero
due non è stato realizzato». Il consigliere Stefano Alunni Barbarossa (IdV-Cittadini),
dal canto suo, ieri ha stimolato il dibattito nell’Aula regionale attraverso
un’interrogazione a risposta immediata alla quale ha risposto l’assessore Vanni
Lenna. «Era un atto dovuto - ha spiegato - e mi ritengo soddisfatto per la
risposta dell’assessore. Con la riserva, tuttavia, di verificare la diffida
presentata dalla Regione».
(da. ben.)
FERRIERA - «La crisi non può causare morti» -
COMMISSIONE SENATORIALE D’INCHIESTA A TRIESTE DOPO I DUE TRAGICI INFORTUNI
Tofani: l’attenzione cala proprio quando le aziende
sono in fase di riassetto
«Da Trieste lanciamo l’allarme: bisogna tenere alta la guardia sul fronte
della sicurezza anche nelle aziende la cui vita produttiva si presume possa non
essere lunga». Troppe vite spezzate, troppo alto il numero di vittime immolate
ogni anno sull’altare del lavoro. È il monito che Oreste Tofani, presidente
della Commissione del Senato sugli infortuni del lavoro, ha scagliato ieri
mattina al termine di una lunga serie di audizioni al Palazzo del governo di
piazza Unità. Un monito che ha rievocato lo spettro dei decessi avvenuti oltre
un anno fa a Torino, quando sette operai della ThyssenKrupp sono morti
carbonizzati a causa del pauroso incendio divampato nella linea 5
dell’acciaieria tedesca. «Fabbrica - ha precisato il senatore del Popolo delle
Libertà - che da oltre un anno risultava sprovvista dei sistemi di vigilanza
antincendio».
Tofani, che ha incontrato il procuratore capo del Tribunale di Trieste Michele
Dalla Costa, il prefetto Giovanni Balsamo, il questore Francesco Zonno ma anche
i responsabili delle aziende, dei sindacati, delle forze imprenditoriali e
sociali presenti sul territorio, ha voluto esprimere un appello «che - ha
chiarito - vale per Trieste, ma anche per l'intero Paese». «Proprio quando le
aziende sono in crisi, in fase di ristrutturazione e magari anche in procinto di
dismissione - ha affermato - il livello di attenzione sui temi della sicurezza
vengono meno». Di qui l’invito agli imprenditori, ai lavoratori e alle
rapppresentanze sindacali ad «alzare il livello di guardia». Parole che Tofani
non ha voluto associare esplicitamente alla realtà cittadina, ma che facilmente
possono essere interpretate in riferimento alla situazione della Ferriera, della
cui dismissione si parla da anni.
La delegazione di cinque senatori (oltre a Tofani, Tamara Blazina, Carlo Pegorer,
Cecilia Donaggio e Angela Maraventano) è volata a Trieste «perché qui, di
recente, ci sono stati due incidenti mortali». Quello di Dusan Poldini,
l’operaio stritolato dagli ingranaggi di una gru alla Ferriera di Servola, e di
Mauro Burg, tranciato da una sega circolare nel Parco legnami della Cartiera
Burgo di Duino. «Vogliamo capire cosa è successo - così il presidente della
Commissione parlamentare d’inchiesta - e collaborare con l’attività inquirente.
Abbiamo dovuto secretare le informazioni agli organi di stampa, poiché vi sono
delle indagini in corso e non possiamo fare in modo che queste ultime vengano
turbate». La commissione, per legge, può procedere con gli stessi poteri e
limitazioni dell’autorità giudiziaria.
«Auspichiamo - ha aggiunto - che le indagini degli inquirenti possano dare
presto delle risultanze per appurare le responsabilità dei decessi e fornire
degli elementi di prevenzione. Ciò perché in Italia vi sono infortuni che si
ripetono nelle modalità: una maggiore conoscenza sulle loro dinamiche certamente
non restituisce le vite perdute ma può servire a evitare che accadano di nuovo».
Tofani ha chiarito: «Le macchine (la gru e la sega circolare, ndr) sono oggetto
di perizia da parte dei tecnici. Due sono gli interrogativi che devono dunque
trovare risposta: nel caso dell’incidente avvenuto alla cartiera, come mai lo
strumento non si sia bloccato, considerando che la pedana, priva del peso,
doveva registrare l’interruzione del processo; nel caso dell’operaio deceduto
alla ferriera, invece, perché l’uomo si trovasse lì. Per svolgere manutenzione o
per altro? Vi sono degli elementi discordanti, in proposito, da accertare».
Tofani ha quindi sottolineato come quella degli incidenti sul lavoro sia
un’emergenza che riguardi tutto il Paese. «Produrremo - ha annunciato - un
disegno di legge nel tentativo di diminuire e di ridurre gli infortuni.
L'Italia, infatti, resta ai primi posti a livello europeo di questa non
invidiabile classifica». Per Adriano Sincovich, segretario della Cgil, presente
alla convocazione «il problema degli infortuni riguarda soprattutto le piccole e
medie imprese di Trieste, dove non si riesce a eleggere il Rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza». «E non sempre - ha denunciato - gli operai vengono
istruiti con le otto ore previste dalla legge 626 del 1994».
Le audizioni - che hanno coinvolto tra gli altri il presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e quello di
Duino Giorgio Ret - sono state «improntate alla massima correttezza e
disponibilità». Gli stenografi hanno «raccolto alla lettera tutte le
dichiarazioni», che saranno oggetto di valutazione. «Ci siamo fatti un quadro
che ci tornerà molto utile - ha puntualizzato Tofani -. Per noi l'emergenza
degli infortuni sul lavoro rimarrà fino a quando ci sarà finanche un solo
infortunio all'anno. È un problema grave, che un paese civile non può
tollerare». Come evidentemente non può più sopportare la definizione di «morte
bianca», la quale «richiama un candore che non appartiene a questi decessi»,
spesso frutto di morti orribili, imbrattate di sangue.
TIZIANA CARPINELLI
Cinghiale nell’ex ospedale: abbattuto - Guardacaccia
avvertiti dagli operai di via Bonomea. L’Enpa protesta
Un cinghiale di una quarantina di chili è stato abbattuto
ieri mattina dalla polizia provinciale all'interno della struttura dell'ex
Santorio. «L'hanno ucciso sparandogli un paio di colpi di fucile - riferiscono
gli operai che stanno convertendo gli spazi una volta adibiti a nosocomio a
nuova sede della Sissa, - ma non è morto all'istante. Ferito ha sbattuto da una
parte all'altra della stanza, sulle pareti, sulle vetrate». Intrufolandosi nel
cantiere l'esemplare di poco più di un anno aveva raggiunto il quarto piano, si
era scelto una stanza sul lato destro dell'edificio e si era accovacciato in un
angolo, probabilmente stremato, affamato.
A trovarlo sono stati gli imbianchini: «Quando siamo entrati nella stanza
dormiva - hanno raccontato - ma appena si è accorto della nostra presenza si è
un po' agitato, zoppicava, probabilmente si è impaurito. Era un maschio,
giovane, di circa quaranta chili. Non di più».
Avvisato dai suoi operai, il capo cantiere ha chiamato gli uomini della polizia
provinciale. Nel pomeriggio l'enorme chiazza di sangue lasciata dalla bestia era
ancora lì in una stanza di tre metri per quattro. «Pensiamo sia entrato domenica
- osservano i muratori - perché fino alle 17.30 di sabato nel cantiere c'erano
ancora alcuni operai. È sicuramente entrato dal lato della struttura che dà sul
golfo, dove un tempo c'era il parco del Santorio: lì, l'edificio è ancora
sprovvisto di porte. Comunque ci sono decine di cinghiali che girovagano in
questa zona - raccontano divertiti - li vediamo dalle terrazze».
«Il piano autorizzato dalla Regione prevede proprio questo», afferma sintetico
il vicepresidente e assessore provinciale Walter Godina, informato
dell'episodio. «Dopo l'ordinanza del sindaco che vieta di dare da mangiare ai
cinghiali e grazie pure all'accordo tra Dipiazza e Godina - attacca il
presidente dell'Enpa, Gianfranco Urso - si sta in qualche modo autorizzando la
libera sparatoria, senza prendere in considerazione alternativi mezzi di
cattura. Gli operai hanno agito correttamente chiamando i guardacaccia - ammette
- ma se avessero contattato noi, come abbiamo già fatto altre volte anche in
presenza di esemplari adulti e riottosi, con una rete l'avremmo catturato e
successivamente liberato».
Forse attirato dagli avanzi di qualche merenda, magari da qualche borsa con i
rimasugli di un rebechin, il cinghiale si è introdotto nella struttura. Ha
girovagato in lungo e in largo e dopo aver salito ben quattro rampe di scale, si
è fermato al quarto piano. Ieri mattina, sentite le voci degli operai, si è
rintanato in una piccola stanza in fondo ad uno dei corridoi. «È entrato lì con
la speranza di trovare qualche avanzo di cibo, attratto da qualche odore -
presume Urso - e ignaro del fatto che, alla fine, sulla tavola imbandita di
qualcuno ci sarebbe finito lui».
L'ente protezionista di via Marchesetti fa sapere: «Se qualcuno trova un
cinghiale in giardino o in cantina - avverte Urso - contatti l'Enpa: provvediamo
noi a catturare l'animale senza dover ricorrere a pistole o fucili».
Laura Tonero
INCONTRO CIRCOLO VERDEAZZURRO
Il Circolo Verdeazzuro di Legambiente Trieste, organizza
un incontro sul tema: «Un ecosportello anche a Trieste al servizio dei
cittadini» oggi alle 17.30 al caffè San Marco via Battisti n. 18. Nell’occasione
sarà presentata la seconda edizione del libro: «Vivi con stile» di Andrea
Poggio. Discutono con l’autore: Dennis Visioli, assessore alla Provincia; Lino
Santoro presidente del Circolo verdeazzurro.
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 febbraio 2009
SAN DORLIGO - Raccolta rifiuti
Per un po’ uno li sta a sentire, poi si ride. Ma insomma
ci vuole una bell’opacità della mente e del senso logico per rifilare al
pubblico l’idea che per quanto concerne la questione rifiuti, a detta della
Premolin «è tutto sotto controllo» – espressione molto usata negli Usa – (Il
Piccolo 6 gennaio 2009), il tutto sia veramente risolto. Non conosco il
consigliere dell’opposizione Boris Gombac, ma nelle sue dichiarazioni rivolte
alla questione «rifiuti» sono discorsi sacrosanti e sottoscrivibili. A
dimostrarlo lo sono anche i fatti riportati dal Piccolo del 16 gennaio 2009 in
merito allo sconfinamento, nel comune di Trieste, nella raccolta dei rifiuti e
il malcontento che risiede tra molti degli abitanti del Comune in questione, S.
Dorligo della Valle.
Infine il sig. Gombac tira in ballo i consiglieri che: da acerrimi oppositori al
sistema raccolta «porta a porta» ora sono palesemente sostenitori della giunta
comunale e fortemente contrari al referendum consultivo. Egregio sig. Gombac se
si dà uno sguardo alla vicenda, anche il più disattento dei cittadini si è
accorto che tale nuova posizione, assunta in modo particolare, dal consigliere
dell’opposizione Jergor, coincide con il patto convenuto tra lo Jergor, giunta
Premolin ed altri in merito alla campagna contro i rigassificatori. Ma questa è
tutta un’altra storia. Storia che andrebbe spiegate in modo razionale, a tutti i
cittadini della provincia, i reali rischi del sistema «rigassificatori».
Parlarne aiuterebbe a non fare altri errori.
Luciano Emili
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 febbraio 2009
Ferriera, nuovo esposto in Procura - Dal Circolo Miani
pesanti accuse a Lucchini e Regione - ASSEMBLEA A VALMAURA
Negli uffici della Procura della Repubblica è arrivato un
nuovo esposto contro presunte inadempienze da parte della Lucchini e contro
quelle che vengono definite «precise responsabilità politiche» della giunta
Tondo. L’ha presentato il 28 gennaio scorso il portavoce del Circolo Miani,
Romano Pezzetta, con l’obiettivo di far emergere le «pesanti irregolarità» nella
gestione della Ferriera di Servola.
Nel documento, illustrato ieri a Valmaura nel corso di un’assemblea cui ha
partecipato anche il deputato leghista Massimiliano Fedriga, vengono denunciate
criticità nel funzionamento dell’altoforno numero 2, nell’attività di deposito
dei materiali sulla banchina creata con un interramente abusivo, nel
funzionamento della cokeria e dell’impianto di agglomerazione messe sotto accusa
per «continue perdite ed emissioni inquinanti tuttora in essere».
Fin qui i rilievi squisitamente tecnici. Ma l’esposto contiene anche
considerazioni di natura politica, chiamando in causa la Regione che, nonostante
le inadempienze dell’azienda rispetto alle prescrizioni previste
dell’Autorizzazione integrata ambientale, a tutt’oggi non avrebbe preso alcun
provvedimento nei confronti della proprietà dello stabilimento. Un immobilismo
sospetto che, secondo i vertici del Circolo, stride rispetto alla linea dura
adottata nei confronti della Caffaro di Udine. Dal canto suo il deputato
leghista si è detto in sintonia con le insoddisfazioni dei residenti e, dopo
aver ricordato lo scarso successo ottenuto dalla risoluzione presentata per
impegnare governo e Regione a predisporre un piano di dismissione e
riconversione della Ferriera, ha annunciato un cambio di rotta nella
mobilitazione. «Qualcosa è stato ottenuto - dice Fedriga -. Sono arrivate
infatti garanzie sull’arrivo di fondi Fas (fondi per aree sottosviluppate) da
usare per la bonifica della parte a mare. C’è bisogno però di proseguire con la
battaglia, anche con forme di protesta più eclatanti».
L’inceneritore - CONTROLLI
Sento dire da persone che ritengo abbastanza informate che
nel nostro inceneritore vanno a finire sia la carta che la plastica della
raccolta differenziata, rendendola di fatto inutile. Poiché numerose
segnalazioni hanno già sollevato tali dubbi e ci sono state delle smentite,
pongo un’altra domanda: chi controlla?
Lettera firmata
IL PICCOLO - SABATO, 31 gennaio 2009
Bonifiche, 140 aziende pronte a fare ricorso -
Artigiani e Piccole imprese annunciano azioni legali nel caso dovessero pagare
per il danno ambientale
FRONTE COMUNE CONTRO L’ACCORDO DI PROGRAMMA SUL SITO
INQUINATO
Uniti nelle critiche, molto pesanti, e uniti nelle reazioni. Confartigianato
e Api (piccole industrie) fanno fronte comune contro l’accordo di programma sul
Sito inquinato e preannunciano ricorsi nel caso le loro aziende (circa 140
quelle delle due associazioni insediate nel Sito) dovessero essere chiamate a
sborsare per il danno ambientale.
Il punto sul nuovo testo dell’accordo (varato il 30 dicembre dalla giunta
regionale) è stato fatto l’altra sera dal consiglio generale di Confartigianato,
presieduto da Dario Bruni, al quale ha preso parte anche una delegazione
dell’Api guidata dalla presidente Sandra Cosulich Pesle.
Forti critiche sui contenuti del documento, e pesanti contestazioni in
particolare sul danno ambientale che tutte le imprese dovrebbero pagare, secondo
quanto affermato dal direttore generale del ministero Gianfranco Mascazzini in
un recente incontro in Regione con le categorie e i sindacati.
«Abbiamo già contattato una terna di avvocati – annuncia Bruni – che ci hanno
spiegato come il danno ambientale debba essere provato, e come non sia
accettabile il concetto che le istituzioni firmino un tale accordo per conto
delle imprese».
Bruni si dice chiaramente favorevole allo sblocco della situazione (ingessata da
sette anni) ma «non sulle nostre spalle, su quelle di imprese che non sono
responsabili dell’inquinamento. Tanti artigiani – sottolinea – hanno investito
nelle loro aziende, e ora si trovano con un immobile deprezzato».
È ancora una possibiltià da verificare con i legali, ma fra le azioni ventilate
l’altra sera, oltre a manifestazioni pubbliche, ci sono anche rivalse a tutela
delle imprese nei confronti dell’Ezit (che ha venduto i terreni) e del Comune di
Muggia (che ha rilasciato le concessioni edilizie).
E ciò potrebbe avvenire fra non molto. «La Regione – spiega Bruni – deve saperci
dire i criteri di ripartizione fra le imprese dei costi per il danno ambientale.
Poi potranno partire le azioni di rivalsa».
La situazione economica non è facile, anche per gli artigiani. Solo in gennaio
le prestazioni di cassa integrazione alle imprese artigianali della regione sono
state quasi il doppio di quelle dell’intero 2008. «Come si può chiedere –
domanda Bruni – 30 euro al metro quadrato per danno ambientale? E altri 12 per
la messa in sicurezza e la bonifica? Significa ammazzare quella parte
dell’economia, gli artigiani, abbastanza reattiva di fronte alla crisi».
Anche l’Api è pronta a indire azioni legali e iniziative eclatanti. «Siamo
indignati per le continue novità che vengono fuori da sette anni – esordisce la
presidente, Sandra Cosulich Pesle –. Aziende non responsabili dell’inquinamento
verrebbero tassate pesantemente in un momento di crisi».
Con un 2009 che è un punto di domanda per tutto il sistema economico, nuovi
costi potrebbero dare il colpo di grazia a molte piccole imprese. «E’ una follia
– sbotta la presidente dell’Api – che il ministero pensi di attuare una
decisione di questo genere. Non siamo comunque intenzionati a subire in
silenzio. Andiamo avanti a fianco di Confartigianato, e mi auguro che anche
Assindustria sia dalla nostra parte».
GIUSEPPE PALLADINI
BONIFICHE - Bruni e il dubbio Ferriera «Attuando la
riconversione non sborserebbe nulla»
A far perdere la pazienza ad artigiani e piccole imprese è
il rischio di trovarsi, alla fine, ad essere quasi i soli a dover mettere mano
al portafogli. «Perplessità e forti critiche – sottolinea il presidente di
Confartigianato, Dario Bruni – sono emerse sul fatto che la Ferriera, procedendo
alla riconversione (la data non è certa, si va dal 2009 al 2015, ndr) non
pagherebbe la cospicua cifra per il danno ambientale. E se la Ferriera non
dovesse pagare, tutti i 180 milioni previsti a carico delle aziende, li
dovrebbero sborsare solo le piccole».
Il timore ha basi fondate. Nel documento varato dalla giunta regionale si legge
che se un’azienda, titolare di aree inquinate, ha sottoscritto la transazione
col ministero (in sostanza si impegna a pagare) ma intende anche realizzare
sulle stesse aree investimenti ambientali, i costi che dovrebbe sostenere
potranno essere conguagliati con tali investimenti.
Se la Ferriera dovesse procedere alla riconversione, i costi degli interventi
sull’ambiente sarebbero molto probabilmente superiori a quelli del danno
ambientale. Come dire: non dovrebbe sborsare un euro. A rafforzare le
preoccupazioni di artigiani e piccole imprese c’è il fatto che nell’ultima
riunione l’assessore Lenna ha rilevato la forte connessione fra l’accordo di
programma e la riconversione della Ferriera...
(gi. pa.)
Proroga alla Ferriera: Lupieri interroga Tondo - SULLA
VOLONTÀ DELLA REGIONE
Il consigliere regionale Sergio Lupieri vuole risposte
sulla Ferriera di Servola da parte del presidente della Regione Renzo Tondo e
dell’assessore Vanni Lenna. Il rappresentante del Pd ha presentato
un’interrogazione sulla richiesta di proroga temporanea dell’Aia (autorizzazione
integrata ambientale) per la durata di sei mesi firmata dalla Lucchini, la
società proprietaria dello stabilimento. La Lucchini ha consegnato l’istanza a
mano lo scorso 18 dicembre, auspicando di vedere prorogata fino al prossimo
giugno l’autorizzazione. Lupieri, specificando come la Lucchini avrebbe dovuto
concludere i lavori sull’altoforno in servizio, chiede se «l'amministrazione
regionale intenda accogliere la domanda della Lucchini o negarle la proroga e se
intenda procedere nell'iter di riesame dell'Aia in quanto il ricorso presentato
dalla Lucchini al Tar non può, né deve intralciare il procedimento trattandosi
di due percorsi amministrativi diversi».
Ferriera: esposto del Circolo Miani - OGGI ASSEMBLEA
Oggi alle 16 nella sede del Circolo Miani in via Valmaura
77 il Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei
comitati di quartiere promuovono un’assemblea pubblica in cui Maurizio Fogar e
Romano Pezzetta illustreranno l’esposto-denuncia presentato alla Procura della
Repubblica «nei confronti dei vertici, aziendali e societari, della Ferriera,
Gruppo Lucchini-Severstal, e della Regione».
Tommasini: per rimettere a posto le scuole spenderemo
19 milioni di euro in due anni - L’ASSESSORE PROVINCIALE RILANCIA
DOPO LA DENUNCIA DEI PRESIDI
Provincia pigra e avara nei confronti delle strutture
scolastiche? «Eh no! Palazzo Galatti investirà complessivamente, per 27
interventi in corso d’opera o da avviare entro la fine dell’anno, ben 12,3
milioni di euro».
Mauro Tommasini, assessore provinciale all’edilizia scolastica, non ci sta.
Prende in mano le carte e tira fuori i numeri relativi agli istituti scolastici
superiori, di competenza della Provincia e illustra tutti i cantieri aperti in
città per rinnovare il nostro - vecchissimo - parco scuole. Per dimostrare che
l’amministrazione provinciale non se ne sta con le mani in mano, Tommasini
spiega, istituto per istituto, le opere in programma, rispondendo così ai
dirigenti scolastici che proprio ieri avevano messo sul tavolo tutte le beghe
sparse tra classi, corridoi, plestre e laboratori.
«Il budget complessivo per interventi da effettuare tra il 2009 e il 2010 -
afferma l’assessore - è pari a 18,7 milioni di euro (comprensivi anche dei
lavori alle scuole slovene, ndr.), così come prevede il Piano triennale delle
opere, approvato con il Bilancio a dicembre. Due anni e mezzo fa, prima
dell’insediamento dell’attuale giunta, non esistevano lavori in corso. E poi -
aggiunge Tommasini - solo per la manutenzione ordinaria abbiamo più che
raddoppiato i finanziamenti: erano 100mila euro annui nel 2006; saliti a 250mila
nel 2008».
Ecco i dettagli del Piano generale dell’edilizia scolastica (esclusi quelli
relativi ai licei Petrarca e Oberdan, che non hanno comunicato le rispettive
problematiche).
Liceo classico Dante Alighieri Entro la fine dell’anno verranno rifatti infissi
e servizi igienici, sia all’interno del liceo che nell’attigua media inferiore
(di competenza del Comune). Costo: 3 milioni, divisi a metà tra i due enti.
Liceo scientifico Galilei Non sono previsti lavori
Istituto d’arte Nordio È stato realizzato un intervento parziale, per evitare
che l’acqua piovana entri nei laboratori. «Peròper eseguire - spiega Tommasini -
lo stesso tipo di lavoro lungo tutti i corridoi (il problema denunciato dalla
dirigenza, ndr.) servirebbe un esborso consistente, che al momento non ci
possiamo permettere». Entro il 2009, però, sarà installato il nuovo impianto
antincendio (152mila euro).
Istituto magistrale Carducci La succursale di via Corsi: è in agenda un
progetto, da avviare entro la fine dell’anno, per mettere mano ai servizi
igienici e installare un ascensore. Costo: 800mila euro.
Istituto professionale Galvani «La scuola lamenta la mancanza di attrezzature
adeguate nelle officine - dice l’assessore - ma, considerato il panorama
complessivo, questi non rappresentano la priorità. In questo caso sarebbe
auspicabile che lo Stato ci desse una mano, con fondi ad hoc. Lo stesso discorso
vale per la cappella abbandonata all’ingresso dell’istituto».
Istituto tecnico Da Vinci-De Sandrinelli Tra qualche settimana dovrebbe partire
la gara per i lavori alla palestra (2 milioni). Sul tetto verranno installate
delle cellule fotovoltaiche. Non sarà rimessa a nuovo la piscina (struttura non
prioritaria, e con costi di gestione molto elevati). Verrà anche costruita la
rampa esterna, entro la fine del 2009.
Istituto tecnico Carli La ristrutturazione in piazza Hortis è in corso (1
milione di euro). Si prevede di chiudere la partita in settembre.
Istituto tecnico Volta È in fase di svolgimento il trasferimento di tutti i
laboratori in via Monte Grappa (alcuni sono infatti ancora nella succursale di
via Battisti, dove i ragazzi del Volta convivono con quelli del Galilei). Costo:
1,1 milioni.
Istituto tecnico Deledda Nell’estate 2010 saranno finiti i lavori a Villa
Giulia, in via Cantù, che ospiterà la succursale. Sarà una struttura innovativa,
dotata di impianti a risparmio energetico. Costo: 4 milioni.
Istituto tecnico Nautico «Per realizzare una nuova sede servirebbero circa 13
milioni. Anche a me piacerebbe vederla in Porto Vecchio - afferma Tommasini - ma
al momento non ci sono spiragli». Diverso il discorso per la succursale di largo
Sonnino, condivisa con gli studenti del liceo Petrarca. Qui dovrebbero partire
in estate i lavori per la sistemazione degli infissi interni (quelli del cortile
interno) e dovrebbe anche arrivare un ascensore (1,2 milioni).
Istituto tecnico Max Fabiani Non ci sono urgenze segnalate e quindi non sono
previsti lavori.
Impianti elettrici Lo scorso dicembre è partito un progetto che prevede la messa
a norma degli impianti elettrici fuorilegge di tredici strutture, che saranno
nuovi di zecca entro l’estete. Costo: 1,3 milioni. Esclusi quelli degli istituti
Volta e Da Vinci-De Sandrinelli, per cui ci sarà un intervento successivo da
terminare comunque entro l’anno), per ulteriori 390mila euro.
Telecamere La Provincia ha stanziato 200mila euro per posizionarle all’esterno
di alcune scuole (top secret gli indirizzi). Costo: 200mila euro. L’avvio dei
lavori è previsto a giorni.
ELISA COLONI
Pista ciclabile fra Muggia e Aquilinia - Entro
l’anno anche un percorso ad anello per un totale di 15 chilometri
MUGGIA Entro l'anno una pista ciclabile congiungerà Muggia
ad Aqulinia partendo da Rabuiese, così come richiesto dai cittadini che avevano
partecipato ai lavori di Agenda 21, indicando una ciclovia che collegasse la
Parenzana all'abitato di Aquilinia e una pista ciclo-pedonale naturalistica che
seguisse il Rio Ospo fino ai laghetti delle Noghere e proseguisse poi fino a
Muggia centro, tra le priorità per uno sviluppo sostenibile del territorio.
Si tratta di un intervento da 280mila euro, 210 dei quali conferiti dalla
Regione e 70mila dal Comune di Muggia. Inserito nel piano delle opere 2009, il
progetto preliminare per la realizzazione di un tronco della rete di ciclovie da
Rabuiese a Trieste è stato approvato. Ora si attende il progetto esecutivo e
l'espletamento della gara di appalto per i lavori.
I fondi sono già a bilancio. Il tratto di comopetenza del Comune muggesano sarà
concluso entro dodici mesi. Quindi la palla passerà al Comune di Trieste, per il
completamento del tratto da Aquilinia fino al capoluogo.
La realizzazione della pista non comprometterebbe un eventuale rispristino del
doppio senso di marcia in salita di Naccia, in quanto la pista sarà
monodirezionale e la Teseco, propietaria dell'area, si è detta disponibile a
prevedere un ampliamento della carreggiata nei punti di contatto con la pista.
Nel dettaglio, la ciclovia si snoderà lungo un percorso di una quindicina di
chilometri, e dopo una prima parte a doppio senso di marcia, si caratterizzerà
come un percorso ad anello. Tecnicamente, si tratterà di un percorso misto: in
certi tratti si configurerà come una pista ciclabile vera e propria a bordo
strada, separata da questa, mentre in altri potranno muoversi sia le bici che le
auto, ma in questi (a traffico limitato e percorsi solo da frontisti) verranno
predisposte apposite protezioni per i ciclisti.
Il primo tratto, collegandosi alla pista ciclabile Parenzana, partirà dal
confine e arriverà fino all'abitato di Rabuiese. Una seconda parte,
naturalistica e molto suggestiva, sfilerà lungo il Rio Ospo, dalla strada
comunale San Clemente alla foce. Sul ponte la pista avrà una biforcazione e
procederà nelle due direzioni, creando un anello e costituendo un itinerario
ciclabile.
Da ponte San Celemente lungo tutta via Flavia di Stramare, la ciclovia sarà
percorribile solo in salita, e raggiungerà il bivio Tre Camini fino a confluire
nella provinciale 14 di Aquilinia. Da Salita di Naccia, percorrendo la
provinciale stavolta in discesa, si arriverà fino alla foce dell'Ospo, chiudendo
il percorso ad anello.
Gianfranco Terzoli
I cinghiali - SCAMBIO
Cara Margherita Hack, ci conosciamo da parecchi anni,
siamo entrambi roianesi, lei di via Pratello e io di Scala Santa, e
simpaticamente ricordiamo il periodo giovanile-sportivo: io Balilla e lei
giovane italiana, atleta e ciclista.
Oggi le propongo, con la simpatia di sempre, uno scambio. Io mi accollo di
ospitare adeguatamente i suoi sette gatti, e lei si prende in casa le due
famiglie di cinghiali, quattordici componenti, che da più di un anno stanno
devastando la mia proprietà di Scala Santa (al n. 120). La mia offerta è
condivisa dai miei vicini che saranno felici di aver trovato in lei un’amica
buona e pia seguace di Sant’Antonio protettore degli animali.
Francesco Ferfoglia
IL PICCOLO - VENERDI', 30 gennaio 2009
Dalle infiltrazioni d’acqua agli impianti fuori norma - Scuole vecchie e senza soldi
Viaggio negli istituti cittadini: i presidi costretti
ad arrangiarsi con le manutenzioni dell’ultimo minuto
Quasi tutte le superiori lamentano problemi alle strutture In buone condizioni
solo il Fabiani, costruito nel 1988
La dirigente del Dante: una finestra è caduta a terra rischiando di ferire il
posteggiatore che lavorava lì sotto
Ognuno si porta addosso la propria croce. Ma tutti sono uniti dalla stessa
snervante rincorsa alla manutenzione fai da te dell’ultimo minuto, per
inchiodare le finestre pericolanti o riparare qualche gabinetto allagato, in
attesa che la Provincia trovi i soldi e metta a nuovo le ormai vetuste strutture
scolastiche triestine che ospitano le scuole superiori, di competenza appunto di
Palazzo Galatti.
A rendere l’idea di come i presidi siano sull’orlo di una crisi di nervi e di
come le strutture siano in ginocchio davanti all’inesorabile trascorrere del
tempo, ci sono le bacinelle e i contenitori di plastica e vetro che al Nordio si
è costretti a piazzare in alcuni corridoi, per raccogliere la pioggia che filtra
dai soffitti ed evitare allagamenti. E l’istituto d’arte non è certo una pecora
nera.
Tutti, ma proprio tutti, hanno di che lamentarsi. In ogni scuola superiore, tra
barriere architettoniche, impianti elettrici fuori norma, infissi da buttare,
infiltrazioni che corrono lungo i muri e aule anguste, i problemi sembrano non
finire mai. Ecco la mappa dei problemi lamentati e denunciati, istituto per
istituto (con l’eccezione dei due licei Petrarca e Oberdan, i cui dirigenti non
hanno voluto comunicare le rispettive situazioni).
Liceo classico Dante Alighieri Il problema principale in questo caso è
rappresentato dagli infissi pericolanti, che andrebbero sostituiti da anni. Lo
spiega netta la preside Patrizia Saina: «Lo segnaliamo ripetutamente alla
Provincia, ma senza grandi risultati - spiega -. Quella delle finestre è una
questione della massima urgenza. Gli infissi non sono adeguati, non tengono più
alla violenza di alcune raffiche di Bora, e le finestre devono essere inchiodate
per non schiantarsi al suolo, sia esternamente che internamente. Non poco tempo
fa - aggiunge la preside - ne è caduta una a terra, rischiando di ferire un
posteggiatore che stava lavorando nei pressi dell’ingresso del nostro liceo».
Altri problemi segnalati: servizi igienici inadeguati, assenza di una scala
esterna necessaria in caso di evacuazione, impianto elettrico non a norma,
cattiva illuminazione.
Liceo scientifico Galilei «Nonostante la sede centrale di via Mameli sia stata
costruita negli anni Settanta - spiega la preside Lucia Nigrisin - non rispetta
l’attuale legislazione vigente in materia di sicurezza. La stessa Provincia ha
espresso più volte preoccupazione. Gli infissi andrebbero sostituiti perché non
resistono alla Bora, e quando piove abbondantemente le infiltrazioni d’acqua non
si contano. Inoltre le aule sono troppo piccole». Quanto alla succursale di via
Ginnastica, invece, a turbare il sonno della dirigenza ci sono le barriere
architettoniche: non esistono rampe estere e maniglioni antipanico.
Istituto tecnico Grazia Deledda Le beghe maggiori si registrano nella sede
centrale di via Rismondo, in cui la dirigenza lamenta spazi inadeguati per gli
studenti e la presenza di numerose barriere architettoniche.
Istituto d’arte Enrico e Umberto Nordio Bacinelle e contenitori vari qui vengono
sistemati in alcuni corridoi, per raccogliere l’acqua piovana. «Scriviamo alla
Provincia una lettera alla settimana. Ormai è diventato un appuntamento fisso -
commenta il preside Teodoro Giudice -. Peccato che non serva a niente. Quando
piove dobbiamo armarci degli appositi recipienti». Altri bollini neri spettano,
in questa scuola, a porte e finestre (da rifare) e all’impinato elettrico fuori
norma.
Istituto magistrale Giosuè Carducci «Sono stati avviati dei lavori di
ristrutturazione, richiesti da anni, che dovrebbero terminare del corso
dell’estate - spiega il preside Franco De Marchi -. Ma restano dei problemi:
nella sede centrale, gli infissi vetusti e la mancanza di spazio; nella
succursale invece andrebbero rifatti i servizi igienici e installato un
ascensore per i portatori di handicap».
Istituto professionale Luigi Galvani «La partita si gioca sulla sicurezza nei
laboratori e nelle officine, perché i ragazzi sono troppi - afferma Francesco
Carbone, collaboratore del dirigente scolastico -. Servirebbero investimenti per
aggiornare i macchinari e adattare gli spazi agli standard di sicurezza previsti
oggi». Altro cruccio, quello legato alla presenza di un’antica cappella
all’ingresso dell’edificio. «È da cinque anni che chiediamo alla Provincia i
fondi per rimetterla a nuovo con le nostre mani e seguendo un nostro progetto.
La cappella, inutilizzata e in stato di degrado, potrebbe essere usata dalla
scuola e dalle associazioni rionali per proiezioni di audiovisivi e corsi a
tema. Ma i documenti rimangono nei cassetti di Palazzo Galatti».
Istituto tecnico Da Vinci-De Sandrinelli Le emergenze, come sottolineato dalla
preside Lesira Militello, sono tre: servirebbe una nuova e attrezzata palestra
(il progetto, però, dovrebbe essere realizzato entro la fine del 2009); una
rampa di scale esterna per le emergenze e un’altra d’accesso per i disabili.
Istituto tecnico Alessandro Volta Anche qui ci sarebbero cose da mettere a
posto. Gli infissi, nella lista delle manutenzioni definite «urgenti», non
mancano mai. Lo confermano il vicepreside Roberto Loco e il responsabile
dell’ufficio tecnico Sergio Bradamante: «Nella sede centrale di via Monte Grappa
e finestre sono vecchie e andrebbero cambiate, i servizi igienici rifatti. Ci
sono anche infiltrazioni d’acqua in alcuni punti dell’edificio».
Istituto tecnico Gian Rinaldo Carli Gli studenti si trasferiranno nella nuova
sede, che sorgerà al posto dell’ex elementare di via san Giorgio, a lavori
terminati. In attesa del trasloco, però, i «tarli» quotidiani della preside Egle
Brancia non mancano: infissi pericolanti, mura grigiastre che andrebbero
imbiancate, spazi stretti.
Istituto tecnico Nautico «La palazzina in cui ci troviamo è obsoleta - spiega il
preside Raffaele Marchione -. La struttura è ottocentesca e non risponde di
certo agli standard previsti oggi: ci sono barriere architettoniche, mancano
ascensori. È proprio per questo che il futuro della struttura è legato a filo
doppio alle decisioni che le istituzioni prenderanno sulla nuova sede. Ci
avevano promesso - continua - il trasferimento in Porto Vecchio, che sembra
ormai lontanissimo. Queste non sono decisioni che può accollarsi la Provincia da
sola, ma servirebbe una conferenza dei servizi».
Istituto tecnico Max Fabiani L’happy ending, in questo caso, c’è. Questa è,
infatti, l’unica scuola superiore triestina in buona salute. A detta della
vicepreside Laura Sardella, l’unico intervento necessario riguarderebbe
l’ammodernamento dei tavoli da disegno sui quali i futuri geometri fanno
pratica. «Per il resto - spiega la dirigente scolastica - non possiamo
lamentarci. Il Max Fabiani, nato nel 1988, è la struttura più giovane della
città».
ELISA COLONI
SCUOLE - Sono gli infissi la grana principale
- Non resistono alla bora né alla pioggia, insufficiente l’isolamento termico -
L’82% degli immobili non ha il certificato di collaudo statico
Gli infissi. Sono loro i principali nemici delle scuole
superiori triestine. Andando a sondare lo stato di salute dei nostri istituti
scolastici, infatti, emerge che il problema delle finestre - vecchie,
pericolanti, spesso inchiodate al muro per evitare incidenti - fa
prepotentemente capolino in quasi tutte le classi.
Non resistono alla bora e neppure alla pioggia. Rischiano di cadere al suolo e
isolano ben poco dal freddo, alla faccia del risparmio energetico. E andrebbero,
un po’ dappertutto, sostituite. Ma la risoluzione di questo problema, purtroppo,
sarebbe solo una goccia nel mare. Le difficoltà con cui insegnanti e studenti
convivono quotidianamente sono tante. A volte sorprendenti.
Solo pochi mesi fa la Direzione centrale del Servizio istruzione regionale aveva
fornito alcuni dati impressionanti sul nostro parco scuole. Numeri che indicano
che quasi tutti gli istituti sono fuori norma.
A Trieste l’82% delle scuole non ha il certificato di collaudo statico. Oltre la
metà degli istituti, il 52%, non può vantare un impianto elettrico a norma ed è
sommerso da cavi e fili «vaganti». Il 78% non ha un impianto idrotermosanitario
conforme. Solo il 9% delle scuole è in possesso di un certificato di conformità
dell’impianto di protezione antincendio.
Gli stessi dati indicavano che solo il 14% delle scuole triestine ha ascensori
con garanzia di collaudo. Solo 50 edifici scolastici - meno di un terzo del
totale - hanno scale costruite secondo la normativa vigente.
Mettere mano a questi problemi richiede tempo, ma soprattutto svariate decine di
milioni di euro. La Provincia, responsabile delle superiori, tampona dove può e
ha avviato alcuni importanti interventi di ristrutturazione, ma le scuole
rimangono, per la loro vetustà, un pozzo senza fondo.
L’allarme sicurezza era scoppiato pochi mesi fa, dopo la tragedia del liceo
Darwin di Torino, che aveva visto un diciassettenne morire in classe schiacciato
sotto il peso di mattoni e tubi di ghisa crollati dal soffitto. Anche a Trieste
le istituzioni avevano fatto quadrato, con un tavolo in Prefettura, per
tracciare un percorso per tentare di sciogliere i nodi. Vi avevano partecipato
Franco Bandelli e Mauro Tommasini, assessori competenti, rispettivamente per
Comune e Provincia. Oltre al prefetto Giovanni Balsamo, i dirigenti dell’Ufficio
scolastico provinciale e regionale, il Comando provinciale dei vigili del fuoco.
Durante l’incontro era emersa la presenza di criticità, ma allo stesso tempo
Bandelli e Tommasini avevano invitato alla tranquillità genitori e ragazzi. «Le
nostre scuole non sono fuori norma - avevano spiegato - ma devono semplicemente
adeguarsi alla legislazione vigente in materia di sicurezza. La stragrande
maggioranza degli istituti - avevano spiegato gli assessori - non ha tutte le
carte in regola, ma hanno ricevuto comunque un nulla osta provvisorio da parte
dei soggetti preposti al controllo dell’agibilità degli edifici (come i vigili
del fuoco), in attesa di un restyling completo.
(e.c.)
Il rigassificatore - RISCHI E BENEFICI
Nel corso di un’intervista rilasciata al Piccolo
l’amministratore delegato della società AcegasAps CesarePillon, a proposito del
progetto di un rigassificatore che si vorrebbe insediato nel golfo di Trieste,
sostiene: «Pare che si vada verso una definizione del progetto, ci sono molti
incontri ma il sindaco Dipiazza non fornisce dettagli per evitare l’innescarsi
di meccanismi contrari».
Non è chiaro se trattasi di una «boutade» di dubbio gusto o della rivelazione di
effettivi accordi sotterranei che saranno svelati a un punto di non ritorno, ma
l’autorità della persona che l’ha detto ci fa propendere per la seconda ipotesi.
E sarebbe un precedente altamente offensivo per la cittadinanza. Una ristretta
casta politica starebbe dunque tramando in segreto per la realizzazione di un
impianto i cui benefici sono ancor tutti da dimostrare, i cui effetti nocivi
ampiamente previsti anche se da taluni minimizzati o addirittura negati, in
dispregio a una chiarezza e a un confronto da più parti richiesto in merito ai
pericoli per l’ambiente, e quindi a ogni sorta di democratico coinvolgimento
delle scelte quale Trieste tutta si aspetta e ha diritto di ottenere.
Già nello scorso luglio la LpT aveva preso posizione sul dibattuto progetto del
rigassificatore chiedendo di conoscere con certezza benefici e rischi per la
città e di partecipare alla relativa discussione che ci si aspettava nelle sedi
politiche competenti; discussione della quale si è ancora in attesa.
Bruno Baldas - presidente f.f. Lista per Trieste
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 gennaio 2009
Volontari del Servizio civile discutono sul loro futuro
- OGGI UN CONVEGNO ALL’ERDISU: SI ATTENDONO CENTINAIA DI GIOVANI
Centinaia di giovani sono attesi oggi all'incontro annuale
dei Volontari Servizio Civile Friuli Venezia Giulia, in programma alla sala
Erdisu, in Salita Monte Valerio 3, dove dalle 18 si svolgerà un convegno aperto
a tutti. L’evento inizierà con la relazione dal titolo «I giovani e gli enti di
Servizio Civile della Regione incontrano le Istituzioni».
Sono previsti interventi di Paolo Molinari, vice direttore dell’Ufficio
Nazionale Servizio Civile (Unsc), di un rappresentante dell’assessorato
regionale all’Istruzione, formazione e cultura, con il coordinamento dei lavori
di Mario Ravalico, direttore della Caritas Trieste e del servizio informativo
Servizio Civile Fvg. «Sarà un momento importante di incontro e confronto»,
spiega Alberto Meli, uno dei referenti del servizio. «Tra i punti principali
all’attenzione di tutti la legge 64, che un gruppo di lavoro sta riscrivendo per
garantire una maggiore sicurezza in fatto di finanziamenti e per ristabilire il
giusto ruolo tra Stato e Regioni. Sono tanti gli ostacoli da affrontare e da
discutere insieme. Tra i vari problemi da risolvere, anche le iscrizioni al
bando che si effettuano in estate e il servizio vero e proprio che parte a
gennaio e che crea quindi un momento di stallo per molti volontari».
Nel 2008 hanno aderito al servizio civile 318 ragazzi in Friuli Venezia Giulia,
con una maggior presenza di volontari proprio a Trieste, con 142 giovani
impegnati nei vari settori. Segue Udine con 80 persone, Pordenone con 53 e
Gorizia con 41.
Molti scelgono di intraprendere questo percorso per un concreto aiuto alla
società, altri invece, in particolare i più giovani, sfruttano l’occasione per
sperimentare per la prima volta un’esperienza di tipo lavorativo. Chi vuole
aderire può trovare tutte le informazioni su www.serviziocivile.it, contattando
le sedi regionali, ma anche assistendo allo stesso dibattito odierno.
«L’incontro fornirà anche un’ampia panoramica sul senso dell’impegno sociale –
conclude Meli – una valida opportunità per approfondire o conoscere le attività
del servizio». Il volontariato abbraccia molti settori, come l’Azienda
Sanitaria, i Salesiani, l’Unione Ciechi, l’Associazione sclerosi multipla, ma
non solo. Sul web sono disponibili anche i bandi di concorso, le disponibilità
previste, la retribuzione, le modalità con le quali iscriversi.
L’appuntamento organizzato oggi si concluderà con un momento conviviale e con un
concerto alle 21.
Micol Brusaferro
PREMIO - Il Vandalino d’Oro
Tutti coloro che amano Trieste dovrebbero visitare il sito
www.sostrieste.it dove si trova il significato del premio «Vandalino d'oro»
concesso dal Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste ai
nostri amministratori (Piccolo del 15.01.2009). Lì trovo spiegazione al
disappunto che mi assale quando vedo la Piazza Vittorio Veneto con le «forche» e
Piazza Goldoni con il «porta cd». Un disastro!
Ora si farà un ponte sul Canal Grande (un altro Calatrava? O lo chiameranno
Penny Bridge?) per rovinare una delle prospettive più belle della nostra città.
Forse con i soldi del ponte si potrebbero riparare i guasti già fatti nei siti
indicati dal Comitato.
Mi dispiace che, a parte il dovuto ritorno di Massimiliano in Piazza Venezia,
l'identità architettonica di Trieste non sia sufficientemente tutelata.
La città di Varsavia, rasa al suolo dai nazisti durante la seconda guerra
mondiale, ha ricostruito il suo centro storico adoperando riproduzioni di opere
del Canaletto. Visitando questo centro storico è difficile credere che ci si
trovi di fronte ad una ricostruzione.
Norimberga, distrutta dai bombardamenti alleati nel gennaio del 1945, ha
ricostruito la Hauptmakt con la Frauenkirche e alla Saint Lorenz Kirche,
rispettando scrupolosamente le architetture e le ambientazioni quali erano prima
della guerra. Prendiamo esempio da come i portoghesi hanno recuperato Guimarães,
un'antica città del Nord, cara alla storia della patria Lusitana, dove nacque il
primo Re del Portogallo. Un recupero che è un gioiello. A Bari hanno
ristrutturato la città vecchia, diventata zona di pregio.
Esortiamo gli amministratori a ricordarsi che loro sono di passaggio, ma non
sono di passaggio i loro errori e valutazioni sbagliate che deturpano Trieste e
rimarranno alla cittadinanza dell'avvenire, ai nostri figli e ai loro figli.
Oscar García Murga
L’INVASIONE - I cinghiali (1)
Intervengo dopo lunghe discussioni sulla presenza sempre
maggiore di cinghiali nel nostro territorio. A mio parere, il problema non è
quello della scarsità di cibo in natura né di un areale ridotto in cui questi
animali devono vivere, visto che essi sono in grado di percorrere distanze
considerevoli alla ricerca di nutrimento.
Penso a tre situazioni che hanno favorito una numerosità elevata e la loro
presenza in vicinanza dei centri abitati: 1) dagli anni ’50 è praticamente
scomparso l'unico predatore del cinghiale, il lupo; 2) il cinghiale è onnivoro e
quindi non soffre particolarmente la fame, ma è un animale pigro e se trova il
cibo pronto, messo a disposizione dagli umani, abbandona la ricerca e si abitua
ad assumerlo più facilmente, come del resto hanno già fatto i gabbiani; 3) la
disponibilità di cibo in eccesso comporta una proliferazione della specie perché
le femmine, che di solito partoriscono mediamente da 2 a quattro piccoli, con
un'alimentazione abbondante arrivano a partorirne anche più di 10. In queste
condizioni i branchi si allargano in maniera esponenziale diventando invasivi e
pericolosi per gli umani ma anche per altri selvatici come i Cervidi con cui
entrano in competizione. Prima regola quindi: vietato dare da mangiare ai
cinghiali. Ma quando il loro numero è ormai troppo elevato si deve pur prendere
qualche iniziativa a tutela del patrimonio agricolo, della proprietà privata e
della sicurezza. L'abbattimento, a mio avviso, deve essere limitato
esclusivamente alla selezione per evitare l'insorgere di malattie e epidemie che
possono anche degenerare nella peste suina. Le istituzioni deputate a
controllare l'equilibrio della fauna nel territorio dovrebbero invece
partecipare ai numerosi workshop patrocinati dal Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio organizzati soprattutto nel Centro Italia, in cui vengono
illustrate e discusse le esperienze più interessanti di gestione delle
problematiche di conflitto fra umani e animali già avviate in altre regioni.
Bernardino de Hassek
UMANITÀ - I cinghiali (2)
Ha perfettamente ragione il lettore che nei giorni scorsi,
in relazione alle opposizioni ai progetti di uccidere i cinghiali periurbani
semidomestici, faceva presente che la difesa degli animali non deve far
trascurare quella delle persone e famiglie in difficoltà, che la crisi economica
sta anche moltiplicando in misura abnorme.
La difesa vera del diritto e della dignità della vita richiede impegno su
ambedue questi fronti di solidarietà, e sbaglia chi pensa di poter amare
veramente gli animali rinnegando l’umanità, o di amare veramente l’umanità
trascurando gli altri esseri viventi. Due atteggiamenti purtroppo diffusi, che
tendono anche ad isolare chiunque tenti di operare per la difesa sia
dell’ambiente che dei diritti umani. Il sindaco cacciatore che vorrebbe fare
bella figura macellando «per i poveri» qualche decina di disgraziati cinghiali
(o cominciare dai cuccioli) è lo stesso che abbiamo documentatamente denunciato
qualche anno fa alla magistratura perché di fronte all’incremento continuo della
povertà invece di aumentare obbligatoriamente le assistenze sociali le riduce,
dirottando le risorse su spese di facciata o comunque non necessarie, con
conseguenze sempre più drammatiche per un numero crescente di persone, e letali
per alcune. Pensavamo che esponendoci con un’iniziativa legale indubbiamente
pesante sarebbero sorti quantomeno dibattiti e indagini sul problema da parte
delle altre organizzazioni ambientaliste e umanitarie, dei sindacati, delle
istituzioni e di quant’altri dovrebbero e potrebbero controllare e correggere
con decisione le devianze politico-amministrative.
Invece si sono defilati tutti in un silenzio assoluto e purtroppo ben noto, di
quelli che rischiano di diventare tombali per una città condotta in quasi tutti
i settori a tale debolezza e confusione da soffocare i propri stessi anticorpi
invece che i virus. Anticorpi che si chiamano, qui come altrove, solidarietà,
impegno e coraggio.
Roberto Giurastante - Greenaction Transnational
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 gennaio 2009
Antenna, attesa per il verdetto - L’ultima parola
sull’impianto di via del Veltro spetta al Consiglio di Stato- «Possibile ricorso
alla Corte costituzionale»
Nuova puntata della «guerra dell’antenna» di via del
Veltro che, da tempo, vede schierati su fronti opposti Comune e Ferrovie dello
Stato. Il 9 gennaio scorso il Consiglio di Stato ha discusso il ricorso
presentato dall’amministrazione municipale contro la sentenza del Tar che, in
precedenza, aveva dato ragione alle Fs in merito all’installazione dell’antenna
Gsm-R nella zona dell’ex Maddalena. Installazione che aveva sollevato un vero
pandemonio popolare e una raccolta di oltre 200 firme. Durante la discussione, a
Roma, sono anche state ascoltate le parti in causa, vale a dire appunto
l’avvocatura del Comune e quella delle Ferrovie, passaggio, secondo gli addetti
ai lavori, non scontato visto che in casi simili spesso l’approfondimento delle
vicende viene affidato esclusivamente all’analisi degli incartamenti.
A questo punto, visto che il Consiglio di Stato non ha espresso ancora il
proprio parere, non resta che aspettare. Spiega l’assessore competente Claudio
Giacomelli: «Se il Consiglio di Stato ci darà ragione, ritenendo che la norma
invocata da Trenitalia non sia fruibile, potremo cantar vittoria. In caso
contrario, si potrebbe configurare un ricorso d’ufficio alla Corte
Costituzionale per verificare se la norma è compatibile con la tutela
dell’ambiente. La nostra strategia per vincere questa battaglia a difesa dei
cittadini e della qualità ambientale, potrebbe giocarsi su due fronti. La
partita, in ogni caso, è ancora innegabilmente aperta».
La norma a cui fa riferimento l’assessore, e che ha fatto vincere le Ferrovie
nel ricorso del Comune al Tar (sentenza 269/08), è inserita nella finanziaria
del 2006 e dà carta bianca a Trenitalia in merito alla collocazione delle
antenne e dei tralicci. Collocazione ritenuta essenziale nell’ottica della
sicurezza del traffico ferroviario.
Il consigliere comunale dei verdi, Alfredo Racovelli, che da tempo segue la
problematica, si dice comunque ottimista sulla possibilità di risolvere
l'impasse. «La norma potrebbe essere in contrasto con l’articolo 9 della
costituzione in materia di tutela del paesaggio - osserva - . In tutta Italia i
comitati stanno facendo pressione e non si contano i ricorsi promossi dalle
Soprintendenze. Ora, inoltre, anche il Comune di Trieste ha sollevato il
problema».
Le Ferrovie, tra l’altro, si erano impegnate mesi fa con una lettera inviata al
sindaco Roberto Dipiazza a non cedere e a non affittare a terzi le strutture di
Gsm-R per la telefonia mobile: rischio questo assai paventato dai cittadini, che
temevano installazioni aggiuntive private a quelle ferroviarie esistenti. Va
detti in ogni caso che, a differenza degli impianti di telefonia mobile, le
installazioni ferroviarie non risulterebbero dannose per la salute delle
persone, in quanto le onde elettromagnetiche sono irradiate a bassa frequenza e
con un minimo raggio in direzione dei binari. Gli abitanti di via del Veltro -
ma protestano anche quelli di via Baiardi - sono ora con il fiato sospeso e le
dita incrociate. Sperano che il traliccio, alto una ventina di metri, venga
prima o poi smantellato.
Daria Camillucci
Ambiente, la tutela passa per i rapporti attraverso il
confine - TAVOLA ROTONDA
TRIESTE La salvaguardia dell'ambiente ha bisogno della
cooperazione transfrontaliera. E’ questa la conclusione cui è giunta la tavola
rotonda promossa dall’associazione Dialoghi europei, presieduta dall’ex
parlamentare Giorgio Rossetti, alla quale, nella sede del Consiglio regionale,
hanno partecipato ieri diversi ambientalisti e amministratori politici della
provincia.
Ad aprire il dibattito è stato il presidente del circolo Istria Livio Dorigo che
ha parlato di «una grande unica regione che va da Monfalcone sino alla Liburnia»,
territorio del quale il «mondo politico deve assolutamente prendere coscienza a
tutti gli effetti».
Rossetti ha ricordato come la cooperazione transfrontaliera sia oramai
essenziale, ma che vada anche riveduta e corretta. L’ex deputato del Pds ha
infatti ricordato come «tra il 2002 ed il 2007 siano stati stilati dalla Regione
ben 390 progetti di carattere transfrontaliero per un totale di 100 milioni di
euro, interventi spesso troppo frazionati tra loro, sovrapposti e dispersivi, a
volte contraddittori». Dopo la caduta dei confini è necessaria invece «la
sintesi e una razionalizzazione dei progetti che vadano a trattare tutti i
territori contigui».
E’ stata quindi la volta degli amministratori. Il sindaco di Muggia Nerio
Nesladek ha ricordato come «la caduta dei confini sia stato un momento emotivo
ma anche pratico per tutti» e che il proprio Comune ha intrapreso diversi
progetti con la vicina Capodistria tra i quali spicca quello di coinvolgere la
città slovena nel prossimo piano regolatore comunale e generale di Muggia.
Nesladek ha poi annunciato che entro marzo si creeranno le premesse per «un
coordinamento istituzionale di tutte le realtà italiane e slovene in un unico
ente, con sede propria, in grado di trattare temi condivisi».
Anche il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret ha sottolineato come sia
necessaria «una istituzionalizzazione dei rapporti con i propri vicini», citando
i rapporti amichevoli che intercorrono con Comeno e Sesana. Tanti i temi in
comune con la vicina Slovenia: agricoltura, caccia, e piani regolatori.
In rappresentanza del Comune di Sgonico è intervenuta l’assessore Nadja Debenjak,
che ha ricordato esperienze come «Conosci il Carso» e «Progetto Natura 2000»,
«nelle quali abbiamo analizzato le problematiche ambientali con seminari locali
e in territorio sloveno, ascoltando sempre il parere della popolazione».
Alla tavola rotonda ha preso parte anche l’assessore ai Lavori pubblici di San
Dorligo della Valle, Laura Riccardi Stravisi, la quale ha espresso «lo stupore
del proprio Comune per non aver ricevuto un invito ufficiale, data l’importanza
degli argomenti a sfondo territoriale che coinvolgono San Dorligo». La Stravisi
ha comunque ribadito l’importanza della cooperazione transfrontaliera e il no
dell’amministrazione Premolin alla Tav e ai rigassificatori.
Riccardo Tosques
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 27 gennaio 2009
Il presidente della Foundation on Economic Trends, tra
i massimi esperti di energie rinnovabili accoglie con prudenza l'annuncio di
Obama: "Solo l'inizio di una trasformazione epocale"
"È un primo passo, un passo nella direzione giusta. Ma attenzione agli
entusiasmi troppo facili: per vincere la sfida che abbiamo di fronte, per
rallentare il cambiamento
climatico rendendolo compatibile con la
sopravvivenza della nostra società, bisogna fare di più". Jeremy Rifkin, il
presidente della Foundation on Economic Trends, accoglie con prudente
soddisfazione l'annuncio della nuova politica energetica di Obama.
Il cambio di rotta è netto. Dopo otto anni di presidenza Bush si volta pagina.
"Non ho dubbi sui disastri ambientali determinati dalla presidenza Bush. Adesso
effettivamente quella pagina è stata voltata. Però bisogna andare avanti,
bisogna sfogliare altre pagine per arrivare a concludere il processo di
trasformazione epocale di cui vediamo solo l'inizio".
È quello che lei chiama la terza rivoluzione industriale, un processo lento. Non
si rischia di smarrirne il filo conduttore?
"Non è che l'elettricità ha sostituito il vapore da un giorno all'altro: sono
cambiamenti epocali che procedono in maniera irregolare, con accelerazioni
rapide in un'area e arretramenti in un'altra".
Quali dovrebbero essere i prossimi passi della Casa Bianca per sostenere questo
processo di cambiamento?
"Oltre alle centrali elettriche bisogna puntare sugli altri due pilastri della
terza rivoluzione industriale. Prima di tutto intervenire sugli edifici non solo
per limitare gli sprechi ma per compiere un salto tecnologico più impegnativo.
Case e uffici devono produrre energia, non consumarla. Ormai la tecnologia per
arrivare a questo risultato è a portata di mano: coibentazione, pannelli solari
che avvolgono l'edificio, geotermia, energia dai rifiuti e anche il mini-eolico
faranno sì che le case si trasformino in micro centrali elettriche".
Il terzo pilastro?
"È la conseguenza logica del precedente. Il sistema che ho descritto ha una
geometria profondamente diversa dall'attuale albero di distribuzione
dell'energia elettrica, che segue il vecchio modello basato su alcuni grandi
rami e i capillari a scendere. Nascerà l'internet dell'energia: una rete
elettrica interattiva e decentrata, capace di leggere l'offerta e i bisogni che
vengono da ogni punto creando in ogni momento la migliore sinergia possibile. È
un modello più affidabile perché riduce i rischi di black out, più sicuro perché
l'energia è prodotta sul posto, più democratico perché sostituisce il potere di
pochi con il contributo di milioni di persone".
Per arrivare a questo salto bisogna però rendere più convenienti le fonti
rinnovabili: è quello a cui punta Obama.
"E infatti l'annuncio della Casa Bianca è un'ottima notizia. Ma, ripeto, è solo
la premessa per un cambiamento che dovrà essere molto più radicale: senza la
visione d'assieme, senza la capacità di pensare a lungo termine, il rilancio
delle fonti rinnovabili rischia di restare privo di solide basi".
Lei sarà sabato prossimo a Bologna per chiudere il festival dell'urbanistica
presentando il manifesto per l'architettura del prossimo millennio. Sarà tutto
centrato sulla questione energetica?
"Certamente. Oggi gli edifici consumano tra il 30 e il 40 per cento del totale
dell'energia utilizzata, e producono un'equivalente percentuale di gas serra.
Immaginare una trasformazione come quella che ho descritto vuol dire abbracciare
un concetto di architettura nuovo e rivoluzionario. Se a questi elementi
aggiungiamo l'uso dell'idrogeno come contenitore flessibile per l'energia
prodotta dalle fonti rinnovabili, otteniamo il quadro di una società
post-anidride carbonica in cui vivere sarà molto più piacevole. Ed è anche il
solo modello capace di rimettere in moto il sistema economico che si è
inceppato".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 gennaio 2009
«Bonifiche, accordo inaccettabile Sviluppo bloccato per
altri dieci anni» - PD: ROSATO E LUPIERI ALL’ATTACCO SUL SITO INQUINATO
«Una delibera inadeguata e irrealizzabile perchè paga sia
chi non ha inquinato sia chi sta sopra aree contaminate». Per bocca del
consigliere regionale Sergio Lupieri, il Pd boccia senza mezzi termini la
delibera con cui la giunta Tondo ha dato un primo via libera, lo scorso 30
dicembre, al nuovo accordo di programma per il Sito inquinato. E a sostenere la
posizione del Partito democratico c’e anche il parlamentare Ettore Rosato, che
parla di «un accordo al risparmio, che nasce fra Regione e Governo, con gli enti
locali in veste di ratificatori, e come tale non accettabile sul piano del
federalismo. Ci saremmo aspettati – aggiunge – un quadro di intervento più
ampio. Si è scelto invece il percorso più rapido: pagano le aziende».
La delibera va rigettata per il solo fatto che «torniamo al nulla che avevamo
prima del 2003 e si blocca lo sviluppo industriale ed economico di Trieste per
almeno dieci anni», sostiene Lupieri, rilevando che il documento sarà impugnato
con ricorsi al Tar che verranno vinti da tutti i richiedenti.
Quanto le imprese dovranno pagare non è ancora definito, ma sarà una duplice
cifra, «una per danno ambientale e un’altra per non aver concorso al
mantenimento», osserva poi il consigliere regionale del Pd, precisando che i
soggetti obbligati (a pagare) saranno sia i responsabili della contaminazione
diretta sia i titolari di doveri di custodia delle aree contaminate.
Un’unico punto positivo, sempre secondo Lupieri, in questo accordo: al primo
punto della prima fase ci sono il completamento delle caratterizzazioni delle
aree pubbliche a terra e gli interventi di messa in sicurezza e bonifica della
falda acquifera, per i quali si prevedono 52 milioni.
Ma sono proprio i finanziamenti il tasto dolente, in relazione ai quali il
consigliere regionale parla di «certezza della loro mancanza e della loro
vaghezza». E in proposito afferma che è difficile pensare che l’Autorità
portuale intervenga con 40 milioni di euro, che dalle (ipotetiche) transazioni
con le aziende derivino 160 milioni, e che i ministeri delle Infrastrutture e
dei Traporti intervengano con 60 milioni delle risorse programmatiche.
«Ma ancora più grave – sottolinea Lupieri – è che i finanziamenti sono stati
ipotizzati senza studi di fattibilità o progetti e che non si parli delle vere e
proprie bonifiche del territorio e dei loro costi».
Da Rosato arriva un pesante attacco al centrodestra, che «quando si è occupato
di questi problemi lo ha fatto sempre in maniera grossolana, allargando anni fa
la perimetrazione del Sito perchè, era stato detto, si prendevano più soldi».
Con riguardo alla «lesione» del principio cardine, il deputato del Pd parla poi
di «pericoloso disimpegno, perchè impedisce agli imprenditori di acquisire le
aree di cui hanno bisogno», e spiega infine che «l’Ezit è stato escluso
dall’accordo perchè si è opposto a questo tipo di politica».
GIUSEPPE PALLADINI
Progetti transfrontalieri e ambiente: un convegno -
PROMOSSO DA «DIALOGHI EUROPEI»
Corridoio 5, rigassificatore, parco del Carso: progetti il
cui impatto non riguarda solo il territorio di Trieste. Sindaci e
amministratori, urbanisti e ambientalisti si confronteranno nel convegno «La
salvaguardia dell'ambiente nella cooperazione transfrontaliera» promosso
dall’associazione Dialoghi Europei oggi alle 16.30 nella sala Tessitori di
piazza Oberdan 6. Introdotti da Giorgio Rossetti, parleranno i sindaci di Muggia,
Nerio Nesladek, di Duino Aurisina, Giorgio Ret, di Sgonico, Mirko Sardoc, il
vicesindaco di Capodistria Alberto Scheriani, gli architetti William Starc e
Dusana Valecich, il docente Giuliano Orel, Dario Predonzan del Wwf,
l'ambientalista Franco Perco e il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo.
La maggioranza dei fiumani favorevole al
rigassificatore - Sondaggio tra 1500 cittadini: il 58% vuole l’impianto di
Veglia
Sostegno di massa dei residenti all’industria locale.
Ma il 17% teme contraccolpi sul turismo
FIUME Gli abitanti di Fiume sono favorevoli all’entrata in funzione di un
rigassificatore nella vicina Isola di Veglia, difendono a spada tratta la locale
cantieristica navale e, in caso di elezioni, gran parte di essi voterebbero
ancora una volta Partito socialdemocratico. È il quadro che emerge dal sondaggio
firmato Gfk Centro per le ricerche di mercato e commissionato dall’ufficio
zagabrese della Fondazione Heinrich Boll, vicina ai Verdi della Germania.
L’inchiesta, svoltasi nel novembre 2008 e i cui risultati sono stati diffusi
ieri, ha coinvolto 1.500 maggiorenni scelti a caso e domiciliati nelle città di
Fiume, Zagabria, Spalato e Karlovac. Per quanto attiene alla città di San Vito,
balza agli occhi il forte sostegno all’entrata in funzione del terminal
metanifero a Castelmuschio (Omisalj, Isola di Veglia). Dobbiamo ricordare che
negli anni scorsi il progetto di un impianto Lng nel Quarnero era fortemente
avversato non solo dagli ambientalisti, ma anche dall’opinione pubblica, dai
partiti e dalle autonomie interessate. In poco tempo il vento è cambiato,
cosicché oggigiorno il 58% degli interpellati fiumani si è detto favorevole alla
costruzione del megaimpianto. Il 32% ha risposto picche alla presenza del
rigassificatore, mentre il 10 degli intervistati ha detto di non avere una
propria opinione sull’argomento. Coloro che hanno un atteggiamento positivo
verso il terminal, hanno posto in rilievo l’apertura di nuovi posti di lavoro
(37 per cento).
Il 25% ha parlato di enormi vantaggi per l’area quarnerina e una percentuale
quasi identica (26) ha tirato fuori argomenti quali l’autonomia energetica, i
quantitativi di gas sufficienti e a buon mercato. Solo il 5% ha detto che la
presenza del rigassificatore altoadriatico inciderebbe positivamente
sull’aspetto ecologico. Per quanto attiene allo spicchio di persone espressesi
contro il rigassificatore, l’83% ha giustificato tale atteggiamento con i rischi
che l’ambiente correrebbe per la presenza dell’impianto e per il continuo via
vai di navi metaniere nelle acque del Golfo di Fiume. Per il 17% il terminal è
destinato a danneggiare gravemente l’industria turistica quarnerina e
dell’Adriatico Settentrionale. Interessante rilevare che dei circa 400 fiumani
compresi nell’indagine demoscopica, l’82 per cento ha sentito parlare della
costruzione dell’impianto metanifero a Veglia, con il 18% che invece non ha mai
udito l’abbinamento «rigassificatore – Castelmuschio».
Netto il sostegno dei quarnerini ai cantieri navali «Tre Maggio» e «Viktor Lenac».
Ben il 73% ha parlato di settore troppo importante per le sorti della città,
mentre il 17 è stato dell’idea che «Tre Maggio» e «Lenac» debbano cessare
l’attività in presenza di stabilimenti maggiormente concorrenziali. Il restante
10% è dell’avviso che le zone dei cantieri andrebbero riutilizzate per altre
attività. In quanto a preferenze politiche, i fiumani continueranno a puntare le
loro fiche sul centrosinistra, ovvero sul Partito socialdemocratico. Si tratta
della formazione al potere a Fiume sin dalle prime elezioni pluripartitiche e
democratiche, avvenute nel 1990. I socialdemocratici avrebbero l’appoggio del
42% del corpo elettorale fiumano, i «non so» e i «non voglio esprimermi» toccano
quota 37 punti percentuali, con l’Hdz (partito di centrodestra al potere in
Croazia) bloccato sul 10%. Delle altre forze politiche citate, nessuna supera il
2% dei consensi.
Andrea Marsanich
I verdi: «Strategia trilaterale sull’energia» -
Alpe Adria Green chiede a Italia, Slovenia e Croazia un progetto comune di lungo
periodo
CAPODISTRIA Terminal rigassificatore a Capodistria: si
mobilitano gli ambientalisti anche se il progetto è ancora lontano dall'essere
realizzato e forse nemmeno si farà. L'«Alpe Adria Green», rete internazionale di
associazioni che si occupano di tutela dell'ambiente, ha ribadito nei giorni
scorsi le proprie posizioni sulla politica energetica nell'Adriatico
settentrionale. Ci vuole una strategia comune di Italia, Slovenia e Croazia,
sono convinti gli ambientalisti, e, per come stanno in questo momento le cose,
un rigassificatore a Capodistria non serve, bastano già quello di Rovigo e
quello che sarà costruito a Castelmuschio, sull'isola di Veglia.
Roma, Lubiana e Zagabria, hanno sottolineato nel corso di una conferenza a
Lubiana, dovrebbero concordare e armonizzare le loro politiche energetiche per i
prossimi 20-30 anni, in modo da poter portare avanti progetti comuni. I gasdotti
(Nabucco tra Turchia e Austria e South Stream tra Russia e Italia) sono comunque
da preferire ai terminal. In quanto ai rigassificatori, una loro concentrazione
nell'Alto Adriatico provocherebbe danni alla salute degli abitanti e
all'ecosistema, aumenterebbe il rischio di incidenti e attacchi terroristici, e
danneggerebbe altri settori economici, come pesca e turismo. Al limite, se è
proprio necessario costruirlo, si dovrebbe progettare un unico terminal
rigassificatore per tutta l'area, che sia comunque a non meno di 15 chilometri
dalla costa. «Alpe Adria Green» punta sulla sostituzione dell'energia nucleare e
un uso sempre più diffuso di fonti rinnovabili, in modo da riuscire a
raggiungere entro il 2020, come previsto dall'Unione europea, il 20% della
produzione di energia da queste fonti rinnovabili.
La Conferenza di Alpe Adria Green si è svolta praticamente in concomitanza con
il tentativo di rilanciare il progetto per la costruzione di un terminal
rigassificatore nel porto di Capodistria, presentato e sostenuto dalla società
tedesca «Tge Engineering», che fa capo al gruppo francese Suez. Il
rigassificatore, secondo i piani della Tge, dovrebbe sorgere nell'area del Porto
di Capodistria, verrebbe a costare 1 miliardo di dollari, e darebbe lavoro a
circa 1.200 persone. Il direttore della società tedesca, Vladimir Puklavec, ha
già annunciato che nei prossimi mesi presenterà l'idea agli abitanti del
Litorale sloveno, per tentare di convincerli che i vantaggi di un simile
impianto sarebbero molto superiori ai rischi. Se le cose dovessero mettersi nel
verso giusto, ha dichiarato Puklavec, i lavori di costruzione del terminal
potrebbero essere avviati già entro un anno. Finora, la popolazione dei comuni
costieri è stata sempre contraria ai rigassificatori, anche a quelli progettati
dalla parte italiana nel golfo di Trieste.
Piazza Libertà - RESTAURO
Finalmente l’assessore Bandelli ha calato la maschera di
benevolenza con cui usava rispondere alle Segnalazioni dei lettori,
rassicurandoli del suo impegno come amministratore civico per il bene di tutti.
Finalmente ha dichiarato sulle pagine di questo giornale che lui, delle 10.000
firme contro la riqualificazione di Piazza Libertà, se ne fa un baffo e,
altrettanto, della pioggia di lettere di protesta apparse lo scorso anno su
questa pagina. Il progetto si farà, anche se non serve a nulla e non piace ad
una parte considerevole di cittadini, solo perchè è lui che ha deciso: punto e
basta. È addirittura disposto a spendere una cifra per cambiare di posto alcuni
alberi che andrebbero tolti (viene in mente l’altra cifra consistente usata per
il trasbordo di una statua, anch’esso del tutto inessenziale per il decoro della
città), pur di non passare da vandalo devastatore dello scarso verde esistente a
Trieste e di limitare a cinque gli alberi secolari che saranno abbattuti (ma
sarà poi la cifra definitiva?).
Tutto questo a che scopo? Per creare una nuova viabilità, che non offre nessuna
risoluzione definitiva, slegata com’è dal piano generale del traffico e dal
piano regolatore di Porto vecchio, nonché per rinunciare alla funzionale
rotatoria già esistente creando una strada a sette- otto corsie veramente
stridente all’interno di una piazza. Per realizzare, ancora, una zona pedonale
della quale non si riesce a ipotizzare una fruibilità collettiva, come in altre
zone cittadine, per il consueto timore che i cittadini considerino queste zone
luoghi potenzialmente a rischio.
Non mi sembra improbabile che i millantati 2500 metri quadri di piazza,
acquisiti con il nuovo assetto, che comprometteranno la struttura del giardino
storico rimasta più o meno intatta da più di un secolo, possano venire usufruiti
dai barboni che gravitano nella zona, per bivaccarvi con cartoni, sacchi a pelo
e merende più o meno alcoliche. Sembra strano che uno spazio così invitante
venga proposto proprio da Bandelli che, sappiamo, ci tiene molto al decoro e
alla buona frequentazione delle piazze.
Renato Biagi
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 19 gennaio 2009
CLIMA - Il piano Ue per il dopo-Kyoto - 30 miliardi
all'anno entro il 2020
Tagli alle emissioni di CO2 e una "green economy" per i
Paesi poveri. La proposta ignora alcune delle richieste del governo Berlusconi
BRUXELLES - È nell'America di Barack Obama che l'Europa cerca un alleato per
trascinare il mondo nella terza rivoluzione industriale, quella dell'economia a
basse emissioni di anidride carbonica. E per farlo il Vecchio Continente si dice
pronto a mettere mano al portafoglio: entro il 2020 le nazioni industrializzate
potrebbe "auto-tassarsi" per dare al resto del globo 30 miliardi all'anno da
investire in energia pulita. Soldi da usare anche per bloccare la deforestazione
tropicale entro 20 anni.
La proposta Ue in vista del delicato vertice Onu di Copenaghen - in calendario a
dicembre - è ambiziosa e ignora alcune richieste avanzate nei mesi scorsi dal
governo Berlusconi. Nel documento che la Commissione Ue approverà mercoledì
(dovrà poi venire confermato dai governi dei 27) si parte da quello che è ormai
il dogma della comunità scientifica: per salvare il mondo da sconvolgimenti
climatici e cataclismi è necessario limitare l'innalzamento della temperatura
globale a 2 gradi rispetto all'era preindustriale (soglia che a questi ritmi
sarà superata nel 2050). Per questo lo scorso dicembre, dopo anni di duri
negoziati, l'Europa si è dotata di una strategia per limitare le emissioni di
CO2 del 20% entro il 2020, seguito unilaterale al Protocollo di Kyoto i cui
effetti scadono nel 2012. Forte di questo impegno, l'Unione si presenta nella
veste di leader mondiale nel negoziato Onu chiamato a dare seguito a Kyoto,
questa volta cercando di coinvolgere i grandi inquinatori a prendere impegni
vincolanti sui tagli alle emissioni di CO2: Usa, Cina, India e gli altri paesi
emergenti.
L'offerta europea conferma che in caso di accordo mondiale i 27 alzeranno il
loro obiettivo di tagli per il prossimo decennio dal 20 al 30%, in barba alle
richieste del governo italiano di stralciare questa promessa. Uno scatto,
comunque, che arriverà solo se le altre economie industrializzate faranno uno
sforzo paragonabile al nostro e se i principali paesi in via di sviluppo (India,
Cina, Brasile e Sudafrica, per citarne alcuni), "limiteranno la crescita delle
loro emissioni dal 15 al 30% rispetto al trend attuale". A queste economie si
chiede anche di dimezzare la deforestazione tropicale entro il 2020 e di
bloccarla entro il 2030.
Sforzi che richiederanno "molti soldi". E proprio i meccanismi su come
finanziare la nuova Kyoto per i più poveri occupano buona parte delle 15 pagine
della proposta negoziale Ue: i 27 raccomandano di portare gli investimenti
globali nella green economy a 175 miliardi di euro all'anno nel 2020 (la metà da
reperire nei paesi in via di sviluppo), di cui 30 miliardi destinati ad aiutare
le nazioni più povere. Tra le fonti possibili di finanziamento c'è anche
l'introduzione di un balzello per ogni tonnellata di C02 emessa dai paesi
sviluppati, una vera e propria tassa che nel tempo crescerebbe da uno a tre euro
con un reddito iniziale di 13 miliardi nel 2013 per arrivare ai 28 miliardi nel
2020.
"Con l'arrivo di Obama gli Stati Uniti hanno fatto del cambiamento climatico una
priorità", scrive Bruxelles indicando la necessità di siglare "un partenariato"
con Washington e la creazione di "un mercato del CO2 transatlantico". E già in
settimana gli emissari di Bruxelles saranno Oltreoceano per mostrare il piano Ue
agli uomini di Obama. Si punta dunque sull'appoggio americano per convincere i
paesi in via di sviluppo ad accettare target vincolanti nel taglio delle CO2 (se
non faranno nulla saranno in grado di "annullare" tutti gli sforzi delle nazioni
industrializzate): in caso di fallimento allora saranno proprio i più poveri a
subire gli effetti del cambiamento climatico e a pagare per rimediare al
disastro.
ALBERTO D'ARGENIO
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 gennaio 2009
Muggia, con il piano energetico fonti alternative e
meno consumi - La gara per lo studio vinta dal «Ceta» che opera all’Area
Si inizierà con l’esame dei consumi termici ed
elettrici in una decina di edifici pubblici
MUGGIA Pannelli solari sugli edifici comunali, impianti di illuminazione
stradale a basso consumo e la creazione sul territorio di impianti di
sfruttamento delle biomasse (ramaglie e residui di potature e sfalci) che
produrranno combustibile ecologico per alimentare le caldaie degli edifici
pubblici. Unite ad azioni di risparmio energetico e uso efficiente dell’energia
in scuole e uffici.
E' lo scenario, in tema di energia, che in futuro attende i cittadini di Muggia.
La cittadina si sta infatti per dotare del Pec (Piano energetico comunale),
strumento grazie al quale si potrà procedere all'adozione di interventi di
politica energetica.
Conferma l'assessore allo Sviluppo economico, Edmondo Bussani: «Dopo
l'espletamento della gara vinta dal Ceta (Centro di ecologia teorica e
applicata) di Gorizia, azienda operante all’Area science park, alla quale sta
per essere inviato il conferimento ufficiale dell'incarico, stanno partendo i
lavori per l'elaborazione del primo modulo del Pec».
Parole d'ordine, risparmio energetico e sensibilizzazione della cittadinanza
sull'uso di energie alternative e riduzione dei consumi.
L'incarico per la redazione del «piano comunale per la valorizzazione delle
fonti rinnovabili di energia e delle biomasse», secondo quanto contenuto nel
bando, prevede un compenso di 18.360 euro e una durata di 90 giorni.
Per cominciare saranno individuati dieci edifici comunali campione (scuole e
uffici pubblici) sui quali verrà attuata un'analisi di volumetria e superficie,
consumi termici ed elettrici negli ultimi tre anni, potenza degli impianti di
riscaldamento e orari di accensione, e saranno effettuati sopralluoghi per
verificare la possibilità di installare impianti alimentati con fonti
rinnovabili e centrali termiche a biomasse. Sarà pure valutata l’idoneità
all'installazione di impianti fotovoltaici e pannelli solari, in base
all'orientamento e irraggiamento, e verranno fornite indicazioni sul
dimensionamento degli stessi, soppesando costi e benefici.
Quindi si verificherà la disponibilità sul territorio di fonti energetiche
rinnovabili, raccogliendo i dati relativi alla quantità di biomasse prodotte
dalla manutenzione del verde urbano, pubblico e privato, e sarà verificata la
possibilità di realizzare uno o più centri di raccolta e preparazione delle
biomasse.
Definito il sito più idoneo, si procederà con uno studio di prefattibilità.
L'auspicio è che un eventuale impianto di sfruttamento delle biomasse abbia una
valenza provinciale. Includendo più Comuni, la produzione di biomasse potrebbe
essere abbastanza significativa per giustificare la creazione di un centro di
maggiore entità, dimensionato ad uso di tutti i soggetti.
«Per questo - spiega Bussani - nella fase di analisi vorremmo fossero esaminati
anche i dati dei Comuni limitrofi. Esiste già un accordo di massima con San
Dorligo, e stiamo pensando di contattare anche Capodistria per creare un centro
specializzato nel trattamento di questa materia».
Sulla base del piano saranno sviluppati tutti i successivi progetti di
intervento, che dovranno poi essere finanziati. Inizialmente riguarderanno gli
edifici pubblici. Successivamente l'attenzione si estenderà al resto della
cittadina e al consumo di energia su tutto il territorio, a partire dalla
pubblica illuminazione.
Gianfranco Terzoli
Croazia, dopo quello di Veglia un altro rigassificatore
a Ploce - Progetto comune con Sarajevo e il coinvolgimento del Qatar
ZAGABRIA Non uno, ma due rigassificatori lungo le coste
croate dell’Adriatico. Se il progetto del terminal metanifero a Castelmuschio (Omisalj),
nell’isola di Veglia, ha già mosso i primi, concreti passi, si trova invece in
una fase embrionale il piano riguardante la costruzione di un impianto Lng a
Ploce (ex Kardeljevo), il maggiore scalo portuale della Dalmazia, che riveste
un’importanza strategica per la confinante Bosnia ed Erzegovina. Quello di Ploce
sarebbe per l’appunto un progetto comune fra Zagabria e Sarajevo, che vedrebbe
direttamente coinvolto l’Emiro del Qatar, Hamad Bin Khalifa Al Thani, molto
interessato alla realizzazione del megaimpianto. Le voci sul rigassificatore
dalmata, perché di voci si tratta per il momento, sono state diffuse dalla
Bosnia, dopo che mercoledì e giovedì scorsi il rappresentante musulmano nella
Presidenza collegiale di Stato, Haris Silajdzic, è stato in visita ufficiale a
Zagabria, venendo ricevuto dal presidente della Repubblica, Stipe Mesic, e dal
premier Ivo Sanader.
Secondo alcuni media bosniaco-erzegovesi, sia Silajdzic, sia Mesic, avrebbero
espresso il proprio sostegno al terminal Lng a Ploce. In questo senso, Mesic
avrebbe dichiarato che il rigassificatore sarebbe d’indubbia utilità per la
Croazia e la Bosnia, come pure per l’Ungheria. Bocche cucite invece da parte
dell’ufficio del primo ministro Sanader. Nel comunicato emesso dopo l’incontro
con Silajdzic, non si specifica se il premier croato sia d’accordo con l’idea
che l’emirato del Qatar appronti un rigassificatore nel suddetto porto dalmata.
Si rileva invece che Silajdzic e Sanader hanno parlato delle relazioni
bilaterali tra i due Stati e della loro collaborazione in campo energetico, come
pure della cooperazione riguardante i processi di avvicinamento alle
integrazioni euroatlantiche. Va rammentato che poche settimane fa, allo scoppio
della guerra del metano fra Russia e Ucraina, il capo dello Stato Mesic ha avuto
una di quelle esternazioni che lo hanno reso famoso: «Circa sei anni fa – ha
detto Mesic alla stampa croata – il Qatar aveva espresso al sottoscritto la
propria piena disponibilità a costruire un rigassificatore nel nostro Paese,
investendo circa un miliardo di euro. Ero stato quasi sepolto dalle critiche di
coloro che parlavano di progetto assurdo, irrealizzabile, folle. Avessimo
accettato la proposta dello Stato mediorientale, a quest’ora la Croazia avrebbe
il terminal metanifero e con esso la più completa autonomia energetica, senza
dipendere più dagli umori di Mosca e Kiev. Non fui ascoltato e ora ne vediamo i
risultati. Posso dichiarare che anche oggigiorno l’Emiro del Qatar è interessato
a dare vita ad un simile impianto in Croazia». Il recente contenzioso del gas ha
avuto ripercussioni alquanto serie in Croazia, poiché il Paese (consumo annuale
sui 3,2 miliardi di metri cubi) copre il 60 per cento dei consumi con la
produzione interna, mentre per il resto si affida alle importazioni dalla
Russia. Anche se da Zagabria mancano conferme ufficiali sul progetto, non
stupirebbe che il rigassificatore di Ploce diventi realtà nei prossimi anni. La
Dalmazia è tagliata fuori dalla rete nazionale del gas, che invece copre buona
parte del Paese (ricordiamo il metanodotto Pola–Karlovac) e dunque non può fare
affidamento su un combustibile ancora a buon mercato e non inquinante.
Per quanto attiene invece al rigassificatore vegliota, tra qualche mese si avrà
lo studio di impatto ambientale, mentre l’ impianto dovrebbe entrare in funzione
nel 2014, movimentando annualmente sui 15 miliardi di metri cubi.
Andrea Marsanich
I cinghiali
L’astrofisica Hack contesta il sindaco per aver diramato
l’ordine di ammazzare cinghiali, considerato atto disumano, e lo richiama a
voler recintare le zone ove detti animali possono uscire e venire sulle strade.
Questo secondo punto ha la piena condivisione di molti, in quanto da lì non
escono solo cinghiali, ma pure volpi, caprioli e a volte lupo, una pericolosità
estrema cui non si è mai dato peso. Vado spesso a Conconello e dal bosco escono
famiglie di cinghiali e altro. Questo è il richiamo forte che va fatto. Per
quanto riguarda la brutalità espressa con l’abbattimento dei cinghiali, va detto
alla dott.ssa Hack che da quando mondo è mondo l’uomo ammazza gli animali per
nutrirsi, inutile voler fare i moralisti, l’uomo è un animale come tutti gli
altri, ammazza senza problemi e apprezza molto la carne di cinghiale, con cui fa
pure ottimi prosciutti. Chi sarà il fortunato che si mangerà questi cinghiali
abbattuti, forse qualche guardiacaccia, come già fa di nascosto, o verrà
distribuita alle mense dei poveri, come sarebbe giusto?
Ezio Franzutti
IL PICCOLO - SABATO, 24 gennaio 2009
Scuole, oltre 7 milioni di euro per i restauri - IL
PIANO DELLE OPERE COMUNALI DÀ IL VIA A PROGETTI FERMI DA TEMPO
Pronta nel 2009 la materna aziendale di via Tigor,
cantieri alle Manna Corsi e alla Dante
Dopo la viabilità e le opere stradali, che si prendono un buon 27,83 per
cento del bilancio comunale ecco la seconda tranche del Piano delle opere. Un
elaborato piuttosto ricco e variegato anche se, come vedremo, in larga parte
dipendente dai contributi regionali, stanziati o solo richiesti.
La parte del leone, almeno quest’anno, sembrano farla gli istituti scolastici,
del resto da tempo alle prese con problemi di degrado o mancata manutenzione che
sono ben noti ai più, e soprattutto ai giovani studenti che li frequentano.
L’impegno di spesa per edilizia scolastica e sociale arriva comunque al 23,82
per cento degli stanziamenti e riguarda alcune strutture il cui completamento,
in certi casi, era atteso da anni. È il caso dell’asilo nido di via Tigor,
ironicamente chiamato «aziendale» in quanto una parte dei posti disponibili
saranno riservati ai figli dei dipendenti comunali. L’opera, interamente coperta
dal punto di vista finanziario, comporterà una spesa di 750mila euro. Poco meno,
650mila euro, verranno a costare gli interventi previsti nella scuola materna
«Isola del Tesoro» di vicolo delle Rose, a Roiano, e a quella di Altura.
Cantieri aperti, con i prevedibili disagi e possibili spostamenti momentanei di
sede anche per il blocco che comprende l’elementare «Ruggero Manna» e la scuola
media «Guido Corsi». Saranno interessate da lavori migliorativi di una certa
importanza, tanto che il budget oltrepassa i due milioni e si ferma, per la
precisione a 2milioni e 50mila euro. Superato dai 2 milioni e 150mila richiesti
per rimettere in sesto la vecchia «Divisione Julia». Con gli anni anche la
prestigiosa media «Dante Alighieri» comincia a mostrare i segni dell’età, tanto
che la parte di competenza del Comune (la scuola è gestita a metà con la
Provincia) richiederà un esborso di un milione e 480mila euro.
Nei casi citati, come ricorda l’assessore Franco Bandelli si tratta di
interventi di ristrutturazione totale, che andranno a compimento nell’anno in
corso e che godono di contributi esclusivamente comunali. Il discorso si allarga
di molto, invece, se si prendono in considerazione i fondi che il Comune ha
richiesto alla Regione, con possibilità di portarli all’incasso tutta da
verificare. Dovessero arrivare, peraltro, la lista «della spesa», come conferma
Bandelli, è piuttosto lunga. Si parte dal polo scolastico che si vorrebbe
realizzare nell’ex caserma Charlie di via delle Cave e che comporterebbe lavori
per almeno 2 milioni e 850mila euro. Parecchi soldini di meno, un milione e
100mila, sarebbero sufficienti per rimettere in ordine la scuola elementare «Pertini»
e la media «Rismondo», mentre il portafoglio tornerebbe a svuotarsi in maniera
sostanziale con il milione e 800mila euro richiesti per l’elementare con sezione
slovena «De Marchi» di Servola.
Sospiro di sollievo, infine, per almeno un paio di ricreatori cittadini. Nel
caso del «Nordio» di strada di Guardiella la sofferenza è alla fine, in quanto
il terzo lotto sarà sicuramente completato entro l’anno. Comporterà una spesa di
800mila euro già stanziati, 680mila dalla Regione e 120mila dal Comune. Si
dovrebbe andare avanti, comunque, anche con la manutenzione straordinaria di cui
hanno estremo bisogno il «Cobolli» di Strada vecchia dell’Istria e il «Lucchini»
di via Biasoletto, nel rione di San Luigi. Il Comune ha stimato il costo dei
lavori in 550mila euro complessivi.
FURIO BALDASSI
Problema cinghiali - MONTE RADIO
Mi riferisco alla segnalazione «Il sindaco e i cinghiali»
pubblicata sul Piccolo di domenica 18 gennaio scorso. Ho una casa a Monte Radio,
posta al limitare del bosco; i cinghiali mi hanno devastato l’orto, hanno
abbattuto recinzioni, muri di contenimento e di confine; ma quello che più mi
pesa è che ai miei nipotini non è più permesso giocare liberamente nel prato
vicino a casa perché troppi sono stati gli incontri ravvicinati con gli animali.
Poiché siamo in democrazia, sostengo che sono i cinghiali a privarmi della mia
libertà e invito le autorità competenti a trovare una rapida soluzione a questo
serio problema. Rimango fermamente convinta che reti di recinzione e
sottopassaggi non servano assolutamente a nulla se non a spendere invano danaro
pubblico.
Nadia Scherli
IL PICCOLO - VENERDI', 23 gennaio 2009
Bucci: Ferriera, no alla proroga - L’ESPONENTE PDL
CONTRO LA RICHIESTA DELLA LUCCHINI
Ancora prese di posizione di consiglieri regionali sulla
richiesta, presentata alla Regione dalla Lucchini, di una proroga di sei mesi
per adempiere alle prescrizioni per l’ottenimento dell’Aia (Autorizzazione
integrata ambientale) in merito allo stabilimento di Servola. Dopo che ieri
Sergio Lupieri (Pd) aveva invitato il presidente della Regione Renzo Tondo a
essere «coerente» e a non concedere la proproga, scende in campo Maurizio Bucci
(Pdl): «È inaccettabile che lo stabilimento chieda una proroga accorgendosi solo
dopo la scadenza del 31 dicembre che il forno numero 3 è più moderno del 2. La
Lucchini sta forzando la mano». Bucci ha presentato un'interrogazione
all'assessore regionale all'Ambiente Vanni Lenna chiedendo di valutare di
rimettere in discussione il proseguimento dell'attività della società anche
attraverso una nuova conferenza di servizi. «Sarebbe opportuno - incalza - far
redigere uno specifico verbale dall'Arpa su quanto accaduto in questo periodo. A
Lenna - aggiunge - ho chiesto di approfondire i veri motivi di questa richiesta
di proroga da parte della Lucchini e di mettere in mora la società per il
mancato rispetto della prescrizione della messa a norma della bocca
dell'altoforno inviandone copia alla Procura della Repubblica».
Infine, il consigliere regionale Stefano Alunni Barbarossa (Italia dei
Valori-Cittadini): «In quante elezioni si è promesso di chiudere la Ferriera? E
quante volte si è risposto promettendone la riconversione? Non si riesce -
incalza Alunni Barbarossa - ad avere una risposta univoca, certa. Né dalla
politica, nel nostro caso il Comune e la Regione, né dall'azienda». Citando
«l'ennesimo impegno disatteso», Alunni Barbarossa parla di «un balletto
inaccettabile sulla pelle della città che la Regione deve far cessare mettendo
in mora l'azienda e inchiodandola alle sue responsabilità negando nuove
proroghe».
Trieste e Genova accomunate dall’emergenza cinghiali -
Caccia a 450 suini selvatici che si avvicinano al centro Chi li sfama non si fa
beccare
Trieste e Genova accomunate dall’emergenza cinghiali,
ormai da tempo arrivati nei centri abitati. Non sono solo gli orti e i giardini
di Roiano e Conconello ad essere devastati da questi suini selvatici, ma anche
quelli del capoluogo ligure. Capita così che tutte le mattine «Pierino», così
ribatezzato dai genovesi, si apposti davanti a un panificio di via Carso. Altra
coincidenza. Il motto “mal comune mezzo gaudio”, però, in questo caso non vale.
E se a Genova il rimedio all’invasione è l’apertura della caccia al cinghiale,
anche le istituzioni triestine stanno mettendo in campo una serie di misure per
fermare l’avanzata.
Alla recente istituzione di sanzioni a carico di chi dà da mangiare gli animali
selvatici, promossa dal Comune, è pronta l’elaborazione di un piano di
abbattimento in deroga alle regolamentazione in vigore. «Abbiamo a cuore il
rapporto con l’agricoltura di nicchia - spiega il vice presidente della
Provincia Walter Godina - Nella nostra aree la produzione punta alla qualità e
non alla quantità, per cui i danni che un cinghiale può causare anche in una
sola notte sono rilevanti». E aggiunge: «Dobbiamo risarcire le perdite causate
dagli animali, ma i fondi messi a diposizione sono esigui, 63mila euro, e quindi
è necessario trovare una soluzione che tenga conto delle esigenze degli abitanti
e rispetti le competenze dei diversi enti coinvolti nella questione. La Regione
ha acconsentito all’abbattimento, entro precisi limiti e restrizioni, dei
cinghiali al di fuori delle riserve di caccia, ma prima di dare il via a questo
procedimento voglio capire se possono essere adottate soluzione alternative,
come le barriere olfattive, per tenerli lontani da case e strade». Per quanto
riguarda il numero dei suini selvatici presenti sul territorio giuliano, le
stime parlano di circa 450 esemplari, che però aumentano in maniera quasi
esponenziale ogni anno.
«Se hanno cibo a sufficienza queste bestie possono figliare anche tre volte in
un anno – spiega il responsabile del Servizio ambiente della Provincia, Fabio
Cella -, quadruplicando così, in una dozzina di mesi, la popolazione esistenze».
La presenza di persone che, nonostante i divieti, sfamano i suini, rappresenta
dunque un problema rilevante.
«Condivido l’ordinanza del sindaco Dipiazza – chiarisce Godina -, anche se credo
che dovrebbe essere limitata solo ai cinghiali e agli ungulati e non a tutti gli
animali selvatici, ma chiedo anche che venga fatta rispettare». Al momento,
infatti, come conferma il comandante della polizia municipale di Trieste, Sergio
Abbate, nessuno è stato ancora sorpreso a gettare cibo nelle zone vietate.
«Dall’introduzione della sanzione non mi risulta che siano state comminate multe
– spiega - Devo, però, sottolineare che il controllo degli animali non rientra
tra le nostre competenze specifiche, ma tra quelle della polizia provinciale.
Nel caso i miei agenti ricevessero delle segnalazioni in materia o assistessero
ad una violazione delle normative interverrebbero, ma non è prevista
l’assegnazione di personale specificamente per questo tipo d’incarico».
Mattia Assandri
Motel Val Rosandra, abitanti preoccupati per il
Corridoio 5
SAN DORLIGO Cassonetti insufficienti per la raccolta
differenziata, disagi legati alla viabilità, ma anche delucidazioni su due temi
caldi quali la Tav e i rigassificatori. Questi gli argomenti trattati l’altra
sera dai condomini dell’ex motel Val Rosandra, rappresentati da Elvio Ferin, che
assieme a una delegazione composta di una decina di residenti ha incontrato
l’assessore ai Lavori pubblici, Laura Riccardi Stravisi.
L’incontro ha evidenziato alcune problematiche riscontrate dagli abitanti,
legate in particolar modo ai rifiuti. E’ emerso infatti che i raccoglitori per
la plastica e la carta risultano spesso insufficienti creando dunque più di
qualche disagio. Questa la replica della Stravisi: «Abbiamo già fatto richiesta
di avere altri contenitori, che presto verranno distribuiti ai condomini in
maniera tale da risolvere questa legittima problematica».
Un’altra questione pregnante riguarda invece la viabilità. Secondo i residenti
manca infatti un cartello che indichi un limite di velocità nei pressi della
zona abitata; inoltre alcuni alberi creano difficoltà nella zona deiparcheggi.
Sulla seconda questione l’assessore ha promesso di interessare al più presto la
Forestale per accertarsi sul daffare. Molto probabile che una potatura possa
risolvere il disagio.
Per quanto concerne invece Corridoio 5 e rigassificatori, Ferin ha chiesto la
posizione ufficiale del Comune e come questo intende comportarsi per affrontare
la situazione, alla luce anche di quanto emerso dall’ultima relazione
dell’analisi ambientale nello studio di fattibilità del collegamento ferroviario
Trieste-Divaccia.
Su tale argomento la Stravisi ha ribadito «la posizione contraria
dell’amministrazione comunale come già espresso più volte in varie sedi». Per
ulteriori approfondimenti su questo e altrimenti argomenti le due parti hanno
già fissato un altro incontro previsto il 4 marzo in Municipio.
(r.t.)
«Rigassificatore a Capodistria, lavori entro un anno» - La società del gruppo
francese Suez rilancia il progetto dopo la recente crisi delle forniture russe
L’IMPIANTO DELLA TGE ENGINEERING DA UN MILIARDO DI EURO
L’impianto dovrebbe sorgere nell’area dello scalo sloveno. Prevista anche una
centrale elettrica
LUBIANA In concomitanza con la crisi del gas tra Russia e Ucraina e con le
paure europee di restare al freddo, si torna a parlare di progetti che
sembravano ormai dimenticati. Uno di questi è l'idea di costruire un terminal
rigassificatore nel Porto di Capodistria. Il progetto è stato riproposto ieri
all'attenzione dell'opinione pubblica slovena da Vladimir Puklavec, direttore
della filiale slovena della «TGE Gas Engineering», società tedesca che fa capo
al gruppo francese «Suez». Nei prossimi mesi, ha annunciato Puklavec, il
progetto sarà presentato agli abitanti della costa slovena, con l'intenzione di
convincere l'opinione pubblica dei vantaggi del terminal. Se le autorizzazioni
arriveranno per tempo, la «TGE Engineering» sarebbe in grado di cominciare con i
lavori di costruzione degli impianti gia' entro un anno. Proprietari del
terminal sarebbero la stessa «TGE Gas Engineering», il comune di Capodistria e
le imprese slovene interessate, tra cui la «Luka Koper», che gestisce il porto.
Il progetto, del valore complessivo di circa un miliardo di euro (inclusivo dei
costi di finanziamento e con un'incidenza pronosticata del valore delle opere da
affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni, stimata in una quota del 33
%), impegnerebbe una superficie di 25 ettari. Esso prevede la costruzione, in
prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai
piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna
(dopo un ampliamento del Molo 2 dello scalo capodistriano), di due contenitori
di acciaio da 150.000 metri cubi, dentro strutture in calcestruzzo pretensionato,
collegati con un dotto criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di
rigassificazione in senso stretto e di una centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno.
E' previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza
tecnico universitaria con un indotto stimato di 1.200 addetti complessivi.
L'annessa centrale elettrica, della potenza di 250 o 380 Mw, sopperirebbe a
buona parte del fabbisogno della regione litoranea. La tecnologia proposta,
secondo la TGE, appare particolarmente adatta ai fondali poco profondi della
baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua marina per il
riscaldamento del Gnl (Gas naturale liquido). Per quanto riguarda gli standard
di tutela dell'ambiente, questi non possono che essere ai massimi livelli
europei. Il principale vantaggio del terminal rispetto al gasdotto, secondo
Puklavec, è la possibilità di creare delle riserve strategiche vicine ai
consumatori. Anche gli utili per la Slovenia, a giudizio del direttore della «TGE
Gas Engineering», sarebbero superiori con il terminal. La costruzione del
gasdotto South Stream è alquanto probabile, ha commentato ancora Puklavec, che
si è detto però scettico sulla realizzazione, in tempi brevi, del gasdotto
Nabucco. L'Iran come punto di partenza, secondo Puklavec, non è un partner sul
quale si può fare completo affidamento. Il direttore della società tedesca si è
detto poco convinto anche della costruzione del terminal rigassificatore
sull'isola di Veglia. Quando il progetto TGE per il rigassificatore nel Porto di
Capodistria è stato presentato per la prima volta, più di un anno fa,
l'accoglienza era stata alquanto tiepida.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 gennaio 2009
Ferriera, riconversione prima del 2015 - I TEMPI VERREBBERO ANTICIPATI MA I SINDACATI NON VEDONO CHIAREZZA
Dipiazza: «Possiamo farci dare subito dal ministero i
soldi per la centrale»
Forse la data del 2015 appena ufficializzata l’altro giorno a Roma per la
«riconversione» della Ferriera non è già più quella. Nel giro di una notte le
certezze tornano a ballare. In questo quadro, è davvero successo qualcosa di
nuovo per la fabbrica ancora in lutto dopo il tragico incidente mortale in
banchina, all’indomani dell’incontro romano in cui si è confermato che diventerà
centrale elettrica, e che serve un apposito protocollo? Per la Lucchini no
(«abbiamo ripetuto ciò che diciamo dal 2005: col 2015 riconvertiamo
l’attività»). Per i sindacati no («cose note da anni, se non si apre un
confronto serio sono solo scorribande sui giornali»). Per il comitato di
cittadini no («che la Lucchini punti al 2015 lo sanno anche i sassi»). Per il
sindaco Dipiazza invece un dado è stato tratto e un altro è forse già in
movimento.
«Lo avevamo detto che dal 2009 si parte con la riconversione - afferma il
sindaco -, ma la data finale del 2015 potrebbe anche cambiare e il tempo
accorciarsi: l’azienda lega il traguardo alla scadenza dei benefici di legge
Cip6 per chi produce energia pulita da scorie, ma se convincessimo il ministero
a pagare la provvidenza in un’unica soluzione? La data perderebbe il vincolo».
Una novità, quest’ultima, che ribalta il quadro e getta nuova legna al fuoco.
Non a caso poi Dipiazza vede il 2009 come l’anno di svolta: era il limite per la
chiusura dello stabilimento ufficialmente fissato a suo tempo, accordo poi
tacitamente dismesso. Di più: nella partita sembra ora giocare anche una sottile
parte semantica. L’azienda parla di «riconversione», la politica di «chiusura».
Non sfugge la cosa ad Antonio Saulle della Fiom-Cgil: «L’Azienda non ha mai
dichiarato che chiuderà l’attività siderurgica, che cosa significa? Rimarrà
l’altoforno, o la cokeria? Qui ognuno mena il can per l’aia. E ogni persona
matura l’ha capito che sarà il rigassificatore l’elemento importante».
Ma Francesco Rosato, amministratore delegato della Ferriera, lo nega: «La
centrale si può fare anche senza, ora abbiamo trovato consenso sul nostro
percorso di superamento delle attività attuali, entro il 2015 dobbiamo
svilupparci su energia e logistica, ma non possiamo dire chiudo e mando gli
operai a raccoglier fiori, ora si è fatto un passo positivo per la città». C’è
dunque un programma? «No, è da costruire». E la futura centrale potrebbe
assorbire tutti i 600 operai? «No, solo un centinaio». Per Dipiazza però il
futuro è spianato: «Come a Dubai lavorano 270mila operai, qui tanti lavoreranno
al rigassificatore, alla centrale elettrica e alle bonifiche».
La Fiom chiede un tavolo ufficiale e concreto, constata che «la data non viene
da soggetti terzi, sempre dall’imprenditore». Franco Palman della Uilm-Uil
ribadisce: «Chiacchiere, di scritto non c’è niente, non c’è ombra di accordo di
programma».
GABRIELLA ZIANI
FERRIERA - E l’altoforno 2 rimane aperto anche se è
fuori legge - DEVE PRONUNCIARSI LA REGIONE
Un altro problema grava sulla Ferriera, l’altoforno,
mentre come si sa la Procura ha appena inviato un avviso di garanzia alla
direzione, per inquinamentoo. L’altoforno 2 non è stato messo in sicurezza entro
dicembre come imposto dall’Aia, al momento funziona fuori legge. L’azienda il 18
dello scorso mese ha chiesto alla Regione 6 mesi di proroga per lo specifico
adempimento, annunciando che ha cambiato programma, e deciso di riattivare
l’altoforno 3 (da restaurare e adeguare) anziché mettere a norma il 2. Il
programma dell’Aia, osserva, è nel frattempo invecchiato. «Una scelta
industriale - l’ha definita ieri il direttore Francesco Rosato -, sul 3 faremo
massicci investimenti, lo abbiamo comunicato alla Regione che comunque farà le
sue valutazioni. Ma anche se parliamo di riconversione porteremo a termine tutte
le migliorìe concordate».
Il comitato di Servola No smog dubita però che i «gravi motivi» indichino
situazioni di pericolo. Chiederà per il cambiamento di macchinario industriale
una nuova conferenza dei servizi (una nuova autorizzazione in pratica) e anche
il «fermo» dell’altoforno. «Se il 3, dismesso dal 2002, era migliore - protesta
il portavoce Adriano Tasso - potevano metterlo a posto per tempo, altro che
proroghe».
Il consigliere regionale Sergio Lupieri (Pd) invita il presidente Tondo a «non
accogliere» la richiesta di proroga: «Se il governatore vuol essere coerente con
quanto sempre dichiarato deve procedere coi tempi e i modi stabiliti. Lascia
perplessi che la Lucchini non abbia eseguito i lavori di bonifica all’altoforno
2, perplessi che debba sempre essere stata sollecitata dalla Regione con
ingiunzioni della magistratura. Il controllo degli altoforni dopo l’Aia doveva
passare dalla Provincia alla Regione: sarebbe utile conoscere i dati delle
emissioni». Lupieri chiede un confronto tra tutti gli attori: «Chiarezza su dati
inquietanti, e si definisca il modello di percorso per la riconversione».
Caccia ai cinghiali
Sul Piccolo del 16 gennaio Gianfranco Gambassini contesta
Margherita Hack (anche con un doppio senso volgare che esige pubbliche scuse)
per sostenere che non solo bisogna ammazzare i nostri cinghiali, ma anche
autorizzarne la caccia in battuta come in Toscana, e si lamenta che qui non sia
possibile perché abbiamo conservato la rigorosa legge venatoria austriaca, come
altri territori e Paesi del vecchio impero, con l’obbligo di abbattere gli
animali per selezione, in appostamento e con un solo colpo preciso, cioè nel
modo più indolore.
Benedetta Austria, dunque (e non solo per questo), dato che la caccia in battuta
è una pratica venatoria arcaica tra le più barbariche, crudeli e distruttive:
gli animali di un’intera zona (tutti) vengono stanati dai battitori per
spingerli terrorizzati al luogo del massacro o braccarli con mute di cani, che a
loro volta finiscono spesso feriti o uccisi.
E comunque, per dirla chiara, il genere di caccia «sportiva» che Gambassini si
vanta di praticare, come il sindaco Dipiazza e tanti altri, consiste
nell’uccidere non per necessità, ma per divertimento e con armi sofisticate
degli esseri più deboli che non hanno nessuna possibilità di difendersi. Una
vera vigliaccata, insomma, che come tale offende ogni etica, anche sportiva,
soltanto per sfogare complessi e brutalità personali alimentati da un business
cinico ed enorme.
Tant’è vero che chi finalmente se ne rende conto smette di uccidere, sia in
terra sia in mare: come Enzo Maiorca dopo – raccontava commosso – essersi
sentito pulsare sul palmo della mano il cuore spaventato di una cernia mentre
tentava di estrarla dalla tana.
A chi poi pensa che la compassione verso tutti i viventi sia sciocca debolezza o
fanatismo animalista invece che evoluzione e coerenza spirituali, si possono
ricordare, oltre a immense e venerabili tradizioni universali e a grandi
testimoni del passato, anche personalità modernissime come Albert Schweitzer,
premio Nobel per la pace, che nello studio del suo ospedale africano apriva la
finestra per liberare una mosca imprigionata, e scriveva: «Riflettere sull’etica
dell’amore per tutte le creature in tutti i suoi dettagli: questo è il difficile
compito assegnato al tempo in cui viviamo». E come la nostra Margherita Hack,
che investe pure lei la vita nella scienza e nel far del bene.
Roberto Giurastante - Greenaction Transnational
Cinghiali e poveri
Invito la prof.ssa Hack, se si sente veramente triestina
d’adozione come afferma spesso e quindi amante della nostra città, ad occuparsi
e farsi portavoce dei cristiani e non solo delle bestie! In molti come me sono
stufi di vedere tanto accanimento sulla difesa a tutti i costi di gabbiani,
caprioli e cinghiali e quant’altro.
Qua a Trieste c’è tanta gente che non arriva alla fine del mese, che fa debiti
per mangiare e fare la spesa, che perde il lavoro a 50 anni e non ne trova un
altro, che ha figli da mantenere che a loro volta non riescono a trovare
un’occupazione dignitosamente retribuita e continuata, ladri che entrano nella
case di tanta gente onesta, operai che muoiono sul posto di lavoro senza un
perché lasciando vedove e orfani in difficoltà, altro che cinghiali! Metta
piuttosto la sua foga a tutela dei tanti nuovi poveri, numero sempre crescente a
Trieste come in tutta Italia. Se i cinghiali sono effettivamente troppi, vengano
puniti i loro foraggiatori abusivi, neo «gattari» dell’ultim’ora (che a quanto
pare non hanno niente di meglio da fare se non quello di giocare con animali che
sono selvatici e non domestici!) e le bestie in soprannumero vengano abbattute e
la loro carne distribuita ai poveri.
Walter Fortuna
Il sindaco sulla Hack
llustrissimo sig. sindaco vorrei ricordarle, ma credo lo
sappia, che la professoressa Hack, per molti anni, ha dato e continua,
fortunatamente, a dare lustro alla nostra città portando il nome di Trieste in
giro per tutto il mondo quindi credo abbia il diritto, come per ora
fortunatamente tutti noi, di esprimere un suo illustre parere su ogni argomento
che riguardi Trieste che si condivida oppure no. Frasi come «non deve parlare di
caccia...», come riportato sul nostro quotidiano in data 12 gennaio 2009, credo
andrebbero evitate.
Soluzioni come da lei proposte, multe per chi insiste nel distribuire loro del
cibo oppure il loro spostamentto in altri territori, mi trovano in perfetta
sintonia, il loro abbattimento, seppur controllato, assolutamente no e spero di
non essere l’unico.
Fabrizio Fabricci
GRANDE VIABILITÀ - Passaggi per la fauna
Con riferimento a una lettera della prof. Margherita Hack
sulla presenza di cinghiali in Carso, vorrei informarla che il progetto della
Grande viabilità triestina fu a suo tempo adeguato in fase esecutiva con la
costruzione di tutti i passaggi per la fauna ivi esistente, come da richieste
ricevute e relativi, utilissimi suggerimenti da parte dei Comuni interessati,
dell’amministrazione provinciale di Trieste dal Wwf, Italia Nostra e vari gruppi
naturalistici e speleologici triestini che hanno poi verificato il corretto
inserimento dei sottopassi faunistici previsti, lungo il tracciato del raccordo
autostradale.
Antonio Laganà
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 gennaio 2009
Ferriera, primo passo verso la chiusura - INCONTRO A
ROMA PER DISCUTERE DEL FUTURO DELL’IMPIANTO
Lenna: «Si lavora per la dismissione». La Lucchini: «Solo
un progetto di riconversione». Menia: «Piano complesso»
Il futuro della Ferriera di Servola e la possibilità di dismettere gli impianti
nel 2015 sono approdati sui tavoli romani. Ieri pomeriggio, come comunicato in
serata da una nota dell’assessorato regionale all’Ambiente, le prospettive della
realtà siderurgica triestina sono state al centro di un incontro ospitato nella
sede del Friuli Venezia in piazza Colonna tra il sottosegretario Roberto Menia,
l’assessore Vanni Lenna e la proprietà, rappresentata dal vicepresidente della
Lucchini, Giovanni Gillerio. dal responsabile relazioni esterne del gruppo
bresciano Francesco Semino e dal direttore dello stabilimento Francesco Rosato.
Fin qui i dati certi. Più difficile è, invece, capire con precisione quali
contenuti abbia avuto il confronto e, soprattutto, in che termini sia stata
esaminata l’ipotesi della chiusura della Ferriera. Regione e Lucchini, infatti,
in serata hanno dato due versioni molto distanti. Per Vanni Lenna il cuore della
riunione romana è stata «la conferma da parte dell’azienda della volontà di
dismettere l’area e riconvertirla per altri scopi». In altre parole, almeno
secondo l’interpretazione dell’amministrazione regionale, la proprietà avrebbe
per la prima volta manifestato a chiare lettere la disponibilità a lavorare per
la chiusura dello stabilimento.
Secondo l’ufficio stampa del colosso di Brescia, invece, questa presa di
posizione non c’è assolutamente stata. L’incontro romano, al contrario, non
sarebbe stato altro che una presentazione a livello nazionale del piano di
investimenti per la realizzazione della nuova centrale termoelettrica. Un
progetto, già illustrato a Trieste lo scorso novembre, che rientra nel più ampio
quadro della diversificazione dell’attività a cui la Lucchini pensa da tempo.
Nessuna fuga in avanti sulla strada della dismissione, quindi, ma una semplice
riproposizione di impegni e prospettive già note da tempo.
Non aiuta a fare chiarezza sul taglio preso dalla discussione nemmeno Roberto
Menia che, anzi, della riunione di ieri avrebbe preferito non parlare proprio.
«C’era un impegno alla riservatezza. Chi ha fatto uscire la notizia, Lenna? -
commenta contrariato, bacchettando a distanza l’assessore regionale -. Diciamo
allora che sono stati fatti dei passi avanti sulla strada della dismissione. Il
percorso, però. non è così facile da raggiungere. Per centrare quell’obbiettivo
è necessario superare diversi passaggi. Bisogna risolvere il nodo delle
bonifiche, quello della logistica e il progetto del rigassificatore a cui la
Lucchini è interessata». Condizioni che l’azienda avrebbe posto per dare il via
libera allo smantellamento? «Non parliamo di condizioni ma di passaggi da
affrontare - conclude Menia, attento a non sbilanciarsi troppo -. Mettiamola in
questi termini: loro ormai hanno la consapevolezza che è a quell’obbiettivo che
bisogna tendere, noi abbiamo tutta l’intenzione ad agevolare il conseguimento di
quel risultato. Ognuno ci metterà la sua buona volontà. Io, personalmente, sono
ottimista».
Ancora di più pare esserlo appunto Vanni Lenna che, in serata, ha diramato un
comunicato stampa dai toni soddisfatti. «Quello di oggi (ieri ndr) è stato un
primo incontro che ha permesso di addivenire ad una conclusione: la necessità di
definire e avviare un percorso che porti alla chiusura dello stabilimento e al
cambio di destinazione d’uso delle aree che attualmente ospitano l’attività
siderurgica. Percorso che coinvolgerà anche Comune, Autorità portuale e gli
altri enti coinvolti, e si inserirà nel quadro dell’accordo di programma sul
sito inquinato di Trieste firmato con il ministero dell’Ambiente, al quale
l’azione programmatica di riconversione si ricollega. Di scadenze per la
dismissione, comunque, non si è parlato. Quello del 2015 è un limite naturale
fissato dall’economia, visto che a quella data verranno meno i contributi per la
produzione di energia elettrica della centrale. Io - conclude Lenna - credo che
si possa arrivare in tempi ben più stretti a delineare un percorso che, se non
altro, porti alla definizione dell’iter».
In questa direzione, precisa ancora la nota inviata dall’assessorato regionale,
andrà anche «l’elaborazione di un protocollo che sarà sottoposto all’attenzione
della Regione e del Comune di Trieste».
Un protocollo effettivamente esiste, ribatte l’ufficio stampa della Lucchini, ma
riguarda il progetto della centrale di cogenerazione e non il percorso di
dismissione, Questa seconda ipotesi viene presa in considerazione dal gruppo
proprio a fronte della riuscita del piano legato all’energia. Quanto alla data
possibile per la chiusura, spiegano ancora dalle relazioni esterne, rimane
quella del 2015. Una data che la Lucchini ha sempre chiarito di aver presente.
Questo non significa però che si ritenga praticabile una soluzione del tipo
«chiusura e basta». A quel risultato si può arrivare solo al termine di un
percorso che garantisca la ricollocazione dei dipendenti dell’azienda e la
diversificazione dell’attività. Diversificazione che comprende da un lato
l’opzione logistica, dall’altro appunto il progetto. Quest’ultimo, viene
precisato in conclusione, potrà essere avviato anche indipendentemente dalla
realizzazione del rigassificatore.
MADDALENA REBECCA
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 gennaio 2009
Morti d’amianto, a giudizio 26 dirigenti - Erano
responsabili di reparti di Italcantieri e Fincantieri in cui persero la vita 25
operai
Gorizia: il gup Caterina Brindisi ha accolto le
richieste del pubblico ministero Parti civili soltanto i familiari di due
vittime. Il processo inizierà il 4 giugno
GORIZIA Giuseppe Millo, Gastone Bergamasco, Bruno Lavrencic, Bruno Cociani,
Mario Bertogna ed Ermanno Fonzar lavoravano in cantiere a Monfalcone come
tubisti. Molti direttamente alle dipendenze dell’Italcantieri prima e della
Fincantieri poi, qualcuno assunto da ditte subappaltatrici. Sono tutti morti di
tumore a causa dell’esposizione all’amianto.
Per la morte loro e di altri 19 colleghi, oltre che per la malattia che ha
colpito altri tre operai, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Gorizia Caterina Brindisi, accogliendo la richiesta del pubblico ministero
Annunziata Puglia, ha ieri deciso il rinvio a giudizio per 26 dirigenti
aziendali (pubblichiamo a lato l’elenco completo): per la prima volta, nei
processi per le morti da amianto, non ci sono solo i vertici dei consigli di
amministrazione del Cantiere, ma anche dirigenti del personale, responsabili del
servizio sicurezza e amministratori di aziende che lavoravano in subappalto.
Il processo si aprirà davanti al giudice monocratico del Tribunale di Gorizia il
prossimo 4 giugno alle 9.
Scorrere l’elenco di quelle che con termine tecnico sono definite le «parti
offese» significa avere una fotografia tanto drammatica quanto completa di
quello che ha significato per Monfalcone il caso amianto. Una vera e propria «Spoon
river» del cantiere. Giovanni Kobal, Silvio Ferletic e Mario Michelino facevano
i saldatori, Luigi Serra il magazziniere; Italo Martinelli, Mario Fragiacomo e
Iginio Soranzio erano fabbri; Isidoro Evaristo Margarit era registrato come
operaio; Iginio Codiglia e Antonio Muscella erano tracciatori; Mario Florit,
Giuseppe Leghissa e Giuseppe Martinelli carpentieri. E poi, il piastrellista
Carlo Clagnan; il coimbentatore Sergio Dotto e gli elettricisti Lucio Balzan e
Rinaldo Belci. Infine, due donne. Silvana Moraro lavorava nella mensa del
cantiere. Silvana Giurato, invece, era la moglie del tubista Mario Bertogna:
secondo le conclusioni della Procura si è ammalata lavando le tute sporche di
polvere d’amianto del marito.
Il lungo capo d’imputazione riporta poi anche il caso di tre lavoratori
ammalatisi, il falegname Dino Moneti e i coimbentatori Artico Parmisan e Mariano
Zanella.
Ieri mattina, nell’aula dell’udienza preliminare, soltanto i familiari di due
tra le vittime si sono costituiti parte civile. Gli altri, probabilmente,
faranno questo passo il 4 giugno, all’apertura del processo. Nessuno degli
imputati, invece, era presente.
Poco meno di un anno fa questa stessa aula del Palazzo di giustizia di Gorizia
aveva ospitato la lettura della prima sentenza emessa nell’Isontino per un
processo per le morti da amianto: l’ex direttore dell’Italcantieri Manlio Lippi
era stato condannato a un anno di reclusione con la condizionale e a 100mila
euro di risarcimento danni per la morte di una donna, Annamaria Greco,
dipendente della ditta cui erano affidati i lavori di pulizia all’interno del
cantiere. E una seconda sentenza è ora attesa per il 16 febbraio: imputati sono
lo stesso Lippi e l’ex presidente del cda dell’Italcantieri Giorgio Tupini per
la morte di un tubista, Antonio Valent, dipendente dei cantieri tra il 1950 e il
1968.
GUIDO BARELLA
Russia e Ucraina firmano la pace del gas - Raggiunto
l’accordo tra Putin e la Timoshenko: via alle forniture
MOSCA Russia e Ucraina hanno raggiunto ieri sera a Mosca,
dopo giorni di braccio di ferro che hanno paralizzato l'afflusso del metano
russo ai mercati Europei, un accordo che definiscono «storico», valido fino al
2029, per chiudere l'attuale e le future «guerre del gas».
Protagonisti della svolta sono stati i due premier, Vladimir Putin e Iulia
Timoshenko, ringraziata per «essersi fatta carico della responsabilità» di
mettere fine al contenzioso. Putin ha ordinato a Gazprom di riprendere «in pieno
volume e in tutte le direzioni concordate con i partner ucraini» i rifornimenti
ai paesi europei, e Timoshenko ha garantito che appena il metano entrerà nei
gasdotti di Kiev, altrettanto ne uscirà in direzione dei consumatori del Vecchio
continente.
Sui dettagli dell'accordo, che prevede contratti separati per il gas di transito
e per quello destinato al consumo ucraino, molti punti restano avvolti nel
riserbo. Il costo di 1.000 metri cubi di gas nel 2009 dovrebbe comunque essere
per Kiev mediamente sotto i 250 dollari, sui quali si erano arenate le
trattative di dicembre. Le tariffe di transito per Mosca resteranno quelle del
2008, 1,7 dollari per 1.000 metri cubi e 100 chilometri di tubi. La ripresa dei
flussi per l'export, ha assicurato Timoshenko, avverrà «nelle prossime ore». La
durata decennale dei contratti, sottoscritti dai numeri uno di Gazprom, Aleksei
Miller, e di Naftogaz Ukraini, Oleg Dubina, garantisce secondo le parti il non
ripetersi delle tradizionali crisi di fine anno, andando incontro alla richiesta
europea di stabilità nei rifornimenti. E Putin ha puntualizzato che dopo la
firma, non c'è più necessità di osservatori o di consorzi come quello che
Gazprom aveva chiesto all'italiana Eni di organizzare per assicurare il gas
«tecnico», che mantiene la pressione nei tubi e convoglia i flussi nelle
direzioni volute.
Quel gas, dice Timoshenko, sarà dato a Kiev a prezzo speciale. È difficile
trarre conclusioni su eventuali perdenti e vincenti di questo conflitto
energetico, illustrato dai due premier come un pareggio: l'intesa fra Putin e
Timoshenko, costellata di compromessi e ringraziamenti reciproci e senza tracce
delle pretese avanzate nei giorni di 'guerrà, avrebbe anche un corollario
politico-economico non legato al metano. Putin ha promesso a Kiev sostegno
contro la crisi finanziaria globale, che secondo gli esperti ha portato
l'Ucraina sull'orlo della bancarotta.
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 gennaio 2009
Legambiente: «Sulla Ferriera cittadini e lavoratori
devono aprire un dialogo»
FIOM: IRRESPONSABILE IL SILENZIO DELLA POLITICA, SERVE
UN TAVOLO SUL FUTURO DELLA CITTÀ
«È importante un dialogo tra comitati, associazioni e sindacati che spezzi
la contrapposizione tra cittadini e lavoratori, finora una della carte vincenti
dell’azienda». Così Lino Santoro, presidente di Legambiente Trieste, ha aperto
un incontro sulla Ferriera cui hanno preso parte anche Antonio Saulle,
segretario provinciale Fiom-Cgil, e Alda Sancin del comitato No Smog. «C’è
un’autentica emergenza – ha dichiarato Sancin – che interessa la salute di
cittadini e lavoratori. Lucchini ha chiesto alla Regione una proroga di sei mesi
all’attività dell’altoforno 2 per poterlo sostituire con il 3. L’azienda adduce
”gravi e fondati motivi”. Quali sono? Le autorità dicano loro che devono fermare
l’altoforno e pagare comunque i lavoratori fino all’attivazione del 3». Per
Saulle «la tutela dell’occupazione non può andare a spese della salute dei
lavoratori. Serve un mediatore che componga i contrasti tra chi sostiene le
esigenze della salute e chi quelle del lavoro: la politica deve abbandonare il
suo irresponsabile silenzio e creare un tavolo comune che decida lo sviluppo
futuro di Trieste, a partire dalla data del 2015 che Lucchini ha indicato per la
riconversione della Ferriera». Il consigliere regionale del Pd Lupieri ha
individuato linee d’azione necessarie nel completamento del Piano regionale di
qualità dell’aria e nelle indagini tramite esami del sangue ai cittadini di
Servola e ai lavoratori. «Le prescrizioni dell’Aia (autorizzazione integrata
ambientale) – ha aggiunto - devono essere rispettate dall’azienda e la Regione
deve controllare le emissioni dei camini».
Giovanni Tomasin
Biglietto unico per bus e treni in regione - VERSO IL
NUOVO CONTRATTO DI SERVIZIO TRENITALIA-REGIONE
L’assessore Riccardi: «Vogliamo riformare il trasporto
pubblico locale»
TRIESTE Integrazione tariffaria e unico biglietto gomma rotaia: il primo
passo del nuovo sistema unico del trasporto locale regionale potrebbe essere una
realtà. L'integrazione dei biglietti gomma-rotaia, il rinnovamento quasi
completo del parco mezzi, l'arrivo di nuovi treni (Minuetto e Vivalto in
particolare) sulle linee regionali sono infatti i punti sui quali si gioca la
sottoscrizione del nuovo contratto di servizio Trenitalia-Regione Fvg. Un
documento che è particolarmente importante in quanto avrà effetto sull'intero
comparto del Trasporto pubblico locale, che dal 2010 inizierà a correre verso
l'integrazione fra trasporto pubblico e ferrovia: «L’integrazione -spiega
l'assessore alla Viabilità Riccardo Riccardi - si realizzerà al momento della
scadenza del contratto provvisorio per il trasporto su gomma, nel 2010, e di
quello su rotaia nel 2014». L'intenzione in pratica è quella di permettere a chi
viaggia sulle linee regionali di acquistare un biglietto che, nel tragitto
scelto, permetta di alternare gomma-ferrovia senza doversi munire di diversi
titoli di viaggio. «Una volta che sarà sottoscritto il contratto ponte – spiega
ancora Riccardi – potremo proseguire con il ripensamento dell'intero sistema di
trasporto pubblico locale». Ecco perchè la Regione punta a chiudere quanto prima
la firma del contratto con Trenitalia. «Oltre all'integrazione dei ticket di
viaggio ci sono molti altri elementi fondamentali nel documento – spiega ancora
l'assessore – tra i quali il rispetto degli standard di puntualità e pulizia e
non solo, con tanto di sanzioni previste in caso contrario.
Elementi sui quali si sono trovati d'accordo tutti e tre i soggetti interessati,
ovvero Regione, Trenitalia e Pendolari. Certo ci sono ancora alcuni aspetti da
verificare, come l'importo degli investimenti da inserire nel contratto». Si
parla di 100 milioni di euro, 74 milioni da parte della Regione e il resto da
parte di Trenitalia da mettere a disposizione da fine 2011 a inizio 2012, che
saranno interamente destinati secondo i progetti all'acquisto di nuovi Minuetto
(i treni con design Giugiaro, lunghi poco meno di 52 metri, con 122 posti a
sedere di seconda classe e 24 di prima classe, più 200 in piedi), e di Vilvalto
(i treni «doppi», con piano superiore e inferiore, destinati al trasporto dei
pendolari nelle ore di punta in quanto garantiscono maggior spazio). Tra i punti
ancora discutere del nuovo contratto, poi, c'è anche il dato del costo
complessivo del servizio che la Regione dovrà pagare a Trenitalia: l'ordine di
misura potrebbe attestarsi sui 35-36 milioni di euro l'anno.
Elena Orsi
Sicurezza nelle scuole, in arrivo 20 milioni - La
giunta stanzia i fondi partendo dalle materne. Previste ristrutturazioni e nuove
costruzioni
DOPO IL CASO DEL TRAGICO CROLLO IN UN ISTITUTO DI
TORINO
L’assessore Lenna annuncia: il contributo potrà raggiungere il 90% del valore
dei lavori Si procede alla mappatura degli istituti
TRIESTE Oltre venti milioni di euro per la messa in sicurezza, l'ampliamento
e l'adeguamento delle scuole materne regionali che ne hanno fatto richiesta. Un
primo passo verso la messa a norma delle scuole in fatto di anti-sismicità e
sicurezza che troverà completamento dopo la chiusura della mappatura degli
edifici che la Protezione Civile porterà avanti per il 2009 e 2010. «Una volta
concluso – spiega l'assessore ai Lavori Pubblici Vanni Lenna – procederemo, per
quanto di nostra competenza, a intervenire sulle situazioni più urgenti».
Intanto, la giunta mette al sicuro, prenotandoli, fondi per vent'anni per la
sicurezza degli asili, dopo il tragico crollo dello scorso novembre quanod uno
studente di una scuola superiore di Torino aveva perso la vita.
IL CONTRIBUTO E' nell'ultima seduta che la giunta «prenota» i fondi per la
sistemazione delle scuole pubbliche.
«Si tratta – spiega Lenna – di una prenotazione di fondi per evitare che vadano
dirottati su altri capitoli. Verranno assegnati alle strutture che ne hanno
fatto richiesta sulla base del regolamento apposito e serviranno in primo luogo
per ampliamenti e messa in sicurezza degli istituti». Sono ammissibili a
contributo infatti gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e
di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione
e di ristrutturazione urbanistica. Possono presentare domanda i Comuni e loro
consorzi, gli enti, le associazioni, le istituzioni e le cooperative che
risultino proprietari del bene o dell’area interessata dai lavori o che ne
possano disporre per un periodo almeno pari alla durata del vincolo di
destinazione d’uso. Il contributo verrà assegnato fino ad un massimo del 90%
della spesa ritenuta ammissibile per Comuni e loro consorzi e fino all’85% della
spesa ritenuta ammissibile per enti, associazioni, istituzioni e cooperative.
LE ALTRE SCUOLE Il «progetto sicurezza» per le scuole però riguarderà anche
altre tipologie scolastiche. «Stiamo procedendo con la mappatura degli istituti
scolastici regionali prevista dalla Protezione Civile – spiega ancora
l'assessore – che, una volta conclusa, permerrà di avere un quadro chiaro della
situazione delle scuole. L'intervento ha permesso in particolar modo di
concentrarci sulle scuole rimaste escluse dall'area terremotata». Una volta
conclusa la verifica (iniziata ancora con la precedente giunta e che riguarderà
2mila edifici di 1.200 plessi scolastici in Friuli Venezia Giulia per un costo
di 1,5 milioni di euro) la Regione ha intenzione di intervenire sulle situazioni
più urgenti.
«La situazione delle scuole è complessa, visto che per alcune la competenza è
direttamente delle Province – spiega ancora Lenna - ma l'intenzione è quella di
riuscire a coprire, con appositi interventi, tutte le situazioni che dovessero
risultare a rischio».
Elena Orsi
Monte Radio, scorrerie dei cinghiali - L’ALLARME DEGLI
ABITANTI
Un branco di cinghiali, formato da due famiglie con una
quindicina di capi, si raduna ormai da tempo a Monte Radio di notte, scavando e
scalpitando tra cavi e antenne dismesse Telecom e Rai. Un grido di allarme
giunge dal coordinatore del Comitato permanente di Monte Radio, Antonio
Farinelli: «I cinghiali, proliferati a dismisura, hanno fatto di Monte Radio il
loro quartier generale, facendo danni ovunque, rompendo alberature e
danneggiando orti. In certi punti il terreno sembra solcato da scavatori
meccanici. Questi selvatici però soprattutto risiedono nelle aree delle antenne,
dove ormai da 10 anni esiste un varco di 5 metri. Sono anni che i residenti
chiedono inutilmente l’eliminazione da parte dei proprietari dei vecchi impianti
non utilizzati Telecom e Rai. Ora, per ironia della sorte, ci chiediamo se non
saranno proprio i cinghiali a far cadere una buona volta qualcuno di questi
tralicci, visto che a forza di scavare l’evento potrebbe anche succedere. A
parte la battuta, ovviamente ciò preoccupa...» L’evento cinghiali (peraltro
cronico in tutta la periferia cittadina) si inserisce in una serie di
problematiche della zona, di cui il Comitato da anni è portavoce. Dai pullman e
camion che, per colpa dei segnalatori di bordo, finiscono per «incastrarsi» nel
punto più stretto della salita di via Bonomea e in divieto di senso di marcia,
alle ormai 10 famose antenne (qualcuna alta anche 100 metri ), di cui si
richiede lo smantellamento. Antenne che gli abitanti ritengono nocive in quanto
(e non solo, paventano anche danni alla salute) formerebbero una sorta di
griglia elettromagnetica che, nel corso dei temporali, attrae fulmini in grande
quantità, con danneggiamenti anche degli elettrodomestici casalinghi.
(d.c.)
Sul rigassificatore (1)
È lecito dire di no al rigassificatore a terra (quello
proposto da Gas Natural a Zaule - ndr), quando a poco più di 100 km in linea
d’aria da Trieste abbiamo la centrale nucleare di Krško? Questa è la domanda
che, per sua ammissione (v. le Segnalazioni del 13 gennaio), tormenta fin dal
2006 il consigliere regionale Bruno Marini. Il quale peraltro aggiunge di essere
contrario al rigassificatore, anche se negli ultimi mesi non ha avuto occasione
di dirlo.
E sì che qualche occasione pur c’è stata. Per esempio quando altri politici
locali (il sindaco Dipiazza, il presidente della Regione Tondo, il
sottosegretario Menia) si affannavano a dichiarare che il rigassificatore s’ha
da fare in ogni caso, mentre gli ambientalisti – ma anche i Comuni di Muggia e
S. Dorligo – criticavano gli studi presentati da Gas Natural e la superficialità
della Commissione Via del ministero dell’Ambiente nella valutazione del progetto
o quando sempre gli ambientalisti rendevano noto l’intervento del ministero dei
Beni culturali sulla Soprintendenza, per costringerla a ribaltare in favorevole
il proprio parere contrario (ribadito quattro volte).
Nel quotidiano profluvio di dichiarazioni dei politici, Marini compreso, su
tutto lo scibile umano, due parole per ribattere alle tesi dei
pro–rigassificatore – ancorché suoi compagni di partito – il nostro valente
consigliere le poteva ben spendere. Deve essergli mancato il tempo. Quanto al
tormento che lo angustia dal 2006, basterebbe un po’ di buon senso per
concludere che proprio perché la centrale di Krško rappresenta un pericolo, non
è il caso di aggiungerne un altro (ben più vicino), come quello rappresentato
dal rigassificatore a Zaule. Anche perché questo impianto, al rischio di
incidente aggiungerebbe effetti negativi assai gravi sull’ambiente marino.
Inoltre sarebbe forse il caso che Marini facesse presente ai suoi colleghi di
partito (i sopra citati, più qualche altro che sta a Roma) l’inopportunità di
battersi perché l’Italia, l’Enel e addirittura il Friuli Venezia Giulia
partecipino al raddoppio della centrale nucleare slovena: doppia centrale,
infatti, doppio pericolo. O no?
Dario Predonzan - responsabile territorio ed energia Wwf Friuli Venezia
Giulia
Sul rigassificatore (2)
Ringrazio il signor Bruno Marini che, a differenza degli
altri, almeno mi ha risposto. Però io penso: la centrale nucleare di Krsko è sì
vicina ma è pur sempre lontana da Trieste 100 km in linea d’aria, mentre il
rigassificatore lo avremmo in mezzo alle case; mi sembra una bella differenza! E
poi non possiamo mica pensare: «Tanto esiste già un male, facciamone un altro.
Berlusconi ha detto che ci vogliono centrali nucleari anche in Italia, allora
facciamone una sul Carso, tanto c’è già quella di Krsko»! Ma che ragionamenti
sono questi? Noi invece dobbiamo batterci per un’energia pulita, rinnovabile e
non pericolosa, per dare ai nostri figli e nipoti un futuro più sereno e sicuro.
Graziella Albertini
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 gennaio 2009
Trieste-Divaccia, tre gallerie sotto San Dorligo
- La nuova relazione sull’analisi ambientale del progetto per la Tav
Evidenzia effetti negativi per i nuclei abitati, il
sistema idrogeologico e quello naturalistico
Lavori invasivi previsti nel territorio: 4,6 milioni di metri cubi di roccia da
smaltire
La più lunga «finestra costruttiva» si aprirà nei pressi di Draga Sant’Elia
SAN DORLIGO «Criticità legate agli aspetti idrogeologici, naturalistici e
antropici». Lo studio di fattibilità per il tratto Trieste-Divaccia del
Corridoio 5 continua a destare forti perplessità. La conferma arriva dalla nuova
relazione generale sull’analisi ambientale di questo progetto promosso da Rfi
(Gruppo Fs) e dal ministero delle Infrastrutture della Repubblica di Slovenia,
grazie al cofinanziamento dell’Unione europea. «L’area a ridosso del confine,
quella corrispondente all’altopiano carsico, è considerata la più vulnerabile
dell’intero progetto», si legge nel documento. E’ chiaro quindi che il comune
più colpito dai lavori sarà quello di San Dorligo della Valle.
FASE DI CANTIERE «Lo smaltimento dei materiali in eccesso e l’utilizzo delle
risorse minerarie di cave a cielo aperto comportano un degrado del paesaggio,
trasformazioni ambientali e dello spazio fisico, oltre che l’inquinamento
ambientale, visti il consumo di energia e l’utilizzo di mezzi pesanti», afferma
la relazione affidata dagli enti a un pool di tecnici. «Questo ultimo aspetto
assume particolare rilevanza in relazione al progetto in questione in quanto
sarà prodotto un ingente quantitativo di materiale di scavo, con minime
possibilità di riutilizzo all’interno del progetto».
Complessivamente i volumi di scavo del ramo iniziale Trieste è stato stimato
attorno ai 4.650.000 metri cubi. Le principali criticità si riscontrano nei
tratti iniziali delle tre finestre costruttive, necessarie per raggiungere in
profondità la galleria principale. «Finestre» denominate «San Giuseppe» (vicino
all’abitato di Bagnoli, lunghezza 960 metri), «Rosandra» (vicino a Draga Sant’Elia,
1600 metri) e «San Dorligo» (725 metri).
«Gli accessi delle finestre e in particolare quella della Rosandra ricadono in
contesti con presenza di elementi di elevato valore naturalistico: sussiste
pertanto il rischio di incidenze con elementi protetti ad alta vulnerabilità in
corrispondenza dei tratti in galleria».
ASPETTI GEOLOGICI «Il sistema predominante di cavità carsiche e la rete di acque
sotterranee, molto vulnerabile all’inquinamento, hanno portato a considerare, in
vari tratti, il rischio di modificazione delle acque superficiali e sotterranee
sia intermini qualitativi che qualitativi. Per tali motivi, nelle aree carsiche
appare necessario definire efficaci modalità operative per la protezione del
sottosuolo dal rischio di sostanze tossiche».
ASPETTI ANTROPICI «Le aree di cantiere contigue ai nuclei abitati potranno
comportare disagi agli abitanti (emissione di vibrazioni relative alla fase di
costruzione e di esercizio dell’infrastruttura)». Con riferimento ai piani
regolatori comunali «si evidenziano poi criticità in corrispondenza delle
finestre Rosandra e San Dorligo: in entrambi i casi gli imbocchi si trovano in
aree considerate dai comuni aree con sostenibilità minima all’uso del suolo e/o
alterazioni del paesaggio e pertanto scarsamente votate alle trasformazioni». In
corrispondenza dell’accesso alla finestra Rosandra poi «il valore di borgo
tradizionale della frazione di Draga Sant’Elia sarà messo a rischio».
ASPETTI NATURALISTICI Gli accessi delle finestre Rosandra e San Dorligo e in
particolare quella della Rosandra «ricadono in contesti con presenza di elementi
di elevato valore naturalistico». Infine c’è un rischio concreto di «disturbo
alla fauna arrecato dall’intensa attività di cantiere, tanto che dovranno essere
sviluppate modalità di mitigazione dell’impatto quali barriere fonoassorbenti».
Riccardo Tosques
TAV - «Perché ostinarsi a ferire un territorio già
segnato?» - Il sindaco Premolin ribadisce la contrarietà al progetto votata dal
Consiglio comunale
SAN DORLIGO Poco più di un mese fa il Consiglio comunale
aveva votato all’unanimità una mozione per bocciare il progetto del collegamento
ferroviario Trieste-Divaccia. Presentata dai consiglieri di opposizione Giorgio
Jercog (Oltre il Polo Per San Dorligo), Roberto Massi (Oltre il Polo Per San
Dorligo) e Roberto Drozina (Rinnovamento di centro) la mozione impegnava la
giunta comunale ad «esprimere in ogni sede la contrarietà alla realizzazione del
collegamento ferroviario Trieste-Divaccia quale risultante dagli studi di
fattibilità sinora realizzati, avvalendosi di qualsivoglia strumento legale atto
a sostenere la difesa del territorio, del suo ambiente e della sua popolazione».
Sottolineando il fatto che proprio alla popolazione «dovrà essere resa nei modi
ritenuti più opportuni ed esaustivi ampia informazione circa i contenuti dei
predetti studi di fattibilità».
A ribadire questa contrarietà è il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia
Premolin, che si pone un emblematico interrogativo: «I tecnici stessi che hanno
redatto lo studio di fattibilità di questo progetto hanno ammesso palesemente
che l’ambiente carsico non è idoneo e si presenta ricco di problematiche. Perché
dunque ostinarsi tanto a ferire un territorio che ha già i suoi insediamenti
industriali e le sue infrastrutture pubbliche?».
Il primo cittadino ricorda poi «il disagio che verrebbe provocato non solo
all’ambiente, con particolare pericolo per gli aspetti idrogeologici, ma anche
alla gente a causa dei quatto milioni di metri cubi di materiale che dovrebbero
essere prodotti in seguito alla costruzione della galleria». Il sindaco Premolin
annuncia infine che a inizio febbraio ci sarà un incontro pubblico con tutte le
parti interessate per discutere gli interventi previsti sul territorio di San
Dorligo.
Giorgio Jercog, consigliere d’opposizione noto per il suo impegno ambientalista,
lancia una controproposta: «A Opicina c’è una linea che passa per il Carso, e
pochi giorni fa la Regione ha promesso lo stanziamento di un fondo per un nuovo
binario. Perché allora non fare la Fernetti-Divaccia? Così Trieste Centrale non
verrebbe coinvolta, e il pericolo della distruzione del territorio naturale
della Val Rosandra scomparirebbe in un batter d’occhio».
Anche Boris Gombac (Uniti nelle Tradizioni) è contrario allo scempio del
territorio di San Dorligo: «Dove pensano di buttare il materiale di scavo, in
mare? Personalmente sono stufo di questi progetti che vengono proposti, senza
pensare minimamente all’impatto nei confronti della gente, da persone che
pensano soltanto a spillare soldi all’Unione europea, e quindi ai cittadini».
(r.t.)
Il sindaco e i cinghiali
A proposito dell’articolo apparso sul Piccolo del 12
gennaio: il signor sindaco Dipiazza dovrebbe sapere che in una democrazia, quale
è ancora l’Italia, ogni cittadino è libero di esprimere la propria opinione.
Quindi ripeto che considero un atto di violenta barbarie la soppressione dei
cinghiali, rei di avere sconfinato nel territorio cittadino dopo che noi esseri
umani li abbiamo privati di gran parte del loro territorio. Uccidere per
divertimento come fanno i cacciatori, che hanno anche il coraggio di dichiararsi
ambientalisti, è atto di sadismo.
Al signor sindaco consiglierei che invece di buttar via i soldi per discutibili
«riqualificazioni» di piazze e piazzette li utilizzi per recintare le strade di
grande traffico confinanti con i boschi carsici evitando così incidenti con
cinghiali e caprioli. Sarebbe stato necessario anche prevedere dei sottopassaggi
sotto la grande viabilità per permettere i movimenti di cinghiali e caprioli.
Margherita Hack
IL PICCOLO - SABATO, 17 gennaio 2009
Le stagioni della Val Rosandra in un documentario - PER VALORIZZARE LE BELLEZZE DELLA RISERVA NATURALE
SAN DORLIGO - La Val Rosandra in tutte le sue sfaccettature:
la cascata ghiacciata in inverno, il gracidìo delle rane verdi in primavera, la
frescura delle pozze scavate dal torrente in estate, l’infuocato rossore dei
sommachi in autunno. A immortalare le quattro stagioni nella suggestiva cornice
della riserva naturale regionale sarà il cineoperatore Giorgio Gregori,
responsabile della regia del documentario che l’ufficio stampa e produzioni
televisive della Regione Fvg ha deciso di effettuare su proposta formulata dal
Comune di San Dorligo della Valle.
Decisamente raggiante l’assessore comunale all’Ambiente Laura Riccardi Stravisi,
vera promotrice di quest’iniziativa: «Il documentario non si limiterà alla sola
rappresentazione degli aspetti naturalistici della Val Rosandra, già di per sé
molto significativi, ma tratterà anche gli aspetti storico e culturali del
Comune tanto che per la sua realizzazione sarà coinvolta la cittadinanza, che
potrà testimoniare la realtà del territorio». Il documentario avrà la durata di
circa mezz’ora e tra i tempi tecnici del montaggio e della ripresa delle singole
stagioni sarà pronto verso la fine del 2010. L’opera, realizzata in italiano,
sloveno, inglese e tedesco, verrà distribuita gratuitamente e sarà promossa per
entrare nei circuiti televisivi a carattere nazionale. «Far conoscere e
apprezzare il nostro territorio - afferma l’assessore Stravisi - là dove la
natura regala in ogni stagione dell’anno immagini stupende, significa anche
divulgarne la storia e le tradizioni e anche presentarne i prodotti tipici di
altissima qualità che a San Dorligo vengono realizzati dalla popolazione locale
con lo stesso amore che essa nutre per l’ambiente in cui vive».
A supportare gli aspetti naturalistici che Gregori andrà a riprendere sono
previsti anche i suggerimenti di alcuni autori del libro «La Val Rosandra e
l’ambiente circostante», la pubblicazione curata da Dario Gasparo che ha
ritratto in oltre 250 pagine gli aspetti salienti della riserva naturale. La Val
Rosandra, uno dei gioielli naturalistici della Regione, continua dunque a essere
tra i punti cardine dell’amministrazione Premolin. Solo qualche mese fa è stato
inaugurato il nuovo Centro visite, la struttura costata circa 35mila euro e
affidata in gestione dalla cooperativa Rogos, punto di riferimento per i
turisti.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 16 gennaio 2009
Fiaccolata in piazza della Borsa - Domani
manifestazione dei pacifisti pro Palestina
Domani alle 16.30 in Piazza della Borsa, in concomitanza
con analoghe manifestazione a Roma, Assisi e altre parti d'Italia, si svolgerà
una manifestazione e fiaccolata per la Pace e di solidarietà con le vittime
della guerra in Palestina. I Comitati di pace e solidarietà chedono l'immediata
interruzione dei bombardamenti e delle operazioni militari con il ritiro dell´esercito
israeliano da Gaza. Ma non solo. «È auspicabile il rispetto delle risoluzioni
ONU e l'impegno della comunità internazionale e dell'Europa in particolare per
risolvere la questione palestinese con l´apertura di un tavolo di proposta
politica, Sarebbe opportuno chiedere al governo italiano di rendersi seriamente
parte attiva con proposte intelligenti e coraggiose».
I pacifisti si stanno anche fattivamente attivando per l´apertura di un urgente
corridoio umanitario per il soccorso della straziata e stremata popolazione
civile composta per lo più da donne e bambini.
Hanno già aderito alla manifestazione varie strutture tra le quali la Cgil
provinciale, il cui segretario Adriano Sinkovich prenderà assieme ad altri la
parola in piazza alla fine dell’iniziativa. L’appello è rivolto ai partiti, ai
sindacati e alle associazioni laiche e cattoliche, della società civile, alle
personalità del mondo della cultura, dell’arte, del volontariato e della
comunità nazionale slovena in Italia.
Aia, Lucchini chiede una proroga: in moto un altoforno,
lavori sull’altro - SEI MESI IN PIÙ PER ADEMPIERE ALLE PRESCRIZIONI
«Riattiveremo l’altoforno numero 3, spento da anni, ma
contemporaneamente spegneremo il 2 con cui stiamo operando attualmente». Lo ha
annunciato il direttore della Ferriera, Francesco Rosato che ha anche detto che
«il piano scatterà entro giugno» e che è stato «messo a punto perché l’altoforno
3 è più moderno e sarà il più efficiente». In questo modo la Lucchini-Severstal
ha motivato le ragioni che l’hanno indotta a chiedere alla Regione sei mesi di
proroga per adempiere a quelle che erano le prescrizioni collegate al rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale. Avrebbero dovuto essere applicate
tutte entro il 31 dicemnre scorso. «Abbiamo adempiuto a tre delle quattro
prescrizioni - ha spiegato Rosato - riguardavano la cokeria, il sistema di
irrigazione dei ’parchi’ e delle strade nonché il rifacimento delle vie interne.
Non abbiamo potuto farlo per l’altoforno proprio perché lo spegneremo e
attiveremo l’altro».
«Non sono stati eseguiti proprio gli importanti lavori sulle bocche
dell’altoforno, una delle cause principali dell’inquinamento - ha denunciato il
segretario del Comitato No smog, Adriano Tasso - ora la Regione dovrebbe
diffidare la proprietà per il ritardo e riconvocare una nuova Conferenza dei
servizi per un’eventuale nuova concessione per l’altoforno 3». Pochi giorni fa
il Comitato No smog aveva diffuso i dati di un 2008 che sarebbe risultato a
Servola «superinquinato» a un anno dalla concessione dall’Autorizzazione
integrata ambientale.
«Abbiamo ricevuto la richiesta di proroga - ha confermato Pierpaolo Gubertini
reponsabile del settore Tutela dall’inquinamento della Direzione regionale
ambiente - ora ritengo che a pronunciarsi sulla concessione della proroga dovrà
essere nuovamente la Conferenza dei servizi».
Muggia, lezioni di educazione ambientale - Da febbraio saranno coinvolti 150 alunnni delle elementari e delle medie
ACCORDO TRA COMUNE, ISTITUTO COMPRENSIVO E TESECO
Centocinquanta ragazzi delle scuole elementari e medie muggesane, da
febbraio, andranno a lezione di educazione ambientale. E impareranno a conoscere
gli strumenti e i corretti comportamenti, anche domestici, per non inquinare
l'acqua, e a prestare attenzione agli inquinanti industriali, metalli e
idrocarburi, più infidi in quanto incolori, inodori e insapori e ben più
pericolosi per la salute di un cassonetto maleodorante.
Il tutto avverrà grazie all'accordo tra Comune, patrocinatore dell'iniziativa,
direzione scolastica dell'Istituto comprensivo e Teseco educational, sezione
didattica dell'azienda che dal 2006 sta attuando le opere di bonifica nell'area
ex Aquila. Questaa prima edizione dell'iniziativa didattica si pone come
obiettivo il coinvolgimento degli alunni in un percorso di educazione
ambientale. Un tema particolarmente caro all'amministrazione muggesana, che
intende valorizzare al massimo le risorse naturali offerte dalla riviera, per
imporsi come polo di eccellenza nello studio dell'ambiente e arrivare ad
approntare in futuro - grazie a collaborazioni con istituti scolastici come nel
felice esempio di Aula blu, e ad accordi transfrontalieri - a un pacchetto
turistico-didattico rivolto alle scuole.
La scelta del tema da parte dei docenti – il ciclo delle acque – oltre a legarsi
all'attività svolta dalla Teseco, rappresenta una continuità rispetto ad
attività già avviate autonomamente negli anni passati a livello scolastico.
L'attività, che inizierà a metà febbraio, prevede una lezione plenaria dedicata
alla salvaguardia dell'acqua, nel corso della quale un esperto dell'azienda
incontrerà ragazzi e inseganti e distribuirà materiale didattico appositamente
realizzato con una nota casa editrice.
«Successivamente - spiega la referente di Teseco, Martina Di Colo - è prevista
una visita alla sede di Teseco ad Aqulinia, o in alternativa un incontro classe
per classe con un esperto. E agiugno si terrà una manifestazione con la
premiazione della classe vincitrice».
Per coinvolgere maggiormente i ragazzi, verrà lanciato anche un concorso
«Puliamo il nostro ambiente», nel quale verrà richiesto di realizzare un poster
o un video in grado di sensibilizzare la cittadinanza sul valore dell'acqua e
sulla necessità della sua tutela.
Il tema sarà «Acqua: il bene più prezioso?». I poster verranno affissi nel
territorio comunale di Muggia, i i video saranno inseriti sul sito del Comune e
dell'azienda.
(g.t.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 gennaio 2009
Amianto, procedura contro il governo - Aperta dalla
Corte europea per i diritti dell’uomo: «Lo Stato sapeva dal ’43»
La Corte europea per i diritti dell’Uomo ha avviato la
procedura contro il Governo italiano sulla base di una denuncia presentata dagli
esposti all’amianto. Lo ha annunciato ieri l’avvocato romano Ezio Bonanni,
intervenuto all’assemblea dell’Associazione esposti amianto del Friuli Venezia
Giulia, che aveva presentato lo scorso novembre la denuncia, assieme all’Aea
nazionale e al Comitato degli operai della Breda Fucine e di altri stabilimenti
di Sesto San Giovanni. «Il cancelliere - ha affermato - mi ha scritto
informandomi dell’avvio della procedura». All’origine della procedura la mancata
applicazione dell’articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo.Stando alla tesi del l’avvocato Bonanni,
pioniere nazionale per la tutela giuridico-legale di molti dei casi di
esposizione all’amianto, la nocività del minerale killer, cancerogeno per
l’uomo, era infatti nota allo Stato, fin dal 1943, anno in cui promulgò la legge
455.
A Comune e Soprintendenza il premio «Vandalino d’oro» -
IL COSAPU: PROGETTI FANTASIOSI E SCARSA VIGILANZA
Il Comune e la Soprintendenza per i Beni ambientali,
culturali e architettonici di Trieste. Questi i due enti che si sono aggiudicati
ex aequo il «Vandalino d’oro 2008» assegnato ironicamente ieri mattina al Caffé
degli specchi dal Cosapu, il Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano
di Trieste.
Le motivazioni? «Il Comune, con i suoi progetti fantasiosi, non conservativi
dell’identità storica di Trieste e con ”riqualificazioni” non restaurative del
tessuto urbano originale, ha distrutto l’immagine ottocentesca della città
trasformandola in un’arlecchinata di stili, colori, pavimentazioni, lampioni,
fontane». La Soprintendenza invece «con la sua continua non vigilanza e il
disinteresse, ha autorizzato i progetti del Comune, benché questi fossero in
contrasto con le leggi di tutela esistenti».
Ecco dunque le motivazioni alla base dell’assegnazione del premio. Ragioni
descritte ieri da Bruno Cavicchioli, presidente del comitato, assieme a Marcello
De Re e Pier Paolo Sancin. In un clima a metà tra ironia e dura accusa, i
componenti del sodalizio hanno indirizzato ai due enti in questione una lunga
sfilza di critiche. Accompagnate, per la prima volta, da un vero e proprio
calendario da appendere al muro o sfogliare online (sul sito www.sostrieste.it),
contenente tutte le «mutazioni» di storiche vie e piazze del centro città. A
ogni mese corrispondono una foto storica e una attuale dei luoghi-simbolo di
Trieste, da piazza Unità a piazza Venezia, da piazza della Borsa a piazza
Vittorio Veneto.
«Siamo grati all’amministrazione Illy e a quella Dipiazza per aver contribuito,
negli anni, a deturpare il paesaggio storico triestino - ha affermato
Cavicchioli -. Siamo una delle poche città italiane in cui la conservazione del
materiale storico non ha alcuna importanza». Principale nodo della discordia: il
masegno. «Dappertutto, quando si eseguono ristrutturazioni, questa pietra viene
archiviata, sigillata e poi riutilizzata. Chi ha a disposizione del masegno se
lo tiene stretto, consapevole del patrimonio di cui dispone. A Trieste invece si
butta via o si vende, come fosse immondizia». «Bisognerebbe al contrario
valorizzarlo e usarlo per la costruzione di un percorso pedonale che colleghi la
Stazione centrale a piazza Venezia. Il punto - ha spiegato Marcello De Re - è
che oggi a Trieste si vedono pavimentazioni e arredi di tutti i tipi e colori.
Un esempio? Tra piazza Cavana, piazza Hortis e via di Cavana sono stati usati, a
caso, masegno, pietra bianca di Aurisina, asfalto, piastrelle di varie
dimensioni. La riqualificazione degli spazi aperti di Trieste dovrebbe essere
fatta da esperti del restauro, come accade in ogni città con ambizioni
turistiche e artistiche».
(e.c.)
Decrescita: filosofia di vita per contrastare il
consumismo - CONFERENZA ALLA SALA BARONCINI DELLE GENERALI
La vita dell’uomo è breve e l’uomo ha il diritto, in
questo suo passaggio terreno, di essere felice, ma la nostra società dell’usa e
getta gli nega questo diritto. È vero, abbiamo sempre più cose, ma sempre meno
tempo per essere felici, per dedicarci agli affetti, alla famiglia. Tematica
quanto mai attuale, la «decrescita» aiuta a essere consapevoli di come siamo e
come viviamo: sostiene, infatti, «la qualità della vita al posto della
quantità». E sull’economia solidale, appunto, si è tenuto per la prima volta a
Trieste, nella sala Baroncini delle Generali, un dibattito promosso da Edoardo
Kanzian, portavoce dell’associazione di volontariato «Il pane e le rose».
Costituita da gruppi di persone operanti in regione e provenienti da realtà
diverse, nel marzo scorso si è avviata una fase costituente delle Rete di
economia solidale di cui per Trieste è responsabile Mara Giorgini. Mara lavora
nel sociale e nei mesi scorsi, con Serena Pulcini del Festival delle diversità
organizzato dal Centro delle culture, ha ideato il primo progetto pilota di
diver-city, la concretezza cioè del tema «decrescita» da cui sono emerse le
buone pratiche da realizzare quotidianamente a difesa del vivere. E proprio
Pulcini ha aperto brevemente il dibattito su questo tema, dibattito di cui
Kanzian è stato il moderatore, auspicando che in primavera ci sia anche a
Trieste una festa sulla decrescita, come è avvenuto a Sacile ove si è svolto già
il terzo festival.
Vari relatori si sono succeduti in questo incontro: dal veterinario Alessandro
Paonuzzi che si è soffermato sull’audiolibro da lui curato «Il piccolo
principe», ad Antonio Palmisano, docente di Antropologia culturale e politica
nell’ateneo triestino che ha sottolineato come il tema della decrescita gli stia
molto a cuore e come sia necessario riflettere sulla distribuzione e l’equità
sociale.
E se il filosofo Emiliano Bazzanella ha evidenziato che l’eccesso è insito
nell’uomo e come l’imperativo «godi più che puoi» porti alla nostra infelicità,
il docente pordenonese Ferruccio Nilia ha detto che ci si trova di fronte a
delle problematiche colossali, e che l’unico modo per evitare la catastrofe è di
ritornare alla democrazia, al dialogo interpersonale al rapporto diretto con le
persone.
Sono inoltre intervenuti il teologo Stefano Sodano e il giornalista e saggista
veneziano Paolo Cacciari, autore del libro «Decrescita o barbarie» (edizioni
Intermedia). In particolare, Cacciari ha detto come siamo abituati a pensare che
«il più sia il meglio», costretti ad essere in competizione. Ma ormai siamo di
fronte a dei limiti invalicabili - ha proseguito - e occorre «fermare questo
genocidio»: fermarlo è cogliere l’essenza stessa della decrescita, che è
semplicità di vivere, sobrietà. Consumare meno, dunque, per vivere meglio,
arricchendo in tal modo le relazioni sociali. A concludere, la parentesi
musicale di Claudio Raini, la breve lettura di Liliana Saetti da un testo di
Serge Patouche e il rapido intervento di Rosalba Trevisano del Centro Unesco
Trieste.
(g.p.)
SEGNALAZIONI - «Dove sono i mezzi di trasporto per disabili?»
In un incontro avuto nel settembre 2005, la presidenza della Trieste Trasporti -
di fronte alla difficoltà di provvedere al trasporto delle persone non
deambulanti - manifestava l’intenzione di adottare mezzi speciali a chiamata,
servizio che poteva risultare più economico dell’installazione sui bus delle
apposite pedane, rese praticamente inutili dalle difficoltà di funzionamento e
soprattutto dalla costante impossibilità dei mezzi di avvicinarsi ai
marciapiedi. Nell’estate 2006 la nuova presidenza della Provincia - ente
responsabile del trasporto pubblico - s’impegnava per agevolare questo progetto
coinvolgendo gli enti già dotati delle apposite vetture; nel contempo il Comune
di Trieste prevedeva, nel piano di zona 2006-2008, un investimento di euro
56.048 per un progetto di trasporto assistito. Nel novembre 2007 l’Area
trasporti della Provincia comunicava che il progetto avrebbe trovato pratica
applicazione a partire dal 2008. Trascorso tutto l’anno senza alcuna notizia in
merito, per ogni loro necessità di trasporto i concittadini con difficoltà
motorie sono tuttora costretti a servirsi di mezzi privati a proprio carico o a
ricorrere alla cortesia di parenti e amici; a questa distanza di tempo
desidererebbero quindi almeno sapere: a) se la fase di studio è conclusa; b)
quali sono le soluzioni identificate; c) qual è la data prevista per il concreto
avvio del servizio.
Ada - Associazione per i diritti degli anziani - Uil Pensionati - Commissione
pari opportunità e partenariato
SEGNALAZIONI - Cinghiali in città
Danni all'agricoltura ed incidenti stradali «provocati»
dai cinghiali, rappresentano solo un pretesto per giustificare l'uso delle armi.
Educazione dei guidatori, interventi sulla viabilità ed apposite recinzioni per
orti e vigneti sono solo alcune soluzioni alternative ampiamente collaudate ed
impiegate con successo in molti paesi europei ed in altre regioni italiane, a
Trieste evidentemente siamo indietro. Il tentativo di contenere il numero di
animali selvatici tramite l'abbattimento, come ben noto da esperienze passate ed
in letteratura scientifica, dà scarsi risultati e solo a brevissimo termine, con
il rischio di ottenere l'effetto contrario ovvero un aumento compensatorio della
densità di popolazione. Niente di meglio per i cacciatori, che forti delle
lamentele della gente, avranno sempre a chi sparare. Questo modo di agire, oltre
ad essere incivile ed estremamente ipocrita (i cinghiali sono estremamente
pacifici e socievoli, si avvicinano fiduciosi all'uomo, che spara), è ben lungi
dal risolvere i problemi lamentati da alcuni ignari cittadini.
Manuela Cassotta
QUALENERGIA.IT - MERCOLEDI', 14 gennaio 2009
La detrazione fiscale è ripristinata
Gli emendamenti approvati all’articolo 29 del
decreto 185 riportano il 55% alla sua originale efficacia. La detrazione
spalmata su 5 anni. Un respiro di sollievo per operatori e cittadini e un
risultato ottenuto a furor di popolo. Dietrofront del governo sulla detrazione
fiscale. Tutto torna come prima o quasi. Se non ci saranno modifiche dell’ultima
ora, almeno per i prossimi due anni verrà mantenuto il 55% e soprattutto il suo
impatto visto che non ci saranno più limiti di spesa annuali, come quelli
indicati nel decreto 185/08.
Alleghiamo il testo degli emendamenti apportati all’articolo 29 del decreto 185
(con la versione originale), il cosiddetto decreto “anti-crisi”, che tratta
appunto della detrazione fiscale del 55% per interventi di riqualificazione
energetica dell’edificio. Il testo è quello approvato dalle Commissioni riunite
di Bilancio e Finanza della Camera. L’esame in aula è iniziato lunedì e dovrà
poi passare al Senato. Il Governo ha richiesto la fiducia sul provvedimento che
resterà quindi pressoché immutato, scatenando le critiche delle opposizione e
dello stesso Presidente della Camera dei Deputati.
Tuttavia per quanto riguarda la detrazione fiscale del 55% per interventi di
efficienza energetica e di utilizzo delle rinnovabili in edilizia, come detto,
tutto o quasi viene riportato alle precedenti disposizioni, per capirsi quelle
in vigore nel 2007-2008. Con alcune eccezioni.
La detrazione dell’imposta lorda resta del 55% ma dovrà essere ripartita in 5
rate annuali di pari importo (quindi non più tra 3 o 10 anni). Non ci sono
limiti annuali per la detrazione, che avrebbero inficiato il provvedimento e
costretto ad una doppia presentazione cautelativa della richiesta di detrazione,
una per il 55% e un’altra per il 36%. Ma molto più probabilmente avrebbero
scoraggiato questi interventi e favorito i lavori in nero. E’ inoltre eliminata
la procedura del “silenzio-dissenso” da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il testo emendato rispetto al decreto sopprime nell’art 29, comma 1 la frase
“alle detrazioni per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, di
cui all’articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.”
Quindi i limiti di risorse finanziarie annuali, che si leggono nel comma 7
modificato, sono relativi solo a crediti di imposta per le spese per attività di
ricerca.
Altra novità riguarda una comunicazione preventiva all’Agenzia delle entrate che
dovranno fare i contribuenti interessati alle detrazioni. La comunicazione, che
ha l’obiettivo di monitorare l’andamento delle richieste, dovrà essere definita
nei termini e secondo le modalità previsti con provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate (sarà emanata entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto).
Come abbiamo detto su queste pagine, sarebbe stato un suicidio per l’economia
(oltre che per rilanciare l’efficienza energetica in edilizia) non prorogare per
i prossimi anni questo provvedimento che ha dimostrato la sua validità. Un
provvedimento praticamente a costo nullo per lo Stato e portatore di
innumerevoli benefici per moltissimi settori manifatturieri, per i progettisti e
gli installatori presenti in Italia. E per gli stessi utenti, i cittadini e le
imprese. Una delle vere soluzioni anti-crisi e per questo un risultato ottenuto
a furor di popolo.
Vedi gli emendamenti all'articolo 29 (
612KB)
LB
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 gennaio 2009
Enpa, ricorso per salvare i cinghiali - Il presidente
Urso: «La legge dà alternative all’abbattimento» - DOPO L’ORDINANZA DEL
SINDACO DIPIAZZA
Mentre sono triplicate nel corso di un anno le richieste
di risarcimento per i danni causati dai cinghiali, l'Enpa presenta ricorso
contro la decisione, sollecitata da Comune e Provincia e legittimata nei giorni
scorsi della Regione, di abbatterne un centinaio di capi.
«La legge regionale - spiega Gianfranco Urso, presidente dell'ente protezionista
- prevede che, prima di un'eventuale abbattimento dei capi, vengano attuati
metodi di dissuasione alternativi come quelli ottici o elettrici a basso
voltaggio. Nulla è stato fatto - sottolinea - così abbiamo dato incarico ad un
legale per presentare ricorso e bloccare tutte le attività venatorie compiute in
difformità da quanto previsto dalla legge». L'Enpa, per evitare che centinaia di
cinghiali vengano uccisi, per catturarli e per portarli in un altro territorio,
mette a diposizione i propri volontari. «Basta che la Regione - precisa Urso -
ci metta a disposizione le gabbie adatte che sono già in sua dotazione».
L'ordinanza firmata invece dal sindaco Dipiazza vieta di alimentare non solo i
cinghiali ma, in generale, anche gli altri animali selvatici. «Dunque - osserva
il presidente dell'Enpa - è vietato dare cibo alle cinciallegre, ai pettirossi,
ai passerotti o ai ricci. È un'ordinanza così generica da essere risibile -
aggiunge - e suggerisco al sindaco di seguire il consiglio che lui ha dato alla
Hack: parli di quello che sa, sparare ad un animale non significa conoscerne
abitudini e caratteristiche».
Nel 2008 le richieste di risarcimento per i danni causati da questi possenti
animali e giunte alla Provincia di Trieste che gestisce un fondo apposito sono
aumentate a dismisura. «Se negli anni passati, in totale, causavano danni per
circa 23mila - precisa Fabio Cella, responsabile dell'Area Agricoltura, Caccia e
Pesca di via Galatti - nel corso degli ultimi dodici mesi sono giunte richieste
di risarcimento per 62mila euro. Prima riuscivamo a liquidare tutte le richieste
che trovavano fondamento, ma nell'ultimo anno i danni sono stati ingenti». Alla
Provincia sono state avanzate singole richieste per danni anche di 7mila o
12mila euro.
Sulla decisione di abbattere i cinghiali interviene anche Paolo Zucca, etologo
del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Trieste. «Non è solo un
problema animale ma anche sociale al pari delle problematiche dei gabbiani o dei
felini - avverte - e non essendo unicamente un problema tecnico, le strategie di
intervento vanno discusse tra le parti in causa: agricoltori, cacciatori,
protezionisti, amministratori, cittadini a favore e contro, tecnici e
veterinari. Non c'è una soluzione univoca». (l.t.)
I Verdi: «Rischiosa l’insenatura nella cava» -
L’INTERVENTO A FIANCO DELLA BAIA DI SISTIANA
Il consigliere Rozza si interroga sulle conseguenze della modifica alla linea
della costa
DUINO AURISINA Restano i Verdi i principali oppositori al progetto di
recupero dell’ex cava di Sistiana. «Diciamo da anni, e ora che l'amministrazione
comunale ha concluso il proprio iter lo ribadiamo con forza - rileva Maurizio
Rozza - che realizzare una profonda insenatura è una cosa assolutamente fuori
luogo».
Secondo il consigliere comunale di Duino Aurisina, che siede all'opposizione tra
le fila della Lista Assieme e fa parte dei Verdi, vi è un rischio insito nel
progetto di modificare la linea di costa: «Nessuno ci ha spiegato - dice Rozza -
per quanto noi lo abbiamo chiesto a più voci e in molte occasioni, quali possono
essere le conseguenze dell'azione artificiale di modificare la costa portando
l'acqua di mare più verso riva. Ci chiediamo in particolare se vi possano essere
conseguenze per la stabilità della roccia sovrastante».
Così i Verdi, mentre il progetto, o meglio, l'avvio dei lavori, attende ancora
il via libera da parte del Genio civile.
A preoccupare invece i residenti della zona di Borgo San Mauro è la
realizzazione del progetto: già in passato, infatti, in alcune condizioni
climatiche la frazione di Borgo San Mauro, che si trova proprio sopra l’ex cava,
dall'altro lato della statale 14, è stata invasa da polveri, e gli abitanti
hanno denunciato l’inquinamento acustico a causa degli scoppi.
Negli ultimi mesi il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, si era fatto
garante nei confronti della popolazione di un assoluto controllo delle
esplosioni necessarie ad estrarre la pietra per il rimodellamento della cava, e
dopo che, con un’ordinanza, aveva dovuto far sospendere per qualche giorno i
lavori i disagi non si erano più ripetuti.
La popolazione quindi si chiede quali saranno le metodiche di escavazione
dell'insenatura e se in qualche modo potranno creare disagi e disturbi.
Sul fronte tecnico è il primo cittadino il primo cittadino ha confermato più
volte il suo impegno come tutore della sicurezza e della salute pubblica.
Secondo Ret, dunque, l'escavazione del fondo dell’ex cava non dovrebbe arrecare
disturbo ai residenti del Villaggio del Pescatore.
La posizione è infatti molto più «lontana» rispetto alle zone in cui si è
scavato fino ad ora, e inoltre l’intervento non dovrebbe venir realizzato
d'estate, in primo luogo perché nel cronoprogramma è previsto ben dopo la bella
stagione, e poi perché anche quest'anno il sindaco emetterà un’ordinanza che
limiterà i lavori nell’ex cava durante la stagione balneare, sia per non
arrecare disturbo ai bagnanti sia per evitare il traffico di camion nelle zone
balneari.
(fr.c.)
Carso, un piano per valorizzare landa e allevamenti
DUINO AURISINA Un progetto da 320mila euro (fondi
regionali) per la valorizzazione della landa carsica, e la reintroduzione
dell'allevamento in alcune frazioni di Duino Aurisina. Lo ha approvato la
Provincia, grazie all'impegno di Massimo Veronese, consigliere provinciale di
maggioranza e di opposizione a Duino Aurisina, nell'ambito del Pal, il Piano di
azione locale relativo al Carso.
Quello approvato e considerato prioritario per la zona carsica punta a un doppio
obiettivo: nuove attività economiche sostenibili sul territorio, e controllo e
gestione della natura locale, con, appunto, la reintroduzione della landa,
andata per buona parte perduta con la perdita degli allevamenti sul territorio
locale negli ultimi trenta, quarant'anni.
In totale i progetti approvati in Provincia sono stati oltre cinquanta, ma
quello relativo a Duino Aurisina ha avuto il «viatico» di prioritario. Adesso il
progetto - spiega Veronese - è pronto per partire; manca ancora il via libera
economico, ovvero il rilascio del finanziamento da parte della Regione.
Il progetto coinvolge in particolare le frazioni di Medeazza, San Giovanni in
Tuba, Duino e Visogliano: a coordinare l'iniziativa è stata la locale comunella,
la Jus Media Vas, che ha individuato il terreno e progettato nel dettaglio
l'iniziativa. Il progetto - si legge nel piano - si propone di ricreare le
condizioni per la sostenibilità economica del pascolo ovino e bovino con la
produzione di carni biologiche e di qualità, su un terreno di 150 ettari. Il
recupero dell'assetto paesaggistico della landa carsica e delle pratiche legate
al pascolo vuole essere anche un sistema per attrarre nuovi turisti,
appassionati del settore agricolo. I 320 mila euro serviranno per ripristinare
in sostanza l'ambiente: realizzare stagni ed abbeveratoi, muretti a secco, e
reintrodurre gli animali autoctoni.
(fr.c.)
CLIMA - I mari cresceranno di 1 metro in 100 anni
- Lo studio è basato sui dati atmosferici di due millenni
ROMA Tra cento anni il livello dei nostri mari e oceani
sarà più alto di un metro rispetto ad oggi: questa la preoccupante previsione di
una ricerca internazionale realizzata da studiosi danesi, inglesi e finlandesi e
pubblicata sulla rivista Climate Dynamics. Il dato emerso è di ben tre volte
superiore a quello ipotizzato dall'Intergovernmental Panel on Climate Change
dell'Onu. Sull'argomento, particolarmente scottante e di attualità, gli studi si
stanno velocemente moltiplicando, ma non sembra esserci ancora accordo nel mondo
della scienza. È infatti di pochi giorni fa una ricerca, realizzata
dall'Università britannica di Durham e pubblicata sulla rivista Nature
GeoScience, secondo cui l'arretramento e l'assottigliamento dei ghiacci della
Groenlandia potrebbe essere solo un fenomeno temporaneo e non una disastrosa
conseguenza dei cambiamenti climatici. Sulla stessa linea anche un nuovo studio
del Centro di ricerche sull'Artico dell'Università dell'Illinois, secondo cui i
ghiacci artici hanno avuto una crescita rapidissima negli ultimi mesi del 2008 e
il loro livello ora è tornato ed essere pari a quello registrato nel 1979.
L'unico elemento di certezza è la correlazione tra temperatura e livello del
mare e proprio questo legame è stato al centro dell'investigazione degli
studiosi nordeuropei. La ricerca si basa su un approccio molto diverso rispetto
a quello delle Nazioni Unite. Questi ultimi hanno calcolato l'innalzamento dei
livelli dei mari a partire da un ipotetico aumento delle temperature dell'aria
di circa 2-4 gradi nel prossimo secolo. Dal momento che l'acqua impiega più
tempo dell'aria a riscaldarsi, così come le grandi masse di ghiaccio della
Groenlandia e dell'Antartico ci mettono più tempo a sciogliersi, i calcoli dell'Onu
sono piuttosto prudenti e tengono conto dell'incertezza sulla velocità di
scioglimento dei ghiacci. «Anzichè realizzare calcoli indiretti, basati cioè
sull'ipotetica velocità di scioglimento dei ghiacci - ha detto Aslak Grinsted
dell'Università di Copenhagen - abbiamo usato ciò che già avevamo di certo: cosa
è avvenuto nel passato, quale è stata, negli ultimi 2000 anni, la relazione tra
temperatura atmosferica e livello dei mari».
Analizzando i fusti degli alberi e trivellando i blocchi di ghiacci, i
ricercatori sono riusciti a calcolare la temperatura terrestre da 2000 anni fa a
oggi. I dati sui livelli dei mari erano invece disponibili grazie ad un'ampia
letteratura in materia. Incrociando i due dati, i ricercatori hanno individuato
la relazione che lega temperatura e livello dei mari. Per esempio nel Medioevo,
intorno al XII secolo, c'è stato un periodo molto caldo, in cui il livello del
mare era di circa 20cm superiore a quello odierno. Al contrario il XVIII secolo
è stato una «piccola era glaciale», in cui i mari erano più bassi di oggi di
circa 25 cm. Partendo dall'ipotesi che nel prossimo secolo l'aria si riscalderà
di circa 3 gradi, il modello di calcolo sviluppato dai ricercatori indica che
gli oceani si innalzeranno tra 0.9 e 1.3 metri. Una crescita del genere
presuppone che i ghiacci si sciolgano più velocemente di quanto pensato. «Quando
terminò l'era glaciale, 11.700 anni fa, i ghiacci si sciolsero così velocemente
da far innalzare ogni anno il livello dei mari di 11 millimetri, l'equivalente
di 1 metro in 100 anni. L'attuale rapido riscaldamento globale - ha detto
Grinsted - suggerisce che la crescita odierna possa avvenire alla stessa
velocità».
Piano del traffico e acquario: esempi di programmazione inesistente
Ho letto attentamente i resoconti di fine anno che da più
parti ci sono stati propinati in questi giorni, particolarmente mistificanti
quelli della maggioranza, a partire da quanto detto dal sindaco: una serie di
soddisfazioni, tutte personali, come se solo da lui siano dipesi i successi (ma
pare che il suo sgomitante assessore Bandelli ne insidi quotidianamente il
primato) accompagnate in periodo di «vacatio» istituzionale da provvedimenti
giuntali per nulla insignificanti.
Uno per tutti la liquidazione del professor Camus e del suo piano del traffico.
Proprio nel momento più delicato e con una decisione per nulla partecipata,
fatta più da padroni del vapore che da amministratori pubblici (in quanto si è
volutamente evitato il confronto in consiglio), ci troviamo così di fronte a
casi di sperpero del denaro pubblico (e vale il richiamo alla denuncia alla
Corte dei conti fatta in tempi non sospetti dal gruppo del Pd) e di un’ennesima
inventiva priva di quella visione programmata dello sviluppo della città di cui
invece Trieste soffre. E Dipiazza lo sa, non solo perché se c’è una costante
denuncia dell’opposizione in tutti questi anni, è stata proprio questa. Ma anche
perché la regola del fare ad ogni costo (che ha espresso il suo operato di
sindaco in tutti questi anni, anche perseguendo risultati in taluni casi
positivi, come abbiamo più volte riconosciuto), mette in luce il limite
vistosissimo della mancanza di pensiero davanti alla città che si vuole
realizzare.
Ed ecco la fantasiosa improvvisazione sulla nuova destinazione del Parco del
Mare (ora già diventato semplice acquario nella stessa terminologia), le non
decisioni sull’uso del centro storico culminato con la liquidazione del progetto
Camus, l’assoluto silenzio su quanto il Comune dovrà affrontare per collegare la
Grande viabilità (compiuta solo in parte visto che rimane ancora da fare il
collegamento con il Polo ospedaliero per colpevoli, ingiustificati e
conseguentemente costosi ritardi) al Porto Vecchio.
Problema delicatissimo che rischia di far riemergere alla mente tumultuosi «tuboni»
di venerata memoria, oppure – e qui si rinnova il limite dell’assenza di
programma – quello del progetto alternativo attraverso il quale utilizzare
esclusivamente l’accesso a Sud della città per collegare tra loro le due aree
portuali. Il che sarebbe possibile solo riconsiderando l’idea del sottopassaggio
veicolare tra le due entità portuali.
Non è casuale, dunque, l’interrogativo sul modo con cui si è risolto il problema
del nuovo assetto delle Rive.
Pensarci prima sarebbe stato utile, necessario, economico e urbanisticamente
significativo. Ma, visto che comunque il fare, per Dipiazza e la sua giunta,
viene prima del pensare, anche in questo caso dovrà pensarci qualcun altro, per
cui – considerato che fra un paio d’anni il sindaco non potrà più ricandidarsi
neanche ad «amministratore di sostegno» come vorrebbe l’inascoltato consigliere
Camber – resterà comunque a pagare il solito pantalon.
Tarcisio Barbo - consigliere comunale del Pd
TUTELA AMBIENTALE - Allarme degrado sul Carso
triestino
Il Carso è una piana rocciosa calcarea che si estende nel
Nord Est dell’Italia dai piedi delle Alpi Giulie (in provincia di Gorizia e
Trieste) fino al massiccio delle Alpi Bebie (Velebit) all’estremo nordovest
della Croazia, nell’Istria, passando per la parte occidentale della Slovenia,
estendendosi così in tre stati. Il territorio Carsico è ricco di centinaia di
grotte dalle svariate dimensioni e da qui derivano le numerose associazioni
speleologiche che sono state fondate in queste zone. Molte di queste cavità
naturali sono aperte al pubblico e la più famosa è sicuramente la Grotta Gigante
e le grotte di Postumia. Il Carso è anche attraversato da una ricchissima rete
di sentieri, percorribili a piedi o in mountain bike, che si diramano
attraversando i vari aspetti del paesaggio: dai colli rimboschiti a pino nero,
ai prati, sino alla landa carsica pietrosa, passando per la caratteristica
vegetazione carsica, meglio mantenuta nelle le zone meno urbanizzate.
Il Piano Regolatore introduceva alcuni elementi di tutela del paesaggio carsico
e della costa, ma una serie di varianti in corso lo stanno modificando,
naturalmente in peggio. Inoltre le condizioni delle cavità naturali fanno temere
il peggio: dieci anni fa venne pubblicato l’ultimo rapporto sul degrado
ambientale ipogeo e all’interno di quell’elenco si contavano quasi 330 cavità
che risultavano distrutte, inquinate od ostruite. Da allora le condizioni di
queste grotte non sono migliorate.
Ma purtroppo ci sono altri aspetti negativi del Carso come riferiscono alcuni
frequenti visitatori. Dice Michele: «Il Carso è attraversato da un nuovo campo
da golf e c’è sempre più asfalto». «Si stanno costruendo case in ogni posto
libero ormai - aggiunge Andrea - rispetto a 10/15 anni fa ha un’altra faccia».
Lorenza, 20: «Una volta ero solita addentrarmi in sentieri stretti che rendevano
bene l’idea di cosa vuol dire immergersi nella natura – afferma - ma ora sono
stati asfaltati anche quelli». Secondo Federica «le persone che vanno a fare
delle escursioni per il Carso dovrebbero armarsi di sacchetto e portare via
tutte le immondizie. È deplorevole vedere tutti quegli ammassi di lattine e
carte sparsi per boschi e crepacci». Mario lancia un allarme: «Gira voce che
vogliano asfaltare la pista ciclabile da Altura fino a Draga. Vogliono rovinare
anche i parchi naturali?»
Francesca Zettin - (Liceo linguistico V. Bachelet - Trieste)
IL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI - Bastano piccoli
gesti quotidiani per salvare il pianeta dalla rovina
La storia dell’uomo sulla Terra è paragonabile all’ultima
pagina di un libro di oltre duecento. Questo pianeta ci ha visto nascere ed
evolverci. L’uomo invece: inquina l’ambiente, utilizza maniacalmente le risorse,
deforma il paesaggio, quindi cambia negativamente volto al pianeta. Lo sviluppo
tecnologico prodotto appare quasi privo di scrupoli. Secondo i più autorevoli
esperti internazionali le risorse maggiormente utilizzate per la produzione di
energia, petrolio in testa (seguono gas naturale e carbone), sono in via di
esaurimento. Il petrolio, risorsa "vitale" per la maggior parte delle azioni che
compiamo quotidianamente, è destinato a terminare entro pochi decenni. Analoghe
considerazioni possono essere fatte riguardo a quasi tutte le materie prime.
Lo scenario diventa drammatico, se solo pensiamo a cosa potrà accadere tra pochi
anni quando Cina e India (insieme circa 2.400.000.000 di persone) entreranno
prepotentemente tra gli Stati con
le economie più avanzate. E’ giusto che anche questi due Paesi possano
migliorare le condizione di vita dei propri cittadini e innalzare il loro
benessere medio come capitò a noi a metà dello scorso secolo. Esiste però un
problema: la Terra non resisterebbe. Lo dicono i dati, le statistiche. Ora né
voglio avventurarmi nella formulazione di previsioni catastrofiche né nel
calcolo delle ore che ci potrebbero separare dalla fine del mandato dell’uomo
sulla Terra. Però sento il bisogno di fare qualcosa nell’immediato, da semplice
cittadino, alla portata di tutti. Una strada da perseguire è il riciclaggio dei
rifiuti, che permette di salvaguardare l’ambiente e recuperare rilevanti risorse
anche nel campo energetico, senza gravare il pianeta di ulteriori sfruttamenti.
Ognuno deve fare la sua parte. Ai governi spetta realizzare le necessarie
infrastrutture, ai cittadini creare le premesse del riciclaggio attraverso la
raccolta differenziata dei rifiuti. Ho ascoltato più persone lamentarsi riguardo
tale soluzione. Il riciclaggio, infatti, prevede un’attenta divisione di tutti i
rifiuti prodotti. Dividere plastica da vetro, umido da secco, utilizzando
diversi sacchi per ogni materiale. E lo spazio nelle case spesso è poco. E’ un
problema non da poco, chi vuole vivere sommerso dalle immondizie? Nessuno. Si
assiste così al paradosso di far diventare lo “spreco” dei rifiuti un "business"
colossale con cifre inimmaginabili. Non è un caso che spesso un traffico del
genere sia gestito dalle organizzazioni criminali, cosiddette “ecomafie”. I
rifiuti vengono inviati nei Paesi del Terzo Mondo. Gli abitanti di quei luoghi
soffrono già per le condizioni misere e precarie in cui vivono. Allora una
domanda: perché loro devono sopportare le nostre scorie, mentre noi ci
lamentiamo per due sacchetti tenuti temporaneamente in casa? E’ ora di cambiare
mentalità.
Giovanni Puhali - (Liceo linguistico P. d’Aquileia - Gorizia)
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 13 gennaio 2009
Worldwatch: è il caos climatico - Troppe emissioni,
salgono i mari - IL RAPPORTO
Diffuso lo "State of the World" del prestigioso istituto Usa. Conferma le
previsioni più pessimistiche sulla situazione ambientale del pianeta. Cresce la
concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera. Rischia di raffreddarsi la
Corrente del Golfo. Le misure per evitare il peggio
ROMA - Undici su 12. Undici degli ultimi 12 anni rientrano nella dozzina
degli anni più caldi dal 1800 ad oggi. Mentre in Italia qualche giorno di
nevicate trasformava la meteorologia in politica, il Worldwatch Institute, uno
dei più prestigiosi istituti di ricerca americani, stava stampando lo State of
the world 2009, interamente dedicato al caos climatico e alla sua cura. Il
rapporto, che viene reso noto in queste ore a Washington, fa il punto sulla
situazione evidenziando le novità.
Primo: le emissioni. L'Ipcc, la task force di scienziati Onu, è stata accusata
per anni dalla lobby del petrolio di esagerare i toni dell'allarme. Ma dal primo
rapporto al quarto (1990 - 2007) le sue previsioni sono risultate fin troppo
caute: il cambiamento climatico ha battuto ogni stima. Anche l'ultimo dato,
quello relativo al 2007, mostra la continua progressione delle emissioni serra
che derivano dall'uso di combustibili fossili e dalla deforestazione. Si è
passati dai 22,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica del 1990 ai 31
miliardi del 2007: più 37 per cento. A cui vanno aggiunti i 6,5 miliardi di
tonnellate che derivano dalla deforestazione. Così la concentrazione di CO2 in
atmosfera non cresce più al ritmo di 1,5 parti per milione per anno ma è
arrivata a 2,2 parti in più per anno.
Secondo: i mari. La perdita dei ghiacci della Groenlandia e della penisola
antartica non è stata inserita nelle valutazioni dell'Ipcc perché i margini di
incertezza sulla velocità del processo sono stati considerati troppo alti.
Aggiungendo questo elemento, si ottiene un quadro molto più allarmante di quello
fornito dagli scienziati Onu: l'aumento di livello degli oceani nell'arco del
secolo in corso potrebbe superare di tre volte il tetto massimo Ipcc (0,59
metri) disegnando uno scenario in cui la risalita delle acque si misura in metri
anziché in centimetri.
Terzo: i grilletti climatici. Si chiamano tipping points e sono i punti di non
ritorno, i momenti in cui il processo di cambiamento compie un salto brusco e
irreversibile nella scala temporale che interessa l'umanità. Uno di questi
tipping points riguarda la corrente del Golfo, il grande tapis roulant
energetico che riscalda la parte nord occidentale dell'Europa. L'afflusso
massiccio di acqua dolce derivante dalla perdita dei ghiacci artici potrebbe
bloccare o rallentare questa corrente causando un'ondata fredda sulla Gran
Bretagna e sulla Scandinavia (è il fenomeno descritto con hollywodiana
esagerazione nel film "L'alba del giorno dopo"). L'acidificazione degli oceani,
che minaccia molte delle forme di vita marine, costituisce un altro tipping
point.
Quarto: la cura. Per evitare che il caos climatico raggiunga il punto in cui i
danni diventano seri bisognerebbe bloccare la crescita della temperatura a 1,4
gradi di aumento rispetto al livello pre industriale.
In realtà è praticamente certo che questo obiettivo sia oggi irraggiungibile. Ma
ci si potrebbe avvicinare evitando i guai peggiori. Come? La ricetta è contenuta
nella seconda parte del rapporto, quella dedicata agli edifici bioclimatici,
all'aumento dell'efficienza energetica, allo sviluppo delle energie rinnovabili.
Nel 2007 le rinnovabili (compreso l'idroelettrico) hanno fornito il 18 per cento
dell'elettricità su scala mondiale.
Si può fare di meglio. Secondo uno studio del German Aerospace Center, nel 2030
le rinnovabili potrebbero fornire almeno il 40 per cento dell'elettricità
consumata in 13 delle 20 economie più importanti del mondo. Inoltre costruendo
case più intelligenti si ottengono guadagni energetici che vanno dal 50 all'80
per cento e la Gran Bretagna ha già deciso che tutte le case costruite dopo il
2016 e tutti gli edifici commerciali costruiti dopo il 2019 dovranno essere a
emissioni zero.
Obiettivi troppo radicali? I 35 metri l'anno di ritirata dei ghiacci himalayani
che alimentano il Gange (il fiume da cui dipende la vita di centinaia di milioni
di esseri umani rischia di trasformarsi in un torrente) e la pressione crescente
dei deserti asiatici stanno convincendo India e Cina ad adottare politiche
energetiche più caute. Negli Usa, già alla vigilia dell'ingresso di Obama alla
Casa Bianca, 27 stati hanno adottato piani per combattere i mutamenti climatici.
Nel 2006 è stata lanciata una campagna per piantare 2 miliardi di alberi in 150
paesi.
La battaglia sull'energia pulita è in corso. Nel dicembre prossimo, alla
conferenza Onu sul clima di Copenaghen, si vedrà se la specie umana deciderà di
scegliere il clima in cui vivere o se affiderà il suo futuro al caso.
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 gennaio 2009
Piazza Libertà va avanti Ignorate le 10mila firme - «Si
procede secondo i piani» Soprintendenza muta. Omero: non siamo come Genova
Non sono bastate diecimila firme contrarie, una pletora di
progetti alternativi, un gruppo di opinione decisamente consistente che sul
progetto ha segnato una croce da subito. La riqualificazione di piazza Libertà
va avanti secondo i progetti originari del Comune. Ne ha dato conferma anche
ieri l’assessore Bandelli che, a margine delle anticipazioni sui cantieri in
divenire nel 2009, è tornato sull’argomento.
«Piazza Libertà va avanti, non ci piove, e secondo i piani originari. Ci sarà
quindi la variazione totale dell’asse viario, che comporta l’eliminazione di
cinque alberi centenari, e sottolineo cinque, mentre gli altri, con un lavoro
che non sto a dirvi ma è gigantesco e impegnativo, verranno reimpiantati in
posizione diversa. Non mi sembra affatto una scelta distruttiva, lo ribadisco,
così come mi preme di far sapere che grazie a questa scelta verranno recuperati
ben 2500 metri quadrati in più di piazza».
Fin qui l’assessore, anche se le critiche degli ultimi mesi erano incentrate
oltre che sull’aspetto ambientale anche su quello viario. In sostanza: non c’è
la convinzione, in molti, che l’unica maniera di collegare il viale Miramare con
le Rive passi per questa «rivoluzione». Per una singolare coincidenza proprio
ieri il consigliere del Pd della IV circoscrizione, Luigi Franzil, ha ad esempio
rispolverato il suo progetto che media l’originaria idea di far passare il
traffico attraverso l’area del Porto Vecchio a partire dal cavalcavia di Barcola
con un nuovo piano. Basterebbe, in sostanza, realizzare una sorta di corsia «in
trincea», e cioè non abbandonabile, che consentirebbe di bypassare gli eventuali
limiti legati alla presenza del regime di punto franco dell’area.
È rimasta lettera morta, intanto, l’appello lanciato nel luglio dell’anno scorso
da Wwf ed Italia Nostra. Un messaggio mandato in primis alla Soprintendenza ai
Beni culturali affinché ponesse un vincolo a tutela di piazza Libertà. Nessuna
risposta, finora. Forse anche per questo il Comune si sente pienamente
legittimato a proseguire nel suo percorso. Con grande perplessità
dell’opposizione. «Ci sono state raccolte di firme importanti – annota ad
esempio Fabio Omero, capogruppo del Pd in consiglio comunale – che necessitano
di risposte. Oltre a questo mi sembra che lo stesso piano del Comune non
rientri, per contenuti, nella legge nazionale. Si tratta infatti – chiosa Omero
– di un testo che prevede interventi su aree con criticità di ordine sociale,
abitativo e occupazionale, che risultino limitrofe a zone portuali. Il che, se
mi permettete, non è sicuramente il nostro caso. Rientra, semmai, nella
tipologia di una Genova, che non a caso l’ha applicata abbinandoci tutta una
serie di interventi a carattere sociale. Noi invece, come al solito, ci
limitiamo all’apparenza: stucco e pittura...
(f.b.)
Rilevatori anti-smog che tracciano per primi la
composizione chimica delle Pm10 - Centraline inventate a Trieste ma
testate in Liguria
FRANCIOSI, AD DI SINCROTRONE: «L’ARPA FVG NON HA
ADERITO ALLA SPERIMENTAZIONE» - Tour tra i laboratori che usano le lame di luce
All'indifferenza del governo nei confronti della ricerca, che accantona
momentaneamente fondi rendendo indisponibili gli investimenti sui progetti, si
somma talvolta la miopia delle istituzioni locali. Un esempio? Il fatto che
un’equipe del laboratorio Elettra del Sincrotrone abbia messo a punto il primo
modello al mondo di centralina di monitoraggio in grado di fornire in tempo
reale l'analisi chimica delle polveri sottili Pm10 presenti in atmosfera e lo
stia testando, anzichè a Trieste o comunque in Regione, in un Comune ligure. Lo
ha riferito ieri, a margine della visita di Giuliano Amato al Sincrontrone,
l’amministratore delegato Alfonso Franciosi: «Quando abbiamo richiesto alle
diverse Arpa d'Italia di sperimentare il prototipo è stata quella genovese ad
accettare la sfida – ha riferito –: l'Arpa del Fvg non ha infatti ritenuto
opportuno investire risorse umane nel progetto, di cui intendiamo ottenere la
certificazione. Peccato, poiché questo macchinario consente immediatamente di
distinguere tra polveri innocue, come potrebbero essere quelle provenienti dai
deserti africani, e nocive, costituite da metalli pesanti, frutto di smog o
inquinamento industriale. Disporre di questo dato subito e consentire così al
sindaco di Trieste di fissare la chiusura al traffico di un centro storico o
meno può ritenersi importante».
Che le realtà scientifiche cittadine si trovino in difficoltà l’ha lasciato
intuire anche l’ex presidente del consiglio. «Lascio il Sincrotrone con grande
ammirazione e con una punta di angoscia: saprà, l'Italia, essere all'altezza
dell'impegno preso per sostenere e finanziare il suo futuro, vale a dire la
ricerca?». Con questo dubbio amletico, infatti, ieri mattina Amato si è stretto
nel cappotto di lana grigia e con un cenno della mano ha congedato tutti,
infilandosi nell'auto blu. In questo modo ha posto termine alla breve matinée al
Laboratorio Elettra, gioiellino della scienza incastonato tra i pendii di
Basovizza. Un tour voluto per presentare il centro di eccellenza triestino,
specializzato nella produzione della luce al sincrotrone e nel suo utilizzo per
lo studio della materia nei vari stadi di aggregazione. Giurista e professore
emerito di Diritto Costituzionale, Amato è stato accolto poco prima delle 11
dall'ad Franciosi, il quale al termine dell'incontro ha colto al balzo il punto
di domanda lanciato dall'ex presidente del consiglio per trasformarlo in un
graffiante uncino: «Una quota di finanziamento pari al 10% del totale, ovvero
2,6 milioni di euro, è venuta a mancare lo scorso anno a causa
dell'accantonamento posto dal governo per contenere le spese di bilancio:
situazione, questa, che pone a rischio tutti i progetti frattanto avviati. Che
cosa accadrà poi, nel 2009, non è dato sapere». Eppure la realtà di Elettra può
considerarsi a buon diritto virtuosa: 23 le linee operative, a cui si aggiungono
altre 3 in costruzione, 10 i laboratori di supporto, oltre 300 dipendenti, un
migliaio le utenze accreditate (il 45% nazionali) e circa 4mila i visitatori
all’anno. All'incontro hanno preso parte anche il vicepresidente Giovanni
Comelli, il coordinatore dei progetti di ricerca del sincrotroneGiorgio Paolucci,
il deputato Ettore Rosato e il vicepresidente di Area Science Park Francesco
Russo.
(ti.ca.)
Sistiana, via libera del Comune ai lavori della baia
nell’ex cava - Entro l’anno il fondo roccioso sarà abbassato con
l’esplosivo per creare un secondo porticciolo
DUINO AURISINA Una «profonda insenatura» è destinata a
modificare radicalmente il paesaggio arido e brullo, quasi lunare, dell’ex cava
di Sistiana, dove sta sorgendo il progetto turistico dell'imprenditore mantovano
Carlo Dodi.
La darsena è stata approvata già molti anni fa, con l’ormai vetusta Variante 18,
e nelle scorse settimane è stato completato, da parte dell'amministrazione
comunale di Duino Aurisina, l'iter autorizzativo per abbassare il fondo della
cava e trasformarlo in una piccola baia, dove potranno anche ormeggiare alcune
(presumibilmente esclusive) imbarcazioni.
Il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, ha previsto entro l'anno la
realizzazione di quest’opera, ma il portavoce dell'imprenditore Dodi, Cesare
Bulfon, nicchia: «E' presto per annunci di questo genere - dice - tuttavia
stiamo lavorando spediti. Anche se il nostro cronoprogramma non è definitivo,
creare la profonda insenatura entro quest'anno è uno degli obiettivi che ci
siamo preposti».
L’OPERA Si tratta di un'opera di ingegneria idraulica di non poco conto.
Attualmente, infatti, il fondo cava - che è di proprietà del Demanio - si trova
a un metro e 25 centimetri sopra il livello del mare. La creazione
dell'insenatura prevede che la profondità massima da realizzare arrivi a -4,5
metri sul livello del mare. Il bacino, infatti, avrà profondità diverse,
studiate anche per rendere efficiente la circolazione dell'acqua di mare grazie
alle maree, per evitare che il fondale si intorbidisca e resti trasparente
grazie al fondo calcareo.
IL PROCEDIMENTO La proprietà dell’ex cava ha assegnato a uno studio di Padova,
«Matteotti e associati», una consulenza per programmare dal punto di vista
tecnico le opere idrauliche necessarie.
In sostanza, si tratta di scavare ed erodere materiale calcareo fino a quando
non si otterranno la forma e la profondità dovuta. L'intervento - prevede la
proprietà - dovrebbe venir realizzata a secco, lasciando cioè una sorta di diga
di calcare che impedisca all'acqua di entrare fino al momento in cui, abbassato
e modellato il fondo, si toglierà il «tappo» di calcare, togliendo materiale per
una quarantina di metri di larghezza, facendo entrare l’acqua di mare e
allagando il bacino.
L'INSENATURA Il risultato finale, così come approvato dalle amministrazioni
pubbliche, sarà un’insenatura profonda, protetta da un lembo di calcare a Est
che servirà a evitare le mareggiate dovute ai venti di Scirocco e Libeccio.
All'ingresso la profondità maggiore, attorno ai 4,5 metri, e un'imboccatura di
circa 40 metri di larghezza, più o meno la metà dell'ampiezza dell’ingresso
della vicina baia di Sistiana. Solo una parte dell'insenatura verrà adibita a
banchina: si tratta della zona di fronte alla piazzetta edificata, dove
troveranno posto anche alcuni ormeggi, e di un’ulteriore zona, ove il
banchinamento risulta necessario perché la roccia è più friabile. Per il resto
la roccia calcarea resterà naturale: si creeranno delle sponde dove non sarà
possibile l'attracco.
Anche la forma dell'insenatura non sarà squadrata, ma seguirà l'attuale profilo
e verrà ottimizzata per permettere alle correnti di marea di entrare e uscire
garantendo il ricambio dell'acqua. Il diametro nel punto di massima larghezza
dell'insenatura è stato fissato dalle autorizzazioni in una novantina di metri.
I LAVORI Resta da capire la tempistica dei lavori. La proprietà dell’ex cava non
si pone oggi una scadenza precisa, perché l'avvio della realizzazione
dell'insenatura segue il completamento dei lavori di rimodellamento dell’ex
cava, attualmente in corso. «Siamo a buon punto», si limita a commentare il
portavoce Cesare Bulfon.
Francesca Capodanno
BAIA DI SISTIANA - GLI EFFETTI DELL’INTERVENTO - Con
l’acqua temperature ridotte
DUINO AURISINA La profonda insenatura non avrà solo valore
turistico, ma anche ambientale. Servirà infatti a creare un microclima migliore
nella zona dell’ex cava. Il calcare d'estate raggiunge i 50 gradi, temperatura
inadatta non solo per un’attività turistica, ma anche per l'attecchimento delle
circa 10mila piante - tra arbusti e alberi - che saranno utilizzate per
rinverdire la zona.
La creazione della baia avrà più effetti sul clima locale: favorirà da un lato
la presenza del vento, con il sorgere delle termiche (di notte, dove c'è acqua,
per effetto della differenza di temperatura si crea una corrente d'aria dalla
terra verso il mare, mentre di giorno accade il contrario), e dall'altro
migliorerà la rifrazione della luce.
Il progetto per l'insenatura prevedeva in origine il posizionamento di alcune
eliche sott'acqua per migliorare la circolazione del mare, ipotesi poi bocciata
a livello amministrativo: la purezza dell'acqua dipenderà quindi dalla forma e
dall'ampiezza dell'apertura dell'insenatura, che dovrà garantire la circolazione
grazie ai venti e alle maree.
(fr.c.)
Trenitalia, 29 milioni di investimenti in regione -
SUMMIT FRA RICCARDI E I VERTICI DELLE FS
Entro febbraio sarà firmato il contratto di servizio
per il trasporto pubblico in Fvg
TRIESTE «Oggi abbiamo fatto un significativo passo avanti, anche per la
disponibilità manifestata da Trenitalia di investire 29 milioni di euro per
acquistare materiale rotabile e migliorare la qualità del servizio»: così
l'assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, al termine dell'incontro
con i vertici di Trenitalia svoltosi a Udine per il rinnovo del contratto di
servizio per il trasporto pubblico locale. «C'è condivisione sui meccanismi che
avevamo posto come pregiudiziale per la firma del contratto - ha riferito
Riccardi - a cominciare da un sistema di penali legato in particolare agli
aspetti di puntualità e pulizia». L’accordo prevede un costo per la Regione di
35 milioni l'anno, con 100 milioni di investimenti.
Il contratto potrebbe essere sottoscritto entro la fine febbraio per una durata
di sei anni. Nella riunione è stato sottolineato che solo in merito alla
puntualità dei treni, se fossero state in vigore nel 2007 le penalità che
saranno inserite nel nuovo contratto, la Regione avrebbe incamerato oltre 300
mila euro da Trenitalia. Con l'introduzione del nuovo contratto, comunque, le
eventuali sanzioni a carico del gestore del servizio saranno utilizzate dalla
Regione per migliorare ulteriormente la qualità del servizio.
Il documento è il primo del genere che viene sottoscritto direttamente dalla
Regione Fvg. Con l'introduzione del nuovo contratto, dunque, le eventuali
sanzioni a carico del gestore del servizio saranno utilizzate dalla Regione per
migliorare ulteriormente la qualità del servizio, specie in materia di pulizia e
puntualità. Come spiega Riccardi, «Trenitalia ha condiviso l'inserimento nel
contratto, da noi auspicato e voluto, di un sistema di sanzioni, in particolare
legato agli aspetti della puntualità e della pulizia dei treni ma anche ad altri
temi inerenti la qualità del servizio, quali le eventuali soppressioni di corse,
le informazioni alla clientela, l'attività di manutenzione». Trenitalia è
disponibile ad affiancare la Regione nell'acquisto di nuovo parco rotabile. Si
tratta in pratica di oltre 100 milioni di euro (74 di fonte regionale, 29 da
parte di Trenitalia) che saranno messi a disposizione del trasporto regionale su
ferro da fine 2011 a inizio 2012».
ANIMALI IN CITTA’ - «Cinghiali, basta limitare le
licenze edilizie»
Egregio assessore Godina, mi sono scompisciato dalla
risate quando ha detto «non mi interessa fare Tex willer» e poi ha aggiunto:
«faremo uno studio per vedere perché queste bestie si spostano sino al centro
cittadino».
A titolo gratuito, senza spendere soldi dei contribuenti, ed è una cosa lampante
agli occhi di tutti, le dico che il Comune di Trieste rilasci meno licenze
edilizie di costruzione nella periferia e sull’altipiano, vedi Sincrotrone,
Conconello, Baiardi, Beatitudini, Strada di Basovizza, Banne, tutte zone da
sempre frequentate dai cinghiali.
Ecco perché cercano il mangiare in città e periferia.
Se si riduce lo spazio vitale perché lamentarsi come fanno i raccoglitori di
firme, dei quali vorrei sapere quanti si sono fatti la villa in posizione
panoramica, «vista mare» alle spalle dei cinghiali. Dopo aver ascoltato una
trasmissione su radio regionale lunedì 5 gennaio in cui il signor Predonzan
diceva che più licenze edilizie il Comune rilascia, più incamera soldi, mi sorge
spontanea una riflessione: perché il bosco Capofonte dopo anni di richieste non
viene perimetrato onde non poter costruire? Gradirei sapere attraverso il
giornale quali attività benefiche beneficeranno della carne di cinghiale. Come
non dice il signor Godina, sono sempre dalla parte dei più deboli, Tex insegna.
Lettera firmata
Sul rigassificatore
In risposta alla segnalazione «Rigassificatori, politici
ondivaghi» pubblicata su «Il Piccolo» il 6 gennaio 2009, volevo precisare alla
gentile lettrice Graziella Albertini che la mia posizione sul rigassificatore di
Zaule non è cambiata e continua ad essere contraria.
Semplicemente negli ultimi mesi non ho avuto l’occasione di ribadirla. Una sola
considerazione mi sia permesso di aggiungere, ed è una domanda che faccio
innanzi tutto a me stesso fin dal luglio 2006 quando, da consigliere comunale di
Trieste, mi occupai per la prima volta della questione: «E’ lecito dire no al
rigassificatore a terra, quando a poco più di 100 km in linea d’aria da Trieste
abbiamo la centrale nucleare di Krsko?».
Bruno Marini - consigliere Regionale del Pdl
Sul rigassificatore (1)
Rispondo all'a.d. di AcegasAps, Cesare Pillon che sul
Piccolo del 7 gennaio 2009, asserisce : «Col rigassificatore saremmo autonomi».
Innesca, il Pillon, un ulteriore scadimento di credibilità verso tutti coloro
che inneggiano ai rigassificatori, asserendo, con notizie mai esaustive,
soltanto ciò che fa riferimento alla costruzione dell'impianto di
rigassificazione di Zaule. Dice «saremmo autonomi». Non si dà peso alla
tempistica in cui si realizzerebbe l’eventuale rigassificatore, che sarebbe
superato dall’avvento del Cartello del gas sottoscritto a Doha (Qatar) nel
dicembre 2008 e di cui fanno parte tutti i Paesi che non sono soltanto quelli
dei metanodotti, ma anche quelli che generano il gnl (gas naturale liquefatto)
che, allo stato, riescono a malapena a produrre il 50% della domanda mondiale
(non si include il rigassificatore di Rovigo perché uno dei tre soci, con il 45%
è lo Stato del Qatar ). In quella riunione di Doha, tra le altre cose è stato
detto che i tempi del gas a buon mercato sono finiti. Tutto ciò premesso, non è
dato sapere dove l’ad di AcegasAps, trovi il coraggio di propalare notizie così
rassicuranti sulla estrema convenienza dei rigassificatori (forse si riferiva
soltanto a chi li costruisce), quando il nuovo cartello del gas, non appena sarà
operativo, detterà (sul sistema dell’Opec per il petrolio), tempi, strategie di
forniture (quali saranno i paesi maggiormente privilegiati?), ed i prezzi che,
come detto più sopra, verranno stabiliti dalla neonata organizzazione del gas.
In questa esposizione delle reali problematiche legate al gas (ed anche ai
rigassificatori), si deve indossare l’abito dell’umiltà e, con estremo rigore,
raccontare le cose come stanno e non quelle che convengono e sono pubblicizzate
col poco etico comportamento di nascondere (per ignavia o per malriposta buona
fede) la verità ai cittadini.
Arnaldo Scrocco - addetto stampa Comitato per la salvaguardia del golfo di
Trieste
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 12 gennaio 2009
"Non comprate tv al plasma: inquinano come dei
Suv" - Iniziativa ambientalista del governo inglese in merito a questa
tecnologia per i grandi schermi. Appello ai consumatori
LONDRA - Li chiamano "i 4x4 del salotto": sono i
televisori giganti al plasma, il cui schermo piatto da 50 pollici in su occupa
tutta, o quasi, una parete. Come i fuoristrada che inquinano l'ambiente, ora
anche queste mega-tivù sono nel mirino degli ambientalisti: consumano troppa
energia, quattro volte di più di un tradizionale televisore e più del doppio di
uno delle stesse dimensioni a cristalli liquidi. Perciò il governo laburista di
Gordon Brown ha deciso di metterli al bando come mossa contro il cambiamento
climatico, secondo quanto hanno anticipato fonti ufficiali al quotidiano
Independent.
L'iniziativa fa parte di una più ampia lotta alle tivù che consumano in modo
eccessivo: l'Unione Europea sta finalizzando i dettagli di un nuovo regolamento
che obbligherà a rispettare degli standard minimi per tutti i televisori. I
modelli più spreconi verranno gradualmente mandati in pensione, e il resto
riceverà etichette che indicheranno chiaramente il consumo di energia in modo da
permettere agli acquirenti di identificare i più e i meno efficienti dal punto
di vista del risparmio energetico. Un piano che prende ad esempio misure simili
entrate in vigore in tutta Europa per i frigoriferi e per altri
elettrodomestici, risultato in un considerevole risparmio di energia nel corso
dell'ultimo decennio.
Il problema è che negli ultimi trent'anni, nel Regno Unito come nel resto
d'Occidente, il numero degli elettrodomestici e dei gadget elettronici in una
casa media è quasi triplicato, passando da 17 a 47. Là dove una volta c'erano
solo il ferro di stiro, l'aspirapolvere, la lavatrice e un televisore per tutta
la famiglia, ora si aggiungono congegni di ogni tipo, dagli scanner agli
allarmi, dalla macchina per fare il caffè e il cappuccino ai computer e alle
console di videogiochi. Per tacere delle tivù, che si sono moltiplicate al punto
che oggi nelle abitazioni di questo paese ce ne sono 60 milioni, una per ogni
membro della popolazione, inclusi i neonati e chi la televisione non la guarda
mai. L'ammontare di energia necessario per far funzionare questa esplosione di
elettrodomestici è più che raddoppiato nel medesimo periodo di tempo, e gli
esperti calcolano che crescerà di un altro 12 per cento nei prossimi quattro
anni.
Il boom in televisori a schermo piatto, così come quello in televisori sempre
più grandi, contribuisce all'aumento del consumo energetico. Perciò il governo
ha ora deciso di intervenire con un divieto per le tivù al plasma più grandi, le
"4x4 del living-room" appunto. Un televisore al plasma da 50 pollici può
consumare 822 kilowatt per ora, contro i 350 di un televisore a cristalli
liquidi della stessa grandezza e i 322 di un tradizionale televisore a tubo
catodico. Un grosso modello al plasma può consumare quattro volte più
elettricità del più grande modello catodico, ed essere responsabile
dell'emissione di quattro volte tanto ossido di carbonio. La campagna per
ridurre il consumo energetico della tivù include l'ammonimento di non spegnere i
televisori col telecomando, ma con il tasto sulla tivù, in modo da staccare
completamente l'energia: di notte, con lo schermo buio, i "fuoristrada da
salotto" continuano a sprecare elettricità.
ENRICO FRANCESCHINI
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 gennaio 2009
Pronto il piano, saranno abbattuti cento cinghiali - Ok
dalla Regione, in azione i guardacaccia della Provincia. Dipiazza: la Hack
taccia su ciò che non sa
Un esemplare su 10 verrà eliminato
«La signora Margherita Hack non deve parlare di caccia e di cinghiali di cui
non sa nulla. Io non mi permetto mai di discutere di pianeti e sistemi solari
che evidentemente esulano delle mie conoscenze. L’altra sera alla trasmissione
tv di Fabio Fazio su Rai3 ”Che tempo che fa” non ne ha azzeccata una. La parola
è d’argento, ma il silenzio in questo caso sarebbe stato d’oro».
Il sindaco Roberto Dipiazza ha replicato con la consueta «verve» a quanto ha
affermato la più nota astronoma italiana sul problema dei cinghiali che
assediano la città sostenendo che «siamo noi umani che abbiamo sottratto loro il
territorio e l’habitat naturale». La vicenda dei cinghiali triestini, finora
relegata all’ambito provinciale, è così approdata alla ribalta nazionale.
«Devastano i campi, gli orti, le vigne. Danneggiano l’agricoltura, costituiscono
un pericolo per la circolazione. Non vorrei che accadesse un incidente con
feriti o anche peggio... Ecco perché la Regione ha autorizzato un piano di
abbattimento e io come sindaco ho emesso un’ordinanza che vieta alla gente di
dar loro da mangiare».t
Dell’ordinanza si sa tutto da tempo, mentre il piano di abbattimento di un
centinaio di capi è in dirittura d’arrivo. In sintesi cento cinghiali hanno i
giorni contati. I guardacaccia della Provincia a breve punteranno le carabine di
precisione e inizieranno ad applicare il piano di abbattimento autorizzato dalla
Regione. Verrà così limitato il numero di esemplari sul nostro territorio. Oggi
ce ne sono mille ma crescono di numero con un ritmo impressionante, prossimo al
160-200% annuo. Il problema che assilla Trieste coinvolge anche altre città: tra
esse Berlino, nei cui parchi vivono diecimila esemplari. Ecco perché nel mirino
dei guardacaccia entreranno prevalentemente gli esemplari giovani e i piccoli,
proprio per contenerne al massimo la popolazione.
«Stiamo mettendo a punto tutti gli interventi possibili. Non solo gli
abbattimenti ma anche l’eventuale trasferimento degli esemplari in altre
località» spiega Walter Godina, vicepresidente della Provincia. «Attendiamo
anche di verificare l’efficacia delle ordinanze emesse dai sindaci con cui viene
vietato di fornire cibo a questi animali. Comunque è questione di giorni o al
massimo di un paio di settimane». Gli abbattimenti non sono ancora iniziati
anche perché devono essere messe a punto le tappe successive alle uccisioni. È
necessario svuotare le carcasse dalle interiora che non possono essere
abbandonate nei boschi. Ogni cinghiale deve essere poi esaminato in tempi
stretti da un veterinario. È questo
CLAUDIO ERNÈ
Bonificare costa 352 milioni, metà tocca alle imprese -
Spesa lievitata di una sessantina di milioni nel nuovo accordo di
programma approvato dalla Regione
IL DOCUMENTO PREVEDE ANCHE UN ALTRO DEPURATORE. PRIME
CRITICHE DA VISENTINI (UIL)
Il 30 dicembre, quando anche la maggioranza dei triestini si stava
preparando ai festeggiamenti di fine anno, la giunta regionale ha trovato il
tempo per approvare, «in via preliminare», la nuova versione dell’accordo di
programma per la messa in sicurezza e la bonifica del Sito inquinato. Dal
documento emerge che il costo complessivo degli interventi aumenta di una
sessantina di milioni e che più di metà dei 352 milioni previsti sarà a carico
delle imprese.
Una versione concordata con il ministero dell’Ambiente, ma che deve ancora
essere inviata a ministeri ed enti locali chiamati a sottoscrivere l’intesa, che
prima dovranno sottoporla ai rispettivi consigli.
Nei programmi delle istituzioni questo testo dovrebbe essere quello definitivo,
stante anche il fatto che poco più di un mese fa il sottosegretario
all’Ambiente, Roberto Menia, aveva ammonito ancora una volta sul rischio di
perdere i fondi pubblici per lo start-up delle attività di messa in sicurezza e
bonifica se per la firma non veniva rispettata la data del 31 dicembre.
REAZIONI Come in altre occasioni della lunga e complessa vicenda legata al Sito
inquinato, anche stavolta il condizionale è d’obbligo. A parte la non scontata
approvazione degli enti locali, il fronte sindacale è già in allarme. Luca
Visentini, segretario regionale della Uil, che a fine novembre aveva parlato di
«procedura capestro», afferma che il testo è in sostanza lo stesso di quello
(contestato) che porta la data del 28 ottobre. «La Regione – rimarca Visentini –
ha confermato tutto quanto avevamo già criticato: tutte le bonifiche sono a
carico delle imprese, anche di quelle che non sono responsabili
dell’inquinamento. Salta quindi il principio secondo cui chi non ha inquinato
non paga».
Preannunciando la richiesta di un incontro urgente alla Regione, il segretario
della Uil critica poi l’atteggiamento degli assessori alla Programmazione e
all’Ambiente, Sandra Savino e Vanni Lenna: «A fine novembre – ricorda – ci
avevano detto che avrebbero riconvocato il tavolo con imprenditori, istituzioni
e sindacati. E’ un fatto molto grave. Non solo gli assessori non ci hanno
convocato, ma hanno varato una delibera che in sostanza certifica la
responsabilità di tutte le imprese».
DIFFERENZE Il testo della delibera del 30 dicembre riporta poche differenze
rispetto a quello precedente. Fra queste, la previsione esplicita degli
interventi per l’adeguamento del depuratore di Servola, la cui realizzazione
sarà di competenza del Comune di Trieste (ma con i fondi dell’accordo di
programma).
Ma sarà necessario anche un nuovo depuratore. Il nuovo testo chiarisce infatti
che per la depurazione delle acque del sito industriale dovrà essere progettato
e realizzato (dove è tutto da stabilire) un nuovo impianto di depurazione,
utilizzabile per il trattamento delle acque di falda prelevate a monte del
sistema di contenimento (la tanto discussa barriera a mare, su cui fa perno la
messa in sicurezza dei terreni del Sito inquinato).
COSTI Come preannunciato nelle riunioni di fine novembre, il costo complessivo
degli interventi aumenta di una sessantina di milioni, passando da 286 a 352. Le
attività della prima fase richiederanno 132 milioni, mentre per quelle della
seconda ne serviranno 220.
I 132 milioni della prima fase serviranno per: il completamento della
caratterizzazione delle aree pubbliche, la progettazione e la realizzione degli
interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera (complessivi
52 milioni); le opere di infrastrutturazione del porto funzionali alla messa in
sicurezza e alla bonifica (40 milioni); la progettazione e la realizzazione del
depuratore di Servola (30 milioni); l’adeguamento dell’impianto di depurazione
per le acque di falda (10 milioni).
Nella seconda fase, gli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda
richiederanno 60 milioni, mentre ben 160 saranno necessari per la
caratterizzazione, la progettazione e la realizzazione della bonifica.
FINANZIAMENTI I 132 milioni della prima fase (che dovrebbero essere già «al
sicuro» secondo l’assessore regionale all’Ambiente) arriveranno da diverse
fonti: 40 milioni dall’Autorità portuale, quasi 11 dal ministero dell’Ambiente
(programma nazionale di bonifica), 63 dalla Regione (programmazione 2007-2013,
fondi Fers e Fas), e 18,1 dalle transazioni con aziende altamente impattanti
(16,1 a titolo di risarcimento danni e 2 quale concorso al «marginamento»).
Dei 220 milioni previsti per la seconda fase, 60 saranno reperiti attraverso non
meglio precisate «risorse programmatiche», mentre ben 160 sono previsti dalle
transazioni con le imprese, a titolo di risarcimento del danno ambientale.
In sostanza, fra la prima e la seconda fase, dei 352 milioni del costo
complessivo per l’attuazione dell’accordo 178 (il 50%) risultano a carico delle
imprese, grandi e piccole, insediate nelle zione industriali comprese nel Sito
inquinato.
GIUSEPPE PALLADINI
Enpa ai politici: no ai Parchi del mare - «SONO CARCERI
D’ACQUA»
Un «no» deciso agli acquari, ai parchi del mare e alle
analoghe iniziative.
Lo ha pronunciato da tempo l’Enpa-Ente nazionale protezione animali, ma ora la
sua opposizione sta coinvolgendo i consiglieri comunali, provinciali e
regionali. Gianfranco Urso, coordinatore regionale dell’Enpa, ha inviato loro
una lettera aperta in cui esprime tutto il suo dissenso per la ventilata
realizzazione di queste «carceri d’acqua». Tre i progetti contestati: «Il Parco
del Mare, sponsorizzato dal presidente della Camera di commercio Antonio
Paoletti, quello delle società che fanno capo agli imprenditori Maurizio
Zamparini ed Enrico Marchi, nonché la proposta avanzata dal sindaco di Trieste
Roberto Dipiazza».
«L’Enpa è preoccupata non solo per gli aspetti legati al benessere degli
animali, ma anche per i risvolti di natura etica ed economica» scrive Urso nelle
prime righe della lettera in cui affronta immediatamente il problema dei costi.
«Gli acquari pubblici richiedono nel tempo imponenti costi gestionali. Si tratta
infatti di strutture dagli enormi consumi energetici. Non vi sono in Italia
acquari pubblici esenti da cospicui aiuti pubblici, sia in fase di realizzazione
che di rinnovo. L’acquario di Genova giustifica il suo rilancio grazie a
rilevanti apporti pubblici, assolutamente preponderanti rispetto alla esigua
partecipazione privata. Recenti analisi dei flussi economici generati dagli
acquari hanno rilevato una ricettività sostanzialmente derivante dall’invadente
e poco produttivo turismo mordi e fuggi. Come non collegare questa
preoccupazione all’abbandono di Trieste deciso dalla navi bianche della Costa
Crociere e della Mediterranean Shipping Company?»
Gianfranco Urso manifesta anche il suo dissenso etico e scientifico. «In un
acquario, al di là dell’impianto scenico costruito, vengono imposti agli animali
spazi incredibilmente ristretti rispetto a quelli richiesti. È ormai assodato
come la costrizione spaziale non consente la piena manifestazione delle
caratteristiche della specie, riflettendosi sulle condizioni di benessere degli
animali. Abbiamo appreso che a Trieste dovrebbero essere finanche reclusi
squali, razze e altri pesci con caratteristiche pelagiche. Questa iniziativa, a
nostro avviso, dequalificherebbe grandemente la città».
(c.e.)
Decrescita anti-crisi - DIBATTITO SULL’ECONOMIA
SOLIDALE
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040
3733209 e 040 3733290) almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
Oggi, alle 17.30, nella sala Baroncini si parlerà di «decrescita». Di che cosa
si tratta? È ormai diffusa la consapevolezza che l’attuale modello di sviluppo,
centrato sull’ideologia della crescita infinita, oltre a essere incompatibile
con la limitatezza delle risorse naturali e con la capacità della biosfera di
assorbire l’impatto antropico, crea infelicità e pericolo di guerra. Questa
consapevolezza ha prodotto finora una serie crescente di buone pratiche che
cercano di dare risposte concrete a questi pericoli e che sono la raccolta
differenziata, i bilanci partecipativi, l’agricoltura biologica, la finanza e il
commercio etici.
Ma non basta. Occorre un progetto politico che definisca obiettivi e percorsi e
che sia in grado di realizzare nuove istituzioni su cui fondare la società e
l’economia solidale. Nel marzo scorso, per iniziativa di un insieme di persone,
associazioni e gruppi operanti in regione, si è avviata una fase costituente
della Rete di Economia Solidale (Res). L’intento è quello di costituire
distretti di economia solidale.
Alla riflessione odierna, promossa da Edoardo Kanzian, interverrà Paolo Cacciari,
che presenterà la sua pubblicazione «Decrescita o barbarie». Al dibattito,
inoltre, prenderanno parte Emiliano Bazzanella, Kenka Lekovich, Ferruccio Nilia
della Res e la responsabile triestina Mara Giorgini, Antonio Palmisano, Stefano
Sodaro, Rosalba Trevisani. Ci saranno letture di Liliana Saetti e musiche di
Claudio Raini. Nell’occasione verrà presentato il nuovo audiolibro «Il piccolo
principe» curato da Alessandro Paronuzzi.
Il dibattito è propedeutico alla realizzazione, anche a Trieste, di una festa
della «decrescita», che a Sacile è già arrivata con successo alla terza
edizione.
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 gennaio 2009
Comitato NoSmog: «I nostri dati su Servola Polveri sottili oltre i limiti un giorno su tre» - INQUINAMENTO: I DATI DEL COMITATO "NO SMOG"
Un 2008 superinquinato a Servola a un anno dalla
concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Lo hanno denunciato
ieri i cittadini del Comitato No smog presentando nuove analisi autonomamente
ordinate, esami medici fatti in proprio, video di paurose fiammate notturne,
dati dell’Arpa fin qui mai resi pubblici. Polveri sottili superate 115 volte nel
2008 in via San Lorenzo in Selva (il limite consentito è 35), una media annua di
41,38 nanogrammi per metro cubo (il limite è 40), concentrazioni spaventose
vicino alla Ferriera quando escono fumi e puzze: fino a 2269 nanogrammi (il
limite è 0,1), misurati dall’Arpa con strumenti portatili.
Facendo controllare i deposimetri (contenitori per misurare la quantità di
inquinanti scesi dall’aria) si è scoperto che quello «neutro» di controllo, il
più distante dalla Ferriera, sito in via Costalunga, dietro il cimitero di Sant’Anna,
dà sorprendenti e fin qui ignorati risultati. È zeppo di idrocarburi policiclici
aromatici (Ipa) in proporzioni eccezionalmente maggiori rispetto all’area più
prossima alla fabbrica siderurgica che desta scandalo nei residenti. Qui i
limiti sono stati superati anche di 50 volte rispetto a Servola (509,7
microgrammi per chilogrammo di polveri nell’aprile 2008).
Con questi dati, spiegando di aver speso di tasca propria per rifarli
autonomamente con ditte certificate oltre che con l’Arpa, e presentando nuove
analisi del sangue svolte a Udine su cinque cittadini da cui risulta che tutti
avevano percentuali superiori al limite di manganese, nichel, cadmio, il
Comitato di Servola No smog ha tenuto ieri una sorta di lezione magistrale sulla
situazione Ferriera-quartiere e città, trasformando il salone di una trattoria
in una sala conferenze con audiovisivi.
Oltre alle diapositive, sono stati proiettati anche servizi televisivi con
esplicite, reiterate dichiarazioni del presidente della Regione Tondo: «La
Ferriera va chiusa, chiuderemo la Ferriera». Il Comitato ha citato i richiami al
sindaco dell’Azienda sanitaria, reiterati anche a giugno 2008, dove si ripete
che se anche un solo cittadino abita nell’area definita industriale, lì non è
ammesso inquinamento.
I No smog (guidati dalla presidente Alda Sancin e dal segretario Adriano Tasso)
hanno anche portato all’attenzione il fatto che che tra marzo e maggio
(dichiarazioni ufficiali della Lucchini) nell’altoforno sono state bruciate 2800
tonnellate di catrame residuo. «Lo stato dell’inquinamento corporeo dei
servolani risulta pari a quello di chi lavora nella posa dell’asfalto». Inoltre
si è voluto indagare anche su tutti gli Ipa dei fumi, non solo sul benzoapirene
già preso in esame, richiamando l’attenzione sugli oltre 1800 bambini che
gravitano nel rione e denunciando che nel 2007 e nel 2008 questi e i metalli
pesanti non risultavano essere stati controllati, «mentre a oggi non sono
controllati né da Regione né da Provincia i fumi dei camini».
Il medico Fabio Petrossi ha esposto poi letteratura scientifica sui grandi
maggiori rischi di salute per chi vive in zone inquinate. Dal pubblico qualcuno
ha reagito: «Questo lo sappiamo già». Ma posto che il comitato ha fatto una
approfondita sintesi della situazione 2008, all’Azienda sanitaria non risultano
novità di rilievo, «né in bene né in male» dice il direttore generale Franco
Rotelli, dopo le comunicazioni di diffida al sindaco inviate nel 2007 e
reiterate anche lo scorso giugno, con la quale si citavano i già avvenuti
sforamenti dei limiti annuali dopo sei mesi alla stazione di Servola e i già
prevedibili superamenti delle altre centraline.
«I residenti fanno le loro valutazioni - dice Rotelli che già a suo tempo
giudicò non preoccupante il fatto che un terzo del campione di servolani
analizzati avesse più manganese nel sangue rispetto ai limiti - ma a me non è
stata segnalata nessuna nuova situazione di allarme».
GABRIELLA ZIANI
WWF: DA ELETTRA I GAS ARRIVANO FINO A SAN LUIGI -
Ferrara (Lega): il centrodestra dopo anni non ha più alibi
Due ex assessori all’Ambiente del Comune, Maurizio Ferrara
(oggi Lega) e Maurizio Bucci (oggi consigliere regionale Pdl) erano in prima
fila ad ascoltare i No smog, assieme a Sergio Lupieri (consigliere regionale Pd),
e Fabio Gemiti (Wwf) che ha citato ulteriori inchieste: «Elettra porta gas
inquinanti fino al verde quartiere di San Luigi».
Lino Santoro, presidente di Legambiente: «I lavoratori hanno accettato soldi
dell’azienda per la superproduzione dell’ultimo periodo, soldi che si sarebbero
potuti usare per le bonifiche ambientali. Chiediamo poi che associazioni e
comitati siano ammessi alle conferenze decisionali in materia».
Bucci: «Porterò a Tondo il filmato sulle fiammate in fabbrica di quest’estate. È
incredibile che dei privati cittadini debbano realizzare ricerca in proprio.
Purtroppo il processo di revisione dell’Aia non procede perché la Provincia è
l’unica a non aver inviato le proprie osservazioni». Ma l’assessore regionale
all’Ambiente, Lenna, dà un’altra motivazione: «L’azienda ha fatto ricorso al Tar
e questo ha fermato il processo».
Fabio Barbieri, del Cigra universitario, ha rimandato i cittadini alla
normativa: «L’Arpa su Servola adopera modelli matematici sofisticati, e inoltre
i deposimetri per legge servono solo a una mappatura, senza limiti di soglia». E
Ferrara: «Il centrodestra ha vinto le elezioni soprattutto grazie alla
dichiarata volontà di chiusura della Ferriera, oggi siamo a un bivio e non
abbiamo alcun alibi, Trieste si aspetta che le promesse siano mantenute, non ci
si potrà più presentare alle elezioni parlando di Ferriera». Ferrara contesta
anche il mancato avvio di un «progetto occupazionale alternativo». Lupieri:
«Ottimo lavoro quello di No smog, incredibile che nessuno più controlli i
camini, si riconferma che la Ferriera non è compatibile col tessuto urbano,
occorre una seria sinergia per arrivare alla chiusura».
(g. z.)
Hack da Fazio: a Trieste uccidono i cinghiali -
L’astrofisica: «Li hanno cacciati dal loro habitat e ora il sindaco ordina di
abbatterli»
OSPITE DI «CHE TEMPO CHE FA» SU RAITRE
I cinghiali di Trieste adesso sono diventati un caso nazionale. O, meglio,
lo è diventato il loro abbattimento. È stato questo infatti il tema che ha
introdotto l’intervista della professoressa Margherita Hack a «Che tempo che
fa», il programma di RaiTre condotto da Fabio Fazio. È stato lo stesso
conduttore a pungolarla e la scienziata non si è lasciata scappare l’occasione
per un’accorata difesa degli animali.
«I cinghiali si stanno espandendo perché sono stati cacciati dal loro habitat
naturale, vanno verso la città a caccia di cibo e il sindaco di Trieste Dipiazza
– ha raccontato l’astrofisica – adesso ha ordinato di abbatterli. Li stanno
ammazzando».
La Hack, animalista convinta, più volte in passato ha animato vere e proprie
battaglie. Come presidente dell’Associazione per i problemi di bioetica si era
battuta contro la caccia. Quando la Regione aveva autorizzato l’abbattimento dei
cormorani e dei gabbiani che si avvicinano alle valli da pesca o agli
allevamenti di trote l’astrofisica aveva parlato di sterminio di specie
protette.
Adesso lo sfogo contro la decisione (legittimata nei giorni scorsi
dall’assessore regionale Violino) di abbattere esemplari di cinghiali nel
territorio della nostra provincia. Una misura che era stata sollecitata dal
sindaco Dipiazza e dalla Provincia e che chiama in causa le doppiette delle
guardie forestali. Secondo una stima, sarebbero attualmente un migliaio gli
esemplari in circolazione. Nelle scorse settimane il sindaco ha anche firmato
un’ordinanza che prevede multe salate (dai 150 fino ai 900 euro) per chi viene
sorpreso a dare da mangiare ai cinghiali. Le zone monitorate vanno da San Luigi
a Strada del Friuli, dove è stata segnalata la presenza di questi animali,
spintisi fino a ridosso del Viale XX Settembre. Finora non risulta siano state
inflitte sanzioni.
Nella sua apparizione televisiva, tuttavia, la professoressa Hack non si è
limitata a parlare di difesa degli animali. Ha presentato il libro «Le mie
favole» uscito per le Edizioni dell’Altana (Fazio: «Lei salva Pinocchio e
affossa Harry Potter...») e poi, raccogliendo l’invito a parlare dell’inizio
dell’espansione dello spazio, ha brillantemente catturato l’attenzione del
pubblico, sforzandosi di trasmettere informazioni su una materia così complessa
nel modo più accessibile al popolo televisivo.
Guerra del gas, Mosca firma l’accordo con l’Ue - SVOLTA
NELLA CRISI ENERGETICA
Ma il premier Putin accusa Kiev. La Croazia taglia le forniture alle grosse
utenze industriali
MOSCA Sembra vicina a una soluzione la guerra del gas tra Mosca e Kiev,
almeno sul fronte delle forniture di gas russo all'Europa attraverso l'Ucraina:
nel pomeriggio Mosca ha sottoscritto con la Ue un protocollo per il monitoraggio
internazionale del transito del proprio metano e stasera potrebbe firmarlo anche
Kiev, come ha preannunciato il viceministro degli esteri ucraino Kostiantin
Eliseiev.
Intano, per voce del premier Iulia Timoshenko, l’Ucraina si è detta «pronta al
compromesso, sia tecnico che politico» per far sì che l'Europa torni a ricevere
il gas russo che transita attraverso il suo territorio.
A tessera la tela di questa difficile mediazione è stato il presidente di turno
della Ue, il premier ceco Mirek Topolanek, che dopo un incontro di cinque ore a
Mosca con il premier Vladimir Putin è tornato nella capitale ucraina per
incontrare nuovamente la sua collega Iulia Timoshenko. Il protocollo definisce
le modalità del monitoraggio e la composizione della commissione incaricata, di
cui faranno parte non solo esperti ucraini, russi e della Ue ma anche di
compagnie europee importatrici, come annunciato da Putin e avversato da Kiev,
nel timore dell'inclusione di società controllate in qualche modo da Gazprom.
Il premier russo ha assicurato che i rubinetti, chiusi mercoledì scorso con
l'accusa - respinta da Kiev - di furti di gas, riapriranno «non appena il
meccanismo di controllo comincerà a lavorare». Da quel momento, però,
occorreranno circa tre giorni per far arrivare il metano all'Europa, che importa
il 25% del gas dalla Russia, l'80% del quale passa attraverso l'Ucraina. Gli 'osservatorì
sono già partiti per i siti prestabiliti ma appare difficile il ripristino della
normalità prima di lunedì-martedì: i Paesi europei più colpiti dall'emergenza
nel pieno di un'ondata di gelo, come la Serbia, la Bosnia-Erzegovina e la
Slovacchia, dovranno stringere ancora i denti.
Putin ha inoltre minacciato la riduzione delle forniture in caso di nuove furti
da parte ucraina e non ha rinunciato ad attaccare l'ex repubblica sovietica,
accusandola di un vero e proprio «blocco del gas» di cui i Paesi rimasti vittima
dovrebbero chiedere conto ad un tribunale speciale, come previsto dalla carta
energetica.
Il capo del governo russo non ha esitato a puntare il dito contro «un'aspra
lotta politica interna» che sta degenerando «in una lotta tra clan» e di cui
«siamo diventati ostaggio»: evidente l'allusione allo scontro fratricida tra il
presidente Viktor Iushenko e la premier Iulia Timoshenko, entrambi in corsa per
le presidenziali di fine anno. Ma Putin si è spinto oltre, sostenendo
paternalisticamente che Mosca vuole «aiutare l'Ucraina a sbarazzarsi di
truffatori e corrotti» che speculano nel rivendere internamente il gas russo a
prezzi quasi raddoppiati. Un colpo assestato pensando anche alla trattativa,
ancora in alto mare, sul prezzo del gas all'Ucraina per il 2009, che il Cremlino
vuole portare a livelli di mercato europeo.
Intanto per gli effetti della crisi energetica tra Russia e Ucraina, in Croazia
il governo ha deciso ieri di tagliare le forniture di gas alle grosse utenze
industriali, mentre restano sospese le consegne di gas naturale russo al Paese
slavo dove il freddo intenso ha causato un forte incremento dei consumi
energetici.
IL PICCOLO - SABATO, 10 gennaio 2009
Ferrovie, contratto anti-disservizi - Lunedì con
la Regione la bozza dell’accordo: la firma a primavera
TRIESTE Call center per i disservizi, multe nel caso di
ritardi o scarsa pulizia, pendolari che osserveranno i trasporti regionali
aiutando la Regione a intervenire tempestivamente, termini ben precisi entro cui
Trenitalia dovrà garantire la soluzione dei problemi. Si tireranno il 12 gennaio
le fila del nuovo contratto di servizio tra Regione Fvg e Trenitalia, per la
gestione pluriennale delle linee di trasporto regionale su ferrovia. Un
contratto che si sta attendendo da anni e che la Regione ha tutte le intenzioni
di chiudere entro primavera. Per questo lunedì è in previsione l'incontro
«decisivo», nel quale si darà il primo avvallo alla bozza proposta e si
chiariranno, una volta per tutte, i tempi previsti. Come ha specificato
l'assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, «entro al massimo uno o due mesi
potremmo finalmente chiudere la vertenza». I punti sui quali si vuole insistere,
anche sentite le esigenze dei Pendolari, sono tre, ovvero puntualità,
soppressione improvvisa di treni, pulizia. La qualità di questi tre aspetti
dovrà essere garantita da Trenitalia, che altrimenti potrà anche andare incontro
a sanzioni. Questa è infatti l'intenzione, dichiarata, della Regione. E per
sorvegliare meglio che effettivamente le condizioni dei treni in regione siano
buone, ecco che la Regione ha intenzione di introdurre, all'interno del nuovo
Contratto, anche la realizzazione di un servizio proprio di segnalazioni su
disfunzioni e lamentele da parte degli utenti di Trenitalia, sull'esempio di
quanto fatto in altre regioni, come ad esempio il Veneto. Al momento,infatti, i
reclami degli utenti delle ferrovie locali possono pervenire solo tramite un
sistema di mail che però funziona a livello nazionale: c'è un indirizzo a cui
inviare la propria lamentela, e di solito, come spiega il Comitato pendolari,
entro una quindicina di giorni si riceve una risposta. Essendo nazionale, però,
è chiaro che il controllo e la possibilità di far pressioni per eventuali
miglioramenti, da parte dell'ente regione, è limitata. Diversa invece è la
situazione in cui i reclami arrivassero direttamente alla Regione. E infatti, da
gennaio, le cose cambieranno: perchè l'idea di mettere un servizio di «Ufficio
reclami» per i viaggiatori c'è ed è uno dei punti principali del documento.
Accanto a questo, poi, dagli stessi Pendolari è arrivata una chiara richiesta:
quella di indicare, nel caso di segnalazioni degli stessi viaggiatori, un
termine ben preciso entro cui si prevede una soluzione al problema. «Questo
perchè – ha spiegato Marco Chiandoni, rappresentante del Comitato Pendolari –
più volte da parte nostra abbiamo provveduto alla segnalazione di disservizi,
specie in alcune situazioni croniche, ma non è mai stato fatto nulla e non
perchè fosse impossibile farlo». Le questioni «calde» del servizio di trasporto
infatti sono due: la pulizia e la puntualità. Per quanto riguarda la pulizia, a
giugno entrerà in funzione il nuovo servizio appaltato a una ditta scelta tra le
90 che hanno preso parte alla gara d'appalto.
Mentre per assicurare migliori collegamenti, la Regione ha previsto l'acquisto
di tre nuovi elettrotreni, uno in composizione a 6 casse e gli altri due a
quattro casse, grazie allo stanziamento di 21 milioni di euro presente nel
bilancio regionale e dedicato all'acquisto di materiale rotabile, 4 milioni dei
quali assegnati dal ministro dei Trasporti. Senza contare che nel 2009 si
prevede anche di dare il via alla gara per il trasporto integrato
gomma-ferrovia, che è stata rimandata dalla precedente data, fissata nel 2008.
Elena Orsi
IL PICCOLO - VENERDI', 9 gennaio 2009
Gas, accolta la mediazione Ue tra Mosca e Kiev -
«Presto il ripristino delle forniture con i Paesi europei». Colloquio di
Berlusconi con Putin
Il ministro Frattini lancia un monito: «L’Europa non
può essere ostaggio di una disputa contrattuale»
Russia e Gazprom accettano l’invio di osservatori europei da oggi Per l’Italia
che importa il 30% del fabbisogno non ci sarebbero rischi
BRUXELLES La presidenza Ue ed il primo ministro Russo Vladimir Putin «sono
d'accordo sullo schieramento di una commissione di monitoraggio in tutti i siti
rilevanti» per il transito del gas attraverso l'Ucraina. È quanto si legge in un
comunicato della presidenza dell'Ue in cui si riferisce di un colloquio tra il
primo ministro Ceco, Mirek Topolanek, quello russo Vladimir Putin e la
cancelliera Tedesca Angela Merkel. «Questo schieramento - precisa la nota -
dovrebbe portare ad un ripristino delle forniture di gas russo agli stati membri
dell'Unione Europea».
Nel corso dei colloqui - si legge ancora nella nota- è stata «discussa la
composizione della commissione di monitoraggio, per vigilare sulle forniture di
gas russo, via Ucraina».
La svolta positiva è arrivato dopo una lunga serie di incontri e di colpi di
scena. Tanto che in primo momento sembrava fosse saltata la mediazione europea
tra Mosca e Kiev per ripristinare le forniture di gas russo alla Ue che
transitano per il territorio ucraino. La proposta di Bruxelles si basava
sull’invio in Ucraina di una missione di osservatori occidentali, con il compito
di controllare il flusso del gas verso l’Europa. La proposta è stata affondata
dal presidente della compagnia di stato russa Gazprom Aleksei Miller che ha
preteso che della missione facessero parte anche osservatori del suo Paese. In
pratica un «niet» di Mosca alla mediazione della Ue poichè come era prevedibile
ha indotto Kiev a rifiutare il controllo russo sul proprio territorio. Il
Commissario europeo all’Energia Andris Piebalgs e il vicepremier della
Repubblica ceca, presidente di turno della Ue, Martin Riman in un incontro con
la stampa hanno riferito che i rappresentanti di Gazprom hanno respinto la
proposta dell’Unione europea. «Noi siamo delusi da questa posizione. La parte
russa, hanno precisato, non ha alcuna ragione di respingere la nostra proposta e
di rifiutare la ripresa delle forniture di gas ai paesi occidentali». Piebalgs
ha poi affermato che il fallimento delle trattative è stato causato dalla
richiesta russa di «dispiegare in Ucraina osservatori russi». Il Commissario ha
spiegato che «la questione è al di fuori dei poteri della Ue poichè è un
problema bilaterale tra Mosca e Kiev».
La versione di Miller è ovviamente opposta. «L’Ucraina ha fatto naufragare il
tentativo di mediazione della Ue -ha detto in una dichiarazione rilasciata
all’agenzia Ria Novosti- ogni responsabilità è della parte ucraina». E’ stato
invece confermato l’accordo tra la Ue e l’Ucraina che accoglierà già oggi gli
osservatori occidentali come annunciato dal vicepremier ucraino Grigory Nemirya.
Secondo Nemirya, la loro presenza «permetterà di stabilire che l’Ucraina non
ruba il gas russo», come invece sostiene Mosca che in base a questa accusa ha
tagliato le forniture mercoledì scorso. I russi pretendono inoltre che l’Ucraina
acceleri l’adeguamento del prezzo di acquisto del loro gas a quello di mercato.
Kiev paga 179,5 dollari per 1.000 metri cubi di gas mentre gli europei oltre
400.
Per l’Italia, che importa il 30% del suo fabbisogno di gas dalla Russia,
comunque non ci sarebbero rischi immediati di rimanere all’asciutto poichè,
secondo il ministro Claudio Scajola, il nostro Paese può contare su riserve per
due mesi e può diversificare ulteriormente gli approvvigionamenti.
Secondo Berlusconi, che dice di avrne parlato con Putin, c’è da stare tranquilli
e la soluzione del problema «è vicina». Visto il terreno paludoso su cui
camminano le trattative con Mosca, la presidenza di turno ceca ha convocato un
vertice straordinario dei ministri dell’energia dei Ventisette per lunedë
prossimo a Bruxelles. La riunione servirà "a fare il punto della situazione
-hanno precisato fonti del governo di Praga- e discutere delle misure concrete
da prendere al più presto.
L'Unione europea non può essere «ostaggio di una disputa contrattuale» tra
Russia e Ucraina sul gas, «occorre un'immediata azione politica» per uscire
dalla crisi: Mosca e Kiev devono «rispettare i propri obblighi contrattuali» nei
confronti dei consumatori europei, ripristinando «immediatamente» le forniture,
ed «accogliere gli osservatori europei che controllino sul terreno la quantità
di gas erogato e la quantità di gas transitato». È il ministro degli Esteri,
Franco Frattini, a riferire in una conferenza stampa a margine della riunione
informale dei capi delle diplomazie europee oggi a Praga, del contenuto di una
«dichiarazione unanimemente condivisa» messa a punto per sottolineare,
nonostante il carattere dell'incontro dei 27, che su questo tema cruciale «non
ci si è limitati a una discussione informale».
I colleghi di Romania, Bulgaria e Slovacchia, ha riferito Frattini, hanno
riportato «testimonianze drammatiche» sulle conseguenze del taglio del gas sui
loro Paesi come su altri Paesi non Ue (come Bosnia, Croazia, Serbia e Macedonia)
e annunciato di avere ancora «poche settimane di autosufficienza energetica».
Il problema della sicurezza energetica, una delle priorità del semestre di
presidenza ceca dell'Ue, necessita tuttavia di soluzioni a lungo termine.
L'Italia punta alla diversificazione delle fonti e delle vie di
approvvigionamento del gas (in particolare sull'interconnessione Itgi per
l'esportazione del gas dall'Azerbaijan all'Italia attraverso la Turchia e la
Grecia), ma considerando che «Russia e Ucraina resteranno l'uno il principale
fornitore, l'altro il principale Paese di transito del gas», è bene pensare a
strumenti permanenti come «un meccanismo europeo di monitoraggio costante della
domanda europea.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 gennaio 2009
Gas: ora Putin chiude i rubinetti, l’Ue media - LA
GUERRA DEL METANO RUSSIA-UCRAINA
L’Italia utilizza le riserve. Il premier Berlusconi:
«Noi possiamo stare tranquilli»
Aperti gli stoccaggi del Nord Già nei prossimi giorni più acquisti dagli altri
Paesi
MOSCA ACCUSA KIEV MA È DISPOSTA AD ACCOGLIERE GLI OSSERVATORI DI BRUXELLES
Vladimir Putin e Dmitri Medvedev hanno mostrato il loro volto inflessibile
sugli schermi della tv russa per dire: la colpa della crisi del gas che ha messo
in subbuglio l’Europa è dell’Ucraina, che ruba il metano destinato ai Paesi
europei. Per questo ieri sono scesi in campo moscovita i vertici più alti della
nazione, a testimoniare che la faccenda è davvero seria.
Ma, al di là del gioco di «scaricabarile» che continua fra Mosca e Kiev, la
certezza è che a Paesi come Italia, Austria, Repubblica Ceca, Slovenia, Romania
non arriva più un centimetro cubo di gas russo da Est. C’è stato ieri il blocco
totale delle forniture, da ieri, anche a quei Paesi cui, fino a qualche giorno
fa, un flusso pur minimo restava.
Le nazioni della vecchia Europa, come Francia, Germania e Italia, memori della
crisi degli anni scorsi, hanno diversificato le sorgenti di approvvigionamento e
possono reggere meglio l’impatto della crisi. «Possiamo stare tranquilli»,
assicura Berlusconi.
Ieri, dopo l’ennesima giornata convulsa, si sono mosse le cancellerie e si spera
che l’intervento dei leader politici europei, soprattutto della Ue, possa
ricondurre i contendenti alla ragione. In mattinata l’ucraina Naftogaz aveva
annunciato che la Russia aveva chiuso i rubinetti, interrompendo del tutto i
rifornimenti di gas destinato all’Europa attraverso il suo territorio. La
risposta di Gazprom non tardava: «Non si tratta di un blocco, ma di una
ulteriore riduzione in seguito ai furti di Kiev».
Putin, nel giorno del Natale ortodosso, alle 18.30 ora locale ammette di aver
chiuso i rifornimenti di gas in transito per i gasdotti ucraini, affermando
corrucciato che Kiev «non ruba il gas russo, ma il metano dei Paesi europei».
Poi propone l’invio sul campo di una missione di osservatori Ue per monitorare
la situazione.
La proposta del premier ha costituito un giusto appiglio per la diplomazia
europea, che ci si è agganciata con tutte le forze possibili: dopo le
disponibilità di mediazione espressa dal presidente di turno della Ue, il
premier ceco Mirek Topolanek (un po’ in imbarazzo con Mosca), è stata la
cancelliera Angela Merkel a concordare con Putin e con la premier ucraina Yulia
Tymoshenko una eventuale missione di monitoraggio europeo nei punti sensibili
delle rotte energetiche. Un raggio di luce si vede nell’incontro previsto oggi a
Bruxelles tra Ue, Russia e Ucraina.
Aperti gli stoccaggi strategici della pianura padana, per ora l’Italia è
tranquilla rispetto alla crisi del gas. Le riserve accumulate dovrebbero
bastare, anche in totale assenza di rifornimenti russi, «per alcune settimane»,
forse sino al prossimo 26 febbraio. Questi sono i dati teorici alla luce delle
riserve (13.700 milardi di metri cubi all’inizio di novembre, ora circa il 90%).
Ma come sottolinea l’esperto Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia,
«se la situazione non si sblocca in una settimana si dovrà interrompere le
forniture alle centrali elettriche, obbligandole ad usare altri combustibili».
Scajola per ora è tranquillo: il ministero dello sviluppo economico ha disposto
la pubblicazione urgente sulla Gazzetta ufficiale del decreto che consentirà di
massimizzare sin dai prossimi giorni gli approvvigionamenti dagli altri Paesi
fornitori (Algeria, Libia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna).
Barbara Yukos
GAS - Clò: nessun rischio ma l’Europa si faccia sentire
- «Le riserve sono ai massimi livelli ma all’Italia servono almeno altri due
rigassificatori»
INTERVISTA ALL’EX MINISTRO E DOCENTE ALL’UNIVERSITÀ DI
BOLOGNA
TRIESTE «La situazione relativa alla disponibilità energetica nel nostro
Paese è sotto controllo per almeno un paio di settimane. Il rischio di restare a
secco è stato molto più alto nell’ultima crisi tra Mosca e Kiev nel 2006. E poi
in questi mesi anche il minor fabbisogno di energia delle imprese a causa della
recessione è un elemento che aiuta a fronteggiare l’emergenza». Alberto Clò,
docente straordinario di Economia industriale all’università di Bologna ed
esperto di politiche energetiche, non ritiene che, almeno nell’immediato, la
chiusura dei rubinetti del gas conseguenza della guerra tra Russia e Ucraina,
possa generare un’emergenza in Italia. Ma l’ex ministro dell’Industria (con
l’interim al Commercio Estero) del governo Dini (’95-’96) invita l’esecutivo a
non abbassare la guardia e soprattutto l’Europa a farsi sentire.
Professor Clò, la situazione dell’approvvigionamento energetico è così sotto
controllo come rassicura il governo o c’è un rischio per il nostro Paese?
«Per alcune settimane non ci saranno problemi. Le condizioni sono molto diverse
rispetto al 2006, quando effettivamente si è rischiato un blackout totale. Due
sono i motivi che ci fanno stare più tranquilli. Negli ultimi mesi c’è stata una
caduta netta dei consumi del comparto industriale. Una conseguenza tipica della
recessione. Al tempo stesso le condizioni climatiche, almeno fino a un paio di
settimane fa, sono state favorevoli».
Quindi le riserve disponibili sono rassicuranti.
«Le giacenze sono confortanti in quanto sono assestate sull’80% di potenza
massima con un 10% in più rispetto allo stesso periodo degli ultimi anni. Le
scorte, escluse le riserve strategiche che possono essere intaccate solo in casi
di estrema necessità, sono di 6,6 miliardi di metri cubi».
Resta il fatto che l’Italia dipende ancora per oltre il 30% dal gas prodotto
dalla Russia. Non le sembra che siamo un po’ indietro?
«Negli ultimi due anni è stata rafforzata la strategia di diversificazione dei
fornitori. È stato potenziato il gasdotto dall’Algeria e sono cresciute le
importazioni dalla Libia, ma è necessario continuare nella politica di
investimenti sulle infrastrutture. In ogni caso sarebbe opportuno accelerare la
politica energetica europea».
Lei pensa che il ruolo dell’Ue in questi anni non sia stato efficace?
«Sullo sviluppo delle infrastrutture è stata fatta solo retorica. Del resto non
è una novità che Bruxelles si muova in molti campi soltanto come un apparato
burocratico. Non è tollerabile che per la quarta volta la Russia voglia
risolvere i contenziosi con l’Ucraina sospendendo l’erogazione di gas anche ai
partner europei. L’Europa non può restare in balìa di uno scontro politico tra
due Paesi che con i loro atti mettono in ginocchio le nostre popolazioni».
Ma a questo punto cosa deve fare Bruxelles?
«L’Europa deve assumersi la piena responsabilità di fare una forte pressione
sulla Russia, che sta attraversando un’importante crisi economica e quindi ha
bisogno dei nostri soldi. Mosca non ha la stessa forza del 2006 e questo è un
buon motivo per sbloccare l’empasse. Sul medio periodo invece l’Ue deve mettere
in comune le sue scorte, non solo quelle di gas ma anche quelle di petrolio e
soprattutto fornire risorse per le infrastrutture».
Ma sulle energie rinnovabili sono stati fissati degli obiettivi.
«Il raggiungimento del 20% entro il 2020 è difficile anche perché i privati non
hanno molte risorse per investire. Nel medio periodo meglio concentrarsi sulle
capacità di importazione e costruire in Italia almeno altri due rigassificatori,
oltre a quello che entrerà in funzione tra qualche mese a Rovigo».
E il nucleare?
«Politicamente la scelta è condivisibile ma in pratica la ritengo poco fattibile
o comunque praticabile nel medio periodo. Dobbiamo ricostruire una struttura
amministrativa e di controllo smantellata venti anni fa. E poi i costi di una
centrale sono alti (4-5 miliardi ndr) e i tempi lunghi (una decina d’anni ndr).
Non ritengo che i privati siano disponibili a imbarcarsi in un’avventura così
rischiosa e poco remunerativa».
Quali sono le sue previsioni sul prezzo del petrolio?
«Ritengo che la crisi del gas non possa influire più di tanto sulla quotazione
del greggio. L’offerta è superiore alla domanda di un sistema in recessione. Il
prezzo potrebbe scendere sotto i 30 dollari. Questa è la prospettiva almeno per
il primo semestre dell’anno».
CIRO ESPOSITO
Croazia: «Urgente costruire il rigassificatore» - Il
capo del governo Sanader: «Abbiamo scorte per tre settimane». In Bosnia stop
alle industrie
FIUME L’allarme rosso è scattato in Croazia nella notte
fra martedì e ieri, dopo che la guerra del gas fra Mosca e Kiev ha completamente
bloccato le forniture russe che transitano attraverso l’Ucraina, raggiungendo le
utenze croate. Ieri il premier Ivo Sanader ha incontrato le competenti autorità,
dichiarando al termine della riunione che non è il caso di lasciarsi prendere
dal panico e che la Croazia ha riserve di metano per tre settimane. I
responsabili del ministero dell’Economia hanno fatto sapere che i consumatori
sotto tutela (utenze a domicilio, ospedali, scuole, asili d’infanzia e altre
istituzioni di pubblico interesse) non subiranno tagli. Riduzioni ridotte, e
fino alla normalizzazione delle forniture, per l’Azienda elettrica statale e le
grandi utenze industriali. L’attuale situazione, che ha ricordato quanto
verificatosi nel 2006, ha riattualizzato la necessità che il rigassificatore
altoadriatico sia costruito in tempi quanto più brevi. Il Paese consuma ogni
anno in media sui 3 miliardi e 200 milioni di metri cubi di gas, di cui il 60
per cento di produzione nazionale (i giacimenti metaniferi nelle acque al largo
di Pola), mentre il rimanente 40 pc arriva dalla lontana Russia. Il megaimpianto
potrebbe diventare funzionante nel 2014, contribuendo all’apertura –
direttamente e con l’indotto – di circa 10mila posti di lavoro, un numero che ha
semplicemente ammaliato l’opinione pubblica quarnerina, le autonomie locali e la
Contea quarnerino – montana, inizialmente contrarie all’edificazione di un
simile complesso nelle acque del golfo di Fiume.
Intanto Il taglio dei rifornimenti di gas russo sta provocando in Bosnia, oltre
a gravi disagi alla popolazione, anche il fermo della produzione industriale:
oggi la fabbrica di allumina di Birac, nell'est del paese, che impiega mille
operai, ha fermato i macchinari poichè non esiste la possibilità di usare
energia alternativa.
Anche l'acciaieria Arcelor Mittal di Zenica, in Bosnia centrale, ha ridotto
l'attività, mantenendo l'altoforno a basso regime, e mettendo anche a rischio
l'impianto per il riscaldamento delle case di oltre 100.000 abitanti della
città.
La Bosnia importa dalla Russia tutto il fabbisogno del gas e non ha riserve a
cui attingere. Mentre la temperatura media si aggira intorno ai 10 gradi sotto
zero, la parte più colpita del Paese è la capitale. I grossi impianti
centralizzati che forniscono il riscaldamento a interi quartieri, ospedali,
scuole, ieri pomeriggio sono passati subito al gasolio, ma non tutti hanno
questa possibilità.
Nel pomeriggio di ieri i sarajevesi si sono accaparrati tutte le stufe
elettriche disponibili nei negozi cittadini, e oggi molti stanno comprando stufe
e legna da ardere oppure carbone, ricordando il freddo patito durante la guerra
(1992-95) quando gli assedianti chiudevano i rubinetti del gas usandolo come
arma di guerra. Oggi, ha scritto in una nota di protesta il ministro degli
esteri bosniaco Sven Alkalaj ai suoi omologhi russo e ucraino, non è ammissibile
che quattro milioni di bosniaci siano ostaggi di una contesa tra Mosca e Kiev.
Situazione critica anche in Serbia, totalmente dipendente dal metano siberiano.
In un primo tempo era stato registrato un calo del 50% rispetto alle forniture
abituali, ma successivamente l'interruzione è diventata totale. Le autorità di
Belgrado hanno già rivolto un appello ai consumatori affinchè limitino il
consumo energetico - particolarmente significativo in queste ore nelle case
mentre si preparano i festeggiamenti e le cene del Natale ortodosso di domani -
nel timore che il sistema energetico del paese, fortemente dipendente da Mosca,
possa collassare.
Scajola: «Il ritorno all’energia nucleare è l’unica
soluzione»
ROMA In piena crisi del gas, mentre Mosca chiude i
rubinetti a Kiev, in Italia torna in primo piano il tema del nucleare, uno degli
obiettivi dichiarati dalla coalizione di centrodestra.
A rilanciarlo è il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. E
suscitando immediatamente le reazioni degli ambientalisti.
Secondo Legambiente, «anche costruendo 4 megacentrali Epr di terza generazione
evoluta, da 1600 megawatt ciascuna, risparmieremmo appena 9 miliardi di metri
cubi di gas all'anno, praticamente il contributo di un solo rigassificatore di
media taglia».
Il ritorno all'energia atomica. In cinque anni, cioè nell'arco della
legislatura, «metteremo la prima pietra del nucleare», aveva detto allora. E
ieri pomeriggio ha ribadito questo impegno, indicando il nucleare come l'unica
strada per abbattere l'eccessiva dipendenza dell'Italia dall'estero per gli
approvvigionamenti di materia prima necessaria a produrre elettricità.
I pendolari diventano «controllori» dei treni regionali
- Nel mirino puntualità e pulizia delle carrozze. Prevista la
segnalazione dei disservizi con la possibilità di multe
FISSATA AL 12 GENNAIO LA FIRMA DEL CONTRATTO DI
SERVIZIO REGIONE-TRENITALIA
TRIESTE Saranno i pendolari a controllare le condizioni delle ferrovie
regionali, non solo per i due aspetti più importanti (puntualità e pulizia) ma
anche per tutti gli altri elementi che vanno a creare un «viaggiare
confortevole». Così che, nel caso in cui ci siano grossi disservizi, la Regione
possa intervenire in modo tempestivo presso Trenitalia e costringerla a
riparare, in tempi brevi, il problema. Un'azione che peraltro ha trovato
d'accordo anche la stessa Trenitalia.
La decisione è arrivata dall'incontro di ieri sera tra Regione e Comitato
Pendolari per discutere degli aspetti del futuro Contratto di Servizio che il
Fvg firmerà con Trenitalia.
L'incontro «di svolta» è fissato al 12 gennaio; per questo la Regione sta
spingendo per arrivare con una bozza più che definitiva. «Abbiamo spiegato ai
pendolari il lavoro che stiamo svolgendo – ha spiegato l'assessore ai Trasporti
Riccardo Riccardi – e che sta proseguendo. Abbiamo proposto loro di essere
coinvolti pienamente nel lavoro di controllo e di monitoraggio che verrà fatto
sulle condizioni dei treni regionali».
Il ragionamento infatti è semplice. «I pendolari sono quelli che viaggiano di
più sulle linee – continua Riccardi – e quindi hanno, in ogni momento, la
situazione sott'occhio, non solo per quanto riguarda i due elementi per noi
fondamentali, ovvero pulizia e puntualità, ma anche per tutto quello che
significa viaggiare in treno». Ecco quindi che saranno i Pendolari a segnalare
alla Regione eventuali disservizi che poi la Regione porterà all'attenzione di
Trenitalia, chiedendo interventi veloci pena, anche, la possibilità di multe.
«Viene confermato quanto era stato accennato anche dalla precedente giunta –
spiega Marco Chiandoni, rappresentante dei Pendolari – e da parte nostra ci
siamo dichiarati assolutamente disponibili a tale compito. La cosa che abbiamo
sottolineato, però, è la necessità di prevedere anche dei tempi certi per la
soluzione dei problemi. Da quello che abbiamo potuto vedere, infatti, ci sono
delle criticità ricorrenti che noi abbiamo più volte segnalato, e che mai sono
state risolte ma non perchè era impossibile farlo».
E la Regione si è dimostrata d'accordo su questo punto. Non solo: come accennato
dallo stesso Riccardi in precedenza, il nuovo Contratto vedrà anche la presenza
di un numero verde a cui i pendolari e i viaggiatori potranno fare le proprie
rimostranze. Un servizio che al momento non c'è ancora, visto che l'unico
servizio del genere è la mail che però funziona a livello nazionale. Ecco quindi
che gli elementi del futuro Contratto di Servizio si stanno lentamente
concretizzando. «Riteniamo che il 12 gennaio possa essere una data importante –
spiega ancora Riccardi – nella quale potremmo finalmente avere dei dati certi su
quando si andrà a firmare il documento. Anche se la "grande partita" del
contratto di servizio con Trenitalia, e soprattutto della sua durata nel tempo,
sarà la mole di investimenti che metterà sul piatto la società di gestione del
servizio ferroviario locale: il rinnovo del parco rotabile da parte di
Trenitalia (che affiancherà le risorse già stanziate e quelle future che la
Regione metterà in campo) appare infatti determinante nel miglioramento
complessivo del servizio che intendiamo offrire all'utenza regionale». In realtà
l'operazione di controllo delle Ferrovie va avanti da tempo, anche se in modo
«non ufficiale», con i Pendolari che per ogni viaggio, assegnano un voto che va
da 1 a 5 per ciascun aspetto del servizio.
Elena Orsi
Volontariato, centro in Galleria Fenice -
TRASLOCA LA SEDE - Già operativi gli uffici Nei 500 metri quadrati anche una
sala assemblee
Offre anche consulenza grafica e informatica, nonché
quella giuridica e amministrativa per gli assistiti
Ha una nuova sede il Centro Servizi del Volontariato, che da qualche giorno
ha traslocato da via Torrebianca per la nuova e più soddisfacente ubicazione in
Galleria Fenice numero 2. Già ieri, ha ripreso a funzionare lo sportello per le
sole pratiche provinciali, mentre si prevede l’inaugurazione ufficiale del
Centro Regionale a fine mese, con la partecipazione delle autorità e di tutte le
associazioni aderenti. Ma intanto in Galleria Fenice fervono i preparativi per
allestire al meglio i circa 500 metri quadrati disponibili della sede, che
dispone di una sala assemblee, sale incontri, una sala formazione e ampi spazi
per gli uffici. E’ importante il ruolo del Centro i cui dipendenti sono a
disposizione gratuita del mondo del volontariato, offrendo servizi vari, come
quello di segreteria con l’uso di computer e per le fotocopie. Offre anche
consulenza grafica e informatica, nonché quella giuridica e amministrativa.
Inoltre sovvenziona progetti di formazione e specifiche programmazioni ideate
dalle associazioni iscritte e no. Spiega Andino Castellano, già vicepresidente
regionale del sodalizio ed oggi facente parte del direttivo regionale: ”In base
alla legge 266/91 le Fondazioni delle Casse di Risparmio debbono destinare
1/15esimo dei propri utili alle associazioni del volontariato. Per gestire
questi fondi la Regione ha fatto un bando pubblico, che è stato aggiudicato al
Centro Servizi del Volontariato: un organismo che esiste anche a livello
nazionale, oltre che regionale e provinciale. In sostanza noi lavoriamo
esclusivamente per le associazioni del nostro territorio, anche se non
iscritte..” L'orario dello sportello provinciale è il seguente: da lunedì a
venerdì 9.30-12.30 e anche per il solo mercoledì dalle 15 alle 18.
Daria Camillucci
Muggia, mai più grandi insediamenti - ALLO STUDIO
LA VARIANTE AL PIANO REGOLATORE
Attenta valutazione delle aree da cementificare. Parco
giochi all’ex Alto Adriatico
MUGGIA Una variante «verde» al Piano regolatore. È ciò che il Comune di
Muggia si appresta a varare per la salvaguardia ambientale. Nel nuovo strumento
urbanistico comunale, secondo le linee guida espresse dalla giunta, andranno
verificate le condizioni per la valorizzazione delle risorse naturali anche in
chiave di sviluppo turistico, contenute le aree edificabili e verificate le
previsioni per gli insediamenti turistici. Le viste panoramiche, strada costiera
in testa con il recupero del sito inquinato Acquario - per la caratterizzazione
del quale, propedeutica alla restituzione agli usi della comunità, il Comune ha
ottenuto 500 mila euro - dovranno essere considerate un valore, così come il
territorio collinare e i settori boschivi. Necessaria una ricognizione dei beni
culturali e paesaggistici attualmente mancante, prevedendo interventi sul
sistema idrografico: la novità saranno i parchi urbani.
Altro punto cardine dello strumento urbanistico di cui si occuperanno giunta e
Consiglio comunale nelle prime sedute 2009 sarà la conservazione del centro
storico ma anche per quello delle frazioni come Santa Barbara. Altri interventi
riguarderanno l'area dei Laghetti delle Noghere. Nella variante al Piano
regolatore generale si evitaranno nuovi grandi insediamenti e si recupererà il
patrimonio edilizio, verificando le previsioni di nuove edificazioni. Sarà
necessaria anche una valutazione del sistema viario generale, così come delle
reti di acqua, gas ed energia elettrica. In merito alla mobilità, si terranno in
considerazione tutte le forme sostenibili, dalla ferroviaria alla marittima,
oltre le piste ciclabili. Uno dei progetti impostati con l'Università di Trieste
è lo sviluppo dei percorsi tematici storico-ambientali. Ricadute non solo di
carattere culturale: tra le iniziative già partite figura infatti la campagna di
scavi al Castelliere di Elleri. Grazie ai fondi ottenuti si riqualificheranno le
zone del borgo di Santa Barbara che costituiranno l'accesso all'area. Tra le
altre iniziative, oltre alla già avviata bonifica del terrapieno Acquario, va
annoverata la creazione di un Polo di educazione ambientale marina nella Valle
di San Bartolomeo. Il Laboratorio del centro costituirà il nucleo fondante del
Parco marino transfrontaliero. Un'ulteriore cooperazione riguarda la
realizzazione di un museo sulle energie rinnovabili nella scuola di San Rocco.
All'interno del Piano regolatore generale si terranno in debito conto le
esigenze espresse direttamente dalla cittadinanza coinvolta negli incontri
pubblici e forum rionali grazie ai fondi di Agenda 21: un Piano del traffico che
tenga conto delle esigenze della viabilità automobilistica, ma anche pedonale e
ciclabile e delle necessità dei disabili, di zone pedonali vicino alle scuole e
ai giardini, percorsi verdi che colleghino giardini e boschi del territorio e
riqualificazione della costa con ampi spazi aperti alla balneazione. Per attuare
tali progetti, sono stati messi a bilancio 100.000 eeuro per interventi da
realizzare tra il 2008 e il 2009.
In concreto, in base a quanto richiesto dagli stessi muggesani, si partirà
dall'istituzione (entro due anni) di una linea bus circolare transfrontaliera. A
medio termine si punta alla creazione di un servizio taxi sociale per il
raggiungimento di zone non attualmente servite e per accompagnamento dei
disabili. A breve invece si prevede la realizzazione di un parco di divertimenti
per ragazzi all'ex Cantiere Alto Adriatico.
Sempre a breve termine si parla pure di ripristino della segnaletica con la
messa in opera di cartelli con i numeri civici, manutenzione strade, adeguamento
dei marciapiedi, eliminazione delle barriere architettoniche, percorsi sicuri
casa-scuola e piazzole di sosta, mentre a medio termine si punta alla
realizzazione di una pista ciclo-pedonale che colleghi la Parenzana ad Aquilinia,
di una pista ciclo-pedonale naturalistica che segua il Rio Ospo fino ai Laghetti
delle Noghere e Muggia centro, della promozione dei sentieri tematici
(archeologici e naturalistici), sistemazione della «Traversata muggesana» e
adeguamento di un percorso per i disabili.
Gianfranco Terzoli
AMBIENTE - Sostegno ai cinghiali
«Chi dà da mangiare alla fauna selvatica di qualunque
specie sarà penalizzato» dice l’articolo apparso sul Piccolo del 31 dicembre
2008. Se fosse vissuto oggi san Francesco d’Assisi sarebbe stato multato e il
lupo di Gubbio preso a fucilate.
E invece san Francesco con il suo amore e rispetto per gli animali ha creato in
molti di noi per generazioni una morale utile per capire che non siamo solo noi
ad esistere sulla terra, viviamo con altre specie animali... e in simbiosi con
il pianeta. Sono sicuro, per esperienza diretta, che rispettando gli animali che
ci stanno attorno, loro rispettano noi senza farci male; è vero possono fare dei
danni quando hanno fame, qualche frutto strappato, qualche orto zappato, c’è
forse qualcuno di noi che per questi danni è morto di fame? Tanti di noi invece
sono morti di cancro per quello che producono certe multinazionali:
anticrittogamici, antiparassitari, eccetera. Muoiono le api, a causa di super
insetticidi neonicotinoidi che si potrebbero evitare, basterebbe forse fare la
rotazione delle colture estinguendo così il parassita che le ha infestate.
Nessuno condanna le multinazionali per quello che vendono e che ci fanno
mangiare? Perché mai mi domando? La caccia la facciano le guardie forestali, se
è strettamente necessario, come tutela del patrimonio del popolo sovrano, non i
cacciatori, per uno sport che non ha più motivo di esistere data la vertiginosa
scomparsa delle specie viventi sulla Terra, o sbaglio? Vivere è un diritto per
tutti? O è solo un diritto per l’essere umano?
Vittorio Comisso
Amianto in città
Nella cronaca della città del 30 dicembre «Il Piccolo» ha
riportato la notizia sulla chiusura della centralissima via del Lavatoio, per
l’improvvisa caduta di piastrelle di eternit, installate a protezione della
parete di una casa.
Questo fatto, che rientra nel grave problema attuale della pericolosità
dell’amianto, induce a segnalare che in via Orsera n. 13 e in via Parenzo n. 3,
nel rione di Chiarbola, sulle facciate più esposte alla bora delle due
rispettive case, è stato realizzato da molto tempo lo stesso tipo di
rivestimento protettivo.
La quotidiana constatazione di tale copertura di piastrelle di eternit ha creato
tra gli abitanti della zona una continua e inquietante condizione di vita.
Lettera firmata
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 gennaio 2009
I comitati: sul traffico il Comune ci deve ascoltare -
Le associazioni non digeriscono la mancata pedonalizzazione di parte del centro
cittadino
DOPO LE SCELTE ANNUNCIATE DAL SINDACO DIPIAZZA
«Non siamo stati ascoltati. Pedonalizzazione graduale, senza toccare corso
Italia? Ne prendiamo atto, ma nessuno ci ha consultati». Questo, in sintesi, il
pensiero dei rappresentanti dei comitati cittadini che da tempo si battono per
la chiusura al traffico del centro di Trieste. La rescissione dell’accordo con
il professor Camus, la mancata applicazione del nuovo piano del traffico da lui
predisposto e l’iter progressivo scelto invece dall’amministrazione comunale non
li convincono. È la posizione che emerge dalle loro parole.
Le osservazioni non arrivano solo dal «Comitato per il corso Italia» (di cui
riferiamo nel pezzo sottostante), ma per esempio anche da quello di via Mazzini:
«Non vogliamo fare polemiche, ma aspettiamo ancora una risposta del Comune alla
nostra richiesta di audizione - spiega la portavoce Paola Gaggi, titolare
dell’omonimo negozio di via Roma -. La ribadiamo, come ripetiamo ancora che il
nostro problema sono le vibrazioni prodotte dal passaggio dei mezzi pesanti.
Sarebbe già un miracolo, a questo punto, se arrivasse almeno la soluzione del
senso unico con limiti di velocità, fatti effettivamente rispettare. Tuttavia,
finché il contenzioso Stream rimarrà in piedi, la strada non verrà neanche
riasfaltata». Ritornando all’auspicato faccia a faccia con il sindaco o con uno
dei suoi assessori, la Gaggi aggiunge: «Non siamo mai stati interpellati,
nonostante le 1200 firme raccolte. Personalmente, sono per la soluzione del
centro completamente chiuso al traffico. Vedremo, certo è che vorremmo lavorare
in pace e dormire a casa senza che il letto sobbalzi di continuo».
Chi contesta apertamente la mancata applicazione di un piano generale del
traffico urbano è Sergio Tremul, presidente del Coped-CamminaTrieste: «Ogni
discussione complessiva, in questo momento, è fuori luogo se manca l’elemento
centrale. L’amministrazione comunale ha fatto alcune cose e anche bene in città.
Devo dire però che i singoli ”pianetti” del traffico nella varie circoscrizioni
non servono a nulla. Probabilmente, non applicare il progetto Camus è stata una
sciocchezza». A fine mese, l’assemblea dei soci del Coped determinerà eventuali
nuove azioni da portare avanti per ribadire le idee dei componenti del
movimento: «Riproporremo le nostre linee guida. Confidiamo per il 2009 di avere
gli interlocutori che finora non abbiamo avuto», conclude Tremul.
«Se per altre questioni relative alla vita in città, abbiamo inviato delle
segnalazioni al municipio ottenendo delle risposte, il Comune non ci ha mai
consultati invece sulle pedonalizzazioni e sul piano del traffico - dice Marina
Della Torre, presidente del comitato Trieste vivibile - . Potremmo anche essere
d’accordo con i provvedimenti, a patto però che si creino nuovi parcheggi
altrove. Bisogna dare delle alternative, proprio perché la città è di tutti. Mi
spiace che, su questo tema, il comitato non venga mai ascoltato. Ritengo sia
inutile sentire solo i commercianti».
La presidente di Italia Nostra, Giulia Giacomich, dal canto suo, spiega: «Noi
non abbiamo partecipato ad alcuna discussione sulla pedonalizzazione e il piano
del traffico cittadino. L’unica questione che abbiamo sollevato, scrivendo al
Comune, alla Soprintendenza e anche alla Regione, riguarda il futuro ponte sul
canale di Ponterosso: siamo contrari perché lo riteniamo avulso dal contesto,
considerato il progetto che lo prevede in vetro e acciaio, e non necessario. Ci
ha risposto l’assessore comunale ai Lavori pubblici Franco Bandelli, spiegandoci
di non essere d’accordo con il nostro punto di vista».
MATTEO UNTERWEGER
Collino: «Con le ultime varianti pesanti aggravi per la
circolazione» - «Auto fuori anche da corso Italia» - La protesta degli esercenti
No al corso Italia trasformato in «tangenziale cittadina».
Tornano in pista, pronti a far valere le loro ragioni e, soprattutto, a
rimettere in gioco le più di mille firme raccolte, quelli del «Comitato per il
corso Italia».
Preoccupati dalle recenti notizie, relative alle decisioni che il Comune
starebbe prendendo per quanto concerne la disciplina del traffico in centro
città, hanno deciso di tornare a farsi sentire. «Il corso Italia – afferma Pier
Guido Collino, presidente del Comitato – è la via più bella, grande e importante
della città, in quanto congiunge il centro con piazza dell’Unità d’Italia,
attraverso piazza della Borsa. La proposta, accennata più volte dalla
maggioranza che guida il Comune – spiega Collino – prevede la pedonalizzazione
di piazza del Tommaseo e delle vie Einaudi, Cassa di risparmio e Mazzini. In
questo disegno – insiste Collino – ci si ostina a considerare il corso Italia
come un’arteria che deve in ogni caso essere sacrificata al ruolo di asse di
scorrimento del traffico, in quanto avrebbe un insostituibile ruolo nel
rinnovato piano della viabilità».
Fin dalla fine del 2006, i promotori del Comitato, che accoglie al suo interno
gran parte dei negozi e dei pubblici esercizi che insistono su corso Italia,
oltre a molti dei residenti della zona, ha cominciato a lottare per un’ipotesi
del tutto contraria a quella che sembra caratterizzare in questa fase le scelte
della giunta comunale. «In tutte le principali città italiane ed europee –
dicono da tempo quelli del Comitato – i centri storici sono stati chiusi al
traffico, per essere trasformati in perni di un perimetro che garantisce la
circolazione attorno a loro. Se anche la via Canal Piccolo – riprendono i
rappresentanti del movimento per la difesa del corso Italia – sarà chiusa al
traffico, tutte le automobili che risalgono dalle Rive verso il centro cittadino
saranno convogliate in via Roma, andando a sommarsi a quelle che già ora
intasano quotidianamente quest’ultima strada. In questa maniera – evidenziano –
la via Roma e corso Italia dovrebbero sopportare un sovraccarico di traffico che
non può essere valutato, se non fuori da ogni logica di buon senso, con la
conseguente impossibilità di smaltimento delle code ai semafori in tempi
corretti e, con una situazione di lento defluire dei mezzi con il motore acceso
al minimo e, pertanto, in una situazione di massimo inquinamento». La
conclusione alla quale arriva Collino è questa: «Se il progetto caldeggiato dal
Comune dovesse arrivare a compimento – sostiene – si creerebbero notevoli
scompensi fra una zona e quella immediatamente vicina, con un salotto buono,
inserito nel contesto di una bella isola pedonale e, a distanza di un isolato,
un girone dantesco, in aperta contraddizione con la filosofia di miglioramento
che ispira le opere di riqualificazione».
Ugo Salvini
Pillon: «Col rigassificatore saremmo autonomi» -
Entrando nella futura società, AcegasAps punta ad ottenere 1,2 miliardi di metri
cubi all’anno
TRIESTE «L’ingresso di AcegasAps nella società per il
rigassificatore di Trieste consentirebbe di coprire sia il nostro fabbisogno sia
quello di Ascopiave (che riunisce una sessantina di Comuni veneti, ndr), per un
totale di 1,3 miliardi di metri cubi l’anno». Nel momento in cui il tema
dell’approvvigionamento del gas torna alla ribalta internazionale,
l’amministratore delegato di AcegasAps, Cesare Pillon, lancia un invito a
«iniziare a ragionare seriamente sul progetto di Gas Natural. Bisogna capire –
sottolinea – che l’approvvigionamento è fondamentale. Pare che si vada verso una
definizione del progetto, ci sono molti incontri, ma il sindaco Dipiazza non
fornisce dettagli per evitare l’innescarsi di meccanismi contrari».
L’interesse della multiutility per l’impianto di rigassificazione previsto a
Zaule è dunque sempre attuale. La proposta avanzata a suo tempo, per l’ingresso
di AcegasAps nella futura società di gestione, riguarda il 20% delle quote e il
15% del gas immesso nelle rete (pari a 1,2 miliardi di metri cubi l’anno). E
visto che AcegasAps vende, attraverso Estenergy, circa 500 milioni di metri cubi
l’anno, mentre Ascopiave ne vende circa 800 milioni, ecco che quel 15%
coprirebbe quasi tutto l’attuale fabbisogno delle due società.
La chiusura dei rubinetti del gas da parte della Russia vi sta creando problemi?
No, assolutamente. Non siamo neanche in preallarme. Del resto noi acquistiamo il
gas dall’Eni, che riceve il 70% del gas da Paesi diversi dalla Russia. Inoltre
le riserve nazionali, pari il 10% del consumo annuale, sono al massimo della
capacità, con 8,4 miliardi di metri cubi. Una crisi temporanea non ci crea
problemi, che invece sorgerebbero se la cose dovessero andare per le lunghe.
Slovenia e Croazia sono già in difficoltà. Si potrebbe ipotizzare una fornitura
da parte di AcegasAps, vista la vicinanza delle reti?
Non credo. Come dicevo, noi comperiamo il gas da Eni e non possiamo quindi fare
da terzisti.
E in Serbia e in Bulgaria, dove operate con due società contollate, com’è la
situazione?
Al momento non abbiamo notizie dirette, né dalla Serbia né dalla Bulgaria.
Dobbiamo aspettare domani (ogg, ndr) alla ripresa dell’attività. Un quadro
completo sulla Serbia lo avremo il 12 gennaio, quando andremo a Belgrado per
firmare l’autorizzazione all’esercizio con il ministro dell’energia. Se la
situazione non si aggraveerà, già il giorno dopo la nostra controllata Sigas
potrà iniziare a distribuire il metano nei comuni di Pozega e Arlje, che hanno
un bacino di circa 10mila utenti.
Il 49% di Estenergy, la controllata che vende e distribuisce il gas, da un anno
è detenuto dal gruppo veneto Ascopiave. In una situazione come quella attuale,
quali vantaggi comporta questo quadro societario?
Ci consente una maggiore capacità di intervento sul mercato del gas perché
assieme rappresentiamo un importante gruppo di acquisto.
GIUSEPPE PALLADINI
Muggia, ai bagnanti già la prossima estate la zona di
«Acquario»
Nuove analisi in base all’accordo Comune-Cigra Forse necessario bonificare
solo alcune aree
MUGGIA Un futuro balneare si profila a breve per il terrapieno Acquario, la
vasta area fra Punta Olmi e Punta Sottile «creata» diversi anni fa con 120 mila
metri cubi di materiali provenienti dagli scavi per la costruzione di Porto San
Rocco.
Il Comune di Muggia e il Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e
recupero ambientale) dell’Università, che lo scorso marzo hanno siglato
un’apposita convenzione, stanno predisponendo il Piano di caratterizzazione del
terrapieno. Nei prossimi mesi il Cigra, in base alla stessa convenzione, curerà
l’effettuazione dei sondaggi, in base ai quali si conoscerà nel dettaglio il
grado d’inquinamento dei diversi punti dell’area interrata e il reale rischio
per la salute dei possibili frequentatori della zona.
«Entro sei mesi – dichiara il sindaco di Muggia Nerio Nesladek – avremo i primi
risultati e potremo capire come operare per mettere in sicurezza il terrapieno,
cioè se sarà necessario intervenire su tutta l’area o solo in qualche parte di
essa».
I fondi per le caratterizzazioni e la messa in sicurezza – intervento inserito
nel Piano delle opere 2009 – ammontano a 500mila euro e sono stati stanziati
quasi un anno fa dalla giunta Illy. L’accreditamento dei finanziamenti è
avvenuto però solo di recente e ciò ha permesso di passare alla fase operativa
della convenzione fra Comune e Cigra.
Nel 2004 era già stata fatta un’analisi dei terreni di riporto, ma siccome il
quadro degli inquinanti può essere cambiato, ad esempio in seguito alle
infiltrazioni di acqua piovana, l’amministrazione comunale ha deciso mesi fa di
procedere a nuove caratterizzazioni e analisi.
Il futuro del terrapieno si preannuncia in ogni caso balneare. «Se non dovesse
risultare inquinato – precisa Nesladek – chiederemo al Demanio (al quale il
terrapieno è ritornato nel dicembre 2006, in seguito alla revoca della
concessione preliminare da parte della Regione) la restituzionee dell’area agli
usi civili e poi realizzeremo una sistemazione sufficiente per utilizzarla come
spiaggia».
Il «caso Acquario» risale a diversi anni fa, quando in seguito ad alcuni esposti
la Procura di Trieste incaricò i carabinieri del Noe di prelevare campioni nel
terrapieno. Le analisi effettuate dall’Arpa rivelarono la presenza nel terreno
di idrocarburi e di altri inquinanti (piombo, cadmio, mercurio) in misura
superiore ai limiti previsti dalla legge per l’uso dell’area a verde pubblico.
L’inchiesta condotta dal pm Maddalena Chergia portò davanti al tribunale cinque
persone: Manlio Romanelli, già amministratore unico della società che aveva
promosso l’interramento di Acquario; Aldo Mazzocco, già al vertice della società
Marina Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori d’interramento; Corrado
Del Ben, già vicepresidente di Acquario; Ervino Leghissa, legale rappresentante
della società Duino Scavi.
Nel processo di primo grado venne assolto solo Romanelli. Lo scorso giugno la
Corte di appello ha prosciolto anche gli altri quattro imputati, condannati
invece in primo grado. «Il fatto non sussiste» si leggeva nella
GIUSEPPE PALLADINI
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 gennaio 2009
Raccolta differenziata: 30% in più di isole ecologiche
- Il Comune punta a una crescita del 7% aumentando i cassonetti e
ritirando gli imballaggi dei negozi
Nuove misure entro sei mesi
La raccolta porta a porta degli imballaggi usati dei negozi e l’aumento
delle isole ecologiche, con la collocazione di campane per vetro, carta,
plastica e metalli accanto ai normali cassonetti.
Con queste due iniziative, che dovrebbero partire nel giro di sei mesi, il
Comune punta ad aumentare entro l’anno la raccolta differenziata del 6-7%,
valore che attualmente si attesta sul 19-20% (siamo la «maglia nera» tra le
province regionali).
Sulla raccolta degli imballaggi, Comune e AcegasAps hanno già avuto una prima
riunione. Il discorso sarà ripreso entro il mese, con l’obiettivo di delineare
un percorso amministrativo e operativo da attuare, come detto, entro il mese di
giugno.
«A breve – spiega l’assessore alle società partecipate, Paolo Rovis –
predisporremo le modalità per la raccolta degli imballaggi, che discuteremo poi
con le associazioni di categoria. La raccolta – aggiunge – verrà svolta da
AcegasAps nell’ambito del contratto per il servizio di igiene urbana, ed avrà
costo zero».
Il costo sarà infatti coperto dal ricavo della vendita degli imballaggi, dai
contributi del Consorzio nazionale imballaggi e da contributi della Provincia.
«La filosofia – precisa Rovis – è di aumentare la raccolta differenziata senza
far crescere i costi per l’utenza. La differenziata del rifiuto umido – rileva –
permette sì di aumentare la raccolta del 30%, ma comporta costi che ricadono
inevitabilmente sui cittadini».
L’altro strumento che il Comune metterà in atto per incrementare la raccolta
differenziata è l’aumento del 30% delle isole cologiche, che sono circa 500. In
sostanza, accanto ai tradizionali cassonetti per i rifiuti indifferenziati
saranno collocate le campane per vetro, plastica, carta e metalli.
«Servirà un’analisi puntuale del territorio per individuare i siti dove
realizzare le nuove isole ecologiche – osserva Rovis – perchè in certi punti, ad
esempio in strade particolarmente strette, non è possibile sistemare neanche i
normali cassonetti. In linea di massima, comunque, piazzeremo le campane per la
raccolta differenziata dove ci sono già i cassonetti».
Per passare alla fase operativa delle due iniziative sarà necessario prima un
passaggio in consiglio comunale. Sia la raccolta degli imballaggi sia l’aumento
delle isole eocologiche comportano infatti cambiamenti nel regolamento di igiene
urbana, che fissa ad esempio la distanza minima fra i cassonetti e le
abitazioni».
Il tema «raccolta dei rifiuti» richiama automaticamente quello della Tarsu, la
tassa per il loro asporto, che a Trieste, con 231 euro di media, è fra le più
elevate d’Italia. In molte altre città, a cominciare da Gorizia, è in vigore la
Tia (tariffa d’igiene ambientale) che prevede una «base» fissa e un costo
proporzionale alla quantità di rifiuti prodotta.
Per decidere se passare o meno alla Tia, il Comune ha incaricato AcegasAps di
elaborare entro l’anno uno studio che chiarisca luci ed ombre della tariffa. «A
Padova – sottolinea l’assessore – dove opera la stessa AcegasAps, la Tia ha
comportato un aumento degli esborsi da parte di cittadini e negozianti. Vogliamo
quindi capire bene cosa potrebbe accadere applicando la Tia».
Tornando alla raccolta differenziata di carta, plastica, vetro e metalli, va da
sè che un aumento dei materiali da riciclare comporterà una diminuzione dei
rifiuti inviati al termovalorizzatore.
Se attualmente l’impianto di via Errera brucia 140 mila tonnellate di rifiuti
l’anno, di cui 100 mila prodotte nella provincia di Trieste, un aumento del 7%
della differenziata significa che a fine 2009 i rifiuti indifferenziati della
nostra provincia scenderanno a 93 mila tonnellate, con un possibile calo di
attività dell’impianto.
«A fronte di un futuro calo dei rifiuti raccolti a Trieste – precisa Rovis –
l’input ad AcegasAps è di aumentare quelli in arrivo al termovalorizzatore da
altre province. Ne riceviamo già da Gorizia e Pordenone; in futuro potremo far
fronte alle necessità della provincia Udine, che inizia ad avere dei problemi
per l’esaurimento delle discariche».
GIUSEPPE PALLADINI
LA POLEMICA SULLA NETTEZZA URBANA - La Premolin
replica a Gombac: «Rifiuti, è tutto sotto controllo»
SAN DORLIGO «Personalmente il consigliere Gombac può fare
quello che vuole purché si prenda le proprie responsabilità». Il sindaco di San
Dorligo della Valle Fulvia Premolin replica così alle parole di Gombac il quale
ha minacciato nei giorni scorsi di chiedere l’intervento dell’arma dei
Carabinieri «non essendo più in grado il Consiglio comunale di San Dorligo della
Valle di espletare un controllo sul servizio di nettezza urbana». «Innanzitutto
ci tengo personalmente a ringraziare le forze dell’ordine per tutto il loro
operato svolto sul territorio. Non credo però che interpellarli sui rifiuti sia
necessario dato che i nostri concittadini hanno sempre dimostrato un gran senso
civico anche sulla questione della raccolta del porta a porta”, ha spiegato la
Premolin.
Il sindaco poi ha ricordato poi che «i rifiuti sono diminuiti anche perché la
gente adopera il contenuto del compost, cioè l’umido, per concimare i campi
oppure perché getta la carta o altri rifiuti nella stufa a legna». Questa invece
la replica dell’assessore ai Servizi pubblici Igor Tul: «L’utenza domestica di
San Dorligo paga appena il 60% del servizio complessivo ed il Comune paga 106
euro + iva per ogni tonnellata di rifiuti consegnata all’inceneritore quindi le
cifre sono ben diverse». Anche sul numero degli addetti comunali Tul
approfondisce il discorso: «Complessivamente abbiamo otto dipendenti comunali ma
sono ripartiti in diversi ambiti: due per lo spazzamento delle piazze pubbliche,
quattro per lo smaltimento dei rifiuti e gli altri due pronti per sostituire.
Ricordo infine che siamo sempre più vicini al raggiungimento dei parametri della
differenziata imposta per legge».
(r.t.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 gennaio 2009
Troppi cinghiali in città La Regione ai cacciatori:
potete abbatterne di più - Godina: un guaio se diventano stanziali Dipiazza: non
date loro da mangiare
Caccia aperta al cinghiale. In deroga al testo di legge.
Per evitare guai ambientali peggiori. Per far cessare quell’abitudine, solo
apparentemente umana e gentile, di dar da mangiare alle bestie. Per evitare, in
ultima analisi, che lo stesso centro città possa diventare uno zoo a cielo
aperto. Esagerazioni? La Regione non la pensa così, tanto che non ha avuto
nessuna difficoltà ad allinearsi all’amministrazione della Provincia,
politicamente non omologa, consentendole di disporre una deroga al piano di
abbattimento delle bestie. Il documento è arrivato a Palazzo Galatti alla
vigilia di Natale, con gran soddisfazione della giunta di centrosinistra, e
segnatamente del vicepresidente Walter Godina, che ha seguito la vicenda
dall’inizio. «Avevamo chiesto alla Regione di obbligare i sindaci a emettere
ordinanze che prevedano sanzioni a chi dà da mangiare alle bestie, ed è stato
fatto con quest’ultima delibera. E devo aggiungere che mi ha fatto molto piacere
che il sindaco Dipiazza l’abbia recepita subito, definendo e mettendo in pratica
le sanzioni».
Godina è motivato e non teme critiche dall’animalista o dall’ambientalista di
turno. Perchè, assicura, l’emergenza è reale ed è stata sottovalutata. «Non mi
interessa fare il Tex Willer – chiosa Godina – ma disporre di strumenti per
operare. Quello che la gente che nutre i cinghiali non realizza è che se questi
animali diventano stanziali poi non te li togli più di torno. Hanno ottenuto da
mangiare in pieno centro? Bene, avranno la tendenza, insopprimibile, a ritornare
sempre nello stesso posto per avere altro cibo, e per disorientarli, a quel
punto, devi spostarli ad almeno 50 chilometri di distanza! Prima, magari,
cercheremo di fare uno studio per capire perchè queste bestie per alimentarsi
abbiano bisogno di spostarsi quasi fino al centro cittadino».
Il caso del cinghiale che vagava in pieno giorno in piazza Volontari giuliani, a
poco più di 300 metri dalla centralissima via Carducci non è stato dimenticato,
come quello delle altre zone «amiche» delle bestie. «C’è un obiettivo problema –
ammette il sindaco Dipiazza – e riguarda la necessità di bonificare, da subito,
certe zone a rischio, come Pis'cianzi e via Moreri a Roiano, Barcola e il
Boschetto di San Giovanni, dove danno troppo da mangiare alle bestie, incuranti
dei rischi. A Rozzol Melara ero addirittura presente, la scrofa del cinghiale
arriva con tutti i cuccioli verso le 18 e viene largamente rifocillata. Non si
può! Ovvio che poi torni ogni giorno».
Per i nuovi abbattimenti disposti, precisano i diretti interessati, non ci sarà
comunque una sfida all’Ok Corral. «Non si può certo andare a sparare vicino alle
case – sottolinea Dipiazza – si può farlo solo accompagnati da un poliziotto o
da una guardia forestale. E quanto alle zone dove può essere esercitata la
deroga regionale è chiaro che solo il direttore di riserva o chi per lui può
decidere».
Vista la spinosità dell’argomento le amministrazioni tentano di ottenere un
consenso il più largo possibile. Una sorta di scelta condivisa che, evidenziando
il problema, ne spieghi anche l’obbligatorietà nella scelta degli abbattimenti.
«Prima di Natale – racconta Godina – abbiamo convocato una riunione in Provincia
con la presenza di ambientalisti, cacciatori, Comuni, rappresentanti agricoli,
tutte le persone comunque interessate alla tematica. Abbiamo spiegato, dati alla
mano, perchè l’operazione è opportuna e perchè la fauna dei cinghiali debba
essere ridotta, in una maniera o nell’altra...
FURIO BALDASSI
CINGHIALI - Una decisione presa a cena - SCELTA
MATURATA ALL’INCONTRO FEDERCACCIA
Il Comune e la Provincia hanno dichiarato guerra ai
cinghiali in un ristorante di San Giovanni, in occasione di una cena promossa
dalla Federcaccia. Attorno allo stesso tavolo si erano trovati i vertici
provinciali delle doppiette, in testa il presidente Fabio Merlini, e politici di
entrambe le coalizioni. Casus belli, un cinghiale di un anno che, spaurito, era
piombato in piazza Volontari Giuliani, tra il Viale e via Giulia. Tutti
d’accordo: il problema esiste e bisogna far qualcosa. «Così non si può andare
avanti», aveva chiosato il sindaco, ricordando «il povero Bole a Roiano che
quest’anno non ha potuto fare neanche un litro di vino. Ci vuole una task-force
della Forestale: una guardia e il direttore della riserva di caccia provinciale.
Sparino ai cinghiali, e la facciamo finita. Basta eliminare qualche decina di
esemplari. E poi la carne – aveva suggerito Dipiazza – la diamo ai poveri delle
case di riposo». Alla cena della Federcaccia c’era anche Walter Godina,
vicepresidente della Provincia. Pienamente in linea, come l’amministrazione di
palazzo Galatti. per una drastica riduzione dei cinghiali a ridosso della città.
Muggia, vigili «cavie» per il test anti-smog -
Indosseranno speciali apparecchiature che registreranno le polveri sottili
Qual è il tasso di inquinamento effettivamente presente a
Muggia? E qual è il grado di esposizione a polveri sottili e altri agenti
inquinanti presenti nell'atmosfera a cui sono sottoposti quanti lavorano
all'aperto sul territorio muggesano?
Per rispondere a queste domande, sollecitate dalla popolazione e dal Consiglio
comunale che avevano chiesto di conoscere l'effettivo grado di inquinamento sul
territorio, è stato avviato nelle scorse settimane uno studio su un campione di
soggetti appartenenti alla Polizia municipale, prendendo come riferimento tale
categoria di lavoratori in quanto più esposta di altre agli agenti inquinanti
dannosi per la salute presenti sulle strade.
L'indagine vede operare fianco a fianco, nell'ambito dell'accordo-quadro di
collaborazione siglato tra pubblica amministrazione e ateneo giuliano, Comune di
Muggia e Università degli Studi di Trieste.
La questione dell'inquinamento atmosferico a Muggia era tornata prepotentemente
alla ribalta lo scorso inverno. quando si erano evidenziati alcuni sforamenti
dei limiti di legge delle polvere sottili rilevate dalla centralina dell'Arpa
collocata sul Molo Balota.
L'amministrazione comunale aveva optato allora per un approccio scientifico al
problema, in modo da poter intervenire sulla base di dati certi.
L'analisi, che vede impegnato il Gruppo di ricerca di Biochimica ambientale del
Dipartimento di Biochimica, Chimica e Fisica dell'Università di Trieste assieme
all'Unità di ricerca in Chimica ambientale del Dipartimento di Scienze chimiche,
si concentra su alcune categorie di lavoratori che svolgono la propria attività
prevalentemente all'aperto e intende verificare le condizioni ambientali nelle
quali si trovano quotidianamente a vivere i residenti della cittadina e
accertare le principali cause d'inquinamento, dal traffico alle emissioni
industriali.
Il Comando di Polizia municipale di Muggia è stato scelto per effettuare il
primo campionamento che verrà eseguito su quattro soggetti diversi per settimana
per un totale di otto settimane di analisi.
Durante il turno lavorativo, gli agenti prescelti dovranno indossare delle
speciali apparecchiature che monitoreranno la quantità di polvere respirata.
Verranno inoltre collocate in punti strategici due centraline che raccoglieranno
settimanalmente i campioni di polveri sospese presenti nell'aria.
Appena verrà conclusa la seconda fase della ricerca, i risultati saranno
utilizzati per decidere eventuali approfondimenti da attuare e provvedimenti da
prendere, coinvolgendo eventualmente altri soggetti, istituzionali o privati.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 gennaio 2009
Piano regolatore transfrontaliero - «DIRITTO
ALLA CASA MA PROGETTI ECOSOSTENIBILI» - Nesladek indica la filosofia
d’intervento: accordi con Capodistria e ambiente
MUGGIA Il sindaco di Muggia l’ha definito «dotato di una
visione transfrontaliera» e se ne comincerà a discutere in aula già dalla
prossima seduta consiliare in programma a inizio febbraio. Il nuovo Piano
regolatore generale, che sarà anche al centro dei lavori della prima seduta di
giunta del 2009, rappresenta per l'esecutivo il «cuore» della legislatura.
Spiega il sindaco Nerio Nesladek: «Dobbiamo governare la decrescita
dell'urbanizzazione selvaggia di questi ultimi decenni e riportare l'utilizzo
del territorio a un rigido concetto di sostenibilità. Nel contempo dobbiamo
garantire il diritto alla casa a chi ne ha bisogno e alle giovani coppie». Le
linee guida della variante all'importante strumento urbanistico, che arriva al
terzo dei cinque anni di mandato, sono già tracciate e ricalcano quanto espresso
dal programma elettorale. Qualità, sostenibilità, partecipazione, risorse
ambientali, sviluppo e competitività le parole d'ordine da utilizzare
nell'elaborazione del piano. In primo piano viene posta la tutela ambientale e
particolare attenzione è stata riservata alla sua visione transfrontaliera.
«Molto forte nel 2008 - ha ricordato Nesladek tracciando un bilancio
dell'attività - è stata la collaborazione con la Slovenia: abbiamo avviato
numerosi contatti con Capodistria, lavorando in comune su progetti europei e
guardando alla prossima creazione di una consulta con gli amministratori locali
sloveni». Chiara la finalità riguardo il Piano regolatore, data la contiguità
dei due territori confinanti (Muggia e Capodistria). L'obiettivo è arrivare a
coordinare gli strumenti urbanistici, uniformado le destinazioni d'uso delle
aree limitrofe, scongiurando così il paradosso di progetti potenzialmente
contrastanti tra loro che insistano sulla medesima porzione di terra, divisa
ormai neppure dalle barre confinarie ma solo politicamente. «Con Capodistria e
altri enti abbiamo presentato due progetti europei strategici (viabilità sui
colli muggesani e realizzazione di strutture didattico-scientifiche ricettive
per accogliere il turismo scolastico nella zona Ovest di Muggia e San
Bartolomeo)».
All'interno del Piano regolatore generale si terranno in debito conto le
esigenze espresse direttamente dalla cittadinanza, coinvolta con incontri
pubblici e forum rionali grazie ai fondi del progetto Agenda 21.
«Con Agenda 21 - ricorda Nesladek - i cittadini hanno potuto decidere
direttamente su alcune questioni e su come impiegare parte del bilancio. Gli
obiettivi condivisi con i cittadini in tema di mobilità sostenibile
costituiranno un fondamento su cui ragionare per Piano regolatore, Piano della
viabilità sul territorio muggesano, Piano parcheggi». Secondo gli intendimenti
della giunta muggesana, il nuovo Piano regolatore non si limita a essere un mero
strumento urbanistico ma fornisce precise indicazioni per lo sviluppo di Muggia
e del suo territorio.
«Le risorse naturali del territorio - osserva Nesladek - sono troppo importanti
per consentirne uno sfruttamento che non sia regolato e soprattutto sostenibile.
Questa consapevolezza dovrebbe essere ormai acquisita anche se qualche decisione
del recente passato a Muggia poteva fare pensare il contrario». «Dobbiamo
preservare l'ambiente - prosegue il sindaco - e proprio perciò il nuovo Piano
regolatore dev'essere uno strumento d’indirizzo per lo sviluppo del nostro
comune e non limitarsi esclusivamente a togliere o aggiungere aree edificabili».
Gianfranco Terzoli
GOMBAC SUI RIFIUTI - «Chiamerò i carabinieri»
SAN DORLIGO «Non essendo più in grado il Consiglio
comunale di San Dorligo della Valle di espletare un controllo sul servizio di
nettezza urbana la nostra lista civica ha deciso di chiedere l’intervento
dell’Arma dei carabinieri». Il consigliere d’opposizione Boris Gombac (nella
foto) alza nuovamente il tiro contro la giunta Premolin e lo fa puntando il dito
su quello che in quest’ultimo anno è diventato un vero e proprio leit motiv: la
raccolta dei rifiuti.
«Basta un dato per dimostrare - secondo Gombac - quanto sta accadendo in questo
piccolo comune di 6.000 anime: rispetto al costo di 231 euro per tonnellata del
comune di Trieste, qui da noi il costo del servizio è di 476 euro per
tonnellata. Le spese per il servizio di nettezza urbana ammontano a più di un
decimo del bilancio comunale, pari a 925.221 euro». Il capogruppo della lista
civica Uniti nelle Tradizioni ricorda poi un altro «fatto increscioso: dal 1
luglio 2007 al 31 dicembre 2008 sono sparite dal nostro comune 1.030 tonnellate,
più di un terzo dei rifiuti prodotti in un anno ma nonostante tutto i
coefficienti per l’applicazione della tariffa 2009 sono rimasti invariati». Per
il condigliere, infatti, più di qualche residente smaltisce i propri rifiuti a
Trieste o in territori di altri comuni limitrofi».
Gombac poi lancia una terza e ultima accusa: «È inaccettabile dal punto di vista
finanziario e morale impegnare 14 uomini e mezzi meccanici per smaltire 1.939
tonnellate di rifiuti, dei quali 8 dipendenti comunali per 792 tonnellate e 6
dipendenti della ditta appaltatrice per lo smaltimento di 1.147 tonnellate di
rifiuti indifferenziati». Ecco i motivi per i quali dunque «non essendo più in
grado il Consiglio comunale di espletare un controllo sul servizio di nettezza
urbana abbiamo deciso di chiedere l’intervento dei carabinieri, perché qui si
tratta di una questione morale e di giustizia ma anche di natura prettamente
giudiziaria».
Gombac infine tira in ballo anche «i quattro consiglieri comunali (Drozina,
Massi, Rudini e Jercog, ndr) che hanno deciso di coprire la pervicacia
dell’amministrazione comunale nel proseguire in un’avventura disastrosa per le
tasche dei concittadini, essendo prima acerrimi oppositori al sistema di asporto
dei rifiuti ”porta a porta” e ora imperterriti sostenitori della giunta comunale
e fieri oppositori al referendum consultivo per l’abrogazione della fallimentare
sperimentazione del ”porta a porta”».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 3 gennaio 2009
«CamminaTrieste» riparte dai bambini - COLLABORAZIONE
TRA UNA SCUOLA LOCALE E UNA DI SESANA
Abituare i bambini a camminare, a rispettare e riconoscere
i diritti dei pedoni, a utilizzare il più possibile i mezzi di trasporto
pubblico. Questo l’obiettivo del gemellaggio fra le scuole elementari «Domenico
Rossetti» di Trieste e «Srecko Kosovel» di Sesana. L’accordo è stato siglato nel
corso di un festoso appuntamento svoltosi nella cittadina slovena, promosso e
organizzato da «CamminaTrieste», il movimento che da anni si occupa dei problemi
del traffico, della lotta allo smog, dell’educazione all’uso dei mezzi pubblici.
Al termine dell’incontro, i rappresentanti delle due scuole hanno anche
sottoscritto l’adesione alla Carta mondiale della pedonalità e alla Carta
europea del pedone, promulgata dall’Unione europea più di dieci anni fa e non
ancora del tutto realizzata. L’intesa fra le due scuole è inserita nell’ambito
del progetto denominato «Vai col bus», che prevede la sperimentazione, già in
atto, di una linea di bus, che collegano con frequenza quotidiana, Trieste e
Sesana.
«La sigla dell’accordo – spiega Sergio Tremul, presidente di CamminaTrieste –
rappresenta un momento importante per i diritti dei pedoni. Gli alunni della
‘Rossetti’ – ha aggiunto – sono stati assieme a noi in questi anni in varie
città della Slovenia, della Croazia e dell’Austria, per approfondire le
tematiche che ci stanno più a cuore». Al gemellaggio fra Trieste e Reggio
Emilia, che ha preceduto quello con Sezana, ha partecipato anche l’astrofisica
Margherita Hack, presidente onoraria di CamminaTrieste. «Ascolta il pedone che è
in te – ha ribadito la Hack, ricordando un suo motto – e rispettare chi cammina
sarà facile, come un sorriso». Il gemellaggio fra le scuole elementari
«Rossetti» e «Kosovel» prevede futuri incontri fra le rispettive scolaresche,
con il proposito di operare nel segno dell’amicizia, attraverso visite e
approfondimenti.
(u.s.)
Greenaction: ignorata denuncia post-Krsko -
PROCURA VERSO L’ARCHIVIAZIONE
La Procura della repubblica di Trieste ha chiesto
l'archiviazione di un'indagine sulla presunta mancanza di prevenzione in Italia
in occasione del guasto alla centrale nucleare di Krsko (Slovenia) del 4 giugno
scorso.
Lo rende noto Roberto Giurastante, membro dell'associazione «Greenaction
Transational», che aveva presentato denuncia dopo l'episodio, sostenendo che in
caso di un incidente nucleare in prossimità dei confini nazionali, con
conseguente fall out, i cittadini italiani non avrebbero alcuna possibilità di
difesa, come dimostrato dagli avvenimenti del 4 giugno scorso.
L'udienza davanti al Gup di Trieste Massimo Tomassini è stata fissata per il 16
gennaio prossimo, giorno in cui Giurastante sarà imputato in un altro
procedimento, davanti al Tribunale monocratico, per aver presentato
irregolarmente alcune denunce di carattere ambientale in nome degli «Amici della
Terra Trieste», a quell'epoca delegittimati da Amici della Terra nazionale.
Energia, Fiume punta sul rigore - È previsto un
calo del 20 per cento dei gas serra - PROTOCOLLO CON L’ONU
FIUME Firmata a Palazzo municipale a Fiume la lettera
d'intenti tra il sindaco Vojko Obersnel a nome della municipalità e Zoran
Bogunovic, in rappresentanza del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo.
Il documento si basa sulla Gestione sistematica dell'energia nelle città e
regioni della Croazia attuata dal Ministero dell'economia, lavoro e
imprenditoria e il programma dell'Onu per lo sviluppo.
La gestione sistematica dell'energia è un processo continuo che ha quale scopo
il miglioramento dell'efficienza energetica e la gestione sostenibile delle
risorse energetiche a livello locale e regionale.
Nei prossimi 4 anni la Città di Fiume si prefigge lo scopo di aumentare del 20
per cento l'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti rinnovabili di energia
nonchè di diminuire sempre del 20 per cento l'emissione di gas serra.
A Fiume pertanto si potrà viaggiare a bordo di autobus alimentati a gas mentre
nelle vie e piazze verranno installati nuovi impianti dell'illuminazione
pubblica piu' ecologici e meno costosi. Inoltre sul 10 per cento delle strutture
di proprietà della Città di Fiume si avrà l'installazione di pannelli solari per
la produzione di energia termica ed elettrica.
(v.b.)
La pista ciclabile è invasa dalle erbacce - VERSO IL
RIONE DI ALTURA
Gentile presidente Maria Teresa Bassa Poropat, la invito a
fare una passeggiata lungo la pista ciclabile, che partendo dalla via Cesare
Dell’Acqua sale verso il rione di Altura. Troverà erbacce che invadono gran
parte della carreggiata riservata alla circolazione delle biciclette, troverà
foglie cadute dagli alberi che persistono sulla bella pavimentazione color rosso
creando un pericoloso strato scivoloso.
Insomma sembra che la manuntenzione ordinaria (taglio dell’erba dai bordi,
pulizia delle foglie cadute, ecc.) non sia mai stata eseguita.
La pista ciclabile che dalla città dovrebbe portare turisti, sportivi, famiglie
e gitanti è un’opera che la nostra città aspetta da molto tempo e che finalmente
si sta concretizzando. È un tragitto bello, con scorci spettacolari sulla città,
sulla Val Rosandra e sul ciglione carsico. Potrebbe essere un percorso piacevole
da fare in bicicletta, a piedi, di corsa, peccato che la mancanza di una minima
manutenzione lo renda pericoloso e soprattutto renda inutile e non visibile lo
sforzo economico che finora l’Ente da Lei presieduto ha sostenuto per
risistemare la vecchia ferrovia.
È triste e desolante trovarsi spesso di fronte al solito copione: si progettano
e si eseguono delle opere che gravano sui bilanci pubblici e che dovrebbero
essere punto di forza e di orgoglio per chi li progetta, li finanzia e li mette
a disposizione dei cittadini, invece poi vengono dimenticate, non vengono messe
a bilancio le poste per la manutenzione e così via.
Egidio Balbi
CICLOTURISTI - L’impegno di Ulisse
C’era anche l’Associazione Ulisse-Fiab alla conferenza
stampa indetta dalla Provincia di Trieste in occasione della posa del ponte su
via dell’Istria per la pista ciclabile della Val Rosandra, rappresentata dal
presidente Luca Mastropasqua. Ulisse-Fiab è stata più volte citata nel discorso
dell’assessore Tommasini come associazione di cicloturisti e ciclisti urbani che
da sempre ha seguito i lavori di quest’opera. Fin dalla sua progettazione,
infatti, Ulisse-Fiab ha fatto da pungolo per accelerare i lavori, ha suggerito
soluzioni tecniche e ha dato contributi di idee per la valorizzazione di quella
che sarà, una volta completata, una delle più belle ciclopiste italiane. Lo
stesso ruolo lo sta svolgendo presso l’amministrazione comunale per far sì che
si realizzi la pista ciclabile cittadina che dalla stazione ferroviaria lungo le
rive giunga alla partenza della pista della Val Rosandra in via Orlandini.
Un itinerario questo importantissimo sia per il cicloturismo (permetterebbe ai
sempre più numerosi ciclo-turisti in arrivo a Trieste con il treno, di
raggiungere le zone dell’altipiano carsico in bici) che per favorire una
mobilità ciclistica in città.
Ulisse-Fiab crede in un continuo dialogo, aperto e costruttivo, con le
amministrazioni e con quest’obiettivo ha sempre lavorato. Per dare ai ciclisti
urbani ed ai cicloturisti spazi di sicurezza e per contagiare altre persone
all’uso della bici in città. Ulisse-Fiab c’è stata e ci sarà ancora sperando che
qualcuno se ne accorga e si metta a pedalare assieme a noi nelle nostre
iniziative.
Il direttivo dell’Associazione Ulisse-Fiab
IL PICCOLO - VENERDI', 2 gennaio 2009
PIANO DEL TRAFFICO - Rovis: «In giunta ho perso la
battaglia per chiudere corso Italia alle macchine»
L’assessore: «Camus ha ragione, prima o poi il Comune dovrà decidere di vietare
la circolazione» Russignan (Verdi): «Andava fatta la rivoluzione prevista dalla
bozza» - Da marzo il cantiere per via Cassa di Risparmio e via Einaudi pedonali,
poi il ponte sul canale
Il Comune metterà in atto una pedonalizzazione del centro storico graduale
senza toccare corso Italia e non radicale come previsto invece dalla bozza del
Piano del traffico redatta dall’ingegner Roberto Camus con il quale proprio per
questo motivo è stato nei giorni scorsi rescisso il contratto di collaborazione.
Nell’ambito della stessa giunta è prevalsa la linea riformista a scapito di
quella massimalista come ammette lo stesso assessore allo Sviluppo economico
Paolo Rovis, sostenitore invece di quest’ultima. Fu lo stesso Rovis nel
Ferragosto 2005 a lanciare politicamente l’idea della chiusura al traffico di
corso Italia, ipotesi che recentemente il sindaco Roberto Dipiazza ha definito
«una sciocchezza».
«Forse paradossalmente - ha spiegato ieri Rovis - io resto della mia idea e sono
convinto che abbia ragione Camus: alla fine alla pedonalizzazione di corso
Italia ci si arriverà comunque. La stessa bozza però prevedeva un’applicazione
del Piano per fasi e corso Italia pedonale era l’ultimo di sei step previsti.
L’importante è che si proceda nel percorso di ampliamento delle aree pedonali,
cosa che il Comune sta facendo». «Ma l’applicazione per fasi è una strategia che
non può funzionare - denuncia Alberto Russignan che pure da verde sui banchi del
Consiglio comunale fu critico nella scorsa legislatura contro la bozza Camus
perché mirava a cancellare il lavoro precedente di Fiorella Honsell - o meglio
potrebbe andar bene in aree periferiche, ma non certo nel cuore della città.
Udine ha avuto il coraggio di chiudere il centro e la rivoluzione ha avuto
successo, altrettanto bisognava tentare a Trieste».
«Entro un mese - annuncia l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli - il
sindaco porterà in giunta le proprie idee su come completare il Piano del
traffico». Poi elenca i cantieri che si stanno per aprire in città che a suo
dire saranno la migliore dimostrazione di come la pedonalizzazione stia comunque
avanzando in modo inesorabile. Il rifacimento di piazza Venezia e la
ripavimentazione di via Cavana hanno già seguito questa filosofia, mentre da
questi primi giorni dell’anno sarà tassativa la sparizione dei veicoli dall’area
dinanzi all’ingresso del museo Revoltella e da via Torino. A marzo partirà un
cantiere cruciale nella riqualificazione del centro di Trieste che interesserà
piazza della Borsa e porterà alla chiusura al traffico delle vie Einaudi e Cassa
di risparmio. Davanti alla Camera di commercio saranno collocati 400 metri
quadrati di pavimentazione in masegno e sarà riposizionata la fontana del
Nettuno, quella che ultimamente stava in piazza Venezia. I lavori si
protrarranno per un anno e paralleleamente partiranno anche quelli che
riguarderanno la riqualificazione del complesso del Tergesteo recentemente
acquistato dal fondo statunitense Carlyle.
Nel secondo semestre dell’anno verrà collocato il nuovo ponte pedonale sul
Canale e partirà la riqualificazione di piazza Libertà. «Qui saranno recuperati
all’uso pedonale ben 2.500 metri quadrati - annuncia Bandelli - questo vuol dire
essere ambientalisti, non fissarsi su un paio di alberi». Infine nel 2010 sarà
la volta di piazza Ponterosso.
SILVIO MARANZANA
Diecimila Tir in meno sulla Trieste-Venezia - Il
decremento del traffico merci provocato dalla forte frenata dell’economia
SECONDO GLI ULTIMI DATI RIFERITI A OTTOBRE
PORDENONE La crisi economia rallenta il traffico lungo la A4. Nel mese di
ottobre (ultimi dati disponibili), lungo l'autostrada Trieste Venezia sono
transitati quasi 10 mila camion in meno rispetto allo stesso mese del 2007. In
forte rallentamento anche il traffico leggero che ha registrato segno meno nei
mesi delle vacanze (giugno, luglio e settembre) resistendo solo ad agosto. «I
dati - analizza il subcommissario della terza corsia Riccardo Riccardi - da un
lato mostrano una modifica della dinamica economica e dall'altro l'incapacità,
dell'attuale arteria, di reggere ulteriori carichi di traffico».
CAMION Nei primi dieci mesi dell'anno sono stati 8 milioni 270.490 i tir che
hanno solcato la A 4, 196 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2007.
L'incremento 2007/2008 è pari a + 2,43 per cento, ma è la metà dell'aumento del
traffico pesante registrato tra il 2006 e il 2007 (+ 4,54 per cento). Il 2008,
inoltre, è il primo anno in cui - partendo dal 2005 - il traffico pesante inizia
a registrare delle flessioni. La più pesante a marzo quando i camion in
circolazione sono stati pari a - 5,18 per cento (37 mila mezzi circa) rispetto a
quelli dello stesso mese del 2007. Altri mesi in flessione sono stati maggio (-
0,20), giugno (- 0,21 per cento) e agosto (- 5,45 per cento). Quest'ultimo dato
si spiega con il fatto che molte aziende hanno prolungato il periodo di chiusura
estiva. A settembre, alla riapertura delle fabbriche, un aumento c'è stato (+
6,5 per cento), ma ad ottobre c'è stato un nuovo freno: 9831 camion in meno,
ovvero - 1,12 per cento.
AUTO Anche il flusso delle automobili inizia a rallentare. I 23 milioni 147267
automezzi che hanno solcato la A 4 da gennaio al 31 ottobre 2007 sono diventati
23 milioni 93.228 nel 2008. I mesi in cui si è registrato il calo maggiore sono
stati aprile (nonostante il ponte di San Marco c'è stata una diminuzione di
quasi 132 mila veicoli) e i mesi estivi: giugno (- 48837 automobili), luglio (-
31509) e settembre (- 102294). Solo le vacanze d'agosto sembrano aver tenuto,
con un incremento comunque ridotto (+ 0,44 per cento che corrisponde a una
crescita di 12182 mezzi).
TRAFFICO GLOBALE Dal primo gennaio al 31 ottobre la A 4 ha sopportato il
passaggio di 31 milioni 363718 mezzi - tra camion, furgoni e autovetture -, una
cifra comunque in aumento rispetto al 2007 (+ 0.68 per cento). Il dato sembra
comunque tendere alla crescita zero se confrontato con quello degli anni
precedenti: è infatti pari a un terzo rispetto al tasso di incremento avuto tra
il 2006 e il 2007 (+ 2,2 per cento) e tra il 2005 e il 2006 (+ 2,1 per cento).
Martina Milia