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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2007

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2007 

 

Un 2007 di cattive maniere sulle nostre strade

 

C'è ancora qualche ora di tempo per realizzare entro l'anno i buoni propositi che ci eravamo prefissi giusto un anno fa e che non siamo riusciti a portare a termine.
Per esempio, di essere buoni e bravi alla guida dei nostri veicoli. Non siamo stati molto bravi perché sembra che gli incidenti siano diminuiti di pochissimo (dico sembra perché le statistiche non sono ancora pronte), in uno scenario globale che ci impegna a dimezzare gli incidenti entro il 2010 (dal 2000).
Non siamo stati buoni perché le scorrettezze in strada sono ancora all'ordine del giorno.
Non me ne abbiano i motociclisti ed i ciclomotoristi, ed i loro rappresentanti, ma questa volta dedico a loro un particolare pensiero affinché migliorino la guida. Forse non dal lato tecnico, ma da quello comportamentale. Sono sotto gli occhi di tutti il zigzagare ai semafori per raggiungere la pool position, incuranti di specchietti e carrozzerie delle autovetture ferme o quasi. Per non parlare di quello che mi sembra un fenomeno dilagante (spero di avere una sensazione sbagliata) e cioè il sorpasso a destra. È un malvezzo estremamente pericoloso soprattutto per loro che non hanno protezione o quasi. Mi meraviglia la diffusione del fenomeno, proprio perché, in caso di incidente, chi ci rimette fisicamente è proprio l'utente a due ruote.
Rivolgendomi agli automobilisti, non è ancora superata l'abitudine di oltrepassare gli incroci, soprattutto quelli semaforizzati, incuranti, in caso di traffico e quindi di file, di impegnare il centro strada senza poter proseguire, bloccando, di conseguenza, la colonna dei veicoli provenienti dalla strada incrociante. Evidenziamo che non farlo non è solo una gentilezza, ma è un preciso obbligo previsto dal Nuovo Codice della Strada.
Ricordiamoci che se siamo in una strada trafficata e procediamo lentamente, non ci costa nulla fermarci un attimo per far convergere un veicolo che marcia nella direzione opposta alla nostra e che vuol girare alla sua sinistra. Se gli lasciamo cortesemente un varco, a noi non ci costa nulla, e facciamo un favore a lui ed a quelli che lo seguono che altrimenti, spesso, sarebbero bloccati.
E se siamo noi ad usufruire della gentilezza di un altro, ricordiamoci di ringraziare con un cenno di mano o con un lampeggio di fari. Sono gesti di «solidarietà» umana che fanno sicuramente piacere: a chi li fa e a chi li riceve.
Non posso concludere senza un pensiero ai pedoni cui deve essere data la precedenza sempre, ma che, a loro volta non devono fermarsi a chiacchierare a bordo delle strisce pedonali, senza alcuna intenzione, per il momento, di attraversare la strada.
Buon anno a tutti e che i nuovi buoni proponimenti siano messi in atto dalle ore 0 del 1° gennaio 2008.

 Giorgio Cappel

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2007 

 

 

Sulla Ferriera si riapre lo scontro politico La Cgil: una lotta comune, non dividiamoci

 

KOCIJANCIC: La concessione dell’Aia rischia di essere l’ennesimo favore a una proprietà che si sta comportando come la ThyssenKrupp

Dopo l’ok ambientale della Regione si delineano gli schieramenti. Belci: il voto regionale condiziona già tutto

Il caso Ferriera, dopo il rilascio dell’ok ambientale della giunta regionale rischia di diventare un tutti contro tutti. La guerra Comune-Regione al Tar è solo la madre di tutti i confronti. Il sindaco Dipiazza precisa subito che a ipotizzare anche una denuncia per abuso di potere è l’assessore Bucci, non lui. Si passa poi per il presidente dei Cittadini per Trieste, Uberto Drossi Fortuna, che lascia intendere al governatore Illy che l’Aia sarebbe stata più stringente se avesse imposto all’azienda il versamento di una cauzione preventiva. E si arriva a Rifondazione comunista, che sconfessa (come il verde Metz) la giunta regionale e ribadisce di non dare per scontato un matrimonio-bis con il centrosinistra in vista delle regionali di maggio.
È proprio l’imminente campagna elettorale a fare da sfondo al caso. Lo fa notare il segretario Cgil Franco Belci: «Non vorrei che la comunanza d’intenti che si era costituita tra istituzioni e sindacati vacilli più ci si avvicina al voto, allontanando il dibattito da questioni di merito». «Il ricorso al Tar - aggiunge Belci - non risolve il problema. L’Aia era un atto dovuto per cui la giunta regionale si è presa le sue responsabilità e che impedisce all’azienda di agire in campo libero».
«Se non si fosse data l’Aia - gli fa eco Drossi - l’azienda avrebbe potuto fare lei ricorso continuando chissà quanto in ”zona franca”. Avrei preferito, questo sì, che in Consiglio regionale fosse approvato il mio ordine del giorno che obbligava la giunta a imporre il versamento di una cauzione a svincolo parziale, via via che l’azienda ottemperava agli interventi. Al Comune dico che non si può delegare alla Regione responsabilità di cui è deputato il sindaco. Se Dipiazza fosse stato convinto avrebbe già chiuso la Ferriera». «Questa è demagogia», replica Bucci. «Si è persa l’occasione - prosegue - per l’ok a un’Aia condizionata allo stop dell’inquinamento. Lo stabilimento veniva così messo subito al minimo regime fisiologico e parte dei dipendenti andava in cassa integrazione, con lo stipendio, in attesa di rientrare allorché l’azienda avrebbe ottemperato alle prescrizioni. Se ne ricorderà chi voterà per confermare o meno qualcuno in Regione». Il rilascio dell’Aia - per il capogruppo in Consiglio regionale di Rc Igor Kocijancic e il responsabile lavoro Paolo Hlacia - è «un atto profondamente sbagliato» che «rischia di essere l’ennesimo favore a una proprietà che, come la ThyssenKrupp, intende arrivare alla chiusura degli impianti con il massimo di profitto pagando il minor prezzo possibile». «Quanto alla permanenza in giunta e in maggioranza - concludono - è una decisione che assumerà il partito sulla base di una valutazione dell’esperienza di questi 5 anni e della piattaforma programmatica cui tenteremo di contribuire, senza dare nulla per scontato». «Nessuna istituzione - così il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato - dice che la Ferriera è meglio che stia lì». Ma il percorso «deve avvenire senza slogan. La Ferriera può essere proprio il primo tema da mettere sul tavolo tra le istituzioni che ho proposto a Dipiazza di creare».

Piero Rauber

 

 

 FERRIERA - I servolani: lavoratori da tutelare - C’è chi dice: «È l’azienda che deve limitare l’inquinamento»

 

«Se è possibile far funzionare in sicurezza una centrale nucleare, non vedo come non sia possa mettere a norma una struttura come quella della Ferriera. Il progresso e il futuro di questa città, devono puntare a salvaguardare sia i posti di lavoro che la salute delle persone». Antonio Vigini abita in via Puschi. Servola la vive, la frequenta. La decisione presa venerdì dalla giunta regionale non lo sorprende, anzi, lo trova concorde. «E' inutile vivere bene e non avere lavoro - spiega - quei posti vanno salvaguardati e non eliminati, altrimenti ci diamo la zappa sui piedi. E' la proprietà - sottolinea - che deve risolvere il problema adeguando il suo impianto». Nella zona sulla quale si sprigionano i fumi e le polveri della Ferriera vive anche Daniela Nordio: «Ho acquistato casa in via Tribel nel 1978 pagandola 18 milioni. Un'abitazione della stessa metratura - ammette - all'inizio di via Valmaura, nella parte più distante dall'impianto di Servola, costava 25 milioni. Si sapeva - precisa - che le case in questa zona costavano di meno perché c'era il problema della Ferriera: c'erano i pro e i contro. Chi non voleva subire questa situazione - sostiene - poteva acquistare da un'altra parte: mi sembra assurdo lamentarsi oggi». La signora Nordio sulla sua terrazza trova ogni giorno polvere nera, luccicante, ma sembra subirla in silenzio. «E' giusto trovare un accordo se in ballo ci sono posti di lavoro, in fondo - continua - questo inquinamento c'è sempre stato, non ci sono stati incredibili cambiamenti negli anni. Forse - conclude - è la sensibilità ambientalista che è mutata». Carlo Gerunti è diventato un «servolano» da soli sette mesi. Prima abitava a Livorno ed è arrivato a Trieste per esigenze lavorative. «Quello che posso assicurare - afferma - è che gli odori nauseabondi e la polvere nera che si deposita ovunque è incredibile. Se devo essere sincero - ammette - appena avrò sicurezze lavorative, cercherò di andare a vivere in un'altra parte della città». In via Valmaura, in affitto in una casa dell'Ater da 25 anni, vive Lucina Nottolini. Sessantasettenne con un figlio che ogni mattina, per 1.100 euro al mese, si sposta fino a Campoformido. «Con la crisi di lavoro che c'è - dice la donna - non è possibile pensare di chiudere la Ferriera. Da anni ribadiamo che la proprietà dovrebbe dotarsi dei filtri adatti a permettere dignità a chi ci lavora e a chi ci vive intorno. Tutti quelli che passano con la macchina da queste parti si turano il naso per la puzza disgustosa». E proprio all'interno della Ferriera di Servola ha lavorato per 18 anni Graziano Sorci. Ora è in pensione. «Quando ci ritroviamo tra ex colleghi - racconta - specialmente quelli che vivono a Servola, ribadiamo sempre il fatto che, allora, tutto questo inquinamento non c'era, non si tenevano i ritmi lavorativi di oggi».
l.t.

 

 

I pendolari promuovono la linea Trieste-Udine - Resta invece critica la situazione sulla Udine-Pordenone: «Ritardi continui e carrozze troppo affollate»

 

TRIESTE Il sistema regionale dei trasporti ferroviari, nel 2007, ha offerto prestazioni assai altalenanti. Ha avuto ottimi risultati, e poche defaillance, la linea Trieste-Udine. Mentre la Udine-Pordenone si è confermata la più problematica del Friuli Venezia Giulia. A metterlo in evidenza, sulla base delle relazioni effettuate durante l’intero anno, il Comitato pendolari.
Tali relazioni prendono in considerazione i ritardi, il sistema di comunicazione a bordo, il funzionamento dell’impianto di riscaldamento e raffreddamento, la correttezza e la tempestività degli annunci dati in stazione e delle informazioni date dal personale viaggiante in caso di disservizio, la cortesia e il servizio del personale viaggiante a bordo treno, e le condizioni igieniche generali. La linea Trieste-Udine, dunque, si conferma una delle migliori, totalizzando voti vicini all’eccellenza in voci come la correttezza e la tempestività degli annunci dati in stazione relativi al treno preso. Unico neo: qualche mancanza nelle informazioni fornite a bordo del treno. Anche i ritardi all’arrivo sono poca cosa, e comunque inferiori ai 10 minuti, se si escludono poche eccezioni: 12 minuti il 15 gennaio, 38 il 16 maggio, 23 il 31 maggio e addirittura 117 il 28 maggio). «La linea Udine-Trieste – spiega il portavoce del Comitato, Marco Chiandoni – è molto buona. Ci sono comunque questioni che andrebbero risolte, in particolare l’anticipo della partenza degli Eurostar da Udine e da Trieste, che crea problemi a chi non ha l’automobile, in quanto in quell’orario non ci sarebbero coincidenze con i mezzi pubblici su gomma».
Resta invece critica la situazione sulla linea Udine-Pordenone dove i ritardi sono all’ordine del giorno. E, da tre anni in qua, non accennano a diminuire. Ma non basta: i pendolari segnalano una preoccupante riduzione del numero delle carrozze aperte, con conseguenti affollamenti a bordo-treno e ritardi in partenza perché talvolta la gente non riesce a salire (in particolare nella tratta di ritorno); le comunicazioni a bordo quasi inesistenti in caso di disservizi; i controlli dei biglietti rari e casuali. I ritardi, però, restano il problema prioritario: in ottobre, ad esempio, i treni sulla Udine-Pordenone hanno accumulato in media 3,6 minuti di ritardo all’andata e 4,7 nel ritorno, con 4 ritardi superiori ai 10 minuti su 46 viaggi. A novembre la media dei ritardi è stata di 7,6 minuti all’andata e 6,4 minuti al ritorno, con 7 ritardi sopra i 10 minuti su 37 viaggi. A dicembre, ancora, la media è stata di 10,1 minuti all’andata e di 7,1 minuti nel ritorno.
Elena Orsi

 

 

Patenti nautiche nell’Ue: Bruxelles vara regole uniche

 

Regole uniche per le rotte navali dei cargo, per le politiche legate alla protezione del mare, per la gestione dei siti turisti e, anche, per le patenti nautiche. Questo l'obiettio della Commissione europea, che da oltre un anno sta lavorando a un progetto di omologazione a livello europeo delle norme che riguardano il mare e la navigazione, in particolare per quanto riguarda sicurezza, tecnologia e rotte. Le normative europee, infatti, variano non poco: dall'obbligo di patente per tutti i tipi di natante in alcuni stati, dal liberismo in altri, dove la patente non è obbligatoria se non per grandi stazze, fino alla differenza di età alla quale può essere erogata una patente, ai mezzi (come moto d'acqua) che possono essere guidati con o senza licenza. Un caos normativo che si ripercuote anche in settori più ampi e strategici, come lo sfruttamento dell'ambiente marino a fini di pesca e a fini di turismo, la protezione delle coste, l'inquinamento. Per trovare punti in comune, e avviare una normativa uguale per tutti gli stati europei bagnati dal mare (si pensi anche ai nuovi entrati, come la Romania e la Slovenia, ma anche la Francia, che ha numerose norme autonome) la Commissione europea ha varato lo scorso ottobre un documento, una sorta di piano di azione per arrivare in pochi anni a comuni normative che disciplinano i mari.
L'unificazione delle politiche marittime, o meglio le integrazioni tra esse ha l'obiettivo di trovare punti comuni tra gli interessi dei diversi Stati, è per questo motivo la proposta è partita dal basso, ovvero da una commissione tecnica composta da dici esperti che ha licenziato il documento proposto alla Commissione europea lo scorso ottobre. Ora spetta alla Commissione europea convincere gli stati a integrare le proprie norme: i punti salienti, per quanto concerne gli aspetti più "diportistici" della questione, sono legati alle procedure di navigazione in sicurezza, alle emissioni dei motori, all'ingresso nelle zone protette e alla pesca. Su quest'ultimo aspetto il Presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso risulta essere particolarmente determinato, e ha sottolineato l'importanza di eliminare la pesca illegale e di frodo di in tutte le dimensioni (quindi anche quella "turistica" che alcuni diportisti praticano tra grotte e anfratti d'estate per procurarsi la grigliatina in barca), oltre a mettere al bando la pesca allo strascico.
Ancora, la questione della gestione dei dati e delle informazioni relative ai mari. Chi parte per una crociera impegnativa , o una vera e propria avventura, ha bisogno di informazioni certe, integrate e facilmente raggiungibili: tra le politiche proposte vi è anche l'ipotesi di creare un osservatorio unico, in grado di mettere a disposizione di tutti i naviganti - grandi e piccoli, a vela, a remi e a motore -, informazioni aggiornate e facilmente raggiungibili su condizioni e stato di mari e oceani, nonché rotte di navigazione.
Francesca Capodanno

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2007 

 

 

Ferriera, la Regione dà l’ok: il Comune attacca - Il sindaco annuncia un ricorso al Tar e ipotizza una denuncia per abuso d’ufficio

 

L’autorizzazione d’impatto ambientale resta vincolata a una serie di interventi che la proprietà dovrà effettuare entro un anno

L’Autorizzazione integrata ambientale della Regione sulla Ferriera era attesa da settimane. Tanto che figurava già all’ordine del giorno di due precedenti sedute della giunta regionale. Ma quando è arrivata - cioé ieri, nell’ultima riunione dell’anno per l’esecutivo di Riccardo Illy - ha scatenato a livello politico un effetto domino incontrollabile. Comune e Regione in guerra davanti al Tar. E il verde Alessandro Metz autore di una nota stampa che prelude a un distacco polemico dal centrosinistra.
L’amministrazione regionale dunque, dopo due rinvii del documento alla propria avvocatura, nell’ottica di renderlo inattaccabile dal punto di vista giuridico, ha rilasciato l’Aia alla Lucchini, vincolando l’azienda a una serie di interventi di sostenibilità ambientale nell’atmosfera e al suolo - dai filtri sugli impianti di aspirazione delle polveri a una vasca per il raffreddamento degli inquinanti - da rispettare entro 12 mesi. Il vicepresidente della Regione e assessore all’ambiente Gianfranco Moretton ne ha dato notizia al termine della seduta di giunta, in cui la delibera è passata all’unanimità. Erano assenti l’assessore alla cultura di Rifondazione Roberto Antonaz e quello al personale dei Cittadini Gianni Pecol Cominotto. «L’Aia - ha spiegato Moretton - consente d’intervenire anche in termini coercitivi, arrivando alla chiusura qualora l’azienda non rispettasse le prescrizioni. Si tengono conto delle prescrizioni imposte dalla magistratura per il dissequestro degli impianti, delle osservazioni di Legambiente e Wwf e anche quelle del Comune, che pur non avendo partecipato alla conferenza dei servizi le ha lasciate in forma epistolare».
Moretton ha partecipato poco dopo all’inaugurazione di strada del Friuli. Con lui Illy e Dipiazza. È stato l’ultimo atto di distensione prima del muro contro muro. «Questo provvedimento - ha poi dichiarato il sindaco - puzza come le emissioni della Ferriera». «È molto brutto che l’Aia venga rilasciata alla vigilia di Capodanno. Voglio proprio vedere quale escamotage sia stato usato per scavalcare la legge che spiega a chiare lettere come, se vi è inquinamento accertatato, non è possibile rilasciare l’Aia», ha aggiunto Dipiazza preannunciando che «il Comune impugnerà l’Aia». Infatti nel pomeriggio l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci ha confermato che «non appena il documento perverrà al Comune, verrà vagliato dall’avvocatura». «Faremo ricorso al Tar - ha precisato Bucci - con una richiesta di sospensiva affinché l’esame di merito non ci porti a perdere troppo tempo». La guerra Comune-Regione davanti al Tar, tecnicamente, potrebbe concretizzarsi già il 9 gennaio, data della prima udienza del 2008. «Inoltre - ha aggiunto Bucci - vedremo se vi sono gli estremi di una denuncia alla magistratura ordinaria per abuso d’ufficio e abuso di potere. Avevamo già espresso il nostro parere negativo. E poi avevamo anche diffidato la Regione a concedere l’Aia in tali condizioni. Se avessero recepito le nostre osservazioni non avrebbero avvallato alcuna autorizzazione. Stanno consegnando una cambiale in bianco nelle mani della Lucchini».
«Il Comune - la replica di Moretton - è libero di promuovere i ricorsi che ritiene opportuni. L’Aia però consente di migliorare e non peggiorare la situazione. Se il Comune non intende migliorare la situazione, il sindaco può con le sue prerogative di legge emettere un’ordinanza di chiusura dello stabilimento». «Mi auguro - gli ha fatto eco l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini - che il ricorso lo perdano, altrimenti verrebbero meno le prescrizioni vincolanti dell’Aia per l’azienda e la tutela dell’ambiente e della salute sarebbe minore».

Piero Rauber

 

 

FERRIERA - I servolani: «Altro che cittadini, siamo sudditi»

 

Dura la presa di posizione del consigliere regionale Metz (Verdi): «Sarebbe interessante sapere quanto ne hanno parlato Moretton e Beltrame»

«Che tristezza. Altro che cittadini, siamo sudditi». Pietro Lepre e la moglie Licia Fonda vivono in via Valmaura. Con i fumi della Ferriera ci convivono. «Siamo schifati - affermano - e siamo stufi di promesse mai mantenute. È facile per i politici che vivono tra il verde e in zone lontane prendere decisioni così. In Ferriera hanno promesso più volte di mettere in regola l’impianto ma non è mai stato fatto niente».

La signora Fonda è sorpresa dalla decisione della Regione. «Quella di quest’anno è stata l’estate peggiore - precisa - altro che provvedimenti anti-inquinamento. Ci prendono in giro. Cosa dice il sindaco che è di fatto il responsabile della nostra salute?». È di Servola anche Gabriella Civita: «Sono esterrefatta, ma come si permettono di prendere una decisione con così tanta leggerezza, quando in ballo c'è la nostra salute? Perché non ci vogliono fare le analisi? La verità è che hanno paura. Quella polvere buca la vernice delle auto, figuriamoci cosa fa ai polmoni. Chi pagherà i danni alla salute causati dalla Ferriera?».
Dal mondo politico, intanto, il consigliere regionale dei Verdi Metz affida a un comunicato il suo «strappo». «Sarebbe interessante - scrive - sapere quanto ne hanno parlato. Non ci sembra un tema in cui Moretton si sia mai poi tanto impegnato. Immaginiamo che l’assessore alla salute Beltrame non abbia aperto un fuoco di sbarramento di domande su controlli e analisi epidemiologiche. Probabilmente il nuovo segretario regionale del Pd (Zvech, ndr) gli avrà spiegato che tanto a Servola non lo votano lo stesso». «Ero fuori Trieste per motivi personali - fa sapere Antonaz - ma se l’ultima versione della delibera fosse stata simile alla precedente avrei votato no». «Fossi stato presente - replica Pecol - io l’avrei votata. L’Aia non è un’autorizzazione a inquinare, è il contrario». «Concedere l’Aia - spiega Sergio Lupieri del Pd - significa tutelare la salute di cittadini e lavoratori, perché impone al gestore di rispettare la legge».
Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia e Coordinamento dei comitati di quartiere bollano infine l’Aia come «un atto di puro banditismo politico, che conferma lo spirito reazionario della maggioranza regionale». E chiedono «ai due unici consiglieri che hanno ritenuto di condividere la protesta», il capogruppo di Rc Kocijancic e Metz, di ritirare sia Antonaz dalla giunta che il loro appoggio alla maggioranza.
pi.ra. - l.t.

 

 

Sito inquinato, sì all’accordo di programma - Ok dall’esecutivo di Illy

 

La giunta regionale ha dato ieri il via libera all’accordo di programma sul Sito inquinato di interesse nazionale, che andrà ora approvato anche da Provincia, Comuni di Trieste e di Muggia, Autorità portuale e Ezit. L’assessore Gianfranco Moretton auspica la firma definitiva «tra tutti gli enti entro fine gennaio». Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, saluta l’ok come «il modo migliore in cui potesse chiudersi questo 2007».
È previsto un investimento di 200 milioni di euro: 120 verranno coperti dallo Stato, 80 saranno a carico delle aziende responsabili dell’inquinamento, ma «in termini volontari», dice Moretton. «Con i 200 milioni - precisa Azzarita - potremo effettuare la caratterizzazione del sito inquinato, realizzare le analisi del rischio e bonificare il terreno sul posto: entro il 2010 gran parte del lavoro potrà essere concluso». La caratterizzazione riguarderà anche le aree portuali del sito. Come già fatto rilevare dalla Confartigianato, l’accordo non dichiara esplicitamente che «chi non ha inquinato non paga», come pure rileva - ricorda il presidente Dario Bruni - una direttiva europea. Vengono però considerate aree pubbliche e inquinate dal pubblico tutte quelle che le imprese hanno acquistato dall’Ezit, purché l’attuale proprietario non inquini. Così, dice Azzarita, «stimiamo che solo il 10% delle aziende insediate nel sito», in tutto circa 300, si troverà una cifra a carico: «Ma anche per queste cercheremo una strada». Inoltre c’è un certo numero di aziende responsabili di inquinamento presente o passato, che se vorranno partecipare al sistema di contenimento delle acque di falda - e sarà il ministero a redigere un progetto - potranno farlo con il 50% delle spese totali.
Mentre la Provincia saluta l’accordo come un’«accelerazione» verso la bonifica, dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat, più prudente è l’assessore comunale Maurizio Bucci: «La giunta dirà sì al documento, non si sono alternative. In vista del voto in aula cercheremo poi di trasmettere ai capigruppo quanto recepito durante le tante riunioni fatte: resta da vedere» quale sarà la sorte delle imprese che restano fuori dall’intervento pubblico. Anche Confartigianato mantiene le perplessità: «Non sappiamo quali siano le imprese che rientrano nel 10% escluso dalla mano pubblica», dice Bruni auspicando stime più precise.
p.b.

 

 

Rifiuti, allarme diossina in Campania

 

NAPOLI L'emergenza rifiuti fa scattare l'allarme diossina per la notte di San Silvestro. «È urgente - sostiene Maria Triassi, docente di igiene dell'Università Federico II - rimuovere la spazzatura prima di Capodanno per scongiurare seri pericoli per la salute dei napoletani. Con l'esplosione dei fuochi d'artificio aumenta il rischio d'incendio dei rifiuti». Da qui deriva l'allarme: «Soprattutto la plastica contenuta nei rifiuti, se incendiata - spiega Triassi - sprigiona notevoli quantità di diossina e altri fumi che hanno effetti mutageni e cancerogeni a lungo termine sulla salute». Inoltre «nell'immediato queste sostanze possono provocare un'impennata di casi di intossicazione e forti irritazioni all'apparato respiratorio. È preoccupante - aggiunge Triassi - anche l'accumulo della spazzatura vicino ai terreni agricoli e alle aree di pascolo. Anche la decomposizione dei sacchetti di plastica genera diossina e se questa sostanza altamente tossica finisce nei terreni può inquinare tutta la catena alimentare». Si è intanto conclusa la manifestazione di protesta di 2000 cittadini di Carinola e dei comuni limitrofi che hanno impedito, anche con trattori e auto, l'entrata nell'area «Carabottoli», di alcuni mezzi dell'esercito e di ditte private, incaricate di effettuare lavori per preparare il terreno ad accogliere ecoballe.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2007 

 

 

Commissariata la Provincia per lo smaltimento dei rifiuti La Regione: manca un piano - Serve un regolamento sugli imballaggi

 

La Regione mette sotto tutela la Provincia in materia ambientale. Davanti alla mancata approvazione del piano per lo smaltimento dei rifiuti (imballaggi e policlorobifenili), infatti, la giunta Illy ha nominato un commissario ad acta. L’amministrazione provinciale di Trieste è in buona compagnia, perché il commissario, l’ingegner Giovanni Cozzarini, all’inizio del mese ha sostituito sul piano operativo e politico anche le province di Udine e Gorizia. Solo Pordenone ha rispettato i tempi e approvato sia il Piano degli imballaggi sia quello delle Pcb (il liquido contenuto nei trasformatori e condensatori).
La nomina di Cozzarini risale allo scorso 28 novembre, ma nei corridoi di palazzo Galatti è emersa solo ieri dopo un’interrogazione presentata da Marco Vascotto, capogruppo di An in Consiglio provinciale, alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat. «Sì è vero, ma per noi è una fortuna. Il commissario ci consentirà di compiere alcuni passi importanti - dice Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’Ambiente - in un settore che dobbiamo rifondare. Avevamo del personale precario che recentemente ha lasciato l’ente, stiamo ricominciando tutto da capo con alcune recenti assunzioni».
La Provincia non vede come una punizione, insomma, l’arrivo di un commissario ad acta. Anzi, stando alle parole della Barduzzi rappresenta uno stimolo per arrivare «entro gennaio all’approvazione, dopo aver recepito i pareri dei diversi enti, del Piano degli imballaggi». Ma l’opposizione attacca, ricordando come lo scorso 20 dicembre una mozione proprio per la revoca dell’assessore provinciale all’Ambiente (in relazione al caso della Ferriera di Servola) fosse stata respinta dalla maggioranza. «Quella mozione di sfiducia, davanti a questi nuovi fatti a noi ignoti, assume una forte rilevanza. Invece di pensare alla metropolitana leggera - dice Vascotto - la Barduzzi si preoccupi di fare le cose dovute prima della scadenza. Il fatto che il commissariamento sia stato deciso da una giunta regionale ”amica” la dice lunga... Il commissario ad acta non ha precedenti né sotto la presidenza Scoccimarro né in quella di Codarin (gli ex amministratori della Provincia governata dal centrodestra, ndr)».
«La Provincia avrebbe dovuto fare il Piano degli imballaggi ancora anni fa durante le precenti amministrazioni, noi siamo arrivati e abbiamo subito ripreso i contatti con la Regione», replica Barduzzi confidando di licenziare in aula, dopo quello degli imballaggi, il Piano sui Pcd entro marzo.
Un lavoro che spetterà all’ingegner Cozzarini mandare avanti, sostituendosi all’organo politico nell’adozione dei piani. «A Trieste siamo a buon punto sul Piano degli imballaggi, mentre quello sui Pcb è fermo. Stando a una loro interpretazione - spiega il commissario - la Provincia sosteneva che spettasse alla Regione farlo. Un problema di interepretazione che adesso è stato risolto». Anche in questo caso spetterà all’amministrazione provinciale dotarsi di un piano sullo smaltimento di tali rifiuti.
p.c.

 

 

Borgo San Sergio: 2200 firme contro l’antenna in via Maovaz

 

Tornano alla carica i cittadini di Borgo San Sergio presentando oltre 2200 firme contro l'antenna di via Maovaz 11, chiedendo che venga spostata in un vicino terreno comunale. Capofila della protesta ancora Romano Umer, residente al civico 13, che già il 12 ottobre scroso, subito dopo l’installazioend ell’antenna, aveva intrapreso una raccolta firme per disinstallare «l'aquila»- come viene chiamata l’antenna per il suo aspetto un po’ sinistro simile a un rapace - dal tetto del condominio. «Siamo tutti preoccupati, soprattutto le mamme dei bambini del rione - spiega Umer - l'antenna sovrasta una zona densamente abitata: ci sono le scuole materne, elementari e medie, il ricreatorio e i campi di calcio. Quel ripetitore rappresenta un pericolo per la nostra salute e per quella dei nostri figli».
Già a giugno del 2005 era stato fatto un tentativo di posizionare un'antenna nella stessa zona ma, tramite la VII Circoscrizione, una petizione popolare aveva convinto il Comune a non concedere le necessarie autorizzazioni. Ma di fronte al rifiuto della concessione per motivazioni legate all' impatto ambientale e paesaggistico, la compagnia telefonica Tim Italia Spa, proprietaria dell'antenna, aveva fatto ricorso al Tar ottenendo il via libera. L’antenna è stata anche mascherata in modo - si legge nella petizione - «di non fare rilevare più la sua pericolosità, pericolosità attestata da molti studi che confermano come le radiazioni elettromagnetiche provochino tumori». Ora i residenti tornano a fare sentire la loro voce, e chiedono che l'antenna venga rimossa e collocata in un'area più consona e meno a rischio. Il terreno, di proprietà comunale, identificato come possibile postazione per la nuova antenna, comprende tra i 15 e i 20 ettari di terreno e si trova ad una distanza sufficientemente sicura dal centro abitato. La petizione è stata presentata al Comune di Trieste lo scorso sei dicembre, gli abitanti invieranno questi giorni una lettera al sindaco Dipiazza, richiedendo un incontro pubblico nella zona per discutere la questione. Il Presidente della VII Circoscrizione Andrea Vatta rassicura che non appena le firme saranno presentate in Circoscrizione «chiamerò l'assessore competente e faremo quanto sarà possibile per dare voce alla richiesta della popolazione».
Linda Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2007 

 

 

Via al progetto della metrò leggera Trieste-Ronchi  - La Regione chiede alle ferrovie uno studio anche per la nuova fermata per l’aeroporto

 

Dal primo gennaio passano al Fvg le competenze della gestione dei servizi su rotaia: ecco le linee guida del piano regionale dei trasporti

TRIESTE Nuova fermata a Ronchi Aeroporto e progettazione del sistema su ferrovia che possa essere funzionale alla futura metropolitana leggera tra Trieste e Monfalcone.
Queste sono solo alcune delle indicazioni che la Regione ha formulato per il servizio di trasporto su rotaia a partire dal 2008, anno in cui si realizzerà la gestione diretta in collaborazione con Rfi delle linee ferroviarie regionali. Dal 1 gennaio prossimo, infatti, secondo il decreto legislativo 111/2004 in materia di trasporto pubblico regionale e locale, la Regione sarà competente per la gestione dei servizi ferroviari regionali e locali. In vista di tale traguardo, dal momento che sulla base della legge regionale vengono individuati diversi livelli della rete di trasporti e che dal 1 gennaio 2011 si prevederà di arrivare ad un’unica gestione ferro-gomma attraverso l’indizione di gara unica ad evidenza pubblica, la Regione ha ritenuto necessario definire un sistema di trasporto pubblico su ferro coerente con il sistema in via di delineazione. Fin dal mese di giugno 2007, quindi, è stato avviato un contatto diretto con la Società Rete Ferroviaria Italiana per la definizione degli aspetti tecnici relativi alla formalizzazione di un accordo quadro, con particolare riferimento alla procedura per l’acquisizione delle tracce orario e del cadenzamento di treni nonché delle migliorie necessarie nel servizio da inserire poi nel bando di gara.
I MIGLIORAMENTI La Regione ha inserito nel programma tutte le principali direttive, ovvero Udine-Trieste e Trieste-Venezia o Udine-Venezia. Dall’analisi risulta che, oltre agli interventi già previsti dalla programmazione di Rfi, per consentire la regolarità del servizio, eliminando elementi di criticità presenti sulla rete ferroviaria, si deve prevedere anche altre migliorie. Per esempio, l’istituzione di nuove fermate, previste soprattutto sulla linea Trieste-Cervignano-Tarvisio. In quest’ambito infatti si annuncia l’istituzione della nuova fermata Ronchi aeroporto, ma anche il raddoppio della linea Udine–Cervignano, e la necessità di un intervento infrastrutturale per elevare il rango di velocità del materiale leggero (dalla classe B alla C). Si tratta, come spiega la Regione, di modifiche da attuarsi ‘nel lungo periodo’, e che potrebbero ulteriormente migliorare i servizi resi anche all’interno del periodo di affidamento dei servizi integrati oggetto della prossima gara. Nuove fermate sono poi da programmare anche, secondo il piano regionale, lungo la linea Trieste-Udine-Venezia.
METROPOLITANA Per quanto riguarda la linea Trieste- Portogruaro, invece, si dovrà mettere in conto la possibile futura realizzazione del sistema di metropolitana leggera Muggia-Trieste-Ronchi dei Legionari, e riflettere sul relativo adattamento della linea. Altre modifiche sono poi previste anche in altre linee regionali, come sulla Gemona-Sacile, con l’istituzione di una “bretella” che colleghi la linea pedemontana alla linea per Pordenone, onde evitare la stazione di regresso di Sacile, oppure l’elettrificazione della linea Casarsa Portogruaro, e l’istituzione di una “bretella” che colleghi la linea proveniente da Portogruaro alla linea per Pordenone, per evitare la stazione di regresso di Casarsa.
Infine, il piano regionale prevede anche azioni in merito agli orari. In particolare delinea l’elaborazione di un sistema di “offerta ad orario cadenzato”, finalizzato all’ottimizzazione dei piani di interscambio tra i vari sistemi nei nodi di Venezia Mestre, Udine, Cervignano, Casarsa, Sacile, per assicurare il servizio di collegamento pendolare sia tra i poli nell’ambito regionale che interregionale. Il tutto avverrà prevedendo cadenze orarie o biorarie a seconda delle necessità e assicurando servizi di rinforzo nelle fasce pendolari sulle varie tratte.
Elena Orsi

 

 

Ricerche sul clima, Trieste si allea con l’Onu - Il sistema scientifico cittadino collaborerà con il programma mondiale che studia i mutamenti atmosferici

 

Al via nuove collaborazioni tra la Trieste scientifica e il Programma mondiale di ricerche sul clima (World Climate Research Program), un ente sotto l'egida delle Nazioni Unite con sede a Ginevra, finalizzato a comprendere i processi che regolano il sistema climatico globale, con la possibilità di prevedere l'andamento futuro del clima e l'impatto delle attività umane su di esso.
Lo ha annunciato Ann Henderson-Sellers, direttrice del prestigioso Programma, alla fine di una breve visita a Trieste per partecipare ad un corso internazionale di formazione per tecnici e scienziati specializzati in studi sull'ambiente dei paesi in via di sviluppo,ospitato nel campus scientifico di Miramare.
«Con questo corso -ha notato - si inaugura di fatto un nuovo programma di collaborazione che passerà attraverso il Centro Internazionale di Fisica teorica Ictp, che speriamo di formalizzare l'anno prossimo».
Secondo Ann Henderson-Sellers, con questa nuova partnership, la città rafforzerà di fatto la sua posizione nel panorama internazionale che mira a costruire un nuovo e più efficiente sistema globale per le scienze ambientali, mettendo in rete più spesso il sud ed il nord del pianeta.
In altre parole, Trieste si assicura un ruolo chiave nello scenario globale, in un momento di grandi cambiamenti che richiede più coordinamento nei progetti comuni, con una particolare attenzione al coinvolgimento di scienziati dei paesi in via di sviluppo.
«Il vantaggio di Trieste - ha concluso la direttrice del World Climate Research Programme - è la sua esperienza con i paesi in via di sviluppo, che ha trasformato la città in un luogo perfetto e quasi unico di incontro e scambio tra gli scienziati di tutto il mondo, sia dell'Est che dell'Ovest, sia del Sud che del Nord».
ga.pr.

 

 

L’acqua non è una merce ma un bene e un diritto

 

Da pochi giorni il Consiglio Comunale ha approvato all'unanimità una mozione che chiede un impegno alla giunta sulla gestione delle reti idriche e in particolare sul tema della dispersione, oltre alla possibilità di utilizzare l'acqua potabile in sostituzione dell'acqua minerale confezionata in bottiglie di plastica.
Nella nostra città come tutti sappiamo è AcegasAps a gestire la rete idrica, ovvero una holding quotata in Borsa attenta innanzitutto alle dinamiche di mercato piuttosto che a corretti e puntuali interventi di manutenzione. La nostra rete idrica, infatti, presenta una dispersione valutabile attorno al 38% e la risposta ufficiale che viene data su questo tema è che nulla si può fare se prima non si ritocca la tariffa.
La mozione contiene inoltre la proposta di incentivare l'utilizzo dell'acqua di rubinetto come acqua potabile in alternativa all'acqua delle bottiglie di plastica, vista l'ottima qualità che la nostra acqua presenta.
In proposito ricordiamo che a quasi un anno dall'inizio della campagna per la ripubblicizzazione dell'acqua, che ha coinvolto più di seicento comitati territoriali e ha portato in Parlamento un testo di legge sostenuto da oltre 400.000 firme, l'impegno non è certo finito. Il movimento per l'acqua è consapevole che la visione ideologica delle virtù del mercato sia ancora viva nella classe politica italiana, anche a fronte delle innumerevoli smentite sull'inefficienza della gestione privata rispetto a quella pubblica.
Il primo dicembre la presenza di 40.000 persone a Roma ha ribadito la necessità di riconoscere l'acqua come bene comune e diritto umano universale, dimostrando come la difesa dell'acqua dalla mercificazione sia divenuta una vertenza nazionale e costituisca il paradigma di un percorso più ampio teso a rifondare la democrazia, attraverso la riappropriazione degli spazi di partecipazione politica e la gestione dei beni comuni in seno alle comunità locali.
La società civile ha dato prova di saper incidere sull'agenda politica nazionale, con l'approvazione in Senato a fine ottobre della moratoria sulle privatizzazioni in corso. I rischi della deriva liberista si sono però fatte risentire, con il tentativo di inserire nella Finanziaria in corso il decreto Lanzillotta per la privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali. Anche in questo caso l'opposizione del movimento per l'acqua è riuscita a frenare tale manovra.
Di fronte agli effetti tangibili di un sistema economico iniquo e insostenibile è responsabilità collettiva tutelare e garantire l'accesso equo e globale a questa risorsa vitale, solidarizzando con le realtà italiane e mondiali protagoniste di vertenze territoriali in difesa dei beni comuni.
Un'importante vittoria è stata raggiunta nel 2000 nella cosiddetta Guerra dell'Acqua a Cochabamba in Bolivia, dove la protesta della società civile è riuscita a sottrarne la gestione alle multinazionali.
Tappa importante di un percorso comune che va a rafforzare le lotte anche nei nostri territori, per la costruzione di alternative dal basso al sistema di mercato. Un percorso che non può che declinarsi a partire dalla difesa del bene più prezioso per tutti gli esseri viventi: l'acqua.
Alfredo Racovelli - Consigliere Comunale Verdi per la Pace

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2007 

 

 

Rapporto sulla mobilità  - Macchine a gpl e metano, Trieste ultima in classifica

 

A Trieste quasi nessuno usa macchine a gpl e metano, a differenza di altre città d’Italia come Reggio Emilia, Ferrara e Ravenna. Lo rivela il primo rapporto su «Mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città», elaborato da Euromobility e Kyoto Club in collaborazione con Assogasliquidi e Consorzio Ecogas. Nel rapporto si legge che la presenza dei mezzi a gpl e metano si attesta intorno al 3,3 per cento rispetto al totale. I valori più alti, oltre il 10 per cento solo nelle tre città dell’Emilia Romagna, mentre fanalini di coda, senza nemmeno un punto percentuale, sono Monza, Aosta e, appunto, Trieste.

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2007 

 

 

Popovic: «La Kemiplas sarà chiusa»  - Il sindaco di Capodistria rassicura gli abitanti di Villa Decani che hanno manifestato davanti alla fabbrica

 

Il direttore dell’azienda replica: «Protesta non autorizzata»

CAPODISTRIA Circa 500 abitanti del comune di Capodistria hanno manifestato ieri in modo pacifico davanti ai cancelli della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani chiedendo la chiusura immediata dell'impianto.
Non c'è più alcun spazio per eventuali trattative con la direzione della fabbrica, finora si è soltanto perso del tempo senza ottenere nulla, hanno spiegato i manifestanti, che hanno annunciato nuove azioni di protesta e di disubbidienza civile se la «Kemiplas» continuerà a produrre.
Pazienteranno, ha dichiarato la presidente della Comunità locale di Villa Decani, Ingrid Kocijancic, qualche mese ancora, dopo di che, se sarà necessario, sono intenzionati a bloccare l'autostrada pur di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sul loro problema.
Davanti ai cancelli della fabbrica era presente anche il direttore della «Kemiplas» Muharem Kadic, che ha definito la manifestazione «un circo». «La protesta non è autorizzata - ha dichiarato ai giornalisti - mentre la fabbrica ha tutte le licenze necessarie per portare avanti la sua produzione».
Alle centinaia di presenti si è rivolto pure il sindaco di Capodistria Boris Popovic. Il primo cittadino di Capodistria ha ribadito la dura posizione dell’amministrazione ocmunale. «Sono con voi - ha detto Popovic - e dico chiaramente che questa fabbrica sarà chiusa».
Il rappresentante legale del Comune di Capodistria, l'avvocato Franci Matoz, ha raccolto finora 200 firme di procura e sta preparando una causa collettiva contro la «Kemiplas», alla quale sarà chiesto anche un indennizzo per i danni provocati alla salute della popolazione locale. Ufficialmente, le misurazioni sull'inquinamento prodotto dalla «fabbrica dei veleni» non hanno mai dimostrato l'esistenza di valori superiori ai limiti tollerati dalla legge, ma sono in molti a dubitare sul modo in cui questi risultati sono stati ottenuti.
La «Kemiplas», ricordiamo, produce tra l'altro anidride dell'acido ftalico, sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici come coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci. L'intera produzione, della Kemiplas, 30.000 tonnellate all'anno, viene esportata in Austria, Germania, Croazia e Italia.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2007 

 

 

I test: Ferriera, superato il limite di sforamenti  - Per il Cigra 54 episodi da aprile ad agosto, per l’Arpa da luglio a dicembre 32: la soglia annua è di 35

 

I numeri dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera

Gli ultimi dati nella zona della Ferriera sono stati consegnati dall’Azienda sanitaria a Comune e Regione. Rotelli contesta Lucchini sui siti delle centraline

È stato superato in via San Lorenzo in Selva a Servola il numero di sforamenti consentiti in un anno per polveri sottili, benzene e benzoapirene. Le Pm10, da aprile ad agosto 2007 (secondo le rilevazioni del Consorzio universitario Cigra) hanno superato i limiti di legge per 54 volte, mentre la legge impone non più di 35 superamenti all’anno. Secondo le analisi dell’Arpa, tra luglio e dicembre gli sforamenti sono stati 32. Il sondaggio nell’intero anno in via Carpineto e in via Svevo parla rispettivamente di 43 e 54 superamenti.
Per il benzene, sempre in via San Lorenzo in Selva, tra gennaio e ottobre è stata misurata una concentrazione media di 14,4 microgrammi per metro cubo. La media annuale consentita non deve essere superiore agli 8, e nella zona risulta già oltrepassata in pochi mesi. Altrettanto seria la situazione per il benzoapirene che, secondo i dati Cigra, nella medesima via tra aprile e giugno ha raggiunto un valore medio di 19,11 nanogrammi, e tra luglio e ottobre di 4,4 secondo l’Arpa. In ogni caso, proiettando i dati su scala annuale, il limite di legge (un nanogrammo per metro cubo) è oltrepassato.
Sono questi gli ultimi dati disponibili sulla zona attorno alla Ferriera, che il 14 dicembre l’Azienda sanitaria ha inviato sia al Comune sia all’assessore regionale all’Ambiente, che l’altro giorno ha presieduto il «tavolo istituzionale» sulla Ferriera senza renderli noti.
Nel medesimo testo, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, si avverte: «Questa Azienda, anche qualora vi sia una sola persona che abita nella zona limitrofa a una stazione di misurazione, ritiene indispensabile che presso la stazione stessa vengano rispettati i limiti di legge». Ciò per rispondere alla Lucchini che contestando il posizionamento delle centraline faceva anche valere la scarsa residenzialità nell’area.
«I cittadini - ribatte Alessandro Metz, consigliere dei Verdi che prosegue in una intensa azione di denuncia sull’inquinamento a Servola - hanno il preciso diritto di essere messi a conoscenza dei dati ambientali che possono avere effetti negativi sulla propria salute, se vengono secretati si provoca appunto l’’’allarme sociale’’ che si dice di voler evitare, viceversa se i dati sono allarmanti non si risolve il giustificato allarme nascondendo gli elementi di valutazione, ma rispondendo in maniera efficace».
Mentre Igor Kocijancic, consigliere regionale di Rifondazione, e Paolo Hlacia, responsabile lavoro dello stesso partito, s’interrogano sulle reali condizioni di sicurezza all’interno della fabbrica dopo il disastro dei morti alla «Tyssen Krupp» di Torino («la concessione di una Autorizzazione integrata ambientale a un’azienda che ha dichiarato di voler arrivare alla chiusura degli impianti significa aumentare i rischi e i pericoli per i lavoratori»), Metz chiede conto anche di altre cose: «Perché non si verifica quello che è stato sversato nella vasca di raffreddamento dell’ex acciaieria nel 2005 (di notte e da personale fidato) e poi ’’tombato’’ con una gettata di cemento? O l’amianto interrato nel terreno di proprietà dell’azienda, o ancora il milione e 200 mila tonnellate di rifiuti presenti in un capannone di cui non è chiara la provenienza e la proprietà, perché non si fanno analisi sull’avanzamento del piano di costa di 70 metri fatto dagli scarti di produzione e buttati a mare?».
g.z.

 

 

Campagna contro gli sprechi d’acqua - L’iniziativa è promossa dalla Provincia e da AcegasAps e rivolta ai giovani

 

Il cittadino è il protagonista della campagna sulla risorsa acqua promossa dalla Provincia di Trieste e da AcegasAps in collaborazione con Achab Triveneto.
Nei prossimi mesi sarà distribuito materiale informativo alle singole utenze del materiale informativo e aperti alcuni info-point di sensibilizzazione sulla risorsa idrica destinati agli abitanti. In particolare sarà possibile ottenere preziose indicazioni sull'uso razionale della risorsa idrica in casa, limitando gli spreghi e preferendo comunque l'acqua dell'acquedotto a quella imbottigliata.
«Siamo abituati a dire facile come bere un bicchiere d'acqua - ha detto Dennis Visioli, assessore all'Educazione ambientale della Provincia - perché è un atto che fa parte della nostra vita dall'infanzia alla vecchiaia. Ne parleremo con i cittadini del nostro territorio perché sia anche un atto sano e ragionato».
Gli obiettivi principali di questa iniziativa consistono nel dare le informazioni necessarie a consentire una scelta consapevole dell'acqua da bere; per aumentare il grado di consapevolezza e di fiducia sull'acqua; per educare ad un uso razionale della risorsa idrica; per limitare la produzione di rifiuti da imballaggio e per informare la cittadinanza sul servizio idrico.
Materiale didattico rivolto ai giovani delle scuole sarà predisposto a breve sui siti internet della Provincia di Trieste (www.provincia.trieste.it) e di AcegasAps.

 

 

Protesta a Villa Decani contro la Kemiplas - Manifestazione oggi degli abitanti della zona: «L’impianto va chiuso»

 

Il Comune di Capodistria adirà le vie legali. È venuto meno l’accordo sulla dismissione dell’impianto chimico

CAPODISTRIA Gli abitanti di Villa Decani, pochi chilometri da Capodistria, non ne possono più: stamane alle 10 daranno vita a una manifestazione di protesta davanti ai cancelli della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas».
I maniferstanti chiederanno due cose: l'immediata chiusura dell'impianto e un intervento deciso dell'Ispettorato e del ministero dell'Ambiente. «Non abbiamo più intenzione di permettere che si continui ad avvelenare l'ambiente nel quale viviamo», spiega la presidente della Comunità d'abitato di Villa Decani Ingrid Kocjancic.
La protesta è l'ennesimo tentativo degli abitanti del luogo di sollecitare la chiusura e lo smantellamento dell'impianto. Se la situazione non dovesse cambiare, non escludono il ricorso ad azioni di disubbidienza civile.
La battaglia sul futuro della «Kemiplas» si fa dunque sempre più dura. Il Comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di raggiungere un accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica, ha annunciato di recente il ricorso a vie legali.
Da diversi giorni – e l'iniziativa andrò avanti anche dopo Capodanno – l'amministrazione comunale sta raccogliendo i dati delle persone che si ritengono danneggiate dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica per preparare una causa collettiva contro la «Kemiplas». Per tutte le procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 è già stato previsto uno stanziamento di 120 mila euro.
Il ricorso alla giustizia contro la fabbrica è stato annunciato personalmente dal sindaco Boris Popovic.
Nella denuncia contro la «Kemiplas», il Comune di Capodistria, che sarà rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, chiederà direttamente la sospensione dell'attività produttiva.
Le autorità comunali intendono inoltre procedere alla modifica del piano urbanistico per l'area dove si trova la fabbrica in modo da vietare questo tipo di produzione. Un modo per evitare che rientri dalla finestra quel che si vuole far uscire al più presto dalla porta.
In quest’area, nota come Bivio, secondo i responsabili dell'amministrazione comunale capodistriana si potrebbe dar vita a un'attività economica che non danneggi l'ambiente e sia accettata dagli abitanti del luogo.
Quanto al centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica, a Capodistria sono convinti che potrebbero trovare una nuova occupazione nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».
Secondo la direzione della fabbrica, però, la «Kemiplas» ha tutte le carte in regola per continuare a prodirre, e, dati alla mano, i dirigenti dicono che lo stabilimento non inquina oltre i valori consentiti dalla legge. «Non abbiamo nulla da nascondere – ha dichiarato alcuni giorni fa il direttore dell'impianto di Villa Decani, Muharem Kadic - produciamo 30 mila tonnellate di anidride dell'acido ftalico all'anno, che vengono esportate in Austria, Germania, Croazia e Italia». E' una sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici, come coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci.
Kadic non esclude, per il futuro, lo smantellamento dell'impianto, ma per ora non ci pensa: la spesa ammonterebbe a 10 milioni di euro, e la «Kemiplas» non ha intenzione di sostenerla da sola.
Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica sembrava ormai risolta, dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione della «Kemiplas», accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto, ma poi è venuto a galla che la societa' madre, la tedesca «Kemokopleks», ha dichiarato fallimento, per cui delle sue proprietà, e dunque anche dell'impianto di Villa Decani, al momento dell'accordo poteva disporre soltanto il curatore fallimentare, e non anche i dirigenti locali della fabbrica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2007 

 

 

«Aia, la Ferriera dia garanzie» E il consiglio regionale si spacca  - Intanto Metz contesta l’analisi di Moretton e la non diffusione dei dati ambientali

 

Sull’odg di Fortuna Drossi 20 voti a favore e 20 contro

Venti voti favorevoli, venti voti contrari. E l’ordine del giorno sulla Ferriera presentato ieri in consiglio regionale da Uberto Fortuna Drossi (Cittadini) non passa. Il documento chiedeva maggiori garanzie per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale, il cui testo è ancora all’esame dell’Ufficio legale della Regione, e soprattutto che a fronte degli interventi tecnici richiesti dalla Conferenza dei servizi per abbattere l’inquinamento si imponesse alla Lucchini il pagamento di una cauzione, da scalare via via che i lavori fossero arrivati a compimento.
Nel contempo Fortuna Drossi chiedeva un preciso piano dei tempi e dei costi delle modifiche e stigmatizzava recenti affermazioni di Dipiazza («La Ferriera si chiuderà da sola») affermando che così il sindaco «si deresponsabilizza, mentre la salute dei cittadini è di sua competenza». In aula è stato sottolineato che se l’azienda si dimostra inadempiente rispetto agli obblighi dell’autorizzazione c’è la possibilità di sequestrare gli impianti. E comunque al momento del voto il consiglio si è spaccato esattamente a metà.
Contesta invece le valutazioni che l’assessore all’Ambiente Moretton ha diffuso ieri a chiusura del «tavolo istituzionale» il verde Alessandro Metz (sottolineando anche che «a norma di legge regionale sull’accesso dei documenti amministrativi non può secretare dati che riguardano la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini»): «Quando si parla di 200 milioni di euro per pagare i costi delle bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale e del relativo Accordo di programma - dice Metz - si parla di altre zone, pubbliche, e non delle contaminazioni provocate dalla fabbrica, del resto è noto che la Ferriera non solo ha manifestato l’intenzione di affrontare autonomamente i lavori di bonifica del sito, ma a tutt’oggi (come reclamato anche dal ministero) non ha presentato un piano di messa in sicurezza, né un progetto di massima e certamente dovrà corrispondere all’erario il risarcimento per danno ambientale che è stato preannunciato». Ma la Ferriera ha già contestato al Tar l’ultimativa richiesta ministeriale di analisi sui terreni demaniali.
g.z.

 

 

Il Comune dà via libera al piano antenne chiesto lo spostamento per 5 ripetitori

 

Confermata la necessità di una distanza minima tra gli impianti e le scuole e gli ospedali Il «piano antenne» ha ottenuto l’approvazione del Consiglio comunale e Trieste dispone finalmente di uno strumento per la localizzazione degli impianti radiobase di telefonia mobile. Sul territorio, fino a oggi, ne sono già stati installati 196. «Nel 2004 erano 114, poi in un anno si è verificato un autentico boom», ha osservato il consigliere d’opposizione Alessandro Minisini (La Margherita).
All’interno del piano, che definisce i requisiti legati all’installazione, si specifica la differenza fra zone idonee, non idonee e siti sensibili, ovvero asili, scuole, ricreatori, oratori, strutture assistenziali e ospedali. Riguardo a queste ultime aree, è stato sottolineato come attorno al perimetro delle stesse si debba identificare un campo d’attenzione pari a 50 metri. Fra gli emendamenti approvati spicca quello con cui il Comune «si impegnerà con i gestori a tentare di spostare le cinque antenne al momento considerate più impattanti, ovvero quelle di via Sara Davis, via Nazionale a Opicina, via Masaccio (sotto Longera), piazzetta Belvedere e via del Lazzaretto vecchio», ha confermato Bruna Tam (La Margherita). Il documento non è retroattivo, ma potrà determinare indirettamente dei cambiamenti di localizzazione quando i gestori richiederanno dei lavori di adattamento legati al progresso tecnologico.
Va sottolineato come il lavoro abbia coinvolto, oltre alla sesta commisione consiliare, all’assessorato all’urbanistica e allo studio architettura Gambirasio, anche un pool di cui hanno fatto parte Arpa e azienda sanitaria, i gestori della telefonia mobile, le associazioni ambientaliste, gli ordini professionali, le associazioni di categoria, le circoscrizioni e i comitati di cittadini. A sottolinearlo è l’assessore Maurizio Bucci (Forza Italia): «È stato un ottimo lavoro, lungo e frutto della concertazione fra diverse realtà del territorio. Mi pare vi sia stata pure la giusta mediazione negli emendamenti proposti, per evitare che il documento possa essere impugnabile dai gestori, come capitato tre anni fa (quando il Tar aveva fermato il piano, ndr)». Il lavoro comune con cui si è giunti alla fumata bianca «ha determinato il nostro voto favorevole al piano», ha puntualizzato Fabio Omero, capogruppo dei Democratici di sinistra in Consiglio comunale.
A fargli eco pure il collega forzista, Piero Camber: «Era un piano necessario, credo che la soddisfazione sia stata generale. Inoltre, quotidianamente i dati verranno pubblicati sul sito Internet del Comune, dopo essere stati monitorati».
Mentre Roberto Decarli (Cittadini per Trieste) ha osservato come «la tutela e la cautela tanto proclamate relative all’installazione di questi impianti viene superata dagli interessi delle compagnie che gestiscono il servizio della telefonia mobile»
ma.un.

 

 

Tav, altolà sul tracciato da 9 sindaci Sonego: a gennaio si dovrà decidere

 

Incontro fra la Regione e i primi cittadini della Bassa friulana che presentano un documento CERVIGNANO Nuovo tracciato ferroviario della Tav, è scontro aperto tra Sonego e nove sindaci della Bassa Friulana. Questo il verdetto dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio a Cervignano, in cui non sono mancati momenti di tensione tra il rappresentante della giunta regionale e alcuni sindaci di centrosinistra da una parte, e il gruppo di amministratori dissidenti dall’altra, in gran parte riconducibili al centrodestra. Lo stesso assessore Lodovico Sonego ha individuato nelle logiche meramente politiche l’origine della frattura: «I sindaci del Centrodestra, guidati da Mario Pischedda - ha attaccato in una nota - hanno tentato di far saltare il banco riportando la discussione sulla ferrovia Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) a prima di un anno fa, con un documento ostruzionistico dal taglio tutto politico». «La strategia del Centrodestra è evidente: dilazionare i tempi, sollevare problemi pretestuosi, ricorrere ad argomenti pseudotecnici con l'unico obiettivo di impedire la nuova ferrovia del Corridoio V». Tagliente la conclusione: «Il Centrodestra è contro la modernizzazione del Friuli Venezia Giulia e del Paese. La Regione è di opinione diversa. Si tratta di accelerare il confronto tecnico e politico per individuare la soluzione progettuale più adeguata. Il risultato positivo è a portata di mano e non bisogna sprecare l'occasione: ci si rivedrà il 15 gennaio con l'intento di chiudere l'intesa in tempi brevi». Sonego auspica chiaramente un decollo della situazione che porti alla definizione del progetto entro gennaio, «il mese delle decisioni» come lui stesso ha rimarcato. I nove sindaci della Bassa Friulana invocano viceversa uno slittamento delle operazioni al fine di analizzare tutte le soluzioni in modo puntiglioso. Proprio Pischedda replica a Sonego rincarando la dose: «E’ stato lo stesso assessore a esasperare i toni e definire il nostro documento, assolutamente in linea con le richieste degli ultimi mesi, un atto che procura un vulnus al tavolo tecnico. Il suo è un gesto, programmato e grossolano, per scaricare su di noi tutte le colpe. In questo modo potrà sostenere la tesi per cui da parte sua c’è stata la volontà di allacciare un canale comunicativo efficace, e solo la nostra miopia ha vanificato il suo sforzo. Da parte mia, ritengo che gli interventi veementi di alcuni sindaci (chiaro riferimento a Duz di Torviscosae Del Frate di San Giorgio, nda) rientrino nell’ambito di un piano partorito alla vigilia. Sonego è determinato a calpestare le richieste del territorio? Proceda pure, poi però si assumerà le sue responsabilità. Che a quel punto saranno, inevitabilmente, politiche».
A firmare nero su bianco il documento della discordia sono stati i sindaci di Villa Vicentina, Aiello, Bagnaria, Palazzolo, Palmanova, Pocenia, Porpetto, Ronchis, e Teor. La prima, essenziale, richiesta avanzata è che «Rfi dichiari le specifiche tecniche desiderate per il tracciato, o si adegui a quanto deciso dagli organi deputati alla gestione del territorio». Ancora, invitano la Regione a «non riconoscere come controparte all'interno del gruppo tecnico di lavoro Rfi». I firmatari ritengono «inaccettabile che dopo mesi di discussione e di presenza continua di responsabili della spa all'interno del gruppo tecnico, gli stessi, nel corso dell'ultima seduta, abbiano dichiarato, a margine dell'incontro, che loro intendono comunque realizzare un tracciato ad alta velocità, in evidente contrasto con le scelte prese in esame». Al secondo punto i sindaci ribadiscono la necessità di continuare gli approfondimenti di tutti i tracciati presentati dai tecnici. «Solo successivamente - ritengono - si potrà procedere con l'approvazione o meno di ogni singolo tratto, che andrà quindi a formare una delle possibili alternative da studiare nella valutazione di impatto ambientale propedeutica alla redazione dell'eventuale nuovo progetto preliminare. Si ricorda infatti che avevamo concordato sull'opportunità di iniziare la fase di approfondimento proprio dal tracciato centrale, ma mai avevamo pattuito che tutti gli altri tracciati sarebbero stati definitivamente scartati». Motivo per cui viene chiesta la proroga dell'incarico ai tecnici e la partecipazione al gruppo di lavoro di rappresentati Anas e Autovie Venete.
Giovanni Stocco

 

 

Arriva in giunta il via libera alla vetreria  - Oggi esecutivo a Palmanova

 

TRIESTE Via libera alla vetreria di San Giorgio di Nogaro e diritto di opzione su oltre settemila azioni di Promotur del valore di quasi 4 milioni di euro. Sono questi i provvedimenti più importanti della giunta regionale odierna, in programma nel pomeriggio a Palmanova. L’esecutivo, tramite l’assessore Gianfranco Moretton, si dovrebbe pronunciare oggi sulla compatibilità ambientale del progetto per la costruzione di un impianto di produzione di vetro float nella zona industriale di San Giorgio di Nogaro. Impianto della Sangalli Italia. Il parere sarà favorevole, anche perché il progetto è già stato approvato dalla commissione Via regionale. I malumori comunque non mancheranno, in prima fila quelli di Verdi e ambientalisti. Si tratta di un impianto che andrà a produrre lastre di vetro a ciclo continuo 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno. Il vicepresidente porterà all’attenzione della giunta anche l’approvazione dell’elenco annuale dei lavori pubblici (secondo la legge 14 Disciplina organica dei lavori pubblici), l’assegnazione di anticipi per circa 10 milioni di euro per interventi di edilizia sovvenziona alle ater di Gorizia (3,8 milioni) e Trieste (6,4 milioni). Altre delibere riguardano la situazione delle servitù militari. In ambito finanziario la giunta, attraverso l’assessore Michela Del Piero, si prepara ad esercitare il diritto di opzione, con relativa autorizzazione di spesa, per la sottoscrizione di 7744 nuove azioni ordinarie di Promotur (da nominali) del valore complessivo di 3.999.466 (516,46 euro l’una). La giunta dovrà inoltre recepire il patrimonio stradale trasferito dallo Stato alla Regione.
L’assessore Roberto Antonaz invece, oltre alle delibere sulle variazioni di bilancio dell’azienda speciale di Villa Manin e dell’Arlef, porterà le modifiche all’intesa Stato Regione (come da indicazione dello Stato) per la fondazione di Aquileia. «L’atto costitutivo lo sta elaborando un notaio di Trieste – spiega l’assessore – e andrà approvato da comune di Aquileia e Provincia di Udine. Credo che a gennaio saremo in grado di nominare presidente e consiglio di amministrazione». Tra le delibere di sanità, la giunta dovrebbe adottare quelle di autorizzazione e accreditamento delle strutture pubbliche e private di medicina del lavoro, nefrologia e dialisi e provvedere all’analisi del rendiconto economico fino a settembre di quest’anno. Approvazione del bilancio dell’ente parco naturale delle Prealpi Giulie, su proposta dell’assessore Marsilio, mentre l’assessore Jacop darà il via libera alla preparazione del materiale informativo in vista delle elezioni. Naturalmente in più lingue,come è prassi: oltre all’italiano, sloveno, friulano e tedesco.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2007 

 

 

Ferriera, forse sforamenti: la Regione secreta i dati  - Alla ripresa dei lavori del tavolo istituzionale il comunicato ufficiale della Regione non riporta i risultati dell’Arpa

 

Il «tavolo istituzionale» non diffonde i risultati Arpa: voci ufficiose parlano di inquinamento da polveri sottili e benzoapirene oltre i limiti

Accordo di programma entro fine anno: stanziate risorse per 200 milioni

Sforamenti di polveri sottili e una media di benzoapirene di quattro volte superiore ai limiti nel territorio di Servola nel mese di dicembre: sarebbero questi i dati presentati ieri nella riunione del «tavolo istituzionale» sulla Ferriera che ha ripreso i propri lavori dopo la chiusura di quelli relativi all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Forma dubitativa, dal momento che da quella riunione non è uscita alcuna informazione ufficiale, l’unica alla quale la Regione si richiama obbligando i partecipanti a non riferire il contenuto della discussione.
L’incontro era guidato dall’assessore Gianfranco Moretton che si affida solo a un comunicato ufficiale nel quale non sono citati i dati riferiti dall’Arpa. L’assessore all’Ambiente, e vicepresidente della giunta, ha rimarcato invece che «le problematiche legate al disinquinamento dell’area riguardano non solo la Ferriera ma tutto il Sito inquinato di rilievo nazionale, una competenza diretta del ministero dell’Ambiente con il quale - dice la nota regionale - la Regione collabora pienamente». È annunciata per fine anno l’approvazione dell’Accordo di programma tra Regione, dicastero dell’Ambiente, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità portuale. Ci sono risorse «pari a 200 milioni di euro per la complessiva opera di disinquinamento». Il che è anche una risposta alle intimazioni dello stesso ministero, che ha denunciato come inadempiente agli impegni presi la Ferriera di Servola.
La delibera per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale («strumento ’’garantista’’ ha sottolineato Moretton) è però ancora all’esame dell’Ufficio legale della Regione e sarà valutata entro fine anno. Prossima riunione del «tavolo» entro metà gennaio.
Intanto, a seguito delle notizie secondo cui mancano attualmente i 160 mila euro per realizzare le analisi sull’eventuale accumulo di diossine nei residenti del quartiere reagisce il consigliere dei Verdi, Alessandro Metz: «La loro richiesta, specie di fronte a una analisi annunciata, è assolutamente fondata, visto che la stessa Azienda sanitaria ha di recente evidenziato rischi elevati per la salute pubblica». Metz si dice «sorpreso» dal fatto che l’Azienda sanitaria parli di «procurato allarme sociale» rispetto alle richieste dei cittadini («vengono così richiamate pratiche di controllo sociale disciplinari e repressive»), senza i quali, afferma, «non si sarebbero mai scoperte la situazione reale a Porto Marghera e i casi di mesotelioma correlati all’amianto». Metz si è già dichiarato contrario - come il Comune di Trieste - al rilascio dell’Aia, ritenendo «poco affidabile fin qui il comportamento dell’azienda in termini di ambiente». Il presidente della commissione regionale Urbanistica, Uberto Fortuna Drossi, ha invece presentato un ordine del giorno con cui chiede che l’Aia sia il frutto di un più vincolante Accordo di programma e che alla Lucchini sia imposta una cauzione proporzionale al costo degli interventi correttivi da realizzare nella fabbrica. Una cauzione, dice, da scalare via via che gli impianti vengono adeguati.
g. z.

 

 

Nuove discariche abusive a Cattinara  - Nonostante i continui interventi di pulizia la gente abbandona rifiuti di ogni genere

 

Immondizie e detriti nella fascia verde che costeggia la statale 202 e nella zona superiore del rione di Campanelle

Battaglia (Quinta circoscrizione): «Presenteremo un documento al Comune»

Nella zona verde che costeggia la strada statale 202 sono nuovamente sorte alcune discariche abusive. È sufficiente allontanarsi di qualche passo dal margine dell’arteria rendersi conto della presenza di cumuli di immondizia.
La maggior parte della sporcizia si concentra a ridosso di una piazzola di sosta, vicino al viale d’accesso di un terreno privato. Tra gli alberi sono stati abbandonati oggetti di ogni tipo e dimensione. I più evidenti sono elettrodomestici, mobili e materassi, ma ci sono anche materiali edilizi di scarto, provenienti con tutta probabilità da lavori di costruzione o ristrutturazione.
Inoltre, se d’estate le foglie e i cespugli rendono impossibile capire cosa si celi dietro le fronde, in questa stagione si riconoscono senza fatica motocicli, copertoni d’automobile, televisori, porte e infissi, il tutto circondato da sacchetti di plastica e cassette della frutta.
Nonostante i continui interventi di pulizia, alcuni dei quali effettuati recentemente, qualcuno continua a liberarsi dei propri rifiuti ingombranti lasciandoli sul ciglio della strada, oppure spingendoli lungo il fianco della collina.
«Si tratta di un problema tipico della zona sotto Cattinara e della parte superiore di Campanelle – spiega il coordinatore della commissione urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia -. In passato sono stati effettuati sopralluoghi nell’area per controllare le condizioni degli alvei dei rii. Ora valuteremo anche la presenza di immondizia e detriti. Dopo aver definito con precisione quali siano le dimensioni del fenomeno, verrà elaborato un documento che sarà, poi, presentato al Comune».
I punti maggiormente utilizzati per gli scarichi abusivi si trovano ai margini del territorio di competenza del parlamentino. Verrà quindi rafforzata la collaborazione tra la Quinta e la Settima circoscrizione. «La cooperazione porterà risultati positivi sotto diversi punti di vista – commenta Nattaglia -. Inoltre, in questo modo, potrà esserci una maggiore sorveglianza della zona».
Concorda il presidente del settimo parlamentino, Andrea Vatta, che vede favorevolmente lo scambio di informazioni e dati tra le due assemblee rionali per risolvere tali problematiche. «In passato si sono già svolti riunioni e consigli congiunti, proprio su tematiche ambientali, che coinvolgono un territorio esteso. Il risanamento e la tutela di aree verdi e torrenti sono problemi reali, e come tali meritano di essere affrontati con la massima attenzione e serietà».
Della questione si occuperà anche la commissione ambiente della Settima circoscrizione, il cui coordinamento è stato recentemente assunto dal consigliere della Margherita Michele Maier, il quale ha già dato la propria disponibilità a collaborare con i colleghi degli altri parlamentini.
Per combattere la formazione di discariche abusive l’Acegas-Aps ha attivato da molto tempo sul territorio provinciale sette punti di raccolta per i rifiuti ingombranti, nei quali è possibile conferire gratuitamente quasi tutti i tipi di oggetti dei quali ci si vuole disfare.
Mattia Assandri

 

 

Di Pietro affida la terza corsia all’Anas  - Accordo tra i tecnici di Italia e Slovenia sull’ipotesi di tracciato del Corridoio V. Sarà la tratta a Sud

 

Vertice con il ministro delle Infrastrutture a Trieste. Salta la proposta di nomina del commissario: accordo finale con Illy sull’incarico al presidente Ciucci

TRIESTE Terza corsia dell’autostrada, il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro affida all’Anas la gestione del progetto di realizzazione come in Veneto, ma allo stesso tempo «apre» alla proposta del presidente della regione, Riccardo Illy, che per accelerare i tempi e le procedure aveva chiesto un commissario. Non ci sarà una nuova figura in questo senso ed eventualmente «lo farà lo stesso presidente dell’Anas il commissario se davvero accelera le procedure». Di Pietro lo ha detto ieri a Illy durante un incontro a cui era presente lo stesso presidente dell’Anas Pietro Ciucci e poco dopo, alla riunione della prima Commissione intergovernativa italo-slovena, ha annunciato che «sarà pronto entro giugno 2008» lo studio di fattibilità della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia della linea di alta velocità/alta capacità del corridoio V, Lione-Kiev. Un vertice ad altissimo livello, alla vigilia della caduta dei confini, tutto concentrato sulla logistica e i trasporti alla presenza delle due delegazioni di tecnici italiani e sloveni delle Ferrovie e coordinato oltre che da Di Pietro e Illy, dal vice ministro dei Trasporti sloveno Peter Verlic e dallo stesso coordinatore del progetto del Corridoio V, Jan Brinkhorst. Di Pietro visto l’immininente passaggio della presidenza semestrale dell’Unione europea alla vicina Repubblica, ha proposto di affidare alla Slovenia anche la presidenza della Commissione intergovernativa. E ieri i tecnici sloveni e italiani si sono accordati anche sul «tracciato» definitivo del Corridoio V scegliendo quello che è giudicato migliore e che tra l’altro aveva visto d’accordo i ministri sloveno e italiano al termine di un vertice lo scorso luglio. Oggi da segnalare un incontro tra l’assessore regionale ai trasporti Lodovico Sonego e i sindaci della Bassa Friulana per trovare un accordo sul tracciato.
Ma è soprattutto sul versante dell’emergenza e dunque sul fronte autostradale, che si sono visti i risultati dagli incontri tra Illy e Di Pietro. Il vertice a margine della Commissione intergovernativa, da quanto si è potuto apprendere, era iniziato in maniera bollente quando il presidente ha ribadito al ministro la richiesta di un commissario per velocizzare la realizzazione della terza corsia autostradale. Di Pietro, confermando le scelte fatte in Veneto, ha subito dichiarato la sua contrarietà al commissario. Ma poi si è convinto della tesi di Illy che ha spiegato al ministro che non si trattava di istituire una nuova «poltrona» quanto di trovare una sopluzione per velocizzare al massimo tempi e procedure di realizzazione. A quel punto, spiegano fonti attendibili, lo stesso Illy avrebbe detto a Di Pietro che se c’era la necessità di lasciare il coordinamento all’Anas il commissario poteva farlo lo stesso vertice se ciò agevolava il progetto.
Su questo punto è stata trovata l’intesa tra Illy e Di Pietro che hanno anche concordato di inserire un articolo ad hoc nel prossimo aggiornamento del protocollo d’intesa tra Regione e Governo.
«Non possiamo accettare che i ruoli che spettano ai ministeri e all’Anas siano fatti da soggetti diversi, sarebbe un fallimento – ha spiegato Di Pietro – siamo disponibili da sempre affinchè le procedure siano le più abbreviate possibili nel rispetto delle popolazioni locali. Ribadiremo in un apposito protocollo: se si tratta di individuare il commissario per l’accelerazione delle procedure e se davvero le aumenta rispetto alla legge obiettivo noi possiamo prevederlo questo commissario. A patto che che lo faccia il presidente dell’Anas». Da registrare anche la richiesta a Di Pietro da parte della Regione di una «riflessione» per il trasferimento di ulteriori 200 chilometri di strade Anas a ridosso dei confini, dopo i 700 già trasferiti e che ha visto la costituzione di una società, la Friuli Venezia Giulia strade.
Definito questo punto il ministro si è dedicato ai lavori della Commissione intergovernativa. E proprio ieri le delegazioni tecniche, slovena e italiana, hanno confermato l’accordo su un’ipotesi di tracciato del corridoio V nel tratto trasfrontaliero Trieste-Divaccia. In realtà quella di ieri è stata la conclusione di un precedente incontro tra le due delegazioni che stanno lavorando a fondo sul tracciato. «Sono state analizzate varie ipotesi ma quella scelta è sempre risultata la migliore – conferma Mario Goliani, direttore compartimentale delle Ferrovie e responsabile del progetto per la parte italiana – ed è la tratta inserita ufficialmente nella domanda di finanziamento presentata congiuntamente da Italia e Slovenia». Il tratto ferroviario, denominato tratta Sud, sprofonda in galleria e dopo Trieste passa in Slovenia atraversando la zona tra Pesek e Draga Sant’Elia, fa un’ampia curva verso sud e poi si riunisce con un’ulteriore controcurva a Nord della valle dell’Ospo, sotto San Servolo, e va sul tracciato della Capodistria Divaccia, proprio sul by-pass.
«Il compito della Commissione intergovernativa è quello di individuare la progettazione del tratto transfrontaliero e le azioni da intraprendere per condividere copn il territorio la realizzabilità. Abbiamo ottrenuto assieme alla Slovenia i primi fondi dall’Ue, oggi inizia il lavoro per il crono programma – ha detto Di Pietro – c’è la volontà politica chiara ed evidente che vogliamo lavorare assieme e trovare nel trattato un punto di incontro».
Sulla stessa linea il viceministro Vrlic: «Sono convinto che i lavori della commissione saranno molto efficaci per rendere operativo il progetto».

Giulio Garau

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 19 dicembre 2007 

 

 

Clima, "il catastrofismo non serve"  - Verità e speranza nella morsa di media e politica
 

Ormai quasi nessuno nega i pericoli del riscaldamento globale - Crescono però i dubbi sui toni ipercatastrofisti usati nella divulgazione

L'Ipcc: "Minaccia seria, ma non è vero che rischiamo l'estinzione" - Realacci: "Il pessimismo non paga, serve solo per coprire l'inerzia"
ROMA - Fosse stato un Nobel per la fisica o la medicina, non sarebbe potuto accadere. Non avrebbero mai potuto essere premiati insieme due scienziati che dicono cose diverse tra loro. Il Nobel per la pace invece è tutta un'altra storia e nessuno si è meravigliato che il riconoscimento sia andato contemporaneamente ad Al Gore e all'Ipcc. Eppure l'ex vicepresidente statunitense e il comitato scientifico messo insieme dall'Onu per studiare i cambiamenti climatici affermano cose molto differenti.
Le iperboli dei premier. A sottolineare la contraddizione è stato recentemente David Henderson, ex economista capo dell'Ocse, in un articolo pubblicato sull'ultimo numero di Limes. Henderson se la prende in particolare con tutti quei leader politici che come Gore hanno alzato eccessivamente i toni nel grido di allarme per i cambiamenti climatici. Si va da Tony Blair, che nel 2006 afferma "abbiamo solo 10-15 anni per adottare le misure necessarie per scongiurare la catastrofe", a Nicolas Sarkozy che nel maggio scorso, poco prima di insediarsi all'Eliseo, dichiara: "Ad essere in gioco è il destino stesso dell'umanità".
Dichiarazioni davanti alle quali Henderson scuote la testa: "Non è ai rapporti dell'Ipcc che queste affermazioni si rifanno, si tratta, in realtà, di audaci estrapolazioni, con una forte connotazione congetturale. Esse sono però in sintonia con il pensiero di buona parte dell'opinione pubblica".
"Minaccia seria, ma non è la fine del mondo". Un'osservazione che Vincenzo Artale, fisico oceanografo dell'Enea e uno dei pochi climatologi italiani presenti nell'Ipcc, sottoscrive. "Il riscaldamento globale - dice - è un problema serio, che rischia di innescare in futuro dinamiche molto pericolose, ma parlare di civiltà umana sull'orlo dell'estinzione e di rischi per la sopravvivenza del genere umano, come sento dire da più parti, al momento è assolutamente prematuro. Bisogna intraprendere tutte le strade indicate dall'Ipcc per contrastare i cambiamenti climatici, anche perché si tratta di provvedimenti dalle molteplici ricadute positive su ambiente, occupazione, democrazia, distensione internazionale. Inoltre dobbiamo finanziare più generosamente la ricerca scientifica per capire sempre meglio come funziona il clima e anticiparne l'evoluzione. Parlare di catastrofe imminente non solo è fuorviante, ma non fa bene alla causa di chi vuole davvero cambiare il corso delle cose".
La deriva del "climate porn". L'Ippr (Institute for Public Policy Research), una fondazione britannica di orientamento laburista, si è spinta ancora più in la, utilizzando addirittura il termine climate porn, pornografia climatica, non per negare l'esistenza del problema, ma per denunciare l'esagerato catastrofismo dei media. Ma allora come si è arrivati a questo punto, come è stato possibile che un severo e circostanziato allarme lanciato da un migliaio di scienziati si sia trasformato in qualcosa di molto diverso? Le risposte possibili sono diverse e riguardano tutti gli attori interessati dalla vicenda: mondo scientifico, mass media, politica e movimento ambientalista, anche se in pochi sono disposti a riconoscere le proprie responsabilità.
L'autodifesa della scienza. Sul mondo accademico pesa ad esempio il sospetto di aver contribuito all'equivoco cercando di bucare con i toni iperallarmisti il muro di omertà che ha circ
ondato a lungo le problematiche del riscaldamento globale e ottenere così più fondi per la ricerca. Artale però non è d'accordo. "In Italia questa colpa la scienza sicuramente non ce l'ha, per il semplice fatto che è mancato l'oggetto del contendere: non ci sono fondi per il clima, tranne quelli del Piano Nazionale del 2000, che certo sono stati distribuiti non in base agli strilli catastrofisti. Ma credo che questo non sia accaduto neppure all'estero". Lo scienziato italiano gira quindi la palla ai mass media. "Il dibattito - denuncia - soprattutto in Italia dovrebbe essere portato su livelli più tecnici a non a quelli da soap opera a cui stiamo assistendo".
Il futuro rubato dalla tv. Un problema che Antonio Scurati, scrittore e docente di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo all'Università di Bergamo, ha posto al centro di un articolo comparso ad ottobre su Internazionale
. "Spesso - ha scritto - si sente dire che l'umanità non ha più un futuro perché ha perso la capacità di immaginarselo. Viviamo con lo sguardo a terra, schiacciato sul presente, indifferenti al passato e all'avvenire. Forse è ver
o. È vero perché il nostro futuro appartiene ai signori dei media e a quelli della guerra, che l'hanno già immaginato per noi. È vero non perché il futuro non accadrà, ma perché, qualunque esso sia, sarà già accaduto. E tutto ciò che potrà avvenire in questo tempo che ha smesso di muoversi in avanti sarà la guerra o la catastrofe".
L'allarme che produce inerzia. A ispirare l'editoriale erano i venti gelidi che soffiavano sulla crisi con l'Iran, ma Scurati è convinto che la dinamica sia la stessa per quanto riguarda la crisi ambientale. "Il moltiplicarsi di scenari catastrofici - spiega - fanno sì che ogni previsione finisca per essere messa sullo stesso piano. C'è un invalidamento preventivo che ci consente di pre digerire il problema, impedendo una risposta e un'assunzione di responsabilità. Questa disposizione a premediare un ipotetico futuro, senza necessariamente arrivare alla teoria del complotto, induce l'opinione pubblica a passività e fatalismo. Un atteggiamento che oggettivamente avvantaggia chi ha un interesse fortissimo a non intervenire, come gli Stati Uniti. L'allarme produce inerzia anziché azione, è paradossale ma è così".
La tentazione catastrofista. E sempre restando nel campo del paradossale, è possibile che a contribuire a questa situazione siano stati anche gli ambientalisti, attraverso il facile ricorso, soprattutto in passato, a toni catastrofisti? Ermete Realacci, uno dei leader storici dell'ecologismo italiano, la pensa diversamente. "Il ricorso a toni apocalittici - risponde - è stata una tentazione presente nella crescita dell'ambientalismo, ma non è un atteggiamento efficace e io non vi ho mai fatto ricorso. Credo che il catastrofismo di oggi abbia altre origini".
Tanto rumore per nulla. Realacci, che oggi è nel vertice del Partito democratico, punta quindi il dito contro la politica. "Con l'innalzamento dei toni si cerca soprattutto di coprire l'inadeguatezza della risposta politica. In Italia poi, dove figure di primissimo piano come Berlusconi hanno assunto a lungo posizioni negazioniste, il problema è ancora più serio. Abbiamo una politica che oscilla tra proclami alti e un'azione scarsa, come quest'ultima legge finanziaria che non è certo segnata da un'adeguata tensione sul contrasto ai cambiamenti climatici".
Il futuro che non si vede. Il catastrofismo come un rumore di fondo che mette quasi completamente a tacere qualsiasi spunto per l'ottimismo. E in questo caso la scienza, da possibile carnefice si trasforma in vittima, con il suo potenziale di speranza ridotto nel migliore dei casi a fare da contorno marginale. Se il riscaldamento globale è una minaccia gravissima a benessere, salute e stabilità, la scienza ha appena imboccato due strade come bioingegneria e nanotecnologie che promettono potenzialità enormi per trovare soluzioni alle nuove sfide.
La scienza che fa paura. Eppure di questo potenziale positivo nel dibattito non c'è quasi traccia e spesso i progressi della ricerca vengono vissuti come ulteriori motivi di angoscia. "E' vero, prevalgono i toni apocalittici", dice Enrico Bellone, docente di Storia della scienza all'Università di Milano e direttore del mensile Le Scienze. "Sui grandi canali di comunicazione - aggiunge - è più facile la vita per le notizie a fortissime tinte, rispetto alle informazioni e ai dati di matrice scientifica. Sul piano delle notizie rende di più, in un paese scientificamente denutrito come il nostro, parlare con enfasi sui pericoli (immaginari) connessi agli Ogm". Un atteggiamento, prosegue Bellone, "che ha le proprie radici nell'evoluzione della cultura italiana durante l'ultimo secolo, che ha sempre più spiccatamente visto, nella razionalità scientifica, non una forma di cultura, ma una miscela di servizi pratici e di paure".

VALERIO GUALERZI

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2007 

 

 

FERRIERA - Analisi sui servolani: mancano 160mila euro  - E’ il costo dei test sull’accumulo di diossine nei residenti pronto dal 2005 ma non finanziato

 

Oggi i primi risultati sugli esami ambientali e clinici per chi lavora nella cokeria. Manifestazione dei comitati in piazza Oberdan

I cittadini chiedono prelievi per misurare l’assorbimento di metalli: «Non è detto che si abbiano risultati utili ai fini della salute pubblica»

I cittadini di Servola firmano una petizione all’Azienda sanitaria per ottenere le stesse analisi sullo stato di salute realizzate per i lavoratori della Ferriera, reparto cokeria (di cui forse già oggi, giorno in cui si riunisce di nuovo anche il tavolo regionale, si saprà qualche risultato) e il Dipartimento di prevenzione risponde: «Per l’analisi sull’eventuale accumulo di diossine, già in progetto da tempo, siamo pronti a partire ma il problema sono i soldi, quest’analisi costerà 160 mila euro, misurare l’assorbimento di metalli e benzoapirene è invece tutto un altro discorso, forse la domanda è perfino mal posta, e comunque non si può prendere in considerazione prima di aver visto l’esito delle indagini interne alla Ferriera».
ANALISI È dal 2005, quando dal camino della Ferriera uscì diossina, che l’Azienda sanitaria propone l’analisi sull’accumulo di diossine. Progetto discusso anche con la Regione, ma allora reso «invisibile» nei verbali. Negli ultimi tempi dopo l’allarme inquinamento dell’aria è stato ufficialmente riproposto.
DUE ANNI Sarebbero tecnicamente pronti a mettersi all’opera l’Azienda sanitaria, il Burlo Garofolo, l’Istituto universitario di Medicina del lavoro, l’Istituto di Igiene di Udine. Si trattarebbe di analizzare il latte di 35-40 puerpere del Burlo abitanti a Servola e di altrettante abitanti in zone non inquinate; contestualmente, di analizzare il sangue di una ventina di operai del reparto di agglomerazione e di altrettanti lavoratori di zone non inquinate. Durata totale prevista, fino alle statistiche: ben due anni.
I campioni sarebbero analizzati dal Consorzio interuniversitario nazionale «La chimica per l’ambiente» di Marghera. Costo per campione: 980 euro più Iva.
COSTI Ma il prezzo totale comprende anche altri esami da fare a Trieste e la somma totale fa dunque 160 mila euro. Dovrebbe darli la Regione, che però ne ha appena stanziati 300 mila per indagini ambientali in aree potenzialmente cancerogene di tutto il Friuli Venezia Giulia. A oggi dunque non si sa se Trieste sarà finanziata o no, visto che occorre la metà della cifra totale. Ben che vada, ci vorrà comunque ancora molto tempo prima di arrivare al punto concreto.
BENZOAPIRENE La gente a Servola (ieri i comitati hanno di nuovo manifestato sotto il consiglio regionale) chiede verifiche come per i lavoratori della Ferriera. Ma i medici del lavoro obiettano: «Prima dobbiamo verificare se l’ambiente della fabbrica provoca un alto assorbimento di sostanze, tra cui benzoapirene, e poi valutare se è il caso di estendere il sondaggio». Perché se i valori nella cokeria risultassero relativamente contenuti, se ne potrebbe dedurre che nel quartiere sono abbastanza bassi da non richiedere specifici esami. Già oggi potrebbero esserci i primi risultati.
METALLI La petizione con le 110 firme esige un controllo sulla concentrazione di metalli nel sangue. «Non abbiamo nemmeno i dati relativi all’inquinamento del terreno - informa il Dipartimento di prevenzione - e comunque non è detto che un po’ di manganese in più nel sangue significhi malattia». A corredo del discorso letteratura scientifica, dove lo stesso manganese come ferro, zinco, rame, vanadio, magnesio, cobalto, molibdemo e stagno sono classificati «essenziali» (sono utili all’organismo). In eccesso, però, provocano danni.
TERRORE «Per l’accumulo invece di metalli potenzialmente tossici, come piombo, mercurio e cadmio la gente ha forse ragione, ma non ci sono esami che permettano di valutare esattamente la soglia di pericolo per la salute».
Residenti di Servola nell’ultimo mese si sono presentati al Dipartimento di prevenzione con un «foglietto» in mano in cui - racconta l’Azienda sanitaria - c’era scritto che era urgente fare questi esami, che a Trieste nessuno li esegue, era specificato che bisogna andare a Udine e si indicavano anche i nomi di due medici». I sanitari hanno fortemente sanzionato questa forma di attivismo: «È procurato allarme sociale, è fomentare il terrore nella popolazione senza averne motivo».
DENUNCE Il foglietto di Servola è stato inviato come denuncia all’Ordine dei medici («perché denotava abuso di professione medica, solo un medico può ordinare esami») e anche alla Procura della Repubblica. Adesso il foglietto è diventato una raccolta di firme ed è stato presentato in forma di richiesta ufficiale.

Gabriella Ziani

 

 

Filippo Giorgi replica agli scettici del clima

 

«Mai nella storia del Nobel si è creata tanta confusione fra politica e scienza. Al Gore nel suo film fa un elenco di catastrofi improbabili previste dalla presunta scienza che gli sta dietro. L'Ipcc pretende di fare delle previsioni quando il suo lavoro assomiglia molto più a quello di una chiromante».
Giudizio senza appello quello di Guido Visconti, professore di fisica dell'atmosfera, sull'ultimo numero di Limes, dedicato all'intreccio tra crisi climatica ed energetica. E Visconti persevera nella sua vis polemica sull'ultimo fascicolo del mensile «Le Scienze», facendo le bucce all'Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change, che il 10 dicembre ha ricevuto a Oslo il premio Nobel per la pace assieme ad Al Gore, ex vice di Clinton alla Casa Bianca.
«Il problema è che che questo genere di critiche vengono da chi non ha fatto davvero ricerca sul clima, si tratti di chimici, oceanografi o fisici, ribatte Filippo Giorgi, assurto agli onori di «Nobel triestino» n quanto membro da cinque anni del bureau direttivo dell'Ipcc. «Conosco bene Visconti, era mio professore all'Università dell'Aquila e siamo in buoni rapporti personali. Ma è sempre stato un bastian contrario e non ha mai lavorato a quei modelli su cui si basano gli studi sul clima. E magari gli rode anche un po' di non far parte dell'Ipcc...»
E allora mettiamo in fila le risposte di Filippo Giorgi agli scettici del riscaldamento globale. Eccole: «Può essere il Sole responsabile dell'aumento della temperatura sulla Terra? No, perché la nostra stella ha semmai diminuito la sua attività negli ultimi vent'anni. E il riscaldamento della troposfera, la parte inferiore dell'atmosfera, e il raffreddamento della stratosfera? Sono fenomeni compatibili con l'aumento dell'anidride carbonica, che dilata l'effetto serra. Ma fino a che punto le simulazioni al computer rappresentano il clima reale? In modo assai soddisfacente, e poi non è vero che questi modelli simulano solo fenomeni semplici, lineari. Davvero l'uomo provoca l'aumento della temperatura bruciando petrolio e carbone? L'ultimo rapporto dell'Ipcc dà una certezza al 90-95 per cento. E come mai alcuni prestigiosi scienziati hanno lasciato l'Ipcc? Il caso più noto è quello di Richard Lindzen, illustre climatologo americano, il quale nel 2001 criticò il fatto che dal «sommario per i decisori politici» erano sparite le incertezze sui trend climatici presenti invece nel rapporto finale. Ma un ”sommario” di diecipagine non può rispecchiare tutto quanto c'è nelle mille pagine prodotte da ciascuno dei tre gruppi di lavoro dell'Ipcc. Così ai miei colleghi scettici consiglio di leggersi i rapporti completi, e non i ”sommari” per politici e media. Io non ho alcun dubbio nel dire che i rapporti dell'Ipcc sono quanto di meglio oggi esiste nella letteratura scientifica sul clima. Veri e propri libri di testo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2007 

 

 

Richiesta di 110 servolani: fateci i test sulla salute  - Nella lettera citati gli sforamenti di Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene

 

Hanno scritto all’Azienda sanitaria per essere sottoposti a tutte le analisi cliniche

La proposta si collega ai controlli effettuati su un campione di 50 operai della Ferriera e sulle mamme in fase di allattamento

«E adesso fate le analisi anche a noi». È la richiesta all’Azienda sanitaria di 110 cittadini che risiedono vicino alla Ferriera di Servola. Chiedono di essere sottoposti ad analisi cliniche, come il campione di operai dell’impianto siderurgico, atte a verificare il livello di benzoapirene, nonché l’eventuale presenza nei loro corpi di una serie di metalli (cromo, nichel, cadmio, mercurio, manganese...).
Una richiesta indirizzata al Dipartimento di prevenzione di via Giovanni Sai (lasciando nome e cognome, indirizzo e numero telefonico), citando «l’inquinamento provocato dalla Ferriera di Servola» e anche il documento dell’Azienda sanitaria, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, in cui sono indicati i rilevamenti del Cigra trasmessi al sostituto porocuratore Federico Frezza. In particolare per quanto attiene gli sforamenti delle Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene.
«Abbiamo inoltrato l’altro ieri la richiesta all’Azienda sanitaria dopo una raccolta porta a porta delle adesione. Ormai qui ci conosciamo tutti - spiega Nevio Tul, uno dei firmatari della richiesta - a causa dell’inquinamento. Aspettiamo di essere contattati per effettuare le analisi cliniche, proprio come è stato fatto per gli operai della Ferriera».
Il riferimento è alla «settimana di controllo sanitario» sui lavoratori dell’impianto di Servola, disposta dall’Azienda sanitaria per il reparto cokeria. Una verifica su 50 operai ai quali è stato prelevato un campione di urina nell’arco di una settimana, allo scopo di mettere a confronto la concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, sono stati inviati per le analisi a un laboratorio specializzato di Brescia in attesa dei risultati.
Accanto agli operai un altro protocollo già avviato prevede anche l’analisi su un campione di mamme abitanti a Servola e in fase di allattamento. Il latte materno, infatti, è particolarmente «assorbente» e rivelatore della presenza di eventuali sostanze cancerogene. Sempre l’Azienda sanitaria ha recentemente messo a disposizione dei residenti un medico a chiamata per un pronto intervento speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe essere responsabile l’ambiente. I residenti pretendono di più, chiedono una puntuale analisi di sangue e urina. «Vogliamo sapere cosa abbiamo assorbito in questi anni. Ovviamente speriamo di non aver subito danni alla salute - dice Nevio Tul - ma per saperlo serve un’accurata visita di controllo. La semplice radiografia ai polmoni non basta».

Pietro Comelli

 

 

Bonifica sito inquinato, Regione pronta al sì  - Azzarita: «L’Ezit deciderà ai primi di gennaio». La Confartigianato chiede modifiche

 

L’assessore Moretton conta di portare venerdì in giunta l’accordo di programma per la zona costiera: ultimi aggiustamenti giuridici

TRIESTE E’ atteso questa settimana il via libera della Regione all’accordo di programma sul Sito inquinato di interesse nazionale. Superati nelle scorse settimane alcuni problemi giuridici, venerdì prossimo l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton conta infatti di sottoporre alla giunta il testo del documento.
C’è molta attesa per questa approvazione, sia da parte degli enti coinvolti nell’accordo (Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità portuale), che a loro volta dovranno deliberare sull’intesa, sia da parte della Camera di commercio e delle associazioni di categoria, per gli effetti positivi sull’economia della provincia che ci si aspetta dalle bonifiche.
«Sono pronto a convocare il consiglio di amministrazione – annuncia il presidente dell’Ezit, Azzarita – non appena avrò notizia dell’approvazione da parte della Regione. Speravo di poterlo fare entro dicembre, ma a questo punto la convocazione sarà per i primi giorni di gennaio».
Dicendosi certo del successivo via libera anche della Provincia, del Comune di Muggia e dell’Autorità portuale (la posizione del Comune di Trieste è ancora incerta, ndr), Azzarita prevede, in seguito alla firma dell’accordo, «un’accelerazione delle attività di caratterizzazione e bonifica in quanto l’intesa prevede i finanziamenti per attuarle». Luce verde all’accordo di programma anche dalla Camera di commercio (non coinvolta direttamente ma presente nel cda dell’Ezit). «La scorsa settimana – spiega il presidente Paoletti – con la giunta e le associazioni di categoria abbiamo incontrato il presidente Azzarita. Alla luce di quella riunione abbiamo deciso di appoggiare l’accordo, perchè così come è redatto costituisce un buon risultato».
A non essere soddisfatta è invece la Confartigianato, che alcuni giorni fa ha spiegato le proprie ragioni in una lettera, firmata dal presidente Bruni e dal rappresentante all’Ezit Prelz, inviata al ministero dell’Ambiente, alla Regione e agli enti coinvolti nell’accordo di programma. Nella missiva l’Associazione degli artigiani chiede a tutte le parti interessate un impegno affinchè il testo dell’accordo contenga il riferimento esplicito al principio della direttiva Ue secondo cui «chi non ha inquinato non paga».
Ciò perchè, secondo la bozza dell’accordo stesso, il 10% delle aziende interessate (circa una quarantina) se non subentreranno modifiche saranno costrette a sopportare tuti gli oneri, dalla messa in sicurezza ai carotaggi e alle bonifiche, non avendo inquinato ma per il solo fatto di aver acquistato il terreno o il capannone da un’altra impresa.
Le aziende che hanno invece comperato la propria area dall’Ezit, purchè non svolgano attività inquinanti non dovranno, sempre in base alla bozza dell’intesa, sopportare alcun costo per le operazioni legate alla bonifica. A questo riguadro la Confartigianato chiede poi che l’«esenzione» riguardi tutti i passaggi di proprietà fra l’Ezit e le aziende dalla costituzione dell’ente nel 1949 ad oggi.
Sul mancato riferimento esplicito al principio della direttiva Ue si è espresso negativamente, qualche settimana fa, anche il rappresentante del Comune di Trieste nel cda dell’Ezit, Maurizio Ferrara, preannunciando la presentanzione di un emendamento in sede di cda.
La posizione del Comune triestino, come si diceva, deve comunque essere ancora definita. «Dobbiamo discuterne a breve – precisa l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci – con il sindaco e con l’assessore al Commercio Rovis». Posto che la bozza di accordo dovrà passare sia in giunta sia in consiglio, l’esito della discussione fra Dipiazza, Bucci e Rovis è tuttaltro che scontato. Di recente l’assessore al Commercio è stato infatti eletto alla vicepresidenza della Confartigianato.

Giuseppe Palladini

 

 

L’alta velocità Venezia-Trieste parte nel 2010  - Il ministro dei Trasporti Bianchi fissa i tempi della grande opera. Di Pietro domani nel capoluogo regionale

 

I tempi per la costruzione della linea ad alta velocità-alta capacità in Friuli Venezia Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni

PORDENONE I tempi per la costruzione della linea ad alta velocità – alta capacità in Friuli Venezia Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni. Ad annunciarlo il Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi: «I lavori per la Tav tra Venezia e Trieste – ha detto Bianchi a Venezia, a margine di un convegno sul futuro del porto veneto - partiranno entro il 2010. Ho visitato ieri la tratta Milano-Bologna che entrerà in funzione a fine 2008. Entro il 2009 dovrebbe entrare in funzione la Torino-Milano». L’accelerazione sulla costruzione della rete ferroviaria arriva in un momento importante per il Friuli Venezia Giulia, nella fase in cui la Regione sta cercando a sua volta di concludere la parte di sua competenza. Proprio giovedì l’assessore regionale Lodovico Sonego incontrerà nuovamente gli amministratori comunali della Bassa friulana, l’area in cui esistono ancora incertezze e posizioni diverse sull’opportunità dell’opera oltre che sul tracciato.
In un anno il Friuli Venezia Giulia ha fatto importanti passi avanti rivoluzionando il primo progetto di Rete ferroviaria italiana attraversa una concertazione serrata. Le amministrazioni stanno continuando a confrontarsi con la Regione che ha ristretto il campo dei lavori a due ipotesi di tracciato. Il calendario degli appuntamenti prevede una riunione giovedì e una il 15 gennaio che potrebbe essere risolutiva.
Ora che però anche il Ministero ha dettato i suoi tempi, il pressing della Regione potrebbe farsi più incalzante. Al momento gli enti locali e le Ferrovie stanno discutendo solamente del tracciato, tutta la progettazione deve essere predisposta e per un’opera come questa non è pensabile che ciò avvenga in pochi mesi. Viste le caratteristiche del territorio la Regione sembra orientata alla costruzione di una linea che abbia caratteristiche soprattutto di alta capacità (con una velocità che non dovrebbe superare i 200 – 220 chilometri orari).
L’altro confronto aperto è con il Veneto. Dopo aver discusso con i comuni del Friuli Venezia Giulia, la Regione dovrà trovare un’intesa con i «vicini di casa» perché la linea di cui parla Bianchi parte da Venezia. Le due Regioni hanno visioni diverse sulla funzione della linea ad alta velocità – alta capacità e la discussione, anche in passato, ha avuto toni accesi. Il Veneto sarebbe orientato a realizzare una linea a ridosso della costa e ha deliberato il non affiancamento della Tav all’autostrada. Una scelta dettata sia dal bisogno di accelerare la costruzione della terza corsia sulla autostrada A 4 sia dal volere mano libera sul tracciato della ferroviaria. Il Friuli Venezia Giulia, invece, ha optato per un tracciato che mantenga il più possibile l’affiancamento con l’autostrada. La linea ferroviaria è uno dei punti di forza del Corridoio V, l’altro è la rete autostradale. Autovie Venete e Anas hanno da poco firmato la convenzione che di fatto dà il via libera alla costruzione della terza corsia e alla conversione della Villesse Gorizia in autostrada. Queste due opere sono di vitale importanza per la regione che, con la caduta dei confini e la costruzione della rete autostradale del Corridoio V in Slovenia (che dovrebbe essere ultimata a fine 2008) diventerà sempre più un imbuto per il traffico che collega l’Italia all’Europa dell’est. In quest’ottica di futuro ormai alle porte il presidente della Regione, Riccardo Illy, ha chiesto al governo nazionale alcuni interventi urgenti: un commissario per la A 4, l’introduzione di pedaggi differenziati (di notte e di giorno) per i tir e incentivi per favorire l’intermodalità. Domani il Ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro sarà a Trieste, ospite della Regione, proprio per parlare del futuro del Corridoio V. Alcune risposte ai bisogni del territorio potrebbero arrivare in quella sede.
Martina Milia

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2007 

 

 

Domani contro la Ferriera manifestazione alla Regione

 

Domani, alle 18, manifestazione con corteo in piazza Oberdan davanti al palazzo della Regione Fvg, in concomitanza con la seduta del Consiglio regionale, organizzata da Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia, Coordinamento dei Comitati di quartiere. L’iniziativa punta, si legge in una nota diramata dal Circolo Miani, «a fare sentire il deciso No al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola spa, proprietaria della Ferriera, annunciato dalla giunta regionale».

 

 

Tav, fra un anno la tratta Milano-Bologna (vedi lo sviluppo del progetto) - Nel Friuli Venezia Giulia i lavori per l’Alta velocità da Mestre a Trieste partiranno nel 2010

 

L’opera costa 6,9 miliardi di euro, i convogli viaggeranno a 300 km orari. Vantaggi per il traffico dei pendolari

Parole di ottimismo del premier: «Dopo anni di lungaggini, nuova era nel sistema dei trasporti»

MILANO «Speriamo che cominci una nuova epoca nel sistema dei trasporti italiani». È un messaggio di ottimismo, dopo tanti anni di ritardi per la realizzazione del sistema di Alta Velocità tra Milano e Napoli, quello che il presidente del Consiglio Romano Prodi affida a giornalisti e autorità. L'occasione è la cerimonia, nel piazzale della stazione di Bologna, per l'avvio del countdown a 365 giorni per l'apertura della linea Bologna-Milano. Insieme all'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, al presidente dell'Eni Paolo Scaroni che guida il consorzio Cepav Uno, realizzatore dell'infrastruttura (6,9 mld di investimento), al ministro dei trasporti Alessandro Bianchi, il premier alle 13.50 accende un grande orologio digitale montato su una colonna totem alta diversi metri. Scandirà il tempo che manca al viaggio inaugurale del primo treno, che a partire dal dicembre 2008 coprirà la distanza di 182 km in un'ora con una velocità che potrà arrivare anche a 300 orari.
In Friuli Venezia Giulia i lavori per l’alta velocità ferroviaria, secondo un progetto preliminare presentato da Rfi, dovrebbero partire nel 2010 e concludersi nel 2015. La progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana rappresenta il futuro dei treni super-veloci in regione. Secondo il progetto i treni nella tratta Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media di 200 chilometri orari.
La progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle seguenti tratte: Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso dell’anno); Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel 2006, ma la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato); Ronchi Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione per essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena).
Il numero uno di Trenitalia Moretti è ottimista sui tempi e snocciola la scaletta delle realizzazioni che porterà fra due anni, nel dicembre 2009, al completamento di tutta la linea da Torino a Salerno esclusi i nodi. E fra un anno sarà pronto anche il raddoppio della Bologna-Verona, un'opera progettata per la prima volta nel 1919. «Stiamo recuperando il ritardo accumulato», osserva ancora il presidente del Consiglio. Fra due anni - aggiunge - saremo al livello della Francia e poi si andrà avanti verso Venezia». Il premier non nasconde una speranza: che il progetto possa espandersi «con una biforcazione nel Mezzogiorno», da una parte verso Bari e dall'altra verso Battipaglia e poi Reggio Calabria. Moretti da parte sua nega che vi siano stati aumenti di costi «da quando nel 2001 il progetto è stato stabilizzato» e sottolinea, in sintonia con Prodi, che la realizzazione dell'Alta Velocità andrà a vantaggio anche dei pendolari, che potranno disporre dei vecchi binari ma ben più sgombri per i treni regionali ed intercity.
«Siamo felici di aver dato un contributo al fare in un Paese in cui è difficile fare le cose», dice da parte sua Scaroni, dando appuntamento a tutti fra un anno per il viaggio inaugurale vero e proprio. A Milano la cerimonia del totem si ripete e ad accendere l'orologio c'è anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che dialoga con il collega Vasco Errani ed il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, fra i passeggeri vip del Minuetto.
L'appuntamento è dunque a dicembre 2008, sperando che le nuove linee contribuiscano ad evitare anche gli incidenti come quello accaduto ieri all'Eurostar Lecce-Roma, bloccato per ore al gelo. «Ci siamo assunti le nostre responsabilità senza accampare pretesti», taglia corto Moretti, che tiene a precisare però che le Fs sono state le uniche ad operare mentre si fermavano strade ed aeroporti, e a tutti i passeggeri è stata fornita tutta l'assistenza possibile in un freddo cane oltre a taxi, biglietti aerei a chi l'aveva perso e rimborso al 100% di quelli ferroviari all'arrivo nella capitale.

 

 

Inquinamento: la scelta del metano

 

Parlare di ambiente e di inquinamento è un dovere di ogni corretto cittadino.
Farlo con ragionevolezza è un obbligo. Senza scendere in troppi dettagli, vorrei richiamare brevemente l'attenzione su i dovuti interventi strutturali, per ovviare all'emergenza, più volte invocati e quasi mai materializzati.
Uno di questi consiste senz'altro nella promozione della diffusione del metano che per ogni applicazione si presenta migliore di altri combustibili. Indubbiamente, limitando il discorso all'autotrazione, i problemi della diffusione sono legati principalmente all'ancor modesta estensione della rete distribuzione. Se non esistono le stazioni di servizio, non si può pretendere che l'automobilista si metanizzi. Recentemente il Governo si è posto il problema e si è attivato per favorire la diffusione di tali impianti.
Ma costruire stazioni a metano non è semplice perché, per motivi di sicurezza, servono grandi spazi e maggiori costi. Un esempio, vicino a noi, riferito al trasporto collettivo: a Udine circolano gli autobus a metano. Lì è stato possibile grazie, oltre alla volontà di farlo, alla grande disponibilità di spazi, indispensabili anche per motivi logistici, legati alla materiale erogazione del gas nei serbatoi degli autobus che ha una durata significativamente superiore a quella del gasolio.
A Trieste, sempre come esempio, non mi risultano disponibili tali spazi, a meno di non andare in profonda periferia, situazione non compatibile economicamente con i percorsi di entrata ed uscita in linea. Ovviamente il problema è generalizzato e vale, nel bene e nel male, anche per le altre città.
Alle osservazioni fin qui formulate, si può aggiungere che la diffusione delle vetture a metano è ostacolata dal fatto che la trazione diesel ha fatto passi da gigante, sorretta da un'intensa pubblicità, facendo ritenere inutile all'utente la complicazione del gas, essendo già ecologicamente ed economicamente soddisfatto dalla scelta del gasolio.
A tal proposito sarà interessante osservare l'immediato futuro perché è noto che negli ultimi tempi il costo del gasolio si è prepotentemente avvicinato a quello della benzina, facendo cadere uno dei motivi di economicità per l'acquisto. Resta, a favore del gasolio, il minor consumo rispetto alla benzina.
Nonostante tutto, ritengo che nel prossimo futuro il mercato del gas riprenderà. Nel frattempo bisognerà accelerare, come già detto e stradetto, anche la trasformazione delle vecchie caldaie da riscaldamento.

Giorgio Cappel

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2007 

 

 

«La Tav ridurrà il 7,5% del traffico stradale»  - Gli ambientalisti: è troppo poco. E l’alta velocità non ci sarà

 

Italia nostra, Wwf ed ecologisti all’attacco sulla base dello studio strategico commissionato dall’Ince

TRIESTE Solo il 7,5 per cento del trasporto passeggeri passerà dalle strade alla ferrovia quando la Tav sarà in funzione. Ad evidenziare il dato sono le associazioni Italia nostra, Società speleologica italiana, Comitato contro il Corridoio V e Www (sezione isontina) alla luce dell’esame dello «Studio Strategico per lo Sviluppo del Corridoio Pan-Europeo V (PP6)» elaborato dalla società inglese Scott Wilson business consultancy nel settembre 2007 su incarico dell’Iniziativa Centro-Europea (Ince).
Le associazioni ambientaliste hanno formulato alcune controdeduzioni. La prima riguarda proprio la diminuzione del trasporto passeggeri su gomma. Il trasferimento modale del traffico passeggeri a livello regionale dalle strade alle ferrovie nel 2045, come risultato dell’attuazione del Corridoio V, secondo Scott Wilson vedrà la quota delle ferrovie aumentare dello 0,62% ma - spiegano le associazioni – con un uguale calo del traffico su strada. Secondo gli ambientalisti, pertanto, «ben il 92,5% del traffico passeggeri regionale rimarrà sulla strada e solo il 7,5% andrà su ferrovia. La quota di traffico eliminato dalla strada sarà inferiore all’1% tra 37 anni e con il Corridoio V già in funzione da 30 anni»
C’è poi l'incognita del trasporto aereo. «Lo studio prevede una diminuzione del numero di viaggiatori aerei di circa 440.000 passeggeri all’anno (25 per cento circa). Questo dato appare però in netta contraddizione con la prevista costruzione di un grande polo intermodale all’Aeroporto di Ronchi dei Legionari – aggiungono Italia nostra, Società speleologica italiana, Comitato contro il Corridoio V e Wwf -. Secondo lo studio inglese il miglioramento delle infrastrutture ferroviarie comporterà un aumento della domanda, ma ciò dipenderà anche dai modelli di esercizio che i gestori della rete saranno in grado di attuare». Da qui i dubbi.
Anche sull’alta velocità gli ambientalisti fanno le pulci al rapporto. Lo studio consiglia una velocità di 250 chilometri orari e «ricorda come la ferrovia ad alta velocità sia adeguata per servire punti distanti più di 250/300 chilometri, mentre nel nostro caso, nei 320 chilometri che dividono Mestre da Lubiana, il treno dovrebbe effettuare tre fermate intermedie (aeroporto Marco Polo di Venezia, aeroporto di Ronchi e Trieste). Tuttavia – aggiungono - questa previsione difficilmente sarà accolta dalla Slovenia che nel suo piano territoriale nazionale ha indicato per il corridoio tra (Trieste)-Koper e Ljubljana-Maribor una velocità di 160 chilometri orari».
Preoccupazione è espressa poi per «una grave sottovalutazione degli impatti ambientali e paesaggistici, in quanto si definisce il Carso italiano come semplici “colline” e quello sloveno caratterizzato da un non meglio identificato “ambiente litografico”».
Secondo le associazioni le teorie ipotizzate dal rapporto sono poi strettamente vincolate ai termini del completamento dell’opera fissati nel 2015. Ma i lavori della tratta Trieste – Divaca «non partiranno prima del 2013» e per gli ambientalisti non potranno essere terminati in meno di 10-15 anni.
Martina Milia

 

 

Raggiunto a Bali l’accordo sul clima  - Previsto entro il 2009 un nuovo accordo sul taglio delle emissioni

 

Il ministro Pecoraro Scanio: «Un successo per l’Onu e per l’Ipcc», recente premio Nobel

NUSA DUA-BALI La lotta al riscaldamento globale non si ferma. Entro il 2009 un nuovo accordo taglia emissioni, il Kyoto-2. A Bali è stato raggiunto l'accordo per una roadmap che fissa due anni di negoziati da far partire al massimo nell'aprile del 2008. Fino a quella data, però, Per i paesi nessun nuovo vincolo in termini di cifre di riduzione dei gas serra . Si è chiusa così la 13ma Conferenza internazionale Onu sui cambiamenti climatici (Cop13). Oltre 10.000 persone e 190 paesi per 13 giorni, uno in più sul programma, al capezzale del clima malato.
La trattativa è stata lunga ed estenuante, finita tra lacrime, applausi e colpi di scena. Fino alla fine si è temuto, poi gli Stati Uniti hanno deciso di dare il consenso negato soli pochi minuti prima trovandosi isolati nell'opporsi al documento.
Il braccio di ferro dell'ultimo giorno è stato tra Usa e Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi si sentivano trattati alla pari dei paesi industrializzati mentre gli Stati Uniti chiedevano loro maggiori impegni. Uno scontro che ha bloccato le trattative tanto che lo stesso segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon è dovuto arrivare a Bali per imprimere uno sprint all'assemblea. E dopo l'accordo si è detto «profondamente grato nei confronti di molti membri di stati per il loro spirito di flessibilità e compromesso».
Ma per giorni a tenere banco nelle trattative è stato il corpo a corpo sul taglio delle emissioni. Un capitolo sul quale l'Europa ha dovuto cedere alla irremovibilità statunitense. La prima bozza in discussione conteneva riduzioni nell'ordine del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli del 1990 per i paesi industrializzati. Ora si va avanti senza questo range anche se è stato concesso il riconoscimento al lavoro degli scienziati del panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).
Per il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, l'accordo significa aver «sconfitto chi voleva boicottare Kyoto e Bali». «Un successo per l'Onu - ha detto il ministro - e per l'Ipcc». Unico rammarico: «Aver tolto l'indicazione, fin da ora, degli obiettivi di taglio delle emissioni».
Ecco i capitoli principali dell'accordo e dei negoziati:
ROADMAP: la tabella di marcia è raccolta in tre pagine. Si riconosce tra l'altro, la necessità di un'azione internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici e per la prima volta si lancia un processo che coinvolge Paesi industrializzati e in via di sviluppo. Per i Paesi industrializzati si parla di impegni e azioni appropriate evitando la parola «vincoli», mentre i Paesi in via di sviluppo hanno ottenuto azioni verificabili e misurabili. Si rafforzano inoltre i finanziamenti disponibili e gli investimenti per sostenere azioni di attenuazione delle emissioni.
NEGOZIATI E POST-KYOTO: i negoziati dovranno aprirsi non più tardi dell'aprile del 2008. Nel 2009, nel summit sul clima che avrà come sede Copenaghen si deciderà l'accordo post-Kyoto il cui regime entrerà in vigore nel 2012, cioè dopo la scadenza del Protocollo salva-clima la cui durata è per il periodo 2008-2012.
CIFRE RIDUZIONE CO2: la roadmap di Bali verso Kyoto-2 non indica obiettivi di taglio delle emissioni di gas serra. Il richiamo è soltanto una postilla inserita in fondo alla pagina della premessa che rimanda a tre pagine del IV Rapporto Ipcc, relative al Working group III, quello sulla mitigazione. In queste pagine sono contenuti diversi scenari tra cui, quello più raccomandato del taglio di gas serra del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli del '90 da parte dei Paesi industrializzati e del 50% per tutto il mondo al 2050.
LE ALTRE DECISIONI: nuova gestione del fondo di adattamento per aiutare i Paesi più poveri già sotto gli effetti del cambiamento climatico, previsto dal Protocollo di Kyoto, che verrà affidato al Fondo mondiale dell'Ambiente (Gef) e avrà sede a Washington; le foreste entrano nella lotta ai gas serra; gruppo di lavoro sul trasferimento di tecnologie nei paesi in via di sviluppo.

 

 

Montecitorio accoglie l’odg sulla Trieste-Divaccia ma boccia l’idea dei casinò

 

Il testo presentato dal deputato di An Menia

TRIESTE Niente casinò come risarcimento del confine che si dissolve. E stato, infatti, bocciato ieri dalla Camera dei deputati il passaggio di un Ordine del giorno presentato dal vicepresidente dei deputati di An, Roberto Menia che affermava l'opportunità di consentire l'apertura di una o più case da gioco nelle province confinarie e in Friuli Venezia Giulia, per contrastare l'offerta dei casinò nelle vicine località slovene. Il testo di Menia, relativo alla prossima caduta, il 21 dicembre, dei confini tra Italia e Slovenia, è stato accolto per la parte dove sollecita la realizzazione della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, nell'ambito della realizzazione del sistema ferroviario lungo l'asse del Corridoio 5. L'Odg definisce inoltre «prioritaria» la realizzazione del collegamento Trieste-Capodistria, indispensabile per la proiezione immediata ad est dello scalo giuliano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2007 

 

 

Metz: «Ferriera, Lucchini inadempiente» - Il consigliere regionale dei Verdi sull’intimazione ministeriale e l’Aia

 

«La Lucchini non ha mai ottemperato agli accordi sottoscritti: in campo sindacale, sulla bonifica del sito inquinato di rilievo nazionale, sulla progettata chiusura nel 2009, perché mai dunque si vuole attribuirle credito concedendo l’Autorizzazione integrata ambientale?». Così il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, che ieri ha voluto «dare una visione d’assieme del problema Ferriera, con l’aiuto di tutta la documentazione esistente» ha detto, denunciando «manifesto danno ambientale sulla linea di costa dove i 70 metri di avanzamento creato con scarti di produzione va dritto in bocca ai pesci e non è stato mai risanato». Dopo che il ministero dell’Ambiente, su sollecitazione dello stesso Metz, ha inviato alla Lucchini un perentorio ordine di provvedere alla bonifica dell’area rientrante nel sito inquinato di rilevanza nazionale, mai attuata nonostante le prescrizioni vincolanti della Conferenza nazionale dei servizi, e ha minacciando di rivalersi economicamente sull’azienda inviando copia del testo anche alla Procura, il sindaco Dipiazza ha sfidato la Regione a concedere l’Aia «in condizioni di palese inquinamento» e l’assessore Moretton ha risposto: «Sono cose diverse». Metz riunifica il problema: «La Lucchini non rispetta i patti, dice di aver denunciato al Tar alcuni obblighi, come la caratterizzazione anche delle aree demaniali, ma al ministero aveva scritto cose diverse, e cioé che l’avrebbe realizzata ’’entro ottobre 2007’’. Inoltre - ha proseguito Metz, che in tema di sicurezza sul lavoro accusa l’Azienda sanitaria di ’’insufficiente controllo’’ - il piano triennale del gruppo dimostra che la Lucchini entro il 2008 investirà 235 milioni di euro a Piombino (il 36% in ambiente), e niente a Servola, stabilimento che vuole solo sfruttare».

 

 

Da Usa e Russia stop all’intesa sul clima - I nodi aperti: il taglio dei gas serra e le responsabilità dei singoli Paesi

 

Per un accordo in extremis slitta a oggi a Bali la conclusione dei lavori della conferenza Onu

ROMA Negoziati a oltranza al vertice di Bali. La tredicesima Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici doveva concludersi ieri nell’isola indonesiana, ma in serata, dopo una giornata di estenuanti trattative, mancava ancora un accordo sul documento finale e la chiusura dell’evento è stata rimandata ad oggi. Ad allungare i tempi sono soprattutto le profonde divergenze tra Unione Europea, che preme per misure vincolanti per tutti i Paesi, e Stati Uniti, che escludono un impegno obbligatorio per la lotta ai cambiamenti climatici.
Nonostante due settimane di tempo, i 190 governi riuniti alla Conferenza Onu sui cambiamenti climatici non sono riusciti a mettersi d’accordo per una «Bali roadmap» che rappresenterà il protocollo per arrivare ad approvare l’accordo taglia emissioni post-Kyoto al summit di Copenaghen del 2009. L’assemblea plenaria della conferenza è stata sospesa e i delegati sono stati convocati per questa mattina mentre le trattative proseguivano ad oltranza nella notte.
Per tutto giovedì e ieri un gruppo ristretto di Paesi, con 20 ministri coordinati da Australia e Argentina, ha negoziato i termini del documento finale, da sottoporre all’approvazione dell’assemblea generale, che raccoglie le sintesi delle posizioni dei vari Paesi. Due i temi al centro della discussione: i tagli dei gas serra per i paesi industrializzati entro il 2020 rispetto ai livelli del ’90 e la divisione delle responsabilità tra paesi ricchi e quelli in via di sviluppo.
L’Unione Europea insieme all’Onu, all’Australia e all’Indonesia si battono perchè la Conferenza si chiuda con un documento che impegni i Paesi industrializzati a tagliare le emissioni di gas serra del 25-40 per cento entro il 2020 e vogliono la citazione dei dati dell’ultimo rapporto del panel intergovernativo di scienziati sui cambiamenti climatici (Ipcc). In caso contrario, la Ue minaccia di boicottare il processo avviato ad ottobre da Bush a New York del Major economies meeting. Mentre Stati Uniti e Canada (secondo i dati, responsabili di circa metà delle emissioni) si oppongono a una presa di posizione così drastica e impegnativa. In particolare gli Stati Uniti, che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto e sono da sempre contrari a obiettivi vincolanti, non accettano impegni di riduzione a medio termine e obiettivi comuni, ma puntano a un accordo su obiettivi nazionali decisi dai singoli Stati: insomma vogliono l’eliminazione di ogni riferimento numerico sui tagli. E giovedì notte al "fronte del no" si è aggiunta anche la Russia bloccando i negoziati perchè contraria al riferimento al "paletto" del 25-40% entro il 2020. Mentre il Giappone sembra avere ammorbidito la propria opposizione all’inserimento del riferimento numerico. Il terzo fronte è composto da Cina e India che si dicono disposti ad accettare i tagli voluti dalla Ue, lasciando però la responsabilità ai Paesi industrializzati.
Monica Viviani

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2007 

 

 

In 300 all’assemblea pubblica a Servola sulla Ferriera

 

L’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton annuncia che comunque sarà concessa l’autorizzazione ambientale alla Ferriera, anche dopo l’ultimatum sulle bonifiche dato dal ministero all’azienda, e il comitato di coordinamento delle associazioni dei residenti di Servola risponde con un’assemblea dai toni infuocati.
Il comitato delle associazioni servolane replica sul fronte giudiziario coinvolgendo oltre all’avvocato milanese Roberto Spazzali, anche l’ex parlamentare Nereo Battello e un terzo legale triestino. Ieri in molti dei trecento partecipanti all’assemblea convocata al ricreatorio «Gentili» hanno firmato la procura speciale «anche per formalizzare la diffida che sarà trasmessa in Regione. Una diffida - è stato sostenuto dai promotori dell’iniziativa nel corso dell’assemblea - a tutti i consiglieri a non votare un provvedimento che è in contrasto con le direttive europee. La Regione non si è posta nessun ostacolo nel proseguire nella linea dell’autorizzazione. Non esistono alibi, perché i termini sono scaduti. Ma anche questa classe dirigente fino ad ora non è stata in grado di risolvere il problema ricollocando i lavoratori».
Parole dure hanno annunciato la manifestazione di martedì 18 quando il caso Ferriera sarà affrontato dal consiglio regionale. «Il problema - è stato sottolineato - non riguarda solo il rione di Servola tutta la città».
Si è parlato di rilevazioni dell’Arpa ma anche di analisi epidemiologiche eseguite recentemente a Capodistria dove – è stato sostenuto – è emerso che i bambini che vivono nel territorio che dà sul mare dalla parte della Ferriera soffrono di serie patologie bronchiali.
Intanto il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha chiesto urgentemente un’audizione straordinaria al presidente del consiglio Tesini. «Considerata l’esasperazione degli abitanti del rione di Servola che da anni domandano un dialogo con le rappresentanze politiche domando che sia convocata una seduta straordinaria».

 

 

I Verdi: «C’è sempre più confusione sulla Tav»

 

TRIESTE «Sul progetto per l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia sorge sempre più confusione e sempre più perplessità e spiazzamento». Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, non ha dubbi. E, all’indomani dell’incontro di Lodovico Sonego con i sindaci della Bassa per decidere le caratteristiche del tracciato, muove all’attacco: «I Verdi, così come i molti comitati spontanei No Tav sorti nella nostra regione, hanno sempre sostenuto che il modello ferroviario ad alta velocità non è geograficamente compatibile con il nostro territorio». Secondo l'esponente ambientalista, inoltre, «la linea ferroviaria attuale che congiunge Mestre a Trieste attraverso la Bassa Friulana è fortemente sottoutilizzata è offre ancora il 50% di capacità per i trasporti». Non basta: «Un progetto serio di pianificazione concreta dello spostamento da gomma a rotaia - incalza Metz - è un'azione di calcolata e logica sensatezza che un governo regionale ha il potere di attuare, al di là delle uscite propagandistiche».

 

 

Al Gore sul clima: «Avanti senza Bush»

 

ROMA L'Unione europea è pronta a disertare il vertice sull'ambiente fissato per il mese prossimo alle Hawaii se da quello di Bali non uscirà un risultato concreto. «Se Bali fallisce» ha detto Humberto Rosa, rappresentante della presidenza portoghese dell'Unione, «non avrebbe senso avere un altro incontro delle economie più importanti». Rosa non ha voluto definire un boicottaggio la posizione europea nei confronti del meeting convocato da George W. Bush. «Non stiamo ricattando nessuno» ha detto da Bali, dove l'Ue sostiene l'obiettivo Onu di tagliare le emissioni dal 25 al 40 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Gli inviati di 180 Paesi hanno tempo fino a venerdì per trovare una intesa sul dopo-Kyoto, il protocollo sull'ambiente che scadrà nel 2012.
Nel frattempo è arrivato l'ospite più atteso: il premio Nobel per la pace Al Gore che ha invitato a trovare un accordo anche senza gli Stati Uniti. «Non sono un funzionario e non sono vincolato alle carinerie diplomatiche» ha detto Gore, «per questo posso premettermi di svelare una verità scomoda: il mio Paese è il principale responsabile dell'ostruzionismo che si sta incontrando qui a Bali. Potete sentirvi arrabbiati e frustrati e prendervela con gli Stati Uniti. Ma avete un'altra opzione: decidere di andare avanti e fare tutto il difficile lavoro che bisogna fare. Dobbiamo andar via da qui con un mandato forte».

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2007 

 

 

La Regione: daremo comunque l’ok alla Ferriera - «L’ultimatum del ministero non riguarda gli impianti e l’autorizzazione ambientale»

 

L’assessore Moretton polemico con il sindaco Dipiazza. Oggi assemblea pubblica delle associazioni dei residenti di Servola

«L’ultimatum del ministero dell’Ambiente alla Lucchini non condizionerà minimamente l’iter per il rilascio dell’Autorizzazione ambientale alla Ferriera. E questo non perchè la Regione intenda ”proteggere” l’azienda, come insinua Roberto Dipiazza, ma semplicemente perchè si tratta di due partite del tutto distinte». Così Gianfranco Moretton replica a distanza al sindaco di Trieste colpevole, a suo dire, di voler strumentalizzare il richiamo fatto da Roma.

L’impressione del vicepresidente della Giunta, infatti, è che il primo cittadino stia facendo volutamente confusione sulla vicenda, per lanciare accuse pretestuose all’amministrazione regionale ed ergersi a «vincitore» di questa partita. «Non capisco quale sia la vittoria di cui parla Dipiazza - spiega Moretton -. Lui è convinto che il contenuto della lettera inviata da Roma alla Lucchini gli dia ragione perchè, ribadendo la presenza di fenomeni di inquinamento, confermerebbe le motivazioni che hanno spinto finora il Comune a dare parere negativo al rilascio dell’autorizzazione ambientale. Dimentica però che le due questioni sono completamente separate. Il ministero fa riferimento alla caratterizzazione e alla bonifica dei terreni e delle acque di falda. L’”Aia”, invece, riguarda gli interventi da realizzare negli impianti della Ferriera ed è il passaggio con il quale viene imposto all’azienda di adottare misure che consentano di far rientrare nei parametri di legge le emissioni inquinanti. Inutile quindi che il sindaco si chieda ”come farà la Regione ad ignorare l’ultimatum e a concedere come se nulla fosse l’autorizzazione ambientale”. Tra i due passaggi non c’è assolutamente alcun collegamento. Il ministero non ha fatto altro che dar seguito a quanto già disposto in occasione delle precedenti Conferenze, trasformando da ordinatoria a perentoria l’azione di risanamento ambientale».
L’ultimatum lanciato da Roma («se entro 20 giorni l’azienda non provvederà alla messa in sicurezza dei terreni e delle acque di falda, il ministero assumerà i poteri sostitutivi e avvierà la messa in mora»), dice dunque Moretton, non condizionerà il rilascio dell’«Aia». Rilascio che subirà comunque un altro rinvio: la delibera per la concessione della certificazione ambientale, infatti, non approderà nemmeno domani in Giunta a causa dell’assenza di uno dei pareri richiesti. Motivi tecnici, dice però l’assessore, e non dettati dalle pressioni del Comune.
Moretton invita quindi Dipiazza ad esaminare «le norme che gli mettono a disposizione importanti strumenti da utilizzare in caso di pericoli per la salute dei cittadini. La legge nazionale 267 _ spiega l’assessore - assegna ai sindaci poteri ben precisi per affrontare situazioni delicate come quelle che riguardano l’attività della Ferriera di Servola.In particolare prevede che possa essere emessa opportuna ordinanza di chiusura, e non solo di semplice sospensione, delle realtà inquinanti. Qualora ne ravveda la necessità, dunque, Dipiazza ha la possibilità di bloccare lo stabilimento emanando una semplice ordinanza. Se insomma crede che questo sia il passaggio necessario, agisca subito e si assuma la responsabilità che gli è attribuita dalla legge».Inutile infine, secondo Moretton, che il Comune tenti di confondere le acque e camuffare il vero significato del duro richiamo alla Lucchini. «Va ricordato che solo il ministero dell’Ambiente ha competenza diretta ed esclusiva nel richiedere interventi da parte della proprietà in materia di caratterizzazioni e bonifiche. Lo si capisce anche dal fatto che l’area della Ferriera si trova all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale. Contrariamente a quanto afferma il sindaco dunque - precisa ancora l’assessore - la Regione non ha alcun margine di manovra in questo settore. Ciò che compete alla Regione invece è il rilascio dell’Aia».
E’ di avviso diverso, però, , l’esponente dei Verdi, Alessandro Metz, che ha chiesto un'audizione «straordinaria e urgente» sulla Ferriera, alla luce della «grave situazione che continua a emergere dall'area dove insiste l'impianto siderurgico e dell'esasperazione degli abitanti del rione di Servola».
Gli stessi residenti questa sera alle 20.30 al ricreatorio comunale «Gentilli», in via di Servola 127, terranno un’assemblea pubblica per illustrare le azioni giudiziarie intraprese contro la Lucchini e «gli amministratori pubblici inadempienti». Per martedì prossimo, infine, è in programma una manifestazione di protesta in piazza Oberdan in concomitanza con la seduta del Consiglio regionale.
m.r.

 

 

Depuratori da mettere a norma a Servola e a Barcola Ma i lavori partiranno nel 2009 - Già disponibili soluzioni tecniche e finanziamenti

 

Il secondo impianto verrà declassato e la conduttura confluirà sul primo

A Trieste è in atto un vero e proprio piano di risanamento dei depuratori. Un adeguamento doveroso per due delle quattro strutture presenti in città che a oggi non risultano a norma. Nel mirino i depuratori di Servola e Barcola, che a differenza di quelli di Zaule e Basovizza non rispettano i nuovi parametri previsti dalla legge 152/2006. In quest'ottica la Provincia di Trieste stanzierà 500mila euro per la progettazione definitiva ed esecutiva dell'adeguamento del depuratore di Servola e un milione e 300mila euro per la progettazione e realizzazione di una conduttura che trasporterà i liquami da Barcola a Servola.
«Il finanziamento - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente Ondina Barduzzi - proviene dal Piano di stralcio provinciale per la gestione delle acque ed è frutto di un accordo di programma che verrà sottoscritto nei prossimi giorni con le realtà interessate. Con questa soluzione la Provincia potrà concedere un'autorizzazione provvisoria agli impianti che anche se non a norma, potranno continuare ad operare fino a quando non si procederà con i lavori».
Acegas-Aps, su istanza della Provincia e del Comune di Trieste, ha già redatto uno studio di fattibilità per l'adeguamento dello scarico dell'impianto di Barcola per la messa a punto del quale sono necessari 3 milioni 900mila euro. «Attualmente - spiega l'ingegnere Enrico Altran di Acegas-Aps - il carico di liquami che grava sul depuratore di Barcola è troppo esiguo e questo non consente un corretto funzionamento di un impianto biologico (così come a Servola) che tra l'altro è obbligatorio per legge». La soluzione più semplice per ovviare al problema: prevedere di declassare la struttura da depuratore a stazione di pompaggio. «Il progetto - precisa Altran - prevede la creazione di una stazione di sollevamento e di una condotta lungo viale Miramare per trasportare i liquami da Barcola ai collettori principali della città già presenti a Roiano. Da qui raggiungeranno il depuratore di Servola». Se il progetto sarà approvato dalla Conferenza dei servizi entro gennaio, tenendo conto dei tempi per la progettazione e la gara, i lavori dovrebbero incominciare nel 2009.
Silvia Stern

 

 

Tav più veloce, correrà a 220 km all’ora  - Si tratta ancora sulle due ipotesi di tracciato. Resta il no di Porpetto e Villa Vicentina

 

Nuovo incontro fra Sonego e i sindaci della Bassa friulana. Innalzato il limite di velocità (160 km/h): era considerato troppo basso

TRIESTE «Il treno ad alta velocità non supererà i 220 chilometri orari, mantenendo di fatto caratteristiche di alta capacità». A spiegarlo l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego che ieri pomeriggio ha dovuto affrontare un’altra maratona con i sindaci della bassa friulana. Uno degli oggetti del contendere sono proprio le caratteristiche tecniche dell’infrastruttura sulle quali si sono scontrati anche i tecnici (di Regione, Rfi e comuni). Intanto sulle ipotesi del tracciato la Regione, pur nella disponibilità al confronto, non fa passi indietro. Ne restano due all'esame e l'assessore incalza i comuni. Giovedì 20 un nuovo incontro e poi un altro già fissato il 15 gennaio. Forse quello definitivo.

I DUE TRACCIATI Che sia l’ipotesi A oppure quella B, nessuna sembra trovare il pieno accordo di tutti. «Tra i tecnici è nata una discussione iper specialistica – spiega l’assessore – che va chiarita e approfondita. Santorini sostiene che la soluzione B (quella che prevede il passaggio sul tracciato storico) finirebbe per avere un impatto forte su Torviscosa perché richiederebbe un ampliamento notevole del fascio binario. Entrambe le soluzioni, poi, richiederebbero un quinto binario sul ponte ferroviario di Cervignano che però ne può ospitare solo quattro.
L’alternativa sarebbe un declassamento della linea in quel punto in quanto servirebbe creare un bivio ferroviario». Partendo da questo l’assessore ha dato disposizione ai tecnici di presentare una relazione che spieghi le eventuali criticità e i pro delle due soluzioni e di presentarla ai sindaci per ragionare in modo mirato sulle questioni. «Abbiamo comunque fatto passi avanti anche oggi – prosegue Sonego – e abbiamo già fissato le prossime riunioni. Avanti tutta». La Regione non fa previsioni su quando la partita sarà chiusa ma vuole accelerare.
LA VELOCITA’ Una delle ragioni del confronto acceso tra i tecnici sarebbe stata poi la questione della velocità delle linee. «Il problema che è stato sollevato – spiega il sindaco di Bagnaria, Anselmo Bertossi – è quello della velocità. Chi dice (ndr il tecnico dei comuni, De Bernardi) che la linea deve seguire quanto avviene in Slovenia, dove i treni non dovrebbero superare i 160 all’ora, e chi ritiene che possano arrivare a 200, 220 all'ora. Da questo dipendono le curvature e diverse caratteristiche dell’opera. Tutte cose su cui a questo punto attendiamo chiarimenti. Da parte della Regione resta la disponibilità a discutere ma non credo che oggi (ieri per chi legge) abbiamo fatto passi avanti. Vedremo giovedì». Sulla questione velocità però Sonego precisa. «Anche la Slovenia si sta allineando ai criteri europei in quanto si rende conto – aggiunge l’assessore – che l’investimento è rilevante per cui vale la pena realizzare un’opera che abbia determinate caratteristiche. Quando parliamo della nostra alta velocità, comunque, non ci discostiamo dall’alta capacità perché le linee sosterranno treni che viaggeranno a 200-220 all'ora, non di più».
I CONTRARI In trincea restano il comune di Porpetto e Villa Vicentina. Il sindaco Mario Pischedda ha chiesto di fare un passo indietro e di analizzare in modo approfondito le ipotesi scartate. Ma questa strada sembra senza uscite. «I tracciati di cui parliamo oggi – insiste Pischedda – sono quelli che avevamo deciso di iniziare ad approfondire perché ci sembravano i meno impattanti. Questo per noi non voleva dire scartare tutti gli altri. Non ci può essere fretta per prendere una decisione tanto importante».
E Pischedda ne ha anche per alcuni colleghi. «La coerenza è importante – pungola – mi lascia perplesso vedere che alcuni sindaci che inizialmente si dichiaravano molto preoccupati per l’impatto dell’opera, oggi siano diventati favorevoli alla Tav perché il nuovo tracciato li tocca marginalmente».
I CHIARIMENTI Il prossimo incontro dovrà servire ad avere una visione più chiara su alcune caratteristiche dell’opera (la velocità ma non solo). «Finora abbiamo ragionato su linee sulla carta – dice il primo cittadino di Torviscosa, Roberto Duz – ma ora bisogna entrare più in profondità. Anche perché ai nostri cittadini dobbiamo essere in grado di dire perché la ferrovia passerà da una parte e non dall’altra e quali caratteristiche (altimetria, binari eccetera) avrà».
Martina Milia

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2007 

 

 

Il ministero: la Ferriera bonifichi la costa  - «Entro 20 giorni la proprietà metta in sicurezza i terreni o la metteremo in mora»

 

La lettera si riferisce all’inquinamento delle acque di falda. Dipiazza: «Aveva ragione il Comune, ora la Regione darà ancora l’Aia?»

L’ultimatum è pesante e non lascia spazio ad interpretazioni: se entro fine mese la Lucchini non provvederà agli interventi di messa in sicurezza dei terreni e delle acque di falda nell’area occupata dalla Ferriera, previsti dalla Conferenza dei servizi sul Sito inquinato di rilevanza nazionale, il ministero dell’Ambiente «attiverà i poteri sostitutivi» a danno della società e procederà alla messa in mora della stessa. In altre parole, avvierà autonomamente le operazioni di risanamento ambientale, presentando alla fine il conto al gruppo bresciano, finora inadempiente, e «attivando le procedure per l’iscrizione dell’ipoteca legale sulla proprietà».
La doccia fredda per l’azienda è contenuta in una lettera datata 7 dicembre, firmata dal responsabile della Direzione per la qualità della vita del ministero, Gianfranco Mascazzini, e inviata per conoscenza anche a Regione, Comune, Provincia e Avvocatura dello Stato. Una missiva di sei pagine in cui viene evidenziata la portata dell’inquinamento riscontrato nel comprensorio servolano, e ribadita l’impossibilità di accettare ulteriori ritardi nella messa in sicurezza d’emergenza.
«La caratterizzazione delle acque di falda eseguita nel 2005 - si legge nel testo - ha evidenziato un’elevata contaminazione dovuta alla presenza di diversi agenti inquinanti». Tra questi vengono citati metalli come il cromo esavalente e il manganese (quest’ultimo con concetrazioni vicine ai 1900 microgrammi per litro a fronte di un limite di 50 mg/l), nitriti, e idrocarburi aromatici come benzene ed etil benzene. Allarmante, per il ministero, anche la situazione del suolo, dove sono stati accertati sforamenti nei valori di ben 11 metalli (dal piombo allo zinco), e di 9 idrocarburi policiclici.
Eppure, nonostante l’inquinamento sia stato evidenziato in maniera così netta, continua il documento, «da parte dell’azienda non è pervenuta alcuna comunicazione relativa agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza attivati o in corso di attivazione». Di qui la scelta della linea dura: o la Lucchini correggerà la rotta avviando le necessarie procedure entro 20 giorni dal ricevimento della lettera, o entrerà direttamente in azione il ministero, che provvederà anche a denunciare penalmente il gruppo ai sensi dell’articolo 257 del decreto legislativo 152/06 (inadempienze in materia di bonifiche).
Una mossa interpretata quasi come una vittoria personale da Roberto Dipiazza che, dopo aver letto la lettera, ha immediatamente scritto alla Regione per ribadire la contrarietà del Comune al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale all’impianto siderurgico. «Ciò che scrive ora il ministero, l’avevamo banalmente già detto noi nella Conferenza dei servizi del 30 ottobre - chiarisce il sindaco -. Questa lettera quindi conferma che avevamo ragione. Ora voglio proprio vedere come farà la Regione, che finora ha sempre protetto la Lucchini, ad ignorare questo intervento. Chissà quale escamotage inventeranno per riuscire a far finta di niente e a rilasciare, come se niente fosse, l’autorizzazione ambientale».
«Ci può essere una fabbrica che non inquina che sta su un terreno inquinato, ma anche viceversa» risponde Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’Ambiente, come a dire implicitamente che Aia e Sito inquinato di rilevanza nazionale sono due capitoli da tenere distinti. Ieri Barduzzi era ancora all’oscuro dell’ iniziativa ministeriale, così come i sindacati, mentre il verde Alessandro Metz in una sua nota spiegava apertamente di essere il suggeritore di questa iniziativa: «Insisto sulla verifica delle anomalie della gestione dell’impianto, dopo un lungo incontro al ministero, fatte le dovute verifiche, sono state rilevate le reiterate inadempienze della proprietà». Per la quale risponde il responsabile delle relazioni esterne, Francesco Semino: «Noi, ma anche altre aziende dei 54 Siti inquinati nazionali - dice - abbiamo fatto ricorso al Tar specificamente dove ci si impone la caratterizzazione anche delle aree demaniali, e questo perché la materia è controversa e diseguale sul territorio, anche a Trieste».
La Lucchini dice anche che, avendo messo in azione delle pompe per l’aspirazione e il trattamento dell’acqua di lavorazione nei punti più a rischio per evitare l’inquinamento delle falde sottostanti il terreno inquinato, pensava di aver «messo in sicurezza» il sito. «Ma il ministero non fa cenno di questo, né ci dice che cosa sia sbagliato e come fare» aggiunge Semino, citando sentenze in cui al ministero è stato dato torto, una modifica della legge sulle bonifiche in arrivo e tutta una serie di considerazioni (anche economiche) che hanno dettato la resistenza. Il resto è demandato «ai tecnici e ai legali».
«C’è una questione di priorità - commenta invece Franco Belci, segretario Cgil -, certo se il ministero interviene avrà le sue buone ragioni, che il sito sia inquinato dopo 100 anni di siderurgia è chiaro, ma se il sindaco vuole strumentalizzare l’argomento chiuda la fabbrica e sistemi 1000 persone, questo mi sembra tutto un gesto politico, a noi stanno a cuore la salute dei cittadini e dei dipendenti, non si può intervenire su tutto contemporaneamente. Ma se il gioco consiste nel colpire la Ferriera comunque, affinché chiuda, allora lo si faccia più in fretta».
«Sorpreso» si dichiara Vincenso Timeo della Uil settore industria. «Sorpreso - dice - dalla perentorietà del dettato ministeriale, noi siamo d’accordo su ogni prescrizione di bonifica data alla Ferriera, ma stiamo soprattutto lavorando per la sicurezza interna ed esterna allo stabilimento, e ho paura - prosegue il sindacalista - per le conseguenze che questa azione potrebbero avere sui lavoratori: se l’azienda non volesse ottemperare e volesse smettere un’attività non più conveniente? Vorrei - conclude Timeo - che chi parla di sicurezza e ambiente mettesse in campo le medesime energie per occuparsi della riconversione della fabbrica, a noi la politica dei due tempi non va assolutamente bene».

Maddalena Rebecca e Gabriella Ziani

 

 

Ripetitore per telefonini vicino ad Altura

 

Un lettore sottolinea la pericolosità della struttura che è in fase di realizzazione per la Tim/Telecom

Tempo fa sono stato contattato da una nota azienda telefonica (Tim/Telecom) che mi proponeva una cifra considerevole (quasi 20mila euro all’anno) per realizzare vicino al magazzino della mia attività un ripetitore, credo per l’Umts.
Mi fu detto che si sarebbe trattato di un semplice palo di 16 metri, che sarebbe stato rivestito da «finto albero» per non danneggiare la paesaggistica, ma soprattutto che l’irradiazione sarebbe consistita in un «cono» atto a coprire la superstrada sottostante, e non avrebbe assolutamente investito le numerose palazzine di Altura, a me vicine.
Ero quasi convinto da tutte queste rassicurazioni, ma al momento dell’arrivo dei tecnici ho capito come stavano realmente le cose. Non si trattava di un palo, ma di un traliccio di almeno 20 metri, non intendevano mettergli il (costoso...) rivestimento di finto albero, con l’argomentazione che l’allora assessore Rossi era (giustamente) contrario a questi «trucchi» (effettivamente ingannevoli); poi, al momento del sopralluogo «decisero» che quel punto più nascosto dove il loro agente mi aveva proposto la realizzazione, era troppo basso, e si doveva farlo nel prato della mia abitazione soprastante. Ma, soprattutto, si erano «dimenticati» di spiegarmi che l’irradiazione non era affatto un cono verso la superstrada, ma che doveva irradiarsi a 360 gradi, investendo quindi totalmente le case di Altura (qualche migliaio di persone). Al mio rifiuto, mi fecero avere una simulazione al computer di come, grazie al travestimento da albero, questo traliccio non sarebbe stato troppo di impatto: questo dopo aver precedentemente detto che tali travestimenti non erano a norma per il nostro Comune.
Tutta questa tendenza all’argomentazione approssimativa, se non ambigua, deve farci riflettere su quanto altrettanto approssimative, e ambigue, sono le loro argomentazioni tese a «tranquillizzarci» circa la pericolosità di questi ripetitori. Dovrei fidarmi di qualcuno che, al mio rifiuto, mi dice: «Ti ritroverai un ripetitore a pochi metri da casa, ma senza più prendere una lira...»? Questa è la moralità con cui operano. Mi dicono che la gente non si deve lamentare, perché è la gente che vuole usare il cellulare: ma se sono così sicuri che la gente è d’accordo fino a questo punto, perché allora fanno tutto di nascosto alla gente stessa?
Adesso stanno concretizzando quanto mi paventarono, realizzando sul colle qui sopra il ripetitore: solo che, tanto per dirne una, anche il cartello obbligatorio di informazioni pubbliche è stato messo nascosto, in un punto dove nessuno può vederlo e al mio invito di spostarlo nel secondo accesso al cantiere si sono rifiutati. Specifico peraltro che quel sito, oltre a essere vicinissimo alle numerose palazzine di Altura, ai due parchi giochi appena rinnovati dal Comune, a essere non così lontano dalla scuola don Milani, si trova esattamente poco più sotto del sito vicinissimo dove verrà realizzato il nuovo Burlo Garofolo, che si troverà in linea d’aria con l’irradiazione «a ombrello» del ripetitore.
Vorrei dire a quel qualcuno che ha concesso il proprio terreno per questo ripetitore, che anche a me tutto quei soldi avrebbero fatto comodo, ma ho rifiutato per rispetto di migliaia di abitanti di Altura, che verranno «irradiati» da un tipo di onde che, a tutt’oggi, molti studiosi considerano pericolose, ivi compreso un fisico sentito dal mio avvocato.
Agli abitanti di Altura vorrei dire invece che, se recentemente non lontano da noi gli abitanti di un rione sono riusciti a fermare la costruzione già avviata di un traliccio simile, significa che non bisogna partire rassegnati, verso un’industria che, asserendo di lavorare per assecondare le nuove (spesso futili) esigenze della gente, in realtà guadagna una montagna di soldi mettendo in ultimo piano i rischi possibili per la salute della gente stessa.
Queste colline, che già sono vittime di chi anni fa permise la concomitanza tra un borgo popoloso e la superstrada che l’attraversa, non si meritano ulteriori scempi, e in questo senso va sinceramente ringraziato, e appoggiato il sindaco Dipiazza, che si è opposto al progetto di un malaugurato svincolo, sempre qui ad Altura.
Paolo Mizzan

 

 

Alberi minacciati in viale Sanzio

 

Tanto difficile fare progetti in cui non ci vadano di mezzo gli alberi?
Se in viale Miramare il dio petrolio ha già fatto le sue vittime, vedremo cosa succederà in viale Sanzio. Anche se in questo viale le cose si risolvono lasciando alla bora il compito di schiantare gli alberi lasciati senza un minimo di cura.
Ultimamente è andata distrutta una macchina, ma si aspetta il peggio?
Per la pista di ghiaccio da spostare, calma triestini! verrà spostata non appena si troverà un bel sito da disboscare. Farla in Fiera, in Giardino pubblico o pensare finalmente a un impianto fisso visto il successo che incontra? Per noi il 25 dicembre è un giorno qualsiasi, ma quelli che ci credono come fanno a festeggiare cementando abeti? Probabilmente con lo stesso spirito con cui mettono cubi di pietra al posto di panchine.
Marina e Tullio Marchioli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2007 

 

 

Ferriera: decreto sull’Aia al Senato

 

Riprende oggi al Senato la discussione sul decreto legge in materia di autorizzazione integrata ambientale. Un provvedimento che recentemente ha comportato il differimento dei termini (per un periodo di 6 mesi, la scadenza è fissata a marzo), comprendendo quindi anche il rilascio dell’Aia da parte della Regione per lo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. La discussione è all’esame dell’aula di palazzo Madama, che si riunirà oggi alle 16,30 e domani alle 9.30 e alle 16.30.
L’Autorizzazione integrata ambientale è il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto, imponendo misure tali da evitare oppure ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. L’Aia sostituisce ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione. Nei tavoli tecnici solo il Comune ha espresso la sua contrarietà all’autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola, mentre altri enti hanno indicato delle prescrizioni. A breve la giunta regionale dovrebbe concedere all’impianto della Lucchini-Severstal il nulla osta.

 

 

Cambiamenti climatici: anche l’Italia a rischio  - Lo rivela uno studio cui ha partecipato il fisico triestino Giorgi, Nobel con l’Ipcc

 

I Paesi più esposti sono India, Cina e Stati Uniti. Ieri a Oslo la consegna del premio dell’Accademia all’istituto di Miramare

TRIESTE Sono Cina, India e Stati Uniti le nazioni con le più alte emissioni di gas serra e anche quelle più esposte al cosiddetto rischio socio-climatico, vale a dire alle conseguenze sociali ed economiche dei cambiamenti climatici in atto sul Pianeta. Ma pure il Mediterraneo (e l'Italia in particolare) rientra – in minor misura – in questa categoria a rischio. Lo dimostra uno studio che appare sull'ultimo numero dei prestigiosi «Proceedings of the National Academy of Sciences» e che è firmato tra l'altro da Filippo Giorgi, responsabile della sezione di Fisica della Terra al Centro di fisica teorica di Trieste e uno dei vicedirettori dell'Ipcc, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici. Proprio ieri, a Oslo, l'Ipcc ha ricevuto il premio Nobel per la pace assieme ad Al Gore per aver contribuito a una presa di coscienza collettiva dei problemi climatici. Racconta Filippo Giorgi: «Ho lavorato a questa ricerca la scorsa estate, qui a Miramare, con un giovane e brillante studioso americano, Noah Diffenbaugh, professore associato di scienze della Terra alla Purdue University dell'Indiana, negli Stati Uniti, che ha pure firmato l'articolo assieme a Leigh Raymond, un suo collega esperto di problemi politico-economici, e a Xunqiang Bi, un fisico cinese che lavora da ormai dieci anni all'Ictp. Si tratta di una ricerca che va molto al di là degli aspetti puramente fisici dei fenomeni climatici, come il riscaldamento, l'innalzamento del livello degli oceani o le variazioni nelle precipitazioni. Per la prima volta, infatti, si è cercato di mettere insieme i fattori climatici con quelli sociali ed economici. E' l'inizio di una linea di ricerca che contiamo di portare avanti in futuro». «Uno dei messaggi principali del nostro lavoro – precisa ancora Giorgi – è che con i cambiamenti climatici non vi saranno né vincitori né vinti. E anche se Cina, India e Stati Uniti risultano le nazioni più a rischio, in realtà buona parte delle aree geografiche della Terra saranno esposte a minacce sociali ed economiche legate ai cambiamenti climatici che si potranno verificare nel corso del secolo. Ci auguriamo davvero che tutto ciò venga preso nella giusta considerazione alla Conferenza dell'Onu sul futuro del Protocollo di Kyoto che è in corso in questi giorni a Bali, in Indonesia». Osserva Noah Diffenbaugh: «Come dimostra quanto sta avvenendo al summit di Bali, le negoziazioni sul clima sono basate sempre di più non solo su chi è direttamente responsabile dei cambiamenti climatici, ma anche su chi ne sarà maggiormente svantaggiato. Nel nostro studio noi abbiamo creato una misura di rischio socio-climatico per ogni nazione, integrando simulazioni climatiche avanzate e diversi indicatori sociali ed economici, quali la popolazione, la povertà e la ricchezza». Ma i cambiamenti climatici ipotizzabili per il secolo appena iniziato rappresentano solo una parte della storia. Le diverse aree geografiche sono infatti minacciate in diversa misura dal clima. Quelle più povere dispongono di minori risorse per fronteggiare i disastri climatici. Ma quelle più ricche hanno infrastrutture più avanzate che potrebbero andare distrutte. Infine, le aree ad elevata densità di popolazione sono soggette a un più alto rischio di perdita di vite umane. Lo studio di Filippo Giorgi e dei suoi collaboratori dimostra come il rischio socio-climatico sia il risultato di numerosi e complessi fattori, in cui le variabili climatiche si intersecano con quelle sociali ed economiche. Facciamo l'esempio della Cina, che dovrebbe risentire dei cambiamenti climatici meno di altre nazioni. Ma la Cina ha un'economia che per dimensioni è la seconda al mondo e ha una fascia di povertà ancora molto ampia e una popolazione che è la più numerosa della Terra. Questi fattori rendono dunque la Cina particolarmente vulnerabile: per questa ragione essa presenta il rischio socio-climatico più elevato. E considerazioni simili valgono per l'India e per gli Stati Uniti.
Fabio Pagan

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2007 

 

 

Qualità della vita, Trieste perde 10 posizioni - Dal 40° al 50° posto nella classifica nazionale di «Italia Oggi». Primato nei depositi bancari

 

Trieste non teme rivali in Italia per numero di depositi bancari ma nella classifica complessiva della qualità della vita perde addirittura dieci posizioni, scendendo dal 40° al 50°. A metà graduatoria, cioè, tra le province italiane.
La classifica viene stilata da «Italia Oggi» per il nono anno consecutivo con la collaborazione di due docenti del Dipartimento di Teoria economica e metodi quantitativi per le scelte politiche dell’Università La Sapienza di Roma. Considera aspetti come la spesa procapite, l'importo medio delle pensioni e i depositi.
Trieste è la peggio classificata tra le quattro province della regione: Udine è 24° e precede di una posizione Pordenone, Gorizia è invece 42°. Secondo l’indagine le città dove in Italia si vive meglio sono Bolzano e Trento.
A condizionare negativamente la classifica di Trieste è la voce relativa alla sicurezza: solo sette province in tutta Italia hanno ottenuto riscontri peggiori. Un dato evidentemente falsato dai parametri presi in considerazione, che non terrebbero nella dovuta considerazione gli aspetti prettamente criminali, quali il numero e la gravità dei reati, che nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono fortunatamente inferiori alla media nazionale. E così Pordenone, in questo contesto, sembra quasi il Paradiso: è seconda a livello nazionale.
Trieste si difende bene per quanto riguarda i servizi: è ottava, completando un bilancio regionale eccellente visto che Gorizia è seconda e Udine terza. Nella classifica relativa a affari e lavoro
Per quanto concerne invece l’ ambiente Gorizia, rinomata per la qualità delle sue zone verdi e il traffico contenuto, è 26.a, Pordenone 29.a, Udine 51.a e Trieste 71.a.
Le quattro province del Friuli Venezia Giulia sono in fondo della classifica per quanto riguarda il disagio sociale e personale (al primo posto si trova Caserta) con Trieste e Gorizia che chiudono addirittura al 103° e 102° posto. Al 85° e 88° si trovano Pordenone e Udine.
Anche per quanto riguarda la popolazione (34.a Pordenone e 77.a Udine) Gorizia e Trieste sono in coda al 98.o e 99.o posto. Ma Trieste sconta un’età media tra le più elevate del Paese.
Infine, per quanto riguarda la graduatoria relativa al tempo libero Trieste è la migliore in regione (21.a) seguita da Gorizia (31.a), Udine (40.a) e Pordenone (60.a). Non molto tempo fa, tuttavia, altre indagini nazionali avevano regalato alla nostra città un posto di preminenza nazionale nel tempo libero, soprattutto grazie al numero di presenze agli spettacoli teatrali, proporzionalmente di molto superiore alla media italiana.

 

 

«La Kemiplas non smantellerà i suoi impianti»  - Il comune di Capodistria vuole la chiusura e ha già messo a bilancio 120mila euro per le procedure necessarie

 

Il direttore Kadic illustra i dati relativi all’inquinamento: «Siamo nei limiti di legge»

CAPODISTRIA La fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani passa al contrattacco. Dopo che una decina di giorni fa il comune di Capodistria ha annunciato il ricorso alla magistratura per ottenere la chiusura e lo smantellamento dell'impianto, il direttore della Kemiplas, Muharem Kadic, ha deciso di rispondere alle accuse.
E lo ha fatto aprendo la fabbrica ai giornalisti e rispondendo alle loro domande. Ha presentato inoltre i dati delle più recenti misurazioni della qualità dell'aria nella zona dell'impianto. Questi dati, secondo Kadic, parlano chiaro: la Kemiplas non inquina oltre i valori consentiti dalla legge. I livelli del primo gruppo di sostanze inquinanti, quelle più pericolose (tra cui la formaldeide e l'acetaldeide) sono molto al di sotto del limite: 5,3 miligrammi per metro cubo, rispeto ai 20 consentiti. Lo stesso vale anche per gli altri gruppi di sostanze inquinanti.
Sono relativamente alti soltanto i valori del monossido di carbonio – 3848 miligrammi per metro cubo – ma qui non esiste un limite stabilito dalla legge. Le misurazioni risalgono al 20 settembre e sono state effettuate dall'Istituto per la sicurezza sul lavoro e la tutela dell'ambiente di Maribor e dall'istituto TUV di Colonia.
«Non abbiamo nulla da nascondere, – ha dichiarato Kadic – la produzione della Kemiplas è di 30.000 tonnellate di andidride dell'acido ftalico, che viene esportata in Italia, Germania, Austria e Croazia». L'andidride dell'acido ftalico, ricordiamo, è una sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici, come coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci.
Per quanto riguarda il trasferimento della produzione, Kadic non la esclude, ma per il momento non ci pensa. La spesa ammonterebbe a circa 10 milioni di euro, e la Kemiplas non ha intenzione di sostenerla da sola. La proposta formulata in questo senso dalle autorità comunali di Capodistria, che insieme agli abitanti di Villa Decani (una decina di chilometri dal capoluogo costiero) tentano ormai da anni di far chiudere l'impianto, secondo Kadic, è discriminatoria.
Il Comune, sostiene Kadic, non ha ancora modificato il piano regolatore per l'area del Bivio, cosa che permetterebbe alla Kemiplas di avviare un'altra attività al posto dell'industria chimica, e i rappresentanti del comune ormai da tempo non si presentanto alle riunioni del Consiglio di esperti costituito da tutte le parti interessate per studiare le possibilità per il trasferimento della fabbrica.
Al comune di Capodistria continuano intanto sulla propria strada, decisi a far chiudere e smantellare l'impianto. Ultimamente stanno raccogliendo i dati necessari per una causa collettiva contro la Kemiplas. Per tutte le procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 sono stati già previsti 120.000 euro.

 

 

I controlli della Guardia costiera - Un lettore chiede come mai vengano calate le reti in mezzo al porto

 

Qualche settimana fa in una delle pagine di cronaca del Piccolo è apparso un articolo nel quale la Guardia costiera rivendicava a sé il diritto-dovere del controllo della pesca sportiva nelle acque marittime regionali. La domanda che mi pongo è questa: esercita anche il controllo sulla pesca professionale? Se, come suppongo, così è, qualcuno sarebbe in grado di spiegarmi perché da parecchi mesi del corso della primavera, estate e autunno, praticamente ogni notte, vengono calate le reti in mezzo agli impianti portuali – da imbarcazioni che tra l’altro non sono immatricolate e non navigano con le luci regolamentari – e come mai per intere settimane i pescherecci con le lampare hanno tranquillamente pescato all’interno delle grandi dighe foranee mentre altre passavano all’ecoscandaglio ogni metro, rasentando i moli, per individuare i banchi di pesce senza che nessuno dicesse o facesse nulla? La Guardia costiera tra i suoi compiti, se non vado errato, ha anche quello di controllare la provenienza del pescato e le dimensioni del pesce catturato prima che venga ammesso alla vendita. In una vetrina di pescheria ho visto in questi giorni ombrine grandi pochi centimetri così come spesso mi accade di vedere pagelli (riboni per i triestini) ed orate talmente piccole da non costituire nemmeno un boccone: una vera e propria strage degli innocenti. È consentito ciò dalle vigenti disposizioni di legge? Chi di dovere si rende conto che in tal modo si attua uno scempio devastante dal punto di vista ittico ed ecologico? Ritengo inutile rivolgermi alla sensibilità dei pescatori che si comportano in questo modo, perché la loro scarsa intelligenza è comprovata dai loro comportamenti i quali, oltre a dimostrare la mancanza assoluta di professionalità, finiranno per ritorcersi contro loro stessi per primi al momento, non tanto lontano, in cui avranno ridotto a un deserto il Golfo poiché pescando all’interno del porto, oltre a costituire un pericolo, devastano quelle poche aree riproduttive ancora esistenti. E per favore si evitino risposte di circostanza perché per mesi ho assistito di personal a questi fatti senza che nessuno dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza costiera (carabinieri, polizia, guardia di finanza, guardia costiera) abbia voluto o potuto impedirlo. Meglio che fumose giustificazioni da parte di addetti stampa sarà metter in atto misure di prevenzione e, quando occorre, di severa repressione, contro i delinquenti che disonorano una antica e nobile categoria.
Lettera firmata

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2007 

 

 

Nasce un’azienda agricola didattica tra Muggia e Capodistria voluta dal Circolo Istria

 

«Parco della concordia» al posto delle sbarre il sogno durato un anno ora diventa realtà

TRIESTE Metà di qua, metà di là. Tredicimila metri quadrati di terra a Cerei, vicino a Muggia, tagliati in due da quel confine che tra pochi giorni si dissolverà. Ma alla famiglia Vodopivec, proprietaria dell’appezzamento, quella divisione politica, pure così visibile, quella linea spogliata dalle piante e percorsa dalle guardie a caccia di clandestini, non ha impedito di realizzare un sogno. E il 21 dicembre qui si farà festa con gli scolari italiani e sloveni di qua e di là dal confine, per celebrare la nascita del Parco della Concordia. Un confine che si cancella nel segno del ritorno alle radici.
Un’integrazione che esce dalla retorica e diventa un impegno concreto, comune. L’obiettivo è creare una grande azienda agricola didattica che recupererà, custodirà e farà crescere le risorse genetiche autoctone del territorio. Piante, animali, antiche abilità artigiane, che i ragazzini impareranno a conoscere e a riconoscere.
L’iniziativa è voluta dal Circolo Istria, dalla Comunità culturale degli sloveni di Muggia, di cui fa parte la famiglia Vodopivec, dalla Comunità degli italiani di Capodistria e dalla Compagnia del Boscarin, che tutela il possente bovino istriano, a rischio di estinzione. «Sono elettrizzato», dice il veterinario Livio Dorigo. E definisce il Parco della Concordia una «gemma» all’interno di quel grande progetto dal nome evocativo, «da Cherso al Carso», che il Circolo Istria, di cui è presidente, sta portando avanti da anni, spesso tra le perplessità delle altre associazioni di esuli, per rendere permeabile il confine nel segno della cultura, delle tradizioni agricole ed alimentari, della riflessione sulla storia.
Era il 1954 quando i Vodopivec si ritrovarono con la casa in Italia e con una bella fetta della loro terra in un altro Stato. Pareva che l’area dovesse rientrare nella zona A, ma all’ultimo momento venne assegnata alla Jugoslavia con Ancarano, Skofije, Crevatini. Negli anni bui della seconda guerra mondiale qui venivano macellati gli animali per la borsa nera. Poi furono gli uomini in fuga verso l’Italia a lasciare tracce del loro passaggio. E’ un terreno «strategico», carico di simboli.
E i simboli rimarranno ancora a segnare la nuova destinazione del Parco della Concordia. Quattro arnie sono state infatti collocate a cinquanta centimetri le une dalle altre, due in territorio italiano, due in territorio sloveno. Le separano pochi passi e una montagna di burocrazia diversa: per le api «muggesane» la lotta ai parassiti e la catalogazione del miele seguono le leggi italiane, le api d’oltreconfine sono regolate dalle disposizioni slovene. «E sarà questa la vera sfida del futuro», dice Livio Dorigo. «Cancellare questa disparità di situazione e varare strumenti legislativi uniformi».
Al Parco della Concordia circoli e associazioni lavorano già da un anno. Si è preparato il territorio ad accogliere di nuovo quegli animali che in questa zona hanno vissuto per millenni, adattandosi alle condizioni climatiche, vegetazionali, orologiche, pedologiche. Alcune di queste specie si trovano tuttora nei pressi dell’area: le pecore, che da «reliquie» genetiche hanno raggiunto il consistente numero di settecento capi, il bovino istriano, i cui primi esemplari sono già nati nel Parco grazie alla pratica dell’embrio transfer, le api. Tra poco arriverà anche la capra istriana, l’antica dea degli Istri, un simbolo comune a profughi e rimasti. E tra le colture ci sono meli, viti, ulivi.
Tredicimila metri quadrati destinati a realizzare una fattoria modello, che in un prossimo futuro sarà ampliata con l’aggregazione di appezzamenti vicini. Dove gli esponenti delle varie comunità metteranno insieme esperienze e sapienze. Trasversalità di etnie e di generazioni: giovani e anziani, infatti, potranno adottare insieme un’arnia, realizzando quella trasmissione di conoscenze oggi così complicata e frammentaria.
Il 21 dicembre, al Parco della Concordia, quando l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen sarà celebrato con tutti i crismi dell’ufficialità, qui la festa comincerà bruciando le scorie. Gli scolari italiani e sloveni di Muggia, di San Dorligo e di Capodistria assisteranno a una delle pratiche più comuni della vita agricola, che quel giorno significherà soprattutto la volontà di voltare pagina e di iniziare insieme un futuro da europei. «Qui i ragazzi ritroveranno le proprie radici - sintetizza Dorigo - perchè chi non ha radici non vola».
Gli organizzatori sono fiduciosi: nel giro di due anni il Parco dovrebbe essere perfettamente funzionante. Un agronomo seguirà la messa a coltura delle erbe officinali, mentre, col tempo, una vecchia stalla accoglierà un museo delle tradizioni. Negli obiettivi c’è anche l’integrazione scientifica, ovvero il coinvolgimento delle Università, italiana e slovena, che verranno stimolate a studiare se le essenze vegetali del Parco possano essere esportate in Ciceria, quella zona che da Opicina corre fino al Monte Maggiore. Qui, un tempo, vivevano duecentocinquantamila pecore, che scendevano lungo gli antichi tratturi già regolati dal diritto romano. Poi l’agricoltura industriale e la frattura politica del confine hanno determinato lo spopolamento. Oggi la ricomposizione del territorio potrebbe favorire la ripresa di una significativa economia agricola.
«Sappiamo bene che il difficile viene adesso», commenta Dorigo. «I confini psicologi comunque restano e io stesso so bene quanto sia difficile che la ragione comprima il ricordo. Ma non si tratta solo di sentimenti. Finora il commercio dei prodotti locali era protetto dal confine, ora bisogna trovare soluzioni per favorire le sinergie e non la conflittualità».
Dorigo non lo nasconde: il progetto dell’azienda didattica, ancora per pochi giorni «transfrontaliera», non è stato facile da portare avanti. I rapporti del Circolo Istria con gli ex nemici e con gli italiani «rimasti» oltreconfine, sono stati spesso guardati con fastidio e sospetto. Per questo il 21 dicembre avrà il sapore di un giorno speciale, una sorta di riconoscimento postumo a chi per anni ha lavorato per smantellare il confine, prima di tutto nella testa della gente. «Nel Parco della Concordia - anticipa Dorigo - i bambini cominceranno a stare insieme. Il vero bilinguismo nasce nella fase emozionale dell’apprendimento. Vorremmo che qui imparassero a diventare europei».

Arianna Boria

 

 

Minisini: «Al Farneto si può cacciare» - La Commissione trasparenza: divieto solo nelle aree effettivamente attrezzate

 

Nel parco del Farneto si può praticare la caccia. Purché ci si limiti ad agire nella parte ancora «selvaggia», nonostante sia dal piano regolatore destinata a parco urbano. Proibito cacciare solo nei 600 metri quadrati che il Comune ha effettivamente attrezzato: qui la legge impedisce l’attività venatoria.
Così risponde il presidente della Commissione trasparenza, Alessandro Minisini, al presidente onorario di Federcaccia, Pietro Petruzzi, il quale sosteneva che sparare si può dappertutto, al Farneto, poiché il parco urbano «esiste solo sulla carta», e che è sufficiente attenersi alle norme in materia della legge 157 del 1992 che indica le distanze obbligatorie da abitazioni e strade.
«Si specifica - scrive Minisini riferendo l’esito della riunione - che nella vasta zona sita nel comune di Trieste, di origine naturale e caratterizzata dalla presenza di vegetazione erborea, la caccia può essere praticata nei modi e nei termini consentiti dalla legge, anche se il piano regolatore la destina a parco urbano». Infatti, continua il documento, questa area è a tutti gli effetti solo un bosco, e non già un parco urbano (codificazione quest’ultima che la legge 157 chiaramente specifica come luogo dove non è ammesso l’esercizio venatorio).
Infatti, si afferma, un’area boschiva diviene a tutti gli effetti «parco urbano» solamente se si dà attuazione al piano urbanistico, attrezzandola e organizzandola a finalità ricreative. Le aree del parco urbano del Farneto di proprietà comunale sono valutabili in circa 600 metri quadrati. L’intero parco urbano del Farneto misura circa 800 mila metri quadrati, dei quali altri 40 mila appartengono all’Enpa.
Daria Camillucci

 

 

Tav, restano solo due ipotesi. Invariato il tracciato A4 - Ma i sindaci della Bassa si dividono. Porpetto contraria, Bagnaria e Villa Vicentina perplesse

 

Dopo l’incontro di venerdì la maggioranza dei comuni è favorevole ad andare avanti. Sonego: non so se chiuderemo entro l’anno, il progetto va cucito su misura

Sono rimasti due tracciati e un nodo da sciogliere: il passaggio della linea ad alta capacità tra San Giorgio di Nogaro e Porpetto.
Riparte da qui il confronto tra la Regione e le amministrazioni comunali della bassa friulana per individuare il tracciato della Tav. Dopo un confronto durato mesi e 13 ipotesi di partenza, si è arrivati a stringere il cerchio. Per qualcuno, però, questo cerchio è troppo stretto. Alcuni sindaci si sono incontrati venerdì sera a Porpetto per valutare ipotesi alternative e assumere una posizione comune nella riunione di mercoledì. La maggioranza dei primi cittadini resta comunque favorevole ad andare avanti, nella consapevolezza che per nessun territorio sarà una passeggiata. L’appuntamento per cercare di arrivare alla sintesi del percorso è fissato per il 12 dicembre. «Non posso dire se riusciremo a chiudere il confronto entro l’anno – dice l’assessore Lodovico Sonego -, quello che è certo è che abbiamo fatto molti passi avanti con il dialogo. Le due ipotesi rimaste non variano di molto ma ci sono tante famiglie di proposte, per intervenire nei singoli tratti, che devono essere valutate. Possiamo dire che il tracciato è un po’ come un vestito che va cucito su misura».
All’incontro, però, arriveranno ancora una volta i dubbi di alcuni sindaci. Sono i dubbi dell’amministrazione di Porpetto, contraria finora a gran parte delle ipotesi prospettate, ritenute troppo impattanti per il comune. Poi ci sono Bagnaria e Villa Vicentina ancora al palo. «Quello che chiediamo – dice Mario Pischedda, sindaco di Villa – è che ci sia un approfondimento di tutte le ipotesi. Non si capisce perché alcune siano state scartate senza essere valutate con i dovuti accorgimenti. Quest’accelerazione non ci va bene, non si può avere fretta per decidere di un’opera tanto importante». All’incontro di venerdì sera anche Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria. «Se avessimo degli studi preliminari sarebbe più facile decidere e soprattutto discuterne anche con i nostri cittadini. Sicuramente ci sono stati passi avanti rispetto alle ipotesi iniziali di Rfi – dice – però il percorso non è concluso». C’è anche chi guarderebbe con favore ad un ritorno al tracciato storico (la stessa Bagnaria e Torviscosa), che però è fortemente osteggiato dal comune di San Giorgio. La maggior parte dei sindaci della Bassa sono comunque aperti al dialogo e sono convinti che, al di là dei sacrifici che tutti dovranno fare, il progresso non possa essere fermato. «Il nodo non è Porpetto – dice Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano – perché tutti i comuni devono pagare un prezzo. Tutti vogliamo un’opera che non crei problemi alla popolazione e credo che molte richieste andranno accolte in fase di progettazione. Il punto centrale è capire che a quest’opera è legata la crescita della nostra regione visto che i trasporti contribuiscono in modo importante allo sviluppo di un territorio». A Cervignano la linea passerà probabilmente su quella esistente (viadotto compreso) per cui in centro al paese. La tecnologia moderna dovrebbe tuttavia evitare problemi di rumori e disagi per i residenti. Ancor più esplicito il sindaco di Fiumicello, Paolo Dean. «Credo che un’opera come questa non possa essere fermata dal comune di Porpetto – dice -. Questo non perché il sindaco non abbia il diritto e il dovere di tutelare il suo territorio, ma perché dobbiamo tutti ragionare in un’ottica di costi e benefici collettivi. Anche su Fiumicello devo capire quale sarà l’impatto sull’Isonzo. Nel momento della progettazione si valuta. Condividiamo intanto un tracciato massima, dopo approfondiremo tutti temi dell’impatto ambientale che non interessano tutta la bassa».
Fino a dieci giorni fa si era ipotizzata anche una terza soluzione che contemplava lo spostamento del tracciato dell’autostrada A4 nell’area occidentale della bassa. E’ stata stralciata durante un incontro con i vertici di Autovie Venete. Accogliere un’idea di questo tipo significava bloccare l’iter della terza corsia e rinviare tutto di altri tre anni. «Questo dà l’idea di come sia stata portata avanti la concertazione – affonda il sindaco di Torviscosa -. Autovie andava coinvolta dall’inizio non a giochi fatti».
Martina Milia

 

 

A Trieste «se pol»: tagliare gli alberi - L’episodio del progetto di piazza Libertà è soltanto uno degli esempi

 

Senza entrare nel merito del progetto di riqualificazione di piazza Libertà, perché ai cittadini non é dato conoscere nei dettagli i progetti se non dalla stampa e prima delle immediate esecuzioni, vorrei fare una sola considerazione «a latere».
Leggo che uno degli esecutori del progetto è un architetto di Bolzano: credo proprio che nella sua città e nella sua regione questo professionista difficilmente avrebbe osato elaborare un progetto che preveda il taglio di ben 12 piante! Tanto e tale è il rispetto e l’attenzione per il verde in quella regione.
Ma qui, oramai lo sanno tutti, l’unica cosa che «se pol» è tagliare alberi, spesso centenari, inventando le più trite delle scuse; la più frequente è attribuita a «malattie della pianta»: sfido io, la cura del verde in questa città, salvo rare eccezioni, è prevalentemente circoscritta all’impianto di piantine stagionali che muoiono nel giro di poche settimane, perché non curate e non bagnate, o di arbusti spesso non compatibili con clima e quantità di smog.
Ogni volta vengono promessi nuovi reimpianti come «contentino»: ma ci prendono per stupidi? Di sicuro non potrà trattarsi di alberi secolari, altrimenti perché li taglierebbero (la proposta avventata per piazza Vittorio Veneto docet!)?
La funzione «polivalente» di un albero centenario non può essere sostituita da piante giovani o, peggio, da arbusti! Una città senza alberi è triste, insana e squallida.
Non sono contraria a cambiamenti ed innovazioni, se e quando servono, ma la bravura di un progettista si misura proprio nella sua capacità di raggiungere un obbiettivo (migliorare la viabilità) senza distruggere quanto di bello, antico e utile c’è.
È fin troppo facile distruggere, radere al suolo per ricostruire, più difficile è la ricostruzione/riqualificazione conservativa. Dopo il «Giardino di gesso» vedremo proiettata «la città di cemento»?
Giuliana Giuliani Cesàro

 

 

Il destino della Ferriera

 

Gentile signora X, rispondo alla sua lettera pubblicata su questo giornale il 13 novembre. Si concorda con Lei nell’auspicio di una soluzione positiva sia per i residenti (chiusura definitiva con la siderurgia) sia per il lavoratori (ricollocazione in altri ambiti lavorativi), anche se questi ultimi avrebbero potuto avere, grazie alle loro organizzazioni sindacali, ben più forza degli abitanti nell’ottenere un comportamento ambientalmente meno impattante.
Tutto il resto non è condivisibile, non per antagonismo preconcetto, bensì per rispetto della realtà sulla quale lei sorvola, forse perché vittima della disinformazione creata e mantenuta ad arte come elemento di contrapposizione tra residenti e lavoratori dello stabilimento (nell’interesse di chi, sta al lettore scoprirlo).
Lei ritiene verosimile che tutte le migliaia di pensionati residenti nelle zone (Servola, Chiarbola, Valmaura, Campi Elisi, Borgo S. Sergio e persino Muggia e zone limitrofe) interessate da quell’ignobile e illecita alterazione ambientale abbiano un trascorso lavorativo nella Ferriera?
Lei crede veramente che tutte le abitazioni delle zono succitate siano state edificate dopo la costruzione, a fine Ottocento, dello stabilimento? Lei reputa giustificabile aggiungere danno a danno quando afferma che anche altre sono le fonti di malessere ambientale (cioè tanto peggio tanto meglio?).
Gentile signora X, fra chi le scrive ci sono persone che sono riuscite a guadagnarsi il pensionamento anche grazie ai contributi figurativi della mobilità, ammortizzatore sociale ora presente ma di non certa permanenza fino al 2011-2015, meta tanto agognata dagli attuali demiurghi della Trimurti sindacale, in singolare, diligente perfetta sintonia con la proprietà.
Quanto al generoso gesto natalizio da lei auspicato, non dovrebbe essere richiesto ai residenti, che già pagano un pesante tributo in termini di salute e qualità della vita, bensì a chi forse poca sensibilità e rispetto ha dimostrato nella tutela del proprio capitale umano, privilegiando presumibilmente altre forme di capitalizzazione, ed alla classe politica che da anni si dimostra inerte e dilatoria nell’affrontare il problema.
Cara signora X, i fumi bianchi e rossi non sono innocui tifosi della Triestina ma pericolosi hoolingans, date le sostanze venefiche di cui, come è ormai universalmente palesato, sono composti.
Lei ha mai sentito parlare del problema amianto cui anni fa, per ignoranza, si irrideva? Ora qualcuno ci piange. Sarebbe auspicabile non ripetere lo stesso percorso.
Insomma signora X, e potentati vari, parafrasando persona più degna, la sopportazione non è più una virtù.
Alda Sancin e altre 18 firme

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2007 

 

 

Autorizzazione alla Ferriera slitta di un’altra settimana la delibera della Regione - Protesta delle associazioni

 

Nemmeno ieri, seduta di giunta, la Regione ha espresso il proprio definitivo parere sull’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera di Servola, di cui è titolare dopo l’ultima riunione della conferenza dei servizi, il 15 novembre, quando il «no» del Comune ha reso più flebili le firme di Provincia, Arpa, Azienda sanitaria e Regione stessa, pur apposte sotto una discreta lista di ulteriori prescrizioni rispetto al piano antinquinamento della Lucchini spa.
Protestano per questo rinvio le associazioni attive sul problema (Circolo Miani, Servola respira, La tua Muggia, Coordinamento dei comitati di quartiere) che annunciano un’assemblea provinciale e una nuova manifestazione in piazza Oberdan, sotto il consiglio regionale, rispettivamente per giovedì 13 e martedì 18 dicembre.
La delibera in realtà è pronta da almeno due settimane, ma si trova ancora all’esame dell’Avvocatura. Lo conferma l’assessore Gianfranco Moretton: «È del tutto normale che una delibera complessa come questa sia passata al vaglio dall’Avvocatura regionale, succede sempre, anche per le Valutazioni d’impatto ambientale, quindi non vedo che cosa vi debba essere di eccezionale nel fatto che sull’Aia per la Ferriera la giunta non si sia ancora pronunciata».
Già appena conclusi i complessi lavori della conferenza tra enti, durati molti mesi e chiusi da una seduta durata ben sette ore ininterrotte, era stato anticipato che la delibera di giunta non sarebbe stata pronta prima di alcune settimane, e che altrettante sarebbero state necessarie per la stesura del documento finale a cura della Direzione regionale ambiente, settore Tutela dall’inquinamento. È noto che, in assenza di un «piano regionale dell’aria» che consenta di misurare le diverse fonti di inquinamento potendo attribuire a ciascuna una diretta e misurata responsabilità l’Aia per la Ferriera era difficile da portare a compimento, a prescindere dai suoi contenuti, e che dunque l’Arpa ha dovuto prevedere un «piano stralcio» per Trieste proprio sulla qualità complessiva dell’aria, da completarsi al massimo in un anno. Situazione, dunque, oltremodo complicata.
Le associazioni si ribellano però ai rinvii, criticano come troppo asciutte le risposte di Moretton, che accusano di «false promesse» in materia di approvazione, e danno appuntamento: giovedì 13 alle 20.30 al ricreatorio «Gentilli» in via di Servola 127 saranno illustrati i termini dell’azione giudiziaria promossa dall’avvocato Giuliano Spazzali contro Ferriera ed enti locali «inadempienti». Martedì 18 dicembre presidio sotto il consiglio regionale riunito.
g. z.

 

 

Costerà 655mila euro il nuovo piano regolatore  - La somma necessaria è in gran parte già finanziata

 

Insufficiente il personale comunale: verrà affiancato da sei tecnici esterni

 La giunta ha dato il via libera alla costituzione del gruppo di lavoro che avrà due anni di tempo per redigere il progetto

Ci vorranno almeno due anni di lavoro, una spesa di 655mila euro e un team composto da professionisti interni ed esterni al Comune per stendere il progetto definitivo della variante al piano regolatore comunale. Nei giorni scorsi la giunta ha approvato la delibera che avvia l’iter del nuovo piano, sulla base degli indirizzi votati lo scorso luglio a maggioranza dal consiglio comunale.
A occuparsi delle varie fasi della procedura sarà il Servizio pianificazione urbanistica, il cui personale però non è sufficiente ad affrontare la mole di lavoro ulteriore richiesta dal progetto a causa della carenza di organico, giacché negli ultimi anni, si legge nel documento approvato dall’esecutivo, si è verificato un «esodo» di personale «in possesso di specifica professionalità»: hanno cessato di lavorare quattro funzionari tecnici e un collaboratore tecnico che non sono stati sostituiti. Da qui l’esigenza di creare una squadra chiamata «unità di progetto». Alla responsabile della struttura, il direttore del Servizio pianificazione urbana Ave Furlan, e ad altro personale interno si affiancheranno così persone da ingaggiare «a supporto»: cinque tecnici - «laureati in architettura o affini con esperienza specifica in materia, o tecnici diplomati», precisa la delibera, e un consulente tecnico cui affidare un incarico professionale per lo studio geologico e la valutazione di incidenza del progetto.
L’«unità di progetto» resterà attiva per 24 mesi a partire dallo scorso primo dicembre, «con possibilità di rinnovo». L’obiettivo è di arrivare appunto al progetto definitivo, che verrà preceduto dall’analisi dello stato di fatto e da una bozza di piano: tutti documenti che di volta in volta andranno approvati dalla giunta prima di aprire la strada alla fase successiva.
La spesa complessiva prevista per la redazione della variante è quantificata per l’esattezza in 655mila 644,85 euro, 400mila dei quali sono già stati finanziati mentre la quota che manca verrà inserita nel prossimo bilancio comunale. Per il maggiore impegno richiesto al personale interno in termini di prestazioni professionali sono previsti 255.644,85 euro, mentre 320mila euro sono stanziati per contratti «co.co.co.» (cioè di collaborazione coordinata e continuativa) e 80mila per «prestazioni professionali».
Per i professionisti che supporteranno il personale comunale nella redazione del piano verranno anche allestiti spazi adeguati, sempre all’interno del palazzo dell’Anagrafe dove è stanziato l’assessorato all’urbanistica.
Fin qui quanto stabilito dalla giunta comunale. Operativamente però, con contratti e allestimento degli spazi, si partirà con l’anno nuovo: «Abbiamo lanciato l’iter, dopo le festività definiremo contratti e servizi esterni», dice l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci.
p.b.

 

 

La conferenza di Bali sull’ambiente  - Gas serra, Roma non fa il suo dovere. Pecoraro promette una sterzata

 

ROMA La conferenza sul clima di Bali entra nel vivo solo ora e già è arrivata una bacchettata per l'Italia. A mettere all'indice il nostro Paese sul fronte delle emissioni è stata la Ong tedesca Germanwatch: l'Italia è tra le nazioni che emettono la maggiore quantità di gas serra nell'atmosfera e sono dotate di politiche climatiche «insufficienti e inadeguate». L'indice elaborato dagli ambientalisti tiene conto sia dei livelli delle emissioni che delle politiche applicate: l'Italia risulta al 41.o posto della classifica complessiva, stilata sulle 56 nazioni responsabili del 90% delle emissioni mondiali, dietro anche a Cina e India. «I dati confermano che l'Italia ha bisogno di una svolta più decisa nelle politiche per il taglio delle emissioni di gas ad effetto serra e nelle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici - ha commentato il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio - i ritardi accumulati negli anni scorsi pesano ancora troppo e la svolta sulle energie pulite e rinnovabili, come il solare, e sull'efficienza energetica, avviata con la scorsa Finanziaria, è ancora debole».

 

 

Nave contro una petroliera: disastro ecologico in Corea - Quasi 15 mila tonnellate di greggio finiscono nel Mar Giallo

 

SEUL La Corea del Sud ha conosciuto ieri la sua peggiore esperienza di marea nera in seguito alla collisione tra una petroliera e una nave nel Mar Giallo al largo della costa Ovest del Paese che ha provocato la perdita di 15 mila tonnellate di greggio. Le autorità temono una «catastrofe ecologica» e hanno approntato delle boe per impedire che la marea possa raggiungere le vicine zone costiere, ritenute tra le più sceniche del paese.
La petroliera Hebei Sprint da 146.000 tonnellate, registrata ad Hong Kong, ha urtato una nave di 11.800 tonnellate che trasportava una gru. La petroliera si trovava nella regione di Taenan per scaricare presso il porto di Daesan del greggio proveniente dal Medio Oriente. La collisione è avvenuta con la Hebei Sprint ancorata al largo di Mallipo, 5 miglia fuori dal porto, mentre era in procinto di farvi rotta.
L'incidente, verificatosi a 90 km. a sud-ovest di Seul, è il più grave avvenuto nel Paese dopo che nel 1995 5.000 tonnellate di greggio finirono in mare a Yeosu, un altro porto a sud di Seul.
Complessivamente la perdita è di circa un terzo rispetto alla quantità record per le zone costiere dell'incidente del 1989 della Exxon Valdez in Alaska. Kim Jong-Sik, un responsabile del ministero degli affari marittimi e della pesca, ha detto: «E’ la peggiore marea nera della storia del Paese». E ha aggiunto che la petroliera ha già scaricato quasi tutte le 15.000 tonnellate che trasportava. Secondo Jong-Sik, dai primi elementi, all'origine dell'incidente ci potrebbero essere «delle corde troppo allentate sulla nave più piccola».
Secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap la fune che collegava le due imbarcazioni si è infranta a causa dei venti violenti e delle onde.
Una cellula di crisi è stata costituita dalle autorità che hanno inviato 40 guardie costiere, diverse navi e quattro elicotteri. Peraltro le operazioni di pompaggio sono rallentate a causa del cattivo tempo e dei rischi di esplosione.

 

 

 

 

L'ESPRESSO - VENERDI', 7 dicembre 2007 

 

Missione terra: Lo sviluppo è compatibile con la conservazione dell'ambiente? Un Nobel dice di sì. E in questo articolo spiega come la crescita dei diritti umani e della democrazia aiuti un'economia sostenibile e responsabile per l'equilibrio del pianeta

 

Undicesimo: non inquinare - La generazione di calore, le attività energivore, le auto e gli aerei. L'Unione europea propone tagli drastici alle emissioni di CO2. Ma pochi paesi si adeguano. E l'industria non vuole pagare da sola

 

Buste di carta e semafori ecologici - Mai più plastica  - Siamo a cavallo - Luce sul risparmio - Il papa è verde ma il patriarca lo è di più - E sulle emissioni l'Europa fa flop

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2007 

 

 

Antenne vietate in oratori e ricreatori  - Pronto il nuovo progetto di settore per la telefonia mobile: 196 le stazioni già autorizzate sul territorio

 

E il consiglio comunale chiederà lo spostamento di cinque impianti - «Questo piano è il meno peggio tra i possibili»

L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci lo giudica «il meno peggio che potessimo fare sapendo che i margini di manovra sono ristretti, anche se su questo documento è stata creata una falsa aspettativa». L’opposizione sostiene che «si regolamenta la vicenda quando i buoi ormai sono scappati», cioè quando sul territorio comunale sono state già installate o autorizzate 196 antenne e, per ammissione degli stessi dirigenti comunali, le richieste da parte dei gestori ormai sono molto rallentate.
Giudizi opposti sul «piano di settore per la localizzazione degli impianti radiobase di telefonia mobile», delle antenne cioè, discusso ieri dalla sesta commissione consiliare e redatto nel corso di un lungo iter che oltre all’assessorato - e allo studio di architettura Gambirasio che lo ha steso - ha coinvolto una commissione di cui hanno fatto parte Arpa e Azienda sanitaria, gestori, associazioni ambientaliste, Ordini professionali, associazioni di categoria, circoscrizioni e comitati di cittadini.
Rivisto dopo che una prima delibera consiliare tre anni fa era stata impugnata al Tar dai gestori, il piano in sostanza definisce le aree in cui sarà possibile localizzare nuove antenne dopo avere analizzato lo stato di fatto: analisi che evidenzia come «un recente rilevamento dell’Arpa (ma si tratta dello scorso anno, ndr) relativo al sito di Conconello-Monte Belvedere ha riscontrato un elevato numero di superamenti dei limiti di legge» relativi all’esposizione ai campi elettromagnetici: da ciò la decisione «di non autorizzare nuovi impianti fino a che non sarà attuata la riduzione a conformità del sito». Tra le aree vietate - in base alla legge regionale - rientrano asili nido, scuole di ogni ordine e grado, case di riposo e strutture per disabili, ospedali: il piano aggiunge ora all’elenco - anche in base alle richieste di più circoscrizioni - ricreatori e oratori. In tutti i casi, la condizione è che l’intero immobile sia destinato a uno di questi usi. Niente antenne poi sui palazzi vincolati, nei cimiteri e sui sagrati delle chiese, sui ciglioni panoramici, nelle zone di tutela ambientale e archeologica.
Attorno a questi «siti sensibili» le antenne potranno essere posizionate a non meno di 50 metri di distanza, salvo però esigenze particolari per «carenza di localizzazioni alternative»: in questo caso ci vorrà il via libera del consiglio comunale.
Aree preferenziali per l’installazione saranno invece quelle dove sono già presenti tralicci per linee a media e alta tensione, zone connesse al sistema viario, zone di servizi tecnologici, aree nei pressi di grandi infrastrutture, aree sportive - qui gli impianti andranno collocati su «torri-faro di altezza adeguata» e aree dove già esistano impianti per telefonia mobile.
Duri, si diceva, i giudizi espressi dagli esponenti del centrosinistra che ha parlato di ritardi nella redazione del piano e ha sottolineato, con il Cittadino Roberto Decarli, come «la politica debba sottostare alla volontà delle compagnie»: troppo risicati i margini di manovra, ampie le discrezionalità di cui di fatto i gestori potranno godere. Secondo l’esponente del comitato dei cittadini Enrico Lena, però, si è cercato di perseguire al meglio l’unica linea possibile: «Trovare una mediazione» con i gestori. Fermo restando che il piano non è retroattivo, e dunque non c’è alcuna possibilità di intervento sulle antenne già collocate, la stessa commissione ha deciso di preparare un emendamento mirato a vedere ricollocate cinque antenne considerate «pericolose»: sono collocate in via Sara Davis, in via Nazionale a Opicina, in via Masaccio, in piazzetta Belvedere e in via del Lazzaretto Vecchio.
p.b.

 

 

Malati d’amianto Trieste in vetta alle classifiche - Dopo La Spezia e Genova

 

Trieste rimane una delle città d'Italia dove le morti causate dall'esposizione all'amianto hanno una incidenza molto elevata, anche se il drammatico primato va a La Spezia, seguita da Genova. Trieste sta in terza posizione (ma bisogna aggiungere anche la provincia di Gorizia, con Monfalcone, città di cantieri). Se ne è parlato al congresso dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo) in svolgimento a Firenze, dove l’esperto Pier Aldo Canessa ha avvertito: «Il peggio deve venire perchè la malattia si manifesta 40 anni dopo il contatto con l'amianto, e quindi ci si aspetta, purtroppo, casi di malattia fra quanti hanno lavorato in cantieri navali, edili e in altre aree piene di amianto prima che l'Italia dichiarasse stop a queste costruzioni, nel 1992. La Gran Bretagna è intervenuta molti anni prima».
Fu proprio negli anni ’70, come è stato reso noto lo scorso ottobre in un convegno tenutosi a Trieste con la partecipazione delle Associazioni esposti all’amianto, che si ebbe un picco nell’uso di questo materiale, con un milione e 400 mila tonnellate di asbesto maneggiato soprattutto nei settori delle costruzioni e della cantieristica navale.
Il convegno di Firenze ha esposto le cifre nazionali: «Ogni anno - ha sottolineato Valerio Gennaro dell'Istituto tumori di Genova - muoiono più di 3000 persone che sono state in contatto con l'amianto: 1000 per mesotelioma, il tumore primario della pleura; 1500 per tumore polmonare; il resto per tumori in altre parti del corpo».
Na se gli esperti riuniti a congresso hanno anche lamentato che «si vive ancora a contatto con l’amianto perché le bonifiche vanno a rilento», la regione Friuli Venezia Giulia e soprattutto Trieste da questo punto di vista sono più al riparo. Come certificato lo scorso settembre alla terza conferenza regionale sull’argomento dal presidente della specifica commissione regionale, Umberto Laureni, «sul territorio nel suo complesso dal 1994 al 2004 sono stati realizzati 11 mila piani di bonifica regolare, e Trieste ha contribuito col numero più alto, cioé 3786». L’Arpa intanto ha realizzato una foto aerea a raggi infrarossi del territorio, evidenziando tetti, pensiline e coperture ancora in amianto, che sbriciolandosi potrebbe diventare altamente pericoloso.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2007 

 

 

Attività venatoria nel parco del Farneto: il Comune dice no ma per i cacciatori è lecita - Riunione della Commissione trasparenza

 

La denuncia dell’Enpa: «Noi curiamo gli animali selvatici, e appena li liberiamo vengono uccisi dalle doppiette. Sparano a 50 metri dal recinto»

È infuocata polemica sulla caccia nel bosco Farneto. Ieri la Commissione trasparenza del Comune ha chiarito che non si può imbracciare il fucile nell’ambito di una zona di rispetto di 150 metri dai confini dell’Oasi faunistica dell’Enpa e dai percorsi naturalistici di proprietà comunale, che vanno da villa Revoltella al torrente Farneto. Ma il parere della Federcaccia risulta del tutto opposto. Anzi l’associazione, interpretando diversamente la legge regionale 157 del 92, afferma che il divieto venatorio riguarda soltanto la vicinanza a case e non alle recinzioni. Perciò è in regola con la legge chi spara a pochi centimetri dai reticolati dell’Enpa. Ma andiamo per ordine.
L’incontro di ieri, presieduto da Alessandro Minisini, si è svolto su sollecitazione del presidente Enpa, Gianfranco Urso che ha denunciato uccisioni di diversi animali selvatici nelle immediate vicinanze del reticolato della protezione animali: «Hanno sparato a 50 metri dalla recinzione, sicchè noi curiamo gli animali feriti che appena rimessi in libertà vengono subito uccisi da chi li aspetta al varco». L’Enpa ha una concessione comunale per una porzione di bosco pari a 40 mila metri quadrati, dei quali 5 mila recintati. Dal canto loro i rappresentanti della provincia Fabio Cella e della Regione, Cavani, hanno sottolineato la difficoltà di far coesistere esigenze diverse come quelle di chi tutela gli animali e di chi ama l’attività della caccia. Comunque la legge impone di osservare le distanze dai caseggiati (150 metri) , dalle strade e delle limitazioni esistono anche per la recinzione dell’Enpa. L’architetto Sello del Comune ha anche specificato che la normativa parla di divieto di caccia nei parchi urbani, come è il caso dei sentieri che vanno da villa Revoltella al torrente Farneto. Su sollecitazione di diversi consiglieri, ha anche detto che accanto alle segnalazioni di parco urbano, «verranno messe altri cartelli di divieto di caccia».
La risposta della Federcaccia, non presente all’incontro, è giunta a stretto giro di posta: «La legge 157- è sbottato il presidente onorario Federcaccia Pietro Petruzzi- dice che se si spara in direzione di una casa la lontananza deve essere di almeno 150 metri, in direzione opposta bastano 100. Inoltre la distanza dal punto di fuoco dalle strade provinciali, comunali e statali è di 50 metri, ma non si citano i viottoli o i sentieri. Tantomeno la legge parla di recinzioni. In quanto al parco urbano, esiste solo sulla carta ed è stato creato per frenare l’espansione edilizia, non la caccia».
Nell’incontro, dove si è sottolineato che non si tratta di una campagna contro la caccia bensì è il Farneto che non va usato per l’attività venatoria, i consiglieri di maggioranza ed opposizione (ma sono anche intervenuti Porro, Edera, Trebbi) Tam, De Carli, Sulli, Furlanich hanno predisposto una interrogazione contro l’attività venatoria nel «parco urbano del Farneto», e la richiesta al sindaco di inviare vigili urbani a controllare «che non si spari dove si portano a passeggiare i bambini».
Daria Camillucci

 

 

Industrie e ambiente: studio sugli effetti per la salute - Emendamento bipartisan per casi come il cementificio nella Bassa o la Ferriera di Servola

 

TRIESTE Un finanziamento di 300mila euro in tre anni alle Agenzie per la Sanità e l’Ambiente, finalizzato a un progetto-studio di carattere epidemiologico e ambientale. E’ quanto ha partorito ieri la commissione Bilancio, approvando un emendamento che sancisce un sostanziale perfezionamento all’articolo 2 in materia di salute e protezione sociale. A tale scopo l’Azienda regionale della sanità si avvale della collaborazione dell’Arpa, delle Università e degli enti del servizio sanitario regionale. Il piano deve contemplare il perseguimento di tre traguardi minimi: l’identificazione delle aree a rischio elevato per la presenza di carcinogeni ambientali, la valutazione dei rischi per l’insorgenza di tumori e identificazione dei gruppi di popolazione a rischio aumentato, e la valutazione della quota dei tumori attribuibili all’esposizione a carcinogeni ambientali e alla stima dell’incidenza di altre patologie non neoplastiche rilevanti. Il documento è stato votato dalla maggioranza consigliare e dalla Lega Nord. Mauro Travanut, del Pd, commenta: «Nel momento in cui abbiamo rifiutato il cementificio, abbiamo sollevato il problema di come l’area della Bassa friulana fosse funestata da elementi cancerogeni. Abbiamo chiesto una ricerca approfondita al fine di rilevare ed eliminare queste presenze, e questi 300mila consentiranno di sviluppare un adeguato percorso ambientale e mondare la zona da fattori malevoli. Dal punto di vista politico, è lodevole che la salvaguardia della salute dei cittadini prevalga nei confronti di logiche partitiche, il fatto che movimenti del centrodestra abbiano trovato una convergenza con la maggioranza certifica la sconfitta delle visioni ideologiche«. Alessandro Metz, dei Verdi, riferisce: «Non posso che valutare positivamente questo passaggio. Con il sostegno di Alessandra Guerra avevo già presentato un emendamento in aula, ma era stato bocciato. Oggi (ieri per chi legge) sono state ammainate le bandiere dei partiti, annientate dal buon senso». Chiude Alessandra Guerra: «Finalmente è andata in porto una grande battaglia che il gruppo consiliare regionale della Lega Nord aveva cominciato nel 2001».
«Riteniamo che sia un grande atto di civiltà, il segno di una Regione moderna e attenta alla salute, una risposta ai timori di aree da tempo considerate a rischio. Penso per esempio a quella del Monfalconese, della Bassa Friulana, penso alla Carnia o a quartieri come quello della Ferriera di Servola, a Trieste. Così si potrà finalmente avviare un percorso a monte, di tutela del territorio e prevenzione dei rischi».
Giovanni Stocco

 

 

Pista ciclabile: galleria illuminata

 

Finalmente! Dopo anni la tanto attesa illuminazione nella galleria nei pressi dell’abitato di S. Giuseppe della chiusa, sulla pista pedonale/ciclabile, è arrivata.
L’altra mattina, come già in precedenza infinite volte, mi accingevo con la mia bicicletta ad entrare nella buissima galleria munito di un flash a batteria, quando, miracolo, mi s’è aperta una imponente doppia fila di luci sul tracciato che via via si accendevano mentre procedevo nel percorso. Alla fine è stata un’esperienza quanto meno eccitante. Ma quanto abbiamo dovuto attendere noi amanti della bici e del trekking? Io mi chiedo: non era forse possibile realizzare qualcosa di più modesto ma in tempi più brevi? Comunque grazie all’amministrazione provinciale che credo sia competente alla realizzazione dell’intera opera della pista ciclabile. Si spera che, quanto prima, venga realizzato il tratto da S. Giacomo al campo sportivo Campanelle, affinché, grazie all’apertura del confine con la Slovenia, si possa pedalare senza incontrare automobili sul proprio percorso, da Trieste fino a Cosina.
La nostra pista ciclabile non avrà nulla da invidiare ai tanto reclamizzati percorsi in Alto Adige e nella vicina Carinzia.
Fabio Bertuzzi

 

 

Trieste capitale, senza collegamenti

 

Sul Piccolo del 30 novembre si legge in prima pagina che Trieste diventa capitale dell’Euroregione, vasta area aperta ad Est. Una Trieste che diventa importante.
Ma questa novella capitale presenta dal lato collegamenti ferroviari uno spaventoso isolamento. I vari tagli realizzati dalle patrie ferrovie per motivi di economia hanno di fatto negli ultimi 10 anni isolato Trieste. E proprio adesso pare vi sarà un ulteriore taglio, sulla linea con la Puglia.
Se guardiamo all’Est (ma anche a Nord) è di fatto impossibile da Trieste arrivare a Lubiana, Zagabria, Budapest, Vienna; lo si può fare sole con giri spaventosi e cambi di treno. Oppure recandosi in automobile a quella che è oggi la vera stazione di Trieste verso l’Europa centro-orientale, Sesana. Da qui si può abbastanza facilmente proseguire. Ma andare in treno da Trieste a Sesana è impossibile: ci sono i binari, ma non i treni!
Importanti treni internazionali collegano Vienna, Praga, Budapest, Zagabria con Lubiana. Non potrebbero questi treni proseguire fino a Trieste? Tecnicamente è di una facilità estrema; non occorrerebbe nemmeno cambiare la motrice a Villa Opicina. È che non si vuole che arrivino. O che il problema non interessa.
Egregio signor Governatore Illy, dice per favore al suo assessore Sonego di svegliarsi, di trastullarsi un po’ meno con le carte dell’ipotetico Corridoio 5 (che io personalmente ritengo di non riuscire a vedere realizzato, la vita è troppo breve) e di guardare un poco la realtà e le linee esistenti, con questo spaventoso isolamento internazionale di Trieste. Poi si potrà parlare di Trieste capitale dell’Euroregione. Oltre a un ipotetico futuro, ricordiamoci anche del presente.
Paolo Petronio

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2007 

 

 

Niente più rottamazione per auto e moto  - Il no deciso di Verdi e Legambiente cancella l’emendamento. I soldi andranno all’acquisto dei treni

 

Promotor: «Senza incentivi vendite in calo del 13%». Fiat perde il 3,73%

ROMA. Proverbio del giorno: «Fare e disfare è tutto un lavorare». La rottamazione delle auto Euro 2 e delle moto Euro 0 in Finanziaria non c’è più. «L’emendamento non lo avevo presentato», dice il relatore, Michele Ventura, Ulivo.
No, ma lo avevano preparato i tecnici del governo. Niente da fare, cancellato dal no deciso dei Verdi e di Legambiente. I soldi andranno all’acquisto di treni. «Senza incentivi le immatricolazioni nel 2008 caleranno del 13%», dicono al Centro studi Promotor, i gestori del Motor Show. Intanto ieri in borsa la Fiat ha preso una scoppola del 3,73%. «Gli incentivi per la rottamazione sono utili sia alla crescita che all’ambiente, sarebbe bene tenerlo in considerazione», osserva il direttore generale di Confindustria Maurizio Beretta.
Quanto alla prescrizione anticipata delle contravvenzioni, ci sono dubbi da parte del presidente della Commissione Bilancio, Lino Duilio: «E’ opportuno acquisire ulteriori elementi dal governo perché la norma proposta può comportare una diminuizione delle entrate degli enti locali. E’ necessario capire le compensazioni». Una compensazione a dire il vero nell’emendamento c’è: l’aumento sostanzioso degli interessi di mora sulle contravvenzioni non prescritte.
Notizie di giornata. I soldi sequestrati a un «furbetto del quartierino» andranno in asili nido e materiale da cancelleria dei tribunali. Lo annunciano i ministri Clemente Mastella, Giustizia, e Rosy Bindi, Famiglia: i 94 milioni confiscati alla Banca popolare italiana di Giampiero Fiorani dal gip Clementina Forleo entrano subito nel bilancio. 70 i milioni che serviranno a creare 7mila asili nido.
Via libera al fondo per la riduzione della pressione fiscale (con i soldi di eventuali tesoretti) per i lavoratori dipendenti, la Cdl vota contro. Per quanto riguarda la tassazione al 18% sul Tfr il relatore della manovra lavora per ottenere lo sgravio anche oltre il 2008.
Il dibattito del giorno è quello sulle norme che potrebbero aprire ai privati i servizi locali. «Si produrrebbero risparmi per 751 milioni», dice Confartigianato. Favorevole anche Confindustria, ma si deve attendere l’esito dell’iter del disegno di legge che contiene la riforma e che dalla prossima settimana sarà in aula al Senato.
Lo sconto Ici vale anche se il proprietario è in situazione di separazione legale, annullamento o scioglimento degli effetti civili del matrimonio e non sta nell’appartamento.
Curiosità finale: Tito Boeri e Pietro Garibaldi, economisti di LaVoce.Info, svelano che senza la Finanziaria i conti pubblici sarebbero andati meglio.
Alessandro Cecioni

 

 

Cacciatori al Farneto, incontro in Comune - La Commissione trasparenza si occuperà del fenomeno denunciato dall’Enpa

 

La Commissione trasparenza si riunirà oggi in Comune per rendersi conto della portata del problema dei cacciatori nel bosco del Farneto denunciato da tempo dall’Ente protezione animali: la presenza di cacciatori di frodo che starebbero decimando la fauna del bosco. A sollecitare l’intervento della commissione è stato proprio il presidente dell’Enpa, Gianfranco Urso, deciso a fermare a tutti costi «la decimazione degli animali selvatici», e a garantire contemporaneamente la sicurezza di chi passeggia nella zona. Una linea condivisa da Alessandro Minisini: «Non è possibile che si rischi di finire impallinati in un parco posto praticamente in città - osserva il presidente della Commissione trasparenza -. Se si va avanti così, si rischia di trovare i cacciatori anche nel giardino Pubblico. Bisogna anche considerare che il bosco confina con importanti istituzioni come il Mib eil parco dell’Enpa. Quello inoltre è luogo dove le mamme portano a passeggiare i bambini. In un posto simile non si può andare a sparare. E’ troppo pericoloso».
A rivolgersi con decisione alla Commissione, nelle ultime settimane, sono stati anche gruppi di cittadini e frequentatori abituali del bosco. Persone che denunciano la presenza, ormai ciclica, di cacciatori di frodo armati di doppietta che vanno a fare il tiro a segno a spese degli animali selvatici che vi vivono e vi si moltiplicano. La caccia nel polmone verde cittadino inoltre è vista con preoccupazione da chi frequenta i sentieri per fare jogging, dai proprietari di cani e da chi attraversa in moto o in macchina il bosco: tutti temono di finire impallinati per sbaglio al posto di una lepre o di un cerbiatto.
Daria Camillucci

 

 

Confronto a Era su rifiuti e ambiente tra gli studenti e il corpo forestale - Continua alla Marittima la biennale di divulgazione scientifica

 

Spiegati ai giovani ruoli e competenze dell’istituzione che conta soltanto 282 uomini in tutta la nostra regione con un vasto patrimonio naturale da salvaguardare

Alla Stazione Marittima, in occasione della nona edizione della biennale di divulgazione scientifica di Era (Esposizione di ricerca avanzata) si è affrontasto il delicato problema dei rifiuti e delle violanzioni ambientali. Argomenti sui quali è intervenuto il geologo Alfonso Zampatti del Corpo forestale regionale, direzione risorse agricole, naturali, forestali e montagna.
L’incontro ha visto la partecipazione di una trentina di studenti delle scuole superiori triestine, ed è stato proprio ai giovani che si è rivolto Zampatti nell'illustrare e diffondere il concetto di «corretta progettazione urbanistico-ambientale».
«È fondamentale la conoscenza delle leggi esistenti in materia - ha sottolineato Zampatti - ed è altrettanto necessario rispettare queste norme per tutelare l'ambiente e la collettività alla quale apparteniamo».
La legge, in questo senso, risulta essere la naturale conseguenza dell'esperienza tecnica unita alla volontà politica del Paese, e in quanto tale, secondo il geologo, enuncia dei principi generali che rispondono alle esigenze dell'ecosistema e ai fabbisogni dell'uomo. Le problematiche relative ai rifiuti e ai materiali di scavo così come la gestione delle gomme abbandonate sono soltanto alcuni degli esempi del cattivo funzionamento della rete di comunicazione e recepimento delle normative vigenti in questo settore: «Quest'anno ci sono state almeno quindici denunce da parte del Corpo forestale per violazione delle norme paesaggistiche - continua Zampatti - molti non conoscono le recenti modifiche alle leggi in materia e si trovano così a dover fare i conti con delle sanzioni penali».
Il Corpo forestale regionale è un corpo ‹‹eclettico››, al quale spettano diverse competenze, anche molto diverse tra loro, per le quali vi è la necessità di una conoscenza approfondita delle normative vigenti. Ma, come spiega Zampati, «siamo pochi, troppi pochi. Nel Corpo forestale regionale si contano 282 uomini, un numero esiguo se paragonato a quello della Protezione civile o all'Arma dei carabinieri». Si auspica quindi che la grande mole di lavoro e responsabilità affidata al Corpo forestale, sotto la cui tutela si trova un' intero territorio, possa trovare nuovi addetti: «C’è bisogno di persone forti e determinate, caratterizzate da quel particolare spirito motivazionale che è proprio dei giovani».
Linda Dorigo

 

 

I rifiuti, una risorsa per l’umanità - il 60 per cento degli studenti è sensibilizzato su questo problema

 

Quanti cittadini di Trieste sono consapevoli del fatto che riciclare i rifiuti può aiutare a salvare l'ambiente e la salute? Si è visto che la nostra città, rispetto a molte altre, è in fondo alla classifica per la raccolta differenziata, in quanto solo il 15% della popolazione sa quanto questa sia utile. La classe 2.a dell'Istituto "G. Carducci" (oggi 3° B) ha dato inizio lo scorso anno ad un progetto che continua anche oggi intitolato "Raccolta Differenziata dei rifiuti", inserito nell'iniziativa "cittadinanza attiva", partendo dalle "5R": Riduzione, Riuso, Riparazione, Riciclo, Ricerca. Nella prima fase la classe, divisa in gruppi di lavoro, ha iniziato una ricerca su internet, su quali fossero i rifiuti riciclabili (vetro, plastica, carta, alluminio e ferro) e non riciclabili; ha imparato a conoscere la possibilità di convertire i rifiuti umidi in energia termica ed elettrica. E' stata messa in evidenza poi la necessità di imparare a ridurre la produzione di rifiuti, ad esempio evitando di acquistare prodotti confezionati. È importante segnalare che un gruppo di lavoro si occupa dell'ecomafia. Il lavoro di ricerca ha interessato anche la parte normativa sia nazionale che europea. Attraverso un questionario elaborato da un gruppo di lavoro, per conoscere la percentuale della popolazione scolastica che pratica la raccolta differenziata in casa; si hanno avuti risultati soddisfacenti in quanto il 60% degli studenti la pratica regolarmente. Sono stati preparati due cartelloni che illustrano la raccolta differenziata e i rifiuti che quotidianamente produciamo a scuola. E' stato realizzato un power point che sintetizza il lavoro svolto nella prima fase di ricerca. Attraverso questo lavoro abbiamo capito l'importanza della salvaguardia dell'ambiente attraverso la raccolta differenziata: con il riciclaggio della carta si evita la deforestazione che sta ormai diventando un grosso problema per il nostro ecosistema e per la vita degli esseri viventi; la plastica è invece un sostituto del vetro, ma più inquinante in quanto è il prodotto della lavorazione del petrolio (diversi sono i tipi di plastica termoindurenti, elastomeri, termoplastici e bioplastica); il vetro è il prodotto ottenuto dalla lavorazione dei minerali; l'alluminio utilizzato per produrre le lattine è ottenuto attraverso la lavorazione della bauxite, un minerale. Al progetto ha partecipato un alunno non vedente e il materiale è stato tradotto in Braille. III B (Liceo socio psico pedagogico G. Carducci - Trieste)

 

 

Vertice sul biodiesel a Cervignano  - L’Ersa punta all’energia pulita: «Convertiamo gli scarti agricoli per produrre biogas e bioetanolo»

 

CERVIGNANO Convertire gli oli e i residui vegetali in carburante e combustibile. Questa una delle proposte avanzate nel corso del convegno «produzione e utilizzo degli oli vegetali e biodisel in Fvg» tenutosi ieri mattina alla Villa Chiozza di Cervignano. Il summit, cui hanno preso parte relatori provenienti da un vasto territorio che trascendeva i confini nazionali, ha permesso di fare il punto sull’effettivo utilizzo delle fonti energetiche alternative nella nostra regione. Secondo quanto emerso, le bioenergie rappresentano un’importante opportunità per tutelare l’ambiente e sono un potenziale volano economico: consentono di ridurre sensibilmente l’uso di carbone e petrolio, risorse peraltro in via di estinzione, con conseguente attenuazione dell’impatto ambientale e, contestualmente, incentivano la creazione di nuovi assetti nel mercato dell’energia. Un esempio lampante viene proposto dal direttore dell’Ersa Josef Parente: il 15% della produzione totale di patate viene gettato per vari motivi, alimentando in modo lampante lo spreco energetico. Questi scarti potrebbero essere impiegati per la produzione di biogas e soprattutto bioetanolo. Tramite l’utilizzo delle eccedenze, dei rifiuti urbani, dei residui di lavorazioni agricole, potremmo arrivare al 10% di copertura del fabbisogno. Ma ,soprattutto, diviene necessario investire decisamente sul risparmio energetico, ricorrendo all’impiego del fotovoltaico e dell’energia eolica.
Giovanni Stocco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2007 

 

 

Dissequestrati gli scarichi a Cattinara  - Annullato il provvedimento della Procura per il nosocomio: non nocive le acque reflue

 

Decisione della Cassazione dopo la polemica sui laboratori

L’ospedale di Cattinara a breve scadenza potrà nuovamente scaricare nella rete fognaria cittadina le acque reflue provenienti dai suoi laboratori di analisi. Il via libera è venuto dalla Cassazione che ha annullato il sequestro voluto dalla Procura sei mesi fa. Gli scarichi dei laboratori comunque oggi sono ancora sigillati e costringono l’ospedale a servirsi per lo smaltimento delle acque reflue di taniche che poi finiscono in discarica o nel forno dell’inceneritore.
Il «via libera» all’uso della rete fognaria verrà tra qualche settimana, perché la Corte di Cassazione ha annullato, ma ha anche deciso il rinvio degli atti al Tribunale del riesame di Trieste che aveva confermato nel luglio scorso il blocco degli scarichi, costringendo l’Azienda sanitaria ad accollarsi una serie di consistenti costi aggiuntivi per garantire l’operatività del laboratorio del Dipartimento di medicina.
In sintesi gli scarichi non avrebbero dovuto essere posti sotto sequestro perché al laboratorio di analisi andava applicata la normativa degli scarichi idrici e non quella dei rifiuti, come è stato in effetti fatto, dalla Procura, dal gip e dal Tribunale del riesame.
Il ricorso vincente è stato presentato dall’avvocato Giovanni Borgna su incarico del dottor Maurizio Canaletti, indagato per l’ipotesi di inquinamento, assieme ai manager dell’Azienda sanitaria e della società che gestiva alcune apparecchiature di analisi. Tra essi Bruno Biasoli, Mohamad Lasri, Lucia Pelosi e Franco Zigrino.
In sintesi nel suo ricorso in Cassazione l’avvocato Borgna ha sostenuto che l’impianto di smaltimento delle acque di laboratorio dell’Ospedale di Cattinara, ha sempre operato nel rispetto della legge e con le prescritte autorizzazioni. Ma ha anche aggiunto che le acque di laboratorio subivano prima un trattamento e poi una progressiva diluizione in ambito fognario. La procedura aveva ottenuto le prescritte autorizzazioni dal Comune. Raccogliendo invece le acque di laboratorio in apposite taniche, come sta accadendo dopo il sequestro, il rischio per l’ambiente è più alto se non altro perché le stesse taniche potrebbero rompersi, rovesciarsi, subire lesioni durante il trasporto. E il loro contenuto non è nè diluito in acqua, nè trattato.
Nel ricorso è stato sottolineato che la «fuorviante interpretazione della Procura, spostata acriticamente dal Tribunale del riesame, oltre a procurare gravi danni ed inefficienze, rischia di provocare il collasso del sistema dello smaltimento idrico, aprendo una ferita che può portare a ritenere non conformi alla norme tutte le strutture dove le acque contengano residui chimici o biologici come accade in tutti i sistemi industriali. Invece la normativa sugli scarichi idrici contempla sistemi di controllo idonei e di trattamento anche migliori di quelli previsti per lo smaltimento dei rifiuti».
Il ricorso spiega anche com’è nata l’inchiesta. «In seguito alla denuncia di una dipendente dell’Azienda sanitaria, intervenivano i Nuclei antisofisticazioni e Sanità dei Carabinieri». Quella dipendente oggi non è più tale: è stata licenziata in tronco dall’Azienda sanitaria ed è evidente che sull’eventuale ricorso al giudice del lavoro, pesarà anche la decisione della Cassazione.

Claudio Ernè

 

 

Bonifiche, accordo di programma a rischio  - Si allungano i tempi per l’approvazione dell’intesa. Ezit e giunta regionale hanno rinviato la discussione

 

Dalla Confartigianato, intanto, arriva un secco «no» ai contenuti del documento

Si complica la procedura finale dell’accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale. Mentre l’Ezit ha rinviato di sette giorni, dal 7 al 13 dicembre, il cda che doveva votare il documento, la bozza dell’accordo non sarà discussa dalla giunta regionale neanche questa settimana. A precisarlo è l’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, che spiega così il motivo del rinvio: «Domani (oggi, ndr) è previsto un incontro fra l’ufficio legale della Regione e l’Avvocatura dello Stato, perchè vanno approfonditi aspetti giuridici sostanziali dell’accordo».
Intanto la Confartigianato annuncia il voto contrario al documento del suo rappresentante nel cda dell’Ezit, Giorgio Prelz (che rappresenta anche Cna e Ures). Una lettera a firma del presidente di Confartigianato Dario Bruni e dello stesso Prelz verrà inviata oggi al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita. Un’analoga lettera sarà spedita anche al ministero dell’Ambiente, in cui Confartigianato lamenta anche di aver ricevuto solo la bozza datata 7 novembre e non quella del 16, contenente numerose modifiche, sulla quale hanno lavorato i vari enti.
Nella missiva al presidente dell’Ezit, l’Associazione degli artigiani, preannunciando il voto contro l’accordo di programma ne spiega le ragioni. «Non è un no ad Azzarita – precisa la Confartigianato – che anzi si è adoperato molto per risolvere la questione, ma al ministero e agli enti che hanno predisposto la bozza dell’accordo».
Due le motivazioni del no. La prima: nell’ultima bozza, datata 16 novembre, manca un riferimento chiaro ed esplicito al principio comunitario secondo cui chi non ha inquinato non paga. Conseguenza di ciò, rileva la Confartigianato, è che le imprese che non hanno acquisito il capannone o il terreno dall’Ezit dovranno assumersi totalmente le spese di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica della propria area. L’Associazione degli artigiani chiede inoltre di conoscere quali sono queste imprese e dove sono ubicate, poichè finora si è detto solo che tale numero si aggira attorno al 10% delle aziende.
Il secondo motivo del no di Confartigianato riguarda il punto dell’accordo in cui si dice che gli imprenditori che hanno acquistato dall’Ezit sono sollevati da ogni responsabilità, purchè ovviamente non svolgano attività inquinanti.
Nel documento non si definisce, rilevano gli artigiani, quanti passaggi di proprietà sono esentati dal pagamento: se dal 1946 (anno di nascita dell’Ezit) ad oggi, oppure solo l’ultimo passaggio. Siccome si stima che il 50% delle aziende abbia acquistato la sede da privati, sottolinea Confartigianato, per esse non c’è la certezza che siano considerate acquirenti dall’Ezit.
Ma non è solo l’Associazione degli artigiani ad esprimere contrarietà all’accordo di programma. Maurizio Ferrara, rappresentante del Comune di Trieste nel cda dell’Ezit, condiziona il suo voto. «Presenterò un emedamento – spiega – chiedendo che venga inserito nel testo il principio del ”chi non ha inquinato non paga”. Se verrà accolto voterò a favore, in caso contrario il mio voto sarà no. Le categorie – aggiunge – non possono essere penalizzate da una norma che non è assolutamente chiara».

Giuseppe Palladini

 

 

Corridoio 5, Di Pietro a Trieste il 19 dicembre

 

TRIESTE Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro sarà a Trieste il 19 dicembre prossimo per la prima riunione della Conferenza Intergovernativa Italia-Slovenia per la realizzazione del Corridoio 5.
All'incontro - informa oggi una nota della Regione Friuli Venezia Giulia - prenderà parte il ministro dei Trasporti sloveno Radovan Zerjav, con il quale Di Pietro punta a definire il trattato bilaterale che disciplinerà la materia della progettazione, costruzione e gestione della tratta ferroviaria transfrontaliera del «Progetto prioritario 6».
È prevista inoltre la presenza del coordinatore europeo del «Pp6» Laurens Brinkhost, che ha seguito la questione della tratta italo-slovena della nuova ferrovia.

 

 

Capodistria-Divaccia: il raddoppio nel 2015  - Il ministro dei Trasporti Zerjav: «La tratta è il fulcro per lo sviluppo del Corridoio 5»

 

Celebrati i 40 anni della linea ferroviaria. Proseguono i contatti con «Deutsche Bahn». L’ammodernamento costa 8 miliardi di euro

Lungo la linea passa il 40% delle merci trasportate in un anno dalle Ferrovie slovene

DIVACCIA La tratta Capodistria–Divaccia è la spina dorsale della rete ferroviaria slovena, ma nell'arco di pochi anni non basterà più per sostenere il crescente traffico merci da e verso il porto di Capodistria.
È necessario pertanto portare avanti quanto prima i progetti di ammodernamento della tratta attuale e procedere in tempi quanto più rapidi alla costruzione del secondo binario, in modo da collegare in modo efficace lo scalo capodistriano al Quinto corridoio europeo e poter continuare a valorizzare la sua ottima posizione geografica.
Un tanto è stato ribadito ieri a Divaccia nel corso della cerimonia in occasione del quarantesimo anniversario della costruzione della ferrovia Capodistria–Presnica (presso Cosina), primo collegamento su rotaia tra il porto capodistriano e l'altipiano carsico, costruito tra il 1964 e il 1967.
«La tratta attuale sarà ammodernata entro il 2010, il secondo binario sarà costruito entro il 2015» ha annunciato a Divaccia il ministro sloveno dei Trasporti Radovan Zerjav.
Il vero problema, ha ammesso il ministro, è l'entità dell'investimento. Lubiana in questo momento non dispone degli oltre 8 miliardi di euro necessari per il secondo binario. I mezzi europei annunciati, 94 milioni, sono solo una piccolissima parte. Una soluzione, secondo Zerjav, potrebbe essere il partenariato tra pubblico e privato.
Invitato dai giornalisti a spiegare se e come procedono le trattative con il consorzio tedesco «Deutsche Bahn», il ministro non ha voluto sbilanciarsi. Le Ferrovie tedesche restano comunque uno dei possibili partner di Lubiana, intenzionata a creare un forte polo logistico che comprenda anche «Luka Koper» e «Interereuropa» e che possa attirare capitali esteri indispensabili per modernizzare la rete ferroviaria nazionale.
La ferrovia è fondamentale, ha ribadito nel suo intervento anche il direttore del Porto Robert Casar: per rotaia passa ormai più del 60 per cento dei traffici da e verso lo scalo capodistriano.
E le quantità di merci continuano a crescere. Nel 2006 sono stati manipolati 176.000 vagoni, quest'anno si pensa di arrivare a 200.000.
Sfruttando le risorse interne e migliorando l'organizzazione dei trasporti, si potrà andare avanti di questo passo ancora per qualche anno, poi, è convinto Casar, si rischia di dover rinunciare a carichi e mercati.
La Capodistria–Divaccia è la spina dorsale delle ferrovie slovene, ha ricordato nel suo intervento il direttore generale delle Ferrovie Tomaz Schara: è lunga soltanto 46 chilometri ma vi passa il 40 per cento di tutte le merci traportate dall'azienda.
Solo nel 2006, si trattava di 7,4 milioni di tonnellate. Non bisogna inoltre dimenticare il traffico passeggeri.
Per tutti questi motivi, è stato categorico Schara, è più che evidente il bisogno di un nuovo collegamento di Capodistria con il suo entroterra: «Ne ha bisogno il porto di Capodistria, ne hanno bisogno le Ferrovie slovene, ne ha bisogno la Slovenia».
Un nuovo moderno collegamento di Capodistria, ma anche di Trieste, con l'altopiano carsico, è indispensabile per sfruttare appieno le possibilità di crescita date dal Corridoio paneuropeo numero 5 e per valorizzare i porti dell'Alto Adriatico, potenzialmente i principali punti di riferimento per i traffici da e verso il Centro e l'est europa, ma ancora non al livello della concorrenza dei porti del Mare del Nord.
Non a caso ultimamente si sono intensificati i rapporti tra il Porto di Trieste e quellodi Capodistria. «Bisogna fare sistema», ha ribadito nei giorni scorsi a Roma ilpresidente del Consiglio Romano Prodi incontrando il premier sloveno, Janez Jansa. Insomma le sinergie politiche ci sono. Ora bisogna passare al alto pratico della realizazione delle infrastrutture.

 

 

Pedena: un’associazione contro la «Rockwool»

 

PEDENA È nata l'associazione «Terra nostra» che si propone il fine di far chiudere e smantellare la fabbrica di lana di roccia della Rockwool, causa i noti problemi di inquinamento. Per il momento hanno aderito all'iniziativa una trentina di persone, anche delle vicine località di Chersano e Santa Domenica. Il fondatore dell'associazione Ivan Smilovic annuncia la prima riunione di lavoro per domani, per definire il programma operativo. E precisa che il più importante strumento di lotta contro la fabbrica saranno i comizi di protesta della popolazione per la quale l'esistenza quotidiana è diventata un martirio dopo l'apertura, avvenuta due mesi fa, dell'inquinante struttura industriale.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 3 dicembre 2007 

 

 

Tutti in fila nel Belpaese ostaggio delle quattroruote - Lo conferma l'Eurobarometro, la statistica effettuata nei Paesi Ue
 

Bus e tram che non funzionano, piste ciclabili insufficienti e così l'utilitaria resta ancora il nostro mezzo di trasporto preferito

 MILANO - Le micidiali polveri sottili, i centri urbani chiusi e i cartellini rossi esposti in molte città per fermare i mezzi più inquinanti non sono riusciti ancora nel miracolo di cambiare le abitudini degli italiani: il Belpaese infatti ha conquistato nell'ultima edizione dell'Eurobarometro (la summa annuale delle statistiche Ue) il poco invidiabile primato di paradiso delle quattroruote. Le cifre parlano chiaro: tra i big del Vecchio continente, siamo i più compulsivi utilizzatori dell'auto. Ogni cittadino italiano macina in media al volante 12.282 chilometro l'anno, un migliaio di meno dei lussemburghesi ma molto di più degli inglesi (11.672) e dei tedeschi (10.349).
Un amore viscerale - quello per i motori - che sommato ai guai di bus, tram e metro di casa nostra ci ha regalato pure l'Oscar continentale per la diffidenza verso il mezzo pubblico: il 72% dei nostri connazionali - secondo il ponderosissimo studio statistico di Bruxelles - sosteneva nel 2005 "di non essere incoraggiato a utilizzare meno la sua auto dall'offerta di servizi alternativi". Un valore che ci colloca lontanissimi dalla media Ue (58%) e a distanza siderale da paesi come Germania, Spagna, Danimarca e Austria dove più della metà delle persone ammette di avere buone ragioni - leggi mezzi pubblici adeguati - per lasciare la macchina in garage durante la settimana.
L'Italia insomma - e forse non servivano i dati dell'Eurobarometro per dimostrarlo - è ancora una Repubblica a misura auto. Rinunciarci è difficile. La media dei nostri tragitti singoli è bassissima anche rispetto al livello europea, circa 4 chilometri. Segno che la utilizziamo anche quando forse non è necessario. Magari per andare a comprare il pane dietro l'angolo o per portare i bambini a scuola a poche centinaia di metri da casa.
Ma se la penisola è uno stivale dove le quattroruote (ce ne sono 670 ogni mille abitanti, una cifra inferiore a livello mondiale solo agli 800 degli Usa) spadroneggiano indisturbate dalle Alpi alla Sicilia è più per demeriti altrui che per convenienza effettiva.
Sul fronte delle infrastrutture viarie, ad esempio, non siamo messi molto meglio del resto del Vecchio continente. Ogni italiano "dispone" statisticamente di 110 metri di autostrada. Gli spagnoli ne hanno 240 metri a testa, i francesi 170. E solo in Gran Bretagna, in proporzione, stanno peggio di noi e non arrivano nemmeno all'ettometro. La nostra cronica idiosincrasia per i mezzi pubblici non è nemmeno una questione di soldi. Anzi, su questo fronte ci riteniamo a torto o a ragione tra i più fortunati del Vecchio continente: il livello di gradimento delle tariffe di tram, metro, treno e bus nel nostro paese è (su base 100) di un bel 82, voto che ci mette sopra a quasi tutte le altre nazioni.
Qual è allora la palla al piede dei mezzi pubblici, proprio nella settimana in cui gli scioperi hanno lasciato a piedi milioni di italiani? I numeri di Bruxelles aiutano a dare una chiave di lettura: il vero problema di tram e bus tricolori è quello della scarsa accessibilità. I cittadini del Belpaese (magari c'entra un po' la nostra tradizionale pigrizia) ritengono inadeguata la struttura della rete. I mezzi sono pochi, le fermate troppo lontane da casa.
Nella speciale classifica relativa a questa voce, non a caso, indossiamo una disonorevolissima maglia nera. Solo 69 italiani su 100 considerano i trasporti statali un network "di facile accesso", cifra che ci colloca in ultima posizione di una graduatoria guidata dalla Grecia (95), dove quasi tutti i nostri vicini continentali viaggiano ben sopra quota 80.
Le cose non vanno meglio se dal dato nazionale si passa a quello locale. Bruxelles ha provato a chiedere ai cittadini delle grandi capitali Ue quale fosse il grado di soddisfazione, in termini generali, del servizio di trasporto pubblico. E Roma - anche al netto del caos taxi degli ultimi giorni - non ne esce proprio benissimo, conquistando un disonorevole ultimo posto con solo 40 abitanti su 100 contenti della rete dei mezzi alternativi. A Vienna, Berlino, Parigi e Atene sono quasi il doppio.
L'Italia però si conferma anche nei dati della Ue un paese difficile da catalogare in gabbie socio-numeriche troppo strette. L'impopolarità dei mezzi di trasporto pubblici tricolori sancita senza possibilità d'appello dall'Eurobarometro non significa che vengano utilizzati. Anzi. È vero il contrario. Ci lamentiamo, borbottiamo, imprechiamo contro il disservizio. Ma alla fine riempiamo più dei nostri concittadini europei tram, bus e metropolitane.
Per l'esattezza li usiamo per 6,4 chilometri al giorno a testa - calcola con precisione millimetrica la statistica comunitaria - distanza che ci mette di un pezzo sopra la media di 5,4 km. del Vecchio continente. Dato di per sé ugualmente buono visto che nel 1970 nella Ue eravamo fermi a 4,2 e solo una quindicina di anni fa abbiamo rotto la barriera dei cinque chilometri.
Sommando tutti i dati relativi ai trasporti via terra, gli italiani sono in assoluto i maggiori viaggiatori del vecchio continente con 41 km al giorno (di cui 34,2 in macchina) dopo il piccolo Lussemburgo (44) ma ben davanti a Gran Bretagna (36), Germania (33) e Spagna (27). Merito anche della scarsa popolarità in Italia dell'aereo. I guai della nostra compagnia di bandiera - in questo caso - c'entrano poco. Il Belpaese, più semplicemente, sta imparando a volare solo oggi.
Nel 2006 oltre 120 milioni di italiani hanno superato il check in per imbarcarsi a bordo di un jet. Più del doppio di quelli che volavano dieci anni prima. Ma ancora molti meno delle altre nazioni più mature dal punto di vista aeronautico come la Gran Bretagna (230 milioni) e persino la Spagna (180) dove gli aeroporti di Londra e Madrid rischiano addirittura un collasso nei prossimi anni per l'eccessivo carico della domanda, troppo alta in diverse ore della giornata rispetto alla disponibilità di slot per i decolli e gli atterraggi.
L'ultima fotografia scattata dall'eurobarometro ai mezzi di trasporto pubblici europei è quella dei prezzi. Su questo fronte la deregulation, il balzo dei costi per i carburanti, le privatizzazioni e l'austerity di bilancio di molti paesi stanno gonfiando la spesa. L'aumento dal 2001 al 2005 è stato in media del 15%, qualche punto in più dell'inflazione. L'Italia, almeno in questo, brilla in positivo con un incremento percentuale dell'11,1%, generato da un +4,2% delle tariffe ferroviarie (valore balzato all'insù negli ultimi due anni), un +11% di tram, bus e metro e un +6% per i traghetti via mare.
Aumenti comunque elevati soprattutto a confronto di stipendi che - in particolare nel caso dei lavoratori dipendenti - tendono a muoversi verso l'alto con molte più difficoltà. Proprio una banale questione di soldi però - più del senso civico e della voglia di un mondo più pulito - potrebbe alla fine raffreddare l'antica passione degli italiani per le loro quattroruote. Il costo del pieno negli ultimi quattro anni è aumentato quasi del 60%. I nostri 12.282 chilometri l'anno costavano nel 2000 circa 785 euro. Oggi per fare la stessa distanza se ne spendono 1.325. E questo, forse, più che la paura delle polveri sottili o degli Ecopass vari, rischia di essere il vero asso nella manica per convincere gli italiani a lasciare la loro macchina in garage e salire, magari lamentandosi per la qualità del servizio e i ritardi, a bordo di tram, autobus e metropolitane.
ETTORE LIVINI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2007 

 

 

Ferriera, Regione pronta a firmare l’ok ambientale  - Gli esperti del ministero: in 15 giorni un solo sforamento ma i dati Cigra sono attendibili

 

La giunta, dopo aver esaminato tutta la documentazione, nella prossima seduta concluderà l’iter dell’autorizzazione

Alla prossima riunione di giunta, venerdì 7 dicembre, la Regione dirà l’ultima parola sull’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera di Servola. Se sarà un sì, la Ferriera avrà ottenuto un’autorizzazione che supera e ingloba ogni altra. Il fascicolo, all’ultima seduta, è stato rimandato per necessità di ulteriori analisi del documento, che contiene il piano di lavoro annunciato (e in parte già avviato) dalla Lucchini, con data di completamento a fine 2008, finalizzato ad abbattere le fonti d’inquinamento interne ed esterne, nonché le numerose prescrizioni aggiunte dagli enti che hanno partecipato alla redazione. Quanto alla Regione, è rimasta unica titolare del giudizio dopo che il Comune di Trieste ha depositato, in sede di conferenza dei servizi, il suo parere negativo («Non diamo autorizzazioni con inquinamento in corso»). Un atto che ha svuotato di potere il voto di tutti gli altri enti, delegando la responsabilità al solo governo regionale.
Intanto l’Apat, l’Agenzia nazionale per la protezione ambientale, conferma un primo importante risultato delle analisi condotte dal laboratorio mobile arrivato da Roma su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del verde Alessandro Metz che avevano interessato alla questione Ferriera il ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, a fronte di allarmanti e ripetuti sforamenti di polveri sottili e benzoapirene «con pericolo per la salute pubblica» secondo l’avviso ufficiale dell’Azienda sanitaria.
Lo strumento era stato posizionato per 15 giorni nella seconda metà di ottobre a Servola stazione, assieme a quelli dell’Arpa regionale e del Cigra, il Consorzio universitario incaricato dalla magistratura di monitorare la zona. Il dato scientificamente meno rilevante - a giudizio dei tecnici stessi - è l’unico concreto: «In 15 giorni si è verificato un solo sforamento di Pm10 - spiega Maria Belli, responsabile del laboratorio -, ma non è un elemento significativo perché siamo rimasti a Trieste per un periodo breve e caratterizzato da bora costante». Benzene, benzoapirene e altri idrocarburi captati dagli strumenti sono ancora sotto analisi: «I test richiedono molto tempo - aggiunge Belli - e abbiamo avuto qualche ritardo». Si attende l’esito per metà dicembre.
Intanto però si materializza il risultato principale. «Abbiamo adesso la certezza - afferma la responsabile del laboratorio Apat - che le notizie sugli inquinanti ottenute dalle centraline dell’Arpa e del Cigra sono perfettamente valide, del tutto coincidenti con quelle che abbiamo avuto dai nostri strumenti, il cui compito principale era proprio verificare e validare i sistemi di captazione e di lavoro». La validazione adesso c’è.
Questo significa che «nessun dubbio può sussistere - scandisce Belli - sui dati raccolti da Arpa e Cigra prima che arrivassimo noi, né su quelli che saranno raccolti da ora in poi». Le polemiche dunque che avevano investito un po’ tutti, con contestazioni incrociate, vengono così a cadere. E quando il Cigra a fine mese concluderà l’ulteriore sondaggio dell’aria con le altre due centraline aggiunte nell’abitato di Servola, ordinato sempre dal magistrato a completamento e integrazione dei dati sul quartiere (come richiesto a gran voce, e con carte bollate, dalla Lucchini, ma come anche imposto da una legge nel frattempo approvata) i risultati dovranno essere considerati, in sè, altrettanto inoppugnabili.
g. z.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 dicembre 2007 

 

 

Trieste-Divaccia, 760 nuovi posti di lavoro  - Per l’avvio dei lavori. Gli esperti: nel 2025 il tracciato fino a Mestre assorbirà 27mila occupati

 

Lo studio inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, misura l’impatto economico del Corridoio 5

MONFALCONE Il Corridoio 5 è destinato a spostare l’asse del traffico merci e passeggeri da Nord a Sud delle Alpi. Il progetto dovrebbe diventare operativo nel 2015. La velocità ottimale sarebbe quella dei 250 chilometri-orari, sia sotto il profilo ambientale che economico. Sono le «direttrici» elaborate dallo studio inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, in merito all’impatto della tratta di competenza del Corridoio paneuropeo 5. Lo studio è stato presentato ieri a Fogliano Redipuglia presenti i vertici del porto di Trieste, dell’aeroporto di Ronchi e della concessionaria Autovie Venete con il presidente Santuz.
Il modello Wilson ha elaborato le proiezioni circa i risultati prodotti dal Corridoio 5 in Friuli Venezia Giulia dal 2015 al 2045: lo studio prende in esame la progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana.
In termini di posti di lavoro, si parte dai 760 occupati all’avvio della tratta per approdare ai 27.600 del 2025 fino ai 116 mila nel 2045. In fatto di Pil, nel 2015 si prevede un aumento di 0,05 miliardi di euro, fino a 8,6 miliardi di euro nel 2045. Nel 2015 l’aumento per il traffico ferroviario sarà di 32,4 milioni di tonnellate, fino ad arrivare a 76,6 milioni/tonnellate nel 2045. Dalle strade saranno tolti oltre 469 mila autotreni nel 2015, fino a oltre 916 mila nel 2045. Abbattuti anche i costi sociali (-16 milioni di euro nel 2015 fino a -27,9 milioni nel 2045). L’aumento della domanda ferroviaria, nel modello Wilson, si attesterà sul 30% per le merci e sul 33% per i passeggeri. Con il traffico pesante ridotto ad oltre il 4,5%. Per contro, l’aumento del traffico ferroviario è stimato nel 25% per le merci e nel 10% per i passeggeri.
Veniamo allo stato dei progetti. Nel 2002 è stato completato lo studio di fattibilità della linea veloce Venezia-Trieste che ha usufruito anche del sostegno finanziario della Commissione europea. Sono inoltre intercorsi contatti a livello governativo tra Italia e Slovenia che hanno portato alla definizione dell’accordo sottoscritto nel febbraio 2002, con il quale è stato individuato il tratto a cavallo del confine. In tale ambito, sarà possibile sviluppare lo studio di fattibilità del tratto di linea afferente al confine (circa 7 chilometri). La progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle seguenti tratte: Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso dell’anno); Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel 2006, ma la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato); Ronchi Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione per essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena).
Autovie Venete: tra 7 anni - la terza corsia dell’«A4»
Il Corridoio 5 si deve fare se non vogliamo che i traffici escludano il Friuli Venezia Giulia dall’Europa continentale. Del resto, ha detto il presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, la «mappa» è già disegnata. «E noi - ha aggiunto - siamo chiamati alla responsabilità operativa sul segmento di competenza che passa a Nord-Est. L’autostrada da sola non può bastare. Oggi tutto il peso del traffico è sostenuto dall’A4 che, in certi momenti della settimana, rischia la chiusura. E il trend di traffico è destinato a crescere». Si punta con decisione sulla terza corsia dell’A4 prevedendone la realizzazione in 6-7 anni. È già stata bandita la gara, «anche se i commissari deputati ad aprire le buste devono giungere da Roma». Tre le priorità ci sono altresì la trasformazione della Gorizia-Villesse in autostrada (messa in sicurezza da Autovie Venete) ipotizzando una velocità di 80 chilometri orari e la conclusione dell’«A28», per la quale è appaltato l’ultimo chilometro. Infine, un dato di massima: nei prossimi 8 anni sono previsti investimenti per 1 miliardo e 700 milioni di euro.
l.b.

 

 

Cittadini interpellati sulla riserva in Val Rosandra - Il Comune di Dolina ottempera ai dettati di Agenda 21: partono i forum di partecipazione

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Assemblea plenaria nei giorni scorsi a Bagnoli nell’ambito di Agenda 21 per la riserva della Val Rosandra. Una riunione che ha dato vita ai forum di discussione, i quali presto cominceranno a lavorare per stabilire le linee-guida del nuovo piano di conservazione e sviluppo della riserva.
L’assemblea ha fatto seguito alla serie di incontri con i residenti della varie frazioni di San Dorligo della Valle.
Il sindaco Fulvia Premolin dice: «Si è voluto fare il punto della situazione e render noti ai cittadini gli interventi che sono già stati attuati dal Comune».
Dalla riunione sono emersi anche i dubbi della popolazione sulla creazione riserva della Val Rosandra: si è parlato per esempio della poca chiarezza dei limiti territoriali, e anche della difficoltà di amministrare il territorio così protetto. Ma sono stati espressi anche giudizi positivi sull’iter compartecipativo scelto per affrontare questo tema.
Tra le iniziative che vengono portate avanti dal Comune in merito alla riserva, il sindaco ricorda l’iniziativa regionale «Conoscere per crescere», con la quale la Val Rosandra diverrà un’aula a cielo aperto su temi ambientali. Oppure l’approvazione del progetto di riqualificazione del centro visite, l’organizzazione di simposi tecnico-scientifici dai quali è nata anche la prima guida interattiva della flora della valle. Presto, inoltre, la Val Rosandra disporrà anche del suo sito web,per la promozione del territorio.Nel frattempo il Comune sta trattando per acquisire la vecchia stazione di Draga Sant’Elia, interna alla riserva.
Nel corso dell’assemblea è stata formalizzata la nascita del forum costituito nell’ambito dell’Agenda 21, che comprende una ventina di rappresentanti dei cittadini e delle associazioni che sono attive sul territorio comunale.
Il calendario delle prossime riunioni del forum è ancora in via di definizione: verrà comunque approntato a breve.

s.re.

 

 

Capodistria fa causa alla Kemiplas  - Dopo quindici anni di proteste, il Comune dà una svolta alla questione ambientale della frazione di Villa Decani

 

Il sindaco Popovic: «Sarà battaglia legale, va chiusa perché inquina»

Se non va con le buone, si prova con le cattive. Il comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di raggiungere un accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani, ha deciso di ricorrere alle vie legali. Lo ha annunciato il sindaco di Capodistria Boris Popovic. «Visto il tergiversare della direzione e visto che la vicenda non si sblocca – ha dichiarato il primo cittadino di Capodistria - abbiamo deciso di procedere per via legale. Spero che la fabbrica possa essere chiusa quanto prima».
Il Comune, che sarà rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, presenterà denuncia contro la «Kemiplas» e chiederà la sospensione dell'attività' produttiva perchè ritenuta inquinante. Le autorità comunali intendono inoltre procedere alla modifica del piano urbanistico per l'area dove si trova la fabbrica in modo da vietare questo tipo di produzione e mettere di fatto «fuori legge» l'industria chimica in questione. A Capodistria si rendono conto che questa seconda sarebbe una via più lunga e più dispendiosa, ma sono decisi a risolvere definitivamente il problema, in un modo o nell'altro. Nell'area nota come Bivio - sostengono i responsabili dell'amministrazione comunale - si potrebbe dar vita a un'attività economica che non danneggi l'ambiente e che sia accettata dagli abitanti del luogo. Esiste il problema del centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica e che resterebbero senza lavoro, ha ammesso il sindaco, che ha però aggiunto come queste stesse persone, insieme ad altre, potrebbero trovare una nuova occupazione nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».
Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica di Villa Decani sembrava ormai risolta, dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione, accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto di produzione di formladeidi, ma poi è venuto a galla che la società madre della «Kemiplas», la tedesca «Kemokompleks», ha dichiarato fallimento, per cui delle sue proprietà, e dunque anche dell'impianto di Villa Decani, al momento dell'accordo poteva disporre soltanto il curatore fallimentare, e non i dirigenti locali della fabbrica. Gli abitanti di Villa Decani si dicono soddisfatti dell’iniziativa comunale. Loro, la chiusura della fabbrica la chiedono ormai da più di 15 anni, e sono disposti anche a firmare una denuncia collettiva per i danni subiti. Dell'inquinamento prodotto dalla Kemiplas e delle misure da intraprendere, così come dei danni all'ambiente e alla salute nel Capodistriano provocati da altre industrie della zona, comprese quelle di oltre confine, in Italia, il sindaco di Capodistria Popovic ha annunciato che ha intenzione di discuterne con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Riccardo Illy, forse già tra poche settimane, in occasione delle manifestazioni per la caduta dei confini e l'ingresso della Slovenia nell'area Schengen.

 

 

Immobilismo in Comune fino alle elezioni regionali

 

Assistiamo costantemente ad annunci eclatanti fatti a mezze pagine di giornale con lo scopo di vendere la propria personale immagine annunciando progetti faraonici, che risultano poi irrealizzabili. Solo alcuni esempi di ciò. La galleria sotto corso Italia, il piano del traffico nascosto nei cassetti per anni, il piano dei parcheggi affrontato in maniera artigianale senza il necessario collegamento con ciò che ne è il naturale corollario, cioè il piano del traffico; e ancora, la costruzione di megaparcheggi annunciati, cassati e poi nuovamente ripescati. Ora si riscopre, dopo tanto tempo, la necessità di allargare le zone pedonali, di valorizzare il centro città, eliminando auto e motocicli, dando spazio ai pedoni ed all’abbellimento estetico. Ma quello che non si riesce a capire è il perché poi non si dia mai corpo e gambe a tante intenzioni annunciate.
In occasione delle ultime elezioni è stato annunciato che la costruzione del parcheggio sotto San Giusto sarebbe iniziata entro 6 mesi; a conferma di ciò l’amministrazione aveva fatto erigere un «grande manifesto», per ammissione dello stesso assessore Rossi a puro scopo elettorale, con il quale si informava la cittadinanza dell’imminente apertura dei cantieri. Ora dopo quasi 18 mesi dall’annuncio «civetta» ovviamente nulla è stato ancora fatto, anzi, da quanto risulta, i tempi di inizio dei lavori si stanno ulteriormente allungando. Da notare che l’iter per la costruzione dell’opera è iniziato sotto la giunta Illy nel lontano 2001.
Dalle informazioni trasversali che giungono alle orecchie dei consiglieri, l’immobilismo regnerà nel nostro Comune fino alle prossime elezioni regionali; fino ad allora non si farà nulla che possa scontentare i cittadini elettori. Si farà solo polemica contro gli avversari, in questo caso contro la giunta Illy, utilizzando anche l’aula del consiglio comunale.
L’ultima seduta del consiglio comunale ne è l’emblema: gli intensi attacchi della destra contro la riforma sanitaria che l’amministrazione regionale ha appena iniziato coinvolgendo tutti gli enti e le istituzioni pubbliche e private interessate, non può che essere definita strumentale perché si è spesa tanta demagogia in una discussione che si è incentrata su una minima parte della proposta di legge, tralasciando completamente quanto essa contiene in tema di tutela del cittadino, di obblighi che le amministrazioni pubbliche della salute saranno tenute a rispettare nell’interesse dell’utente.
Il dilemma che mi si prospetta è riassumibile in questi termini: è forse meglio agire politicamente come la giunta Dipiazza, cioè aspettare tempi più opportuni per decidere, aspettare la chiusura delle urne e poi fare ciò che si potrebbe/dovrebbe benissimo fare ora (a più di un anno di nuova giunta Dipiazza), ma con il rischio di scontentare qualcuno, oppure come fa il presidente Illy, affrontare e risolvere le questioni di governo della cosa pubblica e poi affidarsi al voto popolare per capire se si è fatto bene o male? Credo che nella valutazione mi possa aiutare il buon senso: aspettando, i problemi della città non solo non si risolvono, ma crescono, i cittadini hanno molte aspettative e gli assessori, in feroce concorrenza tra loro, le cavalcano dando luogo ad un’aspra battaglia nelle file della maggioranza, con l’unico risultato di creare illusioni magiche, che nulla hanno a che fare con la realtà e continuare nell’immobilismo, questo sì purtroppo reale.
Luciano Kakovic - consigliere comunale della Margherita nel Partito democratico

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2007 

 

 

Dal primo gennaio a regime a San Dorligo la nuova tariffa rifiuti  - Approvato dal Comune il regolamento

 

Il documento sarà illustrato in una serie di incontri pubblici: il primo si farà a Zindis

DOLINA - Si conferma il primo gennaio come data d’applicazione piena della tariffa sui rifiuti a San Dorligo. Ieri il consiglio comunale ha effettuato una nuova modifica del regolamento per definire alcune esenzioni, suscitando l’ira dell’opposizione. I rifiuti e la raccolta differenziata porta a porta non sono un argomento facile in consiglio comunale a San Dorligo della Valle.
Le posizioni di maggioranza e minoranza sono diametralmente opposte, e quest’ultima non si esime dal ricordarlo ad ogni occasione. L’ultima, proprio ieri, quando l’aula è chiamata ad approvare alcune modifiche al regolamento per definire meglio le previste esenzioni dal pagamento della tariffa (la Tia), che entrerà a regime (con l’effettiva modifica-riduzione della parte variabile a seconda della quantità di rifiuti fatti conferire all’inceneritore) il primo gennaio.
Critico, come sempre, il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che contesta formalmente il regolamento, non ha digerito il sistema di raccolta e ritiene che la Tia si sarebbe dovuta applicare appieno fin da subito. Ne è nato un vivace battibecco tra alcuni componenti la maggioranza e il consigliere di opposizione. Alla fine, le modifiche al regolamento sono state approvate solo dalla maggioranza. Contrari Oltre il Polo e Uniti nelle tradizioni. Astenuti Lega e Verdi.
Altra discussione anche sull’assestamento di bilancio. Tra le righe contabili sono emerse maggiori entrate correnti, che ieri sono state applicate per varie spese. Ad esempio, 100 mila euro vanno alle manutenzioni straordinarie del centro sportivo. Altri 78 mila euro a manutenzioni delle strade e 10 mila per lavori alle scuole medie. Gombac ha sbottato: «Il centro sportivo è come un “pozzo di San Patrizio”. Servono ancora soldi, dopo tutti quelli già spesi?». La risposta l’ha fornita l’assessore Igor Tul: «Si tratta di finanziare parte dell’illuminazione del campo e la realizzazione del promesso campo giochi per bambini. Una quota servirà anche per gli infissi».
L’assestamento di bilancio è stato approvato dalla maggioranza, con l’astensione della minoranza. Approvata, infine, la perimetrazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio e urbanistico, che permetterà di ottenere contributi per lavori alle facciate delle case. Dopo le modifiche richieste dalle opposizioni, la delimitazione comprende tutto il comune. Una scelta non condivisa dall’assessore Sigoni che ha preferito uscire dall’aula al momento del voto: «Il territorio così delimitato è troppo ampio. Finirà che nessuno riceverà i contributi».
s.re.

 

 

Case costruite vicino alla Ferriera

 

Gentile signora della segnalazione del 13 novembre «Il destino della Ferriera». Forse lei non lo sa quanto fastidio dia leggere una lettera offensiva come la sua, perciò voglio darle modo di provarlo, anche se ciò va contro la mia abitudine e per questo chiedo scusa a tutti i lettori. Con tutte le cose tragiche e tristi che segnano le nostre giornate dal momento che ci alziamo, il suo scritto potrebbe farci sorridere se non fosse fuori posto come una barzelletta raccontata ad un funerale. Probabilmente lei e suo marito dimenticano le case fatte a ridosso dello stabilimento in questione (una vergogna come dice lei), non sono le sole interessate al problema. Problema che investe purtroppo l’intero villaggio di Servola e che, contrariamente a quanto asserito con arroganza da un sindaco, di evidente lacunosa cultura, non è sorto dopo la Ferriera, ma ben cinquecento anni prima. Il suo discorso un po’ strampalato che corre da un argomento all’altro, ad un certo punto, ci ricorda (parlando di pesci al mercurio) che la Ferriera sta pure inquinando il mare, avvelenando anche pesci oltre che i prodotti della terra. Pesci, verdura e frutta che anche lei, cara signora, e i suoi cari, volenti o no, state mangiando. Attribuendo poi agli ex dipendenti della Ferriera le proteste e le iniziative volte alla chiusura di questo mostro, lei sbaglia e lo fa di proposito, sapendo molto bene che essi sono una esigua minoranza rispetto al numero delle persone legate a questo triste problema. Io non sono servolana, se però vorrà considerarmi tale perché abito qui da molti anni, riterrò un onore aiutare, come lo faccio sempre e nelle più svariate occasioni, la famiglia che lei benevolmente nella sua lungimiranza vorrà accollarmi. Non nutro speranza che le mie parole la facciano vergognare per ciò che ha scritto, perché gente come lei, oltre a non aver coraggio delle proprie azioni, non è nemmeno in grado di valutare l’imbecillità di certe affermazioni. Di fesserie, ahimè, ne diciamo un po’ tutti, purtroppo, ma – per l’amor del cielo – evitiamo di diffonderle con tanta leggerezza.
Senza rancore.
Lettera firmata

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2007 

 

 

Muggia: commissione comunale di controllo sui fumi della Ferriera - Mozione approvata all’unanimità

 

A Muggia nasce una commissione interna che si occuperà di acquisire dati sulle emissioni in atmosfera, e il Comune si impegna a tenere sotto controllo la situazione della Ferriera di Servola. È il risultato di una mozione presentata inizialmente dal gruppo di Forza Italia, è che poi stata emendata ed approvata unanimemente dal consiglio comunale, mercoledì. L’atto fa riferimento al recente dibattito politico istituzionale sulle possibili e conseguenti ripercussioni sulla salute dei cittadini. Ma prende soprattutto in considerazione la recente diffusione «degli allarmanti dati del Cigra dell’Università di Trieste – si legge nella mozione -, sulle emissioni dello stabilimento siderurgico, commissionate dal pm Federico Frezza, in merito alle quali sono state espresse preoccupazioni sulle possibili ricadute sulla salute pubblica».
Le analisi hanno riguardato anche Muggia, dove è stata utilizzata una particolare metodologia di studio con i licheni, che ha confermato che l’inquinamento a Servola è simile a quello di Muggia. Da qui la volontà del Comune di farsi parte attiva nella complicata vicenda, e di aderire ai tavoli istituzionali finalizzati a promuovere gli approfondimenti sulle emissioni dello stabilimento di Servola e, se necessario, a richiedere o promuovere ulteriori specifiche analisi sul territorio di Muggia. Nascerà una commissione di consulenza per il Comune, guidata dal sindaco, con un rappresentante di maggioranza (Giorgio Kosic - Prc) e uno di opposizione (Christian Gretti – An) che raccoglierà le indagini, analisi, studi e documenti disponibili. «Qualora fossero confermati i sospetti relativi ai pericoli per la salute pubblica – ancora nella mozione – il Comune metterà in atto, insieme a tutti gli enti competenti, tutto quanto in suo potere per concertare un piano di dismissione e riconversione della Ferriera che salvaguardi i livelli occupazionali e garantisca l’utilizzo dei cosiddetti ammortizzatori sociali». Il sindaco commenta: «È stato fatto un ottimo lavoro. Il problema non è da sottovalutare. Ci siamo già mossi l’estate scorsa, chiedendo di essere sempre informati, e di essere ammessi alla conferenza dei servizi, anche se solo come uditori. Questo non ci è stato concesso, ma siamo almeno al tavolo tecnico di coordinamento. Non lasciamo nulla di intentato». Il coordinatore di Forza Italia, Claudio Grizon, dice: «Su questo tema molto importante il consiglio comunale, su nostra iniziativa, è riuscito a portare un voto unanime che in altri enti non si è riusciti ad ottenere. È una prova di responsabilità a tutela della salute pubblica».
s.re.

 

 

SINDROME AMBIENTALE

 

No alla Tav. No ai rigassificatori. No alla ferriera di Servola. No alle casse di espansione sul Tagliamento. No agli elettrodotti in Carnia e Valli del Natisone. No al cementificio di Torviscosa. No alla vetreria di S.Giorgio di Nogaro. No alle discariche e ai termovalorizzatori. No agli Ogm. No alla caccia con i segugi e i pallettoni. No all'uccellagione. No alle funivie del Pramollo e del Cansiglio. No alla superstrada Sequals-Gemona. No all'autostrada Carnia-Cadore. No alla Baia di Sistiana. No alla devoluzione urbanistica e ambientale a Comuni e Province. No naturalmente anche al nucleare. E sicuramente non è tutto.
Si direbbe il quadro di una regione in subbuglio dove, alle storiche associazioni per la tutela dell'ambiente, si sono affiancati numerosi comitati locali sorti per contrastare, finora con molta efficacia, le iniziative della pubblica amministrazione, ovvero dei privati, ritenute lesive del proprio territorio.
Un sondaggio condotto da Swg in vista delle elezioni regionali del 2008, reso pubblico su Il Piccolo del 18 settembre 2007, ci informa però che ben l'84% dei cittadini consultati si dichiara soddisfatto della qualità ambientale del Friuli Venezia Giulia, suscitando un'immediata curiosità interpretativa del dato, proprio in relazione alle manifestazioni di grave e tenace dissenso sopraricordate.
La domanda posta dal sondaggio era del tutto generica, la prima di una serie di quesiti di tutt'altra natura e di stampo prettamente politico- elettorale. La risposta data può quindi ragionevolmente essere interpretata in conseguenza del fatto che gli intervistati sono consapevoli di vivere in una regione che possiede ancora una qualità ambientale assolutamente accettabile, sia per quanto riguarda il contesto urbano ma anche per la ricchezza degli spazi naturali esistenti e del territorio agro-silvo-pastorale coltivato.
Sono valutazioni condivisibili, specialmente se messe in relazione alle situazioni di grave disagio urbanistico e territoriale che caratterizza buona parte della pianura padana veneta e lombarda, da cui il Friuli Venezia Giulia è ancora, tutto sommato, ben distante. Il dato, dunque, non contrasta affatto con il movimentismo ambientalista di cui si è dato conto in precedenza: si tratta infatti in tutti i casi di iniziative condotte esattamente a difesa di quella qualità ambientale così ben apprezzata e dunque da difendere e custodire strenuamente contro ogni proposta e progetto che inevitabilmente provoca occupazione di suolo, consumo di risorse naturali, inquinamento dell'aria, delle acque, riduzione della biodiversità.
A questo punto, però, varrebbe la pena di eseguire una verifica, una prova del nove sulla specialità dei cittadini di questa regione, attraverso un sondaggio per misurare quanto i cittadini del FriuliVenezia Giulia siano contaminati dalla famosa sindrome NIMBY (acronimo inglese che significa "not in my backyard", ossia "non nel mio giardino").
Un sondaggio condotto con competenza, precisione e che sia basato su quesiti la cui interpretazione si presti a non essere equivoca o incerta. Molti anni fa, ad esempio fu condotto un sondaggio con domande del tipo "Lei è favorevole ai parchi naturali?", che produsse trionfalistiche conclusioni in qualche parte politica convinta che il 95% della popolazione regionale fosse a sostegno degli stessi. Peccato che i cittadini direttamente coinvolti da quelle iniziative non fossero invece d'accordo e dei 14 Parchi naturali proposti ben 12 furono di fatto soppressi.
Nel sondaggio che si propone dunque le domande dovrebbero essere del tipo "Lei è favorevole a una centrale nucleare/ un rigassificatore/ un termovalorizzatore / una ferriera/ ecc, nelle vicinanze di casa sua?". Siamo sicuri che si potrebbero ricavarne interessanti conclusioni.
Franco Musi

 

 

Semaforo verde degli Stati Ue ai fondi per le reti transeuropee: sì ufficiale alla Trieste-Divaccia - All’Italia finanziamenti per 590 milioni

 

BRUXELLES Semaforo verde degli Stati membri dell'Ue alla proposta della Commissione per i finanziamenti delle reti transeuropee che comprendono anche i fondi per la Torino-Lione, il Brennero e la Trieste-Divaccia. L'Italia si conferma così il primo beneficiario con circa il 18% del pacchetto complessivo dei 5,1 miliardi di stanziamenti comunitari messi in campo dal 2007 al 2013.
Il via libera all'unanimità è arrivato con il voto espresso dai rappresentanti dei 27 riuniti nel Comitato finanziario Ten dopo l'esame, in due sedute, ieri pomeriggio e stamani, sia delle proposte relative alla programmazione pluriennale 2007-2013 sia di quelle per l'anno in corso. Agli studi per Ronchi-sud Trieste vanno 24 milioni e per quelli relativi a Trieste-Divaccia 50,70 milioni
Per le sole reti transeuropee, i finanziamenti all'Italia ammontano a 960 milioni di euro, mentre sull'insieme dei progetti l'attribuzione per il 2007-2013 supera il miliardo di euro (1066 milioni). Per la Torino-Lione il finanziamento previsto è di 671,80 milioni (due terzi Italia e un terzo Francia); per il Brennero la cifra, anch'essa da dividere tra Italia e Austria, è pari a 786 milioni. La quota di contribuzione Ue sul totale della spesa per i progetti italiani supera nell'insieme il 30%.
Sulla Torino-Lione intanto continua la protesta dei no-tav che hanno annunciato anche la consegna delle firme della petizione dei contrario all'alta velocità al presidente francese Nicolas Sarkozy.
Soddisfatto del voto espresso dai Ventisette il commissario ai Trasporti, Jacques Barrot, che ritiene vincente la sua scelta che privilegia le sezioni transfrontaliere, in particolare per superare la barriera delle Alpi. «Si può parlare di un vero valore aggiunto europeo», ha commentato. Barrot ha quindi ricordato i principi a cui la Commissione si è ispirata per la programmazione pluriennale dei fondi: concentrarsi su un numero limitato di «progetti sensibili», privilegiare i progetti transfrontalieri e le modalità di trasporto rispettose dell'ambiente come le vie navigabili e la ferrovia.
La proposta di finanziamento, dopo il via libera degli Stati, passerà ora all'esame del Parlamento europeo, con una procedura solo consultiva. Gli eurodeputati avevano già discusso il pacchetto di finanziamenti con il commissario Barrot nel corso di una riunione congiunta delle commissioni bilancio e trasporti. In quell'occasione, il commissario aveva annunciato un attento monitoraggio ogni anno sull'utilizzo dei fondi: se non saranno stati impegnati potranno essere destinati altrove o essere risparmiati.
Per il solo 2007 la Commissione ha poi stanziato una cifra complessiva pari 112 milioni di euro, a fronte di richieste per 945 milioni. Nella lista delle opere a cui sono stati destinati i fondi figurano i 4,7 milioni di euro per le strade di accesso al tunnel di base della Torino-Lione, 1,7 milioni per l'aeroporto di Malpensa, 0,90 per l'area di Marghera, 4,6 per il porto di Genova e un milione di euro per Civitavecchia.

 

 

Il no dei pescatori alla riserva per delfini da Cherso a Lussino  - Raccolte oltre 2500 firme

 

LUSSINPICCOLO Oltre 2500 firme contro la riserva per delfini proclamata in una vasta area (526 chilometri quadrati) a est delle isole di Cherso e Lussino. La raccolta di firme è avvenuta in pochi giorni nelle due isole quarnerine, iniziativa promossa dalla sezione pesca dell’ Unione artigiani di Cherso e Lussino, i cui responsabili si sono rivolti al ministero della Cultura croato, chiedendo la soppressione della zona in regime di tutela. Era stato proprio questo dicastero, su volere degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi Svijet), a dare vita alla riserva, con la motivazione che queste acque ospitano una colonia di 120 – 150 esemplari, da proteggere adeguatamente. La decisione assunta a Zagabria ha scatenato subito le reazioni dei pescatori quarnerini – supportati dai colleghi istriani e dalmati – in quanto sussiste il timore che un giorno tale zona possa venire completamente interdetta alle attività alieutiche. Si spiega così come in breve tempo centinaia di isolani abbiano sottoscritto la petizione, appoggiando le istanze dei pescatori. Quest’ultimi, oltre a consegnare al ministero della Cultura le migliaia di firme raccolte, hanno voluto pure illustrare le posizioni assunte in materia da alcuni biologi marini croati. Il professor Hrvoje Gomercic, dell’ Istituto di Veterinaria di Zagabria (ritenuto unanimemente il maggiore esperto in Croazia di mammiferi marini), ha fatto presente che la riserva non ha alcuna importanza scientifica, né pratica, in quanto copre un’ area in cui non vivono gruppi numerosi di delfini. Per il dottor Emin Teskeredzic, dell’Istituto di biologia marina Rudjer Boskovic di Rovigno, i delfini sono distribuiti in modo proporzionato lungo tutto il versante orientale del mare Adriatico. «Sono una specie protetta dal 1995 – ha aggiunto – con normative rigorose. Dunque, non si vede la ragione per l’ esistenza di una simile riserva». I pescatori di Cherso – lussignani hanno già fatto sapere di non credere alle spiegazioni giunte dal ministero della Cultura, secondo cui l’ istituzione di una riserva marina non debba necessariamente significare anche la proibizione della pesca. A tale scopo, hanno pubblicato le due circolari del dicastero fatte pervenire alla società di pesca sportiva Udica di Lussinpiccolo. I dirigenti di quest’ ultima avevano chiesto di poter effettuare due gare per pescasportivi nella riserva per delfini.
La risposta era stata: «Gli sportivi possono competere senza divieti. Nel caso venisse però avvistato un branco di delfini, i pescatori e le loro imbarcazioni debbono immediatamente allontanarsi dalla zona tutelata». Da qui al divieto di pesca, sostengono i pescatori professionisti, il passo potrebbe essere breve.
A. M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2007 

 

 

Piazza Libertà, il progetto torna in giunta Bucci: «Esiste una rotatoria alternativa» - Al centro del dibattito gli alberi da tagliare se si vuole rivoluzionare la viabilità

 

Torna oggi all’attenzione della giunta il progetto preliminare di riqualificazione di piazza della Libertà, redatto da un pool di professionisti di Trieste e di Bolzano vincitori a suo tempo della gara di progettazione. Il sindaco Roberto Dipiazza, lunedì scorso, ha voluto rinviarne l’esame per un motivo preciso: il progetto, che prevede una viabilità rivoluzionata e aree pedonali ampliate, contempla però la riduzione di una fascia di quattro o cinque metri del giardino storico esistente, e il conseguente abbattimento di dieci-dodici alberi. E sebbene sia prevista la piantumazione di 52 nuove piante, «il mio parere - così Dipiazza - è di rivedere il progetto cercando di non sacrificare gli alberi».
Il fatto è che i tempi, ribadisce l’assessore ai lavori pubblici Franco Bandelli, sono strettissimi: la nuova piazza dovrà essere completata entro la fine del 2009, pena la perdita di finanziamenti statali già concessi; e la Regione deve ricevere il progetto entro il 7 dicembre. Ma poi, «a questo progetto si è lavorato per otto mesi», dice Bandelli. Come rivederlo? Il taglio degli alberi serve per allargare la strada nel tratto allineato a via Sant’Anastasio per ricavarci sette corsie e due sensi di marcia. E il cuore dell’intervento sta nella modifica della viabilità studiata «per sostenere l’impatto che sul traffico dell’area avranno l’ex Silos ristrutturato e la nuova sede Greensisam in Porto Vecchio».
Intanto la vicenda diventa terreno di stoccate tra Bandelli e il suo collega all’urbanistica e al traffico Maurizio Bucci, i cui uffici tecnici hanno collaborato al progetto le cui redini però sono state tenute dai Lavori pubblici. «Valuteremo serenamente il da farsi», esordisce Bucci. E se salvare gli alberi significherebbe rivedere totalmente l’impianto della nuova viabilità prevista, «un’alternativa c’è», dice Bucci: «La proprietà del Silos aveva presentato a suo tempo il progetto per una rotatoria tra Sala Tripcovich e corso Cavour, dalla quale accedere al Silos passando dietro la Tripcovich, o proseguire lungo le Rive». E allora, «non è detto che i soldi si debbano perdere se non procediamo con il progetto previsto: si possono utilizzare comunque per una riqualificazione di cui la piazza ha bisogno. In ogni caso - è la battuta di Bucci pronunciata senza citare il collega ai lavori pubblici - se fossi stato responsabile del progetto lo avrei illustrato alle varie associazioni per capire se era percorribile: avrei usato l metodo della partecipazione con cui sto portando avanti i piani rionali del traffico».
«Ma lui ha coinvolto la cittadinanza quando ha portato a Trieste le navi da crociera?», è la secca risposta di Bandelli, che si dice «contento che Bucci dica che bisognava pensarci prima: mi fa leggermente ridere, visto che i suoi tecnici erano sempre presenti mentre lavoravamo». E poi «su cosa avremmo dovuto confrontarci, prima che fosse pronto il progetto preliminare redatto dai professionisti? Ora che lo abbiamo, ne possiamo discutere. Comunque, accaparriamoci i finanziamenti, poi tutto è perfettibile. Ma da una parte o dall’altra, se vorremo fare entrare le auto al Silos, qualche pianta la dovremo buttare giù», chiude Bandelli.
Sull’opportunità di una discussione preventiva però concorda anche il Wwf, con il responsabile regionale del territorio Dario Predonzan: «Il progetto sembra interessante perché aumenta gli spazi pedonali, anche se bisognerebbe tener conto della vegetazione storica esistente. Potrebbero comunque esserci ragioni valide per sacrificare qualche albero nell’ambito di un più ampio bilancio positivo: non possiamo dare giudizi nel merito perché, al solito, il Comune parte con dei progetti senza confrontarsi con la cittadinanza né metterli a disposizione di tutti, come sarebbe giusto avvenisse. È un difetto storico dell’amministrazione».
«Non abbiamo obblighi di comunicare con il Wwf né di confrontarci su un progetto preliminare: lo faremo al momento opportuno», rimarca Bandelli. Oggi, intanto, il confronto in giunta: piazza della Libertà è di nuovo all’ordine del giorno.
p.b.

 

 

Denuncia dell’Enpa: cacciatori nel parco del Farneto - L’ente protezione animali ha inviato un esposto alla procura segnalando il pericolo anche per chi passeggia

 

Pericolo sparatorie per i visitatori del parco del Farneto. A denunciarlo è l’Enpa - Ente nazionale protezione animali, attraverso un esposto alla Procura firmato dal presidente della sezione locale, Gianfranco Urso. L’ente «denuncia una pericolosa attività venatoria», in spregio alle norme vigenti all’interno dell’area. Questa, secondo l’Enpa, è stata messa in atto da «vari cacciatori - si legge nel documento -, non personalmente individuati, ma rintracciabili attraverso la documentazione venatoria, che hanno abbattuto animali nel comprensorio e, in particolare nell’area di proprietà dell’Enpa dove, nella sicurezza di muoversi in parco urbano, soci dell’Enpa, scolaresche e privati cittadini circolano osservando e studiando gli animali ricoverati e quelli liberi».
Al riguardo l’Enpa chiama in causa pure la Provincia che, una volta ricevute le segnalazioni e le richieste di intervento da parte dei cittadini, «ha sostenuto di aver ricevuto disposizioni di tollerare le attività di caccia purché non venga svolta nei vialetti del parco urbano costruiti dal Comune di Trieste».
Le stesse guardie zoofile dell’Enpa hanno individuato alcuni cacciatori nei pressi del bosco del Farneto: questi avevano con loro, nelle automobili, dei fucili e - stando all’esposto - esploravano aree utili all’attività venatoria. Tuttavia, non è stato possibile sanzionare i diretti interessati «non essendovi l’atteggiamento venatorio conclamato».
«La situazione - conclude lo scritto diffuso dall’Enpa - è di estrema pericolosità sociale ed il rischio che qualche visitatore del parco del Farneto possa subire danni da saparatorie è presente e concreta».
All’inizio di novembre, è stata segnalata dall’Enpa la presenza di cacciatori che stavano caricando degli animali uccisi su delle automobili ferme in sosta lungo via Battigelli. Questa taglia proprio il bosco del Farneto ed è vicina ad alcune abitazioni. A conferma di ciò sono giunte all’ente analoghe segnalazioni dalle residenze per anziani Casa Serena e Casa Bartoli che si affacciano sul bosco.
L’area è racchiusa tra i popolosi rioni di San Giovanni, San Luigi, Rozzol-Melara e Longera ed è un luogo naturale di serena convivenza tra uomini ed animali nel rispetto di ogni biodiversità.

 

 

Agenda 21 per Val Rosandra - Assemblea a Bagnoli

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Oggi alle 19.30 al Teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva naturale della Val Rosandra. L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse settimane, e che hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti i «portatori d’interessi». Verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto finora e spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che con il tavolo tecnico scientifico redigerà il Piano di conservazione e sviluppo.

 

 

Sonego: interesse inglese per la gara Tpl

 

TRIESTE I principali operatori britannici del trasporto pubblico locale, gomma e rotaia, sono interessati a partecipare alla gara che la Regione sta per indire, allo scopo di individuare il soggetto unico che gestirà tutto il trasporto pubblico locale del Friuli Venezia Giulia dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2019. La notizia arriva dall’assessore ai Trasporti, Lodovico Sonego, dopo la tappa londinese del road show svoltasi all’ambasciata d’Italia. Lo scopo di questi incontri - i prossimi saranno Parigi e Berlino - è sollecitare tutti i competitori europei, affinché partecipino alla gara. «Siamo consapevoli che più la gara sarà combattuta - dice Sonego - maggiormente saremo nella condizione di offrire un servizio migliore ai cittadini».

 

 

Piazze cittadine chiuse solo a a certe iniziative

La domanda non viene posta casualmente e investe un problema centrale riguardante la necessità che le piazze cittadine offrano l'occasione per chi ne richiede l'utilizzo, di poter svolgere attività culturali o di carattere ludico o sociale e che vedono come promotori quasi sempre associazioni o enti non a fine di lucro. Recentemente ho fatto un'interrogazione al Sindaco e all'assessore Greco sul mancato patrocinio da parte del Comune riguardante la manifestazione «Electroblog» e della conseguente richiesta di 10.000 euro all'associazione per l'utilizzo del giardino di via San Michele. Il Sindaco ha risposto che era legittimo chiedere anche 50.000 euro causa vandalismo dei giovani ecc. (un argomento sempre di moda!).
Il 27 ottobre l'associazione «Rete artisti contro le guerre» ha organizzato un concerto in piazza Goldoni in solidarietà con il popolo birmano e si è vista chiedere una cauzione di 5.000 euro dal Comune perché in base all'art. 2 del Regolamento Comunale del Canone di Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche, l'amministrazione intende tutelarsi per eventuali danni. Su questo argomento ho intenzione di interrogare l'assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli. Il problema però non è solo tecnico ma investe chiaramente il diritto per chi vive nella nostra città di poter usufruire degli spazi pubblici senza per questo vedersi imposte cauzioni di migliaia di euro che inevitabilmente tagliano fuori la gran parte delle associazioni che vivono sul nostro territorio. La funzione delle piazze e la loro libera fruizione non solo è importante ma spiega molto chiaramente l'idea di democrazia, civiltà e convivenza. Sappiamo anche che le piazze come luogo d'incontro e di dibattito o anche solo per combattere il degrado attraverso un uso partecipato di cittadini e residenti, quelle per capirci che ci insegnavano i professori a scuola sono ben lontane. Oggi frequentiamo e ci incontriamo... in televisione, le cose stanno cambiando e negli ultimi decenni sono accaduti eventi che hanno indebolito ovunque il carattere comune e collettivo della città mentre hanno prevalso i valori che segnano il primato dell'individuo sulla comunità e dell'economia e della speculazione urbana sui servizi ai cittadini, determinando sempre meno spazi agli usi collettivi.
In molte città le amministrazioni, per combattere il degrado degli spazi comuni hanno realizzato ampie zone pedonali, limitato il traffico, sviluppato il trasporto collettivo, le piste ciclabili e dove ciò non è accaduto, come a Trieste, la vita è diventata molto difficile soprattutto per le persone più deboli: i bambini, gli anziani, le donne ed anche i giovani ovviamente. In generale il bisogno dei cittadini di disporre di spazi comuni è stato strumentalmente utilizzato per aumentare artificiosamente il consumo di merci e nel nostro territorio le opere di «riqualificazione» del centro cittadino con decine di milioni di euro spesi praticamente ogni anno vanno inevitabilmente in questa direzione, senza tenere conto del bisogno di connettere gli spazi pubblici con il quartiere e la città e delle funzioni finalizzate all'uso comune che dovrebbe costituire il principio fondante di qualsiasi opera di riqualificazione.
Alfredo Racovelli - Consigliere comunale Verdi per la Pace

 

 

Alberi abbattuti

 

Qualcuno in Comune non ama il verde, e abbatte gli alberi appena può. Una storia vecchia e ricorrente a Trieste che si verifica sempre più spesso.
L’ultimo (sarà proprio l’ultimo?) è stato raso al suolo il giorno 26 novembre all’angolo di via Vergerio e via del Ghirlandaio. Tra le 13 e le 14, con un frastuono incredibile, le implacabili motoseghe del Comune hanno ridotto in sterpi e ceppi una bella acacia (così mi pare) che tutte le primavere annunciava la stagione con una chioma odorosa e prolungava la grata ombra fino all’autunno inoltrato.
I motivi per abbattere un albero sicuramente sono tanti, ma non è anche buon motivo tenerli in vita per fare la città più bella è più gradevole? Non si venga a dire che era vecchio e malato: la sua ultima stagione è stata più lussureggiante che mai.
Gianna Smonker

 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 28 novembre 2007

 

 

L'eolico galleggia sul magnete

 

Roma - Si chiama MagLev Wind Turbine, e promette di rivoluzionare il settore dell'energia eolica. Una megaturbina che per funzionare sfrutta la levitazione magnetica, proprio come i treni superveloci giapponesi, ed è in grado di produrre fino ad 1 gigawatt di potenza: per fare lo stesso con i dispositivi tradizionali ci vorrebbero oltre 60 eliche. Una rivoluzione.
Ma i vantaggi dell'eolico magnetico non si esauriscono qui: la turbina è in grado di funzionare già con brezze leggere di soli 1,5 metri al secondo, ed è in grado di resistere anche a regimi più sostenuti da 40 metri al secondo (oltre 140 chilometri all'ora). Inoltre, l'assenza di parti meccaniche in movimento elimina l'attrito: solo l'1 per cento della forza del vento viene dispersa per muovere le pale, mentre il restante 99 per cento può essere convertito in energia pulita.

Le pale magnetiche sono anche economiche: costruirne una può costare fino al 75% in meno rispetto all'equivalente tradizionale, senza contare che mancando i complessi meccanismi che consentono al rotore di allinearsi con la direzione del vento viene anche considerevolmente ridotta la difficoltà di progettarle e realizzarle. E la manutenzione, che ha un costo, è di gran lunga inferiore: un apparato eolico-magnetico secondo i suoi progettisti potrebbe funzionare per 500 anni con un minimo di controlli periodici.
La nuova turbina è ancora un concept, è stata presentata all'inizio dell'estate in Cina al Wind Power Asia 2007, ma è destinata a diventare presto realtà: costruttori cinesi e statunitensi sono al lavoro per realizzare quanto prima esemplari funzionanti, con potenze comprese tra 400 e 5.000 watt cadauna, tanto per cominciare. A regime, produrre un kilowatt di elettricità potrebbe costare appena 0,7 centesimi di euro.
Luca Annunziata

 

 

Toyota, il guidatore non serve

 

Roma - Lunedì scorso Toyota ha presentato alla stampa internazionale il suo ultimo ritrovato per la sicurezza automobilistica. No, non si tratta di un cervello di riserva per automobilisti incoscienti, ma di una serie di sistemi, di "cooperazione veicolo-infrastrutturale", che consentono la comunicazione wireless fra auto ed elementi ambientali - come semafori e cartellonistica stradale.
Come riporta Endgadget si tratta della nuova evoluzione di tecnologie basate su Intelligent Transport Systems (ITS) - il progetto mondiale che si propone appunto di integrare l'alta tecnologia elettronica nel settore del trasporto.
All'Higashi Fuji Technical Center, Toyota ha mostrato in una simulazione come sia possibile far interagire mezzi, strutture e pedoni per far diminuire notevolmente i rischi di incidente. In verità il sistema utilizzato è prettamente auto-centrico: ogni comunicazione proveniente dall'esterno viene elaborata e tradotta in segnali audio o visivi all'interno dell'abitacolo. In pratica, nei pressi di un semaforo, incrocio, o di un cartello stradale - attrezzati per interagire in modalità wireless con l'auto - il conducente è in grado di visualizzare sul cockpit i segnali di alert correlati.

Le tre simulazioni chiave hanno mostrato così semafori, segnali, veicoli e pedoni con trasmittenti. In ogni situazione il sistema ha dimostrato che non solo è possibile attuare una "ridondanza informativa", ma anche intervenire direttamente sui comandi del mezzo. Ad esempio, un semaforo rosso o un pedone che attraversa la strada può indurre la centralina a rallentare o fermare il veicolo.
L'azienda giapponese nel comunicato ufficiale sottolinea che si tratta di una delle soluzioni tecnologiche che fanno parte del suo Integrated Safety Management Concept, una sorta di pacchetto sicurezza varato nel 2006 e da allora in continuo sviluppo. Gli obiettivi sono chiari: rendere i veicoli e le strade più sicure, educare gli automobilisti alla sicurezza, diminuire il numero degli incidenti e vendere più veicoli possibile.
La scorsa primavera proprio Toyota aveva mostrato l'auto elettrica I-unit, un mezzo praticamente bioplastico; a ottobre è stato il momento della sua concept-car 1/x, capace di percorrere 100 km con neanche 3 litri di benzina. Se sfornano un altro veicolo da frontiera digitale si potrebbe finire per credere che facciano sul serio.
Dario d'Elia

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2007

 

 

A Muggia nuovi test sulla qualità dell’aria Bonifica sulla litoranea - Nodi ambientali al Consiglio comunale

 

Il Comune di Muggia dovrà essere partecipe di tutte le decisioni in merito alla Ferriera di Servola; si dovrà discutere tra tutte le forze politiche sui dati sull’inquinamento in città e si dovranno anche effettuare nuovi rilevamenti della qualità dell’aria.
Sono precise richieste che saranno avanzate oggi in Consiglio comunale (alle 15) dal gruppo di Forza Italia, all’opposizione. I consiglieri presenteranno infatti una mozione, che fa seguito alle recenti affermazioni del sindaco Nesladek sulla riscontrata presenza d’inquinanti nell’aria, e alle vicende della Ferriera di Servola. Ma non sarà l’unico argomento legato all’ambiente in discussione. Tra i punti in agenda c’è infatti il nuovo Accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e poi bonifica nel Sito d’interesse nazionale di Trieste (Sin). Documento che riguarda anche il futuro della zona litoranea di Muggia, inserita nel Sin. Si parlerà anche di bioedilizia: una mozione del consigliere Lorenzo Gasperini (Fi) solleciterà adeguamenti alle norme urbanistiche locali per agevolare la qualità bioecologica degli interventi.

 

 

Barcola: distributore Tamoil: primo platano abbattuto

 

Per costruire il nuovo mega distributore di benzina a Barcola il 21 novembre hanno abbattuto il primo, meraviglioso, sano, enorme platano secolare e altri seguiranno. Questo è un delitto che colpisce tutti i triestini che hanno a cuore la loro città e non solo chi vi abita vicino, come subdolamente asserito da chi ha interesse che ciò avvenga.
Dove sono i Verdi? Dove sono i difensori dei diritti dei cittadini? E dove sono i bagnanti che verranno defraudati di una cinquantina di posti macchina?
Ci sentiamo traditi dai nostri amministratori che non avrebbero mai dovuto approvare tale scempio, ma in futuro ne terremo conto.
Fausto Massa, Doretta Martinoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2007 

 

 

La pulizia delle strade diventa meccanizzata «Differenziata» al 20% - Nel 2008 nelle zone pedonali 15 macchine

 

Il prossimo anno nelle strade cittadine ci saranno meno operatori con le ramazze in mano e più macchine spazzatrici. Una svolta meccanizzata nella pulizia che sarà inserita (come richiesto dal Comune all’AcegasAps) nella gara di appalto, indetta a primavera, per il prossimo servizio spazzamento urbano. Le macchinette pulitrici con mono operatore, in tutto una quindicina, entreranno in azione nelle aree pedonali e per eseguire la pulizia dei marciapiedi. Mezzi elettrici o versione diesel dalle dimensioni ridotte (larghezza di 80 centimetri), che grazie alla dotazione di una lancia e un serbatorio d’acqua consentiranno anche la pulizia di piccole superfici.
«Il servizio di spazzamento a Trieste è garantito attualmente dagli operatori (223.012 ore uomo nel 2006), con un utilizzo minimo dei mezzi meccanizzati (587 tonnellate di rifiuti). La fruizione di queste macchinette già testate in viale XX settembre - dice Paolo Rovis, assessore comunale con delega ai rapporti con le società partecipate - consentirà una maggiore efficienza e una contestuale riduzione dei costi».
Ma le novità in tema di rifiuti per il 2008 non si limiteranno alla pulizia delle strade. Nell’attesa che il piano rifiuti della Provincia, sullo smaltimento degli imballaggi, diventi operativo il Comune sta analizzando i dati sulla raccolta differenziata. «L’andamento è virtuoso, ormai Trieste si sta attestando nel 2007 attorno al 20 per cento», dice Rovis. I dati disponibili parlano di una crescita della raccolta differenziata, passata dalle 15.235 tonnellate nel 2004 (15 per cento, su un totale di 101.537 tonnellate) alle 19.253 del 2006 (19 per cento, su un totale di 101.418 tonnellate).
Nella raccolta differenziata, insomma, la città di Trieste è ancora lontana rispetto alle percentuali di altre città (nel comune di Padova, dove opera sempre l’AcegasAps, è stata di 42,40 per cento nel 2006). Ma qualcosa sta cambiando, almeno c’è un segnale. «Dobbiamo tenere conto della differente morfologia della nostra città - dice Rovis - Non bisogna poi dimenticare che il nostro termovalorizzatore produce energia (brucia 612 tonnellate di rifiuti al giorno, con una potenza elettrica prodotta di 14,9 MW)».
Gli sforzi per cercare di migliorare il servizio saranno concentrati su un rafforzamento nella raccolta degli imballaggi. Una raccolta differenziata per gli esercizi commerciali che, in alcuni casi, scaricano i cartoni direttamente nei cassonetti. Senza utilizzare i contenitori gialli per la raccolta carta. Nel dettaglio proprio carta e cartone (7.021 tonnellate) con il 6,90 per cento guida la raccolta differenziata nel 2006. Seguita con 2.117 tonnellate dai rifiuti ingombranti e con 2.138 tonnellate dal legno (2,10 per cento). Poco distante metallo e vetro, entrambi con una percentuale dell’1,90 (rispettivamente 1.959 e 1.938 tonnellate), mentre a parte gli inerti (1.188 tonnellate, 1,20 per cento) sono insignificanti gli altri dati. La plastica si ferma ad esempio allo 0,80 per cento con 813 tonnellate raccolte.
Bisogna lavorare ancora molto, insomma, a cominciare dai locali pubblici che stando alle statistiche non sono abituati a separare il vetro e la plastica dagli altri rifiuti. «Un passo alla volta, iniziamo con una raccolta dei cartoni», dice l’assessore Rovis.
Una scelta che il piano rifiuti dell’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, per la riuscita intende abbinare alla Tarsu («la tassa si paga in virtù di quanto si consuma»). Ma per l’entrata in vigore del Piano sugli imballaggi, che dovrà andare anche in Regione, bisognerà aspettare alcuni mesi. Poi sarà la volta delle altre categorie, a cominciare dalle batterie esauste, con l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata.

Pietro Comelli

 

 

Tagliati alberi centenari in Via Cologna - Proteste dei residenti: un uomo minaccia di legarsi al tronco di una pianta

 

Una ecatombe di acacie e di ippocastani con un residente che ha minacciato di legarsi ad un albero per bloccare tagli di fusti alti anche venti metri. È quanto è avvenuto ieri in via Cologna in un giardinetto di proprietà Ater, che fa da contorno ad un gruppo di case con appartamenti in affitto delle case popolari e condominiali.
A nulla però sono servite le vibrate proteste perché il taglio degli alberi, anche centenari, è proseguito nello spazio verde, posto dirimpetto al costruendo park interrato. Secondo la dirigenza delle case popolari, che a seguito delle proteste è intervenuta a verificare il decorso dell’intervento, questo sarebbe destinato a sistemare a giardino un terreno incolto, che otterrà vantaggi in tema di vivibilità dallo sfoltimento di alcune piante cresciute in modo spontaneo.
Ma gli abitanti della zona non ci stanno ed hanno protestato più volte, anche in modo vivace e colorito, con l’impresa Perla Due che sta facendo gli abbattimenti.
Tra i più arrabbiati c’è Mark Newbould, proprietario di un appartamento nel caseggiato ex Ater e che rimarca, dopo aver minacciato di legarsi ad un albero, come si fosse parlato di potatura delle piante del giardino e non di abbattimenti: «Ho comprato qua casa - dice - perché c’erano tutti questi alberi davanti. Ora con il taglio di tante piante come vista avrò un grande e grigio casermone. L’Ater non poteva promuovere un incontro con i residenti prima di agire? Non poteva consultarci prima di eliminare quasi tutto il polmone verde?».
Identico il parere di Mira Lenzer: «Hanno già tagliato 5 o 6 grossi fusti e hanno l’ordine di abbattere altri 7 enormi piante e 9 piccole tra ippocastani e acacie. Non è un delitto, visto che solo una era una pianta non sana?»
Chiamato in causa l’Ater parla per bocca del dirigente Enzo Macchiussi: «Prima di arrivare agli abbattimenti - spiega - abbiamo affidato ad un agronomo il compito di studiare la situazione. Per riqualificare il sito, ha consigliato di diradare le piante presenti che erano cresciute in modo spontaneo ed incolto, conservando gli alberi migliori. Pertanto si è deciso di eliminare le dieci acacie poste sul confine del giardino con la strada e quattro ippocastani dei quali almeno uno era morto. Il concetto è quello di ampliare gli spazi per migliorare la crescita delle piante restanti».
Ad intervento ultimato resteranno nel piccolo polmone verde 3 ippocastani, un olmo e due alberi di Giuda.
Al posto delle acacie eliminate, spiegano sempre all’Ater, verrà creata una siepe, piantata dell’erbetta e sistemate delle panchine e creati dei percorsi pedonali tra il verde della collinetta posta nelle adiacenze dei caseggiati.
Daria Camillucci

 

 

Accordo a Sistiana, polo turistico nell’ex Cava  - Intesa tra Soprintendenza, Comune di Duino Aurisina e Regione. Da definire solo piano colori e pietre

 

La proprietà non si sbilancia sull’inizio lavori: potrebbero cominciare tra uno o due mesi. Si partirà con gli edifici della parte alta, difficile l’opera a mare

DUINO AURISINA Pace fatta tra Soprintendenza, Comune di Duino Aurisina e Regione: può partire il progetto turistico nell’ex Cava di Sistiana.
Data storica, dopo 33 anni, quella di ieri: mai il progetto per la riqualificazione della Baia, in tutte le sue versioni, era arrivato a questo punto, quello in cui la concessione edilizia per la realizzazione del progetto nella Cava è efficace e utilizzabile praticamente da subito per posare la prima pietra del «Comparto 11», ovvero l'edificato, che comprende appartamenti per vacanze, alberghi e strutture ricettive. Così in realtà non sarà, perché la proprietà della Baia attenderà ancora qualche mese prima di dare il via ai lavori ma il momento, per il futuro di Duino Aurisina, è di quelli importanti.
Ieri mattina il sindaco Giorgio Ret, con la consulenza dell'avvocato del Comune, ha analizzato e accolto le richieste finali della Soprintendenza e al contempo ha annullato il ricorso al Tar pendente nei confronti della Soprintendenza stessa in calendario il prossimo 12 dicembre: l'accordo tra le parti, infatti, è arrivato dopo un mese di dialogo e colloqui tecnici, e si compone - come ha spiegato il primo cittadino di Duino Aurisina - di una serie di raccomandazioni e indicazioni dettate dalla Soprintendenza che l'amministrazione comunale intende seguire e fare rispettare alla proprietà della Baia. Il tema riguarda, in particolare, il piano colore e l'uso della pietra: la Soprintendenza ha voluto garantita la massima integrazione con il territorio e l'utilizzo di colori e materiali del posto. La documentazione relativa a questi due aspetti deve essere ancora presentata dalla proprietà della Baia all'amministrazione comunale e il sindaco si è impegnato a far valere le indicazioni del soprintendente Rezzi.
Costruzioni nella cava. Fatta salva la presentazione di questi due documenti, la posa della prima pietra nell’ex Cava è ora solo una questione di tempo da parte della proprietà della Baia, che non si sbilancia sul giorno in cui questa avverrà. Probabilmente ci vorrà un mese o forse due ma si tratta di questioni puramente operative e di cantiere: non più di blocchi di carattere amministrativo e burocratico. Si costruirà quindi il Comparto 11: l’ex Cava di Sistiana, attualmente in fase di rimodellamento, si trasformerà in un abitato composto da alberghi (il primo dei quali già venduto all'imprenditore Gilberto Benvenuti la scorsa estate), case per vacanze e strutture ricettive, una sorta di paese che si affaccerà sul mare. Contestualmente alla realizzazione del Comparto 11, partiranno anche le prime opere di urbanizzazione: si realizzerà il nuovo marciapiede tra Sistiana e l'ingresso della cava di fronte al Borgo San Mauro e si risolverà il problema delle acque meteoriche all'altezza dell'incrocio dei Tre Noci. Tornando alla realizzazione del Comparto 11, la proprietà ora dovrà decidere con cosa iniziare i lavori: dal punto di vista logistico, si affaccia l'ipotesi dell'avvio con la parte alta del costruito, per procedere poi in basso, verso il mare.
Bilancio. Scompaiono così anche i dubbi relativi alle entrate in Bilancio del Comune alla voce oneri di urbanizzazione: risolto il contenzioso con la Soprintendenza, infatti, i soldi già introitati dall'amministrazione per la concessione edilizia non sono in alcun modo vincolati e non lo saranno nemmeno i 300 mila euro circa che la proprietà verserà all'avvio dei lavori, quindi tra qualche mese, come costi di costruzione.
Futuro. Superato l'ostacolo con soddisfazione, ora Comune e proprietà guardano avanti: il prossimo passo, a livello di amministrazione e burocrazia, riguarda il Comparto 12, ovvero la parte più complicata del progetto nell’ex Cava, quella in riva al mare. E' previsto infatti l'affondamento di parte del fondo cava per realizzare una profonda insenatura, creando ex novo un porticciolo che non c'è. Congelato al momento invece il progetto per la Baia vera e propria: non sono previste nuove edificazioni ma solo il recupero di quanto esistente, oltre alla soluzione - come compete però al Comune - della situazione delle società nautiche.
Francesca Capodanno

 

 

Polo turistico nell’ex Cava: il sindaco: «Dopo 33 anni capitolo chiuso bene»  - Ret respinge le accuse di avere esercitato pressioni inappropriate: «Vittoria di tutti»

 

Anche il centrosinistra soddisfatto: «L’auspicata mediazione ha dato i suoi frutti». La proprietà: «Soluzione attuabile»

DUINO AURISINA «L'amministrazione comunale ha lavorato oltre un mese per trovare un accordo con la Soprintendenza nazionale ai beni culturali e ambientali.
In un clima molto positivo e propositivo abbiamo trovato la soluzione. Così c'è il via libera della Soprintendenza all'autorizzazione paesaggistica che rende efficace la concessione edilizia per il progetto turistico nell’ex Cava».
Così commenta il sindaco Ret, dopo un mese di intensi colloqui a Trieste e a Roma, la questione della Cava di Sistiana: «Mi hanno accusato di avere fatto pressioni ma la verità è assolutamente un'altra: alcuni gruppi che si opponevano al progetto hanno fatto precedenti pressioni, creando volutamente una confusione tra Baia e Cava. Ho dovuto a lungo lavorare per spiegare che il Comparto 11 nulla aveva a che fare con la Baia di Sistiana, ma si trova nell’ex Cava».
E' contento, il sindaco, che tutto sia finito per il meglio. «Mi aspettavo un percorso difficile - dichiara - dopo 33 anni di tormentone su questa Baia, ora credo che tutti devono essere soddisfatti, anche gli ambientalisti, perché è stato fatto il meglio a vantaggio di tutto il territorio».
Soddisfazione, in effetti, arriva anche dal centrosinistra, dove si sostiene che era necessario trovare un accordo con la Soprintendenza e che sarebbe stato inutile andare allo scontro, in sede Tar (Tribunale amministrativo regionale). «La mediazione, auspicata dal centrosinistra, ha dato i propri frutti» dice l'opposizione.
Il sindaco parla di «una vittoria di tutto il comune» ed è lusingato in particolare dell'avvio del dialogo con la Soprintendenza: «L'iter è ancora lungo, per le altre parti del progetto. Quanto costruito fin qui è solo il punto di partenza della collaborazione».
Dalla proprietà della Baia nessuna dichiarazione ufficiale, se non l'attesa dei documenti che attestano l'efficacia dell'accordo. «Siamo evidentemente soddisfatti - ha dichiarato il portavoce Cesare Bulfon -: l'accordo è stato un processo di carattere istituzionale e la soluzione che ci è stata prospettata è per noi attuabile e positiva».
Non si sbilancia, la proprietà, sul breve futuro, su cerimonie di posa della prima pietra e inizio lavori, ma il sindaco conferma che i tempi sono maturi: «Salvo gli adempimenti del Piano del colore e della specifica dei materiali, la pietra in particolare, la documentazione per il Comparto 11 è ora a posto. Alla fine, grazie alla collaborazione di tutti, questo progetto sarà più un ripristino ambientale che un grande insediamento».
fr. c.

 

 

Rigassificatori: nessun risparmio

 

Ho letto sulle «Segnalazioni» del Piccolo di Trieste dell’8 novembre l’intervento del signor Paolo Ruggieri sul «Rischio dei rigassificatori».
Concordo totalmente su quanto egli dice, ma ritengo tuttavia che nel suo intervento siano stati tralasciati alcuni problemi essenziali che tenterò di sintetizzare per una maggiore chiarezza sull’argomento. Viene dato credito alle parole del vicesindaco Paris Lippi con le quali asserisce che i rigassificatori porterebbero un notevole risparmio economico sui consumi di gas metano ai cittadini.
Devo, purtroppo, smentire questa illusione. Poco prima di essere sostituito nella carica di ad dell’Acegas Spa, il signor Giacomini (che più di un anno fa dava per scontata la presenza di almeno un rigassificatore), aveva quantificato un possibile risparmio per la famiglia media triestina, di 25/30 euro all’anno.
Una carità pelosa! Sui nuovi posti di lavoro: una delle società proponenti (l’Endesa), in sintonia con le corrispondenti notizie sulla manodopera occorrente per far funzionare «la bestia inquinante», ha indicato nel proprio Sia (Studio di impatto ambientale) una forza lavoro tecnica – specializzata di 70 (settanta) unità. Settanta assunzioni su 650/700 milioni di euro impiegati creano una proporzione di assoluto squilibrio. Le proporzioni devono essere ben altre per poter considerare l’impegno valido sotto il profilo dell’interesse economico sociale. I parametri logici sono ben altri.
Un esempio? Pasta Zara: con un quarto della spesa sopra indicata, ha assunto quasi il triplo del personale previsto per il rigassificatore. Il signor Ruggieri chiede, con evidente ironia, perché la popolazione non viene informata sui rischi che tali impianti comportano. Se le istituzioni facessero informazione, i cittadini saprebbero la verità, e il business programmato sui rigassificatori andrebbe all’aria.
Sulla sicurezza: oltre alla Legge Seveso, correttamente citata, ci sono innumerevoli accordi protocollari internazionali (accettati e sottoscritti anche dall’Italia), da cui sorge il divieto di costruire impianti pericolosi a ridosso dei centri abitati. C’è poi l’obbligo per le istituzioni di coinvolgere consapevolmente e in modo partecipativo le popolazioni dei siti compromessi da simili impianti.
Non c’è nulla di tutto questo. L’ho già detto e lo ripeto: qui si vive all’ombra della legalità e in totale separatezza dalla realtà. Per avere alfine un quadro abbastanza realistico su «Il peggior incidente immaginabile», ho letto da «La sfida del secolo» di Piero Angela (vedi pagg. 99/100) l’accadimento incidentale legato alle metaniere e quindi al metano: «L’incidente più catastrofico immaginabile tra tutte le fonti energetiche».
Il saggista Angela, fa riferimento soltanto a una metaniera da 125.000 mc, che, in caso di incidente o di un non escludibile attacco terroristico, potrebbe innescare una catastrofe, definita dal citato autore «...corrispondente a un megaton, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche».
Ma qui da noi (in specie nel sito di Zaule), oltre alle metaniere si devono aggiungere i due enormi serbatoi da 150.000 mc ciascuno, esposti a terra vicino al rigassificatore, quindi il pericolo che noi corriamo (in potenza distruttiva) dev’essere valutato tre volte maggiore di quello considerato da Piero Angela: l’Apocalisse!
La controparte parlerà di allarmismo e utopia, perciò non attuabile: lo ha forse stabilito il calcolo razionale? Io dico di no, perché è stato volutamente dimenticato il «fattore X»: l’imponderabile.
Giorgio Jercog

 

 

Pista ciclabile

 

Vorrei gentilmente avere una risposta dal Comune o dalla Regione (non so di chi sia la competenza) riguardo alla mancata attivazione dell’illuminazione della galleria sotto Cattinara sulla pista ciclabile Trieste-Draga Sant’Elia.
Dato che percorrere la suddetta galleria (che si sviluppa in curva) a piedi o peggio in bicicletta con famiglia al seguito risulta scomodo e pericoloso sia per i pedoni sia per i ciclisti, mi chiedo a quando l’attivazione. Per altro l’impianto è già completato e pronto all’uso da tempo e anzi, il tutto si sta degradando con le lampade interrate completamente coperte dalla ghiaia. Non vorrei che questo fosse l’ennesimo esempio di soldi (nostri) buttati al vento. Attendo con fiducia una risposta da chi di dovere.
Andrea Mandich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2007

 

 

Santuz: la terza corsia sarà pronta già nel 2014 Autovie rincara i pedaggi dei Tir, piano all’Anas

 

Il via libera di Prodi alla nomina del commissario accelera i tempi dell’opera. Sonego: «Ora ci sono più certezze»

TRIESTE Si muove Bruxelles, si muove il governo Prodi. Dopo i 74 milioni finanziati dalla Commissione europea per la progettazione della Trieste-Divaccia e Ronchi Sud-Trieste, il via libera del premier alla nomina del commissario per la terza corsia sulla autostrada A4, sollecitato dal governatore Illy (con una lettera), accelera la realizzazione delle grandi opere viarie in Friuli Venezia Giulia. Il presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, ora è convinto di essere sulla strada giusta. La firma della convenzione fra Autovie e Anas sbloccava impegni finanziari e investimenti ma non garantiva tempi rapidi. L’arrivo del commissario consentirà invece di risparmiare due-tre anni di tempo (per la terza corsia fatta e inaugurata si parla del 2016, ora il traguardo potrebbe essere 2014): «Commissariati? Non ci sentiamo affatto commissariati -dice Santuz. Questa nomina (servirà un decreto del Consiglio dei ministri, ndr.) è da noi graditissima perchè accelera i tempi della burocrazia e velocizza i progetti. Non influirà sulla gestione di Autovie». Illy, nella lettera inviata a Prodi e ai ministri competenti Di Pietro e Bianchi, ha chiesto «misure straordinarie» per la viabilità in Friuli Venezia Giulia, inasprimenti tariffari per convincere i Tir a viaggiare di notte liberando l’autostrada dal traffico pesante durante il giorno. Nella lettera al Professore il governatore scrive che gli autocarri che transitano attraverso le nostre autostrade producono un'usura dieci volte superiore rispetto alle automobili, pagando un pedaggio che è appena il doppio.
E qui Santuz annuncia di essersi già mosso: «Abbiamo già spedito una proposta di aumento delle tariffe per i Tir all’Anas. Di quanto? Per ora non posso dirlo. Ma è un provvedimento urgente e indispensabile. L’autostrada A4 è stata invasa da autotreni provenienti dall’Est Europa che viaggiano verso Ovest, intasano il traffico, logorano il manto stradale».
L’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, considera l’arrivo del commissario come una svolta attesa e positiva. Sonego insiste sul fatto che Illy non si è limitato però a sollecitare Prodi sulla nomina del commissario e sulle tariffe, ma ha chiesto al premier di definire una politica industriale e dei trasporti complessiva per il Nordest. Prodi (che ai tempi dell’Iri a metà anni Ottanta aveva governato con affollatissime conferenze dei servizi la crisi delle partecipazioni statali a Trieste) ha raccolto il messaggio: «Mi sembra significativo -sottolinea Sonego- che nella ripartizione dei fondi destinati al Corridoio 5, gli unici finanziamenti programmati da Bruxelles a Nordest (una settantina di milioni) siano stati destinati alla Trieste-Divaccia e alla Ronchi Sud-Trieste. La realizzazione della terza corsia è un risultato che ci stiamo guadagnando sul campo». Anche il dialogo con il governatore del Veneto Galan funziona? «Sì, ma noi facciamo la nostra politica, scandisce Sonego. E nel campo delle infrastrutture abbiamo recuperato tutto lo svantaggio rispetto al Veneto».
Per l’assessore regionale ai Trasporti «la terza corsia ha subìto una accelerazione consistente negli ultimi tre mesi. Stiamo andando avanti con la progettazione». Ma a che punto sono i progetti? Santuz chiarisce che è stata avviata la gara per affidare la progettazione delle tratte fra Porpetto e Villesse e da San Michele al Tagliamento fino a San Donà-Quarto d’Altino. Già completato l’iter per il ponte sul Piave: qui Autovie ha già affidato la progettazione.
Lo scorso luglio il Ministero delle Infrastrutture ha dato il via libera alla progettazione dell’intera opera senza porre vincoli. Se per i tratti in cui non è previsto affiancamento con la ferrovia non ci sono problemi, per gli altri si attende la definizione del tracciato della linea ad alta capacità. Santuz, a questo punto, accelera i tempi della realizzazione della terza corsia. La Giunta Illy ha ottenuto garanzie sufficienti da Prodi: «Possiamo lavorare in un quadro di certezze definite -commenta Sonego. Forse siamo messi anche meglio rispetto al Veneto». A questo punto la partita si sposta nuovamente a Roma: si attende il decreto per la nomina del commissario. E per la terza corsia comincia un’altra storia.

Piercarlo Fiumanò

 

 

Wwf: «Niente edifici ai laghetti delle Noghere»  - «Per erigere un capannone minacciate alcune specie protette»

 

Il movimento ambientalista polemizza con la Regione e il Comune di Muggia

Il Wwf regionale chiede che attorno al biotopo dei laghetti delle Noghere sia creata una zona di protezione, ma anche che siano fermate le edificazioni in progetto. La richiesta non è nuova, e trae origine dall’autorizzazione paesaggistica rilasciata di recente dalla Regione ad una società per la costruzione di un capannone (per rimessaggio camper e roulotte) nell’area vicina ai laghetti. «Per costruirlo – dice Dario Predonzan, responsabile territorio del Wwf regionale - verrebbero anche distrutte alcune migliaia di metri quadrati di bosco planiziale igrofilo, una formazione di grande valenza naturalistica». Critica quindi l’autorizzazione regionale, e quella rilasciata dall’Ispettorato ripartimentale delle Foreste per il taglio delle aree boscate. «Si tratta – osserva Predonzan – dell’ennesima dimostrazione di noncuranza per i beni paesaggistici». La prevista «compensazione», cioè un parziale rimboschimento lungo l’argine dell’Ospo, non basterebbe a salvaguardare l’ habitat della zona umida dei laghetti. Già nel febbraio scorso il Wwf aveva chiesto di fermare il progetto, e aveva ritenuto inaccettabile la «compensazione» prevista allora, che doveva essere fatta mediante la manutenzione di pinete a Draga S.Elia, quindi in tutt’altra zona. Il Wwf, avvalendosi di una relazione del naturalista Cristian Trani, osserva che la costruzione del capannone con le annesse infrastrutture «avrà un impatto negativo sulla fauna locale, di cui fanno parte uccelli e anfibi protetti da direttive europee». Perciò Predonzan chiede che sia realizzata una zona cuscinetto intorno al perimetro dei laghetti, ma per un’effettiva tutela va modificata la destinazione urbanistica: «Oggi la porzione di territorio tra il rio Ospo e la strada provinciale è classificata “zona industriale di interesse regionale”, malgrado la presenza del vincolo paesaggistico del 1991. Lo stesso piano regolatore di Muggia sovrappone alla zona industriale un’area “di interesse ambientale”, che include anche i laghetti delle Noghere». Tali richieste sono state inviate anche al Comune di Muggia.
s.re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2007 

 

 

Legambiente dice no alla galleria sul Carso  - Chiesto un confronto con il presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del Corridoio 5

 

Per l’associazione sono da individuare soluzioni e opere meno impattanti

Legambiente chiede un incontro al presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del passaggio del Corridoio 5 in regione che l’associazione ritiene poco chiari e non concordati con popolazioni e istituzioni locali. «Non è detto che la strada della legge-obiettivo - ha affermato ieri a Monfalcone il vicedirettore generale di Legambiente Andrea Poggio - sia più veloce e il caso della Val di Susa dimostra che il percorso più rapido è quello fatto di ascolto, dialogo e poi, sì certamente, anche da una decisione finale. Per questo chiediamo che le opere relative alla realizzazione della Venezia-Trieste siano stralciate dalla legge obiettivo». Alla Regione l’associazione ieri è tornata comunque a domandare il rispetto della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia nel 2001, sulla partecipazione del pubblico alle decisioni relative a opere di questa portata, ma non solo. Legambiente vuole soprattutto chiarezza sulle caratteristiche tecniche della linea, definendo cioé velocità massima da raggiungere e sistema di alimentazione. «È un parametro non indifferente, se si considera - ha spiegato Rudy Fumolo, coordinatore assieme ad Andrea Wehrenfennig del gruppo sui trasporti di Legambiente Fvg - che linee di 25 Kilovolt sono rivelatrici di un progetto orientato all’alta velocità, oltre 250 chilometri all’ora, diversamente da una normale alimentazione elettrica a 3 Kilovolt, che viene utilizzata per linee ferroviarie che possono raggiungere i 180-200 km/h. I dati a nostra disposizione dicono le Ferrovie stanno lavorando su un progetto di alta velocità classica». Legambiente chiede alla Regione di rinunciare alla galleria Ronchi-Trieste e che si vada a una comparazione con un progetto di ferrovia ordinaria, avviando così una concertazione tra più soggetti che, in tempi definiti, individui le opere e le relative soluzioni meno impattanti. «Se l’obiettivo è quello di rafforzare il traffico merci, che si proceda a tassare il traffico pesante - ha osservato Fumolo -, perché al momento la Venezia-Trieste è percorsa ogni giorno da 83 convogli merci, mentre ne potrebbe veder transitare fino a 230, senza grossi interventi». Legambiente propone la velocizzazione della Mestre-Ronchi dai 150 chilometri all’ora attuali a 180-200 chilometri orari e il potenziamento dei circa 12 chilometri esistenti tra il bivio di San Polo a Monfalcone e il bivio di Aurisina. Opere che garantirebbero «un aumento della capacità per il traffico merci sull’asse del progetto prioritario numero 6 senza devastare il territorio della Bassa friulana e il Carso». Per migliorare il collegamento tra Italia e Slovenia l’associazione sposa invece la creazione di un breve tunnel ferroviario tra Muggia e Capodistria.
«Questo breve tratto può essere finanziato - ha detto Wehrenfennig - utilizzando i fondi richiesti all’Ue per il collegamento Trieste-Divaccia del tutto superfluo dato che dovrebbe comunque collegarsi alla nuova linea a binario unico della Capodistria-Divaccia, da costruire». Legambiente non è contraria in modo pregiudiziale al Corridoio 5, ha sottolineato Michele Tonzar, coordinatore regionale, ma non vuole che in regione siano create cattedrali nel deserto con spreco di risorse pubbliche. «Non è inoltre escluso che qui si ripeta quanto accaduto in Val di Susa - ha osservato Tonzar - nel momento in cui si avvicina il momento di espropriare i terreni e decidere quali abitazioni saranno sacrificate al passaggio del Corridoio 5».
Laura Blasich

 

 

Commissario per la terza corsia: via libera del premier - Disco verde anche alla richiesta di Illy di aumentare i pedaggi autostradali per i Tir

 

I nodi delle infrastrutture viarie al centro di un vertice tra il presidente del Friuli Venezia Giulia e il capo del governo

VENEZIA Un commissario per accelerare la realizzazione della terza corsia da Trieste a Venezia. Lo sta chiedendo da tempo il presidente della Regione Riccardo Illy per realizzare prima possibile questa infrastruttura indispensabile per uscire dalla drammatica saturazione che blocca l’autostrada e ieri ha avuto una risposta positiva dal presidente del Consiglio Romano Prodi. Ma Illy ha avuto anche l’ok dal premier sulla possibilità di aumentare le tariffe autostradali per i Tir per indurli a viaggiare di notte.
Ieri all’ora di pranzo nel cantiere di Venezia in occasione della cerimonia di consegna della Queen Victoria da parte della Fincantieri all’inglese Cunard il vertice tra il presidente del Friuli Venezia Giulia Illy e il premier Prodi. Un incontro fitto in cui Illy ha consegnato un documento in cui spiega le motivazoni della richiesta del commissario. Una scelta che, secondo lo stesso presidente, permetterà di risparmiare uno o due anni nella realizzazione di questa corsia che è indispensabile per evitare i blocchi del traffico leggero e pesante. Prodi ha detto a Illy che esaminerà il documento e ha comunque dato già la sua disponibilità. Ok anche al piano per l’aumento delle tariffe autostradali a carico dei Tir che vogliono viaggiare di giorno per invogliarli piuttosto a effettuare i trasporti di notte e alleggerire la pressione sull’autostrada.
Un tema cruciale quello delle infrastrutture nel Nordest e ieri Illy ne ha sicuramente parlato anche con il viceministro ai trasporti Cesare De Piccoli ma anche poi con il presidente della Commissione europea dei trasporti, Paolo Costa (entrambi presenti alla cerimonia) che sta seguendo da vicino tutto il Corridoio multimodale quinto. Presente anche il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, assente invece il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan.
Servono 8 anni per realizzare la terza corsia e per viaggiare senza rallentamenti e blocchi tra Trieste e Venezia, questi i tempi del progetto emersi proprio recentemente a Roma (era l’inizio di novembre) in occasione della firma della convenzione sottoscritta da Autovie Venete con l’Anas alla presenza del ministro alle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. Impegni finanziari, investimenti della società autostradale, un crono programma preciso: questa la scaletta prevista a Roma con un panorama chiarissimo. Se si va per le vie ordinarie, ovvero senza commissario, la terza corsia non sarà pronta fino al 2016. Troppi per il Nordest che è carente di infrastrutture e che ora sono anche sature. L’unica via di accelerazione è il commissario, una figura con poteri straordinari in grado di dare una svolta. Una svolta chiesta e ottenuta da Illy dopo l’incontro con Prodi.
g. g.

 

 

Rifiuti, a Muggia entro l’anno raccolta per il compostaggio

 

L’operazione riguarderà le sostanze organiche: verranno destinate direttamente all’impianto. Dalla Provincia 81mila euro

MUGGIA Entro l'anno partirà a Muggia per la prima volta la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Un toccasana non solo per l'ambiente ma anche per le casse comunali: in questo modo scarti alimentari, vegetali, animali, sfalci e residui di potatura invece di essere portati al termovalorizzatore (per il quale l'Ente paga a peso), verranno destinati direttamente all'impianto di compostaggio a costo zero.
Il servizio sarà possibile grazie a un finanziamento di oltre 81 mila euro erogato dalla Provincia di Trieste al Comune di Muggia proprio a questo scopo.
«Entro novembre - assicura il sindaco Nerio Nesladek - convocheremo una riunione con le grandi utenze del territorio e con le rappresentanze di categoria per individuare una mappatura delle zone che necessitano della raccolta dei rifiuti organici. Il Comune ha già individuato 81 punti, da Lazzaretto ad Aquilinia, tra supermercati, trattorie, scuole e caserme ma ora dovranno essere i diretti interessati a confermare la necessità di questo servizio e le modalità. Sarà infatti necessario capire anche gli orari più adeguati nei quali intervenire». Il Comune provvederà ad acquistare in tempi brevi una trentina di contenitori destinati ai rifiuti organici che andranno ad aggiungersi ai 50 già comperati ed utilizzati in occasione del Carnevale. Inoltre, spetterà sempre agli uffici del municipio la distribuzione di appositi sacchetti di nylon biodegradabili. Non appena verranno stabilite le modalità di raccolta, il Comune partirà con una campagna informativa a tappeto con depliant e manifesti. «Questa fase preliminare - conclude il primo cittadino - ci consentirà di collaudare un servizio, quello della raccolta differenziata, che con l'anno prossimo incomincerà a entrare a pieno regime non solo per le grandi utenze ma per tutti i cittadini». «Abbiamo destinato questo finanziamento al Comune di Muggia - spiega l'assessore provinciale al Territorio e ambiente Ondina Barduzzi - perchè a livello di progettazione ha dimostrato di allinearsi alle nostre politiche nel settore della raccolta differenziata. Come amministrazione provinciale infatti, ci siamo posti l'obiettivo di adeguarci entro il 2008 a quanto previsto in materia dalle norme comunitarie. È per questa ragione che abbiamo già stanziato un ulteriore finanziamento complessivo di 400 mila euro per tutti i Comuni della provincia che hanno presentato progetti sia per raccolta differenziata, sia per la trasformazione della Tarsu in Tia». «In questi giorni - conclude la Barduzzi - stiamo valutando i progetti che sono già pervenuti nei nostri uffici. Contiamo di esaurire la disamina delle proposte delle amministrazioni comunali entro la fine dell'anno».
Silvia Stern

 

 

Pista poco piacevole

 

Scrivo riguardo la pista ciclabile da Campanelle ad Altura, finalmente finita. È divisa in due parti: una di circa 1 metro di mattonelle, – bellissima – l’altra di 2 metri asfaltata, credo, per le biciclette, bruttissima da vedere in mezzo al verde. Il Comune non poteva lasciare al posto dell’asfalto la terra battuta ed asfaltare piuttosto tutte le buche che ci sono in città?
Moreno Montalto

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2007 

 

 

I pedoni testano la pista di Altura - Sopralluogo di Coped-Camminatrieste fino a Campanelle

 

Una comitiva di circa 30 persone ha inaugurato ieri pomeriggio il nuovo tratto della pista ciclo-pedonale che da Altura si snoda fino al rione di Campanelle. A intraprendere questa passeggiata autunnale di circa due chilometri, sfidando anche il maltempo, sono stati i soci di Coped CamminaTrieste, che guidati dal presidente Sergio Tremul hanno così visionato di persona il tanto atteso completamento dei lavori. «Iniziative come questa – ha spiegato il presidente Tremul prima della partenza – tengono viva la nostra voglia di scoprire la città a piedi. Questo è solo un assaggio: a primavera, con il completamento degli altri tratti della pista ciclabile, organizzeremo nuove passeggiate e stiamo pensando anche a un weekend in Val Rosandra». I partecipanti, infatti, si sono trovati attorno alle 14.15 in Barriera e hanno raggiunto Altura con i mezzi pubblici, prendendo il bus 48. Dopo aver percorso a piedi i due chilometri di pista panoramica, sono scesi nuovamente in città da Campanelle, stavolta con la 33. «Non è la prima volta che anticipiamo le inaugurazioni ufficiali testando per primi i nuovi percorsi – ha continuato Tremul -: già con il bosco del Farneto lo avevamo fatto, portando con noi anche gli studenti delle scuole e un gruppo di non vedenti».
Prima di vedere completata l’intera pista ciclabile, che dal centro si snoderà fino alla Slovenia, bisognerà però attendere il 2008: i lavori, iniziati nel 2000, sono in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia. All’inizio del prossimo anno verrà realizzata la passerella metallica sopra via dell’Istria, che permetterà di sviluppare il percorso che S.Giacomo arriverà fino a Draga S.Elia, snodandosi lungo il tracciato della ferrovia Campo Marzio. Una volta completata la passatoia, verrà ultimata anche la parte della pista tra le vie Ponziana e Orlandini.
e.l.

 

 

Semafori sulle Rive

 

Nonostante qualche giustificazione già fornita sulla decisione di rendere alcuni semafori di attraversamento pedonale delle Rive non sincronizzati nelle due carreggiate, non riesco ancora a capirne l’utilità. Si costringono pertanto le persone a fermarsi anche per settanta secondi sul salvagente centrale in attesa del via libera sulla carreggiata opposta (Riva III Novembre, semaforo di fronte al Caffé Tommaseo).
Recentemente sono ritornato dalla civilissima e rispettosa Londra, dove agli incroci importanti, nel caso di traffico fermo, è ben indicato a terra il divieto per i veicoli di occupare l’area di intersecazione delle due strade, onde evitare il blocco della circolazione nell’altra direzione (puntualmente rispettato). Ho notato anche il sistema semaforico della Cromwell Road, una larga e lunga strada a scorrimento veloce che collega il centro della città con le autostrade, dotata di due carreggiate distinte con tre corsie per carreggiata. I numerosissimi attraversamenti pedonali con salvagente centrale hanno i semafori tutti regolati in modo tale da dare il verde ai pedoni contemporaneamente su tutte e due le carreggiate o al massimo dopo pochissimi secondi, assecondando così, senza fermate al centro strada, l’attraversamento dei pedoni. Il flusso veicolare, che si può stimare in 8-10 volte quello delle nostre Rive non subisce rallentamenti o altre penalizzazioni nelle due direzioni della regolazione semaforica sopra descritta.
È proprio necessario che a Trieste coloro che attraversano le Rive si debbano fermare al centro della carreggiata, talvolta in lunga attesa del verde, per raggiungere la parte opposta? Si è voluto enfatizzare il veloce scorrimento veicolare lungo le Rive riqualificate, come se qualche manciata di secondi avesse un’enorme importanza strategica, dimenticando che il più debole fra l’automobile e il pedone è quest’ultimo. Auspico quindi che venga realizzata una più attenta regolazione delle sequenze semaforiche per agevolare i pedoni senza che ciò provochi alcuna ripercussione significativa sul flusso veicolare.
Bernardino de Hassek

 

 

Difendere il tram

 

Sul Piccolo del 16 novembre è stato pubblicato l’ennesimo intervento riguardo al tram di Opicina. È giusto parlarne, il tram non è un mezzo di trasporto qualunque, fra l’altro è uno dei simboli della città. È giusto chiedersi e chiedere spiegazioni a chi è in grado di darle, per essere informati se, quando e come riprenderà a funzionare e su chi ricade la responsabilità dell’attuale situazione di incertezza.
Sono passati 30 mesi dall’inizio dei lavori straordinari, con uno sforamento di 24 mesi sulle previsioni, spendendo 7.450.000 euro, che prevedevano nel programma di questa spesa pure una serie di lavori marginali, ma non per questo meno importanti, che non sono mai stati iniziati e alcuni mai terminati (chioschi delle fermate intermedie).
In questi mesi c’è stato un continuo susseguirsi di incidenti di tutti i tipi, quindi una continua incertezza sulla funzionalità del tram, che a lungo andare ha disamorato l’utenza.
Su tutto regnava l’assoluto silenzio del Comune, rotto nell’articolo del 16 novembre dal signor Giuseppe Colotti, consigliere comunale, che sull’argomento non ha trovato niente di meglio da dire «che i ragazzi preferiscono il motorino al tram». Si riferiva ai giovani dell’altipiano o ai giovani in generale? Perché in questo secondo caso pian piano si potrebbe incominciare a sopprimere oltre al nostro tram anche gli autobus, il che porterebbe un bel risparmio al Comune, che potrebbe così per esempio diminuire le tasse comunali.
Il ruolo istituzionale del signor Colotti non sarebbe piuttosto quello di partecipare a salvaguardare il bene prezioso che è costituito dal nostro tram? E per finire vogliamo far presente a chi ci governa che in tutta Europa chi ha i tram se li tengono cari soprattutto perché non inquinano l’ambiente.
Giovanna Crismani Venturini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2007 

 

 

Ferriera, esami dell’Azienda sanitaria su cinquanta lavoratori

 

Sta per concludersi la «settimana di controllo sanitario» sui lavoratori della Ferriera disposta dall’Azienda sanitaria per il reparto cokeria. Lunedì scorso a una cinquantina di operai è stato prelevato un campione di urina, oggi l’operazione sarà ripetuta: lo scopo è di mettere a confronto la concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, verranno inviati per le analisi a un laboratorio specializzato di Brescia. Contemporaneamente è stata avviata l’indagine ambientale. All’interno della fabbrica sono state installate dieci centraline del Cnr, una dell’Arpa e tre dispositivi di captazione dell’aria sistemati addosso ai lavoratori.
Vengono prelevati tre campioni al giorno per ciascuna delle undici centraline. Le analisi avverranno separatamente: l’Arpa regionale farà la propria lettura, e il Cnr porterà i campioni nei propri laboratori a Roma. Quando l’esito sarà disponibile l’Azienda sanitaria ne porterà i risultati al tavolo regionale sulla Ferriera, cui partecipano gli enti amministrativi, l’Arpa, l’Azienda sanitaria e i sindacati.
Intanto si stanno ultimando gli accordi con gli istituti di Medicina del lavoro di Trieste e Udine, nonché col Burlo Garofolo, per dare avvio all’indagine sull’eventuale assorbimento di diossine da parte della popolazione di Servola.

 

 

L’auto resti a casa: iniziativa del Coped

 

Invitare i cittadini a lasciare a casa l’auto per un giorno e offrire la possibilità di cogliere insoliti e suggestivi scorci della città. È lo spirito dell’iniziativa lanciata dal Coped-CamminaTrieste che oggi, con ritrovo alle 14.15 in largo Barriera, promuove una passeggiata autunalle attraverso la pista ciclo-pedonale da Altura a Campanelle.

 

 

Mille firme per via Donizetti pedonale L’assessore Bucci: progetto pronto - E i Cittadini per Trieste lanciano l’idea: corso Italia chiuso in alcune fasce orarie

 

Mille firme per pedonalizzare via Donizetti. Le adesioni sono state raccolte la scorsa primavera tra i clienti del caffè San Marco e dell’omonima libreria, entrambi affacciati (almeno in parte) sulla via che collega le vie Battisti e San Francesco. Ma «le firme le abbiamo consegnate all’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci senza vedere alcun risultato», sostiene l’amministratore della libreria Alexandros Delithanassis. Bucci però replica: «Ho visto tutto, ho già fatto fare un progetto di massima».
L’iniziativa dei due esercizi, spiega Delithanassis, è nata in considerazione della «notevole condizione di abbandono in cui versa la via» in questione, che invece potrebbe divenire spazio all’aperto sia per il caffè che per organizzare in estate «un piccolo polo artistico di qualità: ne abbiamo già parlato con vari artisti». Inoltre la zona è frequentata da numerosi turisti che vi giungono anche per visitare la sinagoga. Ma, appunto, «sinora non abbiamo avuto alcun risultato».
Bucci, si diceva, rassicura: il progetto, redatto dagli uffici comunali, «è in fase di approvazione» da parte della giunta. «L’ipotesi però - precisa l’assessore - non è quella di pedonalizzare totalmente la via, bensì di ampliarne notevolmente uno dei marciapiedi - e dovremo stabilire quale, anche se il buon senso direbbe quello sul lato della sinagoga - così da realizzare un buono spazio pedonale senza togliere al contempo l’area di carico e scarico oggi presente nella via. Perché non vorrei - precisa Bucci - che poi i residenti o i commercianti mi contestassero di avere cancellato quelle aree, e di conseguenza alcuni posti auto occupati dai camion che da qualche parte dovrebbero comunque fermarsi». Insomma, il messaggio dell’assessore è: «Sono pronto a pedonalizzare anche domattina, ma valutiamo la misura in cui intervenire».
E intanto, nell’inesausta discussione su aree pedonali e chiusure al traffico, in una nota il gruppo di lavoro dei Cittadini sulla viabilità lancia quella che Bucci definisce prontamente «una buona idea». Si parte da una constatazione: «Tra le 10 e le 12 e tra le 16 e le 18 di ogni giorno le strade del centro sono praticamente prive di traffico: ci sono solo vetture parcheggiate». Dunque in quegli orari si potrebbe pensare a «deviare i pochi mezzi» in circolazione «su percorsi alternativi forse un po' più lunghi, ma altrettanto deserti, e chiudere del tutto corso Italia e via Roma». Negli stessi orari i bus potrebbero comunque procedere, ma a passo d’uomo, nelle aree chiuse. Il tutto andrebbe completato con la possibilità di parcheggio al Molo Quarto.

 

 

La Ferriera non può chiudere

 

Mentre a Trieste si discute sul destino della Ferriera, a S. Giorgio di Nogaro Akhmetov compra la Trametal, impianto siderurgico da 350.000 tonnellate. A Verona i russi già possiedono la Ferriera Valsider.
I triestini debbono farsi chiudere uno stabilimento che funziona, visto l’andamento dell’acciaio? Noi dobbiamo stare zitti e subire i veti dei Verdi, della destra che vuol fare la «piccola Montecarlo» di questa sfortunata città che non ha più occhi per piangere, per come ci hanno ridotto certi politici.
Noi, donne che hanno come figli, fratelli, mariti, uomini che vivono lavorando in quello stabilimento dobbiamo unirci e gridare forte la nostra protesta contro i mille allarmismi che giungono da parti interessate a fomentare odio fra cittadini, rancore e ostilità, verso chi vuole solo lavorare per vivere.
Lavorare onestamente senza pesare su nessuno, senza chiedere aiuto a nessuno, famiglie che vogliono vivere senza che i figli vengano dileggiati a scuola perché il loro padre lavora nella Ferriera, dove i signori servolani hanno lavorato per un secolo.
Ora arriva il sindaco friulano e la Ferriera si deve chiudere? Aprite il tavolo delle trattative con Arvedi e finitela di strombazzare a destra e a manca la storia dell’inquinamento, perché allora si devono chiudere gli aeroporti, le stazioni, le autostrade. È questo il vostro concetto di andare avanti? Di porci come paese europeo a tutti gli effetti?
È come parlare dell’energia nucleare. Tutta Europa ha centrali nucleari: producono energia pulita, noi la compriamo da loro a caro prezzo; credete forse che se succedesse qualcosa in una centrale nucleare di un paese limitrofo noi non ne verremmo toccati?
Vorrei che gli operai e le loro famiglie si trovassero uniti nella lotta alla salvaguardia del posto di lavoro, uniti a combattere questa campagna di livore e odio lanciata contro uno dei pochi posti di lavoro esistenti nella nostra città. Difendiamo la nostra dignità di esseri umani e di lavoratori!
Signor sindaco, ci assumerà tutti lei nei suoi supermercati? Ci daranno posti di lavoro i signori che siedono in Comune? Tutti così sicuri del loro cadreghino, con relativo emolumento, così beati a disquisire sulla salute e l’aria pulita (che non esiste più da nessuna parte) e così pronti a gettare nella disperazione famiglie intere in nome di... in nome di cosa?
Grazie a chi ci appoggerà a livello politico, poiché ricordatevi egregi signori che anche noi abbiamo, pur se trattati da paria, diritto di voto e ogni voto delle mille persone che lì lavorano deve essere moltiplicato per i componenti delle loro famiglie.
Come al solito, ora che l’acciaio ha un mercato sempre più forte deve sparire da Trieste.
Cui prodest?
Norvena Pecorella

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2007 

 

 

Posti auto a pagamento in strada Trieste fra le ultime dieci in Italia  - Studio della Confcommercio e della Aipark. Gli stalli in superficie sono circa 2mila

 

Lo studio propone una serie di tariffe differenziate a seconda delle zone - Mezzi pubblici: l’87 per cento favorisce l’accesso dei disabili

A Trieste ci sono poche «zone blu». Posti auto su strada che, proprio per il fatto di essere a pagamento, consentono una rotazione continua e impediscono la sosta prolungata (anche di mesi) nelle aree libere.
Il dato è contenuto nello studio della Confcommercio e della Aipark, presentato ieri a Roma, che fotografa la realtà italiana dei parcheggi a pagamento (su strada e in struttura). Un’indagine che ha ricevuto risposta da 84 dei 111 Comuni capoluogo di provincia interpellati; quello di Trieste non si è sottratto alla richiesta, finendo nella lista delle dieci città dove il rapporto abitanti/posto auto su strada a pagamento è fra i peggiori. Un dato che potrà far piacere ai cittadini, non alla Confcommercio.
Il braccio di ferro fra i piccoli commercianti e la grande distribuzione, infatti, poggia in molti casi proprio sulla disponibilità di parcheggi. Un posto auto all’interno di un centro commerciale si trova sempre, mentre lasciare la macchina nelle città italiane per andare a fare shopping è sempre più difficile. La maglia nera spetta a Caltanissetta (un posto ogni 303 abitanti), mentre Trieste si ferma all’ottavo posto ma fra le ultime dieci in Italia. Il rapporto è di 116,14 e, visti i numeri della città, prende come riferimento all’incirca i 2000 posti auto blu.
Parcheggi a pagamento in superficie, disciplinati quasi tutti con i parcometri, così ripartiti: 1000 posti gestiti dall’Agenzia per la mobilità territoriale; 800 lungo le Rive al momento affidate ad alcune cooperative (Cgs, San Cristoforo e Aci servizi; tranne l’area Bianchi di competenza della Amt) e 200 da Saba Italia.
«L’indagine evidenzia che la sosta tariffata - si legge nell’estratto del documento della Confcommercio e della AiPark - comincia ad avere una parte importante nella vita cittadina. La regolamentazione dell’uso delle strade urbane con l’introduzione della sosta tariffata è ormai una realtà». Secondo lo studio rimane in Italia il gap infrastrutturale in tema di parcheggi, compresi quelli in struttura. Posti auto in ogni caso a pagamento, un concetto ancora molto lontano dalla mentalità dei cittadini. Trieste non è da meno.
«Siena è invece in cima alla lista per il maggior uso degli autobus, con il 60 per cento degli spostamenti in auto e il 25 per cento con il trasporto pubblico. Questo dato fa riflettere - si legge nella relazione che accompagna lo studio - perché proprio Siena è anche la città con la maggiore offerta di posti auto in struttura (uno ogni 12,42 abitanti)». Traduzione: la gente parcheggia la propria automobile in garage e per spostarsi usa il mezzo pubblico. A tale proposito Trieste, in un’altra classifica (nata dalla collaborazione di Asstra e l’istituto Hermes sul trasporto pubblico), è la città più virtuosa con oltre l’87 per cento di autobus con i dispositivi di accesso per i disabili.
Ma la politica dei parcheggi secondo AiPark, che raggruppa i gestori di parcheggi, non può prescindere dalle tariffe quale regolatore della domanda di sosta. Per regolatore si intende uno strumento che condizioni le scelte di durata di utilizzo, secondo logiche di base che richiedono l’applicazione di tariffe differenziate per indurre a scegliere il grado di avvicinamento al centro (più vicino arrivi più paghi).
«È evidente che se le tariffe sono troppo basse o non differenziate l’efficacia del sistema della sosta cittadina è compromesso o fortemente limitato», sostiene nelle conclusioni l’indagine. Notando come le tariffe per la sosta su strada siano «tendenzialmente più basse delle tariffe per la sosta nei parcheggi in struttura». È dunque assente la strategia di «favorire i parcheggi in struttura per liberare progressivamente o specializzare la sosta su strada, che dovrebbe essere più cara, vista anche la sua maggiore comodità e visto l’obiettivo di ridurre la sosta in superficie a favore di usi diversi del suolo».
Una politica dei prezzi presente, in parte, anche a Trieste dove la sosta su strada è divisa in tre fasce: zona rossa 1,40 euro all’ora, zona gialla 1 euro, zona verde 0,80 centesimi, mentre la zona azzurra non è mai stata attivata. Fra i parcheggi in struttura, invece, le tariffe all’ora variano a seconda delle strutture: 1,10 euro al Silos, 1,25 euro al park in Foro Ulpiano, 1,50 in quello via Fabio Severo, 1,30 nel garage in via Xydias, 1 euro al centro commerciale Il Giulia, 0,40 alle Torri d’Europa e 0,60 al park di via Locchi-Carli.

 

 

Storie della Ferriera: «Guerra tra poveri»  - L’operaio: «Non criminalizzateci». L’abitante: «I danni alla salute sono accertati, va chiusa»

 

Quattro testimonianze di servolani. Una donna: «Mio marito lavorava in cokeria ed è morto per un cancro ai polmoni»

Una «guerra tra poveri». Fausto Sancin, 79 anni, servolano «doc» - la sua famiglia vive dal 1850 nella stessa casetta di via di Servola 93 -, definisce così la contrapposizione tra i residenti, che chiedono la chiusura della Ferriera in nome del diritto alla salute, e gli operai, decisi a difendere la realtà che ogni mese garantisce loro uno stipendio. «Alla fine hanno ragione tutti - spiega -, per questo è una guerra tra poveri. È giusta la battaglia degli operai, che lottano per salvare il posto di lavoro, un po’ come facevo io 40 anni fa per evitare la chiusura del cantiere San Marco. E forse è proprio per questo che mi sento più vicino alle loro posizioni e mi chiedo a chi possa venire in mente l’idea di lasciare in strada 600 famiglie più quelle che vivono grazie all’indotto. Tuttavia riconosco anche le ragioni degli abitanti, perchè vivere e respirare a Servola di questi tempi è un problema, e lo dico io che sono asmatico e ogni giorno devo andare in ospedale per le terapie. Il nodo della questione - conclude Sancin - è che per troppi anni la situazione della Ferriera è stato ignorata ed è stato permesso alla proprietà di non fare i lavori necessari. Il risultato oggi è lo scontro tra persone che hanno tutte interessi legittimi e comprensibili».
Uno scontro, secondo Antonio Pantaso, 54 anni di cui quasi 30 anni passati in Ferriera, che ha finito per assumere i toni della criminalizzazione degli operai. «Io sono innamorato della siderurgia e orgoglioso di lavorare in una realtà produttiva che ha portato alla città ricchezza e occupazione - afferma -. E non accetto chi cerca di fare passare me e i miei colleghi per complici di un’azienda che vuol far morire gli abitanti del rione. Non sono disposto a passare per assassino. Così come non accetto di riunciare al mio impiego solo perchè qualcuno ha in mente una non meglio precisata idea alternativa di sviluppo per la città. Lo stesso vale per i dati sull’inquinamento. Attualmente - aggiunge Pantaso - non c’è nessun risultato certo che giustifichi la chiusura. Non si può pensare di distruggere la vita di centinaia di persone per un semplice sospetto. Perchè è proprio questo che accade quando perdi il lavoro: vieni distrutto e ti senti come annullato. Sensazioni che ho provato sulla mia pelle nel ’94, quando la chiusura sembrava ormai inevitabile».
Ma quelli che per gli operai sono «semplici sospetti», per molti residenti sono invece prove inconfutabili. «Che la Ferriera inquini è ormai ampiamente dimostrato - afferma Andrea Nascimbeni, uno dei residenti di via del Ponticello 10 che lottano quotidianamente con le polveri, capaci di entrare in casa anche con le finestre chiuse -. Non può essere un caso il fatto che a Trieste ci sia un numero di tumori superiore del 30% alla media nazionale, e che nella mia via abitino diversi bambini ammalati di leucemia. Lo stabilimento crea danni seri alla salute e di questo dovrebbero prendere atto anche gli operai, che forse finora non sapevano o fingevano di non sapere. È ora di dire basta alle promesse di certe istituzioni e alle prese in giro, come la concessione di altri 6 anni all’azienda per ottenere l’autorizzazione ambientale integrata».
Ne è convinta anche la signora Anna (il nome è di fantasia ndr), che 5 anni fa vide morire per un tumore ai polmoni il marito, per 20 anni addetto alla cokeria. «Quando il cancro si manifestò, chiesi ai medici se l’ambiente di lavoro ne fosse la causa. Mi risposero che era solo una con-causa, dal momento che mio marito fumava. Eppure, molti anni prima, l’equipe medica dello stabilimento aveva spiegato ai lavoratori quanto fosse inutile smettere, visto che respirando l’aria della Ferriera era come se si fumassero 200-300 sigarette al giorno. Qualcuno insomma ha coperto le spalle all’azienda? Per i tanti ammalati e morti, passati e futuri - conclude Anna - è giusto che si sappia la verità e che chi ha eventualmente taciuto paghi per il male che ha fatto».

Maddalena Rebecca

  

 

FERRIERA - La protesta di 200 servolani tiene barricati i consiglieri della Regione per 40 minuti

 

Barricati per 40 minuti nel palazzo della Regione in piazza Oberdan per evitare problemi con i manifestanti del corteo pro-chiusura immediata della Ferriera di Servola e contrario alla concessione dell’Aia. I consiglieri regionali sono stati costretti a rinviare il rientro a casa per «decisione della Digos, che ha scelto così per questioni di sicurezza», ha spiegato Uberto Fortuna Drossi. La manifestazione, che ha coinvolto oltre 200 persone ed era promossa dai comitati di Servola, era partita da piazza Unità, proprio sotto il municipio.

 

 

Inquinamento a Cattinara - Zigrino: inevitabile licenziare chi ha denunciato l’ospedale ai Nas

 

Il direttore dell’Azienda spiega l’atto al centro di una causa di lavoro. Ricorso in Cassazione contro il sequestro del laboratorio con scarichi inquinanti. Interrogazione di Metz

«Non è nei miei poteri licenziare, il provvedimento contro la dipendente dell’Azienda ospedaliera che ci ha denunciato con l’accusa di effettuare scarichi inquinanti nei laboratori è stato preso dall’Ufficio disciplinare e non avrei potuto modificarlo, ma anche se avessi potuto, non lo avrei fatto».
Lo afferma Franco Zigrino, direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria a commento della causa di lavoro intentata dalla tecnica di laboratorio allontanata dopo i fatti: un’indagine dei Nas a seguito della denuncia, una causa in corso, il sequestro degli impianti, ora parzialmente rientrato.
E mentre Zigrino stesso annuncia che l’Azienda ha fatto ricorso in Cassazione per vedersi annullare del tutto l’atto di sequestro, ribadisce «la totale certezza di non aver smaltito inquinanti in maniera scorretta» e conferma doversi considerare illecita la denuncia fatta all’esterno da un dipendente senza prima allertare le gerarchie interne, il verde Alessandro Metz ha depositato sulla vicenda una interrogazione rivolta all’assessore regionale alla Salute, Ezio Beltrame.
Metz parte dal fatto che «la denuncia ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di diverse persone, tra cui il direttore generale Zigrino», quindi, aggiunge, «evidentemente l’esposto non era del tutto infondato, e ora l’Azienda motiva il licenziamento con il danno che ha subito in quanto dopo i sequestri dei Nas sono state attivate modalità di scarico dei residui di laboratorio mediante affidamento a una ditta specializzata con un importante aggravio di costi. La domanda - prosegue Metz - sorge spontanea: se adesso costa smaltire prima come si faceva?». Il consaigliere regionale sottolinea la delicatezza della materia, («secondo l’inchiesta stiamo parlando di rifiuti sanitari, a rischio infettivo e pericolosi») e quindi depreca che «a pagare sia chi questa prassi ha denunciato»: «Pensare di ricattare i lavoratori imponendo l’omertà e la complicità anche nei casi in cui questo significhi violare la legge per contenere le spese ritengo sia un sopruso che non possiamo tollerare».
Molto diversamente la vede Zigrino, il quale con decisione afferma che «non sono stati trovati inquinanti». Tranne il tolluene, «in proporzione pari a due litri, ma è sostanza non in uso all’ospedale, e quindi - ribadisce il direttore - siamo convinti sia stata sversata nei condotti di smaltimento da qualcuno, o colposamente o dolosamente».
A controprova di una situazione che non ritiene compromessa Zigrino porta il fatto che «la stessa magistratura ha parzialmente dissequestrato il laboratorio, e siamo sicuri - aggiunge - di poter dimostrare la bontà della nostra posizione in sede di processo».
Anche sul licenziamento della dipendente (che Metz chiede di reintegrare in attesa che si scopra «chi sono i buoni e chi i cattivi») Zigrino ha una posizione ferma: «Ritengo che in qualunque azienda chi fotografasse impianti interni senza autorizzazione affermando poi cose non vere in sede di denuncia verrebbe licenziato. Il dipendente ha il dovere di segnalare all’interno per via gerarchica ciò che a suo giudizio non funziona o ha necessità di essere corretto».
L’Azienda ospedaliera aspetta il processo e il verdetto della Cassazione, la dipendente adesso aspetta l’esito della causa di lavoro e Metz aspetta risposte da Beltrame, tra cui quella alla domanda finale: cosa ha fatto la Regione per verificare se - vista l’accusa che parla di «inquinamento da rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo» - non si siano «prodotti effettivamente danni».
g. z.

 

 

Il Comune vara una task force ambientale: 12 agenti in divisa verde contro chi sporca

 

I cittadini potranno telefonare e segnalare le irregolarità, dalle deiezioni canine all’immondizia

Indossano divise di colore verde, ma non sono le Guardie padane che piacciono al Senatur. Sono le Guardie ambientali, una task force lanciata dal Comune e contraddistinta dallo slogan «Un gesto di civiltà per migliorare la città». Può suonare come una frase soft, ma il giro di vite è dietro l’angolo.
A farlo capire è la nuova denominazione, con la trasformazione da osservatori in guardie, corredata dall’ampliamento delle funzioni sanzionatorie approvato dalla giunta Dipiazza. Tolleranza zero per i padroni che non rimuovono dal marciapiede le deiezioni dei loro cani, ad esempio, ma anche per gli automobilisti che parcheggiano in divieto davanti ai cassonetti impedendo la rimozione della spazzatura. Senza dimenticare chi getta rifiuti sul suolo pubblico o nelle caditoie stradali.
Un provvedimento portato all’attenzione dei colleghi dall’assessore Paolo Rovis, con delega al controllo delle attività esternalizzate, che di fatto dichiara guerra alla maleducazione. Il tutto abbinato a una campagna di sensibilizzazione, attraverso la distribuzione di un depliant che contiene le regole del gioco. Quelle del senso civico. «Fra poco arriveranno le divise, spero che quella scritta Guardie ambientali - dice Rovis - abbia una funzione deterrente, ma è chiaro che per in alcuni casi sarà più efficace l’appostamento in borghese». Appostamenti anche su segnalazione degli stessi cittadini. La signora porta il cane ogni mattina in quella strada a fare i bisogni, ma non usa la paletta? L’esercizio pubblico scarica rifiuti sciolti o liquidi nei cassonetti, senza averli preventivamente raccolti e chiusi in un sacco? Forse non lo faranno più dopo una telefonatina alle Guardie ambientali (040.6758443 e fax 040.6758577, e-mail urpôcomune.trieste.it).
Ma il servizio di controllo comunale, rispetto ai poteri già attribuiti, avrà anche l’incarico di verificare la pulizia che l’AcegasAps attuerà nelle aree verdi, nonché controllare come i cittadini a cominciare dai locali pubblici effettuano il deposito dei rifiuti. Non sempre i 1500 contenitori per la raccolta differenziata (carta, plastica, vetro, indumenti, pile esauste), infatti, sono usati correttamente. Ma soprattutto troppo spesso gli imballaggi di cartone delle attività commerciali, nonostante sia attiva una raccolta specifica, sono depositate nei cassonetti.
Violazioni del regolamento che, fra gennaio e agosto di quest’anno, hanno visto gli osservatori ambientali staccare 56 sanzioni (multa di 200 euro per la lordatura delle strade); cogliendo sul fatto 8 padroni di cani disattenti, 20 automobilisti in divieto e 28 persone che non rispettavano il regolamento sulla nettezza urbana. Ma con l’avvento delle Guardie ambientali i numeri sono destinati a lievitare.

Pietro Comelli

 

 

Confermato: a Trieste l’agenzia Unesco per l’ambiente - Dell’Iped si è parlato alla Farnesina nell’ambito dell’incontro tra il ministro D’Alema e il direttore Matsuura

 

È stata confermata ieri a Roma, in un incontro tra il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Massimo D’Alema e il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, la prossima istituzione a Trieste, anche con il sostegno del ministero dell'Ambiente, dell'Agenzia internazionale per la formazione ambientale (Iped).
L’Agenzia avrà tra i suoi particolari settori d’intervento le esigenze dei paesi in via di sviluppo. La sua costituzione è stata approvata di recente nell’ambito della conferenza generale dell’Unesco.
Nell’ambito del nuovo organismo delle Nazioni unite dovrebbero svilupparsi in modo particolare le attività di formazione per chi si occupa di problemi ambientali.
È da oltre un anno che si parla dell’istituzione di questo nuovo organismo internazionale, al quale ha promesso appoggio e collaborazione anche il Centro di fisica teorica di Miramare, nell’ambito del vasto parco scientifico triestino, che con questa nuova agenzia si arricchirebbe di un nuovo elemento di portata internazionale. L’annuncio di ieri alla Farnesina, alla presenza anche del ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, che conferma precedenti impegni presi, è avvenuto nell’ambito di un ampio riconoscimento da parte di Matsuura del ruolo dell’Italia in campo culturale e ambientale

 

 

Primo sì alla vetreria della Sangalli I Verdi: parere ambientale risibile - La Commissione Via ha dato l’ok all’impianto di San Giorgio

 

TRIESTE La Commissione Via ha dato il via libera al progetto vetreria della ditta Sangalli a San Giorgio di Nogaro. Assenti i due professori universitari, i voti favorevoli sono stati sei, due quelli contrari, degli ambientalisti Gasparo e Gemiti. L’ok all’impianto scatena immediatamente la reazione dei comitati. «Studieremo le carte e faremo ricorso al Tar», dice Mareno Settimo, che fu portavoce di «No al cementificio». Sul piede di guerra anche Alessandro Metz. Il consigliere dei Verdi parla di iter “dubbioso” e di parere “risibile”.
«La vicenda del cementificio – prosegue – non ha insegnato nulla sul piano della trasparenza dei procedimenti né della coerenza dell’agire politico». Metz ricorda le relazioni tecniche di luglio redatte dagli uffici regionali: «La prima esprimeva forte perplessità sulla possibilità di esprimere parere positivo, la seconda proponeva 57 prescrizioni. In agosto venivano richieste ulteriori integrazioni alla società proponente pur di garantirsi una pseudo-serietà nella gestione della pratica autorizzativa». Ma c’è anche spazio per una denuncia, visto che la Sangalli ha preventivamente presentato ricorso al Tar.
«Non vorremmo che questo atto – dice Metz – possa aver influenzato o condizionato in forma ricattatoria gli ultimi accelerati passaggi del procedimento». Il commento, infine, di Mauro Travanut (Pd): «Mi auguro che le cose siano state fatte con correttezza e che siano state seguite le regole. Se è così, non ci sarebbe motivo per non dare parere positivo».
m.b.

 

 

«Industrie e auto, Trieste inquina Capodistria»  - Ricadute ambientali del rigassificatore sul Litorale: Lubiana coinvolgerà l’Italia

 

Malattie polmonari croniche riscontrate nei bambini che vivono a Pobeghi e a Crevatini

Uno studio dell’Agenzia per l’ambiente della Slovenia rileva sforamenti dei limiti: la causa attribuita allo smog portato dal vento TRIESTE L’inquinamento prodotto dalle industrie triestine, e tra queste anche la Ferriera di Servola, arriva fino a Capodistria. E le conseguenze non sono trascurabili. L’Agenzia della Repubblica di Slovenia per l’ambiente ha riscontrato infatti un preoccupante accrescimento delle melattie respiratorie soprattutto nei bambini. Ma sotto accusa sono anche le altre industrie triestine e il traffico del capoluogo giuliano. Il fenomeno diventa particolarmente accentuato quando il vento soffia da Trieste in direzione Capodistria portando con sè l’inquinamento.
La ricercatrice dell’Agenzia per l’ambiente della Slovenia, che ha lavorato su mandato del Comune di Capodistria, ha rilevato che il fattore più proccupante è costituito dall’ozono e dalle polveri sottili. Nel 2006 i livelli rilevati dalla centralina collocata a Markovec hanno superato per ben 38 volte i limiti consentiti. La concentrazione di ozono lo scorso anno è stata di 79 milligrammi il metro cubo quando il limite si ferma a 40. Per quanto riguarda le polveri sottili il limite di 50 milligrammi il metrocubo è stato superato per ben 48 volte, quando la normativa europea tollera solo 35 sforamenti. La centralina collocata il 26 aprile a Laurana ha rilevato più di uno sforamento dei 120 microgrammi il metro cubo in otto ore e, una volta, anche i 180 microgrammi il metro cubo in un’ora.
L’aria di Capodistria è inquinata anche dalla diossina derivante dallo zolfo e da quella dell’azoto, dal monossido di carbonio e dal benzene e da altri benzoderivati. Le misurazioni, secondo gli esperti, hanno dimostrato che l’inquinamento è dovuto dall’aria che giunge da Trieste, dalle sue industrie e dal traffico urbano del capoluogo giuliano. Il dottor Ivan Erzen dell’Istituto per la tutela della salute di Celje ha poi riscontrato che nel 31% dei bambini di Pobeghi e nel 27% di quelli abitanti a Crevatini, tra i 6 e gli 11 anni, (centri sul monte di Capodistria) sono state riscontrate patologie respiratorie croniche. La maggior parte di essi vive sul versante che dà verso Trieste mentre in quelli che vivono su quello rivolto a Capodistria l’incidenza delle patologie è praticamente ininfluente. L’imputato principale, dunque, resta, per lo studioso sloveno, il vento carico di sostanze inquinanti che soffia da Trieste.
Intanto il ministro dell’Ambiente sloveno, Janez Podobnik ha comunicato al Wwf del Friuli Venezia Giulia che le procedure per la valutazione degli impatti sull’ambiente del terminale di rigassificazione e annessa centrale termoelettrica proposti a Capodistria devono ancora cominciare e che l’Italia sarà comunque consultata in merito. Podobnik ha precisato che per il momento è stata presentata dalla società Tge Engeneering al ministero sloveno per l’Economia soltanto una domanda volta ad ottenere il «permesso energetico». Sono appena da cominciare, invece, sia la valutazione ambientale strategica (Vas), sia l’eventuale successiva valutazione di impatto ambientale (Via). La Slovenia, ha concluso Podobnik, non appena Tge Engeneering farà pervenire la domanda per l’avvio di queste procedure, coinvolgerà l’Italia, chiedendole se intende parteciparvi.
Il Wwf attende invece ancora la risposta dal ministero dell’Ambiente italiano al quale aveva chiesto di attivarsi affinché, qualora partisse l’iter delle valutazioni ambientali sul progetto di Capodistria, sia consentito anche a enti locali e cittadini interessati di partecipare alle procedure previste dalle direttive così come ha fatto la Slovenia quando sono stati presentati i progetti per i rigassificatori a Trieste.

Mauro Manzin

 

 

Ferriera: inquinamento, lavoro e salute pubblica

 

Rispondo sinteticamente al signor Silvano Baldassi (Segnalazioni 1/11) che la Ferriera di Servola deve essere chiusa perché da questo stabilimento escono veleni che, oltre che generare tumori, sono in grado di produrre mutazioni genetiche. Semplice e, spero, anche chiaro! I dati che portano a queste gravissime conclusioni sono il risultato di analisi effettuate da personale altamente qualificato, al di fuori da ogni interesse che non sia quello scientifico, e pubblicati anche da «Il Piccolo». Se siamo d’accordo sull’indiscussa competenza delle persone che sono pervenute a queste conclusioni (cosa che non mi risulta sia stata messa finora in discussione), mi chiedo come sia possibile mettere sullo stesso piano il problema della salute di decine di migliaia tra triestini e muggesani e quello dell’occupazione di 500 persone (fossero anche diecimila).
Sono certo che quello del posto di lavoro del personale della Ferriera è un problema che non lascia indifferenti né le istituzioni, né i cittadini, compresi coloro che chiedono la chiusura dello stabilimento. Se peraltro da una parte c’è chi pensa al proprio lavoro, dall’altra c’è chi pensa alla propria vita, a quella dei propri figli e nipoti, e non intende sacrificarla a nessuna causa, per nobile che possa essere. In tutto il mondo si sta lottando in favore dell’abolizione della pena di morte, e qui non si esita a infliggere questa pena a decine di migliaia di triestini. L’informazione, anche qui, gioca un ruolo determinante. Nel nostro paese, purtroppo, chi sa tace e chi non sa parla.
Chi esprime preoccupazione per i posti di lavoro a causa dell’interruzione delle trattative tra la Lucchini e la società Arvedi, capace quest’ultima, a sentire loro, di assicurare il risanamento dello stabilimento di Servola, o è male informato oppure è in malafede. È sufficiente, infatti, collegarsi a Internet per scoprire quali grossi problemi ambientali debba affrontare oggi la società Arvedi a causa dell’inquinamento prodotto dalla sua acciaieria di Spinadesco, dove l’intera popolazione sta organizzando manifestazioni di protesta fin dall’inizio dell’anno.
C’è sempre chi ha la memoria corta quando c’è da ricordare ciò che più volte è stato ribadito da esperti del ramo, e cioè che gli attuali impianti della Ferriera sono vetusti a tal punto che non possono essere risanati. Ora, anche nel caso in cui l’Arvedi fosse un esempio di società che opera nel rispetto dell’ambiente, quando dovesse subentrare all’attuale proprietà, non potrebbe fare niente di diverso da quello che sta facendo la Lucchini.
Ricordo a chi per scarsa informazione, o per studiato calcolo, difende a oltranza questi posti di lavoro, ipotizzando soluzioni irrealizzabili, che presto o tardi dovrà fare i conti con la propria coscienza per quanti a Servola, Valmaura, Chiarbola, Muggia e dintorni sono morti e moriranno in seguito a decisioni che nulla hanno a che fare con l’interesse dei cittadini, e con il futuro di Trieste.
Argeo Stagni

 

 

 

 

IL MESSAGGERO VENETO - MERCOLEDI', 21 novembre 2007

 

 

Trasporti, 1.100 treni fra Fvg e Romania  - Presentato il progetto Iris: su rotaia, tra il 2007 e il 2010, oltre 500 mila tonnellate di merci

 

UDINE. Trasferire il trasporto di oltre 500 mila tonnellate di merci dirette verso i paesi balcanici, da gomma a rotaia, attraverso la messa in opera di 1.100 treni che copriranno la tratta Cervignano - Arad (Romania). Questo è soltanto uno degli obiettivi che ruotano attorno al nuovo servizio ferroviario intermodale tra l’Interporto della Bassa friulana e, appunto, la Romania. Un’opera finanziata per un terzo da fondi comunitari per una cifra che si aggira attorno ai 560 mila euro e che tra l’altro interessa circa 2.500 aziende del Nordest di cui quasi la metà friulane.
E’ quanto emerso nel corso del convegno dal titolo «Trasporti e intermodalità: nuove opportunità per le aziende del Nordest: il progetto Iris (Italian-Romanian Intermodal Solutions)»,organizzato ieri dall’Assindustria udinese a Palazzo Torriani.
Un’intermodalità che si presenta come vera alternativa all’intasamento delle infrastrutture viarie e al congestionamento del traffico. Opinione, questa, rilanciata anche dal presidente degli industriali udinesi Adriano Luci che ha sottolineato come questa rappresenti «il punto nevralgico nel sistema della logistica», ammettendo però anche come «la differenza tra realtà ed effettive esigenze sia molto accentuata se i nostri operatori per fare intermodalità debbono servirsi di Villacco nella direttrice verso il Nord Europa o di Lubiana verso l’area balcanica».
Quindi il pieno apprezzamento al progetto in fase di realizzazione: «Si tratta di un’iniziativa che segna un inversione di tendenza e si inserisce in modo concreto nella costruzione di quella piattaforma logistica che dovrebbe costituire un indubbio fattore di competitività».
Obiettivo principale, come si diceva, è «lo spostamento delle merci da gomma a rotaia per mezzo di treni blocco in grado di compiere il tragitto in 3 giorni» ha spiegato Stefano Ghilardi, amministratore delegato di Pool Rail, la società di Udine capofila del progetto. Progetto da realizzarsi, stando agli auspici dei referenti, nel corso del triennio dal 2007 al 2010 tramite l’utilizzo di alcune tra le maggiori direttrici viarie europee, tra cui il Corridoio V la cui sorte attende ancora il definitivo disco verde degli addetti ai lavori. Scontata quindi la richiesta di lumi in materia di viabilità all’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Lodovico Sonego, che se da un lato ha affermato che «di lavoro da fare ne abbiamo ancora parecchio», dall’altro ha espresso un verdetto positivo per il progetto, aggiungendo però che «per metterlo in pratica ciò le ferrovie devono diventare più competitive, tanto a livello di prezzi quanto di affidabilità».
Marina Torrisi

 

 

Pecol contro le Province: ritardi sui rifiuti  - L’assessore: «Soltanto una minima parte degli impianti di smaltimento è stata realizzata»

 

TRIESTE. Allarme rifiuti in Friuli Venezia Giulia. Troppi gli impianti di smaltimento non funzionanti, ancora da realizzare o bloccati: lo denuncia il consigliere regionale Adriano Ritossa (An) in un’interrogazione. Ma la Regione chiarisce: le Province non applicano i programmi attuativi previsti nel Piano regionale di gestione. E afferma: «Tale situazione impiantistica garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più impianti esistenti e funzionanti». Puntando anche il dito contro la provincia di Udine. E contro la Provincia di Udine, in particolare, era intervenuto alcuni mesi fa anche il vicepresidente della Giunta regionale e assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, che ne aveva denunciato notevoli ritardi.
Il piano regionale di gestione dei rifiuti (sezione rifiuti urbani) ha individuato sul territorio regionale il numero e la tipologia degli impianti tecnologici, esistenti o da realizzare, in grado di soddisfare le esigenze di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani prodotti da ogni singolo bacino di utenza. Previsioni che sono state recepite dalle Province nei propri programmi attuativi.
Province che - per legge - hanno competenze primaria sull’osservanza delle norme sulla gestione dei rifiuti e sul controllo del rispetto delle prescrizioni previsti negli atti autorizzativi.
Per questo - ha detto ieri l’assessore regionale al Personale, Gianni Pecol Cominotto, che in Consiglio regionale ha risposto alle interrogazioni - la Regione ha diffidato le province di Udine, Gorizia e Trieste per la mancata adozione dei Progranni attuativi relativi ai rifiuti speciali e agli imballaggi per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
«Solo una minima parte degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani - ha spiegato Pecol Cominotto - sono stati realizzati dalla Province».
La Regione, ha detto l’assessore, ha sollecitato più volte gli enti intermedi all’applicazione dei programmi attuativi. «Si ritiene - ha evidenziato l’assessore - che la situazione di criticità in cui si sta dibattendo la Regione non avrebbe assunto gli attuali livelli se le province, specialmente quella di Udine, avessero garantito, anche in qualità di organi di controllo, il pieno rispetto delle previsioni programmatorie contenute nei rispettivi programmi attuativi».
Degli impianti previsti dal Piano regionale, ha spiegato Pecol Cominotto, «nonchè dai Programmi attuativi provinciali, solo una minima parte è stata realizzata, ovvero gestiti e funzionanti in accordo alle previsioni del Piano stesso». L’assessore ha affermato che «tale situazione impiantistica garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più impianti esistenti e funzionanti».
Il piano sarà comunque modificato in breve, con una revisione generale al fine di adeguarlo alla nuova normativa vigente, sia nazionale che regionale. Inoltre, si prevede di ottimizzare il panorama impiantistico esistente alle indicazioni programmatorie «che potranno scaturire - ha detto l’assessore - da una attenta analisi economica ed industriale redatta in comune accordo tra Regione, Province e Comuni».

(s.s.)

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2007

 

 

Riserva della Val Rosandra, giovedì 29 l’assemblea plenaria  - Proseguono a San Dorligo gli incontri per l’ applicazione di Agenda 21

 

SAN DORLIGO Giovedì 29 novembre alle 19.30 al teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva della Val Rosandra.
L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse settimane e che hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti i «portatori di interessi».
Nella riunione del 29 novembre verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi e verranno spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che avrà poi il compito di collaborare, assieme al tavolo tecnico scientifico, alla stesura del piano di conservazione e sviluppo.
Nelle singole riunioni è stato presentato il percorso e si sono individuati i cittadini che svolgeranno la funzione di portavoce di ogni frazione. Il 7 novembre, inoltre, si è svolto il secondo incontro con le Comunelle, durante il quale si è discusso, in presenza di alcuni rappresentanti della Regione, delle azioni da svolgere e delle effettive opportunità che la presenza di una riserva naturale, se gestita in modo corretto, può apportare al territorio.
Adesso si tratta di vedere gli sviluppi di questo processo che, come lo definisce l’assessore comunale di San Dorligo, Laura Stravisi, «è un processo “irreversibile” che difficilmente rimane nei confini della Riserva, nel senso che, una volta dato inizio a un percorso di partecipazione, è naturale che da parte dei cittadini vengano portate alla luce svariate esigenze, che non possono limitarsi a un solo argomento scelto a priori». L’incontro di giovedì intende dunque entrare più nel merito dei progetti, scegliendo il percorso migliore per il prossimo futuro e cercando di coinvolgere il più possibile i cittadini.
s.re.

 

 

Rockwool bocciata dalla Regione Istria

 

POLA Dopo gli ambientalisti e i consigli comunali di Pedena e Chersano, anche la Giunta regionale è scesa in campo contro la contestata fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool, costruita a Pedena con un investimento pari a 75 milioni di euro. La struttura, aperta a regime di collaudo due mesi fa è al centro di dure accuse e critiche causa l'inquinamento chiaramente percepibile anche senza gli strumenti. Ieri la Giunta regionale nel corso di una riunione telefonica ha chiesto la sua chiusura fino a che non verranno rispettate le norme ecologiche sia dello stato croato che dell'Unione europea. Inoltre al ministero dell'Ambiente si chiede di procedere alla revisione dello studio d'impatto ambientale della Rockwool. Evidentemente c'è il sospetto che il documento sia stato manipolato. Al ministero dell' Economia invece si chiede di quantificare gli investimenti complessivi nella fabbrica compresi quelli per le infrastrutture.
p.r.

 

 

«Grandi opere: il Wwf fa proposte costruttive» - Replica alle critiche di un lettore che accusava gli ambientalisti di opposizioni preconcette

 

 

Sulle «Segnalazioni» del 12 novembre, il signor Luciano Emili (leggi) accusa «associazioni ambientaliste e comitati vari (ma nomina solo il Wwf) di opporsi a qualsiasi opera, improvvisandosi progettisti e tecnici. Dobbiamo in realtà ringraziarlo, perché la sua lettera ci permette di puntualizzare alcune informazioni, spesso ignote a una parte dell’opinione pubblica. Innanzitutto, il Wwf si è sempre avvalso – nelle proprie azioni – di competenze tecniche e scientifiche, spesso ben superiori a quelle delle «controparti». Prova ne sia che è assai difficile smentire i nostri argomenti, mentre spesso quelli a sostegno dei progetti da noi avversati si rivelano carenti o infondati.
Emili attacca il Wwf a proposito del sincrotrone di Basovizza. Dimentica di dire però, forse perché non lo sa, che non ci siamo mai opposti alla costruzione della «macchina di luce», bensì abbiamo contestato la scelta del sito (in quanto di elevato pregio ambientale), proponendone anche di alternativi in aree di scarso pregio. Nessuno smentì tecnicamente la validità delle alternative da noi proposte. Avevamo anche paventato edificazioni nelle aree circostanti, moltiplicando la distruzione del territorio carsico. Il che si sta puntualmente verificando, con il piano particolareggiato dell’Area science park per la costruzione a Basovizza di svariate decine di migliaia di metri cubi (per edifici che con il sincrotrone non c’entrano nulla) e con il recente accordo di programma, mediante il quale nei pressi si vorrebbe costruire anche la nuova sede della Scuola internazionale di Trieste.
Analogo discorso vale per altri esempi citati da Emili come l’ampliamento del campo di golf di Padriciano e l’intervento di Muja Turistica, i rigassificatori, la baia di Sistiana ecc. Abbiamo sempre prodotto, a sostegno delle nostre critiche e opposizioni, ampia documentazione tecnica e fiori di pareri scientifici (ricordo ad esempio quelli del professor Poldini in merito alla baia di Sistiana), che nessuno è stato capace di smontare e che chiunque può consultare nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia, oppure visionare rivolgendosi alla nostra sede di Trieste, in via Rittmeyer 6 (e-mail: wwfts@libero.it). L’attacco virulento di Emili sul Corridoio 5 merita qualche parola in più. Perché citare i trafori del Lötschberg e del Gottardo a sostegno del progetto di Rfi per la tripla galleria sotto il Carso, fa un po’ sorridere: una cosa è scavare nel granito, altro è bucare il sottosuolo carsico.
Non noi, ma la Commissione Via del ministero dell’ambiente (e il ministero dei beni culturali) hanno bocciato il progetto di Rfi, stante la mancanza di conoscenze sull’idrologia sotterranea e la concreta probabilità di distruggere uno straordinario patrimonio geo-speleologico, senza neppure la certezza di poter effettivamente realizzare l’opera, per l’enorme incertezza sulla fattibilità – e sui costi – di un’opera del genere. Non mi dilungo sulle tante altre considerazioni possibili, non certo irrilevanti, come quelle sui costi astronomici della Tav (Rfi non sa spiegare come mai in Italia un km di linea ad alta velocità costi 4 volte di più rispetto a Francia o Spagna), o sull’effettiva necessità di costruire linee per treni passeggeri da 300 km/h, quando la priorità dichiarata è quella di aumentare il traffico merci su rotaia rispetto alla gomma, mentre le linee attuali sono utilizzate per meno della metà della capacità massima.
Sinceramente, analizzando con scrupolo (come noi, a differenza di altri, facciamo sempre) progetti e studi presentati a supporto della Tav, dei rigassificatori, ecc., abbiamo trovato abbondanti esempi di pressappochismo e arroganza, ma nessuna traccia dell’«ingegno di professionisti capaci e motivati», nel quale tanto confida il signor Emili. Ancor meno ne abbiamo trovate nei discorsi dei politici e dei lobbysti che propugnano tali opere. In fondo è soprattutto una questione di cultura: c’è chi si affida al metodo dell’analisi critica, e chi invece preferisce fare atto di fede nella saggezza dei tecnici-sapienti (e dei loro committenti), cioè nel principio di autorità. Probabilmente perché così evita la fatica di pensare con la propria testa.
Dario Predonzan - responsabile settore territorio WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2007 

 

 

Ferriera, entro 15 giorni il sì della Regione. Domani corteo di protesta

 

Non ancora fissata la data precisa per il via libera definitivo all’Autorizzazione integrata ambientale. Assemblea pubblica a Chiarbola

È atteso entro i prossimi 15 giorni, anche se non risulta ancora ufficialmente calendarizzato, il pronunciamento della Giunta regionale sull’ok ambientale alla Ferriera di Servola. Spetta infatti all’esecutivo guidato da Illy - con il provvedimento finale a cura di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente - deliberare o meno l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) successiva alla pre-autorizzazione sancita giovedì da un verbale firmato da Regione, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria ma non dal Comune di Trieste.
Il provvedimento prevede la prosecuzione delle attività dello stabilimento per altri sei anni con prescrizioni antinquinamento più rigide rispetto al piano presentato dalla Lucchini. «La Giunta si pronuncerà presumibilmente questa settimana, al massimo la prossima», ha confermato in serata l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini.
Ieri, intanto, oltre settecento persone - informa un comunicato - hanno partecipato all’assemblea pubblica organizzata al Palasport di Chiarbola dal Circolo Miani, dal comitato Servola respira, dal comitato La tua Muggia e dal coordinamento dei Comitati di quartiere. La manifestazione è stata promossa, spiega Ferrucco Diminich per il Circolo Miani, «per protestare contro la volontà della Regione e della Provincia di concedere l’Aia alla Ferriera, nonostante il permanere e l’aggravarsi del devastante inquinamento emesso dallo stabilimento».
Nel corso dell’assemblea è stato deciso, spiega ancora Diminich, «di avviare una ricerca epidemiologica dal basso, curata da alcuni medici volontari, nella popolazione che abita le aree di Muggia e Trieste dove vivono 60mila persone, in modo da verificare i dani alla salute acusati dalle sostanze tossiche che escono dalla Ferreira». Alla fine l’assemblea ha deciso di organizzare per domani, alle 17.30, con partenza da sotto il municipio in piazza dell’Unità, un corteo che, passando per piazza della Borsa, Corso Italia, piazza Goldoni e via Carducci, si concluderà in piazza Oberdan davanti alla Regione. A quell’ora sarà in corso una seduta del Consiglio regionale.

 

 

Aperto il cantiere Tamoil a Barcola

 

Il cantiere adesso è realtà. Ieri a Barcola è stata recintata l’ampia area all’intero della quale, nell’arco dei prossimi sei mesi, dovrebbe sorgere il distributore di carburanti della Tamoil spa. I primi curiosi hanno già cominciato a sbirciare oltre i divisori, ma c’è ancora poco da vedere. I lavori veri e propri cominceranno nei prossimi giorni. Per l’intanto è possibile farsi una precisa idea della dimensione della nuova struttura di viale Miramare 233. La concessione riguarda un’area di 869 metri quadrati, stabilita il 23 dicembre 2005, decisamente vasta. In precedenza, in quel giardinetto operavano quattro impianti, ma la trasformazione della categoria di «area verde pubblico attrezzato di interesse collettivo» in «area per servizi stradali» ha permesso l’avvio del progetto della Tamoil spa. Il nuovo impianto rispecchierà la fisionomia delle più recenti stazioni di servizio sorte in città: si tratta di strutture grandi, polivalenti, destinate ad accogliere contemporaneamente decine di automobili.

 

 

Ambientalisti a difesa dell’Adriatico  - Il Coordinamento dei Verdi chiede alla Regione istriana la chiusura della Rockwool

 

POLA Il Coordinamento del Foro verde dell'Alpe Adria riunito a Pola ha richiamato l'attenzione su un nuovo pericolo per la situazione ecologica dell'Adriatico. E cioé sul deposito in mare nel Meridione italiano di rifiuti tossici ad opera della criminalità organizzata che guadagnerebbe attraverso questa operazione miliardi di euro. Contro questa nuova emergenza, è stato detto, occorre un’unione di forze e intenti per la salvaguardia del bacino mediterraneo. Nell’ottica della tutela ecologica e' stata appoggiata l'attivazione della fascia ittico ecologica del mare da parte dell’Adriatico. Il Coordinamento del Foro verde associa gli ambientalisti di Italia, Slovenia, Austria e Croazia. Si è parlato nell’occasione anche della questione della fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool a Pedena. A causa delle emissioni inquinanti della fabbrica, ha osservato il Coordinamento, la vita della popolazione locale è diventata un incubo. Responsabile del via libera all’impianto viene indicato dai verdi delle due sponde il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2007 

 

 

Lucchini: per la Ferriera spesi 11 milioni  - Per ottenere l’autorizzazione ambientale il gruppo siderurgico sarà tenuto a rispettare una serie di obblighi

 

Tra le prescrizioni quella di installare una nuova cappa e irrorare strade e piazzali

Sostituire le porte dei forni. Rifare le carpenterie. Installare una nuova cappa di aspirazione. Irrorare a pioggia con comando automatico strade e piazzali. È il compito della Ferriera per avere l’Aia.

Benché abbia suscitato scandalo il rinvio dei termini a livello nazionale per le procedure relative all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende potenzialmente inquinanti, a Trieste come s’è visto l’altro giorno i tempi si sono rappresi e la Ferriera è ora in attesa che la Giunta regionale formalizzi o meno la firma apposta da tutti gli enti, meno che dal Comune. Intanto in Provincia scoppia la contestazione politica del centrodestra contro l’assessore Ondina Barduzzi (che risponde), Rifondazione interroga l’assessore regionale, e il consigliere regionale dei Verdi commenta: «Documenti dicono che c’è ben altro da bonificare a Servola...».
Ma quali sono le prescrizioni che all’azienda sono state consegnate, come accettazione e come integrazione del piano antinquinamento presentato dalla Lucchini stessa ai fini dell’ottenimento dell’Aia? Monitoraggio costante dei camini, monitoraggio degli ambienti interni, irrorazione a pioggia telecomandata da un sistema sensibile alle condizioni atmosferiche di strade e piazze, un nuovo impianto di captazione delle polveri, il rifacimento della torre di spegnimento del coke, la messa a punto del sistema di captazione e abbattimento dei fumi e altro.
La stessa Lucchini ne dà informazione aggiungendo: «Tra gli interventi già previsti e i nuovi che sono stati aggiunti in sede di istruttoria Aia il costo complessivo per l’azienda raggiunge quasi gli 11 milioni di euro per il triennio 2006-2008». Dice la Lucchini: «Non è un traguardo ma un punto di partenza che dà nuovi stimoli a proseguire sulla strada intrapresa, non priva di difficoltà, per un miglioramento costante degli impianti e della compatibilità ambientale». Se l’azienda non accettasse quanto deliberato dalla Regione, andrebbe da sola - questo il commento dei tecnici - verso il rischio di chiusura.
Non si è dato per soddisfatto il Comune, che ha negato il consenso, né si dà per soddisfatto il verde Metz: «Dove si parla dei rifiuti? E dello sversamento di oli esausti? E dei liquami in mare? E dell’impianto ecologico interno che non funziona? Ci sono materiali d’avanzo che si buttano sopra il fossile prima che entri in cokeria, e tutto va a bruciare... Lo posso dire - prosegue Metz - perché ho i documenti, e come me li hanno i sindacati, e dunque l’azienda, dubito siano ignoti agli organi preposti alla sorveglianza cui tutto questo ho già notificato». Metz dice che la partita non è chiusa, «né tecnicamente né politicamente» e critica le Rsu «che ricattano i colleghi: se riveli, se denunci, perdiamo il posto».
Atmosfera non meno lieta in Provincia, dove il centrodestra con Grizon ha nuovamente chiesto le dimissioni di Barduzzi, che risponde: «L’Aia è un atto burocratico dovuto, se vuoi chiudere la fabbrica devi fare altri passi, accanirsi contro di me è solo spostare il problema: che al posto di Barduzzi venga un altro, le leggi non cambiano, piuttosto - prosegue l’assessore - perché se la pigliano con me che ho la delega per la Ferriera da gennaio 2007, e non guardano a quanto hanno fatto loro stessi fino a oggi?». Barduzzi precisa che tutta la materia tecnica uscita dalla Conferenza dei servizi ricalca le prescrizioni che Marco Boscolo, l’ingegnere consulente della Procura, aveva consegnato al pm Frezza all’ora del dissequestro dopo il «caso diossina». Stesso consulente, dunque, per enti e magistratura.
«Il Pd rinnega la mozione Grizon - protesta il consigliere ex Ds Marisa Skerk -, e appoggia il lavoro dell’assessore: la conferenza dei servizi ha deciso di non chiudere la Ferriera, ma di prescrivere controlli e misure più severe. Della salute pubblica - conclude Skerk - è però responsabile sempre il sindaco, che da anni fa proclami senza decidere niente». Tra i non contenti anche Igor Kocijancic (Rifondazione), che citando i dati di inquinamento, anche quelli del Cigra, interroga l’assessore Moretton per sapere «in base a quali garanzie fornite dalla proprietà la Giunta intende autorizzare l’azienda fino al 2014» e per avere «pubblica e comprensibile informazione circa i dati ambientali».

Gabriella Ziani

 

 

Bonifica Acquario, la Regione dà 500mila euro - Entro il 2009 una spiaggia pubblica con ciotoli da Porto San Rocco a Punta Olmi

 

Il contributo servirà al Comune per integrare il piano di caratterizzazione della zona. Nesladek: «È il primo passo concreto»

MUGGIA La Regione erogherà al Comune di Muggia quasi 500 mila euro per l’integrazione del piano di caratterizzazione del terrapieno inquinato di Acquario, sul lungomare. Intanto forse già entro il 2009 sarà realizzata una spiaggia pubblica con ciottoli da Porto San Rocco a Punta Olmi, ma solo dopo che quel tratto sarà liberato dai vincoli del Sito inquinato nazionale. «Dopo un lungo periodo di inerzia – dice il sindaco Nerio Nesladek - è il primo passo concreto verso la soluzione della vicenda».
Un primo piano di caratterizzazione del terrapieno, con decine di prelievi e carotaggi, a terra e a mare, era stato fatto già nel 2004 dalla stessa società Acquario assieme a Porto San Rocco. E aveva portato anche alla conferenza dei servizi tra enti, che però non aveva condotto ad una bonifica del terrapieno, essendo in corso un processo in tribunale. Grazie a questo finanziamento regionale, approvato ieri dalla giunta regionale, in base al Dpr 132 di quest’anno, il Comune potrà dunque continuare il percorso, con nuovi prelievi e carotaggi, e disporre una iniziale messa in sicurezza di emergenza. «Lo abbiamo richiesto – così Nesladek - per poter integrare il piano di caratterizzazione già esistente, che risale a tre anni fa. Riteniamo che le cose possano essere cambiate da allora e che forse c’è stata una attenuazione dell’inquinamento grazie a fenomeni naturali.
Con le nuove analisi avremo un quadro migliore della distribuzione di eventuali inquinanti, e la bonifica potrebbe essere più ridotta di quanto previsto all’inizio». Il sindaco precisa: «Il Comune si avvale di strumenti legislativi messi a disposizione dalla Regione, e si è fatto parte diligente e proattiva per rispondere ai residenti e porre fine all’inquinamento, recuperando quell’area. Restano ferme le responsabilità di chi ha inquinato e di chi lo ha permesso, i quali alla fine pagheranno». Per il piano di caratterizzazione, il sindaco auspica di continuare la collaborazione con gli esperti del Cigra dell’Università di Trieste. Per la fase successiva di bonifica, si continua a pensare a metodi di fitodepurazione (con piante che assorbono gli inquinanti) o altri sistemi più «tradizionali», a seconda della gravità dell’inquinamento.
Ma il terrapieno non è l’unica area inquinata sul litorale muggesano. La planimetria della parte a mare del Sito inquinato di interesse nazionale (il Sin), infatti, comprende anche il tratto di costa che da dopo Porto San Rocco va fino a Punta Olmi. E per quell’area il Comune ha in mente di realizzare un ripascimento dell’arenile (in base ad un progetto donato dall’Università), in modo da creare, con il versamento di ciottoli, un spiaggia pubblica. «L’inserimento di quel tratto nel Sin, gesto che definisco un po’ arbitrario, blocca ogni intervento – dice Nesladek -. È in corso la trattativa per arrivare all’accordo di programma tra enti per bonificare il Sin, ed ho ottenuto la promessa che la caratterizzazione e l’eventuale bonifica degli arenili ad uso pubblico (come il nostro) siano considerate prioritarie nel cronoprogramma generale. In questo modo posso pensare che entro un anno e mezzo, al massimo, l’area sarà libera dai vincoli del Sin, e poi nei successivi sei o sette mesi si potrà realizzare la spiaggia. Non un nuovo terrapieno, per intenderci, ma un allargamento della spiaggia con ciottoli, ad un costo sostenibile, e ad uso della collettività».

Sergio Rebelli

 

 

Vertice sul tracciato della Tav: rimangono due alternative

 

TRIESTE Continua l’accelerazione delle consultazioni tra la Regione e gli enti territoriali per definire il percorso della Tav nel territorio della Bassa Friulana. Dopo gli ultimi incontri le ipotesi di progetto in campo sono rimaste soltanto due. È ipotizzabile dunque che entro la fine dell’anno si giunga a una soluzione che metta d’accordo le esigenze progettuali, della direttrice verso Est della linea ferroviaria, con i problemi sollevati dalle amministrazioni locali.
«Le 15 alternative a suo tempo individuate dal Comitato dei Tecnici per la realizzazione della ferrovia Av/Ac nel Cervignanese - spiega l’assessore Lodovico Sonego - si sono ridotte a due dopo un lungo e proficuo lavoro, tecnico e politico, che ha visto impegnati i sindaci, il presidente della Provincia Marzio Strassoldo, la Regione, Rete Ferroviaria Italiana».
La dichiarazione arriva al termine al termine della riunione con gli enti locali svoltasi ieri al municipio a Cervignano.
«I sindaci - secondo l’assessore - hanno pubblicamente apprezzato riconoscendo che si stanno affrontando i problemi della nuova ferrovia che attraverserà la Bassa Friulana sulla base di un confronto aperto e di un dialogo utile.
Per il 10 e il 17 di dicembre sono previsti due ulteriori incontri che serviranno a scegliere, fra le due alternative di tracciato residue, quale sarà la soluzione definitiva e condivisa. Gli incontri saranno impiegati anche per iniziare a trattare il tema della minimizzazione dell'impatto ambientale e paesaggistico.
«La Regione - ha dichiarato l’assessore ai Trasporti e alle infrastrutture Lodovico Sonego - intende agire con grande rigore e senza sconti perché non desidera consentire schifezze come quelle della Torino-Novara».

 

 

ISTRIA - Caso Rockwool: il Consiglio comunale vuole fermare gli impianti di Pedena

 

La città di Albona contro l’inquinamento prodotto dalla fabbrica. Problemi respiratori per gli abitanti Inquinamento sul quale hanno più volte richiamato l'attenzione gli ambientalisti e gli abitanti della zona. Questa volta però, come detto, è sceso decisamente in campo anche il Consiglio comunale che ha invitato la Rockwool a interrompere la produzione fino a che non sarà elaborato un nuovo studio d'impatto ambientale.
La relativa conclusione è stata votata all'unanimità. La drastica richiesta viene motivata con il degrado dell'ambiente da due mesi a questa parte, cioè da quando è iniziata la produzione a regime di collaudo.
Non servono gli strumenti per accertare l'alto tasso di inquinamento, è stato detto, sono sufficienti gli organi sensoriali dell'uomo.
Come emerso durante il dibattito, oltre all'intenso fumo che esce dalla ciminiera, la gente dell'area si lamenta dei forti odori e delle irritazioni all'apparato respiratorio che a lungo andare potrebbero causare danni irreparabili alla salute.
Il presidente del Consiglio comunale Livio Svic ha dichiarato che il potere locale non ha la competenze per chiudere la fabbrica però il suo parere è vincolante sul rilascio del permesso di agibilità e di altre licenze di cui la Rockwool avrà bisogno.
Ha lanciato quindi un chiaro messaggio-ricatto alla direzione della fabbrica. Come dire: o vi decidete una buona volta a rispettare alla lettera gli standard ecologici previsti dalla legge oppure vi faremo chiudere baracca.
Da notare che anche l'ex sindaco Branko Ruzic si è schierato dalla parte dei contestatori dopo aver perso la poltrona in seguito alle forti critiche per aver agevolato lo sbarco della Rockwool a Pedena.
La conclusione del Consiglio comunale è stata inviata al ministero per la Tutela dell'ambiente e ad altri fori competenti.
p. r.

 

 

Abitare a Servola

 

Vorrei rispondere alla lettera del signor Valerio Staccioli di giovedì 1 novembre, riguardo al corteo della Ferriera. Ho partecipato anch’io alla manifestazione e quando l’operaio della fabbrica ha preso la parola, cominciando a parlare del loro futuro, lo abbiamo applaudito perché anche noi condividevamo il loro disagio. Se i politici non tutelano la salute (compresa la loro), figuriamoci il lavoro! Ma ad un certo punto ha cominciato a dire che noi di Servola le case le abbiamo pagate poco. Ed è qui che è scoppiata la nostra amarezza. Mi chiedo chi regali qualcosa. Chi possedeva le vecchie case le ha ristrutturate (e malta e mattoni costano per tutti uguale). Chi come me ha comperato la casa in zona la sta ancora pagando con il mutuo e, l’assicuro, non è poco. I prezzi della zona di Servola e delle zone limitrofe sono allineati al mercato di qualsiasi altro rione di periferia. In più le nostre care istituzioni si sono ben guardate dal dirci che la zona non era solo imbrattata (un po’ di polvere non ci spaventa), ma altamente inquinata (ricordo che nel 1995 nei corsi di formazione per i neoassunti in Ferriera, insegnavano ai lavoratori che il fumo che fuoriusciva dallo stabilimento era solo vapore acqueo). Quasi un aerosol. Stiamo vivendo un’altra Marghera e come sempre i pochi ricchi e le amministrazioni non pagheranno, ma ci penseranno tutti i poveri a pagare le conseguenze con la propria vita.
Maura Sergon

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2007 

 

 

Via libera all’ok ambientale alla Ferriera per 6 anni con più controlli. Il Comune è contrario

 

La pre-autorizzazione con il sì di Regione, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria. Bucci abbandona l’aula Sette ore di conclave senza pranzo né merenda e alla fine la Ferriera di Servola ottiene una pre-Autorizzazione integrata ambientale (Aia) con un verbale firmato da Regione, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria. Non dal Comune di Trieste. La ottiene per un tempo più lungo dell’ordinario, cioé per sei anni. Con prescrizioni, cioé l’ordine di ulteriori aggiustamenti antinquinamento rispetto al piano presentato dalla Lucchini (che però non sono noti).
È tutto top secret quanto avvenuto ieri alla Direzione regionale ambiente, tranne un fatto non certo di poca rilevanza: il Comune ha confermato il suo parere negativo, al momento della firma l’assessore Maurizio Bucci è uscito dalla sala, e dunque come prevede la legge ora l’autorizzazione vera e propria verrà concessa o meno (sulla base di questi ampi atti d’istruttoria) direttamente dalla Giunta regionale, e il provvedimento finale sarà a cura di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente, il quale lo conformerà a quanto deliberato in sede di Giunta. Indicativamente, è stato detto, ci vorranno alcune settimane per le decisioni dell’esecutivo, e altrettanto per la redazione della carta ufficiale.
La Conferenza dei servizi si è aperta alle 9.30 del mattino. Si è conclusa alle 16.30. Dirigenti regionali (assente l’assessore Gianfranco Moretton), Arpa, Azienda sanitaria, Provincia, sono scesi quasi tutti per ingurgitare in fretta due calorie e un caffè. Perché immediatamente dopo si sono riseduti allo stesso tavolo fino a sera: quello «di crisi», per commentare i lavori del mattino. I sindacati si sono seccati: «Megariunioni continue, ma carenti di informazione». Né hanno saputo che cosa la Lucchini dovrà fare o non fare per inquinare meno. Luca Visentini (Uil) ha preteso dati sull’ambiente certi e comprensibili, «altrimenti questo tavolo a che cosa serve?». Franco Belci (Cgil): «Finché non abbiamo i dati sulle analisi dell’aria, e nessuno ancora ci ha consegnato un solo documento, a quel tavolo non sediamo più».
I giornalisti sono stati esclusi. In tutti i casi si è saputo che la Regione ha chiarito come spetti ora alla Giunta l’ultima parola, che ad autorizzazione concessa vi sarà un monitoraggio delle emissioni della Ferriera ancora più severo e con possibilità di revoca dell’Aia. E’ intervenuto anche l’assessore Bussani di Muggia, esigendo che il suo Comune sia coinvolto, poiché l’aria della Ferriera si convoglia sulla cittadina dove non per niente c’è una centralina apposita. Spesso con polveri oltre i limiti. Il direttore regionale Ambiente, Roberto Della Torre, che conduceva le sessioni di lavoro, si è scusato e ha promesso. Lo stesso Della Torre ha anche specificato che la Regione è responsabile dell’osservanza delle leggi, ma non della salute dei cittadini che è materia per Azienda sanitaria e Comune. In mattinata l’assessore provinciale Ondina Barduzzi aveva sottolineato che il sindaco, ancorché in totale disaccordo con l’Aia, conserva sempre il potere d’azione in difesa della salute pubblica. Ma Bucci ha replicato secco: «Se dovrà agire lo farà, ma contestualmente farà anche causa alla Regione per omissione di atti d’ufficio».
Bucci afferma che il ministero dell’Ambiente è perfettamente in linea con le posizioni del Municipio, e cioé contrario ad autorizzare in presenza di inquinamento. E Dipiazza commenta: «Stiamo sbagliando, ma adesso ai cittadini risponderà chi mette la propria firma. Aspetto le brume di novembre e i nuovi dati dell’aria, poi non avrò pietà per nessuno. Qualcuno ha letto che a Trieste c’è il 30 per cento in più di malattie respiratorie gravi? Non vuole riflettere? Speriamo che l’Aia contenga vincoli importanti per la Ferriera, ma prevedo che nei prossimi anni la risposta sarà sempre quella: ’’Stiamo lavorando, stiamo modificando...’’. Oggi non si è risolto alcun problema dei cittadini - chiude Dipiazza -, ma io mica posso incatenarni davanti al Parlamento...».
Chiedere ad Arpa e Azienda sanitaria se è tutto a posto, adesso, è inutile: si mettono la manina sulla bocca. «Non parlo», «non posso». Nessuno parla e può dire su un argomento di cui tutti parlano, né rispondono sull’argomento degli inquinanti in mare e in terra, segnalati proprio dall’Arpa. Ma si è saputo tuttavia che l’Arpa stessa ha prodotto un «piano stralcio» per Trieste sulla qualità dell’aria, con un’azione in sei tempi (completamento in quattro mesi-un anno), che sta per partire un inventario delle emissioni in aria come richiesto dalla Provincia, che probabilmente ci saranno cambiamenti nel numero e nella postazione delle centraline, e che i risultati saranno resi noti anche «cammin facendo».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA -  opposizione: Claudio Grizon «La Barduzzi si deve dimettere»

 

«Chiediamo all’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi di dimettersi, rimettendo la propria delega al presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Assumendo “ad interim” la delega, il presidente potrà finalmente fare chiarezza definitiva sulla posizione dell’ente in merito alla questione Ferriera». È questa la posizione della coalizione di opposizione in seno a Palazzo Galatti, ieri rappresentata in una conferenza stampa sul tema siderurgico dal capogruppo azzurro Claudio Grizon, dal capogruppo Lista di Piazza Paolo De Gavardo, da Marco Vascotto e Arturo Governa, rispettivamente capogruppo e consigliere di Alleanza Nazionale. Per i rappresentanti della Casa delle Libertà l’assessore provinciale all’ambiente non si è mai dimostrato disponibile a dare informazioni e documentazione sulle problematiche relative all’inquinamento dello stabilimento servolano. «Una posizione – ha osservato Claudio Grizon – che oltre a aver lasciato perplessità negli stessi compagni nella coalizione di maggioranza, è stata pubblicamente e negativamente stigmatizzata pure da Alessandro Metz, consigliere dei Verdi». «È evidente – sostiene Marco Vascotto – che il centro sinistra non era in grado di sostenere una discussione sulla Ferriera, e “proteggere” un assessore che nella sostanza appare sfiduciato dalla sua stessa maggioranza». «L’assessore all’ambiente – ha sostenuto Paolo De Gavardo – andrà ancora una volta a contribuire alla risoluzione dei problemi dei proprietari della Ferriera a scapito della salute dei cittadini».
m.l.

 

 

Cementificio nella Bassa L’impresa fa dietrofront e ritira il progetto bis - Lettera a Regione e Comune di Torviscosa

 

TORVISCOSA La Cementi Nord-Est ritira il progetto e l’ipotesi cementificio a Torviscosa salta. Definitivamente? Chissà. Di sicuro, con una lettera inviata a Regione e Comune, l’azienda rende noto che «ha verificato che non sussistono i presupposti per una compiuta valutazione del progetto in mancanza di alcuni elementi di analisi» e «dichiara di ritirare il progetto e chiede conseguentemente la restituzione della documentazione a suo tempo presentata». La lettera è stata letta dal sindaco Roberto Duz durante il consiglio comunale tenutosi ieri sera. Indiscrezioni e voci di corridoio che si erano rincorse nel pomeriggio avevano in qualche modo ipotizzato che l’assise potesse riservare un colpo di scena, ma nessuno si aspettava un simile dietrofront da parte della Cementi Nord Est.
Vicenda quindi da archiviare? Non necessariamente. Lo stesso Duz ha puntualizzato che il ricorso al Tar inerente il primo progetto di cementificio presentato nella scorsa primavera «procede e vedremo come andrà a finire». Poi ha aggiunto: «Noi, coerenti con la nostra posizione iniziale, continuiamo a ritenere che un impianto industriale debba essere compatibile con il contesto ambientale». Mareno Settimo, consigliere di opposizione e referente dei comitati ambientalisti, non si illude e prospetta una chiave di lettura molto prudente: «È chiaro che vogliono attendere le elezioni regionali per poi riproporre un piano che spacceranno per nuovo. In questo momento, all’alba della campagna elettorale, nessuno si assume la responsabilità di appoggiare un progetto fortemente osteggiato dalla cittadinanza».
Nel momento in cui dovesse essere avanzato un nuovo disegno, spetterebbe ai cittadini di Torviscosa emettere la sentenza finale. Infatti, verrebbe indetto un referendum consultivo, strumento che consentirebbe ai cittadini di esprimere il proprio orientamento. Qualora si giungesse a questa ipotesi, il referendum sarebbe ritenuto valido solo se si recasse alle urne il 50% più uno dei cittadini residenti e domiciliati a Torviscosa. Senza il raggiungimento del quorum, non si procederebbe neppure allo spoglio delle schede. Duz ha spiegato: «Il risultato deve essere incontrovertibile e dare un’impronta forte. Dopo quello che è successo nei mesi scorsi non posso permettere che la maggioranza sia in balia del mondo, devono essere i cittadini a decidere. La nostra posizione, che avremmo tenuto anche nel caso in cui fossimo andati al referendum, resta di assoluta equidistanza tra favorevoli e contrari all’insediamento. In ogni caso, l’amministrazione comunale avrebbe garantito la massima diffusione delle informazioni presso i residenti, questa volta».
Giovanni Stocco

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2007 

 

 

In città 330 morti all’anno per difficoltà respiratorie - Casistica superiore del 30% alla media nazionale

 

Il nome è brutto, del resto la malattia non è da meno: bronco-pneumo-patia cronico-ostruttiva, in sigla Bpco. In sostanza, difficoltà respiratorie e polmonari tanto gravi da rendere difficile una vita normale, e spesse volte necessaria la bombola di ossigeno. In Italia ne soffrono circa quattro milioni di persone. A Trieste il 30 per cento in più della media. Si contano in città 330 morti all’anno per questa patologia. E 200 sono le persone costrette a vivere con l’ossigeno.
Dietro questi seri problemi c’è anche quello psicologico: a una invalidità del 100 per cento non corrispondono attenzioni sociali adeguate. Lo afferma l’Atmar, Associazione triestina malattie respiratorie, nata tre anni fa per «ascoltare i problemi di malati respiratori e fornire sostegno mirato e concreto alle famiglie». Domani alle 17.30, nella sala convegni della Friulia in via Locchi 19/b l’associazione presenterà i risultati di una ricerca di carattere psicologico condotta con pazienti che hanno avuto una diagnosi di Bpco, e con le persone che si occupano di assisterli. Quale relazione c’è - questa la domanda sottesa all’indagine - fra la sofferenza psicologica e il disagio fisico dell’ammalato, e quali sono i riflessi sulla vita lavorativa, in ambito familiare e nella quotidianità più in generale?
«Quello affetto da broncopatia grave - spiega il direttore della Pneumologia di Cattinara, Marco Confalonieri - non è un paziente ben compreso, di tanti altri gravi disagi la collettività è cosciente (i dializzati, i malati di cuore), ma chi soffre di respiro è più nascosto, e quindi più a disagio quando la sua vita lavorativa e sociale è limitata, o quando deve servirsi della bombola d’ossigeno».
Esiste anche l’ossigeno «portatile», lo fornisce l’Azienda sanitaria. Si camuffa in borse e zainetti. «Ma molto spesso la solitudine del paziente fa sì che egli si senta a disagio, che si vergogni di questa condizione, e spesso finisce per non uscire più di casa, e questo ha naturalmente pesanti riflessi anche sulla famiglia, specialmente sul coniuge, e il contesto sociale della persona» racconta Confalonieri.
In Friuli Venezia Giulia sono 2000 i cittadini sottoposti a terapia con l’ossigeno, e a Trieste appunto 200. Ma è la più alta incidenza che si registra nel capoluogo a creare la non felice sorpresa: come mai una città di mare, ben dotata di bora, ha più cittadini con tanti malanni polmonari? E’ forse l’abitudine al fumo, o c’è un inquinamento che incide? «Ci sono fattori genetici - elenca Confalonieri -, cui si sommano quelli ambientali e anche le abitudini di vita, in realtà la ricerca sui motivi non è ancora stata fatta, salvo quella realizzata da Arpa, Azienda sanitaria e Medicina del lavoro che misurava gli effetti dello smog sui ricoveri».
Nelle nostre zone si sommano (e rientrano sempre nella categoria Bpco) anche le gravi conseguenze dell’esposizione ad asbesto e amianto, benché naturalmente e per fortuna restino una porzione marginale rispetto al complesso dei pazienti.
In Italia si registrano circa 8000 decessi all’anno per cause respiratorie, spiega l’associazione, e a Trieste sono 300. Secondo le fonti scientifiche citate dall’Atmar la malattia è destinata ad avere negli anni futuri un’incidenza ancora maggiore: «Attualmente - si dice - già il 14 per cento degli uomini e il 6 per cento delle donne dopo i 45 anni hanno una ostruzione bronchiale cronica moderata o grave, nelle persone oltre i 65 anni la percentuale della forma grave supera il 10 per cento».
g. z.

 

 

La segretaria nazionale Ugl: Ferriera, prioritario tutelare l’ambiente  - Polverini: Ue, opportunità da cogliere

 

Cogliere l’opportunità della prossima caduta dei confini «per rimarcare la vocazione strategica di Trieste quale polo commerciale internazionale». Renata Polverini, segretario nazionale Ugl, ieri in città per un incontro pubblico del suo sindacato, ne ha parlato durante l’incontro con il sindaco Dipiazza. «Abbiamo analizzato le problematiche della città – ha precisato la segretaria dell’Ugl, che ha superato la Uil per numero di iscritti diventando il terzo sindacato del Paese – cominciando dalla Ferriera. Le esigenze di tutela ambientale devono prevalere, anche se non si possono dimenticare il migliaio di addetti che operano diretti o indiretti». Polverini ha poi ricordato che «la popolazione di Trieste è di età media piuttosto elevata perciò in questa città si sono trascurati i giovani, ai quali bisognerebbe dedicare maggiori attenzione e risorse». Passando ai temi nazionali, la segretaria nazionale dell’Ugl ha detto che «l’organizzazione si è mobilitata contro la Finanziaria per le scarse risposte che dà su sicurezza, riduzione delle tasse, emergenza Mezzogiorno e famiglia. Non sono stati mantenuti gli impegni per la riduzione delle tasse per il lavoro dipendente – ha evidenziato – per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Questa Finanziaria tradisce il Sud del Paese e dimentica l’infrastruttura principale che serve per rimettere in moto lo sviluppo: la sicurezza, un problema che ormai si fa sentire anche al Nord».
u. s.

 

 

Ferriera, si decide sull’autorizzazione ambientale - Vertice alla direzione regionale con Provincia, Comune, Azienda sanitaria e Arpa

 

Oggi alle 9.30 alla Direzione regionale ambiente si decide se concedere o meno l’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola. Attualmente in posizione favorevole si trovano la Regione e la Provincia. Il Comune si ripresenta con il parere negativo già depositato. L’Arpa dovrebbe presentare un progetto di «stralcio» della situazione triestina rispetto al Piano regonale dell’aria, tuttora inesistente, che la scorsa volta aveva ritenuto imprescindibile per poter controllare le reali emissioni della fabbrica. L’Azienda sanitaria è in posizione molto critica, affermando che da quanto presentato dalla Lucchini è difficile dedurre che sarà possibile misurare effettivamente l’inquinamento prodotto, e ha chiesto un monitoraggio severo anche all’interno degli ambienti di lavoro.
Ma su questa riunione pesano anche i dettagli analitici che i vari enti hanno messo su quel tavolo il 30 ottobre, e specialmente quelli dell’Arpa. Lo richiama il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, sulla scorta dei documenti ufficiali prodotti in quella sede: «Qui per l’Aia - afferma - si tengono in preminente considerazione le emissioni in atmosfera, ma la norma sull’autorizzazione richiede misure antinquinamento anche del suolo e dell’acqua».
E a questo proposito Metz cita i documenti agli atti: «L’Arpa ha segnalato che desta particolare preoccupazione il fatto che nell’acqua di falda il benzene supera i limiti anche di tre ordini di grandezza, nei fondali marini il piombo ha superato il limite nel 57 per cento dei campioni, per gli idrocarburi nel 37 per cento», mentre vi è presenza di anche di diossine. Quanto al Sito inquinato di rilevanza nazionale, in cui la Ferriera rientra, ma per il quale ha deciso una bonifica per conto proprio, «nel giugno 2001 fu presentato un piano di caratterizzazione al quale non è mai stato dato un seguito operativo, se non nel 2005, ma solo parzialmente: sulle aree di proprietà e non su quelle demaniali» come ricorda sempre l’Arpa.
Critica anche la gestione dei rifiuti. Lo ha segnalato la Provincia che aveva chiesto delucidazioni sul loro stoccaggio: «Si evidenzia la produzione o giacenza di circa un milione e 120 mila tonnellate di rifiuti senza precisa indicazione di chi siano produttore e detentore». Tutti gli enti sono in possesso di corposi dossier: oggi si vedrà che esito avrà lo’ennesimo summit.

 

 

Bonifiche, accordo nel giro di un mese  - Azzarita (Ezit): «Il 90% delle aziende non pagherà nulla. Inserita l’analisi del rischio»

 

Enti e ministero hanno raggiunto in Regione l’intesa su un testo che ora dovrà essere approvato dai singoli consigli

L’accordo di programma per il Sito inquinato di interesse nazionale può essere firmato nel giro di un mese. Al termine di una lunga riunione nella sede della Regione, presieduta ieri pomeriggio dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, gli enti interessati all’accordo (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale ed Ezit) e il direttore generale del ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini hanno apportato le ultime modifiche a quello che si avvia ad essere il testo definitivo dell’intesa.
Entro stasera la bozza, con le integrazioni e le specifiche inserite ieri, verrà inviata dal ministero ai vari enti, che avranno due settimane per l’approvazione da parte dei rispettivi organi (Giunta regionale, consiglio provinciale, consigli comunali, consiglio di amministrazione e comitato portuale).
«E’ un accordo molto migliorato rispetto ai testi precedenti – commenta il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita –. Non siamo riusciti a inserire esplicitamente il principio secondo cui chi non inquina non paga, anche se sono richiamate la direttiva comunitaria che esplicita il principio stesso e la legge regionale 15. E’ invece riconosciuta l’applicazione dell’analisi del rischio. Abbiamo comunque ottenuto – precisa – che siano considerate aree pubbliche e inquinate dal pubblico anche tutte quelle che le imprese hanno acquistato dall’Ezit, purchè l’attuale proprietario non inquini».
In base a quest’ultima modifica, secondo una prima stima dell’Ezit il 90% delle imprese presenti del Sito inquinato non dovrà pagare nulla. Pagheranno lo Stato e la Regione, che trasferiranno i fondi all’Ezit, il quale potrà così continuare le caratterizzazioni di tutto il Sito inquinato e partecipare anche alla messa in sicurezza, assumendo un ruolo ancora più centrale nell’intera operazione.
«L’accordo prevede comunque che le imprese possono sveltire i tempi raggiungendo una transazione col ministero – spiega ancora Azzarita – nel senso che il 50% del costo dell’eventuale danno ambientale e della messa in sicurezza sarà coperto dallo stato e il restante 50% dall’azienda, dilazionato in dieci anni senza interessi. A quel punto, non appena l’azienda avrà presentato il piano di bonifica l’area su cui è insediata sarà restituita all’uso industriale».
Soddisfazione anche da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton. «Abbiamo ottenuto tutte le risposte – osserva – ai chiarimenti necessari per arrivare all’approvazione dell’accordo. E’ un accordo importante, perchè fissa regole, tempi e soprattutto il reperimento dei 200 milioni necessari alla messa in sicurezza e alle bonifiche. Spero – aggiunge – di portare il testo in giunta la prossima settimana. Se i vari enti stringono i tempi, si può firmare l’accordo entro l’anno».
Più cauto l’assessore all’Ambiente del Comune di Trieste, Maurizio Bucci. «Tutti gli enti – rileva – si sono mostrati compatti di fronte alle richieste del ministero. Con i chiarimenti ottenuti ci stiamo avvicinando alla stesura finale, che ha preso un indirizzo soddisfaciente. C’è ancora bisogno di qualche modifica – precisa – per disporre di indicazioni più chiare in certi passaggi. Resta aperto, tra l’altro, il problema dell’impresa privata che ha acquistato il terreno da un’altro privato».
Molto soddisfatto, invece, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che parla di «grande passo in avanti, un grande lavoro da parte di tutti».
Osservando che «si è molto vicini alla soluzione del problema», Nesladek sottolinea che il Comune di Muggia è riuscito a far inserire nel testo, oltre all’interesse per lo sviluppo della zona industriale, il punto che nella caratterizzazione (ed eventuale bonifica) delle zone a mare del sito inquinato sarà data priorità al tratto di costa fra Porto San Rocco e Punta Olmi, in quanto zona destinata a fruizione pubblica.

Giuseppe Palladini

 

 

I commercianti: subito i parcheggi  - Leonori: «È l’unica maniera per sostenere la concorrenza dei centri commerciali»

 

Nel dibattito sulla pedonalizzazione del centro subentra il tema della scarsa ricettività del centro per gli automobilisti

Godina: «In città vige ancora il nosepol, durante la Barcolana nessuno trovava un posto macchina mentre il Porto Vecchio è rimasto ostinatamente vuoto»

Va bene ampliare le aree pedonali, ma c’è qualcosa da fare ancora prima perché altrimenti si rischia di ottenere un pericoloso effetto contrario: bisogna costruire immediatamente nuovi parcheggi, se per quelli sotterranei servono tempi troppo lunghi passare immediatamente alla realizzazione di altri fuori terra, e inoltre diminuire le tariffe dei posti a pagamento oggi esistenti perché il ridotto potere d’acquisto degli stipendi continua a farsi sentire.
Sono queste le richieste che arrivano da commercianti ed esercenti che operano in centrocittà. «Più ampie aree pedonali sono auspicabili perché migliorano la qualità della vita e la città dal punto di vista estetico - sostiene Marino Moretti - è bello vedere gente che sosta sulle panchine e mamme che passeggiano con le carrozzine». Moretti è titolare di un negozio di moda giovane in via Mazzini dove è più acceso il dibattito sull’opportunità o meno di una completa pedonalizzazione. «È un errore però - afferma - credere che la creazione di una zona interdetta ai veicoli significhi automaticamente anche più affari per i negozi. Se la gente non ha soldi in mezzo al traffico, non li ha nemmeno in zona pedonale e allora è necessario aumentare la capacità di spesa dei cittadini».
Non è allineato con le statistiche che rilevano famiglie che tagliano le spese e negozi in perdita di clienti, Gabriele Leonori titolare di un negozio di intimo e articoli per la casa di via San Spiridione che registra semmai un aumento degli affari, ma segnala comunque la necessità di nuovi parcheggi nelle immediate vicinanze del centro. «Solo in questo modo - sostiene - i negozi del centrocittà potranno sostenere anche in futuro la forte concorrenza dei centri commerciali che hanno il vantaggio di mettere a disposizione dei clienti i parcheggi all’interno della medesima struttura».
Per costruire i parcheggi sotterranei però ci vogliono molti anni e nel frattempo i piccoli negozi rischiano di essere già falliti. «Lo si vede - denuncia Roberto Rosini, vicepresidente dei dettaglianti - da quanto sta accadendo per il decantato parcheggio sotto il colle di San Giusto. Da anni poteva essere realizzato un bel parcheggio nella struttura dell’ex cinema Filodrammatico e non si è fatto nulla. Bisogna individuare altri stabili e partire com’è stato fatto recentemente in via San Francesco».
«La pedonalizzazione va bene quando non intacca arterie stretegiche di scorrimento - rileva Sergio Godina uno dei principali commercianti triestini - quindi no a un corso Italia proibito alle macchine. Per il resto si può ampliare se parcheggi sono disponibili. Noi registriamo un successo della formula in base alla quale con un acquisto anche minimo rimborsiamo un’ora di parcheggio al ParkSi di Foro Ulpiano. Ma a Trieste - conclude Godina - il nosepol comanda ancora: durante la Barcolana nessuno trovava un parcheggio e il Porto Vecchio era vuoto».
Infine i locali pubblici. «Più zone pedonali - commenta Beniamino Nobile, presidente Fipe - significa più tavolini all’aperto che per i locali sono come una quinta stagione da aggiungere all’incasso di un anno. Oltre a fare i parcheggi però bisognerebbe ridurre i prezzi di quelli che ci sono: in città vicine per sostare si spende molto di meno».

Silvio Maranzana

 

 

Rovis: «Rifare piazza della Borsa e Ponterosso già nel 2008» - L’assessore invita a dribblare il limite del piano del traffico che non arriva

 

Le elezioni regionali si avvicinano e nella maggioranza di centrodestra in molti lo sostengono: non è ancora il momento di mettere mano al piano del traffico, la cui bozza di Roberto Camus risale peraltro a inizio 2005. Ma se il commercio continua a invocare l’ampliamento delle aree pedonali, una soluzione esiste: anche senza considerare il piano «ci sono interventi puntuali da attuare per estendere la pedonalità di alcune aree». La proposta arriva dall’assessore forzista Paolo Rovis: «Sarebbe bene che le riqualificazioni delle piazze Ponterosso e Borsa fossero inserite già nel piano comunale delle opere 2008. Si potrebbe anche chiudere via Genova nel tratto fra le vie Roma e San Spiridione, per creare un unico collegamento pedonale con la successiva area Genova-San Lazzaro. E poi - aggiunge Rovis - in via Battisti i posti auto andrebbero resi paralleli alla carreggiata per recuperare ampio spazio fra negozi e traffico».
Posizione simile a Rovis sostiene il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, da sempre «sfavorevole a un piano così impattante» come quello di Camus: «Si potrebbe portare avanti la valorizzazione dell’asse piazza Libertà-via Trento e oltre fino a piazza Hortis». E il forzista Piero Camber, a commento di Rovis, aggiunge che «il via a piazza della Borsa potrebbe essere già inserito nella variazione al bilancio di quest’anno». La riqualificazione comporterà «matematicamente» la chiusura di via Einaudi: ma non è chiaro - aggiunge Camber - come la viabilità dell’area verrà risolta. Il sindaco Dipiazza ha annunciato di volere «sperimentare» una soluzione mirata a chiudere piazza della Borsa fino a via Roma, da dove le auto si immetterebbero in corso Italia dopo avere percorso, dalle Rive, il tratto via Mazzini-via Roma.
Si torna così al piano del traffico. E Alessia Rosolen, da An, lo ribadisce: «Condivido ciò che ha detto l’assessore Bucci: importante e apprezzabile è prendere una decisione, regionali o non regionali in vista, perché questo vivere nel limbo non accontenta nessuno». Ciò detto, l’attacco a Bucci è netto: «Forse, se avesse lavorato a ulteriori modifiche al documento anziché al tunnel di corso Italia, avrebbe qualche elemento da portare alla discussione. L’assessore ci dica esattamente a che punto siamo. Di certo il piano non se lo farà da solo, visto che il consiglio comunale ha competenza sul tema». E infine, «An - così Rosolen - ribadisce il suo no alla chiusura al traffico di corso Italia per la conformazione stessa della città, ma dice un sì convinto al piano del traffico e alla pedonalizzazione. Non possiamo rimanere silenti davanti agli appelli del mondo del commercio e ai numeri drammatici in termini di chiusura delle attività. Attorno a corso Italia e via Carducci ci sono aree da pedonalizzare».
Il diessino Fabio Omero non respinge le pedonalizzazioni ma avverte: «Attenti a pensare solo ad alcune categorie, come i commercianti, e non a disabili o anziani, persone cioè che devono essere messe in condizione di accedere a uffici e abitazioni». Quanto ai centri commerciali all’aperto, «il Comune - aggiunge Omero - non ha nemmeno posizionato un cartello che indichi la presenza dell’antico ghetto dietro piazza Unità». E il Cittadino Roberto Decarli sottolinea come «questa maggioranza non ha il coraggio di amministrare la città».
p.b.

 

 

Ue, 60 milioni per la Trieste-Divaccia  - All’Italia andranno 5,7 miliardi. Barrot conferma il piano della Torino-Lione

 

La proposta della Commissione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti transeuropee è pronta

BRUXELLES La proposta della Commisione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti transeuropee è ormai pronta. Su un pacchetto complessivo pari a 5,7 miliardi, all'Italia dovrebbe andare oltre un miliardo di euro, la fetta più grossa tra quelle che saranno assegnate da Bruxelles ai vari richiedenti. Il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, si avvia così a mantenere quanto promesso più volte. «L'Italia sarà tra i paesi che saranno serviti meglio e questo perchè bisogna assicurare l'attraversamento delle Alpi», aveva ripetuto il commissario solo pochi giorni fa nel corso di un incontro organizzato dall'ambasciata italiana in Belgio. Per la Torino-Lione l'Italia potrà contare sui due terzi di un pacchetto complessivo di circa 670 milioni da dividere con la Francia; per il Brennero dovrebbero arrivare 400 milioni, mentre la stessa cifra dovrebbe andare all'Austria. Barrot ha sempre sostenuto che la priorità dell'Unione è quella di sostenere le opere a carattere transfrontaliero (cofinanziamento Ue fino ad un massimo del 30% del costo dell'opera) ed in questo quadro al pacchetto di fondi destinati all'Italia si aggiungerebbero anche 60 milioni per la Trieste-Divaccia. Per il Terzo valico sulla direttrice Genova-Rotterdam si profila invece l'inserimento tra quelle opere a cui non sono assegnati finanziamenti.
La lista dei progetti ammissibili dovrebbe essere accompagnata da una seconda con i progetti non ammessi al finanziamento perchè non rispettano i criteri previsti e da una terza in cui sono inseriti quei progetti che, pur potenzialmente finanziabili, restano fuori per mancanza di fondi.
Le cifre, sulle quali la Commissione mantiene tuttora il più stretto riserbo, sono ormai state messe nero su bianco dai tecnici e saranno ufficializzate dallo stesso Jacques Barrot mercoledì prossimo, 21 novembre, nel corso del suo intervento in Commissione trasporti del Parlamento europeo. Successivamente le proposte messe a punto da Bruxelles saranno esaminate dal comitato Ten, dove sono rappresentati gli Stati membri, nel corso di una riunione che si dovrebbe tenere entro fine mese.
Le prime indiscrezioni sono state intanto giudicate «credibili» dal presidente della commissione trasporti dell'Europarlamento, Paolo Costa. «Ai progetti transfrontalieri Ten-T di interesse italiano (Torino-Lione; Verona-Monaco di Baviera; Ronchi sud-Trieste-Divaccia) sarebbe riservato quasi un quarto dei fondi di cofinanziamento europeo.

 

 

In arrivo 140 milioni di euro per nuove strade  - Infrastrutture in primo piano nella manovra. Al sistema universitario vanno 29 milioni. Incentivi alla raccolta differenziata

 

Sonego: «Saranno disponibili dal 2009». Per la rete ex Anas stanziati 45 milioni

TRIESTE Ci sono gli incentivi ai comuni più virtuosi nella raccolta differenziata dei rifiuti che vengono ceduti alle Province. E ci sono 45 milioni di euro per la nuova spa che, dal 1. gennaio, dovrà gestire le strade ex Anas. Ci sono 29 milioni, in vent’anni, per il sistema universitario. E 140 in quattro anni per viabilità e banda larga.
Eppure, nonostante valga più di 5 miliardi di euro, la Finanziaria 2008 - la prima che segue la riforma della contabilità imposta da Riccardo Illy - è la più esile che il palazzo di piazza Oberdan ricordi: diventa, già nel nome, una legge strumentale; conta su soli sei articoli che occupano poche pagine e cancella le poste con «nome e cognome». L’articolo più robusto, già approvato da sindaci e presidenti di Provincia, è proprio il primo: quello sulle autonomie locali che riserva il 9% di compartecipazioni in più a Comuni, Province e Comunità montane. Il secondo articolo, su salute e protezione sociale, riscrive invece le regole del fondo agevolativo per le strutture destinate a servizi socio-educativi o socio-sanitari per anziani e disabili, stanziando 10 milioni di euro.
Il terzo articolo, su progettazioni, tutela dell’ambiente, edilizia e trasporti, affida alle Province il «premio» a misura di ambiente: i comuni in cui la raccolta differenziata supera il 40% dei rifiuti urbani raccolti si vedono riconoscere un incentivo che varia da un euro a cinque euro per abitante. Un euro va ai comuni che non superano il 50% di raccolta differenziata e cinque a quelli che sfondano l’80%. A disposizione, per ora, 200 mila euro. L’articolo quarto, su istruzione, cultura e sport, prevede un intervento straordinario di 240 mila euro per la socializzazione degli alunni delle scuole dell’infanzia e primarie della Carnia, mentre l’articolo quinto, su formazione, lavoro, università e attività produttive, investe l’Agenzia Turismo Fvg del compito di promuovere i prodotti agroalimentari e garantisce 29 milioni di euro di contributi pluriennali per la realizzazione di opere e interventi edilizi «finalizzati al potenziamento del sistema universitario, dell’alta formazione e della ricerca scientifica». L’articolo sesto, su norme intersettoriali e contabili, autorizza infine un progetto di dismissione di beni regionali, blinda la benzina regionale e destina 100 mila euro all’Anci.
Le infrastrutture, tema caro alla giunta, occupano un capitolo a parte: «Abbiamo destinato 140 milioni per nuove strade e banda larga» annuncia Lodovico Sonego. Ma quei 140 milioni, cui si aggiungono «45 per Fvg strade spa e 4,8 per la ferrovia Udine-Cividale», sono disponibili solo a partire dal 2009: «Parliamo di opere che vanno programmate per tempo. E quindi abbiamo stanziato le risorse in modo che siano spendibili nel momento giusto» afferma l’assessore. Aggiungendo però che la delibera d’impegno, con l’elenco dei beneficiari, «verrà approvata entro fine legislatura».
Adesso, sebbene manchi ancora il passaggio finale al tavolo della concertazione dopo quello di ieri mirato su agricoltura, edilizia e ambiente, la parola passa al consiglio: la sessione di bilancio si apre il 28 novembre in commissione. Il 21 dicembre, a meno di imprevisti, il voto finale in aula.
r.g.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2007 

 

 

I commercianti: rilanciare le aree pedonali - Marchetti (Coop): puntiamo anche sui negozi di quartiere. Cobez: troppi gli ipercentri

 

Opinioni unanimi sulla validità dei progetti per le zone chiuse al traffico. Rigutti: «C’è bisogno di chiarezza su dove intervenire»

«Sono già eccessive le attuali due sedi della grande distribuzione»

Il commercio triestino paga la presenza di un numero già eccessivo di centri commerciali per il suo territorio e la partenza ritardata delle opere di abbellimento del centro cittadino. Ma il rilancio può effettivamente passare attraverso la valorizzazione e la pedonalizzazione delle aree urbane. Questi, in sintesi, i pensieri dell’universo degli esercenti locali.
Livio Marchetti, presidente delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli, osserva: «Guardiamo con favore alla pedonalizzazione e agli accordi fra commercianti nelle aree urbane, come mezzi per attrarre i cittadini in centro. Il discorso legato all’insediamento dei grandi centri commerciali, invece, non è positivo dal punto di vista economico per quanto ci riguarda. Noi siamo più indirizzati a valorizzare i negozi di quartiere. L’ipotesi dei centri commerciali naturali è buona ma bisogna capire se, in merito, economicamente i negozianti possano rispondere in modo adeguato».
Il presidente uscente dell’Associazione commercianti al dettaglio di Trieste e proprietario di un negozio di abbigliamento in pieno centro, Franco Rigutti aggiunge: «In relazione ai progetti sui centri commerciali naturali, c’è bisogno di certezze sulle zone pedonali che verranno create. Notizie sicure su quali saranno, senza alcun suggerimento o prevaricazione da parte nostra, e come si articolerà definitivamente la distribuzione dei parcheggi in città. Ci sono vari imprenditori e commercianti, locali e non, pronti a investire sul territorio, ma prima di farlo vorrebbero conoscere con precisione quale sarà lo scenario della zona dove poi insediarsi. Siamo disposti a collaborare in maniera costruttiva per arrivare alla definizione delle linee guida».
«La nostra è una bella città, in cui si è sempre sostenuto come i negozianti lavorino bene - spiega Guido Cobez, titolare della cartoleria di via Nazionale (esercizio storico, avviato 104 anni fa) a Opicina, una delle aree interessate dai progetti della Confcommercio sui centri commerciali naturali -. Ma adesso si paga la presenza esagerata di strutture della grande distribuzione in una realtà come la nostra: già due, ovvero quelle esistenti, sono troppe, figuriamoci come sarà la situazione alla conclusione dei progetti programmati (il riferimento è a quelli del Silos e al polo Montedoro, Arcobaleno ed ex Aquila nella zona di Muggia, ndr). È una battaglia dei piccoli contro i grandi, già squilibrata in partenza: non si vede un futuro per i nostri figli nelle attività dei negozi di famiglia. Inoltre, l’amministrazione dovrebbe intervenire ancora per rendere le vie del centro un salotto autentico, non solo piazza Unità. La soluzione delle aree urbane gestite assieme fra i commercianti - conclude - è validissima, ma i capitali che noi possiamo mettere sul tavolo sono pochi. Mi pare che ci siano tante buone idee come Centri in via (il nome del progetto iniziale della Confcommercio, ndr), ma queste si arenano».
Interessato dalla prospettiva del centro commerciale naturale potrebbe essere in futuro anche il rione di San Giacomo: «Si garantirebbe un contatto migliore con la clientela - dice Enrico Zuballi, che nel rione gestisce un negozio di articoli sportivi - rispetto ai grandi centri commerciali, dentro i quali si registra una certa freddezza nel rapporto tra venditore e acquirente. Trieste può recuperare il ritardo accumulato grazie anche alla caduta dei confini con la Slovenia: prima era considerata l’appendice dell’Italia, ora ha l’opportunità di essere un punto centrale dell’Europa».
Infine, l’opinione di Cristina De Marchi, titolare di una storica pasticceria in Barriera: «Tutte le promozioni sono ben accette, in riferimento all’idea dei centri commerciali naturali, ma una realtà come la mia va tutelata pure sul piano dell’identità. È importante distinguersi. Forse varrebbe riflettere sul fatto che già gli attuali due centri commerciali sono troppi per una città come Trieste».

Matteo Unterweger

 

 

Bucci: «Auto fuori del centro, è il futuro»  - «È difficile che si torni a parlare del piano del traffico prima delle regionali»

 

L’assessore conferma il suo gradimento per la pedonalizzazione, «chiave di volta per commercio e turismo»

Inutile negarlo, e difatti nemmeno in giunta c’è più chi lo fa: con le regionali alle porte «purtroppo del piano del traffico si tornerà a discutere dopo il giugno 2008», premette l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci. Che però aggiunge subito: «Ne sono fermamente convinto, la gente vuole le pedonalizzazioni. E al contempo le pedonalizzazioni sono una delle chiavi di volta per rivitalizzare il commercio - via San Nicolò lo dimostra - e il turismo, per riqualificare la città stessa. Il futuro è questo, e mi batterò per attuarlo».
Avanti tutta con la chiusura al traffico di vaste porzioni del «salotto buono», dunque. In questo senso, Bucci spezza un’ultima lancia a favore dell’abortita idea del tunnel sotto corso Italia, che non ha raccolto molti favori né tra i politici né nell’opinione pubblica: «Sarebbe stata la soluzione ideale per salvare capra e cavoli, le esigenze del traffico e quelle dei pedoni e, su un fronte politico, anche la sensibilità di An che vuole mantenere il corso aperto alle auto». Ma tant’è: superata la boa del voto regionale, sarà il momento di assumere le «grandi decisioni». Quel momento che «sta maturando, e nel quale spero» di non restare solo, dice l’assessore.
Del resto, a dare manforte a Bucci è il collega forzista di giunta Paolo Rovis, titolare della delega al commercio e totalmente allineato - lui che per primo nel 2005 lanciò l’ipotesi di corso Italia pedonale - sulla necessità di chiudere aree centrali alle auto: per la vivibilità, ma anche per dare ossigeno al commercio. Certo le dichiarazioni sinora sono rimaste tali. Anche Rovis lo deve riconoscere: «Manca la svolta». E però, aggiunge, «sinora il Comune ha fatto molto: 40 milioni di euro dal 2001 in qua spesi per ripavimentazioni, dal Viale XX Settembre a piazza Verdi e a piazza tra i Rivi di Roiano; e 12 milioni per l’illuminazione pubblica».
Insomma, annota Bucci, varato anche il piano parcheggi - indispensabile perché «la pedonalizzazione deve viaggiare di pari passo con i servizi», verrà il momento di dovere scegliere. Ma quando? I tempi non si profilano brevi. Perché «sindaco e giunta vogliono attendere di vedere gli effetti della Grande viabilità prima di intervenire con il nuovo piano del traffico», ribadisce Rovis. E la Grande viabilità sarà completata solo nell’ottobre 2008. «Ma intanto si potrebbero comunque ampliare alcune aree pedonali», propone Rovis. Ipotesi che però Bucci giudica difficile da percorrere: «Qui si tratta di intervenire sui grandi assi di scorrimento del centro, non possiamo farlo a spot».
E intanto, i comitati per la pedonalizzazione di via Mazzini e di corso Italia continuano a perseguire i propri obiettivi. «Ma il discorso - dice il presidente del comitato del corso, Pierguido Collino, che aveva sostenuto l’idea del tunnel - non deve limitarsi a comprendere una sola via: gli antagonismi tra aree sono assurdi, la valorizzazione va perseguita per tutto il centro storico». A una condizione, però: che non manchino i collegamenti pubblici. «Non penso ad autobus, ma a delle navette elettriche» meno impattanti dei bus e che comunque consentano di vivere l’area.
Per il comitato di via Mazzini, invece, Paola Gaggi non ha dubbi: «Il tunnel non avrebbe risolto granché, oltre a essere molto costoso. Resta un fatto: nella zona pedonale il commercio lavora di più». C’è un fatto però che Gaggi sottolinea: «Quello della pedonalizzazione sarà un lavoro molto lungo. Resto convinta che gli stessi cittadini non siano pronti per una cosa del genere». L’assessore Bucci, come detto, è di parere contrario, e anzi - per restare in tema di regionali - «secondo me la gente ti premia anche per le decisioni che assumi. Il piano del traffico però - chiude - non posso certo farmelo da solo».

 

 

Centro commerciale naturale: i quattro progetti esistenti per ora sono ipotesi sulla carta - Dopo Barriera, Muggia, Opicina e S. Giacomo

 

Un’idea lanciata due anni fa, ma un iter che sta andando avanti a rilento a causa sostanzialmente della mancanza di certezze assolute sulla disponibilità di fondi per l’avvio esecutivo dei progetti. I centri commerciali naturali o «all’aperto» destinati (secondo gli esperti del settore) a rilanciare il commercio cittadino, convivendo con la grande distribuzione ma differenziando da questa la propria offerta, sono ad oggi ancora esclusivamente delle ipotesi sulla carta.
A livello operativo, infatti, solamente il piano per la zona di Barriera è pronto e attende di diventare esecutivo. Da mesi è chiuso nei cassetti della Confcommerio di Trieste e aspetta il via libera. «Nel frattempo, Terziaria Trieste, Centro di assistenza alle imprese del terziario della stessa Confcommercio, si è aggiudicato il finanziamento complessivo di circa 200mila euro dalla Regione per la realizzazione di tre progetti del genere su altrettante aree. A Muggia, Opicina e San Giacomo. Il prodotto finale sarà cartaceo, ribadisco che si parla dunque solo di progettazione», a puntualizzare la questione è il direttore generale della Confcommercio provinciale, Pietro Farina.
Per rendere tangibile il tutto, infatti, «bisognerà aspettare la conferma dell’arrivo attraverso l’ente regionale dei fondi comunitari 2007-2013 a favore di questi interventi - continua Farina -, un tipo di finanziamento previsto da un’apposita legge per la valorizzazione dei centri urbani e che non riguarda interventi strutturali come la pedonalizzazione di aree o simili, che spettano direttamente agli enti pubblici locali, ma semplicemente sostiene l’avvio di operazioni promozionali e collettive fra i vari esercizi delle zone interessate. Riguarderebbe, ad esempio, l’uniformità della gestione dell’immagine, la stesura di calendari relativi a eventi promozionali e ancora l’acquisto della segnaletica indicativa dei vari esercizi e della loro offerta. Si tratta di contribuiti, finiti i quali toccherebbe poi ai commercianti finanziare le proprie promozioni. Non è certo, però, che siano stanziati, anche se le indicazioni in merito sembrano piuttosto chiare verso una soluzione positiva. Ipotizzando, il primo progetto presumibilmente potrebbe concretarsi nel 2008. È possibile si tratti di giugno, ma è più probabile che avvenga in autunno».
Quanto all’idea relativa all’introduzione di una figura manageriale unica che sappia gestire le iniziative comuni di un’area del centro, Farina osserva: «Il modello a cui ci si riferisce è tipico dei paesi anglosassoni o scandinavi, ma noi come Confcommercio non ambiamo a questo tipo di figura perché non possiamo portare avanti un progetto che comporti un costo certo del genere. Siamo un’associazione di categoria e dobbiamo tutelare i nostri affiliati. Qualora gli stessi commercianti dovessero rilevare una fonte di ritorno economico sicura nell’impiego di un manager, allora credo che sarebbero i primi a proporlo e sostenerlo».
ma. un.

 

 

Confartigianato: «Bonifiche, un passo in avanti ma non completo»

 

Il presidente Bruni e il vice Rovis intervengono sull’ultima versione della bozza di accordo. La Camera di commercio protesta per essere stata esclusa dai recenti incontri

La Confartigianato accoglie con soddisfazione, ma solo in parte, l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche, pervenuta ai vertici dell’associazione venerdì scorso.
Il neo presidente Dario Bruni, affiancato dalla giunta appena nominata, definisce «un punto di forza» dell’ipotesi di accordo il fatto che le imprese che hanno acquistato un terreno o un capannone dall’ente pubblico non dovranno sopportare alcun onere per caratterizzazioni e bonifiche.
Allo stesso tempo Bruni contesta la suddivisione fra «imprenditori di serie A e di serie B», nel senso che lo stesso testo prevede che coloro che hanno acquistato aree o edifici da privati debbano farsi carico della caratterizzazione e della messa in sicurezza. «Non è giusto – rimarca – che si addebitino tali costi a chi non ha inquinato e ha l’unica colpa di aver acquisto un terreno, per creare un’azienda, prima che venisse perimetrato il sito inquinato».
Di passi in avanti con l’ultima bozza parla anche il vicepresidente di Confartigianato Paolo Rovis, che entrando nei dettagli cita il punto 15 dell’articolo 5, dove si legge che «l’ente pubblico titolare di aree incluse nel sito di interesse nazionale attua la messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda e dei suoli delle proprie aree, ivi comprese quelle già alienate dall’ente medesimo il cui inquinamento non sia riconducibile all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare dell’area».
«E’ un passo in avanti, ma non un passo completo», aggiunge Rovis, spiegando che l’articolo 14, in merito ai benefici per i privati che aderiscono all’accordo, dove si parla di «concorrere pro quota agli oneri progettuali, di investimento e gestione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, in ragione della superficie delle aree di ciascun soggetto», crea «una sorta di equivoco, mantenendo la spada di Damocle sulla testa di aziende non colpevoli dell’inquinamento».
Quanto al principio del «chi non ha inquinato non paga», sul cui rispetto Confartigianato ha insistito in più occasioni, citando in particolare la direttiva comunitaria 2004/35/CE Rovis riconosce che la direttiva stessa è richiamata nella parte iniziale dell’accordo ma sottolinea che il concetto non è inserito in modo chiaro nell’articolato. «Gli enti locali – ricorda il vicepresidente di Confartigianato – hanno fatto fronte compatto nel ribadire il concetto della direttiva. E’ una battaglia – aggiunge – a difesa di 350 aziende che sono il nerbo dell’economia provinciale».
Sempre con riguardo all’ultima bozza dell’accordo, nei giorni scorsi il testo è giunto anche ad Assindustria. Fra i destinatari non c’è stata invece la Camera di commercio, cosa che ha innescato la protesta del presidente. «Ho scritto al ministero dell’Ambiente e alla Regione – spiega Paoletti – chiedendo il motivo per cui il nostro ente non è stato invitato alle ultime riunioni, dopo che da anni ci occupiamo della questione bonifiche, attraverso apposite strutture e appositi tavoli con le associazioni di categoria. Aspetto una risposta».

Giuseppe Palladini

 

 

Rifiuti, Duino boccia il porta a porta  - Il Comune vuole incrementare la raccolta differenziata ma con cassonetti

 

Sulla decisione in controtendenza rispetto ad altri enti avrebbe pesato la tormentata esperienza di Monfalcone

Il sistema del territorio limitrofo ha avuto ripercussioni: perdita di 20mila euro. Saranno potenziate le piazzole ecologiche e acquistati nuovi contenitori

DUINO AURISINA Duino Aurisina non «cederà alla tentazione» del porta a porta.
Diversamente dalle scelte effettuate da altri Comuni della provincia di Trieste, come San Dorligo della Valle o dai confinanti Comuni del mandamento monfalconese, la raccolta delle immondizie, pur restando differenziata passerà per l'utilizzo pubblico dei cassonetti. Resta tuttavia l'obiettivo, molto ambizioso, di abbassare del 20% entro il 2008 la quantità di rifiuti «indifferenziati» e quindi da destinare all'inceneritore. Questo il progetto e questi gli intendimenti dell'assessore ai Lavori pubblici di Duino Aurisina Andrea Humar, reso noto nei giorni scorsi nell'ambito di un incontro sul tema rifiuti organizzato dall'associazione Ambiente è Vita. La scelta del contrastato porta a porta di Monfalcone - che ha causato non pochi disservizi e un forte aumento dei costi anche a carico di Duino Aurisina, perché molte persone del mandamento scaricano i rifiuti indifferenziati nei bottini lungo la strada costiera e a San Giovanni di Duino, causando un aggravio dei costi per l'amministrazione del territorio, quantificato in circa 20mila euro - non ha contagiato Duino Aurisina. Che invece prosegue nella propria politica, iniziata da alcuni anni, di promuovere sì la raccolta differenziata ma utilizzando i normali cassonetti già differenziati lungo le strade e nelle aree ecologiche.
All'inizio del prossimo anno, l'amministrazione comunale acquisterà - come già annunciato - una serie di nuovi contenitori per la raccolta del verde risultato di sfalci e potature e anche sulla base delle segnalazioni dei cittadini provvederà a razionalizzare il posizionamento delle aree di raccolta, le attuali piazzole ecologiche. Duino Aurisina non intende avviare la raccolta porta a porta, come avviene nei Comuni del mandamento monfalconese ma punta, con una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini, ad aumentare la quota di rifiuti destinati al reciclo - ovvero plastica, carta, metalli, rifiuto umido e vetro - pro capite, diminuendo così quella indifferenziata che, destinata all'inceneritore, costa molto all'amministrazione.
«Il nostro progetto - ha dichiarato l'assessore Humar - delinea una chiara strada da percorrere, che non è quella della raccolta porta a porta e si allontana dalla strada scelta da Monfalcone e San Dorligo della Valle: porteremo avanti un progetto di aumento della differenziazione dei rifiuti senza portarlo all’esasperazione conciliando recupero dei rifiuti, una buona qualità del servizio e a una buona situazione igienico sanitaria». Tra i progetti che si pensa di avviare a breve, anche l'introduzione di uno sconto per i cittadini che avviano progetti di compostaggio, ovvero di reciclo autonomo dell'umido per concimazione nel proprio giardino.
fr. c.

 

 

Eni: il prezzo del gas aumenterà. Rischi energetici per l’Italia - Parlano Scaroni e Medvedev (Gazprom)

 

Patrimonio personale di 2 miliardi. È già entrato nella classifica della rivista Forbes

ROMA Il prezzo del gas è destinato ad aumentare nel giro di sei mesi, sulla scia lunga delle quotazioni del greggio, mentre l'Europa - e con lei l'Italia - è sempre più fragile ed esposta al rischio di una carenza del combustibile che alimenta impianti elettrici, riscaldamento, industrie.
È lo scenario tratteggiato oggi al congresso mondiale dell'energia dal numero uno dell'Eni, Paolo Scaroni. Il vice presidente di Gazprom, Alexander Medvedev, gli ha dato man forte, mettendo in campo anche il tema della separazione delle reti e prospettando, su questo fronte, nuovi rischi per il Vecchio Continente.
La chiave del problema l'ha riassunta bene il commissario europeo all'Energia, Andris Piebalgs: è l'eccessiva dipendenza dalle importazioni di gas, che si traduce, sottolinea Piebalgs, in una «eccessiva dipendenza dalla volatilità del prezzo del petrolio», schizzato verso i cento dollari per «motivi non ancora chiari». Le due variabili sono legate, e con una tempistica abbastanza prevedibile, secondo Scaroni, «i prezzi del gas cresceranno nei prossimi sei mesi», ha prospettato oggi l'a.d. dell'Eni. Una preoccupazione per i consumatori, a cui se ne aggiungono altre di più ampia portata, che investono l'Europa, sempre più esposta al «rischio di una carenza gas nel prossimo futuro. Gas significa luce, riscaldamento, produzione industriale - sintetizza Scaroni - Restare senza è un rischio che non ci possiamo permettere». Di più. Se questo rischio oggi esiste, è anche perchè l'Ue ha avuto una «visione limitata»: attenta al «dettaglio delle regole di funzionamento del mercato interno», ma ha perso di vista le «minacce esterne».
Una chiave di lettura che ha notevoli punti di contatto con quella espressa da Gazprom, partner forte dell'Eni. Il vice presidente del colosso russo del gas, Alexander Medvedev, non ha fatto mistero di essere preoccupato di fronte alle proposte dell'Ue per separare la proprietà delle reti di trasporto, cioè i gasdotti, dalle società che forniscono il gas. Questa strada, secondo Medvedev, è poco «compatibile con le regole del mercato» e percorrerla produrrà ripercussioni «negative per la sicurezza europea in campo energetico». Parole forti da parte di uno dei principali fornitore di gas per i paesi dell'Unione, un soggetto che continua a guardare con forte interesse alle società energetiche italiane per «incentivare accordi», come ha confermato ieri Medvedev, citando Enel, Edison e anche Terna. Con Eni, il rapporto è consolidato da tempo. E proprio cogliendo l'occasione del forum in corso a Roma, il ministro dell'energia russo, Victor Khristenko, ha prospettato la possibilità di un ingresso del cane a sei zampe nel capitale di Gazprom. Ma oggi Scaroni ha frenato: «Il tema - si è limitato a dire - non è all'ordine del giorno».

 

 

ISTRIA - Richiesta di danni alla Rockwool

 

ALBONA Un’altra denuncia degli ambientalisti per inquinamento contro la fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Pedena. Sotto accusa «intense emissioni di fumo e odore sgradevole» in seguito alle quali gli abitanti della zona hanno chiesto aiuto al 112. Intanto alcuni cittadini hanno annunciato che intendono citare la Rockwool in tribunale per chiedere il risarcimento dei danni visto che, questa la motivazione, la qualità della vita è notevolmente peggiorata

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2007 

 

 

Incontro pubblico sulla Ferriera di Servola  - Il Circolo Miani: «Il problema dell’inquinamento dell’aria va affrontato anche a Muggia»

 

MUGGIA Il Circolo Miani, il Coordinamento dei Comitati di quartiere, Servola Respira e La tua Muggia hanno organizzato ieri a Muggia un incontro pubblico per parlare dei problemi dell’inquinamento e della Ferriera. La sede scelta non è casuale. All’incontro infatti è stato rimarcato che Muggia, assieme ad Aquilinia, è con Servola la realtà più a rischio per la salute collettiva. Ma solo di recente si è parlato anche di Muggia nel trattare la tematica degli inquinamenti dell’aria, comprovati da analisi scientifiche svolte da vari soggetti e su cui si è già espressa anche l’Azienda sanitaria. L’argomento era stato toccato anche dal sindaco muggesano Nesladek in Consiglio comunale, la settimana scorsa.
Un inquinamento a Muggia di cui, è stato detto ieri alla Sala Millo, «si sapeva e si sarebbe dovuto parlare già tempo fa», vista la vicinanza geografica con Trieste e con gli impianti ora sotto accusa, ma sul quale si sarebbe mantenuto un silenzio che ieri è stato duramente criticato. «Un problema che non si limita a polveri da ripulire dalle auto e dai davanzali - è stato rilevato alla riunione - ma che ha anche ripercussioni sulla salute. Le amministrazioni sono rimaste senza fare nulla per quasi 10 anni, nonostante i fatti fossero noti da tempo».
Critiche sono state rivolte anche allo stesso sindaco di Muggia Nesladek, «reo», secondo i promotori dell’assemblea di ieri, di avere ammesso di avere letto solo ora i dati dell’inquinamento in città.

 

 

San Giacomo, pista ciclabile finita nel 2008  - Nei primi mesi del prossimo anno sarà realizzata la passerella metallica in via dell’Istria

 

Anche se in ritardo proseguono i lavori per il completamento della via che porterà fino a Muggia e alla Slovenia

Nei primi mesi del 2008 la pista ciclabile che dal centro di Trieste porterà in futuro fino alla Slovenia avrà un impulso determinante. La passerella metallica sopra via dell’Istria, a San Giacomo, per permettere il passaggio della pista ciclabile, verrà infatti realizzata entro i primi mesi del prossimo anno. La notizia arriva dall’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, il quale segue in prima persona lo sviluppo del percorso che da San Giacomo si snoderà, lungo il tracciato della ferrovia Campo Marzio – Erpelle, fino a Draga Sant’Elia. Inoltre prende sempre più corpo la possibilità di collegare la pista con la Slovenia attraverso Muggia, progetto che verrà messo a punto in un secondo momento, quando le principali strutture della ciclabile saranno finalmente realizzate, a cominciare appunto dal cavalcavia.
Se le tabelle di marcia saranno rispettate le fondamenta del cavalcavia di via dell’Istria verranno realizzate tra dicembre e gennaio. Contemporaneamente sarà assemblato il ponte che, una volta posizionato, sostituirà quello esistente. La struttura, lunga in totale circa 160 metri, sarà composta interamente d’acciaio inossidabile, per ridurre i costi di manutenzione.
Nelle ultime settimane sono stati completati il tratto che va da Campanelle a Sant’Anna, fino all’incrocio tra via Costalunga e via Naldini e quello che collega la zona di Raute con Cattinara. In questi due segmenti il percorso è stato completamente asfaltato ed è stata installata l’illuminazione pubblica. Una volta completata la passatoia verrà ultimata anche la parte della pista tra le vie Ponziana e Orlandini, che sarà, così, collegata al resto del tracciato.
«I lavori proseguono – dichiara Tommasini – e ci stiamo impegnando per concludere l’opera nel minor tempo possibile. La costruzione della pista ha permesso di realizzare anche opere collaterali, che porteranno sicuramente benefici ai residenti. All’inizio del 2008 ci occuperemo della posa del cavalcavia e del cantiere nelle vicinanze dell’ospedale infantile Burlo Garofolo. Una volta terminato l’intero il percorso ci impegneremo per firmare un’intesa con il Comune di Muggia di modo da estenderlo fino alla Slovenia, con la quale saranno caduti i confini».
Al momento l’ostacolo maggiore per il completamento della pista ciclabile è la presenza sul tracciato di un deposito privato, del quale l’amministrazione provinciale vuole lo spostamento.
«Sulla questione sono stati presi provvedimenti di tipo legale, dato che sull’area esiste un problema di titolarità – dice Tommasini -. Ritengo, però, che la controversia sarà risolta in breve tempo e così potremo concludere definitivamente l’opera».
Per nulla soddisfatto dell’andamento dei cantieri Francesco Battaglia, coordinatore urbanistico della Quinta circoscrizione, che sottolinea l’importanza di una maggiore collaborazione tra il parlamentino e la Provincia.
«I lavori avrebbero dovuto essere già conclusi – dice -. L’informazione e il coinvolgimento delle altre istituzioni nella realizzazione della pista ciclabile sono inesistenti. Il progetto darà un servizio nuovo ai cittadini, per cui ritengo che i residenti debbano essere tenuti al corrente dello stato di avanzamento dell’opera. Inoltre – conclude Battaglia -, i ritardi subiti dai lavori sono ingiustificati perché il tracciato era noto e i problemi emersi andavano risolti in precedenza».
Il cantiere della pista ciclabile è stato aperto sette anni fa, nel 2000, con la costruzione della prima parte del tracciato, tra San Giuseppe della Chiusa e il confine di Stato. Due anni fa sono stati realizzati il sottopassaggio della strada provinciale 11 «di Prebenico» e un parcheggio in via Gramsci.
All’inizio del percorso ciclabile a San Giacomo è stato, inoltre, costruito un infopoint, all’interno del quale, una volta inaugurata la pista troverà spazio anche un punto di ristoro. Anche qui i tempi per la piena operatività dell’info-point non sono ancora certi.
Mattia Assandri

 

 

Secondo i manager italiani  - «Via nucleare obbligatoria»

 

ROMA L'Italia «non può prescindere dal nucleare». Nè è convinto il presidente dell'Enel Piero Gnudi anche se è costretto a dar ragione al ministro Bersani (nella foto), secondo il quale il nostro Paese «non ha il fisico» per fare una scelta del genere. L'energia nucleare tiene banco alla seconda giornata del Wec, il Congresso Mondiale dell'Energia, che per la prima volta si tiene in Italia. Oltre a Piero Gnudi, a sottolineare l'importanza della scelta sono stati i manager di grandi società italiane: Giuliano Zuccoli, amministratore delegato di Aem e presidente di A2A, la joint venture nata dalla fusione della municipalizzata milanese con la bresciana Asm che si dice pronto a un progetto di fattibiltà. E Umberto Quadrino, ad di Edison che ha sottolineato come non ci possa essere «soluzione al problema dell'energia senza il nucleare» e che dunque è «assolutamente necessario trovare un accordo su questo tema».

 

 

Il destino della Ferriera

 

Mando questa lettera in quanto tutti sono favorevoli a chiudere la Ferriera, noi invece non ne vediamo il bisogno, mio marito lavora nell’indotto. Questo mostro che emette fumi bianchi e rossi, credo sia il primo tifoso della Triestina; il rione è cresciuto attorno a essa, quando degli scellerati hanno dato l’autorizzazione a costruire le case vicino, i fumi già uscivano dal camino.
Ora inquina, bisogna chiuderla. Ma da quante altre cose siamo inquinati? Con il beneplacito dei nostri politici. Esempio: pesce al mercurio, mucche pazze, polli schizofrenici, vino al metanolo e se ne possono elencare molte altre.
Ma quello che mi preme è questo: non si parla tanto della fine di quei 1000 lavoratori, che avranno di sicuro una famiglia, figli, mutui o affitti da onorare. Chi gli assicura di trovare un altro posto? A Trieste non c’è realtà lavorativa, non si trova nell’immediato un lavoro.
Ora chiedo ai nostri cari servolani, a coloro che grazie alla Ferriera ora si godono la pensione: presto è Natale, fate un gesto generoso, accollatevi una famiglia a testa e mantenetela visto che volete portar via il lavoro a queste famiglie.
Ora salute, salute. Ma prima voi dell’inquinamento ve ne infischiavate, bastava lavorare per essere tranquilli economicamente, lavoratori prima, pensionati ora.
L’unica speranza è che si concluda il tutto in maniera positiva per i lavoratori e per la stessa Ferriera, tenendo conto della crisi in atto in tutte le categorie.
Lettera firmata

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2007

 

 

Sul caso Ferriera  - Oggi il dibattito sulla sfiducia del centrodestra alla Barduzzi

 

Si discuterà nel Consiglio provinciale di questo pomeriggio, con inizio alle 18, la mozione di sfiducia all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, presentata il 20 ottobre dall’opposizione di centrodestra sul caso Ferriera. La mozione - ricorda in una nota stampa il capogruppo di Alleanza Nazionale Marco Vascotto - è motivata dalla «scarsa incisività del suo operato, tendente a sottovalutare i dati sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, poco collaborativo con le altre istituzioni in vista della chiusura dello stabilimento e già criticato da esponenti anche della sua stessa maggioranza, ad esempio il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz». Forza Italia, nello spiegare la mozione nei giorni scorsi, aveva ricordato i «20 mila euro» spesi dalla Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre «Barduzzi non ha avuto il tempo per promuovere analisi sul territorio provinciale per misurare le immissioni in atmosfera della Ferriera». Un attacco politico, questo, che il centrodestra intende rivolgere pure alla Regione che sulla Ferriera «ha sempre mantenuto una posizione palesemente ondivaga». «Ho fatto tutto quanto di mia competenza», era stata la replica dell’assessore alla notizia della mozione. «I dati sono pubblici, quando i limiti venivano superati li ho sempre comunicati allo stabilimento e alla Procura».
Nel corso dell’odierna seduta del Consiglio - fa sapere Vascotto - si dicuterà anche di Ogm e del «Giorno della libertà» del 9 novembre, istituito con legge nazionale nel 2005 per ricordare la caduta nell’89 del muro di Berlino.

 

  

Prodi: incentivi per le imprese di energia pulita  - «Razionalizzare i consumi». Protesta di Greenpeace contro il nucleare

 

La proposta è stata lanciata dal premier all'Europa durante l'apertura del ventesimo World Energy Congress

ROMA «Gli incentivi previsti per il consumo dell'energia pulita devono essere estesi anche alle imprese operanti lungo la filiera energetica, senza che questi incentivi vengano classificati come aiuti di stato»: la proposta è stata lanciata all’Europa dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, durante l'apertura del ventesimo World Energy Congress. Prodi ha detto che è importante razionalizzare i consumi di energia e puntare sulla ricerca: «Tra poco la domanda indiana e cinese di energia avrà un peso determinante - ha dichiarato Prodi - il problema non è bloccare la domanda ma razionalizzare i consumi e farne un uso ottimale da parte nostra poi ricerca, ricerca, ricerca per nuove energie». Proposta che viene lanciata in un clima poco favorevole sui mercati globali a causa dell’aumento del prezzo del petrolio lanciato verso quota 100 dollari. Secondo Prodi per evitare nuove emergenze bisogna contenere il meccanismo speculativo sulle fonti energetiche: «Sullo squilibrio tra domanda ed offerta -ha detto- si innesta un pericoloso meccanismo speculativo che deve essere fortemente contenuto».
Al forum, in primo piano, anche il tema del nucleare. Proprio durante l'intervento del premier italiano due climbers di Greenpeace si sono calati dal soffitto della sala ed hanno srotolato uno striscione con scritto: «Chiudiamo la follia nucleare. Rivoluzione energetica subitò». Sono intervenute le forze dell'ordine. Gli attivisti di Greenpeace, spiega una nota dell'associazione, sono entrati in azione per ricordare che il nucleare è una falsa soluzione al problema dei cambiamenti climatici. I lunghi tempi di realizzazione delle centrali non permetteranno, infatti, di abbattere le emissioni mondiali di gas serra in tempo, l'uranio è una risorsa molto limitata e i soldi spesi nel nucleare saranno sottratti allo sviluppo delle vere soluzioni: fonti rinnovabili ed efficienza energetica».
Prodi non ha rinunciato a chiarire la sua posizione su questo tema. Per il premier si deve intensificare la ricerca sul carbone pulito, sul nucleare di nuova generazione e sul fotovoltaico: «Oggi più che mai abbiamo bisogno che ricerca scientifica e sviluppo tecnologico offrano soluzioni e diano risposte ai vari problemi che abbiamo di fronte e non solo per colmare i crescenti squilibri tra domanda ed offerta di energia. La tecnologia deve accompagnare e facilitare cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini dei cittadini. La ricerca e l'innovazione ci devono consentire di poter produrre energia in modo più efficiente nella più completa tutela dell'ambiente. Deve quindi essere intensificata la ricerca nel settore del carbone pulito, nel nucleare di nuova generazione e nelle energie rinnovabili e soprattutto sul fotovoltaico. Molti paesi - ha sottolineato Prodi - stanno puntando proprio sulle rinnovabili, ma ingenti investimenti sono necessari se vogliamo che queste nuove fonti raggiungano quote sempre più crescenti dei consumi energetici mondiali».

 

 

Quei «no» preconcetti degli ambientalisti - Secondo un lettore associazioni e movimenti ecologisti frenano lo sviluppo del Paese

Esemplare mania, delle associazioni ambientaliste e comitati vari, d’autopromuoversi e di trovare bello e buono soltanto ciò che da loro promana. Tritano miscele di individualismo e furbizia in modo da apparire all’opinione pubblica paladini e protettori dell’ambiente, anche a costo di costi rilevanti in termini di sviluppo economico del Paese. Quanto costa cedere alla sindrome Banana «Build absolutly nothing anywhere near anything, non costruire assolutamente nulla in nessun posto vicino a niente»?
Per essere presenti nelle scelte s’improvvisano: progettisti, tecnici ecc. senza mai applicare all’argomento, oggetto di studio, la solidità tecnico/scientifica necessaria. La mappa dei no è sterminata, e scoraggia chiunque, pubblico o privato, intenda mettere mano alla costruzione di opere e infrastrutture. Giusto per limitarsi all’orizzonte della nostra città cito: la Grande viabilità, il Corridoio 5, la Baia di Sistiana, i rigassificatori, il campo di golf Trebiciano, Muja Turistica, la limitazione ai traffici navali, Hotel Europa ecc. (è proprio tutto sbagliato?).
Reminescenze ambientali: avvilente è stata la posizione assunta dal Wwf di Trieste in merito al Sincrotrone di Basovizza. Oggi polo scientifico di rilevanza nazionale e «fiore all’occhiello della nostra città» queste cose non andrebbero dimenticate.
In merito all’ Av/Ac (Corridoio 5) s’inventano soluzioni quali il rifacimento delle linee attuali. Il tutto in contrasto con gli indirizzi progettuali delle Rfi. L’alternativa al tunnel, sostenuta dalle associazioni, comporta delle ricadute negative sulla popolazione in termini di: «espropri», «rumore», «frammentazione del Carso» ecc. Espropri: è risaputo che i cittadini del Carso hanno dato già tanto, lascio giudicare gli stessi. Cosa dicono in merito l’on. Stojan Spetic e il segretario Igor Kocjancic? Rumore: si sta delineando come una delle maggiori fonti di disturbo per la nostra società. Scientificamente sono dimostrati gli effetti sulla salute delle persone esposte a livelli di rumore elevati. Il trasporto su rotaia non sfugge a tali criticità (a 100 km/h il livello di rumore si aggira sui 95 dB (A) mentre i valori limite differenziali si applicano se il rumore misurato diurno è superiore ai 50 dB(A)e notturno ai 40dB(A) – Dpcm 14/11/97). Probabilmente molti degli abitanti residenti lungo le linee ferroviarie, in modo particolare nel tratto Aurisina-Trieste, farebbero a meno di tale quotidiano disagio. Ambiente: nelle linee per la Tav normalmente sono installate barriere anti intrusione o fonoassorbenti le quali costituiscono, per la fauna, degli ostacoli insuperabili.
Dopo i trafori del Lotschberg e del San Gottardo di 36,4 e 57 km e relativa stazione di Sedrun posta a ben 800 metri di profondità (asse Ten 24 Genova-Rotterdam) un progetto infrastrutturale che preveda un tunnel in Carso non può certamente preoccupare eccessivamente i progettisti e le imprese. Sorprende però riscontrare tanta credulità nei «miracoli» degli ambientalisti più che nelle capacità dell’ingegno e del lavoro di staff di professionisti capaci e motivati.
Luciano Emili

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 novembre 2007 

 

 

Il consigliere dei Verdi interviene sull’autorizzazione alla Ferriera  - Metz: «Serve il piano dell’aria»

 

«Anche se non credo alla possibilità di mettere a norma un impianto obsoleto come quello di Servola, mi preme almeno che gli iter procedurali vengano rispettati rigorosamente. C’è dunque la necessità del piano della qualità dell'aria o di un suo eventuale stralcio per la sola area triestina, e quindi la successiva approvazione del piano da parte degli uffici ministeriali, prima di un possibile rilascio dell'autorizzazione ambientale alla Lucchini spa».
Lo afferma in una nota il consigliere regionale dei verdi Alessandro Metz, il quale afferma poi che la correlazione tra la procedura autorizzativa e la stesura del piano della qualità dell'aria non è di tipo tecnico-legale bensì di carattere tecnico scientifico, e soprattutto pragmatico.
Metz ricorda poi che già nella riunione in Regione del 30 ottobre è stata evidenziata l’urgenza del problema, e cita il verbale della seduta: «L’Arpa chiarisce nelle sue conclusioni che in mancanza del piano regionale di qualità dell'qria non è in grado di valutare se il quadro delle emissioni sia o meno compatibile con il territorio sul quale lo stabilimento si colloca».
Nello stesso verbale Pierpaolo Gubertini, direttore del Servizio tutela da inquinamento ambientale e rappresentante regionale alla conferenza, propone la redazione di un piano stralcio di qualità dell'aria per l'area triestina coinvolta e chiede all'Arpa di presentare nella prossima riunione del 15 novembre una proposta di piano stralcio.

 

 

Ambientalisti e cittadini manifestano chiedendo la chiusura della Rockwool

 

Rimbalzano nei palazzi politici della Contea istriana gli slogan contro la fabbrica di lana di roccia di Pedena

PEDENA Rimbalza a Pola, sede dell’assemblea conteale istriana, e a Pisino, sede della giunta, l’eco della vivace manifestazione di protesta svoltasi ieri a Pedena davanti alla sede della Rockwool. Oltre duecento abitanti della zona di Pedena si sono infatti riuniti attorno alla fabbrica di lana di roccia Rockwool per chiederne la chiusura e lo smantellamento lamentando, con cartelloni e slogan, l’impatto delle attività dello stabilimento sull'ambiente. La struttura, aperta a regime di collaudo neanche due mesi fa, ha dovuto a più riprese interrompere la produzione causa l'emissione di gas inquinanti e il cattivo funzionamento degli strumenti di monitoraggio ecologico.
Il presidente del Partito dei verdi della Croazia Josip Anton Rupnik ha lanciato dure accuse all' amministrazione regionale e soprattutto al suo presidente Ivan Nino Jakovcic «per aver portato in Istria un'industria sporca mosso da interessi personali e non della collettività». Ha quindi lanciato frecciate nei confronti dell'Ufficio dell'amministrazione statale «per aver ignorato la richiesta di referendum sulla fabbrica, richiestav sottoscritta da 6.651 cittadini».
L'architetto Bruno Poropat, ex dietino, da anni impegnato nella salvaguardia dell'ambiente, ha richiamato l'attenzione dei manifestanti e dei cittadini della zona su presunte gravi violazioni nel percorso burocratico che hanno portato all'apertura della fabbrica. «Lo studio di impatto ambientale - ha accusato - è stato manomesso e anche la licenza edilizia è stata concessa in base a documenti manipolati». Ha poi concluso affermando che «l'Istria e' la nostra terra e non vogliamo andarcene a causa di questa fabbrica».
Vjeran Pirsic dell'associazione «Eko Kvarner» si è detto costernato per il fatto che la più fertile vallata istriana sia stata sacrificata all'industria. «I progetti di rilancio dell'agriturismo e della produzione di alimenti biologicamente sani sono falliti - ha detto - con pesanti danni economici per la gente che si è indebitata per realizzarli».
Al comizio si sono visti sventolare striscioni con slogan del tipo «Rockwool go home!», e «Toscana=Istria-Cernobyl» con riferimento, quest’ultimo, al fatto che l’Istria avrebbe un futuro degno di regioni apprezzate in tutto il mondo per l’ambiente e i prodotti agricoli, quali la Toscana, se non venisse rovinata dagli insediamenti industriali».
La manifestazione è stata disertata dagli altri esponenti politici. La Rockwool è attualmente di verifiche e controlli da parte dell'Agenzia statale per la competitività di mercato per presunte violazioni della legge sugli incentivi di stato. Stando agli ambientalisti la fabbrica avrebbe beneficiato di 17 milioni di euro quali contributi e di altre infrastrutture date senza contropartita.
p.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2007 

 

 

Sito inquinato, via libera della Regione all’Ezit per il piano di caratterizzazione: 1,343 milioni

 

Via libera dalla Regione alla copertura finanziaria necessaria ad attuare la caratterizzazione di parte delle aree pubbliche e di quelle inquinate dal settore pubblico nella Valle delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo.
Si tratta della conferma di un trasferimento legato alla «delegazione amministrativa», che è già stato inserito nei giorni scorsi fra le entrate del bilancio di previsione 2008-2010 dell’Ezit. Ieri, infatti, la giunta Illy ha approvato su proposta del vicepresidente Moretton la delibera che autorizza la spesa «per attività previste dal piano di caratterizzazione» per un importo di un milione e 343mila euro.
Tali risorse derivano proprio dall’incarico complessivo per l’attuazione del piano di caratterizzazione affidato dalla Regione all’Ezit. Secondo il decreto, l’ente presieduto da Mauro Azzarita deve avviare entro 12 mesi le procedure per attivare le operazioni previste dal piano nelle aree pubbliche e in quelle inquinate dal pubblico alle Noghere, mentre il termine per l’attuazione è fissato in 36 mesi.
Ma i tempi potrebbero ridursi, come ha lasciato intendere di recente Azzarita. Del resto la caratterizzazione delle aree di proprietà dell’Ezit alle Noghere (450 mila metri quadri), iniziata in primavera, si è conclusa nei giorni scorsi, con due mesi di anticipo sulle previsioni.

 

 

Bucci: «Nessuna autorizzazione alla Ferriera che inquina» - Il Comune aveva chiesto la sospensione dell’attività

 

«Potremo dare un parere positivo sull’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera di Servola, solo se la fabbrica, dopo aver sospeso l’attività per interrompere il flusso di inquinanti, e dopo aver nel frattempo realizzato tutte le misure necessarie a non produrne di ulteriore, riprenderà a funzionare in modo accettabile, ma siccome questo non sta avvenendo, il nostro parere non cambia e se ci sarà un voto in sede di conferenza dei servizi esso resterà negativo». Lo conferma l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, all’indomani del «tavolo di crisi» in cui la Regione ha fatto chiaramente intendere che l’autorizzazione è la via prescelta per instradare l’azienda su un assetto ambientale corretto, riservandosi (come da legge) azioni di verifica costante, e dopo aver scartato - su parere dell’avvocatura - l’ostacolo costituito dall’assenza di un «piano dell’aria».
Consenso a questa posizione è venuto dalla Provincia e anche dalla Cgil: il sindacato ha ipotizzato che il Comune possa modificare il proprio parere sulla scorta di questi indirizzi. Ma così non è. In sede di voto l’amministrazione comunale si manterrà in posizione con le stesse motivazioni già depositate: «Si basavano - afferma Bucci - non sull’ostacolo del piano dell’aria, bensì sulla presenza di inquinamento: la conferenza dei servizi sull’Aia si è riunita più volte, in un arco di tempo molto lungo, nessuna modifica è stata fatta intanto dalla Lucchini, che anzi ha impugnato le ordinanze del sindaco così affermando che non accetta di calare l’inquinamento, e dunque non vedo che cosa sia cambiato da indurci a modificare la nostra posizione, se avesse accettato di sospendere l’attività per mettersi in regola le cose sarebbero state diverse».
Quando anche un solo ente con diretta competenza sul territorio vota «no» all’interno della conferenza dei servizi per l’Aia la materia passa al voto della sola Giunta regionale: «La Regione - prosegue Bucci - ragiona così: inquina pure, tanto hai degli anni per metterti in regola, e questa è una valutazione politica, è una scelta della Giunta regionale, noi continueremo a richiamarci alle leggi vigenti, che certo non mancano, e non daremo cambiali in bianco di fronte a conclamato inquinamento, cosa che la legge stessa sull’Aia impedisce di fare».
g. z.

 

 

Lega Nord: «Necessario chiudere la Ferriera»

 

MUGGIA La Lega Nord di Muggia si appella al sindaco Nesladek per la tutela della salute dei muggesani, «eliminando totalmente le cause che minacciano al salute dei cittadini». Tullio Pantaleo, esponente locale del Carroccio, si riferisce alla presenza di sostanze inquinanti nell’aria, comprovata da studi biologici, di cui aveva dato notizia il sindaco nei giorni scorsi. E aggiunge: «Perché la centralina di analisi dell’aria, che segnalava notoriamente già nel 2001 sostanze inquinanti, è stata spostata in una zona che è sterrata e ventilata? Perché non riposizionarla là dov’era un tempo?». Pantaleo non usa mezze parole e rivolgendosi anche al sindaco di Trieste chiede «la chiusura della Ferriera di Servola. Gli operai – aggiunge – potrebbero essere reimpiegati nei nuovi centri commerciali in via di completamento proprio a Muggia».
s. re.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2007 

 

 

Ferriera verso l’autorizzazione ambientale  - Moretton (Regione) smentisce il ministro: «Non serve aspettare il piano dell’aria»

 

Nuova riunione del tavolo di crisi. Tra una settimana potrebbe venir concessa l’Aia indipendentemente dalle scelte del Comune

L’Azienda sanitaria segnala valori in lieve miglioramento nelle concentrazioni delle polveri e del benzoapirene

Non occorre un piano regionale dell’aria per concludere le procedure relative all’Autorizzazione integrata ambientale la cui concessione o meno pende sulla Ferriera. La Regione ha analizzato la materia e deciso così, mettendosi dunque in netta contrapposizione col ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che l’altro giorno aveva sollecitato un tanto direttamente a Illy.
È quanto scaturito ieri dalla riunione del «tavolo di crisi» sulla Ferriera, che si è tenuta stavolta - per esplicita richiesta dell’assessore Gianfranco Moretton che la presiedeva - a porte chiuse. Lo stesso Moretton ha dato la linea: «Nell’ambito dell’Aia possiamo chiedere all’azienda tutti i correttivi necessari a calare le emissioni inquinanti, del resto l’autorizzazione una volta concessa obbliga a continue verifiche, e se la fabbrica si dimostra inadempiente rispetto agli impegni può essere anche revocata».
Ininfluente, è stato detto, la riapertura dei termini decisa dal governo con una dilazione di 6 mesi per la chiusura delle Aia in Italia. La prossima riunione del 15 novembre potrebbe anche essere quella risolutiva, sia che il Comune mantenga la propria posizione negativa sia che la modifichi in sede di votazione. Ma come mai adesso non serve un piano dell’aria, esplicitamente messo come condizione dalla stessa Arpa, agenzia regionale? «Neanche la Lombardia - ha risposto Moretton - ha pronto quel piano, ed è tutto dire con le industrie che ha».
Intanto l’Azienda sanitaria, su richiesta del sindaco Dipiazza che ha lasciato molto presto la sala ha esposto i dati sugli inquinanti di cui l’ha fornita l’Arpa, compresi gli ultimi di settembre misurati su tre centraline di Servola: «Risultano - ha detto la responsabile del Dipartimento di prevenzione, Marina Brana - dati in lieve miglioramento sia per il numero di sforamenti delle polveri sia per la concentrazione di benzoapirene, ma non sappiamo se ciò dipenda da misure correttive installate dalla Lucchini o da condizioni metereologiche particolarmente favorevoli».
Persiste però il «rischio salute» che più volte l’Ass ha segnalato al sindaco, perché «da gennaio a oggi tutti i dati sono andati peggiorando, e benché settembre sia un po’ migliore siamo sempre a oltre 2 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo, cioé il doppio del limite consentito». Per Brana non è nemmeno ininfluente (come protesta la Lucchini) l’alta concentrazione riscontrata in via San Lorenzo in Selva: «C’è sempre una diffusione graduale nell’aria del rione, e il vento o qualche accidente possono sempre buttar fuori ciò che sta dentro la fabbrica». L’Arpa tuttavia ha affermato di voler confrontare i propri dati con quelli in possesso dell’Apat nazionale, che li ha promessi in parte per metà mese e in parte per la fine. Senza dire che i lavoratori sono comunque sottoposti a livelli di sostanze estremamente alte. Ieri è stato ufficialmente annunciato che il monitoraggio sulla presenza di benzoapirene nei liquidi biologici si farà su 100 operai dal 19 al 24 novembre.
Cosa che soddisfa i sindacati, per lo meno la triplice (meno le Rsu interne): «Benissimo - commenta Franco Belci della Cgil -, l’Aia si può fare in qualunque momento e porterà a migliorare la situazione, l’Ass ha portato dati più positivi, su queste basi penso che anche il Comune potrebbe rivedere la propria posizione finora negativa». Ma Giulio Frisari della segreteria provinciale Failms-Cisal ha lanciato accuse pesanti: «Con lo slittamento delle autorizzazioni anche questo tavolo regionale non porta più da nessuna parte, siamo piombati nel caos, molti lavoratori ci denunciano giornalmente disumane condizioni di lavoro, specie alla cokeria, che puntualmente denunciamo anche all’Ass nella speranza che qualcosa cambi ma il direttore dello stabilimento ha fatto un’assemblea coi dipendenti per convincerli che le sostanze emesse dagli impianti non sono nocive».
Per l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, convinta dal parere legale della Regione che il piano dell’aria non è vincolante, la strada intrapresa ieri va bene: «Noi comunque il catasto delle emissioni lo facciamo, è indispensabile, ma se non diamo l’autorizzazione lasciamo mani libere all’azienda, con quel vincolo invece possiamo imporre migliorie e controllare».

Gabriella Ziani 

 

 

FERRIERA - Dipiazza senza colpo a sorpresa: «Aspetto la lettera dell’Ass»

 

Quand’è stato il suo turno il sindaco Dipiazza, che aveva annunciato sorprese eclatanti al tavolo regionale, ha letto i carteggi con l’Azienda sanitaria e chiesto risposta sugli ultimi dati dell’aria disponibili, quelli che il direttore Rotelli lo aveva rimandato a sentire proprio in Regione, negandoli in via diretta. Poi ha chiesto di avere il documento, gli è stato risposto che lo riceverà non appena controfirmato dal direttore generale, ed è uscito lasciando alla riunione l’assessore Bucci.
«Aspetto la lettera con le cifre» ha commentato seccamente. Il nuovo corso è quello annunciato l’altro giorno: «Parlerò solo per atti». Ma l’assenza della carta ha forse impedito di dar corso al promesso guizzo, «una cosa per cui domani ridiamo» aveva preannunciato. Resta il fatto che il Comune ha già depositato (senza voto) un parere negativo sull’Aia. Non sembra che torni sui propri passi. Il 15 mattina si terrà la nuova riunione, che verrà commentata da tutti gli enti già nello stesso pomeriggio, sempre in Regione. Se si procede al voto, e manca l’unanimità, la materia passa interamente alle responsabilità della Giunta regionale.

 

 

Illy a Barroso: Tav in ritardo, intervenga l’Ue  - La Regione: da risolvere subito le difficoltà in Slovenia per la ferrovia ad alta velocità

 

A Trieste e non a Gorizia la festa d’addio al confine. Rosato: probabile a Fernetti

Il presidente della Commissione Europea ieri a Trieste e poi a Udine per l’assemblea dell’Are: a colloquio con il governatore

TRIESTE Josè Manuel Barroso ha incontrato ieri a Trieste il presidente della Regione Illy: i due hanno discusso della nuova prospettiva del Friuli Venezia Giulia con la caduta del confine orientale. Si è parlato di infrastrutture ma anche della scelta della sede dei festeggiamenti (Trieste al posto di Gorizia, probabilmente a Fernetti, come dice il sottosegretario Rosato) per la caduta del confine previsti per il 20 e il 21 dicembre. Illy ha indicato al presidente della Commissione europea le difficoltà finora riscontrate con la Slovenia per la realizzazione della linea ferroviaria ad Alta velocità. Il presidente ha suggerito la necessità di arrivare a una soluzione «particolare» per l'attraversamento della Slovenia da parte della Tav. «L’anno prossimo verrà completata l'autostrada, ma che c'è ancora una situazione vischiosa sulla nuova linea ferroviaria, quindi ho indicato l'esigenza di una soluzione particolare per la Slovenia, che viene attraversata dalla linea ma che per l'alta velocità avrà solo una fermata». Oggi Barroso sarà a Udine per chiudere i lavori dell’Are, l’Assemblea delle regioni europee.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2007 

 

 

Ferriera, scontro Dipiazza-sindacati - Cgil-Cisl-Uil: cerca alibi per non essere riuscito a chiudere lo stabilimento

 

Il sindaco promette «grosse sorprese» al tavolo di oggi con la Regione. «Mi divertirò molto, comincio a fare il gioco sporco anch’io»

Alla riunione di questo pomeriggio del «tavolo di crisi regionale» sulla Ferriera il sindaco Dipiazza si toglierà qualche pietra dalle scarpe, non già sassolini. Così annuncia, senza dettagli. «E poi rideremo - aggiunge soltanto -, mi divertirò molto, perché a fare il gioco sporco comincio anch’io». Il tema dell’arrabbiatura è la proroga di sei mesi decisa a livello nazionale per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende potenzialmente inquinatrici, 8000 in Italia, 200 in Regione, una a Trieste: la Ferriera di Servola.
È ben vero che i ritardi di tutt’Italia potrebbero non combaciare con quelli triestini e che quindi la procedura qui, se tutto fosse (ma non è) in ordine potrebbe ugualmente concludersi in qualsiasi giorno del calendario, ma la dilazione mentre pende sulla città un inquinamento ancora oggi certificato, con una media di 2,2 nanogrammi di benzoapirene in via Pitacco e cioé non sulla porta della fabbrica ma nel quartiere, manda sulle furie Dipiazza. Verde di bile, e non solo: adesso anche di bandiera. Dà per imminente e certa la sua iscrizione a un’associazione ambientalista: «Mi iscrivo eccome. Pochi li ascoltano davvero? Avranno in me un supporto nuovo».
Il motivo dello scandalo è nella discrepanza tra una responsabilità amministrativa che il sindaco non può scansare in materia di salute pubblica e i sei mesi di tempo che vanno ora in groppa al problema-Servola dopo tanti anni di irrisolte questioni. «La legge - riflette Dipiazza - non è uguale per tutti, è chiaro, e noi amministratori finiamo per apparire vessatori di cittadini: multiamo e puniamo la signora Peppa per una veranda senza permesso, o un varco di camino per la stufa di casa, e non siamo in grado di far rispettare la legge a chi inquina la città». Il sindaco è scandalizzato per Servola, per l’inceneritore - che buttò fuori diossina -, per i mari malati, per lo sporco che dilaga «in un immobilismo totale».
Da oggi, dalla riunione tra Regione, enti amministrativi e sanitari e sindacati fissata per le 14.30 alla Direzione ambiente, Dipiazza annuncia che «parlerà solo per atti, però ogni giorno». E ce l’ha col governo perché «manda avanti una proroga su temi ambientali proprio l’ultimo giorno di scadenza, mentre la legge è del 2005», e con la Regione che già dal 2003 avrebbe dovuto redigere un «piano territoriale dell’aria», senza il quale in effetti la Regione stessa non può proprio autorizzare nulla alle aziende, perché non è in grado di fissare, misurare e di seguito verificare il relativo inquinamento singolo, che va a sommarsi con quello di altre fabbriche o fonti d’insalubrità ambientale. Più alto è il dato complessivo, più basso dev’essere il livello di emissione concesso a ciascuna unità produttiva.
È per l’assenza di questo documento che all’ultima riunione per l’Aia, chiusasi con un nulla di fatto a eccezione del «no» depositato proprio dal Comune, è stata cercata la via d’uscita di verificare se l’Arpa possa esprimere un parere «a prescindere per ora dalla qualità dell’aria». Sembra un’operazione ardita. Da qui anche il richiamo del ministro Pecoraro Scanio al presidente Illy e l’avvertimento del sindaco secondo cui il Comune alla prossima riunione in tema (15 novembre) non ci sarà. «Manderò i funzionari ad ascoltare - precisa -, noi il lavoro in quella sede l’abbiamo chiuso con un parere, e dunque io non vado».
L’Azienda sanitaria oggi ricorderà i dati di benzoapirene a Servola, il nuovo elemento che ha squassato la città. Tra i ritardi di legge (e non locali), c’è da registrare infatti anche questo: lo Stato ha fissato i limiti di benzoapirene a un nanogrammo per metro cubo con un decreto datato appena agosto 2007 (le prescrizioni alla Ferriera date dal magistrato sulla scorta della «relazione Boscolo» parlano ancora solo di polveri, e la nuova sostanza è diventata evidente con le successive analisi del Cigra).
Intanto i sindacati devono riorientarsi, ma lo fanno subito. Franco Belci (Cgil): «L’Aia è una cosa, il nostro lavoro col Comune e l’azienda per ridurre le emissioni e soprattutto l’inquinamento dei lavoratori è altra cosa, e lì continuiamo a batterci, non mi vanno questi atteggiamenti emotivi del sindaco: torni al tavolo regionale, e non si arrabbi con l’Azienda sanitaria che a quello rimanda, mentre altre volte a questa si appoggia per descrivere quadri drammatici». Luca Visentini (Uil): «Mi pare che il sindaco sia solo alla ricerca di alibi per addossare agli altri il fatto di non essere riuscito a chiudere la Ferriera: per noi il rinvio è cosa neutra, il nostro obiettivo è far rientrare la Ferriera entro limiti di legge per l’inquinamento, bisogna stabilire un luogo certo per sistemare le centraline, raccogliere velocemente i dati, fare le necessarie prescrizioni all’azienda, e tutto questo è un procedimento parallelo all’Aia». Luciano Bordin (Cisl): «Non si arriva mai al punto, è dal 2001 che partecipo a tavoli sulla Ferriera, ed ecco altri sei mesi: restiamo al punto, occupazione e salvaguardia di ambiente e qualità della vita, con investimenti. O si riprende a ragionare con l’acquirente Arvedi nella speranza di modificare la produzione, oppure si fa un accordo fra tutti per decidere il destino finale di quell’area, e chi deve pagare le bonifiche e via. Ma urgono interventi certi, e molto in fretta, è in gioco la salute dei lavoratori in primo luogo, e quella di tutti i cittadini».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - I servolani: ora ci sentiamo presi in giro - Ma il ministero precisa: scelta nazionale, non fatta ad hoc per Servola

 

Dopo lo slittamento dei termini per l’autorizzazione i residenti contestano l’immobilismo politico e i continui cambi di rotta

Menia: «Pecoraro Scanio si fa complice dei ritardi di Illy, che ha lasciato scadere la prescrizione». Rosato: «Gli enti e l’azienda dimostrino responsabilità»

I servolani cominciano a non crederci più. Iniziano ad abituarsi a quell'altalena che un giorno accende in loro la speranza di vedere chiuso quel mostro d'acciaio che sbuffa polvere e fumo e che, il giorno dopo, spegne le illusioni.
«La mia è la casa più vicina alla Ferriera - afferma Gabriella Civita, che vive nella struttura che un tempo ospitava la mensa e le abitazioni dei dirigenti dello stabilimento - e quando ho letto che il decreto firmato dal Presidente della Repubblica Napolitano allunga ancora i tempi, ho chiuso il giornale perché mi sono sentita proprio presa in giro».
Le finestre della camera da letto della figlia, sono rivolte proprio verso la cokeria. «Guardi che spettacolo - afferma ironicamente la signora Civita - sei mesi in più di questi fumi densi e neri non sono uno scherzo. Tredici anni fa dormivamo con le finestre aperte, e ora non mando nemmeno mia figlia a giocare in giardino o nel cortile del ricreatorio. Questa non è vita, e con la salute non si scherza. Io ho una forte tosse e ho paura di andare a farmi dei controlli. Il sogno di noi servolani è di rivedere i nostri bambini correre e giocare all'aria aperta, in tranquillità».
A due passi dalla chiesa di Servola c'è la rivendita di tabacchi di Licia Medri. «E' una tribolazione - dice disperata - ma a Roma non capiscono che per noi significa vivere altri sei, sette, otto mesi respirando veleni, polveri e fumo? Il sindaco Dipiazza cerca di chiudere, e poi arrivano quelli che lo fermano. Non è possibile, i politici devono mettersi una mano sulla coscienza e, prima di prendere certe decisioni, dovrebbero venire a vivere per un po' di giorni nelle nostre case, a due passi dalla Ferriera. Se devo essere sincera - conclude la tabaccaia - inizio ad avere seri dubbi sul fatto che si riesca a farla chiudere».
Arrabbiata e delusa anche Lucia Lepre: «Io abito in via Valmaura - precisa - e quest' estate ho dovuto vivere perennemente con le finestre sigillate e il ventilatore: questa non è vita. Io non ho nulla contro la Ferriera - sottolinea - ma la salute dei cittadini viene prima di ogni altra cosa. O mi sbaglio?».
«Ma non è possible - afferma Gabriella Fullone, incredula di fronte ad un altro rinvio - ma hanno capito che c'è gente che rischia la salute.I politici farebbero vivere tra questi fumi, anche solo per pochi giorni, i loro figli? Io abito in via Baiamonti e le terrazze sono piene di polvere nera: non oso immaginare le condizioni di chi vive a pochi metri dalla Ferriera. Comunque è un peccato, perché questa volta sembrava veramente che qualche cosa si stesse muovendo».
Intanto sul fronte politico si accendono le polemiche attorno al decreto-legge del Presidente della Repubblica che ha prorogato di sei mesi la scadenza per l’autorizzazione integrata ambientale. «E’ una proroga generale, per tutto il Paese, e non per la Ferriera – sottolinea il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato – proroga sulla quale il sindaco Dipiazza spera di poter scaricare le sue responsabilità. Il problema Ferriera dipende dal senso di responsabilità e concretezza degli enti locali e dell’azienda. Il problema legislativo è secondario – rimarca – vengono prima le responsabilità politiche e amministrative».
E Andrea Ferrara, consulente del ministro Pecoraro Scanio aggiunge che «il decreto è stato pensato per sopperire a difficoltà a livello nazionale, non è stato fatto certo per la Ferriera. Ogni azienda è un caso a sè. L’autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera fa capo alla Regione: il ministero non c’entra e come tale non sarà mai presente alla conferenza dei servizi che deve decidere sull’Aia».
Violente bordate vengono indirizzate infine al ministro Pecoraro Scanio e al presidente della Regione Illy da Roberto Menia, vicecapogruppo di An alla Camera. «Con la decretazione di straordinaria necessità ed urgenza – afferma Menia – vengono coperte le vergogne e le responsabilità di Illy, che aveva lasciato scadere il termine di attuazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. Si abbia il coraggio di dire – aggiunge – che è questa una legge ”ad personam”, firmata da un ministro (Pecoraro Scanio) che dovrebbe tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini, ma che invece si fa complice dei comportamenti di Illy e gli offre copertura giuridica e politica, lasciando che i triestini continuino a respirare i mortiferi lezzi della Ferriera».
l. t.

 

 

Aria inquinata a Muggia, Ferriera nel mirino - Il problema specie nella parte Est: odori e fumi non individuabili. Chiesto il ricollocamento della centralina

 

Il Consiglio comunale concorda: per dati più verosimili il rilevatore va spostato. Il Comune sarà coinvolto nella gestione della crisi dell’impianto metallurgico

MUGGIA Ci sono dati scientifici della presenza di sostante inquinanti nell’aria di Muggia. Il Comune chiederà lo spostamento dell’attuale centralina di rilevamento per avere dati più adeguati ma ha anche richiesto alla Regione di partecipare al previsto incontro fra enti locali in merito all’autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera di Servola.
È stato il sindaco muggesano Nerio Nesladek, ieri nel corso del Consiglio comunale, a comunicare all’aula le recenti decisioni in merito all’attuale e dibattuta questione degli inquinamenti dell’aria. Lo spunto è giunto da un’interrogazione del consigliere Italo Santoro (Insieme per Muggia) che ha sottolineato l’importanza di controllare scrupolosamente l’aria che si respira in città, e ha sollecitato l’installazione di nuove centraline di rilevamento, anche alla luce di frequenti presenze di odori e fumi per ora non individuabili, che Santoro non sa se fare risalire alla Ferriera di Servola o all’inceneritore. Il sindaco, rispondendo all’interrogazione, ha confermato l’intenzione di chiedere uno spostamento dell’attuale centralina, posta al Molo Balota: «Quell’impianto ci dice ben poco della situazione reale, essendo spesso spazzato dai venti. Chiederemo all’Arpa di spostarlo, in modo da avere rilevazioni più adeguate». In merito alla presenza di sostanze inquinanti nell’aria, il sindaco ha sottolineato che la centralina attuale non ha rilevato sforamenti rilevanti delle polveri sottili nell’ultimo anno, ed è volontà dell’amministrazione scoprire l’origine dei cattivi odori segnalati dal consigliere Santoro. Ma Nesladek ha anche detto di avere ricevuto due giorni fa, in via informale, dal sindaco di Trieste Dipiazza la bozza di autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. «Non l’avevo mai vista – così Nesladek -. Su due pagine di questo documento si parla di Muggia e si citano due studi diversi, uno recente dell’Arpa e un altro fatto da uno studioso di tossicologia nel 2004». «Questi studi – ha spiegato Nesladek – sono stati svolti con un monitoraggio biologico, ovvero si è analizzato lo stato di alcuni licheni che hanno la caratteristica di modificarsi reattivamente in presenza di certe sostanze nell’aria, soprattutto il biossido di azoto. Quindi sono dati aggiuntivi a quelli delle centraline ma non sono in grado di dimostrare le cause di questi effetti. Ma non per questo vanno trascurati».
«È emerso - ha concluso il primo cittadino - che nella parte orientale di Muggia si sono riscontrate alterazioni medio-alte della naturalità (insomma, dei licheni) a causa d’inquinanti, che trovano riscontro anche in uno studio precedente». Nesladek ha pure detto che si tratta del primo dato che giunge al Comune di Muggia e «che mette per iscritto, con criteri scientifici, i nostri sospetti di sempre». Già l’estate scorsa sono state fatte valutazioni dei dati forniti dalla centralina del Molo Balota, ed è stato chiesto all’Arpa di segnalare tempestivamente ogni anomalia. «Non appena mi è giunta la documentazione da Trieste - così ancora il sindaco – ho incaricato gli uffici di fare richiesta alla Regione per essere invitati alla Conferenza dei servizi che la prossima settimana si esprimerà sull’autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. Almeno come uditori. Dell’argomento parleremo nuovamente in Consiglio comunale». E sulle mosse da seguire c’è già una concordanza di vedute tra i partiti.
Il gruppo di Forza Italia ha presentato proprio ieri una mozione in cui in parte impegna la giunta a prendere decisioni analoghe a quelle già annunciate dal sindaco, ma aggiunge anche la richiesta di concordare con gli altri enti eventuali decisioni in merito all’impianto di Servola.
Sergio Rebelli

 

 

DOLINA - Successo della raccolta differenziata Diminuiscono i rifiuti per l’inceneritore

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Dall’adozione del sistema di raccolta rifiuti porta a porta, a San Dorligo della Valle è più che raddoppiata la percentuale dei rifiuti differenziati e si è conseguentemente ridotta la quantità d’immondizie conferite all’inceneritore.
Il nuovo sistema di raccolta è partito il primo luglio scorso. Il sistema prevedeva la consegna (gratuita) a ogni nucleo familiare di tre contenitori: uno blu da 40 litri per la carta, uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattine, uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I cassonetti vanno tenuti in casa e portati all’esterno della proprietà nei giorni stabiliti per la raccolta. La raccolta avviene infatti secondo un calendario ben preciso, con la suddivisione del territorio in specifiche zone. All’inizio c’è stato un inevitabile periodo di rodaggio e assestamento. Ora le cose sono quasi a pieno regime. Ma i primi risultati di questo tipo di raccolta differenziata (unico esempio in provincia) sono notevolmente positivi, e migliorano di mese in mese.
A luglio su un totale di poco più di 216 tonnellate di rifiuti prodotti, oltre 180 erano non differenziati e quasi 36 riciclabili, con una incidenza quindi del 17 per cento. Il mese dopo, a quasi parità di rifiuti complessivi, 164 tonnellate erano non riciclabili e 51 differenziati, quindi già un 24 per cento. A settembre piccolo calo complessivo, con 186 tonnellate di rifiuti totali, ma aumento della percentuale di differenziata, ovvero il 27 per cento (51 tonnellate contro le 135 di non riciclabili). A ottobre, oltre 204 tonnellate di rifiuti, di cui però quasi 70 tonnellate di differenziati e più di 134 di non riciclabili. Il che significa che a ottobre il 34 per cento di rifiuti erano riciclabili, contro una media mensile di poco inferiore al 15 per cento fino all’anno scorso. L’assessore Igor Tul commenta: «Siamo molto soddisfatti di questi primi risultati. Alcune cose sono certamente da migliorare e ottimizzare. Ora stiamo dando attenzione alle utenze con condizioni logistiche un po’ critiche, come alcuni condomini o case senza cortile, che non hanno spazi adatti dove lasciare i contenitori per la raccolta». Ma è anche il raffronto con gli anni scorsi (negli stessi mesi) a dare esiti interessanti. Da luglio ad ottobre la differenza tra il 2005 e il 2007 è di ben 261 tonnellate di rifiuti in meno conferiti al termovalorizzatore. Finora, in media, dal comune andavano all’inceneritore oltre 2500 tonnellate annue. «La riduzione dei rifiuti da incenerire è dovuta anche al maggiore uso della discarica comunale per i rifiuti riciclabili ingombranti o speciali – dice Tul -. Finora capitava che nei cassonetti finissero anche materiali edili. Di sicuro il calo sarà ancora maggiore quando saranno tolti tutti i cassonetti stradali». L’aumento della quantità di rifiuti riciclabili comporterà gradualmente una riduzione della parte variabile della tariffa sulle immondizie e quindi un risparmio per le famiglie. Intanto il Comune sta attendendo un contributo dalla Provincia per poter fornire ai cittadini pure i composter per ramaglie e foglie. Il contributo servirà anche per il miglioramento della piazzola ecologica, che sarà tenuta aperta dal lunedì al sabato.
Sergio Rebelli

 

 

Barrot: Bruxelles pronta a finanziare la Trieste-Divaccia  - In Italia interventi per 5,7 miliardi

 

BRUXELLES L'Unione europea sosterrà finanziariamente soprattutto le opere a carattere transfrontaliero. Lo ha detto il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, sottolineando che questa è una caratteristica che, tra i progetti presentati a Bruxelles dall'Italia, hanno la Torino-Lione, il tunnel del Brennero e la Trieste-Divaca.
Secondo le informazioni raccolte da diverse fonti, il finanziamento di queste tre opere sarebbe ormai dato per scontato, ma sui numeri sono ancora in corso limature che saranno completate nei prossimi giorni. Cioè prima che le indicazioni della Commissione vengano trasmesse alle competenti autorità nazionali. Un passaggio che dovrebbe avvenire entro il 20 novembre. Alla fine, secondo alcuni, l'Italia potrebbe risultare addirittura il maggior beneficiario dei finanziamenti europei, che complessivamente ammontano a 5,7 miliardi di euro.
Nel corso dell'incontro, Barrot ha poi ricordato che per il finanziamento delle grandi opere infrastrutturali nazionali l'unica strada al momento percorribile sembra essere quella del partenariato pubblico-privato. Per favorire questa formula la Commissione europea intende indicare alcune linee guida, ma al di là di questo resta la necessità di trovare soluzioni adeguate al problema dell'assegnazione delle concessioni necessarie ad assicurare il ritorno degli investimenti.
In questo contesto, il vicepresidente della Commissione ha osservato che «gli italiani dovrebbero essere disposti a pagare un pò di più il prezzo del biglietto per avere servizi migliori». Ed anche che le Regioni possono svolgere un ruolo molto importante «nel mobilitare» interessi e risorse necessarie per la realizzazione delle grandi opere.
Come dovrebbe avvenire per assicurare lo sviluppo del porto di Genova, uno scalo che per Barrot «può svolgere un ruolo fondamentale» nell'ambito del traffico marittimo del Mediterraneo.

 

 

Il rischio rigassificatori

 

Rispondo all’articolo del signor Clayton J. Hubbard apparso sul Piccolo il 26 settembre 2007 «Rigassificatori da fare». Il mio articolo era rivolto al vicesindaco Paris Lippi al solo scopo di sensibilizzare gli amministratori locali a una maggiore riflessione e attenzione nel proporre un insediamento industriale considerato ad alto rischio. Comunque leggo che lei concorda con quanto sostiene il vicesindaco nella nota del 25 agosto pubblicata sul nostro quotidiano locale. Su un punto sono d’accordo con il vicesindaco quanto dice che Trieste ha perso molti treni importanti. Ma siamo sicuri che il treno del rigassificatore gnl è il treno giusto per Trieste? Se così fosse perché non informano la popolazione sui rischi ai quali è esposta accettando la realizzazione del rigassificatore invece di sottolineare solo il risparmio economico per l’intera comunità sul costo energetico e i possibili nuovi posti di lavoro?
Ammesso che ci fosse un considerevole risparmio economico per tutti lei sarebbe disposto a dormire su una bomba al metano? Perché tutti sono pronti a giurare sulla sicurezza dei rigassificatori? Se i rigassificatori sono sicuri perché sono sottoposti alla direttiva Seveso? Una direttiva europea che è stata recepita in Italia dal dpr 175 del 1988 ha imposto il censimento degli stabilimenti a rischio con l’identificazione delle sostanze pericolose. Tra questi impianti sono contemplati anche i rigassificatori che rientrano quindi negli impianti in cui si svolgono attività a rischio di incidente rilevante. La nuova tecnologia ci dà una mano sulla sicurezza ma qualcuno ha mai pensato alla possibilità del rischio attentati oppure a un eventuale incidente come è successo nel novembre 2002 a Hong Kong dove si è incendiata la sala macchine di una nave gassiera tenendo con il fiato sospeso le autorità locali per il pericolo devastante che avrebbe provocato un’eventuale esplosione nonostante la nave si trovasse a circa 38 chilometri da Hong Kong... pensate alla distanza che c’è tra la Siot, Muggia e Trieste.
Dopo il referendum sul nucleare, l’Italia non è stata capace di realizzare un piano energetico nazionale e mi chiedo perché si rivolge proprio a noi giuliani per recuperare il ritardo storico nel campo energetico. Lei è sicuramente una persona intelligente e sa che una cosa è il gas di città e una rete di distribuzione, mentre cosa diversa è il deposito di gas gnl oppure la nave gassiera gnl.
Da uno studio fatto in America dal Pentagono, l’energia di una gassiera equivale a quella di diverse bombe atomiche.
Paolo Ruggieri - segretario organizzativo Dc per le autonomie

 

 

 Indifferenza sulla Ferriera

 

Ho appena visto la manifestazione sotto il municipio contro la Ferriera. La cosa che mi ha più colpito è il menefreghismo generale, c’erano poche persone a far valere i loro giusti diritti contro l’inquinamento non più sopportabile della suddetta.
Mi chiedo, ma quei signori che non abitano a Servola (e io sono uno di quelli), cosa pensano che i miasmi schifosi e inquinanti che vengono fuori da quel rottame obsoleto, via da Servola si trasformano in ossigeno di montagna? Ad esempio, tutti gli abitanti di Muggia dov’erano? Quelli di borgo San Sergio, Valmaura, ecc. hanno il naso otturato? Non arriva anche a loro la tremenda puzza di uova marce? Posso capire quelli che hanno parenti che vi lavorano, che fanno finta di niente, ma le altre migliaia che con la Ferriera non hanno niente a che fare, non gli girano un poco? O pensano solo e sempre alla tintarella?
Vedete, secondo me è da queste cose che si capisce che qui a Trieste non si farà mai nulla, come non si ha carattere per protestare contro le ingiustizie, non lo si ha nemmeno per altre cose. Diventerà una città pattumiera dove tutti faranno i porci comodi, industriali per primi...
Che tristezza!
Franco Castiglione

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2007 

 

 

Ferriera, proroga di 6 mesi per l’ok ambientale - Dipiazza attacca Regione e governo: «E’ una vergogna». La proprietà: «Andiamo avanti con gli interventi»

 

Un decreto legge firmato da Napolitano allunga i tempi per l’autorizzazione a centinaia di aziende in tutta Italia, tra cui anche la Servola Spa

Ci sono ancora sei mesi di tempo per l’autorizzazione integrata ambientale relativa alla Ferriera. Lo stabilisce il decreto-legge che il Presidente della Repubblica Napolitano ha firmato il 30 ottobre scorso, su proposta del presidente del Consiglio Prodi e del ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio. Il nuovo termine è quindi il 31 marzo 2008.

Il documento, che interessa centinaia di aziende in tutta Italia (non solo siderurgiche ma anche quelle chimiche e le centrali elettriche), ha mandato su tutte le furie il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha convocato sul tamburo una conferenza stampa assieme all’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci.
«Queste documentazioni sono una vergogna nazionale – ha tuonato Dipiazza – e costituiscono un caso di una gravità assoluta. Nessuno ora potrà più chiedermi cosa fare della Ferriera. Lo rimando a chi ha voluto questa proroga, mentre io devo rispondere alla gente di Servola. Ora abbiamo capito tutti – ha aggiunto il sindaco visibilmente arrabbiato –. Quando dicevo che c’erano di mezzo poteri forti nessuno mi credeva. Questa è la dimostrazione della copertura politica. Basta che dalla Regione parta una telefonata al Governo e viene emanato un decreto, con cui si salva la situazione ma di fatto si continua ad avvelenare i cittadini».
Dipiazza ha poi rincarato la dose lamentando che l’assessorato comunale all’Ambiente ha scoperto il provvedimento sul sito del ministero. «Non è mica arrivato qui – ha osservato ironicamente –. Volete che mi mandino un decreto che riguarda la salute della citta?».
Leggendo l’articolo secondo cui «gli impianti già in esercizio, per i quali sia stata presentata nei termini la relativa domanda, possono proseguire l’attività nel rispetto della normativa vigente», il sindaco ha poi fatto capire di trovarsi con le mani legate riguardo a un’eventuale provvedimento che sospenda l’attività della Ferriera: «Anche se domani dovessi dimostrare la cosa più evidente, poi arriverebbe un altro decreto. Perchè – si è chiesto Dipiazza quasi sconsolato – devo fare il paladino di una legalità che non esiste?».
Nella tumultuosa conferenza stampa, il decreto-legge si è intrecciato più volte con la risposta dell’Azienda sanitaria sull’esame delle rilevazioni. Risposta che ha fatto infuriare Dipiazza al pari del provvedimento del Governo.
Una decina di giorni fa il sindaco ha chiesto al direttore generale dell’Azienda sanitaria, Rotelli, se in base agli ultimi dati dell’Arpa (polveri sottili e idrocarburi policiclici in settembre) sussista ancora la «grave situazione di inquinamento» che comporta «la necessità di provvedimenti atti a ridurre le emissioni a salvaguardia della salute pubblica».
E Rotelli ha riposto che «la valutazione dei dati relativi al mese di settembre deve avvenire nell’ambito del tavolo di coordinamento istituito presso la direzione regionale dell’ambiente».
«Viviamo nel paese delle banane – è sbottato Dipiazza –. Chiedo all’Azienda sanitaria cosa devo fare riguardo agli sforamenti e mi rispondono: troviamoci attorno a un tavolo». E domandandosi chi ora si assumerà le responsabilità verso i cittadini, il sindaco ha concluso annunciando l’assenza del Comune al prossimo tavolo regionale (previsto il 15 novembre) e l’invio di tutti i rilevamenti dell’inquinamento alla Procura della Repubblica.
A complicare il quadro politico sulla Ferriera, intanto, c’è la lettera che il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio ha inviato al presidente della Regione Illy (ne riportiamo il testo a fianco). Ma tutto questo non sembra turbare la Severstal-Lucchini. «Il decreto era atteso – commenta il portavoce Francesco Semino – perchè in Italia c’è un ritardo generalizzato su queste autorizzazioni. Noi comunque non restiamo fermi. Gli interventi previsti dall’autorizzazione per Servola sono per la maggior parte speculari con le prescrizioni del perito della Procura, Marco Boscolo, che stiamo attuando sotto il controllo della stessa Procura».

Giuseppe Palladini

 

 

FERRIERA - Barduzzi: «Un accordo è possibile tra 10 giorni» Rotelli: «Per discutere c’è il tavolo regionale»

 

L’assessore Moretton replica al ministro: «Ma la Severstal vuole continuare l’attività»

«Non c’è nessun ritardo da parte della Regione nella predisposizione dei piani di risanamento dell’aria, in quanto la legge regionale sull’inquinamento acustico e atmosferico è stata recentemente licenziata dal Consiglio». È la risposta dell’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, alla lettera inviata alla Regione dal ministro Pecoraro Scanio.
Moretton ricorda che la legge regionale «prevede le modalità e i tempi di predisposizione dei piani di risanamento dell’aria per tutta la regione», e quanto alla correlazione fra i piani e la procedura per il rilascio dell’Aia «al momento - dice l’assessore - sembra non esistere correlazione». Quanto al protocollo del 2003 sulla Ferriera, Moretton ricorda che quell’accordo era stato siglato prima dell’arrivo di Severstal, che nel suo piano industriale ha previsto «di non chiudere la Ferriera nel 2009, ma procedere ad azioni di risanamento ambientale e di riconversione laddove necessario».
Se Moretton ribatte a Pecoraro Scanio, al direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli spetta invece replicare alle parole pronunciate dal sindaco Dipiazza. «L’Azienda sanitaria si muove seguendo compiti specifici e questioni tecniche, che preferiamo portare nei tavoli istituzionali. I nostri tecnici - dice Rotelli - seguono scrupolasamente la questione, il Comune è presente al tavolo e qualsiasi delucidazione vista la stretta periodicità degli incontri può essere data in quella sede».
Definisce necessaria «la proroga per impedire di vedere vanificata la procedura Aia» il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi). «Non può esserci adeguamento se non c’è prescrizione, perché a tutt’oggi nessuna autorità - sostiene - ha concluso tutti i procedimenti pendenti. Parliamo di ben 8000 procedimenti aperti, che avrebbero portato a una sicura impugnazione davanti al tribunale».
Per la Ferriera, secondo l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi non cambia nulla. «E’ facile che nella prossima riunione del tavolo regionale tra 10 giorni – osserva – si chiuda l’accordo. Siccome il Comune ha già detto no, non essendoci l’unanimità ora per legge la palla passa alla giunta regionale».

 

 

FERRIERA - Pecoraro Scanio a Illy: «Lucchini si impegnò a chiuderla nel 2009»

 

Questo è il testo della lettera inviata il 31 ottobre dal ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio al presidente della Regione Riccardo Illy.
Caro Presidente, come Ti è noto, la qualità dell’aria di una parte della città di Trieste è fortemente condizionata dalle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti da parte della Ferriera di Servola. La magistratura è già intervenuta nel recente passato sui gravi episodi di superamento dei valori di qualità dell’aria che garantiscono la tutela della salute pubblica soprattutto nelle aree circostanti l’impianto.
Attualmente presso i competenti uffici della Regione é in corso la procedura per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale dell’impianto. A tale riguardo risulta ai miei Uffici che la Regione Friuli non ha ancora predisposto il piano di risanamento della qualità dell’aria,obbligo previsto dal D.Lgs. n.51/99. Il piano che la Regione avrebbe dovuto predisporre già dal 2003 costituisce a mio parere uno strumento indispensabile sia per l’individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti necessarie a conseguire gli standard di qualità posti a protezione della salute umana e dell’ambiente, sia per individuare le misure idonee al conseguimento di tali obiettivi.
In particolare il piano costituisce fondamentale presupposto per il rilascio delle Aia in quanto da esso dovrebbero emergere specifiche indicazioni riguardo le riduzioni attese da ciascun settore energetico. Nel merito specifico dell’impianto di Servola devo evidenziare che un apposito protocollo sottoscritto dalla Lucchini Spa, dagli Enti locali, dalla Regione, dall’allora Ministero delle Attività produttive nel 2003 prevedeva un preciso impegno delle proprietà a dismettere l’intero stabilimento entro il 2009. Tale accordo andrebbe comunque onorato dalla Lucchini Spa e l’Aia regionale dovrebbe definire le modalità di dismissione dell’ impianto nei termini concordati, unitamente a quelle di bonifica e di messa in sicurezza del sito. Sin da ora Ti rappresento la piena collaborazione del mio Ministero in ordine alle iniziative che la Tua regione vorrà adottare in merito.
Alfonso Pecoraro Scanio

 

 

Rifiuti, cassonetti «lignanesi» disorientano i muggesani

 

MUGGIA Desta ancora qualche perplessità tra i muggesani l’indicazione apposta sui cassonetti che invitano a depositarvi «solo rifiuto secco», ma anche le scritte con riferimento alla città di Lignano. Il motivo di queste ultime è presto detto: i cassonetti erano usati in precedenza a Lignano Sabbiadoro (da qui lo stemma comunale e la scritta sull’adesivo frontale) e curiosamente questo modello di cassonetti è brevettato proprio col nome di «Lignano», che appare sulle targhette metalliche sul fianco, accanto al numero di serie.
Ma la distinzione «rifiuto secco» (tradotto anche in tedesco e inglese) è ancora lontana dalle abitudini dei muggesani e dalla realtà locale. A Lignano invece la differenziazione è diffusa già da tempo e vale anche per i turisti stranieri. E a Muggia, soprattutto nei primi giorni, si vedevano sguardi un po’ disorientati della gente, intenta a chiedersi se vi si può introdurre il solito sacchetto con le immondizie di casa. L’assessore Piero Veronese spiega: «La ditta deve rifare ancora tutti gli adesivi da applicare ai cassonetti, su cui sarà indicato l’uso corretto e, come è giusto che sia, il simbolo del Comune di Muggia». A poco più di un mese dall’avvio del servizio gestito da Ecoverde, le cose sono tornate alla normalità o quasi. «Mancano ancora i contenitori per le pile» dice Veronese.
s.re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 novembre 2007 

 

 

Grande viabilità, disponibili i 9 milioni  - Si allontana definitivamente il rischio di ritardi al cantiere dovuti alla mancanza di liquidità

 

L’amministrazione municipale restituirà i soldi non appena questi arriveranno da Roma

La Regione anticiperà al Comune l’ultimo stanziamento atteso dall’Anas

L’ultimo ostacolo che avrebbe potuto frapporsi al completamento della Grande viabilità nel termine previsto, quello di fine ottobre 2008, è stato superato: non ci saranno ritardi nel cantiere, non a causa dei finanziamenti. Nella stessa mattinata di ieri la giunta regionale da una parte e quella comunale dall’altra, con due distinti provvedimenti, hanno infatti formalizzato quella che in pratica sarà una partita di giro fra Anas e amministrazioni: cosa che permetterà al Comune di avere subito disponibili gli ultimi nove milioni di euro che la scorsa primavera era emersa la necessità di reperire.
I fondi permetteranno in sostanza di adeguare l’infrastruttura alle più recenti normative comunitarie in materia di sicurezza. Già lo scorso giugno era arrivata dal governo l’assicurazione della copertura finanziaria, attraverso l’Anas. Fino a ieri restava però aperto il problema dei tempi: i soldi infatti arriveranno da Roma nel corso dell’anno prossimo. Proprio per evitare problemi di liquidità di cassa ed eventuali ritardi nel cantiere, ieri la Regione ha deliberato di anticipare i nove milioni al Comune. Mentre la giunta municipale ha approvato lo schema di convenzione in base al quale, non appena riceverà i soldi dall’Anas, li girerà alle casse della Regione.
«L’anticipo dei nove milioni è stato deciso nell’ottica di non bloccare il cantiere nemmeno per un giorno», rimarca l’assessore comunale ai lavori pubblici Franco Bandelli. Mentre l’assessore regionale ai trasporti Lodovico Sonego esprime «grande soddisfazione per una erogazione che consente il completamento delle gallerie della Grande viabilità». Sonego ricorda peraltro come ci siano stati «momenti di apprensione un paio di anni fa, quando si temeva il blocco dei cantieri» dopo che nel marzo 2006 era emersa la mancanza di una quarantina di milioni senza i quali l’opera si sarebbe fermata nel giro di poche settimane. «Con la Finanziaria nazionale 2007 - aggiunge Sonego - il problema è stato affrontato con serietà e disponibilità. E i risultati si vedono. Questa è una conferma dell’impegno del governo per il Friuli Venezia Giulia e per Trieste», chiude l’assessore regionale.
I nove milioni di euro che perverranno al Comune serviranno nello specifico all’adeguamento dell’impiantistica nelle gallerie attualmente in costruzione nell’ambito del secondo stralcio del terzo e ultimo lotto del collegamento stradale Molo Settimo-Cattinara. L’impiantistica, si diceva, verrà modulata sulle più recenti normative comunitarie ponendosi al contempo in linea con quella prevista nel tratto Lacotisce-Rabuiese.
Come viene precisato in una delibera assunta la scorsa estate dalla giunta comunale, l’ultimo stanziamento ha portato la spesa complessiva della Cattinara-Padriciano alla quota di 223 milioni 79 mila 28 euro: ai 174 milioni inizialmente arrivati dallo Stato attraverso la Regione, si sono aggiunti i 40 milioni assicurati a inizio anno dal governo e infine, appunto, gli ultimi nove.
Dal punto di vista amministrativo si chiude così una vicenda che risale ai tempi di Riccardo Illy sindaco, quando l’allora premier Massimo D’Alema promise i 300 miliardi di lire allora stimati necessari per avviare il cantiere dell’ultimo tratto della Grande viabilità. La gara d’appalto si concluse nel luglio del 2002 con l’aggiudicazione dei lavori - tra ventidue concorrenti - all’Ati (associazione temporanea) costituita dalle imprese Collini Rabbiosi e Cossi, che aveva proposto un ribasso del 32,8% rispetto alla base d’asta fissata in 121 milioni di euro.
I costi in seguito sono lievitati causa le nuove normative cui adeguarsi, e anche per la difficoltà di operare nella roccia carsica, sventrata anche a forza di cariche esplosive.

Paola Bolis

 

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE - Assemblea pubblica sulla nuova autostrada

 

Stasera alle 20 al Centro Anton Ukmar–Miro di Domio, si terrà un’assemblea pubblica sul tema: «Nuova autostrada Lacotisce-Rabuiese, tratto Domio-Lacotisce-Mattonaia, lavori conclusivi, barriere antirumore e arredo urbano». Si tratta di una riunione voluta e organizzata dai comitati locali, assieme al Comune di San Dorligo della Valle, per affrontare coi rappresentanti della Ditta Collini (che sta costruendo la superstrada) i lavori di arredo urbano, le barriere antirumore, i marciapiedi e le altre migliorie alla viabilità e all’impatto visivo, previsti nella zona di Domio al termine della costruzione della bretella autostradale.
Nel corso dell’incontro si farà anche il punto sullo stato di avanzamento dei lavori, cercando di risolvere altre criticità dell’intervento nell’abitato, tentando di ridurre disagi e di ottimizzare gli interventi.
s.re.

 

 

Ortis: necessari i rigassificatori nel golfo di Trieste - Promosso il piano energetico regionale: «Coerente con gli obiettivi nazionali e europei»

 

Il presidente dell’Authority per l’energia a Villa Manin. L’assessore regionale all’Energia Sonego: «Risparmi dall’elettrodotto Redipuglia-Udine»

UDINE «L'energia in Italia dipende troppo dal mercato del petrolio». A ribadirlo il presidente dell' Autorità per l'energia elettrica, Alessandro Ortis, concludendo i lavori del convegno «Energie rinnovabili, opportunità di sviluppo sostenibile in Friuli Venezia Giulia», organizzato dalla Cassa di Risparmio del Fvg a Villa Manin. Ma ha anche promosso la politica energetica della regione «si colloca in una linea complessivamente coerente con gli obiettivi nazionali ed europei».
Ricordando poi l'impegno della Regione per lo sviluppo delle strutture energetiche, per il miglioramento dei rapporti con le vicine repubbliche di Austria e Slovenia, il presidente dell'Autorità ha ribadito che «si tratta di scelte necessarie all'intero sistema nazionale ed europeo».
In particolare, Ortis si è riferito allo sviluppo degli elettrodotti con Slovenia e Austria e ai rigassificatori nel Golfo di Trieste. «Si tratta di strutture importanti non solo per i problemi energetici di quest'area, ma di interventi che hanno rilievo sia per la diversificazione delle forniture di gas sia per quanto riguarda la sicurezza dell'alimentazione». Nell’occasione l'assessore regionale all'energia Lodovico Sonego ha illustrato il nuovo piano energetico regionale (Per) e ha parlato dei prossimi progetti infrastrutturali. «Per la realizzazione del nuovo elettrodotto tra Redipuglia e Udine Terna smantellerà 2,3 km di vecchi elettrodotti per ogni chilometro di nuova struttura».
«Nonostante questo saldo positivo eclatante - ha proseguito l'assessore - sono sorti comitati contro quest'opera e quattro sindaci non hanno firmato il protocollo d'intesa. Noi andremo avanti lo stesso».
Sonego ha detto che il Piano energetico regionale «punta a risolvere i problemi delle industrie e delle famiglie». Si tratta di rendere più efficiente il sistema regionale, di raccordarlo meglio con le vicine repubbliche di Slovenia e Austria, di inserirlo in un contesto europeo, di integrarlo con «una corretta politica che consideri le energie alternative ma anche che sfrutti le opportunità che ci giungono dai rigassificatori».
Per Ortis bisogna sviluppare i contributi di varie fonti energetiche, immaginando politiche energetiche che consentano di diversificare. In tal senso possono giocare un ruolo importante anche le energie rinnovabili, ma in particolare un uso razionale dell'energia che, per Ortis, è la «fonte virtuale più virtuosa che esiste». Il risparmio non va inteso, secondo il capo dell'Authority,come privazione, ma come un modo per ottenere gli stessi vantaggi dell'utilizzo consumando meno energia.
Ortis non ha, invece, voluto esprimersi sull'opzione nucleare. «All'Autorità - ha tagliato corto - non compete fare politica energetica. A ciò sono preposti il Governo, il Parlamento e l'opinione pubblica». «La situazione dell'approvvigionamento di energia – ha aggiunto il presidente dell'Autorità - merita tutta l'attenzione che il Governo sta dando. L’approvvigionamento dell'Italia è sotto controllo e le famiglie possono stare tranquille, ma molto dipenderà dall'andamento climatico del prossimo inverno». D'accordo sulla necessità di impegnarsi tutti insieme, dalle industrie, alle istituzioni, ai cittadini, per un utilizzo migliore dell'energia si è detto anche il presidente degli industriali udinesi, Adriano Luci.
c.t.p.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 5 novembre 2007 

 

 

Sull'eolico ambientalisti senza pace: ora è scontro anche nell'oasi Marche

 

Due anni fa un progetto simile era stato salutato con favore come un esempio da seguire - Ora invece le organizzazioni, già protagoniste di diversi "duelli", si danno battaglia
La Regione ha adottato un piano energetico innovativo, apprezzato da Legambiente e Greenpeace

Ma sull'Appennino sono previsti due impianti a pale contestati da Wwf, Italia Nostra e altre associazioni

ROMA - Doveva essere la frontiera della pace ritrovata, si sta trasformando in una nuova trincea di guerra. La progettazione di due impianti eolici nelle Marche rischia di tornare a inasprire le divisioni dell'universo ambientalista su come, quando e dove costruire le grandi pale per ricavare energia dalla forza del vento.

Da una parte Italia Nostra, Wwf, Lipu, Comitati nazionali del paesaggio e Club alpino italiano, fermamente decisi a difendere la bellezza dell'Appennino maceratese e a impedire la nascita di due nuove centrali nella Comunità montana di Camerino, a ridosso dei comuni di Serravalle di Chienti, Montecavallo e Pieve Torina. Dall'altra parte Legambiente e Greenpeace, convinte invece che il passaggio a un sistema energetico sostenibile valga qualche piccolo sacrificio a spese della bellezza delle vallate.

Il conflitto in corso sui progetti marchigiani non è certo l'unico e neppure il più duro: recentemente i due fronti si sono dati battaglia in Toscana, dove il Tar su richiesta di Italia Nostra ha fermato l'impianto di Scansano, costringendo Legambiente a costituirsi parte civile davanti al Consiglio di Stato; in Molise, dove al centro dello scontro c'è il primo progetto di eolico offshore in Italia; sui monti del Sannio, all'incrocio tra Molise, Puglia e Campania, dove la contrapposizione riguarda la possibilità di impiantare sedici torri.

Inoltre, ad allontanare ancora di più i due schieramenti, il giro di vite imposto dal ministero dell'Ambiente per l'introduzione dell'eolico. Se il fronte dei critici ha salutato l'iniziativa con favore, Legambiente e Greenpeace hanno avuto la reazione opposta, scrivendo un'allarmata lettera congiunta al ministro Pecoraro Scanio.
Lo scontro delle Marche rispetto agli altri ha però un grandissimo valore simbolico. Poco più di due anni fa i criteri scelti nella regione per sfruttare il suo potenziale eolico erano stati salutati infatti da Wwf e Legambiente come "la lezione marchigiana" e "il decalogo di Fiuminata". In vista della progettazione di un impianto nel piccolo comune al confine con l'Umbria, non distante dal luogo dove dovrebbero sorgere gli altri due ora al centro della polemica, le due associazioni ambientaliste e un gruppo di parlamentari avevano sottoscritto insieme alle istituzioni locali un "decalogo dell'eolico sostenibile" che aveva messo finalmente tutti d'accordo. Al centro dell'intesa c'era in particolare l'impegno del Comune a garantire il controllo rigoroso dell'impatto ambientale e paesaggistico e l'utilizzo di parte delle risorse ricavate in politiche di sviluppo sostenibile.
I progetti in ballo nella Comunità montana di Camerino paradossalmente rafforzano ulteriormente quei criteri, ma quella che era stata ribattezzata "la pax ecologica" ha lasciato ora il posto a una dura contrapposizione.
"Si tratta di due impianti che dovrebbero sorgere in un'unica macroarea, uno composto di sette macchine da due megawatt ciascuna e un altro da diciassette macchine, anche queste da due megawatt ciascuna", spiega Andrea Perduca, responsabile dell'eolico per la Sorgenia. "Uno dei due è nostro - racconta ancora - l'altro è gestito direttamente da una Srl creata dalla Comunità montana. Ora le carte sono al vaglio della commissione regionale per la valutazione di impatto ambientale, che deciderà a giorni. Noi siamo tranquilli perché la scelta del territorio non è stata casuale, ma rientra in uno dei rari casi di pianificazione regionale".
A individuare la zona in questione è stato infatti il Pear delle Marche, il Piano energetico ambientale regionale, dopo un lungo lavoro preparatorio. "Abbiamo tenuto conto di tutti i vincoli presenti sul territorio, degli studi commissionati alle università regionali sul valore botanico delle zone e anche della presenza faunistica, compresa la valutazione delle rotte migratorie degli uccelli", ricorda la responsabile del Pear, l'architetto Silvia Catalino. Un piano, caso più unico che raro, che punta molto, fissando quote e percentuali, su microproduzione distribuita, fonti rinnovabili e cogenerazione, impegnando chi realizza le nuove centrali a reinvestire gli utili nella valorizzazione del territorio.
Linee di intervento, concorda Edoardo Zanchini di Legambiente, che sono da sempre cavalli di battaglia degli ecologisti. "Francamente prendersela con le Marche mi pare dura", aggiunge cercando di non infiammare gli animi ancora di più. Ancora più netto il giudizio di Giuseppe Onufrio di Greenpeace: "Le grida contro l'eolico sono voci a favore delle tecnologie fossili se non del nucleare e come tali le attacchiamo decisamente. Si possono mitigare alcuni impatti, ma ribadiamo un concetto fondamentale per noi: i cambiamenti climatici sono la priorità ambientale in assoluto e queste posizioni contro l'eolico sono antiambientali".
Ma il punto di vista del Wwf è un altro. "Vale per l'eolico quello che diciamo anche per i rigassificatori e per le altre infrastrutture energetiche: non si può andare avanti senza una seria pianificazione nazionale", osserva il segretario generale Michele Candotti. "Per questo - aggiunge - ci accingiamo a presentare un documento la cui bozza abbiamo già inviato a enti centrali e locali per instaurare degli strumenti di valutazione che tengano conto della potenza degli impianti, del loro impatto sul territorio e dell'interazione con i vincoli che insistono sulle varie zone. In un Paese che procede per conflitti ideologici, la nostra vuole essere anche una provocazione, offrendo uno strumento di pianificazione che consenta di fare finalmente le cose per bene". VALERIO GUALERZI
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 novembre 2007 

 

 

Metro leggera anche per il Porto: servono 15 milioni - Boniciolli sposa l’opera voluta dalla Provincia. Domani presenterà il progetto ai vertici delle Ferrovie

 

Ultimato il secondo studio degli esperti dell’ateneo. Lungo le linee tra Campo Marzio, Muggia e Opicina potranno viaggiare anche le merci

Servono 15 milioni di euro per mettere in funzione la metropolitana leggera nelle linee Muggia-Campo Marzio e Campo Marzio-Villa Opicina. Tratte destinate a servire il traffico passeggeri ma anche quello merci nell’ottica del potenziamento dei traffici portuali. Domani il presidente dell’Authority Boniciolli chiederà alle Ferrovie di partecipare al progetto.

In due o tre anni, una volta reperiti i fondi, potrebbero essere realizzati i primi due lotti del progetto: la linea Campo Marzio-Noghere, e poi la Campo Marzio-Opicina. È un piano a medio termine invece - sebbene compreso nei 15 milioni necessari - il terzo lotto, che prevede di attrezzare per il trasporto passeggeri la galleria di cintura: ciò che consentirebbe di collegare la linea urbana alla Trieste-Ronchi nell’ambito della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria.
Interventi e costi definiti, e la conferma di un elemento importante: che cioè il recupero delle infrastrutture in funzione di metrò leggero servirebbe anche a rivitalizzare il trasporto merci su rotaia da e per il porto di Trieste. Merci che potrebbero viaggiare in particolare nelle ore notturne. Sono questi alcuni dei punti nodali del secondo studio che la Provincia ha commissionato al Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Ateneo cittadino. Redatto in collaborazione con la dirigenza locale di Rfi (Rete ferroviaria italiana), lo studio «non solo ha riconfermato la fattibilità dell’operazione», dice l’assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi, «ma ne ha anche individuato priorità e potenzialità». In prima fila, appunto, il convergere dell’interesse di Palazzo Galatti per il trasporto pubblico, e di quello dell’Autorità portuale per le merci. Inoltre, aggiunge Barduzzi, «alcuni interventi sono già previsti nei programmi di Rfi». La priorità della Provincia è la Campo Marzio-Muggia, utile anche per porto e Ezit. Il secondo passo sarebbe la Campo Marzio-Opicina. Sono già stati chiesti al Fondo Trieste 750 mila euro con cui Palazzo Galatti realizzerebbe il collegamento con il terminal di Fernetti, così da avere un’area retroportuale servita da rotaia.
Domani il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli, nell’ambito di una serie di appuntamenti a Roma, incontrerà l’amministratore delegato di Rfi Mauro Moretti per discutere di vari temi: tra questi, il metrò leggero. Boniciolli illustrerà il progetto chiedendo che Rfi si inserisca nel protocollo d’intesa siglato in giugno fra Provincia, Ezit e Autorità. Obiettivo, allargare «il forte lavoro di sinergia» tra enti sin qui attuato, dice Barduzzi. «Questo progetto - commenta Boniciolli - è di grandissima importanza anche per l’Authority, cui interessa tutta la corona di stazioni che stanno intorno a Trieste e dalle quali si può alimentare il traffico ferroviario verso lo scalo. Ci interessano le merci, con lo sbocco verso l’Est e la Slovenia: a Moretti parlerò dei sei chilometri di binari mancanti per collegare gli scali di Trieste e Capodistria. Ma l’interesse del tracciato, capace di trasportare sia merci che persone, è anche in chiave turistica: Capodistria sta costruendo il nuovo terminal passeggeri, e con l’apertura completa delle frontiere possiamo iniziare davvero a pensare che ogni nave che attraversa il canale di Otranto possa essere ”acquisita” dall’Alto Adriatico».
L’obiettivo di inserire Rfi nell’accordo di programma è di tipo economico: «Potremmo richiedere a Rfi di anticipare alcuni interventi che già ha in programma», commenta Barduzzi. I 15 milioni restano infatti in gran parte da reperire: l’Ap dà «pieno sostegno politico e progettuale», ribadisce Boniciolli, ma sul fronte economico per ora deve curare la propria rete interna di binari. La Provincia intende rivolgersi però a Rfi e al ministero delle Infrastrutture, puntando sull’importanza della linea per il porto. In futuro, soprattutto per la galleria di cintura potrebbe intervenire la Regione. Regione la cui nuova legge sul trasporto pubblico locale, annota Barduzzi, ha inserito a livello di gestione anche il trasporto su rotaia: i fondi per la gestione della metropolitana non mancherebbero.

Paola Bolis

 

 

La priorità è il collegamento con Muggia - Chiesti al Fondo Trieste 750mila euro per collegare ai binari il terminal di Fernetti

 

Uno degli elementi-chiave dello studio redatto dall’Università, e presentato nei giorni scorsi dall’assessore Ondina Barduzzi ai presidenti della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, dell’Authority Claudio Boniciolli e dell’Ezit Mauro Azzarita, sta nel fatto che i lavori sugli impianti ferroviari utili ai traffici del porto «consentirebbero di per sé di configurare, con il solo costo aggiuntivo delle fermate, una prima ipotesi di servizio di trasporto urbano», anche se limitato all’area Campo Marzio-Muggia-Opicina senza toccare Ronchi da una parte e Sesana dall’altra.
Questo fattore vale in primo luogo per la prima tratta che alla Provincia preme, la Campo Marzio-Noghere/Muggia. Si tratta qui di realizzare interventi che vanno dalla risagomatura della galleria di Monte San Pantaleone alla realizzazione di nuovi impianti elettrici. La linea partirebbe da Campo Marzio, fermerebbe fra l’altro alle Torri d’Europa e allo stadio Rocco, in zona Ezit - novemila le persone che qui lavorano, e che dunque sono potenzialmente interessate al collegamento - per arrivare alle Noghere. Di qui, nell’ambito di una futura metropolitana interregionale, il trasporto potrebbe proseguire fino a Capodistria.
L’altra linea - che lo studio dell’Università contempla come secondo lotto del progetto - è la Campo Marzio-Opicina, che richiede tra l’altro un minore numero di interventi. Il treno passerebbe - fermandosi - per San Giacomo, Guardiella, area Università, nuova sede della Sissa al Santorio, dov’è prevista la realizzazione di una nuova fermata. Inoltre, con i 750mila euro richiesti al Fondo Trieste verrebbe realizzato il collegamento con il terminal di Fernetti. Anche questa linea, spiega l’assessore provinciale Ondina Barduzzi, può avere uno sviluppo oltreconfine: «Nel piano regolatore del Comune di Sesana questo collegamento è già previsto. Ci sono due possibilità: il riatto della vecchia ferrovia o la costruzione di nuovi binari» che si allaccino a quelli della metropolitana leggera.
Il terzo lotto del progetto redatto dall’Università riguarda la galleria di cintura che collega Campo Marzio a Roiano e Barcola, dove si riallaccia al tracciato per Udine e Venezia. L’intervento previsto è quello di attrezzare e abilitare la galleria anche per il traffico passeggeri, così da utilizzarla sia da parte dei treni RoLa, quelli della cosiddetta «autostrada viaggiante» Trieste-Salisburgo, sia per il trasporto pubblico. In questo modo un domani la metropolitana leggera potrebbe prevedere delle fermate in corrispondenza di piazza dei Volontari giuliani e di Roiano, due dei rioni toccati dalla galleria.

 

 

INTERMODALITA' - E dalle Noghere un servizio di autobus a chiamata

 

Trasporto pubblico locale: quale rapporto tra la metropolitana leggera - se questa verrà realizzata - e gli autobus? Lo studio commissionato dalla Provincia al Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Ateneo cittadino osserva che i servizi su gomma oggi risultano «particolarmente apprezzati per la loro capillarità spazio-temporale», cioè per le zone che raggiungono e la frequenza con cui transitano, e dunque «andrebbero mantenuti ai livelli attuali per non favorire le modalità di trasporto alternative» come l’auto privata. In ogni caso, il servizio su ferro non può risultare «sostitutivo» di quello su gomma, ma può invece «rinforzare collegamenti giù esistenti».
Parte del servizio tradizionale però potrebbe essere sostituito da un servizio di bus a chiamata. Lo studio comprende infatti anche una prima valutazione dell’ipotesi, concentrandola nel Comune di Muggia. La metropolitana leggera si fermerebbe alla stazione di Noghere: proprio per questo, viene proposto «l’avvio sperimentale» di un servizio che farebbe capo all’attuale capolinea della linea 20 a Muggia. Si tratterebbe di un servizio aggiuntivo, non alternativo a quelli attuali, mirato a collegare - a richiesta, appunto - il capolinea della metropolitana delle Noghere all’area di Muggia: partenza, arrivo, orari e percorsi sarebbero determinati di volta in volta sulla base delle richieste dei cittadini.
Quanto alla metropolitana che dovrebbe collegare Muggia a Campo Marzio - e che servirebbe anche al trasporto merci, come rilevato dal presidente dell’Authority Claudio Boniciolli - la frequenza minima ritenuta necessaria per rendere appetibile il servizio è di trenta minuti. In ogni caso, avverte lo studio, per riuscire a invertire la tendenza a spostarsi in auto o altri mezzi privati e invogliare all’utilizzo del trasporto pubblico resta indispensabile una «pianificazione a livello di sistema» integrato: interventi singoli e «parziali» non porteranno alcun cambiamento nel modo di muoversi della cittadinanza.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2007 

 

 

Ravignani: «Vicino agli operai della Ferriera ma anche l’ambiente deve essere tutelato»

 

Celebrazioni per San Giusto: nell’omelia del vescovo anche le nuove prospettive di sviluppo della città Le incertezze legate al destino della Ferriera di Servola e le speranze riposte nelle nuove prospettive di sviluppo che si aprono alla città, ma anche il complesso rapporto tra fede e scienza e gli altrettanto delicati equilibri tra Stato e Chiesa. Ha toccato i temi centrali per il futuro di Trieste e le sfide più alte con cui è chiamata a confrontarsi l’intera comunità cristiana, l’omelia tenuta ieri mattina in cattedrale dal vescovo durante il Pontificale che celebra la figura del patrono San Giusto.
Un intervento che ha ribadito, se mai ce ne fosse stato bisogno, la capacità di Eugenio Ravignani di farsi interprete delle inquietudini che turbano il suo «gregge». «L’amore di un vescovo è la sua città. E il mio amore è proprio Trieste - ha affermato il vescovo davanti a centinaia di fedeli che, assieme alle autorità civili e militari, hanno affollato la cattedrale -. Perciò non posso non sentire come mie le forti preoccupazioni di tanti lavoratori di una grande industria che temono per la perdita del posto di lavoro e vedono assai problematica una riconversione della loro professionalità in un impiego diverso. E con affetto sono accanto alla sofferenza delle loro famiglie».
Un affetto che va comunque di pari passo con la vicinanza ai residenti, decisi a difendere il loro diritto alla salute, e con il monito rivolto alle istituzioni, chiamate a fare squadra per indivudare soluzioni concrete. «Allo stesso tempo - ha continuato monsignor Ravignani - non posso non condividere i timori di chi vede pericolosamente alterarsi la purezza del clima in cui respirare e vivere con i propri figli. Mi sento inoltre di esprimere vivissima gratitudine a coloro che, nella loro responsabilità di pubblici amministratori e imprenditori, continueranno a impegnarsi perchè sollecitamente siano fugate incertezze e dubbi nella soluzione di una difficile composizione tra legittime, diverse esigenze».
Ma nella solennità di San Giusto, «figura che ha segnato la storia della prima esperienza cristiana a Trieste», è arrivato anche un messaggio carico di speranza: la città, ha sottolienato il vescovo, potrà vivere una nuova stagione positiva se solo saprà cogliere le opportunità legate alla caduta dei confini e valorizzare i suoi punti di forza. «Guardo con viva fiducia alle nuove prospettive che aprono, o meglio riaprono, la città ad un respiro internazionale - ha sottolienato Ravignani -, mentre importanti strutture stanno riprendendo vigore e sono promessa di reale rilancio nel campo dell’economia e del lavoro, condizione di una reale prosperità che sia condivisa da tutti i cittadini. Provo ammirazione poi per la prestigiosa presenza e l’intensa attività dei tanti istituti scientifici. Sono un onore per la nostra città ed auspico che tra essa e il mondo della scienza si dia vita ad un dialogo permanente e proficuo».
Dal canto suo però, ammonisce il vescovo, la scienza non deve diventare strumento per arrivare alla negazione della fede: religione e progresso non vanno infatti messe in competizione, ma riconosciute come due distinte e altrettanto preziose «forme del conoscere», basate su un «diverso accesso alla verità». Allo stesso modo va difesa la corretta convivenza tra Stato e Chiesa, perchè «solo una malintesa laicità può voler relegare la Chiesa nella sfera del rito e della devozione e la fede nell’ambito di una mera esperienza privata e personale. La laicità vera - ha concluso Eugenio Ravignani - è garanzia di spazio etico in cui le religioni possono e debbono trovare espressione in piena libertà, senza subire condizionamenti da culture o poteri dominanti».

Maddalena Rebecca

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 novembre 2007 

 

 

Ferriera, la Regione chiede aiuto al ministero dell’Ambiente  - Dopo il primo no dell’anno scorso Moretton sollecita la risposta alla nuova domanda

 

Nell’ambito delle procedure per l’autorizzazione integrata doppio appello allo Stato per decidere sul futuro dell’impianto di Servola

Sull’ingarbugliata vicenda della Ferriera pende anche, e ancora, una risposta del ministero dell’Ambiente. La Regione ha per due volte chiesto un accordo speciale con lo Stato nell’ambito delle procedure per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Ha inviato una prima richiesta nel settembre 2006, ricevendo risposta negativa. Ha ripetuto la domanda nel maggio 2007, e ancora attende l’esito. Intanto però tutti gli enti chiamati a dare un giudizio sulla situazione della fabbrica in riferimento ai dati ambientali hanno rispettato la data che la legge 59 del 2005 sull’Aia indica come ultimativa per chiudere la pratica (30 ottobre 2007), e non hanno preso - come si sa - una risoluzione, eccezion fatta per il Comune di Trieste che ha dato parere negativo.
Ma che cosa chiede la Regione e perché? Si appella al comma 20 dell’articolo 5 di quella legge, il quale prevede che in presenza di «particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell’impianto» si possano fare accordi specifici con lo Stato «al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali». In questo caso i tempi per il rilascio da parte della Giunta regionale della definitiva autorizzazione ambientale passano da 150 giorni a un anno.
L’assessore regionale Gianfranco Moretton lo spiega con pochissime parole: «Un accordo che consente di avere contributi ministeriali, la richiesta era motivata dal fatto che la situazione triestina non è delle più semplici». Nel frattempo sempre la Regione deve predisporre il «piano dell’aria», per sapere il livello complessivo di inquinanti in una certa area - lo ha detto proprio il ministero -, altrimenti non sarà in grado di fissare i limiti della singola azienda, in questo caso della Ferriera di Servola, nel documento autorizzativo.
Due punti di domanda, dunque, a lunga scadenza, mentre per l’Aia (una autorizzazione ambientale che di fatto, dice la legge, sostituisce ogni altra) tutti gli enti si ritroveranno comunque in conferenza il 15 novembre.
«La Regione questa domanda non la poteva neanche inoltrare» commenta il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz, che in una lunga nota parla del caso-Ferriera come della «storia del sior intento» che «perpetuamente si ripete senza raccontare, fondamentalmente, nulla».
Dice Metz: «Solo per impianti di grandissima dimensione di può ottenere che lo Stato si sostituisca alla Regione per l’autorizzazione, e non è il caso della Ferriera, dove la competenza è proprio solo regionale, e certo la Regione si trova ora col cerino in mano, anche perché l’Aia non si può concedere senza avere il piano dell’aria». Il consigliere ripercorre le vicende complicate della Ferriera criticando il nulla di fatto: «Servolani, triestini - scrive - cercate di non respirare almeno nei giorni di bassa pressione quando non soffia la bora, perché fino al 2015 la Ferriera può e deve continuare a produrre, visto che poi salta sempre fuori chi annuncia che l’impresa è redditizia, e ricatta la città con la crisi occupazionale». Una bacchettata anche ai segretari sindacali «che anche in futuro saranno ancora in attesa delle ricette del piano Gambardella o delle bacchette magiche dell’Arvedi di turno». Chiude Metz: «La ’’storia del sior intento’’ è cara ai triestini, ma forse qualcuno è stanco e stufo di sentirla».
g. z.

 

 

Laghetti delle Noghere risistemati a inizio anno  - Il Consiglio comunale di Muggia voterà il progetto a giorni: sbloccati 50mila euro

 

In base al piano che finalmente vedrà impiegati i fondi regionali l’area sarà ripulita e recintata: diverrà un’aula naturalistica all’aperto

MUGGIA Partirà agli inizi del 2008 la sistemazione, a fini didattici e naturalistici, dei Laghetti delle Noghere. Il Consiglio comunale di Muggia voterà il progetto nella seduta prevista mercoledì.
La zona dei laghetti rappresenta l’ultimo lembo di zona umida di una certa consistenza nella provincia di Trieste, tanto che la Regione li ha definiti «biotopo naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42. E, dal punto di vista naturalistico, il laghetti sono un caso raro, anche perché la provincia è caratterizzata perlopiù da fenomeni carsici (fiumi sotterranei) e quindi manca una rete idrografica superficiale. Nell’area, una valle alluvionale marnoso-arenacea, c’erano impianti di estrazione dell’argilla. Le cave, una volta abbandonate, nel tempo si sono riempite d’acqua facendo nascere, appunto, i laghetti. E proprio, la pioggia e le tracimazioni periodiche del rio Ospo e del suo tributario, il torrente Menariolo, che attraversano l’area, hanno rinaturalizzato la zona. Ne è nato dunque un ambiente vivo, con la presenza di numerose specie ittiche, uccelli e piante, che hanno assunto un notevole pregio naturalistico.
Già alla fine degli anni Ottanta l’area fu soggetta a interventi di pulizia e riordino parziali, in vista della costituzione di un’oasi naturalistica, poi mai realizzata. Proprio alla luce del riconoscimento della valenza geo-ecologica, la Regione nel 2003 ha stanziato 50 mila euro per la sistemazione dell’area, rimasti però bloccati per la non titolarità del Comune sull’area. Titolarità risolta solo un anno fa, quando il Comune ha trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area (all’inizio sembrava possibile acquisirne solo un terzo) a 37 mila euro, dilazionati in 12 anni, chiudendo così una lunga vicenda (iniziata nel 1983), che aveva visto, nel tempo, richieste, ripensamenti e persino dimenticanze da parte (soprattutto) delle amministrazioni succedutesi a Muggia. L’area in totale misura 93.500 metri quadrati. Un primo progetto per un utilizzo naturalistico e didattico era stato già elaborato qualche anno fa. Mercoledì il Consiglio comunale sarà chiamato a votare quello definitivo.
L’assessore allo Sviluppo del territorio Moreno Valentich (Pd-Ds) spiega: «Si tratta di applicare così il primo finanziamento ottenuto per quell’area. Dopo l’acquisto, il Comune ha intenzione di fare dei Laghetti delle Noghere un laboratorio e un’aula ambientalista e di studio all’aperto, in modo che ornitologi e scuole ne possano usufruire tutto l’anno, per vedere le specie di piante e animali che vivono o transitano nella zona». In base al progetto, si provvederà alla pulizia dell’area e soprattutto dei sentieri (saranno ricoperti di ghiaia) e di parte delle sponde dei laghetti, alla realizzazione di un cancello d’entrata e alla sistemazione della recinzione per delimitare la zona. Sono previste anche tabelle d’indicazione a fini didattici. Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva, con nuovi finanziamenti. «Dopo l’approvazione del progetto in aula – continua Valentich – si potrà andare in gara. Si prevede che i lavori potrebbero iniziare entro la primavera prossima, rispettando anche il calendario naturalistico».
Sergio Rebelli

 

 

Ambiente e sviluppo, parte la settimana dell’educazione

 

TRIESTE «Alt ai cambiamenti climatici! Riduciamo la CO2». È il titolo della seconda edizione della Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile che, inquadrata nella campagna promossa dall’Unesco, si terrà dal 5 all’11 novembre in molte località del Friuli Venezia Giulia. Il programma predisposto dal Laboratorio regionale di educazione ambientale prevede, tra l’altro, tre confronti già lunedì a Villa Manin su stato dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia, cambiamenti climatici gestione delle acque; una tavola rotonda a Trieste sugli ecovillaggi e un’altra a Gorizia con Luca Mercalli.

 

 

I pescatori: no al parco di Arbe  - Manca il regolamento delle attività consentite. L’area marina a difesa della colonia di delfini

 

Anche gli amministratori pubblici temono troppi divieti

FIUME Incontra sempre più oppositori la riserva per delfini, proclamata nel luglio 2006 dal ministero della Cultura e che riguarda uno specchio di mare fra le isole altoadriatiche di Veglia, Cherso, Lussino e Pago.
L’area in questione si estende su una superficie di ben 540 chilometri quadrati, in cui vive una consistente colonia di delfini, che secondo stime molto attendibili conterebbe almeno cento esemplari. Anni fa, l’organizzazione ambientalista lussignana Plavi Svijet (Mondo blu) aveva avviato l’iniziativa per rendere questa porzione del Quarnerolo una zona in regime di tutela per i delfini, proposta che è stata accettata a Zagabria. Anche se fino a questo momento non è stato formulato ancora il regolamento sulle norme da osservare nella riserva (regolamento da apportare entro il 2009), i pescatori della regione quarnerina – supportati dai colleghi istriani e dalmati – si sono espressi senza mezzi termini contro la zona protetta, temendo che possa limitare o persino impedire la loro attività.
Proprio in questi giorni la presa di posizione dei pescatori ha avuto il sostegno della giunta comunale di Arbe, che ha votato una delibera con cui si chiede al competente dicastero di cassare la decisione sull’istituzione della riserva. L’esecutivo arbesano ha voluto così ingrossare le fila delle autonomie locali e delle associazioni, motivando tale mossa con le preoccupazioni che la riserva possa nuocere non solo ai pescatori, ma anche al turismo, alla nautica da diporto, ai ristoratori e a tutti quei settori economici di vitale importanza per le sorti della regione insulare quarnerina. Secondo la giunta (e la tesi è sposata in pieno dai pescatori), lo studio sulle minacce cui andrebbero incontro questi mammiferi sarebbe in contrasto con quanto osservato dagli stessi pescatori e dai diportisti. Infatti, i delfini continuano ad essere presenti numerosi nel Quarnerolo e proprio le possibile norme rigorose della riserva, dicono i pescatori, potrebbero scatenare le ritorsioni della gente contro gli animali.
Anche il sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha bocciato il progetto della riserva se questa dovesse incidere negativamente sulle attività economiche legate alla vita sulle isole quarnerine: «Tra un mese al massimo discuteremo della zona tutelata a livelo di giunta e consiglio comunali – ha detto il primo cittadino – personalmente sono contrario al progetto anche perché non accompagnato da un regolamento chiaro. Se dovessimo attenerci strettamente a quello che implica una riserva, allora sarebbe notte fonda per i nostri pescatori. Attualmente c’è un vuoto che impedisce ad un pescatore, ad esempio, di acquistare oggi un peschereccio per 100 mila euro che domani potrebbe risultare inutile se nell’area protetta si dovessero proibire le attività di pesca».
Insomma, non ci sono solo i pescatori italiani, la zona ittico–ecologica e il generale impoverimento del patrimonio marino a rovinare il sonno ai pescatori croati dell’ Adriatico settentrionale. Di mezzo vi sono pure i delfini, la cui presenza nel Quarnerolo rischia di essere foriera di incidenti, polemiche e proteste.
a.m.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 novembre 2007 

 

 

Ferriera, il dirigente indagato: la Regione sapeva  - Pierpaolo Gubertini: «Ho avuto l’avviso di garanzia un anno fa. Ho subito informato gli uffici»

 

Il funzionario è il coordinatore della procedura per la concessione allo stabilimento della nuova autorizzazione integrata ambientale

«Sì, sono indagato dalla procura per omissione d’atti d’ufficio. Ma non è un’inchiesta nuova, recente. L’avviso di garanzia mi è stato recapitato poco meno di un anno fa e l’indagine, avviata dal pm Federico Frezza, è ancora aperta». Lo ha dichiarato ieri l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 55 anni, direttore del Servizio regionale di tutela dall’inquinamento.

Attualmente Gubertini è il regista-coordinatore di quanto si sta discutendo a livello regionale e locale per concedere alla Ferriera una nuova Autorizzazione integrata ambientale all'esercizio dei suoi impianti. Dall’inizio del 2007 l’ingegnere non si occupa infatti più direttamente delle emissioni della Ferriera dal momento che questo compito è stato trasferito per legge all’Amministrazione provinciale.
«Quando l’avviso di garanzia mi è stato notificato, ho immediatamente avvisato la Regione: in dettaglio l’avvocatura interna» afferma l’ingegner Gubertini.
«Per difendermi ho dovuto però rivolgermi a un legale di mia scelta. La legge non prevede infatti nelle inchieste penali un’assistenza legale diretta per dirigenti, funzionari e dipendenti degli enti pubblici: è previsto solo che l'amministrazione pubblica paghi la parcella in caso di proscioglimento del suo dipendente. Ho così nominato un avvocato di Milano esperto in problemi ambientali e ho inviato al pm Federico Frezza una memoria sul mio operato. Respingo l’accusa che mi viene rivolta. Ho sempre informato l’assessore e le giunta regionale della situazione della Ferriera. L’ho fatto verbalmente ma anche attraverso delibere di generalità. Non ho detto alcunché sull’avviso di garanzia perché non avevo nulla da comunicare. È un atto che riguarda me e la procura. Lo ribadisco. Non ho insabbiato nulla. Anzi, sono stato io a far chiudere nel 2005 l’agglomerato della Ferriera. Ho infatti emanato un decreto in cui limitavo a 0,4 nanogrammi per metro cubo d’aria la quantità di diossina ammessa nelle emissioni convogliate. E l’impianto ha dovuto chiudere dopo le misure effettuate dall’Arpa che attestavano il superamento di questo valore. Poi è intervenuta la procura e il pm Federico Frezza è riuscito a far sequestrare l’agglomerato. La Servola spa si è adeguata e ha installato un impianto con l’urea. Oggi l’agglomerato diffonde molto meno diossina che nel 2005 e i limiti fissati dal mio ufficio sono quelli imposti dalle norme più severe».
«Valutare ciò che accadeva all’agglomerato è stato facile: la legge fissa in modo chiaro come devono essere effettuate le misure sulle emissioni convogliate in un camino. Ben diverso è il discorso per le emissioni diffuse, che escono nell’atmosfera da svariati punti della Ferriera. Basta citare la macchina a colare, priva di adeguate cappe di intercettazione delle polveri e dei fumi. Compiere misure in queste condizioni è molto più difficile e la legge è tutt’altro che chiara. Lo ripeto che dall’inizio del 2007 non mi occupo più di controlli sulle emissioni perché questo compito è passato alla Provincia e in dettaglio all’assessore Ondina Barduzzi che sta dicendo oggi le stesse cose che dicevo io più di un anno fa».
«L’inchiesta che mi coinvolge non è chiusa» continua l’ingegner Gubertini. «Ma tutto tace dal giorno in cui ho inviato la mia memoria difensiva al pm Federico Frezza. Ho incontrato il magistrato parecchie volte in questi mesi in riunioni organizzate a livello istituzionale, ma lui non mi ha mai detto nulla sull’inchiesta che mi coinvolge. Al contrario anche nelle ultime settimane il pm che mi indaga, ha fatto recapitare al mio ufficio i risultati delle misure sul benzopirene effettuate a Servola dal Cigra su suo specifico incarico. Mi ha spedito anche molti documenti e parecchie fotografie scattate agli impianti da un suo stretto collaboratore».
«Spero di aver chiarito il mio ruolo e attendo con fiducia la conclusione delle indagini. Penso che il mio nome sia finito sul registro degli indagati perché si cerca sempre l’anello debole della catena. Non sono un politico, non frequento politici. Sono un tecnico, un ingegnere, abituato a valutare percentuali, livelli, soglie. E poi a decidere in base al mio ruolo e ai poteri che mi sono stati conferiti».

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - Giovedì tavolo di crisi alla Direzione lavori pubblici - Il calendario con gli appuntamenti per l’Azienda sanitaria, l’Arpa, la Lucchini e i sindacati

 

La complessità della questione-Ferriera si fotografa per sezioni: tra atti pubblici, numeri e unità di misura, ricorsi, interventi tecnici, politici e sindacali, c’è anche la griglia veramente fitta del calendario. I lavoratori, in Consiglio comunale, si sono detti sbalorditi e delusi da tanto «aprire tavoli», peraltro invocando nel contempo un tavolo ulteriore: quello che decida, semplicemente e in fretta, nientemeno che il futuro della città. Per far ordine è bene tornare alle date e al loro intreccio.
Il prossimo appuntamento per tutti gli enti amministrativi, per l’Azienda sanitaria, l’Arpa, la Lucchini spa e i sindacati è fissato all’8 novembre alla Direzione regionale lavori pubblici e ambiente. Si tratta del cosiddetto «tavolo di crisi» creato dall’assessore regionale Moretton per mettere tutti i protagonisti a confronto stabile in vista di una auspicata decisione comune. Sarebbe dovuto essere un appuntamento settimanale. Dopo due riunioni, il rinvio. La puntata di venerdì 21 ottobre avrebbe dovuto proseguire venerdì 28. Ma il 30 ottobre era in scaletta l’incontro degli stessi protagonisti istituzionali per l’ultima e (si pensava) decisiva conferenza dei servizi in cui decidere se dare o no alla Lucchini l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una sorta di «via libera» se l’azienda avesse accettato tutte le modifiche e le garanzie chieste dai vari enti per calare l’inquinamento. E dunque perché trovarsi prima? Meglio dopo. Il venerdì successivo al 30 cadeva il 4 novembre, ponte festivo. Fu proposto il venerdì 9, ma l’assessore comunale Bucci chiese l’anticipo a giovedì 8: «Preferisco parlare avendo alle spalle i miei uffici aperti, il venerdì pomeriggio sono chiusi».
Intanto però l’appuntamento del 30 ottobre non è stato affatto risolutivo. Un parere netto è venuto, sull’Aia, solo dal Comune, che ha detto «no». Gli altri hanno presentato ulteriori carte, e tutti hanno deciso di rivedersi ancora: «Appuntamento il 15 novembre».
Ma sarà proprio il 15 novembre quando l’Apat, l’Agenzia per l’ambiente del ministero, renderà note le analisi dell’aria realizzate fino all’altro giorno in via San Lorenzo in Selva. Come si intrecceranno con i discorsi precedenti? E non basta, perché un’altra data importante è già fissata: il magistrato ha ordinato nuove analisi nell’abitato di Servola, affidandole ancora al consorzio universitario Cigra. Dureranno due mesi e si concluderanno il 31 dicembre. E saranno queste, realizzate secondo i criteri di un decreto legge uscito appena a settembre, quelle da considerare probanti. Sempreché qualcuno non contesti nel frattempo gli strumenti usati dal Cigra, messi sotto osservazione dall’Apat, così come quelli dell’Arpa.
g. z.

 

 

FERRIERA - Paris Lippi: «Sia fatta chiarezza» Moretton: «Assessori all’oscuro»

 

Il Comune con il vicesindaco Paris Lippi attacca pesante, la Regione con l’assessore all’ambiente Gianfranco Moretton ribatte secca. È scontro sul caso di Pierpaolo Gubertini, dirigente regionale indagato perché, pur conoscendo i dati, non avrebbe assunto iniziative per limitare le emissioni della Ferriera né avrebbe informato la giunta regionale. «Non conosco la vicenda e mi auguro che il dirigente sia innocente», premette Lippi, «ma mi piacerebbe venisse fatta chiarezza. Se le cose stessero così, la vicenda mi pare abbastanza grave. E non penso si sia trattato di un’idea solo della persona indagata», aggiunge il vicesindaco. «Lippi si assumerà la responsabilità delle sue dichiarazioni nelle sedi più opportune», replica Moretton. Che precisa: «L’indagine è un atto conosciuto dal diretto interessato e al momento non dall’organo politico», ossia gli assessori. Gubertini è il dirigente incaricato di gestire l’iter, tuttora aperto, per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) allo stabilimento. E l’indagine «fino a prova contraria, finché non ci siano colpevoli, non inficia il ruolo» dell’indagato, precisa l’assessore esprimendo «piena fiducia che, nei tempi compatibili con l’istruttoria, quanto prima conosceremo l’esito» dell’indagine.
Moretton intanto interviene anche sull’interrogazione presentata dal Verde Alessandro Metz, che ieri ha chiesto se, da quando è in carica, l’assessore sia stato «effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente dei rapporti allarmati dell’Arpa». «Non ho visto l’interrogazione, ma i rapporti dell’Arpa sono pubblici e tutte le istituzioni ne erano a conoscenza», dice l’assessore.
Ma Lippi punta il dito: «La Regione ha mai presentato un piano di riqualificazione professionale degli operai, prime vittime della vicenda? O ha mai ammesso di essere impotente nell’individuare soluzioni? E poi stiamo ancora aspettando il piano sulla qualità dell’aria. Non vorrei - prosegue - che questo dilazionare e rinviare fosse parte di un disegno per far sì che nulla cambi», chiude Lippi. «La legge regionale sull’inquinamento è stata di recente approvata e in tempi precisi è prevista la predisposizione di piani di risanamento dell’aria: non mi risultano ritardi», risponde Moretton annotando che la conferenza dei servizi sull’Aia è stata aggiornata al 15 novembre per potere «esaminare i documenti presentati da Lucchini», nonché attendere «la proposta del’Arpa di predisporre un ”piano stralcio” di risanamento dell’aria». «Seguiamo in modo serio l’evolversi della situazione, e perciò oltre alla conferenza dei servizi è attivato un tavolo politico che, presenti tutti gli enti, monitora settimanalmente la situazione. Lippi poi - chiude Moretton - sa che eventuali provvedimenti di fermo» della Ferriera «possono essere legittimamente assunti anche e in particolare dall’autorità comunale».
Resta aperto il dibattito sull’opportunità di non chiudere la porta al dialogo con il gruppo Arvedi. «Il sindaco fa bene a tenere le porte aperte a tutti - commenta Lippi - ma An continua a ritenere che l’area della Ferriera vada riconvertita in chiave portuale».
p.b.

 

 

Sul Piano parcheggi: Italia Nostra: «Il Comune escluda dal centro storico i park interrati»

 

Italia Nostra scende in campo contro il Piano parcheggi del Comune. Un documento che, secondo l’associazione, rischia di creare seri danni al patrimonio archeologico cittadino. «A nostro giudizio - scrive la presidente della sezione di Trieste, Giulia Giacomoch, in una lettera inviata al sindaco e alla giunta - andrebbero esclusi dal centro storico i parcheggi interrati e «in edificato», perchè finirebbero per deformare l’aspetto dei luoghi con elementi costruttivi esterni, trasformerebbero le piazze in coperture di garage e, nel caso di edifici nuovi, deturperebbero gravemente il paesaggio urbano di luoghi di grande pregio. Ecco perchè - continua la nota - chiediamo al Comune di rinunciare al parcheggio in via del Teatro romano e a quello interrato in piazza Sant’Antonio. Abbiamo inoltre seri dubbi sull’opportunità di creare parcheggi sulle Rive dove torrette, bussole e muretti rovinerebbero la coerenza architettonica e paesaggistica del lungomare».
A fronte delle critiche, Italia Nostra avanza anche delle proposte. Il suggerimento dell’associazione è che i progetti dei parcheggi, specie se da costruire in aree di pregio, «si pongano come obiettivo prioritario la mimetizzazione delle strutture d’accesso e uscita per le auto e per i pedoni e di quant’altro si possa vedere in superficie».
«Esprimiamo infine dei dubbi sull’opportunità di costruire parcheggi privati in aree pubbliche per le quali andrebbe previsto invece un uso a favore della collettività. La costruzione di tanti parcking in aree densamente abitate o frequentate per lavoro - conclude Giulia Giacomich -, sembra una rinuncia definitiva da parte della pubblica amministrazione all’incremento del trasporto pubblico e alla parziale pedonalizzazione del centro auspicata da molti».

 

 

Spezzatino Endesa, si decide a fine anno - Non si definirà prima della metà dicembre la vicenda di cessione degli assetti a EOn dopo l’opa dell’Enel

 

ROMA La vicenda Endesa Italia non si definirà prima della metà del prossimo dicembre. È quanto riferiscono due lettere che Enel e Asm hanno inviato in risposta ai sindacati - Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil - dando una propria disponibilità a incontrare le organizzazioni dei lavoratori. Lo si apprende da fonti sindacali.
Il 19 ottobre Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil avevano proclamato lo stato di agitazione e avevano scritto una lettera a Enel, Asm ed E.On, chiedendo un incontro urgente, preoccupate per l'«ipotesi spezzatino» di Endesa Italia. Una richiesta inoltrata anche al ministero per lo Sviluppo economico, che al momento, fanno sapere i sindacati, non ha fatto arrivare un suo riscontro.
La lettera di Asm, secondo quanto si apprende, è datata 25 ottobre. Nel breve testo la società afferma che è in corso una trattativa complessa che potrebbe definirsi solo attorno al 15 dicembre. Viene però data la disponibilità ad un incontro con i sindacati per il 15 novembre, allo scopo di «comunicare le linee guida che hanno informato l'azione di Asm». La lettera di Enel è datata 26 ottobre. Il testo sottolinea che solo entro la prima quindicina di dicembre sarà possibile avere un incontro per fornire una quadro definito su Endesa Italia, ma si dà comunque la disponibilità a vedere i sindacati anche prima di questo termine - senza però indicare una data - per chiarire come si sta muovendo Enel.
Sia la lettera di Asm, sia quella di Enel sono inviate per conoscenza anche ad E.On e al ministero dello Sviluppo economico.
Pochi giorni fa l'ad dell'Enel, Fulvio Conti, ha annunciato l'avvio del processo di cessione degli asset Endesa ad E.On. L'operazione rientra negli accordi presi col gruppo di Duesseldorf in cambio del suo ritiro dalla competizione per acquisire la società spagnola (sui cui Enel ha lanciato un'opa con Acciona, chiusa a inizio ottobre). L'intesa prevede la cessione di circa 10mila megawatt, che incorporano Endesa Europa e, a scendere, Endesa Italia. Il 20% del capitale di quest'ultima società è detenuto dalla bresciana Asm.
Il timore dei sindacati è che si passi a un break up e che il passaggio di mano di alcuni asset comporti tagli occupazionali e un aumento della precarizzazione.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 novembre 2007 

 

 

Per la Ferriera ritorna l’ipotesi Arvedi  - Cgil, Cisl e Uil auspicano il riavvio dei colloqui. Metz interroga la Regione sul caso Gubertini

 

«Una soluzione che potrebbe salvare ambiente, occupazione e industria». «No comment» di Dipiazza, ma ci sarebbe una sua «non chiusura»

Da un lato le emissioni che hanno indotto il sindaco Roberto Dipiazza a ipotizzare decisioni «drammatiche» se nuovi dati confermassero gli sforamenti - tra gli altri - del cancerogeno benzoapirene. Dall’altro i lavoratori, che martedì sera in consiglio comunale hanno espresso netta la preoccupazione per il loro impiego e per il futuro economico della città.
L’emergenza Ferriera si muove su un crinale strettissimo. E si rifà il nome di Arvedi. «Ci auguriamo che in un percorso chiaro di contenimento delle emissioni ci sia ancora la possibilità di una interlocuzione con il gruppo cremonese». Questo Franco Belci, Luciano Bordin e Luca Visentini, segretari di Cgil Cisl Uil, hanno detto ieri durante l’incontro avuto con il sindaco e con l’assessore regionale Roberto Cosolini. Quest’ultimo in consiglio comunale aveva sottolineato che l’estate scorsa, quando Arvedi manifestò il proprio interesse per Servola, «a tutti era sembrata un’opportunità per salvare ambiente, occupazione e industria»: perché «se un imprenditore che già c’è non ha alternative nello stare in una situazione complessa e delicata, uno che arriva ha sicuramente obiettivi e motivazioni per superarla». Fermo restando - aggiungeva l’altra sera Cosolini a margine - che la Regione, Lucchini o Arvedi che sia, mira a condividere «un programma chiaro che dia garanzie sotto i profili dell’impatto con l’esterno, dell’occupazione e delle prospettive di medio periodo anche con la diversificazione dell’attività».
Arvedi di recente ha rotto le trattative con Lucchini dicendosi in attesa di un «chiarimento» sul fronte ambientale. Ma i sindacati ritengono che il gruppo, potenzialmente interessato a uno sviluppo dell’area anche in chiave di logistica e energia, potrebbe proporre un progetto industriale capace di segnare una svolta ambientale e di travalicare il 2015, anno in cui secondo Lucchini spa la Ferriera non sarà più redditizia. Da Dipiazza arriva solo un «no comment» su quanto ieri è stato detto in proposito durante l’incontro, anche se Belci e Visentini parlano di una sua «non chiusura» sul tema Arvedi. Una settimana fa il vicesindaco Paris Lippi e l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis sbarravano però la porta a insediamenti siderurgici nell’area di Servola.
Resta intanto da gestire la situazione attuale, con la procedura ancora aperta per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) cui il Comune ha già detto no. Ieri è emerso che se l’Aia sarà concessa dalla Regione, lo sarà solo con prescrizioni molto restrittive. Il tavolo aperto dall’assessore regionale Gianfranco Moretton potrebbe portare però anche a una nuova prospettiva ieri ipotizzata: un accordo di programma tra le parti mirato a spingere Lucchini spa a ulteriori interventi, aldilà dell’Aia. «In ogni caso - rileva Belci - resteranno determinanti per noi i risultati dei controlli dell’Azienda sanitaria sulla salute di lavoratori e cittadini». Cosolini intanto dell’incontro di ieri commenta solo che «c’è stato lo stesso clima serio che ha caratterizzato la discussione dell’altra sera in consiglio».
Da registrare infine un’interrogazione presentata dal consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz dopo la notizia del dirigente regionale Pierpaolo Gubertini indagato perché, pur ricevendo i dati dell’Arpa, per anni non avrebbe assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni. Metz chiede di sapere se «da quando è in carica l’attuale assessore regionale all’ambiente, è stato effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente dei rapporti allarmati dell’Arpa che segnalavano i ripetuti sforamenti sulle emissioni in atmosfera prodotte dalla Ferriera».

Paola Bolis

 

 

Qualità dell’aria, concluse le rilevazioni Apat Dal 5 novembre a Roma le analisi dei dati
 

Se ne sono andati ieri i laboratori «capta-aria» dell’Apat, l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, inviati dal ministero dell’Ambiente su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, quando scoppiò l’allarme generale per i picchi di benzoapirene rilevati dal Cigra (il Consorzio interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell’Università di Trieste), su incarico del pm Federico Frezza. Fu allora deciso che la centralina del Cigra, a Servola stazione, sarebbe stata affiancata da quella dell’Arpa, e appunto da una terza super-partes, quella dell’Apat, delegata anche a verificare la metodologia d’azione degli altri specialisti sul campo.
«Ieri abbiamo lasciato Trieste - spiega la responsabile del laboratorio, Maria Belli - e dal 5 novembre a Roma cominceremo le analisi gravitometriche (quelle sulle polveri sottili, ndr), di seguito quelle relative agli idrocarburi e ai metalli, i cui dati saranno noti a fine novembre».
Nei quindici giorni di lavoro dell’Apat, però, il mosso quadro della vicenda Ferriera ha avuto un cambiamento sostanziale proprio nella decisione del pm di far sistemare al suo consulente Cigra due altre centraline, in zone diverse e più distanti dalla fabbrica, in pratica delegittimando l’azione di controllo di tutte e tre le apparecchiature di via San Lorenzo in Selva e di conseguenza i risultati che avrebbero portato.
Frezza era stato fortemente sollecitato dalla Lucchini, che sosteneva impossibile derivare una nozione di inquinamento ambientale (come avevano fatto Azienda sanitaria e sindaco) da un rilevamento in area industriale. Nel frattempo era anche uscito un nuovo decreto che normava la sistemazione delle centraline. E dunque il pm aveva acconsentito a cambiare i punti di controllo. L’Apat come ha seguito questi mutamenti d’orizzonte?
«Non solo eravamo al corrente - afferma Belli -, ma sia noi sia l’Arpa lo sapevamo fin dal principio che quella postazione non era molto esatta, comunque la decisione del magistrato non ha assolutamente inficiato la nostra presenza e il nostro lavoro, che avevano soprattutto l’obiettivo di verificare e armonizzare metodi di campionamento dell’aria e successive analisi». Dunque i dati verranno resi noti, ma non saranno questi a dirci qualcosa di definitivo sull’inquinamento di Servola.
g.z.
 

 

«L’industria pesa: nel 2006 ha generato mille milioni»

 

«Diteci che città avete in mente di qui a vent’anni». «Vogliamo un tavolo sul disegno per Trieste: tutto il resto sono pagliacciate». Lo hanno ripetuto più volte l’altra sera gli esponenti sindacali in consiglio comunale, ampliando i termini del dibattito sull’emergenza Ferriera dai posti di lavoro che lo stabilimento direttamente o indirettamente procura, a una più generale visione del futuro industriale - o meno - della città.
Ed è un tema, questo, che viene ribadito con forza dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «Lo abbiamo detto anche nell’incontro avuto stamane (ieri, ndr) con il sindaco Roberto Dipiazza e con l’assessore regionale Roberto Cosolini: la nostra impostazione - dice per la Cgil Franco Belci - è quella di ridare il baricentro alla produzione industriale, perché lo sviluppo della città non può essere retto soltanto dai lavori pubblici, dal terziario e dal turismo. Serve anche la ”gamba” di chi il reddito lo produce. Ed è una indicazione precisa - aggiunge Belci - questa che noi diamo al sindaco e alle forze politiche: in caso contrario, la città è destinata a un declino che in definitiva riguarda soprattutto i giovani e le loro prospettive».
Ma quanto pesa l’industria oggi sull’economia triestina? I dati dell’Istat relativi al 2006 dicono di 15.676 occupati nell’industria nel suo complesso: numeri in crescita rispetto al 2005, quando il dato era di 13.423 lavoratori. La percentuale resta nell’ordine del 15-16% di occupati nel settore in ambito provinciale.
Sempre in base ai dati Istat 2006, l’economia generata dall’industria a Trieste è pari al 14,7% del Pil provinciale, pari a un volume di mille milioni di euro. In termini di imposte il contributo più diretto arriva dall’Iva che vale 300 milioni di euro, ai quali se ne aggiungono suppergiù altrettanti in termini di versamenti Irpef, addizionali regionali e comunali, Ici e Tarsu. Cifre cui vanno aggiunti i contributi relativi a Inps e Inail.
Sono questi i dati che fornisce Assindustria, l’altra sera presente come uditore in consiglio comunale con il direttore dell’Associazione Paolo Battilana. E proprio su questi dati, dice Battilana, bisogna «valutare l’opportunità di mantenere e sviluppare occasioni per ospitare insediamenti produttivi: perché si tratta di un elemento di ricchezza che, come confermano i numeri, va anche redistribuita a livello collettivo».
Poche parole da Assindustria sul dibattito che si è tenuto l’altra sera nell’aula di piazza dell’Unità: Battilana esprime «apprezzamento per come tutte le parti hanno messo in evidenza i propri punti di vista in maniera pacata e civile, a partire dai lavoratori che hanno puntualizzato le proprie gravi preoccupazioni. Questo - chiude il direttore dell’Associazione - può essere un primo passo per iniziare ad avviare un ragionamento più complessivo sul futuro industriale ed economico della nostra provincia».

 

 

La chiusura della Ferriera

 

Il 23 ottobre ho assistito in piazza Oberdan alla manifestazione promossa dai comitati di residenti di Servola per chiedere la chiusura della Ferriera e sono rimasto profondamente deluso dalla reazione violenta dei manifestanti nei confronti di quel dipendente della Ferriera che ha voluto prendere la parola in difesa del suo posto di lavoro. Certo che la battaglia in difesa dell’ambiente e della salute è sacrosanta, ma è anche certo che disinteressarsi della sorte di un migliaio di persone, e quindi di famiglie, che rischiano di essere private del loro reddito, è assolutamente inconcepibile. Ma se il disagio di queste famiglie potrà forse essere alleviato dagli ammortizzatori sociali promessi, l’aspetto più preoccupante, anzi tragico, è la perdita definitiva di mille posti di lavoro nell’industria triestina, cioè mille posti in meno per i nostri giovani.
Mille posti di lavoro in meno sono, più o meno, mille famiglie che non spenderanno più nella nostra provincia, quindi ulteriore crisi per il nostro commercio con conseguente chiusura di negozi e perdita ulteriore di altri posti di lavoro. Come si fa a non riflettere su ciò? La progressiva sparizione dell’industria è andata di pari passo con la decadenza della città. Difatti dopo il 1954 a Trieste sono state chiuse decine di attività industriali di alto livello (Crda, Cantieri S. Rocco, Felszegi, S. Marco, Officine Ponti e Gru, Vetrobel, Arrigoni, l’Aquila, solo per citarne alcune) con la perdita di oltre diecimila posti di lavoro, mai recuperati. Il risultato sconsolante è che l’economia ne ha risentito, con grave danno alle attività commerciali e artigianali e con la conseguente progressiva riduzione della popolazione della provincia di Trieste, che è passata dai 300.309 del 1971 ai 239.717 del 2006.
Per quanto riguarda l’eliminazione o la riduzione dell’inquinamento della Ferriera si possono seguire due strade: la prima è chiudere lo stabilimento, come propongono i comitati appoggiati da alcuni amministratori cittadini; la seconda è quella di adottare, e mantenere in efficienza, validi sistemi di depurazione. Ricordo solo quando la Ferriera faceva parte del gruppo Italsider l’aspetto ambientale era oggetto di grande attenzione e il livello di inquinamento era notevolmente inferiore a quello attuale.
Se poi si vuol chiudere la Ferriera perché altri sono gli interessi che gravitano su quell’area, allora si operi per insediare nella nostra provincia attività industriali «pulite» e capaci di offrire le migliaia di posti di lavoro persi in questi ultimi anni e si abbandoni l’idea di proporre l’insediamento dei rigassificatori nel nostro golfo che, oltre ad essere altrettanto inquinanti della Ferriera e assai più pericolosi, darebbero lavoro a poche decine di persone, ostacolando nel contempo, come dicono gli esperti, l’attività portuale (finalmente in ripresa), la pesca e il turismo.
Silvano Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 ottobre 2007

 

 

Ferriera, indagato funzionario regionale  - Finisce in un’inchiesta del pm Frezza il direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento atmosferico, Pierpaolo Gubertini

 

Per anni, pur conoscendo i dati, non avrebbe assunto iniziative per limitare le emissioni

L’accusa: avrebbe potuto diffidare la società proprietaria degli impianti ma non ha mai ritenuto di sospendere o revocare l’autorizzazione a operare sul territorio

E’ indagato per omissione d’atti d’ufficio l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 61 anni, direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento atmosferico dell’amministrazione regionale. E’ l’uomo che doveva controllare che i vertici della Ferriera di Servola rispettassero quanto la stessa Regione ha imposto a livello di emissioni e immisioni nell’aria, secondo quanto previsto dal Decreto del 12 luglio 1990. Inoltre l’ingegner Gubertini è il dirigente incaricato di gestire l’iter della nuova Autorizzazione integrata ambientale chiesta dallo stabilimento. Di questa autorizzazione si è discusso ieri nella sede della Regione e la riunione ha prodotto un «nulla di fatto», con un rinvio a nuova data.
Secondo le indagini dirette dal pm Federico Frezza, il nome dell’ingegner Pierpaolo Gubertini è stato annotato sul registro degli «indagati» perché per anni come direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento, non ha assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni della Ferriera. Non ha diffidato la società proprietaria degli impianti; non ha sospeso o revocato l’autorizzazione. Tutto questo, secondo l’accusa, è accaduto anche se sul suo tavolo sono puntualmente arrivati i rapporti allarmati dell’Arpa su ripetuti sforamenti. I dati gli erano stati comunicati dall’Arpa, un organo tecnico delle Regione; ma sul piano ammnistrativo non è accaduto nulla.
Ma non basta. Secondo l’inchiesta l’ingegner Pierpaolo Gubertini ha persino omesso di segnalare questi ripetuti e reiterati sforamenti ai vertici della Giunta regionale. In questo modo nè gli assessori, nè il presidente sono stati posti nelle condizioni di valutare se e come sopperire all’inerzia del dirigente dell’ufficio a cui erano affidati i controlli amministrativi sulle emissioni. In altre parole gli inquirenti sospettano di essersi imbattuti in un «insabbiamento» delle relazioni inviate dall’Arpa alla Direzione regionale dell’ambiente. Va aggiunto che l’ingegnere indagato per omissione d’atti d’ufficio, nella sua lunga attività istituzionale ha inviato ai responsabili della Ferriera un’unica diffida che porta la data del 18 ottobre 2006. Il documento è stato notificato - sbagliando indirizzo- non alla Lucchini spa- bensì alla Servola spa.
Nell’inchiesta diretta dal pm Federico Frezza sono stati prese in esame numerose segnalazioni dell’Arpa. Gli episodi segnalati iniziano il 23 agosto 2004 e proseguono nel marzo del 2005, nel luglio e nell’agosto del 2006. In totale più di 30 giornate in cui sono state violate le prescrizioni introdotte dal Decreto ministeriale del 12 luglio 1990. La mancata osservanza di quanto previsto non ha, secondo la Procura, innescato alcun provvedimento. «L’indagato ometteva di assumere qualsivoglia iniziativa».

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - Autorizzazione ambientale solo il municipio è per il no - Bucci: «Non capisco le dilazioni, per noi la conferenza dei servizi è chiusa»

 

Il Comune è stato l’unico ente, ieri mattina in Regione, a presentare un esplicito e lungo documento di diniego all’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera, per il cui procedimento scadevano proprio ieri i termini di legge. La riunione, piuttosto convulsa, è durata dalle 9.30 alle 15 e l’amministrazione comunale è rimasta praticamente sola. L’Azienda sanitaria ha presentato ulteriori prescrizioni, cioé richieste di maggiori garanzie ambientali: tra queste la proposta di installare delle telecamere nella cokeria per tenere sotto controllo visivamente se le azioni di salvaguardia contro le emissioni diffuse sono messe in pratica oppure no.
L’Arpa ha presentato un altro documento, relativo all’analisi della qualità dell’aria rilevata attraverso i licheni (che risale allo studio «Gea» con dati 2002-2004) dove si vede che parte del centro città, Servola e Muggia sono severamente inquinate. Ha inoltre fatto presente che, mancando un «piano dell’aria» complessivo (quello che la Regione dovrebbe stendere), sarebbe difficile misurare l’eventuale miglioramento una volta che la Lucchini avesse implementato tutte le correzioni strutturali richieste.
L’assessore provinciale Barduzzi ha quindi trovato sostegno alle proprie convinzioni più volte espresse e ha aggiunto che è necessario anche completare «il catasto delle aziende». Dunque alla fine la Regione, in vesti di arbitro col suo dirigente Roberto Della Torre, e senza prescrizioni da presentare, ha aggiornato la seduta al 15 novembre.
La materia è passata di seguito in consiglio comunale (vedi articolo a fianco), ma l’assessore Maurizio Bucci commenta: «Non ho ben capito queste dilazioni, per noi la conferenza dei servizi è chiusa, presenzieremo alla prossima riunione, ma senza altro da dire: la legge sull’Aia dice che non può essere concessa l’autorizzazione se è in corso inquinamento, e a questo ci siamo attenuti, peccato - commenta l’assessore - che l’azienda abbia perso l’occasione di dimostrarsi collaborativa e abbia rigettato tutte le ordinanze, e peccato che le istituzioni non si siano dimostrate unite di fronte ai cittadini». E il sindaco Dipiazza conclude: «Non escludo che i misuratori dell’aria possano avere qualche problema tecnico, ma qui la questione è un’altra: in presenza di inquinamento il Comune non può concedere la patente».
g. z.

 

 

FERRIERA - Palman: «Riconversione di cosa, dopo dieci anni ci ritroviamo senza niente». Pastore: «Dove si possono trovare mille posti?»

 

Vogliono chiarezza su ambiente e salute di cui - dicono - sono i primi a preoccuparsi. Esigono che finisca il «palleggiamento di responsabilità» che li fa sentire «precari» in un posto di lavoro per il quale al contempo si sentono «sparare addosso» da più parti ogni giorno. Ma soprattutto invocano dalle istituzioni un disegno chiaro che delinei quello che sarà il futuro loro ma anche della città tutta, una città la cui classe dirigente «deve dire cosa ha in mente per Trieste di qui a vent’anni». Perché il problema, e lo ripetono con forza, sta in una visione che - se c’è - resta nascosta dietro «beghe politiche» e «strumentalizzazioni» che li colpiscono di continuo. Mentre le mille famiglie che di Ferriera direttamente o indirettamente vivono, dopo anni di dibattiti, campagne elettorali e «allarmismi» lanciati e rilanciati, continuano a non sapere che ne sarà di loro. Consapevoli che «la città non può privarsi di questi posti di lavoro». Perché di alternative, a oggi, non ce ne sono.
Protagonisti in consiglio comunale tornano a essere i lavoratori di Servola. Si accalcano a decine e decine nello spicchio di aula riservato al pubblico, e sostengono i rappresentanti sindacali - Rsu ed esponenti delle segreterie di categoria - che rappresentano tutta la rabbia e l’insicurezza che la vicenda Ferriera rovescia su di loro: «Vogliamo un tavolo sul disegno per Trieste: tutto il resto sono pagliacciate».
Sfilano così, ieri sera, le voci dei rappresentanti dei lavoratori che occupano un’ora buona della seduta straordinaria del consiglio dedicata alla vicenda. In aula ci sono Provincia, Regione, Lucchini spa, Arpa, Azienda sanitaria, Assindustria. Il sindaco Roberto Dipiazza lo chiarisce subito: «Oggi a rischio non è solo la popolazione di Servola, siete anche voi. Ci rendiamo conto che si tratta di 7-800 lavoratori. Ed è una grossa preoccupazione». Perché - le cita - ci sono le lettere dell’Azienda sanitaria, dell’Arpa e del pm Frezza che evidenziano i dati allarmanti dell’«inquinamento». Stelio Vatta, direttore dell’Arpa, riassume gli sforamenti: benzene, pm10, benzoapirene. Marina Brana, del Dipartimento della prevenzione dell’Azienda sanitaria, elenca le indagini sulla salute attuate e in corso. L’assessore regionale Roberto Cosolini rimarca che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) è uno strumento di controllo che non corrisponde a «un via libera illimitato» e si dice in linea con le prescrizioni di Azienda sanitaria e Procura.
Poi scendono in campo i rappresentanti dei lavoratori. Che l’uno dopo l’altro - Cgil, Cisl, Uil, Cisal - additano i punti chiave. Primo tra tutti, un futuro che nessuno ancora intravede: perché «riconversione di cosa? Dopo dieci anni ci ritroviamo senza niente», denuncia Franco Palman della Uil. Mentre dalla Cgil Marco Relli denuncia la tensione psicologica costante cui i lavoratori sono sottoposti e centra il punto: se Lucchini ha già annunciato che dal 2015 la Ferriera non sarà più redditizia, «da oggi ad allora si faccia un lavoro serio con l’azienda» per tracciare un futuro. Ma intanto, interviene Luigi Pastore della Cisal, «dove li troviamo mille posti di lavoro?» Da Antonio Saulle ad Alberto Monticco a Enzo Timeo, i sindacati lo ribadiscono a più riprese: «Le istituzioni ci dicano cosa vogliono fare di questa città» dove l’industria sotto un certo livello non può scendere.
La proprietà, con il direttore dello stabilimento Francesco Rosato, ringrazia i lavoratori che continuano a operare ogni giorno in un «contesto non facile» con un «atteggiamento di attaccamento e responsabilità che forse non tutti in altri ambiti hanno dimostrato». E gli operai applaudono, mentre Rosato aggiunge che l’azienda ha bisogno di «un quadro normativo certo che purtroppo non c’è». Mentre per la Provincia l’assessore Ondina Barduzzi esorta a tracciare un percorso condiviso.
Sfilano poi, l’uno dopo l’altro, i capigruppo di maggioranza e opposizione. Alla fine, Cosolini rilancia: per evitare di proseguire in una insostenibile incertezza, un’Aia con prescrizioni «le più rigorose possibili» e controlli minuziosi può essere una strada da percorrere. E intanto occorre mettersi a un tavolo per iniziare a costruire subito e seriamente un futuro che guardi oltre il 2015, aggiunge Cosolini «auspicando un ritorno» sulla scena di Arvedi, il gruppo cremonese che poco prima i sindacalisti hanno additato la città di essersi «lasciato scappare» con grave responsabilità. La seduta si chiude con Dipiazza che ai lavoratori promette massima trasparenza: se nuovi dati ufficiali dovessero confermare emissioni inquinanti, dice, se ne riparlerà insieme.

Paola Bolis

 

 

Ferriera, a Servola assemblea pubblica al circolo Canciani

 

Organizzato dalla federazione provinciale di Rifondazione comunista e dal circolo territoriale «J. Canciani» di Servola si svolge oggi alle 18, alla casa del popolo Zora Perello di Servola (via di Servola 114) un'assemblea pubblica sul tema «Ancora problema Ferriera». All'incontro, che sarà introdotto e moderato dal segretario provinciale del Prc Igor Kocijancic, interverranno il segretario provinciale della Cgil Franco Belci, il presidente del Circolo Miani Maurizio Fogar, il coordinatore della Commissione lavoro del Prc Paolo Hlacia e il presidente provinciale di Legambiente Lino Santoro.

 

 

Regole per l’ambiente anche a Duino Aurisina  - Firmato dal ministro Pecoraro Scanio il decreto che definisce i criteri per le Zone di protezione speciale

 

Il verde Rozza: «Divieti per la pesca a strascico ma anche incentivi per i pascoli»

DUINO AURISINA Il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha firmato il decreto che definisce i criteri per le Zone speciali di conservazione (Zsc) e delle Zone di protezione speciale (Zps). Un atto che riguarda da vicino il Carso, di cui buona parte è stata inclusa nelle aree appartenenti alla Rete europea Natura 2000, finalizzata alla tutela della biodiversità. L'emanazione dell'atto dovrebbe fare chiarezza anche sulla gestione delle Zps presenti nel comune di Duino Aurisina.
Il decreto, che verrà pubblicato a giorni sulla Gazzetta ufficiale, contiene divieti, obblighi e attività da favorire. «Tra gli obblighi più importanti - anticipa Maurizio Rozza, dei Verdi - va segnalato quello di eseguire mitigazioni ambientali sugli elettrodotti, sia all'atto della loro realizzazione che in occasione di manutenzioni straordinarie. Sarà vietato anche pescare a strascico in tutte le aree facenti parte della Rete Natura 2000, e la norma riguarda anche il Villaggio del Pescatore».
«Il decreto impone poi alle Regioni e agli enti locali – continua Rozza – la costruzione di sistemi di incentivo per il ripristino delle attività di pascolo tradizionali, la conservazione dei muretti a secco, la manutenzione e la ricostruzione di stagni e pozze».
«Diventa ora urgente avviare quanto avevamo proposto nel nostro programma elettorale - aggiunge Massimo Veronese, capogruppo di Insieme Skupaj a Duino Aurisina –. Va avviata una variante urbanistica con cui recepire le indicazioni del decreto ministeriale e le linee guida della Regione; in questo modo realizzeremo un vero e proprio piano di gestione rispetto alle aree incluse in Natura 2000, limitando così al minimo le procedure di valutazione di incidenza e sbloccando i finanziamenti previsti dalle normative per sostenere le attività compatibili e per compensare le limitazioni».
«Con le modifiche al piano regolatore - concludono Rozza e Veronese - si dovranno anche aggiustare i pasticci combinati con la variante agricola approvata dalla precedente amministrazione comunale, cancellando norme come quella che vieta di pascolare ovini a meno di 150 metri dalle case o quella che impone - in modo del tutto arbitrario - limitazioni alla realizzazione di strutture agricole a meno di 300 metri dai confini delle aree Natura 2000».
Su questo argomento si è svolta lunedì sera una riunione a Medeazza, nel corso della quale Coldiretti e Alleanza contadina hanno chiesto all'amministrazione comunale di ricorrere al Tar contro la Regione, per aver imposto nella variante agricola del Comune la norma relativa alla zona di rispetto di 300 metri oltre alle Zps.
L'amministrazione comunale, che era rappresentata dagli assessori Tamaro e Svara, ha deciso che valuterà in giunta la richiesta delle associazioni degli agricoltori.
fr. c.

 

 

Prima pietra per il gasdotto fino a Spalato  - Il tronco di 290 chilometri costerà 185 milioni di euro. Entro il 2011 anche un acquedotto da 38 milioni

 

Iniziati i lavori della struttura che porterà il metano in Dalmazia e Lika

SPALATO Ha preso il via ieri il progetto che porterà alla metanizzazione della Dalmazia e della Lika. In località Podredro, a sud di Zagabria, sono infatti iniziati i lavori di approntamento del gasdotto «Bosiljevo-Spalato», un troncone lungo 290 chilometri che per l’impresa investitrice, la Plinacro (in mano allo Stato croato), comporterà una spesa di 185 milioni di euro.
Alla cerimonia inaugurale dei lavori erano presenti il ministro dell’Economia, Branko Vukelic, il vicepresidente del parlamento, Darko Milinovic, e il direttore generale della Plico, Branko Radosevic. Le autorità hanno sottolineato che il gas naturale contribuirà a elevare il tenore di vita della popolazione dell’intera area, ridando fiato pure all’economia delle due regioni.
E’ stato fatto subito presente che il Bosiljevo-Spalato sarà allacciato al gasdotto «Pola-Karlovac» (entrato in funzione l’anno scorso) che trasporta il metano estratto dai giacimenti sottomarini situati una quarantina di chilometri al largo di Pola. Questi giacimenti sono gestiti dalla Inagip, la joint-venture paritetica italocroata tra Eni e Ina Naftaplin.
Per quanto concerne l’infrastruttura Bosiljevo-Spalato, si tratta di un metanodotto che attraverserà sei regioni e sarà suddiviso in sei segmenti. Avrà una capacità di trasporto annua di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di gas. Il primo tratto, da Bosiljevo a Josipdol (complessivi 29 chilometri) sarà ultimato in capo a otto mesi, mentre il metano arriverà a Spalato entro la fine del 2009. Gli abitanti dell’antica Ragusa (Dubrovnik) si vedranno erogare il gas naturale a partire invece dal 2011.
Intervenendo all’inaugurazione dei lavori, Radosevic ha affermato che il metanodotto Bosiljevo-Spalato fa parte del secondo ciclo di investimenti della Plinacro, azienda che ha in progetto di collegare tutta la Croazia alla rete del gas naturale. «Dopo le direttrici Pola-Karlovac e Bosiljevo-Spalato – ha aggiunto Radosevic – intendiamo metanizzare tutto il Paese, per una spesa in totale di 443 milioni di euro».
Dal gas all’acqua potabile. A Spalato è stato infatti firmato il contratto per la costruzione di una grande rete idrica (investimento di 38 milioni di euro) che riguarderà le contee di Spalato, Zara e Sebenico. L’acquedotto permetterà di superare una volta per tutte i problemi legati all’approvvigionamento idrico in questa vasta area croata. E ciò soprattutto sulle isole di Lesina, Brazza, Solta e Lissa. Inoltre, sarà permesso a 90mila utenti di collegarsi per la prima volta a un acquedotto pubblico. La nuova rete idrica dalmata sarà completata nel 2011.
Andrea Marsanich

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 ottobre 2007

 

 

Ferriera, oggi si discute dell’autorizzazione ambientale In serata consiglio comunale - Ieri altra manifestazione di protesta

 

Al mattino la conferenza dei servizi per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia); alle 18.30 il consiglio comunale straordinario. Giornata densa, oggi, per la Ferriera e per la città, stretta fra il nodo dell’occupazione e quello dell’ambiente. Il sindaco Dipiazza la scorsa settimana ha ipotizzato decisioni «drammatiche» sullo stabilimento, citando i dati dell’Arpa che evidenziano a settembre sforamenti sulle emissioni di benzoapirene. Stamane, nella sede della Regione, si parlerà dell’Aia. Rappresentanti politici o tecnici di Comune, Provincia e Regione affiancati da Arpa e Azienda sanitaria dovranno votare il sì o il no nella misura in cui riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini della salvaguardia ambientale. Ma non è certo che si arrivi al dunque. Non per nulla la Uil, con il segretario Luca Visentini, «auspica che le istituzioni chiamate a pronunciarsi lo facciano nei tempi previsti e basandosi sui dati di fatto acquisiti riguardo all’inquinamento e agli interventi che l’azienda si è impegnata a realizzare». Perché «un ulteriore rinvio sarebbe molto grave, visto che l’iter si è già prolungato molto più del previsto», così come «grave sarebbe che il Comune o altri soggetti decidessero in base a motivazioni politiche e non all’evidenza dei fatti», ricordando che «l’unica strada per ridurre le emissioni inquinanti è richiamare Lucchini spa a mettere in campo tutti gli investimenti necessari».
Dice l’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton (che oggi non sarà presente al tavolo che peraltro, nota, è tecnico): «Saranno i tecnici a dovere esaminare le carte, e hanno tre ipotesi: il sì, il no o la richiesta, se necessaria, di altre integrazioni». E per il direttore del Servizio regionale tutela da inquinamento Pierpaolo Gubertini è anzi «probabile» che la discussione non si chiuda oggi. Ma il Comune è netto: «Noi non chiederemo slittamenti», annuncia l’assessore Maurizio Bucci, «e presenteremo carteggi e dati dettagliati». Alle 18.30, si diceva, il consiglio comunale. Interverranno le segreterie sindacali di categoria e le Rsu della Ferriera che ribadiranno la volontà di avere dati certi sull’inquinamento, ma anche chiarezza sul futuro dei lavoratori; non ci saranno, perché invitate solo ieri dal presidente del consiglio Sergio Pacor, le segreterie provinciali. Confermate la presenza della Provincia con l’assessore Ondina Barduzzi, della Regione e della proprietà con il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e altri rappresentanti. Invitati anche Arpa e Azienda sanitaria. Dalle 17.30 sotto il Comune il presidio dei lavoratori. Ieri pomeriggio invece, sempre in piazza Unità, ha manifestato un gruppo di cittadini che poi ha attraversato in corteo la città.
p.b.

 

 

Bonifiche, pagherà l’ente pubblico  - Importanti modifiche alla bozza dell’accordo di programma fra gli enti coinvolti nel Sito nazionale

 

L’intervento riguarderà i terreni venduti alle imprese dal ’97 in poi

La mano pubblica interverrà sulle aree inquinate vendute alle imprese da enti pubblici, dal 1997 in poi. La novità, che in sostanza risolve la stragrande maggioranza del problemi per le aziende insediate nel Sito inquinato di interesse nazionale, è emersa nell’incontro che il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Mascazzini, ha avuto ieri in città con una decina di imprese che hanno già aderito alla messa in sicurezza della falda freatica, fra le quali Teseco, Bic, AcegasAps e Frigomar.
A margine dell’incontro con le aziende, la bozza dell’accordo di programma – la cui ultima versione ha sollevato le proteste degli enti locali, che hanno disertato la riunione – è stata migliorata in alcuni punti, fra cui quello già citato, e oggi dovrebbe essere recapitata a Regione, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Provincia, Ezit e Autorità portuale.
«Sono soddisfatto della proposta del ministero – dichiara Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e braccio destro del ministro Pecoraro Scanio per il Sito inquinato – perchè risponde sia alle esigenze della bonifica sia a quelle emerse a livello locale». Una nuova riunione con il ministero, per discutere la bozza con gli ultimi emendamenti, dovrebbe tenersi nel giro di una settimana.
Per la progettazione della messa in sicurezza, fra qualche mese verrà intanto bandita una gara europea, che sarà gestita dagli enti locali e nella quale verranno privilegiati i progetti con un rapporto ottimale costi/benefici e che svilupperanno la possibilità di effettuare le bonifiche sul posto.
Un aspetto importante in tutto questo contesto riguarda il livello «naturale» di inquinamento dei terreni, quello che attraverso la falda «entra» da monte nel sito inquinato (Sin). Per determinarlo, a breve la Regione incaricherà l’Arpa di effettuare una serie di misurazioni all’esterno del sito stesso.
Sempre all’interno del Sin, la Seastok, il cui progetto per un deposito sotterraneo di Gpl è stato bocciato due anni fa dalla conferenza dei servizi, sta verificando la possibilità di vendere l’area che aveva acquistato per realizzarlo. Si tratta di 90 mila metri quadri nel complesso ex Aquila, parte nel comune di Trieste e parte in quello di Muggia. E ancora con riguardo a Seastok, oggi il Comitato portuale dovrebbe deliberare la decadenza dell’atto di sottomissione, firmato nel 1999, per l’anticipata occupazione di un’area demaniale marittima di 46 mila metri quadri e dello specchio acqueo adiacente il pontile della Silone.

Giuseppe Palladini

 

 

Ap: «Niente bici davanti alla Marittima» - Pista ciclabile sulle Rive, l’Authority denuncia problemi di sicurezza

 

L’assessore Maurizio Bucci ce l’ha messa tutta per far tornare le navi bianche a Trieste, ma quelle navi diventano ora un potenziale problema per la pista ciclabile che gli stessi uffici comunali di Bucci progettano. La pista partirebbe dalla stazione centrale per giungere fino a via Orlandini (dove si congiungerebbe con la ciclabile provinciale che prosegue fino al confine e oltre) snodandosi lungo le Rive nella parte interna, tra l’area riservata alla viabilità principale e quella dei parcheggi. In ballo un finanziamento regionale da 258 mila euro.
Per il tratto che interessa le Rive il Municipio ha chiesto all’Autorità portuale di avallare il progetto. La risposta, lo scorso luglio, è stata negativa: l’Authority, «pur partecipando all’iniziativa intesa a migliorare la vivibilità delle aree urbane», fa notare che «il percorso attraversa aree demaniali marittime interessate da attività portuali collegate ai servizi portuali, alla nautica da diporto e al tempo libero»: così scrive il segretario generale dell’Ap Martino Conticelli citando le «numerose ordinanze» che limitano il transito in zona.
Il Comune in settembre è tornato alla carica. Pochi giorni fa, la nuova risposta dell’Authority che apre alla possibilità della pista lungo le Rive III Novembre, Caduti per l’italianità di Trieste, Gulli e Grumula. Resta però il no per il tratto davanti alla Stazione marittima, per le «esigenze portuali collegate al traffico crocieristico». In quel tratto - contropropone l’Ap - le bici potrebbero «eventualmente transitare lungo la normale viabilità delle Rive interne o esterne», secondo le esigenze legate alla presenza di navi.
Il Comune intende ora proporre un incontro tecnico «per far capire che non stiamo invadendo in modo sensibile l’area: due metri di pista ciclabile non cambiano nulla - commenta Bucci - a meno che all’Autorità portuale non pensino a strane chiusure dell’area con sbarre o cancellate...» «Nessuna chiusura e nessuno steccato - replica Conticelli - pensiamo solo al traffico pesante che si crea con le navi in rada, e che non potrebbe intersecarsi con una pista ciclabile dove transitano liberamente adulti e bambini. Non vogliamo creare problemi a un’iniziativa che può essere utile alla città, ma ribadisco le necessità di tipo operativo e di sicurezza. Senza dire che proprio davanti alla Marittima il Comune ha dato l’ok alla costruzione di un parcheggio interrato».
Bucci, ricordando che è in scadenza il termine entro cui richiedere i finanziamenti alla Regione, giudica però «impensabile interrompere la pista per fare correre i ciclisti lungo la viabilità principale delle Rive». Dalla Provincia, che ha chiesto a tutti i Comuni di vedere illustrati i rispettivi progetti di ciclabili per collegarli con la propria pista, l’assessore Mauro Tommasini suggerisce di vagliare anche altri percorsi nel centro città.
p.b.

 

 

Percorsi pedonali a Muggia, nuovi progetti  - Prima assemblea pubblica con i cittadini nell’ambito di Agenda 21 sulla mobilità sostenibile

 

Raccolte indicazioni su piste ciclabili e strade chiuse al traffico

MUGGIA «Grazie per essere venuti qui a cominciare a dedicare un po’ del vostro tempo alla costruzione della città». Con queste parole il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha aperto ieri in una affollata sala Millo i lavori della prima assemblea generale del forum di Agenda 21 sulla «Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico». Insomma, si parlerà di mobilità a piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, e di collegamenti (esistenti e futuri) nel territorio. E nel suo saluto il sindaco ha proprio sintetizzato il senso di Agenda 21: i cittadini partecipano nella progettazione della propria città. L’assemblea di ieri fa seguito ad una serie di tappe del processo di Agenda 21 a Muggia, che ha portato recentemente il Comune ad illustrare l’iniziativa nei rioni cittadini, per raccogliere i 18 rappresentanti della popolazione che fanno parte del forum. A questi, ieri, si sono aggiunti i cosiddetti «stakeholder», i «portatori di interesse», sul tema della mobilità.
Ovvero, associazioni, enti, gruppi, comitati locali, sindacati, forze politiche, invitati dal Comune perché, in un modo o nell’altro, possono offrire il loro apporto di esperienza e conoscenza nella elaborazione del Piano di azione, che è il documento consuntivo finale che conterrà proposte concrete per l’amministrazione comunale. «L’obiettivo di questo forum di Agenda 21 è di aiutare il Comune a pianificare il territorio – ha detto ancora Nesladek -. La mobilità sostenibile sembra un argomento piccolo, ma invece coinvolge la vita quotidiana di tutti».
L’assessore Loredana Rossi ha ricordato, tra l’altro, gli impegni dei partecipanti e le scadenze previste: «Ci saranno sette o otto riunioni settimanali, in modo da terminare a gennaio, quando sarà pronto il Piano di azione, che sarà sottoposto al Comune. Accanto al forum, si à già formato un laboratorio dei bambini e delle bambine, che raccoglie alunni delle scuole di Muggia, e che produrrà proposte, che saranno vagliate e prese in considerazione dal forum». Presidente dell’assemblea è stato nominato, su delega del sindaco, Gianmarco Scarpa, già consigliere di minoranza nella precedente amministrazione.
Il suo sarà un ruolo di raccordo tra il forum e la giunta: «Lo scopo di queste assemblee – ha detto - sarà di cercare punti di incontro sui vari temi, dovremo trovare gli elementi comuni accanto agli apporti dei singoli. È un lavoro strutturato, formalizzato, con ruoli precisi».
Ieri sono state raccolte le schede di adesione di cittadini e portatori di interessi, e sono stati costituti i tre tavoli tematici previsti. I temi sono: stato di fatto della mobilità, analisi su come è sfruttata la mobilità attualmente, e ambiente e mobilità alternativa (sentieri, piste ciclabili, ed altro). Con oggi, quindi, il processo di Agenda 21 passa alla fase operativa, e alla fine produrrà una o più proposte migliorative sul modo di spostarsi nel territorio: a piedi, in auto, in bici, su mezzi pubblici. Il tutto in un’ottica ecosostenibile. Questa prima esperienza a Muggia di Agenda 21 sulla mobilità, fa da preludio ad un futuro analogo approccio che sarà adottato anche per la stesura del nuovo Piano regolatore, e in generale anche per affrontare tutte le tematiche che riguardano lo sviluppo della città.

Sergio Rebelli

 

 

Duino, l’Associazione agricoltori chiede il ricorso al Tar contro le Zone protette

 

DUINO AURISINA «Contro la delibera regionale che immobilizza l’agricoltura di una buona fetta del comune di Duino Aurisina, chiediamo alla locale Amministrazione Comunale di ricorrere al Tar. Altrimenti saranno le organizzazioni del territorio e di categoria a attivarsi in prima persona contro una legislatura che ingessa il territorio e danneggia pesantemente la comunità slovena che prevalentemente vi risiede». Così si esprime Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori, ieri riunita a Medeazza assieme alla Coldiretti e alle altre rappresentante di categoria dell’agricoltura triestina per illustrare ai coltivatori della zona gli effetti di quella delibera regionale di approvazione della Variante Agricola del comune di Duino Aurisina (la 1719 del 13 luglio 07) per la quale i proprietari agricoli delle località di San Giovanni di Duino, Medeazza e Ceroglie, inseriti nei Siti di interesse comunitario (Sic) «Timavo e Ermada», devono attenersi a una serie di prescrizioni tassative. La nuova Variante, che succede a una precedentemente ritirata dalla Regione la scorsa primavera, prevede che nelle aree citate, e nel raggio di 300 metri dal confine dalle stesse, non sia consentita alcuna nuova edificazione né agli agricoltori professionali né a quelli part – time, concedendo eventuali ampliamenti e ristrutturazioni ai soli agricoltori professionali. Sempre per queste zone non risulta consentita la variazione della coltura catastale.
«Siamo di fronte a delle norme rigide – sostiene Bukavec – che non esistono altrove. Potremo capirle se applicate a zone montane o, comunque, a aree isolate e non antropizzate. Ma qui – insiste il segretario – siamo di fronte a delle zone fortemente caratterizzate dall’opera dell’uomo. Questo documento espropria letteralmente le famiglie che vivono in queste località, negando loro qualsiasi iniziativa o cambiamento, costringendole a muoversi altrove per poter lavorare. E visto che in questa zona la popolazione è prevalentemente slovena, la nuova norma viola apertamente la Legge di tutela per tale minoranza». Già lo scorso luglio le organizzazioni di categoria avevano formulato un ricorso al Presidente della Repubblica contro l’inserimento del Carso triestino e isontino nelle zone SIC e di Protezione Speciale (Zps). Sulla questione è stato ufficialmente interpellato il Comune di Duino Aurisina.
Maurizio Lozei

 

 

Albona, altro stop per la Rockwool  - Emissione di sostanze inquinanti

 

Dovrà rimanere ferma per altre due settimane la fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool nella piana di Pedena. Lo ha disposto l’ispettrice per la tutela dell’ambiente, Marijana Bozicevic, che ha prolungato lo stop già deciso il 22 ottobre. La produzione viene sospesa, questa la motivazione del provvedimento, a causa dell’emissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti e del cattivo funzionamento degli strumenti di monitoraggio ecologico della fabbrica. La ripresa della produzione dipenderà anche dall’esito delle analisi in laboratorio, da effettuare a Maribor, sui campioni dei residui tecnologici della Rockwool.

 

 

La Ferriera va chiusa

 

Scusate, vi sembrero cattiva, ma l’unico pensiero che mi viene in mente è: quello che non hanno potuto i titini e i partigiani, potrà la Ferriera di Servola, con grande soddisfazione di qualcuno. Secondo me non ci sono posti di lavoro che tengano: la ferriera dovrebbe chiudere domani e basta. Sono anni che vedo i fumi rossi incendiare il cielo di notte e mi chiedo cosa si aspetta: che tutti muoiano? Ci vuole una semplice denuncia al tribunale da parte di un gruppo di residenti, consegnata alla cancelleria della Procura, con una piccola marca da bollo, magari con l’appoggio di un legale, ma non è indispendabile, perché è così che funziona. Cosa aspettano i cittadini esposti a un tale pericolo? Devono muoversi in prima persona visto che i nostri cari rappresentanti, sindaco in testa, non se la «sentono». Da parte mia il voto per Forza Italia qui a Trieste se lo possono scordare.
Maria Novella Loppel Paternolli

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 29 ottobre 2007

 

 

Nel Pacifico l'Isola della spazzatura per l'80 per cento formata di plastica

 

Come un deserto oceanico, dove la vita è ridotta solamente a pochi grandi mammiferi o pesci
Si chiama Pacific Trash Vortex. Ha un diametro di 2500 chilometried è profonda 30 metri. Il suo peso ha raggiunto 3,5 milioni di tonnellate

LO CHIAMANO Pacific Trash Vortex, il vortice di spazzatura dell'Oceano Pacifico, ha un diametro di circa 2500 chilometri è profondo 30 metri ed è composto per l'80% da plastica e il resto da altri rifiuti che giungono da ogni dove. "E' come se fosse un'immensa isola nel mezzo dell'Oceano Pacifico composta da spazzatura anziché rocce. Nelle ultime settimane la densità di tale materiale ha raggiunto un tale valore che il peso complessiva di questa "isola" di rifiuti raggiunge i 3,5 milioni di tonnellate", spiega Chris Parry del California Coastal Commission di San Francisco, che è da poco tornato da un sopralluogo.
Questa incredibile e poco conosciuta discarica si è formata a partire dagli anni Cinquanta, in seguito all'esistenza della North Pacific Subtropical Gyre, una lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un sistema di correnti ad alta pressione. L'area è una specie di deserto oceanico, dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci.
Per la mancanza di vita questa superficie oceanica è pochissimo frequentata da pescherecci e assai raramente è attraversata anche da altre imbarcazioni. Ed è per questo che è poco conosciuta ai più. Ma proprio a causa di quel vortice l'area si è riempita di plastica al punto da essere considerata una vera e propria isola galleggiante. Il materiale poi, talvolta, finisce al di fuori di tale vortice per terminare la propria vita su alcune spiagge delle Isole Hawaii o addirittura su quelle della California.
In alcuni casi la quantità di plastica che si arena su tali spiagge è tale che si rende necessario un intervento per ripulirle, in quanto si formano veri e propri strati spessi anche 3 metri. La maggior parte della plastica giunge dai continenti, circa l'80%, solo il resto proviene da navi private o commerciali e da navi pescherecce.
Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il resto continua a galleggiare.
La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti animali marini portandoli alla loro morte. Quella che rimane si decomporrà solo tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.

LUIGI BIGNAMI

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 ottobre 2007

 

 

DOPO-FERRIERA TUTTO DA PROGETTARE

 

C'è un dopo a cui pensare, ed è doveroso pensarci prima. Che i destini della Ferriera siano segnati, anche se con tempi ben più lunghi di quelli suggeriti dalle cronache, è probabile. Dietro l'ostico intreccio di centraline ed emissioni inquinanti, di misurazioni e posizionamento degli apparecchi, c'è proprio una questione di sensibilità collettiva. Rileva fino a un certo punto la mole d'investimenti necessaria a rendere lo stabilimento pulito, come pure la raffreddata disponibilità dell'acquirente Arvedi. Il punto è che nel sentire attuale dell'opinione pubblica, nella percezione dell'uomo della strada di fine 2007, l'esistenza stessa di uno stabilimento di quel tipo, nel cuore di un quartiere popoloso e affacciato sul golfo, risulta inaccettabile.
Non così era fino a poco tempo fa. Fa una certa impressione rammentare le immagini in diretta tv di quell'imponente corteo cittadino di 13 anni or sono, guidato da tutte le autorità di ogni colore triestine e regionali.

Senza una sola voce fuori del coro, con cui si chiedeva al governo d'incentivare il passaggio di mano e la sopravvivenza della fabbrica. Arrivarono così Lucchini e gli incentivi: da allora Servola ha fatto buoni utili, ma non grazie all'attività siderurgica, bensì alla produzione di energia elettrica che la mano pubblica è obbligata ad acquistare a prezzo maggiorato. Allora fu la salvezza, oggi appare una jattura. E' un segno dei tempi e di cultura del vivere: la probabile chiusura della Ferriera, oltre che con la salute di chi ci lavora e vive, ha a che fare con il coacervo di temi ambientali che occupano le nostre attenzioni, dal riscaldamento globale alle polveri sottili nelle città. E' anzi lodevole che le posizioni di lavoratori e residenti non siano più concepite in contrapposizione. Se chi vive a Servola è esposto, chi ci lavora è esposto tre volte: due per l'aria che respira, una per il posto che rischia. Insomma: non sarà oggi né domani, non sarà come tirare giù una saracinesca, ma presto o tardi quell'impianto chiuderà. E se la politica - tutta - si deciderà, sarà anche grazie all'azione rigorosa e per una volta composta della magistratura. Senza l'indagine di Federico Frezza e i severi accertamenti disposti in silenzio, proprio l'antitesi del garrulo sventolìo di fascicoli a cui in Italia assistiamo da 15 anni, la questione si sarebbe trascinata ancora per un bel po'.
Ma proprio perché non sarà come tirare la saracinesca, è indispensabile che fin d'ora la politica - tutta - si faccia carico del dopo, senza ritrovarsi a chiedere "e adesso?" a saracinesca serrata. E il rischio è forte, perché a oggi non c'è l'ombra di un'idea concreta, se non di qualche spunto tutto da coltivare. Tre, in sostanza, sono gli elementi in gioco: l'imprenditore, i lavoratori, l'area.
Il primo punto è il rispetto di chi ha investito. La Lucchini, oggi Severstal, non è il babau. E' un'impresa che fa i suoi affari, e a Trieste ne sta facendo di buoni, ma il cui arrivo fu letteralmente invocato dalla città. Produce con emissioni insostenibili, ma l'impianto lo ha trovato dov'era. Non lo ha rifatto da cima a fondo (condizione unica per renderlo compatibile, e però economicamente impraticabile), ma per migliorarlo ha speso parecchio. Insomma, non merita un'indegna cacciata, ma un ringraziamento e una dignitosa stretta di mano: che significa, in soldoni, un possibile coinvolgimento nelle future attività di riconversione dell'area.
I lavoratori sono l'anello più debole. Tra dipendenti e indotto, centinaia di persone in strada dall'oggi al domani (e non a causa dei conti aziendali, tutt'altro che in rosso) sono un problema serio. Lungi da chi scrive proporre soluzioni all'italiana quali vitalizi mascherati, prepensionamenti generosi, posti di lavoro fittizi. L'unica soluzione sostenibile è un solido programma di riconversione professionale che trovi sbocco nella riconversione dell'area.
Di qui il terzo e decisivo elemento: che fare lì, dopo? La risposta sta all'economia e non alla politica, a cui compete semmai crearne le condizioni. L'area della Ferriera ha due punti di eccezionale valore: la posizione sul mare, che la sposa alle esigenze di vasti spazi a terra di un porto moderno, e l'attività di produzione di energia elettrica, un bene di cui il Paese intero ha bisogno come d'aria, potenzialmente collegabile - con una seconda centrale a metano - all'eventuale rigassificatore nel golfo. Porto e Acegas: sono questi gli attori a cui far capo per la riconversione. Il primo per la turbinosa attività di sviluppo dei traffici in cui è lanciato, la seconda perché è la sola, per qualità manageriali, risorse finanziarie e capacità di relazione (la futura e auspicabile multi-azienda del Nordest) a potersi impegnare in un'operazione veramente complessa. Tale è infatti una riconversione siffatta. Per questo ci permettiamo una proposta ai pubblici amministratori: si dimentichino le centraline, lascino ad occuparsene l'Arpa, la magistratura e l'azienda. Si dedichino subito a progettare il dopo con chi saprà progettarlo. Perché tenere aperto quell'impianto ancora per anni sarebbe insostenibile. Ma vederne le carcasse abbandonate per gli stessi anni, una tetra replica del porto vecchio con i lavoratori a casa, sarebbe imperdonabile.
Roberto Morelli

 

 

Ferriera: Drossi e Visentini contro Dipiazza, Lippi lo difende  - Divampa la polemica politica dopo le ultime vicende

 

«Sono sei anni che Dipiazza sulla Ferriera ripete le stesse cose, prima acquisisca le certezze e poi faccia le sue dichiarazioni, un comandamento che dovrebbe valere per tutti è ”non illudere”», sbotta il presidente dei Cittadini per Trieste Uberto Fortuna Drossi. «Il polverone che il sindaco ha sollevato sfila tra l’irresponsabilità e l’incapacità di quello che dice, se non ha mai chiuso la fabbrica significa che non poteva farlo», rincara la dose il segretario regionale della Uil Luca Visentini. Il doppio attacco al primo cittadino arriva alla vigilia dell’attesa Conferenza dei servizi da cui domani uscirà il sì o il no all’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola. A prendere le difese di Roberto Dipiazza, replicando con sdegno alle dichiarazioni di Drossi e Visentini, è il vicesindaco Paris Lippi: «Dipiazza fa bene - tuona Lippi - a sollevare il problema in maniera chiara, a me dispiace vedere come certe persone, anziché guardare al futuro della città, continuino ad arroccarsi su posizioni stantie e vecchie anche davanti a dati sull’inquinamento che sono inequivocabili».
Sale la pressione in vista del tavolo decisivo nel quale Regione, Provincia, Comune, Arpa e Azienda sanitaria sono chiamate a concedere o meno il via libera alla Lucchini in base alle condizioni di qualità degli impianti e ai piani d’intervento. Drossi Fortuna, da presidente della Quarta commissione ambiente del Consiglio regionale, rompe il silenzio: «In quel tavolo mi sembra che si fosse deciso di tenere le bocce ferme, di raccogliere i dati e risparmiare le dichiarazioni. È ovvio che la Ferriera oggi non è più compatibile se non c’è un piano d’abbattimento dell’inquinamento. Qui si tratta di conciliare come dice Illy salute e occupazione, senza più cercare rinvii, prendendo se serve per il collo l’azienda, cui le ordinanze non fanno più caldo né freddo, visto che vi si può opporre». «È necessario - chiude Drossi Fortuna - un accordo di programma, che è legge, che stabilisca chi fa che cosa, e non un protocollo d’intesa che rimane aleatorio. Quelle di Dipiazza sono dichiarazioni che ”inquinano” da un punto di vista psicologico e non fanno bene né all’azienda, né ai potenziali acquirenti, né alla gente».
«Con la missione a Trieste - gli fa eco Visentini - i vertici dell’azienda hanno ripetuto ciò che si sapeva: l’affare con Arvedi per ora è sfumato, il che significa che Lucchini conferma il suo piano industriale e intende mettere in campo quegli interventi propedeutici all’Autorizzazione integrata ambientale. Quello di Dipiazza è stato ”tanto rumore per nulla. Nella prossima Conferenza dei servizi confidiamo che si prendano le decisioni in base ai fatti e non agli orientamenti politici».
«L’ambiente non è di destra né di sinistra», è la risposta di Lippi. «Non siamo davanti a scelte di parte - aggiunge l’esponente finiano - ma di logica e coerenza. E poi se l’azienda non ha ancora fatto quegli interventi necessari contro l’inquinamento significa che fino ad ora siamo stati presi tutti in giro. Invece di pensare al ricollocamento del personale, che rappresenta la categoria che rischia di più oggi anche in salute, si continua a discutere contro la realtà dei fatti». «Azzardare che noi vogliamo una chiusura senza pensare al futuro degli operai - conclude il vicesindaco - è una grande offesa. Già cinque anni fa Sergio Dressi, quand’era assessore in Regione, aveva cercato di dare soluzione a un eventuale ricollocamento con un tavolo delle istituzioni. Se lì si facesse una banchina portuale, o si mettesse la piattaforma logistica, si potrebbe garantire lavoro a buona parte della gente oggi impiegata in Ferriera. Ma invece di agire si spendono soldi per studi finiti nel vuoto, come quello commissionato a Gambardella dall’amministrazione Illy».
pi. ra.

 

 

Trasporto pubblico, è polemica - Provincia nel mirino per la decisione di affidare a terzi parte del servizio

 

Trasporto pubblico, An punge la Provincia perché «ha autorizzato Trieste Trasporti all'affidamento a terzi di parte del servizio di trasporto pubblico locale. Si tratta - sottolinea una nota a firma di Marco Vascotto, Arturo Governa e Piero Degrassi - della prima volta che ciò avviene, benché previsto sin dal 2000 in base a precise norme e già in passato ventilato e auspicato dal concessionario. Lasciano perplessi numerosi elementi nell’atto della Provincia, di competenza della funzione Trasporti afferente all'assessore Barduzzi».
I rappresentanti dell’opposizione proseguono evidenziando «innanzittutto le motivazioni che sono alla base dell'autorizzazione. Per prima il fatto che "Trieste Trasporti spa lamenta un elevato tasso di mancata prestazione, che si aggira attorno al 12% annuo"». Era stata «nostra premura chiedere una particolare attenzione all'assessore Barduzzi affinché ci fosse una forma di persuasione nei confronti della parte datoriale e di quella sindacale per ridurre eventuali "mancate prestazioni" dovute a criticità nei rapporti sindacali tra le parti e, conseguenti, scioperi. Tale richiesta rimane inascoltata. Più facile prevedere che le linee serali vengano affidate a terzi, ancora da individuare, anziché, come era logico, prevedere una più attenta gestione ed eventualmente l'incremento del personale viaggiante (conducenti) in Trieste Trasporti».

 

 

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA, 28 ottobre 2007

 

 

Biocarburante, l'allarme dell'Onu - "Un crimine contro l'umanità"

 

"Riduce i terreni arabili, così si affamano i popoli più poveri" - Più una società è indigente, più alta è la quota di spesa destinata

L'inflazione alimentare nei paesi emergenti è doppia che nel resto del mondo - Secondo il rapporto Onu, 854 milioni di individui nel mondo soffrono la fame

ROMA - Aveva ragione Fidel Castro e torto George Bush: la corsa al granturco per produrre ecobenzina colpisce drammaticamente i poveri. A dirlo, ora, è l'Onu. "Un crimine contro l'umanità" l'ha definita Jean Ziegler, l'inviato speciale Onu per "il diritto al cibo".
Una definizione di una violenza insolita, studiata, probabilmente, per catturare i titoli dei giornali e attirare l'attenzione sugli effetti che l'impennata dei prezzi agricoli - determinata, almeno in parte, dal boom dell'etanolo - sta avendo sui paesi più poveri, dove anche limitate oscillazioni dei prezzi del cibo possono spostare il confine della fame.
I dati del Fondo monetario internazionale confermano, infatti, che, in media, nel mondo, i prezzi del cibo hanno subito una brusca accelerazione: rispetto all'anno precedente, nei primi quattro mesi del 2006 l'aumento risultava del 3%. Nei primi quattro mesi del 2007 è stato del 4,5%. Ma questa è una media mondiale. Nei paesi emergenti, la cosiddetta inflazione alimentare è stata del 9%. Ma non basta questo scarto a spiegare perché il dramma del rincaro del cibo si concentri sui paesi più poveri. Più una società è povera, infatti, più alta è la quota di spesa destinata agli alimenti. Un consumatore americano spende il 10% del suo budget quotidiano per mangiare. Un cinese il 30%. Nell'Africa subsahariana il 60%.
E, per questo motivo, gli effetti si irradiano in modo diverso sul complesso dell'economia: mentre nei paesi industrializzati, il rincaro degli alimentari, dice sempre il Fmi, non sembra avere effetti visibili sull'inflazione generale, in paesi come Brasile e Cina comporta un'accelerazione di mezzo punto. In Tanzania e Uganda di quasi un punto. Come se non bastasse, a scavare un solco fra fortunati e meno fortunati c'è il fatto che alcuni paesi guadagnano dal rincaro delle derrate alimentari: Argentina, Bolivia, Cile, come anche Sud Africa, Namibia, Swaziland hanno beneficiato dell'aumento dei prezzi, perché esportano derrate alimentari. I paesi perdenti sono quelli che importano e, spesso, sono anche i più poveri: Ghana, Niger, Bangladesh, oltre a Cina e Medio Oriente.
Insomma, il rincaro dei generi alimentari colpisce tutti, ma in misura sproporzionatamente più alta i paesi più poveri. È tutta colpa dell'etanolo? In realtà, l'attuale impennata dei prezzi - soprattutto dei cereali - è il frutto anzitutto di alcune annate di cattivi raccolti, per via della siccità. Ma l'ira di Ziegler si spiega con il fatto che, mentre con i disastri naturali si può far poco, la corsa all'etanolo - che dell'attuale aumento dei prezzi è una componente - è una decisione politica. Nel caso specifico, della politica americana, determinante, perché gli Usa sono il maggior esportatore agricolo al mondo e, da soli, rappresentano il 70% dell'export mondiale di granturco, un alimento centrale anche per i mangimi animali. Nei mesi scorsi, la Casa Bianca ha scelto di incentivare massicciamente l'utilizzo del granturco per biocarburanti. In parte, per aggirare la necessità di provvedere con altre misure di risparmio all'emergenza petrolio. In parte, per conquistare i voti del Middle West (ciò che renderà assai difficile rovesciare questi incentivi, dato il peso che la "Corn Belt", gli Stati della cintura del granturco, hanno nel panorama elettorale americano). Ma la decisione di Bush di quintuplicare l'obiettivo ufficiale di produzione di etanolo da granturco ha avuto un impatto devastante sui prezzi. La quotazione del granturco ha raggiunto record storici, di fronte alla nuova domanda.
Contemporaneamente, aree sempre più vaste sono state destinate alla produzione di mais. È questo, specificamente, il "crimine contro l'umanità" di cui parla Ziegler: la sottrazione di preziosa terra arabile alla produzione alimentare, per destinarla ai carburanti. Man mano che la popolazione mondiale aumenta, infatti, la quantità di terra arabile a disposizione diminuisce: pro capite, è quasi dimezzata rispetto al 1970. La corsa all'etanolo rischia di strangolare questa risorsa: un recente studio calcola che, per aumentare la produzione di biocarburanti in misura sufficiente ad assicurare il 5% dei combustibili per il trasporto, occorrerebbe destinarvi il 15% del totale di aree coltivate.
Probabilmente, è impossibile. Quasi certamente, sarebbe un disastro. Perché, in ogni caso, non ne vale la pena. L'errore più grave di Bush è aver puntato sul cavallo sbagliato: il futuro non è nell'etanolo da granturco. In uno studio diffuso la scorsa settimana, il Fmi mette a confronto benzina, gasolio e biocarburanti. Il costo di produzione della benzina (negli Usa) è di 34 centesimi di dollaro al litro. Solo l'etanolo derivato, in Brasile, dalla canna da zucchero costa di meno: 23-29 centesimi. E, infatti, a togliere ogni dubbio sui reali obiettivi degli incentivi per l'etanolo della Casa Bianca, l'etanolo brasiliano è pesantemente tassato alla dogana per renderlo non competitivo. L'etanolo da granturco costa, infatti, 40 centesimi al litro, notevolmente di più, dunque, sia della benzina, sia, soprattutto del concorrente brasiliano. Un discorso analogo vale per il biodiesel, su cui hanno puntato gli europei. Il gasolio costa 41 cents al litro, mentre il biodiesel da olio di colza ne costa 87.
Solo un nuovo biodiesel (da una pianta indiana, la jatropha, coltivata apposta per biocarburante) potrebbe costare di meno di quello da petrolio.
Questo maggior costo è giustificato dai benefici per l'ambiente? Non parrebbe, almeno per il granturco. Il guadagno, rispetto alla benzina normale, in termini di minori emissioni di Co2 è di meno del 20% per l'etanolo da granturco (del 91%, invece, per l'etanolo brasiliano). Questo non significa che i biocarburanti diversi da quello brasiliano siano un vicolo cieco.
Ziegler, ieri, ha proposto una moratoria di cinque anni nella produzione agricola per etanolo, perché guarda alle prospettive di produzione non più dal frutto della pianta, come oggi, ma dagli scarti e anche dal riciclaggio della cellulosa. Viaggiare, dunque, con la benzina da rifiuti, salvaguardando la produzione agricola. L'etanolo prodotto in questo modo consentirebbe un risparmio dell'88% nelle emissioni di anidride carbonica e anche di moltiplicare l'efficienza energetica del combustibile. Il problema è che, oggi, l'etanolo prodotto in questo modo (soprattutto attraverso enzimi) costa ancora troppo: circa il doppio della benzina. Ma è la frontiera più vicina del dopo petrolio.

MAURIZIO RICCI

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 ottobre 2007

 

 

Dipiazza: garanzie sulla Ferriera o interverrò  - Il sindaco: «Non dò patenti al buio». La Cgil: «L’inquinamento si può ridurre»

 

Inquinamento e lavoro: dopo la scesa in campo dei vertici della Lucchini il mondo politico e sindacale prende posizione

Dopo che la Lucchini l’altro giorno è scesa a Trieste coi suoi più alti vertici per rendere esplicita a tutti i livelli la propria posizione qualcuno dice «ormai il tempo è scaduto» e qualcun altro accoglie: «Diamoci tempo e ordine». Intanto, mentre in sede di conferenza stampa il vicepresidente operativo della società, Giovanni Gillerio, ha affermato - citando il fatto che la sostenibilità economica dell’azienda si proietta non oltre il 2015, «poi ci vuole o un acquirente o uno scatto di fantasia» - che un rilancio della centrale elettrica sarebbe possibile se a Trieste si realizza il gassificatore, ma che non sarà la Lucchini a gestire questa attività, e che la Ferriera movimenta molte tonnellate via mare, ma non è interessata alla piattaforma logistica portuale («lì non siamo a casa nostra»), i sindacati ricevuti al mattino hanno ricavato un’impressione diversa. Riferisce Franco Belci (Cgil): «Ci è stato detto che la banchina portuale è un’attività significativa, e che in quella direzione si può pensare a uno sviluppo».
Ma questi sono gli interrogativi sul futuro più lontano. Intanto il sindaco Roberto Dipiazza, sollecitato dalla Regione a voler conciliare salute e lavoro, non si sposta: «I dati Arpa di settembre dicono 2,2 nanogrammi di benzoapirene come media a Servola, cioé il 120 per cento del limite: come conciliare, se ci vogliono quattro anni perché l’azienda si metta in regola secondo le prescrizioni del magistrato, ancora non adottate? Questo è un trabocchetto: promesse di adeguamento, e chi ti vede più. Che cosa dirò il 30, all’autorizzazione integrata ambientale? Chiederò come la Lucchini intende risolvere nell’immediato i 2,2 nanogrammi, e deciderò la mia posizione a seconda della risposta. Comunque, quando concedi la patente, come lo controlli poi?». Dipiazza ha scritto al direttore dell’Azienda sanitaria, Franco Rotelli, per un ultimo parere, e attende posta.
L’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, è del partito dell’«ordine e attesa». «Ci sono stati sforamenti pesanti, sono seguite indicazioni da Procura e Azienda sanitaria, rendiamo omogenea la rete di monitoraggio (come sta avvenendo), aspettiamo l’esito, e affidiamoci al tavolo unico regionale: lì si vedranno i risultati oggettivi, senza fughe in avanti».
Ai sindacati, ricorda invece Belci, è stata prospettata dopo il 2015 una riduzione di attività («dunque ci vorranno pensionamenti»). «L’azienda afferma che il pm Frezza, posizionando due nuove centraline, ha dato due mesi di respiro, il risultato si avrà a fine dicembre, comunque se il sindaco di allarma per i 2,2 nanogrammi di benzoapirene io penso che si può lavorare per farli rientrare nei limiti, il problema è che per i lavoratori non c’è un limite di soglia, abbiamo chiesto e ottenuto monitoraggi periodici». Belci vuole che il tavolo regionale sia presidiato dall’assessore: «Altrimenti proseguono carteggi a due che escludono gli altri e creano solo confusione».
L’accenno è alla comunicazione Azienda sanitaria-sindaco riferita in consiglio comunale e relativa ai tempi prevedibili per una verifica totale dei dati ambientali una volta completati i prescritti lavori si ristrutturazione interna (cokeria, ecc.). Si citava il 2011, aggiungendo che nel frattempo il monitoraggio sarebbe stato costante.
«Il presidente Gillerio ha detto una cosa sacrosanta - commenta Roberto Decarli (Cittadini), che ha notato un miglioramento della situazione da quando in Lucchini è entrata la russa Severstal - e cioé che la siderurugia è invasiva sul territorio, e va resa compatibile: è la chiave di tutto. Ma si è dovuto prendere la Lucchini per i capelli affinché lo riconoscesse. Abbiamo ora bisogno di dati completi, sovrapponibili, certi e confermati, perché ora e dopo tanto tempo - conclude Decarli - non abbiamo proprio niente: né dati certi né garanzie di reimpiego dei lavoratori».
Non si fida invece Fabio Omero (Ds): «Ho perso fiducia nella Lucchini - spiega -, e ho rammarico che Arvedi si sia ritirato, a differenza del sindaco penso che con buone tecnologie l’industria possa ancora convivere con la città, fatta salva la salute. Alternative non ce ne sono: recuperiamo Arvedi e si salvi capra e cavoli. Altrimenti avremo sì la chiusura della Ferriera, ma per esaurimento...». Di parere contrario Alessia Rosolen (An) che imputa alla Regione una «grande assenza» e aggiunge: «I lavoratori e l’indotto sono l’unico vincolo che la città ha con la Ferriera, lo stabilimento non può restare nell’abitato neanche con lavori per la messa in regola, gli operai mi raccontano di 32 forni per turno anziché i normali 24 per aumentare la produttività, per questo esce più inquinamento. La firma il 30? Con questi dati non si può dare». La Lega Nord, reduce da un incontro con gli abitanti, tuona (anche in nome di accordi elettorali): «La Ferriera deve andarsene e l’area deve essere riqualificata, la salute non può essere barattata con gli interessi di pochi».
Il presidente della circoscrizione di Servola, Andrea Vatta (Forza Italia), riferisce di bambini malati, di «sforamenti così grossi da giustificare la chiusura», di «lavori così importanti per la messa a norma che alla Lucchini non convengono». Aggiunge: «Non auguro male all’azienda, ma in bocca al lupo se riescono a rimediare una situazione fuori da ogni limite, ed è paradossale che si contestino Azienda sanitaria, Arpa, Cigra: dei professionisti di tale calibro». Conclude Vatta: «È la prima volta che vedo muoversi decisamente enti amministrativi e di controllo. Il cerchio si chiude».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - I servolani: «Siamo sconfortati, è un gioco delle parti»  - «Sarà una storia lunga». Domani nuovo sit-in davanti al Municipio

 

Gli abitanti del rione si sentono sempre più confusi mentre cresce la rassegnazione e la protesta non si placa

«Bisogna pensare ai lavoratori e anche agli interessi economici, ma l’inquinamento non era mai così»

«La Ferriera può rendere fino al 2015? A quel tempo saremo tutti morti, l’unico superstite sarà il signor Lucchini». A Servola, nelle ultime ore, stanno montando sconforto e rassegnazione. E un velo di amara ironia. La discesa di via dei Giardini, affacciata su quello che per molti è ormai il «mostro» e basta, è tappezzata di richiami, da parte dei comitati, a un nuovo sit-it anti-Ferriera davanti al Municipio, domani alle 18. Diversi residenti, tuttavia, si dicono pronti a scommettere che, alla fine, il «mostro» rimarrà al suo posto. Nonostante le proteste. Perché - dicono i servolani - rischiano di prevalere una volta ancora gli interessi economici. «Resterà tutto come adesso, i soldi sono più importanti», taglia corto Edoardo Cujec. «La vedo lunga», gli fa eco il giovane Alessandro V., uscendo dalla casa di via dei Giardini. «Assistiamo - aggiunge - a un continuo passarsi la palla tra le parti, mentre noi cittadini ci sentiamo con le mani legate, vittime di questioni di soldi. A me non preme che la fabbrica chiuda per partito preso, ma ritengo indispensabile che l’azienda si metta in tutto e per tutto in regola con gli impianti. Io, alla mia automobile, devo far fare la revisione periodica. E devono rilasciarmi il bollino blu sui gas di scarico, altrimenti non circolo. Quel bollino blu lo facciano anche loro...». Alessandro V. abita da quattro anni a Servola, ma frequenta il quartiere da 15. «E una volta - assicura - l’inquinamento, ’sta carbonella sull’auto e i panni stesi fuori, non era così».
«Sono servolano da sempre - conferma Maurizio Del Re - e in quella fabbrica ci hanno lavorato mio nonno, mio papà, mio fratello e mio nipote. E in passato andava decisamente meglio con l’inquinamento. Io adesso sono per la chiusura dell’impianto. Parlano del 2015, ma mi sembra che la promessa era il 2009. L’area va riqualificata e trasformata in zona portuale, così si potrebbe garantire lavoro dopo la dismissione».
«Lo stabilimento - rincara la dose la signora G. M., che preferisce riferire solo le iniziali - dev’essere chiuso. È giusto pensare anche ai lavoratori. Ma, più che il loro posto in fabbrica, va preservata la loro salute. Ci rendiamo conto che la Ferriera rende alla proprietà, ma si sarebbe dovuto intervenire a suo tempo con degli accorgimenti decisivi contro l’inquinamento. Ormai non se ne può più. Davanti a casa abbiamo un po’ di verde e ci tocca vedere le foglie annerite e sentire la gola secca dopo essere stati sotto un arbusto».
«La mia sensazione è che i proprietari vogliano prendere i soldi dallo Stato finché sarà possibile. Poi diranno ”signori, arrivederci”», aggiunge Fulvio B., riferendosi al fatto che nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6 con cui lo Stato concede aiuti alle aziende che producono energia con fonti rinnovabili.
«Fosse per me - dice Jasmine Mazic, cittadino bosniaco che vive a Servola - non ci sarebbero problemi, visto che sono un muratore e mangio polvere ogni giorno. Ma penso a mio figlio, questo sì».
Antonio Racanelli, all’incrocio fra di via Servola e via dei Giardini, è al lavoro per ristrutturare la casa che ha comprato a marzo. Ci verrà a vivere con la famiglia, fra cui due figli, uno di cinque anni e l’altro di due e mezzo. «Con le finestre aperte - spiega - purtroppo gli effetti della fabbrica si sentono. Se la Ferriera inquina, e questo ormai mi pare un dato reale, è giusto chiuderla o quantomeno prendere dei provvedimenti drastici».
«Serve un intervento sugli impianti serio, non per finta», fa presente Claudio Stefani, un altro giovane che sta mettendo a posto casa, in via Soncini. «Prima di chiudere, ad ogni modo, bisognerebbe sapere dove mettere tutti questi lavoratori» ammonisce Livio, il padre.
«Sono nata e vissuta sempre a Servola - concorda Annamaria Ponis - e in Ferriera mio marito ci ha lavorato ed è morto. Ma sono dell’idea che prima bisogna dare un futuro ai dipendenti e poi chiuderla».
Sulla necessità di una chiusura immediata torna invece Ester Passeri: «Vivo qui dal 1981 e oggi è peggio di una volta. Una di queste sere passavo di qua con il cane e ho visto uscire una nuvola dallo stabilimento. Quando mi sono tolta gli occhiali sentivo come gli occhi pieni di sabbia». «E poi guardi come si rovinano pure le macchine parcheggiate», conclude la signora Ester. La quale conferma i racconti di alcuni altri residenti: «Se ci si rivolge all’azienda, questa paga il rinnovo delle carrozzerie danneggiate dai fumi dell’impianto, è vero».
pi. ra.

 

 

Bonifiche, la Regione incarica l’Ezit  - L’ente curerà le caratterizzazioni alle Noghere nelle aree pubbliche e in quelle inquinate dall’attività pubblica

 

Azzarita: «Partiamo subito, risultati nel giro di un anno»

Sarà l’Ezit a coordinare le caratterizzazioni nelle aree pubbliche, e in quelle private ma inquinate da attività pubbliche, nella Valle delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo. L’incarico ufficiale per l’attuazione del piano di caratterizzazione è stato infatti assegnato all’Ente zona industriale dalla Regione.
«E’ l’inizio vero dell’attività di risanamento, il primo confronto reale con le aziende sulla complessa questione delle aree inquinate», commenta il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, che annuncia: «Partiamo subito. La gara d’appalto sarà bandita quanto prima. Nel giro di dodici mesi avremo il quadro dell’inquinamento in queste aree, dove sono insediate anche circa ottanta aziende private».
Sul piano formale l’incarico all’Ezit è stato dato attraverso un decreto di delegazione amministrativa, un passaggio indispensabile per permettere di continuare il lavoro avviato qualche anno fa con il piano di caratterizzazione dell’intero Sito inquinato di interesse nazionale, passando appunto dall’elaborazione del piano alla sua attuazione.
«Finalmente – osserva ancora Azzarita – siamo riusciti ad avviare un’impresa tuttaltro che facile. Questo risultato ha richiesto molto tempo e molto lavoro, e devo dare atto all’assessore regionale Moretton di essere venuto incontro a tutte le esigenze del nostro ente. Il decreto – annota – non è comunque un punto di arrivo ma di partenza. Non possiamo dimenticare che esiste ancora una grande incertezza sulle risorse, gli ormai noti 5 milioni di euro necessari a completare la caratterizzazione».
La soddisfazione di Azzarita è legata anche al fatto che questo primo traguardo dovrebbe spianare la strada ai successivi passaggi amministrativi. «L’auspicio – aggiunge – è che, superato questo scoglio, si riesca a velocizzare l’iter delle caratterizzazioni prima, e quello delle bonifiche poi. Il prossimo anno ci attendiamo la delegazione amministrativa per altre aree, spero più vaste di quelle assegnateci adesso, cioè quelle private non inquinate da attività pubbliche».
Il decreto della Regione assegna anche i finanziamenti necessari per attuare il piano di caratterizzazione. Il costo dell’operazione è stato stabilito in un milione 343 mila euro, somma che è stata inserita nel bilancio di previsione della Regione per il periodo 2007-2009.
Parte dell’importo, 500 mila euro, sarà ricavata dal bilancio di previsione per il 2007, come quota derivata dall’esercizio 2006. Altri 500 mila euro saranno attinti dall’esercizio 2007, mentre la parte restante, 343 mila euro, arriverà dall’esercizio finanziario 2008.
Secondo il decreto l’Ezit deve avviare entro dodici mesi le procedure per attivare le operazioni previste dal piano di caratterizzazione. Il termine per l’attuazione del piano è invece fissato in 36 mesi.
Come ha dichiarato Azzarita, però, l’ente intende bruciare le tappe, cosa che del resto sta facendo per la caratterizzazione delle aree di sua proprietà alle Noghere (450 mila metri quadri), caratterizzazione iniziata alcuni mesi fa e che si concluderà entro novembre, in anticipo sui tempi previsti.
La Regione, dal canto suo, oltre ad effettuare eventuali verifiche (tramite l’Arpa) nel corso dell’attività di caratterizzazione, approverà e invierà al ministero dell’Ambiente i risultati finali. Giuseppe Palladini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 ottobre 2007 

 

 

Piano parcheggi, no al progetto in largo Canal  - Confermati invece i siti delle ex officine Holt di via Gambini e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola

 

Il Consiglio comunale stralcia uno dei 18 contenitori previsti in origine

Valutazione di impatto ambientale positiva per la struttura interrata che dovrà sorgere davanti al palazzo della Stazione Marittima

Sono diventati 17 i contenitori previsti dal nuovo piano urbano dei parcheggi, che il consiglio comunale ha approvato mercoledì sera. Rispetto ai 18 siti originari, infatti, l’aula ha deciso di eliminare largo Canal, dove era prevista una struttura interrata per 91 posti auto in quattro livelli: opera che è stata giudicata «troppo costosa e problematica in termini di viabilità», come ricorda il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco. È stata confermata invece la volontà di aggiungere al piano i siti delle ex officine Holt di via Gambini e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola.
La modifica sostanziale apportata al documento consiste però nel fatto che sarà il consiglio comunale a decidere, con una nuova delibera, i criteri da seguire per l’assegnazione dei lavori alle imprese in regime di project financing (cioè costruzione a proprio carico e successiva gestione, concessa dal Comune, così da rientrare dell’investimento effettuato). Maggioranza e opposizione hanno trovato una convergenza, e in base a questo accordo - formalizzato in un unico testo in origine presentato dal Cittadino Roberto Decarli - sono stati ritirati quasi tutti gli emendamenti (una trentina), relativi in buona parte proprio ai criteri di assegnazione dei posti auto. Sarà dunque il consiglio a indicare quale quota di posti auto nelle aree di superficie vicine ai nuovi contenitori lasciare libera, quale quota riservare a posti a rotazione anche nelle strutture destinate alla vendita, il tipo di prescrizioni da adottare sull’impatto ambientale e visivo, le eventuali tariffe agevolate per i residenti. La gran parte di questi temi era stata toccata in una serie di emendamenti presentati tanto da componenti del centrodestra quanto del centrosinistra.
Nella delibera è stata inoltre ricordata - come da richiesta della capogruppo di An Alessia Rosolen - l’esistenza di Amt, società controllata dal Comune il cui core business è proprio la gestione dei parcheggi: formula che potrà aprire la strada a una partecipazione diretta di Amt stessa nella costruzione e gestione in alcune delle strutture da costruire. Fatto proprio dalla giunta un emendamento della forzista Raffaella Del Punta mirato a riservare dei «parcheggi rosa» per donne in gravidanza e neomamme.
Grazie all’accordo, l’opposizione (esclusa Rifondazione comunista) si è astenuta sul documento, perché se «manca un’idea di quale accessibilità vogliamo dare al centro città - piazze, aree pedonali, servizi pubblici e privati, rete di negozi - e ai quartieri storici e a quelli della periferia», come annota il capogruppo diessino Fabio Omero, pur tuttavia il consiglio comunale «si è riappropriato», aggiunge, del suo «ruolo politico» con le scelte che potrà fare con la delibera sui criteri.
L’aula ha anche dato l’ok sulla valutazione di impatto ambientale per il parcheggio interrato davanti alla Stazione marittima che Saba Italia progetta di cantierare l’anno prossimo. È stato accolto - con i voti di opposizione e An - l’emendamento con cui Omero ha richiesto che le opere fuori terra non superino i due metri e mezzo sopra il livello del mare: il progetto originario prevedeva torrette per gli ascensori alte 3,8 metri.

 

 

Lucchini: Ferriera redditizia fino al 2015  - «Arvedi ha interrotto le trattative spiegando che la città non lo vuole»

 

In città il vicepresidente esecutivo Gillerio per una serie di incontri con Comune, Autorità portuale e Regione

Mentre il sindaco Dipiazza ha da poco ribadito che gli ultimi dati attesi sulle emissioni potrebbero indurre a decisioni «drammatiche», Lucchini spa rompe il silenzio nelle giornate convulse che si susseguono attorno ai destini della Ferriera, dei lavoratori, della città. L’azienda fa sentire la sua voce: parla il vicepresidente operativo della società Giovanni Gillerio, accanto a lui l’ad Hervé Kerbrat e il direttore dello stabilimento e consigliere delegato della spa Francesco Rosato, accompagnati dal responsabile relazioni esterne Francesco Semino. Uno spiegamento di voci e volti per una giornata di incontri: i giornalisti e poi, nel pomeriggio, il sindaco, l’Autorità portuale, il governatore Riccardo Illy. Il tutto alla vigilia dell’appuntamento del 30 ottobre, il tavolo in Regione al quale si discuterà dell’autorizzazione integrata ambientale da dare - o meno - allo stabilimento, in base a una serie di migliorìe ambientali.
L’azienda, dunque. Gillerio fissa tre punti: primo, nel piano strategico della società la Ferriera «non sarà brillantissima, ma ha una sua dignità» economica nell’ambito del gruppo Lucchini-Severstal «fino al 2015». Secondo: il gruppo Arvedi - con cui la trattativa è stata interrotta - avrebbe offerto una prospettiva all’insediamento oltre quella data anche in termini di migliorìe ambientali, «e non è escluso che pensasse a qualcosa di innovativo approfittando degli spazi» disponibili a Servola. Terzo: Arvedi ha rotto la trattativa spiegando che «la città» non lo vuole: e la città «non sono i sindacati, né la Regione, né il Porto». Davanti a una soluzione di futuro offerta e rifiutata - ragiona Gillerio - «non capisco più niente». «Non capiamo il sindaco». Il messaggio è chiaro: «Rispettiamo le regole. Se però le istituzioni, la cittadinanza ritengono di non poter più continuare, qualcuno ce lo deve dire formalmente, istituzionalmente. E assumersene le conseguenze».
LA SCADENZA Nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6, con cui lo Stato concede aiuti finanziari alle aziende che producano energia con fonti rinnovabili: è la centrale di cogenerazione. A quella data «rischiamo una criticità economica». Questo Lucchini spa riferisce di aver detto in maggio a Regione, Comune e Ap: «Preoccupiamoci di vedere come arrivarci preparati, per progettare in modo opportuno un futuro - qualunque esso sia - di questo insediamento».
ARVEDI «Subito dopo» - parla Gillerio - ecco Arvedi. L’industriale sta ampliando la propria attività a Cremona e vuole aumentare la produzione. La ghisa è per lui fondamentale, e gli interessa la presenza del porto: «Ha una strategia chiara e una visione che supera il 2015», ribadisce Gillerio citando l’interesse di Arvedi per un’attività «innovativa» e la sua «disponibilità» sul tema ambiente. Lucchini informa gli enti locali della novità. E trova «entusiasmo», ricorda Gillerio citando il «forse ho fatto Bingo» pronunciato la scorsa estate dal sindaco. Il negoziato prosegue. Poi Arvedi frena: «La città non mi vuole, mi mettono difficoltà». La trattativa va a monte: «Sappiamo che Arvedi è interessato, ma che non ci sono le condizioni per finalizzare». La vicenda però è servita a confermare che «Servola vale, non è zero. Non si svende».
L’ATTACCO Ed è qui che parte l’attacco al sindaco. Perché - così Gillerio - «con la Magistratura abbiamo un rapporto non ottimale ma solido: ci capiamo perché discutiamo di regole scritte. Ci capiamo anche con la Regione, che è una nostra controparte. Non ci capiamo quando in nome della protezione della salute ci vengono contestati fatti che non corrispondono alle regole». E allora, «capisco l’interlocutore quando ci incontriamo, non quando parla sui giornali».
IL RICHIAMO Perciò, prosegue Gillerio, l’azienda è stata «costretta» a inviare a Dipiazza una lettera (in cui lo ha avvisato di eventuali azioni legali che potrebbe avviare nei suoi confronti). Perché il problema «non è solo sociale: chiudere è un fatto economico. Se ne hai il diritto, la possibilità fallo, altrimenti assumiti le responsabilità e l’azionista non sarà inerte di fronte a questo fatto».
IL FUTURO L’azienda, ha ribadito Gillerio, si impegna a rispettare le regole ambientali (vedi l’articolo qui sotto). E «tra il 2004 e il 2008 - interviene Rosato - sfioriamo i 20 milioni di investimento complessivo» in materia. Il futuro resta da costruire. Se si arrivasse al 2015? La cessazione del Cip 6 allora, ribadisce Gillerio, «metterà in crisi il sistema: evitiamo il trauma». Serve «qualche idea o qualche altro Arvedi. Ci stiamo ingegnando», e anche il ruolo della centrale - sebbene non esaustivo - potrebbe diventare importante, soprattutto se fosse costruito il rigassificatore: «Non sarà dificile trovare investitori». E se non si arrivasse al 2015? «Dire ”si deve chiudere” è dimostrazione di poca serietà: si deve porre il problema e risolverlo», chiude il vicepresidente.

Paola Bolis

 

 

FERRIERA - Dipiazza: «Parlo solo con i dati» - Incontro in Municipio

 

Nell’ambito di una serie di incontri istituzionali concentrati nella giornata di ieri la Lucchini ha visto ieri pomeriggio per primo il sindaco Dipiazza. Un vis-à-vis delicato, vista la totale contrapposizione, e le minacce di far chiudere lo stabilimento che scendono dal Municipio.
«Ho portato i documenti - riferisce Dipiazza -, li ho letti, così come ho fatto in consiglio comunale, e ho detto che dal 4 ottobre, da quando cioé ho ricevuto nota dall’Azienda sanitaria che a Servola erano state rilevate quantità oltre la norma di sostanze cancerogene e mutagene, il titolo stesso di questa vicenda è cambiato, da imbrattamento a grave inquinamento, ho aggiunto che aspetto le ultime rilevazioni in corso, e poi ci riparliamo». Incontro definito «cordiale» («siamo tutti imprenditori»), ma posizioni distanti.
Il sindaco cita nuovamente anche le ultime informazioni avute dall’Arpa su settembre: «Una media di benzoapirene a Servola stazione di 2,2 nanogrammi per metro cubo, cioé il 120 per cento di sforamento. L’attività amministrativa di un sindaco - prosegue - procede solo per atti, ne ricevo e a questi rispondo con altri atti, qui non c’entra la politica. E comunque - conclude Dipiazza - non dormo la notte pensando agli operai, è il mio più difficile momento».
Il consiglio comunale straordinario sulla questione è stato intanto spostato al 30 ottobre, invitati tutti gli enti e i sindacati. Si svolgerà esattamente nel giorno in cui in Regione si terrà la riunione definitiva per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale.
Ma sulle ultime vicende interviene nuovamente il segretario provinciale della Cgil, Franco Belci, a commento delle informazioni che Dipiazza ha dato, atti alla mano, in consiglio: «Dipiazza - afferma - non può strumentalizzare documenti ufficiali dell’Azienda sanitaria quando afferma che dati certi sulle emissioni e sull’inquinamento si potranno avere solo nel 2011, quando saranno state completate e verificate le modifiche strutturali richieste alla fabbrica nell’ambito dell’Autorizzazione integrata ambientale. E non può farlo - conclude il sindacalista - perché la stessa Azienda sanitaria ha anche detto che durante tutto quel periodo vi sarà un costante monitoraggio per controllare le emissioni nocive, e dunque non è vero che i dati saranno noti appena nel 2011».
g. z.

 

 

FERRIERA - L’azienda: inquinamento, dateci regole chiare  - Contestati i punti di rilevamento. «Chiusura? Il sistema triestino non può gestirla»

 

Lo staff dirigente difende lo stabilimento: «La siderurgia è invasiva ma bisogna renderla compatibile»

«La Ferriera crea disturbo ai cittadini di Servola? Come tanti altri». Lo ha detto ieri lo staff dirigente della Lucchini affrontando solo in seconda battuta la questione ambientale, per la quale tutte le amministrazioni e istituzioni del territorio sono in allerta e al lavoro.
«La siderurgia - ha affermato il vicepresidente della Lucchini, Giovanni Gillerio - è certo invasiva su un territorio, ma siccome il nostro sistema industriale la ammette bisogna solo renderla compatibile: occorrono regole, e a noi devono essere imposte, ma non si possono contestare fatti che alle regole non corrispondono». E ha aggiunto: «Si può invocare la chiusura se un’azienda non è disposta a modifiche, ma se la si decide senza avere l’appoggio giuridico l’azionista non resterà inerte, proteggerà i propri interessi».
Alla Ferriera viene imputata una posizione energicamente difensiva sui temi dell’inquinamento, ma Francesco Rosato, consigliere della Servola spa e direttore di fabbrica, ha controbattuto: «Quando nel luglio 2005 si scoprì diossina nei camini sulla base di un decreto del marzo, noi non contestammo nulla, ci sottoponemmo a sei mesi di fermo con una perdita di quattro milioni di euro. E il dissequestro del magistrato fu poi un atto esemplare». Totale comunque la denuncia delle misurazioni dell’aria in punti ritenuti «sbagliati», con conseguente negazione che esista un allarme-inquinamento e qualche motivo di preoccupazione: «Una centralina attaccata alla fabbrica va bene se si vuole dedurre la performance ambientale in ambito produttivo, ma non si può estendere il dato per valutare la salute del rione, se metto il naso in una marmitta mi soffoco io, non si soffoca un quartiere».
Dunque sotto accusa la centralina di via San Lorenzo in Selva sistemata dal Cigra su incarico del pm Frezza, che ora ha concordato invece sull’opportunità di installare altri due misuratori in aree diverse. «Il magistrato ha deciso a suo tempo di inviare i primi incompleti dati di quella centralina alle amministrazioni: ma che finalità reale aveva dunque quella centralina?» ha insinuato Gillerio. Sono stati proprio quei numeri, giudicati allarmanti per le concentrazioni di polveri sottili e soprattutto di benzoapirene, a convincere il sindaco, su rapporto dell’Azienda sanitaria, che superiori motivi di salute pubblica dovevano indurre l’amministrazione a porre a chiusura la fabbrica.
Intanto l’azienda si prepara al 30 ottobre, quando la definitiva conferenza dei servizi dirà sì o no al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale: tutti gli enti dovranno accogliere o meno le controdeduzioni dell’azienda circa le modifiche strutturali richieste (monitoraggio costante dei camini, ristrutturazioni alla cokeria, ecc): «Il costo degli interventi - ha detto Rosato - sarà di 10 milioni di euro». L’Azienda sanitaria prevede che non saranno completati prima del 2009, con possibilità tecnica di verificarne l’esito appena a inizio 2011. Risposta: «No, basteranno alcuni mesi...».
La Ferriera ha ribadito che «i controlli sanitari sugli operai si fanno costantemente», che «ora è solo partito un protocollo nuovo». Ha peraltro ammesso che «non si sa a quali livelli di benzoapirene sono sottoposti i lavoratori». L’Azienda sanitaria parlava di 200 nanogrammi per metro cubo (il limite per le aree abitate è di uno). Rosato: «Gli strumenti non erano capaci di rilevare concentrazioni più basse, è tutto da rifare».
E i cittadini che protestano? «Dal 1997 - ha risposto ancora Rosato - abbiamo 300 lavoratori in meno, dal 2002 si è dimezzata la produzione di ghisa, abbiamo chiuso uno dei due altiforni e l’acciaieria, spostato le produzioni che diffondevano grafite: è la sensibilità che è aumentata, non l’inquinamento». E Gillerio ha chiuso: «Se istituzioni e cittadinanza ritengono di non poter più convivere con questa tipologia industriale, devono porsi il problema di affrontare la decisione. Ma il sistema triestino, per quanto ho visto fin qui, non è in grado di farlo».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - Illy: salute e lavoro possono convivere  - I vertici della società hanno incontrato il governatore confermando di voler proseguire l’attività

 

Cosolini: «Comune, una commedia senza assunzioni di responsabilità»

«La Regione ritiene che sia ancora possibile cogliere il duplice obiettivo di tutela delle condizioni di salute dei cittadini e di continuazione dell’attività industriale, e perciò della significativa occupazione che ne deriva». Così si legge in una nota della Regione giunta al termine dell’incontro che si è tenuto nel pomeriggio tra i vertici della Lucchini spa e il governatore Riccardo Illy affiancato dall’assessore Roberto Cosolini.
Illy dunque lo ribadisce: la Ferriera può continuare a produrre, salvaguardando però l’ambiente. Perché «è certo necessario - puntualizza la nota - che l’azienda evidenzi gli interventi finora effettuati e attui quelli ulteriormente necessari». E se la Ferriera otterrà l’autorizzazione integrata ambientale «dovrà rispettare le prescrizioni in essa contenute». A Illy e Cosolini ieri la Lucchini ha confermato la propria volontà di continuare l’attività produttiva esprimendo la sua adesione alle prescrizioni della Procura, mentre Illy ha riconfermato come il tavolo attivato dall’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton sia la «sede propria» in cui tutti devono impegnarsi per la verifica delle emissioni, anche tenuto conto delle nuove prescrizioni sul posizionamento delle centraline.
E sulle centraline interviene l’assessore Cosolini, annotando come «le lettere dell’Azienda sanitaria vadano lette nella loro interezza». Il riferimento è al fatto che il sindaco Roberto Dipiazza nell’ultimo consiglio comunale ha letto un passo della missiva firmata dal direttore dell’Azienda Franco Rotelli, che segnala come i «dati attendibili» sugli esiti degli investimenti ambientali si avranno «appena all’inizio del 2011». «Ma la lettera - annota Cosolini - condivide le posizioni della Procura, che erano per certi versi anche quelle dell’azienda, nel richiedere che la rilevazione del benzoapirene sia basata su una rete di centraline estesa e dunque molto oggettivata». L’Ass scrive che la centralina di via Pitacco «può essere considerata la più rappresentativa in quanto inserita nel contesto urbano e nello stesso tempo la più vicina allo stabilimento», laddove una centralina in prossimità della Ferriera - ad esempio in via San Lorenzo in Selva - «appare indispensabile per monitorare nel tempo l’efficacia degli interventi di miglioramento» che verranno attuati. «È utile - aggiunge Cosolini - che tutti attendano gli esiti delle rilevazioni dai nuovi posizionamenti».
E nel frattempo, dall’assessore regionale giunge una considerazione che è un attacco pesante al Comune: «Se non fosse in gioco la preoccupazione dei cittadini per la salute e quella dei lavoratori per il lavoro ci sarebbe da ridere. C’è un sindaco che ha dichiarato di avere fatto bingo con Arvedi, poi c’è il suo vicesindaco che dichiara di non volere né Arvedi né la Ferriera. Si continua con una sostanziale commedia che è ben lontana - chiude Cosolini - dall’assunzione di atteggiamenti seri e responsabili che debbano tutelare salute e posti di lavoro».

 

 

Bonifiche, allarme per la nuova bozza sull’accordo - Azzarita: «È inaccettabile»

 

E’ di nuovo braccio di ferro sulle bonifiche tra gli enti locali e il ministero dell’Ambiente. Di fronte alla nuova bozza dell’accordo di programma, che il dicastero ha fatto pervenire giovedì convocando lunedì una riunione per discuterla, Comune di Trieste, Provincia ed Ezit hanno immediatamente scritto a Regione e ministero chiedendo un rinvio dell’incontro.
Il problema non sta tanto, o solo, nel pochissimo tempo a disposizione per esaminare il documento, quanto nei contenuti. «Inaccettabile» lo definisce il presidente dell’Ezit Azzarita, che sottolinea la necessità di una verifica congiunta del testo da parte degli «attori» locali prima del prossimo incontro con il direttore generale del ministero Mascazzini.
«La bozza – rimarca Azzarita – non accoglie nessuna delle nostre richieste, a cominciare dalla distinzione tra privati responsabili e non responsabili dell’inquinamento. E sulla barriera per il contenimento a mare della falda freatica, si torna a parlare di penalizzazioni per chi non vi aderisce».
La Provincia, sulle stesse posizioni, coinvolge il ministero Pecoraro Scanio. La presidente Bassa Poropat, infatti, ha chiesto l’intervento del ministro per una mediazione sullo scottante documento, oltre a rilevare la necessità di spostare la riunione prevista lunedì. «Il ministero ha riproposto la barriera a mare – osserva l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi – e ciò rende inaccettabile la bozza. Abbiamo chiesto al ministro di intervenire, perchè non ha senso che ci si trovi tutti, si faccia una proposta comune e poi questa non venga accettata dal ministero».
Sul piede di guerra anche il Comune. L’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci ha già scritto a tutte le parti coinvolte per rinviare la riunione di lunedì. «C’è bisogno di rileggere tutto il documento – rimarca – che conferma quanto si temeva. Avevo già fatto presente le mie preoccupazioni sulla prevista partecipazione delle imprese al costo delle bonifiche. Il ministero sta stringendo il cappio al collo delle aziende».

Giuseppe Paladini

 

 

Lubiana sui rigassificatori: «L’Italia non collabora»

 

 

MUGGIA La questione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste va affrontata con una visione complessiva del territorio e quindi anche transfrontaliera. Intanto la Slovenia tiene conto dei pareri già espressi in Italia nel suo approccio alla proposta di rigassificatore a Capodistria.
La complessa tematica è stata affrontata a un’assemblea pubblica ieri a Muggia, per la prima volta in forma transnazionale, su iniziativa del Tavolo della sinistra muggesana. Si è voluto così tenere alta l’attenzione sul nodo dei rigassificatori proposti in Italia e quelli che ora si profilano anche in Slovenia e, seppur più lontano, pure in Croazia. Ribadita da Giorgio Millo, dei Verdi, moderatore dell’incontro, lo stallo attuale in Italia con una valutazione ministeriale d’impatto ambientale il cui iter sembra bloccato. Ma ha anche sottolineato la necessità di un approccio comune tra Italia e Slovenia sulla tema e di una visione globale. Appello lanciato anche da Marko Starman, presidente della Commissione interministeriale slovena sui rigassificatori, che ha però evidenziato una scarsa condivisione di questa idea da parte dei colleghi italiani. Sul rigassificatore prospettato a Capodistria ha detto: «È solo una proposta, di cui è appena iniziato lo studio. La nostra Commissione sta valutando l’impatto ambientale, tenendo conto delle valutazioni già espresse in Italia sugli altri due rigassificatori. È molto probabile che la nostra valutazione sarà, alla fine, negativa». Un’affermazione accolta con un applauso dai numerosi convenuti alla Sala Millo. Tra gli altri interventi, Dario Predonzan (responsabile al Wwf regionale) ha rilevato la lentezza del procedimento e ricordato i vari pareri negativi ricevuti dai progetti: «Il Wwf si è già rivolto al ministero, chiedendo che la questione sia così chiusa». Dai rappresentanti sloveni è emerso anche che il governo di Lubiana, nel suo piano di sviluppo territoriale, non prevede questi impianti. L’Italia invece, come rilevato anche da Gianni Naggi, responsabile nazionale Energia per il Prc, non ha nemmeno un piano energetico nazionale. «Da nostre valutazioni – afferma – i metanodotti attuali sono sufficienti, visti anche i previsti potenziamenti. I rigassificatori possono essere una soluzione isolata e d’emergenza. In Adriatico, invece, si concentrano tanti progetti, con un mare che però ha poco ricambio di acque e bassi fondali. Ma il ministero non ci ascolta. Il governo attuale e quelli passati si vogliono porre come porta metanifera verso l’Europa, ma a un prezzo che è da vedere se possiamo pagare».
s. re.

 

 

Il caso Baia finisce alla Camera - Interrogazione dei Verdi: «Pressioni di Illy per cementificare il sito»

 

TRIESTE Un'interrogazione parlamentare sulle «reiterate pressioni del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy a favore del progetto di cementificazione della Baia di Sistiana» è stata rivolta al ministro per i Beni culturali Francesco Rutelli. Lo rende noto il Wwf di Trieste.
Il documento è stato sottoscritto da cinque deputati Verdi: Grazia Francescato, Luana Zanella, Tana de Zulueta, Marco Boato e Giuseppe Petriccione. L'interrogazione ripercorre le vicende del progetto di «valorizzazione turistica» della Baia e in particolare quelle successive all'autorizzazione paesaggistica rilasciata - per due volte - dal Comune di Duino-Aurisina (Trieste), annullata altrettante volte dal Soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici. Ciò ha dimostrato - sottolineano gli interroganti - che questo «organo periferico del Ministero per i Beni e le attività culturali rappresenta ormai l'unico baluardo contro gli scempi paesaggistici e ambientali avallati e anzi propugnati dai poteri locali». Per i deputati Verdi, infatti, il progetto ha goduto del totale appoggio sia del Comune di Duino Aurisina, sia da parte della Regione, «la quale ha avallato addirittura la distruzione di parte del bosco soprastante la Baia e l'ex cava di Sistiana, benchè inserito all'interno di un Sito naturalistico d’importanza comunitaria».

 

 

Aussa Corno - La logistica e il Corridoio V «carte vincenti per le imprese»

 

UDINE Collegare con una rete di trasporti orientata ai Paesi balcanici il Corridoio 5 all'interporto di Gorizia e al porto di Trieste, scalo più settentrionale del Mediterraneo e per questo punto di riferimento per la quasi totalità dei Paesi dell'Europa centrale. Una rete che, trasformando la regione in una naturale piattaforma logistica mettendola "in asse" con la direttrice di traffico Lisbona - Kiev, è solo una delle carte vincenti che le imprese del Friuli Venezia Giulia devono sapersi giocare.
A sostenerlo è Fabrizio Ceriello, consulente per il commercio internazionale, ospite a un ciclo di seminari organizzati dal Consorzio Aussa Corno nell'ambito del progetto europeo Nuovi Mercati e rivolti alle aziende, oltre trenta da tutta la regione, di cui metà dal solo isontino. Un'opportunità che, secondo Ceriello, dovrebbe spingere i protagonisti dell'economia regionale a investire in misura sempre maggiore nei mercati esteri, proprio per rendersi visibili in quei nuovi scenari economici che si stanno aprendo con l'allargamento dell'UE a Est.
«Quello che ho notato nelle imprese della regione - sostiene Ceriello - è la loro grande capacità di adattamento ai mutati scenari internazionali e, soprattutto, la notevole preparazione tecnica che consente di gestire in maniera ottimale il percorso dei soggetti economici verso l'estero».
Qualità che però, secondo l'esperto, devono accompagnarsi a un'attenzione particolare dedicata agli Stati confinanti o vicini alla regione. Ad esempio, con l'apertura dei confini con la Croazia, candidata a entrare nell'Ue all'inizio del 2008 e con un'economia in crescita che nei primi mesi del 2007 ha fatto registrare un aumento del PIL addirittura del 7,2%, le produzioni italiane, e in particolare quelle regionali, beneficeranno certamente di questa maggiore ricchezza disponibile e che, si suppone, favorirà un aumento dei consumi e, quindi, delle importazioni.

 

Porto: Luka Koper, sul Carso il polo logistico  - La struttura sorgerà a Sesana su 650mila metri quadrati. L’area costerà 15 milioni di euro

 

Siglato l’accordo tra la Spa di Capodistria e tre ministeri sloveni per realizzare un Centro di distribuzione a livello europeo

Per ulteriori interventi di costruzione sarà investita una cifra di circa 80 milioni di euro

CAPODISTRIA Come il porto, così l’autoporto: se Trieste finalmente si è messa in moto, Capodistria è letteralmente in volo, come del resto testimoniano i dati sul primo semestre dello scalo che riportiamo a parte. Sarà la stessa Luka Koper infatti e cioé la società di gestione del porto, che assieme ai ministeri sloveni dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente, progetterà un nuovo Centro di Distribuzione europeo che sorgerà sul Carso in base a un accordo sottoscritto in questi giorni.
Per continuare nei propri obiettivi di sviluppo e liberare nuovi spazi all’interno dell’area portuale, Luka Koper ha infatti deciso di realizzare il Centro di Distribuzione europeo (Edc) a Sesana, in un’area vicinissima al confine con Trieste e l’Italia, che oltretutto cadrà il 21 dicembre. Luka Koper si è accordata per procedere all’acquisto dalla società di logistica e trasporti Btc di Lubiana - realtà che opera attualmente su circa 120 mila metri quadrati - di una parte del suo terminal. Il Centro di Distribuzione europeo coprirà così almeno 650 mila metri quadrati, la maggior parte dei quali sarà dato in affitto. Il costo di acquisto ammonta a circa 15 milioni di euro, mentre per interventi vari di costruzione si prevede una spesa ulteriore che si aggirerà intorno agli 80 milioni di euro.
Il centro di Sesana è praticamente a vista rispetto al Terminal intermodale di Fernetti, l’ex autoporto triestino, dove però il porto di Trieste sta tentando un’analoga operazione, ma ancora senza successo. L’Authority infatti vorrebbe aumentare considerevolmente la propria partecipazione azionaria, oggi esigua, all’interno del terminal per fare dell’ex autoporto una sorta di proprio molo Ottavo, vista anche la scarsità di spazi che sta penalizzando lo scalo triestino, per creare nuovi settori per la movimentazione delle merci, e per trasferire qui una porzione del Punto franco, liberando in questo modo una parte del Porto vecchio ad attività di cosiddetta portualità allargata.
È un’operazione però che trova resistenze politiche. La Camera di commercio si è già detta contraria alla cessione di proprie quote di Fernetti e anche l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis si è già pronunciato contro una perdita di ruolo del Comune di Trieste in un terminal destinato a divenire sempre più strategico. Dal canto suo la Provincia si è detta disponibile a cedere, ma soltanto se gli altri soci lo faranno in proporzione alle quote oggi possedute. Sullo sfondo c’è anche il rinnovo delle cariche di vertice che vengono decise su basi di schieramento politico. Una riunione tra gli enti interessati si è conclusa un paio di giorni fa in modo interlocutorio con un mandato dato alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat di verificare le singole posizioni.
Queste strategie contrapposte rischiano però di favorire ancora una volta il porto di Capodistria dato che armatori e spedizionieri puntano su scali che hanno alle spalle infrastrutture adeguate e al servizio dei porti stessi. Le ragioni che stanno dietro alla stessa scelta di Sesana da parte di Luka Koper derivano anche dalla sua posizione favorevole e vicina ai Corridoi paneuropei 5 e 10 (il primo collega Barcellona a Kiev, il secondo Salisburgo a Salonicco), oltre alla vicinanza con le principali direttrici autostradali verso Italia e Croazia. Sesana, infine, si trova a ridosso di quattro porti dell’Adriatico del Nord (Capodistria, Trieste, Monfalcone e Fiume) nonché vicino a due aeroporti internazionali (Lubiana e Ronchi Legionari).
Per utilizzare al meglio le proprie e le altrui risorse finanziarie, Luka Koper si dice addirittura pronta a fornire l'infrastruttura fondamentale, cioè una piattaforma logistica di servizio, creata in base ai requisiti che potrebbero essere richiesti dai vari partner.

Silvio Maranzana

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 ottobre 2007 

 

 

Ferriera: due nuove centraline  - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne era sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria

 

La richiesta è stata fatta dalla Lucchini: il pm Frezza le farà installare

Sarà il dottor Pierluigi Barbieri, da tempo consulente tecnico della Procura, a studiare dove installare a Servola due nuove centraline per misurare la presenza di benzoapirene nell’aria.
Lo ha deciso il pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono «indagati» i vertici dello stabilimento e della società proprietaria, primo fra tutti Giuseppe Lucchini.
Pierluigi Barbieri è uno dei due ricercatori universitari del Cigra e da mesi sta monitorando l’area adiacente alla Ferriera su incarico della stessa Procura. La nuova nomina, effettuata ieri, ha uno scopo preciso: quello di estendere la rete di rilevamento del benzoapirene al di là di quanto finora è stato fatto nell’area ristretta di via dei Giardini e di via San Lorenzo in Selva.
«Sarà il consulente a scegliere i due punti nell’abitato di Servola dove installare i nuovi campionatori ad alto volume. La scelta dei punti dovrà avvenire in base a quanto stabilito dal Decreto legislativo 152/07 entrato in vigore nello scorso settembre» ha spiegato il pm Federico Frezza. Il nuovo accertamento tecnico andrà avanti per due mesi e il consulente riferirà i risultati delle analisi al magistrato ogni venti giorni.
la richiesta di avviare questo approfondimento sulla presenza del benzoapirene è stato avanzata alla Procura dagli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo che da anni assistono il gruppo Lucchini. In altri termini dopo aver esaminato il Decreto legislativo appena entrato in vigore, anche il magistrato inquirente ha ritenuto di implementare i dati finora raccolti dal Cigra, dall’Arpa e dai tecnici inviati a Trieste dal Ministero dell’ambiente unicamente in via san Lorenzo in Selva.
Lì a stretto contatto di gomito per giorni e giorni hanno funzionato all’unisono tre centraline, mentre tutto l’abitato di Servola risultava sguarnito. La nomina decisa ieri e l’installazione di due nuove centraline dovrebbero migliorare la precisione delle misure.
Va infatti sottolineato che l’azienda sanitaria già l’11 giugno scorso aveva scritto al sindaco Roberto Dipiazza che i «dati raccolti dal Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I valori riscontrati sono sicuramente preoccupanti, per cui si rende necessario effettuare un adeguato approfondimento della campagna di rilevazione».
L’approfondimento, come abbiamo detto, inizierà il 31 ottobre e si protrarrà fino all’ultimo giorno dell’anno. Non è solo un problema di tempi ma anche del numero dei punti di prelievo. Verrà così tracciata una mappa altamente significativa delle immissioni e della loro dispersione a seconda della distanza dallo stabilimento e dell’orografia dei rione. Importantissime saranno anche le misure della direzione e dell'intensità dei venti che influenzano la dispersione di ciò che fuoriesce dallo stabilimento siderurgico. Benzoapirene compreso.
Va aggiunto che è la cokeria l'impianto ritenuto responsabile delle emissioni di benzoapirene nell’atmosfera. Lo dicono le relazioni dei tecnici. «La maggior parte dell’emissione di benzoapirene parrebbe da ascrivere agli sfornamenti prematuri della cokeria e la relazione del professor Boscolo, prevede una forte riduzione di tale fenomeno attraverso lo sdoppiamento del sistema di riscaldamento»
Ma entro la fine del maggio 2008 lo sdoppiamento del sistema di riscaldamento della cokeria sarà completato e di conseguenza le emissioni dovrebbero dimezzarsi. I lavori sono già iniziati nell’ambito del piano di ristrutturazione concordato tra la Procura e la Servola spa.

Claudio Ernè

 

 

Ferriera: due nuove centraline  - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne era sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria

 

«Coordinamento e condivisione di responsabilità ai vari tavoli rischiano di essere svuotati dalle recenti prese di posizione che il sindaco e l’Azienda sanitaria hanno messo in campo autonomamente». Lo afferma il segretario provinciale della Cgil, Franco Belci, a commento dell’ultimo consiglio comunale in cui il sindaco ha annunciato «decisioni drammatiche nell’arco di 10-15 giorni» ed esposto una lettera dell’Azienda sanitaria in cui si prefigurano tempi di anni prima di poter certificare l’eventuale rientro dell’inquinamento. «Un conto - dice Belci - è battersi per ricondurre le emissioni nocive ai limiti di legge, un altro è sostenere che un’acciaieria non può essere integrata nel tessuto urbano e quindi non si può continuare la produzione. Su questo punto - prosegue Belci - il sindaco deve mettersi d’accordo col vicesindaco, ma ancor prima con se stesso». Quanto all’Azienda sanitaria, Belci si chiede come mai «del valore dell’Autorizzazione integrata ambientale e del parere del perito della Procura parli solo adesso senza averne fatto il minimo cenno in Regione».
Forti perplessità sull’Autorizzazione ambientale anche da Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, che cita «i ripetuti impegni già presi e non mantenuti dalla Ferriera» e prefigura (nella migliore delle ipotesi) tempi molto lunghi per la correzione di rotta e le successive verifiche. In più Metz cita tanti dettagli di gestione interna non corrispondenti a criteri «di prevenzione dell’inquinamento e della sicurezza dei lavoratori», e ricorda che la relazione del prof. Boscolo per la Procura, dicendo necessaria una nuova torre di spegnimento del coke, ne indica anche l’irrealizzabilità: «18 mesi di spegnimento della cokeria, 12 milioni di euro di spesa». Metz afferma che la concessione dell’Aia si tradurrebbe solo «in una serie di proroghe». E se l’inquinamento persistesse, «ci vorrebbe altro tempo per la revoca dell’autorizzazione o la chiusura dell’impianto. Qual è il costo sociale, ambientale e umano - chiede Metz - che dovremo pagare?».

 

 

FERRIERA - Servola, giorni cruciali e tempi lunghi per ogni soluzione

 

INQUINAMENTO L’analisi del sindaco in Consiglio comunale si è conclusa col preannuncio di «ore drammatiche»

In tutti i casi, tempi molto lunghi per placare il «caso Ferriera». Il magistrato (come si legge qui sopra) attende nuove analisi del Cigra, con nuove centraline, da effettuarsi tra il 31 ottobre e il 31 dicembre. Se il 30 in Regione la conferenza dei servizi chiuderà i lavori per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale, e cioé se la Ferriera dirà di accettare tutte le prescrizioni date da Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Arpa (con relativi tempi e costi), e se tutti gli enti si riterranno soddisfatti dell’accettazione da parte dell’azienda delle modifiche da ciascuno richieste per abbassare le emissioni, si aprirà un nuovo capitolo: la Giunta dovrà approvare l’autorizzazione, e la Ferriera dovrà dare il via a nuovi lavori interni. Che dureranno un certo tempo (anni?). Poi partiranno le dovute verifiche. Che però hanno valore di legge, solo su base annuale. Ecco perché il sindaco in consiglio ha reso noto il parere chiesto all’Azienda sanitaria e ha parlato di «certezza dei dati nel 2010, 2011».
L’Azienda sanitaria non commenta. Si tiene ai dati tecnici già espressi. C’è però anche la ventilata possibilità che il 30 ottobre il tavolo in Regione salti, o si vada a un rinvio. E dunque altro tempo verrà speso solo per questo singolo aspetto della questione. Intanto Dipiazza continua ad annunciare «decisioni drammatiche» e cioé annunci di chiusura della fabbrica appoggiandosi istituzionalmente ai pareri dell’Azienda sanitaria, ma se anche davvero scrivesse - saltando «tavoli», accordi coi sindacati, misurazioni in corso, lavori di adeguamento della fabbrica già in opera su ordine del magistrato - l’ordinanza di chiusura, i tempi sarebbero lunghissimi ugualmente. Per concordare la dismissione con l’azienda? Per spegnere l’enorme impianto siderurgico? Per affrontare il problema dei lavoratori? Per affrontare viceversa nuove cause legali? Per ordinare una bonifica? Ore cruciali ogni giorno, e molti giorni ci vorranno.

 

 

I costruttori: «Subito il via al Park S. Giusto»  - Riccesi sul contenzioso per Ponterosso: «Non aspetteremo altri 4 anni, vogliamo le alternative»

 

Chiesta l’approvazione immediata della variante dopo il pasticcio delle planimetrie sbagliate contenute nel Pup approvato in Consiglio

«Non c’è errore nel Piano urbano parcheggi che tenga: Park San Giusto si farà, magari in ritardo ma si farà». Il giorno dopo l’approvazione in Consiglio comunale del Pup - contenente però le planimetrie sbagliate del parcheggio, che sarà ricavato sotto il Colle di San Giusto - i soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto non gettano la spugna. Anzi, pur criticando gli uffici competenti per il «pasticcio» - che adesso impone una variante al Piano regolatore generale, necessaria a giustificare gli espropri dei terreni privati - chiedono una soluzione in tempi rapidi.
«Ho chiesto un colloquio all’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, per sollecitare l’avvio delle pratiche e penso che ci vedremo la prossima settimana. Non bisogna perdere tempo», dice deciso Claudio Morgera, presidente della Park San Giusto spa. Una compagine societaria composta da alcuni costruttori (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering di Padova) con il 2,5 per cento ciascuno; la società di gestione dei parcheggi Ssm di Udine con il 5 per cento e la Acu park, società del gruppo Aci con l’uno per cento. Il resto, all’incirca il 75 per cento, è dell’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt) che è una spa controllata dal Comune di Trieste. Un project financing, insomma, con in realtà una forte partecipazione pubblica.
«Confido che gli uffici dell’assessorato all’Urbanistica, unitamente ai consulenti e ai rappresentanti di Park San Giusto, già dalla prossima settimana - spiega Rocco Lobianco, presidente di Amt - inizino con serenità ad affrontare il problema. Non è un parcheggio come tutti gli altri, ci sono problematiche in ordine architettonico, nonché relativi agli espropri delle aree private e del demanio militare. Il tutto in un regime tavolare unico come quello triestino».
L’errore è stato mal digerito, insomma, però si cerca di guardare avanti. Ma non mancano i giudizi, a cominciare dal progettista che, rispetto al documento definitivo, si è visto inserire nel Pup quello preliminare: «Se veniva inserita la planimetria giusta - dice Franco Sergas - non c’era bisogno di ricorrere alla variante. Vorrà dire che sfrutteremo questo tempo per sistemare gli ultimi dettagli di un parcheggio unico nel suo genere».
Tutti alla ricerca del modo più veloce, insomma, rispetto alla classica variante al Prg (servirebbe più di un anno), da concordare con gli uffici regionali. «Park San Giusto è un’opera già finanziata, si sta lavorando da anni - dice il costruttore Donato Riccesi - per realizzare un’opera irrinunciabile. Sono già stati spesi tanti soldi».
Una realtà imprenditoriale, quella di Riccesi, chiamata in causa anche per il contratto di novazione con il Comune, che deve risolvere il contenzioso sul parcheggio di Ponterosso. Un progetto cassato dalla prima amministrazione Dipiazza in cambio di tre aree alternative: via Tigor-Cerreria, largo Roiano e via del Teatro romano. Quest’ultima una zona inserita nel Pup, dove insiste però Park San Giusto, ma sulla quale il Comune è intenzionato tornare indietro.
«Cambiano opinione frequentemente, ma adesso l’amministrazione ce lo comunichi ufficialmente. In questo momento pare di capire - dice Riccesi - che il Comune intenda concedere solo via Tigor (al posto di largo Roiano l’amministratore proporrebbe via dei Moreri, ndr), quindi dovranno esserci altre due locazioni». Le aree appetibili all’interno del Pup, però, secondo il costruttore non sono molte.
«Spetta al Comune fare una proposta, fino a questo momento siamo stati fin troppo accondiscendenti - spiega Riccesi - e adesso, se non arriverà una proposta alternativa, chiederemo il pagamento del danno per altro già quantificato (3 milioni di euro, ndr)». E aggiunge: «Noi preferiamo lavorare e guadagnare i soldi realizzando delle opere come i parcheggi - dice - di cui Trieste ha fortemente bisogno. Ma questa volta non siamo disposti ad aspettare altri quattro anni, facendoci portare di nuovo in giro per tutta la città alla ricerca di un sito».
p.c.

 

 

Il parcheggio del Ponzanino passa al Comune - Sono settanta posti auto che non sono mai stati utilizzati in attesa di un’iscrizione al tavolare

 

Il parcheggio del Ponzanino è rimasto chiuso e inutilizzato per anni. Una struttura da 70 posti auto nuova di zecca ma inaccessibile, nell’attesa di un’iscrizione al tavolare propedeutica alla sua acquisizione da parte del Comune. Dopo una lunga trafila il passaggio fra il costruttore (l’impresa edile Celsa) e l’amministrazione di piazza Unità, come da delibera della giunta Dipiazza approvata ieri mattina, vedrà la firma a mezzogiorno del verbale di consegna all’interno dei locali di via del Rivo.
Una presa in carica che sarà accompagnata dalla consegna contestuale all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), con un contratto triennale rinnovabile, che gestirà il parcheggio in abbonamento. Un pacchetto mensile (90 euro) oppure annuale (900 euro), con la possibilità di accesso 24 ore su 24, che sarà messo a disposizione dei residenti e delle persone che quotidianamente devono raggiungere il rione di San Giacomo per motivi di lavoro.
Il parcheggio realizzato nell’ambito del Peep Ponzanino rappresenta gli oneri di urbanizzazione primaria, che per legge il costruttore deve concedere all’amministrazione comunale. Un passaggio che non sempre avviene in maniera lineare. È il caso di via del Rivo, ma anche di altre realtà in fase di definizione.
«Dopo una lunga trafila burocratica andiamo a sbloccare l’utilizzo della struttura di San Giacomo, presto ne seguiranno molte altre. È il frutto di un lavoro di razionalizzazione delle proprietà comunali - spiega Piero Tononi, assessore al Patrimonio - che troppe volte vedono un utilizzo improprio. L’affidamento alla Amt consentirà al Comune di incassare un affitto dalla spa, per contribuire alle spese condominiali dell’immobile, assieme all’introito che la stessa riversa nelle nostre casse (è una controllata del Comune all’87 per cento, ndr)».
L’affidamento in house è previsto esplicitamente per l’affidamento di un servizio pubblico, in questo caso sollecitato anche dalla Cirscoscrizione di San Giacomo-Barriera Vecchia proprio per venire incontro alla fame di parcheggi nel rione.
L’accesso al parcheggio di via del Rivo vedrà l’utilizzo del sistema antipassback, un sofisticato software che consente di verificare con una telecamera la presenza delle singole automobili. Un modo per controllare, attraverso il numero di targa, l’ingresso e l’uscita del singolo abbonato che potrà accedere al parcheggio anche con automobili diverse, ma con non più di un mezzo per volta. L’abbonamento è infatti per uno stallo. «È un risultato importante per l’azienda, portato avanti in collaborazione con l’assessorato al Patrimonio», dice Rocco Lobianco, presidente di Amt. Il parcheggio sarà operativo entro l’anno, il tempo di acquisire le strumentazione e programmare l’allestimento tecnico agli ingressi.
p.c.

 

 

Aumentano le biciclette in centro Mozione per avere più zone di sosta

 

Crescono a Trieste gli amanti della bicicletta, persone che preferiscono sempre più il mezzo ecologico a due ruote per muoversi in città, nonostante le tante salite e discese presenti. A tutela dei tanti triestini che amano pedalare Lucia Barbo (Ds), consigliere circoscrizionale del quarto parlamentino, ha proposto una mozione, approvata a unanimità dal consiglio circoscrizionale qualche giorno fa, per chiedere al Comune di dotare il centro cittadino, e in particolare le aree pedonali, di un numero maggiore di supporti per la sosta regolare delle biciclette. L’esigenza di nuovi stalli per le biciclette, secondo il consigliere, riguarda alcune zone centrali, dove è sempre più difficile trovare un punto sicuro e libero in cui lasciare la due ruote. «Si sta diffondendo, fortunatamente, l'uso della bicicletta anche come mezzo alternativo all'automobile – sottolinea Lucia Barbo - e i vantaggi sono chiari per tutti: meno inquinamento, meno traffico. I supporti posizionati in piazza della Borsa e in piazza Hortis sono quasi sempre pieni, mentre nella zona di S. Antonio Nuovo, ad esempio, o di Viale XX Settembre mancano del tutto, e le biciclette vengono così sistemate in "parcheggi di fortuna"».
C’è chi lascia il proprio mezzo legato ai pali della luce o dei segnali stradali, chi ancora sistema la bicicletta vicino a cancelli o ringhiere per assicurarla a un supporto stabile con catene o lucchetti, chi infine cerca di «Aumentare gli stalli per le biciclette – conclude la Barbo – sarebbe un piccolo segnale per rendere più vivibile la nostra città».
m.b.

 

 

Ferriera, perché tenerla aperta?

 

Premetto di essere un cittadino che abita e lavora lontano dalla Ferriera, pertanto i veleni emessi da questo impianto per me e la mia famiglia sono relativi. Quello che non riesco a capire del sindaco è che vuole mantenere quel posto di lavoro tanto malsano per i suoi lavoratori, che si impegnano giornalmente a trascorrere le 8 ore immagazzinando e respirando quel tipo di inquinamento.
Mi viene da pensare che fra qualche anno diventerà un caso «amianto...» per tutti gravando così ulteriormente sulla Sanità. Questo problema al sindacato non importa nulla, dovrebbe occuparsi di trovare un altro posto di lavoro agli operai in un impianto più salutare; e di non trattare un’ulteriore compravendita per continuare così ad avvelenarli sempre di più.
Lettera firmata

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 ottobre 2007 

 

 

Dipiazza: Ferriera, ora decisioni drammatiche

 

I rilevamenti Arpa relativi alla media di settembre confermano il benzoapirene al doppio del limite

Il sindaco in Consiglio sull’inquinamento: «Ho 15 giorni di tempo, poi dovremo dare risposte a chi vive nell’ansia a Servola». Asl: dati reali solo nel 2011

«Prima correvamo dietro a questioni di imbrattamento, ma ora stiamo parlando di inquinamento, di sostanze mutagene e cancerogene. Con serietà e serenità chiedo al Consiglio comunale, alla città, un’assunzione di responsabilità: dobbiamo affrontare un problema angosciante e drammatico che rappresenta forse uno dei momenti più difficili di questi anni. Vi chiedo di ragionare tutti assieme: entro dieci, al massimo quindici giorni questa amministrazione dovrà prendere delle decisioni che potrebbero essere drammatiche. Ma con questi dati non possiamo pensare di lasciare così chi vive con l’ansia».
Questo il senso dell’appello che ieri sera il sindaco Roberto Dipiazza ha lanciato al consiglio comunale dopo avere illustrata la situazione della Ferriera e letti passi del carteggio intercorso di recente fra piazza Unità, Azienda sanitaria, Arpa, Lucchini spa, Procura della Repubblica. Una situazione che appare «drammatica», come l’ha definita più volte Dipiazza durante l’attesa audizione sul tema (di cui l’aula discuterà lunedì prossimo), anche alla luce dei dati giunti il 22 ottobre dall’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente: dati sulle emissioni di settembre, che non presentano nella media mensile lo sforamento del Pm10, ma evidenziano - sempre nella media mensile - il dato di 2,2 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, contro il limite previsto in 1.
È questo uno degli elementi che Dipiazza ha portato in aula. Assieme a un altro: una lettera inviata il 19 ottobre al Comune dal direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli in merito all’autorizzazione integrata ambientale, quella su cui gli enti locali - Comune, Provincia, Regione, Arpa e Azienda sanitaria - dovranno votare il 30 ottobre se riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini dell’ambiente. Lucchini spa - che ha sollevato a più riprese obiezioni precise sul posizionamento delle centraline da cui i dati provengono - ha progettato una massiccia serie di interventi sullo stabilimento, dichiarandosi più volte disponibile a collaborare con gli enti locali per proseguire l’attività nel rispetto delle norme e dell’ambiente. I lavori progettati, secondo il consulente della Procura, l’ingegnere Marco Boscolo, sono «di pronta eseguibilità e di ottima efficacia» e possono portare a un abbattimento delle polveri totali «pari al 45%».
La relazione dell’ingegnere, scrive Rotelli, non consente però di valutare quale possa essere «la riduzione quantitativa della frazione delle polveri inalabili né di altri importanti inquinanti quali gli Ipa, nei loro cogeneri, e il benzene». Inoltre, considerando i tempi di attuazione delle migliorie, «si può ritenere che l’abbattimento delle polveri totali possa avvenire appena nell’ottobre 2009». E giacché la legge prevede che le verifiche possano essere fatte entro sei mesi dalla messa a regime dell’impianto, «dati attendibili sull’efficacia degli interventi», conclude Rotelli, «saranno disponibili appena all’inizio del 2011». Commento di Dipiazza: «Questo significa che se chiudiamo l’accordo per l’autorizzazione integrata ambientale potremo presentarci a Servola» per verificare i dati sull’aria «nel 2011: cosa che non credo sia possibile», ha dichiarato ricordando come l’Azienda sanitaria osservi che «nel periodo di transizione dovranno essere sempre rispettati i valori limite di qualità dell’aria».
È questa, si diceva, solo una delle lettere che Dipiazza ha pubblicamente letto citando l’iter fin qui percorso, dalla missiva con cui il 21 settembre l’Azienda sanitaria segnalava sforamenti del Pm10 e di benzoapirene, alla richiesta da parte del Comune di dati aggiornati a settembre, a una lettera con cui il pm Federico Frezza il 10 ottobre evidenziava a sua volta, nei dati fin lì disponibili, concentrazioni di Pm10 e benzoapirene superiori ai limiti consentiti.
Gli ultimi dati forniti dall’Arpa andranno analizzati dall’Azienda sanitaria. Ma «la verità - per Dipiazza - è che non esiste la possibilità che un’acciaieria resti nel centro della città». Ma «c’è un problema che si aggiunge al problema: ho chiesto a Sertubi», azienda la cui produzione è vincolata a quella della Ferriera, «cosa comporterebbe l’eventuale dismissione della Ferriera: riuscirebbero a inserire un forno elettrico?» Ne è uscito - sempre nella relazione di Dipiazza - che «Sertubi perde 5-6 milioni di euro l’anno, e un forno elettrico porterebbe a ulteriori 4 milioni di passivo», assorbiti dal gruppo di cui fa parte. E in Sertubi «abbiamo altri 200 lavoratori», che si aggiungono ai 500 di Servola con i quali «dovremo parlare».
Altro tema toccato da Dipiazza, l’interesse che Arvedi ha ribadito per un’eventuale acquisizione della Ferriera: «Non me la sentivo di dire ad Arvedi di investire qui, per poi magari chiudere...». «Non ho fatto alcuna considerazione, l’imprenditore è libero», ha precisato più tardi Dipiazza: «Ma mi sono sentito in dovere di comunicargli la situazione». Fin qui la situazione delineata dal sindaco all’aula, perché «il problema vero c’è stato quando la Ferriera l’abbiamo riaperta», ha aggiunto. Dipiazza ha annunciato per oggi un incontro con la proprietà dello stabilimento: «Ci confronteremo, vedremo a che punto siamo, considereremo soluzioni e tempi». Il sindaco ha anche detto che «se prendiamo decisioni diffili avremo 24 mesi di tempo» (il riferimento è al salario che in quel periodo spetterebbe ai lavoratori) «e il nostro impegno è di corrispondere la differenza ai dipendenti». Terminata la relazione, «vorrei che qualcuno mi dicesse qual è la soluzione alternativa al mio no», ha chiuso Dipiazza.

Paola Bolis

 

 

FERRIERA - Partono le analisi sui lavoratori della cokeria

 

Verrà controllato anche l’ambiente con centraline del Cnr e dell’Arpa

Siglato il protocollo tra Servola spa e Azienda sanitaria per i controlli sull’eventuale assorbimento di inquinanti

Le verifiche partiranno a metà novembre: sotto esame l’accumulo di benzene e benzoapirene le sostanze più dannose presenti nel reparto

Per la prima volta verranno sottoposti a specifica indagine sull’assorbimento di sostanze inquinanti gli operai che alla Ferriera di Servola lavorano nella cokeria, il reparto più a rischio per diffusione nell’ambiente di sostanze nocive. Ieri l’Azienda sanitaria col suo Dipartimento di prevenzione ha raggiunto l’accordo definitivo con la Lucchini-Severstal, i sindacati interni e l’Inail nell’ambito di un progetto che ha la collaborazione dell’Istituto universitario di Medicina del lavoro e dell’Arpa.
Alla riunione, come chiesto nei giorni scorsi in sede di «summit» regionale, l’Arpa ieri ha partecipato col suo direttore, Stelio Vatta. Assenti invece i rappresentanti della Direzione regionale ambiente e lavori pubblici, altrettanto invitati.
E’ dal 2005 che il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria ha in corso un «tavolo» per affrontare in maniera concordata i problemi della sicurezza sul lavoro e soltanto ora parte questa indagine sull’esposizione effettiva dei lavoratori al benzoapirene e al benzene, entrambe sostanze altamente cancerogene e capaci di aggredire perfino il Dna umano, con effetti mutageni. «Gli inquinanti - spiega Marina Brana, direttore del Dipartimento - vengono assorbiti per via respiratoria, cutanea e alimentare, si trasformano quindi in metaboliti che vengono espulsi con le urine». Dal liquido biologico si ricaverà dunque notizia sul livello di inquinamento assorbito dai «cokeristi». In Regione l’altro giorno Valentino Patussi, che del Dipartimento di prevenzione dirige il settore della sicurezza negli ambienti di lavoro e che ha personalmente seguito tutte le trattative «sanitarie» con la Lucchini, ha rivelato che gli operai all’interno della fabbrica sono stati esposti a livelli di 200 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, mentre il limite per le zone esterne agli insediamenti produttivi è fissato a un nanogrammo. L’azienda, si è detto, avrebbe scelto «il parametro più sfavorevole» tra quelli esistenti a livello internazionale, e su questo dato già enorme sarebbero stati certificati addirittura 88 sforamenti in un anno.
Dunque ora la Lucchini-Severstal ha accettato l’indagine sulla salute ma anche un rilevamento molto approfondito della situazione degli ambienti. E’ stato ieri concordato che una decina di centraline saranno poste nel reparto cokeria per misurare sempre i due peggiori inquinanti, benzoapirene e benzene. L’indagine sarà a carico dell’azienda, che si è avvalsa di esperti del Cnr. L’Arpa metterà a fianco centraline proprie, così da validare immediatamente i dati. L’operazione partirà entro novembre e si protrarrà per una settimana.
Nessuna risposta ancora, invece, da Regione e Provincia all’Azienda sanitaria che ultimamente ha reiterato la richiesta di contributo economico per poter far fronte alla lungamente programmata indagine sull’eventuale accumulo di diossine nella popolazione di Servola usando campioni di latte materno prelevati da donne del quartiere e del resto della città, in collaborazione col Burlo Garofolo e le Università di Trieste e Udine.
La prima proposta era del 2005, ed è quella che poi «scomparve» per lungo tempo dai verbali della Regione nonostante le reiterate richieste di Azienda sanitaria e Arpa. Né peraltro si sarebbero potute portare a termine non esistendo allora un laboratorio attrezzato allo scopo. Che ora è stato trovato a Mestre.
Nuove cifre si addensano dunque attorno alla questione di Servola, mentre l’Arpa ha appena reso noti i dati sul benzene in via San Lorenzo in Selva da gennaio al 17 ottobre (una media di 14,4 contro un limite di 8), individuati con un sistema laser (Doas) che ha consentito 5793 rilevamenti. E mentre l’Apat nazionale sta concludendo le proprie «captazioni» di aria nella stessa zona, assieme ad Arpa e Cigra, da cui pure si attendono le ultime elaborazioni relative al benzoapirene, coi dati di settembre.
E sono proprio queste, oltre alle polveri sottili, le sostanze che hanno allarmato l’Azienda sanitaria con ripetute note di richiamo al sindaco: il 26 giugno si puntò l’accento su sforamenti di benzene del 60 per cento oltre i limiti specificando che la sostanza causa leucemie e mutazioni del Dna, il 19 luglio si ribadì il concetto. Infine il 4 ottobre l’ultimo avvertimento, dopo i preoccupanti (dalla Ferriera contestati) dati Cigra. A ogni sollecitazione Dipiazza emise una ordinanza, il 4 ottobre disse: «Chiudere la fabbrica per motivi di salute pubblica».

Gabriella Ziani

 

 

Piano parcheggi al via, bloccato Park S. Giusto

 

Scoperto un pasticcio: inserito un progetto sbagliato. Ora la variante per sbloccare gli espropri

Ieri sera in Consiglio comunale l’approvazione del documento urbanistico per la costruzione delle strutture interrate in città

Il Piano urbano parcheggi (Pup), approvato ieri sera dal Consiglio comunale con i voti favorevoli della maggioranza, i due pareri contrari di Rifondazione comunista e l’astensione degli altri rappresentanti dell’opposizione, fa già parlare di una sua modifica. Questo strumento urbanistico semplificato, che fa variante al Piano regolatore generale, non consente alla Park San Giusto spa di procedere agli espropri delle aree private per la costruzione del parcheggio sotto il Colle (800 posti auto).
Nel documento dell’amministrazione comunale, infatti, sono state inserite le planimetrie antecedenti al progetto preliminare, che differiscono da quelle contenute nel definitivo. Il vecchio progetto prevedeva l’ingresso e l’uscita del parcheggio a fianco della scalinata della chiesa di Santa Maria Maggiore, mentre un domani le automobili passeranno immediatamente dopo l’edificio dell’Inail. Una differenza di non poco conto, che riguarda le aree interessate e di fatto impedisce gli espropri dei terreni privati (per quelli del demanio militare è stato avviato l’iter).
Un errore materiale che ad ogni modo ieri sera, pare di capire, non poteva essere ovviato, pena il riavvio di tutta la procedura (giunta, Circoscrizioni, Regione) e non solo. Su alcune particelle catastali indicate nel progetto definitivo di Park San Giusto, portato avanti dal Comune in project financing, insiste anche un altro parcheggio: quello di via del Teatro romano. Una zona concessa dal Comune alla ditta Riccesi, assieme ad altre due aree (via Tigor-Cerreria e largo Roiano) per costruire altrettanti parcheggi, quale compensazione della mancata realizzazione della struttura sotto piazza Ponterosso, cassato dalla prima amministrazione Dipiazza.
Un gioco contrattuale e urbanistico ad incastro viziato da più fattori tra i quali proprio la novazione con la Riccesi che, davanti a un mancato riconoscimento, è pronta a chiedere al Comune un risarcimento di 3 milioni di euro. L’inghippo burocratico non si poteva emendare pena la sovrapposizione dei due parcheggi; allo stesso tempo lo stralcio di via del Teatro romano non poteva essere fatto, proprio davanti all’impegno contrattuale del Comune con la Riccesi.
«Sono venuto a conoscenza del problema all’ultimo momento, purtroppo c’è stato un problema di comunicazione sul nuovo progetto di Park San Giusto», dice Maurizio Bucci, assessore all’Urbanistica. E aggiunge: «Non blocchiamo il parcheggio sotto il Colle di San Giusto - dice - tanto quello attiguo al Teatro romano non si farà mai (giudizio espresso già dal sindaco Dipiazza, ndr)».
Ma come si viene fuori da questo impasse? La soluzione è una variante al Piano regolatore generale, che richiede però tempi lunghi e quindi ritarda l’inizio dei lavori di Park San Giusto. L’alternativa era ritirare il Pup e predisporre un nuovo documento: stralciando via del Teatro romano, trovando un accordo con la Riccesi e inserendo il progetto definitivo che intacca parte di quell’area. Una soluzione con altrettanti problemi nella tempistica, ma con in più l’inevitabile scadenza del 30 novembre quale data ultima indicata per il contratto di novazione.
Un pasticcio che è il frutto di vecchie questioni, insomma, compreso lo spostamento degli ingressi di Park San Giusto chiesto alla società dallo stesso Comune nella precedente amministrazione. Quando all’Urbanistica, al posto di Bucci, l’assessore era Giorgio Rossi con delega anche al project financing, oggi invece assunta da Roberto Dipiazza.
Paradossalmente l’approvazione del Pup rallenta la partenza del parcheggio sotto San Giusto, che vede il Comune contribuire alla realizzazione dell’opera, sbloccando invece tutti gli altri progetti a cominciare da quello davanti alla Stazione Marittima (per il quale ieri è stata approvata anche l’immediata esecutività) e il raddoppio di Foro Ulpiano, entrambi gestiti dai privati di Saba Italia spa. «Ci sono e ci saranno i soldi, c’è la Valutazione di impatto ambientale e anche il progetto in tutte le sue versioni - spiega Claudio Morgera, presidente della Park San Giusto - compreso quello esecutivo e adesso viene a mancare la copertura urbanistica. È stata fatta una scelta politica confidando, nella celerità della futura variante. Ormai non non si può tornare indietro».

Pietro Comelli

 

 

Impatto ambientale transfrontaliero: progetto innovativo  - Varato dalla Provincia

 

Con un progetto particolarmente innovativo, la Provincia di Trieste parteciperà al Com-Pa 2007, il Salone europeo della comunicazione pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese che si svolgerà a Bologna il 6, 7 e 8 novembre. Si tratta del progetto Mapsharing, messo a punto dall'assessorato provinciale al Territorio, grazie al quale è stata individuata una metodologia di lavoro comune tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia in materia di pianificazione territoriale e valutazione ambientale.
Senza confini. «Il lavoro compiuto - spiega Ondina Barduzzi, assessore provinciale al territorio - ha sviluppato un metodo per poter valutare gli effetti dei rispettivi piani e programmi non solo sul proprio territorio di riferimento, ma anche su quelli contermini nella convinzione che l'ambiente non può seguire i limiti dei confini amministrativi».
I rischi. Il progetto, cofinanziato nell'ambito di Interreg IIIA Italia-Slovenia, ha come partner assieme alla Provincia, il Centro regionale di sviluppo di Capodistria, la Provincia di Pordenone, e i Comuni di Udine, Muggia e Capodistria. La costruzione di significati condivisi rispetto alle varie categorie territoriali (valori, rischi, opportunità, criticità ecc.) permetterà di stendere i futuri piani territoriali con comuni informazioni e cartografie. E' stato realizzato un modello di Carta delle conoscenze territoriali condivisa (Cctc) e un Sistema informativo territoriale.
A Muggia. «L'applicazione pratica di questo nuovo sistema - spiega Barduzzi - ci permetterà di elaborare quadri conoscitivi congiunti per condividere le conoscenze e valutare gli impatti transfrontalieri. E' un metodo ideale con il quale affrontare la Valutazione ambientale strategica (Vas) introdotta dalla normativa comunitaria. E il know-how del progetto può essere trasportato in qualsiasi contesto locale, regionale e multiregionale». I risultati del lavoro, prima di approdare al Com-Pa di Bologna, saranno illustrati al convegno «Progetto Mapsharing» martedì 30 ottobre a partire dalle 9,30 al centro «Millo» di Muggia (piazza della Repubblica 4). «Un appuntamento - afferma Barduzzi - che sarà l'occasione per condividere i risultati del progetto con tutti i soggetti istituzionali e i professionisti che lavorano sul territorio: valuteremo la possibilità della sua implementazione a livello euro-regionale».

 

 

Rozzol, alt alla vendita di un’area comunale

 

Due donne ne rivendicano l’usucapione: «L’abbiamo sempre curata». A giudizio il 24 febbraio

Il terreno adibito a verde in via dell’Eremo, del valore di 240.500 euro, è difeso da un gruppo di residenti che teme nuove costruzioni

A pochi giorni dalla pubblicazione del bando d’asta sull’alienazione di alcuni immobili di proprietà comunale, l’amministrazione di piazza Unità è costretta ad escludere dall’elenco il terreno di via dell’Eremo (p.c.n. 776 del C.C. di Rozzol). Un lotto di 1370 metri quadrati di area verde (stimato 240.500 euro, prezzo base d’asta destinato a lievitare in sede di offerta) difeso da un gruppo di residenti contrari alla costruzione di altre abitazioni in via dell’Eremo.
Lo stralcio del terreno, deciso dagli uffici comunali preposti alla vendita, si è reso necessario davanti al deposito di un atto di citazione per usucapione presentato da due residenti nella zona. Nell’istanza di Ondina Zergol e Olga Sergas, rappresentate dagli avvocati Alessandro Giadrossi e Gilberto Tommasini, il Comune è citato davanti al Tribunale di Trieste il 25 febbraio del prossimo anno. Il giudice sarà chiamato ad accertare il diritto di usucapione da parte delle due signore, proprietarie di un altro terreno attiguo a quello conteso.
Secondo l’istanza di Ondina Zergol e Olga Sergas, infatti, l’area comunale posta al confine della loro proprietà è stata dal 1970 - dal vecchio proprietario Emilio Zergol, deceduto nel 1995 - e successivamente dalle sue eredi accudito senza che qualcuno avesse nulla da accepire. Interventi nell’area verde che andavano dalla semplice pulizia al taglio dell’erba, dalla piantumazione di alcuni alberi da frutto alla loro raccolta. «L’abbiamo sempre curata evitando l’abbandono», dice Ondina Zergol.
Un lavoro che continua ancora oggi anche con l’accatastamento della legna, nonché la sistemazione di una rete e una porta d’ingresso. Un utilizzo vero e proprio del terreno, secondo le due signore, che davanti a un possesso ultraventennale comporterebbe l’usucapione dello stesso. Una tesi che è pronta ad essere avallata da alcuni testimoni residenti nella zona.
L’atto di citazione vedrà ovviamente l’amministrazione comunale costituirsi in giudizio. «Stiamo cercando tutti gli elementi in nostro possesso - dice Piero Tononi, assessore al patrimonio - da fornire ai nostri avvocati». Il Comune dunque si opporà all’usucapione pervenuto a pochi giorni dal bando di gara che vede una serie di immobili e terreni alienati per fare cassa. Soldi in parte già iscritti a bilancio e chiamati a coprire l’esecuzione di alcune opere (ristrutturazioni di scuole, impianti sportivi, strade...).
«Davanti a un’usucapione accertata non avremo nulla da eccepire - aggiunge Tononi - e spero che dietro a questo atto non ci sia la volontà di rallentare semplicemente l’iter della vendita». Lo scorso giugno il Comune aveva deciso lo stralcio i lotti di via dei Narcisi e quello in prossimità di vicolo dei Roveri, laterale di via San Cilino, assieme ad altre aree verdi in via Verga, via delle Viole e via Berchet. Il bando potrà contare su quindici lotti da alienare come l’immobile di via dell’Ospitale 12, un terreno in strada di Rozzol (50.500 euro, 460 mq), il locale commerciale in piazza Vecchia 2 e 2/a (65.340 euro, 28 mq), il locale commerciale in piazza Vecchia 2/b e 2/c (51.300 euro, 22 mq), il locale commerciale in corso Saba 24 e via Carducci 41 (301.600 euro, 130 mq), l’area in via Capitelli (291.600 euro, 417 mq), l’edificio in via delle Beccherie 5 e via Androna del Pane 3 (359.700 euro, 275 mq), il terreno in via Risorta.
p.c.

 

 

A San Dorligo ultimo incontro sulla Riserva della Val Rosandra - Coinvolti i cittadini

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Si svolgerà stasera alle 19.30 al Circolo culturale Fran Venturini di Domio l’ultimo dei sei incontri che il Comune di San Dorligo della Valle sta organizzando per la gestione partecipata della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra, nell’ambito di Agenda 21. Da qualche mese il Comune di San Dorligo della Valle è diventato l’Ente gestore della Riserva della Val Rosandra e proprio in veste di organo gestore, ha intrapreso un percorso di partecipazione con i cittadini sulle importanti scelte legate al futuro del territorio della Riserva naturale Regionale della Val Rosandra, oltre che alla sua conservazione.
Gli incontri nelle frazioni hanno come obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare per gestire la Riserva, e sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare uno o più «portavoce» che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il Comune, consentendo a essi il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa. «Il Comune – così l’assessore Laura Stravisi - attivando questo tipo di percorso partecipato, avvalendosi delle metodologie di Agenda 21 locale, si è messo in gioco e si è prefissato un obiettivo decisamente ambizioso, ma la Riserva della Val Rosandra è un patrimonio prezioso che va non solo tutelato, ma gestito vedendolo come un opportunità e non come un limite. Le indicazioni che stanno emergendo durante questi incontri con i cittadini ci permettono di avere una maggiore conoscenza della situazione e anche tenendo conto dei preziosi suggerimenti che emergono dalla popolazione il Comune baserà le scelte di gestione della Riserva».
s.re.

 

 

Assemblea sui rigassificatori

 

MUGGIA Il Tavolo della Sinistra muggesana, comprendente Verdi, Pdci, Rifondazione comunista, Sinistra democratica e Sdi, ha organizzato ieri un incontro per presentare l’assemblea pubblica su «Rigassificatori nel Golfo - Le scelte politiche sovranazionali e le ragioni del territorio», che si terrà domani alle 17 nella Sala Millo di piazza della Repubblica a Muggia.
Scopo dell'incontro pubblico di domani, per gli organizzatori, «è ribadire che la progettualità della gestione del territorio deve essere condivisa con i Paesi limitrofi e che pertanto anche le problematiche energetiche e le scelte d’impianti a esse correlate è bene che diventino argomento di valutazione politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».

 

 

Inquina troppo: chiusa la Rockwool di Pedena  - Gli ambientalisti accusano il presidente della Regione istriana Jakovcic: «Ha violato le normali procedure necessarie»

 

A un mese dall’inizio della produzione. La fabbrica è costata 75 milioni di euro

Sono troppo elevate le emissioni nell’aria di formaldeide e di anidride solforosa

POLA Si prende la sua rivincita morale il presidente del Partito dei verdi Josip Anton Rupnik, a proposito della contestata fabbrica di lana di roccia della società danese Rockwool a Pedena,nel cuore dell'Istria. Come dire: «Ve l' avevo detto io che era un'industria sporca e inquinante». Ricordiamo che la fabbrica è stata provvisoriamente chiusa dal ministero croato dell'Ambiente causa le emissioni di formaldeidi e anidride solforosa (da qui la forte puzza nella zona) oltre i limiti consentiti dalle norme croate.Ma non solo: gli ispettori accorsi in fabbrica su segnalazione degli abitanti dell' area hanno scoperto che erano difettosi gli strumenti di monitoraggio ecologico della Rockwool, per cui non hanno mai suonato l'allarme.
Parlando ai giornalisti Rupnik ha dichiarato che la fabbrica deve venir chiusa per sempre e smantellata in quanto a poco più di un mese dall'inizio della produzione ha già causato troppi danni all'ambiente. Ha ricordato che la struttura è stata costruita in una vallata tra le più fertili in Istria. «Nel sottosuolo - ha continuato - ci sono enormi giacimenti di acqua dolce ora in pericolo. Tra l'altro alcuni abitanti non possono più usare l'acqua dei loro pozzi a scopi alimentari». «E poi - ha detto ancora - nella zona non c'è circolazione d'aria per cui i fumi della fabbrica finiscono al suolo inquinandolo». Per Rupnik il maggiore responsabile di questo scempio ambientale è il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic, accusato di aver spalancato le porte all'industria sporca per interessi non trasparenti, violando le normali procedure con la complicità degli enti locali.
«Se si voleva costruire una fabbrica e dare lavoro alla gente del posto - ha continuato Rupnik - era sicuramente più conveniente accettare la proposta austriaca di costruire un impianto per la produzione di medicinali». La fabbrica dunque venuta a costare 75 milioni di euro al momento è ferma, nell'attesa che i tecnici adeguino le emissioni alle norme croate. E questa è anche la condizione fondamentale per l'ottenimento del permesso di agibilità definitivo dopo la fase di collaudo che potrebbe durare alcuni mesi.
p. r.

 

 

Ferriera inquinante

 

Leggo con stupore e malcelata rabbia sul quotidiano del 12 ottobre l’articolo relativo alla presa di posizione della Ferriera di Servola sulla vicenda inerente l’inquinamento prodotto dallo stabilimento. Cito per esempio la contestata posizione di una centralina di rilevamento sita in via San Lorenzo in Selva presso la stazione ferroviaria. Dicendo per altro che l’alto livello di benzene e benzoapirene sarebbe stato influenzato dal ripetuto passaggio di treni trainati da motrici diesel.
A parte il fatto che la linea non è la Mestre-Milano o la Roma-Napoli, ma poco più di un raccordo ferroviario con un traffico non di certo considerevole. Tra l’altro, non tutti i treni transitanti sono a trazione diesel, come evidenziato dalla catenaria aerea per i locomotori elettrici che trainano parte dei convogli, come per esempio quello serale di cisterne.
Ci sono invece linee ferroviarie in diverse parti d’Italia, esercite esclusivamente a trazione termica.
Per esempio in Cadore, in Toscana, ai margini del Parco nazionale d’Abruzzo. Allora se la teoria dei legali della Ferriera è corretta, dovremmo avere in rinomati posti turistici picchi di benzene e benzoapirene considerevoli, sprigionati dalle «littorine» che portano su e giù le genti di quelle vallate. Ma per piacere!
È palese che l’inquinamento presente nei rioni di Servola e Valmaura in particolare è dovuto all’ormai obsoleto impianto siderurgico e altre realtà quali ferrovia, grande viabilità o altro, influiscono sì. Ma solo marginalmente rispetto alle emissioni diffuse dalla Ferriera.
Per quanto riguarda gli sforamenti di Pm 10, nei mesi di giugno e luglio ho avuto modo di vedere dei tabulati dell’Arpa con i miei occhi. Secondo voi avvocati, lo sforamento ripetuto di Pm 10 non giustifica l’intervento del sindaco? Non costituisce «serio pericolo per la popolazione o emergenza sanitaria»? Pensate siano salubri?
Per concludere sono convinto che nell’opinione pubblica abbiano più peso le parole e i dati della Procura e degli organi di controllo che quelle di una proprietà che non ha saputo produrre alcun risultato per quanto riguarda l’ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori.
Rifletteteci cari avvocati...
Alessandro Bergamaschi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 ottobre 2007

 

 

Ferriera, i sindacati attaccano Dipiazza e Lippi  - Bordin: «I 1000 disoccupati li assumeranno in Comune». Visentini: «È aria fritta»

 

BELCI - Così cambia lo scenario. Spero sia stata solo una sparata elettorale

Dopo le esternazioni del vicesindaco sulla chiusura dello stabilimento e sul disinteresse a far subentrare l’imprenditore Arvedi

La giunta comunale, sollecitata dal vicesindaco di An Paris Lippi, dà una svolta politica alla vicenda della Ferriera e trancia quel segmento di discorso fatto fin qui dal sindaco Dipiazza che da un lato ha tuonato «chiudo la fabbrica per motivi di salute pubblica» e dall’altro ha firmato coi sindacati e con l’assessore regionale al lavoro Cosolini un accordo teso a ottenere la bonifica dagli attuali inquinamenti e la prosecuzione dell’attività (con successivi ammonimenti all’acquirente in attesa degli sviluppi, il gruppo Arvedi).
«No» all’autorizzazione integrata ambientale il giorno 30 in Regione se non ci sono tutte le garanzie sanitarie» e «no anche ad Arvedi perché a Servola non deve più stare una fabbrica siderurgica» è adesso la posizione della giunta comunale, così come espressa da Lippi, e i sindacati reagiscono con stupore e fastidio: «I mille lavoratori li assumerà Dipiazza in Comune» taglia corto Luciano Bordin, segretario Cisl. «Parlare così senza alcun progetto di reinserimento del personale è solo aria fritta» risponde intanto Luca Visentini della Uil. E Franco Belci della Cgil sbotta: «O ci prende in giro il sindaco, o la giunta, o tutti e due, comunque entrambi prendono in giro i lavoratori».
I ragionamenti poi sono più estesi. Belci stesso aggiunge: «Se prende piede questo atteggiamento pregiudiziale, che supera l’intento concordato col sindaco e la Regione di puntare a un’azienda con dati di emissioni nei limiti di legge, cambia lo scenario e dunque ci aspettiamo da Dipiazza una seconda convocazione pari alla prima, e nel contempo non si capisce tutto questo fervore di riunioni, questo clamore sulle analisi e le centraline, e tutto il resto. Spero che questa di Lippi sia una sparata elettorale - conclude Belci -, e comunque non gli fa onore, se invece è opinione sostanziale il Comune ci presenti un piano di ricollocazione dei dipendenti che abbia qualche patente di serietà e concretezza».
Così Visentini ricorda che «il gruppo Arvedi avrebbe in programma la dismissione della cokeria, il che già eliminerebbe la più gran parte di emissioni diffuse, questa espressa da Lippi sarà anche la posizione politica del Comune, o un richiamo agli impegni elettorali - dice -, ma noi non ci spostiamo di una virgola: attendiamo gli ultimi dati, vogliamo verificare se l’impresa intende farsi carico del risanamento, e comunque ricordiamo che bonificare quell’area per altri scopi significa prevedere milioni e milioni di euro per le bonifiche che attualmente nessuno ha».
«Politicamente - ragiona Bordin - sono posizioni che il Comune può benissimo prendere e mantenere, ma noi restiamo fermi al fatto che è meglio fare un accordo. Se però questa è la legittima posizione della politica locale, allora ci dicano come occuperanno mille persone. Dire ’’chiudiamo’’ è facile».
Oggi intanto riunione tra Azienda sanitaria e Ferriera per dare il via ai controlli sulle concentrazioni di inquinanti e la salute nei lavoratori e l’eventuale accumulo di diossina misurato nel latte delle neomamme di Servola.
g. z..

 

 

FERRIERA - In 500 al corteo contro la fabbrica. Sit-in sotto la Regione

 

I comitati dei residenti, supportati dal Gruppo Beppe Grillo, hanno manifestato contro la possibile certificazione ambientaleCinquecento persone, «armate» di striscioni, fischietti e tamburi per richiamare l’attenzione dei politici e della città intera, si sono ritrovate ieri pomeriggio in piazza Oberdan, sotto la sede del Consiglio regionale, tornando a chiedere la chiusura della Ferriera. Il rumoroso sit-in davanti al palazzo della Regione è stato il momento-clou del corteo che si è poi snodato per le vicine vie Giustiniano, Cicerone, Fabio Severo e Carducci. La protesta, promossa dai comitati dei cittadini di Servola con il supporto del Gruppo Beppe Grillo Trieste e del coordinamento regionale dell’Italia dei Valori, si è conclusa attorno alle 19.30, dopo due ore abbondanti di manifestazione, sempre in piazza Oberdan. E sempre davanti al «bersaglio» scelto per l’occasione dai promotori, ovvero la Regione. Dalla quale, alla luce anche della fresca posizione del Comune (si faccia riferimento all’articolo sopra, ndr), dipende il possibile rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale entro la fine di questo mese.
Molti gli slogan esposti ai piedi del Consiglio regionale. «Dalla politica solo chiacchiere, dalla Regione solo arroganza, da Ass e Arpa solo silenzio», recitava uno striscione. «Alla Lucchini non interessa neanche la salute dei bambini», c’era scritto su un altro, sollevato accanto a un gruppo di piccoli allievi delle scuole di Servola, che portavano sulla bocca delle simboliche mascherine anti-inquinamento.
Ma in piazza non si sono raccolti solo Grillo-boys e servolani. «Abitiamo in via dell’Istria e a Valmaura e non siamo indenni dai fumi di quella fabbrica», hanno testimoniato alcune persone accomunate dalla protesta. Gli organizzatori, nell’occasione, hanno lamentato l’indisponibilità della Regione, in primis dell’assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, a ogni forma di dialogo. «Il primo ottobre - hanno tuonato - eravamo stati ricevuti dai capigruppo del Consiglio regionale, ci avevano assicurato che saremmo stati reinvitati d’urgenza, al massimo entro dieci giorni. Invece sono trascorse tre settimane e non siamo ancora stati convocati».
pi.ra.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 ottobre 2007

 

 

FERRIERA - Lippi: a Servola né Ferriera né Arvedi - Il numero due del Comune boccia in giunta anche l’ipotesi che il gruppo lombardo rilevi lo stabilimento siderurgico

 

Il sindaco, diffidato con lettera dalla Lucchini, non aggiunge commenti

Sulla vicenda Ferriera «la giunta ha dato mandato al sindaco Roberto Dipiazza di proseguire con la linea dura su entrambi i fronti». Ossia: «No all’autorizzazione integrata ambientale se non ci sarà una limpida e inequivocabile chiarezza» sulle condizioni di qualità degli impianti. E poi - soprattutto - «no all’eventuale possibilità di insediamento di altre società che abbiano lo stesso tipo di attività» di quella svolta oggi dalla Lucchini. Perché «noi quell’area la dobbiamo restituire alla città e soprattutto al porto».
Con queste affermazioni il vicesindaco Paris Lippi delinea chiaramente il significato dell’«atto politico», come lo definisce dandone la notizia, intrapreso ieri dall’esecutivo Dipiazza su sollecitazione dello stesso Lippi, il quale ha sollevato il problema all’approssimarsi di un momento cruciale: il 30 ottobre infatti è in programma la conferenza dei servizi in cui Regione, Provincia, Comune, Arpa e Azienda sanitaria dovranno concedere - o meno - l’autorizzazione integrata ambientale: un via libera alla Servola da votare se si riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti.
Nessun documento dunque ieri da parte della giunta, ma un’indicazione chiara - concordi tutti i presenti compreso il sindaco, aggiunge Lippi - sulla linea da tenere: a Servola non ci deve essere in futuro alcuno stabilimento siderurgico. E «useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione» per arrivare a questo risultato, insiste il vicesindaco citando il gruppo Arvedi. Gruppo che proprio nei giorni scorsi - dopo la rottura delle trattative con Lucchini - aveva ribadito il proprio interesse a un eventuale acquisto dello stabilimento, condizionandolo però a certezze sulla situazione ambientale e sulla stessa volontà della città di vedere ancora attiva o meno la Ferriera.
Il «no» che ora Lippi esterna - e che l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis ripete confermando l’orientamento assunto dalla giunta - suona come una risposta chiara a queste due domande. Anche se si tratta di un no «politico», precisano i due assessori, consapevoli del terreno su cui si muovono. Perché certo il Comune non potrebbe legittimamente annunciare un diniego preventivo all’autorizzazione su cui assieme ad altri enti dovrà votare sulla base di documenti e dati precisi ancora da valutare. Né l’amministrazione potrebbe entrare in una trattativa fra industriali per la compravendita di un’attività privata su un’area in gran parte di proprietà privata. Lo sottolinea con forza l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci, ieri assente alla seduta della giunta, che conferma «la massima attenzione» al problema delle emissioni esploso con evidenza nelle ultime settimane, ma tira il freno su eventuali altri commenti.
Del resto lo stesso sindaco Dipiazza si astiene da qualsivoglia dichiarazione sulla seduta di giunta di ieri e sulla propria posizione: si agirà solo con i fatti, dice attraverso il suo portavoce ribadendo di essere in attesa di ricevere dall’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) gli ultimi dati sulle emissioni che poi l’Azienda sanitaria dovrà analizzare.
Il silenzio del primo cittadino del resto può essere interpretato alla luce della lettera che Francesco Rosato, direttore della Ferriera e consigliere delegato di Servola spa, gli ha inviato pochi giorni fa richiamandolo al corretto esercizio dei poteri e a una lettura dei dati raccolti a Servola sul benzoapirene, conforme alle leggi. Confermando la propria volontà di continuare a collaborare con la pubblica amministrazione «per svolgere seriamente la nostra attività produttiva a Trieste», Servola spa si è riservata però nei confronti di Dipiazza «ogni azione legale a tutela nostra e dei nostri dipendenti, anche con riferimento ai danni che sono stati o potranno essere ingiustamente procurati». Laddove i «danni» sarebbero secondo l’azienda quelli portati dalle parole di Dipiazza, che più volte aveva di recente affermato che se i dati sul benzoapirene fossero stati confermati anche per agosto e settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di chiusura dello stabilimento. Al sindaco la proprietà ha fatto presente anche «l’ingiustificato allarmismo» in materia ambientale che sarebbe alla base dell’interruzione delle trattative con Arvedi.
Mentre dunque Dipiazza tace, l’assessore Paolo Rovis torna a spiegare: «Abbiamo dato un mandato al primo cittadino su due fronti. Perché prioritario è l’aspetto ambientale, ma in seconda battuta c’è una visione strategica dello sviluppo economico-produttivo della città: visione in cui la Ferriera non rientra, perché quelle aree vanno riutilizzate a fini portuali».
Dalla Lucchini - interpellata attraverso i suoi legali - non arriva alcun commento: se il terreno è politico, si fa sapere, non è un terreno di competenza della proprietà. Che attende il tavolo del 30 ottobre. Mentre anche Arvedi sceglie il silenzio.

Paola Bolis

 

 

FERRIERA - Servola: Cisl e Fim  - I sindacati: «Sugli occupati numeri imprecisi»

 

«Sul caso Ferriera, c’è qualcuno che ”dà letteralmente i numeri”, facendo circolare dati privi di fondamento». È l’accusa lanciata dalle segreterie provinciali di Cisl e Fim, e dai rispettivi rappresentanti all’interno delle Rsu dell’impianto di Servola.
«I numeri a cui si riferisce - precisano i sindacati in una nota - sono quelli degli occupati del settore siderurgico triestino. Sono dati che dovrebbero essere conosciuti visto che, in occasione dei vari tavoli istituzionali, vengono frequentemente richiamati e diffusi dagli organi d’informazione. Dobbiamo dedurre che per molti e per nulla disinteressati soggetti, l'"amnesia" è una malattia grave».
«Forse - sottolinea Luciano Bordin - questi tavoli sono stati vissuti da qualcuno più come un palcoscenico personale che come un momento di confronto per risolvere un problema dai risvolti industriali, ambientali, occupazionali e sociali. Detto questo, appare importante ricordare come stanno veramente le cose, ribadendo ancora una volta il numero degli occupati diretti delle due aziende siderurgiche del territorio: Lucchini S.p.A. e Sertubi S.p.A».
Al 30 settemebre scorso, precisa la Cisl, i dipendenti a libro matricola della Lucchini erano 543 (forza attiva 535) di cui 33 a tempo determinato, 12 dipendenti somministrati e 160 appalti strutturali. Solamente un centinaio di lavoratori ha più di 50 anni, un’età che comunque non garantisce, allo stato attuale, garanzia per poter accedere alla pensione tramite i normali ammortizzatori sociali. Sul fronte Sertubi, invece, i dati di fine settembre parlano di 205 dipendenti a libro matricola, di cui 10 a tempo determinato e 50 appalti strutturali. In questa azienda gli "over 50" sono poco più di una ventina.
«La delegazione Cisl di Trieste - osserva ancora Alberto Monticco - segnala questi numeri con la stessa preoccupazione con cui ha preso atto dei dati dell'Azienda per i servizi sanitari sull'inquinamento chiedendo, come ormai da anni, a tutte le istituzioni, dal Governo sino al Comune, e alla proprietà, di arrivare ad una soluzione condivisa che coniughi salute dei lavoratori e della popolazione, con occupazione e sviluppo del settore industriale del territorio triestino».

 

 

FERRIERA - Corteo dei Grillo-boys contro la fabbrica  - Partirà alle 17.30 da piazza Oberdan e coinvolgerà i comitati dei residenti

 

Prevista una sosta davanti al palazzo del Consiglio regionale

Partirà questo pomeriggio alle 17.30 da piazza Oberdan la manifestazione promossa dai comitati di residenti di Servola, e supportata dal Gruppo Beppe Grillo Trieste, per chiedere la chiusura della Ferriera. I parteciperanno si ritroveranno sotto il palazzo della Regione, in concomitanza con la riunione del Consiglio.
Proprio all’amministrazione Illy i manifestanti chiedono «di non concedere il rilascio della certificazione ambientale al Gruppo Lucchini- Severstal, proprietario dello stabilimento, alla luce dei ripetuti monitoraggi che hanno evidenziato seri rischi per la salute dei cittadini e dei lavoratori».
Il corteo si snoderà poi lungo via Giustiniano, via Cicerone, via Fabio Severo, e farà infine ritorno in piazza Oberdan.
Nel corso dell’appuntamento verrà inoltre illustrata la prossima iniziativa in programma contro la Ferriera: una manifestazione che si terrà lunedì 29, sempre alle 17.30, sotto il palazzo del Comune in piazza Unità, in occasione della seduta straordinaria dell’assemblea municipale convocata proprio per discutere della situazione dello stabilimento siderurgico.
La battaglia dei comitati di residenti può contare anche sul sostegno arrivato di recente dai «Grillo boys» di Trieste. Il gruppo che si richiama al comico genovese ha già dato il proprio contributo al successo della manifestazione di questo pomeriggio chiamando a raccolta anche i «grillini» di Udine, Gorizia e Pordenone.
La volontà del «Gruppo Beppe Grillo Trieste», infatti, è quella di informare sul caso Ferriera il maggior numero di persone, convinto che finora il discorso sia stato relegato agli abitanti di Servola e delle vie adiacenti. «La gravità del problema Ferriera invece - spiegano- deve iniziare ad interessare anche gli abitanti di tutte le zone della città nonchè, possibilmente, i cittadini di altre zone del Friuli Venezia Giulia».
Proprio per cercare di dare ampio respiro alla protesta, i «Grillo boys» triestini hanno preso contatti con lo staff del comico genovese per esporre le ragioni della mobilitazione popolare.
La speranza è che la battaglia per la difesa della salute di residenti e operai, date l’attualità dell’argomento e la rilevanza del Gruppo Lucchini- Severstal proprietario dell’azienda, possa trovare spazio nel blog giornaliero di Beppe Grillo, uno dei più cliccati al mondo. Riuscire ad ospitare lì anche solo qualche riga sul caso Ferriera, significherebbe infatti avere una vetrina di primissimo livello, in grado di produrre un’importante cassa di risonanza per i sostenitori della mobilitazione.

 

 

Bucci: un tunnel sotto corso Italia  - Piano del traffico, l’assessore annuncia una nuova ipotesi con cui concorrere a un fondo ministeriale di 19 milioni

 

Lungo 800 metri, a una corsia collegherebbe via Canalpiccolo a via Imbriani

Un tunnel lungo suppergiù ottocento metri, che parte all’altezza di via Canalpiccolo e scorre al centro della carreggiata di corso Italia - non più di cinque metri sotto il manto stradale - per riemergere poco oltre l’incrocio con via Imbriani.
Lì per lì l’assessore al traffico Maurizio Bucci la definisce solo «un’idea, una boutade». Ma poi aggiunge che «sì, ci stiamo lavorando con i nostri uffici perché la domanda va presentata a Roma entro il 15 novembre. In ballo ci sono 19 milioni di euro». E allora, ecco l’«idea» che secondo Bucci potrebbe rappresentare «l’uovo di colombo» grazie al quale risolvere l’infinita vicenda del piano del traffico: un tunnel di scorrimento sotterraneo a senso unico in Corso Italia. Il concetto-chiave è semplice: le auto che oggi scorrono in superficie transiterebbero pochi metri più sotto nel tunnel a una sola corsia (più una d’emergenza) in senso unico, mentre il Corso resterebbe riservato agli autobus. Ma i mezzi pubblici lo percorrebbero tanto in salita quanto in discesa: di qui, prefigura Bucci, la possibilità di pedonalizzare totalmente via Carducci, via Imbriani, piazza della Borsa... Quanto a corso Italia, il transito dei mezzi pubblici in sole due corsie di scorrimento permetterebbe di ampliare considerevolmente l’area dei marciapiedi e di ricavarne magari anche una pista ciclabile. E via Torrebianca, che la bozza di piano del traffico redatta a inizio 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus prevede aperta al traffico privato in direzione via San Francesco, manterrebbe il suo assetto attuale. «L’uovo di Colombo» appunto, secondo Bucci.
Al momento questa del tunnel «è un’ipotesi che stiamo valutando sotto il profilo economico e tecnico con l’obiettivo di presentare un’idea progettuale al ministero delle infrastrutture entro il 15 novembre». Quello infatti è il termine entro il quale le città metropolitane possono richiedere di concorrere all’assegnazione di uno stanziamento di 19 milioni di euro previsto dalla Finanziaria 2007, dice Bucci, e riservato specificamente - in collaborazione con il ministero dell’Ambiente - a infrastrutture volte a migliorare i centri urbani in termini di spazi pedonali e sviluppo del trasporto pubblico.
Il conto economico del tunnel? Bucci non ne è preoccupato: «Si tratta di realizzare una trincea in prefabbricato che poi viene chiusa. È poco più di uno scavo dell’Acegas», dice. Ad ogni modo, nessuna decisione in merito è stata assunta né la giunta ha ancora valutato il progetto. Il percorso è questo: «Innanzitutto capiamo se c’è la possibilità di accedere a quel finanziamento, poi - se appunto ci sarà - analizzeremo e condivideremo il da farsi», spiega Bucci.
Il tunnel rappresenta l’ultima - in ordine di tempo - di una serie di ipotesi che da molti mesi ormai sono allo studio del Comune. L’originaria bozza commissionata dal Comune a Camus prevede tra l’altro il Corso chiuso alle auto e aperto solo in salita ai mezzi pubblici, i quali per scendere verso le Rive transitano lungo via Mazzini: il traffico privato viene invece spostato lungo via Torrebianca in direzione San Francesco. Da tempo il sindaco Roberto Dipiazza ha definito questa bozza superata dalle nuove Rive e dall’imminente apertura della Grande viabilità, e l’argomento piano del traffico - visto l’aspro dibattito interno alla maggioranza che da anni suscita - è rimasto per mesi congelato. Lo scorso agosto, per la prima volta la bozza Camus è stata resa pubblica grazie a una busta anonima consegnata al Piccolo. Adesso, la nuova ipotesi del tunnel sotto corso Italia.

 

 

Evergreen, fiume inquinato ritarda la nuova sede  - Maneschi: «Comune o Authority devono bonificare l’area». Il sindaco: «È compito suo»

 

In Porto Vecchio il torrente Chiave scarica liquami nello specchio di mare prospiciente, il problema doveva venir risolto 5 anni fa

Non è più la contestata altezza degli edifici, bensì è il fiume che scorre nel sottosuolo ora la più grave minaccia alla realizzazione della sede di Italia Marittima, l’ex Lloyd Triestino, e di quella di Evergreen per il Mediterraneo, in Porto Vecchio. «Lì sotto scorre il torrente Chiave che ha anche inquinato tutto lo specchio d’acqua prospiciente - spiega Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima - già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta di provvedere alla bonifica, ma com’era prevedibile non si è mossa una foglia: Comune e Autorità portuale non si mettono d’accordo su chi debba fare il lavoro».
Secondo Martino Conticelli, segretario generale dell’Autorità portuale è al Comune che spetta l’onere dei lavori. «Approfondirò la questione, ma non ritengo sia un’opera da addebitare al Comune - replica il sindaco Roberto Dipiazza - in base alla mia esperienza sarà necessario costruire un ampio contenitore da calare sottoterra dove raccogliere le acque del fiume per convogliarle poi nel depuratore. Ho fatto qualcosa di analogo quand’ero ancora sindaco di Muggia. Ma qui siamo nell’ambito dei cosidetti sottoservizi che comprendono condutture e fognature e dovrebbe essere la stessa Evergreen a realizzarli come oneri di urbanizzazione anche perché ha ottenuto in concessione cinque magazzini per novant’anni in cambio di un canone veramente modesto».
Oltre alle sedi delle due società di navigazione in quei magazzini Evergreen intenderebbe realizzare anche magazzini e servizi per un prospiciente porticciolo nautico, negozi, ristoranti, foresteria e un parcheggio multipiano. Dopo aver minacciato un mezzo disimpegno, recentemente Maneschi ha ribadito l’intenzione di costruire a Trieste anche la sede di Evergreen per l’Europa meridionale con nuove assunzioni di dipendenti.
«Noi stiamo redigendo il progetto esecutivo per le nostre sedi - aggiunge Maneschi - e speriamo di partire con i lavori nell’autunno 2008. Con l’Autorità portuale forse riusciremo a trattare per un metro di altezza in più dei magazzini riqualificati, ma ora il problema principale è questo del fiume Chiave che non spetta a noi risolvere».
Dopo un consulto con i suoi tecnici, l’assessore comunale all’urbanistica Maurizio Bucci propone l’ennesima versione: «In base a una nuova norma di legge è la Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla Regione intervenire anche in questo caso». Difficilmente si erano viste responsabilità rimbalzare in modo così vorticoso.
La faccenda diventa addirittura grottesca andando a rileggere un resoconto del «Piccolo» del 9 agosto 2002, quindi oltre cinque anni fa, in cui si riporta che il Comune e l’Autorità portuale hanno siglato una convenzione per l’ammodernamento delle infrastrutture del Porto Vecchio: strade, rete fognaria, illuminazione, parcheggi, rete elettrica, idrica e del gas, sistema semaforico, rete telefonica e telematica. Tutte opere di urbanizzazione e di sottoservizi, per svariate decine di milioni di euro, che si rendono indispensabili prima di iniziare qualsiasi discorso di ristrutturazione del vecchio emporio. «Prima opera che partirà a breve - era stato rilevato oltre cinque anni fa - sarà la bonifica del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il molo Terzo e il molo Quarto. Il corso d’acqua, che in passato si riversava nel canale di Ponterosso, raccoglie gli scarichi meteorici e acque nere di mezza città. Da qui l’urgenza di intervenire anche con l’apporto dell’Acegas».

Silvio Maranzana

 

 

Rigassificatore di Trieste: accordo Snam-Gas Natural per la connessione alla rete - Investimento complessivo di 1 miliardo di euro

 

MILANO Il gruppo Gas Natural e Snam Rete Gas hanno raggiunto l'intesa in base alla quale quest'ultima realizzerà la costruzione dei due gasdotti di connessione dei due progetti di rigassificazione di Taranto e Trieste alla rete di distribuzione nazionale del gas, una volta ottenute le autorizzazioni previste.
Questo accordo - afferma una nota - segna un importante passo avanti per i due progetti che il gruppo Gas Natural ha presentato tre anni fa alle autorità italiane.
L'accordo prevede inoltre un significativo investimento da parte di Snam Rete Gas per il quale Gas Natural ha presentato le garanzie necessarie ottenute da uno dei maggiori istituti bancari italiani.
I due progetti - della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas ciascuno - prevedono un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro.
I due progetti sono sottoposti attualmente alla procedura per il rilascio della via da parte del ministero per l'Ambiente.

 

 

Gas radon, ultimato il primo monitoraggio Presto l’elenco completo dei comuni a rischio

 

Presentato a Pordenone lo studio dell’Arpa. Ogni anno 90 morti nel Fvg, secondo dati dell’Oms TRIESTE È la seconda causa, insieme al fumo, del tumore ai polmoni. Ogni anno in regione conta 90 morti (dati Oms). È il radon, un gas cancerogeno fortemente presente in Friuli Venezia Giulia dove le aree a maggior concentrazione sono: il Carso triestino e goriziano, il medio Friuli e la Pedemontana pordenonese. Il quadro emerge dalla campagna, promossa dalla Regione, realizzata grazie alla sinergia tra Arpa e Protezione civile. I primi risultati sono stati presentati ieri a Pordenone dall’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton, dal direttore generale di Arpa, Giuliana Spogliarich, dal direttore della Protezione Civile regionale, Guglielmo Berlasso, e dai dirigenti tecnici dell'Arpa, Claudio Villalta e Concettina Giovani.
I DATI La campagna di misurazione (effettuata tra settembre 2005 e marzo 2007) ha coinvolto oltre 1.500 volontari della Protezione Civile regionale che hanno seguito un corso di formazione. Fa seguito a quella già effettuata negli edifici pubblici (scuole in primis), iniziata nel 2000. I volontari in questo caso hanno posizionato, in due successivi semestri, oltre 12 mila dosimetri in 2.500 abitazioni dei 219 comuni del Friuli Venezia Giulia, scelte sulla base di criteri statistici e di rappresentatività. Il 14 per cento di queste case – secondo i rilevamenti effettuati nel semestre invernale (quello più a rischio) che dovranno essere confermati – presentava valori al di sopra della soglia di attenzione e quindi presenza preoccupante di radon. Mediamente si è evidenziata una maggiore possibilità di trovare alte concentrazioni di radon in locali situati al piano terra, in abitazioni con soletta controterra e con i muri portanti formati da pietra e in edifici costruiti prima del 1976.
IL RILEVAMENTO Le misure sono state effettuate per mezzo di rivelatori passivi a tracce (due per ogni abitazione) che sono rimasti esposti per un periodo di 6 mesi, dopodichè sono stati sostituiti da altri 2 rivelatori per i successivi 6 mesi, in modo da poter valutare la media annua della concentrazione di radon all'interno delle abitazioni. Il posizionamento, il cambio e il ritiro dei dosimetri è stato realizzato in contemporanea su tutta la regione e nel più breve tempo possibile. Al termine della campagna di misurazione è iniziata l'analisi dei dati con la predisposizione delle prime mappe. «L’Arpa del Friuli Venezia Giulia – ha precisato Claudio Villalta – è uno degli enti che ha partecipato al primo interconfronto nazionale sulla misura della concentrazione di attività di radon con metodi passivi e i risultati hanno dimostrato che la metodologia di misurazione è una delle migliori d’Italia».
L’OBIETTIVO «La fase di monitoraggio dovrà essere completata in 6–8 mesi» ha detto Moretton ai tecnici dell’Arpa. Una volta conclusa la rilevazione sulle abitazioni, «Avremo a disposizione tutti i dati per la predisposizione di un disegno di legge con la mappa del rischio e le indicazioni ai Comuni delle norme da inserire nei regolamenti edilizi per ridurre e se possibile eliminare il pericolo radon». Una volta completata la classificazione la Regione pubblicherà sul Bur l’elenco dei comuni a rischio che sarà il presupposto, anche per le amministrazioni locali, per intervenire nei piani urbanistici e per regolarsi con le nuove concessioni edilizie.
I CITTADINI Ogni residente delle abitazioni analizzate riceve una lettera che contiene i risultati, i numeri per contattare l’Arpa e richiedere eventualmente un sopralluogo, una pubblicazione con le linee guida da seguire. «Spesso è possibile risolvere il problema con un intervento che non costa più di 1000–1500 euro – spiega Concettina Giovani – anche se c’è, è bene che si sappia, chi chiede cifre astronomiche, 60–100 mila euro». Non sempre aerare i locali è il metodo giusto per tenere lontano il pericolo radon. «D’estate tenere le finestre aperte può andar bene – dice Giovani – ma d’inverno può addirittura essere controproducente perché ciò che fa alzare il livello del gas è lo sbalzo di pressione». Chi vive in una zona a rischio, ma non è rientrato nella campagna di monitoraggio, può richiedere i dosatori direttamente a casa. Il costo del materiale e la spedizione, è a carico del cittadino: 70 euro più iva.
m. mi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 ottobre 2007

 

 

Belci: «La città non sprechi la chance Arvedi per la Ferriera»

 

Secondo il sindacalista Cgil «è esplicito l’impegno a trovare una produzione compatibile con l’ambiente». Metz: «Regione ambigua»

«Se la città spreca questa occasione deve essere consapevole del fatto che non ne avrà altre». Così il segretario provinciale della Cgil Franco Belci invita a riconsiderare la vicenda Ferriera alla luce delle dichiarazioni rese sabato da Giovanni Arvedi. L’industriale dell’acciaio ha riconfermato l’interesse del proprio gruppo a investire su Trieste, malgrado le trattative con Lucchini siano al momento interrotte. «Siamo interessati alla Ferriera ma prima vogliamo chiarezza», ha ribadito Arvedi dicendosi in attesa di un chiarimento sul fronte ambientale «per avere parametri certi di funzionamento», posti come «condizione inderogabile».
Belci dunque osserva come «l’impegno di Arvedi a trovare una produzione compatibile con l’ambiente è esplicito». E allora «tutto ciò non elimina certo la gravità dei dati» sulle emissioni, «ma deve portare a un chiarimento». Perché «un conto è battersi per la chiusura della Ferriera, un conto è costringere Lucchini a lasciare ad Arvedi uno stabilimento che rientra nei parametri di compatibilità con l’ambiente». Per Belci «è il momento di decidere cosa fare del futuro industriale della città. È difficile, ma l’ideale sarebbe trovare una modalità di trattativa tra venditore e acquirente in cui l’amministrazione cittadina entrasse senza certo alterare domanda e offerta, ma dando uno sfondo di politica industriale e di politica dell’ambiente».
Sull’argomento si registra anche un intervento di Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, che in una nota precisa che «finalmente un po’ di chiarezza stia arrivando in merito ai dati di inquinamento della Ferriera di Servola, l’Arpa conferma gli sforamenti anche nel mese di settembre e della prima parte di ottobre, e adesso aspettiamo quelli del Cigra».
Metz attacca la Regione, «e nella fattispecie l’Assessore all’Ambiente Moretton, ma con il concorso del Presidente Illy e dell’Assessore al lavoro Cosolini, sta continuando a mantenere un’ambiguità che rappresenta il vero punto interrogativo della vicenda, non è più il tempo della difesa ad oltranza dell’industria, di questa industria, e di un imprenditore che ha dimostrato di saper fare carta straccia di qualsiasi accordo e disatteso qualsiasi impegno o prescrizione. Questo è il momento di decisioni serie capaci di rispondere alla tutela della salute dei cittadini, della tutela ambientale e del diritto al reddito dei lavoratori della Ferriera».

 

 

Gas radon, pronta la mappa Raccolti dati su 2500 case - Oggi la presentazione

 

PORDENONE E’ pronta la mappa del radon in Friuli Venezia Giulia. Una cartografia che indicherà per la prima volta, in modo completo, le cosiddette Radon pron areas (Rpa), zone del Friuli Venezia Giulia in cui è probabile la presenza di elevate concentrazioni del radioisotopo radon. La presenterà oggi a Pordenone l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton che illustrerà i risultati di uno studio durato un anno e mezzo. «Grazie al lavoro di 1500 volontari della protezione civile – spiega – e alla sinergia tra loro e l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, è stato possibile campionare 2500 abitazioni scelte in base a studi statistici sulla rappresentatività delle aree». Il problema radon è noto da alcuni anni e l’Inail stessa, prima della campagna regionale aveva lanciato l’allarme per la presenza del gas radioattivo naturale, in Friuli Venezia Giulia, in concentrazioni più elevate rispetto alla media nazionale. Prodotto dal decadimento dell’uranio il radon è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità causa principale del tumore polmonare dopo il fumo. Il Friuli Venezia Giulia con 96 Bequerel per metro cubo, si situa tra le regioni con la più alta concentrazione media di gas radon. La nocività del gas sta nel fatto che una parte dei prodotti di decadimento del radon si attacca a polvere, fumo e vapore e può dunque essere inalata. Ma mentre in ambienti aperti la concentrazione del gas non raggiunge mai livelli pericolosi (essendo normalmente inferiore a 30 Bq/m3), nei luoghi chiusi (abitazioni, scuole, ambienti di lavoro) può raggiungere valori elevati potenzialmente dannosi per la salute. Da qui la scelta di un rilevamento massiccio nelle abitazioni. La fase di campionatura è iniziata a settembre 2005 e proseguita fino a marzo 2007.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 ottobre 2007

 

 

Arvedi: «La Ferriera ci interessa ancora»  - «Crediamo nella produzione ma aspettiamo di avere dati certi sulla situazione ambientale»

 

Intanto il centrodestra in Provincia presenta una mozione di sfiducia per l’assessore Barduzzi: «Non fa che criticare il sindaco»

Per la manifestazione dei comitati di martedì si mobilitano anche i «Grillo boys» regionali

Il Gruppo Arvedi, nonostante le trattative interrotte, è sempre interessato ad acquisire la Ferriera di Servola, ma non farà alcun passo fino a quando non sarà fatta chiarezza sulla situazione ambientale. Lo ha detto lo stesso cavalier Giovanni Arvedi, ospite ieri a Buttrio di una manifestazione della Danieli. Arvedi ha anche detto che lo stabilimento siderurgico può avere ancora un ruolo e ha fatto capire che il gruppo di Cremona ha un progetto per una svolta produttiva e ambientale.

«Non verremo a Trieste per fare la guerra delle carte bollate, ma per avere parametri certi di funzionamento. È una condizione inderogabile, altrimenti un imprenditore non può investire. Non è possibile restare nel limbo».
Gentile, riservato, quasi schivo, modi di fare da gentleman vecchio stile, l’imprenditore che è noto nel mondo dei produttori siderurgici come «l’innovatore dell’acciaio che dà lezione ai tedeschi» (che per le sue aziende a Cremona ha scelto il massimo rigore ambientale ed è anche l’inventore di un sistema rivoluzionario con una macchina a ciclo continuo in cui entra l’acciaio liquido ed esce in rotoli), spiega la posizione dell’azienda di fronte all’attuale situazione della Ferriera.
«Certo che siamo interessati allo stabilimento di Servola – conferma Arvedi – non bisogna dimenticare che siamo clienti della Ferriera e che crediamo fortemente nella produzione dell’acciaio. Su questo lo stabilimento di Servola credo possa avere un ruolo importante». Decisivo sarà l’ottenimento dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale che dovrebbe arrivare dalla Regione alla conclusione della conferenza dei servizi. Un documento essenziale per proseguire la produzione, atteso dalla Ferriera ma anche da altre aziende della regione.
«Stiamo aspettando che si chiarisca la situazione dal punto di vista ambientale – continua l’imprenditore – che dovrebbe sfociare con termini chiari e parametri certi nell’Aia, l’Autorizzazione ambientale integrata, che guarda al futuro dell’azienda. Siamo interessati alla Ferriera, ripeto, ma prima vogliamo chiarezza. E credo sia giusto farla pensando anche ai 600 dipendenti». Il gruppo Arvedi ha fatto già tutte le valutazioni sullo stabilimento e avrebbe anche un progetto per una svolta produttiva e ambientale per Servola come è accaduto per Cremona. Da Giovanni Arvedi, in questo caso, tuttavia nessuna conferma.
Intanto il centrodestra in Provincia ha presentato ieri la preannunciata mozione di sfiducia per l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi. «Si è limitata a criticare pesantemente il sindaco - scrive il capogruppo di Fi Claudio Grizon -, il quale può contare sulla solidarietà o collaborazione di Azienda sanitaria, ministero dell’Ambiente, Arpa, Regione, pm Frezza, mentre la Provincia continua a dimostrare scarso impegno sulla Ferriera».
Infine fa sentire la propria voce anche il Gruppo Beppe Grillo Trieste. I «Grillo boys» hanno scelto di sostenere la battaglia dei comitati di residenti a Servola. Martedì alle 17.30 in piazza Oberdan parteciperanno alla manifestazione organizzata per chiedere la chiusura dello stabilimento. L’evento, già ribattezzato «F-day», a richiamo del «Vaffa-day» voluto dal comico genovese poche settimane fa, è stato pubblicizzato ieri con un volantinaggio al centro commerciale «Torri d’Europa» e davanti ai cancelli dello stadio Rocco. I supporter di Grillo hanno invitato a partecipare anche i gruppi di Udine, Pordenone e Gorizia, per allargare la base della protesta e far conoscere al maggior numero di persone «la pericolosità dello stabilimento certificata dagli allarmanti dati del Cigra». Della mobilitazione popolare è stato informato anche lo staff di Beppe Grillo. La speranza dei supporter triestini è che il caso, vista la rilevanza nazionale, possa trovare spazio nel blog del comico.
g.g.

 

 

FERRIERA - Bucci: «Potremmo dare voto negativo» - Il 30 ottobre determinante scadenza per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale

 

Il 30 ottobre sarà una data importante per la Ferriera e per tutti gli enti chiamati a concedere (o no) l’Autorizzazione integrata ambientale sulla scorta del decreto legislativo 18 febbraio 2005, numero 59, che dà questa competenza alla Regione la quale agisce nell’ambito di una conferenza dei servizi. Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria e Regione dovranno votare a maggioranza: se riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini della salvaguardia ambientale (indicate in questi mesi con precise prescrizioni) voteranno a favore. In questo caso l’autorizzazione così concessa sostituirà, di fatto, ogni altra e specifica.
Dunque sarà un «via libera» che molti - il Comune in primo luogo che è fra i massimi contestatori dell’inquinamento rilevato da Arpa e Cigra, ma anche i comitati di cittadini e i sindacati - si chiedono se sia il caso di concedere mentre si susseguono contese su benzene, benzoapirene e Pm10 nell’area esterna della fabbrica e mentre si citano all’interno, dove stanno i lavoratori, 200 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo (per l’ambiente esterno il limite è uno) e si attendono i nuovi test dell’Apat.
«All’ultima riunione nessuna delle prescrizioni date era stata assolta - dice l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci, l’altro giorno in Regione in pubblica «lite» con la Lucchini sulla postazione delle centraline -, e dubito fortemente che in un mese sia stato possibile portare a termine tanti lavori».
Bucci afferma anche che in sede di votazione il parere del Comune è talmente decisivo che col suo eventuale voto contrario viene a cadere il peso degli altri e la palla passa direttamente alla Regione: «In quel caso sarà da sola a prendersi ogni responsabilità». Le regole per ottenere l’autorizzazione integrata ambientale impongono «valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti» e «un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso». Sotto inchiesta la cokeria, l’impianto di produzione di ghisa, l’impianto di lavorazione dei metalli. Ma la Ferriera sta appunto contestando la legittimità della «lettura dati» come significativa per «l’ambiente nel suo complesso» e minaccia altre cause. Bucci esplode: «È vergognoso che un’azienda privata faccia intimidazioni a un sindaco nell’espletamento della sue funzioni istituzionali, è terrorismo, allora noi dovremmo accusarli di strage?».
Dipiazza ha deciso di sollecitare i dati del Cigra e poi, in caso di sforamenti ancora una volta accertati, di chiamare in Municipio Regione, Provincia e Azienda sanitaria affinché firmino una propria soluzione o proposta. Dipiazza sarà per la chiusura.
Bucci ancora ricorda che esiste un accordo firmato tra tutte le amministrazioni col ministero per la dismissione dell’attività nel 2009, «che la giunta regionale ha unilateralmente abolito senza coinvolgere gli altri attori»: «Perché mai, con questo protocollo ancora per aria e in fase di vendita la Lucchini dovrebbe aver serio interesse a investimenti?» conclude l’assessore. Intanto martedì i comitati di cittadini e alcune forze politiche protesteranno sotto la Regione affinché l’autorizzazione, il 30, non sia concessa.
g. z.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 ottobre 2007 

 

 

L’Arpa: nuovi sforamenti alla Ferriera  - Il sindaco: «Voglio aspettare anche gli ultimi dati delle analisi del Cigra»

 

Lucchini: monitoraggio biologico sui lavoratori da novembre. Polemica sui dati

Riunione dell’unità di crisi in Regione: ancora fuori limite il benzoapirene. Patussi (Ass): nello stabilimento esami con valori troppo tolleranti

L’Arpa ha certificato ieri al «tavolo di crisi» sulla Ferriera in Regione gli sforamenti di Pm10, benzene e benzoapirene a Servola fino al 17 ottobre: quest’ultima sostanza (il limite è di un nanogrammo per metro cubo di aria) ha toccato i 40 nanogrammi a luglio attestandosi su una media del periodo di 5,6. Benzene a 14,4 con un limite di 8. L’affollatissima riunione ha visto lo scontro diretto tra Comune e Lucchini. L’Azienda sanitaria ha esplicitato le esposizioni dei lavoratori: nel 2006 oltre 200 nanogrammi di benzoapirene nella fabbrica.

Sotto la regia ordinata di Roberto Della Torre, direttore dell’Ambiente in Regione, si è tuttavia manifestato il grande disordine che attornia il problema. Il sindaco Dipiazza (ieri rappresentato dall’assessore) annuncia intanto una riunione da lui stesso convocata per i prossimi giorni, quando avrà a disposizione anche gli ultimi dati del Cigra: «Farò mettere a verbale le decisioni che ciascuno degli enti intende prendere, la mia proposta è già nota». Ma ieri non è stata annunciata la chiusura dell’azienda.
Troppe cose premono. La Lucchini, rappresentata dal direttore Francesco Rosato, dal consulente Gianfranco Fruttuoso e dal responsabile ambiente Vincenzo D’Auria ha tentato di delegittimare la postazione e le analisi della centralina a Servola stazione, chiedendo: «Ma quanti abitanti ci sono in quel punto? Se una centralina sfora si può dedurne che Servola corre rischio di salute? È una centralina adatta a misurare la qualità dell’aria?». Bucci ha chiesto all’intero tavolo di pronunciarsi sulla legittima postazione della centralina dell’Arpa, che è poi la stessa dell’Apat nazionale e del Cigra, quella che l’Azienda contesta anche legalmente, e ha chiesto che fosse messo a verbale. Provincia e Azienda sanitaria hanno giurato: «Mi fido». L’Arpa, con una sorta di esplicita meraviglia da parte del direttore tecnico-scientifico Gianni Menchini e del direttore di Trieste Stelio Vatta ha dovuto garantire per se stessa, poggiandosi anche sul fatto che l’Apat si è messa contigua coi suoi laboratori.
E Bucci ha rincarato: «E se davanti alla centralina ci fosse anche una sola persona? Il suolo comunale è tutto pubblico». Mentre l’Azienda sanitaria, con la responsabile del Dipartimento prevenzione Marina Brana e il direttore del servizio Sicurezza negli ambienti di lavoro Valentino Patussi dopo aver enunciato le numerose azioni di diffida sulla salute pubblica già inviate all’amministrazione comunale ha umanizzato il discorso: «Nell’arco fra due centraline vivono 500 mila persone». E dai sindacati si è levata una voce: «E i lavoratori sono cittadini anche loro, o no?». Risposta: «Pensiamo all’accumulo di sostanze nel loro corpo se lavorano nella Ferriera e poi vanno a dormire a San Lorenzo in Servola...».
E qui è partito l’ennesimo filone del problema. L’Azienda sanitaria ha annunciato l’imminente varo di una indagine sui tumori nei residenti del terzo distretto sanitario in cui Servola ricade, e l’avvio dell’indagine sull’accumulo di diossine nei lavoratori del reparto di agglomerazione. Il 24 ottobre terrà l’ultima riunione con sindacati, Lucchini e Inail (ma ieri sono stati invitati anche Arpa e Regione) per dare partenza a questo lavoro che si sta costruendo già dal 2005. E a questo punto Patussi si è rivolto direttamente alla Lucchini: «Limiti sul benzoapirene per i lavoratori in Italia non ce ne sono, ma voi avete scelto un parametro estero tra i peggiori, per cui se nel 2002 il limite interno era fissato a 20 nanogrammi per metro cubo, nel 2006 l’avete portato a 200, e noi abbiamo rilevato sforamenti nell’88 per cento dei casi».
La Lucchini a questo punto ha rivelato in anticipo ciò che avrebbe inteso dire solo il 24, all’altro tavolo. «Abbiamo deciso di fare d’ora in poi riferimento al limite di un nanogrammo, nella cokeria creeremo dieci centri ambientali con strumenti del Cnr, con filtri da otto ore, e avvieremo il monitoraggio biologico entro la terza settimana di novembre».
Intanto Della Torre dava i «compiti a casa» per la prossima riunione, tenuto conto che la Regione ha anche citato l’impossibilità di distinguere in una determinata area l’attribuzione dell’inquinamento e l’imprecisione delle leggi. E si è richiamata alla necessità di redigere un piano dell’aria complessivo. L’Arpa dunque come compito aggiuntivo dovrà dimostrare l’utilità di avere più centraline e certificare che le analisi del Cigra sono compatibili con le proprie. Alla Lucchini è stato chiesto - su richiesta dell’Arpa stessa - documentazione sui livelli di produzione da gennaio a oggi.
Ma intanto (ennesimo filone) si è discusso anche del 30 ottobre, quando tutti si ritroveranno per decidere o meno la concessione della Autorizzazione integrata ambientale, che impone all’azienda di dimostrare l’uso della migliore tecnologia sul mercato. A causa di questo snodo, che però non incide sul resto, il «tavolo di crisi» regionale ha rimandato comunque l’appuntamento all’8 novembre.

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - La proprietà a Dipiazza: «Se il suo allarmismo ci danneggia potremmo ricorrere a azioni legali»

 

Il direttore dello stabilimento di Servola invia una lettera al primo cittadinoFrancesco Rosato, direttore della Ferriera e consigliere delegato della «Servola spa», ha inviato ieri una lettera al sindaco Roberto Dipiazza. Rosato richiama nella missiva il primo cittadino al corretto esercizio dei poteri e a una lettura dei dati raccolti a Servola sul benzoapirene, conforme alle leggi.
La lettera è pacata nella forma, ma il suo contenuto non lascia spazio alle divagazioni e alle interpretazioni. La «Servola spa» infatti scrive al sindaco: «Dobbiamo invitarLa al rispetto dei nostri diritti e ugualmente delle normative vigenti, avvisandoLa che ci riserviamo ogni azione legale, in ogni sede, a tutela nostra e dei nostri dipendenti, anche con riferimento ai danni che sono stati o potranno essere ingiustamente procurati».
I «danni» sono quelli che, secondo la «Servola spa», sono stati procurati dalle dichiarazioni del sindaco che più volte ha affermato pubblicamente che se i dati sul benzoapirene dovesse essere confermati anche per agosto e settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di chiusura dello stabilimento.
Nella lettera si fa riferimento all’«interruzione delle trattative fra Lucchini spa e Gruppo Arvedi motivata proprio dalla situazione di ingiustificato allarmismo in merito alla situazione ambientale che sarebbe determinata dalla Ferriera. Già il 24 luglio avevamo rappresentato il rischio che tale operazione potesse essere compromessa dalla diffusione di manifestazioni di volontà di chiusura dello stabilimento, non adeguatamente supportate sul piano scientifico, ma ciò nonostante da Lei costantemente ripetute, in più occasioni, anche con toni gravemente diffamatori, che hanno creato pesanti disagi all’impresa e ai suoi dipendenti, nonché allarme nella popolazione».
La lettera sottolinea inoltre che i dati raccolti finora dal Cigra a Servola non sono rilevanti. La centralina non è del tipo previsto dalla legge entrata in vigore in settembre, mentre quella attivata da poco dall’Arpa è conforme al nuovo provvedimento ma non rispetta i criteri di legge per il posizionamento.
La «Servola spa» nella stessa missiva, conferma la propria volontà di collaborare con la pubblica amministrazione «in tutte le sedi opportune. È nostra intenzione continuare a svolgere seriamente la nostra attività produttiva a Trieste, con le benefiche ricadute occupazionali ed economiche che riteniamo ciò comporti».

Claudio Ernè

 

  

FERRIERA - Martedì alle 15.30 manifestazione pro chiusura

 

I «Grillo boys» scendono in campo per difendere il diritto alla salute degli abitanti di Servola. Anche loro, infatti, parteciperanno alla manifestazione per chiedere la chiusura della Ferriera che si terrà martedì prossimo alle 15.30 sotto il palazzo della Regione. L’appuntamento, organizzato dal Gruppo Beppe Grillo Trieste e dai comitati di residenti, verrà presentato questa mattina alle 10 sotto il palazzo del consiglio regionale.

 

 

FERRIERA - Sulle centraline c’è ancora confusione  - I sindacati ne chiedono il più possibile, la Direzione ambientale ne vuole poche ma definitive

 

Luca Visentini (Uil): «Per noi più centraline ci sono a Servola e meglio è». Della Torre, direttore regionale: «Troppe centraline fanno confusione». Lucchini: «Quanti abitanti ci stanno dietro?». Patussi, medico della prevenzione: «Dietro ci sono case». Bucci, assessore comunale: «La qualità della vita dipende forse dalla quantità di persone? A me basta anche una centralina». Ecco un pezzo di conversazione ieri alla Direzione regionale Ambiente, dove la riunione è stata aperta con una lettera inviata dal procuratore capo di Trieste, Nicola Maria Pace, dato che la Procura è parte integrante di questa battaglia sulla Ferriera.
Già il pm Frezza, che aveva ordinato al Cigra universitario le analisi che poi hanno suscitato grandissimo scalpore, l’aveva detto che i magistrati non possono prender parte a riunioni amministrative. E Pace ha mandato il messaggio ufficiale, spiegando che la segretezza insita nelle indagini in corso impedisce la presenza di magistrati, disponibili comunque sempre a fornire «ogni possibile informazione e collaborazione».
Di fatto però gli esperti universitari del Cigra ieri non si sono visti, e il loro lavoro è stato solamente evocato. «Sono integrabili le analisi dell’Arpa, dell’Apat e del Cigra?» è stato chiesto all’Arpa, che aveva appena esposto le analisi di settembre e ottobre con sforamenti dei limiti. «Arpa e Apat sì» ha risposto il direttore Stelio Vatta. «E quelle del Cigra?». «Quelle non so».
Su questi crinali, interrotti nei giorni scorsi solo dalle terremotanti decisioni del sindaco di far chiudere la Ferriera, si sono per la seconda volta misurati ieri Comune, Provincia, Regione, Azienda sanitaria, sindacati provinciali e Rsu della Ferriera, rappresentanti degli industriali.
A latere ci sono indagini della magistratura e ricorsi al Tar. E il calendario delle successive riunioni plenarie è già saturo: 24 e 30 ottobre e 8 novembre.
g. z.

 

 

Parcheggi a San Vito, emendamento per i posti a rotazione - Il piano prevede solo la vendita

 

Emendamento in consiglio comunale al Piano parcheggi per favorire i posti a rotazione nelle erigende strutture di Largo papa Giovanni e di via Tigor, che complessivamente forniranno circa 200 posti macchina, destinati alla vendita tramite project financing.
L’emendamento che verrà presentato mercoledì prossimo dal consigliere comunale Emiliano Edera (Lista Rovis) è la risposta ad una richiesta arrivata da più parti. «Sono entusiasta per il previsto parcheggio di Largo Papa Giovanni, destinato a lenire una fame di posti macchina che è cronica- dice l’amministratore delegato della Casa di cura Salus, Guglielmo Danelon -. Chiedo però al Comune di lasciare almeno una parte dei nuovi posti che si creeranno alla rotazione, e non di destinarli tutti alla vendita, come sembrerebbe deciso».
Danelon per perorare questa causa si è già recato più volte in municipio. Una richiesta simile riguarda da vicino anche la Biblioteca Civica e l’Università Vecchia, con i dipartimenti di lettere e psicologia, il museo Sartorio, eccetera. Tutti presidi questi attorno ai quali orbitano ogni giorno centinaia e centinaia di persone che prima di trovare un punto dove lasciare l’auto sono costrette a lunghe gimcane. La creazione del parcheggio di Largo Papa Giovanni con entrata sulla via Santi Martiri, che consterà di 116 posti macchina dipartiti su 4 piani interrati, potrebbe infatti alleviare la crisi imperante dei posti auto.
Specialmente se si considera che non lontano, in via Tigor-Cereria, è previsto un altro parcheggio di 3 piani (su pastini) per globali 75 posti macchina. Purtroppo però, spiega il consigliere Emiliano Edera , il Piano parcheggi che verrà discusso in consiglio comunale parla di parcheggi «pertinenziali». Ossia posti macchina da vendere ai residenti. E dunque per le numerose istituzioni della zona c’è il rischio che non resti nulla. «Per questo motivo - chiarisce ancora Edera - presenterò un emendamento al Piano parcheggi nel quale chiedo che almeno il 30% dei circa 200 stalli che si creeranno, venga lasciato per la rotazione. Non bisogna dimenticare che nel quartiere c’è un grande movimento di persone e che la caccia al parcheggio è sempre più disperata».
d.c.

 

 

Tav, fra un mese forse il tracciato - Incontro Sonego-sindaci

 

TRIESTE Decisione rinviata di un mese. Un altro passo avanti nell’incontro di ieri pomeriggio tra gli amministratori della bassa friulana e l’assessore regionale Lodovico Sonego, ma non abbastanza lungo per indurre le parti a raggiungere l’intesa. Le ipotesi di tracciato su cui ragionare si sono di molto ridotte ma esistono ancora delle resistenze che andranno limate. Resta la totale contrarietà del sindaco di Porpetto, Cecilia Shiff, l’unica ad aver posto un veto sull’opera ritenendola troppo impattante per il proprio comune.
Prosegue il dialogo con l’amministrazione di Villa Vicentina, altra spina nel fianco per l’assessore, che pur avendo riconosciuto nelle nuove soluzioni presentate dai tecnici dei forti miglioramenti rispetto al tracciato storico, non scioglie le riserve su quella che sarà la sua posizione. «Non è detto che voteremo a favore. Perché mancano le risposte ai quesiti iniziali (primo tra tutti perché si fa l’opera), domande che continuerò a porre». C’è anche chi, come il sindaco di Torviscosa, vorrebbe riabilitare il tracciato storico, ma in linea di massima le opposizioni più radicali sono state smussate. I tecnici tuttavia non possono ancora dormire sonni tranquilli. Dovranno continuare a lavorare, incontrando anche i singoli amministratori, per appianare le resistenze e cercare di arrivare ad un tracciato che sia il più vicino alle esigenze dei comuni. Naturalmente non potrà accontentare tutti e questo le amministrazioni, così come la Regione, lo sanno. La realizzazione della linea ad alta capacità non è e non sarà, però, in discussione. E a pungolare l’assessore Sonego non sono solo i comuni. Rifondazione comunista ha presentato un’interrogazione a risposta immediata – a firma di Kristian Franzil e Igor Kocijancic – nella quale chiede se la giunta intenda revocare la procedura della legge Obiettivo, se ritenga adeguato il metodo indicato per la Via e se abbia certezza dei finanziamenti della Trieste-Divaccia.

 

 

Caso cementificio I Verdi bocciano il progetto bis: «È insostenibile» - «La giunta ha già detto no»

 

TRIESTE Perplessità sull’ipotesi che il gruppo Grigolin presenti un nuovo progetto per un cemetificio Torviscosa è stata espressa dal consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz. «Alla Cementi Nord-Est - ha affermato Metz - non possiamo che ricordare che la giunta regionale con delibera 1469 del 14 giugno scorso ha tassativamente respinto il progetto non ritenendolo compatibile con l'ambiente». Metz, inoltre, ha ricordato che «sono scesi in piazza migliaia di cittadini per gridare un secco no a ulteriori progetti di sviluppo industriale altamente impattante, in un'area storicamente abusata e violentata da un inquinamento diffuso dell'aria, dell'acqua e del suolo».

 

 

La Ue alla Slovenia: fuori controllo la qualità dell’aria - Aperta una procedura d’infrazione

 

LUBIANA Sotto accusa la qualità dell’aria in Slovenia. La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione per la violazione delle normative comunitarie sulla qualità dell'aria. A superare i limiti stabiliti sono le concentrazioni nell'aria di biossido di zolfo (So2), un inquinante prodotto dalle installazioni industriali che può causare problemi respiratori ed aggravare le malattie cardiovascolari. L’esecutivo comunitario ha chiesto informazioni sulle misure che si stanno attuando per ridurre i livelli di particolato Pm10 (polveri sottili)per rispettare gli standard europei. La procedura d’infrazione riguarda anche Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna.

 

 

 

 

IL NUOVO - VENERDI', 19 ottobre 2007 

 

Dalla Val Rosandra al Carso: Scarpe&Cervello 2007 - escursioni, convegni e appuntamenti per conoscere meglio, insieme a Legambiente, il territorio in cui viviamo. La prossima uscita e' domenica 20 ottobre con partenza da Bagnoli-Boljunec ( 527KB)

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 ottobre 2007 

 

 

Ferriera, oggi i dati sulle emissioni di settembre - L’Arpa renderà note le sue rilevazioni al tavolo allestito in Regione con l’assessore Moretton

 

I dati sulle emissioni della Ferriera nel mese di settembre potrebbero essere comunicati dall’Arpa oggi, nel corso della seconda riunione del tavolo voluto dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton per disporre costantemente di un quadro aggiornato della situazione attraverso un confronto tra enti locali, responsabili sanitari e proprietà dell’azienda.
Secondo indiscrezioni trapelate ieri pomeriggio, l’Arpa sta infatti completando l’elaborazione delle rilevazioni effettuate in settembre nella zona dello stabilimento siderurgico, per cui potrebbe essere in grado di portare i risultati alla riunione di oggi.
Se le misurazioni degli inquinanti dovessero confermare quelle relative a luglio e ad agosto, si aprirebbe un confronto molto delicato.
Il sindaco Dipiazza, che nel caso fossero disponibili i nuovi dati potrebbe essere presente all’incontro di oggi, ha ripetutamente dichiarato di voler attendere queste rilevazioni solo per un eccesso di zelo.
Già in base ai dati di luglio e agosto, il primo cittadino è stato invitato dal direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli a prendere provvedimenti a difesa della salute pubblica.
«Se i dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto – ha dichiarato nei giorni scorsi il sindaco – sono pronto a firmare l’ordinanza di chiusura dello stabilimento».
La riunione odierna si profila quindi particolarmente importante, anche alla luce del consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, chiesto dall’opposizione e fissato per lunedì 29 ottobre

 

 

Tracciato della Tav, tre ipotesi per l’intesa con la Bassa friulana - Oggi il nuovo incontro con i sindaci

 

TRIESTE Da 15 le ipotesi si sono ridotte a tre. La soluzione per individuare un tracciato comune, della linea ferroviaria ad alta capacità, sembra più vicina. La strada della concertazione dà i primi frutti. Oggi si terrà un nuovo incontro tra amministrazioni comunali della bassa friulana, assessore alla Viabilità Lodovico Sonego, Rfi e tecnici nominati dalla varie parti, ma il clima è molto più disteso rispetto a quello che si respirava quest’estate. Non soltanto perché lo studio di più soluzioni alla fine ne ha individuate alcune capaci di trovare consensi trasversali, ma anche perché la concertazione con le amministrazioni ha permesso di superare alcune criticità strettamente legate al singolo territorio. «Non so dire se sarà un incontro risolutivo – dice Sonego –. Ogni volta però che discutiamo si fanno importanti passi avanti. Ormai siamo arrivati a ragionare su due tre soluzioni». Le ipotesi più drastiche, quelle a Nord e a Sud, sembrano essere state abbandonate mentre prevale l’indicazione di mantenere la nuova linea il più vicino possibile a quella esistente. Questo ridimensiona l’impatto sui territori anche se ci sono dei nodi da sciogliere ancora. Uno di questi è il tipo di collegamento tra Cervignano e Udine che diventa strategico per il Friuli vista la presenza dell’interporto e le prospettive di sviluppo. I rapporti più tesi, ovvero quelli con il comune di Villa Vicentina e Porpetto, si sarebbero ammorbiditi grazie ad una soluzione di minor impatto per questi territori, una soluzione che allontana il tracciato dai centri abitati rispetto alla prima versione. E poi ci sono soluzioni strategiche innovative come quella prevista per oltrepassare l’Isonzo. L’idea, condivisa dall’amministrazione di Fiumicello, è quella di abbattere i due ponti ferroviari esistenti e realizzarne uno unico in cui far passare entrambe le direzioni della linea. Se in regione si accorciano le distanze politiche sul corridoio V, a livello nazionale il dibattito resta acceso. «Per i finanziamenti europei alle tratte transfrontaliere del Corridoio 5 bisogna parlare di meno. E soprattutto sulla base di atti concreti» ha detto ieri Roberto Musacchio, capogruppo di Rifondazione comunista al Parlamento europeo.
m.mi.

 

 

Piano parcheggi: il centro diventa una camera a gas

 

In questi giorni si sta discutendo il Piano parcheggi, fortemente voluto dall'assessore Bucci, nonostante la Grande Viabilità non sia completata e da sei anni la nostra città sia senza un Piano del traffico. Su quest'ultimoa tema i commenti si sprecano, alla luce della paradossale situazione verificatasi solo poche settimane fa che però non ha determinato una presa di coscienza da parte di Giunta e Sindaco sulla necessità di svelare i contenuti di uno strumento fondamentale per la mobilità urbana di una città come il Piano del Traffico, costato tra l'altro150 mila euro per la consulenza dell'ingegner Camus. Il citato Piano è rimasto nei cassetti e se ne discuterà, forse, nel 2008. A questo punto Bucci «rilancia» e annuncia 18 nuovi park sotterranei per 5.000 (cinquemila) posti macchina, per quella che l'assessore definisce, la «città dirigenziale». Una città in realtà sempre più povera, come testimoniano gli stessi poveri che sempre più spesso riempiono strade e piazze.
Come evidenzia l'indagine dell'Espresso di settembre, su 12 città italiane con più di 200.000 abitanti Trieste è al penultimo posto, solo Bari sta peggio di noi e la maglia nera per la nostra città è dovuta alle soluzioni attuate dalle giunte Dipiazza di questi anni per ridurre traffico e smog che invece hanno ottenuto l'effetto contrario. Bucci, invece di confrontarsi con i cittadini sulle scelte strategiche ha affermato che l'indagine non era veritiera. Se esaminiamo i documenti che accompagnano la delibera notiamo che al Capitolo 1 sotto la voce Introduzione-Premessa sta scritto che «la quantità spesa alla ricerca di un parcheggio genera un traffico parassita, un innalzamento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico ed un impoverimento della qualità urbana». Questo dovrebbe significare una volta per tutte lavorare per disincentivare l'uso della macchina in centro città, come il Sindaco ha affermato per anni e come Camus ha svolto secondo le indicazioni ricevute, ed intervenire in modo strutturale non solo sui parcheggi ma anche e soprattutto sul trasporto pubblico, sulle due ruote e sull'uso della bicicletta, così come stanno facendo molte città in Europa. Ovvero fare una proposta sui mezzi che i cittadini usano per raggiungere il centro.
Durante l'incontro-vetrina di due mesi fa quando l'assessore presentò il Piano parcheggi e annunciò che l'idea di «sotterrare» le macchine avvicina la nostra città a quella di New York che ha fatto la medesima scelta, ottenne un sicuro ritorno in termini di «appeal». Il Sindaco di Parigi invece ha lanciato il progetto Velib, ovvero il più importante esperimento di noleggio pubblico di biciclette del mondo. Partito nel luglio di quest'anno, prevede l'utilizzo di 10.000 biciclette presso 750 stazioni di noleggio. A due mesi dall'inaugurazione un parigino su 5 ha usato Velib e l'8% per cento ne è un cliente abituale, quotidiani e settimanali ne parlano in continuazione e con questa proposta Bertrand Delanoe si presenta alle prossime elezioni mentre invece Bucci rischia di portare alle elezioni regionali del 2008 un'idea di città che diventa una camera a gas! Per rendere una città vivibile bisogna tenere in considerazione tutti coloro che usufruiscono della viabilità del centro urbano e non solo gli automobilisti. La città è fatta per essere vissuta e non soltanto per circolare.
Alfredo Racovelli - consigliere comunale dei Verdi per la pace

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 ottobre 2007 

 

 

Lucchini: da Arvedi nessuna proposta sulla Ferriera - il 29 ottobre un Consiglio comunale straordinario

 

La proprietà bresciana conferma lo stop alle trattative per il possibile passaggio di mano dello stabilimento

Ma l’aula municipale ascolterà in audizione mercoledì 24 il sindaco, che non potrà essere presente alla seduta successiva

Arvedi ha interrotto le trattative con Lucchini per la Ferriera. La conferma a quanto anticipato ieri dal Piccolo arriva dalla proprietà bresciana, che precisa che le trattative erano state avviate a luglio su iniziativa del Gruppo Finarvedi. Alla loro interruzione, recita una nota di Lucchini, «si è giunti in assenza di proposte concrete da parte del potenziale acquirente».
La Lucchini - così la nota - perseguirà con rinnovata determinazione gli obiettivi di consolidamento dell'assetto industriale e sviluppo delle attività dello stabilimento, risanamento ambientale, miglioramento della sicurezza e salute dei propri lavoratori «in coerenza col piano industriale presentato al ministero dello Sviluppo economico nel luglio 2006» e con quanto «discusso e ribadito al tavolo di concertazione promosso dalla Regione». Dell’urgenza Ferriera si discuterà intanto in due sedute del Consiglio comunale. Una riunione straordinaria dell’aula era stata richiesta dall’opposizione la settimana scorsa, ed è stata fissata ieri dalla conferenza dei capigruppo per lunedì 29 ottobre. Saranno invitati a partecipare tutti i principali attori della vicenda, dalla Regione alla Provincia, dall’Arpa alla Lucchini-Severstal e alle Rsu dello stabilimento. Non ci sarà il sindaco Roberto Dipiazza, causa impegni già fissati per il 29. Il primo cittadino verrà dunque sentito in audizione nel consiglio comunale di mercoledì prossimo, 24 ottobre.
Se il Consiglio è stato richiesto dall’opposizione, la stessa maggioranza non ha posto obiezioni. «È opportuno che della situazione della Ferriera si discuta ora che si è arrivati al punto di potere parlare seriamente, dato che tutti convergono sull’obiettivo di risoluzione del nodo ambientale», è il commento della capogruppo di An Alessia Rosolen. La quale però ancora una volta si augura, all’approssimarsi della campagna per le regionali 2008, che «la Ferriera non diventi il tormentone della vigilia elettorale». Un’osservazione che il capogruppo diessino Fabio Omero rispedisce subito al mittente notando che «il centrosinistra non ha mai usato la Ferriera come clava: sono stati semmai Roberto Antonione (allora presidente della Regione, ndr) e poi il sindaco a cavalcare la questione». Decisamente meno positiva, intanto, la valutazione dell’opportunità di convocare il consiglio sulla Ferriera da parte del capogruppo forzista Piero Camber: «La seduta non servirà a nulla, perché chiudere lo stabilimento ormai è inevitabile». Omero ribadisce innanzitutto la propria «preoccupazione per la salute dei lavoratori dello stabilimento e dei cittadini» rammaricandosi per l’interruzione della trattativa con Arvedi, che «nei suoi stabilimenti ha dimostrato tutt’altra considerazione per lavoratori e ambiente, mentre Lucchini non ha rispettato gli impegni».
E intanto il Cittadino Robero Decarli lancia l’allarme sui lavoratori dello stabilimento e dell’indotto. Perché «se i dati sugli inquinanti fin qui emersi venissero confermati la Ferriera andrà chiusa, ma che ne sarà dei lavoratori - 500 dello stabilimento più quelli dell’indotto, certo oltre mille persone in tutto - che si troveranno disoccupati?». Preoccupazioni non condivise da Piero Camber: «A Trieste non mancano i soldi per la realizzazione di grandi opere, le bonifiche e la piattaforma logistica per citare. Per le prime ci sono decine di milioni a disposizione, la seconda occuperà almeno 200 persone per tre anni. I lavoratori della Ferriera possono trovare spazio in questi cantieri».

 

 

FERRIERA - Assindustria: «Una mossa attesa» Rovis: «Soluzioni per i lavoratori» - Reazioni unanimi alla scelta del gruppo di Cremona

 

«Comprendo la cautela dell’Arvedi. Di fronte a un percorso avviato verso la chiusura, mostra una giusta prudenza. Forse non le erano stati prospettati gli ingenti investimenti necessari a contenere le emissioni. I dati sono peraltro allarmanti». Paolo Rovis, assessore comunale all’economia, non si mostra sorpreso dalla decisione del gruppo di Cremona di interrompre le trattative sulla Ferriera. Sollecita invece a trovare soluzioni per i lavoratori: «Tavoli regionali o nazionali devono prevedere ammortizzatori o percorsi per il reimpiego, come corsi di formazione o l’avvio delle bonifiche, che da sole garantirebbero alcuni anni di lavoro».
Nessuna sorpresa per l’interruzione del dialogo Arvedi-Lucchini anche nella sede dell’Assindustria. «Nel quadro attuale – commenta il direttore Paolo Battilana – era una mossa che ci si attendeva. E non ci saranno novità finchè la situazione non verrà chiarita nei punti essenziali della compatibilità ambientale e della possibilità che lo stabilimento possa continuare ad operare. Non resta che attendere i risultati delle rilevazioni in corso».
Pure sul fonte sindacale la possibilità che le trattative si interrompessero era messa nel conto. «La cosa non ci sorprende, considerando quanto sta succedendo attorno allo stabilimento – dichiara Antonio Saulle, segretario provinciale della Fiom-Cgil –. Ora si pone la necessità di un confronto con la Severstal, per capire come intendono precedre con il piano industriale del 2006: se lo cambiano, lo confermano o cos’altro». Saulle si rammarica comunque della sospensione delle trattative: «Il mancato acquisto da parte di Arvedi – osserva – lascia lo stabilimento in una situazione in cui manca quella verticalizzazione del prodotto che appunto Arvedi avrebbe potuto dare. Non so comunque quali siano state le intenzioni di questa azienda, perchè non abbiamo mai avuto alcun incontro».
«Avevamo già anticipato il timore che Arvedi potesse lasciare il tavolo delle trattative – commenta a sua volta il segretario provinciale della Uilm, Enzo Timeo –. Se chi ora sta gioendo pensa di aver risolto il problema della Ferriera e dei cittadini resterà deluso, perchè Lucchini-Severstal finchè potrà continuerà ad usare lo stabilimento. Gli attuali proprietari non chiuderanno infatti la Ferriera per questioni di logica industriale, visto che rende almeno 50 milioni di euro l’anno».
Timeo sottolinea poi come ora Arvedi stia ad osservare cosa accade in città e come si comportano le istituzioni: «A fare dichiarazioni di principio – rileva – sono bravi tutti. Nessuno parla invece degli ammortizzatori sociali da attivare nel caso di un’eventuale chiusura». E precisa che il sindacato non rimarrà insensibile alle richieste del personale: «Abbiamo sempre evitato – osserva – di fare da sponda sia all’azienda sia a una o all’altra delle istituzioni, ma quando avreno la spinta all’intervento da parte dei lavoratori non potremo far altro che intervenire».
Un invito a non chiudere il discorso con Arvedi viene dal fronte politico, nella fattispecie dal segretario provinciale dei Ds Fabio Omero: «In qualche modo il dialogo va proseguito – rimarca – perchè Arvedi ha la fama di rispettare i parametri ambientali, mentre Lucchini in questi anni ha dimostrato di non voler percorrere la strada del risanamento. Le istituzioni devono quindi sollecitare la Lucchini a riaprire il dialogo».
Sull’aspetto ambientale fa leva anche Uberto Fortuna Drossi, consigliere regionale dei Cittadini: «Il problema è che chiunque acquisti lo stabilimento deve fare le opere necessarie perchè non sia inquinante. Tappeto rosso quindi all’Arvedi se prevederà un intervento serio e radicale, come sembra avesse intenzione di fare. Trieste vuole l’industria, ma pulita e innovativa».
gi. pa.

 

 

FERRIERA - Perplesso l’assessore provinciale Godina: «Inopportuno dire che sia la città a dover decidere»

 

Walter Godina, assessore provinciale allo sviluppo economico, dichiara di comprendere l’atteggiamento dell’Arvedi, «posso capire – osserva – che l’azienda chieda certezze», ma si mostra sorpreso per l’affermazione del gruppo di Cremona sul fatto che la città deve chiedersi che tipo di stabilimento vuole.
«Mi sembra inopportuno – commenta – che ci venga detto decidete cosa si vuol fare, proprio perchè stiamo decidendo, con tutti i passaggi che consentono un’eventuale prosecuzione dell’attività della Ferriera, su basi certe anche dal punto di vista ambientale».
Secondo Godina le istituzioni possono decidere, e quindi dare certezza agli imprenditori, solo dopo che sono state chiarite le questioni ambientali e della salute pubblica. «L’incertezza sulle emissioni – rileva – dura da troppi anni: bisogna avere dati certi, una volta per tutte, per poter garantire gli investimenti degli imprenditori, la salute dei cittadini e il lavoro dei dipendenti».

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 ottobre 2007

 

 

Arvedi: stop alle trattative per la Ferriera  - Il gruppo lombardo interessato all’acquisto ha sospeso i contatti con la Lucchini. «Inutile fare progetti ora»

 

«La città e le istituzioni dicano se vogliono ancora uno stabilimento industriale»

Il sindaco Dipiazza ribadisce di voler attendere i dati di settembre: «Chiamerò sindacati e lavoratori e poi deciderò che fare»

Le trattative per la vendita della Ferriera fra la Lucchini-Severstal e il gruppo Arvedi di Cremona, che aveva avanzato l’intenzione di acquistare lo stabilimento di Servola, sono completamente bloccate. Dopo le voci su un’interruzione del dialogo circolate di recente e legate all’allarme ambientale per l’attività della Ferriera, la notizia adesso è ufficiale.
A darla è la stessa Arvedi, i cui vertici aziendali non nascondono stupore e perplessità per quanto si sta verificando. «Trieste deve dire che tipo di stabilimento industriale vuole – dichiara un portavoce dell’Arvedi – e se vuole ancora uno stabilimento industriale. E’ la città che deve dirlo – rileva – e la domanda va fatta in particolare alle istituzioni. Devono farsi un’idea precisa di cosa vogliono».
E a spiegare l’interruzione delle trattative la società cremonese aggiunge che «di fronte a questi dubbi e alle situazioni sollevate, un’azienda non può che stare completamente ferma. E’ inutile fare valutazioni, piani e progetti».
L’interesse di Arvedi, che della Servola spa è uno dei principali clienti, ad acquistare lo stabilimento era emerso prima dell’estate. Negli scorsi mesi gruppi di tecnici del gruppo di Cremona, ma anche altri esperti, hanno effettuato numerose valutazioni, con l’obiettivo di arrivare a un’offerta all’inizio dell’autunno.
La proposta di acquisto, con tanto di prezzo, alla Lucchini-Severstal era attesa in queste settimane. Le dichiarazioni riportate più sopra ufficializzano invece una brusca interruzione delle trattative, che allo stato delle cose non si sa se, e quando, riprenderanno.
Sul fronte istituzionale, intanto, il sindaco Dipiazza ribadisce di voler attendere i dati di settembre sulle emissioni rilevate dal Cigra e dall’Arpa. Il posizionamento di ulteriori centraline del Cigra nell’area di Servola, deciso dal pm Frezza (ne riferiamo a fianco), non fa cambiare l’atteggiamento del sindaco.
«Gli sforamenti nel mese di agosto – sottolinea Dipiazza – oltre che dal Cigra sono stati registrati anche dall’Arpa. Nella lettera del 4 ottobre il direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli mi scrive che non è cambiato nulla dopo le due ordinanze sulle emissioni che ho emanato nei mesi scorsi. Se i dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto, sono pronto a firmare l’ordinanza di chiusura dello stabilimento».
Il primo cittadino ricorda poi che nella stessa lettera il direttore dell’Ass lo ha invitato a prendere provvedimenti a tutela della salute pubblica. «Solo per un eccesso di zelo ho deciso di attendere i dati di settembre – rimarca Dipiazza – ma gli elementi per decidere ci sono già. Comunque, quando avrà in mano i dati di settembre chiamerò istituzioni, sindacati e lavoratori e si discuterà il da farsi».
gi. pa.

 

 

FERRIERA- La Procura indica un terzo sito per i test - Dirottata la centralina di via Fleming, verrà spostata anche quella in via San Lorenzo in Selva

 

Dall’Università a Servola, per misurare in altri punti dell’abitato, le eventuali concentrazioni di benzoapirene nell’aria.
La centralina del Cigra che dall’inizio dell’anno ha funzionato in via Fleming per consentire un paragone tra questi dati e quelli raccolti nell’area adiacente alla Ferriera, nelle prossime ore verrà spostata a Servola. Sarà installata in una zona più lontana dalla cokeria di quella di via San Lorenzo in Selva, oggi monitorata da tre centraline. Quella originaria del Cigra, voluta dalla Procura; quella dell’Arpa, posizionata dal Comune e quella inviata tre giorni fa dal Ministero dell’ambiente. I dettagli del nuovo posizionamento sono stati stabiliti ieri il pm Federico Frezza che ha firmato un decreto in cui vengono accolte alcune delle osservazioni sollevate lunedì dai legali della Lucchini.
Il magistrato ha inoltre stabilito che entro il 22 ottobre anche la prima centralina del Cigra, oggi posta in via San Lorenzo in Selva, sia spostata in un’altra zona di Servola, meno prossima alla cokeria. In questa area continuerà invece a operare il campionatore dell’Arpa. Le ragioni della scelta della Procura sono chiare: «Si potrà così disporre dei dati di tre campionatori del benzoapirene in tre diversi punti di Servola. In questo modo si disporrà di una mappa altamente significativa delle immissioni dello stabilimento e della loro dispersione nell’aria a seconda della distanza dalla cokeria, dell’orografia e della direzione in cui soffiano i venti».
Nel decreto firmato ieri il magistrato ribadisce che «era scontato i dati raccolti nei primi mesi andavano implementati». Ricorda inoltre che più volte è emerso «che i dati Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione». Da qui la scelta di aumentare i punti di misura.
c.e.

 

 

Ue: 30 milioni per la Trieste-Divaccia  - Il progetto di valico ferroviario nelle priorità di Bruxelles accanto ai piani per il nuovo Frejus e il tunnel del Brennero

 

L’Italia ne aveva chiesti 90. Di Pietro: «Non risulta una decisione sui finanziamenti»

TRIESTE Trenta milioni per il progetto definitivo della tratta Trieste-Divaccia. A circa un mese dalla decisione ufficiale di Bruxelles le indiscrezioni sulle cifre destinate ai progetti Tav e in particolare alle tratte di valico si moltiplicano. Per la progettazione della Trieste-Divaccia in realtà erano stati richiesti oltre 90 milioni, ne dovrebbero arrivare solo 30, ma a livello locale c’è comunque soddisfazione: il valico è nelle priorità Ue ed è accanto ai progetti del nuovo Frejus e il tunnel del Brennero.
Le notizie anticipate ieri dal Sole 24 Ore e ripetutamente confermate a livello locale in particolare dall’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego e dal direttore del segretariato tecnico del Corridoio 5 (ha sede a Trieste), Giuseppe Razza, hanno comunque sollevato un polverone tra Bruxelles e l’Italia per la fuga di indiscrezioni. «Quelle pubblicate sulla stampa sono cifre false» ha dichiarato in tarda mattinata il portavoce Ue, Michele Cercone rispondendo ai giornalisti che domandavano sui finanziamenti per le reti transeuropee tra cui la Tav. «Smentisco ufficialmente quello che è stato scritto – ha precisato poi il portavoce del commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot – il lavoro dei tecnici è ancora in corso», non nascondendo una certa irritazione da parte di Bruxelles per la fuga di notizie visto che la Commissione in teoria dovrebbe rendere note le decisioni solo a metà-fine novembre.
Poche ore dopo ecco anche l’intervento piccato del ministro alle Infrastruitture, Antonio Dipietro: «Da Bruxelles non è arrivato assolutamente nulla. Smentisco che all’Italia siano arrivate decisioni da parte dell’Ue sui finanziamenti delle linee transnazionali».
«Un polverone che irrita la Ue e che deve preoccupare anche l’Italia che si mette nuovamente in cattiva luce», insiste il presidente della Commissione trasporti del Parlamento europeo, Paolo Costa che (come spiega nell’articolo a fianco) invita alla cautela anche perchè le cifre per l’Italia potrebbero essere anche superiori a quelle indicate.
Il costo complessivo del progetto per la tratta transfrontaliera supera i 100 milioni e dovrà essere cofinanziato anche dall’Italia e dalla Slovenia. per la costruzione di questa parte le stime parlano di un costo attorno ai 3,5 miliardi. Soddisfatto delle indiscrezioni, come detto, il direttore del segretariato tecnico per il Corridoio 5, Razza, che fa sapere che sono positive ed è un buon risultato di fronte alla collaborazione transfrontaliera al progetto.
«Le indiscrezioni che filtrano da Bruxelles sono positive, confermano che la Commissione Europea, come avevo già anticipato, crede molto nel collegamento ferroviario del Corridoio V tra Italia e Slovenia» commenta l’assessore Sonego confermando le notizie che giungerebbero alla Regione anche da altre fonti e canali Ue. «Attendiamo le conferme finali – conclude – che dovrebbero arrivare nel corso delle prossime settimane e poi al lavoro per la Trieste-Divaccia che offrirà grandi vantaggi competitivi a tutta la portualità del Friuli Venezia Giulia. La Commissione sembra orientata ad assegnare 30 milioni per la progettazione, in questi tre anni il Corridoio ha fatto passi da gigante. Non era nemmeno incluso nella programmazione comunitaria, oggi si parla dei primi finanziamenti. Anche l’Italia dovrà mettere mano alla borsa».

Giulio Garau

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 ottobre 2007

 

 

Ferriera e smog, il pm ordina nuove indagini  - Dopo l’allerta inquinamento e le richieste dell’azienda: un’altra centralina sarà attivata a Servola

 

I primi dati contestati dai legali dello stabilimento: la stazione di rilevamento del Cigra verrà sistemata più distante dall’impianto

Una nuova centralina misurerà a Servola su incarico della procura della Repubblica le emissioni di benzoapirene e si affiancherà alle altre tre in funzione a pochissima distanza l’una dall’altra. La nuova centralina sarà posizionata- nell’ambito di un supplemento di indagine deciso dal pm Federico Frezza- in un punto diverso e meno a ridosso dello stabilimento siderurgico. Finora l’unico campionatore del «Cigra» a cui si sono aggiunti di recente quelli dell’Arpa e del Ministero dell’ambiente, aveva funzionato tra via dei Giardini e via San Lorenzo in Selva, a pochi metri dalla recinzione della ferriera. Aveva raccolto risultati la cui lettura ha suscitato allarmate prese di posizione politiche , amministrative e sindacali per i livelli raggiunti nell’aria dal benzoapirene, un idrocarburo aromatico policiclico, giudicato «mutageno e cangerogeno».
All’allarme sono seguite riunioni ai massimi livelli e il sindaco Roberto Dipiazza ha più volte affermato che se i dati ancora parziali della centralina raccolti negli ultimi mesi dovessero essere confermati dalle analisi sui campioni di settembre, avrebbe bloccato l’attività dello stabilimento per tutelare la salute della popolazione.
La decisione di posizionare una centralina del «Cigra» in un punto diverso da quello di via dei Giardini, è stata assunta formalmente ieri dal pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono coinvolti Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio e Francesco Rosato, rispettivamente presidente e amministratore della Servola spa, nonché il direttore dello stabilimento Francesco Rosato.
Ieri il magistrato inquirente aveva incontrato per 90 minuti nel suo studio, gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi, da tempo difensori del gruppo siderurgico bresciano. Alla riunione avevano partecipato l’ingegner Giancarlo Fruttuoso, consulente della «Servola spa» e il direttore dello stabilimento, indagato in questa inchiesta. L’istanza di riposizionare una nuova centralina è stata avanzata dai legali della Ferriera per verificare in un diverso punto del rione le caratteristiche dell’aria.
La «Servola spa» non contesta infatti i dati sulla presenza di benzoapirene raccolti finora dal «Cigra» in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva. Ma la proprietà, attraverso i propri legali e consulenti, ieri ha voluto richiamare l’attenzione sui parametri di legge introdotti da poche settimane dal Decreto legislativo 152/07. Il provvedimento detta una serie di prescrizioni per posizionare le centraline e per leggerne i dati. Finora questi parametri non sarebbero stati applicati nelle misure effettuate a Servola. Ecco perché ieri è emersa in procura la necessità di attivare un apparecchio di misura posto in un punto diverso del rione, da quello finora monitorato.
La tesi di una lettura parziale e atipica dei dati raccolti dal «Cigra» e poi diffusi dalla procura alle amministrazioni locali, era già emersa nel ricorso al Tribunale amministrativo regionale presentato dal gruppo Lucchini pochi giorni fa. Erano state impugnate le tre ordinanze firmate dal sindaco tra giugno e luglio, quando erano emersi i primi dati su una altissima presenza di benzoapirene in via dei Giardini e in via san Lorenzo in Selva.
Dove e quando la nuova centralina sarà posizionata per effettuare nuove misure sul benzoapirene, al momento non è ancora stato definito. «I dati finora raccolti sono parziali e vanno completati attraverso una rete di monitoraggio formata da più centraline poste in punti diversi del rione» ha affermato in serata il pm Federico Frezza. Certo è che in via San Lorenzo in Selva sta operando da 48 ore il Laboratorio mobile dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, inviato a Trieste dal ministro Alfonso Pecoraro Scanio. Il mezzo è posizionato accanto a quello dell’Arpa. Due p,metri più in là è in funzione quella del Cigra.
Tre stazioncine stanno in pratica misurando la presenza di benzoapirene in un unico punto, mentre al contrario la «rete» di controllo della qualità dell’aria dovrebbe essere la più estesa possibile.

Claudio Ernè

 

 

Apat e Arpa, a fine mese i primi dati - Il verde Metz sospetta una riduzione di attività per abbassare l’inquinamento
 

In un comunicato firmato da Apat e Arpa le due agenzie (nazionale e regionale) che stanno rilevando i dati d’inquinamento attorno alla Ferriera (in via San Lorenzo in Selva 166) comunicano che i primi risultati - analizzati congiuntamente - saranno disponibili a fine ottobre per i dati gravimetrici (Pm10, Pm2,2 e Pm1) e entro novembre per i microinquinanti, cioé idrocarburi policiclici aromatici (tra cui il benzoapirene sotto accusa in questi giorni) e i metalli. «Le procedure operative - afferma l’Apat - sono state elaborate congiuntamente con l’Arpa e cono conformi alla normativa vigente». Nove i campionatori dell’Apat sul suo laboratorio mobile e analisi che dureranno 15 giorni. Intanto però Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi (ieri a colloquio con molte famiglie di Servola) persegue nel ritenere «strano» - come gli riferiscono anche i cittadini - che appena iniziate le analisi l’aria attorno alla Ferriera sia diventata molto respirabile. Temendo una riduzione del ciclo produttivo, ha chiesto al ministero dell’Ambiente e all’Arpa un’indagine sulla tracciabilità del lavoro nella Ferriera. Cittadini gli hanno anche consegnato analisi mediche che Metz intende sottoporre a «sanitari esperti». I sindacati tuttavia, e lo afferma Franco Palman delle Rsu, attribuiscono l’«aria pulita» di questi giorni al borino e all’alta pressione: «Non c’è stata riduzione di attività». Intanto Fabio Gemiti del Wwf, chimico e membro del consiglio di indirizzo dell’Arpa in rappresentanza di ambientalisti e consumatori triestini, ha spedito una lettera: all’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, che presiede il consiglio Arpa. «Ho chiesto - spiega - chiarimenti sull’attendibilità della raccolta dati e della loro interpretazione da parte dell’Arpa». Il motivo: l’Arpa ha cominciato a misurare il benzoapirene solo dopo che il consorzio Cigra ha trovato benzoapirene e polveri sottili oltre limiti in via San Lorenzo in Selva. «Spero - conclude Gemiti - che le condizioni meteo siano adesso conformi alla media annuale, altrimenti il vento potrebbe di nuovo farci mancare, in questi 15 giorni, una veritiera fotografia della situazione».
g. z.
 

 

Bonifiche, firma dell’accordo entro novembre  - Anticipazione dal vertice svoltosi in città tra gli enti interessati e i rappresentanti del ministero dell’Ambiente

 

Ferrara: «Pronti per le emergenze in regione 5-600 milioni, 62 subito a Trieste»

’accordo di programma sulle bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale potrebbe essere firmato entro novembre. Ne è convinto il rappresentante del ministro Pecoraro Scanio, Andrea Ferrara, che ieri ha partecipato al vertice istituzionale in Regione (presenti Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit, Autorità portuale e Assindustria) con il direttore generale del ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini.
«Ci siamo dati appuntamento all’inizio di novembre – precisa Ferrara – per quello che, alla luce della riunione di oggi (ieri,ndr), ritengo sarà l’ultimo incontro prima della firma dell’accordo entro il mese prossimo. Tra qualche giorno – aggiunge – invieremo la bozza ai diversi enti, che potranno fare le loro considerazioni in vista della riunione finale».
Non altrettanto convinto sui tempi brevi per il raggiungimento dell’intesa si dice il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton: «E’ stata una riunione interlocutoria – rileva –. Le parti si sono impegnate ad esaminare l’ipotesi di accordo di programma, alla luce di quello che verrà firmato a giorni per il sito inquinato di Napoli. Esamineremo quindi il testo che ci verrà inviato e faremo le nostre controproposte».
Moderatamente soddisfatto si dichiara il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita: «Anche se non abbiamo visto ancora un pezzo di carta – annota – ci sono state dichiarazioni di apertura rispetto al passato. In qualche modo si estendono le aree di pertinenza del settore pubblico. Sembra che anche per le aree del nostro ente, comprese quelle vendute prima della perimetrazione del sito inquinato, le bonifiche saranno a carico degli enti pubblici».
Cauto anche l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi: «Ci siamo riservati di vedere la bozza, come del resto ha fatto l’Ezit, perchè pare che certe nostre richieste indicate nella prima bozza non siano state accolte dal ministero».
L’intervento dei soggetti pubblici per le aree Ezit viene comunque confermato da Ferrara: «Stato, Regione, Provincia e Comuni pagheranno la messa in sicurezza, la caratterizzazione e la bonifica delle aree Ezit, e di quelle ex Ezit indipendetemente da quando sono state vendute, che complessivamente interessano il 60-70% del sito. Si vuole evitare – aggiunge – qualsiasi ricaduta negativa sui piccoli imprenditori e sugli artigiani che svolgono attività non inquinanti».
Sul fronte dei finanziamenti, da un’analisi fatta dal ministero dell’Ambiente emerge che a disposizione delle emergenze ambientali nel Friuli Venezia Giulia ci sono 5-600 milioni. «Di questi – precisa Ferrara – 62 sono già destinati, e tanti altri lo saranno nel corso della ripartizione».
La partecipazione del settore pubblico ai costi delle bonifiche viene sottolineata anche dall’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci, che però osserva che «Stato e Regione copriranno il 50% della spesa complessiva prevista in 35 milioni; l’altra metà la dovrebbero pagare gli enti locali».
E la tanto contestata la barriera a mare? «La Sogesid, spa del ministero – risponde Ferrara – farà un bando di gara europeo per la progettazione e la costruzione della messa in sicurezza della falda. Verrà applicata la soluzione che risulterà più efficace e più economica».

Giuseppe Palladini

 

 

Trieste promossa nel trasporto pubblico, male spazi verdi e raccolta rifiuti

 

Nella pagella stilata da Legambiente la città scende al 59° posto. Dipiazza: «Realizzati nuovi giardini e aree pedonali, la differenziata non paga»

Belluno conquista il voto più alto nella «pagella verde» di Legambiente, Ragusa chiude mestamente la classifica al 103° posto. E Trieste? Né bene né male, si ferma al 59° posto perdendo sei piazzamenti rispetto allo scorso anno. Un dato contenuto nella graduatoria «Ecosistema urbano», pubblicata ieri dal quotidiano Sole24Ore, capace di monitorare 125 parametri ambientali fotografando le criticità delle città italiane.
Parte da un aspetto positivo per Trieste la statistica. Legambiente annota che «aumentano significativamente i fruitori del mezzo pubblico» (349 viaggi per abitante l’anno) e, rispetto ad altre realtà, le centraline di monitoraggio dell’inquinamento rispettano la normativa di legge.
Ma subito dopo arrivano anche le mazzate, che fanno scendere Trieste nella speciale classifica. Qualche esempio? La produzione pro capite di rifiuti urbani, che vede i triestini al 13° posto con 490,5 chilogrammi per abitante l’anno. Immondizie che non trovano una gran partecipazione nella raccolta differenziata: appena il 15,8% sul totale dei rifiuti prodotti, con Trieste al 66° posto.
Un parametro che non piace al sindaco. «Quando sento parlare di raccolta differenziata mi metto le mani nei capelli. Pensiamo al business, analizziamo i costi e poi cerchiamo di capire i motivi», dice Roberto Dipiazza. E aggiunge: «Bisogna avere il coraggio di dire che funziona solo la raccolta del vetro, perché i cartoni conviente acquistarli all’estero - sostiene il primo cittadino - e la plastica costa meno comprarla che riciclarla. È il mercato che detta le regole, serve quindi un piano altrimenti si rischia di fare battaglie contro i mulini a vento».
Ma fra i parametri presi in considerazione da Legambiente non c’è solo la raccolta differenziata. Le criticità riguardano ad esempio la disponibilità di piste ciclabili, isole pedonali e zone a traffico limitato. Il piazzamento più basso per Trieste, 95° posto, riguarda il verde urbano fruibile pro capite (1,36 mq per abitante).
Una carenza di aree verdi che non trova d’accordo Dipiazza. «Negli ultimi anni sono aumentate, pensiamo a Borgo San Sergio, Opicina, Roiano, Barriera Vecchia, San Giacomo e le Rive dove le aree verdi - spiega il sindaco - sono state messe a posto o ricavate nelle piazze e nelle nuove zone pedonali. Abbiamo allargato la città, basta pensare a cos’era prima largo Barriera». Ecco che tornano d’attualità le scelte urbanistiche e sulla viabilità, in una città dove solo il 34% delle automobili circolanti è «ecologica» (euro 3 e euro 4).
p.c.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 15 ottobre 2007

 

 

Ambiente urbano, la prima città è Belluno ma la migliore è quella che non c'è

 

Pubblicato Ecosistema Urbano 2008, ricerca sulla qualità ecologica dei capoluoghi - Il centro veneto si piazza primo, ma la situazione generale è sconsolante

In coda alla classifica Ragusa, migliorano i risultati della Toscana - Legambiente: "Investire sulla mobilità, l'energia pulita e la casa"
ROMA - Bisogna trasformarsi in Peter Pan e inventarsi non un'isola, ma "La città che non c'è", per trovare un capoluogo dall'ambiente a dimensione d'uomo. Arriva a questa sconsolante conclusione Ecosistema Urbano 2008, il consueto rapporto sulla qualità ambientale delle città italiane stilato da Legambiente in collaborazione con il Sole 24 Ore e con la consulenza scientifica di Ambiente Italia.
Cosa viene calcolato. A vincere questa edizione, dopo anni di anonimato, è Belluno, ma come avvisano i curatori dello studio è una vittoria di Pirro. La graduatoria finale emerge dall'incrocio di oltre 125 mila dati ricavati da informazioni e statistiche riferite a 125 parametri che vanno dall'affidabilità del sistema di trasporto urbano al numero di superficie verde per abitante, dall'efficienza del sistema idrico alla qualità dell'aria, dai chilometri di piste ciclabili alla quantità di acque reflue depurate, dalla diffusione delle energie rinnovabili alla gestione dei rifiuti e alla loro raccolta differenziata.
Incubo polveri sottili. Indicatori che su scala nazionale segnalano sostanzialmente una stasi o dei peggioramenti. Si aggrava infatti la situazione delle polveri sottili, con oltre il 50% dei capoluoghi che sfora annualmente in almeno una centralina di rilevamento la media di 40 microgrammi per metro cubo, soglia limite per la protezione della salute. Allo stesso modo sale il tasso generale di motorizzazione, mentre non si notano miglioramenti nei trasporti pubblici e nell'estensione delle piste ciclabili. Passi da lumaca poi, nell'aumento della raccolta differenziata e nella riduzione della quantità di rifiuti prodotti.
Una ricerca difficile. Alla fine in testa alla graduatoria dei centri urbani si piazza Belluno, con un grande balzo in avanti rispetto al 13esimo posto della passata edizione, ma c'è poco da stare allegri. "Cercare la città italiana più sostenibile - si legge nelle note che accompagno lo studio - è davvero difficile, non c'è, non ci sono centri dove la qualità ambientale sia a livelli elevati, dove un sindaco sia riuscito a dare un'impronta di vivibilità e qualità ambientale al proprio comune". Eppure non si tratta di un'ambizione impossibile. Lo dimostrano i risultati delle città europee e i dati di singole performance di alcune città italiane. Così quelli di Legambiente, proprio come il bambino che non voleva crescere e arrendersi alla mancanza di fantasia degli adulti, hanno messo insieme il meglio della classifica creando "La città che non c'è".
L'invenzione di Belnomi. "Se proprio dovessimo individuare una città dove l'amministrazione ha cercato di fare consistenti progressi - spiegano ancora i curatori di Ecosistema urbano - allora dovremmo premiare Belnomi". Ovvero un capoluogo immaginario formato dalle zone a traffico limitato di BErgamo (più di 40 metri quadrati per abitante), dal verde di Lucca (45 mq a testa), dalla gestione dei rifiuti di NOvara (dove si ricicla quasi il 70% della spazzatura), dal trasporto pubblico di Milano e dal basso inquinamento di Isernia.
I meriti di Belluno. Ma Belnomi non esiste e così bisogna accontentarsi di Belluno che si piazza prima, distanziando di diversi punti le inseguitrici Bergamo, Mantova, Livorno e Perugia "senza primeggiare in nessuno degli indicatori", ma ottenendo buoni risultati nella qualità dell'aria, nella riduzione dei rifiuti (381 kg prodotti ogni anno pro capite contro i 618 della media nazionale) e nella raccolta differenziata, che raddoppia da un anno all'altro passando dal 27 al 55%. Neppure nel capoluogo veneto sono però tutte rose e fiori e così ad abbassare la media ci sono le mancate risposte sull'efficienza della rete idrica e della capacità di depurazione e i dati deludenti sulla diffusione delle fonti rinnovabili e del teleriscaldamento.
Il disastro di Ragusa. Se non è esaltante lo stato di salute ambientale della vincitrice, è facile immaginare quanto possa essere degradata la situazione delle città che occupano le ultime posizioni della classifica, ancora una volta tutte del Mezzogiorno. All'ultimo posto si piazza Ragusa, dove, solo per citare alcuni risultati, la raccolta differenziata si ferma al 3%, la rete idrica perde il 26% dell'acqua e il verde pubblico non arriva neppure a 5 mq per abitante. Poi, risalendo la classifica, troviamo Benevento, Frosinone, Oristano e Caltanissetta.
Le contraddizioni del Centro. La parte bassa della graduatoria continua a essere dominata dal Sud, con quasi la metà delle ultime venti città situate in Sicilia, ma non mancano capoluoghi di Abruzzo, Lazio, Sardegna, Liguria e, per la prima volta, Piemonte con Alessandria e Vercelli, rispettivamente all'87esimo e al 90esimo posto. Se quindi una parte d'Italia centrale e settentrionale si scopre con problematiche vicine a quelle meridionali, come nota positiva va segnalata la conquista di posizioni di città più dinamiche del Centro, come Livorno (dal nono al quarto posto), Perugia (dal 14esimo al quinto) e Siena (dal ventesimo al sesto).
Metropoli ferme. Una gara a parte è quella tra le metropoli, ma anche qui, sottolinea la ricerca, "si conferma la fotografia non certo esaltante del Paese". In alcuni casi le città più grandi come Roma e Milano salgono di poco, passando rispettivamente dal 60esimo al 55esimo e dal 62esimo al 58esimo posto, oppure indietreggiano vistosamente come Torino (74esima), Bari (82esima), Palermo (89esima) e Napoli che perde ben 24 posizioni e si piazza 91esima.
Sicurezza e questione ambientale. "Più delle altre, le città italiane sono insostenibili, caotiche, inquinate - commenta Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente - le nostre politiche ambientali urbane spesso non tengono il passo con l'Europa". "Occorre investire sulla qualità ambientale come elemento caratterizzante della riqualificazione urbana, come motore di una migliore qualità della vita" in grado, spiega ancora Della Seta, di ridurre "il senso di crescente insicurezza che affligge milioni di italiani". Di pari passo con la trasformazione delle città in "somme di luoghi e spazi privati", secondo il presidente di Legambiente si perde infatti quella "dimensione comunitaria senza la quale non può esservi sicurezza né reale né percepita".
Un programma in tre punti. I punti su cui intervenire, secondo Legambiente sono tre: "Il primo è quello della mobilità: serve una vera rete di trasporto pubblico che consenta di ridurre rapidamente e drasticamente il traffico privato, una scelta imprescindibile. Le città sono anche l'ideale banco di prova per una nuova politica energetica che punti a rendere molto più efficiente l'uso di energia e a promuovere le fonti energetiche che non inquinano e non alimentano i cambiamenti climatici. Un altro fronte decisivo per la città del futuro è quello della casa: dare nuovo impulso al mercato degli affitti è una necessità sociale e ambientale inderogabile".

VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 ottobre 2007

 

 

Raccolti i primi campioni dell’aria di Servola  - Il laboratorio mobile inviato dal ministero dell’Ambiente ha iniziato le rilevazioni insieme all’Arpa e ai tecnici del Cigra

 

Metz: «È sospetto che ieri la Ferriera non abbia prodotto fumi». Belci polemico con la Lega

È cominciata ieri la raccolta di campioni d’aria nella zona della stazione di Servola da parte del laboratorio mobile dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente, cui si affiancano gli strumenti dell’Arpa e del consorzio universitario Cigra: la tripla verifica sui terreni adiacenti la Ferriera dovrà portare a una super-verifica della situazione ambientale dopo l’evidenza delle ultime analisi che hanno scatenato una situazione di emergenza istituzionale.
«I campioni saranno raccolti nell’arco di quindici giorni - spiega Maria Belli, responsabile del settore Metrologia ambientale dell’Apat, a Trieste assieme a due chimici e a un tecnico diplomato -, poi le misurazioni verranno fatte in laboratorio, a Roma».
Intanto Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi e attivo ponte di collegamento col ministero, testimonia: «Sarà stato effetto dell’atmosfera della Barcolana o forse del premio Nobel che arriva anche a Trieste, ma ieri i servolani dicevano: ”Magia, hanno già chiuso la Ferriera?”, infatti non c’erano fumi e rumori, e l’aria sembrava profumata. Si fatica a credere - prosegue Metz - che siano state messe in atto così prontamente tutte quelle accurate indicazioni contenute nella relazione di maggio fatta dall’ingegner Marco Boscolo, consulente tecnico della Procura, relative a misure di protezione ambientale interne allo stabilimento e gravemente carenti: non sarà che la tripla presenza delle équipe tecniche di Apat, Arpa e Cigra abbiano indotto la proprietà a ridurre il regime di produzione e rallentare i ritmi di lavoro?».
Protesta invece Franco Belci, segretario Cgil, contro la Lega Nord che invoca la chiusura della Ferriera proiettandosi già su una trasformazione dell’area con insediamenti portuali, turistici, residenziali e commerciali, e contro l’Italia dei valori che ha criticato l’operato di tutti gli enti e anche dei sindacati: «In Regione si è costituito un ”comitato” di crisi per valutare con modalità condivise i dati d’inquinamento con l’obiettivo di ricondurli ai limiti di legge. Cgil, Cisl e Uil hanno giudicato positivamente questo passo, augurandosi che cessino le contrapposizioni tra istituzioni e la strumentalizzazione a fini politici. Messaggio non raccolto da Lega e Idv, che mai si erano sentiti prima, e oggi promettendo trasformazioni immediate dell’area e dicendo che nessuno ha fatto niente (il sindacato già due anni fa ha firmato un protocollo con Azienda sanitaria e Lucchini sulla sicurezza e salute in fabbrica) prendono in giro i lavoratori e i servolani: esempio - conclude Belci - del peggior volto della politica esibito da coloro che se ne propongono come i critici più accesi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 ottobre 2007

 

 

Clima, impegno dell’esecutivo contro i gas serra - Dopo il Nobel a Gore e Ipcc

 

ROMA Il Pianeta, o meglio, i sostenitori della lotta ai cambiamenti climatici, si sentono oggi più forti. Il Nobel per la pace ad Al Gore e al Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (Ipcc) sembra aver dato una sferzata di energia a quanti sono in campo per un impegno vincolante di riduzione dei gas serra.
Anche in vista della Conferenza mondiale sul clima a Bali, dal 3 al 14 dicembre, tappa clou per pianificare «un nuovo Kyoto più coraggioso». A parlare, il giorno dopo i Nobel al clima, è il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che interpreta il Nobel come un riconoscimento ai risultati della Conferenza nazionale sul clima di Roma, lo scorso 12 e 13 settembre, basati sul rapporto Ipcc. Il Nobel ad Al Gore e all'Ipcc «è la più grande soddisfazione, dopo le critiche ingenerose, e il riscatto agli attacchi meschini, legati a gelosie personali, verso la Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici», ha detto Pecoraro annunciando per febbraio, il mese del Protocollo di Kyoto, il Climate day, il 16. Il ministro si augura che proprio per febbraio Al Gore possa venire in Italia dopo averlo invitato ieri con una lettera, di intesa con il presidente del Consiglio Prodi. Il ministro auspica «un momento di incontro a Palazzo Chigi con i ministri interessati», quindi con i parlamentari e il mondo universitario «per fare in modo che questi incontri siano l'occasione perchè l'Italia presenti un nuovo piano per realizzare gli obiettivi di Kyoto di riduzione dell'anidride carbonica. Un piano più operativo rispetto alle iniziative messe in campo fino ad ora». E il pensiero va alla Finanziaria: «C'è bisogno di una svolta», ha detto. La lotta ai cambiamenti climatici «deve essere una priorità come quella di ridurre il deficit».

 

 

Moretton e Duz: cementificio, nessun progetto bis - Assessore e sindaco negano d’aver ricevuto nuove istanze. Ma i comitati insistono: «È questione di giorni»

 

TORVISCOSA «Nessun progetto è stato a tutt’oggi presentato» dice l’assessore regionale Gianfranco Moretton. «Non sono a conoscenza di nessun nuovo progetto. Si sta parlando del nulla» afferma il sindaco di Torviscosa Roberto Duz. Le istituzioni assicurano che non c’è nulla di ufficiale. Che non esiste nessun atto formale che preluda a un cementificio bis. Ma la Bassa friulana non si tranquillizza. E, dopo aver lanciato l’allarme già una decina di giorni fa, rilancia i suoi timori: a quattro mesi dalla bocciatura del progetto del gruppo Grigolin, un nuovo progetto di dimensioni ridotte rispetto a quello originario starebbe prendendo corpo. Le indiscrezioni sono sempre più fitte e circostanziate, danno ormai per imminente il preludio al bis di un film trasmesso a giugno, ma Moretton insiste: «Fino a venerdì nessun progetto è stato presentato in Regione». Lo stesso assessore, però, non esclude che possa arrivare in futuro: «Quando arriverà, seguirà l’iter di legge». E subito dopo, garantisce: «Ci sarà un dialogo con le comunità e le istituzioni locali per garantire una partecipazione attiva alla valutazione di iniziative legate allo sviluppo sostenibile».
Dialogo assai ostico, però. Paolo De Toni, referente dei comitati ambientalisti, avverte sin d’ora: «Forse già lunedì la cementi Nordest depositerà il progetto in Regione per ottenere parere e delibera di compatibilità ambientale. Eravamo a conoscenza delle possibili mosse di Grigolin e abbiamo giocato d’anticipo sollevando il problema e sensibilizzando la comunità. Con il disco verde (subordinato a alcune considerazioni) alla fabbrica del biodiesel nell’Aussa Corno, abbiamo dimostrato l’infondatezza delle accuse di chi ci considera “il partito dei no”».
Dure reazioni anche politiche. Mauro Travanut (Ds) parla di «contraddizione logica dopo le intense polemiche. Trovo tutto quanto fuori dalla portata del senso comune, rimango sbalordito davanti a questa recrudescenza». Claudio Violino(Lega) conclude: «Il cementificio non è che un tassello di un progetto organico che contempla la realizzazione della terza corsia e del Corridoio 5. Per il sistema imprenditoriale realizzare un simile impianto, che deturpa l’ambiente, a Torviscosa è evidentemente strategico».
Giovanni Stocco

 

 

«Pronti 150 milioni per le bonifiche»  - Domani vertice in Regione con il direttore generale dell’Ambiente

 

Pizzati, delegato del ministro Pecoraro Scanio, assicura che ci sono i fondi. Rivista la bozza dell’accordo di programma

«Ci sono almeno 150 milioni già stanziati per la bonifica del sito inquinato: fondi strutturali, legati anche agli accordi già presi nel Protocollo d’intesa Stato-Regione. Nell’incontro di lunedì verrà prodotto lo schema dell’insieme dei finanziamenti che da varie fonti si rendono disponibili».
Lo afferma Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e braccio destro del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sul tema del sito inquinato di interesse nazionale. Pizzati cita il lunedì perché proprio per domattina il direttore generale del ministero Gianfranco Mascazzini ha convocato - con preavviso di 4 giorni - una riunione all’assessorato regionale all’Ambiente. Tema dell’incontro sarà la bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche che a livello locale tutti gli enti hanno sottoscritto inviandola poi in agosto, attraverso la Regione, a Roma per il via libera. Il sito inquinato di interesse nazionale si estende dalla Ferriera fino alle porte di Muggia, comprendendo gran parte della zona industriale, l’ex Aquila e le Noghere.
Domani perciò Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità portuale avranno una risposta. Ufficialmente nessuno ha ancora visto la bozza rispedita da Roma con le modifiche. Le indiscrezioni dicono però di dati positivi ma anche di campanelli d’allarme forti legati per esempio, annota il presidente di Ezit Mauro Azzarita, al fatto che dal documento sarebbe scomparsa l’affermazione esplicita del «chi non ha inquinato non paga», quella cioè che metterebbe i vari soggetti - in prima fila oltre 350 piccole e medie imprese - al riparo da esborsi ingenti.
Ma Pizzati è categorico: «Il principio del chi non ha inquinato non paga c’è». Così come Roma declassa definitivamente a una delle tante possibilità il progetto di barrieramento a mare che a suo tempo mise in allarme aziende e organizzazioni di categoria: «Il barrieramento così come era descritto non è economico né conveniente, e questo è chiarissimamente scritto», dice Pizzati. Che ribadisce come «proposte e progetti dovranno essere sviluppati a qualunque livello»: a mettersi in gioco potranno essere dunque soggetti come l’Università o anche realtà straniere.
Su un altro aspetto da Roma arrivano voci diverse rispetto a quelle che corrono a Trieste. All’assessore comunale Maurizio Bucci risulta per esempio che un’eventuale opera di banchinamento sarebbe finanziata nell’attuale bozza «almeno al 50% della spesa dal ministero», laddove per l’opera si era sempre parlato di impegno pubblico: con i bilanci dei Comuni, si chiede Bucci, chi ha decine di milioni per coprire l’eventuale mancante 50%? Però «nella bozza condivisa da tutti gli enti locali - risponde Andrea Ferrara, consigliere del ministro – si era parlato di un intervento del ministero pari al 50%: nel documento attuale la percentuale viene portata al 60 a carico di soggetti pubblici, non solo il ministero: tant’è che presenteremo durante la riunione i vari fondi da ripartire». Ferrara non parla di 150 milioni, ma di una somma inferiore. In ogni caso, precisa, «non appena la caratterizzazione avrà accertato che un’area non risulta inquinata né nel suolo né nella falda, l’azienda che vi insiste potrà subito uscire, con decreto, dal sito inquinato».
Pizzati riassume: «La prima cosa da chiarire è che tutti dovranno aderire alla messa in sicurezza del sito. Il secondo punto-cardine consisterà nella salvaguardia delle piccole imprese, che sono il vero tessuto connettivo». L’azienda che non ha inquinato, ribadisce Pizzati, «non sarà responsabile in solido anche se dovrà aderire al principio della messa in sicurezza». Azzarita però, salutando con favore la definitiva scomparsa dell’obbligo della barriera di contenimento, attende di vedere «nero su bianco il chi non ha inquinato non paga». E si prepara a una riunione, quella di domani, piuttosto breve: «A venerdì sera la bozza non l’avevamo ancora vista».

Paola Bolis

 

 

È a Servola il laboratorio mobile che dovrà fornire i dati definitivi sulla Ferriera - I risultati attesi tra due settimane

 

Il laboratorio mobile dell’Apat, l’Arpa nazionale, è da ieri a Servola. Parte così l’annunciata verifica delle sostanze inquinanti nel quartiere attorno alla Ferriera, che verranno testate in contemporanea da Apat, Arpa e Cigra. Ci vorranno circa due settimane per avere i risultati, ma nel frattempo sono attesi i dati di settembre su benzoapirene e polveri sottili prodotti dal Cigra stesso nell’ambito delle inchieste della magistratura: quei numeri che il sindaco Dipiazza continua a considerare determinanti, dopo averne visto l’allarmante livello da gennaio ad agosto, validato per luglio e agosto anche dall’Arpa, e che aspetta, dice, solo per massimo di cautela prima di rendere concreta la decisione di chiudere lo stabilimento.
L’ipotesi non è affatto tramontata, nemmeno dopo l’importante riunione in Regione, che si ripeterà venerdì 19 ottobre. E trova il più convinto sostegno nella Lega Nord, che in un comunicato a firma del gruppo consiliare regionale ribadisce: «Siamo esterrefatti per i penosi tira e molla della vicenda Ferriera, da Servola deve andarsene e basta, la Regione si sbrighi a prendere atto che la Valutazione di impatto ambientale deve essere negativa e il sindaco si decida a passare dalle parole ai fatti».
Secondo la Lega «non è ammissibile che nel 2007 esista all’interno di una città come Trieste una ferriera stile primi ’900, è una vergogna già da un punto di vista urbanistico e paesaggistico, figuriamoci poi quando si mette a rischio la salute di decine di migliaia di cittadini e di oltre 1000 bambini che frequentano le scuole della zona». Il Carroccio vuole in quell’area «insediamenti portuali, turistici, persino residenziali o commerciali». Dice che porterebbero occupazione e che dunque il problema dei disoccupati va visto in questa prospettiva.
L’Italia dei valori invece, a firma del coordinatore regionale Paolo Bassi, richiama la responsabilità «di tutti coloro che hanno consentito fino a oggi l’inquinamento provocato dalla Ferriera», notando che «il merito di aver messo a nudo quanto si sapeva ma non si riusciva a dimostrare è degli abitanti e della Procura». Critiche all’Arpa, che «non ci risulta abbia mai misurato il livello di benzoapirene». A centrosinistra e centrodestra che si sono alternati al ministero, in Provincia e in Regione («solo il Comune è rimasto di centrodestra»). Al sindaco «che dal 2001 si dice pronto alla chiusura ma dopo sei anni non l’ha ancora fatto malgrado sia suo compito salvaguardare la salute pubblica». Ai sindacati, «che solo in questi giorni scoprono che i livelli d’inquinamento sono pericolosi». Intanto, nota l’Italia dei valori, i lavoratori «sono due volte danneggiati: gravi rischi di salute e rischio di perdere il posto».
Il movimento sarà di nuovo in piazza coi cittadini di Servola il 23 ottobre, annuncia, invocando «un tavolo da cui esca una soluzione per i lavoratori, ricordando però che paga chi inquina, e anche chi ha avuto responsabilità omissive».
g. z.

 

 

Federazione speleologica  - Trovati in una grotta di San Pelagio i resti di un cranio umano

 

DUINO AURISINA Un resto osseo, che potrebbe corrispondere a una parte di calotta cranica umana, è stato trovato dagli speleologi della Federazione speleologica triestina all’interno della grotta del cimitero militare di San Pelagio.
Il ritrovamento è avvenuto nel corso delle operazioni di pulizia della cavità, la cui profondità arriva a 45 metri, organizzate nell’ambito delle manifestazioni «Puliamo il buio», patrocinata dalla Società speleologica italiana, e «Puliamo il mondo» di Lega ambiente.
«Non sono un antropologo, nè un esperto in merito, ma non credo ci voglia molto a capire che quanto ritrovato, considerate le dimensioni ridotte, possa appartenere anche a una giovane donna. Sull’effetuazione di eventuali analisi, però, al momento non so nulla di preciso», spiega il presidente della Federazione speleologica triestina, Furio Premiani. «Il reperto - aggiunge – è stato consegnato immediatamente alla stazione dei carabinieri di Aurisina».
Al momento del ritrovamento, i 23 speleologi impegnati stavano eseguendo la raccolta differenziata delle immondizie, che alla fine dell’operazione sono state valutate attorno ai quattro metri cubi. Fra le molteplici ossa di animali, alcune appartenenti a cavalli e cani, è stata rinvenuta anche la possibile parte di calotta cranica. All’interno della cavità sono stati trovati inoltre i resti di lavatrici, materiali domestici, edili, parti d’auto e vestiario.
L’operazione di pulizia, non facile per la presenza di alcune strozzature nella grotta, e comunque riguardante solo la parte superficiale del fondo della stessa, ha visto emergere anche scatolette di viveri americane e austriache.
Nel periodo della Prima guerra mondiale, nei pressi della cavità si trovavano alcuni cimiteri militari. La Federazione speleologica triestina ritiene dunque possibile che al suo interno ci possano essere pure dei resti di soldati austriaci.
ma. un.

 

 

Convegno sulla Val Rosandra: nasce la prima guida interattiva - All’assise di domani, incentrata sulla flora, anche l’assessore regionale Marsilio

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Domani alle 10, nella sede del Comune di San Dorligo della Valle, si terrà il convegno «La Flora della Val Rosandra». Un’assise alla quale parteciperanno, in veste di relatori, Tone Wraber, del Museo sloveno di Storia naturale di Lubiana, che parlerà della «Flora della Val Rosandra», Livio Poldini, del Dipartimento di biologia dell’Università di Trieste, che interverrà su «Il nuovo atlante della flora del Carso», oltre all’assessore comunale ai Lavori pubblici, ambiente e progetti europei Laura Riccardi Stravisi e all’assessore regionale alle Risorse agricole, naturali, forestali e montagna Enzo Marsilio.
Nel corso del convegno Pier Luigi Nimis, del Dipartimento di biologia dell’Università di Trieste, presenterà la prima guida interattiva alla flora della Val Rosandra, «Uno strumento per conoscere la biodiversità».
La guida è un’iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle in collaborazione con il progetto europeo «KeyToNature», coordinata dal professor Nimis. Di semplice utilizzo, sarà uno strumento a disposizione di studenti, appassionati ed amanti della natura, che potranno conoscere (grazie alle descrizioni delle specie floreali e alle foto contenute nel software) tutta la flora che vive nella valle.
La guida è al momento disponibile in italiano, sloveno, inglese, tedesco e spagnolo, e presto anche in francese. Potrà essere ritirata al centro visite o si potrà scaricare il programma dal sito internet della Riserva (non ancora attivo) e installarlo su palmare o telefonino di ultima generazione.
s. re.

 

 

Alta velocità, Comuni e ambientalisti divisi -  Perplessità sul raccordo in galleria di Dobbia e sul sistema elettrico delle Ferrovie

 

Nell’incontro pubblico di Ronchi dei Legionari contestato l’accordo sul nuovo percorso sottoscritto dai sindaci con la Regione

GORIZIA È sempre un muro contro muro quello che, sull’alta velocità ferroviaria, vede protagoniste in provincia di Gorizia le amministrazioni comunali e le associazioni ambientaliste. I sindaci hanno appena firmato un nuovo accordo con l’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, per un nuovo percorso che viene definito più rispettoso dell'ambiente, che usa e potenzia percorsi ferroviari già esistenti, prevedendo un futuro collegamento con la Slovenia da Gorizia, ma le perplessità non mancano. Come si è capito in occasione del confronto tenutosi nei giorni scorsi a Ronchi dei Legionari. Di fronte i sindaci di città mandamento ed i responsabili di Wwf, Legambiente, comitato contro il corridoio 5, Italia Nostra e della società speleologica italiana.
Le municipalità locali si schierano a favore dell’alta velocità, motivando questa scelta dalla volontà di creare un’alternativa valida al trasporto su gomma. E quindi piuttosto che pensare a 3 o 4 corsie autostradali è da perseguire lo sviluppo del sistema ferroviario, che possa servire l’intero territorio ed avere collegamenti con l'area triestina.
All’attenzione dei sindaci anche la possibilità che il collegamento di Gorizia con le grandi reti trovi concretizzazione nell'accordo regionale, prevedendo la realizzazione delle cosiddette lunette, ovvero binari fatti a semicerchio che potranno collegare Sant’Andrea-Vrtoiba e la rete slovena. Sparirebbe poi la «goccia» e le altre alternative per collegare Gorizia con Ronchi dei Legionari sud, sostituite da un raccordo circolare in galleria all’altezza di Dobbia. Un accordo che appare di gran lunga meno impattante rispetto all’ipotesi presentata da Rfi nel 2005. Ma non mancano le argomentazioni contrarie da parte delle associazioni ambientaliste. I lavori per la costruzione dell’alta velocità tra Ronchi dei Legionari e Trieste inizieranno nel gennaio del 2009. Questo è quanto emerge da un documento di Italferr, società di progettazione ferroviaria che nel 2003 presentò la prima ipotesi progettuale. Secondo gli ambientalisti le tratte tra Ronchi dei Legionari e Portogruaro e tra Ronchi dei Legionari e Trieste sono legate, in quanto proprio per la prima delle due tratte saranno necessari qualcosa come 4milioni 500.mila metri cubi di materiale, in parte ricavati dallo scavo del cunicolo esplorativo della Ronchi dei Legionari-Trieste.
Dallo studio Italferr emerge che per la Ronchi dei Legionari Trieste si parla sempre di Tav, con un sistema elettrico totalmente differente da quello dei treni ordinari che richiederà anche la realizzazione di un elettrodotto dedicato. Non sarebbero quindi esclusi gli scavi, le gallerie, il passaggio sotto il Carso, opere che sono state sempre contrastate dalle associazioni ambientaliste perchè potenziali strumenti di distruzione del territorio e dell´equilibrio idrogeologico del Carso. Gli ultimi aggiornamenti tecnici su altre opere di alta velocità ferroviaria, come la Torino-Milano, dimostrano che dove passa la Tav, viene espropriata una fascia di circa 100 metri di larghezza. In molte situazione nemmeno barriere antirumore alte più di 7 metri riescono a mantenere il rumore entro limiti accettabili.
Luca Perrino

 

 

Veglia, rigassificatore al consorzio Adria Lng -  Il futuro terminal servirà anche il gasdotto che dal Quarnero arriverà a Trieste. Una diramazione giungerà in Ungheria

 

Croati a Castelmuschio insieme ad Austria, Germania, Francia e Slovenia

FIUME A meno di colpi di scena redatti dal governo di Zagabria (quello successivo alle elezioni del 27 novembre), a costruire in una località litoranea il futuro terminal per lo sbarco e la distribuzione del gas naturale liquefatto (Lng – Liquefied natural gas) dovrebbe essere il consorzio internazionale costituitosi di recente grazie a un’iniziativa congiunta tedesca, austriaca, francese, ceca e slovena.
Denominato Adria Lng, del consorzio fanno parte il gruppo tedesco E.On Ruhrgas, l’austriaco Omv, il ceco Rwe Transgas, il francese Total e lo sloveno Geoplin. I cinque hanno fondato l’Adria Lng con sede a Zagabria, sottoscrivendo un impegno scritto e attribuendo chiaramente la loro preferenza per quanto attiene all’ubicazione del terminal: la località prescelta è quella quarnerina di Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia (Krk), praticamente accanto al porto petroli dell’oleodotto Janaf e su un’area messa a disposizione dal petrolchimico Dina. La costituzione di Adria Lng aveva suscitato parecchio scalpore pochi giorni orsono, quando era sembrato che si intendesse precludere la partecipazione al consorzio di ditte croate.
La smentita è arrivata quasi subito. Non solo: è stata anche indicata la quota azionaria spettante ai soci croati. Questi dovrebbero essere la Ina (idrocarburi, con una quota del 25 per cento nel portafoglio della Mol ungherese) e quindi, con fette minori, la Hep (Azienda elettrica di stato) e la Plinacro (estrazione e distribuzione del metano estratto al largo delle coste istriane). In tutto alla parte croata spetterebbe una quota azionaria della Adria Lng pari al 25 per cento: alla Ina andrebbe il 14, alla Hep il 10 e a Plinacro (anch’essa statale) l’uno per cento. Questa configurazione da parte croata dovrebbe essere confermata in via definitiva nei prossimi giorni. Resta per il momento «riservata» la distribuzione del pacchetto azionario Adria LNG fra i partner stranieri. Tra i quali a suscitare immediatamente qualche riserva (lo scandalo della Ljubljanska Banka è tuttora una ferita aperta) è stato lo sloveno Geoplin. Quanto alla collocazione del terminal Lng (o rigassificatore), ultimamente tutto sembra propendere per la scelta di Castelmuschio, unanimemente consigliata dai tecnici ma ancora non «consacrata» dai politici. Qualcosa in questo senso è trapelata anche dalle parole profferite solo qualche giorno fa dal presidente della Repubblica, Stjepan Mesic, durante una sua visita a Veglia, Fiume e Abbazia. Nel soffermarsi sulle potenzialità di sviluppo dell’isola, Mesic ha accennato proprio alla probabile ubicazione del terminal a Castelmuschio. Il progetto del rigassificatore, con annessi depositi di stoccaggio (10–15 miliardi di metri cubi di gas all’anno), dovrebbe comportare investimenti per circa 700 milioni di euro. Il gas naturale liquefatto proveniente via mare dall'area caspico–caucasica e dal Qatar, scaricato dalle metaniere e immagazzinato a –162 gradi centigradi, potrebbe fare da input a tutta una serie di attività in loco, industriali e non, che in concatenazione sinergica trarrebbero diretto beneficio dall'abbattimento dei costi. Ovviamente il terminal Lng fungerebbe pure da centro distributivo per una lunga serie di utenze europee anche grazie a un gasdotto che dal Quarnero si inoltrerebbe verso il territorio sloveno e Trieste, mentre una diramazione verso nord sboccherebbe in territorio ungherese.
f.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 ottobre 2007 

 

 

Nobel a Gore, vittoria anche per Trieste  - Nell’Ipcc, il gruppo di studio premiato, c’è lo scienziato triestino Filippo Giorgi

 

Importante riconoscimento al responsabile della sezione clima e fisica meteorologica del Centro di Miramare

TRIESTE C’è anche un giovane ricercatore di Trieste, il fisico Filippo Giorgi, nel board del Comitato vincitore del premio Nobel per la Pace Ipcc, insieme ad Al Gore. Lo scienziato è infatti l’unico italiano presente nell’organo esecutivo del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’Onu, vincitore del prestigioso riconoscimento. È stato uno degli autori del secondo e del terzo rapporto sui mutamenti climatici nel mondo. A Trieste, lo studioso lavora come ricercatore responsabile di una sezione del Centro Internazionale di Fisica Teorica «Ictp Abdus Salam», con sede a Miramare.
Alla notizia del premio Nobel, Giorgi non ha nascosto la sua profonda emozione. «Ho ricevuto la notizia da un collega tedesco - ha raccontato - ed ancora non capisco bene cosa stia succedendo». Secondo Giorgi, «il motivo per il quale l'Ipcc è stato scelto per il Nobel è la coscienza che i cambiamenti climatici possano creare ancora molti contrasti fra le nazioni, visto i problemi come la scarsità di acqua in regioni più vulnerabili di altre con conseguenti esodi di massa».
«Con questo riconoscimento - ha aggiunto Giorgi - viene premiato anche l’impegno del comitato Ipcc per divulgare la gravità della situazione all'opinione pubblica». Per quanto riguarda il futuro, secondo Giorgi, «dobbiamo concentrarci sempre di più sulla comunicazione e sulla divulgazione scientifica». «L'opinione pubblica - ha spiegato - è al momento consapevole della gravità del problema ma bisogna convincere anche i governi e trovare politiche che, da un lato, riescano a diminuire le emissioni dei gas serra e, dall'altro, non impediscano la crescita dei paesi, soprattutto di quelli in via di sviluppo».
«La situazione si presenta preoccupante - ha spiegato Giorgi - e si deve agire presto per farsi che questi cambiamenti climatici non diventino così forti da mettere veramente in pericolo la società». Insomma, secondo lo scienziato uno dei messaggi più importanti del Nobel è proprio quello che di rimboccarci tutti le maniche, a partire anche da Trieste. Il tutto perché il riscaldamento globale è al momento in atto, e nell’Europa, è più marcato che in altre zone del pianeta. L’ultimo rapporto dell’Ipcc - sul quale Giorgi ha lavorato per anni - attesta che è l’uomo la causa principale di tale riscaldamento, per lo meno negli ultimi 50 anni. Sotto accusa - le emissioni di gas serra, ovvero di anidride carbonica, metano, ozono, generate dal complesso delle attività umane (industria, agricoltura, spostamenti ecc). Secondo le proiezioni attuali, nei prossimi decenni, la temperatura terrestre si innalzerà ancora, con effetti sempre più preoccupanti. «Il problema è che le emissioni continuano ad aumentare ad una velocità maggiore di quelle che erano le peggiori previsioni di cinque anni fa» ha affermato lo scienziato di Trieste. Se non si si agisce presto, assisteremo quindi fra l’altro a fenomeni come l’ulteriore riduzione dei ghiacciai, il calo delle riserve d’acqua dolce o delle precipitazioni, ma anche ad un aumento delle patologie legate al caldo o ad una crescita di fenomeni meteorologici estremi quali tempeste o uragani. In questo contesto, quali sono però le azioni che ci porterebbero a fare un grosso passo avanti oltre a prevedere lo stato di salute del nostro pianeta? «Investimenti in tecnologie alternative per esempio» ha risposto Giorgi, sottolineando inoltre che entro i prossimi 30 anni bisognerà attuare delle politiche di riduzione delle emissioni di gas serra nell’ordine del 30-40%.
E per quanto riguarda la ricerca sui cambiamenti climatici? Secondo lo studioso siamo ad «un punto di svolta». Nel prossimo appuntamento con gli scienziati del Comitato Ipcc, programmato il 12 novembre a Valencia in Spagna, saranno presentate infatti le ultime valutazioni tecniche del quarto rapporto Ipcc, che ha coinvolto migliaia di esperti provenienti da circa 130 paesi. Si tratta di un documento tecnico che dovrà stare alla base delle politiche che a fine anno saranno discusse in una conferenza mondiale a Bali da tutte le nazioni Onu, nel tentativo di stabilizzare la quantità di gas serra sotto i valori di guardia. «Spero - ha commentato infine Giorgi - che questo premio Nobel contribuisca anche alla buona volontà dei paesi che parteciperanno a queste negoziazioni».
Il ricercatore non ha nascosto che “non è facile portare avanti un lavoro simile poiché ogni singola frase viene rivista, discussa e solo poi approvata”. Nel 2001 infatti, in occasione del precedente rapporto mondiale sul clima, si è infatti discusso per ore prima di decidere se scrivere nel rapporto che i cambiamenti climatici sono attribuibili all’uomo «molto probabilmente», «quasi certamente» o «in modo certo». Diverse sfumature che posso però fare la differenza...
Gabriela Preda

 

 

Ferriera, partono le analisi nel rione  - Oggi o domani al via i rilevamenti. Apat: «Le faremo con Arpa e Cigra, stesso posto e stessa ora»

 

Caracciolo: «Previste misurazioni anche su metalli e Pm 25»

Il commissario Vignola: «Non appena avremo riscontri certi informeremo l’opinione pubblica». Metz: «La Regione non faccia censure»

La dirigente del laboratorio dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente per una validazione dei dati sull’inquinamento a Servola è già arrivata a Trieste, e fa base all’Arpa. Ieri era in attesa che da Roma arrivasse il furgoncino, partito in mattinata, che contiene il laboratorio mobile con cui verranno effettuate, forse già da oggi ma con domani sicuramente (seppure sia domenica), le analisi dell’aria nella zona circostante la Ferriera.
«Faremo aspirazioni dell’aria assieme all’Arpa e al Cigra, nello stesso luogo, nello stesso momento e nelle stesse condizioni - spiega peraltro il capo del dipartimento del settore aria dell’Apat, Roberto Caracciolo, anche capodelegazione per Trieste - al fine di capire i dati precedenti, ci vorranno circa 15 giorni per avere un primo quadro di risultati, nel caso non arrivassimo subito a una fotografia definitiva della situazione ripeteremo le analisi».
Dice Caracciolo che compito istituzionale dell’Apat è proprio quello di assistere le Agenzie locali dell’ambiente affinché siano in grado di fornire dati omogenei e confrontabili. «Così in un certo senso - prosegue - la nostra missione a Trieste, sollecitata dal prefetto che ne ha interessato il ministero, il quale ci ha dato l’incarico e al quale risponderemo, è anche di routine, ma in questo caso, data la situazione di emergenza, faremo qualche misurazione in più, anche su metalli e Pm25, per le quali solo noi abbiamo l’attrezzatura che serve». Se i risultati non fossero in linea con le norme di legge l’Apat segnalerà al ministero la necessità di interventi correttivi «che comunque - conclude Caracciolo - non sta a noi mettere in atto, si interviene a livello centrale solo se a livello locale non si prendono le necessarie misure».
Il commissario dell’Apat, l’avvocato Giancarlo Viglione, assicura d’altro canto che non appena ci saranno dati certi «verranno immediatamente comunicati all’opinione pubblica». Nell’accordo firmato l’altro giorno in Regione tra i rappresentanti di amministrazioni, sindacati, organi sanitari, tecnici, politici e istituzionali è stato peraltro inserito un punto che vincola gli attori in campo a delegare d’ora in poi alla sola Direzione regionale la facoltà di fornire informazioni sulla Ferriera e la «salute» di Servola. Il motivo: troppe voci, troppi «allarmismi».
L’assessore comunale all’Ambiente, Maurizio Bucci, ha già reagito con fastidio e con una battuta all’aceto: «Questo succedeva solo nella vecchia Unione sovietica...». Più perentoria la protesta del consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, che ricorda come secondo le leggi nazionali e regionali (l’ultima del 2000) esiste il «diritto di accesso ai documenti amministrativi al fine di assicurare trasparenza dell’attività amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale». Metz, che ha affiancato Dipiazza nell’azione di coinvolgimento del ministero dell’Ambiente, si chiede: «Sono i lavoratori della Ferriera o gli abitanti di Servola, ma non solo, direttamente interessati e dunque con diritto di sapere? I triestini - conclude - non sono un corpus astratto, con un quoziente intellettivo medio-basso, ma 102 mila famiglie che hanno il diritto di essere informate, e visto quanto successo negli ultimi anni sarebbe la prima volta».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - Cifre, controlli, salute e fumi E ciascuno contesta l’altro

 

Secondo la Provincia l’inquinamento a Servola dipende anche da altre aziende e dal traffico. Il Comune l’accusa di «voli pindarici» e il verde Metz scrive: «L’assessore Barduzzi è ancora confusa». Barduzzi ripete sempre che «i camini della Ferriera sono monitorati e non ne escono sostanze oltre i limiti». L’assessore Bucci le ricorda che non ha compiti di spazzacamino e che si sta parlando d’altro. L’Azienda sanitaria allerta il Comune dopo aver visto i dati del Cigra che misurano gli inquinanti sul terreno del rione, e il sindaco dice: «Chiudo». Ma i camini? Storia di ieri, seppure viva. Qui si parla di inquinamento diffuso, non di emissioni. Ma la Ferriera ricorre al Tar contro il sindaco: le indagini del Cigra, dice, son fatte male. Poi viene fuori che l’Arpa le ha rifatte tali e quali (stesso posto, stesse sostanze) e che i dati negativi si sovrappongono: c’è una media di polveri sottili che a luglio secondo l’Arpa ha toccato gli 86,6 microgrammi per metro cubo quando il limite è 50, con un picco di 128,7 (e sei sforamenti su otto giorni controllati), ad agosto la media è stata di 51,8 con un picco di 104,4 (14 sforamenti su 31 giorni). E dunque? Intanto, per lentezze burocratiche e problemi tecnici, l’Azienda sanitaria ha ancora in piedi il progetto di controllare l’accumulo di diossine nel corpo umano: ma l’idea è di due anni fa, quando diossina uscì effettivamente da un camino.
Molte battaglie sulla Ferriera e su Servola potrebbero sembrare una lite su chi è il «piccolo chimico» in possesso della formula migliore. Da qui accuse e contromosse e l’intervento di registi (politicamente la Regione e tecnicamente l’Apat). Il problema dove nasce? Dalla complessità orizzontale e verticale della mai risolta questione. Chi parla di benzoapirene per le strade di Servola si sente rispondere con argomenti riguardanti le emissioni dei camini, chi certifica che il benzoapirene di oggi - rilevato fino a 90 volte oltre i limiti - può causare mutazioni genetiche sperimentate in laboratorio in questi giorni con le sostanze appena raccolte dal terreno fronteggia l’altro che ancora parla di diossine da due anni, la magistratura ha cause in corso e prescrizioni che fa osservare, l’Arpa valida i dati Cigra ma l’azienda siderurgica va al Tar ugualmente. I sindacati traballano sui burroni e il sindaco crede comunque all’autorità sanitaria. La Regione, che a giorni (ennesimo filone, ennesime riunioni) deve o meno concedere una Valutazione integrata d’impatto ambientale, ha intimato «zitti tutti». Come se fosse inquinamento acustico.
g. z.

 

 

FERRIERA - Rosato: «Non è più tempo di azioni legali Bisogna verificare i dati scientifici»

 

«Non è più tempo di battaglie legali, ma di verifica dei dati scientifici». Ettore Rosato, sottosegretario agli Interni, commenta così gli ultimi sviluppi del caso Ferriera che l’altro ieri hanno visto da una parte tutti i protagonisti della vicenda, sotto la regia dell’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, dar vita a un’unità di crisi che vigili su smog e salute pubblica; ma dall’altra i legali della Lucchini-Severstal impugnare davanti al Tar le delibere con cui il sindaco Dipiazza ha intimato di «far cessare le emissioni inquinanti».
E allora, Rosato non ha dubbi: «Non è più tempo di battaglie legali». Certo «il ricorso al Tar - precisa il sottosegretario - è legittimo: ma non è la soluzione del problema». I dati fin qui usciti dalle centraline «sono talmente chiari che o la proprietà attua interventi radicali, o lo stabilimento diventa incompatibile con l’ambiente». Quelli sull’inquinamento «sono risultati scientifici e su questi ci confronteremo». Lucchini-Severstal contesta il posizionamento delle centraline? «Sarà il tavolo» «a affermare quali siano le centraline» cui far fede e «asseverare gli strumenti con cui si controllano i dati». Perché «il problema non sta in cosa dice il Tar, ma in ciò che dicono le centraline. Né un tribunale amministrativo potrà mai dire se la Ferriera inquini o meno».
Rosato lo ribadisce: se si è giunti a questa situazione «ci sono responsabilità delle istituzioni locali e della proprietà». Ma «ho sempre difeso il diritto dei lavoratori a un posto di lavoro salubre. La Ferriera deve rispettare le norme ambientali: lo dico anche in difesa della proprietà, che ha tutto l’interesse a valorizzare l’area con attività coerenti con le norme. Istituzioni e proprietà insieme devono definire un percorso che porti a rispettare i parametri ambientali e consentire che i dati siano leggibili da tutti».

 

 

FERRIERA - Cgil: «Agire, basta dispetti» - Mentre la Confsal chiede la chiusura «perché i lavoratori da tutelare sono anche i cittadini»

 

«Noi siamo l’unico sindacato che insiste a chiedere la chiusura della Ferriera, ma non c’era un accordo già firmato per lo stop nel 2009?». Fuori dal più prudente coro dei sindacati, la Confsal con Filippo Caputo all’indomani dell’incontro in Regione non ha dubbi: «Ci sono lavoratori sia nella Ferriera sia fuori, lo sono anche i cittadini inquinati, e in questo caso direi che la città si deve comprare l’aria pulita, io penso che i triestini qualche sacrificio lo farebbero per aprire un fondo di solidarietà, inoltre questa fabbrica non fa cioccolata, e inquinamento lo produrrà sempre, e se l’azienda dice che ’’l’acciaio tira’’, non per questo bisogna ammalarsi».
Invita alla concretezza e velocità d’azione Franco Belci della Cgil, che comunque giudica un «passo importante» la concertazione avviata in Regione. «Bisogna arrivare a una interpretazione univoca dei dati, e poi a decisioni conseguenti, il fatto che l’azienda ricorra al Tar ci affascina assai poco: non è il Tar che risolverà i problemi di Servola, è solo un’azione di autotutela, ma ci piacerebbe che analogo impegno si mettesse nel contenere le emissioni». Da ultimo, ricordando i battibecchi che nemmeno in Regione sono mancati, Belci conclude: «Speriamo che le polemiche cessino, quella sede non è una palestra di dispetti».
Offeso dall’idea che qualcuno debba fare raccolta di soldi per integrare l’eventuale cassa integrazione dei dipendenti della Ferriera se questa chiudesse è Vincenzo Timeo della Uil (in Regione come responsabile industria per il sindacato): «È poco dignitoso fare regali alla gente che lavora - dice -, se i dati oggettivi dell’inquinamento saranno tali da far prefigurare la chiusura, ne prenderemo atto, ma la cosa più sgradevole è che si parla di ammortizzatori sociali senza conoscerne i contenuti: la cassa integrazione è la cosa più facile da ottenere - prosegue Timeo -, ma sono 700 euro al mese al posto di uno stipendio, e nessuno in realtà sa quali saranno i tanto citati sostegni al reddito». Per Timeo, che soffre all’idea che per i lavoratori sia quasi impossibile accedere a processi di formazione nel mentre garantiscono gli organici di una fabbrica in funzione, «è una vera eresia politica l’idea del sindaco di non abbassare l’Ici per via degli operai, se vuole inasprire definitivamente l’opinione negativa di Trieste sulla Ferriera non può scegliere argomento migliore».
Per il segretario della Cisl, Luciano Bordin, permane il rischio, «dopo anni di incertezza sulla situazione, che ancora adesso ciascuno vada per la propria strada». E conclude: «Vedremo a partire dalla prossima riunione in Regione, ma c’è poco da parlare: i dati sull’inquinamento ci sono già, e dunque già adesso si deve agire».

 

 

Discarica a Sgonico, Sardoc chiama l’Arpa - Dopo l’allarme-amianto urgono verifiche

 

SGONICO L’amministrazione comunale di Sgonico ha richiesto ufficialmente all’Associazione regionale per l’ambiente (Arpa) un monitoraggio ambientale per un’area di pertinenza situata a ridosso del Centro polisportivo Ervatti e della vicina Zona artigianale comunale. Un sito che, a quanto segnalato dall’organizzazione ambientalista «Greenaction Transnational», ospiterebbe una discarica abusiva con dei pericolosi residui di cemento amianto, disposta a nemmeno due km di distanza dal sito turistico della Grotta Gigante.
La denuncia dell’associazione ambientalista risulta documentata da un testo e da un video inclusi nel proprio sito Internet www.greenaction-planet.org, filmato ripreso pure dal famoso sito internazionale «You Tube». «La richiesta d’intervento – spiega il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc – è stata inoltrata al Dipartimento provinciale dell’Arpa di via Lamarmora e, per conoscenza, al Nucleo operativo ecologico Carabinieri di Udine, alla Regione Fvg e all’Ufficio ecologia e promozione ambientale della Provincia di Trieste». «A fronte della denuncia ambientalista – continua Sardoc – sono necessarie opportune e tempestive verifiche. Per competenza abbiamo dunque inviato la richiesta all’Arpa, affinché si provveda a controllare se nel sito individuato vi siano sostanze inquinanti».
Le analisi e monitoraggi che verranno effettuati – si legge in una nota del Comune – permetteranno di verificare le reali condizioni ambientali e di accertare l’esistenza o meno delle necessarie condizioni di sicurezza ambientale per l’emissione degli opportuni provvedimenti. Se tra i cumuli di rifiuti denuncianti verrà dunque accertata la presenza del cancerogeno amianto, che gli ambientalisti avrebbero individuato in più punti del terreno in termini frazionati, si renderà necessaria un’attenta bonifica. La presenza di cemento amianto ridotto ai minimi termini e sbriciolato è di particolare gravità, vista l’ampia dispersione che l’elemento tossico continuerebbe a subire causa l’opera del vento e delle brezze. Un autentico pericolo per chi risiede e lavora negli immediati paraggi della discarica inquinata.
m.l.

 

 

Brambati: «Sbagliati gli allarmismi sul clima»  - Lo scienziato ha spiegato che non tutti i cambiamenti sono attribuibili all’uomo

 

Il docente di scienze geologiche del nostro ateneo ha illustrato il fenomeno alla conviviale del Rotary Trieste

«Sarà il caso di prendere sul serio le notizie allarmistiche che vedono dietro l'angolo stravolgimenti climatici da film catastrofico - ha detto Maurizio De Vanna, presidente del Rotary Club Trieste alla conviviale all'Hotel Greif Maria Theresia - o abbiamo qualche via di scampo»? Per fare chiarezza sul delicato argomento della salute del pianeta, è intervenuto Antonio Brambati, professore ordinario al Dipartimento di scienze geologiche, ambientali e marine, della nostra università. con la relazione «Da una glaciazione all'altra: bugie e verità sul clima».
«Troppo spesso le notizie pubblicate dai mass media sono finalizzate a suscitare scalpore nell'immediato, e non si basano su dati scientifici, grazie anche rapporti e conferenze che mettono in campo più la politica che la scienza»: così Brambati ha commentato la visione ecocatastrofista del ministro Alfonso Pecoraro Scanio, peraltro poi contestati dal climatologo Franco Prodi. Si dice che gli anni '90 siano stati i più caldi dell'ultimo secolo, mentre la tabella delle temperature mondiali, assegna il primo posto al 1934, e ai primi del novecento, l'industrializzazione portatrice di Co2, era ancora in fasce. Questo vale anche per il lungo periodo caldo del medioevo, contraddistinto da temperature notevolmente superiori a quelle attuali.
«Certo che bisogna cercare di preservare l'ambiente, però non si possono addossare tutti i mutamenti del clima all'effetto serra antropogenico - aggiunge Brambati - l'aumento di Co2 a causa dell'uomo non va negato, ma la sua influenza ridimensionata». Studiando le carote di ghiaccio - la cui acqua intatta risale a milioni di anni fa - prelevate a oltre 3mila metri di profondità dal lago Vostok nell'Antartide, è possibile ricostruire le variazioni climatiche di migliaia di anni fa. L'analisi delle bolle di ghiaccio al loro interno, hanno dimostrato che ci sono sempre state variazioni nella concentrazione di Co2, a seconda degli aumenti o diminuzioni delle temperature, che avvenivano senza bisogno di alcun intervento umano.
Patrizia Piccione

 

 

Rigassificatori in golfo

 

Non crediamo assolutamente che la proposta della Tge Gas Engineering sia una cosa seria e tantomeno fattibile, se non in probabile funzione dimostrativa ai cosiddetti «nimbisti» di Trieste con cui si vorrebbe lanciare un preciso messaggio: «Vedete che cosa sta accadendo? Rischiamo di perdere il rigassificatore a Trieste e ce lo fanno a Capodistria».
Abbiamo iniziato dicendo che non crediamo nella veridicità del programma né che sia una cosa seria: sia lo Stato sloveno che quello croato hanno ripetutamente detto «no» ai rigassificatori proposti a Trieste. Sarebbe inesprimibile qualsiasi valutazione sul comportamento dei responsabili dei governi sloveno e croato se tutto il loro negativo affermare contrarietà alle iniziative italiane nel Golfo di Trieste, si capovolgesse all’improvviso passando sulla testa di tutti i cittadini, sulla moralità dell’impegno «contro», sulla coerenza comportamentale.
Chi scrive, seguito ed elogiato insieme agli altri componenti il Comitato, per la dura, specifica e integerrima lotta fin qui portata avanti contro i programmatori d’ingiustizia e di prefigurato, quanto interessato progresso, nel segno esclusivo degli interessi di casta, è notoriamente presente sul «mercato» ambientale (con specifico riferimento al pericolo del terrorismo internazionale), in armonia con il suo sostanziale atteggiamento «agnostico», verso qualsiasi espressione o movimento che non tenga nel dovuto rispetto i rigori comportamentali verso la libertà, la democrazia e la relativa giustizia che sono alla base delle regole fondamentali cui deve ispirarsi una società democraticamente avanzata e libera.
Nell’articolo apparso su «Il Piccolo» ci sono, tuttavia, due passaggi rassicuranti: il riferimento a fonti governative secondo le quali il «no» all’iniziativa sarebbe scontato e, a fine articolo si evidenzia ciò che già sapevamo: il giudizio di Marko Starman, segretario di Stato presso il ministero per l’Ambiente e responsabile del gruppo interministeriale incaricato di valutare la proposta, il quale afferma che il rigassificatore nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere approvato.
Ricordiamo alfine il «clamoroso lapsus freudiano» in cui è incappato il portavoce della società nel punto in cui afferma che «la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste». Meno inquinante, significa comunque inquinante, anche se meno di quella molto inquinante degli impianti previsti a Trieste.
Bravo Puklavec, continui pure così. Ce ne racconti qualche altra sulla sicurezza: sia quella dovuta alla movimentazione marittima all’interno del golfo minuscolo di Koper e di possibili pericoli dovuti ad accadimenti incidentali o per mano del terrorismo internazionale.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 ottobre 2007 

 

 

Creata l’unità di crisi per la Ferriera  - Maxivertice in Regione: gli enti siglano un protocollo. Dipiazza: a fine mese, con i risultati in mano, convoco io un tavolo

 

Il coordinamento vigilerà su smog e salute pubblica e avrà tutti i dati sotto controllo

Una megariunione ogni settimana, a partire dalla prossima, in cui passare al setaccio ciascuno le proprie novità ed evidenze sulla Ferriera. Un protocollo, da tutti firmato, che fissa compiti, intenti, obiettivi e procedure comuni in tema di rilevazione e conferma dei dati ambientali e che ribadisce con accento definitivo la priorità della salute degli abitanti di Servola. E una informazione «concordata» e univoca da dare ai cittadini. Il summit sulla Ferriera organizzato ieri mattina dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, e durato quasi quattro ore, si è rivelato un capolinea (temporaneo) dal quale tenere a briglia la sempre più scottante e scomoda questione della fabbrica siderurgica a fronte dei dati di inquinamento accertati nelle strade del rione e alle ultimative intenzioni del sindaco di procedere a chiusura se la situazione non migliora. Ieri stesso peraltro, mentre in Regione si scambiavano coincilianti parole, la Lucchini-Severstal ha depositato al Tar un ricorso in cui rigetta tutte le ordinanze del sindaco, successive alle note di richiamo dell’Azienda sanitaria e alle analisi del Cigra disposte dal magistrato. Dunque la storia continua.
All’assessorato sono arrivati ieri di buon’ora, alle 8.30, Dipiazza con l’assessore Bucci, il prefetto Balsamo, la presidente della Provincia Poropat con l’assessore Barduzzi, il direttore sanitario dell’Azienda sanitaria Reali coi dirigenti del Dipartimento di prevenzione, l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Rosato, il direttore dell’Associazione industriali, Battilana, i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil e altre sei sigle sindacali, Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani del Consorzio Cigra (delegati dal pm Federico Frezza), dirigenti dell’Arpa e della Direzione regionale Lavori pubblici, il presidente della quarta commissione regionale (Urbanistica) Drossi Fortuna.
Un gran parterre. E il risultato, dopo discussioni e qualche affilata scaramuccia - che si propaga anche fuori - è stato infine accettato come utile e credibile da ognuno dei partecipanti, contenti infine di discostarsi da una solitudine istituzionale che finora ha portato esiti sconsolanti, emergenze, proteste. Ma di cui Dipiazza si mantiene la fetta di pertinenza: «Ho rispiegato la situazione, e ho detto che quando a fine mese avrò i risultati delle analisi di settembre che stiamo attendendo, allora un tavolo lo convoco io con la domanda: e adesso che si fa?».
Bucci, che è rimasto in Regione più a lungo perché il sindaco aveva appuntamento con Illy, rincara: «Riunione e protocollo sono un’ottima cosa, si vede adesso che il problema non è solo del Comune, ma se poi ci ritroviamo con la situazione allarmante che sappiamo, il sindaco è determinato, e dice ’’chiudo’’. E anche i sindacati - commenta l’assessore - hanno mantenuto in questo senso un atteggiamento estremamente responsabile». L’ipotesi di dover fronteggiare una cessazione di attività non è esclusa nemmeno da Drossi Fortuna: «Se i dati certificati secondo questo nuovo modo di procedere che ci si è dati saranno drammatici, c’è poco da fare, la Regione dovrà allora occuparsi del salvagente per i lavoratori».
Moretton ha definito «collaborativa» la posizione dell’azienda che si appresta a fine ottobre a un altro esame: quello per ottenere la richiesta Valutazione integrata d’impatto ambientale. «In quella sede - aggiunge - i vari enti valuteranno la corrispondenza tra le norme di legge e prenderanno le determinazioni del caso, c’è la garanzia che le istituzioni seguono il caso con competenza e serietà».
Non per questo però è nato ieri il «pensiero unico». Anzi. Per prima cosa è giunta al Comune nel pomeriggio notizia che la Lucchini-Severstal proprio ieri ha impugnato al Tar tutte le ordinanze del sindaco. L’assessore Bucci se ne dice scandalizzato: «Al mattino in Regione come colombe, e poi salta fuori questa novità, ma che buon gusto, perfino. Vedremo alla prossima riunione: se l’azienda ci va col cannone, io porterò la mitraglia».
Barduzzi poi ha ribadito l’intenzione della Provincia di monitorare in continuità l’emissione dei camini, ma Barbieri del Cigra ha contestato: «E’ la cokeria che produce inquinanti, non i camini, se restiamo ai camini non affrontiamo il problema». E sempre Bucci accusa la collega di «voli pindarici» e le manda a dire bruscamente: «La Provincia non è una cooperativa di spazzacamini». E anche: «Perché adesso vuole occuparsi dell’inquinamento del mondo intero e non di quello specifico? Forse - si risponde - perché a fine anno le competenze di verifica torneranno alla Regione, e quindi preferisce un blando profilo basso fino a quella data». Ma lo stesso Moretton non ignora il punto di vista: «Alla Ferriera pesano fattori storici, ma anche derivanti da inquinamento più generale». E aggiunge: «Le analisi comunque non sono finite, la stessa Procura deve farne delle altre».
Ma il Comune, pur oggi contornato da collaborazioni e regia, continua a mantenersi in prima linea e Bucci, che comunque definisce «insperata» l’attenzione che ieri è stata da tutti dedicata al problema ribadisce: «L’azienda rigetta tutte le ordinanze, come autodifesa in senso commerciale lo posso anche capire, uno protegge il proprio capitale, ma c’è in questo modo di fare un’arroganza incredibile, anche umanamente parlando: per la gente gli agenti inquinanti hanno conseguenze ben gravi».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - I legali della società: «Centraline irregolari»  - Gli avvocati chiedono l’annullamento delle tre delibere firmate da Dipiazza

 

Nel ricorso depositato al Tar: «La relazione del Cigra del 29 marzo scorso è in aperto contrasto con la normativa vigente»

Nell’atto depositato ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i livelli di benzoapirene misurati annualmente a partire dal 2002

«Le centraline del Cigra che hanno misurato il benzoapirene, sono state collocate in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva, nei pressi della stazione ferroviaria di Servola: queste due posizioni sono state adottate senza chiarire in alcun modo i criteri di scelta. Ecco perché la relazione del Cigra del 29 marzo 2007 si presenta in aperto contrasto con la disciplina in vigore».
E’ questo uno dei punti più significativi del ricorso presentato ieri al Tar dai legali della Ferriera di Servola. Gli avvocati Guido Barzazi e Giovanni Borgna, con questo atto chiedono ai giudici amministrativi di annullare le tre delibere firmate dal sindaco Roberto Dipiazza il 28 giugno e il 12 e 19 luglio 2007. Nei tre documenti veniva e viene ordinato alla «Lucchini Spa» e alla «Servola Spa» di «far cessare immediatamente le emissioni inquinanti e in particolare quella di polveri, benzene e idrocarburi policiclici aromatici prodotte della cokeria, attuando tutti gli adeguati interventi necessari allo scopo, anche incidendo sul ciclo produttivo della stessa cokeria».
Il gruppo siderurgico con questa iniziativa di tutela ha voluto ricordare a tutte le autorità gli impegni assunti e i lavori già avviati per abbattere le emissioni dello stabilimento. Il piano è stato concordato con la Procura nell’ambito di un procedimento penale ancora in corso. Ma il gruppo Lucchini ha inteso anche sottolineare che molte norme non sarebbero state rispettate nel compiere le misure sulle polveri, sul benzene e sul benzoapirene che tanto scalpore stanno suscitando. La lettura delle misure sarebbe stata falsata da un posizionamento non rispettoso dei parametri indicati dalla legge. Ad esempio la lettura del livello di benzene sarebbe stato influenzato dal ripetuto passaggio di treni trainati da motrici diesel. La centralina, secondo il ricorso, non doveva essere installata accanto ai binari della stazione di Servola.
Nell’atto depositati ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i livelli di benzoapirene misurati a partire dal 2002 dalle centraline poste per controllare l’attività della centrale Elettra, in via Pitacco, in via Svevo e a Muggia. Quella di via Pitacco si trova a 260 metri dalla cokeria della ferriera. Nel 2002 la media annuale del penzoapirene è stata di 1,08 nanogrammi per metro cubo d’aria; nel 2003 di 1,06; nel 2004 di 0,96; nel 2005 di 0,88 e nel 2006 di 0,86. Presenze decrescenti che nessuna delle amministrazioni locali ha mai contestato, nè nei risultati, nè nei metodi di rilevazione. E questi dati di Elettra sono molto diversi da quelli raccolti dal Cigra nella scorsa primavera, dati che hanno innescato le tre ordinanze del sindaco e le numerose e allarmate prese di posizione..
Ma non basta. La «Servola Spa» sostiene che il sindaco ha poteri in materia di igiene pubblica ed emergenza sanitaria solo qualora sussistano situazioni di eccezionalità e imprevedibilità. «Il potere di ordinanza concretamente esercitato dal sindaco di Trieste tra giugno e luglio, risulta privo di qualsiasi concreta giustificazione».

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - Rc: «Non si può dare altro tempo all’azienda»

 

«Sulla base del protocollo firmato oggi (ieri, ndr), tenendo conto dei dati del Cigra, dell’Arpa e dei test che faranno i tecnici del ministero, la chiusura della Ferriera potrebbe avvenire entro l’anno». Ad affermarlo è il segretario provinciale di Rifondazione comunista, Igor Kocijancic, che annota poi come «ormai tutti non possono cavarsela dando altro tempo all’azienda».
Il segretario di Rc guarda già a quello che potrebbe essere il quadro in un futuro prossimo, sottolineando che «bisogna capire in termini molto operativi e stretti cosa si farà dei lavoratori», e in relazione al riutilizzo dell’area ricorda che «non esistono finanziamenti statali per la bonifica».
Kocijancic non si esime poi da lanciare precise accuse alle istituzioni sui ritardi nell’affrontare il nodo Ferriera: «Se tutti avessero operato nel senso che si era detto nel 2003 – rileva – oggi ci sarebbe una proposta per il dopo-chiusura dello stabilimento. Adesso c’è invece il pericolo che la Ferriera venga chiusa con un anno di anticipo sui tempi previsti. E’ un problema – conclude – di difficilissima soluzione, che richiede interventi tempestivi. Quella tempestività che è mancata in tutti questi anni».
Rc aveva del resto ribadito l’allarme sul futuro dello stabilimento di Servola già nel giugno scorso, con un volantino. «La Severstal-Lucchini – si legge – chiuderà lo stabilimento: lo avevamo affermato pubblicamente dopo aver letto il piano industriale 2006-2008. Il possibile proseguimento dell’attività legato a un andamento favrevole del mercato dell’acciaio è stato smentito dai fatti e dalle decisioni aziendali».

 

 

Piano parcheggi in aula Verso il rinvio al 24 ottobre

 

La discussione del piano parcheggi è all’ordine del giorno del Consiglio comunale di lunedì, ma quel giorno stesso i capigruppo ne formalizzeranno il rinvio alla successiva seduta, programmata per mercoledì 24 ottobre. Con questa decisione si è conclusa ieri la discussione da parte della commissione urbanistica, alla quale il documento è stato illustrato dall’assessore Maurizio Bucci e dai dirigenti comunali. Il rinvio costituisce una mediazione tra Forza Italia e Lista Dipiazza, pronte a portare in aula il piano, e lo schieramento trasversale composto dal centrosinistra - che con il Ds Fabio Omero ha chiesto per primo il posticipo - e An. Nessun bastone tra le ruote di chicchessia, ha precisato la capogruppo dei finiani Alessia Rosolen: solo la volontà di avere più tempo per stendere emendamenti da presentare.
A proposito di emendamenti: Forza Italia, con il capogruppo Piero Camber, non annuncia osservazioni ma esprime «qualche dubbio» da chiarire sulla novazione secondo cui la Riccesi spa, che nel 2002 non potè costruire il parcheggio di piazza Ponterosso, dovrebbe edificare i contenitori di largo Roiano, via Tigor e via del Teatro Romano: struttura questa che il sindaco Dipiazza ha già annunciato destinata a non essere realizzata. In questo senso l’Udc Roberto Sasco annuncia di volere chiedere di espungere il parcheggio dal piano. An, dice Rosolen, insisterà sulla richiesta di coinvolgere nella realizzazione delle strutture l’Amt (detenuta all’87,4% dal Comune) e di indurre l’assessorato a «vigilare» affinché le imprese realizzino contenitori in più aree cittadine, non solo in quelle più economicamente appetibili (richiesta questa giunta, in altri termini, anche da Iztok Furlanic di Rifondazione comunista). An chiederà anche la possibilità di prevedere forme di agevolazioni per i residenti, mentre i Ds con Omero puntano a chiedere attenzione alla riqualificazione urbanistica delle piazze soprastanti i parcheggi.

 

 

Da Barriera a San Giacomo Assemblea su traffico e park - Il 23 la riunione promossa dalla Quinta circoscrizione

 

Il traffico caotico di Barriera Vecchia, tra vie interdette al traffico per i cantieri aperti, sensi unici e divieti di sosta. Oppure la questione di San Giacomo e della sua rotatoria, risolta in questi giorni con i parcheggi per il carico scarico. O ancora la galleria di largo Mioni, che malgrado le rassicurazioni del sindaco Roberto Dipiazza e quelle recentissime dell’assessore ai lavori pubblici, Franco Bandelli - «La galleria non si farà» - ha prodotto ben mille firme contrarie all’intervento, del quale gli agguerritissimi abitanti del quartiere proprio non vogliono sentire parlare.
In una assemblea pubblica, intitolata «Viabilità. Posteggi e traffico nella quinta circoscrizione» prevista per il giorno 23 ottobre alle 17.30 nella casa parrocchiale di Campo San Giacomo (con ingresso in via Gramsci) si affronteranno tutti questi e altri problemi, dando voce ai cittadini che potranno far valere le loro opinioni. Verrà invitato anche il sindaco Roberto Dipiazza.
L’iniziativa non a caso è promossa dalla Quinta circoscrizione, che comprende il cuore nevralgico cittadino per quanto riguarda i problemi della viabilità, con Barriera Vecchia e San Giacomo, zone densamente abitate e frequentate anche dal punto di vista commerciale. Spiega il vice presidente del parlamentino rionale Antonio Lippolis: «Al di là dei problemi della rotatoria e del traffico in generale di San Giacomo, sono in questo momento di grande attualità le problematiche di Barriera Vecchia per la sua vivibilità caotica».
Capita spesso infatti che in circoscrizione arrivino le proteste degli automobilisti per la chiusura indeterminata di alcune strade, come ad esempio la via Foscolo: «Questa via è off limits da oltre dieci giorni - continua Lippolis - e pare che così resterà sino a dicembre. Noi vorremmo sapere qualche cosa di più preciso anche perché ci sono tante lamentele per i disagi, visto che viene a mancare una direttrice che dall’Ospedale porta verso via Oriani».
Nei giorni scorsi analogo problema era stato sollevato dal consigliere circoscrizionale Corso, il quale chiedeva una viabilità diversa per la via Pascoli, che in discesa (verso città) si può percorrere solo per un piccolo tratto. «Perché non far svoltare le auto sulla via d’Azeglio, soluzione che semplificherebbe il percorso e eliminerebbe alcune gimcane?», aveva chiesto.

 

 

San Luigi, un questionario sul piano del traffico  - Fra le proposte discusse con l’assessore Bucci diversi sensi unici per raggiungere via Rossetti

 

I moduli con cui i cittadini possono esprimere i loro giudizi sono disponibili in diverse associazioni e nelle parrocchie della Circoscrizione

Un anello attorno alla chiesa di San Luigi e diversi sensi unici per raccordarsi con la zona di via Rossetti sono le ultime proposte per il nuovo piano del traffico particolareggiato, di cui si è discusso l’altra sera nella Circoscrizione di San Luigi, Chiadino, Rozzol con l’assessore al traffico Maurizio Bucci.
A latere c’è da registrare anche qualche strascico della polemica tra il presidente della Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza e quello di Camminatrieste, Sergio Tremul.
«Sull’ormai famoso supermercato da realizzare a San Luigi, l’azione della Circoscrizione e quella delle istituzioni è del tutto propositiva, ma non possiamo agire al posto degli investitori privati che dovrebbero farsi avanti e che invece, a quanto pare, tentennano». Risponde così il presidente della Sesta circoscrizione, Gianlugi Pesarino Bonazza, alla recente denuncia dell’associazione Coped Camminatrieste, che ha sollevato il problema del supermercato e non solo.
Bonazza specifica ancora che questa estate, per quanto riguarda la realizzazione di un mercato rionale, si era fatto un sopralluogo con l’assessore Rovis in alcune aree definite «papabili» e suggerite dal consigliere Miani, vicino al ricreatorio Lucchini e via Archi. A breve si farà inoltre un nuovo sopralluogo, con i vigili urbani del settore mercati, anche nella zona posta all’ingresso del parco Farneto.
Ma la polemica non finisce qui. Ribatte ancora Bonazza all’associazione dei pedoni: «La realizzazione del piano del traffico è imminente e la sua attuazione non avverrà di certo tra un paio di anni come sostiene Sergio Tremul».
Proprio per affrontare il tema del piano del traffico particolareggiato, e partecipato, come detto si è svolto l’altra sera un incontro nella sede della Circoscrizione con l’assessore al traffico Maurizio Bucci.
In questi giorni, infatti, in alcune realtà della Circoscrizione, fra cui le Acli e le parrocchie, sono disponibili i questionari con cui i cittadini possono suggerire soluzioni e modifiche alla viabilità.
Analoga filosofia partecipata è già stata attuata a San Vito, San Giacomo e Borgo San Sergio. «La raccolta e un primo vaglio dei questionari - spiega il presidente - dovrebbe avvenire entro la fine di dicembre. Intanto, nell’incontro dell’altra sera si è prospettata anche un’assemblea pubblica che terremo per discutere sulle proposte dei cittadini e su quelle della stessa circoscrizione».
Fra ipotesi scaturite l’altra sera anche la trasformazione a senso unico di alcune strade particolarmente strette ed impervie, come via dei Porta, via Buonarroti e via dell’Eremo. L’ultima parola spetterà comunque agli abitanti di queste zone.
Daria Camillucci

 

 

Il Coped: «Troppi ostacoli per i ciechi in centro» - CamminaTrieste lancia l’allarme attraverso la testimonianza di Fernanda Flamigni

 

Spazi occupati sui marciapiedi, mezzi parcheggiati sulle pedonali, tasti semaforici piazzati male

Il centro cittadino è sempre più difficile da vivere per le persone diversamente abili, con ostacoli e barriere spesso insormontabili. E’ il grido d’allarme lanciato dal Coped CamminaTrieste Camminacittà, supportato dalla testimonianza di Fernanda Flamigni, non vedente, che collabora con il comitato e che in un testo presentato ieri racconta tutti i disagi quotidiani affrontati attraversando le strade o semplicemente utilizzando l’autobus.
Fernanda rileva i problemi riscontrati agli attraversamenti pedonali, ai semafori, nel trasporto pubblico, nei parcheggi e nell’utilizzo del sistema di guida a raggi infrarossi, con la disponibilità ancora ridotta di ricevitori con i quali girare in città e sui bus.
«Vorrei proporre al Comune tante soluzioni – spiega Fernanda, che fa parte anche del Gruppo Beppe Grillo Trieste per la mobilità - vorrei che sui marciapiedi venissero segnalate e delimitate chiaramente le aree occupate da tavolini e sedie, per non sbatterci contro. Mi piacerebbe trovare liberi gli attraversamenti pedonali, senza auto o scooter ad ostacolare il passaggio. Le mattonelle tattilo-plantari e le pedane non sono ben fatte in diversi punti della città – sottolinea – ad esempio in piazza Goldoni o in via Polonio sono ottime per chi utilizza la carrozzina, ma noi non vedenti ci ritroviamo sulla strada senza accorgerci che il marciapiede è finito: è pericoloso. Quando vogliamo attraversare una via inoltre il tasto per la chiamata del verde non è vicino al percorso tattile, non lo troviamo».
Fernanda sottolinea come l’obiettivo sia quello di arrivare a soluzioni non costose o complicate, ma semplici ed efficaci. «Basta ripensare alla posizione delle mattonelle e dei tasti semaforici – suggerisce – alla luce del mancato funzionamento di alcuni percorsi con i segnali a infrarossi, installati anni fa ma attualmente non tutti attivi».
Un altro problema sollevato da Fernanda è l’utilizzo degli autobus, che spesso costituiscono un problema sia per i non vedenti che per i disabili con handicap fisici. «So che chi è in carrozzina non riesce sempre a salire facilmente sui mezzi pubblici – ricorda – e per i non vedenti le difficoltà crescono. Io ad esempio non capisco il numero della linea in arrivo e la fermata dove scendere. Chiedo che vengano quindi posizionati annunci vocali esterni e interni. Voglio sottolineare che il sistema infrarossi, che è stato predisposto, non è utilizzabile quando un autobus è affollato. Infine, anche per gli ipovedenti il viaggio è duro: nei nuovi bus i pali sono grigi e non riescono a notarli, inoltre mancano appigli in alto, fondamentali per noi che li utilizzavamo per arrivare in tutta sicurezza all’uscita».
Sui sistemi a infrarossi inoltre Fernanda evidenzia che gli strumenti adottati dal Comune e quelli scelti dalla Trieste Trasporti appartengono a due ditte diverse, con la conseguente necessità di trasmettitori differenti in mano ai non vedenti.
Il Friuli Venezia Giulia in più, ricorda, è l’unica regione ad aver adottato tale tipo di sistema, inutilizzabile dai ciechi che arrivano da altre zone d’Italia.
Micol Brusaferro

 

 

La Provincia vara 5 itinerari per riscoprire il territorio - Oggi e domani prende avvio la prima iniziativa

 

TRIESTE Tra ottobre 2007 e maggio 2008 la Provincia di Trieste presenta una serie d’itinerari turistici alla scoperta del ricco territorio triestino, in occasione di alcuni dei principali eventi sportivi e culturali dei prossimi mesi.
Si comincia in occasione della Barcolana con cinque itinerari proposti in due giorni, oggi e domani, che toccano tutti i comuni della provincia. Promuovere il territorio della Provincia di Trieste nel suo complesso, valorizzare le zone meno conosciute, ottimizzare l’occasione delle manifestazioni locali di maggiore successo, migliorare la conoscenza della provincia, sostenere la promozione dei prodotti tipici dell’enogastronomia, favorire, a medio-lungo termine, l’indotto economico dello sviluppo turistico: sono le idee-guida che sottendono al progetto di promozione territoriale realizzato dalla Provincia di Trieste con l’organizzazione di Ape Giramondo, società che sviluppa progetti e consulenze di turismo sostenibile. Gli «Itinerari turistici per la promozione del territorio» nascono per intercettare l’interesse di quanti si trovano a Trieste per importanti eventi sportivi, culturali e ricreativi (la Barcolana, la Bavisela, il periodo pasquale e le festività del 25 Aprile e del 1 Maggio, il Trieste Film Festival), ma anche di cittadini di Trieste e della regione vogliano approfondire la conoscenza del ricco entroterra triestino, su rotte che attraversano natura, gusto, storia, scienza. Sono in tutto cinque gli itinerari turistici gratuiti tra mare e Carso realizzati nel territorio provinciale con l’ausilio di un mezzo di trasporto collettivo. La prima occasione è offerta dalla Barcolana: tra la mattina e il pomeriggio di oggi e domani, infatti, gli interessati potranno approfittare di queste variegate proposte.
Tre gli itinerari proposti oggi con ritrovo alle 9 in piazza Unità partenza per il primo tour, «Il Carso»: mondo in superficie e mondo sotterraneo, con visita al Giardino botanico Carsiana, la Grotta Gigante e la Casa Carsiana, dove sarà realizzata una degustazione di prodotti; sempre da piazza Unità alle 14 partirà il tour «La scienza da vicino», con una visita guidata ad uno dei laboratori dell’Area Science Park e una passeggiata nella Riserva naturale della Val Rosandra: anche in questo caso l’escursione sarà conclusa con degustazione di prodotti tipici. Sempre alle 14 la Stazione centrale sarà luogo di ritrovo per l’itinerario «Viaggio nel tempo», visita guidata nel Carso triestino dalla Rocca di Monrupino, al sentiero Rilke con una passeggiata spettacolare all’interno della Riserva naturale delle Falesie di Duino, sosta e degustazione di prodotti tipici.
Per domani, invece, saranno due le proposte offerte a cominciare dalle 9, quando da Piazza Unità partirà la visita a «Borghi basiliche e frantoi», itinerario che toccherà il centro di Muggia per conoscere le caratteristiche della cittadina veneta, per spostarsi poi a un frantoio di San Dorligo della Valle, con degustazione finale. Alle 14 da piazza Oberdan partirà, invece, l’itinerario «Guardando il Golfo dall’alto»: partendo dal centro di Trieste con il pullman, una passeggiata naturalistica lungo il sentiero Cobolli, osservando Trieste dall’alto. Seguirà una visita alla Casa Carsica di Rupingrande, con una degustazione di prodotti tipici.

 

 

Riserva naturale della Val Rosandra: nuovi incontri con le frazioni

 

SAN DORLIGO Si è tenuta nei giorni scorsi a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, la seconda delle sei riunioni con la popolazione promosse dal Comune di San Dorligo della Valle per il coinvolgimento dei cittadini sulle attività legate alla gestione della Riserva naturale della Val Rosandra. La riunione era rivolta solo ai cittadini delle frazioni di Botazzo, Bagnoli della Rosandra e Bagnoli Superiore, poiché le altre frazioni saranno coinvolte in altri incontri nelle settimane successive, secondo un calendario inviato a tutti i cittadini.
L'assessore Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare per gestire la Riserva naturale regionale e sollecitare ogni gruppo di popolazione a individuare uno o più "portavoce" che facciano da tramite tra il proprio gruppo e il Comune, consentendo il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa. Come a Dolina i cittadini hanno colto l'occasione per esprimere le proprie opinioni, anche su argomenti che vanno al di là della gestione della Riserva. Sono state fornite le risposte ai quesiti posti». Il prossimo incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla Locanda Mario, Draga Sant'Elia, per le frazioni di Draga S. Elia, Draga, Grozzana, Pesek, San Lorenzo.

 

 

Pronta la guida interattiva della flora della Val Rosandra

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Nasce la prima guida interattiva della flora della Val Rosandra. Sarà presentata lunedì alle 10 al convegno «La flora della Val Rosandra» che si svolgerà al Comune di San Dorligo. Il progetto nasce a seguito della nomina del Comune quale gestore della Riserva naturale della Val Rosandra: una delle iniziative promosse dall’amministrazione per valorizzare la Riserva è proprio la creazione di uno strumento informatico che permetterà alle persone di passeggiare nella Valle potendo identificare piante e fiori tenendo in mano un palmare o un telefonino.
La nuova guida interattiva è realizzata in collaborazione con docenti universitari e il progetto europeo «Key to Nature». Grazie a un sistema informatizzato che privilegia caratteri facilmente riconoscibili anche da un principiante chiunque, passeggiando in Val Rosandra, potrà trovare il corretto nome scientifico di una pianta. Sarà uno strumento utile a studenti, appassionati e amanti della natura. Si potranno poi creare pagine Web semplificate dedicate a siti di particolare interesse o progetti didattici per le scuole. La guida è disponibile in cinque lingue (italiano, sloveno, inglese, tedesco e spagnolo) e presto in francese. Sarà reperibile al Centro visite. A breve attivo il sito Internet della Riserva: sarà possibile scaricare gratis anche una versione della guida per palmari e telefonini di ultima generazione: si potrà così utilizzarla direttamente sul campo. Da lunedì sarà già possibile consultarla al sito www.dryades.eu.

 

  

Corridoio 5, la Ronchi-Trieste costa 1,7 miliardi A luglio il progetto, nel 2013 l’avvio dei lavori

 

Le previsioni di spesa dell’infrastruttura in uno studio della società di consulenza inglese Scott Wilson presentato all’Ince TRIESTE Un miliardo e 700 milioni di euro: queste le risorse che serviranno per la costruzione della tratta ferroviaria del Corridoio 5 Ronchi sud-Trieste, ovvero quella sezione della Trieste-Divaccia compresa tra l’Isonzo e l’ospedale di Cattinara. L’indicazione di spesa per realizzare questa porzione dell’immenso corridoio paneuropeo che collegherà, presumibilmente entro il 2025, Lisbona a Kiev, deriva, come confermato dall’assessore regionale alle Infrastrutture Lodovico Sonego, dai dati contenuti nel progetto preliminare dell’opera. Ma la conferma arriverà il prossimo luglio, quando verrà concluso lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, finanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera Interreg IIIA Italia-Slovenia, che darà il via libera alla realizzazione del progetto esecutivo e, infine, all’inizio dei lavori, che potrebbero essere avviati entro il 2013.
Questi sono alcuni dati relativi alla tratta triestina del Corridoio 5, emersi ieri nella sede dell’Iniziativa Centro-europea (Ince), durante la presentazione dello «Studio strategico per lo sviluppo del Corridoio 5», elaborato dalla società di consulenza britannica Scott Wilson per conto dell’Ince e del Segretariato permanente del Corridoio 5 (illustrato nel pomeriggio anche a Lubiana). Si tratta del primo studio europeo che fornisce dati precisi su quello che sarà l’impatto economico, sociale e ambientale della costruzione e dell’uso della nuova infrastruttura su due macro-aree: Fvg e Veneto da una parte e Slovenia dall’altra. Dati che dimostrano che entro il 2045, grazie alla realizzazione del Progetto prioritario numero 6 (ovvero il tratto ferroviario del Corridoio V che unirà Lione, Torino, Milano, Trieste, Capodistria, Lubiana e Budapest, per complessivi 39 miliardi di euro) porterà «enormi vantaggi sul fronte economico, ambientale e occupazionale» anche per il Friuli Venezia Giulia. Tra questi, ad esempio, la diminuzione del 4,5% del traffico su gomma nell’area compresa tra Veneto e Slovenia (previste 40 mila autovetture in meno all’anno) e l’aumento del 25% di quello su rotaie per il trasporto merci e del 10% per i passeggeri (ce ne saranno 440 mila in più ogni anno sui treni), che porterà a un forte calo dell’inquinamento (33,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica in meno) e degli incidenti stradali, con un risparmio di costi sociali pari a 1,1 miliardi di euro. Oltre a una crescita del pil di queste regioni di 8,6 miliardi di euro e alla creazione di 116 mila nuovi posti di lavoro, nel settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale: entrambe conseguenze della rivoluzione infrastrutturale che permetterà di potenziare (attraverso la maggiore capacità trasportistica e l’accorciamento dei tempi di viaggio) i collegamenti e gli scambi commerciali sia con l’Est Europa che con l’Italia Nord Occidentale e la Francia, e che rappresenterà quell’efficiente rete di collegamento che oggi manca ai porti dell’alto Adriatico per essere più competitivi a livello internazionale. «Si tratta di benefici enormi – hanno spiegato ieri il direttore generale dell’Ince Harald Kreid e il direttore del Segretariato permanente del Corridoio 5 Giuseppe Razza – che per la prima volta vengono messi nero su bianco da una ricerca e consegnati alla classe politica, che deve capire l’urgenza di procedere velocemente con la costruzione del corridoio paneuropeo». Parole condivise dall’assessore Sonego: «Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante – ha affermato -. Basti pensare che all’inizio del 2004 la realizzazione del Corridoio 5 nella zona di confine tra Italia e Slovenia non rientrava nemmeno nella programmazione comunitaria. Oggi, invece, si cominciano a delineare tempi, costi e vantaggi che questa grande infrastruttura ferroviaria avrà anche nella nostra Regione».
«Vantaggi che grazie a questo studio, che è molto serio e attendibile, risultano evidenti. Il Corridoio 5, per l’Italia, è fondamentale – ha aggiunto Sonego -. I finanziamenti necessari per la nascita di questa infrastruttura, dal confine con la Francia a quello con la Slovenia, sono già stati stanziati per un terzo dell’opera».
Elisa Coloni

 

 

Il Wwf: Prodi non firmi il nuovo protocollo

 

TRIESTE «Prodi non firmi l'atto aggiuntivo al Protocollo di intesa per il Friuli Venezia Giulia dell'ottobre 2006, predisposto da Illy»: lo chiedono Wwf e Italia nostra. Le due associazioni ambientaliste - informa una nota - hanno infatti scritto al presidente del Consiglio, chiedendo una sostanziale revisione dei punti critici del documento.
«Si tratta - ha spiegato Stefano Lenzi, responsabile dell'Ufficio legislativo di Wwf Italia - di un documento che contiene solo un elenco di nuove infrastrutture, perlopiù strade e autostrade, senza che venga fornito alcuno studio di fattibilità economico-finanziaria, nè alcuna valutazione ambientale strategica».

 

 

La Lega Nord: «La giunta regionale risponda in aula sui rigassificatori»

 

TRIESTE Interrogazione della Lega con i consiglieri Violino, Follegote e Franz sulla questione dei rigassificatori. «Preso atto che esistono due domande di altrettante società (Endesa e Gas Natural) intenzionate a realizzare un rigassificatore nella nostra Regione - scrivono i consiglieri - e ritenendo indispensabili massime garanzie di affidabilità quando si tratta di energia, territorio e rigassificatori chiediamo al presidente Illy e agli assessori affinché riferiscano in Aula per spiegare: se le società proponenti abbiano fornito gli approfondimenti richiesti dalla Regione per la valutazione di impatto ambientale e quali siano, nel dettaglio, i contenuti degli approfondimenti.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 ottobre 2007 

 

 

Ferriera, scattano i controlli sui tumori  - Test dell’Ass anche sul benzoapirene. Nuovo monitoraggio dei camini. L’Arpa conferma i dati del Cigra

 

Oggi il summit convocato d’urgenza in Regione e che vedrà attorno allo stesso tavolo gli enti locali, medici, ricercatori e sindacati

Si stringe la pressione attorno al caso della Ferriera di Servola e la riunione convocata stamattina dalla Regione con tutti i protagonisti (tecnici e politici) probabilmente dimostrerà che ognuno si è messo a correre anche nell’imminenza dell’arrivo dei «verificatori» del ministero dell’Ambiente, i quali si riservano di far intervenire i carabinieri del Noe se necessario.
Non solo il sindaco tiene pronta l’ordinanza di cessazione attività se i dati d’inquinamento ambientale fuori ogni limite saranno a giorni confermati su settembre, ma il Cigra e l’Arpa produrranno già lunedì prossimo le attese e determinanti cifre che coincidono sui valori delle polveri sottili e del benzoapirene in luglio, mentre la Provincia stamattina chiederà nell’ambito delle competenze sulla verifica delle emissioni affidatele dalla Regione un monitoraggio continuo e non periodico dei camini, con strumenti installati dalla Lucchini-Severstal («finora comunque - dice l’assessore Ondina Barduzzi, che sarà in Regione con la presidente Poropat - i doppi controlli incrociati hanno sempre dimostrato assenza di sforamenti»).
L’Azienda sanitaria, dopo aver rivelato i ritardi burocratici che hanno impedito un solerte avvio dello studio sull’eventuale accumulo di diossina nella catena biologica si appresta a ricontrollare l’incidenza di tumori nell’area di Servola, a riscrivere al sindaco una lettera di monito sui rischi per la salute umana se le analisi di settembre riprodurranno la situazione misurata tra gennaio e agosto, e anche a far partire lo studio sulla presenza di benzoapirene nell’urina dei lavoratori della cokeria, sospesa a suo tempo perché non probante in assenza di dati relativi al territorio. Che adesso Cigra e Arpa hanno invece prodotto.
Di questo si parla nella riunione convocata dall’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton e l’intento generale è di chiudere dati e correttivi in un unico, leggibile paniere. Ieri mattina intanto il sindaco Dipiazza si è incontrato con l’assessore regionale al Lavoro Roberto Cosolini e coi segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil (Franco Belci, Luciano Bordin e Luca Visentini). Ne è uscito un comunicato congiunto secondo cui «gli obiettivi sono tre, la salute degli abitanti della zona e dei lavoratori dello stabilimento, prevedendo per questi ultimi anche specifici controlli medici; la richiesta di avere un sistema di rilevamento della qualità dell’aria che sia univoco, in modo da poter contare su dati il più possibile attendibili; infine, se i significativi sforamenti dovessero essere confermati - chiude la nota - indifferibili misure che dovranno essere applicate anche dall’azienda siderurgica».
Una posizione concordata, molto più prudente rispetto alla minacciata chiusura della fabbrica ma il sindaco chiarisce: «Se i dati di settembre ci confermeranno sforamenti di 90 rispetto ai limiti di uno, non c’è più trippa per gatti, si deve chiudere, se saranno molto bassi si vedrà come migliorare la situazione, importante è che per la prima volta si affronta seriamente la faccenda, aspetteremo anche i dati del ministero, una settimana non cambia la situazione».
Il pm Federico Frezza, invitato dalla Regione, non sarà presente. Ha inviato una lettera al sindaco e manderà in rappresentanza i docenti del Cigra (autori su sua richiesta delle indagini territoriali a Servola) Ranieri Urbani e Pierluigi Barbieri, il quale ultimo si limita a dire: «Risponderemo alle domande, quanto al fatto che si dicano non regolari le nostre analisi, siamo un’unità di ricerca che fa le cose come si deve e abbiamo gli strumenti che occorrono, metteremo comunque a confronto i dati».
«Importante è che se ci sono state sfasature si ricompattino - commenta Mario Reali, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria che oggi sarà in Regione con il Dipartimento di prevenzione -, anche a fronte del fatto che i rilievi Cigra coincidono con quelli fatti dall’Arpa». Reali sottolinea che «il ritardo nell’analisi sulla diossina fu dovuto anche all’inesistenza di un laboratorio attrezzato, individuato nel luglio scorso».
La Provincia intanto si appresta a realizzare il «catasto delle emissioni industriali» e sta aprendo un tavolo tecnico con tutti gli esperti della città. «Se tre aziende confinanti stanno tutte singolarmente nei limiti - ribadisce Barduzzi - e il territorio s’inquina per sommatoria, quale delle tre aziende va chiusa? Per questo è indispensabile il ”piano regionale dell’aria”, ma per farlo ci vogliono otto mesi».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - Il pm Frezza: «Quei valori al di sopra della tollerabilità andavano resi pubblici»

 

«Quanto è finora emerso sul benzoapirene nell’atmosfera di Servola, è solo un punto di partenza, non un traguardo. Tutte le misure vanno approfondite e implementate».
L’ha dichiarato ieri sera il pm Federico Frezza, il magistrato che nel 1999 ha aperto il primo fascicolo d’indagine sulle emissioni dell’impianto siderurgico. A questa prima inchiesta ne sono seguite altre. Le consulenze tecniche pochi mesi fa hanno rivelato la presenza di benzoapirene in percentuali altissime, anche decine di volte superiori ai limiti di legge. «Questi dati andavano doverosamente forniti alle autorità pubbliche. I prelievi sono stati effettuati dai ricercatori del Cigra a cinque metri da una casa in cui vivono molte persone. Il benzoapirene è stato più volte definito come agente mutageno e la situazione andava resa pubblica».
Ora a Servola sono in azione due «campionatori ad alto volume», le macchine che hanno permesso d’individuare i livelli di benzoapirene. La prima è gestita dal Cigra e funziona dai primi mesi dell’anno. La seconda è stata installata dall’Arpa e ha iniziato a fornire dati a partire dall'ultima settimana di luglio. I due campionatori - il primo manuale, il secondo automatico - sono posti a breve distanza l’uno dall’altro e i dati raccolti quasi «in tandem» dicono all’unisono che i livelli di benzoapirene sono sempre molto alti, altissimi. La media dell’ultima settimana di luglio, raccolta dai tecnici dell’Arpa è di 12,8 con picchi in taluni giorni, come il 26 e il 27, di 21 e 38,2 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo d’aria. La norma dice che il livello massimo è 1. Le doppie misurazioni stanno dunque confermando quanto finora emerso.
«I rilievi devono essere completati e approfonditi» ha affermato ieri il magistrato. Ha confermato che la proprietà della Ferriera si è anche impegnata per ottenere il dissequestro condizionato, poi revocato dalla Cassazione, a ristrutturare e migliorare l’efficienza tra l’altro della cokeria, la principale imputata per il benzoapirene. Oggi il pm Frezza non parteciperà alla riunione in Regione. Alle 9 sarà nell’aula del Gip, impegnato in una lunga serie di processi. Il «calendario» delle presenze dei magistrati in udienza è stabilito con grande anticipo e le deroghe sono quasi impossibili.

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - L’opposizione chiede un Consiglio comunale straordinario

 

Per il Consiglio regionale sarà alla riunione di oggi sulla Ferriera anche Uberto Fortuna Drossi (Cittadini), presidente della commissione urbanistica: «Servono - afferma - punti fermi sulle analisi, e una scelta chiara e tonda, se i dati sul benzoapirene saranno confermati certo bisogna cominciare a pensare al reddito dei futuri disoccupati, oppure esser certi che in un paio d’anni la situazione si risolve, ma il problema è chi pagherà la bonifica (circa 30 milioni di euro): è questo che forse frena le trattative tra Severstal e Arvedi, e comunque finora ogni proprietà ha deluso, ci si sente presi per i fondelli».
Intanto il consigliere regionale e capogruppo comunale Sergio Lupieri (Margherita), ha chiesto col collega Tarcisio Barbo la convocazione urgente di un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, in accordo con tutta l’opposizione. Domanda tenuta poi ferma in attesa della riunione in Regione e a fronte del fatto che Dipiazza ne riferirà in consiglio il 15 ottobre, prima della seduta dell’aula. La Lega Nord sposa in pieno la tesi di chiusura del sindaco: «La Ferriera deve andarsene da Servola e basta, il ricatto occupazionale non deve preoccupare, in quella zona si creeranno nuova occupazione e ricchezza». Il verde Metz e il presidente del gruppo regionale di Rifondazione, Kocijancic, rigettano invece l’ipotesi di Dipiazza di togliere ai triestini il ribasso dell’Ici per integrare l’eventuale cassa integrazione degli operai: «Non si ricatti la città, paghi la Lucchini».

 

 

Rifiuti, i muggesani «ridisegnano» la nuova mappa dei cassonetti - Pattume depositato sui vecchi luoghi di raccolta. Il Comune vigila

 

MUGGIA Ora sono i muggesani a «vigilare» sulla disposizione dei cassonetti dei rifiuti. Li richiedono anche in posti non segnati sulla mappa ufficiale ma utilizzati fino alla precedente gestione, oppure si lamentano per le dimensioni cambiate, ma anche per il mancato svuotamento, seppure il calendario sia sempre lo stesso. C’è bisogno dunque di ancora qualche giorno per portare a regime completo il nuovo appalto dei rifiuti a Muggia.
Il Comune controlla e cerca di fare fronte alle segnalazioni dei cittadini. L’assessore Piero Veronese spiega: «Ci sono richieste di cassonetti anche in posti in cui non ci sono i segni gialli a terra. Posti in cui però c’erano i contenitori della passata gestione e la gente ormai si era abituata. Altri protestano sulle dimensioni soprattutto se, a esempio, laddove un tempo c’era un cassonetto da mille litri ora ne è stato posizionato uno da 2mila. Un fatto che dovrebbe migliorare il servizio ma che non incontra i favori della gente».
E il risultato è sempre lo stesso: laddove manca un cassonetto che c’era fino a poco tempo fa (ciò vale anche per la differenziata), la gente lascia i rifiuti a terra e spesso non è disposta a fare nemmeno qualche passo in più per raggiungere il cassonetto più vicino. E le lamentele giungono anche per la frequenza di raccolta che, tuttavia, è stabilita dal capitolato d’appalto e si rifà a quella precedente. Per lo più è quotidiana ma in certe zone può essere anche trisettimanale.
«Al momento seguiamo l’operato della ditta e ci atteniamo anche alle segnalazioni – dice Veronese -. La ditta riesce a svuotare 200 cassonetti per ogni giro. Sul territorio ce ne sono quasi 400, per cui lo svuotamento deve avvenire in due fasi, in base anche al calendario. Sappiamo pure che alcuni contenitori sono da spostare, che a esempio sono messi su posti macchina a bordo strada. Si porrà rimedio a tutto».
Intanto, i cassonetti ancora da posizionare (meno di una trentina) e i mezzi della ditta «Ecoverde» sono parcheggiati al piazzale Alto Adriatico. Una scelta non condivisa dal consigliere Massimo Santorelli (Fi), che dice: «Spero sia una soluzione temporanea. Non è il caso che tali mezzi e materiali (magari anche maleodoranti) siano parcheggiati proprio all’ingresso di Muggia. È questa l’immagine turistica della città?».
In base al contratto, la ditta dovrà trovare un luogo di deposito dei mezzi, che dovrà essere segnalato al Comune. Cosa che però non è ancora avvenuta. Veronese afferma: «Già in precedenza la ditta Ecoverde aveva il suo camion parcheggiato in quel piazzale o dietro gli uffici tecnici comunali di via di Trieste. È vero che ora ci sono dei mezzi in più, ma è solo una collocazione temporanea. La ditta deve ancora individuare la sua area di deposito e deve farne richiesta al Comune. Siamo ancora in attesa».
s.re.

 

 

RISERVA NATURALE DELLA VAL ROSANDRA - San Dorligo cerca i portavoce delle frazioni

 

Continuano gli incontri per coinvolgere i cittadini nella gestione della Riserva naturale della Val Rosandra SAN DORLIGO DELLA VALLE Proseguono a San Dorligo gli incontri per coinvolgere i cittadini sulle attività legate alla gestione della Riserva naturale della Val Rosandra. Si tratta degli incontri preliminari (sei in totale, con cadenza quasi settimanale) inseriti nel processo di Agenda 21, attivato dal Comune proprio per coinvolgere al massimo la popolazione su questo argomento che interessa tutto il territorio. In questa fase si sta informando la popolazione e si stanno cercando dei portavoce per le varie frazioni, che faranno poi parte del forum di lavoro per la stesura del Piano di conservazione e sviluppo della riserva.
Ieri l’incontro di Prebenico ha interessato i cittadini delle frazioni di Aquilinia, Caresana, Crociata, Francovez, Monte d'Oro e Prebenico. L’assessore Laura Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare, per gestire la Riserva naturale regionale della Val Rosandra, e sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare uno o più portavoce che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il Comune, consentendo ad essi il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa».
E c’è già una prima risposta da parte dei cittadini. Ai vari incontri sono state formulate domande ed espresse opinioni sull’argomento, di cui si terrà conto nel processo decisionale. «Rispetto all’individuazione dei portavoce – dice Stravisi -, alcuni dei presenti alle riunioni si sono già offerti di avere questo ruolo lasciando il proprio nominativo mettendosi a disposizione del processo. Questo conferma che le riunioni nelle frazioni sono fondamentali per la gestione condivisa della Riserva della Val Rosandra».
Il prossimo incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla locanda Mario di Draga Sant’Elia, e sarà rivolto ai cittadini delle frazioni di Draga Sant’Elia, Grozzana, Pesek e San Lorenzo. Martedì 23 ottobre invece, alle 19.30 alla casa comunale di Sant’Antonio in Bosco, ci sarà l’incontro con i residenti di Hrvati, Log, Moccò, Sant’Antonio, San Giuseppe. E per finire, giovedì 25 ottobre alle 19.30 al circolo culturale Fran Venturini di Domio, incontro con la popolazione di Domio, Lacotisce, Mattonaia, Puglie.
s.re.

 

 

Cifre e previsioni sul Corridoio 5: il pil aumenterà di 8,6 miliardi - Anticipazioni dallo studio strategico commissionato dall’Ince

 

TRIESTE «Se Italia e Slovenia adotteranno strategie economiche coerenti nello sviluppo del sistema infrastrutturale del Corridoio V, allora la nuova rete ferroviaria porterà enormi benefici, sia economici che ambientali. Entro il 2045 il Fvg, il Veneto e la Slovenia potrebbero beneficiare di una diminuzione dell’inquinamento ambientale pari a 33,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica, con un risparmio di costi sociali legati alla riduzione degli incidenti stradali pari a 1,1 miliardi di euro».
«Grazie al miglioramento delle infrastrutture il traffico ferroviario aumenterebbe del 25% per le merci e del 10% per i passeggeri, con una conseguente crescita economica: il pil di queste regioni aumenterebbe di 8,6 miliardi di euro e verrebbero creati 116mila nuovi posti di lavoro nel settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale».
E’ questa la fotografia scattata dalla società di consulenza britannica Scott Wilson, che dopo un anno di ricerche ha elaborato lo «Studio strategico per lo sviluppo del Corridoio 5», per conto dell’Iniziativa Centro-europea (Ince) e del Segretariato permanente del Corridoio 5. L’analisi, che viene presentata oggi nella sede triestina dell’Ince, è parte integrante dello Studio di fattibilità per la realizzazione della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia, ed è stata recentemente utilizzata nella richiesta congiunta di finanziamento comunitario dei progetti di collegamento ferroviari fra Italia e Slovenia, presentata alla Commissione europea dal ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro e dall’ex ministro dei Trasporti sloveno Janez Božic. Obiettivo di questo studio, finanziato dall’Ince (per complessivi 325mila euro) è appunto delineare l’impatto economico, sociale e ambientale che la costruzione del Corridoio V ferroviario comporterà sulle macro-aree costituite dal Nordest italiano (Fvg e Veneto) e dalla Slovenia.
«E’ noto che oggi le aziende del Friuli Venezia Giulia e del Veneto scontano notevoli svantaggi competitivi a causa delle infrastrutture insufficienti – si legge nello studio elaborato dalla società londinese -. I collegamenti con l’Est Europa e con la Russia sono inadeguati per permettere alle imprese di sviluppare relazioni commerciali con questi potenziali mercati. I vantaggi economici derivanti dalla realizzazione del Corridoio V – si legge ancora - saranno evidenti, come evidenti saranno anche quelli prodotti dal rafforzamento della connettività di Fvg e Veneto con l’Italia Nord occidentale e la Francia, attraverso la maggiore capacità trasportistica, lo sviluppo dell’intermodalità e l’accorciamento dei tempi di viaggio».
Un discorso non diverso da quello che riguarda lo sviluppo dei tre porti dell’Alto Adriatico (che è stato anche uno degli argomenti al centro della due giorni alla Stazione Marittima organizzata proprio dal Segretariato permanente del Corridoio 5 e dell’Ince, conclusasi l’altro ieri): «La posizione strategica degli scali di Trieste, Venezia e Capodistria – emerge ancora dall’analisi della Scott Wilson - dovrebbe essere maggiormente sfruttata per incrementare il vantaggio competitivo nei confronti dei porti dell’Europa settentrionale e del Mar Nero, grazie all’ulteriore aumento di traffici previsto dall’Estremo Oriente. Tale vantaggio è attualmente compromesso dalle infrastrutture di collegamento insufficienti e scarsamente utilizzate».
Elisa Coloni

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 ottobre 2007

 

 

Ferriera, summit d’urgenza in Regione  - Moretton replica all’Ass: «Due anni fa nessuno spinse davvero per effettuare i test della diossina»

 

Convocati domani enti locali, Azienda sanitaria, procura e sindacati. Il «mistero del verbale» del 2005 al centro di un’interrogazione del Verde Metz

«La salute dei cittadini – ha dichiarato Moretton – è una priorità alla quale ci atteniamo, e nel caso del quartiere di Servola continuiamo ad avere la massima attenzione perchè abbiamo presenti le criticità della situazione».
All’incontro di domattina, che avrà inizio alle 8.30 alla Direzione regionale dell’Ambiente, sono stati invitati il Comune, la Provincia, la Prefettura, l’Azienda sanitaria, rappresentanti della magistratura, il presidente della quarta commissione del Consiglio regionale Fortuna Drossi e le organizzazioni sindacali.
Sul caso Ferriera interviene anche il governatore Illy, che avanza perplessità sulle rilevazioni effettuate nell’area. Nel corso di una trasmissione televisiva, Illy ha dichiarato: «Mi risulta che alcune misurazioni su sostanze inquinanti non sono state fatte seguendo le metodologie di legge, e quindi alcune delle conclusioni tratte sono risultate affrettate».
Reazioni istituzionali e politiche, intanto, si registrano sul ritardato avvio del progetto per la misurazione delle condizioni di salute degli abitanti di Servola, da parte dell’assessore Moretton, del consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz e del segretario provinciale della Cgil Franco Belci.
Il ritardo, denunciato al nostro giornale dai responsabili del Dipartimento di prevenzione, riguarda il progetto che l’Azienda sanitaria aveva chiesto di attivare nel corso di una riunione del gruppo tecnico diossina, alla quale, nel settembre 2005, avevano partecipato autorità sanitarie ed enti locali. Secondo quanto dichiarato dal dottor Valentino Patussi, la richiesta dell’indagine, fatta durante la riunione, non figurava invece nel successivo verbale redatto dalla Regione.
«Non è rilevante che la richiesta figuri o meno nel verbale – replica l’assessore regionale Moretton –. Solo di recente i nostri uffici hanno invece ricevuto una lettera in cui si afferma la necessità di integrare le analisi con un progetto specificio. La Direzione dell’Ambiente ha quindi chiesto all’Azienda sanitaria di conoscere i dettagli e i costi del progetto. Il costo è ingente, ma comunque la Regione lo finanzierà».
Sul caso, il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha presentato ieri un’interrogazione al presidente della Regione Illy. «Ci sembra un fatto di una gravità inaudita – osserva Metz – che necessita di un accertamento delle responsabilità, amministrative e penali».
«Che cosa si voleva nascondere? Cosa o chi si voleva proteggere?» si chiede ancora Metz, secondo il quale «emerge ogni giorno di più un quadro inquietante. Vogliamo sapere – aggiunge – quanto successo in questi anni attorno alla questione della Ferriera di Servola nella catena delle responsabilità, capire il ruolo giocato da parte di Regione, Provincia, Comune, Azienda sanitarie a Arpa». Sottolineando che il tutto ha cominciato a svelarsi da pochi mesi «grazie alle proteste dei cittadini e alle indagini della Procura della Repubblica», Mezt conclude ricordando gli sforamenti di sostanza cancerogene nel suolo e nelle acque antistanti la Ferriera, ufficializzati nella conferenza dei servizi del 10 maggio, e i recenti dati delle emissioni nell’aria risultati dalle analisi del Cigra e dell’Arpa.
Estrema chiarezza viene chiesta dal segretario provinciale della Cgil Franco Belci, che si dice «preoccupatissimo per la salute degli abitanti e dei lavoratori, mentre si scopre che non è stato fatto niente per responsabilità di ordine burocratico».
Il gioco sui dati disorienta sia i sindacati sia la gente, rimarca ancora Belci, che annuncia di voler chiedere un incontro sia alla Servola spa sia alla Regione «perchè sia fatta definitivamente chiarezza sulla diversità dei dati», e rileva che «da parte dell’Azienda sanitaria non si può gridare al lupo al lupo, mentre poi si scopre che dal 2005 non si è fatto niente. L’Azienda sanitaria – conclude – non è assolutamente innocente».

 

 

FERRIERA - Arrivano i tecnici di Pecoraro Scanio - Definiti i dettagli della missione triestina della delegazione del ministero dell’Ambiente

 

In città in settimana: faranno le analisi con un laboratorio mobile

I tecnici dell’Apat (l’Arpa nazionale) saranno a Trieste entro la settimana per validare, anche con l’uso di laboratori mobili, i dati esistenti sulle rilevazioni dei vari inquinanti, in particolare del benzoapirene.
«I tempi operativi – annuncia Giancarlo Viglione, commissario nazionale dell’Apat, che lunedì ha coordinato un’apposita riunione al ministero dell’Ambiente – saranno molto rapidi. I primi risultati li avremo nel giro di un paio di giorni. La nostra azione – aggiunge – dev’essere incisiva, precisa, veloce, in maniera da rispondere esaustivamente all’incarico datoci dal ministro Pecoraro Scanio».
Proprio la necessità di ottenere risultati inequivocabili ha spinto l’Apat a inviare a Trieste anche un laboratorio mobile. «Per poter verificare in maniera certa i dati esistenti – osserva ancora Viglione – abbiamo bisogno a nostra volta di essere certi dell’efficacia degli strumenti di misura».
A coordinare il gruppo di tecnici sarà il prof. Roberto Caracciolo, a capo del Dipartimento qualità dell’aria dell’Apat. «Avremo la necessità di campionare grandi volumi di aria – spiega – soprattutto con riguardo alla misurazione degli idrocabruri policiclici aromatici, fra cui il benzoapirene. Le sostanze raccolte attraverso speciali filtri saranno poi analizzate nel nostro laboratorio».
Inizialmente il laboratorio mobile dell’Apat sarà uno solo, e la squadra sarà composta da quattro, cinque persone. Se ne potrebbe però aggiungere un secondo, con un altro team di tecnici. «Dipenderà – precisa Caracciolo – dalla natura dei fenomeni inquinanti che rileveremo».
La fase operativa, che inizierà quindi entro la settimana, è preceduta in questi giorni da una serie di approfondimenti scientifici e da contatti logistici, per poter operare poi nella maniera più rapida ed efficace.
Se da un lato l’Apat sta prendendo contatto con gli enti locali e con i carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) per quelle che saranno le necessità operative, dall’altro sta effettuando una ricognizione della documentazione e degli studi effettuati sulla Ferriera, in maniera da disporre di un quadro il più possibile completo in base al quale impostare l’indagine.
Le modalità delle rilevazioni sono dunque ancora da determinare. Va da sè, comunque, che le misurazioni riguarderanno l’aria della zona circostante lo stabilimento di Servola. Ma sono previsti anche campionamenti all’interno della Ferriera? «Per fare misurazioni in uno stabilimento ci vogliono normalmente numerose autorizzazioni – osserva Caracciolo – ma se ci sarà l’esigenza ci faremo accompagnare dai carabinieri del Noe».
gi. pa.

 

 

FERRIERA -  Arpa: «I nostri dati sono attendibili» - L’Agenzia regionale per l’ambiente respinge le accuse sui rilevamenti

 

«Le stazioni di monitoraggio di Arpa Fvg sono tutte certificate da una ditta esterna, che ne garantisce il corretto funzionamento e il ripristino entro 48 ore in caso di guasto. Ciò consente d’avere un tasso di operatività superiore al 90 per cento, contro un valore del 75 per cento previsto dalla vigente legislazione come soglia minima affinché i dati giornalieri possano essere considerati rappresentativi e accettabili». È la risposta della direzione regionale di Palmanova dell’Agenzia regionale per l’ambiente alle polemiche sollevate in questi giorni sulla vicenda della Ferriera e la presenza di benzopirene.
«Da alcune affermazioni riportate emergerebbe come i dati di monitoraggio dell’Arpa - si legge nel comunicato - siano non attendibili per la presenza di ”buchi” e per averli analizzati con metodiche errate, tanto che i ”risultati sono sempre falsati”».
Questi due punti meritano un approfondimento. Accuse a cui l’Arpa ribatte segnalando come nella vicenda della Ferriera «non sia venuto mai a mancare l'impegno del dipartimento di Trieste nel monitorare la situazione ambientale nel comprensorio abitativo circostante lo stabilimento». Un impegno portato avanti attraverso le centraline di via Carpineto, via San Sabba, monte San Pantaleone, via San Lorenzo in Selva (mezzo mobile e stazione Doas), via Pitacco, via Svevo e Muggia, ma anche durante alcuni sopralluoghi nell’abitato di Servola.
«In qualsiasi attività di monitoraggio i dati raccolti devono essere sottoposti a un processo routinario di ”validazione”, ossia ad un processo attraverso il quale si valuta se l’informazione - si legge nella nota dell’Arpa - può essere considerata consona alle finalità per le quali è stata prodotta. Ciò è stato fatto anche per i dati relativi alla Ferriera di Servola». Una difesa del proprio lavoro, accompagnato dalla fornitura di supporto che l’Arpa darà ai tecnici inviati dal ministero dell’Ambiente a Trieste.

 

 

FERRIERA -  La Lucchini: «Pronti a collaborare» - Il legale dell’azienda: «Va bene qualsiasi forma di monitoraggio legittima»

 

«Il gruppo Lucchini è disponibile a ogni forma legittima di monitoraggio ambientale e a ogni collaborazione con le autorità pubbliche».
Lo ha dichiarato ieri in serata l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al professor Giuseppe Frigo da anni sta gestendo su incarico del gruppo siderurgico bresciano le numerose vertenze giudiziarie ed extragiudiziarie innescatasi a Trieste attorno alla Ferriera.
In questi giorni gli avvocati e i dirigenti dello stabilimento di Servola stanno prendendo contatto con i vertici della Regione, della Provincia, del Comune, della Procura della Repubblica e dell’Azienda sanitaria, in quelli che vengono definiti «incontri esplicativi».
In questi incontri, alcuni dei quali si sono già svolti, sono stati esibiti e messi a disposizione degli enti locali, documenti e misure.
Domattina anche la proprietà della Ferriera parteciperà alla riunione plenaria sulla situazione delle emissioni convocata dall’assessore regionale all’Ambiente e vicepresidente della giunta, Gianfranco Moretton.
L’unico neo che il gruppo Lucchini ha finora sottolineato riguardo gli sviluppi degli ultimi giorni è un certo clima di aggressione che ha rischiato di instaurarsi in città; critiche sono venute anche alla mancata considerazione in talune misure, di tutti i parametri stabiliti dalle norme.
«Il problema benzoapirene esiste» hanno detto i ricercatori del Cigra attivati dal pm Federico Frezza. Ma prima di giungere a risultati definitivi e categorici, le misure devono essere effettuate nell’arco di un anno e in più punti di rilevazione. Va aggiunto il monitoraggio interno ed esterno che il gruppo Lucchini ha affidato a un’azienda specializzata, ha fornito dati rispettosi dei valori-limite stabiliti da leggi e regolamenti.
Nelle prossime ore gli avvocati della società che gestisce la Ferriera depositeranno nella segreteria del Tribunale amministrativo regionale, il ricorso contro le tre ordinanze firmate dal sindaco Roberto Dipiazza tra la fine dello scorso giugno ed agosto.
Verrà chiesto ai giudici di annullare per illegittimità i tre atti del Comune. «L’azione inquinate dello stabilimento è grave e inequivocabile. Ho ordinato alla Servola spa di attivarsi immeditamente per riportare i parametri entro i limiti di legge. Se non verrà fatto, a tutela della salute pubblica emetterò l’ordinanza di chiusura dello stabilimento» aveva affermato a giugno il sindaco.
Il ricorso verrà presentato nelle prossime ore e con buona probabilità verrà discusso nel merito in tempi non certo brevi. Diversa sarebbe stata una richiesta di «sospensiva», ma questa via non appare percorribile perché le tre ordinanze hanno impartito degli ordini precisi ma non hanno bloccato alcun impianto.

Claudio Ernè

 

 

Duino, il Corridoio 5 sarà modificato - Ha avuto effetto l’ordine del giorno bipartisan. Spostamento a Nord di Medeazza e Visogliano

 

Ferrovie e Regione accolgono i rilievi del Comune: nuovo tracciato

DUINO AURISINA Il percorso del Corridoio 5 che riguarda Duino Aurisina non è definitivo. Anzi, verrà rimesso in discussione: saranno riaperte tutte le procedure di confronto e di consultazione. E' questo l'importante esito dell'incontro svoltosi nei giorni scorsi tra Ferrovie, Regione e Comune di Duino Aurisina. L'incontro è il risultato dell'ordine del giorno bipartisan - presentato dal centrosinistra e dalla Lista Ret, poi sottoscritto anche da An - nell'ultimo consiglio comunale, proprio per ottenere dettagli relativi alla procedura del Corridoio 5 relativa a Duino Aurisina.
La delegazione comunale, guidata dal sindaco Ret, era formata dai capigruppo e dai consiglieri della commissione competente per i problemi del territorio, mentre per le Ferrovie è intervenuto Mario Goliani, responsabile del progetto per la tratta Venezia-Trieste; per la Regione un responsabile della Direzione ambiente.
La disponibilità delle Ferrovie a ridiscutere il progetto deriva dalle modifiche necessarie lungo il tratto isontino del tracciato, anche dopo le richieste dei Comuni della provincia di Gorizia: le Ferrovie, su indicazione della Regione, hanno dovuto elaborare nuove ipotesi progettuali nel tratto da Ronchi dei Legionari verso Trieste e quindi, dovendo avviare una nuova procedura di Valutazione d’impatto ambientale, c'è spazio per esaminare nuovamente il tracciato che percorre il territorio di Duino Aurisina. In sostanza il progetto è diverso da quello sul quale il Comune aveva già espresso un parere nel 2004. Pertanto sul tracciato così modificato si apre un nuovo iter in materia d’impatto ambientale.
La Regione intende cogliere questa occasione per avviare una consultazione preliminare delle istituzioni e della popolazione; individuare le eventuali criticità e inserire le proposte nel progetto prima della riapertura della nuova Valutazione d’impatto ambientale. Nel nuovo tracciato - ha precisato Mario Goliani - si potranno quindi inserire modifiche.
Ma non basta: il sindaco Ret ha ottenuto la disponibilità dell'assessore regionale Sonego a partecipare, entro fine ottobre, a un incontro con l'amministrazione comunale, occasione nella quale verrà stabilito un calendario di consultazioni che riguarderà la popolazione. «Il progetto presentato nel 2004 dalle Ferrovie per quanto concerne il nostro territorio - afferma - va ridiscusso e questo è un dato molto importante. Nell'incontro a fine mese con l'assessore Sonego il Comune potrà presentare le proprie richieste di modifica, anche se sappiamo che alcuni aspetti sono già stati accettati a priori, e verranno inseriti direttamente dalle Ferrovie nel nuovo progetto». Le modifiche più importanti - che saranno confermate quando il nuovo progetto sarà pubblico e dovrà ottenere il via libera anche dal Comune di Duino Aurisina - riguardano lo spostamento del tracciato a Nord di Medeazza e Visogliano, l'aumento della profondità di scavo, con le rotaie che passeranno in galleria a 65 metri sotto il terreno, la creazione di uno svincolo autostradale provvisorio per l'uscita dei camion e dei mezzi tecnici durante la costruzione, senza passare per il territorio di Duino Aurisina, nonché l'interramento dell'elettrodotto collegato al progetto.
Soddisfazione è stata espressa anche dal centrosinistra e in particolare da Massimo Veronese e da Lorenzo Corigliano, che aveva presentato la mozione in Consiglio comunale. «La mozione - hanno detto - ha avuto l'effetto che speravamo. Dopo le numerose preoccupazioni manifestate dai cittadini, si apre una nuova fase di consultazioni con la dichiarata disponibilità della Regione e delle Ferrovie di tenere conto delle proposte e dei suggerimenti che saranno avanzati. Il Comune potrà quindi svolgere in modo appropriato il suo ruolo di garante dell'interesse della cittadinanza».

 

 

Sgonico, sopralluogo del sindaco alla discarica

 

«Ho preso atto dell’allarme lanciato dal gruppo ecologista. E, subito dopo, ho provveduto a avviare tutte le procedure necessarie a inquadrare il problema». Così Mirko Sardoc, sindaco di Sgonico, reagisce alla notizia diffusa lunedì da «Greenaction-Planet» che, anche attraverso cartografia on-line, identifica in un sito del proprio comune una discarica con residui contenenti amianto.
Stando agli ambientalisti, che sulla questione hanno realizzato anche un filmato, la discarica risulterebbe coperta dalla vegetazione, anche se l’occhio più attento sarebbe in grado di cogliere alcuni resti del materiale cancerogeno. «Come avviene in questi casi – riprende Sardoc – bisogna attenersi ai fatti e predisporre le opportune verifiche. L’attenzione della nostra amministrazione verso queste tematiche è molto alta, pertanto sarà mio impegno compiere il necessario sopralluogo sul posto e, subito dopo, identificare chi è proprietario dell’area. Se sarà accertata la presenza dell’amianto e degli altri detriti od oggetti inquinanti dovremo avviare un percorso di bonifica».
«Il ripristino dei siti inquinati - precisa il primo cittadino - richiede un notevole esborso economico e dunque è necessario operare con la massima attenzione e in modo equilibrato».
Secondo gli ecologisti di «Greenaction-Planet» il sito in questione si troverebbe a circa due chilometri dalla famosa Grotta Gigante, luogo frequentato dai turisti specie d’estate.
m.l.

 

 

Pannelli solari e impianti eolici, autorizzazioni più facili  - La legge sull’energia semplifica l’iter per le installazioni di uso domestico. Avviato l’esame consiliare

 

Illustrato il «ddl Sonego» che prevede la liberalizzazione di strutture di piccole dimensioni a fonti rinnovabili. Previsti i catasti comunali

TRIESTE Liberalizzazione dei pannelli solari fotovoltaici e obbligo di installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda negli edifici di nuova costruzione o in fase di ristrutturazione. Sono le principali novità del disegno di legge in materia di energia illustrato ieri alla quarta commissione consiliare dall’assessore regionale Lodovico Sonego. Il testo prevede la liberalizzazione per alcuni impianti di piccole dimensioni a fonti rinnovabili: oltre ai pannelli solari fotovoltaici (purchè rimangano all’interno degli edifici), non dovranno ottenere l’autorizzazione energetica, ma solo il via libera urbanistico, sanitario e ambientale, gli impianti di produzione elettrica in cogenerazione alimentati a gas naturale di potenza inferiore o uguale a 3 megawatt, i gruppi elettrogeni di soccorso e quelli a basso impatto inquinante, gli impianti eolici per uso domestico fino a 5 chilowatt, gli impianti di microgenerazione elettrica alimentati a biomasse di potenza inferiore a 1 megawatt termico, gli impianti di stoccaggio di oli minerali (inferiori a 25 metri cubi se per usi privati, agricoli e industriali, o di capacità inferiore 10 metri cubi se per usi commerciali), i depositi d igpl se in bombole con meno di 1000 kg e le linee elettriche di 20 chilovolt inferiori ai 500 metri di lunghezza.
Dovranno invece passare per la fase autorizzativa gli impianti di maggiori dimensioni ed impatto come elettrodotti, gasdotti, rigassificatori, impianti di produzione di energia elettrica che utilizzano fonti rinnovabili e grandi depositi di oli minerali. Il ddl prevede anche l’obbligo di installazione negli edifici di nuova costruzione o in fase di ristrutturazione di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda per almeno il 50% del fabbisogno annuale dell’impianto termico dell’edificio, salvo documentati impedimenti tecnici o eventuali vincoli paesaggistici e monumentali. Sempre negli edifici nuovi o da ristrutturare dovranno essere predisposti gli impianti necessari alla successiva installazione di pannelli solari fotovoltaici. «Quello del risparmio energetico rappresenta una sfida importante per i prossimi anni – sostiene il presidente della quarta commissione, Uberto Fortuna Drossi – della quale in Italia non si è ancora compresa la reale importanza». Entro fine anno l’Unione europea dovrebbe emanare una direttiva che imporrà l’applicazione di misure forti per ridurre il consumo energetico. Ancora non si conoscono con precisione i termini di questa direttiva ma appare plausibile che l’obiettivo che verrà indicato a livello comunitario si avvicini ad un 20% di produzione energetica da fonti rinnovabili entro il 2015ed in Italia attualmente siamo al 4,9%. «La principale fonte di consumo energetico – spiega Fortuna Drossi – è l’edilizia con circa il 62% contro il 25% dell’industria che in Regione è più incidente in quanto scontiamo la presenza di industri pesanti». Per contenere il consumo energetico, il disegno di legge indica la promozione di accordi con le imprese di distribuzione nonché, per contenere i costi a carico dell’utenza, di forme associative per l’acquisto di energia sul mercato. Prevista anche, secondo quanto indicato dalla normativa nazionale, l’istituzione del catasto comunale degli impianti termici che indicherà ubicazione, potenza e anno di installazione, in modo da garantire la maggiore efficienza degli accertamenti da parte dei Comuni. Previsto anche il catasto regionale degli elettrodotti che disporrà l’inventario delle linee elettriche per valutare campi elettrici e magnetici derivanti dalle linee esistenti e l’eventuale impatto in questo senso in caso di costruzione di altri elettrodotti.
Roberto Urizio

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 ottobre 2007

 

 

Ferriera, test della diossina con 2 anni di ritardo  - L’Azienda sanitaria: «Il nostro progetto del 2005 era sparito dal verbale della Regione»

 

Si era già svolto un incontro per decidere i controlli da effettuare a Servola con la partecipazione di Ass, Burlo e Medicina del lavoro

Ogni esame costa 1300 euro. L’unico laboratorio in grado di leggere le analisi è a Mestre

Si nasconde dietro una intricata vicenda il motivo per cui a Servola non sono mai state effettuate le previste analisi sulla presenza di diossina nei terreni e nella catena biologica (mamme in allattamento e dipendenti della Ferriera) proposte dall’Azienda sanitaria già nel settembre 2005, all’indomani delle emissioni di diossina dal camino E5 della fabbrica. E’ una storia che oggi è possibile ricostruire, e sulla quale nel frattempo è piombata nei giorni scorsi la nuova emergenza con l’evidenza di dati sopra i limiti di benzoapirene e polveri sottili.

La richiesta alla Regione di poter effettuare questi controlli sulla salute e sull’ambiente è stata reiterata il 3 ottobre scorso e l’Azienda sanitaria attende una risposta, anche se in questo preciso momento è diventata dirompente la notizia degli altri inquinanti che hanno portato il sindaco molto vicino a materializzare la già promessa ordinanza di chiusura, con il consenso di istituzioni, sindacati e mondo politico, e il coinvolgimento diretto del ministero dell’Ambiente.
Ma negli stessi giorni in cui il direttore generale dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli e il Dipartimento di prevenzione firmavano l’avvertimento sul rischio per la salute pubblica dopo aver preso visione del rapporto stilato dal Cigra per la magistratura, ancora si stava lavorando (dopo due anni) all’affare della diossina, bloccato da una incredibile serie di inciampi, intoppi e pure strane omissioni.
«Era il 22 settembre 2005 - racconta Valentino Patussi, medico del Dipartimento di prevenzione, assieme alla dirigente del servizio Marina Brana - quando si tenne una riunione del gruppo tecnico ristretto sulla diossina, dopo la notizia di emissioni dal camino E5. C’erano l’Istituto tecnico diossina del ministero, rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità, l’Arpa, il Comune, la Provincia, l’Azienda sanitaria, per la Regione era presente la Direzione centrale dei Lavori pubblici, servizio tutela inquinamento atmosferico, acustico e ambientale, e in quella sede consegnammo una proposta, in collaborazione con la Medicina del lavoro dell’Università di Trieste, tesa a misurare lo stato di salute della popolazione di Servola. Diossina, ma non solo».
Si volevano controllare i terreni e la catena biologica. Si proponeva a quel consesso di alto livello di misurare il dosaggio di diossina nel latte delle partorienti al Burlo Garofolo, scegliendone un campione di Servola e uno del resto della città, da mettere a confronto. Si voleva testare il siero degli abitanti del quartiere e dei lavoratori della Ferriera (cioé il sangue depurato dei globuli rossi e bianchi, che trattiene e rende visibili determinate sostanze).
«Si disse anche - prosegue Patussi - che l’analisi del siero sarebbe stata forse impossibile, non si era trovato alcun laboratorio in Italia in grado di eseguire questo esame». La Regione verbalizzava la riunione. «Ma quando il verbale arrivò, era scomparsa del tutto la parte che riguardava la proposta sulla diossina dell’Azienda sanitaria».
Siamo al 20 ottobre 2005. Rotelli richiede formalmente per lettera alla Regione di integrare il documento. E riassume nuovamente il progetto. «Altrettanto - dice il medico, carte alla mano - fece l’Arpa, che spedì alla Regione analoga richiesta in termini ancora più forti, ma a oggi nessuno ha visto il verbale riscritto».
Si arriva a quest’anno. Il 3 luglio l’Azienda sanitaria chiede un incontro in Provincia, che avviene il giorno 19. Il 27 Rotelli e la responsabile del Dipartimento prevenzione Brana sono nuovamente in Regione: «Sollecitano - riepiloga Patussi - la stessa cosa, l’analisi sulle diossine, e informano di aver intanto individuato a Mestre un laboratorio in grado di analizzare anche il siero, dicono che ogni esame costa 1300 euro, e chiedono la collaborazione economica della Regione, presentando un organico progetto complessivo».
Il 31 agosto la Regione risponde per iscritto «e in quella lettera per la prima volta attesta la nostra richiesta del settembre 2005, mai verbalizzata - dice il medico -, ma chiude con una strana domanda: ’’Come i risultati ottenuti verranno o meno attribuiti alla presenza della Ferriera?’’». Il 3 ottobre - siamo a questi giorni - l’Azienda sanitaria risponde, per conoscenza anche all’Arpa, alla Direzione regionale salute, alla Direzione regionale Lavori pubblici, elencando il livello dei professionisti coinvolti: «L’Azienda sanitaria, l’Irccs Burlo Garofolo, la Medicina del lavoro dell’Università di Trieste, il Dipartimento di patologia medica sperimentale e clinica dell’Università di Udine con la cattedra di Igiene ed epidemiologia, vale a dire - conclude Patussi - i massimi specialisti del settore, dal triestino Bovenzi all’udinese Barbone a Tamburlini del Burlo, garantendo che saranno in grado di adeguatamente leggere le analisi». Si attende risposta.

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - Da tre mesi la Lucchini tratta con la procura un piano di abbattimento del benzoapirene

 

 I contenuti dell’impegno assunto il 21 giugno scorso. L’intervento richiede dai 12 ai 18 mesi

Del benzoapirene, la sostanza cancerogena segnalata dal Cigra con valori superiori alla norma, da mesi stanno discutendo la Procura della Repubblica e la proprietà della Ferriera di Servola. I legali del gruppo Lucchini, gli avvocati Giuseppe Frigo e Giovanni Borgna, hanno parlato su questo tema con il pm Federico Frezza, il magistrato che dal 1999 ha iniziato a indagare sui ripetuti episodi di imbrattamento e sulle emissioni diffuse dello stabilimento.
La base della discussione sul benzoapirene e sul modo di azzerarne o contenerne al massimo la presenza, è rappresentata da un capitolo della consulenza affidata al professor Marco Boscolo proprio dalla Procura nell’ambito di un procedimento penale, sfociato prima in un sequestro e poi, per decisione della Cassazione, nel dissequestro degli impianti più a rischio.
Nell’ambito di questo procedimento il gruppo Lucchini si è impegnato a effettuare un massiccio piano di investimenti per abbattere le emissioni, un piano che è stato concordato nei tempi e negli interventi proprio con la Procura e suoi consulenti. L’impegno coinvolge anche le misure per abbattere il benzoapirene. L’azienda si assunta questo onere pur contestando i metodi del rilevamento del Cigra. Ecco l’impegno del gruppo Lucchini, pervenuto alla Procura il 21 giugno scorso.
«Sulla presunta concentrazione di benzoapirene in alcuni campioni prelevati in via dei Giardini, se da un lato non si evince una prova attendibile sul superamento del limiti previsti dalle attuali norme, dall’altro la realizzazione dello sdoppiamento del sistema di riscaldamento delle batterie di distillazione della cokeria, descritto dal professor Boscolo, appare in grado di far conseguire l’eliminazione, ovvero la riduzione al minimo tecnicamente possibile anche delle eventuali emissioni di sostanze contenenti benzoapirene». Per realizzare questo sdoppiamento del sistema di riscaldamento delle batterie di distillazione, sono necessari dai 12 ai 18 mesi di lavoro.
Il 26 giugno il pm Federico Frezza risponde al gruppo Lucchini. «Gli interventi sulla cokeria come rappresentati dal professor Boscolo, dovrebbero avere anche un effetto benefico nel limitare le fuoriuscite di benzoapirene. Ma ciò verrà valutato in altra sede, atteso che le misurazioni delle immissioni, con incarico di questa Procura al Cigra, sono iniziate da pochi mesi, al punto che l’Azienda sanitaria ha scritto al sindaco l’11 giugno che i dati del Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I dati emersi sono preoccupanti per cui è necessario effettuare un approfondimento della campagna di rilevazione».
Da tempo il gruppo Lucchini misura attraverso più centraline, i valori delle immissioni - benzoapirene compreso - all’interno dello stabilimento di Servola e nelle immediate adiacenze. Questi dati nei prossimi giorni verranno resi pubblici e messi a disposizione di tutte le autorità, amministrative, politiche, sanitarie e giudiziarie. Assieme a questi dati, che sarebbero in controtendenza con le rilevazioni del Cigra, verrà illustrato quello che secondo l’azienda è il corretto metodo per raccogliere i campioni e leggerli nella loro completezza, secondo le norme vigenti.

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - Vertice al ministero per inviare i tecnici - Confronto tra il sindaco Dipiazza, il legale della proprietà e il pm Frezza

 

Riunione al ministero dell’Ambiente ieri pomeriggio sul caso della Ferriera di Servola. Giancarlo Viglione, commissario dell’Apat (l’Arpa nazionale), ha esaminato tutta la documentazione inviata da Trieste e ha incontrato i tecnici dell’Agenzia per dare avvio al piano di lavoro. Verranno stabiliti sia le strumentazioni necessarie per avviare la validazione dei dati esistenti, sia i tempi tecnici e la metodologia.
La decisione di varare un monitoraggio a livello nazionale era stata presa con grande immediatezza nei giorni scorsi dal ministro Alfonso Pecoraro Scanio, al quale il sindaco Dipiazza e il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz avevano inviato con tempestività i dati delle analisi del Cigra, dopo che l’Azienda sanitaria aveva reiterato il proprio avvertimento sul «rischio per la salute pubblica» in presenza sul territorio di Servola di livelli di benzoapirene molto eccedenti i limiti di legge e di polveri sottili che a fine agosto avevano già oltrepassato il limite dei 35 sforamenti annui consentiti.
Intanto Dipiazza ha avuto ieri un incontro con il pm Federico Frezza titolare delle inchieste sull’inquinamento nell’ambito delle quali ha chiesto al Cigra un monitoraggio degli inquinanti a Servola e con l’avvocato della Ferriera, Giovanni Borgna, che fin qui a nome dell’azienda ha rigettato al Tar tutte le ordinanze emesse dal sindaco su impulso dell’Azienda sanitaria.
g. z.

 

 

SGONICO - Denuncia: «Discarica con amianto»

 

TRIESTE Un nuovo allarme ambiente giunge dal gruppo ecologista Greenaction-Planet (gestisce l’omonimo sito Internet): secondo gli attivisti pro natura «sul Carso nuove discariche emergono da uno scomodo passato che si sta cercando di nascondere».
La discarica in questione, secondo gli ecologisti, si può vedere nel video girato da Greenaction Transnational (inserito su You Tube) si trova a ridosso di un centro polisportivo, di un centro commerciale e dell'area artigianale del Comune di Sgonico, a non più di 2 km dalla Grotta Gigante, una delle maggiori attrazioni turistiche del Carso. La discarica ha una lunghezza di circa 250 metri ed è coperta dalla vegetazione. «Tra i tanti cumuli di rifiuti - denunciano gli ecologisti - spiccano quelli con affioramenti di cemento amianto (anche sbriciolato), fatto questo che deve destare un giustificato allarme, vista la presenza nei paraggi di centri frequentati dal pubblico». I cumuli di amianto, per gli autori della denuncia, sono infatti esposti all'azione del vento di bora e le fibre possono essere disperse su una superfice molto vasta. Bisognerebbe perimetrare e metere in sicurezza l’area.

 

 

Muggia, sui rigassificatori dibattito con sloveni e croati  - I partiti della sinistra preparano una serie di incontri con gli esperti d’oltreconfine

 

Gli organizzatori vogliono affrontare i temi delle scelte energetiche e delle pratiche d’autorizzazione procedurale in ottica di Euroregione

Il «Tavolo della sinistra muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Sono previsti interventi di esperti e politici italiani, sloveni e croati per approfondire e avere percorsi comuni sui temi d’interesse condiviso.
I rappresentanti dei partiti della sinistra di Muggia prendono spunto da recenti incontri governativi tra Italia e Slovenia sul tema dei rigassificatori e intendono portare avanti la loro battaglia. «Dopo una nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è deciso d’intraprendere una serie d’incontri con esponenti politici e di associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte loro un quadro più approfondito della situazione e degli sviluppi che l'incontro dei due capi di Stato potrà innescare nelle scelte in campo energetico e soprattutto nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai progetti di impianti di rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e Capodistria». I partiti della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei confini e in un ottica di Euroregione, anche la progettualità della gestione del territorio deve essere condivisa con i Paesi limitrofi.
«Pertanto – dicono - anche le problematiche energetiche e le scelte d’impianti a esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale. In considerazione del fatto che dei suddetti impianti si sia cominciato a parlare anche nell'Istria croata è ormai evidente che la discussione in merito deve essere allargata il più possibile e deve coinvolgere pure i rappresentanti di quelle zone».
s. re.

 

 

Verso un collegamento ferroviario tra i due scali Luka Koper pronta a collaborare: «È essenziale»

 

Mancano solo sei chilometri per completare la tratta che unisce i due porti, due in territorio italiano, quattro in quello sloveno

CAPODISTRIA Il porto di Capodistria non solo è favorevole, ma considera opera essenziale il completamento del collegamento ferroviario che deve mettere in comunicazione diretta i due scali. È la notizia di dettaglio tecnico di maggior rilievo emersa già dopo la cinquantina di minuti in cui le due delegazioni sono rimaste a colloquio nella sala del consiglio di amministrazione di Luka Koper, prima della visita dello scalo e della colazione di lavoro. «È un fatto di grande importanza perché noi consideriamo il collegamento prioritario - ha commentato subito il presidente dell’Autorità portuale triestina Claudio Boniciolli - ma non era per nulla scontato che Capodistria avesse la medesima opinione».
Per completare la tratta mancano sei chilometri di binari, dei quali solo due in territorio italiano (dalle Noghere al confine) e quattro in quello sloveno. È già stato fatto uno studio di fattibilità che ha quantificato la spesa complessiva in 85 milioni. Chiaro però che ora dovranno entrare in azione anche gli enti ferroviari e i Governi dei due Paesi. «Credo che sia Casar che io dobbiamo lamentarci della lentezza con cui procedono i progetti del Corridoio cinque e delle sue ramificazioni verso il mare», ha detto Boniciolli. Del resto anche la collaborazione tra i porti di Trieste e di Capodistria ha potuto essere sollecitata dagli stessi premier Prodi e Jansa solo dopo che Lubiana ha approvato il collegamento diretto dell’Alta velocità tra Trieste e Divaccia.
Altra concordanza di vedute c’è stata immediatamente anche per quanto concerne il marketing comune perlomeno in occasione delle principali manifestazioni fieristiche internazionali. Il presidente di Luka Koper, Casar ha espresso l’auspicio che i due porti si presentino con uno stand congiunto al prossimo Transport logistic di Monaco di Baviera, la principale fiera europea della logistica la cui prossima edizione si svolgerà nella primavera 2009.
Ma a questo punto, come rileva lo stesso comunicato emesso nel pomeriggio da Luka Koper, Boniciolli ha rilanciato chiedendo che si parta prima con altri passi concreti. Quello del turismo nautico in Adriatico e specificatamente delle crociere potrebbe essere uno dei campi di più immediata collaborazione con vicendevoli partecipazioni miste nelle società che si occupano dei rispettivi Terminal passeggeri.
s.m.

 

 

Un ecomostro potrebbe sorgere vicino alle Brioni  - L’allarme lanciato dal sindaco di Dignano. Pronta all’investimento la società «Pelagius»

 

L’area interessata verrebbe trasformata in terreno coltivabile per poi edificare un complesso alberghiero di almeno 100 ettari

DIGNANO Il sindaco Klaudio Vitasovic non dorme sicuramente sonni tranquilli dopo aver saputo che la società Pelagius di Salvore ha buttato l'occhio su 212 ettari di terreno ubicati ai lati della strada che porta a Peroi, con vista sulle Isole Brioni. L'incubo si manifesta con le sembianze di un mostro di catrame e cemento. L'immobile in questione appartiene allo Stato e la sua destinazione, in base al piano territoriale, è quella di bosco. Ebbene la Pelagius spinge per modificare la destinazione in terreno coltivabile in quanto apparentemente interessata a impiantarvi un grande oliveto. Una richiesta in tal senso all'amministrazione municipale è già stata fatta dall'Azienda forestale di stato, in questo caso evidentemente sponsor della Pelagius. «Se la destinazione dell'immobile dovesse essere agricola - dice il sindaco - allora dovremmo essere noi a gestire il terreno, dandolo in affitto ai nostri agricoltori, per cui gli investitori paracadutati dall'esterno non hanno cosa cercare».
Vitasovic quindi non nasconde il disappunto per il fatto di non esser stato interpellato direttamente né dalla Pelagius né dal ministero dell'Agricoltura e foreste sicuramente al corrente di quanto sta succedendo. A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il sindaco ha i sonni turbati considerato che alla fine la Pelagius vorrebbe strappare l'immobile in questione dall'abbandono e trasformarlo in grande uliveto con vantaggi economici anche per le casse municipali? La risposta è semplice: perché c'è l'atroce sospetto che l'oliveto in questione sia il Cavallo di Troia dell'ennesimo progetto di cementificazione in Istria.
Spieghiamo. In base al piano territoriale di Dignano sul terreno coltivabile, ogni due ettari si può costruire una casa o villa padronale che poi si potrebbero sfruttare a fini turistici e commerciali. E 212 ettari diviso 2 uguale a circa 100 ettari edificabili. Una prospettiva che spaventa i dignanesi e il loro sindaco visti i continui attacchi al patrimonio naturale da parte degli speculatori. L'ipotesi della cementificazione in questo caso non è campata in aria visto che la Pelagius, come scrive la stampa croata, è in mano direttamente o indirettamente ad alcuni imprenditori coinvolti nei progetti Residence Skipper e Kempinski nell'umaghese.
p. r.

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 ottobre 2007

 

 

Ferriera, test diossina su mamme e operai  - Il direttore sanitario Reali: in passato nessuna differenza sull’incidenza dei tumori tra chi vive nel rione e le altre zone

 

L’Ass: esami anche fuori dello stabilimento, monitoriamo le servolane in allattamento

Mentre questa settimana arrivano i tecnici del ministero dell’Ambiente per validare i dati dell’inquinamento della Ferriera, e consenso alla chiusura arriva anche dal vicepresidente della commissione regionale sanità Sergio Lupieri (Margherita) per superiori ragioni di salute pubblica «che non hanno tessere di partito», l’Azienda sanitaria si appresta a controllare eventuale assorbimento di diossina in un campione di lavoratori della Ferriera e in un altro di mamme abitanti a Servola e in fase di allattamento.
Il latte materno è particolarmente «assorbente» e rivelatore. L’idea non è nata ieri, sull’impulso dei nuovi dati che stanno portando il sindaco e tutte le istituzioni (compresi i sindacati) a fronteggiare l’ipotesi di chiusura della fabbrica per superamento reiterato dei limiti, ma le fasi preparatorie avranno adesso una forte accelerazione, così come riprenderanno le indagini sulle urine degli operai per controllare la presenza o meno di benzoapirene, il pericoloso idrocarburo policiclico aromatico che il corpo umano assorbe specialmente veicolato dalle polveri sottili, di cui a Servola sono stati oltrepassati i limiti di legge anche su base annua.
Uno screening in tal senso era stato già realizzato un anno e mezzo fa. I sindacati dell’azienda si sono di recente lamentati che questo controllo sia stato sospeso e ne hanno chiesto la ripresa: «Erano stati controllati i 150 lavoratori della cokeria - ha raccontato di recente Giulio Frisari, segretario provinciale della Failms-Cisal, sindacato autonomo dei metalmecanici e siderurgici - e in seguito a ciò una decina di operai era stata spostata in altro reparto, perché era stato riscontrato nel loro liquido biologico un livello di benzoapirene superiore ai limiti».
Il direttore generale Franco Rotelli si trova in questi giorni all’estero. Risponde il direttore sanitario Mario Reali: «Con la lettera inviata alle istituzioni il 4 ottobre l’Azienda sanitaria ha inteso indurire la propria posizione nei confronti di dati sulle Pm10 e sul benzoapirene (cancerogeno e causa di mutazioni genetiche) a livelli decisamente molto alti. Le nuove analisi sulle diossine saranno condotte in collaborazione con Regione, Provincia e Ferriera stessa, in quanto hanno un costo piuttosto elevato, quelle sull’urina per verificare il benzoapirene avvengono in accordo col sindacato e con l’Inail».
Ma per quale motivo non è stata proseguita allora quell’indagine, visto che adesso sembra fatto nuovo ed eclatante l’inquinamento da benzoapirene, che sul territorio di Servola ha toccato punte di 90 nanogrammi per metro cubo mentre il limite, fissato tra l’altro da un decreto legislativo di agosto, è di un solo nanogrammo? «Perché - risponde Reali - era un dato disaggregato, mancava l’evidenza di analisi complessive».
Che ora il Cigra universitario ha realizzato e di cui il sindaco attende la tranche finale relativa al mese di settembre prima di prendere una decisione definitiva sul futuro della fabbrica di ghisa, che proprio il 24 novembre festeggerà i 110 anni esatti dalla nascita. I campionamenti sono stati già fatti ma per l’elaborazione delle analisi il Cigra si è appoggiato - lo dichiara nel proprio report - ai laboratori del Consorzio Inca (Consorzio interuniversitario nazionale «La chimica per l’ambiente»), che coordina 30 università e 80 centri di ricerca, con sede principale a Venezia.
Da gennaio a giugno in via dei Giardini (tetto) e in via San Lorenzo in Selva (stazione ferroviaria) il Cigra ha rinvenuto tra il 31 gennaio e il 2 giugno 2007 una media di 16,9 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, con picchi appunto di 90, 54 e 56. Mentre in via Giorgieri (terzo piano) e in via Fleming (zona università) non è stato superato il livello medio di 0,22.
«In tutti i casi - prosegue Reali, descrivendo l’attività del Dipartimento di prevenzione cui tutta questa attività pertiene - sono stati messi a confronto i dati di salute della città con quelli di chi abita a Servola, e non è stato riscontrato, come già riferito da Rotelli, alcun aumento di malattie tumorali attorno alla Ferriera. Inoltre abbiamo messo a disposizione dei residenti un medico a chiamata per un pronto intervento speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe essere responsabile l’ambiente». Basta chiamare il centralino, 040.399.1111, chiedere del medico di turno dell’Igiene pubblica, il quale fa una visita a domicilio e tiene un registro dei casi che serve come monitoraggio delle conseguenze sulla salute di emissioni e fumi.
Medico, consigliere regionale della Margherita e vicepresidente della commissione regionale sanità, interviene sul tema anche Sergio Lupieri: «Se la Ferriera di Servola non è più compatibile con il tessuto urbano di Trieste il sindaco Dipiazza intervenga secondo i poteri conferitigli dal suo mandato, sono poteri enormi quando coinvolgono la salute dei cittadini». Anche Lupieri salda l’appoggio politico che si sta creando attorno alla convinzione di Dipiazza: «La salute dei cittadini - prosegue - non deve avere né tessera di partito né colore politico, ma essere un patrimonio di civiltà di tutta la comunità di cui il sindaco è il primo cittadino». Bisogna tener conto dei dati che emergono, continua il medico-consigliere, e del fatto che le precedenti ordinanze non hanno conseguito effetti, e inoltre, aggiunge, «non può esistere sviluppo economico laddove non possa essere garantita la compatibilità in termini di tutela della salute pubblica e di sicurezza di salute per i lavoratori e per l’ambiente».
Certamente, conclude Lupieri, sono necessarie soluzioni politiche «che garantiscano ai lavoratori riconversioni e garanzie, ma la salute di una città e di una provincia di 240 mila abitanti è condizione primaria, e bisogna cogliere il momento attuale dello studio per il rilascio della autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione per prendere decisioni non più rinviabili».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - In Provincia chiesta dal centrodestra la sfiducia a Barduzzi - La replica: ho fatto quanto dovevo

 

Sulla Ferriera un attacco pesante alla Provincia, e all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, era giunto ieri dal Verde Alessandro Metz: «Abbia l’umiltà di leggere i dati, o si dimette o risponde in modo adeguato». E ora anche i consiglieri provinciali di centrodestra attaccano Palazzo Galatti e in particolare Barduzzi. «Ancora una volta - scrivono per An Marco Vascotto e Arturo Governa - dobbiamo constatare l’assoluto disinteresse dell’amministrazione provinciale nei confronti della difficile situazione». L’assessorato all’ambiente, scrivono, «continua a rimanere silente», così come l’assessorato al lavoro, quello alle attività produttive e la stessa presidente Bassa Poropat, «cha ha evidentemente rinunciato a dare un ruolo all’ente che presiede su questioni così decisive».
Forza Italia e Lista Dipiazza annunciano intanto «una mozione di sfiducia» verso Barduzzi, «facendo nostre le accuse» di Metz. «Fin dal suo insediamento Barduzzi si è limitata a accusare pesantemente il sindaco Dipiazza, lavandosene le mani e lasciandolo solo», ma oggi - si stupiscono Grizon e De Gavardo - «anche l’ing. Barduzzi si è accorta che la ”salute è la cosa più importante”». I due esponenti dell’opposizione ricordano i «20 mila euro» spesi dalla Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre «Barduzzi non ha avuto il tempo per promuovere analisi sul territorio provinciale per misurare le immissioni in atmosfera della Ferriera». Di qui l’annuncio della mozione, in un attacco che il centrodestra rivolge anche alla Regione che sulla Ferriera «ha sempre mantenuto una posizione palesemente ondivaga».
Decisa la risposta di Barduzzi: «Grizon e De Gavardo fanno polemica, è il loro ruolo, ma io ho fatto tutto quanto di mia competenza. I dati sono pubblici, quando i limiti venivano superati li ho sempre comunicati allo stabilimento e alla Procura». Barduzzi lo ribadisce: «A partire da gennaio, sia nelle misurazioni dell’Arpa che in quelle della società ingaggiata dalla Severstal non si sono avuti sforamenti dai camini: perché sono queste le emissioni che noi, su delega della Regione, dobbiamo controllare». Quanto alle emissioni diffuse, l’autorizzazione regionale su cui la Provincia deve sorvegliare «non pone limiti, restano quelli di legge che stanno controllando Comune e Procura». E poi «ho sempre partecipato personalmente alle conferenze di servizi sulla richiesta di autorizzazione integrata» richiesta dallo stabilimento alla Regione, aggiunge Barduzzi, «e ho avuto incontri con gli abitanti di Servola».
Quanto all’accusa rivoltale da Metz, quella cioè di parlare di dati derivati da traffico, Ferriera e altri impianti industriali, «non lo dico io: lo stesso ingegnere Agricola (direttore generale del ministero dell’Ambiente, ndr) nella riunione in Prefettura di due settimane fa ha parlato di vari fattori di inquinamento», precisa Barduzzi. L’assessore ribadisce di aver sempre fatto «tutto quanto si doveva e poteva fare», aggiungendo che «abbiamo creato un database per la verifica delle emissioni da tutte le circa 70 aziende che dobbiamo controllare», e che «stiamo organizzando un tavolo con esperti per valutare la possibilità di dismissione o riconversione della Ferriera, i temi legati a una futura nuova destinazione urbanistica e alla bonifica del sito». Infine, «non ho mai attaccato Dipiazza», chiude Barduzzi: ho sempre detto invece che se il problema riguarda la salute pubblica è lui la massima autorità in campo sanitario, ed è per questo che può emettere un’ordinanza».

 

 

FERRIERA - Dipiazza: «Ora potrei non abbassare più l’Ici, quei soldi integreranno la cassa integrazione»

 

Il sindaco deciso a firmare la chiusura: «Se un giudice mi dà torto mollo tutto e vado a coltivare patate»Potrebbe non abbassare l’Ici per integrare la cassa integrazione dei futuri disoccupati della Ferriera così da mantenerne - come chiesto dai sindacati - stabile il livello di reddito. Ha un’idea su come assorbire le pesanti conseguenze di una chiusura di attività industriale, anche al di là dello storico stabilimento (Sertubi, per esempio, e altro indotto, pari a circa 1000 stipendi a perdere). E intanto Dipiazza incassa un consenso inedito. «Ne prendo atto - dice - tutti adesso sono con me, mi ero dato degli obiettivi e li ho raggiunti, ho portato l’opinione pubblica a concordare sul Porto Vecchio e adesso sulla necessità di chiudere la Ferriera, ho passato momenti di grande sofferenza quando parlavo da solo, ma adesso sono molto soddisfatto».
Naturalmente non è un valzer allegro ciò di cui si parla, e il sindaco non se lo nasconde. Ma a tutto ha una risposta. In primo luogo ribadisce: «Quella fabbrica non rappresenta lo sviluppo per la città». Poi manda un avvertimento all’azienda: «Adesso tutti hanno capito, e non ci stanno, la Ferriera ha sempre giocato sulle nostre divisioni politiche, e ha goduto di vaste e gravi coperture, e sulla presenza di benzoapirene, se è vero che ha fatto proprie analisi, ha sempre bluffato». Infine guarda la cosa in senso storico-antropologico: «Quarant’anni fa eravamo poveri, e disposti a barattare la salute col lavoro, ma adesso i tempi sono molto cambiati e questo scambio non lo accetta nessuno».
Ma come risolvere le disoccupazioni e gli effetti a catena? «Cassa integrazione, e integrazione di salario, credo collaboreranno anche Regione e Provincia, ma se il Comune restasse solo penso per esempio alla soluzione Ici, ma non è l’unica, la Sertubi potrebbe produrre con un forno elettrico, la centrale di cogenerazione potrebbe usufruire del futuro rigassificatore... Tante cose si possono fare» dice Dipiazza, che nella raffica di incontri e contatti istituzionali e sindacali di questi giorni, fino al ministero dell’Ambiente, afferma di non aver parlato finora con l’Associazione industriali: «Stanno sempre dalla parte della proprietà, la difendono a oltranza, so già le risposte».
Ma su quale punto di legge baserebbe il sindaco la propria ordinanza di chiusura della Ferriera? «Se davvero c’è pericolo per la salute - esclama Dipiazza senza nemmeno entrare nel merito - voglio proprio vedere chi mi verrà contro. Pensiamo solo a che cosa può succedere davanti al primo che muore di cancro e fa causa. Ma ci ricordiamo che a Marghera sono stati incriminati per strage? Se poi un giudice mi darà torto - conclude il sindaco acceso -, allora davvero mando all’aria tutto a mi ritiro a coltivare patate in Friuli».
g. z.

 

 

Rogo alla centrale Enel di Monfalcone, fiamme visibili da Duino

 

Fiamme alte fino a 30 metri e esplosioni che hanno allarmato centinaia di persone. L’incendio provocato dal surriscaldamento di un trasformatore elettrico

Fiamme alte fino a 30 metri, esplosioni e sibili che hanno fatto sobbalzare centinaia di cittadini, una colonna di fumo che ha rischiato di investire case, bar e alberghi vicini, un black-out di venti minuti che ha privato della corrente elettrica tutta Monfalcone, compreso l’ospedale. Un furioso incendio, visibile anche da Duino Aurisina, innescato probabilmente dal surriscaldamento di un gigantesco trasformatore elettrico, ha semidistrutto nel corso della notte l’impianto di trasformazione di Enel Distribuzione lungo la statale 14, all’ingresso della città per chi proviene da Trieste, e che serve a fornire energia elettrica a tutta Monfalcone.
Le fiamme sono divampate all’improvviso attorno alle 2.15 e immediato è stato l’allarme ai vigili del fuoco che è stato lanciato da alcuni automobilisti di passaggio e soprattutto dagli abitanti delle palazzine che si trovano a qualche centinaio di metri dall’impianto e che all’improvviso sono stati svegliati da micro-esplosioni e da un bagliore che ha illuminato a giorno tutto il quartiere Est.
I pompieri sono stati impegnati per oltre 4 ore per aver ragione del fuoco e mettere in sicurezza l’area. I danni agli impianti elettrici ammonterebbero - anche se Enel non ha ancora fornito dati certi - a qualche centinaia di migliaia di euro: l’incendio ha distrutto due grossi trasformatori e ha danneggiato le strutture circostanti dell’impianto di trasformazione.

Fabio Malacrea

 

 

Le case intorno alla Ferriera

 

La Ferriera è lì da oltre un secolo. Era stata messa lì perché lontana dalle case. Fa parte della tradizione industriale della città. I servolani ci sono sempre convissuti.
Ma negli ultimi decenni lì attorno sono sorti enormi caseggiati, penso inizialmente dell'Iacp: già i poveri possono anche crepare... Poi le immobiliari hanno fatto il resto. Oggi la Ferriera è circondata da abitazioni.
Non sapevano i costruttori che dalla sua ciminiera esce il fumo forse? Certo che lo sapevano, ma il fumo rende semplicemente basso il valore dell'area edificabile. Quindi è la logica del mercato la causa dell'urbanizzazione del suo circondario, sono le amministrazioni comunali che hanno data la licenza edilizia, sono lo Iacp e le immobiliari i responsabili dei mali che i fumi recano ai cittadini.
Ma si sa: è più facile chiudere la Ferriera che perseguire chi ha dato le licenze edilizie. Ormai sarà tutto «archiviato», come l'amianto e la diossina di Barcola. Le immobiliari mai sazie vorrebbero chiudere anche il porto vecchio per farne un'area edificabile.
Risalta poi la contraddizione fra le preoccupazioni «ecologiche» di certi politici riguardo la Ferriera e la loro bramosia dei rigassificatori che sterilizzerebbero la vita del nostro mare già moribondo. Turismo su un mare morto? A proposito, perché non si parla di rigassificatori che non usano il mare per il riscaldamento del gas ma parte del gas stesso? Perché costa di più?
Fabio Mosca

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 ottobre 2007 

 

 

Ferriera, il ministro manda i suoi tecnici  - La situazione dello stabilimento servolano diventa un caso nazionale. Verdi e Wwf chiedono esami sulle diossine

 

Pecoraro Scanio: «Dati preoccupanti, sosterremo le scelte del Comune»

«Si tratta - scrive il ministro in una nota diffusa all’indomani stesso delle informazioni sui livelli di Pm10 e benzoapirene riscontrate a Servola - di dati preoccupanti, il superamento accertato rappresenta un rischio per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso: nel caso di validazione e conferma di queste cifre il ministero dell’Ambiente supporterà le scelte che il sindaco riterrà opportuno adottare per evitare ulteriori danni». La chiusura dell’impianto preannunciata da Dipiazza al governo, alle istituzioni locali e ai sindacati nel caso i dati finali relativi a settembre confermino quelli precedenti elaborati dal Cigra per il pm Federico Frezza, trova dunque credito.
«Se il sindaco di fronte a un allarme per la salute pubblica non agisce secondo i propri poteri rischia una denuncia penale per omissione di atti d’ufficio» ha detto ieri Metz in una conferenza stampa indetta per presentare l’azione del ministro. «Però adesso - ha aggiunto - non è più solo coi suoi poteri e con la palla avvelenata in mano, o il cerino che gli brucia, perché il caso Ferriera è diventato un obiettivo comune». Il consigliere dei Verdi ha messo sotto accusa tutta la classe politica: «Un’assenza clamorosa hanno dimostrato fin qui Regione, Provincia, e Comune fino a poco tempo fa, c’è voluta la mobilitazione dei cittadini, che ha mosso la Procura, alla quale si devono le ultime analisi: e come mai - ha provocatoriamente chiesto - il magistrato si è rivolto al Cigra universitario e non all’Arpa? I tabulati Arpa hanno sempre molti ”buchi”, ma le medie annuali degli inquinanti si ottengono dividendo il totale per 365 giorni, quindi quei risultati sono sempre falsati».
Metz, assecondato da Fabio Gemiti e altri rappresentanti del Wwf presenti assieme ad alcuni cittadini di Servola, ha invocato anche analisi sulle diossine («che l’Arpa non è in grado di fare»). Un attacco specifico Metz ha riservato all’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che spesso ha riferito i dati dell’inquinamento alla somma di Ferriera, traffico e altri impianti industriali: «Abbia l’umiltà - ha detto - di leggere i dati, e poi agisca, o si dimette o risponde in modo adeguato, altrimenti fa vergognare l’intera giunta».
Infine il consigliere ha assicurato che secondo la letteratura scientifica produzioni come quelle della Ferriera inevitabimente producono «benzoapirene, cancerogeno e capace di provocare mutazioni del Dna umano, e altre emissioni non abbattibili con alcuna tecnologia, neanche la più supermoderna». E ha annunciato che il gruppo consiliare dei Verdi pagherà in proprio un’analisi già ordinata alla facoltà di Chimica per verificare se anche il pescato oltre le dighe sia contaminato: «Diossina era stata già trovata nei pesci sotto costa».
«Da lunedì - ha concluso riferendosi all’avvio dei lavori da parte dei tecnici del ministero - ci si dovrà ormai preoccupare del diritto al reddito e dei problemi occupazionali».

 

 

FERRIERA - Il nuovo acquirente Arvedi prende tempo - Gli sviluppi degli ultimi giorni rischiano di condizionare la trattativa per la cessione dell’impianto

 

L’amministratore delegato di Servola: «Le misurazioni vanno interpretate meglio»

Un portavoce del gruppo industriale cremonese: «Il clima non sembra dei più favorevoli sulla prosecuzione dell’attività produttiva»

Rischia di venir condizionata la vendita della Ferriera di Servola al gruppo Arvedi. Le valutazioni tecniche dell’azienda di Cremona sono finite da tempo, l’offerta doveva essere fatta già nelle scorse settimane alla Lucchini-Severstal, ma ora ritarda. Il caos sulle emissioni, il clima infuocato tra le istituzioni, Comune di Trieste in testa, gli interventi della Procura della Repubblica hanno spiazzato il gruppo Arvedi che stava facendo le sue valutazioni, ma soprattutto avrebbero messo in allarme il cavalier Giovanni Arvedi.
Non è tanto il business-Ferriera (Arvedi è uno dei principali clienti di Servola, l’azienda di Cremona era assolutamente interessata all’acquisto) quanto a preoccupare i cremonesi sarebbe il «clima sfavorevole» da parte delle istituzioni per gli imprenditori che vogliono investire a Trieste e la mancata certezza sull’intenzione di mantenere il sito produttivo della Ferriera.
Queste le indiscrezioni che arrivano dal gruppo Arvedi che per ora non intende fare dichiarazioni ufficiali. «Il clima a quanto si è visto non è dei più favorevoli – si limita a commentare un portavoce – soprattutto sulla prosecuzione dell’attività produttiva a Servola. Per ora non intendiamo prendere posizione, stiamo ultimando le analisi e non è stato deciso ancora nulla».
La Lucchini-Severstal pare abbia deciso di fare una mossa per uscire da questo stallo. A giorni, la prossima settimana, dal quartier generale di Brescia potrebbe arrivare una richiesta ultimativa ad Arvedi. Trieste per la Lucchini Severstal non è considerata affatto strategica e a confermare ciò è la trattativa con Arvedi per la cessione dello stabilimento. Per Trieste il contatto con il gruppo di Cremona potrebbe essere l’occasione reale per dare una svolta innovativa sul fronte ambientale e produttivo. Arvedi è considerato nel settore dell’acciaio uno tra gli imprenditori più all’avanguardia (dà lezione pure ai tedeschi) ed ha inventato nuovi sistemi produttivi.
Dal fronte di Servola intanto si attendono sviluppi sui dati delle emissioni inquinanti. «L’azienda è seriamente interessata a chiarire tutti gli aspetti tecnici di queste emissioni – fa sapere l’amministratore delegato di Servola, Francesco Rosato – non contestiamo certo i numeri, ma vorremmo che le misurazioni fossero interpretate in maniera più corretta. Sia le istituzioni che la Procura ci hanno chiesto di fare chiarezza. Non si tratta solo di un aspetto giuridico e di ricorsi al Tar. L’azienda ha un patrimonio da tutelare. Per quanto riguarda la gestione la situazione è sotto controllo, periodicamente, come prevede la legge, vengono eseguite tutte le analisi sui lavoratori. Sta a cuore anche a noi che la vicenda sia chiarita. Ed è proprio per questo che stiamo preparando una nota tecnica su cosa dice la legge sul fronte emissioni e inquinamento».

Giulio Garau

 

 

FERRIERA - La Provincia: «Non ostacoleremo Dipiazza»  - Il sindaco: «Tra 2 anni potremo realizzare al posto dell’impianto una nuova banchina portuale»

 

Reazioni concordi degli enti locali dopo gli ultimi dati resi noti: «Lo stabilimento va chiuso, ma bisogna anche pensare al dopo»

Nessuna voce contraria: se s’ha da chiudere l’antica fabbrica di ghisa, si chiuderà. Perfino i sindacati prendono atto e dicono che in fabbrica gli operai son d’accordo: «Meglio un disoccupato vivo che un operaio morto» è il nuovo slogan all’interno della Ferriera. Dirompente è stata la rivelazione dei dati sul benzoapirene (livelli sforati anche di 90 volte per il pericolosissimo cancerogeno) e delle Pm10, già oltre i limiti fissati per l’anno intero. Sulla base di questo scenario il sindaco Dipiazza ha intanto raggiunto un risultato: «Tutti ora hanno capito la gravità della situazione, ciò che temevo finora era proprio lo scontro politico».

Massimo piacere gli fa l’appoggio incondizionato del ministro dell’Ambiente, che di filato questa settimana manda propri tecnici per validare le analisi e svolgerne di ulteriori, promettendo il supporto governativo se si arriverà all’ordinanza di cessazione attività: «Lo scenario è cambiato - commenta il sindaco - e più generalmente penso che una città può fare un sacrificio se si tratta di un investimento proficuo per il domani, ma la Ferriera non è il domani di Trieste, è un vecchio cadavere, con tutto il rispetto per chi ci sta dentro. Anzi: è una realtà che ha fin qui penalizzato lo sviluppo. E fra un po’ di tempo non troveremo più nessuno che voglia andarci a lavorare».
Lo sguardo va già oltre, a ottenere aiuto dal governo per la cassa integrazione dei lavoratori e per una rapida bonifica del sito (peraltro già inserito in quello di rilevanza nazionale): «Due anni bastano - riflette Dipiazza -, e lavorando con energia potremmo realizzare al posto della Ferriera, che si trova in linea con la futura piattaforma logistica del porto, una meravigliosa e innovativa banchina per lo scarico delle navi».
Nel frattempo il sindaco è rimasto colpito dalla reazione dei sindacati: «Mi hanno sorpreso, hanno commentato che la Ferriera evidentemente fin qui li ha presi in giro». E ha preso contatti anche con il gruppo Arvedi, sulla via di acquistare lo stabilimento: «O arriva e si mette a norma, oppure non ci prostreremo come sempre accade a Trieste davanti a qualunque investimento, pur che sia. E ora, uomo avvisato...».
«Non ostacoleremo la posizione del sindaco se dovrà chiudere la Ferriera - assicura la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, la salute è cosa assolutamente prioritaria per la città, e quanto alle soluzioni per i lavoratori la Provincia farà sicuramente la sua parte, ci vuole un tavolo tecnico-politico a largo spettro, e prendere decisioni, altrimenti tra un rimbalzo e l’altro si alimenta nella gente un clima di sospetto verso le istituzioni».
Ma la Bassa Poropat tuttavia ha anche una perplessità di fondo: «Mi sembra strano - riflette - che l’azienda affermi di avere dati molto diversi da quelli in mano al Cigra, alla magistratura e all’Azienda sanitaria, non credo che sia così ingenua... Comunque, se lo sforamento è provato, è necessario che il sindaco provveda».
«La salute prima di tutto» dice anche l’assessore all’Ambiente, Ondina Barduzzi, ieri pesantemente attaccata dal verde Metz per aver voluto leggere i dati dell’inquinamento a Servola come frutto di emissioni varie, e non prevalentemente della Ferriera. «È chiaro - commenta ora - che la salute è la cosa più importante, che sforare i limiti di legge significa incorrere in un reato, e che il reato va represso. Ma non basta dire ’’chiudo’’ - sottolinea Barduzzi -, perché ci sono a seguire i problemi dell’occupazione e anche quelli della bonifica».
g. z.

 

 

FERRIERA - I servolani: «Va garantito un futuro ai lavoratori»  - «L’inquinamento c’è ma bisogna trovare soluzioni per chi rischia di restare disoccupato»

 

Nel rione è grande la preoccupazione sia per la tutela della salute che dell’occupazione. E c’è chi spera in nuovi correttivi ecologici

Gran parte degli abitanti di Servola si schiera a favore della chiusura della Ferriera. Prima, però - lo sostengono in tanti -, andrebbe trovata assolutamente una soluzione occupazionale alternativa per tutti i dipendenti dello stabilimento, che resterebbero senza impiego.

«Ho lavorato per trent’anni alla Ferriera, ma oggi devo ammettere che produce troppo inquinamento - osserva Gianfranco Paulica -. Egoisticamente direi che va chiusa, ma deve essere assolutamente trovata una soluzione occupazionale per i dipendenti. Finora, al riguardo, sono state spese soltanto parole. Ci sono tante case ormai vicino allo stabilimento, la salute della gente va tutelata, come quella degli operai».
Secondo Danilo Rodela non ci sono dubbi: «La Ferriera è un rottame, da buttare. La Lucchini non ha effettuato gli adeguati lavori di manutenzione nel tempo, lasciando letteralmente andare la struttura. I lavoratori poi non vengono tutelati a dovere dal punto di vista medico». Sulla stessa linea, pure Michela Gosdan: «Inquina troppo, la Ferriera va chiusa. Lo dico anche per le persone che ci lavorano dentro, prima o poi si ammalano. Un altro impiego sicuramente lo troverebbero, altrimenti ci rimetteranno la salute».
«Se effettivamente verrà confermato che l’inquinamento prodotto è realmente nocivo - spiega Lino Vallefuoco -, allora chi di dovere avrà il compito di provvedere, chiudendo lo stabilimento, ma sistemando contestualmente la situazione dei lavoratori e quella dell’indotto economico che verrebbe meno per la città. Qualora, invece, si trattasse solamente di problemi di imbrattamento, allora ci vorrà un importante intervento di manutenzione».
Dice no all’eventuale stop, invece, Rodolfo Baez: «La Ferriera non va chiusa ma corretta. Vanno effettuati degli accorgimenti, affinché l’inquinamento non ci sia più. La responsabilità è di chi comanda la struttura, deve intervenire. La chiusura, però, va esclusa in primis per quanti ci lavorano all’interno».
Fabio Poslep, dal canto suo, osserva: «Abito a Servola, vorrei che lo stabilimento chiudesse perché inquina. Per i dipendenti, è la proprietà che dovrebbe trovare un’altra occupazione. Da anni si sente parlare di soluzioni per ridurre l’emissione di agenti inquinanti, eppure i livelli massimi vengono continuamente superati».
«Sarebbe stato giusto introdurre filtri adeguati una volta - dice Michele Vascotto -. Per me adesso la Ferriera è da chiudere, tuttavia vanno tenuti presente gli operai assunti al suo interno. Un’idea valida potrebbe essere quella di trasformarla in una centrale ecologica, operante in una direzione diversa dall’attuale».
Marta Sommariva analizza la situazione sulla base dell’esperienza familiare: «Dopo anni di attività, ora ci si accorge che la Ferriera disturba. Forse, in realtà, non serve più? Mio marito ci ha lavorato per 35 anni, all’epoca della sua assunzione garantiva uno dei contratti migliori che ci fossero in giro. Ci ha aiutati, quando ne avevamo bisogno. Se dovesse chiudere, allora lo stesso destino andrebbe riservato a inceneritore, depuratori e anche le automobili non dovrebbero più circolare. Tutto produce cattivi odori e inquinamento».
Dario Sancin sottolinea una volta di più ancora la questione dell’occupazione: «La mia casa è vicina alla Ferriera, sul davanzale la quantità di polvere che trovo è normale, da anni è così. Se anche una persona sola dovesse rimanere sulla strada, in caso di chiusura, sarei diposto a continuare a vivere in questa maniera. Lo ribadisco, pure se si trattasse di un unico dipendente».
«Per questioni di salute, preferirei che la Ferriera venisse chiusa - è l’opinione di Gianluca Paoli -. Non capisco poi i discorsi sull’inquinamento dimezzato o da ridurre: a mio avviso, o c’è o non c’è, le possibilità sono queste».
Infine, Livia Sancin Ursic afferma: «La mia preoccupazione, in caso di possibile chiusura, andrebbe subito ad alcuni ragazzi che conosco. Lavorano lì, dove verrebbero dirottati? I responabili ci pensino, il sindaco Dipiazza pure. Le polveri? Io in casa pulisco a terra con la scopa e via».
ma.un.

 

 

FERRIERA - Cgil, Cisl e Uil: «L’azienda dimostri se i dati sono falsi» - Critiche sul ricorso al Tar

 

«È irresponsabile l’atteggiamento della Ferriera di ricorrere al Tar e di contestare i dati d’inquinamento senza produrne di diversi, andremo direttamente all’attacco dell’azienda affinché risponda: o i dati del Cigra sono veri, e allora deve limitare le emissioni, o sono falsi, e allora ce lo dimostri».
È già delinata la linea d’azione da qui in avanti, in questo delicatissimo periodo in cui tutti aspettano l’integrazione delle analisi a Servola coi numeri aggiornati a settembre, per Luca Visentini, segretario provinciale Uil.
«Siamo molto preoccupati, per i lavoratori, per le famiglie e per la popolazione a rischio di salute, nessuno pensava che il benzoapirene potesse essere a livelli così alti, c’è una responsabilità molto pesante di chi ha fatto finora i controlli» afferma Luciano Bordin, segretario Cisl, il quale accusa esplicitamente «la politica locale» parlando di «sette anni persi fra tavoli e altri tavoli di centrodestra e di centrosinistra per arrivare a una riconversione dell’attività che non si è mai raggiunta».
«Non ci affascina proprio che l’azienda percorra le vie legali anziché mettere fuori la verità» dice Franco Belci, segretario Cgil, che già l’altra sera, dopo il summit della triplice col sindaco, aveva affermato: «Se si arriverà alla chiusura, ne prenderemo atto». Secondo Bordin quando si avvia lo stop ai motori di uno stabilimento siderurgico «difficilmente poi l’attività può essere riavviata». E il pensiero ovviamente va ai «550 lavoratori diretti, ai 300 indiretti, quelli di Sertubi», così come Visentini ricorda che l’età media è di 40 anni, «troppi per cambiare del tutto lavoro, troppo pochi per avviarsi a qualche forma di pensionamento». Il sindacalista della Uil intravede, dopo gli ammortizzatori sociali di transizione, uno sbocco possibile nella costruzione della piattaforma logistica portuale e nel rigassificatore previsto in golfo.
«Concordo - rafforza Belci, sul rigassificatore però contrario - che difficilmente si può riprendere la produzione quando questa viene sospesa, aspettiamo l’approfondimento dei dati, e se il peggio arriverà sarà necessario che Trieste intera si faccia carico dei problemi di questi lavoratori, che fin qui hanno contribuito all’economia della città e anche con un lavoro ingrato, occorre - prosegue - non solo una cassa integrazione dallo Stato, ma fondi aggiuntivi da Comune e Regione affinché siano mantenuti stabili i livelli di reddito, poi si dovranno cercare tutte le alternative possibili per accelerare una ricollocazione». Ma in questa provincia riassorbire specializzati in siderurgia, nessuno se lo nasconde, non è semplice.
g. z.

 

 

I ricercatori: il benzoapirene è una sostanza cancerogena

 

Il benzoapierene è un idrocarburo di cui è riconosciuto il potere cancerogeno. I ricercatori del Cigra hanno messo a confronto le misurazioni effettuate a Servola in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via Fleming nei pressi dell’Università.

 

 

Polveri sottili oltre i limiti ma anche in piazza Libertà

 

Le polveri sottili a Trieste sono tornate a superare i valori limite. È successo due giorni, secondo i dati dell’Arpa. Sono stati registrati sforamenti, sia pure di non molto superiori ai 50 microgrammi per metro cubo in via Svevo, via Carpineto e in piazza Libertà

 

 

Il terrapieno di Barcola è stato dissequestrato ma la bonifica è lontana - All’Authority il decreto del magistrato

 

Il terrapieno di Barcola è ufficialmente dissequestrato. Il decreto firmato alcuni giorni fa dal sostituto procuratore Cristina Bacer è stato notificato venerdì scorso all’Autorità portuale.
Alla fine di settembre lo stesso magistrato ha chiesto al Gip Paolo Vascotto, che l’ha accolta l’archiviazione del procedimento aperto nel novembre 2005 in base a un esposto dell’associazione Amici della Terra. Accogliendo la richiesta di archiviazione, il gip ha in sostanza accolto le motivazioni del pm sia con riguardo alla prescrizione dei reati sia alla normativa, troppo diversa fra gli anni Settanta e Ottanta, quando l’area era stata usata come discarica (anche per le ceneri contenenti diossina provenienti dall’impianto di Monte San Pantaleone), ed oggi.
L’archiviazione del procedimento ha sollevato immediatamente la protesta dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, che ha annunciato di voler ricorrere contro il provvedimento in tutte le sedi istituzionali competenti, italiane e ed europee.
L’associazione, che si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti anche l’astrofisica Margherita Hack, ha affermato che l'apertura di discariche a mare non era consentita, prima ancora dell'entrata in vigore della legislazione comunitaria, già dalle leggi nazionali del 1934 e del 1976, nonchè dalla stessa Costituzione.
Secondo gli ambientalisti, il reato commesso nella discarica di Barcola, dove è stata rilevata la presenza di diossina in misura undici volte superiore al consentito, è di natura permanente, ed è stato perpetrato in un «unico disegno criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di Zaule e poi delle Noghere (ora per questo Sito inquinato di interesse nazionale), proseguito a Barcola e infine a Muggia con la recente discarica Acquario. Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e contestate le responsabilità civili.
Con la notifica del dissequesto, intanto, l’area è libera a tutti gli effetti. Rimangono peraltro in vigore i vincoli ambientali, in particolare il divieto di scavo, stabiliti dalla conferenza dei servizi.
I futuri interventi sul terrapieno (compresa l’eventuale bonifica) saranno decisi da una nuova conferenza dei servizi, che verrà convocata dalla Regione dopo che l’Autorità portuale avrà trasmesso i dati delle analisi che la stessa Ap ha fatto rifare in gran parte sui disposizione dell’Arpa.
gi. pa.

 

 

Nuovi parcheggi: mappa degli accessi - La Commissione urbanistica convoca il sindaco per chiedere chiarimenti

 

Ecco quale sarà la viabilità prevista dai tecnici comunali in seguito alla realizzazione dei 18 impianti

Sarà il sindaco Roberto Dipiazza a chiarire martedì alla commissione urbanistica alcuni aspetti del piano parcheggi sui quali gli stessi consiglieri comunali - An e Forza Italia in prima fila - hanno chiesto notizie precise. Lo annuncia il presidente della commissione Roberto Sasco (Udc), che riunirà poi la commissione anche giovedì.
Dipiazza detiene la delega sui project financing: dal primo cittadino dovrebbero venire chiarimenti innanzitutto sui tre parcheggi che la Riccesi spa dovrebbe costruire in largo Roiano, in via Tigor e in via del Teatro Romano in base alla novazione condotta con il Comune dopo che quest’ultimo impose lo stop al parking di piazza del Ponterosso, nel quale la Riccesi stessa era impegnata. Se entro novembre la società non avesse l’ok definitivo dal Comune per i tre contenitori alternativi si dovrebbe passare alla monetizzazione del danno, quantificata in oltre tre milioni.
Nel frattempo i consiglieri stanno visionando la documentazione del piano. Nello stendere il documento gli uffici hanno redatto per ciascuno dei 18 impianti previsti - quasi tutti interrati - schede tecniche con costi, analisi idrogeologiche e metaprogetti, schemi che individuano le caratteristiche principali dell’impianto. I dati proposti sono «puramente indicativi e funzionali a una verifica preliminare della fattibilità», avvertono i tecnici. Le imprese interessate potranno insomma proporre variazioni. Ecco comunque lo schema degli impianti.
VIA DEI MORERI L’impianto è situato nell’area Polstrada tra le vie dei Moreri, Villan de Bachino e Montorsino. Ingresso e uscita sono previsti entrambi in via dei Moreri, ma l’uno subito prima di via Villan de Bachino e l’altro in prossimità di piazza tra i Rivi.
LARGO ROIANO Parcheggio delimitato da viale Miramare e via S.Teresa: ingresso e uscita da questa via.
FORO ULPIANO Il parcheggio viene ampliato fino a piazza Oberdan, da cui si entra ed esce. Ulteriore entrata in via Cicerone (per chi arriva da via Fabio Severo): dalla stessa via si esce in direzione Coroneo.
PIAZZA SANT’ANTONIO NUOVO Il parcheggio si sviluppa sotto la piazza da via San Spiridione e fino all’altezza della via XXX Ottobre: qui sono previsti ingresso e uscita.
UNIVERSITÀ NUOVA Contenitore situato sotto il piazzale, delimitato da via Fabio Severo con ingresso e uscita lungo i rettilinei della strada.
IL GIULIA Il parcheggio è nella superficie affacciata su via Pindemonte, da cui si accede.
STAZIONE MARITTIMA Per il parking del piazzale antistante l’edificio, ingresso e uscita sono previsti nelle due direzioni in parallelo alle Rive. Ma il progetto già presentato da Saba Italia prevede l’ingresso dall’altezza di via del Mercato Vecchio, l’uscita al lato opposto solo verso Campo Marzio.
RIVA GULLI Sotto l’area ex Bianchi: ingresso e uscita entrambi verso Campo Marzio.
RIVA III NOVEMBRE Il parcheggio costeggia le Rive, sul lato mare, da via Genova fino a oltre piazza Tommaseo. Ingresso e uscita in direzione obbligata verso Campo Marzio.
VIA DEL TEATRO ROMANO La struttura è situata tra il Teatro romano e il palazzo dell’Inail, in posizione arretrata rispetto alla strada.
COLLE DI SAN GIUSTO Anche questo parcheggio sotto il colle ha ingresso e uscita in via del Teatro Romano.
VIA TIGOR-CERERIA Il parcheggio, fuori terra su pastini, è all’incrocio tra le due vie con ingresso e uscita su via della Cereria.
LARGO PAPA GIOVANNI XXIII Sotto il largo fino all’altezza di via Baciocchi, con ingresso e uscita sul lato via Santissimi Martiri.
LARGO CANAL Parcheggio accessibile da via Montecucco, da dove si esce in direzione Navali o Canal.
LARGO PESTALOZZI Si accede sia da via dell’Istria che da via del Molino a Vento: due direzioni possibili anche per l’uscita.
LARGO SONNINO Struttura sviluppata a forma di triangolo: si accede dal lato via Settefontane.
PIAZZA FORAGGI Delimitato da piazza Foraggi e via della Tesa, con ingresso e uscita su questa stessa via.
PIAZZALE DELLE PUGLIE Ingresso e uscita sono situati sullo stesso piazzale.

 

 

I fondali di San Bartolomeo «fotografati» dai biologi dell’Università di Trieste - Studi e analisi con base alla caserma Slataper

 

MUGGIA Una fotografia dei fondali marini della zona di Muggia. Per la prima volta, il Dipartimento di Biologia marina del nostro ateneo è stato ospite della caserma Slataper di Muggia, per una tre giorni di studi e analisi che ha avuto al centro i fondali marini della baia di San Bartolomeo, nei quali appunto si specchia il comprensorio dell’Esercito.
Non a caso, e a più riprese, da parte di diversi enti istituzionali si è parlato di realizzare nella baia, vista la peculiarità delle popolazioni marine che vivono nel territorio di cui la caserma è il baricentro, una riserva marina protetta. Senza per questo ovviamente ledere gli aspetti di fruizione balneare del sito.
Ma vediamo che cosa ha detto ieri, ultimo giorno della kermesse di studi il professore di Ecologia marina (Dipartimento di Biologia dell’università), Giuliano Orel: «Dopo la settimana a Salvore, che frequentiamo da 25 anni, per la prima volta gli studenti hanno potuto lavorare nella baia di San Bartolomeo, grazie all’ospitalità della base, a una profondità di 6-7 metri ed a 2-300 metri dalla costa. I rilievi in mare, ripresi da tre postazioni diverse, e le analisi, fatte a seconda dei casi sulla spiaggia o nei locali che avevamo a disposizione, ci hanno permesso di cogliere la fisonomia della zona e di fotografarne insediamenti e peculiarità».
L’ospitata, che potrebbe ripetersi anche negli anni prossimi, ha visto il soggiorno completo di una trentina di studenti delle diverse discipline relative alla biologia marina, di una decina di tutor e dei ricercatori universitari Zamboni e Auriemma.
Spiega il comandante della base logistico addestrativa dell’Esercito, Claudio Tomasi: «Nel periodo invernale il comprensorio funziona come una caserma vera e propria, anche se abbiamo fatto un’eccezione per l’equipe di studio del Dipartimento di Biologia marina, dopo la recente ospitalità a 50 membri del corpo dei Vigili del fuoco, nell’occasione del loro grande raduno».
Diversa è infatti la situazione estiva del centro, che da caserma si trasforma in luogo di relax e di ferie per i militari e le loro famiglie, grazie alla disponibilità di un campeggio, di mini appartamenti e di camere, oltre che di spazi verdi e di numerose strutture per il divertimento e lo sport.
Ed è proprio agli impianti sportivi della base che si appoggiano, per allenamenti e incontri nel periodo estivo, anche diverse società e organizzazioni muggesane e triestine, come l’Asda Basket, l’Interclub, la Cri e l’Opera figli del popolo.
Recentemente anche il vescovo Ravignani ha visitato la base per benedire, nella chiesetta del comprensorio intitolata a Maria ausiliatrice, una bella e antica tela, restaurata su input del comandante Tomasi che è appassionato di storia ed arte, raffigurante la madonna con il bambino.
Daria Camillucci

 

 

Rifiuti a Muggia, vertice sui disagi  - Il sindaco: «Comportamenti inopportuni della multiutility»

 

Il Comune incontrerà AcegasAps per chiarire i problemi sorti nel passaggio di gestione a Ecoverde

L’azienda si scusa e replica alle contestazioni Il primo cittadino intanto risponde all’opposizione: «Paventare rischi sanitari è francamente fuori luogo»

MUGGIA Il Comune di Muggia incontrerà nei prossimi giorni i vertici AcegasAps per parlare di comportamenti che il sindaco Nesladek definisce «inopportuni» da parte della multiutility nel passaggio di gestione della raccolta rifiuti, che ha avuto ritardi e disagi.
L’AcegasAps, però, ha una versione diversa dei fatti. Il subentro di Ecoverde alla stessa AcegasAps, con la sostituzione dei cassonetti sul territorio, ha avuto alcuni noti intoppi a Muggia, seguiti da proteste sulla gestione di questa fase da parte del Comune.
Il sindaco osserva: «Come ha detto il consigliere Tarlao, era meglio gestire il tutto in accordo tra Comune e le due aziende. Ma di fatto ciò non è stato possibile per l’indisponibilità di AcegasAps».
Nesladek parla esplicitamente di «difficoltà nel gestire il passaggio delle consegne, per alcuni problemi creati dal pregresso gestore. Innanzitutto – spiega il sindaco - AcegasAps non ha accettato di gestire con Ecoverde il cambio dei cassonetti, e questo ha comportato un ritardo inevitabile e fastidioso. Inoltre ha ritirato con grande sollecitudine le campane per la differenziata, quando ancora era in discussione la possibilità di un loro acquisto da Ecoverde. AcegasAps si era dichiarata disponibile a venderle, salvo poi rifiutare all’ultimo minuto».
Una situazione pesante, dunque, tra vecchio e nuovo gestore, che secondo Nesladek si è esplicitata anche in altri modi: «Non parliamo infatti - precisa il sindaco - dei controlli particolarmente fiscali ai compattatori in entrata all’inceneritore, di proprietà della stessa AcegasAps, che hanno comportato altri ritardi. Si tratta di comportamenti senz’altro legittimi, sulla cui opportunità però nutriamo forti dubbi. Siamo convinti che questa non è una politica voluta da chi ha alte responsabilità nell’azienda. Per questo abbiamo chiesto, e prontamente ottenuto, un colloquio chiarificatore».
L’AcegasAps, tramite il responsabile della comunicazione, si scusa per i disguidi, ma precisa: «A fine settembre in Comune si è parlato del cambio di consegne. Noi abbiamo evidenziato che tra lunedì e martedì sarebbero stati tolti i cassonetti normali, e mercoledì quelli per la differenziata. Non ci è giunta nessuna indicazione diversa su come operare».
Sulla cessione ad Ecoverde dei contenitori per la differenziata, AcegasAps sottolinea che «il nuovo gestore ci aveva chiesto inizialmente di noleggiarli. Cosa per noi impossibile, per ragioni pratiche. Abbiamo quindi proposto la vendita, ma volevamo una risposta rapida, altrimenti si sarebbe rispettata la scadenza di mercoledì per il loro asporto. E così abbiamo fatto. Il nuovo gestore ha accettato tardi la proposta, quando ormai i contenitori erano già stati tolti e destinati altrove».
Infine sui controlli apparentemente troppo «fiscali» dei compattatori di Ecoverde all’inceneritore, la multiutility risponde: «È la normale prassi quando si tratta di mezzi di ditte diverse dalla nostra».
Posizioni diverse, dunque, tra le due parti, che dovrebbero trovare un chiarimento ufficiale proprio nell’incontro previsto in settimana.
Il sindaco Nesladek, infine, replica alle polemiche degli esponenti dell’opposizione: «Parlare di rischi igienico-sanitari, come fa la consigliera Carboni, è francamente fuori luogo. L’accumulo di rifiuti si è verificato per un tempo così breve da non costituire minaccia reale alla salute. La situazione – aggiunge - è stata costantemente monitorata dall’assessore competente (sono maldestramente strumentali le richieste di dimissioni) e da me. Sono stato presente ogni giorno nelle zone più difficili. Forse per questo non ho avuto tempo di far sentire la mia voce, come sottolineato dalla Carboni. Ero impegnato a lavorare per una rapida soluzione del problema».
«La situazione ora si può dire sotto controllo – conclude il sindaco -. Ci saranno ancora aggiustamenti, come il posizionamento di alcuni cassonetti. Presto sarà anche completata la posa delle campane per la differenziata. Siamo contenti della disponibilità e dell’impegno dimostrati dal nuovo gestore».
Sergio Rebelli

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 ottobre 2007 

 

 

IL CASO FERRIERA - Dipiazza pronto a chiudere la Ferriera  - Rotelli (Ass) gli scrive denunciando «rischi per la salute umana e per l’ambiente»

 

Il sindaco chiede ai tecnici del Cigra i dati aggiornati sugli inquinanti nel terreno di Servola. Se saranno negativi firmerà l’ordinanza

Tra pochissimi giorni il sindaco Roberto Dipiazza potrebbe emettere l’ordinanza di chiusura della Ferriera di Servola. Dopo tante e reiterate minacce, sembra che resti poco spazio adesso per le armi della dissuasione verbale. Decisivi si sono rivelati i nuovi dati sulla massiccia presenza del cancerogeno benzoapirene associato a valori fuori norma di polveri sottili per le strade del quartiere rilevati dal Cigra per conto della magistratura. E soprattutto la conseguente comunicazione ufficiale dell’Azienda sanitaria datata 4 ottobre che a fronte dei dati d’inquinamento, e notando come la fabbrica non abbia evidentemente adottato alcun provvedimento dopo le precedenze ordinanze del sindaco, ha richiamato l’amministrazione sul fatto che esiste in città «un rischio per la salute umana e per l’ambiente».
Il dato nuovo è proprio l’altissima concentrazione a Servola di benzoapirene, un idrocarburo policiclico aromatico di cui - scrive il direttore generale Franco Rotelli nella lettera - «è nota l’azione mutagena e cancerogena». Ad agosto, data delle ultime rilevazioni, era già stato superato il massimo valore consentito nell’arco di un intero anno.
In una conferenza stampa convocata ieri assieme all’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci, Dipiazza ha detto che «la situazione è gravissima, la peggiore di tutti questi anni», e che l’avvertimento dell’Azienda sanitaria, in questi termini espresso, impone di agire senza ulteriori dilazioni, se non un breve lasso di tempo (circa 20 giorni, presumibilmente) per ottenere i dati aggiornati al 30 settembre. «In questo modo - hanno precisato Dipiazza e Bucci - la Ferriera non potrà protestare che il Comune si avvale di analisi superate, ma è da dubitare che in settembre una situazione che ha portato a rilevare fino a 90 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene possa dare risultati pari a zero». La soglia indicata dalla legge è di un solo nanogrammo, e tale deve essere la media annuale. A Servola sono già stati superati anche i 35 sforamenti annuali ammessi per le Pm10 (che giovedì sono state superiori ai limiti in tutta la città con piccolo di 70 microgrammi per metro cubo in via Carpineto quando il limite è 50).
Il sindaco ieri ha velocemente incontrato i sindacati d’azienda. Si è consultato con l’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, trovando ampia collaborazione. Ha preavvertito il prefetto. Assieme al consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, recente autore di un nuovo esposto alla magistratura sulla Ferriera, ha fatto pervenire tutta la documentazione al ministro Alfonso Pecoraro Scanio. In serata ha visto i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «La salute è più importante del lavoro - ha pubblicamente ragionato Dipiazza -, è inutile che continuiamo a salvare il posto in fabbrica a lavoratori che in quella fabbrica rischiano di ammalarsi seriamente».
Nessuno tuttavia - esplicite parole - sarà lasciato in strada se l’ordinanza di cessazione d’attività dovesse imporsi: l’amministrazione conta sulla collaborazione col governo al fine di trovare una via d’uscita «per famiglie che di quello stipendio vivono, che hanno figli e mutuo». Si parla di nuovo quantomeno di una possibilità di cassa integrazione.
«La lettera di Rotelli mi sarebbe già stata sufficiente per decidere la chiusura, ma ho voluto usare cautela - ha aggiunto il sindaco -, però questa è davvero l’ultima chance per la Lucchini-Severstal, e quanto all’acquirente Arvedi che si approssima, vedremo, ma in tutti i casi non ci faremo più prendere in giro dalla promessa di piani industriali che poi durano dieci anni, fin qui la Ferriera ha goduto di una evidente copertura, c’è voluto un magistrato, Frezza, che ha pagato di tasca propria le indagini, per capire davvero la situazione: a Servola per anni e anni il controllato ha fatto il controllore di se stesso, pagando una società di verifica».
Resta il fatto che l’Arpa, titolare dei controlli sullo stato dell’ambiente e del rispetto dei limiti di norma, solo tra luglio e agosto ha misurato per la prima volta il benzoapirene (trovandone traccia così come il Cigra). Ma non è evidente che un certo tipo di produzione genera invariabilmente determinate sostanze? «Esistono anche fabbriche che riescono a non buttare queste sostanze nell’ambiente - sottolinea Rotelli - e comunque non spetta all’Azienda sanitaria fare indagini ambientali, non ne ha proprio né competenze né strumenti, può solo occuparsi dei riflessi sulla salute umana, e lo fa». Indagini sulla salute dei servolani sono state effettuate consultando i database interni: «Non è risultata alcuna differenza di salute e malattia rispetto agli altri cittadini - rileva il direttore -, ricerche ne faremo ancora, ma sostanze come queste possono dare risultati devastanti anche a distanza di anni».
Stamattina intanto il verde Metz, che ha dato ampia collaborazione al sindaco, illustrerà in una conferenza stampa una risposta del ministro Pecoraro Scanio (che proprio di recente si è occupato della Ferriera nel corso di una visita a Trieste) ai documenti appena inviati. Il Comune ha intanto spedito a tutti gli enti una ufficiale comunicazione sulla sua richiesta di dati aggiornati al 30 settembre. Ma intanto la Ferriera dà battaglia, e contesta non solo il sindaco, ma anche le analisi e i loro risultati.

Gabriella Ziani

 

 

La proprietà: «Dati sbagliati, andremo al Tar» - Il legale della Lucchini: «Il metodo di raccolta dei valori non è corretto, qualsiasi atto amministrativo è illegittimo»

 

Cosolini: «Se verrà sospesa l’attività si potrà chiedere la cassa integrazione»

Moretton: «Convocherò tutti i soggetti interessati per individuare le misure più opportune». Belci (Cgil): «Chiederemo all’Azienda sanitaria test sui lavoratori»

«Le ordinanze del sindaco vengono impugnate tutte e comunque». Così afferma l’avvocato della Ferriera, Giovanni Borgna. Finora sono state spediti al Tar tre documenti comunali. Ma ci si appresta a fare altrettanto se quelli non fossero gli ultimi. «Intanto come autotutela - dice Borgna -, e poi riteniamo che poggino su presupposti giuridici e tecnici non fondati, e su dati sbagliati, la Ferriera sta conducendo da tempo analisi in proprio e ottiene risultati in netta controtendenza». A oggi questi esiti non sono stati comunicati. Lo saranno a breve.
Che cosa si contesta al sindaco? «C’è violazione di competenze, infondatezza sul piano tecnico perché il metodo di raccolta dati non è corretto, e illegittimità dell’atto amministrativo» elenca l’avvocato, contrario a ogni pubblicizzazione d’indagini.
Adesso però si muove anche la Regione. E perfino i sindacati non si oppongono più a ipotesi di chiusura. Dipiazza ha dalla sua l’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, deciso egli pure a mettere uno stop a questa sequenza rotonda di inquinamenti rilevati e ordinanze rispedite al mittente, mentre l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton, ha messo al corrente la giunta regionale sui dati del benzoapirene e intende convocare «tutti i soggetti interessati al fine di individuare le misure più opportune». Moretton si rifà al decreto legislativo del 3 agosto 2007 che fissa i limiti del benzoapirene e stabilisce che la Regione, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso (cioé gennaio 2008) individui le zone con superamento dei limiti e le fonti, e adotti «misure, che non comportino costi sproporzionati, necessarie per il raggiungimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012». Un dato (e una data) che potrebbero influenzare le decisioni che si affacciano.
«Se ci sono problemi per la salute dei cittadini - afferma invece Roberto Cosolini - vanno affrontati senza reticenza, con tutti gli strumenti a disposizione, e l’esito non può più essere questo circolo chiuso, collaboreremo col sindaco, dobbiamo vedere se ci sono, e quali sono, le condizioni che rendano compatibile la salute col lavoro, ma siamo comunque alla stretta finale, abbiamo sempre detto che l’attività deve essere condizionata a certezze sul rispetto della salute e dell’ambiente, e se le cose vanno troppo per le lunghe è ovvio che bisognerà prendere decisioni, la precedente scadenza del 2009 era subordinata a investimenti, ma non per questo si possono produrre disastri fino a quella data». Dunque appoggio al sindaco se decide la chiusura? «Se esistono gli estremi, il sindaco deve agire - mette in chiaro Cosolini -, e ci siamo pericolosamente vicini».
Se poi l’azienda manda a dire che «sparare col ventilatore notizie allarmanti mentre c’è un compratore in vista potrebbe costituire elemento di turbativa», anche l’assessore regionale ha invece un messaggio per Arvedi: «Deve sapere che se acquista ha da produrre in salute, e comunque per decidere deve anche sapere a che cosa va incontro». Cosolini è più aperto ora all’ipotesi di cassa integrazione, a suo tempo invocata da Dipiazza: «Se si sospende l’attività, allora la si chiede».
E il sostegno, amaro, arriva perfino dai sindacati, preavvertiti ieri sera. «Prima viene la salute dei lavoratori» afferma Franco Belci, segretario provinciale della Cgil. Che prosegue: «È singolare che dati così gravi vengano alla luce appena adesso, chiederemo all’Azienda sanitaria indagini (a sue spese) su tutti i lavoratori, e se si arrivasse alla chiusura ne prenderemo atto. Serviranno soluzioni alternative, e intanto forti ammortizzatori. Ci appelleremo alla città intera, la Ferriera è un problema di tutti i 209 mila triestini. Però - conclude - speriamo che si trovino strumenti stringenti per ridurre gli inquinanti, è una situazione davvero esplosiva».
g.z.

 

 

Polvere di carbone in mare

 

Polvere di carbone che galleggiava su un ampio specchio di mare fra la Ferriera e l’Arsenale. La segnalazione dell’esteso inquinamento (è stata riscontrato su una superficie lunga mille metri e larga 400) è stato segnalato verso le 8.30 di ieri alla Capitaneria di porto, che ha fatto uscire alcuni mezzi e ha allertato a sua volta l’Autorità portuale, la quale ha chiesto l’intervento delle speciali unità della Sea Service. L’operazione di bonifica dello specchio acqueo si è conclusa solo verso le 17. Ancora da accertare l’origine dell’inquinamento: Analisi in questo senso sono state avviate dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

 

 

Un impianto fotovoltaico per fornire energia elettrica al palazzo dell’Anagrafe - Il Comune sperimenta le fonti alternative

 

Progetto realizzato dall’Università: il sistema funzionerà dall’anno prossimo

Il Comune sperimenta le fonti di energia alternative: dall’anno prossimo il palazzo dell’Anagrafe potrà sfruttare la luce solare. Sul tetto dell’edificio verranno installati i 174 pannelli di un impianto fotovoltaico da cui ci si attende una potenza di picco connessa in rete di 20 kilowatt a 400 volt: numeri non tali da coprire l’intero fabbisogno del palazzo, dice l’assessore ai lavori pubblici Franco Bandelli, ma una sua «buona parte».
Tutto nasce da un bando che il ministero dell’Ambiente ha emanato attraverso la Regione. Il Comune ha risposto presentando un progetto redatto dal Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali dell’Ateneo cittadino, con il quale ha attivato una convenzione. Di qui i 108 mila euro assegnati da Roma come contributo alla realizzazione dell’impianto per il quale la spesa prevista era di 232 mila 405 mila euro.
Di recente, la giunta ha deliberato una ulteriore spesa di 120 mila euro: «La bora - racconta Bandelli - non ci consente di posizionare i pannelli con la consueta inclinazione di 45 gradi: i moduli vanno appoggiati sul solaio e ancorati al tetto piano con tutte le precauzioni connesse alle guaine impermeabili» che lo ricoprono. Comunque «è un primo esperimento che facciamo - commenta l’assessore - nell’ottica di ottimizzare e abbassare i consumi energetici ma anche di varare l’utilizzo di fonti di energia alternative».
L’impianto dovrebbe funzionare a regime entro il primo trimestre del 2008. Ed è questa al momento l’unica opera prevista sul palazzo dell’Anagrafe. Alcuni mesi fa l’assessore Maurizio Bucci, parlando del suo progetto di fare dell’ex scuola Carli di via del Teatro Romano un «palazzo dell’urbanistica» dove concentrare servizi e uffici dei settori collegati, aveva sottolineato come il palazzo dell’Anagrafe - dove oggi l’Urbanistica ha sede - sia fuori norma in termini di sicurezza e come in ogni caso «vada ristrutturato».
Bandelli però ribadisce l’inattualità del tema: «A oggi sul palazzo non c’è alcuna previsione di lavori, a parte l’impianto fotovoltaico. Del resto, va considerata la situazione generale degli edifici del Comune: quasi tutte le scuole sono fuori norma», chiude Bandelli.
p.b.

 

 

Raccolta dei rifiuti, a Muggia torna la normalità ma Forza Italia chiede le dimissioni di Veronese  - Concluso lo svuotamento dei cassonetti

 

MUGGIA Sta tornando alla normalità la raccolta dei rifiuti a Muggia. La ditta Ecoverde ieri ha chiuso il giro di svuotamento dei cassonetti, e sta completando la loro distribuzione nelle aree ancora scoperte. I partiti di opposizione, intanto, chiedono le dimissioni dell’assessore Veronese.
Non è stata facile questa fase di passaggio di consegne della gestione dei rifiuti a Muggia. Ma, tra cassonetti mancanti, immondizie lasciate a terra (atto eccezionalmente tollerato dal Comune) e cassonetti non svuotati da più giorni, la zona di Chiampore e Zindis, fino a Muggia vecchia, è stata quella che ha lamentato i maggiori disagi.
Ieri mattina, finalmente, a più riprese il camion della ditta ha provveduto a svuotare gli ultimi cassonetti stracolmi e a portar via i sacchetti lasciati a terra, dal lungomare Venezia fino a Chiampore. Il motivo di questo ritardo pare sia di natura prettamente tecnica. Il camion compattatore, infatti, doveva essere parzialmente modificato per scongiurare ogni eventuale problema nel passare sotto la galleria di via Roma. Si trattava, sembra, di una questione di ingombri. Da qui l’impossibilità di intervenire nella zona ovest della città.
L’assessore Piero Veronese conferma il quasi totale completamento delle operazioni: «Sto seguendo costantemente ciò che accade. Ho chiesto anche ai funzionari di monitorare tutto il territorio, e abbiamo sollecitato la ditta a risolvere gli ultimi problemi, soprattutto quello dell’asporto dei rifiuti che, con l’avvicinarsi del fine settimana, stava diventando sempre più grave. Alle 13 di oggi (ieri, ndr) il giro è stato completato e i cassonetti sono stati tutti svuotati. Ora la situazione tende a normalizzarsi con la posa degli ultimi contenitori, ma continuiamo a vigilare».
Ci vorrà invece ancora un po’ per le campane della raccolta differenziata. Quelle precedenti ormai sono state tutte portate via dall’AcegasAps, e la Ecoverde non ha ancora cominciato la nuova distribuzione. «Ringrazio i cittadini per la pazienza e la comprensione in questa difficile fase - dice ancora Veronese –. Il Comune aveva auspicato che il passaggio fosse quanto più breve e simultaneo, ma è stato impossibile».
Le polemiche intanto non si placano. Il consigliere forzista Dennis Tarlao (opposizione) sbotta: «Chiedo le dimissioni dell’assessore Veronese per come è stato gestito questo avvicendamento. Se davvero erano prevedibili questi disagi, perché l’amministrazione non ha agito meglio, concordando le operazioni tra AcegasAps ed Ecoverde? Se ciò fosse successo ad un’amministrazione di centrodestra, loro sarebbero subito scesi in piazza a manifestare».
E la forzista Viviana Carboni aggiunge: «Tutti parlano all’assessore Veronese, ma ci si meraviglia che proprio il sindaco, da medico e quindi ancora più degli altri interessato ai problemi di ordine igienico e sanitario, non abbia aperto bocca in una situazione di emergenza difficile e delicata come questa».
s. re.

 

 

Sinistra muggesana, riunione pubblica sui rigassificatori

 

MUGGIA Il «Tavolo della sinistra muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Previsti interventi di esperti e politici italiani, sloveni e croati, per approfondire e avere percorsi comuni su temi d’interesse condiviso. I rappresentanti dei partiti della sinistra muggesana prendono spunto da recenti incontri governativi tra Italia e Slovenia sui rigassificatori, e intendono portare avanti la loro battaglia: «Dopo una nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è deciso di intraprendere una serie di incontri e colloqui con esponenti politici e di associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte loro un quadro più approfondito della situazione e degli sviluppi che l'incontro dei due Capi di stato potrà innescare nelle scelte in campo energetico, e soprattutto nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai progetti di impianti di rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e Capodistria».
I partiti della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei confini, e in un’ottica di Euroregione, anche la progettualità della gestione del territorio deve essere condivisa con i paesi limitrofi. «Pertanto - dicono - anche le problematiche energetiche e le scelti di impianti ad esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».

 

 

Rigassificatore a Veglia, gli austriaci accelerano  - La società d’Oltralpe ha già creato a Zagabria una controllata per gestire la costruzione dell’impianto

 

Superato l’imbarazzo di Zagabria sull’assetto della partnership che dirigerà il progetto: il 25% del pacchetto azionario sarà riservato a aziende croate

La promessa di 10mila posti di lavoro zittisce le proteste in chiave ecologista

VEGLIA Decisa accelerata della compagnia petrolifera austriaca Omv nella costruzione di un rigassificatore a Veglia, precisamente a Castelmuschio (Omisalj), località che si affaccia sul Golfo di Fiume. L’Omv ha diffuso a sorpresa un comunicato in cui precisa di avere intensificato i preparativi per l’approntamento del terminal metanifero isolano, dando vita a un’azienda denominata Adria Lng, con sede a Zagabria.

Il consorzio è formato da Omv Gas International (25,58%), Eon Ruhrgas (31,15), Total (25,58), Rwe (16,69) e Geoplin (1).
Nel comunicato non si cita alcuna azienda croata, il che a opinione pubblica e osservatori non è passato inosservato. Infatti, al Ministero dell’economia croato hanno prontamente reagito, affermando che l’impianto non sarà edificato senza la partecipazione delle aziende nazionali. «Possiamo confermare – così il portavoce del predetto dicastero Domagoj Vricko – che a prendere parte alla costruzione del rigassificatore saranno certamente la compagnia petrolifera croata Ina, l’Ente elettrodistributivo nazionale e la Plinacro, l’azienda per la distribuzione del gas in Croazia». E’ seguito un secondo comunicato dell’Omv nel quale si precisa che una quota del 25 per cento dell’Adria Lng è prevista per le compagnie croate. «Ben vengano – si legge – ma facciano in fretta». E non mancano pure le polemiche legate al sito del futuro impianto energetico Lng.
L’Omv ha più volte citato l’isola quarnerina come area ospitante l’impianto, mentre invece non è stato deciso ancora niente. «Sarà la Croazia e nessun altro a fissare l’ubicazione del terminal – ha aggiunto il portavoce – e voglio ricordare quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Branko Vukelic, secondo cui la scelta della località in cui sorgerà la struttura sarà presa entro la fine dell’anno». All’Omv si spinge per l’isola vegliota, ritenuta la migliore quanto a infrastrutture e servizi già presenti. Sull’isola di Veglia già operano un porto petroli, l’oleodotto Janaf e l’azienda petrolchimica Dina. Alla compagnia austriaca si aggiungono gli esperti croati e i loro colleghi d’oltreconfine, i quali ritengono che Castelmuschio sia il sito ideale per il rigassificatore. Ciò è stato ribadito al 22.o convegno internazionale dei produttori di gas, tenutosi ad Abbazia pochi mesi fa.
Nella «Perla del Quarnero» si era parlato del 2012 come dell’anno in cui il terminal Lng avrebbe potuto entrare in funzione, con una produzione di partenza annuale di 10 miliardi di metri cubi. Ricordiamo che il progetto del rigassificatore aveva incontrato l’opposizione compatta di politici, autonomie locali e regionali e della popolazione locale. Poi è balzato fuori un dato molto «appetibile»: l’impianto contribuirà ad aprire direttamente e indirettamente circa 10 mila posti di lavoro. Un numero notevolissimo, basato non si sa su quali basi economico-tecniche. Certo è che tale «argomento» è riuscito a fare presa se non sugli ecologisti di sicuro sui cittadini anche locali, cambiando l’atteggiamento nei riguardi del rigassificatore, giudicato ora il benvenuto nella parte croata dell’Alto Adriatico.
Andrea Marsanich

 

 

Zona ittica nell’Adriatico, ok dai pescatori - No alla riserva per delfini a Lussino

 

FIUME Pieno sostegno da parte della sezione Pesca della Camera artigianale quarnerino-montana all’entrata in vigore, il primo gennaio 2008, della Zona ittico-ecologica nel Mare Adriatico. A detta dei responsabili della sezione, sarebbe necessario introdurre il fermo biologico per la ripopolazione ittica nella fascia sotto tutela. Per venire incontro invece alle esigenze dei pescatori, si dovrebbe togliere il divieto di pesca – nelle giornate di sabato e domenica – nella zona compresa entro 12 miglia dall’isoletta di Pomo. Inoltre, i rappresentanti dei pescatori hanno annunciato che chiederanno la soppressione della riserva per delfini, proclamata mesi fa nelle acque dell’isola di Lussino. La richiesta sarà avanzata alle competenti autorità statali nel corso del 12.o «Incontro nazionale dei pescatori» in programma il 26 ottobre a Pago.

 

 

Fianona 3, sottoscrizione contro la centrale a carbone

 

POLA Questo fine settimana riprende la raccolta di firme per la petizione contro la costruzione della futura centrale termoelettrica Fianona 3 a carbone. La sottoscrizione è promossa dai giovani della Dieta democratica istriana e oggi i banchetti saranno in piazza al Ponte a Rovigno, al mercato di Abbazia e in riva a Fasana. Come soluzione alternativa viene proposto l’impiego del gas naturale.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 ottobre 2007 

 

 

Servola, i dati della procura: «Valori fuorilegge»  - L’analisi del Cigra: i livelli massimi di benzoapirene e Pm10 misurati in giornate di vento

 

L’indagine sulle sostanze nocive nel rione della Ferriera è stata incrociata coi riscontri meteorologici dell’Osmer-Arpa: inquinamento anche con la bora

Anche se nei prossimi mesi il livello di idrocarburi fosse pari a zero i limiti annuali sarebbero superati

Tra benzoapierene e polveri sottili il nesso è strettissimo, quasi inscindibile.
L’idrocarburo di cui tutti i ricercatori riconoscono il potere cancerogeno, viene infatti assorbito dalle polveri sottili e «viaggia» nell’aria trasportato dalle stesse polveri. Benzoapirene e Pm10 possono essere dunque assimilati ai passeggeri e alla vettura che li ospita. Ecco il motivo per cui il pm Federico Frezza sta monitorando nel rione di Servola questi due parametri, collegati entrambi alla combustione del carbone fossile e alla sua pericolosità per la popolazione.
Sono così finite sotto osservazione da mesi le emissioni diffuse della Ferriera. Al centro delle analisi effettuate dai ricercatori del Cigra dell’Università di Trieste, la qualità dell’aria e il rispetto dei parametri previsti dalla più recente normativa italiana che fa riferimento alle Direttive del Parlamento europeo.
Com’è noto i risultati raccolti negli ultimi mesi dai ricercatori del Cigra attorno a Servola sono allarmanti e per quanto parziali e incompleti vanno ben al di là dei limiti previsti dalla legge. Paradossalmente se anche nei mesi che ancora mancano per completare l’anno il livello di benzoapirene nell’aria fosse pari allo zero, il limite previsto sarebbe stato già superato. Inoltre la legge prevede che il «campionamento» debba essere esteso a un periodo di dodici mesi. Prima di intervenire sarà necessario attendere il completamento dell’anno. Prima è impossibile farlo, come insegna l’esperienza della cokeria di Piombino, chiusa dal sindaco della città toscana solo alla conclusione dei dodici mesi di «osservazione» e misure.
Ma non basta. Il confronto tra le misure di benzoapirene effettuate a Servola in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via Fleming nei pressi dell’Università, sottolineano lo stretto nesso tra lo stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini-Servestal e la presenza di benzoapirene e di polveri sottili.
La differenza delle misure effettuate nelle due aree è macroscopica. A Servola la stragrande maggioranza delle misure superano i livelli di legge: attorno all’Università tutto rientra nella norma.
Cinque sono le «giornate» in cui i picchi del benzoapirene sono risultati particolarmente elevati. Il record va al Primo maggio, la Festa dei lavoratori, quando le apparecchiature del Cigra hanno misurato in via San Lorenzo in Selva ben 90,04 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo d’aria. Nella classifica il Primo maggio è seguito da martedì 17 aprile con 56,25 nanogrammi; da giovedì 17 maggio con 54,29; da giovedì 19 aprile con 27,11 e da domenica 6 maggio con 22,84.
Per capire se il vento e la sua direzione hanno in qualche modo influenzato le misure, soffiando ad esempio da Sud, gli investigatori della Procura intendono verificare le condizioni atmosferiche di quei giorni, attingendo ai dati raccolti dalle centraline dell’Osmer-Arpa. Quando soffia la bora Servola respira, è un dato incontrovertibile. Del tutto opposta la situazione con lo scirocco. Ma il Primo maggio, il giorno in cui il livello misurato di benzoapirene è stato massimo, hanno soffiato in prevalenza schiacciante proprio venti provenienti da Nord, da NordEst e da Est. Lo stesso fenomeno si è verificato il 17 aprile. Questi dati vanno ulteriormente approfonditi ed estesi a tutti i periodi in cui le misure sono state affettuate nei pressi della Ferriera e dell’Università.

Claudio Ernè

 

 

Idrocarburi cancerogeni

 

I benzopireni sono idrocarburi della serie aromatica. Sono contenuti nel catrame di carbone fossile e in molti carboni. La loro azione cancerogena è ampiamente riconosciuta e per questo vengono utilizzati negli studi dei tumori. La pericolosità è molto alta. Infatti il penzopirene viene assorbito molto facilmente dalle polveri fini Pm10 che si formano in fase di combustione. Le polveri, per le loro ridottissime dimensioni, non vengono fermate dai «filtri» presenti nel nostro corpo e arrivano direttamente nella basse vie respiratorie , dove oltre ad intasarle«liberano» le sostanze tossi assorbite. da qui vengono trasferite attraverso il sangue, negli altri organi, fegato in particolare.
Va aggiunto che a livello sperimentale è stato dimostrato che tra i vari inquinanti si sviluppano pericolose e in gran parte sconosciute patologie. Sia l’anidride solforosa che il biossido di azoto, agiscono con il benzopirene, aumentando il potere mutageno di questo idrocarburo.

 

 

Negative le misure della Sanitas incaricata dalla Lucchini

 

Sono state sempre negative le misure dei livelli di benzoapirene effettuate per legge all’interno della Ferriera dalla ditta «Sanitas», incaricata e pagata dal gruppo Lucchini-Servestal. Un dato in controtendenza con quanto misurato nell’abitato di Servola dai tecnici del «Cigra», incaricati dal pm Federico Frezza. A breve scadenza però ai tecnici della «Sanitas» si affiancheranno alcuni ricercatori del Cnr che dovranno chiarire la clamorosa anomalia. Non sfuggono infatti a nessuno gli eventuali riflessi sulla salute degli operai.
Sulla salute degli operai è intervenuto ieri Maurizio Ferrara, già assessore comunale all’ambiente e capogruppo della Lista Dipiazza. «Altro che difendere l’occupazione. Qui bisogna difendere la salute e la vita. Il sindacato dovrebbe far causa all’azienda per i danni che sta provocando alla salute dei lavoratori della Ferriera e agli abitanti di Servola. Dovrebbe essere il sindacato a chiedere per primo la cessazione dell’attività.
Sullo stesso tema è intervenuto anche il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz che ha presentato un esposto alla Procura chiedendo di «verificare i numerosi passaggi non chiari sulla conduzione della Ferriera e sull’attività degli organi di controllo sull’inquinamento». «I cittadini- ha continuato Metz- non possono più attendere, i lavoratori della Ferriera devono uscire dalla lente agonia e incertezza sul loro futuro occupazionale in cui la politica li ha costretti».

 

 

Bucci: «Il park sulle Rive parte a marzo»  - L’assessore illustra in aula la delibera sui parcheggi. Entro sei mesi il primo cantiere, poi Foro Ulpiano

 

«Ma approvate subito il piano». Critiche anche dalla maggioranza

Sulle Rive, davanti alla Stazione Marittima e subito dopo in Foro Ulpiano, a due passi dal liceo Dante. Sono le aree che potranno beneficiare nell’immediato dall’approvazione del Piano parcheggi comunale. Almeno è quanto assicurato ieri mattina dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, ai consiglieri comunali della sesta commissione. Pronto quasi a scommettere che entro sei mesi, quindi a marzo, la costruzione della struttura davanti alla Stazione Marittima (4 piani interrati, con 486 posti auto) diventerà una realtà. Seguita dall’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano lungo via Giustiniano (3 piani interrati, 450 posti auto). Due parcheggi in struttura entrambi portati avanti dalla Saba Italia, che in città gestisce anche il Silos.
Ma per avviare i cantieri oltre alle autorizzazioni serve l’approvazione del Piano parcheggi da parte del Comune. Ecco quindi la riunione convocata ad hoc dal presidente Roberto Sasco, per illustrare un Piano che conoscono ormai anche i muri. Solo che ieri è entrato ufficialmente nell’aula preposta alla sua approvazione. Un voto che, davanti alle premesse viste ieri mattina, sarà passibile di modifiche in sede di discussione consiliare. La delibera illustrata da Bucci, infatti, lascia perplessi non solo gli esponenti dell’opposizione, ma anche quelli della maggioranza. Pronti a sparare, a cominciare dai banchi di An, sul lavoro dell’assessore all’Urbanistica.
Rapporti non proprio idilliaci emersi prima sulla tempistica dell’approvazione («non poniamoci limiti», è il pensiero di An con Angela Brandi), poi sull’«assenza del piano del traffico, che dovrebbe invece essere approvato contestualmente» (a cavalcare il tema soprattutto Roberto Decarli dei Cittadini, Alfredo Racovelli dei Verdi e Iztko Furlanic di Rifondazione).
Una serie di perplessità avanzate anche dal presidente della commissione Sasco (Udc), pronto a sollevare il tema dei costi: «Perché non pensare a parcheggi a prezzi ragionevoli, da realizzare in superficie nelle periferie?». Ma anche Forza Italia, partito dello stesso Bucci, non è andata per il sottile chiedendo con Piero Camber lumi sulla novazione con la ditta Riccesi (il contenzioso che, al posto del progetto cassato di piazza Ponterosso, vede il Comune cedere le aree di via del Teatro Romano, largo Roiano e via Tigor). Seguito a ruota dal collega forzista Bruno Marini che interroga l’assessore all’Urbanistica sul futuro delle aree di largo papa Giovanni e largo Canal, dove sono previsti due parcheggi.
L’affondo è spettato ad Alessia Rosolen (An), con uno scambio di battute al vetriolo, interdetta davanti all’illustrazione di Bucci. «Quali sono i parcheggi cantierabili nei prossimi sei mesi che giustificano questa celerità nell’approvazione dell delibera? Ci rendiamo conto che 8 parcheggi (dei 18 indicati nel Piano) sono incompatibili con l’attuale Piano regolatore?». An non capisce poi il mancato inserimento nella delibera anche di piazzale 11 settembre a Barcola e le ex Officine Hölt di via Gambini. «Proprio per accelerare i tempi. Faremo un’altra delibera. Ben venagno poi altri progetti di privati per parcheggi da realizzare nelle periferie», ribatte Bucci chiarendo a Marini che le due aree da lui citate sono le uniche a non prevedere una pedonalizzazione.
E aggiunge, mantenendo il fair play ma punzecchiando con qualche battuta in codice Rosolen e An (che per altro ricambia, con la stessa arma): «Questo non è un piano dei sogni. Il parcheggio davanti alla Stazione Marittima è già cantierabile, poi arriveranno gli altri. Approvare questo Piano significa - dice Bucci - sancire la chiusura del contenzioso con la Riccesi che altrimenti chiede come risarcimento 3 milioni di euro».

Pietro Comelli

 

 

Rigassificatore, pronto il progetto  - L’infrastruttura sul colle di Sermino alle spalle di Capodistria. Governo sloveno scettico

 

L’impianto proposto dalla tedesca TGE costa 900 milioni di euro. Fornirebbe 5 miliardi di metri cubi all’anno di gas

LUBIANA Terminal rigassificatore nel porto di Capodistria, la «TGE Gas Engineering» torna alla carica. La società tedesca, che fa capo al gruppo francese «Suez», ha presentato nei giorni scorsi all'opinione pubblica slovena il progetto per un impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di energia elettrica da costruire nella zona portuale.
Alla fine di luglio, ricordiamo, la «TGE» aveva presentato al ministero dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza per ottenere le autorizzazioni generiche per il progetto, ma finora non ha ottenuto alcuna risposta. Comunque, anche se Lubiana dovesse dire di no - il che, secondo fonti governative, è quasi scontato - la società tedesca per il momento non ha alcuna intenzione di mollare.
«Il terminal rigassificatore nell'area del porto di Capodistria - ribadisce il direttore della TGE Gas Engineering, Vladimir Puklavec - sarebbe un ottimo affare per tutta la Slovenia e una grande occasione per il Litorale». Quali le caratterisctiche del previsto intervento? Il progetto, del valore complessivo di circa 900 milioni di euro (inclusivo dei costi di finanziamento e con un'incidenza pronosticata del valore delle opere da affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni, stimata in una quota del 33 per cento) impegnerebbe una superficie di 25 ettari. Esso prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna (dovrebbe essere ampliato il Molo 2 dello scalo capodistriano, ndr.), di due contenitori in acciaio da 150.000 metri cubi, dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e della centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012.
È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato di 1200 addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei traffici marittimi indotto dall'intervento è stimato in 50-60 navi cisterna all'anno. La TGE ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i massimi standard di tutela dell'ambiente, sottolineando tra l'altro che la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste.
«Saremmo distanti 750 metri dalle prime case di Ancarano e più di un chilometro da Capodistria – spiega Puklavec – e queste sono distanze superiori a quelle minime richieste dagli standard internazionali».
Alla domanda dei giornalisti sui mezzi spesi finora per i vari studi di fattibilità del progetto, il direttore della TGE ha risposto in modo evasivo: «Avremmo speso molto se non otterremo i permessi, poco se questi permessi arriveranno». La documentazione presentata dalla società tedesca è ancora oggetto di studio, ma a giudizio di Marko Starman, segretario di stato presso il ministero per l'Ambiente e responsabile del gruppo interministeriale incaricato di valutare la proposta, il progetto per il rigassificatore nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere approvato.
Alla TGE restano comunque ottimisti, convinti che le soluzioni da loro proposte sono tecnologicamente all'avanguardia ed economicamente valide.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 ottobre 2007 

 

 

A Servola livelli allarmanti di benzoapirene  - Picchi di 90 nanogrammi per metro cubo (il limite è 1) della sostanza

 

Lo studio realizzato dal Cigra per la magistratura. Il Comune ha deciso di finanziare l’ultima parte delle analisi

L’indagine è stata condotta in via San Lorenzo in Selva, i risultati messi a confronto con la curva dell’Università dove l’inquinamento risulta di 50 o 90 volte inferiore

Dipiazza: «Dati pazzeschi». Ma non parla più di chiusura. «Bisogna sedersi tutti attorno a un tavolo e comportarsi responsabilmente»

Il rapporto trimestrale sulle analisi del territorio circostante la Ferriera di Servola realizzato per conto della magistratura dal Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale (Cigra) dell’Università di Trieste emette dati allarmanti circa l’inquinamento del rione.
Le analisi sono state svolte in via San Lorenzo in Selva, in prossimità della fabbrica, e per contrasto nell’area, pur trafficata, di via Fabio Severo sul curvone dell’Università. Ieri il circolo Miani ne ha presentato alcuni contenuti: «Dal 31 gennaio al 2 giugno - è stato detto - la media di emissioni di benzoapirene è stata di 21,71 nanogrammi per metro cubo (il limite di legge è di un nanogrammo), le emissioni sono state nella norma un solo giorno, a fronte di picchi di addirittura 90 (il 1.o maggio), 56,25 (il 17 aprile) e 54,9 (il 17 maggio). All’Università invece la media non ha superato gli 0,13 nanogrammi di metro cubo». Di recente i sindacati hanno lamentato che l’Azienda sanitaria abbia sospeso specifiche analisi sui lavoratori per individuare le concentrazioni di questa tossica sostanza nelle urine.
Il benzoapirene è infatti altamente cancerogeno, e secondo due test specifici prodotti sempre dal Cigra l’esposizione a livelli alti associata a quella di polveri sottili è talmente nociva per il corpo umano da provocare una modificazione genetica del Dna e alterare i fattori di crescita.
«Quello sul benzoapirene è un dato folle» commenta il sindaco Dipiazza. Il Comune, con Azienda sanitaria, Provincia e Arpa è uno dei destinatari dello studio, oltre al magistrato. Da qui in avanti sarà anche il finanziatore dell’ultima tranche di analisi. La Procura infatti che le ha ordinate nell’ambito delle indagini condotte dal pm Federico Frezza ha esaurito i fondi a disposizione. La giunta comunale ha già deliberato la decisione di finanziare il resto del lavoro, che si potrà considerare definitivo a fine 2007, perché i dati hanno una rilevanza autentica e probante solo a livello di media annuale.
Il sindaco adesso non parla più di «chiudere la Ferriera». Ma giudica «inammissibile, di una gravità assoluta che finora non si sapesse e che tanti pur sapendo - aggiunge - abbiano avuto atteggiamenti protettivi», e per giunta «che si continui a tollerare». Dice Dipiazza: «Così non si può andare avanti, la città mi sollecitava a chiudere il traffico per uno sforamento di due punti di polveri sottili, da 50 a 52, e a Servola si sono trovati livelli di Pm10 tra 600 e 2200, cioé fino 44 volte superiori ai limiti di legge, lo stesso pm Frezza ha letto in Prefettura uno studio inglese secondo cui è impossibile, in processi industriali che lo producono, neutralizzare il benzoapirene».
E allora? «Intanto prendiamo atto - prosegue il sindaco -, poi una risposta a questi poveri cittadini di Servola bisogna pur darla, e non più con modeste multe all’azienda per semplice imbrattamento com’è stato per anni, ma finalmente con serietà: bisogna sedersi a un tavolo tutti, e comportarci responsabilmente».
In quale direzione, però, non è più così esplicito. Il 30 ottobre (e i cittadini già hanno protestato e lo faranno nuovamente il 23 ottobre) è atteso il verdetto della Regione sulla Valutazione integrata d’impatto ambientale, che ha coinvolto fin qui un’ampia conferenza dei servizi per ottenere dalla fabbrica il contenimento delle emissioni. E lo stesso Dipiazza crede nello strumento, a prescindere dai dati Cigra.
Dalla Ferriera invece una sorta di no comment: «Le carte sono appena arrivate - risponde Francesco Semino, portavoce dell’azienda - e i nostri tecnici le stanno analizzando da un punto di vista scientifico, troppo presto per dire qualsiasi cosa».
(Ha collaborato Elisa Lenarduzzi)

Gabriella Ziani

 

 

PIANO PARCHEGGI - Entro novembre la Riccesi Spa attende risposte dal Comune sui posteggi in via del Teatro Romano, via Tigor e largo Roiano

 

An e Fi: diteci se si faranno i tre parcheggiPrende il via la discussione del nuovo piano parcheggi nell’ambito del consiglio comunale. La commissione urbanistica ascolterà oggi l’illustrazione del documento da parte dell’assessore Maurizio Bucci e dei tecnici comunali. Nella successiva seduta toccherà ai consiglieri presentare osservazioni o emendamenti, in vista del voto finale in aula.
Il piano individua 18 siti per altrettanti parcheggi, quasi tutti interrati. Sono ipotizzati 5310 nuovi posti auto per un costo complessivo di quasi 135 milioni di euro. L’approvazione del piano non comporterà la certezza dell’edificazione di tutti i contenitori: il Comune intende lanciare delle gare per operazioni in project financing, dando in concessione la costruzione delle strutture alle imprese che poi rientrerebbero degli investimenti grazie alla vendita o alla gestione dei parcheggi stessi.
Maggioranza e opposizione preferiscono attendere la seduta di oggi prima di esprimersi. Ma già si delinea la possibilità che il dibattito in parte si sviluppi sui tre parcheggi interrati delle Rive e più in generale, come dice la capogruppo di An Alessia Rosolen, sull’opportunità di inserire nel piano tutti i contenitori previsti nel centro cittadino. E il capogruppo forzista Piero Camber ha già introdotto un’ulteriore tematica, facendo sapere di ritenere «pregiudiziale» l’avere un quadro certo in merito ai tre parcheggi di via del Teatro Romano, via Tigor-Cereria e largo Roiano: sono i contenitori che la Riccesi spa dovrebbe costruire in base alla novazione contrattuale chiusa lo scorso anno con il Comune dopo che quest’ultimo, nel 2002, decise di non procedere con la prevista costruzione del parking di Ponterosso da parte della cordata capeggiata dalla stessa Riccesi.
Come Camber, anche Rosolen annuncia di attendere chiarimenti. Da parte dell’impresa, Donato Riccesi ricorda che in base alla novazione «entro novembre» la stessa spa deve ottenere una risposta precisa dal Comune sulla cantierabilità dei tre parcheggi previsti»: «In caso contrario dovremmo passare alla monetizzazione del danno subìto», dice Riccesi, quantificato in «circa tre milioni e mezzo di euro» che il Comune dovrebbe sborsare. «Io mi auguro di costruire parcheggi perché significano lavoro per noi e perché Trieste ne ha bisogno, ma se dopo sei anni l’amministrazione non riuscisse a varare un’alternativa percorribile non ci resterebbero alternative», prosegue Riccesi.
Le strutture individuate per la novazione sono previste nel piano, ma secondo Riccesi le incertezze non mancano: «Dall’amministrazione comunale informalmente abbiamo avuto sentore di una sostanziale contrarietà» sul parcheggio di largo Roiano dovuta alla vicinanza degli esercizi commerciali. Per via del Teatro Romano invece l’impresa aveva proposto un progetto che il Comune ha modificato arretrando di parecchio l’edificio fin dentro il colle: ubicazione che di fatto - dice Riccesi - esporrebbe l’impresa al rischio di blocco lavori di fronte ai probabili rinvenimenti archeologici. Almeno due dei tre parking previsti dalla novazione, insomma, sarebbero in bilico. Nessuna dichiarazione però, per ora, arriva in merito dal sindaco Dipiazza. Se ne riparlerà in commissione consiliare.

 

 

Disagi nella raccolta dei rifiuti a Muggia  - Immondizie per strada, cassonetti in ritardo. Veronese: «Era prevedibile»

 

Il passaggio di consegne da AcegasAps a Ecoverde scatena immediate proteste soprattutto nelle zone più distanti dal centro

MUGGIA Il passaggio di consegne a Muggia tra AcegasAps ed Ecoverde nella gestione dei rifiuti presenta non pochi disagi. In certe zone periferiche mancano del tutto i cassonetti e le immondizie sono ammucchiate a terra. Oggi tutto dovrebbe tornare normale. Ma ieri non si assisteva a un bello spettacolo, in particolare lungo le strade a Chiampore, Zindis e anche a Muggia Vecchia. Spariti i cassonetti, si sono visti mucchi di sacchetti di rifiuti, a volte posati nei riquadri gialli che delimitano lo spazio dei contenitori, e a volte no.
Il consigliere Massimo Santorelli (Fi) sbotta: «Non è concepibile che dopo tre giorni dal cambio di gestione persistano i disagi, e che i sacchetti siano a terra, in preda ai gatti randagi se non ai topi. E dove ci sono già i cassonetti, nessuno li svuota. Ancora una volta - dice il consigliere - sono soprattutto le periferie a essere lasciate indietro. La gente è inorridita da questo modo di fare. Dove sono l’assessore Veronese e il Comune? Perché nessuno vigila?».
L’assessore Piero Veronese ribatte: «Seguo da vicino l’avvicendamento e ho visto i problemi a Chiampore, Muggia Vecchia e non solo. Sono zone ancora da coprire. Abbiamo sollecitato la ditta, che ha chiesto un po’ di tempo in più per la posa dei cassonetti. Entro domani (oggi, ndr.) avrà chiuso il giro. Ritardi e sfasature li avevamo previsti - prosegue l’assessore -, la contemporaneità delle operazioni di ritiro e distribuzione, seppur auspicata, è difficile. Né sarebbe stato possibile affiancare i cassonetti nuovi ai vecchi».
Da rimediare anche le posizioni dei cassonetti stessi. Molti sono troppo spostati dai marciapiedi o dal bordo strada e rischiano di intralcare il traffico. Altri hanno il pedale dalla parte della strada, mettendo a rischio l’incolumità delle persone. Ieri AcegasAps ha cominciato a ritirare anche le campane per la differenziata, che però Ecoverde non ha ancora fornito. «Saranno distribuite fra un paio di giorni», assicura Veronese.
Interviene anche il segretario della Lista per Muggia Dario Grison: «Tralasciando l'aspetto tecnico del passaggio e gli inevitabili disagi, e senza tener conto del problema della leggerezza dei cassonetti, sono preoccupato a seguito dell'offerta provocatoria fatta da Acegasaps che ha evidentemente rinunciato a vincere la gara offrendo una cifra più alta, ritenendo anche che l'appalto fosse stato ’’mal formulato’’. È evidente – dice Grison - che qualcosa non torna e seppur confidando che la nuova ditta saprà far fronte alla mole di lavoro, sorge il dubbio se riuscirà a contenere i costi o se per far quadrare i conti dovrà ridurre il servizio. Auspico che eventuali costi aggiuntivi non ricadano sulle spalle dei muggesani e che si dia chiarezza su una gara d'appalto che più che curiosa possiamo definire preoccupante».
s.re.

 

 

I Verdi al sindaco di Duino: «Non usare le terre bruciate distrugge la pastorizia» - Chiesta una deroga urgente alla legge antipiromani

 

DUINO AURISINA Una legge che a livello nazionale serve per disincentivare gli incendi dolosi nei boschi rischia di far collassare la pastorizia dell'altopiano, mettere a rischio la landa carsica e creare danni ai giovani imprenditori che stanno rivolgendosi al settore agricolo. Si tratta della legge nazionale del 2000, una norma approvata per disincentivare la pratica con cui soprattutto nel Sud Italia i boschi vengono incendiati per liberare nuove superfici disponibili per il bestiame, e vieta per dieci anni il pascolo sulle superfici percorse dal fuoco. Il ministero dell'Ambiente, dopo la recente estate di fiamme, ha spinto presso le Regioni per la completa attuazione della legge, e per una sua rigida applicazione: ma questo, almeno sul Carso, potrebbe causare seri danni, tanto che i Verdi hanno inviato al sindaco di Duino Aurisina, con l'intendimento di estenderlo a tutti i comuni del Carso triestino e isontino, un ordine del giorno che impegni il sindaco a ottenere o una specifica della norma stessa, o una deroga per i territori interessati dalla landa carsica.
«Nel caso del Carso - spiega il Verde Maurizio Rozza, impegnato nella salvaguardia della landa carsica e in progetti di reintroduzione dell'allevamento e della pastorizia sul Carso, sistemi che permettono di evitare la crescita spropositata degli arbusti, che a loro volta soffocano la landa - il divieto di pascolo sulle aree vocate alla landa carsica, per buona parte colpite da fuochi nell'arco degli ultimi dieci anni, darebbe il colpo di grazia a questi delicati ecosistemi e ai giovani imprenditori agricoli che - da Basovizza a Medeazza - stanno investendo per riprendere questa attività storica».
La norma nazionale che tende a limitare l'attività dei piromani privandoli di quello che risulta essere il loro scopo economico è, per quanto riguarda il Carso, in contrasto anche con le norme della Comunità europea, che - spiegano i Verdi - «ha imposto all'Italia di costituire sul Carso Siti di importanza comunitaria e Zone di protezione speciale per tutelare gli ecosistemi e le specie legate alla landa, imponendo al nostro Stato di adottare tutte le misure utili alla sua conservazione o al suo ripristino. Con la mozione presentata - concludono i Verdi - si vuole attivare una azione sinergica con gli altri Comuni del Carso, con le Province, con la Regione e con il ministero dell'Ambiente per modificare o reinterpretare la norma affinché il pascolo controllato, quando utilizzato proprio per salvaguardare gli ecosistemi tutelati dalle direttive comunitarie, venga consentito anche sulle aree percorse dal fuoco, posto che il Carso tutto è stato, negli ultimi dieci anni, percorso dalle fiamme, dolose o meno».
L'attività dei Verdi rientra nel più ampio progetto - in parte già attivato a Basovizza - di riavvio economico delle attività agricole, di pastorizia e di allevamento nel Carso, una serie di progetti che utilizzano anche fondi comunitari e che coinvolgono in particolare giovani imprenditori del luogo.
fr.c.

 

 

Gas, allarme di Ortis: «Italia a rischio-freddo, l’offerta è insufficiente» - Il monito dell’Authority dell’energia

 

ROMA Sul fronte del gas l'Italia non è in sicurezza e «in caso di punte di freddo intenso alla fine della stagione invernale, l'attuale offerta non è in grado di fronteggiare compiutamente la domanda». Permane, quindi, «una seria preoccupazione», mentre per essere in sicurezza, il sistema dovrebbe poter disporre di 130 milioni di metri cubi di gas al giorno aggiuntivi. L'allarme arriva dal presidente dell'Autorità per l'Energia, Alessandro Ortis, che ha affrontato il tema dell'emergenza gas in un'audizione alla commissione Bilancio della Camera. Ortis ha sottolineato che le misure prese dal governo con «la massimizzazione delle importazioni e il sistema di interrompibilità della domanda industriale, consentono di mitigare il rischio». Ma allo stesso tempo ha lanciato un avvertimento chiaro: «Se ai rischi del clima si sommassero altre cause di riduzione dell'offerta invernale, quale ad esempio l'interruzione accidentale delle importazioni da uno dei principali metanodotti (che hanno capacità dell'ordine degli 80 Mmc/g), il sistema potrebbe non essere in grado di far fronte alla domanda».
«Poichè in inverno la domanda di gas naturale nei giorni feriali è mediamente superiore di circa 80 milioni di metri cubi al giorno rispetto alla attuale capacità di produzione e importazione - ha spiegato ancora Ortis - il ricorso agli stoccaggi è indispensabile in modo sistematico e non occasionale. E quindi al termine di un inverno mediamente freddo l'offerta da stoccaggi si riduce a circa 120 Mmc/g.
Complessivamente quindi l'offerta massima a fine inverno può scendere ai 400 Mmc/g, mentre la domanda può ancora raggiungere punte superiori ai 450 Mmc/g in caso di freddo particolarmente intenso». Dai dati emerge che «un sistema del gas adeguato alla attuale domanda dovrebbe disporre di almeno 130 Mmc/g aggiuntivi di offerta». Un valore «rilevante se confrontato con gli investimenti in corso. Basti considerare che il rigassificatore di Rovigo apporterà appena 25 Mmc/g aggiuntivi, mentre gli ancora attesi potenziamenti dei metanodotti da Russia e Algeria contribuiranno nel complesso per circa 35 Mmc/g».
La capacità di stoccaggio di gas, «quasi interamente del gruppo Eni, risulta largamente insufficiente». Tecnicamente ed economicamente «sarebbe fattibile un raddoppio delle capacità di stoccaggio», ma si registra una «inerzia» da parte della Stogit, che non deriva da «scarsità di risorse», ma da «altre motivazioni, di strategia di mercato dell'Eni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 ottobre 2007 

 

 

Test sui terreni di Servola: inquinamento oltre i limiti  - Gli sforamenti avrebbero già superato il numero che la legge consente nell’arco di un anno intero

 

È il risultato delle ultime analisi trimestrali realizzate attorno alla Ferriera dal Cigra universitario per conto del pm Federico Frezza

Sforamenti dei limiti d’inquinamento che per quantità hanno già superato quelli ammessi nell’arco di un anno intero.
È la situazione certificata attorno alla Ferriera di Servola, sui terreni circostanti, nel quartiere.
I dati appartengono all’ultima indagine realizzata per conto della magistratura dal Cigra (Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale). Analisi e test svolti nell’ultimo trimestre.
Il documento che gli esperti dell’Università di Trieste hanno consegnato al pm Federico Frezza è stato da questi in seguito inviato a tutte le parti interessate: Azienda sanitaria, Provincia, Comune, Arpa, associazioni di rappresentanza dei cittadini. Alcuni termini generali dei dati sarebbero stati anticipati in una recente riunione coi comitati locali.
Peraltro numerosi cittadini di Servola, come si sa, sono tornati a manifestare in Regione, e lo faranno nuovamente il 23 ottobre.
Il Cigra non anticipa né illustra, invece, il proprio lavoro. Ha un vincolo di rapporto riservato con la magistratura che ha richiesto le indagini.
Altrettanto fa l’Azienda sanitaria. La Provincia, per voce dell’assessore all’Ambiente, Ondina Barduzzi, afferma di non aver ancora ricevuto questa posta. In tutti i casi si sa che quelle pagine contengono cattive notizie: sostanze nocive sono depositate in quantità massiccia nell’area che circonda la fabbrica.
Ovviamente per polveri sottili e altri prodotti di combustione (di cui è provata l’azione cancerogena) va tenuto conto che essi sono pestifero frutto anche del traffico – via Svevo e Grande viabilità – ma ciò che conta a tutti gli effetti è il risultato finale: anche se sono in corso gli adempimenti per la Valutazione ambientale integrata che obbliga l’azienda a un assiduo controllo delle emissioni e a una decisa contrazione dell’inquinamento dell’aria, gli sforamenti dei «picchi» nell’ambito delle ricadute a terra vengono definiti «allarmanti» e la situazione complessiva della zona è ampiamente fuori norma.
Negli scorsi giorni una riunione in Prefettura tra tutti gli attori coinvolti (dall’azienda stessa alla magistratura) aveva posto l’accento specialmente sul prossimo Piano della qualità dell’aria che la Regione dovrebbe redigere, ma non prima di otto mesi, e dal quale prendere base per definire anche i limiti cui deve sottostare la Ferriera.
Così adesso, mentre i cittadini stanno facendo cause legali al Comune, alla Provincia e alla proprietà della Ferriera, si allineano ormai numerose opzioni e pressioni attorno alla fabbrica di ghisa: le inchieste del pm, le analisi dell’Azienda sanitaria e quelle dell’Arpa, la Valutazione ambientale integrata (gli ultimi documenti prodotti saranno esaminati entro fine mese, una riunione fra enti è fissata per il 30 ottobre), le indagini sui terreni firmate dal Cigra, le raccomandazioni del ministro Pecoraro Scanio che ha fatto per primo il riferimento al Piano dell’aria (subito raccolte dai Verdi e pure da altri), e non certo da ultimo il minaccioso e reiterato intento del sindaco di chiudere definitivamente la Ferriera.
Intanto si attendono sviluppi sulla trattativa per l’acquisto dello stabilimento di Servola da parte del gruppo cremonese Arvedi. Emissari dell’azienda nelle scorse settimane hanno visitato le strutture della Ferriera.

 

 

Un tavolo di lavoro a Sgonico per gestire la raccolta dei rifiuti  - Decisione del consiglio municipale

 

SGONICO Un tavolo di lavoro per gestire in modo efficace la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in ambito municipale.
L'idea è del Comune di Sgonico, che nella sua ultima riunione del consiglio ha deciso di istituire ufficialmente un tavolo di lavoro per fronteggiare in modo efficiente la questione rifiuti lungo il proprio territorio. La decisione segue una stagione di impegno che ha visto l'amministrazione comunale particolarmente attiva su questo fronte.
Nel corso dell’ultimo anno infatti il Comune si è adoperato per la sensibilizzazione dei cittadini sul tema, provvedendo alla distribuzione alla comunità di un opuscoletto informativo sulla raccolta differenziata, realizzato grazie a un contributo dell'ente provinciale di Trieste.
Il nuovo tavolo di lavoro che è stato istituito rappresenta un ulteriore passo in questa direzione, e avrà il compito di rintracciare delle soluzioni appropriate per migliorare il servizio dello smaltimento delle immondizie.
Per implementare le operazioni di recupero e suddivisione dei materiali, risulterà di notevole supporto quella mappa interattiva che rileva le differenti postazioni dei cassonetti presenti lungo il territorio comunale di Sgonico.
Lo strumento di lavoro è stato realizzato dall'ufficio tecnico municipale, e permette di evidenziare la densità dei contenitori di rifiuti rispetto alla distanza dalle abitazioni degli utenti.
Attualmente, sul territorio comunale di Sgonico, risultano dislocati complessivamente 208 cassonetti, dei quali 158 utili alla raccolta dei rifiuti domestici, 12 riservati al deposito del vetro, 24 riservati alla carta e 14 che sono destinati alla raccolta della plastica.
Del tavolo di lavoro comunale, oltre al primo cittadino di Sgonico Mirko Sardoc e all'assessore all'Ambiente Igor Gustincic fanno parte sia esponenti della coalizione Skupaj/Insieme di maggioranza, vale a dire i consiglieri Adriano Regent e Grilanz Bozic, che dell'opposizione, ovvero Nicola Guarrino per il Poloper Sgonico e Barbara Zivec in rappresentanza della Slovenska Skupnost.
m.l.

 

 

Sviluppo della Val Rosandra: presentazione pubblica delle iniziative agli abitanti di Bottazzo e Bagnoli - Domani un incontro al Rifugio Premuda

 

SAN DORLIGO Si svolgerà domani alle 19.30 a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, un nuovo incontro nell’ambito del processo di Agenda 21 volto a sentire la cittadinanza in merito alla stesura del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra. Il Comune ha infatti organizzato una serie di incontri, il primo dei quali si è svolto settimana scorsa a Dolina.
L’appuntamento di domani è rivolto ai residenti delle frazioni di Botazzo, Bagnoli della Rosandra e Bagnoli Superiore. L’assessore Laura Stravisi spiega: «L’incontro ha come obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare per gestire la Riserva naturale regionale della Val Rosandra, e sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare uno o più “portavoce” che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il Comune, consentendo ad essi il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa».
All’incontro di Dolina, i cittadini hanno già colto l’occasione per esprimere le proprie opinioni e hanno anche messo l’accento su argomenti che vanno al di là della gestione della Riserva. «Alcuni dei presenti – così Stravisi - hanno dichiarato di apprezzare il fatto che il Comune abbia deciso di consultare i cittadini su un tema così vicino a loro, che vivono il territorio, e questo ci ha dato in qualche modo conferma di essere partiti in maniera corretta, ma soprattutto condivisa, per la gestione della Riserva».
s.re.

 

 

Sinergia con la Slovenia sulle energie alternative - Presentati gli effetti del progetto Interreg

 

Grazie alle opportunità offerte dai diversi programmi comunitari a cui ha preso parte la Regione, in questi anni è stato possibile valorizzare lo sviluppo sostenibile e le energie alternative sull’intero arco alpino del Friuli Venezia Giulia. A mettere in luce l’importanza della programmazione comunitaria in un settore attuale e quanto mai delicato come quello delle energie rinnovabili è stato il convegno «Sviluppo sostenibile ed energie alternative: verso nuove opportunità», nel corso del quale sono stati presentati dati ed effetti della programmazione Interreg III A Italia-Slovenia 2000-2006.
L’incontro, svoltosi a Tarcento lo scorso 18 settembre, ha dato il via a una serie di incontri che saranno organizzati in diverse località regionali fino alla fine di quest’anno, proprio per far emergere quanto di buono è emerso dal bilancio sulla vecchia programmazione Interreg IIIA Italia-Slovenia. ”«i tratta - ha commentato l’assessore regionale alle Relazioni internazionali Franco Iacop - di trarre frutto dallo scambio di esperienze, individuando la miglior utilizzazione possibile delle fonti alternative, nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio». Nel corso delle assise sono stati illustrate tutte le attività portate avanti in questo ambito nella regione: lo studio per l’individuazione, l’organizzazione e la gestione di un bacino territoriale transfrontaliero per la valorizzazione, ai fini energetici, delle biomasse forestali nella Comunità montana del Torre, Natisone e Collio, nonché la pianificazione partecipata transfrontaliera di aree di elevato valore naturalistico nell'area meridionale delle Giulie e la realizzazione di centri gestionali e di informazione sul territorio protetto dell'arco alpino orientale (Prealpi Giulie).
L’incontro del mese scorso, però, non aveva solo lo scopo di fare il punto sul lavoro svolto finora, ma anche quello di stimolare l’interesse degli enti e delle realtà locali sulle potenzialità dell’azione comunitaria mirata a valorizzare le attrattive del territorio e di favorire nel contempo la fruizione delle risorse naturali anche ai fini dello sviluppo delle energie alternative. Ma non solo: una parte non meno importante del convegno è stata anche dedicata alle prospettive future della nuova programmazione 2007-2013. Se si considera il recente allargamento dell’Unione Europea, salta subito agli occhi come l’area programmatica italo-slovena abbia assunto un’importanza strategica fondamentale sia a livello europeo che internazionale, trasformandosi da zona periferica ad area centrale nel contesto geografico della nuova Europa allargata.
La cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, quindi, offrirà svariate opportunità agli enti locali da una parte e l’altra del confine, ormai in procinto di cadere. Rispetto al periodo di programmazione 2000-2006, infatti, l’estensione dell’area di riferimento è aumentata considerevolmente, includendo anche le Province emiliano-romagnole di Ravenna e Ferrara e la Provincia veneta di Padova. Un allargamento che non ha risparmiato nemmeno la vicina Slovenia, dove ad aggiungersi è stata la Regione statistica Gorenjska. I nuovi ingressi hanno comportato un notevole incremento dell’area ammissibile e della popolazione interessata, pari, rispettivamente, a +62,9 per cento e a +65,8%. Obiettivo principale del programma 2007-2013 sarà quello di «rafforzare l’attrattività e la competitività dell’area-programma».
e. le.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 ottobre 2007 

 

 

FERRIERA - Servola, i residenti protestano in Consiglio regionale  - Delegazione ricevuta dai capigruppo. Momenti di tensione: occupato l’atrio dell’edificio

 

Qualche centinaio (circa 400 secondo gli organizzatori) di residenti del rione di Servola hanno manifestato sotto la sede del Consiglio regionale per esprimere la loro preoccupazione in merito alla vicenda legata alla Ferriera di Servola.
Una delegazione è stata ricevuta dai capigruppo del Consiglio al termine della seduta di ieri per chiedere un incontro istituzionale e per far conoscere ai rappresentanti dei partiti la situazione di inquinamento di Servola con gravi conseguenze per la salute dei residenti.
Non sono mancati momenti di tensione quando alcuni manifestanti che hanno cercato di forzare l’entrata in Consiglio ed è dovuta intervenire la polizia per evitarlo. Tuttavia, dopo il breve incontro con i capigruppo (avvenuto verso le 19), un gruppo di una cinquantina di persone ha occupato l’atrio dell’edificio impedendo di fatto l’uscita.
Il vicepresidente del Consiglio regionale, Roberto Asquini, ha immediatamente contattato il presidente Alessandro Tesini per comunicargli la richiesta degli abitanti di Servola. «Ho consigliato ai rappresentanti degli abitanti di Servola di contattare gli uffici della presidenza per concordare l’incontro - racconta Asquini - ricordando tuttavia che il Consiglio ha un ruolo politico e non può arrogarsi quello esecutivo».
Un’altra manifestazione è stata inoltre annunciata per il 23 ottobre, in concomitanza con la seduta del Consiglio regionale.
Intanto, il Comitato lavoratori aziende in crisi si è rivolto con una nota ai colleghi della struttura di Servola. Secondo questa rappresentanza, le conclusioni sono che «oggi i Centri provinciali per l’impiego non funzionano, la piattaforma sindacale per il rilancio dell’industria nella provincia di Trieste non ha sortito effetti e - questo l’epilogo del comunicato - ognuno cerca soluzioni individuali con il minor danno possibile a un problema che riguarda invece tutti i lavoratori».

 

 

Incontro sulla Variante generale al Piano regolatore

 

Questo pomeriggio alle 17, nella sede del Mib in largo Caduti di Nassiriya 1, si terrà un incontro che avrà come oggetto l’illustrazione dei contenuti della delibera del Consiglio comunale n. 83 del 27 luglio scorso. Con essa, sono state impartite le direttive per la predisposizione della Variante generale al Piano regolatore comunale in regime di salvaguardia. All’incontro interverrà l’assessore comunale alla Pianificazione territoriale, Maurizio Bucci.

 

 

Oggi a Zindis il primo incontro di Agenda 21 - Scattano i confronti pubblici nelle frazioni sul tema «Mobilità sostenibile»

 

MUGGIA Inizierà oggi la serie di incontri pubblici nelle frazioni muggesane, per illustrare il processo di Agenda 21 avviato dal Comune per un progetto di «Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico» sul territorio.
Il processo prevede infatti di avviare una serie di incontri con la popolazione, per individuare i possibili partecipanti al forum che poi affronterà la tematica e presenterà le sue proposte. Da ogni rione saranno nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di interessi che lavoreranno assieme. Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da alunni rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani.
Oggi l’appuntamento è alle 17.30 alla scuola Zamola per i residenti di Zindis. Alle 19, invece, alla scuola elementare di Chiampore per i residenti della frazione e di Muggia Vecchia. Si prosegue poi giovedì alle 17.30 alla scuola «Giardino dei mestieri» per il rione di Fonderia. Alle 19 invece i residenti di Aquilinia saranno invitati in palasport. Martedì 9, infine, alle 17.30 incontro alla sala Millo per i residenti di Muggia centro, e alle 19 alla ex scuola elementare di Santa Barbara per i residenti della frazione collinare.
Ma intanto il consigliere Claudio Grizon (Fi), pur condividendo l’importanza della partecipazione della gente, ritiene Agenda 21 uno spreco di denaro pubblico. «Per il progetto sulla mobilità che sarà oggetto dei lavori non c'è un euro – dice -, però per francobolli, consulenze e contratti di collaborazione la giunta Nesladek per ora potrà spendere 23 mila euro della Regione e altri 10 delle casse comunali. Si tratta – aggiunge il consigliere forzista - di un Forum consultivo, politicamente su misura della giunta, che darà voce e farà da gran cassa alle proposte della maggioranza. Prevede sostanzialmente la partecipazione volontaria dei cittadini e di esperti che saranno scelti dalla giunta, assieme ai consulenti pagati novemila euro per tre mesi di lavoro». Il consigliere chiosa polemico: «Se per tagliare l'erba vicino alle scuole o per pulire i marciapiedi o le caditoie la giunta ora dovrà attivare il Forum di Agenda 21 siamo davvero alla frutta. La partecipazione dei cittadini alle scelte dell'amministrazione è una cosa importante, ma quella della maggioranza è un assemblearismo alla ricerca di un demagogico consenso».
s.re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 ottobre 2007

 

 

Parte il piano parcheggi: 8 su 18 a rotazione  - Previsti l’eliminazione delle auto dal lungomare e il dimezzamento del fabbisogno nell’area Tribunale-S. Antonio

 

Al via l’iter per l’approvazione in Consiglio comunale. 5310 i nuovi stalli nel progetto. Dopo il sì le gare per il project financing

Nuovo piano parcheggi, si parte. Approvato in primavera dalla giunta comunale, il corposo documento che individua le localizzazioni di 18 possibili nuovi contenitori - quasi tutti multipiano e interrati - sarà presentato giovedì alla commissione urbanistica, da cui passerà poi all’esame del consiglio comunale.
Le cifre sono rilevanti: 5310 nuovi posti auto previsti, 134 milioni 950 mila euro di costi complessivi stimati, 51 mila 790 metri quadri di piano stradale interessati dalle nuove strutture, che comportano la riqualificazione delle aree di superficie. Se realizzato, il piano risolverebbe in buona parte i problemi globali di parcheggio in città che sono stati fotografati in uno studio condotto due anni fa dal Comune sul fabbisogno di posti (cioè la differenza tra domanda e offerta) e riassunti in queste cifre: 11.972 posti da reperire per le auto, 20.732 per le due ruote. Numeri ridotti di notte rispettivamente a 4.455 e 13.816.
Il via libera al piano non ne comporterà l’automatica attuazione: in gran parte dei casi il Comune lancerà delle gare per affidare la costruzione dei parking a imprese che potranno poi rientrare degli investimenti con la vendita o la gestione delle strutture.
Curato dagli uffici tecnici comunali, il piano ha considerato le aree più centrali della città, comprese grossomodo nella zona delimitata da cavalcavia di viale Miramare-Roiano, Università nuova, via Baiamonti e Rive. Questo perimetro è stato suddiviso in 18 zone, per ciascuna delle quali sono stati quantificati la carenza di parcheggi e il tipo di posti più richiesto, per esempio con sosta a rotazione o legata alle esigenze dei residenti. Per questo, il documento indica - in modo comunque non vincolante - le tipologie dei parcheggi da costruire: 10 su 18 di tipo residenziale, le altre 8 a rotazione. Spiccano tra queste i tre parking interrati sulle Rive e il contenitore sotto il colle di San Giusto.
Ma vediamo la mappa dei parcheggi e i benefici che secondo il piano comporterebbero (qui sopra la tabella). Due le strutture a Roiano: l’una in largo Roiano, l’altra in via dei Moreri. I due parcheggi in pratica coprirebbero il fabbisogno diurno. Almeno per la struttura destinata a sorgere al posto della caserma Polstrada, però, i lavori - legati appunto allo spostamento della caserma - non potranno partire prima del 2010.
Ridotto di metà il fabbisogno diurno di posti anche nell’area Tribunale-Carducci, dove si prevede l’ampliamento del parking di Foro Ulpiano (già inserito nell’attuale piano) e il parcheggio di piazza Sant’Antonio, segnalato dalla stessa relazione allegata al piano per le «diverse problematiche» che presenta tanto per il contesto urbanistico quanto per le difficoltà che lo scavo in un’area vicina ai palazzi potrebbe comportare. Ma «la sua collocazione strategica - precisa lo studio - può contribuire a eliminare» buona parte dei posti auto lungo le vie adiacenti.
Altri due impianti sono previsti in zona Università nuova e al Giulia, dove il parcheggio occuperebbe un’area in superficie. Concentrati lungo le Rive e in aree limitrofe sette contenitori, tra cui quello sotto il colle di San Giusto (i lavori non sono partiti, sebbene annunciati un anno e mezzo fa) e i tre sulle Rive. Qui i contenitori porterebbero a ridurre del 280% il fabbisogno di posti auto: una scelta assunta nell’ottica di liberare le Rive dai parcheggi.
In aree più periferiche sono invece situati gli ultimi cinque impianti: il più importante è quello di piazzale delle Puglie, che abbatterebbe del 55% il fabbisogno di posti auto in zona. Non rientrano infine nel piano, ma sono stati citati in una delibera a sé stante per farne partire l’iter, due ulteriori contenitori proposti da An: in piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola, e alle ex Officine Holt in via Gambini.

Paola Bolis

 

 

PIANO PARCHEGGI - Ma il documento non riguarda la richiesta per le due ruote

 

Il piano parcheggi considera le sole auto e non le moto. sebbene lo studio realizzato due anni fa dal Comune abbia evidenziato che per queste ultime la situazione risulta ancora più critica. In tutti i nuovi contenitori previsti però, si legge nella relazione acclusa al piano, «è possibile individuare stalli per i motocicli, anche in relazione alla notevole domanda di sosta»: in questo caso, l’area occupata da un’auto sarebbe sufficiente a ospitare quattro motocicli.
Il documento sottolinea anche il «forte legame» tra il piano del traffico - di cui si discute da quasi tre anni - e l’aggiornamento del piano parcheggi, giacché le scelte in termini di viabilità sono «di notevole impatto sulle strutture» di posteggio previste. I tecnici comunali annotano comunque come le scelte operate per il nuovo piano parcheggi «non contrastano» con il piano del traffico oggi vigente e «neppure con quanto previsto dalla bozza del nuovo strumento», quella redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus, che però il Comune sta modificando.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 settembre 2007

 

 

«Puliamo il buio»: volontari al lavoro per bonificare le grotte

 

I volontari della Federazione speleologica triestina e di Legambiente saranno impegnati oggi nell’asporto delle immondizie gettate nel Pozzo del Cimitero militare di Duino

DUINO AURISINA Torna oggi la manifestazione nazionale «Puliamo il Buio», organizzata dalla Società speleologica italiana in collaborazione con Legambiente nell’ambito di «Puliamo il Mondo», iniziativa dedicata alla pulizia di ambienti naturali da parte di gruppi di volontari. A Trieste uno dei punti più colpiti dall’inquinamento è il Carso. «L’utilizzo di grotte naturali e cavità artificiali come discariche abusive di rifiuti è un fenomeno diffuso ancora ovunque», spiega Mila Bottegal, della Federazione speleologica triestina: «Questa pessima abitudine ha origini antiche, quando si pensava che fosse possibile ignorare le immondizie. Ma oggi il problema non è più eludibile, i nostri stessi rifiuti stanno avvelenando il pianeta».
Nel settembre 2006 la Protezione civile di Duino e alcuni ragazzi del Collegio del Mondo unito hanno raccolto 31 metri cubi di spazzatura, in due giornate di lavoro, con il supporto di 31 speleologi. Alcuni gruppi aderenti alla Federazione speleologica triestina, in collaborazione con il Comune di Duino, avevano pulito la Caverna a nord ovest di Duino e il Pozzetto a ovest di Precenico, anche con l’installazione di teleferiche per recuperare rifiuti ingombranti, gettati nella grotta, eliminati poi dall’intervento dell’Acegas-Aps.
All’interno delle cavità vengono recuperate immondizie di ogni tipo, dalle borse di plastica a vecchie lavatrici, batterie e rottami vari. Solo sul Carso, in provincia di Trieste, la Federazione ha calcolato che, sulle oltre 2600 grotte censite, circa 150 risultano inquinate e quindi a rischio ambientale. Per questo anche oggi verrà ripetuta la vasta operazione di bonifica. Su segnalazione del Corpo forestale i volontari puliranno il Pozzo del Cimitero militare, sempre nel comune di Duino. L’imbocco della cavità, vicino al quadrivio di San Pelagio, è stato esplorato per la prima volta nel 1924, quando gli abitanti di Prepotto raccontarono che durante la guerra nel pozzo venivano scaricare le salme dei caduti.
Speleologi e volontari saranno al lavoro dal mattino per l’intera giornata. Informazioni sul sito www.puliamoilbuio.it, www.spin.it/speleo/FedTs.
Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 settembre 2007

 

 

Ferriera, 200 persone all’assemblea dei comitati

 

Più di 200 persone hanno partecipato l’altra sera all’assemblea sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, promossa al ricreatorio comunale di Servola dai comitati locali. L’incontro ha fatto il punto sulle iniziative legali, avviate dall’avvocato Giuliano Spazzali per conto di decine di residenti, nei confronti della proprietà dello stabilimento e degli amministratori locali (sindaci di Trieste e Muggia, presidenti di Provincia e Regione). Nell’occasione è stata illustrata la relazione inviata la settimana scorsa al pm Federico Frezza da parte del Cigra, il soggetto che cura le campionature delle emissioni della Ferriera. I dati contenuti in quella relazione sono stati definiti «terrificanti», specie quelli riferiti al benzopirene e alle polveri sottili. Preoccupanti sono stati giudicati anche i risultati, contenuti sempre nella relazione, dei test sulle cellule e sul dna dopo l’esposizione ad emissioni di agenti inquinanti simili a quelle prodotte a Servola. Test che rivelerebbero mutazioni cellulari e genetiche.
L’assemblea ha infine deciso di organizzare una manifestazione di protesta, lunedì prossimo alle 17.30 in piazza Oberdan, contro la decisione della Regione di accettare la richiesta del gruppo Lucchini-Severstal di ottenere l’autorizzazione di impatto ambientale

 

 

Cambia la raccolta dei rifiuti a Muggia  - La ditta Ecoverde subentra lunedì ad AcegasAps: cassonetti da sostituire

 

Dai veneti un’offerta al ribasso del 18%. Ma per l’ex municipalizzata la base d’asta era «incongrua»

La modifica dei contenitori avverrà nel weekend: possibili disagi per la cittadinanza

MUGGIA Da lunedì la gestione della raccolta dei rifiuti a Muggia passa dall’AcegasAps alla Ecoverde di Caorle, che ha vinto la gara d’appalto. Tra i motivi, un’offerta economica più alta della base di gara da parte della ditta triestina. Il subentro comporta la sostituzione dei cassonetti, e ci potrebbero essere disagi per la cittadinanza.
L’affidamento comprende tutta la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la raccolta differenziata, la realizzazione di isole ecologiche e la gestione della piazzola ecologica di Noghere.
Con questo rinnovo l’amministrazione punta molto sulla raccolta differenziata. Vuole vedere attuato infatti un incremento che parte da un 30% nel 2008 per arrivare all’obiettivo del 70% nel 2011. L’aumento previsto della raccolta differenziata sul territorio comporterà anche un aumento del numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade (ora ce ne sono quasi 400). All’aggiudicatario è richiesto tra l’altro anche di realizzare una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo - tramite dépliant o altro - la raccolta differenziata e i servizi resi.
Alla gara si erano presentate l’AcegasAps (la cui gestione era in scadenza dopo alcune proroghe) e la Ecoverde di Caorle, che già opera a Muggia in subappalto proprio per l’Acegas. Il bando si è chiuso a fine agosto. La commissione ha effettuato ben sei sedute di gara per vagliare le offerte. La base d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro, con proposte al ribasso. La Ecoverde ha presentato un’offerta del 18% in meno sulla base d’asta (quindi, poco più di due milioni e 170 mila euro).
L’offerta AcegasAps invece è stata più alta, oltre 4 milioni e 200 mila, citando una «manifesta incongruità dell’importo posto a base di gara rispetto alle prestazioni richieste» (così l’AcegasAps nel testo dell’offerta, riportata nel verbale di gara). Il motivo di tale differenza sarebbe costituito soprattutto dai maggiori costi per lo smaltimento dei rifiuti non differenziati, proprio in vista degli obiettivi di aumento della percentuale di raccolta differenziata richiesti nel capitolato d’appalto. L’offerta (in base proprio al capitolato d’appalto) non è stata ammessa dalla commissione di gara.
E c’è stato anche un piccolo battibecco. Il delegato dell’AcegasAps ha infatti voluto che fosse riportata nel verbale la sua dichiarazione: «La ditta che si è aggiudicata la gara ha ritenuto congrui i prezzi, e pertanto, che nel quinquennio in argomento non chieda la loro revisione». La Ecoverde opererà dunque a Muggia dal primo ottobre fino al 31 dicembre 2011. Il passaggio fra le due società determinerà la sostituzione dei cassonetti posizionati sul territorio.
Una sostituzione che dovrebbe essere per lo più contemporanea, ma dato anche che ciò avviene nell’arco di un fine settimana, ci potrebbero essere dei disservizi: in alcune zone potrebbero temporaneamente non esserci i soliti cassonetti per i rifiuti.
Il Comune, prevedendo tali disagi, chiede la collaborazione dei cittadini nell’agevolazione delle operazioni. Per qualsiasi informazione o problema si potrà contattare la segreteria del Servizio territoriale e ambiente al telefono 040-3360413, o direttamente la ditta Ecoverde, al numero 0421-290645.
Sergio Rebelli

 

 

Urbanistica di Dolina Sì ai pannelli solari e ai lucernari sui tetti - Variazioni di bilancio Previsti più fondi per lo smaltimento delle immondizie

 

Il consiglio comunale approva la variante

SAN DORLIGO DELLA VALLE Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle ha approvato nella seduta di ieri la variante numero 1 al piano particolareggiato della frazione di Dolina. L’iter di approvazione aveva preso il via già lo scorso anno, con l’adozione del documento urbanistico; adesso, dopo il passaggio in Regione e l’accoglimento delle osservazioni della popolazione, è passato alla sua fase conclusiva.
Sono state sei le osservazioni alla variante presentate dai residenti, tre delle quali sono peraltro state emendate dai gruppi di maggioranza (una anche dai Verdi). Il consigliere dei Cittadini, Elisabetta Sormani, ha presentato gli emendamenti discussi in aula e alla fine approvati. Tra questi, uno ha riguardato la possibilità di installare serbatoi di accumulo esterni ai pannelli solari anche sui tetti laddove non ci siano soluzioni alternative e meno impattanti. Oppure anche il permesso di costruire bussole agli ingresso delle abitazioni, ma non su strada o su aree che siano gravate da servitù.
Proprio la possibilità di installare dei pannelli solari (assieme a quella di aprire dei lucernari sui tetti) costituisce una delle novità inserite nella variante approvata, che va così a modificare il precedente piano particolareggiato approvato già sei anni fa, nel 2001.
La seduta del consiglio comunale ha visto anche l’approvazione della ricognizione dell’attuazione del programma e degli equilibri di bilancio, oltre ad alcune variazioni al documento finanziario dell’ente. Tra queste, un maggior finanziamento per lo smaltimento rifiuti. E proprio la delibera è stata criticata dal consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni): «Si dimostra così che la raccolta differenziata ci costa più di quanto era previsto», ha attaccato, «e si prelevano i soldi da spese correnti che presentano economie, come l’assistenza e i servizi scolastici. Guarda caso l’anno scorso era stato aggiunto il balzello di un euro per lo scuolabus».
L’assessore Igor Tul (Ds) ha spiegato in replica tale aumento (pari a 20 mila e 500 euro) con la maggior quantità di rifiuti ingombranti raccolti finora.
Nel corso della seduta, il consigliere di Uniti per Dolina, Sergio Mahnic, ha proposto infine di devolvere il gettone di presenza odierno alle famiglie delle vittime della recente alluvione in Slovenia.
s.re.

 

 

Missione ecologica  - Domani pulizia a San Pelagio

 

Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina e con la Federazione speleologica Triestina, organizza per domani (con ritrovo alle 9 al ristorante Gruden di San Pelagio) la pulizia di una zona carsica nella zona di San Pelagio. Si interverrà in una grotta e sul territorio circostante.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 settembre 2007

 

 

Navi nucleari, piano d’emergenza - Il Golfo è uno dei punti di sosta. Presentato un opuscolo che spiega che fare in caso di necessità

 

Un opuscolo per informare la popolazione sugli aspetti legati alla sosta di navi a propulsione nucleare nel Golfo di Trieste. E’ stato presentato ieri in Municipio perché «la rada di Trieste – ha spiegato l’assessore Piero Tononi - è uno dei punti di sosta del territorio italiano dove possono fermarsi navi militari a propulsione nucleare». In questa prospettiva, la Prefettura ha messo a punto un piano d’emergenza realizzando, assieme a Comune, Arpa, Ospedali riuniti e Azienda sanitaria, Vigili del Fuoco e Capitaneria di Porto, una sintetica pubblicazione, presentata, oltre che da Tononi, da Natalino Benedetti per la Prefettura, Concettina Giovani per l’Arpa, dal vicecomandante provinciale dei Vigili del Fuoco Romeo Giacuzzo, Sara Sanson per l’Azienda sanitaria, Mauro Silla, vice direttore generale del Comune. «L’obiettivo - ha aggiunto l’assessore - è favorire una capillare informazione in caso d’emergenze». Gli opuscoli sono 65.600 e saranno distribuiti dagli uffici Urp del Comune e dell’Azienda Sanitaria, nei Centri civici e nelle scuole. Copie dei testi potranno essere visibili e scaricati dai siti internet degli enti e delle istituzioni che hanno realizzato l’iniziativa

 

 

CASA BIOLOGICA

 

UDINE Continua l'appuntamento con Casa Moderna: fino al 1° ottobre è aperta la kermesse alla Fiera di Udine. Casa Biologica torna protagonista domani con gli incontri sul risparmio energetico. La «bio casa» infatti è una realtà che si sta sempre più affermando: per scoprirne tutte le opportunità e i vantaggi, Casa Moderna propone un'altra occasione di aggiornamento domani con ben quattro incontri siglati Casa Biologica e curati da Casambiente per parlare di bio edilizia ed eco compatibilità. Il primo a partire dalle 9.00 sarà un vero e proprio corso teorico pratico dedicato al Conto Energia 2007 che, grazie ai nuovi sviluppi di legge, non è più solamente un incentivo all'acquisto dei pannelli fotovoltaici, bensì una vendita vera e propria all'Enel dell'energia non utilizzata per il fabbisogno quotidiano. Gli incontri proseguiranno con «il risparmio energetico fai da te», incontro curato dall'Associazione P.A.E.A. (Progetti Alternativi per l'Energia).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 settembre 2007

 

 

Terrapieno, ricorso contro l’archiviazione

 

Ricorso in tutte le sedi istituzionali competenti, italiane ed europee, contro la decisione di archiviazione, presa dalla Procura e dal Tribunale di Trieste, per il terrapieno inquinata di Barcola, è stato annunciato dalla organizzazione ambientalista Greenaction Transnational.
L’associazione si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti anche Margherita Hack.
L'associazione transnazionale afferma, in una nota, che l'apertura di discariche a mare non era consentita (prima ancora dell'entrata in vigore della legislazione comunitaria) già dalle leggi nazionali del 1934, 1976, nonchè dalla stessa Costituzione della Repubblica Italiana, e che si tratta di un reato di natura permanente, perpetrato a Trieste in un «unico disegno criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di Zaule e poi delle Noghere (ora perciò sito inquinato di interesse nazionale), proseguito a Barcola ed infine a Muggia con la recente discarica Acquario.
Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e contestate le responsabilità civili. L’archiviazione dell’inchiesta sul terrapieno di Barcola è avvenuta a quasi due anni dal sequestro dell’area. Erano state rintracciate tracce di diossina in una percentuale undici volte superiore al consentito.

 

 

San Pelagio - Discarica nella Grotta del cimitero  - L’assessore Humar: «Faremo intervenire gli speleologi o ditte specializzate»

 

Rifiuti di tutti i tipi rinvenuti dalla Forestale di Duino nella cavità situata a poca distanza dal valico confinario

DUINO AURISINA Copertoni, cestelli di lavatrici, ferri arrugginiti, un vecchio scaldabagno, una stufa e addirittura la carcassa di un motorino. Sono solo alcuni dei rifiuti che gli uomini della Forestale di Duino hanno individuato sul fondo di una grotta, vicino al cimitero austriaco, nella zona di San Pelagio, poco lontano dal valico di confine. Una grotta tra l’altro numerata e riconosciuta dal Cai che, a causa dell’inciviltà di qualcuno, da paradiso per gli speleologi si è trasformata in una sorta di discarica abusiva.
Dopo aver fatto l’amara scoperta, i forestali hanno segnalato la situazione di degrado all’amministrazione comunale, che ora sta definendo le modalità dell’intervento di pulizia. «Per operazioni di questo tipo - spiega l’assessore al Territorio, Andrea Humar - in genere ci rivolgiamo alla Protezione civile che entra in azione con i suoi volontari. Nel caso della grotta di San Pelagio (conosciuta dagli esperti dei sentieri del Carso con il nome di «grotta del cimitero militare», ndr), la situazione però è diversa. I rifiuti – fa notare Humar – si trovano sotto terra a una profondità almeno di quindici-venti metri. Per chi non ha la preparazione e le competenze adatte è troppo pericoloso scendere per recuperare le immondizie. Ecco perchè stiamo sondando la disponibilità dei gruppi speleologi di Trieste. Nel caso in cui loro non potessero intervenire, abbiamo previsto anche una seconda opzione: affidarci a una di quelle ditte edili che dispongono di personale specializzato in grado di con le tecniche dei rocciatori».
Ancora da definire, quindi, i tempi dell’intervento di pulizia. «Qualora però i gruppi speleologi garantissero la loro disponibilità - conclude Humar - potremmo iniziare le operazioni nel giro di qualche settimana e risolvere così quella sitazione annosa».
Basta guardare lo stato di conservazione dei rifiuti, infatti, per rendersi conto che si trovano sul fondo della grotta da diversi anni. Gli uomini della Forestale li hanno scoperti a seguito di una serie di controlli nella zona vicina al cimitero, area non nuova ad episodi di abusivismo.
In passato, vicino al cimitero austriaco, per esempio, erano sorti alcuni manufatti non in regola. Qualcuno, senza richiedere il benchè minimo permesso, aveva elevato muretti a secco ricavando così una sorta di recinto all’interno del quale sistemare delle roulotte.
Più di recente si erano accesi i riflettori sull’allevamento di pastori del Caucaso creato da una famiglia sul fondo in una dolina di San Pelagio. Erano infatti partite delle indagini per verificare la fondatezza delle accuse di maltrattamento ai cani, mosse appunto agli allevatori.
E’ stato proprio nel corso delle verifiche legate a quella vicenda che gli uomini della Forestale di Duino si sono imbattuti nella sporcizia accumulata sul fondo della «grotta del cimitero militare».
Un caso peraltro non isolato. Negli ultimi mesi, infatti, l’attività di verifica sul territorio è stata intensificata e ha portato a numerose segnalazioni inviate sia al Comune di Duino Aurisina sia a quello di Sgonico.
m.r.

 

 

In 150 a spasso per la città contro traffico e inquinamento - Il corteo organizzato dal Coped Camminatrieste cui hanno aderito anche gli alunni di alcune scuole

 

Tutti a piedi in città ieri mattina, bambini, adulti e anziani, per la manifestazione «Un’idea per Trieste che può cambiare la città», la prima passeggiata organizzata dal Coped-Cammina Trieste – Camminacittà nelle vie e nelle piazze del centro, un percorso ideato per evidenziare le criticità del traffico veicolare e i pericoli per i pedoni.
La passeggiata è iniziatia alle 10 del mattino tra le vie Battisti e Giulia, con ritrovo vicino al monumento Rossetti, per poi snodarsi lungo via Battisti, via Carducci, via Coroneo, piazza Vittorio Veneto, con ritrovo finale in piazza Goldoni. «Anche questa iniziativa ha visto la partecipazione di moltissime persone - racconta Sergio Tremul – hanno aderito 150 cittadini, tra i quali alcune classi della scuola elementare Rossetti e un gruppo di non vedenti. E’ stata una bella passeggiata, per esaminare insieme le proposte per migliorare la vita di tutti in città». Nel corso della mattinata ai partecipanti iniziali si sono aggiunte altre persone, che hanno saputo della manifestazione attraverso i voltantini. Per ogni strada percorsa sono stati sottolineati i disagi e i problemi legati alla viabilità. Per via Battisti il Coped chiede la regolamentazione del traffico, una corsia preferenziale per i bus, marciapiedi liberi per i pedoni, il progetto urbano collegato alle proposte del centro Domenico Rossetti, l’isola salvagente per agevolare la salita ai mezzi pubblici provveimenti sulle vie laterali, che spesso intralciano il flusso veicolare. Su via Carducci vengono segnalate le soste di auto e moto in divieto e sui parciapiedi, gli stessi marciapiedi sporchi e dissestati e la perciolosità dell’attraversamento all’inizio di via Battisti, mentre su via Coroneo il Coped segnala la difficoltà del traffico intenso, ancora la sosta abusiva e le fermate dei bus sempre occupate dalle auto.
Infine, per quanto riguarda le piazze, viene messo in luce il caos e lo smog di piazza Vittorio Veneto, in aggiunta alla mancanza di giochi e attrezzature nell’area e anche la confusione che caratterizza piazza Goldoni, con poche corsie riservate ai mezzi della Trieste Trasporti e i passaggi pedonali mal regolati. Il Coped inoltre ha in programma a breve un altro appuntamento, aperto al pubblico: la passeggiata di pedoni e studenti fissata il 4 ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la sicurezza stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a Crevatini (comune di Capodistria-Koper).
Il percorso si svolgerà dalle 10 alle ore 12 e in caso di maltempo l’incontro si terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30.
m.b.

 

 

Urbanistica, l’aula rifiuta la proroga - Respinta la richiesta dell’opposizione di rinviare l’entrata in vigore della nuova normativa

 

TRIESTE Nessuna proroga all’entrata in vigore della riforma urbanistica. Il consiglio regionale ha respinto la mozione della Cdl che chiedeva alla giunta di rinviare l’applicazione della legge 5/2007, entrata in vigore il 27 agosto, «ad un termine congruo con la completa predisposizione degli atti regolamentari previsti dalla legge». Ad oggi il regolamento di attuazione della legge è stato approvato solo per la parte che riguarda l’attività edilizia (ed è entrato in vigore il 19 settembre) mentre qualche ritardo, ammesso anche dall’assessore Lodovico Sonego e dalla maggioranza, ha interessato la disciplina urbanistica e paesaggistica. «Si avverte una diffusa preoccupazione nonché un temporaneo blocco delle attività. Il non voto del Consiglio delle autonomie al regolamento della giunta - afferma il capogruppo dell’Udc, Roberto Molinaro – è uno specchio della situazione. L’impressione è che le cose non stanno andando come l’amministrazione si aspettava». Nessuna paralisi, replica la maggioranza con il presidente della commissione competente, Uberto Fortuna Drossi: «L’entrata in vigore del regolamento sull’edilizia è avvenuta in tempi accettabili mentre quello sull’urbanistica dovrebbe arrivare entro metà novembre». La legge prevede inoltre che i piani particolareggiati e le varianti ai piani regolatori avviati prima dell’applicazione della riforma fossero soggette alla normativa precedente: «L’espressione del Consiglio delle autonomie – aggiunge Fortuna Drossi – appare conservativa e di schieramento». «L’attuazione della riforma – dichiara Sonego – non è un gioco da ragazzi e richiede impegno e pazienza. Paralisi dei Comuni? Non c’è una sola pratica di edilizia bloccata». Sonego chiede anche all’opposizione «uno sforzo comune per far sì che questa riforma possa trovare sollecita attuazione». “Sì può chiedere collaborazione quando c’è coinvolgimento. Questa richiesta l’assessore Sonego deve rivolgerla a sé stesso» ribatte Molinaro.

 

 

«Ferriera, gli impianti vanno chiusi» - Lettera aperta di una servolana al ministro Pecoraro Scanio

 

Lettera aperta al ministro Alfonso Pecoraro Scanio.
Mi chiamo Alda Sancin, sono nata nel rione di Servola nel lontano 1947 e ivi risiedo, a poche centinaia di metri dalla Ferriera. Nel medesimo rione hanno abitato i miei genitori e i miei nonni, sicuramente dalla fine del 1800 e forse già da prima della costruzione dello stabilimento. Mio padre e i miei nonni hanno lavorato nella Ferriera stessa.
Un tanto per presentare le mie credenziali di servolana Doc. Ora: 1) nei paraggi dello stabilimento, zona intensamente abitata, da alcuni anni a questa parte ormai tutti i giorni e per molte ore del giorno (e della notte) l’aria è irrespirabile. A seconda della direzione del vento varia solamente la zona più colpita; poi lentamente, la nuvola si estende di volta in volta verso vari rioni limitrofi (circa 20 mila persone).
2) Per percepire gli inquinanti non occorrono strumentazioni sofisticate, bastano gli occhi per vedere le polveri provenienti dall’altoforno e dai pontili di scarico che offuscano la luce del sole, il luccichio delle particelle di grafite che si depositano nella casa, sul cuscino dove dormiamo, sulla tavola dove mangiamo, i granuli di materiale ferroso che si infiltrano in ogni angolo; bastano le narici per percepire l’odore di vari idrocarburi aromatici (cancerogeni?), di carbone, di composti dello zolfo ecc., basta la gola per avvertire il senso di soffocamento e bruciore che provoca l’inalazione prolungata di tali prodotti.
3) Per preoccuparsi seriamente della salute pubblica basta considerare che le sostanze che piovono adosso ai residenti cadono prima e da più vicino sulla testa e nei polmoni dei 500 dipendenti della Ferriera; basta considerare che nel raggio di meno di un chilometro dai punti origine delle polveri e fumi ci sono scuole pubbliche, asili infantili, nidi e un ricreatorio che accolgono complessivamente 1500 (diconsi millecinquecento) bambini dagli zero ai quattordici anni, i quali sono costretti a respirare, beninteso a tempo pieno, tutte queste meraviglie. E facciamo grazia degli ospiti di alcune case di riposo, che sono bensì soggetti deboli e magari un po’ asmatici, ma tant’è, sono già prossimi al trapasso naturale! I numeri hanno un peso?
4) Scarsi risultati hanno dato a tutt’oggi le pressoché quotidiane chiamate inoltrate dai residenti a vigili urbani, vigili del fuoco, Arpa, polizia ecc. per tentare di limitare il disagio.
5)Per porre termine a questo scandalo basta un poco di buon senso da capire che degli impianti vetusti, per la cui manutenzione la proprietà evidentemente non è interessata a spendere il dovuto, creano e creeranno un inquinamento crescente di giorno in giorno. Ci vuole però anche un’altra piccola cosa, forse un poco più difficile da reperire: la volontà politica di anteporre la salute dei cittadini a...
6) Quando sopra, affinchè nei limiti della sua potestà, signor ministro, unitamente a un percorso legale, peraltro già intrapreso grazie all’interessamento dei vari circoli, ci aiuti a uscire dal labirinto di disagi, silenzi, disinformazione, acquiescenze che ci attanaglia ormai da troppi anni.
Alda Sancin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 settembre 2007

 

 

Il gip firma l’archiviazione dell’inchiesta sull’inquinamento di diossina a Barcola - Gli ambientalisti: il terrapieno va comunque bonificato

 

Il Wwf: «Gli enti che negli anni Ottanta autorizzarono il deposito di sostanze tossiche ora dovrebbero pagare il risanamento»

L’inchiesta della procura sul terrapieno di Barcola è stata definitivamente chiusa ieri mattina. Il gip Paolo Vascotto ha formalmente accolto la richiesta di archiviazione, da parte del pm Cristina Bacer, del procedimento nato nel 2005 da un esposto dell’associazione Amici della terra.
In pratica il giudice ha condiviso le motivazioni del pm riguardo all’aspetto della prescrizione dei reati ma anche a quello inerente la normativa, troppo diversa tra quando l’area era stata usata come discarica, negli anni Settanta e Ottanta, e adesso. È infatti passato troppo tempo, e ora non ci sono più gli strumenti giuridici per agire. Lo dichiara a chiare lettere il pm Bacer: «In questo quadro normativo nessuna azione può essere utilmente intrapresa».
La decisione del magistrato viene commentata come «inevitabile» da Dario Predonzan, responsabile regionale del Wwf per il territorio, «per il semplice fatto che dopo vent’anni i reati vanno in prescrizione». Predonzan ricorda però che nel 1980 il Wwf invocò l’applicazione alla discarica di Barcola della legge Merli, che vietava gli scarichi nelle acque di materiali pericolosi, ma quelle norme non vennero allora prese in considerazione nonostante fosse nota la pericolosità delle ceneri, che contenevano diossina e metalli pesanti.
«Il lato del terrapieno che si affaccia sul mare – prosegue l’esponente del Wwf – non è mai stato protetto in maniera seria ed efficace per evitare la dispersione in acqua dei materiali, e ciò ha contribuito a inquinare acque e fondali. Gli enti che allora tollerarono l’inquinamento – aggiunge – a cominciare dal Comune, ma anche l’Autorità portuale, erede dell’Ente porto, e la Capitaneria di porto che allora rilasciava le autorizzazioni, oggi dovrebbero ritenersi moralmente responsabili e mettere mano al portafogli per la futura bonifica, che va comunque fatta».
Proprio con riguardo alla bonifica, ancora due anni fa l’Autorità portuale ha chiesto al ministero dell’Ambiente l’inserimento del terrapieno di Barcola nel Sito inquinato di interesse nazionale, ma una risposta non è ancora giunta alla Torre del Lloyd.
«Alla fine a pagare sarà lo stato, cioè i cittadini», osserva Lino Santoro, presidente della sezione triestina di Legambiente, che si interroga sulle tecniche di bonifica per un’area delicata come quella del terrapieno di Barcola.
«Un bonifica con l’asporto dei materiali inquinanti – osserva Santoro – sarebbe pericolosa. Non so se sia prevista la valutazione del rischio, che permetterebbe di capire come e in che tempi gli inquinanti raggiungono il mare. Questa valutazione è un elemento chiave per capire come muoversi con riguardo alla bonifica».
Il presidente di Legambiente sottolinea poi che nei pressi del terrapieno c’è uno stabilimento balneare, e che comunque il pesce si alimenta sul fondo, per cui «sarebbe necessario capire se gli inquinanti finiti sul fondale incidono sulla salute umana».
Per bloccarne definitivamente la dispersione in mare delle sostanze rinvenute nel terrapieno, ma anche la loro eventuale movimentazione, Santoro ritiene che «la soluzione migliore sia quella di ”sigillare” il terrapieno, tenendo però presente che poi, rimanendo il sottosuolo inquinato, su quell’area non sarebbe possibile realizzare neanche la più piccola costruzione. Gli unici utilizzi sarebbero solo di superficie, ad esempio parcheggi e depositi di imbarcazioni».

Giuseppe Palladini

 

 

Val Rosandra, incontro pubblico - A Dolina oggi il primo appuntamento di «Agenda 21»

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Stasera alle 19.30 al centro culturale Valentin Vodnik di Dolina, primo incontro con la cittadinanza nell’ambito del progetto «Varco», del processo di Agenda 21 attivato per la definizione delle regole di gestione della Riserva naturale della Val Rosandra. Fin dall’assegnazione della gestione della Val Rosandra, da parte della Regione, il Comune di San Dorligo ha portato avanti le varie iniziative per l’elaborazione di regole per la corretta gestione di un’area protetta, che coinvolgono anche la cittadinanza. Da qui, la volontà di utilizzare il metodo dell’ Agenda 21 locale.
La novità sta proprio nel meccanismo di coinvolgimento, che consente a tutti i cittadini di partecipare concretamente alla formazione di proposte per la gestione del territorio. Da questa settimana il progetto entra nel vivo delle attività e chiede la partecipazione della popolazione di tutto il territorio, che è stato diviso in sei zone, omogenee per numero di abitanti. Ai cittadini si chiede la partecipazione ad un unico incontro. «L’invito – così il Comune - è a cogliere questa opportunità: cercando la propria frazione nel calendario allegato e venendo all’appuntamento serale che le compete». Oggi, in particolare, l’incontro è rivolto alla popolazione di Crogole e Dolina. Mercoledì 3 ottobre invece, al rifugio Premuda di Bagnoli sarà la volta dei residenti a Bagnoli e Botazzo Intanto lunedì si è svolta in municipio la prima riunione del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico, che deve fornire il necessario supporto conoscitivo e tecnico per la redazione del Piano di conservazione e sviluppo della Riserva.
L’assessore Laura Stravisi dice: «Durante la discussione sono emerse, inoltre, delle prime interessanti proposte sulla possibilità di ridurre gli iter burocratici legati alle attività ricadenti nell’area della Riserva. Il gruppo dovrà dare indicazioni tecniche sul Piano di Conservazione e sviluppo, ma dovrà anche essere al corrente di ciò che emergerà dagli incontri con i cittadini e fare in modo che i professionisti che si occuperanno della redazione del piano ne tengano conto. Queste modalità di lavoro sono la base del tipo di approccio che il Comune ha voluto intraprendere per la gestione della Riserva della Val Rosandra».
s.re.

 

 

Oggi la marcia dei pedoni contro il caos del traffico e a favore di nuove linee bus - Manifestazione indetta dal Coped. Partenza alle 10 da via Battisti

 

Si intitola «Un’idea per Trieste che può cambiare la città» la prima passeggiata organizzata dal Coped-Cammina Trieste – Camminacittà oggi nelle vie e nelle piazze del centro, per sensibilizzare i triestini sulle problematiche legate al traffico e ai disagi registrati dai pedoni. La passeggiata partirà alle 10 del mattino tra le vie Battisti e Giulia, con ritrovo vicino al monumento Rossetti, ed è aperta a tutti.
Il serpentone di persone a piedi attraverserà via Battisti, via Carducci, via Coroneo, piazza Vittorio Veneto e piazza Goldoni, punto di arrivo finale della manifestazione. Gli organizzatori prevedono la conclusione del percorso attorno alle 10.30. Nel corso della mattinata saranno discusse tematiche già affrontate in passato dal Coped: il piano urbano del traffico, la possibile metropolitana, le isole pedonali, la necessità di una riduzione del traffico veicolare e in genere argomenti legati alla mobilità. L’iniziativa anticipa la passeggiata di pedoni e studenti promossa il 4 ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la sicurezza stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a Crevatini (comune di Capodistria-Koper).
Il percorso si svolgerà dalle 10 alle 12 e in caso di maltempo l’incontro si terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30. Il Coped annuncia la richiesta al Comune di Muggia, alla Provincia di Trieste e la collaborazione della Trieste Trasporti, di istituire per la giornata, in via sperimentale, alcune corse di una linea bus Muggia – Crevatini, per favorire il trasporto pubblico locale integrato verso i colli muggesani, da parte di tutte le persone che vorranno aderire. Alla base delle due iniziative, ricorda il Coped, anche il messaggio inviato dal Ministro della Salute Livia Turco all’associazione triestina, una sentita approvazione alla manifestazione organizzata. Entrambe le passeggiate sono aperte a tutti, basta presentarsi alla partenza per partecipare ai percorsi predisposti. Informazioni direttamente al Coped, in via Foscolo 7, 040762674, cammts-coped@tcd.it, www.retecivica.trieste.it/camminats.
Il Coped-CamminaTrieste, Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città e l'ambiente, opera dal 1997 in molte cittá italiane, con l'appoggio di Istituzioni, Enti ed Associazioni.
Il Coped si preoccupa di «ricercare una soluzione ai problemi delle cittá, rendendole piú vivibili e sicure, salvaguardando i pedoni, ponendo a fondamento la carta europea del pedone».
CamminaTrieste, comitato per la sicurezza stradale ed i diritti del pedone si è costituito invece nel 1991 dando corpo ad una attività giornaliera conquistando consenso tra la cittadinanza e le Istituzioni. Negli anni seguenti si consolida in qualità e quantità; sono molti i cittadini che aderiscono al sodalizio.
Nel 1997, per allargare l’area di intervento, nel corso di un incontro a Roma con diverse Associazioni dei pedoni il comitato nel tentaivo di dare corpo ad un coordinamento nazionale ha assunto come indirizzo il Coped. Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città e l’ambiente, riuscendo in questa veste ad organizzare due convegni nazionali, uno a Trieste e uno a Palermo ed altre numerose iniziative.
L’Associazione ha uno statuto ed è iscritta nel Registro Generale delle Organizzazioni del Volontariato della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
m.b.

 

 

Enel, più vicina l’opa su Endesa - Modificato lo statuto

 

ROMA Strada sempre più in discesa per l'opa di Enel dell’ad Fulvio Conti e Acciona su Endesa. Dall'assemblea della società spagnola è arrivato il via libera alle modifiche statutarie per eliminare il tetto del 10% ai diritti di voto. Un ok che spiana l'operazione, condizionata alle modifiche dello statutoe al raggiungimento di oltre il 50% del capitale di Endesa.

 

 

Rigassificatori da fare

 

Concordo con la nota del Vice-Sindaco di Trieste Paris Lippi riportato su Il Piccolo del 25 agosto scorso dal titolo «An: rigassificatore sloveno, Roma si sbrighi a decidere». Perciò sono perplesso e contrariato da quanto scritto dal Segretario Organizzativo Dc per le autonomie il 3 settembre. Si può essere pregiudizialmente contrario ai rigassificatori e dire no e comunque no. Sarebbe bene, però, inquadrare la vicenda tenendo conto dei fatti.
Il 5 aprile 2006 il ministro ambiente della Slovenia esamina i documenti dei 2 progetti, Endesa e Gas Natural, forniti dal Ministro Altero Matteoli, salvo dichiararsi insoddisfatto. Maggio 2006 il Parlamento Sloveno vota un ricorso alla UE avverso tali impianti. Luglio 2006, protesta a Trieste insieme a Sloveni e Croati contro i rigassificatori, salvo l’Associazione Eko-Kvarner proporlo a 40 km a sud di Pola. Il 25 luglio il Commissario Europeo per l’Ambiente Stavros Dimas risponde ad una interrogazione della Europarlamentare Slovena Murko, confermando di essere al corrente dei progetti nel Golfo di Trieste e di non avere alcun motivo per ritenere disattese le direttive EU. Su Il Piccolo 29 agosto 2006 il deputato sloveno Aurelio Juri contrario ai rigassificatori invita ad un tavolo tripartito Italia, Slovenia, Croazia per considerarli.
Preoccupazione per sicurezza. Poi la Slovenia oggi contempla il progetto tedesco di un rigassificatore nei pressi di Capodistria ed il governo Croato uno studio simile su Veglia o nel canale di Fianona. Per questi progetti ambientalisti e politici “verdi” hanno meno da obbiettare. Giustissimo perciò l’intervento del Vice-Sindaco Paris Lippi. L’Italia abbia reciprocità nell’esaminare i progetti della Slovenia. Non tergiversare nell’esaminare seriamente quelli in piedi da anni nel golfo di Trieste.
Il gas può essere pericoloso. D’altra parte il gas metano lo abbiano già tutti in casa, si vedono auto a GPL e a metano, in campeggio e barca usiamo gas in bombole perciò non è un mostro sconosciuto ed incontrollabile.
Clayton J. Hubbard

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 settembre 2007 

 

 

Terrapieno inquinato: nessun colpevole  - Il pm chiede l’archiviazione: è passato troppo tempo dallo scarico delle ceneri

 

La procura dispone il dissequestro completo dell’area di Barcola dove è stata accertata la presenza di sostanze tossiche

Colpo di spugna sul terrapieno di Barcola. Per l’inquinamento dell’area non c’è alcun colpevole. È passato troppo tempo fa e adesso non ci sono gli strumenti giuridici per agire. Sottoterra rimangono la diossina e gli altri rifiuti. Ma chi li ha messi lì non sarà mai ufficialmente chiamato a rispondere.
Il pm Cristina Bacer ha chiesto al gip Paolo Vascotto l’archiviazione del procedimento (contro ignoti) per aver utilizzato l’area del terrapieno di Barcola come discarica di rifiuti tossici tra cui, appunto, anche le ceneri contenenti diossina provenienti dall’inceneritore di Monte San Pantaleone.
Il motivo tecnico indicato dal magistrato è che i reati riguardano periodi troppo lontani e che quindi sarebbero comunque prescritti dal Codice. «In questo quadro normativo - scrive con amarezza il pm Bacer - nessuna azione può essere utilmente intrapresa». Poi aggiunge: «Rimane l’auspicio che il procedimento di bonifica, che pare aver preso avvio anche in seguito all’ispezione dei carabinieri, possa giungere a completamento in tempi brevi, restituendo alla collettività un’area degna sicuramente di usi migliori di quelli cui tristemente in passato è stata destinata».
La storia. «All’epoca dei fatti - scrive nella motivazione il magistrato - mancava una normativa che disciplinasse specificatamente la gestione dei rifiuti e degli scarichi e non vi erano norme specialistiche che vietassero il deposito di ceneri ancorchè nocive. Ma - sottolinea il pm Bacer - il nodo cruciale è rappresentato dal decorso del tempo: dobbiamo rilevare che le attività inerenti alla discarica sono cessate al più tardi nella metà degli anni Ottanta, sicchè tutti i reati eventualmente ipotizzabili connessi alla gestione illecita della discarica, sia a danno dell’ambiente, sia della pubblica amministrazione risulterebbero in ogni caso prescritti».
I limiti della legge. Impossibile anche perseguire chi, dopo l’entrata in vigore del decreto Ronchi, non si era attivato per la messa in sicurezza e per la bonifica dell’area. Il motivo è che la legge non sanziona l’inadempimento, ma fa riferimento solo a chi abbia creato con la propria condotta il pericolo di inquinamento.
Le responsabilità pregresse. Nelle premesse al provvedimento il pm Bacer punta chiaramente il dito contro chi negli anni Ottanta pur sapendo come era la situazione non è intervenuto. «In una nota del 26 settembre del 1980 del servizio nettezza urbana del Comune si segnala - ricorda il pm - che «nel terrapieno vengono scaricati anche materiali diversi da quelli di risulta di scavi e demolizioni, come fosse assolutamente legittimo che le ceneri provenienti dall’inceneritore venissero accumulate in un’area in attesa di essere utilizzate come materiali di riempimento della coronella che si stava formando a mare con materiale arido. Significativa - scrive ancora il pm - la nota sempre dl Servizio nettezza urbana del Comune nella quale si proponeva a titolo sperimentale e provvisorio di depositare le ceneri in un avvallamento nei pressi di una scuola elementare a Banne».
Gli interventi attuali. Quella del pm Cristina Bacer non è stata una sorta di caccia alle streghe, una ricerca di un colpevole di cinquant’anni fa. Ma senza dubbio ha rappresentato un punto di partenza che costringe gli attuali responsabili diretti o indiretti e cioè Autorità Portuale e Comune a disporre un’azione di bonifica.
Per studiare la storia del terrapieno era stata affidata una consulenza a Giuseppe Gisotti e Mauro Sanna, considerati tra i tecnici più esperti di problemi ambientali a livello nazionale. Il primo è dirigente dell’istituto geologico d’Italia e componente della commissione di valutazione ambientale del ministero dell’Ambiente, il secondo lavora alla struttura regionale di protezione ambientale del Lazio.

Corrado Barbacini

 

 

L’Autorità portuale ha appena ricevuto i dati. La bonifica costa 9 milioni di euro  - I risultati delle ultime analisi confermano: nel sottosuolo diossina e idrocarburi

 

Il quadro dell’inquinamento nel terrapieno di Barcola adesso è definitivo. L’Autorità portuale ha ricevuto di recente dall’Arpa i risultati della seconda serie di analisi su una parte dei campionamenti effettuati a suo tempo dalla Multiproject di Gorizia.
Nel giro di una decina di giorni l’Authority trasmetterà il quadro dei risultati alla Regione, che potrà così convocare la conferenza dei servizi, in cui gli enti coinvolti decideranno come sbrogliare l’intricata matassa.
«La situazione sostanzialmente non è cambiata – dichiara Fabio Rizzi, responsabile del servizio sicurezza e ambiente dell’Ap –. La discarica è inquinata soprattutto da ceneri provenienti dall’inceneritore (quello vecchio di Monte San Pataleone, ndr)».
Nel dettaglio, le ulteriori verifiche hanno confermato che la superficie della parte interna del terrapieno è inquinata. Ma le sostanze più pericolose sono presenti nel sottosuolo, a profondità che arrivano anche a 7-8 metri, dove sono stati rilevati idrocarburi, diossina e policlorobifenili (presenti ad esempio negli oli esausti).
Nella fascia costiera del terrapieno, solo in alcuni dei campionamenti, sono presenti invece metalli pesanti come rame e piombo. La zona adiacente al molo Zero presenta infine, a una certa profondità, sacche di idrocarburi.
I tempi lunghi con cui si è conculsa la fase delle analisi sono dovuti al fatto che le analisi stesse sono state in parte rifatte. A suo tempo, infatti, le verifiche delle prime analisi da parte dell’Arpa avevano dato esiti discordanti con i risultati prodotti inizialmente dalla ditta goriziana.
L’Arpa aveva quindi richiesto una nuova serie di esami, che l’Authority ha consegnato all’Arpa stessa all’inizio di giugno. È seguita poi la validazione di questi nuovi test da parte dell’Agenzia per l’ambiente, che si è conclusa qualche settimana fa e il cui esito è stato comunicato, come si è detto, all’Autorità portuale.
Il quadro dell’inquinamento nel terrapieno di Barcola, quindi, ora è definito in maniera univoca. Ma a questo punto sorge il vero problema, cioè come procedere.
Un’eventuale bonifica del terrapieno potrebbe costare, secondo le tariffe di mercato, attorno ai nove milioni di euro. Ma questa cifra, ottenuta stimando un costo di 100 euro per bonificare ciascuno dei 90 mila metri quadri dell’area, nessuna delle istituzioni coinvolte sembra intenzionata a sostenerla.
Senza contare che questa stima potrebbe lievitare in base alla profondità da raggiungere con gli scavi, alle concentrazioni con cui sono presenti i diversi inquinanti e alle destinazioni che verranno scelte per il terrapieno, a seconda che si preveda, o meno, la costruzione di edifici e quindi la necessità di andare in profondità nel terreno.

Giuseppe Palladini

 

 

Ferriera, si farà il piano dell’aria  - Vertice in Prefettura con Regione, Comune, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria

 

Il ministero: strumento essenziale per controllare le emissioni

Senza il Piano della qualità dell’aria, che compete alla Regione, è impossibile affrontare la riduzione delle emissioni prodotte dalla Ferriera di Servola. Assieme a quelle di tutte le realtà industriali presenti in Friuli Venezia Giulia. L’approvazione del provvedimento stabilito dalla normativa nazionale è stato sollecitato ieri mattina, durante il tavolo convocato in prefettura, dall’ingegner Bruno Agricola, direttore generale per la Salvaguardia ambientale.
«Doveva essere già espletato, però mi dicono che ci sono dei ritardi tecnici», dice il funzionario del ministero per l’Ambiente al termine della riunione presieduta dal prefetto Giovanni Balsamo. E aggiunge: «Abbiamo stimato di ridurre del 30-40 per cento le emissioni - spiega Agricola - ma per farlo serve il Piano della qualità dell’aria, solo a quel punto potremmo adottare delle soluzioni più radicali. Il mio è un invito alla Regione ad accelerare i tempi, la scelta politica diventa la base di partenza».
Il Piano altro non è che una suddivisione del territorio in comparti (agricoltura, industria, traffico...) a cui spettano, a scalare, diverse quote di emissioni. Un nuovo capitolo della questione Ferriera, insomma, accanto all’Autorizzazione integrata ambientale (Ati) che è invece il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto. E spetta ancora alla Regione.
Ad ascoltare le parole di Agricola ieri in Prefettura c’erano i referenti dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria, l’ingegner Pierpaolo Gubertini per la Regione e i rappresentanti politici del Comune, con il sindaco Roberto Dipiazza, e della Provincia con Ondina Barduzzi, assessore all’Ambiente. Ma anche l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Francesco Rosato, e il magistrato Federico Frezza della Procura. Tutte le parti in causa, in alcuni casi pronte a pizzicarsi sulle competenze, i dati prodotti dall’Arpa, le direttive dell’Unione europea in materia e la relazione sulle emissioni dell’Ass.
«È emersa da parte dai soggetti preposti al controllo l’esistenza di una situazione di pesante sofferenza nella zona di Servola. La novità è che il ministero dell’Ambiente - dice Dipiazza - ha pesantemente chiamato in causa la Regione per non aver ancora emanato il Piano di qualità dell’aria. Uno strumento di programmazione essenziale, perché dovrebbe definire le eventuali possibilità di sviluppo per un’attività industriale in un’area densamente abitata come quella di Servola».
Se il sindaco auspica un’accelerazione nella redazione del Piano, lo stesso fa il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi), molto vicino al ministro Alfonso Pecoraro Scanio, che sollecita l’assessorato regionale all’Ambiente. In altre parole Gianfranco Moretton. Il diretto interessato risponde: «Abbiamo fatto la legge, il prossimo passo sarà quello di predisporre il Piano della qualità dell’aria. Siamo una delle poche Regioni in Italia - ricorda Moretton - capace di varare la legge sull’inquinamento atmosferico. Adesso ci vuole un po’ di tempo, almeno otto mesi, forse un anno, per suddividere il territorio regionale. Non è mica una cosa da ridere».
Il sindaco Dipiazza ricorda che «la produzione industriale, per non essere invasiva dovrebbe stare almeno un chilometro dalle abitazioni». Una lettura che l’assessore provinciale Barduzzi rovescia però su tutte le attività presenti nell’area. «Bisogna avere una visione complessiva di quello che c’è. Le riduzioni delle emissioni - dice - valgono per le attività economiche, il traffico e gli impianti di riscaldamento». E aggiunge, ricordando il percorso intrapreso dalla Provincia nell’attesa del Piano della qualità dell’aria: «Andremo da una parte a posizionare degli analizzatori in continuo sui camini della Ferriera, portando avanti - spiega Barduzzi - anche un catasto delle aziende presenti sul territorio. Una sorta di database, perché non c’è solo la Ferriera».
Tutto rinviato al prossimo tavolo in prefettura, insomma, con la Lucchini-Severtal che in ogni caso punta ad ottenere l’Ati per l’impianto di Servola. «Lo scorso venerdì abbiamo presentato alla Regione le integrazioni, con il dettaglio progettuale - spiega Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Servola spa - degli interventi che intendiamo realizzare così come concordato con la Procura». Il Piano della qualità dell’aria, passa così in secondo piano. «Mi risulta che la Regione lo stia preparando, è un atto formale - dice Semino - che discende dalle direttive comunitarie e diventa un punto di riferimento per entrare nella questione».

Pietro Comelli

 

 

Piste ciclabili, incontro alla Millo - Viene presentato il progetto sulla mobilità sostenibile scelto dal Comune muggesano

 

MUGGIA Stasera alle 18 nella sala «Millo» di piazza della Repubblica a Muggia sarà presentato alla cittadinanza il progetto sulla mobilità sostenibile scelto dall'amministrazione comunale all'interno di Agenda 21. Muggia è tra i primi enti locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di approccio alla programmazione del territorio, che si basa sulla più vasta partecipazione e condivisione delle idee da parte della popolazione. L’argomento scelto è «Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico». Il tema riguarda quelle forme di mobilità che promuovono la salute e la sicurezza, come le piste ciclabili e i percorsi protetti per i bambini che collegano le case con gli edifici scolastici.
L'incontro è rivolto a cittadini e associazioni affinché possano prendere parte attiva nelle decisioni dell'amministrazione. I soggetti che avranno manifestato il loro interesse parteciperanno quindi ad un forum dal quale usciranno delle proposte concrete. Al forum, infatti, sarà chiamata a partecipare la popolazione, che sarà avvicinata e coinvolta con una serie di incontri rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di interessi che lavoreranno assieme.
Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da alunni di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani. s.re.

 

 

Quegli strani ritardi sul piano del traffico

 

Uno dei temi cittadini di questi giorni è il piano del traffico o meglio il «giallo» del piano del traffico. «Il Piccolo» del 23 agosto e dei giorni precedenti riporta in merito alcune autentiche «chicche» dei nostri amministratori. L’assessore Rossi afferma «Trieste non ha un serio problema di traffico... del piano non c’è alcuna urgenza. Si deduce che l’assessore Rossi vice in un’altra città o viaggia abitualmente in elicottero. L’assessore Tononi e il vicesindaco Lippi, a fronte del fatto che il «contropiano» del traffico predisposto dagli uffici comunali è stato reso pubblico in forma per così dire impropria, «proporranno alla giunta di sporgere denuncia contro ignoti». Lippi e Tononi «confondono» la normativa relativa alla pubblicazione di atti giudiziari con quella di un documento tecnico-amministrativo e dunque pubblico?
O ritengono che uno studio tecnico del Comune sia un documento privato che solo loro hanno il diritto di conoscere e di rendere pubblico come e quando vogliono? Bell’esempio di trasparenza e di democrazia! Ultimo il sindaco Dipiazza. Afferma che del piano predisposto dall’ingegnere Camus gli «va bene solo il 30%». Non mi risulta che Dipiazza abbia la competenza tecnica per parlare di flussi di traffico e non accetto che – come sua abitudine – affermi che su queste questioni «basta il buon senso». Ma se – grazie alla sue presunte competenze tecniche – sapeva già quale piano del traffico serviva alla città e aveva già deciso tutto, perché ha fatto spendere al Comune 150.000 euro per commissionare lo studio Camus? La verità è che il piano del traffico dell’ing. Camus disturba perché priviletgia il trasporto pubblico a scapito di quello privato (corsie riservate + 163%, con una stima di aumento della mobilità pubblica dell’11%) incentiva aree pedonali e piste ciclopedonali, presuppone un radicale cambiamento nella testa dei triestini su «come spostarsi» e su come «usare la città». Ma nessuno a Trieste ha il coraggio di dire chiaramente che bisogna lasciare l’auto a casa, usare il mezzo pubblico, camminare e non invadere i marcipaiedi con moto e motorini, i cui parcheggi fra le gambe dei pedoni sono ampiamente «tollerati» da vigili urbani evidentemente ben istruiti in merito. Far rispettare la legge e il codice della strada è infatti molto pericoloso in chiave di consenso elettorale, vero sindaco?
Come è molto pericoloso scegliere, perché si scontenta sempre qualcuno... o i commercianti di via Mazzini o quelli di Corso Italia... o chi usa il motorino o chi usa l’auto. Ecco perché il piano Camus non va bene a Dipiazza. Perché il piano Camus sceglie! E sceglie di tutelare interessi collettivi e non interessi privati. Ma la tutela dell’interesse collettivo è un concetto del tutto estraneo a chi governa il Comune di Trieste.
Paolo Geri

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 settembre 2007

 

 

 

Bucci: piano del traffico pronto solo nel 2008  - L’assessore alla Pianificazione: stiamo lavorando a una serie di ipotesi con la volontà di condividere le scelte

 

Decarli (Cittadini): finalmente chiarezza. Camber (Fi): si arriverà oltre le regionali

I dubbi di Rosolen (An): a questo punto il documento non verrà più varato, sarà un’occasione perduta. Ma l’assessore ribatte: ragiono in termini positivi

«Certo, il piano del traffico non verrà varato prima del 2008: gli uffici tecnici stanno lavorando a una serie di ipotesi e la volontà diffusa è quella di condividere le scelte. Perciò quella del 2008 è la data giusta».
L’assessore al traffico Maurizio Bucci conferma con queste parole una data - anzi, un’annata - che nel documento sullo stato di attuazione dei programmi del Comune è riportata anche alla voce «piano del traffico», per un progetto però a esso connesso. Il tema è stato anche sfiorato nel corso della riunione della seconda commissione consiliare che ha discusso la delibera alla quale il documento in questione è allegato. Il Cittadino Roberto Decarli infatti ha commentato che «un po’ di chiarezza ci voleva». E adesso, Decarli rincara: «Dopo le innumerevoli dichiarazioni del sindaco Roberto Dipiazza che ci ha allegramente intrattenuti durante il periodo ferragostano, dopo sette anni di attesa, dopo che un professionista (Roberto Camus, ndr) scelto dal sindaco ha presentato il documento e dopo che Dipiazza ha cassato il 70%» della bozza di piano del traffico, «il rinvio al prossimo anno mi pare una decisione forte, meditata e rispondente alle esigenze della città, il che dimostra ancora una volta il decisionismo asburgico di questa giunta comunale», è l’ironica conclusione del consigliere d’opposizione.
Il piano del traffico da un paio d’anni è oggetto di discussione all’interno della maggioranza nel merito e nel metodo: con ad esempio il tormentone corso Italia chiuso al traffico sì o no, ma anche con l’intero centrodestra che già mesi fa chiedeva di vedere resa nota la bozza Camus, poi pubblicata a fine agosto grazie a una busta anonima arrivata al Piccolo.
Ora che Bucci conferma la previsione 2008 per il documento definitivo, resta da appurare se questo verrà varato prima o dopo le elezioni regionali. Il capogruppo di Forza Italia Piero Camber commenta: «Se la data confermata è il 2008, ne prendo atto e la lettura non può che essere politica. Si vuole superare la boa delle regionali», appuntamento che non rappresenta il momento più adatto nel quale proporre alla cittadinanza modifiche alla viabilità che - quali che siano - potrebbero scontentare qualcuno. Bucci però non è dello stesso avviso: «Ci sono due scuole di pensiero. Io ritengo che proprio quello della campagna elettorale possa essere un buon periodo nel quale dimostrare da parte di una coalizione capacità propositiva, anche in materia di traffico».
La capogruppo di An Alessia Rosolen è però pessimista: «Se si parla del 2008, allora mi vien da pensare che il piano in questa consiliatura non verrà varato». Perché superato lo scoglio delle elezioni regionali, ritiene Rosolen, si navigherà già con lo sguardo rivolto alle comunali 2011... «E sarà un’occasione perduta». Niente piano del traffico, allora? Bucci non ci sta: «Sono abituato a ragionare in termini positivi», è la risposta.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 settembre 2007

 

 

Ferriera: pronto il piano di adeguamento  - Ultimate le analisi da parte dei tecnici dell’Arvedi: imminente la formalizzazione della proposta d’acquisto

 

La proprietà consegna alla Regione i progetti degli interventi ambientali

È una fase decisiva per la Ferriera di Servola. La Lucchini-Severstal ha consegnato la documentazione integrativa richiesa dalla Conferenza dei servizi (che dovrebbe dare l’Autorizzazione integrata ambientale). ma proprio in questi giorni si dovrebbe decidere sul destino della Ferriera dopo l’offerta da parte del gruppo cremonese Arvedi di rilevare lo stabilimento siderurgico.
I tecnici e gli esperti dell’Arvedi che hanno lavorato a lungo durante l’estate hanno terminato tutte le valutazioni e le analisi ed ora il gruppo siderurgico di Cremona potrebbe essere pronto a sciogliere i dubbi se acquistare o meno e soprattutto a presentare l’offerta di acquisto (con il prezzo) per la Ferriera. I tempi sono maturi e dalla prossima settimana in poi ogni giorno potrebbe essere quello giusto per la notizia ufficiale delle mosse dell’Arvedi.
Su questo fronte c’è massimo riserbo da parte della Lucchini Severstal che invece ha confermato ufficialmente la consegna della documentazione alla Regione per giungere all’Autorizzazione integrata ambientale, atto necessario per la continuazione della produzione.
Si tratta del programma di interventi strutturali che hanno come obiettivo il contenimento dell’inquinamento dell’impianto siderurgico. Questo piano di interventi, per il contenimento nei limiti di legge di polveri sottili, idrocarburi policiclici aromatici e benzene, era stato chiesto alla fine di agosto dalla Conferenza dei servizi e in particolare dai componenti del tavolo tecnico, la Regione, la Provincia, Il comune, l’Arpa e l’Azienda sanitaria. Tutta la documentazione consegnata ora sarà valutata dalla Conferenza dei servizi che si riunirà tra un mese circa (la Regione ha deliberato che la data ultima per decidere è comunque la fine di ottobre).
«Ieri era l’ultimo termine per la consegna della documentazione — spiega il direttore della Ferriera, Francesco Rosato – abbiamo preparato e portato tutto alla Regione. Ci sono tutti i chiarimenti che sono stati richiesti e c’è tutto il dettaglio dei progetti».
Un punto molto discusso questo, ribadito dall’Arpa, per il poco tempo a disposizione della Ferriera per poter presentare progetti approfonditi e tecnicamente esaustivi.
«L’investimento previsto è di 10 milioni di euro – prosegue Rosato – abbiamo fatto nostre tutte le prescrizioni che aveva individuato il Comune, i progetti sono illustrati nel dettaglio richiesto».
Una vera e propria relazione tecnica nella quale sono stati approfonditi i diversi progetti che sono stati relizzati (o che sono in via di realizzazione) per gli impianti. Alcuni di questi, fa sapere la stessa azienda, sono già in fase di esecuzione e gli interventi erano state in parte decisi anche in una sorta di accordo di lavoro tra la Lucchini-Severstale la Procura della repubblica che aveva messo in evidenza l’inquinamento di certe aree e soprattutto le emissioni di gas e di polvere.

Giulio Garau

 

 

Depuratore di Servola: soluzione in vista per proseguire l’attività - La Provincia non bloccherà l’impianto

 

Si apre una soluzione per il nodo che ha bloccato l’ampliamento e l’adeguamento alle norme del depuratore di Servola. In una riunione convocata giorni fa dall’assessore comunale allo Sviluppo economico, Paolo Rovis, con l’Autorità portuale e l’AcegasAps si sono infatti chiariti i tempi sulla disponibilità dell’area, che dapprima sarà usata dalla Sertubi e successivamente verrà assegnata a Comune e AcegasAps per costruire il nuovo impianto.
«L’esito dell’incontro è stato ottimo – commenta Rovis. – Abbiamo fissato un programma preciso: il cantiere aprirà nel 2010, e la struttura sarà a regime nel 2012. Nel frattempo – prosegue – i 30 mila metri quadrati necessari, di proprietà dell’Autorità portuale, potranno essere occupati dalla Sertubi per depositare i suoi prodotti. La Sertubi deve infatti liberare aree che veranno occupate dalla Cartubi, la quale a sua volta deve lasciare la zona della Lanterna per consentire la realizzazione del marina di Porto Lido».
In seguito all’incontro le parti firmeranno un documento in base al quale l’Autorità portuale darà in concessione alla Sertubi l’area interessata all’ampliamento del depuratore, fino al momento (il 2010) in cui l’area stessa servirà al Comune e all’AcegasAps per realizzare il nuovo impianto.
Intanto il depuratore, pur essendo non adeguato alle normative, non verrà bloccato dalla Provincia. Venerdì scorso, nella conferenza dei servizi convocata da Palazzo Galatti, cui hanno preso parte Regione, Autorità portuale, Comune, Azienda sanitaria e Arpa, si è concordata la bozza di un accordo di programma, il cui testo domani verrà discusso dalla giunta provinciale. Martedì la bozza verrà inviata a tutte le parti e venerdì ci sarà la prima di una serie di riunioni sul documento, che la Provincia conta di vedere firmato entro ottobre, per poter poi rilasciare l’autorizzazione provvisoria.
«L’autorizzazione per proseguire l’attività del depuratore – spiega l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi – scade a fine mese. L’unico modo per non bloccare l’imapianto è di avere la certezza che quello nuovo si farà, in base ad accordi ben precisi. La Regione — prosegue – deve così approvare il piano delle acque. Al Comune spetta di stilare il piano finanziario attraverso AcegasAps, progettare l’impianto (col finanziamento della Provincia) e costruirlo. Azienda sanitaria e Arpa devono controllare gli scarichi. L’Autorità portuale deve mettere infine a disposizione l’area entro una data certa».

Giuseppe Palladini

 

 

Il popolo del blog di Beppe Grillo lancia le sue proposte al sindaco: Internet gratis, ecologia e risparmi - Riunione informale in piazza Verdi

 

Internet senza fili per tutti, la revisione del regolamento edilizio con l’obiettivo del risparmio energetico, la diffusione del riduttore di flusso per l’acqua da dare alle famiglie. Il popolo triestino di Beppe Grillo andrà a chiedere questo al sindaco Roberto Dipiazza. Non si tratta del programma di un partito, nemmeno di un movimento, è il popolo del Blog su Internet, che discute e fa opinione a voler chiedere al primo cittadino di Trieste s è possibile un dialogo e un confronto su alcuni temi.
Ne hanno parlato ieri in un caffè di piazza Verdi i protagonisti del V-day di Beppe Grillo e che ora cercano di concretizzare qualcosa mettendo insieme alcune proposte. Si è trattato di un appuntamento assolutamente non formale organizzato dopo la raccolta delle firme portate avanti nelle piazze.
«In totale sono 3240 – conferma Paolo Menis, uno dei portavoce e catalizzatore assieme Enrico Rossini e Antonella Vento – e da lunedì (domani ndr) partirà la fase di certificazione in Comune. Non fonderemo alcun partito, è solo un movimento di opinione e di pressione politica che discute via Internet. Stasera ci siamo trovati per questo, e porteremo alcune idee al sindaco». A Dipiazza il popolo del blog di Beppe Grillo chiederà il sistema Wi-max da installare in tutta la città (internet senza fili gratis per tutti), la revisione del regolamento edilizio per favorire gli interventi di risparmio energetico e le fonti alternative. Poi sarà presentato un progetto sul risparmio d’acqua con la diffusione nelle famiglie di un riduttore di flusso per risparmiare sull’acqua e sull’elettricità.
Il movimento di Grillo ha anche già espresso l’opinione critica sul rigassificatore a Trieste. Tutte le altre informazioni sul blog del forum di meetup: Beppegrillo.meetup.com/52.

 

 

Clima, effetto serra: anticipo di 10 anni sulla riduzione dei gas - Il taglio dei «killer dell’ozono» potrebbe evitare 100 milioni di tumori - Accordo a Montreal tra 190 nazioni

 

MONTREAL Accordo importante alla Conferenza di Montreal per accelerare l'eliminazione delle sostanze nocive per lo strato di ozono e per il clima. Intesa che arriva a 20 anni dal Protocollo di Montreal che nel 1987 ha messo, in teoria, uno stop ai killer dell'ozono dettando norme stringenti per il loro commercio e uso.
«Abbiamo raggiunto un accordo storico - ha detto Nick Nuttal, portavoce del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente -: i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo hanno trovato un'intesa per accelerare la riduzione degli idroclorofluorocarburi (Hcfc), a beneficio dello strato di ozono e (della lotta contro) i cambiamenti climatici». E già si guarda a lunedì, al vertice dell'Onu a New York sul clima con la convinzione che gli accordi di Montreal rappresentino un «segnale vitale». La Conferenza di Montreal, che raggruppa 190 Paesi, è stata riunita da inizio settimana con l'obiettivo principale di trovare un'intesa sull'accelerazione dell'eliminazione degli Hcfc, sostanze nocive per l'ozono utilizzate nella refrigerazione e nella climatizzazione. La loro eliminazione contribuirà allo stesso tempo alla lotta contro il riscaldamento della Terra la cui causa, in parte, può essere ritrovata anche negli Hcfc, gas a effetto serra.
Il Protocollo di Montreal, sottoscritto il 16 settembre 1987, prevedeva l'eliminazione degli idroclorofluorocarburi entro il 2030 per i Paesi industrializzati e entro il 2040 per quelli in Via di sviluppo. Ora l'accelerazione sui tempi, fissato un anticipo di 10 anni, dovrebbe permettere di ridurre del 3,5% le emissioni dei gas a effetto serra.
Il 20.o anniversario del Protocollo di Montreal è stato anche visto come un momento di grande successo per essere riusciti a eliminare praticamente una prima generazione di sostanze mangia-ozono, i clorofluorocarburi (Cfc) utilizzati principalmente per i frigoriferi e le bombolette spray. In merito all'ozono, è uno dei gas che si trovano nell'atmosfera: fa da schermo naturale ai raggi ultravioletti, responsabili del cancro alla pelle. Certo il Protocollo di Montreal non ha chiuso il buco dell'ozono ma ha affrontato il problema riuscendo a stabilizzare la situazione. Tanto che la comunità scientifica stima che da qui al 2050-2060 lo strato d'ozono potrebbe ritrovarsi nella situazione vicina a quella nel 1980. Inoltre, senza il Protocollo di Montreal, da qui al 2020 ci sarebbero stati circa 100 milioni di casi ulteriori di cancro alla pelle.
Nonostante gli sforzi, però, circa 88.000 tonnellate di sostanze killer dell'ozono continuano a essere prodotte ogni anno, di queste l'85% nei Paesi sviluppati. Secondo gli esperti, inoltre, una quota ulteriore compresa tra le 10 mila e le 15 mila tonnellate sono prodotte illegalmente.

 

 

Cipolletta: «Il Corridoio 5? Non abbiamo i soldi»

 

Enrico Letta: «Sogno una azienda di servizi per tutto il Nord». Profumo: «Guardare all’Europa»

Il presidente delle Ferrovie a Vicenza al meeting dei quarantenni della rivista Nordesteuropa.it: «Il Veneto faccia come il Fvg e trovi i finanziamenti»

VICENZA La prima stoccata, neanche troppo velata, arriva, da Innocenzo Cipolletta, presidente di Ferrovie dello Stato e come tale responsabile di quel Corridoio cinque tanto agognato dal Nordest, ma pieno di «buchi» a Est di Milano. «I soldi non ce li abbiamo, neanche per la progettazione di alcune tratte. Sarebbe bene che il Veneto, intanto si muovesse in questo campo e che la Regione facesse come il Friuli-Venezia Giulia e trovasse finanziamenti». L'altra provocazione, o meglio le altre due, questa volta aperte, arrivano dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta, impegnato nella contesa per la leadership del nascente Partito Democratico.
La prima: «Ma perchè‚ il Nordest dell'industria, che a tutto titolo ne avrebbe diritto, non esprime un candidato per la presidenza della Confindustria che in Italia è una carica istituzionale e non solo rappresentativa del mondo dell'imprenditoria?». La seconda: «Nelle infrastrutture i grandi progetti sono avviati o in via di definizione. Il Nordest deve puntare in alto. Ho un sogno: che fra cinque anni nasca Ans, un'azienda nord servizi, che per tutto il Nord metta insieme le municipalizzate da Milano al Friuli, passando per Brescia e l'Emilia di Iride ed Enia. Sarebbe davvero un passo che darebbe valore aggiunto al Nord e al Paese che altrimenti rischia che quel valore aggiunto, in pezzi, vada appannaggio di altre aziende e di altri Paesi».
A Vicenza, al meeting dei quarantenni del Nordest, organizzato dalla rivista Nordesteuropa.it per il secondo anno, si discute di come affrontare le sfide del futuro: dalla trasformazione del sistema industriale alla riorganizzazione del territorio, dalla creazione vera di una metropoli alla individuazione di una classe dirigente, che come dice Aldo Bonomi, abbia consapevolezza di sè‚ e si trasformi così in borghesia. Operazione difficile, per la sfida di superare i campanilismi che per ora hanno frammentato il territorio e ne hanno impedito un'unitarietà di visione, quasi impossibile se a questo si aggiunge un sistema centrale e una politica nazionale che sembra annaspare in un marasma quotidiano e progettuale.
Ma Alessandro Profumo, banchiere ormai europeo, traccia un cammino possibile che ha segnato la sua esperienza. Racconta che quando nacque Unicredit si consumarono mille difficoltà per mettere insieme istituti con radici locali forti: Torino, Verona e poi Treviso e un pezzo di Trieste con le loro Casse di Risparmio sembravano un baluardo insormontabile. «Alla fine tutto ha funzionato: perchè siamo riusciti con Unicredit a mettere in cantiere un grande progetto europeo. L'Europa - dice - è una soluzione per i tradizionali problemi italiani». Ma per Roberto Maroni non lo è affatto. L'unica ricetta possibile per risolvere se non tutti, quasi tutti, i problemi, è che il territorio si riprenda il controllo delle sue variabili finanziarie e delle funzioni, dalle tasse ai centri di spesa, in un progetto di federalismo spinto: «Se lo Stato ridesse alle Regioni del Nord le tasse che un sistema come quello della Catalogna gli potrebbe assegnare, oggi tutti i problemi di finanziamento delle infrastrutture sarebbero risolti». Che soluzione è l'Europa dei grandi campioni e dei grandi gruppi? «Guardate che cosa è successo con Abn Amro-Antonveneta, abbiamo forse oggi una banca più efficiente?». Ma Profumo ribatte di fare attenzione: a forza di federalismo e di frammentazione si rischia che le imprese restino nane, che non si possano aggregare, che non attraggano manager. Insomma che tutti, imprese e territori, siano condannati all'arretratezza e all'assenza di modernità».
Ma nel dibattito le paure che emergono non sono solo quelle che non si riesca ad avere una classe dirigente consapevole e un territorio più moderno. Emergono anche questioni più immediate. Ad esempio che il governo tolga l'occhio da un'industria che fa sempre più fatica con il cambio e i problemi della spesa pubblica. «La finanziaria, deve prevedere una riduzione delle tasse - dice con decisione Andrea Tomat. Ma Letta promette: «Con la prossima manovra le tasse sulle imprese caleranno». Chissà.

Alessandra Carini

 

 

Fianona, firme anti-centrale - Iniziativa dei giovani della Dieta democratica istriana: finora 3mila adesioni

 

POLA Prosegue la raccolta di firme avviata dai giovani appartenenti alla Dieta democratica istriana contro la costruzione della Centrale termoelettrica Fianona 3, che impiegherebbe carbone.
Ieri i tavoli degli attivisti che fanno firmare la sottoscrizione sono stati organizzati a Dignano, al mercato di Pola, a Parenzo, a Mattuglie e a Laurana. Finora la petizione è stata firmata da 3000 cittadini.
I giovani dietini fanno presente che non sono a priori contrari alla costruzione di una nuova centrale. «Però al posto del carbone che qualcuno vuole imporci - dicono - vogliamo che sia utilizzato un combustibile più accettabile dal punto di vista sanitario ed ecologico, come ad esempio il gas naturale, di cui c'è grande disponibilità, visto che nelle vicinanze passa il metanodotto magistrale Pola-Karlovac». Come alternativa viene proposto anche il gas dei futuri terminali Lng che verranno costruiti nell'Alto Adriatico e che tante polemiche hanno suscitato già in tempi recenti.
p.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 settembre 2007

 

 

Ecomostro alle Noghere

 

Sta prendendo corpo l’ecomostro del Centro Freetime alle Noghere. Uno spettacolo poco edificante per il turista che entra in Italia da Rabuiese. A piccoli significativi passi si distrugge inesorabilmente l’ambiente naturale e il paesaggio integro che circonda la città di Trieste e la rende così unica al mondo. Centri commerciali, aree di servizio, zone artigianali e industriali, autostrade, edilizia sconsiderata, coste fittamente urbanizzate e spesso inquinate, ecc. sono un cancro che dilaga ovunque spesso senza una reale effettiva esigenza. È su questa strada che vogliamo combattere l’inquinamento, rientrare nei parametri di Kyoto, decongestionare il traffico, vivere e non sopravvivere? È così che si concretizza la tanto strombazzata e auspicabile vocazione turistica della nostra provincia e aree circostanti? Offrendo una piccola perla incastonata in una colata di cemento e asfalto non si attira il turista di pregio, disposto a soggiornare più giorni e dare linfa vitale all’economia locale, ma solo il viaggiatore mordi e fuggi che viene a gravare solo sui servizi, senza portare alcun beneficio economico e portando con sé un ricordo mediocre e anonimo di una città del tutto convenzionale. Las Vegas, sorta nel deserto, non ha avuto vincoli ambientali nell’espandersi indefinitivamente. Ha puntato giustamente tutto sull’ottenere il massimo dell’efficenza nel divertimento. Non si doveva preservare una unicità del territorio circostante che potesse costituire uno dei motivi principali della sua attrazione. Desertificando la cintura verde che circonda Trieste finalmente potremo avere anche noi la nostra Las Vegas. E’ questo che vogliamo? All’inizio dei lavori, da buonpensante, immaginavo che si stesse recuperando un terreno abbandonato semincolto. Che bravi! pensavo, adesso impianteranno un nuovo uliveto.
Considerando l’inevitabile disastro provocato dalla costruzione dell’autostrada, sarebbe stato auspicabile, a compensazione del danno, il recupero di un’area equivalente stravolta da uno sconsiderato sviluppo industriale e da destinare a scopi ecologicamente compatibili. Invece si è aggiunto danno al danno e beffa alla beffa. In cambio ci resterà per i prossimi decenni questa mirabile visione di una immane muraglia che nessun architetto al mondo potrà rendere gradevole e che deturperà la dolcezza delle linee e dei colori delle verdi colline sovrastanti. Che l’Amministrazione Pubblica si renda parte diligente e recepisca un messaggio condiviso da gran parte della popolazione, affinchè il nostro futuro anche prossimo non sia in un ambiente totalmente snaturato e artificiale. Il mito di Re Mida ci metta in allarme. Su un manifesto pellerossa in Arizona ho letto questa sentenza: Solo dopo che l’ultimo albero sia stato abbattuto. Solo dopo che l’ultimo fiume sia stato avvelenato. Solo dopo che l’ultimo pesce sia stato catturato. Solo allora scoprirai che il denaro non può essere mangiato.
Nico Zuffi

 

 

Distributore a Barcola

 

Lo stesso sindaco di Trieste Dipiazza in passato (e per la verità anche recentissimamente) si è espresso in pubblico decisamente contro il progetto del distributore Tamoil a Barcola dicendo che esso srebbe stato offensivo rispetto ai piani di ristrutturazione della riviera di Barcola, ma ora ci troviamo a lottare contro gli avvocati del Comune che lo difendono. Eppure la Circoscrizione (50.000 cittadini) si è espressa più volte all’unanimità contro questa follia, e naturalmente Wwf, Italia Nostra, Amici della Terra e altre associazioni ambientaliste si sono ripetutamente dichiarati contrari... Ma nel frattempo la pratica è stata approvata definitivamente e, se non succede qualcosa, tra poco potrà iniziare il taglio degli alberi, col che la strada sarà spianata... in ogni senso.
Paolo Rovatti

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 settembre 2007

 

 

Idrocarburi e ceneri nell’area Ezit alle Noghere  - Rilevato un inquinamento fino a otto metri di profondità. La Teseco ha già avviato le bonifiche

 

Rilevate sostanze nocive dall’azienda di Potenza che sta effettuando la mappatura dei 450mila metri quadri di proprietà dell’ente

Potrebbero essere i residui della vecchia discarica di Monte San Pantaleone

Idrocarburi e ceneri nell’area Ezit alle Noghere, a profondità che arrivano anche a otto metri. A individuare questi inquinanti è stata l’azienda specializzata di Potenza che si è aggiudicata la gara per le caratterizzazioni dei 450 mila metri quadri di proprietà dell’Ente zona industriale.
Anche se si tratta di dati ancora poco significativi (devono poi essere validati dall’Arpa), la presenza di idrocarburi e di ceneri è giudicata come qualcosa di scontato dal presidente dell’Ezit, Azzarita, dato l’utilizzo in passato di quelle aree come parco serbatoi dell’ex raffineria Aquila e come pubblica discarica per materiali inerti.
Le ceneri, in particolare, potrebbero essere quelle del vecchio impianto di Monte San Pantaleone, che sarebbero state scaricate alle Noghere negli anni Ottanta dopo la chiusura della discarica che allora funzionava sul terrapieno di Barcola.
Le caratterizzazioni stanno intanto procedendo con ritmi più veloci del previsto. «Siamo al 40% dell’operazione – precisa Azzarita –. Contiamo di ultimarla un mese prima del previsto, e cioè verso la fine di novembre. A quel punto, però, anche se disporremo della mappa dettagliata dell’inquinamento non potremo partire subito con le bonifiche. I fondi per effertuarle, infatti, al momento non ci sono. Dovremo battere cassa».
Chi ha iniziato le bonifiche, sempre nella valle delle Noghere, è invece la Teseco, la società proprietaria dell’intero comprensorio ex Aquila, che qualche mese fa ha concluso appunto alle Noghere la demolizione dei serbatoi dell’ex raffineria.
Da alcune settimane, così, nell’area di 225 mila metri quadri già venduta alla Coop Nord Est nel dicembre 2006, e su cui sorgerà il previsto centro commerciale, Teseco ha avviato la bonifica, in base al progetto approvato a suo tempo dal ministero dell’Ambiente, sotto lo stretto controllo dell’Arpa. Bonifica che si concluderà nella prossima primavera e riguarderà anche 30 mila metri quadri di verde «connettivo», che successivamente verranno ceduti per uso pubblico.
L’asporto del terreno risultato inquinato è iniziato dai bacini che circondavano i singoli serbatoi. Lo strato di terra che viene rimosso ha uno spessore variabile fra uno e tre metri. Le migliaia di metri cubi che ne risultano vengono poi trasportati e stoccati in una discarica autorizzata nel Veneto (nel Friuli Venezia Giulia non ne esistono).
Per facilitare l’operazione di bonifica, in attesa dell’autorizzazione ministeriale a realizzare l’impianto di trattamento dei terreni già progettato, Teseco non esclude comunque di usare un analogo impianto mobile.
Se le operazioni procederanno secondo i programmi, all’inizio dell’estate 2008 Coop Nord Est disporrà quindi dell’intera area (risanata) sulla quale costruirà il suo centro commerciale. Si tratta di una struttura a un piano fuori terra, con parcheggi interrati, il cui progetto verrà depositato a breve al Comune di Muggia.
Degli 80 mila metri quadri che verranno occupati dall’edificio, la superficie di vendita ammonterà a 48 mila. E di questi, 37 mila riguarderanno il settore «non alimentare» e 11 mila quello alimentare.

Giuseppe Palladini

 

 

L’Agenzia per l’energia di Udine a Klagenfurt: progetti in comune

 

UDINE Summit fra l’Agenzia per l’Energia di Udine e quella di Klagenfurt. Il presidente dell’Ape Loris Mestroni ed il direttore Matteo Mazzolini hanno incontrato il direttore di Klagenfurt Gerard Moritz, già capo progetto del termovalorizzatore di Arnoldstein. Da anni infatti l’Austria finanzia una politica energetica orientata alla riduzione dei consumi, all’efficienza energetica ed all’utilizzo delle fonti rinnovabili. Un patrimonio di conoscenze accumulato notevole con numerosi interventi realizzati. Per questo motivo l’Agenzia Provinciale per l’Energia di Udine ha avviato una serie di collaborazioni trans-nazionali per trasferire e valorizzare a livello locale esperienze già consolidate nei territori confinanti. Oltre alla collaborazione con la Carinzia, sono infatti già in atto attività di cooperazione con l’Agenzia di Nova Gorica e di sostegno alla creazione dell’Agenzia istriana per l’energia di Pola in Croazia. L’Agenzia Provinciale per l’Energia di Udine è impegnata nella costruzione di un network tra Friuli, Carinzia, Slovenia ed Istria.

 

 

Eco-energia: sgravi fiscali

 

ROMA Dichiarazione dei redditi più leggera con le detrazioni previste nella Finanziaria 2007 al capitolo risparmio energetico. E per informare i cittadini sono scesi in campo il ministero dello Sviluppo Economico e l'Enea. Prende il via infatti la campagna informativa sugli sgravi fiscali per interventi di riqualificazione energetica. Si parla di detrazioni fino al 55% delle spese per l'involucro edilizio, la sostituzione di infissi, l'acquisto di pannelli solari per la produzione di acqua calda e le caldaie ad alta efficienza.

 

 

«Nuovo cementificio a Torviscosa». Duz smentisce - Il portavoce dei Comitati Mareno Settimo ipotizza: la Grigolin intende presentare un nuovo progetto

 

UDINE Il portavoce del comitato «No al cementificio» chiede se esiste un progetto bis per una fabbrica di clinker nella Bassa friulana e il sindaco di Torviscosa risponde che no, «in questo momento non c’è alcuna richiesta per un nuovo insediamento». Un giallo? Per adesso c’è la richiesta di un consigliere comunale e la risposta di un sindaco. Mareno Settimo, il consigliere, si rivolge a Roberto Duz, il sindaco, chiedendo «quali siano le sue informazioni sulla vicenda». A Settimo risulta infatti che stia per accadere qualcosa: «Appare ormai imminente la presentazione formale del progetto». «Da fonti solitamente bene informate – scrive in premessa il portavoce del comitato anti-cementificio –, mi sono pervenute informazioni molto dettagliate sulla ventilata intenzione, da parte della Cementi Nord-Est del gruppo Grigolin, di presentare un nuovo progetto di impianto per la produzione di clinker e di cemento da insediarsi a sud-est dell'attuale impianto cloro-soda della Caffaro». Settimo prosegue ricordando che il precedente progetto «è stato duramente bocciato dalla stragrande maggioranza della popolazione di Torviscosa e dell'intera Bassa friulana», e pure «dalla Regione, dalla Provincia e dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni comunali del territorio». E ancora precisa: «Anche se di dimensioni minori rispetto al progetto precedentemente proposto, il nuovo cementificio aggraverà ulteriormente la già precaria situazione ambientale del nostro territorio». La risposta di Duz è secca: «Ci fosse qualche richiesta, un consigliere comunale l’avrebbe vista in protocollo. Non c’è nulla. Se Settimo sa qualcosa lo dica, altrimenti parliamo del sesso degli angeli».
m.b.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 settembre 2007

 

 

Legge caccia, meno burocrazia per le licenze - La bozza approda al comitato ristretto: introduce l’autogoverno dell’attività venatoria

 

TRIESTE I cacciatori del Friuli-Venezia Giulia si autogoverneranno. Saranno infatti investiti di responsabilità dirette per quanto riguarda la disciplina della propria attività: saranno essi stessi, attraverso le proprie associazioni, a concordare tra loro – e poi anche a gestirle – le norme sull’assegnazione alle riserve, sugli aspetti disciplinari e sulle attività regolamentari. Per cui non potranno più scaricare i propri contenziosi interni sull’amministrazione pubblica.
È questa una delle principali innovazioni previste dal disegno di legge varato dalla giunta Illy la scorsa primavera e di cui prosegue il vaglio in sede di commissione consiliare. Si tratta della legge che riordina le norme regionali sulla caccia, ridisegnando le competenze della Regione stessa, la quale conserverà la titolarità della protezione faunistica con la predisposizione di un piano pluriennale cui dovrà riferirsi tutta l’attività venatoria; però delegherà il vero e proprio esercizio della caccia appunto a un’istituenda associazione fra distretti territoriali e riserve. Laddove in capo alle province figureranno le sanzioni amministrative, i prelievi in deroga e quell’osservazione faunistica che permetterà di partecipare attivamente alla programmazione distrettuale e regionale.
Un ruolo importante – rileva l’assessore Enzo Marsilio – verrà assunto da un comitato faunistico regionale di nuova costituzione, che sarà formato da esperti nominati dai cacciatori, dagli ambientalisti, dal mondo agricolo e da quello universitario e che sarà chiamato a pronunciarsi sui piani distrettuali con cui le varie «zone omogenee» (ne sono state individuate 15) programmeranno la caccia alle varie specie di animali in linea col piano faunistico regionale, i cui obiettivi sono la tutela della fauna selvatica e della biodiversità oltreché un razionale prelievo venatorio.
«Ridisegnando ruoli e competenze – osserva a sua volta Igor Dolenc, presidente del comitato ristretto riunitosi anche ieri per produrre entro il mese alla quarta commissione un testo che tenga conto anche di una proposta di legge della Lega – si otterrà nel contempo una semplificazione burocratica che consisterà nell’eliminazione di ben 3500 atti quali sono previsti dall’attuale normativa».
Giorgio Pison

 

 

I Verdi di Muggia alla maggioranza: «Opere pubbliche senza priorità» - «La periferia necessita di una serie di interventi di manutenzione a strade e marciapiedi»

 

Giorgio Millo attacca l’assessore Valentich

MUGGIA I Verdi di Muggia bacchettano la loro stessa maggioranza in merito ai lavori pubblici, e la accusano di non aver dato «nessun segno di discontinuità con l’operato della giunta precedente». Lo spunto arriva dalle recenti dichiarazioni dell’assessore allo Sviluppo del territorio, Moreno Valentich, il quale elencava alcune opere in via di completamento e in programma nel territorio muggesano.
Giorgio Millo, dei Verdi muggesani, afferma: «Notiamo con dispiacere come ancora una volta vengono posti in essere una serie di interventi di cui non intendiamo disconoscere l’utilità, ma che in una scala di priorità attenta ai bisogni immediati del territorio, pensiamo non possano avere una precedenza su lavori quali manutenzioni e rifacimenti di strade, bordi e marciapiedi, segnaletica. Opere di cui tutta la periferia è in perenne bisogno, ed in assenza delle quali la circolazione viaria e pedonale ne riceve notevole danno».
Ed è proprio questa «scala di priorità» che fa spazientire i Verdi e li porta ad uscire allo scoperto anche sul piano politico: «È più di un anno che chiediamo inutilmente a giunta e maggioranza un elenco degli interventi prioritari, condiviso da tutti». Ma non solo.
Le critiche dei Verdi riguardano anche ciò che finora è stato fatto: «Anche i pochi interventi intrapresi in questi mesi sono stati iniziati e non completati, come a Pisciolon o Zindis, ma rappresentano comunque una piccola parte di tutto ciò di cui le periferie muggesane abbisognano».
Ma il discorso si allarga, all’insegna della critica, e arriva a comprendere anche quelli che vengono definiti «sprechi»: «Non si capisce – è ancora Millo a parlare - chi a Muggia sente l’impellente necessità, appresa dalla stampa qualche settimana fa, di alzare il ponte sul Rio Ospo per favorire chi è impossibilitato ad uscire con la barca».
E tornando alle recenti dichiarazioni dell’assessore Valentich, Millo ha da ridire anche sulla annunciata richiesta di 800 mila euro al Fondo Trieste per le tribune coperte dello stadio Zaccaria, che non lo trova affatto d’accordo.
Il verde, al riguardo, manda un messaggio allo stesso Valentich: «Pur comprendendo che quello rappresenta il suo bacino elettorale, ci pensi ancora un poco su, assessore, e la richiesta la dirotti ad iniziative quali implementazione e sviluppo economico del territorio muggesano in generale, e con particolare riguardo al settore commerciale che è in continua sofferenza, dove molti addetti ed operatori stanno perdendo la pazienza oltre che il lavoro».
Nella lamentela del direttivo verde rientra in finale anche il recente accordo tra Comune e Teseco in merito alla cessione e rifacimento (da parte della stessa società) del manto del campo di calcio dello Zaule-Rabuiese. «Non si capisce con quale logica ad un azienda come Teseco, che non ha ancora esposto con chiarezza il suo piano industriale né si sa quali tecniche utilizzerà per le bonifiche, si possa chiedere di sistemare un campo di calcio».
s.re.

 

 

Corteo in Costiera contro la cementificazione

 

Il Club autonomo di Trieste dei soci di Amici della Terra organizza per domenica 23 settembre alle 9.30 un corteo, che si snoderà da Barcola (capolinea della 6) a Strada del Friuli, per protestare contro la cementificazione della costiera barcolana. L’associazione contesta l’urbanizzazione forzata della zona.

 

 

Il laghetto di Contovello

 

Pur condividendo alcune affermazioni del signor Ursini rimango stupito quando lo stesso scrive «Però quel signore non ha raccontato tutta la verità». Spiace contraddirlo, si leggano gli innumerevoli articoli stilati sull’argomento, in particolar modo quello dd. 2.4.2007, in cui la I Circoscrizione lancia l’ennesimo allarme sul rischio di prosciugamento del laghetto di Contovello. Si sono messi sotto accusa innumerevoli interventi e rifacimenti sulle edificazioni nella stretta vallata, tutto ciò compromettendo le sorgenti sotterranee che danno origine al laghetto. Il Consiglio circoscrizionale nel 2003 ha espresso parere contrario sui progetti motivando con «sussiste la possibilità che durante la costruzione s’incontrino fonti sotterranee che alimentano il laghetto, la cui cementificazione o deviazione provocherebbe danni al laghetto stesso».
Auspico di aver dato un’esauriente chiarificazione sull’operato del Consiglio circoscrizionale e nel contempo ringrazio il signor Ursini per avermi dato l’opportunità di lanciare un nuovo appello: «Chi può salvare il laghetto di Contovello che si sta prosciugando?».
Bruno Rupel - presidente dellaI Circoscrizione Altipiano Ovest

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2007

 

 

Parte a Muggia un piano Agenda 21 sugli spazi urbani - Previsti incontri pubblici

 

MUGGIA Parte a Muggia il primo progetto che si avvale delle procedure di Agenda 21, all’insegna, cioè, della più vasta partecipazione e condivisione delle idee da parte della popolazione. L’argomento scelto è «Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico».
Muggia così sarà tra i primi enti locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di approccio alla programmazione del territorio, e, come ha specificato ieri il sindaco nel presentare l’iniziativa, il primo progetto farà da apripista anche per un altro Agenda 21 sull’intera tematica urbanistica, per predisporre il nuovo piano regolatore generale. Per avviare l’Agenda 21 sulla mobilità sostenibile, il Comune si avvale di un contributo regionale di quasi 23 mila euro.
E sono in programma già i primi incontri per delineare i soggetti e gli strumenti di confronto per giungere alle proposte finali. L’assessore Loredana Rossi ha spiegato: «Non si parlerà di parcheggi o viabilità, che comunque resteranno sullo sfondo. Qui si intende delineare la mobilità a piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, i collegamenti nel territorio. Anche in un’ottica turistica, perché fra le questioni da chiarire sarà anche quale tipo di turismo vogliamo e che destinazioni avranno gli spazi urbani». È prevista la nascita di un forum e di laboratori di studio.
«Partecipare per decidere» è il motto del progetto. E in quest’ottica per il forum sarà chiamata a partecipare la popolazione, coinvolta con incontri rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno nominati tre rappresentanti. Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da alunni rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani. «Agenda 21 non decide e non è antitetica all’ente locale – ha detto Nesladek -. Propone le sue soluzioni, anche più di una, di cui poi l’amministrazione dovrà tener conto. È un modo, per noi, di metterci in gioco». Il primo incontro pubblico si terrà martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo.
s.re.

 

 

Patto con Prodi, Illy insiste su terza corsia e Tav  - I parlamentari di centrosinistra: massimo appoggio alla Regione. Cdl, presente solo Contento (An)

 

Incontro a Roma fra deputati e senatori del Friuli Venezia Giulia e il governatore: a fine mese prevista la firma del protocolloTRIESTE Finanziamenti sicuri per la terza corsia, l’impegno a realizzare la ferrovia ad alta capacità e a costruire il collegamento tra la A27 Venezia-Belluno e la A23 Udine-Tarvisio, già ribattezzata autostrada del Cadore. Sono queste alcune delle novità contenute nel corposo protocollo bis Stato-Regione che, strutturato in 20 articoli, il presidente Riccardo Illy ha presentato ieri sera ai parlamentari del Friuli Venezia Giulia e che sottoporrà all’attenzione del governo nazionale nei prossimi giorni, prima del varo della Finanziaria previsto entro il 28 settembre. Tra le richieste anche un passaggio graduale delle competenze in materia di istruzione.
Il nuovo protocollo Illy-Prodi è stato esaminato ieri sera nel corso di un incontro per pochi. Le votazioni in corso a Camera e Senato hanno infatti visto partecipare quattro parlamentari di centrosinistra (Ivano Strizzolo, Flavio Pertoldi, Sabina Siniscalchi e Carlo Pegorer) e solamente uno del centrodestra (Manlio Contento). Nel documento è stata inserita anche la partita portualità, ovvero il trasferimento alla Regione delle funzioni relative alle concessioni sulle aree demaniali marittime. A questo proposito, Illy ha confermato che il passaggio delle competenze alla Regione sull'area del Porto Vecchio di Trieste è da considerarsi temporaneo, in vista del trasferimento al Comune di Trieste. Nell'ultima versione del testo dell’atto aggiuntivo si fa infatti esplicito cenno a questo successivo passaggio.
Nel documento sono inseriti altri punti, che riguardano impegni del governo in materia di ambiente: difesa del suolo, tutela delle acque, cassa di espansione del fiume Tagliamento, siti di bonifica di interesse nazionale. Diversi articoli affrontano il tema del trasferimento dallo Stato alla Regione di ulteriori beni (foresta di Tarvisio, altre caserme dimesse) e competenze, in particolare in materia di istruzione e di catasto. Sono richiamati anche gli impegni a suo tempo inseriti nei protocolli sottoscritti tra la Regione e i ministeri dell’Interno e della Giustizia in materia di sicurezza e giustizia.
«Quello che quanto meno colpisce è che se per il protocollo attuale si prevedeva una verifica ogni quadrimestre – dice Manlio Contento (An) – il nuovo atto fissa la prossima scadenza a luglio 2008». Contento dal canto suo ha proposto una modifica per quel che riguarda lo statuto di Finest: «Il protocollo chiede che la finanziaria possa ampliare la sua mission ai paesi asiatici. A nostro avviso dovrebbe mutare a seconda degli indirizzi della giunta che a loro volta tengono conto dei bisogni delle imprese regionali».
Soddisfatti del confronto i parlamentari di maggioranza. «È stato un incontro sereno che ci ha permesso di approfondire diversi aspetti – ha detto Strizzolo -. Ora bisognerà capire cosa riusciremo ad ottenere dal governo. Il nostro sostegno alla Regione sarà totale». Secondo Pegorer «il documento afferma l’autonomia del Friuli Venezia Giulia in un’ottica di dialettica positiva tra Stato e Regione».
Martina Milia

 

 

«Legge sull’urbanistica da rinviare» - Lo chiedono i capigruppo dell’opposizione: mancano ancora i regolamenti

 

TRIESTE Rinviare l'entrata in vigore della Legge regionale sull'urbanistica: è quanto chiedono i capigruppo regionali del Centrodestra del Friuli Venezia Giulia, Roberto Molinaro (Udc), Luca Ciriani (An), Isidoro Gottardo (Fi) e Alessandra Guerra (Lega), con una mozione presentata al Consiglio.
I gruppi di opposizione hanno depositato una mozione che chiede alla Giunta regionale di riconsiderare la data di entrata in vigore della legge regionale 5/2007 sull'urbanistica.
Chiedono un congruo rinvio che consenta di predisporre tutti gli atti regolamentari inseriti nella stessa legge e che sia al contempo presentato un progetto di legge che preveda un tanto. Il 27 agosto scorso - ricordano i quattro firmatari - è entrata in vigore l'intera legge 5 concernente la riforma dell'urbanistica e la disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio, ma il regolamento di attuazione, che doveva essere approvato entro il termine di entrata in vigore del provvedimento, è stato predisposto e approvato successivamente, il 14 settembre, e soltanto relativamente alla parte II della legge (disciplina dell'attività edilizia), mentre mancano le fondamentali parti I (urbanistica) e III (paesaggio). Questa regolamentazione parziale, peraltro non ancora in vigore, ha ottenuto parere contrario dal Consiglio delle Autonomie locali. Una situazione normativa e politico istituzionale - sottolineano i capigruppo di opposizione - che compromette in modo grave l'attività dei Comuni, con l'applicazione presso gli stessi (sino all'entrata in vigore del regolamento regionale) della normativa edilizia statale di cui al Dpr 380/2001 e, più in generale, con pesanti incertezze e rallentamenti dell'attività amministrativa che si ripercuote negativamente sui cittadini e sulle imprese. Tale insostenibile situazione - concludono - che è stata già rappresentata all'Amministrazione regionale anche dall'Anci, rende necessario un pronto intervento normativo per evitare colpevoli rallentamenti ai processi di crescita economica e sociale nel territorio.

 

 

Amianto, 50mila tonnellate già rimosse con le bonifiche

 

TRIESTE Sono poco meno di 50 mila le tonnellate di amianto rimosse in Friuli Venezia Giulia negli ultimi undici anni grazie alle bonifiche. Lo ha reso noto Umberto Laureni, presidente della commissione ad hoc, presentando la terza conferenza regionale sull'amianto che avrà luogo il 24 settembre a Monfalcone. La Conferenza, prevista per legge, serve a fare il punto su quanto è stato fatto e quanto ancora resta da fare in una regione che ha avuto l’incidenza di tumore per amianto più elevata d'Italia. Laureni ha spiegato che sono state fatte, dal 1994 ad oggi, più di 15 mila rimozioni di amianto e sono stati formati 1.111 operai specializzati. Permane però il problema dello smaltimento dei rifiuti con amianto: si sta comunque predisponendo a Porcia una discarica ad hoc. Laureni ha infine anticipato le nuove opportunità offerte dal «registro esposti», che d'ora in poi consentirà agli iscritti di accedere gratuitamente agli esami clinici e all'iscrizione nella tessera sanitaria dello status di esposto all'amianto.

 

 

Greenaction Transnational, nasce il nuovo ambientalismo

 

Prende il via da Trieste, con l’illustre sostegno di Margherita Hack, la nuova rotta internazionale dell’impegno ambientalista. Si chiama «Greenaction Transnational» ed è stata presentata ieri nella sede di via Cadorna 5, assicurando in tempi brevi la nascita di ulteriori filiali nel Nord Italia (il primo battesimo avverrà a Torino) ma anche in Slovenia, Croazia e Austria. L’associazione Gt «per la difesa dell’ambiente, dei diritti dell’uomo e degli animali» è stata fondata a Trieste «in quanto città europea transnazionale e centro scientifico di livello planetario» e manifesta l’intenzione di «non tenere più conto dei confini di Stato con indipendenza da qualsiasi parte politica, un approccio scientifico e sociale ai problemi e informazione libera via internet. Anche sui temi più scottanti». Non a caso, il sito www.greenaction-planet.org (sarà completato entro la settimana) costituirà uno strumento fondamentale multilingue e proporrà immediatamente «un’inchiesta inedita, documentata anche da indagini giudiziarie condotte dalla Guardia di finanza - spiega il presidente Roberto Giurastante - sullo smaltimento dei rifiuti tra Africa ed Europa». Il sodalizio collabora con la sezione locale degli Amici della terra Italia (realtà della quale lo stesso Giurastante è consigliere nazionale) e vede Chiara Bernardoni in qualità di vice presidente e Paolo G. Parovel segretario. «L’atto della fondazione è avvenuto da circa un mese - spiega il massimo dirigente - e presto aprirà la sede di Torino. Il nostro obiettivo è quello di ridare slancio al movimento ambientalista non solo italiano che in questo momento non gode di buona salute». Si chiama Greenaction («Azione verde») perché «non bastano più parole o intenzioni ma serve l’azione concreta, decisa, continua e solidale di tutti, con gli strumenti etici e pratici della democrazia, della legalità, della cultura, della scienza e dell’informazione».
Daniele Benvenuti

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 settembre 2007 

 

 

Traffico e inquinamento: solo Bari peggio di noi - Inchiesta dell’Espresso con Italia Nostra

 

Bocciati in tema di lotta allo smog e al traffico. Secondo un’indagine realizzata da «L’Espresso» in collaborazione con Italia Nostra, pubblicata sul numero in edicola, su dodici città italiane con oltre 200 mila abitanti Trieste è al penultimo posto, davanti solo a Bari e dietro a Palermo.
La classifica – che vede in vetta Firenze – è il risultato della «fusione» tra la gravità di alcune situazioni legate alla circolazione e le soluzioni attuate dalle singole amministrazioni comunali per ridurne l’impatto.
La serie dei problemi si apre con le temibili polveri sottili (pm10), la cui media annuale per Trieste è di 23,4 microgrammi per metro cubo, il più basso delle dodici città prese in esame (il massimo è a Verona con 59).
Siamo ai minimi anche con riguardo ai pendolari (13,3% gli arrivi di pendolari in città sul totale degli spostamenti in un giorno feriale), ma la situazione si rovescia con il numero di motocicli per 100 abitanti (15,9), che ci vede al terzo posto, preceduti solo da Genova (19,5) e Firenze (16). Nuovamente basso, invece, il numero di auto per 100 abitanti (53), che vede in testa Roma (73), Torino (62) e Verona (61).
È però l’altra serie di fattori – le soluzioni adottate per affrontare i nodi del traffico – a pesare negativamente sulla posizione di Trieste nella classifica delle dodici città. A cominciare dalle zone a traffico limitato per 100 abitanti: soli 9,6 metri quadri, quasi il minimo in Italia (Bari ne ha zero), poco meno di Milano (15,9), mentre la media delle altre città è di alcune centinaia di metri quadri (a Firenze sono addirittura più di 1.000). Il successivo parametro, la valutazione sull’efficacia delle Ztl, è quindi «scarsa».
Trieste è ai minimi anche con riguardo ai parcheggi a pagamento (ogni 1.000 auto circolanti), con un valore di 17, superiore solo a Genova (12,8) mentre al vertice figura Bologna, seconda nella classifica assoluta, con 195,9 posti auto a pagamento ogni mille auto in circolazione.
Addirittura senza un valore è la nostra città relativamente agli utenti del «car sharing», posizione comunque analoga ad altre delle città esaminate, anche se in diverse delle dodici questi utenti superano il migliaio.
Trieste è invece quasi a centro classifica per quanto riguarda le aree pedonali: 27,4 metri quadri ogni cento abitanti, con Palermo al minimo (3,7) e Firenze al vertice con addirittura 81 metri quadri, sempre ogni cento abitanti.
Torniamo a livelli bassi in tema di piste ciclabili, con 51.600 abitanti per chilometro di pista, valore inferiore solo a quelli di Palermo e Bari, mentre meglio di tutti sta Padova, che registra 2.800 abitanti per ogni cilometro di pista ciclabile.
Ultimo parametro preso in esame dall’inchiesta de «L’Espresso», con riguardo alle soluzioni per il traffico, il trasporto pubblico. E qui Trieste ritorna fra le prime. Il numero di viaggi per abitante, in un anno, sui mezzi pubblici della nostra città si attesta a 349,4, in una graduatoria che vede primeggiare Milano (623,7) e Roma (485,6), e nella quale il fanalino di coda è Bari (53,7).

 

 

SONDAGGIO SWG in FVG - Ambiente e cultura promossi, friulano bocciato  - Solo il 26% è favorevole alle lezioni in marilenghe. Opposizione «poco efficace» per il 64%

 

Dall’indagine dell’istituto di Trieste emerge un giudizio positivo su tutti i grandi temi, da sanità a lavoro. Rimane il «problema extracomunitari»TRIESTE Danno il voto più alto alla qualità dell’ambiente. E quello più basso ai rapporti con gli extracomunitari. Ma, compilando una pagella complessiva sul Friuli Venezia Giulia, sui suoi punti di forza e debolezza, i cittadini dispensano un giudizio lusinghiero. E concedono la promozione piena. Sono assai più freddi, invece, sull’insegnamento della marilenghe a scuola e diventano gelidi sull’utilizzo della lingua friulana per insegnare materie diverse, come matematica, inglese o geografia.
Lo rivela la Swg di Trieste nell’indagine che, intervistando un campione di mille residenti del Friuli Venezia Giulia, «fiuta» l’aria in vista delle elezioni del 2008. Su commissione di Telepordenone, ancor prima di focalizzare gli sforzi sulla sfida «virtuale» tra Riccardo Illy e Edi Snaidero, una sfida che vede in vantaggio il presidente in carica, l’istituto di ricerca si sofferma sul «clima».
E così la Swg chiede al suo campione di esprimere un voto positivo, sufficiente o negativo su una ventina di temi che attengono alla qualità della vita in Friuli Venezia Giulia. Il risultato? L’84% dispensa un voto positivo o sufficiente alla qualità dell’ambiente, mentre solo il 16% dà un’insufficienza. Il 75% promuove l’offerta culturale, il 74% i servizi sanitari, il 72% la sicurezza, il 69% la scuola e le opportunità di lavoro, il 67% i servizi per gli anziani, il 66% le prospettive di sviluppo, il 64% i servizi per l’infanzia e quelli sociali, il 61% i rapporti tra italiani e sloveni... «Un risultato eccellente. La percezione che i cittadini hanno, rispetto alla Regione e al suo governo, è ottima» sintetizza Roberto Weber, presidente della Swg. Nessuno dei temi, nemmeno quelli a più basso tasso di gradimento, riceve una bocciatura: il rapporto con gli extracomunitari, all’ultimo posto, accontenta comunque il 53% del campione, pur incassando il voto negativo del 42%. E i collegamenti ferroviari e stradali, al penultimo posto, soddisfano il 55% del campione, pur registrando lo scontento del 40%.
Lo studio del friulano a scuola, il tema politicamente più caldo delle ultime settimane, con il disegno di legge regionale a firma della giunta a un passo dall’approvazione in aula, riceve invece un’accoglienza assai diversa. La Swg chiede al suo campione se è d’accordo che, in classe, si insegni la marilenghe. Il 44% dice di sì, ma il 41% dice di no, mentre il 15% è indifferente: la spaccatura è netta. Pesa, nella risposta, l’appartenenza politica: le adesioni alle lezioni di friulano raggiungono il 48% tra gli elettori di centrosinistra, mentre tra quelli di centrodestra le adesioni e i rifiuti si equivalgono (43 a 43). Pesa ancor di più, però, l’appartenenza territoriale: in provincia di Udine il 54% è favorevole, in quella di Pordenone il 41%, in quella di Gorizia il 36% e in quella di Trieste solo il 28%.
La Swg va oltre. E chiede, ovviamente allo stesso campione, se è d’accordo con l’ipotizzato utilizzo della lingua friulana per l’insegnamento di altre materie. Non c’è partita: solo il 26% dice sì, mentre il 63% si oppone e l’11% non si sbilancia. L’appartenenza politica, stavolta, non incide molto. Incide, invece, quella geografica: il 74% dei triestini rigetta le lezioni in marilenghe, come il 72% dei goriziani, mentre gli udinesi ostili sono «solo» il 54%.
La Swg, a quel punto, si spinge oltre. E chiede un giudizio complessivo sull’operato della giunta regionale in carica: il 49% lo ritiene «molto o abbastanza efficace», mentre il 45% lo considera «poco o per nulla efficace». Una curiosità: il 51% degli elettori indecisi o astensionisti approva l’azione illyana.
L’istituto di ricerca, subito dopo, chiede un analogo giudizio sull’operato dell’opposizione regionale: solo il 26% del campione lo reputa «molto o abbastanza efficace», mentre il 64% lo definisce «poco o per nulla efficace». Una sorpresa: appena il 32% degli elettori di centrodestra promuove il comportamento della sua «squadra». Non è un dato da sottovalutare tanto più che il trend nazionale, come ricorda Weber, è ben diverso. E premia, con un notevole distacco, l’opposizione a Romano Prodi e al suo governo.

Roberta Giani

 

 

Le Ferrovie tedesche sbarcano in Slovenia - Deutsche Bahn gestirà anche le Ferrovie slovene. Verso un sistema integrato con gli scali aerei

 

Capodistria: holding tedesca per porto e trasporti

TRIESTE L’appello del presidente del Consiglio Romano Prodi di trasformare i porti di Trieste, Capodistria e Fiume in un unico scalo ha lasciato il segno nel mondo imprenditoriale sloveno.

In dirittura d’arrivo le trattative con il governo sloveno. Lubiana fa stimare il valore commerciale di Luka Koper e di Intereuropa

Ma la risposta italiana ai progetti sul capoluogo del Litorale di Deutsche Bahn, le Ferrovie tedesche, sembra essere giunta in ritardo. L’accordo tra il partner tedesco e la Slovenia, infatti, è oramai a un punto di non ritorno. Anzi è in dirittura finale. A breve, infatti, nascerà un’unica holding di comproprietà di Deutsche Bahn che raggrupperà la società che gestisce il porto di Capodistria (Luka Koper), la principale azienda di trasporti e di logistica della Slovenia (Intereuropa) e le stesse Ferrovie slovene.
Il principale obiettivo della mega operazione, spiega il sottosegretario sloveno alle Finanze nonché capo della delegazione che sta trattando con le Deutsche Bahn, Andrej Sircelj, è quello di collegare la logistica con la gestione delle ferrovie e del porto di Capodistria, ma anche con altri settori collegati quali gli aeroporti e il turismo. Quale sarà il modello che renderà operativi tali collegamenti non è ancora dato a sapere, ma il governo sloveno ha avviato in questi giorni la procedura che porterà a quantificare il valore di mercato di Intereuropa, Luka Koper e delle Ferrovie slovene, nonché il valore aggiunto che alle stesse porterebbe il collegamento con Deutsche Bahn, la quale si è offerta altresì come principale partner anche nel rinnovo della rete ferroviaria slovena che costerà a Lubiana circa 9 miliardi di euro. E, dicono gli esperti in Slovenia, è proprio la portata dell’operazione che non è passata inosservata in Italia.
L’altro grande tema sollevato da Prodi nel suo summit bilaterale con il primo ministro sloveno Janez Jansa a Brdo è stata la cooperazione nel settore energetico, evidenziando la necessità di costruire quanto prima (entro il 2007 dovrà essere elaborato il progetto per non perdere i finanziamenti europei del piano Ten) un nuovo elettrodotto tra la Slovenia e il Friuli Venezia Giulia. Bene, anche qui il discorso non è tanto lineare. Eles, il gestore sloveno dell’elettricità, ha già da qualche anno pronti i progetti per la realizzazione di un eletrodotto tra Okroglo e Udine, ma la sua realizzazione viene ora condizionata alla revisione delle quote di elettricità da esportare e alle capacità commerciale di fruizione della stessa nell’area confinaria.
Lubiana non ha dubbi: nell’interscambio di elettricità con l’Italia il suo guadagno è troppo limitato come evidenziato già due anni dal direttore di Eles, Vitoslav Turk. Attualmente, spiegano gli esperti sloveni, l’Italia importa dalla Francia e dalla Svizzera circa 5mila megawatt di elettricità la quale circola poi anche lungo la rete slovena. Da tutto ciò Lubiana ottiene solo una compensazione finanziaria, definita, come detto, del tutto insufficiente. Ma oggi la Slovenia non si accontenta più e vuole valutare tutte le ricadute commerciali che ne possono derivare. Del nuovo elettrodotto, dicono fonti slovene, non si farà niente fino al 2012.
In quest’ottica appaiono ancor più significative le considerazioni in merito svolte dall’analista economico del «Delo» (uno dei due più autorevoli quotidiani della Slovenia) Miha Jenko. «La Slovenia - spiega - deve approfonditamente meditare su quale futuro assicurare al Porto di Capodistria». Insomma Lubiana deve prendere tempo così «come sanno fare molto bene i nostri vicini», aggiunge Jenko. «Vediamo come i diversi governi italiani che si sono succeduti - precisa - non hanno avuto assolutamente fretta di ritirare il denaro che la Slovenia ha già versato in un conto fiduciario presso la filiale lussemburghese della Drsdner Bank quale indennizzo dei beni abbandonati dai profughi italiani». Con il ministro Massimo D’Alema a capo della Farnesina si è ora avanzato il proposito di risolvere questo problema «in un modo più complesso» e sotto una «nuova luce». «L’Italia - sostiene Jenko - vuole sul problema» del risarcimento dei beni abbandonati (Accordi di Roma del 1981) «coinvolgere anche la Croazia». «In altre parole - precisa - gli italiani hanno evidentemente ancora grandi progetti relativi alla restituzione dei beni abbandonati in Istria e Dalmazia e proprio per questo non pensano minimamente di ritirare il denaro versato sul conto fiduciario in Lussemburgo».
L’Italia, è la convinzione che più sta prendendo piede in queste ore in Slovenia, ha dietro agli interessi economici di collaborazione con la Slovenia anche un preciso piano geopolitico che però si scontra con gli interessi della Germania. «Non c’è alcuna necessità - scrive ancora Jenko - che la Slovenia affrettatamente cada oggi nell’abbraccio del capitale italiano o di quello tedesco». «Come gli altri sfruttano il loro patrimonio territoriale, umano e di capacità finanziaria nelle loro strategie operative sarebbe il caso che lo stesso facesse anche il governo sloveno». «Come alcuni anni fa se imprenditori sloveni di chiara appartenenza al centrosinistra non avessero praticamente svenduto la proprietà di Bank Koper al gruppo San Paolo Imi, ora la più propulsiva regione della Slovenia in campo economico-industriale non si troverebbe senza un proprio istituto di credito con cui operare».
Insomma, a Lubiana sembra prevalere l’idea di non affrettare processi così importanti. «E sarebbe molto meglio - conclude Jenko - scegliere un partner pronto a investire che non provenga da uno Stato confinante con la Slovenia». Deutsche Bahn, a questo punto, sembra proprio sul punto di concludere l’affare.

Mauro Manzin

 

 

Ambiente, Muggia coinvolge la gente - Al via le consultazioni per i progetti finanziati dall’Agenda 21

 

MUGGIA Il Comune di Muggia ha deciso di avviare un programma sul tema della mobilità sostenibile e della riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico. Il metodo scelto è quello di Agenda 21, e sarà presentato oggi alla stampa e martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo sarà illustrato alla popolazione che sarà protagonista di questo percorso. Il progetto prevede, fra l’altro, la realizzazione di piste ciclabili, percorsi protetti e collegamenti sul territorio. La metodologia di Agenda 21 prevede che venga costituito un Forum, formato dai rappresentanti dei cittadini coinvolti nel progetto, i cui risultati saranno valutati dal Comune. Il Comune ha già ottenuto un contributo di poco più di 23 mila euro, pari al 70 per cento della spesa totale prevista.
s.re.

 

 

 

 

 IL PICCOLO - LUNEDI', 17 settembre 2007

 

 

Traffico, i «rischi» per via Rossetti - Preoccupazioni degli abitanti della zona sul futuro piano della viabilità

 

 Dalla pubblicazione dei contenuti salienti del progetto di piano del traffico redatto dal prof. Camus, ho avuto conferma della fondatezza delle voci - riportate anche da questo giornale, dopo alcune «esternazioni» di taluni membri del Consiglio circoscrizionale di Barriera Vecchia-San Giacomo all’epoca evidentemente già ben informati e, purtroppo, consenzienti – che vorrebbero l’istituzione nel tratto di via Rossetti compreso tra l’incrocio con via Revoltella e l’incrocio con via Pascoli, di una corsia riservata ai mezzi pubblici diretti verso il centro cittadino, lasciando nel contempo l’altra metà della carreggiata disponibile per l’attuale traffico di mezzi pubblici e privati diretti verso Rozzol o verso piazzale De Gasperi.
Mi permetto di osservare che si tratterebbe di una scelta dissennata, foriera solamente di rallentamenti di un traffico che ad oggi scorre in modo spedito, nonché di un considerevole incremento dello smog in una delle poche aree alberate della semiperiferia.
A tali ben evidenti disagi si accompagnerebbe, inoltre, la perdita di parcheggi, già notoriamente rari nella zona. Insieme ad altri residenti nelle vie Rossetti e Piccardi, alquanto preoccupati per la possibile diminuzione della qualità della vita nella parte della città in cui viviamo, ho già raccolto in modo casareccio, tra gennaio e febbraio di quest’anno, un migliaio di firme in calce a una petizione che, non appena rientrato a Trieste dopo qualche giorno di assenza per motivi familiari e professionali, conto di presentare al sindaco assieme a coloro che mi hanno dato una mano, sperando vivamente che nel 70% delle parti dello studio Camus che egli ha dichiarato di non condividere più ci sia anche il paventato assetto futuro delle nostre due vie.
Confidiamo vivamente, quindi, nel buon senso dei nostri amministratori, anche in relazione alle assennate considerazioni fatte su queste stesse colonne, pochi giorni fa, dal consigliere De Gavardo e che fanno ben sperare soprattutto per quanto attiene al «metodo» con il quale saranno assunte decisioni comunque importanti per la città.
Diversamente, qualora la parte di Piano che ci riguarda dovesse rimanere così come sta, per parte mia, e per parte di un già folto gruppo di sottoscrittori della petizione, il rimedio dovrà essere purtroppo trovato mediante i ricorsi nelle competenti sedi giurisdizionali, stante l’assoluta irrazionalità della soluzione che ci riguarda.
La scadenza del giugno 2008 è ancora lontana, e ci sono quindi tutti gli spazi per una serena disamina dei problemi: ma è bene che si sappia sin d’ora, nei Palazzi dove si deciderà la viabilità della Trieste del domani, che le relative conseguenze ricadranno comunque su cittadini consapevoli dei propri diritti, e non già su sudditi acriticamente disponibili a subire scelte - non importa se di fonte «tecnica» o «politica» - palesemente contrarie ai criteri di un corretto assetto viario.
L’esperienza dell’abortito «Bucone» dovrebbe aver insegnato qualcosa...
Fulvio Rocco
 

 

 

 

 

 

 IL PICCOLO - DOMENICA, 16 settembre 2007

 

 

Rifondazione: no alla Tav e all’elettrodotto italo-sloveno - Lauri contro Sonego

 

TRIESTE «Alta velocità, elettrodotti e rigassificatori non servono». Rifondazione, con il segretario regionale Giulio Lauri, non ha dubbi. E lancia un avvertimento a Lodovico Sonego, l’assessore regionale ai Trasporti, «reo» d’aver sponsorizzato le tre grandi opere a gran voce, alla luce del vertice tra Romano Prodi e Janez Jansa. «La Slovenia - afferma Lauri - si appresta ad assumere la presidenza di turno della Ue. Non deve dunque stupire, ed è positivo, se questo paese vive una fase di protagonismo nella dialettica bilaterale e multilaterale con gli altri paesi Ue. E sono positivi i riflessi che ne possono venire per lo sviluppo della cooperazione con il nostro paese». Bene, benissimo «se ciò comporterà un impegno immediato per il potenziamento dei collegamenti ferroviari fra i porti di Trieste e Capodistria».
Attenzione, però: «Guai a fare confusione o peggio propaganda preconcetta a favore di una nuova linea ad alta velocità: il collegamento fra i due porti, paradossalmente, rende ancora meno utile e motivata la proposta del Corridoio 5 così come è stata proposta fino a questo momento in Friuli Venezia Giulia, in particolare a Trieste con le gallerie nel Carso e la discesa di una nuova linea fino in città».
Quanto agli elettrodotti, aggiunge Lauri, «il problema dell’italia non è tanto l’importazione di energia dagli altri paesi attraverso nuove infrastrutture, quanto lo sviluppo di un modello energetico alternativo che abbandoni progressivamente le fonti fossili ed utilizzi quelle rinnovabili: per fare questo, anche la realizzazione dei rigassificatori non è una scelta coerente, perché anche la produzione di gas è destinata ad esaurirsi in tempi molto brevi. Italia Slovenia e Friuli Venezia Giulia possono invece sviluppare la cooperazione per la ricerca e la produzione di energia da fonti rinnovabili e pulite».

 

 

Maggioranza divisa sul nucleare  - Pecoraro Scanio critica un sondaggio che dice che sette italiani su dieci sono favorevoli all’atomo

 

Studio Usa: in Italia ci sono 90 bombe atomiche, 50 nella base Usaf di Aviano

Il sottosegretario Enrico Letta favorevole alla proposta Bersani. Netta contrarietà espressa da Pdci e Verdi

ROMA La discussione sull’ipotesi di ritorno al nucleare ha di nuovo avuto l’attenzione dei protagonisti della politica italiana. A partire dal ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, che commentando per Sky Tg24 un sondaggio secondo cui sette italiani su dieci sarebbero favorevoli a riaprire le centrali nucleari ha detto che il dibattito è «fasullo» e parte da una domanda sbagliata. Ma l'Italia, in effetti, è già un paese nucleare. A rivelarlo è uno studio americano, secondo il quale sul territorio italiano ci sono 90 bombe atomiche statunitensi. Cinquanta sono nella base di Aviano, in Friuli, e altre 40 si trovano a Ghedi, nel Bresciano.
Intanto Pecoraro Scanio si scaglia contro il sondaggio. «Invece di chiedere ”vuoi le centrali o rimanere senza luce?” - ha detto il ministro - perché non si è posta la domanda ”vuoi una centrale vicino casa ricordando Chernobyl?”: il risultato sarebbe stato sicuramente diverso. Nessuna Regione e nessun comune - ha ribadito ancora il ministro - direbbe mai di sì alla costruzione di una centrale nucleare nel proprio territorio». Ma a scatenare ieri le maggiori reazioni sono state soprattutto le dichiarazioni del ministro delle attività produttive Pieluigi Bersani e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, di segno contrario rispetto a quelle di Pecoraro Scanio. A «La Repubblica» Bersani ha detto che non si deve rinunciare «alla ricerca sul nucleare» perché «è importante non perdere un altro treno tecnologico che avrà ricadute in un paio di decenni».
Di opinione simile Letta, secondo cui in Italia «si fa troppo ambientalismo del no». Parole che hanno incontrato il favore di molti esponenti politici. A partire da Daniele Capezzone, presidente della Commissione Attività produttive della Camera, che si è detto «d’accordissimo» con i due esponenti dell’Ulivo, sottolineando che rinunciare al nucleare con il referendum del 1987 «è stato un grave errore». D’accordo anche Bruno Tabacci, esponente Udc e predecessore di Capezzone. «Sono valutazioni che coincidono con quello che alcuni di noi pensano», ha detto Tabacci. Dal canto suo, l’economista di Forza Italia Renato Brunetta ha ribadito che il nucleare «è la soluzione di lungo periodo». Anche il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si è detto «non contrario a priori» al nucleare. «Gli impianti - ha sottolineato Di Pietro - sono tecnologicamente più avanzati di quelli di ieri ed essendo situati dall’altra parte delle Alpi, è ingenuo pensare che in presenza di problemi questi si fermerebbero al confine territoriale».
Di senso opposto le reazioni di Marco Rizzo, europarlamentare del Pdci, che ha detto che «più che rispolverare il nucleare che è stato bocciato dagli italiani», la priorità è «rendere più efficiente il sistema che abbiamo», e il verde Paolo Cento, sottosegretario all’Economia, secondo cui «c’è da rimanere sorpresi nel vedere autorevoli esponenti dell’Ulivo rilanciare strumentalmente il nucleare», che «oltre a essere ecologicamente insostenibile è economicamente costoso».
Ma, come detto, bemobe atomiche in Italia ci sono già. A rigor di legge, la presenza di questi ordigni non sarebbe consentita: la legislazione la vieta espressamente dal 1990. Il nostro Paese ha inoltre sottoscritto i trattati internazionali di non proliferazione nucleare e ha dichiarato di non far parte del club atomico, con tutti gli obblighi internazionali che ne derivano. Secondo il rapporto «Us nuclear weapons in Europe» dell'analista statunitense Hans Kristensen del Natural Resources Defence Council di Washington, invece, l'Italia ospita 90 delle 481 bombe nucleari americane presenti nel Vecchio continente. Cinquanta sono nella base di Aviano, in Friuli, e altre 40 si trovano a Ghedi, nel Bresciano. Tra Italia e Stati Uniti esisterebbe anche un accordo segreto per la difesa nucleare, rinnovato dopo il 2001. Le bombe atomiche in Italia sono di tre modelli: B 61-3, B 61-4 e B61-10. Il primo ha una potenza massima di 107 kiloton, dieci volte superiore all'atomica di Hiroshima; il secondo modello ha una potenza massima di 45 kiloton e il terzo di 80 kiloton.

 

 

Clima: è scontro sui dati della conferenza  - Il professor Prodi del Cnr: «Presentate tesi senza alcun fondamento scientifico»

 

Ferrara dell’Enea: negli ultimi 50 anni l’aumento delle temperature in Europa è stato pari a 1,4 gradi

ROMA A tre giorni dalla chiusura dei lavori, è polemica sulla Conferenza nazionale sul clima convocata dal ministero dell’Ambiente Pecoraro Scanio per inaugurare una nuova politica di mitigazione e adattamento agli effetti dei cambiamenti attesi sul pianeta. Effetti che stando alle misurazioni appaiono indissolubilmente legati all’immissione in atmosfera dei gas di serra.
Ad attaccare a testa bassa, dalle colonne del Corriere della Sera, è stato ieri il direttore dell’Istituto di Fisica dell’atmosfera del Cnr, Franco Prodi. Il professore, che ha espresso la sua protesta anche in una lettera inviata al ministro per l’Università e la Ricerca Fabio Mussi, ha parlato di «dati equivocati» e di un consesso che non aveva nulla di scientifico, se non nell’apparenza, e al quale gli scienziati non sono stati invitati.
«Dire che l’Italia si sia riscaldata quattro volte più che il resto del mondo è una cosa che non ha senso», ha detto il professore che dirige l’Istituto preposto alla misurazione delle temperature e che sottolinea come sia ancora da definire la quota di responsabilità umana nel riscaldamento del globo. Prodi non nasconde neppure di essere tra i favorevoli all’atomo. Perchè il ritorno al nucleare, ha detto al quotidiano milanese che già l’altro ieri aveva ospitato un intervento pro nucleare di Casini, «è una scelta inevitabile per la compatibilità col clima».
A replicare al professore è stato ieri il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che ha parlato di «gelosie tra scienziati», e ha ribadito la necessità di intervenire subito per affrontare un cambiamento ormai certo per l’intera comunità scientifica. «Negare l’evidenza non aiuta a costruire il futuro», ha detto Pecoraro Scanio ricordando che alla Conferenza erano presenti i maggiori esperti dell’Organizzazione mondiale sul clima nonchè delle Nazioni Unite. «Invito il professor Prodi a chiarirsi con loro», ha detto il ministro ribadendo quanto emerge dagli studi internazionali: vale a dire che «nell’area Mediterranea, una delle fasce del mondo di per sè a rischio maggiore, il riscaldamento è stato di quattro volte più veloce rispetto alla media globale». «Questi sono i dati ufficiali e se non abbiamo commissionato studi aggiuntivi è stato per non sprecare denaro pubblico», ha detto il ministro.
Secondo la lettura dei dati presentata alla Conferenza dal climatologo dell’Enea, Vincenzo Ferrara, la tendenza al maggiore surriscaldamento di tutta l’area europea, e non solo dell’Italia, è già comprovata. Negli ultimi 50 anni, l’aumento delle temperature sul Vecchio continente è stato pari ad 1,4 gradi mentre nel resto del mondo la colonnina di mercurio è salita globalmente di 0,7 gradi nel corso di un intero secolo. Da qui la constatazione che la velocità con la quale la temperatura sta salendo è quattro volte più alta rispetto alla media. Un fenomeno, è stato spiegato, comune anche ad altre zone del mondo come i Caraibi e la Siberia.

 

 

CLIMA - Agibile il Passaggio a Nordovest

 

PARIGI L'ultima prova del riscaldamento globale è la «completa navigabilità» del «Passaggio a Nordovest». Lo scioglimento dei ghiacci a un livello mai raggiunto prima con una calo del 25%, pari a un milione di chilometri quadrati in un solo anno, ha aperto la rotta più diretta tra Pacifico e l'Atlantico attraverso le acque canadesi. Lo ha annunciato l'Agenzia Spaziale Europea che sul suo sito web ha pubblicato una foto satellitare che mostra le acque solitamente bloccate ora completamente sgombre. «L'area coperta dai ghiacci si è ridotta a appena tre milioni di chilometri quadrati, un milione in meno rispetto ai precedenti minimi registrati nel 2005 e il 2006», ha spiegato Leif Toudal Pedersen dell'agenzia spaziale danese, aggiungendo che «il calo è stati pari a 100.000 chilometri quadri all'anno».

 

 

Il piano del traffico

 

Quando i nostri amministratori vengono accusati dall'opposizione di non avere una visione globale e d'insieme si offendono e gridano alla falsità. Ma come si potrebbe spiegare diversamente quello che sta accadendo a proposito del Piano del Traffico? Forse con il detto popolare, e perciò di più facile comprensione, che la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra? La sostanza non cambia.
Viene commissionato, e pagato con i soldi dei contribuenti, un piano del traffico con le seguenti indicazioni (rilevate dalle dichiarazioni dei soggetti interessati): pedonalizzare il più possibile, rendere appetibile il trasporto pubblico (che suppongo significhi incremento di corsie preferenziali e ampliamento della rete di trasporto pubblico), senza escludere una maggiore scorrevolezza del trasporto privato e la previsione di percorsi ciclabili. Tutto ciò per migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini: meno caos, meno rumore, meno inquinamento, spostamenti agevoli con tutti i mezzi, dai piedi alle quattro ruote – pubbliche o private –.
Nell'affidare questo incarico il committente ha forse dimenticato, o non ne sapeva niente, di come sarebbe cambiato il traffico sulle Rive di lì a poco? A sentire le sue dichiarazioni odierne (TG regionale - 27/8) sembrerebbe di no! Così come niente sapeva, il Committente, di un imminente Piano dei Parcheggi in gestazione e partorito prima e indipendentemente dal Piano del Traffico? Però l'ingegner Camus va pagato al 100% e non in base alla percentuale del Piano che oggi soddisfa il Committente! Ma cosa importa, i soldi sono dei cittadini Lui deve solo Amministrarli!
I consiglieri d'opposizione, dalle circoscrizioni al consiglio comunale, hanno insistito, fino all'afasìa, che Piano dei parcheggi – Piano del traffico – Piano antinquinamento – Piano di risparmio energetico – problema del surriscaldamento vanno trattati contemporaneamente (visione globale!), perché interdipendenti, se veramente si ha a cuore la qualità della vita dei cittadini tutti e non suddivisi per lobbies.
Le indicazioni originarie fornite all'ingegner Camus erano e sono più che condivisibili ma se si vuole che i cittadini lascino l'auto «a casa», con positive ricadute «a cascata», i costi dei parcheggi per i residenti (in superficie, elevati o interrati) devono essere appetibili e gestiti dal Comune; gli «investitori», si sa, devono trarne necessariamente profitto, per definizione. Lasciamo ai turisti e ai pendolari la scelta di posteggiare all'ingresso della città a un prezzo equo o arrivare in centro... ad un prezzo giustamente elevato.
Naturalmente, se si opta per la qualità della vita di tutti e non per la tasca di pochi eletti.
Giuliana Giuliani - capogruppo Ds IV circoscrizione

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO,15 settembre 2007

 

 

Marini: piano traffico da varare solo dopo la Grande viabilità

 

An scalpita per iniziare l’iter amministrativo del piano del traffico, con un primo passaggio in giunta sulla bozza Camus. Il leader locale di Forza Italia Bruno Marini, invece, offre la sponda per rinviare il tutto «a Grande viabilità triestina conclusa». Fra non meno di un anno, dunque, dopo la campagna elettorale delle regionali. «A patto che - avverte il coordinatore azzurro - la giunta faccia al più presto un atto in cui ”formalizza” che se ne riparla con l’entrata a regime della Gvt, ponendo così fine a un dibattito di cui non se ne può più». Ma il sindaco Dipiazza taglia corto: «Da mesi dico che senza Gvt è inutile discuterne. Non serve tuttavia un atto di giunta».
Sul piano del traffico, dunque, tornano a montare nel centrodestra i messaggi incrociati, dopo il rinvio della Sesta commissione di martedì scorso, cui è seguita giovedì la notizia che Ansaldo ha perso la causa Stream in sede civile.
Tornando alla bozza del piano traffico, «al momento - rileva la capogruppo di An in consiglio comunale Alessia Rosolen - il documento non ha alcuna validità amministrativa, non essendo stato ancora deliberato dalla giunta. Il consiglio dev’essere in grado di discutere, ma non sul nulla come ha rischiato di fare martedì. Perciò è necessario che la giunta avvii l’iter per una discussione serena ma seria sulla bozza».
«Quanto successo in commissione è vergognoso», tuona quindi Marini, che ne ha per tutti: «L’assessore Bucci, come i suoi colleghi, è portatore della volontà politica della giunta: poteva anche risparmiarsi di venire se erano questi i presupposti. A Roberto Sasco, invece, dico che deve rendersi conto che presiede la commissione urbanistica: dovrebbe avere più attenzione al ruolo istituzionale e ragionare meno in termini di visibilità personale». «Avevo il dovere di convocare quella commissione - replica Sasco - e non sento di essere stato imprudente. Il problema non è di regolamento, ma politico. La seduta di martedì è stata il finale di un percorso malgestito. Sto lavorando per compattare la maggioranza».
Dipiazza parla chiaro: «Come si fa a fare una commissione su un atto che non esiste in quanto non deliberato dalla giunta? Continuiamo a parlare del nulla. Del piano discuteremo in funzione della Gvt completata, ragioneremo tenendo della bozza Camus quello che c’è di buono e scartando il resto, forse anche tutto... Gran parte dei problemi del traffico - incalza Dipiazza - li abbiamo già risolti con largo Barriera e le Rive. Passerò già alla storia per aver fatto più degli altri per la viabilità cittadina, anche senza piano del traffico...».
Intanto ieri il Cittadino Roberto Decarli ha inviato a Sasco una lettera - firmata da tutta l’opposizione - in cui insiste sulla necessità di informazione. Citando i piani del traffico rionali e l’apertura del cantiere nelle vie laterali a Lazzaretto Vecchio, cantiere che ha eliminato «ogni possibilità di sosta dei veicoli senza disporre di alternative per i residenti», il consigliere chiede a Sasco di convocare la commissione affinché l’assessore illustri in modo organico i progetti della giunta. Sasco non si sottrae, precisando però come la commissione debba essere sì luogo di confronto, «ma costruttivo e non portatore di sterili polemiche».
pi.ra.

 

 

Infrastrutture: 15 progetti per il Corridoio 5  - Ai sindaci della Bassa friulana un mese di tempo per scegliere la soluzione

 

L’assessore Sonego: «L’intenzione della giunta regionale è di arrivare entro fine anno a una soluzione condivisa»

Cressati: «Le opzioni che ci sono state presentate cercano di limitare l’impatto ambientale». Bolzonello: «Sono deluso sia da Illy che da Galan»

CERVIGNANO Sono 15 le ipotesi tra le quali i sindaci della Bassa friulana dovranno scegliere il tracciato della linea ferroviaria ad alta capacità che passerà in Friuli Venezia Giulia. La scadenza è stata posta durante l’incontro tenutosi ieri a Cervignano in un clima più disteso del solito. I sindaci hanno ascoltato e ora studieranno per capire quali delle ipotesi presentate dai tecnici siano da salvare e approfondire. «L’approccio è migliorato – dice il sindaco di Palmanova, Cressati – e le opzioni presentate vanno nella direzione di limitare l’impatto ambientale». La certezza per ora è che il tratto da San Michele al Tagliamento fino a Porpetto prevederà l’affiancamento con l’autostrada. «La soluzione migliore – dice Pietro Paviotti, primo cittadino di Cervignano – è quella di utilizzare fino a Torviscosa la linea ferroviaria esistente e da lì a Porpetto, costruirne una nuova».
Da Cervignano a Fiumicello sarebbe previsto il raddoppio della linea mentre «sul come arrivare da Cervignano a Porpetto le ipotesi sono varie – precisa Paolo Dean, sindaco di Fiumicello -. Non scarterei la possibilità di eliminare le due linee esistenti (quella da Dan Giorgio a Udine e quella da Cervignano a Udine) per costruirne una sola». I sindaci avranno un mese di tempo per confrontarsi, anche tra loro, e individuare linee comuni. Il 19 ottobre si terrà il nuovo incontro.
L’obiettivo della giunta regionale è quello di arrivare «entro fine anno a una soluzione condivisa» ha detto l’assessore Sonego durante il convegno sul Corridoio V organizzato ieri pomeriggio in Fiera a Pordenone. Un convegno al quale hanno dato forfait i principali relatori: presidente e assessore alla mobilità della Regione Veneto e presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. «Sono molto deluso dai presidenti delle due Regioni – ha esordito il sindaco Sergio Bolzonello nell’intervento di saluto – perché si è persa un’opportunità. Ai confini dell’impero, dove siamo noi, il tema infrastrutturale è molto sentito, ma è un tema ormai globale. Mentre la Cina investe in nuove strade e porti noi dobbiamo ripensare al posizionamento dei nostri porti». Secondo Bolzonello i rappresentanti istituzionali dei territori hanno un ruolo centrale per cui «le Regioni devono dar vita a un tavolo permanente su queste problematiche. Diversamente perderemo un treno che non passerà più». Quello della Tav prima di tutto, che – secondo un sondaggio effettuato in Friuli Venezia Giulia su 500 persone e illustrato ieri da Renato Mannheimer – l’89 per cento degli intervistati vuole ma non vicino a casa propria. «C’è un problema di comunicazione – ha evidenziato lo studioso – per cui le istituzioni devono fare tutto il possibile per spiegare la validità dell’opera. Le grandi opere ormai si devono fare con il consenso sociale». E l’opposizione non è mancata né a Cervignano né a Pordenone dove si sono presentati e fatti sentire i rappresentati del comitato No Tav. «Nel loro impegno sono encomiabili – ha detto non senza la consueta ironia l’assessore Sonego -. Mi seguono dovunque vada». Sonego ha ricordato che il Friuli Venezia Giulia non è però la Val di Susa. «Per il tratto tra l’Isonzo e Trieste abbiamo raggiunto un accordo, seppur faticoso, con i sindaci. Siamo ora al lavoro con i primi cittadini della bassa». Per l’assessore non si può ragionare sul breve periodo «altrimenti le opere non si fanno. Ci deve essere qualcuno che inizia, anche se ci sono delle contrarietà e anche se i risultati si vedranno tra anni. Questa volta è toccato a me». Al convegno era presente anche Mario Pischedda, sindaco di Villa Vicentina. Rispetto all’incontro di Cervignano, Pischedda dice: «Mi è piaciuto l’approccio del tecnico nominato dai comuni che non ha spiegato non tanto il tracciato quanto le esigenze a cui si intende dare risposte e quali potrebbero essere gli standard da seguire. Quanto alle proposte ce ne sono effettivamente di interessanti. Siamo ancora lontani però da un accordo».
Martina Milia

  

ISTRIA - Chiusura della Kemiplas: ora interviene il governo

 

CAPODISTRIA Torna d'attualità la vicenda dell'industria chimica Kemiplas di Villa Decani – a pochi chilometri da Capodistria - da anni oggetto di polemiche per l'inquinamento prodotto dai suoi impianti. Del progetto di chiusura e trasferimento della fabbrica hanno discusso in questi giorni i rappresentanti di un apposito Comitato di esperti e il ministro sloveno per l'ambiente Janez Podobnik. «Il ministero farà la sua parte», ha assicurato Podobnik. Nel lungo braccio di ferro tra il comune di Capodistria e gli abitanti di Villa Decani da una parte e i proprietari e la direzione della Kemiplas dall'altra, l'intervento dello stato potrebbe rivelarsi determinante per sbloccare la situazione di stallo. Come annunciato dallo stesso Podobnik, il ministero per l'Ambiente agirà in due direzioni: garantirà parte dei mezzi necessari per il trasferimento degli impianti e sosterrà il comune di Capodistria nelle modifiche del Piano regolatore dell'area del cosiddetto Bivio in modo da permettere ai proprietari della Kemiplas – dopo che la fabbrica sarà smantellata – di avviare in zona un'altra attività economica (forse legata al turismo), purchè non si tratti di industrie inquinanti.
L'accordo di massima sulla chiusura della fabbrica di prodotti chimici (formaldeidi) tra il Comune di Capodistria e il proprietario della Kemiplas, Enver Moralic, era stato raggiunto già la scorsa primavera. In tutti questi anni di trattative però restavano sempre da risolvere due problemi: la copertura finanziaria dell'operazione e la garanzia sulla possibilità di avviare nella stessa zona un'altra attività economica. Moralic ha ora due settimane di tempo per esprimersi, ma l'affare, a questo punto, sembra quasi fatto. L'accordo dello scorso aprile, ricordiamo, prevedeva la chiusura della Kemiplas entro due anni, periodo sufficiente per consentire ai proprietari di smantellare gli impianti e trasferire la produzione altrove, probabilmente in Ungheria ma forse anche in qualcuno dei Paesi dell'ex Unione sovietica.
La battaglia della popolazione locale contro la fabbrica chimica dura ormai da anni. Nonostante gli sporadici incidenti e i dubbi sull'attendibilità delle misurazioni del livello di inquinamento prodotto dalla fabbrica, la produzione di formaldeidi non è stata praticamente mai interrotta. Finora sono stati chiusi e smantellati soltanto alcuni impianti produttivi meno importanti. Nei prossimi due anni, se le cose si svilupperanno – costi permettendo - nella direzione auspicata ormai da tutti i protagonisti della vicenda, la Kemiplas, con il concorso del Comune di Capodistria e del locale Ufficio di collocamento, dovrebbe risolvere anche la questione del centinaio di dipendenti che in seguito alla chiusura della fabbrica resteranno senza lavoro.

 

 

 

 

IL MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 14 settembre 2007

 

 

«Potenziamo l’attuale tratta della Tav»  - Paviotti ritiene che sia la proposta più accreditata e più rispettosa dell’ambiente

 

Cervignano. Oggi alle 11.30 in municipio l’incontro fra sindaci e tecnici per discutere le 12 proposte alternative al progetto delle ferrovie

CERVIGNANO. Saranno illustrati per la prima volta oggi i 12 elaborati sui tracciati alternativi a quello proposto da Ferrovie Italiane. In municipio, alle 11.30, si incontreranno i sindaci della Bassa ed i tecnici di Regione, Provincia e Comuni; alla presenza dell’assessore regionale Lodovico Sonego. Il tratto interessato dalle varianti al progetto presentato lo scorso marzo da Rfi riguarda il segmento tra Porpetto e Villa Vicentina. «L’unico del tratto Venezia-Trieste, aveva dichiarato Sonego, soggetto a cambiamenti rispetto il progetto originario». Quest’ultimo prevede la realizzazione del percorso del Corridoio 5 parallelo all’autostrada; all’altezza di Bagnarla Arsa scende a sud superando l’abitato di Strassoldo nella parte orientale; taglia la frazione di Scodovacca e il paese di Villa Vicentina per poi rimettersi sulla linea esistente. Per cercare di limitare l’impatto sul territorio è stato incaricato un gruppo tecnico che domani appunto illustrerà le ipotesi alternative.
La piu’ accreditata, secondo il sindaco Paviotti, riporterà il percorso sulla linea cervignanese già esistente. L’unico tratto da realizzare su un terreno ancora vergine è limitato al percorso Porpetto-Cervignano. Quella delle Ferrovie Italiane invece avrebbe tagliato a metà la campagna e creato difficoltà sia a Scodovacca che a Villa Vicentina, andando a lambire il campo sportivo e la palestra. La soluzione meno impattante tra l’altro rispetterebbe in termini di capacità la richiesta che il tracciato ad alta velocità sia dotato di quattro binari, e la linea Cervignanese è già idonea ad accogliere due binari per treni merci e due per treni passeggi. Oggi pertanto siederanno nuovamente attorno allo stesso tavolo primi cittadini favorevoli e contrari alla maga infrastruttura. Sarà probabile che in aula approdi un ciclostilato firmato dal comitato “no tav di Bagnari Arsa” nel quale si contesta il rapporto costi/benefici dell’opera che, solo per il tratto Venezia Trieste, costa 6.129 milioni di euro. Il sindaco Paviotti precisa cosi’ la propria posizione: «Dobbiamo in realtà parlare di un progetto di interesse comunitario e sposato dallo Stato italiano che mira a migliorare i collegamenti tra l’est e l’ovest dell’Europa ed in particolare a migliorare l’efficienza del trasporto ferroviario a scapito del tradizionale trasporto su gomma per persone e per merci che, è risaputo, ha un impatto molto piu’ inquinante».
Consuelo Modesti

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 settembre 2007

 

 

 Bucci: piano traffico, non c’è più alibi

 

L’assessore all’Urbanistica: ora siamo liberi di ragionare sul futuro dell’arteria. Piero Camber: adesso scelte in «tempi reali»

An ribadisce di essere favorevole alla pedonalizzazione della strada. Omero (Ds): resta il problema delle scelte nel complesso

 

VIABILITA’: GLI SCENARI

La vittoria in primo grado di Amt su Ansaldo estende i suoi effetti anche al piano del traffico: c’è infatti un nesso diretto fra Stream e la nuova viabilità, della quale - il sindaco Dipiazza lo aveva detto più volte - era inutile ragionare prima di conoscere le sorti delle rotaie di via Mazzini. L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci lo dice chiaro: «La notizia su Stream ci toglie un pensiero. E onestamente anche un alibi». Quello di rinviare il nodo traffico al dopo Stream, appunto. E dunque ora «andiamo avanti», esorta Bucci, «finalmente liberi di ragionare sull’utilizzo o meno di via Mazzini», nodo fondamentale per la risoluzione del rebus viabilità.
Autobus sì, autobus no? Chiusura totale dell’arteria che già nel 2001 Dipiazza voleva restituita alla sua funzione di «cannocchiale sul mare», o invece corsia di scorrimento per il trasporto pubblico? Il primo cittadino ora non si sbilancia, ma in passato lo aveva dichiarato più volte: chiusa la vicenda Stream si sarebbe potuti partire con la «sperimentazione». Questa l’ipotesi prospettata a suo tempo da Dipiazza: aprire via Mazzini al traffico privato in salita dalle Rive fino a via Roma, imboccata la quale le auto e i bus possano immettersi dopo un percorso a «S» in corso Italia, lasciato dunque aperto ai veicoli. Mentre via Mazzini potrebbe diventare totalmente pedonale dall’incrocio con via Roma in su.
«Se è così ne sono contentissimo, le sperimentazioni aiutano a ragionare», è il sibillino commento di Bucci, d’altronde (come altri esponenti di Forza Italia) sostenitore dell’ipotesi corso Italia pedonale. L’assessore non si sbilancia oltre, confermando però il proprio desiderio di vedere «pedonalizzato quanto più possibile il centro cittadino, convinto come sono che la gente questo chieda».
Quanto alla «sperimentazione», c’è un problema: dove far transitare i bus in discesa, se via Mazzini fosse off-limits nella sua parte alta? «I bus potrebbero risalire via Valdirivo, ma la mia sensazione è che così peggioreremmo il servizio pubblico», commenta Bucci. L’assessore peraltro guarda con favore all’apertura di via Torrebianca al traffico in salita prevista dal piano Camus (ma avversata esplicitamente da Dipiazza): apertura che consentirebbe ai soli bus l’accesso a via Mazzini.
A tutt’oggi, comunque, l’ipotesi resta una delle tante. E alle auto in via Mazzini An con la capogruppo in comune Alessia Rosolen ribadisce la propria netta contrarietà, confermandosi favorevole invece a una pedonalizzazione dell’intera via. Prudente anche il capogruppo forzista Piero Camber, che sul piano in generale auspica però a questo punto «tempi reali»: «Dopo Stream, bisogna ripartire. Finora il professionista (Camuus, ndr) si è attenuto alle disposizioni dategli da giunta e consiglio comunale. Il suo contratto prevede che ora perfezioni il piano secondo direttive che devono partire dalla giunta: auspico scelte in tempi reali. Ma il problema - aggiunge Camber - è il trasporto pubblico: i cittadini hanno il diritto di raggiungere in modo comodo ogni punto della città. Non posso certo pensare di spostare le fermate bus su via Valdirivo o via Milano». La «S» in via Mazzini? «Me ne convincerò quando vedrò gli autobus, anche quelli snodati, girare senza difficoltà all’incrocio con via Roma», è la perplessità di Camber. E intanto, ai dati su cui ragionare - rende noto Bucci - si aggiungeranno a breve quelli aggiornati delle Rive: il Comune ha ultimato la posa delle spirali magnetiche utili a «monitorare il flusso delle auto».
Dall’opposizione intanto il capogruppo diessino Fabio Omero ribadisce che «non si tratta di risolvere il nodo Mazzini ma di chiudere un ragionamento organico sull’intera viabilità», mentre commenta l’esito della vicenda Stream ricordando come l’amministrazione Dipiazza abbia cancellato un’iniziativa - avviata dalla giunta Illy - «interessante anche dal punto di vista turistico». Dall’Udc Roberto Sasco, professandosi «soddisfatissimo per l’esito della causa che avrebbe potuto provocare uno spaventoso danno erariale», si dice d’accordo «al mille per mille con Dipiazza» sulla «S» di via Mazzini. Ipotesi, secondo Sasco, che «consentirebbe di pedonalizzare buona parte della via lasciando il traffico in corso Italia». I tempi del piano della viabilità? «Lo si può mettere a punto anche tra un anno e mezzo: sono da perfezionare subito, anche in vista dell’approvazione definitiva del piano parcheggi e delle direttive del piano regolatore, solo alcuni elementi di connessione strategica tra viabilità urbana ed extraurbana», chiude Sasco.
p.b.

 

 

Rifiuti a Duino, 300mila euro per realizzare l’impianto di smaltimento delle ramaglie - Finanziato dall’Ue, potrebbe produrre energia per il riscaldamento

 

DUINO AURISINA Un impianto, del costo di 300mila euro che potrebbe essere finanziato dalla Unione europea attraverso progetti comunitari per bruciare le ramaglie ottenendo in cambio calore sufficiente a scaldare il municipio di Duino Aurisina, la palestra comunale e anche una serie di case della zona. Lo propone il centrosinistra, e il particolare il consigliere comunale Verde Maurizio Rozza, all'indomani dell'aumento dei costi di smaltimento dei rifiuti, non solo per compensare la spesa eccessiva, ma per produrre calore «pulito». L'impianto - una tecnologia ormai esistente e rodata, ad esempio a Padova - sarebbe utile per smaltire in maniera verde il risultato dello sfalcio dell'erba e del giardinaggio nelle numerose abitazioni con verde a Duino Aurisina, ma soprattutto risulterebbe indispensabile nell'ambito dell'applicazione delle normative relative al riconoscimento del Carso quale zona Zps a Protezione speciale da parte dell'Unione Europea e della Regione. «Per effetto di questo riconoscimento - ha spiegato infatti Rozza - il 60 per cento del Carso potrebbe, potenzialmente, tornare alla condizione di Landa, ovvero un pianoro dedicato al pascolo. Ovviamente non è possibile applicare in una volta sola un progetto così ampio, ma anche solo l'avvio, in qualche zona, dei lavori di pulizia dalla vegetazione spontanea che interferisce con la landa creerebbe la necessità di uno smaltimento di ramaglie immane». Da qui, l'opposizione assieme alle comunelle di Duino Aurisina (che possiedono gran parte dei terreni interessati a queste ipotesi di ritrasformazione a landa) hanno iniziato a pensare a un sistema di smaltimento: «Il sistema che abbiamo individuato permette di utilizzare le ramaglie per produrre direttamente calore. Una sorta di grande caldaia a bassissimo livello di inquinamento che risolve due problemi in un colpo solo: lo smaltimento delle ramaglie da un lato, e il riscaldamento a costo molto basso». Aggiungendo il fatto che i contributi europei sono disponibili, «e basta solo lavorare per intercettarli», dice ancora Rozza, il progetto si fa concreto. La ritrasformazione in landa di porzioni di Carso oggi diventate boscaglia è già stato applicato, in piccola parte, a Basovizza, ma in questo caso le ramaglie sono state portate in un impianto di Romans d'Isonzo. Poterle utilizzare sul territorio significa risparmiare in traffico, e ottenere calore a costo molto basso. Nel più lungo periodo, il progetto di trasformazione della boscaglia in landa prelude a nuove forme di allevamento: sono infatti pecore, mucce e qualche capra a garantire che una volta pulito il territorio la landa possa riaffermarsi: «Pensiamo - ha detto Rozza - a progetti di allevamento di qualità, mirati e di alto valore biologico, da realizzare sempre in sinergia con le comunelle che possiedono i territori interessati, e che stanno dimostrando grande entusiasmo in queste nuove forme di utilizzo del territorio non invadente dal punto di vista ambientale».
Francesca Capodanno

 

 

Elettrodotto italo-sloveno nella galleria Tav  - Lo propone la Regione dopo il summit Prodi-Jansa. Oggi vertice con i sindaci sul tracciato della Bassa

 

LA SFIDA EUROPEA-2 L’assessore Sonego fa il punto dopo il vertice bilaterale: «Lubiana corre sempre più veloce, non dobbiamo restare al palo» TRIESTE «La Slovenia ha alzato l’asticella. E allora, se non vogliamo che ci lasci al palo, dobbiamo darci da fare. In fretta». Lodovico Sonego conferma l’avanti tutta sulla Tav. Ribadisce l’urgenza di un rigassificatore nel Golfo di Trieste. Lancia l’elettrodotto che, sfruttando e occupando la galleria esplorativa del futuro Corridoio V, colleghi Redipuglia a Divaccia. Ma l’assessore regionale alle Infrastrutture e all’Energia, dopo quattro anni di intensi rapporti su più fronti e con alterne fortune con gli «amici» di Lubiana, insiste ancor di più sulla nuova cornice politica. Quella che il vertice tra Romano Prodi e Janez Jansa, lunedì al castello di Brdo, ha messo sotto i riflettori: «La Slovenia, da qualche mese, ha adottato un profilo del tutto nuovo. È passata da una scarsa mobilità nelle interlocuzioni, assai probabilmente frutto del suo retaggio storico, a un grande dinamismo in chiave europea». Le prove, osserva Sonego, sono sotto gli occhi di tutti: il premier sloveno, nel meeting bilaterale di pochi giorni fa, ha aperto sull’Euroregione. Rassicurato sulla Trieste-Divaccia. Tolto le barricate sui rigassificatori.
TRIESTE Ma chi non ricorda i niet, le resistenze, i veti e le ostilità che fioccavano sino a pochi mesi fa? Sonego, di sicuro, li rammenta tutti. E, non a caso, insiste: «A Lubiana è in atto un cambiamento profondo, un percorso in crescendo che non potrà che proseguire con il semestre europeo di presidenza, e guai se non lo comprendiamo. Sono evidenti le forti interlocuzioni su porto e Corridoio V con Deutsche Bahn, la ferrovia tedesca. È noto il progetto di un rigassificatore a Capodistria della tedesca Tge Gas Engineering. Non sfuggono i rapporti sempre più intensi con il Ppe che ha in Angela Merkel un esponente di spicco, rapporti cui peraltro sarebbe bene se ne accompagnassero di analoghi e organici tra i partiti del Pse di Italia, Slovenia, Austria e Croazia».
Non c’è dubbio, insomma. La Slovenia sta assimilando in fretta le regole comunitarie e ne vuole cogliere appieno i vantaggi: «A mio avviso - prosegue Sonego - questo è un fatto largamente positivo. Va salutato con favore. Ma, come Friuli Venezia Giulia, dobbiamo trarne le logiche conseguenze: o riusciamo ad essere altrettanto dinamici oppure, nella competizione con i vicini di casa, finiremo sconfitti».
Che fare, allora? Come arginare un rischio che c’è? L’assessore alle Infrastrutture, dopo aver respinto con una scrollata di spalle le polemiche sull’assenza di Riccardo Illy al vertice di Brdo «perché, anche se non c’era fisicamente, il presidente della Regione era ben presente, così come la giunta era ben presente alla visita di Massimo D’Alema», non esita un attimo. E dà la risposta: «Il Friuli Venezia Giulia, cogliendo il nuovo clima oltreconfine, deve giocare al rilancio, a partire dai 6 chilometri di collegamento ferroviario tra il porto di Trieste e quello di Capodistria». Quei 6 chilometri, emblema storico dei «niet» sloveni, vanno fatti. Subito: «Non molliamo» garantisce Sonego.
Ma non basta, ovviamente. E allora l’assessore, ben sapendo quali e quanti sono gli ostacoli «casalinghi» da aggirare o superare, riprende i cavalli di battaglia dell’amministrazione illyana: infrastrutture più moderne ed efficaci, nuove fonti di energia, traffici portuali più intensi. Il Corridoio V - che, accogliendo treni più veloci e capienti, deve accorciare le distanze tra Ovest e Est - sta naturalmente in cima alla lista. Passi avanti sono stati fatti, Italia e Slovenia si sono accordate sulla tratta transfrontaliera e chiesto risorse a Bruxelles, ma adesso bisogna tradurre l’intesa.
«Con Lubiana il lavoro sta procedendo, solo martedì a Trieste si sono ritrovati i tecnici delle ferrovie italiana e slovena, mentre Roma ha formalizzato la sua delegazione nella commissione intergovernativa che deve presiedere alla progettazione e alla stesura del trattato in base al quale si costruirà e gestirà l’opera comune» sintetizza Sonego che, in quella commissione, rappresenta la Regione. Ma le difficoltà maggiori, paradossalmente, rischiano di essere quelle domestiche, dove le contrarietà alla Tav sono molte e variegate. L’assessore, però, tira dritto.
E, ribadendo che il Friuli Venezia Giulia non può perdere più tempo, confida in un esito proficuo del confronto in atto con i sindaci della Bassa sul tracciato: oggi c’è un nuovo appuntamento, «abbiamo una quindicina di ipotesi e inizieremo a scremarle», ma «non ho dubbi che i sindaci sapranno scegliere la soluzione migliore». Quando? «Il prima possibile, confido entro ottobre».
Nel frattempo, mentre ritiene che il tracciato carsico richieda «aggiustamenti migliorativi» ma non stravolgimenti rispetto all’ipotesi iniziale, Sonego anticipa un potenziale, innovativo utilizzo del nascente Corridoio V: nel cunicolo esplorativo può accogliere l’elettrodotto transfrontaliero invocato a gran voce da Prodi. «È un’opera strategica perché consente di trasportare in Italia l’energia elettrica dalla Cechia e perché rafforza la sicurezza del sistema nazionale, riducendo il rischio di blackout» premette Sonego. «L’ipotesi iniziale - ricorda - era quella di un elettrodotto aereo da Okroglo, nell’alta valle dell’Isonzo, a Udine ovest. Ma l’impatto ambientale sarebbe stato troppo alto e quindi, come giunta, abbiamo detto no. L’unico no a una grande opera». Subito dopo, però, la Regione si è messa a cercare su un’alternativa: «E così abbiamo pensato di utilizzare il cunicolo esplorativo che correrà in mezzo alle due gallerie del Corridoio V da Monfalcone a Divaccia. Quel cunicolo, che avrà diametro di 5,20 metri, può essere usato non solo a servizio del Corridoio ferroviario, ma anche per accogliere un elettrodotto Gil». La tecnologia, assicura Sonego, lo consente, tramite due coppie di tre tubi di acciaio, gas inerte e il cavo dell’elettricità in mezzo: «Un elettrodotto interrato del genere può portare 400 mila volt con potenze altissime. È il modello del Brennero quello a cui ci ispiriamo e che ci consentirebbe di collegare le stazioni di Divaccia e Redipuglia».
I tempi, naturalmente, non sono immediati: non c’è nemmeno il Corridoio V. «Ma, con quest’opera, diverrebbe davvero intermodale. E perciò abbiamo già iniziato a discuterne con Lubiana che ha ritenuto interessante la proposta» afferma Sonego. Nel frattempo, a poche ore dall’allarme dell’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, l’assessore insiste sulla necessità di un rigassificatore a Trieste: «Se la Slovenia lo realizza a Capodistria, e noi non facciamo nulla, patiremo tutti gli svantaggi ambientali, senza avere i vantaggi economici». Ma, su questo fronte, l’ultima parola spetta a Roma: saprà essere dinamica come la «nuova» Slovenia?

Roberta Giani

 

 

 

 

L'UNITA' - GIOVEDI', 13 settembre 2007

 

 

«Sulle rinnovabili siamo in ritardo» - Prodi: il rispetto del clima grande opportunità di sviluppo

 

Il presidente del Consiglio Romano Prodi è intervenuto alla conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si sta svolgendo alla sede Fao di Roma confermando l’impegno del governo per «un nuova alleanza con la natura». Riconosce che «sullo sviluppo delle energie rinnovabili l'Italia è molto in ritardo. Rispetto a paesi come l'America, la Germania e la Spagna noi abbiamo sprecato decenni». Anche perché resta il problema annoso «della dipendenza energetica, a cominciare dalle diversità dei punti di origine del gas».
Poi rilancia: «Va combattuto il fatalismo, comprendendo che il rispetto dell'ambiente può essere un grande fattore di sviluppo. Nel mondo c'è chi ne è già consapevole, con risultati economici straordinari». Per questo propone di creare un «osservatorio» che metta insieme esperti capaci di prevedere come i mutamenti climatici incidano «sugli aspetti scientifici, industriali e ambientali» della nostra esistenza.
Del resto «il problema è globale e richiede risposte da tutti» ha continuato il premier. Bisogna iniziare mettendo «un termine alle emissioni dei gas serra» attraverso «misure per poter vivere nel miglior modo possibile, almeno nelle prossime generazioni». E annuncia che nella Finanziaria ci saranno misure «ampliate in linea con quanto detto dal ministro Bersani» e «un Piano d'azione per l'efficienza energetica, che il governo ha appena inviato alla Commissione europea». Il premier ha anche parlato della possibilità di inserire l'obbligo del fotovoltaico nei nuovi edifici mentre una normativa sul solare potrebbe rappresentare «un'occasione per il mezzogiorno».
Pecoraro Scanio: 5 priorità da perseguire in tre anni
Accanto a lui il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che in conclusione dei lavori ha proposto un manifesto per il clima che dovrebbe lanciare «un new deal per l'adattamento sostenibile e la sicurezza ambientale. Una strategia nazionale da definire entro il 2008» e da portare a compimento in tre anni. In termini operativi il ministro ha definito 5 priorità: interventi per la difesa del suolo, la gestione integrata delle coste, l'adattamento del turismo in Italia, la gestione delle risorse idriche, un programma nazionale di partecipazione, informazione e sensibilizzazione dei cittadini sui cambiamenti climatici.

Tenendo presente anche gli obiettivi indicati dal protocollo di Kyoto, che impongono entro il 2012 una riduzione ulteriore di emissioni di gas serra. Infine Pecoraio Scanio vorrebbe per l’Italia un ente simile all'Agenzia per la protezione dell'ambiente tedesca (Apat), con «funzioni di centro di competenza sugli impatti e sull'adattamento ai cambiamenti climatici».

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 settembre 2007

 

 

L’Italia soffoca, coste a rischio  - L’allarme di Pecoraro Scanio alla conferenza nazionale sul clima. Napolitano: «L’Europa parli con una sola voce»

 

E’ 4 volte più calda rispetto alla media mondiale. Previsti 50 miliardi di danni all’anno

Piogge: -5%. Pianura Padana a rischio siccità, salute in pericolo

ROMA Italia sotto emergenza clima. Il nostro Paese è tra quelli che pagheranno il maggiore prezzo in termini di danni ambientali. La temperatura in Italia è aumentata a un ritmo quattro volte più veloce che nel resto del mondo; le piogge sono diminuite del 5% nell'ultimo secolo; avanza la siccità e non solo nel Sud ma anche sulla Pianura Padana.
Questo l'allarme clima lanciato dalla prima Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici promossa dal Ministero dell'ambiente e organizzata dall'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat) apertasi ieri a Roma al Palazzo della Fao, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di quello della Camera Fausto Bertinotti. Per il Capo dello Stato «è essenziale che l'Europa parli con una sola voce». Il presidente della Camera Bertinotti ha parlato di «politica di rapina e di dominio della natura che per un lungo ciclo economico ha perpetrato un tipo di sviluppo fordista-taylorista». E il ministro dell Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha detto: «Il cambiamento climatico è qui e ora». Ha chiesto un «piano nazionale di sicurezza ambientale» perchè l Italia pagherà il maggiore prezzo in termini di danni ambientali, perdite di vite umane e salute, costi economici. Presenti anche i ministri dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani e delle Politiche Agricole Paolo De Castro.
Ecco di seguito i nodi dell’emergenza clima in Italia.
COSTI: a partire da 50 miliardi l'anno la stima dei costi per fare fronte ai danni prodotti dai cambiamenti climatici. Secondo Pecoraro Scanio, per tagliare le nostre emissioni di gas a effetto serra servono da 3 a 5 miliardi l'anno, predisporre le misure di adattamento costa da un miliardo e mezzo a due miliardi di euro l'anno. La differenza tra i costi della non azione e quelli dell'azione è tra 10 e 40 volte maggiore a favore dell'azione. Tagliare le emissioni e fare l'adattamento costa tra meno di cinque e sette miliardi ogni anno.
RISCALDAMENTO RECORD: negli ultimi 50 anni in Italia si è registrato un aumento di temperatura di 1,4 gradi, una velocità di 2,8 gradi per secolo, quattro volte sopra la velocità media mondiale degli ultimi 100 anni. Attualmente l'aumento di temperatura è pari a 0,28 gradi per decade, un ritmo di crescita che se si confermasse porterebbe l'aumento alla quota di 2,8 gradi di media al secolo.
COSTE: un chilometro su tre delle nostre coste basse è in arretramento e 33 aree costiere rischiano di essere sommerse dal mare nei prossimi decenni, per l’aumento d’acqua dovuto allo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai. Oltre il 40% della attuale costa bassa sabbiosa italiana è in erosione. Tempeste, piogge e innalzamento del mare creano condizioni di rischio potenziale per tutti i 4.000 km di costa bassa e sabbiosa italiana.
GHIACCI: hanno perso la metà del loro volume e il 30% della loro superficie in meno di un secolo. Negli ultimi 20 anni i ghiacciai alpini hanno perso il 20% della loro estensione. Non sfuggono a questo destino gli 800 ghiacciai italiani: secondo i dati infatti il caldo cresce sulle Alpi a un ritmo doppio rispetto alle pianure e alle coste europee.
PIOGGE E SICCITÀ: piogge in diminuzione del 5% nell'ultimo secolo. Oggi ci sono 14 giorni di pioggia in meno ogni anno nel Sud. Così la siccità  avanza e la desertificazione sta diventando un problema non solo per il Sud ma anche per la Pianura Padana. Le piogge primaverili, a esempio, saranno insidiate da episodi alluvionali (in 25 anni l’Europa ha già visto 238 alluvioni disastrose, con morti e feriti) e alle precipitazioni molto intense seguiranno periodi più o meno lunghi di siccità. Da qui la necessità improrogabile di tagliare le emissioni del 60% entro il 2050.
SALUTE: l’incremento dei decessi in Europa a causa delle ondate di calore è stimato tra le ottomila e le 12 mila persone l'anno e per ogni grado di aumento della temperatura media.
BINARIO VERDE: la lotta ai cambiamenti climatici può essere vinta solo con forti politiche nazionali di taglio alle emissioni accompagnate da concrete politiche di adattamento. Due temi paralleli che formano un «binario verde», come l'ha definito il Wwf, capace di combattere la più grande sfida planetaria. Secondo l'organizzazione ambientalista l'Italia è in forte ritardo sulla riduzione di Co2 ed i grandi produttori di energia continuano a proporre scelte «da dinosauro» come il carbone. «Il clima che cambia è oggi il tema trasversale che deve accompagnare tutte le scelte politiche e istituzionali - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, intervenendo alla Conferenza -: nessuno può dunque rinviare le scelte obbligate che questo comporta. Occorre agire ora, nel nostro Paese senza rimandare ad altri la responsabilità».

 

 

Il Golfo di Trieste in pericolo, l’allerta dei biologi: mare impoverito, per salvarlo più fondi alla ricerca

 

Il dipartimento di Oceanografia: «C’è la necessità di un piano di monitoraggio per trovare i rimedi al surriscaldamento»

L’effetto serra alla base dei problemi: dai fiumi meno sostanze nutritive

Investire sulla ricerca. É questa l’unica strada percorribile per bloccare il processo di desertificazione marina (ossia la scomparsa di flora e fauna marine) che sta colpendo il mare Adriatico e, di conseguenza, il golfo di Trieste. Solo così sarà possibile limitare i danni alle specie di pesci presenti in acqua, alla salute delle persone e pure quelli economici. «Per poter capire esattamente come il riscaldamento globale vada a incidere sull’ecosistema marino - spiega il direttore del dipartimento di oceanografia biologica dell’Ogs, Renzo Mosetti -, dovremmo avere in mano un piano di monitoraggio continuo di tutti i mari che bagnano l’Italia. Per questo, al termine della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, a cui sto presenziando a Roma, la nostra esigenza verrà espressa al Presidente del Consiglio, Romano Prodi». Mosetti ribadisce poi come le situazioni che, nei giorni scorsi, hanno portato il ministro all’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio a lanciare l’allarme prospettando un Adriatico destinato a diventare la copia del Mar Morto non siano da considerare strutturali e, pertanto, la prospettiva non può essere così catastrofica: «L’anomalia registrata nel 2003, con l’innalzamento della temperatura invernale della superficie del mare fino a 13 gradi e il conseguente mancato scambio di correnti nell’Adriatico, è stata un episodio eccezionale. Negli anni successivi, le cose sono tornate alla normalità e solo nel 2007 abbiamo assistito a una condizione simile, anch’essa a sè stante. Non possiamo dire che siano fenomeni consolidati».
Proprio dai laboratori dell’Ogs arriva un altro messaggio chiaro: «Bisogna fare prevenzione, per riuscirci lo Stato e in particolare il Ministero dell’università e della ricerca dovrebbe investire di più nel nostro lavoro - tuona il vicedirettore del Dipartimento di oceanografia biologica dell’istituto triestino, Marina Cabrini -. Nella fattispecie, per risolvere i problemi di cui stiamo parlando, sarebbe necessario programmare un lavoro decennale. In questo modo, potrebbe essere risolta anche la problematica della precarietà del personale dell’Ogs. Qui non c’è un biologo che abbia un contratto a tempo indeterminato. L’Italia, da questo punto di vista, è alla deriva».
Come puntualizzato due giorni fa da Paola Del Negro, la situazione in evoluzione nell’Adriatico, andando avanti, potrebbe portare già tra vent’anni ad un panorama di povertà di micro-alghe, organismi e pesci. Una condizione simile a quella dell’oceano, in cui le caratteristiche di massa dell’acqua rimangono simili a quelle del mare, ma vi è una quasi totale assenza di fauna marina (oligotrofia). Quasi una piscina gigante, insomma. Una situazione diversa da quella prospettata dal ministro Pecoraro Scanio: il Mar Morto è un bacino chiuso, ristretto, con un’alta concentrazione di sale, dove le uniche forme di vita sarebbero batteri e micro-organisimi. I rilevamenti dicono invece che la mutazione oceanica è possibile, alla lunga. Intermedia sarebbe poi una condizione paragonabile a quella del Mar Nero: profondità consistenti ma assenza di ossigeno e quindi di vita per il poco scambio di flussi d’acqua con la superificie. Anche in questo senso, però, non esiste alcun allarme.
L’impoverimento dell’Adriatico, comunque, è un dato di fatto legato al global warming del pianeta, ma non ha un rapporto di relazione decisiva con l’assenza della corrente fredda mancata nel 2003 e nell’ultimo inverno: «La tendenza che si sta riscontrando nel nostro mare - prosegue la Cabrini - è dettata da due cause. In primis, l’effetto serra che determina un aumento delle temperature e con esso la mancata formazione di nevi e ghiacciai, oppure il loro rapido scioglimento. Pertanto la portata dei fiumi che si riversano nel mare non solo è inferiore rispetto al passato, ma anche meno ricca sotto il profilo delle sostanze nutrienti per i micro-organismi. Si interrompe alla base, così, la catena alimentare del mare: perciò i pesci scappano o muoiono e l’effetto serra aumenta per l’assorbimento inferiore di anidride carbonica. Inoltre, ovviamente, la seconda causa è l’inquinamento. A tal proposito sarebbe auspicale un sempre maggiore ricorso da parte di industrie e fabbriche a depuratori e, inoltre, andrebbero approfonditi i controlli sugli scarichi e sulle ciminiere».
La variazione climatica sta cambiando pure il parco dei prodotti a disposizione dei pescatori. Oltre alla riduzione di numero e all’anticipazione dell’arrivo stagionale, si assiste al cosiddetto fenomeno della tropicalizzazione delle specie: «Anche in Adriatico - conferma la rappresentante dell’Ogs - sta cambiando il tipo di pesce a disposizione». E così scompaiono calamari, sgombri e sarde, mentre si materializzano il pesce nastro e il pesce pappagallo.

Matteo Unterweger

 

  

Dalla Riserva di Miramare arriva l’allarme rifiuti

 

Prospettive preoccupanti per il nostro mare non solo a causa del riscaldamento del clima, ma anche a causa dei rifiuti di ogni tipo che ogni anno invadono le acque marine. Il vetro, la bomboletta spray, la plastica, il mozzicone di sigaretta, il polistirolo, il contenitore in tetrapak, il detersivo, il pezzo di poliuretano o l'alluminio hanno effetti disastrosi per l'ambiente marino, poichè la loro durata media di conservazione in acqua varia da decine a centinaia d'anni. Secondo gli esperti della Riserva Marina di Miramare, il problema è serio e i segni dei rifiuti diventano sempre più evidenti: tali elementi non si decompongono come accade ai materiali naturali. Il mare, il moto ondoso, il sole e l'abrasione meccanica riducono per esempio la plastica in minuscoli frammenti. I rifiuti di plastica tendono inoltre ad accumularsi in quelle aree di mare dove i venti e le correnti sono deboli. «Si stima che in tutto il mondo ogni giorno circa otto milioni di tonnellate di rifiuti prodotti dall'uomo arrivino in mare, comportando un grosso pericolo per l'ecosistema» spiega Milena Tempesta, esperta della Riserva di Miramare.
Per quanto riguarda Trieste, è difficile quantificare però esattamente il volume di rifiuti che arrivano nel mare, poiché i loro effetti negativi si fanno sentire nel tempo non solo sull’habitat marino, ma anche su altri settori dell'economia. Secondo Milena Tempesta, lo scenario più pessimistico parla di «possibili perdite negli anni per esempio nel settore turistico a seguito del degrado delle coste e dei mari, ma anche di eventuali danni materiali sulle imbarcazioni o di una riduzione della quantità di pescato o di altissimi costi per il risanamento delle zone inquinate. I rifiuti possono arrivare dalle spiagge, ma anche dalle strade e dai fiumi, dalle abitazioni o dalle imbarcazioni». La Riserva Miramare si è fatta promotrice di varie iniziative pubbliche di sensibilizzazione. Tra queste anche la campagna di pulizia dei fondali «Cosa c'è sul fondo?», organizzata annualmente assieme ai circoli subacquei triestini. «Da un’ulteriore indagine fatta tra Trieste e le zone confinanti, si evince che il 57 per cento delle persone individua nella plastica il tipo di rifiuto maggiormente presente lungo le coste del golfo», osserva Milena Tempesta. Alla richiesta di dare possibili suggerimenti su come ridurre o evitare che i rifiuti giungano sulle coste, il 36 per cento degli intervistati indica nelle azioni di educazione e sensibilizzazione il metodo migliore, seguito da una necessità  di maggiori controlli e multe ai trasgressori oltre che da una raccolta più frequente.
g.p.

 

 

In città il primo corso sulla tutela ambientale sotto l’egida Unesco

 

Trieste ospiterà quest’anno sotto l'egida dell'Unesco il primo corso internazionale di alta formazione sulla tutela ambientale, organizzato della neonata «Agenzia per lo Sviluppo internazionale dell’ambiente - Asia», con sede a Trieste, che riunisce rappresentanti della Provincia di Trieste, del Ministero dell’Ambiente, dell’Unesco e di due enti scientifici cittadini, l’Area Science Park e il Centro internazionale di fisica teorica Ictp. Lo ha annunciato ieri il Consiglio di indirizzo della fondazione, riunito nella sede della Provincia per decidere il tema del corso, che sarà dedicato ai «Servizi degli ecosistemi, lo sviluppo sostenibile e il benessere». «Il corso si rivolge a circa 20 alti dirigenti e tecnici provenienti da dieci paesi diversi – ha spiegato Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste - e prenderà il via entro la fine del 2007». Il corso sarà organizzato nella sede dell’ex Imo-Ima, all’interno dell’ex comprensorio di San Giovanni. «Nei prossimi giorni faremo il sopralluogo per capire meglio in che stato si trova lo stabile – ha aggiunto la Bassa Poropat -. Poi, nel futuro, valuteremo seriamente anche la possibilità di assegnare l’edificio alla fondazione Asia e al nascente Istituto internazionale per una Partnership a favore dello Sviluppo Ambientale (Iped)». Il futuro Istituto, la cui nascita dovrà essere approvata dall’Assemblea generale dell’Unesco questo fine mese, sarà una nuova Agenzia delle Nazioni Unite, che si dedicherà specificamente alla formazione di tecnici internazionali nei settori della tutela dell'ambiente.
Gabriela Preda

 

 

Immondizie a Duino, spunta l’ipotesi di un impianto di riciclaggio

 

DUINO AURISINA Un fenomeno temporaneo destinato ad estinguersi, ma è necessario vigilare affinché non diminuisca a Duino Aurisina la raccolta differenziata. Questa, in sintesi, la posizione dell'opposizione di centrosinistra a Duino Aurisina dopo il vertiginoso aumento dei costi dovuti all'asportazione delle immondizie, 22mila euro extrabudget causati per buona parte dalla nuova abitudine dei monfalconesi di lasciare le loro immondizie a Duino Aurisina scavalcando il sistema del porta a porta instaurato nel loro comune. «Pensiamo - hanno dichiarato in una nota ieri Massimo Veronese e Maurizio Rozza, che il fenomeno dell'aumento dei costi dovuti alle immondizie dei monfalconesi debba essere considerato transitorio e destinato ad attenuarsi con l'incremento della raccolta differenziata porta a porta nel Monfalconese. Tuttavia, considerate anche le lamentele dei cittadini monfalconesi, l'esperienza induce a non prendere in considerazione il sistema porta a porta, fonte di notevoli disagi per gli utenti». L'opposizione ha proposto di incrementare la raccolta differenziata del vetro, soprattutto d'estate, e l'utilizzo delle ramaglie: «Abbiamo preso contatto con la comunella di Aurisina - dicono ancora Rozza e Veronese - e stiamo elaborando un progetto mirato: realizzare, con fondi della Provincia e del piano regionale di sviluppo rurale, un impianto per il riciclaggio del "verde" che consenta la produzione di energia, insomma un progetto innovativo di teleriscaldamento».

 

 

Inquinamento ignorato

 

In questo periodo si parla tanto di giovani, ma come al solito le persone si limitano soltanto a parlare senza poi concludere niente.
Sono uno studente sedicenne a cui il futuro interessa particolarmente e ho una critica costruttiva da fare nel riguardo della società moderna: il problema di cui voglio parlare è l’inquinamento, si parla tanto ma si conclude poco niente infatti basta vedere come poche persone girano con i mezzi pubblici, con biciclette o a piedi. Inutile parlare di euro4 quando buona parte della popolazione fa fatica ad arrivare alla fine del mese, l’unica soluzione plausibile sarebbe eliminare le automobili e i ciclomotori da tutta la città ma ovviamente è una cosa che richiede molto impegno e di conseguenza siamo in pochi a volerlo realmente, ma in una città come questa è importante! Si parla della Trieste famosa, importante, dell’antico splendore di una città che ora è morta. Una cosa però ci sarebbe per renderla importante e famosa nell’Europa: togliere le macchine e i motorini. Pensate quante persone parlerebbero della città dove sono stati vietati i mezzi privati? E poi per ora cosa si è fatto per l’inquinamento in città? Girando vedo solo una specie di autostrada sulle Rive che sembra fatta apposta per scoraggiare noi poveri ciclisti a circolare mentre zone periferiche come via Terz’Armata rimangono con muri pericolanti. Senza contare il numero ingente di incidenti a volte anche mortali che ci sono sulle strade. Se cercate di convincere un giovane a non guidare da ubriaco riuscirete con difficoltà a renderlo consapevole di quello che fa, facendo un sondaggio tra miei amici, 3 persone su 4 hanno il motociclo truccato che supera senza problemi i 50 km orari e a volte arriva fino a 100!
Probabilmente questo è solo un sogno di un qualsiasi tardolescente che però ci crede, ci spera! Più di tanta gente che se ne frega, e non provate a dire che i mezzi privati servono agli anziani per muoversi per città perché la maggior parte degli anziani si muove usufruendo dei mezzi pubblici come dovrebbero fare tutti! Spero che questa lettera serva a svegliare qualcuno che aiuti seriamente noi giovani a realizzare un sogno: vivere in una città pulita e originale che diventi importante per qualcosa di giusto!
Filippo Bua

 

 

La Ferriera di Servola

 

Per primo è stato il sindaco a gridare al miracolo (leggi Bingo!) quando la società Arvedi ha fatto sapere di avere delle mire sulla Ferriera di Servola. Dopo di lui anche i lavoratori hanno espresso di nutrire speranze nel caso fosse andato in porto, da parte dell’Arvedi, l’acquisto della Ferriera.
Forse anche i residenti dei molti rioni danneggiati in vario modo dalla suddetta fabbrica hanno sperato in qualcosa a loro favore sentendo affermare la volontà della futura proprietà di riservare attenzione all’impatto ambientale.
Purtroppo non è oro tutto ciò che luccica!
Leggendo un articolo apparso su una rivista locale ho acquisito notizie ben poco rassicuranti! A chi dice che la Arvedi sarebbe capace di conciliare la produzione siderurgica con la tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e residenti viene contrapposto il fatto che la popolazione di Spinadesco (ove si colloca l’Arvedi) non solo non sostiene il potenziamento dell’acciaieria già esistente ma esprime parere contrario causa le emissioni nocive nell’atmosfera, i rumori persistenti, le scorie di cui si vorrebbe sapere la natura. Gli abitanti di Spinadesco inoltre lamentano la bocciatura della richiesta di un referendum col quale potrebbero pretendere maggior cura verso l’impatto ambientale.
Si noti che la Costituzione affida ai Comuni la facoltà di approvare l’indizione di un referendum. Perché il sindaco di quella cittadina lombarda ha respinto la richiesta dei cittadini? A detta della consigliera Maria Teresa Puliti «... a Sinasco c’è tanta paura di fronte alla potenza di Giovanni Arvedi che viene considerato uno contro il quale non si può fare nulla, che nella sua città è un re che gode di appoggi trasversali, che ha il consenso di tutte le forze politiche...».
Siccome l’ampliamento (vorrebbero un forno...) delle acciaierie Arvedi non sembra possibile in Lombardia (ci sono dei ricorsi al Tar, uno a Brescia contro la Regione e uno a Cremona contro il Comune), perché non volgere lo sguardo a Trieste dove da anni i residenti lamentano notevoli disagi, un alto numero di morti per tumore, leucemia specie in soggetti giovani e malattie respiratorie di vario tipo ma dove, malgrado tutto ciò la Lucchini continua, anzi aumenta a dismisura le sue emissioni nocive, accetta il carico e lo scarico di Klinger che viene portato nella Slovenia ma che la stessa non vuol fare transitare per il porto di Capodistria, brucia, specie di notte, materiali che versano nell’aria fumi tossici a non finire (ultima vittima martedì 28 agosto il vigile urbano che si è sentito male durante un controllo mattutino sull’inquinamento della Ferriera).
Queste considerazioni dovrebbero insegnare ad essere molto cauti di fronte alle facili e fallaci lusinghe. Auspico che anche le autorità preposte alla salute dei cittadini meditino su quanto scritto, sappiano smascherare le facili promesse, si facciano carico di decisioni che solo a loro è dato prendere.
Mirella Della Puppa

 

 

Polmoni verdi

 

Dopo due anni di confronto, valutazioni tecniche, stime patrimoniali e colloqui con i residenti si è finalmente messo fine alla questione inerente l’alienazione di alcuni terreni comunali, attualmente adibiti ad aree verdi.
Un ringraziamento al sindaco Dipiazza e all’assessore Tononi che dopo un’attenta analisi hanno convenuto sull’impossibilità di cedere ai privati zone di pregio della nostra città.
Ma se nei prossimi anni Trieste riuscirà a non essere ulteriormente soffocata dal cemento ma altresì conserverà piccoli, ma vitali, polmoni verdi come via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via Verga e vicolo dei Roveri, il merito più grande va dato al consigliere comunale forzista Lorenzo Giorgi che da anni si è battuto per la loro salvaguardia.
Gli scriventi Comitati esultando per l’obiettivo ottenuto lo ringraziano pubblicamente.
Comitati salvaguardia via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via Verga, vicolo dei Roveri

 

 

 

 

 IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 settembre 2007

 

 

Enel: inverno al freddo e al buio  - L’amministratore delegato Conti lancia l’allarme, ma il ministero dell’Ambiente ribatte

 

«Il gas non è sufficiente. Sono state fatte valutazioni errate»

 

MILANO Torneremo a scaldarci con legna e carbone, come i nostri nonni o bisnonni? Possibile. L’allarme è stato lanciato ieri da Fulvio Conti, amministratore delegato dell’Enel. «Rischiamo ancora di rimanere al freddo e al buio. Siamo ancora più fragili di due anni fa, quando scoppiò il contenzioso fra Russia e Ucraina», ha detto il manager. Il riferimento è al gas che il nostro Paese importa dalla Russia e ai sistemi di stoccaggio.
«Il gas - dice Conti - sarà sempre più caro e sarà sempre legato al prezzo del petrolio, e anche con i rigassificatori il prezzo non scenderà. Non scende in Francia dove ne stanno costruendo quattro e non scende in Spagna, dove ne stanno facendo sette. Però i rigassificatori sono importanti perchè riducono il rischio di approvvigionamento da soli tre tubi».
Per Conti, la «fragilità» del sistema dipende da una «errata valutazione del ministero dell’Ambiente che ha blocato 500 milioni di metri cubi».
L’amministratore delegato dell’Enel, dunque, spiega che i rigassificatori restano utili e cita il caso dell’impianto di Porto Empedocle (in Sicilia), capace, da solo, di soddisfare il 10% del mercato italiano, ma in attesa da anni di autorizzazioni.
Immediata la replica del ministero dell’Ambiente. «Nessuna errata interpretazione - dice una nota - e se Conti si riferisce al sito di stoccaggio di Settala (Milano), si deve sapere che la società che l’ha in gestione ha chiesto una valutazione di impatto ambientale per essere autorizzata ad aumentare del 7% la pressione di stoccaggio». Una risposta, però, non è arrivata.
Contro il manager dell’Enel anche il verde Bonelli.
«L’Italia - dice - ha un potenzione di energia elettrica installata di 80 mila megawatt, mentre il consumo registrato quest’anno è di 56 mila megawatt, tanto che in alcuni periodi dell’anno esportiamo energia. L’Enel è tenuta a rispettare le leggi dello Stato e non ad alimentare psicosi».
Si fa sentire anche Legambiente. «L’Enel, con questi discorsi, fa capire di volere più carbone per alimentare le proprie centrali. In Italia ci sono problemi irrisolti che sono quelli delle nuove centrali elettriche e dei rigassificatori, però il carbone va contro l’impegno di abbattere drasticamente l’emissione di gas serra nel nostro Paese».
Una soluzione «per non restare al freddo e al buio» la propone la Coldiretti. «Si possono usare il legno o il granoturco. Servono a risparmiare e a ridurre l’emissione di gas», spiega una nota. «E’ possibile riscaldare una casa di centro metri con una speciale caldaia alimentata a chicchi di granoturco. Ci vogliono 30 chili al giorno di «carburante», che costa 13-15 centesimi al chilo. Secondo i tecnici, consente un risparmio del 50-60% rispetto al gasolio o al metano, contribuendo a ridurre l’emissione di gas a effetto serra».
Gigi Furini

 

 

Golfo di Trieste sempre più caldo, pesci in fuga

 

I biologi dell’Ogs sui pericoli per l’Adriatico: «Rischia di diventare una sorta di piscina, senza più flora né nutrimento per le specie ittiche»

«Se le temperature del mare continueranno a salire, in 20 anni sarà desertificato, senza più vita»

Il surriscaldamento della Terra nella sua globalità e, quindi, anche della superficie del mare, con la derivante scomparsa di micro-alghe, la conseguente interruzione della catena alimentare marina alla sua base e la progressiva riduzione nell’assorbimento di anidride carbonica (con aumento dell’effetto serra per la mancanza di precipitazioni) potrebbero portare infatti tra 20-30 anni a una situazione comunque estrema, anche se un po’ diversa da quella paventata da Pecoraro Scanio, pure nella zona triestina. «Stiamo assistendo ad un progressivo impoverimento del mare Adriatico - spiega Paola Del Negro, biologa dell’Ogs, Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - per il quale tra almeno vent’anni si potrebbe materilizzare una situazione molto simile a quella di una piscina, un contesto quasi oceanico cioè con pochissimi micro-organismi e pesci. La prospettiva invece che si formi una palude non è supportata al momento da dati sufficienti». I mutamenti climatici comportano al momento un doppio rischio: «Oltre ad avere meno alghe e pesci - prosegue la Del Negro -, ci potremmo trovare sempre più a fare i conti con specie tossiche di organismi. L’aumento di batteri patogeni comporterebbe dei pericoli maggiori direttamente per i bagnanti. Ovvio che a questo quadro andrebbero a sommarsi le difficoltà per i pescatori: senza micro-alghe, ovvero il loro nutrimento, i pesci non sopravviverebbero».
L’aumento della temperatura del mare nel golfo di Trieste è un fenomeno innegabile: «Rispetto al periodo 1991-2003 c’è stato ultimamente un innalzamento di due gradi e mezzo nel periodo estivo. Il problema è che in tutto l’Adriatico c’è stata una forte riduzione negli apporti dati dalle acque dolci, dai fiumi: veicolano sostanze inquinanti, ma allo stesso modo contengono tanti nutrienti per gli organismi che popolano il mare. Ora, invece, è in corso una sorta di desertificazione di flora e fauna marine collegata appunto al caldo eccessivo. La soluzione a queste problematiche? La ricerca di laboratorio in cui si forzano alcuni parametri, per vedere cosa succede, prevedere e comportarsi di conseguenza». La condizione del golfo triestino, peraltro, potrebbe aggravarsi per altri motivi: «Dovessero bloccare davvero il depuratore di Servola - conclude la Del Negro - e comparisse un giorno un rigassificatore in mezzo al mare, si avrebbe l’ennesimo impatto ambientale con un depauperamento della fauna marina».
Sulla questione dell’incremento dell’effetto serra torna Marina Cabrini, collega della Del Negro: «L’anidride carbonica presente nell’atmosfera è assorbita per metà dalle foreste e per metà dal fitoplancton, ecco perché è importante studiare in modo approfondito la situazione. Oltre all’aspetto quantitativo, però, va curato pure quello qualitativo: la biodiversità e il caldo comportano sempre più l’introduzione e la prolificazione di organismi esotici e dannosi».
Sarà a Roma in questi giorni anche Renzo Mosetti, direttore del personale del Dipartimento di biologia dell’Ogs, che sulla previsione del ministro Pecoraro Scanio osserva: «L’ipotesi estrema, di vedere l’Adriatico trasformarsi rapidamente in Mar Morto è catastrofica e non è avallata da dati evidenti. Nell’ultimo anno, è vero, si è verificata una situazione particolare, con una media della temperatura della superficie del mare di 10 gradi, più alta del passato. Ciò che è venuto a mancare, per un regolare raffreddamento, è stata la formazione di acqua densa, salina che solitamente era generata grazie alla bora e, uscendo dal canale di Otranto, generava la corrente che contribuiva alla concentrazione del Mediterraneo. Però, da qui a dire che il vento non riesca più a raffreddare il mare, ancora ce ne passa. Per trarre conclusioni di un certo tipo, è il caso di studiare serie lunghe, i cui fenomeni si ripetano nel tempo. Come non è detto che il problema del surriscaldamento globale sia riconducibile a ragioni antropiche».

 

 

Pescherecci, in tre anni caleranno del 50%  - Il taglio della flotta regionale legato alla riduzione del pescato. Doz: «Attività chiusa già a metà agosto»

 

Da 600 a 300 barche: i cambiamenti climatici colpiscono l’economia

La flotta regionale dei pescherecci verrà ridotta del cinquanta per cento nei prossimi tre anni. Il numero delle imbarcazioni passerà così da 600 a 300 entro la fine del 2010. Uno dei rischi maggiori, derivanti dall’ulteriore impoverimento della catena alimentare marina che potrebbe verificarsi nel prossimo futuro nell’area adriatica, è infatti direttamente quello economico. Strettamente legato, quindi, alla pesca e alla vendita dei prodotti ittici.
Già negli ultimi anni, i professionisti del settore si sono trovati di fronte a riduzioni sostanziali nelle quantità disponibili. Messi a confronto costi e benefici, i primi superano i secondi ormai di gran lunga. Sono insostenibili. Ecco perché è alle porte un taglio drastico sui mezzi disponibili, aspetto che in ogni caso non verrà accompagnato da rinunce a livello di personale. I posti dei lavoratori non sono assolutamente in pericolo.
«I cambiamenti climatici hanno portato delle mutazioni evidenti in mare - spiega Guido Doz, presidente di Agci Pesca provinciale -. Nel periodo estivo degli ultimi tre anni, ad esempio, si sono verificati degli anomali anticipi nell’arrivo del pesce già a marzo. Solitamente, invece, dovevamo aspettare fino a maggio o addirittura l’inizio di giugno per dare il via all’attività. A metà agosto, poi, il golfo si è completamente svuotato, mentre in passato si proseguiva sino a settembre. Anche col fermo pesca non c’è stato nulla da fare, per la totale mancanza di risorse. Le sarde sono sparite, calamari e sgombri pure, cernie e scarpene sono praticamente impossibili da trovare se non comperandole all’estero». La situazione è avviata a farsi sempre più difficile: «In prospettiva siamo molto preoccupati - continua Doz -, per poter tenere in piedi il settore e far fronte a tutte le spese, nei prossimi tre anni abbiamo programmato di ridurre da 600 a 300 la nostra flotta regionale. I rappresentanti delle cooperative che operano in Friuli Venezia Giulia si sono detti d’accordo e, in più, abbiamo già esposto la questione sia alla Regione che al Governo. Questo scenario non comporterà comunque alcuna riduzione dei posti lavoro. Anzi, a dire il vero siamo sempre alla ricerca di personale»
Secondo Salvatore Pugliese, delegato della Lega Pesca, le difficoltà della zona dell’Alto Adriatico sono da ascrivere non solamente a questioni ambientali: «Il problema principale che ci troviamo davanti non è tanto quello dell’innalzamento della temperatura - dice -, ma piuttosto il fatto che non si riesca a capitalizzare tutto lo sforzo lavorativo attuato dai pescatori di quest’area. Abbiamo un numero eccessivo di pescherecci rispetto alla carenza di prodotto generale. Siamo l’ultimo compartimento dell’Adriatico, dunque la problematica della povertà ittica ricade per forza su di noi». Proprio per questo, Pugliese si dice assolutamente concorde con il progetto di riduzione delle imbarcazioni disponibili illustrato da Doz: «Il fatto che la quantità di pesce stia calando anno dopo anno è indubbio, per tanto ritengo utile un taglio dei motopescherecci».
A non far dormire sonni tranquilli l’intero settore locale, poi, è anche un’altra ipotesi: «Dovessimo trovarci davanti pure alla presenza di un rigassificatore in mezzo al mare, allora le cose peggiorerebbero ulteriormente. Inciderebbe sicuramente sull’attività, non ci piove», aggiunge Pugliese.
Infine, il rappresentante della Lega Pesca si sofferma su un altro aspetto, prettamente commerciale: «Le difficoltà dei pescatori triestini vanno ricondotte anche alla scarsa valorizzazione del nostro pesce azzurro. Le istituzioni non lo pubblicizzano a dovere, oppure lo fanno male».
ma. un.

 

 

Addio sarde, ecco il pesce nastro - Come cambia il panorama ittico della zona: in aumento le acciughe

 

Scompaiono le sarde, i calamari e gli sgombri, di cernie e scarpene nemmeno l’ombra già da un paio d’anni, da registrare invece le novità pesce nastro e pesce pappagallo. Questo il nuovo scenario della fauna marina nel golfo di Trieste. Le variazioni del clima e le conseguenze delle stesse sugli «abitanti» del mare stanno cambiando, nella sostanza, anche il mercato della pesca. Nell’ultimo triennio, infatti, i professionisti e gli esperti del settore, hanno assistito a una sorta di mini-rivoluzione in campo ittico. Sarde, calmari e sgombri, ormai, si importano quasi esclusivamente dall’estero in tutta Italia e, dunque, pure nell’area adriatica. Scarseggiano anche le mormore in inverno, mentre recentemente, tra luglio e metà agosto, si è verificato un notevole incremento nel numero di acciughe. Un’eccezione nel parco del cosiddetto pesce azzurro che sembra risentire in maniera decisamente negativa della riduzione delle microalghe, legata al riscaldamento del mare.
I cambiamenti climatici, però, hanno evidentemente comportato alcune migrazioni. Ecco perché i pescatori triestini hanno avvistato la presenza nel golfo del pesce nastro, specie pelagica dal corpo argenteo che vive tra la superficie e una profondità massima di 900 metri e le cui uova erano state spesso individuate in passato nella zona dello stretto di Messina. Noto a Napoli come «Squaglia sole», al massimo può raggiungere anche i tre metri di lunghezza.
Il pesce pappagallo presenta un corpo molto allungato, con squame grandi e pinne lunghe. Arriva anche a toccare i due metri di lunghezza. Come caratteristiche peculiari, vanno segnalate una certa attitudine all’interazione con gli esseri umani e, in generale, una vivacità diffusa in tutti gli esemplari. Dorme solitamente sotto uno strato di sabbia, avvolto in un velo formato da una sostanza vischiosa.
ma.un.

 

 

Piano del traffico, rinvio con polemiche - Passa una mozione di Fi. L’opposizione: «Nascondono le loro divisioni»

 

IN COMMISSIONE URBANISTICA

Doveva essere il «grande giorno» del piano del traffico: quello della prima uscita della bozza Camus in una sede istituzionale. Ma la seduta della Sesta commissione, convocata ieri dal presidente Roberto Sasco dell’Udc su richiesta del centrosinistra, si è risolta in un nulla di fatto. Seminando imbarazzo nella maggioranza e facendo gridare allo scandalo l’opposizione, che ha abbandonato i lavori per protesta.
La presentazione della bozza redatta dal professor Camus (che non è stato invitato dalla commissione) è stata infatti rinviata a data da destinarsi. Motivo: l’approvazione di una mozione d’ordine proposta a sorpresa da Everest Bertoli di Forza Italia (che non fa parte della commissione, ma che era autorizzato a partecipare in sostituzione di Piero Camber) il quale ha chiesto «il rinvio dell’illustrazione dopo che ai consiglieri sarà consegnata una copia del documento per poterlo analizzare preventivamente».
Una mossa, questa, messa in atto subito dopo le dichiarazioni dell’assessore Maurizio Bucci, che aveva definito la bozza Camus, «a disposizione dei consiglieri dal 15 febbraio 2005», un fascicolo «di cui si può prendere visione ma che non può essere distribuito all’esterno».
«Non mi sembra giusto - ha ribattuto Alessandro Minisini della Margherita - perdere l’utilità di questa seduta. Sentiamo la proposta e poi chiediamo di farci pervenire gli atti per successive valutazioni». «Si sta ledendo un diritto democratico della maggioranza», gli ha fatto eco il segretario dei Ds Fabio Omero.
Alla fine, però, la mozione è stata messa ai voti e il rinvio è passato per otto a sette per effetto delle mani alzate fra i banchi del centrodestra. «Mosche bianche» il forzista Giovanni Russo e lo stesso Sasco, i quali hanno votato con il centrosinistra.
L’opposizione, per voce del capogruppo della Margherita Sergio Lupieri, boccia l’accaduto come «l’ennesima dimostrazione che la maggioranza è divisa e non è capace di far fronte ai bisogni urgenti della città». Questo mentre il centrodestra, a cominciare da Bucci, se la prende implicitamente proprio con Sasco, giudicando «inopportuna una convocazione della commissione in una fase strettamente tecnica come questa, su un documento che la giunta non ha ancora valutato in maniera definitiva e sul quale, pertanto, la commissione non può ancora incidere. Forse sarebbe stato più giusto un incontro riservato».
«Mi resta l’amaro in bocca - replica tuttavia Sasco - perché è stata un’importante occasione persa per affrontare, in un organo ufficiale, un tema di cui discute tutta la città». «È stata una brutta figura per la commissione - chiude Claudio Giacomelli di An - ma non ne farei un dramma. Non mi risulta, però, che ci sia alcun segreto istruttorio che consente solo di visionare il documento senza averne copia».
pi.ra.

 

 

«Duino paga 22 mila euro per i rifiuti altrui»

 

Ret: più immondizie da smaltire da quando è iniziato il porta a porta a Monfalcone

Alcuni cittadini del comune limitrofo utilizzano i bottini dell’indifferenziata a San Giovanni di Duino, Sistiana e lungo la costiera DUINO AURISINA Una bolletta di 22mila euro. E' quanto costerà, extra budget, per tutto il 2007, al comune di Duino Aurisina l'avvio della raccolta differenziata porta a porta avviata a Monfalcone. L'amministrazione comunale di Duino Aurisina ha quantificato il problema, nel momento in cui, con il riassetto del Bilancio, ha sfogliato i dati relativi ai costi di asportazione e incenerimento delle immondizione, clamorosamente sforati dal budget. Non si tratta di un conto sbagliato a preventivo, ma di un aumento inatteso e molto sensibile della qualità di immondizie da trasportare e portare all'inceneritore: «La gran parte di questo extra - ha affermato ieri il sindaco Giorgio Ret - deriva dall'aumento della presenza di immondizie nella zona di San Giovanni di Duino, Sistiana e lungo la Costiera. Un aumento iniziato con l'avvio della raccolta differenziata porta a porta a Monfalcone».
Se le cose continueranno con questo ritmo, tra due mesi si arriverà a un costo extra di 22mila euro: anche che una piccola parte dell'aumento delle immondizie sia da imputare al turismo (tremila arrivi in più) essendo la popolazione stabile e il trend costante, non ci sono altre spiegazioni. «Abbiamo la certezza che questo fenomeno dipende in molta parte da Monfalcone: i bottini delle immondizie di San Giovanni di Duino erano sempre mezzi vuoti, ora sono traboccanti, e purtroppo chi li utilizza non butta le immondizie in maniera differenziata, ma solo nel residuo secco, e quindi per noi i costi aumentano. Abbiamo continue telefonate in comune di residenti che denunciano la situazione». Sotto accusa, almeno secondo le segnalazioni, i cittadini di Monfalcone e zone limitrofe, ma anche i proprietari di esercizi pubblici, alle prese con tanta immondizia da smaltire: «Una situazione che non può continuare - dichiara Ret - ma contro la quale non abbiamo armi, perché buttare le immondizie in un altro comune non è un reato. Potremmo solo multare le persone che in maniera indifferenziata utilizzano solo i bottini del secco residuo per buttarci di tutto, ma non è una soluzione fattibile». Il sindaco la prende con ottimismo: «Ho parlato pochi giorni fa con i sindaci del mandamento: quando Staranzano iniziò il porta a porta, molte persone buttavano le immondizie a Ronchi, poi Ronchi si è adeguata, e tutti buttavano a Monfalcone, ora tocca a noi, ma sono fiducioso che questo trend si interrompa, nel momento in cui il servizio a Monfalcone sarà rodato».
Resta il fatto che Duino Aurisina ha dovuto spostare 22mila euro in quel capitolo, soldi che si sarebbe potuti utilizzare diversamente: «Non ci sono problemi di bilancio, certo la cosa non è piacevole - ha concluso il sindaco - e dobbiamo fare in modo che si risolva, anche perché gli abitanti di Duino Aurisina sono sempre stati molto ligi nell'applicare la raccolta differenziata».
Anche su questo fronte, per il 2008, l'amministrazione comunale intende però lavorare di più: «Le quote di raccolta indifferenziata sono leggermente salite, indipendentemente dal fenomeno Monfalcone: «Dobbiamo tornare a fare promozione a favore della differenziata, abbiamo in preventivo di inviare una lettera di sensibilizzazione ai cittadini per tornare agli standard di qualche tempo fa».
Francesca Capodanno

 

 

Rigassificatori: sondaggio

 

In merito al sondaggio della Swg sui rigassificatori a Trieste (Il Piccolo del 4 agosto 2007), sono rimasto colpito dall’alta percentuale (54%) degli intervistati che ha dichiarato di essere poco o per nulla informata sull’argomento.
Mi sembra quindi che sia proprio la disinformazione l’aspetto su cui puntano i nostri amministratori per far accettare questi impianti.
Anche le parole dell’assessore Sonego, riportate dal Piccolo del 23 agosto scorso, sembrano distinguersi per questa caratteristica, quando egli indica solo negli ambientalisti i contrari a questi insediamenti.
Vorrei ricordargli che, sulle colonne del Piccolo, ad esprimersi contro i rigassificatori nella baia di Muggia con argomentazioni precise ed approfondite, sono state persone delle nostre istituzioni scientifiche di cui elenco alcuni nomi: il professore emerito di chimica all’Università di Trieste Giacomo Costa, il docente di Fisica Tecnica alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore Pierluigi Barbieri, docente di Valutazione del Rischio Chimico all’Università di Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich.
Non mi pare che questi studiosi siano degli sprovveduti imbonitori di popolo o degli attivisti delle associazioni ambientaliste.
Ricordo solo, per restare vicino a casa, ciò che accadde con il Vajont. Anche allora, come oggi, gli amministratori pubblici assecondarono le imprese (la Soc. Sade), mentre i geologi e i giornalisti che denunciavano i pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati per diffusione di notizie false e tendenziose. Poi ci fu la catastrofe.
Ad ogni modo, se l’assessore Sonego è tanto sicuro della bontà delle sue opinioni, rassicuri la popolazione («male informata da esperti che non sono esperti sulla materia», come disse a suo tempo il governatore Illy) provvedendo ad organizzare quanto prima una serie di dibattiti politici, in televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e convincente. E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi definitivamente.
Silvano Baldassi

 

 

 

 IL PICCOLO - MARTEDI', 11 settembre 2007 

 

 

Prodi: «Sì all’elettrodotto fra Italia e Slovenia»  - Per i rigassificatori intesa tra Roma e Lubiana: «Faremo progetti trasparenti e accettabili»

 

Il vertice a Brdo pri Kranju rinsalda i rapporti fra i due Paesi. Non si è parlato della rinegoziazione degli accordi sui beni abbandonati

BRDO PRI KRANJU Italia e Slovenia devono fare sistema ed attuarlo nella regione transfrontaliera dell’Alto Adriatico. È questa una delle conclusioni del vertice bilaterale di ieri tra il presidente del Consiglio, Romano Prodi e il premier sloveno, Janez Jansa svoltosi a Brdo pri Kranju.
Un sistema che comprende settori strategici quali l’energia, la portualità e le infrastrutture. «Abbiamo bisogno di un nuovo grande elettrodotto» tra Italia e Slovenia», ha affermato Prodi nella conferenza stampa congiunta convocata al termine dei colloqui con il premier Jansa. Prodi ha osservato che, pur a fronte «divergenze sul tracciato con il Friuli, è interesse comune dei due Paesi l'integrazione tra i sistemi elettrici», anche sotto il profilo dei prezzi. Il presidente del Consiglio ha indicato l'esempio del mercato transfrontaliero dell'energia già in atto tra Francia, Germania e Benelux e ha auspicato pertanto il coinvolgimento dell'Austria in un nuovo mercato tra Italia e Slovenia. Ma è necessario fare in fretta, avverte. L'elettrodotto rientra tra le opere finanziate dal programma europeo Ten, ma per ottenere il sostegno di Bruxelles è indispensabile presentare il progetto entro il 2007, quindi, insiste, «i tempi sono limitati» e le divergenze sul percorso dovranno essere risolte in tempi brevi.
I temi economici nell'agenda dei colloqui con Jansa hanno toccato anche altri aspetti delle relazioni tra i due Paesi, che tra l'altro fanno registrare, ha sottolineato Prodi, una «crescita straordinaria» nel commercio. «Nel 2006 - ha precisato Jansa - l’interscambio è aumentato di 5,5 miliardi di euro pari a un più 15%» e per facilitare questo processo il premier ha annunciato l’apertura della Slovenia di un nuovo ufficio commerciale a Milano. Si è dunque parlato di infrastrutture ed in particolare del sistema portuale. Prodi ha ribadito la sua proposta di collaborazione tra Trieste e Capodistria, definendo i due scali «due banchine dello stesso porto», osservando che va imparata la lezione di Rotterdam e Amburgo e quindi non ci devono essere ragioni perchè i Paesi che vanno dalla Svizzera all'Ungheria non si servano dell'Alto Adriatico, così come gli enormi mercati asiatici. «Sarò ossessivo - ha precisato Prodi - ma Trieste, Capodistria, assieme a Fiume devono diventare un unico porto se non non avremo lo spazio economico necessario affinchè un porto esista». Impegno in questo senso è stato altresì garantito anche dal premier sloveno Jansa.
Su Luka Koper, la società che gestisce lo scalo capodistriano, e su Intereuropa, la principale società di trasporti e logistica della Slovenia, hanno messo gli occhi le Deutsche Bahn (Ferrovie tedesche) che in cambio del pacchetto azionario di maggioranza sono pronte a investire nella realizzazione della tratta slovena del Corridoio 5 tra Capodistria e Divaccia e al confine ungherese. Ma molti osservatori in Slovenia fanno notare il rischio che così facendo la Germania veicoli tutta la merce «sporca», ossia carbone e altri elaborati industriali verso lo scalo del Litorale, riservando per i porti del Nord Europa le merci «pulite», quali container e altri prodotti finiti. Anche per questo un raccordo con l’Italia potrebbe fornire maggiori garanzie operative.
Italia e Slovenia sono inoltre impegnate nella futura realizzazione di rigassificatori, a Trieste e a Capodistria (anche se qui c’è la netta avversione del sindaco Popovic), ma con una comune attenzione per l'ambiente. «Ne abbiamo parlato - ha riferito Prodi - e ho assicurato il premier che comunicheremo ogni dettaglio del progetto in maniera analitica, l'Italia ha necessità di questo rigassificatore» e, conclude, lo faremo in «trasparenza» per ogni passaggio esecutivo. «Sono sicuro - gli ha fatto eco Jansa - che così operando renderemo il progetto accettabile».
Esaminate anche le opportunità per i gruppi italiani in vista di nuovi possibili investimenti diretti nel Paese, «che - ha precisato Prodi - sono a tutt’oggi troppo lacunosi». Il presidente del Consiglio ha citato in particolare gli esempi di Finmeccanica e di Autostrade per la quale potrebbero aprirsi opportunità per quanto riguarda la diffusione dell'automazione della riscossione dei pedaggi.
Ampio spazio è stato concesso anche ai temi delle minoranze, quella slovena in Italia e quella italiana in Slovenia. Prodi ha definito le minoranze «un patrimonio di risorse da valorizzare e non disperdere con lo spirito di cooperazione nel comune destino europeo». Jansa ha ringraziato il presidente del Consiglio per l’attuazione della legge di tutela globale della minoranza slovena e ha altresì annunciato che nel processo di regionalizzazione in corso nel Paese «sarà garantita la rappresentatività della minoranza italiana e nelle nuove istituzioni locali saranno attuati tutti i principi di tutela».
Non si è parlato invece di una rinegoziazione degli Accordi di Roma relativi all’indennizzo per i beni abbandonati dagli esuli nel dopoguerra. E l’Italia, per ora, non ha nessuna intenzione di prelevare quanto già versato (70 milioni di dollari) dalla Slovenia su un conto fiduciario presso la Dresdner Bank di Lussemburgo per quanto riguarda i 110 milioni di dollari allora pattuiti con la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia. «Su Osimo - ha detto Prodi - c’è la commissione mista che lavora e mi auguro che si elaborino proposte che diano significato allo spirito di collaborazione tra Italia e Slovenia». «Noi abbiamo fatto quello che dovevamo - ha precisato invece Jansa - e dopo aver versato la somma sul conto lussemburghese per noi il problema è chiuso e attualmente non ci sono situazioni nuove a riguardo».

Mauro Manzin

 

 

Dipiazza: «Il nuovo depuratore realizzato in project financing» - Il sindaco anticipa la soluzione del leasing per adeguare l’impianto di Servola

 

«Quello del depuratore fognario di Servola è un problema che dobbiamo risolvere tutti quanti assieme, perché ci sono delle esigenze che devono essere rispettate». È il monito del sindaco Roberto Dipiazza davanti all’imminente conferenza di servizi («sarà convocata a giorni», dice il primo cittadino) che metterà attorno a un tavolo Comune, Provincia, AcegasAps e Autorità portuale.
In ballo c’è l’adeguamento alle norme di legge di un impianto che serve il centro cittadino (dal cavalcavia di Barcola e strada del Friuli fino a via Valmaura, per complessivi 180mila abitanti equivalenti), per il quale a fine mese scade l’autorizzazione dello scarico a mare rilasciato dalla Provincia. Sulla concessione della «proroga» Dipiazza non ha il minimo dubbio. «Qui si sta ripetendo la storia dell’inceneritore (chiuso dopo uno sforamento nei parametri di emissioni, ndr). Paradossalmente in Italia è controllato solo chi possiede un impianto che consente di limitare l’inquinamento - dice il sindaco - mentre chi non ce l’ha può fare ciò che vuole».
Davanti alla richiesta dell’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che chiedeva delle garanzie sul «piano di adeguamento» del depuratore di Servola, il primo cittadino risponde che «il programma messo a punto dall’AcegasAps esiste già, compreso il progetto preliminare». Prima di realizzarlo, però, bisognerà ottenere dall’Autorità portuale un terreno di 27mila metri quadrati attiguo all’impianto. Un’altra questione delicata che coinvolge anche altre realtà; nello stesso sito, infatti, doveva insediarsi la Sertubi per fare posto alla marina di Porto Lido. Un intreccio che, sempre secondo Dipiazza, si risolverà nel corso della conferenza di servizi.
L’unico problema pratico indicato dal sindaco è il reperimento dei 50 milioni di euro per la realizzazione dell’opera. «Non sono quattro soldi, ma posso anticipare che attorno a questo progetto - dice il sindaco - c’è molto interesse da parte di alcune società specializzate in leasing. Bandiremo un project financing per finanziare l’opera». Un adeguamento ormai improrogabile quello del depuratore, sul quale AcegasAps sta lavorando da tempo, senza dimenticare l’impianto esistente che, dal 2000 in poi, è stato più volte migliorato negli scarichi a mare realizzando una condotta sottomarina lunga 7 chilometri con 3 chilometri di diffusori.
p.c.

 

 

Spuntano sette nuove case sulla Costiera  - La circoscrizione ha dato parere negativo. Bucci: «Il progetto ha già avuto il via libera»

 

Intervento edilizio in un’area pregiata della costa: si tratta di una costruzione turistica ma si teme che diventi residenza fissa

Un tempo, ancora dopo il secondo dopoguerra, quei terreni ospitavano viti e olivi, tra poco i resti di quelle pregiate colture mediterranee disposte su antichi terrazzamenti, faranno spazio a sette unità immobiliari per residenze a uso turistico, in un tratto sottostante la strada statale n. 14, meglio nota come Costiera, non distante da una nota trattoria, vicina a una vecchia casa cantoniera, e non troppo lontano dalla frazione di Grignano.
Si tratta dell’ennesimo intervento edilizio sulla costiera triestina, l’area più pregiata e panoramica di tutto il comprensorio provinciale. Sul piano particolareggiato privato, destinato a tradurre nella realtà i nuovi insediamenti, la circoscrizione di Altipiano Ovest è stata chiamata a dare il proprio parere puramente consultivo ed è stato del tutto negativo.
«Dalla lettura del piano – spiega il presidente del primo parlamentino Bruno Rupel – abbiamo appreso che si tratta di un progetto che prevede la realizzazione di 7 unità immobiliari residenziali a uso turistico che verranno dislocate su di una superficie di circa 3.000 metri quadrati. Ogni appartamento dovrebbe misurare attorno ai 70 mq, e godrà della vista sul golfo». Il parlamentino ha espresso in modo unanime un parere negativo al progetto.
«Non siamo contrari tout court a tali opere – riprende il presidente – ma qui ci troviamo di fronte all’ennesimo attacco a una delle aree panoramiche più importanti dell’intero capoluogo. Di questo passo rischiamo di snaturare completamente la costiera triestina, senza dimenticare poi che vi sono concrete possibilità che nuovi interventi edilizi vadano a compromettere la stabilità di versanti che da tempo risultano a rischio di slittamento verso il mare».
Accanto al parere negativo, due ulteriori considerazioni: «Il Comune ha detto di recente di voler tutelare la costiera e le altre aree pregiate della nostra città – continua Rupel – e dunque non mi spiego come oggi ci troviamo a dover esprimerci sull’ennesima costruzione che si insinua lungo la fascia costiera. La cosa singolare – ragiona il presidente – è che ci dicono che le palazzine servono a scopo turistico, ma tra un paio di anni chi ci dice che non diventeranno abitazioni continuative?».
«Questo progetto andrà avanti perché ha già ottenuto il parere positivo dalla Commissione Edilizia – spiega l’assessore alla Pianificazione Urbana e all’Edilizia privata Maurizio Bucci. E dunque chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Il vigente Piano Regolatore – continua Bucci – è stato prodotto dalla Giunta Illy, e dunque è stato approvato anche dalla loro circoscrizione. E’ grazie a quello strumento urbanistico se in questi anni si è costruito a dismisura nelle zone di alto valore paesaggistico senza un criterio di attenzione per la salvaguardia del territorio. La nostra Amministrazione – continua – ha portato in consiglio comunale gli indirizzi per il nuovo Prg, provvedendo a salvaguardare le aree pregiate sino alla definizione del nuovo strumento urbanistico. Ma sul pregresso, non possiamo fare nulla».
Per quel che riguarda il tratto costiero interessato dal nuovo progetto, il Piano Regolatore parla di zona Bt, ovvero di area costruibile e turistica. «Ma aihmé – riprende Bucci, il concetto di turistico risulta piuttosto vago. Come si fa a dire a chi acquisterà uno di quegli appartamenti che non può utilizzarlo anche d’inverno, se magari vi passa per farvi le pulizie? Siamo di fronte a una situazione di poca chiarezza da parte del Piano Regolatore per la quale non mi sento responsabile».
Maurizio Lozei

 

 

San Dorligo, l’opposizione dice no alla ferrovia ad alta velocità - Audizione in Consiglio comunale con i tecnici di Rfi

 

SAN DORLIGO «”No” alla ferrovia ad alta velocità a San Dorligo che andrebbe a martoriare ancora una volta questo territorio». È l’opinione espressa ieri sera anche ad alta voce da parte dei consiglieri di opposizione al Comune di San Dorligo, durante una audizione in sala consiglio, da loro stessi richiesta, coi tecnici della Rete ferroviaria italiana (Rfi) in merito al possibile tracciato del collegamento tra Trieste e Divaccia, in Slovenia. Erano presenti i dirigenti Mario Goliani e Daniel Zorni della Rfi. Lo stesso Goliani ha risposto ad alcune domande dei consiglieri, ed ha illustrato alcuni aspetti di uno dei tracciati possibili, già presentato in altre occasioni. Ed ha ribadito: «Entro giugno 2008 dovrà essere completato lo studio di fattibilità per uno o più possibili percorsi. Ora siamo solo alle ipotesi». A preoccupare i consiglieri di minoranza, il passaggio per e sotto il territorio comunale. Giorgio Jercog (Oltre il polo) ha chiesto chiarimenti tecnici, osservando si tratta di progetti a ben lungo termine. Franco Majcen (Rinnovamento di centro) ha proposto di tenere maggiormente in considerazione un passaggio per Opicina, dove spostare anche lo snodo totale dei tracciati, evitando la stazione centrale triestina. Roberto Massi (Oltre il polo), provocatoriamente, ha auspicato che anche qui ci sia un sollevamento popolare come in val di Susa. Ma ad esprimere con maggior forza il malcontento è stato il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che ha proposto, tra l’altro, di attivare un’Agenda 21, ed ha rimarcato: «Bisogna interpellare la gente. Il Comune tace sempre. Se gli sloveni sono riusciti a dire di “no” al passaggio nella valle del Vipacco, anche noi qui dobbiamo dire “basta” alle deturpazioni di questo territorio. I progetti possono e devono essere cambiati». Il sindaco Premolin ha ribattuto: «Qui stiamo parlando con dei tecnici che alla fine non hanno compiti politici. Il Comune ha già espresso il suo disappunto al passaggio del Corridoio 5 ma sono altri a decidere. I toni adottati qui sono fuori luogo. Si sarebbe potuto organizzare un’assemblea pubblica, invece di far convocare una seduta consiliare che ha notevoli costi sul Comune, con un unico punto all’ordine del giorno». Premolin ha poi assicurato di aver parlato con l’assessore regionale Sonego per poter organizzare altri incontri pubblici su questo tema.
s.re.

 

 

Allarme ambientale: «La costa adriatica invasa dal cemento» - Accuse di speculazione edilizia

 

POLA Il dilagare della cementificazione lungo la costa adriatica (con la complicità anche degli amministratori che, nei confronti degli speculatori immobiliari ed edilizi, mantengono un atteggiamento quasi di benevolenza) ha scatenato una dura reazione da parte del «Forum azzurro». In questo ente convergono le associazioni schierate contro l’urbanizzazione incontrollata che in Croazia rappresenta il business di inizio millennio.
Ebbene, il Forum ha inviato al governo, alle forze politiche all’opposizione e all’opinione pubblica una lettera aperta nella quale si afferma che i grandi investimenti nel turismo del Paese sono solo la facciata di quelli che sono i veri interessi tenuti nascosti. Vale a dire, la costruzione di appartamenti e case di villeggiatura agli stranieri.
Che, sotto sotto, ci sia qualcosa di losco lo confermano anche alcuni esperti neutrali per i quali, a detta del Forum azzurro, i conti non tornano. Ossia, i proventi della stagione turistica 2007 sono inferiori rispetto alle previsioni basate sugli enormi investimenti negli alberghi e negli altri impianti ricettivi. Se ne deduce che buona parte degli investimenti è destinata proprio alle speculazioni.
In questo modo, prosegue la lettera, la costa sviene devastata e svenduta, ci si inchina alle lobby edilizie con la distruzione a lungo termine dell’attività turistica in funzione della collettività.
Tra i progetti mascherati vengono citati Punta Skala in Dalmazia e Brioni Riviera in Istria, fortemente voluto dal presidente della Regione, Ivan Nino Jakovcic. In questo secondo caso, è prevista la costruzione di ville e appartamenti che, secondo il Forum, sarebbero in funzione degli interessi di pochi singoli. Gli speculatori operano su un terreno fertile, si dice infine, visto che mancano i meccanismi di controllo dell’ambiente sulla costa e si tentenna anche nell’applicazione dei documenti di sviluppo strategico.
p.r.

 

 

 

 

 IL PICCOLO - LUNEDI', 10 settembre 2007

 

 

Depuratore di Servola verso il blocco  - Metterlo a norma costa 50 milioni di euro. AcegasAps chiede all’Authority un’area per l’ampliamento destinata alla Sertubi

 

Serve 180mila triestini: va adeguato entro il mese o i rifiuti fognari finiranno in mare

I depuratori di Servola e Barcola non rispettano le norme di legge. L’autorizzazione per lo scarico a mare, rilasciata provvisoriamente dalla Provincia, scade rispettivamente a fine mese e il prossimo 30 ottobre. Nel caso da palazzo Galatti non dovesse arrivare una proroga, gli impianti dovrebbero essere bloccati con la conseguente dispersione in mare dei reflui fognari senza alcun trattamento, con danni immaginabili per l’ambiente e la salute. Ma se per l’impianto di Barcola - che interessa gli scarichi della riviera fino a Grignano, più una parte dell’abitato di Prosecco - gli adeguamenti sono già partiti, a preoccupare il gestore AcegasAps è il depuratore di Servola.
I DATI. L’impianto serve il centro cittadino - compreso tra il cavalcavia di Barcola e strada del Friuli, fino a via Valmaura - per complessivi 180mila abitanti equivalenti. Rispetto al depuratore di Zaule con 66mila utenti stimati - già dotato di impianto ecologico, con un’efficienza media dell’83 per cento - quello di Servola è l’anello debole.
I LIMITI. Gli interventi effettuati dal 2000, da quando la gestione dei servizi di fognatura e depurazione è stata affidata dal Comune all’Acegas, secondo la multiutility hanno permesso, grazie al trattamento chimico-fisico, il raggiungimento di ottime performances comunque non sufficienti a portare gli scarichi nei limiti di legge.
IL COSTO. Il depuratore di Servola, infatti, è privo del trattamento biologico tanto che la Provincia, competente in materia ambientale, non è disposta a concedere ulteriori proroghe all’impianto in assenza di un piano operativo che permetta di rientrare nei parametri previsti dalla normativa. Solo che per realizzare le opere necessarie, di cui esiste già un progetto preliminare, servono 50 milioni di euro. Accanto ai contributi che dovrebbero arrivare da Stato e Regione, la multiutility sta già accantonando un fondo spalmato sulle bollette degli utenti. Solo che attualmente i problemi non sono di natura economica. Molto presto il Comune, proprietario del depuratore di Servola, dovrà acquisire le aree necessarie alla realizzazione delle nuove vasche per il trattamento dei reflui fognari.
IL TERRENO. Solo che il terreno individuato, attiguo all’impianto, è del demanio marittimo, dunque amministrato dall’Autorità portuale. Secondo una relazione dell’AcegasAps - illustrata nell’ultima giunta, alla presenza del dirigente della multiutility Enrico Altran - non è ipotizzabile il trasferimento del depuratore in zona industriale dove non insistono vincoli demaniali.
GLI OSTACOLI. L’AcegasAps evince ostacoli di tipo tecnico ed economico. Il trasferimento non solo comporterebbe una spesa superiore a quella preventivata, ma sarebbe tecnicamente impossibile a causa della posa di condotte talmente grandi all’interno di uno spazio non sufficiente ad ospitarle.
LE RICHIESTE. Ma quella del gestore AcegasAps, assieme al proprietario Comune, non è l’unica richiesta per quell’area amministrata dall’Autorità portuale. Sulla medesima doveva essere spostata la Sertubi, a sua volta sloggiata dalla zona attigua alla Lanterna per fare spazio al progetto della marina di Porto Lido. Un bel problema che solo un’imminente conferenza di servizi, auspicata dall’AcegasAps, potrà risolvere.
GLI INTERESSI. Attorno al tavolo troveranno posto il Comune, l’AcegasAps, la Provincia e l’Autorità portuale; amministrazioni di diverso colore politico, chiamate a trovare una soluzione di non poco conto. E in fretta. Nonostante la decisione sulla destinazione d’uso dell’area spetta all’Autorità portuale, infatti, la multiutility e il Comune insistono sull’aspetto della mancanza di valide alternative. Davanti a possibili fenomeni di inquinamento del mare, quindi, a prevalere sarebbe l’interesse pubblico.
IL CONFLITTO. Ma la soluzione, proprio per i diversi interessi che insistono su quell’area, non appare così imminente. Accanto a un problema ambientale, infatti, bisogna risolvere anche uno di tipo immobiliare e di conseguenza economico. Nell’area di circa 27mila metri quadrati, infatti, sono presenti alcuni capannoni. Strutture di proprietà dell’Autorità portuale da abbattere e bonificare, a causa della presenza di amianto, e poi eventualmente da ricostruire in un altro sito.
LE SPESE. Nella conferenza di servizi, oltre ai problemi di spazio, inevitabilmente dovrà entrare anche la suddivisione delle spese. Chi pagherà? In ballo c’è non solo un terreno - con ripercussioni su altre attività, quali la realizzazione di una marina - ma anche quello che attualmente ospita per le attività portuali. Ecco che davanti a possibili conflitti fra gli enti coinvolti, un domani potrebbe essere chiamato a partecipare alla conferenza di servizi anche la prefettura di Trieste e il ministero dell’Ambiente.
IL PROGETTO. Un intervento per ribadire il carattere prioritario dell’intervento, secondo l’AcegasAps, nell’interesse della città che necessità di un depuratore a norma di legge. Struttura che attende il progetto definitivo, dopo il preliminare già approvato, che dovrà essere messo a gara dall’amministrazione comunale.

Pietro Comelli

 

 

DEPURATORE - Barduzzi: «Senza un piano, niente proroga»

 

E sulla concessione del terreno l’Authority attende la conferenza di servizi

L’assessore provinciale all’Ambiente chiede al Comune e alla multiutility un programma prima di rilasciare l’autorizzazione

L’assessore Rovis: «È l’unico sito in grado di ospitare delle enormi vasche. Questo è un intervento di pubblica utilità»

Tutti aspettano al varco Claudio Boniciolli. Ma lui, il presidente dell’Autorità portuale, prima di esprimersi sulla destinazione di quell’ambito terreno di proprietà preferisce attendere. «Voglio capire alcuni aspetti, aspetto la conferenza di servizi», dice Boniciolli.
Parla invece a ruota libera l’assessore provinciale Ondina Barduzzi, con delega all’Ambiente. Spetta al suo assessorato, infatti, rilasciare ulteriormente una proroga allo scarico a mare per il depuratore di Servola. Il problema più urgente. «È cambiata la normativa, bisogna rivedere i limiti e quindi aggiornare l’impianto. L’Acegas per conto del Comune sta già accantonando i fondi (5 milioni di euro), che dovranno essere accompagnato - spiega Barduzzi - da un mutuo di almeno vent’anni. È un lavoro piuttosto lungo...». E nel frattempo cosa accadrà? La Provincia concederà la proroga al depuratore di Servola? «Vogliamo sia fatto un programma serio, che preveda precisi impegni e un adeguato piano finanziario. Solo a fronte di questo la Provincia - spiega l’assessore all’Ambiente - sarà in grado di rilasciare un’autorizzazione provvisoria, non possiamo andare avanti a proroghe». Parole eloquenti, non a caso nell’ultima giunta fuori dalla porta c’erano il dirigente del Comune Edgardo Bussani assieme a Enrico Altran, ingegnere dell’Acegas, convocati con una certa urgenza per la questione depuratori.
In ballo per il momento c’è la proroga di palazzo Galatti che «qualsiasi giudice andrebbe a concedere - ammette Barduzzi - perché altrimenti un po’ tutti saremo in difetto». Solo che al dispositivo per evitare di scaricare a mare liquami, senza filtraggio, deve esserci contestualmente anche un lavoro di adeguamento alle norme di leggi. «Parliamo tanto di inquinamento (evidente il riferimento alla Ferriera, ndr) e poi abbiamo davanti il problema depuratore... È arrivato il momento di mettere mano a un pacchetto altre volte prorogato», sostiene Barduzzi.
Già, il programma di adeguamento del depuratore principale della città. Ma dove? «Bisogna realizzare delle vasche enormi, serve l’area attigua dell’Autorità portuale - spiega l’assessore comunale Paolo Rovis, con delega ai rapporti con le società partecipate - a cui chiediamo di cederla per un intervento di pubblica utilità, che prevede anche la copertura del depuratore per evitare anche la dispersione degli odori». E aggiunge: «Sull’autorizzazione della Provincia auspico - dice - che ci sia la proroga di un provvedimento non ordinatorio e perentorio. Dopo tutto anche se l’area dell’Autorità portuale fosse a disposizione, il progetto non potrebbe essere realizzato nell’immediato».
Il Comune rivendica quindi un’«esigenza prevalente» sull’area dell’Autorità portuale, anche se a Rovis «dispiace non metterla a disposizione di attività produttiva». È l’assessore allo Sviluppo economico, ma in questo caso a prevalere è un’altra delega assieme alle competenze di altri colleghe di giunta.
C’è ad esempio l’aspetto immobiliare, che coinvolge Piero Tononi preoccupato dalla presenza nell’area destinata al raddoppio del depuratore di alcuni capannoni. «Il Comune non ha le risorse per abbattere e ricostruire - dice l’assessore al Patrimonio - quelle strutture (si parla di 20 milioni di euro, ndr)». Il riferimento è alla lettera di intenti, senza però copertura finanziaria, che nel 2004 stabiliva una sorta di prelazione sul sito. All’epoca però i protagonisti erano diversi: a presiedere l’Autorità portuale c’era Marina Monassi, con l’assessore Giorgio Rossi controparte in Comune.
Adesso bisogna mettere nero su bianco l’accordo, con in prima linea Claudio Boniciolli e l’assessore comunale all’Ambiente e all’Urbanistica. Deleghe in capo a Maurizio Bucci: «A breve convocheremo un tavolo - dice - dove chiederemo la concessione dell’area. Senza di quella non si fa niente». E aggiunge: «Sia chiaro, il nostro depuratore è in piena efficienza, deve però essere adeguato - sottolinea Bucci - con un intervento economico piuttosto ingente. Soldi che dovremo reperire, non so come ma ce la faremo». Più che ai 50 milioni di euro l’assessore sembra preoccupato dalla risposta dell’Autorità portuale. «Auspico di trovare una disponibilità, altrimenti il problema si complica. Il tavolo tecnico servirà per chiarire soprattutto questo aspetto. Non stiamo lavorando per i marziani - dice Bucci - ma per la città. Quindi dobbiamo aiutarci a vicenda».
p.c.

 

 

Bus «a chiamata», servizio esteso anche ai giovani

 

Le novità del Piano sul trasporto pubblico locale che entrerà in vigore entro l’anno. Sperimentazione già avviata nel Cervignanese

Il costo sarà di un euro. Un numero verde unico regionale per prenotare il trasporto

TRIESTE Il trasporto ‘a chiamata’, uno dei punti forti del prossimo piano del trasporto pubblico locale, allargherà il panorama dei suoi destinatari e diverrà potenzialmente universale, fruibile quindi da tutti gli utenti. È una delle novità principali del piano del trasporto pubblico locale, che gli uffici regionali stanno predisponendo per sottoporlo, secondo le previsioni, alla giunta regionale entro il mese di novembre. Secondo le prime anticipazioni, il bus ‘a chiamata’, ovvero il servizio di trasporto pubblico che verrà attivato su richiesta dell’utente, inizialmente doveva essere riservato a anziani con più di 65 anni e i portatori di handicap. Adesso però in regione si sta lavorando per una sua concezione più ampia: destinato sempre in primo luogo alle zone a bassa densità abitativa, potrà essere attuato, per il prossimo anno in via sperimentale, potenzialmente a qualsiasi tipo di utenza.
IL PIANO DEL TRASPORTO Il piano verrà elaborato infatti sulla base della nuova legge sul Tpl appena approvata. Che prevede il passaggio dalla sperimentazione prevista dalla legge 20 all’attuazione del servizio in aree che saranno valutate naturalmente dando priorità alle categorie originariamente previste. Ma che non saranno le ‘uniche’. «Si studieranno, in aree determinate, dei meccanismi per realizzare questo tipo di trasporto – spiega la Direzione trasporti regionale – che non saranno però ristrette necessariamente a disabili o over 65, o ai residenti in zone scarsamente popolate». La legge prevede infatti che tale servizio possa venire esteso a tutte le aree e tutte le categorie di utenza. Quindi, se una Provincia volesse attivare il trasporta a chiamata, ad esempi oper gli studenti, ora lo potrebbe fare ? «Certamente – spiega la Regione – anche se, fino all’approvazione del piano del trasporto pubblico, lo potrà fare a livello sperimentale. Poi, con la gara in partenza che regolamenterà i nuovi modi di gestione, si potranno prevedere attuazioni ‘stabili’ nel territorio secondo modalità da individuare».
IL SERVIZIO Del trasporto pubblico a chiamata se ne era discusso già anni addietro, quando la Regione aveva deciso la sua applicazione sull’intero territorio regionale. Il servizio, aveva spiegato lo stesso assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, «funziona già nel Cervignanese e nel Maniaghese e sta dando ottimi risultati». Ecco quindi la decisione della Regione di universalizzarlo. Come funzionerà? Il cittadino che ne ha bisogno telefona a un numero verde, unico a livello regionale, e prenota il mezzo per andare dal medico, al cinema piuttosto che al cimitero, mezzo attrezzato anche per il trasporto dei disabili. All’ora concordata il mezzo arriva, porta l’utente a destinazione, e sempre all’ora concordata lo riporta a casa: si tratta, in pratica, di una sorta di taxi pubblico che costa 1 euro all’andata e 1 euro al ritorno. Ecco quindi spiegata l’intenzione di attivarlo principalmente per anziani e disabili, ovvero categorie che hanno difficoltà di movimento. Ma, e qui sta la novità, non solo per loro, stando almeno a quanto sarà previsto nel piano.
I TEMPI Il disegno di legge sul trasporto pubblico locale ha già passato l’esame dell’aula. Adesso si è appunto in attesa del piano, che dovrà indicare anche il sistema tariffario, i parametri di qualità del servizio, il sistema infrastrutturale, il quadro economico e gli indirizzi per la pianificazione complementare che spetta a Provincia e Comuni. Secondo la Direzione trasporti, il documento arriverà in giunta a fine novembre, e dovrà essere approvato entro il primo trimestre del 2008, per poter essere recepito nel bando di gara per l’affidamento del trasporto pubblico locale, a partire dal 2011, a un gestore unico.
Elena Orsi

 

 

 

 

 IL PICCOLO - DOMENICA, 9 settembre 2007

 

 

«CamminaTrieste» in corteo per difendere i diritti dei pedoni contro traffico e sosta selvaggia

 

L’iniziativa si svolgerà mercoledì 19 in centro

Si svolgerà mercoledì 19 settembre la prima «Passeggiata in città» organizzata dal Coped CamminaTrieste per ribadire, ancora una volta, i diritti e le ragioni dei pedoni. L’annuncio è stato fatto nel corso della conferenza stampa di presentazione delle attività per il 2007-2008 dell’associazione dal presidente di CamminaTrieste, Sergio Tremul e da quello nazionale di Camminacittà, Carlo Genzo.
Il percorso della marcia si articolerà lungo via Battisti, dopo il ritrovo vicino al monumento a Rossetti, le vie Carducci, Coroneo, le piazze Vittorio Veneto, Sant’Antonio e Goldoni. L’appuntamento per tutti gli interessati è fissato alle 10, con l’arrivo previsto alle 11.30. «È questo il solo modo che abbiamo – ha precisato Tremul – per evidenziare che in centro città il traffico e la sosta selvaggia sono la regola, che i mezzi pubblici fanno fatica a circolare, che i marciapiedi sono occupati e sottratti al loro normale uso da parte di pedoni, bambini, non vedenti e diversamente abili». Durante il percorso, gli intervenuti potranno esprimere giudizi e proporre idee sulle soluzioni da adottare.
Genzo ha invece ricordato che «Trieste ha il triste primato nazionale di città che registra il maggior numero di incidenti nel rapporto con quello dei residenti». Tremul ha anche presentato la Giornata europea del pedone 2007, in programma per il prossimo 4 ottobre. Nel corso dell’incontro i due presidenti hanno sottolineato la necessità di «trasferire una importante aliquota di utenti dai veicoli privati al trasporto pubblico, che va potenziato. Bisogna anche istituire corsie preferenziali per i bus – hanno aggiunto – e migliorare alcuni collegamenti fra i rioni semi periferici della città, a cominciare da quello fra largo Mioni e via D’Alviano».

 

 

Le case della Ferriera

 

Desidero replicare in merito alla segnalazione «Le case della Ferriera», pubblicata lo scorso 2 settembre. Certamente, fu prudente la scelta di quei dipendenti della Ferriera che optarono per abitazioni lontane dallo stabilimento. Occorre però dire che all’epoca erano ancora praticamente inesistenti sia l’interesse per l’ambiente sia le informazioni sull’ambiente.
Ci vollero purtroppo delle tragedie (Seveso, Chernobyl, l’amianto ecc.) per far perdere l’illusione che lo sviluppo industriale ed il benessere materiale fossero la panacea universale.
Le polveri, certo che c’erano (non nella quantità attuale) ma non si era informati di quali e quante sostanze inquinanti fossero composte (tra cui diossina e benzo-apirene altamente cancerogeno). Infatti non più soltanto di imbrattamento si tratta, bensì di inquinamento.
In secondo luogo, è da sfatare la convinzione, tuttora diffusa, che tali sostanze tossiche emesse dalla Ferriera riguardino soltanto le case circostanti lo stabilimento e tutt’al più Servola, Valmaura e Baiamonti. Dalla mia «postazione» sulla collina di Servola, oltre che godermi le polveri quando spira scirocco, posso vedere benissimo come le fumate investano Muggia e le colline soprastanti quando tira vento da ovest e come si dirigano gagliarde verso Campi Elisi e centro città quando spira da est. Talvolta la nube decide di scindersi e dirigersi democraticamente in entrambe le direzioni a mo’ di tenaglia fin sopra l’altopiano carsico ed inanellarsi sopra la città per poi planare evidentemente un po’ dovunque.
Parlare solo delle case attorno alla Ferriera e zone circostanti è molto riduttivo. In occasione di una delle recenti manifestazioni contro l’inquinamento prodotto dalla Ferriera, tenutasi in piazza Oberdan, ho sentito il commento di una barista del locale situato all’angolo tra via Carducci e piazza Oberdan: «xe quatro m... de servolani che protesta contro la Feriera» e seguitava così: «la Feriera xe stada sempre e la sarà sempre». A parte la villania dell’espressione, proprio a quella manifestazione parteciparono abitanti della zona Campi Elisi, di Borgo S. Sergio, persino di S. Luigi, investiti ormai anche loro da polveri ed odori.
Trovo infine molto infelice la sortita a proposito dei «panni bianchi». Mi ha richiamato alla mente un’analoga uscita del signor Pittini (già padrone della Ferriera) in occasione di un’intervista televisiva trasmessa da Telequattro, che suonava così: «...la signora pretende di avere le lenzuola bianche vicino al camino». Peccato che poco prima l’emittente avesse messo in onda la telefonata di una residente che diceva di star lottando da due anni contro un cancro ai polmoni.
Aurora Marconi Incontrera

 

 

 

 

 IL PICCOLO - SABATO, 8 settembre 2007

 

 

I fumi della Ferriera

 

Leggo su Piccolo del 30 agosto, con sempre maggior stupore l'ennesimo articolo sulla Ferriera, e apprendo che un vigile urbano addetto ad annusare di notte l'aria attorno allo stabilimento, si è sentito male ed è stato accompagnato al pronto soccorso. Già la notizia basterebbe nella sua gravità. Il parossismo si raggiunge leggendo che il sindacato autonomo Csa, ha «stigmatizzato queste verifiche inutili e pericolose per gli agenti che mettono in pericolo la salute dei lavoratori».. Invito tutti gli abitanti di Servola ad iscriversi a questo Sindacato, forse più forte nella difesa dei propri iscritti, che nella capacità di capire che le persone in pericolo non sono solo i lavoratori esteri o interni della Ferriera ma anche tutte le persone che abitano a Servola e dintorni. Questo sindacato dovrebbe aggiungersi al coro di denunce per una situazione oramai insostenibile e non «intervenire suo malgrado sulle problematiche inerenti l'inquinamento» come se la cosa fosse troppo spinosa per discuterne. Non riesco poi a capire come non siano mai stati evidenziati malesseri dei lavoratori della Ferriera, perlomeno dal sindacato che li assiste, se un'annusata basta a far star male un agente nel parcheggio, ma questo è l'ennesimo mistero della Ferriera di come venga trattato il problema. Come ulteriore consiglio, via i vigili notturni, via le centraline dell'Arpa più volte tacciate di «imprecisione» e l'Enpa non me ne voglia, reintroduciamo i canarini in gabbietta come facevano i minatori...
Enrico Stagni

 

 

Chiarezza sul piano del traffico

 

Con riferimento agli articoli recentemente apparsi sul Piccolo, relativi al nuovo Piano del traffico del Comune di Trieste (la cosiddetta “bozza Camus”), in qualità di Consigliere della VI Circoscrizione e, ancor di più, come abitante del Rione di San Giovanni mi sento in dovere di chiedere chiarezza alla Giunta Comunale e a tutti i politici triestini.
In primo luogo chiedo chiarezza alla Giunta Comunale, nelle persone del Sindaco e dell'Assessore con delega al Traffico.
Invito questi ultimi, infatti, a illustrare alla cittadinanza in tempi brevi e agli stessi pubblici amministratori (Consiglieri Comunali e Circoscrizionali), quella che risulta essere la proposta del Piano del Traffico. Son state investite - a mio avviso giustamente - somme di danaro per un Piano del Traffico indispensabile per una città come la nostra, indi per cui, affinché si possa instaurare un dibattito serio e costruttivo necessitiamo di vedere quello che è il progetto stesso in maniera completa.
Un vero dibattito lo si avrà solo con la presentazione del Piano del Traffico.
Chiedo inoltre chiarezza a tutti i politici triestini, che lanciano proposte, per lo più contestabili, quando concretamente, se non attraverso informazioni passate in via non ufficiale (la famosa “talpa”) e a parere mio in modo incompleto, non possiedono materiale per mezzo del quale avanzare commenti, accorgimenti o addirittura varianti. È in una situazione di buio, in cui circolano solo voci (o peggio ancora indiscrezioni) che, da quanto pare di capire dalla carta stampata, sembrano emergere preoccupanti scheletri dall'armadio...
Così una proposta tenacemente combattuta nel Rione di San Giovanni come quella del cosiddetto “Bucone” nella Rotonda del Boschetto pare essere resuscitata da noti politici e fa già rabbrividire gli animi di qualcuno.
Una siffatta proposta però, peccherebbe di intelligenza politica per due motivi: in primo luogo per la summenzionata constatazione che non si può proporre una cosa se non si ha chiaro il problema su cui la cosa stessa verte.
Poi, non si può avanzare una proposta del tutto “impopolare” quando il popolo stesso del Rione di S. Giovanni si è mosso già qualche anno fa contro la stessa proposta e il contesto non è cambiato affatto.
Attendiamo risposte chiare e concrete, finché queste non giungeranno non azzardiamoci a far progetti nel buio...tra talpe e “Buconi” perderemmo la direzione giusta.
Guglielmo Montagnana - consigliere DL La Margherita - Circoscrizione VI

 

 

 

 IL PICCOLO - VENERDI', 7 settembre 2007

 

 

I lavoratori della Ferriera: «Ci hanno abbandonati»  - Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm chiedono di annullare il protocollo sulla chiusura nel 2009

 

Nel corso di un’assemblea denunciato il disinteresse degli amministratori pubblici per il futuro dello stabilimento

L’assenza del mondo politico sui problemi cruciali della Ferriera e la mancanza di specifici controlli sulla salute di chi lavora nello stabilimento di Servola sono state denunciate dalla Rsu di Fim, Fiom e Uilm in un’assemblea (la prima di una serie) svoltasi ieri nella sala mensa.
«L’assenza totale della politica – ha affermato Franco Palman (Uilm) – è testimoniata dal fatto che la Ferriera diventa argomento di battaglia solo quando ci si avvicina alle elezioni. Dal 2003 ci sono stati tavoli con tutte le giunte, di qualsiasi colore, senza che si sia approdati a nulla. E oggi – ha aggiunto – che la Severstal dichiara di voler proseguire l’attività anche dopo il 2009, i politici non replicano, anche se esiste il protocollo che prevede la chiusura dello stabilimento fra un anno e mezzo. Chiediamo alle istituzioni di ritirare le loro firme da quel protocollo».
Ma nonostante il futuro dei 527 dipendenti (e dei 300 dell’indotto) si quantomai incerto, sul tavolo del capo del personale ci sono cento domande di assunzione, e di queste una cinquantina sono di giovani. «E’ la prova – ha rimarcato Palman – che la Ferriera e la Wärstilä sono le due uniche industrie che assumono a Trieste».
L’incertezza sul dopo-2009 coinvolge anche l’azienda, con particolare riguardo agli investimenti. «Senza investimenti – ha rilevato ancora il rappresentante della Uilm – lo stabilimento non va avanti. Ma la colpa di questa incertezza è dei politici, e non si può dimenticare che gli investimenti sugli impianti hanno effetti positivi anche sull’ambiente».
Intanto la politica vuole chiudere la Ferriera «pensando di usare solo gli ammortizzatori sociali, senza un piano preciso anche per quanto riguarda le complesse operazioni di bonifica». E a rimarcare ancora una volta l’assenza della politica, Palman ha ricordato che «un mese fa il ministro Pecoraro Scanio ha promesso di inviare un sottosegretario per seguire la Ferriera, ma non lo si è ancora visto. E un anno fa a Roma, quando venne presentato il piano industriale, il sottosegretario all’industria si impegnò a seguire il problema. Mai visto neanche lui».
Le responsabilità della classe politica sono state sottolineate anche dal consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini), ex dipendente della Ferriera. «Dal 2000 in poi – ha ricordato – tutte le amministrazioni hanno approfitatto della situazione, e a un anno dalla scadenza fissata per la chiusura non è successo ancora nulla. Per salvaguardare i posti di lavoro e l’ambiente – ha aggiunto – non ci si può dividere: sindacati e politici hanno bisogno dell’apporto dei lavoratori».
Fra i tanti nodi sul tappeto, anche quello della salute di chi lavora nello stabilimento siderurgico. «Ogni tanto si viene a conoscenza dall’esterno di nuovi pericoli, come la diossina uscita da alcuni camini – ha rilevato Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) – ed è ora che si approfondisca la questione salute in termini seri. Finora – ha proseguito – ci sono state solo visite mediche ordinarie per i lavoratori, ma mai specifiche su particolari problemi. Invece nel consiglio provinciale di luglio sulla Ferriera si è più volte parlato di analisi a campione sugli abitanti di Servola, con il benestare dell’Azienda sanitaria. I lavoratori – ha concluso – non sono invece neanche stati invitati a quella seduta. Ci sono, allora, persone di serie A e di serie B?».

Giuseppe Palladini

 

 

 

 

 IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 settembre 2007

 

 

Rigassificatori, Pecoraro Scanio frena  - Il ministro: «Prima il piano nazionale». Il Wwf: «La Regione ci ripensi»

 

Si accende il dibattito dopo l’annuncio di Bersani della necessità di realizzare un impianto nel golfo di Trieste

TRIESTE Se il golfo di Trieste possa ospitare uno, due o nessun rigassificatore è una cosa che si deciderà solo con l’elaborazione del piano energetico nazionale, che sarà elaborato presumibilmente entro la fine dell’anno. È questa la posizione del Ministero dell’Ambiente, il cui referente, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio, frena quindi sull’ipotesi di «almeno un rigassificatore necessario» nella baia di Trieste, avanzata dal Ministro Bersani. «Finchè non ci sarà un piano nazionale, basato sugli studi portati avanti da esperti, non è possibile prevedere quanti impianti possono essere previsti nel golfo di Trieste – spiega il collaboratore del ministro, Andrea Ferrara - .Se nella cabina di regia per l’elaborazione del piano si deciderà che oltre a quelli esistenti ne serviranno altri tre o quattro, solo allora si delibererà quali saranno le sistemazioni migliori». «I lavori al ministero sono ripresi la scorsa settimana dopo la pausa estiva – spiega ancora lo staff ministeriale –. È possibile che il documento sia pronto entro la fine dell’anno». Le associazioni ambientaliste comunque già adesso mettono le mani avanti, assicurando battaglia. «Le nostre posizioni sono ben chiare: in un golfo piccolo come quello triestino senza ricambio di acqua, anche una sola struttura sarebbe deleteria per ambiente e paesaggio – spiega Vinicio Collavini, responsabile regionale del Wwf –. Non so se si è considerato che la Croazia costruirà un suo rigassificatore davanti Capodistria e che ne è stato previsto un altro davanti Ferrara. Ormai abbiamo poche aspettative che la giunta regionale torni suoi passi, ma la speranza è l’ultima a morire: per questo ci batteremo in ogni sede per impedire che il rigassificatore si realizzi». E lo stesso Wwf, in una nota, chiede che anche l’Italia venga coinvolta nella procedura di Via proprio per il rigassificatore di Capodistria. Secondo il Wwf, alcuni impatti dell’impianto supererebbero i confini nazionali, motivo per il quale la valutazione ambientale deve essere aperta anche al contributo dei pareri e delle osservazioni di enti e cittadini italiani. «Si parla di un impianto della capacità di 5 miliardi di metri cubi annui, il che implicherebbe un traffico di circa 60 navi gasiere, affiancato da una centrale termoelettrica e collegato alla rete di distribuzione del metano da un nuovo gasdotto – afferma il Wwf - . Le gasiere in arrivo al porto sloveno dovrebbero inevitabilmente percorrere il “corridoio” destinato al traffico commerciale esistente nel golfo di Trieste. Inoltre, anche se la tecnologia utilizzata sembra non preveda l’utilizzo dell’acqua di mare per il processo di rigassificazione, l’impatto delle emissioni della centrale termoelettrica invece potrebbe interessare la provincia di Trieste. Il gasdotto, poi, potrebbe allacciarsi alla rete di trasporto e collegamento del metano italiana, interessando quindi il territorio carsico». Come previsto a livello internazionale, ricorda il Wwf, i paesi confinanti e i loro cittadini devono essere consultati in caso di impatti ambientali che possano oltrepassare i confini di uno Stato.
«Così è stato fatto, nei confronti della Slovenia e della Croazia, per le procedure di Via sui rigassificatori proposti a Trieste-Zaule e nel centro del golfo – afferma l’associazione - .Ora la stessa procedura venga seguita nei confronti dell’Italia: ciò implica che tutta la documentazione relativa al progetto sia resa disponibile, in lingua italiana, alle istituzioni e ai cittadini italiani interessati, e che a questi venga assegnato un termine congruo di tempo per esprimere pareri e osservazioni».
Elena Orsi

 

 

 

 IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 settembre 2007

 

 

Rigassificatori, solo An e Ds dicono «sì»  - Dopo l’uscita del ministro Bersani secca bocciatura agli insediamenti nel golfo di ambientalisti e partiti

 

Metz (Verdi): «Non basta l’okay di un singolo rappresentante del governo per decidere»

«L’uscita di un singolo rappresentante del governo non ”abilita” la futura presenza di un rigassificatore su questo territorio». Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, stoppa le dichiarazioni rilasciate lunedì dal ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani. Ma non è il solo. Oltre che da comitati e ambientalisti, infatti, la bocciatura arriva a larga maggioranza anche dalle forze politiche, seppur con diverse sfumature (parte delle quali riferiamo nell’articolo a destra, ndr). Si discostano invece da questo fronte, formando un asse trasversale, Ds e An, che puntano sulla pista Gas Natural.
«Quanto ha affermato Bersani - spiega il segretario diessino Fabio Omero - è in linea con ciò che ha sostenuto il nostro gruppo in Consiglio comunale, che si espresse favorevolmente sul parere preventivo alla Via richiesto dalla Regione per Gas Natural, bocciato invece dalla maggioranza per ragioni finanziarie. Lo spazio per un rigassificatore, dopo tutte le garanzie del caso, va ricercato proprio nel progetto di Gas Natural perché a Zaule si andrebbe a intervenire su un’area industriale degradata da bonificare».
«Concordo sul fatto che debbano essere ancora chiarite le questioni legate alla compatibilità ambientale - gli fa eco il vicesindaco Paris Lippi da presidente provinciale di An - ma trovo che Bersani ha lanciato un segnale per noi importante, anche alla luce delle notizie che parlano di una Slovenia attiva per costruire un impianto a casa sua. Una volta ricevute tutte le certezze sulla sicurezza, ritengo si possa procedere con l’iter del rigassificatore a terra. Quello off-shore, infatti, rovinerebbe il golfo in un momento in cui si dibatte sul rilancio turistico del territorio».
«Se in prima battuta ero personalmente contrario - interviene il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara - sto rivedendo la mia posizione solo per il fatto che la Slovenia si sta muovendo. Se dovessimo avere un rigassificatore all’estero ma a dieci chilometri da qui, allora non vedo perché non dovremmo pensarci noi».
Il verde Alessandro Metz, però, smonta il Bersani-pensiero. «Mi sembra molto bizzarro che Bersani abbia detto che un rigassificatore va fatto in Friuli Venezia Giulia quando, a livello, governativo, c’è il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che parla di quattro rigassificatori come necessità su scala nazionale a fronte di ben 21 richieste. Visto che Bersani era qui in vista delle primarie del Partito democratico, era meglio che parlasse solo di quello».
«La posizione di Bersani è solo politica - rincara la dose il segretario di Rifondazione Igor Kocijancic - perché non contiene la spiegazione di una reale necessità, da parte del Paese e del territorio, di ospitare un impianto del genere, visto che come approvigionamento di gas siamo ben oltre».
«Ci auguriamo che sia solo una sparata - aggiunge Giorgio Jercog, responsabile del Comitato per la salvaguardia del golfo - perché altrimenti si condanna la città a un mancato sviluppo, si tradiscono le aspettative del futuro del porto e dei suoi collegamenti con il Nord Europa, il tutto sulla testa dei triestini».
«Bersani può dire quello che vuole - conclude Dario Predonzan del Wwf - ma le sue sono parole al vento: ogni decisione è subordinata a valutazioni d’impatto ambientale che sono ancora in corso, fra le quali manca oltretutto la più importante, quella del ministero dell’Ambiente».

Piero Rauber

 

 

RIGASSIFICATORI - Camber: «Progetti politici» Lupieri: «Restiamo in attesa» - Gli scettici tra Forza Italia, Udc, Margherita e Cittadini

 

Non danno un no definitivo ai rigassificatori sullo stampo di quello già espresso dalla sinistra radicale. Ma non seguono neppure l’apertura dimostrata dai Ds e da Alleanza Nazionale. E guardano con sospetto e forte critica alle parole dette lunedì scorso da Bersani. Sono i rappresentanti di Forza Italia, Udc, Cittadini per Trieste e Margherita, che formano in questo caso il fronte dei «perplessi».
«Non credo proprio - tuona il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Piero Camber - che un impianto sia assolutamente necessario come sostiene invece il ministro. È notorio che esiste, a livello nazionale, un accordo interno ai Ds (partito di cui Bersani fa parte, ndr) nel quale Trieste è un prezzo da pagare. Per quanto riguarda il progetto Gas Natural, in particolare, si capisce che cosa intendono venire a prendersi questi investitori a Trieste, ma non ancora che cosa vengono a dare al territorio. Il costo sociale di un’opera del genere, infatti, è indubbio, mentre è ancora tutto da valutare e approfondire l’eventuale beneficio», aggiunge Camber riferendosi alla trattative informali sulle «contropartite» con Gas Natural che non andarono in porto e che portarono, a inizio anno, alla clamorosa bocciatura del progetto in Consiglio comunale. «Si sono autoeliminati ma evidentemente si sentono con le spalle coperte», dice ancora l’esponente forzista degli spagnoli senza citarli. «Attenti che non venga fuori un altro caso sul genere cementificio di Torviscosa», chiude Camber rivolgendosi implicitamente, stavolta, al centrosinistra che governa la Regione.
«Quelle del ministro Bersani - interviene quindi l’Udc Roberto Sasco - sono dichiarazioni estemporanee non suffragate dal punto di vista tecnico. Che ci fornisca, prima di parlare, i dati aggiornati del piano energetico nazionale che confermano la necessità assoluta dell’opera, dal momento che l’impatto ambientale sarebbe comunque fortissimo e dovrebbe essere equilibrato da una comprovata carenza di approvvigionamenti per i quali, invece, non mi sembra ci siano problemi oggi. E poi va sfatato il mito secondo il quale a Trieste, nel caso ci fosse un rigassificatore, il gas costerebbe di meno, perché ci sono direttive europee che impongono di non privilegiare un tipo di utenza rispetto ad altre».
«Per quanto ci riguarda - aggiunge dal centrosinistra il capogruppo della Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - ribadiamo la nostra posizione di attesa di risposte, soprattutto da parte di Gas Natural, rispetto alle nostre prescrizioni. Al momento la documentazione è insufficiente, non ne siamo soddisfatti. Ad oggi riteniamo quindi che non ci siano affatto le condizioni di compatibilità, ambientale e non solo, per fornire una risposta favorevole».
«Le carte prodotte finora da Gas Natural - gli fa eco Roberto Decarli dei Cittadini per Trieste - sono assolutamente insufficienti. L’anno scorso avevamo chiesto di fare un referendum cittadino e ce l’hanno bocciato, salvo poi farci assistere a una seduta del Consiglio comunale in cui è arrivato un parere negativo, su suggerimento del sindaco, misurato soltanto su termini finanziari e non ambientali».
«Dopo le parole del ministro - conclude Decarli - mi convinco che qui stanno cercando di tirare avanti il più possibile prima di decidere sopra le teste dei triestini, in Comune come in Regione, ente che non ha nemmeno tenuto conto delle opinioni contrarie espresse dai comitati dei cittadini. Non sono un ambientalista, ma non voglio neanche essere preso in giro. E credo che, alla fine, almeno il rigassificatore di Zaule lo faranno».
pi.ra.

 

 

RIGASSIFICATORI - La posizione di Roma

 

«Condividiamo che un’infrastruttura vada fatta e che un impianto è assolutamente necessario, non solo per la sicurezza dell’approvvigionamento, ma anche per cominciare una politica di abbassamento dei prezzi e con grande attenzione rispetto alle norme ambientali». Così il ministro Bersani davanti al governatore Illy. Nel caso l’ostacolo degli approfondimenti richiesti ma non ancora forniti dalle società proponenti dovesse essere superato in sede di valutazione di governo, la giunta regionale ha confermato il suo parere positivo alla realizzazione di uno dei due impianti.

 

 

 

 

 IL PICCOLO - MARTEDI', 4 settembre 2007

 

 

Illy apre al Wwf: «Sull’Alta velocità auspico ci sia più collaborazione» - Incontro tra il governatore e il segretario generale Candotti

 

TRIESTE Il superamento delle attuali «difficoltà di comunicazione» e un ampliamento della collaborazione reciproca per conseguire un più adeguato equilibrio del trasporto modale in Friuli Venezia Giulia, oltre che nella gestione e nella messa in rete dei parchi e delle riserve naturali regionali: è quanto ha proposto il presidente della Regione, Riccardo Illy, al segretario generale del Wwf Italia, Michele Candotti.
Durante il colloquio, Illy ha toccato il tema delle casse di espansione sul Tagliamento, dove «preferiremmo avere il Wwf alleato piuttosto che avversario - ha detto - dal momento che l'interlocutore è il ministero dell'Ambiente e la Regione ha un mero ruolo di esecutrice della volontà dello Stato», ed ha parlato della realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità. «Mi aspetterei - ha aggiunto - che il Wwf dichiari di vedere positivamente una nuova linea ferroviaria, che consenta di sgravare il traffico su strade e autostrade».
Il presidente ha quindi sottolineato il preoccupante aumento di traffico - del 10% l'anno - sulle autostrade della regione ed in particolare sulla Trieste-Venezia, un incremento su cui pesa sostanzialmente il traffico pesante, che «non è nè originato nè destinato all'Italia». «Anche su questo - ha detto Illy - mi piacerebbe avere alleato il Wwf nel reclamare una modifica del sistema tariffario per i mezzi pesanti, raddoppiandolo perlomeno nelle ore diurne».
Candotti ha dato la sua disponibilità ad «incontrarsi sui tavoli opportuni» e ha chiesto al presidente Illy di considerare le proposte del Wwf alla stregua di «indicazioni su situazioni che di solito si sviluppano anni dopo». Ha quindi concordato con Illy sull'emergenza traffico, proponendo di mettere a disposizione della Regione «una proposta molto strutturata e dotata di dati, cifre e modelli» elaborata dal Wwf nazionale. All'incontro ha fatto seguito una visita in barca di Illy ai 30 ettari della riserva marina, meta ogni anno di 38 mila studenti e di circa 1.500 visitatori.

 

 

Dipiazza: «Non farò mai la galleria tra largo Mioni e via d’Alviano» - Il sindaco replica alla Barduzzi

 

«La galleria fra largo Mioni e via D’Alviano non si farà». Roberto Dipiazza respinge la proposta lanciata dal centrosinistra, e in particolare dall’assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi, all’interno del dibattito sul piano del traffico. «Quell’infrastruttura - spiega il sindaco - verrebbe realizzata sotto San Giacomo e io sono contrario a passare con una galleria sotto tutte quelle abitazioni. Visti i ”risultati” dei lavori di largo Niccolini, nei pressi dei quali è stato evacuato un edificio, e dopo l’esperienza della Grande viabilità, non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello di procedere con un’opera simile. Non si tratta soltanto di un problema di risorse finanziarie ma soprattutto di vivibilità per i residenti delle zone eventualmente coinvolte nei lavori».
A chi gli contesta che, se il progetto non fosse stato accantonato nel 2002, adesso il tunnel sarebbe già realtà e avrebbe evitato le polemiche legate al piano del traffico, Dipiazza risponde così: «Girate per la città oggi e ditemi se esistono, ancora, punte di traffico pesante. Io, onestamente, non ne vedo. Per quanto riguarda me e la mia amministrazione, tale opera non verrà realizzata. Se poi i sindaci che verranno dopo cambieranno idea... liberi di farlo».
La richiesta di riabilitare l’ipotesi del tunnel sotto San Giacomo era stata avanzata nei giorni scorsi dal segretario Ds Fabio Omero, dal presidente dei Cittadini per Trieste Uberto Drossi Fortuna e dal capogruppo della Margherita Sergio Lupieri. A rilanciare quindi il progetto era stata Ondina Barduzzi, che da componente della giunta comunale Illy all’epoca del piano Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dell’opera. Un’opera contenuta nel piano infrastrutturale del traffico e prevista anche dal prg, ma poi stralciata dal Prusst nel 2002. Un’opera, inoltre, invisa agli stessi residenti della zona di largo Mioni, che nelle ultime ore sono tornati a contestarne un’eventuale realizzazione.
pi.ra.

 

 

I danni della Ferriera

 

Sono rimasta a dir poco sconcertata nel leggere l’articolo pubblicato il 30 agosto intitolato «Vigile urbano si sente male davanti alla Ferriera durante un controllo notturno dell’inquinamento».
Si rende conto il vicecoordinatore regionale del sindacato Csa, Sergio Rudini, di quanto il suo comunicato sia contraddittorio ed offensivo? Egli definisce «risibile, ridicola ed inconcludente» l’attività di controllo notturno dell’inquinamento da parte della polizia Municipale.
Ritiene dunque risibile il fatto che un agente durante tale attività di controllo si sia sentito male oppure ritiene che lo stesso, nonché il medico che ne ha accertato le condizioni, non siano in buona fede?
Abito in via di Servola ed ho constatato personalmente che tenendo aperte le finestre di notte mi succede di svegliarmi con un forte bruciore alla gola. Mi risulta inoltre che anche di recente diversi residenti si siano dovuti recare al pronto soccorso per episodi di acuzie di patologie respiratorie. La sprezzante definizione di «leggende metropolitane» riferita all’aumento di inquinamento in zona Ferriera durante la notte offende profondamente quanti sono lesi dall’inquinamento persistente nella zona.
Quanto poi all’utilità di andare a «sniffare» l’aria attorno alla Ferriera, invito anzi anche il Rudini ad andarci nonché tutta la potente lobby che in tanti anni si è pervicacemente opposta alla chiusura e quindi alla riconversione dello stabilimento, aggravando così sia i problemi di salute dei residenti sia quelli occupazionali e di salute dei dipendenti. La conclusione del comunicato del Rudini è ineffabile!
Il Csa si preoccupa dunque della salute dei vigili urbani in quanto lavoratori, dopo averne deriso l’operato. Quanto ai «dati concreti sull’effettivo inquinamento», preso atto che evidentemente per il Csa disagi e malattie appartengono alla sfera dell’astratto, dell’opinabile, non sono abbastanza concreti i dati relativi agli sforamenti forniti dal Cigra e dalla stessa Azienda sanitaria?
Aspettiamo di avere finalmente anche i dati sull’inquinamento del mare e del patrimonio ittico e vedremo che cosa ci sarà di «risibile».
Aurora Marconi Incontrera

 

 

 

 

 IL PICCOLO - LUNEDI', 3 settembre 2007

 

 

Galleria di largo Mioni: conferenza della consulta per illustrarne l’utilità - Annuncio del consigliere Sulli

 

Un sì convinto al progetto della galleria tra largo Mioni e via D’Alviano. Ad esprimerlo, intervenendo così nel dibattito degli ultimi giorni, è Bruno Sulli, ex presidente del Consiglio comunale e attuale consigliere della Circoscricione di Barriera vecchia. «Circoscrizione - scrive Sulli in una nota - che già 20 anni fa sosteneva la realizzazione della galleria, a differenza della sinistra che, prima fermamente contraria, oggi arde di un nuovo e improvviso interesse verso questa opera pubblica. Che l’opera sia necessaria alla città si capisce anche dalle previsioni dell’ingegner Camus sulle percentuali di traffico che verrebbero spostate soprattutto da via Oriani e Madonnina. Senza pensare che tali considerazioni sono solo un esempio della diminuzione di traffico che si avrebbe in quella vera strettoia che è piazza Garibaldi , migliorando la velocità degli spostamenti e dimezzando l’inquinamento».
L’utilità del progetto, secondo Sulli, appare ancora più evidente se si inserisce l’opera nella più ampia cornice della viabilità cittadina. «Prendiamo in considerazione la galleria di piazza Foraggi - continua l’ex presidente dell’assemblea municipale - Già da tre consigliature vengono rimandati i lavori di manutenzione di quel tunnel che, peraltro, si presenta in condizioni pietose. Se per caso la si dovesse chiudere per lavori urgenti, tutto il traffico si bloccherebbe in via Molino a Vento, via dell’Istria e, per ben che vada, viale Ippodromo e nelle altre strade collegate a San Giacomo. Alla luce di tutto questo, la circoscrizione di Barriera Vecchia intende organizzare questo mese una conferenza pubblica per illustrare ai cittadini i vantaggi del collegamento tra largo Mioni e via D’Alviano. In quella sede esprimerò un sì convinto, come lo è sempre stato».
Da Sulli, infine, arriva una stoccata all’immobilismo che sembra dominare la città. «Ogni volta che un politico illuminato vuol portare avanti nella nostra addormentata Trieste un’opera pubblica importante, viene regolarmente bloccato dagli interessi di pochi, come insegna l’esperienza dell’ex assessore regionale Franzutti. La costruzione delle gallerie di circonvallazione, che in definitiva supplivano al piano regolatore del 1934 per la parte mai portata a termine, è stata sempre accompagnata dalle proteste di chi guarda esclusivamente al proprio tornaconto».

 

 

Rigassificatori e competenze

 

Intervengo all'articolo del 25 agosto 2007 del vicesindaco Parisi Lippi: «Rigassificatore Sloveno, Roma si sbrighi a decidere». Che il vicesindaco
Lippi solleciti Roma a dare una risposta mi lascia alquanto perplesso e nello stesso tempo preoccupato. Roma non decide proprio nulla, al massimo potrebbe proporre, ma l'ultima parola spetta, per nostra fortuna, alla popolazione dell’intera Provincia di Trieste. Suggerisco sia al vicesindaco che al sindaco di leggere la (Seveso1) Legge 137/97 art.1 comma 1 e (Seveso2) Decreto Legge334/1999 e le direttive comunitarie 96/82/CE. La (Seveso1) impone l’obbligo al Sindaco di informare la popolazione vicina ai siti industriali pericolosi, sulle misure di sicurezza e l'eventuale piano di evacuazione della stessa in caso di incidente doloso o causale.
Ho letto molti articoli pubblicati sul «Piccolo» sui Rigassificatori Gnl a Trieste e ho assistito anche a presentazioni sui progetti dei rigassificatori gnl sia «On-Shore» che «off-Shore», tutti molto ben organizzati e pronti ad evidenziare solo l’aspetto positivo dell’insediamento industriale. Ma nessuno ha mai parlato in maniera chiara e dettagliata sulla pericolosità per la popolazione in caso di incidente catastrofico e i danni ambientali che provocherebbe l'emissione in mare in un anno di circa 20-30 ton. di cloro attivo.
Questo non è falso ambientalismo ma soltanto voler bene all’umanità e al proprio territorio. Per Trieste.
Paolo Ruggieri - Segretario Organizzativo Dc per le Autonomie

 

 

 

 

 IL PICCOLO - DOMENICA, 2 settembre 2007

 

 

Il comitato dei residenti pronto a un’altra petizione per contestare la galleria largo Mioni-D’Alviano - L’ipotesi emersa nel dibattito sul piano del traffico

 

Si riapre il fronte della protesta dei cittadini contro l’ipotesi della galleria che dovrebbe collegare largo Mioni con via d’Alviano. Un progetto previsto dal piano del traffico Honsell-Barduzzi del ’97, ma stralciato nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza, che ne aveva fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale.
L’ipotesi della galleria, che nelle intenzioni dovrebbe alleggerire il traffico nella zona piazza Garibaldi-Foraggi, è tornata alla ribalta in questi giorni. Nella bozza del nuovo piano del traffico Camus la possibilità non viene esclusa nel medio-lungo termine e diversi esponenti del centrosinistra l’hanno rilanciata.
Gli abitanti della zona di largo Mioni tornano a protestare: non vogliono la galleria soprattutto per motivi inerenti all’appesantimento del traffico e dello smog nel rione. Qui, spiegano, si è giunti alla bonifica e riqualificazione della collina della vergogna, dove si è anche rifatta la stradina che porta sino a via Rigutti e verso san Giacomo.
«Ma ora - spiega Donatella Verazzi, rappresentante del comitato dei cittadini del rione sorto nel 2001 - se si riprende in considerazione l’ipotesi della galleria i soldi per la riqualificazione della collina saranno soldi buttati. Siamo preoccupati per questa idea, nata ancora ai tempi del fascismo e poi bocciata, malgrado i lavori sulla via D’Alviano fossero partiti, perché le escavazioni si erano imbattute in terreni poco stabili di arenaria, percorsi da numerosi corsi d’acqua. Ma con tutti i problemi che ci sono a Trieste, proprio su quella galleria ci si è incaponiti?».
A titolo personale si dichiara contrario anche il presidente della circoscrizione quinta Silvio Pahor che spiega come il consiglio sulla questione non si sia ancora riunito perché i cittadini avranno modo di dire la loro in una assemblea pubblica indetta dal parlamentino rionale: «L’ipotesi rischia – dice- comunque di appesantire il traffico anche sul versante della via D’Alviano che è già caotico per il polo attrattivo delle Torri. Per quanto riguarda la zona di largo Mioni, dove si stanno costruendo molte case nuove, è già di suo assai trafficata. Mi chiedo dunque a chi gioverebbe una simile soluzione».
Daria Camillucci

 

 

 

 

 IL PICCOLO - SABATO, 1 settembre 2007

 

 

Il Corridoio V e il porto

 

Ringrazio il lettore Iginio Zanini (29 agosto). Sintetizzando: rispetto al progetto del 2003, l’attuale percorso previsto per il Corridoio V non peggiora le prospettive del nostro porto; il fatto è che, purtroppo, il collegamento Trieste-Capodistria non era previsto già da prima. Il tracciato presentato – senza pubblicità, bisogna dire – a Bruxelles è più lento e meno soddisfacente per i passeggeri, nonché più lungo e costoso, con oltre 60 km di gallerie triple da Monfalcone a Divaccia. Ma anche il progetto del 2003 non scherzava. Cosa si può dire? Che il rapporto costi/benefici dell’opera (che non è stato divulgato) dovrebbe essere alquanto peggiorato.
Livio Sirovich

 

 

 

 

 

 IL PICCOLO - VENERDI', 31 agosto 2007

 

 

Barduzzi a Dipiazza: traffico, servono le gallerie  - «Il sindaco ha accantonato il collegamento Mioni-via D’Alviano studiato da Lunardi»

 

L’assessore provinciale ai Trasporti chiede che il nuovo piano recuperi le proposte cui aveva collaborato l’ex ministro di centrodestra

«La galleria mai realizzata fra largo Mioni e via D’Alviano? Un’occasione persa, nel 2002, dalla prima amministrazione Dipiazza. E di cui ora il sindaco, alle prese con l’annosa definizione del nuovo piano del traffico, sta pagando le conseguenze. Tanto che Dipiazza farebbe bene a riconsiderare la realizzazione di quel progetto».
A sostenerlo è l’attuale assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi, che da componente della giunta comunale retta da Riccardo Illy all’epoca del piano Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dei progetti delle due gallerie urbane contenuti nel piano infrastrutturale del traffico e previsti anche dal prg: la prima riguardava, per l’appunto, il collegamento sotto San Giacomo fra largo Mioni e via D’Alviano, con annesso un parcheggio, mentre la seconda disegnava un eventuale tunnel fra la Rotonda del Boschetto e via Revoltella.
Ma se negli anni immediatamente precedenti alle elezioni del 2001 (che avrebbero poi premiato Roberto Dipiazza) le procedure per la galleria fra San Giovanni e la Fiera erano rimaste in una fase embrionale, il percorso burocratico per la realizzazione del tunnel sotto San Giacomo - assicura la Barduzzi - era in dirittura d’arrivo. «Ma poi ci furono le elezioni» e l’opera (contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr) venne stralciata nel 2002 dal Prusst, il programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio.
LA CONSULENZA LUNARDI «Per la galleria di largo Mioni - ricorda l’attuale assessore provinciale ai trasporti - ci eravamo avvalsi della consulenza dello staff dell’ingegner Pietro Lunardi, che allora non era ancora ministro e che, sulla piazza, era riconosciuto da tutti come uno dei massimi esperti in infrastrutture». «Lui stesso - prosegue la Barduzzi - era intervenuto in prima persona in alcune occasioni, tanto che mi aveva portato a Roma, davanti al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dove il progetto aveva ricevuto l’ok».
«Prima delle elezioni del 2001 - aggiunge l’ex assessore dell’allora giunta Illy - avevamo così uno studio di fattibilità approvato, un finanziamento per l’opera già stanziato dalla Cassa depositi e prestiti e addirittura una gara europea già bandita, che avrebbe consentito al Comune di avvalersi dei migliori costruttori internazionali per la costruzione di un tunnel urbano da circa 500 metri, dotato di appositi sistemi di filtraggio delle emissioni per il transito dei pedoni».
IL DOPO ELEZIONI «Una volta insediatasi la prima amministrazione Dipiazza - insiste la Barduzzi - all’assessorato arrivò Maurizio Bradaschia che annullò la gara, mentre il finanziamento venne dirottato altrove. Secondo me, in quella circostanza, hanno sottovalutato la portata di quell’opera. Se avessero proseguito nell’iter, a quest’ora la galleria sarebbe già stata costruita. Il che, oggi, avrebbe aiutato il sindaco Dipiazza nelle sue scelte di pedonalizzare corso Italia o altre direttrici. È stato un peccato, se le elezioni fossero capitate qualche mese dopo le procedure non si sarebbero più fermate».
IL FUTURO «Credo - chiude la Barduzzi - che ora il progetto potrebbe essere ripreso con successo. Dipiazza ha davanti a sé quattro anni di mandato, potrebbe fare leva sui buoni rapporti che immagino avrà acquisito in questi anni con Lunardi, attraverso i contatti con l’ex governo Berlusconi».
I COMMERCIANTI Con gli ultimi rientri dalle ferie, intanto, si profilano i primi contatti per una valutazione del piano del traffico «carte alla mano» da parte delle categorie. A conoscere a breve il documento, costruito sulla bozza Camus anticipata dal Piccolo, saranno i commercianti. «Ho accennato la questione al sindaco nei giorni scorsi - fa sapere il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti - e proprio oggi (ieri, ndr) ne ho riparlato con l’assessore Rovis. Il piano del traffico ci sarà consegnato e illustrato entro il mese di settembre. Noi lo recepiremo, lo analizzeremo e faremo sapere al municipio le nostre osservazioni».
ASSOCIAZIONI E SINDACATI Da venerdì prossimo, infine, cominceranno a muoversi ufficialmente anche associazioni e sindacati. Per quel giorno, infatti, il Coped-Camminatrieste - che chiede da sempre maggiore tutela dei pedoni e le aree di fermata dei bus libere dalle macchine in sosta, nell’ambito di un’«immediata applicazione del piano del traffico» - organizzerà un incontro stampa sull’argomento, alla presenza del presidente nazionale di Camminacittà Carlo Genzo, coinvolgendo alcuni rappresentanti sindacali. La Cgil, a questo proposito, ha confermato di avere in agenda un ingresso nel dibattito, a breve scadenza.

Piero Rauber

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 30 agosto 2007

 

 

Il mondo rischia di finire il cibo - Troppi campi dedicati al biofuel - Uno studio choc pubblicato dal quotidiano inglese The Guardian: il rebus biocarburi

Il cambio di destinazione provoca l'aumento dei costi delle derrate

Meno prodotti agricoli, sempre più cari. Aggiungete carenza d'acqua disastri naturali e sovrappopolazione: è la ricetta per il disastro
LONDRA - Da anni viviamo con l'incubo del riscaldamento globale. Ma un'altra minaccia, ancora più immediata, potrebbe essere la fame globale: sempre meno prodotti alimentari disponibili, sempre più cari, contesi da una popolazione terrestre sempre più grande, in un periodo già reso critico da risorse idriche sempre più scarse e da un clima sempre più imprevedibile. "La fine del cibo", riassume il titolo del Guardian di Londra, puntando il dito contro un fenomeno che sta accelerando il deficit alimentare: sempre più terre, in America e in Occidente ma anche nel resto del pianeta, finora utilizzate per coltivare prodotti agricoli, adesso vengono adibite alla coltivazione di biocarburi, come l'etanolo e altri carburanti "puliti", sia per ridurre l'inquinamento atmosferico, sia per ridurre la dipendenza dall'energia petrolifera di un esplosivo e instabile Medio Oriente. E' questo, sostengono gli esperti, il fattore scatenante dell'aumento dei prezzi del cibo. Aggiungendovi il declino delle acque, i disastri naturali e la crescita della popolazione, ammonisce il quotidiano londinese, si arriva a "una ricetta per il disastro".
Lester Brown, presidente della think-tank Worldwatch Institute e autore del best-seller "Chi sfamerà la Cina?", presenta così la questione: "Siamo di fronte a un'epica competizione per le granaglie tra gli 800 milioni di automobilisti del pianeta e i due miliardi di poveri della terra". Come in quasi tutte le sfide tra ricchi e poveri, non è difficile immaginare chi la stia vincendo.
Esortati dal presidente Bush a produrre entro dieci anni un quarto dei carburanti non fossili di cui necessitano gli Stati Uniti, migliaia di agricoltori americani stanno trasformando il "granaio d'America" in una immensa tanica di biocarburi. L'anno scorso già il 20 per cento del raccolto di granoturco Usa è stato usato per la produzione di etanolo, i cui stabilimenti raddoppiano di anno in anno. Una politica analoga è in corso un po' ovunque, dall'Europa all'India, dal Sud Africa al Brasile. Diminuendo la terra destinata alla coltivazione di grano, il prezzo del frumento è aumentato del 100 per cento dal 2006, e ciò sta portando ad aumenti da record dei prezzi dei generi di prima necessità: pane, pollo, uova, latte, carne.
Ad accrescere le preoccupazioni del dottor Brown c'è il boom demografico ed economico di Cina e India, i due giganti in cui vive il 40 per cento della popolazione mondiale: anche perché cinesi ed indiani stanno abbandonando la loro tradizionale dieta ricca di verdure a favore di un'alimentazione più "americana", che contiene più carne e latticini. Non tutti condividono gli scenari catastrofici. "Il Brasile ha 3 milioni di chilometri quadrati di terra arabile, di cui solo un quinto è attualmente coltivato e di cui solo il 4 per cento produce etanolo", dice il presidente brasiliano Lula. Ma le Nazioni Unite calcolano che la richiesta di biocarburi aumenterà del 170 per cento solo nei prossimi tre anni. Ci sarà abbastanza cibo per tutti? O presto verrà il giorno in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburi per la nostra auto?
ENRICO FRANCESCHINI

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 agosto 2007

 

 

Traffico: «Basta idee, ora la parola ai tecnici»  - Dopo il nuovo profilo della circolazione urbana proposto dal sindaco Dipiazza, la maggioranza prende le distanze

 

Rovis (Fi): «Parliamone seriamente». Rosolen (An): «Contesto metodo e merito»

Sulle ultime idee del sindaco Dipiazza in merito alla viabilità urbana (un Ring alla viennnese lungo le rive, via Carducci e Corso Italia, quest’ultimo dunque non pedonale, e progressiva pedonalizzazione del Borgo Teresiano) la maggioranza in Comune prende atto ma dice basta alle parole. Alessia Rosolen (An) mette il segnale di stop: «Contesto il metodo: non può essere che da tre anni a questa parte ogni giorno il sindaco ci dà la sua proposta quotidiana, non saranno le sue dichiarazioni a portarci il piano del traffico, l’argomento deve passare per un confronto serio e per le vie amministrative. Quando si fa una proposta bisogna tener conto del contesto, dei parcheggi e dei servizi per i residenti: se chiudiamo Borgo teresiano la gente dove mette la macchina?». Ma l’esponente di An contesta anche nel merito: «Chiudere corso Italia è chiaramente impossibile, ci sono parcheggi in zona in avanzato stato di costruzione, e questo discorso è come un cane che si morde la coda».
Difende invece la propria idea, pur aperto ai consigli dei tecnici (più che dei politici) l’assessore al Commercio Paolo Rovis (Fi): corso Italia pedonalizzato. «E’ lì - dice - come in via Mazzini che si trovano le maggiori realtà commerciali che avrebbero beneficio dalle zone pedonali, il traffico dei futuri park potrebbe dirottarsi su via San Spiridione, ormai i negozianti hanno del tutto superato l’ostracismo al pedonale, anzi lo vogliono, e non è necessario ipotizzare chiusure tout court, a Graz per esempio ci sono i paletti mobili, che si abbassano quando è l’ora del carico-scarico merci e si alzano quando l’area torna ai pedoni». Comunque anche Rovis pianta il suo cartello di stop: «Basta dibattito, la bozza di piano deve essere discussa in sede politica e con il supporto del professionista che ne è l’autore e dei tecnici: sono loro, al di là delle idee di ciascuno, che possono aiutare a raggiungere una condivisibile possibilità alternativa».
Altrettanto s’invoca da centrosinistra. «Mi sembra - osserva Roberto Decarli (Cittadini) - che in questa fine estate il sindaco tenga caldo l’argomento soprattutto per rallegrare i triestini, proponendone ogni giorno una nuova. Comunque ricordo che l’idea del Ring e dei bus elettrici è quanto aveva proposto l’allora assessore all’Urbanistica Maurizio Bradaschia, ed eravamo nel 2001. Ora, nel 2007, siamo ancora qui e non è successo niente, spero che la prossima settimana sia convocata la sesta commissione, come chiesto dal centrosinistra, e che si apra un confronto finalmente serio quanto meritano argomenti come traffico e ambiente».
Per la Confcommercio Franco Rigutti ammette che l’idea di Dipiazza non è disprezzabile (ma la categoria ne discuterà il 30 agosto), ricorda che anche in via Mazzini c’è un comitato pro-pedonalizzazione, e che comunque «la cosa importante è che le aree pedonali siano messe in collegamento e i commercianti, come promesso dagli assessori, siano consultati nel merito».
Nel dibattito entra anche Giorgio Cappel, presidente dell’Aci, che esordisce dicendo: «Il piano del traffico ha scatenato i più opposti sentimenti, in una situazione in cui paradossalmente tutti hanno ragione». Cappel aggiunge che ognuno è d’accordo quando si parla di circolazione più fluida, compresa quella degli autobus, e del non avere problemi di parcheggio, ma imputa a questo dibattito di essere troppo «epidermico» mentre dovrebbe essere «scientifico». «Ciascuno di noi di fronte a un ingorgo inventa una soluzione - scrive Cappel -, pensa a un senso unico o a un nuovo semaforo, ma chi va per via scientifica utilizza il computer e i relativi programmi dedicati che attualmente sono in grado di calcolare in ciascuna strada l’effetto della chiusura o apertura o dell’inversione di un senso di marcia».
Anche la «volontà politica (in senso nobile) - aggiunge Cappel appellandosi a un approccio tecnico - spesse volte non è asettica, ma affetta da personali esigenze quoitidiane. Il metodo epidermico tornerà a essere essenziale per verificare a posteriori le soluzioni tecniche: la storia ci insegna che ogni soluzione progettuale necessita di una verifica pratica, e in questo caso (essendo il piano modulare) si può realizzarlo sperimentalmente a piccoli lotti. Pronti - chiude Cappel - a tornare indietro».
g. z.

 

 

Vigile urbano si sente male davanti alla Ferriera durante un controllo notturno sull’inquinamento

 

La sigla sindacale Csa: «Stigmatizziamo queste verifiche inutili e pericolose per gli agenti»

Un vigile urbano, in servizio l’altra notte con due colleghi del corpo, si è sentito male dopo essere sceso dalla macchina della municipale nei pressi della Ferriera, per il controllo notturno di routine sullo stato dell’aria attorno allo stabilimento. Il vigile ha accusato in breve tempo bruciore agli occhi, forte salivazione e un persistente aroma dolciastro in bocca, tanto che i colleghi l’hanno accompagnato al Pronto soccorso di Cattinara, dove gli è stato rilasciato un referto che parla di una prognosi di tre giorni.
A rendere noto l’episodio, che risale alla notte fra martedì e ieri è la sigla sindacale autonoma Csa, per voce del vicecoordinatore regionale Sergio Rudini.
«Il Coordinamento indacale autonomo - scrive Rudini in una nota stampa - deve intervenire suo malgrado sulla questione della Ferriera. Sono note a tutti le problematiche inerenti l'inquinamento del sito ma non tutti sanno che la polizia municipale effettua controlli di ruotine durante le notti. Controlli, si fa per dire: ad intervalli regolari, una pattuglia si reca nei pressi dello stabilimento, scruta l’orrizzonte e annusa l’aria».
«Malgrado la probabile buona volontà e buona fede che arriva dai vertici comunali - si legge ancora nel comunicato - appare risibile, ridicolo ed inconcludente questo tipo di attività. Infatti, pur in quest’epoca di pretoriani ed agenti superdotati, sembra singolare che le doti del personale siano simili a quelle dell’uomo bionico, capaci cioè di rilevazioni superiori a quelle dell’Arpa».
Rudini, a questo punto, riferisce del fatto accaduto «nella notte tra il 28 ed il 29 agosto: la pattuglia impegnata in questo compito si reca nei pressi della Ferriera, due restano a bordo, un terzo scende e sniffa. Così come le leggende metropolitane raccontano che nella notte le emissioni dello stabilimento misteriosamente aumentano, così la persona che scruta e annusa si sente male. L’avvenimento si somma alle innumerevoli segnalazioni dei residenti in zona. Come sigla sindacale stigmatizziamo questi tipi di controlli che mettono in pericolo la salute dei lavoratori, senza ottenere nessun dato concreto sull’effettivo inquinamento».

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 29 agosto 2007

 

 Istat, Trento la città più "ecologica" - In Italia cresce la raccolta differenziata - Rapporto sul 2006 che analizza 111 capoluoghi di provincia. Male Massa, Enna e Olbia

Aumentano le due ruote, l'inquinamento da polveri sottili ma anche il verde pubblico

ROMA - Trento è il comune più eco-compatibile d'Italia. Il più attento, insomma, a non trascurare l'impatto ambientale delle sue politiche. Lo dice l'Istat che, nell'indagine sugli "Indicatori ambientali urbani" per il 2006, stila una classifica delle città più "ecologiche". Trento è seguito da Venezia, Modena e Bologna. Vanno male, invece, Massa, Enna e Olbia.
Dallo studio emergono anche tante contraddizioni nel modo di vivere le problematiche ambientali da parte degli italiani. Che amano sempre più le due ruote ma sono anche più attenti alla raccolta differenziata. Nelle città, comunque, cresce l'inquinamento da polveri sottili Pm10, ma anche lo spazio dedicato al verde pubblico.
La classifica. I dieci comuni più eco-compatibili del 2006 sono, nell'ordine, Trento, Venezia, Modena, Bologna, Bolzano, Livorno, Brindisi, Genova, Avellino e Aosta. La "regina" delle città ecologiche, Trento, ha una percentuale di raccolta differenziata vicina al 50 per cento, un'alta densità di verde urbano e ha sviluppato interventi di bonifica del rumore. Massa invece è il comune meno eco-compatibile: qui si raccolgono (e quindi si producono) troppi rifiuti, si registra un alto consumo d'acqua e una totale assenza di un piano del traffico.
Trasporti. Secondo il rapporto nel 2006 è aumentato il tasso di motorizzazione (+0,7 per cento rispetto all'anno prima): in media, ci sono 619,7 auto ogni mille abitanti. I comuni più "motorizzati" sono Viterbo, Roma e latina. Ma gli italiani, anche a causa delle difficoltà di trovare parcheggio e delle limitazioni alla circolazione, puntano sempre più sui motocicli. Le due ruote, infatti, hanno registrato un'impennata del 7,1 per cento. Le città in cui moto e motorini sono più diffusi sono Imperia, Livorno e Savona. Per quanto riguarda i trasporti, aumenta anche la richiesta di quello pubblico: +2,6 per cento.
Rifiuti. A fronte di un aumento della quantità di rifiuti urbani raccolti (+1,6 per cento: ogni abitante produce in media 633,9 chili di spazzatura all'anno), si registra anche una crescita significativa della raccolta differenziata. Che segna un +7,1 per cento, e dunque una maggiore attenzione da parte dei cittadini per i problemi collegati al riciclo. La percentuale di raccolta differenziata varia a seconda delle zone d'Italia: 33,6 per cento al Nord, 23 al Centro e 10,1 al Sud. La carta è il materiale più raccolto nel servizio differenziato.
Verde urbano. Il verde pubblico, tra parchi e giardini, si ritaglia un piccolo spazio in più (1 per cento) rispetto al 2005. Bari, Milano e Bologna registrano le maggiori variazioni in positivo dal 2005. Pisa è la città che ha la più alta percentuale di verde urbano sulla superficie comunale: il 71,9 per cento.
L'inquinamento. Nei 73 comuni che monitorano le polvere sottili, le centraline hanno segnalato che il Pm10 ha superato in media i limiti previsti 67,2 giorni l'anno, con un incremento del 7,3 per cento rispetto all'anno precedente. La situazione migliora scendendo da Nord a Sud: nel Settentrione infatti i limiti sono stati superati in media 88,6 giorni, al Centro 64,5 giorni e nel Meridione 27,9.
Energia. Nel 2006 è diminuito il consumo pro-capite di gas metano per uso domestico e per il riscaldamento: -4,8 per cento. Giù anche il consumo pro-capite di energia elettrica per uso domestico, che scende del 6,2 per cento. Reggio Calabria è la città che usa meno gas metano, Avellino quella che consuma meno energia elettrica.
 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 agosto 2007

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - «Via le auto dal Borgo Teresiano»  - «Anello tra via Carducci, Rive e corso Italia e via Mazzini pedonale»

 

Il sindaco Dipiazza sfoggia ottimismo per la conclusione della vicenda Stream e prefigura possibili nuovi scenari del traffico

Passa per la soluzione della vicenda Stream una fetta determinante dei problemi della viabilità cittadina. Liberata l’area di via Mazzini, come per un effetto tornasole, si dovrebbe sbloccare lo stesso piano del traffico e far partire un percorso a tappe che dovrebbe portare alla pedonalizzazione completa del Borgo Teresiano entro dieci anni e alla creazione di una sorta di «ring» alla viennese che avrebbe in via Carducci, nelle Rive e in corso Italia il perimetro importante.
Il sindaco Dipiazza, che si è trovato a palleggiare tra le critiche sulla materia arrivategli addosso più dalla sua maggioranza che dall’opposizione, sembra sicuro. «Diciamo che – debutta il primo cittadino – c’è un cauto ottimismo sulla possibilità che la vertenza civile ancora in corso con l’Ansaldo (ideatrice di Stream ndr) vada a buon fine. A quel punto ripartiremo proprio da via Mazzini, che attualmente spezza in due la città. Sì, le conosco le perplessità, c’è chi sostiene che la via è bruttina e si presta meno alla pedonalizzazione di corso Italia. Ma non era forse – si infervora Dipiazza – la stessa cosa che si diceva anni fa di via San Nicolò, che oggi è un gioiello? No, credetemi, se l’affare Stream finisce come pensiamo e speriamo in via Mazzini, con qualche bell’alberetto piazzato sulla carreggiata e fanali lungo la strada, come in via Muratti cambierebbe volto in maniera decisiva. E allora sì che anche i negozi potrebbero beneficiarne».
Un passo indietro. L’ottimismo del sindaco nasce in prima battuta dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), controllata all’87 per cento dallo stesso Comune ma formalmente responsabile dei rapporti diretti con l’Ansaldo. La disdetta di Stream, era stato deciso in quell’occasione, era regolare. Smentendo in questo il Tar (Tribunale amministrativo regionale), che aveva annullato la delibera con la quale il Comune bloccava la sperimentazione del bus elettrico. Dalla rimozione della rotaia magnetica, che tuttora caratterizza la via Mazzini e dalla successiva riasfaltatura potrebbe partire la Fase due della soffertissima rivoluzione della viabilità. Prima della rotaie, però, va rimosso con sentenza, «prevista ai primi di ottobre», ricorda Dipiazza, un macigno che si chiama 24 milioni di euro di richiesta danni inoltrata dall’Ansaldo all’Amt.
«Non voglio rifare tutta la storia – dice Dipiazza – ma Stream doveva andare da San Giovanni a Riva Traiana, ma ha incontrato problemi notevoli nella sperimentazione, tanto che l’installazione della rotaia si è fermata ai soli 6-700 metri di via Mazzini, rimasta, nei fatti, blindata e bloccata». Non si preoccupa apparentemente, Dipiazza, delle cifre in ballo, roba da prosciugare mezzo bilancio comunale. «Mah, in questi casi le cifre sono sempre così, in libertà. Porrei invece l’accento sul fatto che i sei anni finora persi hanno condizionato lo sviluppo di tutta quell’area. Sei anni significa un mandato più un anno da sindaco in cui non ho potuto mettere mano a niente. Così come non farò niente per quanto riguarda la rimozione della banda magnetica fino a quando non ci sarà la certezza della sentenza».
Visto che l’ottimismo sembra comunque di casa, Dipiazza pensa al «dopo». E qui, in un ipotesi «Borgo Teresiano completamente pedonale entro una decina d’anni», spunta l’ipotesi bus elettrici. Una possibilità che era stata fatta circolare subito dopo la «rottura» con Stream e viene confermata adesso, sia pure come scelta di massima. «A Roma e Firenze – racconta – esistono autobus elettrici di piccole dimensioni che andrebbero benissimo, per dire, su un’ipotetica direttrice tra via Ghega e Corso Italia». Non sembrano poter esserci, dunque, margini di recupero per quell’idea lungamente vagheggiata da ampi strati della coalizione di centrodestra, e cioè di pensare a un corso Italia chiuso perennemente al traffico e non solo in poche occasioni ludiche nell’arco dell’anno. «Il problema principale – taglia corto Dipiazza – è adesso quello di chiudere tutto al traffico in quell’area. A quel punto, come nei modelli tedeschi o austriaci (Vienna, per non andare troppo lontani) si può ipotizzare un anello tra via Carducci, corso Italia e le Rive, perchè senza questi tre sfoghi spiegatemi voi come ci si può muovere ai margini della città pedonale».

Furio Baldassi

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - L’opposizione vuol recuperare le gallerie  - Il centrosinistra appoggia i progetti Largo Mioni-via d’Alviano e Boschetto-via Revoltella

 

Ripescate le direttive del piano Honsell-Barduzzi del ’96. Drossi Fortuna: «Faremo una controproposta che aiuterà anche il sindaco»

Omero: «Per rivedere certi progetti non basta concentrarsi sui flussi della circolazione ma anche sulle strutture a loro disposizione»

Riabilitare il progetto della nuova galleria fra largo Mioni e via D’Alviano, sotto San Giacomo, prevista dal piano del traffico Honsell-Barduzzi (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) ma stralciata dal Prusst nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza. E abbinarvi, eventualmente, l’ipotesi di un tunnel fra la rotonda del Boschetto e via Revoltella (inclusa sempre nel piano Honsell) creando così un anello periferico per la circolazione dei mezzi privati in grado di decongestionare il centro. Da qui parte la controproposta che l’opposizione di centrosinistra lancerà a breve sul piano del traffico, sulla base della bozza Camus venuta alla luce nei giorni scorsi. Tale bozza accenna alle due gallerie nel capitolo degli «scenari di medio-lungo periodo», non previsti però fra gli interventi di una bozza nata per «un piano a breve termine, teso alla razionalizzazione delle infrastrutture esistenti».
«Se si vuole aggiornare un piano del traffico non ci si può limitare ai flussi, ma bisogna riconsiderare le strutture a disposizione dei flussi», fa notare subito Fabio Omero, segretario dei Ds.
L’INCONTRO «Faremo un incontro fra i rappresentanti del centrosinistra - annuncia quindi il presidente dei Cittadini Uberto Drossi Fortuna, senza però sbilanciarsi sui tempi - per elaborare una controproposta che verrà in soccorso allo stesso sindaco Dipiazza, il quale si smentisce di giorno in giorno». Anche perché la nuova legge regionale sul trasporto pubblico locale - rileva ancora Drossi da presidente della Quarta commissione di piazza Oberdan su viabilità e pianificazione territoriale - «impone ai comuni di mettere a punto entro il 2011 un piano del traffico che potenzi l’uso dei mezzi pubblici, pena il taglio dei trasferimenti finanziari».
Il primo atto del contropiano targato centrosinistra - lascia intendere il capogruppo della Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - arriverà la prossima settimana, quando la Sesta commissione (competente su urbanistica e traffico) tornerà a riunirsi dopo la parentesi estiva. «Come capigruppo d’opposizione - spiega Lupieri - abbiamo chiesto al sindaco che in quell’occasione ci sia consegnata la bozza Camus, che noi non abbiamo ancora avuto modo di vedere se non attraverso il giornale».
LE GALLERIE Solo con il documento fra le mani, dunque, potrà scattare l’iter del contropiano. Che dovrebbe comunque poggiare - insiste Omero - sulle due gallerie previste dal piano Honsell, in particolare quella sotto San Giacomo: «Una volta insediatasi - ricorda il leader della Quercia - la prima giunta Dipiazza decise di non dar corso al tunnel (lungo circa 380 metri, contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr). Salvo rendersi conto, poi, che ciò rendeva impraticabile la pedonalizzazione di corso Italia». «Per me quella galleria va fatta - dice polemico Drossi Fortuna - nonostante Piero Camber sostenga che in quella zona rischio di perdere voti. Ma io penso allo sviluppo della città nel suo complesso». «Sarebbe un’ottima risposta - chiude il cerchio Lupieri - anche per alleggerire l’inquinamento del centro».
CORSO ITALIA Per corso Italia Omero ne considera «tecnicamente difficile» la pedonalizzazione «perché se metti un nuovo parcheggio sotto San Giusto e un altro nei pressi del Teatro Romano, per quasi mille stalli totali, dove si dirigono poi le auto in uscita? Sulla sola via San Spiridione?». «Sono sempre stato contrario alla pedonalizzazione di corso Italia - incalza Drossi Fortuna - mentre lì ci vedo un allargamento dei marciapiedi e dell’arredo, a partire dall’illuminazione, senza escludere la viabilità».
BORGO TERESIANO Su Borgo Teresiano libero dalle auto (ieri si è espresso anche Dipiazza, vedi sopra, ndr) per Omero «non si può pedonalizzare la zona dei negozi di pregio verso corso Italia e non la parte opposta, verso via Ghega, dove ci sono i cinesi. Sarebbe una scelta classista non compatibile con l’unicum storico del Borgo».
I PARCHEGGI Il piano del traffico, aggiunge Omero, «dovrebbe inoltre guardare di più alle piste ciclabili e ai parcheggi a corona attorno al centro, serviti da bus navetta». Per Drossi Fortuna, però, «l’autentico peccato mortale e ingiustificato della gestione Dipiazza è non aver continuato nella realizzazione dei parcheggi previsti dal piano del 2000. Ponterosso, Rive, Barriera, via Giustiniano e Roiano: potevano essere tutti già fatti».
«Sono i park del centro - conclude il consigliere regionale illyano - i presupposti per un nuovo piano del traffico. Assieme alla galleria di largo Mioni».

Piero Rauber

 

 

LE OMBRE DELLA TAV

 

Più vengono alla luce le criticità dei progetti Tav, più aumenta il battage propagandistico dei loro sostenitori, battage in verità sempre più affannoso. Ecco, per esempio, in un'intervista al Piccolo, il presidente della Fondazione Nord Est Daniele Marini esaltare il modello spagnolo. Non è forse inopportuno ricordare che la Fondazione Nord Est è un «istituto di ricerca sociale ed economico - si legge nel suo sito - promosso dalle associazioni confindustriali e dalle Camere di commercio del Trentino Alto Adige, del Veneto e del Fvg».

Tra i soci benemeriti la Provincia di Trento e la Regione Friuli Venezia Giulia.
Tornando alla Tav, bastano 20 minuti con il treno ad alta velocità - afferma Marini - per coprire i 70 km tra Madrid e Toledo. Il che, aggiunge, permette ad esempio di vivere a Toledo ("dove le case costano la metà") e lavorare a Madrid.
Sul sito di Renfe (le ferrovie spagnole) si può vedere che: il tragitto tra le due città viene coperto in 30 (non 20) minuti; il biglietto costa 8.60 euro (classe unica); l'abbonamento più conveniente è quello mensile (50 corse) e costa 193 euro. Quanti sono i lavoratori che possono permettersi di spendere oltre 2.300 euro (193 volte 12) all'anno di treno per abitare a Toledo e lavorare a Madrid? I dirigenti, certo, ma gli altri?
C'è un altro paio di cose che Marini dimentica. La linea Madrid-Toledo, inaugurata meno di due anni fa, è costata a consuntivo 215 milioni di euro per 74 km, vale a dire meno di 3 milioni a km. Per i 150 km della Venezia-Trieste il ministro Di Pietro, nel documento sulle "Infrastrutture prioritarie" del novembre 2006, stima un costo di 6.129 milioni di euro, cioè quasi 41 milioni a km. Togliamo pure i 1.929 milioni previsti per i 37 km della Ronchi Sud-Trieste, dove incidono i costi per le gallerie (28 km) sotto il Carso. Rimangono 4.200 milioni per i restanti 113 km (tutti in pianura), vale a dire circa 37 milioni a km.
Qualcosa non torna. Del resto da anni molti chiedono spiegazioni sul differenziale di costo tra le linee Tav costruite in Italia e quelle francesi e spagnole, senza però riuscire ad avere risposte. Quanto finirebbe per costare il biglietto sull'ipotetica Tav Venezia-Trieste?
Intanto, però, l'assessore Sonego si affanna a ripetere che la Tav servirà soprattutto alle merci, per "togliere i Tir dalle autostrade". Eurostat lo smentisce: le statistiche europee sui trasporti mostrano infatti che anche dove la Tav esiste da anni, i mezzi su gomma dominano incontrastati nel trasporto merci: in Francia il 21,3% delle merci viaggiava su ferro nel 1994, ma nel 2005 la percentuale era scesa al 16. Nello stesso arco di tempo, il trasporto di merci su gomma è salito dal 75,3 all'80,5. In Spagna, solo l'8,5% delle merci viaggiava sui treni nel '94, ma nel 2005 la percentuale è scesa al 4,8 e nel frattempo la gomma ha aumentato la sua quota dal 91,5 al 95,2. Peggio dell'Italia, dove nel '94 viaggiava su ferro il 12,8 delle merci (e l'87,1 su gomma), mentre nel 2005 la percentuale è scesa al 9,7 (il 90,3 su gomma).
Ma almeno i passeggeri su ferro saranno aumentati, dov'è c'è la Tav? Manco per niente. Secondo i dati Eurostat, in Francia nel 1991 solo l'8,8% dei passeggeri ha scelto la rotaia, mentre nel 2002 (non sono disponibili dati più recenti) la percentuale era dell'8,6. In Spagna, il 5,8% su treno nel '91 e il 4,8 nel 2002. Più o meno come in Italia: sui treni il 6,7 dei passeggeri nel '91 e il 5,4 per cento nel 2002.
Eppure c'è un'Europa che presenta situazioni e tendenze diverse. L'Austria, ad esempio (nel '94 il 42,9% delle merci nel '94 viaggiava su ferro, percentuale scesa al 32,6 nel 2005, ma siamo comunque su un altro pianeta rispetto ai Paesi citati prima), oppure la Gran Bretagna (7,7% delle merci su ferro nel '94, 11,9 nel 2005), o la stessa Slovenia (32,4% di traffico merci su ferro nel '94, e 22,7 nel 2005). Nessuno di questi Paesi intende costruire Tav, bensì buone ferrovie moderne, dal costo ragionevole.
Non sarà forse che l'attrattiva della ferrovia, rispetto alla gomma, dipende dall'organizzazione complessiva del sistema dei trasporti, molto più che dalle caratteristiche delle infrastrutture? Dall'efficienza (puntualità, comodità, competitività delle tariffe, ecc.) del sistema ferroviario rispetto alle alternative su strada? Perché è anche falso, poi, che negli ultimi anni nel nord est non si sia realizzato nulla di nuovo: basti pensare alla "Pontebbana", inaugurata nel 2002, che però funziona solo al 25 per cento circa della sua capacità (mentre la parallela A 23 è piena di Tir), o al raddoppio dei binari sulla Gorizia-Cormons (ma i tempi di transito sulla linea sono aumentati rispetto a quand'era a binario singolo…).
Dario Predonzan - Wwf Friuli Venezia Giulia

 

 

Terza corsia A4, via al progetto Villesse-Gonars  - Convocata per il 27 settembre l’assemblea di Autovie per approvare la convenzione con l’Anas

 

Il consiglio di amministrazione ha deciso i passi formali per l’affidamento della concessione. L’incontro risolutivo si terrà il 24

TRIESTE La decisione finale è attesa tra un mese. L’assemblea dei soci di Autovie Venete, che dovrà ratificare la bozza di convenzione unica (che riguarda l’affidamento della concessione per l’A4, la A23 e la A28) firmata dalla società con l’Anas, è stata convocata il 27 di settembre.
Tre giorni prima della scadenza che i due enti si sono dati per completare i passaggi formali di loro competenza, prima del nuovo incontro. Quello che dovrebbe ratificare la convenzione e rendere più rosa il futuro della concessionaria. Ma nel frattempo, grazie alla deroga ricevuta a Roma, la progettazione della terza corsia dell’A4 va avanti. Il consiglio di amministrazione ha dato il via libera alle gare per la progettazione definitiva dei tratti Quarto D’Altino San Donà e Gonars Villesse, ovvero quelli liberi dall’affiancamento con la ferrovia.
LA CONVENZIONE Il consiglio di amministrazione ha analizzato per la prima volta i termini della convenzione che Autovie e Anas hanno sottoscritto in via provvisoria. Il documento non contiene il cronoprogramma delle opere, contiene però una serie di adempimenti e impegni, da parte della concessionaria, che il consiglio di amministrazione ha chiesto di studiare prima dell’approvazione. Il via libera del cda prima, e dell’assemblea poi, consentiranno di stendere lo schema di convenzione unica (concordata tra Anas e Autovie Venete), ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2 comma 84 del decreto legge 262 del 2006, che sarà poi sottoscritto congiuntamente da Autovie e Anas. A questo proposito, l’amministratore delegato Pietro Del Fabbro, ha comunicato che l’assemblea ordinaria della società (che fa parte di Friulia Holding) è stata convocata, a Trieste, giovedì 27 settembre alle 10.30. Il cda risolutivo sarà quindi il 24 settembre. I maliziosi ritengono che l’assemblea sia stata convocata tre giorni prima della scadenza che Anas e Autovie si sono date per approvare la bozza, in modo da non mettere i soci nella condizione di chiedere modifiche. In realtà in queste settimane ci sarebbero già stati diversi incontri informali con i soci della Holding per verificare eventuali obiezioni. L’approvazione del documento è molto importante perché modifiche sostanziali porterebbero annullare l’accordo con Anas e dilatare ulteriormente i tempi di realizzazione della terza corsia.
TERZA CORSIA Approvati intanto i bandi di gara (per complessivi 6 milioni di euro) per la progettazione dei tratti della terza corsia non interessati dal parallelismo ferroviario, ovvero: Gonars-Villesse e San Donà di Piave (svincolo di Alvisopoli) – San Michele al Tagliamento , mentre per la restante tratta (San Michele al Tagliamento – Gonars), interessata dal parallelismo ferroviario, è stato chiesto all’Anas di avviare un programma di lavoro con Rfi per mettere a punto tutte le condizioni necessarie (dalla definizione dei cavalcavia all’ altezza delle due reti, fino alle problematiche delle loro interferenze) derivanti dall’affiancamento tra la rete autostradale e quella ferroviaria, messa a punto indispensabile alle redazione del progetto definitivo. Il nodo da sciogliere resta la posizione del Veneto che non vorrebbe affiancamento alla linea ad alta capacità/alta velocità nel suo territorio. Sempre nell’ambito dell’iter per la realizzazione della terza corsia, resta aperta anche la partita «commissario straordinario». I governatori di Friuli Venezia Giulia e Veneto continuino a fare pressing sul governo, ma decisioni in merito non sarebbero attese prima di metà settembre. Riccardo Illy ha incontrato di recente il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, e in quella occasione avrebbe nuovamente affrontato l'argomento.
A 28 Il cda di Autovie ha confermato anche la data della posa della prima pietra per il lotto 29 dell’A28: mercoledì 12 settembre.
L’affidamento dei lavori dell’ultimo lotto autostradale concluderanno il prolungamento da Pordenone a Conegliano (importo a base d’asta 45 milioni di euro, importo netto di assegnazione 30 milioni e 500 mila euro, più 2 milioni di euro per gli interventi di sicurezza). Il consiglio ha affidato il lavori alla ditta Cmb. di Carpi, vincitrice della gara.
Martina Milia

 

 

Costiera cementificata

 

Verso la fine di luglio durante le assemblee consigliari imperniate principalmente su problemi di urbanistica cittadina, si è osservato che prima è stata approvata l’edificazione definita di Cedassamare, poi il raddoppio dell’hotel Riviera, poi l’insediamento della scuola internazionale nell’area scientifica del Sincrotrone di Basovizza e da ultimo (e solo dopo) sono state approvate le nuove direttive di revisione del piano regolatore. Alla fine di questa maratona il commento unanime o quasi dei consiglieri, assessori e sindaco è stato di grande soddisfazione per avere finalmente posto un punto fermo alla cementificazione selvaggia in Costiera, sul Carso e comunque nei siti di interesse della città.
Ci chiediamo: tutte le delibere dei giorni precedenti cosa sono?
Di chi sono i progetti delle delibere approvate?
Ci viene la tentazione di credere che l’intero Consiglio comunale abbia lavorato per giorni interi fino a tardissima ora per una sola persona approvando prima delle direttive generali le problematiche particolari del singolo privato e solo dopo quelle generali riguardanti la comunità.
Daniela Valentini

 

  

Il progetto dell’alta velocità

 

Ottimo, veramente ottimo e chiaro l’articolo di Livio Sirovich sul Piccolo del 19 agosto sul problema della Tav o ex Tav. In sintesi e ho capito bene, l’originario progetto che avrebbe rilanciato il porto di Trieste, non si farà più. Si farà invece attuazione agli interessi della Slovenia che, giustamente, punta a valorizzare il porto di Capodistria, a discapito del vicino concorrente.
A questo punto a noi conviene ancora partecipare a questo progetto?
Visti gli scenari, non rosei, prospettati, quando sentiremo e vedremo la mobilitazione sindacale, sempre pronta a difendere posizioni «particolari» e non l’interesse generale?
Mi aspetto, e spero a breve, una risposta da parte di tutti inostri parlamentari che veramente dovrebbe «fare sistema» per salvare il futuro del porto. Non so se l’assessore ai Trasporti Sonego e il nostro presidente Illy hanno qualcosa da dire e chiarire in proposito, oltre alle solite frasi di circostanza. Un parere del presidente Boniciolli mi chiarirebbe molte cose.
Iginio Zanini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 agosto 2007

 

 

Largo ai bus con il Piano traffico - Previsti fino all’11% di aumento passeggeri e il 162% in più di corsie riservate

 

Mentre il sindaco Dipiazza conferma il «no» al Corso Italia pedonale e rinvia le decisioni su via Mazzini

Il piano del traffico resta nel cassetto, ma almeno una cosa viene data per certa dall’ingegnere Roberto Camus, suo estensore: chi avrebbe da beneficiarne, in prima battuta, sarebbe il servizio di trasporto pubblico. Equazione facile: meno parcheggi liberi eguale più vetture bloccate a casa, ergo non rimane che il bus. Camus, nella bozza, dà anche la cifre: l’aumento del numero di utenti che utilizzano l’autobus per spostarsi sarebbe immediatamente quantificabile nel 4,4 per cento, «a parità di configurazione viaria».
Ma qui, altro dato interessante, si apprende che lo sviluppo delle corsie riservate ai mezzi pubblici aumenterebbe del 162 per cento, portando il totale a oltre 10 chilometri (per la precisione 10.381 metri) e, unendolo agli altri provvedimenti in divenire, farebbe configurare un aumento di utenza che si aggirerebbe sull’11,5 per cento «rispetto al carico attualmente rilevato a bordo del servizio pubblico nell’ora di punta della mattina» e sul 10,35 per cento «rispetto al carico attuale con riferimento all’intera giornata».
E che alla base di questa rivincita del bus ci sia il previsto calo nella circolazione delle moto e delle auto lo spiega il paragrafo successivo che parla di chiara «inversione di tendenza». Gli incrementi, insomma, sarebbero dichiaratamente ottenuti «a scapito della mobilità motorizzata sia sulle due che sulla quattro ruote, rispettivamente col -1,4 e il -14,1 per cento».
Un certo rilievo viene anche assegnato alle razionalizzazioni di linee, e al riguardo vengono citate la 5 che assorbe la 18, la 15 che si fonde con la 17 e la 20 barrata, «che assumono la rilevanza di nuove linee portanti». Questi ritocchi, viene ancora aggiunto, porterebbero a ridurre i trasbordi dell’11 per cento e a un incremento del coefficiente di occupazione dei bus stessi.
Saranno dunque i trasporti pubblici i veri, reali beneficiari del piano Camus, sia pur emendato o modificato? Per intanto, il tema continua a far discutere.
Il sindaco Dipiazza ha ribadito anche ieri come allo status quo sia impossibile contemplare l’ipotesi del Corso Italia totalmente pedonale, cara a più di qualche esponente della sua giunta, e come il piano del traffico stesso nella sua futura, finale stesura, non possa non tener conto delle variazioni subentrate dopo l’avvio della rinnovata viabilità sulle Rive e in Barriera Vecchia. La stessa via Mazzini rimane per il momento un tabù, per motivi facilmente comprensibili: sta per concludersi il lungo contenzioso tra Comune e Ansaldo sul bus a trazione elettrica Stream, la cui sperimentazione in città fu troncata unilateralmente dalla prima giunta Dipiazza.
Sebbene alcune indiscrezioni parlino di possibile esito favorevole per il Municipio (che diversamente sarebbe chiamato a un rimborso milionario) la prudenza è dovuta. E tale, comunque, da non ipotecare il futuro di quella via e, a catena, di quelle che ne seguirebbero collateralmente il destino. La riapertura, almeno parziale, di via Mazzini al traffico privato resta per il momento nel Limbo.
f.b.

 

 

San Sabba, nuova perdita di gasolio nel porticciolo dei pescasportivi - Restano ancora misteriose anche le cause del primo inquinamento

 

Nuovo allarme inquinamento nel porticciolo di San Sabba, già invaso nei giorni scorsi, assieme all’area adiacente della «Depositi costieri spa», da ripetute ondate di idrocarburi. In dettaglio gasolio uscito da una falla di una vecchia tubazione non ancora compiutamente individuata.
Ieri nel pomeriggio una schiuma oleosa di colore bruno sframmista a grumi è entrata tra le imbarcazioni all’ormeggio. I dirigenti dell’Associazione di pescasportivi che gestisce i pontili, hanno immediatamente allertato la Capitaneria di Porto che ha inviato a San Sabba prima una motovedetta, poi una squadra via terra.
Sono stati coinvolti nel sopralluogo anche i tecnici della ditta «Crismani» che assieme agli uomini della Capitaneria hanno raccolto alcuni «campioni» della schiuma e dei grumi in essa contenuti. Saranno analizzati per comprenderne la natura e l’origine.
«Non dovrebbe trattarsi di idrocarburi» hanno affermato in Capitaneria usando il condizionale. Di fatto l’invasione del porticciolo di ieri pomeriggio non ha avuto le caratteristiche delle precedenti, accompagnate sempre da un forte odore di gasolio che irritava naso e gola.
«Potrebbe trattarsi di una fuoriuscita in mare degli addittivi usati nell’impianto di raffreddamento della Ferriera. Di solito sono molto chiari, quasi bianchi, mentre in questa occasione hanno il colore del cioccolato» ha azzardato un frequentatore del porticciolo di San Sabba. Altri hanno invece indicato come possibile responsabile della nuova ondata inquinante, la vicina foce cementata del Rio Primario.
Insomma, un nuovo mistero da chiarire che si affianca a quello della precedente fuoriuscita di gasolio, protrattasi per una decina di giorni. In effetti la zona coinvolta nel misterioso spandimento è ancora delimitata da tre linee di panne che se altro carburante dovesse finire in mare, sono pronte a trattenerlo in uno spazio circoscritto, dove possono agire le imbarcazioni antinquinamento della ditta Crismani.
La presenza della panne è stata inserita nei giorni scorsi nell’elenco degli «avvisi ai naviganti» per evitare problemi ai rimorchiatori e alle «bettoline» che si riforniscono di gasolio ai pontili della «Depositi costieri spa».
Nell’area interessata al versamento di gasolio - sempre su incarico della Capitaneria e dell’Autorità portuale - sono stati effettuati nei giorni scorsi numerosi sondaggi nel terreno per verificare l’entità dello spandimento. Sono stati scavati alcuni pozzetti che hanno confermato che il carburante non ha raggiunto strati profondi. Le panne galleggianti sono rimaste al loro posto anche perché esiste ancora la possibilità che in occasione di alte maree un’onda di dimensioni inusuali, attivi nuovamente lo spandimento in mare.
c.e.

 

 

«Sindaco indeciso sul piano del traffico» - Un lettore evidenzia l’incertezza che circonda il documento programmatico comunale

 

lApprendo dalla stampa che il Piano del traffico, alla cui stesura sta lavorando da molti anni uno stimato ed esperto professionista, non va più bene al nostro sindaco in quanto quest’ultimo ha un piano diverso, ovvero delle idee alternative.
Mi permetto allora, da semplice cittadino che ha votato proprio per questa amministrazione, di chiedere quale finalità ha avuto la spesa di tali ingenti risorse pubbliche (150 mila euro al solo professionista) per far predisporre tale studio, ma soprattutto perché si sia sprecato tutto questo tempo (a oggi cinque anni). In base a quali considerazioni non va più bene il piano di cui si discute oggi?
Quando ho espresso la fiducia all’attuale sindaco, con il mio voto ho inteso delegare a lui e alla sua squadra il compito di amministrare la città. In una realtà complessa come quella della città di Trieste non si chiede all’amministratore pubblico di redigere personalmente progetti e piani di così grande importanza e per i quali non è possibile prescindere da conoscenze tecniche e approfondite analisi scientifiche che oltretutto richiedono molto tempo.
Il senso e la forza di un amministratore si esplicano nel sapere indicare le direttive dello sviluppo e del futuro e, di conseguenza nello scegliere persone esperte, capaci e motivate che sviluppino tali direttive. Nel recente passato è proprio questa la strada che ha percorso la nostra amministrazione, nel presente invece questo sentiero appare più accidentato e incerto.
Preoccupa molto, per il futuro della città, che l’impegno degli amministratori sia concentrato nella redazione di un Piano del traffico (o in qualsiasi altro strumento tecnico quale il Piano regolatore) e non nel necessario lavoro di indirizzo e di sintesi, proprio perché i risultati sarebbero inevitabilmente pessimi. In poche parole e, con un esempio forse più chiaro delle righe precedenti, così come qualsiasi appassionato della Ferrari non chiederebbe mai a Montezemolo di fare il meccanico ai box, così i triestini non chiedono al sindaco di redigere i progetti per la Triete del futuro bensì di fornirne gli indirizzi, far predisporre le migliori proposte tecniche e quindi di scegliere tra queste con le virtù di un buon padre di famiglia.
In base a questa capacità i cittadini valutano il proprio amministratore.
Diego Grubor

 

 

Pochi cassonetti a Dolina

 

Qualche tempo fa, complice la bella e ventilata giornata di sole e la temperatura non troppo elevata, decisi di fare un’escursione in Val Rosandra: posi il punto di partenza e d’arrivo in località Draga (comune di Dolina) per la comodità dei parcheggio, avendo scelto un giorno feriale per la mia passeggiata.
Andò tutto bene, senonché, al mio ritorno, trovai un «regalino» sul parabrezza dell’auto: avendo parcheggiato sotto un albero di fichi, questi pensò bene di effettuare un lancio strategico di munizioni prendendo di mira proprio la mia quattro ruote. Non mi persi d’animo, recuperai uno straccio e mi dedicai ad aspartare i frutti ormai ridotti a marmellata e ad eseguire una seppur minima pulizia del parabrezza che mi permettesse una guida sicura. Compiuto questo passaggio, ecco sorgere il problema più grande: dove gettare lo straccio con i residui della «marmellata»?
Se la memoria non m’ingannava, ricordavo bene che c’erano dei cassonetti delle immondizie nel piazzale, quasi al termine della strada che conduce a Draga: mi guardo a destra, mi guardo a sinistra, ma di questi cassonetti non c’è traccia alcuna.
Pazienza, salgo in macchina con straccio e «marmellata» alla ricerca di un cassonetto, che trovo appena giunto a Basovizza (comune di Trieste), dove riesco finalmente a liberarmi del mio «fardello».
Se la tanto decantata e celebrata raccolta differenziata promossa dall’amministrazione comunale di Dolina sembra funzionare così a meraviglia e tutti i residenti del comune ne sono così entusiasti, da non residente e appassionato fruitore della Val Rosandra non posso che rammaricarmi del fatto che, nonostante questa sia così promossa a livello turistico con indicazione stradali ad ogni incrocio e così frequentata da triestini e non, non esista neanche un piccolo cestino per le immondizie nei luoghi che normalmente si sa costituiscono punti di arrivo e partenza per qualsivoglia escursione.
Mauro Balbo

 

 

Il piano regolatore

 

Lettera aperta al sindaco sul Piano regolatore.
Egregio signor sindaco, entro pochi giorni dovrebbero essere fissate le linee guida cui dovranno far capo gli estensori del nuovo piano regolatore. Poiché riteniamo che l’attuale piano regolatOre – datato 1997 – sia più che altro una semplice zonizzazione con regole molto permissive, non sarà sufficiente una sua revisione anche se condotta in modo serio e obiettivo ma sarà necessario disegnare un piano completo in cui vengano indicate chiaramente nelle zone di espansione strade, piazze, allineamenti, servizi generali ecc. in modo da lasciare molto meno spazio a future varianti. Il nuovo piano regolatore poi dovrebbe essere affidato a mani esperte e fuori da influenze locali, poiché si tratta di un atto importantissimo che sarà il regolare del futuro sviluppo della città. Immediatamente poi, nella lunga attesa della sua realizzazione, vanno, come già da più parti richiesto, tutelati in particolare i territori di pregio ambientale e storico, onde evitare che diventino oggetto di un’ulteriore sfrenata edificazione. Noi facciamo riferimento al territorio che ci compete, e cioè al Carso, ma lo stesso discorso vale anche per la Strada del Friuli, Costiera, Barcola e per tutta la collina che sovrasta Trieste e che è parte integrante della sua immagine. Concludo signor sindaco, affidando a lei una severa e oculata gestione di quanto sopra poiché riteniamo che a lei competa per larga parte la custodia della città e del suo circondario.
Gianna Venturini Crismani - copresidente Associazione  difesa di Opicina

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 agosto 2007

 

 

Piano traffico, scompaiono 1119 posteggi liberi  - Ma sono previsti 5000 nuovi posti a pagamento e in parking. Per le moto 425 spazi in meno

 

L’offerta di sosta in città rivoluzionata nella bozza Camus con la cancellazione delle Ztl e l’ampliamento delle aree pedonali

Nel centro e nella prima periferia della città l’applicazione del piano del traffico comporta la diminuzione di 425 posti moto e l’aumento complessivo di 3898 stalli per auto. Un numero quest’ultimo frutto però di un nuovo assetto, che vede salire di 4752 unità i posti auto negli impianti e di 532 quelli scoperti a pagamento, mentre gli stalli non a pagamento per i residenti diminuiscono di 267 e calano in maniera drastica - di 1119 unità - quelli liberi. Queste le cifre complessive riportate nella relazione tecnica firmata dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus e dai responsabili del gruppo di lavoro interno del Comune su incarico della stessa amministrazione municipale.

Le cifre prospettate discendono anche da alcune linee-guida indicate dalla giunta comunale, sulla cui base Camus ha redatto la bozza: incremento dell’appetibilità del trasporto pubblico, revisione «e possibile eliminazione» delle zone a traffico limitato (ztl), «verifica della possibilità di rivedere le aree di sosta dedicate ai residenti», proposta di misure mirate a «un migliore utilizzo della sosta su strada e in impianto».
Nel capitolo parcheggi, la bozza parte dall’analisi della situazione del 2004 (il piano è stato consegnato al Comune nel febbraio 2005), conteggiando gli stalli esistenti zona per zona suddivisi per tipologia (residenti, impianti, sosta libera...) Due le osservazioni di rilievo: la prima è che i parcheggi su strada a pagamento risultano molto utilizzati, «con punte attorno al 90% nelle aree centrali». La seconda riguarda l’utilizzo di alcuni parking coperti, che si conferma «di molto inferiore alla relativa capacità».
Nello scenario prefigurato con l’applicazione del piano traffico i posti auto salgono complessivamente di 3898 unità grazie ai nuovi stalli a pagamento e a quelli da utilizzare nei parking coperti, ma a fronte di una diminuzione di stalli liberi. La scomparsa delle ztl comporta il passaggio da 332 ai previsti 65 posti riservati ai residenti nel Borgo Teresiano. Per contro, la relazione evidenzia «la crescente offerta di posti auto in impianto» in prossimità delle attuali ztl con «797 posti macchina in fase di avanzata realizzazione», come nei casi dei parking di via San Francesco, Campo San Giacomo, via Cologna. Considerati anche nuovi parcheggi in previsione destinati ai residenti, il numero complessivo per questi ultimi «cresce ancora di 375 posti».
Lo studio peraltro è stato redatto prima dell’approvazione del nuovo piano parcheggi che, licenziato dalla giunta la scorsa primavera, prevede 5310 posti auto in 18 nuovi contenitori: questi in massima parte non sono contemplati nella bozza Camus, che si limita a prefigurare i parking già nel 2004 previsti, come quello del colle di San Giusto o l’ampliamento di Foro Ulpiano.
La bozza propone poi che «per venire incontro ai residenti di tutte le aree centrali», comprese quelle oggi non a traffico limitato, la fascia oraria a pagamento venga modificata: non più dalle 8 alle 20, bensì dalle 9 alle 13 e dalle 14.30 alle 19, con sosta libera nel resto delle 24 ore.
Quanto ai cosiddetti «visitatori», il numero di posti liberi scende di 1119 unità a causa della pedonalizzazione di alcune aree - che complessivamente aumentano del 49,9% rispetto a oggi - e dell’istituzione di nuove corsie riservate a bus e taxi (nel piano ad esempio scompaiono i posti auto in via Battisti per far posto all’ampliamento dei marciapiedi e alle corsie riservate per i bus). Scende il numero di stalli nelle aree Oberdan, Battisti-Giulia, ospedale, Rive e San Giusto. Quanto ai nuovi posti, vengono ricavati sia nelle ex ztl destinate ora a parcheggi a pagamento sia negli impianti esistenti. Il numero complessivo di parcheggi a pagamento su strada aumenta di 532. Per la sosta a rotazione si prevedono poi 1595 posti in più, «senza considerare» nuovi impianti o «l’ampliamento di quelli esistenti».
Di segno negativo invece il saldo per i motocicli, che contano su 425 posti in meno «parte dei quali - dice la relazione - potrebbe forse venire ospitata» dentro gli impianti. La perdita di posti per le due ruote si concentra in buona parte nel Borgo Teresiano, con 494 stalli in meno, mentre ne figurano 175 in più nell’area della stazione, a fronte di una situazione sostanzialmente invariata nelle altre zone.

 Paola Bolis

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 agosto 2007

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Ponterosso, aperto ai bus il nuovo ponte sul canale

 

 IL PIANO TRAFFICO SVELATO Nel documento redatto dal professionista si studiano anche gli effetti dell’opera già prospettata dal Comune

È una delle ipotesi della bozza Camus per il futuro: consentirebbe di pedonalizzare via Roma

Mesi fa il Consiglio comunale ha dato via libera a uno studio di fattibilità dell’opera

Un nuovo ponte sul canale di Ponterosso fra le vie Trento e Cassa di Risparmio? Se ne parla ormai da anni. E la bozza di piano del traffico redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus ne promuove la funzionalità a pieni voti. Aggiungendovi un ulteriore elemento di riflessione: il ponte potrà essere certamente riservato ai soli pedoni, ma se ci potessero passare anche i mezzi pubblici via Roma potrebbe a quel punto essere completamente pedonalizzata nel tratto fra via Torrebianca e corso Italia.
Questo si legge nello studio redatto dal professionista su incarico del Comune. Alle proposte relative al piano del traffico, che per sua natura non prevede la creazione di nuove infrastrutture ma la sola risistemazione della viabilità già esistente, l’ingegnere nell’ultima parte dello studio aggiunge infatti alcune pagine dedicate a «scenari di medio-lungo periodo», analizzando cioè gli effetti che eventuali nuove opere - di cui peraltro negli anni si è già ciclicamente discusso - avrebbero sulla circolazione cittadina.
Delle cinque opere prese in considerazione da Camus, quella tornata di recente d’attualità riguarda appunto il nuovo canale. Lo scorso inverno il consiglio comunale ha approvato una delibera mirata alla riqualificazione urbana dei borghi Teresiano e Giuseppino. Il documento prevede anche l’effettuazione di uno «studio di fattibilità per la realizzazione del ponte pedonale» tra via Cassa di Risparmio e via Trento, ponte che di fatto andrebbe a collegare piazza della Borsa a via Ghega. Lo studio di fattibilità richiede un esborso pari a 50 mila euro.
Nel suo documento datato febbraio 2005, anche Camus sottolinea gli «indubbi vantaggi» che il nuovo ponte porterebbe, consentendo di aprire al transito «un collegamento la cui assenza ha contribuito in modo determinante in particolare allo stato di degrado di via Trento». Posto che l’opera «si deve inquadrare in uno scenario particolarmente delicato sotto il profilo architettonico», scrive Camus, nel caso in cui si volesse realizzare un ponte aperto anche al passaggio di bus e taxi si otterrebbero ulteriori vantaggi: via Roma - che la bozza di piano del traffico prevede percorribile solo da bus e taxi tra le vie Torrebianca e Mazzini - verrebbe a quel punto sostituita dall’asse Trento-Cassa di Risparmio e dunque totalmente pedonalizzata, «mantenendo una buona accessibilità» all’area sia con i mezzi pubblici lungo l’asse Trento, sia con quelli privati in transito lungo le vie San Spiridione-Filzi.
Inoltre, i percorsi di alcuni autobus che oggi passano per via Roma potrebbero essere strutturati in modo da collegare direttamente la stazione centrale con il salotto buono della città «attraverso la parte iniziale di via Ghega». In base a queste considerazioni, quella di un ponte aperto tanto ai pedoni quanto ai mezzi pubblici viene dunque definita a Camus una ipotesi «conveniente».
Come si diceva, di un nuovo ponte sul canale si parla da anni. Un attraversamento - ma solo pedonale - era contemplato anche in un documento che il gruppo consiliare di Forza Italia compilò nel 2004 su «indirizzi e obiettivi in tema di viabilità generale». Più di recente l’ipotesi del ponte - sempre però pedonale - è stata inserita nella delibera con cui il consiglio comunale ha approvato il progetto di riqualificazione dei Borghi Teresiano e Giuseppino, che per l’attuazione abbisognerebbe di una cifra stimata attorno ai nove milioni di euro. Il piano prevede il completamento del percorso «prevalentemente pedonale» che da piazza Venezia passando per Cittavecchia, piazza dell’Unità e via Roma termina in piazza della Libertà: peraltro la pedonalizzazione dell’ultima parte di via Cavana in direzione piazza Hortis è prevista anche nella bozza di piano del traffico firmata Camus.
Nel piano relativo ai due Borghi del centro storico è prevista anche una riqualificazione in tre lotti di via Roma: l’intervento, il cui costo è previsto in oltre un milione di euro, risulta finalizzato a prevedere dove possibile un ampliamento dei marciapiedi e la ripavimentazione in pietra

Paola Bolis

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - E la galleria libera via Ginnastica dal caos - Dal tunnel di Montebello al by-pass delle Rive, cinque scenari a lungo termine

 

Come potrebbe cambiare la circolazione se venissero realizzate alcune infrastrutture: i numeri dell’analisi

Come cambierebbe la viabilità cittadina se fossero realizzate alcune nuove infrastrutture? In coda alla bozza di piano del traffico firmata Camus c’è un capitolo dedicato agli «scenari di medio-lungo periodo» in cui, «su espressa indicazione dell’amministrazione comunale», scrive il professionista, sono stati analizzati gli effetti che sulla viabilità potrebbero produrre alcune opere della cui realizzazione negli anni si è ciclicamente discusso: opere - e relativi dati - cui guardare oggi in chiave puramente teorica, giacché anche se alcune di esse erano state previste dalla giunta Illy, furono poi cassate dall’amministrazione Dipiazza.
Oltre al nuovo ponte in Ponterosso, lo studio considera altri quattro interventi. I primi riguardano due gallerie, l’una tra largo Mioni e via D’Alviano e l’altra tra Rotonda del Boschetto e via Revoltella. Entrambe erano state inserite negli anni Novanta dall’allora giunta Illy nel piano del traffico ancora vigente, ma l’amministrazione Dipiazza nel 2002 le espunse dal Prusst, il programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio.
Prevista dalla variante 66 del piano regolatore, la galleria Mioni-D’Alviano - contro la cui realizzazione insorsero gli abitanti dell’area di largo Mioni - era già stata progettata in via preliminare nel 2001, e se ne prevedeva una lunghezza di 380 metri circa. Camus ne analizza ora gli effetti nel caso la galleria funzionasse con il nuovo piano del traffico in vigore. Il traffico - scrive il professionista - si ridurrebbe soprattutto in via San Marco (-27%), via Orlandini (-36/48%), via del Bosco (-51%). Meno utilizzate sarebbero anche le Rive in direzione stazione (-16%), mentre in viale D’Annunzio da largo Mioni a piazza Garibaldi si avrebbe un 26% di traffico in più. «In conclusione - scrive il professionista dopo avere fornito ulteriori dati - le variazioni non spostano sostanzialmente i punti più critici, in alcuni casi determinano effetti negativi», come in via Raffineria, mentre «gli aspetti positivi migliorano in diversi punti i livelli di servizio, a partire però - sottolinea Camus - da livelli già accettabili».
Diverso il discorso per la galleria Rotonda del Boschetto-Revoltella - ribattezzata al tempo galleria di Montebello - che determinerebbe «una serie di effetti sostanzialmente tutti positivi, diminuendo i livelli di congestione in itinerari critici» come via Ginnastica alta (dove si avrebbe -43% di auto), via Giulia-Battisti (con un -29/44% di auto nella parte terminale di via Battisti verso via Giulia), via Milano, via Carducci e piazza Garibaldi. Il traffico in entrata e in uscita dalla galleria - secondo lo studio - non determinerebbe «sostanziali problemi».
Lo studio Camus considera poi il by-pass delle Rive, la cui possibilità di realizzazione negli anni è stata contemplata in diversi termini: come galleria sottomarina o come passaggio «in trincea» (quest’ultimo, da palazzo Carciotti all’ex Pescheria, era previsto nel progetto con cui Franco Zagari nel 2002 vinse il concorso internazionale di idee per la riqualificazione del lungomare indetto dal Comune con il finanziamento di quasi 220 mila euro della Fondazione CRTrieste). Il by-pass, scrive in sostanza Camus, ridurrebbe ovviamente il traffico sulle Rive ma non modificherebbe i «problemi di congestione» nel resto della città.
Infine il cosiddetto «bucone», il progetto di Penetrazione Nord - 17 chilometri di percorso sotterranei da Sgonico ai vari rioni - che nel 2003 fu presentato dall’allora assessore regionale ai trasporti Franco Franzutti e rapidamente cassato anche a causa della sollevazione popolare che produsse. Il progetto preliminare era stato commissionato nel 2002 dalla Regione, allora guidata dal centrodestra, al Dipartimento di ingegneria civile dell’Ateneo cittadino (cofirmatario del progetto lo stesso Camus): la galleria figurava infatti già inserita tra le opere pubbliche da avviare rapidamente grazie alla Legge obiettivo, e l’allora ministro per le Infrastrutture Pietro Lunardi aveva inserito il «bucone» tra i 91 progetti considerati prioritari a livello nazionale. L’opera - cassata dalla giunta regionale Illy nel 2004 - comporterebbe in base alle proiezioni di Camus un’ovvia riduzione del traffico sulla Costiera, «per il 79% in uscita e per il 65% in ingresso in città».
p.b.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Due comitati di cittadini e il Quarto parlamentino: faremo incontri pubblici  - Interviene anche «Trieste vivibile»

 

Il documento fa discutere non solo il mondo politico ma anche quella fitta galassia di comitati e associazioni di cittadini che da tempo si occupano di problemi legati al traffico. Se Coped-Camminatrieste e il comitato «Corso Italia per Trieste» hanno già annunciato l’organizzazione di incontri pubblici, ora anche altri sodalizi annunciano imminenti incontri.
Tra questi c’è, ad esempio, il comitato «Trieste vivibile», da tempo impegnato in particolare sul problema degli schiamazzi notturni e della pulizia di Cittavecchia, ma anche sul tema della viabilità. «Condivido lo spirito della bozza Camus, che punta a una maggiore vivibilità e pedonalizzazione del centro storico - afferma il presidente Paolo De Mottoni - ma solo se la progettazione di nuove aree pedonali verrà portata avanti con un certo criterio. Il nostro comitato ha deciso di riunirsi martedì, perchè l’argomento necessita di una discussione ampia. La questione è fondamentale per lo sviluppo del cuore della città».
Viene contestato da altri cittadini, invece, il punto della bozza Camus relativo all’eliminazione delle zone a traffico limitato (Ztl). Non più tardi di qualche mese fa, infatti, un gruppo di cittadini aveva dato il via a una raccolta firme per la realizzazione di una Ztl nel Borgo Giuseppino, chiedendo anche condizioni vantaggiose per i posteggi nelle fasce blu. Si fa loro portavoce Aurora Gautier: «In qualsiasi città italiana in cui la viabilità è organizzata in maniera efficiente esistono nei centri storici delle Ztl. Non è pensabile che quella nel Borgo Teresiano venga eliminata».
Ma la discussione prosegue anche nel mondo politico cittadino, in particolare, nella Quarta circoscrizione (Città-nuova e Barriera Nuova, San Vito-Cittavecchia). «Il piano del traffico è ancora tutto da vedere - afferma il presidente Alberto Polacco - perchè non ci è mai stato presentato. Io esprimo quindi non la visione globale della maggioranza del parlamentino, ma quella del mio partito, An, contrario alla chiusura di corso Italia alle auto. Le vie Torrebianca e San Francesco, infatti, non potrebbero sopportare l’intero traffico che dalle Rive va in direzione di via Carducci. Sono invece d’accordo con le proposte di Camus per aumentare le aree pedonali e le corsie preferenziali per i bus. Vorrei organizzare in circoscrizione incontri pubblici, per ascoltare i cittadini».
Dominiziana Avanzini, consigliere del parlamentino per la Margherita, parla dell’«inopportunità di procedere a spot su un argomento così importante. Serve una visione globale, che per il momento è totalmente mancata a questa amministrazione».
Su un punto Polacco e Avanzini sono d’accordo: il piano del traffico non può essere disgiunto da quello sui parcheggi.

Elisa Coloni

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Uno studio datato 2005

 

La giunta comunale decise nel dicembre del 2003 di affidare a Roberto Camus la redazione del nuovo piano del traffico. La bozza fu consegnata dal professionista nel febbraio del 2005, e da allora è stata oggetto di discussione nella maggioranza di centrodestra che regge il Municipio. Mai reso noto in precedenza nella sua interezza, il documento è stato reso noto grazie a una busta anonima giunta alla redazione del Piccolo nei giorni scorsi. Il dibattito sulle soluzioni da adottare si è così riacceso. L’altro ieri il sindaco Dipiazza ha dichiarato che «entro giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova viabilità».

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - I commenti sul Web: «Proviamo una sperimentazione di 6 mesi»

 

Continua il dibattito sul sito del Piccolo. Cresce il partito di chi vuole un potenziamento della rete dei mezzi pubblici e difende le ragioni dei pedoni

Il piano del traffico sta catturando anche l’attenzione degli utenti del sito del Piccolo. Molte le opinioni, spesso divergenti.
Un lettore che usa comne nickname Fcigoi, ad esempio, esordisce: «Due sole considerazioni: non condivido il modo in cui il documento è stato reso noto, giacchè in questo paese si vive di indiscrezioni. Però come mai nessuno di coloro che sono stati così solerti a denunciare la mano ignota per aver diffuso il documento ha mai pensato di denunciare il sindaco per averlo così a lungo occultato? Il progetto Camus è frutto di un modello matematico applicato a dati rilevati. Ciò significa che ogni variazione apportata va a influire sul modello che va ricalcolato. Cioè toccando quelle due-tre cose che il sindaco non vuole fare si renderà inutile tutto il resto, a meno di riconsiderare il tutto nel suo insieme. Meditate gente, meditate...quando Dipiazza verrà a venderci che il piano Camus non funziona».
Verolina osserva: «Il punto non è corso Italia chiuso o no, Torrebianca-S.Francesco assi di scorrimento o no. La sostanza è: facciamo la città bella valorizzando quelle chicche che sono piazza della Borsa e corso Italia e, soprattutto, restituiamo la città ai pedoni e facciamo correre i bus. E ancora: i nuovi percorsi proposti, pur rivoluzionari, in quanto a portata (capacità) sono equivalenti all'esistente e la spesa necessaria alla loro realizzazione mi sembra contenuta. Infine: nulla vieta una realizzazione in toto del piano Camus con una sperimentazione di 6-12 mesi delle parti controverse (C.so Italia-Torrebianca-S.Francesco-Battisti) con possibilità di ripristino della viabilità attuale in caso di fallimento».
Secondo Triestefuturo «una città che si promuove come turistica e che vuole essere moderna non può avere un centro storico attraversato da un autostrada a tre corsie. È necessario cambiare il modo di vedere la città: non un enorme parcheggio in cui fare slalom tra le auto ma un luogo in cui hanno precedenza assoluta i pedoni. Chi oggi rimetterebbe le auto in via S. Nicolo o in via Dante? Una città a misura d'uomo è possibile a Trieste in quanto il centro storico non è particolarmente esteso. A sostegno di una pedonalizzazione estesa ci devono essere mezzi pubblici efficaci (quindi più corsie riservate e non occupate da auto in sosta selvaggia) e parcheggi limitrofi disponibili (...l' ex cinema Filodrammatico non sarebbe adatto?). Alcune scelte richiedono coraggio e lungimiranza, qualità che dovrebbero essere proprie degli amministratori di una città». La proposta di ricavare posti auto all’ex Filodrammatico provoca la risposta di un altro lettore dal nickname Franzele1: «Penso che non sia il caso di fare parcheggi nei teatri. Potevano restaurare il Fenice e invece hanno preferito fare un parcheggio. Salviamo almeno il Filodrammatico».
Infine Serafina01 parla per conto dei pedoni: «Certo che se bisogna attendere il nuovo piano traffico per avere dei marciapiedi degni di questo nome...hai voglia! E pensare che Trieste è una città di anziani ed anche chi è più giovane spesso ha problemi di deambulazione. Ma i nostri amministratori camminano? E parlo dei marciapiedi del centro città...»

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 agosto 2007

 

  

Piano del traffico: la destra boccia anche via Torrebianca. Bucci: porto la bozza Camus dal sindaco - Corso Italia pedonale divide An e Forza Italia

 

La maggioranza non crede alla scadenza di attuazione indicata dal sindaco: «Giugno 2008? È troppo presto e coincide con le regionali»

L’assessore Maurizio Bucci preferisce puntare a «ragionamenti» mirati a una sintesi: «Non vedo allineamenti di partito, piuttosto sensibilità personali diverse». Sul piano del traffico però le posizioni tra le forze principali della maggioranza comunale restano per ora divise. Si profila così un asse tra il sindaco forzista Roberto Dipiazza e An, concorde quest’ultima con il primo cittadino che del piano Camus ha già bocciato alcune delle linee principali, come corso Italia chiuso alle auto e le vie Torrebianca e San Francesco percorribili in salita. Su un altro versante però Forza Italia insiste con le pedonalizzazioni, né si spaventa di via Torrebianca. E Bucci - senza volere rilanciare proposte che restano da «condividere», premette - coccola la «sua» idea: via Mazzini completamente pedonale e corso Italia percorribile solo da bus e taxi, ma in entrambe le direzioni. Su un fatto invece quasi tutti concordano: Trieste «potrà contare sulla nuova viabilità» ma non «entro giugno 2008», come annunciato ieri dal sindaco: troppo stretti i tempi - l’iter prevede il confronto con le categorie - e impossibile la coincidenza con le elezioni regionali.
Il piano del traffico resta al centro del dibattito. E il leader azzurro Bruno Marini parla chiaro: «Mi sembra che la bozza Camus porti proposte innovative e coraggiose, anche su corso Italia e via Mazzini. Come Forza Italia ci insisteremo con molta forza: quella alla pedonalizzazione è una tendenza europea da perseguire». Anche il capogruppo forzista in Comune Piero Camber ribadisce il suo favore - ma «senza preconcetti» - alla bozza Camus, sottolineando come essa sia direttamente collegata tanto al nuovo piano del trasporto pubblico quanto a una pedonalizzazione che porterebbe valore agli immobili. Ma poi, avverte, attenzione agli stralci: «Le scelte si riflettono a cascata». Il «no» a via Torrebianca, ad esempio, rivoluziona l’intera bozza Camus, che è un «lavoro scientifico» cui si potrà certo mettere mano, ma senza «improvvisazioni».
An però i suoi dubbi li conserva tutti. Anche sui posti auto che diminuirebbero nel centro: cosa impossibile, osserva l’assessore Piero Tononi, «finché non saranno stati realizzati i nuovi parcheggi» coperti. Quanto a corso Italia senz’auto, «dove andranno le macchine in uscita dal nuovo parking di San Giusto?» Tononi è perplesso anche sulle nuove corsie per i bus, «che servono solo se vanno rispettate», annota citando all’opposto la situazione esistente in via Carducci.
La posizione del resto è totalmente in linea con quella del vicesindaco Paris Lippi (An), che esprime perplessità sull’asse Torrebianca-San Francesco e ribadisce che «la soluzione che potrebbe creare meno problemi» permettendo comunque la creazione di un’area pedonalizzata sarebbe chiudere totalmente via Mazzini mantenendo l’attuale assetto del corso.
Gli assessori azzurri sfoderano però un altro argomento per convincere chi respinge l’ipotesi di un corso Italia sostituito come via di scorrimento da via Torrebianca, «senza la quale troverei difficile attuare» alcunché, precisa Bucci. E dunque: l’area del passeggio e del commercio ruota attorno al corso e a via Mazzini, mentre altre zone - come appunto via Torrebianca - ospitano in maggiore misura attività direzionali. Perché non dirottarvi il traffico privato? Senza entrare in dettagli, precisano tutti, Bucci e il collega delegato al commercio Paolo Rovis anche di questo hanno parlato ieri in un incontro «informale» con il vicepresidente di Confcommercio Franco Rigutti, con cui hanno «condiviso» linee quali la maggiore pedonalizzazione abbinata ai nuovi parcheggi coperti. «La prossima settimana incontrerò il sindaco per parlare della bozza Camus», quella originale, precisa Bucci: «Ora discutiamone insieme confrontando le sensibilità di tutti».
Resta il nodo dei tempi. Da Lippi a Marini, tutti concordano: non sarà il caso di prendere decisioni impattanti sulla viabilità sotto elezioni regionali. Sarebbero scelte inevitabilmente «condizionate», osserva Marini, né i cittadini avrebbero il tempo di valutarne gli effetti, aggiunge Lippi secondo il quale il termine per il nuovo piano - considerati anche i necessari confronti con le categorie - va spostato «diciamo nel 2008»; «a dicembre 2008», conferma Marini. «Entro giugno potremmo dare le linee definitive», spiega Camber. Ma Bucci avverte: «Non bisogna avere paura di scelte coraggiose, la gente premia i progetti».
Dall’opposizione intanto arrivano critiche feroci a una maggioranza che dice «un giorno bianco e un giorno nero», sintetizza il Cittadino Roberto Decarli. Mentre il diessino Fabio Omero fa di conto, e «tra consulenze e contratti dal 2001 a oggi per la redazione del piano sono stati spesi 284 mila euro», dice: «Ma in sei anni un piano quest’amministrazione non è ancora riuscita a vararlo».

Paola Bolis

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - L’opposizione: «Il centrodestra anche stavolta ha mostrato tutte le sue contraddizioni» - Otto consiglieri comunali all’attacco

 

Il piano del traffico, dicono in coro, è solo l’ultimo capitolo di un agosto in cui «la maggioranza ce l’ha messa tutta per dimostrare le proprie contraddizioni interne». Perché dalle armi ai vigili fino alla Ferriera, «si dice tutto e il contrario di tutto». E questo modo di amministrare «ci fa arretrare come città». Questi alcuni dei concetti che ieri otto consiglieri dell’opposizione compatta - dalla Margherita a Rifondazione - hanno espresso in una conferenza stampa. Un incontro indetto per bollare un centrodestra a loro giudizio «incapace di governare» il Comune secondo quello che il capogruppo Dl Sergio Lupieri ha definito «un progetto politico frutto di sintesi interna e di dialogo con la città».
Ma è l’intero primo anno di questo mandato Dipiazza che si chiude mandando a registro «solo aumenti di tutte le tariffe dei servizi gestiti dal Comune», ha rimarcato Lupieri registrando «la situazione di grande disagio nella maggioranza». Il Ds Fabio Omero si è soffermato su un aspetto del caso più recente, quello del piano traffico: «È stato reso noto grazie a una busta anonima recapitata al giornale e l’assessore Bucci ha detto che va bene così, che è un’occasione per accelerare i tempi: parole che dimostrano la cultura politica di questi signori».
E mentre da Rifondazione comunista Iztok Furlanic si è concesso la battuta («Sinora l’unica misura presa sul problema traffico è stata quella di eliminare lo scuolabus»), il Cittadino Roberto Decarli ha portato a esempio delle «contraddizioni» della Cdl la proposta di armare i vigili «di cui ora il sindaco sostiene la necessità mentre in passato la respingeva con forza, mentre An lo contraddice ma in passato per le stesse armi portò avanti una crociata»; per non parlare del centro congressi a palazzo Carciotti, «dove l’onorevole Roberto Menia dice una cosa e Dipiazza il contrario».
E il taglio dello scuolabus, ha proseguito Decarli, conferma l’«arroganza» di un’amministrazione che vuole cambiare il volto a una città, «ma solo a un’area molto ristretta di essa, dalla stazione a Campo Marzio. Mentre un anno fa nel suo programma elettorale il sindaco annunciava ”un tessuto urbano armonico che non conosca differenze di attenzione tra centro e periferia”».

 

 

«Ferriera, serve il tavolo regionale» - La Confsal chiede il coinvolgimento di Regione e Provincia

 

Preoccupazione per il futuro dei dipendenti e degli operai della Ferriera di Servola dopo le ultime dichiarazioni del sindaco che, per lo stabilimento, ipotizza una chiusura anticipata rispetto alla data prevista del 2009. La esprime in una nota il sindacato autonomo della Confsal. «Nell’atavico balletto ”chiusura sì, chiusura no”, che ha prodotto nei lavoratori un serio clima di disagio in un clima di perenne incertezza, risulta strano che a qualcuno, proprio ora, venga improvvisamente in mente un’idea geniale su come risolvere il problema occupazionale. La Confsal, per questo, è in disaccordo con la posizione della Cgil che sprona il Comune a farsi carico del problema per non incorrere nel rischio mobilitazioni. Non si capisce perchè solo il Comune dovrebbe interessarsi della questione. La soluzione infatti - continua il sindacato autonomo - va ricercata con la collaborazione di tutti, Regione e Provincia compresi. Proprio in Regione è stato istituito un tavolo istituzionale di confronto sui problemi dello stabilimento di Servola. Sarebbe ora di convocarlo nuovamente, questa volta però facendolo funzionare davvero, tralasciando le solite sterili polemiche che hanno contraddistinto gli ultimi incontri. Anche perchè - conclude la Confsal - a quel tavolo siedono anche i veri protagonisti della «telenovela Ferriera«: i rappresentanti del gruppo Lucchini».

 

 

An: «Rigassificatore sloveno, Roma si sbrighi a decidere»

 

TRIESTE «Perplessità e preoccupazione» nel vedere che la Slovenia, dopo aver criticato ed espresso pareri negativi sulle ipotesi progettuali per il rigassificatore da realizzarsi nel golfo di Trieste, «ora sembra invece intenzionata ad ottenerne uno di proprio», vengono espresse in una nota dal vicesindaco del capoluogo giuliano Paris Lippi.
«Cerchiamo di essere intelligentemente attenti - esorta Lippi - ed evitiamo che altri si prendano i vantaggi e noi solo e sempre i rischi. Se quindi Lubiana accelera per realizzare il rigassificatore, si muova e decida presto anche il governo italiano. L'importante è non rinunciare a fonti energetiche preziose, salvo poi dover pagare comunque rischi e disagi senza benefici».
Secondo Lippi, la centrale nucleare di Krsko, situata in territorio sloveno a pochi chilometri da Trieste, «insegna e dovremmo smetterla con quello strumentale e troppo comodo ambientalismo di facciata, che blocca tutto in Italia, salvo poi stare zitto sui rischi che comunque restano e si corrono quando centrali o rigassificatori sono a due passi dalle nostre case, con il problema di avere anche il vento a sfavore».
«Evidentemente tutto ciò - rileva Lippi - rientra forse in una precisa strategia di falso ambientalismo, che critica e denuncia se il rigassificatore è realizzato in Italia, ma di avvallo e sostegno se invece il progetto rientra nel suo ambito nazionale». «Non vorrei - prosegue il vicesindaco - che si ripetesse quanto successo per la centrale nucleare slovena di Krsko, che è un prezioso riferimento energetico per la vicina Repubblica mentre resta un pericolo e un rischio costante per Trieste e per tutta la regione Friuli Inezia Giulia».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 agosto 2007

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Dipiazza: nuova viabilità entro giugno 2008

 

Gli assessori di An: «Inviamo la bozza Camus alle categorie e aspettiamo la risposta, non c’è fretta»

Il sindaco ignora le polemiche seguite alla divulgazione del piano del traffico e rilancia: «Tireremo fuori da quel progetto quel che c’è di buono»

«Prenderemo in mano questo benedetto Piano del traffico, tireremo fuori cosa c’è di buono ed entro giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova viabilità cittadina». Parola del sindaco Roberto Dipiazza, che ieri mattina si è soffermato sulla delicata questione in giunta, assieme agli assessori (assente solo Franco Bandelli, in vacanza).
Adesso c’è una data precisa per la rivoluzione del traffico, appena dieci mesi per risolvere tutte le problematiche: dalle scelte definitive al reperimento delle risorse. «Applicare un simile piano comporta dei costi che dovremo mettere a bilancio (una stima degli uffici parla di 3 milioni di euro, ndr)», dice Dipiazza pensando alla nuova segnaletica, ai semafori da installare... Già, ma dove visto che la bozza Camus è solo una base di partenza. Accanto alla data e il piano economico, il primo cittadino assicura che «l’asse Torrebianca-San Francesco in salita non si farà mai, come il corso Italia non diventerà pedonale». Paletti fissati da Dipiazza, che ricorda la nuova viabilità sulle Rive e in Largo Barriera, successive alla bozza Camus e capaci di «risolvere molti problemi, decongestionando il traffico».
Accanto alle indicazioni della politica, senza dimenticare il parere decisivo del Consiglio comunale, arriveranno quelle dei cittadini (associazioni, comitati...). Il dilemma è l’ordine di ascolto per arrivare a un «piano condiviso». Secondo gli assessori di An, capitanati dal vicesindaco Paris Lippi, il calendario dovrebbe essere il seguente: «Bozza Camus da inviare a categorie e circoscrizioni - spiega - con richiesta di parere, seguita dal giudizio della giunta. Un mese in più o in meno non fa differenza». Un percorso chiesto esplicitamente da Lippi al primo cittadino e all’assessore competente in materia Maurizio Bucci. Senza mettere al momento dei paletti, anche se è risaputo che An non fa il tifo per corso Italia pedonale. Anzi, il tema è stato motivo di attrito con gli alleati di Forza Italia.
«Abbiamo davanti due strade: proporre la soluzione Camus alle categorie e sentire le loro opinioni, oppure esternare prima le modifiche», dice il forzista Bucci. Prendendo tempo, ma indicando la strada di una città «a misura di pedone sul modello Graz, perché questo ci domandano i cittadini». Una posizione condivisa dal collega di giunta e di partito Paolo Rovis, che sposa senza mezzi termini la pedonalizzazione di corso Italia. Ma a tale proposito dovrà vedersela con Dipiazza. «Le città stanno andando verso l’estensione delle aree pedonali e l’aumento delle corsie destinate al trasporto pubblico. Tutte caratteristiche che trovano soddisfazione - dice Rovis - in questa bozza coraggiosa, però bisognerà trovare una sintesi».
Una mediazioni tra le parti, dalla giunta al Consiglio passando per i cittadini, che anche l’assessore Giorgio Rossi, espressione della Lista Dipiazza, auspica senza troppi peli sulla lingua. «L’estensione delle aree pedonabili deve essere definita, perché tutti le vogliono a parole però... Bisogna poi affrontare seriamente il problema del trasporto pubblico - dice - affossato dalle due ruote. C’è qualcosa che non va, bisogna capire come razionalizzare la rete».

Pietro Comelli

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - I cittadini: interpellateci sui cambiamenti  - Tutti d’accordo sull’eventuale chiusura del Corso Italia al traffico privato

 

Associazioni e comitati avvertono il Municipio: basta con le scelte di solo contenuto politico, serve partecipazione

Parola d’ordine: «Interpellateci». Sul piano del traffico, associazioni e comitati di cittadini, ora più che mai non intendono mollare la presa sull’amministrazione comunale. Dopo la svolta dell’ultim’ora sulla bozza Camus, custodita negli uffici municipali fino a due giorni fa, i vari sodalizi chiedono a gran voce di essere ascoltati, per evitare che il documento urbanistico finisca per essere «un mero strumento politico». E si preparano a chiamare all’appello i cittadini, con incontri pubblici e, se necessario, con nuove raccolte di firme.
I comitati promuovono, nel complesso, la bozza Camus, anche se in qualche caso con alcune perplessità, legate in particolare al drastico taglio di parcheggi per auto e moto previsto dal progetto in centro città. Su un punto, però, tutti convergono e plaudono alle scelte dell’ideatore della bozza: «Il traffico privato in corso Italia deve scomparire. Largo a bus e taxi, stop a scooter e auto».
Interdire il transito nell’arteria che attraversa piazza della Borsa ai mezzi privati è, infatti, uno dei punti fermi del progetto. Un’opzione che potrebbe non diventare realtà se andassero in porto le modifiche previste dalla variante della bozza Camus elaborata dagli uffici del Municipio (diventata anch’essa pubblica l’altro giorno). In base a questa versione (che recepisce alcune osservazioni del sindaco e dall’assessore competente) le due e quattro ruote continuerebbero a transitare in corso Italia.
Una promozione a pieni voti su tutta la linea Camus arriva da Sergio Tremul, presidente di Coped-Camminatrieste, che annuncia di aver preso contatti con associazioni ambientaliste e alcuni esponenti di sigle sindacali, per organizzare incontri pubblici a fine mese sull’argomento. Obiettivo: «avanzare proposte sulla viabilità cittadina e far sentire la voce della gente su una questione importante, che non può dipendere esclusivamente dalla volontà del Comune, fatta piombare sulla testa della gente senza un necessario confronto». «Il centro città deve essere il regno dei pedoni, non dei motori - afferma Tremul - e il piano redatto da Roberto Camus va in questa direzione: nuove corsie riservate ai bus, più aree pedonali, corso Italia senza veicoli privati, che andrebbero a confluire in via Torrebianca, dove sarebbero eliminati i parcheggi in superficie. È un progetto coraggioso che permetterebbe di trasformare Trieste in una città più vivibile. Lo stesso Camus, prima di elaborare la bozza - aggiunge Tremul - sapeva che le sue idee avrebbero sollevato le ire di qualcuno, ma è arrivato il momento di prendere decisioni forti per il bene della città».
Una delle idee che potrebbero essere mal digerite è, ad esempio, quella di incentivare in maniera «coatta» l’uso dei mezzi pubblici. Camus prevede infatti un potenziamento delle linee dei bus, accompagnato dal taglio di centinaia di parcheggi per auto e moto in alcune vie del centro e posteggi più «salati», in particolare quelli in superficie. In questo modo, in base ai suoi piani, i triestini salirebbero più volentieri a bordo delle corriere.
Pierguido Collino, presidente del comitato «Corso Italia per Trieste», approva appieno le direttive Camus sulla chiusura del Corso ad auto e moto, anche in virtù della raccolta di firme (che aveva proprio lo stesso obiettivo) che l’anno scorso il sodalizio ha lanciato, raggiungendo i 1.100 nominativi. «Non solo corso Italia, ma tutto il centro storico, dal canale di Ponterosso a Cavana, dovrebbe essere interdetto ai mezzi privati - spiega Collino -. È fondamentale però che tutti, in particolare anziani e disabili, possano raggiungere il cuore della città con bus, taxi o navette». Non concorda invece con la «linea dura» sui parcheggi: «Prima di tagliare i posteggi in superficie bisogna costruirne di nuovi, interrati o multipiano, in zone centrali, limitrofe alle vie in cui circolerebbero solo bus e taxi - afferma ancora Collino -. I parcheggi in centro devono esserci, non si possono obbligare i triestini e i turisti a lasciare l’auto a Valmaura o a Opicine e salire sui bus».

Elisa Coloni

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Perplessità sulle varianti alla bozza Camus  - Bloccate le scelte impopolari il traffico cittadino rischia nuovamente l’ingorgo

 

Cosa cambia nel piano del traffico, rimasto nudo come il re della mitica storia dopo la sua inaspettata (?) pubblicizzazione? Praticamente tutto. Basti dire, al riguardo, che i mutamenti, per così dire, epocali, rimarranno lettera morta. E dunque: niente pedonalizzazione in Corso Italia, addio alla nuova viabilità in via Mazzini, strettamente collegata, e infine saluti anche al cambio di regime per la via Torrebianca, mentre salta pure la corsia preferenziale per i bus in via Coroneo e via San Michele a senso unico, probabilmente in giù, verso le Rive, fa venire i capelli bianchi agli assessori e dunque con ogni probabilità sarà stralciata.
Detto questo, il piano del traffico potrebbe anche ritornare direttamente nel cassetto. Inutile, infatti, sprecare energie per applicare un testo monco, pavido, frutto più che di logiche razionalizzatorie di pressioni delle categorie. Perchè è chiaro che, ad esempio, l’estensione delle aree pedonali deve passare per scelte impopolari che nessuno ha voglia di fare. Il Corso Italia pedonale, al momento, resta al massimo una (finta) scelta da sfoggiare nella notte dei saldi o a Natale. Passata la festa, gabbati i cittadini. Impossibile liberare un’arteria del genere se contestualmente non si trovano vie di sfogo nelle aree laterali. E non è di certo l’unica perplessità. «Credo – commenta Roberto Decarli, consigliere comunale dei Cittadini – che vada puntualizzata una cosa e non da poco: il Piano parcheggi presentato in giunta in primavera si riferisce ed è funzionale al Piano del traffico elaborato dal prof.Camus, oppure si integra solo al residuo 30% di questo, dato che il restante 70% è stato cassato dal sindaco, oppure invece si dovrà rielaborarlo completamente tutto?». Non è finita. Decarli ossserva ancora che «c'è un'altra possibilità, che il Piano parcheggi sia stato già predisposto in funzione di un nuovo Piano del Traffico infatti modificare il 70% del progetto presentato dal prof.Camus significa stravolgere tutto e rifarlo completamente».
Fin qui l’opposizione, ma i nervi scoperti esibiti dalla maggioranza di centrodestra non fanno sperare per una tempestiva conclusione della vicenda. Dice Maurizio Ferrara della Lista Dipiazza, in replica alla Rosolen di An che lo aveva attaccato: «E' vero, molti pensano ad un mio accordo con il sindaco relativamente alla mozione sul piano del traffico. Lo smentisco categoricamente, ho pensato di chiederne la pubblicazione per permettere agli altri consiglieri di valutare il mio pensiero. Quello cioè che il piano risultasse eccessivamente ed inutilmente impattante per le reali problematiche della città. Il fatto che il sindaco, pubblicamente, abbia confermato sostanzialmente tale tesi, mi ha indotto a ritenere la pubblicazione un'inutile perdita di tempo. Che poi qualche burlone abbia fatto recapitare al giornale un documento, forse già superato, è un altro discorso». Parla ancora, Ferrara, ma solo per ribadire che non risponderà a qualunque tipo di replica, «anche per rispetto dell'attuale assessore al traffico che avrà molto da lavorare nei prossimi 4 anni ed al quale come Lista Dipiazza daremo tutto il sostegno necessario».
Tecnicamente parlando, si resta in pieno ingorgo. E non sembra una situazione di passaggio.

Furio Baldassi

 

 

Il Wwf replica a Sonego: sull’ipotesi rigassificatore Lubiana non ha deciso - Intervento del leader Predonzan

 

TRIESTE Per il responsabile della sezione regionale del Wwf del Friuli Venezia Giulia, Dario Predonzan, l'assessore regionale Lodovico Sonego «prende lucciole per lanterne» se ritiene che la costruzione di un rigassificatore a Capodistria, in Slovenia, è stata già decisa, come riportato nell’edizione di ieri del Piccolo. Secondo Predonzan, «risulta invece soltanto che una società tedesca abbia presentato al ministero dell'Economia di Lubiana l'istanza per essere qualificata come ”legittima proponente del progetto”» e se poi il ministero darà risposta positiva, la Slovenia dovrà seguire le norma europee per quanto riguarda l'impatto ambientale.
«Ci sarà quindi modo anche per il ministero dell'Ambiente italiano e per la Regione Friuli Venezia Giulia di partecipare - prosegue Predonzan - alla procedura di valutazione del progetto, così come i competenti organi sloveni hanno partecipato alla valutazione dei progetti dei terminali Gnl proposti nel porto e nel Golfo di Trieste».
«Il Wwf chiederà infatti ai competenti organi ministeriali e regionali - rileva Predonzan - di attivarsi affinchè anche ai cittadini italiani interessati sia garantita la possibilità di esaminare gli elaborati del progetto e di formulare le proprie osservazioni in merito».
«Se poi all'assessore Sonego - prosegue la nota del Wwf - che non si stanca di vantare le proprie ottime entrature a Lubiana, risulta che, politicamente, il governo sloveno (a prescindere dall'esito della procedura di Via) abbia già deciso a priori che il rigassificatore di Capodistria si farà, lo dica, possibilmente producendo qualche prova».
«Meglio pensare quindi - spiega ancora Predonzan nella nota - ad un'uscita improvvida ed emotiva dell'assessore, obnubilato forse dal suo favore a priori per i progetti dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (e in particolare per quello di Gas Natural a Trieste - Zaule). Il che forse spiega anche perché Sonego se la prenda con "i sedicenti ambientalisti che sventolano le bandiere del no"». «Il Wwf, ad esempio, - osserva infine - ha fondato il suo giudizio negativo per entrambi gli impianti proposti su un'attenta analisi delle tante e gravi carenze dei progetti e degli studi presentati. Carenze, è bene ricordare, sottolineate anche nelle delibere con cui il 1 giugno scorso la giunta regionale di cui Sonego fa parte (ma forse quel giorno era assente…), ha ammesso - pilatescamente - di non essere in grado di esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale dei progetti».

 

 

TAV, IL DESTINO IN SEI CHILOMETRI

 

La Slovenia si prepara ad assumere la presidenza temporanea del Consiglio dei ministri dell'Unione europea. Per l'occasione, il ministro degli Esteri della Slovenia Dimitrij Rupel ha invitato, tra gli altri, il presidente dell'Autorità portuale di Trieste Claudio Boniciolli a partecipare al secondo Bled Strategic Forum. In quella sede, il presidente parlerà dello spostamento dei traffici dalla gomma alla ferrovia e al mare, lungo la via adriatica. Ma lo sfondo del suo intervento saranno le prime intese tra Italia e Slovenia sul Corridoio 5. Sono state elaborate alcune ipotesi di tracciati, che, però, non sono stati resi noti. Ci sono state indiscrezioni, sono girate cartine, che sollevano dubbi che sarebbe bene fossero fugati.
Che la Slovenia fosse interessata solo allo sviluppo della tratta Capodistria-Lubiana, era noto. Come pure che, per finanziarla, bisognasse inserire il tratto Capodistria-Divaccia nel più ampio quadro del Corridoio 5, con l'accordo italiano. Ma, dalle prime informazioni, in parte confermate, emerge un rischio molto grave per il porto di Trieste. Si sta progettando, infatti, di realizzare solo la tratta Capodistria-Divaccia, e non la Trieste-Capodistria. Quest'ultimo pezzo non costituisce, ovviamente, alcuna alternativa al Corridoio 5, bensì, casomai, un suo completamento.
Solo grazie a questa tratta sarebbe infatti possibile collegare l'arco dell'Alto-Adriatico con tutte le direttrici. Quanto alle soluzioni tecniche, meglio restare cautamente possibilisti, e attendere gli studi in corso. Sembra improbabile che costruire sei chilometri possa presentare più difficoltà che realizzare il Corridoio.

Gabriele Pastrello

 

 

Controproposta sulle scorie nucleari di Krsko - La Slovenia si dice disponibile a creare un deposito sul proprio territorio anche per i residui croati

 

LUBIANA A due giorni dall'incontro tra i premier sloveno Janez Jansa e croato Ivo Sanader, che ai margini del Forum strategico di Bled domenica prossima discuteranno delle questioni aperte tra i due Paesi, Lubiana è uscita allo scoperto su quella che è la sua proposta di soluzione del contenzioso relativo alla proprietà e alla gestione della centrale nucleare di Krsko costruita negli anni Settanta congiuntamente da Slovenia e Croazia. «Siamo disposti a costruire in Slovenia un unico deposito per le scorie nucleari e immagazzinare anche la quota croata di scorie», ha annunciato il ministro sloveno dell'economia Andrej Vizjak. In cambio, la Slovenia chiede alla Croazia di ritirare il ricorso contro Lubiana, presentato al Centro internazionale per la composizione delle controversie relative agli investimenti, con sede a Washington, per l'energia elettrica prodotta e non fornita dalla centrale dal 1.mo luglio 2002 al 18 aprile 2003.
Zagabria, ricordiamo, ha chiesto 31 milioni di dollari a titolo di indennizzo per la differenza tra il costo dell'energia elettrica che ha dovuto acquistare altrove e il costo della stessa corrente elettrica prodotta in quel periodo dalla centrale nucleare di Krsko, di cui i due Paesi sono comproprietari al 50 per cento. Lubiana e Zagabria hanno sottoscritto alcuni anni fa un accordo sulla proprietà della centrale, ma sono rimasti irrisolti i problemi dello stoccaggio delle scorie radioattive e dello smantellamento dell'impianto. «Sarebbe un po' ridicolo – ha dichiarato il ministro Vizjak – che all'interno dell'area della centrale la Slovenia conservasse temporaneamente la parte croata delle scorie se nelle immediate vicinanze ci sarà il deposito finale per il materiale radioattivo». Sempre secondo Vizjak, oltre a risolvere il problema aperto tra i due Paesi, questo tipo di soluzione risparmierebbe a entrambi anche i costi dei procedimenti legali di fronte al Centro di Washington.
Tornando al problema delle scorie, la Slovenia deciderà entro la fine dell'anno il possibile sito del deposito, che dovrebbe essere operativo a partire dal 2011.
Attualmente, i depositi provvisori per le scorie radioattive in Slovenia sono due: a Krsko, appunto, dov'è sistmato il materiale della centrale, e a Brinje, vicino a Lubiana, dove vengono immagazzinate tutte le altre scorie nucleari prodotte in Slovenia. Il deposito permanente avrà una capienza di 20.000 metri cubi, di cui la sola centrale di Krsko, comprese le scorie che saranno risultato dello smantellamento dell'impianto, previsto entro il 2023, produrrà 13.000 metri cubi.

 

 

Trieste cementificata

 

Al signor Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy.
Ho appreso dai media, con molta soddisfazione, che il presidente della Regione Toscana si è impegnato a contrastare fenomeni di cementificazione selvaggia destinati a compromettere quella immagine della Toscana che il mondo conosce e apprezza.
Lei, che ha riproposto Trieste all’attenzione dell’Italia e dell’Europa, non abbandoni proprio adesso il nostro territorio a interventi urbanistici troppo invasivi, destinati a incidere in modo irreversibile sul paesaggio, sull’ambiente, sulle condizioni di vita dei residenti, sull’immagine della città.
Mi riferisco, in particolare, ai nuovi insediamenti previsti in zona Cedassamare e salita di Contovello. Le aree verdi sono un bene insostituibile, e ridurle ulteriormente sarebbe un danno per tutti.
Mirella Verdi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 agosto 2007

 

 

Dipiazza: piano traffico, la parola ai cittadini - Ma Lippi e Tononi (An) pensano alla denuncia contro ignoti per la divulgazione del progetto

 

Il sindaco: «Non ho l’ansia di discuterlo». Ma non è dispiaciuto per la fuga di notizie. Bucci: «Occasione per accelerare i tempi»

Sul metodo - i documenti resi noti da una mano anonima che li ha consegnati al Piccolo - non concorda. Ma nella sostanza non si dispiace che la bozza del piano del traffico redatta nel 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus sia uscita dai cassetti del Comune. «Mi va bene, così la gente vede il lavoro fatto e potrà darmi ragione o meno», commenta il sindaco Roberto Dipiazza al rientro dalle ferie, mentre attende le reazioni della gente e delle associazioni (fra cui CamminaTrieste). E ulla base di questi commenti, annuncia, «vedremo cosa fare».
Ma nella giunta, il giorno dopo la pubblicazione del materiale rimasto sin qui uno dei segreti più gelosamente custoditi in piazza Unità, non tutti si mostrano così tranquilli. E An lancia l’offensiva: «Il modo in cui il piano è stato fornito alla stampa - dice l’assessore Piero Tononi - mi sembra allucinante. Visto che qualcuno si è divertito a tirarlo fuori, domani (oggi, ndr) io e il vicesindaco Paris Lippi proporremo alla giunta di sporgere denuncia contro ignoti». Perché «questo balletto di indiscrezioni - aggiunge Lippi - crea sconcerto tra la gente, va contro gli interessi della comunità».
Ma con la bozza Camus si va avanti? «Certo, ma con logica», riprende il sindaco ribadendo di non gradire le soluzioni di via Torrebianca e via San Francesco a senso unico verso Fabio Severo: «Alcune situazioni vanno attentamente valutate». E poi, «dopo lo studio è la politica a decidere. Le variazioni alla bozza le faremo confrontandoci con gli uffici e poi in giunta. Quindi il tutto andrà in consiglio, dove la maggioranza deciderà». Il tutto, in tempi distesi. Perché, ribadisce Dipiazza, «non ho l’ansia di discutere questo documento, che non è certo il piano che verrà attuato». E nemmeno ora che la bozza è stata resa nota è in vista una presentazione ufficiale, che avverrà - precisa il sindaco - «solo quando il documento sarà stato approvato». E pazienza se alcuni capigruppo del consiglio comunale notano che la storia infinita del piano del traffico lede l’immagine del Comune: «Certo non va bene che escano documenti», concede Dipiazza, ma «non mi pare - osserva - che ciò abbia recato danni alla città. Del resto è da due anni che il documento è nelle mani dei capigruppo di maggioranza».
Anche l’assessore al traffico Maurizio Bucci pensa positivo. La bozza pubblicata? «Un’occasione per accelerare i tempi», commenta. In che direzione, resta da vedere: «Lo valuteremo col sindaco». Sulle modifiche da apportare alla proposta, però, così come il sindaco Bucci ribadisce di avere «le idee chiarissime», anche se «non mi pare giusto spiegarle attraverso la stampa. Prima vanno discusse con i consiglieri comunali. Trovo corretto si esca con un documento unitario». In ogni caso la bozza Camus secondo Bucci «è un’ottima base di partenza. Se si vuole portarla avanti – avverte – ci vuole però la condivisione politica».
Ma in An, si diceva, l’irritazione palpabile. Perché «i documenti a questo punto li hanno tutti tranne chi li dovrebbe avere, la cosa sta perdendo di credibilità», commenta Lippi lanciando un monito all’anonimo che ha fatto uscire la bozza, «e che oltre a non aver fatto un favore a Bucci né ai nostri uffici che si stanno impegnando ha dimostrato di volere portare avanti soltanto un discorso di distruzione. Un piano che viene fuori così sta nascendo già morto in partenza».
An solleverà il problema oggi in giunta, ribadisce il vicesindaco, per «cercare di capire» come proseguire. Ma intanto, dalla Lista Dipiazza, l’assessore Giorgio Rossi getta acqua sul fuoco. Il documento è venuto fuori? «In Comune tutti sanno tutto: quella cosa proprio segreta non era. E poi Trieste non ha un serio problema di traffico: di che stiamo parlando?», aggiunge Rossi il cui piano - ricorda - è stato avviato quando era lui a detenere la delega. Rossi concorda con il sindaco: «Del piano non c’è alcuna urgenza. È stato fondamentale l’avere condotto una indagine scientifica - che mancava - sugli spostamenti in città. Adesso vanno allargate le aree pedonali e verificate alcune dorsali. Tutto il resto - chiude Rossi - è aria fritta. Un problema più politico che di sostanza».

Giuseppe Palladini

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Paoletti: «Finora si è sentito di tutto di più»

 

«L’invito ci è stato preannunciato molte volte, restiamo in attesa di potere discutere il piano del traffico con l’amministrazione comunale. Stasera (ieri, ndr) anzi chiederò al sindaco Dipiazza di potere visionare il documento».
Antonio Paoletti, in veste di presidente della Confcommercio, non entra nel merito delle proposte contenute nella bozza Camus, perché «finora abbiamo sentito di tutto e di più». Ma ribadisce che l’associazione di categoria è pronta a parlarne. E se il documento risultasse superato dagli orientamenti dell’amministrazione, «meglio ancora. Abbiamo sempre chiesto di essere coinvolti prima che i giochi fossero fatti o quasi, in modo da potere dare un contributo costruttivo».
Anche Franco Rigutti, numero due di Confcommercio e presidente uscente dei dettaglianti, dice di non volere giudizi sulla bozza pubblicata ieri dal Piccolo, restando in attesa delle carte ufficiali: «E poi non sappiamo se quello sia un documento attuale o se costituisca una versione superata». Una perplessità però Rigutti la esprime: «Se quella pubblicata è la bozza Camus, allora non riusciamo a capire dove stiano le isole pedonali. Si parla di corso Italia e via Mazzini aperte ai soli mezzi pubblici, dunque non totalmente fruibili dai pedoni: credo che le mezze misure non accontentino nessuno e scontentino molti». Rigutti ripete poi quanto aveva già detto nei giorni scorsi: «Siamo prontissimi a una collaborazione costruttiva, ma le cose devono andare avanti in tempi ragionevolmente brevi perché dalle scelte che il Comune vorrà assumere dipenderanno anche strategie di sviluppo del settore commerciale».

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Critiche da destra e sinistra: inutile rimandare

 

Commenti perplessi dai consiglieri comunali. Omero (Ds): danneggiata l’immagine dell’amministrazione. Rosolen (An): poco intelligente procrastinarlo

Il sindaco Dipiazza rimanda ancora un’illustrazione ufficiale e completa della bozza Camus, ma da destra e da sinistra i consiglieri comunali insistono: è ora che del documento si discuta, documenti alla mano. E la capogruppo di An Alessia Rosolen, proprio come il capogruppo Ds Fabio Omero, annota come la vicenda «danneggia l’immagine dell’amministrazione». Anzi, commenta Rosolen, «trovo davvero poco intelligente procrastinare la presentazione di questo piano, anche perché sono soldi che questa amministrazione ha impiegato per capire cosa fare di questa città». Perché qui sta il punto: «Se agiamo sul contingente è evidente che Trieste non decollerà mai», aggiunge la capogruppo di An lanciando una stoccata anche a Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza che giorni fa con una mozione ha riportato alla ribalta la vicenda chiedendo di rendere nota la bozza e al contempo di cassarla: «I giochi fanno male a tutti, anche a chi li propone e anche a Ferrara, che fu proprio assessore al traffico lo scorso mandato». E insomma, Rosolen si dice d’accordo con Dipiazza sul fatto che le Rive e la Grande viabilità porteranno benefici al traffico, ma una direzione - ribadisce - va intrapresa.
Intanto il capogruppo forzista Piero Camber dichiara di concordare, a livello personale, con le proposte Camus su corso Italia e via Mazzini, e di «non essere spaventato» da una via Torrebianca a senso unico in salita. Ma un dato rimarca l’azzurro: «Una bozza c’è. Nessuno l’ha sposata, è un punto di partenza su cui discutere». Discutere pubblicamente, suggerisce Camber: «Esponiamo la documentazione per un mese, raccogliamo osservazioni, ascoltiamo enti e categorie interessate entro dicembre, poi vediamo il da farsi». Anche se «di un riordino del traffico, soft o pesante che sia, c’è bisogno», dice Camber. Che quanto alla divulgazione del materiale, non si scompone: «Il gioco d’agosto per essere presenti sui giornali...»
Si conferma schierato con il sindaco il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, secondo il quale non c’è bisogno di un nuovo piano - né di rendere nota la bozza Camus ormai obsoleta - ma soltanto di interventi mirati ad alcune zone. Mentre per l’Udc Roberto Sasco annuncia di voler richiedere «all’assessore competente» di illustrare il piano alla commissione urbanistica di cui è presidente. Proprio ieri peraltro l’opposizione ha presentato una domanda in questo senso, conferma il Ds Omero. Il quale si dice in linea con lo spirito generale della bozza Camus, mirato ad aumentare le zone pedonali e scoraggiare il traffico privato nel centro cittadino. «Certo ci sono dei particolari da analizzare», precisa Omero, «e quanto alle zone pedonali rovescerei il concetto partendo dall’individuazione di edifici o luoghi pubblici ai quali verificare l’accessibilità».
Concorda in termini generali con la bozza Camus anche il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri, che non condivide però la chiusura al traffico privato di corso Italia. Quanto al modo in cui la bozza è stata resa nota, «non mi stupisce - attacca Lupieri - rispecchia il modo di amministrare di questa maggioranza litigiosa». «La busta con il piano del traffico? Metodo da repubblica delle banane», sono le parole del capogruppo di Rifondazione Marino Andolina. Che però contesta decisamente le soluzioni del piano, che «se fossero davvero queste demoliscono la città».
Punta sull’ironia, infine, il Cittadino Roberto Decarli, che «ringrazia l’anonimo perché senza di lui la vicenda piano del traffico - alla quale hanno lavorato sei assessori in sei anni di amministrazione Dipiazza - sarebbe rimasta ibernata». Ma «spero a questo punto - prosegue Decarli - che l’anonimo faccia uno sforzo e faccia pervenire alla stampa anche il piano parcheggi (che però è stato presentato pubblicamente in primavera, ndr), il piano antenne e il piano dehors».
p.b.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - La bozza e le varianti: no a corso Italia senza auto

 

Numerose le correzioni prospettate dagli uffici tecnici comunali rispetto all’ipotesi dell’ingegner Camus, soprattutto nelle aree cruciali del centro

Nessuna modifica per le vie Mazzini e Torrebianca. Via Coroneo: niente corsia preferenziale per i bus

La bozza di piano del traffico elaborata dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus nel febbraio 2005 rappresenta il documento di base cui nel tempo sono state apportate dagli uffici comunali - sulla base delle osservazioni degli assessori al traffico che si sono susseguiti nei due mandati della giunta Dipiazza - numerose proposte di varianti secondo un lungo «work in progress»: l’assessore al traffico Maurizio Bucci lo scorso novembre prospettava otto diverse soluzioni da proporre al sindaco Roberto Dipiazza per la nuova viabilità nell’area compresa tra la stazione ferroviaria e corso Italia.
Quella che pubblichiamo oggi, ricevuta dal Piccolo assieme al resto della documentazione - ma non protocollata - è una «proposta di variazione della bozza del nuovo piano del traffico» redatta dagli uffici del Municipio «per recepire - dice la legenda non datata - le osservazioni del sindaco e dell’assessore competente, da verificarsi attaverso le simulazioni». Scompare qui l’ipotesi di corso Italia aperto al solo traffico pubblico (sostenuta invece da Bucci dall’inizio del suo mandato): la situazione resta quella attuale tanto nel corso quanto in via Mazzini. Una soluzione che potrebbe risultare gradita al sindaco Dipiazza, contrario alla progettata apertura alle auto in salita di via Torrebianca, destinata secondo Camus a sostituire la direttrice di corso Italia. Cancellata poi da via Battisti una delle due corsie riservate ai bus che Camus ha previsto in discesa in entrambe le direzioni, così come sparisce la corsia preferenziale in via Coroneo. Queste modifiche portano al recupero di un certo numero di posteggi in più punti del centro cittadino: per esempio nelle vie Torrebianca, Coroneo e Battisti, via quest’ultima che Camus aveva previsto senz’auto in sosta così da permettere l’ampliamento dei marciapiedi. Vengono mantenuti inoltre i posteggi per motocicli in via Santa Caterina (dove con corso Italia chiuso al traffico privato non si potrebbe invece arrivare) e nella parte alta di via Torrebianca, recuperando così parte dei 425 posti che in base alla bozza Camus scomparirebbero dal centro urbano, anche se «parte» di essi «potrebbe forse venire ospitata» nei parking coperti.
La pianta qui pubblicata sarebbe una delle varie soluzioni emerse nel tempo, come quella prospettata da Bucci lo scorso autunno con via Mazzini priva di bus e corso Italia aperto al solo traffico pubblico ma in entrambe le direzioni; o come l’ipotesi fatta balenare in tempi più recenti dal sindaco, che ha annunciato di volere attuare degli «esperimenti»: aprire la parte bassa di via Mazzini alle auto in salita, così da farle svoltare in via Roma per vederle immettersi da qui in corso Italia. Il tutto per pedonalizzare l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo.
Fin qui, si diceva, le ipotesi alternative. Tornando al piano Camus (di cui riportiamo qui a lato le linee principali), per vedere incrementato l’uso del mezzo pubblico a scapito di quello privato, il professionista propone alcuni parcheggi di intescambio sulla cintura della città, dove lasciare l’auto e salire sull’autobus: i siti sono Valmaura, l’area Università dove viene «caldeggiato» il parking sotto piazzale Europa, la zona di Opicina dove i due parcheggi del quadrivio potrebbero servire ai turisti «ai quali potrebbero venire offerti diversi pacchetti incentrati sulla valorizzazione» del tram, e infine l’area Barcola-Grignano.
Quanto ai parcheggi a pagamento, l’obiettivo è «favorire il trasporto pubblico e ricercare un equilibrio tra la sosta su strada e in impianto». Per questo, propone Camus, «l’importo minimo dovuto per la sosta nelle aree centrali non può essere inferiore al costo di un biglietto dell’autobus», cosa che invece incentiva ovviamente l’uso dell’auto. Inoltre parcheggiare in superficie deve costare di più, a parità di durata, che lasciare l’auto nel parking coperto: in questo modo si punta a sfruttare i contenitori esistenti e liberare le strade.
La bozza Camus peraltro si affianca al progetto di revisione del trasporto pubblico locale redatto dallo stesso professionista e consegnato già qualche anno fa alla Provincia e a Trieste Trasporti, la cui attuazione però è legata all’applicazione del nuovo piano traffico: il progetto prevede tra l’altro la fusione di alcune line, la riduzione dei trasbordi e la velocizzazione dei percorsi attraverso la creazione di nuovi dieci chilometri di corsie riservate.
La bozza Camus, per redigere la quale l’ingegnere - secondo il contratto stipulato con l’amministrazione - si è rapportato nell’intero iter a un gruppo di lavoro interno al Comune, viene ritenuta dal responsabile del gruppo stesso, in una relazione stesa per la giunta, «frutto di scelte rigorose e incisive sotto il profilo tecnico che il professionista», nella «propria autonomia progettuale, ha inteso operare per tradurre e perseguire al meglio gli indirizzi forniti dall’amministrazione»; indirizzi che a parere degli uffici comunali «sono stati sostanzialmente rispettati», anche se gli uffici stessi segnalano alcune situazioni da valutare.

Paola Bolis

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Da Camus un elaborato fatto per favorire i bus

 

Corso Italia chiuso al traffico privato? Se ne discute da anni nella maggioranza, ed è questa una delle proposte-chiave contenute nella bozza di piano del traffico redatta per il Comune nel febbraio 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus. Sulla base delle indicazioni fornitegli dalla giunta, Camus ha elaborato un piano che mira in sostanza a favorire l’uso degli autobus a scapito di auto e moto. Di qui le linee-guida del piano: incremento delle corsie riservate a bus e taxi (dieci chilometri di nuove percorrenze, pari al 163% in più rispetto a oggi) e ampliamento delle aree pedonali (quasi il 50% in più).
Molte le novità per il traffico privato. Tra le altre, l’apertura alle auto in direzione via San Francesco di via Torrebianca, che sostituisce corso Italia. C’è poi il collegamento via Reti-via Gallina-Passo San Giovanni che porta da via Torrebianca a piazza Goldoni, da dove ci si può immettere nelle due gallerie a senso unico in direzione periferia, mentre in senso opposto corrono i bus: anziché lungo le gallerie, le auto dirette al centro possono passare per via Madonnina e via Del Bosco. Da segnalare nuove corsie riservate ai bus nei due sensi in via Battisti, mentre per le auto questa è aperta solo in discesa da via Gatteri: chi sale può usare via Ginnastica (a senso invertito) o le vie San Francesco e Coroneo, dove viene istituita una corsia riservata ai bus.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Un’indagine partita nel 2002 con le moto in forte crescita

 

Data al 2002 l’indagine propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati scaturiti, l’invasione delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto dei bus: dal 1982 al 2002 i motocicli risultavano aumentati del 188% mentre gli spostamenti con i bus erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a 8.486.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Rimane previsto il ponte sul canale di Ponterosso

 

La bozza Camus ipotizza un ponte sul canale di Ponterosso tra le vie Trento e Cassa di Risparmio, sottolineandone la valenza positiva per la riqualificazione dell’area. L’ipotesi è contenuta anche nel piano di riqualificazione dei Borghi Teresiano e Giuseppino approvato dal consiglio comunale.

 

 

Sonego: rigassificatore, Lubiana accelera  - «Ora anche il governo italiano dovrebbe decidere su uno dei due impianti»

 

L’assessore interviene dopo che la società tedesca Tge Gas ha diffuso il dossier sul progetto da realizzare a Capodistria

«Strumentale la posizione slovena che critica le due proposte per il Golfo di Trieste». E critica anche gli ambientalisti: «Sanno solo dire di no»

TRIESTE Bacchetta Lubiana «per la totale strumentalità dell’opposizione ai rigassificatori nella nostra regione». Ma plaude il governo sloveno perché «da ciò che è possibile capire, intende costruire un rigassificatore a Capodistria e vuole agire in tempi stretti». Lodovico Sonego non arriva a parlare di modello sloveno da imitare. Ma non ha dubbi che quella sia la strada anche per l’Italia: «Si faccia presto pure a Roma».
Alla fine di luglio la società tedesca Tge Gas Engineering ha presentato al ministero dell'Economia della Slovenia l'istanza per ottenere le autorizzazioni generiche mirate a qualificarla come legittima proponente dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di energia elettrica nella zona portuale. Pare che la risposta di Lubiana sarà positiva e Sonego anticipa dunque «i migliori complimenti alle autorità slovene che dimostrano di saper affrontare in modo pragmatico il tema strategico dell’approvvigionamento energetico». Emergono a questo punto, secondo l’assessore regionale, due questioni: «La prima è quella della totale strumentalità dell’opposizione slovena ai rigassificatori in Friuli Venezia Giulia. La seconda concerne invece la miopia dei sedicenti ambientalisti che trovano ogni pretesto per impedire qualsiasi ipotesi di modernizzazione anche quando è assolutamente indifferibile, come nel caso della rigassificazione. Appare evidente che, mentre in Italia questi sedicenti ambientalisti sventolano le bandiere del no, a un chilometro di distanza oltre il confine il governo di Lubiana agisce con serietà bruciando tutti sui tempi». Secondo la Tge Gas Engineering – che ha progettato un intervento di circa 900 milioni di euro su una superficie di 30 ettari – l'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012. Nessun dubbio sul rispetto dei massimi standard di tutela dell’ambiente. La società tedesca ha pure evidenziato che la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste. «In realtà oggi ci sono varie scuole tecnologiche e sono tutte affidabili - osserva Sonego -. Nessuna delle soluzioni in uso nel mondo produce danni all’ambiente, basta farci un giro per toccare con mano». Quanto al sindaco di Capodistria che si oppone, l’assessore afferma: «Quando si tratta di progetti importanti trovi sempre uno che si mette di traverso». Sonego assicura che il rigassificatore a Capodistria non toglierebbe spazio a quello in regione: «Ce n’è per tutti. L’Italia e i paesi dell’Europa centro-orientale hanno la necessità di sfuggire al ricatto del monopolio russo e algerino, sempre più esplicitamente uniti nel cartello di una specie di Opec». Infine l’aggiornamento sui due progetti nel golfo di Trieste con la Regione che, prima dell’estate, ha previsto consistenti prescrizioni modificative. «La giunta – ribadisce Sonego – auspica che in sede di valutazione di impatto ambientale nazionale il governo accolga le nostre prescrizioni e modifichi dunque quei progetti allo scopo di consentire la realizzazione di un rigassificatore. Senza preferenze da parte nostra su quale dei due».
Si fa intanto sentire il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste che, in una lettera al ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ricorda uno dopo l’altro i motivi del fronte del no.
Marco Ballico

 

 

Doppio binario sulla Capodistria-Divaccia, Lubiana vuole coinvolgere Deutsche Bahn

 

Avviati colloqui ai massimi livelli fra il governo sloveno e le Ferrovie tedesche. Trattative a settembre

Il colosso europeo dei trasporti acquisirebbe quote di Luka Koper, di Intereuropa e dei treni

L’ammodernamento della rete richiede investimenti entro il 2020 per 9 miliardi di euroCAPODISTRIA Il governo sloveno è disposto a vendere alla Deutsche Bahn (le Ferrovie tedesche) importanti quote azionarie delle principali aziende logistiche nazionali - Ferrovie, Luka Koper (ente di gestione del porto di Capodistria), Intereuropa - ma chiede, in cambio, che il colosso tedesco investa nell'ammodernamento della rete ferroviaria slovena, compreso la costruzione del secondo binario sulla tratta Capodistria-Divaccia, 9 miliardi di euro entro il 2020. La notizia non è ufficiale -si tratta per ora solo di indiscrezioni - ma le trattative tra governo sloveno e Deutsche Bahn sono già avviate. Il premier sloveno Janez Jansa, accompagnato dai ministri delle finanze Andrej Bajuk e dei trasporti Janez Bozic, insieme ai presidenti dei consigli d'amministrazione di Luka Koper, Intereuropa e Ferrovie slovene, ha avuto lunedì sera un incontro con il presidente della Deutsche Bahn Hartmut Mehdorn e i suoi collaboratori, ma nessuno, al termine dei colloqui, ha voluto fornire particolari su quanto è stato detto. «Siamo soltanto agli inizi - ha spiegato ieri alla stampa il sottosegretario sloveno alle Finanze Andrej Sircelj - e non è stata presa ancora alcuna decisione».
In pratica, si stanno valutando tutte le possibilità su come realizzare l'operazione e attuare la collaborazione tra il colosso logistico tedesco e le più importanti società slovene del settore per riuscire a ottenere il massimo effetto sinergico. La questione chiave da risolvere riguarda la quota del partner straniero nell'eventuale futura holding logistica.
Secondo le stesse indiscrezioni, lo Stato sloveno venderebbe ai tedeschi il 49 per cento delle Ferrovie e la maggioranza del pacchetto azionario del Porto e di Intereuropa, mantenendo il controllo del 25 per cento di azioni delle due società. In cambio, la società tedesca, che sta puntando a realizzare una rete logistica europea, porterebbe in Slovenia 9 miliardi di euro necessari per migliorare i trasporti su rotaia (compresa la costruzione del secondo binario sulla Capodistria–Divaccia) e parteciperebbe al finanziamento della costruzione del terzo molo del porto di Capodistria. I tempi e i dettagli dell'operazione, che se dovesse andare a buon fine sarebbe uno dei progetti più importanti realizzati in Slovenia negli ultimi quindici anni, sono ancora una grande incognita, ma già la notizia dei colloqui del governo con i dirigenti della Deutsche Bahn ha fatto salire le quotazioni in Borsa della Luka Koper di piu' del 5 per cento in un solo giorno.
La Deutsche Bahn è la principale azienda logistica tedesca, un autentico colosso europeo, presente sul mercato dei trasporti su rotaia ma operante anche nel trasporto marittimo, stradale ed aereo. Con 230.000 dipendenti, un fatturato di 30 miliardi di euro all'anno e 1,6 miliardi di utili realizzati, è da molti considerata il partner strategico ideale per le principali aziende logistiche slovene. Nuovi colloqui, a vari livelli, sono previsti già a settembre.

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 agosto 2007

 

 

Piano del traffico: ecco la bozza Camus  - Tra le proposte anche la novità della riapertura al traffico privato di via Gallina in direzione Goldoni

 

LA NUOVA VIABILITÀ Svelati i contenuti del documento redatto su incarico del Comune, consegnato nel 2005 e rimasto finora nel cassetto

Un deciso orientamento in favore del trasporto pubblico, più efficiente grazie alle nuove corsie preferenziali e destinato ad attrarre un 11% di utenti in più a fronte di una contestuale riduzione di auto e moto. Nuove aree pedonali per 79.040 metri quadri, quasi il 22% in più rispetto a oggi. Ulteriori 18.100 metri quadri recuperati con l’ampliamento dei marciapiedi, per un totale di un +49,9% di superfici destinate ai pedoni. E poi eliminazione delle zone a traffico limitato per i residenti; riduzione dei posteggi liberi; riassetto di alcune direttrici urbane per decongestionare il traffico.
Questi alcuni dei dati relativi alla bozza di piano del traffico redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus a inizio 2005 su incarico del Comune e da allora ampiamente discussa, ma mai svelata nella sua interezza da parte dell’amministrazione. Ma ieri una fonte anonima l’ha resa nota inviandola direttamente al «Piccolo». Ecco le proposte redatte da Camus e ufficializzate nella bozza firmata anche dai direttori comunali della Pianificazione, Carlo Tosolini, e del Servizio mobilità e traffico, Giulio Bernetti.
LE INDICAZIONI Il progettista ha elaborato il documento sulla base delle indicazioni fornite nel 2004 dalla prima giunta Dipiazza: incrementare le aree pedonali nel centro cittadino, favorire il trasporto pubblico, rimodulare la maglia viaria per garantirne maggiore funzionalità, riconsiderare e eventualmente eliminare le zone a traffico limitato, rivedere le aree di sosta per i residenti.
LA STRATEGIA Il piano mira a «invertire la tendenza in atto» negli ultimi decenni, ovvero «una politica in tema di mobilità che ha costantemente favorito l’uso del mezzo privato» determinando una «pesante riduzione del ruolo del trasporto pubblico locale» e conseguenti «effetti negativi» in tema d’inquinamento. Gli assi principali di intervento sono dunque l’incremento delle corsie riservate al trasporto pubblico, la creazione di nuovi percorsi pedonali, parcheggi di scambio in alcune aree periferiche, l’ampliamento delle zone pedonali con «un servizio di trasporto pubblico e una offerta di sosta adeguati», un aumento delle aree a pagamento in superficie «senza trascurare le esigenze dei residenti».
TRAFFICO PRIVATO La soluzione che fin qui più ha fatto discutere riguarda la chiusura al traffico privato di corso Italia, accessibile a senso unico (direzione Goldoni) al solo trasporto pubblico, il quale per scendere verso le Rive percorre via Mazzini. Il traffico privato che dalle Rive si incanala in direzione Carducci viene dirottato su via Torrebianca, a senso unico in salita fino a via Carducci. Da qui si può proseguire lungo via San Francesco, che resta a senso unico ma in direzione invertita rispetto all’attuale fino a via Rismondo. Chi punta verso piazza Goldoni da via Torrebianca può imboccare via Reti, via Gallina e Passo San Giovanni, riaperti al traffico privato con direzione invertita. Uguale l’itinerario da via del Teatro Romano, che resta a senso unico e attraverso le vie San Spiridione e Filzi porta a via Torrebianca, da cui si risale.
Da piazza Goldoni si imboccano le due gallerie, che diventano a senso unico giacché la corsia opposta viene riservata a bus e taxi. Questo assetto sposta il traffico privato diretto al centro su itinerari come le Rive, la direttrice Baiamonti-Foraggi-D’Annunzio-Barriera ma anche - per chi giunge da San Giacomo - su via Madonnina, il cui senso di marcia viene invertito.
Un’altra variazione significativa riguarda le vie Battisti e Ginnastica. La prima per il traffico privato è a senso unico in discesa a partire da via Gatteri, permettendo così dallo stesso punto l’istituzione di corsie riservate in entrambi i sensi per i bus. Quanto a via Ginnastica, questa sopperisce - assieme alle vie San Francesco e Coroneo - all’interdizione al traffico privato di via Battisti in salita.
Il piano prevede tra l’altro la bretella di Porto Vecchio parallela a corso Cavour, considerando l’apertura di un asse viario nell’antico scalo che avrebbe potuto decongestionare l’asse di viale Miramare ma è stata in seguito cassata con l’intesa raggiunta tra Comune e Autorità portuale.
TRASPORTO PUBBLICO Numerose le nuove corsie o vie riservate. A via Tarabochia e Mazzini si aggiungono la parte terminale di via Roma (tra Machiavelli e corso Italia) e il corso stesso tra piazza della Borsa e piazza Goldoni. Nuove corsie sono previste in via Udine, verso il centro, tra via Tasso e Rittmeyer; in via Coroneo, contromano in direzione centro, tra via Favio Severo e via Carducci; in via Giulia, dal Giulia fino all’incrocio con le vie Rismondo e Rossetti; in via Battisti in entrambi i sensi; in via Rossetti, contromano direzione centro, fino a via Stuparich; in viale D’Annunzio. Ancora, corsie bus e taxi in via del Molino a Vento tra largo Pestalozzi e via Caprin; nelle gallerie Sandrinelli e San Vito; in via dell’Istria, tra via Frausin e via Ponziana. Si giunge così a oltre 10 chilometri di corsie riservate, con un incremento del 163% rispetto a oggi e con ricadute «positive sulla velocità commerciale dei mezzi» che contribuiscono «in modo determinante all’incremento dell’appetibilità» del bus.
AREE PEDONALI Di fatto, interrotta da alcune direttrici di trasporto pubblico e privato, si delinea un’unica area pedonale tra Rive, corso Italia, via Imbriani e via Torrebianca. L’elemento di maggiore impatto è l’ampliamento delle zone pedonali di corso Italia e via Mazzini, impegnate ciascuna da una sola corsia per bus e taxi a senso unico che consentono un cospicuo allargamento dei marciapiedi. Essendovi interdetto l’accesso, risultano così interamente pedonalizzate via Santa Caterina, via San Lazzaro e via Imbriani (quest’ultima però percorribile dal trasporto pubblico). Il piano prevede la pedonalizzazione anche dell’ultima parte di via di Cavana, portando di fatto a una sostanziale continuità delle aree pedonali tra piazza Venezia e Il Giulia.
Altro elemento di spicco, la proposta di liberare dalle auto in sosta entrambi i marciapiedi di via Battisti, dove restano tre corsie: due riservate ai mezzi pubblici, una ai mezzi privati. Di qui l’aumento complessivo delle superfici pedonali del 49,9% rispetto a oggi.

Paola Bolis

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - La stima del municipio: 3 milioni per l’attuazione

 

Uno degli elementi di spicco del piano - che secondo la stima degli uffici comunali prevede un impegno finanziario di almeno tre milioni 150 mila euro - consiste nell’eliminazione delle zone centrali a traffico limitato (Ztl) per i residenti. In compenso la sosta diventa a pagamento nelle sole fasce orarie 9-13 e 14.30-19. Per incentivare il trasporto pubblico vengono proposti parcheggi di scambio nella cintura della città. Quanto ai posti auto nel centro urbano, risultano 267 quelli eliminati assieme alle Ztl, ma l’offerta doi posti in impianti va salire gli stalli complessivi a 375 in più. Diminuiscono invece nettamente i posti non a pagamento, con 1119 stalli in meno nell’ottica di scoraggiare l’uso del mezzo privato. Crescono invece di 532 quelli a pagamento su strada, e di 1600 circa i posti a rotazione negli impianti. «Leggermente negativo» invece il bilancio complessivo dei posteggi per i motorini nelle aree centrali.
Il piano prevede fasce orarie per il carico e scarico merci, diverse (ma concentrate nelle ore notturne e in quelle del mattino) in base alla tipologia del traffico consentito nelle strade. Infine, numerosi sono i collegamenti ciclopedonali proposti per un totale di 34 chilometri, il 600% in più rispetto a oggi.
Come procedere all’applicazione del progetto? Sono previste sei fasi progressive. Dapprima vengono realizzate le corsie riservate ai mezzi pubblici in via Giulia e in via Roma. Si passa poi alle corsie riservate su via del Molino a Vento e nelle gallerie, all’inversione di marcia in via Madonnina e ad altri interventi; si arriva da ultimo al senso unico e alle corsie bus in via Battisti e alla chiusura al traffico privati di corso Italia con l’istituzione del collegamento via Reti-Gallina, oltre alla realizzazione della viabilità interna in Porto Vecchio, alla corsia bus in via Udine e al collegamento via Udine-viale Miramare.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Il segreto rivelato da una busta anonima  - Maggioranza e opposizione da mesi chiedono di poter visionare le carte

 

LA NUOVA VIABILITÀ Recapitata alla sede del Piccolo senza indicazione del mittente ma con il logo del Comune

Il dibattito su chiusure e isole pedonali si era riacceso pochi giorni fa

È rimasto fino a ieri uno dei segreti più gelosamente custoditi del Comune. E così del piano del traffico - o meglio della bozza redatta dall’ingegnere dei trasporti (e preside della facoltà di Ingegneria cittadina) Roberto Camus, si è discusso accanitamente a più riprese per anni, dibattendo di corso Italia senz’auto o della galleria Sandrinelli a senso unico, due degli elementi di spicco che erano filtrati attraverso una serie di indiscrezioni. Il tutto però senza che nessuno ufficialmente avesse mai voluto illustrare il documento nel suo senso compiuto.
Fino a ieri, si diceva. Quando alla sede del Piccolo è arrivata una busta senza indicazione di mittente ma con il logo del Comune: dentro, da parte di una fonte che non ha voluto vedere pubblicato il suo nome, una corposa documentazione - in gran parte protocollata - relativa all’iter del piano del traffico.
La bozza si è così materializzata a poche ore di distanza dalla chiusura dell’ultima vicenda maturata sul tema. Vicenda che la scorsa settimana ha visto il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara chiedere a sindaco e giunta, in una mozione presentata «a titolo personale», di rendere pubblico il documento ma al contempo di non darvi seguito, vista la migliorata situazione della viabilità sulle nuove Rive e i piani rionali già predisposti o in fase di attuazione. Perché a questo punto «le proposte di modifica della viabilità cittadina, pur essendo sicuramente coraggiose ed innovative, risultano, a parere dello scrivente, eccessivamente ed inutilmente impattanti», scriveva Ferrara.
Una richiesta alla quale il sindaco Roberto Dipiazza ha risposto parlando chiaro: innanzitutto ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di rendere noto il piano. E poi «il 60-70%» del documento «non mi va bene», ha detto, giacché dopo le Rive «vanno tagliate alcune scelte che non servono più». Inoltre, secondo Dipiazza, di varare un nuovo piano del traffico non c’è alcuna urgenza.
A queste parole ha risposto Camus, che rompendo il consueto silenzio ha voluto ribadire di avere redatto la bozza seguendo le indicazioni precise che dalla giunta comunale gli erano giunte nell’estate del 2004. E anzi, se il 70% del piano non va «avrei gradito che il sindaco me lo avesse detto nel febbraio 2005, quando gli presentai il documento di cui mi pareva entusiasta». In controreplica, il primo cittadino ha sottolineato come la bozza oggi abbia una «coerenza residua con quella che è la situazione attuale della viabilità cittadina», ribadendo che ai politici spetta decidere sulla base della «ragionevolezza» e non solo dei modelli matematici cari agli studiosi.
Che ne sarà dunque del piano Camus, costato sin qui all’amministrazione oltre 150 mila euro? La presa di posizione di Dipiazza è stata commentata con entusiasmo dallo stesso Ferrara, che a quel punto si è detto concorde sull’inutilità di rendere pubblico un documento obsoleto. Ma intanto, ancora nei giorni scorsi, voci dell’opposizione così come del centrodestra hanno ribadito l’opportunità di avviare una discussione pubblica sul tema. Ed è una richiesta che parte da lontano: già lo scorso autunno, e poi a più riprese, in modo compatto i capigruppo del consiglio comunale avevano espresso la volontà di visionare il documento. Documento che peraltro non risulta più quello originario di Camus, sul quale negli ultimi mesi ha lavorato Maurizio Bucci, assessore al traffico e successore dello stesso Ferrara, che il piano lo portò avanti tra il 2005 e il 2006: Bucci infatti alla bozza ha apportato delle modifiche corpose. E pochi giorni fa si è dichiarato «prontissimo» a esporne finalmente i contenuti, quando il sindaco - ha precisato - lo chiederà. Perché una cosa è chiara: sul documento è innanzitutto la maggioranza a dovere trovare una condivisione che finora non c’è stata, e che l’anno scorso ha portato prudentemente a congelare l’iter, vista l’imminenza delle elezioni comunali.
Nella vicenda si intersecano le posizioni diverse assunte dai vari partiti della Cdl, la prudenza di Dipiazza che sinora sul piano ha preferito frenare, l’entusiasmo - contestatissimo, nel metodo, da An - di Bucci che all’inizio del suo mandato parlò di un corso Italia pedonalizzato... Agli atti resta un un emendamento al bilancio preventivo 2007 del Comune, presentato dalla maggioranza consiliare lo scorso febbraio e poi fatto proprio dalla giunta, che prevede che entro «la prima metà dell’anno» sia redatto il testo definitivo del piano del traffico da portare in consiglio comunale. E intanto, tra poco partirà la campagna per le regionali 2008.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Le alternative ipotizzate da sindaco e assessore

 

Nessuna rivoluzione né per corso Italia, che resta aperto al traffico pubblico e privato, né per via Mazzini dove i mezzi pubblici continuano a transitare in entrambe le direzioni. E niente senso unico in salita in via Torrebianca.
Sono due dei punti nodali contenuti in un grafico, giunto in redazione ieri assieme agli altri elaborati, non datato e intitolato «Proposta di variazione della bozza del nuovo piano del traffico per recepire le osservazioni del sindaco e dell’assessore competente, da veriricarsi attraverso le simulazioni». Il grafico respinge dunque la soluzione di via Torrebianca che il sindaco Roberto Dipiazza anche pochi giorni fa ha dichiarato di non volere assolutamente attuare, e lascia intatta la situazione di corso Italia e via Mazzini anche se prevede che l’ultima parte di via Roma in direzione corso venga destinata ai soli mezzi pubblici. Altro elemento diverso rispetto alla bozza Camus, l’assetto di via Battisti dove delle due previste resta una sola corsia riservata (in salita) per gli autobus: in questo modo viene espressamente indicato il recupero dei posti auto sui marciapiedi e delle aree di carico e scarico merci sul lato rivolto verso il viale XX Settembre, mentre scompare anche la corsia riservata ai bus lungo via Coroneo.
Come ulteriore elemento forte di distinzione dalla bozza, il grafico prevede il recupero di numerose aree di sosta, compresa naturalmente quella di via Torrebianca.

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Tremul (CamminaTrieste): «È necessario intervenire, la città è invasa dalle auto»

 

«Cosa succede con il piano del traffico? Tutti ne parlano, viene spezzettato, nessuno in realtà lo vuole e intanto il tempo passa e probabilmente non si farà». A lanciare un grido di allarme è il Coped-CamminaTrieste, la Federazione italiana per i diritti del pedone e la salvaguardia dell’ambiente con una nota firmata dal presidente Sergio Tremul.
«Sul piano del traffico abbiamo presentato proposte, idee e iniziative, ma è mancata una consultazione più volte annunciata» denuncia il presidente che offre appoggio al consulente del Comune sul piano del traffico. «Siamo d’accordo con quanto dichiarato dal professor Camus – afferma Tremul – bisogna attuare il piano del traffico, altrimenti, mancando il contesto, tutto quello che viene fatto non avrà certezza di risultato, nulla cambierà perchè tante situazioni non muteranno». Molti i nodi irrisolti secondo il Coped: «la città è invasa e continuerà ad esserlo da macchine e moto a dismisura – accusa Tremul – e così attuare un piano del traffico è un problema politico che questa amministrazione non ha il coraggio di affrontare».
Tremul elenca i punti «caldi»: piazza Goldoni, snodo importante per bus e pedoni: «come è stata realizzata rappresenta un pericolo con i suoi semafori e passaggi pedonali». Secondo Tremul c’è un’incertezza sulle corsie dei bus che dovrebbero essere riviste riducendo il transito privato. Poi largo Barriera e via Oriani: «molto bella l’area, non certo funzionale a causa della mancata sincronizzazione dei semafori e la sosta dei pedoni a centro a centro strada». Si passa alle Rive: «Per i pedoni e i turisti c’è un fronte di difficoltà per i passaggi e lo scorrimento veicolare non ha raggiunto i livelli attesi per ridurre lo smog». Ultimo «nodo», il peggiore: via Carducci «sempre più intasata e occupata ai lati da macchine e furgoni». «Il piano del traffico affronta queste questioni – conslude Tremul – non farlo può essere una grave posizione rivolta contro tutta la città».

 

 

Rigassificatore per sessanta navi cisterna  - Dal 2012 fornirebbe 5 miliardi all’anno di metri cubi di gas per 200 megaWatt

 

Il terminal a Capodistria costerà 900 milioni e con l’indotto occuperà fino a mille addetti

In settembre ripartirà il dibattito mentre la tedesca Tge ha già presentato l’istanza al ministero per le autorizzazioni

CAPODISTRIA Ipotesi di un terminal rigassificatore nell’area del Porto di Capodistria, si va verso un «settembre caldo». Del progetto di costruzione della struttura, nelle ultime settimane, si è parlato poco. Forse anche perché buona parte dei politici era in vacanza. Ma già a partire dal mese prossimo l’argomento ridiventerà uno dei temi centrali sui quali si concentrerà l'attenzione dell'opinione pubblica slovena.
Alla fine di luglio, infatti, la società tedesca Tge Gas Engineering ha presentato al ministero dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza per ottenere le autorizzazioni generiche tese a qualificarla come legittima proponente dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di energia elettrica nella zona portuale. E, tra non molto, Lubiana dovrebbe fornire la sua risposta.
Nel frattempo, la Tge Gas Engineering ha reso note le caratteristiche previste dall'intervento. Il progetto, del valore complessivo di circa 900 milioni di euro (inclusivo dei costi di finanziamento e con un’incidenza pronosticata del valore delle opere da affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni, stimata in una quota del 40%), impegnerebbe una superficie di 30 ettari.
Esso prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e della centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012.
E' previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato oltre mille addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 200 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe l’utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei traffici marittimi indotto dall’intervento è stimato dai proponenti in 50 navi cisterna all'anno (60, a detta di tecnici terzi).
La Tge ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i massimi standard di tutela dell’ambiente, sottolineando tra l'altro che la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste. Le autorità locali, almeno finora, si sono tuttavia sempre dette contrarie al progetto.
Il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, agli inizi di maggio era stato molto esplicito: fino a quando lui sarà primo cittadino - aveva detto - a Capodistria non ci sarà alcun rigassificatore. Questa stessa posizione e' stata ribadita successivamente dal consiglio comunale di Capodistria e dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile «Umanotera».
Per l'Associazione dei movimenti ecologisti, però, è comunque preferibile la soluzione di una centrale a gas nel porto di Capodistria piuttosto che garantire il fabbisogno energetico nazionale ampliando eventualmente con un secondo blocco la centrale nucleare di Krsko. Il no al rigassificatore di Capodistria e a quelli nel golfo di Trieste era stato ribadito anche nel corso dell'incontro che il sindaco Popovic aveva avuto con il deputato di Forza Italia e candidato alla presidenza del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 agosto 2007

 

 

Dipiazza a Camus: decidono i politici  - Il sindaco replica alla sortita del professionista che ha redatto il piano del traffico poi non messo in pratica

 

«La bozza ha una coerenza relativa con l’attuale viabilità»

Lo scontro approda anche nell’assise comunale. Giorgi (Forza Italia): «Non è possibile che 40 consiglieri non ne sappiano niente». Omero (Ds): «Già spesi 150mila euro»

Roberto Dipiazza invita Roberto Camus a ricordare la distinzione dei ruoli: l’uno politico, l’altro tecnico. Gli rammenta che ai politici corre l’obbligo di non accettare passivamente le proposte dei tecnici, come accadde con quella Rozzol Melara che «oggi nessuno avrebbe il coraggio di difendere». Gli fa notare che la bozza del piano del traffico trova una coerenza solo «residua» con la situazione attuale della viabilità cittadina. E insomma, chiude, l’amministratore deve scegliere valutando anche la realtà, e non solo i modelli matematici.
Sono alcuni passaggi della lettera indirizzata dal sindaco all’ingegnere dei trasporti che ieri, rompendo il silenzio, ha commentato la vicenda del piano del traffico. Dipiazza domenica aveva ribadito che la bozza firmata da Camus a inizio 2005 «non mi va bene al 60-70%» in quanto «superata» in alcune scelte dalla nuova viabilità delle Rive. Il professionista, ieri, ha fatto notare di avere redatto la bozza proprio sulla base delle indicazioni fornite dalla giunta: favorire il trasporto pubblico e incrementare le zone pedonali. Certo è la politica a dovere decidere, ha notato il professionista, «ma sarebbe bene che lo facesse per tempo, così che chi lavora per l’amministrazione sia in grado di assolvere al suo compito».
La replica del primo cittadino arriva nero su bianco. Ed è una replica in cui Dipiazza contesta la «rivendicazione» di Camus sulla paternità delle Rive precisando come il nuovo lungomare sia stato ideato da tre ingegneri del Comune. Inoltre, Dipiazza reputa che gli sviluppi positivi del traffico siano stati «in qualche modo sottovalutati», cosicché «una buona parte del piano» Camus non sarebbe «più applicabile».
Il nodo del piano traffico è riemerso giorni fa, quando il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara in una mozione ha invitato sindaco e giunta a rendere nota la bozza Camus ma al contempo a non darvi seguito. E la vicenda continua a far discutere, malgrado il sindaco abbia fatto intendere di non volere rendere nota la bozza e di volere incaricare gli uffici di modificarla, ma senza fretta.
Tanto dalla Cdl quanto dall’opposizione arrivano però voci che ricordano il ruolo dei consiglieri comunali: «Il piano del traffico va fatto - osserva il forzista Lorenzo Giorgi - e non è possibile che 40 consiglieri a oggi della bozza Camus non sappiano nulla». Giorgi annuncia la presentazione di una mozione in cui chiederà che vengano ascoltate le circoscrizioni, gli organi istituzionali più vicini ai cittadini, e che le diverse soluzioni possibili vengano poi illustrate e lasciate in mostra in una delle sale espositive del Municipio così da poterne mettere al corrente i cittadini.
Anche il diessino Fabio Omero ricorda il ruolo di indirizzo del consiglio comunale, e «come opposizione - annuncia - chiederemo che la commissione urbanistica venga convocata per visionare la bozza Camus. Un lavoro che è costato al Comune oltre 150 mila euro, e che prima di essere cestinato va esaminato dal consiglio comunale. Il tutto - chiude Omero - mentre resta a oggi in vigore il piano Honsell, approvato dalla giunta Illy e considerato già nel 2001, dall’amministrazione Dipiazza, come uno strumento da rifare».
Infine, una nota del consigliere regionale dei Cittadini (ed ex assessore comunale) Uberto Fortuna Drossi: «Amministrare la città è una cosa seria. Qui il copione è sempre lo stesso, quello del gioco degli specchi: tutto e il contrario di tutto, interprete il primo cittadino. La peculiarità del sindaco potrebbe essere invidiabile per un politico navigato: sedurre la gente tanto da far dimenticare le cose dette ieri. La città ha bisogno di trasporti pubblici che si muovano velocemente, di meno inquinamento, di un traffico fluido, di parcheggi: abbiamo perso sei anni, senza parlare del resto», chiude Fortuna Drossi.

Paola Bolis

 

 

Bucci: arredi, coinvolgeremo gli esercenti  - L’assessore: il Piano dehors mi preoccupa, problemi nel rapporto tra locali e negozi

 

Il titolare dell’Urbanistica a Durissini e Di Lorenzo che avevano criticato il documento: «Di che parlano se non l’hanno visto?»

«Fosse stato per me il documento sarebbe potuto restare nel cassetto: in alcune zone può andare benissimo, ma in altre no»

«Non rispondo a Pino Di Lorenzo perché non so chi rappresenti, ma mi dispiace per le osservazioni di Lionello Durissini, persona seria che ha sempre agito in maniera equilibrata. Di che cosa parla se il piano non lo ha visto? Ma stia sereno: il documento verrà discusso con le categorie prima di essere portato in consiglio comunale».
Maurizio Bucci, assessore all’urbanistica, risponde così all’ennesima contestazione sul Piano dehors, il regolamento al quale - quando sarà stato varato - dovranno attenersi 1200 locali pubblici in materia di gazebo e verande, tavolini e sedie, elementi di delimitazione degli esterni. Dopo avere ripreso il suo iter, il piano degli arredi a breve andrà approvato dalla giunta per poi passare all’aula municipale.
Ieri Lionello Durissini, direttore dell’associazione di categoria Acepe, ha parlato dell’«impossibilità di uniformare le nuove strutture» anche quanto ai colori (quello dominante nel documento così come si presenta ora è l’antracite dei lampioni), mentre Pino Di Lorenzo, segretario politico della Lista autonoma Regione Venezia Giulia, ha annunciato di aver avviato una raccolta di firme tra esercenti «contro il piano».
Ma Bucci controbatte: «Si parla di una unificazione dei dehors che non esiste, si raccolgono firme contro qualcosa che non si conosce. Ed è un dato che svilisce la professionalità dell’Acepe...» L’assessore comunque lo ribadisce: «Anche prima che altri si riempissero la bocca parlando di Agenda 21, io il coinvolgimento delle categorie l’ho sempre ricercato. Lo faremo anche stavolta: appena il collega Tononi (assessore che detiene la delega all’occupazione del suolo pubblico) avrà esaminato il piano, lo porterò in giunta. Poi passeremo alla condivisione con le categorie, che del documento riceveranno una copia per così da poterla analizzare e dare dei suggerimenti secondo le rispettive sensibilità». Ma nessuno pensi di non rispettare un contesto comune: «Vorrei vedere un dehors giallo...», rilancia Bucci.
Tutto bene allora? Non proprio. A chi contesta, Bucci risponde così: «Sono il primo a essere preoccupato per i dehors, che nient’altro sono se non verande che sporgeranno rispetto alle facciate degli edifici impattando in modo determinante sotto il profilo estetico e visivo. E se la vetrina di un negozio si ritroverà stretta tra due dehors di altrettanti locali? Tutti se ne dimenticano, ma il problema starà nel rapporto tra pubblici esercizi e commercianti. Ecco, dico allora che oltre ad Acepe Fipe e Cna dovremo sentire anche Confcommercio e Confesercenti per tirare le somme tutti insieme. E le categorie dovranno assumersi le proprie responsabilità attraverso un giusto confronto». Insomma, Bucci lo dice chiaro: «Certo, fosse per me quel piano potrebbe restare nel cassetto. In alcune zone andrebbe benissimo, in altre no». Ma l’iter, ribadisce, lui l’ha ereditato dalla precedente amministrazione (se ne occupava l’assessore Rossi).
Bucci peraltro già qualche settimana fa ha ripetuto di essere stato costretto a «stravolgere completamente il progetto precedente perché era qualcosa di scandaloso e inapplicabile», come nel caso delle «gigantesche anfore stile Pompei» che sarebbero state facilmente rovesciate dalla bora, o come nel caso delle coperture trasparenti facili a essere inzaccherate da colombi e gabbiani. Rivisto, il piano ha ripreso dunque l’iter che finirà al consiglio comunale. E sarà proprio l’aula del Municipio - rimarca Bucci - «a dover dire l’ultima parola».
p.b.

 

 

Gasolio in mare, resta il mistero - Installato terzo sbarramento, nuovi controlli per risalire all’origine della macchia

 

Ancora gasolio nello specchio di mare antistante il porticciolo di San Sabba e ulteriori decisioni dell’Autorità portuale per evitare che il carburante si diffonda nel golfo.
L’area interessata al misterioso versamento di cui non si riesce a individuare il punto di origine, ieri è stata ulteriormente circoscritta dai tecnici della ditta «Crismani» con un terzo sbarramento di panne galleggianti. Lo ha voluto l’Autorità portuale, allarmata e preoccupata dalle possibili conseguenze dell’ondata di maltempo abbattutasi ieri sulla città. L’acqua caduta dal cielo in astratto potrebbe trascinare nelle prossime ore in mare altro gasolio finora sfuggito all’attività delle maree. Ma non basta. La Capitaneria di porto sta facendo eseguire a una ditta specializzata ulteriori controlli sulle tubazioni interrate da cui, attraverso una falla, potrebbe essere finito in mare il gasolio. In tutte le tubazioni presenti nell’area dov’è insediata la «Depositi costieri spa», ma che potrebbero essere appartenuti anche alla ex Esso, è stato immessa dell’acqua in pressione. Se i tubi sono integri, la pressione cala lentamente; se al contrario vi è una falla, la diminuzione è molto più veloce. Oggi la «mappatura» di questi grossi tubi dovrebbe concludersi con l’individuazione del «colpevole» del versamento attivo da almeno otto giorni.
c.e.

 

 

La telenovela della Ferriera

 

L’associazione nata in difesa dell’ambiente e per la tutela dei diritti di utenti e consumatori esprime il proprio sconcerto di fronte alla ridicola telenovela sulla Ferriera di Servola. Ultimo episodio l’esternazione estiva del sindaco e relativa replica della Provincia per mezzo dell’assessore Barduzzi che ricorda al primo cittadino che il responsabile della salute pubblica è lui. E su questa linea si accoda il Codacons che invita il sindaco ad agire secondo i poteri a lui conferiti dalla legge. Se è vero che i dati attuali dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento sono allarmanti e stanno mettendo a repentaglio la salute soprattutto dei cittadini che abitano nelle zone limitrofe, secondo la nostra associazione la chiusura deve essere drastica utilizzando intanto gli ammortizzatori sociali per garantire il salario ai dipendenti e operai in attesa di decidere con le Istituzioni un’altra sistemazione lavorativa per loro. La posizione, forse un po’ dura, del Codacons è motivata dalle troppe prese in giro che per anni, nonostante i gravi disagi patiti dalla comunità a causa di imbrattamento e inquinamento, hanno permesso al Gruppo Lucchini di promettere bonifiche senza mai effettuarle sul serio e così continuare misteriosamente a vivacchiare tra un sequestro e l’altro. Se un Comune cittadino attraverso un suo operato crea dei danni al prossimo o addirittura ad una comunità intera è un po’ difficile che rimanga costantemente impunito.
Ora si apprende che un campione di cittadini sarà sottoposto ad esami medici. Se saranno riscontrate anomalie dell’organismo di costoro per colpa delle sostanze inquinanti provenienti dalla Ferriera, chi ne risponderà in Tribunale? È una bella domanda.
Elisabetta Lama - vicepresidente Codacons

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 agosto 2007

 

 

Camus: Dipiazza ha bocciato il «suo» piano del traffico  - «La bozza è stata fatta seguendo le indicazioni della giunta: nel 2005 sembrava entusiasta»

 

L’ingegnere dei trasporti che ha redatto il documento rompe il silenzio dopo che il primo cittadino ha cassato il 70% delle proposte

«Sento che la viabilità sulle Rive funziona: grazie, sono stato io a progettarla»

Ringrazia il sindaco Roberto Dipiazza «perché ha dichiarato pubblicamente che la viabilità delle nuove Rive funziona benissimo: e quella viabilità l’ho progettata io». Aggiunge che sarà «ben lieto di conoscere quale sia il 70% del piano che non va, così da potere rivedere il tutto mantenendo il 30% che funziona. Anche se - è l’affondo giocato sull’ironia - avrei gradito che il sindaco me l’avesse detto nel febbraio del 2005, quando gli presentai il documento di cui mi sembrava entusiasta».
Roberto Camus, l’ingegnere dei trasporti e docente universitario che ha redatto la bozza di piano del traffico, rompe il silenzio sin qui tenuto. E lo fa all’indomani delle dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino. In seguito alla mozione - firmata «a titolo personale» - in cui il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara invitava la giunta a «non dare seguito» al documento, il sindaco ieri ha fatto intendere che la bozza non verrà resa nota, precisando appunto che «il 60-70% del piano non mi va bene» giacché è stato predisposto «prima del nuovo asse sulle Rive». E giacché la Grande viabilità andrà a rimodulare «il modo di muoversi in città».
A inizio 2005 Camus firmò la proposta in cui - lo ribadisce - già si teneva conto delle modifiche che al traffico cittadino sarebbero state portate dalle Rive rifatte e dalla Grande viabilità. E allora, «il sindaco pensa che con la Grande viabilità il traffico non graverà più tanto su via Commerciale? Ecco - replica il professionista - la differenza è che lui pensa mentre io so, perché esistono metodi matematici che ci consentono di sapere cosa succede e come si affronta la materia. E dico che la Grande viabilità non risolve il problema di via Commerciale, così come è vero che le Rive consentono oggi un traffico più scorrevole ma non hanno cambiato l’altra parte del mondo». E insomma, «non mi risulta che sia mutato l’assetto della città e che non ci siano più problemi. Mi auguro anzi che tutto il lavoro fatto con le Rive e con Largo Barriera non venga vanificato dalle nuove ipotesi di viabilità che riguardano piazza della Libertà» (per la quale ci sono studi in corso, ndr).
Se il piano a giudizio di Dipiazza non funziona, Camus ricorda di averlo «redatto in base alle indicazioni che mi erano state fornite dalla giunta comunale». Indicazioni precise: «Favorire il trasporto pubblico e incrementare le zone pedonali, cosa che resta a oggi da fare». E certo «io non entro in un discorso che ormai è diventato più politico che tecnico, con problemi interni ai partiti o fra singole persone. È sicuramente la politica a dover decidere - aggiunge l’ingegnere - ma sarebbe bene che lo facesse per tempo, in modo che chi lavora per l’amministrazione fosse in grado di assolvere al suo compito».
La chiusura al traffico privato di corso Italia, uno dei punti principali contenuti nella bozza Camus? «La proposta da un punto di vista generale era provocatoria e anche pesante, ma voleva dare un segnale di inversione di un certo modo di concepire la città. Certo - dice Camus - per affrontare i problemi bisogna avere un po’ di fegato... Oltretutto il piano proposto prevede varie fasi di attivazione, che non devono essere necessariamente accettate tutte». Comunque, ribadisce Camus, «il mio contratto prevede che vengano recepite le osservazioni fatte in primo luogo dal committente, e io sono disponibile a rivedere il piano mantenendo quel 30% che secondo il sindaco è ottimo, e che dunque possiamo attuare».
Cosa succederà se Trieste non avrà un nuovo piano generale del traffico? «Niente di spaventoso, visto che la città non ha grandi sviluppi demografici. Ma teniamo presente il problema di carburanti e inquinamento. Se prima le Rive erano percorribili in sette-nove minuti, ora lo sono in tre-quattro: questo significa che le stesse auto inquinano ciascuna per quattro-cinque minuti in meno. È un concetto - chiude l’ingegnere - che andrebbe esteso quanto più possibile».

Paola Bolis

 

IL SINDACO - Aveva detto: «Alcune scelte non servono più»

 

«Il 60-70% della bozza Camus sul piano del traffico non mi va bene. È stato predisposto prima della viabilità sulle Rive, alcune scelte sono superate». Erano state queste alcune delle frasi del sindaco Roberto Dipiazza in merito al documento. «I tagli li faremo noi, con gli uffici comunali. Ho idee chiarissime – aveva proseguito – Ad esempio non farò mai il senso unico in via Torrebianca».

 

 

Ferrara: «Ritiro la mozione, sto con il sindaco»  - Il forzista Marini: «Ma bisogna andare avanti con le isole pedonali»

 

Il capogruppo della lista civica di centrodestra propone di sentire l’opinione dei cittadini tramite questionari nelle circoscrizioni

Era stato lui a riaprire il dibattito sul piano del traffico firmando pochi giorni fa una mozione urgente in cui chiedeva alla giunta di rendere nota la bozza redatta da Roberto Camus e al contempo di non portarla avanti. E ora quel dibattito lo chiude, annunciando: «Ritirerò la mia mozione a settembre, nella prima conferenza dei capigruppo». Perché, dice il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, «finalmente è stata fatta chiarezza». Il riferimento è alla dichiarazione del sindaco Roberto Dipiazza: «Il 60-70% del piano non mi va bene». E dunque «come speravo, quel piano non esiste più», è la deduzione di Ferrara, secondo il quale «Dipiazza ha ragione a non volere rendere pubblico un documento obsoleto. La mia mozione aveva proprio questo obiettivo, quindi la ritengo superata dai fatti».
E però, aggiunge il capogruppo - che ribadisce di avere agito a titolo personale - «ora non perdiamo altro tempo. Iniziamo subito ad ascoltare le reali esigenze dei cittadini distribuendo dei questionari attraverso le circoscrizioni. Predisponiamo poi una nuova bozza di piano - gli uffici comunali sono assolutamente in grado di correggere l’esistente - e una volta visti gli effetti della Grande viabilità», cioè non prima dell’autunno avanzato del 2008, «indiciamo un referendum per l’approvazione» del documento.
E se più di una voce in questi giorni ha notato come fosse stato lo stesso Ferrara a portare avanti il piano quand’era assessore al traffico, «io avevo solo cercato di portarlo in discussione, senza peraltro riuscirci: ma non ero intervenuto sui contenuti», è la replica.
Interpellato, intanto, il vicecapogruppo di Forza Italia in consiglio comunale Bruno Marini si dice «sostanzialmente d’accordo con il sindaco, che è uomo da realizzazioni concrete più che da studi». Ma poi, precisato di non poter dare giudizi sulla bozza Camus, «perché non l’ho vista», Marini spezza una lancia a favore della pedonalizzazione estesa del centro cittadino prevista dallo stesso Camus ma sposata - sebbene con soluzioni diverse - anche dall’assessore al traffico Maurizio Bucci. «Innanzitutto ricordiamo che quel piano è costato al Comune, cioè ai contribuenti, oltre 150 mila euro: starei attento a non gettare il tutto definitivamente nel cestino», ragiona Marini, dicendosi «d’accordo con Bucci sull’idea di arrivare progressivamente a una pedonalizzazione del triangolo Borsa-Goldoni-Sant’Antonio nuovo».
Non solo: «Credo non serva attendere il completamento della Grande viabilità - rilancia Marini - e credo che quella prevista da Camus per via Mazzini e corso Italia (chiusi entrambi al traffico privato e aperti a quello pubblico con due sensi unici in direzioni opposte, ndr) fosse una proposta intelligente. Ci si può arrivare anche prima delle elezioni regionali», annota il forzista: «Ma bisogna a questo punto dare un’accelerata all’iter dei grandi parcheggi previsti e soprattutto di quello sotterraneo del colle di San Giusto. Ricordo benissimo che fu presentato nel giugno del 2003. Sono trascorsi quattro anni, e sono un po’ tanti per l’avvio di un’opera essenziale».

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 agosto 2007

 

 

Il sindaco: il 70% del piano del traffico non va bene  - «Lo cambieranno gli uffici comunali ma non c’è fretta. Non farò mai il senso unico in via Torrebianca»

 

Dipiazza replica all’iniziativa del capogruppo della sua lista civica. La bozza Camus non sarà resa pubblica. «La nuova viabilità sulle Rive ha migliorato tutto»

Con molta calma, e comunque dopo che saranno stati conclusi i grandi interventi sugli assi di scorrimento attorno alla città. Il sindaco Dipiazza, raggiunto telefonicamente a bordo della barca sulla quale sta rientrando dalle vacanze in Dalmazia, non si mostra eccessivamente sorpreso dai contenuti della mozione con cui Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza in consiglio comunale, gli chiede di «non dare seguito» alla bozza del piano del traffico redatta dall’ingegner Camus.
Il primo cittadino non sembra poi aver intenzione di rendere pubbliche le proposte di Camus, come richiesto da Ferrara per far sì che il consiglio comunale possa votare la mozione urgente. Che la bozza rimarrà nei cassetti del Comune (definitvamente?) Dipiazza lo fa capire dicendo che «il 60-70% del piano non mi va bene. E’ stato prediposto prima del nuovo asse sulle Rive, e quindi vanno tagliate alcune scelte che non servono più».
Ma chi farà queste modifiche, il professor Camus o gli uffici comunali? «I tagli li faremo noi – risponde Dipiazza con grande sicurezza –. Ho le idee chiarissime».
E subito non si lascia scappare l’occasione di lanciare una frecciatina all’amministrazione Illy che ha governato il Comune alcuni anni fa. «Abbiamo tutti i dati del traffico, strada per strada – sottolinea Dipiazza –. E’ un lavoro che non è mai stato fatto prima. Il piano Honsell (commissionato dalla giunta Illy, ndr) era stato studiato senza disporre di dati».
Per spiegare la calma con cui intende affrontare eventuali scelte di viabilità in centro (ad esempio la chiusura di Corso Italia al traffico privato), il sindaco parte alla lontana, ricordando che l’amministrazione ha risolto il problema delle Rive («tutti danno atto che è un nuovo asse di scorrimento»), ha sistemato il traffico in Largo Barriera, ha approvato il piano per San Vito.
«Ci sono da sviluppare ancora alcuni dettagli – osserva il primo cittadino – ma soprattutto si deve tenere presente che entro il 2008 sarà completata la Grande viabilità, che farà muovere la città in maniera diversa. E già adesso non si può dire che sia una citta congestionata: con le nuove Rive è cambiato il modo di muoversi».
Il tema «piano del traffico», dunque, nei programmi del sindaco è rinviato di parecchi mesi, dopo che Grande viabilità e Lacotisce-Rabuiese saranno state ultimate. Dipiazza però aggiunge: «Qualche via centrale potremmo affrontarla anche prima». E subito dopo ribadisce: «La Grande viabilità, una volta finito il tratto Cattinara-Padriciano, andrà a modulare di nuovo il modo di muoversi in città. Penso ad esempio che il traffico che scenderà dall’altipiano non graverà più tanto su via Commerciale, o su altre direttrici, come accade adesso».
Insomma, per chi non lo avesse ancora capito, Dipiazza non ha «nessuna ansia di affrontare il piano del traffico». Le Rive e Largo Barriera hanno già dato buone risposte alla viabilità cittadina, ribadisce il primo cittadino, che promette di «studiare quanto ha fatto Camus» ma allo stesso tempo assicura di non voler «mai fare certi sensi unici, come quello previsto in via Torrebianca verso via Carducci».
Ma c’è anche un altro fronte che rimane aperto. Per il suo lavoro il professor Camus attende ancora dal Comune (come riferiamo a fianco) una tranche del compenso. Alla domanda su quando l’amministrazione salderà il debito, Dipiazza risponde in maniera sibillina: «Sarà pagato quando il piano verrà attuato». Ma non si esime dal precisare che «non è un problema del sindaco, ma della Regioneria».

Giuseppe Palladini

 

 

Ferrara: «Un referendum sulle isole pedonali»  - Dopo la mozione che ha fatto riaprire il dibattito l’esponente della Lista Dipiazza rilancia: «Coinvolgere i cittadini».

 

Rigutti: al commercio servono indicazioni certe. Centrosinistra: Cdl, spettacolo indecoroso

Il capogruppo della Lista Dipiazza in consiglio comunale Maurizio Ferrara rilancia con l’idea di un referendum su possibili pedonalizzazioni e rivoluzioni viarie. Franco Rigutti ribadisce che Confcommercio, di cui è vice presidente, attende di valutare il nuovo piano del traffico per poter dare «un contributo costruttivo», ma sottolinea come il settore abbia bisogno di «conoscere la linea che il Comune intende adottare» per muoversi - e investire - sulla base di certezze. E dal centrosinistra si addita una Casa delle libertà impegnata in uno spettacolo «indecoroso».
All’indomani della mozione con cui Ferrara ha fatto riemergere il nodo irrisolto del piano del traffico, il dibattito sul tema riprende vigore. Sul fronte politico, si diceva, Ferrara rilancia. Ieri ha invitato sindaco e giunta a rendere pubblica la bozza di piano del traffico elaborata dall’ingegnere Roberto Camus quasi tre anni fa, bozza che però a suo parere andrebbe cassata viste le proposte «eccessivamente e inutilmente impattanti» che contiene. E oggi ecco l’ulteriore proposta: se la viabilità costituisce un tema centrale per la quotidianità della popolazione, «non restringiamo il dibattito ai politici: rendiamo pubblica la bozza e chiediamo l’opinione dei cittadini, con un referendum come quello che avremmo dovuto fare sui rigassificatori». Ferrara non si dice contrario a ipotesi di pedonalizzazione, «ma non possiamo parlarne in termini generali come stiamo facendo. Io attendo di vedere la bozza, anzi la bozza Camus modificata dall’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci», dice Ferrara che il piano lo seguì quando ricopriva il ruolo oggi tenuto dal suo successore forzista. E «se è vero che Bucci ha modificato o stravolto il piano, allora avevo ragione nel sostenere che quella bozza non andava bene. In ogni caso - aggiunge Ferrara riferendosi alle dichiarazioni rilasciate ieri da assessori di An e Forza Italia - abbiamo capito che la giunta quel piano lo vuole discutere. A questo punto però ci vorrebbe Poirot (l’investigatore cui diede vita Agatha Christie, ndr) per capire il motivo per cui non lo fanno».
Su un altro versante, e precisando di non volere entrare in un dibattito politico che non gli compete, Franco Rigutti ribadisce posizioni che Confcommercio ha già espresso più volte negli anni. «Ben venga se potremo vedere la bozza del piano, siamo pronti a dare anche con i nostri tecnici - se il Comune ce lo richiederà - un contributo propositivo e costruttivo, con serenità». Confcommercio si è già in passato espressa a favore di un’estensione delle aree pedonali nel centro cittadino, «a condizione - ribadisce Rigutti - che ci siano i servizi e soprattutto i posti auto necessari. L’importante però è che le cose vadano avanti in tempi ragionevolmente brevi». Perché dalle scelte che il Comune vorrà assumere - aggiunge il numero due dell’associazione di categoria - dipenderanno anche strategie di sviluppo del settore commerciale: «Ci sono numerosi imprenditori, colleghi pronti a ristrutturare e risistemare le proprie attività, ma attendono di conoscere quale sarà in futuro la situazione».
Dall’opposizione frattanto piove una gragnuola di critiche sugli amministratori comunali di centrodestra, additati di offrire «uno spettacolo indecoroso». «È ora di finirla - attacca il vicecapogruppo dei Ds in Comune Tarcisio Barbo - ne inventano ogni giorno una nuova contraddicendosi a vicenda su nodi per i quali poi a pagare è la città. Si mettano d’accordo, poi propongano qualcosa di concreto».
Tanto Barbo quanto il consigliere comunale della Margherita Marco Toncelli sottolineano poi il passo compiuto «a titolo personale» da Ferrara, che «pure è il capogruppo della Lista che rappresenta il sindaco». E allora, «non si capisce se Ferrara venga a dire cose per conto di altri», osserva Toncelli. Il diellino parla di «spettacolo indecente e indecoroso costituito dal rimpallo di competenze, con Bucci che si dice pronto a parlare del piano se il sindaco lo richiederà malgrado, come assessore all’urbanistica e al traffico, sia responsabile di deleghe importanti. Intanto continuiamo ad avere un’amministrazione che parla di progetti che nessuno conosce, e che la città aspetta».
In una nota il consigliere dei Cittadini Roberto Decarli osserva che «l’amministrazione di centrodestra si sta dimostrando molto più capace di divertire i triestini che di amministrare la città, e lo sta facendo con una maestria che ad agosto ha raggiunto livelli significativi». Gli esempi? «Ha iniziato il sindaco con la proposta di armare i vigili, subito contrastata dal vicesindaco Lippi malgrado An nella scorsa consiliatura perseguisse l’obiettivo. Poi un importante membro della giunta (Giorgio Rossi della Lista Dipiazza, ndr) ha suggerito alle famiglie di organizzarsi con nonni e zii per portare i bambini a scuola, così da sopperire alla cancellazione del servizio scuolabus. Adesso, dopo che il piano del traffico è in elaborazione da cinque anni, ecco Ferrara - che alla sua stesura quand’era assessore avrà certamente contribuito - proporre di fermare l’iter». Insomma «divertenti», chiude Decarli, «ma governano la città ed è per questo che il minimo che dobbiamo esigere è serietà e buona amministrazione nell’interesse della comunità. Se non ne sono capaci lascino, avranno più successo - ne sono certo - come commedianti».

Paola Bolis

 

 

Un iter di cinque anni Sborsati dal Comune più di 150mila euro - Resta aperto il contratto con Camus

 

Al Comune l’iter seguito per giungere alla bozza di nuovo piano del traffico è costato sinora più di 150 mila euro. Si è partiti nel 2002 con un’indagine sulla mobilità commissionata da Comune e Provincia all’Università cittadina, con un esborso di circa 65 mila euro per entrambe le amministrazioni. Quell’indagine, coordinata dall’ingegnere dei trasporti da Roberto Camus, ha delineato i flussi di traffico individuando i mutamenti principali sopravvenuti in città rispetto al 1982, anno al quale risaliva l’ultimo studio di questo tipo.
Sulla base dell’indagine è stato affidato a Camus l’incarico di stendere la bozza del piano del traffico. Il professionista, che già negli anni Settanta lavorò alla revisione del piano allora in vigore, ha steso la bozza attenendosi alle linee-guida dettate dalla prima giunta Dipiazza nel 2004: via libera a una maggiore pedonalizzazione del centro urbano senza escludere l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffco; cancellazione di qualsiasi tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; sì a una revisione delle zone a traffico limitato.
Per questo incarico il contratto stipulato fra il professionista e l’amministrazione prevede un compenso di 120 mila euro, la cui ultima tranche di 20 mila dovrà essergli liquidata dopo la stesura del piano definitivo. Formalmente infatti il contratto andrebbe chiuso quando la bozza verrà trasformata in documento finale, cosa che Camus potrà fare solo quando dal Comune gli perverranno le relative indicazioni. Negli ultimi anni il professionista ha realizzato per l’amministrazione anche lo studio sulla viabilità delle nuove Rive: la bozza del piano tiene infatti già conto sia del nuovo assetto del lungomare sia dell’apertura della Grande viabilità.

 

 

Tav, sparisce la nuova stazione di Trieste E l’Italia sposa il tracciato della Slovenia - L’aumento previsto del traffico su rotaia è pari al 6 per cento ma solo nel 2045

 

Nel documento ufficiale presentato a Bruxelles confermato l’addio all’alta velocità: i treni viaggeranno a 180 chilometri all’ora

Lubiana ha chiesto alla Ue il 30 per cento del costo delle opere, Roma non l’ha fatto

Tra gli interrogativi rimasti aperti c’è il collegamento con il porto

TRIESTE È confermato: non c’è più la nuova stazione di Trieste in alta velocità sotto il livello di viale Miramare, rimane la vecchia stazione con le manovre avanti e indietro per immettersi sulla linea. Ma la prima vera novità viene dalle righe iniziali della domanda di finanziamento presentata congiuntamente a Bruxelles da Italia e Slovenia a fine luglio. Si tratta di un testo inglese di oltre 50 pagine, più una mappa, che riguarda esclusivamente il percorso Trieste-Divaccia del Corridoio 5.
In teoria, sarebbe un testo riservato: all’assessorato regionale ai Trasporti dicono che non ce l'hanno ancora. La sua lettura rivela tuttavia non poche novità, chiarendo fra l’altro alcuni recentissimi dubbi sorti dopo la diffusione da parte dello stesso assessorato di una versione non aggiornata del percorso, pubblicata dal Piccolo il 19 luglio. Ad esempio, pareva che ai treni merci provenienti dal porto di Trieste attraverso la circonvallazione fosse preclusa la svolta verso oriente; fortunatamente, non è così.
Nel documento ufficiale, l’Italia chiede all'Unione europea di finanziare al 50% la progettazione del tratto Trieste-confine di stato, mentre la Slovenia - oltre alla propria progettazione - chiede il 30% del costo delle opere ferroviarie che realizzerà prima del 2013, in totale 139 milioni di euro.
L’ALTA VELOCITÀ RALLENTA L'Italia e la Regione avevano sempre chiesto che la tratta Trieste-Divaccia fosse in alta velocità ed invece ora, per adattarsi alla Capodistria-Divaccia già decisa dal parlamento sloveno nel 2003, non lo è più. A prescindere dal colore politico della maggioranza di governo, la Slovenia ha sempre puntato il massimo su Capodistria-Koper perché è il suo unico porto. Viceversa, per i governi italiani Trieste è sempre stato inevitabilmente un porto secondario; ed è forse in questo contesto di forte impegno sloveno che il percorso italiano presentato a Bruxelles ha finito per riprendere semplicemente un tracciato elaborato dalla Slovenia fin dal 2004. Lo si vede dall’intestazione della mappa erroneamente divulgata. Ingrandendo fortemente in basso a destra, si riesce infatti a leggere che il disegno è proprietà della «Javna agencija za zelezniki promet Republike Slovenije» di Maribor (Agenzia pubblica per il trasporto ferroviario della Repubblica di Slovenia) e risale al 2004. L'assessore Lodovico Sonego sottolinea che «il risultato più importante è stato conseguito, perché il progetto garantisce la continuità verso est del Corridoio 5». Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) ha però confermato che lungo il tortuoso percorso si viaggerà a 160-180 chilometri orari. Prima, si parlava di 280 chilometri. «In Slovenia - ha precisato Rfi - la ferrovia attuale verrà ammodernata ed in parte rettificata, conseguendo tempi di percorrenza molto migliori degli attuali; e qualcosa si farà anche in Ungheria». In altre parole, secondo il progetto, da Trieste si andrà verso est con una ferrovia moderna, sotterranea, ma non ad alta velocità. Quanto ai treni passeggeri diretti in città, devieranno dal Corridoio 5 sottoterra attraverso due gallerie, che sboccheranno in superficie nell'attuale comprensorio ferroviario.
IL REBUS DELLE MERCI La mappa firmata dai due ministri italiano e sloveno prevede i futuri imbocchi da e per i due porti e le linee esistenti, senza però indicare dettagli, che infatti non sono stati ancora elaborati da parte italiana. La figura presentata a Bruxelles mostra due monconi che si staccano dalla linea sotterranea, l’uno grossomodo a sud di Opicina (vedi lo schema a fianco), e l’altro verso la linea della Grandi Motori. Viceversa, l'imbocco verso Capodistria è praticamente sicuro (in gergo viene chiamato «la gambetta» verso Capodistria). Tale percorso garantirà a quel porto ottimi collegamenti senza limiti di dimensione dei carri sia verso ovest (Monfalcone etc via Corridoio 5), sia verso l'Est (Divaccia, Lubiana etc con ferrovia moderna). La situazione del porto di Trieste non appare altrettanto favorevole. Le merci dovranno infatti continuare a passare attraverso la circonvallazione sotterranea, di cui non è previsto, neanche a medio termine, l'allargamento necessario per ovviare agli attuali limiti di sagoma. Per poterla allargare, occorrerebbe chiudere per un anno e mezzo l'attuale galleria, che passa sotto la città, ed è per questo che la mappa presentata a Bruxelles prospetta il futuro sbocco alternativo per le merci triestine verso il Corridoio 5 attraverso il prolungamento della linea ferroviaria accanto alla Grandi Motori. Questo tratto passerebbe fra lo stabilimento e Bagnoli-Boljunec, ma poi ci vorrebbe anche un complesso snodo fra Cattinara e San Giuseppe della Chiusa, senza il quale le merci potrebbero girare solo verso l'Italia. Sia per l'allargamento che per questo snodo, si tratta comunque di prospettive molto in là nel tempo. «Riguarderanno i nostri figli» ha detto Rfi a San Dorligo. A noi genitori balza invece agli occhi l'assenza del collegamento diretto fra i due porti, i famosi 6 chilometri di cui già parlava la generazione dei nonni. Tratto quasi indispensabile per Trieste, perché aprirebbe al nostro porto un’ottima connessione con Divaccia e con l'est, ma utile (solo un po' meno) anche a Koper per immettere le sue merci nella nostra circonvallazione e di qui verso Monfalcone e oltre. Però non c'è stato verso, pare.
ALLA FINE, SI FARÀ? Sarebbe inutile negare che il tracciato presentato a Bruxelles toglie molto fascino al nuovo Corridoio 5. Perché se ne esce con gallerie ancor più lunghe e costose sulla tratta italiana, con il taglio della nuova stazione sotto viale Miramare, con l'allargamento della circonvallazione rimandato a chissà quando, ed addirittura con il mancato collegamento Trieste-Koper, che avrebbe consentito ai due porti di fare «fare sistema». E poi Bruxelles, si sa, è molto a corto di fondi e così l’ipotesi che la costruzione della tratta transfrontaliera venga lasciata cadere guadagna terreno. Viceversa, sono in molti a scommettere che la Slovenia - giustamente - realizzerà il collegamento Koper-Divaca a qualsiasi costo, magari con l'aiuto di capitali tedeschi, si dice. Non è davvero chiaro, a questo punto, se il governo italiano creda ancora in questo spezzone del Corridoio V o se ormai miri solo a prendere tempo, conquistando finanziamenti per una progettazione destinata a restare senza seguito (come si è visto, l'Italia non ha chiesto contributi per la costruzione). In questo quadro di dubbi sull’effettiva convenienza delle decine di chilometri della doppia curva sotterranea per scavalcare la Val Rosandra, il documento firmato da Di Pietro e dal suo omologo Bozic contiene due valutazioni pessimistiche, che sembrerebbero fatte apposta per svalutare l'importanza della realizzazione della famosa «S» agli occhi dell'Unione europea. A meno che non si tratti di una ingenuità non tanto della Regione, quanto del governo nazionale.
IL TRAFFICO Solo il 6% in più su rotaia, e nel 2045. Ci si riferisce innanzitutto alla stima della capacità futura del Corridoio 5 di sottrarre traffico dalle strade ed autostrade «nelle regioni direttamente interessate dalla infrastruttura», come recita il testo. A Bruxelles dicono che la stima di questa conquista di una fetta di mercato - riferita al 2045 - sia dovuta ai consulenti Scott & Wilson, ma il testo non lo dice. Ebbene, il documento ora presentato all'Unione europea dichiara che - terminata la realizzazione di questa tratta del Corridoio 5 - il traffico su rotaia passerà dall'attuale 33% al 39% (pagg. 45 e 50); un incremento di sei punti in alcune decine d'anni, a fronte di un costo di svariati miliardi di euro. Altro dato strano, in clima di «sfide» di mercato sbandierate a proposito e a sproposito, parrebbe essere l'ammissione che «il progetto non mostra caratteristiche di convenienza per attrarre investimenti privati» (pag. 31). Infine, agli eventuali «problemi ambientali» il testo - che ha tuttavia altre finalità - dedica 8 righe a pag. 48.
I RISCHI E se i cinquanta chilometri circa di gallerie «italiane» dell'attuale progetto - da Monfalcone oltre la «S» del Rosandra - non si dovessero fare? La Ue, ipotesi abbastanza plausibile, potrebbe decidere che costano troppo in rapporto ai benefici ottenibili. In quel caso, il porto di Koper-Capodistria realizzerebbe comunque l'ottimo collegamento con l'Est, mentre per l'Ovest potrebbe almeno godere di un imbocco facilitato alle attuali linee sul Carso. Viceversa, per uscire dal porto di Trieste, le nostre merci dovrebbero continuare ad usare le vecchie linee, senza potersi indirizzare ad est attraverso Capodistria. Fortuna che abbiamo l'ottima Pontebbana (poco utilizzata). Nel frattempo, in Croazia avanza a passo spedito il progetto autonomo di collegamento di Fiume-Rjeka con l'Ungheria. Con il che, ognuno per sé e Dio per tutti? Se dovesse accadere, Trieste non si troverebbe in «pole position», ma tutto l'Adriatico settentrionale, da porto Nogaro a Fiume, ne soffrirebbe.
GLI INTERROGATIVI Si poteva trovare una soluzione migliore? Le difficoltà attuali sono forse la conseguenza dell’aver voluto ostinatamente un percorso con Trieste vera stazione passeggeri sulla linea da 300 all'ora dalla Spagna all'Ucraina, nonostante i pesanti costi e vincoli progettuali imposti dalla posizione geografica della città? Le cose sarebbero andate meglio se avessimo scelto un altro tracciato? Difficile dirlo. Davvero difficile farsi un'idea precisa. Perché tutta la procedura relativa all'individuazione della linea, iniziata almeno nel 1999, è sempre stata - e lo è tuttora - avvolta dal riserbo. Non si sa se furono, e da chi, studiati percorsi alternativi. Non si conoscono le analisi costi/benefici. Non si sa quale fosse l'atteggiamento della Slovenia: avrebbe ad esempio accettato l'alternativa lungo la Valle del Vipacco? Oppure era possibile una linea in galleria da Monfalcone verso Opicina e poi in superficie verso est? Detto per inciso, anche sui rigassificatori è sempre stato molto difficile avere informazioni.
L’INFORMAZIONE Pare che, a prescindere dal loro colore, i governi italiani e regionali abbiano valutato che fosse meglio procedere in segreto, cercando di mettere l'opinione pubblica di fronte al fatto compiuto. «Troppe opposizioni preconcette, troppi ambientalisti sfegatati, troppi pessimisti rassegnati al declino economico» si dice. Ma nemmeno il segreto funziona. In assenza di informazioni, si fanno largo supposizioni e illazioni anche malevole su lobby e clientele varie. Qui da noi, nessuno pare aver ancora voluto provare a percorrere la via rettilinea: progettazione da parte dei tecnici migliori, valutazioni pubbliche dei costi/benefici delle varie soluzioni, informazione sulle trattative internazionali, tutto alla luce del sole. Il punto è che, siccome non esistono soluzioni perfette, soltanto l'informazione potrebbe far sì che, a fronte di molti eventuali pregi, l'opinione pubblica maturasse la scelta di un percorso con qualche difetto. Nascondere serve a poco, i difetti alla fine trapelano. Il segreto non fa che alimentare la confusione e l'ostilità, ed alla fine ci si ritrova fermi e con una società ancor più divisa.
Livio Sirovich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 agosto 2007

 

 

Piano del traffico - Ferrara: stop al piano delle isole pedonali  - Il capogruppo della Lista Dipiazza chiede (a titolo personale) di fermare la bozza Camus sul traffico

 

Si riapre il dibattito sulla viabilità. Il centrodestra: il documento va reso pubblico. Bucci (Forza Italia): pronto a illustrarlo quando il sindaco me lo chiederà

Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza in consiglio comunale, rilancia sul nodo irrisolto del piano del traffico. E in una mozione invita sindaco e giunta «a non dar seguito al piano predisposto da Roberto Camus», l’ingegnere che qualche anno fa firmò la bozza - a oggi rimasta tale - in cui si prevedeva tra l’altro la chiusura di corso Italia al traffico privato.

Ma il consiglio comunale chiamato a votare la mozione urgente lo potrà fare solo se il piano sarà stato reso noto, aggiunge Ferrara: di qui l’invito a «rendere pubbliche le proposte» di Camus, ingegnere dei trasporti dell’Università cittadina.
La mozione - firmata «a titolo personale», precisa il capogruppo della formazione civica nata per sostenere il sindaco - ricorda che la bozza stesa in base agli indirizzi dettati dalla prima giunta Dipiazza «non risulta ancora proposta all’attenzione dell’attuale amministrazione». Intanto è stata ultimata la nuova viabilità delle Rive, sono stati approvati alcuni piani rionali, è in fase di ultimazione la Grande viabilità. E il traffico non presenta «gravi problematiche» salvo «eccezioni in zone particolarmente critiche» come l’area Battisti-Rossetti-Ginnastica-Carducci: ma potrebbero bastare interventi «costanti e incisivi» dei vigili.
Con queste premesse, l’invito a «non dare seguito» alla bozza: «Le proposte di modifica della viabilità, pur coraggiose e innovative, risultano eccessivamente e inutilmente impattanti», scrive Ferrara pensando evidentemente a ipotesi come corso Italia chiuso al traffico privato o la galleria Sandrinelli a senso unico. Meglio allora intervenire su semafori e sosta nelle aree critiche, predisporre nuovi parcheggi per due ruote, potenziare le corsie per i bus, stilare ulteriori piani rionali.
La mozione riaccende i riflettori su un tema complesso e spinoso per la maggioranza, dentro la quale divergenze e veti incrociati su merito e metodo non si sono mai ricomposti. Mentre del piano si continua a non discutere. L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci si dichiara «pronto a tirarlo fuori, visto che le idee le ho chiarissime, quando me lo chiederanno». Cioè quando Dipiazza lo vorrà, conferma Bucci. Il quale manda a dire a Ferrara, che la bozza Camus la seguì quand’era assessore, di «parlarne piuttosto con il sindaco». Peraltro, Bucci con il suo predecessore non è tenero: «Se ne accorge ora che la bozza non va bene? Un consiglio spassionato da amico: invece che fare mozioni a Ferragosto si compri la Settimana enigmistica e una bibita, e si riposi aspettando il fresco».
Il vicesindaco Paris Lippi (An) rileva che le due richieste di Ferrara - rendere noto il piano e cassarlo - «mi paiono un po’ in contraddizione tra loro». Ma conferma che «un piano va redatto» e ribadisce la posizione di An, che da mesi chiede di discuterlo: «Poi magari scopriremo che non è attuabile o non è il meglio nell’interesse della città, ma intanto parliamone». Una stoccatina a Ferrara la riserva anche Lippi: «Ne parli con il sindaco - visto che è capogruppo della lista civica che porta il suo nome - proprio per non mettere Dipiazza in difficoltà».
L’assessore forzista Paolo Rovis, che nell’agosto 2004 da consigliere comunale lanciò l’idea di corso Italia pedonale, concorda sull’esigenza di discutere il piano, anche perché - dice in linea con Lippi - «il lavoro di Camus è costato soldi e impegno». Le scelte «impattanti» richiamate da Ferrara? «Le linee di indirizzo votate dal consiglio comunale individuavano come prioritaria l’estensione delle aree pedonali», ricorda Rovis. Il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco (Udc) rileva intanto come sia «opportuno che il piano del traffico venga analizzato nella fase di redazione della variante al piano regolatore», strumento urbanistico che ha connessioni precise con il piano del traffico. E poi «sì alla discussione - rileva Sasco - ma che sia costruttiva, non mirata soltanto a mettere Bucci alla gogna».
Resta comunque da capire di quale bozza si voglia parlare. Perché il piano che Bucci si dice «prontissimo» a discutere con gli alleati è diverso (ne parliamo qui a lato) rispetto alla bozza originaria firmata Camus.

 

Paola Bolis

 

 

Piano del traffico - L’iter partì dallo studio commissionato nel 2002 - Sei anni di incarichi, relazioni, progetti. E un dibattito sempre aperto all’interno della Cdl

 

Il piano del traffico oggi in vigore fu redatto dall’ingegnere Fiorella Honsell su incarico dell’allora amministrazione Illy («la giunta precedente lo approvò dopo sette anni», diceva già nel 2003 il sindaco Dipiazza a chi gli faceva notare i tempi lunghi della sua giunta su questo versante). Di rivedere il piano - per legge lo si dovrebbe fare ogni due anni - si iniziò a parlare quando Dipiazza fu eletto sindaco nel 2001. Nel suo programma elettorale si parlava già di via Mazzini pedonalizzata in funzione di «cannocchiale» sulle Rive. L’allora assessore all’urbanistica Maurizio Bradaschia prefigurava l’utilizzo di bus elettrici lungo un anello in un’area da interdire al traffico privato compresa tra Rive, corso Italia e via Carducci.
Nel 2002 scattò un’indagine promossa da Comune e Provincia (costo 65 mila euro per entrambe le amministrazioni) in collaborazione con l’Università, propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati più eclatanti che ne scaturirono, l’«invasione» delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto degli autobus: dal 1982 al 2002 i motocicli risultavano aumentati del 188% mentre gli spostamenti con i bus erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a 8.486.
Dopo avere diretto l’indagine, Camus fu incaricato di redigere la bozza di piano del traffico in base agli indirizzi emanati dalla giunta. Tra questi, il via libera alla pedonalizzazione del centro urbano senza escludere l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffico; la cancellazione di qualsiasi tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; il sì a una revisione delle zone a traffico limitato.
A cavallo tra 2004 e 2005 l’ingegnere consegnò al Comune il documento, mai reso pubblico nella sua interezza. Infruttuosi da allora i tentativi di trovare una sintesi all’interno della maggioranza, dentro la quale - soprattutto tra An e Forza Italia - le posizioni sono rimaste diverse anche sull’ipotesi di chiusura di corso Italia o via Mazzini. Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2006 si è preferito congelare l’iter del piano. E dopo la sua conferma a sindaco, Dipiazza ha chiarito che del piano - fermi restando una serie di interventi puntuali su alcune zone da portare comunque avanti - si sarebbe parlato non prima del 2008, al termine cioè del cantiere della Grande viabilità e del rifacimento della galleria di piazza Foraggi. In seguito Bucci ha annunciato una discussione della bozza in giunta a fine estate 2006. Nel frattempo, An e poi Forza Italia e l’intera maggioranza hanno sollecitato a più riprese la giunta. Ma «contesto chi mi dice che abbiamo immediato bisogno del piano del traffico», tagliava corto il sindaco in una dichiarazione dello scorso aprile: «Dopo la risoluzione di alcuni nodi viari come Rive, Largo Barriera e via Timeus, la città funziona anche senza».

 

 

Piano del traffico - Dal nuovo triangolo senza auto agli «esperimenti» in via Mazzini

 

Quale piano del traffico? A fine 2004 l’ingegnere Roberto Camus stese una bozza su cui Maurizio Ferrara, allora assessore della prima giunta Dipiazza, portò avanti un primo confronto con alcune categorie e associazioni. Dallo scorso anno, da quando ha assunto la delega al traffico, Maurizio Bucci a quel piano ha apportato modifiche consistenti. L’assessore forzista non è mai voluto scendere nei dettagli invocando una preventiva «condivisione» con la maggioranza. Ma ha sempre detto, e ora lo ribadisce, di essere per una pedonalizzazione spinta del centro cittadino. Già lo scorso autunno Bucci prefigurava una via Mazzini libera dai bus e un corso Italia aperto ai soli mezzi pubblici (ma in entrambe le direzioni, non nella sola direzione Goldoni come previsto dal piano Camus). Per il resto, come ha dichiarato lo scorso giugno l’assessore, la sua proposta mira a «un triangolo pedonale tra le piazze della Borsa, Sant’Antonio nuovo e Goldoni».
Il sindaco Roberto Dipiazza invece fin dalla sua rielezione, nel 2006, ha precisato che il varo del nuovo piano del traffico non avverrà prima della fine di due cantieri importanti per il traffico cittadino, quello della Grande viabilità e quello relativo al rifacimento della galleria di piazza Foraggi: non prima del 2008 avanzato, dunque. Il primo cittadino lo scorso gennaio ha riconfermato l’intenzione di compiere degli «esperimenti» prima di partire con la redazione del piano, secondo lui superato con l’apertura delle nuove Rive anche se in realtà Camus ha simulato già operative sia le nuove Rive che la Grande viabilità. Tra gli «esperimenti», il far transitare le auto in via Mazzini dal lungomare in su, fino a farle girare in via Roma e poi in corso Italia, per pedonalizzare l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo. Auto in via Mazzini? «An voterà contro di qui all’eternità», è stata in quell’occasione la replica della capogruppo dei finiani Alessia Rosolen. E oggi il vicesindaco Paris Lippi infila la battuta: «Se la soluzione di via Mazzini si rivelasse un miracolo, beh, davanti ai miracoli ci inchineremo». Gli «esperimenti» potranno partire presumibilmente in autunno, quando, chiusa la vertenza Stream, si potrà rimuovere la rotaia magnetica

 

 

Altre macchie di gasolio esami alla «Depositi costieri»

 

Altro gasolio nel mare di San Sabba e altre ricerche dei tecnici che ormai da una settimana non riescono a individuare il punto preciso da cui il carburante fuoriesce per poi finire nel vallone di Muggia.
Ieri alcuni sondaggi hanno interessato l’area su cui sorgono i serbatoi della «Depositi costieri spa», la società che con le sue bettoline rifornisce di carburante le navi ferme in porto o ancorate in rada.
Difficile se non impossibile che da questi serbatoi possa essere uscito il gasolio che ha imbrattato a intermittenza la linea di costa. Sul fondo dei tank proprio per evitare problemi e facilitare le misure i tecnici di tutte le società petrolifere inseriscono uno strato di acqua sul quale le diverse qualità di carburante galleggiano. Anche le misure delle quantità di gasolio e olio combustibile presenti nei tank sono estremamente precise. Un millimetro in meno rappresenta dai 500 ai mille litri fuoriusciti o venduti. Ed è evidente che i controlli non hanno trovato nulla di anomalo.
Le ricerche però continuano e anche le operazioni di bonifica degli specchi acque affidate dall’Autorità portuale alla ditta «Crismani» che vanta un’esperienza di almeno vent’anni di operazioni di disinquinamento, in mare e a terra.

 

 

Ds e Margherita a Rc e Verdi: «La Tav non è negoziabile» - Intesa resta divisa sull’opera. Malattia: «Scegliamo con attenzione i tecnici»

 

Respinta la richiesta di azzerare la discussione e ripartire da dati certi: «Nel programma 2008 confermeremo il sì». I Cittadini concordano

TRIESTE Nel programma di Intesa democratica, nel 2003, la Tav c’era. E nel 2008 le cose non cambieranno: «La realizzazione dell’alta velocità-alta capacità è un obiettivo non negoziabile». Margherita e Ds non transigono e definiscono non accoglibile la richiesta di Verdi e Rc di discutere da zero della proposta, partendo da dati certi. Concordano, sulla linea pro-Tav, i Cittadini per il presidente.
Prove di una nuova maggioranza? «Non credo proprio – dice Bruno Malattia –. Ma, se nel 2003 era nel programma, non vedo perché non debba esserci nel 2008. L’importante è che la fase di nostra competenza sia conclusa entro la prossima legislatura». Finanziamenti e tracciato passano in secondo piano. Per i partiti di maggioranza di Intesa democratica, il sistema alta velocità-alta capacità ferroviaria resta una priorità «non negoziabile», come dice il capogruppo della Margherita, Cristiano Degano: «Bisogna guardare opere di questo tipo in prospettiva se non vogliamo fare la fine della terza corsia. Oggi che la situazione del traffico pesante è in forte sofferenza, stiamo inseguendo un’opera che fino a qualche anno fa sembrava non necessaria». In quest’ottica di ridistribuzione dei carichi di traffico, aggiunge Degano, non può bastare il potenziamento della linea esistente: «Non farei dei sofismi tra alta velocità e alta capacità. Quella sarà una valutazione che spetta ai tecnici. Il punto è che, se vogliamo infrastrutture capaci di stare al passo con i tassi di crescita del traffico, l’opzione zero non è perseguibile. Servono nuove linee». Compatti e convinti anche i Ds. «Sarebbe assolutamente senza senso tornare indietro su una posizione che abbiamo espresso per tutto il mandato e su cui stiamo lavorando con serietà – dice Mauro Travanut -. Non si spostano gli assi centrali della politica. Altra cosa sono le modalità di discussione. Siamo sempre stati convinti che un’opera tanto importante necessitasse del coinvolgimento di tutti i soggetti interessati ed è così che stiamo procedendo. Sul primo tratto l’ipotesi del parallelismo non incontra resistenze. La discussione è aperta sul secondo tratto, Porpetto-Villa». Si discute sulle caratteristiche tecniche del Corridoio V: «Se sia meglio propendere per l’alta velocità o l’alta capacità in determinati punti – aggiunge Travanut – è tutto da vedere. Diciamo che non possiamo rinunciare al Corridoio V». Le obiezioni espresse dalla sinistra radicale partono proprio dal fatto che l’alta velocità sarebbe un modello inadeguato per il territorio regionale e che sia meglio orientarsi su un tracciato ad alta capacità, ovvero in grado di garantire maggior frequenza di traffico ferroviario. Per realizzare quest’obiettivo non sarebbe indispensabile, secondo Verdi e Rc, costruire nuove linee. Il modello ad alta capacità è già stato fatto proprio dalla giunta: l’assessore Lodovico Sonego nei giorni scorsi ha ribadito che la Tav «si farà e avrà caratteristiche d’alta capacità». Da qui riparte il dibattito. I contrari all’opera, amministratori comunali e gruppi consiliari, chiedono sia studiato un potenziamento delle linee esistenti – con conseguenti adeguamenti per far fronte ai problemi di rumore e agli «effetti collaterali» – e una maggior sinergia con le infrastrutture esistenti e quelle in progettazione. Riflessioni che sono state affidate ai progettisti di Rfi e ai consulenti nominati da Comuni e Provincia proprie in queste settimane.
«Il progetto ha un valore importantissimo - continua Malattia -. Noi siamo assolutamente favorevoli alla realizzazione dell’opera ma è importante che siano scelti tecnici di valore. Troppe volte, in ambito pubblico, progettazioni importanti sono state affidate a tecnici scadenti e realizzate in modo discutibile. Non possiamo correre questo rischio».
m.mi.

 

 

Rigassificatore: sondaggio Swg

 

Non è possibile credere al sondaggio effettuato dalla Swg sul tema del rigassificatore di Zaule. A parte il risultato generale, il 52% favorevole, sono le risposte dei triestini alle singole domande che sono sbalorditive, da qualunque parte si vogliano considerare. Infatti, alla domanda sui problemi che i rigassificatori potrebbero creare, la prima risposta, con ben il 60% dei consensi, risulta essere l’impatto paesaggistico che, francamente, vista la zona proposta per l’impianto sembra una battuta provocatoria, un viz!
Invece la limitazione della navigazione (di svago, di trasporto, sportiva), certa conseguenza di quest’impianto, è vista come un problema solo dal 28% degli intervistati. Riguardo poi alle ricadute positive, i triestini sembrano non sapere che la possibilità di avere energia ad un prezzo scontato è molto probabilmente una chimera e che i posti di lavoro previsti sono al massimo un quinto di quelli coinvolti nella querelle «chiusura della ferriera»! Sbalorditivo poi che più del 50% dei triestini non ritenga che quest’impianto sia un rischio.
I risultati del sondaggio sono contraddittori e poco attendibili anche perché tra gli aspetti positivi non sono state considerate le royalties e l’indotto derivanti dall’impianto e tra gli aspetti negativi i rischi alla popolazione da incidente e da attentato. È quindi un sondaggio estivo utile affinché i cittadini vengano meglio informati, da settembre facciamo seriamente.
Paolo Salucci - Cons. provinciale Margherita
 

A sostegno di quanto scritto da Salucci posso confermare che durante le innumerevoli audizioni a cui ho partecipato sull’argomento è emerso in maniera chiara che in nessun modo potevano venir assicurati ai cittadini benefici quali costi minori per la fornitura del gas in quanto questa dipenderà esclusivamente dal mercato, dalle forniture, dalla politica aziendale dell’Acegas-Aps.
Bruna Tam - cons. comunale Margherita

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 agosto 2007

 

 

Rigassificatori, riparte la discussione in commissione a Roma

 

Lo conferma il ministero dopo lo stop della giunta regionale ai due impianti nel golfo proposti da Endesa e Gas natural TRIESTE Rigassificatori, si riparte a settembre. Lo conferma il ministero per l’Ambiente, che ha adesso in carico l’iter per la riapprovazione dei progetti, rinviatogli dalla Regione Fvg. «Ad agosto non sono previste discussioni – spiega lo staff del Ministro Alfonso Pecoraro Scanio – ma a settembre, quando ricominceranno i lavori, i vari ministeri interessati alla questione si riuniranno e, nell’elaborazione del Piano Energetico Nazionale, si deciderà quanti, dove e come potranno essere installati». L’iter, quindi, dopo il ‘no’ a sorpresa della giunta regionale, ricomincerà da capo. E il governo dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla possibilità di ammettere i due progetti di rigassificatori presentati da Endesa e Gas Natural, progetti che negli scorsi mesi hanno infiammato la polemica in regione per lo scontro sia interno alla stessa Intesa, sia con i Comuni che, naturalmente, con le associazioni ambientaliste, del tutto contrarie alla presenza di anche uno solo di questi impianti. Dopo numerosi incontri, tentennamenti, dopo la richiesta alle due società di fornire una documentazione aggiuntiva che avrebbe fatto ripartire l’iter di approvazione nei Comuni già lo scorso anno, dopo che la giunta e il presidente Riccardo Illy si erano sempre espressi in modo favorevole ai rigassificatori dal punto di vista socio-economico (scontrandosi con la sinistra radicale), alla fine tutto si è fermato davanti ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute. La giunta però aveva ottenuto il voto contrario di Roberto Antonaz (Rifondazione Comunista), perché la giunta non aveva espresso un voto negativo ai due insediamenti, ma semplicemente una valutazione tecnica che si è configurata non come uno stop ma come una ‘frenata’. Che, in ogni caso, mette una forte ipoteca sull’iter di approvazione, perché il Ministero dell’Ambiente, che ha la competenza di dire l’ultima parola fornendo la valutazione di impatto ambientale, difficilmente potrà non tenere conto dell’indicazione deliberata dalla giunta. Le informazioni suppletive fornite non sono riuscite a dissipare tutte le ombre sui due progetti. E quindi adesso spetterà al Ministro dire l’ultima parola. La Regione infatti ha deciso di segnalare le carenze documentali e progettuali al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare cui compete la Valutazione di impatto ambientale di responsabilità statale. Una richiesta avanzata anche in vista di eventuali integrazioni agli studi presentati: in particolare, si è prospettato al Ministero la necessità di alcuni adempimenti e prescrizioni ritenute imprescindibili in merito agli scarichi delle acque fredde e clorate, agli indispensabili monitoraggi ambientali e all’impatto sia visivo per il centro del golfo di Trieste sia turistico soprattutto per la località di Grado.
e.o.

 

 

SAN SABBA - Si allarga la macchia di gasolio: l’origine resta un mistero  - Il versamento è ormai di parecchi metri cubi e ha invaso l’area della «Depositi costieri»

 

Vertice all’ex Idroscalo con l’Arpa, l’Autorità portuale e la ditta Crismani. Ripulito il porticciolo di San Sabba. Preoccupati i pescatori

Gasolio, altro gasolio nello specchio di mare antistante il porticciolo di San Sabba.
Il misterioso versamento, iniziato in sordina più di cinque giorni fa, si è fatto ieri più intenso, favorito dall’alternarsi delle maree e dalle concomitanti infiltrazioni di acqua nel terreno ormai zuppo di gasolio. Quando il mare si ritira, scendendo di livello, l’acqua porta con sè consistenti quantità di carburante che le correnti e il vento diffondono poi nel vallone di Muggia. Accade ormai da giorni, senza che nessuno sia ancora riuscito a individuare l’area della fuoriuscita.
«E’ un versamento importante. Non più valutabile come si è fatto finora in centinaia di litri ma in parecchi metri cubi di gasolio» spiegano i tecnici che anche ieri hanno lavorato per tutta la giornata a ridosso dei serbatoi della «Depositi costieri spa», la società che con le proprie bettoline rifornisce le navi presenti in porto o in rada.
Il gasolio ieri ha invaso proprio lo specchio d’acqua antistante i serbatoi e gli impianti della società. Il carburante è finito in mare, percorrendo l’identico itinerario sotterraneo seguito da alcune vecchie tubature, peraltro perfettamente integre. Le ispezioni degli uomini della Capitaneria di Porto a vari «pozzetti» non hanno trovato falle, perdite o altri guasti nell’area e nelle strutture gestite da questa società. I grossi tubi all’esterno erano completamente ricoperti da una patina nera e oleosa che aveva invaso, imbrattandole, anche le pareti della canaletta percorsa dalla conduttura.
«Nel nostro sito tutto è risultato perfettamente regolare» afferma il comandante Franco Napp, amministratore della Depositi costieri spa. «Nessuna falla, nessuna rottura. Inoltre, quando le nostre bettoline vengono caricate, a una certa distanza dagli scafi viene sempre tesa a scopo protettivo un doppia barriera di «panne galleggianti». Se eventualmente dovesse finire in mare dell’olio combustibile, verrebbe bloccato all’interno delle stesse barriere».
Ma il versamento continua da cinque giorni e continuano anche le riunioni per venirne a capo. Ieri un vertice si è svolto negli uffici della Capitaneria di Porto e vi hanno partecipato tecnici e rappresentanti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, dell’Autorità portuale, della ditta «Crismani», della «Depositi costieri spa» e della stessa Capitaneria che coordina l’inchiesta.
Quattro tratti delle tubazioni interrate, probabilmente collegati ai vecchi impianti dell’area dismessa e inquinata della ex Esso, verranno scoperchiati per cercare la falla che ha originato la misteriosa infiltrazione di gasolio. Sarà un lavoro lungo ma al momento non si vedono soluzioni alternative.
Ieri tra il porticciolo di San Sabba e i depositi costieri, tre imbarcazioni antinquinamento della ditta Crismani hanno ripulito dal gasolio gli specchi acquei. A terra hanno operato tre autobotti e quattro cisterne carrabili in cui è stata raccolta l’emulsione di acqua e di olio. «Finirà tutto in un impianto specializzato» ha spiegato Ferdinando Borret, responsabile dell’operazione. «Mischiati al gasolio finito in mare abbiamo trovato vecchi residui quasi solidi. E’ una situazione anomala. Stiamo lavorando da poco meno di una settimana e ogni giorno il problema si ripresenta uguale, se non più grave».
Anche i soci del «Gruppo pescasportivi San Sabba», sono preoccupati. «La presenza di gasolio in mare rende l’aria irrespirabile» afferma Livio Gerussi, ex ormeggiatore. «Da giorni e giorni abbiamo sollevato il problema, segnalandolo alle autorità. Le nostre imbarcazioni hanno subito dei danni, sono sporche e a ogni alternanza di marea, il problema si ripresenta. In queste condizioni pulirne serve poco. Il gasolio che era sparito nel corso della notte, ritorna infatti nel porticciolo nella tarda mattinata. Molti che d’estate non possono andare in vacanza, passavano le giornate su questi due moli. Altri uscivano in barca a pescare. Adesso è tutto fermo, in attesa di una definitiva pulizia. Stretti tra la Ferriera e questo inquinamento vivere qui diventa difficile...»

Claudio Ernè

 

 

San Dorligo, strade forestali più larghe - La Regione ha dato parere favorevole agli interventi a Moccò e a San Michele

 

SAN DORLIGO Nel comune di San Dorligo sarà migliorata l’accessibilità a fini antincendio di alcune zone del territorio, grazie alla sistemazione di due strade forestali a San Michele e a Moccò. Nei giorni scorsi la giunta regionale ha dato parere favorevole nella valutazione di impatto ambientale, stralciando però dal progetto la realizzazione di un percorso simile a San Lorenzo, definito troppo impattante «sui valori naturalistici del Sic e del Zps» locali, vista la presumibile maggiore frequentazione dell’area da parte di turisti ed escursionisti.
Nel complesso, si tratta di un progetto presentato dal Comune nel 2005, con fondi dell’allora «Piano Carso», che ora dunque giunge al termine del suo iter autorizzativo con la valutazione di impatto ambientale. Il vicesindaco Maurizio Sigoni (Prc) spiega: «La nostra richiesta riguarda la bonifica e quindi l’eventuale allargamento di strade forestali, in modo che possano fungere da linee tagliafuoco e anche da vie d’accesso per i mezzi in casi di incendi. Infatti le strade avranno una larghezza minima di 2,60 metri, proprio per far passare i mezzi forestali».
Ma vi potranno transitare solo quelli. Ogni altro traffico veicolare sarà interdetto, mentre sarà libera la percorrenza a piedi. Il Comune potrà ora provvedere alla progettazione esecutiva. Tra gli impegni richiesti dalla valutazione regionale, si dovrà tener conto degli eventuali elementi geologici di maggior pregio (come campi o pietraie) tanto da determinare anche modifiche dei tracciati previsti.
Grande importanza riveste il bosco, che va colonizzato laddove si abbandonano vecchi tracciati, e la cui crescita dovrà essere seguita per almeno due stagioni consecutive. Ma visto che l’allargamento e la sistemazione delle strade permetterà un maggior afflusso di persone, il Comune avrà il compito di monitorare tale aumento della pressione antropica.
«Contiamo di portare avanti la progettazione e di far partire i lavori entro l’inverno, anche per attenerci ai periodi migliori per la messa a dimora delle piante – spiega Sigoni -. A primavera le strade dovrebbero già essere agibili».
s. re.

 

 

Rc: dubbi sui finanziamenti Ue alla Tav  - Igor Kocijancic: non ci sono dati certi sul progetto, Bruxelles potrebbe escluderci

 

Anche il leader dei Verdi Metz replica all’assessore Sonego: l’alta velocità non si può fare fra Portogruaro e Trieste

TRIESTE «Non si può dire che la Tav si farà per una posizione ideologica. Non si può dire perché l’alta velocità non si può realizzare in Friuli Venezia Giulia, perché manca un progetto e perché non ci sono i fondi».
Alessandro Metz, capogruppo dei Verdi risponde alle certezze dell’assessore Lodovico Sonego (che l’altro giorno aveva confermato che invece la linea alta velocità-alta capacità si farà, eccome, ndr) e invita la giunta «a mettere da parte idee preconcette che creano solo tensioni sociali».
Con lui Igor Kocijancic di Rifondazione comunista. «Non solo continuiamo a discutere di ipotesi di massima – dice il rappresentante della sinistra – ma dalle notizie che arrivano dai parlamentari europei pare che non ci sia la minima speranza di ottenere risorse per realizzare questa tratta».
Il primo nodo da sciogliere secondo i Verdi è quello dell’alta velocità. «Dice bene Sonego quando parla di alta capacità – spiega Metz – perché da quanto è stato spiegato dai tecnici in sede di riunione di maggioranza e non solo, l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia non è possibile. Non ci sono le caratteristiche tecniche per realizzarla, né da Portogruaro a Ronchi né nel tratto transfrontaliero».
Una linea ad alta capacità permette di far passare molti treni, una ad alta velocità di farli passare veloci. Nel primo caso si adottano tecnologie avanzate di gestione del traffico (anche a velocità ordinarie), nella seconda deve essere necessariamente realizzato un tracciato nuovo il più possibile pianeggiante e rettilineo.
«Se parliamo di alta capacità e quindi treni che non superano i 190 chilometri orari (come il Pendolino) – dice Metz – allora iniziamo a ragionare sull’adeguamento dell’attuale linea ferroviaria». Una strada da provare a tutti i costi, secondo l’esponente dei Verdi, anche per quel che riguarda la tratta Ronchi Trieste.
«Resto sbalordito quando sento che non ci sono problemi per realizzare gallerie nel Carso. L’unica cosa che sappiamo è che sono state censite due grotte e che ci sono delle stime statistiche sulla presenza di altri anfratti».
E in fatto di dati Metz chiede di più, chiede quello che stanno domandando anche alcuni sindaci: «uno studio del rapporto costi – benefici e ancor prima i dati di saturazione delle linee attuali che probabilmente Rfi ha, ma che non sono stati divulgati. Esistono solo considerazioni empiriche. Secondo noi le linee attuali sono utilizzate per il 40 per cento, il presidente Illy parla del 70, ma non abbiamo documentazione certa da cui partire. E’ inutile discutere del futuro se non sappiamo nemmeno quale sia la situazione di partenza».
Una richiesta che ribadisce anche Kocijancic. «Non ci sono dati e nemmeno progetti definiti visto che, anche nell’ultimo incontro, ci sono state presentate delle varianti tracciate sulla carta con il pennarello. La discussione stessa del progetto non ha senso – aggiunge il rappresentante di Rfi – visto che dal Parlamento europeo arrivano voci che non ci saranno fondi per finanziare l’opera nella nostra regione».
E se i consiglieri regionali aspettano gli alleati al varco – «la Tav sarà il cuore della discussione politica di settembre – dice Metz – anche perché si dovrà capire quale posizione inserire nel programma elettorale – i sindaci della bassa sono al lavoro, con consulenti e tecnici». Le amministrazioni in questione sono quelle comprese nella tratta tra Villa Vicentina e Porpetto.
«Purtroppo noi siamo sempre dentro quando ci sono rogne – dice il sindaco di Torviscosa, Roberto Duz, con una battuta -. Credo che al di là di tutto noi amministratori siamo chiamati a cercare di ragionare superando il nostro interesse particolare, nella consapevolezza che non sempre questo è facile».
Per quel che riguarda Torviscosa, il sindaco ha chiesto ai tecnici di Rfi «di valutare attentamente la possibilità di potenziare il tracciato esistente e di raccordare l’opera con il progetto della nuova viabilità che interesserà San Giorgio e l’Aussa Corno e con gli effetti della navigabilità dei canali».
Duz vuole una certezza: «che alla fine si capisca che il percorso deciso sia il meno impattante. E’ per questo che abbiamo chiesto ulteriori dati ai tecnici. Non sono ancora convinto, infatti, che il vecchio tracciato, quello che passava a nord per Strassoldo, non fosse migliore».
La possibilità di favorire l’utilizzo dei sedimi esistenti è stata chiesta ai tecnici anche dal primo cittadino di Cervignano, Pietro Paviotti.
Una ipotesi che l’amministrazione prenderà in considerazione se le nuove tecnologie garantiranno che non vi siano conseguenze per chi vive nell’area della ferrovia. «Ai tecnici che hanno il compito di studiare il problema e proporre agli amministratori locali una pluralità di opzioni ho ben chiarito – spiega Paviotti ai concittadini che gli hanno chiesto spiegazioni sul blog del comune - che l’ipotesi di riutilizzo dei nostri viadotti può essere valutata ma solo se verranno previste opere di limitazione delle emissioni sonore e consentite velocità di progetto dei treni compatibili con l’attraversamento di un abitato».
Mentre viene nuovamente ribadita l’inconsistenza dell’apertura di una cava di prestito in località Santa Maria la Longa di circa 28 ettari. Un punto di riferimento per l’estrazione del materiale che sarebbe dovuta servire, secondo Rfi, per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata subito dall’assessore Sonego.
Martina Milia

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 agosto 2007

 

 

Sonego: il tracciato della Tav non cambierà - «Modifiche previste solo per il tratto Villa Vicentina-Porpetto. E per la Ronchi-Trieste si va avanti»

 

Parla l’assessore regionale ai Trasporti dopo che i comuni della Bassa hanno presentato 13 varianti per la linea ferroviaria dell’alta velocità

TRIESTE Indietro non si torna. Metà del tracciato della linea alta capacità–alta velocità che collegherà Portogruaro a Ronchi è già stabilito. «E’ in discussione – sottolinea l’assessore regionale Lodovico Sonego – solamente il tratto tra Villa Vicentina e Porpetto». Sono questi i confini posti dalla giunta regionale nell’ambito del tavolo tecnico che sta discutendo del tracciato di un’opera la cui realizzazione non è in discussione. «La ferrovia – dice senza mezzi termini l’assessore – si farà».
L’AFFIANCAMENTO «Il progetto tra il fiume Tagliamento e Porpetto – dice Sonego – è confermato. Chi dice che c’è stata un’apertura da parte mia su questo dice falsità. Come ho ribadito fin dal primo incontro, e come vogliono per altro i sindaci dei comuni interessati, quel tratto della linea ferroviaria sarà costruito in modo da affiancare l’autostrada. Le amministrazioni coinvolte non sono disposte ad accettare soluzioni diverse». Questa scelta spiana anche la strada alla progettazione della terza corsia per la quale – secondo l’accordo raggiunto tra ministero, Anas e Autovie – è previsto affiancamento da Portogruaro a Gonars, mentre non ci sono vincoli di tracciato in area veneta (tra Quarto D’Altino e Portogruaro) e tra Gonars e Villesse. «Possiamo quindi dire – sintetizza l’assessore – che su metà del tracciato esiste un progetto definito sul quale vi è adesione totale».
VILLA VICENTINA – PORPETTO Il tracciato “bocciato”, invece, è quello previsto da Rfi per il tratto tra Villa Vicentina e Porpetto che vede le amministrazioni comunali – «parliamo di comuni di centro destra» puntualizza l’assessore – compatte sul fronte del no. Ed è in quest’ambito che nell’ultima riunione sono spuntate 13 varianti, tra cui l’idea di un tracciato che passi a nord dell’autostrada e uno a sud della ferrovia. «L’ipotesi del percorso litoraneo – dice Sonego – avrebbe un impatto ambientale devastante». La Regione ha comunque sollecitato i consulenti e i tecnici «a proporre tutte le varianti possibili, anche le più stravaganti – aggiunge l’assessore – per cercare di trovare una posizione condivisa». L’apertura va in questa direzione ma passi indietro non se ne faranno. «Va chiarito, se ancora ci fossero dubbi, che la ferrovia si farà e avrà caratteristiche di alta capacità».
I TEMPI Anche i termini – almeno per quanto concerne le decisioni sul tracciato – non sono lontani nel tempo. «Ritengo che, una volta presentate tutte le alternative possibili per la tratta Villa – Porpetto – avverte l’assessore – il momento dell’approfondimento sia concluso. A quel punto deve seguire la decisione. E’ chiaro che, se le amministrazioni non riterranno alcuna ipotesi perseguibile, andremo avanti comunque con il progetto. La realizzazione dell’opera non è in discussione». Ed è proprio su questo punto che si preannunciano le maggiori resistenze da parte delle amministrazioni comunali coinvolte, Villa Vicentina e Porpetto in testa. I sindaci, infatti, premono perché si studino soluzioni alternative alla linea alta velocità-alta capacità rivendicando la mancanza di certezze sui benefici dell’opera e chiamando in causa un impatto troppo pesante per il territorio.
RONCHI–TRIESTE Il primo tratto ad essere realizzato sarà quello tra Portogruaro e Ronchi, ma l’assessore è ottimista anche sul proseguimento fino a Trieste. «Esiste un accordo, sottoscritto nel 2004 con le amministrazioni dell’area tra Ronchi e Trieste – ricorda – sulla base del quale ci stiamo muovendo. Andremo avanti senza difficoltà».
Martina Milia

 

 

TAV - E spunta una mega-cava per costruire l’infrastruttura. La Regione: ipotesi bocciata

 

TRIESTE E sulla via della Tav, spunta una cava di inerti. Nell’ambito del progetto redatto da Rete ferroviaria italiana, i tecnici delle ferrovie hanno ipotizzato la costruzione di una cava di prestito in località Santa Maria la Longa di circa 28 ettari. Un punto di riferimento per l’estrazione del materiale che servirà per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata subito dall’assessore Sonego.
«E’ vero che Rfi ha preventivato, come avviene sempre in fase di progettazione, una fonte di approvvigionamento di materiale inerte attraverso la costruzione di una cava. Ho detto però alle Ferrovie, proprio durante l’ultimo tavolo tecnico in cui erano presenti gli amministratori, che si tolgano dalla testa questa idea – dice senza mezzi termini Sonego -. La Regione non autorizzerà nulla di tutto ciò».
Le disposizioni che la Regione ha dato sono chiare: «Rete ferroviaria italiana – precisa l’assessore – dovrà adeguarsi al piano delle attività di estrazione approvato dalla giunta regionale». Ciò significa che l’esecutivo non autorizzerà alcun provvedimento ad hoc per la realizzazione della Tav, ma che «ci si dovrà adeguare alle regole già fissate» ribadisce Sonego. Questo vuol anche dire che, se il materiale per costruire l’infrastruttura non sarà disponibile in Friuli Venezia Giulia – secondo le stime dei sindaci la cava ipotizzata da Rfi sarebbe grande tre volte la discarica di Trivignano -, dovrà provenire da fuori regione.

 

 

Si allarga la macchia di gasolio in mare  - Aria irrespirabile al porticciolo di San Sabba. Misteriosa l’origine del versamento

 

Per la seconda volta in poche ore oltre cento litri di carburante hanno invaso la costa e il porticciolo

Indagini della Capitaneria Ispezionato il vallone di Muggia per scoprire l’origine della perdita

Non si sa da dove arriva ma i suoi vapori ti entrano nel naso, ti prendono alla gola. Il porticciolo di San Sabba ieri è stato invaso per la seconda volta in poche ore da un versamento di gasolio, esattamente com’era accaduto lunedì. Un centinaio di litri hanno reso l’aria irrespirabile in una vasta zona attorno allo squero: una trentina di imbarcazioni sono state imbrattate sulla linea del bagnasciuga: nero oleoso sul bianco candido o sul legno tirato a lucido. Altro olio si è appiccicato sui due moli in pietra, sulle scalette metalliche e sui gavitelli.

Sulla superficie dell’acqua è adagiato uno strato marrone di idrocarburi. Da dove arriva questo gasolio nessuno lo sa con certezza. Unico dato certo è che non si tratta di uno spandimento collegato all’attività dell’oleodotto transalpino della Siot e alle navi che lì riversano il contenuto dei loro serbatoi pieni di petrolio «greggio».
«Forse si è incrinato un vecchio tubo della ’Esso’, peraltro chiusa da anni. Forse il gasolio arriva da un altro deposito costiero» afferma Giorgio Garbin, presidente del Gruppo pescasportivi San Sabba che gestisce in concessione gli ormeggi del porticciolo. In tutto 52 barche a cui se ne affiancano due degli ormeggiatori.
«Ho parlato con la Capitaneria di porto- afferma il presidente dei pescasportivi- e ho li avvisati subito del versamento. Mi hanno consigliato di scrivere una lettera e presentare un esposto. Le nostre barche hanno subito danni e dovranno essere pulite e ridipinte. Qualcuno dovrà risarcirci».
Giorgio Garbin lavora sullo squero e dipinge col pennello la poppa della sua imbarcazione. «Lunedì nel pomeriggio quando abbiamo dato il primo l’allarme, sono arrivati anche i carabinieri che hanno esaminato la testate del pontile dell'oleodotto. La chiazza di gasolio è stata spinta verso terra dal vento. Ma non è chiaro da dove arrivasse. Poi sono giunti i mezzi antinquinamento della ditta Crismani e hanno ripulito lo specchio d’acqua. Ora però, dopo 20 ore di tregua, il problema gasolio si è ripresentato».
Non dissimile il racconto di Livio Gerussi, proprietario di un candido motoscafo «Cigala & Bertinetti», messo in acqua da pochi giorni e subito imbrattato dalla marea oleosa.
«Chiederò un risarcimento per il danno che ho dovuto subire. La carena dovrà essere ridipinta con la vernice antivegetativa: 400 euro buttati al vento senza parlare del costo di un nuovo alaggio. Purtroppo non sappiamo da dove arriva il gasolio. Lunedì sera lo specchio d’acqua era stato ripulito. Sembrava finita lì. Invece poche ore fa, all’inizio della mattina con la marea crescente e il vento che soffiava da Sud, la chiazza di carburante si è ripresentata all’ingresso del porticciolo e lo ha invaso. Un doppio danno, perché qui a San Sabba siamo sotto tiro da anni e anni. Le polveri della Ferriera sporcano tutte le barche e i moli. Spesso anche l’aria è irrespirabile. Non ci voleva anche questo nuovo danno, quest’ altro sporco oleoso...»
Anche per la Capitaneria di porto resta un mistero tutto da chiarire l’origine del versamento di carburante. L’indagine è comunque aperta e ieri un ufficiale ha ispezionato una vasta zona del vallone di Muggia, cercando di individuare la fonte dell’anomala fuoriuscita. La ricerca è stata però vana: nessun segno, nessun preciso indizio sono emersi per risalire al «colpevole». I sospettati sono tanti e l’unico che per il momento è risultato estraneo all’inchiesta, è proprio l'oleodotto della Siot e le grandi navi cisterna. che vi approdano.
Forse la soluzione del mistero potrebbe essere più banale ma anche più insidiosa. Ad esempio già nel marzo scorso più di mille litri di gasolio erano finiti nel depuratore fognario di Zaule, affacciato al canale industriale e direttamente collegato al mare. Per ore e ore pompieri, uomini dell’Acegas-Aps, tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, avevano cercato di scoprire l’origine dello spandimento. Era poi emerso che tutto dipendeva dall’incrinatura apertasi in una tubazione collegata al serbatoio del gasolio di uno stabile di Strada vecchia dell’Istria.
Dal tubo rotto il carburante era finito nel terreno, aveva raggiunto le fogne, arrivando infine all’impianto di depurazione. La sua presenza era stata segnalata dai sensori ed era scattata la procedura di emergenza per evitare che il carburante finisse in mare, inquinandolo. Allo stesso tempo era iniziata la ricerca del punti di immissione lungo i collettori fognari.
Ecco, nelle prossime ore, in assenza di altri dati precisi sull’origine dell’inquinamento, questa ricerca dovrà ripetersi. La quantità di gasolio finita finora nel porticciolo di San Sabba è relativamente modesta, ma quel che preoccupa è il ripetersi del fenomeno, collegato, secondo i diportisti, all’alternarsi dell’alta e della bassa marea e al regime dei venti.

 Claudio Ernè

 

Sversamento gasolio a San Sabba - Tre barche per ripulire la superficie dell’acqua - Il lavoro della ditta Crismani impegnata nell’opera di disinquinamento

 

«Stiamo lavorando con tre mezzi antinquinamento per ripulire del carburante versato lo specchio d’acqua antistante il porticciolo di San Sabba. Purtroppo non nessuno sa ancora da dove arriva il gasolio comparso per la prima volta lunedì e riemerso misteriosamente nelle ultime ore. L’ordine di intervenire ci è arrivato dall’Autorità portuale e dalla Capitaneria di Porto».
Federico Borrett coordina per conto della ditta «Crismani» gli interventi di pulizia nel mare di San Sabba, tra il pontile della Siot e la banchina della Ferriera. Il gasolio finito in mare viene raccolto meccanicamente dalle imbarcazioni- pattumiera, senza che siano sparsi in mare solventi, ritenuti più pericolosi ed inquinanti dello stesso carburante.
Il liquido oleoso emulsionato raccolto dalle imbarcazioni della «Crismani» finirà poi in capaci cisterne dove l’olio e l’acqua lentamente si separeranno: il primo verrà a galla, l’acqua resterà sul fondo. In questo modo potrà essere misurata con buona precisione la quantità di gasolio finita in mare. Cento litri, duecento o cinquecento?
Successivamente i risultati dell’analisi chimica diranno quale è l’origine del carburante. Gasolio da riscaldamento? Gasolio per motori terrestri? Gasolio marino, usato esclusivamente nelle barche da lavoro?
L’inchiesta della Capitaneria si sta sviluppando su più fronti: prima di risalire alle singole responsabilità sarà necessario individuare l’origine del versamento che si sta ripetendo in queste ore con l’alternanza delle maree.
Se il responsabile sarà identificato dovrà mettere mano al portafoglio. Non solo per risarcire i tanti proprietari di imbarcazioni da diporto imbrattate e danneggiate dal combustibile entrato nel porticciolo, ma anche assumersi l’onere di pagare gli interventi di pulizia in mare effettuati in questi giorni.

 

Dipiazza: «Per la Provincia la Ferriera non inquina ma i dati sulle emissioni sono pagati dalla Lucchini»

 

Il primo cittadino attacca l’assessore all’Ambiente, ma Ondina Barduzzi replica: «Abbiamo anche quelli dell’Arpa»

Il sindaco: «Presto avrò altri riscontri e potrò chiudere l’impianto di Servola»

«La Provincia per legge rilascia l’autorizzazione alle emissioni dei fumi della Ferriera. I dati per effettuare questa valutazione vengono ad essa forniti da una società commissionata, e quindi pagata, dalla stessa proprietà della Ferriera. Le rilevazioni che hanno fondato il parere allarmante dell’Azienda sanitaria, invece, sono state effettuate dall’Università su mandato del Tribunale». Il sottile distinguo esce dalla bocca del sindaco Roberto Dipiazza, pronto ad attaccare l’amministrazione di palazzo Galatti dopo le polemiche dei giorni scorsi. Uno scontro sul committente dei rilevamenti, ma anche sugli enti e le ditte private incaricate al monitoraggio delle emissioni. Quelle diffuse nell’intera zona e quelle convogliate, cioè misurate direttamente sui camini dell’impianto di Servola.
«Adesso spetto di avere in mano tutti i documenti e poi chiudo la Ferriera», è il conto alla rovescia annunciato Dipiazza. Il primo cittadino, infatti, attende con impazienza il 31 dicembre prima di emettere un’ordinanza di chiusura dello stabilimento. Una data che coincide con la conclusione delle rilevazioni («devono essere annuali», ricorda il sindaco) avviate lo scorso gennaio dalla Procura della Repubblica. Un monitoraggio commissionato al Cigra, a cui il Comune «darà un supporto economico» per dimostrare la volontà di arrivare a una conclusione della vicenda. «Alla scadenza dei dodici mesi, se la media degli sforamenti confermerà la tendenza di questa prima parte dell’anno, l’ordinanza di chiusura - dice Dipiazza - sarà un atto dovuto a tutela della salute pubblica. In piena trasparenza e nel massimo rispetto delle leggi».
Una risposta al sottosegretario Ettore Rosato, ma soprattutto all’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che aveva invitato Dipiazza («se esiste un problema di salute pubblica») a copiare il collega di Piombino e chiudere lo stabilimento di Servola. Parole che evidentemente il primo cittadino ha mal digerito, tanto da passare al contrattacco con quell’accusa sui dati in possesso della Provincia.
Una querelle che Dipiazza pensa di chiudere in virtù dei nuovi rilevamenti, che si concluderanno a fine anno e saranno disponibili nel gennaio 2008. «Un’ordinanza di chiusura - sostiene Dipiazza - deve avere dei presupposti giuridici estremamente solidi, viste le conseguenze prodotte da questo tipo di decisione (il timore è un ricorso al Tar per l’immediata riapertura e una contestuale causa milionaria della proprietà)». E aggiunge, ricordando la strategia del Comune: «Sono state emesse già due ordinanze restrittive, attraverso le quali la proprietà dello stabilimento è stata intimata - spiega - a prendere dei provvedimenti urgenti sulle emissioni. Abbiamo avviato, quindi, un percorso serio e legalmente strutturato per salvaguardare la salute dei cittadini».
Una posizione che non convince la Provincia. «Sulla Ferriera noi abbiamo i dati sulle emissioni diffuse fatte dall’Arpa oltre a quelli della società - dice Barduzzi - E come dimostra il recente caso dell’inceneritore (l’impianto venne chiuso per emissioni di diossina, ndr), qualsiasi anomalia la segnaliamo prontamente alla Procura». E aggiunge: «Recentemente abbiamo chiesto alla Lucchini-Severstal di mettere un analizzatore sui camini, ma se Dipiazza ritiene che ci sia un problema di salute pubblica - ribadisce - faccia un’ordinanza per chiudere subito la Ferriera».
Una posizione condivisa dal consigliere regionale Sergio Lupieri che invita Dipiazza a «non mimetizzarsi» perché le ordinanze del Comune «non hanno risolto la situazione». Secondo l’esponente della Margherita il sindaco «deve esercitare i poteri che gli sono conferiti se si ritiene che la componente delle PM10 attribuibile alla Lucchini - scrive Lupieri - rappresenti la principale fonte di inquinamento nella zona e che possa rappresentare rischi per la salute umana e l’ambiente nel suo complesso». Si schiera con l’assessore provinciale all’Ambiente anche il Codacons: «Ha ragione la Barduzzi, se i dati sono allarmanti il sindaco agisca».
Una situazione di profondo disagio, non solo per i cittadini ma anche per gli operai che lavorano nell’impianto, che il sindacato Failms Cisal denuncia parlando di «esposizione dei lavoratori della cokeria a sostanze cancerogene», avanzando all’Azienda sanitaria le problematiche «dopo la sospensione degli esami specifici agli operai e la mancanza di una sorveglianza sanitaria».

Pietro Comelli

 

 

Raccolta rifiuti a San Dorligo

 

Caro signor Berger, mio concittadino, devo purtroppo smentirla nelle sue affermazioni per quanto riguarda la contrarietà da parte degli abitanti del Comune che amministro al nuovo sistema di raccolta differenziata «porta a porta», scelto da questa amministrazione, perché quello con il miglior rendimento, sia in qualità sia in quantità e pare anche il più efficace. Dai dati e dalle informazioni in mio possesso risulta che anzi la gente e i dipendenti comunali e lo ribadisco con orgoglio, per centrare gli obiettivi della legge, si stiano adoperando mostrando un impegno non indifferente per svolgere nel migliore dei modi questo nuovo tipo di sistema. Naturalmente ogni novità può disorientare o anche infastidire più di qualcuno, soprattutto le persone abitudinarie ma sono fermamente convinta come l’ho sempre detto che con un po’ di buona volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono le normative europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo pretende l’ecologia. Anche noi nel nostro piccolo dobbiamo fare qualcosa in difesa dell’ambiente e credo che questa sia una «cosa seria», della quale parla nella sua lettera, che vogliamo dare pulito alle generazioni future, ai nostri figli dei quali parla anche lei riguardo ai pannolini sporchi. Purtroppo in casamia non ce ne sono più. Le mie figlie sono già grandicelle, ma sarei proprio contenta ad averli ancora per casa e troverei senz’altro il modo di deporli, una volta usati.
Per quanto riguarda i suoi quesiti tecnici, la informo che la distribuzione dei nuovi contenitori procede incessantemente da parte degli operai comunali e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per fornire informazioni, risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare sopralluoghi per trovare d’intesa con gli utenti la soluzione migliore per le situazioni più critiche e difficili.
Per quanto riguarda i vecchi cassonetti stradali ahimé non glieli posso restituire: per ora intendiamo portare avanti il nuovo sistema, sperando di raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili al nostro ambiente, alla salute e perché no anche alle nostre tasche. Con ciò la saluto e le auguro buon lavoro.
Fulvia Premolin - sindaco di San Dorligo della Valle Dolina

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 agosto 2007

 

 

Barduzzi: se la Ferriera inquina Dipiazza la chiuda  - L’Azienda sanitaria annuncia un’analisi sulle diossine in un primo campione di residenti

 

Si riaccende la polemica dopo l’intervento in cui il sindaco ha accusato il centrosinistra di avere cambiato opinione sul futuro dello stabilimento

Rosato: dal Comune sinora soltanto dichiarazioni ma nessun progetto

«Se non c’è un problema di salute pubblica bisogna stare a quanto imposto dalla legge. Se invece c’è, il sindaco chiuda la Ferriera come fece il primo cittadino di Piombino: giacché è lui il responsabile della salute pubblica ed è l’unico titolato a farlo, assieme alla Procura». L’assessore provinciale Ondina Barduzzi risponde così a Roberto Dipiazza, che ieri ha rivendicato la coerenza del centrodestra nel volere chiusa la Ferriera - il sindaco ha emanato due ordinanze restrittive - e la contestuale posizione contraria del centrosinistra, almeno fino a quando «l’ultima relazione dell’Azienda sanitaria ha dichiarato la presenza nell’atmosfera di sostanze nocive per la salute derivanti dall’inquinamento». Inquinamento che secondo Barduzzi, ha aggiunto Dipiazza senza nominarla, potrebbe dipendere «da qualche altra improbabile fonte di emissione».
«Premesso che la salute è il dato prioritario, ho detto - replica Barduzzi - che non ci risultano sforamenti di emissioni dai camini, quelli che la Provincia deve controllare. Il 22 si riunirà il tavolo sulla richiesta di autorizzazione integrata ambientale avanzata dalla proprietà alla Regione: la Provincia porterà le proprie prescrizioni, sono tre pagine. Se lo stabilimento metterà in regola gli impianti, otterrà l’autorizzazione, altrimenti no».
C’è poi il nodo dei dipendenti per i quali va trovata un’alternativa, così come ha ribadito giorni fa il sottosegretario Ettore Rosato precisando di ritenere che la Ferriera «non possa rimanere lì in eterno». E ieri Dipiazza ha scritto di qualche «paracarro ulivista» che sul futuro della Ferriera ha mutato idea. «Non mi piace polemizzare con il sindaco - dice ora Rosato - ma ritengo che la sua sia un’autocritica rispetto ai passati anni nei quali il centrodestra ha retto Comune, Governo e a lungo anche la Regione senza produrre sul fronte Ferriera assolutamente nulla. Credo anch’io che non servano diatribe d’agosto: occorre un progetto serio che pensi al futuro di quell’area salvaguardando i residenti. Ma è un progetto che finora la politica non ha prodotto. E poi un progetto di riconvensione dell’area non può che passare per un rapporto costruttivo con le imprese: da parte del Comune nemmeno su questo versante c’è stato alcunché, a parte le dichiarazioni. I poteri del sindaco sono enormi: basta esercitarli. E mi sembra - chiude Rosato - che ci sia spazio per lavorare insieme».
Intanto l’Azienda sanitaria si prepara a partire con un’analisi della concentrazione di diossine nell’organismo umano su un primo campione di residenti di Servola: lo annuncia il direttore sanitario Mario Reali. In giugno il direttore dell’Azienda Franco Rotelli, nel valutare i dati dell’Arpa sulla qualità dell’aria, in merito alle pm10 scriveva che la «componente attribuibile alla Lucchini» rappresenta «la principale fonte di inquinamento nella zona limitrofa allo stabilimento», anche se l’inquinamento da benzene - precisava - «può derivare anche da altre fonti quali il traffico veicolare». L’Azienda ora rilancia una proposta già avanzata alla Regione nel 2005. Si tratta di rilevare le diossine nel sangue e nel latte materno. Disponibilità a collaborare è arrivata informalmente dal Burlo e dalle Università di Trieste e di Udine. Le analisi sono costose: 1300 euro a persona, precisa Valentino Patussi, responsabile della Struttura di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Ass. Ma intanto l’Azienda partirà con un campione. È stato anche attivato un servizio che funziona chiamando il centralino della Ass: un medico è pronto a valutare l’impatto sulla salute in particolari situazioni.
p.b.

 

 

Allarme a S. Sabba, chiazza di petrolio nel porticciolo - Interviene la Capitaneria

 

Allarme inquinamento a San Sabba dove sono finite in mare decine di litri di olio combustibile grezzo. Si sono mobilitati i mezzi della Capitaneria di porto, sono intervenuti i tecnici dell’Arpa e gli addetti della ditta Crismani che hanno provveduto alle operazioni di pulizia dopo che la chiazza, delle dimensioni appossimative di 50 metri per 20, è stata delimitata con panne di confinamento.
Sulla superficie del mare si era formata già l’altra sera una patina iridiscente che ieri ha messo in agitazione, per presunti danneggiamenti subiti, soprattutto i proprietari della settantina di piccole imbarcazioni da diporto ormeggiate nel porticciolo che fa riferimento al Gruppo pescasportivo di San Sabba che hanno allertato anche i carabinieri. Avevano messo istintivamente in correlazione la chiazza oleosa, che poi è stato appurato non essere neppure petrolio, con le vicine petroliere attraccate al pontile della Siot.
Ma l’ipotesi è stata smentita perché come riferisce il comandante Ugo Foghini della Capitaneria di porto lo sversamento in mare è avvenuto dalla massicciata che delimita la ditta Depositi combustibili Trieste che sorge accanto alla stessa Siot. Gli uomini della Capitaneria e i tecnici hanno lavorato tutto il giorno per risalire alla sorgente specifica dell’inquinamento che potrebbe derivare da una tubatura o da un serbatoio dismesso.
s.m.

 

 

DOLINA - «Uniti nelle tradizioni» chiede un referendum sulle isole ecologiche - Polemica con il sindaco Premolin

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Un referendum per sondare l’opinione degli abitanti di San Dorligo della Valle sulla raccolta differenziata dei rifiuti. È la proposta che viene lanciata dalla lista civica «Uniti nelle tradizioni» tramite il capogruppo Boris Gombac in una nota polemica verso l’amministrazione del sindaco Fulvia Premolin.
«Per quanto concerne l’opinione dei concittadini e le loro preferenze per la raccolta differenziata basata sul potenziamento delle isole ecologiche – annuncia Gombac nel suo documento – il nostro gruppo chiederà, in base alla decisione presa dal Consiglio comunale nell’ultima seduta del 10 luglio 2007, la convocazione della conferenza dei capigruppo per apportare lenecessarie modifiche all’art.92 dello statuto comunale riguardante il referendum consultivo. Se la signora sindaco è così convinta del consenso dei concittadini per le scelte fatte, non ci sono dubbi che non si opporrà all’effettuazione del referendum».
Il capogruppo di «Uniti nelle tradizioni» sostiene ancora nella nota: «Stiamo pagando per lo stesso servizio di asporto dei rifiuti due volte: per la raccolta differenziata svolta dagli operatori ecologici del Comune con la tariffa fissa nonché per la raccolta indifferenziata con la parte variabile della tariffa».
La lista civica aggiunge: «I nostri concittadini sanno che nessuna normativa nè europea nè tanto meno nazionale ci impone di tenere in soggiorno o in cucina tre contenitori. Chiedono invece un indirizzo nazionale: la creazione delle isole ecologiche. Questa scelta avrebbe sgravato i contribuenti del nostro comune per un milione e 500mila euro a fronte di un bilancio comunale pari a nove milioni di euro».

 

  

L’importanza della Tav per Trieste - Le inadeguate infrastrutture ferroviarie della nostra regione

 

lOgni tanto bisogna ricordarsi che esistono delle persone che speculano ai danni del povero cittadino approfittando della sua vista e memoria corta, e della altrettanto scarsa dimestichezza italica coi numeri, proponendo soluzioni localistiche di corto respiro.
Un esempio di ciò è la Tav del corridoio V, che sembra costare tanto e inciderà in qualche modo sul paesaggio, ma si tralascia di dire che le merci dall’Est Europa per venire in Padania impiegano tre giorni su gomma e dieci per ferrovia. Ed è per questa ragione che nascono le code interminabili di Tir sulle autostrade del Nord Italia, camion polacchi, ucraini, ungheresi, slovacchi, croati, sloveni. La rete ferroviaria dell’Est è capillare, ma obsoleta con carichi assiali bassi e velocità altrettanto basse, e quindi migliaia di camion invadono inquinando il nostro paese e sono mezzi scarsamente sicuri perché poco controllati dalle loro legislazioni. Ciò provoca inoltre il risentimento dei trasportatori nostrani, e questo stato di cose va avanti da almeno vent’anni, quando cioè facendo un viaggetto in treno si potevano ancora vedere i piazzali delle stazioni ferroviarie italiane piene di carri merci.
Oggi basta guardare quanto non solo la nostra stazione di Trieste sia priva di materiale rotabile. Piazzali vuoti sino a Bologna o a Verona, un Nordest sguarnito. E la Trieste portuale è stata costruita per utilizzare la ferrovia quale collegamento col suo retroterra e con una rete alle spalle ferma a cent’anni fa le prospettive di rilancio sono infime. Quindi la Tav è senza alcun dubbio molto importante per Trieste e lo è ancor di più perché l’inquinamento diminuirà, sempreché le ferrovie nostrane la smettano di considerarsi alla stregua di una società immobiliare, e si decidano a praticare le stesse tariffe che adottano le società autostradali per il trasporto su gomma. Solo così lo scalo di Cervignano potrà esplicare tutte le sue potenzialità.
Un piccolo suggerimento: perché nel tratto Ronchi-Trieste non si pensa di costruire una galleria artificiale parzialmente incassata e adagiata sul fondale marino pianeggiante per poi una parte salire dal colle di Gretta verso Divaccia e l’altra uscire in superficie nello scalo di Barcola? Sono convinto che è una soluzione meno costosa e invasiva, se non altro perché si ridurrebbero di metà i materiali scavati.
Piero Zanon

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 13 agosto 2007

 

 

La pila del futuro è di carta - Ultrasottile, ricaricabile ed ecologica

 

In cellulosa, si può piegare come un normale foglio ed è resistente a temperature estreme
Le applicazioni in campo medico: può essere impiantata sotto pelle e alimentare i pacemaker

ROMA - Ultrasottile, leggerissima, pieghevole, ricaricabile, in grado di sopportare temperature estreme senza perdere in efficacia. Guardandola, sembra solo un innocuo foglietto, ma all'interno nasconde una potente batteria. La "pila" del futuro è di carta: il piccolo miracolo di nanoingegneria è stato creato da un gruppo di scienziati al Rensselaer Polytechnic Institute, negli Stati Uniti, che presentano la loro scoperta sull'ultimo numero dei Pnas, la rivista dell'accademia nazionale delle scienze americana.
Per oltre il 90 per cento questa batteria di nuova concezione è formata da cellulosa, in cui sono stati integrati nanotubi in carbonio, microstrutture che funzionano come elettrodi e permettono alla pila di condurre elettricità. E' unica, spiegano i ricercatori, perché funziona sia come una batteria ad alta capacità che come supercapacitore - in grado, cioè, di rilasciare elettricità velocemente - che, di solito, sono componenti separate nei sistemi elettrici.
La pila del futuro, come la carta, può essere arrotolata, piegata, tagliata in una serie quasi infinita di forme e senza che la sua potenza o l'integrità meccanica vengano compromesse. Le sue possibili applicazioni, nel panorama elettronico sempre alla ricerca del componente più piccolo e potente, vanno dai vari gadget alle automobili, dall'industria aeronautica alla medicina più avanzata: questa batteria, per funzionare, può utilizzare i liquidi corporei come il sangue o il sudore ed essere inserita sotto la cute.
In questo mini pezzetto di carta intelligente i componenti sono integrati a livello molecolare: "In molte delle altre batterie pieghevoli non lo sono - spiega Robert Linhardt, co-autore della ricerca e professore al Rensselaer Institute. "Quelle sfruttano elementi messi a contatto gli uni con gli altri, ma in questo modo, quando vengono flesse, i componenti si staccano e l'apparecchio non funziona più". Qui, invece, i nanotubi in carbonio sono inglobati nella carta, che è immersa nell'elettrolita. E il risultato finale è in tutto e per tutto simile ad un normale foglio di carta, nero per la presenza del carbonio.
La scoperta è frutto di uno sforzo collettivo, che ha coinvolto ricercatori di diverse discipline: dai laboratori specializzati in biopolimeri del professor Linhardt ad altri, specializzati nella ricerca sui nanotubi e sull'elettronica. Ma è proprio l'applicazione in campo medico una delle più promettenti: "I liquidi corporei potrebbero funzionare come elettroliti. La batteria potrebbe essere inserita sottopelle per alimentare un pacemaker o altre apparecchiature per il rilascio di medicinali, come la pompa per insulina", spiega ancora il professore, con il vantaggio di evitare di inserire all'interno del corpo sostanze chimiche forti come quelle che si trovano nelle comuni batterie.
Per la loro pila, Linhardt e colleghi hanno usato un liquido ionico - un sale liquido, in pratica - che non contiene acqua, quindi non rischia di evaporare o di ghiacciare, rendendo così l'apparecchiatura adatta anche a temperature estreme. Ed è anche ecologica: "grazie all'alto contenuto di carta e alla mancanza di sostanze chimiche tossiche, non rappresenta un rischio per l'ambiente" aggiunge il dottor Manikoth Shaijumon, altro co-autore della ricerca.
Può essere prodotta in diverse dimensioni ma quella che i ricercatori hanno sperimentato era un quadrato di 2 cm per 2. Quello che rimane da capire sono i costi: "Per ora stiamo lavorando su scala sperimentale, in laboratorio. Dobbiamo ancora sviluppare metodi per produrle su scala commerciale e per ora non abbiamo idea di quanto potrebbero costare" continua Linhardt. I singoli componenti di per sé non hanno prezzi elevati e in futuro queste pile potrebbero venire stampate in grandi fogli, usando rotative simili a quelle per i giornali. Ma quando potremo trovarle nei negozi? "Ci vuole tempo - conclude Linhardt - Almeno un paio d'anni per le prime applicazioni, che saranno ancora di tipo speciale".
ALESSIA MANFREDI

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 agosto 2007

 

 

Tav, si riparte con 13 nuove ipotesi di tracciato  - Tratta Portogruaro-Ronchi, nuovo incontro a settembre. In ballo anche il destino della terza corsia

 

Dopo aver accantonato lo studio elaborato dalle ferrovie spuntano altre varianti. I sindaci della Bassa friulana: «La Regione sveli gli obiettivi»

TRIESTE Si riparte da zero. Si riparte da 13 ipotesi che propongono tracciati diversi da quello contenuto nella progettazione preliminare di Rete ferroviaria italiana. Il cammino della Tav, per quel che riguarda il tratto che dovrebbe attraversare la bassa friulana, dunque, sembra nuovamente in salita. Nell’ultimo incontro tra comitato tecnico, sindaci e assessore regionale Lodovico Sonego, si è deciso di considerare superata la progettazione preliminare elaborata dalle ferrovie, ma questo per i sindaci non cancella i problemi. Un nuovo incontro è previsto per il 14 settembre. «Sono state presentate 13 ipotesi alternative che vanno approfondite – dice il primo cittadino di Villa Vicentina, Mario Pischedda – una dal professor Santorini, quattro dall’ingegner Honsell, consulente della Provincia, tre dai consulenti dei comuni, e infine una soluzione che si articola in cinque corridoi, illustrata dall’ingener De Bernardi. Da queste ipotesi ripartiamo».
Tra i tracciati previsti ci sarebbe anche quello a sud della ferrovia – in continuità con l’ipotesi che il Veneto sposti la linea lungo la costa – e uno che passerebbe a nord dell’attuale autostrada. «Si continua a chiedere a noi cosa vogliamo quando non ci viene illustrata - dice Pischedda - la logica di riorganizzazione del sistema trasportistico. La Regione deve presentarci quali sono gli obiettivi e quali sono i passi che prevede per realizzarli. Allora su quello possiamo ragionare e valutare la convenienza di un tracciato in relazione al suo impatto sul territorio. Diversamente rischiamo di sprecare tempo e buttare via soldi pubblici». I soldi e il tempo impiegati ad esempio da Rfi per redigere una progettazione preliminare che rischia ora di essere accantonata.
Ma c’è chi chiede di più, «uno studio preliminare – dice il sindaco di Porpetto, Cecilia Schiff – che ci dica perché l’attuale linea ferroviaria non viene utilizzata e ci aiuti a capire se un’opera come la Tav potrebbe effettivamente avere una sorte diversa. Perché rischiare di creare due linee ferroviarie, di cui una assolutamente impattante, che non vengono utilizzate? Senza questi elementi di valutazione è inutile chiedere a un comune dove vuole che passi il tracciato».
E le perplessità di Schiff, non vengono alleviate dai numeri. «Ci è stato detto che il traffico pesante su gomma sarà assorbito per il 13 massimo 15 per cento dalla linea ad alta capacità. Numeri esigui se si considera che solo a Porpetto, nelle ore di punta, passano mille camion l’ora». Altro nodo è il coordinamento con gli altri interventi in materia di viabilità e trasporti. «Si sta ipotizzando una viabilità alternativa per alleggerire il traffico della zona Aussa Corno. Come non tenere conto di questo nella progettazione della Tav?». Una progettazione che deve fare i conti anche con il progetto della terza corsia della A 4. In sede ministeriale Autovie, Anas e Infrastrutture, hanno concordato che terza corsia e Tav procederanno affiancate da Portogruaro a Gonars. Ma se il tracciato della linea ferroviaria fosse rimesso completamente in discussione, questo potrebbe incidere sulla progettazione della corsia autostradale.
Martina Milia

 

 

TAV - Fiumicello vuole abbattere i ponti sull’Isonzo per farne uno solo

 

Ridurre l’impatto attraverso la tecnologia. È questa la speranza dei sindaci della bassa, consci dell’impatto che la Tav avrà sul territorio. «Si sta lavorando per cercare di individuare soluzioni che limitino l’impatto ambientale – dice Paolo Dean, sindaco di Fiumicello - Per quel che ci riguarda vediamo con favore l’ipotesi di abbattere i due ponti ferroviari sull’Isonzo e realizzarne uno unico in cui far passare entrambe le direzioni della linea. Le tecnologie moderne renderebbero sicuramente il ponte meno impattante».
Non tutti i sindaci, però, hanno ancora incontrato i tecnici per definire le problematiche del proprio territorio. «Non capiamo se interlocutore sia la Regione o Rfi – dice Federico Cressati, sindaco di Palmanova -. Lo dimostra il fatto che le convocazioni delle amministrazioni locali non sono neanche state concordate con i sindaci. A me è arrivata via fax un giorno prima e quindi non mi sono presentato per impegni precedenti. Al sindaco di Bagnaria è giunta quando era già partito per le ferie. Da parte nostra non c’è la volontà di mettere i bastoni fra le ruote, ma non è questo il modo di lavorare».
I sindaci che ancora non hanno incontrato i tecnici contano di farlo prima del nuovo incontro di settembre. «Aspettiamo di capire quali possano essere le alternative percorribili, non ultima quella del potenziamento delle rete esistente», dice Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria Arsa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 agosto 2007

 

 

Compostiere gratis nelle case, no del Comune alla proposta Udc - I contenitori dovevano venir destinati alle abitazioni con giardino

 

Il Comune risponde no alla proposta di dotare gratuitamente di compostiere tutte le famiglie triestine che vivono in una casa o un condominio con giardino.
L’ipotesi di affidare a migliaia di cittadini questi contenitori, nei quali possono essere versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il fogliame e gli sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione favorito dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in humus naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il terriccio dei vasi, era stata formulata in un primo momento dal gruppo consiliare della Margherita con una mozione del capogruppo nella terza Circoscrizione, Andrea Brandolisio. In una seconda fase, anche il gruppo dell’Udc, perciò uno dei partiti che sostengono l’attuale giunta, aveva caldeggiato questa soluzione: era intervenuto il capogruppo in consiglio comunale, Roberto Sasco.
Alla base della proposta anche la considerazione che le compostiere funzionano con la sola azione del sole e della pioggia, non richiedendo consumi di energia. La risposta del Comune, firmata dall’assessore Paolo Rovis, è però esplicita: «La possibilità di smaltire rifiuti organici con le compostiere – scrive – costringerebbe a un servizio di raccolta del compost prodotto dagli utenti che non hanno possibilità di impiegarlo, che sarebbe troppo oneroso rispetto ai risultati. Sarebbe impossibile – prosegue Rovis – controllare il reale utilizzo delle compostiere fornite e verificare le reali quantità di rifiuti sottratti allo smaltimento da ogni utente. Pensiamo piuttosto alla raccolta differenziata della frazione organica da effettuarsi sull’intero territorio. Questa raccolta prevista anche dal ”Piano provinciale rifiuti”, permetterebbe un risparmio più tangibile. È allo studio una prima fase che vedrebbe coinvolte le grandi utenze, come caserme, ospedali, servizi di ristorazione, iper mercati, per arrivare poi alle singole utenze domestiche».
u. s.

 

 

Muggia rinnova l’appalto per smaltire i rifiuti e vuole il 70% di raccolta differenziata nel 2011

 

MUGGIA Il Comune di Muggia rinnova l’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e punta ad ambiziosi obiettivi, come il raggiungimento del 70% nella raccolta differenziata entro il 2011, ipotizzando anche un graduale passaggio dalla tassa alla tariffa.
Finora era l’AcegasAps a gestire il servizio, ma il contratto era in scadenza. Il nuovo aggiudicatario sarà reso noto il 20 agosto. L’appalto avrà inizio il primo ottobre, per concludersi il 31 dicembre 2011. La base d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro.
Con questo rinnovo, l’amministrazione punta molto sulla raccolta differenziata. Vuole, infatti, un incremento che parte da un 30% nel 2008 a ben il 70% nel 2011. Oggi si attesta solo sul 15%.
«È una nostra precisa volontà aumentare tali indici, come avevamo promesso da subito – afferma l’assessore alle Risorse tecniche, Piero Veronese –. Per questo l’abbiamo specificato nel nuovo bando di gara. A parte ciò – aggiunge - pensiamo di far partire a breve una sperimentazione per la raccolta differenziata dell’umido, a iniziare dai ”grandi produttori”, come aziende e ristoratori».
Curiosamente, proprio la tematica dei rifiuti di bar e ristoranti, riguardo quantità, luoghi di conferimento e odori, ha tenuto banco in modo polemico nei giorni scorsi. L’aumento previsto della raccolta differenziata sul territorio, come previsto dal capitolato d’appalto, comporterà anche un aumento del numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade, che sarà proprio la ditta appaltatrice a dover fornire e distribuire all’utenza.
Attualmente nel comune di Muggia ci sono quasi 200 cassonetti per i rifiuti solidi urbani, 47 per vetro e lattine, 41 per la carta e cartoni, 40 per la plastica e 8 per le pile. Numeri che, appunto, sono destinati a crescere nei prossimi anni.
All’aggiudicatario del novo contratto sarà inoltre richiesto di realizzare una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo (tramite depliant o altro) la raccolta differenziata e i servizi resi. Ma gli verrà chiesto anche di preparare un progetto per la realizzazione di isole ecologiche di conferimento, con un sistema di pesatura dei rifiuti e relativo riconoscimento degli utenti. Andando così verso un possibile passaggio dall’attuale tassa alla tariffa, come previsto dalla legge.
s. re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 agosto 2007

 

 

Sindaco di S. Dorligo: funziona la raccolta differenziata dei rifiuti - Premolin conferma la scelta

 

SAN DORLIGO Sembra ancora mal digerita, da alcuni residenti, la raccolta differenziata porta a porta, avviata dal Comune di San Dorligo. L’amministrazione comunale invece è convinta della validità del sistema, e oggi torna a parlarne il sindaco Premolin, sollecitata da un’ennesima lamentela. «Il nuovo sistema è stato scelto da questa amministrazione, perché è quello con il miglior rendimento, sia in qualità che in quantità, e pare anche il più efficace», dice Premolin.
Il sindaco sottolinea l’impegno profuso dalla gente e dai dipendenti comunali per svolgere nel migliore dei modi questo nuovo tipo di sistema. «Naturalmente – continua Premolin - ogni novità può disorientare o anche infastidire, soprattutto le persone abitudinarie.Ma con un po’ di buona volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono la normativa europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo pretende l’ecologia».
Premolin torna anche sulla questione dei contenitori ancora non consegnati ad alcuni condomini. «La distribuzione procede incessantemente da parte degli operai comunali e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per fornire informazioni, risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare sopralluoghi per trovare la soluzione migliore per tutti», dice il sindaco. Alle richieste di un ripristino dei vecchi cassonetti stradali, Premolin spiega: «Non è più possibile. Il nuovo sistema va avanti, sperando di raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili, perché no, anche alle nostre tasche». Sul tema interviene, ancora una volta, il consigliere di opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni), che in una interpellanza chiede lumi in particolare sulla mancata distribuzione dei contenitori all’abitato Val Rosandra. Il sindaco risponde: «Quel problema è in via di soluzione. I contenitori saranno consegnati tutti a breve».
s.re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 agosto 2007

 

 

Slitta il parere ambientale sulla vetreria  - Chiesti nuovi dati alla Sangalli. Metz: «Un errore. Il no è scontato»

 

La commissione di Via si è aggiornata a settembre. Scettici anche i comitati: «Rinvio senza precedenti»

TRIESTE Resta ancora irrisolto il nodo della vetreria Sangalli che dovrebbe sorgere nell’area dell’Aussa Corno. Dopo il rinvio della seduta della scorsa settimana, la commissione regionale di valutazione d’impatto ambientale presieduta da Gianfranco Moretton ha deciso di rimandare la decisione a settembre.
L’insediamento della Sangalli rischia di scatenare la protesta dei comitati dei cittadini della Bassa, quelli che hanno di fatto bloccato la costruzione del cementificio Grigolin di Torviscosa, che lamentano il forte impatto sull’atmosfera e sul territorio delle emissioni della vetreria. E anche per evitare pericolose frizioni la commissione Via, questa volta, si muove con grande prudenza, nonostante siano già arrivati i pareri positivi dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa. Il rinvio è stato deciso in quanto sono state chieste alla Sangalli integrazioni al progetto in ordine ad alcune questioni che riguardano il traffico di automezzi, l’estrazione di acqua dalla falda sottostante e le migliori tecniche che l’impresa proponente intende introdurre per le emissioni.
Una decisione, quella assunta ieri, che comunque non soddisfa i Verdi e suscita perplessità e sospetti nei comitati dei cittadini. «La commissione ha esaminato in modo approfondito le relazioni - spiega Moretton - e ha riscontrato la mancanza di alcuni elementi sugli effetti del traffico veicolare, sull’emungimento della falda acquifera sottostante e sulle tecnologie adottate per risurre al minimo le emissioni. La commissione ha dunque chiesto delucidazioni alla Sangalli su questi aspetti».
Ma per il consigliere dei verdi Sandro Metz il rinvio al 4 settembre del parere è «particolarmente favorevole per il proponente». «Mi sembra evidente - sottolinea Metz - che non ci siano i presupposti per un parere positivo. Il Servizio regionale Via aveva già chiesto alcune modifiche, alcune sono state ottemperate altre no. Le due istruttorie del Servizio Via si sono concluse l’una una con parere non compatibile e l’altra con 57 prescrizioni. Questo significa riscrivere un progetto. A questo punto si dica no e si chieda di ripresentare il progetto». «Siccome il ruolo di coordinare i diversi aspetti progettuali dovrebbe averli il direttore generale della Regione, Andrea Viero - conclude Metz - mi chiedo se riesce a tenere assieme aspetti ambientali, turistici e industriali». Ma la decisione suscita dubbi anche nei comitati dei cittadini. «Credo sia la prima volta che la Via chiede un supplemento di documentazione che è una prerogativa del servizio di Via - commenta Mareno Settimo -. Ritengo comunque che la posizione di Moretton sia debole. Aspettiamo con curiosità il verbale e se ci saranno gli estremi valuteremo l’eventualità di un ricorso».
ci. es.

 

 

L’Austria boccia i due elettrodotti transfrontalieri - No a Burgo e Alpe Adria energy

 

TRIESTE L’Austria dice «no» alla costruzione di elettrodotti interrati e quindi boccia i progetti di «merchant line» tra Wurmlach e Somplago presentati da Burgo Group e Alpe Adria energy. Lo rende noto l'assessore regionale all'Energia Lodovico Sonego, precisando che la giunta ha preso atto della decisione adottata dal gestore della rete austriaca di non accogliere i due progetti transfrontalieri. «La situazione - spiega Sonego - è di una semplicità disarmante, perchè le autorità elettriche austriache dicono di ”no” a impianti che siano del tutto o parzialmente interrati. Rimane quindi in campo solo un elettrodotto aereo. Se ci sono dei dubbi, i proponenti ne discuteranno con la popolazione locale. Noi come Regione siamo favorevoli alla costruzione di un elettrodotto».

 

 

Gli ambientalisti al governo: «Via quel piazzale a Capodistria creato per movimentare auto» - Continua il braccio di ferro con Luka Koper

 

CAPODISTRIA «Il piazzale costruito con materiale da riporto dalla Luka Koper per il parcheggio delle automobili nuove in transito nel porto di Capodistria è abusivo e andrebbe smantellato quanto prima». Così i Verdi di Capodistria, che hanno lanciato un appello pubblico al premier sloveno Janez Jansa invitandolo a intervenire affinchè il porto di Capodistria rispetti la delibera dell'Ispettorato edile e si ritiri dagli spazi abusivamente occupati sulla costa in direzione di Ancarano.
Se le cose non si sbloccheranno entro il 15 agosto, i Verdi- ha annunciato il loro rappresentante David Stepan - denunceranno il premier Jansa alla Commissione anticorruzione.
Lo spiazzo in questione ha una superficie di diverse migliaia di metri quadri e attualmente vi sono sistemate alcune centinaia di automobili, anche se può ospitarne complessivamente 4000.
In seguito a una recente delibera dell'Ispettorato edile l’area interessata sarebbe stata ufficialmente posta sotto sequestro, ma, secondo i Verdi di Capodistria, il Porto continua a sfruttarlo.
Secondo la direzione della Luka Koper, la società di gestione delle attività marittime nel porto ha presentato ricorso e in tempi brevi dovrebbero essere concessi i permessi necessari per la legalizzazione della struttura.
«È comunque una soluzione temporanea – ha spiegato ai giornalisti il vicepresidente del cda della Luka Koper, Aldo Babic – in quanto non potevamo permetterci di rifiutare alcuni carichi, che in quel caso sarebbero stati dirottati verso i porti italiani e croati. Sarebbe stato un danno non soltanto per il lo scalo capodistriano ma per l'intero settore dei trasporti».
Le automobili rappresentano una fetta importante del giro d'affari dell'unico scalo marittimo sloveno. Nel 2006 ne sono state manipolate 400.000, quest'anno si prevede invece un movimento di 470.000 vetture.
Secondo le previsioni strategiche dei vertici della Luka Koper, entro il 2015 dovrebbe essere raggiunto il traguardo di un milione di automobili, tra arrivi e partenze. Per realizzare questi progetti alquanto ambiziosi, lo spazio attuale non è sufficiente, e non basta nemmeno lo spiazzo contestato, costruito tra l'altro in un'area proclamata «zona d'interesse naturale» dall'Istituto per la tutela dei beni naturali di Pirano.
Prossimamente è prevista la costruzione di tre grossi garage all'interno dell'area portuale. La costruzione del primo, con 12.000 posti macchina, inizierà già il mese prossimo.
Per richiamare l'attenzione su quella che secondo i Verdi «è devastazione del demanio marittimo», gli ambientalisti hanno chiesto anche un incontro diretto con il premier.

 

 

Italiano salva sull’isola di Cherso un grifone in difficoltà sul mare sotto osservazione degli ornitologi - La colonia dei volatili ha raggiunto i 43 esemplari

 

L’animale recuperato con un remo e messo dentro una barca: è il simbolo della zona

CHERSO Era una tranquilla mattinata d’agosto a Cherso, turisti e abitanti del posto a godersi il sole, la temperatura mite e gli odori acuti ed inebrianti emanati dall’isola quarnerina e dal suo mare.
Non sono stati in pochi ad accorgersi che nelle acque del porto c’era un movimento inconsueto, qualcosa che si dibatteva nell’acqua, attirando l’attenzione dei presenti.
La reazione è stata immediata e tre barche si sono dirette verso il volatile che rischiava di affogare. Si trattava di un grifone, ossia di un avvoltoio dalla testa bianca, il simbolo di Cherso in quanto impersonifica alla perfezione il tratto selvaggio, magico e indomito dell’isola nordadriatica.
Tra i soccorritori c’è anche un turista italiano, Franco Palmieri, che assieme ad altri quattro chersini riesce a trarre in salvo il volatile, con un’operazione che si rivela più facile del previsto: da uno dei natanti si sporge un remo in direzione del grifone, che vi sale sopra e si adagia nel fondo della barca.
A riva sono state decine i curiosi che hanno assistito alla scena, applaudendo ai soccorritori per aver salvato quell’uccello, maestoso ma peraltro esausto, che sicuramente sarebbe morto senza l’intervento degli uomini.
L’opera di salvataggio è durata alcune ore e l’avvoltoio è stato subito trasportato al Centro ecologico Caput Insulae di Caisole (Beli), guidato dal professor Goran Susic e che si occupa dei grifoni quarnerini.
Quello salvato a Cherso è un esemplare giovane, nato sei mesi fa e del peso di sei chilogrammi e mezzo. Secondo gli esperti, è sottopeso in quanto dovrebbe già avere dai sette agli otto chilogrammi.
Nelle settimane scorse, il grifone LE (tutti i volatili vengono accuratamente marchiati) aveva evidenziato dei problemi durante il volo, percorrendo la Riserva ornitologica chersina a quote troppo basse.
Secondo Susic, la povera bestiola deve aver mangiato delle esche avvelenate oppure delle carcasse morte per avvelenamento. Infatti nell’isola vengono disseminate delle esche per combattere animali che i chersini ritengono dannosi per le loro colture.
Gli avvoltoi, ultimo anello della catena alimentare, si cibano di carogne e finiscono a loro volta avvelenati.
Quest’anno l’opera di marchiatura della colonia chersina ha riguardato 43 esemplari, di cui 5 sono purtroppo deceduti per cause di vario genere.
Anche nel 2007 è stata purtroppo confermato l’alto tasso di mortalità esistente fra i grifoni di Cherso. A badare ad essi, come già detto, il Caput Insulae (10 mila i visitatori annui), dove decine di volontari prestano la propria opera, nutrendo i volatili, pulendo le pozze d’acqua, mettendo a posto i muretti a secco e illustrando ai turisti l’utilità del grifone per l’ambiente chersino. Tra i volontari stranieri, i più numerosi sono gli proprio italiani e gli inglesi.
Andrea Marsanich

 

 

l’Udc propone di riciclare i rifiuti domestici dando a ogni famiglia recipienti per il compostaggio - Sasco: «Si crea terriccio risparmiando energia»

 

Dotare gratuitamente tutte le famiglie triestine, che vivono in una casa o un condominio con giardino, di apposite compostiere. Si tratta di recipienti nei quali possono essere versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il fogliame e gli sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione favorito dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in humus naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il terriccio dei vasi. E’ questo il contenuto della proposta che l’Udc di Trieste presenterà nei prossimi giorni al Comune, sotto forma di mozione in consiglio.
«Quasi un terzo dei rifiuti domestici è composto da residui di questo tipo – ha spiegato ieri il capogruppo dell’Udc in consiglio comunale, Roberto Sasco, accompagnato dai colleghi di partito Piero Ambroset, capogruppo nella terza circoscrizione, da Rendi Miccoli, capogruppo nella settima, e dall’esperto Paolo Varani – e negli ultimi 20 anni in Italia l’aumento della produzione dei rifiuti solidi urbani è cresciuto di circa il 20 per cento (e la tassa è piuttosto salata). Chi ha un giardino non sarebbe obbligato a faticosi trasporti dell’erba e dei rifiuti da cucina nei bottini». Tutto questo si rifletterebbe in un risparmio di consumi per l’inceneritore: «Ciò garantirebbe – ha concluso Sasco – un ridotto consumo di energia per la combustione. E chi si dovesse dotare delle compostiere potrebbe ottenere una riduzione della Tarsu o delle future tariffe sui rifiuti”.
u. sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 agosto 2007

 

 

Vetreria, oggi il parere ambientale - Commissione di Via

 

TRIESTE Arriva oggi sul tavolo della commissione regionale di valutazione d’impatto ambientale il «dossier vetreria». Lo conferma Gianfranco Moretton, vicepresidente della Regione con delega all’Ambiente, alla vigilia dell’appuntamento: la commissione, dopo il rinvio di sette giorni fa, deve appunto esaminare il dossier che vale l’insediamento o meno a San Giorgio di Nogaro di un mega-impianto della veneta Sangalli. E, successivamente, deve esprimere il suo parere. I Verdi e i comitati di cittadini della Bassa friulana, contrari alla vetreria come già al cementificio di Torviscosa, sono da tempo sul piede di guerra: Paolo De Toni, uno dei «leader» dei comitati, ha già preannunciato ricorsi nel caso di un via libera all’impianto. Ma, come ripete da tempo lo stesso Moretton, il parere della commissione di Via (e quello successivo e decisivo della giunta) non può che essere «tecnico», «nel rispetto della legge». Ad accompagnare il progetto della Sangalli, in commissione, i due pareri già rilasciati dall’Azienda sanitaria e dall’Agenzia per l’Ambiente: quello dell’Ass, in particolare, è un «sì» condizionato al rispetto di due prescrizioni forti, e cioé il trasporto via mare e un sistema più efficace e continuo di monitoraggio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 agosto 2007

 

 

Riserva marina, in 20 anni soccorsi centinaia di animali

 

Le celebrazioni dell’area protetta di Miramare, la prima del genere nata in Italia e che conta 20mila visitatori all’anno

Mille specie marine censite, tra mammiferi, uccelli, pesci, invertebrati, alghe e fanerogame, centinaia di animali soccorsi, decine di manuali e pubblicazioni realizzate per la conoscenza ecologica del mare, oltre 20 mila visitatori l’anno, tra i quali 8 mila studenti e ancora 1500 tra subacquei e apneisti.
Sono solo alcuni numeri della Riserva Marina di Miramare, che festeggia in questi giorni i 20 anni. Parte del sistema delle aree marine protette italiane, la Riserva è stata istituita dal Ministero dell’Ambiente nel 1986 e, con i suoi 30 ettari di ampiezza, è la più piccola e nel contempo anche la più anziana delle riserve marine italiane, oltre ad essere una delle prime in Mediterraneo.
«Miramare è forse anche la più speciale delle riserve italiane: per la sua storia, per le modalità di gestione affidate ad un soggetto privato, l’Associazione Italiana per il Wwf for Nature Onlus, e per il contesto territoriale del Golfo di Trieste in cui essa si inserisce – raccontano Maurizio Spoto, direttore della Riserva, e Milena Tempesta, del settore didattico - si può definire un’area marina protetta “urbana”, stretta tra gli stabilimenti balneari della costiera triestina, a pochi chilometri dal centro della città di Trieste e dalla zona industriale della baia di Muggia, e a diretto contatto con una zona costiera fortemente utilizzata per la pesca e specialmente per l’allevamento dei mitili. Con tali considerazioni potrebbe sembrare quasi la “Cenerentola” delle zone tutelate in Italia, invece - sottolineano - Miramare rappresenta uno degli esempi più concreti di gestione eco-sostenibile del Golfo di Trieste, in cui si possono ritrovare una biodiversità animale e vegetale notevoli, con valori di presenza di specie molto elevati, che recenti censimenti subacquei, fatti anche in altre aree marine protette, hanno dimostrato essere tra i più alti in Italia».
Vent’anni di vita, dunque, vemt’anni di lavoro e di pasisone nel nome della natura e del mare. Particolarmente amato dai visitatori, poi, è l’edificio che ospita la sede della Riserva, al Castelletto di Miramare, dato in concessione dal Ministero dei Beni ed Attività Culturali, che ospita uffici, laboratori didattici e il grande centro visite, progettato con un percorso multisensoriale, dove tatto, udito, vista e olfatto sono stimolati per coinvolgere il visitatore e farlo sentire realmente immerso in uno spazio di mare protetto.
Tra le tante iniziative organizzate per festeggiare il traguardo raggiunto figura la mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, che si terrà alla Sala del Giubileo dal 10 al 28 agosto, dalle 17 alle 21, dedicata al mondo della Riserva Marina di Miramare: dalla natura della zona alle attività di tutela del mare, dall’impegno educativo e divulgativo ai progetti per il futuro. Per informazioni www.riservamarinadimiramare.it.
Micol Brusaferro

 

 

Rifiuti a San Dorligo, tutti contrari - La raccolta differenziata sta creando disagi e proteste fra i residenti

 

Vorrei esprimere un mio pensiero riguardo la raccolta differenziata nel comune di San Dorligo della Valle. Sono là residente e penso di poter parlare con cognizione di causa. Mi ha fatto sorridere il comunicato gonfio di orgoglio del sindaco dottoressa Premolin pubblicato qualche giorno fa dove sembrava che tutti fossero entusiasti del nuovo sistema di raccolta. Il fatto che nessuno abbia protestato presso i suoi uffici signor sindaco, ammesso che sia vero, non significa niente.
Ho parlato di questa situazione con molta gente, compaesani, vicini di casa e mi creda, non c’è stata una persona che abbia espresso un giudizio positivo al riguardo. Ciò principalmente per due motivi: il primo è che noi sudditi abbiamo cose più serie cui pensare che tenere a mente i vari «appuntamenti col scovazin». Ad esempio come arrivare con i soldi a fine mese. Succederà con il passare del tempo, e succederà di sicuro, che le persone si dimenticheranno di chi verrà a prelevare cosa e quando e la conseguenza sarà di ritrovarsi in casa i rifiuti accumulati.
Il secondo motivo, è bene ricordarlo, è che non tutti possiedono la villa con giardino e quindi un posto dove poter posizionare i «bidoni» senza che questi intralcino la vita. Anzi, ci sono molte famiglie che non hanno nemmeno un poggiolo e che per forza di cose devono tenerseli in soggiorno con tutto quello che ne consegue. Personalmente ho un problema di non poco conto e di sicuro non sono l’unico. Ho due figli piccoli che per loro natura riempiono circa tre pannolini al giorno a testa. Che moltiplicato per tre giorni, intervallo di tempo tra una raccolta e l’altra, fanno 18 pannolini circa. 18 pannolini pieni di cacca da conservare in casa. Le assicuro che puzzano molto e, a meno che non voglia custodirli lei fino all’arrivo dell’addetto, deve darmi la possibilità di buttarli via in qualsiasi momento. Cosa ora non più possibile, visto che i cassonetti pubblici sulle strade non ci sono più.
Questo è solo un esempio ma i problemi sono molti. Personalmente credo che questo sistema non funzionerà mai. Con congruo aumento delle campane per la raccolta differenziata sul territorio in modo da agevolare e quindi invogliare la gente a questo tipo di smaltimento, sicuramente giusto e doveroso, avrebbe avuto più successo e con costi irrisori. Tra l’altro a più di un mese dall’inizio di questa procedura io non ho ancora ricevuto i contenitori e a tutt’oggi sono costretto a portarmi a spasso nel bagagliaio dell’auto i sacchi di immondizia in cerca di qualche cassonetto nei comuni vicini. La cosa fastidiosa è che qualche volta mi dimentico di gettarla e me la riporto a casa.
Sindaco Premolin, ci ridia i cassonetti!
Fulvio Berger

 

 

Parcheggi a Muggia, va tutelato l’ambiente

 

Scrivo il presente intervento visto quello pubblicato sulla pagina delle Segnalazioni in data 29 luglio a firma della signora Eta Hrvatin. Ho constatato la confusione riguardo all’associazione Legambiente, alla signora June Nicolini, a Nerio Nesladek, all’associazione Ambiente e/è Vita, al senatore di Alleanza Nazionale Matteoli e a un «fantomatico individuo». Voglio precisare che non è stato il rappresentante dell’associazione Ambiente e/è Vita a sostituire quello di Legambiente nella commissione per le antenne di telefonia mobile ma viceversa; mentre nella Commissione edilizia integrata ambiente ormai da circa un anno trova posto il responsabile del Wwf e non un rappresentante delle associazioni di cui sopra. Comunque nulla di preoccupante; si consoli pensando che a Muggia pare ci sia stato qualcuno, mi consenta il termine, più sbadato di lei. Veda chi aveva autorizzato il versamento di 4 miliardi di vecchie lire alla ditta costruttrice di un parcheggio senza avere in mano la polizza fideiussoria, a garanzia dell’anticipo, giunta all’amministrazione comunale più di un anno dopo.
Tornando però all’intervento della signora Hrvatin ho letto che, oltre a quanto scrive circa il precitato rappresentante degli ambientalisti nella commissione comunale per le antenne (con l’occasione preciso che da tempo sono impegnato per risolvere il problema delle antenne di Chiampore con il loro trasferimento in altro sito), interviene anche riguardo agli edifici residenziali della società «Sea Muggia Srl» da lei denominati «costa alta e costa bassa» (non è mai esistito un intervento denominato anche solo in parte «costa bassa»). Senza entrare nel merito di comportamenti di terze persone preciso che riguardo all’intervento residenziale nei pressi di Borgo San Cristoforo ho fornito il mio impegno nel tentativo di impedire, nei modi consentiti dalla legge, la realizzazione degli edifici progettati su aree indicate come inedificabili nello studio idrogeologico facente parte integrante del Piano regolatore comunale vigente, nonché per garantire la realizzazione di opere di contenimento vista la recente frana verificatasi in tale borgo per la quale è intervenuta anche la Protezione civile. Riguardo a parte delle aree interessate dall’intervento residenziale, negli scorsi giorni sono venuto in possesso di una relazione della Direzione centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione che ricorda che il Servizio geologico aveva fornito parere favorevole al Piano regolatore comunale con alcune limitazioni tra cui la conferma del divieto di edificare in varie zone «(ivi compresa dunque la zona del Piano di lottizzazione Costa Alta)». Ritengo pertanto che delle due l’una: o il Comune non ha recepito le limitazioni della Regione al momento di approvare il proprio Piano regolatore, oppure parte dell’intervento ha ottenuto la concessione edilizia dal Comune nonostante la sua eventuale inedificabilità per quanto prescritto nel Piano regolatore generale. Seguiranno pertanto i necessari interventi. Per i problemi di parcheggio a Borgo San Pietro e a Borgo San Cristoforo ricordo il mio intervento che come risultato ha visto la modifica del progetto preliminare, redatto per conto del Comune di Muggia, che prevedeva l’eliminazione di un notevole numero di posti auto. Capisco pertanto l’astio nei miei riguardi da parte di alcuni politici ai quali va tutta la mia compassione.
Fabio Longo - Presidente Comitato Sos Muggia

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 agosto 2007

 

 

Rifiuti: differenziata in tutti gli istituti - La Provincia si prepara a varare l’iniziativa per educare i bambini alla raccolta

 

Sollecitare e favorire all’interno di tutte le scuole di Trieste la raccolta differenziata, in particolare della carta e delle lattine.
È questa l’iniziativa che la Provincia intende intraprendere con l’avvio, oramai prossimo, dell’anno scolastico 2007-2008. È stata la stessa presidente del consiglio di palazzo Galatti, Maria Teresa Bassa Poropat, a fare propria la mozione presentata da Maria Monteleone, capogruppo della Margherita in consiglio provinciale. Nelle scuole della Provincia le lattine sono molto diffuse, perché gli studenti utilizzano i numerosi distributori automatici di bibite. Non sempre però, una volta consumate le bevande, i giovani prestano la sufficiente attenzione ai rifiuti, gettandoli nei diversi raccoglitori; in questo modo carta e lattine finiscono nello stesso contenitore. «Ho presentato la mozione – spiega la Monteleone - perché credo chi i proclami, la propaganda, i concorsi scolastici per sensibilizzare e invitare i cittadini alla raccolta differenziata non bastino più. Sono un’ insegnante – aggiunge - e verifico di persona che i cestini dei rifiuti si riempiono indistintamente di lattine e di bottigliette di plastica. Ho visto invece che in alcune scuole slovene si raccolgono le lattine a parte. A partire dalla scuola, luogo dell’educazione e della formazione del cittadino, ma allargando il discorso agli enti pubblici come Regione, Provincia e Comuni, credo tutti dovrebbero raccogliere in modo differenziato i rifiuti».
Il testo della mozione fatta propria dalla Bassa Poropat, intervento che ha così fatto superare la fase di voto, rendendo subito esecutivo il provvedimento, si legge che «la Provincia e provvederà, in base alle proprie attribuzioni e competenze, a sollecitare, sensibilizzare, favorire e promuovere anche per tramite dei Comuni della Provincia, nelle scuole di ogni ordine e grado, la raccolta differenziata, in primis della carta, ma anche dei vuoti a perdere di lattine, bottiglie di plastica e di vetro, là dove funzionano distributori automatici e bar all’interno delle scuole».
u. s.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 agosto 2007

 

 

Legambiente: Tav, la giunta si fermi  - Ronchi-Trieste, basta una sola galleria da 1 km. Sonego: dialoghiamo con i comuni

 

Già depositata un’interrogazione al Senato che richiede lo stralcio della tratta giuliana dalla legge obiettivo

TRIESTE Ridisegnare la tratta regionale del Corridoio 5 senza infierire sull’ambiente e i centri abitati di Bassa friulana, Carso e territorio triestino. Anzi: potenziare il tracciato ferroviario esistente, velocizzando l’attuale Portogruaro-Ronchi, raddoppiando i binari fra il bivio monfalconese di San Polo e quello di Duino Aurisina, realizzando un tunnel di un solo chilometro sul confine italo-sloveno, che collegherebbe le rotaie dell’Ezit alle Noghere di Muggia al porto di Ancarano. Con queste controproposte - che prevedono anche l’aumento della tassazione del trasporto su gomma per non condannare l’intermodalità al sottoutilizzo - Legambiente invita la Regione a frenare l’iter «caldo» della Tav. E invoca persino uno scatto d’orgoglio di ambientalisti e comuni interessati per chiedere lo stralcio del percorso dalla legge Obiettivo, sulla scia dell’iniziativa avanzata di recente all’amministrazione Illy da nove sindaci della Bassa e dalla Provincia di Udine.
Legambiente invita la Regione a fare un passo indietro anche per coinvolgere di più le comunità, come previsto dalla Convenzione di Aarhus recepita dall’Italia nel 2001. La possibile applicazione della legge Obiettivo - sostengono i vertici regionali dell’associazione ambientalista - «finirebbe con esautorare i cittadini e i comuni dalla partecipazione e dalla modifica dei progetti».
LA REGIONE Secca la replica dell’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego: «La politica del dialogo con le comunità locali è stata da noi già autonomamente decisa senza che Legambiente si svegli a quattro anni di distanza. Se in Friuli Venezia Giulia non c’è nessuna Val di Susa ciò è dovuto al fatto che c’è un governo regionale intelligente che fa del dialogo e delle intese con il territorio la sua bandiera. È la strada che abbiamo scelto per concordare modifiche strutturali al progetto di Rfi per l’area del Monfalconese ed è la strategia che stiamo usando anche nella Bassa».
IL CASO AL SENATO A rafforzare tuttavia il fronte a favore dello stralcio della tratta regionale dall’intesa Stato-Regione del settembre 2002, spunta un’interrogazione parlamentare, fortemente critica, rivolta al ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. L’ha depositata due giorni fa il senatore dell’Ulivo Francesco Ferrante, membro della commissione Ambiente di Palazzo Madama ed esponente nazionale di Legambiente, che chiede sulla base di quali elementi progettuali sia stata presentata la fresca richiesta di finanziamento europeo da 53 milioni di euro per il progetto preliminare della Trieste-Divaccia.
I SINDACI I sindaci della Bassa friulana, intanto, fanno sapere che nell’ultimo tavolo tecnico per l’Alta Velocità, del 30 luglio, è stato deciso di far slittare a metà settembre il giudizio sulla proposta di tracciato di Rfi per la Portogruaro-Ronchi. Tale proposta prevede una scelta fra il percorso originale, in corrispondenza dell’autostrada, e alcune alternative più «basse» in prossimità della linea ferroviaria esistente, fra Muzzana, San Giorgio, Torviscosa, Cervignano e il ricongiungimento con la direttrice della A4 attorno a Villa Vicentina.
LE CRITICHE La notizia dell’esistenza di un’interrogazione parlamentare sulla tratta locale del Corridoio 5 è stata data ieri mattina dai rappresentanti regionali di Legambiente, che in una conferenza stampa hanno reso nota la loro posizione in merito agli attuali orientamenti della Regione sulla Tav. «Nel marzo 2005 - ha ricordato Michele Tonzar del coordinamento Legambiente Fvg - il progetto Ronchi-Trieste è stato bocciato dalla commissione ministeriale per la Valutazione d’impatto ambientale. Regione e Rfi ripropongono un documento praticamente identico, con una conseguente richiesta governativa di finanziamento europeo da 53 milioni per la progettazione di un’opera che, per essere realizzata, necessita di due miliardi di euro, come si evince dall’allegato infrastrutture del Dpef inserito da Di Pietro. Cade poi il dogma della velocità massima a 300 chilometri all’ora, dato che il progetto della Capodistria-Divaca, già approvato dalla Slovenia ma non realizzato per mancanza di fondi, prevede i 160 orari, gli stessi che dovrebbero essere tenuti nel collegamento sotterraneo fra Trieste e Divaca. Legambiente non è contraria alle opere, ma le vuole utili, senza sperperi di denaro e confusione. E che non vadano a impattare sui territori urbani e naturali».
«Chiediamo lo stralcio dalla legge Obiettivo e l’istituzione di un tavolo comune con le tratte di competenza della Regione Veneto», ha agggiunto Rudy Fumolo del gruppo Trasporti di Legambiente, estendendo la questione alla Portogruaro-Ronchi. «Il Veneto - ha precisato - è riuscito a imporre un tracciato lontano dall’autostrada. Il punto di raccordo sarebbe difficoltoso, non è possibile procedere per microtappe su un progetto così vasto. Sappiamo che l’assessore Sonego ha lanciato una sorta di ultimatum ai sindaci della Bassa affinché si esprimano al più presto sulle alternative di percorso. La fretta diventa un palese controsenso normativo rispetto alla Convenzione di Aarhus. Gli enti dovrebbero fare un controultimatum: nessuna risposta finché il progetto non esce dalla legge Obiettivo».
«Il tratto triestino verso la Slovenia - ha concluso l’altro coordinatore Trasporti di Legambiente Andrea Wehrenfennig - buca il Carso a ridosso della città per almeno 5/6 chilometri. Si potrebbe invece sfruttare la linea che arriva alle Noghere attraverso Opicina e fare un tunnel di appena un chilometro per collegarsi ad Ancarano e alla Capodistria-Divaca».
LA REPLICA «Quanto alle modifiche che Legambiente propone per la tratta da Aurisina al confine di Stato - risponde Sonego - si tratta di ipotesi ambientalmente dannose. Se l’associazione avesse fatto un serio esame tecnico del problema si renderebbe conto che le più recenti soluzioni ipotizzate da Rfi sono quelle meno impattanti. Non ha poi senso aumentare i costi del trasporto su gomma senza che ci siano credibili alternative ferroviarie. E quelle che propone Legambiente non sono per nulla credibili».

Piero Rauber

 

Bassa friulana: slitta il giudizio dei sindaci

 

Pischedda (Villa Vicentina): poca chiarezza. Cressati (Palmanova): «Manca uno studio costi-benefici»

TRIESTE «Sulla nostra richiesta di stralcio dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio avevamo registrato delle aperture da parte del presidente Illy, poi non ne abbiamo saputo nulla». Così il primo cittadino di Villa Vicentina, Mario Pischedda, dal fronte dei sindaci della Bassa che non hanno firmato il protocollo d’intesa con la Regione per il tavolo tecnico sulla Tav. «A noi preme ancora capire - aggiunge Pischedda, lamentando assenza di chiarezza - se è indispensabile un’opera nuova o se è sufficiente la riqualificazione delle infrastrutture esistenti». «Manca uno studio costi-benefici», gli fa eco il collega di Palmanova Federico Cressati. Il quale, sul pressing di Sonego di cui ha parlato Legambiente, fa notare che «la scadenza ipotetica del 30 luglio è slittata a metà settembre. Impossibile dare un parere se molti sindaci devono discuterne nei consigli comunali o con la gente». «Stiamo portando avanti incontri tecnici per trovare la soluzione meno impattante», dice il primo cittadino di Fiumicello Paolo Dean. «Non c’è una soluzione prefissata - conclude il sindaco di Torviscosa Roberto Duz - così la decisione è stata spostata a metà settembre».

 

 

Rigassificatori, il Comitato non crede all’indagine di Legambiente

 

Secondo il gruppo di difesa del golfo il sondaggio è stato realizzato prima del «no» della Regione e su un campione troppo limitato

Il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, fieramente contrario all’installazione di impianti di rigassificazione, contesta con estrema forza sia i risultati scaturiti dal sondaggio Swg commissionato da Legambiente secondo cui circa la metà dei triestini non sarebbe sfavorevole a un rigassificatore nell’area ex Esso di Zaule, sia la serietà e veridicità dell’indagine stessa, che pur essendo firmata, si afferma in una nota, da una società di sondaggi famosa e accreditata, risulterebbe «viziata»: realizzata a giugno, prima che i tecnici della Regione dessero un parere negativo, su un campione di 600 persone troppo piccolo, e con domande che secondo il Comitato conterrebbero alcune malizie, da cui l’inatteso risultato.
In più il Comitato - che agisce su Trieste ma soprattutto su Muggia e raccoglie gli eredi del «no al Gpl» - afferma di non condividere l’idea stessa di Legambiente di far realizzare alla Swg «questa inutile indagine», si dice, «una buffonata alla quale si voleva trascinare anche il nostro Comitato, che logicamente non si è prestato». Polemicamente la nota chiede perché sia stata scelta proprio la Swg per interpellare i cittadini, e si dà retoricamente la ovvia risposta che si tratta di una nota società triestina, e quindi ribatte : «E’ di Trieste, ma il titolare è un ’’appassionato’’ sostenitore di Illy e tanto bastava per far cadere la scelta altrove».
Al posto del sondaggio, dove comunque anche il Comitato nota che il 48 per cento degli intervistati considera pericolosi i rigassificatori nel golfo, tuttavia accettandoli in parte, si mettono in prima linea «i verbali delle circoscrizioni cittadine che all’80 per cento hanno detto un secco no a entrambi i rigassificatori». E le circoscrizioni, si sottolinea, «formate da un presidente e da vari consiglieri, rappresentano decine di migliaia di cittadini, non seicento, e prima di votare hanno voluto ascoltare comitati, ambientalisti, tecnici e alcuni scienziati».
Comunque alla base della contestazione c’è soprattutto una sorta di sfiducia nelle tecniche d’interrogazione dei cittadini, «avessimo posto noi le domande - afferma ancora il Comitato - i risultati sarebbero stati diversi, e dire questo non è offensivo, perché è arcinoto che sulla forma dell’assunto gioca l’astuzia, il suggerimento subliminale».
Infine si ricorda che dal sondaggio è emerso che sarebbe proprio il rigassificatore di Zaule quello meno contestato dai cittadini, e il Comitato sottolinea: «Stranamente è questo il desiderio di Dipiazza». Resta da notare che in sede d’illustrazione dei dati lo stesso Roberto Weber della Swg ha avvertito: «Un sondaggio non fotografa esattamente la realtà, ma appunto si limita a sondarla in un certo momento». E Legambiente stessa non si attendeva né augurava questo esito.
g. z.

 

 

Istria, un mare cristallino - Inquinate solo tre spiagge

 

POLA Il mare istriano è pulito e cristallino. Questo il risultato dell’ultimo monitoraggio compiuto dall’Istituto regionale per la salute pubblica tra il 23 e il 29 luglio.Tra Salvore e Rabac sono stati prelevati 202 campioni d’acqua e 173 presentavano un elevato livello sanitario. In 23 spiagge il livello era inferiore di un solo gradino e il mare risultava adatto alla balneazione. È emerso un parziale inquinamento solo a Medolino, Rabac e Umago.

 

 

Abbazia, firme anti-centrale - Un’idea dei giovani della Dieta

 

ABBAZIA Il Club dei giovani della Dieta Democratica Istriana è fortemente contrario alla centrale termoelettrica Fianona 3 a carbone e ha deciso di promuovere un’azione di vasta portata che prevede, tra l’altro, una petizione. Lo ha annunciato, ad Abbazia, il presidente Darko Starcic. Scopo della petizione è quello di raccogliere un numero significativo di firme per dimostrare l’opinione degli abitanti dell’Istria e della regione liburnica.

 

 

Delfini in adozione a Lussingrande - Una somma annua di 27 euro per proteggere ed educare gli amici del mare

 

LUSSINGRANDE Il primo sabato di agosto è trascorso a Lussingrande all’insegna dei delfini. Si è ripetuta, infatti, la tradizionale giornata dedicata ai simpatici e socievoli mammiferi acquatici. Articolato il programma che ha coinvolto non solo la popolazione locale ma anche numerosi villeggianti.
Il delfino è infatti diventato il simbolo dei lussiniani nelle acque dei quali vive un grande gruppo di cetacei, uno dei più studiati del Mediterraneo. Si tratta di circa 120 individui, oggetto di studio dal 1987 da parte dell'équipe dell’Istituto di ricerche Tethys di Milano che ha fondato lo studio sui delfini più «longevi» del Mediterraneo. Il progetto è stato dapprima incluso nel Piano gestionale dell'arcipelago di Cherso e Lussino e, nel 1996, il governo croato ha approvato i piani per la creazione di una riserva naturale dedicata ai delfini.
La giornata dedicata ai simpatici cetacei è iniziata nel corso della mattinata di ieri con l’allestimento di una mostra di disegni realizzati dai bambini. Organizzati, inoltre, vari intrattenimenti sempre dedicati ai più giovani (anche una caccia al tesoro) oltre a una mostra di fotografie e proiezioni di diapositive: il tutto dedicato, ovviamente, ai delfini.
La particolarità della manifestazione è costituita dalla possibilità di adottare un delfino. Infatti, tutti gli interessati lo potranno fare versando la somma annua di 200 kune (circa 27 euro) contribuendo così alle attività di ricerca ed educazione, aiutando nel contempo a proteggere i delfini e il loro habitat. Chi fosse interessato all’adozione di un delfino si può rivolgere all’Istituto per le ricerche e la tutela del mare «Plavi svijet» («Mondo azzurro») con sede a Lussingrande chiamando il numero 0038551236256 oppure visitare il sito internet www.plavi-svijet.org.
v.b.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 agosto 2007

 

 

Rigassificatore di Zaule, il 52% è favorevole  - Lo dice a sorpresa un sondaggio Swg commissionato da Legambiente: «Ma si teme per il paesaggio»

 

Triestini e muggesani si ritengono poco informati e vorrebbero un referendum, i più anziani sperano di ottenere il metano a buon prezzo

Rigassificatori nel golfo di Trieste o a Zaule: i cittadini si dichiarano poco informati e tendono a vagare d’opinione anche a seconda delle simpatie politiche, per quanto il 64 per cento degli elettori di centrosinistra non condivida le scelte della Regione che ha dato un assenso di massima a entrambi gli impianti dichiarandosi disponibile ad accoglierne però uno solo, e parteggi piuttosto per le posizioni dei Comuni di Trieste e Muggia, che li hanno respinti entrambi. Ma solo il 28 per cento della popolazione sarebbe davvero contrario a entrambi gli impianti, mentre nei cittadini di età più elevata, e di centrodestra, prevale la speranza di ottenere occupazione ma soprattutto prezzi agevolati per il metano.
«Illusioni» ha commentato ieri Lino Santoro, presidente di Legambiente, presentando questi dati, frutto di una indagine svolta dalla Swg per conto dell’associazione ambientalista. «Un’informazione non opaca quella di Legambiente - ha commentato Roberto Weber illustrando il sondaggio che ha interessato uno spicchio di 600 triestini e muggesani - perché i risultati vanno addirittura contro le opinioni del committente, mentre opaca sembra l’azione degli enti pubblici dato che il 55 per cento degli intervistati ritiene che la costruzione di siffatti impianti andrebbe deliberata attraverso un referendum, e in genere metà del campione si è detto poco o per niente informato, percentuale che nelle fasce d’età più elevate sale al 66». Fatto curioso: più bassa è la scolarità e più le persone si proclamano «informate». Età alta, bassa scolarità e appartenenza al centrodestra sono l’identikit della persona più incline ad avere un rigassificatore nel golfo. In totale comunque la sorpresa è questa: il 52 per cento fra triestini e muggesani sarebbe d’accordo per il rigassificatore a Zaule (percentuale tecnica di errore statistico: 5 per cento).
Interessate sociologicamente l’esito del sondaggio nei punti in cui si ricava che il maggior problema percepito in relazione ai rigassificatori nel golfo è che «hanno un impatto negativo sul paesaggio» nel 60 per cento di risposte, che poi fa pari con la speranza però di «avere energia a prezzo più favorevole» (69).
«La stasi che Trieste ha subìto dal ’45 a oggi - ha aggiunto Weber - ha conservato la città intatta e oggi i cittadini lo sentono come un patrimonio inalienabile». Santoro, accompagnato dal segretario di Legambiente, Ettore Calandra, ha sottolineato che «la metà dei cittadini teme che i rigassificatori rappresentino un rischio» e soprattutto ha segnalato che «è quasi un plebiscito la richiesta di essere coinvolti nelle decisioni, non basta appellarsi a loro sotto elezioni». In coda una curiosità: 4 triestini su 10 affermano di non conoscere la posizione del Comune sul problema.

Gabriella Ziani

 

RIGASSIFICATORI: tra i «sì» prevalgono le donne

 

Chi lo direbbe? Tra i favorevoli al rigassificatore a Zaule le donne sono in maggioranza (59 per cento, 45 per cento i maschi). Eppure più «rischioso» viene percepito proprio questo impianto fuori Muggia. Nella cittadina, in particolare, un residente su due - dice la Swg che ha realizzato il sondaggio - «osteggia il progetto che investe l’area del litorale nel tentativo di preservare il patrimonio paesaggistico». Ma solo il 15 per cento afferma di aver avuto informazioni da ecologisti o comitati locali.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 agosto 2007

 

 

Appello a Rutelli: stop al progetto della Baia  - «Duino Aurisina rischia la cementificazione, va difeso il no della Soprintendenza»

 

Intellettuali e politici del «Comitato per la Bellezza» hanno inviato una lettera al ministro per bloccare le costruzioni

DUINO AURISINA Il mondo della cultura e della politica nazionale scende in campo a difesa della Baia di Sistiana. Intellettuali del calibro di Vittorio Emiliani, urbanisti di fama come Bernardo Rossi Doria e Vezio De Lucia, esponenti politici come il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, hanno firmato un appello per tentare di bloccare il progetto di valorizzazione turistica del lungomare Sistiana che, a loro dire, equivarrebbe ad un disastroso intervento di cementificazione.
Da sempre sensibile alle tematiche ambientali e paesaggistiche e già protagonista di accese battaglie in difesa di altre «perle» italiane, il gruppo di intellettuali - che fanno tutti parte del Comitato per la Bellezza Onlus - ha deciso di far sentire la sua voce. L’ha fatto con una lettera inviata al Ministero dei Beni culturali, retto da Francesco Rutelli, e all’amministrazione comunale di Duino Aurisina, nella quale si accusa di miopia la politica locale, tanto di centrodestra, quanto di centrosinistra.
«Ai primi di luglio di quest’ anno - scrive il Comitato - il soprintendente del Friuli Venezia Giulia, Stefano Rezzi, ha coraggiosamente annullato per la seconda volta la nuova autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Duino. Un’autorizzazione che avrebbe consentito l’inizio della cementificazione nella splendida Baia di Sistiana, finora miracolosamente preservata dalla speculazione edilizia. Un precente via libera all’intervento - continua il gruppo di intellettuali - era già stato annullato dalla Soprintendenza alla fine di febbraio. Il giudizio del secondo annullamento, evidenziando che non è stata presentata nel frattempo nessuna modifica progettuale, conferma e rafforza nella sostanza i contenuti del primo».
«Errare humanum, perseverare diabolicum, verrebbe da dire - osservano polemicamente gli avversari del progetto di valorizzazione turistica -. E invece no. Non solo è stato fatto ricorso al Tar contro il primo provvedimento della Soprintendenza, ma stando alle cronache locali sembra che il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, e il governatore del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, abbiano difeso «politicamente» il progetto - indifendibile per altra via -, davanti al ministro Rutelli in occasione di una sua recente visita a Trieste».
«Non basta - continua il manipolo di intellettuali di cui fanno parte anche l’ex direttore della Bnl Arturo Osio e il magistrato ed europarlamentare Gianfranco Amendola -. Pochi giorni fa anche il sottosegretario agli Interni, Ettore Rosato, si è affiancato a Illy e Ret per convincere Rutelli della bontà della causa del progetto di «valorizzazione turistica» - leggi cementificazione - della Baia di Sistiana. No comment. Noi chiediamo con forza che non sia consentito a nessuno di delegittimare l’operato di funzionari competenti e coraggiosi con il peso di pressioni politico-affaristiche. Di simili tentativi - conclude il Comitato per la Bellezza - la tormentata storia della Baia rappresenta un caso clamoroso, purtroppo non unico in Italia. Ecco perchè sollecitiamo il Ministero a mantenere ben ferma la propria posizione a sostegno dei provvedimenti della Soprintendenza».
m.r.

 

 

I problemi delle riserve naturali  - San Dorligo, fissate con le Comunelle le date del piano «Varco»

 

Tra i firmatari anche Vittorio Emiliani e Luigi Manconi

SAN DORLIGO Prima riunione, nei giorni scorsi, in municipio a San Dorligo con le locali Comunelle, nell’ambito del percorso di Agenda 21 attivato per la gestione della Val Rosandra. Il progetto denominato Varco, acronimo che sta per «Verso un‘Agenda 21 locale tra Riserva e Comune», prevede una serie di incontri di confronto e partecipazione con i portatori di interesse dell’area, tra cui quelle Comunelle il cui territorio rientra in quello della Riserva della Val Rosandra, i cui rappresentanti sono stati incontrati nei giorni scorsi.
L’incontro ha avuto come principale obiettivo la presentazione del progetto e la descrizione dei passi successivi che verranno intrapresi, ovvero il percorso di Agenda 21. Il coordinatore del gruppo di facilitatori (figura prevista proprio da Agenda 21, che coordina le attività e mette in contatto i vari soggetti coinvolti) Marco Francese, presente con alcuni componenti del suo staff, ha esposto le modalità con cui si intendono gestire queste riunioni. Nel corso dell’incontro, le Comunelle hanno evidenziato una serie di problemi legati al territorio, in particolare ai vincoli comunitari posti per le zone Sic e Zps che combaciano in gran parte con l’area della Riserva.
«Il Piano di Conservazione e Sviluppo, in via di elaborazione – ha rilevato l’assessore Laura Stravisi - rappresenta il documento fondamentale per la Riserva, poiché dovrà contenere tutte le regole per la sua gestione ed è per questo motivo che si cercherà di impostarlo in maniera condivisa e partecipata, avvalendosi dei suggerimenti delle Comunelle e della loro profonda conoscenza del territorio in questione». Il prossimo passo è, quindi, quello di organizzare le future riunioni con le Comunelle (forse già a fine agosto o inizi settembre) per le quali sia il Comune che i rappresentanti delle Comunelle si prepareranno raccogliendo documentazione e idee per cercare di sfruttare al meglio questa occasione di confronto.
A questi, seguiranno gli incontri con la cittadinanza. «Il buon esito della riunione con le Comunelle fa ben sperare che gli incontri con la cittadinanza avvengano con lo stesso successo - ha commentato Stravisi. Alla conclusione degli incontri verrà istituito un forum, che sarà aperto a tutti coloro che vorranno parteciparvi e portare il loro contributo sia sulla gestione della Riserva che sulle tematiche legate allo sviluppo del territorio dell’intero comune di San Dorligo della Valle.
Sergio Rebelli

 

 

Mare inquinato, bagni vietati a Marina Julia Presenza di batteri fecali oltre i limiti di legge

 

Mare inquinato e bagni vietati da ieri a Marina Julia. La tegola si abbatte, come mai era accaduto prima, in piena stagione balneare, e segna davvero il punto più nero nella storia della spiaggia monfalconese. I cartelli sono apparsi sulla spiaggia, tra lo stupore dei bagnanti e lo sconforto dei gestori dei chioschi, dopo che l’Arpa ha rintracciato, nelle ultime analisi, livelli di elementi inquinanti ben superiori a quelli previsti per legge. Il 24 luglio le analisi effettuate su due punti hanno rivelato una concentrazione di 140 e 340 unità di coliformi fecali su 100 unità consentite in 100 millilitri d’acqua, e il 30 luglio i valori delle analisi su tre punti sono stati di 220, 380 e 273 unità. Dati di fronte ai quali il Comune non ha potuto far altro che dichiarare l’immediata divieto di blaneazione. Ma certo non se ne starà con le mani in mano: il sindaco infatti promette già indagini e controlli a tappeto per scoprire la causa dell’inquinamento. Una tegola improvvisa? Certo nessuno poteva pensare ad una tale gravità. Ma non doveva giungere così inaspettata dal momento che le analisi Arpa dello scorso giugno avevano già dato esiti negativi, anche se non a Marina Julia, bensì a Marina Nova, trovata fuori limite anche se di poco. E prima c’era stata la Goletta Verde, che in tempi non sospetti, a metà luglio, aveva dato alle acque di Marina Julia il titolo di ”peggiori del golfo monfalconese”, in particolare per quelle del tratto di mare antistante la Playa, dove era stata rilevata una presenza di 700 coliformi fecali su 100 millilitri e valori di escherichia coli (batteri che vivono nell’intestino umano) notevolmente maggiori rispetto al limite di 500 unità formanti colonia su 100 millilitri. Il Comune spiega che verranno adesso, come logico, effettuate altre rilevazioni (la prossima il 7 agosto), nella speranza di fare rientrare il divieto il prima possibile. «Il Dpr 470 del 1992 ci impone vincoli che dobbiamo seguire – spiega l’assessore all’Ambiente, Paolo Frittitta -. Si sta discutendo sulle possibili cause, che potrebbero anche essere meteorologiche, ma noi abbiamo promesso attenzione e tutela ai nostri cittadini». E anche il sindaco, Gianfranco Pizzolitto, si esprime sgomento per un colpo duro che certo non ci si attendeva. «Un colpo che arriva in pieno agosto e mentre la stagione andava per il meglio, e quando sembravano assopite le polemiche, molte delle quali strumentali, che avevano colpito Marina Julia gli scorsi anni».

 

 

Polemica a Duino sul Corridoio 5  - La Lista Insieme critica la scarsa informazione ai cittadini

 

Mentre l’insediamento turistico di Sistiana continua a dividere maggioranza e opposizione

DUINO AURISINA Si infiamma la polemica, a Duino Aurisina: convocazione del consiglio straordinario sulla Baia e Corridoio 5 sono i due temi sui quali il centrodestra ha pesantemente attaccato ieri l'altro l'opposizione, che ieri non ha tardato con la risposta. Ed è in particolare sulla questione del consiglio straordinario sulla Baia che volano parole grosse da parte di Massimo Veronese, capogruppo della Lista Insieme. «Da mesi, se non anni, il consiglio comunale - si legge nella nota di Veronese - non si occupa della Baia mentre volano autorizzazioni urbanistiche cervellotiche, bocciature della soprintendenza, concessioni edilizie frettolose e incassi (non utilizzabili) di oneri di urbanizzazione, ricorsi al Tar. Il sindaco, appiattito sulle posizioni della proprietà, ha ingaggiato una specie di guerra privata con il Soprintendente, guerra che recentemente si è arricchita di un capitolo intollerabile: le pressioni politiche e le minacce verso l'autorità tutoria. Il consigliere Fabio Eramo ha chiesto se ci fidiamo del sindaco: la risposta è negativa - ha dichiarato Veronese - In questa vicenda il sindaco ha mancato alle promesse, ha trasformato il Comune in un organismo di passacarte, innescando un processo maldestro che porterà ulteriori ritardi nella realizzazione dei progetti. Noi non siamo contro la valorizzazione turistica della baia, come sostiene Eramo; ci opponiamo a una violenta speculazione edilizia che priverebbe la popolazione del comune dei benefici derivanti da un corretto investimento turistico, rispettoso dell'ambiente, capace di valorizzare (anche economicamente) e non distruggere un patrimonio paesaggistico e naturale prezioso e unico. La maggioranza ci ha accusato di far sprecare al comune 3.600 euro in costi: si associno a noi a rinunciare all'indennità dei consiglieri.
Per noi è irresponsabile tenere all'oscuro i cittadini delle manovre attorno alla baia, non informarli su un tema che non è un balletto tra la proprietà e il Sindaco Ret ma una grande opportunità di sviluppo economico e sociale, la cui soluzione è minacciata proprio dalle manovre maldestre della maggioranza di centro destra».
Fin qui la questione Baia, ma l'esternazione estiva del capogruppo della Lista insieme in consiglio comunale non risparmia la questione Corridoio 5, e le prese di posizione del vicesindaco Massimo Romita sull'inutilità - non essendoci ancora progetti definitivi - dell'incontro pubblico convocato lunedì scorso: «Ricordo a Romita - conclude Veronese - che l'impegno assunto nell'ultimo consiglio comunale di informare la popolazione è scaturito da un'iniziativa del centro sinistra. Nel corso dell'incontro al circolo Gruden decine di cittadini hanno potuto chiedere informazioni su tutti i problemi, compresa la tutela degli interessi dei privati. E hanno avuto risposte esaurienti da tecnici documentati e molto disponibili. Romita, invece di indignarsi, dovrebbe rispondere a una sola domanda: perché non è stata l'amministrazione Ret a organizzare l'incontro, rompendo un silenzio di anni su questa delicata materia che tocca da vicino tutti i cittadini? Comunque non si preoccupi il vice sindaco: continueremmo a farlo noi, perché questo è l'interesse della popolazione».

 

 

Metano in tre anni anche a Spalato  - Il gasdotto partirà dall’asse Pola-Fiume-Zagabria mentre la tratta dalmata inizierà a Bosiljevo. Lavori al via in autunno

 

Il premier Sanader ha firmato un accordo da 190 milioni di euro con la Bei

Saranno installate tubature e stazioni di pompaggio lungo 290 chilometri

FIUME Poco più di tre anni e il metano arriverà anche a Spalato. Lo ha dichiarato il premier Sanader in occasione della firma di un accordo di credito con la Bei (Banca europea per gli investimenti) grazie al quale sarà finanziata una parte del gasdotto che prenderà la strada della Dalmazia partendo dall’asse Pola-Fiume-Zagabria. La diramazione che porterà il gas naturale nei centri della Dalmazia partirà da Bosiljevo, poco a sud di Karlovac.
I lavori per la posa del «gasdotto dalmata», secondo Sanader, inizieranno in autunno e c’è da scommettere che la data sarà fissata in prossimità delle elezioni di novembre.
L’accordo sottoscritto con la Bei prevede un finanziamento di 190 milioni di euro, a condizioni uguali a quelle abituali per i paesi dell’Unione Europea. Per le rate di rimborso è stata concessa una moratoria di 5 anni. Il prestito, infine, sarà restituito in un arco ventennale.
A sottoscrivere il documento – la firma è avvenuta martedì a Spalato – sono stati il ministro delle Finanze, Suker, uno dei vicepresidenti della Banca europea, Kollatz-Ahnen, e il presidente del cda della «Plinacro», Radosevic. La ditta in questione ha stretti rapporti anche con l’italiana Eni e gestisce la grande distribuzione del gas naturale su tutto il territorio nazionale. A livello locale, invece, le forniture spettano a concessionari scelti dalle amministrazioni cittadine o regionali. La Plinacro gestisce anche il metanodotto che trasporta il gas naturale estratto dai giacimenti al largo della costa istriana fino alle utenze dell’interno, transitando per Fiume e Karlovac.
Per quanto concerne il «gasdotto dalmata», l’obiettivo indicato dal premier Sanader è quello di portare il metano alle utenze dei principali centri costieri, Spalato in testa, entro la fine del 2010. Inizialmente la data indicata era stata il 2012, ma è stato lo stesso Sanader a fare pressioni sulla Plinacro affinché l’arco di tempo venisse abbreviato il più possibile.
Si tratta di installare tubazioni e stazioni di pompaggio su una tratta di 290 km, quella tra Bosiljevo e Spalato, ma anche di realizzare tutta la rete distributiva a livello locale.
In occasione della firma dell’accordo di finanziamento con la Bei, il premier ha rivolto un appello agli amministratori locali affinché non ci siano intoppi o lungaggini e si possa procedere al più presto all’indizione delle gare d’appalto e stabilire l’assegnazione delle concessioni. L’accordo sottoscritto con la Bei è tuttavia solo una tessera del mosaico progettato per consentire l’impiego del gas naturale come fonte energetica sull’intero territorio nazionale. Non si tratta, ovviamente, solo di «diffondere» l’uso di quello estratto dai giacimenti istriani, ma anche di quello dovuto alle forniture russe. Il metano fornito dai giacimenti sottomarini al largo di Pola consentirà tuttavia una minore dipendenza dalle importazioni. Ed è anche per questo che la Plinacro ha ultimato in tempi tanto rapidi l’apprestamento dell’asse Pola-Fiume-Zagabria.
La metanizzazione della Dalmazia (a Fiume il gas naturale dovrebbe sostituirsi a quello attuale già a fine settembre) non sarà comunque che un tassello del predetto mosaico distributivo. Un mosaico che prevede stanziamenti per un totale di circa 443 milioni di euro.
f.r.

 

 

«Ferriera, è necessario fare una scelta»

 

I dati diffusi da Verdi e dall’Arpa sull’inquinamento a Trieste sono molto allarmanti: sapevamo che la nostra zona industriale è inquinata, ora sappiamo quanto. Sapevamo anche che questa situazione affonda le radici in più di un secolo di attività industriali e che l’inquinamento tuttora continua, ad opera soprattutto della Ferriera e della Siot. Nessuno si sogna di chiedere la chiusura della Siot, l’approvvigionamento di petrolio è un interesse nazionale e i traffici complessivi del nostro porto ne verrebbero più che dimezzati. E dunque si dovrà chiudere la Ferriera, prima o poi.
Il sindacato è d’accordo, ma vorremmo sapere quando e come. Una domanda a cui nessuno di quelli che chiedono la chiusura ha mai provato a rispondere. Non risponde il sindaco Dipiazza, non rispondono le associazioni ambientaliste, non rispondono i Verdi, non rispondono le forze politiche. Dopo le roboanti richieste di chiusura, alla domanda: quando e come? Segue sempre un silenzio assordante. La Regione, la Severstal-Lucchini e i sindacati si stanno arrabattando da anni per trovare una soluzione. Avevamo 21 tavoli di confronto, adesso ne abbiamo uno solo, in queste settimane con il nuovo amministratore delegato della Ferriera si è ipotizzata una data: il 2015. Da quell’anno finiranno i vantaggi del riutilizzo a fini energetici dei gas della produzione, da quell’anno si potrà chiudere. Ma dove metteremo i lavoratori? La zona industriale di Trieste, proprio perché è inquinata, non può ospitare nuove iniziative. Quindi i posti di lavoro non ci sono e, nonostante tutti i suoi sforzi, lo Sportello lavoro della Provincia non può inventarli. Anche dell’inquinamento della zona industriale e delle centinaia di milioni di euro che servirebbero per bonificarla si parla troppo poco. Allora che fare? Azienda e sindacati stanno discutendo di alcune soluzioni da proporre alla Regione. L’attività siderurgica potrà gradualmente essere riconvertita puntando sulla logistica e sull’energia. Questo però significa due cose: costruire la piattaforma logistica e impiantarvi attività industriali, costruire il rigassificatore a terra e abbinare ad esso un’altra centrale a turbo gas. Senza queste attività la Ferriera non chiuderà, l’area su cui oggi si trova lo stabilimento non si potrà bonificare, le oltre 500 persone che vi lavorano non potranno essere ricollocate. Al di là dei vantaggi fiscali o tariffari che può portare il rigassificatore, si pone quindi un problema di scelte strategiche. Chiudere la Ferriera e bonificare le aree inquinate è possibile solo se si trovano investimenti alternativi. Oggi gli unici investimenti possibili sono quelli nei campi dell’energia, della logistica e delle attività industriali ad esse collegate. Sono attività pulite, molto più pulite di quelle che abbiamo oggi.
Il Comune di Trieste e gli altri Comuni, le forze politiche e le associazioni ambientaliste, sono disponibili ad una assunzione di responsabilità per assicurare ai cittadini una riduzione dell’inquinamento che sia compatibile con lo sviluppo economico e occupazione? Vorremmo sentire un sì o un no come risposta a questa domanda, non arrampicature sugli specchi o i soliti «scarica barile». E se la risposta sarà no, pretendiamo che venga fornita ai lavoratori e ai cittadini una seria alternativa, che non è certo il turismo o la pesca.
Luca Visentini - segretario generale Uil  Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 agosto 2007

 

 

Corridoio 5, An attacca l’assemblea del centrosinistra - Romita: «Solo fumo, parlano senza avere il progetto finale con false accuse»

 

Polemiche anche sul Consiglio

DUINO AURISINA Toni accesi da campagna elettorale, a Duino Aurisina. Ieri, con una nota a dir poco polemica, Alleanza nazionale ha commentato l'iniziativa organizzata dal centrosinistra lunedì sul Corridoio 5, l'assemblea informativa - alla presenza dei resposabili delle Ferrovie e di rappresentanti della Regione - per rendere conto dell'iter relativo al percorso dell'alta velocità che interessa nel dettaglio Duino Aurisina.
«Solo fumo - ha scritto in una nota il vicesindaco Massimo Romita - è quanto sta portando avanti il centrosinistra, che ha organizzato una presentazione senza avere, come per altro già da noi annunciato, il progetto finale del Corridoio 5. Accusano l'amministrazione di centro destra di non fare informazione, quando a farla dovrebbero essere i proponenti, ovvero in prima battuta la Regione e lo Stato, entrambi di centrosinistra».
Ancora sul Corridoio 5: «Nell'ultimo consiglio comunale abbiamo approvato un ordine del giorno nel quale si impegna Il sindaco del Comune di Duino Aurisina a farsi promotore nei confronti della Regione Fvg e del governo nazionale della richiesta per l'ottenimento della documentazione relativa alle opere in oggetto, al fine di far conoscere al consiglio comunale e alla popolazione del Comune di Duino Aurisina il progetto attuale del Corridoio 5, dobbiamo attendere che ci venga prodotta la documentazione prima di dare informazione ai cittadini».
Polemica anche sulla richiesta della convocazione del consiglio straordinario sulla Baia: «Lo riteniamo - ha scritto ancora Romita - un atto di grande irresponsabilità, seppur lecito e nelle loro piene facoltà di consiglieri comunali, quello di far spendere 3600 euro all'amministrazione. Concordiamo con la lista Ret: basterebbe un incontro audizione in commissione capigruppo o allargata a tutti i consiglieri».
Il centrosinistra si è detto invece soddisfatto della riunione sul Corridoio 5: i consiglieri comunali Igor Gabrovez e Maurizio Rozza, in particolare, hanno ribadito il valore dell'iniziativa promossa dal centro sinistra per informare la popolazione. Rozza ha annunciato che in tutte le sedi politiche sarà sostenuta la necessità di adottare, per la consultazione allargata delle popolazioni interessate, il modello Agenda 21 che fissa criteri collaudati della partecipazione.

 

 

Scontro tra maggioranza e opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a porta

 

SAN DORLIGO È scontro politico a San Dorligo tra maggioranza e opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a porta. Le affermazioni pronunciate ieri del sindaco Fulvia Premolin, che giudicava positivo il primo mese del sistema di raccolta, trovano del tutto contrari i consiglieri Roberto Massi e Giorgio Jercog (Oltre il polo). «Nemmeno la Provincia vede di buon occhio questo tipo di raccolta», dicono i due consiglieri. Che aggiungono: «Anche a Monfalcone il sindaco Gianfranco Pizzolito faceva proclami entusiastici, per poi essere smentito dai fatti e dover far fronte all'emergenza con vigili urbani in borghese per contrastare il rilascio di tonnellate di rifiuti per le principali vie cittadine e di periferia. Finché non partirà del tutto il nuovo sistema, non serve fare comunicati trionfalistici».
I due esponenti dell’oppisizione parlano quindi di «disinformazione», e replicano anche ai riferimenti fatti agli abitati di Frankovec e Aquilinia che, secondo il sindaco, sarebbero quelli che hanno risposto meglio,
«Rimangono da consegnare i bidoncini ad almeno il 30-35% dei residenti - osservano polemicamente Roberto Massi e Giorgio Jercog -. Ad esempio, proprio a Frankovec, dove i bidoncini non consegnati creano problemi per le abitazioni condominiali. Ma alla fine saranno i cittadini a dare un vero giudizio su questo sistema di raccolta, soprattutto quando saranno tolti del tutto i cassonetti stradali. Se poi si parla di “riconoscimenti” alle famiglie più “virtuose”, si sfiora davvero il ridicolo - concludono i due consiglieri della lista Oltre il Polo -. Ma sarà di sicuro un autunno caldo su questo fronte».
Analoga la posizione del collega Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che in una interpellanza chiede anche al sindaco chiarimenti su quantità raccolte, soldi introitati dalla vendita dei rifiuti differenziati, e costi dell’asporto dei rifiuti per le sagre.
s.re.

 

 

Slitta il verdetto sulla megavetreria

 

La commissione per la valutazione d’impatto ambientale ha rinviato all’8 agosto l’esame del progetto che riguarda la Bassa

TRIESTE Slitta il parere sulla megavetreria che la veneta Sangalli vuole aprire a San Giorgio di Nogaro e che i comitati della Bassa e gli ambientalisti avversano con forza.

La commissione regionale di Via, riunitasi ieri mattina sotto la presidenza dall’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton, non apre nemmeno il «dossier» sul progetto di insediamento, ma lo rinvia di una settimana, dandosi appuntamento a mercoledì 8 agosto.
Il motivo? «Non c’è stato il tempo materiale» afferma Moretton. E spiega, a scanso di equivoci o interpretazioni maliziose, il perché: la commissione di Via, nella seduta di ieri, si ritrova a dover fare lo screening a ben 16 progetti che riguardano il territorio del Friuli Venezia Giulia. Ebbene, come ricorda l’assessore, lo screening è una sorta di esame preliminare che serve a individuare quali progetti vanno sottoposti alla valutazione di impatto ambientale e quali invece no. Ed è un esame obbligatorio per legge.
L’urgenza di analizzare già nella seduta di ieri tutti i 16 progetti, continua Moretton, nasce dal fatto che, nel caso in cui la commissione non decida entro 30 giorni, quei progetti superano automaticamente il passaggio di Via. Impossibile attendere, insomma.
Quanto alla vetreria di San Giorgio, che solo l’altro ieri ha visto i comitati mettere le mani avanti e preannunciare ricorsi in caso arrivasse il «sì» della Regione, se ne riparla tra sette giorni: la commissione è chiamata a decidere anche sulla base del parere dell’Azienda sanitaria, che ha dato un via libera condizionato a due prescrizioni «pesanti», e di quello dell’Arpa. Gli oppositori del progetto, però, non hanno dubbi: la vetreria va stoppata, come già il cementificio, perché non è meno «devastante» per il territorio della Bassa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 agosto 2007

 

 

Corridoio 5, Duino chiede i dettagli  - L’incontro sull’alta velocità voluto dal centrosinistra ha coinvolto oltre 100 persone

 

Illustrati gli accordi tra la Regione e i governi di Italia e Slovenia. «Il progetto dovrà tenere conto della popolazione locale»

DUINO AURISINA È il tempo della concertazione per quanto riguarda il Corridoio 5. Questa la sintesi ultima dell'incontro, organizzato dal centrosinistra ad Aurisina, per illustrare alla popolazione l’esito degli accordi tra la Regione, il Governo italiano e quello sloveno sul tracciato dell’alta velocità che interessa direttamente Duino Aurisina.
Oltre un centinaio di persone hanno partecipato alla riunione organizzata dall'opposizione in consiglio comunale, alla presenza di due responsabili locali delle Ferrovie (Mario Golliani e Daniel Zorn), del consigliere regionale Uberto Fortuna Drossi e del portavoce dell'assessore Lodovico Sonego. Tutti insieme per ribadire come ci si trovi solo all'inizio dell'iter, e come il percorso a oggi individuato sia un punto di partenza e non di arrivo. Un primo documento necessario a ottenere, in sinergia con la Slovenia, i fondi europei necessari per la progettazione di dettaglio dell'intero tracciato. Una progettazione di dettaglio che dovrà tenere conto della popolazione locale ed essere - è stato auspicato dal centrosinistra - condotta all'interno dei sistemi dell'Agenda 21.
Un progetto, quello dell'Alta velocità - è stato ribadito ieri - che potrebbe entrare in attività dopo il 2015, anche se già a partire dal 2010 (ha spiegato il professor Santorini dell'Università di Trieste) il sistema economico locale soffrirà dell'assenza di un collegamento veloce. L’attuale tratta ferroviaria che collega Trieste utilizzando anche il territorio di Duino Aurisina, infatti, è concepita per la bassa velocità ed è attualmente al limite della capacità: 160 treni attuali, contro i 190 allocabili lungo la tratta stessa.
Per quanto riguarda la tratta attualmente ipotizzata lungo il territorio di Duino Aurisina, la linea (nell'attuale fase di progettazione) entra in galleria a Ronchi, riappare al Lisert, torna in galleria fino alla dolina Senik ad Aurisina Cave, corre 250 metri all'aperto e poi si rituffa nel Carso. La quota va da 20 metri sul livello del mare a 70 metri. I treni passeranno sotto Visogliano a una profondità di 60 metri: la linea potrà essere spostata verso monte per evitare quasi completamente l'abitato.
Il materiale scavato - è stato spiegato - sarà trasportato su camion che non attraverseranno i paesi ma utilizzeranno un raccordo speciale con l'autostrada. Il materiale sarà usato per costruire un tratto di linea da Venezia a Ronchi.
«Siamo molto soddisfatti del risultato di questo incontro - ha dichiarato Massimo Veronese - Abbiamo dimostrato all'amministrazione comunale di Duino Aurisina che c'erano informazioni da dare alla popolazione e che la gente è interessata. Ora bisogna lavorare per un progetto di dettaglio condiviso anche dalla nostra popolazione. Alcuni dettagli, come quello importante del trasporto su camion in autostrada, e non lungo le frazioni, del materiale di risulta delle escavazioni per la costruzione delle gallerie, sono stati chiariti. Al momento opportuno sarà necessario essere certi della concreta applicazione e, come già sottolineato, nel coinvolgimento delle persone del territorio sulle scelte strategiche».
Francesca Capodanno

 

 

San Dorligo dice addio ai cassonetti  - In tre settimane spariranno, sostituiti dalla raccolta porta a porta

 

Positivo il bilancio del nuovo metodo per l’asporto dei rifiuti. Premolin: «Non abbiamo avuto proteste»

SAN DORLIGO DELLA VALLE Fra tre settimane al massimo, nel comune di San Dorligo della Valle spariranno del tutto (o quasi) i cassonetti stradali per la raccolta dei rifiuti, resi inutili dalla raccolta porta a porta che ad un mese dal suo avvio, è quasi a regime pieno, con ottimi risultati.
A tracciare un bilancio di questi primi, concitati trenta giorni del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, è il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin.
Bilancio positivo, almeno sulla risposta della gente, visto che i dati effettivi sulla quantità di rifiuti riciclabili raccolti saranno noti solo fra qualche tempo. «La gente ha accolto bene l’iniziativa, e dimostra di voler bene al suo territorio, e di questo ero certa – dice Premolin -. Al numero telefonico del Comune, dedicato a questo programma di raccolta, riceviamo una media di una decina di telefonate al giorno, ma solo con richieste di informazioni su qual è il miglior comportamento da adottare. Di proteste, non ne abbiamo avute».
Richieste di informazioni vengono fatte anche agli operatori (comunali o della ditta appaltatrice) che si occupano della raccolta. È emersa ad esempio l’esigenza di istituire una raccolta mirata per i medicinali, ora non prevista, che avverrà forse mensilmente, semplicemente raccogliendo i sacchetti di medicine lasciate fuori casa dfai residenti, per portarle poi nelle discariche autorizzate.
All’inizio erano stati i consiglieri di opposizione ad avanzare seri dubbi sull’efficacia del sistema, e sull’effettivo risparmio per i cittadini. «Proprio nelle frazioni in cui loro stavano mandando avanti la loro battaglia, a Frankovec e Aquilinia, abbiamo avuto i risultati migliori», ancora Premolin.
Si sta completando ancora, però, la distribuzione dei contenitori a quelle famiglie (poche, invero) che non l’avevano ricevuto perché assenti o per altri motivi. La distribuzione è stata però già completata nei centri minori, dove, di conseguenza, sono stati tolti del tutto i cassonetti stradali, in quanto inutili.
Ora si pensa già alle migliorie e ai ritocchi da apportare al servizio. «Stiamo pensando di dotare i contenitori di ganci, in modo che non ci siano problemi d’inverno, nelle zone del nostro territorio che sono maggiormente esposte alla bora. Ma si pensa anche a dare una sorta di gratificazione alle famiglie che si dimostreranno più scrupolose», spiega il sindaco.
Sulle modalità degli incentivi, ancora non c’è chiarezza. Forse anche un ritocco della tariffa, o forse semplicemente un altro tipo di gratificazione personale. «Prenderemo spunto da altri centri dove questo tipo di raccolta è in vigore da più tempo», ancora Premolin.
Il raggiungimento del 40 per cento di rifiuti riciclabili (dal 17 per cento attuale) è un obiettivo di legge che Premolin guarda con un certo scetticismo: «Non so se ce la faremo – dice il sindaco di San Dorligo della Valle -, ma vedendo come la gente si sta comportando, forse potremmo anche raggiungere tale cifra».
Sergio Rebelli

 

 

Si decide sulla vetreria, comitati pronti al ricorso - Oggi si riunisce la commissione Via per deliberare sull’impianto di San Giorgio. Comuni della Bassa divisi

 

SAN GIORGIO DI NOGARO Vetreria Sangalli, si decide. Si riunisce infatti oggi la commissione per la valutazione dell’impatto ambientale dell’impianto che dovrebbe sorgere nell’area industriale di San Giorgio di Nogaro. Se Gianfranco Moretton demanda alla commissione la scelta finale, le indiscrezioni puntano su un parere favorevole. In questo caso, però, si delinea all’orizzonte un nuovo caso ambientale: i comitati garantiscono una campagna se possibile più incisiva e pressante rispetto a quella contro il cementificio di Torviscosa.
L’Azienda sanitaria ha da tempo espresso parere favorevole al progetto, e si attende che anche l’Arpa dia disco verde: al momento l’agenzia non ha lasciato trapelare alcunché, e l’assessore all’Ambiente si è limitato ad assicurare «un parere molto approfondito, competente e articolato». L’ok concesso dall’Ass della Bassa Friulana si fonda su due elementi considerati assolutamente prioritari, due prescrizioni che impongono cioé alla Sangalli di provvedere via nave all’approvvigionamento di materia prima e prevedono al contempo l’installazione di una centralina di monitoraggio delle emissioni inquinanti, in modo da verificare costantemente il rispetto dei parametri di legge.
Proprio il verdetto emesso dall’Azienda sanitaria suscita le ire dei comitati che rimarcano come, a loro avviso, la decisione strida in modo clamoroso con il parere negativo dato al cementificio. Paolo De Toni, alla vigilia della seduta odierna, promette battaglia: «Il parere della commissione Via e la conseguente delibera di giunta faranno inevitabilmente acqua da tutte le parti, per cui sarà facile l’impugnazione degli atti da parte di “soggetti portatori di interesse” cioè legittimati a ricorrere al Tar». De Toni continua: «Ci eravamo illusi che, con la battaglia del cementificio, fosse prevalso un approccio serio da parte degli enti. Ma così non è stato. In particolare va stigmatizzato il comportamento della Azienda sanitaria che, in sfregio al principio di non contraddizione, così caro alla logica e alle scienze naturali, ha sottoscritto nello stesso giorno, il 6 giugno 2007, attraverso lo stesso responsabile, un parere negativo per il cementificio ed uno positivo per la vetreria, quando è ben noto che le entità delle emissioni dei due camini sono del tutto paragonabili ed inserite in un contesto, quello della pianura padana, veneta e friulana, che risulta una fra le zone più inquinate d’europa».
Pertanto, conclude De Toni, «il Comitato di difesa ambientale annuncia in anticipo che verrà lanciata una battaglia sia sul piano legale per tentare comunque di bloccare questo progetto, che su quello politico per individuare i responsabili e i registi di questa operazione forzata ed assolutamente inaccettabile».
Il fronte dei Comuni del territorio, sulla vetreria, si è spaccato: Marano e Porpetto hanno esternato la propria assoluta contrarietà al progetto, mentre Carlino, Torviscosa e San Giorgio si sono espressi favorevolmente; Terzo di Aquileia ha invece assunto un atteggiamento prudente legato a «dati oggettivi sulla base dei quali sarà possibile esternare una valutazione».
Giovanni Stocco

 

 

«Rigassificatori? Meglio l’idrato di metano»

 

Tra pochi anni vedremo solcare i mari navi che trasportano il metano sotto forma di idrato invece che come gas naturale liquefatto. Alla ventitreesima conferenza mondiale sul gas di Amsterdam del 2006 è stato presentato uno studio della giapponese Mitsui Engineering&Shipbuilding Co. Ltd. (Mes) sulla trasformazione del metano in idrato di metano, con un impianto pilota che produce circa 1000 kg di idrato/giorno sotto forma di pellets di forma diversa e di dimensioni variabili da 5 mm a qualche centimetro. Con questo primo impianto pilota è possibile produrre idrati di metano da trasportare via nave dal luogo d’estrazione del metano al paese utilizzatore. L’idrato è quindi un vettore del gas naturale più sicuro e più economico di quanto lo sia oggi l’attuale tecnologia del gas naturale liquefatto. Rispetto al Lng trasportato a 160° sotto zero, il gas idrato (Ngj) viene trasportato a 20° sotto zero. La stessa quantità di metano nella forma idrata occupa un volume che è da 3 a 4 volte superiore al gas liquefatto. Però la sintesi dell’idrato, il suo trasporto, la sua rigassificazione non comportano i pericoli del Gnl e i costi energetici sono inferiori del 25%. Mes ha studiato anche gli effetti delle vibrazioni della nave durante il trasporto per verificare la stabilità dei pellets, con esiti positivi. Per il trasporto bastano stive o container refrigerati a -20°, ma la stabilità dell’idrato è assicurata fino a -5° a pressione ambiente.
L’idrato di metano – fase solida omogenea formata da molecole di acqua e da molecole di metano ingabbiate dalle prime (composti di questo tipo sono noti come clitrati) - ha l’aspetto della neve e del ghiaccio. Un volume di idrato «ingabbia» da 150 a 180 volumi di metano. Gli idrati di gas naturale sono composti presenti in natura in enormi quantità nei fondali marini da 500 a 4000 metri di profondità. La quantità di metano idrato – Natural Gas Hydrates ovvero Ngh – presente in natura è stata statisticamente valutata come oltre 100 volte maggiore delle attuali riserve sfruttabili di metano esistenti nel pianeta. Gli idrati sono inoltre presenti nelle zone climatiche polari dove costituiscono il permafrost.
La tecnologia di trasformazione del metano nell’idrato è studiata da oltre dieci anni partendo dalla caratterizzazione degli idrati naturali. Università e laboratori di ricerca statunitensi, canadesi, cinesi, giapponesi, coreani, iraniani, del Qatar, La tecnologia utilizzata per la produzione di idrato di metano, la sua conformazione in pellet, lo stoccaggio, il trasporto marittimo e la rigassificazione è una tecnologia ormai matura, più conveniente, meno costosa, priva di rischi in tutte le fasi della lavorazione, nella catena che va dalla produzione al consumo. Si discute tanto del «sistema Trieste», di fare rete fra Università ed altri enti di ricerca come Ogs, l’area di ricerca, gl incubatori tecnologici per essere attori dell’innovazione tecnologica nel nostro territorio. Per diventare veramente protagonisti dell’innovazione sarebbe meglio riflettere su questi aspetti piuttosto che insistere su un dibattito inutile sul numero di rigassificatori.
Lino Santoro - Comitato Scientifico nazionale Legambiente

 

 

 

 

KONRAD -  luglio-agosto 2007

 

 

Dario PREDONZAN risponde a ILLY

 

Alcune affermazioni del Presidente della Regione, Riccardo Illy, contenute nell’intervista apparsa su “Konrad” del giugno 2007, meritano una risposta.
Cementificio di Torviscosa e valutazione dell’impatto ambientale (VIA).
1) Illy ritiene che la VIA serva a “verificare se le norme (a tutela della salute e dell’ambiente) sono rispettate”, quando un’impresa chiede di poter insediare una nuova attività. Dopo di che, se la ditta dimostra che il suo progetto è in regola, la Regione “non può negare il permesso”.
Non è così: infatti “Per impatto ambientale si intende l’insieme degli effetti diretti, indiretti, secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, a piccola e grande distanza, positivi e negativi indotti da un insieme o da singoli interventi sull’ambiente” (art. 2, comma 1 della legge regionale n. 43 del 1990 sulla VIA). Inoltre (art. 2, comma 3) “L’impatto ambientale è valutato in rapporto agli effetti sull’uomo, la fauna, la vegetazione, il suolo, l’acqua, il clima, il paesaggio, i beni materiali, il patrimonio storico-culturale, l’ambiente socio-economico e le loro interazioni reciproche al fine di eliminare o comunque ridurre entro limiti compatibili l’impatto ambientale degli interventi”. La VIA è quindi cosa ben diversa e assai più complessa della mera verifica del rispetto dei limiti di legge (per le emissioni nell’aria e nelle acque), delle norme urbanistiche, ecc..
Applicando questa legge, il Servizio VIA della Regione ai primi di febbraio aveva espresso un giudizio negativo sull’impatto ambientale del cementificio di Torviscosa: poi però qualcuno aveva pensato bene di ribaltare quel giudizio. Per fortuna (ma solo dopo quattro mesi di polemiche, manifestazioni di piazza, ecc.), alla metà di giugno la Giunta regionale ha deciso che il giudizio del Servizio VIA era giusto e ha bocciato il progetto.
2) Illy sostiene che “la composizione della Commissione VIA regionale è regolata da norme europee e nazionali”.
Non è vero. Nessuna norma europea, né nazionale, impone che la Commissione VIA – come accade in Friuli Venezia Giulia – sia presieduta da un politico, cioè dall’assessore all’ambiente, né che la maggioranza dei componenti sia costituita da funzionari regionali. Si tratta di una scelta politica (altre Regioni italiane hanno fatto diversamente), che risale peraltro a parecchi anni addietro ed è stata confermata e rafforzata dall’ultima modifica della legge regionale sulla VIA, avvenuta nel 2001, ai tempi della Giunta regionale di centro-destra. Modifica che, evidentemente, la Giunta attuale condivide.
Rigassificatori.
3) A proposito dell’impatto dei rigassificatori sull’ambiente marino, per lo scarico di acque fredde e clorate, Illy sostiene che “il cloro è presente anche nell’acqua del rubinetto… non è una sostanza tossica ed è volatile”, mentre l’abbassamento della temperatura del mare è “un fenomeno del tutto limitato”.
L’acqua del rubinetto è potabile proprio perché viene sterilizzata (a basso dosaggio) con il cloro, ma un mare di acqua potabile sarebbe biologicamente morto. Senza contare che il cloro (che è tossico e infatti veniva usato come gas asfissiante durante la I Guerra mondiale) dà origine nell’acqua a svariate sostanze “cloroderivate” di elevata pericolosità, se si accumulano negli organismi viventi. Il guaio vero è che nessuna seria valutazione sull’impatto ecologico delle acque clorate nel Golfo di Trieste o nella Baia di Muggia è stata fatta, malgrado il protrarsi della procedura di VIA: il problema rimane quindi aperto. Lo riconoscono le stesse delibere della Giunta regionale, la quale pilatescamente ha dichiarato di non avere gli elementi per esprimersi sull’impatto ambientale dei rigassificatori, rinviando la decisione al ministero dell’ambiente.
Quanto alle temperature, lo studio di Gas Natural per l’impianto di Trieste-Zaule ammette che tutta l’acqua della Baia di Muggia, a seguito del prelievo e del successivo scarico dell’acqua dal rigassificatore, verrebbe raffreddata (e clorata con l’immissione di 127 kg di cloro al giorno) all’incirca due volte l’anno, stante l’inesistente ricambio idrico in quel bacino.
Tanto che esiste il rischio concreto di rendere impossibile lo stesso processo di rigassificazione, alla lunga, essendo necessaria acqua relativamente “calda” per funzionare.
4) Illy annuncia tuttavia che il parere della Regione al ministero dell’ambiente sul rigassificatore di Trieste-Zaule, comprenderà una prescrizione per imporre il prelievo e lo scarico delle acque al di fuori delle dighe foranee.
Allora, quindi, il problema dell’abbassamento della temperatura del mare non è poi un fenomeno così limitato, come Illy sembrava ritenere poche righe prima… In ogni modo, va detto che una modifica progettuale di tale portata comporterebbe la necessità di riavviare la procedura di VIA (andrebbero valutati infatti gli impatti legati alla posa delle condotte su fondali inquinati come quelli della baia di Muggia, ecc.) e che questa prescrizione non può certo ritenersi risolutiva. La situazione è infatti critica anche nel mezzo del Golfo di Trieste. Stanti i bassi fondali (poco più di
20 m), lo scarso ricambio idrico naturale e le deboli forze di marea, l’acqua nell’Alto Adriatico ristagna anche per 30 giorni consecutivi.
5) Illy afferma che, una volta deciso il parere della Regione sui rigassificatori, “informeremo i cittadini nel modo più ampio e completo”.
Magari i cittadini avrebbero avuto il diritto di essere informati (e consultati) prima e non dopo, visto che questo prevedono – tra l’altro – Direttive europee e convenzioni internazionali….
Trasporti ferroviari.
6) Sulla TAV Illy sostiene che i traffici tra Est e Ovest Europa stanno aumentando lungo l’asse della pianura padana, mentre le linee ferroviarie tra Venezia e Trieste “saranno tra poco sature”. Si chiede poi: “il perché di questa ostilità al treno?”
I dati però non confermano la tesi della saturazione delle linee esistenti (siamo intorno al 50 per cento della capacità, che potrebbe essere anche aumentata senza costruire nuove linee).
Non c’è poi affatto “ostilità al treno”, da parte degli oppositori alla TAV, anzi, ma soltanto contrarietà alla linea superveloce voluta da Illy e dalla lobby delle costruzioni, perché: 1) non servirebbe alle merci; 2) costerebbe uno sproposito (circa 6,2 miliardi di Euro stimati per la sola Venezia –Trieste); 3) squarcerebbe il sottosuolo carsico e sarebbe pronta (forse) tra 20 anni, mentre servono (subito!) interventi per migliorare le linee esistenti, e soprattutto rendere efficiente il servizio, così da dirottare sul serio il traffico merci dalla gomma alla ferrovia. Un esempio: la linea “Pontebbana” Udine-Tarvisio, completata nel 2002 proprio in funzione del traffico merci, viene utilizzata per poco più del 20 per cento della sua capacità, mentre l’autostrada A 23 scoppia di TIR: perché?
Un ultimo commento. Illy dichiara che i suoi consulenti scientifici sono “i dirigenti della Regione che hanno competenze in materia, oltre ai membri esterni della Commissione VIA”. Stando a quanto afferma su VIA, rigassificatori e TAV, forse dovrebbe consultarli più spesso, o fare più attenzione a quello che dicono.
Dario Predonzan

 

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 luglio 2007

 

 

Oltre 100 pesticidi nelle acque italiane - C'è anche l'atrazina, vietata da 20 anni - L'analisi dell'Agenzia protezione ambiente: contaminato il 47 per cento di laghi e fiumi
 

Gli erbicidi la fanno da padrone: solo nel Po 31 diverse sostanze. "Ma non è allarme"

ROMA - Ci sono 119 pesticidi nelle acque italiane (ne vengono utilizzate in agricoltura circa 150.000 tonnellate ogni anno): 112 in quelle superficiali, 48 in quelle sotterranee. Vale a dire che sono contaminati il 47% delle acque superficiali, laghi e fiumi, (il 28% in maniera critica) e il 24,8% di quelle sotterranee (il 7,7% in maniera più significativa). Tra le sostanze rilevabili, l'atrazina, vietata da 20 anni.
Emerge dal primo rapporto sul piano nazionale di monitoraggio effettuato dall'Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici) presentato stamattina e relativo a dati raccolti (e parziali per alcune realtà regionali) nel triennio 2003/2005 su incarico della Conferenza stato-regioni.
"Nel 2005 (ultimo e più rappresentativo anno di indagini) - spiega l'Apat in dettaglio - i controlli hanno riguardato 3.574 punti di monitoraggio e 10.570 campioni, per un totale di 282.774 misurazioni analitiche. Nelle acque superficiali è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di monitoraggio (47% del totale), nel 27,9% dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili". Nelle acque sotterranee, sono risultati contaminati 630 punti di monitoraggio "(24,8% del totale), nel 7,7% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità".
Tra i pesticidi riscontrati, gli erbicidi sono le sostanze largamente più rinvenute. La presenza, generalmente riscontrata, di miscele di sostanze (fino a 12 composti diversi) e le lacune conoscitive in relazione ai possibili effetti cumulativi impongono particolari cautele. Per alcune sostanze, osserva ancora l'agenzia, la contaminazione è molto diffusa, interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità di interventi di mitigazione dell'impatto. Tra queste gli erbicidi triazinici e alcuni loro prodotti di degradazione.
Particolarmente critica è, ad esempio, la contaminazione da terbutilazina diffusa in tutta l'area padano-veneta (nel Po, ad esempio, si trova nel 52,7% dei campioni analizzati) ed evidenziata anche in alcune regioni del Centro-sud. Il Po, complessivamente, contiene 31 pesticidi, tra cui l'ancora diffusa (a distanza un ventennio dal divieto) l'atrazina: residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza ambientale della sostanza, ma - forse - risultato del persistente commercio illegale della sostanza. Non c'è però un allarme Po: i dati sembrano infatti in linea - sostengono i tecnici - con quelli relativi agli altri principali corsi d'acqua europei.
Il lavoro è certamente parziale perché non è stata uniforme la risposta delle regioni. Ma i tecnici sottolineano che il percorso di monitoraggio intrapreso comincia a dare i suoi frutti. "Nel 2003 - spiegano - solo Piemonte ed Emilia Romagna facevano monitoraggio nel modo corretto. Oggi anche la Provincia di Trento, la Sicilia, il Lazio, le Marche, l'Abruzzo e la Basilicata hanno elaborato un piano per il monitoraggio, mentre Campania, Umbria e Veneto stanno agendo in modo virtuoso anche se non hanno stilato il piano".
I dati riscontrati dall'Apat collimano con quelli osservati dal dossier "Fiuminforma", curato l'anno scorso da Legambiente, utilizzando le analisi eseguite dal Corpo forestale dello Stato, che indicava un 21 per cento dei fiumi italiani malati "gravi". "Non siamo all'allarme - ha in ogni caso puntualizzato il Commissario straordinario dell'Apat, Giancarlo Viglione - ma la situazione è da tenere sotto controllo perché l'acqua monitorata impatta sull'ambiente e alla lunga i pesticidi potrebbero influire anche su quella potabile". La raccolta dei dati relativa al 2006 è in corso.

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 luglio 2007

 

 

Provincia: «Ferriera, emissioni nei limiti» - L’azienda ha presentato ricorso al Tar contro l’ordinanza del sindaco

 

Secondo l’assessore Barduzzi ora dai camini di Servola non escono sostanze inquinanti

La Ferriera di Servola è ricorsa al Tar contro l’ultima ordinanza del sindaco, emessa a seguito delle informazioni avute dall’Azienda sanitaria, secondo cui è accertato l’inquinamento in termini tali da configurarsi come pericoloso per la salute pubblica. Il sindaco è stato diffidato con una lettera datata 24 luglio in cui si dice che «non sussistono i presupposti giuridici di tali misure come più in generale del potere di ordinanza già esercitato». Ieri Dipiazza ha commentato: «Pagano piuttosto gli avvocati che spendere per non inquinare».
Intanto però dalla conferenza dei servizi convocata in Regione nell’ambito delle procedure per l’autorizzazione integrata ambientale è risultato, come conferma l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, «che i camini della Ferriera da quando la procedura è partita non hanno mai prodotto emissioni fuori dai limiti».
Dunque, andare su questa strada o tenere sempre sul tavolo (come il sindaco fa) la minaccia di chiusura dello stabilimento, pur in presenza (o proprio per questo) di un nuovo acquirente? Ogni decisione, ha chiarito comunque lo stesso Dipiazza, sarà possibile non prima di otto mesi, cioé allo scadere di un anno dall’inizio delle indagini che hanno dato evidenza di inquinamento (e non semplice inbrattamento). La legge tiene conto della media annuale. Ma il sindaco ha tuttavia plaudito all’Azienda sanitaria: «Ass e Arpa si sono finalmente sganciati dai poteri forti - ha detto – e Rotelli (il direttore generale dell’Ass, ndr) ha dimostrato grande coraggio: a Servola si registra una media di tumori più alta che altrove, ed è venuto fuori che la Ferriera ha addirittura modificato la linea di costa con gli scarti in mare, cose per le quali un privato cittadino sarebbe già finito nelle patrie galere. Il nuovo acquirente deve sapere subito che se viene non può continuare a inquinare».
Ma com’è letta questa strategia? Critici, s’è visto ieri, i sindacati. Barduzzi oppone che c’è un po’ di confusione: «Se si vuol chiudere, perché si è dato avvio alla procedura per l’autorizzazione integrata ambientale? In Regione c’era anche il Comune. Per l’inquinamento dell’aria (polveri sottili e benzene) le norme per l’autorizzazione parlano solo di ’’limiti accettabili’’. Ci prepariamo a chiedere una specificazione concreta, sulla scorta dei dati dell’Azienda sanitaria, la prossima riunione sarà il 22 agosto. La Ferriera anche qui contesta dicendo che negli ultimi cinque anni la media annuale è rimasta nei termini. Ma se il sindaco ha in mano dati tanto allarmanti, come responsabile della salute pubblica faccia dunque questa ordinanza di chiusura».
«Sono d’accordo col sindaco sul fatto di alzare la voce, gli enti locali sono sempre stretti in un recinto, poco possono fare - commenta Alessia Rosolen di An -. Severstal o Arvedi che sia, o investono in sicurezza e salute o possono smettere l’impianto tranquillamente. Comunque, è vergognoso che la Regione, coi poteri che ha, in questi quattro anni non abbia fatto assolutamente niente. e io come politico mi vergogno che a ogni campagna elettorale salti fuori Servola».
E chiude Roberto Decarli dei Cittadini: «Vorrei capire le vere intenzioni di Dipiazza. Disinquinare o soprattutto chiudere? Se ha tutti i dati i mano che glielo consentono, agisca e chiuda. Ma non cambi idea ogni momento: quando si è annunciato Arvedi era esultante». Anche Decarli conclude: «L’inquinamento vien fuori sempre sotto elezioni».

Gabriella Ziani

 

 

Tre tracciati alternativi per la Tav nella Bassa E Sonego apre ai sindaci - L’assessore: «Sì a proposte e correttivi»

 

CERVIGNANO «Ribadisco la necessità che, senza paura di incorrere in ipotesi stravaganti, i sindaci facciano lo sforzo massimo per individuare il maggior numero di varianti al tracciato originario di Rete ferroviaria italiana». Lodovico Sonego, assessore regionale ai Trasporti, apre ai sindaci della Bassa friulana sul tracciato della Tav. E li incoraggia ad avanzare proposte, suggerimenti, correttivi in vista della riunione potenzialmente decisiva del 14 settembre.
È a Cervignano, nella mattinata di ieri, che si tiene la riunione «plenaria» con una ventina di sindaci, una schiera di dirigenti e tecnici di Rfi e il presidente della Provincia di Udine Marzio Strassoldo. La riunione segue quelle ristrette svoltesi negli ultimi quindici giorni.
Al centro c’è il «nuovo» tracciato della ferrovia ad alta capacità e velocità che dovrebbe attraversare la Bassa: quello originario - che avrebbe dovuto essere presentato ancora il 24 maggio 2006 al teatro Pasolini di Cervignano - ha infatti innescato polemiche a non finire. Sonego e Mauro Travanut, capogruppo regionale dei Ds, l’hanno definito «devastante soprattutto per il territorio di Villa Vicentina e Bagnaria Arsa». Le proteste sul territorio sono state diffuse: c’è stato chi, come i No Tav, ha sposato l’opzione zero e chiesto l’utilizzo dell’attuale sedime ferroviario e chi ha suggerito lo stralcio dalla legge obiettivo che «scavalca i sindaci». Si sono così istituiti tavoli tecnici dove si sono confrontati Regione e Comuni sino ad arrivare alla riunione plenaria di ieri.
A Cervignano, perciò, si vedono le prime tre ipotesi alternative di tracciato: tutte e tre partono da Pocenia ad ovest e terminano a Pieris ad est. L’assessore ricorda innanzitutto l’accordo con la Regione Veneto che stabilisce come il tracciato della Tav attraverserà il fiume Tagliamento il più possibile aderente all'autostrada, per puntare poi su Pocenia. Da qui, secondo la prima ipotesi, proseguirà per Porpetto e per Palmanova (che diverrebbe centro intermodale con autostazione, parcheggi di scambio, stazione treni intercity e coincidenze per Udine e Gorizia a ogni arrivo di Tav, centro commerciale, servizi, cine multisala), quindi raggiungerà Strassoldo, Villa Vicentina e Pieris. La seconda ipotesi prevede che il tracciato vada da Pocenia a Muzzana, prosegua sino a San Giorgio dove riprenderebbe la linea ferroviaria attuale, tocchi quindi Torviscosa (che diventerebbe il centro intermodale), Cervignano, Villa Vicentina e infine Pieris, sempre usufruendo del sedime esistente. La terza ipotesi, invece, vede la Tav andare da Pocenia a Muzzana, da qui a Carlino, scendendo a sud della statale Venezia-Trieste, e poi a San Giorgio, a San Martino, sino a Villa Vicentina e Pieris, ma senza utilizzare l'attuale linea ferroviaria. In questo il centro intermodale sarebbe realizzato all'aeroporto di Ronchi dei legionari.
Ognuna delle tre ipotesi, come emerso ieri, presenta vantaggi e svantaggi che dovranno essere valutati dai sindaci, sollecitati a presentare ulteriori varianti. Qualche perplessità tecnica è già emersa: quanto costerà, ad esempio, un minuto di tempo guadagnato grazie ai treni ad alta capacità e velocità? Si passerà effettivamente dalla gomma alla rotaia se non ci sarà una politica di sostegno tariffaria? Si potrà armonizzare il tutto con la soluzione meno impattante?
a.l.

 

 

 

Salvaguardare l’ambiente

 

Rispondo in merito alla segnalazione dal titolo «Ambientalisti a Muggia», proprio perché i temi ambientali non sono né di destra né di sinistra (anche se la sinistra è molto abile ad appropriarsi di ogni argomento che possa creare consenso elettorale.), comune dovrebbe essere l’obiettivo ossia la conservazione e la salvaguardia dell’ambiente e la tutela del territorio e del suo patrimonio naturalistico, storico ed architettonico, ma inevitabilmente diversi diventano i percorsi per raggiungerlo a seconda che si parta da una posizione meccanicistica e biocentrica o da una visione etica di tipo antropocentrico.
Per «Ambiente e/è Vita» l’uomo non è un nocivo, anzi per noi va posto al centro del «sistema» ambiente quale destinatario, fruitore, custode e garante del Creato (o se preferite della Natura e delle sue risorse). Premesso questo non è assolutamente vero che dopo aver parlato del Fugnan la sezione muggesana di «Ambiente e/è Vita» non abbia fatto altro. Ricordo che a seguito della nostra conferenza il corso del Fugnan è stato ripulito, ricordo la nostra proposta di recupero conservativo del Lavatoio dell’Arciduca, fatta propria dal Comune, ricordo la Festa degli alberi con in nostri amici carinziani che hanno regalato un piccolo abete a ciascuno dei ragazzi delle scuole di Muggia e ancora il lavoro svolto in Commissione edilizia per consentirci di mitigare le ipotesi cementificatorie e di contenere l’invasività di certi progetti, ad esempio quello, denominato Costa Alta, elaborato dell’attuale assessore provinciale all’ambiente contribuendo a salvaguardare – nei limiti del possibile – importanti ambiti del territorio e concludo rammentando che la possibile nostra rappresentante in seno alla Commissione Antenne avrebbe avuto dalla sua la competenza di chi ha partecipato materialmente alla stesura del testo della LR 28 che disciplina appunto questo argomento.
In merito al terrapieno «Acquario», ben prima di contestare il ricorso a processi di fitodepurazione, avevamo ritenuto opportuno fornire indicazioni circa la possibilità di avviare su quel sito, ma anche in altri ambiti delle Valle delle Noghere ricadenti nel Sin di Trieste, sistemi di bonifica innovativi impiegando ad esempio tecnologie elettrochimiche.
Non ne facciamo una questione di primogenitura, ma di metodo e di forma e sicuramente né il metodo né la forma dello spoils system – scelta dal sindaco Nesladek – ci convincono!
Sergio Bisiani - Segretario Regionale Fvg Ambiente e/è Vita

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 luglio 2007

 

 

Dipiazza: se inquina ancora chiudo la Ferriera  - Sindacati critici: «Pessimo biglietto da visita per Arvedi»

 

Il sindaco conferma quanto affermato nell’intervento sul «Piccolo». Il verde Metz: «Quell’impianto non può stare lì»

Cosolini: «Lo dice da anni, lo faccia. Ma non mescolerei la salute con la politica»

«Otto mesi. Sia chiaro, sono pronto ad agire». Roberto Dipiazza, dopo le ordinanze in cui ha intimato alla Servola Spa di ridurre le emissioni, prepara il conto alla rovescia per la chiusura della Ferriera. Un atto inevitabile, assicura il sindaco, «se in questo periodo i dati sulle sostanze inquinanti continueranno a sforare i limiti di legge». Così il primo cittadino chiarisce - e conferma - l’orientamento messo nero su bianco ieri, con un intervento sul Piccolo. «Se nei prossimi mesi - così aveva scritto - i controlli commissionati dalla procura fornissero una media annuale delle emissioni nocive oltre i limiti di legge, il provvedimento di chiusura diverrebbe inevitabile».
«La legge - ha spiegato ieri sera Dipiazza - dice che per agire devo avere un anno di sforamenti medi. Finora ne sono stati rilevati quattro, nei quali l’azienda sanitaria ha certificato per la prima volta che non si tratta di semplice imbrattamento, ma che tali emissioni nuocciono gravemente alla salute».
Ma a chi spetterebbe, nel concreto, decidere la chiusura della Ferriera? «Non è che domani - precisa - il sindaco va lì e dice ”chiudete tutto”. Mi confronterò con la procura, è del tutto evidente. L’attuale proprietà, in questo momento, dovrebbe essere furba e fare il possibile affinché la trattativa con Arvedi vada avanti». Un rientro delle emissioni nei parametri di legge, dunque, è per Dipiazza il presupposto-base per l’eventuale passaggio della Ferriera dal gruppo Lucchini a quello di Cremona. E anche davanti ad Arvedi, incalza il primo cittadino, «servirà un’unità istituzionale tale da imporre alla nuova proprietà tutti i paletti ambientali già prima di concludere l’affare».
«Ho avuto la sensazione che Arvedi abbia l’intenzione di presentare un piano industriale compatibile con l’aspetto ambientale», conferma l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini. Il quale, però, bolla l’ultima uscita di Dipiazza. «Non mi stupisce - commenta Cosolini - quanto ha detto il simpatico sindaco. È chiaro che se le violazioni delle norme ambientali comportano danni accertati alla salute dei cittadini, chi ha la responsabilità di decidere dei provvedimenti lo deve fare. Il principio della tutela della salute, tuttavia, è argomento troppo delicato per farlo scivolare nel dibattito politico. È il momento di azioni serie e rigorose, non di annunci roboanti quanto inconcludenti. Per anni Dipiazza ha continuato a dire ”chiudo, chiudo”. Salvo poi, quando è emersa la soluzione Arvedi, assumersi meriti che non aveva dicendo ”ho fatto bingo, salvo l’industria e l’ambiente”. Ora, invece, se ne torna allo scoperto con un nuovo annuncio».
Un annuncio, come lo chiama Cosolini, che peraltro arriva a pochi giorni di distanza dalla missione triestina del ministro dell’Ambiente, il verde Alfonso Pecoraro Scanio. Ed è proprio un altro verde, il consigliere regionale Alessandro Metz,, a suggerire la strada più radicale. «I dati ambientali - tuona Metz - dimostrano che la Ferriera in città non ci può più stare. Le istituzioni, dal Comune alla Regione fino allo Stato, dovrebbero farsi carico di garantire il prima possibile un reddito a chi lavora in quello stabilimento. Facciamo questo passo anziché aspettare la solita alternativa occupazionale. Ritengo che, anche sotto il profilo finanziario, sarebbe più conveniente».
Dal fronte sindacale, intanto, l’uscita di Dipiazza scatena una pioggia di critiche. «Mi sembra che il sindaco sia un po’ volubile visto che fino a dieci giorni fa si era dimostrato entusiasta dell’ipotesi Arvedi», rileva il segretario provinciale della Cgil Franco Belci. «Trovo che con le parole del primo cittadino - gli fa eco Wally Trinca per l’Ugl - si fornisca un pessimo biglietto da visita ad Arvedi». «Mi piacerebbe - aggiunge il segretario della Uilm Enzo Timeo - che chi parla di chiusura adoperasse la medesima forza, che ci mette per la difesa dell’ambiente, anche per la riqualificazione dei posti di lavoro». «La questione è politica fin dal 2001 - fa notare infine il segretario provinciale della Cisl Luciano Bordin, secondo cui «occorre un percorso condiviso e preciso altrimenti si rischia di restare ostaggi del solito ricatto ”lavoro o ambiente”, deresponsabilizzando al tempo stesso l’azienda».

Piero Rauber

 

 

Sul Corridoio 5 oggi incontro ad Aurisina

 

Il percorso sul Carso del Corridoio 5: progetti, problemi e proposte: è il tema di un'assemblea pubblica organizzata dai consiglieri comunali di centro sinistra di Duino Aurisina per stasera, con inizio alle 20.30, nella sala maggiore del circolo Igo Gruden di Aurisina.
All'incontro, che avrà un carattere prevalentemente informativo, parteciperanno il presidente della quarta commissione regionale (trasporti) Uberto Drossi Fortuna, il direttore compartimentale delle ferrovie, responsabile del progetto, ing. Mario Goliani, il capo della segreteria dell'Assessore regionale Sonego, dott. Carlo Fortuna, e il geologo dell'Osservatorio geofisico sperimentale Livio Sirovich.
Obiettivo del centrosinistra, che organizza l'appuntamento, è quello di illustrare ai residenti il percorso del Corridoio 5 per quanto concerne prevalentemente il tratto che interessa il comune di Duino Aurisina.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 29 luglio 2007

 

 

Verdi: «Ferriera, servono controlli anche sul pesce delle acque circostanti»  - Dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio

 

Con l’istituzione del tavolo tecnico sulla questione Ferriera ci sarà più attenzione nella verifica degli interventi di controllo e messa in sicurezza dell’impianto servolano. È questo uno dei punti qualificanti espressi dal ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio nel suo recente passaggio a Trieste. Una posizione che il gruppo dei Verdi ha voluto riproporre ieri in una conferenza stampa organizzata nel palazzo del Consiglio regionale alla quale hanno partecipato anche alcuni residenti di Servola.
«Sarà un tavolo da dove verranno avviati dei controlli all’impianto siderurgico secondo obiettivi parametri di valutazione validi a livello nazionale e europeo – ha spiegato il presidente regionale dei Verdi Gianni Pizzati –, e non basandosi sui soli dati forniti dall’azienda. Perché ormai deve essere chiaro per tutti che quando si parla dei risultati delle emissioni prodotte da quegli impianti non ci si trova davanti a imbrattamenti ma a inquinamento vero e proprio. Sulla questione – ha continuato Pizzati – concordano tutti, sindacati compresi, e dunque il problema Ferriera deve essere inquadrato nel tema delle bonifiche. Se dunque è vero che numerose aziende non aspettano altro che il recupero di tante aree per potervisi insediare, è logico pensare che attraverso ammortizzatori sociali e altri strumenti anche i lavoratori dell’impianto siderurgico potrebbero essere facilmente assorbiti da nuove realtà di produzione. La Ferriera ora non chiude ma partiranno quelle indagini che ci porteranno a delle definitive conclusioni».
«I recenti dati forniti dal Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale dell’ateneo triestino al sostituto procuratore della Repubblica Federico Frezza – ha continuato il consigliere regionale Alessandro Metz – dicono che oggi la questione principale sul versante Ferriera riguarda la salute dei cittadini. L’accertata presenza di sostanze inquinanti, che oltre a essere state rilevate nell’area risultano pure nella circostante area marina, ci obbligano a chiederci se le stesse siano entrate nella catena alimentare del nostro comprensorio. Chiederemo controlli anche sui pesci del golfo».
I Verdi hanno inoltre commissionato uno studio dal quale - secondo Metz - emergono «chiaramente le modificazioni della linea di costa nell'area della Ferriera di Servola», in base alla rilevazione dei fotogrammi aerei fatti dal 1974 al 1990.
m.l.

 

 

«Piano regolatore, salvo lo sviluppo» - L’intera maggioranza critica l’opposizione per l’uscita dall’aula al momento del voto

 

«Approvando le direttive per la predisposizione della variante al Piano regolatore noi abbiamo limitato l’edificabilità nel centro urbano e nella prima periferia, e bloccato la cementificazione in Costiera, senza interrompere però lo sviluppo socio-economico di Trieste. L’opposizione, invece, avrebbe voluto fermare totalmente l’attività edilizia in città e togliere lavoro a tanta gente, in nome di una salvaguardia indiscriminata del territorio». Così, all’unisono, i capigruppo dei partiti di centrodestra in Comune, riuniti ieri per una conferenza in cui hanno ribadito ancora una volta le motivazioni alla base del sì unanime sulla delibera sugli indirizzi per la variante al Prg.
La polemica sul voto di giovedì sera, infatti, non tende a placarsi. E all’opposizione, uscita dall’aula, lasciando campo libero alla maggioranza (che ha appunto approvato il documento), il centrodestra replica con un’unica voce. Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc e Lista Dipiazza difendono a spada tratta la delibera approvata. «Dopo la contrarietà iniziale, An ha deciso di votare sì perchè il sindaco e la giunta hanno mostrato apertura nei confronti del consiglio - ha spiegato la capogruppo Alessia Rosolen -. E l’aula ha avuto la possibilità di emendare il documento e migliorarlo». «In questo modo siamo riusciti a salvaguardare l’ambiente e il diritto dei lavoratori - ha aggiunto il forzista Piero Camber -. Ds, Verdi e Prc hanno chiesto di bloccare i progetti che hanno già ottenuto le concessioni dal Comune e dalla Regione: impossibile. Questo si chiama eccesso di potere e i proprietari farebbero sicuramente ricorso al Tar».
Fari puntati, inoltre, sulle «spaccature tra Margherita e Ds»: «La Margherita ha presentato degli emendamenti diversi da quelli della sinistra radicale - ha aggiunto Camber - che erano delle fotocopie dei nostri». «Sono usciti dall’aula perchè erano divisi - questa l’opinione di Roberto Sasco, capogruppo Udc -. Con il Pd che sta prendendo forma loro non possono mostrare di essere su posizioni opposte. Il documento approvato è condiviso da tutte le categorie». «Il centrosinistra ha dimostrato di essere incapace di fare politica - ha concluso Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza)- abbandonando l’aula perchè non aveva una linea politica comune».
e.c.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 luglio 2007

 

 

Piano regolatore, dopo il voto è bagarre  - Il centrodestra: «Salvata la Costiera». Omero: «Il sindaco ha tradito le promesse»

 

La discussione sulla delibera per le direttive sulla variante non si è chiusa in aula: polemica tra maggioranza e opposizione
Il sindaco: «Sono state raccontate falsità, ero pronto ad accogliere il secondo emendamento ma poi la situazione è completamente precipitata»
Stop alla cementificazione in Costiera: questa una delle conseguenze dell’approvazione della delibera sulle «direttive per la predisposizione della variante generale al Piano regolatore». Ma dopo la bagarre scoppiata in Consiglio comunale, maggioranza e opposizione sono ancora in rotta di collisione. Giovedì sera gli esponenti della minoranza avevano infatti abbandonato l’aula prima del voto, lasciando che la maggioranza bocciasse tutti gli emendamenti del centrosinistra e approvasse il documento all’unanimità, con 24 sì.
Centrodestra e centrosinistra continuano a commentare il voto «mancato» della minoranza. Così il diessino Fabio Omero: «Dipiazza, dopo aver proclamato che i nostri emendamenti sarebbero stati presi in considerazione – ha precisato ieri Omero in una conferenza stampa congiunta del centrosinistra – non li ha neppure letti. Il sindaco è un fanfarore». Sulla stessa linea anche il Cittadino Roberto Decarli: «D’ora in poi la nostra sarà un’opposizione durissima». E Alessandro Minisini (Margherita) ha rincarato la dose: «Il documento dell’altra notte favorirà ancor di più il processo di cementificazione. Dipiazza è un temporeggiatore». Iztok Furlanic, di Rifondazione comunista, non ha esitato a definire il primo cittadino una «banderuola», mentre Alfredo Racovelli (Verdi) ha evidenziato che «con questo provvedimento la maggioranza ha autorizzato la cancellazione di intere aree verdi nella zona di Barcola e sulla salita di Contovello».
Dichiarazioni a cui il primo cittadino si è affrettato a rispondere: «Giovedì sera l’opposizione ha difeso delle tesi basate su bugie - ha affermato Dipiazza -. Io avevo annunciato che l’emendamento numero due, presentato dal centrosinistra, sarebbe stato accettato e inserito nella delibera di giunta, ma poi la situazione è precipitata. L’opposizione si è barcamenata per ore facendo mera polemica, attaccando la maggioranza. Gli esponenti di centrosinistra hanno raccontato alla gente falsità: ad esempio che se la delibera fosse stata bocciata, il «cubone» di Campo Marzio non avrebbe potuto essere realizzato: un’assurdità, perchè i progetti già approvati non possono essere bloccati».
E tutto il centrodestra fa squadra intorno al sindaco. Per Piero Camber (Fi) l’opposizione «puntava a bloccare completamente lo sviluppo della città. Noi invece - ha spiegato - abbiamo approvato una delibera che prevede, ad esempio, che zone di particolare pregio ambientale come la Costiera, vengano tutelate: a partire da oggi nessuna domanda per l’edificazione in quella zona sarà accettata. Se fossero passati i loro emendamenti, però, non si sarebbe più costruito nulla per i prossimi anni. Loro hanno dovuto abbandonare l’aula solo per nascondere le divisioni tra Ds e Margherita».
«Se fosse stato per l’opposizione - ha aggiunto Roberto Sasco (Udc) - in zone come quella della Fiera, del Burlo e di Campo Marzio si sarebbero potuti costruire solo giardini, musei, scuole o case Ater. Invece serve lasciare libera la strada a eventuali accordi tra pubblico e privato, per il rilancio della città. Ora dobbiamo lavorare insieme, ma il centrosinistra non deve fare propaganda. L’emendamento numero due è stato bocciato perchè privo di contenuti». Concorde Alessia Rosolen (An): «Quell’emendamento includeva dei vincoli urbanistici che erano già inclusi in un emendamento della maggioranza quindi diventata inutile approvarlo. La minoranza non ha voluto costruire un dialogo con noi su un tema importanti per la città».
e.c.  - u.s.

 

 

L’acquisto della Ferriera

 

Di recente su questo quotidiano è apparsa la notizia secondo la quale il gruppo Arvedi sarebbe intenzionato ad acquistare la Ferriera.
Tale notizia ha destato interrogativi a Trieste e anche a Muggia; non va infatti dimenticato che con il vento di Bora i fumi della Ferriera possono arrivare fino a Muggia. E visto che gli strumenti di rilevamento dell’Arpa hanno fornito per Muggia un quadro tutt’altro che tranquillizzante la notizia di un possibile raddoppio dell’altoforno e del mantenimento della cokeria ha causato preoccupazione.
Premesso che deve essere garantito l’impegno per assicurare ai lavoratori un nuovo impiego, va comunque ribadita la necessità di trovare una soluzione anche e soprattutto dal punto di vista ambientale nell’interesse di Muggia, di una considerevole parte di Trieste e dei lavoratori stessi. Dal giornale apprendo che il gruppo Arvedi in una presentazione ha sintetizzato la politica ambientale complessiva di tutte le aziende precisando che per le emissioni, grazie ai sistemi di filtrazione, i limiti possono essere da 3 a 10 volte inferiori ai limiti di legge.
Il giorno successivo sul giornale si legge però che tra le ipotesi allo studio c’è la riapertura del secondo altoforno e che per compensare e ridurre le emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di rallentare (in maniera modulata a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche) la produzione di coke riducendo la produttività della cokeria. Ma non avevano detto che le emissioni possono essere ridotte, con sistemi di filtrazione, da 3 a 10 volte sotto il limite di legge?
Sempre dalla stampa apprendo che la recente perizia redatta da un esperto per conto della Procura della Repubblica precisa che per la Ferriera le emissioni non potranno essere ridotte in alcun modo oltre il 46%.
Considero pienamente attendibile la perizia e ritengo che la chiusura dell’impianto, richiesta da migliaia di cittadini, sia ormai inderogabile.
Fabio Longo
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 27 luglio 2007

 

 

Piano regolatore, frattura in aula: la minoranza abbandona i lavori e la maggioranza vota da sola  - Bocciati tutti gli emendamenti dell’opposizione

Frattura in Consiglio comunale sugli indirizzi della variante al piano regolatore. Ieri a tarda sera, poco prima di mezzanotte, il colpo di scena con l’uscita della minoranza dell’aula dopo la scoperta, alla fine di interminabili discussioni, che la maggioranza, nonostante l’accordo iniziale al vertice dei capigruppo, avrebbe violato i patti non accogliendo nemmeno i due emendamenti (su oltre 30) inizialmente accettati. «Avete infranto i patti – ha tuonato il capogruppo dei Ds, Fabio Omero – allora questa sarà solo la vostra variante». Poi l’uscita dall’aula. La maggioranza a questo punto ha completato la bocciatura di tutti e 30 gli emendamenti, ha accolto solo i suoi e ha approvato all’unanimità, dopo mezzanotte, la delibera sulle «direttive per la predisposizione della variante generale al Piano regolatore». Una prova di forza in barba alle raccomandazioni fatte dal sindaco Roberto Dipiazza che poche ore prima aveva invitato alla collaborazione.
Tema nodale il ripensamento dell’espansione edilizia voluta dall’ex giunta Illy, nuovi interventi di riduzione e salvaguardia di alcune aree. Oltre a riduzioni della cementificazione sulla Costiera si sta pensando a una reinterpretazione pure per la fascia di abitazioni attorno al centro storico. Congelata qualsiasi ipotesi di cuboni, niente demolizioni ma recupero, ovvero manutenzione straordinaria, restauro e conservazione del patrimonio edilizio. Tra le novità la cancellazione definitiva del Cimitero per cani.
Un consiglio comunale lunghissimo quello di ieri iniziato alle 17 con l’intervento del sindaco Roberto Dipiazza che è intervenuto sul trasferimento dell’International School da Opicina a Basovizza e ha «tirato le orecchie» all’opposizione per l’eccessiva durezza contro il progetto. Ma il sindaco ha anche invitato (invano) la maggioranza a lavorare assieme all’opposizione su questa predisposizione delle direttive. Una delibera predisposta dalla giunta, come ha spiegato il relatore di maggioranza, l’assessore all’urbanistica, Maurizio Bucci che fa una ricognizione-analisi della mappa tracciata dal Piano regolatore individuando le aree più critiche dove secondo la maggioranza bisogna intervenire.
È stato allora che il capogruppo dei Ds, Fabio Omero ha chiesto la convocazione della conferenza dei capigruppo per risolvere la questione degli oltre 30 emendamenti. Un vertice durato oltre due ore. Alla fine era sembrato che fossero stati accolti solo due emendamenti, uno in particolare che poneva alcune linee di principio adottate dalla maggioranza (concetti generici come limiti di massima dell’edilizia, la salvaguardia delle aree protette, la riduzione del consumo del territorio e la riduzione dell’urbanizzazione). Una decisione che ha scontentato la minoranza che ha comunque illustrato, uno ad uno gli emendamenti poco dopo in aula rendendo inutile la Conferenza dei capigruppo.
Numerosi gli interventi che si sono protratti sino a tarda ora. Poco prima di mezzanotte il colpo di scena con l’uscita della minoranza e il voto alla delibera.

 

 

«Ferriera, svolta ambientale con Arvedi»  - Cgil e Uil indagano a Cremona: «Un imprenditore serio»

 

I sindacati hanno affrontato la questione inquinamento e investimenti con il ministro Pecoraro Scanio
Con l’arrivo del gruppo Arvedi una svolta per la situazione ambientale della Ferriera di Servola? Una questione che è stata affrontata dai sindacati mercoledì scorso durante la riunione con il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. C’è molta attesa sull’arrivo del gruppo di Cremona che ha chiesto alla Lucchini-Severstal di rilevare la Ferriera, sia sul fronte del piano industriale che ambientale. E le notizie raccolte dal giornale e dai sindacalisti a Cremona appaiono confortanti. Anche sul fronte economico come dimostrano i dati di bilancio appena resi noti.
«Siamo in attesa di avere elementi di certezza – spiega il segretario della Cgil, Franco Belci – lo abbiamo anche detto al ministro. Ma il passaggio di proprietà potrebbe mutare radicalmente lo scenario dello stabilimento. Il gruppo è robusto sotto il profilo economico-finanziario come attestano i dati di bilancio». Ma soprattutto le notizie che arrivano da Cremona sono positive: «Le informazioni che abbiamo raccolto alla Cgil di Cremona mettono in luce un soggetto imprenditoriale importante – aggiunge Belci – sensibile alle tematiche ambientali, attento alle relazioni sindacali e allo sviluppo della contrattazione integrativa. L’azienda ha sempre messo in campo piani industriali seri, investendo su ricerca e sviluppo e garantendo buoni livelli occupazionali. Sono premesse interessanti che ci auguriamo trovino riscontro».
Secondo i dati di bilancio 2006 il gruppo ha incrementato il fatturato del 16% con ricavi per 1.160 milioni. Migliorato il margine operativo lordo del 22,8% (da 108 ,8 a 133,6 milioni), l’utile netto è di 31,5 milioni in crescita (+64,2%) rispetto al 2005. Ridotto pure l’indebitamento finanziario di 50 milioni, pari al 31,2%.
Cgil, Cisl e Uil hanno detto chiaramente al ministro Pecoraro Scanio: ora non ci sono alternative al proseguimento della produzione in Ferriera fino a quando non sorgeranno altre iniziative industriali dopo le bonifiche. Ma bisognerà fermare le emissioni nocive e fare gli investimenti ambientali, in attesa di Arvedi. Anche la Uil ha fatto alcune verifiche a Cremona. «Non mi esprimo ancora su Arvedi senza vedere un piano industriale – afferma il segratario della Uil, Luca Visentini – ma dalle indiscrezioni raccolte e dalle verifiche che abbiamo fatto a Cremona ci sembra un imprenditore serio. Sul tema della Ferriera comunque il ministro Pecoraro Scanio ha mantenuto un ruolo defilato, più positiva invece la situazione della soluzione del problema bonifiche».
Un tema decisivo quello delle bonifiche che potrebbe portare a reali opportunità dopo l’arrivo di nuove imprenditori nelle aree ripulite. «È chiaro, se non si liberano spazi non arrivano nuove imprese che potrebbero assorbire gli eventuali esuberi della riconversione della Ferriera – conclude il segretario della Cisl, Luciano Bordin – lo abbiamo detto chiaro al ministro. Abbiamo dato un’apertura di credito al gruppo Arvedi, non ho alcun motivo per dubitare sulla sua serietà e ipotizzare un cambiamento. In questa situazione non credo che la chiusura della Ferriera si possa ipotizzare prima del 2015. E una volta per tutte, anche visto il possibile arrivo di Arvedi, i politici devono dirci se vogliono o meno la Ferriera. Arvedi non viene a fare il pasticcere, ma un’industria siderurgica. Si sa quello che ci aspetta».

Giulio Garau

 

 

Un vertice a Roma per la Baia di Sistiana Wwf contro le ingerenze politiche di Illy e Ret
 

Wwf alza la difesa a tutela della Baia di Sistiana. Nel mirino degli ambientalisti il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret e il presidente della regione, Riccardo Illy «che stanno tentando – hanno detto ieri Dario Predonzan e Guido Pesante, esponenti locali del Wwf – di ingerirsi in questioni prettamente tecniche, facendo leva sul proprio ruolo politico». Lo spunto per questa nuova e decisa presa di posizione dei rappresentanti del Wwf di Trieste è stata la notizia di un prossimo incontro fissato fra lo stesso Ret e il direttore generale del ministero dell’Ambiente. «Il fatto che il sindaco di Duino Aurisina sia ricevuto a Roma dal diretto superiore dell’architetto Stefano Rezzi, il Soprintendente per i beni ambientali e culturali del Friuli Venezia Giulia «che per ben due volte ha bocciato l’autorizzazione firmata dall’amministrazione comunale di Duino Aurisina, che dava il via alla cementificazione – hanno precisato Predonzan e Pesante – la dice lunga sulla volontà della classe politica locale di imporsi comunque, allo scopo di perseguire i propri interessi, nonostante i pareri contrari espressi dai tecnici». A preoccupare i due esponenti del Wwf il fatto che «anche il sottosegretario Ettore Rosato – hanno affermato Predonzan e Pesante – avrebbe sponsorizzato l’incontro fra Ret e il direttore generale del ministero, intervendo personalmente sul ministro Francesco Rutelli». I due ambientalisti hanno parlato di «maleodorante affaire politico affaristico, nel quale pesanti e inammissibili interferenze della politica si accompagnano a inquietanti silenzi». Sulla polemica relativa al futuro della Baia di Sistiana si è impegnato anche il presidente nazionale del Wwf, Enzo Venini, che ha scritto una lettera a Rutelli nella quale sottolinea «lo scarso rilievo che può avere il giudizio di Riccardo Illy sulla qualità paesaggistica del progetto, soprattutto se messo a confronto – evidenzia nel testo – con la complessa analisi formulata dall’organo tecnico competente, che è la Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia». Venini, Predonzan e Pesante sono molto preoccupati per «il tentativo attuato da Ret e Illy di delegittimare il Soprintendente Rezzi, per ottenere una nuova e più favorevole valutazione sul progetto turistico concernente la Baia di Sistiana».
Ugo Salvini

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 26 luglio 2007

 

 

Pecoraro: supervertice per la Ferriera  - Il ministro ha proposto anche un accordo di programma per le bonifiche

 

L’esponente del governo si è confrontato con le autorità locali sulle problematiche ambientali più urgenti
Giornata triestina per il rappresentante dell’esecutivo con delega all’ambiente
Un nuovo sistema di rilevazione degli inquinanti, forse anche nuove e più sofisticate (e precise) centraline per il monitoraggio, per analizzare le emissioni della Ferriera «per provare che lo stabilimento inquina e non imbratta soltanto», ma anche la qualità dell’aria. Poi un tavolo, in Prefettura, a cui prenderanno parte pure i tecnici del ministero dell’Ambiente e dove siederanno il Comune, l’Azienda sanitaria e i vertici dello stabilimento per verificare che siano applicate da parte dell’azienda siderurgica tutte le misure necessarie a ridurre l’inquinamento e le emissioni nocive.
Doveva soltanto «ascoltare» il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, in realtà ieri durante la giornata trascorsa a Trieste, fitta di riunioni e incontri, ha dato un serie precisa di suggerimenti e di indicazioni sulle misure da adottare. Innanzitutto sullo stabilimento siderurgico su cui c’è lo stato di allerta per le emissioni. Ma poi il ministro ha anche affrontato l’altra grande questione, quella delle bonifiche e il problema della paralisi dello sviluppo industriale. E anche in questo caso, ha dato le risposte che gran parte degli attori locali, da Ezit ad Autorità portuale, sino ai Comuni di Trieste, San Dorligo della valle e Muggia (che si sono rivolti alla Regione per fare fronte unico), si attendevano. Il ministero dell’Ambiente aveva ipotizzato la necessità di un accordo di programma, la bozza è stata mandata a Trieste, le istituzioni hanno fatto modifiche ed ora il documento torna al ministro, promotore la Regione, per il placet.
Obiettivo, avviare realmente l’iter delle bonifiche e sbloccare la paralisi del tessuto industriale. Scorciatoie e buonismi? Niente affatto. Il ministro Pecoraro Scanio è stato netto: «È interesse del Governo e del ministero che le bonifiche si facciano, e non che si proclamino soltanto facendo chiacchiere. Il principio è uno solo ed è anche comunitario: chi inquina paga, e soluzioni di uscita vere. Lo abbiamo fatto a Bagnoli dove è stata data un’accelerazione facendo partire le bonifiche dopo anni di stasi, è successo a Gela dove sono stato il primo ministro dell’Ambiente a fare una visita. Accadrà pure a Trieste».
Pecoraro Scanio non ha parlato nè di legge 152 (quella invocata dalle istituzioni locali che chiedono la sua applicazione) e nemmeno del sistema di «analisi del rischio» per velocizzare le pratiche: «Le bonifiche si fanno e basta – ha tagliato corto – senza furbizie e con criterio scientifico. Chi inquina paga i danni e chi ha acquistato a basso prezzo aree e terreni approfittando, e sapeva, dovrà rimediare. Noi aiuteremo solo chi non ha inquinato e daremo una mano alle piccole e medie imprese che hanno difficoltà, velocizzeremo le pratiche burocratiche». Un approccio «intelligente» ha spiegato il ministro che sarà «modulato». Ovvero: «Bisognerà tenere conto delle circostanze e dei progetti – ha spiegato il ministro – privilegiando la reindustrializzazione con l’uso delle energie rinnovabili. Nel caso si decida di realizzare ad esempio uno stabilimento di pannelli fotovoltaici non servirà una bonifica totale, nel caso invece si pensi a un’azienda alimentare o a un luogo dove si riunisce del pubblico bisognerà pulire a fondo».
Lo ha detto chiaramente il ministro dell’Ambiente che sogna per quest’area del Paese dell’«estremo Nordest» una «riconversione ecologica dell’economia». Magari utilizzando il potenziale di innovazione e di ricerca locali. Ma per veder muoversi qualcosa localmente, Pecoraro Scanio ha avvertito subito le istituzioni, bisognerà attendere settembre.
Una visita lunga e intensa quella del ministro dell’Ambiente (Pecoraro tra l’altro ha parlato anche di temi nazionali come l’emergenza incendi, delle intercettazioni e sul referendum) iniziata alle 11 con l’incontro con il direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. Si è parlato della qualità dell’aria, delle diatribe sulle misurazioni effettuate da una parte dalle centraline dell’Arpa, dall’altro dei contributi del Cigra e degli ultimi sforamenti dei limiti di legge della Ferriera che ora vive un momento delicato dopo la manifestazione di interesse alla Lucchini da parte del gruppo Arvedi di Cremona. Con Rotelli Pecoraro Scanio ha anche affrontato il rilancio del parco di San Giovanni. Poi la corsa per l’incontro con il sindaco Roberto Dipiazza che al termine ha riconosciuto che «pur di parti politiche opposte, sulla questione ambientale abbiamo avuto la stessa identità di vedute». Subito dopo l’incontro con esponenti della Teseco, l’unica ad aver avviato le bonifiche nell’area ex Aquila, la scorsa settimana. Infine l’incontro con alcuni abitanti di Servola.
Nel pomeriggio il colloquio con la presidente della provincia, Maria Teresa Bassa Poropat e il vertice sulle bonifiche co-presieduto dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton: c’erano tutti, dagli Industriali con il presidente Corrado Antonini al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, la Poropat per la Provincia, il comune di Trieste con Dipiazza, quello di Muggia Nerio Nesladek, di Dolina Fulvia Premolin, e il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli. Chiusura finale con i sindacati, Cgil, Cisl e Uil guidati dai tre segretari Franco Belci, Sergio Bordin e Luca Visentini.

Giulio Garau

 

 

Dagli abitanti di Servola un dossier sull’inquinamento

 

«Una situazione veramente allarmante». Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio aveva la faccia scura quando ha commentato al termine dell’incontro con una delegazione di abitanti di Servola. Una quindicina di persone, gente semplice, famiglie, anche un ragazzo giovane. Hanno portato pure un «omaggio» al ministro, un sacchetto di carbone con la «raccolta» di una notte.
«Voglio interventi che portino a soluzioni e non altri palleggiamenti di responsabilità. Conosco bene la situazione di Servola, ci sono stato, ho visitato la zona e la Ferriera» ha aggiunto Pecoraro Scanio che ha rimandato i controlli e la definizione della strategia di controllo da adottare al tavolo della prefettura. «Ordinare la sospensione dell’attività dello stabilimento? No, siamo in un Paese federalista, il ministro chiede di tutelare l’ambiente, tocca alle autorità locali il resto. Sono loro che devono affrontare la questione con azienda, lavoratori e sindacato».
E ieri a nome di tutti i presenti una donna servolana, Alda Sancin, padre e nonni ex lavoratori in Ferriera, ha consegnato una lettera al ministro per spiegare in dettaglio la situazione. Il fatto che per molte ore del giorno e della notte l’aria è irrespirabile», poi la presenza di una nuvola che si spande su un abitato di circa 20mila residenti. Particelle di grafite che penetrano dappertutto, granuli di materiale ferroso che si infiltrano, carbone. Per non parlare delle polveri e dei fumi che entrano nelle scuole, asili infantili, nidi e ricreatori che accolgono complessivamente 1500 bambini dai 0 ai 14 anni.

 

 

«Corridoio 5, cittadini da informare»: consiglio diviso a Duino Aurisina - Polemica sulla mozione del centrosinistra

 

DUINO AURISINA E' stata «baruffa» sul Corridoio 5. Il consiglio comunale di Duino Aurisina svoltosi ieri è durato circa sei ore, e ha visto tra gli argomenti principali una serie di variazioni di bilancio e riconoscimento del debito (votate dalla maggioranza, salvo un caso in cui l'opposizione si è astenuta) e la nomina della commissione sulla Toponomastica, per l'avvio del lavoro di attribuzione sul territorio dei nomi delle vie.
Ma a tenere banco è stata, soprattutto, una mozione e una interrogazione presentata dall'opposizione (rispettivamente da Rozza e Gabrovec). La mozione impegnava il sindaco a dare informazione ai cittadini e richiedere informazioni a regione e governo sul tracciato approvato dell'infrastruttura, per quanto concerne il territorio di Duino Aurisina. L'opposizione non ha accettato di votare la mozione e ha proposto un proprio testo, che ha lo stesso obiettivo, ma con una formulazione più «light». Votata all'unanimità (l'opposizione ha commentato di aver votato per «senso di responsabilità», mentre la maggioranza aveva considerato «invotabile quella della sinistra, perché sul corridoio 5 basta demagogia e mala informazione») ora porta in primo piano l'impegno del sindaco a ottenere da Governo e Regione i documenti ufficiali, finali e approvati relativamente al tracciato.
A destra, intanto, Alleanza nazionale sostiene che «da tempo il gruppo dei Verdi, che siede in consiglio comunale di Duino Aurisina come opposizione, in maggioranza in Provincia di Trieste, alla Regione Fvg, al Governo, sta cercando di accusare il Sindaco Ret di scarsa informazione alla cittadinanza sul progetto del Corridoio 5. Abbiamo notizie di cittadini ai quali sono stati illustrati stralci di progetto, date informazioni allarmanti circa le abitazioni interessate al percorso e sulla costruzione di nuovi elettrodotti». La sinistra risponde confermando la propria preoccupazione, sostenendo che «è grazie al centrosinistra se a Duino Aurisina si affrontano questi argomenti», e con un incontro pubblico, organizzato per lunedì prossimo 30 luglio alle 20.30 al circolo Gruden di Aurisina, invitando rappresentanti delle ferrovie, esperti e l'amministrazione regionale.
Come dire che un nuovo campo di battaglia, per le due fazioni, è ufficialmente aperto.
 

 

Un gazebo per conoscere la raccolta differenziata

 

Sarà inaugurata oggi alle 10, in piazza della Borsa, la mostra sul recupero e il riciclaggio di materiali come l’acciaio, l’alluminio, la carta, il legno, la plastica e il vetro. Allestita a cura del Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi (Conai), la rassegna, che durerà fino a sabato, permetterà di approfondire il tema del recupero dei rifiuti. La mostra si inserisce nel Grand Tour nazionale del Conai. La tappa accompagnata, come tutte le altre, dalla promozione di una bellezza naturale locale; a Trieste è stata scelta la Grotta Gigante. Nel gazebo saranno fornite indicazioni per un corretto comportamento «che garantisca ai cittadini – ha detto il vice direttore del Conai, Walter Facciotto – di poter contribuire alla trasformazione dei rifiuti in risorse». L’assessore comunale Maurizio Bucci, ha ricordato che «Trieste si è dotata di un inceneritore, che rappresenta un vanto per la città».

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 25 luglio 2007

 

 

Ferriera, il ministro vuole nuove centraline  - Oggi in città Pecoraro Scanio per discutere anche delle bonifiche

 

Previsti incontri con Rotelli, Dipiazza, Bassa Poropat e alcuni residenti di Servola
Troppe incertezze sulle misurazioni degli inquinanti, troppi i contenziosi soprattutto in questa fase con la Ferriera di Servola dopo gli sforamenti delle emissioni, bisogna pensare a un sistema di monitoraggio certo e affidabile per Trieste. Lo chiederà oggi lo stesso ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio alle istituzioni nel corso dei vertici in città che dureranno tutta la giornata.
Proprio la Ferriera di Servola e in particolare e i problemi della salute dei cittadini sono il primo tema all’ordine del giorno. Il secondo punto che intende affrontare il ministro con le autorità locali è la questione dei siti inquinati e le bonifiche: oggi potrebbe essere la giornata della svolta e dello sblocco della paralisi al tessuto produttivo locale con precise indicazioni e una via d’uscita agevole.
Terzo e ultimo tema quello della fondazione Asia promossa dalla Provincia che punta alla formazione di tecnici ambientali: Pecoraro Scanio affiderà alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat un cospicuo finanziamento per lanciare la struttura.
Una giornata intensa quella del ministro dell’Ambiente a Trieste che inizierà alle 10.45-11 negli uffici dell’azienda sanitaria locale. Pecoraro Scanio si incontrerà con il direttore Franco Rotelli. Alle 12 seguirà un vertice con il sindaco Roberto Dipiazza e al termine il ministro parlerà con un gruppo di cittadini di Servola. Alle 14 la visita alla Bassa Poropat sulla questione Asia e dopo la conferenza stampa, verso le 15.30 una riunione operativa in Prefettura con tutti gli attori delle bonifiche. Prima di ripartire per Roma il ministro incontrerà anche Cgil, Cisl e Uil.
Nessun incontro con i vertici della Ferriera: Pecoraro Scanio vuole capire come Trieste sta affrontando la questione della salute dei cittadini soprattutto dopo l’allarme dell’azienda sanitaria e l’ordinanza del sindaco Dipiazza sull’emergenza provocata dalla Ferriera. Per quanto riguarda le emissioni industriali, ci sarebbe un’ambiguità di fondo nella legge secondo il ministero e dunque è necessario vagliare la situazione e mettere in piedi un sistema di monitoraggio affidabile per misurare gli inquinanti ma soprattutto per verificare la loro provenienza e la qualità dell’aria.
Sul fronte delle bonifiche, le istituzioni hanno fatto squadra e ci sarà una struttura unica che parla con il ministero. Quest’ultimo può impegnarsi a dare soluzioni per la messa in sicurezza con proposte economiche, agili e soprattutto reversibili.

Giulio Garau

 

 

Rigassificatori in consiglio

 

Convocazione straordinaria del consiglio provinciale, alle 18 di domani, chiesta da Fi, An, Lista Dipiazza e Cdl per un’audizione del Comitato per la difesa e la salvaguardia del golfo a proposito dei progetti per i rigassificatori di Gnl.

 

 

Piano regolatore, parte la maratona in aula  - In discussione anche altre delibere urbanistiche. Il Wwf: i cittadini siano presenti

 

Oggi e domani le sedute del consiglio comunale. Camber (Fi): tutela delle aree, trovato un punto di mediazione tra le diverse istanze
Due-giorni impegnativa per il consiglio comunale, che prima della pausa estiva nelle sedute di oggi (dalle 18.30) e domani (dalle 17) dovrà approvare una serie di delibere tra cui quella sulle direttive per il nuovo piano regolatore. Il termine per presentare gli emendamenti al documento di giunta scadono stamani, ma il quadro è già chiaro. Gli stessi consiglieri di maggioranza hanno evidenziato la necessità di modificare il testo, giudicato generico e privo di risposte alle istanze di ambientalisti da una parte, e di ordini professionali e categorie economiche dall’altra.
La maggioranza consiliare ha trovato un accordo su un emendamento-quadro che secondo il capogruppo forzista Piero Camber «rappresenta una congrua via di mezzo». Primo elemento-chiave è che nelle zone B0, B1 e B2 (centro storico e aree di periferia edificabili) è consentita l’edificazione nei limiti minimi consentiti, ma si blocca la possibilità di raddoppio delle cubature, oggi permesso a chi abbia presentato un piano particolareggiato. Da questa limitazione sono però escluse «le aree comprese nei piani particolareggiati approvati o adottati per i quali sia già intervenuto parere favorevole da parte degli enti competenti». Su questa base potrebbero proseguire l’iter alcuni progetti da tempo in discussione, come i «cuboni» di via Belpoggio-Santa Giustina. La maggioranza poi prevede una salvaguardia nelle zone Bt (turistiche) e nella zona C2, nell’area della Costiera ricompresa nel piano paesaggistico regionale (non approvato dal Comune): stop a nuove costruzioni, ma «a meno che non abbiano superato il parere della commissione edilizia integrata».
Il centrosinistra invece ha presentato emendamenti che prevedono diversi livelli di tutela. L’obiettivo resta «la sospensione di ogni determinazione solo sugli interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di nuova edificazione e/o ampliamento» e invece il via libera a «interventi di manutenzione edilizia, restauro, conservazione tipologica risanamento conservativo». La proposta del Ds Fabio Omero è stata condivisa da tutte le forze d’opposizione tranne la Margherita. Il capogruppo Dl Sergio Lupieri - ribadendo l’importanza del nuovo prg quale volano di sviluppo della città - ne delina alcuni esigenze: compatibilità di interventi con i «valori urbani e paesaggistici», «limitazione dell’espansione urbana, recupero, riqualificazione di aree compromesse» e definizione di «nuove strategie», «salvaguardia degli ambiti di pregio ambientale e naturalistico». Delle direttive al prg - dice Camber - si inizierà a discutere probabilmente oggi, ma la delibera costituirà il nucleo della seduta di domani. Da licenziare sono infatti vari altri provvedimenti, dall’ok all’ampliamento dell’hotel Riviera al trasferimento dell’International School all’Area science park e all’aumento delle superfici commerciali all’ex Silos.
Da segnalare infine una nota del Wwf, che definisce «deprimente lo spettacolo offerto dal consiglio comunale» che l’altra sera ha approvato il piano particolareggiato per Cedassamare, con «ben pochi consiglieri» che «apparivano interessati al merito della questione e pochi che dimostravano di essere informati», scrive Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf. Gli ambientalisti invitano i cittadini a assistere «numerosi alle sedute dedicate al prg, «per far capire a sindaco, giunta e consiglio che le questioni urbanistiche non stanno a cuore soltanto ai “pasdaran del cemento”».

 

 

Wwf: Cedassamare, Comune deprimente - Predonzan: «Solo pochi consiglieri erano interessati al problema»

 

Gli ambientalisti contestano il piano di «cementificazione» a Barcola
«Deprimente lo spettacolo offerto dal Consiglio comunale di Trieste nella discussione sul piano particolareggiato di salita Cedassamare, proposto dalle Costruzioni Meranesi». Questo il giudizio del Wwf presente alla seduta. «Ben pochi consiglieri apparivano interessati e pochi addirittura quelli informati - commenta Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf - nonostante le varie approfondite discussioni in Commissione urbanistica. Sconcerta che tanti si siano pedissequamente allineati alla tesi dell'atto dovuto, quasi che esista un diritto alla cementificazione del territorio, riservato a pochi privilegiati»
«Lascia interdetti – continua Predonzan – anche il comportamento di chi, pur riconoscendo lo scempio che le ville di salita Cedassamare comporteranno per la costiera barcolana, non ha saputo far di meglio che astenersi dal voto, oppure fuggire dall'aula per non votare, terrorizzato dal rischio di rivalse per danni da parte dei cementificatori».
Il piano particolareggiato prevede la costruzione di cinque grandi ville, in una delle aree più belle della costiera triestina, a spese di un bosco a prevalenza di querce d'alto fusto su una superficie di circa 9 mila metri quadrati. La zona è adiacente un Sito di importanza comunitaria ed è parzialmente compreso dentro una Zona di protezione speciale, individuati in base alle direttive europee sulla protezione degli habitat naturali.
Di conseguenza, insiste il rappresentante del Wwf, il piano avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di incidenza, come prescrivono le direttive, per verificarne le possibili incidenze negative sulle aree protette, ma ciò non è avvenuto.
«E' incredibile che questa macroscopica mancanza, segnalata ripetutamente dal Wwf - aggiunge Predonzan - non sia stata considerata e che anzi sia gli uffici comunali, sia la maggioranza dei consiglieri, abbiano preso per buona una relazione di incidenza (che ovviamente nega l'esistenza di incidenze negative) presentata dalle Costruzioni Meranesi e infarcita di grossolani errori. Basti dire che l'estensore della relazione cita tra la flora e la fauna nell'area di Cedassamare, le specie e gli tipiche delle zone palustri e fluviali, come il falco di palude, la gallinella d'acqua, l'oca selvatica, il gambero di fiume». «Il Wwf non mancherà di sollevare la questione, ma intanto - conclude Predonzan - bisogna augurarsi che nella seduta di oggi sulle direttive per la variante al piano regolatore, non si ripeta il triste spettacolo».

 

 

I problemi della Ferriera

 

A proposito di siti inquinati, mi incuriosisce il fatto che, nel parlare della «intoccabile» Ferriera, luogo ameno sul mare, che offre gratis polveri e olezzi a tutta la città e non solo a Servola, si citi poco o niente il terrapieno sorto a ridosso del mare.
Negli ultimi 5-6 anni il nero prodotto ci risulta che viene costantemente accatastato, pressato, bagnato, ha formato un ampio altopiano con strade e rampe sulle quali circolano camion, ruspe, nastri trasportatori ecc. Non ci vuole molto ad immaginare il polverone sollevato dai mezzi meccanici o quello che viene messo in circolo nelle giornate di vento con buona pace dell’inquinamento marino e alla faccia della salute e del disagio di quanti abitano nelle vicinanze. Tutto sembra avere un carattere definitivo, la bruttura cresce a vista d’occhio ed è difficile comprendere perché lo smaltimento del materiale non avvenga contestualmente alla sua produzione.
Sorvolando sullo stato della salute dei cittadini che non sembra essere il motivo sufficiente per risolvere il problema, mi chiedo dove siano finite la associazioni naturalistiche di solito così vivaci nell’attività di controllo e protezione dell’ambiente. Quelle determinate nel chiedere l’analisi del terreno e nel denunciare possibili inquinamenti tanto da provocare l’interruzione di lavori ormai giunti in fase esecutiva. Vedi ad esempio il lungomare di Muggia, il terrapieno di Barcola, il quarantennale ostruzionismo che attraverso continui ricorsi impedisce la sistemazione della cava di Sistiana ecc. Evidentemente la Ferriera non è un elemento inquinante degno di attenzione o forse la tutela del sito non rientra nelle finalità di tali benemerite associazioni.
Fra 100 anni forse qualcuno riuscirà a far chiudere l’impianto dal quale ora sembra dipendere la produzione italiana di acciaio. Quel tale dovrà anche provvedere all’eliminazione della nera catena montuosa vomitata sul mare dal nostro personalissimo vulcano chiamato ferriera.
Ancora una volta sarà la città a sostenere le spese di bonifica dell’area alla faccia del principio ampiamente sbandierato che «chi inquina paga e bonifica».
Laura Dapretto
 

 

Aria inquinata

 

Non molto tempo fa alcuni si erano fatta l’idea che l’inquinamento urbano fosse anche a Trieste un problema molto serio, un problema reale. Le centraline indicavano valori nell’aria che andavano oltre il massimo tollerabile. Respirare quell’aria diventava assai pericoloso. Si prospettava la necessità di chiudere la città al traffico. Trieste diventava comunque da subito la città proibita perlomeno per bambini e vecchi.
Di fronte a questa situazione sembrava che l’unica via percorribile fosse quella di ridurre l’afflusso di veicoli in città, di disincentivare tale afflusso, di scoraggiarlo in ogni modo. Ma improvvisamente qualsiasi allarme è rientrato, ogni preoccupazione si è dileguata d’incanto. Risorge invece il progetto di una serie di megaparcheggi in pieno centro. Anziché creare più grandi zone pedonali si chiamano sempre più macchine. Allora viene da concludere che tutti gli allarmi erano solo una fantasia. L’inquinamento urbano non era un problema serio, era una montatura di ambientalisti contestatori per partito preso, di verdi un po’ fuori di testa, di nemici giurati del sano progresso.
Eppure qualche dubbio resta. Forse il problema dell’inquinamento urbano è davvero serio, ma non è serio il paese in cui viviamo.
Claudio Bianchi -  Lilt-sez. di Gorizia

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 24 luglio 2007

 

 

Ferriera a Arvedi, la scadenza è settembre  - Positivo il primo sopralluogo. In diminuzione il livello delle polveri sottili

 

L’azienda lombarda ha affidato a alcuni tecnici austriaci il compito di verificare gli impianti. Perplessità per le proteste popolari
Domani in città il ministro Pecoraro Scanio, giovedì in Regione la Conferenza dei servizi per avviare l’autorizzazione integrata ambientale
Sarà settembre il mese decisivo per la Ferriera di Servola, le trattative in corso per la vendita da parte della Lucchini-Severstal alla Arvedi di Cremona interessata allo stabilimento siderurgico prevedono che entro il 20-23 di quel mese sia siglato il contratto preliminare. Una data verosimile potrebbe essere fissata a metà settembre. Tutto questo se la «due diligence», il processo investigativo solitamente in atto per analizzare valore, condizioni degli impianti e la situazione ambientale dell’azienda si concluderà positivamente.
Se dovesse servire un ulteriore approfondimento sui temi ambientali, i tempi invece si allungheranno. Proprio per questo è in corso un’attività serrata di valutazione da parte dell’Arvedi che già alla fine della scorsa settimana ha inviato alla Ferriera i suoi consulenti (una squadra della Voest Alpine austriaca) che hanno fatto una verifica sugli impianti, in particolare quello dell’agglomerato (mescola il minerale prima di entrare nell’altoforno) e la cokeria che è la parte sotto accusa per l’emissione delle polveri. Ieri e oggi l’arrivo della seconda squadra di consulenti, i tecnici specializzati della Corus-Danieli esperti in altiforni.
Le relazioni saranno pronte non prima della fine settimana, ma dalle indiscrezioni raccolte dalla prima squadra sembra siano emerse sorprese positive. I tecnici avrebbero detto che «nonostante l’età gli impianti (agglomerato e coke) sono in buone condizioni». Notizie che giungono in una settimana calda sul fronte ambientale dopo l’ordinanza del sindaco Dipiazza che ha intimato allo stabilimento di ridurre la produzione (la cokeria) viste anche le condizioni meteorologiche. Domani è previsto anche l’arrivo del ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio a Trieste: vedrà il sindaco Roberto Dipiazza e una delegazione di abitanti di Servola. Ultima data significativa della settimana sarà quella di giovedì 26: in Regione si terrà la prima riunione operativa della Conferenza dei servizi che dovrebbe avviare il percorso per l’autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera.
In questi ultimi giorni il livello delle polveri sottili (pm 10) è diminuito a Servola sotto il limite di 50 microgrammi per metrocubo (in particolare in via Svevo e Carpineto). L’azienda già tra giovedì sera e venerdì della scorsa settimana ha messo in atto «tutte le misure possibili» per ridurre le emissioni. Più che ridurre l’attività della cokeria è stata modificata la strategia di funzionamento dell’impianto. In realtà la cokeria in questi ultimi periodi non andava a pieno regime e a rendere problematica la situazione è stata la concomitante eccezionalità delle condizioni meteo accompagnate da un picco di attività logistica sulla banchina della Ferriera che potrebbe aver aumentato l’effetto delle emissioni di polveri.
La situazione a Servola è molto delicata, anche se sono dimunite le emissioni molti cittadini continuano a telefonare alle forze dell’ordine per lamentare la presenza di polveri e odori e non cessano le proteste. Le notizie sull’ondata di proteste e la resistenza da parte della popolazione (sul fronte politico c’è per ora un clima di attesa) sono rimbalzate a Cremona al gruppo Arvedi e stanno creando qualche perplessità al management che si starebbe orientando con qualche difficoltà di fronte allo scenario triestino.
Il gruppo Arvedi, da quanto si è saputo e dalle informazioni raccolte a Cremona, è molto orientato verso la tecnologia e i prodotti di alta qualità dell’acciaio e ha puntato da tempo alla qualità ambientale. È vero anche che a Cremona gli stabilimenti utilizzano forni elettrici (non altiforni, non c’è la cokeria e proprio Servola è il principale fornitore di ghisa per il gruppo lombardo) ma la convivenza a Cremona tra azienda e abitanti pare ottimale. Lo stesso Giovanni Arvedi pretende di avere rapporti diretti con i sindacati (ha annunciato l’intenzione di un vertice alle rappresentanze interne a Trieste) e per Servola pensa a uno sviluppo ambientalmente compatibile puntando a siderurgia (con l’abbassamento dei livelli produttivi della cokeria), logistica ed energia.

Giulio Garau

 

 

Cedassamare, approvata la variante  - Voto sofferto in consiglio comunale: 11 a favore e 10 contro
 

Per far passare il testo anche Dipiazza e Pacor si sono espressi. Kacovic e Edera con la maggioranza
Era lo spauracchio dei consiglieri, vista la diffida dell’impresa costruttrice, pronta a far rispondere in solido chi avrebbe votato contro. Ma ieri sera l’aula di piazza Unità ha approvato dopo una serie infinita di rinvii la variante al piano particolareggiato di Cedassamare. Per un voto soltanto, probabilmente calcolato al millesimo dalla maggioranza: 11 sì contro 10 no, due gli astenuti, con tutti gli altri usciti al momento del voto, effettuato per appello nominale. A favore si sono espressi il sindaco Dipiazza, il presidente del Consiglio Pacor come Partito Repubblicano, Bertoli per Forza Italia, Rosolen e Brandi per An, Colotti e Trebbi per la Lista Dipiazza, Sasco per l’Udc, Kakovic per la Margherita, Di Tora per il gruppo misto e Edera per la Lista Rovis. Contrari Lupieri, Toncelli e Tam per la Margherita, Omero, Barbo, Cogliati e Ukmar per i Ds, Decarli per i Cittadini, Furlanic per Rifondazione e Racovelli per i Verdi. Astenuti Minisini e Svab per la Margherita.
Via libera dunque, da parte del Consiglio comunale, all’edificazione di cinque nuove villette in salita di Cedassamare, nel verde che domina la Costiera. La Costruzioni Meranesi srl intende realizzarle sulla base dell’attuale variante al piano regolatore generale del ’97 (Cedassamare è zona C2) dopo aver già costruito un primo lotto di due immobili, peraltro già abitati. A tale approvazione seguirà ora l’iter di concessione. Ma, a quanto pare di capire, il dado è tratto. Perché il via libera precede l’approvazione degli indirizzi della variante al piano regolatore generale, prevista fra domani e giovedì, con la maggioranza di centrodestra che pare orientata ad accordarsi proprio sulla messa in salvaguardia provvisoria di alcune parti del crinale del Carso.
Il fronte dei no, come da previsioni, è stato guidato dal segretario dei Ds Fabio Omero. «Rigetto - aveva detto il leader provinciale della Quercia durante le dichiarazioni di voto - quasiasi diffida degli avvocati della proprietà. Già nel precedente mandato di Dipiazza, avevamo condiviso con lui e con la sua maggioranza le critiche alla variante al prg del ’97, targata Illy-Cervesi-Barduzzi. Ma noi come centrosinistra avevamo anche proposto uno strumento urbanistico per fermare l’edificazione costiera. Strumento che fu bocciato. Ecco perché in quest’occasione abbiamo il dovere di votare contro». «Il piano regolatore del ’97 lo si doveva cambiare prima - gli ha fatto eco Roberto Decarli dei Cittadini - e noi lo chiedevamo da anni». «Le prescrizioni contenute nell’emendamento del sindaco - così il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri - vogliono soltanto tutelare il punto di vista paesaggistico, non la sicurezza idrogeologica».
«Il piano particolareggiato di Cedassamare è figlio di un piano regolatore generale figlio di Illy, a capo della Regione che sul progetto, peraltro, ha dato il parere ambientale favorevole», è stata la risposta di Piero Camber, capogruppo di Forza Italia, che ha ricompattato la maggioranza per arrivare alla fine a un voto in più rispetto ai contrari. «Serve un voto istituzionale, di legalità» ha concluso Camber.

Piero Rauber

 

 

Polveri sottili: Trieste è 15ª - In tre mesi 29 sforamenti

 

A Trieste sono stati 29 i casi di superamento delle polveri sottili nei primi tre mesi dell’anno. Nella classifica delle 24 città italiane che hanno più di 150mila abitanti è la quindicesima per tasso di inquinamento da Pm10. Secondo i dati di Euromobility, l’associazione nazionale dei mobility manager, è Torino la città maglia con 75 superamenti: il numero massimo di giornate consentito dalla legge è di 35 giorni, dall'1 gennaio al 31 marzo 2007. Tra le città del Nord Est, sono stati 71 gli sforamenti a Verona, 66 a Padova, 58 a Venezia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 23 luglio 2007

 

 

 Piano regolatore, il Wwf insiste: «No a salvaguardie di minima» Ds: sospendere nuove costruzioni - Questa settimana in aula le direttive

 

URBANISTICA Si apre la settimana che vedrà il consiglio comunale esaminare la delibera di indirizzi per la variante al piano regolatore generale. E suscita commenti l’intervento con cui l’Ordine degli ingegneri ha paventato una salvaguardia «generica», che spingerebbe sul già «forte rallentamento dell’attività edilizia».
In una nota il capogruppo dei Ds in Comune Ds Fabio Omero sostiene che «parlare di una generica salvaguardia che paralizzerebbe qualsiasi attività edilizia è fare semplice terrorismo». Al contrario «escludere tale salvaguardia di qui all’adozione della variante, almeno un paio d’anni, comporterebbe una parossistica presentazione di progetti edilizi finalizzati alla saturazione delle ultime aree libere». Il centrosinistra, precisa Omero, ha «predisposto alcuni emendamenti che mirano a trovare proprio il giusto equilibrio», partendo dalla considerazione che «è coerente» ipotizzare una stabilizzazione della popolazione residente «sui valori attuali».
La variante, per il centrosinistra, deve valorizzare il patrimonio culturale, salvaguardare i siti di pregio, ridurre «il consumo di territorio», tutelare aree boscate e promuovere «politiche per la casa, quale grave emergenza sociale». Per questo, il centrosinistra - scrive Omero - propone che «la salvaguardia preveda la sospensione di ogni determinazione solo sugli interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di nuova edificazione e/o ampliamento. Ma ammetta gli interventi di manutenzione edilizia, restauro, conservazione tipologica e risanamento conservativo».
Intanto il responsabile della sezione Wwf di Trieste Dario Predonzan osserva come «gli Ingegneri si affiancano agli Architetti nel contestare l’introduzione della salvaguardia» e annota come le richieste di limitare la salvaguardia ad alcune «specifiche e circoscritte aree» si allinei alle richieste dell’Associazione costruttori. E poi «venerdì scorso - scrive Predonzan - Wwf e Italia nostra hanno consegnato al sindaco Dipiazza le quasi tremila firme raccolte, grazie anche all’appoggio di quattordici comitati cittadini», per «un nuovo piano egolatore ispirato all’esigenza di tutelare sia i valori ambientali e paesaggistici del territorio sia la vivibilità urbana». La risposta di Dipiazza, secondo il Wwf, è stata «perplessa e incerta», e fa il paio «con quanto traspare dai lavori della commissione urbanistica». Il rischio - secondo il Wwf - è che «sotto la pressione degli interessi forti si finisca per accontentarsi di una soluzione di minima, con salvaguardia limitata a pochissime zone e campo libero alle speculazioni». Il consiglio comunale dunque faccia «uno sforzo di dignità», esorta il Wwf.
In aula intanto oggi si tornerà a discutere della variante per l’edificazione di cinque villette in salita di Cedassamare, che la Costruzioni Meranesi srl vuole realizzare dopo aver già costruito un primo lotto di due immobili. L’impresa ha già diffidato il consiglio comunale sollecitandolo al via libera, visto l’iter fin qui positivo. Ma alla già complicata situazione si è aggiunto un nuovo elemento: con i suoi legali, uno dei proprietari delle case già realizzate annota come una porzione dell’area su cui costruire le nuove ville risulterebbe in realtà ora venduta ai nuovi proprietari di quelle già realizzate. Di qui la richiesta di risposta da parte degli uffici comunali.

 

 

Servola inquinata: resta solo l’arma del voto - Un lettore ricorda alla giunta in carica il ruolo determinante del quartiere alle ultime elezioni

 

Parlare di polveri, d’inquinamento od altro, ormai è superfluo in quanto magistratura, forze politiche, Arpa, Azienda Sanitaria sono a sufficienza documentate. Ciò cui tutti dovranno pensare, per costringere gli enti e soprattutto i politici ad una riflessione, sono le future elezioni. Chi è attualmente in carica (per la seconda volta: sindaco, assessori, giunta comunale) ha beneficiato in modo esponenziale, nel momento cruciale del ballottaggio, dei voti pervenuti, dopo varie consultazioni, da parte della VII Circoscrizione. Forse escludendo il Sindaco, l’attuale maggioranza ignora questo fatto che invece le è stato determinante.
Ora i votanti di Servola e degli altri rioni altamente inquinati, potrebbero invertire il voto premiando, nel prossimo futuro, i personaggi disposti a sostenere le loro istanze riguardanti, in particolare la salute ed il desiderio di una vita normale. Ciò vale anche per chi lavora in quel mostro fumante e nocivo.
Leggendo le tabelle salariali di consiglieri, assessori, ecc. ci si rende conto del perché i titolari sono più interessati alle loro entrate che ad assolvere alle loro funzioni facendosi carico dei problemi scabrosi dei poveri cittadini ed operai che vorrebbero sopravvivere alla Ferriera.
L’unica penalizzazione che noi cittadini possiamo arrecare loro è di non rinnovare il voto a loro favore nelle prossime elezioni sia al Comune, sia alla Provincia, sia alla Regione. A dimostrazione di ciò si può ricordare che due candidati sindaci (Pacorini e Rosato) sono stati penalizzati proprio per non aver sostenuto le richieste degli abitanti della VII Circoscrizione.
Ultimamente, poi, ci sono delle novità: dopo tanti anni e tantissime promesse da parte della Lucchini-Severstal, quest’ultima si eclissa dopo aver portato parole inutili e danni concreti alla cittadinanza. Ora si affaccia una nuova cordata che, probabilmente, visti i precedenti, non ci offrirà sicurezza e non ci ispira, già da ora, fiducia.
A questo proposito sarebbe opportuno conoscere cosa ne pensano, ambientalmente parlando, le popolazioni di Cremona e dintorni dove sono installati i tanto decantati stabilimenti dell’Arvedi.
Non si può, infine, tacere il fatto che la situazione attuale per Servola e dintorni (molto estesi peraltro!) è diventata catastrofica: se prima si parlava di episodi sempre più frequenti di emissioni tossiche ora si parla di una continua e svariata nube tossica che incombe senza soluzione.
Alla fine «Chi farà Bingo?».
Claudio Giacca
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 22 luglio 2007

 

 

Metropolitana leggera, entro due anni da Muggia a Opicina in venti minuti  - Il piano messo a punto dalla Provincia

 

A bordo della metropolitana leggera in un quarto d’ora da Campo Marzio a Opicina e fino a Muggia in venti minuti. Niente di faraonico o fantasioso, il progetto che si basa in realtà sulla risistemazione di tratte di ferrovia, soprattutto di punti di servizio (pensiline, scale di collegamento eccetera) già esistenti e in esercizio è ormai a un passo dalla realizzazione visti anche i costi contenuti. Un’idea ambiziosa, ma che una serie di esperti delle Ferrovie, del trasporto pubblico e altri tecnici guidati dall’assessore provinciale ai Trasporti Ondina Barduzzi ha fatto diventare possibile e concreta. «Dopo tanti progetti la Provincia è riuscita a realizzare il primo studio organico sulla rivitalizzazione della metropolitana leggera, un disegno che sta all’interno del progetto che sta preparando la Regione con l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego che punta all’integrazione tra gomma e rotaia. Noi integreremo anche il trasporto marittimo dei traghetti, un sistema completo» ha spiegato la Barduzzi. Poche settimane fa in Provincia la firma del protocollo di intesa per il recupero degli impianti ferroviari del nodo di Trieste tra Provincia, Autorità portuale ed Ezit. Tutti interessati al progetto: in soli 2-3 anni potrebbe essere possibile ripercorrere le vecchie rotaie che abbracciano la città e che collegano Muggia a Opicina passando per la zona industriale, inutilizzate. Investimento ipotizzato 14 milioni di euro. Un progetto che ha basi solide visto che la metropolitana leggera sarebbe una parte della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria (servono altri 70 milioni di euro per il collegamento costiero tra il capoluogo e la città slovena) da utilizzare sia per le persone che per le merci. Entro luglio, con l’illustrazione dei risultati del secondo studio di fattibilità affidato dalla Provincia all’Università e a Rfi, i dettagli del progetto, i tempi e i costi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 21 luglio 2007

 

 

Piano regolatore, proposte più garanzie per tutelare zone di pregio ambientale - La delibera all’inizio della prossima settimana in consiglio comunale. Bucci: «Decida l’aula»

 

La delibera di indirizzi sulla variante al piano regolatore generale approderà martedì o mercoledì in consiglio comunale. La certezza, come ha ribadito ieri davanti alla commissione consiliare urbanistica l’assessore Maurizio Bucci, è che la giunta, «dando un ruolo» politico all’aula (affidandole cioè la responsabilità di una scelta pesante), ha voluto lasciare al consiglio, «se lo riterrà opportuno, di istituire una salvaguardia su cui l’esecutivo non intende entrare nel merito». L’orientamento che al momento emerge chiaro dalla maggioranza - anche se i consiglieri mantengono il riserbo - è quello di portare in aula emendamenti per istituire regimi di salvaguardia di alcune zone mirate, come quelle di particolare pregio ambientale. Resta da capire se dai partiti di maggioranza arriverà un emendamento unitario e se sarà possibile un dialogo con l’opposizione. Quello della salvaguardia è del resto il vero nodo: auspicato dagli ambientalisti e temuto, in una sua eventuale applicazione generalizzata, da più categorie, dato che - come già ricordava un documento sottoscritto da Ance (associazione costruttori) e Cna - una salvaguardia generalizzata vedrebbe «bloccata qualsiasi attività edilizia almeno per i prossimi quattro o cinque anni».
Mentre dunque la partita si gioca tutta nella ricerca di un punto di equilibrio tra istanze diverse - ambientalisti, ordini professionali, categorie economiche... - proprio la salvaguardia è stata ieri al centro della discussione. Bucci ha sottolineato come la giunta abbia scelto di basare la redazione della variante sulla vecchia legge urbanistica regionale proprio perché la nuova - che entrerà in vigore a fine agosto - «non prevederà la possibilità di salvaguardie». Al consiglio scegliere, dunque. Ma a introdurre un altro elemento è stato il diessino Fabio Omero, che ha proposto di chiedere all’Avvocatura comunale un parere sulla possibilità di bloccare le concessioni anche su piani particolareggiati già adottati e approvati, citando una sentenza del Consiglio di Stato che va appunto in questa direzione. Un’opzione che richiederebbe «congrue motivazioni», ha risposto il capogruppo forzista Piero Camber.
Anche nel centrosinistra, intanto, si sta lavorando a una serie di emendamenti: oggi i capigruppo dell’opposizione si riuniranno per trovare un accordo, anch’essi comunque con il presupposto di porre alcune zone in salvaguardia. La partita del piano regolatore, del resto, si connette con alcuni nodi delicatissimi quali il piano per Cedassamare o quello dei cosiddetti «cuboni» di via Belpoggio-Santa Giustina (il cui comitato cittadino ieri era in aula per ribadire la propria richiesta di tutela sull’area di Campo Marzio).
Ancora critiche dall’opposizione, intanto, sull’inconsistenza di una delibera di indirizzi che in realtà lascia le porte aperte a ogni soluzione abdicando a tratteggiare «linee strategiche» per il futuro della città: scelta precisa, ha replicato Bucci, perché in caso contrario «non si potrebbe più tornare indietro».
Ieri in commissione si sarebbe dovuto discutere anche di altre delibere: quelle sull’ampliamento delle aree commerciali del Silos, quella sul trasferimento dell’International School nell’area del Sincrotrone, quella infine che dà via libera in materia di valutazione ambientale sul progetto (rivisto) di ampliamento dell’hotel Riviera. Tutte, però, sono state rinviate alla seduta di martedì. Maggioranza e opposizione concordi: impossibile discutere di documenti che erano arrivati sul tavolo dei consiglieri pochi minuti prima. Il fatto è - come ha ricordato Bucci - che per il via libera al Riviera scadranno il 22 luglio (cioè domani) i termini del silenzio-assenso: insomma, niente voto uguale sì. Mezz’ora di dibattito sul da farsi, Bucci ha fatto presente che in fin dei conti il progetto è stato visto tempo fa dal consiglio comunale che ora ne deve solo licenziare la valutazione di impatto ambientale; ma lo stesso Sasco (senza voci di dissenso da An o Fi) ha sottolineato quanto il progetto da allora sia cambiato, e quanto, «visto il collegamento con il piano regolatore, il voto sia in realtà politico».
p.b.

 

La Ferriera ricorre al Tar contro i dati del sindaco - Il legale della proprietà: «I valori vanno approfonditi». Il caso finirà anche in Tribunale
 

I risultati delle nuove analisi provengono da uno studio ordinato dalla Procura e affidato a ricercatori dell’Università
La proprietà della Ferriera di Servola è passata al contrattacco e ha annunciato ieri che ricorrerà alla magistratura ordinaria e a quella amministrativa per far verificare i dati tecnici su cui sono incardinate sia la diffida del sindaco, sia la lettera dell’Azienda sanitaria. In sintesi rientrano in scena il Tribunale amministrativo regionale, la Procura della Repubblica e il Tribunale.
Per la Ferriera ha parlato l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al collega Giuseppe Frigo assiste da anni il gruppo Lucchini in svariate vicende giudiziarie. Prima fra tutte quella di Servola.
«Di fronte alla contestazioni che curiosamente crescono proprio nel momento in cui l’impresa sta facendo il massimo sforzo per contenere l’impatto ambientale della Ferriera e mentre si prospettano nuove ipotesi che consentirebbero di conciliare occupazione e sviluppo economico con rispetto dei parametri ambientali - ha affermato l’avvocato Borgna- utilizzeremo tutte le vie di tutela giudiziaria, fondate come sempre su argomenti tecnici. Innanzitutto andremo a verificare i dati di cui oggi confusamente si discute, la loro portata e il modo in cui sono stati raccolti. Poi verranno evidentemente richieste le verifiche del caso all’autorità giudiziara ordinaria e amministrativa».
Sempre ieri il pm Federico Frezza ha confermato che i dati sulle emissioni di polveri e benzoapirene che stanno alla base della lettera inviata dell’Azienda sanitaria e della diffida firmata giovedì dal sindaco, sono stati raccolti dai consulenti tecnici della Procura della Repubblica nell’ambito di uno dei tanti procedimenti penali che coinvolgono i vertici dello stabilimento. «Sono dati nostri» ha affermato il magistrato.
Questi dati sono stati raccolti a partire dai primi mesi del 2007 mentre l’incarico risale al precedente novembre 2006- da due ricercatori del Cigra- il Centro interdipartimentale di Gestione e ricupero ambientale dell’Università di Trieste- i professori Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani. Fino a quel momento nessuno, nè la Regione attraverso l’Arpa, nè il Comune, la Provincia o l’Azienda sanitaria, avevano pensato e deciso di misurare le concentrazioni nell’aria della città di idrocarburi policiclici aromatici. Due le stazioni di rilevamento: una a Servola, in via dei Giardini a pochi metri dalla ferriera e dalla superstrada; l’altra in via Giorgeri, nell’ambito di un edificio dell’Università degli Studi dove l’aria non è influenzata da attività industriali.
I primi risultati delle misure effettuate con un apparecchio pagato dalla stessa Procura, sono stati disponibili a metà aprile. Già in quella sede era emersa una situazione inquietante. «Le concentrazioni di benzoapirene eccedono in quattro campioni su quattro il valore guida indicato dal Decreto ministeriale del 1994 e dalla direttiva del Parlamento europeo del 15 dicembre 2004». A chiare lettere i due ricercatori, fin dal primo approccio con il problema Ferriera, definiscono «severa» la situazione di Servola.
La seconda relazione inviata al pm Federico Frezza porta la data del 29 maggio. I dati raccolti dai ricercatori del Cigra pochi giorni dopo sono stati comunicati sia alla Regione, attraverso l’Arpa, sia al sindaco come primo responsabile sanitario della città.
«La valutazione del benzoapirene, l’unico fra gli idrocarburi policiclici aromatici a essere considerato nella normativa italiana, sembra convalidare la criticità della situazione della qualità dell’aria presso la Ferriera» scrivono i due consulenti della Procura. Nelle pagine successive riferiscono i primi risultati dell’effetto delle polveri PM25 provenienti da campioni raccolti a Servola sulla crescita delle cellule umane.
«I primissimi risultati mostrano un’attività mutagenetica degli estratti più concentrati, ma devono essere eseguite ulteriori sperimentazioni al fine di ottenere una curva dose- risposta completa ed esauriente».
In altri termini la ricerca non è conclusa e va ulteriormente approfondita e verificata. E’ questo un giudizio non dissimile da quello richiesto ieri dall’azienda siderurgica attraverso il proprio avvocato.

Claudio Ernè

 

 

Monte Grisa, impianto fotovoltaico - Un lettore suggerisce come far fronte alle spese per il restauro del tempio

 

Dopo aver letto sul Piccolo i motivi della caduta del tetto, e sui problemi perché ciò non accada in futuro, credo che la soluzione migliore sia proprio il fotovoltaico. Visto che la Regione dà un contributo fino all’80% per il fotovoltaico in Friuli Venezia Giulia. Penso che basterebbe ricoprire il tetto del Santuario con questo sistema.
Con questo nuovo contributo vengono in effetti premiati gli impianti sino a 3000 Wp come massimo e quelli integrati architettonicamente. Il restante 20% sarebbe coperto dalla vendita dell’energia, visto che a partire da fine febbraio 2007 è entrato in vigore il nuovo «conto energia», che è un’evoluzione decisamente migliorativa rispetto a quello in vigore sino ad allora.
Incentivi per gli impianti solari con i pannelli inseriti al posto delle tegole, superiori a 20kWp, che vanno da 36 a 49 centesimi per ogni chilowattora prodotto a seconda della categoria, che prevede impianti non integrati (cioè esterni alla struttura); parzialmente integrati (come pannelli sui tetti). Poi ci sono le detrazioni fiscali, che si ottengono scalando dall’Irpef il 41% dal fotovoltaico, dell’importo pagato, detraibile in 5 o 10 anni.
Pensate, aria condizionata d’estate e riscaldamento d’inverno per i pellegrini, praticamente gratis! Non m’intendo di termini tecnici e legali, ecc., ma credo sia una buona idea, lanciata anche da qualcun’altro proprio nelle Segnalazioni. Sto pensando alla pubblicità che ne ricaverebbe un’assicurazione o una banca che aiutasse la Curia triestina per il Santuario, anche la stessa ditta vincerebbe l’appalto per il fotovoltaico di un monumento importante, potrebbe poi pubblicizzarlo come il suo fiore all’occhiello. Comunque, se mancassero i soldi e venisse indetta una sottoscrizione all’Azione Cattolica, sarebbe mio desiderio contribuire con il 10% della mia pensione.
Adriano Bellini
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 20 luglio 2007

 

 

L’Azienda sanitaria denuncia nuovi sforamenti e la proprietà chiede chiarimenti sui dati dell’Arpa -  Dipiazza: Ferriera, stop alla cokeria
 

Il sindaco ha emesso un’ordinanza «per bloccare le emissioni inquinanti»

L’Azienda sanitaria denuncia nuovi sforamenti delle emissioni della Ferriera di Servola misurati dall’Arpa e il sindaco Roberto Dipiazza emette una terza ordinanza e la invia alla Lucchini intimando la «cessazione immediata delle emissioni inquinanti». Sotto accusa la cokeria con le emissioni di benzene, polveri e idrocarburi policiclici aromatici. Ieri pomeriggio, a sorpresa, in una giornata di caldo torrido, caratterizzata anche da varie segnalazioni dei cittadini, in particolare di Servola, sulla presenza di maggiori polveri, fumi e odori imputati allo stabilimento siderurgico, la convocazione di una conferenza stampa del sindaco in Municipio. «Proprio stamattina ero a Muggia – esordisce Dipiazza – e ho visto che stavano scaricando del materiale e gli impianti erano in funzione. C’era una nuovola immensa. Insomma, ci sono 41 gradi, ho subito telefonato all’azienda invitandola a rallentare. Lo dico io come imprenditore, certe volte bisogna venire incontro alle esigenze della gente. Appena arrivato in ufficio è arrivata la lettera dell’Azienda sanitaria. Ho dovuto fare l’ordinanza vista la gravità della situazione. La Lucchini dovrebbe considerare seriamente il problema». Un’ordinanza che riguarda in particolare la cokeria, ma Dipiazza non chiede la chiusura degli impianti: «Chiedo di far cessare immediatamente le emissioni inquinanti – dice la nota – e in particolare quelle prodotte dalla cokeria ponendo in essere tutti gli interventi anche incidendo sul ciclo produttivo, fatta salva la correlata attivazione di quanto necessario alla messa in sicuirezza degli impianti».
Il sindaco ribadisce «non dico che devi chiudere, ma che non devi più emettere inquinanti. La Ferriera può rallentare, togliere il piede dall’acceleratore. Strano che non l’abbiano già fatto di fronte a questo caldo, ho ricevuto un sacco di telefonate dei cittadini. Da imprenditore non lo capisco. È la prima volta che l’Azienda sanitaria chiede in una lettera provvedimenti per la salvaguardia della salute pubblica».
La lettera dell’Azienda sanitaria firmata dal direttore generale Franco Rotelli è stata inviata anche alla Procura (che poco tempo fa ha deciso il dissequestro degli impianti visti gli interventi messi in atto dalla Lucchini) ed è giunta dopo le misurazioni fatte dall’Arpa che hanno inviato una nota mercoledì scorso. Un ulteriore tegola che arriva sulla Ferriera proprio mentre è in corso la valutazione da parte della Arvedi, gruppo siderurgico di Cremona, che ha chiesto di acquisire lo stabilimento dalla Lucchini. E proprio ieri sono arrivati i primi consulenti della Arvedi (tecnici della Voest Alpine) incaricati di studiare gli impianti e le misure ambientali per ridurre al massimo le emissioni aumentando la produttività degli altoforni e contemporaneamente riducendo l’attività della cokeria.
Sono arrivati pure i tecnici della stessa Arvedi di Cremona e tra lunedì e martedì giungeranno altri consulenti (esperti di altiforni) della Corus. Un momento delicatissimo che vede da un lato la Lucchini impegnata (con un confronto propositivo con la Procura) a fare i primi interventi ambientali sugli impianti (previsti 10 milioni di investimenti) in vista della conferenza dei servizi (il 26) che dovrebbe portare all’Autorizzazione intergata ambientale. Dall’altro l’offerta a sorpresa della Arvedi conosciuta (a Cremona, per detta degli stessi sindacati locali) per la sua attenzione ai problemi ambientali e che vorrebbe replicare l’esperienza a Trieste.
Ieri l’azienda ha fatto sapere di aver ricevuto l’ordinanza e ha confermato che «ottempererà alla richiesta di cessazione delle emissioni». Ma ha aggiunto anche che «resta in attesa di un chiarimento in merito ai dati dell’Arpa che non sono stati trasmessi». Oggi forse un chiarimento su una situazione difficile per l’azienda in un momento tra l’altro particolarmente delicato non solo per le trattative in corso, ma anche per le condizioni atmosferiche con il caldo torrido e l’elevata umidità che rende complicato non solo l’attività siderurgica ma anche quella logistica della banchina a mare dove sono in corso operazioni di scarico di materiale che potrebbe aver peggiorato la situazione sul fronte delle polveri.

Giulio Garau

 

 

In Provincia l’Arpa illustra i dati ai comitati

 

Ieri sera, quasi in contemporanea, era in corso in Provincia l’audizione sul nodo Ferriera. Dal Circolo Miani e i Comitati di Servola respira sino agli esperti dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa. «Continuano a esserci rischi forti per la salute dei servolani», hanno ribadito i rappresentanti dei due circoli, mentre il direttore dell’Arpa Stelio Vatta ha illustrato i dati degli sforamenti confermando il «trend negativo». «La situazione è peggiorata in luglio – ha detto – per il benzene abbiamo registrato su una serie di 3805 rilevazioni orarie una media di 14,2 microgrammi/metro cubo mentre la media precedente era di 12,8. Il limite di legge si ferma a 8». Stesso discorso per le polveri con le misurazioni delle centraline di via Pitacco, Carpineto, e il mezzo mobile di via San Lorenzo in Selva. «Per 4 giorni in queste zone la concentrazione media era ben al di spora del limite giornaliero di 50 microgrammi per metrocubo. In particolare in via San Lorenzo in Selva».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 19 luglio 2007

 

Primo sì dell’Ue alla Trieste-Divaccia  - Il progetto della ferrovia prevede una galleria a 150 metri di profondità
 

Incontro a Bruxelles tra Di Pietro e il commissario ai trasporti europeo: «Ok alle nostre soluzioni per il Corridoio V»
Alitalia, gara chiusa senza concorrenti. L’Europa: no ad aiuti di Stato
 Dopo un incontro a Bruxelles tra il ministro Di Pietro e il commissario ai trasporti europeo è arrivato ieri il primo sì alla costruzione della Trieste-Divaccia. Il progetto della ferrovia, che partirà da Opicina, prevede una galleria a 150 metri di profondità. Per Alitalia, intanto, la gara si è chiusa senza concorrenti e l’Europa ha detto no ad ulteriori aiuti di Stato, che erano già stati concessi una volta. Alto il rischio di fallimento.
 

 

An: «Piano regolatore, non siamo isolati»  - Secondo il vicesindaco Lippi la delibera deve essere migliorata
 

La replica dopo che Dipiazza ha annunciato di voler porre la fiducia sul documento originale
Sul siluretto lanciato da Roberto Dipiazza in materia di variante al piano regolatore, i pompieri di Forza Italia si mettono al lavoro fin dal mattino di ieri. Il sindaco martedì, infastidito perché gli assessori di An in giunta si erano astenuti sulla delibera di indirizzo, ha annunciato che in consiglio comunale porrà «la fiducia sulla delibera originale», puntando di fatto a isolare il partito di destra? Il capogruppo azzurro Piero Camber tenta una quadratura del cerchio: «La delibera rimane uguale, verrà migliorata. La giunta ha posto le fondamenta, noi metteremo i muri...» Perché in effetti c’è la volontà condivisa di sottoporre al sindaco un documento da condividere, per giungere in aula con «migliorie» che l’esecutivo potrebbe fare proprie.
An sceglie la linea morbida. Certo il partito «non è isolato: basterebbe parlare con i capigruppo», premette il vicesindaco Paris Lippi. Ma «stiamo cercando di dare un contributo costruttivo, e lo stesso Dipiazza in giunta ha detto che della delibera avrebbe riparlato con i colleghi ai lavori pubblici Bandelli e all’urbanistica Bucci per esaminare migliorie su cui poter concordare».
Insomma, niente repliche puntute ma una conferma: la delibera - per An troppo generica - va modificata. Come chiedono appunto i capigruppo, mirando a una sintesi tra istanze ambientaliste e esigenze di sviluppo. Non è estraneo alla partita il fastidio che in An (ma non solo) ha provocato il fatto che il titolare dell’urbanistica Maurizio Bucci abbia sottoposto ai colleghi una delibera mai discussa in precedenza. Del resto, dalla Lista Dipiazza Maurizio Ferrara ricorda come lui stesso e gli altri capigruppo di maggioranza «non appena ricevuto il documento della giunta hanno subito coinvolto gli ordini professionali e le associazioni ambientaliste. Forse però questo compito spettava ad altri. Qualcuno - aggiunge Ferrara - si deve rendere conto che governare significa coinvolgere e poi decidere, non viceversa». Così facendo «forse non ci sarebbe stata astensione di An». Ad ogni modo, Ferrara lo dice chiaro: primo, l’accordo su eventuali emendamenti da presentare in aula andrà cercato «anche con l’opposizione». Secondo, «il gruppo voterà solo gli emendamenti condivisi con il sindaco». Ma una convergenza, avverte dall’Udc Roberto Sasco, va trovata.
E intanto, il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri annota che nella delibera «non si tengono in alcun conto le linee guida tracciate dall’Unione europea» come tutela ed estensione del verde pubblico o riuso delle piazze, mentre si rinuncia a una pianificazione capace di essere un volano per lo sviluppo. Di «mancanza di obiettivi» parla anche il capogruppo diessino Fabio Omero, che ha redatto alcuni emendamenti su cui «sono pronto a confrontarmi con gli altri consiglieri e con il sindaco», precisa in replica a Dipiazza («anche la sinistra è con me», aveva detto il primo cittadino). Si tratta di emendamenti «concepiti come salvaguardia graduale: mettere in salvaguardia cioè quegli interventi edilizi al di sopra di una certa cubatura per i quali già oggi il piano regolatore prevede l’adozione di un piano particolareggiato, tanto in zone del centro urbano quanto nelle periferie; autorizzare invece interventi di risanamento e manutenzione». Meno costruzioni e più restauri, insomma. Inoltre, Omero propone «la messa in salvaguardia per le zone turistiche e quelle di particolare pregio, compresa la sospensione della concessione edilizia per i piani già approvati». All’aula decidere: se ne inizierà a parlare oggi nella commissione consiliare urbanistica.
p.b.

 

 

Rifiuti, si farà la raccolta differenziata  - Il progetto cancella la Tarsu e introduce la tariffa secondo quantità

 

Presentato in Provincia il piano per separare carta, vetro, plastica e ridurre il ricorso all’inceneritore
La legge regionale è del 2005, e appena adesso la Provincia presenta il piano di attuazione per la raccolta differenziata degli imballaggi (vetro, plastica, carta e contenitori, plastica e lattine) che se portato a termine virtuosamente da tutti i Comuni potrebbe liberare i cittadini dal peso della Tarsu, perché la legge prevede che la tassa (oggi calcolata sui metri quadrati di abitazione) sia sostituita da una tariffa (Tia) con la quale si paga l’effettiva quantità di rifiuti «normali» prodotti. Il che significa che più il cittadino usa le «campane» per carta e vetro, meno spende per il servizio rifiuti. In quattro anni si prevedono risparmi dell’ordine del 25-30 per cento. Esclusa però la raccolta «porta a porta» che sta rivoluzionando i costumi di Gorizia e Monfalcone, con vistoso disagio per i cittadini.
Il piano è stato presentato ieri dall’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi, che ha annunciato 400mila euro di stanziamento a favore dei Comuni, con una prima tranche di 15mila come incentivo di partenza uguale per tutti e poi premi per i migliori progetti. L’obiettivo (nonostante i ritardi accumulati anche dalla precedente amministrazione) restano quelli fissati a livello europeo e regionale: il 35 per cento di differenziata entro l’anno, il 60 per cento a fine 2008. Trieste adesso ha un indice basso: il 17-18 per cento.
Entro questa stessa data la Provincia dovrà anche dotarsi di un nuovo impianto per la raccolta e il trattamento dei rifiuti da imballaggio capace di gestire sia quelli urbani sia quelli speciali, delle imprese.
Si calcola che su una tonnellata di rifiuti ben il 60 per cento sia rappresentato da materiale riciclabile. Gli ultimi dati disponibili (2005) indicano che la l’intera provincia triestina produce circa 18 tonnellate e mezzo di rifiuti differenziati, di cui quasi 6000, cioé un terzo, sono rappresentati da imballaggi. Oggi, tolta la piccola percentuale citata, finisce tutto nell’inceneritore (coi problemi che ne possono derivare, visti i recenti guasti, le emissioni nocive, lo stop imposto dalla magistratura, l’emergenza di doversi appoggiare a Gorizia).
Il programma della Provincia prevede cassonetti verdi per la raccolta del vetro, gialli per la carta, blu per la plastica e le lattine, grigio per il resto. In alcune zone della città ci sono già, ma poco usati e non abbastanza «sotto casa». Progetti sperimentali sono stati avviati in alcuni quartieri, a Rozzol Melara, Valmaura e San Giacomo: «Con un risultato ottimo» ha detto Barduzzi, che ora raccomanda a cittadini, enti, imprese di prendere visione del piano per suggerimenti o miglioramenti (l’iter del provvedimento è spiegato qui a parte).
Assolta la prima parte burocratica, il compito sarà poi dei Comuni. «Più difficile certamente a Trieste - ha ammesso Barduzzi - ma ci sono città e regioni dove la ’’campane’’ sono state sistemate massicciamente da tempo, e se ci sono riusciti gli altri possiamo farlo anche noi». Complicato soprattutto individuare il sistema per passare dalla tassa - a Trieste appena lievitata di ben il 30 per cento - alla tariffa individuale: «Ci sono vari sistemi - ha aggiunto l’assessore -, si va dalla pesata del sacchetto registrata su una card (potrebbe anche essere quella regionale) ai sacchetti venduti in tabaccheria con registrazione: meno se ne prendono, meno si paga di tariffa».
Resta poi il fatto che dal «differenziato» che confluisce nel nuovo impianto - tutto da fare - bisogna ricavare anche un buon indice di riciclaggio effettivo dei materiali, attraverso apposite ditte. «Ma già oggi - ha sottolineato Barduzzi - l’Acegas ’’divide’’ i materiali, non è escluso che possa occuparsi anche del nuovo servizio». E il termovalizzatore, cioé l’inceneritore che produce energia e quindi denaro? «Non ha potenzialità infinite - ha concluso l’assessore -, funziona meglio con rifiuti selezionati, e potrebbe avere più spazio per occuparsi dei rifiuti speciali». Tutto il programma è iniziato con un’azione educativa: 200 mila euro sono stati dati alle scuole per propagandare comportamenti ecologici ai ragazzini. Con la speranza che convincano anche i genitori.

Gabriella Ziani

 

 

Ferriera, arrivano i tecnici dell’Arvedi - Il primo sopralluogo dell’azienda lombarda

 

Il gruppo Arvedi lavora in maniera serrata sulla valutazione per l’acquisto della Ferriera di Servola e per risolvere da un lato le questioni ambientali e dall’altro per aumentare la produttività dello stabilimento. Tra oggi e lunedì atteso a Servola l’arrivo di tecnici ed esperti sul fronte ambientale e produttivo nel settore siderurgico incaricati di approfondite consulenze per conto della Arvedi sullo stato degli impianti. Le ipotesi per il futuro produttivo della Ferriera parlano di una riapertura del secondo altoforno e del contemporaneo rallentamento dell’attività della cokeria per abbassare il limite delle emissioni, soprattutto di polveri. E proprio l’arrivo dei tecnici di questi giorni punta a studiare come abbassare al massimo il livello degli inquinanti: da quanto si è saputo il gruppo Arvedi punta addirittura a interventi aggiuntivi rispetto alle prescrizioni fatte dalla procura della Repubblica alla Ferriera. Il gruppo Lucchini intanto procede nelle operazioni di miglioramento ambientale degli impianti: la settimana prossima (giovedì 26) prevista la prima vera riunione della Conferenza dei servizi in Regione sulla procedura di autorizzazione integrata ambientale dello stabilimento.
Ma veniamo alle viste dei tecnici. In arrivo due gruppi diversi di esperti. Tra oggi e domani sono attesi i primi tre che giungono direttamente dalla Voest Alpine (il colosso siderurgico austriaco). Uno dei tecnici è esperto di impianti di cokeria, uno sugli altoforni e uno di agglomerato (serve per la produzione di ghisa). Sono i consulenti scelti dal gruppo Arvedi che dovrebbero verificare i possibili presidi ambientali e gli interventi per migliorare le condizioni di lavoro degli impianti. L’obiettivo, da quanto si è saputo, è individuare ulteriori miglioramenti agli apparati di produzione per limitare al massimo polveri ed emissioni. Il programma di verifica dei consulenti della Arvedi è stato reso noto anche al personale dello stabilimento e i vertici della Ferriera hanno informato le rappresentanze sindacali interne.
Altri due o tre tecnici invece sono attesi tra lunedì e martedì prossimi. Si tratta stavolta di esperti spagnoli della Corus, una società leader sul fronte siderurgico. Il loro lavoro dovrebbe essere mirato agli altiforni. Seri approfondimenti infine sono in corso sul fronte logistico e portuale e la Arvedi sta valutando (un progetto Lucchini) da subito il rapporto costi/benefici sul prolungamento da 300 a 600 metri della banchina. L’ultima verifica il gruppo Arvedi la sta facendo sulla logistica terrestre e in particolare sulla possibilità di potenziare le linee ferroviarie per futuri trasferimenti di prodotto direttamente da Trieste a Cremona.

Giulio Garau

 

 

La Ferriera va chiusa

 

Sul Piccolo del 30 giugno ho letto l’articolo concernente la ferriera. Siccome in passato mi ero già interessato in merito al problema stesso, vorrei ritornare sull’argomento, che inquina l’atmosfera, compromettendo le vie respiratorie di tutti gli abitanti della città, nessuno escluso.
Si parla ora di dimezzare le polveri entro tre anni, quindi si vuole continuare a minare la salute della gente, senza parlare di eliminare completamente i veleni sprigionati dagli altoforni, che intaccano inesorabilmente il fisico di coloro che di fronte al profitto contano meno di nulla. Questo stabilimento, che genera polveri mortali, deve venire chiuso definitivamente; poiché il non farlo potrebbe portare i responsabili a rispondere di lesioni dolose, al cospetto dell’autorità giudiziaria.
Se non erro, il personale impiegato nella ferriera doveva essere trasferito in altre attività produttive già predisposte: che cosa è stato fatto in proposito? Il nostro sindaco si rende conto di tale macigno, che incombe sulla città, tanto da chiedere la sua chiusura, senza sospensioni e successive riprese dell’attività stessa; ma la chiusura definitiva di questo pericolo permanente. Il signor Lucchini, il quale ha già guadagnato lautamente con la ferriera, sia quindi tanto umanitario e cortese di concedere la grazia della chiusura, o della conversione dello stabilimento in prodotti non nocivi.
Tommaso M
icalizzi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 18 luglio 2007

 

 

Nessuna modifica, An isolata - Piano regolatore, Dipiazza: «Chiedo la fiducia in aula»

 

Farà caldo in Comune negli ultimi giorni di luglio, ma le temperature torride dell’estate c’entrano poco. L’accordo sulla delibera che detta gli indirizzi per la variante al Piano regolatore - una sorta di maxi-emendamento di maggioranza, salvaguardando solo le aree più critiche e dando certezza ai privati - non è piaciuto a Roberto Dipiazza. «Porrò la fiducia in Consiglio comunale sulla delibera originale», dice il sindaco. Isolando An che in giunta, con i propri assessori, si è astenuta su quella delibera.
«Non abbiamo votato contro sulla base di un accordo che in aula sancirà il vero indirizzo», dice l’assessore Franco Bandelli (An). E aggiunge: «L’astensione è un passo avanti, se qualcuno non accetta questi passaggi sfugge alla vita democratica». Una tesi ribadita anche dal collega di partito e vicesindaco Paris Lippi, che parla di una delibera da «rendere consona alle aspettative» e dalla capogruppo Alessia Rosolen. Tutti aspettano i lavori in commissione e il voto in aula a fine mese per «ridefinire i parametri, dopo l’incontro - dice Rosolen - con le associazioni ambientaliste, gli ordini e le categorie». Lo stesso capogruppo forzista Piero Camber conferma: «Vediamo di dare sostanza alla forma. Una sostanza condivisa - dice - perché la coalizione lavora in sintonia». Fino a un certo punto, in realtà, viste le dichiarazioni del sindaco. «Ho già fatto un Piano regolatore a Muggia di cui non si sente parlare perché semplicemente è buono, mentre quello di Trieste lo critica anche la stessa sinistra». E aggiunge, strappando con An: «La fatica è insegnare agli altri come si fa un piano onesto. In Consiglio metterò la fiducia su questo documento - spiega - incassando i voti di Fi, Lista Dipiazza e Udc. Anche la sinistra è con me».
p.c.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 17 luglio 2007

 

 

Piano regolatore, accordo in maggioranza: salvaguardia solo per le aree più critiche - La delibera verso il sì con l’astensione di An

 

URBANISTICA La delibera che detta gli indirizzi per la variante al piano regolatore generale verrà discussa oggi dalla giunta comunale, che - annuncia l’assessore Franco Bandelli - la varerà con l’astensione degli assessori di An. La palla passerà poi al consiglio comunale, che in aula potrà apportarvi emendamenti significativi. Modificandola insomma anche in maniera pesante.
È questo il risultato di una giornata convulsa sul fronte della politica urbanistica. Una giornata che in poche ore ha visto l’esecutivo rinviare a oggi la delibera, gli assessori Maurizio Bucci e Bandelli impegnarsi in incontri con Ordini professionali ma anche con i capigruppo della maggioranza consiliare, e infine rappresentanti della giunta e della maggioranza consiliare pervenire a una mediazione e dunque a un accordo.
Punto di partenza, si diceva, la giunta di ieri, con la delibera portata dal titolare della pianificazione territoriale Bucci. Una delibera che ancora una volta ha visto dubbiosa An: per le «questioni di metodo», quelle che nel primo passaggio in giunta - lo scorso giugno - avevano visto Piero Tononi, nell’occasione unico esponente dei finiani presente, votare contro lamentando il fatto che di un documento così importante per il futuro urbanistico (ed economico) della città il partito non fosse stato preventivamente messo a conoscenza. E come in precedenza, An ha continuato a sottolineare l’eccessiva genericità del documento, che secondo il partito - raccolte le indicazioni delle parti sociali - non forniva indicazione alcuna né su una eventuale messa in salvaguardia generale del territorio (che peraltro equivarrebbe a bloccare nuove concessioni edilizie) né una attenzione mirata a talune precise aree.
E mentre il forzista Bucci, all’ora di pranzo, minimizzava la questione («Va trovata la condivisione, come sempre»), il suo collega ai lavori pubblici Bandelli precisava che «su un documento importantissimo An, da alleato serio e cosciente quale vuole restare, è disponibile a cercare tutte le strade possibili per riuscire a dare un documento che sia condiviso dall’intera maggioranza e recepisca le eventuali indicazioni che arrivano in prima fila da Ordini professionali, categorie, associazioni ambientaliste».
Da qui, nel pomeriggio, una serie di incontri, nei quali a Bucci si è affiancato Bandelli, dapprima con gli Ordini e in seguito con i capigruppo della maggioranza consiliare, questi ultimi - precisa in Forza Italia Piero Camber - «da sempre compatti». Infine, appunto, la mediazione: oggi l’ok alla delibera con l’astensione di An, mentre «la maggioranza del consiglio - così ancora Camber - punta a rivederla sostanzialmente adottando alcune salvaguardie congruamente motivate». Insomma, nessuna messa in salvaguardia generalizzata con la quale, come già sottolineato in un documento da Associazione costruttori e Cna, la città vedrebbe «bloccata qualsiasi attività edilizia almeno per i prossimi quattro o cinque anni»: ma attenzione ad alcune aree di particolare criticità. «Sono abbastanza soddisfatta - commenta la capogruppo di An Alessia Rosolen -: ora come maggioranza consiliare pensiamo di riuscire a redigere un documento che difenda un comparto economico della città dando contestualmente risposte anche a chi chiede attenzione per l’ambiente e il territorio».
«Sono stati fatti dei grandissimi passi avanti», è il commento serale di Bandelli: «An oggi in giunta si asterrà in base alla sorta di accordo raggiunta e in ossequio alla volontà del consiglio. Confido che dall’aula uscirà un documento che accontenterà anche a quelli che pensavano a salvaguardie indiscriminate: non è questa la volontà dell’amministrazione, così come non lo è quella di dare il via a cementificazioni selvagge».

 

 

Cedassamare, nuove verifiche - Slitta a lunedì prossimo la discussione in Consiglio comunale

 

Ancora un rinvio sul complesso abitativo da realizzare in salita Cedassamare. Nella seduta del Consiglio comunale di ieri sera, infatti, non è stata discussa la delibera sulla specifica variante al piano regolatore. L’argomento tornerà all’ordine del giorno della prossima seduta, fissata per lunedì, dove saranno illustrati alcuni aspetti del progetto presentato dalla costruzioni Meranesi srl.
Rispetto alla costruzione di cinque villette in salita Cedassamare, infatti, gli uffici comunali saranno chiamati in questi giorni a verificare la validità delle contestazioni mosse in una lettera dell’avvocato Diego, il legale che rappresenta i residenti della zona, recapitata all’amministrazione comunale.
Nel documento sono evidenziate alcune «discordanze» tra il progetto presentato dalla costruzioni Meranesi e l’attuale stato dell’area interessata. Le contestazioni riguardano la reale cubatura degli immobili e la distanza fra le facciate rispetto alle case già esistenti. Stando alla lettera dell’avvocato Diego nelle carte presentate dalla costruzioni Meranesi srl e lo stato di fatto dei luoghi, alcuni dati non sarebbero congrui. Una questione di cubature differenti, da qui la richiesta di un controllo dei numeri.
Il voto in calendario dallo scorso 25 giugno, insomma, è destinato a slittare ulteriormente di una settimana. Ma il problema rimane. La vicenda è una spina nel fianco per i consiglieri che, dopo la diffida da parte dell’impresa costruttrice, potrebbero essere chiamati a rispondere in solido nel caso di una bocciatura del progetto.

 

 

Ambientalisti a Muggia

 

Perché queste inutili tempeste nel bicchiere? Qualcuno sa spiegare/spiegarsi il perché di reazioni così sproporzionate? Dopo un anno dal suo insediamento, la giunta comunale di Muggia cambia il rappresentante degli ambientalisti nella commissione comunale per le antenne di telefonia mobile. E succede il finimondo.
Posto che i temi ambientali non sono né di destra né di sinistra, posto che le associazioni ambientaliste sono tante e non presenti dappertutto, posto che l’associazione «Ambiente e/è vita è stata nominata pochissimo tempo dopo la sua recente costituzione a Muggia nella Commissione edilizia integrata di Muggia e nella commissione per le antenne di telefonia mobile, viene da chiedersi come mai si era scelta proprio quella associazione che a memoria dei muggesani si è occupata soltanto delle acque del Fugnan (nella sua riunione costitutiva): ha avuto un seguito?
E giorni fa, cioè qualche anno dopo, della bonifica di Acquario: soltanto per avanzare gravi dubbi sulla sperimentazione che ci si propone di attuare. D’altronde io non conosco il parere dell’associazione «Ambiente e/è vita» rispetto ad alcuno dei gravi problemi ambientali che riguardano il territorio muggesano.
Mi permetto di segnalare ai lettori di questo giornale, anche se i cittadini muggesani se ne ricordano bene, che la Legambiente di Muggia è nata nel 1989, ha decine di tesserati, ha condotto rumorose battaglie ambientaliste che sono ben presenti nella memoria dei muggesani: contro la superstrada di circonvallazione, per la salvaguardia dei Laghetti delle Noghere, per la soluzione del problema delle antenne radio/tv di Chiampore, contro molti aspetti devastanti di vari Piani regolatori, contro la cementificazione della costa muggesana, solo per nominarne alcune.
Che dire per la completezza del discorso: che i membri della Commissione per le antenne di telefonia mobile vi partecipano a titolo assolutamente gratuito?
June Nicolini - segretaria Circolo Arcobaleno Legambiente Muggia

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 16 luglio 2007

 

 

Cedassamare, oggi il voto Wwf: l’aula bocci il progetto
 

CONSIGLIO COMUNALE Torna stasera in Consiglio comunale la delibera sulla variante al piano regolatore in base alla quale in salita di Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Il voto, in calendario fin dal 25 giugno, è stato rimandato già due volte. Per l’aula municipale si tratta di una spina nel fianco: la diffida inviata dall’impresa costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di essere chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che sinora ha ottenuto una serie di pareri favorevoli.
In ballo il piano della Costruzioni Meranesi srl: cinque ville «in una delle zone non soltanto più belle e panoramiche della costiera triestina, ma importante anche sotto il profilo naturalistico». Così in una nota il Wwf, che nelle scorse settimane ha inviato delle osservazioni alle quali gli uffici comunali hanno risposto ribadendo la correttezza dell’iter svolto. Ma il Wwf insiste e invita il consiglio comunale a bocciare il progetto: «Sul piano particolareggiato non è stata svolta la valutazione di incidenza, prescritta dalle norme comunitarie per tutti i piani ed i progetti che possano comportare “incidenze significative” (cioè danni)» su siti di particolare interesse naturalistico come quello su cui insiste il progetto. «Il piano - sostiene il Wwf - prevede la distruzione di circa nove ettari di bosco (con prevalenza di querce d’alto fusto), di grandissimo pregio ambientale, ed è evidente che comporterà un grave danno per gli habitat e le specie vegetali e animali dell’area. Anche perché la cementificazione di quest’area - prosegue la nota - si aggiungerebbe a quelle già realizzate negli ultimi anni in altre aree costiere di analoghe caratteristiche, per tacere degli ulteriori piani che prevedono ”villettizzazioni” tra Barcola e Prosecco».
Gli uffici comunali – aggiunge Dario Predonzan per il Wwf – «hanno cercato maldestramente di negare la necessità della valutazione di incidenza per il piano di salita Cedassamare. Una memoria dettagliata che ribadisce l’esigenza di tale adempimento è stata però inviata dal Wwf a tutti i consiglieri comunali». Quanto alla diffida inviata dall’impresa ai consiglieri, il Wwf la ritiene «infondata» perché «non essendo stata effettuata la valutazione di incidenza, che deve comunque precedere l’approvazione del piano, lo stesso non è approvabile dal consiglio». Infine, gli ambientalisti definiscono «contraddittorio anche il parere favorevole espresso della Regione».
Intanto il «Club autonomo di Trieste dei soci di Friends of the earth-amici della terra, associazione per l’ambiente e i diritti dell’uomo» annuncia oggi dalle 18.30 alle 20 un presidio davanti al Comune, per dire «no alla cementificazione della Costiera». Al sindaco e ai consiglieri comunali verrà consegnata una «petizione dei comitati spontanei dei cittadini che partecipano all’iniziativa».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 luglio 2007

 

 

La Trieste-Divaccia non sarà ad alta velocità - Svelati nuovi particolari del tracciato del «Corridoio 5» fra Italia e Slovenia

 

TRIESTE Nonostante il riserbo che circonda ancora il tracciato del Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia (progetto che Italia e Slovenia devono presentare all’Unione Europea entro il 23 luglio), è già possibile fornire alcune informazioni sulle probabili caratteristiche del percorso. Ed esse sono abbastanza sorprendenti anche se il tracciato non è stato ancora approvato formalmente dai ministri italiano e sloveno. Si sapeva infatti che, con i raggi di 2,7 km e le pendenze dell’alta velocità, non sembravano esserci alternative all’attraversamento del Rosandra o al passaggio in viadotto sulla piana di Zaule. Ebbene, da sotto viale Miramare in avanti, il nuovo percorso sarà probabilmente tutto sotterraneo - come quello che già si conosceva - ma con circa 10 km in più sulla tratta Trieste-Divaccia. E non sarà più in alta velocità, come il progetto di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) del 2003. PROSECUZIONE COMUNE - Come nel progetto del 2003, le tre gallerie affiancate proseguirebbero dal sottosuolo di viale Miramare in direzione sud-est. Giunte sotto alla zona di S. Maria Maddalena superiore, invece di dirigersi verso Bagnoli imboccando la progettata curva «M» in alta velocità sotto al Monte Carso, descriverebbero una completa «S» a raggio abbastanza stretto. Nei limiti del dettaglio concesso dal fermo immagine catturato dal video dell’ufficio stampa regionale, le gallerie risalirebbero il fianco nord della Val Rosandra (mantenendosi a grande profondità) passando sotto all'abitato di S. Lorenzo. Da qui, le gallerie inizierebbero la prima curva in leggera salita che attraverserebbe in profondità la valle, probabilmente al di là del confine di Stato. Aggirato in profondità il Monte Carso in territorio sloveno, le tre gallerie rientrerebbero in Italia subito a est di San Dorligo-Dolina, per descrivere la seconda curva (probabilmente tutta sotterranea) della «S» grossomodo nella zona a sud di S. Servolo-Socerb. La confluenza - sempre in profondità - con la linea decisa dalla Slovenia avverrebbe nella zona a metà strada fra S. Dorligo-Dolina e Klanec-S. Pietro. Tutto suggerisce che questo sia effettivamente il tracciato che Italia e Slovenia stanno per presentare all’Europa per ottenere un ingente finanziamento di progettazione. CONCLUSIONE FACOLTATIVA - A parte i problemi tecnici, e non solo idrogeologici, si delineerebbe una situazione generale ancora più complessa rispetto il passato. Da un lato, la Slovenia confermerebbe l’obiettivo che ha sempre esposto chiaramente: migliorare il trasporto merci da e per il porto di Capodistria con una linea di buona scorrevolezza, ma non di alta velocità passeggeri. E, quindi, con un percorso non troppo profondo e perciò non eccessivamente costoso. La Slovenia è riuscita a far approvare dall’Ue un Corridoio «Lione-Trieste/Koper-Divaca-Lubiana», dove la barra «/» ha consentito di includere nel finanziamento europeo anche la deviazione per Capodistria, che è fuori-linea. Dall’altra parte, la Regione Fvg e l’Italia, dopo aver per anni giustificato i 50 km e passa di gallerie triple con la necessità di costruire una linea da 300 km all’ora, ora ripiegherebbero su gallerie ancora più lunghe, ma per velocità più basse. Senza ricordare che né questo tracciato né il precedente risolverebbero due questioni-chiave per il porto di Trieste: il collegamento diretto con Capodistria (con conseguenti benefici per entrambi) e la strozzatura costituita dalla galleria di circonvallazione. Il percorso che si è intravisto nel servizio televisivo regionale rischia di far pendere ulteriormente la bilancia dalla parte dei costi, piuttosto che da quella dei benefici.

Livio Sirovich

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 14 luglio 2007

 

 

Ferriera in vendita, dubbi da Rifondazione

 

Per il capogruppo di Rifondazione comunista in Consiglio regionale, Igor Kocijancic, «non è credibile un gruppo come Lucchini-Severstal che prima afferma di essere in regola con le emissioni nocive in atmosfera, poi contatta la procura per gli interventi e gli investimenti da attuare e, infine, dice di voler cedere ad un altro imprenditore la Ferriera». Quanto al gruppo Arvedi, che si appresta a subentrare alla Severstal-Lucchini nella gestione della Ferriera, Kocijancic ha invitato tutti a informarsi su quanto sta avvenendo a Cremona.

 

 

Via dell’Eremo, firme contro i nuovi edifici

 

Gli abitanti delle circa 20 basse casette rurali della «corte dei Gherdolici», così chiamata perché anticamente vi erano insediate solo famiglie con il cognome Gherdol, le stanno provando tutte perché il Comune non metta all’asta un terreno di circa 1400 metri quadrati, posto accanto alle loro abitazioni in via dell’Eremo. La base d’asta per la vendita del polmone verde edificabile, ma sprovvisto di vincolo paesaggistico e per il quale il vigente piano regolatore prevede edificazioni alte anche 4 o 5 piani, è di 250 mila euro. Una soluzione che i residenti bocciano con una raccolta di 40 firme e che la stessa circoscrizione sesta, capeggiata da Pierluigi Pesarino Bonazza (FI), ha sempre ricusato. «Ho appena mandato una e-mail al sindaco - dice la dipendente comunale Marina Arcion - per chiedergli di salvare il polmone verde posto tra la vie dell’Eremo, Felluga e san Pasquale. In quella corte viviamo da generazioni e generazioni e siamo tutti parenti con il comune denominatore del cognome Gherdol». Identica la posizione di Ondina Zergol: «La vendita del terreno porterà alla costruzione dei soliti casermoni per niente adatti ad una zona rurale e caratteristica. Non avremmo avuto nulla da dire se il piano regolatore avesse previsto edificazioni più modeste, ma è ridicolo costruire un gigante tra casette così basse». Dal canto suo Pesarino Bonazza, ricorda come sia antica la battaglia «per salvare diversi polmoni verdi della città dalla cementificazione: ci siamo riusciti per tutti tranne che via dell’Eremo». Chiamato in causa l’assessore comunale competente Piero Tononi però dà una risposta categorica: «Gli altri terreni che sono stati stralciati dalle vendite avevano tutti delle motivazioni particolari, che a questo manca del tutto. Mancano delle motivazioni plausibili per l’intera collettività che sarà beneficiata dai proventi della vendita. Nella zona, oltre a case basse, ci sono anche diverse edificazioni alte». d.c.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 13 luglio 2007

 

 

Arvedi: vogliamo la Ferriera - Una decisione a settembre. Da definire prezzo e «mission» dell’azienda

 

di Giulio Garau Il Gruppo Arvedi è «seriamente interessato» all’acquisizione della Ferriera di Servola ed è impegnato in una approfondita trattativa con il gruppo Lucchini per definire una possibile cessione dello stabilimento siderurgico. Settembre il mese decisivo, ma fino ad allora il cavalier Giovanni Arvedi fa sapere da Cremona, tramite un portavoce, che per motivi industriali di riservatezza e per il fatto che la trattativa è in corso, che non intende dire nulla fino a quando l’operazione non sarà definita. È l’unica voce ufficiale per ora che giunge dal Gruppo Arvedi che ha manifestato l’interesse alla Lucchini per acquisire lo stabilimento di Trieste e alcune settimane fa ha avviato una trattativa (un complesso percorso di due diligence che punta a definire il prezzo finale dopo approfondite valutazioni industriali e finanziarie) che potrebbe concludersi con la cessione dello stabilimento. Trovano conferma intanto, anche all’interno dello stabilimento tra i rappresentanti dei lavoratori, le ipotesi di raddoppio della produzione dello stabilimento e il rallentamento dell’attività della cokeria per diminuire l’impatto ambientale della fabbrica. Sarebbe in corso infatti uno studio congiunto Lucchini-Arvedi sulle strategie di ristrutturazione dello stabilimento che già ora produce fatturato e dà molti utili (rispettivamente 180 e 12 milioni secondo i dati 2006) ma che con un nuovo riposizionamento potrebbe far decollare volumi e guadagni offrendo la possibilità, dopo gli investimenti, di ridurre le emissioni inquinanti rendendo compatibile l’impianto di Servola. Tre i settori di business: acciaio, logistica ed energia. La produzione industriale è la parte più critica per la Ferriera nel mirino degli ambientalisti, degli abitanti di Servola e degli organi di controllo, per i continui rilevamenti degli sforamenti delle emissioni (polvere di carbone che provoca imbrattamento, polveri sottili fumi ed altri inquinanti) che hanno provocato anche numerosi provvedimenti della magistratura. La riconversione dello stabilimento dovrebbe partire proprio da lì. L’ipotesi è quella di riattivare (servono investimenti mirati) il secondo altoforno, spento ormai da un pezzo. Attualmente in Ferriera è in funzione un solo altoforno che produce dalle 1200 alle 1400 tonnellate al giorno di ghisa liquida (400 mila in un anno) e la produzione potrebbe raddoppiare. La Ferriera è uno stabilimento molto flessibile, produce vari tipi e qualità di ghisa (tutte della fascia di qualità alta) da quella semplice per acciaierie a quella di affinazione fino a quella sferoidale. Una ghisa utilizzata anche per costruire i motori. Non si sa ancora se Arvedi produrrà un tipo di ghisa semplice o quella più complessa e se continuerà, come Lucchini a vendere all’esterno i suoi prodotti o assorbirà completamente la produzione. Per la cokeria ormai certo il rallentamento della produzione (in maniera modulata) per limitare le emissioni inquinanti. Conferma anche sul fronte logistico: la Arvedi è interessata a proseguire eventualmente (nel caso di acquisizione) il progetto di allungamento della banchina a mare da 300 a 600 metri. Vi potranno attraccare due navi contemporaneamente e decollerà l’attività, anche conto terzi, di trading di minerale, coke, rottame e ghisa che finora ha visto la movimentazione di almeno 350 mila tonnellate che hanno reso diversi milioni di euro. Infine l’energia: sarà mantenuto il contratto con la centrale di cogenerazione valido sino al 2015 (che permette di cedere energia a prezzo vantaggioso). Da Cremona intanto arrivano conferme sull’attenzione del gruppo Arvedi sull’ambiente, la tecnologia e l’innovazione. Ben 7 i brevetti internazionali ottenuti e 13 quelli che sono in corso di analisi. Nel 2008 tra l’altro a Cremona (dopo l’accordo con la Siemens) entrerà in funzione il primo impianto al mondo in grado di produrre direttamente rotoli laminati a caldo in continuo partendo dall’acciaio liquido. Molta l’attenzione e le attese da parte dei lavoratori che in questi giorni stanno chiedendo informazioni sul gruppo Arvedi e non si fidano. La Lucchini ha incontrato le rappresenzanze interne (Umberto Salvaneschi della Fim, Franco Palman della Uilm, Fabio Fuccaro e Marco Relli della Fiom) per metterli al corrente delle trattative in corso. Tutti restano in attesa della conlcusione e della presentazione del piano industriale. «Le prospettive sembrano molto buone – commenta cauto Relli – da triestino, vista la storia e i passaggi che ha avuto la Ferriera, sono restio a lasciarmi andare a facili ottimismi e all’entusiasmo. Il mio scetticismo sarà smentito quando sarà conclusa l’operazione e quando vedrò il piano industriale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 12 luglio 2007

 

 

Ferriera, i piani di Arvedi: raddoppio tutelando l’ambiente

 

Acciaio, logistica ed energia: questi i tre business su cui il gruppo Arvedi pensa di basare la riconversione della Ferriera di Servola. L’azienda siderurgica cremonese si è fatta avanti con la Lucchini Severstal e sta valutando l’acquisizione dello stabilimento a fine estate. Una scommessa che ha apparentemente dell’impossibile: mantenere la produzione della Ferriera, anzi addirittura potenziarla con la riapertura del secondo altoforno (questa la novità), ma al tempo stesso rendere compatibile dal punto di vista ambientale lo stabilimento con parametri al di sotto dei limiti di legge. Tra le ipotesi emerse ci sarebbe anche quella di «ridurre drasticamente» l’attività della cokeria, l’impianto nel mirino degli ambientalisti. È previsto poi il raddoppio del traffico terminalistico, potenziando e allungando la banchina accanto alla piattaforma logistica. Infine si punta allo sfruttamento delle opportunità energetiche che offre il contratto con la centrale di cogenerazione, garantito fino al 2015. Dopo le poche righe ufficiali congiunte tra le due società, che si sono limitate a confermare le trattative in corso, non è arrivata nessun’altra comunicazione ufficiale. Ma le numerose indiscrezioni, supportate dalle osservazioni di esperti del settore dell’acciaio, tratteggiano un quadro chiaro e confermano che oltre alle valutazioni (due diligence industriali-finanziarie) è in corso anche un approfondito studio industriale-economico per il futuro di Servola che dovrebbe concludersi in un paio di mesi. Il gruppo siderurgico lombardo interessato alla Ferriera – secondo le notizie provenienti da Cremona – è fortemente orientato alla compatibilità ambientale e a rendere credibile la politica adottata da Giovanni Arvedi (industriale che ha fama di innovatore, amante della tecnologia e che con la realizzazione, primo al mondo, di un impianto a ciclo continuo dalla colata al rotolo di acciaio è il protagonista di una svolta storica nel settore) c’è anche il fatto che l’azienda è una delle poche in Italia ad aver ottenuto l’autorizzazione integrata ambientale. Una conferma su uno dei tre obiettivi dell’Arvedi in realtà c’è e riguarda la logistica. Il vice presidente della Lucchini, Giovanni Gillerio assieme al presidente Giovanni Arvedi si sono incontrati martedì scorso anche con il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli. Un vertice di un’ora sullo sviluppo dell’attività terminalistica della Ferriera accanto alla futura piattaforma logistica anche conto terzi. «C’è stata una perfetta armonia nell’individuare le aree portuali che servono alla attuale proprietà e interessano anche l’eventuale futuro proprietario» ha confermato Boniciolli che ha ribadito il progetto di sviluppo. «Attualmente la Ferriera ha una banchina di 300 metri, è allo studio il raddoppio a 600 e ciò consentirà di ampliare i traffici e di operare con due navi contemporaneamente. Lo studio è stato avviato già dalla Lucchini, è inserito nel piano opera tivo triennale e interessa anche Arvedi». La logistica «conto terzi» della Ferriera ha movimentato già 350 mila tonnellate fra rottame, ghisa, coke e clinker (calce cotta destinata ai cementifici). Un business da diversi milioni di euro che può decollare. L’opzione economica più delicata riguarda la produzione di ghisa con gli altiforni e la cokeria, gli impianti con il maggior impatto ambientale. Le ipotesi allo studio sono precise: ora funziona solo un altoforno, l’altro è stato spento e messo in sicurezza. La Arvedi potrebbe fare investimenti di miglioramento degli impianti rimettendo in funzione tutti e due gli altiforni. Per compensare e ridurre le emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di rallentare (in maniera modulata a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche) la produzione del coke riducendo la produttività della cokeria. Arvedi è un grande consumatore di ghisa ed è questo che interessa al gruppo di Cremona. Il coke può essere prodotto in casa ma ora (lo fanno molte altre aziende siderurgiche, compresa la Lucchini) nel mondo c’è molta offerta e, stando agli esperti, potrebbe essere acquistato anche a buon prezzo.

Giulio Garau

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 11 luglio 2007

 

 

Il gruppo Arvedi vuole la Ferriera - Avviata la trattativa con la Lucchini. Interesse su tre fronti: acciaio, logistica e energia

 

di Giulio Garau La Ferriera di Servola alla fine dell’estate potrebbe essere ceduta alle acciaierie Arvedi, uno tra i grandi gruppi privati italiani della siderurgia. Il gruppo lombardo sta emergendo oltre che per il fatturato (1 miliardo e 200 mila euro), per le sue produzioni ad alto contenuto tecnologico ma anche (questione rilevante vista la situazione di Servola) per l’attenzione all’ambiente. Ieri è stata ufficializzata la trattativa in corso da parte della stessa Lucchini al termine di una intensa giornata che ha visto protagonisti l’ex amministratore delegato del gruppo Lucchini, attuale vicepresidente, Giovanni Gillerio assieme all’ad di Servola Francesco Rosato e il responsabile delle relazioni istituzionali Francesco Semino, che hanno accompagnato Giovanni Arvedi in una serie di incontri a Trieste. L’industriale cremonese ha incontrato il presidente della Giunta regionale, Riccardo Illy, l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini, quello all’economia, Enrico Bertossi, e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. «Nell’ambito delle proprie strategie di sviluppo industriale il gruppo Arvedi, primario operatore siderurgico nazionale – si legge in una nota – ha avviato nelle scorse settimane un confronto con la Lucchini teso a verificare la possibilità di acquisire Servola e i suoi impianti di Trieste. Attualmente sono in corso le attività di due-diligence che si completeranno entro la fine dell’estate». Questa l’ unica nota ufficiale congiunta: da parte della Lucchini, ma anche dal Gruppo Arvedi nessun’altra notizia, commento o dichiarazione. Tre i filoni di possibile attività del Gruppo Arvedi che, oltre alle acciaierie e il tubificio di Cremona possiede la Ilta Inox sempre a Cremona, l’Arinox a Genova e una finaziaria (Finarvedi) a Milano: acciaio, logistica e energia elettrica. È di un miliardo e 206 milioni il fatturato consolidato del 2006, margine operativo lordo di 108 milioni, risultato netto 10,9%: questi i principali dati di bilancio di una società che dal 2003 ha visto incrementare gli investimenti da 21 a 39,2 milioni. Oltre 1600 i dipendenti dell’acciaieria di Cremona che produce oltre 1 milione di tonnellate: si tratta tutto di acciaio di altissima qualità. Laminati e tubi in acciaio al carbonio, laminati sottili e tubi in acciaio inox. A Cremona l’azienda fonde soprattutto rottame e utilizza un altoforno elettrico. Numeri e situazioni ben diverse da Trieste dove la produzione è solo di ghisa (400 mila tonn/anno) e coke (200 mila), i dipendenti sono 520 (oltre mille con l’indotto) il fatturato si aggira sui 180 milioni mentre l’utile operativo è sui 12 milioni. Molti gli interrogativi, dopo l’ufficializzazione della notizia e gli incontri istituzionali, sui motivi reali di questo percorso di vendita che potrebbe concludersi a fine estate e sui quali nè la Lucchini nè il gruppo Arvedi vuole commentare. Per capire la situazione bisogna affidarsi alle indiscrezioni. Che la Ferriera di Servola fosse «marginale» nel panorama della Lucchini-Sever stal è stato chiaro sin dall’inizio dell’acquisizione, quando il capo del colosso siderurgico russo, Alexej Mordashov, aveva dichiarato che per Trieste «si sarebbe mantenuto lo status quo» in termini di impianti e produzione. Negli ultimi tempi sarebbe aumentato il disagio da parte della Lucchini-Severstal di fronte all’onda popolare contraria alla Ferriera. Per non parlare poi dei provvedimenti di sequestro da parte della magistratura e della spada di Damocle della minaccia di chiusura al 2009 del protocollo ministeriale. La Lucchini, nonostante questo, ha continuato a produrre, dare lavoro e soprattutto fare utili. Non c’era alcuna intenzione di vendere a quanto pare e non c’era neppure alcuna caccia di nuovi acquirenti. Almeno fino a quando, ed è una notizia di poche settimane fa, si è presentato uno dei più forti clienti del gruppo, la Arvedi, grande consumatore di ghisa (che alla Lucchini non interessa e che mette in vendita) che utilizza per sfuggire ai rincari speculativi del rottame e per accrescere in qualità (e carbonio) le sue produzioni, alla richiesta di acquistare lo stabilimento di Trieste la Lucchini ci ha pensato seriamente. Svariati i motivi alla base del forte interesse di un gruppo che è al corrente dei i problemi ambientali di Servola. Innanzitutto la Arvedi sta raddoppiando l’acciaieria di Cremona e dunque raddoppierà assieme alle produzioni anche la necessità di materia prima: rottame e ghisa. Giovanni Arvedi, oltre a essere un noto imprenditore (vice predidente di Federacciai, laurea honoris causa) è anche considerato un appassionato di innovazione e tecnologia. Probabilmente non ci ha pensato un attimo: da grande consumatore di ghisa gli conveniva comperarsi direttamente la fabbrica. Che ne sarà dunque della cokeria (il vero grande buco nero della Ferriera) e dell’altoforno considerati molto inquinanti vista la produzione che avviene nel cuore della città? Le notizie che arrivano da Arvedi sembrerebbero rassicuranti dal punto di vista ambientale. Il gruppo conosce molto bene la situazione di Trieste, vorrebbe acquistare lo stesso, e c’è la conferma che il gruppo a Cremona ha già affrontato e risolto completamente i problemi ecologici legati alla produzione siderurgica. Non solo: l’azienda è una delle poche ad avere l’autorizzazione integrata ambientale (quella a cui punta la Ferriera) e tra i punti che ritiene importanti, oltre all’etica e la qualità, c’è proprio l’abbattimento degli inquinanti. «La protezione dell’ambiente è uno dei doveri più importanti che la società deve affrontare» spiega in una presentazione il gruppo Arvedi che sintetizza così la politica ambientale complessiva di tutte le aziende: scarti e rifiuti delle lavorazioni sono riciclati o recuperti per oltre il 95%, i consumi da fonti idriche, grazie ai sistemi di ricircolo, consentono prelievi inferiori al 4% del fabbisogno dei cicli produttivi. Emissioni gassose: grazie ai sistemi di filtrazione gli inquinanti emessi sono da 3 a 10 volte inferiori ai limiti di legge. Le emissioni liquide inquinanti sono da 3 a 30 volte inferiori ai limiti di legge. Trieste per la Arvedi probabilmente rappresenta il riempimento di una casella mancante: ghisa ad alto quantitativo di carbonio, posizione stragica con lo sbocco al mare e una prospettiva logistica, potenzialità di sviluppo energetico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 10 luglio 2007

 

 

Wwf e Italia nostra: blocchiamo il cemento - Predonzan: sul Carso già tanti danni dal piano voluto da Illy

 

Soddisfatti per l’avvio di un atteso percorso amministrativo, ma attenti alla salvaguardia del patrimonio paesaggistico e architettonico della città. Gli ambientalisti del Wwf e di Italia Nostra si sono espressi così ieri dopo che la giunta ha adottato nei giorni scorsi ha deliberato le direttive per la variante del piano regolatore generale. «Dopo anni di immobilismo dell’urbanistica e di attivismo della speculazione edilizia – hanno detto Dario Predonzan del Wwf e Franco Zubin di Italia Nostra – questo provvedimento ha il merito di riavviare il percorso di revisione del piano regolatore generale vigente. Non esibisce però un’idea di città, è debole in termini di efficacia e non affronta i veri nodi dell’attuale piano, approvato dieci anni fa e fortemente voluto dall’allora sindaco Riccardo Illy». Predonzan e Zubin hanno sottolineato che «all’epoca la giustificazione dichiarata per il piano fu quella di rilanciare l’edilizia». Fra le principali accuse degli ambientalisti triestini, l’aver permesso «una selvaggia cementificazione della costiera e del Carso. I danni oramai fatti non si possono più correggere, ma c’è tempo per evitare che alcune zone, come l’attuale comprensorio fieristico, la caserma di via Rossetti, il Burlo, Campo Marzio, diventino anch’esse oggetto di speculazione». Predonzan e Zubin hanno poi chiamato in causa il sindaco Dipiazza: «Speriamo mantenga le promesse in materia di tutela ambientale comportandosi da uomo d’onore, evitando che Trieste si trasformi sempre di più in enorme complesso edilizio». Predonzan e Zubin hanno poi parlato di Trieste come «città nella quale la popolazione sta calando, perciò non ha più senso seguire un piano che prevede 270mila residenti». Intanto, i capigruppo della maggioranza del consiglio comunale hanno invitato ordini professionali, Collegio costruttori e associazioni ambientaliste a un incontro domani alle 17.30 al Circolo della stampa. Oggetto della riunione, le direttive che il consiglio comunale dovrà votare. Il messaggio politico dei consiglieri è chiaro: rivendicare il proprio ruolo di attori protagonisti nelle scelte amministrative che investono il futuro della città. «Riteniamo che il documento vada ampliato affrontando problematiche che da esso sono escluse», dice per l’Udc Roberto Sasco. «Cerchiamo un confronto su linee generali che vorremmo condividere», aggiunge il forzista Piero Camber. La capogruppo di An Alessia Rosolen parla di incontro indetto «volutamente al di fuori delle sedi istituzionali, per sottolineare la differenza tra la politica, che interpreta istanze di categorie e cittadinanza, e la pubblica amministrazione, che rappresenta un passaggio successivo. Auspico che i nostri interlocutori domani arrivino all’incontro con proposte concrete e di immediata applicazione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 9 luglio 2007

 

 

Mattiussi (Forza Italia) sull’Alta velocità: «I sindaci sono ostaggio dei comitati»

 

AQUILEIA Alta velocità, i sindaci sono ostaggio dei comitati. Lo ribadisce con fermezza Franco Mattiussi, noto esponente di Forza Italia, che invita ad analizzare un recente episodio che suffraga la tesi espressa solo due mesi fa, secondo cui i primi cittadini hanno perso il controllo della situazione e si trovano nella posizione di subire la condotta oltranzista dalle fazioni più radicali della sinistra. Mattiussi spiega: «È di stretta attualità l’episodio esecrabile che ha visto Ferrentino, rappresentante dei Ds della Val di Susa, come vittima dei comitati. Il presidente della comunità montana aveva partecipato a Roma a un vertice il cui fine era intavolare una discussione per modificare il tracciato della Tav. In questa azione, i comitati hanno ravvisato un’apertura da parte di Ferrentino, che al suo ritorno ha trovato l’auto ”sistemata”. Quanto avvenuto conferma la veridicità del quadro che avevo delineato: i comitati sono figli della cultura del ”no” e qualunque presa di posizione assunta dai referenti politici lasci intravedere uno spiraglio comporta una ritorsione. Da parte mia, indirizzo la piena solidarietà a Ferrentino». Il forzista rimarca la necessità di realizzare l’Alta velocità: «La Tav è un’opera necessaria, nell’ottica dello sviluppo del settore dei trasporti. Nello schierarmi a favore, sottolineo l’esigenza di ridimensionare e rivisitare il progetto, al fine di fornire tutte le garanzie del caso ai cittadini e al territorio. Spesso ci lamentiamo dell’assenza di infrastrutture sul territorio. L’Alta velocità garantirebbe un determinante passo in avanti per la nostra economia». Stigmatizza l’elevato numero di discussioni che si sono accese attorno al progetto e che non hanno prodotto alcun risultato: «È inutile dilungarsi in discussioni sterili, che risultano dannose per l’intera comunità. In Val di Susa, i vertici si susseguono dal ’92 e non è ancora stata trovata una soluzione. Gli emissari dei Verdi ricercano il consenso dei cittadini in modo populistico grazie alla loro oratoria improntata alla simpatia, ma non affrontano il problema nel modo corretto strumentalizzando quanto viene proposto». Nel corso di un meeting tenuto a Villa Vicentina lo scorso aprile, Mattiussi aveva provato a illustrare il proprio punto di vista, ma il suo intervento era stato interrotto bruscamente dalla contestazione di alcuni presenti. g. s.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 8 luglio 2007

 

 

Con la Tav da Trieste a Ronchi in 11 minuti - Treni a 250 chilometri all’ora. L’opera dovrebbe essere realizzata entro il 2015. Costo: quasi 6 miliardi

 

 Un fiume che nasce dalla porta di Brandeburgo, o meglio, dai ragazzi che abbattevano il muro di Berlino nell’89. Un Danubio artificiale da navigare controcorrente. Per mettere assieme le energie dell’Europa occidentale e di quella orientale. Indispensabile per creare un flusso economico-sociale-culturale da Barcellona a Kiev e ritorno. Ingombrante per chi, eletto democraticamente, amministra il territorio. Il Muro è caduto nell’89, l’Unione europea ha aperto il programma dei Corridoi paneuropei nel ’91. Sono passati 16 anni e il risultato è che i francesi si sono mossi sulla Parigi-Lione, i tedeschi stanno lavorando sull’asse Strasburgo-Monaco-Vienna-Bratislava. In Italia è stato sviluppato l’asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi del 2006), e dal capoluogo lombardo in direzione Roma-Napoli. Attendere ancora significherebbe farsi scavalcare dall’asse, in fieri, al di là delle Alpi. Dimenticando che l’Europa sta spingendo per lo sviluppo dell’asse-Sud, che passa attraverso i porti di Genova e Trieste (ma anche quelli di Capodistria e Fiume), nel tentativo di riequilibrare la predominanza dell’alleanza anglo-franco-tedesca. Il Nordest è un tassello, fondamentale, in questo puzzle internazionale. E il Nordest si sta muovendo. A fatica. C’è da mettere insieme le volontà e le capacità operative di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Slovenia (oltre alla Croazia). Perché senza quel tassello il famoso Corridoio 5 (da Barcellona e Kiev) non si realizza. Anche perché i due «canali» verticali che scendono dalla Francia, dal Brennero e anche, pur indirettamente, verso la Slovenia sono in agguato. È una partita decisiva in proiezione futura ma che pesa sul presente. Gli oltre 4 miliardi di euro in gioco (quando i progetti saranno approvati) per la Venezia-Ronchi e i quasi 2 miliardi (una somma che garantisce in un anno le prestazioni della sanità ai cittadini del Friuli Venezia Giulia) per la tratta Ronchi-Trieste sono un boccone appetitoso per chi ambisce agli appalti. E per la politica c’è la difficoltà di acquistare o mantenere il consenso della popolazione schiacciata da una proposta che prospetta disagi immediati per il territorio e la promessa di benefici futuri (oltre il 2015). Le prospettive sono allettanti. Secondo il progetto preliminare di Rfi i treni nella tratta Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media di 200 chilometri orari. E soprattutto con la ferrovia si potrà decongestionare il traffico su gomma. Da Ronchi Sud a Trieste, i convogli passeggeri a una velocità media di 190 km/h raggiungeranno il capolugo in 11 minuti. Quelli merci dimezzeranno il tempo di percorrenza passando dagli attuali 60 chilometri orari medi a 120. Il porto di Trieste, per il quale è stata predisposto uno sviluppo della piattaforma logistica (quasi 280 milioni di euro), assicurerà come vuole la Ue, assieme al porto di Capodistria, i flussi di merci che ammortizzino i costi dell’opera. E la Slovenia, grazie al lavoro diplomatico del governatore Riccardo Illy e del governo e alla pressioni dell’Ue, sembra essere intenzionata a dare il via libera alla Trieste-Divaccia perfezionando a breve i dettagli del tracciato. Il ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro si è impegnato a presentare la richiesta all’Ue (scadenza il 20 luglio) dei fondi (22 mln su 44) per la progettazione della Ronchi-Trieste (4 tunnel per quasi 30 km) la cui prima proposta è stata bocciata dal ministero dell’Ambiente. I disagi con i quali si confronta il territorio, popolazione e imprese, sono evidenti. L’autostrada A4 è ormai al collasso, statali e provinciali, sviluppate in un contesto urbanistico cresciuto in modo disordinato non stanno meglio. Dalla Slovenia annunciano che, quando sarà completato il collegamento autostradale con l’Ungheria, il flusso verso l’A4 diventerà di oltre 5.000 Tir giornalieri. Se partono i cantieri per l’Alta velocità ferroviaria (nel 2010) i territori dovranno sopportarne le conseguenze. Una soluzione, per quanto transitoria, non è procrastinabile. «Nei giorni scorsi ci è stato presentato dalla Regione il progetto preliminare di Rfi (le ferrovie) che è stato ultimato nel 2005 - dice il sindaco di Villa Vicentina Mario Pischedda (centrodestra), primo cittadino di uno dei 9 comuni della Bassa che hanno chiesto alla Regione lo stralcio dalla legge obiettivo -. Ci è stato chiesto di fare una valutazione sul progetto entro il 6 luglio. Per noi è impossibile. Il gruppo tecnico d’istruttoria costituito dalla Regione con le amministrazioni territoriali mi è sembrato una gentile concessione». «Non c’è una chiusura da parte nostra - spiega il sindaco di Bagnaria Arsa Anselmo Bertossi - ma vogliamo soltanto analizzare i progetti. Il pericolo è quello di realizzare strutture sovrastimate. L’attuale rete ferroviaria non è satura. Si potrebbero trovare soluzioni alternative all’Alta velocità. Anche in Francia per il Tgv si utilizza la linea ferroviaria ordinaria. I progetti fin qui presentati dimostrano scarsa sensibilità verso il territorio. I Comuni della Bassa vogliono avere maggior peso nelle decisioni pur comprendendo che ci sono interessi superiori». Gli uffici tecnici dell’assessorato assicurano: «Il progetto della Ronchi-Trieste è stato bocciato dal ministero per i Beni culturali e ambientali ma non dalla Via. Reinvieremo entro l’autunno il progetto modificato in base alle indicazioni che ci vegono dai Comuni. L’accordo raggiunto nei giorni scorsi con la Slovenia e la conseguente lettera congiunta dei due Paesi sbloccherà anche l’iter per la Trieste-Divaccia». Per Europa, Italia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Slovenia, Comuni la partita è aperta.

Ciro Esposito

 

 

Gli ambientalisti: «È solo una questione di business»

 

TRIESTE Gli ambientalisti non hanno mai nascosto la loro contrarietà al progetto della Tav. Il loro ragionamento è tecnico e al tempo stesso politico. Sul primo fronte i Verdi (ma anche il Wwf) sottolineano come i progetti, seppure preliminari, manchino di adeguati approfondimenti sull’impatto ambientale. Dal punto di vista politico sospettano che la Tav sia un grande business mentre, a loro avviso, sarebbe sufficiente una minima parte di quei fondi per risolvere i problemi congiunturali del territorio. «Il primo dato è che si parla in assenza di progetti - spiega il consigliere regionale Alessandro Metz - e siamo convinti che anche la richiesta di cofinanziamento all’Ue presentata dal governo entro il 20 luglio non potrà che essere bocciata. Il progetto sulla tratta Ronchi Sud-Trieste, come abbiamo sempre sottolineato, mancava di un serio studio idrogeologico. E poi c’è l’assenza di tracciati. Mi sembra che sulla Tav si sconti una posizione ideologica di quelli che vogliono farla a tutti i costi. Sul fronte del trasporto dei passeggeri ad esempio è evidente che il treno Venezia-Trieste viaggerebbe semi-vuoto». Ma è indubbio che il traffico delle merci su rotaia e il collegamento con l’Est europeo vada potenziato. «Allora non dobbiamo parlare di Alta velocità ma di Alta capacità - dice Metz -. E allora ragioniamo su come potenziare, ad esempio con il doppio binario, le linee esistenti che non sono sature. Forse quella cifra di 44 milioni destinata alla progettazione della Ronchi-Trieste potrebbero essere impiegati in quella direzione. Voglio ricordare, che anche qualora il progetto Tav andasse in porto, sarebbe operativo tra non meno di 10-15 anni mentre un restyling delle infrastrutture esistenti si può realizzare a breve. Le grandi opere non hanno tetti di denaro e di tempi mentre il territorio chiede una soluzione immediata dei problemi esistenti. Mi sembra che il progetto Tav sia un grande affare, una cambiale in bianco a favore dei privati con costi enormi per il pubblico. Voglio aggiungere che è evidente come su questa questione in regione, ma anche nel resto d’Italia, ci sia stato un deficit di democrazia. Con la volontà di accelerare i tempi, attraverso l’utilizzo della legge obiettivo, le amministrazioni locali non sono state messe nelle condizioni di incidere nei percorsi decisionali».

ci. es.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 7 luglio 2007

 

 

Centrosinistra sul Corridoio 5: «La popolazione va consultata»

 

DUINO AURISINA «Nessuno si è mai preso la briga di spiegare agli abitanti di Medeazza che a pochi metri dalle loro case qualcuno ha progettato una ferrovia sotterranea che intercetterà il Timavo con conseguenze sconosciute; e nessuno ha informato gli abitanti di Aurisina Cave che la loro frazione diventerà un mega cantiere, con tanto di eliporto, e che attraverso le case verranno trasportati milioni di metri cubi di materiale di escavazione dei tunnel». All'indomani dell'accordo tra Slovenia, Friuli Venezia Giulia e Governo italiano sul Corridoio 5, i Verdi di Duino Aurisina lanciano l'allarme, sostenendo che tutte le forze politiche, eccetto i Verdi stessi e Rifondazione non hanno sensibilizzato le persone relativamente a cosa accadrà ad Aurisina nel momento in cui partiranno i lavori dell'alta velocità: «Abbiamo appreso dalla stampa in questi giorni - scrive ancora Rozza, che i problemi relativi all'impatto sul centro abitato di Iamiano della precedente proposta di tracciato sarebbero stati risolti trasferendo il tracciato più a valle: il tunnel che trapasserà da parte a parte il Carso sbucherà in una dolina situata ad Aurisina Cave, esattamente come nel precedente progetto, per poi sfiorare pochi metri sotto terra il centro storico della località carsica».
Rozza lamenta in particolare una decisione non partecipata sul territorio. «Contrariamente a quanto previsto dal programma nazionale dell'Unione, dove in sintesi si legge che, dopo l'esperienza della Val Susa, mai più le cosiddette grandi opere strategiche sarebbero state calate sulla testa delle popolazioni locali».
A seguito dell'intervento dei Verdi, su un tema tornato di attualità dopo gli accordi italo-sloveni, che hanno visto la Regione protagonista, tutto il centrosinistra di Duino Aurisina ha sottoscritto una forte presa di posizione nei confronti in questo caso dell'amministrazione comunale: «La precedente amministrazione - dichiarano i consiglieri comunali del centrosinistra - per bocca del sindaco Ret ha espresso un parere sull'opera senza informare e consultare la popolazione sui contenuti del progetto. Questo errore non deve ripetersi». L'opposizione ha quindi chiesto una serie di iniziative pubbliche per coinvolgere nelle scelte legate al tracciato del Corridoio 5 la comunità di Duino Aurisina.
fr.c.

 

 

Parco della Val Rosandra: San Dorligo presenta il «Varco»  - Il sindaco Premolin: «Vogliamo sentire tutti, preservare quest’ambiente e consegnarlo ai posteri»

 

Incontro pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli per una preparazione comune del piano di conservazione e sviluppo della riserva naturale

SAN DORLIGO Con un incontro pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli, il Comune di San Dorligo ha dato avvio all’Agenda 21 per la preparazione del piano di conservazione e sviluppo della riserva naturale Val Rosandra, con il progetto «Varco». Un percorso che prevede la partecipazione della popolazione nelle scelte per il futuro della valle, ma invero ieri sera tale «partecipazione» non si è vista, e la sala era quasi vuota. Ad illustrare i passi di questo processo, il sindaco Fulvia premolin, l’assessore Laura Stravisi e Marco Francese, un «facilitatore», figura prevista nei processi di Agenda 21, che funge da consulente sul metodo da seguire.
È stato solo il primo di una serie di incontri, che presto proseguiranno nelle varie frazioni, per affrontare di volta in volta le tematiche più specifiche e che interessano direttamente i singoli abitati della vallata. Da questi incontri, il Comune, che è gestore della Riserva, si aspetta (oltre alla partecipazione dei residenti) anche la designazione di portavoce, che possano interagire direttamente con l’amministrazione in queste fasi di elaborazione e possano poi comunicare gli esiti a chi essi rappresentano. «La valorizzazione di questo territorio deve passare attraverso la maggioranza dei soggetti qui presenti – così Premolin -.
La gente è molto legata alla valle ricca di peculiarità, di cui andiamo fieri, e vogliamo conservare questo ambiente e consegnarlo ai posteri».
Il coinvolgimento della popolazione (assieme all’apporto di un tavolo tecnico-scientifico che farà da consulente) porterà alla stesura del Piano di conservazione e sviluppo. Stravisi ha detto: «la conservazione è già dettata da norme a vari livelli. Ma lo sviluppo deve essere condiviso e voluto da tutti».
Il processo avviato non è imbrigliato da regole e calendari, ma assolutamente libero, dinamico e aperto a contributi. Francese ha spiegato: «Gli incontri saranno fonte di idee costruttive, non luogo di chiacchiere o critiche fini a se stesse. E sarà anche una “autostrada”, dalla quale, speriamo, si aprano altre vie».
s.re.

 

 

Illy: Tav, importante l’apertura slovena - Il governatore incontra il coordinatore del progetto europeo Brinkhost

 

TRIESTE La decisione di Italia e Slovenia di presentare a Bruxelles una domanda congiunta di finanziamento per la progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaccia è «un importante segnale di cooperazione tra i due Paesi»: lo afferma oggi una nota congiunta del presidente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, e del coordinatore europeo del Progetto prioritario «Ten 6», Laurens Jan Brinkhost, che si sono incontrati a Trieste.
Affrontare i problemi della mobilità delle persone e delle merci nella nuova situazione geopolitica del continente richiede come premessa una forte consapevolezza, nei governanti e nei cittadini, di partecipazione ad un processo di sviluppo «europeo». Solo con questa consapevolezza è possibile dare attuazione a progetti come quelli riguardanti la mobilità in Europa. Su questa premessa Illy e Brinkhost si sono trovati pienamente concordi. In questo primo incontro, al quale ha partecipato anche l'assessore alle Infrastrutture Lodovico Sonego, è stata fatta una analisi della situazione per quanto riguarda la parte transfrontaliera Italia-Slovenia del progetto europeo che punta a realizzare adeguate infrastrutture di trasporto, in particolare ferroviario, nella direttrice Ovest-Est del Sud europeo.
La decisione dei ministri dei Trasporti di Italia e Slovenia di presentare a Bruxelles, entro il 20 luglio, una domanda congiunta di finanziamento per la progettazione della linea ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia, è stata ritenuta un importante segnale di cooperazione tra i due Paesi, che dovrà fare ulteriori passi avanti verso la realizzazione di una parte del progetto prioritario europeo n. 6, ritenuta concordemente, da Brinkhorst ed Illy, un punto fondamentale per lo sviluppo dei trasporti nella direzione Ovest-Est.
«Realisticamente ci resta molto da fare - ha commentato Brinkhorst - ma la realizzazione del progetto europeo mette quest'area nel cuore dell'Europa». Per raggiungere l'obiettivo, ha ancora commentato il Coordinatore europeo, è necessario che Friuli,Venezia Giulia, Italia e Slovenia si sentano ed agiscano con cultura e mentalità «europee».

 

 

Ferrovie: ok al tracciato Fiume-Ungheria  - Zagabria accelera i progetti: più facile l’esproprio dei terreni

 

Il collegamento tra la città portuale e la località di Botovo costerà oltre un miliardo di euro

Attualmente i treni merci diretti al confine magiaro impiegano 10 ore viaggiando in media a 30 km l’ora. Kalmeta: «Nei trasporti investiremo oltre 1 miliardo»

FIUME Ferrovia pianeggiante Fiume-Ungheria, si fa sul serio. L’altro ieri il governo croato ha inviato al parlamento (il Sabor) la proposta di modifiche alla legge sulle Ferrovie, che parificherà la costruzione di strade ferrate all’infrastruttura viaria e a quella del gas. In pratica si snellirà la realizzazione dei progetti in un settore che Zagabria ritiene di vitale importanza per le sorti del Paese. Tra l’altro, si renderà meno complicato il disbrigo delle questioni giuridico-patrimoniali, tra cui l’esproprio di lotti di terreni privati su cui passeranno le infrastrutture ferroviarie. Ad avvantaggiarsi della nuova normativa sarà soprattutto il progetto della ferrovia di pianura che collegherà Fiume e il Paese danubiano. Ne è convinto il ministro del Mare, Trasporti, Turismo e Sviluppo, lo zaratino Bozidar Kalmeta: «Abbiamo voluto uniformare lo status della rete ferroviaria nazionale – ha dichiarato Kalmeta – a quello di altri comparti d’interesse strategico per il Paese. La Croazia ha di fronte grandi progetti, tra i quali la ferrovia Fiume – Ungheria, per investimenti che supereranno il miliardo di euro».
La Fiume–Zagabria–Botovo (località al confine con l’Ungheria) dovrebbe venire a costare per l’esattezza sugli 8 miliardi di kune, circa un miliardo e 90 milioni di euro, e potrebbe essere inaugurata nel 2013. Lunga 269 chilometri, permetterà tempi di percorrenza davvero rapidi se confrontati a quelli attuali. Gli esempi non mancano.
Attualmente il viaggio su treni merci dal capoluogo quarnerino alla frontiera croato-magiara dura ben 10 ore, con i convogli che marciano ad una media di 30 chilometri orari, riuscendo a trasportare annualmente non più di 5 milioni di tonnellate. Fra sei anni avremo un quadro totalmente diverso: la Fiume-Botovo vedrà i convogli sfrecciare ad una media di 120 chilometri orari (si viaggerà all’incirca due ore), con una capacità di trasporto annua di addirittura 25 milioni di tonnellate di merci. Notevoli vantaggi anche per il trasporto passeggeri: ora da Fiume a Zagabria la velocità media dei treni è di 65 chilometri, mentre dal 2013 si passerà a 160 km. Le ricadute positive su Fiume saranno incredibili, specie sul settore dei trasporti portuali. Va rilevato che adesso lo scalo contenitori in Brajdica (Fiume) riesce a movimentare circa 100 mila Teu all’anno, mentre stime attendibili indicano che nel 2016 si arriverà a toccare quota 750 mila Teu.
La Fiume-Ungheria giungerà pertanto a fagiolo, mentre secondo gli esperti le spese di trasporto ferroviario dall’Adriatico verso la Mitteleuropa sono destinate ad essere tre volte inferiori rispetto alle attuali tariffe. Stando agli addetti ai lavori, entro la fine del 2007 cominceranno i lavori di costruzione di un lungo segmento, la Fiume-Karlovac, tratta lunga 121 chilometri. Assorbirà gran parte dell’investimento, circa 950 milioni di euro.
Andrea Marsanich

 

 

La chiusura della Ferriera

 

Seguo con interesse, come tutti i miei concittadini, sul suo giornale, le vicende della Ferriera. Nei giorni scorsi ero rimasto sbalordito di fronte alle dichiarazioni di incompetenza delle autorità locali (sindaco, presidente della provincia, Regione), che penalizzavano i cittadini desiderosi di ottenere una decisione urgente di chiusura o di sospensione almeno dell'attività inquinante. Oggi si cerca di correre ai ripari, sembra. L'impresa sostiene che dimezzerà le polveri nocive in 36 mesi «in una logica di prospettiva». Cioè dovremmo rassegnarci a respirare veleni per tre anni ancora. L'assessore comunale Bucci sostiene che spettava alla Provincia emettere la diffida nei confronti della Ferriera con contestuale sospensione dell'attività. Non avendolo fatto sarà perseguita per omissione di atti di ufficio. Il sindaco, accortosi che la situazione è disastrosa, ritrova improvvisamente la sua denegata competenza ad agire e promette che attenderà solo qualche mese per la chiusura della Ferriera. A questo punto, se fossimo inglesi, si potrebbe cominciare a scommettere sulla chiusura della Ferriera entro l’anno. Dal momento che ai sindacati interessa più il destino dei lavoratori della Ferriera (come se questi non respirassero) che quello dei cittadini che vivono nei rioni vicini alla stessa, trovo personalmente difficile formulare un pronostico. Gli amministratori locali contano ancora su un intervento del govermo (deus ex machina) ma questo purtroppo è tutto spostato a sinistra ed ha oggi ben altre preoccupazioni e problemi urgenti. Staremo a vedere.
Gian Giacomo Zucchi

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 6 luglio 2007

 

 

L’avvocato Spazzali: «Dipiazza doveva chiudere la Ferriera»

 

L’avvocato Giuliano Spazzali - già presidente delle Camere Penali italiane - ha ricevuto l’ incarico da un gruppo di cittadini residenti a Servola di procedere contro il Comune per l’inquinamento causato dallo stabilimento della Ferriera.
Spazzali ha dato la propria disponibilità a preparare una serie di azioni legali. Secondo il legale, il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza in quanto garante della salute dei cittadini, «avrebbe già dovuto emettere un ordinanza di sospensione delle attività dell’impianto».
Da parte sua il primo cittadino non ha voluto commentare l’azione legale del gruppo di cittadini difesi da Giuliano Spazzali.

 

 

Inceneritore, resta il mistero diossina - La sesta commissione comunale in visita all’impianto di via Errera

 

Rimane un mistero, almeno per il momento, il motivo che ha provocato la parziale interruzione dell’attività dell’inceneritore di via Errera, che in questi giorni ha ripreso a funzionare a pieno regime. Nel corso dell’incontro di ieri pomeriggio fra Paolo Dal Maso, dirigente del servizio Ambiente dell’Acegas Aps e numerosi componenti della sesta Commissione del consiglio comunale che si occupa di problematiche ambientali, è emerso che non sono ancora state individuate le cause della fuoriuscita di un quantitativo di diossina superiore ai limiti di legge.
«Tutti i controlli che erano stati fatti in precedenza e quelli successivi al sequestro deciso dalla Magistratura – ha spiegato Dal Maso – hanno sempre dato esito negativo, se si esclude l’unica occasione di sforamento, che ha provocato il provvedimento di sospensione dell’attività. Non abbiamo operato modifiche all’impianto durante la sosta – ha aggiunto – perché il termovalorizzatore non presenta difetti riscontrabili da parte nostra».
L’unica novità è stata la rinuncia da parte dell’Acegas Aps ad accogliere i rifiuti ospedalieri, ma si tratta di una quantità minima che difficilmente avrebbe potuto originare il problema della diossina.
Il dirigente dell’Acegas Aps ha anche sottolineato che «sarebbe utile individuare un protocollo con le società incaricate per quanto concerne i controlli da effettuare», ma ha lasciato intendere che al momento «non esistono problematiche». L’impianto di via Errera brucia ogni anno 160mila tonnellate di rifiuti solidi, producendo 80 milioni di kWh, che rappresentano circa il 13 per cento del consumo totale di energia elettrica della città. L’interruzione ha perciò provocato un danno, perché il Comune ha dovuto ricorrere ad altri sistemi per l’eliminazione della spazzatura comunque prodotta.
Il presidente della sesta Commissione, Roberto Sasco ha indicato approssimativamente in 5 milioni di euro questo costo e ieri molti dei presenti si sono chiesti chi sarà chiamato a sostenere questa spesa.
u. s.

 

 

Rifiuti, un appello per aiutare Duino  - Il vicesindaco di Monfalcone ai concittadini: non scaricateli in altri Comuni

 

Dopo le polemiche suscitate dalla raccolta differenziata porta a porta nel vicino mandamento

DUINO AURISINA Immondizie ancora all'ordine del giorno a Duino Aurisina, con le critiche al sindaco da parte del centrosinistra, in una lunga nota di Massimo Veronese, e gli appelli che da Monfalcone lancia il vicesindaco Silvia Altran alla locale popolazione a disertare i cassonetti duinesi, tenendo le immondizie entro i confini del mandamento.
«Svegliandosi di soprassalto da un lungo sonno - scrive il capogruppo dell'opposizione a Duino Aurisina, Massimo Veronese - il sindaco suona la carica contro i cittadini monfalconesi che scaricano le immondizie nei bottini di Duino Aurisina per risparmiare sulle imposte introdotte dalla loro amministrazione con il sistema della raccolta differenziata non quotidiana a domicilio. Ret ha dichiarato "la guerra delle scovazze" con toni accesi, ma dimentica di riconoscere che la nostra amministrazione comunale ha per anni sottovalutato la questione e ora si trova in un pasticcio difficile da districare». «Mentre tutti i Comuni, molto più seriamente - continua Veronese - affrontavano il problema dei costi dello smaltimento anche sperimentando nuove soluzioni, il nostro si accontentava di piccoli aggiustamenti inefficaci. Non si è voluto per tempo prendere atto - dice ancora Veronese - che la monopolista Acegas, proprietaria dell'inceneritore triestino, non ha alcun interesse alla raccolta differenziata delle immondizie e che il sistema porta a porta non è privo di inconvenienti».
Da Monfalcone, invece, arriva l'appello ai propri cittadini da parte dell'assessore Silvia Altran, di non recarsi a vuotare le immondizie a Duino Aurisina, ma a utilizzare le isole ecologiche installate in varie zone del comune. Il vicesindaco di Monfalcone, sostiene, in ogni caso, che si tratta di una "reazione" temporanea all'avvio del servizio: «Non si tratta di un problema determinato dal Comune - dice la Altran - bensì da alcuni abitanti residenti in città, che non vogliono accettare una scelta che è stata democraticamente convalidata addirittura attraverso un referendum popolare. Sono certa che, una volta risolte le iniziali criticità, il porta a porta prenderà piede. Ho verificato personalmente come le file all'ecosportello siano diminuite e non nego ci siano stati dei problemi, ma esorto i cittadini a segnalarli, perché il Comune sta effettuando un monitoraggio attento della situazione. Mi risulta che ci siano anche diversi cittadini soddisfatti per il servizio».
fr.c.

 

 

Miramare, la riserva resta al Wwf

 

La Giunta regionale, su proposta dell'assessore alle Risorse Naturali, Enzo Marsilio, ha espresso parere favorevole al rinnovo dell'affidamento in gestione dell'Area marina protetta di Miramare all'Associazione italiana per il Wwf for nature onlus.
Il parere, che sarà trasmesso al ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio, si basa sulla valutazione dell'attività didattica, educativa e divulgativa svolta finora con ottima capacità organizzativa e gestionale dall'Associazione, che è ente gestore della Riserva naturale marina.
La Riserva marina ha festeggiato recentemente i 20 anni dalla costituzione.

 

 

La Regione insiste: A4, emergenza e commissario  - Gottardo: Di Pietro smentisce la giunta. L’11 luglio vertice di maggioranza sulla Tav

 

L’assessore Sonego e il collega veneto Chisso replicano al ministro che aveva bocciato l’ipotesi di un provvedimento straordinario

TRIESTE Friuli Venezia Giulia e Veneto insistono nel pressing sul ministro Antonio Di Pietro per l’assegnazione di un commissario straordinario per accelerare la realizzazione della terza corsia dell’A4. All’indomani della dichiarazione del responsabile del dicastero delle Infrastrutture sulla non opportunità della nomina di un commissario, l’assessore Sonego ribadisce la necessità di istituire una figura in grado di gestire in modo più semplice la burocrazia e i finanziamenti e assieme al collega del Veneto Renato Chisso lancia un nuovo appello al governo affinché venga dichiarato per l’A4 lo stato d’emergenza nella tratta da Quarto d’Altino a San Donà di Piave. Intanto è stato convocato per mercoledì prossimo, 11 luglio, il secondo round del vertice di maggioranza sulla Tav. Ma la Cdl va all’attacco con il forzista Gottardo: «Il governo di fatto ha smentito la giunta»
LA RICHIESTA «Il ministro Antonio Di Pietro ha assunto impegni molto positivii per la realizzazione completa della terza corsia da Quarto d’Altino a Villesse - dichiara l’assessore Sonego -. Desidero ringraziarlo per il lavoro che sta facendo e confermo anche che la Regione continuerà a mantenere un profilo altamente collaborativo con lo Stato». Ma, nonostante la posizione conciliante con il governo, Sonego non si tira indietro sulla richiesta del commissario. «Confermo - dice l’assessore - l’utilità dell’individuazione di un commissario governativo che aiuti tutti ad accorciare i tempi delle autorizzazioni. Friuli Venezia Giulia e Veneto sono pronte a collaborare anche sul versante dei costi della gestione commissariale qualora ciò fosse un problema».
IL VENETO Del problema dell’A4 ieri il governatore del Veneto Giancarlo Galan ha incontrato a Roma oltre a Di Pietro anche il ministro Enrico Letta. «Ho avuto l’opportunità - si legge in una nota - di precisare al Sottosegretario Letta che ove la scelta del Commissario spettasse alla Regione del Veneto, i costi dello stesso, del Commissario cioè, non peserebbero di un solo euro né all’amministrazione regionale né a quella statale. E’ bene si sappia che in presenza di un Commissario per la realizzazione della terza corsia dell’A4 potremmo guadagnare 18 mesi nei tempi di apertura dei cantieri».
L’INCONTRO Friuli Venezia Giulia e Veneto chiedono al Governo la dichiarazione dello stato d’emergenza nella tratta Quarto d’Altino-San Donà di Piave dell’autostrada A4, per accelerare l’iter di approvazione del progetto e per giungere nel minor tempo possibile all’apertura dei cantieri della terza corsia: lo hanno stabilito gli assessori regionali alle Infrastrutture, Lodovico Sonego e Renato Chisso, in un incontro che si è svolto ieri sera a Portogruaro. Nella riunione è stata ribadita la «totale condivisione delle due Regioni sui contenuti e sui metodi per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A 4 nella tratta Quarto d’Altino-Villesse e dell’alta capacità ferroviaria Venezia-Trieste». Per quanto riguarda il tracciato dell’alta capacità ferroviaria, le due Regioni hanno convenuto sul non affiancamento con l’autostrada tra Quarto d’Altino e Portogruaro (Venezia), mentre da Portogruaro verso Est è stato ribadito il tracciato in affiancamento.
L’OPPOSIZIONE «La maggioranza di centrosinistra - attacca il coordinatore di Forza Italia Isidoro Gottardo -, che con un voto in Consiglio regionale ha chiesto la nomina del Commissario, è stata smentita dal suo stesso Governo nazionale». «Inutile fingere - prosegue Gottardo - il fatto è molto grave. Vogliamo sperare - prosegue - che quanto promesso ieri a Roma porti davvero entro luglio a una nuova convenzione tra Autovie Venete e Anas, cosa questa fino ad oggi negata, con il Ministro Di Pietro che ha accusato la Regione e la concessionaria di inadempienza».
IL VERTICE L’11 luglio si svolgerà il secondo round del vertice di maggioranza sulla Tav. Dopo la prima tappa di lunedì scorso, monopolizzata dalla relazione dell’assessore Sonego, la seduta di mercoledì saraà dedicata all’approfondimento dei dettagli tecnici del progetto.

Ciro Esposito

 

 

TAV - Il Wwf attacca: «Chiesti fondi Ue per progettare il nulla»

 

TRIESTE «Il governo italiano e sloveno chiedono all’Unione europea un finanziamento per la progettazione della Tav Trieste-Divaccia e altri 44 per la Ronchi Trieste. Soldi chiesti per progettare il nulla». Il Wwf di Trieste, attraverso il suo segretario Dario Predonzan, attacca la politica di Regione e governo sull’Alta velocità ferroviaria. «Nel caso particolare della Ronchi Sud-Trieste - scrive la nota - il progetto è stato già bocciato dopo il passaggio della Via dal ministero. Quindi sarebbe meglio parlare di nuovo progetto. E anche la concertazione con il territorio si deve fare solo sul progetto definitivo. Ha senso che solo per non smentire Illy, Sonego continui a ripetere che la Ronchi sud-Trieste si farà, solo per giustificare in qualche modo i 1.900 miliono che il governo ha messo nel Dpef?». Una voce critica sale anche dai Comunisti italiani. «Che senso ha fare una galleria di 60 km sotto il Carso quando poi i treni dell’alta velocità non potranno superare i 180 km orari? - è la domanda che si pone Stojan Spetic -. La Slovenia peraltro ha già ribadito di non essere interessata alla tratta. E anche il progetto che riguarda Trieste, illustrato dall’assessore Sonego, appare complicato per non dire insostenibile. Forse tutto questo denaro potrebbe essere utilizzato per ammodernare le linee ferroviarie esistenti».

 

 

Via libera da Bruxelles ad Enel ed Acciona per l’acquisto di Endesa  - Strada in discesa verso l’Opa

 

ROMA Un altro tassello va a incastrarsi nel puzzle di autorizzazioni necessarie ad Enel ed Acciona per rilevare il controllo di Endesa. Dopo l'ok condizionato dell'Autorità per l'Energia spagnola di mercoldì, ieri il consorzio italo-spagnolo ha ricevuto la benedizione dell'Antitrust europeo, secondo il quale l'offerta delle due società sul primo operatore elettrico iberico «non ostacolerà in maniera significativa l'effettiva concorrenza nello Spazio economico europeo (See)». L'elemento decisivo nell'ok di Bruxelles sembra essere stato l'accordo fra Enel, Acciona e la tedesca E.On (che ha tentato invano di rilevare Endesa per più di un anno), con il quale il gruppo tedesco ha rilevato importanti asset del valore di 10 miliardi di euro in Italia, Francia e Spagna. Con questa intesa, spiega la Commissione, «gli unici mercati che risentono della transazione sarebbero quelli della generazione-fornitura all'ingrosso e al dettaglio di elettricità in Spagna». Ma l'operazione in questione «non rafforzerà in maniera significativa la produzione di Endesa in nessuno di questi mercati».
Ma Enel potrebbe avere anche un altro motivo per ringraziare l'Unione Europea: l'Antitrust Ue esaminerà «con estrema attenzione e in profondità» le 12 condizioni poste dalla Cne all'offerta su Endesa per verificare se esse violino le norme europee sulla libera circolazione dei capitali. Già in precedenza, i vincoli imposti dalla Spagna ad E.On erano stati il fondamento per l'avvio di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles nei confronti di Madrid.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 5 luglio 2007

 

 

Ret: «Stop ai rifiuti da Monfalcone»  - Il sindaco di Duino Aurisina avvia un’inchiesta sull’aumento dei costi

 

Dopo l’avvio della raccolta porta a porta gli abitanti del mandamento portano le immondizie a San Giovanni di Duino

DUINO AURISINA È furibondo, Giorgio Ret. Il sindaco di Duino Aurisina è pronto a scendere in campo per difendere i cassonetti del suo Comune delle immondizie del territorio contro l'invasione isontina. Da quando, infatti, a Monfalcone è iniziata la raccolta differenziata con il sistema del porta a porta, si è assistito a un continuo aumento delle immondizie: «A San Giovanni di Duino la situazione è davvero drammatica - dice il sindaco Ret - non possiamo sostenere simili episodi».
Si tratta di una catena che parte da lontano: da Staranzano, Ronchi e gli altri comuni del mandamento isontino che hanno applicato il porta a porta prima di Monfalcone e che portavano le proprie immondizie appunto a Monfalcone; ora che anche nella città dei cantieri è iniziata la raccolta porta a porta (e stanno via via sparendo i cassonetti liberi lungo le strade), coloro che non effettuano la raccolta si spostano più a Est per lasciare i propri, indifferenziati, sacchetti.
La «trasumanza» delle immondizie ha raggiunto Duino e Sistiana, e dopo un primo allarme, nei giorni scorsi, ora il sindaco Ret è sceso sul piede di guerra: «Ho chiesto agli uffici un rapporto di quanto sta avvenendo, una proiezione dell'aumento dei costi di smaltimento e una analisi di carattere igienico. Quando avrò questi dati in mano, tra qualche giorno, andrò a bussare la porta del municipio di Monfalcone: è necessaria una riunione con il sindaco Gianfranco Pizzolito, ma solo con dati alla mano».
Attualmente il sindaco di Monfalcone è in ferie, ma al ritorno, oltre alle proteste di quanti non hanno ancora accettato il porta a porta, troverà anche la missiva al vetriolo del sindaco Ret. «Così è davvero troppo facile, e non mi vengano a dire che il porta a porta funziona. Prima il mandamento occidentale ha riversato parte dei propri rifiuti su Monfalcone, ora tutti coloro che passano per Duino li riversano su di noi. Certo che a Monfalcone calerà il costo di smaltimento, ma solo perché toccherà a noi a pagare di più».
Su questo tema è intervenuto ieri l'altro il consigliere provinciale Paolo Salucci della Margherita: «Il comportamento di chi, residente a Monfalcone - ha scritto in una nota - deposita per pigrizia l'immondizia nei contenitori indifferenziati di Duino, è assai poco civile e soprattutto costoso per i residenti di quest'ultima località».
La soluzione di Salucci passa per l'adeguamento al sistema, ovvero applicando la raccolta differenziata porta a porta anche a Duino Aurisina: «Ci sono - ha scritto ancora Salucci - per i Comuni, fondi pubblici specificamente preposti a finanziare il passaggio ad una raccolta di rifiuti differenziata, dobbiamo registrare il ritardo dell'amministrazione comunale di Duino Aurisina ad affrontare un tema importante sia sul lato etico economico sia su quello della qualità della vita dei cittadini». Ma secondo Ret il sistema del porta a porta, «è fuori discussione».
La ricetta per le immondizie prodotte dai residenti di Duino Aurisina comprende infatti il reciclo «autonomo» dell'umido, attraverso il posizionamento di casse per il compostaggio nei giardini, un accordo che riguarderà i privati ma anche i ristoranti: chi aderirà potrà avere uno sconto sulla tassa delle immondizie. Proseguirà «e verrà ancora implementata», dice Ret, la raccolta differenziata lungo le strade. «Abbiamo raggiunto un buon equilibrio relativamente alla raccolta dei rifiuti sul nostro territorio, ora non è tollerabile che il sistema venga messo in crisi per strategie di altri».
Il sindaco è determinato anche a trovare un rimedio concreto: certo non è possibile chiedere la residenza a chi vuota le immondizie nei bottini di Duino Aurisina, ma l'amministrazione è alla ricerca di una soluzione per evitare che le immondizie isontine finiscano nei cassonetti di San Giovanni e Sistiana e che a pagare per lo smaltimento, in ultima analisi, siano gli abitanti di Duino Aurisina.
fr.c.

 

 

Differenziata, un comitato

 

SAN DORLIGO Inizierà solo oggi la distribuzione del materiale informativo dettagliato sulla raccolta differenziata porta a porta, iniziata però già lunedì a San Dorligo. E mentre sta nascendo un comitato di cittadini per «monitorare» (in senso critico) l’andamento della raccolta differenziata a San Dorligo, l’assessore Igor Tul risponde alle critiche di ieri. Ad esempio, in merito alla mancata consegna dei tre bidoncini a casa dei cittadini. La consegna avviene in questi giorni. «Non so dire il numero delle utenze ancora sprovviste. Non molte. Ma stiamo completando la consegna», dice Tul.

 

 

Cedassamare, si vota il 16 luglio Omero: «Area da salvaguardare» - Comune, la seduta dei capigruppo fa slittare ulteriormente i tempi

 

Si allontana ancora il voto del consiglio comunale sulla variante in base alla quale in salita di Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Dopo avere rimandato il voto previsto per lunedì (ma già in calendario il 25 giugno), ieri i capigruppo hanno deciso di fissare la seduta al 16 luglio, «saltando» un lunedì. La delibera è una spina nel fianco: la diffida inviata dall’impresa costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di essere chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che sinora ha ottenuto una serie di pareri favorevoli. Nuovo appello il 16: prima di allora non ci sarebbero state altre delibere da votare «e parliamo di denaro pubblico speso a ogni seduta», argomenta il forzista Piero Camber. Vanno poi valutate le controdeduzioni degli uffici comunali alle valutazioni degli ambientalisti: controdeduzioni che hanno ribadito la correttezza dell’iter fin qui previsto. Ma il Ds Fabio Omero (che ieri, con Decarli dei Cittadini e Edera della Lista Rovis, ha votato no al rinvio) scrive che «probabilmente la Cdl vuole votare questo piano in concomitanza» con la delibera sugli indirizzi per la redazione del nuovo prg, così che Cedassamare «passi in secondo piano rispetto all’impegno dell’amministrazione a correggere» il precedente prg firmato dalla giunta Illy. Omero propone: «Il consiglio approvi anche la ”messa in salvaguardia” (delle zone non edificate, ndr) che presenteremo, bloccando così Cedassamare». «Salvaguardia? Concetto generico», replica Camber. E l’assessore Maurizio Bucci: «Le osservazioni che Omero ha fatto sul piano parcheggi dimostrano che dall’opposizione non sa più che pesci pigliare».

 

 

A4, sbloccati i lavori ma niente commissario - Di Pietro scrive a Illy e Galan: figura non necessaria, l’iter procede. Definito il tracciato Tav

 

Riunione a Roma fra Autovie, Anas e ferrovie. Entro luglio una nuova convenzione per la realizzazione della terza corsia

Santuz: prendiamo atto delle indicazioni. Siamo pronti a fare la nostra parte

TRIESTE Una nuova convenzione fra Autovie e Anas, da firmarsi entro questo mese, porterà allo sblocco dei lavori per la terza corsia sull’A4, il cui costo è stimato in un miliardo di euro. Parola del ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro che così boccia ufficialmente anche l’ipotesi del commissario straordinario, come avevano invece chiesto Veneto e Friuli Venezia Giulia in una lettera indirizzata a Prodi. «Con tutto questo - sottolinea Di Pietro, che ha anche inviato una lettera ai governatori Riccardo Illy e Giancarlo Galan - la figura di un commissario non c’entrava e non c’entra niente. I problemi nascevano dal disaccordo delle Regioni, al cui senso di responsabilità è ora demandata la definitiva risoluzione della vicenda».
E nemmeno il tracciato della Tav, che il Veneto vuole ”costiero” senza affiancamento all’autostrada, sarà più un ostacolo per la realizzazione dell’opera. Il Friuli Venezia Giulia, invece, potrà infatti mantenere il parallelismo tra ferrovia e A4 tra Portogruaro e Gonars. Non sarà previsto invece affiancamento nel quarto lotto, ovvero fino a Villesse. Nessun cambiamento invece per la prima tratta autostradale, Quarto d’Altino-San Donà (non interessata da affiancamento): le commissioni per la gara di progettazione completeranno il proprio lavoro nelle prossime settimane, e la gara si potrà indire in tempi rapidi.
L’intesa è stata raggiunta ieri nel vertice romano tra il ministro, i rappresentanti della concessionaria autostradale (l’amministratore delegato Pietro Del Fabbro e il direttore generale Riccardo Riccardi), di Anas (Pietro Ciucci) e Rete ferroviaria italiana (Michele Elia). Se la vicenda della terza corsia sembra quindi destinata a subire un’accelerata, bisognerà capire se le Regioni insisteranno sulla figura del commissario. I presupposti della richiesta di un commissario nascevano dall’esigenza di ridurre i passaggi formali per l’approvazione della progettazione definitiva e la gara vera e propria. Anche in presenza di un accordo sul tracciato, i tempi necessari per rispettare questi vincoli burocratici, secondo alcune fonti, non si accorciano più di tanto. Questo significa che prima del 2014 potrebbe non essere realizzato il primo lotto. E intanto il traffico lungo l’arteria aumenta: più 10 per cento solo nel primo quadrimestre 2007.
Se sul commissario la discussione sembra archiviata per il ministro e rinviata alle Regioni, l’intesa sul tracciato individuato ieri andrà formalizzata entro il mese. Perché la proposta diventi impegno condiviso saranno necessari due atti. Il primo sarà la sottoscrizione di una convenzione unica Anas - Autovie Venete, che includa le tratte nel nuovo piano finanziario. La sigla è prevista entro la fine di luglio. Anas e Autovie dovranno quindi lavorare gomito a gomito e procedere in fretta con la parte burocratica. Poi ci sarà la parte politica, con la valutazione delle Regioni in sede Cipe. I due partner istituzionali non sono stati inviatati al tavolo di ieri, ritenuto un appuntamento tecnico, ma al termine della riunione il ministro ha scritto ai presidenti di Veneto e Friuli-Venezia Giulia per comunicare gli esiti dell’incontro. «In base a quanto deciso oggi – ha dichiarato Di Pietro – Anas e Autovie Venete hanno garantito che formalizzeranno in tempi brevi la nuova convenzione, inserendo le nuove tratte nel piano finanziario e permettendo così il completamento di un’opera richiesta a gran voce e ritenuta fondamentale dalle popolazioni locali. Allo stesso tempo, il ministero vigilerà affinché i lavori relativi alla prima tratta già in convenzione procedano nei tempi previsti». «Ora ci aspettiamo che le amministrazioni regionali esprimano il loro parere su questa nostra proposta – ha concluso Di Pietro - quando la nuova convenzione sarà discussa dal Cipe». Secondo il programma auspicato dal ministro, questo dovrebbe avvenire entro i primi giorni di agosto.
Intanto, il primo commento all’incontro arriva dal presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, impegnato in Slovenia per il Corridoio V. «Prendiamo atto delle indicazioni del ministro – dice Santuz – e ci attiveremo quanto prima per fare la nostra parte. I primi passi saranno chiedere un incontro con Anas e convocare un consiglio di amministrazione straordinario».
Martina Milia

 

 

Trasporti pubblici, riforma da 200 milioni - Fortuna Drossi: «Sforzo economico enorme». Oggi parte l’esame consiliare. Incontro Sonego-sindacati

 

VERSO LO SCIOPERO

TRIESTE «La Regione investirà, l’ha già previsto, 200 milioni di euro all’anno». Uberto Fortuna Drossi, il cittadino che presiede la quarta commissione, non ha dubbi: Riccardo Illy e Intesa democratica si apprestano a «uno sforzo economico enorme» per far sì che il trasporto pubblico locale, in Friuli Venezia Giulia, diventi più efficiente e più rispondente ai bisogni dei cittadini.
Fortuna Drossi mette i puntini sulle «i» alla vigilia di un giorno cruciale per il disegno di legge a firma Lodovico Sonego che getta le basi per la «rivoluzione» su gomma e su rotaia, prevedendo una fortissima integrazione e un gestore unico a partire dal 2011. Oggi, infatti, quel ddl - che ha già portato i sindacati, con la sola eccezione della Cgil, a proclamare un doppio sciopero di 4 ore dei ferrovieri e degli autoferrotranvieri, il 13 e il 24 luglio - inizia il suo iter consiliare. Si parte alle 14.30, in quarta commissione, con l’illustrazione e quindi con le audizioni: «È uno degli argomenti più importanti, dopo quello della sanità, sia in termini economici che finanziari. Ed è un tema - afferma, ancora, Fortuna Drossi - quanto mai sentito anche dai cittadini che, tutti i giorni, si trovano a confrontarsi con il servizio di trasporto pubblico locale».
Non basta: il disegno di legge attua appieno il trasferimento di competenze e risorse statali sulle Motorizzazioni civili e su un migliaio o quasi di strade ex Anas, definendo i destini di più di trecento dipendenti. E anche quel trasferimento è finito nel mirino della Cisl e degli autonomi mentre Cgil e Uil, dopo l’incontro di martedì, hanno pressoché raggiunto l’accordo con l’assessore.
Ma oggi non è in programma solo l’avvio dei lavori consiliari: in prefettura a Trieste, come conferma la Cisl, si tiene il tentativo di conciliazione per tentare di scongiurare lo sciopero dei dipendenti della Motorizzazione civile, contrari al passaggio alle Province. A Dignano, dove peraltro si riunisce la giunta, si tiene invece un secondo incontro tra Sonego e i sindacati, anche se Uil e Cisl hanno già annunciato l’intenzione di non parteciparvi, dedicato esclusivamente al gestore unico. A Trieste, infine, la Cgil indice una conferenza stampa per illustrare il suo giudizio sul ddl Sonego e per tirare un primo bilancio della concertazione, spiegando la sua posizione più «soft» rispetto a Uil e soprattutto Cisl.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 4 luglio 2007

 

 

Parcheggi in arrivo, più spazio ai pedoni  - Presentato a categorie e circoscrizioni il documento che prevede 18 contenitori per complessivi 5310 posti auto

 

Bucci: «Piano tecnico, non politico». Omero: «In realtà non sanno decidere»

L’assessore: vogliamo eliminare le vetture dal lungomare entro il nostro mandato

Nuovi spazi pedonali per 50mila metri quadrati. «Cinque volte piazza Unità», dice Maurizio Bucci. È solo una delle comparazioni, tanto care all’assessore all’Urbanistica, utilizzate durante la presentazione ufficiale del nuovo Programma urbano dei parcheggi (Pup). Una mappatura dei posti auto, da realizzare nel sottosuolo, andando ad eliminare le macchine in superficie e obbligando i costruttori a riqualificare anche le aree limitrofe. Perché i 18 contenitori individuati dagli uffici comunali, per complessivi 5310 stalli, dovranno essere costruiti in project financing: «Il Comune mette il sottosuolo, le società private - dice Bucci - costruiscono la struttura con all’interno box e posti a rotazione». Pare di capire, quindi, che l’ente e le società controllate non prenderanno parte a un piano che «se realizzato garantirà un’area di sosta - per dirla con le comparazioni di Bucci - a un’ipotetica fila di 26,5 chilometri di automobili».
Ad ascoltare la presentazione ufficiale, nella sala del Mib all’interno Ferdinandeo, siedono consiglieri circoscrizionali (i primi chiamati a dare nei sette parlamentini un parere) e comunali, ma anche rappresentanti delle categorie e dell’associazionismo. Guardano le slide che illustrano il piano, ascoltano nell’ordine l’assessore Maurizio Bucci, il direttore dell’area Pianificazione, Carlo Tosolini, il mobility manager Giulio Bernetti e il sindaco Roberto Dipiazza.
Alla fine niente dibattito, dopo tutto è un lavoro che prima di soppiantare il vecchio schema dovrà essere approvato dal Consiglio comunale. Il Pup vigente, risalente al ’96, prevedeva 23 impianti (15 realizzati, quello di San Giacomo pronto alla consegna, altri 7 cassati tranne il ripescaggio del sito dell’Università e della Stazione Marittima); quello del futuro prende in considerazione l’analisi della domanda degli utenti, la fattibilità tecnica e la stima dei costi di ogni parcheggio. Verificando nei 18 ambiti di sosta la presenza dei posti su strada (anche per motocicli), in impianto e all’interno di box privati.
Nelle slide proiettate scorrono le immagini di piazza Sant’Antonio, al centro di un project financing su cui la giunta Dipiazza a breve si esprimerà, e quelle delle Rive. «Alla fine di questo mandato vogliamo togliere tutte le automobili sul lungo mare», dice Bucci gongolando davanti a una ricostruzione al computer che contiene anche una nave crociera. È la Trieste del futuro, pensata nell’immaginario dell’assessore con «agli ingressi alcuni segnalatori luminosi, che indicano al turista - dice - le zone e i parcheggi liberi».
Nella sala equamente divisa fra esponenti di maggioranza e opposizione scatta l’applauso per tutti, ma c’è anche chi alla fine dissente aspettando di dare battaglia in aula. Nulla da dire contro il lavoro degli uffici comunali, ma sulle scelte strategiche e il piano economico. Ma cosa si prepara a contestare il centrosinistra? Bisogna partire dalla fine della presentazione, per capirlo. «Le nuove Rive hanno già cambiato il modo di muoversi dei triestini, quando sarà completata la Grande viabilità il cerchio sarà chiuso», dice il primo cittadino. E aggiunge, chiedendo ai cittadini più senso civico: «Ogni anno la polizia municipale emette sanzioni per 5,5 milioni di euro, mentre alcuni parcheggi - spiega - in struttura restano liberi. Bisogna cambiare mentalità, altrimenti...».
Una richiesta del sindaco, accompagnata dalla chiosa di Bucci che precisa come «non c’è nulla di politico in questo piano». Una precisazione che secondo Fabio Omero (Ds) è la dimostrazione che «non c’è una strategia, manca il piano del traffico e le scelte sugli ingressi in città - dice - ma una mappatura di parcheggi in centro, che aumenteranno il traffico, lasciati ai privati senza una priorità». Critico anche Marco Toncelli (Margherita) pronto a domandarsi «chi finanzierà queste strutture indispensabili a dare certezze agli operatori, ma ancora lontane dalla loro realizzazione».

Pietro Comelli

 

 

Cedassamare, nuovo rinvio: «Dobbiamo studiare le carte»

 

Cedassamare, nulla di fatto. Nemmeno l’altra sera il consiglio comunale ha votato la delibera sul piano particolareggiato in base al quale a Barcola, in un’area boschiva di pregio, dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine da affiancare a due già costruite dalla stessa impresa proprietaria del fondo, la Costruzioni Meranesi srl. Il problema per l’aula non è di poco conto: poche settimane fa l’impresa ha inoltrato al Comune una diffida in cui, ricordando i «sì» già ottenuti, chiede al consiglio di pronunciarsi sulla variante, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il «ricorso alla Magistratura competente». Chi dunque votasse no si accollerebbe il rischio di affrontare richieste di risarcimenti milionari, sebbene tutti i consiglieri guardino dichiaratamente con scarso favore al progetto.
Già nella seduta del 25 giugno la Cdl aveva deciso di chiedere agli uffici un parere scritto su una nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in replica alle controdeduzioni a un precedente documento degli ambientalisti. Secondo Italia Nostra e Wwf la documentazione sarebbe carente sulla valutazione di incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche della valutazione ambientale strategica. Ma il controparere è arrivato l’altra sera a seduta in corso, ed è stato distribuito in forma ufficiosa in quanto non protocollato. A quel punto si è deciso di prendere tempo per «studiare le carte», sintetizza il forzista Piero Camber; anche se c’è chi - come il diessino Fabio Omero - sottolinea la singolarità del ritardo nell’arrivo della documentazione. In ogni caso, se ne discuterà nella prossima seduta. La «controdeduzione» comunque sostanzialmente respinge le osservazioni degli ambientalisti, ribadendo la correttezza dell’iter fin qui compiuto.
Da registrare intanto l’emendamento che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza ha presentato lunedì, e che elenca una serie di «indirizzi per la progettazione esecutiva» delle villette, «dando atto che gli stessi sono stati accettati dalla proprietà»: le costruzioni «dovranno integrarsi e mimetizzarsi quanto più possibile nell’ambiente circostante» salvaguardando l’ambiente di pregio. Tutte prescrizioni «comunque mirate a cercare di migliorare la qualità dell’intervento», commenta Camber. Omero e il consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano Edera si sono opposti lunedì all’ulteriore rinvio della decisione: «E l’ho fatto mettere a verbale - commenta il diessino - perché non escludo che l’impresa possa procedere con la diffida, giacché i termini fissati sono scaduti».

 

 

S. Dorligo, polemica sulla raccolta differenziata - Convocato un consiglio comunale straordinario a due giorni dall’inizio del servizio porta a porta

 

Sarà affrontata in consiglio comunale a San Dorligo la tematica della raccolta differenziata porta a porta, che ha preso avvio lunedì. A proporlo, i consiglieri di opposizione con una specifica mozione e una richiesta di seduta straordinaria. Nei primi due giorni della raccolta porta a porta, al Comune sono giunte una trentina di telefonate con richieste di informazioni. In questi giorni, comunque, si sta ancora provvedendo alla consegna dei bidoncini a chi ne fosse sprovvisto. Per il Comune, il primo bilancio è positivo. Ma non tutti sono d’accordo. «Siamo caduti nel ridicolo», sbotta il consigliere di opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni). «Il 2 luglio non è partita la raccolta differenziata, ma solo la seconda fase della consegna dei bidoncini. Questo metodo si dimostra sempre più casereccio. Questa giunta è fatta di “pataccari”, come quelli del film di Alberto Sordi». Gombac annuncia che l’argomento sarà affrontato con una mozione (in termini negativi e di critica) in una prossima riunione del consiglio comunale, richiesta proprio dalle opposizioni per affrontare vari temi, tra cui, appunto, la raccolta porta a porta. Oggi anche Silvana Mondo, ex consigliere, e iscritta alla lista civica Uniti nelle tradizioni, si lamenta: «Non solo come esponente politico, ma anche come cittadina posso dire che questo sistema è vergognoso. È una presa in giro: non avevano detto di aver fornito tutto il materiale? Solo ora stanno completando la consegna dei bidoncini, che molti non sanno dove mettere. Inoltre non ci è stato fornito il calendario della raccolta, e non sappiamo bene le zone in cui è stato diviso il territorio. Ci sono molte proteste in giro. Spero che Sant’Ulderico, patrono di San Dorligo, illumini questa amministrazione – scherza Mondo -, affinché sia rispettosa di chi li ha votati e di chi, come me, non li ha votati». E proprio per la festa di Sant’Ulderico, oggi gli uffici comunali resteranno chiusi. La raccolta dei rifiuti differenziati, affidata agli addetti del Comune, quindi sarà sospesa. Avverrà regolarmente invece quella dei rifiuti non riciclabili, affidata ad una ditta esterna.
s.re.

 

  

Corridoio 5, Italia e Slovenia trovano l’intesa  - ALTA VELOCITÀ Superato il nodo delle tratte da Trieste e Capodistria per Divaccia.

 

Entro il 23 luglio Di Pietro e Bozic presenteranno a Bruxelles la richiesta di 42 milioni per la progettazione

 Il tracciato esaminato dall’assessore Sonego e dal sottosegretario Budin

TRIESTE Italia e Slovenia hanno trovato un accordo sul punto di contatto fra la tratta Trieste-Divaccia e quella Capodistria-Divaccia del Corridoio 5. Il superamento di questo nodo consente ora ai due ministri dei trasporti, Di Pietro e Bozic, di firmare e presentare a Bruxelles, entro il 23 luglio, la richiesta congiunta di finanziamento, pari a 42 milioni di euro, per la progettazione della tratta ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia.
Sempre entro il giorno 23, il ministro Di Pietro chiederà anche che l’Ue affianchi l’Italia nella progettazione definitiva della tratta Ronchi Sud-Trieste, erogando la metà dell’importo necessario (il costo complessivo ammonta a 44 milioni di euro)..
Lo stato dell’arte sullo sviluppo del Corridoio 5 nella parte orientale del Friuli Venezia Giulia è stato fatto ieri, nel corso di un incontro fra il sottosegretario al Commercio estero Milos Budin e l’assessore regionale ai Trasporti Lodovico Sonego.
Lunedì prossimo Budin sarà infatti a Lubiana, dove con i ministri sloveni agli Esteri e all’Economia discuterà diversi temi della cooperazione economica e commerciale italo-slovena. Un’occasione preziosa per portare avanti il discorso, ormai a buon punto, relativo alla tratta regionale (Ronchi Sud-Trieste) e a quella transfrontaliera (Trieste-Divaccia) del Corridoio 5.
«A Lubiana – ha dichiarato Budin – mi attendo una conferma di quanto esaminato con l’assessore Sonego. Il punto importante è che per il tratto transfrontaliero si è individuata una soluzione che soddisfa i due Paesi. Dal punto di vista della sostenibilità ambientale – ha aggiunto – il progetto mi pare molto buono».
Nella fase attuale non si affronta problema di eventuali cavità carsiche che si potrebbero incontrare durante lo scavo delle gallerie. «Al momento giusto – rileva Budin – si studierà la questione con un’analisi attenta. L’impegno è nel fare le cose nella maniera più accorta possibile».
Il punto dell’intesa fra Italia e Slovenia viene sottolineato anche dall’assessore Sonego: «Il fatto nuovo è che i rapporti fra Italia e Slovenia hanno consentito di definire il punto di contatto fra le tratte Trieste-Divaccia e Capodistria-Divaccia, situato in territorio sloveno. All’inizio la Slovenia considerava tuttaltro che prioritario il collegamento transfrontaliero con l’Italia, preferendo anteporre quello fra il porto di Capodistria e il nodo di Divaccia».
Altro fatto importante è che la Val Rosandra non viene interessata dal tracciato del Corridoio. Un percorso ad «esse», passando sotto la località di San Lorenzo, attraversa il confine, per rientrare in Italia per un breve tratto prima di svilupparsi sino a Divaccia.
Il tracciato delle due tratte, che Sonego ha illustrato a Budin, è praticamente quello definitivo e si svolge quasi interamente in galleria. «Italia e Slovenia – ha precissato l’assessore – hanno mostrato pieno accordo sull’importanza di realizzare opere che abbiano il minor impatto ambientale possibile».
In merito alla Ronchi Sud-Trieste, Budin ha ricordato che il governo ha inserito l’opera tra quelle di interesse prioritario, destinando 1,9 miliardi di euro per la sua reliazzazione con un provvedimento inserito nel documento di programmazione finanziaria 2008.
Quanto al percorso, anche questa tratta, come detto, si sviluppa in galleria. Due soli i punti in cui affiora in superficie: una dolina nei pressi di Aurisina (per un tratto di 150 metri) e l’altro poco prima del Lisert, nell’area di Pietrarossa.
Il progetto ha poi risolto, spostando il tracciato a valle, il problema del passaggio nelle zone di Iamiano e dei laghetti delle Mucille. E dopo il Lisert, in direzione di Trieste, il tracciato della galleria ferroviaria correrà sotto l’autostrada.
Il tratto ancora da definire nei dettagli è quello che attraversa il Monfalconese. «Stiamo rinegoziando in termini migiorativi l’accordo del 2004», ha precisato Sonego, aggiungendo che il progetto che Rete ferroviaria italiana (Rfi) si accinge a presentare alla commissione governativa, per l’approvazione definitiva, tiene conto di tutte le indicazioni giunte dal territorio, fra cui il prefezionamento della tratta nell’area Ronchi-Fogliano. «Nell’accordo 2004 con i sindaci – ha ricordato l’assessore – abbiamo ipotizzato una soluzione interrata che passa sotto l’aeroporto e arriva alla stazione di Redipuglia».

Giuseppe Palladini

 

  

Grandi opere, Intesa rinvia il confronto - I Verdi: siamo delusi. Riforma del tpl in aula il 24 nonostante le proteste sindacali

 

La relazione dell’assessore ai Trasporti monopolizza il summit: «Infrastrutture, partecipazione garantita». Nuovo incontro entro il mese

TRIESTE Si era creata una grande attesa per il vertice di maggioranza convocato dal governatore Riccardo Illy sulla Tav. Soprattutto da parte della sinistra radicale.
Ma il summit tenutosi a Trieste si è concluso con un nulla di fatto. O meglio, la gran parte delle due ore dedicate alla discussione sono state monopolizzate da una relazione tecnica dettagliata presentata dall’assessore ai Trasporti e alle Infrastrutture Lodovico Sonego.
Non c’è stato insomma tempo per la discussione anche se la maggioranza si è ridata appuntamento a breve per un nuovo vertice tecnico al quale seguirà uno politico.
Entrambi gli appuntamenti saranno fissati entro fine mese. Delusi i Verdi, attendono il nuovo confronto quelli di Rifondazione, perplessi i Comunisti italiani.
La maggioranza inoltre ha concordato che, nonostante le proteste dei sindacati e la proclamazione degli scioperi di tranvieri e autoferrotramvieri, il disegno di legge sul trasporto pubblico locale approderà in Aula il 24 luglio al posto della legge sul friulano.
«C’è stato un monologo che francamente non ci aspettavamo - dice il verde Gianni Pizzati - c’è poco da dire oltre a registrare da parte nostra una certa delusione».
Su un argomento così delicato come quello delle infrastrutture, che sarà un elemento chiave anche per tenere insieme la coalizione sul programma che porterà Intesa alle regionali del 2008, i Comunisti italiani si aspettavano una discussione che non c’è stata.
«Sonego ha parlato della Tav, dell’autostrada pedemontana, degli elettrodotti ma molte questioni non sono ancora chiare - osserva Stojan Spetic - penso ad esempio ai rapporti con la Slovenia. L’unica buona notizia è che si sia conventuti sulla necessità di ritrovarci al breve per altre due riunioni di maggioranza». «Il primo round è stato soltanto illustrativo - commenta il capogruppo di Rifondazione Comunista Igor Kocijancic -. Ci sono tanti aspetti politici aperti che approfondiremo nella seconda tappa che ci sarà entro il 20 luglio».
Ma l’assessore Lodovico Sonego tranquillizza tutti sulla volontà della maggioranza di condividere le scelte sul tema infrastrutture. «È stata una riunione molto dettagliata e approfondita - spiega Sonego - che ci ha consentito di mettere in luce il grande impegno della Regione per organizzare la politica infrastrutturale in un quadro partecipato e di consenso. Ulteriori approfondimenti, anche di carattere tecnico saranno fatti nei prossimi giorni con lo scopo di individuare i problemi aperti anche nel dettaglio».
Soddisfatto è anche il segretario diessino Bruno Zvech: «il nodo infrastrutture non è in discussione. Le imprese della nostra regione, nella quale l’export è in costante crescita, hanno dimostrato, al di là della congiuntura economica internazionale favorevole, grandi capacità di riorganizzazione. Ora la politica deve continuare a sostenerle».
«Nella prossima riunione - commenta il capogruppo della Margherita Cristiano Degano - analizzeremo le opere nel dettaglio con i progetti alla mano. Mi sembra tuttavia che la relazione di Sonego sia stata esaustiva. Comunque tutta Intesa avrà modo di confrontarsi non solo nella prossima riunione tencica ma soprattutto nel vertice politico che si terrà netro la fine del mese».
ci.es.

 

 

Spunta l’ipotesi di un elettrodotto dalla Slovenia a Redipuglia

 

TRIESTE Nel vertice di maggioranza l’assessore Lodovio Sonego ha illustrato anche alcuni dettagli tecnici sulle opere previste per lo sviluppo economico del Friuli Venzia Giulia. In particolare sugli elettrodotti l’assessore ha informato i colleghi di maggioranza che esiste un’ipotesi di creare un collegamento per la rete elettrica interrata con la Slovenia sfruttando il cunicolo che sarà scavato nei pressi di Redipuglia per il tratto della Tav Ronchi Sud-Divaccia. Lo stesso Sonego ha poi comunicato che sarà difficile poter realizzare la costruzione di un elettrodotto dall’Austria in quanto le autorità d’oltralpe non intendono concedere le autorizzazioni per motivi di sicurezza. È stato ribadito infine l’impegno del ministro Di Pietro che firmerà, entro il limite ultimativo del 20 luglio, la richiesta all’Ue per il finanziamento della progettazione delle tratte della Tav Trieste-Divaccia.
Per quanto riguarda il tema della Tav/Tac al termine del vertice Paolo Bassi, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, ha sottolineato come «il ministro Di Pietro si sia impegnato a partecipare al bando dell’Unione Europea, sia per la tratta Trieste - Divaccia assieme al collega sloveno (40 milioni il finanziamento complessivo, di cui 20 di competenza italiana), che per la tratta Ronchi – Trieste (40 milioni)».

 

 

 

Metano a Fiume: gestori friulani  - L’erogazione del gas estratto al largo di Pola inizierà in città entro l’anno. Tempi più lunghi per le isole

 

Amga di Udine e Finest di Pordenone soci della locale municipalizzata

FIUME Due società del Friuli Venezia Giulia, la Amga Spa di Udine e la Finest Spa di Pordenone, in prima fila per consentire entro la fine dell’anno la presenza del metano nelle case degli utenti del gas a Fiume. Le due realtà economiche italiane risultano infatti, nell’ambito dell’operazione, la prima uno dei principali azionisti e la seconda uno dei partner più rilevanti dell’azienda municipalizzata Energo che, nel caso specifico, si occuperà dell’erogazione del metano.
Se non ci saranno dunque intoppi burocratici (e, per ora, non compaiono all’orizzonte) e se non si verificheranno sgambetti o speculazioni di indole politica (fenomeni da non escludersi in vista delle elezioni di novembre), entro il 2007 i fiumani dovrebbero poter contare finalmente sul tanto atteso gas. E, precisamente, su quello estratto dai giacimenti al largo della costa istriana che approderebbe nell’area urbana del capoluogo quarnerino con una diramazione del nuovo metanodotto Pola-Karlovac, inaugurato in primavera.
In città la rete distributiva – con la quale attualmente viene erogato il gas cosiddetto «miscelato», ossia prodotto con una forte componente di petrolio – è già stata rinnovata. Oppure lo sarà tra breve e, perciò, la conversione a metano non costituirà un problema.
A erogare il metano, come già avviene con il gas attualmente fruibile, sarà dunque la Energo. Uno dei suoi maggiori azionisti è l’udinese Amga (grazie ai capitali investiti circa quattro anni fa) ma quote rilevanti, oltre alla municipalità, appartengono anche alla tedesca Thuga (di Monaco) e alla Finest.
La Energo, con i suoi partner stranieri, sarà molto probabilmente anche l’azienda di riferimento per la metanizzazione dell’intera regione quarnerina per la quale, tuttavia, la decisione definitiva spetta all’amministrazione conteale. E questa recentemente ha già stabilito di sollecitare dalla Energo la presentazione di un’offerta (entro il primo settembre) per l’ottenimento di una concessione ventennale per la distribuzione del gas naturale su tutto il territorio della regione Litoraneo-montana, suddiviso in tre settori.
Il primo è appunto costituito dall’area urbana di Fiume dove la nuova rete distributiva è già in gran parte completata. Il secondo settore è invece quello della restante zona costiera, inclusa l’isola di Veglia (Krk). Il terzo, infine, è costituito dall’area montana del Gorski kotar e delle altre isole: Cherso (Cres), Lussino (Losinj) e Arbe (Rab).
Si tratta di aree in cui la rete distributiva è ancora tutta da realizzare. Solo in caso di rifiuto da parte della Energo (assolutamente improbabile) si andrebbe «alle buste», ossia a una gara pubblica. Se tutto dovesse procedere come previsto, nel prossimo ventennio la Energo e i suoi partner sarebbero chiamati a progettare e realizzare o gestire nel territorio della Contea litoraneo-montana una rete distributiva del gas di complessivi 1.200 chilometri inclusi quelli già realizzati a Fiume.
L’investimento sarebbe pari a circa 118 milioni euro. I «tentacoli» della rete – inclusa una condotta sottomarina di 6 chilometri tra la terraferma e Veglia – arriverebbero in tutti i principali centri della regione.
Ancora tutto da sciogliere, invece, il nodo relativo alla conversione a gas della termocentrale a gasolio e della raffineria di Urinj, in prossimità di Buccari. Risolta la faccenda delle concessioni, i lavori alla nuova rete distributiva dovrebbero procedere con l’installazione di 40-45 chilometri di condutture all’anno.
f.r.

 

 

La giunta quarnerina: «L’Ina chiuda subito la raffineria»

 

FIUME Aut aut della giunta cittadina di Fiume alla Società petrolifera croata Ina: entro il 2010 va smantellata e trasferita la raffineria presente a Mlaka, che da ormai tanti, troppi decenni sta inquinando l’aria rendendo molto difficile la vita agli abitanti di diversi rioni occidentali del capoluogo quarnerino. Ieri si è riunito l’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel, prendendo in esame gli esiti dei monitoraggi sulla qualità dell’aria nella zona di Mlaka e immediati dintorni.
I risultati sono pessimi e confermano i gravi danni connessi con l’attività della raffineria fiumana. Sia nel 2006 ma soprattutto nel 2007, l’inquinamento atmosferico è passato dalla categoria II (inquinamento atmosferico moderato) alla categoria III (aria inquinata). Si sono rivelati dunque inutili tutti gli sforzi sostenuti dalla municipalità negli ultimi 10 anni, una battaglia con l’Ina che ora è destinata a entrare nella sua fase più calda. «La situazione si va facendo insostenibile – ha dichiarato il sindaco Obersnel – e da parte nostra abbiamo deciso di reagire con fermezza. Entro tre anni e mezzo la raffineria di Mlaka deve chiudere i battenti in quanto non possiamo permettere che i nostri concittadini continuino a essere ”appestati” senza che nessuno ne risponda. Nei prossimi giorni invieremo al governo la richiesta per lo smantellamento degli impianti, con termine ultimo fissato nel 2010. Fino allora metteremo in moto i meccanismi di tutela in nostro possesso e vogliamo proprio vedere se all’Ina continueranno a fare orecchie da mercante».
I risultati delle analisi indicano che a inquinare l’aria sono soprattutto l’anidride solforosa e l’acido solfidrico, con valori che superano di gran lunga i limiti tollerati. «Sì, è giunto il momento di andare avanti senza badare agli ostacoli che troveremo sul nostro cammino – ha proseguito il primo cittadino –; adotteremo tutte le misure necessarie per impedire che le emissioni mefitiche rovinino la qualità della vita ai fiumani. La raffineria a Mlaka dovrà assolutamente usare il gas quale unico carburante, mentre in caso di reiterato inquinamento le autorità cittadine avranno l’obbligo di chiedere l’arresto degli impianti. Questo fino al 2010, dopo di che i nuvoloni che ammorbano l’aria a Mlaka, Torretta, Podmurvize, San Nicolò e in altri rioni dovranno diventare un lontano e sgradito ricordo». Va sottolineato che proprio un paio di settimane fa dalla direzione dell’Ina a Zagabria era giunta la conferma che lo smantellamento della raffineria fiumana non è considerato un obiettivo primario della compagnia petrolifera. Come dire che per i prossimi 10 – 15 anni non se ne parla nemmeno. Una presa di posizione ritenuta inaccettabile da cittadinanza e autorità municipali, mentre per il momento il governo si presenta defilato su questo scottante tema.
a.m.

 

 

Cosa fare della Ferriera

 

Seguendo i dibattiti sulla Ferriera ritengo che la democrazia sia ormai del tutto morta, come pure il senso civico e il rispetto se non l’amore per il prossimo. Le istituzioni pubbliche si palleggiano le responsabilità: la procura attua dei sequestri senza bloccare nulla, l’Azienda servizi sanitari e l’Arpa sono mute, il Comune non attua quanto è obbligato per legge e la Regione – grazie anche a colui che ha salvato la Ferriera e ci ha regalato la centrale di cogenerazione che avrebbe dovuto eliminare polveri e fumi – se può, aiuta un’industria ormai straniera e non si interessa dei propri cittadini. Nel contempo leggiamo che i dati relativi all’inquinamento sono spaventosi, che Trieste ha il maggior numero di abitanti con malattie polmonari, che nelle case di Servola ci sono già state morti per leucemia e attualmente ci sono bambini con la stessa malattia.
Si ricattano gli abitanti con il problema dei 500 posti di lavoro, anche se – secondo quanto dice il sig. Fogar nelle assemblee pubbliche – la chiusura per problemi ambientali garantirebbe per legge lo stipendio ai lavoratori. Si discute sui problemi occupazionali quando poi si legge che nella Regione ci sono stati 16.000 nuovi posti di lavoro, che c’è carenza di manodopera e bisogna assumere gli extracomunitari. Si legge che vengono stanziati 270 miliardi per la piattaforma logistica (di cui 80 già disponibili) e che si finanzierà il Parco del Mare, ma non ci sono i milioni (non miliardi) per far chiudere un’industria che ormai non vorrebbero nemmeno i Paesi più sottosviluppati del mondo. Sentiamo sempre dal sig. Fogar che l’inquinamento interessa tutta la città, ma i triestini presenti in piazza sono poche centinaia, mentre in Campania i cittadini occupano autostrade per discariche che ancora non esistono e in Friuli scendono in piazza anche i sindaci per opporsi alla costruzione di un cementificio, e noi ne abbiamo uno vicino alla Ferriera. Non so se i politici e le istituzioni si ravvederanno, ma l’esempio di altre città dimostra che se c’è una coscienza collettiva si possono certamente ottenere dei risultati. Se non tutta la città è sensibile a questi problemi, almeno quelle centinaia di famiglie che hanno dei figli nelle scuole e negli asili di via Svevo con i dati spaventosi delle centraline dovrebbero pretendere che le istituzioni intervengano e facciano il loro dovere.
Fabio Martini

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 3 luglio 2007

 

 

Ferriera, firme contro il Comune - Un corteo di circa 200 persone residenti a Servola in piazza Unità

 

Un esposto contro il Comune, perché «inattivo nei confronti dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera». Lo presenteranno i cittadini che ieri sera si sono radunati sotto il Municipio, per protestare contro l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco, Roberto Dipiazza.
Il gruppo in precedenza, si era radunati in Campo Marzio, dando vita a un mini-comizio e paralizzando il traffico sulla direttrice Campi Elisi-Rive, che ha costretto i vigili urbani a un superlavoro.
Successivamente è partito il corteo che ha raggiunto piazza dell’Unità d’Italia, dov’era in corso la seduta del consiglio comunale.
A dare corpo alla manifestazione i componenti del Comitato «Servola respira» e i rappresentanti dei Comitati di quartiere. Complessivamente circa 200 persone, che si sono dette «esasperate» dall’atteggiamento del Comune e pronte a ricorrere all’Autorità giudiziaria pur di ottenere ragione.
Nelle ultime settimane la tensione è salita molto nel rione di Servola, perché i cittadini non si sentono tutelati dal Comune. La manifestazione di piazza dell’Unità d’Italia è stata pacifica e la presenza delle forze dell’ordine è servita soprattutto a fungere da deterrente.
Nel corso della seduta del consiglio si è deciso fra l’altro di rinviare la discussione sul cantiere di Cedassamare, per mancanza di documenti.

 

 

«Il sindaco non può fermare la Ferriera»
 
Da circa due settimane leggo doverosamente, un po’ sorpreso, autorevoli interventi sul problema della Ferriera. Come ex assessore all’Ambiente del Comune di Triese, seppur non particolarmente autorevole, credo di conoscere discretamene la situazione, di conseguenza rimango appunto sorpreso, per non dire altro, quando vedo che solo nell’avvicinarsi di una scadenza elettorale c’è una ripresa collettiva delle esternazioni caratterizzate tra l’altro da uno «scaricabarile» e da una incompetenza veramente poco dignitosi. Nel corso del mio mandato, a parte le visite mediche inutilmente richieste e il mistero mai risolto dell’introvabile registro tumori, credo di aver ottenuto dati, grazie alla collaborazione con il mondo scientifico, che la maggior parte della cittadinanza non conosceva. I livelli delle diossine, delle polveri sottili, del benzopirene riscontrati per merito dell’elevata professionalità del Cigra di Trieste avrebbero, a mio parere, già dovuto costringere la Regione, all’epoca competente in materia, a bloccare l’attività dello stabilimento. Oggi queste competenze, per chiarezza sono state delegate alla Provincia. La Regione, invece, ha pensato bene di inventare, furbescamente, inutili tavoli istituzionali con l’unico scopo di evitare l’assunzione di quelle responsabilità che la Legge invece delegava a questo Ente. È ridicolo solo ipotizzare la concessione allo stabilimento dell’autorizzazione integrata ambientale. È altrettanto ridicolo o disonesto intellettualmente indicare nel sindaco l’autorità preposta a bloccare l’attività della Ferriera per motivi di salute pubblica. Il primo cittadino, non essendo un medico e non avendo il Comune di Trieste nel proprio organico tali professionalità, può, anzi deve farlo, solo nel caso la locale autorità sanitaria dovesse finalmente formalizzare con atto ufficiale il grave rischio per la salute dei lavoratori e dei residenti. Non capisco, forse perché neppure io sono un medico, come sino a oggi tale Ente non lo abbia ancora fatto nonostante sia in possesso di tutta la documentazione prodotta dall’Università di Trieste e dagli altri Enti incaricati. Non capisco nemmeno come un’altra azienda sanitaria della nostra Regione, per problematiche presunte e non ancora accertate, abbia invece espresso un parere sostanzialmente negativo sull’attività di un cementificio.
Forse c’è qualcosa che non quadra. Forse qualcuno teme siano poi chiesti indennizzi alla proprietà dello stabilimento? In tutto questo contesto, per fortuna, esistono a Trieste magistrati competenti e con grade senso di responsabilità. Quel senso di responsabilità e quella collaborazione che, a mio parere, mancano invece a certe istituzioni, sia a livello politico sia a quello dirigenziale. I cittadini per fortuna credo l’abbiano capito e fanno bene ad arrangiarsi da soli. Il risultato finale sarà esclusivamente merito loro.
Maurizio Ferrara - capogruppo consiliare Lista civica Dipiazza
 

 

San Dorligo: raccolta differenziata al via senza intoppi - Attività monitorate dal Comune

 

Esordio senza particolari intoppi, ieri, per la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta nel comune di San Dorligo. Le prime visite degli operatori ai residenti sono state monitorate da vicino dal Comune.
«Abbiamo ricevuto una quindicina di telefonate e cinque persone sono venute direttamente in municipio - sottolinea il sindaco Fulvia Premolin - ma solo per chiedere informazioni più dettagliate. Non c’è stata nessuna protesta. Per ora pare sia filato tutto liscio». I timori della vigilia, in effetti, c’erano. Almeno per la novità apportata nelle abitudini di tutti.
Ieri mattina gli addetti hanno cominciato presto il loro giro, seguiti da vicino dall’assessore Igor Tul: «In certi casi sono stati forniti ulteriori bidoncini, a chi ancora non li aveva ricevuti. E già si sono viste molte persone recarsi nel centro di raccolta dei rifiuti riciclabili».
Insomma, una prima risposta positiva. Anche se alcune persone si sono dichiarate non ancora a perfetta conoscenza del metodo di raccolta, nonostante il Comune abbia fatto una serie di incontri pubblici nelle frazioni nelle ultime due settimane.
La raccolta differenziata segue un dettagliato calendario, affinché i rifiuti riciclabili siano prelevati ogni due settimane e quelli non riciclabili due volte la settimana, a seconda delle zone. Oggi la raccolta dei non differenziati riguarderà Bagnoli e Bagnoli superiore, Domio, Lacotisce, Francovez e Aquilinia. I rifiuti riciclabili saranno asportati invece a San Giuseppe e a Log.
Domani rifiuti differenziati a Prebenico, Caresana, Crociata e Monte d’Oro. E non differenziati a San Giuseppe, Log, Puglie, Sant’Antonio, Moccò, Grozzana, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo. La raccolta indifferenziata riprenderà il ciclo, fino a sabato, sempre con la stessa cadenza.
s.re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 2 luglio 2007

 

  

Rifiuti da Monfalcone a Duino e sulla Costiera  - La differenziata nell’Isontino porta molti residenti a «deviare» i sacchetti

 

Allo scattare del nuovo metodo è corrisposto un aumento della «pressione» lungo la strada che porta a Trieste

Bottino delle immondizie cercasi. Possibilmente lungo la statale per Trieste, con uno slargo per accostare «al volo». È questa la ricerca a cui un buon gruppo di monfalconesi che lavorano a Trieste, e ogni giorno si recano nel capoluogo giuliano di prima mattina, si è dedicato nelle ultime settimane, da quando, in particolare, a Monfalcone è scattata la raccolta differenziata dei rifiuti, alla quale corrisponde, da qualche giorno, un aumento della «pressione» nel settore immondizie lungo la strada che porta a Trieste e a Duino. Lo hanno notato numerosi residenti, anche se la correlazione con l'avvio del discusso porta a porta isontino non ha ancora un riscontro numerico.
Certo è che capita sempre più spesso vedere automobili accostate e bagagliaio aperto, al mattino, a vuotare l'immondizia la dove ancora non è obbligatorio dividere e selezionare i tipi di rifiuti. Dall'avvio della raccolta differenziata a Monfalcone i bottini delle immondizie lungo la statale tra Duino e la Costiera risultano più pieni: potrebbe dipendere dalla pressione del turismo, ma si tratta di una discontinuità con il passato, e per quanto a Monfalcone siano presenti ancora i normali bottini delle immondizie accanto alla raccolta differenziata, c'è chi già si allena. È soprattutto il caso dell'«umido» nel giorno in cui non viene ritirato a indurre i monfalconesi che si dirigono a Trieste a sostare di fronte ai bottini lungo la statale, una decina dei quali, in particolare, è strategicamente posizionata in slarghi e zone dove è semplice accostare.
Non si tratta di un fenomeno nuovo, anzi, si tratta di un fenomeno che la stessa Monfalcone ha subito quando il sistema di raccolta differenziata è entrato in uso nei paesi del mandamento confinanti, come Ronchi dei Legionari e Staranzano: ora che anche Monfalcone si è adeguata, il confine delle immondizie indistinte si sposta più a Est, ovvero verso Duino Aurisina, dove per altro di differenziata tout court non si parla ancora.
Negli ultimi due anni, accanto a un aumento della Tarsu, infatti, il comune ha previsto un potenziamento della versione soft della raccolta differenziata, ovvero della versione che prevede la sola distinzione di carta e plastica da un lato e vetro dall'altro, con il rifiuto umido mescolato con il secco residuo.
Negli ultimi mesi, tuttavia, è stata potenziata (con 16 nuove benne sul territorio) la raccolta del residuo di giardinaggio, e una lettera inviata a tutti i cittadini invitava l'avvio della raccolta autonoma dell'umido in casse di compostaggio da porre nel proprio giardino: si sta studiando, infatti, un sistema di sconti alla Tarsu per coloro che in maniera autonoma reciclano l'umido creando il proprio concime. Ma per il momento i cassonetti restano al loro posto, anche a vantaggio dei monfalconesi diretti a Trieste con le immondizie nel bagagliaio.
f.c.

 

 

S. Dorligo, via al porta a porta - Si comincia oggi la raccolta da Dolina, Prebenico e Caresana

 

Partirà oggi dagli abitanti di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Dolina, Crogole, Mattonaia e la zona industriale per i rifiuti non riciclabili e dai residenti a Francovez e Aquilinia per ciò che è differenziato, la raccolta porta a porta dei rifiuti. Un progetto pilota, unico in provincia, che segue di un paio d’anni l’adozione, nel Comune, della tariffa al posto della tassa sui rifiuti, come del resto richiesto dal decreto Ronchi, il quale tra gli obiettivi ha l’aumento della quantità di rifiuti riciclabili.
Attualmente, da San Dorligo vanno all’inceneritore quasi 2500 tonnellate di rifiuti non riciclabili all’anno. Una media di 150 tonnellate ogni mese. Da oggi, la raccolta avverrà in giornate prestabilite, a seconda delle zone del comune (come riportato nella tabella a parte). I rifiuti non differenziati saranno raccolti due volte la settimana. Quelli diversificati (carta, vetro, plastica e lattine, in particolare) ogni due settimane.

s.re.

 

  

Cedassamare, ultimo appello - Torna in Consiglio comunale oggi la delibera sulle case di Barcola

 

La vicenda Cedassamare torna stasera in Consiglio comunale per quella che dovrebbe essere la volta buona, dopo anni di rinvii e di polemiche. Si tratta della delibera valida per l’approvazione definitiva di una variante al piano particolareggiato comunale: variante che in salita di Cedassamare, a Barcola, prevede la costruzione di cinque villette in un’area boschiva di pregio, destinate ad aggiungersi alle due già realizzate dall’impresa proprietaria dei fondi, la Costruzioni Meranesi srl.
La delibera era all’ordine del giorno lunedì scorso - nella seduta che poi ha visto esplodere il caso Burlo di cui riferiamo a lato - ma la maggioranza ha deciso di chiedere all’avvocatura del Comune un parere scritto su una nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in replica alle controdeduzioni che a un precedente documento degli ambientalisti gli uffici comunali avevano prodotto. Secondo Italia Nostra e Wwf - da sempre contrari al progetto - la documentazione sarebbe carente sulla valutazione di incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche della valutazione ambientale strategica. Di qui la volontà di conoscere il parere dei legali prima di esprimersi in aula.
La cautela della Cdl - mentre Ds e Dl avevano già annunciato un orientamento contrario - è presto spiegata. Qualche settimana fa l’impresa ha inoltrato al Comune una diffida in cui ricorda come l’iter amministrativo sia sin qui proseguito ottenendo vari pareri positivi. Di qui la richiesta di pronunciamento sulla variante, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il «ricorso alla Magistratura competente». Chi dunque votasse no oggi si accollerebbe il rischio di affrontare richieste di risarcimenti milionari. Ma un sì equivale al via libera a un progetto verso il quale un po’ tutti i consiglieri si dichiarano scettici. Già dopo una prima bocciatura da parte del consiglio comunale, e dopo un annuncio di azione legale dell’impresa, la variante era stata adottata con due soli voti a favore.

 

 

ISTRIA - Piano metano, spunta il canal d’Arsa - Nello studio sul rigassificatore nel Quarnero decadono Fianona e Buccari

 

FIUME Tre i siti candidati ad ospitare il futuro rigassificatore croato. Si tratta di Castelmuschio (Omisalj) e dell’ insenatura Blatno, nell’ isola di Veglia, e del Canal d’Arsa, sulla costa orientale istriana. È quanto contenuto nello studio formulato dall’azienda specializzata zagabrese Ekonerg e commissionato dall’esecutivo statale, documento che la settimana prossima verrà ufficialmente alla luce con la consegna alla competente commissione governativa. I responsabili del progetto, interpellati dalla stampa, non hanno voluto scendere nei particolari, ma hanno confermato che le aree papabili sono tre e che nel novero non rientra il Canale di Fianona (Istria orientale). Si tratta del sito maggiormente gettonato dalle autorità istriane e dallo stesso premier croato Ivo Sanader. Nello studio tale località viene bocciata in quanto il canale di Fianona, ovvero le sue acque, non potrebbe accogliere navi metaniere di grandi dimensione.
Fari puntati dunque su due zone vegliote e sul Canal d’Arsa, più precisamente l’area che va da Valmazzinghi (Koromacno) a Vallelunga (Duga Uvala). Quest’ultima località offrirebbe le migliori caratteristiche geologiche, importantissime quando si deve costruire un impianto di questo genere. Castelmuschio e Blatno vantano invece infrastrutture già esistenti (oleodotto, industria petrolchimica, porto petroli) che consentirebbero minori spese nell’approntamento del terminal Lng. E’ invece stata bocciata l’ipotesi che il rigassificatore sorga nella baia di Buccari, già messa a dura prova per decenni dalla cokeria, chiusa nel 1994. Considerato che nessuno dei responsabili dello studio ha voluto sbilanciarsi, da fonti ufficiose si è venuto ad apprendere che alla Ekonerg sarebbero propensi a dare i voti più alti a Castelmuschio, ovvero alla zona che comprende lo stabilimento petrolchimico. Sarà comunque la commissione governativa per il terminal metanifero ad esprimersi in merito, valutazione che avrà un enorme peso nella prosecuzione dell’ iter che dovrebbe portare alla costruzione dell’ impianto. Comunque sia, l’opinione pubblica attende con malcelata impazienza una decisione in merito, cioè che venga fissata l’area del rigassificatore. All’inizio l’idea di un terminal Lng nell’Adriatico settentrionale venne accolta da bordate di polemiche e da una forte opposizione, espressa soprattutto da popolazione, partiti politici e organizzazioni ambientaliste. Ora la situazione sta mutando, specie dopo che gli esperti hanno comunicato un dato molto adescatene: il rigassificatore contribuirà ad aprire ben 10 mila posti di lavoro, argomento a cui in Croazia non riesce a resistere nessuno.
a.m.

 

 

 

 

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