RASSEGNA STAMPA luglio -
dicembre 2007
IL PICCOLO -
LUNEDI', 31 dicembre 2007
Un 2007 di cattive maniere
sulle nostre strade |
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C'è ancora qualche ora di tempo
per realizzare entro l'anno i buoni propositi che ci eravamo prefissi giusto
un anno fa e che non siamo riusciti a portare a termine.
Per esempio, di essere buoni e bravi alla guida dei nostri veicoli. Non
siamo stati molto bravi perché sembra che gli incidenti siano diminuiti di
pochissimo (dico sembra perché le statistiche non sono ancora pronte), in
uno scenario globale che ci impegna a dimezzare gli incidenti entro il 2010
(dal 2000).
Non siamo stati buoni perché le scorrettezze in strada sono ancora
all'ordine del giorno.
Non me ne abbiano i motociclisti ed i ciclomotoristi, ed i loro
rappresentanti, ma questa volta dedico a loro un particolare pensiero
affinché migliorino la guida. Forse non dal lato tecnico, ma da quello
comportamentale. Sono sotto gli occhi di tutti il zigzagare ai semafori per
raggiungere la pool position, incuranti di specchietti e carrozzerie delle
autovetture ferme o quasi. Per non parlare di quello che mi sembra un
fenomeno dilagante (spero di avere una sensazione sbagliata) e cioè il
sorpasso a destra. È un malvezzo estremamente pericoloso soprattutto per
loro che non hanno protezione o quasi. Mi meraviglia la diffusione del
fenomeno, proprio perché, in caso di incidente, chi ci rimette fisicamente è
proprio l'utente a due ruote.
Rivolgendomi agli automobilisti, non è ancora superata l'abitudine di
oltrepassare gli incroci, soprattutto quelli semaforizzati, incuranti, in
caso di traffico e quindi di file, di impegnare il centro strada senza poter
proseguire, bloccando, di conseguenza, la colonna dei veicoli provenienti
dalla strada incrociante. Evidenziamo che non farlo non è solo una
gentilezza, ma è un preciso obbligo previsto dal Nuovo Codice della Strada.
Ricordiamoci che se siamo in una strada trafficata e procediamo lentamente,
non ci costa nulla fermarci un attimo per far convergere un veicolo che
marcia nella direzione opposta alla nostra e che vuol girare alla sua
sinistra. Se gli lasciamo cortesemente un varco, a noi non ci costa nulla, e
facciamo un favore a lui ed a quelli che lo seguono che altrimenti, spesso,
sarebbero bloccati.
E se siamo noi ad usufruire della gentilezza di un altro, ricordiamoci di
ringraziare con un cenno di mano o con un lampeggio di fari. Sono gesti di
«solidarietà» umana che fanno sicuramente piacere: a chi li fa e a chi li
riceve.
Non posso concludere senza un pensiero ai pedoni cui deve essere data la
precedenza sempre, ma che, a loro volta non devono fermarsi a chiacchierare
a bordo delle strisce pedonali, senza alcuna intenzione, per il momento, di
attraversare la strada.
Buon anno a tutti e che i nuovi buoni proponimenti siano messi in atto dalle
ore 0 del 1° gennaio 2008. |
Giorgio Cappel
IL PICCOLO -
DOMENICA, 30 dicembre 2007
Sulla Ferriera si riapre lo
scontro politico La Cgil: una lotta comune, non dividiamoci |
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KOCIJANCIC:
La concessione dell’Aia rischia di essere l’ennesimo favore a una proprietà
che si sta comportando come la ThyssenKrupp |
Dopo l’ok
ambientale della Regione si delineano gli schieramenti. Belci: il voto
regionale condiziona già tutto
Il caso Ferriera, dopo il
rilascio dell’ok ambientale della giunta regionale rischia di diventare un
tutti contro tutti. La guerra Comune-Regione al Tar è solo la madre di tutti
i confronti. Il sindaco Dipiazza precisa subito che a ipotizzare anche una
denuncia per abuso di potere è l’assessore Bucci, non lui. Si passa poi per
il presidente dei Cittadini per Trieste, Uberto Drossi Fortuna, che lascia
intendere al governatore Illy che l’Aia sarebbe stata più stringente se
avesse imposto all’azienda il versamento di una cauzione preventiva. E si
arriva a Rifondazione comunista, che sconfessa (come il verde Metz) la
giunta regionale e ribadisce di non dare per scontato un matrimonio-bis con
il centrosinistra in vista delle regionali di maggio.
È proprio l’imminente campagna elettorale a fare da sfondo al caso. Lo fa
notare il segretario Cgil Franco Belci: «Non vorrei che la comunanza
d’intenti che si era costituita tra istituzioni e sindacati vacilli più ci
si avvicina al voto, allontanando il dibattito da questioni di merito». «Il
ricorso al Tar - aggiunge Belci - non risolve il problema. L’Aia era un atto
dovuto per cui la giunta regionale si è presa le sue responsabilità e che
impedisce all’azienda di agire in campo libero».
«Se non si fosse data l’Aia - gli fa eco Drossi - l’azienda avrebbe potuto
fare lei ricorso continuando chissà quanto in ”zona franca”. Avrei
preferito, questo sì, che in Consiglio regionale fosse approvato il mio
ordine del giorno che obbligava la giunta a imporre il versamento di una
cauzione a svincolo parziale, via via che l’azienda ottemperava agli
interventi. Al Comune dico che non si può delegare alla Regione
responsabilità di cui è deputato il sindaco. Se Dipiazza fosse stato
convinto avrebbe già chiuso la Ferriera». «Questa è demagogia», replica
Bucci. «Si è persa l’occasione - prosegue - per l’ok a un’Aia condizionata
allo stop dell’inquinamento. Lo stabilimento veniva così messo subito al
minimo regime fisiologico e parte dei dipendenti andava in cassa
integrazione, con lo stipendio, in attesa di rientrare allorché l’azienda
avrebbe ottemperato alle prescrizioni. Se ne ricorderà chi voterà per
confermare o meno qualcuno in Regione». Il rilascio dell’Aia - per il
capogruppo in Consiglio regionale di Rc Igor Kocijancic e il responsabile
lavoro Paolo Hlacia - è «un atto profondamente sbagliato» che «rischia di
essere l’ennesimo favore a una proprietà che, come la ThyssenKrupp, intende
arrivare alla chiusura degli impianti con il massimo di profitto pagando il
minor prezzo possibile». «Quanto alla permanenza in giunta e in maggioranza
- concludono - è una decisione che assumerà il partito sulla base di una
valutazione dell’esperienza di questi 5 anni e della piattaforma
programmatica cui tenteremo di contribuire, senza dare nulla per scontato».
«Nessuna istituzione - così il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato -
dice che la Ferriera è meglio che stia lì». Ma il percorso «deve avvenire
senza slogan. La Ferriera può essere proprio il primo tema da mettere sul
tavolo tra le istituzioni che ho proposto a Dipiazza di creare».
Piero Rauber |
FERRIERA - I servolani:
lavoratori da tutelare - C’è chi dice: «È l’azienda che deve limitare
l’inquinamento» |
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«Se è possibile far funzionare
in sicurezza una centrale nucleare, non vedo come non sia possa mettere a
norma una struttura come quella della Ferriera. Il progresso e il futuro di
questa città, devono puntare a salvaguardare sia i posti di lavoro che la
salute delle persone». Antonio Vigini abita in via Puschi. Servola la
vive, la frequenta. La decisione presa venerdì dalla giunta regionale non lo
sorprende, anzi, lo trova concorde. «E' inutile vivere bene e non avere
lavoro - spiega - quei posti vanno salvaguardati e non eliminati, altrimenti
ci diamo la zappa sui piedi. E' la proprietà - sottolinea - che deve
risolvere il problema adeguando il suo impianto». Nella zona sulla quale si
sprigionano i fumi e le polveri della Ferriera vive anche Daniela Nordio:
«Ho acquistato casa in via Tribel nel 1978 pagandola 18 milioni.
Un'abitazione della stessa metratura - ammette - all'inizio di via Valmaura,
nella parte più distante dall'impianto di Servola, costava 25 milioni. Si
sapeva - precisa - che le case in questa zona costavano di meno perché c'era
il problema della Ferriera: c'erano i pro e i contro. Chi non voleva subire
questa situazione - sostiene - poteva acquistare da un'altra parte: mi
sembra assurdo lamentarsi oggi». La signora Nordio sulla sua terrazza trova
ogni giorno polvere nera, luccicante, ma sembra subirla in silenzio. «E'
giusto trovare un accordo se in ballo ci sono posti di lavoro, in fondo -
continua - questo inquinamento c'è sempre stato, non ci sono stati
incredibili cambiamenti negli anni. Forse - conclude - è la sensibilità
ambientalista che è mutata». Carlo Gerunti è diventato un «servolano»
da soli sette mesi. Prima abitava a Livorno ed è arrivato a Trieste per
esigenze lavorative. «Quello che posso assicurare - afferma - è che gli
odori nauseabondi e la polvere nera che si deposita ovunque è incredibile.
Se devo essere sincero - ammette - appena avrò sicurezze lavorative,
cercherò di andare a vivere in un'altra parte della città». In via Valmaura,
in affitto in una casa dell'Ater da 25 anni, vive Lucina Nottolini.
Sessantasettenne con un figlio che ogni mattina, per 1.100 euro al mese, si
sposta fino a Campoformido. «Con la crisi di lavoro che c'è - dice la donna
- non è possibile pensare di chiudere la Ferriera. Da anni ribadiamo che la
proprietà dovrebbe dotarsi dei filtri adatti a permettere dignità a chi ci
lavora e a chi ci vive intorno. Tutti quelli che passano con la macchina da
queste parti si turano il naso per la puzza disgustosa». E proprio
all'interno della Ferriera di Servola ha lavorato per 18 anni Graziano
Sorci. Ora è in pensione. «Quando ci ritroviamo tra ex colleghi -
racconta - specialmente quelli che vivono a Servola, ribadiamo sempre il
fatto che, allora, tutto questo inquinamento non c'era, non si tenevano i
ritmi lavorativi di oggi».
l.t. |
I pendolari promuovono la
linea Trieste-Udine - Resta invece critica la situazione sulla
Udine-Pordenone: «Ritardi continui e carrozze troppo affollate»
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TRIESTE Il sistema regionale dei
trasporti ferroviari, nel 2007, ha offerto prestazioni assai altalenanti. Ha
avuto ottimi risultati, e poche defaillance, la linea Trieste-Udine. Mentre
la Udine-Pordenone si è confermata la più problematica del Friuli Venezia
Giulia. A metterlo in evidenza, sulla base delle relazioni effettuate
durante l’intero anno, il Comitato pendolari.
Tali relazioni prendono in considerazione i ritardi, il sistema di
comunicazione a bordo, il funzionamento dell’impianto di riscaldamento e
raffreddamento, la correttezza e la tempestività degli annunci dati in
stazione e delle informazioni date dal personale viaggiante in caso di
disservizio, la cortesia e il servizio del personale viaggiante a bordo
treno, e le condizioni igieniche generali. La linea Trieste-Udine, dunque,
si conferma una delle migliori, totalizzando voti vicini all’eccellenza in
voci come la correttezza e la tempestività degli annunci dati in stazione
relativi al treno preso. Unico neo: qualche mancanza nelle informazioni
fornite a bordo del treno. Anche i ritardi all’arrivo sono poca cosa, e
comunque inferiori ai 10 minuti, se si escludono poche eccezioni: 12 minuti
il 15 gennaio, 38 il 16 maggio, 23 il 31 maggio e addirittura 117 il 28
maggio). «La linea Udine-Trieste – spiega il portavoce del Comitato, Marco
Chiandoni – è molto buona. Ci sono comunque questioni che andrebbero
risolte, in particolare l’anticipo della partenza degli Eurostar da Udine e
da Trieste, che crea problemi a chi non ha l’automobile, in quanto in quell’orario
non ci sarebbero coincidenze con i mezzi pubblici su gomma».
Resta invece critica la situazione sulla linea Udine-Pordenone dove i
ritardi sono all’ordine del giorno. E, da tre anni in qua, non accennano a
diminuire. Ma non basta: i pendolari segnalano una preoccupante riduzione
del numero delle carrozze aperte, con conseguenti affollamenti a bordo-treno
e ritardi in partenza perché talvolta la gente non riesce a salire (in
particolare nella tratta di ritorno); le comunicazioni a bordo quasi
inesistenti in caso di disservizi; i controlli dei biglietti rari e casuali.
I ritardi, però, restano il problema prioritario: in ottobre, ad esempio, i
treni sulla Udine-Pordenone hanno accumulato in media 3,6 minuti di ritardo
all’andata e 4,7 nel ritorno, con 4 ritardi superiori ai 10 minuti su 46
viaggi. A novembre la media dei ritardi è stata di 7,6 minuti all’andata e
6,4 minuti al ritorno, con 7 ritardi sopra i 10 minuti su 37 viaggi. A
dicembre, ancora, la media è stata di 10,1 minuti all’andata e di 7,1 minuti
nel ritorno.
Elena Orsi |
Patenti nautiche nell’Ue:
Bruxelles vara regole uniche |
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Regole uniche per le rotte
navali dei cargo, per le politiche legate alla protezione del mare, per la
gestione dei siti turisti e, anche, per le patenti nautiche. Questo l'obiettio
della Commissione europea, che da oltre un anno sta lavorando a un progetto
di omologazione a livello europeo delle norme che riguardano il mare e la
navigazione, in particolare per quanto riguarda sicurezza, tecnologia e
rotte. Le normative europee, infatti, variano non poco: dall'obbligo di
patente per tutti i tipi di natante in alcuni stati, dal liberismo in altri,
dove la patente non è obbligatoria se non per grandi stazze, fino alla
differenza di età alla quale può essere erogata una patente, ai mezzi (come
moto d'acqua) che possono essere guidati con o senza licenza. Un caos
normativo che si ripercuote anche in settori più ampi e strategici, come lo
sfruttamento dell'ambiente marino a fini di pesca e a fini di turismo, la
protezione delle coste, l'inquinamento. Per trovare punti in comune, e
avviare una normativa uguale per tutti gli stati europei bagnati dal mare
(si pensi anche ai nuovi entrati, come la Romania e la Slovenia, ma anche la
Francia, che ha numerose norme autonome) la Commissione europea ha varato lo
scorso ottobre un documento, una sorta di piano di azione per arrivare in
pochi anni a comuni normative che disciplinano i mari.
L'unificazione delle politiche marittime, o meglio le integrazioni tra esse
ha l'obiettivo di trovare punti comuni tra gli interessi dei diversi Stati,
è per questo motivo la proposta è partita dal basso, ovvero da una
commissione tecnica composta da dici esperti che ha licenziato il documento
proposto alla Commissione europea lo scorso ottobre. Ora spetta alla
Commissione europea convincere gli stati a integrare le proprie norme: i
punti salienti, per quanto concerne gli aspetti più "diportistici" della
questione, sono legati alle procedure di navigazione in sicurezza, alle
emissioni dei motori, all'ingresso nelle zone protette e alla pesca. Su
quest'ultimo aspetto il Presidente della Commissione europea Jose Manuel
Barroso risulta essere particolarmente determinato, e ha sottolineato
l'importanza di eliminare la pesca illegale e di frodo di in tutte le
dimensioni (quindi anche quella "turistica" che alcuni diportisti praticano
tra grotte e anfratti d'estate per procurarsi la grigliatina in barca),
oltre a mettere al bando la pesca allo strascico.
Ancora, la questione della gestione dei dati e delle informazioni relative
ai mari. Chi parte per una crociera impegnativa , o una vera e propria
avventura, ha bisogno di informazioni certe, integrate e facilmente
raggiungibili: tra le politiche proposte vi è anche l'ipotesi di creare un
osservatorio unico, in grado di mettere a disposizione di tutti i naviganti
- grandi e piccoli, a vela, a remi e a motore -, informazioni aggiornate e
facilmente raggiungibili su condizioni e stato di mari e oceani, nonché
rotte di navigazione.
Francesca Capodanno |
IL PICCOLO -
SABATO, 29 dicembre 2007
Ferriera, la Regione dà l’ok:
il Comune attacca -
Il sindaco annuncia un ricorso al Tar e ipotizza una
denuncia per abuso d’ufficio |
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L’autorizzazione d’impatto ambientale resta vincolata a una serie di
interventi che la proprietà dovrà effettuare entro un anno
L’Autorizzazione integrata
ambientale della Regione sulla Ferriera era attesa da settimane. Tanto che
figurava già all’ordine del giorno di due precedenti sedute della giunta
regionale. Ma quando è arrivata - cioé ieri, nell’ultima riunione
dell’anno per l’esecutivo di Riccardo Illy - ha scatenato a livello
politico un effetto domino incontrollabile. Comune e Regione in guerra
davanti al Tar. E il verde Alessandro Metz autore di una nota stampa che
prelude a un distacco polemico dal centrosinistra.
L’amministrazione regionale dunque, dopo due rinvii del documento alla
propria avvocatura, nell’ottica di renderlo inattaccabile dal punto di
vista giuridico, ha rilasciato l’Aia alla Lucchini, vincolando l’azienda a
una serie di interventi di sostenibilità ambientale nell’atmosfera e al
suolo - dai filtri sugli impianti di aspirazione delle polveri a una vasca
per il raffreddamento degli inquinanti - da rispettare entro 12 mesi. Il
vicepresidente della Regione e assessore all’ambiente Gianfranco Moretton
ne ha dato notizia al termine della seduta di giunta, in cui la delibera è
passata all’unanimità. Erano assenti l’assessore alla cultura di
Rifondazione Roberto Antonaz e quello al personale dei Cittadini Gianni
Pecol Cominotto. «L’Aia - ha spiegato Moretton - consente d’intervenire
anche in termini coercitivi, arrivando alla chiusura qualora l’azienda non
rispettasse le prescrizioni. Si tengono conto delle prescrizioni imposte
dalla magistratura per il dissequestro degli impianti, delle osservazioni
di Legambiente e Wwf e anche quelle del Comune, che pur non avendo
partecipato alla conferenza dei servizi le ha lasciate in forma
epistolare».
Moretton ha partecipato poco dopo all’inaugurazione di strada del Friuli.
Con lui Illy e Dipiazza. È stato l’ultimo atto di distensione prima del
muro contro muro. «Questo provvedimento - ha poi dichiarato il sindaco -
puzza come le emissioni della Ferriera». «È molto brutto che l’Aia venga
rilasciata alla vigilia di Capodanno. Voglio proprio vedere quale
escamotage sia stato usato per scavalcare la legge che spiega a chiare
lettere come, se vi è inquinamento accertatato, non è possibile rilasciare
l’Aia», ha aggiunto Dipiazza preannunciando che «il Comune impugnerà
l’Aia». Infatti nel pomeriggio l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci ha
confermato che «non appena il documento perverrà al Comune, verrà vagliato
dall’avvocatura». «Faremo ricorso al Tar - ha precisato Bucci - con una
richiesta di sospensiva affinché l’esame di merito non ci porti a perdere
troppo tempo». La guerra Comune-Regione davanti al Tar, tecnicamente,
potrebbe concretizzarsi già il 9 gennaio, data della prima udienza del
2008. «Inoltre - ha aggiunto Bucci - vedremo se vi sono gli estremi di una
denuncia alla magistratura ordinaria per abuso d’ufficio e abuso di
potere. Avevamo già espresso il nostro parere negativo. E poi avevamo
anche diffidato la Regione a concedere l’Aia in tali condizioni. Se
avessero recepito le nostre osservazioni non avrebbero avvallato alcuna
autorizzazione. Stanno consegnando una cambiale in bianco nelle mani della
Lucchini».
«Il Comune - la replica di Moretton - è libero di promuovere i ricorsi che
ritiene opportuni. L’Aia però consente di migliorare e non peggiorare la
situazione. Se il Comune non intende migliorare la situazione, il sindaco
può con le sue prerogative di legge emettere un’ordinanza di chiusura
dello stabilimento». «Mi auguro - gli ha fatto eco l’assessore regionale
al lavoro Roberto Cosolini - che il ricorso lo perdano, altrimenti
verrebbero meno le prescrizioni vincolanti dell’Aia per l’azienda e la
tutela dell’ambiente e della salute sarebbe minore».
Piero Rauber |
FERRIERA - I servolani:
«Altro che cittadini, siamo sudditi» |
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Dura la
presa di posizione del consigliere regionale Metz (Verdi): «Sarebbe
interessante sapere quanto ne hanno parlato Moretton e Beltrame»
«Che tristezza. Altro che
cittadini, siamo sudditi». Pietro Lepre e la moglie Licia Fonda vivono in
via Valmaura. Con i fumi della Ferriera ci convivono. «Siamo schifati -
affermano - e siamo stufi di promesse mai mantenute. È facile per i
politici che vivono tra il verde e in zone lontane prendere decisioni
così. In Ferriera hanno promesso più volte di mettere in regola l’impianto
ma non è mai stato fatto niente». |
La signora Fonda è sorpresa
dalla decisione della Regione. «Quella di quest’anno è stata l’estate
peggiore - precisa - altro che provvedimenti anti-inquinamento. Ci
prendono in giro. Cosa dice il sindaco che è di fatto il responsabile
della nostra salute?». È di Servola anche Gabriella Civita: «Sono
esterrefatta, ma come si permettono di prendere una decisione con così
tanta leggerezza, quando in ballo c'è la nostra salute? Perché non ci
vogliono fare le analisi? La verità è che hanno paura. Quella polvere buca
la vernice delle auto, figuriamoci cosa fa ai polmoni. Chi pagherà i danni
alla salute causati dalla Ferriera?».
Dal mondo politico, intanto, il consigliere regionale dei Verdi Metz
affida a un comunicato il suo «strappo». «Sarebbe interessante - scrive -
sapere quanto ne hanno parlato. Non ci sembra un tema in cui Moretton si
sia mai poi tanto impegnato. Immaginiamo che l’assessore alla salute
Beltrame non abbia aperto un fuoco di sbarramento di domande su controlli
e analisi epidemiologiche. Probabilmente il nuovo segretario regionale del
Pd (Zvech, ndr) gli avrà spiegato che tanto a Servola non lo votano lo
stesso». «Ero fuori Trieste per motivi personali - fa sapere Antonaz - ma
se l’ultima versione della delibera fosse stata simile alla precedente
avrei votato no». «Fossi stato presente - replica Pecol - io l’avrei
votata. L’Aia non è un’autorizzazione a inquinare, è il contrario».
«Concedere l’Aia - spiega Sergio Lupieri del Pd - significa tutelare la
salute di cittadini e lavoratori, perché impone al gestore di rispettare
la legge».
Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia e Coordinamento dei comitati
di quartiere bollano infine l’Aia come «un atto di puro banditismo
politico, che conferma lo spirito reazionario della maggioranza
regionale». E chiedono «ai due unici consiglieri che hanno ritenuto di
condividere la protesta», il capogruppo di Rc Kocijancic e Metz, di
ritirare sia Antonaz dalla giunta che il loro appoggio alla maggioranza.
pi.ra. - l.t. |
Sito inquinato, sì
all’accordo di programma - Ok dall’esecutivo di Illy
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La giunta regionale ha dato
ieri il via libera all’accordo di programma sul Sito inquinato di
interesse nazionale, che andrà ora approvato anche da Provincia, Comuni di
Trieste e di Muggia, Autorità portuale e Ezit. L’assessore Gianfranco
Moretton auspica la firma definitiva «tra tutti gli enti entro fine
gennaio». Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, saluta l’ok come «il modo
migliore in cui potesse chiudersi questo 2007».
È previsto un investimento di 200 milioni di euro: 120 verranno coperti
dallo Stato, 80 saranno a carico delle aziende responsabili
dell’inquinamento, ma «in termini volontari», dice Moretton. «Con i 200
milioni - precisa Azzarita - potremo effettuare la caratterizzazione del
sito inquinato, realizzare le analisi del rischio e bonificare il terreno
sul posto: entro il 2010 gran parte del lavoro potrà essere concluso». La
caratterizzazione riguarderà anche le aree portuali del sito. Come già
fatto rilevare dalla Confartigianato, l’accordo non dichiara
esplicitamente che «chi non ha inquinato non paga», come pure rileva -
ricorda il presidente Dario Bruni - una direttiva europea. Vengono però
considerate aree pubbliche e inquinate dal pubblico tutte quelle che le
imprese hanno acquistato dall’Ezit, purché l’attuale proprietario non
inquini. Così, dice Azzarita, «stimiamo che solo il 10% delle aziende
insediate nel sito», in tutto circa 300, si troverà una cifra a carico:
«Ma anche per queste cercheremo una strada». Inoltre c’è un certo numero
di aziende responsabili di inquinamento presente o passato, che se
vorranno partecipare al sistema di contenimento delle acque di falda - e
sarà il ministero a redigere un progetto - potranno farlo con il 50% delle
spese totali.
Mentre la Provincia saluta l’accordo come un’«accelerazione» verso la
bonifica, dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat, più prudente è
l’assessore comunale Maurizio Bucci: «La giunta dirà sì al documento, non
si sono alternative. In vista del voto in aula cercheremo poi di
trasmettere ai capigruppo quanto recepito durante le tante riunioni fatte:
resta da vedere» quale sarà la sorte delle imprese che restano fuori
dall’intervento pubblico. Anche Confartigianato mantiene le perplessità:
«Non sappiamo quali siano le imprese che rientrano nel 10% escluso dalla
mano pubblica», dice Bruni auspicando stime più precise.
p.b. |
Rifiuti, allarme diossina
in Campania |
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NAPOLI L'emergenza rifiuti fa
scattare l'allarme diossina per la notte di San Silvestro. «È urgente -
sostiene Maria Triassi, docente di igiene dell'Università Federico II -
rimuovere la spazzatura prima di Capodanno per scongiurare seri pericoli
per la salute dei napoletani. Con l'esplosione dei fuochi d'artificio
aumenta il rischio d'incendio dei rifiuti». Da qui deriva l'allarme:
«Soprattutto la plastica contenuta nei rifiuti, se incendiata - spiega
Triassi - sprigiona notevoli quantità di diossina e altri fumi che hanno
effetti mutageni e cancerogeni a lungo termine sulla salute». Inoltre
«nell'immediato queste sostanze possono provocare un'impennata di casi di
intossicazione e forti irritazioni all'apparato respiratorio. È
preoccupante - aggiunge Triassi - anche l'accumulo della spazzatura vicino
ai terreni agricoli e alle aree di pascolo. Anche la decomposizione dei
sacchetti di plastica genera diossina e se questa sostanza altamente
tossica finisce nei terreni può inquinare tutta la catena alimentare». Si
è intanto conclusa la manifestazione di protesta di 2000 cittadini di
Carinola e dei comuni limitrofi che hanno impedito, anche con trattori e
auto, l'entrata nell'area «Carabottoli», di alcuni mezzi dell'esercito e
di ditte private, incaricate di effettuare lavori per preparare il terreno
ad accogliere ecoballe. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 28 dicembre 2007
Commissariata la Provincia
per lo smaltimento dei rifiuti La Regione: manca un piano - Serve un
regolamento sugli imballaggi |
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La Regione mette sotto tutela la
Provincia in materia ambientale. Davanti alla mancata approvazione del piano
per lo smaltimento dei rifiuti (imballaggi e policlorobifenili), infatti, la
giunta Illy ha nominato un commissario ad acta. L’amministrazione
provinciale di Trieste è in buona compagnia, perché il commissario,
l’ingegner Giovanni Cozzarini, all’inizio del mese ha sostituito sul piano
operativo e politico anche le province di Udine e Gorizia. Solo Pordenone ha
rispettato i tempi e approvato sia il Piano degli imballaggi sia quello
delle Pcb (il liquido contenuto nei trasformatori e condensatori).
La nomina di Cozzarini risale allo scorso 28 novembre, ma nei corridoi di
palazzo Galatti è emersa solo ieri dopo un’interrogazione presentata da
Marco Vascotto, capogruppo di An in Consiglio provinciale, alla presidente
Maria Teresa Bassa Poropat. «Sì è vero, ma per noi è una fortuna. Il
commissario ci consentirà di compiere alcuni passi importanti - dice Ondina
Barduzzi, assessore provinciale all’Ambiente - in un settore che dobbiamo
rifondare. Avevamo del personale precario che recentemente ha lasciato
l’ente, stiamo ricominciando tutto da capo con alcune recenti assunzioni».
La Provincia non vede come una punizione, insomma, l’arrivo di un
commissario ad acta. Anzi, stando alle parole della Barduzzi rappresenta uno
stimolo per arrivare «entro gennaio all’approvazione, dopo aver recepito i
pareri dei diversi enti, del Piano degli imballaggi». Ma l’opposizione
attacca, ricordando come lo scorso 20 dicembre una mozione proprio per la
revoca dell’assessore provinciale all’Ambiente (in relazione al caso della
Ferriera di Servola) fosse stata respinta dalla maggioranza. «Quella mozione
di sfiducia, davanti a questi nuovi fatti a noi ignoti, assume una forte
rilevanza. Invece di pensare alla metropolitana leggera - dice Vascotto - la
Barduzzi si preoccupi di fare le cose dovute prima della scadenza. Il fatto
che il commissariamento sia stato deciso da una giunta regionale ”amica” la
dice lunga... Il commissario ad acta non ha precedenti né sotto la
presidenza Scoccimarro né in quella di Codarin (gli ex amministratori della
Provincia governata dal centrodestra, ndr)».
«La Provincia avrebbe dovuto fare il Piano degli imballaggi ancora anni fa
durante le precenti amministrazioni, noi siamo arrivati e abbiamo subito
ripreso i contatti con la Regione», replica Barduzzi confidando di
licenziare in aula, dopo quello degli imballaggi, il Piano sui Pcd entro
marzo.
Un lavoro che spetterà all’ingegner Cozzarini mandare avanti, sostituendosi
all’organo politico nell’adozione dei piani. «A Trieste siamo a buon punto
sul Piano degli imballaggi, mentre quello sui Pcb è fermo. Stando a una loro
interpretazione - spiega il commissario - la Provincia sosteneva che
spettasse alla Regione farlo. Un problema di interepretazione che adesso è
stato risolto». Anche in questo caso spetterà all’amministrazione
provinciale dotarsi di un piano sullo smaltimento di tali rifiuti.
p.c. |
Borgo San Sergio: 2200 firme
contro l’antenna in via Maovaz |
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Tornano alla carica i cittadini
di Borgo San Sergio presentando oltre 2200 firme contro l'antenna di via
Maovaz 11, chiedendo che venga spostata in un vicino terreno comunale.
Capofila della protesta ancora Romano Umer, residente al civico 13, che già
il 12 ottobre scroso, subito dopo l’installazioend ell’antenna, aveva
intrapreso una raccolta firme per disinstallare «l'aquila»- come viene
chiamata l’antenna per il suo aspetto un po’ sinistro simile a un rapace -
dal tetto del condominio. «Siamo tutti preoccupati, soprattutto le mamme dei
bambini del rione - spiega Umer - l'antenna sovrasta una zona densamente
abitata: ci sono le scuole materne, elementari e medie, il ricreatorio e i
campi di calcio. Quel ripetitore rappresenta un pericolo per la nostra
salute e per quella dei nostri figli».
Già a giugno del 2005 era stato fatto un tentativo di posizionare un'antenna
nella stessa zona ma, tramite la VII Circoscrizione, una petizione popolare
aveva convinto il Comune a non concedere le necessarie autorizzazioni. Ma di
fronte al rifiuto della concessione per motivazioni legate all' impatto
ambientale e paesaggistico, la compagnia telefonica Tim Italia Spa,
proprietaria dell'antenna, aveva fatto ricorso al Tar ottenendo il via
libera. L’antenna è stata anche mascherata in modo - si legge nella
petizione - «di non fare rilevare più la sua pericolosità, pericolosità
attestata da molti studi che confermano come le radiazioni elettromagnetiche
provochino tumori». Ora i residenti tornano a fare sentire la loro voce, e
chiedono che l'antenna venga rimossa e collocata in un'area più consona e
meno a rischio. Il terreno, di proprietà comunale, identificato come
possibile postazione per la nuova antenna, comprende tra i 15 e i 20 ettari
di terreno e si trova ad una distanza sufficientemente sicura dal centro
abitato. La petizione è stata presentata al Comune di Trieste lo scorso sei
dicembre, gli abitanti invieranno questi giorni una lettera al sindaco
Dipiazza, richiedendo un incontro pubblico nella zona per discutere la
questione. Il Presidente della VII Circoscrizione Andrea Vatta rassicura che
non appena le firme saranno presentate in Circoscrizione «chiamerò
l'assessore competente e faremo quanto sarà possibile per dare voce alla
richiesta della popolazione».
Linda Dorigo |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 27 dicembre 2007
Via al progetto della metrò
leggera Trieste-Ronchi - La Regione chiede alle ferrovie uno studio
anche per la nuova fermata per l’aeroporto |
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Dal primo
gennaio passano al Fvg le competenze della gestione dei servizi su rotaia:
ecco le
linee guida del piano regionale dei
trasporti
TRIESTE Nuova fermata a Ronchi
Aeroporto e progettazione del sistema su ferrovia che possa essere
funzionale alla futura metropolitana leggera tra Trieste e Monfalcone.
Queste sono solo alcune delle indicazioni che la Regione ha formulato per il
servizio di trasporto su rotaia a partire dal 2008, anno in cui si
realizzerà la gestione diretta in collaborazione con Rfi delle linee
ferroviarie regionali. Dal 1 gennaio prossimo, infatti, secondo il decreto
legislativo 111/2004 in materia di trasporto pubblico regionale e locale, la
Regione sarà competente per la gestione dei servizi ferroviari regionali e
locali. In vista di tale traguardo, dal momento che sulla base della legge
regionale vengono individuati diversi livelli della rete di trasporti e che
dal 1 gennaio 2011 si prevederà di arrivare ad un’unica gestione ferro-gomma
attraverso l’indizione di gara unica ad evidenza pubblica, la Regione ha
ritenuto necessario definire un sistema di trasporto pubblico su ferro
coerente con il sistema in via di delineazione. Fin dal mese di giugno 2007,
quindi, è stato avviato un contatto diretto con la Società Rete Ferroviaria
Italiana per la definizione degli aspetti tecnici relativi alla
formalizzazione di un accordo quadro, con particolare riferimento alla
procedura per l’acquisizione delle tracce orario e del cadenzamento di treni
nonché delle migliorie necessarie nel servizio da inserire poi nel bando di
gara.
I MIGLIORAMENTI La Regione ha inserito nel programma tutte le principali
direttive, ovvero Udine-Trieste e Trieste-Venezia o Udine-Venezia.
Dall’analisi risulta che, oltre agli interventi già previsti dalla
programmazione di Rfi, per consentire la regolarità del servizio, eliminando
elementi di criticità presenti sulla rete ferroviaria, si deve prevedere
anche altre migliorie. Per esempio, l’istituzione di nuove fermate, previste
soprattutto sulla linea Trieste-Cervignano-Tarvisio. In quest’ambito infatti
si annuncia l’istituzione della nuova fermata Ronchi aeroporto, ma anche il
raddoppio della linea Udine–Cervignano, e la necessità di un intervento
infrastrutturale per elevare il rango di velocità del materiale leggero
(dalla classe B alla C). Si tratta, come spiega la Regione, di modifiche da
attuarsi ‘nel lungo periodo’, e che potrebbero ulteriormente migliorare i
servizi resi anche all’interno del periodo di affidamento dei servizi
integrati oggetto della prossima gara. Nuove fermate sono poi da programmare
anche, secondo il piano regionale, lungo la linea Trieste-Udine-Venezia.
METROPOLITANA Per quanto riguarda la linea Trieste- Portogruaro, invece, si
dovrà mettere in conto la possibile futura realizzazione del sistema di
metropolitana leggera Muggia-Trieste-Ronchi dei Legionari, e riflettere sul
relativo adattamento della linea. Altre modifiche sono poi previste anche in
altre linee regionali, come sulla Gemona-Sacile, con l’istituzione di una
“bretella” che colleghi la linea pedemontana alla linea per Pordenone, onde
evitare la stazione di regresso di Sacile, oppure l’elettrificazione della
linea Casarsa Portogruaro, e l’istituzione di una “bretella” che colleghi la
linea proveniente da Portogruaro alla linea per Pordenone, per evitare la
stazione di regresso di Casarsa.
Infine, il piano regionale prevede anche azioni in merito agli orari. In
particolare delinea l’elaborazione di un sistema di “offerta ad orario
cadenzato”, finalizzato all’ottimizzazione dei piani di interscambio tra i
vari sistemi nei nodi di Venezia Mestre, Udine, Cervignano, Casarsa, Sacile,
per assicurare il servizio di collegamento pendolare sia tra i poli
nell’ambito regionale che interregionale. Il tutto avverrà prevedendo
cadenze orarie o biorarie a seconda delle necessità e assicurando servizi di
rinforzo nelle fasce pendolari sulle varie tratte.
Elena Orsi |
Ricerche sul clima, Trieste
si allea con l’Onu - Il sistema scientifico cittadino collaborerà con il
programma mondiale che studia i mutamenti atmosferici
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Al via nuove collaborazioni tra
la Trieste scientifica e il Programma mondiale di ricerche sul clima (World
Climate Research Program), un ente sotto l'egida delle Nazioni Unite con
sede a Ginevra, finalizzato a comprendere i processi che regolano il sistema
climatico globale, con la possibilità di prevedere l'andamento futuro del
clima e l'impatto delle attività umane su di esso.
Lo ha annunciato Ann Henderson-Sellers, direttrice del prestigioso
Programma, alla fine di una breve visita a Trieste per partecipare ad un
corso internazionale di formazione per tecnici e scienziati specializzati in
studi sull'ambiente dei paesi in via di sviluppo,ospitato nel campus
scientifico di Miramare.
«Con questo corso -ha notato - si inaugura di fatto un nuovo programma di
collaborazione che passerà attraverso il Centro Internazionale di Fisica
teorica Ictp, che speriamo di formalizzare l'anno prossimo».
Secondo Ann Henderson-Sellers, con questa nuova partnership, la città
rafforzerà di fatto la sua posizione nel panorama internazionale che mira a
costruire un nuovo e più efficiente sistema globale per le scienze
ambientali, mettendo in rete più spesso il sud ed il nord del pianeta.
In altre parole, Trieste si assicura un ruolo chiave nello scenario globale,
in un momento di grandi cambiamenti che richiede più coordinamento nei
progetti comuni, con una particolare attenzione al coinvolgimento di
scienziati dei paesi in via di sviluppo.
«Il vantaggio di Trieste - ha concluso la direttrice del World Climate
Research Programme - è la sua esperienza con i paesi in via di sviluppo, che
ha trasformato la città in un luogo perfetto e quasi unico di incontro e
scambio tra gli scienziati di tutto il mondo, sia dell'Est che dell'Ovest,
sia del Sud che del Nord».
ga.pr. |
L’acqua non è una merce ma un
bene e un diritto |
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Da pochi giorni il Consiglio
Comunale ha approvato all'unanimità una mozione che chiede un impegno alla
giunta sulla gestione delle reti idriche e in particolare sul tema della
dispersione, oltre alla possibilità di utilizzare l'acqua potabile in
sostituzione dell'acqua minerale confezionata in bottiglie di plastica.
Nella nostra città come tutti sappiamo è AcegasAps a gestire la rete idrica,
ovvero una holding quotata in Borsa attenta innanzitutto alle dinamiche di
mercato piuttosto che a corretti e puntuali interventi di manutenzione. La
nostra rete idrica, infatti, presenta una dispersione valutabile attorno al
38% e la risposta ufficiale che viene data su questo tema è che nulla si può
fare se prima non si ritocca la tariffa.
La mozione contiene inoltre la proposta di incentivare l'utilizzo dell'acqua
di rubinetto come acqua potabile in alternativa all'acqua delle bottiglie di
plastica, vista l'ottima qualità che la nostra acqua presenta.
In proposito ricordiamo che a quasi un anno dall'inizio della campagna per
la ripubblicizzazione dell'acqua, che ha coinvolto più di seicento comitati
territoriali e ha portato in Parlamento un testo di legge sostenuto da oltre
400.000 firme, l'impegno non è certo finito. Il movimento per l'acqua è
consapevole che la visione ideologica delle virtù del mercato sia ancora
viva nella classe politica italiana, anche a fronte delle innumerevoli
smentite sull'inefficienza della gestione privata rispetto a quella
pubblica.
Il primo dicembre la presenza di 40.000 persone a Roma ha ribadito la
necessità di riconoscere l'acqua come bene comune e diritto umano
universale, dimostrando come la difesa dell'acqua dalla mercificazione sia
divenuta una vertenza nazionale e costituisca il paradigma di un percorso
più ampio teso a rifondare la democrazia, attraverso la riappropriazione
degli spazi di partecipazione politica e la gestione dei beni comuni in seno
alle comunità locali.
La società civile ha dato prova di saper incidere sull'agenda politica
nazionale, con l'approvazione in Senato a fine ottobre della moratoria sulle
privatizzazioni in corso. I rischi della deriva liberista si sono però fatte
risentire, con il tentativo di inserire nella Finanziaria in corso il
decreto Lanzillotta per la privatizzazione di tutti i servizi pubblici
locali. Anche in questo caso l'opposizione del movimento per l'acqua è
riuscita a frenare tale manovra.
Di fronte agli effetti tangibili di un sistema economico iniquo e
insostenibile è responsabilità collettiva tutelare e garantire l'accesso
equo e globale a questa risorsa vitale, solidarizzando con le realtà
italiane e mondiali protagoniste di vertenze territoriali in difesa dei beni
comuni.
Un'importante vittoria è stata raggiunta nel 2000 nella cosiddetta Guerra
dell'Acqua a Cochabamba in Bolivia, dove la protesta della società civile è
riuscita a sottrarne la gestione alle multinazionali.
Tappa importante di un percorso comune che va a rafforzare le lotte anche
nei nostri territori, per la costruzione di alternative dal basso al sistema
di mercato. Un percorso che non può che declinarsi a partire dalla difesa
del bene più prezioso per tutti gli esseri viventi: l'acqua.
Alfredo Racovelli - Consigliere Comunale Verdi per la Pace |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 24 dicembre 2007
Rapporto sulla mobilità
- Macchine a gpl e metano, Trieste ultima in classifica |
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A Trieste quasi nessuno usa
macchine a gpl e metano, a differenza di altre città d’Italia come Reggio
Emilia, Ferrara e Ravenna. Lo rivela il primo rapporto su «Mobilità
sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città», elaborato da
Euromobility e Kyoto Club in collaborazione con Assogasliquidi e Consorzio
Ecogas. Nel rapporto si legge che la presenza dei mezzi a gpl e metano si
attesta intorno al 3,3 per cento rispetto al totale. I valori più alti,
oltre il 10 per cento solo nelle tre città dell’Emilia Romagna, mentre
fanalini di coda, senza nemmeno un punto percentuale, sono Monza, Aosta e,
appunto, Trieste. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 23 dicembre 2007
Popovic: «La Kemiplas sarà
chiusa» - Il sindaco di Capodistria rassicura gli abitanti di Villa
Decani che hanno manifestato davanti alla fabbrica |
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Il direttore
dell’azienda replica: «Protesta non autorizzata» |
CAPODISTRIA Circa 500 abitanti
del comune di Capodistria hanno manifestato ieri in modo pacifico davanti ai
cancelli della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani
chiedendo la chiusura immediata dell'impianto.
Non c'è più alcun spazio per eventuali trattative con la direzione della
fabbrica, finora si è soltanto perso del tempo senza ottenere nulla, hanno
spiegato i manifestanti, che hanno annunciato nuove azioni di protesta e di
disubbidienza civile se la «Kemiplas» continuerà a produrre.
Pazienteranno, ha dichiarato la presidente della Comunità locale di Villa
Decani, Ingrid Kocijancic, qualche mese ancora, dopo di che, se sarà
necessario, sono intenzionati a bloccare l'autostrada pur di attirare
l'attenzione dell'opinione pubblica sul loro problema.
Davanti ai cancelli della fabbrica era presente anche il direttore della «Kemiplas»
Muharem Kadic, che ha definito la manifestazione «un circo». «La protesta
non è autorizzata - ha dichiarato ai giornalisti - mentre la fabbrica ha
tutte le licenze necessarie per portare avanti la sua produzione».
Alle centinaia di presenti si è rivolto pure il sindaco di Capodistria Boris
Popovic. Il primo cittadino di Capodistria ha ribadito la dura posizione
dell’amministrazione ocmunale. «Sono con voi - ha detto Popovic - e dico
chiaramente che questa fabbrica sarà chiusa».
Il rappresentante legale del Comune di Capodistria, l'avvocato Franci Matoz,
ha raccolto finora 200 firme di procura e sta preparando una causa
collettiva contro la «Kemiplas», alla quale sarà chiesto anche un indennizzo
per i danni provocati alla salute della popolazione locale. Ufficialmente,
le misurazioni sull'inquinamento prodotto dalla «fabbrica dei veleni» non
hanno mai dimostrato l'esistenza di valori superiori ai limiti tollerati
dalla legge, ma sono in molti a dubitare sul modo in cui questi risultati
sono stati ottenuti.
La «Kemiplas», ricordiamo, produce tra l'altro anidride dell'acido ftalico,
sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici come
coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci. L'intera produzione, della
Kemiplas, 30.000 tonnellate all'anno, viene esportata in Austria, Germania,
Croazia e Italia. |
IL PICCOLO -
SABATO, 22 dicembre 2007
I test: Ferriera, superato
il limite di sforamenti - Per il Cigra 54 episodi da aprile ad
agosto, per l’Arpa da luglio a dicembre 32: la soglia annua è di 35 |
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I numeri dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera |
Gli ultimi
dati nella zona della Ferriera sono stati consegnati dall’Azienda
sanitaria a Comune e Regione. Rotelli contesta Lucchini sui siti delle
centraline
È stato superato in via San
Lorenzo in Selva a Servola il numero di sforamenti consentiti in un anno
per polveri sottili, benzene e benzoapirene. Le Pm10, da aprile ad agosto
2007 (secondo le rilevazioni del Consorzio universitario Cigra) hanno
superato i limiti di legge per 54 volte, mentre la legge impone non più di
35 superamenti all’anno. Secondo le analisi dell’Arpa, tra luglio e
dicembre gli sforamenti sono stati 32. Il sondaggio nell’intero anno in
via Carpineto e in via Svevo parla rispettivamente di 43 e 54 superamenti.
Per il benzene, sempre in via San Lorenzo in Selva, tra gennaio e ottobre
è stata misurata una concentrazione media di 14,4 microgrammi per metro
cubo. La media annuale consentita non deve essere superiore agli 8, e
nella zona risulta già oltrepassata in pochi mesi. Altrettanto seria la
situazione per il benzoapirene che, secondo i dati Cigra, nella medesima
via tra aprile e giugno ha raggiunto un valore medio di 19,11 nanogrammi,
e tra luglio e ottobre di 4,4 secondo l’Arpa. In ogni caso, proiettando i
dati su scala annuale, il limite di legge (un nanogrammo per metro cubo) è
oltrepassato.
Sono questi gli ultimi dati disponibili sulla zona attorno alla Ferriera,
che il 14 dicembre l’Azienda sanitaria ha inviato sia al Comune sia
all’assessore regionale all’Ambiente, che l’altro giorno ha presieduto il
«tavolo istituzionale» sulla Ferriera senza renderli noti.
Nel medesimo testo, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, si
avverte: «Questa Azienda, anche qualora vi sia una sola persona che abita
nella zona limitrofa a una stazione di misurazione, ritiene indispensabile
che presso la stazione stessa vengano rispettati i limiti di legge». Ciò
per rispondere alla Lucchini che contestando il posizionamento delle
centraline faceva anche valere la scarsa residenzialità nell’area.
«I cittadini - ribatte Alessandro Metz, consigliere dei Verdi che prosegue
in una intensa azione di denuncia sull’inquinamento a Servola - hanno il
preciso diritto di essere messi a conoscenza dei dati ambientali che
possono avere effetti negativi sulla propria salute, se vengono secretati
si provoca appunto l’’’allarme sociale’’ che si dice di voler evitare,
viceversa se i dati sono allarmanti non si risolve il giustificato allarme
nascondendo gli elementi di valutazione, ma rispondendo in maniera
efficace».
Mentre Igor Kocijancic, consigliere regionale di Rifondazione, e Paolo
Hlacia, responsabile lavoro dello stesso partito, s’interrogano sulle
reali condizioni di sicurezza all’interno della fabbrica dopo il disastro
dei morti alla «Tyssen Krupp» di Torino («la concessione di una
Autorizzazione integrata ambientale a un’azienda che ha dichiarato di
voler arrivare alla chiusura degli impianti significa aumentare i rischi e
i pericoli per i lavoratori»), Metz chiede conto anche di altre cose:
«Perché non si verifica quello che è stato sversato nella vasca di
raffreddamento dell’ex acciaieria nel 2005 (di notte e da personale
fidato) e poi ’’tombato’’ con una gettata di cemento? O l’amianto
interrato nel terreno di proprietà dell’azienda, o ancora il milione e 200
mila tonnellate di rifiuti presenti in un capannone di cui non è chiara la
provenienza e la proprietà, perché non si fanno analisi sull’avanzamento
del piano di costa di 70 metri fatto dagli scarti di produzione e buttati
a mare?».
g.z. |
Campagna contro gli sprechi
d’acqua - L’iniziativa è promossa dalla Provincia e da AcegasAps e rivolta
ai giovani |
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Il cittadino è il protagonista
della campagna sulla risorsa acqua promossa dalla Provincia di Trieste e
da AcegasAps in collaborazione con Achab Triveneto.
Nei prossimi mesi sarà distribuito materiale informativo alle singole
utenze del materiale informativo e aperti alcuni info-point di
sensibilizzazione sulla risorsa idrica destinati agli abitanti. In
particolare sarà possibile ottenere preziose indicazioni sull'uso
razionale della risorsa idrica in casa, limitando gli spreghi e preferendo
comunque l'acqua dell'acquedotto a quella imbottigliata.
«Siamo abituati a dire facile come bere un bicchiere d'acqua - ha detto
Dennis Visioli, assessore all'Educazione ambientale della Provincia -
perché è un atto che fa parte della nostra vita dall'infanzia alla
vecchiaia. Ne parleremo con i cittadini del nostro territorio perché sia
anche un atto sano e ragionato».
Gli obiettivi principali di questa iniziativa consistono nel dare le
informazioni necessarie a consentire una scelta consapevole dell'acqua da
bere; per aumentare il grado di consapevolezza e di fiducia sull'acqua;
per educare ad un uso razionale della risorsa idrica; per limitare la
produzione di rifiuti da imballaggio e per informare la cittadinanza sul
servizio idrico.
Materiale didattico rivolto ai giovani delle scuole sarà predisposto a
breve sui siti internet della Provincia di Trieste
(www.provincia.trieste.it) e di AcegasAps. |
Protesta a Villa Decani
contro la Kemiplas - Manifestazione oggi degli abitanti della zona:
«L’impianto va chiuso» |
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Il Comune
di Capodistria adirà le vie legali. È venuto meno l’accordo sulla
dismissione dell’impianto chimico
CAPODISTRIA Gli abitanti di
Villa Decani, pochi chilometri da Capodistria, non ne possono più: stamane
alle 10 daranno vita a una manifestazione di protesta davanti ai cancelli
della fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas».
I maniferstanti chiederanno due cose: l'immediata chiusura dell'impianto e
un intervento deciso dell'Ispettorato e del ministero dell'Ambiente. «Non
abbiamo più intenzione di permettere che si continui ad avvelenare
l'ambiente nel quale viviamo», spiega la presidente della Comunità
d'abitato di Villa Decani Ingrid Kocjancic.
La protesta è l'ennesimo tentativo degli abitanti del luogo di sollecitare
la chiusura e lo smantellamento dell'impianto. Se la situazione non
dovesse cambiare, non escludono il ricorso ad azioni di disubbidienza
civile.
La battaglia sul futuro della «Kemiplas» si fa dunque sempre più dura. Il
Comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di raggiungere un
accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica, ha annunciato di
recente il ricorso a vie legali.
Da diversi giorni – e l'iniziativa andrò avanti anche dopo Capodanno –
l'amministrazione comunale sta raccogliendo i dati delle persone che si
ritengono danneggiate dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica per
preparare una causa collettiva contro la «Kemiplas». Per tutte le
procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 è già stato
previsto uno stanziamento di 120 mila euro.
Il ricorso alla giustizia contro la fabbrica è stato annunciato
personalmente dal sindaco Boris Popovic.
Nella denuncia contro la «Kemiplas», il Comune di Capodistria, che sarà
rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, chiederà direttamente la
sospensione dell'attività produttiva.
Le autorità comunali intendono inoltre procedere alla modifica del piano
urbanistico per l'area dove si trova la fabbrica in modo da vietare questo
tipo di produzione. Un modo per evitare che rientri dalla finestra quel
che si vuole far uscire al più presto dalla porta.
In quest’area, nota come Bivio, secondo i responsabili
dell'amministrazione comunale capodistriana si potrebbe dar vita a
un'attività economica che non danneggi l'ambiente e sia accettata dagli
abitanti del luogo.
Quanto al centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica, a
Capodistria sono convinti che potrebbero trovare una nuova occupazione
nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».
Secondo la direzione della fabbrica, però, la «Kemiplas» ha tutte le carte
in regola per continuare a prodirre, e, dati alla mano, i dirigenti dicono
che lo stabilimento non inquina oltre i valori consentiti dalla legge.
«Non abbiamo nulla da nascondere – ha dichiarato alcuni giorni fa il
direttore dell'impianto di Villa Decani, Muharem Kadic - produciamo 30
mila tonnellate di anidride dell'acido ftalico all'anno, che vengono
esportate in Austria, Germania, Croazia e Italia». E' una sostanza che
viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici, come coloranti,
insetticidi, plastificanti e farmaci.
Kadic non esclude, per il futuro, lo smantellamento dell'impianto, ma per
ora non ci pensa: la spesa ammonterebbe a 10 milioni di euro, e la «Kemiplas»
non ha intenzione di sostenerla da sola.
Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica sembrava ormai risolta,
dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione della «Kemiplas»,
accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto, ma
poi è venuto a galla che la societa' madre, la tedesca «Kemokopleks», ha
dichiarato fallimento, per cui delle sue proprietà, e dunque anche
dell'impianto di Villa Decani, al momento dell'accordo poteva disporre
soltanto il curatore fallimentare, e non anche i dirigenti locali della
fabbrica. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 21 dicembre 2007
«Aia, la Ferriera dia
garanzie» E il consiglio regionale si spacca - Intanto Metz contesta
l’analisi di Moretton e la non diffusione dei dati ambientali |
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Sull’odg di
Fortuna Drossi 20 voti a favore e 20 contro
Venti voti favorevoli, venti
voti contrari. E l’ordine del giorno sulla Ferriera presentato ieri in
consiglio regionale da Uberto Fortuna Drossi (Cittadini) non passa. Il
documento chiedeva maggiori garanzie per la concessione dell’Autorizzazione
integrata ambientale, il cui testo è ancora all’esame dell’Ufficio legale
della Regione, e soprattutto che a fronte degli interventi tecnici richiesti
dalla Conferenza dei servizi per abbattere l’inquinamento si imponesse alla
Lucchini il pagamento di una cauzione, da scalare via via che i lavori
fossero arrivati a compimento.
Nel contempo Fortuna Drossi chiedeva un preciso piano dei tempi e dei costi
delle modifiche e stigmatizzava recenti affermazioni di Dipiazza («La
Ferriera si chiuderà da sola») affermando che così il sindaco «si
deresponsabilizza, mentre la salute dei cittadini è di sua competenza». In
aula è stato sottolineato che se l’azienda si dimostra inadempiente rispetto
agli obblighi dell’autorizzazione c’è la possibilità di sequestrare gli
impianti. E comunque al momento del voto il consiglio si è spaccato
esattamente a metà.
Contesta invece le valutazioni che l’assessore all’Ambiente Moretton ha
diffuso ieri a chiusura del «tavolo istituzionale» il verde Alessandro Metz
(sottolineando anche che «a norma di legge regionale sull’accesso dei
documenti amministrativi non può secretare dati che riguardano la tutela
dell’ambiente e la salute dei cittadini»): «Quando si parla di 200 milioni
di euro per pagare i costi delle bonifiche del Sito inquinato di interesse
nazionale e del relativo Accordo di programma - dice Metz - si parla di
altre zone, pubbliche, e non delle contaminazioni provocate dalla fabbrica,
del resto è noto che la Ferriera non solo ha manifestato l’intenzione di
affrontare autonomamente i lavori di bonifica del sito, ma a tutt’oggi (come
reclamato anche dal ministero) non ha presentato un piano di messa in
sicurezza, né un progetto di massima e certamente dovrà corrispondere
all’erario il risarcimento per danno ambientale che è stato preannunciato».
Ma la Ferriera ha già contestato al Tar l’ultimativa richiesta ministeriale
di analisi sui terreni demaniali.
g.z. |
Il Comune dà via libera al
piano antenne chiesto lo spostamento per 5 ripetitori |
|
Confermata
la necessità di una distanza minima tra gli impianti e le scuole e gli
ospedali Il «piano
antenne» ha ottenuto l’approvazione del Consiglio comunale e Trieste dispone
finalmente di uno strumento per la localizzazione degli impianti radiobase
di telefonia mobile. Sul territorio, fino a oggi, ne sono già stati
installati 196. «Nel 2004 erano 114, poi in un anno si è verificato un
autentico boom», ha osservato il consigliere d’opposizione Alessandro
Minisini (La Margherita).
All’interno del piano, che definisce i requisiti legati all’installazione,
si specifica la differenza fra zone idonee, non idonee e siti sensibili,
ovvero asili, scuole, ricreatori, oratori, strutture assistenziali e
ospedali. Riguardo a queste ultime aree, è stato sottolineato come attorno
al perimetro delle stesse si debba identificare un campo d’attenzione pari a
50 metri. Fra gli emendamenti approvati spicca quello con cui il Comune «si
impegnerà con i gestori a tentare di spostare le cinque antenne al momento
considerate più impattanti, ovvero quelle di via Sara Davis, via Nazionale a
Opicina, via Masaccio (sotto Longera), piazzetta Belvedere e via del
Lazzaretto vecchio», ha confermato Bruna Tam (La Margherita). Il documento
non è retroattivo, ma potrà determinare indirettamente dei cambiamenti di
localizzazione quando i gestori richiederanno dei lavori di adattamento
legati al progresso tecnologico.
Va sottolineato come il lavoro abbia coinvolto, oltre alla sesta commisione
consiliare, all’assessorato all’urbanistica e allo studio architettura
Gambirasio, anche un pool di cui hanno fatto parte Arpa e azienda sanitaria,
i gestori della telefonia mobile, le associazioni ambientaliste, gli ordini
professionali, le associazioni di categoria, le circoscrizioni e i comitati
di cittadini. A sottolinearlo è l’assessore Maurizio Bucci (Forza Italia):
«È stato un ottimo lavoro, lungo e frutto della concertazione fra diverse
realtà del territorio. Mi pare vi sia stata pure la giusta mediazione negli
emendamenti proposti, per evitare che il documento possa essere impugnabile
dai gestori, come capitato tre anni fa (quando il Tar aveva fermato il
piano, ndr)». Il lavoro comune con cui si è giunti alla fumata bianca «ha
determinato il nostro voto favorevole al piano», ha puntualizzato Fabio
Omero, capogruppo dei Democratici di sinistra in Consiglio comunale.
A fargli eco pure il collega forzista, Piero Camber: «Era un piano
necessario, credo che la soddisfazione sia stata generale. Inoltre,
quotidianamente i dati verranno pubblicati sul sito Internet del Comune,
dopo essere stati monitorati».
Mentre Roberto Decarli (Cittadini per Trieste) ha osservato come «la tutela
e la cautela tanto proclamate relative all’installazione di questi impianti
viene superata dagli interessi delle compagnie che gestiscono il servizio
della telefonia mobile»
ma.un. |
Tav, altolà sul tracciato da
9 sindaci Sonego: a gennaio si dovrà decidere |
|
Incontro fra
la Regione e i primi cittadini della Bassa friulana che presentano un
documento
CERVIGNANO Nuovo tracciato ferroviario della Tav, è scontro aperto tra
Sonego e nove sindaci della Bassa Friulana. Questo il verdetto dell’incontro
tenutosi ieri pomeriggio a Cervignano, in cui non sono mancati momenti di
tensione tra il rappresentante della giunta regionale e alcuni sindaci di
centrosinistra da una parte, e il gruppo di amministratori dissidenti
dall’altra, in gran parte riconducibili al centrodestra. Lo stesso assessore
Lodovico Sonego ha individuato nelle logiche meramente politiche l’origine
della frattura: «I sindaci del Centrodestra, guidati da Mario Pischedda - ha
attaccato in una nota - hanno tentato di far saltare il banco riportando la
discussione sulla ferrovia Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) a prima di un
anno fa, con un documento ostruzionistico dal taglio tutto politico». «La
strategia del Centrodestra è evidente: dilazionare i tempi, sollevare
problemi pretestuosi, ricorrere ad argomenti pseudotecnici con l'unico
obiettivo di impedire la nuova ferrovia del Corridoio V». Tagliente la
conclusione: «Il Centrodestra è contro la modernizzazione del Friuli Venezia
Giulia e del Paese. La Regione è di opinione diversa. Si tratta di
accelerare il confronto tecnico e politico per individuare la soluzione
progettuale più adeguata. Il risultato positivo è a portata di mano e non
bisogna sprecare l'occasione: ci si rivedrà il 15 gennaio con l'intento di
chiudere l'intesa in tempi brevi». Sonego auspica chiaramente un decollo
della situazione che porti alla definizione del progetto entro gennaio, «il
mese delle decisioni» come lui stesso ha rimarcato. I nove sindaci della
Bassa Friulana invocano viceversa uno slittamento delle operazioni al fine
di analizzare tutte le soluzioni in modo puntiglioso. Proprio Pischedda
replica a Sonego rincarando la dose: «E’ stato lo stesso assessore a
esasperare i toni e definire il nostro documento, assolutamente in linea con
le richieste degli ultimi mesi, un atto che procura un vulnus al tavolo
tecnico. Il suo è un gesto, programmato e grossolano, per scaricare su di
noi tutte le colpe. In questo modo potrà sostenere la tesi per cui da parte
sua c’è stata la volontà di allacciare un canale comunicativo efficace, e
solo la nostra miopia ha vanificato il suo sforzo. Da parte mia, ritengo che
gli interventi veementi di alcuni sindaci (chiaro riferimento a Duz di
Torviscosae Del Frate di San Giorgio, nda) rientrino nell’ambito di un piano
partorito alla vigilia. Sonego è determinato a calpestare le richieste del
territorio? Proceda pure, poi però si assumerà le sue responsabilità. Che a
quel punto saranno, inevitabilmente, politiche».
A firmare nero su bianco il documento della discordia sono stati i sindaci
di Villa Vicentina, Aiello, Bagnaria, Palazzolo, Palmanova, Pocenia,
Porpetto, Ronchis, e Teor. La prima, essenziale, richiesta avanzata è che «Rfi
dichiari le specifiche tecniche desiderate per il tracciato, o si adegui a
quanto deciso dagli organi deputati alla gestione del territorio». Ancora,
invitano la Regione a «non riconoscere come controparte all'interno del
gruppo tecnico di lavoro Rfi». I firmatari ritengono «inaccettabile che dopo
mesi di discussione e di presenza continua di responsabili della spa
all'interno del gruppo tecnico, gli stessi, nel corso dell'ultima seduta,
abbiano dichiarato, a margine dell'incontro, che loro intendono comunque
realizzare un tracciato ad alta velocità, in evidente contrasto con le
scelte prese in esame». Al secondo punto i sindaci ribadiscono la necessità
di continuare gli approfondimenti di tutti i tracciati presentati dai
tecnici. «Solo successivamente - ritengono - si potrà procedere con
l'approvazione o meno di ogni singolo tratto, che andrà quindi a formare una
delle possibili alternative da studiare nella valutazione di impatto
ambientale propedeutica alla redazione dell'eventuale nuovo progetto
preliminare. Si ricorda infatti che avevamo concordato sull'opportunità di
iniziare la fase di approfondimento proprio dal tracciato centrale, ma mai
avevamo pattuito che tutti gli altri tracciati sarebbero stati
definitivamente scartati». Motivo per cui viene chiesta la proroga
dell'incarico ai tecnici e la partecipazione al gruppo di lavoro di
rappresentati Anas e Autovie Venete.
Giovanni Stocco |
Arriva in giunta il via
libera alla vetreria - Oggi esecutivo a Palmanova
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TRIESTE Via libera alla vetreria
di San Giorgio di Nogaro e diritto di opzione su oltre settemila azioni di
Promotur del valore di quasi 4 milioni di euro. Sono questi i provvedimenti
più importanti della giunta regionale odierna, in programma nel pomeriggio a
Palmanova. L’esecutivo, tramite l’assessore Gianfranco Moretton, si dovrebbe
pronunciare oggi sulla compatibilità ambientale del progetto per la
costruzione di un impianto di produzione di vetro float nella zona
industriale di San Giorgio di Nogaro. Impianto della Sangalli Italia. Il
parere sarà favorevole, anche perché il progetto è già stato approvato dalla
commissione Via regionale. I malumori comunque non mancheranno, in prima
fila quelli di Verdi e ambientalisti. Si tratta di un impianto che andrà a
produrre lastre di vetro a ciclo continuo 24 ore su 24 per 365 giorni
l’anno. Il vicepresidente porterà all’attenzione della giunta anche
l’approvazione dell’elenco annuale dei lavori pubblici (secondo la legge 14
Disciplina organica dei lavori pubblici), l’assegnazione di anticipi per
circa 10 milioni di euro per interventi di edilizia sovvenziona alle ater di
Gorizia (3,8 milioni) e Trieste (6,4 milioni). Altre delibere riguardano la
situazione delle servitù militari. In ambito finanziario la giunta,
attraverso l’assessore Michela Del Piero, si prepara ad esercitare il
diritto di opzione, con relativa autorizzazione di spesa, per la
sottoscrizione di 7744 nuove azioni ordinarie di Promotur (da nominali) del
valore complessivo di 3.999.466 (516,46 euro l’una). La giunta dovrà inoltre
recepire il patrimonio stradale trasferito dallo Stato alla Regione.
L’assessore Roberto Antonaz invece, oltre alle delibere sulle variazioni di
bilancio dell’azienda speciale di Villa Manin e dell’Arlef, porterà le
modifiche all’intesa Stato Regione (come da indicazione dello Stato) per la
fondazione di Aquileia. «L’atto costitutivo lo sta elaborando un notaio di
Trieste – spiega l’assessore – e andrà approvato da comune di Aquileia e
Provincia di Udine. Credo che a gennaio saremo in grado di nominare
presidente e consiglio di amministrazione». Tra le delibere di sanità, la
giunta dovrebbe adottare quelle di autorizzazione e accreditamento delle
strutture pubbliche e private di medicina del lavoro, nefrologia e dialisi e
provvedere all’analisi del rendiconto economico fino a settembre di quest’anno.
Approvazione del bilancio dell’ente parco naturale delle Prealpi Giulie, su
proposta dell’assessore Marsilio, mentre l’assessore Jacop darà il via
libera alla preparazione del materiale informativo in vista delle elezioni.
Naturalmente in più lingue,come è prassi: oltre all’italiano, sloveno,
friulano e tedesco. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 20 dicembre 2007
Ferriera, forse sforamenti:
la Regione secreta i dati - Alla ripresa dei lavori del tavolo
istituzionale il comunicato ufficiale della Regione non riporta i risultati
dell’Arpa |
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Il «tavolo
istituzionale» non diffonde i risultati Arpa: voci ufficiose parlano di
inquinamento da polveri sottili e benzoapirene oltre i limiti
Accordo di
programma entro fine anno: stanziate risorse per 200 milioni
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Sforamenti di polveri sottili e
una media di benzoapirene di quattro volte superiore ai limiti nel
territorio di Servola nel mese di dicembre: sarebbero questi i dati
presentati ieri nella riunione del «tavolo istituzionale» sulla Ferriera che
ha ripreso i propri lavori dopo la chiusura di quelli relativi
all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Forma dubitativa, dal momento
che da quella riunione non è uscita alcuna informazione ufficiale, l’unica
alla quale la Regione si richiama obbligando i partecipanti a non riferire
il contenuto della discussione.
L’incontro era guidato dall’assessore Gianfranco Moretton che si affida solo
a un comunicato ufficiale nel quale non sono citati i dati riferiti
dall’Arpa. L’assessore all’Ambiente, e vicepresidente della giunta, ha
rimarcato invece che «le problematiche legate al disinquinamento dell’area
riguardano non solo la Ferriera ma tutto il Sito inquinato di rilievo
nazionale, una competenza diretta del ministero dell’Ambiente con il quale -
dice la nota regionale - la Regione collabora pienamente». È annunciata per
fine anno l’approvazione dell’Accordo di programma tra Regione, dicastero
dell’Ambiente, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità
portuale. Ci sono risorse «pari a 200 milioni di euro per la complessiva
opera di disinquinamento». Il che è anche una risposta alle intimazioni
dello stesso ministero, che ha denunciato come inadempiente agli impegni
presi la Ferriera di Servola.
La delibera per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale
(«strumento ’’garantista’’ ha sottolineato Moretton) è però ancora all’esame
dell’Ufficio legale della Regione e sarà valutata entro fine anno. Prossima
riunione del «tavolo» entro metà gennaio.
Intanto, a seguito delle notizie secondo cui mancano attualmente i 160 mila
euro per realizzare le analisi sull’eventuale accumulo di diossine nei
residenti del quartiere reagisce il consigliere dei Verdi, Alessandro Metz:
«La loro richiesta, specie di fronte a una analisi annunciata, è
assolutamente fondata, visto che la stessa Azienda sanitaria ha di recente
evidenziato rischi elevati per la salute pubblica». Metz si dice «sorpreso»
dal fatto che l’Azienda sanitaria parli di «procurato allarme sociale»
rispetto alle richieste dei cittadini («vengono così richiamate pratiche di
controllo sociale disciplinari e repressive»), senza i quali, afferma, «non
si sarebbero mai scoperte la situazione reale a Porto Marghera e i casi di
mesotelioma correlati all’amianto». Metz si è già dichiarato contrario -
come il Comune di Trieste - al rilascio dell’Aia, ritenendo «poco affidabile
fin qui il comportamento dell’azienda in termini di ambiente». Il presidente
della commissione regionale Urbanistica, Uberto Fortuna Drossi, ha invece
presentato un ordine del giorno con cui chiede che l’Aia sia il frutto di un
più vincolante Accordo di programma e che alla Lucchini sia imposta una
cauzione proporzionale al costo degli interventi correttivi da realizzare
nella fabbrica. Una cauzione, dice, da scalare via via che gli impianti
vengono adeguati.
g. z. |
Nuove discariche abusive a
Cattinara - Nonostante i continui interventi di pulizia la gente
abbandona rifiuti di ogni genere |
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Immondizie e
detriti nella fascia verde che costeggia la statale 202 e nella zona
superiore del rione di Campanelle
Battaglia
(Quinta circoscrizione): «Presenteremo un documento al Comune»
Nella zona verde che costeggia
la strada statale 202 sono nuovamente sorte alcune discariche abusive. È
sufficiente allontanarsi di qualche passo dal margine dell’arteria rendersi
conto della presenza di cumuli di immondizia.
La maggior parte della sporcizia si concentra a ridosso di una piazzola di
sosta, vicino al viale d’accesso di un terreno privato. Tra gli alberi sono
stati abbandonati oggetti di ogni tipo e dimensione. I più evidenti sono
elettrodomestici, mobili e materassi, ma ci sono anche materiali edilizi di
scarto, provenienti con tutta probabilità da lavori di costruzione o
ristrutturazione.
Inoltre, se d’estate le foglie e i cespugli rendono impossibile capire cosa
si celi dietro le fronde, in questa stagione si riconoscono senza fatica
motocicli, copertoni d’automobile, televisori, porte e infissi, il tutto
circondato da sacchetti di plastica e cassette della frutta.
Nonostante i continui interventi di pulizia, alcuni dei quali effettuati
recentemente, qualcuno continua a liberarsi dei propri rifiuti ingombranti
lasciandoli sul ciglio della strada, oppure spingendoli lungo il fianco
della collina.
«Si tratta di un problema tipico della zona sotto Cattinara e della parte
superiore di Campanelle – spiega il coordinatore della commissione
urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia -. In passato
sono stati effettuati sopralluoghi nell’area per controllare le condizioni
degli alvei dei rii. Ora valuteremo anche la presenza di immondizia e
detriti. Dopo aver definito con precisione quali siano le dimensioni del
fenomeno, verrà elaborato un documento che sarà, poi, presentato al Comune».
I punti maggiormente utilizzati per gli scarichi abusivi si trovano ai
margini del territorio di competenza del parlamentino. Verrà quindi
rafforzata la collaborazione tra la Quinta e la Settima circoscrizione. «La
cooperazione porterà risultati positivi sotto diversi punti di vista –
commenta Nattaglia -. Inoltre, in questo modo, potrà esserci una maggiore
sorveglianza della zona».
Concorda il presidente del settimo parlamentino, Andrea Vatta, che vede
favorevolmente lo scambio di informazioni e dati tra le due assemblee
rionali per risolvere tali problematiche. «In passato si sono già svolti
riunioni e consigli congiunti, proprio su tematiche ambientali, che
coinvolgono un territorio esteso. Il risanamento e la tutela di aree verdi e
torrenti sono problemi reali, e come tali meritano di essere affrontati con
la massima attenzione e serietà».
Della questione si occuperà anche la commissione ambiente della Settima
circoscrizione, il cui coordinamento è stato recentemente assunto dal
consigliere della Margherita Michele Maier, il quale ha già dato la propria
disponibilità a collaborare con i colleghi degli altri parlamentini.
Per combattere la formazione di discariche abusive l’Acegas-Aps ha attivato
da molto tempo sul territorio provinciale sette punti di raccolta per i
rifiuti ingombranti, nei quali è possibile conferire gratuitamente quasi
tutti i tipi di oggetti dei quali ci si vuole disfare.
Mattia Assandri |
Di Pietro affida la terza
corsia all’Anas - Accordo tra i tecnici di Italia e Slovenia
sull’ipotesi di tracciato del Corridoio V. Sarà la tratta a Sud |
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Vertice con
il ministro delle Infrastrutture a Trieste. Salta la proposta di nomina del
commissario: accordo finale con Illy sull’incarico al presidente Ciucci
TRIESTE Terza corsia
dell’autostrada, il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro affida
all’Anas la gestione del progetto di realizzazione come in Veneto, ma allo
stesso tempo «apre» alla proposta del presidente della regione, Riccardo
Illy, che per accelerare i tempi e le procedure aveva chiesto un
commissario. Non ci sarà una nuova figura in questo senso ed eventualmente
«lo farà lo stesso presidente dell’Anas il commissario se davvero accelera
le procedure». Di Pietro lo ha detto ieri a Illy durante un incontro a cui
era presente lo stesso presidente dell’Anas Pietro Ciucci e poco dopo, alla
riunione della prima Commissione intergovernativa italo-slovena, ha
annunciato che «sarà pronto entro giugno 2008» lo studio di fattibilità
della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia della linea di alta
velocità/alta capacità del corridoio V, Lione-Kiev. Un vertice ad altissimo
livello, alla vigilia della caduta dei confini, tutto concentrato sulla
logistica e i trasporti alla presenza delle due delegazioni di tecnici
italiani e sloveni delle Ferrovie e coordinato oltre che da Di Pietro e Illy,
dal vice ministro dei Trasporti sloveno Peter Verlic e dallo stesso
coordinatore del progetto del Corridoio V, Jan Brinkhorst. Di Pietro visto
l’immininente passaggio della presidenza semestrale dell’Unione europea alla
vicina Repubblica, ha proposto di affidare alla Slovenia anche la presidenza
della Commissione intergovernativa. E ieri i tecnici sloveni e italiani si
sono accordati anche sul «tracciato» definitivo del Corridoio V scegliendo
quello che è giudicato migliore e che tra l’altro aveva visto d’accordo i
ministri sloveno e italiano al termine di un vertice lo scorso luglio. Oggi
da segnalare un incontro tra l’assessore regionale ai trasporti Lodovico
Sonego e i sindaci della Bassa Friulana per trovare un accordo sul
tracciato.
Ma è soprattutto sul versante dell’emergenza e dunque sul fronte
autostradale, che si sono visti i risultati dagli incontri tra Illy e Di
Pietro. Il vertice a margine della Commissione intergovernativa, da quanto
si è potuto apprendere, era iniziato in maniera bollente quando il
presidente ha ribadito al ministro la richiesta di un commissario per
velocizzare la realizzazione della terza corsia autostradale. Di Pietro,
confermando le scelte fatte in Veneto, ha subito dichiarato la sua
contrarietà al commissario. Ma poi si è convinto della tesi di Illy che ha
spiegato al ministro che non si trattava di istituire una nuova «poltrona»
quanto di trovare una sopluzione per velocizzare al massimo tempi e
procedure di realizzazione. A quel punto, spiegano fonti attendibili, lo
stesso Illy avrebbe detto a Di Pietro che se c’era la necessità di lasciare
il coordinamento all’Anas il commissario poteva farlo lo stesso vertice se
ciò agevolava il progetto.
Su questo punto è stata trovata l’intesa tra Illy e Di Pietro che hanno
anche concordato di inserire un articolo ad hoc nel prossimo aggiornamento
del protocollo d’intesa tra Regione e Governo.
«Non possiamo accettare che i ruoli che spettano ai ministeri e all’Anas
siano fatti da soggetti diversi, sarebbe un fallimento – ha spiegato Di
Pietro – siamo disponibili da sempre affinchè le procedure siano le più
abbreviate possibili nel rispetto delle popolazioni locali. Ribadiremo in un
apposito protocollo: se si tratta di individuare il commissario per
l’accelerazione delle procedure e se davvero le aumenta rispetto alla legge
obiettivo noi possiamo prevederlo questo commissario. A patto che che lo
faccia il presidente dell’Anas». Da registrare anche la richiesta a Di
Pietro da parte della Regione di una «riflessione» per il trasferimento di
ulteriori 200 chilometri di strade Anas a ridosso dei confini, dopo i 700
già trasferiti e che ha visto la costituzione di una società, la Friuli
Venezia Giulia strade.
Definito questo punto il ministro si è dedicato ai lavori della Commissione
intergovernativa. E proprio ieri le delegazioni tecniche, slovena e
italiana, hanno confermato l’accordo su un’ipotesi di tracciato del
corridoio V nel tratto trasfrontaliero Trieste-Divaccia. In realtà quella di
ieri è stata la conclusione di un precedente incontro tra le due delegazioni
che stanno lavorando a fondo sul tracciato. «Sono state analizzate varie
ipotesi ma quella scelta è sempre risultata la migliore – conferma Mario
Goliani, direttore compartimentale delle Ferrovie e responsabile del
progetto per la parte italiana – ed è la tratta inserita ufficialmente nella
domanda di finanziamento presentata congiuntamente da Italia e Slovenia». Il
tratto ferroviario, denominato tratta Sud, sprofonda in galleria e dopo
Trieste passa in Slovenia atraversando la zona tra Pesek e Draga Sant’Elia,
fa un’ampia curva verso sud e poi si riunisce con un’ulteriore controcurva a
Nord della valle dell’Ospo, sotto San Servolo, e va sul tracciato della
Capodistria Divaccia, proprio sul by-pass.
«Il compito della Commissione intergovernativa è quello di individuare la
progettazione del tratto transfrontaliero e le azioni da intraprendere per
condividere copn il territorio la realizzabilità. Abbiamo ottrenuto assieme
alla Slovenia i primi fondi dall’Ue, oggi inizia il lavoro per il crono
programma – ha detto Di Pietro – c’è la volontà politica chiara ed evidente
che vogliamo lavorare assieme e trovare nel trattato un punto di incontro».
Sulla stessa linea il viceministro Vrlic: «Sono convinto che i lavori della
commissione saranno molto efficaci per rendere operativo il progetto».
Giulio Garau |
LA REPUBBLICA -
MERCOLEDI', 19 dicembre 2007
Clima, "il catastrofismo non
serve" - Verità
e speranza nella morsa di media e politica
Ormai quasi
nessuno nega i pericoli del riscaldamento globale - Crescono però i dubbi sui
toni ipercatastrofisti usati nella divulgazione
L'Ipcc: "Minaccia seria, ma non è
vero che rischiamo l'estinzione" - Realacci: "Il pessimismo non paga, serve solo
per coprire l'inerzia"
ROMA - Fosse stato un Nobel per la fisica o la medicina, non sarebbe
potuto accadere. Non avrebbero mai potuto essere premiati insieme due scienziati
che dicono cose diverse tra loro. Il Nobel per la pace invece è tutta un'altra
storia e nessuno si è meravigliato che il riconoscimento sia andato
contemporaneamente ad Al Gore e all'Ipcc. Eppure l'ex vicepresidente
statunitense e il comitato scientifico messo insieme dall'Onu per studiare i
cambiamenti climatici affermano cose molto differenti.
Le iperboli dei premier. A sottolineare la contraddizione è stato
recentemente David Henderson, ex economista capo dell'Ocse,
in un
articolo pubblicato sull'ultimo numero di Limes. Henderson se la
prende in particolare con tutti quei leader politici che come Gore hanno alzato
eccessivamente i toni nel grido di allarme per i cambiamenti climatici. Si va da
Tony Blair, che nel 2006 afferma "abbiamo solo 10-15 anni per adottare le misure
necessarie per scongiurare la catastrofe", a Nicolas Sarkozy che nel maggio
scorso, poco prima di insediarsi all'Eliseo, dichiara: "Ad essere in gioco è il
destino stesso dell'umanità".
Dichiarazioni davanti alle quali Henderson scuote la testa: "Non è ai rapporti
dell'Ipcc che queste affermazioni si rifanno, si tratta, in realtà, di audaci
estrapolazioni, con una forte connotazione congetturale. Esse sono però in
sintonia con il pensiero di buona parte dell'opinione pubblica".
"Minaccia seria, ma non è la fine del mondo". Un'osservazione che
Vincenzo Artale, fisico oceanografo dell'Enea e uno dei pochi climatologi
italiani presenti nell'Ipcc, sottoscrive. "Il riscaldamento globale - dice - è
un problema serio, che rischia di innescare in futuro dinamiche molto
pericolose, ma parlare di civiltà umana sull'orlo dell'estinzione e di rischi
per la sopravvivenza del genere umano, come sento dire da più parti, al momento
è assolutamente prematuro. Bisogna intraprendere tutte le strade indicate dall'Ipcc
per contrastare i cambiamenti climatici, anche perché si tratta di provvedimenti
dalle molteplici ricadute positive su ambiente, occupazione, democrazia,
distensione internazionale. Inoltre dobbiamo finanziare più generosamente la
ricerca scientifica per capire sempre meglio come funziona il clima e
anticiparne l'evoluzione. Parlare di catastrofe imminente non solo è fuorviante,
ma non fa bene alla causa di chi vuole davvero cambiare il corso delle cose".
La deriva del "climate
porn". L'Ippr (Institute for Public Policy Research), una fondazione
britannica di orientamento laburista, si è spinta ancora più in la, utilizzando
addirittura il termine climate porn, pornografia climatica, non per negare
l'esistenza del problema, ma per denunciare l'esagerato catastrofismo dei media.
Ma allora come si è arrivati a questo punto, come è stato possibile che un
severo e circostanziato allarme lanciato da un migliaio di scienziati si sia
trasformato in qualcosa di molto diverso? Le risposte possibili sono diverse e
riguardano tutti gli attori interessati dalla vicenda: mondo scientifico, mass
media, politica e movimento ambientalista, anche se in pochi sono disposti a
riconoscere le proprie responsabilità.
L'autodifesa della scienza. Sul mondo accademico pesa ad esempio il
sospetto di aver contribuito all'equivoco cercando di bucare con i toni
iperallarmisti il muro di omertà che ha circondato
a lungo le problematiche del riscaldamento globale e ottenere così più fondi per
la ricerca. Artale però non è d'accordo. "In Italia questa colpa la scienza
sicuramente non ce l'ha, per il semplice fatto che è mancato l'oggetto del
contendere: non ci sono fondi per il clima, tranne quelli del Piano Nazionale
del 2000, che certo sono stati distribuiti non in base agli strilli
catastrofisti. Ma credo che questo non sia accaduto neppure all'estero". Lo
scienziato italiano gira quindi la palla ai mass media. "Il dibattito - denuncia
- soprattutto in Italia dovrebbe essere portato su livelli più tecnici a non a
quelli da soap opera a cui stiamo assistendo".
Il futuro rubato dalla tv. Un problema che Antonio Scurati, scrittore e docente
di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo all'Università di Bergamo, ha
posto al centro di un articolo comparso ad ottobre su
Internazionale.
"Spesso - ha scritto - si sente dire che l'umanità non ha più un futuro perché
ha perso la capacità di immaginarselo. Viviamo con lo sguardo a terra,
schiacciato sul presente, indifferenti al passato e all'avvenire. Forse è vero.
È vero perché il nostro futuro appartiene ai signori dei media e a quelli della
guerra, che l'hanno già immaginato per noi. È vero non perché il futuro non
accadrà, ma perché, qualunque esso sia, sarà già accaduto. E tutto ciò che potrà
avvenire in questo tempo che ha smesso di muoversi in avanti sarà la guerra o la
catastrofe".
L'allarme che produce inerzia. A ispirare l'editoriale erano i venti
gelidi che soffiavano sulla crisi con l'Iran, ma Scurati è convinto che la
dinamica sia la stessa per quanto riguarda la crisi ambientale. "Il
moltiplicarsi di scenari catastrofici - spiega - fanno sì che ogni previsione
finisca per essere messa sullo stesso piano. C'è un invalidamento preventivo che
ci consente di pre digerire il problema, impedendo una risposta e un'assunzione
di responsabilità. Questa disposizione a premediare un ipotetico futuro, senza
necessariamente arrivare alla teoria del complotto, induce l'opinione pubblica a
passività e fatalismo. Un atteggiamento che oggettivamente avvantaggia chi ha un
interesse fortissimo a non intervenire, come gli Stati Uniti. L'allarme produce
inerzia anziché azione, è paradossale ma è così".
La tentazione catastrofista. E sempre restando nel campo del paradossale,
è possibile che a contribuire a questa situazione siano stati anche gli
ambientalisti, attraverso il facile ricorso, soprattutto in passato, a toni
catastrofisti? Ermete Realacci, uno dei leader storici dell'ecologismo italiano,
la pensa diversamente. "Il ricorso a toni apocalittici - risponde - è stata una
tentazione presente nella crescita dell'ambientalismo, ma non è un atteggiamento
efficace e io non vi ho mai fatto ricorso. Credo che il catastrofismo di oggi
abbia altre origini".
Tanto rumore per nulla. Realacci, che oggi è nel vertice del Partito
democratico, punta quindi il dito contro la politica. "Con l'innalzamento dei
toni si cerca soprattutto di coprire l'inadeguatezza della risposta politica. In
Italia poi, dove figure di primissimo piano come Berlusconi hanno assunto a
lungo posizioni negazioniste, il problema è ancora più serio. Abbiamo una
politica che oscilla tra proclami alti e un'azione scarsa, come quest'ultima
legge finanziaria che non è certo segnata da un'adeguata tensione sul contrasto
ai cambiamenti climatici".
Il futuro che non si vede. Il catastrofismo come un rumore di fondo che
mette quasi completamente a tacere qualsiasi spunto per l'ottimismo. E in questo
caso la scienza, da possibile carnefice si trasforma in vittima, con il suo
potenziale di speranza ridotto nel migliore dei casi a fare da contorno
marginale. Se il riscaldamento globale è una minaccia gravissima a benessere,
salute e stabilità, la scienza ha appena imboccato due strade come bioingegneria
e nanotecnologie che promettono potenzialità enormi per trovare soluzioni alle
nuove sfide.
La scienza che fa paura. Eppure di questo potenziale positivo nel
dibattito non c'è quasi traccia e spesso i progressi della ricerca vengono
vissuti come ulteriori motivi di angoscia. "E' vero, prevalgono i toni
apocalittici", dice Enrico Bellone, docente di Storia della scienza
all'Università di Milano e direttore del mensile Le Scienze. "Sui grandi canali
di comunicazione - aggiunge - è più facile la vita per le notizie a fortissime
tinte, rispetto alle informazioni e ai dati di matrice scientifica. Sul piano
delle notizie rende di più, in un paese scientificamente denutrito come il
nostro, parlare con enfasi sui pericoli (immaginari) connessi agli Ogm". Un
atteggiamento, prosegue Bellone, "che ha le proprie radici nell'evoluzione della
cultura italiana durante l'ultimo secolo, che ha sempre più spiccatamente visto,
nella razionalità scientifica, non una forma di cultura, ma una miscela di
servizi pratici e di paure".
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 19 dicembre 2007
FERRIERA - Analisi sui
servolani: mancano 160mila euro - E’ il costo dei test sull’accumulo
di diossine nei residenti pronto dal 2005 ma non finanziato
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Oggi i primi
risultati sugli esami ambientali e clinici per chi lavora nella cokeria.
Manifestazione dei comitati in piazza Oberdan |
I cittadini
chiedono prelievi per misurare l’assorbimento di metalli: «Non è detto che
si abbiano risultati utili ai fini della salute pubblica» |
I cittadini di Servola firmano
una petizione all’Azienda sanitaria per ottenere le stesse analisi sullo
stato di salute realizzate per i lavoratori della Ferriera, reparto cokeria
(di cui forse già oggi, giorno in cui si riunisce di nuovo anche il tavolo
regionale, si saprà qualche risultato) e il Dipartimento di prevenzione
risponde: «Per l’analisi sull’eventuale accumulo di diossine, già in
progetto da tempo, siamo pronti a partire ma il problema sono i soldi,
quest’analisi costerà 160 mila euro, misurare l’assorbimento di metalli e
benzoapirene è invece tutto un altro discorso, forse la domanda è perfino
mal posta, e comunque non si può prendere in considerazione prima di aver
visto l’esito delle indagini interne alla Ferriera».
ANALISI È dal 2005, quando dal camino della Ferriera uscì diossina, che
l’Azienda sanitaria propone l’analisi sull’accumulo di diossine. Progetto
discusso anche con la Regione, ma allora reso «invisibile» nei verbali.
Negli ultimi tempi dopo l’allarme inquinamento dell’aria è stato
ufficialmente riproposto.
DUE ANNI Sarebbero tecnicamente pronti a mettersi all’opera l’Azienda
sanitaria, il Burlo Garofolo, l’Istituto universitario di Medicina del
lavoro, l’Istituto di Igiene di Udine. Si trattarebbe di analizzare il latte
di 35-40 puerpere del Burlo abitanti a Servola e di altrettante abitanti in
zone non inquinate; contestualmente, di analizzare il sangue di una ventina
di operai del reparto di agglomerazione e di altrettanti lavoratori di zone
non inquinate. Durata totale prevista, fino alle statistiche: ben due anni.
I campioni sarebbero analizzati dal Consorzio interuniversitario nazionale
«La chimica per l’ambiente» di Marghera. Costo per campione: 980 euro più
Iva.
COSTI Ma il prezzo totale comprende anche altri esami da fare a Trieste e la
somma totale fa dunque 160 mila euro. Dovrebbe darli la Regione, che però ne
ha appena stanziati 300 mila per indagini ambientali in aree potenzialmente
cancerogene di tutto il Friuli Venezia Giulia. A oggi dunque non si sa se
Trieste sarà finanziata o no, visto che occorre la metà della cifra totale.
Ben che vada, ci vorrà comunque ancora molto tempo prima di arrivare al
punto concreto.
BENZOAPIRENE La gente a Servola (ieri i comitati hanno di nuovo manifestato
sotto il consiglio regionale) chiede verifiche come per i lavoratori della
Ferriera. Ma i medici del lavoro obiettano: «Prima dobbiamo verificare se
l’ambiente della fabbrica provoca un alto assorbimento di sostanze, tra cui
benzoapirene, e poi valutare se è il caso di estendere il sondaggio». Perché
se i valori nella cokeria risultassero relativamente contenuti, se ne
potrebbe dedurre che nel quartiere sono abbastanza bassi da non richiedere
specifici esami. Già oggi potrebbero esserci i primi risultati.
METALLI La petizione con le 110 firme esige un controllo sulla
concentrazione di metalli nel sangue. «Non abbiamo nemmeno i dati relativi
all’inquinamento del terreno - informa il Dipartimento di prevenzione - e
comunque non è detto che un po’ di manganese in più nel sangue significhi
malattia». A corredo del discorso letteratura scientifica, dove lo stesso
manganese come ferro, zinco, rame, vanadio, magnesio, cobalto, molibdemo e
stagno sono classificati «essenziali» (sono utili all’organismo). In
eccesso, però, provocano danni.
TERRORE «Per l’accumulo invece di metalli potenzialmente tossici, come
piombo, mercurio e cadmio la gente ha forse ragione, ma non ci sono esami
che permettano di valutare esattamente la soglia di pericolo per la salute».
Residenti di Servola nell’ultimo mese si sono presentati al Dipartimento di
prevenzione con un «foglietto» in mano in cui - racconta l’Azienda sanitaria
- c’era scritto che era urgente fare questi esami, che a Trieste nessuno li
esegue, era specificato che bisogna andare a Udine e si indicavano anche i
nomi di due medici». I sanitari hanno fortemente sanzionato questa forma di
attivismo: «È procurato allarme sociale, è fomentare il terrore nella
popolazione senza averne motivo».
DENUNCE Il foglietto di Servola è stato inviato come denuncia all’Ordine dei
medici («perché denotava abuso di professione medica, solo un medico può
ordinare esami») e anche alla Procura della Repubblica. Adesso il foglietto
è diventato una raccolta di firme ed è stato presentato in forma di
richiesta ufficiale.
Gabriella Ziani |
Filippo Giorgi replica agli
scettici del clima |
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«Mai nella storia del Nobel si è
creata tanta confusione fra politica e scienza. Al Gore nel suo film fa un
elenco di catastrofi improbabili previste dalla presunta scienza che gli sta
dietro. L'Ipcc pretende di fare delle previsioni quando il suo lavoro
assomiglia molto più a quello di una chiromante».
Giudizio senza appello quello di Guido Visconti, professore di fisica
dell'atmosfera, sull'ultimo numero di Limes, dedicato all'intreccio tra
crisi climatica ed energetica. E Visconti persevera nella sua vis polemica
sull'ultimo fascicolo del mensile «Le Scienze», facendo le bucce all'Ipcc,
Intergovernmental Panel on Climate Change, che il 10 dicembre ha ricevuto a
Oslo il premio Nobel per la pace assieme ad Al Gore, ex vice di Clinton alla
Casa Bianca.
«Il problema è che che questo genere di critiche vengono da chi non ha fatto
davvero ricerca sul clima, si tratti di chimici, oceanografi o fisici,
ribatte Filippo Giorgi, assurto agli onori di «Nobel triestino» n quanto
membro da cinque anni del bureau direttivo dell'Ipcc. «Conosco bene
Visconti, era mio professore all'Università dell'Aquila e siamo in buoni
rapporti personali. Ma è sempre stato un bastian contrario e non ha mai
lavorato a quei modelli su cui si basano gli studi sul clima. E magari gli
rode anche un po' di non far parte dell'Ipcc...»
E allora mettiamo in fila le risposte di Filippo Giorgi agli scettici del
riscaldamento globale. Eccole: «Può essere il Sole responsabile dell'aumento
della temperatura sulla Terra? No, perché la nostra stella ha semmai
diminuito la sua attività negli ultimi vent'anni. E il riscaldamento della
troposfera, la parte inferiore dell'atmosfera, e il raffreddamento della
stratosfera? Sono fenomeni compatibili con l'aumento dell'anidride
carbonica, che dilata l'effetto serra. Ma fino a che punto le simulazioni al
computer rappresentano il clima reale? In modo assai soddisfacente, e poi
non è vero che questi modelli simulano solo fenomeni semplici, lineari.
Davvero l'uomo provoca l'aumento della temperatura bruciando petrolio e
carbone? L'ultimo rapporto dell'Ipcc dà una certezza al 90-95 per cento. E
come mai alcuni prestigiosi scienziati hanno lasciato l'Ipcc? Il caso più
noto è quello di Richard Lindzen, illustre climatologo americano, il quale
nel 2001 criticò il fatto che dal «sommario per i decisori politici» erano
sparite le incertezze sui trend climatici presenti invece nel rapporto
finale. Ma un ”sommario” di diecipagine non può rispecchiare tutto quanto
c'è nelle mille pagine prodotte da ciascuno dei tre gruppi di lavoro dell'Ipcc.
Così ai miei colleghi scettici consiglio di leggersi i rapporti completi, e
non i ”sommari” per politici e media. Io non ho alcun dubbio nel dire che i
rapporti dell'Ipcc sono quanto di meglio oggi esiste nella letteratura
scientifica sul clima. Veri e propri libri di testo». |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 18 dicembre 2007
Richiesta di 110 servolani:
fateci i test sulla salute - Nella lettera citati gli sforamenti di
Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene |
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Hanno
scritto all’Azienda sanitaria per essere sottoposti a tutte le analisi
cliniche
La proposta
si collega ai controlli effettuati su un campione di 50 operai della
Ferriera e sulle mamme in fase di allattamento
«E adesso fate le analisi anche
a noi». È la richiesta all’Azienda sanitaria di 110 cittadini che risiedono
vicino alla Ferriera di Servola. Chiedono di essere sottoposti ad analisi
cliniche, come il campione di operai dell’impianto siderurgico, atte a
verificare il livello di benzoapirene, nonché l’eventuale presenza nei loro
corpi di una serie di metalli (cromo, nichel, cadmio, mercurio,
manganese...).
Una richiesta indirizzata al Dipartimento di prevenzione di via Giovanni Sai
(lasciando nome e cognome, indirizzo e numero telefonico), citando
«l’inquinamento provocato dalla Ferriera di Servola» e anche il documento
dell’Azienda sanitaria, firmato dal direttore generale Franco Rotelli, in
cui sono indicati i rilevamenti del Cigra trasmessi al sostituto
porocuratore Federico Frezza. In particolare per quanto attiene gli
sforamenti delle Pm10 e le concentrazioni di benzoapirene.
«Abbiamo inoltrato l’altro ieri la richiesta all’Azienda sanitaria dopo una
raccolta porta a porta delle adesione. Ormai qui ci conosciamo tutti -
spiega Nevio Tul, uno dei firmatari della richiesta - a causa
dell’inquinamento. Aspettiamo di essere contattati per effettuare le analisi
cliniche, proprio come è stato fatto per gli operai della Ferriera».
Il riferimento è alla «settimana di controllo sanitario» sui lavoratori
dell’impianto di Servola, disposta dall’Azienda sanitaria per il reparto
cokeria. Una verifica su 50 operai ai quali è stato prelevato un campione di
urina nell’arco di una settimana, allo scopo di mettere a confronto la
concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che
segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza
in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, sono stati inviati per le
analisi a un laboratorio specializzato di Brescia in attesa dei risultati.
Accanto agli operai un altro protocollo già avviato prevede anche l’analisi
su un campione di mamme abitanti a Servola e in fase di allattamento. Il
latte materno, infatti, è particolarmente «assorbente» e rivelatore della
presenza di eventuali sostanze cancerogene. Sempre l’Azienda sanitaria ha
recentemente messo a disposizione dei residenti un medico a chiamata per un
pronto intervento speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe
essere responsabile l’ambiente. I residenti pretendono di più, chiedono una
puntuale analisi di sangue e urina. «Vogliamo sapere cosa abbiamo assorbito
in questi anni. Ovviamente speriamo di non aver subito danni alla salute -
dice Nevio Tul - ma per saperlo serve un’accurata visita di controllo. La
semplice radiografia ai polmoni non basta».
Pietro Comelli |
Bonifica sito inquinato,
Regione pronta al sì - Azzarita: «L’Ezit deciderà ai primi di
gennaio». La Confartigianato chiede modifiche |
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L’assessore
Moretton conta di portare venerdì in giunta l’accordo di programma per la
zona costiera: ultimi aggiustamenti giuridici
TRIESTE E’ atteso questa
settimana il via libera della Regione all’accordo di programma sul Sito
inquinato di interesse nazionale. Superati nelle scorse settimane alcuni
problemi giuridici, venerdì prossimo l’assessore all’Ambiente Gianfranco
Moretton conta infatti di sottoporre alla giunta il testo del documento.
C’è molta attesa per questa approvazione, sia da parte degli enti coinvolti
nell’accordo (Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e Autorità
portuale), che a loro volta dovranno deliberare sull’intesa, sia da parte
della Camera di commercio e delle associazioni di categoria, per gli effetti
positivi sull’economia della provincia che ci si aspetta dalle bonifiche.
«Sono pronto a convocare il consiglio di amministrazione – annuncia il
presidente dell’Ezit, Azzarita – non appena avrò notizia dell’approvazione
da parte della Regione. Speravo di poterlo fare entro dicembre, ma a questo
punto la convocazione sarà per i primi giorni di gennaio».
Dicendosi certo del successivo via libera anche della Provincia, del Comune
di Muggia e dell’Autorità portuale (la posizione del Comune di Trieste è
ancora incerta, ndr), Azzarita prevede, in seguito alla firma dell’accordo,
«un’accelerazione delle attività di caratterizzazione e bonifica in quanto
l’intesa prevede i finanziamenti per attuarle». Luce verde all’accordo di
programma anche dalla Camera di commercio (non coinvolta direttamente ma
presente nel cda dell’Ezit). «La scorsa settimana – spiega il presidente
Paoletti – con la giunta e le associazioni di categoria abbiamo incontrato
il presidente Azzarita. Alla luce di quella riunione abbiamo deciso di
appoggiare l’accordo, perchè così come è redatto costituisce un buon
risultato».
A non essere soddisfatta è invece la Confartigianato, che alcuni giorni fa
ha spiegato le proprie ragioni in una lettera, firmata dal presidente Bruni
e dal rappresentante all’Ezit Prelz, inviata al ministero dell’Ambiente,
alla Regione e agli enti coinvolti nell’accordo di programma. Nella missiva
l’Associazione degli artigiani chiede a tutte le parti interessate un
impegno affinchè il testo dell’accordo contenga il riferimento esplicito al
principio della direttiva Ue secondo cui «chi non ha inquinato non paga».
Ciò perchè, secondo la bozza dell’accordo stesso, il 10% delle aziende
interessate (circa una quarantina) se non subentreranno modifiche saranno
costrette a sopportare tuti gli oneri, dalla messa in sicurezza ai carotaggi
e alle bonifiche, non avendo inquinato ma per il solo fatto di aver
acquistato il terreno o il capannone da un’altra impresa.
Le aziende che hanno invece comperato la propria area dall’Ezit, purchè non
svolgano attività inquinanti non dovranno, sempre in base alla bozza
dell’intesa, sopportare alcun costo per le operazioni legate alla bonifica.
A questo riguadro la Confartigianato chiede poi che l’«esenzione» riguardi
tutti i passaggi di proprietà fra l’Ezit e le aziende dalla costituzione
dell’ente nel 1949 ad oggi.
Sul mancato riferimento esplicito al principio della direttiva Ue si è
espresso negativamente, qualche settimana fa, anche il rappresentante del
Comune di Trieste nel cda dell’Ezit, Maurizio Ferrara, preannunciando la
presentanzione di un emendamento in sede di cda.
La posizione del Comune triestino, come si diceva, deve comunque essere
ancora definita. «Dobbiamo discuterne a breve – precisa l’assessore
all’Ambiente, Maurizio Bucci – con il sindaco e con l’assessore al Commercio
Rovis». Posto che la bozza di accordo dovrà passare sia in giunta sia in
consiglio, l’esito della discussione fra Dipiazza, Bucci e Rovis è tuttaltro
che scontato. Di recente l’assessore al Commercio è stato infatti eletto
alla vicepresidenza della Confartigianato.
Giuseppe Palladini |
L’alta velocità
Venezia-Trieste parte nel 2010 - Il ministro dei Trasporti Bianchi
fissa i tempi della grande opera. Di Pietro domani nel capoluogo regionale
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I tempi per
la costruzione della linea ad alta velocità-alta capacità in Friuli Venezia
Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni
PORDENONE I tempi per la
costruzione della linea ad alta velocità – alta capacità in Friuli Venezia
Giulia si accorciano. Il cantiere partirà entro tre anni. Ad annunciarlo il
Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi: «I lavori per la Tav tra Venezia
e Trieste – ha detto Bianchi a Venezia, a margine di un convegno sul futuro
del porto veneto - partiranno entro il 2010. Ho visitato ieri la tratta
Milano-Bologna che entrerà in funzione a fine 2008. Entro il 2009 dovrebbe
entrare in funzione la Torino-Milano». L’accelerazione sulla costruzione
della rete ferroviaria arriva in un momento importante per il Friuli Venezia
Giulia, nella fase in cui la Regione sta cercando a sua volta di concludere
la parte di sua competenza. Proprio giovedì l’assessore regionale Lodovico
Sonego incontrerà nuovamente gli amministratori comunali della Bassa
friulana, l’area in cui esistono ancora incertezze e posizioni diverse
sull’opportunità dell’opera oltre che sul tracciato.
In un anno il Friuli Venezia Giulia ha fatto importanti passi avanti
rivoluzionando il primo progetto di Rete ferroviaria italiana attraversa una
concertazione serrata. Le amministrazioni stanno continuando a confrontarsi
con la Regione che ha ristretto il campo dei lavori a due ipotesi di
tracciato. Il calendario degli appuntamenti prevede una riunione giovedì e
una il 15 gennaio che potrebbe essere risolutiva.
Ora che però anche il Ministero ha dettato i suoi tempi, il pressing della
Regione potrebbe farsi più incalzante. Al momento gli enti locali e le
Ferrovie stanno discutendo solamente del tracciato, tutta la progettazione
deve essere predisposta e per un’opera come questa non è pensabile che ciò
avvenga in pochi mesi. Viste le caratteristiche del territorio la Regione
sembra orientata alla costruzione di una linea che abbia caratteristiche
soprattutto di alta capacità (con una velocità che non dovrebbe superare i
200 – 220 chilometri orari).
L’altro confronto aperto è con il Veneto. Dopo aver discusso con i comuni
del Friuli Venezia Giulia, la Regione dovrà trovare un’intesa con i «vicini
di casa» perché la linea di cui parla Bianchi parte da Venezia. Le due
Regioni hanno visioni diverse sulla funzione della linea ad alta velocità –
alta capacità e la discussione, anche in passato, ha avuto toni accesi. Il
Veneto sarebbe orientato a realizzare una linea a ridosso della costa e ha
deliberato il non affiancamento della Tav all’autostrada. Una scelta dettata
sia dal bisogno di accelerare la costruzione della terza corsia sulla
autostrada A 4 sia dal volere mano libera sul tracciato della ferroviaria.
Il Friuli Venezia Giulia, invece, ha optato per un tracciato che mantenga il
più possibile l’affiancamento con l’autostrada. La linea ferroviaria è uno
dei punti di forza del Corridoio V, l’altro è la rete autostradale. Autovie
Venete e Anas hanno da poco firmato la convenzione che di fatto dà il via
libera alla costruzione della terza corsia e alla conversione della Villesse
Gorizia in autostrada. Queste due opere sono di vitale importanza per la
regione che, con la caduta dei confini e la costruzione della rete
autostradale del Corridoio V in Slovenia (che dovrebbe essere ultimata a
fine 2008) diventerà sempre più un imbuto per il traffico che collega
l’Italia all’Europa dell’est. In quest’ottica di futuro ormai alle porte il
presidente della Regione, Riccardo Illy, ha chiesto al governo nazionale
alcuni interventi urgenti: un commissario per la A 4, l’introduzione di
pedaggi differenziati (di notte e di giorno) per i tir e incentivi per
favorire l’intermodalità. Domani il Ministro alle Infrastrutture Antonio Di
Pietro sarà a Trieste, ospite della Regione, proprio per parlare del futuro
del Corridoio V. Alcune risposte ai bisogni del territorio potrebbero
arrivare in quella sede.
Martina Milia |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 17 dicembre 2007
Domani contro la Ferriera
manifestazione alla Regione |
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Domani, alle 18,
manifestazione con corteo in piazza Oberdan davanti al palazzo della
Regione Fvg, in concomitanza con la seduta del Consiglio regionale,
organizzata da Circolo Miani, Servola Respira, La tua Muggia,
Coordinamento dei Comitati di quartiere. L’iniziativa punta, si legge in
una nota diramata dal Circolo Miani, «a fare sentire il deciso No al
rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola spa,
proprietaria della Ferriera, annunciato dalla giunta regionale». |
Tav, fra un anno la tratta
Milano-Bologna (vedi
lo sviluppo del progetto) -
Nel Friuli Venezia Giulia i
lavori per l’Alta velocità da Mestre a Trieste partiranno nel 2010 |
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L’opera
costa 6,9 miliardi di euro, i convogli viaggeranno a 300 km orari.
Vantaggi per il traffico dei pendolari |
Parole di
ottimismo del premier: «Dopo anni di lungaggini, nuova era nel sistema dei
trasporti» |
MILANO «Speriamo che cominci
una nuova epoca nel sistema dei trasporti italiani». È un messaggio di
ottimismo, dopo tanti anni di ritardi per la realizzazione del sistema di
Alta Velocità tra Milano e Napoli, quello che il presidente del Consiglio
Romano Prodi affida a giornalisti e autorità. L'occasione è la cerimonia,
nel piazzale della stazione di Bologna, per l'avvio del countdown a 365
giorni per l'apertura della linea Bologna-Milano. Insieme
all'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, al presidente
dell'Eni Paolo Scaroni che guida il consorzio Cepav Uno, realizzatore
dell'infrastruttura (6,9 mld di investimento), al ministro dei trasporti
Alessandro Bianchi, il premier alle 13.50 accende un grande orologio
digitale montato su una colonna totem alta diversi metri. Scandirà il
tempo che manca al viaggio inaugurale del primo treno, che a partire dal
dicembre 2008 coprirà la distanza di 182 km in un'ora con una velocità che
potrà arrivare anche a 300 orari.
In Friuli Venezia Giulia i lavori per l’alta velocità ferroviaria, secondo
un progetto preliminare presentato da Rfi, dovrebbero partire nel 2010 e
concludersi nel 2015. La progettazione della linea Mestre-Ronchi
Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana rappresenta il
futuro dei treni super-veloci in regione. Secondo il progetto i treni
nella tratta Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media
di 200 chilometri orari.
La progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con prosecuzione
verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle seguenti tratte:
Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso dell’anno);
Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel 2006, ma
la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato); Ronchi
Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione per
essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione
complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era
stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di
fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena).
Il numero uno di Trenitalia Moretti è ottimista sui tempi e snocciola la
scaletta delle realizzazioni che porterà fra due anni, nel dicembre 2009,
al completamento di tutta la linea da Torino a Salerno esclusi i nodi. E
fra un anno sarà pronto anche il raddoppio della Bologna-Verona, un'opera
progettata per la prima volta nel 1919. «Stiamo recuperando il ritardo
accumulato», osserva ancora il presidente del Consiglio. Fra due anni -
aggiunge - saremo al livello della Francia e poi si andrà avanti verso
Venezia». Il premier non nasconde una speranza: che il progetto possa
espandersi «con una biforcazione nel Mezzogiorno», da una parte verso Bari
e dall'altra verso Battipaglia e poi Reggio Calabria. Moretti da parte sua
nega che vi siano stati aumenti di costi «da quando nel 2001 il progetto è
stato stabilizzato» e sottolinea, in sintonia con Prodi, che la
realizzazione dell'Alta Velocità andrà a vantaggio anche dei pendolari,
che potranno disporre dei vecchi binari ma ben più sgombri per i treni
regionali ed intercity.
«Siamo felici di aver dato un contributo al fare in un Paese in cui è
difficile fare le cose», dice da parte sua Scaroni, dando appuntamento a
tutti fra un anno per il viaggio inaugurale vero e proprio. A Milano la
cerimonia del totem si ripete e ad accendere l'orologio c'è anche il
presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che dialoga con il
collega Vasco Errani ed il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, fra i
passeggeri vip del Minuetto.
L'appuntamento è dunque a dicembre 2008, sperando che le nuove linee
contribuiscano ad evitare anche gli incidenti come quello accaduto ieri
all'Eurostar Lecce-Roma, bloccato per ore al gelo. «Ci siamo assunti le
nostre responsabilità senza accampare pretesti», taglia corto Moretti, che
tiene a precisare però che le Fs sono state le uniche ad operare mentre si
fermavano strade ed aeroporti, e a tutti i passeggeri è stata fornita
tutta l'assistenza possibile in un freddo cane oltre a taxi, biglietti
aerei a chi l'aveva perso e rimborso al 100% di quelli ferroviari
all'arrivo nella capitale. |
Inquinamento: la scelta del
metano |
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Parlare di ambiente e di
inquinamento è un dovere di ogni corretto cittadino.
Farlo con ragionevolezza è un obbligo. Senza scendere in troppi dettagli,
vorrei richiamare brevemente l'attenzione su i dovuti interventi
strutturali, per ovviare all'emergenza, più volte invocati e quasi mai
materializzati.
Uno di questi consiste senz'altro nella promozione della diffusione del
metano che per ogni applicazione si presenta migliore di altri
combustibili. Indubbiamente, limitando il discorso all'autotrazione, i
problemi della diffusione sono legati principalmente all'ancor modesta
estensione della rete distribuzione. Se non esistono le stazioni di
servizio, non si può pretendere che l'automobilista si metanizzi.
Recentemente il Governo si è posto il problema e si è attivato per
favorire la diffusione di tali impianti.
Ma costruire stazioni a metano non è semplice perché, per motivi di
sicurezza, servono grandi spazi e maggiori costi. Un esempio, vicino a
noi, riferito al trasporto collettivo: a Udine circolano gli autobus a
metano. Lì è stato possibile grazie, oltre alla volontà di farlo, alla
grande disponibilità di spazi, indispensabili anche per motivi logistici,
legati alla materiale erogazione del gas nei serbatoi degli autobus che ha
una durata significativamente superiore a quella del gasolio.
A Trieste, sempre come esempio, non mi risultano disponibili tali spazi, a
meno di non andare in profonda periferia, situazione non compatibile
economicamente con i percorsi di entrata ed uscita in linea. Ovviamente il
problema è generalizzato e vale, nel bene e nel male, anche per le altre
città.
Alle osservazioni fin qui formulate, si può aggiungere che la diffusione
delle vetture a metano è ostacolata dal fatto che la trazione diesel ha
fatto passi da gigante, sorretta da un'intensa pubblicità, facendo
ritenere inutile all'utente la complicazione del gas, essendo già
ecologicamente ed economicamente soddisfatto dalla scelta del gasolio.
A tal proposito sarà interessante osservare l'immediato futuro perché è
noto che negli ultimi tempi il costo del gasolio si è prepotentemente
avvicinato a quello della benzina, facendo cadere uno dei motivi di
economicità per l'acquisto. Resta, a favore del gasolio, il minor consumo
rispetto alla benzina.
Nonostante tutto, ritengo che nel prossimo futuro il mercato del gas
riprenderà. Nel frattempo bisognerà accelerare, come già detto e
stradetto, anche la trasformazione delle vecchie caldaie da riscaldamento. |
Giorgio
Cappel
IL PICCOLO -
DOMENICA, 16 dicembre 2007
«La Tav ridurrà il 7,5% del
traffico stradale» - Gli ambientalisti: è troppo poco. E l’alta
velocità non ci sarà |
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Italia
nostra, Wwf ed ecologisti all’attacco sulla base dello studio strategico
commissionato dall’Ince
TRIESTE Solo il 7,5 per cento
del trasporto passeggeri passerà dalle strade alla ferrovia quando la Tav
sarà in funzione. Ad evidenziare il dato sono le associazioni Italia nostra,
Società speleologica italiana, Comitato contro il Corridoio V e Www (sezione
isontina) alla luce dell’esame dello «Studio Strategico per lo Sviluppo del
Corridoio Pan-Europeo V (PP6)» elaborato dalla società inglese Scott Wilson
business consultancy nel settembre 2007 su incarico dell’Iniziativa
Centro-Europea (Ince).
Le associazioni ambientaliste hanno formulato alcune controdeduzioni. La
prima riguarda proprio la diminuzione del trasporto passeggeri su gomma. Il
trasferimento modale del traffico passeggeri a livello regionale dalle
strade alle ferrovie nel 2045, come risultato dell’attuazione del Corridoio
V, secondo Scott Wilson vedrà la quota delle ferrovie aumentare dello 0,62%
ma - spiegano le associazioni – con un uguale calo del traffico su strada.
Secondo gli ambientalisti, pertanto, «ben il 92,5% del traffico passeggeri
regionale rimarrà sulla strada e solo il 7,5% andrà su ferrovia. La quota di
traffico eliminato dalla strada sarà inferiore all’1% tra 37 anni e con il
Corridoio V già in funzione da 30 anni»
C’è poi l'incognita del trasporto aereo. «Lo studio prevede una diminuzione
del numero di viaggiatori aerei di circa 440.000 passeggeri all’anno (25 per
cento circa). Questo dato appare però in netta contraddizione con la
prevista costruzione di un grande polo intermodale all’Aeroporto di Ronchi
dei Legionari – aggiungono Italia nostra, Società speleologica italiana,
Comitato contro il Corridoio V e Wwf -. Secondo lo studio inglese il
miglioramento delle infrastrutture ferroviarie comporterà un aumento della
domanda, ma ciò dipenderà anche dai modelli di esercizio che i gestori della
rete saranno in grado di attuare». Da qui i dubbi.
Anche sull’alta velocità gli ambientalisti fanno le pulci al rapporto. Lo
studio consiglia una velocità di 250 chilometri orari e «ricorda come la
ferrovia ad alta velocità sia adeguata per servire punti distanti più di
250/300 chilometri, mentre nel nostro caso, nei 320 chilometri che dividono
Mestre da Lubiana, il treno dovrebbe effettuare tre fermate intermedie
(aeroporto Marco Polo di Venezia, aeroporto di Ronchi e Trieste). Tuttavia –
aggiungono - questa previsione difficilmente sarà accolta dalla Slovenia che
nel suo piano territoriale nazionale ha indicato per il corridoio tra
(Trieste)-Koper e Ljubljana-Maribor una velocità di 160 chilometri orari».
Preoccupazione è espressa poi per «una grave sottovalutazione degli impatti
ambientali e paesaggistici, in quanto si definisce il Carso italiano come
semplici “colline” e quello sloveno caratterizzato da un non meglio
identificato “ambiente litografico”».
Secondo le associazioni le teorie ipotizzate dal rapporto sono poi
strettamente vincolate ai termini del completamento dell’opera fissati nel
2015. Ma i lavori della tratta Trieste – Divaca «non partiranno prima del
2013» e per gli ambientalisti non potranno essere terminati in meno di 10-15
anni.
Martina Milia |
Raggiunto a Bali l’accordo
sul clima - Previsto entro il 2009 un nuovo accordo sul taglio delle
emissioni |
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Il ministro
Pecoraro Scanio: «Un successo per l’Onu e per l’Ipcc», recente premio Nobel
NUSA DUA-BALI La lotta al
riscaldamento globale non si ferma. Entro il 2009 un nuovo accordo taglia
emissioni, il Kyoto-2. A Bali è stato raggiunto l'accordo per una roadmap
che fissa due anni di negoziati da far partire al massimo nell'aprile del
2008. Fino a quella data, però, Per i paesi nessun nuovo vincolo in termini
di cifre di riduzione dei gas serra . Si è chiusa così la 13ma Conferenza
internazionale Onu sui cambiamenti climatici (Cop13). Oltre 10.000 persone e
190 paesi per 13 giorni, uno in più sul programma, al capezzale del clima
malato.
La trattativa è stata lunga ed estenuante, finita tra lacrime, applausi e
colpi di scena. Fino alla fine si è temuto, poi gli Stati Uniti hanno deciso
di dare il consenso negato soli pochi minuti prima trovandosi isolati
nell'opporsi al documento.
Il braccio di ferro dell'ultimo giorno è stato tra Usa e Paesi in via di
sviluppo. Questi ultimi si sentivano trattati alla pari dei paesi
industrializzati mentre gli Stati Uniti chiedevano loro maggiori impegni.
Uno scontro che ha bloccato le trattative tanto che lo stesso segretario
generale dell'Onu, Ban Ki Moon è dovuto arrivare a Bali per imprimere uno
sprint all'assemblea. E dopo l'accordo si è detto «profondamente grato nei
confronti di molti membri di stati per il loro spirito di flessibilità e
compromesso».
Ma per giorni a tenere banco nelle trattative è stato il corpo a corpo sul
taglio delle emissioni. Un capitolo sul quale l'Europa ha dovuto cedere alla
irremovibilità statunitense. La prima bozza in discussione conteneva
riduzioni nell'ordine del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli del 1990 per i
paesi industrializzati. Ora si va avanti senza questo range anche se è stato
concesso il riconoscimento al lavoro degli scienziati del panel
intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).
Per il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, l'accordo significa
aver «sconfitto chi voleva boicottare Kyoto e Bali». «Un successo per l'Onu
- ha detto il ministro - e per l'Ipcc». Unico rammarico: «Aver tolto
l'indicazione, fin da ora, degli obiettivi di taglio delle emissioni».
Ecco i capitoli principali dell'accordo e dei negoziati:
ROADMAP: la tabella di marcia è raccolta in tre pagine. Si riconosce tra
l'altro, la necessità di un'azione internazionale per la lotta ai
cambiamenti climatici e per la prima volta si lancia un processo che
coinvolge Paesi industrializzati e in via di sviluppo. Per i Paesi
industrializzati si parla di impegni e azioni appropriate evitando la parola
«vincoli», mentre i Paesi in via di sviluppo hanno ottenuto azioni
verificabili e misurabili. Si rafforzano inoltre i finanziamenti disponibili
e gli investimenti per sostenere azioni di attenuazione delle emissioni.
NEGOZIATI E POST-KYOTO: i negoziati dovranno aprirsi non più tardi
dell'aprile del 2008. Nel 2009, nel summit sul clima che avrà come sede
Copenaghen si deciderà l'accordo post-Kyoto il cui regime entrerà in vigore
nel 2012, cioè dopo la scadenza del Protocollo salva-clima la cui durata è
per il periodo 2008-2012.
CIFRE RIDUZIONE CO2: la roadmap di Bali verso Kyoto-2 non indica obiettivi
di taglio delle emissioni di gas serra. Il richiamo è soltanto una postilla
inserita in fondo alla pagina della premessa che rimanda a tre pagine del IV
Rapporto Ipcc, relative al Working group III, quello sulla mitigazione. In
queste pagine sono contenuti diversi scenari tra cui, quello più
raccomandato del taglio di gas serra del 25-40% al 2020 rispetto ai livelli
del '90 da parte dei Paesi industrializzati e del 50% per tutto il mondo al
2050.
LE ALTRE DECISIONI: nuova gestione del fondo di adattamento per aiutare i
Paesi più poveri già sotto gli effetti del cambiamento climatico, previsto
dal Protocollo di Kyoto, che verrà affidato al Fondo mondiale dell'Ambiente
(Gef) e avrà sede a Washington; le foreste entrano nella lotta ai gas serra;
gruppo di lavoro sul trasferimento di tecnologie nei paesi in via di
sviluppo. |
Montecitorio accoglie l’odg
sulla Trieste-Divaccia ma boccia l’idea dei casinò |
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Il testo
presentato dal deputato di An Menia
TRIESTE Niente casinò come
risarcimento del confine che si dissolve. E stato, infatti, bocciato ieri
dalla Camera dei deputati il passaggio di un Ordine del giorno presentato
dal vicepresidente dei deputati di An, Roberto Menia che affermava
l'opportunità di consentire l'apertura di una o più case da gioco nelle
province confinarie e in Friuli Venezia Giulia, per contrastare l'offerta
dei casinò nelle vicine località slovene. Il testo di Menia, relativo alla
prossima caduta, il 21 dicembre, dei confini tra Italia e Slovenia, è stato
accolto per la parte dove sollecita la realizzazione della tratta
transfrontaliera Trieste-Divaccia, nell'ambito della realizzazione del
sistema ferroviario lungo l'asse del Corridoio 5. L'Odg definisce inoltre
«prioritaria» la realizzazione del collegamento Trieste-Capodistria,
indispensabile per la proiezione immediata ad est dello scalo giuliano. |
IL PICCOLO -
SABATO, 15 dicembre 2007
Metz: «Ferriera, Lucchini
inadempiente» - Il consigliere regionale dei Verdi sull’intimazione
ministeriale e l’Aia |
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«La Lucchini non ha mai
ottemperato agli accordi sottoscritti: in campo sindacale, sulla bonifica
del sito inquinato di rilievo nazionale, sulla progettata chiusura nel 2009,
perché mai dunque si vuole attribuirle credito concedendo l’Autorizzazione
integrata ambientale?». Così il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro
Metz, che ieri ha voluto «dare una visione d’assieme del problema Ferriera,
con l’aiuto di tutta la documentazione esistente» ha detto, denunciando
«manifesto danno ambientale sulla linea di costa dove i 70 metri di
avanzamento creato con scarti di produzione va dritto in bocca ai pesci e
non è stato mai risanato». Dopo che il ministero dell’Ambiente, su
sollecitazione dello stesso Metz, ha inviato alla Lucchini un perentorio
ordine di provvedere alla bonifica dell’area rientrante nel sito inquinato
di rilevanza nazionale, mai attuata nonostante le prescrizioni vincolanti
della Conferenza nazionale dei servizi, e ha minacciando di rivalersi
economicamente sull’azienda inviando copia del testo anche alla Procura, il
sindaco Dipiazza ha sfidato la Regione a concedere l’Aia «in condizioni di
palese inquinamento» e l’assessore Moretton ha risposto: «Sono cose
diverse». Metz riunifica il problema: «La Lucchini non rispetta i patti,
dice di aver denunciato al Tar alcuni obblighi, come la caratterizzazione
anche delle aree demaniali, ma al ministero aveva scritto cose diverse, e
cioé che l’avrebbe realizzata ’’entro ottobre 2007’’. Inoltre - ha
proseguito Metz, che in tema di sicurezza sul lavoro accusa l’Azienda
sanitaria di ’’insufficiente controllo’’ - il piano triennale del gruppo
dimostra che la Lucchini entro il 2008 investirà 235 milioni di euro a
Piombino (il 36% in ambiente), e niente a Servola, stabilimento che vuole
solo sfruttare». |
Da Usa e Russia stop
all’intesa sul clima - I nodi aperti: il taglio dei gas serra e le
responsabilità dei singoli Paesi |
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Per un
accordo in extremis slitta a oggi a Bali la conclusione dei lavori della
conferenza Onu
ROMA Negoziati a oltranza al
vertice di Bali. La tredicesima Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti
climatici doveva concludersi ieri nell’isola indonesiana, ma in serata, dopo
una giornata di estenuanti trattative, mancava ancora un accordo sul
documento finale e la chiusura dell’evento è stata rimandata ad oggi. Ad
allungare i tempi sono soprattutto le profonde divergenze tra Unione
Europea, che preme per misure vincolanti per tutti i Paesi, e Stati Uniti,
che escludono un impegno obbligatorio per la lotta ai cambiamenti climatici.
Nonostante due settimane di tempo, i 190 governi riuniti alla Conferenza Onu
sui cambiamenti climatici non sono riusciti a mettersi d’accordo per una «Bali
roadmap» che rappresenterà il protocollo per arrivare ad approvare l’accordo
taglia emissioni post-Kyoto al summit di Copenaghen del 2009. L’assemblea
plenaria della conferenza è stata sospesa e i delegati sono stati convocati
per questa mattina mentre le trattative proseguivano ad oltranza nella
notte.
Per tutto giovedì e ieri un gruppo ristretto di Paesi, con 20 ministri
coordinati da Australia e Argentina, ha negoziato i termini del documento
finale, da sottoporre all’approvazione dell’assemblea generale, che
raccoglie le sintesi delle posizioni dei vari Paesi. Due i temi al centro
della discussione: i tagli dei gas serra per i paesi industrializzati entro
il 2020 rispetto ai livelli del ’90 e la divisione delle responsabilità tra
paesi ricchi e quelli in via di sviluppo.
L’Unione Europea insieme all’Onu, all’Australia e all’Indonesia si battono
perchè la Conferenza si chiuda con un documento che impegni i Paesi
industrializzati a tagliare le emissioni di gas serra del 25-40 per cento
entro il 2020 e vogliono la citazione dei dati dell’ultimo rapporto del
panel intergovernativo di scienziati sui cambiamenti climatici (Ipcc). In
caso contrario, la Ue minaccia di boicottare il processo avviato ad ottobre
da Bush a New York del Major economies meeting. Mentre Stati Uniti e Canada
(secondo i dati, responsabili di circa metà delle emissioni) si oppongono a
una presa di posizione così drastica e impegnativa. In particolare gli Stati
Uniti, che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto e sono da sempre
contrari a obiettivi vincolanti, non accettano impegni di riduzione a medio
termine e obiettivi comuni, ma puntano a un accordo su obiettivi nazionali
decisi dai singoli Stati: insomma vogliono l’eliminazione di ogni
riferimento numerico sui tagli. E giovedì notte al "fronte del no" si è
aggiunta anche la Russia bloccando i negoziati perchè contraria al
riferimento al "paletto" del 25-40% entro il 2020. Mentre il Giappone sembra
avere ammorbidito la propria opposizione all’inserimento del riferimento
numerico. Il terzo fronte è composto da Cina e India che si dicono disposti
ad accettare i tagli voluti dalla Ue, lasciando però la responsabilità ai
Paesi industrializzati.
Monica Viviani |
IL PICCOLO -
VENERDI', 14 dicembre 2007
In 300 all’assemblea pubblica
a Servola sulla Ferriera |
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L’assessore regionale
all’ambiente Gianfranco Moretton annuncia che comunque sarà concessa
l’autorizzazione ambientale alla Ferriera, anche dopo l’ultimatum sulle
bonifiche dato dal ministero all’azienda, e il comitato di coordinamento
delle associazioni dei residenti di Servola risponde con un’assemblea dai
toni infuocati.
Il comitato delle associazioni servolane replica sul fronte giudiziario
coinvolgendo oltre all’avvocato milanese Roberto Spazzali, anche l’ex
parlamentare Nereo Battello e un terzo legale triestino. Ieri in molti dei
trecento partecipanti all’assemblea convocata al ricreatorio «Gentili» hanno
firmato la procura speciale «anche per formalizzare la diffida che sarà
trasmessa in Regione. Una diffida - è stato sostenuto dai promotori
dell’iniziativa nel corso dell’assemblea - a tutti i consiglieri a non
votare un provvedimento che è in contrasto con le direttive europee. La
Regione non si è posta nessun ostacolo nel proseguire nella linea
dell’autorizzazione. Non esistono alibi, perché i termini sono scaduti. Ma
anche questa classe dirigente fino ad ora non è stata in grado di risolvere
il problema ricollocando i lavoratori».
Parole dure hanno annunciato la manifestazione di martedì 18 quando il caso
Ferriera sarà affrontato dal consiglio regionale. «Il problema - è stato
sottolineato - non riguarda solo il rione di Servola tutta la città».
Si è parlato di rilevazioni dell’Arpa ma anche di analisi epidemiologiche
eseguite recentemente a Capodistria dove – è stato sostenuto – è emerso che
i bambini che vivono nel territorio che dà sul mare dalla parte della
Ferriera soffrono di serie patologie bronchiali.
Intanto il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha chiesto
urgentemente un’audizione straordinaria al presidente del consiglio Tesini.
«Considerata l’esasperazione degli abitanti del rione di Servola che da anni
domandano un dialogo con le rappresentanze politiche domando che sia
convocata una seduta straordinaria». |
I Verdi: «C’è sempre più
confusione sulla Tav» |
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TRIESTE «Sul progetto per l’alta
velocità in Friuli Venezia Giulia sorge sempre più confusione e sempre più
perplessità e spiazzamento». Alessandro Metz, consigliere regionale dei
Verdi, non ha dubbi. E, all’indomani dell’incontro di Lodovico Sonego con i
sindaci della Bassa per decidere le caratteristiche del tracciato, muove
all’attacco: «I Verdi, così come i molti comitati spontanei No Tav sorti
nella nostra regione, hanno sempre sostenuto che il modello ferroviario ad
alta velocità non è geograficamente compatibile con il nostro territorio».
Secondo l'esponente ambientalista, inoltre, «la linea ferroviaria attuale
che congiunge Mestre a Trieste attraverso la Bassa Friulana è fortemente
sottoutilizzata è offre ancora il 50% di capacità per i trasporti». Non
basta: «Un progetto serio di pianificazione concreta dello spostamento da
gomma a rotaia - incalza Metz - è un'azione di calcolata e logica sensatezza
che un governo regionale ha il potere di attuare, al di là delle uscite
propagandistiche». |
Al Gore sul clima: «Avanti
senza Bush» |
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ROMA L'Unione europea è pronta a
disertare il vertice sull'ambiente fissato per il mese prossimo alle Hawaii
se da quello di Bali non uscirà un risultato concreto. «Se Bali fallisce» ha
detto Humberto Rosa, rappresentante della presidenza portoghese dell'Unione,
«non avrebbe senso avere un altro incontro delle economie più importanti».
Rosa non ha voluto definire un boicottaggio la posizione europea nei
confronti del meeting convocato da George W. Bush. «Non stiamo ricattando
nessuno» ha detto da Bali, dove l'Ue sostiene l'obiettivo Onu di tagliare le
emissioni dal 25 al 40 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.
Gli inviati di 180 Paesi hanno tempo fino a venerdì per trovare una intesa
sul dopo-Kyoto, il protocollo sull'ambiente che scadrà nel 2012.
Nel frattempo è arrivato l'ospite più atteso: il premio Nobel per la pace Al
Gore che ha invitato a trovare un accordo anche senza gli Stati Uniti. «Non
sono un funzionario e non sono vincolato alle carinerie diplomatiche» ha
detto Gore, «per questo posso premettermi di svelare una verità scomoda: il
mio Paese è il principale responsabile dell'ostruzionismo che si sta
incontrando qui a Bali. Potete sentirvi arrabbiati e frustrati e prendervela
con gli Stati Uniti. Ma avete un'altra opzione: decidere di andare avanti e
fare tutto il difficile lavoro che bisogna fare. Dobbiamo andar via da qui
con un mandato forte». |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 13 dicembre 2007
La Regione: daremo comunque
l’ok alla Ferriera - «L’ultimatum del ministero non riguarda gli impianti e
l’autorizzazione ambientale» |
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L’assessore
Moretton polemico con il sindaco Dipiazza. Oggi assemblea pubblica delle
associazioni dei residenti di Servola
«L’ultimatum del ministero
dell’Ambiente alla Lucchini non condizionerà minimamente l’iter per il
rilascio dell’Autorizzazione ambientale alla Ferriera. E questo non perchè
la Regione intenda ”proteggere” l’azienda, come insinua Roberto Dipiazza, ma
semplicemente perchè si tratta di due partite del tutto distinte». Così
Gianfranco Moretton replica a distanza al sindaco di Trieste colpevole, a
suo dire, di voler strumentalizzare il richiamo fatto da Roma. |
L’impressione del vicepresidente
della Giunta, infatti, è che il primo cittadino stia facendo volutamente
confusione sulla vicenda, per lanciare accuse pretestuose
all’amministrazione regionale ed ergersi a «vincitore» di questa partita.
«Non capisco quale sia la vittoria di cui parla Dipiazza - spiega Moretton
-. Lui è convinto che il contenuto della lettera inviata da Roma alla
Lucchini gli dia ragione perchè, ribadendo la presenza di fenomeni di
inquinamento, confermerebbe le motivazioni che hanno spinto finora il Comune
a dare parere negativo al rilascio dell’autorizzazione ambientale. Dimentica
però che le due questioni sono completamente separate. Il ministero fa
riferimento alla caratterizzazione e alla bonifica dei terreni e delle acque
di falda. L’”Aia”, invece, riguarda gli interventi da realizzare negli
impianti della Ferriera ed è il passaggio con il quale viene imposto
all’azienda di adottare misure che consentano di far rientrare nei parametri
di legge le emissioni inquinanti. Inutile quindi che il sindaco si chieda
”come farà la Regione ad ignorare l’ultimatum e a concedere come se nulla
fosse l’autorizzazione ambientale”. Tra i due passaggi non c’è assolutamente
alcun collegamento. Il ministero non ha fatto altro che dar seguito a quanto
già disposto in occasione delle precedenti Conferenze, trasformando da
ordinatoria a perentoria l’azione di risanamento ambientale».
L’ultimatum lanciato da Roma («se entro 20 giorni l’azienda non provvederà
alla messa in sicurezza dei terreni e delle acque di falda, il ministero
assumerà i poteri sostitutivi e avvierà la messa in mora»), dice dunque
Moretton, non condizionerà il rilascio dell’«Aia». Rilascio che subirà
comunque un altro rinvio: la delibera per la concessione della
certificazione ambientale, infatti, non approderà nemmeno domani in Giunta a
causa dell’assenza di uno dei pareri richiesti. Motivi tecnici, dice però
l’assessore, e non dettati dalle pressioni del Comune.
Moretton invita quindi Dipiazza ad esaminare «le norme che gli mettono a
disposizione importanti strumenti da utilizzare in caso di pericoli per la
salute dei cittadini. La legge nazionale 267 _ spiega l’assessore - assegna
ai sindaci poteri ben precisi per affrontare situazioni delicate come quelle
che riguardano l’attività della Ferriera di Servola.In particolare prevede
che possa essere emessa opportuna ordinanza di chiusura, e non solo di
semplice sospensione, delle realtà inquinanti. Qualora ne ravveda la
necessità, dunque, Dipiazza ha la possibilità di bloccare lo stabilimento
emanando una semplice ordinanza. Se insomma crede che questo sia il
passaggio necessario, agisca subito e si assuma la responsabilità che gli è
attribuita dalla legge».Inutile infine, secondo Moretton, che il Comune
tenti di confondere le acque e camuffare il vero significato del duro
richiamo alla Lucchini. «Va ricordato che solo il ministero dell’Ambiente ha
competenza diretta ed esclusiva nel richiedere interventi da parte della
proprietà in materia di caratterizzazioni e bonifiche. Lo si capisce anche
dal fatto che l’area della Ferriera si trova all’interno del Sito inquinato
di interesse nazionale. Contrariamente a quanto afferma il sindaco dunque -
precisa ancora l’assessore - la Regione non ha alcun margine di manovra in
questo settore. Ciò che compete alla Regione invece è il rilascio dell’Aia».
E’ di avviso diverso, però, , l’esponente dei Verdi, Alessandro Metz, che ha
chiesto un'audizione «straordinaria e urgente» sulla Ferriera, alla luce
della «grave situazione che continua a emergere dall'area dove insiste
l'impianto siderurgico e dell'esasperazione degli abitanti del rione di
Servola».
Gli stessi residenti questa sera alle 20.30 al ricreatorio comunale «Gentilli»,
in via di Servola 127, terranno un’assemblea pubblica per illustrare le
azioni giudiziarie intraprese contro la Lucchini e «gli amministratori
pubblici inadempienti». Per martedì prossimo, infine, è in programma una
manifestazione di protesta in piazza Oberdan in concomitanza con la seduta
del Consiglio regionale.
m.r. |
Depuratori da mettere a norma
a Servola e a Barcola Ma i lavori partiranno nel 2009 - Già disponibili
soluzioni tecniche e finanziamenti |
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Il secondo
impianto verrà declassato e la conduttura confluirà sul primo
A Trieste è in atto un vero e
proprio piano di risanamento dei depuratori. Un adeguamento doveroso per due
delle quattro strutture presenti in città che a oggi non risultano a norma.
Nel mirino i depuratori di Servola e Barcola, che a differenza di quelli di
Zaule e Basovizza non rispettano i nuovi parametri previsti dalla legge
152/2006. In quest'ottica la Provincia di Trieste stanzierà 500mila euro per
la progettazione definitiva ed esecutiva dell'adeguamento del depuratore di
Servola e un milione e 300mila euro per la progettazione e realizzazione di
una conduttura che trasporterà i liquami da Barcola a Servola.
«Il finanziamento - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente Ondina
Barduzzi - proviene dal Piano di stralcio provinciale per la gestione delle
acque ed è frutto di un accordo di programma che verrà sottoscritto nei
prossimi giorni con le realtà interessate. Con questa soluzione la Provincia
potrà concedere un'autorizzazione provvisoria agli impianti che anche se non
a norma, potranno continuare ad operare fino a quando non si procederà con i
lavori».
Acegas-Aps, su istanza della Provincia e del Comune di Trieste, ha già
redatto uno studio di fattibilità per l'adeguamento dello scarico
dell'impianto di Barcola per la messa a punto del quale sono necessari 3
milioni 900mila euro. «Attualmente - spiega l'ingegnere Enrico Altran di
Acegas-Aps - il carico di liquami che grava sul depuratore di Barcola è
troppo esiguo e questo non consente un corretto funzionamento di un impianto
biologico (così come a Servola) che tra l'altro è obbligatorio per legge».
La soluzione più semplice per ovviare al problema: prevedere di declassare
la struttura da depuratore a stazione di pompaggio. «Il progetto - precisa
Altran - prevede la creazione di una stazione di sollevamento e di una
condotta lungo viale Miramare per trasportare i liquami da Barcola ai
collettori principali della città già presenti a Roiano. Da qui
raggiungeranno il depuratore di Servola». Se il progetto sarà approvato
dalla Conferenza dei servizi entro gennaio, tenendo conto dei tempi per la
progettazione e la gara, i lavori dovrebbero incominciare nel 2009.
Silvia Stern |
Tav più veloce, correrà a 220
km all’ora - Si tratta ancora sulle due ipotesi di tracciato. Resta il
no di Porpetto e Villa Vicentina |
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Nuovo
incontro fra Sonego e i sindaci della Bassa friulana. Innalzato il limite di
velocità (160 km/h): era considerato troppo basso
TRIESTE «Il treno ad alta
velocità non supererà i 220 chilometri orari, mantenendo di fatto
caratteristiche di alta capacità». A spiegarlo l’assessore ai Trasporti
Lodovico Sonego che ieri pomeriggio ha dovuto affrontare un’altra maratona
con i sindaci della bassa friulana. Uno degli oggetti del contendere sono
proprio le caratteristiche tecniche dell’infrastruttura sulle quali si sono
scontrati anche i tecnici (di Regione, Rfi e comuni). Intanto sulle ipotesi
del tracciato la Regione, pur nella disponibilità al confronto, non fa passi
indietro. Ne restano due all'esame e l'assessore incalza i comuni. Giovedì
20 un nuovo incontro e poi un altro già fissato il 15 gennaio. Forse quello
definitivo. |
I DUE TRACCIATI Che sia l’ipotesi A
oppure quella B, nessuna sembra trovare il pieno accordo di tutti. «Tra i
tecnici è nata una discussione iper specialistica – spiega l’assessore – che
va chiarita e approfondita. Santorini sostiene che la soluzione B (quella
che prevede il passaggio sul tracciato storico) finirebbe per avere un
impatto forte su Torviscosa perché richiederebbe un ampliamento notevole del
fascio binario. Entrambe le soluzioni, poi, richiederebbero un quinto
binario sul ponte ferroviario di Cervignano che però ne può ospitare solo
quattro.
L’alternativa sarebbe un declassamento della linea in quel punto in quanto
servirebbe creare un bivio ferroviario». Partendo da questo l’assessore ha
dato disposizione ai tecnici di presentare una relazione che spieghi le
eventuali criticità e i pro delle due soluzioni e di presentarla ai sindaci
per ragionare in modo mirato sulle questioni. «Abbiamo comunque fatto passi
avanti anche oggi – prosegue Sonego – e abbiamo già fissato le prossime
riunioni. Avanti tutta». La Regione non fa previsioni su quando la partita
sarà chiusa ma vuole accelerare.
LA VELOCITA’ Una delle ragioni del confronto acceso tra i tecnici sarebbe
stata poi la questione della velocità delle linee. «Il problema che è stato
sollevato – spiega il sindaco di Bagnaria, Anselmo Bertossi – è quello della
velocità. Chi dice (ndr il tecnico dei comuni, De Bernardi) che la linea
deve seguire quanto avviene in Slovenia, dove i treni non dovrebbero
superare i 160 all’ora, e chi ritiene che possano arrivare a 200, 220
all'ora. Da questo dipendono le curvature e diverse caratteristiche
dell’opera. Tutte cose su cui a questo punto attendiamo chiarimenti. Da
parte della Regione resta la disponibilità a discutere ma non credo che oggi
(ieri per chi legge) abbiamo fatto passi avanti. Vedremo giovedì». Sulla
questione velocità però Sonego precisa. «Anche la Slovenia si sta allineando
ai criteri europei in quanto si rende conto – aggiunge l’assessore – che
l’investimento è rilevante per cui vale la pena realizzare un’opera che
abbia determinate caratteristiche. Quando parliamo della nostra alta
velocità, comunque, non ci discostiamo dall’alta capacità perché le linee
sosterranno treni che viaggeranno a 200-220 all'ora, non di più».
I CONTRARI In trincea restano il comune di Porpetto e Villa Vicentina. Il
sindaco Mario Pischedda ha chiesto di fare un passo indietro e di analizzare
in modo approfondito le ipotesi scartate. Ma questa strada sembra senza
uscite. «I tracciati di cui parliamo oggi – insiste Pischedda – sono quelli
che avevamo deciso di iniziare ad approfondire perché ci sembravano i meno
impattanti. Questo per noi non voleva dire scartare tutti gli altri. Non ci
può essere fretta per prendere una decisione tanto importante».
E Pischedda ne ha anche per alcuni colleghi. «La coerenza è importante –
pungola – mi lascia perplesso vedere che alcuni sindaci che inizialmente si
dichiaravano molto preoccupati per l’impatto dell’opera, oggi siano
diventati favorevoli alla Tav perché il nuovo tracciato li tocca
marginalmente».
I CHIARIMENTI Il prossimo incontro dovrà servire ad avere una visione più
chiara su alcune caratteristiche dell’opera (la velocità ma non solo).
«Finora abbiamo ragionato su linee sulla carta – dice il primo cittadino di
Torviscosa, Roberto Duz – ma ora bisogna entrare più in profondità. Anche
perché ai nostri cittadini dobbiamo essere in grado di dire perché la
ferrovia passerà da una parte e non dall’altra e quali caratteristiche
(altimetria, binari eccetera) avrà».
Martina Milia |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 12 dicembre 2007
Il ministero: la Ferriera
bonifichi la costa - «Entro 20 giorni la proprietà metta in sicurezza
i terreni o la metteremo in mora» |
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La lettera
si riferisce all’inquinamento delle acque di falda. Dipiazza: «Aveva ragione
il Comune, ora la Regione darà ancora l’Aia?»
L’ultimatum è pesante e non
lascia spazio ad interpretazioni: se entro fine mese la Lucchini non
provvederà agli interventi di messa in sicurezza dei terreni e delle acque
di falda nell’area occupata dalla Ferriera, previsti dalla Conferenza dei
servizi sul Sito inquinato di rilevanza nazionale, il ministero
dell’Ambiente «attiverà i poteri sostitutivi» a danno della società e
procederà alla messa in mora della stessa. In altre parole, avvierà
autonomamente le operazioni di risanamento ambientale, presentando alla fine
il conto al gruppo bresciano, finora inadempiente, e «attivando le procedure
per l’iscrizione dell’ipoteca legale sulla proprietà».
La doccia fredda per l’azienda è contenuta in una lettera datata 7 dicembre,
firmata dal responsabile della Direzione per la qualità della vita del
ministero, Gianfranco Mascazzini, e inviata per conoscenza anche a Regione,
Comune, Provincia e Avvocatura dello Stato. Una missiva di sei pagine in cui
viene evidenziata la portata dell’inquinamento riscontrato nel comprensorio
servolano, e ribadita l’impossibilità di accettare ulteriori ritardi nella
messa in sicurezza d’emergenza.
«La caratterizzazione delle acque di falda eseguita nel 2005 - si legge nel
testo - ha evidenziato un’elevata contaminazione dovuta alla presenza di
diversi agenti inquinanti». Tra questi vengono citati metalli come il cromo
esavalente e il manganese (quest’ultimo con concetrazioni vicine ai 1900
microgrammi per litro a fronte di un limite di 50 mg/l), nitriti, e
idrocarburi aromatici come benzene ed etil benzene. Allarmante, per il
ministero, anche la situazione del suolo, dove sono stati accertati
sforamenti nei valori di ben 11 metalli (dal piombo allo zinco), e di 9
idrocarburi policiclici.
Eppure, nonostante l’inquinamento sia stato evidenziato in maniera così
netta, continua il documento, «da parte dell’azienda non è pervenuta alcuna
comunicazione relativa agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza
attivati o in corso di attivazione». Di qui la scelta della linea dura: o la
Lucchini correggerà la rotta avviando le necessarie procedure entro 20
giorni dal ricevimento della lettera, o entrerà direttamente in azione il
ministero, che provvederà anche a denunciare penalmente il gruppo ai sensi
dell’articolo 257 del decreto legislativo 152/06 (inadempienze in materia di
bonifiche).
Una mossa interpretata quasi come una vittoria personale da Roberto Dipiazza
che, dopo aver letto la lettera, ha immediatamente scritto alla Regione per
ribadire la contrarietà del Comune al rilascio dell’Autorizzazione integrata
ambientale all’impianto siderurgico. «Ciò che scrive ora il ministero,
l’avevamo banalmente già detto noi nella Conferenza dei servizi del 30
ottobre - chiarisce il sindaco -. Questa lettera quindi conferma che avevamo
ragione. Ora voglio proprio vedere come farà la Regione, che finora ha
sempre protetto la Lucchini, ad ignorare questo intervento. Chissà quale
escamotage inventeranno per riuscire a far finta di niente e a rilasciare,
come se niente fosse, l’autorizzazione ambientale».
«Ci può essere una fabbrica che non inquina che sta su un terreno inquinato,
ma anche viceversa» risponde Ondina Barduzzi, assessore provinciale
all’Ambiente, come a dire implicitamente che Aia e Sito inquinato di
rilevanza nazionale sono due capitoli da tenere distinti. Ieri Barduzzi era
ancora all’oscuro dell’ iniziativa ministeriale, così come i sindacati,
mentre il verde Alessandro Metz in una sua nota spiegava apertamente di
essere il suggeritore di questa iniziativa: «Insisto sulla verifica delle
anomalie della gestione dell’impianto, dopo un lungo incontro al ministero,
fatte le dovute verifiche, sono state rilevate le reiterate inadempienze
della proprietà». Per la quale risponde il responsabile delle relazioni
esterne, Francesco Semino: «Noi, ma anche altre aziende dei 54 Siti
inquinati nazionali - dice - abbiamo fatto ricorso al Tar specificamente
dove ci si impone la caratterizzazione anche delle aree demaniali, e questo
perché la materia è controversa e diseguale sul territorio, anche a
Trieste».
La Lucchini dice anche che, avendo messo in azione delle pompe per
l’aspirazione e il trattamento dell’acqua di lavorazione nei punti più a
rischio per evitare l’inquinamento delle falde sottostanti il terreno
inquinato, pensava di aver «messo in sicurezza» il sito. «Ma il ministero
non fa cenno di questo, né ci dice che cosa sia sbagliato e come fare»
aggiunge Semino, citando sentenze in cui al ministero è stato dato torto,
una modifica della legge sulle bonifiche in arrivo e tutta una serie di
considerazioni (anche economiche) che hanno dettato la resistenza. Il resto
è demandato «ai tecnici e ai legali».
«C’è una questione di priorità - commenta invece Franco Belci, segretario
Cgil -, certo se il ministero interviene avrà le sue buone ragioni, che il
sito sia inquinato dopo 100 anni di siderurgia è chiaro, ma se il sindaco
vuole strumentalizzare l’argomento chiuda la fabbrica e sistemi 1000
persone, questo mi sembra tutto un gesto politico, a noi stanno a cuore la
salute dei cittadini e dei dipendenti, non si può intervenire su tutto
contemporaneamente. Ma se il gioco consiste nel colpire la Ferriera
comunque, affinché chiuda, allora lo si faccia più in fretta».
«Sorpreso» si dichiara Vincenso Timeo della Uil settore industria. «Sorpreso
- dice - dalla perentorietà del dettato ministeriale, noi siamo d’accordo su
ogni prescrizione di bonifica data alla Ferriera, ma stiamo soprattutto
lavorando per la sicurezza interna ed esterna allo stabilimento, e ho paura
- prosegue il sindacalista - per le conseguenze che questa azione potrebbero
avere sui lavoratori: se l’azienda non volesse ottemperare e volesse
smettere un’attività non più conveniente? Vorrei - conclude Timeo - che chi
parla di sicurezza e ambiente mettesse in campo le medesime energie per
occuparsi della riconversione della fabbrica, a noi la politica dei due
tempi non va assolutamente bene».
Maddalena
Rebecca e Gabriella Ziani |
Ripetitore per telefonini
vicino ad Altura
|
Un lettore
sottolinea la pericolosità della struttura che è in fase di realizzazione per la
Tim/Telecom
Tempo fa sono stato contattato da
una nota azienda telefonica (Tim/Telecom) che mi proponeva una cifra
considerevole (quasi 20mila euro all’anno) per realizzare vicino al magazzino
della mia attività un ripetitore, credo per l’Umts.
Mi fu detto che si sarebbe trattato di un semplice palo di 16 metri, che sarebbe
stato rivestito da «finto albero» per non danneggiare la paesaggistica, ma
soprattutto che l’irradiazione sarebbe consistita in un «cono» atto a coprire la
superstrada sottostante, e non avrebbe assolutamente investito le numerose
palazzine di Altura, a me vicine.
Ero quasi convinto da tutte queste rassicurazioni, ma al momento dell’arrivo dei
tecnici ho capito come stavano realmente le cose. Non si trattava di un palo, ma
di un traliccio di almeno 20 metri, non intendevano mettergli il (costoso...)
rivestimento di finto albero, con l’argomentazione che l’allora assessore Rossi
era (giustamente) contrario a questi «trucchi» (effettivamente ingannevoli);
poi, al momento del sopralluogo «decisero» che quel punto più nascosto dove il
loro agente mi aveva proposto la realizzazione, era troppo basso, e si doveva
farlo nel prato della mia abitazione soprastante. Ma, soprattutto, si erano
«dimenticati» di spiegarmi che l’irradiazione non era affatto un cono verso la
superstrada, ma che doveva irradiarsi a 360 gradi, investendo quindi totalmente
le case di Altura (qualche migliaio di persone). Al mio rifiuto, mi fecero avere
una simulazione al computer di come, grazie al travestimento da albero, questo
traliccio non sarebbe stato troppo di impatto: questo dopo aver precedentemente
detto che tali travestimenti non erano a norma per il nostro Comune.
Tutta questa tendenza all’argomentazione approssimativa, se non ambigua, deve
farci riflettere su quanto altrettanto approssimative, e ambigue, sono le loro
argomentazioni tese a «tranquillizzarci» circa la pericolosità di questi
ripetitori. Dovrei fidarmi di qualcuno che, al mio rifiuto, mi dice: «Ti
ritroverai un ripetitore a pochi metri da casa, ma senza più prendere una
lira...»? Questa è la moralità con cui operano. Mi dicono che la gente non si
deve lamentare, perché è la gente che vuole usare il cellulare: ma se sono così
sicuri che la gente è d’accordo fino a questo punto, perché allora fanno tutto
di nascosto alla gente stessa?
Adesso stanno concretizzando quanto mi paventarono, realizzando sul colle qui
sopra il ripetitore: solo che, tanto per dirne una, anche il cartello
obbligatorio di informazioni pubbliche è stato messo nascosto, in un punto dove
nessuno può vederlo e al mio invito di spostarlo nel secondo accesso al cantiere
si sono rifiutati. Specifico peraltro che quel sito, oltre a essere vicinissimo
alle numerose palazzine di Altura, ai due parchi giochi appena rinnovati dal
Comune, a essere non così lontano dalla scuola don Milani, si trova esattamente
poco più sotto del sito vicinissimo dove verrà realizzato il nuovo Burlo
Garofolo, che si troverà in linea d’aria con l’irradiazione «a ombrello» del
ripetitore.
Vorrei dire a quel qualcuno che ha concesso il proprio terreno per questo
ripetitore, che anche a me tutto quei soldi avrebbero fatto comodo, ma ho
rifiutato per rispetto di migliaia di abitanti di Altura, che verranno
«irradiati» da un tipo di onde che, a tutt’oggi, molti studiosi considerano
pericolose, ivi compreso un fisico sentito dal mio avvocato.
Agli abitanti di Altura vorrei dire invece che, se recentemente non lontano da
noi gli abitanti di un rione sono riusciti a fermare la costruzione già avviata
di un traliccio simile, significa che non bisogna partire rassegnati, verso
un’industria che, asserendo di lavorare per assecondare le nuove (spesso futili)
esigenze della gente, in realtà guadagna una montagna di soldi mettendo in
ultimo piano i rischi possibili per la salute della gente stessa.
Queste colline, che già sono vittime di chi anni fa permise la concomitanza tra
un borgo popoloso e la superstrada che l’attraversa, non si meritano ulteriori
scempi, e in questo senso va sinceramente ringraziato, e appoggiato il sindaco
Dipiazza, che si è opposto al progetto di un malaugurato svincolo, sempre qui ad
Altura.
Paolo Mizzan
Alberi minacciati in viale
Sanzio |
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Tanto difficile fare progetti in
cui non ci vadano di mezzo gli alberi?
Se in viale Miramare il dio petrolio ha già fatto le sue vittime, vedremo
cosa succederà in viale Sanzio. Anche se in questo viale le cose si
risolvono lasciando alla bora il compito di schiantare gli alberi lasciati
senza un minimo di cura.
Ultimamente è andata distrutta una macchina, ma si aspetta il peggio?
Per la pista di ghiaccio da spostare, calma triestini! verrà spostata non
appena si troverà un bel sito da disboscare. Farla in Fiera, in Giardino
pubblico o pensare finalmente a un impianto fisso visto il successo che
incontra? Per noi il 25 dicembre è un giorno qualsiasi, ma quelli che ci
credono come fanno a festeggiare cementando abeti? Probabilmente con lo
stesso spirito con cui mettono cubi di pietra al posto di panchine.
Marina e Tullio Marchioli |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 11 dicembre 2007
Ferriera: decreto sull’Aia al
Senato |
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Riprende oggi al Senato la
discussione sul decreto legge in materia di autorizzazione integrata
ambientale. Un provvedimento che recentemente ha comportato il differimento
dei termini (per un periodo di 6 mesi, la scadenza è fissata a marzo),
comprendendo quindi anche il rilascio dell’Aia da parte della Regione per lo
stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. La discussione è
all’esame dell’aula di palazzo Madama, che si riunirà oggi alle 16,30 e
domani alle 9.30 e alle 16.30.
L’Autorizzazione integrata ambientale è il provvedimento che autorizza
l’esercizio di un impianto, imponendo misure tali da evitare oppure ridurre
le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo per conseguire un livello
elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. L’Aia sostituisce
ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale
previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione.
Nei tavoli tecnici solo il Comune ha espresso la sua contrarietà
all’autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico
della Ferriera di Servola, mentre altri enti hanno indicato delle
prescrizioni. A breve la giunta regionale dovrebbe concedere all’impianto
della Lucchini-Severstal il nulla osta. |
Cambiamenti climatici: anche
l’Italia a rischio - Lo rivela uno studio cui ha partecipato il fisico
triestino Giorgi, Nobel con l’Ipcc |
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I Paesi più
esposti sono India, Cina e Stati Uniti. Ieri a Oslo la consegna del premio
dell’Accademia all’istituto di Miramare
TRIESTE Sono Cina, India e Stati
Uniti le nazioni con le più alte emissioni di gas serra e anche quelle più
esposte al cosiddetto rischio socio-climatico, vale a dire alle conseguenze
sociali ed economiche dei cambiamenti climatici in atto sul Pianeta. Ma pure
il Mediterraneo (e l'Italia in particolare) rientra – in minor misura – in
questa categoria a rischio. Lo dimostra uno studio che appare sull'ultimo
numero dei prestigiosi «Proceedings of the National Academy of Sciences» e
che è firmato tra l'altro da Filippo Giorgi, responsabile della sezione di
Fisica della Terra al Centro di fisica teorica di Trieste e uno dei
vicedirettori dell'Ipcc, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti
climatici. Proprio ieri, a Oslo, l'Ipcc ha ricevuto il premio Nobel per la
pace assieme ad Al Gore per aver contribuito a una presa di coscienza
collettiva dei problemi climatici. Racconta Filippo Giorgi: «Ho lavorato a
questa ricerca la scorsa estate, qui a Miramare, con un giovane e brillante
studioso americano, Noah Diffenbaugh, professore associato di scienze della
Terra alla Purdue University dell'Indiana, negli Stati Uniti, che ha pure
firmato l'articolo assieme a Leigh Raymond, un suo collega esperto di
problemi politico-economici, e a Xunqiang Bi, un fisico cinese che lavora da
ormai dieci anni all'Ictp. Si tratta di una ricerca che va molto al di là
degli aspetti puramente fisici dei fenomeni climatici, come il
riscaldamento, l'innalzamento del livello degli oceani o le variazioni nelle
precipitazioni. Per la prima volta, infatti, si è cercato di mettere insieme
i fattori climatici con quelli sociali ed economici. E' l'inizio di una
linea di ricerca che contiamo di portare avanti in futuro». «Uno dei
messaggi principali del nostro lavoro – precisa ancora Giorgi – è che con i
cambiamenti climatici non vi saranno né vincitori né vinti. E anche se Cina,
India e Stati Uniti risultano le nazioni più a rischio, in realtà buona
parte delle aree geografiche della Terra saranno esposte a minacce sociali
ed economiche legate ai cambiamenti climatici che si potranno verificare nel
corso del secolo. Ci auguriamo davvero che tutto ciò venga preso nella
giusta considerazione alla Conferenza dell'Onu sul futuro del Protocollo di
Kyoto che è in corso in questi giorni a Bali, in Indonesia». Osserva Noah
Diffenbaugh: «Come dimostra quanto sta avvenendo al summit di Bali, le
negoziazioni sul clima sono basate sempre di più non solo su chi è
direttamente responsabile dei cambiamenti climatici, ma anche su chi ne sarà
maggiormente svantaggiato. Nel nostro studio noi abbiamo creato una misura
di rischio socio-climatico per ogni nazione, integrando simulazioni
climatiche avanzate e diversi indicatori sociali ed economici, quali la
popolazione, la povertà e la ricchezza». Ma i cambiamenti climatici
ipotizzabili per il secolo appena iniziato rappresentano solo una parte
della storia. Le diverse aree geografiche sono infatti minacciate in diversa
misura dal clima. Quelle più povere dispongono di minori risorse per
fronteggiare i disastri climatici. Ma quelle più ricche hanno infrastrutture
più avanzate che potrebbero andare distrutte. Infine, le aree ad elevata
densità di popolazione sono soggette a un più alto rischio di perdita di
vite umane. Lo studio di Filippo Giorgi e dei suoi collaboratori dimostra
come il rischio socio-climatico sia il risultato di numerosi e complessi
fattori, in cui le variabili climatiche si intersecano con quelle sociali ed
economiche. Facciamo l'esempio della Cina, che dovrebbe risentire dei
cambiamenti climatici meno di altre nazioni. Ma la Cina ha un'economia che
per dimensioni è la seconda al mondo e ha una fascia di povertà ancora molto
ampia e una popolazione che è la più numerosa della Terra. Questi fattori
rendono dunque la Cina particolarmente vulnerabile: per questa ragione essa
presenta il rischio socio-climatico più elevato. E considerazioni simili
valgono per l'India e per gli Stati Uniti.
Fabio Pagan |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 10 dicembre 2007
Qualità della vita, Trieste
perde 10 posizioni - Dal 40° al 50° posto nella classifica nazionale di
«Italia Oggi». Primato nei depositi bancari |
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Trieste non teme rivali in
Italia per numero di depositi bancari ma nella classifica complessiva della
qualità della vita perde addirittura dieci posizioni, scendendo dal 40° al
50°. A metà graduatoria, cioè, tra le province italiane.
La classifica viene stilata da «Italia Oggi» per il nono anno consecutivo
con la collaborazione di due docenti del Dipartimento di Teoria economica e
metodi quantitativi per le scelte politiche dell’Università La Sapienza di
Roma. Considera aspetti come la spesa procapite, l'importo medio delle
pensioni e i depositi.
Trieste è la peggio classificata tra le quattro province della regione:
Udine è 24° e precede di una posizione Pordenone, Gorizia è invece 42°.
Secondo l’indagine le città dove in Italia si vive meglio sono Bolzano e
Trento.
A condizionare negativamente la classifica di Trieste è la voce relativa
alla sicurezza: solo sette province in tutta Italia hanno ottenuto
riscontri peggiori. Un dato evidentemente falsato dai parametri presi in
considerazione, che non terrebbero nella dovuta considerazione gli aspetti
prettamente criminali, quali il numero e la gravità dei reati, che nel
capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono fortunatamente inferiori alla media
nazionale. E così Pordenone, in questo contesto, sembra quasi il Paradiso: è
seconda a livello nazionale.
Trieste si difende bene per quanto riguarda i servizi: è ottava,
completando un bilancio regionale eccellente visto che Gorizia è seconda e
Udine terza. Nella classifica relativa a affari e lavoro
Per quanto concerne invece l’ ambiente Gorizia, rinomata per la
qualità delle sue zone verdi e il traffico contenuto, è 26.a, Pordenone
29.a, Udine 51.a e Trieste 71.a.
Le quattro province del Friuli Venezia Giulia sono in fondo della classifica
per quanto riguarda il disagio sociale e personale (al primo posto si
trova Caserta) con Trieste e Gorizia che chiudono addirittura al 103° e 102°
posto. Al 85° e 88° si trovano Pordenone e Udine.
Anche per quanto riguarda la popolazione (34.a Pordenone e 77.a
Udine) Gorizia e Trieste sono in coda al 98.o e 99.o posto. Ma Trieste
sconta un’età media tra le più elevate del Paese.
Infine, per quanto riguarda la graduatoria relativa al tempo libero
Trieste è la migliore in regione (21.a) seguita da Gorizia (31.a), Udine
(40.a) e Pordenone (60.a). Non molto tempo fa, tuttavia, altre indagini
nazionali avevano regalato alla nostra città un posto di preminenza
nazionale nel tempo libero, soprattutto grazie al numero di presenze agli
spettacoli teatrali, proporzionalmente di molto superiore alla media
italiana. |
«La Kemiplas non smantellerà
i suoi impianti» - Il comune di Capodistria vuole la chiusura e ha già
messo a bilancio 120mila euro per le procedure necessarie |
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Il direttore
Kadic illustra i dati relativi all’inquinamento: «Siamo nei limiti di legge»
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CAPODISTRIA La fabbrica di
prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani passa al contrattacco. Dopo che
una decina di giorni fa il comune di Capodistria ha annunciato il ricorso
alla magistratura per ottenere la chiusura e lo smantellamento
dell'impianto, il direttore della Kemiplas, Muharem Kadic, ha deciso di
rispondere alle accuse.
E lo ha fatto aprendo la fabbrica ai giornalisti e rispondendo alle loro
domande. Ha presentato inoltre i dati delle più recenti misurazioni della
qualità dell'aria nella zona dell'impianto. Questi dati, secondo Kadic,
parlano chiaro: la Kemiplas non inquina oltre i valori consentiti dalla
legge. I livelli del primo gruppo di sostanze inquinanti, quelle più
pericolose (tra cui la formaldeide e l'acetaldeide) sono molto al di sotto
del limite: 5,3 miligrammi per metro cubo, rispeto ai 20 consentiti. Lo
stesso vale anche per gli altri gruppi di sostanze inquinanti.
Sono relativamente alti soltanto i valori del monossido di carbonio – 3848
miligrammi per metro cubo – ma qui non esiste un limite stabilito dalla
legge. Le misurazioni risalgono al 20 settembre e sono state effettuate
dall'Istituto per la sicurezza sul lavoro e la tutela dell'ambiente di
Maribor e dall'istituto TUV di Colonia.
«Non abbiamo nulla da nascondere, – ha dichiarato Kadic – la produzione
della Kemiplas è di 30.000 tonnellate di andidride dell'acido ftalico, che
viene esportata in Italia, Germania, Austria e Croazia». L'andidride
dell'acido ftalico, ricordiamo, è una sostanza che viene usata nella sintesi
di altri prodotti chimici, come coloranti, insetticidi, plastificanti e
farmaci.
Per quanto riguarda il trasferimento della produzione, Kadic non la esclude,
ma per il momento non ci pensa. La spesa ammonterebbe a circa 10 milioni di
euro, e la Kemiplas non ha intenzione di sostenerla da sola. La proposta
formulata in questo senso dalle autorità comunali di Capodistria, che
insieme agli abitanti di Villa Decani (una decina di chilometri dal
capoluogo costiero) tentano ormai da anni di far chiudere l'impianto,
secondo Kadic, è discriminatoria.
Il Comune, sostiene Kadic, non ha ancora modificato il piano regolatore per
l'area del Bivio, cosa che permetterebbe alla Kemiplas di avviare un'altra
attività al posto dell'industria chimica, e i rappresentanti del comune
ormai da tempo non si presentanto alle riunioni del Consiglio di esperti
costituito da tutte le parti interessate per studiare le possibilità per il
trasferimento della fabbrica.
Al comune di Capodistria continuano intanto sulla propria strada, decisi a
far chiudere e smantellare l'impianto. Ultimamente stanno raccogliendo i
dati necessari per una causa collettiva contro la Kemiplas. Per tutte le
procedure necessarie, nel bilancio comunale per il 2008 sono stati già
previsti 120.000 euro. |
I controlli della Guardia
costiera - Un lettore chiede come mai vengano calate le reti in mezzo al
porto |
Qualche settimana fa in una delle
pagine di cronaca del Piccolo è apparso un articolo nel quale la Guardia
costiera rivendicava a sé il diritto-dovere del controllo della pesca sportiva
nelle acque marittime regionali. La domanda che mi pongo è questa: esercita
anche il controllo sulla pesca professionale? Se, come suppongo, così è,
qualcuno sarebbe in grado di spiegarmi perché da parecchi mesi del corso della
primavera, estate e autunno, praticamente ogni notte, vengono calate le reti in
mezzo agli impianti portuali – da imbarcazioni che tra l’altro non sono
immatricolate e non navigano con le luci regolamentari – e come mai per intere
settimane i pescherecci con le lampare hanno tranquillamente pescato all’interno
delle grandi dighe foranee mentre altre passavano all’ecoscandaglio ogni metro,
rasentando i moli, per individuare i banchi di pesce senza che nessuno dicesse o
facesse nulla? La Guardia costiera tra i suoi compiti, se non vado errato, ha
anche quello di controllare la provenienza del pescato e le dimensioni del pesce
catturato prima che venga ammesso alla vendita. In una vetrina di pescheria ho
visto in questi giorni ombrine grandi pochi centimetri così come spesso mi
accade di vedere pagelli (riboni per i triestini) ed orate talmente piccole da
non costituire nemmeno un boccone: una vera e propria strage degli innocenti. È
consentito ciò dalle vigenti disposizioni di legge? Chi di dovere si rende conto
che in tal modo si attua uno scempio devastante dal punto di vista ittico ed
ecologico? Ritengo inutile rivolgermi alla sensibilità dei pescatori che si
comportano in questo modo, perché la loro scarsa intelligenza è comprovata dai
loro comportamenti i quali, oltre a dimostrare la mancanza assoluta di
professionalità, finiranno per ritorcersi contro loro stessi per primi al
momento, non tanto lontano, in cui avranno ridotto a un deserto il Golfo poiché
pescando all’interno del porto, oltre a costituire un pericolo, devastano quelle
poche aree riproduttive ancora esistenti. E per favore si evitino risposte di
circostanza perché per mesi ho assistito di personal a questi fatti senza che
nessuno dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza costiera (carabinieri,
polizia, guardia di finanza, guardia costiera) abbia voluto o potuto impedirlo.
Meglio che fumose giustificazioni da parte di addetti stampa sarà metter in atto
misure di prevenzione e, quando occorre, di severa repressione, contro i
delinquenti che disonorano una antica e nobile categoria.
Lettera firmata
IL PICCOLO -
DOMENICA, 9 dicembre 2007
Nasce un’azienda agricola
didattica tra Muggia e Capodistria voluta dal Circolo Istria
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«Parco
della concordia» al posto delle sbarre il sogno durato un anno ora
diventa realtà |
TRIESTE Metà di qua, metà di
là. Tredicimila metri quadrati di terra a Cerei, vicino a Muggia,
tagliati in due da quel confine che tra pochi giorni si dissolverà. Ma
alla famiglia Vodopivec, proprietaria dell’appezzamento, quella
divisione politica, pure così visibile, quella linea spogliata dalle
piante e percorsa dalle guardie a caccia di clandestini, non ha impedito
di realizzare un sogno. E il 21 dicembre qui si farà festa con gli
scolari italiani e sloveni di qua e di là dal confine, per celebrare la
nascita del Parco della Concordia. Un confine che si cancella nel segno
del ritorno alle radici.
Un’integrazione che esce dalla retorica e diventa un impegno
concreto, comune. L’obiettivo è creare una grande azienda agricola
didattica che recupererà, custodirà e farà crescere le risorse genetiche
autoctone del territorio. Piante, animali, antiche abilità artigiane,
che i ragazzini impareranno a conoscere e a riconoscere.
L’iniziativa è voluta dal Circolo Istria, dalla Comunità culturale degli
sloveni di Muggia, di cui fa parte la famiglia Vodopivec, dalla Comunità
degli italiani di Capodistria e dalla Compagnia del Boscarin, che tutela
il possente bovino istriano, a rischio di estinzione. «Sono
elettrizzato», dice il veterinario Livio Dorigo. E definisce il Parco
della Concordia una «gemma» all’interno di quel grande progetto dal nome
evocativo, «da Cherso al Carso», che il Circolo Istria, di cui è
presidente, sta portando avanti da anni, spesso tra le perplessità delle
altre associazioni di esuli, per rendere permeabile il confine nel segno
della cultura, delle tradizioni agricole ed alimentari, della
riflessione sulla storia.
Era il 1954 quando i Vodopivec si ritrovarono con la casa in Italia e
con una bella fetta della loro terra in un altro Stato. Pareva che
l’area dovesse rientrare nella zona A, ma all’ultimo momento venne
assegnata alla Jugoslavia con Ancarano, Skofije, Crevatini. Negli anni
bui della seconda guerra mondiale qui venivano macellati gli animali per
la borsa nera. Poi furono gli uomini in fuga verso l’Italia a lasciare
tracce del loro passaggio. E’ un terreno «strategico», carico di
simboli.
E i simboli rimarranno ancora a segnare la nuova destinazione del Parco
della Concordia. Quattro arnie sono state infatti collocate a cinquanta
centimetri le une dalle altre, due in territorio italiano, due in
territorio sloveno. Le separano pochi passi e una montagna di burocrazia
diversa: per le api «muggesane» la lotta ai parassiti e la catalogazione
del miele seguono le leggi italiane, le api d’oltreconfine sono regolate
dalle disposizioni slovene. «E sarà questa la vera sfida del futuro»,
dice Livio Dorigo. «Cancellare questa disparità di situazione e varare
strumenti legislativi uniformi».
Al Parco della Concordia circoli e associazioni lavorano già da un anno.
Si è preparato il territorio ad accogliere di nuovo quegli animali che
in questa zona hanno vissuto per millenni, adattandosi alle condizioni
climatiche, vegetazionali, orologiche, pedologiche. Alcune di queste
specie si trovano tuttora nei pressi dell’area: le pecore, che da
«reliquie» genetiche hanno raggiunto il consistente numero di settecento
capi, il bovino istriano, i cui primi esemplari sono già nati nel Parco
grazie alla pratica dell’embrio transfer, le api. Tra poco arriverà
anche la capra istriana, l’antica dea degli Istri, un simbolo comune a
profughi e rimasti. E tra le colture ci sono meli, viti, ulivi.
Tredicimila metri quadrati destinati a realizzare una fattoria modello,
che in un prossimo futuro sarà ampliata con l’aggregazione di
appezzamenti vicini. Dove gli esponenti delle varie comunità metteranno
insieme esperienze e sapienze. Trasversalità di etnie e di generazioni:
giovani e anziani, infatti, potranno adottare insieme un’arnia,
realizzando quella trasmissione di conoscenze oggi così complicata e
frammentaria.
Il 21 dicembre, al Parco della Concordia, quando l’ingresso della
Slovenia nell’area Schengen sarà celebrato con tutti i crismi
dell’ufficialità, qui la festa comincerà bruciando le scorie. Gli
scolari italiani e sloveni di Muggia, di San Dorligo e di Capodistria
assisteranno a una delle pratiche più comuni della vita agricola, che
quel giorno significherà soprattutto la volontà di voltare pagina e di
iniziare insieme un futuro da europei. «Qui i ragazzi ritroveranno le
proprie radici - sintetizza Dorigo - perchè chi non ha radici non vola».
Gli organizzatori sono fiduciosi: nel giro di due anni il Parco dovrebbe
essere perfettamente funzionante. Un agronomo seguirà la messa a coltura
delle erbe officinali, mentre, col tempo, una vecchia stalla accoglierà
un museo delle tradizioni. Negli obiettivi c’è anche l’integrazione
scientifica, ovvero il coinvolgimento delle Università, italiana e
slovena, che verranno stimolate a studiare se le essenze vegetali del
Parco possano essere esportate in Ciceria, quella zona che da Opicina
corre fino al Monte Maggiore. Qui, un tempo, vivevano
duecentocinquantamila pecore, che scendevano lungo gli antichi tratturi
già regolati dal diritto romano. Poi l’agricoltura industriale e la
frattura politica del confine hanno determinato lo spopolamento. Oggi la
ricomposizione del territorio potrebbe favorire la ripresa di una
significativa economia agricola.
«Sappiamo bene che il difficile viene adesso», commenta Dorigo. «I
confini psicologi comunque restano e io stesso so bene quanto sia
difficile che la ragione comprima il ricordo. Ma non si tratta solo di
sentimenti. Finora il commercio dei prodotti locali era protetto dal
confine, ora bisogna trovare soluzioni per favorire le sinergie e non la
conflittualità».
Dorigo non lo nasconde: il progetto dell’azienda didattica, ancora per
pochi giorni «transfrontaliera», non è stato facile da portare avanti. I
rapporti del Circolo Istria con gli ex nemici e con gli italiani
«rimasti» oltreconfine, sono stati spesso guardati con fastidio e
sospetto. Per questo il 21 dicembre avrà il sapore di un giorno
speciale, una sorta di riconoscimento postumo a chi per anni ha lavorato
per smantellare il confine, prima di tutto nella testa della gente. «Nel
Parco della Concordia - anticipa Dorigo - i bambini cominceranno a stare
insieme. Il vero bilinguismo nasce nella fase emozionale
dell’apprendimento. Vorremmo che qui imparassero a diventare europei».
Arianna Boria
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Minisini: «Al Farneto si
può cacciare» - La Commissione trasparenza: divieto solo nelle aree
effettivamente attrezzate |
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Nel parco del Farneto si può
praticare la caccia. Purché ci si limiti ad agire nella parte ancora
«selvaggia», nonostante sia dal piano regolatore destinata a parco
urbano. Proibito cacciare solo nei 600 metri quadrati che il Comune ha
effettivamente attrezzato: qui la legge impedisce l’attività venatoria.
Così risponde il presidente della Commissione trasparenza, Alessandro
Minisini, al presidente onorario di Federcaccia, Pietro Petruzzi, il
quale sosteneva che sparare si può dappertutto, al Farneto, poiché il
parco urbano «esiste solo sulla carta», e che è sufficiente attenersi
alle norme in materia della legge 157 del 1992 che indica le distanze
obbligatorie da abitazioni e strade.
«Si specifica - scrive Minisini riferendo l’esito della riunione - che
nella vasta zona sita nel comune di Trieste, di origine naturale e
caratterizzata dalla presenza di vegetazione erborea, la caccia può
essere praticata nei modi e nei termini consentiti dalla legge, anche se
il piano regolatore la destina a parco urbano». Infatti, continua il
documento, questa area è a tutti gli effetti solo un bosco, e non già un
parco urbano (codificazione quest’ultima che la legge 157 chiaramente
specifica come luogo dove non è ammesso l’esercizio venatorio).
Infatti, si afferma, un’area boschiva diviene a tutti gli effetti «parco
urbano» solamente se si dà attuazione al piano urbanistico,
attrezzandola e organizzandola a finalità ricreative. Le aree del parco
urbano del Farneto di proprietà comunale sono valutabili in circa 600
metri quadrati. L’intero parco urbano del Farneto misura circa 800 mila
metri quadrati, dei quali altri 40 mila appartengono all’Enpa.
Daria Camillucci |
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Tav, restano solo due
ipotesi. Invariato il tracciato A4 -
Ma i sindaci della Bassa si
dividono. Porpetto contraria, Bagnaria e Villa Vicentina perplesse
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Dopo
l’incontro di venerdì la maggioranza dei comuni è favorevole ad andare
avanti. Sonego: non so se chiuderemo entro l’anno, il progetto va cucito su
misura
Sono rimasti due tracciati e un
nodo da sciogliere: il passaggio della linea ad alta capacità tra San
Giorgio di Nogaro e Porpetto.
Riparte da qui il confronto tra la Regione e le amministrazioni comunali
della bassa friulana per individuare il tracciato della Tav. Dopo un
confronto durato mesi e 13 ipotesi di partenza, si è arrivati a stringere il
cerchio. Per qualcuno, però, questo cerchio è troppo stretto. Alcuni sindaci
si sono incontrati venerdì sera a Porpetto per valutare ipotesi alternative
e assumere una posizione comune nella riunione di mercoledì. La maggioranza
dei primi cittadini resta comunque favorevole ad andare avanti, nella
consapevolezza che per nessun territorio sarà una passeggiata.
L’appuntamento per cercare di arrivare alla sintesi del percorso è fissato
per il 12 dicembre. «Non posso dire se riusciremo a chiudere il confronto
entro l’anno – dice l’assessore Lodovico Sonego -, quello che è certo è che
abbiamo fatto molti passi avanti con il dialogo. Le due ipotesi rimaste non
variano di molto ma ci sono tante famiglie di proposte, per intervenire nei
singoli tratti, che devono essere valutate. Possiamo dire che il tracciato è
un po’ come un vestito che va cucito su misura».
All’incontro, però, arriveranno ancora una volta i dubbi di alcuni sindaci.
Sono i dubbi dell’amministrazione di Porpetto, contraria finora a gran parte
delle ipotesi prospettate, ritenute troppo impattanti per il comune. Poi ci
sono Bagnaria e Villa Vicentina ancora al palo. «Quello che chiediamo – dice
Mario Pischedda, sindaco di Villa – è che ci sia un approfondimento di tutte
le ipotesi. Non si capisce perché alcune siano state scartate senza essere
valutate con i dovuti accorgimenti. Quest’accelerazione non ci va bene, non
si può avere fretta per decidere di un’opera tanto importante». All’incontro
di venerdì sera anche Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria. «Se avessimo
degli studi preliminari sarebbe più facile decidere e soprattutto discuterne
anche con i nostri cittadini. Sicuramente ci sono stati passi avanti
rispetto alle ipotesi iniziali di Rfi – dice – però il percorso non è
concluso». C’è anche chi guarderebbe con favore ad un ritorno al tracciato
storico (la stessa Bagnaria e Torviscosa), che però è fortemente osteggiato
dal comune di San Giorgio. La maggior parte dei sindaci della Bassa sono
comunque aperti al dialogo e sono convinti che, al di là dei sacrifici che
tutti dovranno fare, il progresso non possa essere fermato. «Il nodo non è
Porpetto – dice Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano – perché tutti i
comuni devono pagare un prezzo. Tutti vogliamo un’opera che non crei
problemi alla popolazione e credo che molte richieste andranno accolte in
fase di progettazione. Il punto centrale è capire che a quest’opera è legata
la crescita della nostra regione visto che i trasporti contribuiscono in
modo importante allo sviluppo di un territorio». A Cervignano la linea
passerà probabilmente su quella esistente (viadotto compreso) per cui in
centro al paese. La tecnologia moderna dovrebbe tuttavia evitare problemi di
rumori e disagi per i residenti. Ancor più esplicito il sindaco di
Fiumicello, Paolo Dean. «Credo che un’opera come questa non possa essere
fermata dal comune di Porpetto – dice -. Questo non perché il sindaco non
abbia il diritto e il dovere di tutelare il suo territorio, ma perché
dobbiamo tutti ragionare in un’ottica di costi e benefici collettivi. Anche
su Fiumicello devo capire quale sarà l’impatto sull’Isonzo. Nel momento
della progettazione si valuta. Condividiamo intanto un tracciato massima,
dopo approfondiremo tutti temi dell’impatto ambientale che non interessano
tutta la bassa».
Fino a dieci giorni fa si era ipotizzata anche una terza soluzione che
contemplava lo spostamento del tracciato dell’autostrada A4 nell’area
occidentale della bassa. E’ stata stralciata durante un incontro con i
vertici di Autovie Venete. Accogliere un’idea di questo tipo significava
bloccare l’iter della terza corsia e rinviare tutto di altri tre anni.
«Questo dà l’idea di come sia stata portata avanti la concertazione –
affonda il sindaco di Torviscosa -. Autovie andava coinvolta dall’inizio non
a giochi fatti».
Martina Milia |
A Trieste «se pol»: tagliare
gli alberi - L’episodio del progetto di piazza Libertà è soltanto uno degli
esempi |
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Senza entrare nel merito del
progetto di riqualificazione di piazza Libertà, perché ai cittadini non é
dato conoscere nei dettagli i progetti se non dalla stampa e prima delle
immediate esecuzioni, vorrei fare una sola considerazione «a latere».
Leggo che uno degli esecutori del progetto è un architetto di Bolzano: credo
proprio che nella sua città e nella sua regione questo professionista
difficilmente avrebbe osato elaborare un progetto che preveda il taglio di
ben 12 piante! Tanto e tale è il rispetto e l’attenzione per il verde in
quella regione.
Ma qui, oramai lo sanno tutti, l’unica cosa che «se pol» è tagliare alberi,
spesso centenari, inventando le più trite delle scuse; la più frequente è
attribuita a «malattie della pianta»: sfido io, la cura del verde in questa
città, salvo rare eccezioni, è prevalentemente circoscritta all’impianto di
piantine stagionali che muoiono nel giro di poche settimane, perché non
curate e non bagnate, o di arbusti spesso non compatibili con clima e
quantità di smog.
Ogni volta vengono promessi nuovi reimpianti come «contentino»: ma ci
prendono per stupidi? Di sicuro non potrà trattarsi di alberi secolari,
altrimenti perché li taglierebbero (la proposta avventata per piazza
Vittorio Veneto docet!)?
La funzione «polivalente» di un albero centenario non può essere sostituita
da piante giovani o, peggio, da arbusti! Una città senza alberi è triste,
insana e squallida.
Non sono contraria a cambiamenti ed innovazioni, se e quando servono, ma la
bravura di un progettista si misura proprio nella sua capacità di
raggiungere un obbiettivo (migliorare la viabilità) senza distruggere quanto
di bello, antico e utile c’è.
È fin troppo facile distruggere, radere al suolo per ricostruire, più
difficile è la ricostruzione/riqualificazione conservativa. Dopo il
«Giardino di gesso» vedremo proiettata «la città di cemento»?
Giuliana Giuliani Cesàro |
Il destino della Ferriera |
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Gentile signora X, rispondo alla
sua lettera pubblicata su questo giornale il 13 novembre. Si concorda con
Lei nell’auspicio di una soluzione positiva sia per i residenti (chiusura
definitiva con la siderurgia) sia per il lavoratori (ricollocazione in altri
ambiti lavorativi), anche se questi ultimi avrebbero potuto avere, grazie
alle loro organizzazioni sindacali, ben più forza degli abitanti
nell’ottenere un comportamento ambientalmente meno impattante.
Tutto il resto non è condivisibile, non per antagonismo preconcetto, bensì
per rispetto della realtà sulla quale lei sorvola, forse perché vittima
della disinformazione creata e mantenuta ad arte come elemento di
contrapposizione tra residenti e lavoratori dello stabilimento
(nell’interesse di chi, sta al lettore scoprirlo).
Lei ritiene verosimile che tutte le migliaia di pensionati residenti nelle
zone (Servola, Chiarbola, Valmaura, Campi Elisi, Borgo S. Sergio e persino
Muggia e zone limitrofe) interessate da quell’ignobile e illecita
alterazione ambientale abbiano un trascorso lavorativo nella Ferriera?
Lei crede veramente che tutte le abitazioni delle zono succitate siano state
edificate dopo la costruzione, a fine Ottocento, dello stabilimento? Lei
reputa giustificabile aggiungere danno a danno quando afferma che anche
altre sono le fonti di malessere ambientale (cioè tanto peggio tanto
meglio?).
Gentile signora X, fra chi le scrive ci sono persone che sono riuscite a
guadagnarsi il pensionamento anche grazie ai contributi figurativi della
mobilità, ammortizzatore sociale ora presente ma di non certa permanenza
fino al 2011-2015, meta tanto agognata dagli attuali demiurghi della
Trimurti sindacale, in singolare, diligente perfetta sintonia con la
proprietà.
Quanto al generoso gesto natalizio da lei auspicato, non dovrebbe essere
richiesto ai residenti, che già pagano un pesante tributo in termini di
salute e qualità della vita, bensì a chi forse poca sensibilità e rispetto
ha dimostrato nella tutela del proprio capitale umano, privilegiando
presumibilmente altre forme di capitalizzazione, ed alla classe politica che
da anni si dimostra inerte e dilatoria nell’affrontare il problema.
Cara signora X, i fumi bianchi e rossi non sono innocui tifosi della
Triestina ma pericolosi hoolingans, date le sostanze venefiche di cui, come
è ormai universalmente palesato, sono composti.
Lei ha mai sentito parlare del problema amianto cui anni fa, per ignoranza,
si irrideva? Ora qualcuno ci piange. Sarebbe auspicabile non ripetere lo
stesso percorso.
Insomma signora X, e potentati vari, parafrasando persona più degna, la
sopportazione non è più una virtù.
Alda Sancin e altre 18 firme |
IL PICCOLO -
SABATO, 8 dicembre 2007
Autorizzazione alla Ferriera
slitta di un’altra settimana la delibera della Regione - Protesta delle
associazioni |
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Nemmeno ieri, seduta di giunta,
la Regione ha espresso il proprio definitivo parere sull’Autorizzazione
integrata ambientale per la Ferriera di Servola, di cui è titolare dopo
l’ultima riunione della conferenza dei servizi, il 15 novembre, quando il
«no» del Comune ha reso più flebili le firme di Provincia, Arpa, Azienda
sanitaria e Regione stessa, pur apposte sotto una discreta lista di
ulteriori prescrizioni rispetto al piano antinquinamento della Lucchini spa.
Protestano per questo rinvio le associazioni attive sul problema (Circolo
Miani, Servola respira, La tua Muggia, Coordinamento dei comitati di
quartiere) che annunciano un’assemblea provinciale e una nuova
manifestazione in piazza Oberdan, sotto il consiglio regionale,
rispettivamente per giovedì 13 e martedì 18 dicembre.
La delibera in realtà è pronta da almeno due settimane, ma si trova ancora
all’esame dell’Avvocatura. Lo conferma l’assessore Gianfranco Moretton: «È
del tutto normale che una delibera complessa come questa sia passata al
vaglio dall’Avvocatura regionale, succede sempre, anche per le Valutazioni
d’impatto ambientale, quindi non vedo che cosa vi debba essere di
eccezionale nel fatto che sull’Aia per la Ferriera la giunta non si sia
ancora pronunciata».
Già appena conclusi i complessi lavori della conferenza tra enti, durati
molti mesi e chiusi da una seduta durata ben sette ore ininterrotte, era
stato anticipato che la delibera di giunta non sarebbe stata pronta prima di
alcune settimane, e che altrettante sarebbero state necessarie per la
stesura del documento finale a cura della Direzione regionale ambiente,
settore Tutela dall’inquinamento. È noto che, in assenza di un «piano
regionale dell’aria» che consenta di misurare le diverse fonti di
inquinamento potendo attribuire a ciascuna una diretta e misurata
responsabilità l’Aia per la Ferriera era difficile da portare a compimento,
a prescindere dai suoi contenuti, e che dunque l’Arpa ha dovuto prevedere un
«piano stralcio» per Trieste proprio sulla qualità complessiva dell’aria, da
completarsi al massimo in un anno. Situazione, dunque, oltremodo complicata.
Le associazioni si ribellano però ai rinvii, criticano come troppo asciutte
le risposte di Moretton, che accusano di «false promesse» in materia di
approvazione, e danno appuntamento: giovedì 13 alle 20.30 al ricreatorio «Gentilli»
in via di Servola 127 saranno illustrati i termini dell’azione giudiziaria
promossa dall’avvocato Giuliano Spazzali contro Ferriera ed enti locali
«inadempienti». Martedì 18 dicembre presidio sotto il consiglio regionale
riunito.
g. z. |
Costerà 655mila euro il nuovo
piano regolatore - La somma necessaria è in gran parte già finanziata |
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Insufficiente il personale comunale: verrà affiancato da sei tecnici esterni |
La
giunta ha dato il via libera alla costituzione del gruppo di lavoro che avrà
due anni di tempo per redigere il progetto |
Ci vorranno almeno due anni di
lavoro, una spesa di 655mila euro e un team composto da professionisti
interni ed esterni al Comune per stendere il progetto definitivo della
variante al piano regolatore comunale. Nei giorni scorsi la giunta ha
approvato la delibera che avvia l’iter del nuovo piano, sulla base degli
indirizzi votati lo scorso luglio a maggioranza dal consiglio comunale.
A occuparsi delle varie fasi della procedura sarà il Servizio pianificazione
urbanistica, il cui personale però non è sufficiente ad affrontare la mole
di lavoro ulteriore richiesta dal progetto a causa della carenza di
organico, giacché negli ultimi anni, si legge nel documento approvato
dall’esecutivo, si è verificato un «esodo» di personale «in possesso di
specifica professionalità»: hanno cessato di lavorare quattro funzionari
tecnici e un collaboratore tecnico che non sono stati sostituiti. Da qui
l’esigenza di creare una squadra chiamata «unità di progetto». Alla
responsabile della struttura, il direttore del Servizio pianificazione
urbana Ave Furlan, e ad altro personale interno si affiancheranno così
persone da ingaggiare «a supporto»: cinque tecnici - «laureati in
architettura o affini con esperienza specifica in materia, o tecnici
diplomati», precisa la delibera, e un consulente tecnico cui affidare un
incarico professionale per lo studio geologico e la valutazione di incidenza
del progetto.
L’«unità di progetto» resterà attiva per 24 mesi a partire dallo scorso
primo dicembre, «con possibilità di rinnovo». L’obiettivo è di arrivare
appunto al progetto definitivo, che verrà preceduto dall’analisi dello stato
di fatto e da una bozza di piano: tutti documenti che di volta in volta
andranno approvati dalla giunta prima di aprire la strada alla fase
successiva.
La spesa complessiva prevista per la redazione della variante è quantificata
per l’esattezza in 655mila 644,85 euro, 400mila dei quali sono già stati
finanziati mentre la quota che manca verrà inserita nel prossimo bilancio
comunale. Per il maggiore impegno richiesto al personale interno in termini
di prestazioni professionali sono previsti 255.644,85 euro, mentre 320mila
euro sono stanziati per contratti «co.co.co.» (cioè di collaborazione
coordinata e continuativa) e 80mila per «prestazioni professionali».
Per i professionisti che supporteranno il personale comunale nella redazione
del piano verranno anche allestiti spazi adeguati, sempre all’interno del
palazzo dell’Anagrafe dove è stanziato l’assessorato all’urbanistica.
Fin qui quanto stabilito dalla giunta comunale. Operativamente però, con
contratti e allestimento degli spazi, si partirà con l’anno nuovo: «Abbiamo
lanciato l’iter, dopo le festività definiremo contratti e servizi esterni»,
dice l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci.
p.b. |
La conferenza di Bali
sull’ambiente - Gas serra, Roma non fa il suo dovere. Pecoraro
promette una sterzata |
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ROMA La conferenza sul clima di
Bali entra nel vivo solo ora e già è arrivata una bacchettata per l'Italia.
A mettere all'indice il nostro Paese sul fronte delle emissioni è stata la
Ong tedesca Germanwatch: l'Italia è tra le nazioni che emettono la maggiore
quantità di gas serra nell'atmosfera e sono dotate di politiche climatiche
«insufficienti e inadeguate». L'indice elaborato dagli ambientalisti tiene
conto sia dei livelli delle emissioni che delle politiche applicate:
l'Italia risulta al 41.o posto della classifica complessiva, stilata sulle
56 nazioni responsabili del 90% delle emissioni mondiali, dietro anche a
Cina e India. «I dati confermano che l'Italia ha bisogno di una svolta più
decisa nelle politiche per il taglio delle emissioni di gas ad effetto serra
e nelle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici - ha commentato il
ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio - i ritardi accumulati negli
anni scorsi pesano ancora troppo e la svolta sulle energie pulite e
rinnovabili, come il solare, e sull'efficienza energetica, avviata con la
scorsa Finanziaria, è ancora debole». |
Nave contro una petroliera:
disastro ecologico in Corea - Quasi 15 mila tonnellate di greggio finiscono
nel Mar Giallo |
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SEUL La Corea del Sud ha
conosciuto ieri la sua peggiore esperienza di marea nera in seguito alla
collisione tra una petroliera e una nave nel Mar Giallo al largo della costa
Ovest del Paese che ha provocato la perdita di 15 mila tonnellate di
greggio. Le autorità temono una «catastrofe ecologica» e hanno approntato
delle boe per impedire che la marea possa raggiungere le vicine zone
costiere, ritenute tra le più sceniche del paese.
La petroliera Hebei Sprint da 146.000 tonnellate, registrata ad Hong Kong,
ha urtato una nave di 11.800 tonnellate che trasportava una gru. La
petroliera si trovava nella regione di Taenan per scaricare presso il porto
di Daesan del greggio proveniente dal Medio Oriente. La collisione è
avvenuta con la Hebei Sprint ancorata al largo di Mallipo, 5 miglia fuori
dal porto, mentre era in procinto di farvi rotta.
L'incidente, verificatosi a 90 km. a sud-ovest di Seul, è il più grave
avvenuto nel Paese dopo che nel 1995 5.000 tonnellate di greggio finirono in
mare a Yeosu, un altro porto a sud di Seul.
Complessivamente la perdita è di circa un terzo rispetto alla quantità
record per le zone costiere dell'incidente del 1989 della Exxon Valdez in
Alaska. Kim Jong-Sik, un responsabile del ministero degli affari marittimi e
della pesca, ha detto: «E’ la peggiore marea nera della storia del Paese». E
ha aggiunto che la petroliera ha già scaricato quasi tutte le 15.000
tonnellate che trasportava. Secondo Jong-Sik, dai primi elementi,
all'origine dell'incidente ci potrebbero essere «delle corde troppo
allentate sulla nave più piccola».
Secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap la fune che collegava le due
imbarcazioni si è infranta a causa dei venti violenti e delle onde.
Una cellula di crisi è stata costituita dalle autorità che hanno inviato 40
guardie costiere, diverse navi e quattro elicotteri. Peraltro le operazioni
di pompaggio sono rallentate a causa del cattivo tempo e dei rischi di
esplosione. |
L'ESPRESSO -
VENERDI', 7 dicembre 2007
Missione terra: Lo
sviluppo è compatibile con la conservazione dell'ambiente? Un Nobel dice di sì.
E in questo articolo spiega come la crescita dei diritti umani e della
democrazia aiuti un'economia sostenibile e responsabile per l'equilibrio del
pianeta
Undicesimo: non
inquinare - La generazione di calore, le
attività energivore, le auto e gli aerei. L'Unione europea propone tagli
drastici alle emissioni di CO2. Ma pochi paesi si adeguano. E l'industria non
vuole pagare da sola
Buste di carta e
semafori ecologici - Mai più plastica
- Siamo a cavallo - Luce sul risparmio -
Il papa è verde ma il patriarca
lo è di più - E sulle emissioni l'Europa fa flop
IL PICCOLO -
VENERDI', 7 dicembre 2007
Antenne vietate in oratori e
ricreatori - Pronto il nuovo progetto di settore per la telefonia
mobile: 196 le stazioni già autorizzate sul territorio
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E il consiglio comunale
chiederà lo spostamento di cinque impianti - «Questo piano è il meno peggio
tra i possibili» |
L’assessore all’urbanistica
Maurizio Bucci lo giudica «il meno peggio che potessimo fare sapendo che i
margini di manovra sono ristretti, anche se su questo documento è stata
creata una falsa aspettativa». L’opposizione sostiene che «si regolamenta la
vicenda quando i buoi ormai sono scappati», cioè quando sul territorio
comunale sono state già installate o autorizzate 196 antenne e, per
ammissione degli stessi dirigenti comunali, le richieste da parte dei
gestori ormai sono molto rallentate.
Giudizi opposti sul «piano di settore per la localizzazione degli impianti
radiobase di telefonia mobile», delle antenne cioè, discusso ieri dalla
sesta commissione consiliare e redatto nel corso di un lungo iter che oltre
all’assessorato - e allo studio di architettura Gambirasio che lo ha steso -
ha coinvolto una commissione di cui hanno fatto parte Arpa e Azienda
sanitaria, gestori, associazioni ambientaliste, Ordini professionali,
associazioni di categoria, circoscrizioni e comitati di cittadini.
Rivisto dopo che una prima delibera consiliare tre anni fa era stata
impugnata al Tar dai gestori, il piano in sostanza definisce le aree in cui
sarà possibile localizzare nuove antenne dopo avere analizzato lo stato di
fatto: analisi che evidenzia come «un recente rilevamento dell’Arpa (ma si
tratta dello scorso anno, ndr) relativo al sito di Conconello-Monte
Belvedere ha riscontrato un elevato numero di superamenti dei limiti di
legge» relativi all’esposizione ai campi elettromagnetici: da ciò la
decisione «di non autorizzare nuovi impianti fino a che non sarà attuata la
riduzione a conformità del sito». Tra le aree vietate - in base alla legge
regionale - rientrano asili nido, scuole di ogni ordine e grado, case di
riposo e strutture per disabili, ospedali: il piano aggiunge ora all’elenco
- anche in base alle richieste di più circoscrizioni - ricreatori e oratori.
In tutti i casi, la condizione è che l’intero immobile sia destinato a uno
di questi usi. Niente antenne poi sui palazzi vincolati, nei cimiteri e sui
sagrati delle chiese, sui ciglioni panoramici, nelle zone di tutela
ambientale e archeologica.
Attorno a questi «siti sensibili» le antenne potranno essere posizionate a
non meno di 50 metri di distanza, salvo però esigenze particolari per
«carenza di localizzazioni alternative»: in questo caso ci vorrà il via
libera del consiglio comunale.
Aree preferenziali per l’installazione saranno invece quelle dove sono già
presenti tralicci per linee a media e alta tensione, zone connesse al
sistema viario, zone di servizi tecnologici, aree nei pressi di grandi
infrastrutture, aree sportive - qui gli impianti andranno collocati su
«torri-faro di altezza adeguata» e aree dove già esistano impianti per
telefonia mobile.
Duri, si diceva, i giudizi espressi dagli esponenti del centrosinistra che
ha parlato di ritardi nella redazione del piano e ha sottolineato, con il
Cittadino Roberto Decarli, come «la politica debba sottostare alla volontà
delle compagnie»: troppo risicati i margini di manovra, ampie le
discrezionalità di cui di fatto i gestori potranno godere. Secondo
l’esponente del comitato dei cittadini Enrico Lena, però, si è cercato di
perseguire al meglio l’unica linea possibile: «Trovare una mediazione» con i
gestori. Fermo restando che il piano non è retroattivo, e dunque non c’è
alcuna possibilità di intervento sulle antenne già collocate, la stessa
commissione ha deciso di preparare un emendamento mirato a vedere
ricollocate cinque antenne considerate «pericolose»: sono collocate in via
Sara Davis, in via Nazionale a Opicina, in via Masaccio, in piazzetta
Belvedere e in via del Lazzaretto Vecchio.
p.b. |
Malati d’amianto Trieste in
vetta alle classifiche - Dopo La Spezia e Genova |
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Trieste rimane una delle città
d'Italia dove le morti causate dall'esposizione all'amianto hanno una
incidenza molto elevata, anche se il drammatico primato va a La Spezia,
seguita da Genova. Trieste sta in terza posizione (ma bisogna aggiungere
anche la provincia di Gorizia, con Monfalcone, città di cantieri). Se ne è
parlato al congresso dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo)
in svolgimento a Firenze, dove l’esperto Pier Aldo Canessa ha avvertito: «Il
peggio deve venire perchè la malattia si manifesta 40 anni dopo il contatto
con l'amianto, e quindi ci si aspetta, purtroppo, casi di malattia fra
quanti hanno lavorato in cantieri navali, edili e in altre aree piene di
amianto prima che l'Italia dichiarasse stop a queste costruzioni, nel 1992.
La Gran Bretagna è intervenuta molti anni prima».
Fu proprio negli anni ’70, come è stato reso noto lo scorso ottobre in un
convegno tenutosi a Trieste con la partecipazione delle Associazioni esposti
all’amianto, che si ebbe un picco nell’uso di questo materiale, con un
milione e 400 mila tonnellate di asbesto maneggiato soprattutto nei settori
delle costruzioni e della cantieristica navale.
Il convegno di Firenze ha esposto le cifre nazionali: «Ogni anno - ha
sottolineato Valerio Gennaro dell'Istituto tumori di Genova - muoiono più di
3000 persone che sono state in contatto con l'amianto: 1000 per mesotelioma,
il tumore primario della pleura; 1500 per tumore polmonare; il resto per
tumori in altre parti del corpo».
Na se gli esperti riuniti a congresso hanno anche lamentato che «si vive
ancora a contatto con l’amianto perché le bonifiche vanno a rilento», la
regione Friuli Venezia Giulia e soprattutto Trieste da questo punto di vista
sono più al riparo. Come certificato lo scorso settembre alla terza
conferenza regionale sull’argomento dal presidente della specifica
commissione regionale, Umberto Laureni, «sul territorio nel suo complesso
dal 1994 al 2004 sono stati realizzati 11 mila piani di bonifica regolare, e
Trieste ha contribuito col numero più alto, cioé 3786». L’Arpa intanto ha
realizzato una foto aerea a raggi infrarossi del territorio, evidenziando
tetti, pensiline e coperture ancora in amianto, che sbriciolandosi potrebbe
diventare altamente pericoloso. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 6 dicembre 2007
Attività venatoria nel parco
del Farneto: il Comune dice no ma per i cacciatori è lecita - Riunione della
Commissione trasparenza |
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La denuncia
dell’Enpa: «Noi curiamo gli animali selvatici, e appena li liberiamo vengono
uccisi dalle doppiette. Sparano a 50 metri dal recinto»
È infuocata polemica sulla
caccia nel bosco Farneto. Ieri la Commissione trasparenza del Comune ha
chiarito che non si può imbracciare il fucile nell’ambito di una zona di
rispetto di 150 metri dai confini dell’Oasi faunistica dell’Enpa e dai
percorsi naturalistici di proprietà comunale, che vanno da villa Revoltella
al torrente Farneto. Ma il parere della Federcaccia risulta del tutto
opposto. Anzi l’associazione, interpretando diversamente la legge regionale
157 del 92, afferma che il divieto venatorio riguarda soltanto la vicinanza
a case e non alle recinzioni. Perciò è in regola con la legge chi spara a
pochi centimetri dai reticolati dell’Enpa. Ma andiamo per ordine.
L’incontro di ieri, presieduto da Alessandro Minisini, si è svolto su
sollecitazione del presidente Enpa, Gianfranco Urso che ha denunciato
uccisioni di diversi animali selvatici nelle immediate vicinanze del
reticolato della protezione animali: «Hanno sparato a 50 metri dalla
recinzione, sicchè noi curiamo gli animali feriti che appena rimessi in
libertà vengono subito uccisi da chi li aspetta al varco». L’Enpa ha una
concessione comunale per una porzione di bosco pari a 40 mila metri
quadrati, dei quali 5 mila recintati. Dal canto loro i rappresentanti della
provincia Fabio Cella e della Regione, Cavani, hanno sottolineato la
difficoltà di far coesistere esigenze diverse come quelle di chi tutela gli
animali e di chi ama l’attività della caccia. Comunque la legge impone di
osservare le distanze dai caseggiati (150 metri) , dalle strade e delle
limitazioni esistono anche per la recinzione dell’Enpa. L’architetto Sello
del Comune ha anche specificato che la normativa parla di divieto di caccia
nei parchi urbani, come è il caso dei sentieri che vanno da villa Revoltella
al torrente Farneto. Su sollecitazione di diversi consiglieri, ha anche
detto che accanto alle segnalazioni di parco urbano, «verranno messe altri
cartelli di divieto di caccia».
La risposta della Federcaccia, non presente all’incontro, è giunta a stretto
giro di posta: «La legge 157- è sbottato il presidente onorario Federcaccia
Pietro Petruzzi- dice che se si spara in direzione di una casa la lontananza
deve essere di almeno 150 metri, in direzione opposta bastano 100. Inoltre
la distanza dal punto di fuoco dalle strade provinciali, comunali e statali
è di 50 metri, ma non si citano i viottoli o i sentieri. Tantomeno la legge
parla di recinzioni. In quanto al parco urbano, esiste solo sulla carta ed è
stato creato per frenare l’espansione edilizia, non la caccia».
Nell’incontro, dove si è sottolineato che non si tratta di una campagna
contro la caccia bensì è il Farneto che non va usato per l’attività
venatoria, i consiglieri di maggioranza ed opposizione (ma sono anche
intervenuti Porro, Edera, Trebbi) Tam, De Carli, Sulli, Furlanich hanno
predisposto una interrogazione contro l’attività venatoria nel «parco urbano
del Farneto», e la richiesta al sindaco di inviare vigili urbani a
controllare «che non si spari dove si portano a passeggiare i bambini».
Daria Camillucci |
Industrie e ambiente: studio
sugli effetti per la salute - Emendamento bipartisan per casi come il
cementificio nella Bassa o la Ferriera di Servola
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TRIESTE Un finanziamento di 300mila
euro in tre anni alle Agenzie per la Sanità e l’Ambiente, finalizzato a un
progetto-studio di carattere epidemiologico e ambientale. E’ quanto ha partorito
ieri la commissione Bilancio, approvando un emendamento che sancisce un
sostanziale perfezionamento all’articolo 2 in materia di salute e protezione
sociale. A tale scopo l’Azienda regionale della sanità si avvale della
collaborazione dell’Arpa, delle Università e degli enti del servizio sanitario
regionale. Il piano deve contemplare il perseguimento di tre traguardi minimi:
l’identificazione delle aree a rischio elevato per la presenza di carcinogeni
ambientali, la valutazione dei rischi per l’insorgenza di tumori e
identificazione dei gruppi di popolazione a rischio aumentato, e la valutazione
della quota dei tumori attribuibili all’esposizione a carcinogeni ambientali e
alla stima dell’incidenza di altre patologie non neoplastiche rilevanti. Il
documento è stato votato dalla maggioranza consigliare e dalla Lega Nord. Mauro
Travanut, del Pd, commenta: «Nel momento in cui abbiamo rifiutato il
cementificio, abbiamo sollevato il problema di come l’area della Bassa friulana
fosse funestata da elementi cancerogeni. Abbiamo chiesto una ricerca
approfondita al fine di rilevare ed eliminare queste presenze, e questi 300mila
consentiranno di sviluppare un adeguato percorso ambientale e mondare la zona da
fattori malevoli. Dal punto di vista politico, è lodevole che la salvaguardia
della salute dei cittadini prevalga nei confronti di logiche partitiche, il
fatto che movimenti del centrodestra abbiano trovato una convergenza con la
maggioranza certifica la sconfitta delle visioni ideologiche«. Alessandro Metz,
dei Verdi, riferisce: «Non posso che valutare positivamente questo passaggio.
Con il sostegno di Alessandra Guerra avevo già presentato un emendamento in
aula, ma era stato bocciato. Oggi (ieri per chi legge) sono state ammainate le
bandiere dei partiti, annientate dal buon senso». Chiude Alessandra Guerra:
«Finalmente è andata in porto una grande battaglia che il gruppo consiliare
regionale della Lega Nord aveva cominciato nel 2001».
«Riteniamo che sia un grande atto di civiltà, il segno di una Regione moderna e
attenta alla salute, una risposta ai timori di aree da tempo considerate a
rischio. Penso per esempio a quella del Monfalconese, della Bassa Friulana,
penso alla Carnia o a quartieri come quello della Ferriera di Servola, a
Trieste. Così si potrà finalmente avviare un percorso a monte, di tutela del
territorio e prevenzione dei rischi».
Giovanni Stocco
Pista ciclabile: galleria
illuminata |
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Finalmente! Dopo anni la tanto
attesa illuminazione nella galleria nei pressi dell’abitato di S. Giuseppe
della chiusa, sulla pista pedonale/ciclabile, è arrivata.
L’altra mattina, come già in precedenza infinite volte, mi accingevo con la
mia bicicletta ad entrare nella buissima galleria munito di un flash a
batteria, quando, miracolo, mi s’è aperta una imponente doppia fila di luci
sul tracciato che via via si accendevano mentre procedevo nel percorso. Alla
fine è stata un’esperienza quanto meno eccitante. Ma quanto abbiamo dovuto
attendere noi amanti della bici e del trekking? Io mi chiedo: non era forse
possibile realizzare qualcosa di più modesto ma in tempi più brevi? Comunque
grazie all’amministrazione provinciale che credo sia competente alla
realizzazione dell’intera opera della pista ciclabile. Si spera che, quanto
prima, venga realizzato il tratto da S. Giacomo al campo sportivo
Campanelle, affinché, grazie all’apertura del confine con la Slovenia, si
possa pedalare senza incontrare automobili sul proprio percorso, da Trieste
fino a Cosina.
La nostra pista ciclabile non avrà nulla da invidiare ai tanto
reclamizzati percorsi in Alto Adige e nella vicina Carinzia.
Fabio Bertuzzi |
Trieste capitale, senza
collegamenti |
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Sul Piccolo del 30 novembre si
legge in prima pagina che Trieste diventa capitale dell’Euroregione, vasta
area aperta ad Est. Una Trieste che diventa importante.
Ma questa novella capitale presenta dal lato collegamenti ferroviari uno
spaventoso isolamento. I vari tagli realizzati dalle patrie ferrovie per
motivi di economia hanno di fatto negli ultimi 10 anni isolato Trieste. E
proprio adesso pare vi sarà un ulteriore taglio, sulla linea con la Puglia.
Se guardiamo all’Est (ma anche a Nord) è di fatto impossibile da Trieste
arrivare a Lubiana, Zagabria, Budapest, Vienna; lo si può fare sole con giri
spaventosi e cambi di treno. Oppure recandosi in automobile a quella che è
oggi la vera stazione di Trieste verso l’Europa centro-orientale, Sesana. Da
qui si può abbastanza facilmente proseguire. Ma andare in treno da Trieste a
Sesana è impossibile: ci sono i binari, ma non i treni!
Importanti treni internazionali collegano Vienna, Praga, Budapest, Zagabria
con Lubiana. Non potrebbero questi treni proseguire fino a Trieste?
Tecnicamente è di una facilità estrema; non occorrerebbe nemmeno cambiare la
motrice a Villa Opicina. È che non si vuole che arrivino. O che il problema
non interessa.
Egregio signor Governatore Illy, dice per favore al suo assessore Sonego di
svegliarsi, di trastullarsi un po’ meno con le carte dell’ipotetico
Corridoio 5 (che io personalmente ritengo di non riuscire a vedere
realizzato, la vita è troppo breve) e di guardare un poco la realtà e le
linee esistenti, con questo spaventoso isolamento internazionale di Trieste.
Poi si potrà parlare di Trieste capitale dell’Euroregione. Oltre a un
ipotetico futuro, ricordiamoci anche del presente.
Paolo Petronio |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 5 dicembre 2007
Niente più rottamazione per
auto e moto - Il no deciso di Verdi e Legambiente cancella
l’emendamento. I soldi andranno all’acquisto dei treni
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Promotor:
«Senza incentivi vendite in calo del 13%». Fiat perde il 3,73% |
ROMA. Proverbio del giorno:
«Fare e disfare è tutto un lavorare». La rottamazione delle auto Euro 2 e
delle moto Euro 0 in Finanziaria non c’è più. «L’emendamento non lo avevo
presentato», dice il relatore, Michele Ventura, Ulivo.
No, ma lo avevano preparato i tecnici del governo. Niente da fare,
cancellato dal no deciso dei Verdi e di Legambiente. I soldi andranno
all’acquisto di treni. «Senza incentivi le immatricolazioni nel 2008
caleranno del 13%», dicono al Centro studi Promotor, i gestori del Motor
Show. Intanto ieri in borsa la Fiat ha preso una scoppola del 3,73%. «Gli
incentivi per la rottamazione sono utili sia alla crescita che all’ambiente,
sarebbe bene tenerlo in considerazione», osserva il direttore generale di
Confindustria Maurizio Beretta.
Quanto alla prescrizione anticipata delle contravvenzioni, ci sono dubbi da
parte del presidente della Commissione Bilancio, Lino Duilio: «E’ opportuno
acquisire ulteriori elementi dal governo perché la norma proposta può
comportare una diminuizione delle entrate degli enti locali. E’ necessario
capire le compensazioni». Una compensazione a dire il vero nell’emendamento
c’è: l’aumento sostanzioso degli interessi di mora sulle contravvenzioni non
prescritte.
Notizie di giornata. I soldi sequestrati a un «furbetto del quartierino»
andranno in asili nido e materiale da cancelleria dei tribunali. Lo
annunciano i ministri Clemente Mastella, Giustizia, e Rosy Bindi, Famiglia:
i 94 milioni confiscati alla Banca popolare italiana di Giampiero Fiorani
dal gip Clementina Forleo entrano subito nel bilancio. 70 i milioni che
serviranno a creare 7mila asili nido.
Via libera al fondo per la riduzione della pressione fiscale (con i soldi di
eventuali tesoretti) per i lavoratori dipendenti, la Cdl vota contro. Per
quanto riguarda la tassazione al 18% sul Tfr il relatore della manovra
lavora per ottenere lo sgravio anche oltre il 2008.
Il dibattito del giorno è quello sulle norme che potrebbero aprire ai
privati i servizi locali. «Si produrrebbero risparmi per 751 milioni», dice
Confartigianato. Favorevole anche Confindustria, ma si deve attendere
l’esito dell’iter del disegno di legge che contiene la riforma e che dalla
prossima settimana sarà in aula al Senato.
Lo sconto Ici vale anche se il proprietario è in situazione di separazione
legale, annullamento o scioglimento degli effetti civili del matrimonio e
non sta nell’appartamento.
Curiosità finale: Tito Boeri e Pietro Garibaldi, economisti di LaVoce.Info,
svelano che senza la Finanziaria i conti pubblici sarebbero andati meglio.
Alessandro Cecioni |
Cacciatori al Farneto,
incontro in Comune - La Commissione trasparenza si occuperà del fenomeno
denunciato dall’Enpa |
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La Commissione trasparenza si
riunirà oggi in Comune per rendersi conto della portata del problema dei
cacciatori nel bosco del Farneto denunciato da tempo dall’Ente protezione
animali: la presenza di cacciatori di frodo che starebbero decimando la
fauna del bosco. A sollecitare l’intervento della commissione è stato
proprio il presidente dell’Enpa, Gianfranco Urso, deciso a fermare a tutti
costi «la decimazione degli animali selvatici», e a garantire
contemporaneamente la sicurezza di chi passeggia nella zona. Una linea
condivisa da Alessandro Minisini: «Non è possibile che si rischi di finire
impallinati in un parco posto praticamente in città - osserva il presidente
della Commissione trasparenza -. Se si va avanti così, si rischia di trovare
i cacciatori anche nel giardino Pubblico. Bisogna anche considerare che il
bosco confina con importanti istituzioni come il Mib eil parco dell’Enpa.
Quello inoltre è luogo dove le mamme portano a passeggiare i bambini. In un
posto simile non si può andare a sparare. E’ troppo pericoloso».
A rivolgersi con decisione alla Commissione, nelle ultime settimane, sono
stati anche gruppi di cittadini e frequentatori abituali del bosco. Persone
che denunciano la presenza, ormai ciclica, di cacciatori di frodo armati di
doppietta che vanno a fare il tiro a segno a spese degli animali selvatici
che vi vivono e vi si moltiplicano. La caccia nel polmone verde cittadino
inoltre è vista con preoccupazione da chi frequenta i sentieri per fare
jogging, dai proprietari di cani e da chi attraversa in moto o in macchina
il bosco: tutti temono di finire impallinati per sbaglio al posto di una
lepre o di un cerbiatto.
Daria Camillucci |
Confronto a Era su rifiuti e
ambiente tra gli studenti e il corpo forestale - Continua alla Marittima la
biennale di divulgazione scientifica |
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Spiegati ai
giovani ruoli e competenze dell’istituzione che conta soltanto 282 uomini in
tutta la nostra regione con un vasto patrimonio naturale da salvaguardare
Alla Stazione Marittima, in
occasione della nona edizione della biennale di divulgazione scientifica di
Era (Esposizione di ricerca avanzata) si è affrontasto il delicato problema
dei rifiuti e delle violanzioni ambientali. Argomenti sui quali è
intervenuto il geologo Alfonso Zampatti del Corpo forestale regionale,
direzione risorse agricole, naturali, forestali e montagna.
L’incontro ha visto la partecipazione di una trentina di studenti delle
scuole superiori triestine, ed è stato proprio ai giovani che si è rivolto
Zampatti nell'illustrare e diffondere il concetto di «corretta progettazione
urbanistico-ambientale».
«È fondamentale la conoscenza delle leggi esistenti in materia - ha
sottolineato Zampatti - ed è altrettanto necessario rispettare queste norme
per tutelare l'ambiente e la collettività alla quale apparteniamo».
La legge, in questo senso, risulta essere la naturale conseguenza
dell'esperienza tecnica unita alla volontà politica del Paese, e in quanto
tale, secondo il geologo, enuncia dei principi generali che rispondono alle
esigenze dell'ecosistema e ai fabbisogni dell'uomo. Le problematiche
relative ai rifiuti e ai materiali di scavo così come la gestione delle
gomme abbandonate sono soltanto alcuni degli esempi del cattivo
funzionamento della rete di comunicazione e recepimento delle normative
vigenti in questo settore: «Quest'anno ci sono state almeno quindici denunce
da parte del Corpo forestale per violazione delle norme paesaggistiche -
continua Zampatti - molti non conoscono le recenti modifiche alle leggi in
materia e si trovano così a dover fare i conti con delle sanzioni penali».
Il Corpo forestale regionale è un corpo ‹‹eclettico››, al quale spettano
diverse competenze, anche molto diverse tra loro, per le quali vi è la
necessità di una conoscenza approfondita delle normative vigenti. Ma, come
spiega Zampati, «siamo pochi, troppi pochi. Nel Corpo forestale regionale si
contano 282 uomini, un numero esiguo se paragonato a quello della Protezione
civile o all'Arma dei carabinieri». Si auspica quindi che la grande mole di
lavoro e responsabilità affidata al Corpo forestale, sotto la cui tutela si
trova un' intero territorio, possa trovare nuovi addetti: «C’è bisogno di
persone forti e determinate, caratterizzate da quel particolare spirito
motivazionale che è proprio dei giovani».
Linda Dorigo |
I rifiuti, una
risorsa per l’umanità - il 60 per cento degli studenti è sensibilizzato su
questo problema
Quanti cittadini di Trieste sono
consapevoli del fatto che riciclare i rifiuti può aiutare a salvare l'ambiente e
la salute? Si è visto che la nostra città, rispetto a molte altre, è in fondo
alla classifica per la raccolta differenziata, in quanto solo il 15% della
popolazione sa quanto questa sia utile. La classe 2.a dell'Istituto "G.
Carducci" (oggi 3° B) ha dato inizio lo scorso anno ad un progetto che continua
anche oggi intitolato "Raccolta Differenziata dei rifiuti", inserito
nell'iniziativa "cittadinanza attiva", partendo dalle "5R": Riduzione, Riuso,
Riparazione, Riciclo, Ricerca. Nella prima fase la classe, divisa in gruppi di
lavoro, ha iniziato una ricerca su internet, su quali fossero i rifiuti
riciclabili (vetro, plastica, carta, alluminio e ferro) e non riciclabili; ha
imparato a conoscere la possibilità di convertire i rifiuti umidi in energia
termica ed elettrica. E' stata messa in evidenza poi la necessità di imparare a
ridurre la produzione di rifiuti, ad esempio evitando di acquistare prodotti
confezionati. È importante segnalare che un gruppo di lavoro si occupa dell'ecomafia.
Il lavoro di ricerca ha interessato anche la parte normativa sia nazionale che
europea. Attraverso un questionario elaborato da un gruppo di lavoro, per
conoscere la percentuale della popolazione scolastica che pratica la raccolta
differenziata in casa; si hanno avuti risultati soddisfacenti in quanto il 60%
degli studenti la pratica regolarmente. Sono stati preparati due cartelloni che
illustrano la raccolta differenziata e i rifiuti che quotidianamente produciamo
a scuola. E' stato realizzato un power point che sintetizza il lavoro svolto
nella prima fase di ricerca. Attraverso questo lavoro abbiamo capito
l'importanza della salvaguardia dell'ambiente attraverso la raccolta
differenziata: con il riciclaggio della carta si evita la deforestazione che sta
ormai diventando un grosso problema per il nostro ecosistema e per la vita degli
esseri viventi; la plastica è invece un sostituto del vetro, ma più inquinante
in quanto è il prodotto della lavorazione del petrolio (diversi sono i tipi di
plastica termoindurenti, elastomeri, termoplastici e bioplastica); il vetro è il
prodotto ottenuto dalla lavorazione dei minerali; l'alluminio utilizzato per
produrre le lattine è ottenuto attraverso la lavorazione della bauxite, un
minerale. Al progetto ha partecipato un alunno non vedente e il materiale è
stato tradotto in Braille. III B (Liceo socio psico pedagogico G. Carducci -
Trieste)
Vertice sul biodiesel a
Cervignano - L’Ersa punta all’energia pulita: «Convertiamo gli scarti
agricoli per produrre biogas e bioetanolo» |
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CERVIGNANO Convertire gli oli e
i residui vegetali in carburante e combustibile. Questa una delle proposte
avanzate nel corso del convegno «produzione e utilizzo degli oli vegetali e
biodisel in Fvg» tenutosi ieri mattina alla Villa Chiozza di Cervignano. Il
summit, cui hanno preso parte relatori provenienti da un vasto territorio
che trascendeva i confini nazionali, ha permesso di fare il punto
sull’effettivo utilizzo delle fonti energetiche alternative nella nostra
regione. Secondo quanto emerso, le bioenergie rappresentano un’importante
opportunità per tutelare l’ambiente e sono un potenziale volano economico:
consentono di ridurre sensibilmente l’uso di carbone e petrolio, risorse
peraltro in via di estinzione, con conseguente attenuazione dell’impatto
ambientale e, contestualmente, incentivano la creazione di nuovi assetti nel
mercato dell’energia. Un esempio lampante viene proposto dal direttore dell’Ersa
Josef Parente: il 15% della produzione totale di patate viene gettato per
vari motivi, alimentando in modo lampante lo spreco energetico. Questi
scarti potrebbero essere impiegati per la produzione di biogas e soprattutto
bioetanolo. Tramite l’utilizzo delle eccedenze, dei rifiuti urbani, dei
residui di lavorazioni agricole, potremmo arrivare al 10% di copertura del
fabbisogno. Ma ,soprattutto, diviene necessario investire decisamente sul
risparmio energetico, ricorrendo all’impiego del fotovoltaico e dell’energia
eolica.
Giovanni Stocco |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 4 dicembre 2007
Dissequestrati gli scarichi a
Cattinara - Annullato il provvedimento della Procura per il nosocomio:
non nocive le acque reflue |
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Decisione della Cassazione
dopo la polemica sui laboratori |
L’ospedale di Cattinara a breve
scadenza potrà nuovamente scaricare nella rete fognaria cittadina le acque
reflue provenienti dai suoi laboratori di analisi. Il via libera è venuto
dalla Cassazione che ha annullato il sequestro voluto dalla Procura sei mesi
fa. Gli scarichi dei laboratori comunque oggi sono ancora sigillati e
costringono l’ospedale a servirsi per lo smaltimento delle acque reflue di
taniche che poi finiscono in discarica o nel forno dell’inceneritore.
Il «via libera» all’uso della rete fognaria verrà tra qualche settimana,
perché la Corte di Cassazione ha annullato, ma ha anche deciso il rinvio
degli atti al Tribunale del riesame di Trieste che aveva confermato nel
luglio scorso il blocco degli scarichi, costringendo l’Azienda sanitaria ad
accollarsi una serie di consistenti costi aggiuntivi per garantire
l’operatività del laboratorio del Dipartimento di medicina.
In sintesi gli scarichi non avrebbero dovuto essere posti sotto sequestro
perché al laboratorio di analisi andava applicata la normativa degli
scarichi idrici e non quella dei rifiuti, come è stato in effetti fatto,
dalla Procura, dal gip e dal Tribunale del riesame.
Il ricorso vincente è stato presentato dall’avvocato Giovanni Borgna su
incarico del dottor Maurizio Canaletti, indagato per l’ipotesi di
inquinamento, assieme ai manager dell’Azienda sanitaria e della società che
gestiva alcune apparecchiature di analisi. Tra essi Bruno Biasoli, Mohamad
Lasri, Lucia Pelosi e Franco Zigrino.
In sintesi nel suo ricorso in Cassazione l’avvocato Borgna ha sostenuto che
l’impianto di smaltimento delle acque di laboratorio dell’Ospedale di
Cattinara, ha sempre operato nel rispetto della legge e con le prescritte
autorizzazioni. Ma ha anche aggiunto che le acque di laboratorio subivano
prima un trattamento e poi una progressiva diluizione in ambito fognario. La
procedura aveva ottenuto le prescritte autorizzazioni dal Comune.
Raccogliendo invece le acque di laboratorio in apposite taniche, come sta
accadendo dopo il sequestro, il rischio per l’ambiente è più alto se non
altro perché le stesse taniche potrebbero rompersi, rovesciarsi, subire
lesioni durante il trasporto. E il loro contenuto non è nè diluito in acqua,
nè trattato.
Nel ricorso è stato sottolineato che la «fuorviante interpretazione della
Procura, spostata acriticamente dal Tribunale del riesame, oltre a procurare
gravi danni ed inefficienze, rischia di provocare il collasso del sistema
dello smaltimento idrico, aprendo una ferita che può portare a ritenere non
conformi alla norme tutte le strutture dove le acque contengano residui
chimici o biologici come accade in tutti i sistemi industriali. Invece la
normativa sugli scarichi idrici contempla sistemi di controllo idonei e di
trattamento anche migliori di quelli previsti per lo smaltimento dei
rifiuti».
Il ricorso spiega anche com’è nata l’inchiesta. «In seguito alla denuncia di
una dipendente dell’Azienda sanitaria, intervenivano i Nuclei
antisofisticazioni e Sanità dei Carabinieri». Quella dipendente oggi non è
più tale: è stata licenziata in tronco dall’Azienda sanitaria ed è evidente
che sull’eventuale ricorso al giudice del lavoro, pesarà anche la decisione
della Cassazione.
Claudio Ernè |
Bonifiche, accordo di
programma a rischio - Si allungano i tempi per l’approvazione
dell’intesa. Ezit e giunta regionale hanno rinviato la discussione |
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Dalla Confartigianato,
intanto, arriva un secco «no» ai contenuti del documento |
Si complica la procedura finale
dell’accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse
nazionale. Mentre l’Ezit ha rinviato di sette giorni, dal 7 al 13 dicembre,
il cda che doveva votare il documento, la bozza dell’accordo non sarà
discussa dalla giunta regionale neanche questa settimana. A precisarlo è
l’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, che spiega così il
motivo del rinvio: «Domani (oggi, ndr) è previsto un incontro fra l’ufficio
legale della Regione e l’Avvocatura dello Stato, perchè vanno approfonditi
aspetti giuridici sostanziali dell’accordo».
Intanto la Confartigianato annuncia il voto contrario al documento del suo
rappresentante nel cda dell’Ezit, Giorgio Prelz (che rappresenta anche Cna e
Ures). Una lettera a firma del presidente di Confartigianato Dario Bruni e
dello stesso Prelz verrà inviata oggi al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita.
Un’analoga lettera sarà spedita anche al ministero dell’Ambiente, in cui
Confartigianato lamenta anche di aver ricevuto solo la bozza datata 7
novembre e non quella del 16, contenente numerose modifiche, sulla quale
hanno lavorato i vari enti.
Nella missiva al presidente dell’Ezit, l’Associazione degli artigiani,
preannunciando il voto contro l’accordo di programma ne spiega le ragioni.
«Non è un no ad Azzarita – precisa la Confartigianato – che anzi si è
adoperato molto per risolvere la questione, ma al ministero e agli enti che
hanno predisposto la bozza dell’accordo».
Due le motivazioni del no. La prima: nell’ultima bozza, datata 16 novembre,
manca un riferimento chiaro ed esplicito al principio comunitario secondo
cui chi non ha inquinato non paga. Conseguenza di ciò, rileva la
Confartigianato, è che le imprese che non hanno acquisito il capannone o il
terreno dall’Ezit dovranno assumersi totalmente le spese di
caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica della propria area.
L’Associazione degli artigiani chiede inoltre di conoscere quali sono queste
imprese e dove sono ubicate, poichè finora si è detto solo che tale numero
si aggira attorno al 10% delle aziende.
Il secondo motivo del no di Confartigianato riguarda il punto dell’accordo
in cui si dice che gli imprenditori che hanno acquistato dall’Ezit sono
sollevati da ogni responsabilità, purchè ovviamente non svolgano attività
inquinanti.
Nel documento non si definisce, rilevano gli artigiani, quanti passaggi di
proprietà sono esentati dal pagamento: se dal 1946 (anno di nascita dell’Ezit)
ad oggi, oppure solo l’ultimo passaggio. Siccome si stima che il 50% delle
aziende abbia acquistato la sede da privati, sottolinea Confartigianato, per
esse non c’è la certezza che siano considerate acquirenti dall’Ezit.
Ma non è solo l’Associazione degli artigiani ad esprimere contrarietà
all’accordo di programma. Maurizio Ferrara, rappresentante del Comune di
Trieste nel cda dell’Ezit, condiziona il suo voto. «Presenterò un emedamento
– spiega – chiedendo che venga inserito nel testo il principio del ”chi non
ha inquinato non paga”. Se verrà accolto voterò a favore, in caso contrario
il mio voto sarà no. Le categorie – aggiunge – non possono essere
penalizzate da una norma che non è assolutamente chiara».
Giuseppe Palladini |
Corridoio 5, Di Pietro a Trieste il
19 dicembre
TRIESTE Il ministro delle
Infrastrutture Antonio Di Pietro sarà a Trieste il 19 dicembre prossimo per la
prima riunione della Conferenza Intergovernativa Italia-Slovenia per la
realizzazione del Corridoio 5.
All'incontro - informa oggi una nota della Regione Friuli Venezia Giulia -
prenderà parte il ministro dei Trasporti sloveno Radovan Zerjav, con il quale Di
Pietro punta a definire il trattato bilaterale che disciplinerà la materia della
progettazione, costruzione e gestione della tratta ferroviaria transfrontaliera
del «Progetto prioritario 6».
È prevista inoltre la presenza del coordinatore europeo del «Pp6» Laurens
Brinkhost, che ha seguito la questione della tratta italo-slovena della nuova
ferrovia.
Capodistria-Divaccia: il
raddoppio nel 2015 - Il ministro dei Trasporti Zerjav: «La tratta è il
fulcro per lo sviluppo del Corridoio 5»
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Celebrati i
40 anni della linea ferroviaria. Proseguono i contatti con «Deutsche Bahn».
L’ammodernamento costa 8 miliardi di euro |
Lungo la
linea passa il 40% delle merci trasportate in un anno dalle Ferrovie slovene |
DIVACCIA La tratta
Capodistria–Divaccia è la spina dorsale della rete ferroviaria slovena, ma
nell'arco di pochi anni non basterà più per sostenere il crescente traffico
merci da e verso il porto di Capodistria.
È necessario pertanto portare avanti quanto prima i progetti di
ammodernamento della tratta attuale e procedere in tempi quanto più rapidi
alla costruzione del secondo binario, in modo da collegare in modo efficace
lo scalo capodistriano al Quinto corridoio europeo e poter continuare a
valorizzare la sua ottima posizione geografica.
Un tanto è stato ribadito ieri a Divaccia nel corso della cerimonia in
occasione del quarantesimo anniversario della costruzione della ferrovia
Capodistria–Presnica (presso Cosina), primo collegamento su rotaia tra il
porto capodistriano e l'altipiano carsico, costruito tra il 1964 e il 1967.
«La tratta attuale sarà ammodernata entro il 2010, il secondo binario sarà
costruito entro il 2015» ha annunciato a Divaccia il ministro sloveno dei
Trasporti Radovan Zerjav.
Il vero problema, ha ammesso il ministro, è l'entità dell'investimento.
Lubiana in questo momento non dispone degli oltre 8 miliardi di euro
necessari per il secondo binario. I mezzi europei annunciati, 94 milioni,
sono solo una piccolissima parte. Una soluzione, secondo Zerjav, potrebbe
essere il partenariato tra pubblico e privato.
Invitato dai giornalisti a spiegare se e come procedono le trattative con il
consorzio tedesco «Deutsche Bahn», il ministro non ha voluto sbilanciarsi.
Le Ferrovie tedesche restano comunque uno dei possibili partner di Lubiana,
intenzionata a creare un forte polo logistico che comprenda anche «Luka
Koper» e «Interereuropa» e che possa attirare capitali esteri indispensabili
per modernizzare la rete ferroviaria nazionale.
La ferrovia è fondamentale, ha ribadito nel suo intervento anche il
direttore del Porto Robert Casar: per rotaia passa ormai più del 60 per
cento dei traffici da e verso lo scalo capodistriano.
E le quantità di merci continuano a crescere. Nel 2006 sono stati manipolati
176.000 vagoni, quest'anno si pensa di arrivare a 200.000.
Sfruttando le risorse interne e migliorando l'organizzazione dei trasporti,
si potrà andare avanti di questo passo ancora per qualche anno, poi, è
convinto Casar, si rischia di dover rinunciare a carichi e mercati.
La Capodistria–Divaccia è la spina dorsale delle ferrovie slovene, ha
ricordato nel suo intervento il direttore generale delle Ferrovie Tomaz
Schara: è lunga soltanto 46 chilometri ma vi passa il 40 per cento di tutte
le merci traportate dall'azienda.
Solo nel 2006, si trattava di 7,4 milioni di tonnellate. Non bisogna inoltre
dimenticare il traffico passeggeri.
Per tutti questi motivi, è stato categorico Schara, è più che evidente il
bisogno di un nuovo collegamento di Capodistria con il suo entroterra: «Ne
ha bisogno il porto di Capodistria, ne hanno bisogno le Ferrovie slovene, ne
ha bisogno la Slovenia».
Un nuovo moderno collegamento di Capodistria, ma anche di Trieste, con
l'altopiano carsico, è indispensabile per sfruttare appieno le possibilità
di crescita date dal Corridoio paneuropeo numero 5 e per valorizzare i porti
dell'Alto Adriatico, potenzialmente i principali punti di riferimento per i
traffici da e verso il Centro e l'est europa, ma ancora non al livello della
concorrenza dei porti del Mare del Nord.
Non a caso ultimamente si sono intensificati i rapporti tra il Porto di
Trieste e quellodi Capodistria. «Bisogna fare sistema», ha ribadito nei
giorni scorsi a Roma ilpresidente del Consiglio Romano Prodi incontrando il
premier sloveno, Janez Jansa. Insomma le sinergie politiche ci sono. Ora
bisogna passare al alto pratico della realizazione delle infrastrutture. |
Pedena: un’associazione contro la «Rockwool»
PEDENA È nata l'associazione «Terra
nostra» che si propone il fine di far chiudere e smantellare la fabbrica di lana
di roccia della Rockwool, causa i noti problemi di inquinamento. Per il momento
hanno aderito all'iniziativa una trentina di persone, anche delle vicine
località di Chersano e Santa Domenica. Il fondatore dell'associazione Ivan
Smilovic annuncia la prima riunione di lavoro per domani, per definire il
programma operativo. E precisa che il più importante strumento di lotta contro
la fabbrica saranno i comizi di protesta della popolazione per la quale
l'esistenza quotidiana è diventata un martirio dopo l'apertura, avvenuta due
mesi fa, dell'inquinante struttura industriale.
LA REPUBBLICA -
LUNEDI', 3 dicembre 2007
Tutti in fila nel
Belpaese ostaggio delle quattroruote - Lo conferma l'Eurobarometro, la
statistica effettuata nei Paesi Ue
Bus e tram che
non funzionano, piste ciclabili insufficienti e così l'utilitaria resta ancora
il nostro mezzo di trasporto preferito
MILANO - Le micidiali
polveri sottili, i centri urbani chiusi e i cartellini rossi esposti in molte
città per fermare i mezzi più inquinanti non sono riusciti ancora nel miracolo
di cambiare le abitudini degli italiani: il Belpaese infatti ha conquistato
nell'ultima edizione dell'Eurobarometro (la summa annuale delle statistiche Ue)
il poco invidiabile primato di paradiso delle quattroruote. Le cifre parlano
chiaro: tra i big del Vecchio continente, siamo i più compulsivi utilizzatori
dell'auto. Ogni cittadino italiano macina in media al volante 12.282 chilometro
l'anno, un migliaio di meno dei lussemburghesi ma molto di più degli inglesi
(11.672) e dei tedeschi (10.349).
Un amore viscerale - quello per i motori - che sommato ai guai di bus, tram e
metro di casa nostra ci ha regalato pure l'Oscar continentale per la diffidenza
verso il mezzo pubblico: il 72% dei nostri connazionali - secondo il
ponderosissimo studio statistico di Bruxelles - sosteneva nel 2005 "di non
essere incoraggiato a utilizzare meno la sua auto dall'offerta di servizi
alternativi". Un valore che ci colloca lontanissimi dalla media Ue (58%) e a
distanza siderale da paesi come Germania, Spagna, Danimarca e Austria dove più
della metà delle persone ammette di avere buone ragioni - leggi mezzi pubblici
adeguati - per lasciare la macchina in garage durante la settimana.
L'Italia insomma - e forse non servivano i dati dell'Eurobarometro per
dimostrarlo - è ancora una Repubblica a misura auto. Rinunciarci è difficile. La
media dei nostri tragitti singoli è bassissima anche rispetto al livello
europea, circa 4 chilometri. Segno che la utilizziamo anche quando forse non è
necessario. Magari per andare a comprare il pane dietro l'angolo o per portare i
bambini a scuola a poche centinaia di metri da casa.
Ma se la penisola è uno stivale dove le quattroruote (ce ne sono 670 ogni mille
abitanti, una cifra inferiore a livello mondiale solo agli 800 degli Usa)
spadroneggiano indisturbate dalle Alpi alla Sicilia è più per demeriti altrui
che per convenienza effettiva.
Sul fronte delle infrastrutture viarie, ad esempio, non siamo messi molto meglio
del resto del Vecchio continente. Ogni italiano "dispone" statisticamente di 110
metri di autostrada. Gli spagnoli ne hanno 240 metri a testa, i francesi 170. E
solo in Gran Bretagna, in proporzione, stanno peggio di noi e non arrivano
nemmeno all'ettometro. La nostra cronica idiosincrasia per i mezzi pubblici non
è nemmeno una questione di soldi. Anzi, su questo fronte ci riteniamo a torto o
a ragione tra i più fortunati del Vecchio continente: il livello di gradimento
delle tariffe di tram, metro, treno e bus nel nostro paese è (su base 100) di un
bel 82, voto che ci mette sopra a quasi tutte le altre nazioni.
Qual è allora la palla al piede dei mezzi pubblici, proprio nella settimana in
cui gli scioperi hanno lasciato a piedi milioni di italiani? I numeri di
Bruxelles aiutano a dare una chiave di lettura: il vero problema di tram e bus
tricolori è quello della scarsa accessibilità. I cittadini del Belpaese (magari
c'entra un po' la nostra tradizionale pigrizia) ritengono inadeguata la
struttura della rete. I mezzi sono pochi, le fermate troppo lontane da casa.
Nella speciale classifica relativa a questa voce, non a caso, indossiamo una
disonorevolissima maglia nera. Solo 69 italiani su 100 considerano i trasporti
statali un network "di facile accesso", cifra che ci colloca in ultima posizione
di una graduatoria guidata dalla Grecia (95), dove quasi tutti i nostri vicini
continentali viaggiano ben sopra quota 80.
Le cose non vanno meglio se dal dato nazionale si passa a quello locale.
Bruxelles ha provato a chiedere ai cittadini delle grandi capitali Ue quale
fosse il grado di soddisfazione, in termini generali, del servizio di trasporto
pubblico. E Roma - anche al netto del caos taxi degli ultimi giorni - non ne
esce proprio benissimo, conquistando un disonorevole ultimo posto con solo 40
abitanti su 100 contenti della rete dei mezzi alternativi. A Vienna, Berlino,
Parigi e Atene sono quasi il doppio.
L'Italia però si conferma anche nei dati della Ue un paese difficile da
catalogare in gabbie socio-numeriche troppo strette. L'impopolarità dei mezzi di
trasporto pubblici tricolori sancita senza possibilità d'appello dall'Eurobarometro
non significa che vengano utilizzati. Anzi. È vero il contrario. Ci lamentiamo,
borbottiamo, imprechiamo contro il disservizio. Ma alla fine riempiamo più dei
nostri concittadini europei tram, bus e metropolitane.
Per l'esattezza li usiamo per 6,4 chilometri al giorno a testa - calcola con
precisione millimetrica la statistica comunitaria - distanza che ci mette di un
pezzo sopra la media di 5,4 km. del Vecchio continente. Dato di per sé
ugualmente buono visto che nel 1970 nella Ue eravamo fermi a 4,2 e solo una
quindicina di anni fa abbiamo rotto la barriera dei cinque chilometri.
Sommando tutti i dati relativi ai trasporti via terra, gli italiani sono in
assoluto i maggiori viaggiatori del vecchio continente con 41 km al giorno (di
cui 34,2 in macchina) dopo il piccolo Lussemburgo (44) ma ben davanti a Gran
Bretagna (36), Germania (33) e Spagna (27). Merito anche della scarsa popolarità
in Italia dell'aereo. I guai della nostra compagnia di bandiera - in questo caso
- c'entrano poco. Il Belpaese, più semplicemente, sta imparando a volare solo
oggi.
Nel 2006 oltre 120 milioni di italiani hanno superato il check in per imbarcarsi
a bordo di un jet. Più del doppio di quelli che volavano dieci anni prima. Ma
ancora molti meno delle altre nazioni più mature dal punto di vista aeronautico
come la Gran Bretagna (230 milioni) e persino la Spagna (180) dove gli aeroporti
di Londra e Madrid rischiano addirittura un collasso nei prossimi anni per
l'eccessivo carico della domanda, troppo alta in diverse ore della giornata
rispetto alla disponibilità di slot per i decolli e gli atterraggi.
L'ultima fotografia scattata dall'eurobarometro ai mezzi di trasporto pubblici
europei è quella dei prezzi. Su questo fronte la deregulation, il balzo dei
costi per i carburanti, le privatizzazioni e l'austerity di bilancio di molti
paesi stanno gonfiando la spesa. L'aumento dal 2001 al 2005 è stato in media del
15%, qualche punto in più dell'inflazione. L'Italia, almeno in questo, brilla in
positivo con un incremento percentuale dell'11,1%, generato da un +4,2% delle
tariffe ferroviarie (valore balzato all'insù negli ultimi due anni), un +11% di
tram, bus e metro e un +6% per i traghetti via mare.
Aumenti comunque elevati soprattutto a confronto di stipendi che - in
particolare nel caso dei lavoratori dipendenti - tendono a muoversi verso l'alto
con molte più difficoltà. Proprio una banale questione di soldi però - più del
senso civico e della voglia di un mondo più pulito - potrebbe alla fine
raffreddare l'antica passione degli italiani per le loro quattroruote. Il costo
del pieno negli ultimi quattro anni è aumentato quasi del 60%. I nostri 12.282
chilometri l'anno costavano nel 2000 circa 785 euro. Oggi per fare la stessa
distanza se ne spendono 1.325. E questo, forse, più che la paura delle polveri
sottili o degli Ecopass vari, rischia di essere il vero asso nella manica per
convincere gli italiani a lasciare la loro macchina in garage e salire, magari
lamentandosi per la qualità del servizio e i ritardi, a bordo di tram, autobus e
metropolitane.
ETTORE LIVINI
IL PICCOLO -
LUNEDI', 3 dicembre 2007
Ferriera, Regione pronta a
firmare l’ok ambientale -
Gli esperti del ministero: in 15
giorni un solo sforamento ma i dati Cigra sono attendibili |
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La giunta,
dopo aver esaminato tutta la documentazione, nella prossima seduta
concluderà l’iter dell’autorizzazione
Alla prossima riunione di
giunta, venerdì 7 dicembre, la Regione dirà l’ultima parola
sull’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera di Servola.
Se sarà un sì, la Ferriera avrà ottenuto un’autorizzazione che supera e
ingloba ogni altra. Il fascicolo, all’ultima seduta, è stato rimandato per
necessità di ulteriori analisi del documento, che contiene il piano di
lavoro annunciato (e in parte già avviato) dalla Lucchini, con data di
completamento a fine 2008, finalizzato ad abbattere le fonti d’inquinamento
interne ed esterne, nonché le numerose prescrizioni aggiunte dagli enti che
hanno partecipato alla redazione. Quanto alla Regione, è rimasta unica
titolare del giudizio dopo che il Comune di Trieste ha depositato, in sede
di conferenza dei servizi, il suo parere negativo («Non diamo autorizzazioni
con inquinamento in corso»). Un atto che ha svuotato di potere il voto di
tutti gli altri enti, delegando la responsabilità al solo governo regionale.
Intanto l’Apat, l’Agenzia nazionale per la protezione ambientale, conferma
un primo importante risultato delle analisi condotte dal laboratorio mobile
arrivato da Roma su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del verde
Alessandro Metz che avevano interessato alla questione Ferriera il ministro
dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, a fronte di allarmanti e ripetuti sforamenti
di polveri sottili e benzoapirene «con pericolo per la salute pubblica»
secondo l’avviso ufficiale dell’Azienda sanitaria.
Lo strumento era stato posizionato per 15 giorni nella seconda metà di
ottobre a Servola stazione, assieme a quelli dell’Arpa regionale e del Cigra,
il Consorzio universitario incaricato dalla magistratura di monitorare la
zona. Il dato scientificamente meno rilevante - a giudizio dei tecnici
stessi - è l’unico concreto: «In 15 giorni si è verificato un solo
sforamento di Pm10 - spiega Maria Belli, responsabile del laboratorio -, ma
non è un elemento significativo perché siamo rimasti a Trieste per un
periodo breve e caratterizzato da bora costante». Benzene, benzoapirene e
altri idrocarburi captati dagli strumenti sono ancora sotto analisi: «I test
richiedono molto tempo - aggiunge Belli - e abbiamo avuto qualche ritardo».
Si attende l’esito per metà dicembre.
Intanto però si materializza il risultato principale. «Abbiamo adesso la
certezza - afferma la responsabile del laboratorio Apat - che le notizie
sugli inquinanti ottenute dalle centraline dell’Arpa e del Cigra sono
perfettamente valide, del tutto coincidenti con quelle che abbiamo avuto dai
nostri strumenti, il cui compito principale era proprio verificare e
validare i sistemi di captazione e di lavoro». La validazione adesso c’è.
Questo significa che «nessun dubbio può sussistere - scandisce Belli - sui
dati raccolti da Arpa e Cigra prima che arrivassimo noi, né su quelli che
saranno raccolti da ora in poi». Le polemiche dunque che avevano investito
un po’ tutti, con contestazioni incrociate, vengono così a cadere. E quando
il Cigra a fine mese concluderà l’ulteriore sondaggio dell’aria con le altre
due centraline aggiunte nell’abitato di Servola, ordinato sempre dal
magistrato a completamento e integrazione dei dati sul quartiere (come
richiesto a gran voce, e con carte bollate, dalla Lucchini, ma come anche
imposto da una legge nel frattempo approvata) i risultati dovranno essere
considerati, in sè, altrettanto inoppugnabili.
g. z. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 2 dicembre 2007
Trieste-Divaccia, 760 nuovi
posti di lavoro - Per l’avvio dei lavori. Gli esperti: nel 2025 il
tracciato fino a Mestre assorbirà 27mila occupati |
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Lo studio
inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e
Veneto, misura l’impatto economico del Corridoio 5
MONFALCONE Il Corridoio 5 è
destinato a spostare l’asse del traffico merci e passeggeri da Nord a Sud
delle Alpi. Il progetto dovrebbe diventare operativo nel 2015. La velocità
ottimale sarebbe quella dei 250 chilometri-orari, sia sotto il profilo
ambientale che economico. Sono le «direttrici» elaborate dallo studio
inglese Scott Wilson, commissionato dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e
Veneto, in merito all’impatto della tratta di competenza del Corridoio
paneuropeo 5. Lo studio è stato presentato ieri a Fogliano Redipuglia
presenti i vertici del porto di Trieste, dell’aeroporto di Ronchi e della
concessionaria Autovie Venete con il presidente Santuz.
Il modello Wilson ha elaborato le proiezioni circa i risultati prodotti dal
Corridoio 5 in Friuli Venezia Giulia dal 2015 al 2045: lo studio prende in
esame la progettazione della linea Mestre-Ronchi Sud-Trieste con
prosecuzione verso Divaccia e Lubiana.
In termini di posti di lavoro, si parte dai 760 occupati all’avvio della
tratta per approdare ai 27.600 del 2025 fino ai 116 mila nel 2045. In fatto
di Pil, nel 2015 si prevede un aumento di 0,05 miliardi di euro, fino a 8,6
miliardi di euro nel 2045. Nel 2015 l’aumento per il traffico ferroviario
sarà di 32,4 milioni di tonnellate, fino ad arrivare a 76,6
milioni/tonnellate nel 2045. Dalle strade saranno tolti oltre 469 mila
autotreni nel 2015, fino a oltre 916 mila nel 2045. Abbattuti anche i costi
sociali (-16 milioni di euro nel 2015 fino a -27,9 milioni nel 2045).
L’aumento della domanda ferroviaria, nel modello Wilson, si attesterà sul
30% per le merci e sul 33% per i passeggeri. Con il traffico pesante ridotto
ad oltre il 4,5%. Per contro, l’aumento del traffico ferroviario è stimato
nel 25% per le merci e nel 10% per i passeggeri.
Veniamo allo stato dei progetti. Nel 2002 è stato completato lo studio di
fattibilità della linea veloce Venezia-Trieste che ha usufruito anche del
sostegno finanziario della Commissione europea. Sono inoltre intercorsi
contatti a livello governativo tra Italia e Slovenia che hanno portato alla
definizione dell’accordo sottoscritto nel febbraio 2002, con il quale è
stato individuato il tratto a cavallo del confine. In tale ambito, sarà
possibile sviluppare lo studio di fattibilità del tratto di linea afferente
al confine (circa 7 chilometri). La progettazione della linea Mestre-Ronchi
Sud-Trieste con prosecuzione verso Divaccia e Lubiana è articolata nelle
seguenti tratte: Mestre-Portogruaro (la progettazione sarà avviata nel corso
dell’anno); Portogruaro-Ronchi Sud (il progetto preliminare s’è concluso nel
2006, ma la Regione ha preannunciato parziali variazioni del tracciato);
Ronchi Sud-Trieste (il progetto preliminare è in corso di ripubblicazione
per essere presentato al Cipe); Ronchi Sud-Trieste-Divaccia (progettazione
complessa per le problematiche politiche internazionali; a fine 2006 era
stata siglata una convenzione con la quale si dava avvio allo studio di
fattibilità per la realizzazione della tratta italo-slovena).
Autovie Venete: tra 7 anni - la terza corsia dell’«A4»
Il Corridoio 5 si deve fare se non vogliamo che i traffici escludano il
Friuli Venezia Giulia dall’Europa continentale. Del resto, ha detto il
presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, la «mappa» è già disegnata. «E
noi - ha aggiunto - siamo chiamati alla responsabilità operativa sul
segmento di competenza che passa a Nord-Est. L’autostrada da sola non può
bastare. Oggi tutto il peso del traffico è sostenuto dall’A4 che, in certi
momenti della settimana, rischia la chiusura. E il trend di traffico è
destinato a crescere». Si punta con decisione sulla terza corsia dell’A4
prevedendone la realizzazione in 6-7 anni. È già stata bandita la gara,
«anche se i commissari deputati ad aprire le buste devono giungere da Roma».
Tre le priorità ci sono altresì la trasformazione della Gorizia-Villesse in
autostrada (messa in sicurezza da Autovie Venete) ipotizzando una velocità
di 80 chilometri orari e la conclusione dell’«A28», per la quale è appaltato
l’ultimo chilometro. Infine, un dato di massima: nei prossimi 8 anni sono
previsti investimenti per 1 miliardo e 700 milioni di euro.
l.b. |
Cittadini interpellati sulla
riserva in Val Rosandra - Il Comune di Dolina ottempera ai dettati di Agenda
21: partono i forum di partecipazione |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE
Assemblea plenaria nei giorni scorsi a Bagnoli nell’ambito di Agenda 21 per
la riserva della Val Rosandra. Una riunione che ha dato vita ai forum di
discussione, i quali presto cominceranno a lavorare per stabilire le
linee-guida del nuovo piano di conservazione e sviluppo della riserva.
L’assemblea ha fatto seguito alla serie di incontri con i residenti della
varie frazioni di San Dorligo della Valle.
Il sindaco Fulvia Premolin dice: «Si è voluto fare il punto della situazione
e render noti ai cittadini gli interventi che sono già stati attuati dal
Comune».
Dalla riunione sono emersi anche i dubbi della popolazione sulla creazione
riserva della Val Rosandra: si è parlato per esempio della poca chiarezza
dei limiti territoriali, e anche della difficoltà di amministrare il
territorio così protetto. Ma sono stati espressi anche giudizi positivi
sull’iter compartecipativo scelto per affrontare questo tema.
Tra le iniziative che vengono portate avanti dal Comune in merito alla
riserva, il sindaco ricorda l’iniziativa regionale «Conoscere per crescere»,
con la quale la Val Rosandra diverrà un’aula a cielo aperto su temi
ambientali. Oppure l’approvazione del progetto di riqualificazione del
centro visite, l’organizzazione di simposi tecnico-scientifici dai quali è
nata anche la prima guida interattiva della flora della valle. Presto,
inoltre, la Val Rosandra disporrà anche del suo sito web,per la promozione
del territorio.Nel frattempo il Comune sta trattando per acquisire la
vecchia stazione di Draga Sant’Elia, interna alla riserva.
Nel corso dell’assemblea è stata formalizzata la nascita del forum
costituito nell’ambito dell’Agenda 21, che comprende una ventina di
rappresentanti dei cittadini e delle associazioni che sono attive sul
territorio comunale.
Il calendario delle prossime riunioni del forum è ancora in via di
definizione: verrà comunque approntato a breve.
s.re. |
Capodistria fa causa alla
Kemiplas - Dopo quindici anni di proteste, il Comune dà una svolta
alla questione ambientale della frazione di Villa Decani
|
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Il sindaco Popovic: «Sarà
battaglia legale, va chiusa perché inquina» |
Se non va con le buone, si prova
con le cattive. Il comune di Capodistria, dopo anni di inutili tentativi di
raggiungere un accordo per far chiudere e smantellare la fabbrica di
prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani, ha deciso di ricorrere alle vie
legali. Lo ha annunciato il sindaco di Capodistria Boris Popovic. «Visto il
tergiversare della direzione e visto che la vicenda non si sblocca – ha
dichiarato il primo cittadino di Capodistria - abbiamo deciso di procedere
per via legale. Spero che la fabbrica possa essere chiusa quanto prima».
Il Comune, che sarà rappresentato dall'avvocato Franci Matoz, presenterà
denuncia contro la «Kemiplas» e chiederà la sospensione dell'attività'
produttiva perchè ritenuta inquinante. Le autorità comunali intendono
inoltre procedere alla modifica del piano urbanistico per l'area dove si
trova la fabbrica in modo da vietare questo tipo di produzione e mettere di
fatto «fuori legge» l'industria chimica in questione. A Capodistria si
rendono conto che questa seconda sarebbe una via più lunga e più
dispendiosa, ma sono decisi a risolvere definitivamente il problema, in un
modo o nell'altro. Nell'area nota come Bivio - sostengono i responsabili
dell'amministrazione comunale - si potrebbe dar vita a un'attività economica
che non danneggi l'ambiente e che sia accettata dagli abitanti del luogo.
Esiste il problema del centinaio di persone che oggi lavorano nella fabbrica
e che resterebbero senza lavoro, ha ammesso il sindaco, che ha però aggiunto
come queste stesse persone, insieme ad altre, potrebbero trovare una nuova
occupazione nelle attività produttive alternative che sostituiranno la «Kemiplas».
Alcuni mesi fa, la vicenda della fabbrica chimica di Villa Decani sembrava
ormai risolta, dopo l'accordo raggiunto tra il Comune e la direzione,
accordo che prevedeva la chiusura e lo smantellamento dell'impianto di
produzione di formladeidi, ma poi è venuto a galla che la società madre
della «Kemiplas», la tedesca «Kemokompleks», ha dichiarato fallimento, per
cui delle sue proprietà, e dunque anche dell'impianto di Villa Decani, al
momento dell'accordo poteva disporre soltanto il curatore fallimentare, e
non i dirigenti locali della fabbrica. Gli abitanti di Villa Decani si
dicono soddisfatti dell’iniziativa comunale. Loro, la chiusura della
fabbrica la chiedono ormai da più di 15 anni, e sono disposti anche a
firmare una denuncia collettiva per i danni subiti. Dell'inquinamento
prodotto dalla Kemiplas e delle misure da intraprendere, così come dei danni
all'ambiente e alla salute nel Capodistriano provocati da altre industrie
della zona, comprese quelle di oltre confine, in Italia, il sindaco di
Capodistria Popovic ha annunciato che ha intenzione di discuterne con il
sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il presidente della Regione
Friuli-Venezia Giulia Riccardo Illy, forse già tra poche settimane, in
occasione delle manifestazioni per la caduta dei confini e l'ingresso della
Slovenia nell'area Schengen. |
Immobilismo in Comune fino
alle elezioni regionali |
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Assistiamo costantemente ad
annunci eclatanti fatti a mezze pagine di giornale con lo scopo di vendere
la propria personale immagine annunciando progetti faraonici, che risultano
poi irrealizzabili. Solo alcuni esempi di ciò. La galleria sotto corso
Italia, il piano del traffico nascosto nei cassetti per anni, il piano dei
parcheggi affrontato in maniera artigianale senza il necessario collegamento
con ciò che ne è il naturale corollario, cioè il piano del traffico; e
ancora, la costruzione di megaparcheggi annunciati, cassati e poi nuovamente
ripescati. Ora si riscopre, dopo tanto tempo, la necessità di allargare le
zone pedonali, di valorizzare il centro città, eliminando auto e motocicli,
dando spazio ai pedoni ed all’abbellimento estetico. Ma quello che non si
riesce a capire è il perché poi non si dia mai corpo e gambe a tante
intenzioni annunciate.
In occasione delle ultime elezioni è stato annunciato che la costruzione del
parcheggio sotto San Giusto sarebbe iniziata entro 6 mesi; a conferma di ciò
l’amministrazione aveva fatto erigere un «grande manifesto», per ammissione
dello stesso assessore Rossi a puro scopo elettorale, con il quale si
informava la cittadinanza dell’imminente apertura dei cantieri. Ora dopo
quasi 18 mesi dall’annuncio «civetta» ovviamente nulla è stato ancora fatto,
anzi, da quanto risulta, i tempi di inizio dei lavori si stanno
ulteriormente allungando. Da notare che l’iter per la costruzione dell’opera
è iniziato sotto la giunta Illy nel lontano 2001.
Dalle informazioni trasversali che giungono alle orecchie dei consiglieri,
l’immobilismo regnerà nel nostro Comune fino alle prossime elezioni
regionali; fino ad allora non si farà nulla che possa scontentare i
cittadini elettori. Si farà solo polemica contro gli avversari, in questo
caso contro la giunta Illy, utilizzando anche l’aula del consiglio comunale.
L’ultima seduta del consiglio comunale ne è l’emblema: gli intensi attacchi
della destra contro la riforma sanitaria che l’amministrazione regionale ha
appena iniziato coinvolgendo tutti gli enti e le istituzioni pubbliche e
private interessate, non può che essere definita strumentale perché si è
spesa tanta demagogia in una discussione che si è incentrata su una minima
parte della proposta di legge, tralasciando completamente quanto essa
contiene in tema di tutela del cittadino, di obblighi che le amministrazioni
pubbliche della salute saranno tenute a rispettare nell’interesse
dell’utente.
Il dilemma che mi si prospetta è riassumibile in questi termini: è forse
meglio agire politicamente come la giunta Dipiazza, cioè aspettare tempi più
opportuni per decidere, aspettare la chiusura delle urne e poi fare ciò che
si potrebbe/dovrebbe benissimo fare ora (a più di un anno di nuova giunta
Dipiazza), ma con il rischio di scontentare qualcuno, oppure come fa il
presidente Illy, affrontare e risolvere le questioni di governo della cosa
pubblica e poi affidarsi al voto popolare per capire se si è fatto bene o
male? Credo che nella valutazione mi possa aiutare il buon senso:
aspettando, i problemi della città non solo non si risolvono, ma crescono, i
cittadini hanno molte aspettative e gli assessori, in feroce concorrenza tra
loro, le cavalcano dando luogo ad un’aspra battaglia nelle file della
maggioranza, con l’unico risultato di creare illusioni magiche, che nulla
hanno a che fare con la realtà e continuare nell’immobilismo, questo sì
purtroppo reale.
Luciano Kakovic - consigliere comunale della
Margherita nel Partito democratico |
IL PICCOLO -
SABATO, 1 dicembre 2007
Dal primo gennaio a regime a
San Dorligo la nuova tariffa rifiuti - Approvato dal Comune il
regolamento |
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Il documento
sarà illustrato in una serie di incontri pubblici: il primo si farà a Zindis
DOLINA -
Si conferma il primo gennaio come data d’applicazione piena
della tariffa sui rifiuti a San Dorligo. Ieri il consiglio comunale ha
effettuato una nuova modifica del regolamento per definire alcune esenzioni,
suscitando l’ira dell’opposizione. I rifiuti e la raccolta differenziata
porta a porta non sono un argomento facile in consiglio comunale a San
Dorligo della Valle.
Le posizioni di maggioranza e minoranza sono diametralmente opposte, e
quest’ultima non si esime dal ricordarlo ad ogni occasione. L’ultima,
proprio ieri, quando l’aula è chiamata ad approvare alcune modifiche al
regolamento per definire meglio le previste esenzioni dal pagamento della
tariffa (la Tia), che entrerà a regime (con l’effettiva modifica-riduzione
della parte variabile a seconda della quantità di rifiuti fatti conferire
all’inceneritore) il primo gennaio.
Critico, come sempre, il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni)
che contesta formalmente il regolamento, non ha digerito il sistema di
raccolta e ritiene che la Tia si sarebbe dovuta applicare appieno fin da
subito. Ne è nato un vivace battibecco tra alcuni componenti la maggioranza
e il consigliere di opposizione. Alla fine, le modifiche al regolamento sono
state approvate solo dalla maggioranza. Contrari Oltre il Polo e Uniti nelle
tradizioni. Astenuti Lega e Verdi.
Altra discussione anche sull’assestamento di bilancio. Tra le righe
contabili sono emerse maggiori entrate correnti, che ieri sono state
applicate per varie spese. Ad esempio, 100 mila euro vanno alle manutenzioni
straordinarie del centro sportivo. Altri 78 mila euro a manutenzioni delle
strade e 10 mila per lavori alle scuole medie. Gombac ha sbottato: «Il
centro sportivo è come un “pozzo di San Patrizio”. Servono ancora soldi,
dopo tutti quelli già spesi?». La risposta l’ha fornita l’assessore Igor Tul:
«Si tratta di finanziare parte dell’illuminazione del campo e la
realizzazione del promesso campo giochi per bambini. Una quota servirà anche
per gli infissi».
L’assestamento di bilancio è stato approvato dalla maggioranza, con
l’astensione della minoranza. Approvata, infine, la perimetrazione delle
zone di recupero del patrimonio edilizio e urbanistico, che permetterà di
ottenere contributi per lavori alle facciate delle case. Dopo le modifiche
richieste dalle opposizioni, la delimitazione comprende tutto il comune. Una
scelta non condivisa dall’assessore Sigoni che ha preferito uscire dall’aula
al momento del voto: «Il territorio così delimitato è troppo ampio. Finirà
che nessuno riceverà i contributi».
s.re. |
Case costruite vicino alla
Ferriera |
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Gentile signora della
segnalazione del 13 novembre «Il destino della Ferriera». Forse lei non lo
sa quanto fastidio dia leggere una lettera offensiva come la sua, perciò
voglio darle modo di provarlo, anche se ciò va contro la mia abitudine e per
questo chiedo scusa a tutti i lettori. Con tutte le cose tragiche e tristi
che segnano le nostre giornate dal momento che ci alziamo, il suo scritto
potrebbe farci sorridere se non fosse fuori posto come una barzelletta
raccontata ad un funerale. Probabilmente lei e suo marito dimenticano le
case fatte a ridosso dello stabilimento in questione (una vergogna come dice
lei), non sono le sole interessate al problema. Problema che investe
purtroppo l’intero villaggio di Servola e che, contrariamente a quanto
asserito con arroganza da un sindaco, di evidente lacunosa cultura, non è
sorto dopo la Ferriera, ma ben cinquecento anni prima. Il suo discorso un
po’ strampalato che corre da un argomento all’altro, ad un certo punto, ci
ricorda (parlando di pesci al mercurio) che la Ferriera sta pure inquinando
il mare, avvelenando anche pesci oltre che i prodotti della terra. Pesci,
verdura e frutta che anche lei, cara signora, e i suoi cari, volenti o no,
state mangiando. Attribuendo poi agli ex dipendenti della Ferriera le
proteste e le iniziative volte alla chiusura di questo mostro, lei sbaglia e
lo fa di proposito, sapendo molto bene che essi sono una esigua minoranza
rispetto al numero delle persone legate a questo triste problema. Io non
sono servolana, se però vorrà considerarmi tale perché abito qui da molti
anni, riterrò un onore aiutare, come lo faccio sempre e nelle più svariate
occasioni, la famiglia che lei benevolmente nella sua lungimiranza vorrà
accollarmi. Non nutro speranza che le mie parole la facciano vergognare per
ciò che ha scritto, perché gente come lei, oltre a non aver coraggio delle
proprie azioni, non è nemmeno in grado di valutare l’imbecillità di certe
affermazioni. Di fesserie, ahimè, ne diciamo un po’ tutti, purtroppo, ma –
per l’amor del cielo – evitiamo di diffonderle con tanta leggerezza.
Senza rancore.
Lettera firmata |
IL PICCOLO -
VENERDI', 30 novembre 2007
Muggia: commissione comunale
di controllo sui fumi della Ferriera - Mozione approvata all’unanimità
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A Muggia nasce una commissione
interna che si occuperà di acquisire dati sulle emissioni in atmosfera, e il
Comune si impegna a tenere sotto controllo la situazione della Ferriera di
Servola. È il risultato di una mozione presentata inizialmente dal gruppo di
Forza Italia, è che poi stata emendata ed approvata unanimemente dal
consiglio comunale, mercoledì. L’atto fa riferimento al recente dibattito
politico istituzionale sulle possibili e conseguenti ripercussioni sulla
salute dei cittadini. Ma prende soprattutto in considerazione la recente
diffusione «degli allarmanti dati del Cigra dell’Università di Trieste – si
legge nella mozione -, sulle emissioni dello stabilimento siderurgico,
commissionate dal pm Federico Frezza, in merito alle quali sono state
espresse preoccupazioni sulle possibili ricadute sulla salute pubblica».
Le analisi hanno riguardato anche Muggia, dove è stata utilizzata una
particolare metodologia di studio con i licheni, che ha confermato che
l’inquinamento a Servola è simile a quello di Muggia. Da qui la volontà del
Comune di farsi parte attiva nella complicata vicenda, e di aderire ai
tavoli istituzionali finalizzati a promuovere gli approfondimenti sulle
emissioni dello stabilimento di Servola e, se necessario, a richiedere o
promuovere ulteriori specifiche analisi sul territorio di Muggia. Nascerà
una commissione di consulenza per il Comune, guidata dal sindaco, con un
rappresentante di maggioranza (Giorgio Kosic - Prc) e uno di opposizione (Christian
Gretti – An) che raccoglierà le indagini, analisi, studi e documenti
disponibili. «Qualora fossero confermati i sospetti relativi ai pericoli per
la salute pubblica – ancora nella mozione – il Comune metterà in atto,
insieme a tutti gli enti competenti, tutto quanto in suo potere per
concertare un piano di dismissione e riconversione della Ferriera che
salvaguardi i livelli occupazionali e garantisca l’utilizzo dei cosiddetti
ammortizzatori sociali». Il sindaco commenta: «È stato fatto un ottimo
lavoro. Il problema non è da sottovalutare. Ci siamo già mossi l’estate
scorsa, chiedendo di essere sempre informati, e di essere ammessi alla
conferenza dei servizi, anche se solo come uditori. Questo non ci è stato
concesso, ma siamo almeno al tavolo tecnico di coordinamento. Non lasciamo
nulla di intentato». Il coordinatore di Forza Italia, Claudio Grizon, dice:
«Su questo tema molto importante il consiglio comunale, su nostra
iniziativa, è riuscito a portare un voto unanime che in altri enti non si è
riusciti ad ottenere. È una prova di responsabilità a tutela della salute
pubblica».
s.re. |
No alla Tav. No ai rigassificatori.
No alla ferriera di Servola. No alle casse di espansione sul Tagliamento. No
agli elettrodotti in Carnia e Valli del Natisone. No al cementificio di
Torviscosa. No alla vetreria di S.Giorgio di Nogaro. No alle discariche e ai
termovalorizzatori. No agli Ogm. No alla caccia con i segugi e i pallettoni. No
all'uccellagione. No alle funivie del Pramollo e del Cansiglio. No alla
superstrada Sequals-Gemona. No all'autostrada Carnia-Cadore. No alla Baia di
Sistiana. No alla devoluzione urbanistica e ambientale a Comuni e Province. No
naturalmente anche al nucleare. E sicuramente non è tutto.
Si direbbe il quadro di una regione in subbuglio dove, alle storiche
associazioni per la tutela dell'ambiente, si sono affiancati numerosi comitati
locali sorti per contrastare, finora con molta efficacia, le iniziative della
pubblica amministrazione, ovvero dei privati, ritenute lesive del proprio
territorio.
Un sondaggio condotto da Swg in vista delle elezioni regionali del 2008, reso
pubblico su Il Piccolo del 18 settembre 2007, ci informa però che ben l'84% dei
cittadini consultati si dichiara soddisfatto della qualità ambientale del Friuli
Venezia Giulia, suscitando un'immediata curiosità interpretativa del dato,
proprio in relazione alle manifestazioni di grave e tenace dissenso
sopraricordate.
La domanda posta dal sondaggio era del tutto generica, la prima di una serie di
quesiti di tutt'altra natura e di stampo prettamente politico- elettorale. La
risposta data può quindi ragionevolmente essere interpretata in conseguenza del
fatto che gli intervistati sono consapevoli di vivere in una regione che
possiede ancora una qualità ambientale assolutamente accettabile, sia per quanto
riguarda il contesto urbano ma anche per la ricchezza degli spazi naturali
esistenti e del territorio agro-silvo-pastorale coltivato.
Sono valutazioni condivisibili, specialmente se messe in relazione alle
situazioni di grave disagio urbanistico e territoriale che caratterizza buona
parte della pianura padana veneta e lombarda, da cui il Friuli Venezia Giulia è
ancora, tutto sommato, ben distante. Il dato, dunque, non contrasta affatto con
il movimentismo ambientalista di cui si è dato conto in precedenza: si tratta
infatti in tutti i casi di iniziative condotte esattamente a difesa di quella
qualità ambientale così ben apprezzata e dunque da difendere e custodire
strenuamente contro ogni proposta e progetto che inevitabilmente provoca
occupazione di suolo, consumo di risorse naturali, inquinamento dell'aria, delle
acque, riduzione della biodiversità.
A questo punto, però, varrebbe la pena di eseguire una verifica, una prova del
nove sulla specialità dei cittadini di questa regione, attraverso un sondaggio
per misurare quanto i cittadini del FriuliVenezia Giulia siano contaminati dalla
famosa sindrome NIMBY (acronimo inglese che significa "not in my backyard",
ossia "non nel mio giardino").
Un sondaggio condotto con competenza, precisione e che sia basato su quesiti la
cui interpretazione si presti a non essere equivoca o incerta. Molti anni fa, ad
esempio fu condotto un sondaggio con domande del tipo "Lei è favorevole ai
parchi naturali?", che produsse trionfalistiche conclusioni in qualche parte
politica convinta che il 95% della popolazione regionale fosse a sostegno degli
stessi. Peccato che i cittadini direttamente coinvolti da quelle iniziative non
fossero invece d'accordo e dei 14 Parchi naturali proposti ben 12 furono di
fatto soppressi.
Nel sondaggio che si propone dunque le domande dovrebbero essere del tipo "Lei è
favorevole a una centrale nucleare/ un rigassificatore/ un termovalorizzatore /
una ferriera/ ecc, nelle vicinanze di casa sua?". Siamo sicuri che si potrebbero
ricavarne interessanti conclusioni.
Franco Musi
Semaforo verde degli Stati Ue
ai fondi per le reti transeuropee: sì ufficiale alla Trieste-Divaccia -
All’Italia finanziamenti per 590 milioni |
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BRUXELLES Semaforo verde degli
Stati membri dell'Ue alla proposta della Commissione per i finanziamenti
delle reti transeuropee che comprendono anche i fondi per la Torino-Lione,
il Brennero e la Trieste-Divaccia. L'Italia si conferma così il primo
beneficiario con circa il 18% del pacchetto complessivo dei 5,1 miliardi di
stanziamenti comunitari messi in campo dal 2007 al 2013.
Il via libera all'unanimità è arrivato con il voto espresso dai
rappresentanti dei 27 riuniti nel Comitato finanziario Ten dopo l'esame, in
due sedute, ieri pomeriggio e stamani, sia delle proposte relative alla
programmazione pluriennale 2007-2013 sia di quelle per l'anno in corso. Agli
studi per Ronchi-sud Trieste vanno 24 milioni e per quelli relativi a
Trieste-Divaccia 50,70 milioni
Per le sole reti transeuropee, i finanziamenti all'Italia ammontano a 960
milioni di euro, mentre sull'insieme dei progetti l'attribuzione per il
2007-2013 supera il miliardo di euro (1066 milioni). Per la Torino-Lione il
finanziamento previsto è di 671,80 milioni (due terzi Italia e un terzo
Francia); per il Brennero la cifra, anch'essa da dividere tra Italia e
Austria, è pari a 786 milioni. La quota di contribuzione Ue sul totale della
spesa per i progetti italiani supera nell'insieme il 30%.
Sulla Torino-Lione intanto continua la protesta dei no-tav che hanno
annunciato anche la consegna delle firme della petizione dei contrario
all'alta velocità al presidente francese Nicolas Sarkozy.
Soddisfatto del voto espresso dai Ventisette il commissario ai Trasporti,
Jacques Barrot, che ritiene vincente la sua scelta che privilegia le sezioni
transfrontaliere, in particolare per superare la barriera delle Alpi. «Si
può parlare di un vero valore aggiunto europeo», ha commentato. Barrot ha
quindi ricordato i principi a cui la Commissione si è ispirata per la
programmazione pluriennale dei fondi: concentrarsi su un numero limitato di
«progetti sensibili», privilegiare i progetti transfrontalieri e le modalità
di trasporto rispettose dell'ambiente come le vie navigabili e la ferrovia.
La proposta di finanziamento, dopo il via libera degli Stati, passerà ora
all'esame del Parlamento europeo, con una procedura solo consultiva. Gli
eurodeputati avevano già discusso il pacchetto di finanziamenti con il
commissario Barrot nel corso di una riunione congiunta delle commissioni
bilancio e trasporti. In quell'occasione, il commissario aveva annunciato un
attento monitoraggio ogni anno sull'utilizzo dei fondi: se non saranno stati
impegnati potranno essere destinati altrove o essere risparmiati.
Per il solo 2007 la Commissione ha poi stanziato una cifra complessiva pari
112 milioni di euro, a fronte di richieste per 945 milioni. Nella lista
delle opere a cui sono stati destinati i fondi figurano i 4,7 milioni di
euro per le strade di accesso al tunnel di base della Torino-Lione, 1,7
milioni per l'aeroporto di Malpensa, 0,90 per l'area di Marghera, 4,6 per il
porto di Genova e un milione di euro per Civitavecchia. |
Il no dei pescatori alla
riserva per delfini da Cherso a Lussino - Raccolte oltre 2500 firme |
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LUSSINPICCOLO Oltre 2500 firme
contro la riserva per delfini proclamata in una vasta area (526 chilometri
quadrati) a est delle isole di Cherso e Lussino. La raccolta di firme è
avvenuta in pochi giorni nelle due isole quarnerine, iniziativa promossa
dalla sezione pesca dell’ Unione artigiani di Cherso e Lussino, i cui
responsabili si sono rivolti al ministero della Cultura croato, chiedendo la
soppressione della zona in regime di tutela. Era stato proprio questo
dicastero, su volere degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi
Svijet), a dare vita alla riserva, con la motivazione che queste acque
ospitano una colonia di 120 – 150 esemplari, da proteggere adeguatamente. La
decisione assunta a Zagabria ha scatenato subito le reazioni dei pescatori
quarnerini – supportati dai colleghi istriani e dalmati – in quanto sussiste
il timore che un giorno tale zona possa venire completamente interdetta alle
attività alieutiche. Si spiega così come in breve tempo centinaia di isolani
abbiano sottoscritto la petizione, appoggiando le istanze dei pescatori.
Quest’ultimi, oltre a consegnare al ministero della Cultura le migliaia di
firme raccolte, hanno voluto pure illustrare le posizioni assunte in materia
da alcuni biologi marini croati. Il professor Hrvoje Gomercic, dell’
Istituto di Veterinaria di Zagabria (ritenuto unanimemente il maggiore
esperto in Croazia di mammiferi marini), ha fatto presente che la riserva
non ha alcuna importanza scientifica, né pratica, in quanto copre un’ area
in cui non vivono gruppi numerosi di delfini. Per il dottor Emin Teskeredzic,
dell’Istituto di biologia marina Rudjer Boskovic di Rovigno, i delfini sono
distribuiti in modo proporzionato lungo tutto il versante orientale del mare
Adriatico. «Sono una specie protetta dal 1995 – ha aggiunto – con normative
rigorose. Dunque, non si vede la ragione per l’ esistenza di una simile
riserva». I pescatori di Cherso – lussignani hanno già fatto sapere di non
credere alle spiegazioni giunte dal ministero della Cultura, secondo cui l’
istituzione di una riserva marina non debba necessariamente significare
anche la proibizione della pesca. A tale scopo, hanno pubblicato le due
circolari del dicastero fatte pervenire alla società di pesca sportiva Udica
di Lussinpiccolo. I dirigenti di quest’ ultima avevano chiesto di poter
effettuare due gare per pescasportivi nella riserva per delfini.
La risposta era stata: «Gli sportivi possono competere senza divieti. Nel
caso venisse però avvistato un branco di delfini, i pescatori e le loro
imbarcazioni debbono immediatamente allontanarsi dalla zona tutelata». Da
qui al divieto di pesca, sostengono i pescatori professionisti, il passo
potrebbe essere breve.
A. M. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 29 novembre 2007
Piazza Libertà, il progetto
torna in giunta Bucci: «Esiste una rotatoria alternativa» - Al centro del
dibattito gli alberi da tagliare se si vuole rivoluzionare la viabilità |
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Torna oggi all’attenzione della
giunta il progetto preliminare di riqualificazione di piazza della Libertà,
redatto da un pool di professionisti di Trieste e di Bolzano vincitori a suo
tempo della gara di progettazione. Il sindaco Roberto Dipiazza, lunedì
scorso, ha voluto rinviarne l’esame per un motivo preciso: il progetto, che
prevede una viabilità rivoluzionata e aree pedonali ampliate, contempla però
la riduzione di una fascia di quattro o cinque metri del giardino storico
esistente, e il conseguente abbattimento di dieci-dodici alberi. E sebbene
sia prevista la piantumazione di 52 nuove piante, «il mio parere - così
Dipiazza - è di rivedere il progetto cercando di non sacrificare gli
alberi».
Il fatto è che i tempi, ribadisce l’assessore ai lavori pubblici Franco
Bandelli, sono strettissimi: la nuova piazza dovrà essere completata entro
la fine del 2009, pena la perdita di finanziamenti statali già concessi; e
la Regione deve ricevere il progetto entro il 7 dicembre. Ma poi, «a questo
progetto si è lavorato per otto mesi», dice Bandelli. Come rivederlo? Il
taglio degli alberi serve per allargare la strada nel tratto allineato a via
Sant’Anastasio per ricavarci sette corsie e due sensi di marcia. E il cuore
dell’intervento sta nella modifica della viabilità studiata «per sostenere
l’impatto che sul traffico dell’area avranno l’ex Silos ristrutturato e la
nuova sede Greensisam in Porto Vecchio».
Intanto la vicenda diventa terreno di stoccate tra Bandelli e il suo collega
all’urbanistica e al traffico Maurizio Bucci, i cui uffici tecnici hanno
collaborato al progetto le cui redini però sono state tenute dai Lavori
pubblici. «Valuteremo serenamente il da farsi», esordisce Bucci. E se
salvare gli alberi significherebbe rivedere totalmente l’impianto della
nuova viabilità prevista, «un’alternativa c’è», dice Bucci: «La proprietà
del Silos aveva presentato a suo tempo il progetto per una rotatoria tra
Sala Tripcovich e corso Cavour, dalla quale accedere al Silos passando
dietro la Tripcovich, o proseguire lungo le Rive». E allora, «non è detto
che i soldi si debbano perdere se non procediamo con il progetto previsto:
si possono utilizzare comunque per una riqualificazione di cui la piazza ha
bisogno. In ogni caso - è la battuta di Bucci pronunciata senza citare il
collega ai lavori pubblici - se fossi stato responsabile del progetto lo
avrei illustrato alle varie associazioni per capire se era percorribile:
avrei usato l metodo della partecipazione con cui sto portando avanti i
piani rionali del traffico».
«Ma lui ha coinvolto la cittadinanza quando ha portato a Trieste le navi da
crociera?», è la secca risposta di Bandelli, che si dice «contento che Bucci
dica che bisognava pensarci prima: mi fa leggermente ridere, visto che i
suoi tecnici erano sempre presenti mentre lavoravamo». E poi «su cosa
avremmo dovuto confrontarci, prima che fosse pronto il progetto preliminare
redatto dai professionisti? Ora che lo abbiamo, ne possiamo discutere.
Comunque, accaparriamoci i finanziamenti, poi tutto è perfettibile. Ma da
una parte o dall’altra, se vorremo fare entrare le auto al Silos, qualche
pianta la dovremo buttare giù», chiude Bandelli.
Sull’opportunità di una discussione preventiva però concorda anche il Wwf,
con il responsabile regionale del territorio Dario Predonzan: «Il progetto
sembra interessante perché aumenta gli spazi pedonali, anche se bisognerebbe
tener conto della vegetazione storica esistente. Potrebbero comunque esserci
ragioni valide per sacrificare qualche albero nell’ambito di un più ampio
bilancio positivo: non possiamo dare giudizi nel merito perché, al solito,
il Comune parte con dei progetti senza confrontarsi con la cittadinanza né
metterli a disposizione di tutti, come sarebbe giusto avvenisse. È un
difetto storico dell’amministrazione».
«Non abbiamo obblighi di comunicare con il Wwf né di confrontarci su un
progetto preliminare: lo faremo al momento opportuno», rimarca Bandelli.
Oggi, intanto, il confronto in giunta: piazza della Libertà è di nuovo
all’ordine del giorno.
p.b. |
Denuncia dell’Enpa:
cacciatori nel parco del Farneto - L’ente protezione animali ha inviato un
esposto alla procura segnalando il pericolo anche per chi passeggia
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Pericolo sparatorie per i
visitatori del parco del Farneto. A denunciarlo è l’Enpa - Ente nazionale
protezione animali, attraverso un esposto alla Procura firmato dal
presidente della sezione locale, Gianfranco Urso. L’ente «denuncia una
pericolosa attività venatoria», in spregio alle norme vigenti all’interno
dell’area. Questa, secondo l’Enpa, è stata messa in atto da «vari cacciatori
- si legge nel documento -, non personalmente individuati, ma rintracciabili
attraverso la documentazione venatoria, che hanno abbattuto animali nel
comprensorio e, in particolare nell’area di proprietà dell’Enpa dove, nella
sicurezza di muoversi in parco urbano, soci dell’Enpa, scolaresche e privati
cittadini circolano osservando e studiando gli animali ricoverati e quelli
liberi».
Al riguardo l’Enpa chiama in causa pure la Provincia che, una volta ricevute
le segnalazioni e le richieste di intervento da parte dei cittadini, «ha
sostenuto di aver ricevuto disposizioni di tollerare le attività di caccia
purché non venga svolta nei vialetti del parco urbano costruiti dal Comune
di Trieste».
Le stesse guardie zoofile dell’Enpa hanno individuato alcuni cacciatori nei
pressi del bosco del Farneto: questi avevano con loro, nelle automobili, dei
fucili e - stando all’esposto - esploravano aree utili all’attività
venatoria. Tuttavia, non è stato possibile sanzionare i diretti interessati
«non essendovi l’atteggiamento venatorio conclamato».
«La situazione - conclude lo scritto diffuso dall’Enpa - è di estrema
pericolosità sociale ed il rischio che qualche visitatore del parco del
Farneto possa subire danni da saparatorie è presente e concreta».
All’inizio di novembre, è stata segnalata dall’Enpa la presenza di
cacciatori che stavano caricando degli animali uccisi su delle automobili
ferme in sosta lungo via Battigelli. Questa taglia proprio il bosco del
Farneto ed è vicina ad alcune abitazioni. A conferma di ciò sono giunte
all’ente analoghe segnalazioni dalle residenze per anziani Casa Serena e
Casa Bartoli che si affacciano sul bosco.
L’area è racchiusa tra i popolosi rioni di San Giovanni, San Luigi,
Rozzol-Melara e Longera ed è un luogo naturale di serena convivenza tra
uomini ed animali nel rispetto di ogni biodiversità. |
Agenda 21 per Val Rosandra -
Assemblea a Bagnoli |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Oggi
alle 19.30 al Teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria
del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva naturale della Val
Rosandra. L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse
settimane, e che hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti
i «portatori d’interessi». Verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto
finora e spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che con il tavolo
tecnico scientifico redigerà il Piano di conservazione e sviluppo. |
Sonego: interesse inglese per
la gara Tpl |
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TRIESTE I principali operatori
britannici del trasporto pubblico locale, gomma e rotaia, sono interessati a
partecipare alla gara che la Regione sta per indire, allo scopo di
individuare il soggetto unico che gestirà tutto il trasporto pubblico locale
del Friuli Venezia Giulia dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2019. La
notizia arriva dall’assessore ai Trasporti, Lodovico Sonego, dopo la tappa
londinese del road show svoltasi all’ambasciata d’Italia. Lo scopo di questi
incontri - i prossimi saranno Parigi e Berlino - è sollecitare tutti i
competitori europei, affinché partecipino alla gara. «Siamo consapevoli che
più la gara sarà combattuta - dice Sonego - maggiormente saremo nella
condizione di offrire un servizio migliore ai cittadini». |
Piazze cittadine chiuse solo a a
certe iniziative
La domanda non viene posta
casualmente e investe un problema centrale riguardante la necessità che le
piazze cittadine offrano l'occasione per chi ne richiede l'utilizzo, di poter
svolgere attività culturali o di carattere ludico o sociale e che vedono come
promotori quasi sempre associazioni o enti non a fine di lucro. Recentemente ho
fatto un'interrogazione al Sindaco e all'assessore Greco sul mancato patrocinio
da parte del Comune riguardante la manifestazione «Electroblog» e della
conseguente richiesta di 10.000 euro all'associazione per l'utilizzo del
giardino di via San Michele. Il Sindaco ha risposto che era legittimo chiedere
anche 50.000 euro causa vandalismo dei giovani ecc. (un argomento sempre di
moda!).
Il 27 ottobre l'associazione «Rete artisti contro le guerre» ha organizzato un
concerto in piazza Goldoni in solidarietà con il popolo birmano e si è vista
chiedere una cauzione di 5.000 euro dal Comune perché in base all'art. 2 del
Regolamento Comunale del Canone di Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche,
l'amministrazione intende tutelarsi per eventuali danni. Su questo argomento ho
intenzione di interrogare l'assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli. Il
problema però non è solo tecnico ma investe chiaramente il diritto per chi vive
nella nostra città di poter usufruire degli spazi pubblici senza per questo
vedersi imposte cauzioni di migliaia di euro che inevitabilmente tagliano fuori
la gran parte delle associazioni che vivono sul nostro territorio. La funzione
delle piazze e la loro libera fruizione non solo è importante ma spiega molto
chiaramente l'idea di democrazia, civiltà e convivenza. Sappiamo anche che le
piazze come luogo d'incontro e di dibattito o anche solo per combattere il
degrado attraverso un uso partecipato di cittadini e residenti, quelle per
capirci che ci insegnavano i professori a scuola sono ben lontane. Oggi
frequentiamo e ci incontriamo... in televisione, le cose stanno cambiando e
negli ultimi decenni sono accaduti eventi che hanno indebolito ovunque il
carattere comune e collettivo della città mentre hanno prevalso i valori che
segnano il primato dell'individuo sulla comunità e dell'economia e della
speculazione urbana sui servizi ai cittadini, determinando sempre meno spazi
agli usi collettivi.
In molte città le amministrazioni, per combattere il degrado degli spazi comuni
hanno realizzato ampie zone pedonali, limitato il traffico, sviluppato il
trasporto collettivo, le piste ciclabili e dove ciò non è accaduto, come a
Trieste, la vita è diventata molto difficile soprattutto per le persone più
deboli: i bambini, gli anziani, le donne ed anche i giovani ovviamente. In
generale il bisogno dei cittadini di disporre di spazi comuni è stato
strumentalmente utilizzato per aumentare artificiosamente il consumo di merci e
nel nostro territorio le opere di «riqualificazione» del centro cittadino con
decine di milioni di euro spesi praticamente ogni anno vanno inevitabilmente in
questa direzione, senza tenere conto del bisogno di connettere gli spazi
pubblici con il quartiere e la città e delle funzioni finalizzate all'uso comune
che dovrebbe costituire il principio fondante di qualsiasi opera di
riqualificazione.
Alfredo Racovelli - Consigliere comunale Verdi per la Pace
Alberi abbattuti |
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Qualcuno in Comune non ama il
verde, e abbatte gli alberi appena può. Una storia vecchia e ricorrente a
Trieste che si verifica sempre più spesso.
L’ultimo (sarà proprio l’ultimo?) è stato raso al suolo il giorno 26
novembre all’angolo di via Vergerio e via del Ghirlandaio. Tra le 13 e le
14, con un frastuono incredibile, le implacabili motoseghe del Comune hanno
ridotto in sterpi e ceppi una bella acacia (così mi pare) che tutte le
primavere annunciava la stagione con una chioma odorosa e prolungava la
grata ombra fino all’autunno inoltrato.
I motivi per abbattere un albero sicuramente sono tanti, ma non è anche buon
motivo tenerli in vita per fare la città più bella è più gradevole? Non si
venga a dire che era vecchio e malato: la sua ultima stagione è stata più
lussureggiante che mai.
Gianna Smonker |
PUNTO INFORMATICO -
MERCOLEDI', 28 novembre 2007
L'eolico galleggia
sul magnete
Roma - Si chiama MagLev Wind
Turbine, e promette di rivoluzionare il settore dell'energia
eolica. Una megaturbina che per funzionare sfrutta la levitazione magnetica,
proprio come i
treni superveloci giapponesi, ed è in grado di produrre fino ad 1 gigawatt
di potenza: per fare lo stesso con i dispositivi tradizionali ci vorrebbero
oltre 60 eliche. Una rivoluzione.
Ma i vantaggi dell'eolico magnetico non si esauriscono qui: la turbina è
in grado di funzionare già con brezze leggere di soli 1,5 metri al secondo,
ed è in grado di resistere anche a regimi più sostenuti da 40 metri al secondo
(oltre 140 chilometri all'ora). Inoltre, l'assenza di parti meccaniche in
movimento elimina l'attrito: solo l'1 per cento della forza del vento viene
dispersa per muovere le pale, mentre il restante 99 per cento può essere
convertito in energia pulita.
Le pale magnetiche
sono anche economiche: costruirne una può costare fino al 75% in meno
rispetto all'equivalente tradizionale, senza contare che mancando i complessi
meccanismi che consentono al rotore di allinearsi con la direzione del vento
viene anche considerevolmente ridotta la difficoltà di progettarle e
realizzarle. E la manutenzione, che ha un costo, è di gran lunga inferiore: un
apparato eolico-magnetico secondo i suoi progettisti potrebbe funzionare per 500
anni con un minimo di controlli periodici.
La nuova turbina è ancora un concept, è stata presentata all'inizio dell'estate
in Cina al
Wind Power Asia 2007, ma è destinata a diventare presto realtà: costruttori
cinesi e
statunitensi sono al lavoro per realizzare quanto prima esemplari
funzionanti, con potenze comprese tra 400 e 5.000 watt cadauna, tanto per
cominciare. A regime, produrre un kilowatt di elettricità potrebbe costare
appena 0,7 centesimi di euro.
Luca Annunziata
Toyota,
il guidatore non serve
Roma - Lunedì scorso Toyota ha
presentato alla stampa internazionale il suo ultimo ritrovato per la sicurezza
automobilistica. No, non si tratta di un cervello di riserva per automobilisti
incoscienti, ma di una serie di sistemi, di "cooperazione
veicolo-infrastrutturale", che consentono la comunicazione wireless fra auto ed
elementi ambientali - come semafori e cartellonistica stradale.
Come
riporta Endgadget si tratta della nuova evoluzione di tecnologie basate su
Intelligent Transport Systems (ITS)
- il progetto mondiale che si propone appunto di integrare l'alta tecnologia
elettronica nel settore del trasporto.
All'Higashi Fuji Technical Center, Toyota ha mostrato in una simulazione come
sia possibile far interagire mezzi, strutture e pedoni per far diminuire
notevolmente i rischi di incidente. In verità il sistema utilizzato è
prettamente auto-centrico: ogni comunicazione proveniente dall'esterno viene
elaborata e tradotta in segnali audio o visivi all'interno dell'abitacolo. In
pratica, nei pressi di un semaforo, incrocio, o di un cartello stradale -
attrezzati per interagire in modalità wireless con l'auto - il conducente è in
grado di visualizzare sul cockpit i segnali di alert correlati.
Le tre simulazioni chiave hanno
mostrato così semafori, segnali, veicoli e pedoni con trasmittenti. In ogni
situazione il sistema ha dimostrato che non solo è possibile attuare una
"ridondanza informativa", ma anche intervenire direttamente sui comandi del
mezzo. Ad esempio, un semaforo rosso o un pedone che attraversa la strada può
indurre la centralina a rallentare o fermare il veicolo.
L'azienda giapponese nel
comunicato ufficiale sottolinea che si tratta di una delle soluzioni
tecnologiche che fanno parte del suo
Integrated Safety Management Concept, una sorta di pacchetto sicurezza
varato nel 2006 e da allora in continuo sviluppo. Gli obiettivi sono chiari:
rendere i veicoli e le strade più sicure, educare gli automobilisti alla
sicurezza, diminuire il numero degli incidenti e vendere più veicoli possibile.
La scorsa primavera proprio Toyota
aveva mostrato l'auto elettrica I-unit, un mezzo praticamente bioplastico; a
ottobre è stato il momento della sua
concept-car 1/x, capace di percorrere 100 km con neanche 3 litri di benzina.
Se sfornano un altro veicolo da frontiera digitale si potrebbe finire per
credere che facciano sul serio.
Dario d'Elia
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 28 novembre 2007
A Muggia nuovi test sulla
qualità dell’aria Bonifica sulla litoranea - Nodi ambientali al Consiglio
comunale |
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Il Comune di Muggia dovrà essere
partecipe di tutte le decisioni in merito alla Ferriera di Servola; si dovrà
discutere tra tutte le forze politiche sui dati sull’inquinamento in città e
si dovranno anche effettuare nuovi rilevamenti della qualità dell’aria.
Sono precise richieste che saranno avanzate oggi in Consiglio comunale (alle
15) dal gruppo di Forza Italia, all’opposizione. I consiglieri presenteranno
infatti una mozione, che fa seguito alle recenti affermazioni del sindaco
Nesladek sulla riscontrata presenza d’inquinanti nell’aria, e alle vicende
della Ferriera di Servola. Ma non sarà l’unico argomento legato all’ambiente
in discussione. Tra i punti in agenda c’è infatti il nuovo Accordo di
programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e poi
bonifica nel Sito d’interesse nazionale di Trieste (Sin). Documento che
riguarda anche il futuro della zona litoranea di Muggia, inserita nel Sin.
Si parlerà anche di bioedilizia: una mozione del consigliere Lorenzo
Gasperini (Fi) solleciterà adeguamenti alle norme urbanistiche locali per
agevolare la qualità bioecologica degli interventi. |
Barcola: distributore Tamoil:
primo platano abbattuto |
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Per costruire il nuovo mega
distributore di benzina a Barcola il 21 novembre hanno abbattuto il primo,
meraviglioso, sano, enorme platano secolare e altri seguiranno. Questo è un
delitto che colpisce tutti i triestini che hanno a cuore la loro città e non
solo chi vi abita vicino, come subdolamente asserito da chi ha interesse che
ciò avvenga.
Dove sono i Verdi? Dove sono i difensori dei diritti dei cittadini? E dove
sono i bagnanti che verranno defraudati di una cinquantina di posti
macchina?
Ci sentiamo traditi dai nostri amministratori che non avrebbero mai dovuto
approvare tale scempio, ma in futuro ne terremo conto.
Fausto Massa, Doretta Martinoli |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 27 novembre 2007
La pulizia
delle strade diventa meccanizzata «Differenziata» al 20% - Nel 2008 nelle
zone pedonali 15 macchine |
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Il prossimo anno nelle strade
cittadine ci saranno meno operatori con le ramazze in mano e più macchine
spazzatrici. Una svolta meccanizzata nella pulizia che sarà inserita (come
richiesto dal Comune all’AcegasAps) nella gara di appalto, indetta a
primavera, per il prossimo servizio spazzamento urbano. Le macchinette
pulitrici con mono operatore, in tutto una quindicina, entreranno in azione
nelle aree pedonali e per eseguire la pulizia dei marciapiedi. Mezzi
elettrici o versione diesel dalle dimensioni ridotte (larghezza di 80
centimetri), che grazie alla dotazione di una lancia e un serbatorio d’acqua
consentiranno anche la pulizia di piccole superfici.
«Il servizio di spazzamento a Trieste è garantito attualmente dagli
operatori (223.012 ore uomo nel 2006), con un utilizzo minimo dei mezzi
meccanizzati (587 tonnellate di rifiuti). La fruizione di queste macchinette
già testate in viale XX settembre - dice Paolo Rovis, assessore comunale con
delega ai rapporti con le società partecipate - consentirà una maggiore
efficienza e una contestuale riduzione dei costi».
Ma le novità in tema di rifiuti per il 2008 non si limiteranno alla pulizia
delle strade. Nell’attesa che il piano rifiuti della Provincia, sullo
smaltimento degli imballaggi, diventi operativo il Comune sta analizzando i
dati sulla raccolta differenziata. «L’andamento è virtuoso, ormai Trieste si
sta attestando nel 2007 attorno al 20 per cento», dice Rovis. I dati
disponibili parlano di una crescita della raccolta differenziata, passata
dalle 15.235 tonnellate nel 2004 (15 per cento, su un totale di 101.537
tonnellate) alle 19.253 del 2006 (19 per cento, su un totale di 101.418
tonnellate).
Nella raccolta differenziata, insomma, la città di Trieste è ancora lontana
rispetto alle percentuali di altre città (nel comune di Padova, dove opera
sempre l’AcegasAps, è stata di 42,40 per cento nel 2006). Ma qualcosa sta
cambiando, almeno c’è un segnale. «Dobbiamo tenere conto della differente
morfologia della nostra città - dice Rovis - Non bisogna poi dimenticare che
il nostro termovalorizzatore produce energia (brucia 612 tonnellate di
rifiuti al giorno, con una potenza elettrica prodotta di 14,9 MW)».
Gli sforzi per cercare di migliorare il servizio saranno concentrati su un
rafforzamento nella raccolta degli imballaggi. Una raccolta differenziata
per gli esercizi commerciali che, in alcuni casi, scaricano i cartoni
direttamente nei cassonetti. Senza utilizzare i contenitori gialli per la
raccolta carta. Nel dettaglio proprio carta e cartone (7.021 tonnellate) con
il 6,90 per cento guida la raccolta differenziata nel 2006. Seguita con
2.117 tonnellate dai rifiuti ingombranti e con 2.138 tonnellate dal legno
(2,10 per cento). Poco distante metallo e vetro, entrambi con una
percentuale dell’1,90 (rispettivamente 1.959 e 1.938 tonnellate), mentre a
parte gli inerti (1.188 tonnellate, 1,20 per cento) sono insignificanti gli
altri dati. La plastica si ferma ad esempio allo 0,80 per cento con 813
tonnellate raccolte.
Bisogna lavorare ancora molto, insomma, a cominciare dai locali pubblici che
stando alle statistiche non sono abituati a separare il vetro e la plastica
dagli altri rifiuti. «Un passo alla volta, iniziamo con una raccolta dei
cartoni», dice l’assessore Rovis.
Una scelta che il piano rifiuti dell’assessore provinciale all’Ambiente,
Ondina Barduzzi, per la riuscita intende abbinare alla Tarsu («la tassa si
paga in virtù di quanto si consuma»). Ma per l’entrata in vigore del Piano
sugli imballaggi, che dovrà andare anche in Regione, bisognerà aspettare
alcuni mesi. Poi sarà la volta delle altre categorie, a cominciare dalle
batterie esauste, con l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata.
Pietro Comelli |
Tagliati
alberi centenari in Via Cologna - Proteste dei residenti: un uomo minaccia
di legarsi al tronco di una pianta |
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Una ecatombe di acacie e di
ippocastani con un residente che ha minacciato di legarsi ad un albero per
bloccare tagli di fusti alti anche venti metri. È quanto è avvenuto ieri in
via Cologna in un giardinetto di proprietà Ater, che fa da contorno ad un
gruppo di case con appartamenti in affitto delle case popolari e
condominiali.
A nulla però sono servite le vibrate proteste perché il taglio degli alberi,
anche centenari, è proseguito nello spazio verde, posto dirimpetto al
costruendo park interrato. Secondo la dirigenza delle case popolari, che a
seguito delle proteste è intervenuta a verificare il decorso
dell’intervento, questo sarebbe destinato a sistemare a giardino un terreno
incolto, che otterrà vantaggi in tema di vivibilità dallo sfoltimento di
alcune piante cresciute in modo spontaneo.
Ma gli abitanti della zona non ci stanno ed hanno protestato più volte,
anche in modo vivace e colorito, con l’impresa Perla Due che sta facendo gli
abbattimenti.
Tra i più arrabbiati c’è Mark Newbould, proprietario di un appartamento nel
caseggiato ex Ater e che rimarca, dopo aver minacciato di legarsi ad un
albero, come si fosse parlato di potatura delle piante del giardino e non di
abbattimenti: «Ho comprato qua casa - dice - perché c’erano tutti questi
alberi davanti. Ora con il taglio di tante piante come vista avrò un grande
e grigio casermone. L’Ater non poteva promuovere un incontro con i residenti
prima di agire? Non poteva consultarci prima di eliminare quasi tutto il
polmone verde?».
Identico il parere di Mira Lenzer: «Hanno già tagliato 5 o 6 grossi fusti e
hanno l’ordine di abbattere altri 7 enormi piante e 9 piccole tra
ippocastani e acacie. Non è un delitto, visto che solo una era una pianta
non sana?»
Chiamato in causa l’Ater parla per bocca del dirigente Enzo Macchiussi:
«Prima di arrivare agli abbattimenti - spiega - abbiamo affidato ad un
agronomo il compito di studiare la situazione. Per riqualificare il sito, ha
consigliato di diradare le piante presenti che erano cresciute in modo
spontaneo ed incolto, conservando gli alberi migliori. Pertanto si è deciso
di eliminare le dieci acacie poste sul confine del giardino con la strada e
quattro ippocastani dei quali almeno uno era morto. Il concetto è quello di
ampliare gli spazi per migliorare la crescita delle piante restanti».
Ad intervento ultimato resteranno nel piccolo polmone verde 3 ippocastani,
un olmo e due alberi di Giuda.
Al posto delle acacie eliminate, spiegano sempre all’Ater, verrà creata una
siepe, piantata dell’erbetta e sistemate delle panchine e creati dei
percorsi pedonali tra il verde della collinetta posta nelle adiacenze dei
caseggiati.
Daria Camillucci |
Accordo a
Sistiana, polo turistico nell’ex Cava - Intesa tra Soprintendenza,
Comune di Duino Aurisina e Regione. Da definire solo piano colori e pietre |
|
La proprietà
non si sbilancia sull’inizio lavori: potrebbero cominciare tra uno o due
mesi. Si partirà con gli edifici della parte alta, difficile l’opera a mare
DUINO AURISINA Pace fatta tra
Soprintendenza, Comune di Duino Aurisina e Regione: può partire il progetto
turistico nell’ex Cava di Sistiana.
Data storica, dopo 33 anni, quella di ieri: mai il progetto per la
riqualificazione della Baia, in tutte le sue versioni, era arrivato a questo
punto, quello in cui la concessione edilizia per la realizzazione del
progetto nella Cava è efficace e utilizzabile praticamente da subito per
posare la prima pietra del «Comparto 11», ovvero l'edificato, che comprende
appartamenti per vacanze, alberghi e strutture ricettive. Così in realtà non
sarà, perché la proprietà della Baia attenderà ancora qualche mese prima di
dare il via ai lavori ma il momento, per il futuro di Duino Aurisina, è di
quelli importanti.
Ieri mattina il sindaco Giorgio Ret, con la consulenza dell'avvocato del
Comune, ha analizzato e accolto le richieste finali della Soprintendenza e
al contempo ha annullato il ricorso al Tar pendente nei confronti della
Soprintendenza stessa in calendario il prossimo 12 dicembre: l'accordo tra
le parti, infatti, è arrivato dopo un mese di dialogo e colloqui tecnici, e
si compone - come ha spiegato il primo cittadino di Duino Aurisina - di una
serie di raccomandazioni e indicazioni dettate dalla Soprintendenza che
l'amministrazione comunale intende seguire e fare rispettare alla proprietà
della Baia. Il tema riguarda, in particolare, il piano colore e l'uso della
pietra: la Soprintendenza ha voluto garantita la massima integrazione con il
territorio e l'utilizzo di colori e materiali del posto. La documentazione
relativa a questi due aspetti deve essere ancora presentata dalla proprietà
della Baia all'amministrazione comunale e il sindaco si è impegnato a far
valere le indicazioni del soprintendente Rezzi.
Costruzioni nella cava. Fatta salva la presentazione di questi due
documenti, la posa della prima pietra nell’ex Cava è ora solo una questione
di tempo da parte della proprietà della Baia, che non si sbilancia sul
giorno in cui questa avverrà. Probabilmente ci vorrà un mese o forse due ma
si tratta di questioni puramente operative e di cantiere: non più di blocchi
di carattere amministrativo e burocratico. Si costruirà quindi il Comparto
11: l’ex Cava di Sistiana, attualmente in fase di rimodellamento, si
trasformerà in un abitato composto da alberghi (il primo dei quali già
venduto all'imprenditore Gilberto Benvenuti la scorsa estate), case per
vacanze e strutture ricettive, una sorta di paese che si affaccerà sul mare.
Contestualmente alla realizzazione del Comparto 11, partiranno anche le
prime opere di urbanizzazione: si realizzerà il nuovo marciapiede tra
Sistiana e l'ingresso della cava di fronte al Borgo San Mauro e si risolverà
il problema delle acque meteoriche all'altezza dell'incrocio dei Tre Noci.
Tornando alla realizzazione del Comparto 11, la proprietà ora dovrà decidere
con cosa iniziare i lavori: dal punto di vista logistico, si affaccia
l'ipotesi dell'avvio con la parte alta del costruito, per procedere poi in
basso, verso il mare.
Bilancio. Scompaiono così anche i dubbi relativi alle entrate in Bilancio
del Comune alla voce oneri di urbanizzazione: risolto il contenzioso con la
Soprintendenza, infatti, i soldi già introitati dall'amministrazione per la
concessione edilizia non sono in alcun modo vincolati e non lo saranno
nemmeno i 300 mila euro circa che la proprietà verserà all'avvio dei lavori,
quindi tra qualche mese, come costi di costruzione.
Futuro. Superato l'ostacolo con soddisfazione, ora Comune e proprietà
guardano avanti: il prossimo passo, a livello di amministrazione e
burocrazia, riguarda il Comparto 12, ovvero la parte più complicata del
progetto nell’ex Cava, quella in riva al mare. E' previsto infatti
l'affondamento di parte del fondo cava per realizzare una profonda
insenatura, creando ex novo un porticciolo che non c'è. Congelato al momento
invece il progetto per la Baia vera e propria: non sono previste nuove
edificazioni ma solo il recupero di quanto esistente, oltre alla soluzione -
come compete però al Comune - della situazione delle società nautiche.
Francesca Capodanno |
Polo turistico
nell’ex Cava: il sindaco: «Dopo 33 anni capitolo chiuso bene» - Ret
respinge le accuse di avere esercitato pressioni inappropriate: «Vittoria di
tutti» |
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Anche il
centrosinistra soddisfatto: «L’auspicata mediazione ha dato i suoi frutti».
La proprietà: «Soluzione attuabile»
DUINO AURISINA
«L'amministrazione comunale ha lavorato oltre un mese per trovare un accordo
con la Soprintendenza nazionale ai beni culturali e ambientali.
In un clima molto positivo e propositivo abbiamo trovato la soluzione. Così
c'è il via libera della Soprintendenza all'autorizzazione paesaggistica che
rende efficace la concessione edilizia per il progetto turistico nell’ex
Cava».
Così commenta il sindaco Ret, dopo un mese di intensi colloqui a Trieste e a
Roma, la questione della Cava di Sistiana: «Mi hanno accusato di avere fatto
pressioni ma la verità è assolutamente un'altra: alcuni gruppi che si
opponevano al progetto hanno fatto precedenti pressioni, creando volutamente
una confusione tra Baia e Cava. Ho dovuto a lungo lavorare per spiegare che
il Comparto 11 nulla aveva a che fare con la Baia di Sistiana, ma si trova
nell’ex Cava».
E' contento, il sindaco, che tutto sia finito per il meglio. «Mi aspettavo
un percorso difficile - dichiara - dopo 33 anni di tormentone su questa
Baia, ora credo che tutti devono essere soddisfatti, anche gli
ambientalisti, perché è stato fatto il meglio a vantaggio di tutto il
territorio».
Soddisfazione, in effetti, arriva anche dal centrosinistra, dove si sostiene
che era necessario trovare un accordo con la Soprintendenza e che sarebbe
stato inutile andare allo scontro, in sede Tar (Tribunale amministrativo
regionale). «La mediazione, auspicata dal centrosinistra, ha dato i propri
frutti» dice l'opposizione.
Il sindaco parla di «una vittoria di tutto il comune» ed è lusingato in
particolare dell'avvio del dialogo con la Soprintendenza: «L'iter è ancora
lungo, per le altre parti del progetto. Quanto costruito fin qui è solo il
punto di partenza della collaborazione».
Dalla proprietà della Baia nessuna dichiarazione ufficiale, se non l'attesa
dei documenti che attestano l'efficacia dell'accordo. «Siamo evidentemente
soddisfatti - ha dichiarato il portavoce Cesare Bulfon -: l'accordo è stato
un processo di carattere istituzionale e la soluzione che ci è stata
prospettata è per noi attuabile e positiva».
Non si sbilancia, la proprietà, sul breve futuro, su cerimonie di posa della
prima pietra e inizio lavori, ma il sindaco conferma che i tempi sono
maturi: «Salvo gli adempimenti del Piano del colore e della specifica dei
materiali, la pietra in particolare, la documentazione per il Comparto 11 è
ora a posto. Alla fine, grazie alla collaborazione di tutti, questo progetto
sarà più un ripristino ambientale che un grande insediamento».
fr. c. |
Rigassificatori: nessun risparmio |
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Ho letto sulle «Segnalazioni»
del Piccolo di Trieste dell’8 novembre l’intervento del signor Paolo
Ruggieri sul «Rischio dei rigassificatori».
Concordo totalmente su quanto egli dice, ma ritengo tuttavia che nel suo
intervento siano stati tralasciati alcuni problemi essenziali che tenterò di
sintetizzare per una maggiore chiarezza sull’argomento. Viene dato credito
alle parole del vicesindaco Paris Lippi con le quali asserisce che i
rigassificatori porterebbero un notevole risparmio economico sui consumi di
gas metano ai cittadini.
Devo, purtroppo, smentire questa illusione. Poco prima di essere sostituito
nella carica di ad dell’Acegas Spa, il signor Giacomini (che più di un anno
fa dava per scontata la presenza di almeno un rigassificatore), aveva
quantificato un possibile risparmio per la famiglia media triestina, di
25/30 euro all’anno.
Una carità pelosa! Sui nuovi posti di lavoro: una delle società proponenti
(l’Endesa), in sintonia con le corrispondenti notizie sulla manodopera
occorrente per far funzionare «la bestia inquinante», ha indicato nel
proprio Sia (Studio di impatto ambientale) una forza lavoro tecnica –
specializzata di 70 (settanta) unità. Settanta assunzioni su 650/700 milioni
di euro impiegati creano una proporzione di assoluto squilibrio. Le
proporzioni devono essere ben altre per poter considerare l’impegno valido
sotto il profilo dell’interesse economico sociale. I parametri logici sono
ben altri.
Un esempio? Pasta Zara: con un quarto della spesa sopra indicata, ha assunto
quasi il triplo del personale previsto per il rigassificatore. Il signor
Ruggieri chiede, con evidente ironia, perché la popolazione non viene
informata sui rischi che tali impianti comportano. Se le istituzioni
facessero informazione, i cittadini saprebbero la verità, e il business
programmato sui rigassificatori andrebbe all’aria.
Sulla sicurezza: oltre alla Legge Seveso, correttamente citata, ci sono
innumerevoli accordi protocollari internazionali (accettati e sottoscritti
anche dall’Italia), da cui sorge il divieto di costruire impianti pericolosi
a ridosso dei centri abitati. C’è poi l’obbligo per le istituzioni di
coinvolgere consapevolmente e in modo partecipativo le popolazioni dei siti
compromessi da simili impianti.
Non c’è nulla di tutto questo. L’ho già detto e lo ripeto: qui si vive
all’ombra della legalità e in totale separatezza dalla realtà. Per avere
alfine un quadro abbastanza realistico su «Il peggior incidente
immaginabile», ho letto da «La sfida del secolo» di Piero Angela (vedi pagg.
99/100) l’accadimento incidentale legato alle metaniere e quindi al metano:
«L’incidente più catastrofico immaginabile tra tutte le fonti energetiche».
Il saggista Angela, fa riferimento soltanto a una metaniera da 125.000 mc,
che, in caso di incidente o di un non escludibile attacco terroristico,
potrebbe innescare una catastrofe, definita dal citato autore «...corrispondente
a un megaton, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe
atomiche».
Ma qui da noi (in specie nel sito di Zaule), oltre alle metaniere si devono
aggiungere i due enormi serbatoi da 150.000 mc ciascuno, esposti a terra
vicino al rigassificatore, quindi il pericolo che noi corriamo (in potenza
distruttiva) dev’essere valutato tre volte maggiore di quello considerato da
Piero Angela: l’Apocalisse!
La controparte parlerà di allarmismo e utopia, perciò non attuabile: lo ha
forse stabilito il calcolo razionale? Io dico di no, perché è stato
volutamente dimenticato il «fattore X»: l’imponderabile.
Giorgio Jercog |
Pista
ciclabile |
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Vorrei gentilmente avere una
risposta dal Comune o dalla Regione (non so di chi sia la competenza)
riguardo alla mancata attivazione dell’illuminazione della galleria sotto
Cattinara sulla pista ciclabile Trieste-Draga Sant’Elia.
Dato che percorrere la suddetta galleria (che si sviluppa in curva) a piedi
o peggio in bicicletta con famiglia al seguito risulta scomodo e pericoloso
sia per i pedoni sia per i ciclisti, mi chiedo a quando l’attivazione. Per
altro l’impianto è già completato e pronto all’uso da tempo e anzi, il tutto
si sta degradando con le lampade interrate completamente coperte dalla
ghiaia. Non vorrei che questo fosse l’ennesimo esempio di soldi (nostri)
buttati al vento. Attendo con fiducia una risposta da chi di dovere.
Andrea Mandich |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 26 novembre 2007
Santuz: la
terza corsia sarà pronta già nel 2014 Autovie rincara i pedaggi dei Tir,
piano all’Anas |
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Il via
libera di Prodi alla nomina del commissario accelera i tempi dell’opera.
Sonego: «Ora ci sono più certezze»
TRIESTE Si muove Bruxelles, si
muove il governo Prodi. Dopo i 74 milioni finanziati dalla Commissione
europea per la progettazione della Trieste-Divaccia e Ronchi Sud-Trieste, il
via libera del premier alla nomina del commissario per la terza corsia sulla
autostrada A4, sollecitato dal governatore Illy (con una lettera), accelera
la realizzazione delle grandi opere viarie in Friuli Venezia Giulia. Il
presidente di Autovie Venete, Giorgio Santuz, ora è convinto di essere sulla
strada giusta. La firma della convenzione fra Autovie e Anas sbloccava
impegni finanziari e investimenti ma non garantiva tempi rapidi. L’arrivo
del commissario consentirà invece di risparmiare due-tre anni di tempo (per
la terza corsia fatta e inaugurata si parla del 2016, ora il traguardo
potrebbe essere 2014): «Commissariati? Non ci sentiamo affatto commissariati
-dice Santuz. Questa nomina (servirà un decreto del Consiglio dei ministri,
ndr.) è da noi graditissima perchè accelera i tempi della burocrazia e
velocizza i progetti. Non influirà sulla gestione di Autovie». Illy, nella
lettera inviata a Prodi e ai ministri competenti Di Pietro e Bianchi, ha
chiesto «misure straordinarie» per la viabilità in Friuli Venezia Giulia,
inasprimenti tariffari per convincere i Tir a viaggiare di notte liberando
l’autostrada dal traffico pesante durante il giorno. Nella lettera al
Professore il governatore scrive che gli autocarri che transitano attraverso
le nostre autostrade producono un'usura dieci volte superiore rispetto alle
automobili, pagando un pedaggio che è appena il doppio.
E qui Santuz annuncia di essersi già mosso: «Abbiamo già spedito una
proposta di aumento delle tariffe per i Tir all’Anas. Di quanto? Per ora non
posso dirlo. Ma è un provvedimento urgente e indispensabile. L’autostrada A4
è stata invasa da autotreni provenienti dall’Est Europa che viaggiano verso
Ovest, intasano il traffico, logorano il manto stradale».
L’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, considera l’arrivo del
commissario come una svolta attesa e positiva. Sonego insiste sul fatto che
Illy non si è limitato però a sollecitare Prodi sulla nomina del commissario
e sulle tariffe, ma ha chiesto al premier di definire una politica
industriale e dei trasporti complessiva per il Nordest. Prodi (che ai tempi
dell’Iri a metà anni Ottanta aveva governato con affollatissime conferenze
dei servizi la crisi delle partecipazioni statali a Trieste) ha raccolto il
messaggio: «Mi sembra significativo -sottolinea Sonego- che nella
ripartizione dei fondi destinati al Corridoio 5, gli unici finanziamenti
programmati da Bruxelles a Nordest (una settantina di milioni) siano stati
destinati alla Trieste-Divaccia e alla Ronchi Sud-Trieste. La realizzazione
della terza corsia è un risultato che ci stiamo guadagnando sul campo».
Anche il dialogo con il governatore del Veneto Galan funziona? «Sì, ma noi
facciamo la nostra politica, scandisce Sonego. E nel campo delle
infrastrutture abbiamo recuperato tutto lo svantaggio rispetto al Veneto».
Per l’assessore regionale ai Trasporti «la terza corsia ha subìto una
accelerazione consistente negli ultimi tre mesi. Stiamo andando avanti con
la progettazione». Ma a che punto sono i progetti? Santuz chiarisce che è
stata avviata la gara per affidare la progettazione delle tratte fra
Porpetto e Villesse e da San Michele al Tagliamento fino a San Donà-Quarto
d’Altino. Già completato l’iter per il ponte sul Piave: qui Autovie ha già
affidato la progettazione.
Lo scorso luglio il Ministero delle Infrastrutture ha dato il via libera
alla progettazione dell’intera opera senza porre vincoli. Se per i tratti in
cui non è previsto affiancamento con la ferrovia non ci sono problemi, per
gli altri si attende la definizione del tracciato della linea ad alta
capacità. Santuz, a questo punto, accelera i tempi della realizzazione della
terza corsia. La Giunta Illy ha ottenuto garanzie sufficienti da Prodi:
«Possiamo lavorare in un quadro di certezze definite -commenta Sonego. Forse
siamo messi anche meglio rispetto al Veneto». A questo punto la partita si
sposta nuovamente a Roma: si attende il decreto per la nomina del
commissario. E per la terza corsia comincia un’altra storia.
Piercarlo Fiumanò |
Wwf: «Niente
edifici ai laghetti delle Noghere» - «Per erigere un capannone
minacciate alcune specie protette» |
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Il movimento
ambientalista polemizza con la Regione e il Comune di Muggia
Il Wwf regionale chiede che
attorno al biotopo dei laghetti delle Noghere sia creata una zona di
protezione, ma anche che siano fermate le edificazioni in progetto. La
richiesta non è nuova, e trae origine dall’autorizzazione paesaggistica
rilasciata di recente dalla Regione ad una società per la costruzione di un
capannone (per rimessaggio camper e roulotte) nell’area vicina ai laghetti.
«Per costruirlo – dice Dario Predonzan, responsabile territorio del Wwf
regionale - verrebbero anche distrutte alcune migliaia di metri quadrati di
bosco planiziale igrofilo, una formazione di grande valenza naturalistica».
Critica quindi l’autorizzazione regionale, e quella rilasciata
dall’Ispettorato ripartimentale delle Foreste per il taglio delle aree
boscate. «Si tratta – osserva Predonzan – dell’ennesima dimostrazione di
noncuranza per i beni paesaggistici». La prevista «compensazione», cioè un
parziale rimboschimento lungo l’argine dell’Ospo, non basterebbe a
salvaguardare l’ habitat della zona umida dei laghetti. Già nel febbraio
scorso il Wwf aveva chiesto di fermare il progetto, e aveva ritenuto
inaccettabile la «compensazione» prevista allora, che doveva essere fatta
mediante la manutenzione di pinete a Draga S.Elia, quindi in tutt’altra
zona. Il Wwf, avvalendosi di una relazione del naturalista Cristian Trani,
osserva che la costruzione del capannone con le annesse infrastrutture «avrà
un impatto negativo sulla fauna locale, di cui fanno parte uccelli e anfibi
protetti da direttive europee». Perciò Predonzan chiede che sia realizzata
una zona cuscinetto intorno al perimetro dei laghetti, ma per un’effettiva
tutela va modificata la destinazione urbanistica: «Oggi la porzione di
territorio tra il rio Ospo e la strada provinciale è classificata “zona
industriale di interesse regionale”, malgrado la presenza del vincolo
paesaggistico del 1991. Lo stesso piano regolatore di Muggia sovrappone alla
zona industriale un’area “di interesse ambientale”, che include anche i
laghetti delle Noghere». Tali richieste sono state inviate anche al Comune
di Muggia.
s.re. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 25 novembre 2007
Legambiente
dice no alla galleria sul Carso - Chiesto un confronto con il
presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del
Corridoio 5 |
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Per
l’associazione sono da individuare soluzioni e opere meno impattanti |
Legambiente chiede un incontro
al presidente della Regione Illy per riaprire il dialogo sui progetti del
passaggio del Corridoio 5 in regione che l’associazione ritiene poco chiari
e non concordati con popolazioni e istituzioni locali. «Non è detto che la
strada della legge-obiettivo - ha affermato ieri a Monfalcone il
vicedirettore generale di Legambiente Andrea Poggio - sia più veloce e il
caso della Val di Susa dimostra che il percorso più rapido è quello fatto di
ascolto, dialogo e poi, sì certamente, anche da una decisione finale. Per
questo chiediamo che le opere relative alla realizzazione della
Venezia-Trieste siano stralciate dalla legge obiettivo». Alla Regione
l’associazione ieri è tornata comunque a domandare il rispetto della
Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia nel 2001, sulla partecipazione
del pubblico alle decisioni relative a opere di questa portata, ma non solo.
Legambiente vuole soprattutto chiarezza sulle caratteristiche tecniche della
linea, definendo cioé velocità massima da raggiungere e sistema di
alimentazione. «È un parametro non indifferente, se si considera - ha
spiegato Rudy Fumolo, coordinatore assieme ad Andrea Wehrenfennig del gruppo
sui trasporti di Legambiente Fvg - che linee di 25 Kilovolt sono rivelatrici
di un progetto orientato all’alta velocità, oltre 250 chilometri all’ora,
diversamente da una normale alimentazione elettrica a 3 Kilovolt, che viene
utilizzata per linee ferroviarie che possono raggiungere i 180-200 km/h. I
dati a nostra disposizione dicono le Ferrovie stanno lavorando su un
progetto di alta velocità classica». Legambiente chiede alla Regione di
rinunciare alla galleria Ronchi-Trieste e che si vada a una comparazione con
un progetto di ferrovia ordinaria, avviando così una concertazione tra più
soggetti che, in tempi definiti, individui le opere e le relative soluzioni
meno impattanti. «Se l’obiettivo è quello di rafforzare il traffico merci,
che si proceda a tassare il traffico pesante - ha osservato Fumolo -, perché
al momento la Venezia-Trieste è percorsa ogni giorno da 83 convogli merci,
mentre ne potrebbe veder transitare fino a 230, senza grossi interventi».
Legambiente propone la velocizzazione della Mestre-Ronchi dai 150 chilometri
all’ora attuali a 180-200 chilometri orari e il potenziamento dei circa 12
chilometri esistenti tra il bivio di San Polo a Monfalcone e il bivio di
Aurisina. Opere che garantirebbero «un aumento della capacità per il
traffico merci sull’asse del progetto prioritario numero 6 senza devastare
il territorio della Bassa friulana e il Carso». Per migliorare il
collegamento tra Italia e Slovenia l’associazione sposa invece la creazione
di un breve tunnel ferroviario tra Muggia e Capodistria.
«Questo breve tratto può essere finanziato - ha detto Wehrenfennig -
utilizzando i fondi richiesti all’Ue per il collegamento Trieste-Divaccia
del tutto superfluo dato che dovrebbe comunque collegarsi alla nuova linea a
binario unico della Capodistria-Divaccia, da costruire». Legambiente non è
contraria in modo pregiudiziale al Corridoio 5, ha sottolineato Michele
Tonzar, coordinatore regionale, ma non vuole che in regione siano create
cattedrali nel deserto con spreco di risorse pubbliche. «Non è inoltre
escluso che qui si ripeta quanto accaduto in Val di Susa - ha osservato
Tonzar - nel momento in cui si avvicina il momento di espropriare i terreni
e decidere quali abitazioni saranno sacrificate al passaggio del Corridoio
5».
Laura Blasich |
Commissario per la terza
corsia: via libera del premier -
Disco verde anche alla richiesta
di Illy di aumentare i pedaggi autostradali per i Tir |
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I nodi delle
infrastrutture viarie al centro di un vertice tra il presidente del Friuli
Venezia Giulia e il capo del governo
VENEZIA Un commissario per
accelerare la realizzazione della terza corsia da Trieste a Venezia. Lo sta
chiedendo da tempo il presidente della Regione Riccardo Illy per realizzare
prima possibile questa infrastruttura indispensabile per uscire dalla
drammatica saturazione che blocca l’autostrada e ieri ha avuto una risposta
positiva dal presidente del Consiglio Romano Prodi. Ma Illy ha avuto anche
l’ok dal premier sulla possibilità di aumentare le tariffe autostradali per
i Tir per indurli a viaggiare di notte.
Ieri all’ora di pranzo nel cantiere di Venezia in occasione della cerimonia
di consegna della Queen Victoria da parte della Fincantieri all’inglese
Cunard il vertice tra il presidente del Friuli Venezia Giulia Illy e il
premier Prodi. Un incontro fitto in cui Illy ha consegnato un documento in
cui spiega le motivazoni della richiesta del commissario. Una scelta che,
secondo lo stesso presidente, permetterà di risparmiare uno o due anni nella
realizzazione di questa corsia che è indispensabile per evitare i blocchi
del traffico leggero e pesante. Prodi ha detto a Illy che esaminerà il
documento e ha comunque dato già la sua disponibilità. Ok anche al piano per
l’aumento delle tariffe autostradali a carico dei Tir che vogliono viaggiare
di giorno per invogliarli piuttosto a effettuare i trasporti di notte e
alleggerire la pressione sull’autostrada.
Un tema cruciale quello delle infrastrutture nel Nordest e ieri Illy ne ha
sicuramente parlato anche con il viceministro ai trasporti Cesare De Piccoli
ma anche poi con il presidente della Commissione europea dei trasporti,
Paolo Costa (entrambi presenti alla cerimonia) che sta seguendo da vicino
tutto il Corridoio multimodale quinto. Presente anche il sindaco di Venezia
Massimo Cacciari, assente invece il presidente della Regione Veneto
Giancarlo Galan.
Servono 8 anni per realizzare la terza corsia e per viaggiare senza
rallentamenti e blocchi tra Trieste e Venezia, questi i tempi del progetto
emersi proprio recentemente a Roma (era l’inizio di novembre) in occasione
della firma della convenzione sottoscritta da Autovie Venete con l’Anas alla
presenza del ministro alle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. Impegni
finanziari, investimenti della società autostradale, un crono programma
preciso: questa la scaletta prevista a Roma con un panorama chiarissimo. Se
si va per le vie ordinarie, ovvero senza commissario, la terza corsia non
sarà pronta fino al 2016. Troppi per il Nordest che è carente di
infrastrutture e che ora sono anche sature. L’unica via di accelerazione è
il commissario, una figura con poteri straordinari in grado di dare una
svolta. Una svolta chiesta e ottenuta da Illy dopo l’incontro con Prodi.
g. g. |
Rifiuti, a Muggia entro
l’anno raccolta per il compostaggio |
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L’operazione
riguarderà le sostanze organiche: verranno destinate direttamente
all’impianto. Dalla Provincia 81mila euro
MUGGIA Entro l'anno partirà a
Muggia per la prima volta la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Un
toccasana non solo per l'ambiente ma anche per le casse comunali: in questo
modo scarti alimentari, vegetali, animali, sfalci e residui di potatura
invece di essere portati al termovalorizzatore (per il quale l'Ente paga a
peso), verranno destinati direttamente all'impianto di compostaggio a costo
zero.
Il servizio sarà possibile grazie a un finanziamento di oltre 81 mila euro
erogato dalla Provincia di Trieste al Comune di Muggia proprio a questo
scopo.
«Entro novembre - assicura il sindaco Nerio Nesladek - convocheremo una
riunione con le grandi utenze del territorio e con le rappresentanze di
categoria per individuare una mappatura delle zone che necessitano della
raccolta dei rifiuti organici. Il Comune ha già individuato 81 punti, da
Lazzaretto ad Aquilinia, tra supermercati, trattorie, scuole e caserme ma
ora dovranno essere i diretti interessati a confermare la necessità di
questo servizio e le modalità. Sarà infatti necessario capire anche gli
orari più adeguati nei quali intervenire». Il Comune provvederà ad
acquistare in tempi brevi una trentina di contenitori destinati ai rifiuti
organici che andranno ad aggiungersi ai 50 già comperati ed utilizzati in
occasione del Carnevale. Inoltre, spetterà sempre agli uffici del municipio
la distribuzione di appositi sacchetti di nylon biodegradabili. Non appena
verranno stabilite le modalità di raccolta, il Comune partirà con una
campagna informativa a tappeto con depliant e manifesti. «Questa fase
preliminare - conclude il primo cittadino - ci consentirà di collaudare un
servizio, quello della raccolta differenziata, che con l'anno prossimo
incomincerà a entrare a pieno regime non solo per le grandi utenze ma per
tutti i cittadini». «Abbiamo destinato questo finanziamento al Comune di
Muggia - spiega l'assessore provinciale al Territorio e ambiente Ondina
Barduzzi - perchè a livello di progettazione ha dimostrato di allinearsi
alle nostre politiche nel settore della raccolta differenziata. Come
amministrazione provinciale infatti, ci siamo posti l'obiettivo di adeguarci
entro il 2008 a quanto previsto in materia dalle norme comunitarie. È per
questa ragione che abbiamo già stanziato un ulteriore finanziamento
complessivo di 400 mila euro per tutti i Comuni della provincia che hanno
presentato progetti sia per raccolta differenziata, sia per la
trasformazione della Tarsu in Tia». «In questi giorni - conclude la Barduzzi
- stiamo valutando i progetti che sono già pervenuti nei nostri uffici.
Contiamo di esaurire la disamina delle proposte delle amministrazioni
comunali entro la fine dell'anno».
Silvia Stern |
Pista poco piacevole |
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Scrivo riguardo la pista
ciclabile da Campanelle ad Altura, finalmente finita. È divisa in due parti:
una di circa 1 metro di mattonelle, – bellissima – l’altra di 2 metri
asfaltata, credo, per le biciclette, bruttissima da vedere in mezzo al
verde. Il Comune non poteva lasciare al posto dell’asfalto la terra battuta
ed asfaltare piuttosto tutte le buche che ci sono in città?
Moreno Montalto |
IL PICCOLO -
SABATO, 24 novembre 2007
I pedoni testano la pista di
Altura - Sopralluogo di Coped-Camminatrieste fino a Campanelle |
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Una comitiva di circa 30 persone
ha inaugurato ieri pomeriggio il nuovo tratto della pista ciclo-pedonale che
da Altura si snoda fino al rione di Campanelle. A intraprendere questa
passeggiata autunnale di circa due chilometri, sfidando anche il maltempo,
sono stati i soci di Coped CamminaTrieste, che guidati dal presidente Sergio
Tremul hanno così visionato di persona il tanto atteso completamento dei
lavori. «Iniziative come questa – ha spiegato il presidente Tremul prima
della partenza – tengono viva la nostra voglia di scoprire la città a piedi.
Questo è solo un assaggio: a primavera, con il completamento degli altri
tratti della pista ciclabile, organizzeremo nuove passeggiate e stiamo
pensando anche a un weekend in Val Rosandra». I partecipanti, infatti, si
sono trovati attorno alle 14.15 in Barriera e hanno raggiunto Altura con i
mezzi pubblici, prendendo il bus 48. Dopo aver percorso a piedi i due
chilometri di pista panoramica, sono scesi nuovamente in città da
Campanelle, stavolta con la 33. «Non è la prima volta che anticipiamo le
inaugurazioni ufficiali testando per primi i nuovi percorsi – ha continuato
Tremul -: già con il bosco del Farneto lo avevamo fatto, portando con noi
anche gli studenti delle scuole e un gruppo di non vedenti».
Prima di vedere completata l’intera pista ciclabile, che dal centro si
snoderà fino alla Slovenia, bisognerà però attendere il 2008: i lavori,
iniziati nel 2000, sono in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia.
All’inizio del prossimo anno verrà realizzata la passerella metallica sopra
via dell’Istria, che permetterà di sviluppare il percorso che S.Giacomo
arriverà fino a Draga S.Elia, snodandosi lungo il tracciato della ferrovia
Campo Marzio. Una volta completata la passatoia, verrà ultimata anche la
parte della pista tra le vie Ponziana e Orlandini.
e.l. |
Semafori sulle Rive |
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Nonostante qualche
giustificazione già fornita sulla decisione di rendere alcuni semafori di
attraversamento pedonale delle Rive non sincronizzati nelle due carreggiate,
non riesco ancora a capirne l’utilità. Si costringono pertanto le persone a
fermarsi anche per settanta secondi sul salvagente centrale in attesa del
via libera sulla carreggiata opposta (Riva III Novembre, semaforo di fronte
al Caffé Tommaseo).
Recentemente sono ritornato dalla civilissima e rispettosa Londra, dove agli
incroci importanti, nel caso di traffico fermo, è ben indicato a terra il
divieto per i veicoli di occupare l’area di intersecazione delle due strade,
onde evitare il blocco della circolazione nell’altra direzione (puntualmente
rispettato). Ho notato anche il sistema semaforico della Cromwell Road, una
larga e lunga strada a scorrimento veloce che collega il centro della città
con le autostrade, dotata di due carreggiate distinte con tre corsie per
carreggiata. I numerosissimi attraversamenti pedonali con salvagente
centrale hanno i semafori tutti regolati in modo tale da dare il verde ai
pedoni contemporaneamente su tutte e due le carreggiate o al massimo dopo
pochissimi secondi, assecondando così, senza fermate al centro strada,
l’attraversamento dei pedoni. Il flusso veicolare, che si può stimare in
8-10 volte quello delle nostre Rive non subisce rallentamenti o altre
penalizzazioni nelle due direzioni della regolazione semaforica sopra
descritta.
È proprio necessario che a Trieste coloro che attraversano le Rive si
debbano fermare al centro della carreggiata, talvolta in lunga attesa del
verde, per raggiungere la parte opposta? Si è voluto enfatizzare il veloce
scorrimento veicolare lungo le Rive riqualificate, come se qualche manciata
di secondi avesse un’enorme importanza strategica, dimenticando che il più
debole fra l’automobile e il pedone è quest’ultimo. Auspico quindi che venga
realizzata una più attenta regolazione delle sequenze semaforiche per
agevolare i pedoni senza che ciò provochi alcuna ripercussione significativa
sul flusso veicolare.
Bernardino de Hassek |
Difendere il tram |
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Sul Piccolo del 16 novembre è
stato pubblicato l’ennesimo intervento riguardo al tram di Opicina. È giusto
parlarne, il tram non è un mezzo di trasporto qualunque, fra l’altro è uno
dei simboli della città. È giusto chiedersi e chiedere spiegazioni a chi è
in grado di darle, per essere informati se, quando e come riprenderà a
funzionare e su chi ricade la responsabilità dell’attuale situazione di
incertezza.
Sono passati 30 mesi dall’inizio dei lavori straordinari, con uno sforamento
di 24 mesi sulle previsioni, spendendo 7.450.000 euro, che prevedevano nel
programma di questa spesa pure una serie di lavori marginali, ma non per
questo meno importanti, che non sono mai stati iniziati e alcuni mai
terminati (chioschi delle fermate intermedie).
In questi mesi c’è stato un continuo susseguirsi di incidenti di tutti i
tipi, quindi una continua incertezza sulla funzionalità del tram, che a
lungo andare ha disamorato l’utenza.
Su tutto regnava l’assoluto silenzio del Comune, rotto nell’articolo del 16
novembre dal signor Giuseppe Colotti, consigliere comunale, che
sull’argomento non ha trovato niente di meglio da dire «che i ragazzi
preferiscono il motorino al tram». Si riferiva ai giovani dell’altipiano o
ai giovani in generale? Perché in questo secondo caso pian piano si potrebbe
incominciare a sopprimere oltre al nostro tram anche gli autobus, il che
porterebbe un bel risparmio al Comune, che potrebbe così per esempio
diminuire le tasse comunali.
Il ruolo istituzionale del signor Colotti non sarebbe piuttosto quello di
partecipare a salvaguardare il bene prezioso che è costituito dal nostro
tram? E per finire vogliamo far presente a chi ci governa che in tutta
Europa chi ha i tram se li tengono cari soprattutto perché non inquinano
l’ambiente.
Giovanna Crismani Venturini |
IL PICCOLO -
VENERDI', 23 novembre 2007
Ferriera, esami dell’Azienda
sanitaria su cinquanta lavoratori |
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Sta per concludersi la
«settimana di controllo sanitario» sui lavoratori della Ferriera disposta
dall’Azienda sanitaria per il reparto cokeria. Lunedì scorso a una
cinquantina di operai è stato prelevato un campione di urina, oggi
l’operazione sarà ripetuta: lo scopo è di mettere a confronto la
concentrazione di benzene, benzoapirene e fenantrene fra una giornata che
segue due di riposo e una che conclude la settimana di lavoro e permanenza
in fabbrica. I campioni, sigillati a piombo, verranno inviati per le analisi
a un laboratorio specializzato di Brescia. Contemporaneamente è stata
avviata l’indagine ambientale. All’interno della fabbrica sono state
installate dieci centraline del Cnr, una dell’Arpa e tre dispositivi di
captazione dell’aria sistemati addosso ai lavoratori.
Vengono prelevati tre campioni al giorno per ciascuna delle undici
centraline. Le analisi avverranno separatamente: l’Arpa regionale farà la
propria lettura, e il Cnr porterà i campioni nei propri laboratori a Roma.
Quando l’esito sarà disponibile l’Azienda sanitaria ne porterà i risultati
al tavolo regionale sulla Ferriera, cui partecipano gli enti amministrativi,
l’Arpa, l’Azienda sanitaria e i sindacati.
Intanto si stanno ultimando gli accordi con gli istituti di Medicina del
lavoro di Trieste e Udine, nonché col Burlo Garofolo, per dare avvio
all’indagine sull’eventuale assorbimento di diossine da parte della
popolazione di Servola. |
L’auto resti a casa:
iniziativa del Coped |
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Invitare i cittadini a lasciare
a casa l’auto per un giorno e offrire la possibilità di cogliere insoliti e
suggestivi scorci della città. È lo spirito dell’iniziativa lanciata dal
Coped-CamminaTrieste che oggi, con ritrovo alle 14.15 in largo Barriera,
promuove una passeggiata autunalle attraverso la pista ciclo-pedonale da
Altura a Campanelle. |
Mille firme per via Donizetti
pedonale L’assessore Bucci: progetto pronto - E i Cittadini per Trieste
lanciano l’idea: corso Italia chiuso in alcune fasce orarie
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Mille firme per pedonalizzare
via Donizetti. Le adesioni sono state raccolte la scorsa primavera tra i
clienti del caffè San Marco e dell’omonima libreria, entrambi affacciati
(almeno in parte) sulla via che collega le vie Battisti e San Francesco. Ma
«le firme le abbiamo consegnate all’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci
senza vedere alcun risultato», sostiene l’amministratore della libreria
Alexandros Delithanassis. Bucci però replica: «Ho visto tutto, ho già fatto
fare un progetto di massima».
L’iniziativa dei due esercizi, spiega Delithanassis, è nata in
considerazione della «notevole condizione di abbandono in cui versa la via»
in questione, che invece potrebbe divenire spazio all’aperto sia per il
caffè che per organizzare in estate «un piccolo polo artistico di qualità:
ne abbiamo già parlato con vari artisti». Inoltre la zona è frequentata da
numerosi turisti che vi giungono anche per visitare la sinagoga. Ma,
appunto, «sinora non abbiamo avuto alcun risultato».
Bucci, si diceva, rassicura: il progetto, redatto dagli uffici comunali, «è
in fase di approvazione» da parte della giunta. «L’ipotesi però - precisa
l’assessore - non è quella di pedonalizzare totalmente la via, bensì di
ampliarne notevolmente uno dei marciapiedi - e dovremo stabilire quale,
anche se il buon senso direbbe quello sul lato della sinagoga - così da
realizzare un buono spazio pedonale senza togliere al contempo l’area di
carico e scarico oggi presente nella via. Perché non vorrei - precisa Bucci
- che poi i residenti o i commercianti mi contestassero di avere cancellato
quelle aree, e di conseguenza alcuni posti auto occupati dai camion che da
qualche parte dovrebbero comunque fermarsi». Insomma, il messaggio
dell’assessore è: «Sono pronto a pedonalizzare anche domattina, ma valutiamo
la misura in cui intervenire».
E intanto, nell’inesausta discussione su aree pedonali e chiusure al
traffico, in una nota il gruppo di lavoro dei Cittadini sulla viabilità
lancia quella che Bucci definisce prontamente «una buona idea». Si parte da
una constatazione: «Tra le 10 e le 12 e tra le 16 e le 18 di ogni giorno le
strade del centro sono praticamente prive di traffico: ci sono solo vetture
parcheggiate». Dunque in quegli orari si potrebbe pensare a «deviare i pochi
mezzi» in circolazione «su percorsi alternativi forse un po' più lunghi, ma
altrettanto deserti, e chiudere del tutto corso Italia e via Roma». Negli
stessi orari i bus potrebbero comunque procedere, ma a passo d’uomo, nelle
aree chiuse. Il tutto andrebbe completato con la possibilità di parcheggio
al Molo Quarto.
La Ferriera non può
chiudere |
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Mentre a Trieste si discute
sul destino della Ferriera, a S. Giorgio di Nogaro Akhmetov compra la
Trametal, impianto siderurgico da 350.000 tonnellate. A Verona i russi
già possiedono la Ferriera Valsider.
I triestini debbono farsi chiudere uno stabilimento che funziona, visto
l’andamento dell’acciaio? Noi dobbiamo stare zitti e subire i veti dei
Verdi, della destra che vuol fare la «piccola Montecarlo» di questa
sfortunata città che non ha più occhi per piangere, per come ci hanno
ridotto certi politici.
Noi, donne che hanno come figli, fratelli, mariti, uomini che vivono
lavorando in quello stabilimento dobbiamo unirci e gridare forte la
nostra protesta contro i mille allarmismi che giungono da parti
interessate a fomentare odio fra cittadini, rancore e ostilità, verso
chi vuole solo lavorare per vivere.
Lavorare onestamente senza pesare su nessuno, senza chiedere aiuto a
nessuno, famiglie che vogliono vivere senza che i figli vengano
dileggiati a scuola perché il loro padre lavora nella Ferriera, dove i
signori servolani hanno lavorato per un secolo.
Ora arriva il sindaco friulano e la Ferriera si deve chiudere? Aprite il
tavolo delle trattative con Arvedi e finitela di strombazzare a destra e
a manca la storia dell’inquinamento, perché allora si devono chiudere
gli aeroporti, le stazioni, le autostrade. È questo il vostro concetto
di andare avanti? Di porci come paese europeo a tutti gli effetti?
È come parlare dell’energia nucleare. Tutta Europa ha centrali nucleari:
producono energia pulita, noi la compriamo da loro a caro prezzo;
credete forse che se succedesse qualcosa in una centrale nucleare di un
paese limitrofo noi non ne verremmo toccati?
Vorrei che gli operai e le loro famiglie si trovassero uniti nella lotta
alla salvaguardia del posto di lavoro, uniti a combattere questa
campagna di livore e odio lanciata contro uno dei pochi posti di lavoro
esistenti nella nostra città. Difendiamo la nostra dignità di esseri
umani e di lavoratori!
Signor sindaco, ci assumerà tutti lei nei suoi supermercati? Ci daranno
posti di lavoro i signori che siedono in Comune? Tutti così sicuri del
loro cadreghino, con relativo emolumento, così beati a disquisire sulla
salute e l’aria pulita (che non esiste più da nessuna parte) e così
pronti a gettare nella disperazione famiglie intere in nome di... in
nome di cosa?
Grazie a chi ci appoggerà a livello politico, poiché ricordatevi egregi
signori che anche noi abbiamo, pur se trattati da paria, diritto di voto
e ogni voto delle mille persone che lì lavorano deve essere moltiplicato
per i componenti delle loro famiglie.
Come al solito, ora che l’acciaio ha un mercato sempre più forte deve
sparire da Trieste.
Cui prodest?
Norvena Pecorella |
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IL PICCOLO -
GIOVEDI', 22 novembre 2007
Posti auto a pagamento in
strada Trieste fra le ultime dieci in Italia - Studio della
Confcommercio e della Aipark. Gli stalli in superficie sono circa 2mila
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Lo studio
propone una serie di tariffe differenziate a seconda delle zone - Mezzi
pubblici: l’87 per cento favorisce l’accesso dei disabili
A Trieste ci sono poche «zone
blu». Posti auto su strada che, proprio per il fatto di essere a pagamento,
consentono una rotazione continua e impediscono la sosta prolungata (anche
di mesi) nelle aree libere.
Il dato è contenuto nello studio della Confcommercio e della Aipark,
presentato ieri a Roma, che fotografa la realtà italiana dei parcheggi a
pagamento (su strada e in struttura). Un’indagine che ha ricevuto risposta
da 84 dei 111 Comuni capoluogo di provincia interpellati; quello di Trieste
non si è sottratto alla richiesta, finendo nella lista delle dieci città
dove il rapporto abitanti/posto auto su strada a pagamento è fra i peggiori.
Un dato che potrà far piacere ai cittadini, non alla Confcommercio.
Il braccio di ferro fra i piccoli commercianti e la grande distribuzione,
infatti, poggia in molti casi proprio sulla disponibilità di parcheggi. Un
posto auto all’interno di un centro commerciale si trova sempre, mentre
lasciare la macchina nelle città italiane per andare a fare shopping è
sempre più difficile. La maglia nera spetta a Caltanissetta (un posto ogni
303 abitanti), mentre Trieste si ferma all’ottavo posto ma fra le ultime
dieci in Italia. Il rapporto è di 116,14 e, visti i numeri della città,
prende come riferimento all’incirca i 2000 posti auto blu.
Parcheggi a pagamento in superficie, disciplinati quasi tutti con i
parcometri, così ripartiti: 1000 posti gestiti dall’Agenzia per la mobilità
territoriale; 800 lungo le Rive al momento affidate ad alcune cooperative (Cgs,
San Cristoforo e Aci servizi; tranne l’area Bianchi di competenza della Amt)
e 200 da Saba Italia.
«L’indagine evidenzia che la sosta tariffata - si legge nell’estratto del
documento della Confcommercio e della AiPark - comincia ad avere una parte
importante nella vita cittadina. La regolamentazione dell’uso delle strade
urbane con l’introduzione della sosta tariffata è ormai una realtà». Secondo
lo studio rimane in Italia il gap infrastrutturale in tema di parcheggi,
compresi quelli in struttura. Posti auto in ogni caso a pagamento, un
concetto ancora molto lontano dalla mentalità dei cittadini. Trieste non è
da meno.
«Siena è invece in cima alla lista per il maggior uso degli autobus, con il
60 per cento degli spostamenti in auto e il 25 per cento con il trasporto
pubblico. Questo dato fa riflettere - si legge nella relazione che
accompagna lo studio - perché proprio Siena è anche la città con la maggiore
offerta di posti auto in struttura (uno ogni 12,42 abitanti)». Traduzione:
la gente parcheggia la propria automobile in garage e per spostarsi usa il
mezzo pubblico. A tale proposito Trieste, in un’altra classifica (nata dalla
collaborazione di Asstra e l’istituto Hermes sul trasporto pubblico), è la
città più virtuosa con oltre l’87 per cento di autobus con i dispositivi di
accesso per i disabili.
Ma la politica dei parcheggi secondo AiPark, che raggruppa i gestori di
parcheggi, non può prescindere dalle tariffe quale regolatore della domanda
di sosta. Per regolatore si intende uno strumento che condizioni le scelte
di durata di utilizzo, secondo logiche di base che richiedono l’applicazione
di tariffe differenziate per indurre a scegliere il grado di avvicinamento
al centro (più vicino arrivi più paghi).
«È evidente che se le tariffe sono troppo basse o non differenziate
l’efficacia del sistema della sosta cittadina è compromesso o fortemente
limitato», sostiene nelle conclusioni l’indagine. Notando come le tariffe
per la sosta su strada siano «tendenzialmente più basse delle tariffe per la
sosta nei parcheggi in struttura». È dunque assente la strategia di
«favorire i parcheggi in struttura per liberare progressivamente o
specializzare la sosta su strada, che dovrebbe essere più cara, vista anche
la sua maggiore comodità e visto l’obiettivo di ridurre la sosta in
superficie a favore di usi diversi del suolo».
Una politica dei prezzi presente, in parte, anche a Trieste dove la sosta su
strada è divisa in tre fasce: zona rossa 1,40 euro all’ora, zona gialla 1
euro, zona verde 0,80 centesimi, mentre la zona azzurra non è mai stata
attivata. Fra i parcheggi in struttura, invece, le tariffe all’ora variano a
seconda delle strutture: 1,10 euro al Silos, 1,25 euro al park in Foro
Ulpiano, 1,50 in quello via Fabio Severo, 1,30 nel garage in via Xydias, 1
euro al centro commerciale Il Giulia, 0,40 alle Torri d’Europa e 0,60 al
park di via Locchi-Carli. |
Storie della Ferriera:
«Guerra tra poveri» - L’operaio: «Non criminalizzateci». L’abitante:
«I danni alla salute sono accertati, va chiusa» |
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Quattro
testimonianze di servolani. Una donna: «Mio marito lavorava in cokeria ed è
morto per un cancro ai polmoni» |
Una «guerra tra poveri». Fausto
Sancin, 79 anni, servolano «doc» - la sua famiglia vive dal 1850 nella
stessa casetta di via di Servola 93 -, definisce così la contrapposizione
tra i residenti, che chiedono la chiusura della Ferriera in nome del diritto
alla salute, e gli operai, decisi a difendere la realtà che ogni mese
garantisce loro uno stipendio. «Alla fine hanno ragione tutti - spiega -,
per questo è una guerra tra poveri. È giusta la battaglia degli operai, che
lottano per salvare il posto di lavoro, un po’ come facevo io 40 anni fa per
evitare la chiusura del cantiere San Marco. E forse è proprio per questo che
mi sento più vicino alle loro posizioni e mi chiedo a chi possa venire in
mente l’idea di lasciare in strada 600 famiglie più quelle che vivono grazie
all’indotto. Tuttavia riconosco anche le ragioni degli abitanti, perchè
vivere e respirare a Servola di questi tempi è un problema, e lo dico io che
sono asmatico e ogni giorno devo andare in ospedale per le terapie. Il nodo
della questione - conclude Sancin - è che per troppi anni la situazione
della Ferriera è stato ignorata ed è stato permesso alla proprietà di non
fare i lavori necessari. Il risultato oggi è lo scontro tra persone che
hanno tutte interessi legittimi e comprensibili».
Uno scontro, secondo Antonio Pantaso, 54 anni di cui quasi 30 anni passati
in Ferriera, che ha finito per assumere i toni della criminalizzazione degli
operai. «Io sono innamorato della siderurgia e orgoglioso di lavorare in una
realtà produttiva che ha portato alla città ricchezza e occupazione -
afferma -. E non accetto chi cerca di fare passare me e i miei colleghi per
complici di un’azienda che vuol far morire gli abitanti del rione. Non sono
disposto a passare per assassino. Così come non accetto di riunciare al mio
impiego solo perchè qualcuno ha in mente una non meglio precisata idea
alternativa di sviluppo per la città. Lo stesso vale per i dati
sull’inquinamento. Attualmente - aggiunge Pantaso - non c’è nessun risultato
certo che giustifichi la chiusura. Non si può pensare di distruggere la vita
di centinaia di persone per un semplice sospetto. Perchè è proprio questo
che accade quando perdi il lavoro: vieni distrutto e ti senti come
annullato. Sensazioni che ho provato sulla mia pelle nel ’94, quando la
chiusura sembrava ormai inevitabile».
Ma quelli che per gli operai sono «semplici sospetti», per molti residenti
sono invece prove inconfutabili. «Che la Ferriera inquini è ormai ampiamente
dimostrato - afferma Andrea Nascimbeni, uno dei residenti di via del
Ponticello 10 che lottano quotidianamente con le polveri, capaci di entrare
in casa anche con le finestre chiuse -. Non può essere un caso il fatto che
a Trieste ci sia un numero di tumori superiore del 30% alla media nazionale,
e che nella mia via abitino diversi bambini ammalati di leucemia. Lo
stabilimento crea danni seri alla salute e di questo dovrebbero prendere
atto anche gli operai, che forse finora non sapevano o fingevano di non
sapere. È ora di dire basta alle promesse di certe istituzioni e alle prese
in giro, come la concessione di altri 6 anni all’azienda per ottenere
l’autorizzazione ambientale integrata».
Ne è convinta anche la signora Anna (il nome è di fantasia ndr), che 5 anni
fa vide morire per un tumore ai polmoni il marito, per 20 anni addetto alla
cokeria. «Quando il cancro si manifestò, chiesi ai medici se l’ambiente di
lavoro ne fosse la causa. Mi risposero che era solo una con-causa, dal
momento che mio marito fumava. Eppure, molti anni prima, l’equipe medica
dello stabilimento aveva spiegato ai lavoratori quanto fosse inutile
smettere, visto che respirando l’aria della Ferriera era come se si
fumassero 200-300 sigarette al giorno. Qualcuno insomma ha coperto le spalle
all’azienda? Per i tanti ammalati e morti, passati e futuri - conclude Anna
- è giusto che si sappia la verità e che chi ha eventualmente taciuto paghi
per il male che ha fatto».
Maddalena Rebecca |
FERRIERA - La protesta di 200
servolani tiene barricati i consiglieri della Regione per 40 minuti |
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Barricati per 40 minuti nel
palazzo della Regione in piazza Oberdan per evitare problemi con i
manifestanti del corteo pro-chiusura immediata della Ferriera di Servola e
contrario alla concessione dell’Aia. I consiglieri regionali sono stati
costretti a rinviare il rientro a casa per «decisione della Digos, che ha
scelto così per questioni di sicurezza», ha spiegato Uberto Fortuna Drossi.
La manifestazione, che ha coinvolto oltre 200 persone ed era promossa dai
comitati di Servola, era partita da piazza Unità, proprio sotto il
municipio. |
Inquinamento a Cattinara -
Zigrino: inevitabile licenziare chi ha denunciato l’ospedale ai Nas |
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Il direttore
dell’Azienda spiega l’atto al centro di una causa di lavoro. Ricorso in
Cassazione contro il sequestro del laboratorio con scarichi inquinanti.
Interrogazione di Metz
«Non è nei miei poteri
licenziare, il provvedimento contro la dipendente dell’Azienda ospedaliera
che ci ha denunciato con l’accusa di effettuare scarichi inquinanti nei
laboratori è stato preso dall’Ufficio disciplinare e non avrei potuto
modificarlo, ma anche se avessi potuto, non lo avrei fatto».
Lo afferma Franco Zigrino, direttore generale dell’Azienda
ospedaliero-universitaria a commento della causa di lavoro intentata dalla
tecnica di laboratorio allontanata dopo i fatti: un’indagine dei Nas a
seguito della denuncia, una causa in corso, il sequestro degli impianti, ora
parzialmente rientrato.
E mentre Zigrino stesso annuncia che l’Azienda ha fatto ricorso in
Cassazione per vedersi annullare del tutto l’atto di sequestro, ribadisce
«la totale certezza di non aver smaltito inquinanti in maniera scorretta» e
conferma doversi considerare illecita la denuncia fatta all’esterno da un
dipendente senza prima allertare le gerarchie interne, il verde Alessandro
Metz ha depositato sulla vicenda una interrogazione rivolta all’assessore
regionale alla Salute, Ezio Beltrame.
Metz parte dal fatto che «la denuncia ha portato all’iscrizione sul registro
degli indagati di diverse persone, tra cui il direttore generale Zigrino»,
quindi, aggiunge, «evidentemente l’esposto non era del tutto infondato, e
ora l’Azienda motiva il licenziamento con il danno che ha subito in quanto
dopo i sequestri dei Nas sono state attivate modalità di scarico dei residui
di laboratorio mediante affidamento a una ditta specializzata con un
importante aggravio di costi. La domanda - prosegue Metz - sorge spontanea:
se adesso costa smaltire prima come si faceva?». Il consaigliere regionale
sottolinea la delicatezza della materia, («secondo l’inchiesta stiamo
parlando di rifiuti sanitari, a rischio infettivo e pericolosi») e quindi
depreca che «a pagare sia chi questa prassi ha denunciato»: «Pensare di
ricattare i lavoratori imponendo l’omertà e la complicità anche nei casi in
cui questo significhi violare la legge per contenere le spese ritengo sia un
sopruso che non possiamo tollerare».
Molto diversamente la vede Zigrino, il quale con decisione afferma che «non
sono stati trovati inquinanti». Tranne il tolluene, «in proporzione pari a
due litri, ma è sostanza non in uso all’ospedale, e quindi - ribadisce il
direttore - siamo convinti sia stata sversata nei condotti di smaltimento da
qualcuno, o colposamente o dolosamente».
A controprova di una situazione che non ritiene compromessa Zigrino porta il
fatto che «la stessa magistratura ha parzialmente dissequestrato il
laboratorio, e siamo sicuri - aggiunge - di poter dimostrare la bontà della
nostra posizione in sede di processo».
Anche sul licenziamento della dipendente (che Metz chiede di reintegrare in
attesa che si scopra «chi sono i buoni e chi i cattivi») Zigrino ha una
posizione ferma: «Ritengo che in qualunque azienda chi fotografasse impianti
interni senza autorizzazione affermando poi cose non vere in sede di
denuncia verrebbe licenziato. Il dipendente ha il dovere di segnalare
all’interno per via gerarchica ciò che a suo giudizio non funziona o ha
necessità di essere corretto».
L’Azienda ospedaliera aspetta il processo e il verdetto della Cassazione, la
dipendente adesso aspetta l’esito della causa di lavoro e Metz aspetta
risposte da Beltrame, tra cui quella alla domanda finale: cosa ha fatto la
Regione per verificare se - vista l’accusa che parla di «inquinamento da
rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo» - non si siano «prodotti
effettivamente danni».
g. z. |
Il Comune vara una task force
ambientale: 12 agenti in divisa verde contro chi sporca
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I cittadini
potranno telefonare e segnalare le irregolarità, dalle deiezioni canine
all’immondizia
Indossano divise di colore
verde, ma non sono le Guardie padane che piacciono al Senatur. Sono le
Guardie ambientali, una task force lanciata dal Comune e contraddistinta
dallo slogan «Un gesto di civiltà per migliorare la città». Può suonare come
una frase soft, ma il giro di vite è dietro l’angolo.
A farlo capire è la nuova denominazione, con la trasformazione da
osservatori in guardie, corredata dall’ampliamento delle funzioni
sanzionatorie approvato dalla giunta Dipiazza. Tolleranza zero per i padroni
che non rimuovono dal marciapiede le deiezioni dei loro cani, ad esempio, ma
anche per gli automobilisti che parcheggiano in divieto davanti ai
cassonetti impedendo la rimozione della spazzatura. Senza dimenticare chi
getta rifiuti sul suolo pubblico o nelle caditoie stradali.
Un provvedimento portato all’attenzione dei colleghi dall’assessore Paolo
Rovis, con delega al controllo delle attività esternalizzate, che di fatto
dichiara guerra alla maleducazione. Il tutto abbinato a una campagna di
sensibilizzazione, attraverso la distribuzione di un depliant che contiene
le regole del gioco. Quelle del senso civico. «Fra poco arriveranno le
divise, spero che quella scritta Guardie ambientali - dice Rovis - abbia una
funzione deterrente, ma è chiaro che per in alcuni casi sarà più efficace
l’appostamento in borghese». Appostamenti anche su segnalazione degli stessi
cittadini. La signora porta il cane ogni mattina in quella strada a fare i
bisogni, ma non usa la paletta? L’esercizio pubblico scarica rifiuti sciolti
o liquidi nei cassonetti, senza averli preventivamente raccolti e chiusi in
un sacco? Forse non lo faranno più dopo una telefonatina alle Guardie
ambientali (040.6758443 e fax 040.6758577, e-mail urpôcomune.trieste.it).
Ma il servizio di controllo comunale, rispetto ai poteri già attribuiti,
avrà anche l’incarico di verificare la pulizia che l’AcegasAps attuerà nelle
aree verdi, nonché controllare come i cittadini a cominciare dai locali
pubblici effettuano il deposito dei rifiuti. Non sempre i 1500 contenitori
per la raccolta differenziata (carta, plastica, vetro, indumenti, pile
esauste), infatti, sono usati correttamente. Ma soprattutto troppo spesso
gli imballaggi di cartone delle attività commerciali, nonostante sia attiva
una raccolta specifica, sono depositate nei cassonetti.
Violazioni del regolamento che, fra gennaio e agosto di quest’anno, hanno
visto gli osservatori ambientali staccare 56 sanzioni (multa di 200 euro per
la lordatura delle strade); cogliendo sul fatto 8 padroni di cani
disattenti, 20 automobilisti in divieto e 28 persone che non rispettavano il
regolamento sulla nettezza urbana. Ma con l’avvento delle Guardie ambientali
i numeri sono destinati a lievitare.
Pietro Comelli |
Confermato: a Trieste
l’agenzia Unesco per l’ambiente - Dell’Iped si è parlato alla Farnesina
nell’ambito dell’incontro tra il ministro D’Alema e il direttore Matsuura
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È stata confermata ieri a Roma,
in un incontro tra il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri
Massimo D’Alema e il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, la
prossima istituzione a Trieste, anche con il sostegno del ministero
dell'Ambiente, dell'Agenzia internazionale per la formazione ambientale (Iped).
L’Agenzia avrà tra i suoi particolari settori d’intervento le esigenze dei
paesi in via di sviluppo. La sua costituzione è stata approvata di recente
nell’ambito della conferenza generale dell’Unesco.
Nell’ambito del nuovo organismo delle Nazioni unite dovrebbero svilupparsi
in modo particolare le attività di formazione per chi si occupa di problemi
ambientali.
È da oltre un anno che si parla dell’istituzione di questo nuovo organismo
internazionale, al quale ha promesso appoggio e collaborazione anche il
Centro di fisica teorica di Miramare, nell’ambito del vasto parco
scientifico triestino, che con questa nuova agenzia si arricchirebbe di un
nuovo elemento di portata internazionale. L’annuncio di ieri alla Farnesina,
alla presenza anche del ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, che
conferma precedenti impegni presi, è avvenuto nell’ambito di un ampio
riconoscimento da parte di Matsuura del ruolo dell’Italia in campo culturale
e ambientale |
Primo sì alla vetreria della
Sangalli I Verdi: parere ambientale risibile - La Commissione Via ha dato l’ok
all’impianto di San Giorgio |
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TRIESTE La Commissione Via ha
dato il via libera al progetto vetreria della ditta Sangalli a San Giorgio
di Nogaro. Assenti i due professori universitari, i voti favorevoli sono
stati sei, due quelli contrari, degli ambientalisti Gasparo e Gemiti. L’ok
all’impianto scatena immediatamente la reazione dei comitati. «Studieremo le
carte e faremo ricorso al Tar», dice Mareno Settimo, che fu portavoce di «No
al cementificio». Sul piede di guerra anche Alessandro Metz. Il consigliere
dei Verdi parla di iter “dubbioso” e di parere “risibile”.
«La vicenda del cementificio – prosegue – non ha insegnato nulla sul piano
della trasparenza dei procedimenti né della coerenza dell’agire politico».
Metz ricorda le relazioni tecniche di luglio redatte dagli uffici regionali:
«La prima esprimeva forte perplessità sulla possibilità di esprimere parere
positivo, la seconda proponeva 57 prescrizioni. In agosto venivano richieste
ulteriori integrazioni alla società proponente pur di garantirsi una
pseudo-serietà nella gestione della pratica autorizzativa». Ma c’è anche
spazio per una denuncia, visto che la Sangalli ha preventivamente presentato
ricorso al Tar.
«Non vorremmo che questo atto – dice Metz – possa aver influenzato o
condizionato in forma ricattatoria gli ultimi accelerati passaggi del
procedimento». Il commento, infine, di Mauro Travanut (Pd): «Mi auguro che
le cose siano state fatte con correttezza e che siano state seguite le
regole. Se è così, non ci sarebbe motivo per non dare parere positivo».
m.b. |
«Industrie e auto, Trieste
inquina Capodistria» - Ricadute ambientali del rigassificatore sul
Litorale: Lubiana coinvolgerà l’Italia |
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Malattie polmonari croniche
riscontrate nei bambini che vivono a Pobeghi e a Crevatini
Uno studio dell’Agenzia per
l’ambiente della Slovenia rileva sforamenti dei limiti: la causa attribuita
allo smog portato dal vento TRIESTE L’inquinamento prodotto dalle industrie
triestine, e tra queste anche la Ferriera di Servola, arriva fino a
Capodistria. E le conseguenze non sono trascurabili. L’Agenzia della
Repubblica di Slovenia per l’ambiente ha riscontrato infatti un preoccupante
accrescimento delle melattie respiratorie soprattutto nei bambini. Ma sotto
accusa sono anche le altre industrie triestine e il traffico del capoluogo
giuliano. Il fenomeno diventa particolarmente accentuato quando il vento
soffia da Trieste in direzione Capodistria portando con sè l’inquinamento.
La ricercatrice dell’Agenzia per l’ambiente della Slovenia, che ha lavorato
su mandato del Comune di Capodistria, ha rilevato che il fattore più
proccupante è costituito dall’ozono e dalle polveri sottili. Nel 2006 i
livelli rilevati dalla centralina collocata a Markovec hanno superato per
ben 38 volte i limiti consentiti. La concentrazione di ozono lo scorso anno
è stata di 79 milligrammi il metro cubo quando il limite si ferma a 40. Per
quanto riguarda le polveri sottili il limite di 50 milligrammi il metrocubo
è stato superato per ben 48 volte, quando la normativa europea tollera solo
35 sforamenti. La centralina collocata il 26 aprile a Laurana ha rilevato
più di uno sforamento dei 120 microgrammi il metro cubo in otto ore e, una
volta, anche i 180 microgrammi il metro cubo in un’ora.
L’aria di Capodistria è inquinata anche dalla diossina derivante dallo zolfo
e da quella dell’azoto, dal monossido di carbonio e dal benzene e da altri
benzoderivati. Le misurazioni, secondo gli esperti, hanno dimostrato che
l’inquinamento è dovuto dall’aria che giunge da Trieste, dalle sue industrie
e dal traffico urbano del capoluogo giuliano. Il dottor Ivan Erzen
dell’Istituto per la tutela della salute di Celje ha poi riscontrato che nel
31% dei bambini di Pobeghi e nel 27% di quelli abitanti a Crevatini, tra i 6
e gli 11 anni, (centri sul monte di Capodistria) sono state riscontrate
patologie respiratorie croniche. La maggior parte di essi vive sul versante
che dà verso Trieste mentre in quelli che vivono su quello rivolto a
Capodistria l’incidenza delle patologie è praticamente ininfluente.
L’imputato principale, dunque, resta, per lo studioso sloveno, il vento
carico di sostanze inquinanti che soffia da Trieste.
Intanto il ministro dell’Ambiente sloveno, Janez Podobnik ha comunicato al
Wwf del Friuli Venezia Giulia che le procedure per la valutazione degli
impatti sull’ambiente del terminale di rigassificazione e annessa centrale
termoelettrica proposti a Capodistria devono ancora cominciare e che
l’Italia sarà comunque consultata in merito. Podobnik ha precisato che per
il momento è stata presentata dalla società Tge Engeneering al ministero
sloveno per l’Economia soltanto una domanda volta ad ottenere il «permesso
energetico». Sono appena da cominciare, invece, sia la valutazione
ambientale strategica (Vas), sia l’eventuale successiva valutazione di
impatto ambientale (Via). La Slovenia, ha concluso Podobnik, non appena Tge
Engeneering farà pervenire la domanda per l’avvio di queste procedure,
coinvolgerà l’Italia, chiedendole se intende parteciparvi.
Il Wwf attende invece ancora la risposta dal ministero dell’Ambiente
italiano al quale aveva chiesto di attivarsi affinché, qualora partisse
l’iter delle valutazioni ambientali sul progetto di Capodistria, sia
consentito anche a enti locali e cittadini interessati di partecipare alle
procedure previste dalle direttive così come ha fatto la Slovenia quando
sono stati presentati i progetti per i rigassificatori a Trieste.
Mauro Manzin |
Ferriera: inquinamento,
lavoro e salute pubblica |
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Rispondo sinteticamente al
signor Silvano Baldassi (Segnalazioni 1/11) che la Ferriera di Servola deve
essere chiusa perché da questo stabilimento escono veleni che, oltre che
generare tumori, sono in grado di produrre mutazioni genetiche. Semplice e,
spero, anche chiaro! I dati che portano a queste gravissime conclusioni sono
il risultato di analisi effettuate da personale altamente qualificato, al di
fuori da ogni interesse che non sia quello scientifico, e pubblicati anche
da «Il Piccolo». Se siamo d’accordo sull’indiscussa competenza delle persone
che sono pervenute a queste conclusioni (cosa che non mi risulta sia stata
messa finora in discussione), mi chiedo come sia possibile mettere sullo
stesso piano il problema della salute di decine di migliaia tra triestini e
muggesani e quello dell’occupazione di 500 persone (fossero anche
diecimila).
Sono certo che quello del posto di lavoro del personale della Ferriera è un
problema che non lascia indifferenti né le istituzioni, né i cittadini,
compresi coloro che chiedono la chiusura dello stabilimento. Se peraltro da
una parte c’è chi pensa al proprio lavoro, dall’altra c’è chi pensa alla
propria vita, a quella dei propri figli e nipoti, e non intende sacrificarla
a nessuna causa, per nobile che possa essere. In tutto il mondo si sta
lottando in favore dell’abolizione della pena di morte, e qui non si esita a
infliggere questa pena a decine di migliaia di triestini. L’informazione,
anche qui, gioca un ruolo determinante. Nel nostro paese, purtroppo, chi sa
tace e chi non sa parla.
Chi esprime preoccupazione per i posti di lavoro a causa dell’interruzione
delle trattative tra la Lucchini e la società Arvedi, capace quest’ultima, a
sentire loro, di assicurare il risanamento dello stabilimento di Servola, o
è male informato oppure è in malafede. È sufficiente, infatti, collegarsi a
Internet per scoprire quali grossi problemi ambientali debba affrontare oggi
la società Arvedi a causa dell’inquinamento prodotto dalla sua acciaieria di
Spinadesco, dove l’intera popolazione sta organizzando manifestazioni di
protesta fin dall’inizio dell’anno.
C’è sempre chi ha la memoria corta quando c’è da ricordare ciò che più volte
è stato ribadito da esperti del ramo, e cioè che gli attuali impianti della
Ferriera sono vetusti a tal punto che non possono essere risanati. Ora,
anche nel caso in cui l’Arvedi fosse un esempio di società che opera nel
rispetto dell’ambiente, quando dovesse subentrare all’attuale proprietà, non
potrebbe fare niente di diverso da quello che sta facendo la Lucchini.
Ricordo a chi per scarsa informazione, o per studiato calcolo, difende a
oltranza questi posti di lavoro, ipotizzando soluzioni irrealizzabili, che
presto o tardi dovrà fare i conti con la propria coscienza per quanti a
Servola, Valmaura, Chiarbola, Muggia e dintorni sono morti e moriranno in
seguito a decisioni che nulla hanno a che fare con l’interesse dei
cittadini, e con il futuro di Trieste.
Argeo Stagni |
IL MESSAGGERO VENETO -
MERCOLEDI', 21 novembre 2007
Trasporti,
1.100 treni fra Fvg e Romania - Presentato il progetto Iris: su
rotaia, tra il 2007 e il 2010, oltre 500 mila tonnellate di merci |
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UDINE. Trasferire il
trasporto di oltre 500 mila tonnellate di merci dirette verso i paesi
balcanici, da gomma a rotaia, attraverso la messa in opera di 1.100 treni
che copriranno la tratta Cervignano - Arad (Romania). Questo è soltanto uno
degli obiettivi che ruotano attorno al nuovo servizio ferroviario
intermodale tra l’Interporto della Bassa friulana e, appunto, la Romania.
Un’opera finanziata per un terzo da fondi comunitari per una cifra che si
aggira attorno ai 560 mila euro e che tra l’altro interessa circa 2.500
aziende del Nordest di cui quasi la metà friulane.
E’ quanto emerso nel corso del convegno dal titolo «Trasporti e
intermodalità: nuove opportunità per le aziende del Nordest: il progetto
Iris (Italian-Romanian Intermodal Solutions)»,organizzato ieri dall’Assindustria
udinese a Palazzo Torriani.
Un’intermodalità che si presenta come vera alternativa all’intasamento delle
infrastrutture viarie e al congestionamento del traffico. Opinione, questa,
rilanciata anche dal presidente degli industriali udinesi Adriano Luci che
ha sottolineato come questa rappresenti «il punto nevralgico nel sistema
della logistica», ammettendo però anche come «la differenza tra realtà ed
effettive esigenze sia molto accentuata se i nostri operatori per fare
intermodalità debbono servirsi di Villacco nella direttrice verso il Nord
Europa o di Lubiana verso l’area balcanica».
Quindi il pieno apprezzamento al progetto in fase di realizzazione: «Si
tratta di un’iniziativa che segna un inversione di tendenza e si inserisce
in modo concreto nella costruzione di quella piattaforma logistica che
dovrebbe costituire un indubbio fattore di competitività».
Obiettivo principale, come si diceva, è «lo spostamento delle merci da gomma
a rotaia per mezzo di treni blocco in grado di compiere il tragitto in 3
giorni» ha spiegato Stefano Ghilardi, amministratore delegato di Pool Rail,
la società di Udine capofila del progetto. Progetto da realizzarsi, stando
agli auspici dei referenti, nel corso del triennio dal 2007 al 2010 tramite
l’utilizzo di alcune tra le maggiori direttrici viarie europee, tra cui il
Corridoio V la cui sorte attende ancora il definitivo disco verde degli
addetti ai lavori. Scontata quindi la richiesta di lumi in materia di
viabilità all’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Lodovico
Sonego, che se da un lato ha affermato che «di lavoro da fare ne abbiamo
ancora parecchio», dall’altro ha espresso un verdetto positivo per il
progetto, aggiungendo però che «per metterlo in pratica ciò le ferrovie
devono diventare più competitive, tanto a livello di prezzi quanto di
affidabilità».
Marina Torrisi |
Pecol contro
le Province: ritardi sui rifiuti - L’assessore: «Soltanto una minima
parte degli impianti di smaltimento è stata realizzata» |
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TRIESTE. Allarme rifiuti
in Friuli Venezia Giulia. Troppi gli impianti di smaltimento non
funzionanti, ancora da realizzare o bloccati: lo denuncia il consigliere
regionale Adriano Ritossa (An) in un’interrogazione. Ma la Regione
chiarisce: le Province non applicano i programmi attuativi previsti nel
Piano regionale di gestione. E afferma: «Tale situazione impiantistica
garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più
impianti esistenti e funzionanti». Puntando anche il dito contro la
provincia di Udine. E contro la Provincia di Udine, in particolare, era
intervenuto alcuni mesi fa anche il vicepresidente della Giunta regionale e
assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, che ne aveva denunciato notevoli
ritardi.
Il piano regionale di gestione dei rifiuti (sezione rifiuti urbani) ha
individuato sul territorio regionale il numero e la tipologia degli impianti
tecnologici, esistenti o da realizzare, in grado di soddisfare le esigenze
di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani prodotti da ogni singolo
bacino di utenza. Previsioni che sono state recepite dalle Province nei
propri programmi attuativi.
Province che - per legge - hanno competenze primaria sull’osservanza delle
norme sulla gestione dei rifiuti e sul controllo del rispetto delle
prescrizioni previsti negli atti autorizzativi.
Per questo - ha detto ieri l’assessore regionale al Personale, Gianni Pecol
Cominotto, che in Consiglio regionale ha risposto alle interrogazioni - la
Regione ha diffidato le province di Udine, Gorizia e Trieste per la mancata
adozione dei Progranni attuativi relativi ai rifiuti speciali e agli
imballaggi per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
«Solo una minima parte degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani
- ha spiegato Pecol Cominotto - sono stati realizzati dalla Province».
La Regione, ha detto l’assessore, ha sollecitato più volte gli enti
intermedi all’applicazione dei programmi attuativi. «Si ritiene - ha
evidenziato l’assessore - che la situazione di criticità in cui si sta
dibattendo la Regione non avrebbe assunto gli attuali livelli se le
province, specialmente quella di Udine, avessero garantito, anche in qualità
di organi di controllo, il pieno rispetto delle previsioni programmatorie
contenute nei rispettivi programmi attuativi».
Degli impianti previsti dal Piano regionale, ha spiegato Pecol Cominotto, «nonchè
dai Programmi attuativi provinciali, solo una minima parte è stata
realizzata, ovvero gestiti e funzionanti in accordo alle previsioni del
Piano stesso». L’assessore ha affermato che «tale situazione impiantistica
garantisce limitati margini di manovra in caso di blocco di uno o più
impianti esistenti e funzionanti».
Il piano sarà comunque modificato in breve, con una revisione generale al
fine di adeguarlo alla nuova normativa vigente, sia nazionale che regionale.
Inoltre, si prevede di ottimizzare il panorama impiantistico esistente alle
indicazioni programmatorie «che potranno scaturire - ha detto l’assessore -
da una attenta analisi economica ed industriale redatta in comune accordo
tra Regione, Province e Comuni».
(s.s.) |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 21 novembre 2007
Riserva della Val Rosandra,
giovedì 29 l’assemblea plenaria - Proseguono a San Dorligo gli
incontri per l’ applicazione di Agenda 21 |
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SAN DORLIGO Giovedì 29 novembre
alle 19.30 al teatro Prešeren di Bagnoli 2007 si terrà la riunione plenaria
del processo di Agenda 21 per la gestione della Riserva della Val Rosandra.
L’incontro chiude la fase di riunioni svoltesi nelle scorse settimane e che
hanno coinvolto cittadini, associazioni, Comunelle, e tutti i «portatori di
interessi».
Nella riunione del 29 novembre verrà riassunto tutto ciò che è stato fatto
fino ad oggi e verranno spiegati i passi successivi, ovvero il forum, che
avrà poi il compito di collaborare, assieme al tavolo tecnico scientifico,
alla stesura del piano di conservazione e sviluppo.
Nelle singole riunioni è stato presentato il percorso e si sono individuati
i cittadini che svolgeranno la funzione di portavoce di ogni frazione. Il 7
novembre, inoltre, si è svolto il secondo incontro con le Comunelle, durante
il quale si è discusso, in presenza di alcuni rappresentanti della Regione,
delle azioni da svolgere e delle effettive opportunità che la presenza di
una riserva naturale, se gestita in modo corretto, può apportare al
territorio.
Adesso si tratta di vedere gli sviluppi di questo processo che, come lo
definisce l’assessore comunale di San Dorligo, Laura Stravisi, «è un
processo “irreversibile” che difficilmente rimane nei confini della Riserva,
nel senso che, una volta dato inizio a un percorso di partecipazione, è
naturale che da parte dei cittadini vengano portate alla luce svariate
esigenze, che non possono limitarsi a un solo argomento scelto a priori».
L’incontro di giovedì intende dunque entrare più nel merito dei progetti,
scegliendo il percorso migliore per il prossimo futuro e cercando di
coinvolgere il più possibile i cittadini.
s.re. |
Rockwool bocciata dalla
Regione Istria |
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POLA Dopo gli ambientalisti e i
consigli comunali di Pedena e Chersano, anche la Giunta regionale è scesa in
campo contro la contestata fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool,
costruita a Pedena con un investimento pari a 75 milioni di euro. La
struttura, aperta a regime di collaudo due mesi fa è al centro di dure
accuse e critiche causa l'inquinamento chiaramente percepibile anche senza
gli strumenti. Ieri la Giunta regionale nel corso di una riunione telefonica
ha chiesto la sua chiusura fino a che non verranno rispettate le norme
ecologiche sia dello stato croato che dell'Unione europea. Inoltre al
ministero dell'Ambiente si chiede di procedere alla revisione dello studio
d'impatto ambientale della Rockwool. Evidentemente c'è il sospetto che il
documento sia stato manipolato. Al ministero dell' Economia invece si chiede
di quantificare gli investimenti complessivi nella fabbrica compresi quelli
per le infrastrutture.
p.r. |
«Grandi opere: il Wwf fa
proposte costruttive» - Replica alle critiche di un lettore che accusava gli
ambientalisti di opposizioni preconcette |
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Sulle «Segnalazioni» del 12
novembre, il signor Luciano Emili
(leggi) accusa «associazioni
ambientaliste e comitati vari (ma nomina solo il Wwf) di opporsi a qualsiasi
opera, improvvisandosi progettisti e tecnici. Dobbiamo in realtà
ringraziarlo, perché la sua lettera ci permette di puntualizzare alcune
informazioni, spesso ignote a una parte dell’opinione pubblica.
Innanzitutto, il Wwf si è sempre avvalso – nelle proprie azioni – di
competenze tecniche e scientifiche, spesso ben superiori a quelle delle
«controparti». Prova ne sia che è assai difficile smentire i nostri
argomenti, mentre spesso quelli a sostegno dei progetti da noi avversati si
rivelano carenti o infondati.
Emili attacca il Wwf a proposito del sincrotrone di Basovizza. Dimentica di
dire però, forse perché non lo sa, che non ci siamo mai opposti alla
costruzione della «macchina di luce», bensì abbiamo contestato la scelta del
sito (in quanto di elevato pregio ambientale), proponendone anche di
alternativi in aree di scarso pregio. Nessuno smentì tecnicamente la
validità delle alternative da noi proposte. Avevamo anche paventato
edificazioni nelle aree circostanti, moltiplicando la distruzione del
territorio carsico. Il che si sta puntualmente verificando, con il piano
particolareggiato dell’Area science park per la costruzione a Basovizza di
svariate decine di migliaia di metri cubi (per edifici che con il
sincrotrone non c’entrano nulla) e con il recente accordo di programma,
mediante il quale nei pressi si vorrebbe costruire anche la nuova sede della
Scuola internazionale di Trieste.
Analogo discorso vale per altri esempi citati da Emili come l’ampliamento
del campo di golf di Padriciano e l’intervento di Muja Turistica, i
rigassificatori, la baia di Sistiana ecc. Abbiamo sempre prodotto, a
sostegno delle nostre critiche e opposizioni, ampia documentazione tecnica e
fiori di pareri scientifici (ricordo ad esempio quelli del professor Poldini
in merito alla baia di Sistiana), che nessuno è stato capace di smontare e
che chiunque può consultare nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia, oppure
visionare rivolgendosi alla nostra sede di Trieste, in via Rittmeyer 6
(e-mail: wwfts@libero.it). L’attacco virulento di Emili sul Corridoio 5
merita qualche parola in più. Perché citare i trafori del Lötschberg e del
Gottardo a sostegno del progetto di Rfi per la tripla galleria sotto il
Carso, fa un po’ sorridere: una cosa è scavare nel granito, altro è bucare
il sottosuolo carsico.
Non noi, ma la Commissione Via del ministero dell’ambiente (e il ministero
dei beni culturali) hanno bocciato il progetto di Rfi, stante la mancanza di
conoscenze sull’idrologia sotterranea e la concreta probabilità di
distruggere uno straordinario patrimonio geo-speleologico, senza neppure la
certezza di poter effettivamente realizzare l’opera, per l’enorme incertezza
sulla fattibilità – e sui costi – di un’opera del genere. Non mi dilungo
sulle tante altre considerazioni possibili, non certo irrilevanti, come
quelle sui costi astronomici della Tav (Rfi non sa spiegare come mai in
Italia un km di linea ad alta velocità costi 4 volte di più rispetto a
Francia o Spagna), o sull’effettiva necessità di costruire linee per treni
passeggeri da 300 km/h, quando la priorità dichiarata è quella di aumentare
il traffico merci su rotaia rispetto alla gomma, mentre le linee attuali
sono utilizzate per meno della metà della capacità massima.
Sinceramente, analizzando con scrupolo (come noi, a differenza di altri,
facciamo sempre) progetti e studi presentati a supporto della Tav, dei
rigassificatori, ecc., abbiamo trovato abbondanti esempi di pressappochismo
e arroganza, ma nessuna traccia dell’«ingegno di professionisti capaci e
motivati», nel quale tanto confida il signor Emili. Ancor meno ne abbiamo
trovate nei discorsi dei politici e dei lobbysti che propugnano tali opere.
In fondo è soprattutto una questione di cultura: c’è chi si affida al metodo
dell’analisi critica, e chi invece preferisce fare atto di fede nella
saggezza dei tecnici-sapienti (e dei loro committenti), cioè nel principio
di autorità. Probabilmente perché così evita la fatica di pensare con la
propria testa.
Dario Predonzan - responsabile settore territorio WWF Friuli Venezia
Giulia |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 20 novembre 2007
Ferriera, entro 15 giorni il
sì della Regione. Domani corteo di protesta |
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Non ancora
fissata la data precisa per il via libera definitivo all’Autorizzazione
integrata ambientale. Assemblea pubblica a Chiarbola
È atteso entro i prossimi 15
giorni, anche se non risulta ancora ufficialmente calendarizzato, il
pronunciamento della Giunta regionale sull’ok ambientale alla Ferriera di
Servola. Spetta infatti all’esecutivo guidato da Illy - con il provvedimento
finale a cura di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela
dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente - deliberare o meno
l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) successiva alla
pre-autorizzazione sancita giovedì da un verbale firmato da Regione,
Provincia, Arpa, Azienda sanitaria ma non dal Comune di Trieste.
Il provvedimento prevede la prosecuzione delle attività dello stabilimento
per altri sei anni con prescrizioni antinquinamento più rigide rispetto al
piano presentato dalla Lucchini. «La Giunta si pronuncerà presumibilmente
questa settimana, al massimo la prossima», ha confermato in serata
l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini.
Ieri, intanto, oltre settecento persone - informa un comunicato - hanno
partecipato all’assemblea pubblica organizzata al Palasport di Chiarbola dal
Circolo Miani, dal comitato Servola respira, dal comitato La tua Muggia e
dal coordinamento dei Comitati di quartiere. La manifestazione è stata
promossa, spiega Ferrucco Diminich per il Circolo Miani, «per protestare
contro la volontà della Regione e della Provincia di concedere l’Aia alla
Ferriera, nonostante il permanere e l’aggravarsi del devastante inquinamento
emesso dallo stabilimento».
Nel corso dell’assemblea è stato deciso, spiega ancora Diminich, «di avviare
una ricerca epidemiologica dal basso, curata da alcuni medici volontari,
nella popolazione che abita le aree di Muggia e Trieste dove vivono 60mila
persone, in modo da verificare i dani alla salute acusati dalle sostanze
tossiche che escono dalla Ferreira». Alla fine l’assemblea ha deciso di
organizzare per domani, alle 17.30, con partenza da sotto il municipio in
piazza dell’Unità, un corteo che, passando per piazza della Borsa, Corso
Italia, piazza Goldoni e via Carducci, si concluderà in piazza Oberdan
davanti alla Regione. A quell’ora sarà in corso una seduta del Consiglio
regionale. |
Aperto il cantiere Tamoil a
Barcola |
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Il cantiere adesso è realtà.
Ieri a Barcola è stata recintata l’ampia area all’intero della quale,
nell’arco dei prossimi sei mesi, dovrebbe sorgere il distributore di
carburanti della Tamoil spa. I primi curiosi hanno già cominciato a
sbirciare oltre i divisori, ma c’è ancora poco da vedere. I lavori veri e
propri cominceranno nei prossimi giorni. Per l’intanto è possibile farsi una
precisa idea della dimensione della nuova struttura di viale Miramare 233.
La concessione riguarda un’area di 869 metri quadrati, stabilita il 23
dicembre 2005, decisamente vasta. In precedenza, in quel giardinetto
operavano quattro impianti, ma la trasformazione della categoria di «area
verde pubblico attrezzato di interesse collettivo» in «area per servizi
stradali» ha permesso l’avvio del progetto della Tamoil spa. Il nuovo
impianto rispecchierà la fisionomia delle più recenti stazioni di servizio
sorte in città: si tratta di strutture grandi, polivalenti, destinate ad
accogliere contemporaneamente decine di automobili. |
Ambientalisti a difesa
dell’Adriatico - Il Coordinamento dei Verdi chiede alla Regione
istriana la chiusura della Rockwool |
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POLA Il Coordinamento del Foro
verde dell'Alpe Adria riunito a Pola ha richiamato l'attenzione su un nuovo
pericolo per la situazione ecologica dell'Adriatico. E cioé sul deposito in
mare nel Meridione italiano di rifiuti tossici ad opera della criminalità
organizzata che guadagnerebbe attraverso questa operazione miliardi di euro.
Contro questa nuova emergenza, è stato detto, occorre un’unione di forze e
intenti per la salvaguardia del bacino mediterraneo. Nell’ottica della
tutela ecologica e' stata appoggiata l'attivazione della fascia ittico
ecologica del mare da parte dell’Adriatico. Il Coordinamento del Foro verde
associa gli ambientalisti di Italia, Slovenia, Austria e Croazia. Si è
parlato nell’occasione anche della questione della fabbrica di lana di
roccia della danese Rockwool a Pedena. A causa delle emissioni inquinanti
della fabbrica, ha osservato il Coordinamento, la vita della popolazione
locale è diventata un incubo. Responsabile del via libera all’impianto viene
indicato dai verdi delle due sponde il presidente della Regione Ivan Nino
Jakovcic. |
IL PICCOLO -
SABATO, 17 novembre 2007
Lucchini: per la Ferriera
spesi 11 milioni - Per ottenere l’autorizzazione ambientale il gruppo
siderurgico sarà tenuto a rispettare una serie di obblighi
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Tra le
prescrizioni quella di installare una
nuova cappa e irrorare strade e piazzali |
Sostituire le porte dei
forni. Rifare le carpenterie. Installare una nuova cappa di aspirazione.
Irrorare a pioggia con comando automatico strade e piazzali. È il compito
della Ferriera per avere l’Aia. |
Benché abbia suscitato scandalo
il rinvio dei termini a livello nazionale per le procedure relative
all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende potenzialmente
inquinanti, a Trieste come s’è visto l’altro giorno i tempi si sono rappresi
e la Ferriera è ora in attesa che la Giunta regionale formalizzi o meno la
firma apposta da tutti gli enti, meno che dal Comune. Intanto in Provincia
scoppia la contestazione politica del centrodestra contro l’assessore Ondina
Barduzzi (che risponde), Rifondazione interroga l’assessore regionale, e il
consigliere regionale dei Verdi commenta: «Documenti dicono che c’è ben
altro da bonificare a Servola...».
Ma quali sono le prescrizioni che all’azienda sono state consegnate, come
accettazione e come integrazione del piano antinquinamento presentato dalla
Lucchini stessa ai fini dell’ottenimento dell’Aia? Monitoraggio costante dei
camini, monitoraggio degli ambienti interni, irrorazione a pioggia
telecomandata da un sistema sensibile alle condizioni atmosferiche di strade
e piazze, un nuovo impianto di captazione delle polveri, il rifacimento
della torre di spegnimento del coke, la messa a punto del sistema di
captazione e abbattimento dei fumi e altro.
La stessa Lucchini ne dà informazione aggiungendo: «Tra gli interventi già
previsti e i nuovi che sono stati aggiunti in sede di istruttoria Aia il
costo complessivo per l’azienda raggiunge quasi gli 11 milioni di euro per
il triennio 2006-2008». Dice la Lucchini: «Non è un traguardo ma un punto di
partenza che dà nuovi stimoli a proseguire sulla strada intrapresa, non
priva di difficoltà, per un miglioramento costante degli impianti e della
compatibilità ambientale». Se l’azienda non accettasse quanto deliberato
dalla Regione, andrebbe da sola - questo il commento dei tecnici - verso il
rischio di chiusura.
Non si è dato per soddisfatto il Comune, che ha negato il consenso, né si dà
per soddisfatto il verde Metz: «Dove si parla dei rifiuti? E dello
sversamento di oli esausti? E dei liquami in mare? E dell’impianto ecologico
interno che non funziona? Ci sono materiali d’avanzo che si buttano sopra il
fossile prima che entri in cokeria, e tutto va a bruciare... Lo posso dire -
prosegue Metz - perché ho i documenti, e come me li hanno i sindacati, e
dunque l’azienda, dubito siano ignoti agli organi preposti alla sorveglianza
cui tutto questo ho già notificato». Metz dice che la partita non è chiusa,
«né tecnicamente né politicamente» e critica le Rsu «che ricattano i
colleghi: se riveli, se denunci, perdiamo il posto».
Atmosfera non meno lieta in Provincia, dove il centrodestra con Grizon ha
nuovamente chiesto le dimissioni di Barduzzi, che risponde: «L’Aia è un atto
burocratico dovuto, se vuoi chiudere la fabbrica devi fare altri passi,
accanirsi contro di me è solo spostare il problema: che al posto di Barduzzi
venga un altro, le leggi non cambiano, piuttosto - prosegue l’assessore -
perché se la pigliano con me che ho la delega per la Ferriera da gennaio
2007, e non guardano a quanto hanno fatto loro stessi fino a oggi?».
Barduzzi precisa che tutta la materia tecnica uscita dalla Conferenza dei
servizi ricalca le prescrizioni che Marco Boscolo, l’ingegnere consulente
della Procura, aveva consegnato al pm Frezza all’ora del dissequestro dopo
il «caso diossina». Stesso consulente, dunque, per enti e magistratura.
«Il Pd rinnega la mozione Grizon - protesta il consigliere ex Ds Marisa
Skerk -, e appoggia il lavoro dell’assessore: la conferenza dei servizi ha
deciso di non chiudere la Ferriera, ma di prescrivere controlli e misure più
severe. Della salute pubblica - conclude Skerk - è però responsabile sempre
il sindaco, che da anni fa proclami senza decidere niente». Tra i non
contenti anche Igor Kocijancic (Rifondazione), che citando i dati di
inquinamento, anche quelli del Cigra, interroga l’assessore Moretton per
sapere «in base a quali garanzie fornite dalla proprietà la Giunta intende
autorizzare l’azienda fino al 2014» e per avere «pubblica e comprensibile
informazione circa i dati ambientali».
Gabriella Ziani |
Bonifica Acquario, la Regione
dà 500mila euro - Entro il 2009 una spiaggia pubblica con ciotoli da Porto
San Rocco a Punta Olmi |
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Il
contributo servirà al Comune per integrare il piano di caratterizzazione
della zona. Nesladek: «È il primo passo concreto»
MUGGIA La Regione erogherà al
Comune di Muggia quasi 500 mila euro per l’integrazione del piano di
caratterizzazione del terrapieno inquinato di Acquario, sul lungomare.
Intanto forse già entro il 2009 sarà realizzata una spiaggia pubblica con
ciottoli da Porto San Rocco a Punta Olmi, ma solo dopo che quel tratto sarà
liberato dai vincoli del Sito inquinato nazionale. «Dopo un lungo periodo di
inerzia – dice il sindaco Nerio Nesladek - è il primo passo concreto verso
la soluzione della vicenda».
Un primo piano di caratterizzazione del terrapieno, con decine di prelievi e
carotaggi, a terra e a mare, era stato fatto già nel 2004 dalla stessa
società Acquario assieme a Porto San Rocco. E aveva portato anche alla
conferenza dei servizi tra enti, che però non aveva condotto ad una bonifica
del terrapieno, essendo in corso un processo in tribunale. Grazie a questo
finanziamento regionale, approvato ieri dalla giunta regionale, in base al
Dpr 132 di quest’anno, il Comune potrà dunque continuare il percorso, con
nuovi prelievi e carotaggi, e disporre una iniziale messa in sicurezza di
emergenza. «Lo abbiamo richiesto – così Nesladek - per poter integrare il
piano di caratterizzazione già esistente, che risale a tre anni fa.
Riteniamo che le cose possano essere cambiate da allora e che forse c’è
stata una attenuazione dell’inquinamento grazie a fenomeni naturali.
Con le nuove analisi avremo un quadro migliore della distribuzione di
eventuali inquinanti, e la bonifica potrebbe essere più ridotta di quanto
previsto all’inizio». Il sindaco precisa: «Il Comune si avvale di strumenti
legislativi messi a disposizione dalla Regione, e si è fatto parte diligente
e proattiva per rispondere ai residenti e porre fine all’inquinamento,
recuperando quell’area. Restano ferme le responsabilità di chi ha inquinato
e di chi lo ha permesso, i quali alla fine pagheranno». Per il piano di
caratterizzazione, il sindaco auspica di continuare la collaborazione con
gli esperti del Cigra dell’Università di Trieste. Per la fase successiva di
bonifica, si continua a pensare a metodi di fitodepurazione (con piante che
assorbono gli inquinanti) o altri sistemi più «tradizionali», a seconda
della gravità dell’inquinamento.
Ma il terrapieno non è l’unica area inquinata sul litorale muggesano. La
planimetria della parte a mare del Sito inquinato di interesse nazionale (il
Sin), infatti, comprende anche il tratto di costa che da dopo Porto San
Rocco va fino a Punta Olmi. E per quell’area il Comune ha in mente di
realizzare un ripascimento dell’arenile (in base ad un progetto donato
dall’Università), in modo da creare, con il versamento di ciottoli, un
spiaggia pubblica. «L’inserimento di quel tratto nel Sin, gesto che
definisco un po’ arbitrario, blocca ogni intervento – dice Nesladek -. È in
corso la trattativa per arrivare all’accordo di programma tra enti per
bonificare il Sin, ed ho ottenuto la promessa che la caratterizzazione e
l’eventuale bonifica degli arenili ad uso pubblico (come il nostro) siano
considerate prioritarie nel cronoprogramma generale. In questo modo posso
pensare che entro un anno e mezzo, al massimo, l’area sarà libera dai
vincoli del Sin, e poi nei successivi sei o sette mesi si potrà realizzare
la spiaggia. Non un nuovo terrapieno, per intenderci, ma un allargamento
della spiaggia con ciottoli, ad un costo sostenibile, e ad uso della
collettività».
Sergio Rebelli |
Vertice sul tracciato della
Tav: rimangono due alternative |
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TRIESTE Continua l’accelerazione
delle consultazioni tra la Regione e gli enti territoriali per definire il
percorso della Tav nel territorio della Bassa Friulana. Dopo gli ultimi
incontri le ipotesi di progetto in campo sono rimaste soltanto due. È
ipotizzabile dunque che entro la fine dell’anno si giunga a una soluzione
che metta d’accordo le esigenze progettuali, della direttrice verso Est
della linea ferroviaria, con i problemi sollevati dalle amministrazioni
locali.
«Le 15 alternative a suo tempo individuate dal Comitato dei Tecnici per la
realizzazione della ferrovia Av/Ac nel Cervignanese - spiega l’assessore
Lodovico Sonego - si sono ridotte a due dopo un lungo e proficuo lavoro,
tecnico e politico, che ha visto impegnati i sindaci, il presidente della
Provincia Marzio Strassoldo, la Regione, Rete Ferroviaria Italiana».
La dichiarazione arriva al termine al termine della riunione con gli enti
locali svoltasi ieri al municipio a Cervignano.
«I sindaci - secondo l’assessore - hanno pubblicamente apprezzato
riconoscendo che si stanno affrontando i problemi della nuova ferrovia che
attraverserà la Bassa Friulana sulla base di un confronto aperto e di un
dialogo utile.
Per il 10 e il 17 di dicembre sono previsti due ulteriori incontri che
serviranno a scegliere, fra le due alternative di tracciato residue, quale
sarà la soluzione definitiva e condivisa. Gli incontri saranno impiegati
anche per iniziare a trattare il tema della minimizzazione dell'impatto
ambientale e paesaggistico.
«La Regione - ha dichiarato l’assessore ai Trasporti e alle infrastrutture
Lodovico Sonego - intende agire con grande rigore e senza sconti perché non
desidera consentire schifezze come quelle della Torino-Novara». |
ISTRIA - Caso Rockwool: il
Consiglio comunale vuole fermare gli impianti di Pedena |
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La città di
Albona contro l’inquinamento prodotto dalla fabbrica. Problemi respiratori
per gli abitanti
Inquinamento sul quale hanno più volte richiamato l'attenzione gli
ambientalisti e gli abitanti della zona. Questa volta però, come detto, è
sceso decisamente in campo anche il Consiglio comunale che ha invitato la
Rockwool a interrompere la produzione fino a che non sarà elaborato un nuovo
studio d'impatto ambientale.
La relativa conclusione è stata votata all'unanimità. La drastica richiesta
viene motivata con il degrado dell'ambiente da due mesi a questa parte, cioè
da quando è iniziata la produzione a regime di collaudo.
Non servono gli strumenti per accertare l'alto tasso di inquinamento, è
stato detto, sono sufficienti gli organi sensoriali dell'uomo.
Come emerso durante il dibattito, oltre all'intenso fumo che esce dalla
ciminiera, la gente dell'area si lamenta dei forti odori e delle irritazioni
all'apparato respiratorio che a lungo andare potrebbero causare danni
irreparabili alla salute.
Il presidente del Consiglio comunale Livio Svic ha dichiarato che il potere
locale non ha la competenze per chiudere la fabbrica però il suo parere è
vincolante sul rilascio del permesso di agibilità e di altre licenze di cui
la Rockwool avrà bisogno.
Ha lanciato quindi un chiaro messaggio-ricatto alla direzione della
fabbrica. Come dire: o vi decidete una buona volta a rispettare alla lettera
gli standard ecologici previsti dalla legge oppure vi faremo chiudere
baracca.
Da notare che anche l'ex sindaco Branko Ruzic si è schierato dalla parte dei
contestatori dopo aver perso la poltrona in seguito alle forti critiche per
aver agevolato lo sbarco della Rockwool a Pedena.
La conclusione del Consiglio comunale è stata inviata al ministero per la
Tutela dell'ambiente e ad altri fori competenti.
p. r. |
Abitare a Servola |
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Vorrei rispondere alla lettera
del signor Valerio Staccioli di giovedì 1 novembre, riguardo al corteo della
Ferriera. Ho partecipato anch’io alla manifestazione e quando l’operaio
della fabbrica ha preso la parola, cominciando a parlare del loro futuro, lo
abbiamo applaudito perché anche noi condividevamo il loro disagio. Se i
politici non tutelano la salute (compresa la loro), figuriamoci il lavoro!
Ma ad un certo punto ha cominciato a dire che noi di Servola le case le
abbiamo pagate poco. Ed è qui che è scoppiata la nostra amarezza. Mi chiedo
chi regali qualcosa. Chi possedeva le vecchie case le ha ristrutturate (e
malta e mattoni costano per tutti uguale). Chi come me ha comperato la casa
in zona la sta ancora pagando con il mutuo e, l’assicuro, non è poco. I
prezzi della zona di Servola e delle zone limitrofe sono allineati al
mercato di qualsiasi altro rione di periferia. In più le nostre care
istituzioni si sono ben guardate dal dirci che la zona non era solo
imbrattata (un po’ di polvere non ci spaventa), ma altamente inquinata
(ricordo che nel 1995 nei corsi di formazione per i neoassunti in Ferriera,
insegnavano ai lavoratori che il fumo che fuoriusciva dallo stabilimento era
solo vapore acqueo). Quasi un aerosol. Stiamo vivendo un’altra Marghera e
come sempre i pochi ricchi e le amministrazioni non pagheranno, ma ci
penseranno tutti i poveri a pagare le conseguenze con la propria vita.
Maura Sergon |
IL PICCOLO -
VENERDI', 16 novembre 2007
Via libera all’ok ambientale
alla Ferriera per 6 anni con più controlli. Il Comune è contrario |
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La
pre-autorizzazione con il sì di Regione, Provincia, Arpa e Azienda
sanitaria. Bucci abbandona l’aula
Sette ore di conclave senza pranzo né merenda e
alla fine la Ferriera di Servola ottiene una pre-Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) con un verbale firmato da Regione, Provincia, Arpa, Azienda
sanitaria. Non dal Comune di Trieste. La ottiene per un tempo più lungo
dell’ordinario, cioé per sei anni. Con prescrizioni, cioé l’ordine di
ulteriori aggiustamenti antinquinamento rispetto al piano presentato dalla
Lucchini (che però non sono noti).
È tutto top secret quanto avvenuto ieri alla Direzione regionale ambiente,
tranne un fatto non certo di poca rilevanza: il Comune ha confermato il suo
parere negativo, al momento della firma l’assessore Maurizio Bucci è uscito
dalla sala, e dunque come prevede la legge ora l’autorizzazione vera e
propria verrà concessa o meno (sulla base di questi ampi atti d’istruttoria)
direttamente dalla Giunta regionale, e il provvedimento finale sarà a cura
di Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore tutela dall’inquinamento
della Direzione regionale ambiente, il quale lo conformerà a quanto
deliberato in sede di Giunta. Indicativamente, è stato detto, ci vorranno
alcune settimane per le decisioni dell’esecutivo, e altrettanto per la
redazione della carta ufficiale.
La Conferenza dei servizi si è aperta alle 9.30 del mattino. Si è conclusa
alle 16.30. Dirigenti regionali (assente l’assessore Gianfranco Moretton),
Arpa, Azienda sanitaria, Provincia, sono scesi quasi tutti per ingurgitare
in fretta due calorie e un caffè. Perché immediatamente dopo si sono
riseduti allo stesso tavolo fino a sera: quello «di crisi», per commentare i
lavori del mattino. I sindacati si sono seccati: «Megariunioni continue, ma
carenti di informazione». Né hanno saputo che cosa la Lucchini dovrà fare o
non fare per inquinare meno. Luca Visentini (Uil) ha preteso dati
sull’ambiente certi e comprensibili, «altrimenti questo tavolo a che cosa
serve?». Franco Belci (Cgil): «Finché non abbiamo i dati sulle analisi
dell’aria, e nessuno ancora ci ha consegnato un solo documento, a quel
tavolo non sediamo più».
I giornalisti sono stati esclusi. In tutti i casi si è saputo che la Regione
ha chiarito come spetti ora alla Giunta l’ultima parola, che ad
autorizzazione concessa vi sarà un monitoraggio delle emissioni della
Ferriera ancora più severo e con possibilità di revoca dell’Aia. E’
intervenuto anche l’assessore Bussani di Muggia, esigendo che il suo Comune
sia coinvolto, poiché l’aria della Ferriera si convoglia sulla cittadina
dove non per niente c’è una centralina apposita. Spesso con polveri oltre i
limiti. Il direttore regionale Ambiente, Roberto Della Torre, che conduceva
le sessioni di lavoro, si è scusato e ha promesso. Lo stesso Della Torre ha
anche specificato che la Regione è responsabile dell’osservanza delle leggi,
ma non della salute dei cittadini che è materia per Azienda sanitaria e
Comune. In mattinata l’assessore provinciale Ondina Barduzzi aveva
sottolineato che il sindaco, ancorché in totale disaccordo con l’Aia,
conserva sempre il potere d’azione in difesa della salute pubblica. Ma Bucci
ha replicato secco: «Se dovrà agire lo farà, ma contestualmente farà anche
causa alla Regione per omissione di atti d’ufficio».
Bucci afferma che il ministero dell’Ambiente è perfettamente in linea con le
posizioni del Municipio, e cioé contrario ad autorizzare in presenza di
inquinamento. E Dipiazza commenta: «Stiamo sbagliando, ma adesso ai
cittadini risponderà chi mette la propria firma. Aspetto le brume di
novembre e i nuovi dati dell’aria, poi non avrò pietà per nessuno. Qualcuno
ha letto che a Trieste c’è il 30 per cento in più di malattie respiratorie
gravi? Non vuole riflettere? Speriamo che l’Aia contenga vincoli importanti
per la Ferriera, ma prevedo che nei prossimi anni la risposta sarà sempre
quella: ’’Stiamo lavorando, stiamo modificando...’’. Oggi non si è risolto
alcun problema dei cittadini - chiude Dipiazza -, ma io mica posso
incatenarni davanti al Parlamento...».
Chiedere ad Arpa e Azienda sanitaria se è tutto a posto, adesso, è inutile:
si mettono la manina sulla bocca. «Non parlo», «non posso». Nessuno parla e
può dire su un argomento di cui tutti parlano, né rispondono sull’argomento
degli inquinanti in mare e in terra, segnalati proprio dall’Arpa. Ma si è
saputo tuttavia che l’Arpa stessa ha prodotto un «piano stralcio» per
Trieste sulla qualità dell’aria, con un’azione in sei tempi (completamento
in quattro mesi-un anno), che sta per partire un inventario delle emissioni
in aria come richiesto dalla Provincia, che probabilmente ci saranno
cambiamenti nel numero e nella postazione delle centraline, e che i
risultati saranno resi noti anche «cammin facendo».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - opposizione:
Claudio Grizon «La Barduzzi si deve dimettere» |
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«Chiediamo all’assessore
all’Ambiente Ondina Barduzzi di dimettersi, rimettendo la propria delega al
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Assumendo “ad
interim” la delega, il presidente potrà finalmente fare chiarezza definitiva
sulla posizione dell’ente in merito alla questione Ferriera». È questa la
posizione della coalizione di opposizione in seno a Palazzo Galatti, ieri
rappresentata in una conferenza stampa sul tema siderurgico dal capogruppo
azzurro Claudio Grizon, dal capogruppo Lista di Piazza Paolo De Gavardo, da
Marco Vascotto e Arturo Governa, rispettivamente capogruppo e consigliere di
Alleanza Nazionale. Per i rappresentanti della Casa delle Libertà
l’assessore provinciale all’ambiente non si è mai dimostrato disponibile a
dare informazioni e documentazione sulle problematiche relative
all’inquinamento dello stabilimento servolano. «Una posizione – ha osservato
Claudio Grizon – che oltre a aver lasciato perplessità negli stessi compagni
nella coalizione di maggioranza, è stata pubblicamente e negativamente
stigmatizzata pure da Alessandro Metz, consigliere dei Verdi». «È evidente –
sostiene Marco Vascotto – che il centro sinistra non era in grado di
sostenere una discussione sulla Ferriera, e “proteggere” un assessore che
nella sostanza appare sfiduciato dalla sua stessa maggioranza». «L’assessore
all’ambiente – ha sostenuto Paolo De Gavardo – andrà ancora una volta a
contribuire alla risoluzione dei problemi dei proprietari della Ferriera a
scapito della salute dei cittadini».
m.l. |
Cementificio nella Bassa
L’impresa fa dietrofront e ritira il progetto bis -
Lettera
a Regione e Comune di Torviscosa |
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TORVISCOSA La Cementi Nord-Est
ritira il progetto e l’ipotesi cementificio a Torviscosa salta.
Definitivamente? Chissà. Di sicuro, con una lettera inviata a Regione e
Comune, l’azienda rende noto che «ha verificato che non sussistono i
presupposti per una compiuta valutazione del progetto in mancanza di alcuni
elementi di analisi» e «dichiara di ritirare il progetto e chiede
conseguentemente la restituzione della documentazione a suo tempo
presentata». La lettera è stata letta dal sindaco Roberto Duz durante il
consiglio comunale tenutosi ieri sera. Indiscrezioni e voci di corridoio che
si erano rincorse nel pomeriggio avevano in qualche modo ipotizzato che
l’assise potesse riservare un colpo di scena, ma nessuno si aspettava un
simile dietrofront da parte della Cementi Nord Est.
Vicenda quindi da archiviare? Non necessariamente. Lo stesso Duz ha
puntualizzato che il ricorso al Tar inerente il primo progetto di
cementificio presentato nella scorsa primavera «procede e vedremo come andrà
a finire». Poi ha aggiunto: «Noi, coerenti con la nostra posizione iniziale,
continuiamo a ritenere che un impianto industriale debba essere compatibile
con il contesto ambientale». Mareno Settimo, consigliere di opposizione e
referente dei comitati ambientalisti, non si illude e prospetta una chiave
di lettura molto prudente: «È chiaro che vogliono attendere le elezioni
regionali per poi riproporre un piano che spacceranno per nuovo. In questo
momento, all’alba della campagna elettorale, nessuno si assume la
responsabilità di appoggiare un progetto fortemente osteggiato dalla
cittadinanza».
Nel momento in cui dovesse essere avanzato un nuovo disegno, spetterebbe ai
cittadini di Torviscosa emettere la sentenza finale. Infatti, verrebbe
indetto un referendum consultivo, strumento che consentirebbe ai cittadini
di esprimere il proprio orientamento. Qualora si giungesse a questa ipotesi,
il referendum sarebbe ritenuto valido solo se si recasse alle urne il 50%
più uno dei cittadini residenti e domiciliati a Torviscosa. Senza il
raggiungimento del quorum, non si procederebbe neppure allo spoglio delle
schede. Duz ha spiegato: «Il risultato deve essere incontrovertibile e dare
un’impronta forte. Dopo quello che è successo nei mesi scorsi non posso
permettere che la maggioranza sia in balia del mondo, devono essere i
cittadini a decidere. La nostra posizione, che avremmo tenuto anche nel caso
in cui fossimo andati al referendum, resta di assoluta equidistanza tra
favorevoli e contrari all’insediamento. In ogni caso, l’amministrazione
comunale avrebbe garantito la massima diffusione delle informazioni presso i
residenti, questa volta».
Giovanni Stocco |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 15 novembre 2007
In città 330 morti all’anno
per difficoltà respiratorie - Casistica superiore del 30% alla media
nazionale |
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Il nome è brutto, del resto la
malattia non è da meno: bronco-pneumo-patia cronico-ostruttiva, in sigla
Bpco. In sostanza, difficoltà respiratorie e polmonari tanto gravi da
rendere difficile una vita normale, e spesse volte necessaria la bombola di
ossigeno. In Italia ne soffrono circa quattro milioni di persone. A Trieste
il 30 per cento in più della media. Si contano in città 330 morti all’anno
per questa patologia. E 200 sono le persone costrette a vivere con
l’ossigeno.
Dietro questi seri problemi c’è anche quello psicologico: a una invalidità
del 100 per cento non corrispondono attenzioni sociali adeguate. Lo afferma
l’Atmar, Associazione triestina malattie respiratorie, nata tre anni fa per
«ascoltare i problemi di malati respiratori e fornire sostegno mirato e
concreto alle famiglie». Domani alle 17.30, nella sala convegni della
Friulia in via Locchi 19/b l’associazione presenterà i risultati di una
ricerca di carattere psicologico condotta con pazienti che hanno avuto una
diagnosi di Bpco, e con le persone che si occupano di assisterli. Quale
relazione c’è - questa la domanda sottesa all’indagine - fra la sofferenza
psicologica e il disagio fisico dell’ammalato, e quali sono i riflessi sulla
vita lavorativa, in ambito familiare e nella quotidianità più in generale?
«Quello affetto da broncopatia grave - spiega il direttore della Pneumologia
di Cattinara, Marco Confalonieri - non è un paziente ben compreso, di tanti
altri gravi disagi la collettività è cosciente (i dializzati, i malati di
cuore), ma chi soffre di respiro è più nascosto, e quindi più a disagio
quando la sua vita lavorativa e sociale è limitata, o quando deve servirsi
della bombola d’ossigeno».
Esiste anche l’ossigeno «portatile», lo fornisce l’Azienda sanitaria. Si
camuffa in borse e zainetti. «Ma molto spesso la solitudine del paziente fa
sì che egli si senta a disagio, che si vergogni di questa condizione, e
spesso finisce per non uscire più di casa, e questo ha naturalmente pesanti
riflessi anche sulla famiglia, specialmente sul coniuge, e il contesto
sociale della persona» racconta Confalonieri.
In Friuli Venezia Giulia sono 2000 i cittadini sottoposti a terapia con
l’ossigeno, e a Trieste appunto 200. Ma è la più alta incidenza che si
registra nel capoluogo a creare la non felice sorpresa: come mai una città
di mare, ben dotata di bora, ha più cittadini con tanti malanni polmonari?
E’ forse l’abitudine al fumo, o c’è un inquinamento che incide? «Ci sono
fattori genetici - elenca Confalonieri -, cui si sommano quelli ambientali e
anche le abitudini di vita, in realtà la ricerca sui motivi non è ancora
stata fatta, salvo quella realizzata da Arpa, Azienda sanitaria e Medicina
del lavoro che misurava gli effetti dello smog sui ricoveri».
Nelle nostre zone si sommano (e rientrano sempre nella categoria Bpco) anche
le gravi conseguenze dell’esposizione ad asbesto e amianto, benché
naturalmente e per fortuna restino una porzione marginale rispetto al
complesso dei pazienti.
In Italia si registrano circa 8000 decessi all’anno per cause respiratorie,
spiega l’associazione, e a Trieste sono 300. Secondo le fonti scientifiche
citate dall’Atmar la malattia è destinata ad avere negli anni futuri
un’incidenza ancora maggiore: «Attualmente - si dice - già il 14 per cento
degli uomini e il 6 per cento delle donne dopo i 45 anni hanno una
ostruzione bronchiale cronica moderata o grave, nelle persone oltre i 65
anni la percentuale della forma grave supera il 10 per cento».
g. z. |
La segretaria nazionale Ugl:
Ferriera, prioritario tutelare l’ambiente - Polverini: Ue, opportunità
da cogliere |
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Cogliere l’opportunità della
prossima caduta dei confini «per rimarcare la vocazione strategica di
Trieste quale polo commerciale internazionale». Renata Polverini, segretario
nazionale Ugl, ieri in città per un incontro pubblico del suo sindacato, ne
ha parlato durante l’incontro con il sindaco Dipiazza. «Abbiamo analizzato
le problematiche della città – ha precisato la segretaria dell’Ugl, che ha
superato la Uil per numero di iscritti diventando il terzo sindacato del
Paese – cominciando dalla Ferriera. Le esigenze di tutela ambientale devono
prevalere, anche se non si possono dimenticare il migliaio di addetti che
operano diretti o indiretti». Polverini ha poi ricordato che «la popolazione
di Trieste è di età media piuttosto elevata perciò in questa città si sono
trascurati i giovani, ai quali bisognerebbe dedicare maggiori attenzione e
risorse». Passando ai temi nazionali, la segretaria nazionale dell’Ugl ha
detto che «l’organizzazione si è mobilitata contro la Finanziaria per le
scarse risposte che dà su sicurezza, riduzione delle tasse, emergenza
Mezzogiorno e famiglia. Non sono stati mantenuti gli impegni per la
riduzione delle tasse per il lavoro dipendente – ha evidenziato – per i
rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Questa Finanziaria tradisce il
Sud del Paese e dimentica l’infrastruttura principale che serve per
rimettere in moto lo sviluppo: la sicurezza, un problema che ormai si fa
sentire anche al Nord».
u. s. |
Ferriera, si decide
sull’autorizzazione ambientale - Vertice alla direzione regionale con
Provincia, Comune, Azienda sanitaria e Arpa |
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Oggi alle 9.30 alla Direzione
regionale ambiente si decide se concedere o meno l’Autorizzazione integrata
ambientale alla Ferriera di Servola. Attualmente in posizione favorevole si
trovano la Regione e la Provincia. Il Comune si ripresenta con il parere
negativo già depositato. L’Arpa dovrebbe presentare un progetto di
«stralcio» della situazione triestina rispetto al Piano regonale dell’aria,
tuttora inesistente, che la scorsa volta aveva ritenuto imprescindibile per
poter controllare le reali emissioni della fabbrica. L’Azienda sanitaria è
in posizione molto critica, affermando che da quanto presentato dalla
Lucchini è difficile dedurre che sarà possibile misurare effettivamente
l’inquinamento prodotto, e ha chiesto un monitoraggio severo anche
all’interno degli ambienti di lavoro.
Ma su questa riunione pesano anche i dettagli analitici che i vari enti
hanno messo su quel tavolo il 30 ottobre, e specialmente quelli dell’Arpa.
Lo richiama il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, sulla
scorta dei documenti ufficiali prodotti in quella sede: «Qui per l’Aia -
afferma - si tengono in preminente considerazione le emissioni in atmosfera,
ma la norma sull’autorizzazione richiede misure antinquinamento anche del
suolo e dell’acqua».
E a questo proposito Metz cita i documenti agli atti: «L’Arpa ha segnalato
che desta particolare preoccupazione il fatto che nell’acqua di falda il
benzene supera i limiti anche di tre ordini di grandezza, nei fondali marini
il piombo ha superato il limite nel 57 per cento dei campioni, per gli
idrocarburi nel 37 per cento», mentre vi è presenza di anche di diossine.
Quanto al Sito inquinato di rilevanza nazionale, in cui la Ferriera rientra,
ma per il quale ha deciso una bonifica per conto proprio, «nel giugno 2001
fu presentato un piano di caratterizzazione al quale non è mai stato dato un
seguito operativo, se non nel 2005, ma solo parzialmente: sulle aree di
proprietà e non su quelle demaniali» come ricorda sempre l’Arpa.
Critica anche la gestione dei rifiuti. Lo ha segnalato la Provincia che
aveva chiesto delucidazioni sul loro stoccaggio: «Si evidenzia la produzione
o giacenza di circa un milione e 120 mila tonnellate di rifiuti senza
precisa indicazione di chi siano produttore e detentore». Tutti gli enti
sono in possesso di corposi dossier: oggi si vedrà che esito avrà lo’ennesimo
summit. |
Bonifiche, accordo nel giro
di un mese - Azzarita (Ezit): «Il 90% delle aziende non pagherà nulla.
Inserita l’analisi del rischio» |
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Enti e
ministero hanno raggiunto in Regione l’intesa su un testo che ora dovrà
essere approvato dai singoli consigli
L’accordo di programma per il
Sito inquinato di interesse nazionale può essere firmato nel giro di un
mese. Al termine di una lunga riunione nella sede della Regione, presieduta
ieri pomeriggio dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton,
gli enti interessati all’accordo (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e
Muggia, Autorità portuale ed Ezit) e il direttore generale del ministero
dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini hanno apportato le ultime modifiche a
quello che si avvia ad essere il testo definitivo dell’intesa.
Entro stasera la bozza, con le integrazioni e le specifiche inserite ieri,
verrà inviata dal ministero ai vari enti, che avranno due settimane per
l’approvazione da parte dei rispettivi organi (Giunta regionale, consiglio
provinciale, consigli comunali, consiglio di amministrazione e comitato
portuale).
«E’ un accordo molto migliorato rispetto ai testi precedenti – commenta il
presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita –. Non siamo riusciti a inserire
esplicitamente il principio secondo cui chi non inquina non paga, anche se
sono richiamate la direttiva comunitaria che esplicita il principio stesso e
la legge regionale 15. E’ invece riconosciuta l’applicazione dell’analisi
del rischio. Abbiamo comunque ottenuto – precisa – che siano considerate
aree pubbliche e inquinate dal pubblico anche tutte quelle che le imprese
hanno acquistato dall’Ezit, purchè l’attuale proprietario non inquini».
In base a quest’ultima modifica, secondo una prima stima dell’Ezit il 90%
delle imprese presenti del Sito inquinato non dovrà pagare nulla. Pagheranno
lo Stato e la Regione, che trasferiranno i fondi all’Ezit, il quale potrà
così continuare le caratterizzazioni di tutto il Sito inquinato e
partecipare anche alla messa in sicurezza, assumendo un ruolo ancora più
centrale nell’intera operazione.
«L’accordo prevede comunque che le imprese possono sveltire i tempi
raggiungendo una transazione col ministero – spiega ancora Azzarita – nel
senso che il 50% del costo dell’eventuale danno ambientale e della messa in
sicurezza sarà coperto dallo stato e il restante 50% dall’azienda,
dilazionato in dieci anni senza interessi. A quel punto, non appena
l’azienda avrà presentato il piano di bonifica l’area su cui è insediata
sarà restituita all’uso industriale».
Soddisfazione anche da parte dell’assessore regionale all’Ambiente,
Gianfranco Moretton. «Abbiamo ottenuto tutte le risposte – osserva – ai
chiarimenti necessari per arrivare all’approvazione dell’accordo. E’ un
accordo importante, perchè fissa regole, tempi e soprattutto il reperimento
dei 200 milioni necessari alla messa in sicurezza e alle bonifiche. Spero –
aggiunge – di portare il testo in giunta la prossima settimana. Se i vari
enti stringono i tempi, si può firmare l’accordo entro l’anno».
Più cauto l’assessore all’Ambiente del Comune di Trieste, Maurizio Bucci.
«Tutti gli enti – rileva – si sono mostrati compatti di fronte alle
richieste del ministero. Con i chiarimenti ottenuti ci stiamo avvicinando
alla stesura finale, che ha preso un indirizzo soddisfaciente. C’è ancora
bisogno di qualche modifica – precisa – per disporre di indicazioni più
chiare in certi passaggi. Resta aperto, tra l’altro, il problema
dell’impresa privata che ha acquistato il terreno da un’altro privato».
Molto soddisfatto, invece, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che parla di
«grande passo in avanti, un grande lavoro da parte di tutti».
Osservando che «si è molto vicini alla soluzione del problema», Nesladek
sottolinea che il Comune di Muggia è riuscito a far inserire nel testo,
oltre all’interesse per lo sviluppo della zona industriale, il punto che
nella caratterizzazione (ed eventuale bonifica) delle zone a mare del sito
inquinato sarà data priorità al tratto di costa fra Porto San Rocco e Punta
Olmi, in quanto zona destinata a fruizione pubblica.
Giuseppe Palladini |
I commercianti: subito i
parcheggi - Leonori: «È l’unica maniera per sostenere la concorrenza
dei centri commerciali» |
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Nel
dibattito sulla pedonalizzazione del centro subentra il tema della scarsa
ricettività del centro per gli automobilisti
Godina: «In
città vige ancora il nosepol, durante la Barcolana nessuno trovava un posto
macchina mentre il Porto Vecchio è rimasto ostinatamente vuoto»
Va bene ampliare le aree
pedonali, ma c’è qualcosa da fare ancora prima perché altrimenti si rischia
di ottenere un pericoloso effetto contrario: bisogna costruire
immediatamente nuovi parcheggi, se per quelli sotterranei servono tempi
troppo lunghi passare immediatamente alla realizzazione di altri fuori
terra, e inoltre diminuire le tariffe dei posti a pagamento oggi esistenti
perché il ridotto potere d’acquisto degli stipendi continua a farsi sentire.
Sono queste le richieste che arrivano da commercianti ed esercenti che
operano in centrocittà. «Più ampie aree pedonali sono auspicabili perché
migliorano la qualità della vita e la città dal punto di vista estetico -
sostiene Marino Moretti - è bello vedere gente che sosta sulle panchine e
mamme che passeggiano con le carrozzine». Moretti è titolare di un negozio
di moda giovane in via Mazzini dove è più acceso il dibattito
sull’opportunità o meno di una completa pedonalizzazione. «È un errore però
- afferma - credere che la creazione di una zona interdetta ai veicoli
significhi automaticamente anche più affari per i negozi. Se la gente non ha
soldi in mezzo al traffico, non li ha nemmeno in zona pedonale e allora è
necessario aumentare la capacità di spesa dei cittadini».
Non è allineato con le statistiche che rilevano famiglie che tagliano le
spese e negozi in perdita di clienti, Gabriele Leonori titolare di un
negozio di intimo e articoli per la casa di via San Spiridione che registra
semmai un aumento degli affari, ma segnala comunque la necessità di nuovi
parcheggi nelle immediate vicinanze del centro. «Solo in questo modo -
sostiene - i negozi del centrocittà potranno sostenere anche in futuro la
forte concorrenza dei centri commerciali che hanno il vantaggio di mettere a
disposizione dei clienti i parcheggi all’interno della medesima struttura».
Per costruire i parcheggi sotterranei però ci vogliono molti anni e nel
frattempo i piccoli negozi rischiano di essere già falliti. «Lo si vede -
denuncia Roberto Rosini, vicepresidente dei dettaglianti - da quanto sta
accadendo per il decantato parcheggio sotto il colle di San Giusto. Da anni
poteva essere realizzato un bel parcheggio nella struttura dell’ex cinema
Filodrammatico e non si è fatto nulla. Bisogna individuare altri stabili e
partire com’è stato fatto recentemente in via San Francesco».
«La pedonalizzazione va bene quando non intacca arterie stretegiche di
scorrimento - rileva Sergio Godina uno dei principali commercianti triestini
- quindi no a un corso Italia proibito alle macchine. Per il resto si può
ampliare se parcheggi sono disponibili. Noi registriamo un successo della
formula in base alla quale con un acquisto anche minimo rimborsiamo un’ora
di parcheggio al ParkSi di Foro Ulpiano. Ma a Trieste - conclude Godina - il
nosepol comanda ancora: durante la Barcolana nessuno trovava un parcheggio e
il Porto Vecchio era vuoto».
Infine i locali pubblici. «Più zone pedonali - commenta Beniamino Nobile,
presidente Fipe - significa più tavolini all’aperto che per i locali sono
come una quinta stagione da aggiungere all’incasso di un anno. Oltre a fare
i parcheggi però bisognerebbe ridurre i prezzi di quelli che ci sono: in
città vicine per sostare si spende molto di meno».
Silvio Maranzana |
Rovis: «Rifare piazza della
Borsa e Ponterosso già nel 2008» - L’assessore invita a dribblare il limite
del piano del traffico che non arriva |
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Le elezioni regionali si
avvicinano e nella maggioranza di centrodestra in molti lo sostengono: non è
ancora il momento di mettere mano al piano del traffico, la cui bozza di
Roberto Camus risale peraltro a inizio 2005. Ma se il commercio continua a
invocare l’ampliamento delle aree pedonali, una soluzione esiste: anche
senza considerare il piano «ci sono interventi puntuali da attuare per
estendere la pedonalità di alcune aree». La proposta arriva dall’assessore
forzista Paolo Rovis: «Sarebbe bene che le riqualificazioni delle piazze
Ponterosso e Borsa fossero inserite già nel piano comunale delle opere 2008.
Si potrebbe anche chiudere via Genova nel tratto fra le vie Roma e San
Spiridione, per creare un unico collegamento pedonale con la successiva area
Genova-San Lazzaro. E poi - aggiunge Rovis - in via Battisti i posti auto
andrebbero resi paralleli alla carreggiata per recuperare ampio spazio fra
negozi e traffico».
Posizione simile a Rovis sostiene il capogruppo della Lista Dipiazza
Maurizio Ferrara, da sempre «sfavorevole a un piano così impattante» come
quello di Camus: «Si potrebbe portare avanti la valorizzazione dell’asse
piazza Libertà-via Trento e oltre fino a piazza Hortis». E il forzista Piero
Camber, a commento di Rovis, aggiunge che «il via a piazza della Borsa
potrebbe essere già inserito nella variazione al bilancio di quest’anno». La
riqualificazione comporterà «matematicamente» la chiusura di via Einaudi: ma
non è chiaro - aggiunge Camber - come la viabilità dell’area verrà risolta.
Il sindaco Dipiazza ha annunciato di volere «sperimentare» una soluzione
mirata a chiudere piazza della Borsa fino a via Roma, da dove le auto si
immetterebbero in corso Italia dopo avere percorso, dalle Rive, il tratto
via Mazzini-via Roma.
Si torna così al piano del traffico. E Alessia Rosolen, da An, lo ribadisce:
«Condivido ciò che ha detto l’assessore Bucci: importante e apprezzabile è
prendere una decisione, regionali o non regionali in vista, perché questo
vivere nel limbo non accontenta nessuno». Ciò detto, l’attacco a Bucci è
netto: «Forse, se avesse lavorato a ulteriori modifiche al documento anziché
al tunnel di corso Italia, avrebbe qualche elemento da portare alla
discussione. L’assessore ci dica esattamente a che punto siamo. Di certo il
piano non se lo farà da solo, visto che il consiglio comunale ha competenza
sul tema». E infine, «An - così Rosolen - ribadisce il suo no alla chiusura
al traffico di corso Italia per la conformazione stessa della città, ma dice
un sì convinto al piano del traffico e alla pedonalizzazione. Non possiamo
rimanere silenti davanti agli appelli del mondo del commercio e ai numeri
drammatici in termini di chiusura delle attività. Attorno a corso Italia e
via Carducci ci sono aree da pedonalizzare».
Il diessino Fabio Omero non respinge le pedonalizzazioni ma avverte:
«Attenti a pensare solo ad alcune categorie, come i commercianti, e non a
disabili o anziani, persone cioè che devono essere messe in condizione di
accedere a uffici e abitazioni». Quanto ai centri commerciali all’aperto,
«il Comune - aggiunge Omero - non ha nemmeno posizionato un cartello che
indichi la presenza dell’antico ghetto dietro piazza Unità». E il Cittadino
Roberto Decarli sottolinea come «questa maggioranza non ha il coraggio di
amministrare la città».
p.b. |
Ue, 60 milioni per la
Trieste-Divaccia - All’Italia andranno 5,7 miliardi. Barrot conferma
il piano della Torino-Lione |
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La proposta
della Commissione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti
transeuropee è pronta
BRUXELLES La proposta della
Commisione europea per la ripartizione dei finanziamenti per le reti
transeuropee è ormai pronta. Su un pacchetto complessivo pari a 5,7
miliardi, all'Italia dovrebbe andare oltre un miliardo di euro, la fetta più
grossa tra quelle che saranno assegnate da Bruxelles ai vari richiedenti. Il
commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, si avvia così a mantenere
quanto promesso più volte. «L'Italia sarà tra i paesi che saranno serviti
meglio e questo perchè bisogna assicurare l'attraversamento delle Alpi»,
aveva ripetuto il commissario solo pochi giorni fa nel corso di un incontro
organizzato dall'ambasciata italiana in Belgio. Per la Torino-Lione l'Italia
potrà contare sui due terzi di un pacchetto complessivo di circa 670 milioni
da dividere con la Francia; per il Brennero dovrebbero arrivare 400 milioni,
mentre la stessa cifra dovrebbe andare all'Austria. Barrot ha sempre
sostenuto che la priorità dell'Unione è quella di sostenere le opere a
carattere transfrontaliero (cofinanziamento Ue fino ad un massimo del 30%
del costo dell'opera) ed in questo quadro al pacchetto di fondi destinati
all'Italia si aggiungerebbero anche 60 milioni per la Trieste-Divaccia. Per
il Terzo valico sulla direttrice Genova-Rotterdam si profila invece
l'inserimento tra quelle opere a cui non sono assegnati finanziamenti.
La lista dei progetti ammissibili dovrebbe essere accompagnata da una
seconda con i progetti non ammessi al finanziamento perchè non rispettano i
criteri previsti e da una terza in cui sono inseriti quei progetti che, pur
potenzialmente finanziabili, restano fuori per mancanza di fondi.
Le cifre, sulle quali la Commissione mantiene tuttora il più stretto
riserbo, sono ormai state messe nero su bianco dai tecnici e saranno
ufficializzate dallo stesso Jacques Barrot mercoledì prossimo, 21 novembre,
nel corso del suo intervento in Commissione trasporti del Parlamento
europeo. Successivamente le proposte messe a punto da Bruxelles saranno
esaminate dal comitato Ten, dove sono rappresentati gli Stati membri, nel
corso di una riunione che si dovrebbe tenere entro fine mese.
Le prime indiscrezioni sono state intanto giudicate «credibili» dal
presidente della commissione trasporti dell'Europarlamento, Paolo Costa. «Ai
progetti transfrontalieri Ten-T di interesse italiano (Torino-Lione;
Verona-Monaco di Baviera; Ronchi sud-Trieste-Divaccia) sarebbe riservato
quasi un quarto dei fondi di cofinanziamento europeo. |
In arrivo 140 milioni di euro
per nuove strade - Infrastrutture in primo piano nella manovra. Al
sistema universitario vanno 29 milioni. Incentivi alla raccolta
differenziata |
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Sonego:
«Saranno disponibili dal 2009». Per la rete ex Anas stanziati 45 milioni |
TRIESTE Ci sono gli incentivi ai
comuni più virtuosi nella raccolta differenziata dei rifiuti che vengono
ceduti alle Province. E ci sono 45 milioni di euro per la nuova spa che, dal
1. gennaio, dovrà gestire le strade ex Anas. Ci sono 29 milioni, in vent’anni,
per il sistema universitario. E 140 in quattro anni per viabilità e banda
larga.
Eppure, nonostante valga più di 5 miliardi di euro, la Finanziaria 2008 - la
prima che segue la riforma della contabilità imposta da Riccardo Illy - è la
più esile che il palazzo di piazza Oberdan ricordi: diventa, già nel nome,
una legge strumentale; conta su soli sei articoli che occupano poche pagine
e cancella le poste con «nome e cognome». L’articolo più robusto, già
approvato da sindaci e presidenti di Provincia, è proprio il primo: quello
sulle autonomie locali che riserva il 9% di compartecipazioni in più a
Comuni, Province e Comunità montane. Il secondo articolo, su salute e
protezione sociale, riscrive invece le regole del fondo agevolativo per le
strutture destinate a servizi socio-educativi o socio-sanitari per anziani e
disabili, stanziando 10 milioni di euro.
Il terzo articolo, su progettazioni, tutela dell’ambiente, edilizia e
trasporti, affida alle Province il «premio» a misura di ambiente: i comuni
in cui la raccolta differenziata supera il 40% dei rifiuti urbani raccolti
si vedono riconoscere un incentivo che varia da un euro a cinque euro per
abitante. Un euro va ai comuni che non superano il 50% di raccolta
differenziata e cinque a quelli che sfondano l’80%. A disposizione, per ora,
200 mila euro. L’articolo quarto, su istruzione, cultura e sport, prevede un
intervento straordinario di 240 mila euro per la socializzazione degli
alunni delle scuole dell’infanzia e primarie della Carnia, mentre l’articolo
quinto, su formazione, lavoro, università e attività produttive, investe
l’Agenzia Turismo Fvg del compito di promuovere i prodotti agroalimentari e
garantisce 29 milioni di euro di contributi pluriennali per la realizzazione
di opere e interventi edilizi «finalizzati al potenziamento del sistema
universitario, dell’alta formazione e della ricerca scientifica». L’articolo
sesto, su norme intersettoriali e contabili, autorizza infine un progetto di
dismissione di beni regionali, blinda la benzina regionale e destina 100
mila euro all’Anci.
Le infrastrutture, tema caro alla giunta, occupano un capitolo a parte:
«Abbiamo destinato 140 milioni per nuove strade e banda larga» annuncia
Lodovico Sonego. Ma quei 140 milioni, cui si aggiungono «45 per Fvg strade
spa e 4,8 per la ferrovia Udine-Cividale», sono disponibili solo a partire
dal 2009: «Parliamo di opere che vanno programmate per tempo. E quindi
abbiamo stanziato le risorse in modo che siano spendibili nel momento
giusto» afferma l’assessore. Aggiungendo però che la delibera d’impegno, con
l’elenco dei beneficiari, «verrà approvata entro fine legislatura».
Adesso, sebbene manchi ancora il passaggio finale al tavolo della
concertazione dopo quello di ieri mirato su agricoltura, edilizia e
ambiente, la parola passa al consiglio: la sessione di bilancio si apre il
28 novembre in commissione. Il 21 dicembre, a meno di imprevisti, il voto
finale in aula.
r.g. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 14 novembre 2007
I commercianti: rilanciare le
aree pedonali - Marchetti (Coop): puntiamo anche sui negozi di quartiere.
Cobez: troppi gli ipercentri |
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Opinioni
unanimi sulla validità dei progetti per le zone chiuse al traffico. Rigutti:
«C’è bisogno di chiarezza su dove intervenire» |
«Sono già
eccessive le attuali due sedi della grande distribuzione» |
Il commercio triestino paga la
presenza di un numero già eccessivo di centri commerciali per il suo
territorio e la partenza ritardata delle opere di abbellimento del centro
cittadino. Ma il rilancio può effettivamente passare attraverso la
valorizzazione e la pedonalizzazione delle aree urbane. Questi, in sintesi,
i pensieri dell’universo degli esercenti locali.
Livio Marchetti, presidente delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e
Friuli, osserva: «Guardiamo con favore alla pedonalizzazione e agli accordi
fra commercianti nelle aree urbane, come mezzi per attrarre i cittadini in
centro. Il discorso legato all’insediamento dei grandi centri commerciali,
invece, non è positivo dal punto di vista economico per quanto ci riguarda.
Noi siamo più indirizzati a valorizzare i negozi di quartiere. L’ipotesi dei
centri commerciali naturali è buona ma bisogna capire se, in merito,
economicamente i negozianti possano rispondere in modo adeguato».
Il presidente uscente dell’Associazione commercianti al dettaglio di Trieste
e proprietario di un negozio di abbigliamento in pieno centro, Franco
Rigutti aggiunge: «In relazione ai progetti sui centri commerciali naturali,
c’è bisogno di certezze sulle zone pedonali che verranno create. Notizie
sicure su quali saranno, senza alcun suggerimento o prevaricazione da parte
nostra, e come si articolerà definitivamente la distribuzione dei parcheggi
in città. Ci sono vari imprenditori e commercianti, locali e non, pronti a
investire sul territorio, ma prima di farlo vorrebbero conoscere con
precisione quale sarà lo scenario della zona dove poi insediarsi. Siamo
disposti a collaborare in maniera costruttiva per arrivare alla definizione
delle linee guida».
«La nostra è una bella città, in cui si è sempre sostenuto come i negozianti
lavorino bene - spiega Guido Cobez, titolare della cartoleria di via
Nazionale (esercizio storico, avviato 104 anni fa) a Opicina, una delle aree
interessate dai progetti della Confcommercio sui centri commerciali naturali
-. Ma adesso si paga la presenza esagerata di strutture della grande
distribuzione in una realtà come la nostra: già due, ovvero quelle
esistenti, sono troppe, figuriamoci come sarà la situazione alla conclusione
dei progetti programmati (il riferimento è a quelli del Silos e al polo
Montedoro, Arcobaleno ed ex Aquila nella zona di Muggia, ndr). È una
battaglia dei piccoli contro i grandi, già squilibrata in partenza: non si
vede un futuro per i nostri figli nelle attività dei negozi di famiglia.
Inoltre, l’amministrazione dovrebbe intervenire ancora per rendere le vie
del centro un salotto autentico, non solo piazza Unità. La soluzione delle
aree urbane gestite assieme fra i commercianti - conclude - è validissima,
ma i capitali che noi possiamo mettere sul tavolo sono pochi. Mi pare che ci
siano tante buone idee come Centri in via (il nome del progetto iniziale
della Confcommercio, ndr), ma queste si arenano».
Interessato dalla prospettiva del centro commerciale naturale potrebbe
essere in futuro anche il rione di San Giacomo: «Si garantirebbe un contatto
migliore con la clientela - dice Enrico Zuballi, che nel rione gestisce un
negozio di articoli sportivi - rispetto ai grandi centri commerciali, dentro
i quali si registra una certa freddezza nel rapporto tra venditore e
acquirente. Trieste può recuperare il ritardo accumulato grazie anche alla
caduta dei confini con la Slovenia: prima era considerata l’appendice
dell’Italia, ora ha l’opportunità di essere un punto centrale dell’Europa».
Infine, l’opinione di Cristina De Marchi, titolare di una storica
pasticceria in Barriera: «Tutte le promozioni sono ben accette, in
riferimento all’idea dei centri commerciali naturali, ma una realtà come la
mia va tutelata pure sul piano dell’identità. È importante distinguersi.
Forse varrebbe riflettere sul fatto che già gli attuali due centri
commerciali sono troppi per una città come Trieste».
Matteo Unterweger |
Bucci: «Auto fuori del
centro, è il futuro» - «È difficile che si torni a parlare del piano
del traffico prima delle regionali» |
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L’assessore
conferma il suo gradimento per la pedonalizzazione, «chiave di volta per
commercio e turismo»
Inutile negarlo, e difatti
nemmeno in giunta c’è più chi lo fa: con le regionali alle porte «purtroppo
del piano del traffico si tornerà a discutere dopo il giugno 2008», premette
l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci. Che però aggiunge subito: «Ne
sono fermamente convinto, la gente vuole le pedonalizzazioni. E al contempo
le pedonalizzazioni sono una delle chiavi di volta per rivitalizzare il
commercio - via San Nicolò lo dimostra - e il turismo, per riqualificare la
città stessa. Il futuro è questo, e mi batterò per attuarlo».
Avanti tutta con la chiusura al traffico di vaste porzioni del «salotto
buono», dunque. In questo senso, Bucci spezza un’ultima lancia a favore
dell’abortita idea del tunnel sotto corso Italia, che non ha raccolto molti
favori né tra i politici né nell’opinione pubblica: «Sarebbe stata la
soluzione ideale per salvare capra e cavoli, le esigenze del traffico e
quelle dei pedoni e, su un fronte politico, anche la sensibilità di An che
vuole mantenere il corso aperto alle auto». Ma tant’è: superata la boa del
voto regionale, sarà il momento di assumere le «grandi decisioni». Quel
momento che «sta maturando, e nel quale spero» di non restare solo, dice
l’assessore.
Del resto, a dare manforte a Bucci è il collega forzista di giunta Paolo
Rovis, titolare della delega al commercio e totalmente allineato - lui che
per primo nel 2005 lanciò l’ipotesi di corso Italia pedonale - sulla
necessità di chiudere aree centrali alle auto: per la vivibilità, ma anche
per dare ossigeno al commercio. Certo le dichiarazioni sinora sono rimaste
tali. Anche Rovis lo deve riconoscere: «Manca la svolta». E però, aggiunge,
«sinora il Comune ha fatto molto: 40 milioni di euro dal 2001 in qua spesi
per ripavimentazioni, dal Viale XX Settembre a piazza Verdi e a piazza tra i
Rivi di Roiano; e 12 milioni per l’illuminazione pubblica».
Insomma, annota Bucci, varato anche il piano parcheggi - indispensabile
perché «la pedonalizzazione deve viaggiare di pari passo con i servizi»,
verrà il momento di dovere scegliere. Ma quando? I tempi non si profilano
brevi. Perché «sindaco e giunta vogliono attendere di vedere gli effetti
della Grande viabilità prima di intervenire con il nuovo piano del
traffico», ribadisce Rovis. E la Grande viabilità sarà completata solo
nell’ottobre 2008. «Ma intanto si potrebbero comunque ampliare alcune aree
pedonali», propone Rovis. Ipotesi che però Bucci giudica difficile da
percorrere: «Qui si tratta di intervenire sui grandi assi di scorrimento del
centro, non possiamo farlo a spot».
E intanto, i comitati per la pedonalizzazione di via Mazzini e di corso
Italia continuano a perseguire i propri obiettivi. «Ma il discorso - dice il
presidente del comitato del corso, Pierguido Collino, che aveva sostenuto
l’idea del tunnel - non deve limitarsi a comprendere una sola via: gli
antagonismi tra aree sono assurdi, la valorizzazione va perseguita per tutto
il centro storico». A una condizione, però: che non manchino i collegamenti
pubblici. «Non penso ad autobus, ma a delle navette elettriche» meno
impattanti dei bus e che comunque consentano di vivere l’area.
Per il comitato di via Mazzini, invece, Paola Gaggi non ha dubbi: «Il tunnel
non avrebbe risolto granché, oltre a essere molto costoso. Resta un fatto:
nella zona pedonale il commercio lavora di più». C’è un fatto però che Gaggi
sottolinea: «Quello della pedonalizzazione sarà un lavoro molto lungo. Resto
convinta che gli stessi cittadini non siano pronti per una cosa del genere».
L’assessore Bucci, come detto, è di parere contrario, e anzi - per restare
in tema di regionali - «secondo me la gente ti premia anche per le decisioni
che assumi. Il piano del traffico però - chiude - non posso certo farmelo da
solo». |
Centro commerciale naturale:
i quattro progetti esistenti per ora sono ipotesi sulla carta - Dopo
Barriera, Muggia, Opicina e S. Giacomo |
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Un’idea lanciata due anni fa, ma
un iter che sta andando avanti a rilento a causa sostanzialmente della
mancanza di certezze assolute sulla disponibilità di fondi per l’avvio
esecutivo dei progetti. I centri commerciali naturali o «all’aperto»
destinati (secondo gli esperti del settore) a rilanciare il commercio
cittadino, convivendo con la grande distribuzione ma differenziando da
questa la propria offerta, sono ad oggi ancora esclusivamente delle ipotesi
sulla carta.
A livello operativo, infatti, solamente il piano per la zona di Barriera è
pronto e attende di diventare esecutivo. Da mesi è chiuso nei cassetti della
Confcommerio di Trieste e aspetta il via libera. «Nel frattempo, Terziaria
Trieste, Centro di assistenza alle imprese del terziario della stessa
Confcommercio, si è aggiudicato il finanziamento complessivo di circa
200mila euro dalla Regione per la realizzazione di tre progetti del genere
su altrettante aree. A Muggia, Opicina e San Giacomo. Il prodotto finale
sarà cartaceo, ribadisco che si parla dunque solo di progettazione», a
puntualizzare la questione è il direttore generale della Confcommercio
provinciale, Pietro Farina.
Per rendere tangibile il tutto, infatti, «bisognerà aspettare la conferma
dell’arrivo attraverso l’ente regionale dei fondi comunitari 2007-2013 a
favore di questi interventi - continua Farina -, un tipo di finanziamento
previsto da un’apposita legge per la valorizzazione dei centri urbani e che
non riguarda interventi strutturali come la pedonalizzazione di aree o
simili, che spettano direttamente agli enti pubblici locali, ma
semplicemente sostiene l’avvio di operazioni promozionali e collettive fra i
vari esercizi delle zone interessate. Riguarderebbe, ad esempio,
l’uniformità della gestione dell’immagine, la stesura di calendari relativi
a eventi promozionali e ancora l’acquisto della segnaletica indicativa dei
vari esercizi e della loro offerta. Si tratta di contribuiti, finiti i quali
toccherebbe poi ai commercianti finanziare le proprie promozioni. Non è
certo, però, che siano stanziati, anche se le indicazioni in merito sembrano
piuttosto chiare verso una soluzione positiva. Ipotizzando, il primo
progetto presumibilmente potrebbe concretarsi nel 2008. È possibile si
tratti di giugno, ma è più probabile che avvenga in autunno».
Quanto all’idea relativa all’introduzione di una figura manageriale unica
che sappia gestire le iniziative comuni di un’area del centro, Farina
osserva: «Il modello a cui ci si riferisce è tipico dei paesi anglosassoni o
scandinavi, ma noi come Confcommercio non ambiamo a questo tipo di figura
perché non possiamo portare avanti un progetto che comporti un costo certo
del genere. Siamo un’associazione di categoria e dobbiamo tutelare i nostri
affiliati. Qualora gli stessi commercianti dovessero rilevare una fonte di
ritorno economico sicura nell’impiego di un manager, allora credo che
sarebbero i primi a proporlo e sostenerlo».
ma. un. |
Confartigianato: «Bonifiche,
un passo in avanti ma non completo» |
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Il
presidente Bruni e il vice Rovis intervengono sull’ultima versione della
bozza di accordo. La Camera di commercio protesta per essere stata esclusa
dai recenti incontri
La Confartigianato accoglie con
soddisfazione, ma solo in parte, l’ultima bozza dell’accordo di programma
sulle bonifiche, pervenuta ai vertici dell’associazione venerdì scorso.
Il neo presidente Dario Bruni, affiancato dalla giunta appena nominata,
definisce «un punto di forza» dell’ipotesi di accordo il fatto che le
imprese che hanno acquistato un terreno o un capannone dall’ente pubblico
non dovranno sopportare alcun onere per caratterizzazioni e bonifiche.
Allo stesso tempo Bruni contesta la suddivisione fra «imprenditori di serie
A e di serie B», nel senso che lo stesso testo prevede che coloro che hanno
acquistato aree o edifici da privati debbano farsi carico della
caratterizzazione e della messa in sicurezza. «Non è giusto – rimarca – che
si addebitino tali costi a chi non ha inquinato e ha l’unica colpa di aver
acquisto un terreno, per creare un’azienda, prima che venisse perimetrato il
sito inquinato».
Di passi in avanti con l’ultima bozza parla anche il vicepresidente di
Confartigianato Paolo Rovis, che entrando nei dettagli cita il punto 15
dell’articolo 5, dove si legge che «l’ente pubblico titolare di aree incluse
nel sito di interesse nazionale attua la messa in sicurezza e bonifica delle
acque di falda e dei suoli delle proprie aree, ivi comprese quelle già
alienate dall’ente medesimo il cui inquinamento non sia riconducibile
all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare dell’area».
«E’ un passo in avanti, ma non un passo completo», aggiunge Rovis, spiegando
che l’articolo 14, in merito ai benefici per i privati che aderiscono
all’accordo, dove si parla di «concorrere pro quota agli oneri progettuali,
di investimento e gestione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica
delle acque di falda, in ragione della superficie delle aree di ciascun
soggetto», crea «una sorta di equivoco, mantenendo la spada di Damocle sulla
testa di aziende non colpevoli dell’inquinamento».
Quanto al principio del «chi non ha inquinato non paga», sul cui rispetto
Confartigianato ha insistito in più occasioni, citando in particolare la
direttiva comunitaria 2004/35/CE Rovis riconosce che la direttiva stessa è
richiamata nella parte iniziale dell’accordo ma sottolinea che il concetto
non è inserito in modo chiaro nell’articolato. «Gli enti locali – ricorda il
vicepresidente di Confartigianato – hanno fatto fronte compatto nel ribadire
il concetto della direttiva. E’ una battaglia – aggiunge – a difesa di 350
aziende che sono il nerbo dell’economia provinciale».
Sempre con riguardo all’ultima bozza dell’accordo, nei giorni scorsi il
testo è giunto anche ad Assindustria. Fra i destinatari non c’è stata invece
la Camera di commercio, cosa che ha innescato la protesta del presidente.
«Ho scritto al ministero dell’Ambiente e alla Regione – spiega Paoletti –
chiedendo il motivo per cui il nostro ente non è stato invitato alle ultime
riunioni, dopo che da anni ci occupiamo della questione bonifiche,
attraverso apposite strutture e appositi tavoli con le associazioni di
categoria. Aspetto una risposta».
Giuseppe Palladini |
Rifiuti, Duino boccia il
porta a porta - Il Comune vuole incrementare la raccolta differenziata
ma con cassonetti |
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Sulla
decisione in controtendenza rispetto ad altri enti avrebbe pesato la
tormentata esperienza di Monfalcone |
Il sistema
del territorio limitrofo ha avuto ripercussioni: perdita di 20mila euro.
Saranno potenziate le piazzole ecologiche e acquistati nuovi contenitori |
DUINO AURISINA Duino Aurisina
non «cederà alla tentazione» del porta a porta.
Diversamente dalle scelte effettuate da altri Comuni della provincia di
Trieste, come San Dorligo della Valle o dai confinanti Comuni del mandamento
monfalconese, la raccolta delle immondizie, pur restando differenziata
passerà per l'utilizzo pubblico dei cassonetti. Resta tuttavia l'obiettivo,
molto ambizioso, di abbassare del 20% entro il 2008 la quantità di rifiuti
«indifferenziati» e quindi da destinare all'inceneritore. Questo il progetto
e questi gli intendimenti dell'assessore ai Lavori pubblici di Duino
Aurisina Andrea Humar, reso noto nei giorni scorsi nell'ambito di un
incontro sul tema rifiuti organizzato dall'associazione Ambiente è Vita. La
scelta del contrastato porta a porta di Monfalcone - che ha causato non
pochi disservizi e un forte aumento dei costi anche a carico di Duino
Aurisina, perché molte persone del mandamento scaricano i rifiuti
indifferenziati nei bottini lungo la strada costiera e a San Giovanni di
Duino, causando un aggravio dei costi per l'amministrazione del territorio,
quantificato in circa 20mila euro - non ha contagiato Duino Aurisina. Che
invece prosegue nella propria politica, iniziata da alcuni anni, di
promuovere sì la raccolta differenziata ma utilizzando i normali cassonetti
già differenziati lungo le strade e nelle aree ecologiche.
All'inizio del prossimo anno, l'amministrazione comunale acquisterà - come
già annunciato - una serie di nuovi contenitori per la raccolta del verde
risultato di sfalci e potature e anche sulla base delle segnalazioni dei
cittadini provvederà a razionalizzare il posizionamento delle aree di
raccolta, le attuali piazzole ecologiche. Duino Aurisina non intende avviare
la raccolta porta a porta, come avviene nei Comuni del mandamento
monfalconese ma punta, con una campagna di sensibilizzazione rivolta ai
cittadini, ad aumentare la quota di rifiuti destinati al reciclo - ovvero
plastica, carta, metalli, rifiuto umido e vetro - pro capite, diminuendo
così quella indifferenziata che, destinata all'inceneritore, costa molto
all'amministrazione.
«Il nostro progetto - ha dichiarato l'assessore Humar - delinea una chiara
strada da percorrere, che non è quella della raccolta porta a porta e si
allontana dalla strada scelta da Monfalcone e San Dorligo della Valle:
porteremo avanti un progetto di aumento della differenziazione dei rifiuti
senza portarlo all’esasperazione conciliando recupero dei rifiuti, una buona
qualità del servizio e a una buona situazione igienico sanitaria». Tra i
progetti che si pensa di avviare a breve, anche l'introduzione di uno sconto
per i cittadini che avviano progetti di compostaggio, ovvero di reciclo
autonomo dell'umido per concimazione nel proprio giardino.
fr. c. |
Eni: il prezzo del gas
aumenterà. Rischi energetici per l’Italia - Parlano Scaroni e Medvedev (Gazprom)
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Patrimonio
personale di 2 miliardi. È già entrato nella classifica della rivista Forbes
ROMA Il prezzo del gas è
destinato ad aumentare nel giro di sei mesi, sulla scia lunga delle
quotazioni del greggio, mentre l'Europa - e con lei l'Italia - è sempre più
fragile ed esposta al rischio di una carenza del combustibile che alimenta
impianti elettrici, riscaldamento, industrie.
È lo scenario tratteggiato oggi al congresso mondiale dell'energia dal
numero uno dell'Eni, Paolo Scaroni. Il vice presidente di Gazprom, Alexander
Medvedev, gli ha dato man forte, mettendo in campo anche il tema della
separazione delle reti e prospettando, su questo fronte, nuovi rischi per il
Vecchio Continente.
La chiave del problema l'ha riassunta bene il commissario europeo
all'Energia, Andris Piebalgs: è l'eccessiva dipendenza dalle importazioni di
gas, che si traduce, sottolinea Piebalgs, in una «eccessiva dipendenza dalla
volatilità del prezzo del petrolio», schizzato verso i cento dollari per
«motivi non ancora chiari». Le due variabili sono legate, e con una
tempistica abbastanza prevedibile, secondo Scaroni, «i prezzi del gas
cresceranno nei prossimi sei mesi», ha prospettato oggi l'a.d. dell'Eni. Una
preoccupazione per i consumatori, a cui se ne aggiungono altre di più ampia
portata, che investono l'Europa, sempre più esposta al «rischio di una
carenza gas nel prossimo futuro. Gas significa luce, riscaldamento,
produzione industriale - sintetizza Scaroni - Restare senza è un rischio che
non ci possiamo permettere». Di più. Se questo rischio oggi esiste, è anche
perchè l'Ue ha avuto una «visione limitata»: attenta al «dettaglio delle
regole di funzionamento del mercato interno», ma ha perso di vista le
«minacce esterne».
Una chiave di lettura che ha notevoli punti di contatto con quella espressa
da Gazprom, partner forte dell'Eni. Il vice presidente del colosso russo del
gas, Alexander Medvedev, non ha fatto mistero di essere preoccupato di
fronte alle proposte dell'Ue per separare la proprietà delle reti di
trasporto, cioè i gasdotti, dalle società che forniscono il gas. Questa
strada, secondo Medvedev, è poco «compatibile con le regole del mercato» e
percorrerla produrrà ripercussioni «negative per la sicurezza europea in
campo energetico». Parole forti da parte di uno dei principali fornitore di
gas per i paesi dell'Unione, un soggetto che continua a guardare con forte
interesse alle società energetiche italiane per «incentivare accordi», come
ha confermato ieri Medvedev, citando Enel, Edison e anche Terna. Con Eni, il
rapporto è consolidato da tempo. E proprio cogliendo l'occasione del forum
in corso a Roma, il ministro dell'energia russo, Victor Khristenko, ha
prospettato la possibilità di un ingresso del cane a sei zampe nel capitale
di Gazprom. Ma oggi Scaroni ha frenato: «Il tema - si è limitato a dire -
non è all'ordine del giorno». |
ISTRIA - Richiesta di danni
alla Rockwool |
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ALBONA Un’altra denuncia degli
ambientalisti per inquinamento contro la fabbrica di lana di roccia della
Rockwool a Pedena. Sotto accusa «intense emissioni di fumo e odore
sgradevole» in seguito alle quali gli abitanti della zona hanno chiesto
aiuto al 112. Intanto alcuni cittadini hanno annunciato che intendono citare
la Rockwool in tribunale per chiedere il risarcimento dei danni visto che,
questa la motivazione, la qualità della vita è notevolmente peggiorata |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 13 novembre 2007
Incontro pubblico sulla
Ferriera di Servola - Il Circolo Miani: «Il problema dell’inquinamento
dell’aria va affrontato anche a Muggia» |
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MUGGIA Il Circolo Miani, il
Coordinamento dei Comitati di quartiere, Servola Respira e La tua Muggia
hanno organizzato ieri a Muggia un incontro pubblico per parlare dei
problemi dell’inquinamento e della Ferriera. La sede scelta non è casuale.
All’incontro infatti è stato rimarcato che Muggia, assieme ad Aquilinia, è
con Servola la realtà più a rischio per la salute collettiva. Ma solo di
recente si è parlato anche di Muggia nel trattare la tematica degli
inquinamenti dell’aria, comprovati da analisi scientifiche svolte da vari
soggetti e su cui si è già espressa anche l’Azienda sanitaria. L’argomento
era stato toccato anche dal sindaco muggesano Nesladek in Consiglio
comunale, la settimana scorsa.
Un inquinamento a Muggia di cui, è stato detto ieri alla Sala Millo, «si
sapeva e si sarebbe dovuto parlare già tempo fa», vista la vicinanza
geografica con Trieste e con gli impianti ora sotto accusa, ma sul quale si
sarebbe mantenuto un silenzio che ieri è stato duramente criticato. «Un
problema che non si limita a polveri da ripulire dalle auto e dai davanzali
- è stato rilevato alla riunione - ma che ha anche ripercussioni sulla
salute. Le amministrazioni sono rimaste senza fare nulla per quasi 10 anni,
nonostante i fatti fossero noti da tempo».
Critiche sono state rivolte anche allo stesso sindaco di Muggia Nesladek,
«reo», secondo i promotori dell’assemblea di ieri, di avere ammesso di avere
letto solo ora i dati dell’inquinamento in città. |
San Giacomo, pista ciclabile
finita nel 2008 - Nei primi mesi del prossimo anno sarà realizzata la
passerella metallica in via dell’Istria |
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Anche se in
ritardo proseguono i lavori per il completamento della via che porterà fino
a Muggia e alla Slovenia
Nei primi mesi del 2008 la pista
ciclabile che dal centro di Trieste porterà in futuro fino alla Slovenia
avrà un impulso determinante. La passerella metallica sopra via dell’Istria,
a San Giacomo, per permettere il passaggio della pista ciclabile, verrà
infatti realizzata entro i primi mesi del prossimo anno. La notizia arriva
dall’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, il quale
segue in prima persona lo sviluppo del percorso che da San Giacomo si
snoderà, lungo il tracciato della ferrovia Campo Marzio – Erpelle, fino a
Draga Sant’Elia. Inoltre prende sempre più corpo la possibilità di collegare
la pista con la Slovenia attraverso Muggia, progetto che verrà messo a punto
in un secondo momento, quando le principali strutture della ciclabile
saranno finalmente realizzate, a cominciare appunto dal cavalcavia.
Se le tabelle di marcia saranno rispettate le fondamenta del cavalcavia di
via dell’Istria verranno realizzate tra dicembre e gennaio.
Contemporaneamente sarà assemblato il ponte che, una volta posizionato,
sostituirà quello esistente. La struttura, lunga in totale circa 160 metri,
sarà composta interamente d’acciaio inossidabile, per ridurre i costi di
manutenzione.
Nelle ultime settimane sono stati completati il tratto che va da Campanelle
a Sant’Anna, fino all’incrocio tra via Costalunga e via Naldini e quello che
collega la zona di Raute con Cattinara. In questi due segmenti il percorso è
stato completamente asfaltato ed è stata installata l’illuminazione
pubblica. Una volta completata la passatoia verrà ultimata anche la parte
della pista tra le vie Ponziana e Orlandini, che sarà, così, collegata al
resto del tracciato.
«I lavori proseguono – dichiara Tommasini – e ci stiamo impegnando per
concludere l’opera nel minor tempo possibile. La costruzione della pista ha
permesso di realizzare anche opere collaterali, che porteranno sicuramente
benefici ai residenti. All’inizio del 2008 ci occuperemo della posa del
cavalcavia e del cantiere nelle vicinanze dell’ospedale infantile Burlo
Garofolo. Una volta terminato l’intero il percorso ci impegneremo per
firmare un’intesa con il Comune di Muggia di modo da estenderlo fino alla
Slovenia, con la quale saranno caduti i confini».
Al momento l’ostacolo maggiore per il completamento della pista ciclabile è
la presenza sul tracciato di un deposito privato, del quale
l’amministrazione provinciale vuole lo spostamento.
«Sulla questione sono stati presi provvedimenti di tipo legale, dato che
sull’area esiste un problema di titolarità – dice Tommasini -. Ritengo,
però, che la controversia sarà risolta in breve tempo e così potremo
concludere definitivamente l’opera».
Per nulla soddisfatto dell’andamento dei cantieri Francesco Battaglia,
coordinatore urbanistico della Quinta circoscrizione, che sottolinea
l’importanza di una maggiore collaborazione tra il parlamentino e la
Provincia.
«I lavori avrebbero dovuto essere già conclusi – dice -. L’informazione e il
coinvolgimento delle altre istituzioni nella realizzazione della pista
ciclabile sono inesistenti. Il progetto darà un servizio nuovo ai cittadini,
per cui ritengo che i residenti debbano essere tenuti al corrente dello
stato di avanzamento dell’opera. Inoltre – conclude Battaglia -, i ritardi
subiti dai lavori sono ingiustificati perché il tracciato era noto e i
problemi emersi andavano risolti in precedenza».
Il cantiere della pista ciclabile è stato aperto sette anni fa, nel 2000,
con la costruzione della prima parte del tracciato, tra San Giuseppe della
Chiusa e il confine di Stato. Due anni fa sono stati realizzati il
sottopassaggio della strada provinciale 11 «di Prebenico» e un parcheggio in
via Gramsci.
All’inizio del percorso ciclabile a San Giacomo è stato, inoltre, costruito
un infopoint, all’interno del quale, una volta inaugurata la pista troverà
spazio anche un punto di ristoro. Anche qui i tempi per la piena operatività
dell’info-point non sono ancora certi.
Mattia Assandri |
Secondo i manager italiani
- «Via nucleare obbligatoria» |
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ROMA L'Italia «non può
prescindere dal nucleare». Nè è convinto il presidente dell'Enel Piero Gnudi
anche se è costretto a dar ragione al ministro Bersani (nella foto), secondo
il quale il nostro Paese «non ha il fisico» per fare una scelta del genere.
L'energia nucleare tiene banco alla seconda giornata del Wec, il Congresso
Mondiale dell'Energia, che per la prima volta si tiene in Italia. Oltre a
Piero Gnudi, a sottolineare l'importanza della scelta sono stati i manager
di grandi società italiane: Giuliano Zuccoli, amministratore delegato di Aem
e presidente di A2A, la joint venture nata dalla fusione della
municipalizzata milanese con la bresciana Asm che si dice pronto a un
progetto di fattibiltà. E Umberto Quadrino, ad di Edison che ha sottolineato
come non ci possa essere «soluzione al problema dell'energia senza il
nucleare» e che dunque è «assolutamente necessario trovare un accordo su
questo tema». |
Il destino della Ferriera |
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Mando questa lettera in quanto
tutti sono favorevoli a chiudere la Ferriera, noi invece non ne vediamo il
bisogno, mio marito lavora nell’indotto. Questo mostro che emette fumi
bianchi e rossi, credo sia il primo tifoso della Triestina; il rione è
cresciuto attorno a essa, quando degli scellerati hanno dato
l’autorizzazione a costruire le case vicino, i fumi già uscivano dal camino.
Ora inquina, bisogna chiuderla. Ma da quante altre cose siamo inquinati? Con
il beneplacito dei nostri politici. Esempio: pesce al mercurio, mucche
pazze, polli schizofrenici, vino al metanolo e se ne possono elencare molte
altre.
Ma quello che mi preme è questo: non si parla tanto della fine di quei 1000
lavoratori, che avranno di sicuro una famiglia, figli, mutui o affitti da
onorare. Chi gli assicura di trovare un altro posto? A Trieste non c’è
realtà lavorativa, non si trova nell’immediato un lavoro.
Ora chiedo ai nostri cari servolani, a coloro che grazie alla Ferriera ora
si godono la pensione: presto è Natale, fate un gesto generoso, accollatevi
una famiglia a testa e mantenetela visto che volete portar via il lavoro a
queste famiglie.
Ora salute, salute. Ma prima voi dell’inquinamento ve ne infischiavate,
bastava lavorare per essere tranquilli economicamente, lavoratori prima,
pensionati ora.
L’unica speranza è che si concluda il tutto in maniera positiva per i
lavoratori e per la stessa Ferriera, tenendo conto della crisi in atto in
tutte le categorie.
Lettera firmata |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 12 novembre 2007
Sul caso Ferriera -
Oggi il dibattito sulla sfiducia del centrodestra alla Barduzzi |
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Si discuterà nel Consiglio
provinciale di questo pomeriggio, con inizio alle 18, la mozione di sfiducia
all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, presentata il 20 ottobre
dall’opposizione di centrodestra sul caso Ferriera. La mozione - ricorda in
una nota stampa il capogruppo di Alleanza Nazionale Marco Vascotto - è
motivata dalla «scarsa incisività del suo operato, tendente a sottovalutare
i dati sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, poco collaborativo con le
altre istituzioni in vista della chiusura dello stabilimento e già criticato
da esponenti anche della sua stessa maggioranza, ad esempio il consigliere
regionale dei Verdi Alessandro Metz». Forza Italia, nello spiegare la
mozione nei giorni scorsi, aveva ricordato i «20 mila euro» spesi dalla
Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre «Barduzzi non ha avuto
il tempo per promuovere analisi sul territorio provinciale per misurare le
immissioni in atmosfera della Ferriera». Un attacco politico, questo, che il
centrodestra intende rivolgere pure alla Regione che sulla Ferriera «ha
sempre mantenuto una posizione palesemente ondivaga». «Ho fatto tutto quanto
di mia competenza», era stata la replica dell’assessore alla notizia della
mozione. «I dati sono pubblici, quando i limiti venivano superati li ho
sempre comunicati allo stabilimento e alla Procura».
Nel corso dell’odierna seduta del Consiglio - fa sapere Vascotto - si
dicuterà anche di Ogm e del «Giorno della libertà» del 9 novembre, istituito
con legge nazionale nel 2005 per ricordare la caduta nell’89 del muro di
Berlino. |
Prodi: incentivi per le
imprese di energia pulita - «Razionalizzare i consumi». Protesta di
Greenpeace contro il nucleare |
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La proposta
è stata lanciata dal premier all'Europa durante l'apertura del ventesimo
World Energy Congress
ROMA «Gli incentivi previsti per
il consumo dell'energia pulita devono essere estesi anche alle imprese
operanti lungo la filiera energetica, senza che questi incentivi vengano
classificati come aiuti di stato»: la proposta è stata lanciata all’Europa
dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, durante l'apertura del ventesimo
World Energy Congress. Prodi ha detto che è importante razionalizzare i
consumi di energia e puntare sulla ricerca: «Tra poco la domanda indiana e
cinese di energia avrà un peso determinante - ha dichiarato Prodi - il
problema non è bloccare la domanda ma razionalizzare i consumi e farne un
uso ottimale da parte nostra poi ricerca, ricerca, ricerca per nuove
energie». Proposta che viene lanciata in un clima poco favorevole sui
mercati globali a causa dell’aumento del prezzo del petrolio lanciato verso
quota 100 dollari. Secondo Prodi per evitare nuove emergenze bisogna
contenere il meccanismo speculativo sulle fonti energetiche: «Sullo
squilibrio tra domanda ed offerta -ha detto- si innesta un pericoloso
meccanismo speculativo che deve essere fortemente contenuto».
Al forum, in primo piano, anche il tema del nucleare. Proprio durante
l'intervento del premier italiano due climbers di Greenpeace si sono calati
dal soffitto della sala ed hanno srotolato uno striscione con scritto:
«Chiudiamo la follia nucleare. Rivoluzione energetica subitò». Sono
intervenute le forze dell'ordine. Gli attivisti di Greenpeace, spiega una
nota dell'associazione, sono entrati in azione per ricordare che il nucleare
è una falsa soluzione al problema dei cambiamenti climatici. I lunghi tempi
di realizzazione delle centrali non permetteranno, infatti, di abbattere le
emissioni mondiali di gas serra in tempo, l'uranio è una risorsa molto
limitata e i soldi spesi nel nucleare saranno sottratti allo sviluppo delle
vere soluzioni: fonti rinnovabili ed efficienza energetica».
Prodi non ha rinunciato a chiarire la sua posizione su questo tema. Per il
premier si deve intensificare la ricerca sul carbone pulito, sul nucleare di
nuova generazione e sul fotovoltaico: «Oggi più che mai abbiamo bisogno che
ricerca scientifica e sviluppo tecnologico offrano soluzioni e diano
risposte ai vari problemi che abbiamo di fronte e non solo per colmare i
crescenti squilibri tra domanda ed offerta di energia. La tecnologia deve
accompagnare e facilitare cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini
dei cittadini. La ricerca e l'innovazione ci devono consentire di poter
produrre energia in modo più efficiente nella più completa tutela
dell'ambiente. Deve quindi essere intensificata la ricerca nel settore del
carbone pulito, nel nucleare di nuova generazione e nelle energie
rinnovabili e soprattutto sul fotovoltaico. Molti paesi - ha sottolineato
Prodi - stanno puntando proprio sulle rinnovabili, ma ingenti investimenti
sono necessari se vogliamo che queste nuove fonti raggiungano quote sempre
più crescenti dei consumi energetici mondiali». |
Quei «no» preconcetti degli
ambientalisti - Secondo un lettore associazioni e movimenti ecologisti
frenano lo sviluppo del Paese |
Esemplare mania, delle associazioni
ambientaliste e comitati vari, d’autopromuoversi e di trovare bello e buono
soltanto ciò che da loro promana. Tritano miscele di individualismo e furbizia
in modo da apparire all’opinione pubblica paladini e protettori dell’ambiente,
anche a costo di costi rilevanti in termini di sviluppo economico del Paese.
Quanto costa cedere alla sindrome Banana «Build absolutly nothing anywhere near
anything, non costruire assolutamente nulla in nessun posto vicino a niente»?
Per essere presenti nelle scelte s’improvvisano: progettisti, tecnici ecc. senza
mai applicare all’argomento, oggetto di studio, la solidità tecnico/scientifica
necessaria. La mappa dei no è sterminata, e scoraggia chiunque, pubblico o
privato, intenda mettere mano alla costruzione di opere e infrastrutture. Giusto
per limitarsi all’orizzonte della nostra città cito: la Grande viabilità, il
Corridoio 5, la Baia di Sistiana, i rigassificatori, il campo di golf Trebiciano,
Muja Turistica, la limitazione ai traffici navali, Hotel Europa ecc. (è proprio
tutto sbagliato?).
Reminescenze ambientali: avvilente è stata la posizione assunta dal Wwf di
Trieste in merito al Sincrotrone di Basovizza. Oggi polo scientifico di
rilevanza nazionale e «fiore all’occhiello della nostra città» queste cose non
andrebbero dimenticate.
In merito all’ Av/Ac (Corridoio 5) s’inventano soluzioni quali il rifacimento
delle linee attuali. Il tutto in contrasto con gli indirizzi progettuali delle
Rfi. L’alternativa al tunnel, sostenuta dalle associazioni, comporta delle
ricadute negative sulla popolazione in termini di: «espropri», «rumore»,
«frammentazione del Carso» ecc. Espropri: è risaputo che i cittadini del Carso
hanno dato già tanto, lascio giudicare gli stessi. Cosa dicono in merito l’on.
Stojan Spetic e il segretario Igor Kocjancic? Rumore: si sta delineando come una
delle maggiori fonti di disturbo per la nostra società. Scientificamente sono
dimostrati gli effetti sulla salute delle persone esposte a livelli di rumore
elevati. Il trasporto su rotaia non sfugge a tali criticità (a 100 km/h il
livello di rumore si aggira sui 95 dB (A) mentre i valori limite differenziali
si applicano se il rumore misurato diurno è superiore ai 50 dB(A)e notturno ai
40dB(A) – Dpcm 14/11/97). Probabilmente molti degli abitanti residenti lungo le
linee ferroviarie, in modo particolare nel tratto Aurisina-Trieste, farebbero a
meno di tale quotidiano disagio. Ambiente: nelle linee per la Tav normalmente
sono installate barriere anti intrusione o fonoassorbenti le quali
costituiscono, per la fauna, degli ostacoli insuperabili.
Dopo i trafori del Lotschberg e del San Gottardo di 36,4 e 57 km e relativa
stazione di Sedrun posta a ben 800 metri di profondità (asse Ten 24
Genova-Rotterdam) un progetto infrastrutturale che preveda un tunnel in Carso
non può certamente preoccupare eccessivamente i progettisti e le imprese.
Sorprende però riscontrare tanta credulità nei «miracoli» degli ambientalisti
più che nelle capacità dell’ingegno e del lavoro di staff di professionisti
capaci e motivati.
Luciano Emili
IL PICCOLO -
DOMENICA, 11 novembre 2007
Il consigliere dei Verdi
interviene sull’autorizzazione alla Ferriera - Metz: «Serve il piano
dell’aria» |
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«Anche se non credo alla
possibilità di mettere a norma un impianto obsoleto come quello di Servola,
mi preme almeno che gli iter procedurali vengano rispettati rigorosamente.
C’è dunque la necessità del piano della qualità dell'aria o di un suo
eventuale stralcio per la sola area triestina, e quindi la successiva
approvazione del piano da parte degli uffici ministeriali, prima di un
possibile rilascio dell'autorizzazione ambientale alla Lucchini spa».
Lo afferma in una nota il consigliere regionale dei verdi Alessandro Metz,
il quale afferma poi che la correlazione tra la procedura autorizzativa e la
stesura del piano della qualità dell'aria non è di tipo tecnico-legale bensì
di carattere tecnico scientifico, e soprattutto pragmatico.
Metz ricorda poi che già nella riunione in Regione del 30 ottobre è stata
evidenziata l’urgenza del problema, e cita il verbale della seduta: «L’Arpa
chiarisce nelle sue conclusioni che in mancanza del piano regionale di
qualità dell'qria non è in grado di valutare se il quadro delle emissioni
sia o meno compatibile con il territorio sul quale lo stabilimento si
colloca».
Nello stesso verbale Pierpaolo Gubertini, direttore del Servizio tutela da
inquinamento ambientale e rappresentante regionale alla conferenza, propone
la redazione di un piano stralcio di qualità dell'aria per l'area triestina
coinvolta e chiede all'Arpa di presentare nella prossima riunione del 15
novembre una proposta di piano stralcio. |
Ambientalisti e cittadini
manifestano chiedendo la chiusura della Rockwool |
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Rimbalzano
nei palazzi politici della Contea istriana gli slogan contro la fabbrica di
lana di roccia di Pedena
PEDENA Rimbalza a Pola, sede
dell’assemblea conteale istriana, e a Pisino, sede della giunta, l’eco della
vivace manifestazione di protesta svoltasi ieri a Pedena davanti alla sede
della Rockwool. Oltre duecento abitanti della zona di Pedena si sono infatti
riuniti attorno alla fabbrica di lana di roccia Rockwool per chiederne la
chiusura e lo smantellamento lamentando, con cartelloni e slogan, l’impatto
delle attività dello stabilimento sull'ambiente. La struttura, aperta a
regime di collaudo neanche due mesi fa, ha dovuto a più riprese interrompere
la produzione causa l'emissione di gas inquinanti e il cattivo funzionamento
degli strumenti di monitoraggio ecologico.
Il presidente del Partito dei verdi della Croazia Josip Anton Rupnik ha
lanciato dure accuse all' amministrazione regionale e soprattutto al suo
presidente Ivan Nino Jakovcic «per aver portato in Istria un'industria
sporca mosso da interessi personali e non della collettività». Ha quindi
lanciato frecciate nei confronti dell'Ufficio dell'amministrazione statale
«per aver ignorato la richiesta di referendum sulla fabbrica, richiestav
sottoscritta da 6.651 cittadini».
L'architetto Bruno Poropat, ex dietino, da anni impegnato nella salvaguardia
dell'ambiente, ha richiamato l'attenzione dei manifestanti e dei cittadini
della zona su presunte gravi violazioni nel percorso burocratico che hanno
portato all'apertura della fabbrica. «Lo studio di impatto ambientale - ha
accusato - è stato manomesso e anche la licenza edilizia è stata concessa in
base a documenti manipolati». Ha poi concluso affermando che «l'Istria e' la
nostra terra e non vogliamo andarcene a causa di questa fabbrica».
Vjeran Pirsic dell'associazione «Eko Kvarner» si è detto costernato per il
fatto che la più fertile vallata istriana sia stata sacrificata
all'industria. «I progetti di rilancio dell'agriturismo e della produzione
di alimenti biologicamente sani sono falliti - ha detto - con pesanti danni
economici per la gente che si è indebitata per realizzarli».
Al comizio si sono visti sventolare striscioni con slogan del tipo «Rockwool
go home!», e «Toscana=Istria-Cernobyl» con riferimento, quest’ultimo, al
fatto che l’Istria avrebbe un futuro degno di regioni apprezzate in tutto il
mondo per l’ambiente e i prodotti agricoli, quali la Toscana, se non venisse
rovinata dagli insediamenti industriali».
La manifestazione è stata disertata dagli altri esponenti politici. La
Rockwool è attualmente di verifiche e controlli da parte dell'Agenzia
statale per la competitività di mercato per presunte violazioni della legge
sugli incentivi di stato. Stando agli ambientalisti la fabbrica avrebbe
beneficiato di 17 milioni di euro quali contributi e di altre infrastrutture
date senza contropartita.
p.r. |
IL PICCOLO -
SABATO, 10 novembre 2007
Sito inquinato, via libera
della Regione all’Ezit per il piano di caratterizzazione: 1,343 milioni |
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Via libera dalla Regione alla
copertura finanziaria necessaria ad attuare la caratterizzazione di parte
delle aree pubbliche e di quelle inquinate dal settore pubblico nella Valle
delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo.
Si tratta della conferma di un trasferimento legato alla «delegazione
amministrativa», che è già stato inserito nei giorni scorsi fra le entrate
del bilancio di previsione 2008-2010 dell’Ezit. Ieri, infatti, la giunta
Illy ha approvato su proposta del vicepresidente Moretton la delibera che
autorizza la spesa «per attività previste dal piano di caratterizzazione»
per un importo di un milione e 343mila euro.
Tali risorse derivano proprio dall’incarico complessivo per l’attuazione del
piano di caratterizzazione affidato dalla Regione all’Ezit. Secondo il
decreto, l’ente presieduto da Mauro Azzarita deve avviare entro 12 mesi le
procedure per attivare le operazioni previste dal piano nelle aree pubbliche
e in quelle inquinate dal pubblico alle Noghere, mentre il termine per
l’attuazione è fissato in 36 mesi.
Ma i tempi potrebbero ridursi, come ha lasciato intendere di recente
Azzarita. Del resto la caratterizzazione delle aree di proprietà dell’Ezit
alle Noghere (450 mila metri quadri), iniziata in primavera, si è conclusa
nei giorni scorsi, con due mesi di anticipo sulle previsioni.
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Bucci: «Nessuna
autorizzazione alla Ferriera che inquina» - Il Comune aveva chiesto la
sospensione dell’attività |
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«Potremo dare un parere positivo
sull’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera di Servola,
solo se la fabbrica, dopo aver sospeso l’attività per interrompere il flusso
di inquinanti, e dopo aver nel frattempo realizzato tutte le misure
necessarie a non produrne di ulteriore, riprenderà a funzionare in modo
accettabile, ma siccome questo non sta avvenendo, il nostro parere non
cambia e se ci sarà un voto in sede di conferenza dei servizi esso resterà
negativo». Lo conferma l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, all’indomani
del «tavolo di crisi» in cui la Regione ha fatto chiaramente intendere che
l’autorizzazione è la via prescelta per instradare l’azienda su un assetto
ambientale corretto, riservandosi (come da legge) azioni di verifica
costante, e dopo aver scartato - su parere dell’avvocatura - l’ostacolo
costituito dall’assenza di un «piano dell’aria».
Consenso a questa posizione è venuto dalla Provincia e anche dalla Cgil: il
sindacato ha ipotizzato che il Comune possa modificare il proprio parere
sulla scorta di questi indirizzi. Ma così non è. In sede di voto
l’amministrazione comunale si manterrà in posizione con le stesse
motivazioni già depositate: «Si basavano - afferma Bucci - non sull’ostacolo
del piano dell’aria, bensì sulla presenza di inquinamento: la conferenza dei
servizi sull’Aia si è riunita più volte, in un arco di tempo molto lungo,
nessuna modifica è stata fatta intanto dalla Lucchini, che anzi ha impugnato
le ordinanze del sindaco così affermando che non accetta di calare
l’inquinamento, e dunque non vedo che cosa sia cambiato da indurci a
modificare la nostra posizione, se avesse accettato di sospendere l’attività
per mettersi in regola le cose sarebbero state diverse».
Quando anche un solo ente con diretta competenza sul territorio vota «no»
all’interno della conferenza dei servizi per l’Aia la materia passa al voto
della sola Giunta regionale: «La Regione - prosegue Bucci - ragiona così:
inquina pure, tanto hai degli anni per metterti in regola, e questa è una
valutazione politica, è una scelta della Giunta regionale, noi continueremo
a richiamarci alle leggi vigenti, che certo non mancano, e non daremo
cambiali in bianco di fronte a conclamato inquinamento, cosa che la legge
stessa sull’Aia impedisce di fare».
g. z. |
Lega Nord: «Necessario
chiudere la Ferriera» |
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MUGGIA La Lega Nord di Muggia si
appella al sindaco Nesladek per la tutela della salute dei muggesani,
«eliminando totalmente le cause che minacciano al salute dei cittadini».
Tullio Pantaleo, esponente locale del Carroccio, si riferisce alla presenza
di sostanze inquinanti nell’aria, comprovata da studi biologici, di cui
aveva dato notizia il sindaco nei giorni scorsi. E aggiunge: «Perché la
centralina di analisi dell’aria, che segnalava notoriamente già nel 2001
sostanze inquinanti, è stata spostata in una zona che è sterrata e
ventilata? Perché non riposizionarla là dov’era un tempo?». Pantaleo non usa
mezze parole e rivolgendosi anche al sindaco di Trieste chiede «la chiusura
della Ferriera di Servola. Gli operai – aggiunge – potrebbero essere
reimpiegati nei nuovi centri commerciali in via di completamento proprio a
Muggia».
s. re. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 9 novembre 2007
Ferriera verso
l’autorizzazione ambientale - Moretton (Regione) smentisce il
ministro: «Non serve aspettare il piano dell’aria» |
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Nuova
riunione del tavolo di crisi. Tra una settimana potrebbe venir concessa
l’Aia indipendentemente dalle scelte del Comune |
L’Azienda
sanitaria segnala valori in lieve miglioramento nelle concentrazioni delle
polveri e del benzoapirene |
Non occorre un piano regionale
dell’aria per concludere le procedure relative all’Autorizzazione integrata
ambientale la cui concessione o meno pende sulla Ferriera. La Regione ha
analizzato la materia e deciso così, mettendosi dunque in netta contrapposizione
col ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che l’altro giorno aveva
sollecitato un tanto direttamente a Illy.
È quanto scaturito ieri dalla riunione del «tavolo di crisi» sulla Ferriera, che
si è tenuta stavolta - per esplicita richiesta dell’assessore Gianfranco
Moretton che la presiedeva - a porte chiuse. Lo stesso Moretton ha dato la
linea: «Nell’ambito dell’Aia possiamo chiedere all’azienda tutti i correttivi
necessari a calare le emissioni inquinanti, del resto l’autorizzazione una volta
concessa obbliga a continue verifiche, e se la fabbrica si dimostra inadempiente
rispetto agli impegni può essere anche revocata».
Ininfluente, è stato detto, la riapertura dei termini decisa dal governo con una
dilazione di 6 mesi per la chiusura delle Aia in Italia. La prossima riunione
del 15 novembre potrebbe anche essere quella risolutiva, sia che il Comune
mantenga la propria posizione negativa sia che la modifichi in sede di
votazione. Ma come mai adesso non serve un piano dell’aria, esplicitamente messo
come condizione dalla stessa Arpa, agenzia regionale? «Neanche la Lombardia - ha
risposto Moretton - ha pronto quel piano, ed è tutto dire con le industrie che
ha».
Intanto l’Azienda sanitaria, su richiesta del sindaco Dipiazza che ha lasciato
molto presto la sala ha esposto i dati sugli inquinanti di cui l’ha fornita
l’Arpa, compresi gli ultimi di settembre misurati su tre centraline di Servola:
«Risultano - ha detto la responsabile del Dipartimento di prevenzione, Marina
Brana - dati in lieve miglioramento sia per il numero di sforamenti delle
polveri sia per la concentrazione di benzoapirene, ma non sappiamo se ciò
dipenda da misure correttive installate dalla Lucchini o da condizioni
metereologiche particolarmente favorevoli».
Persiste però il «rischio salute» che più volte l’Ass ha segnalato al sindaco,
perché «da gennaio a oggi tutti i dati sono andati peggiorando, e benché
settembre sia un po’ migliore siamo sempre a oltre 2 nanogrammi di benzoapirene
per metro cubo, cioé il doppio del limite consentito». Per Brana non è nemmeno
ininfluente (come protesta la Lucchini) l’alta concentrazione riscontrata in via
San Lorenzo in Selva: «C’è sempre una diffusione graduale nell’aria del rione, e
il vento o qualche accidente possono sempre buttar fuori ciò che sta dentro la
fabbrica». L’Arpa tuttavia ha affermato di voler confrontare i propri dati con
quelli in possesso dell’Apat nazionale, che li ha promessi in parte per metà
mese e in parte per la fine. Senza dire che i lavoratori sono comunque
sottoposti a livelli di sostanze estremamente alte. Ieri è stato ufficialmente
annunciato che il monitoraggio sulla presenza di benzoapirene nei liquidi
biologici si farà su 100 operai dal 19 al 24 novembre.
Cosa che soddisfa i sindacati, per lo meno la triplice (meno le Rsu interne):
«Benissimo - commenta Franco Belci della Cgil -, l’Aia si può fare in qualunque
momento e porterà a migliorare la situazione, l’Ass ha portato dati più
positivi, su queste basi penso che anche il Comune potrebbe rivedere la propria
posizione finora negativa». Ma Giulio Frisari della segreteria provinciale
Failms-Cisal ha lanciato accuse pesanti: «Con lo slittamento delle
autorizzazioni anche questo tavolo regionale non porta più da nessuna parte,
siamo piombati nel caos, molti lavoratori ci denunciano giornalmente disumane
condizioni di lavoro, specie alla cokeria, che puntualmente denunciamo anche
all’Ass nella speranza che qualcosa cambi ma il direttore dello stabilimento ha
fatto un’assemblea coi dipendenti per convincerli che le sostanze emesse dagli
impianti non sono nocive».
Per l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, convinta dal parere
legale della Regione che il piano dell’aria non è vincolante, la strada
intrapresa ieri va bene: «Noi comunque il catasto delle emissioni lo facciamo, è
indispensabile, ma se non diamo l’autorizzazione lasciamo mani libere
all’azienda, con quel vincolo invece possiamo imporre migliorie e controllare».
Gabriella Ziani
FERRIERA - Dipiazza senza
colpo a sorpresa: «Aspetto la lettera dell’Ass» |
Quand’è stato il suo turno
il sindaco Dipiazza, che aveva annunciato sorprese eclatanti al tavolo
regionale, ha letto i carteggi con l’Azienda sanitaria e chiesto
risposta sugli ultimi dati dell’aria disponibili, quelli che il
direttore Rotelli lo aveva rimandato a sentire proprio in Regione,
negandoli in via diretta. Poi ha chiesto di avere il documento, gli è
stato risposto che lo riceverà non appena controfirmato dal direttore
generale, ed è uscito lasciando alla riunione l’assessore Bucci.
«Aspetto la lettera con le cifre» ha commentato seccamente. Il nuovo
corso è quello annunciato l’altro giorno: «Parlerò solo per atti». Ma
l’assenza della carta ha forse impedito di dar corso al promesso guizzo,
«una cosa per cui domani ridiamo» aveva preannunciato. Resta il fatto
che il Comune ha già depositato (senza voto) un parere negativo
sull’Aia. Non sembra che torni sui propri passi. Il 15 mattina si terrà
la nuova riunione, che verrà commentata da tutti gli enti già nello
stesso pomeriggio, sempre in Regione. Se si procede al voto, e manca
l’unanimità, la materia passa interamente alle responsabilità della
Giunta regionale. |
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Illy a Barroso:
Tav in ritardo, intervenga l’Ue - La Regione: da risolvere subito le
difficoltà in Slovenia per la ferrovia ad alta velocità |
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A Trieste e
non a Gorizia la festa d’addio al confine. Rosato: probabile a Fernetti
Il
presidente della Commissione Europea ieri a Trieste e poi a Udine per
l’assemblea dell’Are: a colloquio con il governatore
TRIESTE Josè Manuel Barroso ha
incontrato ieri a Trieste il presidente della Regione Illy: i due hanno
discusso della nuova prospettiva del Friuli Venezia Giulia con la caduta del
confine orientale. Si è parlato di infrastrutture ma anche della scelta
della sede dei festeggiamenti (Trieste al posto di Gorizia, probabilmente a
Fernetti, come dice il sottosegretario Rosato) per la caduta del confine
previsti per il 20 e il 21 dicembre. Illy ha indicato al presidente della
Commissione europea le difficoltà finora riscontrate con la Slovenia per la
realizzazione della linea ferroviaria ad Alta velocità. Il presidente ha
suggerito la necessità di arrivare a una soluzione «particolare» per
l'attraversamento della Slovenia da parte della Tav. «L’anno prossimo verrà
completata l'autostrada, ma che c'è ancora una situazione vischiosa sulla
nuova linea ferroviaria, quindi ho indicato l'esigenza di una soluzione
particolare per la Slovenia, che viene attraversata dalla linea ma che per
l'alta velocità avrà solo una fermata». Oggi Barroso sarà a Udine per
chiudere i lavori dell’Are, l’Assemblea delle regioni europee. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 8 novembre 2007
Ferriera, scontro
Dipiazza-sindacati -
Cgil-Cisl-Uil: cerca alibi per non essere riuscito a chiudere
lo stabilimento |
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Il sindaco
promette «grosse sorprese» al tavolo di oggi con la Regione. «Mi divertirò
molto, comincio a fare il gioco sporco anch’io»
Alla riunione di questo
pomeriggio del «tavolo di crisi regionale» sulla Ferriera il sindaco
Dipiazza si toglierà qualche pietra dalle scarpe, non già sassolini. Così
annuncia, senza dettagli. «E poi rideremo - aggiunge soltanto -, mi
divertirò molto, perché a fare il gioco sporco comincio anch’io». Il tema
dell’arrabbiatura è la proroga di sei mesi decisa a livello nazionale per il
rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alle aziende
potenzialmente inquinatrici, 8000 in Italia, 200 in Regione, una a Trieste:
la Ferriera di Servola.
È ben vero che i ritardi di tutt’Italia potrebbero non combaciare con quelli
triestini e che quindi la procedura qui, se tutto fosse (ma non è) in ordine
potrebbe ugualmente concludersi in qualsiasi giorno del calendario, ma la
dilazione mentre pende sulla città un inquinamento ancora oggi certificato,
con una media di 2,2 nanogrammi di benzoapirene in via Pitacco e cioé non
sulla porta della fabbrica ma nel quartiere, manda sulle furie Dipiazza.
Verde di bile, e non solo: adesso anche di bandiera. Dà per imminente e
certa la sua iscrizione a un’associazione ambientalista: «Mi iscrivo eccome.
Pochi li ascoltano davvero? Avranno in me un supporto nuovo».
Il motivo dello scandalo è nella discrepanza tra una responsabilità
amministrativa che il sindaco non può scansare in materia di salute pubblica
e i sei mesi di tempo che vanno ora in groppa al problema-Servola dopo tanti
anni di irrisolte questioni. «La legge - riflette Dipiazza - non è uguale
per tutti, è chiaro, e noi amministratori finiamo per apparire vessatori di
cittadini: multiamo e puniamo la signora Peppa per una veranda senza
permesso, o un varco di camino per la stufa di casa, e non siamo in grado di
far rispettare la legge a chi inquina la città». Il sindaco è scandalizzato
per Servola, per l’inceneritore - che buttò fuori diossina -, per i mari
malati, per lo sporco che dilaga «in un immobilismo totale».
Da oggi, dalla riunione tra Regione, enti amministrativi e sanitari e
sindacati fissata per le 14.30 alla Direzione ambiente, Dipiazza annuncia
che «parlerà solo per atti, però ogni giorno». E ce l’ha col governo perché
«manda avanti una proroga su temi ambientali proprio l’ultimo giorno di
scadenza, mentre la legge è del 2005», e con la Regione che già dal 2003
avrebbe dovuto redigere un «piano territoriale dell’aria», senza il quale in
effetti la Regione stessa non può proprio autorizzare nulla alle aziende,
perché non è in grado di fissare, misurare e di seguito verificare il
relativo inquinamento singolo, che va a sommarsi con quello di altre
fabbriche o fonti d’insalubrità ambientale. Più alto è il dato complessivo,
più basso dev’essere il livello di emissione concesso a ciascuna unità
produttiva.
È per l’assenza di questo documento che all’ultima riunione per l’Aia,
chiusasi con un nulla di fatto a eccezione del «no» depositato proprio dal
Comune, è stata cercata la via d’uscita di verificare se l’Arpa possa
esprimere un parere «a prescindere per ora dalla qualità dell’aria». Sembra
un’operazione ardita. Da qui anche il richiamo del ministro Pecoraro Scanio
al presidente Illy e l’avvertimento del sindaco secondo cui il Comune alla
prossima riunione in tema (15 novembre) non ci sarà. «Manderò i funzionari
ad ascoltare - precisa -, noi il lavoro in quella sede l’abbiamo chiuso con
un parere, e dunque io non vado».
L’Azienda sanitaria oggi ricorderà i dati di benzoapirene a Servola, il
nuovo elemento che ha squassato la città. Tra i ritardi di legge (e non
locali), c’è da registrare infatti anche questo: lo Stato ha fissato i
limiti di benzoapirene a un nanogrammo per metro cubo con un decreto datato
appena agosto 2007 (le prescrizioni alla Ferriera date dal magistrato sulla
scorta della «relazione Boscolo» parlano ancora solo di polveri, e la nuova
sostanza è diventata evidente con le successive analisi del Cigra).
Intanto i sindacati devono riorientarsi, ma lo fanno subito. Franco Belci (Cgil):
«L’Aia è una cosa, il nostro lavoro col Comune e l’azienda per ridurre le
emissioni e soprattutto l’inquinamento dei lavoratori è altra cosa, e lì
continuiamo a batterci, non mi vanno questi atteggiamenti emotivi del
sindaco: torni al tavolo regionale, e non si arrabbi con l’Azienda sanitaria
che a quello rimanda, mentre altre volte a questa si appoggia per descrivere
quadri drammatici». Luca Visentini (Uil): «Mi pare che il sindaco sia solo
alla ricerca di alibi per addossare agli altri il fatto di non essere
riuscito a chiudere la Ferriera: per noi il rinvio è cosa neutra, il nostro
obiettivo è far rientrare la Ferriera entro limiti di legge per
l’inquinamento, bisogna stabilire un luogo certo per sistemare le
centraline, raccogliere velocemente i dati, fare le necessarie prescrizioni
all’azienda, e tutto questo è un procedimento parallelo all’Aia». Luciano
Bordin (Cisl): «Non si arriva mai al punto, è dal 2001 che partecipo a
tavoli sulla Ferriera, ed ecco altri sei mesi: restiamo al punto,
occupazione e salvaguardia di ambiente e qualità della vita, con
investimenti. O si riprende a ragionare con l’acquirente Arvedi nella
speranza di modificare la produzione, oppure si fa un accordo fra tutti per
decidere il destino finale di quell’area, e chi deve pagare le bonifiche e
via. Ma urgono interventi certi, e molto in fretta, è in gioco la salute dei
lavoratori in primo luogo, e quella di tutti i cittadini».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - I servolani: ora
ci sentiamo presi in giro -
Ma il ministero precisa: scelta
nazionale, non fatta ad hoc per Servola |
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Dopo lo
slittamento dei termini per l’autorizzazione i residenti contestano
l’immobilismo politico e i continui cambi di rotta |
Menia: «Pecoraro
Scanio si fa complice dei ritardi di Illy, che ha lasciato scadere la
prescrizione». Rosato: «Gli enti e l’azienda dimostrino responsabilità» |
I servolani cominciano a non
crederci più. Iniziano ad abituarsi a quell'altalena che un giorno accende
in loro la speranza di vedere chiuso quel mostro d'acciaio che sbuffa
polvere e fumo e che, il giorno dopo, spegne le illusioni.
«La mia è la casa più vicina alla Ferriera - afferma Gabriella Civita, che
vive nella struttura che un tempo ospitava la mensa e le abitazioni dei
dirigenti dello stabilimento - e quando ho letto che il decreto firmato dal
Presidente della Repubblica Napolitano allunga ancora i tempi, ho chiuso il
giornale perché mi sono sentita proprio presa in giro».
Le finestre della camera da letto della figlia, sono rivolte proprio verso
la cokeria. «Guardi che spettacolo - afferma ironicamente la signora Civita
- sei mesi in più di questi fumi densi e neri non sono uno scherzo. Tredici
anni fa dormivamo con le finestre aperte, e ora non mando nemmeno mia figlia
a giocare in giardino o nel cortile del ricreatorio. Questa non è vita, e
con la salute non si scherza. Io ho una forte tosse e ho paura di andare a
farmi dei controlli. Il sogno di noi servolani è di rivedere i nostri
bambini correre e giocare all'aria aperta, in tranquillità».
A due passi dalla chiesa di Servola c'è la rivendita di tabacchi di Licia
Medri. «E' una tribolazione - dice disperata - ma a Roma non capiscono che
per noi significa vivere altri sei, sette, otto mesi respirando veleni,
polveri e fumo? Il sindaco Dipiazza cerca di chiudere, e poi arrivano quelli
che lo fermano. Non è possibile, i politici devono mettersi una mano sulla
coscienza e, prima di prendere certe decisioni, dovrebbero venire a vivere
per un po' di giorni nelle nostre case, a due passi dalla Ferriera. Se devo
essere sincera - conclude la tabaccaia - inizio ad avere seri dubbi sul
fatto che si riesca a farla chiudere».
Arrabbiata e delusa anche Lucia Lepre: «Io abito in via Valmaura - precisa -
e quest' estate ho dovuto vivere perennemente con le finestre sigillate e il
ventilatore: questa non è vita. Io non ho nulla contro la Ferriera -
sottolinea - ma la salute dei cittadini viene prima di ogni altra cosa. O mi
sbaglio?».
«Ma non è possible - afferma Gabriella Fullone, incredula di fronte ad un
altro rinvio - ma hanno capito che c'è gente che rischia la salute.I
politici farebbero vivere tra questi fumi, anche solo per pochi giorni, i
loro figli? Io abito in via Baiamonti e le terrazze sono piene di polvere
nera: non oso immaginare le condizioni di chi vive a pochi metri dalla
Ferriera. Comunque è un peccato, perché questa volta sembrava veramente che
qualche cosa si stesse muovendo».
Intanto sul fronte politico si accendono le polemiche attorno al
decreto-legge del Presidente della Repubblica che ha prorogato di sei mesi
la scadenza per l’autorizzazione integrata ambientale. «E’ una proroga
generale, per tutto il Paese, e non per la Ferriera – sottolinea il
sottosegretario agli Interni Ettore Rosato – proroga sulla quale il sindaco
Dipiazza spera di poter scaricare le sue responsabilità. Il problema
Ferriera dipende dal senso di responsabilità e concretezza degli enti locali
e dell’azienda. Il problema legislativo è secondario – rimarca – vengono
prima le responsabilità politiche e amministrative».
E Andrea Ferrara, consulente del ministro Pecoraro Scanio aggiunge che «il
decreto è stato pensato per sopperire a difficoltà a livello nazionale, non
è stato fatto certo per la Ferriera. Ogni azienda è un caso a sè.
L’autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera fa capo alla
Regione: il ministero non c’entra e come tale non sarà mai presente alla
conferenza dei servizi che deve decidere sull’Aia».
Violente bordate vengono indirizzate infine al ministro Pecoraro Scanio e al
presidente della Regione Illy da Roberto Menia, vicecapogruppo di An alla
Camera. «Con la decretazione di straordinaria necessità ed urgenza – afferma
Menia – vengono coperte le vergogne e le responsabilità di Illy, che aveva
lasciato scadere il termine di attuazione delle prescrizioni
dell'autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera. Si abbia il
coraggio di dire – aggiunge – che è questa una legge ”ad personam”, firmata
da un ministro (Pecoraro Scanio) che dovrebbe tutelare l'ambiente e la
salute dei cittadini, ma che invece si fa complice dei comportamenti di Illy
e gli offre copertura giuridica e politica, lasciando che i triestini
continuino a respirare i mortiferi lezzi della Ferriera».
l. t. |
Aria inquinata a Muggia,
Ferriera nel mirino -
Il problema specie nella parte Est: odori e fumi non
individuabili. Chiesto il ricollocamento della centralina |
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Il Consiglio
comunale concorda: per dati più verosimili il rilevatore va spostato. Il
Comune sarà coinvolto nella gestione della crisi dell’impianto metallurgico
MUGGIA Ci sono dati scientifici
della presenza di sostante inquinanti nell’aria di Muggia. Il Comune
chiederà lo spostamento dell’attuale centralina di rilevamento per avere
dati più adeguati ma ha anche richiesto alla Regione di partecipare al
previsto incontro fra enti locali in merito all’autorizzazione integrata
ambientale per la Ferriera di Servola.
È stato il sindaco muggesano Nerio Nesladek, ieri nel corso del Consiglio
comunale, a comunicare all’aula le recenti decisioni in merito all’attuale e
dibattuta questione degli inquinamenti dell’aria. Lo spunto è giunto da
un’interrogazione del consigliere Italo Santoro (Insieme per Muggia) che ha
sottolineato l’importanza di controllare scrupolosamente l’aria che si
respira in città, e ha sollecitato l’installazione di nuove centraline di
rilevamento, anche alla luce di frequenti presenze di odori e fumi per ora
non individuabili, che Santoro non sa se fare risalire alla Ferriera di
Servola o all’inceneritore. Il sindaco, rispondendo all’interrogazione, ha
confermato l’intenzione di chiedere uno spostamento dell’attuale centralina,
posta al Molo Balota: «Quell’impianto ci dice ben poco della situazione
reale, essendo spesso spazzato dai venti. Chiederemo all’Arpa di spostarlo,
in modo da avere rilevazioni più adeguate». In merito alla presenza di
sostanze inquinanti nell’aria, il sindaco ha sottolineato che la centralina
attuale non ha rilevato sforamenti rilevanti delle polveri sottili
nell’ultimo anno, ed è volontà dell’amministrazione scoprire l’origine dei
cattivi odori segnalati dal consigliere Santoro. Ma Nesladek ha anche detto
di avere ricevuto due giorni fa, in via informale, dal sindaco di Trieste
Dipiazza la bozza di autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera.
«Non l’avevo mai vista – così Nesladek -. Su due pagine di questo documento
si parla di Muggia e si citano due studi diversi, uno recente dell’Arpa e un
altro fatto da uno studioso di tossicologia nel 2004». «Questi studi – ha
spiegato Nesladek – sono stati svolti con un monitoraggio biologico, ovvero
si è analizzato lo stato di alcuni licheni che hanno la caratteristica di
modificarsi reattivamente in presenza di certe sostanze nell’aria,
soprattutto il biossido di azoto. Quindi sono dati aggiuntivi a quelli delle
centraline ma non sono in grado di dimostrare le cause di questi effetti. Ma
non per questo vanno trascurati».
«È emerso - ha concluso il primo cittadino - che nella parte orientale di
Muggia si sono riscontrate alterazioni medio-alte della naturalità (insomma,
dei licheni) a causa d’inquinanti, che trovano riscontro anche in uno studio
precedente». Nesladek ha pure detto che si tratta del primo dato che giunge
al Comune di Muggia e «che mette per iscritto, con criteri scientifici, i
nostri sospetti di sempre». Già l’estate scorsa sono state fatte valutazioni
dei dati forniti dalla centralina del Molo Balota, ed è stato chiesto
all’Arpa di segnalare tempestivamente ogni anomalia. «Non appena mi è giunta
la documentazione da Trieste - così ancora il sindaco – ho incaricato gli
uffici di fare richiesta alla Regione per essere invitati alla Conferenza
dei servizi che la prossima settimana si esprimerà sull’autorizzazione
integrata ambientale per la Ferriera. Almeno come uditori. Dell’argomento
parleremo nuovamente in Consiglio comunale». E sulle mosse da seguire c’è
già una concordanza di vedute tra i partiti.
Il gruppo di Forza Italia ha presentato proprio ieri una mozione in cui in
parte impegna la giunta a prendere decisioni analoghe a quelle già
annunciate dal sindaco, ma aggiunge anche la richiesta di concordare con gli
altri enti eventuali decisioni in merito all’impianto di Servola.
Sergio Rebelli |
DOLINA -
Successo della raccolta
differenziata Diminuiscono i rifiuti per l’inceneritore |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE
Dall’adozione del sistema di raccolta rifiuti porta a porta, a San Dorligo
della Valle è più che raddoppiata la percentuale dei rifiuti differenziati e
si è conseguentemente ridotta la quantità d’immondizie conferite
all’inceneritore.
Il nuovo sistema di raccolta è partito il primo luglio scorso. Il sistema
prevedeva la consegna (gratuita) a ogni nucleo familiare di tre contenitori:
uno blu da 40 litri per la carta, uno giallo da 120 litri per vetro,
plastica e lattine, uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I
cassonetti vanno tenuti in casa e portati all’esterno della proprietà nei
giorni stabiliti per la raccolta. La raccolta avviene infatti secondo un
calendario ben preciso, con la suddivisione del territorio in specifiche
zone. All’inizio c’è stato un inevitabile periodo di rodaggio e
assestamento. Ora le cose sono quasi a pieno regime. Ma i primi risultati di
questo tipo di raccolta differenziata (unico esempio in provincia) sono
notevolmente positivi, e migliorano di mese in mese.
A luglio su un totale di poco più di 216 tonnellate di rifiuti prodotti,
oltre 180 erano non differenziati e quasi 36 riciclabili, con una incidenza
quindi del 17 per cento. Il mese dopo, a quasi parità di rifiuti
complessivi, 164 tonnellate erano non riciclabili e 51 differenziati, quindi
già un 24 per cento. A settembre piccolo calo complessivo, con 186
tonnellate di rifiuti totali, ma aumento della percentuale di differenziata,
ovvero il 27 per cento (51 tonnellate contro le 135 di non riciclabili). A
ottobre, oltre 204 tonnellate di rifiuti, di cui però quasi 70 tonnellate di
differenziati e più di 134 di non riciclabili. Il che significa che a
ottobre il 34 per cento di rifiuti erano riciclabili, contro una media
mensile di poco inferiore al 15 per cento fino all’anno scorso. L’assessore
Igor Tul commenta: «Siamo molto soddisfatti di questi primi risultati.
Alcune cose sono certamente da migliorare e ottimizzare. Ora stiamo dando
attenzione alle utenze con condizioni logistiche un po’ critiche, come
alcuni condomini o case senza cortile, che non hanno spazi adatti dove
lasciare i contenitori per la raccolta». Ma è anche il raffronto con gli
anni scorsi (negli stessi mesi) a dare esiti interessanti. Da luglio ad
ottobre la differenza tra il 2005 e il 2007 è di ben 261 tonnellate di
rifiuti in meno conferiti al termovalorizzatore. Finora, in media, dal
comune andavano all’inceneritore oltre 2500 tonnellate annue. «La riduzione
dei rifiuti da incenerire è dovuta anche al maggiore uso della discarica
comunale per i rifiuti riciclabili ingombranti o speciali – dice Tul -.
Finora capitava che nei cassonetti finissero anche materiali edili. Di
sicuro il calo sarà ancora maggiore quando saranno tolti tutti i cassonetti
stradali». L’aumento della quantità di rifiuti riciclabili comporterà
gradualmente una riduzione della parte variabile della tariffa sulle
immondizie e quindi un risparmio per le famiglie. Intanto il Comune sta
attendendo un contributo dalla Provincia per poter fornire ai cittadini pure
i composter per ramaglie e foglie. Il contributo servirà anche per il
miglioramento della piazzola ecologica, che sarà tenuta aperta dal lunedì al
sabato.
Sergio Rebelli |
Barrot: Bruxelles pronta a
finanziare la Trieste-Divaccia - In Italia interventi per 5,7 miliardi
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BRUXELLES L'Unione europea
sosterrà finanziariamente soprattutto le opere a carattere transfrontaliero.
Lo ha detto il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, sottolineando
che questa è una caratteristica che, tra i progetti presentati a Bruxelles
dall'Italia, hanno la Torino-Lione, il tunnel del Brennero e la
Trieste-Divaca.
Secondo le informazioni raccolte da diverse fonti, il finanziamento di
queste tre opere sarebbe ormai dato per scontato, ma sui numeri sono ancora
in corso limature che saranno completate nei prossimi giorni. Cioè prima che
le indicazioni della Commissione vengano trasmesse alle competenti autorità
nazionali. Un passaggio che dovrebbe avvenire entro il 20 novembre. Alla
fine, secondo alcuni, l'Italia potrebbe risultare addirittura il maggior
beneficiario dei finanziamenti europei, che complessivamente ammontano a 5,7
miliardi di euro.
Nel corso dell'incontro, Barrot ha poi ricordato che per il finanziamento
delle grandi opere infrastrutturali nazionali l'unica strada al momento
percorribile sembra essere quella del partenariato pubblico-privato. Per
favorire questa formula la Commissione europea intende indicare alcune linee
guida, ma al di là di questo resta la necessità di trovare soluzioni
adeguate al problema dell'assegnazione delle concessioni necessarie ad
assicurare il ritorno degli investimenti.
In questo contesto, il vicepresidente della Commissione ha osservato che
«gli italiani dovrebbero essere disposti a pagare un pò di più il prezzo del
biglietto per avere servizi migliori». Ed anche che le Regioni possono
svolgere un ruolo molto importante «nel mobilitare» interessi e risorse
necessarie per la realizzazione delle grandi opere.
Come dovrebbe avvenire per assicurare lo sviluppo del porto di Genova, uno
scalo che per Barrot «può svolgere un ruolo fondamentale» nell'ambito del
traffico marittimo del Mediterraneo. |
Il rischio rigassificatori |
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Rispondo all’articolo del signor
Clayton J. Hubbard apparso sul Piccolo il 26 settembre 2007 «Rigassificatori
da fare». Il mio articolo era rivolto al vicesindaco Paris Lippi al solo
scopo di sensibilizzare gli amministratori locali a una maggiore riflessione
e attenzione nel proporre un insediamento industriale considerato ad alto
rischio. Comunque leggo che lei concorda con quanto sostiene il vicesindaco
nella nota del 25 agosto pubblicata sul nostro quotidiano locale. Su un
punto sono d’accordo con il vicesindaco quanto dice che Trieste ha perso
molti treni importanti. Ma siamo sicuri che il treno del rigassificatore gnl
è il treno giusto per Trieste? Se così fosse perché non informano la
popolazione sui rischi ai quali è esposta accettando la realizzazione del
rigassificatore invece di sottolineare solo il risparmio economico per
l’intera comunità sul costo energetico e i possibili nuovi posti di lavoro?
Ammesso che ci fosse un considerevole risparmio economico per tutti lei
sarebbe disposto a dormire su una bomba al metano? Perché tutti sono pronti
a giurare sulla sicurezza dei rigassificatori? Se i rigassificatori sono
sicuri perché sono sottoposti alla direttiva Seveso? Una direttiva europea
che è stata recepita in Italia dal dpr 175 del 1988 ha imposto il censimento
degli stabilimenti a rischio con l’identificazione delle sostanze
pericolose. Tra questi impianti sono contemplati anche i rigassificatori che
rientrano quindi negli impianti in cui si svolgono attività a rischio di
incidente rilevante. La nuova tecnologia ci dà una mano sulla sicurezza ma
qualcuno ha mai pensato alla possibilità del rischio attentati oppure a un
eventuale incidente come è successo nel novembre 2002 a Hong Kong dove si è
incendiata la sala macchine di una nave gassiera tenendo con il fiato
sospeso le autorità locali per il pericolo devastante che avrebbe provocato
un’eventuale esplosione nonostante la nave si trovasse a circa 38 chilometri
da Hong Kong... pensate alla distanza che c’è tra la Siot, Muggia e Trieste.
Dopo il referendum sul nucleare, l’Italia non è stata capace di realizzare
un piano energetico nazionale e mi chiedo perché si rivolge proprio a noi
giuliani per recuperare il ritardo storico nel campo energetico. Lei è
sicuramente una persona intelligente e sa che una cosa è il gas di città e
una rete di distribuzione, mentre cosa diversa è il deposito di gas gnl
oppure la nave gassiera gnl.
Da uno studio fatto in America dal Pentagono, l’energia di una gassiera
equivale a quella di diverse bombe atomiche.
Paolo Ruggieri - segretario organizzativo Dc per le autonomie |
Indifferenza sulla Ferriera |
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Ho appena visto la
manifestazione sotto il municipio contro la Ferriera. La cosa che mi ha più
colpito è il menefreghismo generale, c’erano poche persone a far valere i
loro giusti diritti contro l’inquinamento non più sopportabile della
suddetta.
Mi chiedo, ma quei signori che non abitano a Servola (e io sono uno di
quelli), cosa pensano che i miasmi schifosi e inquinanti che vengono fuori
da quel rottame obsoleto, via da Servola si trasformano in ossigeno di
montagna? Ad esempio, tutti gli abitanti di Muggia dov’erano? Quelli di
borgo San Sergio, Valmaura, ecc. hanno il naso otturato? Non arriva anche a
loro la tremenda puzza di uova marce? Posso capire quelli che hanno parenti
che vi lavorano, che fanno finta di niente, ma le altre migliaia che con la
Ferriera non hanno niente a che fare, non gli girano un poco? O pensano solo
e sempre alla tintarella?
Vedete, secondo me è da queste cose che si capisce che qui a Trieste non si
farà mai nulla, come non si ha carattere per protestare contro le
ingiustizie, non lo si ha nemmeno per altre cose. Diventerà una città
pattumiera dove tutti faranno i porci comodi, industriali per primi...
Che tristezza!
Franco Castiglione |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 7 novembre 2007
Ferriera, proroga di 6 mesi
per l’ok ambientale -
Dipiazza attacca Regione e governo: «E’ una
vergogna». La proprietà: «Andiamo avanti con gli interventi» |
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Un decreto
legge firmato da Napolitano allunga i tempi per l’autorizzazione a centinaia
di aziende in tutta Italia, tra cui anche la Servola Spa
Ci sono ancora sei mesi di tempo
per l’autorizzazione integrata ambientale relativa alla Ferriera. Lo
stabilisce il decreto-legge che il Presidente della Repubblica Napolitano ha
firmato il 30 ottobre scorso, su proposta del presidente del Consiglio Prodi
e del ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio. Il nuovo termine è quindi il
31 marzo 2008. |
Il documento, che interessa
centinaia di aziende in tutta Italia (non solo siderurgiche ma anche quelle
chimiche e le centrali elettriche), ha mandato su tutte le furie il sindaco
Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha convocato sul tamburo una
conferenza stampa assieme all’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci.
«Queste documentazioni sono una vergogna nazionale – ha tuonato Dipiazza – e
costituiscono un caso di una gravità assoluta. Nessuno ora potrà più
chiedermi cosa fare della Ferriera. Lo rimando a chi ha voluto questa
proroga, mentre io devo rispondere alla gente di Servola. Ora abbiamo capito
tutti – ha aggiunto il sindaco visibilmente arrabbiato –. Quando dicevo che
c’erano di mezzo poteri forti nessuno mi credeva. Questa è la dimostrazione
della copertura politica. Basta che dalla Regione parta una telefonata al
Governo e viene emanato un decreto, con cui si salva la situazione ma di
fatto si continua ad avvelenare i cittadini».
Dipiazza ha poi rincarato la dose lamentando che l’assessorato comunale
all’Ambiente ha scoperto il provvedimento sul sito del ministero. «Non è
mica arrivato qui – ha osservato ironicamente –. Volete che mi mandino un
decreto che riguarda la salute della citta?».
Leggendo l’articolo secondo cui «gli impianti già in esercizio, per i quali
sia stata presentata nei termini la relativa domanda, possono proseguire
l’attività nel rispetto della normativa vigente», il sindaco ha poi fatto
capire di trovarsi con le mani legate riguardo a un’eventuale provvedimento
che sospenda l’attività della Ferriera: «Anche se domani dovessi dimostrare
la cosa più evidente, poi arriverebbe un altro decreto. Perchè – si è
chiesto Dipiazza quasi sconsolato – devo fare il paladino di una legalità
che non esiste?».
Nella tumultuosa conferenza stampa, il decreto-legge si è intrecciato più
volte con la risposta dell’Azienda sanitaria sull’esame delle rilevazioni.
Risposta che ha fatto infuriare Dipiazza al pari del provvedimento del
Governo.
Una decina di giorni fa il sindaco ha chiesto al direttore generale
dell’Azienda sanitaria, Rotelli, se in base agli ultimi dati dell’Arpa
(polveri sottili e idrocarburi policiclici in settembre) sussista ancora la
«grave situazione di inquinamento» che comporta «la necessità di
provvedimenti atti a ridurre le emissioni a salvaguardia della salute
pubblica».
E Rotelli ha riposto che «la valutazione dei dati relativi al mese di
settembre deve avvenire nell’ambito del tavolo di coordinamento istituito
presso la direzione regionale dell’ambiente».
«Viviamo nel paese delle banane – è sbottato Dipiazza –. Chiedo all’Azienda
sanitaria cosa devo fare riguardo agli sforamenti e mi rispondono:
troviamoci attorno a un tavolo». E domandandosi chi ora si assumerà le
responsabilità verso i cittadini, il sindaco ha concluso annunciando
l’assenza del Comune al prossimo tavolo regionale (previsto il 15 novembre)
e l’invio di tutti i rilevamenti dell’inquinamento alla Procura della
Repubblica.
A complicare il quadro politico sulla Ferriera, intanto, c’è la lettera che
il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio ha inviato al presidente della
Regione Illy (ne riportiamo il testo a fianco). Ma tutto questo non sembra
turbare la Severstal-Lucchini. «Il decreto era atteso – commenta il
portavoce Francesco Semino – perchè in Italia c’è un ritardo generalizzato
su queste autorizzazioni. Noi comunque non restiamo fermi. Gli interventi
previsti dall’autorizzazione per Servola sono per la maggior parte speculari
con le prescrizioni del perito della Procura, Marco Boscolo, che stiamo
attuando sotto il controllo della stessa Procura».
Giuseppe Palladini |
FERRIERA - Barduzzi: «Un
accordo è possibile tra 10 giorni» Rotelli: «Per discutere c’è il tavolo
regionale» |
L’assessore
Moretton replica al ministro: «Ma la Severstal vuole continuare l’attività»
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«Non c’è nessun ritardo da parte
della Regione nella predisposizione dei piani di risanamento dell’aria, in
quanto la legge regionale sull’inquinamento acustico e atmosferico è stata
recentemente licenziata dal Consiglio». È la risposta dell’assessore
regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, alla lettera inviata
alla Regione dal ministro Pecoraro Scanio.
Moretton ricorda che la legge regionale «prevede le modalità e i tempi di
predisposizione dei piani di risanamento dell’aria per tutta la regione», e
quanto alla correlazione fra i piani e la procedura per il rilascio dell’Aia
«al momento - dice l’assessore - sembra non esistere correlazione». Quanto
al protocollo del 2003 sulla Ferriera, Moretton ricorda che quell’accordo
era stato siglato prima dell’arrivo di Severstal, che nel suo piano
industriale ha previsto «di non chiudere la Ferriera nel 2009, ma procedere
ad azioni di risanamento ambientale e di riconversione laddove necessario».
Se Moretton ribatte a Pecoraro Scanio, al direttore dell’Azienda sanitaria
Franco Rotelli spetta invece replicare alle parole pronunciate dal
sindaco Dipiazza. «L’Azienda sanitaria si muove seguendo compiti specifici e
questioni tecniche, che preferiamo portare nei tavoli istituzionali. I
nostri tecnici - dice Rotelli - seguono scrupolasamente la questione, il
Comune è presente al tavolo e qualsiasi delucidazione vista la stretta
periodicità degli incontri può essere data in quella sede».
Definisce necessaria «la proroga per impedire di vedere vanificata la
procedura Aia» il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi). «Non
può esserci adeguamento se non c’è prescrizione, perché a tutt’oggi nessuna
autorità - sostiene - ha concluso tutti i procedimenti pendenti. Parliamo di
ben 8000 procedimenti aperti, che avrebbero portato a una sicura
impugnazione davanti al tribunale».
Per la Ferriera, secondo l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina
Barduzzi non cambia nulla. «E’ facile che nella prossima riunione del
tavolo regionale tra 10 giorni – osserva – si chiuda l’accordo. Siccome il
Comune ha già detto no, non essendoci l’unanimità ora per legge la palla
passa alla giunta regionale». |
FERRIERA - Pecoraro Scanio a
Illy: «Lucchini si impegnò a chiuderla nel 2009» |
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Questo è il testo della lettera
inviata il 31 ottobre dal ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio al
presidente della Regione Riccardo Illy.
Caro Presidente, come Ti è noto, la qualità dell’aria di una parte della
città di Trieste è fortemente condizionata dalle emissioni in atmosfera di
sostanze inquinanti da parte della Ferriera di Servola. La magistratura è
già intervenuta nel recente passato sui gravi episodi di superamento dei
valori di qualità dell’aria che garantiscono la tutela della salute pubblica
soprattutto nelle aree circostanti l’impianto.
Attualmente presso i competenti uffici della Regione é in corso la procedura
per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale dell’impianto. A
tale riguardo risulta ai miei Uffici che la Regione Friuli non ha ancora
predisposto il piano di risanamento della qualità dell’aria,obbligo previsto
dal D.Lgs. n.51/99. Il piano che la Regione avrebbe dovuto predisporre già
dal 2003 costituisce a mio parere uno strumento indispensabile sia per
l’individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti
necessarie a conseguire gli standard di qualità posti a protezione della
salute umana e dell’ambiente, sia per individuare le misure idonee al
conseguimento di tali obiettivi.
In particolare il piano costituisce fondamentale presupposto per il rilascio
delle Aia in quanto da esso dovrebbero emergere specifiche indicazioni
riguardo le riduzioni attese da ciascun settore energetico. Nel merito
specifico dell’impianto di Servola devo evidenziare che un apposito
protocollo sottoscritto dalla Lucchini Spa, dagli Enti locali, dalla
Regione, dall’allora Ministero delle Attività produttive nel 2003 prevedeva
un preciso impegno delle proprietà a dismettere l’intero stabilimento entro
il 2009. Tale accordo andrebbe comunque onorato dalla Lucchini Spa e l’Aia
regionale dovrebbe definire le modalità di dismissione dell’ impianto nei
termini concordati, unitamente a quelle di bonifica e di messa in sicurezza
del sito. Sin da ora Ti rappresento la piena collaborazione del mio
Ministero in ordine alle iniziative che la Tua regione vorrà adottare in
merito.
Alfonso Pecoraro Scanio |
Rifiuti, cassonetti «lignanesi»
disorientano i muggesani |
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MUGGIA
Desta ancora qualche perplessità tra i muggesani l’indicazione apposta sui
cassonetti che invitano a depositarvi «solo rifiuto secco», ma anche le
scritte con riferimento alla città di Lignano. Il motivo di queste ultime è
presto detto: i cassonetti erano usati in precedenza a Lignano Sabbiadoro
(da qui lo stemma comunale e la scritta sull’adesivo frontale) e
curiosamente questo modello di cassonetti è brevettato proprio col nome di «Lignano»,
che appare sulle targhette metalliche sul fianco, accanto al numero di
serie.
Ma la distinzione «rifiuto secco» (tradotto anche in tedesco e inglese) è
ancora lontana dalle abitudini dei muggesani e dalla realtà locale. A
Lignano invece la differenziazione è diffusa già da tempo e vale anche per i
turisti stranieri. E a Muggia, soprattutto nei primi giorni, si vedevano
sguardi un po’ disorientati della gente, intenta a chiedersi se vi si può
introdurre il solito sacchetto con le immondizie di casa. L’assessore Piero
Veronese spiega: «La ditta deve rifare ancora tutti gli adesivi da applicare
ai cassonetti, su cui sarà indicato l’uso corretto e, come è giusto che sia,
il simbolo del Comune di Muggia». A poco più di un mese dall’avvio del
servizio gestito da Ecoverde, le cose sono tornate alla normalità o quasi.
«Mancano ancora i contenitori per le pile» dice Veronese.
s.re. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 6 novembre 2007
Grande viabilità, disponibili
i 9 milioni - Si allontana definitivamente il rischio di ritardi al
cantiere dovuti alla mancanza di liquidità |
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L’amministrazione municipale restituirà i soldi non appena questi
arriveranno da Roma
La Regione
anticiperà al Comune l’ultimo stanziamento atteso dall’Anas
L’ultimo ostacolo che avrebbe
potuto frapporsi al completamento della Grande viabilità nel termine
previsto, quello di fine ottobre 2008, è stato superato: non ci saranno
ritardi nel cantiere, non a causa dei finanziamenti. Nella stessa mattinata
di ieri la giunta regionale da una parte e quella comunale dall’altra, con
due distinti provvedimenti, hanno infatti formalizzato quella che in pratica
sarà una partita di giro fra Anas e amministrazioni: cosa che permetterà al
Comune di avere subito disponibili gli ultimi nove milioni di euro che la
scorsa primavera era emersa la necessità di reperire.
I fondi permetteranno in sostanza di adeguare l’infrastruttura alle più
recenti normative comunitarie in materia di sicurezza. Già lo scorso giugno
era arrivata dal governo l’assicurazione della copertura finanziaria,
attraverso l’Anas. Fino a ieri restava però aperto il problema dei tempi: i
soldi infatti arriveranno da Roma nel corso dell’anno prossimo. Proprio per
evitare problemi di liquidità di cassa ed eventuali ritardi nel cantiere,
ieri la Regione ha deliberato di anticipare i nove milioni al Comune. Mentre
la giunta municipale ha approvato lo schema di convenzione in base al quale,
non appena riceverà i soldi dall’Anas, li girerà alle casse della Regione.
«L’anticipo dei nove milioni è stato deciso nell’ottica di non bloccare il
cantiere nemmeno per un giorno», rimarca l’assessore comunale ai lavori
pubblici Franco Bandelli. Mentre l’assessore regionale ai trasporti Lodovico
Sonego esprime «grande soddisfazione per una erogazione che consente il
completamento delle gallerie della Grande viabilità». Sonego ricorda
peraltro come ci siano stati «momenti di apprensione un paio di anni fa,
quando si temeva il blocco dei cantieri» dopo che nel marzo 2006 era emersa
la mancanza di una quarantina di milioni senza i quali l’opera si sarebbe
fermata nel giro di poche settimane. «Con la Finanziaria nazionale 2007 -
aggiunge Sonego - il problema è stato affrontato con serietà e
disponibilità. E i risultati si vedono. Questa è una conferma dell’impegno
del governo per il Friuli Venezia Giulia e per Trieste», chiude l’assessore
regionale.
I nove milioni di euro che perverranno al Comune serviranno nello specifico
all’adeguamento dell’impiantistica nelle gallerie attualmente in costruzione
nell’ambito del secondo stralcio del terzo e ultimo lotto del collegamento
stradale Molo Settimo-Cattinara. L’impiantistica, si diceva, verrà modulata
sulle più recenti normative comunitarie ponendosi al contempo in linea con
quella prevista nel tratto Lacotisce-Rabuiese.
Come viene precisato in una delibera assunta la scorsa estate dalla giunta
comunale, l’ultimo stanziamento ha portato la spesa complessiva della
Cattinara-Padriciano alla quota di 223 milioni 79 mila 28 euro: ai 174
milioni inizialmente arrivati dallo Stato attraverso la Regione, si sono
aggiunti i 40 milioni assicurati a inizio anno dal governo e infine,
appunto, gli ultimi nove.
Dal punto di vista amministrativo si chiude così una vicenda che risale ai
tempi di Riccardo Illy sindaco, quando l’allora premier Massimo D’Alema
promise i 300 miliardi di lire allora stimati necessari per avviare il
cantiere dell’ultimo tratto della Grande viabilità. La gara d’appalto si
concluse nel luglio del 2002 con l’aggiudicazione dei lavori - tra ventidue
concorrenti - all’Ati (associazione temporanea) costituita dalle imprese
Collini Rabbiosi e Cossi, che aveva proposto un ribasso del 32,8% rispetto
alla base d’asta fissata in 121 milioni di euro.
I costi in seguito sono lievitati causa le nuove normative cui adeguarsi, e
anche per la difficoltà di operare nella roccia carsica, sventrata anche a
forza di cariche esplosive.
Paola Bolis |
SAN DORLIGO
DELLA VALLE -
Assemblea pubblica sulla nuova autostrada |
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Stasera alle 20 al Centro Anton
Ukmar–Miro di Domio, si terrà un’assemblea pubblica sul tema: «Nuova
autostrada Lacotisce-Rabuiese, tratto Domio-Lacotisce-Mattonaia, lavori
conclusivi, barriere antirumore e arredo urbano». Si tratta di una riunione
voluta e organizzata dai comitati locali, assieme al Comune di San Dorligo
della Valle, per affrontare coi rappresentanti della Ditta Collini (che sta
costruendo la superstrada) i lavori di arredo urbano, le barriere
antirumore, i marciapiedi e le altre migliorie alla viabilità e all’impatto
visivo, previsti nella zona di Domio al termine della costruzione della
bretella autostradale.
Nel corso dell’incontro si farà anche il punto sullo stato di avanzamento
dei lavori, cercando di risolvere altre criticità dell’intervento
nell’abitato, tentando di ridurre disagi e di ottimizzare gli interventi.
s.re. |
Ortis: necessari i
rigassificatori nel golfo di Trieste -
Promosso il
piano energetico regionale: «Coerente con gli obiettivi nazionali e europei»
|
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Il
presidente dell’Authority per l’energia a Villa Manin. L’assessore regionale
all’Energia Sonego: «Risparmi dall’elettrodotto Redipuglia-Udine»
UDINE «L'energia in Italia
dipende troppo dal mercato del petrolio». A ribadirlo il presidente dell'
Autorità per l'energia elettrica, Alessandro Ortis, concludendo i lavori del
convegno «Energie rinnovabili, opportunità di sviluppo sostenibile in Friuli
Venezia Giulia», organizzato dalla Cassa di Risparmio del Fvg a Villa Manin.
Ma ha anche promosso la politica energetica della regione «si colloca in una
linea complessivamente coerente con gli obiettivi nazionali ed europei».
Ricordando poi l'impegno della Regione per lo sviluppo delle strutture
energetiche, per il miglioramento dei rapporti con le vicine repubbliche di
Austria e Slovenia, il presidente dell'Autorità ha ribadito che «si tratta
di scelte necessarie all'intero sistema nazionale ed europeo».
In particolare, Ortis si è riferito allo sviluppo degli elettrodotti con
Slovenia e Austria e ai rigassificatori nel Golfo di Trieste. «Si tratta di
strutture importanti non solo per i problemi energetici di quest'area, ma di
interventi che hanno rilievo sia per la diversificazione delle forniture di
gas sia per quanto riguarda la sicurezza dell'alimentazione». Nell’occasione
l'assessore regionale all'energia Lodovico Sonego ha illustrato il nuovo
piano energetico regionale (Per) e ha parlato dei prossimi progetti
infrastrutturali. «Per la realizzazione del nuovo elettrodotto tra
Redipuglia e Udine Terna smantellerà 2,3 km di vecchi elettrodotti per ogni
chilometro di nuova struttura».
«Nonostante questo saldo positivo eclatante - ha proseguito l'assessore -
sono sorti comitati contro quest'opera e quattro sindaci non hanno firmato
il protocollo d'intesa. Noi andremo avanti lo stesso».
Sonego ha detto che il Piano energetico regionale «punta a risolvere i
problemi delle industrie e delle famiglie». Si tratta di rendere più
efficiente il sistema regionale, di raccordarlo meglio con le vicine
repubbliche di Slovenia e Austria, di inserirlo in un contesto europeo, di
integrarlo con «una corretta politica che consideri le energie alternative
ma anche che sfrutti le opportunità che ci giungono dai rigassificatori».
Per Ortis bisogna sviluppare i contributi di varie fonti energetiche,
immaginando politiche energetiche che consentano di diversificare. In tal
senso possono giocare un ruolo importante anche le energie rinnovabili, ma
in particolare un uso razionale dell'energia che, per Ortis, è la «fonte
virtuale più virtuosa che esiste». Il risparmio non va inteso, secondo il
capo dell'Authority,come privazione, ma come un modo per ottenere gli stessi
vantaggi dell'utilizzo consumando meno energia.
Ortis non ha, invece, voluto esprimersi sull'opzione nucleare. «All'Autorità
- ha tagliato corto - non compete fare politica energetica. A ciò sono
preposti il Governo, il Parlamento e l'opinione pubblica». «La situazione
dell'approvvigionamento di energia – ha aggiunto il presidente dell'Autorità
- merita tutta l'attenzione che il Governo sta dando. L’approvvigionamento
dell'Italia è sotto controllo e le famiglie possono stare tranquille, ma
molto dipenderà dall'andamento climatico del prossimo inverno». D'accordo
sulla necessità di impegnarsi tutti insieme, dalle industrie, alle
istituzioni, ai cittadini, per un utilizzo migliore dell'energia si è detto
anche il presidente degli industriali udinesi, Adriano Luci.
c.t.p. |
LA REPUBBLICA -
LUNEDI', 5 novembre 2007
Sull'eolico ambientalisti senza
pace: ora è scontro anche nell'oasi Marche
Due anni fa un progetto simile
era stato salutato con favore come un esempio da seguire - Ora invece le
organizzazioni, già protagoniste di diversi "duelli", si danno battaglia
La Regione ha
adottato un piano energetico innovativo, apprezzato da Legambiente e Greenpeace
Ma
sull'Appennino sono previsti due impianti a pale contestati da Wwf, Italia
Nostra e altre associazioni
ROMA - Doveva essere la
frontiera della pace ritrovata, si sta trasformando in una nuova trincea di
guerra. La progettazione di due impianti eolici nelle Marche rischia di tornare
a inasprire le divisioni dell'universo ambientalista su come, quando e dove
costruire le grandi pale per ricavare energia dalla forza del vento.
Da una parte Italia Nostra, Wwf, Lipu, Comitati nazionali del paesaggio e Club
alpino italiano, fermamente decisi a difendere la bellezza dell'Appennino
maceratese e a impedire la nascita di due nuove centrali nella Comunità montana
di Camerino, a ridosso dei comuni di Serravalle di Chienti, Montecavallo e Pieve
Torina. Dall'altra parte Legambiente e Greenpeace, convinte invece che il
passaggio a un sistema energetico sostenibile valga qualche piccolo sacrificio a
spese della bellezza delle vallate.
Il conflitto in corso sui progetti marchigiani non è certo l'unico e neppure il
più duro: recentemente i due fronti si sono dati battaglia in Toscana, dove il
Tar su richiesta di Italia Nostra ha fermato l'impianto di Scansano,
costringendo Legambiente a costituirsi parte civile davanti al Consiglio di
Stato; in Molise, dove al centro dello scontro c'è il primo progetto di eolico
offshore in Italia; sui monti del Sannio, all'incrocio tra Molise, Puglia e
Campania, dove la contrapposizione riguarda la possibilità di impiantare sedici
torri.
Inoltre, ad allontanare ancora di più i due schieramenti, il giro di vite
imposto dal ministero dell'Ambiente per l'introduzione dell'eolico. Se il fronte
dei critici ha salutato l'iniziativa con favore, Legambiente e Greenpeace hanno
avuto la reazione opposta, scrivendo un'allarmata lettera congiunta al ministro
Pecoraro Scanio.
Lo scontro delle Marche rispetto agli altri ha però un grandissimo valore
simbolico. Poco più di due anni fa i criteri scelti nella regione per sfruttare
il suo potenziale eolico erano stati salutati infatti da Wwf e Legambiente come
"la lezione marchigiana" e "il decalogo di Fiuminata". In vista della
progettazione di un impianto nel piccolo comune al confine con l'Umbria, non
distante dal luogo dove dovrebbero sorgere gli altri due ora al centro della
polemica, le due associazioni ambientaliste e un gruppo di parlamentari avevano
sottoscritto insieme alle istituzioni locali un "decalogo dell'eolico
sostenibile" che aveva messo finalmente tutti d'accordo. Al centro dell'intesa
c'era in particolare l'impegno del Comune a garantire il controllo rigoroso
dell'impatto ambientale e paesaggistico e l'utilizzo di parte delle risorse
ricavate in politiche di sviluppo sostenibile.
I progetti in ballo nella Comunità montana di Camerino paradossalmente
rafforzano ulteriormente quei criteri, ma quella che era stata ribattezzata "la
pax ecologica" ha lasciato ora il posto a una dura contrapposizione.
"Si tratta di due impianti che dovrebbero sorgere in un'unica macroarea, uno
composto di sette macchine da due megawatt ciascuna e un altro da diciassette
macchine, anche queste da due megawatt ciascuna", spiega Andrea Perduca,
responsabile dell'eolico per la Sorgenia. "Uno dei due è nostro - racconta
ancora - l'altro è gestito direttamente da una Srl creata dalla Comunità
montana. Ora le carte sono al vaglio della commissione regionale per la
valutazione di impatto ambientale, che deciderà a giorni. Noi siamo tranquilli
perché la scelta del territorio non è stata casuale, ma rientra in uno dei rari
casi di pianificazione regionale".
A individuare la zona in questione è stato infatti il Pear delle Marche, il
Piano energetico ambientale regionale, dopo un lungo lavoro preparatorio.
"Abbiamo tenuto conto di tutti i vincoli presenti sul territorio, degli studi
commissionati alle università regionali sul valore botanico delle zone e anche
della presenza faunistica, compresa la valutazione delle rotte migratorie degli
uccelli", ricorda la responsabile del Pear, l'architetto Silvia Catalino. Un
piano, caso più unico che raro, che punta molto, fissando quote e percentuali,
su microproduzione distribuita, fonti rinnovabili e cogenerazione, impegnando
chi realizza le nuove centrali a reinvestire gli utili nella valorizzazione del
territorio.
Linee di intervento, concorda Edoardo Zanchini di Legambiente, che sono da
sempre cavalli di battaglia degli ecologisti. "Francamente prendersela con le
Marche mi pare dura", aggiunge cercando di non infiammare gli animi ancora di
più. Ancora più netto il giudizio di Giuseppe Onufrio di Greenpeace: "Le grida
contro l'eolico sono voci a favore delle tecnologie fossili se non del nucleare
e come tali le attacchiamo decisamente. Si possono mitigare alcuni impatti, ma
ribadiamo un concetto fondamentale per noi: i cambiamenti climatici sono la
priorità ambientale in assoluto e queste posizioni contro l'eolico sono
antiambientali".
Ma il punto di vista del Wwf è un altro. "Vale per l'eolico quello che diciamo
anche per i rigassificatori e per le altre infrastrutture energetiche: non si
può andare avanti senza una seria pianificazione nazionale", osserva il
segretario generale Michele Candotti. "Per questo - aggiunge - ci accingiamo a
presentare un documento la cui bozza abbiamo già inviato a enti centrali e
locali per instaurare degli strumenti di valutazione che tengano conto della
potenza degli impianti, del loro impatto sul territorio e dell'interazione con i
vincoli che insistono sulle varie zone. In un Paese che procede per conflitti
ideologici, la nostra vuole essere anche una provocazione, offrendo uno
strumento di pianificazione che consenta di fare finalmente le cose per bene".
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO -
LUNEDI', 5 novembre 2007
Metro leggera anche per il
Porto: servono 15 milioni
- Boniciolli
sposa l’opera voluta dalla Provincia. Domani presenterà il progetto ai
vertici delle Ferrovie |
|
Ultimato il
secondo studio degli esperti dell’ateneo. Lungo le linee tra Campo Marzio,
Muggia e Opicina potranno viaggiare anche le merci
Servono 15 milioni di euro per
mettere in funzione la metropolitana leggera nelle linee Muggia-Campo Marzio
e Campo Marzio-Villa Opicina. Tratte destinate a servire il traffico
passeggeri ma anche quello merci nell’ottica del potenziamento dei traffici
portuali. Domani il presidente dell’Authority Boniciolli chiederà alle
Ferrovie di partecipare al progetto. |
In due o tre anni, una volta
reperiti i fondi, potrebbero essere realizzati i primi due lotti del
progetto: la linea Campo Marzio-Noghere, e poi la Campo Marzio-Opicina. È un
piano a medio termine invece - sebbene compreso nei 15 milioni necessari -
il terzo lotto, che prevede di attrezzare per il trasporto passeggeri la
galleria di cintura: ciò che consentirebbe di collegare la linea urbana alla
Trieste-Ronchi nell’ambito della metropolitana regionale
Ronchi-Trieste-Capodistria.
Interventi e costi definiti, e la conferma di un elemento importante: che
cioè il recupero delle infrastrutture in funzione di metrò leggero
servirebbe anche a rivitalizzare il trasporto merci su rotaia da e per il
porto di Trieste. Merci che potrebbero viaggiare in particolare nelle ore
notturne. Sono questi alcuni dei punti nodali del secondo studio che la
Provincia ha commissionato al Dipartimento di ingegneria civile e ambientale
dell’Ateneo cittadino. Redatto in collaborazione con la dirigenza locale di
Rfi (Rete ferroviaria italiana), lo studio «non solo ha riconfermato la
fattibilità dell’operazione», dice l’assessore provinciale ai trasporti
Ondina Barduzzi, «ma ne ha anche individuato priorità e potenzialità». In
prima fila, appunto, il convergere dell’interesse di Palazzo Galatti per il
trasporto pubblico, e di quello dell’Autorità portuale per le merci.
Inoltre, aggiunge Barduzzi, «alcuni interventi sono già previsti nei
programmi di Rfi». La priorità della Provincia è la Campo Marzio-Muggia,
utile anche per porto e Ezit. Il secondo passo sarebbe la Campo
Marzio-Opicina. Sono già stati chiesti al Fondo Trieste 750 mila euro con
cui Palazzo Galatti realizzerebbe il collegamento con il terminal di
Fernetti, così da avere un’area retroportuale servita da rotaia.
Domani il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli, nell’ambito di una
serie di appuntamenti a Roma, incontrerà l’amministratore delegato di Rfi
Mauro Moretti per discutere di vari temi: tra questi, il metrò leggero.
Boniciolli illustrerà il progetto chiedendo che Rfi si inserisca nel
protocollo d’intesa siglato in giugno fra Provincia, Ezit e Autorità.
Obiettivo, allargare «il forte lavoro di sinergia» tra enti sin qui attuato,
dice Barduzzi. «Questo progetto - commenta Boniciolli - è di grandissima
importanza anche per l’Authority, cui interessa tutta la corona di stazioni
che stanno intorno a Trieste e dalle quali si può alimentare il traffico
ferroviario verso lo scalo. Ci interessano le merci, con lo sbocco verso
l’Est e la Slovenia: a Moretti parlerò dei sei chilometri di binari mancanti
per collegare gli scali di Trieste e Capodistria. Ma l’interesse del
tracciato, capace di trasportare sia merci che persone, è anche in chiave
turistica: Capodistria sta costruendo il nuovo terminal passeggeri, e con
l’apertura completa delle frontiere possiamo iniziare davvero a pensare che
ogni nave che attraversa il canale di Otranto possa essere ”acquisita”
dall’Alto Adriatico».
L’obiettivo di inserire Rfi nell’accordo di programma è di tipo economico:
«Potremmo richiedere a Rfi di anticipare alcuni interventi che già ha in
programma», commenta Barduzzi. I 15 milioni restano infatti in gran parte da
reperire: l’Ap dà «pieno sostegno politico e progettuale», ribadisce
Boniciolli, ma sul fronte economico per ora deve curare la propria rete
interna di binari. La Provincia intende rivolgersi però a Rfi e al ministero
delle Infrastrutture, puntando sull’importanza della linea per il porto. In
futuro, soprattutto per la galleria di cintura potrebbe intervenire la
Regione. Regione la cui nuova legge sul trasporto pubblico locale, annota
Barduzzi, ha inserito a livello di gestione anche il trasporto su rotaia: i
fondi per la gestione della metropolitana non mancherebbero. |
Paola Bolis
La priorità è il collegamento
con Muggia - Chiesti al Fondo Trieste 750mila euro per collegare ai binari
il terminal di Fernetti |
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Uno degli elementi-chiave dello
studio redatto dall’Università, e presentato nei giorni scorsi
dall’assessore Ondina Barduzzi ai presidenti della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat, dell’Authority Claudio Boniciolli e dell’Ezit Mauro Azzarita,
sta nel fatto che i lavori sugli impianti ferroviari utili ai traffici del
porto «consentirebbero di per sé di configurare, con il solo costo
aggiuntivo delle fermate, una prima ipotesi di servizio di trasporto
urbano», anche se limitato all’area Campo Marzio-Muggia-Opicina senza
toccare Ronchi da una parte e Sesana dall’altra.
Questo fattore vale in primo luogo per la prima tratta che alla Provincia
preme, la Campo Marzio-Noghere/Muggia. Si tratta qui di realizzare
interventi che vanno dalla risagomatura della galleria di Monte San
Pantaleone alla realizzazione di nuovi impianti elettrici. La linea
partirebbe da Campo Marzio, fermerebbe fra l’altro alle Torri d’Europa e
allo stadio Rocco, in zona Ezit - novemila le persone che qui lavorano, e
che dunque sono potenzialmente interessate al collegamento - per arrivare
alle Noghere. Di qui, nell’ambito di una futura metropolitana
interregionale, il trasporto potrebbe proseguire fino a Capodistria.
L’altra linea - che lo studio dell’Università contempla come secondo lotto
del progetto - è la Campo Marzio-Opicina, che richiede tra l’altro un minore
numero di interventi. Il treno passerebbe - fermandosi - per San Giacomo,
Guardiella, area Università, nuova sede della Sissa al Santorio, dov’è
prevista la realizzazione di una nuova fermata. Inoltre, con i 750mila euro
richiesti al Fondo Trieste verrebbe realizzato il collegamento con il
terminal di Fernetti. Anche questa linea, spiega l’assessore provinciale
Ondina Barduzzi, può avere uno sviluppo oltreconfine: «Nel piano regolatore
del Comune di Sesana questo collegamento è già previsto. Ci sono due
possibilità: il riatto della vecchia ferrovia o la costruzione di nuovi
binari» che si allaccino a quelli della metropolitana leggera.
Il terzo lotto del progetto redatto dall’Università riguarda la galleria di
cintura che collega Campo Marzio a Roiano e Barcola, dove si riallaccia al
tracciato per Udine e Venezia. L’intervento previsto è quello di attrezzare
e abilitare la galleria anche per il traffico passeggeri, così da
utilizzarla sia da parte dei treni RoLa, quelli della cosiddetta «autostrada
viaggiante» Trieste-Salisburgo, sia per il trasporto pubblico. In questo
modo un domani la metropolitana leggera potrebbe prevedere delle fermate in
corrispondenza di piazza dei Volontari giuliani e di Roiano, due dei rioni
toccati dalla galleria. |
INTERMODALITA' - E dalle
Noghere un servizio di autobus a chiamata |
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Trasporto pubblico locale: quale
rapporto tra la metropolitana leggera - se questa verrà realizzata - e gli
autobus? Lo studio commissionato dalla Provincia al Dipartimento di
ingegneria civile e ambientale dell’Ateneo cittadino osserva che i servizi
su gomma oggi risultano «particolarmente apprezzati per la loro capillarità
spazio-temporale», cioè per le zone che raggiungono e la frequenza con cui
transitano, e dunque «andrebbero mantenuti ai livelli attuali per non
favorire le modalità di trasporto alternative» come l’auto privata. In ogni
caso, il servizio su ferro non può risultare «sostitutivo» di quello su
gomma, ma può invece «rinforzare collegamenti giù esistenti».
Parte del servizio tradizionale però potrebbe essere sostituito da un
servizio di bus a chiamata. Lo studio comprende infatti anche una prima
valutazione dell’ipotesi, concentrandola nel Comune di Muggia. La
metropolitana leggera si fermerebbe alla stazione di Noghere: proprio per
questo, viene proposto «l’avvio sperimentale» di un servizio che farebbe
capo all’attuale capolinea della linea 20 a Muggia. Si tratterebbe di un
servizio aggiuntivo, non alternativo a quelli attuali, mirato a collegare -
a richiesta, appunto - il capolinea della metropolitana delle Noghere
all’area di Muggia: partenza, arrivo, orari e percorsi sarebbero determinati
di volta in volta sulla base delle richieste dei cittadini.
Quanto alla metropolitana che dovrebbe collegare Muggia a Campo Marzio - e
che servirebbe anche al trasporto merci, come rilevato dal presidente dell’Authority
Claudio Boniciolli - la frequenza minima ritenuta necessaria per rendere
appetibile il servizio è di trenta minuti. In ogni caso, avverte lo studio,
per riuscire a invertire la tendenza a spostarsi in auto o altri mezzi
privati e invogliare all’utilizzo del trasporto pubblico resta
indispensabile una «pianificazione a livello di sistema» integrato:
interventi singoli e «parziali» non porteranno alcun cambiamento nel modo di
muoversi della cittadinanza. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 4 novembre 2007
Ravignani: «Vicino agli
operai della Ferriera ma anche l’ambiente deve essere tutelato» |
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Celebrazioni per San Giusto:
nell’omelia del vescovo anche le nuove prospettive di sviluppo della città
Le incertezze legate al destino della Ferriera di Servola e le speranze
riposte nelle nuove prospettive di sviluppo che si aprono alla città, ma
anche il complesso rapporto tra fede e scienza e gli altrettanto delicati
equilibri tra Stato e Chiesa. Ha toccato i temi centrali per il futuro di
Trieste e le sfide più alte con cui è chiamata a confrontarsi l’intera
comunità cristiana, l’omelia tenuta ieri mattina in cattedrale dal vescovo
durante il Pontificale che celebra la figura del patrono San Giusto.
Un intervento che ha ribadito, se mai ce ne fosse stato bisogno, la capacità
di Eugenio Ravignani di farsi interprete delle inquietudini che turbano il
suo «gregge». «L’amore di un vescovo è la sua città. E il mio amore è
proprio Trieste - ha affermato il vescovo davanti a centinaia di fedeli che,
assieme alle autorità civili e militari, hanno affollato la cattedrale -.
Perciò non posso non sentire come mie le forti preoccupazioni di tanti
lavoratori di una grande industria che temono per la perdita del posto di
lavoro e vedono assai problematica una riconversione della loro
professionalità in un impiego diverso. E con affetto sono accanto alla
sofferenza delle loro famiglie».
Un affetto che va comunque di pari passo con la vicinanza ai residenti,
decisi a difendere il loro diritto alla salute, e con il monito rivolto alle
istituzioni, chiamate a fare squadra per indivudare soluzioni concrete.
«Allo stesso tempo - ha continuato monsignor Ravignani - non posso non
condividere i timori di chi vede pericolosamente alterarsi la purezza del
clima in cui respirare e vivere con i propri figli. Mi sento inoltre di
esprimere vivissima gratitudine a coloro che, nella loro responsabilità di
pubblici amministratori e imprenditori, continueranno a impegnarsi perchè
sollecitamente siano fugate incertezze e dubbi nella soluzione di una
difficile composizione tra legittime, diverse esigenze».
Ma nella solennità di San Giusto, «figura che ha segnato la storia della
prima esperienza cristiana a Trieste», è arrivato anche un messaggio carico
di speranza: la città, ha sottolienato il vescovo, potrà vivere una nuova
stagione positiva se solo saprà cogliere le opportunità legate alla caduta
dei confini e valorizzare i suoi punti di forza. «Guardo con viva fiducia
alle nuove prospettive che aprono, o meglio riaprono, la città ad un respiro
internazionale - ha sottolienato Ravignani -, mentre importanti strutture
stanno riprendendo vigore e sono promessa di reale rilancio nel campo
dell’economia e del lavoro, condizione di una reale prosperità che sia
condivisa da tutti i cittadini. Provo ammirazione poi per la prestigiosa
presenza e l’intensa attività dei tanti istituti scientifici. Sono un onore
per la nostra città ed auspico che tra essa e il mondo della scienza si dia
vita ad un dialogo permanente e proficuo».
Dal canto suo però, ammonisce il vescovo, la scienza non deve diventare
strumento per arrivare alla negazione della fede: religione e progresso non
vanno infatti messe in competizione, ma riconosciute come due distinte e
altrettanto preziose «forme del conoscere», basate su un «diverso accesso
alla verità». Allo stesso modo va difesa la corretta convivenza tra Stato e
Chiesa, perchè «solo una malintesa laicità può voler relegare la Chiesa
nella sfera del rito e della devozione e la fede nell’ambito di una mera
esperienza privata e personale. La laicità vera - ha concluso Eugenio
Ravignani - è garanzia di spazio etico in cui le religioni possono e debbono
trovare espressione in piena libertà, senza subire condizionamenti da
culture o poteri dominanti».
Maddalena Rebecca |
IL PICCOLO -
SABATO, 3 novembre 2007
Ferriera, la Regione chiede
aiuto al ministero dell’Ambiente - Dopo il primo no dell’anno scorso
Moretton sollecita la risposta alla nuova domanda |
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Nell’ambito
delle procedure per l’autorizzazione integrata doppio appello allo Stato per
decidere sul futuro dell’impianto di Servola
Sull’ingarbugliata vicenda della
Ferriera pende anche, e ancora, una risposta del ministero dell’Ambiente. La
Regione ha per due volte chiesto un accordo speciale con lo Stato
nell’ambito delle procedure per la concessione dell’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia). Ha inviato una prima richiesta nel settembre 2006,
ricevendo risposta negativa. Ha ripetuto la domanda nel maggio 2007, e
ancora attende l’esito. Intanto però tutti gli enti chiamati a dare un
giudizio sulla situazione della fabbrica in riferimento ai dati ambientali
hanno rispettato la data che la legge 59 del 2005 sull’Aia indica come
ultimativa per chiudere la pratica (30 ottobre 2007), e non hanno preso -
come si sa - una risoluzione, eccezion fatta per il Comune di Trieste che ha
dato parere negativo.
Ma che cosa chiede la Regione e perché? Si appella al comma 20 dell’articolo
5 di quella legge, il quale prevede che in presenza di «particolare e
rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse
nazionale dell’impianto» si possano fare accordi specifici con lo Stato «al
fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della
collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo
nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali». In questo
caso i tempi per il rilascio da parte della Giunta regionale della
definitiva autorizzazione ambientale passano da 150 giorni a un anno.
L’assessore regionale Gianfranco Moretton lo spiega con pochissime parole:
«Un accordo che consente di avere contributi ministeriali, la richiesta era
motivata dal fatto che la situazione triestina non è delle più semplici».
Nel frattempo sempre la Regione deve predisporre il «piano dell’aria», per
sapere il livello complessivo di inquinanti in una certa area - lo ha detto
proprio il ministero -, altrimenti non sarà in grado di fissare i limiti
della singola azienda, in questo caso della Ferriera di Servola, nel
documento autorizzativo.
Due punti di domanda, dunque, a lunga scadenza, mentre per l’Aia (una
autorizzazione ambientale che di fatto, dice la legge, sostituisce ogni
altra) tutti gli enti si ritroveranno comunque in conferenza il 15 novembre.
«La Regione questa domanda non la poteva neanche inoltrare» commenta il
consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz, che in una lunga nota parla
del caso-Ferriera come della «storia del sior intento» che «perpetuamente si
ripete senza raccontare, fondamentalmente, nulla».
Dice Metz: «Solo per impianti di grandissima dimensione di può ottenere che
lo Stato si sostituisca alla Regione per l’autorizzazione, e non è il caso
della Ferriera, dove la competenza è proprio solo regionale, e certo la
Regione si trova ora col cerino in mano, anche perché l’Aia non si può
concedere senza avere il piano dell’aria». Il consigliere ripercorre le
vicende complicate della Ferriera criticando il nulla di fatto: «Servolani,
triestini - scrive - cercate di non respirare almeno nei giorni di bassa
pressione quando non soffia la bora, perché fino al 2015 la Ferriera può e
deve continuare a produrre, visto che poi salta sempre fuori chi annuncia
che l’impresa è redditizia, e ricatta la città con la crisi occupazionale».
Una bacchettata anche ai segretari sindacali «che anche in futuro saranno
ancora in attesa delle ricette del piano Gambardella o delle bacchette
magiche dell’Arvedi di turno». Chiude Metz: «La ’’storia del sior intento’’
è cara ai triestini, ma forse qualcuno è stanco e stufo di sentirla».
g. z. |
Laghetti delle
Noghere risistemati a inizio anno - Il Consiglio comunale di Muggia
voterà il progetto a giorni: sbloccati 50mila euro |
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In base al
piano che finalmente vedrà impiegati i fondi regionali l’area sarà ripulita
e recintata: diverrà un’aula naturalistica all’aperto
MUGGIA Partirà agli inizi del
2008 la sistemazione, a fini didattici e naturalistici, dei Laghetti delle
Noghere. Il Consiglio comunale di Muggia voterà il progetto nella seduta
prevista mercoledì.
La zona dei laghetti rappresenta l’ultimo lembo di zona umida di una certa
consistenza nella provincia di Trieste, tanto che la Regione li ha definiti
«biotopo naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42. E,
dal punto di vista naturalistico, il laghetti sono un caso raro, anche
perché la provincia è caratterizzata perlopiù da fenomeni carsici (fiumi
sotterranei) e quindi manca una rete idrografica superficiale. Nell’area,
una valle alluvionale marnoso-arenacea, c’erano impianti di estrazione
dell’argilla. Le cave, una volta abbandonate, nel tempo si sono riempite
d’acqua facendo nascere, appunto, i laghetti. E proprio, la pioggia e le
tracimazioni periodiche del rio Ospo e del suo tributario, il torrente
Menariolo, che attraversano l’area, hanno rinaturalizzato la zona. Ne è nato
dunque un ambiente vivo, con la presenza di numerose specie ittiche, uccelli
e piante, che hanno assunto un notevole pregio naturalistico.
Già alla fine degli anni Ottanta l’area fu soggetta a interventi di pulizia
e riordino parziali, in vista della costituzione di un’oasi naturalistica,
poi mai realizzata. Proprio alla luce del riconoscimento della valenza
geo-ecologica, la Regione nel 2003 ha stanziato 50 mila euro per la
sistemazione dell’area, rimasti però bloccati per la non titolarità del
Comune sull’area. Titolarità risolta solo un anno fa, quando il Comune ha
trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area (all’inizio
sembrava possibile acquisirne solo un terzo) a 37 mila euro, dilazionati in
12 anni, chiudendo così una lunga vicenda (iniziata nel 1983), che aveva
visto, nel tempo, richieste, ripensamenti e persino dimenticanze da parte
(soprattutto) delle amministrazioni succedutesi a Muggia. L’area in totale
misura 93.500 metri quadrati. Un primo progetto per un utilizzo
naturalistico e didattico era stato già elaborato qualche anno fa. Mercoledì
il Consiglio comunale sarà chiamato a votare quello definitivo.
L’assessore allo Sviluppo del territorio Moreno Valentich (Pd-Ds) spiega:
«Si tratta di applicare così il primo finanziamento ottenuto per quell’area.
Dopo l’acquisto, il Comune ha intenzione di fare dei Laghetti delle Noghere
un laboratorio e un’aula ambientalista e di studio all’aperto, in modo che
ornitologi e scuole ne possano usufruire tutto l’anno, per vedere le specie
di piante e animali che vivono o transitano nella zona». In base al
progetto, si provvederà alla pulizia dell’area e soprattutto dei sentieri
(saranno ricoperti di ghiaia) e di parte delle sponde dei laghetti, alla
realizzazione di un cancello d’entrata e alla sistemazione della recinzione
per delimitare la zona. Sono previste anche tabelle d’indicazione a fini
didattici. Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva,
con nuovi finanziamenti. «Dopo l’approvazione del progetto in aula –
continua Valentich – si potrà andare in gara. Si prevede che i lavori
potrebbero iniziare entro la primavera prossima, rispettando anche il
calendario naturalistico».
Sergio Rebelli |
Ambiente e sviluppo, parte la
settimana dell’educazione |
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TRIESTE «Alt ai cambiamenti
climatici! Riduciamo la CO2». È il titolo della seconda edizione della
Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile che, inquadrata nella
campagna promossa dall’Unesco, si terrà dal 5 all’11 novembre in molte
località del Friuli Venezia Giulia. Il programma predisposto dal Laboratorio
regionale di educazione ambientale prevede, tra l’altro, tre confronti già
lunedì a Villa Manin su stato dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia,
cambiamenti climatici gestione delle acque; una tavola rotonda a Trieste
sugli ecovillaggi e un’altra a Gorizia con Luca Mercalli.
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I pescatori: no al parco di
Arbe - Manca il regolamento delle attività consentite. L’area marina a
difesa della colonia di delfini |
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Anche gli amministratori
pubblici temono troppi divieti |
FIUME Incontra sempre più
oppositori la riserva per delfini, proclamata nel luglio 2006 dal ministero
della Cultura e che riguarda uno specchio di mare fra le isole
altoadriatiche di Veglia, Cherso, Lussino e Pago.
L’area in questione si estende su una superficie di ben 540 chilometri
quadrati, in cui vive una consistente colonia di delfini, che secondo stime
molto attendibili conterebbe almeno cento esemplari. Anni fa,
l’organizzazione ambientalista lussignana Plavi Svijet (Mondo blu) aveva
avviato l’iniziativa per rendere questa porzione del Quarnerolo una zona in
regime di tutela per i delfini, proposta che è stata accettata a Zagabria.
Anche se fino a questo momento non è stato formulato ancora il regolamento
sulle norme da osservare nella riserva (regolamento da apportare entro il
2009), i pescatori della regione quarnerina – supportati dai colleghi
istriani e dalmati – si sono espressi senza mezzi termini contro la zona
protetta, temendo che possa limitare o persino impedire la loro attività.
Proprio in questi giorni la presa di posizione dei pescatori ha avuto il
sostegno della giunta comunale di Arbe, che ha votato una delibera con cui
si chiede al competente dicastero di cassare la decisione sull’istituzione
della riserva. L’esecutivo arbesano ha voluto così ingrossare le fila delle
autonomie locali e delle associazioni, motivando tale mossa con le
preoccupazioni che la riserva possa nuocere non solo ai pescatori, ma anche
al turismo, alla nautica da diporto, ai ristoratori e a tutti quei settori
economici di vitale importanza per le sorti della regione insulare
quarnerina. Secondo la giunta (e la tesi è sposata in pieno dai pescatori),
lo studio sulle minacce cui andrebbero incontro questi mammiferi sarebbe in
contrasto con quanto osservato dagli stessi pescatori e dai diportisti.
Infatti, i delfini continuano ad essere presenti numerosi nel Quarnerolo e
proprio le possibile norme rigorose della riserva, dicono i pescatori,
potrebbero scatenare le ritorsioni della gente contro gli animali.
Anche il sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha bocciato il progetto
della riserva se questa dovesse incidere negativamente sulle attività
economiche legate alla vita sulle isole quarnerine: «Tra un mese al massimo
discuteremo della zona tutelata a livelo di giunta e consiglio comunali – ha
detto il primo cittadino – personalmente sono contrario al progetto anche
perché non accompagnato da un regolamento chiaro. Se dovessimo attenerci
strettamente a quello che implica una riserva, allora sarebbe notte fonda
per i nostri pescatori. Attualmente c’è un vuoto che impedisce ad un
pescatore, ad esempio, di acquistare oggi un peschereccio per 100 mila euro
che domani potrebbe risultare inutile se nell’area protetta si dovessero
proibire le attività di pesca».
Insomma, non ci sono solo i pescatori italiani, la zona ittico–ecologica e
il generale impoverimento del patrimonio marino a rovinare il sonno ai
pescatori croati dell’ Adriatico settentrionale. Di mezzo vi sono pure i
delfini, la cui presenza nel Quarnerolo rischia di essere foriera di
incidenti, polemiche e proteste.
a.m. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 2 novembre 2007
Ferriera, il dirigente
indagato: la Regione sapeva - Pierpaolo Gubertini: «Ho avuto l’avviso
di garanzia un anno fa. Ho subito informato gli uffici» |
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Il
funzionario è il coordinatore della procedura per la concessione allo
stabilimento della nuova autorizzazione integrata ambientale
«Sì, sono indagato dalla procura
per omissione d’atti d’ufficio. Ma non è un’inchiesta nuova, recente.
L’avviso di garanzia mi è stato recapitato poco meno di un anno fa e
l’indagine, avviata dal pm Federico Frezza, è ancora aperta». Lo ha
dichiarato ieri l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 55 anni, direttore del
Servizio regionale di tutela dall’inquinamento. |
Attualmente Gubertini è il
regista-coordinatore di quanto si sta discutendo a livello regionale e
locale per concedere alla Ferriera una nuova Autorizzazione integrata
ambientale all'esercizio dei suoi impianti. Dall’inizio del 2007 l’ingegnere
non si occupa infatti più direttamente delle emissioni della Ferriera dal
momento che questo compito è stato trasferito per legge all’Amministrazione
provinciale.
«Quando l’avviso di garanzia mi è stato notificato, ho immediatamente
avvisato la Regione: in dettaglio l’avvocatura interna» afferma l’ingegner
Gubertini.
«Per difendermi ho dovuto però rivolgermi a un legale di mia scelta. La
legge non prevede infatti nelle inchieste penali un’assistenza legale
diretta per dirigenti, funzionari e dipendenti degli enti pubblici: è
previsto solo che l'amministrazione pubblica paghi la parcella in caso di
proscioglimento del suo dipendente. Ho così nominato un avvocato di Milano
esperto in problemi ambientali e ho inviato al pm Federico Frezza una
memoria sul mio operato. Respingo l’accusa che mi viene rivolta. Ho sempre
informato l’assessore e le giunta regionale della situazione della Ferriera.
L’ho fatto verbalmente ma anche attraverso delibere di generalità. Non ho
detto alcunché sull’avviso di garanzia perché non avevo nulla da comunicare.
È un atto che riguarda me e la procura. Lo ribadisco. Non ho insabbiato
nulla. Anzi, sono stato io a far chiudere nel 2005 l’agglomerato della
Ferriera. Ho infatti emanato un decreto in cui limitavo a 0,4 nanogrammi per
metro cubo d’aria la quantità di diossina ammessa nelle emissioni
convogliate. E l’impianto ha dovuto chiudere dopo le misure effettuate
dall’Arpa che attestavano il superamento di questo valore. Poi è intervenuta
la procura e il pm Federico Frezza è riuscito a far sequestrare
l’agglomerato. La Servola spa si è adeguata e ha installato un impianto con
l’urea. Oggi l’agglomerato diffonde molto meno diossina che nel 2005 e i
limiti fissati dal mio ufficio sono quelli imposti dalle norme più severe».
«Valutare ciò che accadeva all’agglomerato è stato facile: la legge fissa in
modo chiaro come devono essere effettuate le misure sulle emissioni
convogliate in un camino. Ben diverso è il discorso per le emissioni
diffuse, che escono nell’atmosfera da svariati punti della Ferriera. Basta
citare la macchina a colare, priva di adeguate cappe di intercettazione
delle polveri e dei fumi. Compiere misure in queste condizioni è molto più
difficile e la legge è tutt’altro che chiara. Lo ripeto che dall’inizio del
2007 non mi occupo più di controlli sulle emissioni perché questo compito è
passato alla Provincia e in dettaglio all’assessore Ondina Barduzzi che sta
dicendo oggi le stesse cose che dicevo io più di un anno fa».
«L’inchiesta che mi coinvolge non è chiusa» continua l’ingegner Gubertini.
«Ma tutto tace dal giorno in cui ho inviato la mia memoria difensiva al pm
Federico Frezza. Ho incontrato il magistrato parecchie volte in questi mesi
in riunioni organizzate a livello istituzionale, ma lui non mi ha mai detto
nulla sull’inchiesta che mi coinvolge. Al contrario anche nelle ultime
settimane il pm che mi indaga, ha fatto recapitare al mio ufficio i
risultati delle misure sul benzopirene effettuate a Servola dal Cigra su suo
specifico incarico. Mi ha spedito anche molti documenti e parecchie
fotografie scattate agli impianti da un suo stretto collaboratore».
«Spero di aver chiarito il mio ruolo e attendo con fiducia la conclusione
delle indagini. Penso che il mio nome sia finito sul registro degli indagati
perché si cerca sempre l’anello debole della catena. Non sono un politico,
non frequento politici. Sono un tecnico, un ingegnere, abituato a valutare
percentuali, livelli, soglie. E poi a decidere in base al mio ruolo e ai
poteri che mi sono stati conferiti».
Claudio Ernè |
FERRIERA - Giovedì tavolo di
crisi alla Direzione lavori pubblici - Il calendario con gli appuntamenti
per l’Azienda sanitaria, l’Arpa, la Lucchini e i sindacati
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La complessità della
questione-Ferriera si fotografa per sezioni: tra atti pubblici, numeri e
unità di misura, ricorsi, interventi tecnici, politici e sindacali, c’è
anche la griglia veramente fitta del calendario. I lavoratori, in Consiglio
comunale, si sono detti sbalorditi e delusi da tanto «aprire tavoli»,
peraltro invocando nel contempo un tavolo ulteriore: quello che decida,
semplicemente e in fretta, nientemeno che il futuro della città. Per far
ordine è bene tornare alle date e al loro intreccio.
Il prossimo appuntamento per tutti gli enti amministrativi, per l’Azienda
sanitaria, l’Arpa, la Lucchini spa e i sindacati è fissato all’8 novembre
alla Direzione regionale lavori pubblici e ambiente. Si tratta del
cosiddetto «tavolo di crisi» creato dall’assessore regionale Moretton per
mettere tutti i protagonisti a confronto stabile in vista di una auspicata
decisione comune. Sarebbe dovuto essere un appuntamento settimanale. Dopo
due riunioni, il rinvio. La puntata di venerdì 21 ottobre avrebbe dovuto
proseguire venerdì 28. Ma il 30 ottobre era in scaletta l’incontro degli
stessi protagonisti istituzionali per l’ultima e (si pensava) decisiva
conferenza dei servizi in cui decidere se dare o no alla Lucchini
l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una sorta di «via libera» se
l’azienda avesse accettato tutte le modifiche e le garanzie chieste dai vari
enti per calare l’inquinamento. E dunque perché trovarsi prima? Meglio dopo.
Il venerdì successivo al 30 cadeva il 4 novembre, ponte festivo. Fu proposto
il venerdì 9, ma l’assessore comunale Bucci chiese l’anticipo a giovedì 8:
«Preferisco parlare avendo alle spalle i miei uffici aperti, il venerdì
pomeriggio sono chiusi».
Intanto però l’appuntamento del 30 ottobre non è stato affatto risolutivo.
Un parere netto è venuto, sull’Aia, solo dal Comune, che ha detto «no». Gli
altri hanno presentato ulteriori carte, e tutti hanno deciso di rivedersi
ancora: «Appuntamento il 15 novembre».
Ma sarà proprio il 15 novembre quando l’Apat, l’Agenzia per l’ambiente del
ministero, renderà note le analisi dell’aria realizzate fino all’altro
giorno in via San Lorenzo in Selva. Come si intrecceranno con i discorsi
precedenti? E non basta, perché un’altra data importante è già fissata: il
magistrato ha ordinato nuove analisi nell’abitato di Servola, affidandole
ancora al consorzio universitario Cigra. Dureranno due mesi e si
concluderanno il 31 dicembre. E saranno queste, realizzate secondo i criteri
di un decreto legge uscito appena a settembre, quelle da considerare
probanti. Sempreché qualcuno non contesti nel frattempo gli strumenti usati
dal Cigra, messi sotto osservazione dall’Apat, così come quelli dell’Arpa.
g. z. |
FERRIERA - Paris Lippi: «Sia
fatta chiarezza» Moretton: «Assessori all’oscuro» |
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Il Comune con il vicesindaco
Paris Lippi attacca pesante, la Regione con l’assessore all’ambiente
Gianfranco Moretton ribatte secca. È scontro sul caso di Pierpaolo Gubertini,
dirigente regionale indagato perché, pur conoscendo i dati, non avrebbe
assunto iniziative per limitare le emissioni della Ferriera né avrebbe
informato la giunta regionale. «Non conosco la vicenda e mi auguro che il
dirigente sia innocente», premette Lippi, «ma mi piacerebbe venisse fatta
chiarezza. Se le cose stessero così, la vicenda mi pare abbastanza grave. E
non penso si sia trattato di un’idea solo della persona indagata», aggiunge
il vicesindaco. «Lippi si assumerà la responsabilità delle sue dichiarazioni
nelle sedi più opportune», replica Moretton. Che precisa: «L’indagine è un
atto conosciuto dal diretto interessato e al momento non dall’organo
politico», ossia gli assessori. Gubertini è il dirigente incaricato di
gestire l’iter, tuttora aperto, per l’Autorizzazione integrata ambientale
(Aia) allo stabilimento. E l’indagine «fino a prova contraria, finché non ci
siano colpevoli, non inficia il ruolo» dell’indagato, precisa l’assessore
esprimendo «piena fiducia che, nei tempi compatibili con l’istruttoria,
quanto prima conosceremo l’esito» dell’indagine.
Moretton intanto interviene anche sull’interrogazione presentata dal Verde
Alessandro Metz, che ieri ha chiesto se, da quando è in carica, l’assessore
sia stato «effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente
dei rapporti allarmati dell’Arpa». «Non ho visto l’interrogazione, ma i
rapporti dell’Arpa sono pubblici e tutte le istituzioni ne erano a
conoscenza», dice l’assessore.
Ma Lippi punta il dito: «La Regione ha mai presentato un piano di
riqualificazione professionale degli operai, prime vittime della vicenda? O
ha mai ammesso di essere impotente nell’individuare soluzioni? E poi stiamo
ancora aspettando il piano sulla qualità dell’aria. Non vorrei - prosegue -
che questo dilazionare e rinviare fosse parte di un disegno per far sì che
nulla cambi», chiude Lippi. «La legge regionale sull’inquinamento è stata di
recente approvata e in tempi precisi è prevista la predisposizione di piani
di risanamento dell’aria: non mi risultano ritardi», risponde Moretton
annotando che la conferenza dei servizi sull’Aia è stata aggiornata al 15
novembre per potere «esaminare i documenti presentati da Lucchini», nonché
attendere «la proposta del’Arpa di predisporre un ”piano stralcio” di
risanamento dell’aria». «Seguiamo in modo serio l’evolversi della
situazione, e perciò oltre alla conferenza dei servizi è attivato un tavolo
politico che, presenti tutti gli enti, monitora settimanalmente la
situazione. Lippi poi - chiude Moretton - sa che eventuali provvedimenti di
fermo» della Ferriera «possono essere legittimamente assunti anche e in
particolare dall’autorità comunale».
Resta aperto il dibattito sull’opportunità di non chiudere la porta al
dialogo con il gruppo Arvedi. «Il sindaco fa bene a tenere le porte aperte a
tutti - commenta Lippi - ma An continua a ritenere che l’area della Ferriera
vada riconvertita in chiave portuale».
p.b. |
Sul Piano parcheggi: Italia
Nostra: «Il Comune escluda dal centro storico i park interrati» |
|
Italia Nostra scende in campo
contro il Piano parcheggi del Comune. Un documento che, secondo
l’associazione, rischia di creare seri danni al patrimonio archeologico
cittadino. «A nostro giudizio - scrive la presidente della sezione di
Trieste, Giulia Giacomoch, in una lettera inviata al sindaco e alla giunta -
andrebbero esclusi dal centro storico i parcheggi interrati e «in
edificato», perchè finirebbero per deformare l’aspetto dei luoghi con
elementi costruttivi esterni, trasformerebbero le piazze in coperture di
garage e, nel caso di edifici nuovi, deturperebbero gravemente il paesaggio
urbano di luoghi di grande pregio. Ecco perchè - continua la nota -
chiediamo al Comune di rinunciare al parcheggio in via del Teatro romano e a
quello interrato in piazza Sant’Antonio. Abbiamo inoltre seri dubbi
sull’opportunità di creare parcheggi sulle Rive dove torrette, bussole e
muretti rovinerebbero la coerenza architettonica e paesaggistica del
lungomare».
A fronte delle critiche, Italia Nostra avanza anche delle proposte. Il
suggerimento dell’associazione è che i progetti dei parcheggi, specie se da
costruire in aree di pregio, «si pongano come obiettivo prioritario la
mimetizzazione delle strutture d’accesso e uscita per le auto e per i pedoni
e di quant’altro si possa vedere in superficie».
«Esprimiamo infine dei dubbi sull’opportunità di costruire parcheggi privati
in aree pubbliche per le quali andrebbe previsto invece un uso a favore
della collettività. La costruzione di tanti parcking in aree densamente
abitate o frequentate per lavoro - conclude Giulia Giacomich -, sembra una
rinuncia definitiva da parte della pubblica amministrazione all’incremento
del trasporto pubblico e alla parziale pedonalizzazione del centro auspicata
da molti». |
Spezzatino Endesa, si decide
a fine anno - Non si definirà prima della metà dicembre la vicenda di
cessione degli assetti a EOn dopo l’opa dell’Enel |
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ROMA La vicenda Endesa Italia
non si definirà prima della metà del prossimo dicembre. È quanto riferiscono
due lettere che Enel e Asm hanno inviato in risposta ai sindacati -
Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil - dando una propria disponibilità a
incontrare le organizzazioni dei lavoratori. Lo si apprende da fonti
sindacali.
Il 19 ottobre Filcem-Cgil, Flaei-Cisl e Uilcelm-Uil avevano proclamato lo
stato di agitazione e avevano scritto una lettera a Enel, Asm ed E.On,
chiedendo un incontro urgente, preoccupate per l'«ipotesi spezzatino» di
Endesa Italia. Una richiesta inoltrata anche al ministero per lo Sviluppo
economico, che al momento, fanno sapere i sindacati, non ha fatto arrivare
un suo riscontro.
La lettera di Asm, secondo quanto si apprende, è datata 25 ottobre. Nel
breve testo la società afferma che è in corso una trattativa complessa che
potrebbe definirsi solo attorno al 15 dicembre. Viene però data la
disponibilità ad un incontro con i sindacati per il 15 novembre, allo scopo
di «comunicare le linee guida che hanno informato l'azione di Asm». La
lettera di Enel è datata 26 ottobre. Il testo sottolinea che solo entro la
prima quindicina di dicembre sarà possibile avere un incontro per fornire
una quadro definito su Endesa Italia, ma si dà comunque la disponibilità a
vedere i sindacati anche prima di questo termine - senza però indicare una
data - per chiarire come si sta muovendo Enel.
Sia la lettera di Asm, sia quella di Enel sono inviate per conoscenza anche
ad E.On e al ministero dello Sviluppo economico.
Pochi giorni fa l'ad dell'Enel, Fulvio Conti, ha annunciato l'avvio del
processo di cessione degli asset Endesa ad E.On. L'operazione rientra negli
accordi presi col gruppo di Duesseldorf in cambio del suo ritiro dalla
competizione per acquisire la società spagnola (sui cui Enel ha lanciato un'opa
con Acciona, chiusa a inizio ottobre). L'intesa prevede la cessione di circa
10mila megawatt, che incorporano Endesa Europa e, a scendere, Endesa Italia.
Il 20% del capitale di quest'ultima società è detenuto dalla bresciana Asm.
Il timore dei sindacati è che si passi a un break up e che il passaggio di
mano di alcuni asset comporti tagli occupazionali e un aumento della
precarizzazione. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 1 novembre 2007
Per la
Ferriera ritorna l’ipotesi Arvedi - Cgil, Cisl e Uil auspicano il
riavvio dei colloqui. Metz interroga la Regione sul caso Gubertini |
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«Una
soluzione che potrebbe salvare ambiente, occupazione e industria». «No
comment» di Dipiazza, ma ci sarebbe una sua «non chiusura»
Da un lato le emissioni che
hanno indotto il sindaco Roberto Dipiazza a ipotizzare decisioni
«drammatiche» se nuovi dati confermassero gli sforamenti - tra gli altri -
del cancerogeno benzoapirene. Dall’altro i lavoratori, che martedì sera in
consiglio comunale hanno espresso netta la preoccupazione per il loro
impiego e per il futuro economico della città.
L’emergenza Ferriera si muove su un crinale strettissimo. E si rifà il nome
di Arvedi. «Ci auguriamo che in un percorso chiaro di contenimento delle
emissioni ci sia ancora la possibilità di una interlocuzione con il gruppo
cremonese». Questo Franco Belci, Luciano Bordin e Luca Visentini, segretari
di Cgil Cisl Uil, hanno detto ieri durante l’incontro avuto con il sindaco e
con l’assessore regionale Roberto Cosolini. Quest’ultimo in consiglio
comunale aveva sottolineato che l’estate scorsa, quando Arvedi manifestò il
proprio interesse per Servola, «a tutti era sembrata un’opportunità per
salvare ambiente, occupazione e industria»: perché «se un imprenditore che
già c’è non ha alternative nello stare in una situazione complessa e
delicata, uno che arriva ha sicuramente obiettivi e motivazioni per
superarla». Fermo restando - aggiungeva l’altra sera Cosolini a margine -
che la Regione, Lucchini o Arvedi che sia, mira a condividere «un programma
chiaro che dia garanzie sotto i profili dell’impatto con l’esterno,
dell’occupazione e delle prospettive di medio periodo anche con la
diversificazione dell’attività».
Arvedi di recente ha rotto le trattative con Lucchini dicendosi in attesa di
un «chiarimento» sul fronte ambientale. Ma i sindacati ritengono che il
gruppo, potenzialmente interessato a uno sviluppo dell’area anche in chiave
di logistica e energia, potrebbe proporre un progetto industriale capace di
segnare una svolta ambientale e di travalicare il 2015, anno in cui secondo
Lucchini spa la Ferriera non sarà più redditizia. Da Dipiazza arriva solo un
«no comment» su quanto ieri è stato detto in proposito durante l’incontro,
anche se Belci e Visentini parlano di una sua «non chiusura» sul tema Arvedi.
Una settimana fa il vicesindaco Paris Lippi e l’assessore allo sviluppo
economico Paolo Rovis sbarravano però la porta a insediamenti siderurgici
nell’area di Servola.
Resta intanto da gestire la situazione attuale, con la procedura ancora
aperta per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) cui il Comune ha già
detto no. Ieri è emerso che se l’Aia sarà concessa dalla Regione, lo sarà
solo con prescrizioni molto restrittive. Il tavolo aperto dall’assessore
regionale Gianfranco Moretton potrebbe portare però anche a una nuova
prospettiva ieri ipotizzata: un accordo di programma tra le parti mirato a
spingere Lucchini spa a ulteriori interventi, aldilà dell’Aia. «In ogni caso
- rileva Belci - resteranno determinanti per noi i risultati dei controlli
dell’Azienda sanitaria sulla salute di lavoratori e cittadini». Cosolini
intanto dell’incontro di ieri commenta solo che «c’è stato lo stesso clima
serio che ha caratterizzato la discussione dell’altra sera in consiglio».
Da registrare infine un’interrogazione presentata dal consigliere regionale
dei Verdi Alessandro Metz dopo la notizia del dirigente regionale Pierpaolo
Gubertini indagato perché, pur ricevendo i dati dell’Arpa, per anni non
avrebbe assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni. Metz chiede di
sapere se «da quando è in carica l’attuale assessore regionale all’ambiente,
è stato effettivamente informato dalla Direzione regionale dell’ambiente dei
rapporti allarmati dell’Arpa che segnalavano i ripetuti sforamenti sulle
emissioni in atmosfera prodotte dalla Ferriera».
Paola Bolis |
Qualità dell’aria, concluse le rilevazioni Apat Dal 5
novembre a Roma le analisi dei dati
Se ne sono andati ieri i laboratori «capta-aria» dell’Apat,
l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici,
inviati dal ministero dell’Ambiente su sollecitazione del sindaco Dipiazza e del
consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, quando scoppiò l’allarme
generale per i picchi di benzoapirene rilevati dal Cigra (il Consorzio
interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell’Università di
Trieste), su incarico del pm Federico Frezza. Fu allora deciso che la centralina
del Cigra, a Servola stazione, sarebbe stata affiancata da quella dell’Arpa, e
appunto da una terza super-partes, quella dell’Apat, delegata anche a verificare
la metodologia d’azione degli altri specialisti sul campo.
«Ieri abbiamo lasciato Trieste - spiega la responsabile del laboratorio, Maria
Belli - e dal 5 novembre a Roma cominceremo le analisi gravitometriche (quelle
sulle polveri sottili, ndr), di seguito quelle relative agli idrocarburi e ai
metalli, i cui dati saranno noti a fine novembre».
Nei quindici giorni di lavoro dell’Apat, però, il mosso quadro della vicenda
Ferriera ha avuto un cambiamento sostanziale proprio nella decisione del pm di
far sistemare al suo consulente Cigra due altre centraline, in zone diverse e
più distanti dalla fabbrica, in pratica delegittimando l’azione di controllo di
tutte e tre le apparecchiature di via San Lorenzo in Selva e di conseguenza i
risultati che avrebbero portato.
Frezza era stato fortemente sollecitato dalla Lucchini, che sosteneva
impossibile derivare una nozione di inquinamento ambientale (come avevano fatto
Azienda sanitaria e sindaco) da un rilevamento in area industriale. Nel
frattempo era anche uscito un nuovo decreto che normava la sistemazione delle
centraline. E dunque il pm aveva acconsentito a cambiare i punti di controllo.
L’Apat come ha seguito questi mutamenti d’orizzonte?
«Non solo eravamo al corrente - afferma Belli -, ma sia noi sia l’Arpa lo
sapevamo fin dal principio che quella postazione non era molto esatta, comunque
la decisione del magistrato non ha assolutamente inficiato la nostra presenza e
il nostro lavoro, che avevano soprattutto l’obiettivo di verificare e
armonizzare metodi di campionamento dell’aria e successive analisi». Dunque i
dati verranno resi noti, ma non saranno questi a dirci qualcosa di definitivo
sull’inquinamento di Servola.
g.z.
«L’industria
pesa: nel 2006 ha generato mille milioni» |
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«Diteci che città avete in mente
di qui a vent’anni». «Vogliamo un tavolo sul disegno per Trieste: tutto il
resto sono pagliacciate». Lo hanno ripetuto più volte l’altra sera gli
esponenti sindacali in consiglio comunale, ampliando i termini del dibattito
sull’emergenza Ferriera dai posti di lavoro che lo stabilimento direttamente
o indirettamente procura, a una più generale visione del futuro industriale
- o meno - della città.
Ed è un tema, questo, che viene ribadito con forza dalle segreterie
provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «Lo abbiamo detto anche nell’incontro avuto
stamane (ieri, ndr) con il sindaco Roberto Dipiazza e con l’assessore
regionale Roberto Cosolini: la nostra impostazione - dice per la Cgil Franco
Belci - è quella di ridare il baricentro alla produzione industriale, perché
lo sviluppo della città non può essere retto soltanto dai lavori pubblici,
dal terziario e dal turismo. Serve anche la ”gamba” di chi il reddito lo
produce. Ed è una indicazione precisa - aggiunge Belci - questa che noi
diamo al sindaco e alle forze politiche: in caso contrario, la città è
destinata a un declino che in definitiva riguarda soprattutto i giovani e le
loro prospettive».
Ma quanto pesa l’industria oggi sull’economia triestina? I dati dell’Istat
relativi al 2006 dicono di 15.676 occupati nell’industria nel suo complesso:
numeri in crescita rispetto al 2005, quando il dato era di 13.423
lavoratori. La percentuale resta nell’ordine del 15-16% di occupati nel
settore in ambito provinciale.
Sempre in base ai dati Istat 2006, l’economia generata dall’industria a
Trieste è pari al 14,7% del Pil provinciale, pari a un volume di mille
milioni di euro. In termini di imposte il contributo più diretto arriva
dall’Iva che vale 300 milioni di euro, ai quali se ne aggiungono suppergiù
altrettanti in termini di versamenti Irpef, addizionali regionali e
comunali, Ici e Tarsu. Cifre cui vanno aggiunti i contributi relativi a Inps
e Inail.
Sono questi i dati che fornisce Assindustria, l’altra sera presente come
uditore in consiglio comunale con il direttore dell’Associazione Paolo
Battilana. E proprio su questi dati, dice Battilana, bisogna «valutare
l’opportunità di mantenere e sviluppare occasioni per ospitare insediamenti
produttivi: perché si tratta di un elemento di ricchezza che, come
confermano i numeri, va anche redistribuita a livello collettivo».
Poche parole da Assindustria sul dibattito che si è tenuto l’altra sera
nell’aula di piazza dell’Unità: Battilana esprime «apprezzamento per come
tutte le parti hanno messo in evidenza i propri punti di vista in maniera
pacata e civile, a partire dai lavoratori che hanno puntualizzato le proprie
gravi preoccupazioni. Questo - chiude il direttore dell’Associazione - può
essere un primo passo per iniziare ad avviare un ragionamento più
complessivo sul futuro industriale ed economico della nostra provincia». |
La chiusura
della Ferriera |
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Il 23 ottobre ho assistito in
piazza Oberdan alla manifestazione promossa dai comitati di residenti di
Servola per chiedere la chiusura della Ferriera e sono rimasto profondamente
deluso dalla reazione violenta dei manifestanti nei confronti di quel
dipendente della Ferriera che ha voluto prendere la parola in difesa del suo
posto di lavoro. Certo che la battaglia in difesa dell’ambiente e della
salute è sacrosanta, ma è anche certo che disinteressarsi della sorte di un
migliaio di persone, e quindi di famiglie, che rischiano di essere private
del loro reddito, è assolutamente inconcepibile. Ma se il disagio di queste
famiglie potrà forse essere alleviato dagli ammortizzatori sociali promessi,
l’aspetto più preoccupante, anzi tragico, è la perdita definitiva di mille
posti di lavoro nell’industria triestina, cioè mille posti in meno per i
nostri giovani.
Mille posti di lavoro in meno sono, più o meno, mille famiglie che non
spenderanno più nella nostra provincia, quindi ulteriore crisi per il nostro
commercio con conseguente chiusura di negozi e perdita ulteriore di altri
posti di lavoro. Come si fa a non riflettere su ciò? La progressiva
sparizione dell’industria è andata di pari passo con la decadenza della
città. Difatti dopo il 1954 a Trieste sono state chiuse decine di attività
industriali di alto livello (Crda, Cantieri S. Rocco, Felszegi, S. Marco,
Officine Ponti e Gru, Vetrobel, Arrigoni, l’Aquila, solo per citarne alcune)
con la perdita di oltre diecimila posti di lavoro, mai recuperati. Il
risultato sconsolante è che l’economia ne ha risentito, con grave danno alle
attività commerciali e artigianali e con la conseguente progressiva
riduzione della popolazione della provincia di Trieste, che è passata dai
300.309 del 1971 ai 239.717 del 2006.
Per quanto riguarda l’eliminazione o la riduzione dell’inquinamento della
Ferriera si possono seguire due strade: la prima è chiudere lo stabilimento,
come propongono i comitati appoggiati da alcuni amministratori cittadini; la
seconda è quella di adottare, e mantenere in efficienza, validi sistemi di
depurazione. Ricordo solo quando la Ferriera faceva parte del gruppo
Italsider l’aspetto ambientale era oggetto di grande attenzione e il livello
di inquinamento era notevolmente inferiore a quello attuale.
Se poi si vuol chiudere la Ferriera perché altri sono gli interessi che
gravitano su quell’area, allora si operi per insediare nella nostra
provincia attività industriali «pulite» e capaci di offrire le migliaia di
posti di lavoro persi in questi ultimi anni e si abbandoni l’idea di
proporre l’insediamento dei rigassificatori nel nostro golfo che, oltre ad
essere altrettanto inquinanti della Ferriera e assai più pericolosi,
darebbero lavoro a poche decine di persone, ostacolando nel contempo, come
dicono gli esperti, l’attività portuale (finalmente in ripresa), la pesca e
il turismo.
Silvano Baldassi |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 31 ottobre 2007
Ferriera, indagato
funzionario regionale - Finisce in un’inchiesta del pm Frezza il
direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento atmosferico, Pierpaolo
Gubertini |
|
Per anni, pur conoscendo i
dati, non avrebbe assunto iniziative per limitare le emissioni
|
L’accusa: avrebbe potuto
diffidare la società proprietaria degli impianti ma non ha mai ritenuto di
sospendere o revocare l’autorizzazione a operare sul territorio
|
E’ indagato per omissione d’atti
d’ufficio l’ingegner Pierpaolo Gubertini, 61 anni, direttore del Servizio di
tutela dall’inquinamento atmosferico dell’amministrazione regionale. E’
l’uomo che doveva controllare che i vertici della Ferriera di Servola
rispettassero quanto la stessa Regione ha imposto a livello di emissioni e
immisioni nell’aria, secondo quanto previsto dal Decreto del 12 luglio 1990.
Inoltre l’ingegner Gubertini è il dirigente incaricato di gestire l’iter
della nuova Autorizzazione integrata ambientale chiesta dallo stabilimento.
Di questa autorizzazione si è discusso ieri nella sede della Regione e la
riunione ha prodotto un «nulla di fatto», con un rinvio a nuova data.
Secondo le indagini dirette dal pm Federico Frezza, il nome dell’ingegner
Pierpaolo Gubertini è stato annotato sul registro degli «indagati» perché
per anni come direttore del Servizio di tutela dall’inquinamento, non ha
assunto alcuna iniziativa per limitare le emissioni della Ferriera. Non ha
diffidato la società proprietaria degli impianti; non ha sospeso o revocato
l’autorizzazione. Tutto questo, secondo l’accusa, è accaduto anche se sul
suo tavolo sono puntualmente arrivati i rapporti allarmati dell’Arpa su
ripetuti sforamenti. I dati gli erano stati comunicati dall’Arpa, un organo
tecnico delle Regione; ma sul piano ammnistrativo non è accaduto nulla.
Ma non basta. Secondo l’inchiesta l’ingegner Pierpaolo Gubertini ha persino
omesso di segnalare questi ripetuti e reiterati sforamenti ai vertici della
Giunta regionale. In questo modo nè gli assessori, nè il presidente sono
stati posti nelle condizioni di valutare se e come sopperire all’inerzia del
dirigente dell’ufficio a cui erano affidati i controlli amministrativi sulle
emissioni. In altre parole gli inquirenti sospettano di essersi imbattuti in
un «insabbiamento» delle relazioni inviate dall’Arpa alla Direzione
regionale dell’ambiente. Va aggiunto che l’ingegnere indagato per omissione
d’atti d’ufficio, nella sua lunga attività istituzionale ha inviato ai
responsabili della Ferriera un’unica diffida che porta la data del 18
ottobre 2006. Il documento è stato notificato - sbagliando indirizzo- non
alla Lucchini spa- bensì alla Servola spa.
Nell’inchiesta diretta dal pm Federico Frezza sono stati prese in esame
numerose segnalazioni dell’Arpa. Gli episodi segnalati iniziano il 23 agosto
2004 e proseguono nel marzo del 2005, nel luglio e nell’agosto del 2006. In
totale più di 30 giornate in cui sono state violate le prescrizioni
introdotte dal Decreto ministeriale del 12 luglio 1990. La mancata
osservanza di quanto previsto non ha, secondo la Procura, innescato alcun
provvedimento. «L’indagato ometteva di assumere qualsivoglia iniziativa».
Claudio Ernè |
FERRIERA - Autorizzazione
ambientale solo il municipio è per il no - Bucci: «Non capisco le dilazioni,
per noi la conferenza dei servizi è chiusa» |
|
Il Comune è stato l’unico ente,
ieri mattina in Regione, a presentare un esplicito e lungo documento di
diniego all’Autorizzazione integrata ambientale per la Ferriera, per il cui
procedimento scadevano proprio ieri i termini di legge. La riunione,
piuttosto convulsa, è durata dalle 9.30 alle 15 e l’amministrazione comunale
è rimasta praticamente sola. L’Azienda sanitaria ha presentato ulteriori
prescrizioni, cioé richieste di maggiori garanzie ambientali: tra queste la
proposta di installare delle telecamere nella cokeria per tenere sotto
controllo visivamente se le azioni di salvaguardia contro le emissioni
diffuse sono messe in pratica oppure no.
L’Arpa ha presentato un altro documento, relativo all’analisi della qualità
dell’aria rilevata attraverso i licheni (che risale allo studio «Gea» con
dati 2002-2004) dove si vede che parte del centro città, Servola e Muggia
sono severamente inquinate. Ha inoltre fatto presente che, mancando un
«piano dell’aria» complessivo (quello che la Regione dovrebbe stendere),
sarebbe difficile misurare l’eventuale miglioramento una volta che la
Lucchini avesse implementato tutte le correzioni strutturali richieste.
L’assessore provinciale Barduzzi ha quindi trovato sostegno alle proprie
convinzioni più volte espresse e ha aggiunto che è necessario anche
completare «il catasto delle aziende». Dunque alla fine la Regione, in vesti
di arbitro col suo dirigente Roberto Della Torre, e senza prescrizioni da
presentare, ha aggiornato la seduta al 15 novembre.
La materia è passata di seguito in consiglio comunale (vedi articolo a
fianco), ma l’assessore Maurizio Bucci commenta: «Non ho ben capito queste
dilazioni, per noi la conferenza dei servizi è chiusa, presenzieremo alla
prossima riunione, ma senza altro da dire: la legge sull’Aia dice che non
può essere concessa l’autorizzazione se è in corso inquinamento, e a questo
ci siamo attenuti, peccato - commenta l’assessore - che l’azienda abbia
perso l’occasione di dimostrarsi collaborativa e abbia rigettato tutte le
ordinanze, e peccato che le istituzioni non si siano dimostrate unite di
fronte ai cittadini». E il sindaco Dipiazza conclude: «Non escludo che i
misuratori dell’aria possano avere qualche problema tecnico, ma qui la
questione è un’altra: in presenza di inquinamento il Comune non può
concedere la patente».
g. z. |
FERRIERA - Palman:
«Riconversione di cosa, dopo dieci anni ci ritroviamo senza niente».
Pastore: «Dove si possono trovare mille posti?» |
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Vogliono chiarezza su ambiente e
salute di cui - dicono - sono i primi a preoccuparsi. Esigono che finisca il
«palleggiamento di responsabilità» che li fa sentire «precari» in un posto
di lavoro per il quale al contempo si sentono «sparare addosso» da più parti
ogni giorno. Ma soprattutto invocano dalle istituzioni un disegno chiaro che
delinei quello che sarà il futuro loro ma anche della città tutta, una città
la cui classe dirigente «deve dire cosa ha in mente per Trieste di qui a
vent’anni». Perché il problema, e lo ripetono con forza, sta in una visione
che - se c’è - resta nascosta dietro «beghe politiche» e
«strumentalizzazioni» che li colpiscono di continuo. Mentre le mille
famiglie che di Ferriera direttamente o indirettamente vivono, dopo anni di
dibattiti, campagne elettorali e «allarmismi» lanciati e rilanciati,
continuano a non sapere che ne sarà di loro. Consapevoli che «la città non
può privarsi di questi posti di lavoro». Perché di alternative, a oggi, non
ce ne sono.
Protagonisti in consiglio comunale tornano a essere i lavoratori di Servola.
Si accalcano a decine e decine nello spicchio di aula riservato al pubblico,
e sostengono i rappresentanti sindacali - Rsu ed esponenti delle segreterie
di categoria - che rappresentano tutta la rabbia e l’insicurezza che la
vicenda Ferriera rovescia su di loro: «Vogliamo un tavolo sul disegno per
Trieste: tutto il resto sono pagliacciate».
Sfilano così, ieri sera, le voci dei rappresentanti dei lavoratori che
occupano un’ora buona della seduta straordinaria del consiglio dedicata alla
vicenda. In aula ci sono Provincia, Regione, Lucchini spa, Arpa, Azienda
sanitaria, Assindustria. Il sindaco Roberto Dipiazza lo chiarisce subito:
«Oggi a rischio non è solo la popolazione di Servola, siete anche voi. Ci
rendiamo conto che si tratta di 7-800 lavoratori. Ed è una grossa
preoccupazione». Perché - le cita - ci sono le lettere dell’Azienda
sanitaria, dell’Arpa e del pm Frezza che evidenziano i dati allarmanti
dell’«inquinamento». Stelio Vatta, direttore dell’Arpa, riassume gli
sforamenti: benzene, pm10, benzoapirene. Marina Brana, del Dipartimento
della prevenzione dell’Azienda sanitaria, elenca le indagini sulla salute
attuate e in corso. L’assessore regionale Roberto Cosolini rimarca che
l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) è uno strumento di controllo che
non corrisponde a «un via libera illimitato» e si dice in linea con le
prescrizioni di Azienda sanitaria e Procura.
Poi scendono in campo i rappresentanti dei lavoratori. Che l’uno dopo
l’altro - Cgil, Cisl, Uil, Cisal - additano i punti chiave. Primo tra tutti,
un futuro che nessuno ancora intravede: perché «riconversione di cosa? Dopo
dieci anni ci ritroviamo senza niente», denuncia Franco Palman della Uil.
Mentre dalla Cgil Marco Relli denuncia la tensione psicologica costante cui
i lavoratori sono sottoposti e centra il punto: se Lucchini ha già
annunciato che dal 2015 la Ferriera non sarà più redditizia, «da oggi ad
allora si faccia un lavoro serio con l’azienda» per tracciare un futuro. Ma
intanto, interviene Luigi Pastore della Cisal, «dove li troviamo mille posti
di lavoro?» Da Antonio Saulle ad Alberto Monticco a Enzo Timeo, i sindacati
lo ribadiscono a più riprese: «Le istituzioni ci dicano cosa vogliono fare
di questa città» dove l’industria sotto un certo livello non può scendere.
La proprietà, con il direttore dello stabilimento Francesco Rosato,
ringrazia i lavoratori che continuano a operare ogni giorno in un «contesto
non facile» con un «atteggiamento di attaccamento e responsabilità che forse
non tutti in altri ambiti hanno dimostrato». E gli operai applaudono, mentre
Rosato aggiunge che l’azienda ha bisogno di «un quadro normativo certo che
purtroppo non c’è». Mentre per la Provincia l’assessore Ondina Barduzzi
esorta a tracciare un percorso condiviso.
Sfilano poi, l’uno dopo l’altro, i capigruppo di maggioranza e opposizione.
Alla fine, Cosolini rilancia: per evitare di proseguire in una insostenibile
incertezza, un’Aia con prescrizioni «le più rigorose possibili» e controlli
minuziosi può essere una strada da percorrere. E intanto occorre mettersi a
un tavolo per iniziare a costruire subito e seriamente un futuro che guardi
oltre il 2015, aggiunge Cosolini «auspicando un ritorno» sulla scena di
Arvedi, il gruppo cremonese che poco prima i sindacalisti hanno additato la
città di essersi «lasciato scappare» con grave responsabilità. La seduta si
chiude con Dipiazza che ai lavoratori promette massima trasparenza: se nuovi
dati ufficiali dovessero confermare emissioni inquinanti, dice, se ne
riparlerà insieme.
Paola Bolis |
Ferriera, a Servola assemblea
pubblica al circolo Canciani |
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Organizzato dalla federazione
provinciale di Rifondazione comunista e dal circolo territoriale «J.
Canciani» di Servola si svolge oggi alle 18, alla casa del popolo Zora
Perello di Servola (via di Servola 114) un'assemblea pubblica sul tema
«Ancora problema Ferriera». All'incontro, che sarà introdotto e moderato dal
segretario provinciale del Prc Igor Kocijancic, interverranno il segretario
provinciale della Cgil Franco Belci, il presidente del Circolo Miani
Maurizio Fogar, il coordinatore della Commissione lavoro del Prc Paolo
Hlacia e il presidente provinciale di Legambiente Lino Santoro. |
Regole per l’ambiente anche a
Duino Aurisina - Firmato dal ministro Pecoraro Scanio il decreto che
definisce i criteri per le Zone di protezione speciale |
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Il verde Rozza: «Divieti per
la pesca a strascico ma anche incentivi per i pascoli» |
DUINO AURISINA Il ministro
dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha firmato il decreto che definisce i
criteri per le Zone speciali di conservazione (Zsc) e delle Zone di
protezione speciale (Zps). Un atto che riguarda da vicino il Carso, di cui
buona parte è stata inclusa nelle aree appartenenti alla Rete europea Natura
2000, finalizzata alla tutela della biodiversità. L'emanazione dell'atto
dovrebbe fare chiarezza anche sulla gestione delle Zps presenti nel comune
di Duino Aurisina.
Il decreto, che verrà pubblicato a giorni sulla Gazzetta ufficiale, contiene
divieti, obblighi e attività da favorire. «Tra gli obblighi più importanti -
anticipa Maurizio Rozza, dei Verdi - va segnalato quello di eseguire
mitigazioni ambientali sugli elettrodotti, sia all'atto della loro
realizzazione che in occasione di manutenzioni straordinarie. Sarà vietato
anche pescare a strascico in tutte le aree facenti parte della Rete Natura
2000, e la norma riguarda anche il Villaggio del Pescatore».
«Il decreto impone poi alle Regioni e agli enti locali – continua Rozza – la
costruzione di sistemi di incentivo per il ripristino delle attività di
pascolo tradizionali, la conservazione dei muretti a secco, la manutenzione
e la ricostruzione di stagni e pozze».
«Diventa ora urgente avviare quanto avevamo proposto nel nostro programma
elettorale - aggiunge Massimo Veronese, capogruppo di Insieme Skupaj a Duino
Aurisina –. Va avviata una variante urbanistica con cui recepire le
indicazioni del decreto ministeriale e le linee guida della Regione; in
questo modo realizzeremo un vero e proprio piano di gestione rispetto alle
aree incluse in Natura 2000, limitando così al minimo le procedure di
valutazione di incidenza e sbloccando i finanziamenti previsti dalle
normative per sostenere le attività compatibili e per compensare le
limitazioni».
«Con le modifiche al piano regolatore - concludono Rozza e Veronese - si
dovranno anche aggiustare i pasticci combinati con la variante agricola
approvata dalla precedente amministrazione comunale, cancellando norme come
quella che vieta di pascolare ovini a meno di 150 metri dalle case o quella
che impone - in modo del tutto arbitrario - limitazioni alla realizzazione
di strutture agricole a meno di 300 metri dai confini delle aree Natura
2000».
Su questo argomento si è svolta lunedì sera una riunione a Medeazza, nel
corso della quale Coldiretti e Alleanza contadina hanno chiesto
all'amministrazione comunale di ricorrere al Tar contro la Regione, per aver
imposto nella variante agricola del Comune la norma relativa alla zona di
rispetto di 300 metri oltre alle Zps.
L'amministrazione comunale, che era rappresentata dagli assessori Tamaro e
Svara, ha deciso che valuterà in giunta la richiesta delle associazioni
degli agricoltori.
fr. c. |
Prima pietra per il gasdotto
fino a Spalato - Il tronco di 290 chilometri costerà 185 milioni di
euro. Entro il 2011 anche un acquedotto da 38 milioni
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Iniziati i lavori della
struttura che porterà il metano in Dalmazia e Lika |
SPALATO Ha preso il via ieri il
progetto che porterà alla metanizzazione della Dalmazia e della Lika. In
località Podredro, a sud di Zagabria, sono infatti iniziati i lavori di
approntamento del gasdotto «Bosiljevo-Spalato», un troncone lungo 290
chilometri che per l’impresa investitrice, la Plinacro (in mano allo Stato
croato), comporterà una spesa di 185 milioni di euro.
Alla cerimonia inaugurale dei lavori erano presenti il ministro
dell’Economia, Branko Vukelic, il vicepresidente del parlamento, Darko
Milinovic, e il direttore generale della Plico, Branko Radosevic. Le
autorità hanno sottolineato che il gas naturale contribuirà a elevare il
tenore di vita della popolazione dell’intera area, ridando fiato pure
all’economia delle due regioni.
E’ stato fatto subito presente che il Bosiljevo-Spalato sarà allacciato al
gasdotto «Pola-Karlovac» (entrato in funzione l’anno scorso) che trasporta
il metano estratto dai giacimenti sottomarini situati una quarantina di
chilometri al largo di Pola. Questi giacimenti sono gestiti dalla Inagip, la
joint-venture paritetica italocroata tra Eni e Ina Naftaplin.
Per quanto concerne l’infrastruttura Bosiljevo-Spalato, si tratta di un
metanodotto che attraverserà sei regioni e sarà suddiviso in sei segmenti.
Avrà una capacità di trasporto annua di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di
gas. Il primo tratto, da Bosiljevo a Josipdol (complessivi 29 chilometri)
sarà ultimato in capo a otto mesi, mentre il metano arriverà a Spalato entro
la fine del 2009. Gli abitanti dell’antica Ragusa (Dubrovnik) si vedranno
erogare il gas naturale a partire invece dal 2011.
Intervenendo all’inaugurazione dei lavori, Radosevic ha affermato che il
metanodotto Bosiljevo-Spalato fa parte del secondo ciclo di investimenti
della Plinacro, azienda che ha in progetto di collegare tutta la Croazia
alla rete del gas naturale. «Dopo le direttrici Pola-Karlovac e
Bosiljevo-Spalato – ha aggiunto Radosevic – intendiamo metanizzare tutto il
Paese, per una spesa in totale di 443 milioni di euro».
Dal gas all’acqua potabile. A Spalato è stato infatti firmato il contratto
per la costruzione di una grande rete idrica (investimento di 38 milioni di
euro) che riguarderà le contee di Spalato, Zara e Sebenico. L’acquedotto
permetterà di superare una volta per tutte i problemi legati
all’approvvigionamento idrico in questa vasta area croata. E ciò soprattutto
sulle isole di Lesina, Brazza, Solta e Lissa. Inoltre, sarà permesso a
90mila utenti di collegarsi per la prima volta a un acquedotto pubblico. La
nuova rete idrica dalmata sarà completata nel 2011.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 30 ottobre 2007
Ferriera, oggi si discute
dell’autorizzazione ambientale In serata consiglio comunale - Ieri altra
manifestazione di protesta |
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Al mattino la conferenza dei
servizi per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia); alle 18.30 il
consiglio comunale straordinario. Giornata densa, oggi, per la Ferriera e
per la città, stretta fra il nodo dell’occupazione e quello dell’ambiente.
Il sindaco Dipiazza la scorsa settimana ha ipotizzato decisioni
«drammatiche» sullo stabilimento, citando i dati dell’Arpa che evidenziano a
settembre sforamenti sulle emissioni di benzoapirene. Stamane, nella sede
della Regione, si parlerà dell’Aia. Rappresentanti politici o tecnici di
Comune, Provincia e Regione affiancati da Arpa e Azienda sanitaria dovranno
votare il sì o il no nella misura in cui riterranno soddisfatte le
condizioni di qualità degli impianti ai fini della salvaguardia ambientale.
Ma non è certo che si arrivi al dunque. Non per nulla la Uil, con il
segretario Luca Visentini, «auspica che le istituzioni chiamate a
pronunciarsi lo facciano nei tempi previsti e basandosi sui dati di fatto
acquisiti riguardo all’inquinamento e agli interventi che l’azienda si è
impegnata a realizzare». Perché «un ulteriore rinvio sarebbe molto grave,
visto che l’iter si è già prolungato molto più del previsto», così come
«grave sarebbe che il Comune o altri soggetti decidessero in base a
motivazioni politiche e non all’evidenza dei fatti», ricordando che «l’unica
strada per ridurre le emissioni inquinanti è richiamare Lucchini spa a
mettere in campo tutti gli investimenti necessari».
Dice l’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton (che oggi non
sarà presente al tavolo che peraltro, nota, è tecnico): «Saranno i tecnici a
dovere esaminare le carte, e hanno tre ipotesi: il sì, il no o la richiesta,
se necessaria, di altre integrazioni». E per il direttore del Servizio
regionale tutela da inquinamento Pierpaolo Gubertini è anzi «probabile» che
la discussione non si chiuda oggi. Ma il Comune è netto: «Noi non chiederemo
slittamenti», annuncia l’assessore Maurizio Bucci, «e presenteremo carteggi
e dati dettagliati». Alle 18.30, si diceva, il consiglio comunale.
Interverranno le segreterie sindacali di categoria e le Rsu della Ferriera
che ribadiranno la volontà di avere dati certi sull’inquinamento, ma anche
chiarezza sul futuro dei lavoratori; non ci saranno, perché invitate solo
ieri dal presidente del consiglio Sergio Pacor, le segreterie provinciali.
Confermate la presenza della Provincia con l’assessore Ondina Barduzzi,
della Regione e della proprietà con il direttore dello stabilimento
Francesco Rosato e altri rappresentanti. Invitati anche Arpa e Azienda
sanitaria. Dalle 17.30 sotto il Comune il presidio dei lavoratori. Ieri
pomeriggio invece, sempre in piazza Unità, ha manifestato un gruppo di
cittadini che poi ha attraversato in corteo la città.
p.b. |
Bonifiche, pagherà l’ente
pubblico - Importanti modifiche alla bozza dell’accordo di programma
fra gli enti coinvolti nel Sito nazionale |
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L’intervento riguarderà i
terreni venduti alle imprese dal ’97 in poi |
La mano pubblica interverrà
sulle aree inquinate vendute alle imprese da enti pubblici, dal 1997 in poi.
La novità, che in sostanza risolve la stragrande maggioranza del problemi
per le aziende insediate nel Sito inquinato di interesse nazionale, è emersa
nell’incontro che il direttore generale del ministero dell’Ambiente,
Mascazzini, ha avuto ieri in città con una decina di imprese che hanno già
aderito alla messa in sicurezza della falda freatica, fra le quali Teseco,
Bic, AcegasAps e Frigomar.
A margine dell’incontro con le aziende, la bozza dell’accordo di programma –
la cui ultima versione ha sollevato le proteste degli enti locali, che hanno
disertato la riunione – è stata migliorata in alcuni punti, fra cui quello
già citato, e oggi dovrebbe essere recapitata a Regione, Comune di Trieste,
Comune di Muggia, Provincia, Ezit e Autorità portuale.
«Sono soddisfatto della proposta del ministero – dichiara Gianni Pizzati,
presidente regionale dei Verdi e braccio destro del ministro Pecoraro Scanio
per il Sito inquinato – perchè risponde sia alle esigenze della bonifica sia
a quelle emerse a livello locale». Una nuova riunione con il ministero, per
discutere la bozza con gli ultimi emendamenti, dovrebbe tenersi nel giro di
una settimana.
Per la progettazione della messa in sicurezza, fra qualche mese verrà
intanto bandita una gara europea, che sarà gestita dagli enti locali e nella
quale verranno privilegiati i progetti con un rapporto ottimale
costi/benefici e che svilupperanno la possibilità di effettuare le bonifiche
sul posto.
Un aspetto importante in tutto questo contesto riguarda il livello
«naturale» di inquinamento dei terreni, quello che attraverso la falda
«entra» da monte nel sito inquinato (Sin). Per determinarlo, a breve la
Regione incaricherà l’Arpa di effettuare una serie di misurazioni
all’esterno del sito stesso.
Sempre all’interno del Sin, la Seastok, il cui progetto per un deposito
sotterraneo di Gpl è stato bocciato due anni fa dalla conferenza dei
servizi, sta verificando la possibilità di vendere l’area che aveva
acquistato per realizzarlo. Si tratta di 90 mila metri quadri nel complesso
ex Aquila, parte nel comune di Trieste e parte in quello di Muggia. E ancora
con riguardo a Seastok, oggi il Comitato portuale dovrebbe deliberare la
decadenza dell’atto di sottomissione, firmato nel 1999, per l’anticipata
occupazione di un’area demaniale marittima di 46 mila metri quadri e dello
specchio acqueo adiacente il pontile della Silone. |
Giuseppe Palladini
Ap: «Niente bici davanti alla
Marittima» - Pista ciclabile sulle Rive, l’Authority denuncia problemi di
sicurezza |
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L’assessore Maurizio Bucci ce
l’ha messa tutta per far tornare le navi bianche a Trieste, ma quelle navi
diventano ora un potenziale problema per la pista ciclabile che gli stessi
uffici comunali di Bucci progettano. La pista partirebbe dalla stazione
centrale per giungere fino a via Orlandini (dove si congiungerebbe con la
ciclabile provinciale che prosegue fino al confine e oltre) snodandosi lungo
le Rive nella parte interna, tra l’area riservata alla viabilità principale
e quella dei parcheggi. In ballo un finanziamento regionale da 258 mila
euro.
Per il tratto che interessa le Rive il Municipio ha chiesto all’Autorità
portuale di avallare il progetto. La risposta, lo scorso luglio, è stata
negativa: l’Authority, «pur partecipando all’iniziativa intesa a migliorare
la vivibilità delle aree urbane», fa notare che «il percorso attraversa aree
demaniali marittime interessate da attività portuali collegate ai servizi
portuali, alla nautica da diporto e al tempo libero»: così scrive il
segretario generale dell’Ap Martino Conticelli citando le «numerose
ordinanze» che limitano il transito in zona.
Il Comune in settembre è tornato alla carica. Pochi giorni fa, la nuova
risposta dell’Authority che apre alla possibilità della pista lungo le Rive
III Novembre, Caduti per l’italianità di Trieste, Gulli e Grumula. Resta
però il no per il tratto davanti alla Stazione marittima, per le «esigenze
portuali collegate al traffico crocieristico». In quel tratto -
contropropone l’Ap - le bici potrebbero «eventualmente transitare lungo la
normale viabilità delle Rive interne o esterne», secondo le esigenze legate
alla presenza di navi.
Il Comune intende ora proporre un incontro tecnico «per far capire che non
stiamo invadendo in modo sensibile l’area: due metri di pista ciclabile non
cambiano nulla - commenta Bucci - a meno che all’Autorità portuale non
pensino a strane chiusure dell’area con sbarre o cancellate...» «Nessuna
chiusura e nessuno steccato - replica Conticelli - pensiamo solo al traffico
pesante che si crea con le navi in rada, e che non potrebbe intersecarsi con
una pista ciclabile dove transitano liberamente adulti e bambini. Non
vogliamo creare problemi a un’iniziativa che può essere utile alla città, ma
ribadisco le necessità di tipo operativo e di sicurezza. Senza dire che
proprio davanti alla Marittima il Comune ha dato l’ok alla costruzione di un
parcheggio interrato».
Bucci, ricordando che è in scadenza il termine entro cui richiedere i
finanziamenti alla Regione, giudica però «impensabile interrompere la pista
per fare correre i ciclisti lungo la viabilità principale delle Rive». Dalla
Provincia, che ha chiesto a tutti i Comuni di vedere illustrati i rispettivi
progetti di ciclabili per collegarli con la propria pista, l’assessore Mauro
Tommasini suggerisce di vagliare anche altri percorsi nel centro città.
p.b. |
Percorsi pedonali a Muggia,
nuovi progetti - Prima assemblea pubblica con i cittadini nell’ambito
di Agenda 21 sulla mobilità sostenibile |
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Raccolte indicazioni su piste
ciclabili e strade chiuse al traffico |
MUGGIA «Grazie per essere venuti
qui a cominciare a dedicare un po’ del vostro tempo alla costruzione della
città». Con queste parole il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha aperto ieri
in una affollata sala Millo i lavori della prima assemblea generale del
forum di Agenda 21 sulla «Mobilità sostenibile, riqualificazione e
rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico». Insomma, si parlerà di
mobilità a piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, e di
collegamenti (esistenti e futuri) nel territorio. E nel suo saluto il
sindaco ha proprio sintetizzato il senso di Agenda 21: i cittadini
partecipano nella progettazione della propria città. L’assemblea di ieri fa
seguito ad una serie di tappe del processo di Agenda 21 a Muggia, che ha
portato recentemente il Comune ad illustrare l’iniziativa nei rioni
cittadini, per raccogliere i 18 rappresentanti della popolazione che fanno
parte del forum. A questi, ieri, si sono aggiunti i cosiddetti «stakeholder»,
i «portatori di interesse», sul tema della mobilità.
Ovvero, associazioni, enti, gruppi, comitati locali, sindacati, forze
politiche, invitati dal Comune perché, in un modo o nell’altro, possono
offrire il loro apporto di esperienza e conoscenza nella elaborazione del
Piano di azione, che è il documento consuntivo finale che conterrà proposte
concrete per l’amministrazione comunale. «L’obiettivo di questo forum di
Agenda 21 è di aiutare il Comune a pianificare il territorio – ha detto
ancora Nesladek -. La mobilità sostenibile sembra un argomento piccolo, ma
invece coinvolge la vita quotidiana di tutti».
L’assessore Loredana Rossi ha ricordato, tra l’altro, gli impegni dei
partecipanti e le scadenze previste: «Ci saranno sette o otto riunioni
settimanali, in modo da terminare a gennaio, quando sarà pronto il Piano di
azione, che sarà sottoposto al Comune. Accanto al forum, si à già formato un
laboratorio dei bambini e delle bambine, che raccoglie alunni delle scuole
di Muggia, e che produrrà proposte, che saranno vagliate e prese in
considerazione dal forum». Presidente dell’assemblea è stato nominato, su
delega del sindaco, Gianmarco Scarpa, già consigliere di minoranza nella
precedente amministrazione.
Il suo sarà un ruolo di raccordo tra il forum e la giunta: «Lo scopo di
queste assemblee – ha detto - sarà di cercare punti di incontro sui vari
temi, dovremo trovare gli elementi comuni accanto agli apporti dei singoli.
È un lavoro strutturato, formalizzato, con ruoli precisi».
Ieri sono state raccolte le schede di adesione di cittadini e portatori di
interessi, e sono stati costituti i tre tavoli tematici previsti. I temi
sono: stato di fatto della mobilità, analisi su come è sfruttata la mobilità
attualmente, e ambiente e mobilità alternativa (sentieri, piste ciclabili,
ed altro). Con oggi, quindi, il processo di Agenda 21 passa alla fase
operativa, e alla fine produrrà una o più proposte migliorative sul modo di
spostarsi nel territorio: a piedi, in auto, in bici, su mezzi pubblici. Il
tutto in un’ottica ecosostenibile. Questa prima esperienza a Muggia di
Agenda 21 sulla mobilità, fa da preludio ad un futuro analogo approccio che
sarà adottato anche per la stesura del nuovo Piano regolatore, e in generale
anche per affrontare tutte le tematiche che riguardano lo sviluppo della
città.
Sergio Rebelli |
Duino, l’Associazione
agricoltori chiede il ricorso al Tar contro le Zone protette |
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DUINO AURISINA «Contro la
delibera regionale che immobilizza l’agricoltura di una buona fetta del
comune di Duino Aurisina, chiediamo alla locale Amministrazione Comunale di
ricorrere al Tar. Altrimenti saranno le organizzazioni del territorio e di
categoria a attivarsi in prima persona contro una legislatura che ingessa il
territorio e danneggia pesantemente la comunità slovena che prevalentemente
vi risiede». Così si esprime Edi Bukavec, segretario dell’Associazione
Agricoltori, ieri riunita a Medeazza assieme alla Coldiretti e alle altre
rappresentante di categoria dell’agricoltura triestina per illustrare ai
coltivatori della zona gli effetti di quella delibera regionale di
approvazione della Variante Agricola del comune di Duino Aurisina (la 1719
del 13 luglio 07) per la quale i proprietari agricoli delle località di San
Giovanni di Duino, Medeazza e Ceroglie, inseriti nei Siti di interesse
comunitario (Sic) «Timavo e Ermada», devono attenersi a una serie di
prescrizioni tassative. La nuova Variante, che succede a una precedentemente
ritirata dalla Regione la scorsa primavera, prevede che nelle aree citate, e
nel raggio di 300 metri dal confine dalle stesse, non sia consentita alcuna
nuova edificazione né agli agricoltori professionali né a quelli part –
time, concedendo eventuali ampliamenti e ristrutturazioni ai soli
agricoltori professionali. Sempre per queste zone non risulta consentita la
variazione della coltura catastale.
«Siamo di fronte a delle norme rigide – sostiene Bukavec – che non esistono
altrove. Potremo capirle se applicate a zone montane o, comunque, a aree
isolate e non antropizzate. Ma qui – insiste il segretario – siamo di fronte
a delle zone fortemente caratterizzate dall’opera dell’uomo. Questo
documento espropria letteralmente le famiglie che vivono in queste località,
negando loro qualsiasi iniziativa o cambiamento, costringendole a muoversi
altrove per poter lavorare. E visto che in questa zona la popolazione è
prevalentemente slovena, la nuova norma viola apertamente la Legge di tutela
per tale minoranza». Già lo scorso luglio le organizzazioni di categoria
avevano formulato un ricorso al Presidente della Repubblica contro
l’inserimento del Carso triestino e isontino nelle zone SIC e di Protezione
Speciale (Zps). Sulla questione è stato ufficialmente interpellato il Comune
di Duino Aurisina.
Maurizio Lozei |
Albona, altro stop per la
Rockwool - Emissione di sostanze inquinanti |
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Dovrà rimanere ferma per altre
due settimane la fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool nella
piana di Pedena. Lo ha disposto l’ispettrice per la tutela dell’ambiente,
Marijana Bozicevic, che ha prolungato lo stop già deciso il 22 ottobre. La
produzione viene sospesa, questa la motivazione del provvedimento, a causa
dell’emissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti e del cattivo
funzionamento degli strumenti di monitoraggio ecologico della fabbrica. La
ripresa della produzione dipenderà anche dall’esito delle analisi in
laboratorio, da effettuare a Maribor, sui campioni dei residui tecnologici
della Rockwool. |
La Ferriera va chiusa |
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Scusate, vi sembrero cattiva, ma
l’unico pensiero che mi viene in mente è: quello che non hanno potuto i
titini e i partigiani, potrà la Ferriera di Servola, con grande
soddisfazione di qualcuno. Secondo me non ci sono posti di lavoro che
tengano: la ferriera dovrebbe chiudere domani e basta. Sono anni che vedo i
fumi rossi incendiare il cielo di notte e mi chiedo cosa si aspetta: che
tutti muoiano? Ci vuole una semplice denuncia al tribunale da parte di un
gruppo di residenti, consegnata alla cancelleria della Procura, con una
piccola marca da bollo, magari con l’appoggio di un legale, ma non è
indispendabile, perché è così che funziona. Cosa aspettano i cittadini
esposti a un tale pericolo? Devono muoversi in prima persona visto che i
nostri cari rappresentanti, sindaco in testa, non se la «sentono». Da parte
mia il voto per Forza Italia qui a Trieste se lo possono scordare.
Maria Novella Loppel Paternolli |
LA REPUBBLICA -
LUNEDI', 29 ottobre 2007
Nel Pacifico l'Isola della
spazzatura per l'80 per cento formata di plastica
Come un deserto oceanico, dove la
vita è ridotta solamente a pochi grandi mammiferi o pesci
Si chiama Pacific
Trash Vortex. Ha un diametro di 2500 chilometried è profonda 30 metri. Il suo
peso ha raggiunto 3,5 milioni di tonnellate
LO CHIAMANO Pacific Trash Vortex, il
vortice di spazzatura dell'Oceano Pacifico, ha un diametro di circa 2500
chilometri è profondo 30 metri ed è composto per l'80% da plastica e il resto da
altri rifiuti che giungono da ogni dove. "E' come se fosse un'immensa isola nel
mezzo dell'Oceano Pacifico composta da spazzatura anziché rocce. Nelle ultime
settimane la densità di tale materiale ha raggiunto un tale valore che il peso
complessiva di questa "isola" di rifiuti raggiunge i 3,5 milioni di tonnellate",
spiega Chris Parry del California Coastal Commission di San Francisco, che è da
poco tornato da un sopralluogo.
Questa incredibile e poco conosciuta discarica si è formata a partire dagli anni
Cinquanta, in seguito all'esistenza della North Pacific Subtropical Gyre, una
lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un
sistema di correnti ad alta pressione. L'area è una specie di deserto oceanico,
dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci.
Per la mancanza di vita questa superficie oceanica è pochissimo frequentata da
pescherecci e assai raramente è attraversata anche da altre imbarcazioni. Ed è
per questo che è poco conosciuta ai più. Ma proprio a causa di quel vortice
l'area si è riempita di plastica al punto da essere considerata una vera e
propria isola galleggiante. Il materiale poi, talvolta, finisce al di fuori di
tale vortice per terminare la propria vita su alcune spiagge delle Isole Hawaii
o addirittura su quelle della California.
In alcuni casi la quantità di plastica che si arena su tali spiagge è tale che
si rende necessario un intervento per ripulirle, in quanto si formano veri e
propri strati spessi anche 3 metri. La maggior parte della plastica giunge dai
continenti, circa l'80%, solo il resto proviene da navi private o commerciali e
da navi pescherecce.
Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di
plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa
plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il
resto continua a galleggiare.
La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per
sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti
animali marini portandoli alla loro morte. Quella che rimane si decomporrà solo
tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.
LUIGI BIGNAMI
IL PICCOLO -
LUNEDI', 29 ottobre 2007
DOPO-FERRIERA TUTTO DA
PROGETTARE |
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C'è un dopo a cui pensare, ed è
doveroso pensarci prima. Che i destini della Ferriera siano segnati, anche
se con tempi ben più lunghi di quelli suggeriti dalle cronache, è probabile.
Dietro l'ostico intreccio di centraline ed emissioni inquinanti, di
misurazioni e posizionamento degli apparecchi, c'è proprio una questione di
sensibilità collettiva. Rileva fino a un certo punto la mole d'investimenti
necessaria a rendere lo stabilimento pulito, come pure la raffreddata
disponibilità dell'acquirente Arvedi. Il punto è che nel sentire attuale
dell'opinione pubblica, nella percezione dell'uomo della strada di fine
2007, l'esistenza stessa di uno stabilimento di quel tipo, nel cuore di un
quartiere popoloso e affacciato sul golfo, risulta inaccettabile.
Non così era fino a poco tempo fa. Fa una certa impressione rammentare le
immagini in diretta tv di quell'imponente corteo cittadino di 13 anni or
sono, guidato da tutte le autorità di ogni colore triestine e regionali.
Senza una sola voce fuori del
coro, con cui si chiedeva al governo d'incentivare il passaggio di mano e la
sopravvivenza della fabbrica. Arrivarono così Lucchini e gli incentivi: da
allora Servola ha fatto buoni utili, ma non grazie all'attività siderurgica,
bensì alla produzione di energia elettrica che la mano pubblica è obbligata
ad acquistare a prezzo maggiorato. Allora fu la salvezza, oggi appare una
jattura. E' un segno dei tempi e di cultura del vivere: la probabile
chiusura della Ferriera, oltre che con la salute di chi ci lavora e vive, ha
a che fare con il coacervo di temi ambientali che occupano le nostre
attenzioni, dal riscaldamento globale alle polveri sottili nelle città. E'
anzi lodevole che le posizioni di lavoratori e residenti non siano più
concepite in contrapposizione. Se chi vive a Servola è esposto, chi ci
lavora è esposto tre volte: due per l'aria che respira, una per il posto che
rischia. Insomma: non sarà oggi né domani, non sarà come tirare giù una
saracinesca, ma presto o tardi quell'impianto chiuderà. E se la politica -
tutta - si deciderà, sarà anche grazie all'azione rigorosa e per una volta
composta della magistratura. Senza l'indagine di Federico Frezza e i severi
accertamenti disposti in silenzio, proprio l'antitesi del garrulo sventolìo
di fascicoli a cui in Italia assistiamo da 15 anni, la questione si sarebbe
trascinata ancora per un bel po'.
Ma proprio perché non sarà come tirare la saracinesca, è indispensabile che
fin d'ora la politica - tutta - si faccia carico del dopo, senza ritrovarsi
a chiedere "e adesso?" a saracinesca serrata. E il rischio è forte, perché a
oggi non c'è l'ombra di un'idea concreta, se non di qualche spunto tutto da
coltivare. Tre, in sostanza, sono gli elementi in gioco: l'imprenditore, i
lavoratori, l'area.
Il primo punto è il rispetto di chi ha investito. La Lucchini, oggi
Severstal, non è il babau. E' un'impresa che fa i suoi affari, e a Trieste
ne sta facendo di buoni, ma il cui arrivo fu letteralmente invocato dalla
città. Produce con emissioni insostenibili, ma l'impianto lo ha trovato
dov'era. Non lo ha rifatto da cima a fondo (condizione unica per renderlo
compatibile, e però economicamente impraticabile), ma per migliorarlo ha
speso parecchio. Insomma, non merita un'indegna cacciata, ma un
ringraziamento e una dignitosa stretta di mano: che significa, in soldoni,
un possibile coinvolgimento nelle future attività di riconversione
dell'area.
I lavoratori sono l'anello più debole. Tra dipendenti e indotto, centinaia
di persone in strada dall'oggi al domani (e non a causa dei conti aziendali,
tutt'altro che in rosso) sono un problema serio. Lungi da chi scrive
proporre soluzioni all'italiana quali vitalizi mascherati, prepensionamenti
generosi, posti di lavoro fittizi. L'unica soluzione sostenibile è un solido
programma di riconversione professionale che trovi sbocco nella
riconversione dell'area.
Di qui il terzo e decisivo elemento: che fare lì, dopo? La risposta sta
all'economia e non alla politica, a cui compete semmai crearne le
condizioni. L'area della Ferriera ha due punti di eccezionale valore: la
posizione sul mare, che la sposa alle esigenze di vasti spazi a terra di un
porto moderno, e l'attività di produzione di energia elettrica, un bene di
cui il Paese intero ha bisogno come d'aria, potenzialmente collegabile - con
una seconda centrale a metano - all'eventuale rigassificatore nel golfo.
Porto e Acegas: sono questi gli attori a cui far capo per la riconversione.
Il primo per la turbinosa attività di sviluppo dei traffici in cui è
lanciato, la seconda perché è la sola, per qualità manageriali, risorse
finanziarie e capacità di relazione (la futura e auspicabile multi-azienda
del Nordest) a potersi impegnare in un'operazione veramente complessa. Tale
è infatti una riconversione siffatta. Per questo ci permettiamo una proposta
ai pubblici amministratori: si dimentichino le centraline, lascino ad
occuparsene l'Arpa, la magistratura e l'azienda. Si dedichino subito a
progettare il dopo con chi saprà progettarlo. Perché tenere aperto quell'impianto
ancora per anni sarebbe insostenibile. Ma vederne le carcasse abbandonate
per gli stessi anni, una tetra replica del porto vecchio con i lavoratori a
casa, sarebbe imperdonabile.
Roberto Morelli |
Ferriera: Drossi e Visentini
contro Dipiazza, Lippi lo difende - Divampa la polemica politica dopo
le ultime vicende |
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«Sono sei anni che Dipiazza
sulla Ferriera ripete le stesse cose, prima acquisisca le certezze e poi
faccia le sue dichiarazioni, un comandamento che dovrebbe valere per tutti è
”non illudere”», sbotta il presidente dei Cittadini per Trieste Uberto
Fortuna Drossi. «Il polverone che il sindaco ha sollevato sfila tra
l’irresponsabilità e l’incapacità di quello che dice, se non ha mai chiuso
la fabbrica significa che non poteva farlo», rincara la dose il segretario
regionale della Uil Luca Visentini. Il doppio attacco al primo cittadino
arriva alla vigilia dell’attesa Conferenza dei servizi da cui domani uscirà
il sì o il no all’Autorizzazione integrata ambientale alla Servola. A
prendere le difese di Roberto Dipiazza, replicando con sdegno alle
dichiarazioni di Drossi e Visentini, è il vicesindaco Paris Lippi: «Dipiazza
fa bene - tuona Lippi - a sollevare il problema in maniera chiara, a me
dispiace vedere come certe persone, anziché guardare al futuro della città,
continuino ad arroccarsi su posizioni stantie e vecchie anche davanti a dati
sull’inquinamento che sono inequivocabili».
Sale la pressione in vista del tavolo decisivo nel quale Regione, Provincia,
Comune, Arpa e Azienda sanitaria sono chiamate a concedere o meno il via
libera alla Lucchini in base alle condizioni di qualità degli impianti e ai
piani d’intervento. Drossi Fortuna, da presidente della Quarta commissione
ambiente del Consiglio regionale, rompe il silenzio: «In quel tavolo mi
sembra che si fosse deciso di tenere le bocce ferme, di raccogliere i dati e
risparmiare le dichiarazioni. È ovvio che la Ferriera oggi non è più
compatibile se non c’è un piano d’abbattimento dell’inquinamento. Qui si
tratta di conciliare come dice Illy salute e occupazione, senza più cercare
rinvii, prendendo se serve per il collo l’azienda, cui le ordinanze non
fanno più caldo né freddo, visto che vi si può opporre». «È necessario -
chiude Drossi Fortuna - un accordo di programma, che è legge, che stabilisca
chi fa che cosa, e non un protocollo d’intesa che rimane aleatorio. Quelle
di Dipiazza sono dichiarazioni che ”inquinano” da un punto di vista
psicologico e non fanno bene né all’azienda, né ai potenziali acquirenti, né
alla gente».
«Con la missione a Trieste - gli fa eco Visentini - i vertici dell’azienda
hanno ripetuto ciò che si sapeva: l’affare con Arvedi per ora è sfumato, il
che significa che Lucchini conferma il suo piano industriale e intende
mettere in campo quegli interventi propedeutici all’Autorizzazione integrata
ambientale. Quello di Dipiazza è stato ”tanto rumore per nulla. Nella
prossima Conferenza dei servizi confidiamo che si prendano le decisioni in
base ai fatti e non agli orientamenti politici».
«L’ambiente non è di destra né di sinistra», è la risposta di Lippi. «Non
siamo davanti a scelte di parte - aggiunge l’esponente finiano - ma di
logica e coerenza. E poi se l’azienda non ha ancora fatto quegli interventi
necessari contro l’inquinamento significa che fino ad ora siamo stati presi
tutti in giro. Invece di pensare al ricollocamento del personale, che
rappresenta la categoria che rischia di più oggi anche in salute, si
continua a discutere contro la realtà dei fatti». «Azzardare che noi
vogliamo una chiusura senza pensare al futuro degli operai - conclude il
vicesindaco - è una grande offesa. Già cinque anni fa Sergio Dressi,
quand’era assessore in Regione, aveva cercato di dare soluzione a un
eventuale ricollocamento con un tavolo delle istituzioni. Se lì si facesse
una banchina portuale, o si mettesse la piattaforma logistica, si potrebbe
garantire lavoro a buona parte della gente oggi impiegata in Ferriera. Ma
invece di agire si spendono soldi per studi finiti nel vuoto, come quello
commissionato a Gambardella dall’amministrazione Illy».
pi. ra. |
Trasporto pubblico, è
polemica - Provincia nel mirino per la decisione di affidare a terzi parte
del servizio |
|
Trasporto pubblico, An punge la
Provincia perché «ha autorizzato Trieste Trasporti all'affidamento a terzi
di parte del servizio di trasporto pubblico locale. Si tratta - sottolinea
una nota a firma di Marco Vascotto, Arturo Governa e Piero Degrassi - della
prima volta che ciò avviene, benché previsto sin dal 2000 in base a precise
norme e già in passato ventilato e auspicato dal concessionario. Lasciano
perplessi numerosi elementi nell’atto della Provincia, di competenza della
funzione Trasporti afferente all'assessore Barduzzi».
I rappresentanti dell’opposizione proseguono evidenziando «innanzittutto le
motivazioni che sono alla base dell'autorizzazione. Per prima il fatto che
"Trieste Trasporti spa lamenta un elevato tasso di mancata prestazione, che
si aggira attorno al 12% annuo"». Era stata «nostra premura chiedere una
particolare attenzione all'assessore Barduzzi affinché ci fosse una forma di
persuasione nei confronti della parte datoriale e di quella sindacale per
ridurre eventuali "mancate prestazioni" dovute a criticità nei rapporti
sindacali tra le parti e, conseguenti, scioperi. Tale richiesta rimane
inascoltata. Più facile prevedere che le linee serali vengano affidate a
terzi, ancora da individuare, anziché, come era logico, prevedere una più
attenta gestione ed eventualmente l'incremento del personale viaggiante
(conducenti) in Trieste Trasporti». |
LA REPUBBLICA -
DOMENICA, 28 ottobre 2007
Biocarburante, l'allarme dell'Onu - "Un crimine contro l'umanità"
"Riduce i terreni arabili, così si affamano i
popoli più poveri" - Più una società è indigente, più alta è la quota di spesa
destinata
L'inflazione alimentare nei paesi emergenti è
doppia che nel resto del mondo - Secondo il rapporto Onu, 854 milioni di
individui nel mondo soffrono la fame
ROMA - Aveva ragione Fidel Castro e torto George Bush: la
corsa al granturco per produrre ecobenzina colpisce drammaticamente i poveri. A
dirlo, ora, è l'Onu. "Un crimine contro l'umanità" l'ha definita Jean Ziegler,
l'inviato speciale Onu per "il diritto al cibo".
Una definizione di una violenza insolita, studiata, probabilmente, per catturare
i titoli dei giornali e attirare l'attenzione sugli effetti che l'impennata dei
prezzi agricoli - determinata, almeno in parte, dal boom dell'etanolo - sta
avendo sui paesi più poveri, dove anche limitate oscillazioni dei prezzi del
cibo possono spostare il confine della fame.
I dati del Fondo monetario internazionale confermano, infatti, che, in media,
nel mondo, i prezzi del cibo hanno subito una brusca accelerazione: rispetto
all'anno precedente, nei primi quattro mesi del 2006 l'aumento risultava del 3%.
Nei primi quattro mesi del 2007 è stato del 4,5%. Ma questa è una media
mondiale. Nei paesi emergenti, la cosiddetta inflazione alimentare è stata del
9%. Ma non basta questo scarto a spiegare perché il dramma del rincaro del cibo
si concentri sui paesi più poveri. Più una società è povera, infatti, più alta è
la quota di spesa destinata agli alimenti. Un consumatore americano spende il
10% del suo budget quotidiano per mangiare. Un cinese il 30%. Nell'Africa
subsahariana il 60%.
E, per questo motivo, gli effetti si irradiano in modo diverso sul complesso
dell'economia: mentre nei paesi industrializzati, il rincaro degli alimentari,
dice sempre il Fmi, non sembra avere effetti visibili sull'inflazione generale,
in paesi come Brasile e Cina comporta un'accelerazione di mezzo punto. In
Tanzania e Uganda di quasi un punto. Come se non bastasse, a scavare un solco
fra fortunati e meno fortunati c'è il fatto che alcuni paesi guadagnano dal
rincaro delle derrate alimentari: Argentina, Bolivia, Cile, come anche Sud
Africa, Namibia, Swaziland hanno beneficiato dell'aumento dei prezzi, perché
esportano derrate alimentari. I paesi perdenti sono quelli che importano e,
spesso, sono anche i più poveri: Ghana, Niger, Bangladesh, oltre a Cina e Medio
Oriente.
Insomma, il rincaro dei generi alimentari colpisce tutti, ma in misura
sproporzionatamente più alta i paesi più poveri. È tutta colpa dell'etanolo? In
realtà, l'attuale impennata dei prezzi - soprattutto dei cereali - è il frutto
anzitutto di alcune annate di cattivi raccolti, per via della siccità. Ma l'ira
di Ziegler si spiega con il fatto che, mentre con i disastri naturali si può far
poco, la corsa all'etanolo - che dell'attuale aumento dei prezzi è una
componente - è una decisione politica. Nel caso specifico, della politica
americana, determinante, perché gli Usa sono il maggior esportatore agricolo al
mondo e, da soli, rappresentano il 70% dell'export mondiale di granturco, un
alimento centrale anche per i mangimi animali. Nei mesi scorsi, la Casa Bianca
ha scelto di incentivare massicciamente l'utilizzo del granturco per
biocarburanti. In parte, per aggirare la necessità di provvedere con altre
misure di risparmio all'emergenza petrolio. In parte, per conquistare i voti del
Middle West (ciò che renderà assai difficile rovesciare questi incentivi, dato
il peso che la "Corn Belt", gli Stati della cintura del granturco, hanno nel
panorama elettorale americano). Ma la decisione di Bush di quintuplicare
l'obiettivo ufficiale di produzione di etanolo da granturco ha avuto un impatto
devastante sui prezzi. La quotazione del granturco ha raggiunto record storici,
di fronte alla nuova domanda.
Contemporaneamente, aree sempre più vaste sono state destinate alla produzione
di mais. È questo, specificamente, il "crimine contro l'umanità" di cui parla
Ziegler: la sottrazione di preziosa terra arabile alla produzione alimentare,
per destinarla ai carburanti. Man mano che la popolazione mondiale aumenta,
infatti, la quantità di terra arabile a disposizione diminuisce: pro capite, è
quasi dimezzata rispetto al 1970. La corsa all'etanolo rischia di strangolare
questa risorsa: un recente studio calcola che, per aumentare la produzione di
biocarburanti in misura sufficiente ad assicurare il 5% dei combustibili per il
trasporto, occorrerebbe destinarvi il 15% del totale di aree coltivate.
Probabilmente, è impossibile. Quasi certamente, sarebbe un disastro. Perché, in
ogni caso, non ne vale la pena. L'errore più grave di Bush è aver puntato sul
cavallo sbagliato: il futuro non è nell'etanolo da granturco. In uno studio
diffuso la scorsa settimana, il Fmi mette a confronto benzina, gasolio e
biocarburanti. Il costo di produzione della benzina (negli Usa) è di 34
centesimi di dollaro al litro. Solo l'etanolo derivato, in Brasile, dalla canna
da zucchero costa di meno: 23-29 centesimi. E, infatti, a togliere ogni dubbio
sui reali obiettivi degli incentivi per l'etanolo della Casa Bianca, l'etanolo
brasiliano è pesantemente tassato alla dogana per renderlo non competitivo.
L'etanolo da granturco costa, infatti, 40 centesimi al litro, notevolmente di
più, dunque, sia della benzina, sia, soprattutto del concorrente brasiliano. Un
discorso analogo vale per il biodiesel, su cui hanno puntato gli europei. Il
gasolio costa 41 cents al litro, mentre il biodiesel da olio di colza ne costa
87.
Solo un nuovo biodiesel (da una pianta indiana, la jatropha, coltivata apposta
per biocarburante) potrebbe costare di meno di quello da petrolio.
Questo maggior costo è giustificato dai benefici per l'ambiente? Non parrebbe,
almeno per il granturco. Il guadagno, rispetto alla benzina normale, in termini
di minori emissioni di Co2 è di meno del 20% per l'etanolo da granturco (del
91%, invece, per l'etanolo brasiliano). Questo non significa che i biocarburanti
diversi da quello brasiliano siano un vicolo cieco.
Ziegler, ieri, ha proposto una moratoria di cinque anni nella produzione
agricola per etanolo, perché guarda alle prospettive di produzione non più dal
frutto della pianta, come oggi, ma dagli scarti e anche dal riciclaggio della
cellulosa. Viaggiare, dunque, con la benzina da rifiuti, salvaguardando la
produzione agricola. L'etanolo prodotto in questo modo consentirebbe un
risparmio dell'88% nelle emissioni di anidride carbonica e anche di moltiplicare
l'efficienza energetica del combustibile. Il problema è che, oggi, l'etanolo
prodotto in questo modo (soprattutto attraverso enzimi) costa ancora troppo:
circa il doppio della benzina. Ma è la frontiera più vicina del dopo petrolio.
MAURIZIO RICCI
IL PICCOLO -
DOMENICA, 28 ottobre 2007
Dipiazza: garanzie sulla
Ferriera o interverrò - Il sindaco: «Non dò patenti al buio». La Cgil:
«L’inquinamento si può ridurre» |
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Inquinamento
e lavoro: dopo la scesa in campo dei vertici della Lucchini il mondo
politico e sindacale prende posizione
Dopo che la Lucchini l’altro
giorno è scesa a Trieste coi suoi più alti vertici per rendere esplicita a
tutti i livelli la propria posizione qualcuno dice «ormai il tempo è
scaduto» e qualcun altro accoglie: «Diamoci tempo e ordine». Intanto, mentre
in sede di conferenza stampa il vicepresidente operativo della società,
Giovanni Gillerio, ha affermato - citando il fatto che la sostenibilità
economica dell’azienda si proietta non oltre il 2015, «poi ci vuole o un
acquirente o uno scatto di fantasia» - che un rilancio della centrale
elettrica sarebbe possibile se a Trieste si realizza il gassificatore, ma
che non sarà la Lucchini a gestire questa attività, e che la Ferriera
movimenta molte tonnellate via mare, ma non è interessata alla piattaforma
logistica portuale («lì non siamo a casa nostra»), i sindacati ricevuti al
mattino hanno ricavato un’impressione diversa. Riferisce Franco Belci (Cgil):
«Ci è stato detto che la banchina portuale è un’attività significativa, e
che in quella direzione si può pensare a uno sviluppo».
Ma questi sono gli interrogativi sul futuro più lontano. Intanto il sindaco
Roberto Dipiazza, sollecitato dalla Regione a voler conciliare salute e
lavoro, non si sposta: «I dati Arpa di settembre dicono 2,2 nanogrammi di
benzoapirene come media a Servola, cioé il 120 per cento del limite: come
conciliare, se ci vogliono quattro anni perché l’azienda si metta in regola
secondo le prescrizioni del magistrato, ancora non adottate? Questo è un
trabocchetto: promesse di adeguamento, e chi ti vede più. Che cosa dirò il
30, all’autorizzazione integrata ambientale? Chiederò come la Lucchini
intende risolvere nell’immediato i 2,2 nanogrammi, e deciderò la mia
posizione a seconda della risposta. Comunque, quando concedi la patente,
come lo controlli poi?». Dipiazza ha scritto al direttore dell’Azienda
sanitaria, Franco Rotelli, per un ultimo parere, e attende posta.
L’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, è del partito
dell’«ordine e attesa». «Ci sono stati sforamenti pesanti, sono seguite
indicazioni da Procura e Azienda sanitaria, rendiamo omogenea la rete di
monitoraggio (come sta avvenendo), aspettiamo l’esito, e affidiamoci al
tavolo unico regionale: lì si vedranno i risultati oggettivi, senza fughe in
avanti».
Ai sindacati, ricorda invece Belci, è stata prospettata dopo il 2015 una
riduzione di attività («dunque ci vorranno pensionamenti»). «L’azienda
afferma che il pm Frezza, posizionando due nuove centraline, ha dato due
mesi di respiro, il risultato si avrà a fine dicembre, comunque se il
sindaco di allarma per i 2,2 nanogrammi di benzoapirene io penso che si può
lavorare per farli rientrare nei limiti, il problema è che per i lavoratori
non c’è un limite di soglia, abbiamo chiesto e ottenuto monitoraggi
periodici». Belci vuole che il tavolo regionale sia presidiato
dall’assessore: «Altrimenti proseguono carteggi a due che escludono gli
altri e creano solo confusione».
L’accenno è alla comunicazione Azienda sanitaria-sindaco riferita in
consiglio comunale e relativa ai tempi prevedibili per una verifica totale
dei dati ambientali una volta completati i prescritti lavori si
ristrutturazione interna (cokeria, ecc.). Si citava il 2011, aggiungendo che
nel frattempo il monitoraggio sarebbe stato costante.
«Il presidente Gillerio ha detto una cosa sacrosanta - commenta Roberto
Decarli (Cittadini), che ha notato un miglioramento della situazione da
quando in Lucchini è entrata la russa Severstal - e cioé che la siderurugia
è invasiva sul territorio, e va resa compatibile: è la chiave di tutto. Ma
si è dovuto prendere la Lucchini per i capelli affinché lo riconoscesse.
Abbiamo ora bisogno di dati completi, sovrapponibili, certi e confermati,
perché ora e dopo tanto tempo - conclude Decarli - non abbiamo proprio
niente: né dati certi né garanzie di reimpiego dei lavoratori».
Non si fida invece Fabio Omero (Ds): «Ho perso fiducia nella Lucchini -
spiega -, e ho rammarico che Arvedi si sia ritirato, a differenza del
sindaco penso che con buone tecnologie l’industria possa ancora convivere
con la città, fatta salva la salute. Alternative non ce ne sono: recuperiamo
Arvedi e si salvi capra e cavoli. Altrimenti avremo sì la chiusura della
Ferriera, ma per esaurimento...». Di parere contrario Alessia Rosolen (An)
che imputa alla Regione una «grande assenza» e aggiunge: «I lavoratori e
l’indotto sono l’unico vincolo che la città ha con la Ferriera, lo
stabilimento non può restare nell’abitato neanche con lavori per la messa in
regola, gli operai mi raccontano di 32 forni per turno anziché i normali 24
per aumentare la produttività, per questo esce più inquinamento. La firma il
30? Con questi dati non si può dare». La Lega Nord, reduce da un incontro
con gli abitanti, tuona (anche in nome di accordi elettorali): «La Ferriera
deve andarsene e l’area deve essere riqualificata, la salute non può essere
barattata con gli interessi di pochi».
Il presidente della circoscrizione di Servola, Andrea Vatta (Forza Italia),
riferisce di bambini malati, di «sforamenti così grossi da giustificare la
chiusura», di «lavori così importanti per la messa a norma che alla Lucchini
non convengono». Aggiunge: «Non auguro male all’azienda, ma in bocca al lupo
se riescono a rimediare una situazione fuori da ogni limite, ed è
paradossale che si contestino Azienda sanitaria, Arpa, Cigra: dei
professionisti di tale calibro». Conclude Vatta: «È la prima volta che vedo
muoversi decisamente enti amministrativi e di controllo. Il cerchio si
chiude».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - I servolani:
«Siamo sconfortati, è un gioco delle parti» - «Sarà una storia lunga».
Domani nuovo sit-in davanti al Municipio |
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Gli abitanti
del rione si sentono sempre più confusi mentre cresce la rassegnazione e la
protesta non si placa |
«Bisogna
pensare ai lavoratori e anche agli interessi economici, ma l’inquinamento
non era mai così» |
«La Ferriera può rendere fino al
2015? A quel tempo saremo tutti morti, l’unico superstite sarà il signor
Lucchini». A Servola, nelle ultime ore, stanno montando sconforto e
rassegnazione. E un velo di amara ironia. La discesa di via dei Giardini,
affacciata su quello che per molti è ormai il «mostro» e basta, è tappezzata
di richiami, da parte dei comitati, a un nuovo sit-it anti-Ferriera davanti
al Municipio, domani alle 18. Diversi residenti, tuttavia, si dicono pronti
a scommettere che, alla fine, il «mostro» rimarrà al suo posto. Nonostante
le proteste. Perché - dicono i servolani - rischiano di prevalere una volta
ancora gli interessi economici. «Resterà tutto come adesso, i soldi sono più
importanti», taglia corto Edoardo Cujec. «La vedo lunga», gli fa eco il
giovane Alessandro V., uscendo dalla casa di via dei Giardini. «Assistiamo -
aggiunge - a un continuo passarsi la palla tra le parti, mentre noi
cittadini ci sentiamo con le mani legate, vittime di questioni di soldi. A
me non preme che la fabbrica chiuda per partito preso, ma ritengo
indispensabile che l’azienda si metta in tutto e per tutto in regola con gli
impianti. Io, alla mia automobile, devo far fare la revisione periodica. E
devono rilasciarmi il bollino blu sui gas di scarico, altrimenti non
circolo. Quel bollino blu lo facciano anche loro...». Alessandro V. abita da
quattro anni a Servola, ma frequenta il quartiere da 15. «E una volta -
assicura - l’inquinamento, ’sta carbonella sull’auto e i panni stesi fuori,
non era così».
«Sono servolano da sempre - conferma Maurizio Del Re - e in quella fabbrica
ci hanno lavorato mio nonno, mio papà, mio fratello e mio nipote. E in
passato andava decisamente meglio con l’inquinamento. Io adesso sono per la
chiusura dell’impianto. Parlano del 2015, ma mi sembra che la promessa era
il 2009. L’area va riqualificata e trasformata in zona portuale, così si
potrebbe garantire lavoro dopo la dismissione».
«Lo stabilimento - rincara la dose la signora G. M., che preferisce riferire
solo le iniziali - dev’essere chiuso. È giusto pensare anche ai lavoratori.
Ma, più che il loro posto in fabbrica, va preservata la loro salute. Ci
rendiamo conto che la Ferriera rende alla proprietà, ma si sarebbe dovuto
intervenire a suo tempo con degli accorgimenti decisivi contro
l’inquinamento. Ormai non se ne può più. Davanti a casa abbiamo un po’ di
verde e ci tocca vedere le foglie annerite e sentire la gola secca dopo
essere stati sotto un arbusto».
«La mia sensazione è che i proprietari vogliano prendere i soldi dallo Stato
finché sarà possibile. Poi diranno ”signori, arrivederci”», aggiunge Fulvio
B., riferendosi al fatto che nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6 con cui
lo Stato concede aiuti alle aziende che producono energia con fonti
rinnovabili.
«Fosse per me - dice Jasmine Mazic, cittadino bosniaco che vive a Servola -
non ci sarebbero problemi, visto che sono un muratore e mangio polvere ogni
giorno. Ma penso a mio figlio, questo sì».
Antonio Racanelli, all’incrocio fra di via Servola e via dei Giardini, è al
lavoro per ristrutturare la casa che ha comprato a marzo. Ci verrà a vivere
con la famiglia, fra cui due figli, uno di cinque anni e l’altro di due e
mezzo. «Con le finestre aperte - spiega - purtroppo gli effetti della
fabbrica si sentono. Se la Ferriera inquina, e questo ormai mi pare un dato
reale, è giusto chiuderla o quantomeno prendere dei provvedimenti drastici».
«Serve un intervento sugli impianti serio, non per finta», fa presente
Claudio Stefani, un altro giovane che sta mettendo a posto casa, in via
Soncini. «Prima di chiudere, ad ogni modo, bisognerebbe sapere dove mettere
tutti questi lavoratori» ammonisce Livio, il padre.
«Sono nata e vissuta sempre a Servola - concorda Annamaria Ponis - e in
Ferriera mio marito ci ha lavorato ed è morto. Ma sono dell’idea che prima
bisogna dare un futuro ai dipendenti e poi chiuderla».
Sulla necessità di una chiusura immediata torna invece Ester Passeri: «Vivo
qui dal 1981 e oggi è peggio di una volta. Una di queste sere passavo di qua
con il cane e ho visto uscire una nuvola dallo stabilimento. Quando mi sono
tolta gli occhiali sentivo come gli occhi pieni di sabbia». «E poi guardi
come si rovinano pure le macchine parcheggiate», conclude la signora Ester.
La quale conferma i racconti di alcuni altri residenti: «Se ci si rivolge
all’azienda, questa paga il rinnovo delle carrozzerie danneggiate dai fumi
dell’impianto, è vero».
pi. ra. |
Bonifiche, la Regione
incarica l’Ezit - L’ente curerà le caratterizzazioni alle Noghere
nelle aree pubbliche e in quelle inquinate dall’attività pubblica |
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Azzarita:
«Partiamo subito, risultati nel giro di un anno» |
Sarà l’Ezit a coordinare le
caratterizzazioni nelle aree pubbliche, e in quelle private ma inquinate da
attività pubbliche, nella Valle delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo.
L’incarico ufficiale per l’attuazione del piano di caratterizzazione è stato
infatti assegnato all’Ente zona industriale dalla Regione.
«E’ l’inizio vero dell’attività di risanamento, il primo confronto reale con
le aziende sulla complessa questione delle aree inquinate», commenta il
presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, che annuncia: «Partiamo subito. La gara
d’appalto sarà bandita quanto prima. Nel giro di dodici mesi avremo il
quadro dell’inquinamento in queste aree, dove sono insediate anche circa
ottanta aziende private».
Sul piano formale l’incarico all’Ezit è stato dato attraverso un decreto di
delegazione amministrativa, un passaggio indispensabile per permettere di
continuare il lavoro avviato qualche anno fa con il piano di
caratterizzazione dell’intero Sito inquinato di interesse nazionale,
passando appunto dall’elaborazione del piano alla sua attuazione.
«Finalmente – osserva ancora Azzarita – siamo riusciti ad avviare un’impresa
tuttaltro che facile. Questo risultato ha richiesto molto tempo e molto
lavoro, e devo dare atto all’assessore regionale Moretton di essere venuto
incontro a tutte le esigenze del nostro ente. Il decreto – annota – non è
comunque un punto di arrivo ma di partenza. Non possiamo dimenticare che
esiste ancora una grande incertezza sulle risorse, gli ormai noti 5 milioni
di euro necessari a completare la caratterizzazione».
La soddisfazione di Azzarita è legata anche al fatto che questo primo
traguardo dovrebbe spianare la strada ai successivi passaggi amministrativi.
«L’auspicio – aggiunge – è che, superato questo scoglio, si riesca a
velocizzare l’iter delle caratterizzazioni prima, e quello delle bonifiche
poi. Il prossimo anno ci attendiamo la delegazione amministrativa per altre
aree, spero più vaste di quelle assegnateci adesso, cioè quelle private non
inquinate da attività pubbliche».
Il decreto della Regione assegna anche i finanziamenti necessari per attuare
il piano di caratterizzazione. Il costo dell’operazione è stato stabilito in
un milione 343 mila euro, somma che è stata inserita nel bilancio di
previsione della Regione per il periodo 2007-2009.
Parte dell’importo, 500 mila euro, sarà ricavata dal bilancio di previsione
per il 2007, come quota derivata dall’esercizio 2006. Altri 500 mila euro
saranno attinti dall’esercizio 2007, mentre la parte restante, 343 mila
euro, arriverà dall’esercizio finanziario 2008.
Secondo il decreto l’Ezit deve avviare entro dodici mesi le procedure per
attivare le operazioni previste dal piano di caratterizzazione. Il termine
per l’attuazione del piano è invece fissato in 36 mesi.
Come ha dichiarato Azzarita, però, l’ente intende bruciare le tappe, cosa
che del resto sta facendo per la caratterizzazione delle aree di sua
proprietà alle Noghere (450 mila metri quadri), caratterizzazione iniziata
alcuni mesi fa e che si concluderà entro novembre, in anticipo sui tempi
previsti.
La Regione, dal canto suo, oltre ad effettuare eventuali verifiche (tramite
l’Arpa) nel corso dell’attività di caratterizzazione, approverà e invierà al
ministero dell’Ambiente i risultati finali. Giuseppe Palladini |
IL PICCOLO -
SABATO, 27 ottobre 2007
Piano parcheggi, no al
progetto in largo Canal - Confermati invece i siti delle ex officine
Holt di via Gambini e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola
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Il Consiglio
comunale stralcia uno dei 18 contenitori previsti in origine |
Valutazione
di impatto ambientale positiva per la struttura interrata che dovrà sorgere
davanti al palazzo della Stazione Marittima
Sono diventati 17 i contenitori
previsti dal nuovo piano urbano dei parcheggi, che il consiglio comunale ha
approvato mercoledì sera. Rispetto ai 18 siti originari, infatti, l’aula ha
deciso di eliminare largo Canal, dove era prevista una struttura interrata
per 91 posti auto in quattro livelli: opera che è stata giudicata «troppo
costosa e problematica in termini di viabilità», come ricorda il presidente
della commissione urbanistica Roberto Sasco. È stata confermata invece la
volontà di aggiungere al piano i siti delle ex officine Holt di via Gambini
e di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola.
La modifica sostanziale apportata al documento consiste però nel fatto che
sarà il consiglio comunale a decidere, con una nuova delibera, i criteri da
seguire per l’assegnazione dei lavori alle imprese in regime di project
financing (cioè costruzione a proprio carico e successiva gestione, concessa
dal Comune, così da rientrare dell’investimento effettuato). Maggioranza e
opposizione hanno trovato una convergenza, e in base a questo accordo -
formalizzato in un unico testo in origine presentato dal Cittadino Roberto
Decarli - sono stati ritirati quasi tutti gli emendamenti (una trentina),
relativi in buona parte proprio ai criteri di assegnazione dei posti auto.
Sarà dunque il consiglio a indicare quale quota di posti auto nelle aree di
superficie vicine ai nuovi contenitori lasciare libera, quale quota
riservare a posti a rotazione anche nelle strutture destinate alla vendita,
il tipo di prescrizioni da adottare sull’impatto ambientale e visivo, le
eventuali tariffe agevolate per i residenti. La gran parte di questi temi
era stata toccata in una serie di emendamenti presentati tanto da componenti
del centrodestra quanto del centrosinistra.
Nella delibera è stata inoltre ricordata - come da richiesta della
capogruppo di An Alessia Rosolen - l’esistenza di Amt, società controllata
dal Comune il cui core business è proprio la gestione dei parcheggi: formula
che potrà aprire la strada a una partecipazione diretta di Amt stessa nella
costruzione e gestione in alcune delle strutture da costruire. Fatto proprio
dalla giunta un emendamento della forzista Raffaella Del Punta mirato a
riservare dei «parcheggi rosa» per donne in gravidanza e neomamme.
Grazie all’accordo, l’opposizione (esclusa Rifondazione comunista) si è
astenuta sul documento, perché se «manca un’idea di quale accessibilità
vogliamo dare al centro città - piazze, aree pedonali, servizi pubblici e
privati, rete di negozi - e ai quartieri storici e a quelli della
periferia», come annota il capogruppo diessino Fabio Omero, pur tuttavia il
consiglio comunale «si è riappropriato», aggiunge, del suo «ruolo politico»
con le scelte che potrà fare con la delibera sui criteri.
L’aula ha anche dato l’ok sulla valutazione di impatto ambientale per il
parcheggio interrato davanti alla Stazione marittima che Saba Italia
progetta di cantierare l’anno prossimo. È stato accolto - con i voti di
opposizione e An - l’emendamento con cui Omero ha richiesto che le opere
fuori terra non superino i due metri e mezzo sopra il livello del mare: il
progetto originario prevedeva torrette per gli ascensori alte 3,8 metri. |
Lucchini: Ferriera redditizia
fino al 2015 - «Arvedi ha interrotto le trattative spiegando che la
città non lo vuole» |
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In città il
vicepresidente esecutivo Gillerio per una serie di incontri con Comune, Autorità
portuale e Regione
Mentre il sindaco Dipiazza ha da
poco ribadito che gli ultimi dati attesi sulle emissioni potrebbero indurre a
decisioni «drammatiche», Lucchini spa rompe il silenzio nelle giornate convulse
che si susseguono attorno ai destini della Ferriera, dei lavoratori, della
città. L’azienda fa sentire la sua voce: parla il vicepresidente operativo della
società Giovanni Gillerio, accanto a lui l’ad Hervé Kerbrat e il direttore dello
stabilimento e consigliere delegato della spa Francesco Rosato, accompagnati dal
responsabile relazioni esterne Francesco Semino. Uno spiegamento di voci e volti
per una giornata di incontri: i giornalisti e poi, nel pomeriggio, il sindaco,
l’Autorità portuale, il governatore Riccardo Illy. Il tutto alla vigilia
dell’appuntamento del 30 ottobre, il tavolo in Regione al quale si discuterà
dell’autorizzazione integrata ambientale da dare - o meno - allo stabilimento,
in base a una serie di migliorìe ambientali.
L’azienda, dunque. Gillerio fissa tre punti: primo, nel piano strategico della
società la Ferriera «non sarà brillantissima, ma ha una sua dignità» economica
nell’ambito del gruppo Lucchini-Severstal «fino al 2015». Secondo: il gruppo
Arvedi - con cui la trattativa è stata interrotta - avrebbe offerto una
prospettiva all’insediamento oltre quella data anche in termini di migliorìe
ambientali, «e non è escluso che pensasse a qualcosa di innovativo approfittando
degli spazi» disponibili a Servola. Terzo: Arvedi ha rotto la trattativa
spiegando che «la città» non lo vuole: e la città «non sono i sindacati, né la
Regione, né il Porto». Davanti a una soluzione di futuro offerta e rifiutata -
ragiona Gillerio - «non capisco più niente». «Non capiamo il sindaco». Il
messaggio è chiaro: «Rispettiamo le regole. Se però le istituzioni, la
cittadinanza ritengono di non poter più continuare, qualcuno ce lo deve dire
formalmente, istituzionalmente. E assumersene le conseguenze».
LA SCADENZA Nel 2015 verrà meno il regime di Cip 6, con cui lo Stato concede
aiuti finanziari alle aziende che producano energia con fonti rinnovabili: è la
centrale di cogenerazione. A quella data «rischiamo una criticità economica».
Questo Lucchini spa riferisce di aver detto in maggio a Regione, Comune e Ap:
«Preoccupiamoci di vedere come arrivarci preparati, per progettare in modo
opportuno un futuro - qualunque esso sia - di questo insediamento».
ARVEDI «Subito dopo» - parla Gillerio - ecco Arvedi. L’industriale sta ampliando
la propria attività a Cremona e vuole aumentare la produzione. La ghisa è per
lui fondamentale, e gli interessa la presenza del porto: «Ha una strategia
chiara e una visione che supera il 2015», ribadisce Gillerio citando l’interesse
di Arvedi per un’attività «innovativa» e la sua «disponibilità» sul tema
ambiente. Lucchini informa gli enti locali della novità. E trova «entusiasmo»,
ricorda Gillerio citando il «forse ho fatto Bingo» pronunciato la scorsa estate
dal sindaco. Il negoziato prosegue. Poi Arvedi frena: «La città non mi vuole, mi
mettono difficoltà». La trattativa va a monte: «Sappiamo che Arvedi è
interessato, ma che non ci sono le condizioni per finalizzare». La vicenda però
è servita a confermare che «Servola vale, non è zero. Non si svende».
L’ATTACCO Ed è qui che parte l’attacco al sindaco. Perché - così Gillerio - «con
la Magistratura abbiamo un rapporto non ottimale ma solido: ci capiamo perché
discutiamo di regole scritte. Ci capiamo anche con la Regione, che è una nostra
controparte. Non ci capiamo quando in nome della protezione della salute ci
vengono contestati fatti che non corrispondono alle regole». E allora, «capisco
l’interlocutore quando ci incontriamo, non quando parla sui giornali».
IL RICHIAMO Perciò, prosegue Gillerio, l’azienda è stata «costretta» a inviare a
Dipiazza una lettera (in cui lo ha avvisato di eventuali azioni legali che
potrebbe avviare nei suoi confronti). Perché il problema «non è solo sociale:
chiudere è un fatto economico. Se ne hai il diritto, la possibilità fallo,
altrimenti assumiti le responsabilità e l’azionista non sarà inerte di fronte a
questo fatto».
IL FUTURO L’azienda, ha ribadito Gillerio, si impegna a rispettare le regole
ambientali (vedi l’articolo qui sotto). E «tra il 2004 e il 2008 - interviene
Rosato - sfioriamo i 20 milioni di investimento complessivo» in materia. Il
futuro resta da costruire. Se si arrivasse al 2015? La cessazione del Cip 6
allora, ribadisce Gillerio, «metterà in crisi il sistema: evitiamo il trauma».
Serve «qualche idea o qualche altro Arvedi. Ci stiamo ingegnando», e anche il
ruolo della centrale - sebbene non esaustivo - potrebbe diventare importante,
soprattutto se fosse costruito il rigassificatore: «Non sarà dificile trovare
investitori». E se non si arrivasse al 2015? «Dire ”si deve chiudere” è
dimostrazione di poca serietà: si deve porre il problema e risolverlo», chiude
il vicepresidente.
Paola Bolis
FERRIERA - Dipiazza: «Parlo
solo con i dati» - Incontro in Municipio |
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Nell’ambito di una serie di
incontri istituzionali concentrati nella giornata di ieri la Lucchini ha
visto ieri pomeriggio per primo il sindaco Dipiazza. Un vis-à-vis delicato,
vista la totale contrapposizione, e le minacce di far chiudere lo
stabilimento che scendono dal Municipio.
«Ho portato i documenti - riferisce Dipiazza -, li ho letti, così come ho
fatto in consiglio comunale, e ho detto che dal 4 ottobre, da quando cioé ho
ricevuto nota dall’Azienda sanitaria che a Servola erano state rilevate
quantità oltre la norma di sostanze cancerogene e mutagene, il titolo stesso
di questa vicenda è cambiato, da imbrattamento a grave inquinamento, ho
aggiunto che aspetto le ultime rilevazioni in corso, e poi ci riparliamo».
Incontro definito «cordiale» («siamo tutti imprenditori»), ma posizioni
distanti.
Il sindaco cita nuovamente anche le ultime informazioni avute dall’Arpa su
settembre: «Una media di benzoapirene a Servola stazione di 2,2 nanogrammi
per metro cubo, cioé il 120 per cento di sforamento. L’attività
amministrativa di un sindaco - prosegue - procede solo per atti, ne ricevo e
a questi rispondo con altri atti, qui non c’entra la politica. E comunque -
conclude Dipiazza - non dormo la notte pensando agli operai, è il mio più
difficile momento».
Il consiglio comunale straordinario sulla questione è stato intanto spostato
al 30 ottobre, invitati tutti gli enti e i sindacati. Si svolgerà
esattamente nel giorno in cui in Regione si terrà la riunione definitiva per
il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale.
Ma sulle ultime vicende interviene nuovamente il segretario provinciale
della Cgil, Franco Belci, a commento delle informazioni che Dipiazza ha
dato, atti alla mano, in consiglio: «Dipiazza - afferma - non può
strumentalizzare documenti ufficiali dell’Azienda sanitaria quando afferma
che dati certi sulle emissioni e sull’inquinamento si potranno avere solo
nel 2011, quando saranno state completate e verificate le modifiche
strutturali richieste alla fabbrica nell’ambito dell’Autorizzazione
integrata ambientale. E non può farlo - conclude il sindacalista - perché la
stessa Azienda sanitaria ha anche detto che durante tutto quel periodo vi
sarà un costante monitoraggio per controllare le emissioni nocive, e dunque
non è vero che i dati saranno noti appena nel 2011».
g. z. |
FERRIERA - L’azienda:
inquinamento, dateci regole chiare - Contestati i punti di
rilevamento. «Chiusura? Il sistema triestino non può gestirla» |
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Lo staff
dirigente difende lo stabilimento: «La siderurgia è invasiva ma bisogna
renderla compatibile»
«La Ferriera crea disturbo ai
cittadini di Servola? Come tanti altri». Lo ha detto ieri lo staff dirigente
della Lucchini affrontando solo in seconda battuta la questione ambientale,
per la quale tutte le amministrazioni e istituzioni del territorio sono in
allerta e al lavoro.
«La siderurgia - ha affermato il vicepresidente della Lucchini, Giovanni
Gillerio - è certo invasiva su un territorio, ma siccome il nostro sistema
industriale la ammette bisogna solo renderla compatibile: occorrono regole,
e a noi devono essere imposte, ma non si possono contestare fatti che alle
regole non corrispondono». E ha aggiunto: «Si può invocare la chiusura se
un’azienda non è disposta a modifiche, ma se la si decide senza avere
l’appoggio giuridico l’azionista non resterà inerte, proteggerà i propri
interessi».
Alla Ferriera viene imputata una posizione energicamente difensiva sui temi
dell’inquinamento, ma Francesco Rosato, consigliere della Servola spa e
direttore di fabbrica, ha controbattuto: «Quando nel luglio 2005 si scoprì
diossina nei camini sulla base di un decreto del marzo, noi non contestammo
nulla, ci sottoponemmo a sei mesi di fermo con una perdita di quattro
milioni di euro. E il dissequestro del magistrato fu poi un atto esemplare».
Totale comunque la denuncia delle misurazioni dell’aria in punti ritenuti
«sbagliati», con conseguente negazione che esista un allarme-inquinamento e
qualche motivo di preoccupazione: «Una centralina attaccata alla fabbrica va
bene se si vuole dedurre la performance ambientale in ambito produttivo, ma
non si può estendere il dato per valutare la salute del rione, se metto il
naso in una marmitta mi soffoco io, non si soffoca un quartiere».
Dunque sotto accusa la centralina di via San Lorenzo in Selva sistemata dal
Cigra su incarico del pm Frezza, che ora ha concordato invece
sull’opportunità di installare altri due misuratori in aree diverse. «Il
magistrato ha deciso a suo tempo di inviare i primi incompleti dati di
quella centralina alle amministrazioni: ma che finalità reale aveva dunque
quella centralina?» ha insinuato Gillerio. Sono stati proprio quei numeri,
giudicati allarmanti per le concentrazioni di polveri sottili e soprattutto
di benzoapirene, a convincere il sindaco, su rapporto dell’Azienda
sanitaria, che superiori motivi di salute pubblica dovevano indurre
l’amministrazione a porre a chiusura la fabbrica.
Intanto l’azienda si prepara al 30 ottobre, quando la definitiva conferenza
dei servizi dirà sì o no al rilascio dell’Autorizzazione integrata
ambientale: tutti gli enti dovranno accogliere o meno le controdeduzioni
dell’azienda circa le modifiche strutturali richieste (monitoraggio costante
dei camini, ristrutturazioni alla cokeria, ecc): «Il costo degli interventi
- ha detto Rosato - sarà di 10 milioni di euro». L’Azienda sanitaria prevede
che non saranno completati prima del 2009, con possibilità tecnica di
verificarne l’esito appena a inizio 2011. Risposta: «No, basteranno alcuni
mesi...».
La Ferriera ha ribadito che «i controlli sanitari sugli operai si fanno
costantemente», che «ora è solo partito un protocollo nuovo». Ha peraltro
ammesso che «non si sa a quali livelli di benzoapirene sono sottoposti i
lavoratori». L’Azienda sanitaria parlava di 200 nanogrammi per metro cubo
(il limite per le aree abitate è di uno). Rosato: «Gli strumenti non erano
capaci di rilevare concentrazioni più basse, è tutto da rifare».
E i cittadini che protestano? «Dal 1997 - ha risposto ancora Rosato -
abbiamo 300 lavoratori in meno, dal 2002 si è dimezzata la produzione di
ghisa, abbiamo chiuso uno dei due altiforni e l’acciaieria, spostato le
produzioni che diffondevano grafite: è la sensibilità che è aumentata, non
l’inquinamento». E Gillerio ha chiuso: «Se istituzioni e cittadinanza
ritengono di non poter più convivere con questa tipologia industriale,
devono porsi il problema di affrontare la decisione. Ma il sistema
triestino, per quanto ho visto fin qui, non è in grado di farlo».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Illy: salute e
lavoro possono convivere - I vertici della società hanno incontrato il
governatore confermando di voler proseguire l’attività
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Cosolini:
«Comune, una commedia senza assunzioni di responsabilità»
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«La Regione ritiene che sia
ancora possibile cogliere il duplice obiettivo di tutela delle condizioni di
salute dei cittadini e di continuazione dell’attività industriale, e perciò
della significativa occupazione che ne deriva». Così si legge in una nota
della Regione giunta al termine dell’incontro che si è tenuto nel pomeriggio
tra i vertici della Lucchini spa e il governatore Riccardo Illy affiancato
dall’assessore Roberto Cosolini.
Illy dunque lo ribadisce: la Ferriera può continuare a produrre,
salvaguardando però l’ambiente. Perché «è certo necessario - puntualizza la
nota - che l’azienda evidenzi gli interventi finora effettuati e attui
quelli ulteriormente necessari». E se la Ferriera otterrà l’autorizzazione
integrata ambientale «dovrà rispettare le prescrizioni in essa contenute». A
Illy e Cosolini ieri la Lucchini ha confermato la propria volontà di
continuare l’attività produttiva esprimendo la sua adesione alle
prescrizioni della Procura, mentre Illy ha riconfermato come il tavolo
attivato dall’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton sia la
«sede propria» in cui tutti devono impegnarsi per la verifica delle
emissioni, anche tenuto conto delle nuove prescrizioni sul posizionamento
delle centraline.
E sulle centraline interviene l’assessore Cosolini, annotando come «le
lettere dell’Azienda sanitaria vadano lette nella loro interezza». Il
riferimento è al fatto che il sindaco Roberto Dipiazza nell’ultimo consiglio
comunale ha letto un passo della missiva firmata dal direttore dell’Azienda
Franco Rotelli, che segnala come i «dati attendibili» sugli esiti degli
investimenti ambientali si avranno «appena all’inizio del 2011». «Ma la
lettera - annota Cosolini - condivide le posizioni della Procura, che erano
per certi versi anche quelle dell’azienda, nel richiedere che la rilevazione
del benzoapirene sia basata su una rete di centraline estesa e dunque molto
oggettivata». L’Ass scrive che la centralina di via Pitacco «può essere
considerata la più rappresentativa in quanto inserita nel contesto urbano e
nello stesso tempo la più vicina allo stabilimento», laddove una centralina
in prossimità della Ferriera - ad esempio in via San Lorenzo in Selva -
«appare indispensabile per monitorare nel tempo l’efficacia degli interventi
di miglioramento» che verranno attuati. «È utile - aggiunge Cosolini - che
tutti attendano gli esiti delle rilevazioni dai nuovi posizionamenti».
E nel frattempo, dall’assessore regionale giunge una considerazione che è un
attacco pesante al Comune: «Se non fosse in gioco la preoccupazione dei
cittadini per la salute e quella dei lavoratori per il lavoro ci sarebbe da
ridere. C’è un sindaco che ha dichiarato di avere fatto bingo con Arvedi,
poi c’è il suo vicesindaco che dichiara di non volere né Arvedi né la
Ferriera. Si continua con una sostanziale commedia che è ben lontana -
chiude Cosolini - dall’assunzione di atteggiamenti seri e responsabili che
debbano tutelare salute e posti di lavoro». |
Bonifiche, allarme per la
nuova bozza sull’accordo - Azzarita: «È inaccettabile» |
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E’ di nuovo braccio di ferro
sulle bonifiche tra gli enti locali e il ministero dell’Ambiente. Di fronte
alla nuova bozza dell’accordo di programma, che il dicastero ha fatto
pervenire giovedì convocando lunedì una riunione per discuterla, Comune di
Trieste, Provincia ed Ezit hanno immediatamente scritto a Regione e
ministero chiedendo un rinvio dell’incontro.
Il problema non sta tanto, o solo, nel pochissimo tempo a disposizione per
esaminare il documento, quanto nei contenuti. «Inaccettabile» lo definisce
il presidente dell’Ezit Azzarita, che sottolinea la necessità di una
verifica congiunta del testo da parte degli «attori» locali prima del
prossimo incontro con il direttore generale del ministero Mascazzini.
«La bozza – rimarca Azzarita – non accoglie nessuna delle nostre richieste,
a cominciare dalla distinzione tra privati responsabili e non responsabili
dell’inquinamento. E sulla barriera per il contenimento a mare della falda
freatica, si torna a parlare di penalizzazioni per chi non vi aderisce».
La Provincia, sulle stesse posizioni, coinvolge il ministero Pecoraro Scanio.
La presidente Bassa Poropat, infatti, ha chiesto l’intervento del ministro
per una mediazione sullo scottante documento, oltre a rilevare la necessità
di spostare la riunione prevista lunedì. «Il ministero ha riproposto la
barriera a mare – osserva l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi – e ciò
rende inaccettabile la bozza. Abbiamo chiesto al ministro di intervenire,
perchè non ha senso che ci si trovi tutti, si faccia una proposta comune e
poi questa non venga accettata dal ministero».
Sul piede di guerra anche il Comune. L’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci
ha già scritto a tutte le parti coinvolte per rinviare la riunione di
lunedì. «C’è bisogno di rileggere tutto il documento – rimarca – che
conferma quanto si temeva. Avevo già fatto presente le mie preoccupazioni
sulla prevista partecipazione delle imprese al costo delle bonifiche. Il
ministero sta stringendo il cappio al collo delle aziende». |
Giuseppe
Paladini
Lubiana sui rigassificatori:
«L’Italia non collabora» |
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MUGGIA La questione dei
rigassificatori nel Golfo di Trieste va affrontata con una visione
complessiva del territorio e quindi anche transfrontaliera. Intanto la
Slovenia tiene conto dei pareri già espressi in Italia nel suo approccio
alla proposta di rigassificatore a Capodistria.
La complessa tematica è stata affrontata a un’assemblea pubblica ieri a
Muggia, per la prima volta in forma transnazionale, su iniziativa del Tavolo
della sinistra muggesana. Si è voluto così tenere alta l’attenzione sul nodo
dei rigassificatori proposti in Italia e quelli che ora si profilano anche
in Slovenia e, seppur più lontano, pure in Croazia. Ribadita da Giorgio
Millo, dei Verdi, moderatore dell’incontro, lo stallo attuale in Italia con
una valutazione ministeriale d’impatto ambientale il cui iter sembra
bloccato. Ma ha anche sottolineato la necessità di un approccio comune tra
Italia e Slovenia sulla tema e di una visione globale. Appello lanciato
anche da Marko Starman, presidente della Commissione interministeriale
slovena sui rigassificatori, che ha però evidenziato una scarsa condivisione
di questa idea da parte dei colleghi italiani. Sul rigassificatore
prospettato a Capodistria ha detto: «È solo una proposta, di cui è appena
iniziato lo studio. La nostra Commissione sta valutando l’impatto
ambientale, tenendo conto delle valutazioni già espresse in Italia sugli
altri due rigassificatori. È molto probabile che la nostra valutazione sarà,
alla fine, negativa». Un’affermazione accolta con un applauso dai numerosi
convenuti alla Sala Millo. Tra gli altri interventi, Dario Predonzan
(responsabile al Wwf regionale) ha rilevato la lentezza del procedimento e
ricordato i vari pareri negativi ricevuti dai progetti: «Il Wwf si è già
rivolto al ministero, chiedendo che la questione sia così chiusa». Dai
rappresentanti sloveni è emerso anche che il governo di Lubiana, nel suo
piano di sviluppo territoriale, non prevede questi impianti. L’Italia
invece, come rilevato anche da Gianni Naggi, responsabile nazionale Energia
per il Prc, non ha nemmeno un piano energetico nazionale. «Da nostre
valutazioni – afferma – i metanodotti attuali sono sufficienti, visti anche
i previsti potenziamenti. I rigassificatori possono essere una soluzione
isolata e d’emergenza. In Adriatico, invece, si concentrano tanti progetti,
con un mare che però ha poco ricambio di acque e bassi fondali. Ma il
ministero non ci ascolta. Il governo attuale e quelli passati si vogliono
porre come porta metanifera verso l’Europa, ma a un prezzo che è da vedere
se possiamo pagare».
s. re. |
Il caso Baia finisce alla
Camera - Interrogazione dei Verdi: «Pressioni di Illy per cementificare il
sito» |
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TRIESTE Un'interrogazione
parlamentare sulle «reiterate pressioni del presidente della Regione Friuli
Venezia Giulia Riccardo Illy a favore del progetto di cementificazione della
Baia di Sistiana» è stata rivolta al ministro per i Beni culturali Francesco
Rutelli. Lo rende noto il Wwf di Trieste.
Il documento è stato sottoscritto da cinque deputati Verdi: Grazia
Francescato, Luana Zanella, Tana de Zulueta, Marco Boato e Giuseppe
Petriccione. L'interrogazione ripercorre le vicende del progetto di
«valorizzazione turistica» della Baia e in particolare quelle successive
all'autorizzazione paesaggistica rilasciata - per due volte - dal Comune di
Duino-Aurisina (Trieste), annullata altrettante volte dal Soprintendente ai
beni architettonici e paesaggistici. Ciò ha dimostrato - sottolineano gli
interroganti - che questo «organo periferico del Ministero per i Beni e le
attività culturali rappresenta ormai l'unico baluardo contro gli scempi
paesaggistici e ambientali avallati e anzi propugnati dai poteri locali».
Per i deputati Verdi, infatti, il progetto ha goduto del totale appoggio sia
del Comune di Duino Aurisina, sia da parte della Regione, «la quale ha
avallato addirittura la distruzione di parte del bosco soprastante la Baia e
l'ex cava di Sistiana, benchè inserito all'interno di un Sito naturalistico
d’importanza comunitaria». |
Aussa Corno - La logistica e
il Corridoio V «carte vincenti per le imprese» |
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UDINE Collegare con una rete di
trasporti orientata ai Paesi balcanici il Corridoio 5 all'interporto di
Gorizia e al porto di Trieste, scalo più settentrionale del Mediterraneo e
per questo punto di riferimento per la quasi totalità dei Paesi dell'Europa
centrale. Una rete che, trasformando la regione in una naturale piattaforma
logistica mettendola "in asse" con la direttrice di traffico Lisbona - Kiev,
è solo una delle carte vincenti che le imprese del Friuli Venezia Giulia
devono sapersi giocare.
A sostenerlo è Fabrizio Ceriello, consulente per il commercio
internazionale, ospite a un ciclo di seminari organizzati dal Consorzio
Aussa Corno nell'ambito del progetto europeo Nuovi Mercati e rivolti alle
aziende, oltre trenta da tutta la regione, di cui metà dal solo isontino.
Un'opportunità che, secondo Ceriello, dovrebbe spingere i protagonisti
dell'economia regionale a investire in misura sempre maggiore nei mercati
esteri, proprio per rendersi visibili in quei nuovi scenari economici che si
stanno aprendo con l'allargamento dell'UE a Est.
«Quello che ho notato nelle imprese della regione - sostiene Ceriello - è la
loro grande capacità di adattamento ai mutati scenari internazionali e,
soprattutto, la notevole preparazione tecnica che consente di gestire in
maniera ottimale il percorso dei soggetti economici verso l'estero».
Qualità che però, secondo l'esperto, devono accompagnarsi a un'attenzione
particolare dedicata agli Stati confinanti o vicini alla regione. Ad
esempio, con l'apertura dei confini con la Croazia, candidata a entrare
nell'Ue all'inizio del 2008 e con un'economia in crescita che nei primi mesi
del 2007 ha fatto registrare un aumento del PIL addirittura del 7,2%, le
produzioni italiane, e in particolare quelle regionali, beneficeranno
certamente di questa maggiore ricchezza disponibile e che, si suppone,
favorirà un aumento dei consumi e, quindi, delle importazioni. |
Porto: Luka Koper, sul Carso
il polo logistico - La struttura sorgerà a Sesana su 650mila metri
quadrati. L’area costerà 15 milioni di euro |
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Siglato
l’accordo tra la Spa di Capodistria e tre ministeri sloveni per realizzare
un Centro di distribuzione a livello europeo |
Per
ulteriori interventi di costruzione sarà investita una cifra di circa 80
milioni di euro |
CAPODISTRIA Come il porto, così
l’autoporto: se Trieste finalmente si è messa in moto, Capodistria è
letteralmente in volo, come del resto testimoniano i dati sul primo semestre
dello scalo che riportiamo a parte. Sarà la stessa Luka Koper infatti e cioé
la società di gestione del porto, che assieme ai ministeri sloveni
dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente, progetterà un nuovo Centro di
Distribuzione europeo che sorgerà sul Carso in base a un accordo
sottoscritto in questi giorni.
Per continuare nei propri obiettivi di sviluppo e liberare nuovi spazi
all’interno dell’area portuale, Luka Koper ha infatti deciso di realizzare
il Centro di Distribuzione europeo (Edc) a Sesana, in un’area vicinissima al
confine con Trieste e l’Italia, che oltretutto cadrà il 21 dicembre. Luka
Koper si è accordata per procedere all’acquisto dalla società di logistica e
trasporti Btc di Lubiana - realtà che opera attualmente su circa 120 mila
metri quadrati - di una parte del suo terminal. Il Centro di Distribuzione
europeo coprirà così almeno 650 mila metri quadrati, la maggior parte dei
quali sarà dato in affitto. Il costo di acquisto ammonta a circa 15 milioni
di euro, mentre per interventi vari di costruzione si prevede una spesa
ulteriore che si aggirerà intorno agli 80 milioni di euro.
Il centro di Sesana è praticamente a vista rispetto al Terminal intermodale
di Fernetti, l’ex autoporto triestino, dove però il porto di Trieste sta
tentando un’analoga operazione, ma ancora senza successo. L’Authority
infatti vorrebbe aumentare considerevolmente la propria partecipazione
azionaria, oggi esigua, all’interno del terminal per fare dell’ex autoporto
una sorta di proprio molo Ottavo, vista anche la scarsità di spazi che sta
penalizzando lo scalo triestino, per creare nuovi settori per la
movimentazione delle merci, e per trasferire qui una porzione del Punto
franco, liberando in questo modo una parte del Porto vecchio ad attività di
cosiddetta portualità allargata.
È un’operazione però che trova resistenze politiche. La Camera di commercio
si è già detta contraria alla cessione di proprie quote di Fernetti e anche
l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis si è già pronunciato contro
una perdita di ruolo del Comune di Trieste in un terminal destinato a
divenire sempre più strategico. Dal canto suo la Provincia si è detta
disponibile a cedere, ma soltanto se gli altri soci lo faranno in
proporzione alle quote oggi possedute. Sullo sfondo c’è anche il rinnovo
delle cariche di vertice che vengono decise su basi di schieramento
politico. Una riunione tra gli enti interessati si è conclusa un paio di
giorni fa in modo interlocutorio con un mandato dato alla presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat di verificare le singole posizioni.
Queste strategie contrapposte rischiano però di favorire ancora una volta il
porto di Capodistria dato che armatori e spedizionieri puntano su scali che
hanno alle spalle infrastrutture adeguate e al servizio dei porti stessi. Le
ragioni che stanno dietro alla stessa scelta di Sesana da parte di Luka
Koper derivano anche dalla sua posizione favorevole e vicina ai Corridoi
paneuropei 5 e 10 (il primo collega Barcellona a Kiev, il secondo Salisburgo
a Salonicco), oltre alla vicinanza con le principali direttrici autostradali
verso Italia e Croazia. Sesana, infine, si trova a ridosso di quattro porti
dell’Adriatico del Nord (Capodistria, Trieste, Monfalcone e Fiume) nonché
vicino a due aeroporti internazionali (Lubiana e Ronchi Legionari).
Per utilizzare al meglio le proprie e le altrui risorse finanziarie, Luka
Koper si dice addirittura pronta a fornire l'infrastruttura fondamentale,
cioè una piattaforma logistica di servizio, creata in base ai requisiti che
potrebbero essere richiesti dai vari partner.
Silvio Maranzana |
IL PICCOLO -
VENERDI', 26 ottobre 2007
Ferriera: due
nuove centraline - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne
era sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria
|
La richiesta
è stata fatta dalla Lucchini: il pm Frezza le farà installare |
Sarà il dottor Pierluigi Barbieri,
da tempo consulente tecnico della Procura, a studiare dove installare a Servola
due nuove centraline per misurare la presenza di benzoapirene nell’aria.
Lo ha deciso il pm Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono
«indagati» i vertici dello stabilimento e della società proprietaria, primo fra
tutti Giuseppe Lucchini.
Pierluigi Barbieri è uno dei due ricercatori universitari del Cigra e da mesi
sta monitorando l’area adiacente alla Ferriera su incarico della stessa Procura.
La nuova nomina, effettuata ieri, ha uno scopo preciso: quello di estendere la
rete di rilevamento del benzoapirene al di là di quanto finora è stato fatto
nell’area ristretta di via dei Giardini e di via San Lorenzo in Selva.
«Sarà il consulente a scegliere i due punti nell’abitato di Servola dove
installare i nuovi campionatori ad alto volume. La scelta dei punti dovrà
avvenire in base a quanto stabilito dal Decreto legislativo 152/07 entrato in
vigore nello scorso settembre» ha spiegato il pm Federico Frezza. Il nuovo
accertamento tecnico andrà avanti per due mesi e il consulente riferirà i
risultati delle analisi al magistrato ogni venti giorni.
la richiesta di avviare questo approfondimento sulla presenza del benzoapirene è
stato avanzata alla Procura dagli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo che
da anni assistono il gruppo Lucchini. In altri termini dopo aver esaminato il
Decreto legislativo appena entrato in vigore, anche il magistrato inquirente ha
ritenuto di implementare i dati finora raccolti dal Cigra, dall’Arpa e dai
tecnici inviati a Trieste dal Ministero dell’ambiente unicamente in via san
Lorenzo in Selva.
Lì a stretto contatto di gomito per giorni e giorni hanno funzionato all’unisono
tre centraline, mentre tutto l’abitato di Servola risultava sguarnito. La nomina
decisa ieri e l’installazione di due nuove centraline dovrebbero migliorare la
precisione delle misure.
Va infatti sottolineato che l’azienda sanitaria già l’11 giugno scorso aveva
scritto al sindaco Roberto Dipiazza che i «dati raccolti dal Cigra non
consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare
correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I valori
riscontrati sono sicuramente preoccupanti, per cui si rende necessario
effettuare un adeguato approfondimento della campagna di rilevazione».
L’approfondimento, come abbiamo detto, inizierà il 31 ottobre e si protrarrà
fino all’ultimo giorno dell’anno. Non è solo un problema di tempi ma anche del
numero dei punti di prelievo. Verrà così tracciata una mappa altamente
significativa delle immissioni e della loro dispersione a seconda della distanza
dallo stabilimento e dell’orografia dei rione. Importantissime saranno anche le
misure della direzione e dell'intensità dei venti che influenzano la dispersione
di ciò che fuoriesce dallo stabilimento siderurgico. Benzoapirene compreso.
Va aggiunto che è la cokeria l'impianto ritenuto responsabile delle emissioni di
benzoapirene nell’atmosfera. Lo dicono le relazioni dei tecnici. «La maggior
parte dell’emissione di benzoapirene parrebbe da ascrivere agli sfornamenti
prematuri della cokeria e la relazione del professor Boscolo, prevede una forte
riduzione di tale fenomeno attraverso lo sdoppiamento del sistema di
riscaldamento»
Ma entro la fine del maggio 2008 lo sdoppiamento del sistema di riscaldamento
della cokeria sarà completato e di conseguenza le emissioni dovrebbero
dimezzarsi. I lavori sono già iniziati nell’ambito del piano di ristrutturazione
concordato tra la Procura e la Servola spa.
Claudio Ernè
Ferriera: due
nuove centraline - INQUINAMENTO Tutto l’abitato di Servola finora ne era
sguarnito: misureranno il benzoapirene nell’aria |
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«Coordinamento e condivisione di
responsabilità ai vari tavoli rischiano di essere svuotati dalle recenti
prese di posizione che il sindaco e l’Azienda sanitaria hanno messo in campo
autonomamente». Lo afferma il segretario provinciale della Cgil, Franco
Belci, a commento dell’ultimo consiglio comunale in cui il sindaco ha
annunciato «decisioni drammatiche nell’arco di 10-15 giorni» ed esposto una
lettera dell’Azienda sanitaria in cui si prefigurano tempi di anni prima di
poter certificare l’eventuale rientro dell’inquinamento. «Un conto - dice
Belci - è battersi per ricondurre le emissioni nocive ai limiti di legge, un
altro è sostenere che un’acciaieria non può essere integrata nel tessuto
urbano e quindi non si può continuare la produzione. Su questo punto -
prosegue Belci - il sindaco deve mettersi d’accordo col vicesindaco, ma
ancor prima con se stesso». Quanto all’Azienda sanitaria, Belci si chiede
come mai «del valore dell’Autorizzazione integrata ambientale e del parere
del perito della Procura parli solo adesso senza averne fatto il minimo
cenno in Regione».
Forti perplessità sull’Autorizzazione ambientale anche da Alessandro Metz,
consigliere regionale dei Verdi, che cita «i ripetuti impegni già presi e
non mantenuti dalla Ferriera» e prefigura (nella migliore delle ipotesi)
tempi molto lunghi per la correzione di rotta e le successive verifiche. In
più Metz cita tanti dettagli di gestione interna non corrispondenti a
criteri «di prevenzione dell’inquinamento e della sicurezza dei lavoratori»,
e ricorda che la relazione del prof. Boscolo per la Procura, dicendo
necessaria una nuova torre di spegnimento del coke, ne indica anche
l’irrealizzabilità: «18 mesi di spegnimento della cokeria, 12 milioni di
euro di spesa». Metz afferma che la concessione dell’Aia si tradurrebbe solo
«in una serie di proroghe». E se l’inquinamento persistesse, «ci vorrebbe
altro tempo per la revoca dell’autorizzazione o la chiusura dell’impianto.
Qual è il costo sociale, ambientale e umano - chiede Metz - che dovremo
pagare?». |
FERRIERA -
Servola, giorni cruciali e tempi lunghi per ogni soluzione |
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INQUINAMENTO
L’analisi del sindaco in Consiglio comunale si è conclusa col preannuncio di
«ore drammatiche» |
In tutti i casi, tempi molto
lunghi per placare il «caso Ferriera». Il magistrato (come si legge qui
sopra) attende nuove analisi del Cigra, con nuove centraline, da effettuarsi
tra il 31 ottobre e il 31 dicembre. Se il 30 in Regione la conferenza dei
servizi chiuderà i lavori per la concessione dell’Autorizzazione integrata
ambientale, e cioé se la Ferriera dirà di accettare tutte le prescrizioni
date da Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Arpa (con relativi tempi e
costi), e se tutti gli enti si riterranno soddisfatti dell’accettazione da
parte dell’azienda delle modifiche da ciascuno richieste per abbassare le
emissioni, si aprirà un nuovo capitolo: la Giunta dovrà approvare
l’autorizzazione, e la Ferriera dovrà dare il via a nuovi lavori interni.
Che dureranno un certo tempo (anni?). Poi partiranno le dovute verifiche.
Che però hanno valore di legge, solo su base annuale. Ecco perché il sindaco
in consiglio ha reso noto il parere chiesto all’Azienda sanitaria e ha
parlato di «certezza dei dati nel 2010, 2011».
L’Azienda sanitaria non commenta. Si tiene ai dati tecnici già espressi. C’è
però anche la ventilata possibilità che il 30 ottobre il tavolo in Regione
salti, o si vada a un rinvio. E dunque altro tempo verrà speso solo per
questo singolo aspetto della questione. Intanto Dipiazza continua ad
annunciare «decisioni drammatiche» e cioé annunci di chiusura della fabbrica
appoggiandosi istituzionalmente ai pareri dell’Azienda sanitaria, ma se
anche davvero scrivesse - saltando «tavoli», accordi coi sindacati,
misurazioni in corso, lavori di adeguamento della fabbrica già in opera su
ordine del magistrato - l’ordinanza di chiusura, i tempi sarebbero
lunghissimi ugualmente. Per concordare la dismissione con l’azienda? Per
spegnere l’enorme impianto siderurgico? Per affrontare il problema dei
lavoratori? Per affrontare viceversa nuove cause legali? Per ordinare una
bonifica? Ore cruciali ogni giorno, e molti giorni ci vorranno. |
I costruttori:
«Subito il via al Park S. Giusto» - Riccesi sul contenzioso per
Ponterosso: «Non aspetteremo altri 4 anni, vogliamo le alternative»
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Chiesta
l’approvazione immediata della variante dopo il pasticcio delle planimetrie
sbagliate contenute nel Pup approvato in Consiglio |
«Non c’è errore nel Piano urbano
parcheggi che tenga: Park San Giusto si farà, magari in ritardo ma si farà».
Il giorno dopo l’approvazione in Consiglio comunale del Pup - contenente
però le planimetrie sbagliate del parcheggio, che sarà ricavato sotto il
Colle di San Giusto - i soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto
non gettano la spugna. Anzi, pur criticando gli uffici competenti per il
«pasticcio» - che adesso impone una variante al Piano regolatore generale,
necessaria a giustificare gli espropri dei terreni privati - chiedono una
soluzione in tempi rapidi.
«Ho chiesto un colloquio all’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, per
sollecitare l’avvio delle pratiche e penso che ci vedremo la prossima
settimana. Non bisogna perdere tempo», dice deciso Claudio Morgera,
presidente della Park San Giusto spa. Una compagine societaria composta da
alcuni costruttori (Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena, Arm enginering
di Padova) con il 2,5 per cento ciascuno; la società di gestione dei
parcheggi Ssm di Udine con il 5 per cento e la Acu park, società del gruppo
Aci con l’uno per cento. Il resto, all’incirca il 75 per cento, è
dell’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt) che è una spa controllata
dal Comune di Trieste. Un project financing, insomma, con in realtà una
forte partecipazione pubblica.
«Confido che gli uffici dell’assessorato all’Urbanistica, unitamente ai
consulenti e ai rappresentanti di Park San Giusto, già dalla prossima
settimana - spiega Rocco Lobianco, presidente di Amt - inizino con serenità
ad affrontare il problema. Non è un parcheggio come tutti gli altri, ci sono
problematiche in ordine architettonico, nonché relativi agli espropri delle
aree private e del demanio militare. Il tutto in un regime tavolare unico
come quello triestino».
L’errore è stato mal digerito, insomma, però si cerca di guardare avanti. Ma
non mancano i giudizi, a cominciare dal progettista che, rispetto al
documento definitivo, si è visto inserire nel Pup quello preliminare: «Se
veniva inserita la planimetria giusta - dice Franco Sergas - non c’era
bisogno di ricorrere alla variante. Vorrà dire che sfrutteremo questo tempo
per sistemare gli ultimi dettagli di un parcheggio unico nel suo genere».
Tutti alla ricerca del modo più veloce, insomma, rispetto alla classica
variante al Prg (servirebbe più di un anno), da concordare con gli uffici
regionali. «Park San Giusto è un’opera già finanziata, si sta lavorando da
anni - dice il costruttore Donato Riccesi - per realizzare un’opera
irrinunciabile. Sono già stati spesi tanti soldi».
Una realtà imprenditoriale, quella di Riccesi, chiamata in causa anche per
il contratto di novazione con il Comune, che deve risolvere il contenzioso
sul parcheggio di Ponterosso. Un progetto cassato dalla prima
amministrazione Dipiazza in cambio di tre aree alternative: via
Tigor-Cerreria, largo Roiano e via del Teatro romano. Quest’ultima una zona
inserita nel Pup, dove insiste però Park San Giusto, ma sulla quale il
Comune è intenzionato tornare indietro.
«Cambiano opinione frequentemente, ma adesso l’amministrazione ce lo
comunichi ufficialmente. In questo momento pare di capire - dice Riccesi -
che il Comune intenda concedere solo via Tigor (al posto di largo Roiano
l’amministratore proporrebbe via dei Moreri, ndr), quindi dovranno esserci
altre due locazioni». Le aree appetibili all’interno del Pup, però, secondo
il costruttore non sono molte.
«Spetta al Comune fare una proposta, fino a questo momento siamo stati fin
troppo accondiscendenti - spiega Riccesi - e adesso, se non arriverà una
proposta alternativa, chiederemo il pagamento del danno per altro già
quantificato (3 milioni di euro, ndr)». E aggiunge: «Noi preferiamo lavorare
e guadagnare i soldi realizzando delle opere come i parcheggi - dice - di
cui Trieste ha fortemente bisogno. Ma questa volta non siamo disposti ad
aspettare altri quattro anni, facendoci portare di nuovo in giro per tutta
la città alla ricerca di un sito».
p.c. |
Il parcheggio
del Ponzanino passa al Comune - Sono settanta posti auto che non sono mai
stati utilizzati in attesa di un’iscrizione al tavolare |
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Il parcheggio del Ponzanino è
rimasto chiuso e inutilizzato per anni. Una struttura da 70 posti auto nuova
di zecca ma inaccessibile, nell’attesa di un’iscrizione al tavolare
propedeutica alla sua acquisizione da parte del Comune. Dopo una lunga
trafila il passaggio fra il costruttore (l’impresa edile Celsa) e
l’amministrazione di piazza Unità, come da delibera della giunta Dipiazza
approvata ieri mattina, vedrà la firma a mezzogiorno del verbale di consegna
all’interno dei locali di via del Rivo.
Una presa in carica che sarà accompagnata dalla consegna contestuale
all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), con un contratto triennale
rinnovabile, che gestirà il parcheggio in abbonamento. Un pacchetto mensile
(90 euro) oppure annuale (900 euro), con la possibilità di accesso 24 ore su
24, che sarà messo a disposizione dei residenti e delle persone che
quotidianamente devono raggiungere il rione di San Giacomo per motivi di
lavoro.
Il parcheggio realizzato nell’ambito del Peep Ponzanino rappresenta gli
oneri di urbanizzazione primaria, che per legge il costruttore deve
concedere all’amministrazione comunale. Un passaggio che non sempre avviene
in maniera lineare. È il caso di via del Rivo, ma anche di altre realtà in
fase di definizione.
«Dopo una lunga trafila burocratica andiamo a sbloccare l’utilizzo della
struttura di San Giacomo, presto ne seguiranno molte altre. È il frutto di
un lavoro di razionalizzazione delle proprietà comunali - spiega Piero
Tononi, assessore al Patrimonio - che troppe volte vedono un utilizzo
improprio. L’affidamento alla Amt consentirà al Comune di incassare un
affitto dalla spa, per contribuire alle spese condominiali dell’immobile,
assieme all’introito che la stessa riversa nelle nostre casse (è una
controllata del Comune all’87 per cento, ndr)».
L’affidamento in house è previsto esplicitamente per l’affidamento di un
servizio pubblico, in questo caso sollecitato anche dalla Cirscoscrizione di
San Giacomo-Barriera Vecchia proprio per venire incontro alla fame di
parcheggi nel rione.
L’accesso al parcheggio di via del Rivo vedrà l’utilizzo del sistema
antipassback, un sofisticato software che consente di verificare con una
telecamera la presenza delle singole automobili. Un modo per controllare,
attraverso il numero di targa, l’ingresso e l’uscita del singolo abbonato
che potrà accedere al parcheggio anche con automobili diverse, ma con non
più di un mezzo per volta. L’abbonamento è infatti per uno stallo. «È un
risultato importante per l’azienda, portato avanti in collaborazione con
l’assessorato al Patrimonio», dice Rocco Lobianco, presidente di Amt. Il
parcheggio sarà operativo entro l’anno, il tempo di acquisire le
strumentazione e programmare l’allestimento tecnico agli ingressi.
p.c. |
Aumentano le
biciclette in centro Mozione per avere più zone di sosta |
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Crescono a Trieste gli amanti
della bicicletta, persone che preferiscono sempre più il mezzo ecologico a
due ruote per muoversi in città, nonostante le tante salite e discese
presenti. A tutela dei tanti triestini che amano pedalare Lucia Barbo (Ds),
consigliere circoscrizionale del quarto parlamentino, ha proposto una
mozione, approvata a unanimità dal consiglio circoscrizionale qualche giorno
fa, per chiedere al Comune di dotare il centro cittadino, e in particolare
le aree pedonali, di un numero maggiore di supporti per la sosta regolare
delle biciclette. L’esigenza di nuovi stalli per le biciclette, secondo il
consigliere, riguarda alcune zone centrali, dove è sempre più difficile
trovare un punto sicuro e libero in cui lasciare la due ruote. «Si sta
diffondendo, fortunatamente, l'uso della bicicletta anche come mezzo
alternativo all'automobile – sottolinea Lucia Barbo - e i vantaggi sono
chiari per tutti: meno inquinamento, meno traffico. I supporti posizionati
in piazza della Borsa e in piazza Hortis sono quasi sempre pieni, mentre
nella zona di S. Antonio Nuovo, ad esempio, o di Viale XX Settembre mancano
del tutto, e le biciclette vengono così sistemate in "parcheggi di
fortuna"».
C’è chi lascia il proprio mezzo legato ai pali della luce o dei segnali
stradali, chi ancora sistema la bicicletta vicino a cancelli o ringhiere per
assicurarla a un supporto stabile con catene o lucchetti, chi infine cerca
di «Aumentare gli stalli per le biciclette – conclude la Barbo – sarebbe un
piccolo segnale per rendere più vivibile la nostra città».
m.b. |
Ferriera,
perché tenerla aperta? |
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Premetto di essere un cittadino
che abita e lavora lontano dalla Ferriera, pertanto i veleni emessi da
questo impianto per me e la mia famiglia sono relativi. Quello che non
riesco a capire del sindaco è che vuole mantenere quel posto di lavoro tanto
malsano per i suoi lavoratori, che si impegnano giornalmente a trascorrere
le 8 ore immagazzinando e respirando quel tipo di inquinamento.
Mi viene da pensare che fra qualche anno diventerà un caso «amianto...» per
tutti gravando così ulteriormente sulla Sanità. Questo problema al sindacato
non importa nulla, dovrebbe occuparsi di trovare un altro posto di lavoro
agli operai in un impianto più salutare; e di non trattare un’ulteriore
compravendita per continuare così ad avvelenarli sempre di più.
Lettera firmata |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 25 ottobre 2007
Dipiazza: Ferriera, ora
decisioni drammatiche |
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I rilevamenti Arpa relativi
alla media di settembre confermano il benzoapirene al doppio del limite
Il sindaco
in Consiglio sull’inquinamento: «Ho 15 giorni di tempo, poi dovremo dare
risposte a chi vive nell’ansia a Servola». Asl: dati reali solo nel 2011
«Prima correvamo dietro a
questioni di imbrattamento, ma ora stiamo parlando di inquinamento, di
sostanze mutagene e cancerogene. Con serietà e serenità chiedo al Consiglio
comunale, alla città, un’assunzione di responsabilità: dobbiamo affrontare
un problema angosciante e drammatico che rappresenta forse uno dei momenti
più difficili di questi anni. Vi chiedo di ragionare tutti assieme: entro
dieci, al massimo quindici giorni questa amministrazione dovrà prendere
delle decisioni che potrebbero essere drammatiche. Ma con questi dati non
possiamo pensare di lasciare così chi vive con l’ansia».
Questo il senso dell’appello che ieri sera il sindaco Roberto Dipiazza ha
lanciato al consiglio comunale dopo avere illustrata la situazione della
Ferriera e letti passi del carteggio intercorso di recente fra piazza Unità,
Azienda sanitaria, Arpa, Lucchini spa, Procura della Repubblica. Una
situazione che appare «drammatica», come l’ha definita più volte Dipiazza
durante l’attesa audizione sul tema (di cui l’aula discuterà lunedì
prossimo), anche alla luce dei dati giunti il 22 ottobre dall’Arpa,
l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente: dati sulle emissioni di
settembre, che non presentano nella media mensile lo sforamento del Pm10, ma
evidenziano - sempre nella media mensile - il dato di 2,2 nanogrammi per
metro cubo di benzoapirene, contro il limite previsto in 1.
È questo uno degli elementi che Dipiazza ha portato in aula. Assieme a un
altro: una lettera inviata il 19 ottobre al Comune dal direttore
dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli in merito all’autorizzazione integrata
ambientale, quella su cui gli enti locali - Comune, Provincia, Regione, Arpa
e Azienda sanitaria - dovranno votare il 30 ottobre se riterranno
soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini dell’ambiente.
Lucchini spa - che ha sollevato a più riprese obiezioni precise sul
posizionamento delle centraline da cui i dati provengono - ha progettato una
massiccia serie di interventi sullo stabilimento, dichiarandosi più volte
disponibile a collaborare con gli enti locali per proseguire l’attività nel
rispetto delle norme e dell’ambiente. I lavori progettati, secondo il
consulente della Procura, l’ingegnere Marco Boscolo, sono «di pronta
eseguibilità e di ottima efficacia» e possono portare a un abbattimento
delle polveri totali «pari al 45%».
La relazione dell’ingegnere, scrive Rotelli, non consente però di valutare
quale possa essere «la riduzione quantitativa della frazione delle polveri
inalabili né di altri importanti inquinanti quali gli Ipa, nei loro cogeneri,
e il benzene». Inoltre, considerando i tempi di attuazione delle migliorie,
«si può ritenere che l’abbattimento delle polveri totali possa avvenire
appena nell’ottobre 2009». E giacché la legge prevede che le verifiche
possano essere fatte entro sei mesi dalla messa a regime dell’impianto,
«dati attendibili sull’efficacia degli interventi», conclude Rotelli,
«saranno disponibili appena all’inizio del 2011». Commento di Dipiazza:
«Questo significa che se chiudiamo l’accordo per l’autorizzazione integrata
ambientale potremo presentarci a Servola» per verificare i dati sull’aria
«nel 2011: cosa che non credo sia possibile», ha dichiarato ricordando come
l’Azienda sanitaria osservi che «nel periodo di transizione dovranno essere
sempre rispettati i valori limite di qualità dell’aria».
È questa, si diceva, solo una delle lettere che Dipiazza ha pubblicamente
letto citando l’iter fin qui percorso, dalla missiva con cui il 21 settembre
l’Azienda sanitaria segnalava sforamenti del Pm10 e di benzoapirene, alla
richiesta da parte del Comune di dati aggiornati a settembre, a una lettera
con cui il pm Federico Frezza il 10 ottobre evidenziava a sua volta, nei
dati fin lì disponibili, concentrazioni di Pm10 e benzoapirene superiori ai
limiti consentiti.
Gli ultimi dati forniti dall’Arpa andranno analizzati dall’Azienda
sanitaria. Ma «la verità - per Dipiazza - è che non esiste la possibilità
che un’acciaieria resti nel centro della città». Ma «c’è un problema che si
aggiunge al problema: ho chiesto a Sertubi», azienda la cui produzione è
vincolata a quella della Ferriera, «cosa comporterebbe l’eventuale
dismissione della Ferriera: riuscirebbero a inserire un forno elettrico?» Ne
è uscito - sempre nella relazione di Dipiazza - che «Sertubi perde 5-6
milioni di euro l’anno, e un forno elettrico porterebbe a ulteriori 4
milioni di passivo», assorbiti dal gruppo di cui fa parte. E in Sertubi
«abbiamo altri 200 lavoratori», che si aggiungono ai 500 di Servola con i
quali «dovremo parlare».
Altro tema toccato da Dipiazza, l’interesse che Arvedi ha ribadito per
un’eventuale acquisizione della Ferriera: «Non me la sentivo di dire ad
Arvedi di investire qui, per poi magari chiudere...». «Non ho fatto alcuna
considerazione, l’imprenditore è libero», ha precisato più tardi Dipiazza:
«Ma mi sono sentito in dovere di comunicargli la situazione». Fin qui la
situazione delineata dal sindaco all’aula, perché «il problema vero c’è
stato quando la Ferriera l’abbiamo riaperta», ha aggiunto. Dipiazza ha
annunciato per oggi un incontro con la proprietà dello stabilimento: «Ci
confronteremo, vedremo a che punto siamo, considereremo soluzioni e tempi».
Il sindaco ha anche detto che «se prendiamo decisioni diffili avremo 24 mesi
di tempo» (il riferimento è al salario che in quel periodo spetterebbe ai
lavoratori) «e il nostro impegno è di corrispondere la differenza ai
dipendenti». Terminata la relazione, «vorrei che qualcuno mi dicesse qual è
la soluzione alternativa al mio no», ha chiuso Dipiazza.
Paola Bolis |
FERRIERA - Partono le analisi
sui lavoratori della cokeria |
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Verrà controllato anche
l’ambiente con centraline del Cnr e dell’Arpa
Siglato il
protocollo tra Servola spa e Azienda sanitaria per i controlli
sull’eventuale assorbimento di inquinanti |
Le verifiche
partiranno a metà novembre: sotto esame l’accumulo di benzene e benzoapirene
le sostanze più dannose presenti nel reparto |
Per la prima volta verranno
sottoposti a specifica indagine sull’assorbimento di sostanze inquinanti gli
operai che alla Ferriera di Servola lavorano nella cokeria, il reparto più a
rischio per diffusione nell’ambiente di sostanze nocive. Ieri l’Azienda
sanitaria col suo Dipartimento di prevenzione ha raggiunto l’accordo
definitivo con la Lucchini-Severstal, i sindacati interni e l’Inail
nell’ambito di un progetto che ha la collaborazione dell’Istituto
universitario di Medicina del lavoro e dell’Arpa.
Alla riunione, come chiesto nei giorni scorsi in sede di «summit» regionale,
l’Arpa ieri ha partecipato col suo direttore, Stelio Vatta. Assenti invece i
rappresentanti della Direzione regionale ambiente e lavori pubblici,
altrettanto invitati.
E’ dal 2005 che il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria ha in
corso un «tavolo» per affrontare in maniera concordata i problemi della
sicurezza sul lavoro e soltanto ora parte questa indagine sull’esposizione
effettiva dei lavoratori al benzoapirene e al benzene, entrambe sostanze
altamente cancerogene e capaci di aggredire perfino il Dna umano, con
effetti mutageni. «Gli inquinanti - spiega Marina Brana, direttore del
Dipartimento - vengono assorbiti per via respiratoria, cutanea e alimentare,
si trasformano quindi in metaboliti che vengono espulsi con le urine». Dal
liquido biologico si ricaverà dunque notizia sul livello di inquinamento
assorbito dai «cokeristi». In Regione l’altro giorno Valentino Patussi, che
del Dipartimento di prevenzione dirige il settore della sicurezza negli
ambienti di lavoro e che ha personalmente seguito tutte le trattative
«sanitarie» con la Lucchini, ha rivelato che gli operai all’interno della
fabbrica sono stati esposti a livelli di 200 nanogrammi per metro cubo di
benzoapirene, mentre il limite per le zone esterne agli insediamenti
produttivi è fissato a un nanogrammo. L’azienda, si è detto, avrebbe scelto
«il parametro più sfavorevole» tra quelli esistenti a livello
internazionale, e su questo dato già enorme sarebbero stati certificati
addirittura 88 sforamenti in un anno.
Dunque ora la Lucchini-Severstal ha accettato l’indagine sulla salute ma
anche un rilevamento molto approfondito della situazione degli ambienti. E’
stato ieri concordato che una decina di centraline saranno poste nel reparto
cokeria per misurare sempre i due peggiori inquinanti, benzoapirene e
benzene. L’indagine sarà a carico dell’azienda, che si è avvalsa di esperti
del Cnr. L’Arpa metterà a fianco centraline proprie, così da validare
immediatamente i dati. L’operazione partirà entro novembre e si protrarrà
per una settimana.
Nessuna risposta ancora, invece, da Regione e Provincia all’Azienda
sanitaria che ultimamente ha reiterato la richiesta di contributo economico
per poter far fronte alla lungamente programmata indagine sull’eventuale
accumulo di diossine nella popolazione di Servola usando campioni di latte
materno prelevati da donne del quartiere e del resto della città, in
collaborazione col Burlo Garofolo e le Università di Trieste e Udine.
La prima proposta era del 2005, ed è quella che poi «scomparve» per lungo
tempo dai verbali della Regione nonostante le reiterate richieste di Azienda
sanitaria e Arpa. Né peraltro si sarebbero potute portare a termine non
esistendo allora un laboratorio attrezzato allo scopo. Che ora è stato
trovato a Mestre.
Nuove cifre si addensano dunque attorno alla questione di Servola, mentre
l’Arpa ha appena reso noti i dati sul benzene in via San Lorenzo in Selva da
gennaio al 17 ottobre (una media di 14,4 contro un limite di 8), individuati
con un sistema laser (Doas) che ha consentito 5793 rilevamenti. E mentre l’Apat
nazionale sta concludendo le proprie «captazioni» di aria nella stessa zona,
assieme ad Arpa e Cigra, da cui pure si attendono le ultime elaborazioni
relative al benzoapirene, coi dati di settembre.
E sono proprio queste, oltre alle polveri sottili, le sostanze che hanno
allarmato l’Azienda sanitaria con ripetute note di richiamo al sindaco: il
26 giugno si puntò l’accento su sforamenti di benzene del 60 per cento oltre
i limiti specificando che la sostanza causa leucemie e mutazioni del Dna, il
19 luglio si ribadì il concetto. Infine il 4 ottobre l’ultimo avvertimento,
dopo i preoccupanti (dalla Ferriera contestati) dati Cigra. A ogni
sollecitazione Dipiazza emise una ordinanza, il 4 ottobre disse: «Chiudere
la fabbrica per motivi di salute pubblica».
Gabriella Ziani |
Piano parcheggi al via,
bloccato Park S. Giusto |
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Scoperto un
pasticcio: inserito un progetto sbagliato. Ora la variante per sbloccare gli
espropri
Ieri sera in
Consiglio comunale l’approvazione del documento urbanistico per la
costruzione delle strutture interrate in città
Il Piano urbano parcheggi (Pup),
approvato ieri sera dal Consiglio comunale con i voti favorevoli della
maggioranza, i due pareri contrari di Rifondazione comunista e l’astensione
degli altri rappresentanti dell’opposizione, fa già parlare di una sua
modifica. Questo strumento urbanistico semplificato, che fa variante al
Piano regolatore generale, non consente alla Park San Giusto spa di
procedere agli espropri delle aree private per la costruzione del parcheggio
sotto il Colle (800 posti auto).
Nel documento dell’amministrazione comunale, infatti, sono state inserite le
planimetrie antecedenti al progetto preliminare, che differiscono da quelle
contenute nel definitivo. Il vecchio progetto prevedeva l’ingresso e
l’uscita del parcheggio a fianco della scalinata della chiesa di Santa Maria
Maggiore, mentre un domani le automobili passeranno immediatamente dopo
l’edificio dell’Inail. Una differenza di non poco conto, che riguarda le
aree interessate e di fatto impedisce gli espropri dei terreni privati (per
quelli del demanio militare è stato avviato l’iter).
Un errore materiale che ad ogni modo ieri sera, pare di capire, non poteva
essere ovviato, pena il riavvio di tutta la procedura (giunta,
Circoscrizioni, Regione) e non solo. Su alcune particelle catastali indicate
nel progetto definitivo di Park San Giusto, portato avanti dal Comune in
project financing, insiste anche un altro parcheggio: quello di via del
Teatro romano. Una zona concessa dal Comune alla ditta Riccesi, assieme ad
altre due aree (via Tigor-Cerreria e largo Roiano) per costruire altrettanti
parcheggi, quale compensazione della mancata realizzazione della struttura
sotto piazza Ponterosso, cassato dalla prima amministrazione Dipiazza.
Un gioco contrattuale e urbanistico ad incastro viziato da più fattori tra i
quali proprio la novazione con la Riccesi che, davanti a un mancato
riconoscimento, è pronta a chiedere al Comune un risarcimento di 3 milioni
di euro. L’inghippo burocratico non si poteva emendare pena la
sovrapposizione dei due parcheggi; allo stesso tempo lo stralcio di via del
Teatro romano non poteva essere fatto, proprio davanti all’impegno
contrattuale del Comune con la Riccesi.
«Sono venuto a conoscenza del problema all’ultimo momento, purtroppo c’è
stato un problema di comunicazione sul nuovo progetto di Park San Giusto»,
dice Maurizio Bucci, assessore all’Urbanistica. E aggiunge: «Non blocchiamo
il parcheggio sotto il Colle di San Giusto - dice - tanto quello attiguo al
Teatro romano non si farà mai (giudizio espresso già dal sindaco Dipiazza,
ndr)».
Ma come si viene fuori da questo impasse? La soluzione è una variante al
Piano regolatore generale, che richiede però tempi lunghi e quindi ritarda
l’inizio dei lavori di Park San Giusto. L’alternativa era ritirare il Pup e
predisporre un nuovo documento: stralciando via del Teatro romano, trovando
un accordo con la Riccesi e inserendo il progetto definitivo che intacca
parte di quell’area. Una soluzione con altrettanti problemi nella
tempistica, ma con in più l’inevitabile scadenza del 30 novembre quale data
ultima indicata per il contratto di novazione.
Un pasticcio che è il frutto di vecchie questioni, insomma, compreso lo
spostamento degli ingressi di Park San Giusto chiesto alla società dallo
stesso Comune nella precedente amministrazione. Quando all’Urbanistica, al
posto di Bucci, l’assessore era Giorgio Rossi con delega anche al project
financing, oggi invece assunta da Roberto Dipiazza.
Paradossalmente l’approvazione del Pup rallenta la partenza del parcheggio
sotto San Giusto, che vede il Comune contribuire alla realizzazione
dell’opera, sbloccando invece tutti gli altri progetti a cominciare da
quello davanti alla Stazione Marittima (per il quale ieri è stata approvata
anche l’immediata esecutività) e il raddoppio di Foro Ulpiano, entrambi
gestiti dai privati di Saba Italia spa. «Ci sono e ci saranno i soldi, c’è
la Valutazione di impatto ambientale e anche il progetto in tutte le sue
versioni - spiega Claudio Morgera, presidente della Park San Giusto -
compreso quello esecutivo e adesso viene a mancare la copertura urbanistica.
È stata fatta una scelta politica confidando, nella celerità della futura
variante. Ormai non non si può tornare indietro».
Pietro Comelli |
Impatto ambientale
transfrontaliero: progetto innovativo - Varato dalla Provincia
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Con un progetto particolarmente
innovativo, la Provincia di Trieste parteciperà al Com-Pa 2007, il Salone
europeo della comunicazione pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese
che si svolgerà a Bologna il 6, 7 e 8 novembre. Si tratta del progetto
Mapsharing, messo a punto dall'assessorato provinciale al Territorio, grazie
al quale è stata individuata una metodologia di lavoro comune tra Friuli
Venezia Giulia e Slovenia in materia di pianificazione territoriale e
valutazione ambientale.
Senza confini. «Il lavoro compiuto - spiega Ondina Barduzzi,
assessore provinciale al territorio - ha sviluppato un metodo per poter
valutare gli effetti dei rispettivi piani e programmi non solo sul proprio
territorio di riferimento, ma anche su quelli contermini nella convinzione
che l'ambiente non può seguire i limiti dei confini amministrativi».
I rischi. Il progetto, cofinanziato nell'ambito di Interreg IIIA
Italia-Slovenia, ha come partner assieme alla Provincia, il Centro regionale
di sviluppo di Capodistria, la Provincia di Pordenone, e i Comuni di Udine,
Muggia e Capodistria. La costruzione di significati condivisi rispetto alle
varie categorie territoriali (valori, rischi, opportunità, criticità ecc.)
permetterà di stendere i futuri piani territoriali con comuni informazioni e
cartografie. E' stato realizzato un modello di Carta delle conoscenze
territoriali condivisa (Cctc) e un Sistema informativo territoriale.
A Muggia. «L'applicazione pratica di questo nuovo sistema - spiega
Barduzzi - ci permetterà di elaborare quadri conoscitivi congiunti per
condividere le conoscenze e valutare gli impatti transfrontalieri. E' un
metodo ideale con il quale affrontare la Valutazione ambientale strategica (Vas)
introdotta dalla normativa comunitaria. E il know-how del progetto può
essere trasportato in qualsiasi contesto locale, regionale e multiregionale».
I risultati del lavoro, prima di approdare al Com-Pa di Bologna, saranno
illustrati al convegno «Progetto Mapsharing» martedì 30 ottobre a partire
dalle 9,30 al centro «Millo» di Muggia (piazza della Repubblica 4). «Un
appuntamento - afferma Barduzzi - che sarà l'occasione per condividere i
risultati del progetto con tutti i soggetti istituzionali e i professionisti
che lavorano sul territorio: valuteremo la possibilità della sua
implementazione a livello euro-regionale». |
Rozzol, alt alla vendita di
un’area comunale |
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Due donne ne rivendicano
l’usucapione: «L’abbiamo sempre curata». A giudizio il 24 febbraio
Il terreno
adibito a verde in via dell’Eremo, del valore di 240.500 euro, è difeso da
un gruppo di residenti che teme nuove costruzioni
A pochi giorni dalla
pubblicazione del bando d’asta sull’alienazione di alcuni immobili di
proprietà comunale, l’amministrazione di piazza Unità è costretta ad
escludere dall’elenco il terreno di via dell’Eremo (p.c.n. 776 del C.C. di
Rozzol). Un lotto di 1370 metri quadrati di area verde (stimato 240.500
euro, prezzo base d’asta destinato a lievitare in sede di offerta) difeso da
un gruppo di residenti contrari alla costruzione di altre abitazioni in via
dell’Eremo.
Lo stralcio del terreno, deciso dagli uffici comunali preposti alla vendita,
si è reso necessario davanti al deposito di un atto di citazione per
usucapione presentato da due residenti nella zona. Nell’istanza di Ondina
Zergol e Olga Sergas, rappresentate dagli avvocati Alessandro Giadrossi e
Gilberto Tommasini, il Comune è citato davanti al Tribunale di Trieste il 25
febbraio del prossimo anno. Il giudice sarà chiamato ad accertare il diritto
di usucapione da parte delle due signore, proprietarie di un altro terreno
attiguo a quello conteso.
Secondo l’istanza di Ondina Zergol e Olga Sergas, infatti, l’area comunale
posta al confine della loro proprietà è stata dal 1970 - dal vecchio
proprietario Emilio Zergol, deceduto nel 1995 - e successivamente dalle sue
eredi accudito senza che qualcuno avesse nulla da accepire. Interventi
nell’area verde che andavano dalla semplice pulizia al taglio dell’erba,
dalla piantumazione di alcuni alberi da frutto alla loro raccolta.
«L’abbiamo sempre curata evitando l’abbandono», dice Ondina Zergol.
Un lavoro che continua ancora oggi anche con l’accatastamento della legna,
nonché la sistemazione di una rete e una porta d’ingresso. Un utilizzo vero
e proprio del terreno, secondo le due signore, che davanti a un possesso
ultraventennale comporterebbe l’usucapione dello stesso. Una tesi che è
pronta ad essere avallata da alcuni testimoni residenti nella zona.
L’atto di citazione vedrà ovviamente l’amministrazione comunale costituirsi
in giudizio. «Stiamo cercando tutti gli elementi in nostro possesso - dice
Piero Tononi, assessore al patrimonio - da fornire ai nostri avvocati». Il
Comune dunque si opporà all’usucapione pervenuto a pochi giorni dal bando di
gara che vede una serie di immobili e terreni alienati per fare cassa. Soldi
in parte già iscritti a bilancio e chiamati a coprire l’esecuzione di alcune
opere (ristrutturazioni di scuole, impianti sportivi, strade...).
«Davanti a un’usucapione accertata non avremo nulla da eccepire - aggiunge
Tononi - e spero che dietro a questo atto non ci sia la volontà di
rallentare semplicemente l’iter della vendita». Lo scorso giugno il Comune
aveva deciso lo stralcio i lotti di via dei Narcisi e quello in prossimità
di vicolo dei Roveri, laterale di via San Cilino, assieme ad altre aree
verdi in via Verga, via delle Viole e via Berchet. Il bando potrà contare su
quindici lotti da alienare come l’immobile di via dell’Ospitale 12, un
terreno in strada di Rozzol (50.500 euro, 460 mq), il locale commerciale in
piazza Vecchia 2 e 2/a (65.340 euro, 28 mq), il locale commerciale in piazza
Vecchia 2/b e 2/c (51.300 euro, 22 mq), il locale commerciale in corso Saba
24 e via Carducci 41 (301.600 euro, 130 mq), l’area in via Capitelli
(291.600 euro, 417 mq), l’edificio in via delle Beccherie 5 e via Androna
del Pane 3 (359.700 euro, 275 mq), il terreno in via Risorta.
p.c. |
A San Dorligo ultimo incontro
sulla Riserva della Val Rosandra - Coinvolti i cittadini
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Si
svolgerà stasera alle 19.30 al Circolo culturale Fran Venturini di Domio
l’ultimo dei sei incontri che il Comune di San Dorligo della Valle sta
organizzando per la gestione partecipata della Riserva Naturale Regionale
della Val Rosandra, nell’ambito di Agenda 21. Da qualche mese il Comune di
San Dorligo della Valle è diventato l’Ente gestore della Riserva della Val
Rosandra e proprio in veste di organo gestore, ha intrapreso un percorso di
partecipazione con i cittadini sulle importanti scelte legate al futuro del
territorio della Riserva naturale Regionale della Val Rosandra, oltre che
alla sua conservazione.
Gli incontri nelle frazioni hanno come obiettivo la presentazione delle
iniziative che il Comune intende attivare per gestire la Riserva, e
sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare
uno o più «portavoce» che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il
Comune, consentendo a essi il costante aggiornamento su ogni azione
intrapresa. «Il Comune – così l’assessore Laura Stravisi - attivando questo
tipo di percorso partecipato, avvalendosi delle metodologie di Agenda 21
locale, si è messo in gioco e si è prefissato un obiettivo decisamente
ambizioso, ma la Riserva della Val Rosandra è un patrimonio prezioso che va
non solo tutelato, ma gestito vedendolo come un opportunità e non come un
limite. Le indicazioni che stanno emergendo durante questi incontri con i
cittadini ci permettono di avere una maggiore conoscenza della situazione e
anche tenendo conto dei preziosi suggerimenti che emergono dalla popolazione
il Comune baserà le scelte di gestione della Riserva».
s.re. |
Assemblea sui rigassificatori
MUGGIA Il Tavolo della Sinistra
muggesana, comprendente Verdi, Pdci, Rifondazione comunista, Sinistra
democratica e Sdi, ha organizzato ieri un incontro per presentare l’assemblea
pubblica su «Rigassificatori nel Golfo - Le scelte politiche sovranazionali e le
ragioni del territorio», che si terrà domani alle 17 nella Sala Millo di piazza
della Repubblica a Muggia.
Scopo dell'incontro pubblico di domani, per gli organizzatori, «è ribadire che
la progettualità della gestione del territorio deve essere condivisa con i Paesi
limitrofi e che pertanto anche le problematiche energetiche e le scelte
d’impianti a esse correlate è bene che diventino argomento di valutazione
politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale».
Inquina troppo: chiusa la
Rockwool di Pedena - Gli ambientalisti accusano il presidente della
Regione istriana Jakovcic: «Ha violato le normali procedure necessarie»
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A un mese dall’inizio della
produzione. La fabbrica è costata 75 milioni di euro
Sono troppo
elevate le emissioni nell’aria di formaldeide e di anidride solforosa
POLA Si prende la sua rivincita
morale il presidente del Partito dei verdi Josip Anton Rupnik, a proposito
della contestata fabbrica di lana di roccia della società danese Rockwool a
Pedena,nel cuore dell'Istria. Come dire: «Ve l' avevo detto io che era
un'industria sporca e inquinante». Ricordiamo che la fabbrica è stata
provvisoriamente chiusa dal ministero croato dell'Ambiente causa le
emissioni di formaldeidi e anidride solforosa (da qui la forte puzza nella
zona) oltre i limiti consentiti dalle norme croate.Ma non solo: gli
ispettori accorsi in fabbrica su segnalazione degli abitanti dell' area
hanno scoperto che erano difettosi gli strumenti di monitoraggio ecologico
della Rockwool, per cui non hanno mai suonato l'allarme.
Parlando ai giornalisti Rupnik ha dichiarato che la fabbrica deve venir
chiusa per sempre e smantellata in quanto a poco più di un mese dall'inizio
della produzione ha già causato troppi danni all'ambiente. Ha ricordato che
la struttura è stata costruita in una vallata tra le più fertili in Istria.
«Nel sottosuolo - ha continuato - ci sono enormi giacimenti di acqua dolce
ora in pericolo. Tra l'altro alcuni abitanti non possono più usare l'acqua
dei loro pozzi a scopi alimentari». «E poi - ha detto ancora - nella zona
non c'è circolazione d'aria per cui i fumi della fabbrica finiscono al suolo
inquinandolo». Per Rupnik il maggiore responsabile di questo scempio
ambientale è il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic,
accusato di aver spalancato le porte all'industria sporca per interessi non
trasparenti, violando le normali procedure con la complicità degli enti
locali.
«Se si voleva costruire una fabbrica e dare lavoro alla gente del posto - ha
continuato Rupnik - era sicuramente più conveniente accettare la proposta
austriaca di costruire un impianto per la produzione di medicinali». La
fabbrica dunque venuta a costare 75 milioni di euro al momento è ferma,
nell'attesa che i tecnici adeguino le emissioni alle norme croate. E questa
è anche la condizione fondamentale per l'ottenimento del permesso di
agibilità definitivo dopo la fase di collaudo che potrebbe durare alcuni
mesi.
p. r. |
Ferriera inquinante |
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Leggo con stupore e malcelata
rabbia sul quotidiano del 12 ottobre l’articolo relativo alla presa di
posizione della Ferriera di Servola sulla vicenda inerente l’inquinamento
prodotto dallo stabilimento. Cito per esempio la contestata posizione di una
centralina di rilevamento sita in via San Lorenzo in Selva presso la
stazione ferroviaria. Dicendo per altro che l’alto livello di benzene e
benzoapirene sarebbe stato influenzato dal ripetuto passaggio di treni
trainati da motrici diesel.
A parte il fatto che la linea non è la Mestre-Milano o la Roma-Napoli, ma
poco più di un raccordo ferroviario con un traffico non di certo
considerevole. Tra l’altro, non tutti i treni transitanti sono a trazione
diesel, come evidenziato dalla catenaria aerea per i locomotori elettrici
che trainano parte dei convogli, come per esempio quello serale di cisterne.
Ci sono invece linee ferroviarie in diverse parti d’Italia, esercite
esclusivamente a trazione termica.
Per esempio in Cadore, in Toscana, ai margini del Parco nazionale d’Abruzzo.
Allora se la teoria dei legali della Ferriera è corretta, dovremmo avere in
rinomati posti turistici picchi di benzene e benzoapirene considerevoli,
sprigionati dalle «littorine» che portano su e giù le genti di quelle
vallate. Ma per piacere!
È palese che l’inquinamento presente nei rioni di Servola e Valmaura in
particolare è dovuto all’ormai obsoleto impianto siderurgico e altre realtà
quali ferrovia, grande viabilità o altro, influiscono sì. Ma solo
marginalmente rispetto alle emissioni diffuse dalla Ferriera.
Per quanto riguarda gli sforamenti di Pm 10, nei mesi di giugno e luglio ho
avuto modo di vedere dei tabulati dell’Arpa con i miei occhi. Secondo voi
avvocati, lo sforamento ripetuto di Pm 10 non giustifica l’intervento del
sindaco? Non costituisce «serio pericolo per la popolazione o emergenza
sanitaria»? Pensate siano salubri?
Per concludere sono convinto che nell’opinione pubblica abbiano più peso le
parole e i dati della Procura e degli organi di controllo che quelle di una
proprietà che non ha saputo produrre alcun risultato per quanto riguarda
l’ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori.
Rifletteteci cari avvocati...
Alessandro Bergamaschi |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 24 ottobre 2007
Ferriera, i sindacati
attaccano Dipiazza e Lippi - Bordin: «I 1000 disoccupati li
assumeranno in Comune». Visentini: «È aria fritta» |
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BELCI - Così cambia lo
scenario. Spero sia stata solo una sparata elettorale |
Dopo le
esternazioni del vicesindaco sulla chiusura dello stabilimento e sul
disinteresse a far subentrare l’imprenditore Arvedi
La giunta comunale, sollecitata
dal vicesindaco di An Paris Lippi, dà una svolta politica alla vicenda della
Ferriera e trancia quel segmento di discorso fatto fin qui dal sindaco
Dipiazza che da un lato ha tuonato «chiudo la fabbrica per motivi di salute
pubblica» e dall’altro ha firmato coi sindacati e con l’assessore regionale
al lavoro Cosolini un accordo teso a ottenere la bonifica dagli attuali
inquinamenti e la prosecuzione dell’attività (con successivi ammonimenti
all’acquirente in attesa degli sviluppi, il gruppo Arvedi).
«No» all’autorizzazione integrata ambientale il giorno 30 in Regione se non
ci sono tutte le garanzie sanitarie» e «no anche ad Arvedi perché a Servola
non deve più stare una fabbrica siderurgica» è adesso la posizione della
giunta comunale, così come espressa da Lippi, e i sindacati reagiscono con
stupore e fastidio: «I mille lavoratori li assumerà Dipiazza in Comune»
taglia corto Luciano Bordin, segretario Cisl. «Parlare così senza alcun
progetto di reinserimento del personale è solo aria fritta» risponde intanto
Luca Visentini della Uil. E Franco Belci della Cgil sbotta: «O ci prende in
giro il sindaco, o la giunta, o tutti e due, comunque entrambi prendono in
giro i lavoratori».
I ragionamenti poi sono più estesi. Belci stesso aggiunge: «Se prende piede
questo atteggiamento pregiudiziale, che supera l’intento concordato col
sindaco e la Regione di puntare a un’azienda con dati di emissioni nei
limiti di legge, cambia lo scenario e dunque ci aspettiamo da Dipiazza una
seconda convocazione pari alla prima, e nel contempo non si capisce tutto
questo fervore di riunioni, questo clamore sulle analisi e le centraline, e
tutto il resto. Spero che questa di Lippi sia una sparata elettorale -
conclude Belci -, e comunque non gli fa onore, se invece è opinione
sostanziale il Comune ci presenti un piano di ricollocazione dei dipendenti
che abbia qualche patente di serietà e concretezza».
Così Visentini ricorda che «il gruppo Arvedi avrebbe in programma la
dismissione della cokeria, il che già eliminerebbe la più gran parte di
emissioni diffuse, questa espressa da Lippi sarà anche la posizione politica
del Comune, o un richiamo agli impegni elettorali - dice -, ma noi non ci
spostiamo di una virgola: attendiamo gli ultimi dati, vogliamo verificare se
l’impresa intende farsi carico del risanamento, e comunque ricordiamo che
bonificare quell’area per altri scopi significa prevedere milioni e milioni
di euro per le bonifiche che attualmente nessuno ha».
«Politicamente - ragiona Bordin - sono posizioni che il Comune può benissimo
prendere e mantenere, ma noi restiamo fermi al fatto che è meglio fare un
accordo. Se però questa è la legittima posizione della politica locale,
allora ci dicano come occuperanno mille persone. Dire ’’chiudiamo’’ è
facile».
Oggi intanto riunione tra Azienda sanitaria e Ferriera per dare il via ai
controlli sulle concentrazioni di inquinanti e la salute nei lavoratori e
l’eventuale accumulo di diossina misurato nel latte delle neomamme di
Servola.
g. z.. |
FERRIERA - In 500 al corteo
contro la fabbrica. Sit-in sotto la Regione |
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I comitati dei residenti,
supportati dal Gruppo Beppe Grillo, hanno manifestato contro la possibile
certificazione ambientaleCinquecento persone, «armate» di striscioni,
fischietti e tamburi per richiamare l’attenzione dei politici e della città
intera, si sono ritrovate ieri pomeriggio in piazza Oberdan, sotto la sede
del Consiglio regionale, tornando a chiedere la chiusura della Ferriera. Il
rumoroso sit-in davanti al palazzo della Regione è stato il momento-clou del
corteo che si è poi snodato per le vicine vie Giustiniano, Cicerone, Fabio
Severo e Carducci. La protesta, promossa dai comitati dei cittadini di
Servola con il supporto del Gruppo Beppe Grillo Trieste e del coordinamento
regionale dell’Italia dei Valori, si è conclusa attorno alle 19.30, dopo due
ore abbondanti di manifestazione, sempre in piazza Oberdan. E sempre davanti
al «bersaglio» scelto per l’occasione dai promotori, ovvero la Regione.
Dalla quale, alla luce anche della fresca posizione del Comune (si faccia
riferimento all’articolo sopra, ndr), dipende il possibile rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale entro la fine di questo mese.
Molti gli slogan esposti ai piedi del Consiglio regionale. «Dalla politica
solo chiacchiere, dalla Regione solo arroganza, da Ass e Arpa solo
silenzio», recitava uno striscione. «Alla Lucchini non interessa neanche la
salute dei bambini», c’era scritto su un altro, sollevato accanto a un
gruppo di piccoli allievi delle scuole di Servola, che portavano sulla bocca
delle simboliche mascherine anti-inquinamento.
Ma in piazza non si sono raccolti solo Grillo-boys e servolani. «Abitiamo in
via dell’Istria e a Valmaura e non siamo indenni dai fumi di quella
fabbrica», hanno testimoniato alcune persone accomunate dalla protesta. Gli
organizzatori, nell’occasione, hanno lamentato l’indisponibilità della
Regione, in primis dell’assessore all’ambiente Gianfranco Moretton, a ogni
forma di dialogo. «Il primo ottobre - hanno tuonato - eravamo stati ricevuti
dai capigruppo del Consiglio regionale, ci avevano assicurato che saremmo
stati reinvitati d’urgenza, al massimo entro dieci giorni. Invece sono
trascorse tre settimane e non siamo ancora stati convocati».
pi.ra. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 23 ottobre 2007
FERRIERA - Lippi: a Servola
né Ferriera né Arvedi - Il numero due del Comune boccia in giunta anche
l’ipotesi che il gruppo lombardo rilevi lo stabilimento siderurgico |
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Il sindaco,
diffidato con lettera dalla Lucchini, non aggiunge commenti |
Sulla vicenda Ferriera «la
giunta ha dato mandato al sindaco Roberto Dipiazza di proseguire con la
linea dura su entrambi i fronti». Ossia: «No all’autorizzazione integrata
ambientale se non ci sarà una limpida e inequivocabile chiarezza» sulle
condizioni di qualità degli impianti. E poi - soprattutto - «no
all’eventuale possibilità di insediamento di altre società che abbiano lo
stesso tipo di attività» di quella svolta oggi dalla Lucchini. Perché «noi
quell’area la dobbiamo restituire alla città e soprattutto al porto».
Con queste affermazioni il vicesindaco Paris Lippi delinea chiaramente il
significato dell’«atto politico», come lo definisce dandone la notizia,
intrapreso ieri dall’esecutivo Dipiazza su sollecitazione dello stesso Lippi,
il quale ha sollevato il problema all’approssimarsi di un momento cruciale:
il 30 ottobre infatti è in programma la conferenza dei servizi in cui
Regione, Provincia, Comune, Arpa e Azienda sanitaria dovranno concedere - o
meno - l’autorizzazione integrata ambientale: un via libera alla Servola da
votare se si riterranno soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti.
Nessun documento dunque ieri da parte della giunta, ma un’indicazione chiara
- concordi tutti i presenti compreso il sindaco, aggiunge Lippi - sulla
linea da tenere: a Servola non ci deve essere in futuro alcuno stabilimento
siderurgico. E «useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione» per
arrivare a questo risultato, insiste il vicesindaco citando il gruppo Arvedi.
Gruppo che proprio nei giorni scorsi - dopo la rottura delle trattative con
Lucchini - aveva ribadito il proprio interesse a un eventuale acquisto dello
stabilimento, condizionandolo però a certezze sulla situazione ambientale e
sulla stessa volontà della città di vedere ancora attiva o meno la Ferriera.
Il «no» che ora Lippi esterna - e che l’assessore allo sviluppo economico
Paolo Rovis ripete confermando l’orientamento assunto dalla giunta - suona
come una risposta chiara a queste due domande. Anche se si tratta di un no
«politico», precisano i due assessori, consapevoli del terreno su cui si
muovono. Perché certo il Comune non potrebbe legittimamente annunciare un
diniego preventivo all’autorizzazione su cui assieme ad altri enti dovrà
votare sulla base di documenti e dati precisi ancora da valutare. Né
l’amministrazione potrebbe entrare in una trattativa fra industriali per la
compravendita di un’attività privata su un’area in gran parte di proprietà
privata. Lo sottolinea con forza l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci,
ieri assente alla seduta della giunta, che conferma «la massima attenzione»
al problema delle emissioni esploso con evidenza nelle ultime settimane, ma
tira il freno su eventuali altri commenti.
Del resto lo stesso sindaco Dipiazza si astiene da qualsivoglia
dichiarazione sulla seduta di giunta di ieri e sulla propria posizione: si
agirà solo con i fatti, dice attraverso il suo portavoce ribadendo di essere
in attesa di ricevere dall’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente) gli ultimi dati sulle emissioni che poi l’Azienda sanitaria
dovrà analizzare.
Il silenzio del primo cittadino del resto può essere interpretato alla luce
della lettera che Francesco Rosato, direttore della Ferriera e consigliere
delegato di Servola spa, gli ha inviato pochi giorni fa richiamandolo al
corretto esercizio dei poteri e a una lettura dei dati raccolti a Servola
sul benzoapirene, conforme alle leggi. Confermando la propria volontà di
continuare a collaborare con la pubblica amministrazione «per svolgere
seriamente la nostra attività produttiva a Trieste», Servola spa si è
riservata però nei confronti di Dipiazza «ogni azione legale a tutela nostra
e dei nostri dipendenti, anche con riferimento ai danni che sono stati o
potranno essere ingiustamente procurati». Laddove i «danni» sarebbero
secondo l’azienda quelli portati dalle parole di Dipiazza, che più volte
aveva di recente affermato che se i dati sul benzoapirene fossero stati
confermati anche per agosto e settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di
chiusura dello stabilimento. Al sindaco la proprietà ha fatto presente anche
«l’ingiustificato allarmismo» in materia ambientale che sarebbe alla base
dell’interruzione delle trattative con Arvedi.
Mentre dunque Dipiazza tace, l’assessore Paolo Rovis torna a spiegare:
«Abbiamo dato un mandato al primo cittadino su due fronti. Perché
prioritario è l’aspetto ambientale, ma in seconda battuta c’è una visione
strategica dello sviluppo economico-produttivo della città: visione in cui
la Ferriera non rientra, perché quelle aree vanno riutilizzate a fini
portuali».
Dalla Lucchini - interpellata attraverso i suoi legali - non arriva alcun
commento: se il terreno è politico, si fa sapere, non è un terreno di
competenza della proprietà. Che attende il tavolo del 30 ottobre. Mentre
anche Arvedi sceglie il silenzio.
Paola Bolis |
FERRIERA - Servola: Cisl e
Fim - I sindacati: «Sugli occupati numeri imprecisi» |
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«Sul caso Ferriera, c’è qualcuno
che ”dà letteralmente i numeri”, facendo circolare dati privi di
fondamento». È l’accusa lanciata dalle segreterie provinciali di Cisl e Fim,
e dai rispettivi rappresentanti all’interno delle Rsu dell’impianto di
Servola.
«I numeri a cui si riferisce - precisano i sindacati in una nota - sono
quelli degli occupati del settore siderurgico triestino. Sono dati che
dovrebbero essere conosciuti visto che, in occasione dei vari tavoli
istituzionali, vengono frequentemente richiamati e diffusi dagli organi
d’informazione. Dobbiamo dedurre che per molti e per nulla disinteressati
soggetti, l'"amnesia" è una malattia grave».
«Forse - sottolinea Luciano Bordin - questi tavoli sono stati vissuti da
qualcuno più come un palcoscenico personale che come un momento di confronto
per risolvere un problema dai risvolti industriali, ambientali,
occupazionali e sociali. Detto questo, appare importante ricordare come
stanno veramente le cose, ribadendo ancora una volta il numero degli
occupati diretti delle due aziende siderurgiche del territorio: Lucchini
S.p.A. e Sertubi S.p.A».
Al 30 settemebre scorso, precisa la Cisl, i dipendenti a libro matricola
della Lucchini erano 543 (forza attiva 535) di cui 33 a tempo determinato,
12 dipendenti somministrati e 160 appalti strutturali. Solamente un
centinaio di lavoratori ha più di 50 anni, un’età che comunque non
garantisce, allo stato attuale, garanzia per poter accedere alla pensione
tramite i normali ammortizzatori sociali. Sul fronte Sertubi, invece, i dati
di fine settembre parlano di 205 dipendenti a libro matricola, di cui 10 a
tempo determinato e 50 appalti strutturali. In questa azienda gli "over 50"
sono poco più di una ventina.
«La delegazione Cisl di Trieste - osserva ancora Alberto Monticco - segnala
questi numeri con la stessa preoccupazione con cui ha preso atto dei dati
dell'Azienda per i servizi sanitari sull'inquinamento chiedendo, come ormai
da anni, a tutte le istituzioni, dal Governo sino al Comune, e alla
proprietà, di arrivare ad una soluzione condivisa che coniughi salute dei
lavoratori e della popolazione, con occupazione e sviluppo del settore
industriale del territorio triestino». |
FERRIERA - Corteo dei
Grillo-boys contro la fabbrica - Partirà alle 17.30 da piazza Oberdan
e coinvolgerà i comitati dei residenti |
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Prevista una
sosta davanti al palazzo del Consiglio regionale |
Partirà questo pomeriggio alle
17.30 da piazza Oberdan la manifestazione promossa dai comitati di residenti
di Servola, e supportata dal Gruppo Beppe Grillo Trieste, per chiedere la
chiusura della Ferriera. I parteciperanno si ritroveranno sotto il palazzo
della Regione, in concomitanza con la riunione del Consiglio.
Proprio all’amministrazione Illy i manifestanti chiedono «di non concedere
il rilascio della certificazione ambientale al Gruppo Lucchini- Severstal,
proprietario dello stabilimento, alla luce dei ripetuti monitoraggi che
hanno evidenziato seri rischi per la salute dei cittadini e dei lavoratori».
Il corteo si snoderà poi lungo via Giustiniano, via Cicerone, via Fabio
Severo, e farà infine ritorno in piazza Oberdan.
Nel corso dell’appuntamento verrà inoltre illustrata la prossima iniziativa
in programma contro la Ferriera: una manifestazione che si terrà lunedì 29,
sempre alle 17.30, sotto il palazzo del Comune in piazza Unità, in occasione
della seduta straordinaria dell’assemblea municipale convocata proprio per
discutere della situazione dello stabilimento siderurgico.
La battaglia dei comitati di residenti può contare anche sul sostegno
arrivato di recente dai «Grillo boys» di Trieste. Il gruppo che si richiama
al comico genovese ha già dato il proprio contributo al successo della
manifestazione di questo pomeriggio chiamando a raccolta anche i «grillini»
di Udine, Gorizia e Pordenone.
La volontà del «Gruppo Beppe Grillo Trieste», infatti, è quella di informare
sul caso Ferriera il maggior numero di persone, convinto che finora il
discorso sia stato relegato agli abitanti di Servola e delle vie adiacenti.
«La gravità del problema Ferriera invece - spiegano- deve iniziare ad
interessare anche gli abitanti di tutte le zone della città nonchè,
possibilmente, i cittadini di altre zone del Friuli Venezia Giulia».
Proprio per cercare di dare ampio respiro alla protesta, i «Grillo boys»
triestini hanno preso contatti con lo staff del comico genovese per esporre
le ragioni della mobilitazione popolare.
La speranza è che la battaglia per la difesa della salute di residenti e
operai, date l’attualità dell’argomento e la rilevanza del Gruppo Lucchini-
Severstal proprietario dell’azienda, possa trovare spazio nel blog
giornaliero di Beppe Grillo, uno dei più cliccati al mondo. Riuscire ad
ospitare lì anche solo qualche riga sul caso Ferriera, significherebbe
infatti avere una vetrina di primissimo livello, in grado di produrre
un’importante cassa di risonanza per i sostenitori della mobilitazione. |
Bucci: un tunnel sotto corso
Italia - Piano del traffico, l’assessore annuncia una nuova ipotesi
con cui concorrere a un fondo ministeriale di 19 milioni
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Lungo 800
metri, a una corsia collegherebbe via Canalpiccolo a via Imbriani |
Un tunnel lungo suppergiù
ottocento metri, che parte all’altezza di via Canalpiccolo e scorre al
centro della carreggiata di corso Italia - non più di cinque metri sotto il
manto stradale - per riemergere poco oltre l’incrocio con via Imbriani.
Lì per lì l’assessore al traffico Maurizio Bucci la definisce solo «un’idea,
una boutade». Ma poi aggiunge che «sì, ci stiamo lavorando con i nostri
uffici perché la domanda va presentata a Roma entro il 15 novembre. In ballo
ci sono 19 milioni di euro». E allora, ecco l’«idea» che secondo Bucci
potrebbe rappresentare «l’uovo di colombo» grazie al quale risolvere
l’infinita vicenda del piano del traffico: un tunnel di scorrimento
sotterraneo a senso unico in Corso Italia. Il concetto-chiave è semplice: le
auto che oggi scorrono in superficie transiterebbero pochi metri più sotto
nel tunnel a una sola corsia (più una d’emergenza) in senso unico, mentre il
Corso resterebbe riservato agli autobus. Ma i mezzi pubblici lo
percorrebbero tanto in salita quanto in discesa: di qui, prefigura Bucci, la
possibilità di pedonalizzare totalmente via Carducci, via Imbriani, piazza
della Borsa... Quanto a corso Italia, il transito dei mezzi pubblici in sole
due corsie di scorrimento permetterebbe di ampliare considerevolmente l’area
dei marciapiedi e di ricavarne magari anche una pista ciclabile. E via
Torrebianca, che la bozza di piano del traffico redatta a inizio 2005
dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus prevede aperta al traffico
privato in direzione via San Francesco, manterrebbe il suo assetto attuale.
«L’uovo di Colombo» appunto, secondo Bucci.
Al momento questa del tunnel «è un’ipotesi che stiamo valutando sotto il
profilo economico e tecnico con l’obiettivo di presentare un’idea
progettuale al ministero delle infrastrutture entro il 15 novembre». Quello
infatti è il termine entro il quale le città metropolitane possono
richiedere di concorrere all’assegnazione di uno stanziamento di 19 milioni
di euro previsto dalla Finanziaria 2007, dice Bucci, e riservato
specificamente - in collaborazione con il ministero dell’Ambiente - a
infrastrutture volte a migliorare i centri urbani in termini di spazi
pedonali e sviluppo del trasporto pubblico.
Il conto economico del tunnel? Bucci non ne è preoccupato: «Si tratta di
realizzare una trincea in prefabbricato che poi viene chiusa. È poco più di
uno scavo dell’Acegas», dice. Ad ogni modo, nessuna decisione in merito è
stata assunta né la giunta ha ancora valutato il progetto. Il percorso è
questo: «Innanzitutto capiamo se c’è la possibilità di accedere a quel
finanziamento, poi - se appunto ci sarà - analizzeremo e condivideremo il da
farsi», spiega Bucci.
Il tunnel rappresenta l’ultima - in ordine di tempo - di una serie di
ipotesi che da molti mesi ormai sono allo studio del Comune. L’originaria
bozza commissionata dal Comune a Camus prevede tra l’altro il Corso chiuso
alle auto e aperto solo in salita ai mezzi pubblici, i quali per scendere
verso le Rive transitano lungo via Mazzini: il traffico privato viene invece
spostato lungo via Torrebianca in direzione San Francesco. Da tempo il
sindaco Roberto Dipiazza ha definito questa bozza superata dalle nuove Rive
e dall’imminente apertura della Grande viabilità, e l’argomento piano del
traffico - visto l’aspro dibattito interno alla maggioranza che da anni
suscita - è rimasto per mesi congelato. Lo scorso agosto, per la prima volta
la bozza Camus è stata resa pubblica grazie a una busta anonima consegnata
al Piccolo. Adesso, la nuova ipotesi del tunnel sotto corso Italia. |
Evergreen, fiume inquinato
ritarda la nuova sede - Maneschi: «Comune o Authority devono
bonificare l’area». Il sindaco: «È compito suo» |
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In Porto
Vecchio il torrente Chiave scarica liquami nello specchio di mare
prospiciente, il problema doveva venir risolto 5 anni fa
Non è più la contestata altezza
degli edifici, bensì è il fiume che scorre nel sottosuolo ora la più grave
minaccia alla realizzazione della sede di Italia Marittima, l’ex Lloyd
Triestino, e di quella di Evergreen per il Mediterraneo, in Porto Vecchio.
«Lì sotto scorre il torrente Chiave che ha anche inquinato tutto lo specchio
d’acqua prospiciente - spiega Pierluigi Maneschi, presidente di Italia
Marittima - già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta
di provvedere alla bonifica, ma com’era prevedibile non si è mossa una
foglia: Comune e Autorità portuale non si mettono d’accordo su chi debba
fare il lavoro».
Secondo Martino Conticelli, segretario generale dell’Autorità portuale è al
Comune che spetta l’onere dei lavori. «Approfondirò la questione, ma non
ritengo sia un’opera da addebitare al Comune - replica il sindaco Roberto
Dipiazza - in base alla mia esperienza sarà necessario costruire un ampio
contenitore da calare sottoterra dove raccogliere le acque del fiume per
convogliarle poi nel depuratore. Ho fatto qualcosa di analogo quand’ero
ancora sindaco di Muggia. Ma qui siamo nell’ambito dei cosidetti
sottoservizi che comprendono condutture e fognature e dovrebbe essere la
stessa Evergreen a realizzarli come oneri di urbanizzazione anche perché ha
ottenuto in concessione cinque magazzini per novant’anni in cambio di un
canone veramente modesto».
Oltre alle sedi delle due società di navigazione in quei magazzini Evergreen
intenderebbe realizzare anche magazzini e servizi per un prospiciente
porticciolo nautico, negozi, ristoranti, foresteria e un parcheggio
multipiano. Dopo aver minacciato un mezzo disimpegno, recentemente Maneschi
ha ribadito l’intenzione di costruire a Trieste anche la sede di Evergreen
per l’Europa meridionale con nuove assunzioni di dipendenti.
«Noi stiamo redigendo il progetto esecutivo per le nostre sedi - aggiunge
Maneschi - e speriamo di partire con i lavori nell’autunno 2008. Con
l’Autorità portuale forse riusciremo a trattare per un metro di altezza in
più dei magazzini riqualificati, ma ora il problema principale è questo del
fiume Chiave che non spetta a noi risolvere».
Dopo un consulto con i suoi tecnici, l’assessore comunale all’urbanistica
Maurizio Bucci propone l’ennesima versione: «In base a una nuova norma di
legge è la Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla
Regione intervenire anche in questo caso». Difficilmente si erano viste
responsabilità rimbalzare in modo così vorticoso.
La faccenda diventa addirittura grottesca andando a rileggere un resoconto
del «Piccolo» del 9 agosto 2002, quindi oltre cinque anni fa, in cui si
riporta che il Comune e l’Autorità portuale hanno siglato una convenzione
per l’ammodernamento delle infrastrutture del Porto Vecchio: strade, rete
fognaria, illuminazione, parcheggi, rete elettrica, idrica e del gas,
sistema semaforico, rete telefonica e telematica. Tutte opere di
urbanizzazione e di sottoservizi, per svariate decine di milioni di euro,
che si rendono indispensabili prima di iniziare qualsiasi discorso di
ristrutturazione del vecchio emporio. «Prima opera che partirà a breve - era
stato rilevato oltre cinque anni fa - sarà la bonifica del torrente Chiave
che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il molo Terzo e il molo Quarto.
Il corso d’acqua, che in passato si riversava nel canale di Ponterosso,
raccoglie gli scarichi meteorici e acque nere di mezza città. Da qui
l’urgenza di intervenire anche con l’apporto dell’Acegas».
Silvio Maranzana |
Rigassificatore di Trieste:
accordo Snam-Gas Natural per la connessione alla rete - Investimento
complessivo di 1 miliardo di euro |
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MILANO Il gruppo Gas Natural e
Snam Rete Gas hanno raggiunto l'intesa in base alla quale quest'ultima
realizzerà la costruzione dei due gasdotti di connessione dei due progetti
di rigassificazione di Taranto e Trieste alla rete di distribuzione
nazionale del gas, una volta ottenute le autorizzazioni previste.
Questo accordo - afferma una nota - segna un importante passo avanti per i
due progetti che il gruppo Gas Natural ha presentato tre anni fa alle
autorità italiane.
L'accordo prevede inoltre un significativo investimento da parte di Snam
Rete Gas per il quale Gas Natural ha presentato le garanzie necessarie
ottenute da uno dei maggiori istituti bancari italiani.
I due progetti - della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas ciascuno
- prevedono un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro.
I due progetti sono sottoposti attualmente alla procedura per il rilascio
della via da parte del ministero per l'Ambiente. |
Gas radon, ultimato il primo
monitoraggio Presto l’elenco completo dei comuni a rischio
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Presentato a
Pordenone lo studio dell’Arpa. Ogni anno 90 morti nel Fvg, secondo dati
dell’Oms TRIESTE È
la seconda causa, insieme al fumo, del tumore ai polmoni. Ogni anno in
regione conta 90 morti (dati Oms). È il radon, un gas cancerogeno fortemente
presente in Friuli Venezia Giulia dove le aree a maggior concentrazione
sono: il Carso triestino e goriziano, il medio Friuli e la Pedemontana
pordenonese. Il quadro emerge dalla campagna, promossa dalla Regione,
realizzata grazie alla sinergia tra Arpa e Protezione civile. I primi
risultati sono stati presentati ieri a Pordenone dall’assessore
all’Ambiente, Gianfranco Moretton, dal direttore generale di Arpa, Giuliana
Spogliarich, dal direttore della Protezione Civile regionale, Guglielmo
Berlasso, e dai dirigenti tecnici dell'Arpa, Claudio Villalta e Concettina
Giovani.
I DATI La campagna di misurazione (effettuata tra settembre 2005 e marzo
2007) ha coinvolto oltre 1.500 volontari della Protezione Civile regionale
che hanno seguito un corso di formazione. Fa seguito a quella già effettuata
negli edifici pubblici (scuole in primis), iniziata nel 2000. I volontari in
questo caso hanno posizionato, in due successivi semestri, oltre 12 mila
dosimetri in 2.500 abitazioni dei 219 comuni del Friuli Venezia Giulia,
scelte sulla base di criteri statistici e di rappresentatività. Il 14 per
cento di queste case – secondo i rilevamenti effettuati nel semestre
invernale (quello più a rischio) che dovranno essere confermati – presentava
valori al di sopra della soglia di attenzione e quindi presenza preoccupante
di radon. Mediamente si è evidenziata una maggiore possibilità di trovare
alte concentrazioni di radon in locali situati al piano terra, in abitazioni
con soletta controterra e con i muri portanti formati da pietra e in edifici
costruiti prima del 1976.
IL RILEVAMENTO Le misure sono state effettuate per mezzo di rivelatori
passivi a tracce (due per ogni abitazione) che sono rimasti esposti per un
periodo di 6 mesi, dopodichè sono stati sostituiti da altri 2 rivelatori per
i successivi 6 mesi, in modo da poter valutare la media annua della
concentrazione di radon all'interno delle abitazioni. Il posizionamento, il
cambio e il ritiro dei dosimetri è stato realizzato in contemporanea su
tutta la regione e nel più breve tempo possibile. Al termine della campagna
di misurazione è iniziata l'analisi dei dati con la predisposizione delle
prime mappe. «L’Arpa del Friuli Venezia Giulia – ha precisato Claudio
Villalta – è uno degli enti che ha partecipato al primo interconfronto
nazionale sulla misura della concentrazione di attività di radon con metodi
passivi e i risultati hanno dimostrato che la metodologia di misurazione è
una delle migliori d’Italia».
L’OBIETTIVO «La fase di monitoraggio dovrà essere completata in 6–8 mesi» ha
detto Moretton ai tecnici dell’Arpa. Una volta conclusa la rilevazione sulle
abitazioni, «Avremo a disposizione tutti i dati per la predisposizione di un
disegno di legge con la mappa del rischio e le indicazioni ai Comuni delle
norme da inserire nei regolamenti edilizi per ridurre e se possibile
eliminare il pericolo radon». Una volta completata la classificazione la
Regione pubblicherà sul Bur l’elenco dei comuni a rischio che sarà il
presupposto, anche per le amministrazioni locali, per intervenire nei piani
urbanistici e per regolarsi con le nuove concessioni edilizie.
I CITTADINI Ogni residente delle abitazioni analizzate riceve una lettera
che contiene i risultati, i numeri per contattare l’Arpa e richiedere
eventualmente un sopralluogo, una pubblicazione con le linee guida da
seguire. «Spesso è possibile risolvere il problema con un intervento che non
costa più di 1000–1500 euro – spiega Concettina Giovani – anche se c’è, è
bene che si sappia, chi chiede cifre astronomiche, 60–100 mila euro». Non
sempre aerare i locali è il metodo giusto per tenere lontano il pericolo
radon. «D’estate tenere le finestre aperte può andar bene – dice Giovani –
ma d’inverno può addirittura essere controproducente perché ciò che fa
alzare il livello del gas è lo sbalzo di pressione». Chi vive in una zona a
rischio, ma non è rientrato nella campagna di monitoraggio, può richiedere i
dosatori direttamente a casa. Il costo del materiale e la spedizione, è a
carico del cittadino: 70 euro più iva.
m. mi. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 22 ottobre 2007
Belci: «La città non sprechi
la chance Arvedi per la Ferriera» |
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Secondo il
sindacalista Cgil «è esplicito l’impegno a trovare una produzione
compatibile con l’ambiente». Metz: «Regione ambigua»
«Se la città spreca questa
occasione deve essere consapevole del fatto che non ne avrà altre». Così il
segretario provinciale della Cgil Franco Belci invita a riconsiderare la
vicenda Ferriera alla luce delle dichiarazioni rese sabato da Giovanni
Arvedi. L’industriale dell’acciaio ha riconfermato l’interesse del proprio
gruppo a investire su Trieste, malgrado le trattative con Lucchini siano al
momento interrotte. «Siamo interessati alla Ferriera ma prima vogliamo
chiarezza», ha ribadito Arvedi dicendosi in attesa di un chiarimento sul
fronte ambientale «per avere parametri certi di funzionamento», posti come
«condizione inderogabile».
Belci dunque osserva come «l’impegno di Arvedi a trovare una produzione
compatibile con l’ambiente è esplicito». E allora «tutto ciò non elimina
certo la gravità dei dati» sulle emissioni, «ma deve portare a un
chiarimento». Perché «un conto è battersi per la chiusura della Ferriera, un
conto è costringere Lucchini a lasciare ad Arvedi uno stabilimento che
rientra nei parametri di compatibilità con l’ambiente». Per Belci «è il
momento di decidere cosa fare del futuro industriale della città. È
difficile, ma l’ideale sarebbe trovare una modalità di trattativa tra
venditore e acquirente in cui l’amministrazione cittadina entrasse senza
certo alterare domanda e offerta, ma dando uno sfondo di politica
industriale e di politica dell’ambiente».
Sull’argomento si registra anche un intervento di Alessandro Metz,
consigliere regionale dei Verdi, che in una nota precisa che «finalmente un
po’ di chiarezza stia arrivando in merito ai dati di inquinamento della
Ferriera di Servola, l’Arpa conferma gli sforamenti anche nel mese di
settembre e della prima parte di ottobre, e adesso aspettiamo quelli del
Cigra».
Metz attacca la Regione, «e nella fattispecie l’Assessore all’Ambiente
Moretton, ma con il concorso del Presidente Illy e dell’Assessore al lavoro
Cosolini, sta continuando a mantenere un’ambiguità che rappresenta il vero
punto interrogativo della vicenda, non è più il tempo della difesa ad
oltranza dell’industria, di questa industria, e di un imprenditore che ha
dimostrato di saper fare carta straccia di qualsiasi accordo e disatteso
qualsiasi impegno o prescrizione. Questo è il momento di decisioni serie
capaci di rispondere alla tutela della salute dei cittadini, della tutela
ambientale e del diritto al reddito dei lavoratori della Ferriera».
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Gas radon, pronta la mappa
Raccolti dati su 2500 case - Oggi la presentazione |
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PORDENONE E’ pronta la mappa del
radon in Friuli Venezia Giulia. Una cartografia che indicherà per la prima
volta, in modo completo, le cosiddette Radon pron areas (Rpa), zone del
Friuli Venezia Giulia in cui è probabile la presenza di elevate
concentrazioni del radioisotopo radon. La presenterà oggi a Pordenone
l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton che illustrerà i risultati di
uno studio durato un anno e mezzo. «Grazie al lavoro di 1500 volontari della
protezione civile – spiega – e alla sinergia tra loro e l’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente, è stato possibile campionare 2500
abitazioni scelte in base a studi statistici sulla rappresentatività delle
aree». Il problema radon è noto da alcuni anni e l’Inail stessa, prima della
campagna regionale aveva lanciato l’allarme per la presenza del gas
radioattivo naturale, in Friuli Venezia Giulia, in concentrazioni più
elevate rispetto alla media nazionale. Prodotto dal decadimento dell’uranio
il radon è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità causa
principale del tumore polmonare dopo il fumo. Il Friuli Venezia Giulia con
96 Bequerel per metro cubo, si situa tra le regioni con la più alta
concentrazione media di gas radon. La nocività del gas sta nel fatto che una
parte dei prodotti di decadimento del radon si attacca a polvere, fumo e
vapore e può dunque essere inalata. Ma mentre in ambienti aperti la
concentrazione del gas non raggiunge mai livelli pericolosi (essendo
normalmente inferiore a 30 Bq/m3), nei luoghi chiusi (abitazioni, scuole,
ambienti di lavoro) può raggiungere valori elevati potenzialmente dannosi
per la salute. Da qui la scelta di un rilevamento massiccio nelle
abitazioni. La fase di campionatura è iniziata a settembre 2005 e proseguita
fino a marzo 2007. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 21 ottobre 2007
Arvedi: «La
Ferriera ci interessa ancora» - «Crediamo nella produzione ma
aspettiamo di avere dati certi sulla situazione ambientale» |
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Intanto il
centrodestra in Provincia presenta una mozione di sfiducia per l’assessore
Barduzzi: «Non fa che criticare il sindaco» |
Per la
manifestazione dei comitati di martedì si mobilitano anche i «Grillo boys»
regionali |
Il Gruppo Arvedi, nonostante le
trattative interrotte, è sempre interessato ad acquisire la Ferriera di
Servola, ma non farà alcun passo fino a quando non sarà fatta chiarezza
sulla situazione ambientale. Lo ha detto lo stesso cavalier Giovanni Arvedi,
ospite ieri a Buttrio di una manifestazione della Danieli. Arvedi ha anche
detto che lo stabilimento siderurgico può avere ancora un ruolo e ha fatto
capire che il gruppo di Cremona ha un progetto per una svolta produttiva e
ambientale. |
«Non verremo a Trieste per fare
la guerra delle carte bollate, ma per avere parametri certi di
funzionamento. È una condizione inderogabile, altrimenti un imprenditore non
può investire. Non è possibile restare nel limbo».
Gentile, riservato, quasi schivo, modi di fare da gentleman vecchio stile,
l’imprenditore che è noto nel mondo dei produttori siderurgici come
«l’innovatore dell’acciaio che dà lezione ai tedeschi» (che per le sue
aziende a Cremona ha scelto il massimo rigore ambientale ed è anche
l’inventore di un sistema rivoluzionario con una macchina a ciclo continuo
in cui entra l’acciaio liquido ed esce in rotoli), spiega la posizione
dell’azienda di fronte all’attuale situazione della Ferriera.
«Certo che siamo interessati allo stabilimento di Servola – conferma Arvedi
– non bisogna dimenticare che siamo clienti della Ferriera e che crediamo
fortemente nella produzione dell’acciaio. Su questo lo stabilimento di
Servola credo possa avere un ruolo importante». Decisivo sarà l’ottenimento
dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale che dovrebbe arrivare dalla
Regione alla conclusione della conferenza dei servizi. Un documento
essenziale per proseguire la produzione, atteso dalla Ferriera ma anche da
altre aziende della regione.
«Stiamo aspettando che si chiarisca la situazione dal punto di vista
ambientale – continua l’imprenditore – che dovrebbe sfociare con termini
chiari e parametri certi nell’Aia, l’Autorizzazione ambientale integrata,
che guarda al futuro dell’azienda. Siamo interessati alla Ferriera, ripeto,
ma prima vogliamo chiarezza. E credo sia giusto farla pensando anche ai 600
dipendenti». Il gruppo Arvedi ha fatto già tutte le valutazioni sullo
stabilimento e avrebbe anche un progetto per una svolta produttiva e
ambientale per Servola come è accaduto per Cremona. Da Giovanni Arvedi, in
questo caso, tuttavia nessuna conferma.
Intanto il centrodestra in Provincia ha presentato ieri la preannunciata
mozione di sfiducia per l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi. «Si è
limitata a criticare pesantemente il sindaco - scrive il capogruppo di Fi
Claudio Grizon -, il quale può contare sulla solidarietà o collaborazione di
Azienda sanitaria, ministero dell’Ambiente, Arpa, Regione, pm Frezza, mentre
la Provincia continua a dimostrare scarso impegno sulla Ferriera».
Infine fa sentire la propria voce anche il Gruppo Beppe Grillo Trieste. I
«Grillo boys» hanno scelto di sostenere la battaglia dei comitati di
residenti a Servola. Martedì alle 17.30 in piazza Oberdan parteciperanno
alla manifestazione organizzata per chiedere la chiusura dello stabilimento.
L’evento, già ribattezzato «F-day», a richiamo del «Vaffa-day» voluto dal
comico genovese poche settimane fa, è stato pubblicizzato ieri con un
volantinaggio al centro commerciale «Torri d’Europa» e davanti ai cancelli
dello stadio Rocco. I supporter di Grillo hanno invitato a partecipare anche
i gruppi di Udine, Pordenone e Gorizia, per allargare la base della protesta
e far conoscere al maggior numero di persone «la pericolosità dello
stabilimento certificata dagli allarmanti dati del Cigra». Della
mobilitazione popolare è stato informato anche lo staff di Beppe Grillo. La
speranza dei supporter triestini è che il caso, vista la rilevanza
nazionale, possa trovare spazio nel blog del comico.
g.g. |
FERRIERA -
Bucci: «Potremmo dare voto negativo» - Il 30 ottobre determinante scadenza
per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale |
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Il 30 ottobre sarà una data
importante per la Ferriera e per tutti gli enti chiamati a concedere (o no)
l’Autorizzazione integrata ambientale sulla scorta del decreto legislativo
18 febbraio 2005, numero 59, che dà questa competenza alla Regione la quale
agisce nell’ambito di una conferenza dei servizi. Comune, Provincia, Arpa,
Azienda sanitaria e Regione dovranno votare a maggioranza: se riterranno
soddisfatte le condizioni di qualità degli impianti ai fini della
salvaguardia ambientale (indicate in questi mesi con precise prescrizioni)
voteranno a favore. In questo caso l’autorizzazione così concessa
sostituirà, di fatto, ogni altra e specifica.
Dunque sarà un «via libera» che molti - il Comune in primo luogo che è fra i
massimi contestatori dell’inquinamento rilevato da Arpa e Cigra, ma anche i
comitati di cittadini e i sindacati - si chiedono se sia il caso di
concedere mentre si susseguono contese su benzene, benzoapirene e Pm10
nell’area esterna della fabbrica e mentre si citano all’interno, dove stanno
i lavoratori, 200 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo (per l’ambiente
esterno il limite è uno) e si attendono i nuovi test dell’Apat.
«All’ultima riunione nessuna delle prescrizioni date era stata assolta -
dice l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci, l’altro giorno in Regione in
pubblica «lite» con la Lucchini sulla postazione delle centraline -, e
dubito fortemente che in un mese sia stato possibile portare a termine tanti
lavori».
Bucci afferma anche che in sede di votazione il parere del Comune è talmente
decisivo che col suo eventuale voto contrario viene a cadere il peso degli
altri e la palla passa direttamente alla Regione: «In quel caso sarà da sola
a prendersi ogni responsabilità». Le regole per ottenere l’autorizzazione
integrata ambientale impongono «valori limite di emissione fissati per le
sostanze inquinanti» e «un livello elevato di protezione dell’ambiente nel
suo complesso». Sotto inchiesta la cokeria, l’impianto di produzione di
ghisa, l’impianto di lavorazione dei metalli. Ma la Ferriera sta appunto
contestando la legittimità della «lettura dati» come significativa per
«l’ambiente nel suo complesso» e minaccia altre cause. Bucci esplode: «È
vergognoso che un’azienda privata faccia intimidazioni a un sindaco
nell’espletamento della sue funzioni istituzionali, è terrorismo, allora noi
dovremmo accusarli di strage?».
Dipiazza ha deciso di sollecitare i dati del Cigra e poi, in caso di
sforamenti ancora una volta accertati, di chiamare in Municipio Regione,
Provincia e Azienda sanitaria affinché firmino una propria soluzione o
proposta. Dipiazza sarà per la chiusura.
Bucci ancora ricorda che esiste un accordo firmato tra tutte le
amministrazioni col ministero per la dismissione dell’attività nel 2009,
«che la giunta regionale ha unilateralmente abolito senza coinvolgere gli
altri attori»: «Perché mai, con questo protocollo ancora per aria e in fase
di vendita la Lucchini dovrebbe aver serio interesse a investimenti?»
conclude l’assessore. Intanto martedì i comitati di cittadini e alcune forze
politiche protesteranno sotto la Regione affinché l’autorizzazione, il 30,
non sia concessa.
g. z. |
IL PICCOLO -
SABATO, 20 ottobre 2007
L’Arpa: nuovi
sforamenti alla Ferriera - Il sindaco: «Voglio aspettare anche gli
ultimi dati delle analisi del Cigra» |
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Lucchini:
monitoraggio biologico sui lavoratori da novembre. Polemica sui dati
Riunione
dell’unità di crisi in Regione: ancora fuori limite il benzoapirene. Patussi
(Ass): nello stabilimento esami con valori troppo tolleranti
L’Arpa ha certificato ieri al
«tavolo di crisi» sulla Ferriera in Regione gli sforamenti di Pm10, benzene
e benzoapirene a Servola fino al 17 ottobre: quest’ultima sostanza (il
limite è di un nanogrammo per metro cubo di aria) ha toccato i 40 nanogrammi
a luglio attestandosi su una media del periodo di 5,6. Benzene a 14,4 con un
limite di 8. L’affollatissima riunione ha visto lo scontro diretto tra
Comune e Lucchini. L’Azienda sanitaria ha esplicitato le esposizioni dei
lavoratori: nel 2006 oltre 200 nanogrammi di benzoapirene nella fabbrica. |
Sotto la regia ordinata di
Roberto Della Torre, direttore dell’Ambiente in Regione, si è tuttavia
manifestato il grande disordine che attornia il problema. Il sindaco
Dipiazza (ieri rappresentato dall’assessore) annuncia intanto una riunione
da lui stesso convocata per i prossimi giorni, quando avrà a disposizione
anche gli ultimi dati del Cigra: «Farò mettere a verbale le decisioni che
ciascuno degli enti intende prendere, la mia proposta è già nota». Ma ieri
non è stata annunciata la chiusura dell’azienda.
Troppe cose premono. La Lucchini, rappresentata dal direttore Francesco
Rosato, dal consulente Gianfranco Fruttuoso e dal responsabile ambiente
Vincenzo D’Auria ha tentato di delegittimare la postazione e le analisi
della centralina a Servola stazione, chiedendo: «Ma quanti abitanti ci sono
in quel punto? Se una centralina sfora si può dedurne che Servola corre
rischio di salute? È una centralina adatta a misurare la qualità
dell’aria?». Bucci ha chiesto all’intero tavolo di pronunciarsi sulla
legittima postazione della centralina dell’Arpa, che è poi la stessa dell’Apat
nazionale e del Cigra, quella che l’Azienda contesta anche legalmente, e ha
chiesto che fosse messo a verbale. Provincia e Azienda sanitaria hanno
giurato: «Mi fido». L’Arpa, con una sorta di esplicita meraviglia da parte
del direttore tecnico-scientifico Gianni Menchini e del direttore di Trieste
Stelio Vatta ha dovuto garantire per se stessa, poggiandosi anche sul fatto
che l’Apat si è messa contigua coi suoi laboratori.
E Bucci ha rincarato: «E se davanti alla centralina ci fosse anche una sola
persona? Il suolo comunale è tutto pubblico». Mentre l’Azienda sanitaria,
con la responsabile del Dipartimento prevenzione Marina Brana e il direttore
del servizio Sicurezza negli ambienti di lavoro Valentino Patussi dopo aver
enunciato le numerose azioni di diffida sulla salute pubblica già inviate
all’amministrazione comunale ha umanizzato il discorso: «Nell’arco fra due
centraline vivono 500 mila persone». E dai sindacati si è levata una voce:
«E i lavoratori sono cittadini anche loro, o no?». Risposta: «Pensiamo
all’accumulo di sostanze nel loro corpo se lavorano nella Ferriera e poi
vanno a dormire a San Lorenzo in Servola...».
E qui è partito l’ennesimo filone del problema. L’Azienda sanitaria ha
annunciato l’imminente varo di una indagine sui tumori nei residenti del
terzo distretto sanitario in cui Servola ricade, e l’avvio dell’indagine
sull’accumulo di diossine nei lavoratori del reparto di agglomerazione. Il
24 ottobre terrà l’ultima riunione con sindacati, Lucchini e Inail (ma ieri
sono stati invitati anche Arpa e Regione) per dare partenza a questo lavoro
che si sta costruendo già dal 2005. E a questo punto Patussi si è rivolto
direttamente alla Lucchini: «Limiti sul benzoapirene per i lavoratori in
Italia non ce ne sono, ma voi avete scelto un parametro estero tra i
peggiori, per cui se nel 2002 il limite interno era fissato a 20 nanogrammi
per metro cubo, nel 2006 l’avete portato a 200, e noi abbiamo rilevato
sforamenti nell’88 per cento dei casi».
La Lucchini a questo punto ha rivelato in anticipo ciò che avrebbe inteso
dire solo il 24, all’altro tavolo. «Abbiamo deciso di fare d’ora in poi
riferimento al limite di un nanogrammo, nella cokeria creeremo dieci centri
ambientali con strumenti del Cnr, con filtri da otto ore, e avvieremo il
monitoraggio biologico entro la terza settimana di novembre».
Intanto Della Torre dava i «compiti a casa» per la prossima riunione, tenuto
conto che la Regione ha anche citato l’impossibilità di distinguere in una
determinata area l’attribuzione dell’inquinamento e l’imprecisione delle
leggi. E si è richiamata alla necessità di redigere un piano dell’aria
complessivo. L’Arpa dunque come compito aggiuntivo dovrà dimostrare
l’utilità di avere più centraline e certificare che le analisi del Cigra
sono compatibili con le proprie. Alla Lucchini è stato chiesto - su
richiesta dell’Arpa stessa - documentazione sui livelli di produzione da
gennaio a oggi.
Ma intanto (ennesimo filone) si è discusso anche del 30 ottobre, quando
tutti si ritroveranno per decidere o meno la concessione della
Autorizzazione integrata ambientale, che impone all’azienda di dimostrare
l’uso della migliore tecnologia sul mercato. A causa di questo snodo, che
però non incide sul resto, il «tavolo di crisi» regionale ha rimandato
comunque l’appuntamento all’8 novembre.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - La
proprietà a Dipiazza: «Se il suo allarmismo ci danneggia potremmo ricorrere
a azioni legali» |
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Il direttore dello
stabilimento di Servola invia una lettera al primo cittadinoFrancesco
Rosato, direttore della Ferriera e consigliere delegato della «Servola spa»,
ha inviato ieri una lettera al sindaco Roberto Dipiazza. Rosato richiama
nella missiva il primo cittadino al corretto esercizio dei poteri e a una
lettura dei dati raccolti a Servola sul benzoapirene, conforme alle leggi.
La lettera è pacata nella forma, ma il suo contenuto non lascia spazio alle
divagazioni e alle interpretazioni. La «Servola spa» infatti scrive al
sindaco: «Dobbiamo invitarLa al rispetto dei nostri diritti e ugualmente
delle normative vigenti, avvisandoLa che ci riserviamo ogni azione legale,
in ogni sede, a tutela nostra e dei nostri dipendenti, anche con riferimento
ai danni che sono stati o potranno essere ingiustamente procurati».
I «danni» sono quelli che, secondo la «Servola spa», sono stati procurati
dalle dichiarazioni del sindaco che più volte ha affermato pubblicamente che
se i dati sul benzoapirene dovesse essere confermati anche per agosto e
settembre, avrebbe firmato l’ordinanza di chiusura dello stabilimento.
Nella lettera si fa riferimento all’«interruzione delle trattative fra
Lucchini spa e Gruppo Arvedi motivata proprio dalla situazione di
ingiustificato allarmismo in merito alla situazione ambientale che sarebbe
determinata dalla Ferriera. Già il 24 luglio avevamo rappresentato il
rischio che tale operazione potesse essere compromessa dalla diffusione di
manifestazioni di volontà di chiusura dello stabilimento, non adeguatamente
supportate sul piano scientifico, ma ciò nonostante da Lei costantemente
ripetute, in più occasioni, anche con toni gravemente diffamatori, che hanno
creato pesanti disagi all’impresa e ai suoi dipendenti, nonché allarme nella
popolazione».
La lettera sottolinea inoltre che i dati raccolti finora dal Cigra a Servola
non sono rilevanti. La centralina non è del tipo previsto dalla legge
entrata in vigore in settembre, mentre quella attivata da poco dall’Arpa è
conforme al nuovo provvedimento ma non rispetta i criteri di legge per il
posizionamento.
La «Servola spa» nella stessa missiva, conferma la propria volontà di
collaborare con la pubblica amministrazione «in tutte le sedi opportune. È
nostra intenzione continuare a svolgere seriamente la nostra attività
produttiva a Trieste, con le benefiche ricadute occupazionali ed economiche
che riteniamo ciò comporti».
Claudio Ernè |
FERRIERA -
Martedì alle 15.30 manifestazione pro chiusura |
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I «Grillo boys» scendono in
campo per difendere il diritto alla salute degli abitanti di Servola. Anche
loro, infatti, parteciperanno alla manifestazione per chiedere la chiusura
della Ferriera che si terrà martedì prossimo alle 15.30 sotto il palazzo
della Regione. L’appuntamento, organizzato dal Gruppo Beppe Grillo Trieste e
dai comitati di residenti, verrà presentato questa mattina alle 10 sotto il
palazzo del consiglio regionale. |
FERRIERA -
Sulle centraline c’è ancora confusione - I sindacati ne chiedono il
più possibile, la Direzione ambientale ne vuole poche ma definitive |
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Luca Visentini (Uil): «Per noi
più centraline ci sono a Servola e meglio è». Della Torre, direttore
regionale: «Troppe centraline fanno confusione». Lucchini: «Quanti abitanti
ci stanno dietro?». Patussi, medico della prevenzione: «Dietro ci sono
case». Bucci, assessore comunale: «La qualità della vita dipende forse dalla
quantità di persone? A me basta anche una centralina». Ecco un pezzo di
conversazione ieri alla Direzione regionale Ambiente, dove la riunione è
stata aperta con una lettera inviata dal procuratore capo di Trieste, Nicola
Maria Pace, dato che la Procura è parte integrante di questa battaglia sulla
Ferriera.
Già il pm Frezza, che aveva ordinato al Cigra universitario le analisi che
poi hanno suscitato grandissimo scalpore, l’aveva detto che i magistrati non
possono prender parte a riunioni amministrative. E Pace ha mandato il
messaggio ufficiale, spiegando che la segretezza insita nelle indagini in
corso impedisce la presenza di magistrati, disponibili comunque sempre a
fornire «ogni possibile informazione e collaborazione».
Di fatto però gli esperti universitari del Cigra ieri non si sono visti, e
il loro lavoro è stato solamente evocato. «Sono integrabili le analisi
dell’Arpa, dell’Apat e del Cigra?» è stato chiesto all’Arpa, che aveva
appena esposto le analisi di settembre e ottobre con sforamenti dei limiti.
«Arpa e Apat sì» ha risposto il direttore Stelio Vatta. «E quelle del Cigra?».
«Quelle non so».
Su questi crinali, interrotti nei giorni scorsi solo dalle terremotanti
decisioni del sindaco di far chiudere la Ferriera, si sono per la seconda
volta misurati ieri Comune, Provincia, Regione, Azienda sanitaria, sindacati
provinciali e Rsu della Ferriera, rappresentanti degli industriali.
A latere ci sono indagini della magistratura e ricorsi al Tar. E il
calendario delle successive riunioni plenarie è già saturo: 24 e 30 ottobre
e 8 novembre.
g. z. |
Parcheggi a
San Vito, emendamento per i posti a rotazione - Il piano prevede solo la
vendita |
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Emendamento in consiglio
comunale al Piano parcheggi per favorire i posti a rotazione nelle erigende
strutture di Largo papa Giovanni e di via Tigor, che complessivamente
forniranno circa 200 posti macchina, destinati alla vendita tramite project
financing.
L’emendamento che verrà presentato mercoledì prossimo dal consigliere
comunale Emiliano Edera (Lista Rovis) è la risposta ad una richiesta
arrivata da più parti. «Sono entusiasta per il previsto parcheggio di Largo
Papa Giovanni, destinato a lenire una fame di posti macchina che è cronica-
dice l’amministratore delegato della Casa di cura Salus, Guglielmo Danelon
-. Chiedo però al Comune di lasciare almeno una parte dei nuovi posti che si
creeranno alla rotazione, e non di destinarli tutti alla vendita, come
sembrerebbe deciso».
Danelon per perorare questa causa si è già recato più volte in municipio.
Una richiesta simile riguarda da vicino anche la Biblioteca Civica e
l’Università Vecchia, con i dipartimenti di lettere e psicologia, il museo
Sartorio, eccetera. Tutti presidi questi attorno ai quali orbitano ogni
giorno centinaia e centinaia di persone che prima di trovare un punto dove
lasciare l’auto sono costrette a lunghe gimcane. La creazione del parcheggio
di Largo Papa Giovanni con entrata sulla via Santi Martiri, che consterà di
116 posti macchina dipartiti su 4 piani interrati, potrebbe infatti
alleviare la crisi imperante dei posti auto.
Specialmente se si considera che non lontano, in via Tigor-Cereria, è
previsto un altro parcheggio di 3 piani (su pastini) per globali 75 posti
macchina. Purtroppo però, spiega il consigliere Emiliano Edera , il Piano
parcheggi che verrà discusso in consiglio comunale parla di parcheggi
«pertinenziali». Ossia posti macchina da vendere ai residenti. E dunque per
le numerose istituzioni della zona c’è il rischio che non resti nulla. «Per
questo motivo - chiarisce ancora Edera - presenterò un emendamento al Piano
parcheggi nel quale chiedo che almeno il 30% dei circa 200 stalli che si
creeranno, venga lasciato per la rotazione. Non bisogna dimenticare che nel
quartiere c’è un grande movimento di persone e che la caccia al parcheggio è
sempre più disperata».
d.c. |
Tav, fra un
mese forse il tracciato - Incontro Sonego-sindaci |
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TRIESTE Decisione rinviata di un
mese. Un altro passo avanti nell’incontro di ieri pomeriggio tra gli
amministratori della bassa friulana e l’assessore regionale Lodovico Sonego,
ma non abbastanza lungo per indurre le parti a raggiungere l’intesa. Le
ipotesi di tracciato su cui ragionare si sono di molto ridotte ma esistono
ancora delle resistenze che andranno limate. Resta la totale contrarietà del
sindaco di Porpetto, Cecilia Shiff, l’unica ad aver posto un veto sull’opera
ritenendola troppo impattante per il proprio comune.
Prosegue il dialogo con l’amministrazione di Villa Vicentina, altra spina
nel fianco per l’assessore, che pur avendo riconosciuto nelle nuove
soluzioni presentate dai tecnici dei forti miglioramenti rispetto al
tracciato storico, non scioglie le riserve su quella che sarà la sua
posizione. «Non è detto che voteremo a favore. Perché mancano le risposte ai
quesiti iniziali (primo tra tutti perché si fa l’opera), domande che
continuerò a porre». C’è anche chi, come il sindaco di Torviscosa, vorrebbe
riabilitare il tracciato storico, ma in linea di massima le opposizioni più
radicali sono state smussate. I tecnici tuttavia non possono ancora dormire
sonni tranquilli. Dovranno continuare a lavorare, incontrando anche i
singoli amministratori, per appianare le resistenze e cercare di arrivare ad
un tracciato che sia il più vicino alle esigenze dei comuni. Naturalmente
non potrà accontentare tutti e questo le amministrazioni, così come la
Regione, lo sanno. La realizzazione della linea ad alta capacità non è e non
sarà, però, in discussione. E a pungolare l’assessore Sonego non sono solo i
comuni. Rifondazione comunista ha presentato un’interrogazione a risposta
immediata – a firma di Kristian Franzil e Igor Kocijancic – nella quale
chiede se la giunta intenda revocare la procedura della legge Obiettivo, se
ritenga adeguato il metodo indicato per la Via e se abbia certezza dei
finanziamenti della Trieste-Divaccia. |
Caso cementificio I Verdi
bocciano il progetto bis: «È insostenibile» - «La giunta ha già detto no»
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TRIESTE Perplessità sull’ipotesi
che il gruppo Grigolin presenti un nuovo progetto per un cemetificio
Torviscosa è stata espressa dal consigliere regionale dei Verdi Alessandro
Metz. «Alla Cementi Nord-Est - ha affermato Metz - non possiamo che
ricordare che la giunta regionale con delibera 1469 del 14 giugno scorso ha
tassativamente respinto il progetto non ritenendolo compatibile con
l'ambiente». Metz, inoltre, ha ricordato che «sono scesi in piazza migliaia
di cittadini per gridare un secco no a ulteriori progetti di sviluppo
industriale altamente impattante, in un'area storicamente abusata e
violentata da un inquinamento diffuso dell'aria, dell'acqua e del suolo».
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La Ue alla
Slovenia: fuori controllo la qualità dell’aria - Aperta una procedura
d’infrazione |
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LUBIANA Sotto accusa la qualità
dell’aria in Slovenia. La Commissione europea ha aperto una procedura di
infrazione per la violazione delle normative comunitarie sulla qualità
dell'aria. A superare i limiti stabiliti sono le concentrazioni nell'aria di
biossido di zolfo (So2), un inquinante prodotto dalle installazioni
industriali che può causare problemi respiratori ed aggravare le malattie
cardiovascolari. L’esecutivo comunitario ha chiesto informazioni sulle
misure che si stanno attuando per ridurre i livelli di particolato Pm10
(polveri sottili)per rispettare gli standard europei. La procedura
d’infrazione riguarda anche Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna. |
IL NUOVO -
VENERDI', 19 ottobre 2007
Dalla Val Rosandra al Carso: Scarpe&Cervello 2007
- escursioni, convegni e appuntamenti per conoscere meglio, insieme a
Legambiente, il territorio in cui viviamo. La prossima uscita e' domenica 20
ottobre con partenza da Bagnoli-Boljunec
(
527KB)
IL PICCOLO -
VENERDI', 19 ottobre 2007
Ferriera, oggi i dati sulle
emissioni di settembre - L’Arpa renderà note le sue rilevazioni al tavolo
allestito in Regione con l’assessore Moretton |
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I dati sulle emissioni della
Ferriera nel mese di settembre potrebbero essere comunicati dall’Arpa oggi,
nel corso della seconda riunione del tavolo voluto dall’assessore regionale
all’Ambiente Gianfranco Moretton per disporre costantemente di un quadro
aggiornato della situazione attraverso un confronto tra enti locali,
responsabili sanitari e proprietà dell’azienda.
Secondo indiscrezioni trapelate ieri pomeriggio, l’Arpa sta infatti
completando l’elaborazione delle rilevazioni effettuate in settembre nella
zona dello stabilimento siderurgico, per cui potrebbe essere in grado di
portare i risultati alla riunione di oggi.
Se le misurazioni degli inquinanti dovessero confermare quelle relative a
luglio e ad agosto, si aprirebbe un confronto molto delicato.
Il sindaco Dipiazza, che nel caso fossero disponibili i nuovi dati potrebbe
essere presente all’incontro di oggi, ha ripetutamente dichiarato di voler
attendere queste rilevazioni solo per un eccesso di zelo.
Già in base ai dati di luglio e agosto, il primo cittadino è stato invitato
dal direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli a prendere provvedimenti a
difesa della salute pubblica.
«Se i dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto – ha
dichiarato nei giorni scorsi il sindaco – sono pronto a firmare l’ordinanza
di chiusura dello stabilimento».
La riunione odierna si profila quindi particolarmente importante, anche alla
luce del consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, chiesto
dall’opposizione e fissato per lunedì 29 ottobre |
Tracciato della Tav, tre
ipotesi per l’intesa con la Bassa friulana - Oggi il nuovo incontro con i
sindaci |
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TRIESTE Da 15 le ipotesi si sono
ridotte a tre. La soluzione per individuare un tracciato comune, della linea
ferroviaria ad alta capacità, sembra più vicina. La strada della
concertazione dà i primi frutti. Oggi si terrà un nuovo incontro tra
amministrazioni comunali della bassa friulana, assessore alla Viabilità
Lodovico Sonego, Rfi e tecnici nominati dalla varie parti, ma il clima è
molto più disteso rispetto a quello che si respirava quest’estate. Non
soltanto perché lo studio di più soluzioni alla fine ne ha individuate
alcune capaci di trovare consensi trasversali, ma anche perché la
concertazione con le amministrazioni ha permesso di superare alcune
criticità strettamente legate al singolo territorio. «Non so dire se sarà un
incontro risolutivo – dice Sonego –. Ogni volta però che discutiamo si fanno
importanti passi avanti. Ormai siamo arrivati a ragionare su due tre
soluzioni». Le ipotesi più drastiche, quelle a Nord e a Sud, sembrano essere
state abbandonate mentre prevale l’indicazione di mantenere la nuova linea
il più vicino possibile a quella esistente. Questo ridimensiona l’impatto
sui territori anche se ci sono dei nodi da sciogliere ancora. Uno di questi
è il tipo di collegamento tra Cervignano e Udine che diventa strategico per
il Friuli vista la presenza dell’interporto e le prospettive di sviluppo. I
rapporti più tesi, ovvero quelli con il comune di Villa Vicentina e Porpetto,
si sarebbero ammorbiditi grazie ad una soluzione di minor impatto per questi
territori, una soluzione che allontana il tracciato dai centri abitati
rispetto alla prima versione. E poi ci sono soluzioni strategiche innovative
come quella prevista per oltrepassare l’Isonzo. L’idea, condivisa
dall’amministrazione di Fiumicello, è quella di abbattere i due ponti
ferroviari esistenti e realizzarne uno unico in cui far passare entrambe le
direzioni della linea. Se in regione si accorciano le distanze politiche sul
corridoio V, a livello nazionale il dibattito resta acceso. «Per i
finanziamenti europei alle tratte transfrontaliere del Corridoio 5 bisogna
parlare di meno. E soprattutto sulla base di atti concreti» ha detto ieri
Roberto Musacchio, capogruppo di Rifondazione comunista al Parlamento
europeo.
m.mi. |
Piano parcheggi: il centro diventa
una camera a gas
In questi giorni si sta discutendo
il Piano parcheggi, fortemente voluto dall'assessore Bucci, nonostante la Grande
Viabilità non sia completata e da sei anni la nostra città sia senza un Piano
del traffico. Su quest'ultimoa tema i commenti si sprecano, alla luce della
paradossale situazione verificatasi solo poche settimane fa che però non ha
determinato una presa di coscienza da parte di Giunta e Sindaco sulla necessità
di svelare i contenuti di uno strumento fondamentale per la mobilità urbana di
una città come il Piano del Traffico, costato tra l'altro150 mila euro per la
consulenza dell'ingegner Camus. Il citato Piano è rimasto nei cassetti e se ne
discuterà, forse, nel 2008. A questo punto Bucci «rilancia» e annuncia 18 nuovi
park sotterranei per 5.000 (cinquemila) posti macchina, per quella che
l'assessore definisce, la «città dirigenziale». Una città in realtà sempre più
povera, come testimoniano gli stessi poveri che sempre più spesso riempiono
strade e piazze.
Come evidenzia l'indagine dell'Espresso di settembre, su 12 città italiane con
più di 200.000 abitanti Trieste è al penultimo posto, solo Bari sta peggio di
noi e la maglia nera per la nostra città è dovuta alle soluzioni attuate dalle
giunte Dipiazza di questi anni per ridurre traffico e smog che invece hanno
ottenuto l'effetto contrario. Bucci, invece di confrontarsi con i cittadini
sulle scelte strategiche ha affermato che l'indagine non era veritiera. Se
esaminiamo i documenti che accompagnano la delibera notiamo che al Capitolo 1
sotto la voce Introduzione-Premessa sta scritto che «la quantità spesa alla
ricerca di un parcheggio genera un traffico parassita, un innalzamento dei
livelli di inquinamento atmosferico ed acustico ed un impoverimento della
qualità urbana». Questo dovrebbe significare una volta per tutte lavorare per
disincentivare l'uso della macchina in centro città, come il Sindaco ha
affermato per anni e come Camus ha svolto secondo le indicazioni ricevute, ed
intervenire in modo strutturale non solo sui parcheggi ma anche e soprattutto
sul trasporto pubblico, sulle due ruote e sull'uso della bicicletta, così come
stanno facendo molte città in Europa. Ovvero fare una proposta sui mezzi che i
cittadini usano per raggiungere il centro.
Durante l'incontro-vetrina di due mesi fa quando l'assessore presentò il Piano
parcheggi e annunciò che l'idea di «sotterrare» le macchine avvicina la nostra
città a quella di New York che ha fatto la medesima scelta, ottenne un sicuro
ritorno in termini di «appeal». Il Sindaco di Parigi invece ha lanciato il
progetto Velib, ovvero il più importante esperimento di noleggio pubblico di
biciclette del mondo. Partito nel luglio di quest'anno, prevede l'utilizzo di
10.000 biciclette presso 750 stazioni di noleggio. A due mesi dall'inaugurazione
un parigino su 5 ha usato Velib e l'8% per cento ne è un cliente abituale,
quotidiani e settimanali ne parlano in continuazione e con questa proposta
Bertrand Delanoe si presenta alle prossime elezioni mentre invece Bucci rischia
di portare alle elezioni regionali del 2008 un'idea di città che diventa una
camera a gas! Per rendere una città vivibile bisogna tenere in considerazione
tutti coloro che usufruiscono della viabilità del centro urbano e non solo gli
automobilisti. La città è fatta per essere vissuta e non soltanto per circolare.
Alfredo Racovelli - consigliere comunale dei Verdi per la pace
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 18 ottobre 2007
Lucchini: da Arvedi nessuna
proposta sulla Ferriera - il 29 ottobre un Consiglio comunale straordinario |
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La proprietà
bresciana conferma lo stop alle trattative per il possibile passaggio di
mano dello stabilimento |
Ma l’aula
municipale ascolterà in audizione mercoledì 24 il sindaco, che non potrà
essere presente alla seduta successiva |
Arvedi ha interrotto le
trattative con Lucchini per la Ferriera. La conferma a quanto anticipato
ieri dal Piccolo arriva dalla proprietà bresciana, che precisa che le
trattative erano state avviate a luglio su iniziativa del Gruppo Finarvedi.
Alla loro interruzione, recita una nota di Lucchini, «si è giunti in assenza
di proposte concrete da parte del potenziale acquirente».
La Lucchini - così la nota - perseguirà con rinnovata determinazione gli
obiettivi di consolidamento dell'assetto industriale e sviluppo delle
attività dello stabilimento, risanamento ambientale, miglioramento della
sicurezza e salute dei propri lavoratori «in coerenza col piano industriale
presentato al ministero dello Sviluppo economico nel luglio 2006» e con
quanto «discusso e ribadito al tavolo di concertazione promosso dalla
Regione». Dell’urgenza Ferriera si discuterà intanto in due sedute del
Consiglio comunale. Una riunione straordinaria dell’aula era stata richiesta
dall’opposizione la settimana scorsa, ed è stata fissata ieri dalla
conferenza dei capigruppo per lunedì 29 ottobre. Saranno invitati a
partecipare tutti i principali attori della vicenda, dalla Regione alla
Provincia, dall’Arpa alla Lucchini-Severstal e alle Rsu dello stabilimento.
Non ci sarà il sindaco Roberto Dipiazza, causa impegni già fissati per il
29. Il primo cittadino verrà dunque sentito in audizione nel consiglio
comunale di mercoledì prossimo, 24 ottobre.
Se il Consiglio è stato richiesto dall’opposizione, la stessa maggioranza
non ha posto obiezioni. «È opportuno che della situazione della Ferriera si
discuta ora che si è arrivati al punto di potere parlare seriamente, dato
che tutti convergono sull’obiettivo di risoluzione del nodo ambientale», è
il commento della capogruppo di An Alessia Rosolen. La quale però ancora una
volta si augura, all’approssimarsi della campagna per le regionali 2008, che
«la Ferriera non diventi il tormentone della vigilia elettorale».
Un’osservazione che il capogruppo diessino Fabio Omero rispedisce subito al
mittente notando che «il centrosinistra non ha mai usato la Ferriera come
clava: sono stati semmai Roberto Antonione (allora presidente della Regione,
ndr) e poi il sindaco a cavalcare la questione». Decisamente meno positiva,
intanto, la valutazione dell’opportunità di convocare il consiglio sulla
Ferriera da parte del capogruppo forzista Piero Camber: «La seduta non
servirà a nulla, perché chiudere lo stabilimento ormai è inevitabile». Omero
ribadisce innanzitutto la propria «preoccupazione per la salute dei
lavoratori dello stabilimento e dei cittadini» rammaricandosi per
l’interruzione della trattativa con Arvedi, che «nei suoi stabilimenti ha
dimostrato tutt’altra considerazione per lavoratori e ambiente, mentre
Lucchini non ha rispettato gli impegni».
E intanto il Cittadino Robero Decarli lancia l’allarme sui lavoratori dello
stabilimento e dell’indotto. Perché «se i dati sugli inquinanti fin qui
emersi venissero confermati la Ferriera andrà chiusa, ma che ne sarà dei
lavoratori - 500 dello stabilimento più quelli dell’indotto, certo oltre
mille persone in tutto - che si troveranno disoccupati?». Preoccupazioni non
condivise da Piero Camber: «A Trieste non mancano i soldi per la
realizzazione di grandi opere, le bonifiche e la piattaforma logistica per
citare. Per le prime ci sono decine di milioni a disposizione, la seconda
occuperà almeno 200 persone per tre anni. I lavoratori della Ferriera
possono trovare spazio in questi cantieri». |
FERRIERA - Assindustria: «Una
mossa attesa» Rovis: «Soluzioni per i lavoratori» - Reazioni unanimi alla
scelta del gruppo di Cremona |
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«Comprendo la cautela dell’Arvedi.
Di fronte a un percorso avviato verso la chiusura, mostra una giusta
prudenza. Forse non le erano stati prospettati gli ingenti investimenti
necessari a contenere le emissioni. I dati sono peraltro allarmanti».
Paolo Rovis, assessore comunale all’economia, non si mostra sorpreso
dalla decisione del gruppo di Cremona di interrompre le trattative sulla
Ferriera. Sollecita invece a trovare soluzioni per i lavoratori: «Tavoli
regionali o nazionali devono prevedere ammortizzatori o percorsi per il
reimpiego, come corsi di formazione o l’avvio delle bonifiche, che da sole
garantirebbero alcuni anni di lavoro».
Nessuna sorpresa per l’interruzione del dialogo Arvedi-Lucchini anche nella
sede dell’Assindustria. «Nel quadro attuale – commenta il direttore Paolo
Battilana – era una mossa che ci si attendeva. E non ci saranno novità
finchè la situazione non verrà chiarita nei punti essenziali della
compatibilità ambientale e della possibilità che lo stabilimento possa
continuare ad operare. Non resta che attendere i risultati delle rilevazioni
in corso».
Pure sul fonte sindacale la possibilità che le trattative si interrompessero
era messa nel conto. «La cosa non ci sorprende, considerando quanto sta
succedendo attorno allo stabilimento – dichiara Antonio Saulle,
segretario provinciale della Fiom-Cgil –. Ora si pone la necessità di un
confronto con la Severstal, per capire come intendono precedre con il piano
industriale del 2006: se lo cambiano, lo confermano o cos’altro». Saulle si
rammarica comunque della sospensione delle trattative: «Il mancato acquisto
da parte di Arvedi – osserva – lascia lo stabilimento in una situazione in
cui manca quella verticalizzazione del prodotto che appunto Arvedi avrebbe
potuto dare. Non so comunque quali siano state le intenzioni di questa
azienda, perchè non abbiamo mai avuto alcun incontro».
«Avevamo già anticipato il timore che Arvedi potesse lasciare il tavolo
delle trattative – commenta a sua volta il segretario provinciale della Uilm,
Enzo Timeo –. Se chi ora sta gioendo pensa di aver risolto il
problema della Ferriera e dei cittadini resterà deluso, perchè
Lucchini-Severstal finchè potrà continuerà ad usare lo stabilimento. Gli
attuali proprietari non chiuderanno infatti la Ferriera per questioni di
logica industriale, visto che rende almeno 50 milioni di euro l’anno».
Timeo sottolinea poi come ora Arvedi stia ad osservare cosa accade in città
e come si comportano le istituzioni: «A fare dichiarazioni di principio –
rileva – sono bravi tutti. Nessuno parla invece degli ammortizzatori sociali
da attivare nel caso di un’eventuale chiusura». E precisa che il sindacato
non rimarrà insensibile alle richieste del personale: «Abbiamo sempre
evitato – osserva – di fare da sponda sia all’azienda sia a una o all’altra
delle istituzioni, ma quando avreno la spinta all’intervento da parte dei
lavoratori non potremo far altro che intervenire».
Un invito a non chiudere il discorso con Arvedi viene dal fronte politico,
nella fattispecie dal segretario provinciale dei Ds Fabio Omero: «In
qualche modo il dialogo va proseguito – rimarca – perchè Arvedi ha la fama
di rispettare i parametri ambientali, mentre Lucchini in questi anni ha
dimostrato di non voler percorrere la strada del risanamento. Le istituzioni
devono quindi sollecitare la Lucchini a riaprire il dialogo».
Sull’aspetto ambientale fa leva anche Uberto Fortuna Drossi,
consigliere regionale dei Cittadini: «Il problema è che chiunque acquisti lo
stabilimento deve fare le opere necessarie perchè non sia inquinante.
Tappeto rosso quindi all’Arvedi se prevederà un intervento serio e radicale,
come sembra avesse intenzione di fare. Trieste vuole l’industria, ma pulita
e innovativa».
gi. pa. |
FERRIERA - Perplesso
l’assessore provinciale Godina: «Inopportuno dire che sia la città a dover
decidere» |
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Walter Godina, assessore
provinciale allo sviluppo economico, dichiara di comprendere l’atteggiamento
dell’Arvedi, «posso capire – osserva – che l’azienda chieda certezze», ma si
mostra sorpreso per l’affermazione del gruppo di Cremona sul fatto che la
città deve chiedersi che tipo di stabilimento vuole.
«Mi sembra inopportuno – commenta – che ci venga detto decidete cosa si vuol
fare, proprio perchè stiamo decidendo, con tutti i passaggi che consentono
un’eventuale prosecuzione dell’attività della Ferriera, su basi certe anche
dal punto di vista ambientale».
Secondo Godina le istituzioni possono decidere, e quindi dare certezza agli
imprenditori, solo dopo che sono state chiarite le questioni ambientali e
della salute pubblica. «L’incertezza sulle emissioni – rileva – dura da
troppi anni: bisogna avere dati certi, una volta per tutte, per poter
garantire gli investimenti degli imprenditori, la salute dei cittadini e il
lavoro dei dipendenti». |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 17 ottobre 2007
Arvedi: stop alle trattative
per la Ferriera - Il gruppo lombardo interessato all’acquisto ha
sospeso i contatti con la Lucchini. «Inutile fare progetti ora»
|
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«La città e le istituzioni
dicano se vogliono ancora uno stabilimento industriale»
Il sindaco
Dipiazza ribadisce di voler attendere i dati di settembre: «Chiamerò
sindacati e lavoratori e poi deciderò che fare»
Le trattative per la vendita
della Ferriera fra la Lucchini-Severstal e il gruppo Arvedi di Cremona, che
aveva avanzato l’intenzione di acquistare lo stabilimento di Servola, sono
completamente bloccate. Dopo le voci su un’interruzione del dialogo
circolate di recente e legate all’allarme ambientale per l’attività della
Ferriera, la notizia adesso è ufficiale.
A darla è la stessa Arvedi, i cui vertici aziendali non nascondono stupore e
perplessità per quanto si sta verificando. «Trieste deve dire che tipo di
stabilimento industriale vuole – dichiara un portavoce dell’Arvedi – e se
vuole ancora uno stabilimento industriale. E’ la città che deve dirlo –
rileva – e la domanda va fatta in particolare alle istituzioni. Devono farsi
un’idea precisa di cosa vogliono».
E a spiegare l’interruzione delle trattative la società cremonese aggiunge
che «di fronte a questi dubbi e alle situazioni sollevate, un’azienda non
può che stare completamente ferma. E’ inutile fare valutazioni, piani e
progetti».
L’interesse di Arvedi, che della Servola spa è uno dei principali clienti,
ad acquistare lo stabilimento era emerso prima dell’estate. Negli scorsi
mesi gruppi di tecnici del gruppo di Cremona, ma anche altri esperti, hanno
effettuato numerose valutazioni, con l’obiettivo di arrivare a un’offerta
all’inizio dell’autunno.
La proposta di acquisto, con tanto di prezzo, alla Lucchini-Severstal era
attesa in queste settimane. Le dichiarazioni riportate più sopra
ufficializzano invece una brusca interruzione delle trattative, che allo
stato delle cose non si sa se, e quando, riprenderanno.
Sul fronte istituzionale, intanto, il sindaco Dipiazza ribadisce di voler
attendere i dati di settembre sulle emissioni rilevate dal Cigra e
dall’Arpa. Il posizionamento di ulteriori centraline del Cigra nell’area di
Servola, deciso dal pm Frezza (ne riferiamo a fianco), non fa cambiare
l’atteggiamento del sindaco.
«Gli sforamenti nel mese di agosto – sottolinea Dipiazza – oltre che dal
Cigra sono stati registrati anche dall’Arpa. Nella lettera del 4 ottobre il
direttore dell’Azienda sanitaria Rotelli mi scrive che non è cambiato nulla
dopo le due ordinanze sulle emissioni che ho emanato nei mesi scorsi. Se i
dati di settembre confermeranno quelli di luglio e agosto, sono pronto a
firmare l’ordinanza di chiusura dello stabilimento».
Il primo cittadino ricorda poi che nella stessa lettera il direttore dell’Ass
lo ha invitato a prendere provvedimenti a tutela della salute pubblica.
«Solo per un eccesso di zelo ho deciso di attendere i dati di settembre –
rimarca Dipiazza – ma gli elementi per decidere ci sono già. Comunque,
quando avrà in mano i dati di settembre chiamerò istituzioni, sindacati e
lavoratori e si discuterà il da farsi».
gi. pa. |
FERRIERA- La Procura indica
un terzo sito per i test - Dirottata la centralina di via Fleming, verrà
spostata anche quella in via San Lorenzo in Selva |
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Dall’Università a Servola, per
misurare in altri punti dell’abitato, le eventuali concentrazioni di
benzoapirene nell’aria.
La centralina del Cigra che dall’inizio dell’anno ha funzionato in via
Fleming per consentire un paragone tra questi dati e quelli raccolti
nell’area adiacente alla Ferriera, nelle prossime ore verrà spostata a
Servola. Sarà installata in una zona più lontana dalla cokeria di quella di
via San Lorenzo in Selva, oggi monitorata da tre centraline. Quella
originaria del Cigra, voluta dalla Procura; quella dell’Arpa, posizionata
dal Comune e quella inviata tre giorni fa dal Ministero dell’ambiente. I
dettagli del nuovo posizionamento sono stati stabiliti ieri il pm Federico
Frezza che ha firmato un decreto in cui vengono accolte alcune delle
osservazioni sollevate lunedì dai legali della Lucchini.
Il magistrato ha inoltre stabilito che entro il 22 ottobre anche la prima
centralina del Cigra, oggi posta in via San Lorenzo in Selva, sia spostata
in un’altra zona di Servola, meno prossima alla cokeria. In questa area
continuerà invece a operare il campionatore dell’Arpa. Le ragioni della
scelta della Procura sono chiare: «Si potrà così disporre dei dati di tre
campionatori del benzoapirene in tre diversi punti di Servola. In questo
modo si disporrà di una mappa altamente significativa delle immissioni dello
stabilimento e della loro dispersione nell’aria a seconda della distanza
dalla cokeria, dell’orografia e della direzione in cui soffiano i venti».
Nel decreto firmato ieri il magistrato ribadisce che «era scontato i dati
raccolti nei primi mesi andavano implementati». Ricorda inoltre che più
volte è emerso «che i dati Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di
campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio
igienico sanitario per la popolazione». Da qui la scelta di aumentare i
punti di misura.
c.e. |
Ue: 30 milioni per la
Trieste-Divaccia - Il progetto di valico ferroviario nelle priorità di
Bruxelles accanto ai piani per il nuovo Frejus e il tunnel del Brennero |
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L’Italia ne aveva chiesti 90.
Di Pietro: «Non risulta una decisione sui finanziamenti»
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TRIESTE Trenta milioni per il
progetto definitivo della tratta Trieste-Divaccia. A circa un mese dalla
decisione ufficiale di Bruxelles le indiscrezioni sulle cifre destinate ai
progetti Tav e in particolare alle tratte di valico si moltiplicano. Per la
progettazione della Trieste-Divaccia in realtà erano stati richiesti oltre
90 milioni, ne dovrebbero arrivare solo 30, ma a livello locale c’è comunque
soddisfazione: il valico è nelle priorità Ue ed è accanto ai progetti del
nuovo Frejus e il tunnel del Brennero.
Le notizie anticipate ieri dal Sole 24 Ore e ripetutamente confermate a
livello locale in particolare dall’assessore regionale ai Trasporti,
Lodovico Sonego e dal direttore del segretariato tecnico del Corridoio 5 (ha
sede a Trieste), Giuseppe Razza, hanno comunque sollevato un polverone tra
Bruxelles e l’Italia per la fuga di indiscrezioni. «Quelle pubblicate sulla
stampa sono cifre false» ha dichiarato in tarda mattinata il portavoce Ue,
Michele Cercone rispondendo ai giornalisti che domandavano sui finanziamenti
per le reti transeuropee tra cui la Tav. «Smentisco ufficialmente quello che
è stato scritto – ha precisato poi il portavoce del commissario Ue ai
Trasporti, Jacques Barrot – il lavoro dei tecnici è ancora in corso», non
nascondendo una certa irritazione da parte di Bruxelles per la fuga di
notizie visto che la Commissione in teoria dovrebbe rendere note le
decisioni solo a metà-fine novembre.
Poche ore dopo ecco anche l’intervento piccato del ministro alle
Infrastruitture, Antonio Dipietro: «Da Bruxelles non è arrivato
assolutamente nulla. Smentisco che all’Italia siano arrivate decisioni da
parte dell’Ue sui finanziamenti delle linee transnazionali».
«Un polverone che irrita la Ue e che deve preoccupare anche l’Italia che si
mette nuovamente in cattiva luce», insiste il presidente della Commissione
trasporti del Parlamento europeo, Paolo Costa che (come spiega nell’articolo
a fianco) invita alla cautela anche perchè le cifre per l’Italia potrebbero
essere anche superiori a quelle indicate.
Il costo complessivo del progetto per la tratta transfrontaliera supera i
100 milioni e dovrà essere cofinanziato anche dall’Italia e dalla Slovenia.
per la costruzione di questa parte le stime parlano di un costo attorno ai
3,5 miliardi. Soddisfatto delle indiscrezioni, come detto, il direttore del
segretariato tecnico per il Corridoio 5, Razza, che fa sapere che sono
positive ed è un buon risultato di fronte alla collaborazione
transfrontaliera al progetto.
«Le indiscrezioni che filtrano da Bruxelles sono positive, confermano che la
Commissione Europea, come avevo già anticipato, crede molto nel collegamento
ferroviario del Corridoio V tra Italia e Slovenia» commenta l’assessore
Sonego confermando le notizie che giungerebbero alla Regione anche da altre
fonti e canali Ue. «Attendiamo le conferme finali – conclude – che
dovrebbero arrivare nel corso delle prossime settimane e poi al lavoro per
la Trieste-Divaccia che offrirà grandi vantaggi competitivi a tutta la
portualità del Friuli Venezia Giulia. La Commissione sembra orientata ad
assegnare 30 milioni per la progettazione, in questi tre anni il Corridoio
ha fatto passi da gigante. Non era nemmeno incluso nella programmazione
comunitaria, oggi si parla dei primi finanziamenti. Anche l’Italia dovrà
mettere mano alla borsa».
Giulio Garau |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 16 ottobre 2007
Ferriera e
smog, il pm ordina nuove indagini - Dopo l’allerta inquinamento e le
richieste dell’azienda: un’altra centralina sarà attivata a Servola |
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I primi dati
contestati dai legali dello stabilimento: la stazione di rilevamento del
Cigra verrà sistemata più distante dall’impianto
Una nuova centralina misurerà a
Servola su incarico della procura della Repubblica le emissioni di
benzoapirene e si affiancherà alle altre tre in funzione a pochissima
distanza l’una dall’altra. La nuova centralina sarà posizionata- nell’ambito
di un supplemento di indagine deciso dal pm Federico Frezza- in un punto
diverso e meno a ridosso dello stabilimento siderurgico. Finora l’unico
campionatore del «Cigra» a cui si sono aggiunti di recente quelli dell’Arpa
e del Ministero dell’ambiente, aveva funzionato tra via dei Giardini e via
San Lorenzo in Selva, a pochi metri dalla recinzione della ferriera. Aveva
raccolto risultati la cui lettura ha suscitato allarmate prese di posizione
politiche , amministrative e sindacali per i livelli raggiunti nell’aria dal
benzoapirene, un idrocarburo aromatico policiclico, giudicato «mutageno e
cangerogeno».
All’allarme sono seguite riunioni ai massimi livelli e il sindaco Roberto
Dipiazza ha più volte affermato che se i dati ancora parziali della
centralina raccolti negli ultimi mesi dovessero essere confermati dalle
analisi sui campioni di settembre, avrebbe bloccato l’attività dello
stabilimento per tutelare la salute della popolazione.
La decisione di posizionare una centralina del «Cigra» in un punto diverso
da quello di via dei Giardini, è stata assunta formalmente ieri dal pm
Federico Frezza nell’ambito dell’inchiesta in cui sono coinvolti Giuseppe
Lucchini, Giovanni Gillerio e Francesco Rosato, rispettivamente presidente e
amministratore della Servola spa, nonché il direttore dello stabilimento
Francesco Rosato.
Ieri il magistrato inquirente aveva incontrato per 90 minuti nel suo studio,
gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi, da tempo difensori del
gruppo siderurgico bresciano. Alla riunione avevano partecipato l’ingegner
Giancarlo Fruttuoso, consulente della «Servola spa» e il direttore dello
stabilimento, indagato in questa inchiesta. L’istanza di riposizionare una
nuova centralina è stata avanzata dai legali della Ferriera per verificare
in un diverso punto del rione le caratteristiche dell’aria.
La «Servola spa» non contesta infatti i dati sulla presenza di benzoapirene
raccolti finora dal «Cigra» in via dei Giardini e in via San Lorenzo in
Selva. Ma la proprietà, attraverso i propri legali e consulenti, ieri ha
voluto richiamare l’attenzione sui parametri di legge introdotti da poche
settimane dal Decreto legislativo 152/07. Il provvedimento detta una serie
di prescrizioni per posizionare le centraline e per leggerne i dati. Finora
questi parametri non sarebbero stati applicati nelle misure effettuate a
Servola. Ecco perché ieri è emersa in procura la necessità di attivare un
apparecchio di misura posto in un punto diverso del rione, da quello finora
monitorato.
La tesi di una lettura parziale e atipica dei dati raccolti dal «Cigra» e
poi diffusi dalla procura alle amministrazioni locali, era già emersa nel
ricorso al Tribunale amministrativo regionale presentato dal gruppo Lucchini
pochi giorni fa. Erano state impugnate le tre ordinanze firmate dal sindaco
tra giugno e luglio, quando erano emersi i primi dati su una altissima
presenza di benzoapirene in via dei Giardini e in via san Lorenzo in Selva.
Dove e quando la nuova centralina sarà posizionata per effettuare nuove
misure sul benzoapirene, al momento non è ancora stato definito. «I dati
finora raccolti sono parziali e vanno completati attraverso una rete di
monitoraggio formata da più centraline poste in punti diversi del rione» ha
affermato in serata il pm Federico Frezza. Certo è che in via San Lorenzo in
Selva sta operando da 48 ore il Laboratorio mobile dell’Agenzia per la
protezione dell’ambiente, inviato a Trieste dal ministro Alfonso Pecoraro
Scanio. Il mezzo è posizionato accanto a quello dell’Arpa. Due p,metri più
in là è in funzione quella del Cigra.
Tre stazioncine stanno in pratica misurando la presenza di benzoapirene in
un unico punto, mentre al contrario la «rete» di controllo della qualità
dell’aria dovrebbe essere la più estesa possibile.
Claudio Ernè |
Apat e Arpa, a fine mese i primi
dati - Il verde Metz sospetta una riduzione di attività per abbassare
l’inquinamento
In un comunicato firmato da Apat e
Arpa le due agenzie (nazionale e regionale) che stanno rilevando i dati
d’inquinamento attorno alla Ferriera (in via San Lorenzo in Selva 166)
comunicano che i primi risultati - analizzati congiuntamente - saranno
disponibili a fine ottobre per i dati gravimetrici (Pm10, Pm2,2 e Pm1) e entro
novembre per i microinquinanti, cioé idrocarburi policiclici aromatici (tra cui
il benzoapirene sotto accusa in questi giorni) e i metalli. «Le procedure
operative - afferma l’Apat - sono state elaborate congiuntamente con l’Arpa e
cono conformi alla normativa vigente». Nove i campionatori dell’Apat sul suo
laboratorio mobile e analisi che dureranno 15 giorni. Intanto però Alessandro
Metz, consigliere regionale dei Verdi (ieri a colloquio con molte famiglie di
Servola) persegue nel ritenere «strano» - come gli riferiscono anche i cittadini
- che appena iniziate le analisi l’aria attorno alla Ferriera sia diventata
molto respirabile. Temendo una riduzione del ciclo produttivo, ha chiesto al
ministero dell’Ambiente e all’Arpa un’indagine sulla tracciabilità del lavoro
nella Ferriera. Cittadini gli hanno anche consegnato analisi mediche che Metz
intende sottoporre a «sanitari esperti». I sindacati tuttavia, e lo afferma
Franco Palman delle Rsu, attribuiscono l’«aria pulita» di questi giorni al
borino e all’alta pressione: «Non c’è stata riduzione di attività». Intanto
Fabio Gemiti del Wwf, chimico e membro del consiglio di indirizzo dell’Arpa in
rappresentanza di ambientalisti e consumatori triestini, ha spedito una lettera:
all’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, che presiede il
consiglio Arpa. «Ho chiesto - spiega - chiarimenti sull’attendibilità della
raccolta dati e della loro interpretazione da parte dell’Arpa». Il motivo:
l’Arpa ha cominciato a misurare il benzoapirene solo dopo che il consorzio Cigra
ha trovato benzoapirene e polveri sottili oltre limiti in via San Lorenzo in
Selva. «Spero - conclude Gemiti - che le condizioni meteo siano adesso conformi
alla media annuale, altrimenti il vento potrebbe di nuovo farci mancare, in
questi 15 giorni, una veritiera fotografia della situazione».
g. z.
Bonifiche,
firma dell’accordo entro novembre - Anticipazione dal vertice svoltosi
in città tra gli enti interessati e i rappresentanti del ministero
dell’Ambiente |
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Ferrara:
«Pronti per le emergenze in regione 5-600 milioni, 62 subito a Trieste» |
’accordo di programma sulle
bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale potrebbe essere firmato
entro novembre. Ne è convinto il rappresentante del ministro Pecoraro Scanio,
Andrea Ferrara, che ieri ha partecipato al vertice istituzionale in Regione
(presenti Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia, Ezit, Autorità portuale e
Assindustria) con il direttore generale del ministero dell’Ambiente
Gianfranco Mascazzini.
«Ci siamo dati appuntamento all’inizio di novembre – precisa Ferrara – per
quello che, alla luce della riunione di oggi (ieri,ndr), ritengo sarà
l’ultimo incontro prima della firma dell’accordo entro il mese prossimo. Tra
qualche giorno – aggiunge – invieremo la bozza ai diversi enti, che potranno
fare le loro considerazioni in vista della riunione finale».
Non altrettanto convinto sui tempi brevi per il raggiungimento dell’intesa
si dice il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente Gianfranco
Moretton: «E’ stata una riunione interlocutoria – rileva –. Le parti si sono
impegnate ad esaminare l’ipotesi di accordo di programma, alla luce di
quello che verrà firmato a giorni per il sito inquinato di Napoli.
Esamineremo quindi il testo che ci verrà inviato e faremo le nostre
controproposte».
Moderatamente soddisfatto si dichiara il presidente dell’Ezit, Mauro
Azzarita: «Anche se non abbiamo visto ancora un pezzo di carta – annota – ci
sono state dichiarazioni di apertura rispetto al passato. In qualche modo si
estendono le aree di pertinenza del settore pubblico. Sembra che anche per
le aree del nostro ente, comprese quelle vendute prima della perimetrazione
del sito inquinato, le bonifiche saranno a carico degli enti pubblici».
Cauto anche l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi: «Ci siamo
riservati di vedere la bozza, come del resto ha fatto l’Ezit, perchè pare
che certe nostre richieste indicate nella prima bozza non siano state
accolte dal ministero».
L’intervento dei soggetti pubblici per le aree Ezit viene comunque
confermato da Ferrara: «Stato, Regione, Provincia e Comuni pagheranno la
messa in sicurezza, la caratterizzazione e la bonifica delle aree Ezit, e di
quelle ex Ezit indipendetemente da quando sono state vendute, che
complessivamente interessano il 60-70% del sito. Si vuole evitare – aggiunge
– qualsiasi ricaduta negativa sui piccoli imprenditori e sugli artigiani che
svolgono attività non inquinanti».
Sul fronte dei finanziamenti, da un’analisi fatta dal ministero
dell’Ambiente emerge che a disposizione delle emergenze ambientali nel
Friuli Venezia Giulia ci sono 5-600 milioni. «Di questi – precisa Ferrara –
62 sono già destinati, e tanti altri lo saranno nel corso della
ripartizione».
La partecipazione del settore pubblico ai costi delle bonifiche viene
sottolineata anche dall’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci, che
però osserva che «Stato e Regione copriranno il 50% della spesa complessiva
prevista in 35 milioni; l’altra metà la dovrebbero pagare gli enti locali».
E la tanto contestata la barriera a mare? «La Sogesid, spa del ministero –
risponde Ferrara – farà un bando di gara europeo per la progettazione e la
costruzione della messa in sicurezza della falda. Verrà applicata la
soluzione che risulterà più efficace e più economica».
Giuseppe Palladini |
Trieste
promossa nel trasporto pubblico, male spazi verdi e raccolta rifiuti |
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Nella
pagella stilata da Legambiente la città scende al 59° posto. Dipiazza:
«Realizzati nuovi giardini e aree pedonali, la differenziata non paga»
Belluno conquista il voto più
alto nella «pagella verde» di Legambiente, Ragusa chiude mestamente la
classifica al 103° posto. E Trieste? Né bene né male, si ferma al 59° posto
perdendo sei piazzamenti rispetto allo scorso anno. Un dato contenuto nella
graduatoria «Ecosistema urbano», pubblicata ieri dal quotidiano Sole24Ore,
capace di monitorare 125 parametri ambientali fotografando le criticità
delle città italiane.
Parte da un aspetto positivo per Trieste la statistica. Legambiente annota
che «aumentano significativamente i fruitori del mezzo pubblico» (349 viaggi
per abitante l’anno) e, rispetto ad altre realtà, le centraline di
monitoraggio dell’inquinamento rispettano la normativa di legge.
Ma subito dopo arrivano anche le mazzate, che fanno scendere Trieste nella
speciale classifica. Qualche esempio? La produzione pro capite di rifiuti
urbani, che vede i triestini al 13° posto con 490,5 chilogrammi per abitante
l’anno. Immondizie che non trovano una gran partecipazione nella raccolta
differenziata: appena il 15,8% sul totale dei rifiuti prodotti, con Trieste
al 66° posto.
Un parametro che non piace al sindaco. «Quando sento parlare di raccolta
differenziata mi metto le mani nei capelli. Pensiamo al business,
analizziamo i costi e poi cerchiamo di capire i motivi», dice Roberto
Dipiazza. E aggiunge: «Bisogna avere il coraggio di dire che funziona solo
la raccolta del vetro, perché i cartoni conviente acquistarli all’estero -
sostiene il primo cittadino - e la plastica costa meno comprarla che
riciclarla. È il mercato che detta le regole, serve quindi un piano
altrimenti si rischia di fare battaglie contro i mulini a vento».
Ma fra i parametri presi in considerazione da Legambiente non c’è solo la
raccolta differenziata. Le criticità riguardano ad esempio la disponibilità
di piste ciclabili, isole pedonali e zone a traffico limitato. Il
piazzamento più basso per Trieste, 95° posto, riguarda il verde urbano
fruibile pro capite (1,36 mq per abitante).
Una carenza di aree verdi che non trova d’accordo Dipiazza. «Negli ultimi
anni sono aumentate, pensiamo a Borgo San Sergio, Opicina, Roiano, Barriera
Vecchia, San Giacomo e le Rive dove le aree verdi - spiega il sindaco - sono
state messe a posto o ricavate nelle piazze e nelle nuove zone pedonali.
Abbiamo allargato la città, basta pensare a cos’era prima largo Barriera».
Ecco che tornano d’attualità le scelte urbanistiche e sulla viabilità, in
una città dove solo il 34% delle automobili circolanti è «ecologica» (euro 3
e euro 4).
p.c. |
LA REPUBBLICA -
LUNEDI', 15 ottobre 2007
Ambiente urbano,
la prima città è Belluno ma la migliore è quella che non c'è
Pubblicato
Ecosistema Urbano 2008, ricerca sulla qualità ecologica dei capoluoghi - Il
centro veneto si piazza primo, ma la situazione generale è sconsolante
In coda alla
classifica Ragusa, migliorano i risultati della Toscana - Legambiente:
"Investire sulla mobilità, l'energia pulita e la casa"
ROMA - Bisogna trasformarsi in Peter Pan e
inventarsi non un'isola, ma "La città che non c'è", per trovare un capoluogo
dall'ambiente a dimensione d'uomo. Arriva a questa sconsolante conclusione
Ecosistema Urbano 2008, il consueto rapporto sulla qualità ambientale delle
città italiane stilato da Legambiente in collaborazione con il Sole 24 Ore e con
la consulenza scientifica di Ambiente Italia.
Cosa viene calcolato. A vincere questa edizione, dopo anni di anonimato, è
Belluno, ma come avvisano i curatori dello studio è una vittoria di Pirro. La
graduatoria finale emerge dall'incrocio di oltre 125 mila dati ricavati da
informazioni e statistiche riferite a 125 parametri che vanno dall'affidabilità
del sistema di trasporto urbano al numero di superficie verde per abitante,
dall'efficienza del sistema idrico alla qualità dell'aria, dai chilometri di
piste ciclabili alla quantità di acque reflue depurate, dalla diffusione delle
energie rinnovabili alla gestione dei rifiuti e alla loro raccolta
differenziata.
Incubo polveri sottili. Indicatori che su scala nazionale segnalano
sostanzialmente una stasi o dei peggioramenti. Si aggrava infatti la situazione
delle polveri sottili, con oltre il 50% dei capoluoghi che sfora annualmente in
almeno una centralina di rilevamento la media di 40 microgrammi per metro cubo,
soglia limite per la protezione della salute. Allo stesso modo sale il tasso
generale di motorizzazione, mentre non si notano miglioramenti nei trasporti
pubblici e nell'estensione delle piste ciclabili. Passi da lumaca poi,
nell'aumento della raccolta differenziata e nella riduzione della quantità di
rifiuti prodotti.
Una ricerca difficile. Alla fine in testa alla graduatoria dei centri urbani si
piazza Belluno, con un grande balzo in avanti rispetto al 13esimo posto della
passata edizione, ma c'è poco da stare allegri. "Cercare la città italiana più
sostenibile - si legge nelle note che accompagno lo studio - è davvero
difficile, non c'è, non ci sono centri dove la qualità ambientale sia a livelli
elevati, dove un sindaco sia riuscito a dare un'impronta di vivibilità e qualità
ambientale al proprio comune". Eppure non si tratta di un'ambizione impossibile.
Lo dimostrano i risultati delle città europee e i dati di singole performance di
alcune città italiane. Così quelli di Legambiente, proprio come il bambino che
non voleva crescere e arrendersi alla mancanza di fantasia degli adulti, hanno
messo insieme il meglio della classifica creando "La città che non c'è".
L'invenzione di Belnomi. "Se proprio dovessimo individuare una città dove
l'amministrazione ha cercato di fare consistenti progressi - spiegano ancora i
curatori di Ecosistema urbano - allora dovremmo premiare Belnomi". Ovvero un
capoluogo immaginario formato dalle zone a traffico limitato di BErgamo (più di
40 metri quadrati per abitante), dal verde di Lucca (45 mq a testa), dalla
gestione dei rifiuti di NOvara (dove si ricicla quasi il 70% della spazzatura),
dal trasporto pubblico di Milano e dal basso inquinamento di Isernia.
I meriti di Belluno. Ma Belnomi non esiste e così bisogna accontentarsi di
Belluno che si piazza prima, distanziando di diversi punti le inseguitrici
Bergamo, Mantova, Livorno e Perugia "senza primeggiare in nessuno degli
indicatori", ma ottenendo buoni risultati nella qualità dell'aria, nella
riduzione dei rifiuti (381 kg prodotti ogni anno pro capite contro i 618 della
media nazionale) e nella raccolta differenziata, che raddoppia da un anno
all'altro passando dal 27 al 55%. Neppure nel capoluogo veneto sono però tutte
rose e fiori e così ad abbassare la media ci sono le mancate risposte
sull'efficienza della rete idrica e della capacità di depurazione e i dati
deludenti sulla diffusione delle fonti rinnovabili e del teleriscaldamento.
Il disastro di Ragusa. Se non è esaltante lo stato di salute ambientale della
vincitrice, è facile immaginare quanto possa essere degradata la situazione
delle città che occupano le ultime posizioni della classifica, ancora una volta
tutte del Mezzogiorno. All'ultimo posto si piazza Ragusa, dove, solo per citare
alcuni risultati, la raccolta differenziata si ferma al 3%, la rete idrica perde
il 26% dell'acqua e il verde pubblico non arriva neppure a 5 mq per abitante.
Poi, risalendo la classifica, troviamo Benevento, Frosinone, Oristano e
Caltanissetta.
Le contraddizioni del Centro. La parte bassa della graduatoria continua a essere
dominata dal Sud, con quasi la metà delle ultime venti città situate in Sicilia,
ma non mancano capoluoghi di Abruzzo, Lazio, Sardegna, Liguria e, per la prima
volta, Piemonte con Alessandria e Vercelli, rispettivamente all'87esimo e al
90esimo posto. Se quindi una parte d'Italia centrale e settentrionale si scopre
con problematiche vicine a quelle meridionali, come nota positiva va segnalata
la conquista di posizioni di città più dinamiche del Centro, come Livorno (dal
nono al quarto posto), Perugia (dal 14esimo al quinto) e Siena (dal ventesimo al
sesto).
Metropoli ferme. Una gara a parte è quella tra le metropoli, ma anche qui,
sottolinea la ricerca, "si conferma la fotografia non certo esaltante del
Paese". In alcuni casi le città più grandi come Roma e Milano salgono di poco,
passando rispettivamente dal 60esimo al 55esimo e dal 62esimo al 58esimo posto,
oppure indietreggiano vistosamente come Torino (74esima), Bari (82esima),
Palermo (89esima) e Napoli che perde ben 24 posizioni e si piazza 91esima.
Sicurezza e questione ambientale. "Più delle altre, le città italiane sono
insostenibili, caotiche, inquinate - commenta Roberto Della Seta, presidente
nazionale di Legambiente - le nostre politiche ambientali urbane spesso non
tengono il passo con l'Europa". "Occorre investire sulla qualità ambientale come
elemento caratterizzante della riqualificazione urbana, come motore di una
migliore qualità della vita" in grado, spiega ancora Della Seta, di ridurre "il
senso di crescente insicurezza che affligge milioni di italiani". Di pari passo
con la trasformazione delle città in "somme di luoghi e spazi privati", secondo
il presidente di Legambiente si perde infatti quella "dimensione comunitaria
senza la quale non può esservi sicurezza né reale né percepita".
Un programma in tre punti. I punti su cui intervenire, secondo Legambiente sono
tre: "Il primo è quello della mobilità: serve una vera rete di trasporto
pubblico che consenta di ridurre rapidamente e drasticamente il traffico
privato, una scelta imprescindibile. Le città sono anche l'ideale banco di prova
per una nuova politica energetica che punti a rendere molto più efficiente l'uso
di energia e a promuovere le fonti energetiche che non inquinano e non
alimentano i cambiamenti climatici. Un altro fronte decisivo per la città del
futuro è quello della casa: dare nuovo impulso al mercato degli affitti è una
necessità sociale e ambientale inderogabile".
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO -
LUNEDI', 15 ottobre 2007
Raccolti i
primi campioni dell’aria di Servola - Il laboratorio mobile inviato
dal ministero dell’Ambiente ha iniziato le rilevazioni insieme all’Arpa e ai
tecnici del Cigra |
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Metz: «È
sospetto che ieri la Ferriera non abbia prodotto fumi». Belci polemico con
la Lega
È cominciata ieri la raccolta di
campioni d’aria nella zona della stazione di Servola da parte del
laboratorio mobile dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente, cui si
affiancano gli strumenti dell’Arpa e del consorzio universitario Cigra: la
tripla verifica sui terreni adiacenti la Ferriera dovrà portare a una
super-verifica della situazione ambientale dopo l’evidenza delle ultime
analisi che hanno scatenato una situazione di emergenza istituzionale.
«I campioni saranno raccolti nell’arco di quindici giorni - spiega Maria
Belli, responsabile del settore Metrologia ambientale dell’Apat, a Trieste
assieme a due chimici e a un tecnico diplomato -, poi le misurazioni
verranno fatte in laboratorio, a Roma».
Intanto Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi e attivo ponte di
collegamento col ministero, testimonia: «Sarà stato effetto dell’atmosfera
della Barcolana o forse del premio Nobel che arriva anche a Trieste, ma ieri
i servolani dicevano: ”Magia, hanno già chiuso la Ferriera?”, infatti non
c’erano fumi e rumori, e l’aria sembrava profumata. Si fatica a credere -
prosegue Metz - che siano state messe in atto così prontamente tutte quelle
accurate indicazioni contenute nella relazione di maggio fatta dall’ingegner
Marco Boscolo, consulente tecnico della Procura, relative a misure di
protezione ambientale interne allo stabilimento e gravemente carenti: non
sarà che la tripla presenza delle équipe tecniche di Apat, Arpa e Cigra
abbiano indotto la proprietà a ridurre il regime di produzione e rallentare
i ritmi di lavoro?».
Protesta invece Franco Belci, segretario Cgil, contro la Lega Nord che
invoca la chiusura della Ferriera proiettandosi già su una trasformazione
dell’area con insediamenti portuali, turistici, residenziali e commerciali,
e contro l’Italia dei valori che ha criticato l’operato di tutti gli enti e
anche dei sindacati: «In Regione si è costituito un ”comitato” di crisi per
valutare con modalità condivise i dati d’inquinamento con l’obiettivo di
ricondurli ai limiti di legge. Cgil, Cisl e Uil hanno giudicato
positivamente questo passo, augurandosi che cessino le contrapposizioni tra
istituzioni e la strumentalizzazione a fini politici. Messaggio non raccolto
da Lega e Idv, che mai si erano sentiti prima, e oggi promettendo
trasformazioni immediate dell’area e dicendo che nessuno ha fatto niente (il
sindacato già due anni fa ha firmato un protocollo con Azienda sanitaria e
Lucchini sulla sicurezza e salute in fabbrica) prendono in giro i lavoratori
e i servolani: esempio - conclude Belci - del peggior volto della politica
esibito da coloro che se ne propongono come i critici più accesi».
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IL PICCOLO -
DOMENICA, 14 ottobre 2007
Clima, impegno
dell’esecutivo contro i gas serra - Dopo il Nobel a Gore e Ipcc |
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ROMA Il Pianeta, o meglio, i
sostenitori della lotta ai cambiamenti climatici, si sentono oggi più forti.
Il Nobel per la pace ad Al Gore e al Comitato intergovernativo per i
cambiamenti climatici (Ipcc) sembra aver dato una sferzata di energia a
quanti sono in campo per un impegno vincolante di riduzione dei gas serra.
Anche in vista della Conferenza mondiale sul clima a Bali, dal 3 al 14
dicembre, tappa clou per pianificare «un nuovo Kyoto più coraggioso». A
parlare, il giorno dopo i Nobel al clima, è il ministro dell'Ambiente,
Alfonso Pecoraro Scanio, che interpreta il Nobel come un riconoscimento ai
risultati della Conferenza nazionale sul clima di Roma, lo scorso 12 e 13
settembre, basati sul rapporto Ipcc. Il Nobel ad Al Gore e all'Ipcc «è la
più grande soddisfazione, dopo le critiche ingenerose, e il riscatto agli
attacchi meschini, legati a gelosie personali, verso la Conferenza nazionale
sui cambiamenti climatici», ha detto Pecoraro annunciando per febbraio, il
mese del Protocollo di Kyoto, il Climate day, il 16. Il ministro si augura
che proprio per febbraio Al Gore possa venire in Italia dopo averlo invitato
ieri con una lettera, di intesa con il presidente del Consiglio Prodi. Il
ministro auspica «un momento di incontro a Palazzo Chigi con i ministri
interessati», quindi con i parlamentari e il mondo universitario «per fare
in modo che questi incontri siano l'occasione perchè l'Italia presenti un
nuovo piano per realizzare gli obiettivi di Kyoto di riduzione dell'anidride
carbonica. Un piano più operativo rispetto alle iniziative messe in campo
fino ad ora». E il pensiero va alla Finanziaria: «C'è bisogno di una
svolta», ha detto. La lotta ai cambiamenti climatici «deve essere una
priorità come quella di ridurre il deficit». |
Moretton e Duz:
cementificio, nessun progetto bis - Assessore e sindaco negano d’aver
ricevuto nuove istanze. Ma i comitati insistono: «È questione di giorni»
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TORVISCOSA «Nessun progetto è
stato a tutt’oggi presentato» dice l’assessore regionale Gianfranco Moretton.
«Non sono a conoscenza di nessun nuovo progetto. Si sta parlando del nulla»
afferma il sindaco di Torviscosa Roberto Duz. Le istituzioni assicurano che
non c’è nulla di ufficiale. Che non esiste nessun atto formale che preluda a
un cementificio bis. Ma la Bassa friulana non si tranquillizza. E, dopo aver
lanciato l’allarme già una decina di giorni fa, rilancia i suoi timori: a
quattro mesi dalla bocciatura del progetto del gruppo Grigolin, un nuovo
progetto di dimensioni ridotte rispetto a quello originario starebbe
prendendo corpo. Le indiscrezioni sono sempre più fitte e circostanziate,
danno ormai per imminente il preludio al bis di un film trasmesso a giugno,
ma Moretton insiste: «Fino a venerdì nessun progetto è stato presentato in
Regione». Lo stesso assessore, però, non esclude che possa arrivare in
futuro: «Quando arriverà, seguirà l’iter di legge». E subito dopo,
garantisce: «Ci sarà un dialogo con le comunità e le istituzioni locali per
garantire una partecipazione attiva alla valutazione di iniziative legate
allo sviluppo sostenibile».
Dialogo assai ostico, però. Paolo De Toni, referente dei comitati
ambientalisti, avverte sin d’ora: «Forse già lunedì la cementi Nordest
depositerà il progetto in Regione per ottenere parere e delibera di
compatibilità ambientale. Eravamo a conoscenza delle possibili mosse di
Grigolin e abbiamo giocato d’anticipo sollevando il problema e
sensibilizzando la comunità. Con il disco verde (subordinato a alcune
considerazioni) alla fabbrica del biodiesel nell’Aussa Corno, abbiamo
dimostrato l’infondatezza delle accuse di chi ci considera “il partito dei
no”».
Dure reazioni anche politiche. Mauro Travanut (Ds) parla di «contraddizione
logica dopo le intense polemiche. Trovo tutto quanto fuori dalla portata del
senso comune, rimango sbalordito davanti a questa recrudescenza». Claudio
Violino(Lega) conclude: «Il cementificio non è che un tassello di un
progetto organico che contempla la realizzazione della terza corsia e del
Corridoio 5. Per il sistema imprenditoriale realizzare un simile impianto,
che deturpa l’ambiente, a Torviscosa è evidentemente strategico».
Giovanni Stocco |
«Pronti 150
milioni per le bonifiche» - Domani vertice in Regione con il direttore
generale dell’Ambiente |
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Pizzati,
delegato del ministro Pecoraro Scanio, assicura che ci sono i fondi. Rivista
la bozza dell’accordo di programma
«Ci sono almeno 150 milioni già
stanziati per la bonifica del sito inquinato: fondi strutturali, legati
anche agli accordi già presi nel Protocollo d’intesa Stato-Regione.
Nell’incontro di lunedì verrà prodotto lo schema dell’insieme dei
finanziamenti che da varie fonti si rendono disponibili».
Lo afferma Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e braccio destro
del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sul tema del sito
inquinato di interesse nazionale. Pizzati cita il lunedì perché proprio per
domattina il direttore generale del ministero Gianfranco Mascazzini ha
convocato - con preavviso di 4 giorni - una riunione all’assessorato
regionale all’Ambiente. Tema dell’incontro sarà la bozza dell’accordo di
programma sulle bonifiche che a livello locale tutti gli enti hanno
sottoscritto inviandola poi in agosto, attraverso la Regione, a Roma per il
via libera. Il sito inquinato di interesse nazionale si estende dalla
Ferriera fino alle porte di Muggia, comprendendo gran parte della zona
industriale, l’ex Aquila e le Noghere.
Domani perciò Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Ezit e
Autorità portuale avranno una risposta. Ufficialmente nessuno ha ancora
visto la bozza rispedita da Roma con le modifiche. Le indiscrezioni dicono
però di dati positivi ma anche di campanelli d’allarme forti legati per
esempio, annota il presidente di Ezit Mauro Azzarita, al fatto che dal
documento sarebbe scomparsa l’affermazione esplicita del «chi non ha
inquinato non paga», quella cioè che metterebbe i vari soggetti - in prima
fila oltre 350 piccole e medie imprese - al riparo da esborsi ingenti.
Ma Pizzati è categorico: «Il principio del chi non ha inquinato non paga
c’è». Così come Roma declassa definitivamente a una delle tante possibilità
il progetto di barrieramento a mare che a suo tempo mise in allarme aziende
e organizzazioni di categoria: «Il barrieramento così come era descritto non
è economico né conveniente, e questo è chiarissimamente scritto», dice
Pizzati. Che ribadisce come «proposte e progetti dovranno essere sviluppati
a qualunque livello»: a mettersi in gioco potranno essere dunque soggetti
come l’Università o anche realtà straniere.
Su un altro aspetto da Roma arrivano voci diverse rispetto a quelle che
corrono a Trieste. All’assessore comunale Maurizio Bucci risulta per esempio
che un’eventuale opera di banchinamento sarebbe finanziata nell’attuale
bozza «almeno al 50% della spesa dal ministero», laddove per l’opera si era
sempre parlato di impegno pubblico: con i bilanci dei Comuni, si chiede
Bucci, chi ha decine di milioni per coprire l’eventuale mancante 50%? Però
«nella bozza condivisa da tutti gli enti locali - risponde Andrea Ferrara,
consigliere del ministro – si era parlato di un intervento del ministero
pari al 50%: nel documento attuale la percentuale viene portata al 60 a
carico di soggetti pubblici, non solo il ministero: tant’è che presenteremo
durante la riunione i vari fondi da ripartire». Ferrara non parla di 150
milioni, ma di una somma inferiore. In ogni caso, precisa, «non appena la
caratterizzazione avrà accertato che un’area non risulta inquinata né nel
suolo né nella falda, l’azienda che vi insiste potrà subito uscire, con
decreto, dal sito inquinato».
Pizzati riassume: «La prima cosa da chiarire è che tutti dovranno aderire
alla messa in sicurezza del sito. Il secondo punto-cardine consisterà nella
salvaguardia delle piccole imprese, che sono il vero tessuto connettivo».
L’azienda che non ha inquinato, ribadisce Pizzati, «non sarà responsabile in
solido anche se dovrà aderire al principio della messa in sicurezza».
Azzarita però, salutando con favore la definitiva scomparsa dell’obbligo
della barriera di contenimento, attende di vedere «nero su bianco il chi non
ha inquinato non paga». E si prepara a una riunione, quella di domani,
piuttosto breve: «A venerdì sera la bozza non l’avevamo ancora vista».
Paola Bolis |
È a Servola il
laboratorio mobile che dovrà fornire i dati definitivi sulla Ferriera - I
risultati attesi tra due settimane |
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Il laboratorio mobile dell’Apat,
l’Arpa nazionale, è da ieri a Servola. Parte così l’annunciata verifica
delle sostanze inquinanti nel quartiere attorno alla Ferriera, che verranno
testate in contemporanea da Apat, Arpa e Cigra. Ci vorranno circa due
settimane per avere i risultati, ma nel frattempo sono attesi i dati di
settembre su benzoapirene e polveri sottili prodotti dal Cigra stesso
nell’ambito delle inchieste della magistratura: quei numeri che il sindaco
Dipiazza continua a considerare determinanti, dopo averne visto l’allarmante
livello da gennaio ad agosto, validato per luglio e agosto anche dall’Arpa,
e che aspetta, dice, solo per massimo di cautela prima di rendere concreta
la decisione di chiudere lo stabilimento.
L’ipotesi non è affatto tramontata, nemmeno dopo l’importante riunione in
Regione, che si ripeterà venerdì 19 ottobre. E trova il più convinto
sostegno nella Lega Nord, che in un comunicato a firma del gruppo consiliare
regionale ribadisce: «Siamo esterrefatti per i penosi tira e molla della
vicenda Ferriera, da Servola deve andarsene e basta, la Regione si sbrighi a
prendere atto che la Valutazione di impatto ambientale deve essere negativa
e il sindaco si decida a passare dalle parole ai fatti».
Secondo la Lega «non è ammissibile che nel 2007 esista all’interno di una
città come Trieste una ferriera stile primi ’900, è una vergogna già da un
punto di vista urbanistico e paesaggistico, figuriamoci poi quando si mette
a rischio la salute di decine di migliaia di cittadini e di oltre 1000
bambini che frequentano le scuole della zona». Il Carroccio vuole in quell’area
«insediamenti portuali, turistici, persino residenziali o commerciali». Dice
che porterebbero occupazione e che dunque il problema dei disoccupati va
visto in questa prospettiva.
L’Italia dei valori invece, a firma del coordinatore regionale Paolo Bassi,
richiama la responsabilità «di tutti coloro che hanno consentito fino a oggi
l’inquinamento provocato dalla Ferriera», notando che «il merito di aver
messo a nudo quanto si sapeva ma non si riusciva a dimostrare è degli
abitanti e della Procura». Critiche all’Arpa, che «non ci risulta abbia mai
misurato il livello di benzoapirene». A centrosinistra e centrodestra che si
sono alternati al ministero, in Provincia e in Regione («solo il Comune è
rimasto di centrodestra»). Al sindaco «che dal 2001 si dice pronto alla
chiusura ma dopo sei anni non l’ha ancora fatto malgrado sia suo compito
salvaguardare la salute pubblica». Ai sindacati, «che solo in questi giorni
scoprono che i livelli d’inquinamento sono pericolosi». Intanto, nota
l’Italia dei valori, i lavoratori «sono due volte danneggiati: gravi rischi
di salute e rischio di perdere il posto».
Il movimento sarà di nuovo in piazza coi cittadini di Servola il 23 ottobre,
annuncia, invocando «un tavolo da cui esca una soluzione per i lavoratori,
ricordando però che paga chi inquina, e anche chi ha avuto responsabilità
omissive».
g. z. |
Federazione
speleologica - Trovati in una grotta di San Pelagio i resti di un
cranio umano |
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DUINO AURISINA Un resto osseo,
che potrebbe corrispondere a una parte di calotta cranica umana, è stato
trovato dagli speleologi della Federazione speleologica triestina
all’interno della grotta del cimitero militare di San Pelagio.
Il ritrovamento è avvenuto nel corso delle operazioni di pulizia della
cavità, la cui profondità arriva a 45 metri, organizzate nell’ambito delle
manifestazioni «Puliamo il buio», patrocinata dalla Società speleologica
italiana, e «Puliamo il mondo» di Lega ambiente.
«Non sono un antropologo, nè un esperto in merito, ma non credo ci voglia
molto a capire che quanto ritrovato, considerate le dimensioni ridotte,
possa appartenere anche a una giovane donna. Sull’effetuazione di eventuali
analisi, però, al momento non so nulla di preciso», spiega il presidente
della Federazione speleologica triestina, Furio Premiani. «Il reperto -
aggiunge – è stato consegnato immediatamente alla stazione dei carabinieri
di Aurisina».
Al momento del ritrovamento, i 23 speleologi impegnati stavano eseguendo la
raccolta differenziata delle immondizie, che alla fine dell’operazione sono
state valutate attorno ai quattro metri cubi. Fra le molteplici ossa di
animali, alcune appartenenti a cavalli e cani, è stata rinvenuta anche la
possibile parte di calotta cranica. All’interno della cavità sono stati
trovati inoltre i resti di lavatrici, materiali domestici, edili, parti
d’auto e vestiario.
L’operazione di pulizia, non facile per la presenza di alcune strozzature
nella grotta, e comunque riguardante solo la parte superficiale del fondo
della stessa, ha visto emergere anche scatolette di viveri americane e
austriache.
Nel periodo della Prima guerra mondiale, nei pressi della cavità si
trovavano alcuni cimiteri militari. La Federazione speleologica triestina
ritiene dunque possibile che al suo interno ci possano essere pure dei resti
di soldati austriaci.
ma. un. |
Convegno sulla
Val Rosandra: nasce la prima guida interattiva - All’assise di domani,
incentrata sulla flora, anche l’assessore regionale Marsilio
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Domani
alle 10, nella sede del Comune di San Dorligo della Valle, si terrà il
convegno «La Flora della Val Rosandra». Un’assise alla quale parteciperanno,
in veste di relatori, Tone Wraber, del Museo sloveno di Storia naturale di
Lubiana, che parlerà della «Flora della Val Rosandra», Livio Poldini, del
Dipartimento di biologia dell’Università di Trieste, che interverrà su «Il
nuovo atlante della flora del Carso», oltre all’assessore comunale ai Lavori
pubblici, ambiente e progetti europei Laura Riccardi Stravisi e
all’assessore regionale alle Risorse agricole, naturali, forestali e
montagna Enzo Marsilio.
Nel corso del convegno Pier Luigi Nimis, del Dipartimento di biologia
dell’Università di Trieste, presenterà la prima guida interattiva alla flora
della Val Rosandra, «Uno strumento per conoscere la biodiversità».
La guida è un’iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle in
collaborazione con il progetto europeo «KeyToNature», coordinata dal
professor Nimis. Di semplice utilizzo, sarà uno strumento a disposizione di
studenti, appassionati ed amanti della natura, che potranno conoscere
(grazie alle descrizioni delle specie floreali e alle foto contenute nel
software) tutta la flora che vive nella valle.
La guida è al momento disponibile in italiano, sloveno, inglese, tedesco e
spagnolo, e presto anche in francese. Potrà essere ritirata al centro visite
o si potrà scaricare il programma dal sito internet della Riserva (non
ancora attivo) e installarlo su palmare o telefonino di ultima generazione.
s. re. |
Alta velocità,
Comuni e ambientalisti divisi - Perplessità sul raccordo in galleria
di Dobbia e sul sistema elettrico delle Ferrovie |
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Nell’incontro pubblico di Ronchi dei Legionari contestato l’accordo sul
nuovo percorso sottoscritto dai sindaci con la Regione
GORIZIA È sempre un muro contro
muro quello che, sull’alta velocità ferroviaria, vede protagoniste in
provincia di Gorizia le amministrazioni comunali e le associazioni
ambientaliste. I sindaci hanno appena firmato un nuovo accordo con
l’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, per un nuovo percorso
che viene definito più rispettoso dell'ambiente, che usa e potenzia percorsi
ferroviari già esistenti, prevedendo un futuro collegamento con la Slovenia
da Gorizia, ma le perplessità non mancano. Come si è capito in occasione del
confronto tenutosi nei giorni scorsi a Ronchi dei Legionari. Di fronte i
sindaci di città mandamento ed i responsabili di Wwf, Legambiente, comitato
contro il corridoio 5, Italia Nostra e della società speleologica italiana.
Le municipalità locali si schierano a favore dell’alta velocità, motivando
questa scelta dalla volontà di creare un’alternativa valida al trasporto su
gomma. E quindi piuttosto che pensare a 3 o 4 corsie autostradali è da
perseguire lo sviluppo del sistema ferroviario, che possa servire l’intero
territorio ed avere collegamenti con l'area triestina.
All’attenzione dei sindaci anche la possibilità che il collegamento di
Gorizia con le grandi reti trovi concretizzazione nell'accordo regionale,
prevedendo la realizzazione delle cosiddette lunette, ovvero binari fatti a
semicerchio che potranno collegare Sant’Andrea-Vrtoiba e la rete slovena.
Sparirebbe poi la «goccia» e le altre alternative per collegare Gorizia con
Ronchi dei Legionari sud, sostituite da un raccordo circolare in galleria
all’altezza di Dobbia. Un accordo che appare di gran lunga meno impattante
rispetto all’ipotesi presentata da Rfi nel 2005. Ma non mancano le
argomentazioni contrarie da parte delle associazioni ambientaliste. I lavori
per la costruzione dell’alta velocità tra Ronchi dei Legionari e Trieste
inizieranno nel gennaio del 2009. Questo è quanto emerge da un documento di
Italferr, società di progettazione ferroviaria che nel 2003 presentò la
prima ipotesi progettuale. Secondo gli ambientalisti le tratte tra Ronchi
dei Legionari e Portogruaro e tra Ronchi dei Legionari e Trieste sono
legate, in quanto proprio per la prima delle due tratte saranno necessari
qualcosa come 4milioni 500.mila metri cubi di materiale, in parte ricavati
dallo scavo del cunicolo esplorativo della Ronchi dei Legionari-Trieste.
Dallo studio Italferr emerge che per la Ronchi dei Legionari Trieste si
parla sempre di Tav, con un sistema elettrico totalmente differente da
quello dei treni ordinari che richiederà anche la realizzazione di un
elettrodotto dedicato. Non sarebbero quindi esclusi gli scavi, le gallerie,
il passaggio sotto il Carso, opere che sono state sempre contrastate dalle
associazioni ambientaliste perchè potenziali strumenti di distruzione del
territorio e dell´equilibrio idrogeologico del Carso. Gli ultimi
aggiornamenti tecnici su altre opere di alta velocità ferroviaria, come la
Torino-Milano, dimostrano che dove passa la Tav, viene espropriata una
fascia di circa 100 metri di larghezza. In molte situazione nemmeno barriere
antirumore alte più di 7 metri riescono a mantenere il rumore entro limiti
accettabili.
Luca Perrino |
Veglia,
rigassificatore al consorzio Adria Lng - Il futuro terminal servirà
anche il gasdotto che dal Quarnero arriverà a Trieste. Una diramazione
giungerà in Ungheria |
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Croati a
Castelmuschio insieme ad Austria, Germania, Francia e Slovenia |
FIUME A meno di colpi di scena
redatti dal governo di Zagabria (quello successivo alle elezioni del 27
novembre), a costruire in una località litoranea il futuro terminal per lo
sbarco e la distribuzione del gas naturale liquefatto (Lng – Liquefied
natural gas) dovrebbe essere il consorzio internazionale costituitosi di
recente grazie a un’iniziativa congiunta tedesca, austriaca, francese, ceca
e slovena.
Denominato Adria Lng, del consorzio fanno parte il gruppo tedesco E.On
Ruhrgas, l’austriaco Omv, il ceco Rwe Transgas, il francese Total e lo
sloveno Geoplin. I cinque hanno fondato l’Adria Lng con sede a Zagabria,
sottoscrivendo un impegno scritto e attribuendo chiaramente la loro
preferenza per quanto attiene all’ubicazione del terminal: la località
prescelta è quella quarnerina di Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di
Veglia (Krk), praticamente accanto al porto petroli dell’oleodotto Janaf e
su un’area messa a disposizione dal petrolchimico Dina. La costituzione di
Adria Lng aveva suscitato parecchio scalpore pochi giorni orsono, quando era
sembrato che si intendesse precludere la partecipazione al consorzio di
ditte croate.
La smentita è arrivata quasi subito. Non solo: è stata anche indicata la
quota azionaria spettante ai soci croati. Questi dovrebbero essere la Ina
(idrocarburi, con una quota del 25 per cento nel portafoglio della Mol
ungherese) e quindi, con fette minori, la Hep (Azienda elettrica di stato) e
la Plinacro (estrazione e distribuzione del metano estratto al largo delle
coste istriane). In tutto alla parte croata spetterebbe una quota azionaria
della Adria Lng pari al 25 per cento: alla Ina andrebbe il 14, alla Hep il
10 e a Plinacro (anch’essa statale) l’uno per cento. Questa configurazione
da parte croata dovrebbe essere confermata in via definitiva nei prossimi
giorni. Resta per il momento «riservata» la distribuzione del pacchetto
azionario Adria LNG fra i partner stranieri. Tra i quali a suscitare
immediatamente qualche riserva (lo scandalo della Ljubljanska Banka è
tuttora una ferita aperta) è stato lo sloveno Geoplin. Quanto alla
collocazione del terminal Lng (o rigassificatore), ultimamente tutto sembra
propendere per la scelta di Castelmuschio, unanimemente consigliata dai
tecnici ma ancora non «consacrata» dai politici. Qualcosa in questo senso è
trapelata anche dalle parole profferite solo qualche giorno fa dal
presidente della Repubblica, Stjepan Mesic, durante una sua visita a Veglia,
Fiume e Abbazia. Nel soffermarsi sulle potenzialità di sviluppo dell’isola,
Mesic ha accennato proprio alla probabile ubicazione del terminal a
Castelmuschio. Il progetto del rigassificatore, con annessi depositi di
stoccaggio (10–15 miliardi di metri cubi di gas all’anno), dovrebbe
comportare investimenti per circa 700 milioni di euro. Il gas naturale
liquefatto proveniente via mare dall'area caspico–caucasica e dal Qatar,
scaricato dalle metaniere e immagazzinato a –162 gradi centigradi, potrebbe
fare da input a tutta una serie di attività in loco, industriali e non, che
in concatenazione sinergica trarrebbero diretto beneficio dall'abbattimento
dei costi. Ovviamente il terminal Lng fungerebbe pure da centro distributivo
per una lunga serie di utenze europee anche grazie a un gasdotto che dal
Quarnero si inoltrerebbe verso il territorio sloveno e Trieste, mentre una
diramazione verso nord sboccherebbe in territorio ungherese.
f.r. |
IL PICCOLO -
SABATO, 13 ottobre 2007
Nobel a Gore,
vittoria anche per Trieste - Nell’Ipcc, il gruppo di studio premiato,
c’è lo scienziato triestino Filippo Giorgi |
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Importante
riconoscimento al responsabile della sezione clima e fisica meteorologica
del Centro di Miramare
TRIESTE C’è anche un giovane
ricercatore di Trieste, il fisico Filippo Giorgi, nel board del Comitato
vincitore del premio Nobel per la Pace Ipcc, insieme ad Al Gore. Lo
scienziato è infatti l’unico italiano presente nell’organo esecutivo del
Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’Onu, vincitore
del prestigioso riconoscimento. È stato uno degli autori del secondo e del
terzo rapporto sui mutamenti climatici nel mondo. A Trieste, lo studioso
lavora come ricercatore responsabile di una sezione del Centro
Internazionale di Fisica Teorica «Ictp Abdus Salam», con sede a Miramare.
Alla notizia del premio Nobel, Giorgi non ha nascosto la sua profonda
emozione. «Ho ricevuto la notizia da un collega tedesco - ha raccontato - ed
ancora non capisco bene cosa stia succedendo». Secondo Giorgi, «il motivo
per il quale l'Ipcc è stato scelto per il Nobel è la coscienza che i
cambiamenti climatici possano creare ancora molti contrasti fra le nazioni,
visto i problemi come la scarsità di acqua in regioni più vulnerabili di
altre con conseguenti esodi di massa».
«Con questo riconoscimento - ha aggiunto Giorgi - viene premiato anche
l’impegno del comitato Ipcc per divulgare la gravità della situazione
all'opinione pubblica». Per quanto riguarda il futuro, secondo Giorgi,
«dobbiamo concentrarci sempre di più sulla comunicazione e sulla
divulgazione scientifica». «L'opinione pubblica - ha spiegato - è al momento
consapevole della gravità del problema ma bisogna convincere anche i governi
e trovare politiche che, da un lato, riescano a diminuire le emissioni dei
gas serra e, dall'altro, non impediscano la crescita dei paesi, soprattutto
di quelli in via di sviluppo».
«La situazione si presenta preoccupante - ha spiegato Giorgi - e si deve
agire presto per farsi che questi cambiamenti climatici non diventino così
forti da mettere veramente in pericolo la società». Insomma, secondo lo
scienziato uno dei messaggi più importanti del Nobel è proprio quello che di
rimboccarci tutti le maniche, a partire anche da Trieste. Il tutto perché il
riscaldamento globale è al momento in atto, e nell’Europa, è più marcato che
in altre zone del pianeta. L’ultimo rapporto dell’Ipcc - sul quale Giorgi ha
lavorato per anni - attesta che è l’uomo la causa principale di tale
riscaldamento, per lo meno negli ultimi 50 anni. Sotto accusa - le emissioni
di gas serra, ovvero di anidride carbonica, metano, ozono, generate dal
complesso delle attività umane (industria, agricoltura, spostamenti ecc).
Secondo le proiezioni attuali, nei prossimi decenni, la temperatura
terrestre si innalzerà ancora, con effetti sempre più preoccupanti. «Il
problema è che le emissioni continuano ad aumentare ad una velocità maggiore
di quelle che erano le peggiori previsioni di cinque anni fa» ha affermato
lo scienziato di Trieste. Se non si si agisce presto, assisteremo quindi fra
l’altro a fenomeni come l’ulteriore riduzione dei ghiacciai, il calo delle
riserve d’acqua dolce o delle precipitazioni, ma anche ad un aumento delle
patologie legate al caldo o ad una crescita di fenomeni meteorologici
estremi quali tempeste o uragani. In questo contesto, quali sono però le
azioni che ci porterebbero a fare un grosso passo avanti oltre a prevedere
lo stato di salute del nostro pianeta? «Investimenti in tecnologie
alternative per esempio» ha risposto Giorgi, sottolineando inoltre che entro
i prossimi 30 anni bisognerà attuare delle politiche di riduzione delle
emissioni di gas serra nell’ordine del 30-40%.
E per quanto riguarda la ricerca sui cambiamenti climatici? Secondo lo
studioso siamo ad «un punto di svolta». Nel prossimo appuntamento con gli
scienziati del Comitato Ipcc, programmato il 12 novembre a Valencia in
Spagna, saranno presentate infatti le ultime valutazioni tecniche del quarto
rapporto Ipcc, che ha coinvolto migliaia di esperti provenienti da circa 130
paesi. Si tratta di un documento tecnico che dovrà stare alla base delle
politiche che a fine anno saranno discusse in una conferenza mondiale a Bali
da tutte le nazioni Onu, nel tentativo di stabilizzare la quantità di gas
serra sotto i valori di guardia. «Spero - ha commentato infine Giorgi - che
questo premio Nobel contribuisca anche alla buona volontà dei paesi che
parteciperanno a queste negoziazioni».
Il ricercatore non ha nascosto che “non è facile portare avanti un lavoro
simile poiché ogni singola frase viene rivista, discussa e solo poi
approvata”. Nel 2001 infatti, in occasione del precedente rapporto mondiale
sul clima, si è infatti discusso per ore prima di decidere se scrivere nel
rapporto che i cambiamenti climatici sono attribuibili all’uomo «molto
probabilmente», «quasi certamente» o «in modo certo». Diverse sfumature che
posso però fare la differenza...
Gabriela Preda |
Ferriera,
partono le analisi nel rione - Oggi o domani al via i rilevamenti.
Apat: «Le faremo con Arpa e Cigra, stesso posto e stessa ora»
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Caracciolo:
«Previste misurazioni anche su metalli e Pm 25»
Il
commissario Vignola: «Non appena avremo riscontri certi informeremo
l’opinione pubblica». Metz: «La Regione non faccia censure»
La dirigente del laboratorio
dell’Apat inviato dal ministero dell’Ambiente per una validazione dei dati
sull’inquinamento a Servola è già arrivata a Trieste, e fa base all’Arpa.
Ieri era in attesa che da Roma arrivasse il furgoncino, partito in
mattinata, che contiene il laboratorio mobile con cui verranno effettuate,
forse già da oggi ma con domani sicuramente (seppure sia domenica), le
analisi dell’aria nella zona circostante la Ferriera.
«Faremo aspirazioni dell’aria assieme all’Arpa e al Cigra, nello stesso
luogo, nello stesso momento e nelle stesse condizioni - spiega peraltro il
capo del dipartimento del settore aria dell’Apat, Roberto Caracciolo, anche
capodelegazione per Trieste - al fine di capire i dati precedenti, ci
vorranno circa 15 giorni per avere un primo quadro di risultati, nel caso
non arrivassimo subito a una fotografia definitiva della situazione
ripeteremo le analisi».
Dice Caracciolo che compito istituzionale dell’Apat è proprio quello di
assistere le Agenzie locali dell’ambiente affinché siano in grado di fornire
dati omogenei e confrontabili. «Così in un certo senso - prosegue - la
nostra missione a Trieste, sollecitata dal prefetto che ne ha interessato il
ministero, il quale ci ha dato l’incarico e al quale risponderemo, è anche
di routine, ma in questo caso, data la situazione di emergenza, faremo
qualche misurazione in più, anche su metalli e Pm25, per le quali solo noi
abbiamo l’attrezzatura che serve». Se i risultati non fossero in linea con
le norme di legge l’Apat segnalerà al ministero la necessità di interventi
correttivi «che comunque - conclude Caracciolo - non sta a noi mettere in
atto, si interviene a livello centrale solo se a livello locale non si
prendono le necessarie misure».
Il commissario dell’Apat, l’avvocato Giancarlo Viglione, assicura d’altro
canto che non appena ci saranno dati certi «verranno immediatamente
comunicati all’opinione pubblica». Nell’accordo firmato l’altro giorno in
Regione tra i rappresentanti di amministrazioni, sindacati, organi sanitari,
tecnici, politici e istituzionali è stato peraltro inserito un punto che
vincola gli attori in campo a delegare d’ora in poi alla sola Direzione
regionale la facoltà di fornire informazioni sulla Ferriera e la «salute» di
Servola. Il motivo: troppe voci, troppi «allarmismi».
L’assessore comunale all’Ambiente, Maurizio Bucci, ha già reagito con
fastidio e con una battuta all’aceto: «Questo succedeva solo nella vecchia
Unione sovietica...». Più perentoria la protesta del consigliere regionale
dei Verdi, Alessandro Metz, che ricorda come secondo le leggi nazionali e
regionali (l’ultima del 2000) esiste il «diritto di accesso ai documenti
amministrativi al fine di assicurare trasparenza dell’attività
amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale». Metz, che ha
affiancato Dipiazza nell’azione di coinvolgimento del ministero
dell’Ambiente, si chiede: «Sono i lavoratori della Ferriera o gli abitanti
di Servola, ma non solo, direttamente interessati e dunque con diritto di
sapere? I triestini - conclude - non sono un corpus astratto, con un
quoziente intellettivo medio-basso, ma 102 mila famiglie che hanno il
diritto di essere informate, e visto quanto successo negli ultimi anni
sarebbe la prima volta».
Gabriella Ziani |
FERRIERA -
Cifre, controlli, salute e fumi E ciascuno contesta l’altro |
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Secondo la Provincia
l’inquinamento a Servola dipende anche da altre aziende e dal traffico. Il
Comune l’accusa di «voli pindarici» e il verde Metz scrive: «L’assessore
Barduzzi è ancora confusa». Barduzzi ripete sempre che «i camini della
Ferriera sono monitorati e non ne escono sostanze oltre i limiti».
L’assessore Bucci le ricorda che non ha compiti di spazzacamino e che si sta
parlando d’altro. L’Azienda sanitaria allerta il Comune dopo aver visto i
dati del Cigra che misurano gli inquinanti sul terreno del rione, e il
sindaco dice: «Chiudo». Ma i camini? Storia di ieri, seppure viva. Qui si
parla di inquinamento diffuso, non di emissioni. Ma la Ferriera ricorre al
Tar contro il sindaco: le indagini del Cigra, dice, son fatte male. Poi
viene fuori che l’Arpa le ha rifatte tali e quali (stesso posto, stesse
sostanze) e che i dati negativi si sovrappongono: c’è una media di polveri
sottili che a luglio secondo l’Arpa ha toccato gli 86,6 microgrammi per
metro cubo quando il limite è 50, con un picco di 128,7 (e sei sforamenti su
otto giorni controllati), ad agosto la media è stata di 51,8 con un picco di
104,4 (14 sforamenti su 31 giorni). E dunque? Intanto, per lentezze
burocratiche e problemi tecnici, l’Azienda sanitaria ha ancora in piedi il
progetto di controllare l’accumulo di diossine nel corpo umano: ma l’idea è
di due anni fa, quando diossina uscì effettivamente da un camino.
Molte battaglie sulla Ferriera e su Servola potrebbero sembrare una lite su
chi è il «piccolo chimico» in possesso della formula migliore. Da qui accuse
e contromosse e l’intervento di registi (politicamente la Regione e
tecnicamente l’Apat). Il problema dove nasce? Dalla complessità orizzontale
e verticale della mai risolta questione. Chi parla di benzoapirene per le
strade di Servola si sente rispondere con argomenti riguardanti le emissioni
dei camini, chi certifica che il benzoapirene di oggi - rilevato fino a 90
volte oltre i limiti - può causare mutazioni genetiche sperimentate in
laboratorio in questi giorni con le sostanze appena raccolte dal terreno
fronteggia l’altro che ancora parla di diossine da due anni, la magistratura
ha cause in corso e prescrizioni che fa osservare, l’Arpa valida i dati
Cigra ma l’azienda siderurgica va al Tar ugualmente. I sindacati traballano
sui burroni e il sindaco crede comunque all’autorità sanitaria. La Regione,
che a giorni (ennesimo filone, ennesime riunioni) deve o meno concedere una
Valutazione integrata d’impatto ambientale, ha intimato «zitti tutti». Come
se fosse inquinamento acustico.
g. z. |
FERRIERA -
Rosato: «Non è più tempo di azioni legali Bisogna verificare i dati
scientifici» |
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«Non è più tempo di battaglie
legali, ma di verifica dei dati scientifici». Ettore Rosato, sottosegretario
agli Interni, commenta così gli ultimi sviluppi del caso Ferriera che
l’altro ieri hanno visto da una parte tutti i protagonisti della vicenda,
sotto la regia dell’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton,
dar vita a un’unità di crisi che vigili su smog e salute pubblica; ma
dall’altra i legali della Lucchini-Severstal impugnare davanti al Tar le
delibere con cui il sindaco Dipiazza ha intimato di «far cessare le
emissioni inquinanti».
E allora, Rosato non ha dubbi: «Non è più tempo di battaglie legali». Certo
«il ricorso al Tar - precisa il sottosegretario - è legittimo: ma non è la
soluzione del problema». I dati fin qui usciti dalle centraline «sono
talmente chiari che o la proprietà attua interventi radicali, o lo
stabilimento diventa incompatibile con l’ambiente». Quelli sull’inquinamento
«sono risultati scientifici e su questi ci confronteremo».
Lucchini-Severstal contesta il posizionamento delle centraline? «Sarà il
tavolo» «a affermare quali siano le centraline» cui far fede e «asseverare
gli strumenti con cui si controllano i dati». Perché «il problema non sta in
cosa dice il Tar, ma in ciò che dicono le centraline. Né un tribunale
amministrativo potrà mai dire se la Ferriera inquini o meno».
Rosato lo ribadisce: se si è giunti a questa situazione «ci sono
responsabilità delle istituzioni locali e della proprietà». Ma «ho sempre
difeso il diritto dei lavoratori a un posto di lavoro salubre. La Ferriera
deve rispettare le norme ambientali: lo dico anche in difesa della
proprietà, che ha tutto l’interesse a valorizzare l’area con attività
coerenti con le norme. Istituzioni e proprietà insieme devono definire un
percorso che porti a rispettare i parametri ambientali e consentire che i
dati siano leggibili da tutti». |
FERRIERA -
Cgil: «Agire, basta dispetti» - Mentre la Confsal chiede la chiusura «perché
i lavoratori da tutelare sono anche i cittadini» |
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«Noi siamo l’unico sindacato che
insiste a chiedere la chiusura della Ferriera, ma non c’era un accordo già
firmato per lo stop nel 2009?». Fuori dal più prudente coro dei sindacati,
la Confsal con Filippo Caputo all’indomani dell’incontro in Regione non ha
dubbi: «Ci sono lavoratori sia nella Ferriera sia fuori, lo sono anche i
cittadini inquinati, e in questo caso direi che la città si deve comprare
l’aria pulita, io penso che i triestini qualche sacrificio lo farebbero per
aprire un fondo di solidarietà, inoltre questa fabbrica non fa cioccolata, e
inquinamento lo produrrà sempre, e se l’azienda dice che ’’l’acciaio tira’’,
non per questo bisogna ammalarsi».
Invita alla concretezza e velocità d’azione Franco Belci della Cgil, che
comunque giudica un «passo importante» la concertazione avviata in Regione.
«Bisogna arrivare a una interpretazione univoca dei dati, e poi a decisioni
conseguenti, il fatto che l’azienda ricorra al Tar ci affascina assai poco:
non è il Tar che risolverà i problemi di Servola, è solo un’azione di
autotutela, ma ci piacerebbe che analogo impegno si mettesse nel contenere
le emissioni». Da ultimo, ricordando i battibecchi che nemmeno in Regione
sono mancati, Belci conclude: «Speriamo che le polemiche cessino, quella
sede non è una palestra di dispetti».
Offeso dall’idea che qualcuno debba fare raccolta di soldi per integrare
l’eventuale cassa integrazione dei dipendenti della Ferriera se questa
chiudesse è Vincenzo Timeo della Uil (in Regione come responsabile industria
per il sindacato): «È poco dignitoso fare regali alla gente che lavora -
dice -, se i dati oggettivi dell’inquinamento saranno tali da far
prefigurare la chiusura, ne prenderemo atto, ma la cosa più sgradevole è che
si parla di ammortizzatori sociali senza conoscerne i contenuti: la cassa
integrazione è la cosa più facile da ottenere - prosegue Timeo -, ma sono
700 euro al mese al posto di uno stipendio, e nessuno in realtà sa quali
saranno i tanto citati sostegni al reddito». Per Timeo, che soffre all’idea
che per i lavoratori sia quasi impossibile accedere a processi di formazione
nel mentre garantiscono gli organici di una fabbrica in funzione, «è una
vera eresia politica l’idea del sindaco di non abbassare l’Ici per via degli
operai, se vuole inasprire definitivamente l’opinione negativa di Trieste
sulla Ferriera non può scegliere argomento migliore».
Per il segretario della Cisl, Luciano Bordin, permane il rischio, «dopo anni
di incertezza sulla situazione, che ancora adesso ciascuno vada per la
propria strada». E conclude: «Vedremo a partire dalla prossima riunione in
Regione, ma c’è poco da parlare: i dati sull’inquinamento ci sono già, e
dunque già adesso si deve agire». |
Discarica a
Sgonico, Sardoc chiama l’Arpa - Dopo l’allarme-amianto urgono verifiche |
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SGONICO L’amministrazione
comunale di Sgonico ha richiesto ufficialmente all’Associazione regionale
per l’ambiente (Arpa) un monitoraggio ambientale per un’area di pertinenza
situata a ridosso del Centro polisportivo Ervatti e della vicina Zona
artigianale comunale. Un sito che, a quanto segnalato dall’organizzazione
ambientalista «Greenaction Transnational», ospiterebbe una discarica abusiva
con dei pericolosi residui di cemento amianto, disposta a nemmeno due km di
distanza dal sito turistico della Grotta Gigante.
La denuncia dell’associazione ambientalista risulta documentata da un testo
e da un video inclusi nel proprio sito Internet www.greenaction-planet.org,
filmato ripreso pure dal famoso sito internazionale «You Tube». «La
richiesta d’intervento – spiega il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc – è stata
inoltrata al Dipartimento provinciale dell’Arpa di via Lamarmora e, per
conoscenza, al Nucleo operativo ecologico Carabinieri di Udine, alla Regione
Fvg e all’Ufficio ecologia e promozione ambientale della Provincia di
Trieste». «A fronte della denuncia ambientalista – continua Sardoc – sono
necessarie opportune e tempestive verifiche. Per competenza abbiamo dunque
inviato la richiesta all’Arpa, affinché si provveda a controllare se nel
sito individuato vi siano sostanze inquinanti».
Le analisi e monitoraggi che verranno effettuati – si legge in una nota del
Comune – permetteranno di verificare le reali condizioni ambientali e di
accertare l’esistenza o meno delle necessarie condizioni di sicurezza
ambientale per l’emissione degli opportuni provvedimenti. Se tra i cumuli di
rifiuti denuncianti verrà dunque accertata la presenza del cancerogeno
amianto, che gli ambientalisti avrebbero individuato in più punti del
terreno in termini frazionati, si renderà necessaria un’attenta bonifica. La
presenza di cemento amianto ridotto ai minimi termini e sbriciolato è di
particolare gravità, vista l’ampia dispersione che l’elemento tossico
continuerebbe a subire causa l’opera del vento e delle brezze. Un autentico
pericolo per chi risiede e lavora negli immediati paraggi della discarica
inquinata.
m.l. |
Brambati:
«Sbagliati gli allarmismi sul clima» - Lo scienziato ha spiegato che
non tutti i cambiamenti sono attribuibili all’uomo |
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Il docente
di scienze geologiche del nostro ateneo ha illustrato il fenomeno alla
conviviale del Rotary Trieste
«Sarà il caso di prendere sul
serio le notizie allarmistiche che vedono dietro l'angolo stravolgimenti
climatici da film catastrofico - ha detto Maurizio De Vanna, presidente del
Rotary Club Trieste alla conviviale all'Hotel Greif Maria Theresia - o
abbiamo qualche via di scampo»? Per fare chiarezza sul delicato argomento
della salute del pianeta, è intervenuto Antonio Brambati, professore
ordinario al Dipartimento di scienze geologiche, ambientali e marine, della
nostra università. con la relazione «Da una glaciazione all'altra: bugie e
verità sul clima».
«Troppo spesso le notizie pubblicate dai mass media sono finalizzate a
suscitare scalpore nell'immediato, e non si basano su dati scientifici,
grazie anche rapporti e conferenze che mettono in campo più la politica che
la scienza»: così Brambati ha commentato la visione ecocatastrofista del
ministro Alfonso Pecoraro Scanio, peraltro poi contestati dal climatologo
Franco Prodi. Si dice che gli anni '90 siano stati i più caldi dell'ultimo
secolo, mentre la tabella delle temperature mondiali, assegna il primo posto
al 1934, e ai primi del novecento, l'industrializzazione portatrice di Co2,
era ancora in fasce. Questo vale anche per il lungo periodo caldo del
medioevo, contraddistinto da temperature notevolmente superiori a quelle
attuali.
«Certo che bisogna cercare di preservare l'ambiente, però non si possono
addossare tutti i mutamenti del clima all'effetto serra antropogenico -
aggiunge Brambati - l'aumento di Co2 a causa dell'uomo non va negato, ma la
sua influenza ridimensionata». Studiando le carote di ghiaccio - la cui
acqua intatta risale a milioni di anni fa - prelevate a oltre 3mila metri di
profondità dal lago Vostok nell'Antartide, è possibile ricostruire le
variazioni climatiche di migliaia di anni fa. L'analisi delle bolle di
ghiaccio al loro interno, hanno dimostrato che ci sono sempre state
variazioni nella concentrazione di Co2, a seconda degli aumenti o
diminuzioni delle temperature, che avvenivano senza bisogno di alcun
intervento umano.
Patrizia Piccione |
Rigassificatori in golfo |
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Non crediamo assolutamente che
la proposta della Tge Gas Engineering sia una cosa seria e tantomeno
fattibile, se non in probabile funzione dimostrativa ai cosiddetti «nimbisti»
di Trieste con cui si vorrebbe lanciare un preciso messaggio: «Vedete che
cosa sta accadendo? Rischiamo di perdere il rigassificatore a Trieste e ce
lo fanno a Capodistria».
Abbiamo iniziato dicendo che non crediamo nella veridicità del programma né
che sia una cosa seria: sia lo Stato sloveno che quello croato hanno
ripetutamente detto «no» ai rigassificatori proposti a Trieste. Sarebbe
inesprimibile qualsiasi valutazione sul comportamento dei responsabili dei
governi sloveno e croato se tutto il loro negativo affermare contrarietà
alle iniziative italiane nel Golfo di Trieste, si capovolgesse
all’improvviso passando sulla testa di tutti i cittadini, sulla moralità
dell’impegno «contro», sulla coerenza comportamentale.
Chi scrive, seguito ed elogiato insieme agli altri componenti il Comitato,
per la dura, specifica e integerrima lotta fin qui portata avanti contro i
programmatori d’ingiustizia e di prefigurato, quanto interessato progresso,
nel segno esclusivo degli interessi di casta, è notoriamente presente sul
«mercato» ambientale (con specifico riferimento al pericolo del terrorismo
internazionale), in armonia con il suo sostanziale atteggiamento
«agnostico», verso qualsiasi espressione o movimento che non tenga nel
dovuto rispetto i rigori comportamentali verso la libertà, la democrazia e
la relativa giustizia che sono alla base delle regole fondamentali cui deve
ispirarsi una società democraticamente avanzata e libera.
Nell’articolo apparso su «Il Piccolo» ci sono, tuttavia, due passaggi
rassicuranti: il riferimento a fonti governative secondo le quali il «no»
all’iniziativa sarebbe scontato e, a fine articolo si evidenzia ciò che già
sapevamo: il giudizio di Marko Starman, segretario di Stato presso il
ministero per l’Ambiente e responsabile del gruppo interministeriale
incaricato di valutare la proposta, il quale afferma che il rigassificatore
nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere approvato.
Ricordiamo alfine il «clamoroso lapsus freudiano» in cui è incappato il
portavoce della società nel punto in cui afferma che «la tecnologia adottata
sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e
Gas Natural nel golfo di Trieste». Meno inquinante, significa comunque
inquinante, anche se meno di quella molto inquinante degli impianti previsti
a Trieste.
Bravo Puklavec, continui pure così. Ce ne racconti qualche altra sulla
sicurezza: sia quella dovuta alla movimentazione marittima all’interno del
golfo minuscolo di Koper e di possibili pericoli dovuti ad accadimenti
incidentali o per mano del terrorismo internazionale.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste |
IL PICCOLO -
VENERDI', 12 ottobre 2007
Creata l’unità
di crisi per la Ferriera - Maxivertice in Regione: gli enti siglano un
protocollo. Dipiazza: a fine mese, con i risultati in mano, convoco io un
tavolo |
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Il
coordinamento vigilerà su smog e salute pubblica e avrà tutti i dati sotto
controllo |
Una megariunione ogni settimana,
a partire dalla prossima, in cui passare al setaccio ciascuno le proprie
novità ed evidenze sulla Ferriera. Un protocollo, da tutti firmato, che
fissa compiti, intenti, obiettivi e procedure comuni in tema di rilevazione
e conferma dei dati ambientali e che ribadisce con accento definitivo la
priorità della salute degli abitanti di Servola. E una informazione
«concordata» e univoca da dare ai cittadini. Il summit sulla Ferriera
organizzato ieri mattina dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco
Moretton, e durato quasi quattro ore, si è rivelato un capolinea
(temporaneo) dal quale tenere a briglia la sempre più scottante e scomoda
questione della fabbrica siderurgica a fronte dei dati di inquinamento
accertati nelle strade del rione e alle ultimative intenzioni del sindaco di
procedere a chiusura se la situazione non migliora. Ieri stesso peraltro,
mentre in Regione si scambiavano coincilianti parole, la Lucchini-Severstal
ha depositato al Tar un ricorso in cui rigetta tutte le ordinanze del
sindaco, successive alle note di richiamo dell’Azienda sanitaria e alle
analisi del Cigra disposte dal magistrato. Dunque la storia continua.
All’assessorato sono arrivati ieri di buon’ora, alle 8.30, Dipiazza con
l’assessore Bucci, il prefetto Balsamo, la presidente della Provincia
Poropat con l’assessore Barduzzi, il direttore sanitario dell’Azienda
sanitaria Reali coi dirigenti del Dipartimento di prevenzione,
l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Rosato, il direttore
dell’Associazione industriali, Battilana, i segretari provinciali di Cgil,
Cisl e Uil e altre sei sigle sindacali, Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani
del Consorzio Cigra (delegati dal pm Federico Frezza), dirigenti dell’Arpa e
della Direzione regionale Lavori pubblici, il presidente della quarta
commissione regionale (Urbanistica) Drossi Fortuna.
Un gran parterre. E il risultato, dopo discussioni e qualche affilata
scaramuccia - che si propaga anche fuori - è stato infine accettato come
utile e credibile da ognuno dei partecipanti, contenti infine di discostarsi
da una solitudine istituzionale che finora ha portato esiti sconsolanti,
emergenze, proteste. Ma di cui Dipiazza si mantiene la fetta di pertinenza:
«Ho rispiegato la situazione, e ho detto che quando a fine mese avrò i
risultati delle analisi di settembre che stiamo attendendo, allora un tavolo
lo convoco io con la domanda: e adesso che si fa?».
Bucci, che è rimasto in Regione più a lungo perché il sindaco aveva
appuntamento con Illy, rincara: «Riunione e protocollo sono un’ottima cosa,
si vede adesso che il problema non è solo del Comune, ma se poi ci
ritroviamo con la situazione allarmante che sappiamo, il sindaco è
determinato, e dice ’’chiudo’’. E anche i sindacati - commenta l’assessore -
hanno mantenuto in questo senso un atteggiamento estremamente responsabile».
L’ipotesi di dover fronteggiare una cessazione di attività non è esclusa
nemmeno da Drossi Fortuna: «Se i dati certificati secondo questo nuovo modo
di procedere che ci si è dati saranno drammatici, c’è poco da fare, la
Regione dovrà allora occuparsi del salvagente per i lavoratori».
Moretton ha definito «collaborativa» la posizione dell’azienda che si
appresta a fine ottobre a un altro esame: quello per ottenere la richiesta
Valutazione integrata d’impatto ambientale. «In quella sede - aggiunge - i
vari enti valuteranno la corrispondenza tra le norme di legge e prenderanno
le determinazioni del caso, c’è la garanzia che le istituzioni seguono il
caso con competenza e serietà».
Non per questo però è nato ieri il «pensiero unico». Anzi. Per prima cosa è
giunta al Comune nel pomeriggio notizia che la Lucchini-Severstal proprio
ieri ha impugnato al Tar tutte le ordinanze del sindaco. L’assessore Bucci
se ne dice scandalizzato: «Al mattino in Regione come colombe, e poi salta
fuori questa novità, ma che buon gusto, perfino. Vedremo alla prossima
riunione: se l’azienda ci va col cannone, io porterò la mitraglia».
Barduzzi poi ha ribadito l’intenzione della Provincia di monitorare in
continuità l’emissione dei camini, ma Barbieri del Cigra ha contestato: «E’
la cokeria che produce inquinanti, non i camini, se restiamo ai camini non
affrontiamo il problema». E sempre Bucci accusa la collega di «voli
pindarici» e le manda a dire bruscamente: «La Provincia non è una
cooperativa di spazzacamini». E anche: «Perché adesso vuole occuparsi
dell’inquinamento del mondo intero e non di quello specifico? Forse - si
risponde - perché a fine anno le competenze di verifica torneranno alla
Regione, e quindi preferisce un blando profilo basso fino a quella data». Ma
lo stesso Moretton non ignora il punto di vista: «Alla Ferriera pesano
fattori storici, ma anche derivanti da inquinamento più generale». E
aggiunge: «Le analisi comunque non sono finite, la stessa Procura deve farne
delle altre».
Ma il Comune, pur oggi contornato da collaborazioni e regia, continua a
mantenersi in prima linea e Bucci, che comunque definisce «insperata»
l’attenzione che ieri è stata da tutti dedicata al problema ribadisce:
«L’azienda rigetta tutte le ordinanze, come autodifesa in senso commerciale
lo posso anche capire, uno protegge il proprio capitale, ma c’è in questo
modo di fare un’arroganza incredibile, anche umanamente parlando: per la
gente gli agenti inquinanti hanno conseguenze ben gravi».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - I
legali della società: «Centraline irregolari» - Gli avvocati chiedono
l’annullamento delle tre delibere firmate da Dipiazza |
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Nel ricorso
depositato al Tar: «La relazione del Cigra del 29 marzo scorso è in aperto
contrasto con la normativa vigente» |
Nell’atto
depositato ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i livelli di
benzoapirene misurati annualmente a partire dal 2002 |
«Le centraline del Cigra che
hanno misurato il benzoapirene, sono state collocate in via dei Giardini e
in via San Lorenzo in Selva, nei pressi della stazione ferroviaria di
Servola: queste due posizioni sono state adottate senza chiarire in alcun
modo i criteri di scelta. Ecco perché la relazione del Cigra del 29 marzo
2007 si presenta in aperto contrasto con la disciplina in vigore».
E’ questo uno dei punti più significativi del ricorso presentato ieri al Tar
dai legali della Ferriera di Servola. Gli avvocati Guido Barzazi e Giovanni
Borgna, con questo atto chiedono ai giudici amministrativi di annullare le
tre delibere firmate dal sindaco Roberto Dipiazza il 28 giugno e il 12 e 19
luglio 2007. Nei tre documenti veniva e viene ordinato alla «Lucchini Spa» e
alla «Servola Spa» di «far cessare immediatamente le emissioni inquinanti e
in particolare quella di polveri, benzene e idrocarburi policiclici
aromatici prodotte della cokeria, attuando tutti gli adeguati interventi
necessari allo scopo, anche incidendo sul ciclo produttivo della stessa
cokeria».
Il gruppo siderurgico con questa iniziativa di tutela ha voluto ricordare a
tutte le autorità gli impegni assunti e i lavori già avviati per abbattere
le emissioni dello stabilimento. Il piano è stato concordato con la Procura
nell’ambito di un procedimento penale ancora in corso. Ma il gruppo Lucchini
ha inteso anche sottolineare che molte norme non sarebbero state rispettate
nel compiere le misure sulle polveri, sul benzene e sul benzoapirene che
tanto scalpore stanno suscitando. La lettura delle misure sarebbe stata
falsata da un posizionamento non rispettoso dei parametri indicati dalla
legge. Ad esempio la lettura del livello di benzene sarebbe stato
influenzato dal ripetuto passaggio di treni trainati da motrici diesel. La
centralina, secondo il ricorso, non doveva essere installata accanto ai
binari della stazione di Servola.
Nell’atto depositati ieri la «Servola Spa» rende noti per la prima volta i
livelli di benzoapirene misurati a partire dal 2002 dalle centraline poste
per controllare l’attività della centrale Elettra, in via Pitacco, in via
Svevo e a Muggia. Quella di via Pitacco si trova a 260 metri dalla cokeria
della ferriera. Nel 2002 la media annuale del penzoapirene è stata di 1,08
nanogrammi per metro cubo d’aria; nel 2003 di 1,06; nel 2004 di 0,96; nel
2005 di 0,88 e nel 2006 di 0,86. Presenze decrescenti che nessuna delle
amministrazioni locali ha mai contestato, nè nei risultati, nè nei metodi di
rilevazione. E questi dati di Elettra sono molto diversi da quelli raccolti
dal Cigra nella scorsa primavera, dati che hanno innescato le tre ordinanze
del sindaco e le numerose e allarmate prese di posizione..
Ma non basta. La «Servola Spa» sostiene che il sindaco ha poteri in materia
di igiene pubblica ed emergenza sanitaria solo qualora sussistano situazioni
di eccezionalità e imprevedibilità. «Il potere di ordinanza concretamente
esercitato dal sindaco di Trieste tra giugno e luglio, risulta privo di
qualsiasi concreta giustificazione».
Claudio Ernè |
FERRIERA - Rc:
«Non si può dare altro tempo all’azienda» |
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«Sulla base del protocollo
firmato oggi (ieri, ndr), tenendo conto dei dati del Cigra, dell’Arpa e dei
test che faranno i tecnici del ministero, la chiusura della Ferriera
potrebbe avvenire entro l’anno». Ad affermarlo è il segretario provinciale
di Rifondazione comunista, Igor Kocijancic, che annota poi come «ormai tutti
non possono cavarsela dando altro tempo all’azienda».
Il segretario di Rc guarda già a quello che potrebbe essere il quadro in un
futuro prossimo, sottolineando che «bisogna capire in termini molto
operativi e stretti cosa si farà dei lavoratori», e in relazione al
riutilizzo dell’area ricorda che «non esistono finanziamenti statali per la
bonifica».
Kocijancic non si esime poi da lanciare precise accuse alle istituzioni sui
ritardi nell’affrontare il nodo Ferriera: «Se tutti avessero operato nel
senso che si era detto nel 2003 – rileva – oggi ci sarebbe una proposta per
il dopo-chiusura dello stabilimento. Adesso c’è invece il pericolo che la
Ferriera venga chiusa con un anno di anticipo sui tempi previsti. E’ un
problema – conclude – di difficilissima soluzione, che richiede interventi
tempestivi. Quella tempestività che è mancata in tutti questi anni».
Rc aveva del resto ribadito l’allarme sul futuro dello stabilimento di
Servola già nel giugno scorso, con un volantino. «La Severstal-Lucchini – si
legge – chiuderà lo stabilimento: lo avevamo affermato pubblicamente dopo
aver letto il piano industriale 2006-2008. Il possibile proseguimento
dell’attività legato a un andamento favrevole del mercato dell’acciaio è
stato smentito dai fatti e dalle decisioni aziendali». |
Piano parcheggi in
aula Verso il rinvio al 24 ottobre
La discussione del piano parcheggi è
all’ordine del giorno del Consiglio comunale di lunedì, ma quel giorno stesso i
capigruppo ne formalizzeranno il rinvio alla successiva seduta, programmata per
mercoledì 24 ottobre. Con questa decisione si è conclusa ieri la discussione da
parte della commissione urbanistica, alla quale il documento è stato illustrato
dall’assessore Maurizio Bucci e dai dirigenti comunali. Il rinvio costituisce
una mediazione tra Forza Italia e Lista Dipiazza, pronte a portare in aula il
piano, e lo schieramento trasversale composto dal centrosinistra - che con il Ds
Fabio Omero ha chiesto per primo il posticipo - e An. Nessun bastone tra le
ruote di chicchessia, ha precisato la capogruppo dei finiani Alessia Rosolen:
solo la volontà di avere più tempo per stendere emendamenti da presentare.
A proposito di emendamenti: Forza Italia, con il capogruppo Piero Camber, non
annuncia osservazioni ma esprime «qualche dubbio» da chiarire sulla novazione
secondo cui la Riccesi spa, che nel 2002 non potè costruire il parcheggio di
piazza Ponterosso, dovrebbe edificare i contenitori di largo Roiano, via Tigor e
via del Teatro Romano: struttura questa che il sindaco Dipiazza ha già
annunciato destinata a non essere realizzata. In questo senso l’Udc Roberto
Sasco annuncia di volere chiedere di espungere il parcheggio dal piano. An, dice
Rosolen, insisterà sulla richiesta di coinvolgere nella realizzazione delle
strutture l’Amt (detenuta all’87,4% dal Comune) e di indurre l’assessorato a
«vigilare» affinché le imprese realizzino contenitori in più aree cittadine, non
solo in quelle più economicamente appetibili (richiesta questa giunta, in altri
termini, anche da Iztok Furlanic di Rifondazione comunista). An chiederà anche
la possibilità di prevedere forme di agevolazioni per i residenti, mentre i Ds
con Omero puntano a chiedere attenzione alla riqualificazione urbanistica delle
piazze soprastanti i parcheggi.
Da Barriera a
San Giacomo Assemblea su traffico e park - Il 23 la riunione promossa dalla
Quinta circoscrizione |
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Il traffico caotico di Barriera
Vecchia, tra vie interdette al traffico per i cantieri aperti, sensi unici e
divieti di sosta. Oppure la questione di San Giacomo e della sua rotatoria,
risolta in questi giorni con i parcheggi per il carico scarico. O ancora la
galleria di largo Mioni, che malgrado le rassicurazioni del sindaco Roberto
Dipiazza e quelle recentissime dell’assessore ai lavori pubblici, Franco
Bandelli - «La galleria non si farà» - ha prodotto ben mille firme contrarie
all’intervento, del quale gli agguerritissimi abitanti del quartiere proprio
non vogliono sentire parlare.
In una assemblea pubblica, intitolata «Viabilità. Posteggi e traffico nella
quinta circoscrizione» prevista per il giorno 23 ottobre alle 17.30 nella
casa parrocchiale di Campo San Giacomo (con ingresso in via Gramsci) si
affronteranno tutti questi e altri problemi, dando voce ai cittadini che
potranno far valere le loro opinioni. Verrà invitato anche il sindaco
Roberto Dipiazza.
L’iniziativa non a caso è promossa dalla Quinta circoscrizione, che
comprende il cuore nevralgico cittadino per quanto riguarda i problemi della
viabilità, con Barriera Vecchia e San Giacomo, zone densamente abitate e
frequentate anche dal punto di vista commerciale. Spiega il vice presidente
del parlamentino rionale Antonio Lippolis: «Al di là dei problemi della
rotatoria e del traffico in generale di San Giacomo, sono in questo momento
di grande attualità le problematiche di Barriera Vecchia per la sua
vivibilità caotica».
Capita spesso infatti che in circoscrizione arrivino le proteste degli
automobilisti per la chiusura indeterminata di alcune strade, come ad
esempio la via Foscolo: «Questa via è off limits da oltre dieci giorni -
continua Lippolis - e pare che così resterà sino a dicembre. Noi vorremmo
sapere qualche cosa di più preciso anche perché ci sono tante lamentele per
i disagi, visto che viene a mancare una direttrice che dall’Ospedale porta
verso via Oriani».
Nei giorni scorsi analogo problema era stato sollevato dal consigliere
circoscrizionale Corso, il quale chiedeva una viabilità diversa per la via
Pascoli, che in discesa (verso città) si può percorrere solo per un piccolo
tratto. «Perché non far svoltare le auto sulla via d’Azeglio, soluzione che
semplificherebbe il percorso e eliminerebbe alcune gimcane?», aveva chiesto. |
San Luigi, un
questionario sul piano del traffico - Fra le proposte discusse con
l’assessore Bucci diversi sensi unici per raggiungere via Rossetti |
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I moduli con
cui i cittadini possono esprimere i loro giudizi sono disponibili in diverse
associazioni e nelle parrocchie della Circoscrizione
Un anello attorno alla chiesa di
San Luigi e diversi sensi unici per raccordarsi con la zona di via Rossetti
sono le ultime proposte per il nuovo piano del traffico particolareggiato,
di cui si è discusso l’altra sera nella Circoscrizione di San Luigi,
Chiadino, Rozzol con l’assessore al traffico Maurizio Bucci.
A latere c’è da registrare anche qualche strascico della polemica tra il
presidente della Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza e quello di
Camminatrieste, Sergio Tremul.
«Sull’ormai famoso supermercato da realizzare a San Luigi, l’azione della
Circoscrizione e quella delle istituzioni è del tutto propositiva, ma non
possiamo agire al posto degli investitori privati che dovrebbero farsi
avanti e che invece, a quanto pare, tentennano». Risponde così il presidente
della Sesta circoscrizione, Gianlugi Pesarino Bonazza, alla recente denuncia
dell’associazione Coped Camminatrieste, che ha sollevato il problema del
supermercato e non solo.
Bonazza specifica ancora che questa estate, per quanto riguarda la
realizzazione di un mercato rionale, si era fatto un sopralluogo con
l’assessore Rovis in alcune aree definite «papabili» e suggerite dal
consigliere Miani, vicino al ricreatorio Lucchini e via Archi. A breve si
farà inoltre un nuovo sopralluogo, con i vigili urbani del settore mercati,
anche nella zona posta all’ingresso del parco Farneto.
Ma la polemica non finisce qui. Ribatte ancora Bonazza all’associazione dei
pedoni: «La realizzazione del piano del traffico è imminente e la sua
attuazione non avverrà di certo tra un paio di anni come sostiene Sergio
Tremul».
Proprio per affrontare il tema del piano del traffico particolareggiato, e
partecipato, come detto si è svolto l’altra sera un incontro nella sede
della Circoscrizione con l’assessore al traffico Maurizio Bucci.
In questi giorni, infatti, in alcune realtà della Circoscrizione, fra cui le
Acli e le parrocchie, sono disponibili i questionari con cui i cittadini
possono suggerire soluzioni e modifiche alla viabilità.
Analoga filosofia partecipata è già stata attuata a San Vito, San Giacomo e
Borgo San Sergio. «La raccolta e un primo vaglio dei questionari - spiega il
presidente - dovrebbe avvenire entro la fine di dicembre. Intanto,
nell’incontro dell’altra sera si è prospettata anche un’assemblea pubblica
che terremo per discutere sulle proposte dei cittadini e su quelle della
stessa circoscrizione».
Fra ipotesi scaturite l’altra sera anche la trasformazione a senso unico di
alcune strade particolarmente strette ed impervie, come via dei Porta, via
Buonarroti e via dell’Eremo. L’ultima parola spetterà comunque agli abitanti
di queste zone.
Daria Camillucci |
Il Coped:
«Troppi ostacoli per i ciechi in centro» - CamminaTrieste lancia l’allarme
attraverso la testimonianza di Fernanda Flamigni |
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Spazi
occupati sui marciapiedi, mezzi parcheggiati sulle pedonali, tasti
semaforici piazzati male
Il centro cittadino è sempre più
difficile da vivere per le persone diversamente abili, con ostacoli e
barriere spesso insormontabili. E’ il grido d’allarme lanciato dal Coped
CamminaTrieste Camminacittà, supportato dalla testimonianza di Fernanda
Flamigni, non vedente, che collabora con il comitato e che in un testo
presentato ieri racconta tutti i disagi quotidiani affrontati attraversando
le strade o semplicemente utilizzando l’autobus.
Fernanda rileva i problemi riscontrati agli attraversamenti pedonali, ai
semafori, nel trasporto pubblico, nei parcheggi e nell’utilizzo del sistema
di guida a raggi infrarossi, con la disponibilità ancora ridotta di
ricevitori con i quali girare in città e sui bus.
«Vorrei proporre al Comune tante soluzioni – spiega Fernanda, che fa parte
anche del Gruppo Beppe Grillo Trieste per la mobilità - vorrei che sui
marciapiedi venissero segnalate e delimitate chiaramente le aree occupate da
tavolini e sedie, per non sbatterci contro. Mi piacerebbe trovare liberi gli
attraversamenti pedonali, senza auto o scooter ad ostacolare il passaggio.
Le mattonelle tattilo-plantari e le pedane non sono ben fatte in diversi
punti della città – sottolinea – ad esempio in piazza Goldoni o in via
Polonio sono ottime per chi utilizza la carrozzina, ma noi non vedenti ci
ritroviamo sulla strada senza accorgerci che il marciapiede è finito: è
pericoloso. Quando vogliamo attraversare una via inoltre il tasto per la
chiamata del verde non è vicino al percorso tattile, non lo troviamo».
Fernanda sottolinea come l’obiettivo sia quello di arrivare a soluzioni non
costose o complicate, ma semplici ed efficaci. «Basta ripensare alla
posizione delle mattonelle e dei tasti semaforici – suggerisce – alla luce
del mancato funzionamento di alcuni percorsi con i segnali a infrarossi,
installati anni fa ma attualmente non tutti attivi».
Un altro problema sollevato da Fernanda è l’utilizzo degli autobus, che
spesso costituiscono un problema sia per i non vedenti che per i disabili
con handicap fisici. «So che chi è in carrozzina non riesce sempre a salire
facilmente sui mezzi pubblici – ricorda – e per i non vedenti le difficoltà
crescono. Io ad esempio non capisco il numero della linea in arrivo e la
fermata dove scendere. Chiedo che vengano quindi posizionati annunci vocali
esterni e interni. Voglio sottolineare che il sistema infrarossi, che è
stato predisposto, non è utilizzabile quando un autobus è affollato. Infine,
anche per gli ipovedenti il viaggio è duro: nei nuovi bus i pali sono grigi
e non riescono a notarli, inoltre mancano appigli in alto, fondamentali per
noi che li utilizzavamo per arrivare in tutta sicurezza all’uscita».
Sui sistemi a infrarossi inoltre Fernanda evidenzia che gli strumenti
adottati dal Comune e quelli scelti dalla Trieste Trasporti appartengono a
due ditte diverse, con la conseguente necessità di trasmettitori differenti
in mano ai non vedenti.
Il Friuli Venezia Giulia in più, ricorda, è l’unica regione ad aver adottato
tale tipo di sistema, inutilizzabile dai ciechi che arrivano da altre zone
d’Italia.
Micol Brusaferro |
La Provincia
vara 5 itinerari per riscoprire il territorio - Oggi e domani prende avvio
la prima iniziativa |
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TRIESTE Tra ottobre 2007 e
maggio 2008 la Provincia di Trieste presenta una serie d’itinerari turistici
alla scoperta del ricco territorio triestino, in occasione di alcuni dei
principali eventi sportivi e culturali dei prossimi mesi.
Si comincia in occasione della Barcolana con cinque itinerari proposti in
due giorni, oggi e domani, che toccano tutti i comuni della provincia.
Promuovere il territorio della Provincia di Trieste nel suo complesso,
valorizzare le zone meno conosciute, ottimizzare l’occasione delle
manifestazioni locali di maggiore successo, migliorare la conoscenza della
provincia, sostenere la promozione dei prodotti tipici dell’enogastronomia,
favorire, a medio-lungo termine, l’indotto economico dello sviluppo
turistico: sono le idee-guida che sottendono al progetto di promozione
territoriale realizzato dalla Provincia di Trieste con l’organizzazione di
Ape Giramondo, società che sviluppa progetti e consulenze di turismo
sostenibile. Gli «Itinerari turistici per la promozione del territorio»
nascono per intercettare l’interesse di quanti si trovano a Trieste per
importanti eventi sportivi, culturali e ricreativi (la Barcolana, la
Bavisela, il periodo pasquale e le festività del 25 Aprile e del 1 Maggio,
il Trieste Film Festival), ma anche di cittadini di Trieste e della regione
vogliano approfondire la conoscenza del ricco entroterra triestino, su rotte
che attraversano natura, gusto, storia, scienza. Sono in tutto cinque gli
itinerari turistici gratuiti tra mare e Carso realizzati nel territorio
provinciale con l’ausilio di un mezzo di trasporto collettivo. La prima
occasione è offerta dalla Barcolana: tra la mattina e il pomeriggio di oggi
e domani, infatti, gli interessati potranno approfittare di queste variegate
proposte.
Tre gli itinerari proposti oggi con ritrovo alle 9 in piazza Unità partenza
per il primo tour, «Il Carso»: mondo in superficie e mondo sotterraneo, con
visita al Giardino botanico Carsiana, la Grotta Gigante e la Casa Carsiana,
dove sarà realizzata una degustazione di prodotti; sempre da piazza Unità
alle 14 partirà il tour «La scienza da vicino», con una visita guidata ad
uno dei laboratori dell’Area Science Park e una passeggiata nella Riserva
naturale della Val Rosandra: anche in questo caso l’escursione sarà conclusa
con degustazione di prodotti tipici. Sempre alle 14 la Stazione centrale
sarà luogo di ritrovo per l’itinerario «Viaggio nel tempo», visita guidata
nel Carso triestino dalla Rocca di Monrupino, al sentiero Rilke con una
passeggiata spettacolare all’interno della Riserva naturale delle Falesie di
Duino, sosta e degustazione di prodotti tipici.
Per domani, invece, saranno due le proposte offerte a cominciare dalle 9,
quando da Piazza Unità partirà la visita a «Borghi basiliche e frantoi»,
itinerario che toccherà il centro di Muggia per conoscere le caratteristiche
della cittadina veneta, per spostarsi poi a un frantoio di San Dorligo della
Valle, con degustazione finale. Alle 14 da piazza Oberdan partirà, invece,
l’itinerario «Guardando il Golfo dall’alto»: partendo dal centro di Trieste
con il pullman, una passeggiata naturalistica lungo il sentiero Cobolli,
osservando Trieste dall’alto. Seguirà una visita alla Casa Carsica di
Rupingrande, con una degustazione di prodotti tipici. |
Riserva
naturale della Val Rosandra: nuovi incontri con le frazioni |
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SAN DORLIGO Si è tenuta nei
giorni scorsi a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, la seconda delle sei
riunioni con la popolazione promosse dal Comune di San Dorligo della Valle
per il coinvolgimento dei cittadini sulle attività legate alla gestione
della Riserva naturale della Val Rosandra. La riunione era rivolta solo ai
cittadini delle frazioni di Botazzo, Bagnoli della Rosandra e Bagnoli
Superiore, poiché le altre frazioni saranno coinvolte in altri incontri
nelle settimane successive, secondo un calendario inviato a tutti i
cittadini.
L'assessore Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come obiettivo la
presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare per gestire la
Riserva naturale regionale e sollecitare ogni gruppo di popolazione a
individuare uno o più "portavoce" che facciano da tramite tra il proprio
gruppo e il Comune, consentendo il costante aggiornamento su ogni azione
intrapresa. Come a Dolina i cittadini hanno colto l'occasione per esprimere
le proprie opinioni, anche su argomenti che vanno al di là della gestione
della Riserva. Sono state fornite le risposte ai quesiti posti». Il prossimo
incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla Locanda Mario, Draga
Sant'Elia, per le frazioni di Draga S. Elia, Draga, Grozzana, Pesek, San
Lorenzo. |
Pronta la
guida interattiva della flora della Val Rosandra |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Nasce la
prima guida interattiva della flora della Val Rosandra. Sarà presentata
lunedì alle 10 al convegno «La flora della Val Rosandra» che si svolgerà al
Comune di San Dorligo. Il progetto nasce a seguito della nomina del Comune
quale gestore della Riserva naturale della Val Rosandra: una delle
iniziative promosse dall’amministrazione per valorizzare la Riserva è
proprio la creazione di uno strumento informatico che permetterà alle
persone di passeggiare nella Valle potendo identificare piante e fiori
tenendo in mano un palmare o un telefonino.
La nuova guida interattiva è realizzata in collaborazione con docenti
universitari e il progetto europeo «Key to Nature». Grazie a un sistema
informatizzato che privilegia caratteri facilmente riconoscibili anche da un
principiante chiunque, passeggiando in Val Rosandra, potrà trovare il
corretto nome scientifico di una pianta. Sarà uno strumento utile a
studenti, appassionati e amanti della natura. Si potranno poi creare pagine
Web semplificate dedicate a siti di particolare interesse o progetti
didattici per le scuole. La guida è disponibile in cinque lingue (italiano,
sloveno, inglese, tedesco e spagnolo) e presto in francese. Sarà reperibile
al Centro visite. A breve attivo il sito Internet della Riserva: sarà
possibile scaricare gratis anche una versione della guida per palmari e
telefonini di ultima generazione: si potrà così utilizzarla direttamente sul
campo. Da lunedì sarà già possibile consultarla al sito www.dryades.eu. |
Corridoio 5,
la Ronchi-Trieste costa 1,7 miliardi A luglio il progetto, nel 2013 l’avvio
dei lavori |
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Le
previsioni di spesa dell’infrastruttura in uno studio della società di
consulenza inglese Scott Wilson presentato all’Ince
TRIESTE Un miliardo e 700
milioni di euro: queste le risorse che serviranno per la costruzione della
tratta ferroviaria del Corridoio 5 Ronchi sud-Trieste, ovvero quella sezione
della Trieste-Divaccia compresa tra l’Isonzo e l’ospedale di Cattinara.
L’indicazione di spesa per realizzare questa porzione dell’immenso corridoio
paneuropeo che collegherà, presumibilmente entro il 2025, Lisbona a Kiev,
deriva, come confermato dall’assessore regionale alle Infrastrutture
Lodovico Sonego, dai dati contenuti nel progetto preliminare dell’opera. Ma
la conferma arriverà il prossimo luglio, quando verrà concluso lo studio di
fattibilità della Trieste-Divaccia, finanziato dal programma di cooperazione
transfrontaliera Interreg IIIA Italia-Slovenia, che darà il via libera alla
realizzazione del progetto esecutivo e, infine, all’inizio dei lavori, che
potrebbero essere avviati entro il 2013.
Questi sono alcuni dati relativi alla tratta triestina del Corridoio 5,
emersi ieri nella sede dell’Iniziativa Centro-europea (Ince), durante la
presentazione dello «Studio strategico per lo sviluppo del Corridoio 5»,
elaborato dalla società di consulenza britannica Scott Wilson per conto
dell’Ince e del Segretariato permanente del Corridoio 5 (illustrato nel
pomeriggio anche a Lubiana). Si tratta del primo studio europeo che fornisce
dati precisi su quello che sarà l’impatto economico, sociale e ambientale
della costruzione e dell’uso della nuova infrastruttura su due macro-aree:
Fvg e Veneto da una parte e Slovenia dall’altra. Dati che dimostrano che
entro il 2045, grazie alla realizzazione del Progetto prioritario numero 6
(ovvero il tratto ferroviario del Corridoio V che unirà Lione, Torino,
Milano, Trieste, Capodistria, Lubiana e Budapest, per complessivi 39
miliardi di euro) porterà «enormi vantaggi sul fronte economico, ambientale
e occupazionale» anche per il Friuli Venezia Giulia. Tra questi, ad esempio,
la diminuzione del 4,5% del traffico su gomma nell’area compresa tra Veneto
e Slovenia (previste 40 mila autovetture in meno all’anno) e l’aumento del
25% di quello su rotaie per il trasporto merci e del 10% per i passeggeri
(ce ne saranno 440 mila in più ogni anno sui treni), che porterà a un forte
calo dell’inquinamento (33,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica in
meno) e degli incidenti stradali, con un risparmio di costi sociali pari a
1,1 miliardi di euro. Oltre a una crescita del pil di queste regioni di 8,6
miliardi di euro e alla creazione di 116 mila nuovi posti di lavoro, nel
settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale:
entrambe conseguenze della rivoluzione infrastrutturale che permetterà di
potenziare (attraverso la maggiore capacità trasportistica e l’accorciamento
dei tempi di viaggio) i collegamenti e gli scambi commerciali sia con l’Est
Europa che con l’Italia Nord Occidentale e la Francia, e che rappresenterà
quell’efficiente rete di collegamento che oggi manca ai porti dell’alto
Adriatico per essere più competitivi a livello internazionale. «Si tratta di
benefici enormi – hanno spiegato ieri il direttore generale dell’Ince Harald
Kreid e il direttore del Segretariato permanente del Corridoio 5 Giuseppe
Razza – che per la prima volta vengono messi nero su bianco da una ricerca e
consegnati alla classe politica, che deve capire l’urgenza di procedere
velocemente con la costruzione del corridoio paneuropeo». Parole condivise
dall’assessore Sonego: «Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante –
ha affermato -. Basti pensare che all’inizio del 2004 la realizzazione del
Corridoio 5 nella zona di confine tra Italia e Slovenia non rientrava
nemmeno nella programmazione comunitaria. Oggi, invece, si cominciano a
delineare tempi, costi e vantaggi che questa grande infrastruttura
ferroviaria avrà anche nella nostra Regione».
«Vantaggi che grazie a questo studio, che è molto serio e attendibile,
risultano evidenti. Il Corridoio 5, per l’Italia, è fondamentale – ha
aggiunto Sonego -. I finanziamenti necessari per la nascita di questa
infrastruttura, dal confine con la Francia a quello con la Slovenia, sono
già stati stanziati per un terzo dell’opera».
Elisa Coloni |
Il Wwf: Prodi
non firmi il nuovo protocollo |
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TRIESTE «Prodi non firmi l'atto
aggiuntivo al Protocollo di intesa per il Friuli Venezia Giulia dell'ottobre
2006, predisposto da Illy»: lo chiedono Wwf e Italia nostra. Le due
associazioni ambientaliste - informa una nota - hanno infatti scritto al
presidente del Consiglio, chiedendo una sostanziale revisione dei punti
critici del documento.
«Si tratta - ha spiegato Stefano Lenzi, responsabile dell'Ufficio
legislativo di Wwf Italia - di un documento che contiene solo un elenco di
nuove infrastrutture, perlopiù strade e autostrade, senza che venga fornito
alcuno studio di fattibilità economico-finanziaria, nè alcuna valutazione
ambientale strategica». |
La Lega Nord:
«La giunta regionale risponda in aula sui rigassificatori»
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TRIESTE Interrogazione della
Lega con i consiglieri Violino, Follegote e Franz sulla questione dei
rigassificatori. «Preso atto che esistono due domande di altrettante società
(Endesa e Gas Natural) intenzionate a realizzare un rigassificatore nella
nostra Regione - scrivono i consiglieri - e ritenendo indispensabili massime
garanzie di affidabilità quando si tratta di energia, territorio e
rigassificatori chiediamo al presidente Illy e agli assessori affinché
riferiscano in Aula per spiegare: se le società proponenti abbiano fornito
gli approfondimenti richiesti dalla Regione per la valutazione di impatto
ambientale e quali siano, nel dettaglio, i contenuti degli approfondimenti. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 11 ottobre 2007
Ferriera,
scattano i controlli sui tumori - Test dell’Ass anche sul benzoapirene.
Nuovo monitoraggio dei camini. L’Arpa conferma i dati del Cigra |
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Oggi il
summit convocato d’urgenza in Regione e che vedrà attorno allo stesso tavolo
gli enti locali, medici, ricercatori e sindacati
Si stringe la pressione attorno
al caso della Ferriera di Servola e la riunione convocata stamattina dalla
Regione con tutti i protagonisti (tecnici e politici) probabilmente
dimostrerà che ognuno si è messo a correre anche nell’imminenza dell’arrivo
dei «verificatori» del ministero dell’Ambiente, i quali si riservano di far
intervenire i carabinieri del Noe se necessario.
Non solo il sindaco tiene pronta l’ordinanza di cessazione attività se i
dati d’inquinamento ambientale fuori ogni limite saranno a giorni confermati
su settembre, ma il Cigra e l’Arpa produrranno già lunedì prossimo le attese
e determinanti cifre che coincidono sui valori delle polveri sottili e del
benzoapirene in luglio, mentre la Provincia stamattina chiederà nell’ambito
delle competenze sulla verifica delle emissioni affidatele dalla Regione un
monitoraggio continuo e non periodico dei camini, con strumenti installati
dalla Lucchini-Severstal («finora comunque - dice l’assessore Ondina
Barduzzi, che sarà in Regione con la presidente Poropat - i doppi controlli
incrociati hanno sempre dimostrato assenza di sforamenti»).
L’Azienda sanitaria, dopo aver rivelato i ritardi burocratici che hanno
impedito un solerte avvio dello studio sull’eventuale accumulo di diossina
nella catena biologica si appresta a ricontrollare l’incidenza di tumori
nell’area di Servola, a riscrivere al sindaco una lettera di monito sui
rischi per la salute umana se le analisi di settembre riprodurranno la
situazione misurata tra gennaio e agosto, e anche a far partire lo studio
sulla presenza di benzoapirene nell’urina dei lavoratori della cokeria,
sospesa a suo tempo perché non probante in assenza di dati relativi al
territorio. Che adesso Cigra e Arpa hanno invece prodotto.
Di questo si parla nella riunione convocata dall’assessore all’Ambiente
Gianfranco Moretton e l’intento generale è di chiudere dati e correttivi in
un unico, leggibile paniere. Ieri mattina intanto il sindaco Dipiazza si è
incontrato con l’assessore regionale al Lavoro Roberto Cosolini e coi
segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil (Franco Belci, Luciano Bordin e
Luca Visentini). Ne è uscito un comunicato congiunto secondo cui «gli
obiettivi sono tre, la salute degli abitanti della zona e dei lavoratori
dello stabilimento, prevedendo per questi ultimi anche specifici controlli
medici; la richiesta di avere un sistema di rilevamento della qualità
dell’aria che sia univoco, in modo da poter contare su dati il più possibile
attendibili; infine, se i significativi sforamenti dovessero essere
confermati - chiude la nota - indifferibili misure che dovranno essere
applicate anche dall’azienda siderurgica».
Una posizione concordata, molto più prudente rispetto alla minacciata
chiusura della fabbrica ma il sindaco chiarisce: «Se i dati di settembre ci
confermeranno sforamenti di 90 rispetto ai limiti di uno, non c’è più trippa
per gatti, si deve chiudere, se saranno molto bassi si vedrà come migliorare
la situazione, importante è che per la prima volta si affronta seriamente la
faccenda, aspetteremo anche i dati del ministero, una settimana non cambia
la situazione».
Il pm Federico Frezza, invitato dalla Regione, non sarà presente. Ha inviato
una lettera al sindaco e manderà in rappresentanza i docenti del Cigra
(autori su sua richiesta delle indagini territoriali a Servola) Ranieri
Urbani e Pierluigi Barbieri, il quale ultimo si limita a dire: «Risponderemo
alle domande, quanto al fatto che si dicano non regolari le nostre analisi,
siamo un’unità di ricerca che fa le cose come si deve e abbiamo gli
strumenti che occorrono, metteremo comunque a confronto i dati».
«Importante è che se ci sono state sfasature si ricompattino - commenta
Mario Reali, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria che oggi sarà in
Regione con il Dipartimento di prevenzione -, anche a fronte del fatto che i
rilievi Cigra coincidono con quelli fatti dall’Arpa». Reali sottolinea che
«il ritardo nell’analisi sulla diossina fu dovuto anche all’inesistenza di
un laboratorio attrezzato, individuato nel luglio scorso».
La Provincia intanto si appresta a realizzare il «catasto delle emissioni
industriali» e sta aprendo un tavolo tecnico con tutti gli esperti della
città. «Se tre aziende confinanti stanno tutte singolarmente nei limiti -
ribadisce Barduzzi - e il territorio s’inquina per sommatoria, quale delle
tre aziende va chiusa? Per questo è indispensabile il ”piano regionale
dell’aria”, ma per farlo ci vogliono otto mesi».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Il
pm Frezza: «Quei valori al di sopra della tollerabilità andavano resi
pubblici» |
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«Quanto è finora emerso sul
benzoapirene nell’atmosfera di Servola, è solo un punto di partenza, non un
traguardo. Tutte le misure vanno approfondite e implementate».
L’ha dichiarato ieri sera il pm Federico Frezza, il magistrato che nel 1999
ha aperto il primo fascicolo d’indagine sulle emissioni dell’impianto
siderurgico. A questa prima inchiesta ne sono seguite altre. Le consulenze
tecniche pochi mesi fa hanno rivelato la presenza di benzoapirene in
percentuali altissime, anche decine di volte superiori ai limiti di legge.
«Questi dati andavano doverosamente forniti alle autorità pubbliche. I
prelievi sono stati effettuati dai ricercatori del Cigra a cinque metri da
una casa in cui vivono molte persone. Il benzoapirene è stato più volte
definito come agente mutageno e la situazione andava resa pubblica».
Ora a Servola sono in azione due «campionatori ad alto volume», le macchine
che hanno permesso d’individuare i livelli di benzoapirene. La prima è
gestita dal Cigra e funziona dai primi mesi dell’anno. La seconda è stata
installata dall’Arpa e ha iniziato a fornire dati a partire dall'ultima
settimana di luglio. I due campionatori - il primo manuale, il secondo
automatico - sono posti a breve distanza l’uno dall’altro e i dati raccolti
quasi «in tandem» dicono all’unisono che i livelli di benzoapirene sono
sempre molto alti, altissimi. La media dell’ultima settimana di luglio,
raccolta dai tecnici dell’Arpa è di 12,8 con picchi in taluni giorni, come
il 26 e il 27, di 21 e 38,2 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo
d’aria. La norma dice che il livello massimo è 1. Le doppie misurazioni
stanno dunque confermando quanto finora emerso.
«I rilievi devono essere completati e approfonditi» ha affermato ieri il
magistrato. Ha confermato che la proprietà della Ferriera si è anche
impegnata per ottenere il dissequestro condizionato, poi revocato dalla
Cassazione, a ristrutturare e migliorare l’efficienza tra l’altro della
cokeria, la principale imputata per il benzoapirene. Oggi il pm Frezza non
parteciperà alla riunione in Regione. Alle 9 sarà nell’aula del Gip,
impegnato in una lunga serie di processi. Il «calendario» delle presenze dei
magistrati in udienza è stabilito con grande anticipo e le deroghe sono
quasi impossibili.
Claudio Ernè |
FERRIERA -
L’opposizione chiede un Consiglio comunale straordinario |
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Per il Consiglio regionale sarà
alla riunione di oggi sulla Ferriera anche Uberto Fortuna Drossi
(Cittadini), presidente della commissione urbanistica: «Servono - afferma -
punti fermi sulle analisi, e una scelta chiara e tonda, se i dati sul
benzoapirene saranno confermati certo bisogna cominciare a pensare al
reddito dei futuri disoccupati, oppure esser certi che in un paio d’anni la
situazione si risolve, ma il problema è chi pagherà la bonifica (circa 30
milioni di euro): è questo che forse frena le trattative tra Severstal e
Arvedi, e comunque finora ogni proprietà ha deluso, ci si sente presi per i
fondelli».
Intanto il consigliere regionale e capogruppo comunale Sergio Lupieri
(Margherita), ha chiesto col collega Tarcisio Barbo la convocazione urgente
di un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, in accordo con tutta
l’opposizione. Domanda tenuta poi ferma in attesa della riunione in Regione
e a fronte del fatto che Dipiazza ne riferirà in consiglio il 15 ottobre,
prima della seduta dell’aula. La Lega Nord sposa in pieno la tesi di
chiusura del sindaco: «La Ferriera deve andarsene da Servola e basta, il
ricatto occupazionale non deve preoccupare, in quella zona si creeranno
nuova occupazione e ricchezza». Il verde Metz e il presidente del gruppo
regionale di Rifondazione, Kocijancic, rigettano invece l’ipotesi di
Dipiazza di togliere ai triestini il ribasso dell’Ici per integrare
l’eventuale cassa integrazione degli operai: «Non si ricatti la città, paghi
la Lucchini». |
Rifiuti, i
muggesani «ridisegnano» la nuova mappa dei cassonetti - Pattume depositato
sui vecchi luoghi di raccolta. Il Comune vigila |
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MUGGIA Ora sono i muggesani a
«vigilare» sulla disposizione dei cassonetti dei rifiuti. Li richiedono
anche in posti non segnati sulla mappa ufficiale ma utilizzati fino alla
precedente gestione, oppure si lamentano per le dimensioni cambiate, ma
anche per il mancato svuotamento, seppure il calendario sia sempre lo
stesso. C’è bisogno dunque di ancora qualche giorno per portare a regime
completo il nuovo appalto dei rifiuti a Muggia.
Il Comune controlla e cerca di fare fronte alle segnalazioni dei cittadini.
L’assessore Piero Veronese spiega: «Ci sono richieste di cassonetti anche in
posti in cui non ci sono i segni gialli a terra. Posti in cui però c’erano i
contenitori della passata gestione e la gente ormai si era abituata. Altri
protestano sulle dimensioni soprattutto se, a esempio, laddove un tempo
c’era un cassonetto da mille litri ora ne è stato posizionato uno da 2mila.
Un fatto che dovrebbe migliorare il servizio ma che non incontra i favori
della gente».
E il risultato è sempre lo stesso: laddove manca un cassonetto che c’era
fino a poco tempo fa (ciò vale anche per la differenziata), la gente lascia
i rifiuti a terra e spesso non è disposta a fare nemmeno qualche passo in
più per raggiungere il cassonetto più vicino. E le lamentele giungono anche
per la frequenza di raccolta che, tuttavia, è stabilita dal capitolato
d’appalto e si rifà a quella precedente. Per lo più è quotidiana ma in certe
zone può essere anche trisettimanale.
«Al momento seguiamo l’operato della ditta e ci atteniamo anche alle
segnalazioni – dice Veronese -. La ditta riesce a svuotare 200 cassonetti
per ogni giro. Sul territorio ce ne sono quasi 400, per cui lo svuotamento
deve avvenire in due fasi, in base anche al calendario. Sappiamo pure che
alcuni contenitori sono da spostare, che a esempio sono messi su posti
macchina a bordo strada. Si porrà rimedio a tutto».
Intanto, i cassonetti ancora da posizionare (meno di una trentina) e i mezzi
della ditta «Ecoverde» sono parcheggiati al piazzale Alto Adriatico. Una
scelta non condivisa dal consigliere Massimo Santorelli (Fi), che dice:
«Spero sia una soluzione temporanea. Non è il caso che tali mezzi e
materiali (magari anche maleodoranti) siano parcheggiati proprio
all’ingresso di Muggia. È questa l’immagine turistica della città?».
In base al contratto, la ditta dovrà trovare un luogo di deposito dei mezzi,
che dovrà essere segnalato al Comune. Cosa che però non è ancora avvenuta.
Veronese afferma: «Già in precedenza la ditta Ecoverde aveva il suo camion
parcheggiato in quel piazzale o dietro gli uffici tecnici comunali di via di
Trieste. È vero che ora ci sono dei mezzi in più, ma è solo una collocazione
temporanea. La ditta deve ancora individuare la sua area di deposito e deve
farne richiesta al Comune. Siamo ancora in attesa».
s.re. |
RISERVA
NATURALE DELLA VAL ROSANDRA - San Dorligo cerca i portavoce delle frazioni |
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Continuano
gli incontri per coinvolgere i cittadini nella gestione della Riserva
naturale della Val Rosandra
SAN DORLIGO DELLA VALLE Proseguono a San Dorligo gli incontri
per coinvolgere i cittadini sulle attività legate alla gestione della
Riserva naturale della Val Rosandra. Si tratta degli incontri preliminari
(sei in totale, con cadenza quasi settimanale) inseriti nel processo di
Agenda 21, attivato dal Comune proprio per coinvolgere al massimo la
popolazione su questo argomento che interessa tutto il territorio. In questa
fase si sta informando la popolazione e si stanno cercando dei portavoce per
le varie frazioni, che faranno poi parte del forum di lavoro per la stesura
del Piano di conservazione e sviluppo della riserva.
Ieri l’incontro di Prebenico ha interessato i cittadini delle frazioni di
Aquilinia, Caresana, Crociata, Francovez, Monte d'Oro e Prebenico.
L’assessore Laura Stravisi spiega: «Anche questo incontro aveva come
obiettivo la presentazione delle iniziative che il Comune intende attivare,
per gestire la Riserva naturale regionale della Val Rosandra, e sollecitare
ogni gruppo di popolazione invitata agli incontri ad individuare uno o più
portavoce che facciano da tramite tra il proprio gruppo ed il Comune,
consentendo ad essi il costante aggiornamento su ogni azione intrapresa».
E c’è già una prima risposta da parte dei cittadini. Ai vari incontri sono
state formulate domande ed espresse opinioni sull’argomento, di cui si terrà
conto nel processo decisionale. «Rispetto all’individuazione dei portavoce –
dice Stravisi -, alcuni dei presenti alle riunioni si sono già offerti di
avere questo ruolo lasciando il proprio nominativo mettendosi a disposizione
del processo. Questo conferma che le riunioni nelle frazioni sono
fondamentali per la gestione condivisa della Riserva della Val Rosandra».
Il prossimo incontro si terrà martedì 16 ottobre alle 19.30 alla locanda
Mario di Draga Sant’Elia, e sarà rivolto ai cittadini delle frazioni di
Draga Sant’Elia, Grozzana, Pesek e San Lorenzo. Martedì 23 ottobre invece,
alle 19.30 alla casa comunale di Sant’Antonio in Bosco, ci sarà l’incontro
con i residenti di Hrvati, Log, Moccò, Sant’Antonio, San Giuseppe. E per
finire, giovedì 25 ottobre alle 19.30 al circolo culturale Fran Venturini di
Domio, incontro con la popolazione di Domio, Lacotisce, Mattonaia, Puglie.
s.re. |
Cifre e
previsioni sul Corridoio 5: il pil aumenterà di 8,6 miliardi - Anticipazioni
dallo studio strategico commissionato dall’Ince |
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TRIESTE «Se Italia e Slovenia
adotteranno strategie economiche coerenti nello sviluppo del sistema
infrastrutturale del Corridoio V, allora la nuova rete ferroviaria porterà
enormi benefici, sia economici che ambientali. Entro il 2045 il Fvg, il
Veneto e la Slovenia potrebbero beneficiare di una diminuzione
dell’inquinamento ambientale pari a 33,5 milioni di tonnellate di anidride
carbonica, con un risparmio di costi sociali legati alla riduzione degli
incidenti stradali pari a 1,1 miliardi di euro».
«Grazie al miglioramento delle infrastrutture il traffico ferroviario
aumenterebbe del 25% per le merci e del 10% per i passeggeri, con una
conseguente crescita economica: il pil di queste regioni aumenterebbe di 8,6
miliardi di euro e verrebbero creati 116mila nuovi posti di lavoro nel
settore legato alla movimentazione delle merci, sia terrestre che portuale».
E’ questa la fotografia scattata dalla società di consulenza britannica
Scott Wilson, che dopo un anno di ricerche ha elaborato lo «Studio
strategico per lo sviluppo del Corridoio 5», per conto dell’Iniziativa
Centro-europea (Ince) e del Segretariato permanente del Corridoio 5.
L’analisi, che viene presentata oggi nella sede triestina dell’Ince, è parte
integrante dello Studio di fattibilità per la realizzazione della tratta
ferroviaria Trieste-Divaccia, ed è stata recentemente utilizzata nella
richiesta congiunta di finanziamento comunitario dei progetti di
collegamento ferroviari fra Italia e Slovenia, presentata alla Commissione
europea dal ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro e dall’ex
ministro dei Trasporti sloveno Janez Božic. Obiettivo di questo studio,
finanziato dall’Ince (per complessivi 325mila euro) è appunto delineare
l’impatto economico, sociale e ambientale che la costruzione del Corridoio V
ferroviario comporterà sulle macro-aree costituite dal Nordest italiano (Fvg
e Veneto) e dalla Slovenia.
«E’ noto che oggi le aziende del Friuli Venezia Giulia e del Veneto scontano
notevoli svantaggi competitivi a causa delle infrastrutture insufficienti –
si legge nello studio elaborato dalla società londinese -. I collegamenti
con l’Est Europa e con la Russia sono inadeguati per permettere alle imprese
di sviluppare relazioni commerciali con questi potenziali mercati. I
vantaggi economici derivanti dalla realizzazione del Corridoio V – si legge
ancora - saranno evidenti, come evidenti saranno anche quelli prodotti dal
rafforzamento della connettività di Fvg e Veneto con l’Italia Nord
occidentale e la Francia, attraverso la maggiore capacità trasportistica, lo
sviluppo dell’intermodalità e l’accorciamento dei tempi di viaggio».
Un discorso non diverso da quello che riguarda lo sviluppo dei tre porti
dell’Alto Adriatico (che è stato anche uno degli argomenti al centro della
due giorni alla Stazione Marittima organizzata proprio dal Segretariato
permanente del Corridoio 5 e dell’Ince, conclusasi l’altro ieri): «La
posizione strategica degli scali di Trieste, Venezia e Capodistria – emerge
ancora dall’analisi della Scott Wilson - dovrebbe essere maggiormente
sfruttata per incrementare il vantaggio competitivo nei confronti dei porti
dell’Europa settentrionale e del Mar Nero, grazie all’ulteriore aumento di
traffici previsto dall’Estremo Oriente. Tale vantaggio è attualmente
compromesso dalle infrastrutture di collegamento insufficienti e scarsamente
utilizzate».
Elisa Coloni |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 10 ottobre 2007
Ferriera, summit d’urgenza in
Regione - Moretton replica all’Ass: «Due anni fa nessuno spinse
davvero per effettuare i test della diossina» |
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Convocati
domani enti locali, Azienda sanitaria, procura e sindacati. Il «mistero del
verbale» del 2005 al centro di un’interrogazione del Verde Metz
«La salute dei cittadini – ha
dichiarato Moretton – è una priorità alla quale ci atteniamo, e nel caso del
quartiere di Servola continuiamo ad avere la massima attenzione perchè
abbiamo presenti le criticità della situazione».
All’incontro di domattina, che avrà inizio alle 8.30 alla Direzione
regionale dell’Ambiente, sono stati invitati il Comune, la Provincia, la
Prefettura, l’Azienda sanitaria, rappresentanti della magistratura, il
presidente della quarta commissione del Consiglio regionale Fortuna Drossi e
le organizzazioni sindacali.
Sul caso Ferriera interviene anche il governatore Illy, che avanza
perplessità sulle rilevazioni effettuate nell’area. Nel corso di una
trasmissione televisiva, Illy ha dichiarato: «Mi risulta che alcune
misurazioni su sostanze inquinanti non sono state fatte seguendo le
metodologie di legge, e quindi alcune delle conclusioni tratte sono
risultate affrettate».
Reazioni istituzionali e politiche, intanto, si registrano sul ritardato
avvio del progetto per la misurazione delle condizioni di salute degli
abitanti di Servola, da parte dell’assessore Moretton, del consigliere
regionale dei Verdi Alessandro Metz e del segretario provinciale della Cgil
Franco Belci.
Il ritardo, denunciato al nostro giornale dai responsabili del Dipartimento
di prevenzione, riguarda il progetto che l’Azienda sanitaria aveva chiesto
di attivare nel corso di una riunione del gruppo tecnico diossina, alla
quale, nel settembre 2005, avevano partecipato autorità sanitarie ed enti
locali. Secondo quanto dichiarato dal dottor Valentino Patussi, la richiesta
dell’indagine, fatta durante la riunione, non figurava invece nel successivo
verbale redatto dalla Regione.
«Non è rilevante che la richiesta figuri o meno nel verbale – replica
l’assessore regionale Moretton –. Solo di recente i nostri uffici hanno
invece ricevuto una lettera in cui si afferma la necessità di integrare le
analisi con un progetto specificio. La Direzione dell’Ambiente ha quindi
chiesto all’Azienda sanitaria di conoscere i dettagli e i costi del
progetto. Il costo è ingente, ma comunque la Regione lo finanzierà».
Sul caso, il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz ha presentato
ieri un’interrogazione al presidente della Regione Illy. «Ci sembra un fatto
di una gravità inaudita – osserva Metz – che necessita di un accertamento
delle responsabilità, amministrative e penali».
«Che cosa si voleva nascondere? Cosa o chi si voleva proteggere?» si chiede
ancora Metz, secondo il quale «emerge ogni giorno di più un quadro
inquietante. Vogliamo sapere – aggiunge – quanto successo in questi anni
attorno alla questione della Ferriera di Servola nella catena delle
responsabilità, capire il ruolo giocato da parte di Regione, Provincia,
Comune, Azienda sanitarie a Arpa». Sottolineando che il tutto ha cominciato
a svelarsi da pochi mesi «grazie alle proteste dei cittadini e alle indagini
della Procura della Repubblica», Mezt conclude ricordando gli sforamenti di
sostanza cancerogene nel suolo e nelle acque antistanti la Ferriera,
ufficializzati nella conferenza dei servizi del 10 maggio, e i recenti dati
delle emissioni nell’aria risultati dalle analisi del Cigra e dell’Arpa.
Estrema chiarezza viene chiesta dal segretario provinciale della Cgil Franco
Belci, che si dice «preoccupatissimo per la salute degli abitanti e dei
lavoratori, mentre si scopre che non è stato fatto niente per responsabilità
di ordine burocratico».
Il gioco sui dati disorienta sia i sindacati sia la gente, rimarca ancora
Belci, che annuncia di voler chiedere un incontro sia alla Servola spa sia
alla Regione «perchè sia fatta definitivamente chiarezza sulla diversità dei
dati», e rileva che «da parte dell’Azienda sanitaria non si può gridare al
lupo al lupo, mentre poi si scopre che dal 2005 non si è fatto niente.
L’Azienda sanitaria – conclude – non è assolutamente innocente». |
FERRIERA - Arrivano i
tecnici di Pecoraro Scanio -
Definiti i dettagli della
missione triestina della delegazione del ministero dell’Ambiente
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In città in settimana:
faranno le analisi con un laboratorio mobile |
I tecnici dell’Apat (l’Arpa
nazionale) saranno a Trieste entro la settimana per validare, anche con
l’uso di laboratori mobili, i dati esistenti sulle rilevazioni dei vari
inquinanti, in particolare del benzoapirene.
«I tempi operativi – annuncia Giancarlo Viglione, commissario nazionale
dell’Apat, che lunedì ha coordinato un’apposita riunione al ministero
dell’Ambiente – saranno molto rapidi. I primi risultati li avremo nel giro
di un paio di giorni. La nostra azione – aggiunge – dev’essere incisiva,
precisa, veloce, in maniera da rispondere esaustivamente all’incarico datoci
dal ministro Pecoraro Scanio».
Proprio la necessità di ottenere risultati inequivocabili ha spinto l’Apat a
inviare a Trieste anche un laboratorio mobile. «Per poter verificare in
maniera certa i dati esistenti – osserva ancora Viglione – abbiamo bisogno a
nostra volta di essere certi dell’efficacia degli strumenti di misura».
A coordinare il gruppo di tecnici sarà il prof. Roberto Caracciolo, a capo
del Dipartimento qualità dell’aria dell’Apat. «Avremo la necessità di
campionare grandi volumi di aria – spiega – soprattutto con riguardo alla
misurazione degli idrocabruri policiclici aromatici, fra cui il benzoapirene.
Le sostanze raccolte attraverso speciali filtri saranno poi analizzate nel
nostro laboratorio».
Inizialmente il laboratorio mobile dell’Apat sarà uno solo, e la squadra
sarà composta da quattro, cinque persone. Se ne potrebbe però aggiungere un
secondo, con un altro team di tecnici. «Dipenderà – precisa Caracciolo –
dalla natura dei fenomeni inquinanti che rileveremo».
La fase operativa, che inizierà quindi entro la settimana, è preceduta in
questi giorni da una serie di approfondimenti scientifici e da contatti
logistici, per poter operare poi nella maniera più rapida ed efficace.
Se da un lato l’Apat sta prendendo contatto con gli enti locali e con i
carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) per quelle che saranno le
necessità operative, dall’altro sta effettuando una ricognizione della
documentazione e degli studi effettuati sulla Ferriera, in maniera da
disporre di un quadro il più possibile completo in base al quale impostare
l’indagine.
Le modalità delle rilevazioni sono dunque ancora da determinare. Va da sè,
comunque, che le misurazioni riguarderanno l’aria della zona circostante lo
stabilimento di Servola. Ma sono previsti anche campionamenti all’interno
della Ferriera? «Per fare misurazioni in uno stabilimento ci vogliono
normalmente numerose autorizzazioni – osserva Caracciolo – ma se ci sarà
l’esigenza ci faremo accompagnare dai carabinieri del Noe».
gi. pa. |
FERRIERA - Arpa: «I
nostri dati sono attendibili» -
L’Agenzia regionale per
l’ambiente respinge le accuse sui rilevamenti |
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«Le stazioni di monitoraggio di
Arpa Fvg sono tutte certificate da una ditta esterna, che ne garantisce il
corretto funzionamento e il ripristino entro 48 ore in caso di guasto. Ciò
consente d’avere un tasso di operatività superiore al 90 per cento, contro
un valore del 75 per cento previsto dalla vigente legislazione come soglia
minima affinché i dati giornalieri possano essere considerati
rappresentativi e accettabili». È la risposta della direzione regionale di
Palmanova dell’Agenzia regionale per l’ambiente alle polemiche sollevate in
questi giorni sulla vicenda della Ferriera e la presenza di benzopirene.
«Da alcune affermazioni riportate emergerebbe come i dati di monitoraggio
dell’Arpa - si legge nel comunicato - siano non attendibili per la presenza
di ”buchi” e per averli analizzati con metodiche errate, tanto che i
”risultati sono sempre falsati”».
Questi due punti meritano un approfondimento. Accuse a cui l’Arpa ribatte
segnalando come nella vicenda della Ferriera «non sia venuto mai a mancare
l'impegno del dipartimento di Trieste nel monitorare la situazione
ambientale nel comprensorio abitativo circostante lo stabilimento». Un
impegno portato avanti attraverso le centraline di via Carpineto, via San
Sabba, monte San Pantaleone, via San Lorenzo in Selva (mezzo mobile e
stazione Doas), via Pitacco, via Svevo e Muggia, ma anche durante alcuni
sopralluoghi nell’abitato di Servola.
«In qualsiasi attività di monitoraggio i dati raccolti devono essere
sottoposti a un processo routinario di ”validazione”, ossia ad un processo
attraverso il quale si valuta se l’informazione - si legge nella nota
dell’Arpa - può essere considerata consona alle finalità per le quali è
stata prodotta. Ciò è stato fatto anche per i dati relativi alla Ferriera di
Servola». Una difesa del proprio lavoro, accompagnato dalla fornitura di
supporto che l’Arpa darà ai tecnici inviati dal ministero dell’Ambiente a
Trieste. |
FERRIERA - La
Lucchini: «Pronti a collaborare» -
Il legale dell’azienda: «Va bene
qualsiasi forma di monitoraggio legittima» |
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«Il gruppo Lucchini è
disponibile a ogni forma legittima di monitoraggio ambientale e a ogni
collaborazione con le autorità pubbliche».
Lo ha dichiarato ieri in serata l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al
professor Giuseppe Frigo da anni sta gestendo su incarico del gruppo
siderurgico bresciano le numerose vertenze giudiziarie ed extragiudiziarie
innescatasi a Trieste attorno alla Ferriera.
In questi giorni gli avvocati e i dirigenti dello stabilimento di Servola
stanno prendendo contatto con i vertici della Regione, della Provincia, del
Comune, della Procura della Repubblica e dell’Azienda sanitaria, in quelli
che vengono definiti «incontri esplicativi».
In questi incontri, alcuni dei quali si sono già svolti, sono stati esibiti
e messi a disposizione degli enti locali, documenti e misure.
Domattina anche la proprietà della Ferriera parteciperà alla riunione
plenaria sulla situazione delle emissioni convocata dall’assessore regionale
all’Ambiente e vicepresidente della giunta, Gianfranco Moretton.
L’unico neo che il gruppo Lucchini ha finora sottolineato riguardo gli
sviluppi degli ultimi giorni è un certo clima di aggressione che ha
rischiato di instaurarsi in città; critiche sono venute anche alla mancata
considerazione in talune misure, di tutti i parametri stabiliti dalle norme.
«Il problema benzoapirene esiste» hanno detto i ricercatori del Cigra
attivati dal pm Federico Frezza. Ma prima di giungere a risultati definitivi
e categorici, le misure devono essere effettuate nell’arco di un anno e in
più punti di rilevazione. Va aggiunto il monitoraggio interno ed esterno che
il gruppo Lucchini ha affidato a un’azienda specializzata, ha fornito dati
rispettosi dei valori-limite stabiliti da leggi e regolamenti.
Nelle prossime ore gli avvocati della società che gestisce la Ferriera
depositeranno nella segreteria del Tribunale amministrativo regionale, il
ricorso contro le tre ordinanze firmate dal sindaco Roberto Dipiazza tra la
fine dello scorso giugno ed agosto.
Verrà chiesto ai giudici di annullare per illegittimità i tre atti del
Comune. «L’azione inquinate dello stabilimento è grave e inequivocabile. Ho
ordinato alla Servola spa di attivarsi immeditamente per riportare i
parametri entro i limiti di legge. Se non verrà fatto, a tutela della salute
pubblica emetterò l’ordinanza di chiusura dello stabilimento» aveva
affermato a giugno il sindaco.
Il ricorso verrà presentato nelle prossime ore e con buona probabilità verrà
discusso nel merito in tempi non certo brevi. Diversa sarebbe stata una
richiesta di «sospensiva», ma questa via non appare percorribile perché le
tre ordinanze hanno impartito degli ordini precisi ma non hanno bloccato
alcun impianto.
Claudio Ernè |
Duino, il Corridoio 5 sarà
modificato - Ha avuto effetto l’ordine del giorno bipartisan. Spostamento a
Nord di Medeazza e Visogliano |
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Ferrovie e Regione accolgono
i rilievi del Comune: nuovo tracciato |
DUINO AURISINA Il percorso del
Corridoio 5 che riguarda Duino Aurisina non è definitivo. Anzi, verrà
rimesso in discussione: saranno riaperte tutte le procedure di confronto e
di consultazione. E' questo l'importante esito dell'incontro svoltosi nei
giorni scorsi tra Ferrovie, Regione e Comune di Duino Aurisina. L'incontro è
il risultato dell'ordine del giorno bipartisan - presentato dal
centrosinistra e dalla Lista Ret, poi sottoscritto anche da An - nell'ultimo
consiglio comunale, proprio per ottenere dettagli relativi alla procedura
del Corridoio 5 relativa a Duino Aurisina.
La delegazione comunale, guidata dal sindaco Ret, era formata dai capigruppo
e dai consiglieri della commissione competente per i problemi del
territorio, mentre per le Ferrovie è intervenuto Mario Goliani, responsabile
del progetto per la tratta Venezia-Trieste; per la Regione un responsabile
della Direzione ambiente.
La disponibilità delle Ferrovie a ridiscutere il progetto deriva dalle
modifiche necessarie lungo il tratto isontino del tracciato, anche dopo le
richieste dei Comuni della provincia di Gorizia: le Ferrovie, su indicazione
della Regione, hanno dovuto elaborare nuove ipotesi progettuali nel tratto
da Ronchi dei Legionari verso Trieste e quindi, dovendo avviare una nuova
procedura di Valutazione d’impatto ambientale, c'è spazio per esaminare
nuovamente il tracciato che percorre il territorio di Duino Aurisina. In
sostanza il progetto è diverso da quello sul quale il Comune aveva già
espresso un parere nel 2004. Pertanto sul tracciato così modificato si apre
un nuovo iter in materia d’impatto ambientale.
La Regione intende cogliere questa occasione per avviare una consultazione
preliminare delle istituzioni e della popolazione; individuare le eventuali
criticità e inserire le proposte nel progetto prima della riapertura della
nuova Valutazione d’impatto ambientale. Nel nuovo tracciato - ha precisato
Mario Goliani - si potranno quindi inserire modifiche.
Ma non basta: il sindaco Ret ha ottenuto la disponibilità dell'assessore
regionale Sonego a partecipare, entro fine ottobre, a un incontro con
l'amministrazione comunale, occasione nella quale verrà stabilito un
calendario di consultazioni che riguarderà la popolazione. «Il progetto
presentato nel 2004 dalle Ferrovie per quanto concerne il nostro territorio
- afferma - va ridiscusso e questo è un dato molto importante. Nell'incontro
a fine mese con l'assessore Sonego il Comune potrà presentare le proprie
richieste di modifica, anche se sappiamo che alcuni aspetti sono già stati
accettati a priori, e verranno inseriti direttamente dalle Ferrovie nel
nuovo progetto». Le modifiche più importanti - che saranno confermate quando
il nuovo progetto sarà pubblico e dovrà ottenere il via libera anche dal
Comune di Duino Aurisina - riguardano lo spostamento del tracciato a Nord di
Medeazza e Visogliano, l'aumento della profondità di scavo, con le rotaie
che passeranno in galleria a 65 metri sotto il terreno, la creazione di uno
svincolo autostradale provvisorio per l'uscita dei camion e dei mezzi
tecnici durante la costruzione, senza passare per il territorio di Duino
Aurisina, nonché l'interramento dell'elettrodotto collegato al progetto.
Soddisfazione è stata espressa anche dal centrosinistra e in particolare da
Massimo Veronese e da Lorenzo Corigliano, che aveva presentato la mozione in
Consiglio comunale. «La mozione - hanno detto - ha avuto l'effetto che
speravamo. Dopo le numerose preoccupazioni manifestate dai cittadini, si
apre una nuova fase di consultazioni con la dichiarata disponibilità della
Regione e delle Ferrovie di tenere conto delle proposte e dei suggerimenti
che saranno avanzati. Il Comune potrà quindi svolgere in modo appropriato il
suo ruolo di garante dell'interesse della cittadinanza». |
Sgonico, sopralluogo del
sindaco alla discarica |
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«Ho preso atto dell’allarme
lanciato dal gruppo ecologista. E, subito dopo, ho provveduto a avviare
tutte le procedure necessarie a inquadrare il problema». Così Mirko Sardoc,
sindaco di Sgonico, reagisce alla notizia diffusa lunedì da «Greenaction-Planet»
che, anche attraverso cartografia on-line, identifica in un sito del proprio
comune una discarica con residui contenenti amianto.
Stando agli ambientalisti, che sulla questione hanno realizzato anche un
filmato, la discarica risulterebbe coperta dalla vegetazione, anche se
l’occhio più attento sarebbe in grado di cogliere alcuni resti del materiale
cancerogeno. «Come avviene in questi casi – riprende Sardoc – bisogna
attenersi ai fatti e predisporre le opportune verifiche. L’attenzione della
nostra amministrazione verso queste tematiche è molto alta, pertanto sarà
mio impegno compiere il necessario sopralluogo sul posto e, subito dopo,
identificare chi è proprietario dell’area. Se sarà accertata la presenza
dell’amianto e degli altri detriti od oggetti inquinanti dovremo avviare un
percorso di bonifica».
«Il ripristino dei siti inquinati - precisa il primo cittadino - richiede un
notevole esborso economico e dunque è necessario operare con la massima
attenzione e in modo equilibrato».
Secondo gli ecologisti di «Greenaction-Planet» il sito in questione si
troverebbe a circa due chilometri dalla famosa Grotta Gigante, luogo
frequentato dai turisti specie d’estate.
m.l. |
Pannelli solari e impianti
eolici, autorizzazioni più facili - La legge sull’energia semplifica
l’iter per le installazioni di uso domestico. Avviato l’esame consiliare
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Illustrato
il «ddl Sonego» che prevede la liberalizzazione di strutture di piccole
dimensioni a fonti rinnovabili. Previsti i catasti comunali
TRIESTE Liberalizzazione dei
pannelli solari fotovoltaici e obbligo di installazione di pannelli solari
per la produzione di acqua calda negli edifici di nuova costruzione o in
fase di ristrutturazione. Sono le principali novità del disegno di legge in
materia di energia illustrato ieri alla quarta commissione consiliare
dall’assessore regionale Lodovico Sonego. Il testo prevede la
liberalizzazione per alcuni impianti di piccole dimensioni a fonti
rinnovabili: oltre ai pannelli solari fotovoltaici (purchè rimangano
all’interno degli edifici), non dovranno ottenere l’autorizzazione
energetica, ma solo il via libera urbanistico, sanitario e ambientale, gli
impianti di produzione elettrica in cogenerazione alimentati a gas naturale
di potenza inferiore o uguale a 3 megawatt, i gruppi elettrogeni di soccorso
e quelli a basso impatto inquinante, gli impianti eolici per uso domestico
fino a 5 chilowatt, gli impianti di microgenerazione elettrica alimentati a
biomasse di potenza inferiore a 1 megawatt termico, gli impianti di
stoccaggio di oli minerali (inferiori a 25 metri cubi se per usi privati,
agricoli e industriali, o di capacità inferiore 10 metri cubi se per usi
commerciali), i depositi d igpl se in bombole con meno di 1000 kg e le linee
elettriche di 20 chilovolt inferiori ai 500 metri di lunghezza.
Dovranno invece passare per la fase autorizzativa gli impianti di maggiori
dimensioni ed impatto come elettrodotti, gasdotti, rigassificatori, impianti
di produzione di energia elettrica che utilizzano fonti rinnovabili e grandi
depositi di oli minerali. Il ddl prevede anche l’obbligo di installazione
negli edifici di nuova costruzione o in fase di ristrutturazione di pannelli
solari termici per la produzione di acqua calda per almeno il 50% del
fabbisogno annuale dell’impianto termico dell’edificio, salvo documentati
impedimenti tecnici o eventuali vincoli paesaggistici e monumentali. Sempre
negli edifici nuovi o da ristrutturare dovranno essere predisposti gli
impianti necessari alla successiva installazione di pannelli solari
fotovoltaici. «Quello del risparmio energetico rappresenta una sfida
importante per i prossimi anni – sostiene il presidente della quarta
commissione, Uberto Fortuna Drossi – della quale in Italia non si è ancora
compresa la reale importanza». Entro fine anno l’Unione europea dovrebbe
emanare una direttiva che imporrà l’applicazione di misure forti per ridurre
il consumo energetico. Ancora non si conoscono con precisione i termini di
questa direttiva ma appare plausibile che l’obiettivo che verrà indicato a
livello comunitario si avvicini ad un 20% di produzione energetica da fonti
rinnovabili entro il 2015ed in Italia attualmente siamo al 4,9%. «La
principale fonte di consumo energetico – spiega Fortuna Drossi – è
l’edilizia con circa il 62% contro il 25% dell’industria che in Regione è
più incidente in quanto scontiamo la presenza di industri pesanti». Per
contenere il consumo energetico, il disegno di legge indica la promozione di
accordi con le imprese di distribuzione nonché, per contenere i costi a
carico dell’utenza, di forme associative per l’acquisto di energia sul
mercato. Prevista anche, secondo quanto indicato dalla normativa nazionale,
l’istituzione del catasto comunale degli impianti termici che indicherà
ubicazione, potenza e anno di installazione, in modo da garantire la
maggiore efficienza degli accertamenti da parte dei Comuni. Previsto anche
il catasto regionale degli elettrodotti che disporrà l’inventario delle
linee elettriche per valutare campi elettrici e magnetici derivanti dalle
linee esistenti e l’eventuale impatto in questo senso in caso di costruzione
di altri elettrodotti.
Roberto Urizio |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 9 ottobre 2007
Ferriera, test
della diossina con 2 anni di ritardo - L’Azienda sanitaria: «Il nostro
progetto del 2005 era sparito dal verbale della Regione» |
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Si era già
svolto un incontro per decidere i controlli da effettuare a Servola con la
partecipazione di Ass, Burlo e Medicina del lavoro |
Ogni esame
costa 1300 euro. L’unico laboratorio in grado di leggere le analisi è a
Mestre |
Si nasconde dietro una intricata
vicenda il motivo per cui a Servola non sono mai state effettuate le
previste analisi sulla presenza di diossina nei terreni e nella catena
biologica (mamme in allattamento e dipendenti della Ferriera) proposte
dall’Azienda sanitaria già nel settembre 2005, all’indomani delle emissioni
di diossina dal camino E5 della fabbrica. E’ una storia che oggi è possibile
ricostruire, e sulla quale nel frattempo è piombata nei giorni scorsi la
nuova emergenza con l’evidenza di dati sopra i limiti di benzoapirene e
polveri sottili. |
La richiesta alla Regione di
poter effettuare questi controlli sulla salute e sull’ambiente è stata
reiterata il 3 ottobre scorso e l’Azienda sanitaria attende una risposta,
anche se in questo preciso momento è diventata dirompente la notizia degli
altri inquinanti che hanno portato il sindaco molto vicino a materializzare
la già promessa ordinanza di chiusura, con il consenso di istituzioni,
sindacati e mondo politico, e il coinvolgimento diretto del ministero
dell’Ambiente.
Ma negli stessi giorni in cui il direttore generale dell’Azienda sanitaria
Franco Rotelli e il Dipartimento di prevenzione firmavano l’avvertimento sul
rischio per la salute pubblica dopo aver preso visione del rapporto stilato
dal Cigra per la magistratura, ancora si stava lavorando (dopo due anni)
all’affare della diossina, bloccato da una incredibile serie di inciampi,
intoppi e pure strane omissioni.
«Era il 22 settembre 2005 - racconta Valentino Patussi, medico del
Dipartimento di prevenzione, assieme alla dirigente del servizio Marina
Brana - quando si tenne una riunione del gruppo tecnico ristretto sulla
diossina, dopo la notizia di emissioni dal camino E5. C’erano l’Istituto
tecnico diossina del ministero, rappresentanti dell’Istituto superiore di
sanità, l’Arpa, il Comune, la Provincia, l’Azienda sanitaria, per la Regione
era presente la Direzione centrale dei Lavori pubblici, servizio tutela
inquinamento atmosferico, acustico e ambientale, e in quella sede
consegnammo una proposta, in collaborazione con la Medicina del lavoro
dell’Università di Trieste, tesa a misurare lo stato di salute della
popolazione di Servola. Diossina, ma non solo».
Si volevano controllare i terreni e la catena biologica. Si proponeva a quel
consesso di alto livello di misurare il dosaggio di diossina nel latte delle
partorienti al Burlo Garofolo, scegliendone un campione di Servola e uno del
resto della città, da mettere a confronto. Si voleva testare il siero degli
abitanti del quartiere e dei lavoratori della Ferriera (cioé il sangue
depurato dei globuli rossi e bianchi, che trattiene e rende visibili
determinate sostanze).
«Si disse anche - prosegue Patussi - che l’analisi del siero sarebbe stata
forse impossibile, non si era trovato alcun laboratorio in Italia in grado
di eseguire questo esame». La Regione verbalizzava la riunione. «Ma quando
il verbale arrivò, era scomparsa del tutto la parte che riguardava la
proposta sulla diossina dell’Azienda sanitaria».
Siamo al 20 ottobre 2005. Rotelli richiede formalmente per lettera alla
Regione di integrare il documento. E riassume nuovamente il progetto.
«Altrettanto - dice il medico, carte alla mano - fece l’Arpa, che spedì alla
Regione analoga richiesta in termini ancora più forti, ma a oggi nessuno ha
visto il verbale riscritto».
Si arriva a quest’anno. Il 3 luglio l’Azienda sanitaria chiede un incontro
in Provincia, che avviene il giorno 19. Il 27 Rotelli e la responsabile del
Dipartimento prevenzione Brana sono nuovamente in Regione: «Sollecitano -
riepiloga Patussi - la stessa cosa, l’analisi sulle diossine, e informano di
aver intanto individuato a Mestre un laboratorio in grado di analizzare
anche il siero, dicono che ogni esame costa 1300 euro, e chiedono la
collaborazione economica della Regione, presentando un organico progetto
complessivo».
Il 31 agosto la Regione risponde per iscritto «e in quella lettera per la
prima volta attesta la nostra richiesta del settembre 2005, mai verbalizzata
- dice il medico -, ma chiude con una strana domanda: ’’Come i risultati
ottenuti verranno o meno attribuiti alla presenza della Ferriera?’’». Il 3
ottobre - siamo a questi giorni - l’Azienda sanitaria risponde, per
conoscenza anche all’Arpa, alla Direzione regionale salute, alla Direzione
regionale Lavori pubblici, elencando il livello dei professionisti
coinvolti: «L’Azienda sanitaria, l’Irccs Burlo Garofolo, la Medicina del
lavoro dell’Università di Trieste, il Dipartimento di patologia medica
sperimentale e clinica dell’Università di Udine con la cattedra di Igiene ed
epidemiologia, vale a dire - conclude Patussi - i massimi specialisti del
settore, dal triestino Bovenzi all’udinese Barbone a Tamburlini del Burlo,
garantendo che saranno in grado di adeguatamente leggere le analisi». Si
attende risposta.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Da
tre mesi la Lucchini tratta con la procura un piano di abbattimento del
benzoapirene
|
I contenuti dell’impegno
assunto il 21 giugno scorso. L’intervento richiede dai 12 ai 18 mesi
|
Del benzoapirene, la sostanza
cancerogena segnalata dal Cigra con valori superiori alla norma, da mesi
stanno discutendo la Procura della Repubblica e la proprietà della Ferriera
di Servola. I legali del gruppo Lucchini, gli avvocati Giuseppe Frigo e
Giovanni Borgna, hanno parlato su questo tema con il pm Federico Frezza, il
magistrato che dal 1999 ha iniziato a indagare sui ripetuti episodi di
imbrattamento e sulle emissioni diffuse dello stabilimento.
La base della discussione sul benzoapirene e sul modo di azzerarne o
contenerne al massimo la presenza, è rappresentata da un capitolo della
consulenza affidata al professor Marco Boscolo proprio dalla Procura
nell’ambito di un procedimento penale, sfociato prima in un sequestro e poi,
per decisione della Cassazione, nel dissequestro degli impianti più a
rischio.
Nell’ambito di questo procedimento il gruppo Lucchini si è impegnato a
effettuare un massiccio piano di investimenti per abbattere le emissioni, un
piano che è stato concordato nei tempi e negli interventi proprio con la
Procura e suoi consulenti. L’impegno coinvolge anche le misure per abbattere
il benzoapirene. L’azienda si assunta questo onere pur contestando i metodi
del rilevamento del Cigra. Ecco l’impegno del gruppo Lucchini, pervenuto
alla Procura il 21 giugno scorso.
«Sulla presunta concentrazione di benzoapirene in alcuni campioni prelevati
in via dei Giardini, se da un lato non si evince una prova attendibile sul
superamento del limiti previsti dalle attuali norme, dall’altro la
realizzazione dello sdoppiamento del sistema di riscaldamento delle batterie
di distillazione della cokeria, descritto dal professor Boscolo, appare in
grado di far conseguire l’eliminazione, ovvero la riduzione al minimo
tecnicamente possibile anche delle eventuali emissioni di sostanze
contenenti benzoapirene». Per realizzare questo sdoppiamento del sistema di
riscaldamento delle batterie di distillazione, sono necessari dai 12 ai 18
mesi di lavoro.
Il 26 giugno il pm Federico Frezza risponde al gruppo Lucchini. «Gli
interventi sulla cokeria come rappresentati dal professor Boscolo,
dovrebbero avere anche un effetto benefico nel limitare le fuoriuscite di
benzoapirene. Ma ciò verrà valutato in altra sede, atteso che le misurazioni
delle immissioni, con incarico di questa Procura al Cigra, sono iniziate da
pochi mesi, al punto che l’Azienda sanitaria ha scritto al sindaco l’11
giugno che i dati del Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di
campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio
igienico sanitario per la popolazione. I dati emersi sono preoccupanti per
cui è necessario effettuare un approfondimento della campagna di
rilevazione».
Da tempo il gruppo Lucchini misura attraverso più centraline, i valori delle
immissioni - benzoapirene compreso - all’interno dello stabilimento di
Servola e nelle immediate adiacenze. Questi dati nei prossimi giorni
verranno resi pubblici e messi a disposizione di tutte le autorità,
amministrative, politiche, sanitarie e giudiziarie. Assieme a questi dati,
che sarebbero in controtendenza con le rilevazioni del Cigra, verrà
illustrato quello che secondo l’azienda è il corretto metodo per raccogliere
i campioni e leggerli nella loro completezza, secondo le norme vigenti.
Claudio Ernè |
FERRIERA -
Vertice al ministero per inviare i tecnici - Confronto tra il sindaco
Dipiazza, il legale della proprietà e il pm Frezza |
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Riunione al ministero
dell’Ambiente ieri pomeriggio sul caso della Ferriera di Servola. Giancarlo
Viglione, commissario dell’Apat (l’Arpa nazionale), ha esaminato tutta la
documentazione inviata da Trieste e ha incontrato i tecnici dell’Agenzia per
dare avvio al piano di lavoro. Verranno stabiliti sia le strumentazioni
necessarie per avviare la validazione dei dati esistenti, sia i tempi
tecnici e la metodologia.
La decisione di varare un monitoraggio a livello nazionale era stata presa
con grande immediatezza nei giorni scorsi dal ministro Alfonso Pecoraro
Scanio, al quale il sindaco Dipiazza e il consigliere regionale dei Verdi
Alessandro Metz avevano inviato con tempestività i dati delle analisi del
Cigra, dopo che l’Azienda sanitaria aveva reiterato il proprio avvertimento
sul «rischio per la salute pubblica» in presenza sul territorio di Servola
di livelli di benzoapirene molto eccedenti i limiti di legge e di polveri
sottili che a fine agosto avevano già oltrepassato il limite dei 35
sforamenti annui consentiti.
Intanto Dipiazza ha avuto ieri un incontro con il pm Federico Frezza
titolare delle inchieste sull’inquinamento nell’ambito delle quali ha
chiesto al Cigra un monitoraggio degli inquinanti a Servola e con l’avvocato
della Ferriera, Giovanni Borgna, che fin qui a nome dell’azienda ha
rigettato al Tar tutte le ordinanze emesse dal sindaco su impulso
dell’Azienda sanitaria.
g. z. |
SGONICO -
Denuncia: «Discarica con amianto» |
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TRIESTE Un nuovo allarme
ambiente giunge dal gruppo ecologista Greenaction-Planet (gestisce l’omonimo
sito Internet): secondo gli attivisti pro natura «sul Carso nuove discariche
emergono da uno scomodo passato che si sta cercando di nascondere».
La discarica in questione, secondo gli ecologisti, si può vedere nel video
girato da Greenaction Transnational (inserito su You Tube) si trova a
ridosso di un centro polisportivo, di un centro commerciale e dell'area
artigianale del Comune di Sgonico, a non più di 2 km dalla Grotta Gigante,
una delle maggiori attrazioni turistiche del Carso. La discarica ha una
lunghezza di circa 250 metri ed è coperta dalla vegetazione. «Tra i tanti
cumuli di rifiuti - denunciano gli ecologisti - spiccano quelli con
affioramenti di cemento amianto (anche sbriciolato), fatto questo che deve
destare un giustificato allarme, vista la presenza nei paraggi di centri
frequentati dal pubblico». I cumuli di amianto, per gli autori della
denuncia, sono infatti esposti all'azione del vento di bora e le fibre
possono essere disperse su una superfice molto vasta. Bisognerebbe
perimetrare e metere in sicurezza l’area. |
Muggia, sui
rigassificatori dibattito con sloveni e croati - I partiti della
sinistra preparano una serie di incontri con gli esperti d’oltreconfine |
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Gli
organizzatori vogliono affrontare i temi delle scelte energetiche e delle
pratiche d’autorizzazione procedurale in ottica di Euroregione
Il «Tavolo della sinistra
muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per
una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Sono previsti
interventi di esperti e politici italiani, sloveni e croati per approfondire
e avere percorsi comuni sui temi d’interesse condiviso.
I rappresentanti dei partiti della sinistra di Muggia prendono spunto da
recenti incontri governativi tra Italia e Slovenia sul tema dei
rigassificatori e intendono portare avanti la loro battaglia. «Dopo una
nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è deciso
d’intraprendere una serie d’incontri con esponenti politici e di
associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte loro un quadro
più approfondito della situazione e degli sviluppi che l'incontro dei due
capi di Stato potrà innescare nelle scelte in campo energetico e soprattutto
nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai progetti di impianti di
rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e Capodistria». I partiti
della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei confini e
in un ottica di Euroregione, anche la progettualità della gestione del
territorio deve essere condivisa con i Paesi limitrofi.
«Pertanto – dicono - anche le problematiche energetiche e le scelte
d’impianti a esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione
politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale. In
considerazione del fatto che dei suddetti impianti si sia cominciato a
parlare anche nell'Istria croata è ormai evidente che la discussione in
merito deve essere allargata il più possibile e deve coinvolgere pure i
rappresentanti di quelle zone».
s. re. |
Verso un
collegamento ferroviario tra i due scali Luka Koper pronta a collaborare: «È
essenziale» |
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Mancano solo
sei chilometri per completare la tratta che unisce i due porti, due in
territorio italiano, quattro in quello sloveno
CAPODISTRIA Il porto di
Capodistria non solo è favorevole, ma considera opera essenziale il
completamento del collegamento ferroviario che deve mettere in comunicazione
diretta i due scali. È la notizia di dettaglio tecnico di maggior rilievo
emersa già dopo la cinquantina di minuti in cui le due delegazioni sono
rimaste a colloquio nella sala del consiglio di amministrazione di Luka
Koper, prima della visita dello scalo e della colazione di lavoro. «È un
fatto di grande importanza perché noi consideriamo il collegamento
prioritario - ha commentato subito il presidente dell’Autorità portuale
triestina Claudio Boniciolli - ma non era per nulla scontato che Capodistria
avesse la medesima opinione».
Per completare la tratta mancano sei chilometri di binari, dei quali solo
due in territorio italiano (dalle Noghere al confine) e quattro in quello
sloveno. È già stato fatto uno studio di fattibilità che ha quantificato la
spesa complessiva in 85 milioni. Chiaro però che ora dovranno entrare in
azione anche gli enti ferroviari e i Governi dei due Paesi. «Credo che sia
Casar che io dobbiamo lamentarci della lentezza con cui procedono i progetti
del Corridoio cinque e delle sue ramificazioni verso il mare», ha detto
Boniciolli. Del resto anche la collaborazione tra i porti di Trieste e di
Capodistria ha potuto essere sollecitata dagli stessi premier Prodi e Jansa
solo dopo che Lubiana ha approvato il collegamento diretto dell’Alta
velocità tra Trieste e Divaccia.
Altra concordanza di vedute c’è stata immediatamente anche per quanto
concerne il marketing comune perlomeno in occasione delle principali
manifestazioni fieristiche internazionali. Il presidente di Luka Koper,
Casar ha espresso l’auspicio che i due porti si presentino con uno stand
congiunto al prossimo Transport logistic di Monaco di Baviera, la principale
fiera europea della logistica la cui prossima edizione si svolgerà nella
primavera 2009.
Ma a questo punto, come rileva lo stesso comunicato emesso nel pomeriggio da
Luka Koper, Boniciolli ha rilanciato chiedendo che si parta prima con altri
passi concreti. Quello del turismo nautico in Adriatico e specificatamente
delle crociere potrebbe essere uno dei campi di più immediata collaborazione
con vicendevoli partecipazioni miste nelle società che si occupano dei
rispettivi Terminal passeggeri.
s.m. |
Un ecomostro
potrebbe sorgere vicino alle Brioni - L’allarme lanciato dal sindaco
di Dignano. Pronta all’investimento la società «Pelagius» |
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L’area
interessata verrebbe trasformata in terreno coltivabile per poi edificare un
complesso alberghiero di almeno 100 ettari
DIGNANO Il sindaco Klaudio
Vitasovic non dorme sicuramente sonni tranquilli dopo aver saputo che la
società Pelagius di Salvore ha buttato l'occhio su 212 ettari di terreno
ubicati ai lati della strada che porta a Peroi, con vista sulle Isole Brioni.
L'incubo si manifesta con le sembianze di un mostro di catrame e cemento.
L'immobile in questione appartiene allo Stato e la sua destinazione, in base
al piano territoriale, è quella di bosco. Ebbene la Pelagius spinge per
modificare la destinazione in terreno coltivabile in quanto apparentemente
interessata a impiantarvi un grande oliveto. Una richiesta in tal senso
all'amministrazione municipale è già stata fatta dall'Azienda forestale di
stato, in questo caso evidentemente sponsor della Pelagius. «Se la
destinazione dell'immobile dovesse essere agricola - dice il sindaco -
allora dovremmo essere noi a gestire il terreno, dandolo in affitto ai
nostri agricoltori, per cui gli investitori paracadutati dall'esterno non
hanno cosa cercare».
Vitasovic quindi non nasconde il disappunto per il fatto di non esser stato
interpellato direttamente né dalla Pelagius né dal ministero
dell'Agricoltura e foreste sicuramente al corrente di quanto sta succedendo.
A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il sindaco ha i sonni
turbati considerato che alla fine la Pelagius vorrebbe strappare l'immobile
in questione dall'abbandono e trasformarlo in grande uliveto con vantaggi
economici anche per le casse municipali? La risposta è semplice: perché c'è
l'atroce sospetto che l'oliveto in questione sia il Cavallo di Troia
dell'ennesimo progetto di cementificazione in Istria.
Spieghiamo. In base al piano territoriale di Dignano sul terreno
coltivabile, ogni due ettari si può costruire una casa o villa padronale che
poi si potrebbero sfruttare a fini turistici e commerciali. E 212 ettari
diviso 2 uguale a circa 100 ettari edificabili. Una prospettiva che spaventa
i dignanesi e il loro sindaco visti i continui attacchi al patrimonio
naturale da parte degli speculatori. L'ipotesi della cementificazione in
questo caso non è campata in aria visto che la Pelagius, come scrive la
stampa croata, è in mano direttamente o indirettamente ad alcuni
imprenditori coinvolti nei progetti Residence Skipper e Kempinski nell'umaghese.
p. r. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 8 ottobre 2007
Ferriera, test
diossina su mamme e operai - Il direttore sanitario Reali: in passato
nessuna differenza sull’incidenza dei tumori tra chi vive nel rione e le
altre zone |
|
L’Ass: esami
anche fuori dello stabilimento, monitoriamo le servolane in allattamento |
Mentre questa settimana arrivano
i tecnici del ministero dell’Ambiente per validare i dati dell’inquinamento
della Ferriera, e consenso alla chiusura arriva anche dal vicepresidente
della commissione regionale sanità Sergio Lupieri (Margherita) per superiori
ragioni di salute pubblica «che non hanno tessere di partito», l’Azienda
sanitaria si appresta a controllare eventuale assorbimento di diossina in un
campione di lavoratori della Ferriera e in un altro di mamme abitanti a
Servola e in fase di allattamento.
Il latte materno è particolarmente «assorbente» e rivelatore. L’idea non è
nata ieri, sull’impulso dei nuovi dati che stanno portando il sindaco e
tutte le istituzioni (compresi i sindacati) a fronteggiare l’ipotesi di
chiusura della fabbrica per superamento reiterato dei limiti, ma le fasi
preparatorie avranno adesso una forte accelerazione, così come riprenderanno
le indagini sulle urine degli operai per controllare la presenza o meno di
benzoapirene, il pericoloso idrocarburo policiclico aromatico che il corpo
umano assorbe specialmente veicolato dalle polveri sottili, di cui a Servola
sono stati oltrepassati i limiti di legge anche su base annua.
Uno screening in tal senso era stato già realizzato un anno e mezzo fa. I
sindacati dell’azienda si sono di recente lamentati che questo controllo sia
stato sospeso e ne hanno chiesto la ripresa: «Erano stati controllati i 150
lavoratori della cokeria - ha raccontato di recente Giulio Frisari,
segretario provinciale della Failms-Cisal, sindacato autonomo dei
metalmecanici e siderurgici - e in seguito a ciò una decina di operai era
stata spostata in altro reparto, perché era stato riscontrato nel loro
liquido biologico un livello di benzoapirene superiore ai limiti».
Il direttore generale Franco Rotelli si trova in questi giorni all’estero.
Risponde il direttore sanitario Mario Reali: «Con la lettera inviata alle
istituzioni il 4 ottobre l’Azienda sanitaria ha inteso indurire la propria
posizione nei confronti di dati sulle Pm10 e sul benzoapirene (cancerogeno e
causa di mutazioni genetiche) a livelli decisamente molto alti. Le nuove
analisi sulle diossine saranno condotte in collaborazione con Regione,
Provincia e Ferriera stessa, in quanto hanno un costo piuttosto elevato,
quelle sull’urina per verificare il benzoapirene avvengono in accordo col
sindacato e con l’Inail».
Ma per quale motivo non è stata proseguita allora quell’indagine, visto che
adesso sembra fatto nuovo ed eclatante l’inquinamento da benzoapirene, che
sul territorio di Servola ha toccato punte di 90 nanogrammi per metro cubo
mentre il limite, fissato tra l’altro da un decreto legislativo di agosto, è
di un solo nanogrammo? «Perché - risponde Reali - era un dato disaggregato,
mancava l’evidenza di analisi complessive».
Che ora il Cigra universitario ha realizzato e di cui il sindaco attende la
tranche finale relativa al mese di settembre prima di prendere una decisione
definitiva sul futuro della fabbrica di ghisa, che proprio il 24 novembre
festeggerà i 110 anni esatti dalla nascita. I campionamenti sono stati già
fatti ma per l’elaborazione delle analisi il Cigra si è appoggiato - lo
dichiara nel proprio report - ai laboratori del Consorzio Inca (Consorzio
interuniversitario nazionale «La chimica per l’ambiente»), che coordina 30
università e 80 centri di ricerca, con sede principale a Venezia.
Da gennaio a giugno in via dei Giardini (tetto) e in via San Lorenzo in
Selva (stazione ferroviaria) il Cigra ha rinvenuto tra il 31 gennaio e il 2
giugno 2007 una media di 16,9 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, con
picchi appunto di 90, 54 e 56. Mentre in via Giorgieri (terzo piano) e in
via Fleming (zona università) non è stato superato il livello medio di 0,22.
«In tutti i casi - prosegue Reali, descrivendo l’attività del Dipartimento
di prevenzione cui tutta questa attività pertiene - sono stati messi a
confronto i dati di salute della città con quelli di chi abita a Servola, e
non è stato riscontrato, come già riferito da Rotelli, alcun aumento di
malattie tumorali attorno alla Ferriera. Inoltre abbiamo messo a
disposizione dei residenti un medico a chiamata per un pronto intervento
speciale in caso di conclamati disturbi di cui potrebbe essere responsabile
l’ambiente». Basta chiamare il centralino, 040.399.1111, chiedere del medico
di turno dell’Igiene pubblica, il quale fa una visita a domicilio e tiene un
registro dei casi che serve come monitoraggio delle conseguenze sulla salute
di emissioni e fumi.
Medico, consigliere regionale della Margherita e vicepresidente della
commissione regionale sanità, interviene sul tema anche Sergio Lupieri: «Se
la Ferriera di Servola non è più compatibile con il tessuto urbano di
Trieste il sindaco Dipiazza intervenga secondo i poteri conferitigli dal suo
mandato, sono poteri enormi quando coinvolgono la salute dei cittadini».
Anche Lupieri salda l’appoggio politico che si sta creando attorno alla
convinzione di Dipiazza: «La salute dei cittadini - prosegue - non deve
avere né tessera di partito né colore politico, ma essere un patrimonio di
civiltà di tutta la comunità di cui il sindaco è il primo cittadino».
Bisogna tener conto dei dati che emergono, continua il medico-consigliere, e
del fatto che le precedenti ordinanze non hanno conseguito effetti, e
inoltre, aggiunge, «non può esistere sviluppo economico laddove non possa
essere garantita la compatibilità in termini di tutela della salute pubblica
e di sicurezza di salute per i lavoratori e per l’ambiente».
Certamente, conclude Lupieri, sono necessarie soluzioni politiche «che
garantiscano ai lavoratori riconversioni e garanzie, ma la salute di una
città e di una provincia di 240 mila abitanti è condizione primaria, e
bisogna cogliere il momento attuale dello studio per il rilascio della
autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione per prendere
decisioni non più rinviabili».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - In
Provincia chiesta dal centrodestra la sfiducia a Barduzzi - La replica: ho
fatto quanto dovevo |
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Sulla Ferriera un attacco
pesante alla Provincia, e all’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi, era
giunto ieri dal Verde Alessandro Metz: «Abbia l’umiltà di leggere i dati, o
si dimette o risponde in modo adeguato». E ora anche i consiglieri
provinciali di centrodestra attaccano Palazzo Galatti e in particolare
Barduzzi. «Ancora una volta - scrivono per An Marco Vascotto e Arturo
Governa - dobbiamo constatare l’assoluto disinteresse dell’amministrazione
provinciale nei confronti della difficile situazione». L’assessorato
all’ambiente, scrivono, «continua a rimanere silente», così come
l’assessorato al lavoro, quello alle attività produttive e la stessa
presidente Bassa Poropat, «cha ha evidentemente rinunciato a dare un ruolo
all’ente che presiede su questioni così decisive».
Forza Italia e Lista Dipiazza annunciano intanto «una mozione di sfiducia»
verso Barduzzi, «facendo nostre le accuse» di Metz. «Fin dal suo
insediamento Barduzzi si è limitata a accusare pesantemente il sindaco
Dipiazza, lavandosene le mani e lasciandolo solo», ma oggi - si stupiscono
Grizon e De Gavardo - «anche l’ing. Barduzzi si è accorta che la ”salute è
la cosa più importante”». I due esponenti dell’opposizione ricordano i «20
mila euro» spesi dalla Provincia nel progetto metropolitana leggera, mentre
«Barduzzi non ha avuto il tempo per promuovere analisi sul territorio
provinciale per misurare le immissioni in atmosfera della Ferriera». Di qui
l’annuncio della mozione, in un attacco che il centrodestra rivolge anche
alla Regione che sulla Ferriera «ha sempre mantenuto una posizione
palesemente ondivaga».
Decisa la risposta di Barduzzi: «Grizon e De Gavardo fanno polemica, è il
loro ruolo, ma io ho fatto tutto quanto di mia competenza. I dati sono
pubblici, quando i limiti venivano superati li ho sempre comunicati allo
stabilimento e alla Procura». Barduzzi lo ribadisce: «A partire da gennaio,
sia nelle misurazioni dell’Arpa che in quelle della società ingaggiata dalla
Severstal non si sono avuti sforamenti dai camini: perché sono queste le
emissioni che noi, su delega della Regione, dobbiamo controllare». Quanto
alle emissioni diffuse, l’autorizzazione regionale su cui la Provincia deve
sorvegliare «non pone limiti, restano quelli di legge che stanno
controllando Comune e Procura». E poi «ho sempre partecipato personalmente
alle conferenze di servizi sulla richiesta di autorizzazione integrata»
richiesta dallo stabilimento alla Regione, aggiunge Barduzzi, «e ho avuto
incontri con gli abitanti di Servola».
Quanto all’accusa rivoltale da Metz, quella cioè di parlare di dati derivati
da traffico, Ferriera e altri impianti industriali, «non lo dico io: lo
stesso ingegnere Agricola (direttore generale del ministero dell’Ambiente,
ndr) nella riunione in Prefettura di due settimane fa ha parlato di vari
fattori di inquinamento», precisa Barduzzi. L’assessore ribadisce di aver
sempre fatto «tutto quanto si doveva e poteva fare», aggiungendo che
«abbiamo creato un database per la verifica delle emissioni da tutte le
circa 70 aziende che dobbiamo controllare», e che «stiamo organizzando un
tavolo con esperti per valutare la possibilità di dismissione o
riconversione della Ferriera, i temi legati a una futura nuova destinazione
urbanistica e alla bonifica del sito». Infine, «non ho mai attaccato
Dipiazza», chiude Barduzzi: ho sempre detto invece che se il problema
riguarda la salute pubblica è lui la massima autorità in campo sanitario, ed
è per questo che può emettere un’ordinanza». |
FERRIERA -
Dipiazza: «Ora potrei non abbassare più l’Ici, quei soldi integreranno la
cassa integrazione» |
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Il sindaco deciso a firmare
la chiusura: «Se un giudice mi dà torto mollo tutto e vado a coltivare
patate»Potrebbe non abbassare l’Ici per integrare la cassa integrazione
dei futuri disoccupati della Ferriera così da mantenerne - come chiesto dai
sindacati - stabile il livello di reddito. Ha un’idea su come assorbire le
pesanti conseguenze di una chiusura di attività industriale, anche al di là
dello storico stabilimento (Sertubi, per esempio, e altro indotto, pari a
circa 1000 stipendi a perdere). E intanto Dipiazza incassa un consenso
inedito. «Ne prendo atto - dice - tutti adesso sono con me, mi ero dato
degli obiettivi e li ho raggiunti, ho portato l’opinione pubblica a
concordare sul Porto Vecchio e adesso sulla necessità di chiudere la
Ferriera, ho passato momenti di grande sofferenza quando parlavo da solo, ma
adesso sono molto soddisfatto».
Naturalmente non è un valzer allegro ciò di cui si parla, e il sindaco non
se lo nasconde. Ma a tutto ha una risposta. In primo luogo ribadisce:
«Quella fabbrica non rappresenta lo sviluppo per la città». Poi manda un
avvertimento all’azienda: «Adesso tutti hanno capito, e non ci stanno, la
Ferriera ha sempre giocato sulle nostre divisioni politiche, e ha goduto di
vaste e gravi coperture, e sulla presenza di benzoapirene, se è vero che ha
fatto proprie analisi, ha sempre bluffato». Infine guarda la cosa in senso
storico-antropologico: «Quarant’anni fa eravamo poveri, e disposti a
barattare la salute col lavoro, ma adesso i tempi sono molto cambiati e
questo scambio non lo accetta nessuno».
Ma come risolvere le disoccupazioni e gli effetti a catena? «Cassa
integrazione, e integrazione di salario, credo collaboreranno anche Regione
e Provincia, ma se il Comune restasse solo penso per esempio alla soluzione
Ici, ma non è l’unica, la Sertubi potrebbe produrre con un forno elettrico,
la centrale di cogenerazione potrebbe usufruire del futuro
rigassificatore... Tante cose si possono fare» dice Dipiazza, che nella
raffica di incontri e contatti istituzionali e sindacali di questi giorni,
fino al ministero dell’Ambiente, afferma di non aver parlato finora con
l’Associazione industriali: «Stanno sempre dalla parte della proprietà, la
difendono a oltranza, so già le risposte».
Ma su quale punto di legge baserebbe il sindaco la propria ordinanza di
chiusura della Ferriera? «Se davvero c’è pericolo per la salute - esclama
Dipiazza senza nemmeno entrare nel merito - voglio proprio vedere chi mi
verrà contro. Pensiamo solo a che cosa può succedere davanti al primo che
muore di cancro e fa causa. Ma ci ricordiamo che a Marghera sono stati
incriminati per strage? Se poi un giudice mi darà torto - conclude il
sindaco acceso -, allora davvero mando all’aria tutto a mi ritiro a
coltivare patate in Friuli».
g. z. |
Rogo alla
centrale Enel di Monfalcone, fiamme visibili da Duino |
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Fiamme alte
fino a 30 metri e esplosioni che hanno allarmato centinaia di persone.
L’incendio provocato dal surriscaldamento di un trasformatore elettrico
Fiamme alte fino a 30 metri,
esplosioni e sibili che hanno fatto sobbalzare centinaia di cittadini, una
colonna di fumo che ha rischiato di investire case, bar e alberghi vicini,
un black-out di venti minuti che ha privato della corrente elettrica tutta
Monfalcone, compreso l’ospedale. Un furioso incendio, visibile anche da
Duino Aurisina, innescato probabilmente dal surriscaldamento di un
gigantesco trasformatore elettrico, ha semidistrutto nel corso della notte
l’impianto di trasformazione di Enel Distribuzione lungo la statale 14,
all’ingresso della città per chi proviene da Trieste, e che serve a fornire
energia elettrica a tutta Monfalcone.
Le fiamme sono divampate all’improvviso attorno alle 2.15 e immediato è
stato l’allarme ai vigili del fuoco che è stato lanciato da alcuni
automobilisti di passaggio e soprattutto dagli abitanti delle palazzine che
si trovano a qualche centinaio di metri dall’impianto e che all’improvviso
sono stati svegliati da micro-esplosioni e da un bagliore che ha illuminato
a giorno tutto il quartiere Est.
I pompieri sono stati impegnati per oltre 4 ore per aver ragione del fuoco e
mettere in sicurezza l’area. I danni agli impianti elettrici ammonterebbero
- anche se Enel non ha ancora fornito dati certi - a qualche centinaia di
migliaia di euro: l’incendio ha distrutto due grossi trasformatori e ha
danneggiato le strutture circostanti dell’impianto di trasformazione.
Fabio Malacrea |
Le case
intorno alla Ferriera |
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La Ferriera è lì da oltre un
secolo. Era stata messa lì perché lontana dalle case. Fa parte della
tradizione industriale della città. I servolani ci sono sempre convissuti.
Ma negli ultimi decenni lì attorno sono sorti enormi caseggiati, penso
inizialmente dell'Iacp: già i poveri possono anche crepare... Poi le
immobiliari hanno fatto il resto. Oggi la Ferriera è circondata da
abitazioni.
Non sapevano i costruttori che dalla sua ciminiera esce il fumo forse? Certo
che lo sapevano, ma il fumo rende semplicemente basso il valore dell'area
edificabile. Quindi è la logica del mercato la causa dell'urbanizzazione del
suo circondario, sono le amministrazioni comunali che hanno data la licenza
edilizia, sono lo Iacp e le immobiliari i responsabili dei mali che i fumi
recano ai cittadini.
Ma si sa: è più facile chiudere la Ferriera che perseguire chi ha dato le
licenze edilizie. Ormai sarà tutto «archiviato», come l'amianto e la
diossina di Barcola. Le immobiliari mai sazie vorrebbero chiudere anche il
porto vecchio per farne un'area edificabile.
Risalta poi la contraddizione fra le preoccupazioni «ecologiche» di certi
politici riguardo la Ferriera e la loro bramosia dei rigassificatori che
sterilizzerebbero la vita del nostro mare già moribondo. Turismo su un mare
morto? A proposito, perché non si parla di rigassificatori che non usano il
mare per il riscaldamento del gas ma parte del gas stesso? Perché costa di
più?
Fabio Mosca |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 7 ottobre 2007
Ferriera, il
ministro manda i suoi tecnici - La situazione dello stabilimento
servolano diventa un caso nazionale. Verdi e Wwf chiedono esami sulle
diossine |
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Pecoraro
Scanio: «Dati preoccupanti, sosterremo le scelte del Comune» |
«Si tratta - scrive il ministro
in una nota diffusa all’indomani stesso delle informazioni sui livelli di
Pm10 e benzoapirene riscontrate a Servola - di dati preoccupanti, il
superamento accertato rappresenta un rischio per la salute umana e per
l’ambiente nel suo complesso: nel caso di validazione e conferma di queste
cifre il ministero dell’Ambiente supporterà le scelte che il sindaco riterrà
opportuno adottare per evitare ulteriori danni». La chiusura dell’impianto
preannunciata da Dipiazza al governo, alle istituzioni locali e ai sindacati
nel caso i dati finali relativi a settembre confermino quelli precedenti
elaborati dal Cigra per il pm Federico Frezza, trova dunque credito.
«Se il sindaco di fronte a un allarme per la salute pubblica non agisce
secondo i propri poteri rischia una denuncia penale per omissione di atti
d’ufficio» ha detto ieri Metz in una conferenza stampa indetta per
presentare l’azione del ministro. «Però adesso - ha aggiunto - non è più
solo coi suoi poteri e con la palla avvelenata in mano, o il cerino che gli
brucia, perché il caso Ferriera è diventato un obiettivo comune». Il
consigliere dei Verdi ha messo sotto accusa tutta la classe politica:
«Un’assenza clamorosa hanno dimostrato fin qui Regione, Provincia, e Comune
fino a poco tempo fa, c’è voluta la mobilitazione dei cittadini, che ha
mosso la Procura, alla quale si devono le ultime analisi: e come mai - ha
provocatoriamente chiesto - il magistrato si è rivolto al Cigra
universitario e non all’Arpa? I tabulati Arpa hanno sempre molti ”buchi”, ma
le medie annuali degli inquinanti si ottengono dividendo il totale per 365
giorni, quindi quei risultati sono sempre falsati».
Metz, assecondato da Fabio Gemiti e altri rappresentanti del Wwf presenti
assieme ad alcuni cittadini di Servola, ha invocato anche analisi sulle
diossine («che l’Arpa non è in grado di fare»). Un attacco specifico Metz ha
riservato all’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che
spesso ha riferito i dati dell’inquinamento alla somma di Ferriera, traffico
e altri impianti industriali: «Abbia l’umiltà - ha detto - di leggere i
dati, e poi agisca, o si dimette o risponde in modo adeguato, altrimenti fa
vergognare l’intera giunta».
Infine il consigliere ha assicurato che secondo la letteratura scientifica
produzioni come quelle della Ferriera inevitabimente producono «benzoapirene,
cancerogeno e capace di provocare mutazioni del Dna umano, e altre emissioni
non abbattibili con alcuna tecnologia, neanche la più supermoderna». E ha
annunciato che il gruppo consiliare dei Verdi pagherà in proprio un’analisi
già ordinata alla facoltà di Chimica per verificare se anche il pescato
oltre le dighe sia contaminato: «Diossina era stata già trovata nei pesci
sotto costa».
«Da lunedì - ha concluso riferendosi all’avvio dei lavori da parte dei
tecnici del ministero - ci si dovrà ormai preoccupare del diritto al reddito
e dei problemi occupazionali». |
FERRIERA - Il
nuovo acquirente Arvedi prende tempo - Gli sviluppi degli ultimi giorni
rischiano di condizionare la trattativa per la cessione dell’impianto |
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L’amministratore delegato di Servola: «Le misurazioni vanno interpretate
meglio»
Un portavoce
del gruppo industriale cremonese: «Il clima non sembra dei più favorevoli
sulla prosecuzione dell’attività produttiva»
Rischia di venir condizionata la
vendita della Ferriera di Servola al gruppo Arvedi. Le valutazioni tecniche
dell’azienda di Cremona sono finite da tempo, l’offerta doveva essere fatta
già nelle scorse settimane alla Lucchini-Severstal, ma ora ritarda. Il caos
sulle emissioni, il clima infuocato tra le istituzioni, Comune di Trieste in
testa, gli interventi della Procura della Repubblica hanno spiazzato il
gruppo Arvedi che stava facendo le sue valutazioni, ma soprattutto avrebbero
messo in allarme il cavalier Giovanni Arvedi.
Non è tanto il business-Ferriera (Arvedi è uno dei principali clienti di
Servola, l’azienda di Cremona era assolutamente interessata all’acquisto)
quanto a preoccupare i cremonesi sarebbe il «clima sfavorevole» da parte
delle istituzioni per gli imprenditori che vogliono investire a Trieste e la
mancata certezza sull’intenzione di mantenere il sito produttivo della
Ferriera.
Queste le indiscrezioni che arrivano dal gruppo Arvedi che per ora non
intende fare dichiarazioni ufficiali. «Il clima a quanto si è visto non è
dei più favorevoli – si limita a commentare un portavoce – soprattutto sulla
prosecuzione dell’attività produttiva a Servola. Per ora non intendiamo
prendere posizione, stiamo ultimando le analisi e non è stato deciso ancora
nulla».
La Lucchini-Severstal pare abbia deciso di fare una mossa per uscire da
questo stallo. A giorni, la prossima settimana, dal quartier generale di
Brescia potrebbe arrivare una richiesta ultimativa ad Arvedi. Trieste per la
Lucchini Severstal non è considerata affatto strategica e a confermare ciò è
la trattativa con Arvedi per la cessione dello stabilimento. Per Trieste il
contatto con il gruppo di Cremona potrebbe essere l’occasione reale per dare
una svolta innovativa sul fronte ambientale e produttivo. Arvedi è
considerato nel settore dell’acciaio uno tra gli imprenditori più
all’avanguardia (dà lezione pure ai tedeschi) ed ha inventato nuovi sistemi
produttivi.
Dal fronte di Servola intanto si attendono sviluppi sui dati delle emissioni
inquinanti. «L’azienda è seriamente interessata a chiarire tutti gli aspetti
tecnici di queste emissioni – fa sapere l’amministratore delegato di
Servola, Francesco Rosato – non contestiamo certo i numeri, ma vorremmo che
le misurazioni fossero interpretate in maniera più corretta. Sia le
istituzioni che la Procura ci hanno chiesto di fare chiarezza. Non si tratta
solo di un aspetto giuridico e di ricorsi al Tar. L’azienda ha un patrimonio
da tutelare. Per quanto riguarda la gestione la situazione è sotto
controllo, periodicamente, come prevede la legge, vengono eseguite tutte le
analisi sui lavoratori. Sta a cuore anche a noi che la vicenda sia chiarita.
Ed è proprio per questo che stiamo preparando una nota tecnica su cosa dice
la legge sul fronte emissioni e inquinamento».
Giulio Garau |
FERRIERA - La
Provincia: «Non ostacoleremo Dipiazza» - Il sindaco: «Tra 2 anni
potremo realizzare al posto dell’impianto una nuova banchina portuale» |
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Reazioni
concordi degli enti locali dopo gli ultimi dati resi noti: «Lo stabilimento
va chiuso, ma bisogna anche pensare al dopo»
Nessuna voce contraria: se s’ha
da chiudere l’antica fabbrica di ghisa, si chiuderà. Perfino i sindacati
prendono atto e dicono che in fabbrica gli operai son d’accordo: «Meglio un
disoccupato vivo che un operaio morto» è il nuovo slogan all’interno della
Ferriera. Dirompente è stata la rivelazione dei dati sul benzoapirene
(livelli sforati anche di 90 volte per il pericolosissimo cancerogeno) e
delle Pm10, già oltre i limiti fissati per l’anno intero. Sulla base di
questo scenario il sindaco Dipiazza ha intanto raggiunto un risultato:
«Tutti ora hanno capito la gravità della situazione, ciò che temevo finora
era proprio lo scontro politico». |
Massimo piacere gli fa
l’appoggio incondizionato del ministro dell’Ambiente, che di filato questa
settimana manda propri tecnici per validare le analisi e svolgerne di
ulteriori, promettendo il supporto governativo se si arriverà all’ordinanza
di cessazione attività: «Lo scenario è cambiato - commenta il sindaco - e
più generalmente penso che una città può fare un sacrificio se si tratta di
un investimento proficuo per il domani, ma la Ferriera non è il domani di
Trieste, è un vecchio cadavere, con tutto il rispetto per chi ci sta dentro.
Anzi: è una realtà che ha fin qui penalizzato lo sviluppo. E fra un po’ di
tempo non troveremo più nessuno che voglia andarci a lavorare».
Lo sguardo va già oltre, a ottenere aiuto dal governo per la cassa
integrazione dei lavoratori e per una rapida bonifica del sito (peraltro già
inserito in quello di rilevanza nazionale): «Due anni bastano - riflette
Dipiazza -, e lavorando con energia potremmo realizzare al posto della
Ferriera, che si trova in linea con la futura piattaforma logistica del
porto, una meravigliosa e innovativa banchina per lo scarico delle navi».
Nel frattempo il sindaco è rimasto colpito dalla reazione dei sindacati: «Mi
hanno sorpreso, hanno commentato che la Ferriera evidentemente fin qui li ha
presi in giro». E ha preso contatti anche con il gruppo Arvedi, sulla via di
acquistare lo stabilimento: «O arriva e si mette a norma, oppure non ci
prostreremo come sempre accade a Trieste davanti a qualunque investimento,
pur che sia. E ora, uomo avvisato...».
«Non ostacoleremo la posizione del sindaco se dovrà chiudere la Ferriera -
assicura la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, la
salute è cosa assolutamente prioritaria per la città, e quanto alle
soluzioni per i lavoratori la Provincia farà sicuramente la sua parte, ci
vuole un tavolo tecnico-politico a largo spettro, e prendere decisioni,
altrimenti tra un rimbalzo e l’altro si alimenta nella gente un clima di
sospetto verso le istituzioni».
Ma la Bassa Poropat tuttavia ha anche una perplessità di fondo: «Mi sembra
strano - riflette - che l’azienda affermi di avere dati molto diversi da
quelli in mano al Cigra, alla magistratura e all’Azienda sanitaria, non
credo che sia così ingenua... Comunque, se lo sforamento è provato, è
necessario che il sindaco provveda».
«La salute prima di tutto» dice anche l’assessore all’Ambiente, Ondina
Barduzzi, ieri pesantemente attaccata dal verde Metz per aver voluto leggere
i dati dell’inquinamento a Servola come frutto di emissioni varie, e non
prevalentemente della Ferriera. «È chiaro - commenta ora - che la salute è
la cosa più importante, che sforare i limiti di legge significa incorrere in
un reato, e che il reato va represso. Ma non basta dire ’’chiudo’’ -
sottolinea Barduzzi -, perché ci sono a seguire i problemi dell’occupazione
e anche quelli della bonifica».
g. z. |
FERRIERA - I
servolani: «Va garantito un futuro ai lavoratori» - «L’inquinamento
c’è ma bisogna trovare soluzioni per chi rischia di restare disoccupato» |
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Nel rione è
grande la preoccupazione sia per la tutela della salute che
dell’occupazione. E c’è chi spera in nuovi correttivi ecologici
Gran parte degli abitanti di
Servola si schiera a favore della chiusura della Ferriera. Prima, però - lo
sostengono in tanti -, andrebbe trovata assolutamente una soluzione
occupazionale alternativa per tutti i dipendenti dello stabilimento, che
resterebbero senza impiego. |
«Ho lavorato per trent’anni alla
Ferriera, ma oggi devo ammettere che produce troppo inquinamento - osserva
Gianfranco Paulica -. Egoisticamente direi che va chiusa, ma deve essere
assolutamente trovata una soluzione occupazionale per i dipendenti. Finora,
al riguardo, sono state spese soltanto parole. Ci sono tante case ormai
vicino allo stabilimento, la salute della gente va tutelata, come quella
degli operai».
Secondo Danilo Rodela non ci sono dubbi: «La Ferriera è un rottame, da
buttare. La Lucchini non ha effettuato gli adeguati lavori di manutenzione
nel tempo, lasciando letteralmente andare la struttura. I lavoratori poi non
vengono tutelati a dovere dal punto di vista medico». Sulla stessa linea,
pure Michela Gosdan: «Inquina troppo, la Ferriera va chiusa. Lo dico anche
per le persone che ci lavorano dentro, prima o poi si ammalano. Un altro
impiego sicuramente lo troverebbero, altrimenti ci rimetteranno la salute».
«Se effettivamente verrà confermato che l’inquinamento prodotto è realmente
nocivo - spiega Lino Vallefuoco -, allora chi di dovere avrà il compito di
provvedere, chiudendo lo stabilimento, ma sistemando contestualmente la
situazione dei lavoratori e quella dell’indotto economico che verrebbe meno
per la città. Qualora, invece, si trattasse solamente di problemi di
imbrattamento, allora ci vorrà un importante intervento di manutenzione».
Dice no all’eventuale stop, invece, Rodolfo Baez: «La Ferriera non va chiusa
ma corretta. Vanno effettuati degli accorgimenti, affinché l’inquinamento
non ci sia più. La responsabilità è di chi comanda la struttura, deve
intervenire. La chiusura, però, va esclusa in primis per quanti ci lavorano
all’interno».
Fabio Poslep, dal canto suo, osserva: «Abito a Servola, vorrei che lo
stabilimento chiudesse perché inquina. Per i dipendenti, è la proprietà che
dovrebbe trovare un’altra occupazione. Da anni si sente parlare di soluzioni
per ridurre l’emissione di agenti inquinanti, eppure i livelli massimi
vengono continuamente superati».
«Sarebbe stato giusto introdurre filtri adeguati una volta - dice Michele
Vascotto -. Per me adesso la Ferriera è da chiudere, tuttavia vanno tenuti
presente gli operai assunti al suo interno. Un’idea valida potrebbe essere
quella di trasformarla in una centrale ecologica, operante in una direzione
diversa dall’attuale».
Marta Sommariva analizza la situazione sulla base dell’esperienza familiare:
«Dopo anni di attività, ora ci si accorge che la Ferriera disturba. Forse,
in realtà, non serve più? Mio marito ci ha lavorato per 35 anni, all’epoca
della sua assunzione garantiva uno dei contratti migliori che ci fossero in
giro. Ci ha aiutati, quando ne avevamo bisogno. Se dovesse chiudere, allora
lo stesso destino andrebbe riservato a inceneritore, depuratori e anche le
automobili non dovrebbero più circolare. Tutto produce cattivi odori e
inquinamento».
Dario Sancin sottolinea una volta di più ancora la questione
dell’occupazione: «La mia casa è vicina alla Ferriera, sul davanzale la
quantità di polvere che trovo è normale, da anni è così. Se anche una
persona sola dovesse rimanere sulla strada, in caso di chiusura, sarei
diposto a continuare a vivere in questa maniera. Lo ribadisco, pure se si
trattasse di un unico dipendente».
«Per questioni di salute, preferirei che la Ferriera venisse chiusa - è
l’opinione di Gianluca Paoli -. Non capisco poi i discorsi sull’inquinamento
dimezzato o da ridurre: a mio avviso, o c’è o non c’è, le possibilità sono
queste».
Infine, Livia Sancin Ursic afferma: «La mia preoccupazione, in caso di
possibile chiusura, andrebbe subito ad alcuni ragazzi che conosco. Lavorano
lì, dove verrebbero dirottati? I responabili ci pensino, il sindaco Dipiazza
pure. Le polveri? Io in casa pulisco a terra con la scopa e via».
ma.un. |
FERRIERA -
Cgil, Cisl e Uil: «L’azienda dimostri se i dati sono falsi» - Critiche sul
ricorso al Tar |
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«È irresponsabile
l’atteggiamento della Ferriera di ricorrere al Tar e di contestare i dati
d’inquinamento senza produrne di diversi, andremo direttamente all’attacco
dell’azienda affinché risponda: o i dati del Cigra sono veri, e allora deve
limitare le emissioni, o sono falsi, e allora ce lo dimostri».
È già delinata la linea d’azione da qui in avanti, in questo delicatissimo
periodo in cui tutti aspettano l’integrazione delle analisi a Servola coi
numeri aggiornati a settembre, per Luca Visentini, segretario provinciale
Uil.
«Siamo molto preoccupati, per i lavoratori, per le famiglie e per la
popolazione a rischio di salute, nessuno pensava che il benzoapirene potesse
essere a livelli così alti, c’è una responsabilità molto pesante di chi ha
fatto finora i controlli» afferma Luciano Bordin, segretario Cisl, il quale
accusa esplicitamente «la politica locale» parlando di «sette anni persi fra
tavoli e altri tavoli di centrodestra e di centrosinistra per arrivare a una
riconversione dell’attività che non si è mai raggiunta».
«Non ci affascina proprio che l’azienda percorra le vie legali anziché
mettere fuori la verità» dice Franco Belci, segretario Cgil, che già l’altra
sera, dopo il summit della triplice col sindaco, aveva affermato: «Se si
arriverà alla chiusura, ne prenderemo atto». Secondo Bordin quando si avvia
lo stop ai motori di uno stabilimento siderurgico «difficilmente poi
l’attività può essere riavviata». E il pensiero ovviamente va ai «550
lavoratori diretti, ai 300 indiretti, quelli di Sertubi», così come
Visentini ricorda che l’età media è di 40 anni, «troppi per cambiare del
tutto lavoro, troppo pochi per avviarsi a qualche forma di pensionamento».
Il sindacalista della Uil intravede, dopo gli ammortizzatori sociali di
transizione, uno sbocco possibile nella costruzione della piattaforma
logistica portuale e nel rigassificatore previsto in golfo.
«Concordo - rafforza Belci, sul rigassificatore però contrario - che
difficilmente si può riprendere la produzione quando questa viene sospesa,
aspettiamo l’approfondimento dei dati, e se il peggio arriverà sarà
necessario che Trieste intera si faccia carico dei problemi di questi
lavoratori, che fin qui hanno contribuito all’economia della città e anche
con un lavoro ingrato, occorre - prosegue - non solo una cassa integrazione
dallo Stato, ma fondi aggiuntivi da Comune e Regione affinché siano
mantenuti stabili i livelli di reddito, poi si dovranno cercare tutte le
alternative possibili per accelerare una ricollocazione». Ma in questa
provincia riassorbire specializzati in siderurgia, nessuno se lo nasconde,
non è semplice.
g. z. |
I ricercatori:
il benzoapirene è una sostanza cancerogena |
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Il benzoapierene è un
idrocarburo di cui è riconosciuto il potere cancerogeno. I ricercatori del
Cigra hanno messo a confronto le misurazioni effettuate a Servola in via dei
Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via Fleming nei pressi
dell’Università. |
Polveri sottili
oltre i limiti ma anche in piazza Libertà
Le polveri sottili a Trieste sono
tornate a superare i valori limite. È successo due giorni, secondo i dati
dell’Arpa. Sono stati registrati sforamenti, sia pure di non molto superiori ai
50 microgrammi per metro cubo in via Svevo, via Carpineto e in piazza Libertà
Il terrapieno
di Barcola è stato dissequestrato ma la bonifica è lontana - All’Authority
il decreto del magistrato |
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Il terrapieno di Barcola è
ufficialmente dissequestrato. Il decreto firmato alcuni giorni fa dal
sostituto procuratore Cristina Bacer è stato notificato venerdì scorso
all’Autorità portuale.
Alla fine di settembre lo stesso magistrato ha chiesto al Gip Paolo Vascotto,
che l’ha accolta l’archiviazione del procedimento aperto nel novembre 2005
in base a un esposto dell’associazione Amici della Terra. Accogliendo la
richiesta di archiviazione, il gip ha in sostanza accolto le motivazioni del
pm sia con riguardo alla prescrizione dei reati sia alla normativa, troppo
diversa fra gli anni Settanta e Ottanta, quando l’area era stata usata come
discarica (anche per le ceneri contenenti diossina provenienti dall’impianto
di Monte San Pantaleone), ed oggi.
L’archiviazione del procedimento ha sollevato immediatamente la protesta
dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, che ha annunciato
di voler ricorrere contro il provvedimento in tutte le sedi istituzionali
competenti, italiane e ed europee.
L’associazione, che si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti
anche l’astrofisica Margherita Hack, ha affermato che l'apertura di
discariche a mare non era consentita, prima ancora dell'entrata in vigore
della legislazione comunitaria, già dalle leggi nazionali del 1934 e del
1976, nonchè dalla stessa Costituzione.
Secondo gli ambientalisti, il reato commesso nella discarica di Barcola,
dove è stata rilevata la presenza di diossina in misura undici volte
superiore al consentito, è di natura permanente, ed è stato perpetrato in un
«unico disegno criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di
Zaule e poi delle Noghere (ora per questo Sito inquinato di interesse
nazionale), proseguito a Barcola e infine a Muggia con la recente discarica
Acquario. Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e
contestate le responsabilità civili.
Con la notifica del dissequesto, intanto, l’area è libera a tutti gli
effetti. Rimangono peraltro in vigore i vincoli ambientali, in particolare
il divieto di scavo, stabiliti dalla conferenza dei servizi.
I futuri interventi sul terrapieno (compresa l’eventuale bonifica) saranno
decisi da una nuova conferenza dei servizi, che verrà convocata dalla
Regione dopo che l’Autorità portuale avrà trasmesso i dati delle analisi che
la stessa Ap ha fatto rifare in gran parte sui disposizione dell’Arpa.
gi. pa. |
Nuovi
parcheggi: mappa degli accessi - La Commissione urbanistica convoca il
sindaco per chiedere chiarimenti |
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Ecco quale
sarà la viabilità prevista dai tecnici comunali in seguito alla
realizzazione dei 18 impianti
Sarà il sindaco Roberto Dipiazza
a chiarire martedì alla commissione urbanistica alcuni aspetti del piano
parcheggi sui quali gli stessi consiglieri comunali - An e Forza Italia in
prima fila - hanno chiesto notizie precise. Lo annuncia il presidente della
commissione Roberto Sasco (Udc), che riunirà poi la commissione anche
giovedì.
Dipiazza detiene la delega sui project financing: dal primo cittadino
dovrebbero venire chiarimenti innanzitutto sui tre parcheggi che la Riccesi
spa dovrebbe costruire in largo Roiano, in via Tigor e in via del Teatro
Romano in base alla novazione condotta con il Comune dopo che quest’ultimo
impose lo stop al parking di piazza del Ponterosso, nel quale la Riccesi
stessa era impegnata. Se entro novembre la società non avesse l’ok
definitivo dal Comune per i tre contenitori alternativi si dovrebbe passare
alla monetizzazione del danno, quantificata in oltre tre milioni.
Nel frattempo i consiglieri stanno visionando la documentazione del piano.
Nello stendere il documento gli uffici hanno redatto per ciascuno dei 18
impianti previsti - quasi tutti interrati - schede tecniche con costi,
analisi idrogeologiche e metaprogetti, schemi che individuano le
caratteristiche principali dell’impianto. I dati proposti sono «puramente
indicativi e funzionali a una verifica preliminare della fattibilità»,
avvertono i tecnici. Le imprese interessate potranno insomma proporre
variazioni. Ecco comunque lo schema degli impianti.
VIA DEI MORERI L’impianto è situato nell’area Polstrada tra le vie dei
Moreri, Villan de Bachino e Montorsino. Ingresso e uscita sono previsti
entrambi in via dei Moreri, ma l’uno subito prima di via Villan de Bachino e
l’altro in prossimità di piazza tra i Rivi.
LARGO ROIANO Parcheggio delimitato da viale Miramare e via S.Teresa:
ingresso e uscita da questa via.
FORO ULPIANO Il parcheggio viene ampliato fino a piazza Oberdan, da cui si
entra ed esce. Ulteriore entrata in via Cicerone (per chi arriva da via
Fabio Severo): dalla stessa via si esce in direzione Coroneo.
PIAZZA SANT’ANTONIO NUOVO Il parcheggio si sviluppa sotto la piazza da via
San Spiridione e fino all’altezza della via XXX Ottobre: qui sono previsti
ingresso e uscita.
UNIVERSITÀ NUOVA Contenitore situato sotto il piazzale, delimitato da via
Fabio Severo con ingresso e uscita lungo i rettilinei della strada.
IL GIULIA Il parcheggio è nella superficie affacciata su via Pindemonte, da
cui si accede.
STAZIONE MARITTIMA Per il parking del piazzale antistante l’edificio,
ingresso e uscita sono previsti nelle due direzioni in parallelo alle Rive.
Ma il progetto già presentato da Saba Italia prevede l’ingresso dall’altezza
di via del Mercato Vecchio, l’uscita al lato opposto solo verso Campo
Marzio.
RIVA GULLI Sotto l’area ex Bianchi: ingresso e uscita entrambi verso Campo
Marzio.
RIVA III NOVEMBRE Il parcheggio costeggia le Rive, sul lato mare, da via
Genova fino a oltre piazza Tommaseo. Ingresso e uscita in direzione
obbligata verso Campo Marzio.
VIA DEL TEATRO ROMANO La struttura è situata tra il Teatro romano e il
palazzo dell’Inail, in posizione arretrata rispetto alla strada.
COLLE DI SAN GIUSTO Anche questo parcheggio sotto il colle ha ingresso e
uscita in via del Teatro Romano.
VIA TIGOR-CERERIA Il parcheggio, fuori terra su pastini, è all’incrocio tra
le due vie con ingresso e uscita su via della Cereria.
LARGO PAPA GIOVANNI XXIII Sotto il largo fino all’altezza di via Baciocchi,
con ingresso e uscita sul lato via Santissimi Martiri.
LARGO CANAL Parcheggio accessibile da via Montecucco, da dove si esce in
direzione Navali o Canal.
LARGO PESTALOZZI Si accede sia da via dell’Istria che da via del Molino a
Vento: due direzioni possibili anche per l’uscita.
LARGO SONNINO Struttura sviluppata a forma di triangolo: si accede dal lato
via Settefontane.
PIAZZA FORAGGI Delimitato da piazza Foraggi e via della Tesa, con ingresso e
uscita su questa stessa via.
PIAZZALE DELLE PUGLIE Ingresso e uscita sono situati sullo stesso piazzale. |
I fondali di
San Bartolomeo «fotografati» dai biologi dell’Università di Trieste - Studi
e analisi con base alla caserma Slataper |
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MUGGIA Una fotografia dei
fondali marini della zona di Muggia. Per la prima volta, il Dipartimento di
Biologia marina del nostro ateneo è stato ospite della caserma Slataper di
Muggia, per una tre giorni di studi e analisi che ha avuto al centro i
fondali marini della baia di San Bartolomeo, nei quali appunto si specchia
il comprensorio dell’Esercito.
Non a caso, e a più riprese, da parte di diversi enti istituzionali si è
parlato di realizzare nella baia, vista la peculiarità delle popolazioni
marine che vivono nel territorio di cui la caserma è il baricentro, una
riserva marina protetta. Senza per questo ovviamente ledere gli aspetti di
fruizione balneare del sito.
Ma vediamo che cosa ha detto ieri, ultimo giorno della kermesse di studi il
professore di Ecologia marina (Dipartimento di Biologia dell’università),
Giuliano Orel: «Dopo la settimana a Salvore, che frequentiamo da 25 anni,
per la prima volta gli studenti hanno potuto lavorare nella baia di San
Bartolomeo, grazie all’ospitalità della base, a una profondità di 6-7 metri
ed a 2-300 metri dalla costa. I rilievi in mare, ripresi da tre postazioni
diverse, e le analisi, fatte a seconda dei casi sulla spiaggia o nei locali
che avevamo a disposizione, ci hanno permesso di cogliere la fisonomia della
zona e di fotografarne insediamenti e peculiarità».
L’ospitata, che potrebbe ripetersi anche negli anni prossimi, ha visto il
soggiorno completo di una trentina di studenti delle diverse discipline
relative alla biologia marina, di una decina di tutor e dei ricercatori
universitari Zamboni e Auriemma.
Spiega il comandante della base logistico addestrativa dell’Esercito,
Claudio Tomasi: «Nel periodo invernale il comprensorio funziona come una
caserma vera e propria, anche se abbiamo fatto un’eccezione per l’equipe di
studio del Dipartimento di Biologia marina, dopo la recente ospitalità a 50
membri del corpo dei Vigili del fuoco, nell’occasione del loro grande
raduno».
Diversa è infatti la situazione estiva del centro, che da caserma si
trasforma in luogo di relax e di ferie per i militari e le loro famiglie,
grazie alla disponibilità di un campeggio, di mini appartamenti e di camere,
oltre che di spazi verdi e di numerose strutture per il divertimento e lo
sport.
Ed è proprio agli impianti sportivi della base che si appoggiano, per
allenamenti e incontri nel periodo estivo, anche diverse società e
organizzazioni muggesane e triestine, come l’Asda Basket, l’Interclub, la
Cri e l’Opera figli del popolo.
Recentemente anche il vescovo Ravignani ha visitato la base per benedire,
nella chiesetta del comprensorio intitolata a Maria ausiliatrice, una bella
e antica tela, restaurata su input del comandante Tomasi che è appassionato
di storia ed arte, raffigurante la madonna con il bambino.
Daria Camillucci |
Rifiuti a
Muggia, vertice sui disagi - Il sindaco: «Comportamenti inopportuni
della multiutility» |
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Il Comune
incontrerà AcegasAps per chiarire i problemi sorti nel passaggio di gestione
a Ecoverde |
L’azienda si
scusa e replica alle contestazioni Il primo cittadino intanto risponde
all’opposizione: «Paventare rischi sanitari è francamente fuori luogo»
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MUGGIA Il Comune di Muggia
incontrerà nei prossimi giorni i vertici AcegasAps per parlare di
comportamenti che il sindaco Nesladek definisce «inopportuni» da parte della
multiutility nel passaggio di gestione della raccolta rifiuti, che ha avuto
ritardi e disagi.
L’AcegasAps, però, ha una versione diversa dei fatti. Il subentro di
Ecoverde alla stessa AcegasAps, con la sostituzione dei cassonetti sul
territorio, ha avuto alcuni noti intoppi a Muggia, seguiti da proteste sulla
gestione di questa fase da parte del Comune.
Il sindaco osserva: «Come ha detto il consigliere Tarlao, era meglio gestire
il tutto in accordo tra Comune e le due aziende. Ma di fatto ciò non è stato
possibile per l’indisponibilità di AcegasAps».
Nesladek parla esplicitamente di «difficoltà nel gestire il passaggio delle
consegne, per alcuni problemi creati dal pregresso gestore. Innanzitutto –
spiega il sindaco - AcegasAps non ha accettato di gestire con Ecoverde il
cambio dei cassonetti, e questo ha comportato un ritardo inevitabile e
fastidioso. Inoltre ha ritirato con grande sollecitudine le campane per la
differenziata, quando ancora era in discussione la possibilità di un loro
acquisto da Ecoverde. AcegasAps si era dichiarata disponibile a venderle,
salvo poi rifiutare all’ultimo minuto».
Una situazione pesante, dunque, tra vecchio e nuovo gestore, che secondo
Nesladek si è esplicitata anche in altri modi: «Non parliamo infatti -
precisa il sindaco - dei controlli particolarmente fiscali ai compattatori
in entrata all’inceneritore, di proprietà della stessa AcegasAps, che hanno
comportato altri ritardi. Si tratta di comportamenti senz’altro legittimi,
sulla cui opportunità però nutriamo forti dubbi. Siamo convinti che questa
non è una politica voluta da chi ha alte responsabilità nell’azienda. Per
questo abbiamo chiesto, e prontamente ottenuto, un colloquio
chiarificatore».
L’AcegasAps, tramite il responsabile della comunicazione, si scusa per i
disguidi, ma precisa: «A fine settembre in Comune si è parlato del cambio di
consegne. Noi abbiamo evidenziato che tra lunedì e martedì sarebbero stati
tolti i cassonetti normali, e mercoledì quelli per la differenziata. Non ci
è giunta nessuna indicazione diversa su come operare».
Sulla cessione ad Ecoverde dei contenitori per la differenziata, AcegasAps
sottolinea che «il nuovo gestore ci aveva chiesto inizialmente di
noleggiarli. Cosa per noi impossibile, per ragioni pratiche. Abbiamo quindi
proposto la vendita, ma volevamo una risposta rapida, altrimenti si sarebbe
rispettata la scadenza di mercoledì per il loro asporto. E così abbiamo
fatto. Il nuovo gestore ha accettato tardi la proposta, quando ormai i
contenitori erano già stati tolti e destinati altrove».
Infine sui controlli apparentemente troppo «fiscali» dei compattatori di
Ecoverde all’inceneritore, la multiutility risponde: «È la normale prassi
quando si tratta di mezzi di ditte diverse dalla nostra».
Posizioni diverse, dunque, tra le due parti, che dovrebbero trovare un
chiarimento ufficiale proprio nell’incontro previsto in settimana.
Il sindaco Nesladek, infine, replica alle polemiche degli esponenti
dell’opposizione: «Parlare di rischi igienico-sanitari, come fa la
consigliera Carboni, è francamente fuori luogo. L’accumulo di rifiuti si è
verificato per un tempo così breve da non costituire minaccia reale alla
salute. La situazione – aggiunge - è stata costantemente monitorata
dall’assessore competente (sono maldestramente strumentali le richieste di
dimissioni) e da me. Sono stato presente ogni giorno nelle zone più
difficili. Forse per questo non ho avuto tempo di far sentire la mia voce,
come sottolineato dalla Carboni. Ero impegnato a lavorare per una rapida
soluzione del problema».
«La situazione ora si può dire sotto controllo – conclude il sindaco -. Ci
saranno ancora aggiustamenti, come il posizionamento di alcuni cassonetti.
Presto sarà anche completata la posa delle campane per la differenziata.
Siamo contenti della disponibilità e dell’impegno dimostrati dal nuovo
gestore».
Sergio Rebelli |
IL PICCOLO -
SABATO, 6 ottobre 2007
IL CASO FERRIERA - Dipiazza
pronto a chiudere la Ferriera - Rotelli (Ass) gli scrive denunciando
«rischi per la salute umana e per l’ambiente» |
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Il sindaco
chiede ai tecnici del Cigra i dati aggiornati sugli inquinanti nel terreno
di Servola. Se saranno negativi firmerà l’ordinanza
Tra pochissimi giorni il sindaco
Roberto Dipiazza potrebbe emettere l’ordinanza di chiusura della Ferriera di
Servola. Dopo tante e reiterate minacce, sembra che resti poco spazio adesso
per le armi della dissuasione verbale. Decisivi si sono rivelati i nuovi
dati sulla massiccia presenza del cancerogeno benzoapirene associato a
valori fuori norma di polveri sottili per le strade del quartiere rilevati
dal Cigra per conto della magistratura. E soprattutto la conseguente
comunicazione ufficiale dell’Azienda sanitaria datata 4 ottobre che a fronte
dei dati d’inquinamento, e notando come la fabbrica non abbia evidentemente
adottato alcun provvedimento dopo le precedenze ordinanze del sindaco, ha
richiamato l’amministrazione sul fatto che esiste in città «un rischio per
la salute umana e per l’ambiente».
Il dato nuovo è proprio l’altissima concentrazione a Servola di benzoapirene,
un idrocarburo policiclico aromatico di cui - scrive il direttore generale
Franco Rotelli nella lettera - «è nota l’azione mutagena e cancerogena». Ad
agosto, data delle ultime rilevazioni, era già stato superato il massimo
valore consentito nell’arco di un intero anno.
In una conferenza stampa convocata ieri assieme all’assessore all’Ambiente,
Maurizio Bucci, Dipiazza ha detto che «la situazione è gravissima, la
peggiore di tutti questi anni», e che l’avvertimento dell’Azienda sanitaria,
in questi termini espresso, impone di agire senza ulteriori dilazioni, se
non un breve lasso di tempo (circa 20 giorni, presumibilmente) per ottenere
i dati aggiornati al 30 settembre. «In questo modo - hanno precisato
Dipiazza e Bucci - la Ferriera non potrà protestare che il Comune si avvale
di analisi superate, ma è da dubitare che in settembre una situazione che ha
portato a rilevare fino a 90 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene possa
dare risultati pari a zero». La soglia indicata dalla legge è di un solo
nanogrammo, e tale deve essere la media annuale. A Servola sono già stati
superati anche i 35 sforamenti annuali ammessi per le Pm10 (che giovedì sono
state superiori ai limiti in tutta la città con piccolo di 70 microgrammi
per metro cubo in via Carpineto quando il limite è 50).
Il sindaco ieri ha velocemente incontrato i sindacati d’azienda. Si è
consultato con l’assessore regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, trovando
ampia collaborazione. Ha preavvertito il prefetto. Assieme al consigliere
regionale dei Verdi, Alessandro Metz, recente autore di un nuovo esposto
alla magistratura sulla Ferriera, ha fatto pervenire tutta la documentazione
al ministro Alfonso Pecoraro Scanio. In serata ha visto i segretari
provinciali di Cgil, Cisl e Uil. «La salute è più importante del lavoro - ha
pubblicamente ragionato Dipiazza -, è inutile che continuiamo a salvare il
posto in fabbrica a lavoratori che in quella fabbrica rischiano di ammalarsi
seriamente».
Nessuno tuttavia - esplicite parole - sarà lasciato in strada se l’ordinanza
di cessazione d’attività dovesse imporsi: l’amministrazione conta sulla
collaborazione col governo al fine di trovare una via d’uscita «per famiglie
che di quello stipendio vivono, che hanno figli e mutuo». Si parla di nuovo
quantomeno di una possibilità di cassa integrazione.
«La lettera di Rotelli mi sarebbe già stata sufficiente per decidere la
chiusura, ma ho voluto usare cautela - ha aggiunto il sindaco -, però questa
è davvero l’ultima chance per la Lucchini-Severstal, e quanto all’acquirente
Arvedi che si approssima, vedremo, ma in tutti i casi non ci faremo più
prendere in giro dalla promessa di piani industriali che poi durano dieci
anni, fin qui la Ferriera ha goduto di una evidente copertura, c’è voluto un
magistrato, Frezza, che ha pagato di tasca propria le indagini, per capire
davvero la situazione: a Servola per anni e anni il controllato ha fatto il
controllore di se stesso, pagando una società di verifica».
Resta il fatto che l’Arpa, titolare dei controlli sullo stato dell’ambiente
e del rispetto dei limiti di norma, solo tra luglio e agosto ha misurato per
la prima volta il benzoapirene (trovandone traccia così come il Cigra). Ma
non è evidente che un certo tipo di produzione genera invariabilmente
determinate sostanze? «Esistono anche fabbriche che riescono a non buttare
queste sostanze nell’ambiente - sottolinea Rotelli - e comunque non spetta
all’Azienda sanitaria fare indagini ambientali, non ne ha proprio né
competenze né strumenti, può solo occuparsi dei riflessi sulla salute umana,
e lo fa». Indagini sulla salute dei servolani sono state effettuate
consultando i database interni: «Non è risultata alcuna differenza di salute
e malattia rispetto agli altri cittadini - rileva il direttore -, ricerche
ne faremo ancora, ma sostanze come queste possono dare risultati devastanti
anche a distanza di anni».
Stamattina intanto il verde Metz, che ha dato ampia collaborazione al
sindaco, illustrerà in una conferenza stampa una risposta del ministro
Pecoraro Scanio (che proprio di recente si è occupato della Ferriera nel
corso di una visita a Trieste) ai documenti appena inviati. Il Comune ha
intanto spedito a tutti gli enti una ufficiale comunicazione sulla sua
richiesta di dati aggiornati al 30 settembre. Ma intanto la Ferriera dà
battaglia, e contesta non solo il sindaco, ma anche le analisi e i loro
risultati.
Gabriella Ziani |
La proprietà:
«Dati sbagliati, andremo al Tar» - Il legale della Lucchini: «Il metodo di
raccolta dei valori non è corretto, qualsiasi atto amministrativo è
illegittimo» |
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Cosolini:
«Se verrà sospesa l’attività si potrà chiedere la cassa integrazione»
Moretton:
«Convocherò tutti i soggetti interessati per individuare le misure più
opportune». Belci (Cgil): «Chiederemo all’Azienda sanitaria test sui
lavoratori»
«Le ordinanze del sindaco
vengono impugnate tutte e comunque». Così afferma l’avvocato della Ferriera,
Giovanni Borgna. Finora sono state spediti al Tar tre documenti comunali. Ma
ci si appresta a fare altrettanto se quelli non fossero gli ultimi. «Intanto
come autotutela - dice Borgna -, e poi riteniamo che poggino su presupposti
giuridici e tecnici non fondati, e su dati sbagliati, la Ferriera sta
conducendo da tempo analisi in proprio e ottiene risultati in netta
controtendenza». A oggi questi esiti non sono stati comunicati. Lo saranno a
breve.
Che cosa si contesta al sindaco? «C’è violazione di competenze, infondatezza
sul piano tecnico perché il metodo di raccolta dati non è corretto, e
illegittimità dell’atto amministrativo» elenca l’avvocato, contrario a ogni
pubblicizzazione d’indagini.
Adesso però si muove anche la Regione. E perfino i sindacati non si
oppongono più a ipotesi di chiusura. Dipiazza ha dalla sua l’assessore
regionale al Lavoro, Roberto Cosolini, deciso egli pure a mettere uno stop a
questa sequenza rotonda di inquinamenti rilevati e ordinanze rispedite al
mittente, mentre l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton, ha messo al
corrente la giunta regionale sui dati del benzoapirene e intende convocare
«tutti i soggetti interessati al fine di individuare le misure più
opportune». Moretton si rifà al decreto legislativo del 3 agosto 2007 che
fissa i limiti del benzoapirene e stabilisce che la Regione, entro quattro
mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso (cioé gennaio 2008) individui
le zone con superamento dei limiti e le fonti, e adotti «misure, che non
comportino costi sproporzionati, necessarie per il raggiungimento del valore
obiettivo entro il 31 dicembre 2012». Un dato (e una data) che potrebbero
influenzare le decisioni che si affacciano.
«Se ci sono problemi per la salute dei cittadini - afferma invece Roberto
Cosolini - vanno affrontati senza reticenza, con tutti gli strumenti a
disposizione, e l’esito non può più essere questo circolo chiuso,
collaboreremo col sindaco, dobbiamo vedere se ci sono, e quali sono, le
condizioni che rendano compatibile la salute col lavoro, ma siamo comunque
alla stretta finale, abbiamo sempre detto che l’attività deve essere
condizionata a certezze sul rispetto della salute e dell’ambiente, e se le
cose vanno troppo per le lunghe è ovvio che bisognerà prendere decisioni, la
precedente scadenza del 2009 era subordinata a investimenti, ma non per
questo si possono produrre disastri fino a quella data». Dunque appoggio al
sindaco se decide la chiusura? «Se esistono gli estremi, il sindaco deve
agire - mette in chiaro Cosolini -, e ci siamo pericolosamente vicini».
Se poi l’azienda manda a dire che «sparare col ventilatore notizie
allarmanti mentre c’è un compratore in vista potrebbe costituire elemento di
turbativa», anche l’assessore regionale ha invece un messaggio per Arvedi:
«Deve sapere che se acquista ha da produrre in salute, e comunque per
decidere deve anche sapere a che cosa va incontro». Cosolini è più aperto
ora all’ipotesi di cassa integrazione, a suo tempo invocata da Dipiazza: «Se
si sospende l’attività, allora la si chiede».
E il sostegno, amaro, arriva perfino dai sindacati, preavvertiti ieri sera.
«Prima viene la salute dei lavoratori» afferma Franco Belci, segretario
provinciale della Cgil. Che prosegue: «È singolare che dati così gravi
vengano alla luce appena adesso, chiederemo all’Azienda sanitaria indagini
(a sue spese) su tutti i lavoratori, e se si arrivasse alla chiusura ne
prenderemo atto. Serviranno soluzioni alternative, e intanto forti
ammortizzatori. Ci appelleremo alla città intera, la Ferriera è un problema
di tutti i 209 mila triestini. Però - conclude - speriamo che si trovino
strumenti stringenti per ridurre gli inquinanti, è una situazione davvero
esplosiva».
g.z. |
Polvere di
carbone in mare |
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Polvere di carbone che
galleggiava su un ampio specchio di mare fra la Ferriera e l’Arsenale. La
segnalazione dell’esteso inquinamento (è stata riscontrato su una superficie
lunga mille metri e larga 400) è stato segnalato verso le 8.30 di ieri alla
Capitaneria di porto, che ha fatto uscire alcuni mezzi e ha allertato a sua
volta l’Autorità portuale, la quale ha chiesto l’intervento delle speciali
unità della Sea Service. L’operazione di bonifica dello specchio acqueo si è
conclusa solo verso le 17. Ancora da accertare l’origine dell’inquinamento:
Analisi in questo senso sono state avviate dall’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente. |
Un impianto
fotovoltaico per fornire energia elettrica al palazzo dell’Anagrafe - Il
Comune sperimenta le fonti alternative |
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Progetto
realizzato dall’Università: il sistema funzionerà dall’anno prossimo
Il Comune sperimenta le fonti di
energia alternative: dall’anno prossimo il palazzo dell’Anagrafe potrà
sfruttare la luce solare. Sul tetto dell’edificio verranno installati i 174
pannelli di un impianto fotovoltaico da cui ci si attende una potenza di
picco connessa in rete di 20 kilowatt a 400 volt: numeri non tali da coprire
l’intero fabbisogno del palazzo, dice l’assessore ai lavori pubblici Franco
Bandelli, ma una sua «buona parte».
Tutto nasce da un bando che il ministero dell’Ambiente ha emanato attraverso
la Regione. Il Comune ha risposto presentando un progetto redatto dal
Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali dell’Ateneo cittadino,
con il quale ha attivato una convenzione. Di qui i 108 mila euro assegnati
da Roma come contributo alla realizzazione dell’impianto per il quale la
spesa prevista era di 232 mila 405 mila euro.
Di recente, la giunta ha deliberato una ulteriore spesa di 120 mila euro:
«La bora - racconta Bandelli - non ci consente di posizionare i pannelli con
la consueta inclinazione di 45 gradi: i moduli vanno appoggiati sul solaio e
ancorati al tetto piano con tutte le precauzioni connesse alle guaine
impermeabili» che lo ricoprono. Comunque «è un primo esperimento che
facciamo - commenta l’assessore - nell’ottica di ottimizzare e abbassare i
consumi energetici ma anche di varare l’utilizzo di fonti di energia
alternative».
L’impianto dovrebbe funzionare a regime entro il primo trimestre del 2008.
Ed è questa al momento l’unica opera prevista sul palazzo dell’Anagrafe.
Alcuni mesi fa l’assessore Maurizio Bucci, parlando del suo progetto di fare
dell’ex scuola Carli di via del Teatro Romano un «palazzo dell’urbanistica»
dove concentrare servizi e uffici dei settori collegati, aveva sottolineato
come il palazzo dell’Anagrafe - dove oggi l’Urbanistica ha sede - sia fuori
norma in termini di sicurezza e come in ogni caso «vada ristrutturato».
Bandelli però ribadisce l’inattualità del tema: «A oggi sul palazzo non c’è
alcuna previsione di lavori, a parte l’impianto fotovoltaico. Del resto, va
considerata la situazione generale degli edifici del Comune: quasi tutte le
scuole sono fuori norma», chiude Bandelli.
p.b. |
Raccolta dei
rifiuti, a Muggia torna la normalità ma Forza Italia chiede le dimissioni di
Veronese - Concluso lo svuotamento dei cassonetti |
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MUGGIA Sta tornando alla
normalità la raccolta dei rifiuti a Muggia. La ditta Ecoverde ieri ha chiuso
il giro di svuotamento dei cassonetti, e sta completando la loro
distribuzione nelle aree ancora scoperte. I partiti di opposizione, intanto,
chiedono le dimissioni dell’assessore Veronese.
Non è stata facile questa fase di passaggio di consegne della gestione dei
rifiuti a Muggia. Ma, tra cassonetti mancanti, immondizie lasciate a terra
(atto eccezionalmente tollerato dal Comune) e cassonetti non svuotati da più
giorni, la zona di Chiampore e Zindis, fino a Muggia vecchia, è stata quella
che ha lamentato i maggiori disagi.
Ieri mattina, finalmente, a più riprese il camion della ditta ha provveduto
a svuotare gli ultimi cassonetti stracolmi e a portar via i sacchetti
lasciati a terra, dal lungomare Venezia fino a Chiampore. Il motivo di
questo ritardo pare sia di natura prettamente tecnica. Il camion
compattatore, infatti, doveva essere parzialmente modificato per scongiurare
ogni eventuale problema nel passare sotto la galleria di via Roma. Si
trattava, sembra, di una questione di ingombri. Da qui l’impossibilità di
intervenire nella zona ovest della città.
L’assessore Piero Veronese conferma il quasi totale completamento delle
operazioni: «Sto seguendo costantemente ciò che accade. Ho chiesto anche ai
funzionari di monitorare tutto il territorio, e abbiamo sollecitato la ditta
a risolvere gli ultimi problemi, soprattutto quello dell’asporto dei rifiuti
che, con l’avvicinarsi del fine settimana, stava diventando sempre più
grave. Alle 13 di oggi (ieri, ndr) il giro è stato completato e i cassonetti
sono stati tutti svuotati. Ora la situazione tende a normalizzarsi con la
posa degli ultimi contenitori, ma continuiamo a vigilare».
Ci vorrà invece ancora un po’ per le campane della raccolta differenziata.
Quelle precedenti ormai sono state tutte portate via dall’AcegasAps, e la
Ecoverde non ha ancora cominciato la nuova distribuzione. «Ringrazio i
cittadini per la pazienza e la comprensione in questa difficile fase - dice
ancora Veronese –. Il Comune aveva auspicato che il passaggio fosse quanto
più breve e simultaneo, ma è stato impossibile».
Le polemiche intanto non si placano. Il consigliere forzista Dennis Tarlao
(opposizione) sbotta: «Chiedo le dimissioni dell’assessore Veronese per come
è stato gestito questo avvicendamento. Se davvero erano prevedibili questi
disagi, perché l’amministrazione non ha agito meglio, concordando le
operazioni tra AcegasAps ed Ecoverde? Se ciò fosse successo ad
un’amministrazione di centrodestra, loro sarebbero subito scesi in piazza a
manifestare».
E la forzista Viviana Carboni aggiunge: «Tutti parlano all’assessore
Veronese, ma ci si meraviglia che proprio il sindaco, da medico e quindi
ancora più degli altri interessato ai problemi di ordine igienico e
sanitario, non abbia aperto bocca in una situazione di emergenza difficile e
delicata come questa».
s. re. |
Sinistra
muggesana, riunione pubblica sui rigassificatori |
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MUGGIA Il «Tavolo della sinistra
muggesana» ha deciso di organizzare a breve un incontro con i cittadini per
una discussione pubblica sul tema dei rigassificatori. Previsti interventi
di esperti e politici italiani, sloveni e croati, per approfondire e avere
percorsi comuni su temi d’interesse condiviso. I rappresentanti dei partiti
della sinistra muggesana prendono spunto da recenti incontri governativi tra
Italia e Slovenia sui rigassificatori, e intendono portare avanti la loro
battaglia: «Dopo una nostra riunione – dicono gli esponenti politici - si è
deciso di intraprendere una serie di incontri e colloqui con esponenti
politici e di associazioni ambientaliste slovene, per avere anche da parte
loro un quadro più approfondito della situazione e degli sviluppi che
l'incontro dei due Capi di stato potrà innescare nelle scelte in campo
energetico, e soprattutto nel prosieguo delle pratiche di autorizzazione ai
progetti di impianti di rigassificazione previsti nei golfi di Trieste e
Capodistria».
I partiti della sinistra muggesana ritengono inoltre che con la caduta dei
confini, e in un’ottica di Euroregione, anche la progettualità della
gestione del territorio deve essere condivisa con i paesi limitrofi.
«Pertanto - dicono - anche le problematiche energetiche e le scelti di
impianti ad esse correlati è bene che diventino argomento di valutazione
politica allargata e non di confronto limitato al solo ambito locale». |
Rigassificatore a Veglia, gli austriaci accelerano - La società
d’Oltralpe ha già creato a Zagabria una controllata per gestire la
costruzione dell’impianto |
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Superato
l’imbarazzo di Zagabria sull’assetto della partnership che dirigerà il
progetto: il 25% del pacchetto azionario sarà riservato a aziende croate
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La promessa
di 10mila posti di lavoro zittisce le proteste in chiave ecologista |
VEGLIA Decisa accelerata della
compagnia petrolifera austriaca Omv nella costruzione di un rigassificatore
a Veglia, precisamente a Castelmuschio (Omisalj), località che si affaccia
sul Golfo di Fiume. L’Omv ha diffuso a sorpresa un comunicato in cui precisa
di avere intensificato i preparativi per l’approntamento del terminal
metanifero isolano, dando vita a un’azienda denominata Adria Lng, con sede a
Zagabria. |
Il consorzio è formato da Omv
Gas International (25,58%), Eon Ruhrgas (31,15), Total (25,58), Rwe (16,69)
e Geoplin (1).
Nel comunicato non si cita alcuna azienda croata, il che a opinione pubblica
e osservatori non è passato inosservato. Infatti, al Ministero dell’economia
croato hanno prontamente reagito, affermando che l’impianto non sarà
edificato senza la partecipazione delle aziende nazionali. «Possiamo
confermare – così il portavoce del predetto dicastero Domagoj Vricko – che a
prendere parte alla costruzione del rigassificatore saranno certamente la
compagnia petrolifera croata Ina, l’Ente elettrodistributivo nazionale e la
Plinacro, l’azienda per la distribuzione del gas in Croazia». E’ seguito un
secondo comunicato dell’Omv nel quale si precisa che una quota del 25 per
cento dell’Adria Lng è prevista per le compagnie croate. «Ben vengano – si
legge – ma facciano in fretta». E non mancano pure le polemiche legate al
sito del futuro impianto energetico Lng.
L’Omv ha più volte citato l’isola quarnerina come area ospitante l’impianto,
mentre invece non è stato deciso ancora niente. «Sarà la Croazia e nessun
altro a fissare l’ubicazione del terminal – ha aggiunto il portavoce – e
voglio ricordare quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Branko Vukelic,
secondo cui la scelta della località in cui sorgerà la struttura sarà presa
entro la fine dell’anno». All’Omv si spinge per l’isola vegliota, ritenuta
la migliore quanto a infrastrutture e servizi già presenti. Sull’isola di
Veglia già operano un porto petroli, l’oleodotto Janaf e l’azienda
petrolchimica Dina. Alla compagnia austriaca si aggiungono gli esperti
croati e i loro colleghi d’oltreconfine, i quali ritengono che Castelmuschio
sia il sito ideale per il rigassificatore. Ciò è stato ribadito al 22.o
convegno internazionale dei produttori di gas, tenutosi ad Abbazia pochi
mesi fa.
Nella «Perla del Quarnero» si era parlato del 2012 come dell’anno in cui il
terminal Lng avrebbe potuto entrare in funzione, con una produzione di
partenza annuale di 10 miliardi di metri cubi. Ricordiamo che il progetto
del rigassificatore aveva incontrato l’opposizione compatta di politici,
autonomie locali e regionali e della popolazione locale. Poi è balzato fuori
un dato molto «appetibile»: l’impianto contribuirà ad aprire direttamente e
indirettamente circa 10 mila posti di lavoro. Un numero notevolissimo,
basato non si sa su quali basi economico-tecniche. Certo è che tale
«argomento» è riuscito a fare presa se non sugli ecologisti di sicuro sui
cittadini anche locali, cambiando l’atteggiamento nei riguardi del
rigassificatore, giudicato ora il benvenuto nella parte croata dell’Alto
Adriatico.
Andrea Marsanich |
Zona ittica
nell’Adriatico, ok dai pescatori - No alla riserva per delfini a Lussino
|
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FIUME Pieno sostegno da parte
della sezione Pesca della Camera artigianale quarnerino-montana all’entrata
in vigore, il primo gennaio 2008, della Zona ittico-ecologica nel Mare
Adriatico. A detta dei responsabili della sezione, sarebbe necessario
introdurre il fermo biologico per la ripopolazione ittica nella fascia sotto
tutela. Per venire incontro invece alle esigenze dei pescatori, si dovrebbe
togliere il divieto di pesca – nelle giornate di sabato e domenica – nella
zona compresa entro 12 miglia dall’isoletta di Pomo. Inoltre, i
rappresentanti dei pescatori hanno annunciato che chiederanno la
soppressione della riserva per delfini, proclamata mesi fa nelle acque
dell’isola di Lussino. La richiesta sarà avanzata alle competenti autorità
statali nel corso del 12.o «Incontro nazionale dei pescatori» in programma
il 26 ottobre a Pago. |
Fianona 3,
sottoscrizione contro la centrale a carbone |
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POLA Questo fine settimana
riprende la raccolta di firme per la petizione contro la costruzione della
futura centrale termoelettrica Fianona 3 a carbone. La sottoscrizione è
promossa dai giovani della Dieta democratica istriana e oggi i banchetti
saranno in piazza al Ponte a Rovigno, al mercato di Abbazia e in riva a
Fasana. Come soluzione alternativa viene proposto l’impiego del gas
naturale. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 5 ottobre 2007
Servola, i
dati della procura:
«Valori fuorilegge» - L’analisi del Cigra: i
livelli massimi di benzoapirene e Pm10 misurati in giornate di vento |
|
L’indagine
sulle sostanze nocive nel rione della Ferriera è stata incrociata coi
riscontri meteorologici dell’Osmer-Arpa: inquinamento anche con la bora
|
Anche se nei
prossimi mesi il livello di idrocarburi fosse pari a zero i limiti annuali
sarebbero superati |
Tra benzoapierene e polveri
sottili il nesso è strettissimo, quasi inscindibile.
L’idrocarburo di cui tutti i ricercatori riconoscono il potere cancerogeno,
viene infatti assorbito dalle polveri sottili e «viaggia» nell’aria
trasportato dalle stesse polveri. Benzoapirene e Pm10 possono essere dunque
assimilati ai passeggeri e alla vettura che li ospita. Ecco il motivo per
cui il pm Federico Frezza sta monitorando nel rione di Servola questi due
parametri, collegati entrambi alla combustione del carbone fossile e alla
sua pericolosità per la popolazione.
Sono così finite sotto osservazione da mesi le emissioni diffuse della
Ferriera. Al centro delle analisi effettuate dai ricercatori del Cigra
dell’Università di Trieste, la qualità dell’aria e il rispetto dei parametri
previsti dalla più recente normativa italiana che fa riferimento alle
Direttive del Parlamento europeo.
Com’è noto i risultati raccolti negli ultimi mesi dai ricercatori del Cigra
attorno a Servola sono allarmanti e per quanto parziali e incompleti vanno
ben al di là dei limiti previsti dalla legge. Paradossalmente se anche nei
mesi che ancora mancano per completare l’anno il livello di benzoapirene
nell’aria fosse pari allo zero, il limite previsto sarebbe stato già
superato. Inoltre la legge prevede che il «campionamento» debba essere
esteso a un periodo di dodici mesi. Prima di intervenire sarà necessario
attendere il completamento dell’anno. Prima è impossibile farlo, come
insegna l’esperienza della cokeria di Piombino, chiusa dal sindaco della
città toscana solo alla conclusione dei dodici mesi di «osservazione» e
misure.
Ma non basta. Il confronto tra le misure di benzoapirene effettuate a
Servola in via dei Giardini e in via San Lorenzo in Selva con quelle di via
Fleming nei pressi dell’Università, sottolineano lo stretto nesso tra lo
stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini-Servestal e la presenza di
benzoapirene e di polveri sottili.
La differenza delle misure effettuate nelle due aree è macroscopica. A
Servola la stragrande maggioranza delle misure superano i livelli di legge:
attorno all’Università tutto rientra nella norma.
Cinque sono le «giornate» in cui i picchi del benzoapirene sono risultati
particolarmente elevati. Il record va al Primo maggio, la Festa dei
lavoratori, quando le apparecchiature del Cigra hanno misurato in via San
Lorenzo in Selva ben 90,04 nanogrammi di benzoapirene per metro cubo d’aria.
Nella classifica il Primo maggio è seguito da martedì 17 aprile con 56,25
nanogrammi; da giovedì 17 maggio con 54,29; da giovedì 19 aprile con 27,11 e
da domenica 6 maggio con 22,84.
Per capire se il vento e la sua direzione hanno in qualche modo influenzato
le misure, soffiando ad esempio da Sud, gli investigatori della Procura
intendono verificare le condizioni atmosferiche di quei giorni, attingendo
ai dati raccolti dalle centraline dell’Osmer-Arpa. Quando soffia la bora
Servola respira, è un dato incontrovertibile. Del tutto opposta la
situazione con lo scirocco. Ma il Primo maggio, il giorno in cui il livello
misurato di benzoapirene è stato massimo, hanno soffiato in prevalenza
schiacciante proprio venti provenienti da Nord, da NordEst e da Est. Lo
stesso fenomeno si è verificato il 17 aprile. Questi dati vanno
ulteriormente approfonditi ed estesi a tutti i periodi in cui le misure sono
state affettuate nei pressi della Ferriera e dell’Università.
Claudio Ernè |
Idrocarburi
cancerogeni |
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I benzopireni sono idrocarburi
della serie aromatica. Sono contenuti nel catrame di carbone fossile e in
molti carboni. La loro azione cancerogena è ampiamente riconosciuta e per
questo vengono utilizzati negli studi dei tumori. La pericolosità è molto
alta. Infatti il penzopirene viene assorbito molto facilmente dalle polveri
fini Pm10 che si formano in fase di combustione. Le polveri, per le loro
ridottissime dimensioni, non vengono fermate dai «filtri» presenti nel
nostro corpo e arrivano direttamente nella basse vie respiratorie , dove
oltre ad intasarle«liberano» le sostanze tossi assorbite. da qui vengono
trasferite attraverso il sangue, negli altri organi, fegato in particolare.
Va aggiunto che a livello sperimentale è stato dimostrato che tra i vari
inquinanti si sviluppano pericolose e in gran parte sconosciute patologie.
Sia l’anidride solforosa che il biossido di azoto, agiscono con il
benzopirene, aumentando il potere mutageno di questo idrocarburo. |
Negative le
misure della Sanitas incaricata dalla Lucchini |
|
Sono state sempre negative le
misure dei livelli di benzoapirene effettuate per legge all’interno della
Ferriera dalla ditta «Sanitas», incaricata e pagata dal gruppo
Lucchini-Servestal. Un dato in controtendenza con quanto misurato
nell’abitato di Servola dai tecnici del «Cigra», incaricati dal pm Federico
Frezza. A breve scadenza però ai tecnici della «Sanitas» si affiancheranno
alcuni ricercatori del Cnr che dovranno chiarire la clamorosa anomalia. Non
sfuggono infatti a nessuno gli eventuali riflessi sulla salute degli operai.
Sulla salute degli operai è intervenuto ieri Maurizio Ferrara, già assessore
comunale all’ambiente e capogruppo della Lista Dipiazza. «Altro che
difendere l’occupazione. Qui bisogna difendere la salute e la vita. Il
sindacato dovrebbe far causa all’azienda per i danni che sta provocando alla
salute dei lavoratori della Ferriera e agli abitanti di Servola. Dovrebbe
essere il sindacato a chiedere per primo la cessazione dell’attività.
Sullo stesso tema è intervenuto anche il consigliere regionale dei Verdi
Alessandro Metz che ha presentato un esposto alla Procura chiedendo di
«verificare i numerosi passaggi non chiari sulla conduzione della Ferriera e
sull’attività degli organi di controllo sull’inquinamento». «I cittadini- ha
continuato Metz- non possono più attendere, i lavoratori della Ferriera
devono uscire dalla lente agonia e incertezza sul loro futuro occupazionale
in cui la politica li ha costretti». |
Bucci: «Il
park sulle Rive parte a marzo» - L’assessore illustra in aula la
delibera sui parcheggi. Entro sei mesi il primo cantiere, poi Foro Ulpiano
|
|
«Ma
approvate subito il piano». Critiche anche dalla maggioranza
|
Sulle Rive, davanti alla
Stazione Marittima e subito dopo in Foro Ulpiano, a due passi dal liceo
Dante. Sono le aree che potranno beneficiare nell’immediato
dall’approvazione del Piano parcheggi comunale. Almeno è quanto assicurato
ieri mattina dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, ai consiglieri
comunali della sesta commissione. Pronto quasi a scommettere che entro sei
mesi, quindi a marzo, la costruzione della struttura davanti alla Stazione
Marittima (4 piani interrati, con 486 posti auto) diventerà una realtà.
Seguita dall’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano lungo via
Giustiniano (3 piani interrati, 450 posti auto). Due parcheggi in struttura
entrambi portati avanti dalla Saba Italia, che in città gestisce anche il
Silos.
Ma per avviare i cantieri oltre alle autorizzazioni serve l’approvazione del
Piano parcheggi da parte del Comune. Ecco quindi la riunione convocata ad
hoc dal presidente Roberto Sasco, per illustrare un Piano che conoscono
ormai anche i muri. Solo che ieri è entrato ufficialmente nell’aula preposta
alla sua approvazione. Un voto che, davanti alle premesse viste ieri
mattina, sarà passibile di modifiche in sede di discussione consiliare. La
delibera illustrata da Bucci, infatti, lascia perplessi non solo gli
esponenti dell’opposizione, ma anche quelli della maggioranza. Pronti a
sparare, a cominciare dai banchi di An, sul lavoro dell’assessore
all’Urbanistica.
Rapporti non proprio idilliaci emersi prima sulla tempistica
dell’approvazione («non poniamoci limiti», è il pensiero di An con Angela
Brandi), poi sull’«assenza del piano del traffico, che dovrebbe invece
essere approvato contestualmente» (a cavalcare il tema soprattutto Roberto
Decarli dei Cittadini, Alfredo Racovelli dei Verdi e Iztko Furlanic di
Rifondazione).
Una serie di perplessità avanzate anche dal presidente della commissione
Sasco (Udc), pronto a sollevare il tema dei costi: «Perché non pensare a
parcheggi a prezzi ragionevoli, da realizzare in superficie nelle
periferie?». Ma anche Forza Italia, partito dello stesso Bucci, non è andata
per il sottile chiedendo con Piero Camber lumi sulla novazione con la ditta
Riccesi (il contenzioso che, al posto del progetto cassato di piazza
Ponterosso, vede il Comune cedere le aree di via del Teatro Romano, largo
Roiano e via Tigor). Seguito a ruota dal collega forzista Bruno Marini che
interroga l’assessore all’Urbanistica sul futuro delle aree di largo papa
Giovanni e largo Canal, dove sono previsti due parcheggi.
L’affondo è spettato ad Alessia Rosolen (An), con uno scambio di battute al
vetriolo, interdetta davanti all’illustrazione di Bucci. «Quali sono i
parcheggi cantierabili nei prossimi sei mesi che giustificano questa
celerità nell’approvazione dell delibera? Ci rendiamo conto che 8 parcheggi
(dei 18 indicati nel Piano) sono incompatibili con l’attuale Piano
regolatore?». An non capisce poi il mancato inserimento nella delibera anche
di piazzale 11 settembre a Barcola e le ex Officine Hölt di via Gambini.
«Proprio per accelerare i tempi. Faremo un’altra delibera. Ben venagno poi
altri progetti di privati per parcheggi da realizzare nelle periferie»,
ribatte Bucci chiarendo a Marini che le due aree da lui citate sono le
uniche a non prevedere una pedonalizzazione.
E aggiunge, mantenendo il fair play ma punzecchiando con qualche battuta in
codice Rosolen e An (che per altro ricambia, con la stessa arma): «Questo
non è un piano dei sogni. Il parcheggio davanti alla Stazione Marittima è
già cantierabile, poi arriveranno gli altri. Approvare questo Piano
significa - dice Bucci - sancire la chiusura del contenzioso con la Riccesi
che altrimenti chiede come risarcimento 3 milioni di euro».
Pietro Comelli |
Rigassificatore, pronto il progetto - L’infrastruttura sul colle di
Sermino alle spalle di Capodistria. Governo sloveno scettico |
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L’impianto
proposto dalla tedesca TGE costa 900 milioni di euro. Fornirebbe 5 miliardi
di metri cubi all’anno di gas
LUBIANA Terminal rigassificatore
nel porto di Capodistria, la «TGE Gas Engineering» torna alla carica. La
società tedesca, che fa capo al gruppo francese «Suez», ha presentato nei
giorni scorsi all'opinione pubblica slovena il progetto per un impianto
congiunto di rigassificazione e di produzione di energia elettrica da
costruire nella zona portuale.
Alla fine di luglio, ricordiamo, la «TGE» aveva presentato al ministero
dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza per ottenere le
autorizzazioni generiche per il progetto, ma finora non ha ottenuto alcuna
risposta. Comunque, anche se Lubiana dovesse dire di no - il che, secondo
fonti governative, è quasi scontato - la società tedesca per il momento non
ha alcuna intenzione di mollare.
«Il terminal rigassificatore nell'area del porto di Capodistria - ribadisce
il direttore della TGE Gas Engineering, Vladimir Puklavec - sarebbe un
ottimo affare per tutta la Slovenia e una grande occasione per il Litorale».
Quali le caratterisctiche del previsto intervento? Il progetto, del valore
complessivo di circa 900 milioni di euro (inclusivo dei costi di
finanziamento e con un'incidenza pronosticata del valore delle opere da
affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni, stimata in una quota
del 33 per cento) impegnerebbe una superficie di 25 ettari. Esso prevede la
costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di
carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri
dall'attracco delle navi cisterna (dovrebbe essere ampliato il Molo 2 dello
scalo capodistriano, ndr.), di due contenitori in acciaio da 150.000 metri
cubi, dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto
criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in
senso stretto e della centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas
all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento
indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la
produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012.
È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza
tecnico universitaria con un indotto stimato di 1200 addetti complessivi. La
centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw,
sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta
ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe
l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei
traffici marittimi indotto dall'intervento è stimato in 50-60 navi cisterna
all'anno. La TGE ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i
massimi standard di tutela dell'ambiente, sottolineando tra l'altro che la
tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista
dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste.
«Saremmo distanti 750 metri dalle prime case di Ancarano e più di un
chilometro da Capodistria – spiega Puklavec – e queste sono distanze
superiori a quelle minime richieste dagli standard internazionali».
Alla domanda dei giornalisti sui mezzi spesi finora per i vari studi di
fattibilità del progetto, il direttore della TGE ha risposto in modo
evasivo: «Avremmo speso molto se non otterremo i permessi, poco se questi
permessi arriveranno». La documentazione presentata dalla società tedesca è
ancora oggetto di studio, ma a giudizio di Marko Starman, segretario di
stato presso il ministero per l'Ambiente e responsabile del gruppo
interministeriale incaricato di valutare la proposta, il progetto per il
rigassificatore nel Porto di Capodistria non ha grandi possibilità di essere
approvato.
Alla TGE restano comunque ottimisti, convinti che le soluzioni da loro
proposte sono tecnologicamente all'avanguardia ed economicamente valide.
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IL PICCOLO -
GIOVEDI', 4 ottobre 2007
A Servola livelli allarmanti
di benzoapirene - Picchi di 90 nanogrammi per metro cubo (il limite è
1) della sostanza |
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Lo studio
realizzato dal Cigra per la magistratura. Il Comune ha deciso di finanziare
l’ultima parte delle analisi |
L’indagine è
stata condotta in via San Lorenzo in Selva, i risultati messi a confronto
con la curva dell’Università dove l’inquinamento risulta di 50 o 90 volte
inferiore |
Dipiazza:
«Dati pazzeschi». Ma non parla più di chiusura. «Bisogna sedersi tutti
attorno a un tavolo e comportarsi responsabilmente» |
Il rapporto trimestrale sulle
analisi del territorio circostante la Ferriera di Servola realizzato per
conto della magistratura dal Centro interdipartimentale di gestione e
recupero ambientale (Cigra) dell’Università di Trieste emette dati
allarmanti circa l’inquinamento del rione.
Le analisi sono state svolte in via San Lorenzo in Selva, in prossimità
della fabbrica, e per contrasto nell’area, pur trafficata, di via Fabio
Severo sul curvone dell’Università. Ieri il circolo Miani ne ha presentato
alcuni contenuti: «Dal 31 gennaio al 2 giugno - è stato detto - la media di
emissioni di benzoapirene è stata di 21,71 nanogrammi per metro cubo (il
limite di legge è di un nanogrammo), le emissioni sono state nella norma un
solo giorno, a fronte di picchi di addirittura 90 (il 1.o maggio), 56,25 (il
17 aprile) e 54,9 (il 17 maggio). All’Università invece la media non ha
superato gli 0,13 nanogrammi di metro cubo». Di recente i sindacati hanno
lamentato che l’Azienda sanitaria abbia sospeso specifiche analisi sui
lavoratori per individuare le concentrazioni di questa tossica sostanza
nelle urine.
Il benzoapirene è infatti altamente cancerogeno, e secondo due test
specifici prodotti sempre dal Cigra l’esposizione a livelli alti associata a
quella di polveri sottili è talmente nociva per il corpo umano da provocare
una modificazione genetica del Dna e alterare i fattori di crescita.
«Quello sul benzoapirene è un dato folle» commenta il sindaco Dipiazza. Il
Comune, con Azienda sanitaria, Provincia e Arpa è uno dei destinatari dello
studio, oltre al magistrato. Da qui in avanti sarà anche il finanziatore
dell’ultima tranche di analisi. La Procura infatti che le ha ordinate
nell’ambito delle indagini condotte dal pm Federico Frezza ha esaurito i
fondi a disposizione. La giunta comunale ha già deliberato la decisione di
finanziare il resto del lavoro, che si potrà considerare definitivo a fine
2007, perché i dati hanno una rilevanza autentica e probante solo a livello
di media annuale.
Il sindaco adesso non parla più di «chiudere la Ferriera». Ma giudica
«inammissibile, di una gravità assoluta che finora non si sapesse e che
tanti pur sapendo - aggiunge - abbiano avuto atteggiamenti protettivi», e
per giunta «che si continui a tollerare». Dice Dipiazza: «Così non si può
andare avanti, la città mi sollecitava a chiudere il traffico per uno
sforamento di due punti di polveri sottili, da 50 a 52, e a Servola si sono
trovati livelli di Pm10 tra 600 e 2200, cioé fino 44 volte superiori ai
limiti di legge, lo stesso pm Frezza ha letto in Prefettura uno studio
inglese secondo cui è impossibile, in processi industriali che lo producono,
neutralizzare il benzoapirene».
E allora? «Intanto prendiamo atto - prosegue il sindaco -, poi una risposta
a questi poveri cittadini di Servola bisogna pur darla, e non più con
modeste multe all’azienda per semplice imbrattamento com’è stato per anni,
ma finalmente con serietà: bisogna sedersi a un tavolo tutti, e comportarci
responsabilmente».
In quale direzione, però, non è più così esplicito. Il 30 ottobre (e i
cittadini già hanno protestato e lo faranno nuovamente il 23 ottobre) è
atteso il verdetto della Regione sulla Valutazione integrata d’impatto
ambientale, che ha coinvolto fin qui un’ampia conferenza dei servizi per
ottenere dalla fabbrica il contenimento delle emissioni. E lo stesso
Dipiazza crede nello strumento, a prescindere dai dati Cigra.
Dalla Ferriera invece una sorta di no comment: «Le carte sono appena
arrivate - risponde Francesco Semino, portavoce dell’azienda - e i nostri
tecnici le stanno analizzando da un punto di vista scientifico, troppo
presto per dire qualsiasi cosa».
(Ha collaborato Elisa Lenarduzzi)
Gabriella Ziani |
PIANO PARCHEGGI - Entro
novembre la Riccesi Spa attende risposte dal Comune sui posteggi in via del
Teatro Romano, via Tigor e largo Roiano |
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An e Fi:
diteci se si faranno i tre parcheggiPrende
il via la discussione del nuovo piano parcheggi nell’ambito del consiglio
comunale. La commissione urbanistica ascolterà oggi l’illustrazione del
documento da parte dell’assessore Maurizio Bucci e dei tecnici comunali.
Nella successiva seduta toccherà ai consiglieri presentare osservazioni o
emendamenti, in vista del voto finale in aula.
Il piano individua 18 siti per altrettanti parcheggi, quasi tutti interrati.
Sono ipotizzati 5310 nuovi posti auto per un costo complessivo di quasi 135
milioni di euro. L’approvazione del piano non comporterà la certezza
dell’edificazione di tutti i contenitori: il Comune intende lanciare delle
gare per operazioni in project financing, dando in concessione la
costruzione delle strutture alle imprese che poi rientrerebbero degli
investimenti grazie alla vendita o alla gestione dei parcheggi stessi.
Maggioranza e opposizione preferiscono attendere la seduta di oggi prima di
esprimersi. Ma già si delinea la possibilità che il dibattito in parte si
sviluppi sui tre parcheggi interrati delle Rive e più in generale, come dice
la capogruppo di An Alessia Rosolen, sull’opportunità di inserire nel piano
tutti i contenitori previsti nel centro cittadino. E il capogruppo forzista
Piero Camber ha già introdotto un’ulteriore tematica, facendo sapere di
ritenere «pregiudiziale» l’avere un quadro certo in merito ai tre parcheggi
di via del Teatro Romano, via Tigor-Cereria e largo Roiano: sono i
contenitori che la Riccesi spa dovrebbe costruire in base alla novazione
contrattuale chiusa lo scorso anno con il Comune dopo che quest’ultimo, nel
2002, decise di non procedere con la prevista costruzione del parking di
Ponterosso da parte della cordata capeggiata dalla stessa Riccesi.
Come Camber, anche Rosolen annuncia di attendere chiarimenti. Da parte
dell’impresa, Donato Riccesi ricorda che in base alla novazione «entro
novembre» la stessa spa deve ottenere una risposta precisa dal Comune sulla
cantierabilità dei tre parcheggi previsti»: «In caso contrario dovremmo
passare alla monetizzazione del danno subìto», dice Riccesi, quantificato in
«circa tre milioni e mezzo di euro» che il Comune dovrebbe sborsare. «Io mi
auguro di costruire parcheggi perché significano lavoro per noi e perché
Trieste ne ha bisogno, ma se dopo sei anni l’amministrazione non riuscisse a
varare un’alternativa percorribile non ci resterebbero alternative»,
prosegue Riccesi.
Le strutture individuate per la novazione sono previste nel piano, ma
secondo Riccesi le incertezze non mancano: «Dall’amministrazione comunale
informalmente abbiamo avuto sentore di una sostanziale contrarietà» sul
parcheggio di largo Roiano dovuta alla vicinanza degli esercizi commerciali.
Per via del Teatro Romano invece l’impresa aveva proposto un progetto che il
Comune ha modificato arretrando di parecchio l’edificio fin dentro il colle:
ubicazione che di fatto - dice Riccesi - esporrebbe l’impresa al rischio di
blocco lavori di fronte ai probabili rinvenimenti archeologici. Almeno due
dei tre parking previsti dalla novazione, insomma, sarebbero in bilico.
Nessuna dichiarazione però, per ora, arriva in merito dal sindaco Dipiazza.
Se ne riparlerà in commissione consiliare. |
Disagi nella raccolta dei
rifiuti a Muggia - Immondizie per strada, cassonetti in ritardo.
Veronese: «Era prevedibile» |
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Il passaggio
di consegne da AcegasAps a Ecoverde scatena immediate proteste soprattutto
nelle zone più distanti dal centro
MUGGIA Il passaggio di consegne
a Muggia tra AcegasAps ed Ecoverde nella gestione dei rifiuti presenta non
pochi disagi. In certe zone periferiche mancano del tutto i cassonetti e le
immondizie sono ammucchiate a terra. Oggi tutto dovrebbe tornare normale. Ma
ieri non si assisteva a un bello spettacolo, in particolare lungo le strade
a Chiampore, Zindis e anche a Muggia Vecchia. Spariti i cassonetti, si sono
visti mucchi di sacchetti di rifiuti, a volte posati nei riquadri gialli che
delimitano lo spazio dei contenitori, e a volte no.
Il consigliere Massimo Santorelli (Fi) sbotta: «Non è concepibile che dopo
tre giorni dal cambio di gestione persistano i disagi, e che i sacchetti
siano a terra, in preda ai gatti randagi se non ai topi. E dove ci sono già
i cassonetti, nessuno li svuota. Ancora una volta - dice il consigliere -
sono soprattutto le periferie a essere lasciate indietro. La gente è
inorridita da questo modo di fare. Dove sono l’assessore Veronese e il
Comune? Perché nessuno vigila?».
L’assessore Piero Veronese ribatte: «Seguo da vicino l’avvicendamento e ho
visto i problemi a Chiampore, Muggia Vecchia e non solo. Sono zone ancora da
coprire. Abbiamo sollecitato la ditta, che ha chiesto un po’ di tempo in più
per la posa dei cassonetti. Entro domani (oggi, ndr.) avrà chiuso il giro.
Ritardi e sfasature li avevamo previsti - prosegue l’assessore -, la
contemporaneità delle operazioni di ritiro e distribuzione, seppur
auspicata, è difficile. Né sarebbe stato possibile affiancare i cassonetti
nuovi ai vecchi».
Da rimediare anche le posizioni dei cassonetti stessi. Molti sono troppo
spostati dai marciapiedi o dal bordo strada e rischiano di intralcare il
traffico. Altri hanno il pedale dalla parte della strada, mettendo a rischio
l’incolumità delle persone. Ieri AcegasAps ha cominciato a ritirare anche le
campane per la differenziata, che però Ecoverde non ha ancora fornito.
«Saranno distribuite fra un paio di giorni», assicura Veronese.
Interviene anche il segretario della Lista per Muggia Dario Grison:
«Tralasciando l'aspetto tecnico del passaggio e gli inevitabili disagi, e
senza tener conto del problema della leggerezza dei cassonetti, sono
preoccupato a seguito dell'offerta provocatoria fatta da Acegasaps che ha
evidentemente rinunciato a vincere la gara offrendo una cifra più alta,
ritenendo anche che l'appalto fosse stato ’’mal formulato’’. È evidente –
dice Grison - che qualcosa non torna e seppur confidando che la nuova ditta
saprà far fronte alla mole di lavoro, sorge il dubbio se riuscirà a
contenere i costi o se per far quadrare i conti dovrà ridurre il servizio.
Auspico che eventuali costi aggiuntivi non ricadano sulle spalle dei
muggesani e che si dia chiarezza su una gara d'appalto che più che curiosa
possiamo definire preoccupante».
s.re. |
I Verdi al sindaco di Duino:
«Non usare le terre bruciate distrugge la pastorizia» - Chiesta una deroga
urgente alla legge antipiromani |
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DUINO AURISINA Una legge che a
livello nazionale serve per disincentivare gli incendi dolosi nei boschi
rischia di far collassare la pastorizia dell'altopiano, mettere a rischio la
landa carsica e creare danni ai giovani imprenditori che stanno rivolgendosi
al settore agricolo. Si tratta della legge nazionale del 2000, una norma
approvata per disincentivare la pratica con cui soprattutto nel Sud Italia i
boschi vengono incendiati per liberare nuove superfici disponibili per il
bestiame, e vieta per dieci anni il pascolo sulle superfici percorse dal
fuoco. Il ministero dell'Ambiente, dopo la recente estate di fiamme, ha
spinto presso le Regioni per la completa attuazione della legge, e per una
sua rigida applicazione: ma questo, almeno sul Carso, potrebbe causare seri
danni, tanto che i Verdi hanno inviato al sindaco di Duino Aurisina, con
l'intendimento di estenderlo a tutti i comuni del Carso triestino e isontino,
un ordine del giorno che impegni il sindaco a ottenere o una specifica della
norma stessa, o una deroga per i territori interessati dalla landa carsica.
«Nel caso del Carso - spiega il Verde Maurizio Rozza, impegnato nella
salvaguardia della landa carsica e in progetti di reintroduzione
dell'allevamento e della pastorizia sul Carso, sistemi che permettono di
evitare la crescita spropositata degli arbusti, che a loro volta soffocano
la landa - il divieto di pascolo sulle aree vocate alla landa carsica, per
buona parte colpite da fuochi nell'arco degli ultimi dieci anni, darebbe il
colpo di grazia a questi delicati ecosistemi e ai giovani imprenditori
agricoli che - da Basovizza a Medeazza - stanno investendo per riprendere
questa attività storica».
La norma nazionale che tende a limitare l'attività dei piromani privandoli
di quello che risulta essere il loro scopo economico è, per quanto riguarda
il Carso, in contrasto anche con le norme della Comunità europea, che -
spiegano i Verdi - «ha imposto all'Italia di costituire sul Carso Siti di
importanza comunitaria e Zone di protezione speciale per tutelare gli
ecosistemi e le specie legate alla landa, imponendo al nostro Stato di
adottare tutte le misure utili alla sua conservazione o al suo ripristino.
Con la mozione presentata - concludono i Verdi - si vuole attivare una
azione sinergica con gli altri Comuni del Carso, con le Province, con la
Regione e con il ministero dell'Ambiente per modificare o reinterpretare la
norma affinché il pascolo controllato, quando utilizzato proprio per
salvaguardare gli ecosistemi tutelati dalle direttive comunitarie, venga
consentito anche sulle aree percorse dal fuoco, posto che il Carso tutto è
stato, negli ultimi dieci anni, percorso dalle fiamme, dolose o meno».
L'attività dei Verdi rientra nel più ampio progetto - in parte già attivato
a Basovizza - di riavvio economico delle attività agricole, di pastorizia e
di allevamento nel Carso, una serie di progetti che utilizzano anche fondi
comunitari e che coinvolgono in particolare giovani imprenditori del luogo.
fr.c. |
Gas, allarme di Ortis:
«Italia a rischio-freddo, l’offerta è insufficiente» - Il monito dell’Authority
dell’energia |
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ROMA Sul fronte del gas l'Italia
non è in sicurezza e «in caso di punte di freddo intenso alla fine della
stagione invernale, l'attuale offerta non è in grado di fronteggiare
compiutamente la domanda». Permane, quindi, «una seria preoccupazione»,
mentre per essere in sicurezza, il sistema dovrebbe poter disporre di 130
milioni di metri cubi di gas al giorno aggiuntivi. L'allarme arriva dal
presidente dell'Autorità per l'Energia, Alessandro Ortis, che ha affrontato
il tema dell'emergenza gas in un'audizione alla commissione Bilancio della
Camera. Ortis ha sottolineato che le misure prese dal governo con «la
massimizzazione delle importazioni e il sistema di interrompibilità della
domanda industriale, consentono di mitigare il rischio». Ma allo stesso
tempo ha lanciato un avvertimento chiaro: «Se ai rischi del clima si
sommassero altre cause di riduzione dell'offerta invernale, quale ad esempio
l'interruzione accidentale delle importazioni da uno dei principali
metanodotti (che hanno capacità dell'ordine degli 80 Mmc/g), il sistema
potrebbe non essere in grado di far fronte alla domanda».
«Poichè in inverno la domanda di gas naturale nei giorni feriali è
mediamente superiore di circa 80 milioni di metri cubi al giorno rispetto
alla attuale capacità di produzione e importazione - ha spiegato ancora
Ortis - il ricorso agli stoccaggi è indispensabile in modo sistematico e non
occasionale. E quindi al termine di un inverno mediamente freddo l'offerta
da stoccaggi si riduce a circa 120 Mmc/g.
Complessivamente quindi l'offerta massima a fine inverno può scendere ai 400
Mmc/g, mentre la domanda può ancora raggiungere punte superiori ai 450 Mmc/g
in caso di freddo particolarmente intenso». Dai dati emerge che «un sistema
del gas adeguato alla attuale domanda dovrebbe disporre di almeno 130 Mmc/g
aggiuntivi di offerta». Un valore «rilevante se confrontato con gli
investimenti in corso. Basti considerare che il rigassificatore di Rovigo
apporterà appena 25 Mmc/g aggiuntivi, mentre gli ancora attesi potenziamenti
dei metanodotti da Russia e Algeria contribuiranno nel complesso per circa
35 Mmc/g».
La capacità di stoccaggio di gas, «quasi interamente del gruppo Eni, risulta
largamente insufficiente». Tecnicamente ed economicamente «sarebbe fattibile
un raddoppio delle capacità di stoccaggio», ma si registra una «inerzia» da
parte della Stogit, che non deriva da «scarsità di risorse», ma da «altre
motivazioni, di strategia di mercato dell'Eni». |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 3 ottobre 2007
Test sui terreni di Servola:
inquinamento oltre i limiti - Gli sforamenti avrebbero già superato il
numero che la legge consente nell’arco di un anno intero |
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È il
risultato delle ultime analisi trimestrali realizzate attorno alla Ferriera
dal Cigra universitario per conto del pm Federico Frezza
Sforamenti dei limiti
d’inquinamento che per quantità hanno già superato quelli ammessi nell’arco
di un anno intero.
È la situazione certificata attorno alla Ferriera di Servola, sui terreni
circostanti, nel quartiere.
I dati appartengono all’ultima indagine realizzata per conto della
magistratura dal Cigra (Centro interdipartimentale per la gestione e il
recupero ambientale). Analisi e test svolti nell’ultimo trimestre.
Il documento che gli esperti dell’Università di Trieste hanno consegnato al
pm Federico Frezza è stato da questi in seguito inviato a tutte le parti
interessate: Azienda sanitaria, Provincia, Comune, Arpa, associazioni di
rappresentanza dei cittadini. Alcuni termini generali dei dati sarebbero
stati anticipati in una recente riunione coi comitati locali.
Peraltro numerosi cittadini di Servola, come si sa, sono tornati a
manifestare in Regione, e lo faranno nuovamente il 23 ottobre.
Il Cigra non anticipa né illustra, invece, il proprio lavoro. Ha un vincolo
di rapporto riservato con la magistratura che ha richiesto le indagini.
Altrettanto fa l’Azienda sanitaria. La Provincia, per voce dell’assessore
all’Ambiente, Ondina Barduzzi, afferma di non aver ancora ricevuto questa
posta. In tutti i casi si sa che quelle pagine contengono cattive notizie:
sostanze nocive sono depositate in quantità massiccia nell’area che circonda
la fabbrica.
Ovviamente per polveri sottili e altri prodotti di combustione (di cui è
provata l’azione cancerogena) va tenuto conto che essi sono pestifero frutto
anche del traffico – via Svevo e Grande viabilità – ma ciò che conta a tutti
gli effetti è il risultato finale: anche se sono in corso gli adempimenti
per la Valutazione ambientale integrata che obbliga l’azienda a un assiduo
controllo delle emissioni e a una decisa contrazione dell’inquinamento
dell’aria, gli sforamenti dei «picchi» nell’ambito delle ricadute a terra
vengono definiti «allarmanti» e la situazione complessiva della zona è
ampiamente fuori norma.
Negli scorsi giorni una riunione in Prefettura tra tutti gli attori
coinvolti (dall’azienda stessa alla magistratura) aveva posto l’accento
specialmente sul prossimo Piano della qualità dell’aria che la Regione
dovrebbe redigere, ma non prima di otto mesi, e dal quale prendere base per
definire anche i limiti cui deve sottostare la Ferriera.
Così adesso, mentre i cittadini stanno facendo cause legali al Comune, alla
Provincia e alla proprietà della Ferriera, si allineano ormai numerose
opzioni e pressioni attorno alla fabbrica di ghisa: le inchieste del pm, le
analisi dell’Azienda sanitaria e quelle dell’Arpa, la Valutazione ambientale
integrata (gli ultimi documenti prodotti saranno esaminati entro fine mese,
una riunione fra enti è fissata per il 30 ottobre), le indagini sui terreni
firmate dal Cigra, le raccomandazioni del ministro Pecoraro Scanio che ha
fatto per primo il riferimento al Piano dell’aria (subito raccolte dai Verdi
e pure da altri), e non certo da ultimo il minaccioso e reiterato intento
del sindaco di chiudere definitivamente la Ferriera.
Intanto si attendono sviluppi sulla trattativa per l’acquisto dello
stabilimento di Servola da parte del gruppo cremonese Arvedi. Emissari
dell’azienda nelle scorse settimane hanno visitato le strutture della
Ferriera. |
Un tavolo di lavoro a Sgonico
per gestire la raccolta dei rifiuti - Decisione del consiglio
municipale |
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SGONICO Un tavolo di lavoro per
gestire in modo efficace la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in ambito
municipale.
L'idea è del Comune di Sgonico, che nella sua ultima riunione del consiglio
ha deciso di istituire ufficialmente un tavolo di lavoro per fronteggiare in
modo efficiente la questione rifiuti lungo il proprio territorio. La
decisione segue una stagione di impegno che ha visto l'amministrazione
comunale particolarmente attiva su questo fronte.
Nel corso dell’ultimo anno infatti il Comune si è adoperato per la
sensibilizzazione dei cittadini sul tema, provvedendo alla distribuzione
alla comunità di un opuscoletto informativo sulla raccolta differenziata,
realizzato grazie a un contributo dell'ente provinciale di Trieste.
Il nuovo tavolo di lavoro che è stato istituito rappresenta un ulteriore
passo in questa direzione, e avrà il compito di rintracciare delle soluzioni
appropriate per migliorare il servizio dello smaltimento delle immondizie.
Per implementare le operazioni di recupero e suddivisione dei materiali,
risulterà di notevole supporto quella mappa interattiva che rileva le
differenti postazioni dei cassonetti presenti lungo il territorio comunale
di Sgonico.
Lo strumento di lavoro è stato realizzato dall'ufficio tecnico municipale, e
permette di evidenziare la densità dei contenitori di rifiuti rispetto alla
distanza dalle abitazioni degli utenti.
Attualmente, sul territorio comunale di Sgonico, risultano dislocati
complessivamente 208 cassonetti, dei quali 158 utili alla raccolta dei
rifiuti domestici, 12 riservati al deposito del vetro, 24 riservati alla
carta e 14 che sono destinati alla raccolta della plastica.
Del tavolo di lavoro comunale, oltre al primo cittadino di Sgonico Mirko
Sardoc e all'assessore all'Ambiente Igor Gustincic fanno parte sia esponenti
della coalizione Skupaj/Insieme di maggioranza, vale a dire i consiglieri
Adriano Regent e Grilanz Bozic, che dell'opposizione, ovvero Nicola Guarrino
per il Poloper Sgonico e Barbara Zivec in rappresentanza della Slovenska
Skupnost.
m.l. |
Sviluppo della Val Rosandra:
presentazione pubblica delle iniziative agli abitanti di Bottazzo e Bagnoli
- Domani un incontro al Rifugio Premuda |
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SAN DORLIGO Si svolgerà domani
alle 19.30 a Bagnoli Superiore, al Rifugio Premuda, un nuovo incontro
nell’ambito del processo di Agenda 21 volto a sentire la cittadinanza in
merito alla stesura del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra.
Il Comune ha infatti organizzato una serie di incontri, il primo dei quali
si è svolto settimana scorsa a Dolina.
L’appuntamento di domani è rivolto ai residenti delle frazioni di Botazzo,
Bagnoli della Rosandra e Bagnoli Superiore. L’assessore Laura Stravisi
spiega: «L’incontro ha come obiettivo la presentazione delle iniziative che
il Comune intende attivare per gestire la Riserva naturale regionale della
Val Rosandra, e sollecitare ogni gruppo di popolazione invitata agli
incontri ad individuare uno o più “portavoce” che facciano da tramite tra il
proprio gruppo ed il Comune, consentendo ad essi il costante aggiornamento
su ogni azione intrapresa».
All’incontro di Dolina, i cittadini hanno già colto l’occasione per
esprimere le proprie opinioni e hanno anche messo l’accento su argomenti che
vanno al di là della gestione della Riserva. «Alcuni dei presenti – così
Stravisi - hanno dichiarato di apprezzare il fatto che il Comune abbia
deciso di consultare i cittadini su un tema così vicino a loro, che vivono
il territorio, e questo ci ha dato in qualche modo conferma di essere
partiti in maniera corretta, ma soprattutto condivisa, per la gestione della
Riserva».
s.re. |
Sinergia con la Slovenia
sulle energie alternative - Presentati gli effetti del progetto Interreg
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Grazie alle opportunità offerte
dai diversi programmi comunitari a cui ha preso parte la Regione, in questi
anni è stato possibile valorizzare lo sviluppo sostenibile e le energie
alternative sull’intero arco alpino del Friuli Venezia Giulia. A mettere in
luce l’importanza della programmazione comunitaria in un settore attuale e
quanto mai delicato come quello delle energie rinnovabili è stato il
convegno «Sviluppo sostenibile ed energie alternative: verso nuove
opportunità», nel corso del quale sono stati presentati dati ed effetti
della programmazione Interreg III A Italia-Slovenia 2000-2006.
L’incontro, svoltosi a Tarcento lo scorso 18 settembre, ha dato il via a una
serie di incontri che saranno organizzati in diverse località regionali fino
alla fine di quest’anno, proprio per far emergere quanto di buono è emerso
dal bilancio sulla vecchia programmazione Interreg IIIA Italia-Slovenia. ”«i
tratta - ha commentato l’assessore regionale alle Relazioni internazionali
Franco Iacop - di trarre frutto dallo scambio di esperienze, individuando la
miglior utilizzazione possibile delle fonti alternative, nel rispetto
dell'ambiente e del paesaggio». Nel corso delle assise sono stati illustrate
tutte le attività portate avanti in questo ambito nella regione: lo studio
per l’individuazione, l’organizzazione e la gestione di un bacino
territoriale transfrontaliero per la valorizzazione, ai fini energetici,
delle biomasse forestali nella Comunità montana del Torre, Natisone e Collio,
nonché la pianificazione partecipata transfrontaliera di aree di elevato
valore naturalistico nell'area meridionale delle Giulie e la realizzazione
di centri gestionali e di informazione sul territorio protetto dell'arco
alpino orientale (Prealpi Giulie).
L’incontro del mese scorso, però, non aveva solo lo scopo di fare il punto
sul lavoro svolto finora, ma anche quello di stimolare l’interesse degli
enti e delle realtà locali sulle potenzialità dell’azione comunitaria mirata
a valorizzare le attrattive del territorio e di favorire nel contempo la
fruizione delle risorse naturali anche ai fini dello sviluppo delle energie
alternative. Ma non solo: una parte non meno importante del convegno è stata
anche dedicata alle prospettive future della nuova programmazione 2007-2013.
Se si considera il recente allargamento dell’Unione Europea, salta subito
agli occhi come l’area programmatica italo-slovena abbia assunto
un’importanza strategica fondamentale sia a livello europeo che
internazionale, trasformandosi da zona periferica ad area centrale nel
contesto geografico della nuova Europa allargata.
La cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, quindi, offrirà
svariate opportunità agli enti locali da una parte e l’altra del confine,
ormai in procinto di cadere. Rispetto al periodo di programmazione
2000-2006, infatti, l’estensione dell’area di riferimento è aumentata
considerevolmente, includendo anche le Province emiliano-romagnole di
Ravenna e Ferrara e la Provincia veneta di Padova. Un allargamento che non
ha risparmiato nemmeno la vicina Slovenia, dove ad aggiungersi è stata la
Regione statistica Gorenjska. I nuovi ingressi hanno comportato un notevole
incremento dell’area ammissibile e della popolazione interessata, pari,
rispettivamente, a +62,9 per cento e a +65,8%. Obiettivo principale del
programma 2007-2013 sarà quello di «rafforzare l’attrattività e la
competitività dell’area-programma».
e. le. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 2 ottobre 2007
FERRIERA - Servola, i
residenti protestano in Consiglio regionale - Delegazione ricevuta dai
capigruppo. Momenti di tensione: occupato l’atrio dell’edificio |
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Qualche centinaio (circa 400
secondo gli organizzatori) di residenti del rione di Servola hanno
manifestato sotto la sede del Consiglio regionale per esprimere la loro
preoccupazione in merito alla vicenda legata alla Ferriera di Servola.
Una delegazione è stata ricevuta dai capigruppo del Consiglio al termine
della seduta di ieri per chiedere un incontro istituzionale e per far
conoscere ai rappresentanti dei partiti la situazione di inquinamento di
Servola con gravi conseguenze per la salute dei residenti.
Non sono mancati momenti di tensione quando alcuni manifestanti che hanno
cercato di forzare l’entrata in Consiglio ed è dovuta intervenire la polizia
per evitarlo. Tuttavia, dopo il breve incontro con i capigruppo (avvenuto
verso le 19), un gruppo di una cinquantina di persone ha occupato l’atrio
dell’edificio impedendo di fatto l’uscita.
Il vicepresidente del Consiglio regionale, Roberto Asquini, ha
immediatamente contattato il presidente Alessandro Tesini per comunicargli
la richiesta degli abitanti di Servola. «Ho consigliato ai rappresentanti
degli abitanti di Servola di contattare gli uffici della presidenza per
concordare l’incontro - racconta Asquini - ricordando tuttavia che il
Consiglio ha un ruolo politico e non può arrogarsi quello esecutivo».
Un’altra manifestazione è stata inoltre annunciata per il 23 ottobre, in
concomitanza con la seduta del Consiglio regionale.
Intanto, il Comitato lavoratori aziende in crisi si è rivolto con una nota
ai colleghi della struttura di Servola. Secondo questa rappresentanza, le
conclusioni sono che «oggi i Centri provinciali per l’impiego non
funzionano, la piattaforma sindacale per il rilancio dell’industria nella
provincia di Trieste non ha sortito effetti e - questo l’epilogo del
comunicato - ognuno cerca soluzioni individuali con il minor danno possibile
a un problema che riguarda invece tutti i lavoratori». |
Incontro sulla Variante
generale al Piano regolatore |
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Questo pomeriggio alle 17, nella
sede del Mib in largo Caduti di Nassiriya 1, si terrà un incontro che avrà
come oggetto l’illustrazione dei contenuti della delibera del Consiglio
comunale n. 83 del 27 luglio scorso. Con essa, sono state impartite le
direttive per la predisposizione della Variante generale al Piano regolatore
comunale in regime di salvaguardia. All’incontro interverrà l’assessore
comunale alla Pianificazione territoriale, Maurizio Bucci. |
Oggi a Zindis il primo
incontro di Agenda 21 - Scattano i confronti pubblici nelle frazioni sul
tema «Mobilità sostenibile» |
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MUGGIA Inizierà oggi la serie di
incontri pubblici nelle frazioni muggesane, per illustrare il processo di
Agenda 21 avviato dal Comune per un progetto di «Mobilità sostenibile,
riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico» sul
territorio.
Il processo prevede infatti di avviare una serie di incontri con la
popolazione, per individuare i possibili partecipanti al forum che poi
affronterà la tematica e presenterà le sue proposte. Da ogni rione saranno
nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di
interessi che lavoreranno assieme. Accanto al forum, nascerà anche un
laboratorio della città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da
alunni rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in
particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani.
Oggi l’appuntamento è alle 17.30 alla scuola Zamola per i residenti di
Zindis. Alle 19, invece, alla scuola elementare di Chiampore per i residenti
della frazione e di Muggia Vecchia. Si prosegue poi giovedì alle 17.30 alla
scuola «Giardino dei mestieri» per il rione di Fonderia. Alle 19 invece i
residenti di Aquilinia saranno invitati in palasport. Martedì 9, infine,
alle 17.30 incontro alla sala Millo per i residenti di Muggia centro, e alle
19 alla ex scuola elementare di Santa Barbara per i residenti della frazione
collinare.
Ma intanto il consigliere Claudio Grizon (Fi), pur condividendo l’importanza
della partecipazione della gente, ritiene Agenda 21 uno spreco di denaro
pubblico. «Per il progetto sulla mobilità che sarà oggetto dei lavori non
c'è un euro – dice -, però per francobolli, consulenze e contratti di
collaborazione la giunta Nesladek per ora potrà spendere 23 mila euro della
Regione e altri 10 delle casse comunali. Si tratta – aggiunge il consigliere
forzista - di un Forum consultivo, politicamente su misura della giunta, che
darà voce e farà da gran cassa alle proposte della maggioranza. Prevede
sostanzialmente la partecipazione volontaria dei cittadini e di esperti che
saranno scelti dalla giunta, assieme ai consulenti pagati novemila euro per
tre mesi di lavoro». Il consigliere chiosa polemico: «Se per tagliare l'erba
vicino alle scuole o per pulire i marciapiedi o le caditoie la giunta ora
dovrà attivare il Forum di Agenda 21 siamo davvero alla frutta. La
partecipazione dei cittadini alle scelte dell'amministrazione è una cosa
importante, ma quella della maggioranza è un assemblearismo alla ricerca di
un demagogico consenso».
s.re. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 1 ottobre 2007
Parte il
piano parcheggi: 8
su 18 a rotazione - Previsti l’eliminazione delle auto dal lungomare e
il dimezzamento del fabbisogno nell’area Tribunale-S. Antonio |
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Al via
l’iter per l’approvazione in Consiglio comunale. 5310 i nuovi stalli nel
progetto. Dopo il sì le gare per il project financing
Nuovo piano parcheggi, si parte.
Approvato in primavera dalla giunta comunale, il corposo documento che
individua le localizzazioni di 18 possibili nuovi contenitori - quasi tutti
multipiano e interrati - sarà presentato giovedì alla commissione
urbanistica, da cui passerà poi all’esame del consiglio comunale.
Le cifre sono rilevanti: 5310 nuovi posti auto previsti, 134 milioni 950
mila euro di costi complessivi stimati, 51 mila 790 metri quadri di piano
stradale interessati dalle nuove strutture, che comportano la
riqualificazione delle aree di superficie. Se realizzato, il piano
risolverebbe in buona parte i problemi globali di parcheggio in città che
sono stati fotografati in uno studio condotto due anni fa dal Comune sul
fabbisogno di posti (cioè la differenza tra domanda e offerta) e riassunti
in queste cifre: 11.972 posti da reperire per le auto, 20.732 per le due
ruote. Numeri ridotti di notte rispettivamente a 4.455 e 13.816.
Il via libera al piano non ne comporterà l’automatica attuazione: in gran
parte dei casi il Comune lancerà delle gare per affidare la costruzione dei
parking a imprese che potranno poi rientrare degli investimenti con la
vendita o la gestione delle strutture.
Curato dagli uffici tecnici comunali, il piano ha considerato le aree più
centrali della città, comprese grossomodo nella zona delimitata da
cavalcavia di viale Miramare-Roiano, Università nuova, via Baiamonti e Rive.
Questo perimetro è stato suddiviso in 18 zone, per ciascuna delle quali sono
stati quantificati la carenza di parcheggi e il tipo di posti più richiesto,
per esempio con sosta a rotazione o legata alle esigenze dei residenti. Per
questo, il documento indica - in modo comunque non vincolante - le tipologie
dei parcheggi da costruire: 10 su 18 di tipo residenziale, le altre 8 a
rotazione. Spiccano tra queste i tre parking interrati sulle Rive e il
contenitore sotto il colle di San Giusto.
Ma vediamo la mappa dei parcheggi e i benefici che secondo il piano
comporterebbero (qui sopra la tabella). Due le strutture a Roiano: l’una in
largo Roiano, l’altra in via dei Moreri. I due parcheggi in pratica
coprirebbero il fabbisogno diurno. Almeno per la struttura destinata a
sorgere al posto della caserma Polstrada, però, i lavori - legati appunto
allo spostamento della caserma - non potranno partire prima del 2010.
Ridotto di metà il fabbisogno diurno di posti anche nell’area
Tribunale-Carducci, dove si prevede l’ampliamento del parking di Foro
Ulpiano (già inserito nell’attuale piano) e il parcheggio di piazza Sant’Antonio,
segnalato dalla stessa relazione allegata al piano per le «diverse
problematiche» che presenta tanto per il contesto urbanistico quanto per le
difficoltà che lo scavo in un’area vicina ai palazzi potrebbe comportare. Ma
«la sua collocazione strategica - precisa lo studio - può contribuire a
eliminare» buona parte dei posti auto lungo le vie adiacenti.
Altri due impianti sono previsti in zona Università nuova e al Giulia, dove
il parcheggio occuperebbe un’area in superficie. Concentrati lungo le Rive e
in aree limitrofe sette contenitori, tra cui quello sotto il colle di San
Giusto (i lavori non sono partiti, sebbene annunciati un anno e mezzo fa) e
i tre sulle Rive. Qui i contenitori porterebbero a ridurre del 280% il
fabbisogno di posti auto: una scelta assunta nell’ottica di liberare le Rive
dai parcheggi.
In aree più periferiche sono invece situati gli ultimi cinque impianti: il
più importante è quello di piazzale delle Puglie, che abbatterebbe del 55%
il fabbisogno di posti auto in zona. Non rientrano infine nel piano, ma sono
stati citati in una delibera a sé stante per farne partire l’iter, due
ulteriori contenitori proposti da An: in piazzale Vittime dell’11 settembre
a Barcola, e alle ex Officine Holt in via Gambini.
Paola Bolis |
PIANO PARCHEGGI - Ma il
documento non riguarda la richiesta per le due ruote |
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Il piano parcheggi considera le
sole auto e non le moto. sebbene lo studio realizzato due anni fa dal Comune
abbia evidenziato che per queste ultime la situazione risulta ancora più
critica. In tutti i nuovi contenitori previsti però, si legge nella
relazione acclusa al piano, «è possibile individuare stalli per i motocicli,
anche in relazione alla notevole domanda di sosta»: in questo caso, l’area
occupata da un’auto sarebbe sufficiente a ospitare quattro motocicli.
Il documento sottolinea anche il «forte legame» tra il piano del traffico -
di cui si discute da quasi tre anni - e l’aggiornamento del piano parcheggi,
giacché le scelte in termini di viabilità sono «di notevole impatto sulle
strutture» di posteggio previste. I tecnici comunali annotano comunque come
le scelte operate per il nuovo piano parcheggi «non contrastano» con il
piano del traffico oggi vigente e «neppure con quanto previsto dalla bozza
del nuovo strumento», quella redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto
Camus, che però il Comune sta modificando. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 30 settembre 2007
«Puliamo il buio»: volontari
al lavoro per bonificare le grotte |
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I volontari
della Federazione speleologica triestina e di Legambiente saranno impegnati
oggi nell’asporto delle immondizie gettate nel Pozzo del Cimitero militare
di Duino
DUINO AURISINA Torna oggi la
manifestazione nazionale «Puliamo il Buio», organizzata dalla Società
speleologica italiana in collaborazione con Legambiente nell’ambito di
«Puliamo il Mondo», iniziativa dedicata alla pulizia di ambienti naturali da
parte di gruppi di volontari. A Trieste uno dei punti più colpiti
dall’inquinamento è il Carso. «L’utilizzo di grotte naturali e cavità
artificiali come discariche abusive di rifiuti è un fenomeno diffuso ancora
ovunque», spiega Mila Bottegal, della Federazione speleologica triestina:
«Questa pessima abitudine ha origini antiche, quando si pensava che fosse
possibile ignorare le immondizie. Ma oggi il problema non è più eludibile, i
nostri stessi rifiuti stanno avvelenando il pianeta».
Nel settembre 2006 la Protezione civile di Duino e alcuni ragazzi del
Collegio del Mondo unito hanno raccolto 31 metri cubi di spazzatura, in due
giornate di lavoro, con il supporto di 31 speleologi. Alcuni gruppi aderenti
alla Federazione speleologica triestina, in collaborazione con il Comune di
Duino, avevano pulito la Caverna a nord ovest di Duino e il Pozzetto a ovest
di Precenico, anche con l’installazione di teleferiche per recuperare
rifiuti ingombranti, gettati nella grotta, eliminati poi dall’intervento
dell’Acegas-Aps.
All’interno delle cavità vengono recuperate immondizie di ogni tipo, dalle
borse di plastica a vecchie lavatrici, batterie e rottami vari. Solo sul
Carso, in provincia di Trieste, la Federazione ha calcolato che, sulle oltre
2600 grotte censite, circa 150 risultano inquinate e quindi a rischio
ambientale. Per questo anche oggi verrà ripetuta la vasta operazione di
bonifica. Su segnalazione del Corpo forestale i volontari puliranno il Pozzo
del Cimitero militare, sempre nel comune di Duino. L’imbocco della cavità,
vicino al quadrivio di San Pelagio, è stato esplorato per la prima volta nel
1924, quando gli abitanti di Prepotto raccontarono che durante la guerra nel
pozzo venivano scaricare le salme dei caduti.
Speleologi e volontari saranno al lavoro dal mattino per l’intera giornata.
Informazioni sul sito www.puliamoilbuio.it, www.spin.it/speleo/FedTs.
Micol Brusaferro |
IL PICCOLO -
SABATO, 29
settembre 2007
Ferriera, 200 persone
all’assemblea dei comitati |
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Più di 200 persone hanno
partecipato l’altra sera all’assemblea sull’inquinamento prodotto dalla
Ferriera, promossa al ricreatorio comunale di Servola dai comitati locali.
L’incontro ha fatto il punto sulle iniziative legali, avviate dall’avvocato
Giuliano Spazzali per conto di decine di residenti, nei confronti della
proprietà dello stabilimento e degli amministratori locali (sindaci di
Trieste e Muggia, presidenti di Provincia e Regione). Nell’occasione è stata
illustrata la relazione inviata la settimana scorsa al pm Federico Frezza da
parte del Cigra, il soggetto che cura le campionature delle emissioni della
Ferriera. I dati contenuti in quella relazione sono stati definiti
«terrificanti», specie quelli riferiti al benzopirene e alle polveri
sottili. Preoccupanti sono stati giudicati anche i risultati, contenuti
sempre nella relazione, dei test sulle cellule e sul dna dopo l’esposizione
ad emissioni di agenti inquinanti simili a quelle prodotte a Servola. Test
che rivelerebbero mutazioni cellulari e genetiche.
L’assemblea ha infine deciso di organizzare una manifestazione di protesta,
lunedì prossimo alle 17.30 in piazza Oberdan, contro la decisione della
Regione di accettare la richiesta del gruppo Lucchini-Severstal di ottenere
l’autorizzazione di impatto ambientale |
Cambia la raccolta dei
rifiuti a Muggia - La ditta Ecoverde subentra lunedì ad AcegasAps:
cassonetti da sostituire |
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Dai veneti
un’offerta al ribasso del 18%. Ma per l’ex municipalizzata la base d’asta
era «incongrua» |
La modifica
dei contenitori avverrà nel weekend: possibili disagi per la cittadinanza |
MUGGIA Da lunedì la gestione
della raccolta dei rifiuti a Muggia passa dall’AcegasAps alla Ecoverde di
Caorle, che ha vinto la gara d’appalto. Tra i motivi, un’offerta economica
più alta della base di gara da parte della ditta triestina. Il subentro
comporta la sostituzione dei cassonetti, e ci potrebbero essere disagi per
la cittadinanza.
L’affidamento comprende tutta la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani, la raccolta differenziata, la realizzazione di isole
ecologiche e la gestione della piazzola ecologica di Noghere.
Con questo rinnovo l’amministrazione punta molto sulla raccolta
differenziata. Vuole vedere attuato infatti un incremento che parte da un
30% nel 2008 per arrivare all’obiettivo del 70% nel 2011. L’aumento previsto
della raccolta differenziata sul territorio comporterà anche un aumento del
numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade (ora ce ne sono
quasi 400). All’aggiudicatario è richiesto tra l’altro anche di realizzare
una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo - tramite dépliant
o altro - la raccolta differenziata e i servizi resi.
Alla gara si erano presentate l’AcegasAps (la cui gestione era in scadenza
dopo alcune proroghe) e la Ecoverde di Caorle, che già opera a Muggia in
subappalto proprio per l’Acegas. Il bando si è chiuso a fine agosto. La
commissione ha effettuato ben sei sedute di gara per vagliare le offerte. La
base d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro, con proposte al
ribasso. La Ecoverde ha presentato un’offerta del 18% in meno sulla base
d’asta (quindi, poco più di due milioni e 170 mila euro).
L’offerta AcegasAps invece è stata più alta, oltre 4 milioni e 200 mila,
citando una «manifesta incongruità dell’importo posto a base di gara
rispetto alle prestazioni richieste» (così l’AcegasAps nel testo
dell’offerta, riportata nel verbale di gara). Il motivo di tale differenza
sarebbe costituito soprattutto dai maggiori costi per lo smaltimento dei
rifiuti non differenziati, proprio in vista degli obiettivi di aumento della
percentuale di raccolta differenziata richiesti nel capitolato d’appalto.
L’offerta (in base proprio al capitolato d’appalto) non è stata ammessa
dalla commissione di gara.
E c’è stato anche un piccolo battibecco. Il delegato dell’AcegasAps ha
infatti voluto che fosse riportata nel verbale la sua dichiarazione: «La
ditta che si è aggiudicata la gara ha ritenuto congrui i prezzi, e pertanto,
che nel quinquennio in argomento non chieda la loro revisione». La Ecoverde
opererà dunque a Muggia dal primo ottobre fino al 31 dicembre 2011. Il
passaggio fra le due società determinerà la sostituzione dei cassonetti
posizionati sul territorio.
Una sostituzione che dovrebbe essere per lo più contemporanea, ma dato anche
che ciò avviene nell’arco di un fine settimana, ci potrebbero essere dei
disservizi: in alcune zone potrebbero temporaneamente non esserci i soliti
cassonetti per i rifiuti.
Il Comune, prevedendo tali disagi, chiede la collaborazione dei cittadini
nell’agevolazione delle operazioni. Per qualsiasi informazione o problema si
potrà contattare la segreteria del Servizio territoriale e ambiente al
telefono 040-3360413, o direttamente la ditta Ecoverde, al numero
0421-290645.
Sergio Rebelli |
Urbanistica di Dolina Sì ai
pannelli solari e ai lucernari sui tetti - Variazioni di bilancio Previsti
più fondi per lo smaltimento delle immondizie |
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Il consiglio
comunale approva la variante
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il
consiglio comunale di San Dorligo della Valle ha approvato nella seduta di
ieri la variante numero 1 al piano particolareggiato della frazione di
Dolina. L’iter di approvazione aveva preso il via già lo scorso anno, con
l’adozione del documento urbanistico; adesso, dopo il passaggio in Regione e
l’accoglimento delle osservazioni della popolazione, è passato alla sua fase
conclusiva.
Sono state sei le osservazioni alla variante presentate dai residenti, tre
delle quali sono peraltro state emendate dai gruppi di maggioranza (una
anche dai Verdi). Il consigliere dei Cittadini, Elisabetta Sormani, ha
presentato gli emendamenti discussi in aula e alla fine approvati. Tra
questi, uno ha riguardato la possibilità di installare serbatoi di accumulo
esterni ai pannelli solari anche sui tetti laddove non ci siano soluzioni
alternative e meno impattanti. Oppure anche il permesso di costruire bussole
agli ingresso delle abitazioni, ma non su strada o su aree che siano gravate
da servitù.
Proprio la possibilità di installare dei pannelli solari (assieme a quella
di aprire dei lucernari sui tetti) costituisce una delle novità inserite
nella variante approvata, che va così a modificare il precedente piano
particolareggiato approvato già sei anni fa, nel 2001.
La seduta del consiglio comunale ha visto anche l’approvazione della
ricognizione dell’attuazione del programma e degli equilibri di bilancio,
oltre ad alcune variazioni al documento finanziario dell’ente. Tra queste,
un maggior finanziamento per lo smaltimento rifiuti. E proprio la delibera è
stata criticata dal consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni): «Si
dimostra così che la raccolta differenziata ci costa più di quanto era
previsto», ha attaccato, «e si prelevano i soldi da spese correnti che
presentano economie, come l’assistenza e i servizi scolastici. Guarda caso
l’anno scorso era stato aggiunto il balzello di un euro per lo scuolabus».
L’assessore Igor Tul (Ds) ha spiegato in replica tale aumento (pari a 20
mila e 500 euro) con la maggior quantità di rifiuti ingombranti raccolti
finora.
Nel corso della seduta, il consigliere di Uniti per Dolina, Sergio Mahnic,
ha proposto infine di devolvere il gettone di presenza odierno alle famiglie
delle vittime della recente alluvione in Slovenia.
s.re. |
Missione ecologica -
Domani pulizia a San Pelagio |
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Il Circolo Verdeazzurro di
Legambiente Trieste, in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina e con
la Federazione speleologica Triestina, organizza per domani (con ritrovo
alle 9 al ristorante Gruden di San Pelagio) la pulizia di una zona carsica
nella zona di San Pelagio. Si interverrà in una grotta e sul territorio
circostante. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 28 settembre 2007
Navi nucleari, piano
d’emergenza - Il Golfo è uno dei punti di sosta. Presentato un opuscolo che
spiega che fare in caso di necessità |
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Un opuscolo per informare la
popolazione sugli aspetti legati alla sosta di navi a propulsione nucleare
nel Golfo di Trieste. E’ stato presentato ieri in Municipio perché «la rada
di Trieste – ha spiegato l’assessore Piero Tononi - è uno dei punti di sosta
del territorio italiano dove possono fermarsi navi militari a propulsione
nucleare». In questa prospettiva, la Prefettura ha messo a punto un piano
d’emergenza realizzando, assieme a Comune, Arpa, Ospedali riuniti e Azienda
sanitaria, Vigili del Fuoco e Capitaneria di Porto, una sintetica
pubblicazione, presentata, oltre che da Tononi, da Natalino Benedetti per la
Prefettura, Concettina Giovani per l’Arpa, dal vicecomandante provinciale
dei Vigili del Fuoco Romeo Giacuzzo, Sara Sanson per l’Azienda sanitaria,
Mauro Silla, vice direttore generale del Comune. «L’obiettivo - ha aggiunto
l’assessore - è favorire una capillare informazione in caso d’emergenze».
Gli opuscoli sono 65.600 e saranno distribuiti dagli uffici Urp del Comune e
dell’Azienda Sanitaria, nei Centri civici e nelle scuole. Copie dei testi
potranno essere visibili e scaricati dai siti internet degli enti e delle
istituzioni che hanno realizzato l’iniziativa |
CASA BIOLOGICA
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UDINE Continua l'appuntamento
con Casa Moderna: fino al 1° ottobre è aperta la kermesse alla Fiera di
Udine. Casa Biologica torna protagonista domani con gli incontri sul
risparmio energetico. La «bio casa» infatti è una realtà che si sta sempre
più affermando: per scoprirne tutte le opportunità e i vantaggi, Casa
Moderna propone un'altra occasione di aggiornamento domani con ben quattro
incontri siglati Casa Biologica e curati da Casambiente per parlare di bio
edilizia ed eco compatibilità. Il primo a partire dalle 9.00 sarà un vero e
proprio corso teorico pratico dedicato al Conto Energia 2007 che, grazie ai
nuovi sviluppi di legge, non è più solamente un incentivo all'acquisto dei
pannelli fotovoltaici, bensì una vendita vera e propria all'Enel
dell'energia non utilizzata per il fabbisogno quotidiano. Gli incontri
proseguiranno con «il risparmio energetico fai da te», incontro curato
dall'Associazione P.A.E.A. (Progetti Alternativi per l'Energia). |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 27 settembre 2007
Terrapieno, ricorso contro
l’archiviazione |
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Ricorso in tutte le sedi
istituzionali competenti, italiane ed europee, contro la decisione di
archiviazione, presa dalla Procura e dal Tribunale di Trieste, per il
terrapieno inquinata di Barcola, è stato annunciato dalla organizzazione
ambientalista Greenaction Transnational.
L’associazione si è costituita recentemente e ha tra i suoi aderenti anche
Margherita Hack.
L'associazione transnazionale afferma, in una nota, che l'apertura di
discariche a mare non era consentita (prima ancora dell'entrata in vigore
della legislazione comunitaria) già dalle leggi nazionali del 1934, 1976,
nonchè dalla stessa Costituzione della Repubblica Italiana, e che si tratta
di un reato di natura permanente, perpetrato a Trieste in un «unico disegno
criminoso continuativo», iniziato nella zona industriale di Zaule e poi
delle Noghere (ora perciò sito inquinato di interesse nazionale), proseguito
a Barcola ed infine a Muggia con la recente discarica Acquario.
Secondo Greenaction, inoltre, devono essere comunque ricercate e contestate
le responsabilità civili. L’archiviazione dell’inchiesta sul terrapieno di
Barcola è avvenuta a quasi due anni dal sequestro dell’area. Erano state
rintracciate tracce di diossina in una percentuale undici volte superiore al
consentito. |
San Pelagio - Discarica nella
Grotta del cimitero - L’assessore Humar: «Faremo intervenire gli
speleologi o ditte specializzate» |
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Rifiuti di
tutti i tipi rinvenuti dalla Forestale di Duino nella cavità situata a poca
distanza dal valico confinario
DUINO AURISINA Copertoni,
cestelli di lavatrici, ferri arrugginiti, un vecchio scaldabagno, una stufa
e addirittura la carcassa di un motorino. Sono solo alcuni dei rifiuti che
gli uomini della Forestale di Duino hanno individuato sul fondo di una
grotta, vicino al cimitero austriaco, nella zona di San Pelagio, poco
lontano dal valico di confine. Una grotta tra l’altro numerata e
riconosciuta dal Cai che, a causa dell’inciviltà di qualcuno, da paradiso
per gli speleologi si è trasformata in una sorta di discarica abusiva.
Dopo aver fatto l’amara scoperta, i forestali hanno segnalato la situazione
di degrado all’amministrazione comunale, che ora sta definendo le modalità
dell’intervento di pulizia. «Per operazioni di questo tipo - spiega
l’assessore al Territorio, Andrea Humar - in genere ci rivolgiamo alla
Protezione civile che entra in azione con i suoi volontari. Nel caso della
grotta di San Pelagio (conosciuta dagli esperti dei sentieri del Carso con
il nome di «grotta del cimitero militare», ndr), la situazione però è
diversa. I rifiuti – fa notare Humar – si trovano sotto terra a una
profondità almeno di quindici-venti metri. Per chi non ha la preparazione e
le competenze adatte è troppo pericoloso scendere per recuperare le
immondizie. Ecco perchè stiamo sondando la disponibilità dei gruppi
speleologi di Trieste. Nel caso in cui loro non potessero intervenire,
abbiamo previsto anche una seconda opzione: affidarci a una di quelle ditte
edili che dispongono di personale specializzato in grado di con le tecniche
dei rocciatori».
Ancora da definire, quindi, i tempi dell’intervento di pulizia. «Qualora
però i gruppi speleologi garantissero la loro disponibilità - conclude Humar
- potremmo iniziare le operazioni nel giro di qualche settimana e risolvere
così quella sitazione annosa».
Basta guardare lo stato di conservazione dei rifiuti, infatti, per rendersi
conto che si trovano sul fondo della grotta da diversi anni. Gli uomini
della Forestale li hanno scoperti a seguito di una serie di controlli nella
zona vicina al cimitero, area non nuova ad episodi di abusivismo.
In passato, vicino al cimitero austriaco, per esempio, erano sorti alcuni
manufatti non in regola. Qualcuno, senza richiedere il benchè minimo
permesso, aveva elevato muretti a secco ricavando così una sorta di recinto
all’interno del quale sistemare delle roulotte.
Più di recente si erano accesi i riflettori sull’allevamento di pastori del
Caucaso creato da una famiglia sul fondo in una dolina di San Pelagio. Erano
infatti partite delle indagini per verificare la fondatezza delle accuse di
maltrattamento ai cani, mosse appunto agli allevatori.
E’ stato proprio nel corso delle verifiche legate a quella vicenda che gli
uomini della Forestale di Duino si sono imbattuti nella sporcizia accumulata
sul fondo della «grotta del cimitero militare».
Un caso peraltro non isolato. Negli ultimi mesi, infatti, l’attività di
verifica sul territorio è stata intensificata e ha portato a numerose
segnalazioni inviate sia al Comune di Duino Aurisina sia a quello di Sgonico.
m.r. |
In 150 a spasso per la città
contro traffico e inquinamento - Il corteo organizzato dal Coped
Camminatrieste cui hanno aderito anche gli alunni di alcune scuole |
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Tutti a piedi in città ieri
mattina, bambini, adulti e anziani, per la manifestazione «Un’idea per
Trieste che può cambiare la città», la prima passeggiata organizzata dal
Coped-Cammina Trieste – Camminacittà nelle vie e nelle piazze del centro, un
percorso ideato per evidenziare le criticità del traffico veicolare e i
pericoli per i pedoni.
La passeggiata è iniziatia alle 10 del mattino tra le vie Battisti e Giulia,
con ritrovo vicino al monumento Rossetti, per poi snodarsi lungo via
Battisti, via Carducci, via Coroneo, piazza Vittorio Veneto, con ritrovo
finale in piazza Goldoni. «Anche questa iniziativa ha visto la
partecipazione di moltissime persone - racconta Sergio Tremul – hanno
aderito 150 cittadini, tra i quali alcune classi della scuola elementare
Rossetti e un gruppo di non vedenti. E’ stata una bella passeggiata, per
esaminare insieme le proposte per migliorare la vita di tutti in città». Nel
corso della mattinata ai partecipanti iniziali si sono aggiunte altre
persone, che hanno saputo della manifestazione attraverso i voltantini. Per
ogni strada percorsa sono stati sottolineati i disagi e i problemi legati
alla viabilità. Per via Battisti il Coped chiede la regolamentazione del
traffico, una corsia preferenziale per i bus, marciapiedi liberi per i
pedoni, il progetto urbano collegato alle proposte del centro Domenico
Rossetti, l’isola salvagente per agevolare la salita ai mezzi pubblici
provveimenti sulle vie laterali, che spesso intralciano il flusso veicolare.
Su via Carducci vengono segnalate le soste di auto e moto in divieto e sui
parciapiedi, gli stessi marciapiedi sporchi e dissestati e la perciolosità
dell’attraversamento all’inizio di via Battisti, mentre su via Coroneo il
Coped segnala la difficoltà del traffico intenso, ancora la sosta abusiva e
le fermate dei bus sempre occupate dalle auto.
Infine, per quanto riguarda le piazze, viene messo in luce il caos e lo smog
di piazza Vittorio Veneto, in aggiunta alla mancanza di giochi e
attrezzature nell’area e anche la confusione che caratterizza piazza Goldoni,
con poche corsie riservate ai mezzi della Trieste Trasporti e i passaggi
pedonali mal regolati. Il Coped inoltre ha in programma a breve un altro
appuntamento, aperto al pubblico: la passeggiata di pedoni e studenti
fissata il 4 ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la
sicurezza stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a
Crevatini (comune di Capodistria-Koper).
Il percorso si svolgerà dalle 10 alle ore 12 e in caso di maltempo
l’incontro si terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30.
m.b. |
Urbanistica, l’aula rifiuta
la proroga - Respinta la richiesta dell’opposizione di rinviare l’entrata in
vigore della nuova normativa |
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TRIESTE Nessuna proroga
all’entrata in vigore della riforma urbanistica. Il consiglio regionale ha
respinto la mozione della Cdl che chiedeva alla giunta di rinviare
l’applicazione della legge 5/2007, entrata in vigore il 27 agosto, «ad un
termine congruo con la completa predisposizione degli atti regolamentari
previsti dalla legge». Ad oggi il regolamento di attuazione della legge è
stato approvato solo per la parte che riguarda l’attività edilizia (ed è
entrato in vigore il 19 settembre) mentre qualche ritardo, ammesso anche
dall’assessore Lodovico Sonego e dalla maggioranza, ha interessato la
disciplina urbanistica e paesaggistica. «Si avverte una diffusa
preoccupazione nonché un temporaneo blocco delle attività. Il non voto del
Consiglio delle autonomie al regolamento della giunta - afferma il
capogruppo dell’Udc, Roberto Molinaro – è uno specchio della situazione.
L’impressione è che le cose non stanno andando come l’amministrazione si
aspettava». Nessuna paralisi, replica la maggioranza con il presidente della
commissione competente, Uberto Fortuna Drossi: «L’entrata in vigore del
regolamento sull’edilizia è avvenuta in tempi accettabili mentre quello
sull’urbanistica dovrebbe arrivare entro metà novembre». La legge prevede
inoltre che i piani particolareggiati e le varianti ai piani regolatori
avviati prima dell’applicazione della riforma fossero soggette alla
normativa precedente: «L’espressione del Consiglio delle autonomie –
aggiunge Fortuna Drossi – appare conservativa e di schieramento».
«L’attuazione della riforma – dichiara Sonego – non è un gioco da ragazzi e
richiede impegno e pazienza. Paralisi dei Comuni? Non c’è una sola pratica
di edilizia bloccata». Sonego chiede anche all’opposizione «uno sforzo
comune per far sì che questa riforma possa trovare sollecita attuazione».
“Sì può chiedere collaborazione quando c’è coinvolgimento. Questa richiesta
l’assessore Sonego deve rivolgerla a sé stesso» ribatte Molinaro. |
«Ferriera, gli impianti vanno
chiusi» - Lettera aperta di una servolana al ministro Pecoraro Scanio
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Lettera aperta al ministro
Alfonso Pecoraro Scanio.
Mi chiamo Alda Sancin, sono nata nel rione di Servola nel lontano 1947 e
ivi risiedo, a poche centinaia di metri dalla Ferriera. Nel medesimo rione
hanno abitato i miei genitori e i miei nonni, sicuramente dalla fine del
1800 e forse già da prima della costruzione dello stabilimento. Mio padre e
i miei nonni hanno lavorato nella Ferriera stessa.
Un tanto per presentare le mie credenziali di servolana Doc. Ora: 1) nei
paraggi dello stabilimento, zona intensamente abitata, da alcuni anni a
questa parte ormai tutti i giorni e per molte ore del giorno (e della notte)
l’aria è irrespirabile. A seconda della direzione del vento varia solamente
la zona più colpita; poi lentamente, la nuvola si estende di volta in volta
verso vari rioni limitrofi (circa 20 mila persone).
2) Per percepire gli inquinanti non occorrono strumentazioni sofisticate,
bastano gli occhi per vedere le polveri provenienti dall’altoforno e dai
pontili di scarico che offuscano la luce del sole, il luccichio delle
particelle di grafite che si depositano nella casa, sul cuscino dove
dormiamo, sulla tavola dove mangiamo, i granuli di materiale ferroso che si
infiltrano in ogni angolo; bastano le narici per percepire l’odore di vari
idrocarburi aromatici (cancerogeni?), di carbone, di composti dello zolfo
ecc., basta la gola per avvertire il senso di soffocamento e bruciore che
provoca l’inalazione prolungata di tali prodotti.
3) Per preoccuparsi seriamente della salute pubblica basta considerare che
le sostanze che piovono adosso ai residenti cadono prima e da più vicino
sulla testa e nei polmoni dei 500 dipendenti della Ferriera; basta
considerare che nel raggio di meno di un chilometro dai punti origine delle
polveri e fumi ci sono scuole pubbliche, asili infantili, nidi e un
ricreatorio che accolgono complessivamente 1500 (diconsi millecinquecento)
bambini dagli zero ai quattordici anni, i quali sono costretti a respirare,
beninteso a tempo pieno, tutte queste meraviglie. E facciamo grazia degli
ospiti di alcune case di riposo, che sono bensì soggetti deboli e magari un
po’ asmatici, ma tant’è, sono già prossimi al trapasso naturale! I numeri
hanno un peso?
4) Scarsi risultati hanno dato a tutt’oggi le pressoché quotidiane chiamate
inoltrate dai residenti a vigili urbani, vigili del fuoco, Arpa, polizia
ecc. per tentare di limitare il disagio.
5)Per porre termine a questo scandalo basta un poco di buon senso da capire
che degli impianti vetusti, per la cui manutenzione la proprietà
evidentemente non è interessata a spendere il dovuto, creano e creeranno un
inquinamento crescente di giorno in giorno. Ci vuole però anche un’altra
piccola cosa, forse un poco più difficile da reperire: la volontà politica
di anteporre la salute dei cittadini a...
6) Quando sopra, affinchè nei limiti della sua potestà, signor ministro,
unitamente a un percorso legale, peraltro già intrapreso grazie
all’interessamento dei vari circoli, ci aiuti a uscire dal labirinto di
disagi, silenzi, disinformazione, acquiescenze che ci attanaglia ormai da
troppi anni.
Alda Sancin |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 26 settembre 2007
Il gip firma l’archiviazione
dell’inchiesta sull’inquinamento di diossina a Barcola - Gli ambientalisti:
il terrapieno va comunque bonificato |
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Il Wwf: «Gli
enti che negli anni Ottanta autorizzarono il deposito di sostanze tossiche
ora dovrebbero pagare il risanamento»
L’inchiesta della procura sul
terrapieno di Barcola è stata definitivamente chiusa ieri mattina. Il gip
Paolo Vascotto ha formalmente accolto la richiesta di archiviazione, da
parte del pm Cristina Bacer, del procedimento nato nel 2005 da un esposto
dell’associazione Amici della terra.
In pratica il giudice ha condiviso le motivazioni del pm riguardo
all’aspetto della prescrizione dei reati ma anche a quello inerente la
normativa, troppo diversa tra quando l’area era stata usata come discarica,
negli anni Settanta e Ottanta, e adesso. È infatti passato troppo tempo, e
ora non ci sono più gli strumenti giuridici per agire. Lo dichiara a chiare
lettere il pm Bacer: «In questo quadro normativo nessuna azione può essere
utilmente intrapresa».
La decisione del magistrato viene commentata come «inevitabile» da Dario
Predonzan, responsabile regionale del Wwf per il territorio, «per il
semplice fatto che dopo vent’anni i reati vanno in prescrizione». Predonzan
ricorda però che nel 1980 il Wwf invocò l’applicazione alla discarica di
Barcola della legge Merli, che vietava gli scarichi nelle acque di materiali
pericolosi, ma quelle norme non vennero allora prese in considerazione
nonostante fosse nota la pericolosità delle ceneri, che contenevano diossina
e metalli pesanti.
«Il lato del terrapieno che si affaccia sul mare – prosegue l’esponente del
Wwf – non è mai stato protetto in maniera seria ed efficace per evitare la
dispersione in acqua dei materiali, e ciò ha contribuito a inquinare acque e
fondali. Gli enti che allora tollerarono l’inquinamento – aggiunge – a
cominciare dal Comune, ma anche l’Autorità portuale, erede dell’Ente porto,
e la Capitaneria di porto che allora rilasciava le autorizzazioni, oggi
dovrebbero ritenersi moralmente responsabili e mettere mano al portafogli
per la futura bonifica, che va comunque fatta».
Proprio con riguardo alla bonifica, ancora due anni fa l’Autorità portuale
ha chiesto al ministero dell’Ambiente l’inserimento del terrapieno di
Barcola nel Sito inquinato di interesse nazionale, ma una risposta non è
ancora giunta alla Torre del Lloyd.
«Alla fine a pagare sarà lo stato, cioè i cittadini», osserva Lino Santoro,
presidente della sezione triestina di Legambiente, che si interroga sulle
tecniche di bonifica per un’area delicata come quella del terrapieno di
Barcola.
«Un bonifica con l’asporto dei materiali inquinanti – osserva Santoro –
sarebbe pericolosa. Non so se sia prevista la valutazione del rischio, che
permetterebbe di capire come e in che tempi gli inquinanti raggiungono il
mare. Questa valutazione è un elemento chiave per capire come muoversi con
riguardo alla bonifica».
Il presidente di Legambiente sottolinea poi che nei pressi del terrapieno
c’è uno stabilimento balneare, e che comunque il pesce si alimenta sul
fondo, per cui «sarebbe necessario capire se gli inquinanti finiti sul
fondale incidono sulla salute umana».
Per bloccarne definitivamente la dispersione in mare delle sostanze
rinvenute nel terrapieno, ma anche la loro eventuale movimentazione, Santoro
ritiene che «la soluzione migliore sia quella di ”sigillare” il terrapieno,
tenendo però presente che poi, rimanendo il sottosuolo inquinato, su quell’area
non sarebbe possibile realizzare neanche la più piccola costruzione. Gli
unici utilizzi sarebbero solo di superficie, ad esempio parcheggi e depositi
di imbarcazioni».
Giuseppe Palladini |
Val Rosandra, incontro
pubblico - A Dolina oggi il primo appuntamento di «Agenda 21»
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Stasera
alle 19.30 al centro culturale Valentin Vodnik di Dolina, primo incontro con
la cittadinanza nell’ambito del progetto «Varco», del processo di Agenda 21
attivato per la definizione delle regole di gestione della Riserva naturale
della Val Rosandra. Fin dall’assegnazione della gestione della Val Rosandra,
da parte della Regione, il Comune di San Dorligo ha portato avanti le varie
iniziative per l’elaborazione di regole per la corretta gestione di un’area
protetta, che coinvolgono anche la cittadinanza. Da qui, la volontà di
utilizzare il metodo dell’ Agenda 21 locale.
La novità sta proprio nel meccanismo di coinvolgimento, che consente a tutti
i cittadini di partecipare concretamente alla formazione di proposte per la
gestione del territorio. Da questa settimana il progetto entra nel vivo
delle attività e chiede la partecipazione della popolazione di tutto il
territorio, che è stato diviso in sei zone, omogenee per numero di abitanti.
Ai cittadini si chiede la partecipazione ad un unico incontro. «L’invito –
così il Comune - è a cogliere questa opportunità: cercando la propria
frazione nel calendario allegato e venendo all’appuntamento serale che le
compete». Oggi, in particolare, l’incontro è rivolto alla popolazione di
Crogole e Dolina. Mercoledì 3 ottobre invece, al rifugio Premuda di Bagnoli
sarà la volta dei residenti a Bagnoli e Botazzo Intanto lunedì si è svolta
in municipio la prima riunione del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico, che
deve fornire il necessario supporto conoscitivo e tecnico per la redazione
del Piano di conservazione e sviluppo della Riserva.
L’assessore Laura Stravisi dice: «Durante la discussione sono emerse,
inoltre, delle prime interessanti proposte sulla possibilità di ridurre gli
iter burocratici legati alle attività ricadenti nell’area della Riserva. Il
gruppo dovrà dare indicazioni tecniche sul Piano di Conservazione e
sviluppo, ma dovrà anche essere al corrente di ciò che emergerà dagli
incontri con i cittadini e fare in modo che i professionisti che si
occuperanno della redazione del piano ne tengano conto. Queste modalità di
lavoro sono la base del tipo di approccio che il Comune ha voluto
intraprendere per la gestione della Riserva della Val Rosandra».
s.re. |
Oggi la marcia dei pedoni
contro il caos del traffico e a favore di nuove linee bus - Manifestazione
indetta dal Coped. Partenza alle 10 da via Battisti |
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Si intitola «Un’idea per Trieste
che può cambiare la città» la prima passeggiata organizzata dal
Coped-Cammina Trieste – Camminacittà oggi nelle vie e nelle piazze del
centro, per sensibilizzare i triestini sulle problematiche legate al
traffico e ai disagi registrati dai pedoni. La passeggiata partirà alle 10
del mattino tra le vie Battisti e Giulia, con ritrovo vicino al monumento
Rossetti, ed è aperta a tutti.
Il serpentone di persone a piedi attraverserà via Battisti, via Carducci,
via Coroneo, piazza Vittorio Veneto e piazza Goldoni, punto di arrivo finale
della manifestazione. Gli organizzatori prevedono la conclusione del
percorso attorno alle 10.30. Nel corso della mattinata saranno discusse
tematiche già affrontate in passato dal Coped: il piano urbano del traffico,
la possibile metropolitana, le isole pedonali, la necessità di una riduzione
del traffico veicolare e in genere argomenti legati alla mobilità.
L’iniziativa anticipa la passeggiata di pedoni e studenti promossa il 4
ottobre, in occasione della «Giornata Europea del pedone-per la sicurezza
stradale-per città vivibili», da Chiampore (comune di Muggia) a Crevatini
(comune di Capodistria-Koper).
Il percorso si svolgerà dalle 10 alle 12 e in caso di maltempo l’incontro si
terrà nella sede della Comunità di Crevatini alle 10.30. Il Coped annuncia
la richiesta al Comune di Muggia, alla Provincia di Trieste e la
collaborazione della Trieste Trasporti, di istituire per la giornata, in via
sperimentale, alcune corse di una linea bus Muggia – Crevatini, per favorire
il trasporto pubblico locale integrato verso i colli muggesani, da parte di
tutte le persone che vorranno aderire. Alla base delle due iniziative,
ricorda il Coped, anche il messaggio inviato dal Ministro della Salute Livia
Turco all’associazione triestina, una sentita approvazione alla
manifestazione organizzata. Entrambe le passeggiate sono aperte a tutti,
basta presentarsi alla partenza per partecipare ai percorsi predisposti.
Informazioni direttamente al Coped, in via Foscolo 7, 040762674,
cammts-coped@tcd.it, www.retecivica.trieste.it/camminats.
Il Coped-CamminaTrieste, Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città
e l'ambiente, opera dal 1997 in molte cittá italiane, con l'appoggio di
Istituzioni, Enti ed Associazioni.
Il Coped si preoccupa di «ricercare una soluzione ai problemi delle cittá,
rendendole piú vivibili e sicure, salvaguardando i pedoni, ponendo a
fondamento la carta europea del pedone».
CamminaTrieste, comitato per la sicurezza stradale ed i diritti del pedone
si è costituito invece nel 1991 dando corpo ad una attività giornaliera
conquistando consenso tra la cittadinanza e le Istituzioni. Negli anni
seguenti si consolida in qualità e quantità; sono molti i cittadini che
aderiscono al sodalizio.
Nel 1997, per allargare l’area di intervento, nel corso di un incontro a
Roma con diverse Associazioni dei pedoni il comitato nel tentaivo di dare
corpo ad un coordinamento nazionale ha assunto come indirizzo il Coped.
Coordinamento nazionale pedoni per salvare le città e l’ambiente, riuscendo
in questa veste ad organizzare due convegni nazionali, uno a Trieste e uno a
Palermo ed altre numerose iniziative.
L’Associazione ha uno statuto ed è iscritta nel Registro Generale delle
Organizzazioni del Volontariato della Regione Autonoma Friuli Venezia
Giulia.
m.b. |
Enel, più vicina l’opa su
Endesa - Modificato lo statuto |
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ROMA Strada sempre più in
discesa per l'opa di Enel dell’ad Fulvio Conti e Acciona su Endesa.
Dall'assemblea della società spagnola è arrivato il via libera alle
modifiche statutarie per eliminare il tetto del 10% ai diritti di voto. Un
ok che spiana l'operazione, condizionata alle modifiche dello statutoe al
raggiungimento di oltre il 50% del capitale di Endesa. |
Rigassificatori da fare
Concordo con la nota del
Vice-Sindaco di Trieste Paris Lippi riportato su Il Piccolo del 25 agosto scorso
dal titolo «An: rigassificatore sloveno, Roma si sbrighi a decidere». Perciò
sono perplesso e contrariato da quanto scritto dal Segretario Organizzativo Dc
per le autonomie il 3 settembre. Si può essere pregiudizialmente contrario ai
rigassificatori e dire no e comunque no. Sarebbe bene, però, inquadrare la
vicenda tenendo conto dei fatti.
Il 5 aprile 2006 il ministro ambiente della Slovenia esamina i documenti dei 2
progetti, Endesa e Gas Natural, forniti dal Ministro Altero Matteoli, salvo
dichiararsi insoddisfatto. Maggio 2006 il Parlamento Sloveno vota un ricorso
alla UE avverso tali impianti. Luglio 2006, protesta a Trieste insieme a Sloveni
e Croati contro i rigassificatori, salvo l’Associazione Eko-Kvarner proporlo a
40 km a sud di Pola. Il 25 luglio il Commissario Europeo per l’Ambiente Stavros
Dimas risponde ad una interrogazione della Europarlamentare Slovena Murko,
confermando di essere al corrente dei progetti nel Golfo di Trieste e di non
avere alcun motivo per ritenere disattese le direttive EU. Su Il Piccolo 29
agosto 2006 il deputato sloveno Aurelio Juri contrario ai rigassificatori invita
ad un tavolo tripartito Italia, Slovenia, Croazia per considerarli.
Preoccupazione per sicurezza. Poi la Slovenia oggi contempla il progetto tedesco
di un rigassificatore nei pressi di Capodistria ed il governo Croato uno studio
simile su Veglia o nel canale di Fianona. Per questi progetti ambientalisti e
politici “verdi” hanno meno da obbiettare. Giustissimo perciò l’intervento del
Vice-Sindaco Paris Lippi. L’Italia abbia reciprocità nell’esaminare i progetti
della Slovenia. Non tergiversare nell’esaminare seriamente quelli in piedi da
anni nel golfo di Trieste.
Il gas può essere pericoloso. D’altra parte il gas metano lo abbiano già tutti
in casa, si vedono auto a GPL e a metano, in campeggio e barca usiamo gas in
bombole perciò non è un mostro sconosciuto ed incontrollabile.
Clayton J. Hubbard
IL PICCOLO -
MARTEDI', 25 settembre 2007
Terrapieno inquinato: nessun
colpevole - Il pm chiede l’archiviazione: è passato troppo tempo dallo
scarico delle ceneri |
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La procura
dispone il dissequestro completo dell’area di Barcola dove è stata accertata
la presenza di sostanze tossiche
Colpo di spugna sul terrapieno
di Barcola. Per l’inquinamento dell’area non c’è alcun colpevole. È passato
troppo tempo fa e adesso non ci sono gli strumenti giuridici per agire.
Sottoterra rimangono la diossina e gli altri rifiuti. Ma chi li ha messi lì
non sarà mai ufficialmente chiamato a rispondere.
Il pm Cristina Bacer ha chiesto al gip Paolo Vascotto l’archiviazione del
procedimento (contro ignoti) per aver utilizzato l’area del terrapieno di
Barcola come discarica di rifiuti tossici tra cui, appunto, anche le ceneri
contenenti diossina provenienti dall’inceneritore di Monte San Pantaleone.
Il motivo tecnico indicato dal magistrato è che i reati riguardano periodi
troppo lontani e che quindi sarebbero comunque prescritti dal Codice. «In
questo quadro normativo - scrive con amarezza il pm Bacer - nessuna azione
può essere utilmente intrapresa». Poi aggiunge: «Rimane l’auspicio che il
procedimento di bonifica, che pare aver preso avvio anche in seguito
all’ispezione dei carabinieri, possa giungere a completamento in tempi
brevi, restituendo alla collettività un’area degna sicuramente di usi
migliori di quelli cui tristemente in passato è stata destinata».
La storia. «All’epoca dei fatti - scrive nella motivazione il
magistrato - mancava una normativa che disciplinasse specificatamente la
gestione dei rifiuti e degli scarichi e non vi erano norme specialistiche
che vietassero il deposito di ceneri ancorchè nocive. Ma - sottolinea il pm
Bacer - il nodo cruciale è rappresentato dal decorso del tempo: dobbiamo
rilevare che le attività inerenti alla discarica sono cessate al più tardi
nella metà degli anni Ottanta, sicchè tutti i reati eventualmente
ipotizzabili connessi alla gestione illecita della discarica, sia a danno
dell’ambiente, sia della pubblica amministrazione risulterebbero in ogni
caso prescritti».
I limiti della legge. Impossibile anche perseguire chi, dopo
l’entrata in vigore del decreto Ronchi, non si era attivato per la messa in
sicurezza e per la bonifica dell’area. Il motivo è che la legge non sanziona
l’inadempimento, ma fa riferimento solo a chi abbia creato con la propria
condotta il pericolo di inquinamento.
Le responsabilità pregresse. Nelle premesse al provvedimento il pm
Bacer punta chiaramente il dito contro chi negli anni Ottanta pur sapendo
come era la situazione non è intervenuto. «In una nota del 26 settembre del
1980 del servizio nettezza urbana del Comune si segnala - ricorda il pm -
che «nel terrapieno vengono scaricati anche materiali diversi da quelli di
risulta di scavi e demolizioni, come fosse assolutamente legittimo che le
ceneri provenienti dall’inceneritore venissero accumulate in un’area in
attesa di essere utilizzate come materiali di riempimento della coronella
che si stava formando a mare con materiale arido. Significativa - scrive
ancora il pm - la nota sempre dl Servizio nettezza urbana del Comune nella
quale si proponeva a titolo sperimentale e provvisorio di depositare le
ceneri in un avvallamento nei pressi di una scuola elementare a Banne».
Gli interventi attuali. Quella del pm Cristina Bacer non è stata una
sorta di caccia alle streghe, una ricerca di un colpevole di cinquant’anni
fa. Ma senza dubbio ha rappresentato un punto di partenza che costringe gli
attuali responsabili diretti o indiretti e cioè Autorità Portuale e Comune a
disporre un’azione di bonifica.
Per studiare la storia del terrapieno era stata affidata una consulenza a
Giuseppe Gisotti e Mauro Sanna, considerati tra i tecnici più esperti di
problemi ambientali a livello nazionale. Il primo è dirigente dell’istituto
geologico d’Italia e componente della commissione di valutazione ambientale
del ministero dell’Ambiente, il secondo lavora alla struttura regionale di
protezione ambientale del Lazio.
Corrado Barbacini |
L’Autorità portuale ha appena
ricevuto i dati. La bonifica costa 9 milioni di euro - I risultati
delle ultime analisi confermano: nel sottosuolo diossina e idrocarburi
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Il quadro dell’inquinamento nel
terrapieno di Barcola adesso è definitivo. L’Autorità portuale ha ricevuto
di recente dall’Arpa i risultati della seconda serie di analisi su una parte
dei campionamenti effettuati a suo tempo dalla Multiproject di Gorizia.
Nel giro di una decina di giorni l’Authority trasmetterà il quadro dei
risultati alla Regione, che potrà così convocare la conferenza dei servizi,
in cui gli enti coinvolti decideranno come sbrogliare l’intricata matassa.
«La situazione sostanzialmente non è cambiata – dichiara Fabio Rizzi,
responsabile del servizio sicurezza e ambiente dell’Ap –. La discarica è
inquinata soprattutto da ceneri provenienti dall’inceneritore (quello
vecchio di Monte San Pataleone, ndr)».
Nel dettaglio, le ulteriori verifiche hanno confermato che la superficie
della parte interna del terrapieno è inquinata. Ma le sostanze più
pericolose sono presenti nel sottosuolo, a profondità che arrivano anche a
7-8 metri, dove sono stati rilevati idrocarburi, diossina e
policlorobifenili (presenti ad esempio negli oli esausti).
Nella fascia costiera del terrapieno, solo in alcuni dei campionamenti, sono
presenti invece metalli pesanti come rame e piombo. La zona adiacente al
molo Zero presenta infine, a una certa profondità, sacche di idrocarburi.
I tempi lunghi con cui si è conculsa la fase delle analisi sono dovuti al
fatto che le analisi stesse sono state in parte rifatte. A suo tempo,
infatti, le verifiche delle prime analisi da parte dell’Arpa avevano dato
esiti discordanti con i risultati prodotti inizialmente dalla ditta
goriziana.
L’Arpa aveva quindi richiesto una nuova serie di esami, che l’Authority ha
consegnato all’Arpa stessa all’inizio di giugno. È seguita poi la
validazione di questi nuovi test da parte dell’Agenzia per l’ambiente, che
si è conclusa qualche settimana fa e il cui esito è stato comunicato, come
si è detto, all’Autorità portuale.
Il quadro dell’inquinamento nel terrapieno di Barcola, quindi, ora è
definito in maniera univoca. Ma a questo punto sorge il vero problema, cioè
come procedere.
Un’eventuale bonifica del terrapieno potrebbe costare, secondo le tariffe di
mercato, attorno ai nove milioni di euro. Ma questa cifra, ottenuta stimando
un costo di 100 euro per bonificare ciascuno dei 90 mila metri quadri
dell’area, nessuna delle istituzioni coinvolte sembra intenzionata a
sostenerla.
Senza contare che questa stima potrebbe lievitare in base alla profondità da
raggiungere con gli scavi, alle concentrazioni con cui sono presenti i
diversi inquinanti e alle destinazioni che verranno scelte per il
terrapieno, a seconda che si preveda, o meno, la costruzione di edifici e
quindi la necessità di andare in profondità nel terreno.
Giuseppe Palladini |
Ferriera, si farà il piano
dell’aria - Vertice in Prefettura con Regione, Comune, Provincia, Arpa
e Azienda sanitaria |
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Il ministero: strumento
essenziale per controllare le emissioni |
Senza il Piano della qualità
dell’aria, che compete alla Regione, è impossibile affrontare la riduzione
delle emissioni prodotte dalla Ferriera di Servola. Assieme a quelle di
tutte le realtà industriali presenti in Friuli Venezia Giulia.
L’approvazione del provvedimento stabilito dalla normativa nazionale è stato
sollecitato ieri mattina, durante il tavolo convocato in prefettura,
dall’ingegner Bruno Agricola, direttore generale per la Salvaguardia
ambientale.
«Doveva essere già espletato, però mi dicono che ci sono dei ritardi
tecnici», dice il funzionario del ministero per l’Ambiente al termine della
riunione presieduta dal prefetto Giovanni Balsamo. E aggiunge: «Abbiamo
stimato di ridurre del 30-40 per cento le emissioni - spiega Agricola - ma
per farlo serve il Piano della qualità dell’aria, solo a quel punto potremmo
adottare delle soluzioni più radicali. Il mio è un invito alla Regione ad
accelerare i tempi, la scelta politica diventa la base di partenza».
Il Piano altro non è che una suddivisione del territorio in comparti
(agricoltura, industria, traffico...) a cui spettano, a scalare, diverse
quote di emissioni. Un nuovo capitolo della questione Ferriera, insomma,
accanto all’Autorizzazione integrata ambientale (Ati) che è invece il
provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto. E spetta ancora alla
Regione.
Ad ascoltare le parole di Agricola ieri in Prefettura c’erano i referenti
dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria, l’ingegner Pierpaolo Gubertini per la
Regione e i rappresentanti politici del Comune, con il sindaco Roberto
Dipiazza, e della Provincia con Ondina Barduzzi, assessore all’Ambiente. Ma
anche l’amministratore delegato della Lucchini-Severstal, Francesco Rosato,
e il magistrato Federico Frezza della Procura. Tutte le parti in causa, in
alcuni casi pronte a pizzicarsi sulle competenze, i dati prodotti dall’Arpa,
le direttive dell’Unione europea in materia e la relazione sulle emissioni
dell’Ass.
«È emersa da parte dai soggetti preposti al controllo l’esistenza di una
situazione di pesante sofferenza nella zona di Servola. La novità è che il
ministero dell’Ambiente - dice Dipiazza - ha pesantemente chiamato in causa
la Regione per non aver ancora emanato il Piano di qualità dell’aria. Uno
strumento di programmazione essenziale, perché dovrebbe definire le
eventuali possibilità di sviluppo per un’attività industriale in un’area
densamente abitata come quella di Servola».
Se il sindaco auspica un’accelerazione nella redazione del Piano, lo stesso
fa il consigliere regionale Alessandro Metz (Verdi), molto vicino al
ministro Alfonso Pecoraro Scanio, che sollecita l’assessorato regionale
all’Ambiente. In altre parole Gianfranco Moretton. Il diretto interessato
risponde: «Abbiamo fatto la legge, il prossimo passo sarà quello di
predisporre il Piano della qualità dell’aria. Siamo una delle poche Regioni
in Italia - ricorda Moretton - capace di varare la legge sull’inquinamento
atmosferico. Adesso ci vuole un po’ di tempo, almeno otto mesi, forse un
anno, per suddividere il territorio regionale. Non è mica una cosa da
ridere».
Il sindaco Dipiazza ricorda che «la produzione industriale, per non essere
invasiva dovrebbe stare almeno un chilometro dalle abitazioni». Una lettura
che l’assessore provinciale Barduzzi rovescia però su tutte le attività
presenti nell’area. «Bisogna avere una visione complessiva di quello che
c’è. Le riduzioni delle emissioni - dice - valgono per le attività
economiche, il traffico e gli impianti di riscaldamento». E aggiunge,
ricordando il percorso intrapreso dalla Provincia nell’attesa del Piano
della qualità dell’aria: «Andremo da una parte a posizionare degli
analizzatori in continuo sui camini della Ferriera, portando avanti - spiega
Barduzzi - anche un catasto delle aziende presenti sul territorio. Una sorta
di database, perché non c’è solo la Ferriera».
Tutto rinviato al prossimo tavolo in prefettura, insomma, con la
Lucchini-Severtal che in ogni caso punta ad ottenere l’Ati per l’impianto di
Servola. «Lo scorso venerdì abbiamo presentato alla Regione le integrazioni,
con il dettaglio progettuale - spiega Francesco Semino, responsabile delle
relazioni esterne della Servola spa - degli interventi che intendiamo
realizzare così come concordato con la Procura». Il Piano della qualità
dell’aria, passa così in secondo piano. «Mi risulta che la Regione lo stia
preparando, è un atto formale - dice Semino - che discende dalle direttive
comunitarie e diventa un punto di riferimento per entrare nella questione».
Pietro Comelli |
Piste ciclabili, incontro
alla Millo - Viene presentato il progetto sulla mobilità sostenibile scelto
dal Comune muggesano |
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MUGGIA Stasera alle 18 nella
sala «Millo» di piazza della Repubblica a Muggia sarà presentato alla
cittadinanza il progetto sulla mobilità sostenibile scelto
dall'amministrazione comunale all'interno di Agenda 21. Muggia è tra i primi
enti locali ad avvalersi di questa nuova metodologia di approccio alla
programmazione del territorio, che si basa sulla più vasta partecipazione e
condivisione delle idee da parte della popolazione. L’argomento scelto è
«Mobilità sostenibile, riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi
urbani di uso pubblico». Il tema riguarda quelle forme di mobilità che
promuovono la salute e la sicurezza, come le piste ciclabili e i percorsi
protetti per i bambini che collegano le case con gli edifici scolastici.
L'incontro è rivolto a cittadini e associazioni affinché possano prendere
parte attiva nelle decisioni dell'amministrazione. I soggetti che avranno
manifestato il loro interesse parteciperanno quindi ad un forum dal quale
usciranno delle proposte concrete. Al forum, infatti, sarà chiamata a
partecipare la popolazione, che sarà avvicinata e coinvolta con una serie di
incontri rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno
nominati tre rappresentanti, che si affiancheranno ad altri portatori di
interessi che lavoreranno assieme.
Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della città sostenibile dei
bambini e delle bambine, composto da alunni di tutte le scuole muggesane,
che si esprimerà in particolare su mobilità e riqualificazione degli spazi
urbani. s.re. |
Quegli strani ritardi sul
piano del traffico |
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Uno dei temi cittadini di questi
giorni è il piano del traffico o meglio il «giallo» del piano del traffico.
«Il Piccolo» del 23 agosto e dei giorni precedenti riporta in merito alcune
autentiche «chicche» dei nostri amministratori. L’assessore Rossi afferma
«Trieste non ha un serio problema di traffico... del piano non c’è alcuna
urgenza. Si deduce che l’assessore Rossi vice in un’altra città o viaggia
abitualmente in elicottero. L’assessore Tononi e il vicesindaco Lippi, a
fronte del fatto che il «contropiano» del traffico predisposto dagli uffici
comunali è stato reso pubblico in forma per così dire impropria,
«proporranno alla giunta di sporgere denuncia contro ignoti». Lippi e Tononi
«confondono» la normativa relativa alla pubblicazione di atti giudiziari con
quella di un documento tecnico-amministrativo e dunque pubblico?
O ritengono che uno studio tecnico del Comune sia un documento privato che
solo loro hanno il diritto di conoscere e di rendere pubblico come e quando
vogliono? Bell’esempio di trasparenza e di democrazia! Ultimo il sindaco
Dipiazza. Afferma che del piano predisposto dall’ingegnere Camus gli «va
bene solo il 30%». Non mi risulta che Dipiazza abbia la competenza tecnica
per parlare di flussi di traffico e non accetto che – come sua abitudine –
affermi che su queste questioni «basta il buon senso». Ma se – grazie alla
sue presunte competenze tecniche – sapeva già quale piano del traffico
serviva alla città e aveva già deciso tutto, perché ha fatto spendere al
Comune 150.000 euro per commissionare lo studio Camus? La verità è che il
piano del traffico dell’ing. Camus disturba perché priviletgia il trasporto
pubblico a scapito di quello privato (corsie riservate + 163%, con una stima
di aumento della mobilità pubblica dell’11%) incentiva aree pedonali e piste
ciclopedonali, presuppone un radicale cambiamento nella testa dei triestini
su «come spostarsi» e su come «usare la città». Ma nessuno a Trieste ha il
coraggio di dire chiaramente che bisogna lasciare l’auto a casa, usare il
mezzo pubblico, camminare e non invadere i marcipaiedi con moto e motorini,
i cui parcheggi fra le gambe dei pedoni sono ampiamente «tollerati» da
vigili urbani evidentemente ben istruiti in merito. Far rispettare la legge
e il codice della strada è infatti molto pericoloso in chiave di consenso
elettorale, vero sindaco?
Come è molto pericoloso scegliere, perché si scontenta sempre qualcuno... o
i commercianti di via Mazzini o quelli di Corso Italia... o chi usa il
motorino o chi usa l’auto. Ecco perché il piano Camus non va bene a Dipiazza.
Perché il piano Camus sceglie! E sceglie di tutelare interessi collettivi e
non interessi privati. Ma la tutela dell’interesse collettivo è un concetto
del tutto estraneo a chi governa il Comune di Trieste.
Paolo Geri |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 24 settembre 2007
Bucci: piano
del traffico pronto solo nel 2008 - L’assessore alla Pianificazione:
stiamo lavorando a una serie di ipotesi con la volontà di condividere le
scelte |
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Decarli
(Cittadini): finalmente chiarezza. Camber (Fi): si arriverà oltre le
regionali
I dubbi di
Rosolen (An): a questo punto il documento non verrà più varato, sarà
un’occasione perduta. Ma l’assessore ribatte: ragiono in termini positivi
«Certo, il piano del traffico
non verrà varato prima del 2008: gli uffici tecnici stanno lavorando a una
serie di ipotesi e la volontà diffusa è quella di condividere le scelte.
Perciò quella del 2008 è la data giusta».
L’assessore al traffico Maurizio Bucci conferma con queste parole una data -
anzi, un’annata - che nel documento sullo stato di attuazione dei programmi
del Comune è riportata anche alla voce «piano del traffico», per un progetto
però a esso connesso. Il tema è stato anche sfiorato nel corso della
riunione della seconda commissione consiliare che ha discusso la delibera
alla quale il documento in questione è allegato. Il Cittadino Roberto
Decarli infatti ha commentato che «un po’ di chiarezza ci voleva». E adesso,
Decarli rincara: «Dopo le innumerevoli dichiarazioni del sindaco Roberto
Dipiazza che ci ha allegramente intrattenuti durante il periodo
ferragostano, dopo sette anni di attesa, dopo che un professionista (Roberto
Camus, ndr) scelto dal sindaco ha presentato il documento e dopo che
Dipiazza ha cassato il 70%» della bozza di piano del traffico, «il rinvio al
prossimo anno mi pare una decisione forte, meditata e rispondente alle
esigenze della città, il che dimostra ancora una volta il decisionismo
asburgico di questa giunta comunale», è l’ironica conclusione del
consigliere d’opposizione.
Il piano del traffico da un paio d’anni è oggetto di discussione all’interno
della maggioranza nel merito e nel metodo: con ad esempio il tormentone
corso Italia chiuso al traffico sì o no, ma anche con l’intero centrodestra
che già mesi fa chiedeva di vedere resa nota la bozza Camus, poi pubblicata
a fine agosto grazie a una busta anonima arrivata al Piccolo.
Ora che Bucci conferma la previsione 2008 per il documento definitivo, resta
da appurare se questo verrà varato prima o dopo le elezioni regionali. Il
capogruppo di Forza Italia Piero Camber commenta: «Se la data confermata è
il 2008, ne prendo atto e la lettura non può che essere politica. Si vuole
superare la boa delle regionali», appuntamento che non rappresenta il
momento più adatto nel quale proporre alla cittadinanza modifiche alla
viabilità che - quali che siano - potrebbero scontentare qualcuno. Bucci
però non è dello stesso avviso: «Ci sono due scuole di pensiero. Io ritengo
che proprio quello della campagna elettorale possa essere un buon periodo
nel quale dimostrare da parte di una coalizione capacità propositiva, anche
in materia di traffico».
La capogruppo di An Alessia Rosolen è però pessimista: «Se si parla del
2008, allora mi vien da pensare che il piano in questa consiliatura non
verrà varato». Perché superato lo scoglio delle elezioni regionali, ritiene
Rosolen, si navigherà già con lo sguardo rivolto alle comunali 2011... «E
sarà un’occasione perduta». Niente piano del traffico, allora? Bucci non ci
sta: «Sono abituato a ragionare in termini positivi», è la risposta. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 23 settembre 2007
Ferriera:
pronto il piano di adeguamento - Ultimate le analisi da parte dei
tecnici dell’Arvedi: imminente la formalizzazione della proposta d’acquisto
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La proprietà consegna alla
Regione i progetti degli interventi ambientali |
È una fase decisiva per la
Ferriera di Servola. La Lucchini-Severstal ha consegnato la documentazione
integrativa richiesa dalla Conferenza dei servizi (che dovrebbe dare
l’Autorizzazione integrata ambientale). ma proprio in questi giorni si
dovrebbe decidere sul destino della Ferriera dopo l’offerta da parte del
gruppo cremonese Arvedi di rilevare lo stabilimento siderurgico.
I tecnici e gli esperti dell’Arvedi che hanno lavorato a lungo durante
l’estate hanno terminato tutte le valutazioni e le analisi ed ora il gruppo
siderurgico di Cremona potrebbe essere pronto a sciogliere i dubbi se
acquistare o meno e soprattutto a presentare l’offerta di acquisto (con il
prezzo) per la Ferriera. I tempi sono maturi e dalla prossima settimana in
poi ogni giorno potrebbe essere quello giusto per la notizia ufficiale delle
mosse dell’Arvedi.
Su questo fronte c’è massimo riserbo da parte della Lucchini Severstal che
invece ha confermato ufficialmente la consegna della documentazione alla
Regione per giungere all’Autorizzazione integrata ambientale, atto
necessario per la continuazione della produzione.
Si tratta del programma di interventi strutturali che hanno come obiettivo
il contenimento dell’inquinamento dell’impianto siderurgico. Questo piano di
interventi, per il contenimento nei limiti di legge di polveri sottili,
idrocarburi policiclici aromatici e benzene, era stato chiesto alla fine di
agosto dalla Conferenza dei servizi e in particolare dai componenti del
tavolo tecnico, la Regione, la Provincia, Il comune, l’Arpa e l’Azienda
sanitaria. Tutta la documentazione consegnata ora sarà valutata dalla
Conferenza dei servizi che si riunirà tra un mese circa (la Regione ha
deliberato che la data ultima per decidere è comunque la fine di ottobre).
«Ieri era l’ultimo termine per la consegna della documentazione — spiega il
direttore della Ferriera, Francesco Rosato – abbiamo preparato e portato
tutto alla Regione. Ci sono tutti i chiarimenti che sono stati richiesti e
c’è tutto il dettaglio dei progetti».
Un punto molto discusso questo, ribadito dall’Arpa, per il poco tempo a
disposizione della Ferriera per poter presentare progetti approfonditi e
tecnicamente esaustivi.
«L’investimento previsto è di 10 milioni di euro – prosegue Rosato – abbiamo
fatto nostre tutte le prescrizioni che aveva individuato il Comune, i
progetti sono illustrati nel dettaglio richiesto».
Una vera e propria relazione tecnica nella quale sono stati approfonditi i
diversi progetti che sono stati relizzati (o che sono in via di
realizzazione) per gli impianti. Alcuni di questi, fa sapere la stessa
azienda, sono già in fase di esecuzione e gli interventi erano state in
parte decisi anche in una sorta di accordo di lavoro tra la
Lucchini-Severstale la Procura della repubblica che aveva messo in evidenza
l’inquinamento di certe aree e soprattutto le emissioni di gas e di polvere.
Giulio Garau |
Depuratore di
Servola: soluzione in vista per proseguire l’attività - La Provincia non
bloccherà l’impianto |
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Si apre una soluzione per il
nodo che ha bloccato l’ampliamento e l’adeguamento alle norme del depuratore
di Servola. In una riunione convocata giorni fa dall’assessore comunale allo
Sviluppo economico, Paolo Rovis, con l’Autorità portuale e l’AcegasAps si
sono infatti chiariti i tempi sulla disponibilità dell’area, che dapprima
sarà usata dalla Sertubi e successivamente verrà assegnata a Comune e
AcegasAps per costruire il nuovo impianto.
«L’esito dell’incontro è stato ottimo – commenta Rovis. – Abbiamo fissato un
programma preciso: il cantiere aprirà nel 2010, e la struttura sarà a regime
nel 2012. Nel frattempo – prosegue – i 30 mila metri quadrati necessari, di
proprietà dell’Autorità portuale, potranno essere occupati dalla Sertubi per
depositare i suoi prodotti. La Sertubi deve infatti liberare aree che
veranno occupate dalla Cartubi, la quale a sua volta deve lasciare la zona
della Lanterna per consentire la realizzazione del marina di Porto Lido».
In seguito all’incontro le parti firmeranno un documento in base al quale
l’Autorità portuale darà in concessione alla Sertubi l’area interessata
all’ampliamento del depuratore, fino al momento (il 2010) in cui l’area
stessa servirà al Comune e all’AcegasAps per realizzare il nuovo impianto.
Intanto il depuratore, pur essendo non adeguato alle normative, non verrà
bloccato dalla Provincia. Venerdì scorso, nella conferenza dei servizi
convocata da Palazzo Galatti, cui hanno preso parte Regione, Autorità
portuale, Comune, Azienda sanitaria e Arpa, si è concordata la bozza di un
accordo di programma, il cui testo domani verrà discusso dalla giunta
provinciale. Martedì la bozza verrà inviata a tutte le parti e venerdì ci
sarà la prima di una serie di riunioni sul documento, che la Provincia conta
di vedere firmato entro ottobre, per poter poi rilasciare l’autorizzazione
provvisoria.
«L’autorizzazione per proseguire l’attività del depuratore – spiega
l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi – scade a fine mese.
L’unico modo per non bloccare l’imapianto è di avere la certezza che quello
nuovo si farà, in base ad accordi ben precisi. La Regione — prosegue – deve
così approvare il piano delle acque. Al Comune spetta di stilare il piano
finanziario attraverso AcegasAps, progettare l’impianto (col finanziamento
della Provincia) e costruirlo. Azienda sanitaria e Arpa devono controllare
gli scarichi. L’Autorità portuale deve mettere infine a disposizione l’area
entro una data certa».
Giuseppe Palladini |
Il popolo del
blog di Beppe Grillo lancia le sue proposte al sindaco: Internet gratis,
ecologia e risparmi - Riunione informale in piazza Verdi |
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Internet senza fili per tutti,
la revisione del regolamento edilizio con l’obiettivo del risparmio
energetico, la diffusione del riduttore di flusso per l’acqua da dare alle
famiglie. Il popolo triestino di Beppe Grillo andrà a chiedere questo al
sindaco Roberto Dipiazza. Non si tratta del programma di un partito, nemmeno
di un movimento, è il popolo del Blog su Internet, che discute e fa opinione
a voler chiedere al primo cittadino di Trieste s è possibile un dialogo e un
confronto su alcuni temi.
Ne hanno parlato ieri in un caffè di piazza Verdi i protagonisti del V-day
di Beppe Grillo e che ora cercano di concretizzare qualcosa mettendo insieme
alcune proposte. Si è trattato di un appuntamento assolutamente non formale
organizzato dopo la raccolta delle firme portate avanti nelle piazze.
«In totale sono 3240 – conferma Paolo Menis, uno dei portavoce e
catalizzatore assieme Enrico Rossini e Antonella Vento – e da lunedì (domani
ndr) partirà la fase di certificazione in Comune. Non fonderemo alcun
partito, è solo un movimento di opinione e di pressione politica che discute
via Internet. Stasera ci siamo trovati per questo, e porteremo alcune idee
al sindaco». A Dipiazza il popolo del blog di Beppe Grillo chiederà il
sistema Wi-max da installare in tutta la città (internet senza fili gratis
per tutti), la revisione del regolamento edilizio per favorire gli
interventi di risparmio energetico e le fonti alternative. Poi sarà
presentato un progetto sul risparmio d’acqua con la diffusione nelle
famiglie di un riduttore di flusso per risparmiare sull’acqua e
sull’elettricità.
Il movimento di Grillo ha anche già espresso l’opinione critica sul
rigassificatore a Trieste. Tutte le altre informazioni sul blog del forum di
meetup: Beppegrillo.meetup.com/52. |
Clima, effetto
serra: anticipo di 10 anni sulla riduzione dei gas - Il taglio dei «killer
dell’ozono» potrebbe evitare 100 milioni di tumori - Accordo a Montreal tra
190 nazioni |
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MONTREAL Accordo importante alla
Conferenza di Montreal per accelerare l'eliminazione delle sostanze nocive
per lo strato di ozono e per il clima. Intesa che arriva a 20 anni dal
Protocollo di Montreal che nel 1987 ha messo, in teoria, uno stop ai killer
dell'ozono dettando norme stringenti per il loro commercio e uso.
«Abbiamo raggiunto un accordo storico - ha detto Nick Nuttal, portavoce del
Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente -: i Paesi sviluppati e quelli
in via di sviluppo hanno trovato un'intesa per accelerare la riduzione degli
idroclorofluorocarburi (Hcfc), a beneficio dello strato di ozono e (della
lotta contro) i cambiamenti climatici». E già si guarda a lunedì, al vertice
dell'Onu a New York sul clima con la convinzione che gli accordi di Montreal
rappresentino un «segnale vitale». La Conferenza di Montreal, che raggruppa
190 Paesi, è stata riunita da inizio settimana con l'obiettivo principale di
trovare un'intesa sull'accelerazione dell'eliminazione degli Hcfc, sostanze
nocive per l'ozono utilizzate nella refrigerazione e nella climatizzazione.
La loro eliminazione contribuirà allo stesso tempo alla lotta contro il
riscaldamento della Terra la cui causa, in parte, può essere ritrovata anche
negli Hcfc, gas a effetto serra.
Il Protocollo di Montreal, sottoscritto il 16 settembre 1987, prevedeva
l'eliminazione degli idroclorofluorocarburi entro il 2030 per i Paesi
industrializzati e entro il 2040 per quelli in Via di sviluppo. Ora
l'accelerazione sui tempi, fissato un anticipo di 10 anni, dovrebbe
permettere di ridurre del 3,5% le emissioni dei gas a effetto serra.
Il 20.o anniversario del Protocollo di Montreal è stato anche visto come un
momento di grande successo per essere riusciti a eliminare praticamente una
prima generazione di sostanze mangia-ozono, i clorofluorocarburi (Cfc)
utilizzati principalmente per i frigoriferi e le bombolette spray. In merito
all'ozono, è uno dei gas che si trovano nell'atmosfera: fa da schermo
naturale ai raggi ultravioletti, responsabili del cancro alla pelle. Certo
il Protocollo di Montreal non ha chiuso il buco dell'ozono ma ha affrontato
il problema riuscendo a stabilizzare la situazione. Tanto che la comunità
scientifica stima che da qui al 2050-2060 lo strato d'ozono potrebbe
ritrovarsi nella situazione vicina a quella nel 1980. Inoltre, senza il
Protocollo di Montreal, da qui al 2020 ci sarebbero stati circa 100 milioni
di casi ulteriori di cancro alla pelle.
Nonostante gli sforzi, però, circa 88.000 tonnellate di sostanze killer
dell'ozono continuano a essere prodotte ogni anno, di queste l'85% nei Paesi
sviluppati. Secondo gli esperti, inoltre, una quota ulteriore compresa tra
le 10 mila e le 15 mila tonnellate sono prodotte illegalmente. |
Cipolletta:
«Il Corridoio 5? Non abbiamo i soldi» |
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Enrico Letta: «Sogno una
azienda di servizi per tutto il Nord». Profumo: «Guardare all’Europa»
Il
presidente delle Ferrovie a Vicenza al meeting dei quarantenni della rivista
Nordesteuropa.it: «Il Veneto faccia come il Fvg e trovi i finanziamenti»
VICENZA La prima stoccata,
neanche troppo velata, arriva, da Innocenzo Cipolletta, presidente di
Ferrovie dello Stato e come tale responsabile di quel Corridoio cinque tanto
agognato dal Nordest, ma pieno di «buchi» a Est di Milano. «I soldi non ce
li abbiamo, neanche per la progettazione di alcune tratte. Sarebbe bene che
il Veneto, intanto si muovesse in questo campo e che la Regione facesse come
il Friuli-Venezia Giulia e trovasse finanziamenti». L'altra provocazione, o
meglio le altre due, questa volta aperte, arrivano dal sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio Enrico Letta, impegnato nella contesa per la
leadership del nascente Partito Democratico.
La prima: «Ma perchè‚ il Nordest dell'industria, che a tutto titolo ne
avrebbe diritto, non esprime un candidato per la presidenza della
Confindustria che in Italia è una carica istituzionale e non solo
rappresentativa del mondo dell'imprenditoria?». La seconda: «Nelle
infrastrutture i grandi progetti sono avviati o in via di definizione. Il
Nordest deve puntare in alto. Ho un sogno: che fra cinque anni nasca Ans,
un'azienda nord servizi, che per tutto il Nord metta insieme le
municipalizzate da Milano al Friuli, passando per Brescia e l'Emilia di
Iride ed Enia. Sarebbe davvero un passo che darebbe valore aggiunto al Nord
e al Paese che altrimenti rischia che quel valore aggiunto, in pezzi, vada
appannaggio di altre aziende e di altri Paesi».
A Vicenza, al meeting dei quarantenni del Nordest, organizzato dalla rivista
Nordesteuropa.it per il secondo anno, si discute di come affrontare le sfide
del futuro: dalla trasformazione del sistema industriale alla
riorganizzazione del territorio, dalla creazione vera di una metropoli alla
individuazione di una classe dirigente, che come dice Aldo Bonomi, abbia
consapevolezza di sè‚ e si trasformi così in borghesia. Operazione
difficile, per la sfida di superare i campanilismi che per ora hanno
frammentato il territorio e ne hanno impedito un'unitarietà di visione,
quasi impossibile se a questo si aggiunge un sistema centrale e una politica
nazionale che sembra annaspare in un marasma quotidiano e progettuale.
Ma Alessandro Profumo, banchiere ormai europeo, traccia un cammino possibile
che ha segnato la sua esperienza. Racconta che quando nacque Unicredit si
consumarono mille difficoltà per mettere insieme istituti con radici locali
forti: Torino, Verona e poi Treviso e un pezzo di Trieste con le loro Casse
di Risparmio sembravano un baluardo insormontabile. «Alla fine tutto ha
funzionato: perchè siamo riusciti con Unicredit a mettere in cantiere un
grande progetto europeo. L'Europa - dice - è una soluzione per i
tradizionali problemi italiani». Ma per Roberto Maroni non lo è affatto.
L'unica ricetta possibile per risolvere se non tutti, quasi tutti, i
problemi, è che il territorio si riprenda il controllo delle sue variabili
finanziarie e delle funzioni, dalle tasse ai centri di spesa, in un progetto
di federalismo spinto: «Se lo Stato ridesse alle Regioni del Nord le tasse
che un sistema come quello della Catalogna gli potrebbe assegnare, oggi
tutti i problemi di finanziamento delle infrastrutture sarebbero risolti».
Che soluzione è l'Europa dei grandi campioni e dei grandi gruppi? «Guardate
che cosa è successo con Abn Amro-Antonveneta, abbiamo forse oggi una banca
più efficiente?». Ma Profumo ribatte di fare attenzione: a forza di
federalismo e di frammentazione si rischia che le imprese restino nane, che
non si possano aggregare, che non attraggano manager. Insomma che tutti,
imprese e territori, siano condannati all'arretratezza e all'assenza di
modernità».
Ma nel dibattito le paure che emergono non sono solo quelle che non si
riesca ad avere una classe dirigente consapevole e un territorio più
moderno. Emergono anche questioni più immediate. Ad esempio che il governo
tolga l'occhio da un'industria che fa sempre più fatica con il cambio e i
problemi della spesa pubblica. «La finanziaria, deve prevedere una riduzione
delle tasse - dice con decisione Andrea Tomat. Ma Letta promette: «Con la
prossima manovra le tasse sulle imprese caleranno». Chissà.
Alessandra Carini |
Fianona, firme
anti-centrale - Iniziativa dei giovani della Dieta democratica istriana:
finora 3mila adesioni |
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POLA Prosegue la raccolta di
firme avviata dai giovani appartenenti alla Dieta democratica istriana
contro la costruzione della Centrale termoelettrica Fianona 3, che
impiegherebbe carbone.
Ieri i tavoli degli attivisti che fanno firmare la sottoscrizione sono stati
organizzati a Dignano, al mercato di Pola, a Parenzo, a Mattuglie e a
Laurana. Finora la petizione è stata firmata da 3000 cittadini.
I giovani dietini fanno presente che non sono a priori contrari alla
costruzione di una nuova centrale. «Però al posto del carbone che qualcuno
vuole imporci - dicono - vogliamo che sia utilizzato un combustibile più
accettabile dal punto di vista sanitario ed ecologico, come ad esempio il
gas naturale, di cui c'è grande disponibilità, visto che nelle vicinanze
passa il metanodotto magistrale Pola-Karlovac». Come alternativa viene
proposto anche il gas dei futuri terminali Lng che verranno costruiti
nell'Alto Adriatico e che tante polemiche hanno suscitato già in tempi
recenti.
p.r. |
IL PICCOLO -
SABATO, 22
settembre 2007
Ecomostro alle
Noghere |
|
Sta prendendo corpo l’ecomostro
del Centro Freetime alle Noghere. Uno spettacolo poco edificante per il
turista che entra in Italia da Rabuiese. A piccoli significativi passi si
distrugge inesorabilmente l’ambiente naturale e il paesaggio integro che
circonda la città di Trieste e la rende così unica al mondo. Centri
commerciali, aree di servizio, zone artigianali e industriali, autostrade,
edilizia sconsiderata, coste fittamente urbanizzate e spesso inquinate, ecc.
sono un cancro che dilaga ovunque spesso senza una reale effettiva esigenza.
È su questa strada che vogliamo combattere l’inquinamento, rientrare nei
parametri di Kyoto, decongestionare il traffico, vivere e non sopravvivere?
È così che si concretizza la tanto strombazzata e auspicabile vocazione
turistica della nostra provincia e aree circostanti? Offrendo una piccola
perla incastonata in una colata di cemento e asfalto non si attira il
turista di pregio, disposto a soggiornare più giorni e dare linfa vitale
all’economia locale, ma solo il viaggiatore mordi e fuggi che viene a
gravare solo sui servizi, senza portare alcun beneficio economico e portando
con sé un ricordo mediocre e anonimo di una città del tutto convenzionale.
Las Vegas, sorta nel deserto, non ha avuto vincoli ambientali
nell’espandersi indefinitivamente. Ha puntato giustamente tutto
sull’ottenere il massimo dell’efficenza nel divertimento. Non si doveva
preservare una unicità del territorio circostante che potesse costituire uno
dei motivi principali della sua attrazione. Desertificando la cintura verde
che circonda Trieste finalmente potremo avere anche noi la nostra Las Vegas.
E’ questo che vogliamo? All’inizio dei lavori, da buonpensante, immaginavo
che si stesse recuperando un terreno abbandonato semincolto. Che bravi!
pensavo, adesso impianteranno un nuovo uliveto.
Considerando l’inevitabile disastro provocato dalla costruzione
dell’autostrada, sarebbe stato auspicabile, a compensazione del danno, il
recupero di un’area equivalente stravolta da uno sconsiderato sviluppo
industriale e da destinare a scopi ecologicamente compatibili. Invece si è
aggiunto danno al danno e beffa alla beffa. In cambio ci resterà per i
prossimi decenni questa mirabile visione di una immane muraglia che nessun
architetto al mondo potrà rendere gradevole e che deturperà la dolcezza
delle linee e dei colori delle verdi colline sovrastanti. Che
l’Amministrazione Pubblica si renda parte diligente e recepisca un messaggio
condiviso da gran parte della popolazione, affinchè il nostro futuro anche
prossimo non sia in un ambiente totalmente snaturato e artificiale. Il mito
di Re Mida ci metta in allarme. Su un manifesto pellerossa in Arizona ho
letto questa sentenza: Solo dopo che l’ultimo albero sia stato abbattuto.
Solo dopo che l’ultimo fiume sia stato avvelenato. Solo dopo che l’ultimo
pesce sia stato catturato. Solo allora scoprirai che il denaro non può
essere mangiato.
Nico Zuffi |
Distributore a
Barcola |
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Lo stesso sindaco di Trieste
Dipiazza in passato (e per la verità anche recentissimamente) si è espresso
in pubblico decisamente contro il progetto del distributore Tamoil a Barcola
dicendo che esso srebbe stato offensivo rispetto ai piani di
ristrutturazione della riviera di Barcola, ma ora ci troviamo a lottare
contro gli avvocati del Comune che lo difendono. Eppure la Circoscrizione
(50.000 cittadini) si è espressa più volte all’unanimità contro questa
follia, e naturalmente Wwf, Italia Nostra, Amici della Terra e altre
associazioni ambientaliste si sono ripetutamente dichiarati contrari... Ma
nel frattempo la pratica è stata approvata definitivamente e, se non succede
qualcosa, tra poco potrà iniziare il taglio degli alberi, col che la strada
sarà spianata... in ogni senso.
Paolo Rovatti |
IL PICCOLO -
VENERDI', 21 settembre 2007
Idrocarburi e
ceneri nell’area Ezit alle Noghere - Rilevato un inquinamento fino a
otto metri di profondità. La Teseco ha già avviato le bonifiche |
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Rilevate
sostanze nocive dall’azienda di Potenza che sta effettuando la mappatura dei
450mila metri quadri di proprietà dell’ente |
Potrebbero
essere i residui della vecchia discarica di Monte San Pantaleone |
Idrocarburi e ceneri nell’area
Ezit alle Noghere, a profondità che arrivano anche a otto metri. A
individuare questi inquinanti è stata l’azienda specializzata di Potenza che
si è aggiudicata la gara per le caratterizzazioni dei 450 mila metri quadri
di proprietà dell’Ente zona industriale.
Anche se si tratta di dati ancora poco significativi (devono poi essere
validati dall’Arpa), la presenza di idrocarburi e di ceneri è giudicata come
qualcosa di scontato dal presidente dell’Ezit, Azzarita, dato l’utilizzo in
passato di quelle aree come parco serbatoi dell’ex raffineria Aquila e come
pubblica discarica per materiali inerti.
Le ceneri, in particolare, potrebbero essere quelle del vecchio impianto di
Monte San Pantaleone, che sarebbero state scaricate alle Noghere negli anni
Ottanta dopo la chiusura della discarica che allora funzionava sul
terrapieno di Barcola.
Le caratterizzazioni stanno intanto procedendo con ritmi più veloci del
previsto. «Siamo al 40% dell’operazione – precisa Azzarita –. Contiamo di
ultimarla un mese prima del previsto, e cioè verso la fine di novembre. A
quel punto, però, anche se disporremo della mappa dettagliata
dell’inquinamento non potremo partire subito con le bonifiche. I fondi per
effertuarle, infatti, al momento non ci sono. Dovremo battere cassa».
Chi ha iniziato le bonifiche, sempre nella valle delle Noghere, è invece la
Teseco, la società proprietaria dell’intero comprensorio ex Aquila, che
qualche mese fa ha concluso appunto alle Noghere la demolizione dei serbatoi
dell’ex raffineria.
Da alcune settimane, così, nell’area di 225 mila metri quadri già venduta
alla Coop Nord Est nel dicembre 2006, e su cui sorgerà il previsto centro
commerciale, Teseco ha avviato la bonifica, in base al progetto approvato a
suo tempo dal ministero dell’Ambiente, sotto lo stretto controllo dell’Arpa.
Bonifica che si concluderà nella prossima primavera e riguarderà anche 30
mila metri quadri di verde «connettivo», che successivamente verranno ceduti
per uso pubblico.
L’asporto del terreno risultato inquinato è iniziato dai bacini che
circondavano i singoli serbatoi. Lo strato di terra che viene rimosso ha uno
spessore variabile fra uno e tre metri. Le migliaia di metri cubi che ne
risultano vengono poi trasportati e stoccati in una discarica autorizzata
nel Veneto (nel Friuli Venezia Giulia non ne esistono).
Per facilitare l’operazione di bonifica, in attesa dell’autorizzazione
ministeriale a realizzare l’impianto di trattamento dei terreni già
progettato, Teseco non esclude comunque di usare un analogo impianto mobile.
Se le operazioni procederanno secondo i programmi, all’inizio dell’estate
2008 Coop Nord Est disporrà quindi dell’intera area (risanata) sulla quale
costruirà il suo centro commerciale. Si tratta di una struttura a un piano
fuori terra, con parcheggi interrati, il cui progetto verrà depositato a
breve al Comune di Muggia.
Degli 80 mila metri quadri che verranno occupati dall’edificio, la
superficie di vendita ammonterà a 48 mila. E di questi, 37 mila
riguarderanno il settore «non alimentare» e 11 mila quello alimentare.
Giuseppe Palladini |
L’Agenzia per
l’energia di Udine a Klagenfurt: progetti in comune |
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UDINE Summit fra l’Agenzia per
l’Energia di Udine e quella di Klagenfurt. Il presidente dell’Ape Loris
Mestroni ed il direttore Matteo Mazzolini hanno incontrato il direttore di
Klagenfurt Gerard Moritz, già capo progetto del termovalorizzatore di
Arnoldstein. Da anni infatti l’Austria finanzia una politica energetica
orientata alla riduzione dei consumi, all’efficienza energetica ed
all’utilizzo delle fonti rinnovabili. Un patrimonio di conoscenze accumulato
notevole con numerosi interventi realizzati. Per questo motivo l’Agenzia
Provinciale per l’Energia di Udine ha avviato una serie di collaborazioni
trans-nazionali per trasferire e valorizzare a livello locale esperienze già
consolidate nei territori confinanti. Oltre alla collaborazione con la
Carinzia, sono infatti già in atto attività di cooperazione con l’Agenzia di
Nova Gorica e di sostegno alla creazione dell’Agenzia istriana per l’energia
di Pola in Croazia. L’Agenzia Provinciale per l’Energia di Udine è impegnata
nella costruzione di un network tra Friuli, Carinzia, Slovenia ed Istria. |
Eco-energia:
sgravi fiscali |
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ROMA Dichiarazione dei redditi
più leggera con le detrazioni previste nella Finanziaria 2007 al capitolo
risparmio energetico. E per informare i cittadini sono scesi in campo il
ministero dello Sviluppo Economico e l'Enea. Prende il via infatti la
campagna informativa sugli sgravi fiscali per interventi di riqualificazione
energetica. Si parla di detrazioni fino al 55% delle spese per l'involucro
edilizio, la sostituzione di infissi, l'acquisto di pannelli solari per la
produzione di acqua calda e le caldaie ad alta efficienza.
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«Nuovo
cementificio a Torviscosa». Duz smentisce - Il portavoce dei Comitati Mareno
Settimo ipotizza: la Grigolin intende presentare un nuovo progetto
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UDINE Il portavoce del comitato
«No al cementificio» chiede se esiste un progetto bis per una fabbrica di
clinker nella Bassa friulana e il sindaco di Torviscosa risponde che no, «in
questo momento non c’è alcuna richiesta per un nuovo insediamento». Un
giallo? Per adesso c’è la richiesta di un consigliere comunale e la risposta
di un sindaco. Mareno Settimo, il consigliere, si rivolge a Roberto Duz, il
sindaco, chiedendo «quali siano le sue informazioni sulla vicenda». A
Settimo risulta infatti che stia per accadere qualcosa: «Appare ormai
imminente la presentazione formale del progetto». «Da fonti solitamente bene
informate – scrive in premessa il portavoce del comitato anti-cementificio
–, mi sono pervenute informazioni molto dettagliate sulla ventilata
intenzione, da parte della Cementi Nord-Est del gruppo Grigolin, di
presentare un nuovo progetto di impianto per la produzione di clinker e di
cemento da insediarsi a sud-est dell'attuale impianto cloro-soda della
Caffaro». Settimo prosegue ricordando che il precedente progetto «è stato
duramente bocciato dalla stragrande maggioranza della popolazione di
Torviscosa e dell'intera Bassa friulana», e pure «dalla Regione, dalla
Provincia e dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni comunali del
territorio». E ancora precisa: «Anche se di dimensioni minori rispetto al
progetto precedentemente proposto, il nuovo cementificio aggraverà
ulteriormente la già precaria situazione ambientale del nostro territorio».
La risposta di Duz è secca: «Ci fosse qualche richiesta, un consigliere
comunale l’avrebbe vista in protocollo. Non c’è nulla. Se Settimo sa
qualcosa lo dica, altrimenti parliamo del sesso degli angeli».
m.b. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 20 settembre 2007
Legge caccia,
meno burocrazia per le licenze - La bozza approda al comitato ristretto:
introduce l’autogoverno dell’attività venatoria |
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TRIESTE I cacciatori del
Friuli-Venezia Giulia si autogoverneranno. Saranno infatti investiti di
responsabilità dirette per quanto riguarda la disciplina della propria
attività: saranno essi stessi, attraverso le proprie associazioni, a
concordare tra loro – e poi anche a gestirle – le norme sull’assegnazione
alle riserve, sugli aspetti disciplinari e sulle attività regolamentari. Per
cui non potranno più scaricare i propri contenziosi interni
sull’amministrazione pubblica.
È questa una delle principali innovazioni previste dal disegno di legge
varato dalla giunta Illy la scorsa primavera e di cui prosegue il vaglio in
sede di commissione consiliare. Si tratta della legge che riordina le norme
regionali sulla caccia, ridisegnando le competenze della Regione stessa, la
quale conserverà la titolarità della protezione faunistica con la
predisposizione di un piano pluriennale cui dovrà riferirsi tutta l’attività
venatoria; però delegherà il vero e proprio esercizio della caccia appunto a
un’istituenda associazione fra distretti territoriali e riserve. Laddove in
capo alle province figureranno le sanzioni amministrative, i prelievi in
deroga e quell’osservazione faunistica che permetterà di partecipare
attivamente alla programmazione distrettuale e regionale.
Un ruolo importante – rileva l’assessore Enzo Marsilio – verrà assunto da un
comitato faunistico regionale di nuova costituzione, che sarà formato da
esperti nominati dai cacciatori, dagli ambientalisti, dal mondo agricolo e
da quello universitario e che sarà chiamato a pronunciarsi sui piani
distrettuali con cui le varie «zone omogenee» (ne sono state individuate 15)
programmeranno la caccia alle varie specie di animali in linea col piano
faunistico regionale, i cui obiettivi sono la tutela della fauna selvatica e
della biodiversità oltreché un razionale prelievo venatorio.
«Ridisegnando ruoli e competenze – osserva a sua volta Igor Dolenc,
presidente del comitato ristretto riunitosi anche ieri per produrre entro il
mese alla quarta commissione un testo che tenga conto anche di una proposta
di legge della Lega – si otterrà nel contempo una semplificazione
burocratica che consisterà nell’eliminazione di ben 3500 atti quali sono
previsti dall’attuale normativa».
Giorgio Pison |
I Verdi di
Muggia alla maggioranza: «Opere pubbliche senza priorità» - «La periferia
necessita di una serie di interventi di manutenzione a strade e marciapiedi» |
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Giorgio
Millo attacca l’assessore Valentich
MUGGIA I Verdi di Muggia
bacchettano la loro stessa maggioranza in merito ai lavori pubblici, e la
accusano di non aver dato «nessun segno di discontinuità con l’operato della
giunta precedente». Lo spunto arriva dalle recenti dichiarazioni
dell’assessore allo Sviluppo del territorio, Moreno Valentich, il quale
elencava alcune opere in via di completamento e in programma nel territorio
muggesano.
Giorgio Millo, dei Verdi muggesani, afferma: «Notiamo con dispiacere come
ancora una volta vengono posti in essere una serie di interventi di cui non
intendiamo disconoscere l’utilità, ma che in una scala di priorità attenta
ai bisogni immediati del territorio, pensiamo non possano avere una
precedenza su lavori quali manutenzioni e rifacimenti di strade, bordi e
marciapiedi, segnaletica. Opere di cui tutta la periferia è in perenne
bisogno, ed in assenza delle quali la circolazione viaria e pedonale ne
riceve notevole danno».
Ed è proprio questa «scala di priorità» che fa spazientire i Verdi e li
porta ad uscire allo scoperto anche sul piano politico: «È più di un anno
che chiediamo inutilmente a giunta e maggioranza un elenco degli interventi
prioritari, condiviso da tutti». Ma non solo.
Le critiche dei Verdi riguardano anche ciò che finora è stato fatto: «Anche
i pochi interventi intrapresi in questi mesi sono stati iniziati e non
completati, come a Pisciolon o Zindis, ma rappresentano comunque una piccola
parte di tutto ciò di cui le periferie muggesane abbisognano».
Ma il discorso si allarga, all’insegna della critica, e arriva a comprendere
anche quelli che vengono definiti «sprechi»: «Non si capisce – è ancora
Millo a parlare - chi a Muggia sente l’impellente necessità, appresa dalla
stampa qualche settimana fa, di alzare il ponte sul Rio Ospo per favorire
chi è impossibilitato ad uscire con la barca».
E tornando alle recenti dichiarazioni dell’assessore Valentich, Millo ha da
ridire anche sulla annunciata richiesta di 800 mila euro al Fondo Trieste
per le tribune coperte dello stadio Zaccaria, che non lo trova affatto
d’accordo.
Il verde, al riguardo, manda un messaggio allo stesso Valentich: «Pur
comprendendo che quello rappresenta il suo bacino elettorale, ci pensi
ancora un poco su, assessore, e la richiesta la dirotti ad iniziative quali
implementazione e sviluppo economico del territorio muggesano in generale, e
con particolare riguardo al settore commerciale che è in continua
sofferenza, dove molti addetti ed operatori stanno perdendo la pazienza
oltre che il lavoro».
Nella lamentela del direttivo verde rientra in finale anche il recente
accordo tra Comune e Teseco in merito alla cessione e rifacimento (da parte
della stessa società) del manto del campo di calcio dello Zaule-Rabuiese.
«Non si capisce con quale logica ad un azienda come Teseco, che non ha
ancora esposto con chiarezza il suo piano industriale né si sa quali
tecniche utilizzerà per le bonifiche, si possa chiedere di sistemare un
campo di calcio».
s.re. |
Corteo in
Costiera contro la cementificazione |
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Il Club autonomo di Trieste dei
soci di Amici della Terra organizza per domenica 23 settembre alle 9.30 un
corteo, che si snoderà da Barcola (capolinea della 6) a Strada del Friuli,
per protestare contro la cementificazione della costiera barcolana.
L’associazione contesta l’urbanizzazione forzata della zona. |
Il laghetto di
Contovello |
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Pur condividendo alcune
affermazioni del signor Ursini rimango stupito quando lo stesso scrive «Però
quel signore non ha raccontato tutta la verità». Spiace contraddirlo, si
leggano gli innumerevoli articoli stilati sull’argomento, in particolar modo
quello dd. 2.4.2007, in cui la I Circoscrizione lancia l’ennesimo allarme
sul rischio di prosciugamento del laghetto di Contovello. Si sono messi
sotto accusa innumerevoli interventi e rifacimenti sulle edificazioni nella
stretta vallata, tutto ciò compromettendo le sorgenti sotterranee che danno
origine al laghetto. Il Consiglio circoscrizionale nel 2003 ha espresso
parere contrario sui progetti motivando con «sussiste la possibilità che
durante la costruzione s’incontrino fonti sotterranee che alimentano il
laghetto, la cui cementificazione o deviazione provocherebbe danni al
laghetto stesso».
Auspico di aver dato un’esauriente chiarificazione sull’operato del
Consiglio circoscrizionale e nel contempo ringrazio il signor Ursini per
avermi dato l’opportunità di lanciare un nuovo appello: «Chi può salvare il
laghetto di Contovello che si sta prosciugando?».
Bruno Rupel - presidente dellaI Circoscrizione Altipiano Ovest |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 19 settembre 2007
Parte a Muggia
un piano Agenda 21 sugli spazi urbani - Previsti incontri pubblici
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MUGGIA Parte a Muggia il primo
progetto che si avvale delle procedure di Agenda 21, all’insegna, cioè,
della più vasta partecipazione e condivisione delle idee da parte della
popolazione. L’argomento scelto è «Mobilità sostenibile, riqualificazione e
rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico».
Muggia così sarà tra i primi enti locali ad avvalersi di questa nuova
metodologia di approccio alla programmazione del territorio, e, come ha
specificato ieri il sindaco nel presentare l’iniziativa, il primo progetto
farà da apripista anche per un altro Agenda 21 sull’intera tematica
urbanistica, per predisporre il nuovo piano regolatore generale. Per avviare
l’Agenda 21 sulla mobilità sostenibile, il Comune si avvale di un contributo
regionale di quasi 23 mila euro.
E sono in programma già i primi incontri per delineare i soggetti e gli
strumenti di confronto per giungere alle proposte finali. L’assessore
Loredana Rossi ha spiegato: «Non si parlerà di parcheggi o viabilità, che
comunque resteranno sullo sfondo. Qui si intende delineare la mobilità a
piedi, su piste ciclabili, su percorsi protetti, i collegamenti nel
territorio. Anche in un’ottica turistica, perché fra le questioni da
chiarire sarà anche quale tipo di turismo vogliamo e che destinazioni
avranno gli spazi urbani». È prevista la nascita di un forum e di laboratori
di studio.
«Partecipare per decidere» è il motto del progetto. E in quest’ottica per il
forum sarà chiamata a partecipare la popolazione, coinvolta con incontri
rionali nelle prime due settimane di ottobre. Da ogni rione saranno nominati
tre rappresentanti. Accanto al forum, nascerà anche un laboratorio della
città sostenibile dei bambini e delle bambine, composto da alunni
rappresentanti di tutte le scuole muggesane, che si esprimerà in particolare
su mobilità e riqualificazione degli spazi urbani. «Agenda 21 non decide e
non è antitetica all’ente locale – ha detto Nesladek -. Propone le sue
soluzioni, anche più di una, di cui poi l’amministrazione dovrà tener conto.
È un modo, per noi, di metterci in gioco». Il primo incontro pubblico si
terrà martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo.
s.re. |
Patto con
Prodi, Illy insiste su terza corsia e Tav - I parlamentari di
centrosinistra: massimo appoggio alla Regione. Cdl, presente solo Contento (An) |
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Incontro a Roma fra deputati
e senatori del Friuli Venezia Giulia e il governatore: a fine mese prevista
la firma del protocolloTRIESTE Finanziamenti sicuri per la terza corsia,
l’impegno a realizzare la ferrovia ad alta capacità e a costruire il
collegamento tra la A27 Venezia-Belluno e la A23 Udine-Tarvisio, già
ribattezzata autostrada del Cadore. Sono queste alcune delle novità
contenute nel corposo protocollo bis Stato-Regione che, strutturato in 20
articoli, il presidente Riccardo Illy ha presentato ieri sera ai
parlamentari del Friuli Venezia Giulia e che sottoporrà all’attenzione del
governo nazionale nei prossimi giorni, prima del varo della Finanziaria
previsto entro il 28 settembre. Tra le richieste anche un passaggio graduale
delle competenze in materia di istruzione.
Il nuovo protocollo Illy-Prodi è stato esaminato ieri sera nel corso di un
incontro per pochi. Le votazioni in corso a Camera e Senato hanno infatti
visto partecipare quattro parlamentari di centrosinistra (Ivano Strizzolo,
Flavio Pertoldi, Sabina Siniscalchi e Carlo Pegorer) e solamente uno del
centrodestra (Manlio Contento). Nel documento è stata inserita anche la
partita portualità, ovvero il trasferimento alla Regione delle funzioni
relative alle concessioni sulle aree demaniali marittime. A questo
proposito, Illy ha confermato che il passaggio delle competenze alla Regione
sull'area del Porto Vecchio di Trieste è da considerarsi temporaneo, in
vista del trasferimento al Comune di Trieste. Nell'ultima versione del testo
dell’atto aggiuntivo si fa infatti esplicito cenno a questo successivo
passaggio.
Nel documento sono inseriti altri punti, che riguardano impegni del governo
in materia di ambiente: difesa del suolo, tutela delle acque, cassa di
espansione del fiume Tagliamento, siti di bonifica di interesse nazionale.
Diversi articoli affrontano il tema del trasferimento dallo Stato alla
Regione di ulteriori beni (foresta di Tarvisio, altre caserme dimesse) e
competenze, in particolare in materia di istruzione e di catasto. Sono
richiamati anche gli impegni a suo tempo inseriti nei protocolli
sottoscritti tra la Regione e i ministeri dell’Interno e della Giustizia in
materia di sicurezza e giustizia.
«Quello che quanto meno colpisce è che se per il protocollo attuale si
prevedeva una verifica ogni quadrimestre – dice Manlio Contento (An) – il
nuovo atto fissa la prossima scadenza a luglio 2008». Contento dal canto suo
ha proposto una modifica per quel che riguarda lo statuto di Finest: «Il
protocollo chiede che la finanziaria possa ampliare la sua mission ai paesi
asiatici. A nostro avviso dovrebbe mutare a seconda degli indirizzi della
giunta che a loro volta tengono conto dei bisogni delle imprese regionali».
Soddisfatti del confronto i parlamentari di maggioranza. «È stato un
incontro sereno che ci ha permesso di approfondire diversi aspetti – ha
detto Strizzolo -. Ora bisognerà capire cosa riusciremo ad ottenere dal
governo. Il nostro sostegno alla Regione sarà totale». Secondo Pegorer «il
documento afferma l’autonomia del Friuli Venezia Giulia in un’ottica di
dialettica positiva tra Stato e Regione».
Martina Milia |
«Legge
sull’urbanistica da rinviare» - Lo chiedono i capigruppo dell’opposizione:
mancano ancora i regolamenti |
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TRIESTE Rinviare l'entrata in
vigore della Legge regionale sull'urbanistica: è quanto chiedono i
capigruppo regionali del Centrodestra del Friuli Venezia Giulia, Roberto
Molinaro (Udc), Luca Ciriani (An), Isidoro Gottardo (Fi) e Alessandra Guerra
(Lega), con una mozione presentata al Consiglio.
I gruppi di opposizione hanno depositato una mozione che chiede alla Giunta
regionale di riconsiderare la data di entrata in vigore della legge
regionale 5/2007 sull'urbanistica.
Chiedono un congruo rinvio che consenta di predisporre tutti gli atti
regolamentari inseriti nella stessa legge e che sia al contempo presentato
un progetto di legge che preveda un tanto. Il 27 agosto scorso - ricordano i
quattro firmatari - è entrata in vigore l'intera legge 5 concernente la
riforma dell'urbanistica e la disciplina dell'attività edilizia e del
paesaggio, ma il regolamento di attuazione, che doveva essere approvato
entro il termine di entrata in vigore del provvedimento, è stato predisposto
e approvato successivamente, il 14 settembre, e soltanto relativamente alla
parte II della legge (disciplina dell'attività edilizia), mentre mancano le
fondamentali parti I (urbanistica) e III (paesaggio). Questa
regolamentazione parziale, peraltro non ancora in vigore, ha ottenuto parere
contrario dal Consiglio delle Autonomie locali. Una situazione normativa e
politico istituzionale - sottolineano i capigruppo di opposizione - che
compromette in modo grave l'attività dei Comuni, con l'applicazione presso
gli stessi (sino all'entrata in vigore del regolamento regionale) della
normativa edilizia statale di cui al Dpr 380/2001 e, più in generale, con
pesanti incertezze e rallentamenti dell'attività amministrativa che si
ripercuote negativamente sui cittadini e sulle imprese. Tale insostenibile
situazione - concludono - che è stata già rappresentata all'Amministrazione
regionale anche dall'Anci, rende necessario un pronto intervento normativo
per evitare colpevoli rallentamenti ai processi di crescita economica e
sociale nel territorio. |
Amianto,
50mila tonnellate già rimosse con le bonifiche |
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TRIESTE Sono poco meno di 50
mila le tonnellate di amianto rimosse in Friuli Venezia Giulia negli ultimi
undici anni grazie alle bonifiche. Lo ha reso noto Umberto Laureni,
presidente della commissione ad hoc, presentando la terza conferenza
regionale sull'amianto che avrà luogo il 24 settembre a Monfalcone. La
Conferenza, prevista per legge, serve a fare il punto su quanto è stato
fatto e quanto ancora resta da fare in una regione che ha avuto l’incidenza
di tumore per amianto più elevata d'Italia. Laureni ha spiegato che sono
state fatte, dal 1994 ad oggi, più di 15 mila rimozioni di amianto e sono
stati formati 1.111 operai specializzati. Permane però il problema dello
smaltimento dei rifiuti con amianto: si sta comunque predisponendo a Porcia
una discarica ad hoc. Laureni ha infine anticipato le nuove opportunità
offerte dal «registro esposti», che d'ora in poi consentirà agli iscritti di
accedere gratuitamente agli esami clinici e all'iscrizione nella tessera
sanitaria dello status di esposto all'amianto. |
Greenaction
Transnational, nasce il nuovo ambientalismo
Prende il via da Trieste, con
l’illustre sostegno di Margherita Hack, la nuova rotta internazionale
dell’impegno ambientalista. Si chiama «Greenaction Transnational» ed è stata
presentata ieri nella sede di via Cadorna 5, assicurando in tempi brevi la
nascita di ulteriori filiali nel Nord Italia (il primo battesimo avverrà a
Torino) ma anche in Slovenia, Croazia e Austria. L’associazione Gt «per la
difesa dell’ambiente, dei diritti dell’uomo e degli animali» è stata fondata a
Trieste «in quanto città europea transnazionale e centro scientifico di livello
planetario» e manifesta l’intenzione di «non tenere più conto dei confini di
Stato con indipendenza da qualsiasi parte politica, un approccio scientifico e
sociale ai problemi e informazione libera via internet. Anche sui temi più
scottanti». Non a caso, il sito www.greenaction-planet.org (sarà completato
entro la settimana) costituirà uno strumento fondamentale multilingue e proporrà
immediatamente «un’inchiesta inedita, documentata anche da indagini giudiziarie
condotte dalla Guardia di finanza - spiega il presidente Roberto Giurastante -
sullo smaltimento dei rifiuti tra Africa ed Europa». Il sodalizio collabora con
la sezione locale degli Amici della terra Italia (realtà della quale lo stesso
Giurastante è consigliere nazionale) e vede Chiara Bernardoni in qualità di vice
presidente e Paolo G. Parovel segretario. «L’atto della fondazione è avvenuto da
circa un mese - spiega il massimo dirigente - e presto aprirà la sede di Torino.
Il nostro obiettivo è quello di ridare slancio al movimento ambientalista non
solo italiano che in questo momento non gode di buona salute». Si chiama
Greenaction («Azione verde») perché «non bastano più parole o intenzioni ma
serve l’azione concreta, decisa, continua e solidale di tutti, con gli strumenti
etici e pratici della democrazia, della legalità, della cultura, della scienza e
dell’informazione».
Daniele Benvenuti
IL PICCOLO -
MARTEDI', 18 settembre 2007
Traffico e
inquinamento: solo Bari peggio di noi - Inchiesta dell’Espresso con Italia
Nostra |
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Bocciati in tema di lotta allo
smog e al traffico. Secondo un’indagine realizzata da «L’Espresso» in
collaborazione con Italia Nostra, pubblicata sul numero in edicola, su
dodici città italiane con oltre 200 mila abitanti Trieste è al penultimo
posto, davanti solo a Bari e dietro a Palermo.
La classifica – che vede in vetta Firenze – è il risultato della «fusione»
tra la gravità di alcune situazioni legate alla circolazione e le soluzioni
attuate dalle singole amministrazioni comunali per ridurne l’impatto.
La serie dei problemi si apre con le temibili polveri sottili (pm10), la cui
media annuale per Trieste è di 23,4 microgrammi per metro cubo, il più basso
delle dodici città prese in esame (il massimo è a Verona con 59).
Siamo ai minimi anche con riguardo ai pendolari (13,3% gli arrivi di
pendolari in città sul totale degli spostamenti in un giorno feriale), ma la
situazione si rovescia con il numero di motocicli per 100 abitanti (15,9),
che ci vede al terzo posto, preceduti solo da Genova (19,5) e Firenze (16).
Nuovamente basso, invece, il numero di auto per 100 abitanti (53), che vede
in testa Roma (73), Torino (62) e Verona (61).
È però l’altra serie di fattori – le soluzioni adottate per affrontare i
nodi del traffico – a pesare negativamente sulla posizione di Trieste nella
classifica delle dodici città. A cominciare dalle zone a traffico limitato
per 100 abitanti: soli 9,6 metri quadri, quasi il minimo in Italia (Bari ne
ha zero), poco meno di Milano (15,9), mentre la media delle altre città è di
alcune centinaia di metri quadri (a Firenze sono addirittura più di 1.000).
Il successivo parametro, la valutazione sull’efficacia delle Ztl, è quindi
«scarsa».
Trieste è ai minimi anche con riguardo ai parcheggi a pagamento (ogni 1.000
auto circolanti), con un valore di 17, superiore solo a Genova (12,8) mentre
al vertice figura Bologna, seconda nella classifica assoluta, con 195,9
posti auto a pagamento ogni mille auto in circolazione.
Addirittura senza un valore è la nostra città relativamente agli utenti del
«car sharing», posizione comunque analoga ad altre delle città esaminate,
anche se in diverse delle dodici questi utenti superano il migliaio.
Trieste è invece quasi a centro classifica per quanto riguarda le aree
pedonali: 27,4 metri quadri ogni cento abitanti, con Palermo al minimo (3,7)
e Firenze al vertice con addirittura 81 metri quadri, sempre ogni cento
abitanti.
Torniamo a livelli bassi in tema di piste ciclabili, con 51.600 abitanti per
chilometro di pista, valore inferiore solo a quelli di Palermo e Bari,
mentre meglio di tutti sta Padova, che registra 2.800 abitanti per ogni
cilometro di pista ciclabile.
Ultimo parametro preso in esame dall’inchiesta de «L’Espresso», con riguardo
alle soluzioni per il traffico, il trasporto pubblico. E qui Trieste ritorna
fra le prime. Il numero di viaggi per abitante, in un anno, sui mezzi
pubblici della nostra città si attesta a 349,4, in una graduatoria che vede
primeggiare Milano (623,7) e Roma (485,6), e nella quale il fanalino di coda
è Bari (53,7). |
SONDAGGIO SWG
in FVG - Ambiente e cultura promossi, friulano bocciato - Solo il 26%
è favorevole alle lezioni in marilenghe. Opposizione «poco efficace» per il
64% |
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Dall’indagine dell’istituto
di Trieste emerge un giudizio positivo su tutti i grandi temi, da sanità a
lavoro. Rimane il «problema extracomunitari»TRIESTE Danno il voto più
alto alla qualità dell’ambiente. E quello più basso ai rapporti con gli
extracomunitari. Ma, compilando una pagella complessiva sul Friuli Venezia
Giulia, sui suoi punti di forza e debolezza, i cittadini dispensano un
giudizio lusinghiero. E concedono la promozione piena. Sono assai più
freddi, invece, sull’insegnamento della marilenghe a scuola e diventano
gelidi sull’utilizzo della lingua friulana per insegnare materie diverse,
come matematica, inglese o geografia.
Lo rivela la Swg di Trieste nell’indagine che, intervistando un campione di
mille residenti del Friuli Venezia Giulia, «fiuta» l’aria in vista delle
elezioni del 2008. Su commissione di Telepordenone, ancor prima di
focalizzare gli sforzi sulla sfida «virtuale» tra Riccardo Illy e Edi
Snaidero, una sfida che vede in vantaggio il presidente in carica,
l’istituto di ricerca si sofferma sul «clima».
E così la Swg chiede al suo campione di esprimere un voto positivo,
sufficiente o negativo su una ventina di temi che attengono alla qualità
della vita in Friuli Venezia Giulia. Il risultato? L’84% dispensa un voto
positivo o sufficiente alla qualità dell’ambiente, mentre solo il 16% dà
un’insufficienza. Il 75% promuove l’offerta culturale, il 74% i servizi
sanitari, il 72% la sicurezza, il 69% la scuola e le opportunità di lavoro,
il 67% i servizi per gli anziani, il 66% le prospettive di sviluppo, il 64%
i servizi per l’infanzia e quelli sociali, il 61% i rapporti tra italiani e
sloveni... «Un risultato eccellente. La percezione che i cittadini hanno,
rispetto alla Regione e al suo governo, è ottima» sintetizza Roberto Weber,
presidente della Swg. Nessuno dei temi, nemmeno quelli a più basso tasso di
gradimento, riceve una bocciatura: il rapporto con gli extracomunitari,
all’ultimo posto, accontenta comunque il 53% del campione, pur incassando il
voto negativo del 42%. E i collegamenti ferroviari e stradali, al penultimo
posto, soddisfano il 55% del campione, pur registrando lo scontento del 40%.
Lo studio del friulano a scuola, il tema politicamente più caldo delle
ultime settimane, con il disegno di legge regionale a firma della giunta a
un passo dall’approvazione in aula, riceve invece un’accoglienza assai
diversa. La Swg chiede al suo campione se è d’accordo che, in classe, si
insegni la marilenghe. Il 44% dice di sì, ma il 41% dice di no, mentre il
15% è indifferente: la spaccatura è netta. Pesa, nella risposta,
l’appartenenza politica: le adesioni alle lezioni di friulano raggiungono il
48% tra gli elettori di centrosinistra, mentre tra quelli di centrodestra le
adesioni e i rifiuti si equivalgono (43 a 43). Pesa ancor di più, però,
l’appartenenza territoriale: in provincia di Udine il 54% è favorevole, in
quella di Pordenone il 41%, in quella di Gorizia il 36% e in quella di
Trieste solo il 28%.
La Swg va oltre. E chiede, ovviamente allo stesso campione, se è d’accordo
con l’ipotizzato utilizzo della lingua friulana per l’insegnamento di altre
materie. Non c’è partita: solo il 26% dice sì, mentre il 63% si oppone e
l’11% non si sbilancia. L’appartenenza politica, stavolta, non incide molto.
Incide, invece, quella geografica: il 74% dei triestini rigetta le lezioni
in marilenghe, come il 72% dei goriziani, mentre gli udinesi ostili sono
«solo» il 54%.
La Swg, a quel punto, si spinge oltre. E chiede un giudizio complessivo
sull’operato della giunta regionale in carica: il 49% lo ritiene «molto o
abbastanza efficace», mentre il 45% lo considera «poco o per nulla
efficace». Una curiosità: il 51% degli elettori indecisi o astensionisti
approva l’azione illyana.
L’istituto di ricerca, subito dopo, chiede un analogo giudizio sull’operato
dell’opposizione regionale: solo il 26% del campione lo reputa «molto o
abbastanza efficace», mentre il 64% lo definisce «poco o per nulla
efficace». Una sorpresa: appena il 32% degli elettori di centrodestra
promuove il comportamento della sua «squadra». Non è un dato da
sottovalutare tanto più che il trend nazionale, come ricorda Weber, è ben
diverso. E premia, con un notevole distacco, l’opposizione a Romano Prodi e
al suo governo.
Roberta Giani |
Le Ferrovie
tedesche sbarcano in Slovenia - Deutsche Bahn gestirà anche le Ferrovie
slovene. Verso un sistema integrato con gli scali aerei |
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Capodistria:
holding tedesca per porto e trasporti
TRIESTE L’appello del presidente del
Consiglio Romano Prodi di trasformare i porti di Trieste, Capodistria e Fiume in
un unico scalo ha lasciato il segno nel mondo imprenditoriale sloveno.
In dirittura d’arrivo le
trattative con il governo sloveno. Lubiana fa stimare il valore commerciale
di Luka Koper e di Intereuropa |
Ma la risposta italiana ai
progetti sul capoluogo del Litorale di Deutsche Bahn, le Ferrovie tedesche,
sembra essere giunta in ritardo. L’accordo tra il partner tedesco e la
Slovenia, infatti, è oramai a un punto di non ritorno. Anzi è in dirittura
finale. A breve, infatti, nascerà un’unica holding di comproprietà di
Deutsche Bahn che raggrupperà la società che gestisce il porto di
Capodistria (Luka Koper), la principale azienda di trasporti e di logistica
della Slovenia (Intereuropa) e le stesse Ferrovie slovene.
Il principale obiettivo della mega operazione, spiega il sottosegretario
sloveno alle Finanze nonché capo della delegazione che sta trattando con le
Deutsche Bahn, Andrej Sircelj, è quello di collegare la logistica con la
gestione delle ferrovie e del porto di Capodistria, ma anche con altri
settori collegati quali gli aeroporti e il turismo. Quale sarà il modello
che renderà operativi tali collegamenti non è ancora dato a sapere, ma il
governo sloveno ha avviato in questi giorni la procedura che porterà a
quantificare il valore di mercato di Intereuropa, Luka Koper e delle
Ferrovie slovene, nonché il valore aggiunto che alle stesse porterebbe il
collegamento con Deutsche Bahn, la quale si è offerta altresì come
principale partner anche nel rinnovo della rete ferroviaria slovena che
costerà a Lubiana circa 9 miliardi di euro. E, dicono gli esperti in
Slovenia, è proprio la portata dell’operazione che non è passata inosservata
in Italia.
L’altro grande tema sollevato da Prodi nel suo summit bilaterale con il
primo ministro sloveno Janez Jansa a Brdo è stata la cooperazione nel
settore energetico, evidenziando la necessità di costruire quanto prima
(entro il 2007 dovrà essere elaborato il progetto per non perdere i
finanziamenti europei del piano Ten) un nuovo elettrodotto tra la Slovenia e
il Friuli Venezia Giulia. Bene, anche qui il discorso non è tanto lineare.
Eles, il gestore sloveno dell’elettricità, ha già da qualche anno pronti i
progetti per la realizzazione di un eletrodotto tra Okroglo e Udine, ma la
sua realizzazione viene ora condizionata alla revisione delle quote di
elettricità da esportare e alle capacità commerciale di fruizione della
stessa nell’area confinaria.
Lubiana non ha dubbi: nell’interscambio di elettricità con l’Italia il suo
guadagno è troppo limitato come evidenziato già due anni dal direttore di
Eles, Vitoslav Turk. Attualmente, spiegano gli esperti sloveni, l’Italia
importa dalla Francia e dalla Svizzera circa 5mila megawatt di elettricità
la quale circola poi anche lungo la rete slovena. Da tutto ciò Lubiana
ottiene solo una compensazione finanziaria, definita, come detto, del tutto
insufficiente. Ma oggi la Slovenia non si accontenta più e vuole valutare
tutte le ricadute commerciali che ne possono derivare. Del nuovo
elettrodotto, dicono fonti slovene, non si farà niente fino al 2012.
In quest’ottica appaiono ancor più significative le considerazioni in merito
svolte dall’analista economico del «Delo» (uno dei due più autorevoli
quotidiani della Slovenia) Miha Jenko. «La Slovenia - spiega - deve
approfonditamente meditare su quale futuro assicurare al Porto di
Capodistria». Insomma Lubiana deve prendere tempo così «come sanno fare
molto bene i nostri vicini», aggiunge Jenko. «Vediamo come i diversi governi
italiani che si sono succeduti - precisa - non hanno avuto assolutamente
fretta di ritirare il denaro che la Slovenia ha già versato in un conto
fiduciario presso la filiale lussemburghese della Drsdner Bank quale
indennizzo dei beni abbandonati dai profughi italiani». Con il ministro
Massimo D’Alema a capo della Farnesina si è ora avanzato il proposito di
risolvere questo problema «in un modo più complesso» e sotto una «nuova
luce». «L’Italia - sostiene Jenko - vuole sul problema» del risarcimento dei
beni abbandonati (Accordi di Roma del 1981) «coinvolgere anche la Croazia».
«In altre parole - precisa - gli italiani hanno evidentemente ancora grandi
progetti relativi alla restituzione dei beni abbandonati in Istria e
Dalmazia e proprio per questo non pensano minimamente di ritirare il denaro
versato sul conto fiduciario in Lussemburgo».
L’Italia, è la convinzione che più sta prendendo piede in queste ore in
Slovenia, ha dietro agli interessi economici di collaborazione con la
Slovenia anche un preciso piano geopolitico che però si scontra con gli
interessi della Germania. «Non c’è alcuna necessità - scrive ancora Jenko -
che la Slovenia affrettatamente cada oggi nell’abbraccio del capitale
italiano o di quello tedesco». «Come gli altri sfruttano il loro patrimonio
territoriale, umano e di capacità finanziaria nelle loro strategie operative
sarebbe il caso che lo stesso facesse anche il governo sloveno». «Come
alcuni anni fa se imprenditori sloveni di chiara appartenenza al
centrosinistra non avessero praticamente svenduto la proprietà di Bank Koper
al gruppo San Paolo Imi, ora la più propulsiva regione della Slovenia in
campo economico-industriale non si troverebbe senza un proprio istituto di
credito con cui operare».
Insomma, a Lubiana sembra prevalere l’idea di non affrettare processi così
importanti. «E sarebbe molto meglio - conclude Jenko - scegliere un partner
pronto a investire che non provenga da uno Stato confinante con la
Slovenia». Deutsche Bahn, a questo punto, sembra proprio sul punto di
concludere l’affare. |
Mauro Manzin
Ambiente,
Muggia coinvolge la gente - Al via le consultazioni per i progetti
finanziati dall’Agenda 21 |
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MUGGIA Il Comune di Muggia ha
deciso di avviare un programma sul tema della mobilità sostenibile e della
riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico. Il
metodo scelto è quello di Agenda 21, e sarà presentato oggi alla stampa e
martedì 25 settembre alle 18 alla sala Millo sarà illustrato alla
popolazione che sarà protagonista di questo percorso. Il progetto prevede,
fra l’altro, la realizzazione di piste ciclabili, percorsi protetti e
collegamenti sul territorio. La metodologia di Agenda 21 prevede che venga
costituito un Forum, formato dai rappresentanti dei cittadini coinvolti nel
progetto, i cui risultati saranno valutati dal Comune. Il Comune ha già
ottenuto un contributo di poco più di 23 mila euro, pari al 70 per cento
della spesa totale prevista.
s.re. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 17 settembre 2007
Traffico, i
«rischi» per via Rossetti - Preoccupazioni degli abitanti della zona sul
futuro piano della viabilità |
Dalla pubblicazione dei
contenuti salienti del progetto di piano del traffico redatto dal prof. Camus,
ho avuto conferma della fondatezza delle voci - riportate anche da questo
giornale, dopo alcune «esternazioni» di taluni membri del Consiglio
circoscrizionale di Barriera Vecchia-San Giacomo all’epoca evidentemente già ben
informati e, purtroppo, consenzienti – che vorrebbero l’istituzione nel tratto
di via Rossetti compreso tra l’incrocio con via Revoltella e l’incrocio con via
Pascoli, di una corsia riservata ai mezzi pubblici diretti verso il centro
cittadino, lasciando nel contempo l’altra metà della carreggiata disponibile per
l’attuale traffico di mezzi pubblici e privati diretti verso Rozzol o verso
piazzale De Gasperi.
Mi permetto di osservare che si tratterebbe di una scelta dissennata, foriera
solamente di rallentamenti di un traffico che ad oggi scorre in modo spedito,
nonché di un considerevole incremento dello smog in una delle poche aree
alberate della semiperiferia.
A tali ben evidenti disagi si accompagnerebbe, inoltre, la perdita di parcheggi,
già notoriamente rari nella zona. Insieme ad altri residenti nelle vie Rossetti
e Piccardi, alquanto preoccupati per la possibile diminuzione della qualità
della vita nella parte della città in cui viviamo, ho già raccolto in modo
casareccio, tra gennaio e febbraio di quest’anno, un migliaio di firme in calce
a una petizione che, non appena rientrato a Trieste dopo qualche giorno di
assenza per motivi familiari e professionali, conto di presentare al sindaco
assieme a coloro che mi hanno dato una mano, sperando vivamente che nel 70%
delle parti dello studio Camus che egli ha dichiarato di non condividere più ci
sia anche il paventato assetto futuro delle nostre due vie.
Confidiamo vivamente, quindi, nel buon senso dei nostri amministratori, anche in
relazione alle assennate considerazioni fatte su queste stesse colonne, pochi
giorni fa, dal consigliere De Gavardo e che fanno ben sperare soprattutto per
quanto attiene al «metodo» con il quale saranno assunte decisioni comunque
importanti per la città.
Diversamente, qualora la parte di Piano che ci riguarda dovesse rimanere così
come sta, per parte mia, e per parte di un già folto gruppo di sottoscrittori
della petizione, il rimedio dovrà essere purtroppo trovato mediante i ricorsi
nelle competenti sedi giurisdizionali, stante l’assoluta irrazionalità della
soluzione che ci riguarda.
La scadenza del giugno 2008 è ancora lontana, e ci sono quindi tutti gli spazi
per una serena disamina dei problemi: ma è bene che si sappia sin d’ora, nei
Palazzi dove si deciderà la viabilità della Trieste del domani, che le relative
conseguenze ricadranno comunque su cittadini consapevoli dei propri diritti, e
non già su sudditi acriticamente disponibili a subire scelte - non importa se di
fonte «tecnica» o «politica» - palesemente contrarie ai criteri di un corretto
assetto viario.
L’esperienza dell’abortito «Bucone» dovrebbe aver insegnato qualcosa...
Fulvio Rocco
IL PICCOLO -
DOMENICA, 16 settembre 2007
Rifondazione:
no alla Tav e all’elettrodotto italo-sloveno - Lauri contro Sonego |
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TRIESTE «Alta velocità,
elettrodotti e rigassificatori non servono». Rifondazione, con il segretario
regionale Giulio Lauri, non ha dubbi. E lancia un avvertimento a Lodovico
Sonego, l’assessore regionale ai Trasporti, «reo» d’aver sponsorizzato le
tre grandi opere a gran voce, alla luce del vertice tra Romano Prodi e Janez
Jansa. «La Slovenia - afferma Lauri - si appresta ad assumere la presidenza
di turno della Ue. Non deve dunque stupire, ed è positivo, se questo paese
vive una fase di protagonismo nella dialettica bilaterale e multilaterale
con gli altri paesi Ue. E sono positivi i riflessi che ne possono venire per
lo sviluppo della cooperazione con il nostro paese». Bene, benissimo «se ciò
comporterà un impegno immediato per il potenziamento dei collegamenti
ferroviari fra i porti di Trieste e Capodistria».
Attenzione, però: «Guai a fare confusione o peggio propaganda preconcetta a
favore di una nuova linea ad alta velocità: il collegamento fra i due porti,
paradossalmente, rende ancora meno utile e motivata la proposta del
Corridoio 5 così come è stata proposta fino a questo momento in Friuli
Venezia Giulia, in particolare a Trieste con le gallerie nel Carso e la
discesa di una nuova linea fino in città».
Quanto agli elettrodotti, aggiunge Lauri, «il problema dell’italia non è
tanto l’importazione di energia dagli altri paesi attraverso nuove
infrastrutture, quanto lo sviluppo di un modello energetico alternativo che
abbandoni progressivamente le fonti fossili ed utilizzi quelle rinnovabili:
per fare questo, anche la realizzazione dei rigassificatori non è una scelta
coerente, perché anche la produzione di gas è destinata ad esaurirsi in
tempi molto brevi. Italia Slovenia e Friuli Venezia Giulia possono invece
sviluppare la cooperazione per la ricerca e la produzione di energia da
fonti rinnovabili e pulite». |
Maggioranza
divisa sul nucleare - Pecoraro Scanio critica un sondaggio che dice
che sette italiani su dieci sono favorevoli all’atomo |
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Studio Usa:
in Italia ci sono 90 bombe atomiche, 50 nella base Usaf di Aviano
Il
sottosegretario Enrico Letta favorevole alla proposta Bersani. Netta
contrarietà espressa da Pdci e Verdi
ROMA La discussione sull’ipotesi
di ritorno al nucleare ha di nuovo avuto l’attenzione dei protagonisti della
politica italiana. A partire dal ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, che
commentando per Sky Tg24 un sondaggio secondo cui sette italiani su dieci
sarebbero favorevoli a riaprire le centrali nucleari ha detto che il
dibattito è «fasullo» e parte da una domanda sbagliata. Ma l'Italia, in
effetti, è già un paese nucleare. A rivelarlo è uno studio americano,
secondo il quale sul territorio italiano ci sono 90 bombe atomiche
statunitensi. Cinquanta sono nella base di Aviano, in Friuli, e altre 40 si
trovano a Ghedi, nel Bresciano.
Intanto Pecoraro Scanio si scaglia contro il sondaggio. «Invece di chiedere
”vuoi le centrali o rimanere senza luce?” - ha detto il ministro - perché
non si è posta la domanda ”vuoi una centrale vicino casa ricordando
Chernobyl?”: il risultato sarebbe stato sicuramente diverso. Nessuna Regione
e nessun comune - ha ribadito ancora il ministro - direbbe mai di sì alla
costruzione di una centrale nucleare nel proprio territorio». Ma a scatenare
ieri le maggiori reazioni sono state soprattutto le dichiarazioni del
ministro delle attività produttive Pieluigi Bersani e del sottosegretario
alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, di segno contrario rispetto a
quelle di Pecoraro Scanio. A «La Repubblica» Bersani ha detto che non si
deve rinunciare «alla ricerca sul nucleare» perché «è importante non perdere
un altro treno tecnologico che avrà ricadute in un paio di decenni».
Di opinione simile Letta, secondo cui in Italia «si fa troppo ambientalismo
del no». Parole che hanno incontrato il favore di molti esponenti politici.
A partire da Daniele Capezzone, presidente della Commissione Attività
produttive della Camera, che si è detto «d’accordissimo» con i due esponenti
dell’Ulivo, sottolineando che rinunciare al nucleare con il referendum del
1987 «è stato un grave errore». D’accordo anche Bruno Tabacci, esponente Udc
e predecessore di Capezzone. «Sono valutazioni che coincidono con quello che
alcuni di noi pensano», ha detto Tabacci. Dal canto suo, l’economista di
Forza Italia Renato Brunetta ha ribadito che il nucleare «è la soluzione di
lungo periodo». Anche il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si
è detto «non contrario a priori» al nucleare. «Gli impianti - ha
sottolineato Di Pietro - sono tecnologicamente più avanzati di quelli di
ieri ed essendo situati dall’altra parte delle Alpi, è ingenuo pensare che
in presenza di problemi questi si fermerebbero al confine territoriale».
Di senso opposto le reazioni di Marco Rizzo, europarlamentare del Pdci, che
ha detto che «più che rispolverare il nucleare che è stato bocciato dagli
italiani», la priorità è «rendere più efficiente il sistema che abbiamo», e
il verde Paolo Cento, sottosegretario all’Economia, secondo cui «c’è da
rimanere sorpresi nel vedere autorevoli esponenti dell’Ulivo rilanciare
strumentalmente il nucleare», che «oltre a essere ecologicamente
insostenibile è economicamente costoso».
Ma, come detto, bemobe atomiche in Italia ci sono già. A rigor di legge, la
presenza di questi ordigni non sarebbe consentita: la legislazione la vieta
espressamente dal 1990. Il nostro Paese ha inoltre sottoscritto i trattati
internazionali di non proliferazione nucleare e ha dichiarato di non far
parte del club atomico, con tutti gli obblighi internazionali che ne
derivano. Secondo il rapporto «Us nuclear weapons in Europe» dell'analista
statunitense Hans Kristensen del Natural Resources Defence Council di
Washington, invece, l'Italia ospita 90 delle 481 bombe nucleari americane
presenti nel Vecchio continente. Cinquanta sono nella base di Aviano, in
Friuli, e altre 40 si trovano a Ghedi, nel Bresciano. Tra Italia e Stati
Uniti esisterebbe anche un accordo segreto per la difesa nucleare, rinnovato
dopo il 2001. Le bombe atomiche in Italia sono di tre modelli: B 61-3, B
61-4 e B61-10. Il primo ha una potenza massima di 107 kiloton, dieci volte
superiore all'atomica di Hiroshima; il secondo modello ha una potenza
massima di 45 kiloton e il terzo di 80 kiloton. |
Clima: è
scontro sui dati della conferenza - Il professor Prodi del Cnr:
«Presentate tesi senza alcun fondamento scientifico»
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Ferrara
dell’Enea: negli ultimi 50 anni l’aumento delle temperature in Europa è
stato pari a 1,4 gradi
ROMA A tre giorni dalla chiusura
dei lavori, è polemica sulla Conferenza nazionale sul clima convocata dal
ministero dell’Ambiente Pecoraro Scanio per inaugurare una nuova politica di
mitigazione e adattamento agli effetti dei cambiamenti attesi sul pianeta.
Effetti che stando alle misurazioni appaiono indissolubilmente legati
all’immissione in atmosfera dei gas di serra.
Ad attaccare a testa bassa, dalle colonne del Corriere della Sera, è stato
ieri il direttore dell’Istituto di Fisica dell’atmosfera del Cnr, Franco
Prodi. Il professore, che ha espresso la sua protesta anche in una lettera
inviata al ministro per l’Università e la Ricerca Fabio Mussi, ha parlato di
«dati equivocati» e di un consesso che non aveva nulla di scientifico, se
non nell’apparenza, e al quale gli scienziati non sono stati invitati.
«Dire che l’Italia si sia riscaldata quattro volte più che il resto del
mondo è una cosa che non ha senso», ha detto il professore che dirige
l’Istituto preposto alla misurazione delle temperature e che sottolinea come
sia ancora da definire la quota di responsabilità umana nel riscaldamento
del globo. Prodi non nasconde neppure di essere tra i favorevoli all’atomo.
Perchè il ritorno al nucleare, ha detto al quotidiano milanese che già
l’altro ieri aveva ospitato un intervento pro nucleare di Casini, «è una
scelta inevitabile per la compatibilità col clima».
A replicare al professore è stato ieri il ministro dell’Ambiente Alfonso
Pecoraro Scanio, che ha parlato di «gelosie tra scienziati», e ha ribadito
la necessità di intervenire subito per affrontare un cambiamento ormai certo
per l’intera comunità scientifica. «Negare l’evidenza non aiuta a costruire
il futuro», ha detto Pecoraro Scanio ricordando che alla Conferenza erano
presenti i maggiori esperti dell’Organizzazione mondiale sul clima nonchè
delle Nazioni Unite. «Invito il professor Prodi a chiarirsi con loro», ha
detto il ministro ribadendo quanto emerge dagli studi internazionali: vale a
dire che «nell’area Mediterranea, una delle fasce del mondo di per sè a
rischio maggiore, il riscaldamento è stato di quattro volte più veloce
rispetto alla media globale». «Questi sono i dati ufficiali e se non abbiamo
commissionato studi aggiuntivi è stato per non sprecare denaro pubblico», ha
detto il ministro.
Secondo la lettura dei dati presentata alla Conferenza dal climatologo
dell’Enea, Vincenzo Ferrara, la tendenza al maggiore surriscaldamento di
tutta l’area europea, e non solo dell’Italia, è già comprovata. Negli ultimi
50 anni, l’aumento delle temperature sul Vecchio continente è stato pari ad
1,4 gradi mentre nel resto del mondo la colonnina di mercurio è salita
globalmente di 0,7 gradi nel corso di un intero secolo. Da qui la
constatazione che la velocità con la quale la temperatura sta salendo è
quattro volte più alta rispetto alla media. Un fenomeno, è stato spiegato,
comune anche ad altre zone del mondo come i Caraibi e la Siberia. |
CLIMA -
Agibile il Passaggio a Nordovest |
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PARIGI L'ultima prova del
riscaldamento globale è la «completa navigabilità» del «Passaggio a
Nordovest». Lo scioglimento dei ghiacci a un livello mai raggiunto prima con
una calo del 25%, pari a un milione di chilometri quadrati in un solo anno,
ha aperto la rotta più diretta tra Pacifico e l'Atlantico attraverso le
acque canadesi. Lo ha annunciato l'Agenzia Spaziale Europea che sul suo sito
web ha pubblicato una foto satellitare che mostra le acque solitamente
bloccate ora completamente sgombre. «L'area coperta dai ghiacci si è ridotta
a appena tre milioni di chilometri quadrati, un milione in meno rispetto ai
precedenti minimi registrati nel 2005 e il 2006», ha spiegato Leif Toudal
Pedersen dell'agenzia spaziale danese, aggiungendo che «il calo è stati pari
a 100.000 chilometri quadri all'anno». |
Il piano del
traffico |
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Quando i nostri amministratori
vengono accusati dall'opposizione di non avere una visione globale e
d'insieme si offendono e gridano alla falsità. Ma come si potrebbe spiegare
diversamente quello che sta accadendo a proposito del Piano del Traffico?
Forse con il detto popolare, e perciò di più facile comprensione, che la
mano destra non sa quello che fa la mano sinistra? La sostanza non cambia.
Viene commissionato, e pagato con i soldi dei contribuenti, un piano del
traffico con le seguenti indicazioni (rilevate dalle dichiarazioni dei
soggetti interessati): pedonalizzare il più possibile, rendere appetibile il
trasporto pubblico (che suppongo significhi incremento di corsie
preferenziali e ampliamento della rete di trasporto pubblico), senza
escludere una maggiore scorrevolezza del trasporto privato e la previsione
di percorsi ciclabili. Tutto ciò per migliorare la qualità della vita di
tutti i cittadini: meno caos, meno rumore, meno inquinamento, spostamenti
agevoli con tutti i mezzi, dai piedi alle quattro ruote – pubbliche o
private –.
Nell'affidare questo incarico il committente ha forse dimenticato, o non ne
sapeva niente, di come sarebbe cambiato il traffico sulle Rive di lì a poco?
A sentire le sue dichiarazioni odierne (TG regionale - 27/8) sembrerebbe di
no! Così come niente sapeva, il Committente, di un imminente Piano dei
Parcheggi in gestazione e partorito prima e indipendentemente dal Piano del
Traffico? Però l'ingegner Camus va pagato al 100% e non in base alla
percentuale del Piano che oggi soddisfa il Committente! Ma cosa importa, i
soldi sono dei cittadini Lui deve solo Amministrarli!
I consiglieri d'opposizione, dalle circoscrizioni al consiglio comunale,
hanno insistito, fino all'afasìa, che Piano dei parcheggi – Piano del
traffico – Piano antinquinamento – Piano di risparmio energetico – problema
del surriscaldamento vanno trattati contemporaneamente (visione globale!),
perché interdipendenti, se veramente si ha a cuore la qualità della vita dei
cittadini tutti e non suddivisi per lobbies.
Le indicazioni originarie fornite all'ingegner Camus erano e sono più che
condivisibili ma se si vuole che i cittadini lascino l'auto «a casa», con
positive ricadute «a cascata», i costi dei parcheggi per i residenti (in
superficie, elevati o interrati) devono essere appetibili e gestiti dal
Comune; gli «investitori», si sa, devono trarne necessariamente profitto,
per definizione. Lasciamo ai turisti e ai pendolari la scelta di posteggiare
all'ingresso della città a un prezzo equo o arrivare in centro... ad un
prezzo giustamente elevato.
Naturalmente, se si opta per la qualità della vita di tutti e non per la
tasca di pochi eletti.
Giuliana Giuliani - capogruppo Ds IV circoscrizione |
IL PICCOLO -
SABATO,15
settembre 2007
Marini: piano
traffico da varare solo dopo la Grande viabilità |
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An scalpita per iniziare l’iter
amministrativo del piano del traffico, con un primo passaggio in giunta
sulla bozza Camus. Il leader locale di Forza Italia Bruno Marini, invece,
offre la sponda per rinviare il tutto «a Grande viabilità triestina
conclusa». Fra non meno di un anno, dunque, dopo la campagna elettorale
delle regionali. «A patto che - avverte il coordinatore azzurro - la giunta
faccia al più presto un atto in cui ”formalizza” che se ne riparla con
l’entrata a regime della Gvt, ponendo così fine a un dibattito di cui non se
ne può più». Ma il sindaco Dipiazza taglia corto: «Da mesi dico che senza
Gvt è inutile discuterne. Non serve tuttavia un atto di giunta».
Sul piano del traffico, dunque, tornano a montare nel centrodestra i
messaggi incrociati, dopo il rinvio della Sesta commissione di martedì
scorso, cui è seguita giovedì la notizia che Ansaldo ha perso la causa
Stream in sede civile.
Tornando alla bozza del piano traffico, «al momento - rileva la capogruppo
di An in consiglio comunale Alessia Rosolen - il documento non ha alcuna
validità amministrativa, non essendo stato ancora deliberato dalla giunta.
Il consiglio dev’essere in grado di discutere, ma non sul nulla come ha
rischiato di fare martedì. Perciò è necessario che la giunta avvii l’iter
per una discussione serena ma seria sulla bozza».
«Quanto successo in commissione è vergognoso», tuona quindi Marini, che ne
ha per tutti: «L’assessore Bucci, come i suoi colleghi, è portatore della
volontà politica della giunta: poteva anche risparmiarsi di venire se erano
questi i presupposti. A Roberto Sasco, invece, dico che deve rendersi conto
che presiede la commissione urbanistica: dovrebbe avere più attenzione al
ruolo istituzionale e ragionare meno in termini di visibilità personale».
«Avevo il dovere di convocare quella commissione - replica Sasco - e non
sento di essere stato imprudente. Il problema non è di regolamento, ma
politico. La seduta di martedì è stata il finale di un percorso malgestito.
Sto lavorando per compattare la maggioranza».
Dipiazza parla chiaro: «Come si fa a fare una commissione su un atto che non
esiste in quanto non deliberato dalla giunta? Continuiamo a parlare del
nulla. Del piano discuteremo in funzione della Gvt completata, ragioneremo
tenendo della bozza Camus quello che c’è di buono e scartando il resto,
forse anche tutto... Gran parte dei problemi del traffico - incalza Dipiazza
- li abbiamo già risolti con largo Barriera e le Rive. Passerò già alla
storia per aver fatto più degli altri per la viabilità cittadina, anche
senza piano del traffico...».
Intanto ieri il Cittadino Roberto Decarli ha inviato a Sasco una lettera -
firmata da tutta l’opposizione - in cui insiste sulla necessità di
informazione. Citando i piani del traffico rionali e l’apertura del cantiere
nelle vie laterali a Lazzaretto Vecchio, cantiere che ha eliminato «ogni
possibilità di sosta dei veicoli senza disporre di alternative per i
residenti», il consigliere chiede a Sasco di convocare la commissione
affinché l’assessore illustri in modo organico i progetti della giunta.
Sasco non si sottrae, precisando però come la commissione debba essere sì
luogo di confronto, «ma costruttivo e non portatore di sterili polemiche».
pi.ra. |
Infrastrutture: 15 progetti per il Corridoio 5 - Ai sindaci della
Bassa friulana un mese di tempo per scegliere la soluzione |
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L’assessore
Sonego: «L’intenzione della giunta regionale è di arrivare entro fine anno a
una soluzione condivisa» |
Cressati:
«Le opzioni che ci sono state presentate cercano di limitare l’impatto
ambientale». Bolzonello: «Sono deluso sia da Illy che da Galan» |
CERVIGNANO Sono 15 le ipotesi
tra le quali i sindaci della Bassa friulana dovranno scegliere il tracciato
della linea ferroviaria ad alta capacità che passerà in Friuli Venezia
Giulia. La scadenza è stata posta durante l’incontro tenutosi ieri a
Cervignano in un clima più disteso del solito. I sindaci hanno ascoltato e
ora studieranno per capire quali delle ipotesi presentate dai tecnici siano
da salvare e approfondire. «L’approccio è migliorato – dice il sindaco di
Palmanova, Cressati – e le opzioni presentate vanno nella direzione di
limitare l’impatto ambientale». La certezza per ora è che il tratto da San
Michele al Tagliamento fino a Porpetto prevederà l’affiancamento con
l’autostrada. «La soluzione migliore – dice Pietro Paviotti, primo cittadino
di Cervignano – è quella di utilizzare fino a Torviscosa la linea
ferroviaria esistente e da lì a Porpetto, costruirne una nuova».
Da Cervignano a Fiumicello sarebbe previsto il raddoppio della linea mentre
«sul come arrivare da Cervignano a Porpetto le ipotesi sono varie – precisa
Paolo Dean, sindaco di Fiumicello -. Non scarterei la possibilità di
eliminare le due linee esistenti (quella da Dan Giorgio a Udine e quella da
Cervignano a Udine) per costruirne una sola». I sindaci avranno un mese di
tempo per confrontarsi, anche tra loro, e individuare linee comuni. Il 19
ottobre si terrà il nuovo incontro.
L’obiettivo della giunta regionale è quello di arrivare «entro fine anno a
una soluzione condivisa» ha detto l’assessore Sonego durante il convegno sul
Corridoio V organizzato ieri pomeriggio in Fiera a Pordenone. Un convegno al
quale hanno dato forfait i principali relatori: presidente e assessore alla
mobilità della Regione Veneto e presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia. «Sono molto deluso dai presidenti delle due Regioni – ha esordito il
sindaco Sergio Bolzonello nell’intervento di saluto – perché si è persa
un’opportunità. Ai confini dell’impero, dove siamo noi, il tema
infrastrutturale è molto sentito, ma è un tema ormai globale. Mentre la Cina
investe in nuove strade e porti noi dobbiamo ripensare al posizionamento dei
nostri porti». Secondo Bolzonello i rappresentanti istituzionali dei
territori hanno un ruolo centrale per cui «le Regioni devono dar vita a un
tavolo permanente su queste problematiche. Diversamente perderemo un treno
che non passerà più». Quello della Tav prima di tutto, che – secondo un
sondaggio effettuato in Friuli Venezia Giulia su 500 persone e illustrato
ieri da Renato Mannheimer – l’89 per cento degli intervistati vuole ma non
vicino a casa propria. «C’è un problema di comunicazione – ha evidenziato lo
studioso – per cui le istituzioni devono fare tutto il possibile per
spiegare la validità dell’opera. Le grandi opere ormai si devono fare con il
consenso sociale». E l’opposizione non è mancata né a Cervignano né a
Pordenone dove si sono presentati e fatti sentire i rappresentati del
comitato No Tav. «Nel loro impegno sono encomiabili – ha detto non senza la
consueta ironia l’assessore Sonego -. Mi seguono dovunque vada». Sonego ha
ricordato che il Friuli Venezia Giulia non è però la Val di Susa. «Per il
tratto tra l’Isonzo e Trieste abbiamo raggiunto un accordo, seppur faticoso,
con i sindaci. Siamo ora al lavoro con i primi cittadini della bassa». Per
l’assessore non si può ragionare sul breve periodo «altrimenti le opere non
si fanno. Ci deve essere qualcuno che inizia, anche se ci sono delle
contrarietà e anche se i risultati si vedranno tra anni. Questa volta è
toccato a me». Al convegno era presente anche Mario Pischedda, sindaco di
Villa Vicentina. Rispetto all’incontro di Cervignano, Pischedda dice: «Mi è
piaciuto l’approccio del tecnico nominato dai comuni che non ha spiegato non
tanto il tracciato quanto le esigenze a cui si intende dare risposte e quali
potrebbero essere gli standard da seguire. Quanto alle proposte ce ne sono
effettivamente di interessanti. Siamo ancora lontani però da un accordo».
Martina Milia |
ISTRIA -
Chiusura della Kemiplas: ora interviene il governo |
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CAPODISTRIA Torna d'attualità la
vicenda dell'industria chimica Kemiplas di Villa Decani – a pochi chilometri
da Capodistria - da anni oggetto di polemiche per l'inquinamento prodotto
dai suoi impianti. Del progetto di chiusura e trasferimento della fabbrica
hanno discusso in questi giorni i rappresentanti di un apposito Comitato di
esperti e il ministro sloveno per l'ambiente Janez Podobnik. «Il ministero
farà la sua parte», ha assicurato Podobnik. Nel lungo braccio di ferro tra
il comune di Capodistria e gli abitanti di Villa Decani da una parte e i
proprietari e la direzione della Kemiplas dall'altra, l'intervento dello
stato potrebbe rivelarsi determinante per sbloccare la situazione di stallo.
Come annunciato dallo stesso Podobnik, il ministero per l'Ambiente agirà in
due direzioni: garantirà parte dei mezzi necessari per il trasferimento
degli impianti e sosterrà il comune di Capodistria nelle modifiche del Piano
regolatore dell'area del cosiddetto Bivio in modo da permettere ai
proprietari della Kemiplas – dopo che la fabbrica sarà smantellata – di
avviare in zona un'altra attività economica (forse legata al turismo),
purchè non si tratti di industrie inquinanti.
L'accordo di massima sulla chiusura della fabbrica di prodotti chimici (formaldeidi)
tra il Comune di Capodistria e il proprietario della Kemiplas, Enver Moralic,
era stato raggiunto già la scorsa primavera. In tutti questi anni di
trattative però restavano sempre da risolvere due problemi: la copertura
finanziaria dell'operazione e la garanzia sulla possibilità di avviare nella
stessa zona un'altra attività economica. Moralic ha ora due settimane di
tempo per esprimersi, ma l'affare, a questo punto, sembra quasi fatto.
L'accordo dello scorso aprile, ricordiamo, prevedeva la chiusura della
Kemiplas entro due anni, periodo sufficiente per consentire ai proprietari
di smantellare gli impianti e trasferire la produzione altrove,
probabilmente in Ungheria ma forse anche in qualcuno dei Paesi dell'ex
Unione sovietica.
La battaglia della popolazione locale contro la fabbrica chimica dura ormai
da anni. Nonostante gli sporadici incidenti e i dubbi sull'attendibilità
delle misurazioni del livello di inquinamento prodotto dalla fabbrica, la
produzione di formaldeidi non è stata praticamente mai interrotta. Finora
sono stati chiusi e smantellati soltanto alcuni impianti produttivi meno
importanti. Nei prossimi due anni, se le cose si svilupperanno – costi
permettendo - nella direzione auspicata ormai da tutti i protagonisti della
vicenda, la Kemiplas, con il concorso del Comune di Capodistria e del locale
Ufficio di collocamento, dovrebbe risolvere anche la questione del centinaio
di dipendenti che in seguito alla chiusura della fabbrica resteranno senza
lavoro. |
IL MESSAGGERO VENETO -
VENERDI', 14 settembre 2007
«Potenziamo
l’attuale tratta della Tav» - Paviotti ritiene che sia la proposta più
accreditata e più rispettosa dell’ambiente |
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Cervignano.
Oggi alle 11.30 in municipio l’incontro fra sindaci e tecnici per discutere
le 12 proposte alternative al progetto delle ferrovie
CERVIGNANO. Saranno illustrati
per la prima volta oggi i 12 elaborati sui tracciati alternativi a quello
proposto da Ferrovie Italiane. In municipio, alle 11.30, si incontreranno i
sindaci della Bassa ed i tecnici di Regione, Provincia e Comuni; alla
presenza dell’assessore regionale Lodovico Sonego. Il tratto interessato
dalle varianti al progetto presentato lo scorso marzo da Rfi riguarda il
segmento tra Porpetto e Villa Vicentina. «L’unico del tratto Venezia-Trieste,
aveva dichiarato Sonego, soggetto a cambiamenti rispetto il progetto
originario». Quest’ultimo prevede la realizzazione del percorso del
Corridoio 5 parallelo all’autostrada; all’altezza di Bagnarla Arsa scende a
sud superando l’abitato di Strassoldo nella parte orientale; taglia la
frazione di Scodovacca e il paese di Villa Vicentina per poi rimettersi
sulla linea esistente. Per cercare di limitare l’impatto sul territorio è
stato incaricato un gruppo tecnico che domani appunto illustrerà le ipotesi
alternative.
La piu’ accreditata, secondo il sindaco Paviotti, riporterà il percorso
sulla linea cervignanese già esistente. L’unico tratto da realizzare su un
terreno ancora vergine è limitato al percorso Porpetto-Cervignano. Quella
delle Ferrovie Italiane invece avrebbe tagliato a metà la campagna e creato
difficoltà sia a Scodovacca che a Villa Vicentina, andando a lambire il
campo sportivo e la palestra. La soluzione meno impattante tra l’altro
rispetterebbe in termini di capacità la richiesta che il tracciato ad alta
velocità sia dotato di quattro binari, e la linea Cervignanese è già idonea
ad accogliere due binari per treni merci e due per treni passeggi. Oggi
pertanto siederanno nuovamente attorno allo stesso tavolo primi cittadini
favorevoli e contrari alla maga infrastruttura. Sarà probabile che in aula
approdi un ciclostilato firmato dal comitato “no tav di Bagnari Arsa” nel
quale si contesta il rapporto costi/benefici dell’opera che, solo per il
tratto Venezia Trieste, costa 6.129 milioni di euro. Il sindaco Paviotti
precisa cosi’ la propria posizione: «Dobbiamo in realtà parlare di un
progetto di interesse comunitario e sposato dallo Stato italiano che mira a
migliorare i collegamenti tra l’est e l’ovest dell’Europa ed in particolare
a migliorare l’efficienza del trasporto ferroviario a scapito del
tradizionale trasporto su gomma per persone e per merci che, è risaputo, ha
un impatto molto piu’ inquinante».
Consuelo Modesti |
IL PICCOLO -
VENERDI', 14 settembre 2007
Bucci:
piano traffico, non c’è più alibi |
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L’assessore all’Urbanistica: ora siamo liberi di ragionare sul futuro
dell’arteria. Piero Camber: adesso scelte in «tempi reali»
An ribadisce di essere
favorevole alla pedonalizzazione della strada. Omero (Ds): resta il
problema delle scelte nel complesso
VIABILITA’: GLI SCENARI |
La vittoria in primo grado
di Amt su Ansaldo estende i suoi effetti anche al piano del traffico:
c’è infatti un nesso diretto fra Stream e la nuova viabilità, della
quale - il sindaco Dipiazza lo aveva detto più volte - era inutile
ragionare prima di conoscere le sorti delle rotaie di via Mazzini.
L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci lo dice chiaro: «La notizia
su Stream ci toglie un pensiero. E onestamente anche un alibi». Quello
di rinviare il nodo traffico al dopo Stream, appunto. E dunque ora
«andiamo avanti», esorta Bucci, «finalmente liberi di ragionare
sull’utilizzo o meno di via Mazzini», nodo fondamentale per la
risoluzione del rebus viabilità.
Autobus sì, autobus no? Chiusura totale dell’arteria che già nel 2001
Dipiazza voleva restituita alla sua funzione di «cannocchiale sul mare»,
o invece corsia di scorrimento per il trasporto pubblico? Il primo
cittadino ora non si sbilancia, ma in passato lo aveva dichiarato più
volte: chiusa la vicenda Stream si sarebbe potuti partire con la
«sperimentazione». Questa l’ipotesi prospettata a suo tempo da Dipiazza:
aprire via Mazzini al traffico privato in salita dalle Rive fino a via
Roma, imboccata la quale le auto e i bus possano immettersi dopo un
percorso a «S» in corso Italia, lasciato dunque aperto ai veicoli.
Mentre via Mazzini potrebbe diventare totalmente pedonale dall’incrocio
con via Roma in su.
«Se è così ne sono contentissimo, le sperimentazioni aiutano a
ragionare», è il sibillino commento di Bucci, d’altronde (come altri
esponenti di Forza Italia) sostenitore dell’ipotesi corso Italia
pedonale. L’assessore non si sbilancia oltre, confermando però il
proprio desiderio di vedere «pedonalizzato quanto più possibile il
centro cittadino, convinto come sono che la gente questo chieda».
Quanto alla «sperimentazione», c’è un problema: dove far transitare i
bus in discesa, se via Mazzini fosse off-limits nella sua parte alta? «I
bus potrebbero risalire via Valdirivo, ma la mia sensazione è che così
peggioreremmo il servizio pubblico», commenta Bucci. L’assessore
peraltro guarda con favore all’apertura di via Torrebianca al traffico
in salita prevista dal piano Camus (ma avversata esplicitamente da
Dipiazza): apertura che consentirebbe ai soli bus l’accesso a via
Mazzini.
A tutt’oggi, comunque, l’ipotesi resta una delle tante. E alle auto in
via Mazzini An con la capogruppo in comune Alessia Rosolen ribadisce la
propria netta contrarietà, confermandosi favorevole invece a una
pedonalizzazione dell’intera via. Prudente anche il capogruppo forzista
Piero Camber, che sul piano in generale auspica però a questo punto
«tempi reali»: «Dopo Stream, bisogna ripartire. Finora il professionista
(Camuus, ndr) si è attenuto alle disposizioni dategli da giunta e
consiglio comunale. Il suo contratto prevede che ora perfezioni il piano
secondo direttive che devono partire dalla giunta: auspico scelte in
tempi reali. Ma il problema - aggiunge Camber - è il trasporto pubblico:
i cittadini hanno il diritto di raggiungere in modo comodo ogni punto
della città. Non posso certo pensare di spostare le fermate bus su via
Valdirivo o via Milano». La «S» in via Mazzini? «Me ne convincerò quando
vedrò gli autobus, anche quelli snodati, girare senza difficoltà
all’incrocio con via Roma», è la perplessità di Camber. E intanto, ai
dati su cui ragionare - rende noto Bucci - si aggiungeranno a breve
quelli aggiornati delle Rive: il Comune ha ultimato la posa delle
spirali magnetiche utili a «monitorare il flusso delle auto».
Dall’opposizione intanto il capogruppo diessino Fabio Omero ribadisce
che «non si tratta di risolvere il nodo Mazzini ma di chiudere un
ragionamento organico sull’intera viabilità», mentre commenta l’esito
della vicenda Stream ricordando come l’amministrazione Dipiazza abbia
cancellato un’iniziativa - avviata dalla giunta Illy - «interessante
anche dal punto di vista turistico». Dall’Udc Roberto Sasco,
professandosi «soddisfatissimo per l’esito della causa che avrebbe
potuto provocare uno spaventoso danno erariale», si dice d’accordo «al
mille per mille con Dipiazza» sulla «S» di via Mazzini. Ipotesi, secondo
Sasco, che «consentirebbe di pedonalizzare buona parte della via
lasciando il traffico in corso Italia». I tempi del piano della
viabilità? «Lo si può mettere a punto anche tra un anno e mezzo: sono da
perfezionare subito, anche in vista dell’approvazione definitiva del
piano parcheggi e delle direttive del piano regolatore, solo alcuni
elementi di connessione strategica tra viabilità urbana ed extraurbana»,
chiude Sasco.
p.b. |
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Rifiuti a
Duino, 300mila euro per realizzare l’impianto di smaltimento delle
ramaglie - Finanziato dall’Ue, potrebbe produrre energia per il
riscaldamento |
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DUINO
AURISINA Un impianto, del costo di 300mila euro che potrebbe essere
finanziato dalla Unione europea attraverso progetti comunitari per
bruciare le ramaglie ottenendo in cambio calore sufficiente a scaldare
il municipio di Duino Aurisina, la palestra comunale e anche una serie
di case della zona. Lo propone il centrosinistra, e il particolare il
consigliere comunale Verde Maurizio Rozza, all'indomani dell'aumento dei
costi di smaltimento dei rifiuti, non solo per compensare la spesa
eccessiva, ma per produrre calore «pulito». L'impianto - una tecnologia
ormai esistente e rodata, ad esempio a Padova - sarebbe utile per
smaltire in maniera verde il risultato dello sfalcio dell'erba e del
giardinaggio nelle numerose abitazioni con verde a Duino Aurisina, ma
soprattutto risulterebbe indispensabile nell'ambito dell'applicazione
delle normative relative al riconoscimento del Carso quale zona Zps a
Protezione speciale da parte dell'Unione Europea e della Regione. «Per
effetto di questo riconoscimento - ha spiegato infatti Rozza - il 60 per
cento del Carso potrebbe, potenzialmente, tornare alla condizione di
Landa, ovvero un pianoro dedicato al pascolo. Ovviamente non è possibile
applicare in una volta sola un progetto così ampio, ma anche solo
l'avvio, in qualche zona, dei lavori di pulizia dalla vegetazione
spontanea che interferisce con la landa creerebbe la necessità di uno
smaltimento di ramaglie immane». Da qui, l'opposizione assieme alle
comunelle di Duino Aurisina (che possiedono gran parte dei terreni
interessati a queste ipotesi di ritrasformazione a landa) hanno iniziato
a pensare a un sistema di smaltimento: «Il sistema che abbiamo
individuato permette di utilizzare le ramaglie per produrre direttamente
calore. Una sorta di grande caldaia a bassissimo livello di inquinamento
che risolve due problemi in un colpo solo: lo smaltimento delle ramaglie
da un lato, e il riscaldamento a costo molto basso». Aggiungendo il
fatto che i contributi europei sono disponibili, «e basta solo lavorare
per intercettarli», dice ancora Rozza, il progetto si fa concreto. La
ritrasformazione in landa di porzioni di Carso oggi diventate boscaglia
è già stato applicato, in piccola parte, a Basovizza, ma in questo caso
le ramaglie sono state portate in un impianto di Romans d'Isonzo.
Poterle utilizzare sul territorio significa risparmiare in traffico, e
ottenere calore a costo molto basso. Nel più lungo periodo, il progetto
di trasformazione della boscaglia in landa prelude a nuove forme di
allevamento: sono infatti pecore, mucce e qualche capra a garantire che
una volta pulito il territorio la landa possa riaffermarsi: «Pensiamo -
ha detto Rozza - a progetti di allevamento di qualità, mirati e di alto
valore biologico, da realizzare sempre in sinergia con le comunelle che
possiedono i territori interessati, e che stanno dimostrando grande
entusiasmo in queste nuove forme di utilizzo del territorio non
invadente dal punto di vista ambientale».
Francesca Capodanno |
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Elettrodotto
italo-sloveno nella galleria Tav - Lo propone la Regione dopo il
summit Prodi-Jansa. Oggi vertice con i sindaci sul tracciato della Bassa |
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LA SFIDA
EUROPEA-2 L’assessore Sonego fa il punto dopo il vertice bilaterale:
«Lubiana corre sempre più veloce, non dobbiamo restare al palo»
TRIESTE «La Slovenia ha
alzato l’asticella. E allora, se non vogliamo che ci lasci al palo, dobbiamo
darci da fare. In fretta». Lodovico Sonego conferma l’avanti tutta sulla
Tav. Ribadisce l’urgenza di un rigassificatore nel Golfo di Trieste. Lancia
l’elettrodotto che, sfruttando e occupando la galleria esplorativa del
futuro Corridoio V, colleghi Redipuglia a Divaccia. Ma l’assessore regionale
alle Infrastrutture e all’Energia, dopo quattro anni di intensi rapporti su
più fronti e con alterne fortune con gli «amici» di Lubiana, insiste ancor
di più sulla nuova cornice politica. Quella che il vertice tra Romano Prodi
e Janez Jansa, lunedì al castello di Brdo, ha messo sotto i riflettori: «La
Slovenia, da qualche mese, ha adottato un profilo del tutto nuovo. È passata
da una scarsa mobilità nelle interlocuzioni, assai probabilmente frutto del
suo retaggio storico, a un grande dinamismo in chiave europea». Le prove,
osserva Sonego, sono sotto gli occhi di tutti: il premier sloveno, nel
meeting bilaterale di pochi giorni fa, ha aperto sull’Euroregione.
Rassicurato sulla Trieste-Divaccia. Tolto le barricate sui rigassificatori.
TRIESTE Ma chi non ricorda i niet, le resistenze, i veti e le ostilità che
fioccavano sino a pochi mesi fa? Sonego, di sicuro, li rammenta tutti. E,
non a caso, insiste: «A Lubiana è in atto un cambiamento profondo, un
percorso in crescendo che non potrà che proseguire con il semestre europeo
di presidenza, e guai se non lo comprendiamo. Sono evidenti le forti
interlocuzioni su porto e Corridoio V con Deutsche Bahn, la ferrovia
tedesca. È noto il progetto di un rigassificatore a Capodistria della
tedesca Tge Gas Engineering. Non sfuggono i rapporti sempre più intensi con
il Ppe che ha in Angela Merkel un esponente di spicco, rapporti cui peraltro
sarebbe bene se ne accompagnassero di analoghi e organici tra i partiti del
Pse di Italia, Slovenia, Austria e Croazia».
Non c’è dubbio, insomma. La Slovenia sta assimilando in fretta le regole
comunitarie e ne vuole cogliere appieno i vantaggi: «A mio avviso - prosegue
Sonego - questo è un fatto largamente positivo. Va salutato con favore. Ma,
come Friuli Venezia Giulia, dobbiamo trarne le logiche conseguenze: o
riusciamo ad essere altrettanto dinamici oppure, nella competizione con i
vicini di casa, finiremo sconfitti».
Che fare, allora? Come arginare un rischio che c’è? L’assessore alle
Infrastrutture, dopo aver respinto con una scrollata di spalle le polemiche
sull’assenza di Riccardo Illy al vertice di Brdo «perché, anche se non c’era
fisicamente, il presidente della Regione era ben presente, così come la
giunta era ben presente alla visita di Massimo D’Alema», non esita un
attimo. E dà la risposta: «Il Friuli Venezia Giulia, cogliendo il nuovo
clima oltreconfine, deve giocare al rilancio, a partire dai 6 chilometri di
collegamento ferroviario tra il porto di Trieste e quello di Capodistria».
Quei 6 chilometri, emblema storico dei «niet» sloveni, vanno fatti. Subito:
«Non molliamo» garantisce Sonego.
Ma non basta, ovviamente. E allora l’assessore, ben sapendo quali e quanti
sono gli ostacoli «casalinghi» da aggirare o superare, riprende i cavalli di
battaglia dell’amministrazione illyana: infrastrutture più moderne ed
efficaci, nuove fonti di energia, traffici portuali più intensi. Il
Corridoio V - che, accogliendo treni più veloci e capienti, deve accorciare
le distanze tra Ovest e Est - sta naturalmente in cima alla lista. Passi
avanti sono stati fatti, Italia e Slovenia si sono accordate sulla tratta
transfrontaliera e chiesto risorse a Bruxelles, ma adesso bisogna tradurre
l’intesa.
«Con Lubiana il lavoro sta procedendo, solo martedì a Trieste si sono
ritrovati i tecnici delle ferrovie italiana e slovena, mentre Roma ha
formalizzato la sua delegazione nella commissione intergovernativa che deve
presiedere alla progettazione e alla stesura del trattato in base al quale
si costruirà e gestirà l’opera comune» sintetizza Sonego che, in quella
commissione, rappresenta la Regione. Ma le difficoltà maggiori,
paradossalmente, rischiano di essere quelle domestiche, dove le contrarietà
alla Tav sono molte e variegate. L’assessore, però, tira dritto.
E, ribadendo che il Friuli Venezia Giulia non può perdere più tempo, confida
in un esito proficuo del confronto in atto con i sindaci della Bassa sul
tracciato: oggi c’è un nuovo appuntamento, «abbiamo una quindicina di
ipotesi e inizieremo a scremarle», ma «non ho dubbi che i sindaci sapranno
scegliere la soluzione migliore». Quando? «Il prima possibile, confido entro
ottobre».
Nel frattempo, mentre ritiene che il tracciato carsico richieda
«aggiustamenti migliorativi» ma non stravolgimenti rispetto all’ipotesi
iniziale, Sonego anticipa un potenziale, innovativo utilizzo del nascente
Corridoio V: nel cunicolo esplorativo può accogliere l’elettrodotto
transfrontaliero invocato a gran voce da Prodi. «È un’opera strategica
perché consente di trasportare in Italia l’energia elettrica dalla Cechia e
perché rafforza la sicurezza del sistema nazionale, riducendo il rischio di
blackout» premette Sonego. «L’ipotesi iniziale - ricorda - era quella di un
elettrodotto aereo da Okroglo, nell’alta valle dell’Isonzo, a Udine ovest.
Ma l’impatto ambientale sarebbe stato troppo alto e quindi, come giunta,
abbiamo detto no. L’unico no a una grande opera». Subito dopo, però, la
Regione si è messa a cercare su un’alternativa: «E così abbiamo pensato di
utilizzare il cunicolo esplorativo che correrà in mezzo alle due gallerie
del Corridoio V da Monfalcone a Divaccia. Quel cunicolo, che avrà diametro
di 5,20 metri, può essere usato non solo a servizio del Corridoio
ferroviario, ma anche per accogliere un elettrodotto Gil». La tecnologia,
assicura Sonego, lo consente, tramite due coppie di tre tubi di acciaio, gas
inerte e il cavo dell’elettricità in mezzo: «Un elettrodotto interrato del
genere può portare 400 mila volt con potenze altissime. È il modello del
Brennero quello a cui ci ispiriamo e che ci consentirebbe di collegare le
stazioni di Divaccia e Redipuglia».
I tempi, naturalmente, non sono immediati: non c’è nemmeno il Corridoio V.
«Ma, con quest’opera, diverrebbe davvero intermodale. E perciò abbiamo già
iniziato a discuterne con Lubiana che ha ritenuto interessante la proposta»
afferma Sonego. Nel frattempo, a poche ore dall’allarme dell’amministratore
delegato di Enel Fulvio Conti, l’assessore insiste sulla necessità di un
rigassificatore a Trieste: «Se la Slovenia lo realizza a Capodistria, e noi
non facciamo nulla, patiremo tutti gli svantaggi ambientali, senza avere i
vantaggi economici». Ma, su questo fronte, l’ultima parola spetta a Roma:
saprà essere dinamica come la «nuova» Slovenia? |
Roberta Giani
L'UNITA' -
GIOVEDI', 13 settembre 2007
«Sulle rinnovabili
siamo in ritardo» - Prodi: il rispetto del clima grande opportunità di sviluppo
Il presidente del Consiglio Romano
Prodi è intervenuto alla conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si
sta svolgendo alla sede Fao di Roma confermando l’impegno del governo per «un
nuova alleanza con la natura». Riconosce che «sullo sviluppo delle energie
rinnovabili l'Italia è molto in ritardo. Rispetto a paesi come l'America, la
Germania e la Spagna noi abbiamo sprecato decenni». Anche perché resta il
problema annoso «della dipendenza energetica, a cominciare dalle diversità dei
punti di origine del gas».
Poi rilancia: «Va combattuto il fatalismo, comprendendo che il rispetto
dell'ambiente può essere un grande fattore di sviluppo. Nel mondo c'è chi ne è
già consapevole, con risultati economici straordinari». Per questo propone di
creare un «osservatorio» che metta insieme esperti capaci di prevedere come i
mutamenti climatici incidano «sugli aspetti scientifici, industriali e
ambientali» della nostra esistenza.
Del resto «il problema è globale e richiede risposte da tutti» ha continuato
il premier. Bisogna iniziare mettendo «un termine alle emissioni dei gas
serra» attraverso «misure per poter vivere nel miglior modo possibile, almeno
nelle prossime generazioni». E annuncia che nella Finanziaria ci saranno
misure «ampliate in linea con quanto detto dal ministro Bersani» e «un Piano
d'azione per l'efficienza energetica, che il governo ha appena inviato alla
Commissione europea». Il premier ha anche parlato della possibilità di
inserire l'obbligo del fotovoltaico nei nuovi edifici mentre una normativa sul
solare potrebbe rappresentare «un'occasione per il mezzogiorno».
Pecoraro Scanio: 5 priorità da perseguire in tre anni
Accanto a lui il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che in
conclusione dei lavori ha proposto un manifesto per il clima che dovrebbe
lanciare «un new deal per l'adattamento sostenibile e la sicurezza ambientale.
Una strategia nazionale da definire entro il 2008» e da portare a compimento
in tre anni. In termini operativi il ministro ha definito 5 priorità:
interventi per la difesa del suolo, la gestione integrata delle coste,
l'adattamento del turismo in Italia, la gestione delle risorse idriche, un
programma nazionale di partecipazione, informazione e sensibilizzazione dei
cittadini sui cambiamenti climatici.
Tenendo presente anche gli
obiettivi indicati dal protocollo di Kyoto, che impongono entro il 2012 una
riduzione ulteriore di emissioni di gas serra. Infine Pecoraio Scanio vorrebbe
per l’Italia un ente simile all'Agenzia per la protezione dell'ambiente
tedesca (Apat), con «funzioni di centro di competenza sugli impatti e
sull'adattamento ai cambiamenti climatici».
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 13 settembre 2007
L’Italia soffoca, coste a
rischio - L’allarme di Pecoraro Scanio alla conferenza nazionale sul
clima. Napolitano: «L’Europa parli con una sola voce»
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E’ 4 volte più calda rispetto
alla media mondiale. Previsti 50 miliardi di danni all’anno
Piogge: -5%.
Pianura Padana a rischio siccità, salute in pericolo
ROMA Italia sotto emergenza
clima. Il nostro Paese è tra quelli che pagheranno il maggiore prezzo in
termini di danni ambientali. La temperatura in Italia è aumentata a un ritmo
quattro volte più veloce che nel resto del mondo; le piogge sono diminuite
del 5% nell'ultimo secolo; avanza la siccità e non solo nel Sud ma anche
sulla Pianura Padana.
Questo l'allarme clima lanciato dalla prima Conferenza nazionale sui
cambiamenti climatici promossa dal Ministero dell'ambiente e organizzata
dall'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat) apertasi ieri a Roma al
Palazzo della Fao, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano e di quello della Camera Fausto Bertinotti. Per il Capo dello
Stato «è essenziale che l'Europa parli con una sola voce». Il presidente
della Camera Bertinotti ha parlato di «politica di rapina e di dominio della
natura che per un lungo ciclo economico ha perpetrato un tipo di sviluppo
fordista-taylorista». E il ministro dell Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha
detto: «Il cambiamento climatico è qui e ora». Ha chiesto un «piano
nazionale di sicurezza ambientale» perchè l Italia pagherà il maggiore
prezzo in termini di danni ambientali, perdite di vite umane e salute, costi
economici. Presenti anche i ministri dello Sviluppo Economico Pierluigi
Bersani e delle Politiche Agricole Paolo De Castro.
Ecco di seguito i nodi dell’emergenza clima in Italia.
COSTI: a partire da 50 miliardi l'anno la stima dei costi per fare
fronte ai danni prodotti dai cambiamenti climatici. Secondo Pecoraro Scanio,
per tagliare le nostre emissioni di gas a effetto serra servono da 3 a 5
miliardi l'anno, predisporre le misure di adattamento costa da un miliardo e
mezzo a due miliardi di euro l'anno. La differenza tra i costi della non
azione e quelli dell'azione è tra 10 e 40 volte maggiore a favore
dell'azione. Tagliare le emissioni e fare l'adattamento costa tra meno di
cinque e sette miliardi ogni anno.
RISCALDAMENTO RECORD: negli ultimi 50 anni in Italia si è registrato
un aumento di temperatura di 1,4 gradi, una velocità di 2,8 gradi per
secolo, quattro volte sopra la velocità media mondiale degli ultimi 100
anni. Attualmente l'aumento di temperatura è pari a 0,28 gradi per decade,
un ritmo di crescita che se si confermasse porterebbe l'aumento alla quota
di 2,8 gradi di media al secolo.
COSTE: un chilometro su tre delle nostre coste basse è in
arretramento e 33 aree costiere rischiano di essere sommerse dal mare nei
prossimi decenni, per l’aumento d’acqua dovuto allo scioglimento delle
calotte polari e dei ghiacciai. Oltre il 40% della attuale costa bassa
sabbiosa italiana è in erosione. Tempeste, piogge e innalzamento del mare
creano condizioni di rischio potenziale per tutti i 4.000 km di costa bassa
e sabbiosa italiana.
GHIACCI: hanno perso la metà del loro volume e il 30% della loro
superficie in meno di un secolo. Negli ultimi 20 anni i ghiacciai alpini
hanno perso il 20% della loro estensione. Non sfuggono a questo destino gli
800 ghiacciai italiani: secondo i dati infatti il caldo cresce sulle Alpi a
un ritmo doppio rispetto alle pianure e alle coste europee.
PIOGGE E SICCITÀ: piogge in diminuzione del 5% nell'ultimo secolo.
Oggi ci sono 14 giorni di pioggia in meno ogni anno nel Sud. Così la
siccità avanza e la desertificazione sta diventando un problema non solo
per il Sud ma anche per la Pianura Padana. Le piogge primaverili, a esempio,
saranno insidiate da episodi alluvionali (in 25 anni l’Europa ha già visto
238 alluvioni disastrose, con morti e feriti) e alle precipitazioni molto
intense seguiranno periodi più o meno lunghi di siccità. Da qui la necessità
improrogabile di tagliare le emissioni del 60% entro il 2050.
SALUTE: l’incremento dei decessi in Europa a causa delle ondate di
calore è stimato tra le ottomila e le 12 mila persone l'anno e per ogni
grado di aumento della temperatura media.
BINARIO VERDE: la lotta ai cambiamenti climatici può essere vinta
solo con forti politiche nazionali di taglio alle emissioni accompagnate da
concrete politiche di adattamento. Due temi paralleli che formano un
«binario verde», come l'ha definito il Wwf, capace di combattere la più
grande sfida planetaria. Secondo l'organizzazione ambientalista l'Italia è
in forte ritardo sulla riduzione di Co2 ed i grandi produttori di energia
continuano a proporre scelte «da dinosauro» come il carbone. «Il clima che
cambia è oggi il tema trasversale che deve accompagnare tutte le scelte
politiche e istituzionali - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore
scientifico del Wwf Italia, intervenendo alla Conferenza -: nessuno può
dunque rinviare le scelte obbligate che questo comporta. Occorre agire ora,
nel nostro Paese senza rimandare ad altri la responsabilità». |
Il Golfo di Trieste in
pericolo, l’allerta dei biologi: mare impoverito, per salvarlo più fondi
alla ricerca |
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Il
dipartimento di Oceanografia: «C’è la necessità di un piano di monitoraggio
per trovare i rimedi al surriscaldamento» |
L’effetto
serra alla base dei problemi: dai fiumi meno sostanze nutritive
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Investire sulla ricerca. É
questa l’unica strada percorribile per bloccare il processo di
desertificazione marina (ossia la scomparsa di flora e fauna marine) che sta
colpendo il mare Adriatico e, di conseguenza, il golfo di Trieste. Solo così
sarà possibile limitare i danni alle specie di pesci presenti in acqua, alla
salute delle persone e pure quelli economici. «Per poter capire esattamente
come il riscaldamento globale vada a incidere sull’ecosistema marino -
spiega il direttore del dipartimento di oceanografia biologica dell’Ogs,
Renzo Mosetti -, dovremmo avere in mano un piano di monitoraggio continuo di
tutti i mari che bagnano l’Italia. Per questo, al termine della Conferenza
nazionale sui cambiamenti climatici, a cui sto presenziando a Roma, la
nostra esigenza verrà espressa al Presidente del Consiglio, Romano Prodi».
Mosetti ribadisce poi come le situazioni che, nei giorni scorsi, hanno
portato il ministro all’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio a lanciare
l’allarme prospettando un Adriatico destinato a diventare la copia del Mar
Morto non siano da considerare strutturali e, pertanto, la prospettiva non
può essere così catastrofica: «L’anomalia registrata nel 2003, con
l’innalzamento della temperatura invernale della superficie del mare fino a
13 gradi e il conseguente mancato scambio di correnti nell’Adriatico, è
stata un episodio eccezionale. Negli anni successivi, le cose sono tornate
alla normalità e solo nel 2007 abbiamo assistito a una condizione simile,
anch’essa a sè stante. Non possiamo dire che siano fenomeni consolidati».
Proprio dai laboratori dell’Ogs arriva un altro messaggio chiaro: «Bisogna
fare prevenzione, per riuscirci lo Stato e in particolare il Ministero
dell’università e della ricerca dovrebbe investire di più nel nostro lavoro
- tuona il vicedirettore del Dipartimento di oceanografia biologica
dell’istituto triestino, Marina Cabrini -. Nella fattispecie, per risolvere
i problemi di cui stiamo parlando, sarebbe necessario programmare un lavoro
decennale. In questo modo, potrebbe essere risolta anche la problematica
della precarietà del personale dell’Ogs. Qui non c’è un biologo che abbia un
contratto a tempo indeterminato. L’Italia, da questo punto di vista, è alla
deriva».
Come puntualizzato due giorni fa da Paola Del Negro, la situazione in
evoluzione nell’Adriatico, andando avanti, potrebbe portare già tra vent’anni
ad un panorama di povertà di micro-alghe, organismi e pesci. Una condizione
simile a quella dell’oceano, in cui le caratteristiche di massa dell’acqua
rimangono simili a quelle del mare, ma vi è una quasi totale assenza di
fauna marina (oligotrofia). Quasi una piscina gigante, insomma. Una
situazione diversa da quella prospettata dal ministro Pecoraro Scanio: il
Mar Morto è un bacino chiuso, ristretto, con un’alta concentrazione di sale,
dove le uniche forme di vita sarebbero batteri e micro-organisimi. I
rilevamenti dicono invece che la mutazione oceanica è possibile, alla lunga.
Intermedia sarebbe poi una condizione paragonabile a quella del Mar Nero:
profondità consistenti ma assenza di ossigeno e quindi di vita per il poco
scambio di flussi d’acqua con la superificie. Anche in questo senso, però,
non esiste alcun allarme.
L’impoverimento dell’Adriatico, comunque, è un dato di fatto legato al
global warming del pianeta, ma non ha un rapporto di relazione decisiva con
l’assenza della corrente fredda mancata nel 2003 e nell’ultimo inverno: «La
tendenza che si sta riscontrando nel nostro mare - prosegue la Cabrini - è
dettata da due cause. In primis, l’effetto serra che determina un aumento
delle temperature e con esso la mancata formazione di nevi e ghiacciai,
oppure il loro rapido scioglimento. Pertanto la portata dei fiumi che si
riversano nel mare non solo è inferiore rispetto al passato, ma anche meno
ricca sotto il profilo delle sostanze nutrienti per i micro-organismi. Si
interrompe alla base, così, la catena alimentare del mare: perciò i pesci
scappano o muoiono e l’effetto serra aumenta per l’assorbimento inferiore di
anidride carbonica. Inoltre, ovviamente, la seconda causa è l’inquinamento.
A tal proposito sarebbe auspicale un sempre maggiore ricorso da parte di
industrie e fabbriche a depuratori e, inoltre, andrebbero approfonditi i
controlli sugli scarichi e sulle ciminiere».
La variazione climatica sta cambiando pure il parco dei prodotti a
disposizione dei pescatori. Oltre alla riduzione di numero e
all’anticipazione dell’arrivo stagionale, si assiste al cosiddetto fenomeno
della tropicalizzazione delle specie: «Anche in Adriatico - conferma la
rappresentante dell’Ogs - sta cambiando il tipo di pesce a disposizione». E
così scompaiono calamari, sgombri e sarde, mentre si materializzano il pesce
nastro e il pesce pappagallo.
Matteo Unterweger |
Dalla Riserva di Miramare
arriva l’allarme rifiuti |
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Prospettive preoccupanti per il
nostro mare non solo a causa del riscaldamento del clima, ma anche a causa
dei rifiuti di ogni tipo che ogni anno invadono le acque marine. Il vetro,
la bomboletta spray, la plastica, il mozzicone di sigaretta, il polistirolo,
il contenitore in tetrapak, il detersivo, il pezzo di poliuretano o
l'alluminio hanno effetti disastrosi per l'ambiente marino, poichè la loro
durata media di conservazione in acqua varia da decine a centinaia d'anni.
Secondo gli esperti della Riserva Marina di Miramare, il problema è serio e
i segni dei rifiuti diventano sempre più evidenti: tali elementi non si
decompongono come accade ai materiali naturali. Il mare, il moto ondoso, il
sole e l'abrasione meccanica riducono per esempio la plastica in minuscoli
frammenti. I rifiuti di plastica tendono inoltre ad accumularsi in quelle
aree di mare dove i venti e le correnti sono deboli. «Si stima che in tutto
il mondo ogni giorno circa otto milioni di tonnellate di rifiuti prodotti
dall'uomo arrivino in mare, comportando un grosso pericolo per l'ecosistema»
spiega Milena Tempesta, esperta della Riserva di Miramare.
Per quanto riguarda Trieste, è difficile quantificare però esattamente il
volume di rifiuti che arrivano nel mare, poiché i loro effetti negativi si
fanno sentire nel tempo non solo sull’habitat marino, ma anche su altri
settori dell'economia. Secondo Milena Tempesta, lo scenario più pessimistico
parla di «possibili perdite negli anni per esempio nel settore turistico a
seguito del degrado delle coste e dei mari, ma anche di eventuali danni
materiali sulle imbarcazioni o di una riduzione della quantità di pescato o
di altissimi costi per il risanamento delle zone inquinate. I rifiuti
possono arrivare dalle spiagge, ma anche dalle strade e dai fiumi, dalle
abitazioni o dalle imbarcazioni». La Riserva Miramare si è fatta promotrice
di varie iniziative pubbliche di sensibilizzazione. Tra queste anche la
campagna di pulizia dei fondali «Cosa c'è sul fondo?», organizzata
annualmente assieme ai circoli subacquei triestini. «Da un’ulteriore
indagine fatta tra Trieste e le zone confinanti, si evince che il 57 per
cento delle persone individua nella plastica il tipo di rifiuto maggiormente
presente lungo le coste del golfo», osserva Milena Tempesta. Alla richiesta
di dare possibili suggerimenti su come ridurre o evitare che i rifiuti
giungano sulle coste, il 36 per cento degli intervistati indica nelle azioni
di educazione e sensibilizzazione il metodo migliore, seguito da una
necessità di maggiori controlli e multe ai trasgressori oltre che da una
raccolta più frequente.
g.p. |
In città il primo corso sulla
tutela ambientale sotto l’egida Unesco |
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Trieste ospiterà quest’anno
sotto l'egida dell'Unesco il primo corso internazionale di alta formazione
sulla tutela ambientale, organizzato della neonata «Agenzia per lo Sviluppo
internazionale dell’ambiente - Asia», con sede a Trieste, che riunisce
rappresentanti della Provincia di Trieste, del Ministero dell’Ambiente,
dell’Unesco e di due enti scientifici cittadini, l’Area Science Park e il
Centro internazionale di fisica teorica Ictp. Lo ha annunciato ieri il
Consiglio di indirizzo della fondazione, riunito nella sede della Provincia
per decidere il tema del corso, che sarà dedicato ai «Servizi degli
ecosistemi, lo sviluppo sostenibile e il benessere». «Il corso si rivolge a
circa 20 alti dirigenti e tecnici provenienti da dieci paesi diversi – ha
spiegato Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste -
e prenderà il via entro la fine del 2007». Il corso sarà organizzato nella
sede dell’ex Imo-Ima, all’interno dell’ex comprensorio di San Giovanni. «Nei
prossimi giorni faremo il sopralluogo per capire meglio in che stato si
trova lo stabile – ha aggiunto la Bassa Poropat -. Poi, nel futuro,
valuteremo seriamente anche la possibilità di assegnare l’edificio alla
fondazione Asia e al nascente Istituto internazionale per una Partnership a
favore dello Sviluppo Ambientale (Iped)». Il futuro Istituto, la cui nascita
dovrà essere approvata dall’Assemblea generale dell’Unesco questo fine mese,
sarà una nuova Agenzia delle Nazioni Unite, che si dedicherà specificamente
alla formazione di tecnici internazionali nei settori della tutela
dell'ambiente.
Gabriela Preda |
Immondizie a Duino, spunta
l’ipotesi di un impianto di riciclaggio |
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DUINO AURISINA Un fenomeno
temporaneo destinato ad estinguersi, ma è necessario vigilare affinché non
diminuisca a Duino Aurisina la raccolta differenziata. Questa, in sintesi,
la posizione dell'opposizione di centrosinistra a Duino Aurisina dopo il
vertiginoso aumento dei costi dovuti all'asportazione delle immondizie,
22mila euro extrabudget causati per buona parte dalla nuova abitudine dei
monfalconesi di lasciare le loro immondizie a Duino Aurisina scavalcando il
sistema del porta a porta instaurato nel loro comune. «Pensiamo - hanno
dichiarato in una nota ieri Massimo Veronese e Maurizio Rozza, che il
fenomeno dell'aumento dei costi dovuti alle immondizie dei monfalconesi
debba essere considerato transitorio e destinato ad attenuarsi con
l'incremento della raccolta differenziata porta a porta nel Monfalconese.
Tuttavia, considerate anche le lamentele dei cittadini monfalconesi,
l'esperienza induce a non prendere in considerazione il sistema porta a
porta, fonte di notevoli disagi per gli utenti». L'opposizione ha proposto
di incrementare la raccolta differenziata del vetro, soprattutto d'estate, e
l'utilizzo delle ramaglie: «Abbiamo preso contatto con la comunella di
Aurisina - dicono ancora Rozza e Veronese - e stiamo elaborando un progetto
mirato: realizzare, con fondi della Provincia e del piano regionale di
sviluppo rurale, un impianto per il riciclaggio del "verde" che consenta la
produzione di energia, insomma un progetto innovativo di teleriscaldamento».
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Inquinamento ignorato |
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In questo periodo si parla tanto
di giovani, ma come al solito le persone si limitano soltanto a parlare
senza poi concludere niente.
Sono uno studente sedicenne a cui il futuro interessa particolarmente e ho
una critica costruttiva da fare nel riguardo della società moderna: il
problema di cui voglio parlare è l’inquinamento, si parla tanto ma si
conclude poco niente infatti basta vedere come poche persone girano con i
mezzi pubblici, con biciclette o a piedi. Inutile parlare di euro4 quando
buona parte della popolazione fa fatica ad arrivare alla fine del mese,
l’unica soluzione plausibile sarebbe eliminare le automobili e i ciclomotori
da tutta la città ma ovviamente è una cosa che richiede molto impegno e di
conseguenza siamo in pochi a volerlo realmente, ma in una città come questa
è importante! Si parla della Trieste famosa, importante, dell’antico
splendore di una città che ora è morta. Una cosa però ci sarebbe per
renderla importante e famosa nell’Europa: togliere le macchine e i motorini.
Pensate quante persone parlerebbero della città dove sono stati vietati i
mezzi privati? E poi per ora cosa si è fatto per l’inquinamento in città?
Girando vedo solo una specie di autostrada sulle Rive che sembra fatta
apposta per scoraggiare noi poveri ciclisti a circolare mentre zone
periferiche come via Terz’Armata rimangono con muri pericolanti. Senza
contare il numero ingente di incidenti a volte anche mortali che ci sono
sulle strade. Se cercate di convincere un giovane a non guidare da ubriaco
riuscirete con difficoltà a renderlo consapevole di quello che fa, facendo
un sondaggio tra miei amici, 3 persone su 4 hanno il motociclo truccato che
supera senza problemi i 50 km orari e a volte arriva fino a 100!
Probabilmente questo è solo un sogno di un qualsiasi tardolescente che però
ci crede, ci spera! Più di tanta gente che se ne frega, e non provate a dire
che i mezzi privati servono agli anziani per muoversi per città perché la
maggior parte degli anziani si muove usufruendo dei mezzi pubblici come
dovrebbero fare tutti! Spero che questa lettera serva a svegliare qualcuno
che aiuti seriamente noi giovani a realizzare un sogno: vivere in una città
pulita e originale che diventi importante per qualcosa di giusto!
Filippo Bua |
La Ferriera di Servola |
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Per primo è stato il sindaco a
gridare al miracolo (leggi Bingo!) quando la società Arvedi ha fatto sapere
di avere delle mire sulla Ferriera di Servola. Dopo di lui anche i
lavoratori hanno espresso di nutrire speranze nel caso fosse andato in
porto, da parte dell’Arvedi, l’acquisto della Ferriera.
Forse anche i residenti dei molti rioni danneggiati in vario modo dalla
suddetta fabbrica hanno sperato in qualcosa a loro favore sentendo affermare
la volontà della futura proprietà di riservare attenzione all’impatto
ambientale.
Purtroppo non è oro tutto ciò che luccica!
Leggendo un articolo apparso su una rivista locale ho acquisito notizie ben
poco rassicuranti! A chi dice che la Arvedi sarebbe capace di conciliare la
produzione siderurgica con la tutela dell’ambiente e della salute dei
lavoratori e residenti viene contrapposto il fatto che la popolazione di
Spinadesco (ove si colloca l’Arvedi) non solo non sostiene il potenziamento
dell’acciaieria già esistente ma esprime parere contrario causa le emissioni
nocive nell’atmosfera, i rumori persistenti, le scorie di cui si vorrebbe
sapere la natura. Gli abitanti di Spinadesco inoltre lamentano la bocciatura
della richiesta di un referendum col quale potrebbero pretendere maggior
cura verso l’impatto ambientale.
Si noti che la Costituzione affida ai Comuni la facoltà di approvare
l’indizione di un referendum. Perché il sindaco di quella cittadina lombarda
ha respinto la richiesta dei cittadini? A detta della consigliera Maria
Teresa Puliti «... a Sinasco c’è tanta paura di fronte alla potenza di
Giovanni Arvedi che viene considerato uno contro il quale non si può fare
nulla, che nella sua città è un re che gode di appoggi trasversali, che ha
il consenso di tutte le forze politiche...».
Siccome l’ampliamento (vorrebbero un forno...) delle acciaierie Arvedi non
sembra possibile in Lombardia (ci sono dei ricorsi al Tar, uno a Brescia
contro la Regione e uno a Cremona contro il Comune), perché non volgere lo
sguardo a Trieste dove da anni i residenti lamentano notevoli disagi, un
alto numero di morti per tumore, leucemia specie in soggetti giovani e
malattie respiratorie di vario tipo ma dove, malgrado tutto ciò la Lucchini
continua, anzi aumenta a dismisura le sue emissioni nocive, accetta il
carico e lo scarico di Klinger che viene portato nella Slovenia ma che la
stessa non vuol fare transitare per il porto di Capodistria, brucia, specie
di notte, materiali che versano nell’aria fumi tossici a non finire (ultima
vittima martedì 28 agosto il vigile urbano che si è sentito male durante un
controllo mattutino sull’inquinamento della Ferriera).
Queste considerazioni dovrebbero insegnare ad essere molto cauti di fronte
alle facili e fallaci lusinghe. Auspico che anche le autorità preposte alla
salute dei cittadini meditino su quanto scritto, sappiano smascherare le
facili promesse, si facciano carico di decisioni che solo a loro è dato
prendere.
Mirella Della Puppa |
Polmoni verdi |
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Dopo due anni di confronto,
valutazioni tecniche, stime patrimoniali e colloqui con i residenti si è
finalmente messo fine alla questione inerente l’alienazione di alcuni
terreni comunali, attualmente adibiti ad aree verdi.
Un ringraziamento al sindaco Dipiazza e all’assessore Tononi che dopo
un’attenta analisi hanno convenuto sull’impossibilità di cedere ai privati
zone di pregio della nostra città.
Ma se nei prossimi anni Trieste riuscirà a non essere ulteriormente
soffocata dal cemento ma altresì conserverà piccoli, ma vitali, polmoni
verdi come via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via Verga e vicolo
dei Roveri, il merito più grande va dato al consigliere comunale forzista
Lorenzo Giorgi che da anni si è battuto per la loro salvaguardia.
Gli scriventi Comitati esultando per l’obiettivo ottenuto lo ringraziano
pubblicamente.
Comitati salvaguardia via delle Viole, via dei Narcisi, via Berchet, via
Verga, vicolo dei Roveri |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 12 settembre 2007
Enel: inverno al freddo e
al buio - L’amministratore delegato Conti lancia l’allarme, ma il
ministero dell’Ambiente ribatte |
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«Il gas non è
sufficiente. Sono state fatte valutazioni errate» |
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MILANO Torneremo a scaldarci
con legna e carbone, come i nostri nonni o bisnonni? Possibile.
L’allarme è stato lanciato ieri da Fulvio Conti, amministratore delegato
dell’Enel. «Rischiamo ancora di rimanere al freddo e al buio. Siamo
ancora più fragili di due anni fa, quando scoppiò il contenzioso fra
Russia e Ucraina», ha detto il manager. Il riferimento è al gas che il
nostro Paese importa dalla Russia e ai sistemi di stoccaggio.
«Il gas - dice Conti - sarà sempre più caro e sarà sempre legato al
prezzo del petrolio, e anche con i rigassificatori il prezzo non
scenderà. Non scende in Francia dove ne stanno costruendo quattro e non
scende in Spagna, dove ne stanno facendo sette. Però i rigassificatori
sono importanti perchè riducono il rischio di approvvigionamento da soli
tre tubi».
Per Conti, la «fragilità» del sistema dipende da una «errata valutazione
del ministero dell’Ambiente che ha blocato 500 milioni di metri cubi».
L’amministratore delegato dell’Enel, dunque, spiega che i
rigassificatori restano utili e cita il caso dell’impianto di Porto
Empedocle (in Sicilia), capace, da solo, di soddisfare il 10% del
mercato italiano, ma in attesa da anni di autorizzazioni.
Immediata la replica del ministero dell’Ambiente. «Nessuna errata
interpretazione - dice una nota - e se Conti si riferisce al sito di
stoccaggio di Settala (Milano), si deve sapere che la società che l’ha
in gestione ha chiesto una valutazione di impatto ambientale per essere
autorizzata ad aumentare del 7% la pressione di stoccaggio». Una
risposta, però, non è arrivata.
Contro il manager dell’Enel anche il verde Bonelli.
«L’Italia - dice - ha un potenzione di energia elettrica installata di
80 mila megawatt, mentre il consumo registrato quest’anno è di 56 mila
megawatt, tanto che in alcuni periodi dell’anno esportiamo energia. L’Enel
è tenuta a rispettare le leggi dello Stato e non ad alimentare psicosi».
Si fa sentire anche Legambiente. «L’Enel, con questi discorsi, fa capire
di volere più carbone per alimentare le proprie centrali. In Italia ci
sono problemi irrisolti che sono quelli delle nuove centrali elettriche
e dei rigassificatori, però il carbone va contro l’impegno di abbattere
drasticamente l’emissione di gas serra nel nostro Paese».
Una soluzione «per non restare al freddo e al buio» la propone la
Coldiretti. «Si possono usare il legno o il granoturco. Servono a
risparmiare e a ridurre l’emissione di gas», spiega una nota. «E’
possibile riscaldare una casa di centro metri con una speciale caldaia
alimentata a chicchi di granoturco. Ci vogliono 30 chili al giorno di
«carburante», che costa 13-15 centesimi al chilo. Secondo i tecnici,
consente un risparmio del 50-60% rispetto al gasolio o al metano,
contribuendo a ridurre l’emissione di gas a effetto serra».
Gigi Furini |
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Golfo di Trieste sempre più
caldo, pesci in fuga |
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I biologi
dell’Ogs sui pericoli per l’Adriatico: «Rischia di diventare una sorta di
piscina, senza più flora né nutrimento per le specie ittiche»
«Se le temperature del mare
continueranno a salire, in 20 anni sarà desertificato, senza più vita»
Il surriscaldamento della Terra
nella sua globalità e, quindi, anche della superficie del mare, con la
derivante scomparsa di micro-alghe, la conseguente interruzione della catena
alimentare marina alla sua base e la progressiva riduzione nell’assorbimento
di anidride carbonica (con aumento dell’effetto serra per la mancanza di
precipitazioni) potrebbero portare infatti tra 20-30 anni a una situazione
comunque estrema, anche se un po’ diversa da quella paventata da Pecoraro
Scanio, pure nella zona triestina. «Stiamo assistendo ad un progressivo
impoverimento del mare Adriatico - spiega Paola Del Negro, biologa
dell’Ogs, Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - per
il quale tra almeno vent’anni si potrebbe materilizzare una situazione molto
simile a quella di una piscina, un contesto quasi oceanico cioè con
pochissimi micro-organismi e pesci. La prospettiva invece che si formi una
palude non è supportata al momento da dati sufficienti». I mutamenti
climatici comportano al momento un doppio rischio: «Oltre ad avere meno
alghe e pesci - prosegue la Del Negro -, ci potremmo trovare sempre più a
fare i conti con specie tossiche di organismi. L’aumento di batteri patogeni
comporterebbe dei pericoli maggiori direttamente per i bagnanti. Ovvio che a
questo quadro andrebbero a sommarsi le difficoltà per i pescatori: senza
micro-alghe, ovvero il loro nutrimento, i pesci non sopravviverebbero».
L’aumento della temperatura del mare nel golfo di Trieste è un fenomeno
innegabile: «Rispetto al periodo 1991-2003 c’è stato ultimamente un
innalzamento di due gradi e mezzo nel periodo estivo. Il problema è che in
tutto l’Adriatico c’è stata una forte riduzione negli apporti dati dalle
acque dolci, dai fiumi: veicolano sostanze inquinanti, ma allo stesso modo
contengono tanti nutrienti per gli organismi che popolano il mare. Ora,
invece, è in corso una sorta di desertificazione di flora e fauna marine
collegata appunto al caldo eccessivo. La soluzione a queste problematiche?
La ricerca di laboratorio in cui si forzano alcuni parametri, per vedere
cosa succede, prevedere e comportarsi di conseguenza». La condizione del
golfo triestino, peraltro, potrebbe aggravarsi per altri motivi: «Dovessero
bloccare davvero il depuratore di Servola - conclude la Del Negro - e
comparisse un giorno un rigassificatore in mezzo al mare, si avrebbe
l’ennesimo impatto ambientale con un depauperamento della fauna marina».
Sulla questione dell’incremento dell’effetto serra torna Marina Cabrini,
collega della Del Negro: «L’anidride carbonica presente nell’atmosfera è
assorbita per metà dalle foreste e per metà dal fitoplancton, ecco perché è
importante studiare in modo approfondito la situazione. Oltre all’aspetto
quantitativo, però, va curato pure quello qualitativo: la biodiversità e il
caldo comportano sempre più l’introduzione e la prolificazione di organismi
esotici e dannosi».
Sarà a Roma in questi giorni anche Renzo Mosetti, direttore del
personale del Dipartimento di biologia dell’Ogs, che sulla previsione del
ministro Pecoraro Scanio osserva: «L’ipotesi estrema, di vedere l’Adriatico
trasformarsi rapidamente in Mar Morto è catastrofica e non è avallata da
dati evidenti. Nell’ultimo anno, è vero, si è verificata una situazione
particolare, con una media della temperatura della superficie del mare di 10
gradi, più alta del passato. Ciò che è venuto a mancare, per un regolare
raffreddamento, è stata la formazione di acqua densa, salina che solitamente
era generata grazie alla bora e, uscendo dal canale di Otranto, generava la
corrente che contribuiva alla concentrazione del Mediterraneo. Però, da qui
a dire che il vento non riesca più a raffreddare il mare, ancora ce ne
passa. Per trarre conclusioni di un certo tipo, è il caso di studiare serie
lunghe, i cui fenomeni si ripetano nel tempo. Come non è detto che il
problema del surriscaldamento globale sia riconducibile a ragioni
antropiche». |
Pescherecci, in tre anni
caleranno del 50% - Il taglio della flotta regionale legato alla
riduzione del pescato. Doz: «Attività chiusa già a metà agosto» |
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Da 600 a 300 barche: i
cambiamenti climatici colpiscono l’economia |
La flotta regionale dei
pescherecci verrà ridotta del cinquanta per cento nei prossimi tre anni. Il
numero delle imbarcazioni passerà così da 600 a 300 entro la fine del 2010.
Uno dei rischi maggiori, derivanti dall’ulteriore impoverimento della catena
alimentare marina che potrebbe verificarsi nel prossimo futuro nell’area
adriatica, è infatti direttamente quello economico. Strettamente legato,
quindi, alla pesca e alla vendita dei prodotti ittici.
Già negli ultimi anni, i professionisti del settore si sono trovati di
fronte a riduzioni sostanziali nelle quantità disponibili. Messi a confronto
costi e benefici, i primi superano i secondi ormai di gran lunga. Sono
insostenibili. Ecco perché è alle porte un taglio drastico sui mezzi
disponibili, aspetto che in ogni caso non verrà accompagnato da rinunce a
livello di personale. I posti dei lavoratori non sono assolutamente in
pericolo.
«I cambiamenti climatici hanno portato delle mutazioni evidenti in mare -
spiega Guido Doz, presidente di Agci Pesca provinciale -. Nel periodo
estivo degli ultimi tre anni, ad esempio, si sono verificati degli anomali
anticipi nell’arrivo del pesce già a marzo. Solitamente, invece, dovevamo
aspettare fino a maggio o addirittura l’inizio di giugno per dare il via
all’attività. A metà agosto, poi, il golfo si è completamente svuotato,
mentre in passato si proseguiva sino a settembre. Anche col fermo pesca non
c’è stato nulla da fare, per la totale mancanza di risorse. Le sarde sono
sparite, calamari e sgombri pure, cernie e scarpene sono praticamente
impossibili da trovare se non comperandole all’estero». La situazione è
avviata a farsi sempre più difficile: «In prospettiva siamo molto
preoccupati - continua Doz -, per poter tenere in piedi il settore e far
fronte a tutte le spese, nei prossimi tre anni abbiamo programmato di
ridurre da 600 a 300 la nostra flotta regionale. I rappresentanti delle
cooperative che operano in Friuli Venezia Giulia si sono detti d’accordo e,
in più, abbiamo già esposto la questione sia alla Regione che al Governo.
Questo scenario non comporterà comunque alcuna riduzione dei posti lavoro.
Anzi, a dire il vero siamo sempre alla ricerca di personale»
Secondo Salvatore Pugliese, delegato della Lega Pesca, le difficoltà
della zona dell’Alto Adriatico sono da ascrivere non solamente a questioni
ambientali: «Il problema principale che ci troviamo davanti non è tanto
quello dell’innalzamento della temperatura - dice -, ma piuttosto il fatto
che non si riesca a capitalizzare tutto lo sforzo lavorativo attuato dai
pescatori di quest’area. Abbiamo un numero eccessivo di pescherecci rispetto
alla carenza di prodotto generale. Siamo l’ultimo compartimento
dell’Adriatico, dunque la problematica della povertà ittica ricade per forza
su di noi». Proprio per questo, Pugliese si dice assolutamente concorde con
il progetto di riduzione delle imbarcazioni disponibili illustrato da Doz:
«Il fatto che la quantità di pesce stia calando anno dopo anno è indubbio,
per tanto ritengo utile un taglio dei motopescherecci».
A non far dormire sonni tranquilli l’intero settore locale, poi, è anche
un’altra ipotesi: «Dovessimo trovarci davanti pure alla presenza di un
rigassificatore in mezzo al mare, allora le cose peggiorerebbero
ulteriormente. Inciderebbe sicuramente sull’attività, non ci piove»,
aggiunge Pugliese.
Infine, il rappresentante della Lega Pesca si sofferma su un altro aspetto,
prettamente commerciale: «Le difficoltà dei pescatori triestini vanno
ricondotte anche alla scarsa valorizzazione del nostro pesce azzurro. Le
istituzioni non lo pubblicizzano a dovere, oppure lo fanno male».
ma. un. |
Addio sarde, ecco il pesce
nastro - Come cambia il panorama ittico della zona: in aumento le acciughe
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Scompaiono le sarde, i calamari
e gli sgombri, di cernie e scarpene nemmeno l’ombra già da un paio d’anni,
da registrare invece le novità pesce nastro e pesce pappagallo. Questo il
nuovo scenario della fauna marina nel golfo di Trieste. Le variazioni del
clima e le conseguenze delle stesse sugli «abitanti» del mare stanno
cambiando, nella sostanza, anche il mercato della pesca. Nell’ultimo
triennio, infatti, i professionisti e gli esperti del settore, hanno
assistito a una sorta di mini-rivoluzione in campo ittico. Sarde, calmari e
sgombri, ormai, si importano quasi esclusivamente dall’estero in tutta
Italia e, dunque, pure nell’area adriatica. Scarseggiano anche le mormore in
inverno, mentre recentemente, tra luglio e metà agosto, si è verificato un
notevole incremento nel numero di acciughe. Un’eccezione nel parco del
cosiddetto pesce azzurro che sembra risentire in maniera decisamente
negativa della riduzione delle microalghe, legata al riscaldamento del mare.
I cambiamenti climatici, però, hanno evidentemente comportato alcune
migrazioni. Ecco perché i pescatori triestini hanno avvistato la presenza
nel golfo del pesce nastro, specie pelagica dal corpo argenteo che vive tra
la superficie e una profondità massima di 900 metri e le cui uova erano
state spesso individuate in passato nella zona dello stretto di Messina.
Noto a Napoli come «Squaglia sole», al massimo può raggiungere anche i tre
metri di lunghezza.
Il pesce pappagallo presenta un corpo molto allungato, con squame grandi e
pinne lunghe. Arriva anche a toccare i due metri di lunghezza. Come
caratteristiche peculiari, vanno segnalate una certa attitudine
all’interazione con gli esseri umani e, in generale, una vivacità diffusa in
tutti gli esemplari. Dorme solitamente sotto uno strato di sabbia, avvolto
in un velo formato da una sostanza vischiosa.
ma.un. |
Piano del traffico, rinvio
con polemiche - Passa una mozione di Fi. L’opposizione: «Nascondono le loro
divisioni» |
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IN COMMISSIONE URBANISTICA |
Doveva essere il «grande giorno»
del piano del traffico: quello della prima uscita della bozza Camus in una
sede istituzionale. Ma la seduta della Sesta commissione, convocata ieri dal
presidente Roberto Sasco dell’Udc su richiesta del centrosinistra, si è
risolta in un nulla di fatto. Seminando imbarazzo nella maggioranza e
facendo gridare allo scandalo l’opposizione, che ha abbandonato i lavori per
protesta.
La presentazione della bozza redatta dal professor Camus (che non è stato
invitato dalla commissione) è stata infatti rinviata a data da destinarsi.
Motivo: l’approvazione di una mozione d’ordine proposta a sorpresa da
Everest Bertoli di Forza Italia (che non fa parte della commissione, ma che
era autorizzato a partecipare in sostituzione di Piero Camber) il quale ha
chiesto «il rinvio dell’illustrazione dopo che ai consiglieri sarà
consegnata una copia del documento per poterlo analizzare preventivamente».
Una mossa, questa, messa in atto subito dopo le dichiarazioni dell’assessore
Maurizio Bucci, che aveva definito la bozza Camus, «a disposizione dei
consiglieri dal 15 febbraio 2005», un fascicolo «di cui si può prendere
visione ma che non può essere distribuito all’esterno».
«Non mi sembra giusto - ha ribattuto Alessandro Minisini della Margherita -
perdere l’utilità di questa seduta. Sentiamo la proposta e poi chiediamo di
farci pervenire gli atti per successive valutazioni». «Si sta ledendo un
diritto democratico della maggioranza», gli ha fatto eco il segretario dei
Ds Fabio Omero.
Alla fine, però, la mozione è stata messa ai voti e il rinvio è passato per
otto a sette per effetto delle mani alzate fra i banchi del centrodestra.
«Mosche bianche» il forzista Giovanni Russo e lo stesso Sasco, i quali hanno
votato con il centrosinistra.
L’opposizione, per voce del capogruppo della Margherita Sergio Lupieri,
boccia l’accaduto come «l’ennesima dimostrazione che la maggioranza è divisa
e non è capace di far fronte ai bisogni urgenti della città». Questo mentre
il centrodestra, a cominciare da Bucci, se la prende implicitamente proprio
con Sasco, giudicando «inopportuna una convocazione della commissione in una
fase strettamente tecnica come questa, su un documento che la giunta non ha
ancora valutato in maniera definitiva e sul quale, pertanto, la commissione
non può ancora incidere. Forse sarebbe stato più giusto un incontro
riservato».
«Mi resta l’amaro in bocca - replica tuttavia Sasco - perché è stata
un’importante occasione persa per affrontare, in un organo ufficiale, un
tema di cui discute tutta la città». «È stata una brutta figura per la
commissione - chiude Claudio Giacomelli di An - ma non ne farei un dramma.
Non mi risulta, però, che ci sia alcun segreto istruttorio che consente solo
di visionare il documento senza averne copia».
pi.ra. |
«Duino paga 22 mila euro per
i rifiuti altrui» |
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Ret: più immondizie da
smaltire da quando è iniziato il porta a porta a Monfalcone
Alcuni
cittadini del comune limitrofo utilizzano i bottini dell’indifferenziata a
San Giovanni di Duino, Sistiana e lungo la costiera
DUINO AURISINA Una bolletta di
22mila euro. E' quanto costerà, extra budget, per tutto il 2007, al comune
di Duino Aurisina l'avvio della raccolta differenziata porta a porta avviata
a Monfalcone. L'amministrazione comunale di Duino Aurisina ha quantificato
il problema, nel momento in cui, con il riassetto del Bilancio, ha sfogliato
i dati relativi ai costi di asportazione e incenerimento delle immondizione,
clamorosamente sforati dal budget. Non si tratta di un conto sbagliato a
preventivo, ma di un aumento inatteso e molto sensibile della qualità di
immondizie da trasportare e portare all'inceneritore: «La gran parte di
questo extra - ha affermato ieri il sindaco Giorgio Ret - deriva
dall'aumento della presenza di immondizie nella zona di San Giovanni di
Duino, Sistiana e lungo la Costiera. Un aumento iniziato con l'avvio della
raccolta differenziata porta a porta a Monfalcone».
Se le cose continueranno con questo ritmo, tra due mesi si arriverà a un
costo extra di 22mila euro: anche che una piccola parte dell'aumento delle
immondizie sia da imputare al turismo (tremila arrivi in più) essendo la
popolazione stabile e il trend costante, non ci sono altre spiegazioni.
«Abbiamo la certezza che questo fenomeno dipende in molta parte da
Monfalcone: i bottini delle immondizie di San Giovanni di Duino erano sempre
mezzi vuoti, ora sono traboccanti, e purtroppo chi li utilizza non butta le
immondizie in maniera differenziata, ma solo nel residuo secco, e quindi per
noi i costi aumentano. Abbiamo continue telefonate in comune di residenti
che denunciano la situazione». Sotto accusa, almeno secondo le segnalazioni,
i cittadini di Monfalcone e zone limitrofe, ma anche i proprietari di
esercizi pubblici, alle prese con tanta immondizia da smaltire: «Una
situazione che non può continuare - dichiara Ret - ma contro la quale non
abbiamo armi, perché buttare le immondizie in un altro comune non è un
reato. Potremmo solo multare le persone che in maniera indifferenziata
utilizzano solo i bottini del secco residuo per buttarci di tutto, ma non è
una soluzione fattibile». Il sindaco la prende con ottimismo: «Ho parlato
pochi giorni fa con i sindaci del mandamento: quando Staranzano iniziò il
porta a porta, molte persone buttavano le immondizie a Ronchi, poi Ronchi si
è adeguata, e tutti buttavano a Monfalcone, ora tocca a noi, ma sono
fiducioso che questo trend si interrompa, nel momento in cui il servizio a
Monfalcone sarà rodato».
Resta il fatto che Duino Aurisina ha dovuto spostare 22mila euro in quel
capitolo, soldi che si sarebbe potuti utilizzare diversamente: «Non ci sono
problemi di bilancio, certo la cosa non è piacevole - ha concluso il sindaco
- e dobbiamo fare in modo che si risolva, anche perché gli abitanti di Duino
Aurisina sono sempre stati molto ligi nell'applicare la raccolta
differenziata».
Anche su questo fronte, per il 2008, l'amministrazione comunale intende però
lavorare di più: «Le quote di raccolta indifferenziata sono leggermente
salite, indipendentemente dal fenomeno Monfalcone: «Dobbiamo tornare a fare
promozione a favore della differenziata, abbiamo in preventivo di inviare
una lettera di sensibilizzazione ai cittadini per tornare agli standard di
qualche tempo fa».
Francesca Capodanno |
Rigassificatori: sondaggio |
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In merito al sondaggio della Swg
sui rigassificatori a Trieste (Il Piccolo del 4 agosto 2007), sono rimasto
colpito dall’alta percentuale (54%) degli intervistati che ha dichiarato di
essere poco o per nulla informata sull’argomento.
Mi sembra quindi che sia proprio la disinformazione l’aspetto su cui puntano
i nostri amministratori per far accettare questi impianti.
Anche le parole dell’assessore Sonego, riportate dal Piccolo del 23 agosto
scorso, sembrano distinguersi per questa caratteristica, quando egli indica
solo negli ambientalisti i contrari a questi insediamenti.
Vorrei ricordargli che, sulle colonne del Piccolo, ad esprimersi contro i
rigassificatori nella baia di Muggia con argomentazioni precise ed
approfondite, sono state persone delle nostre istituzioni scientifiche di
cui elenco alcuni nomi: il professore emerito di chimica all’Università di
Trieste Giacomo Costa, il docente di Fisica Tecnica alla Facoltà di
Ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore
Pierluigi Barbieri, docente di Valutazione del Rischio Chimico
all’Università di Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich.
Non mi pare che questi studiosi siano degli sprovveduti imbonitori di popolo
o degli attivisti delle associazioni ambientaliste.
Ricordo solo, per restare vicino a casa, ciò che accadde con il Vajont.
Anche allora, come oggi, gli amministratori pubblici assecondarono le
imprese (la Soc. Sade), mentre i geologi e i giornalisti che denunciavano i
pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati per diffusione
di notizie false e tendenziose. Poi ci fu la catastrofe.
Ad ogni modo, se l’assessore Sonego è tanto sicuro della bontà delle sue
opinioni, rassicuri la popolazione («male informata da esperti che non sono
esperti sulla materia», come disse a suo tempo il governatore Illy)
provvedendo ad organizzare quanto prima una serie di dibattiti politici, in
televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e
convincente. E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di
carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici
di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto
rinunciarvi definitivamente.
Silvano Baldassi |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 11 settembre 2007
Prodi: «Sì
all’elettrodotto fra Italia e Slovenia» - Per i rigassificatori intesa
tra Roma e Lubiana: «Faremo progetti trasparenti e accettabili» |
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Il vertice a
Brdo pri Kranju rinsalda i rapporti fra i due Paesi. Non si è parlato della
rinegoziazione degli accordi sui beni abbandonati
BRDO PRI KRANJU Italia e
Slovenia devono fare sistema ed attuarlo nella regione transfrontaliera
dell’Alto Adriatico. È questa una delle conclusioni del vertice bilaterale
di ieri tra il presidente del Consiglio, Romano Prodi e il premier sloveno,
Janez Jansa svoltosi a Brdo pri Kranju.
Un sistema che comprende settori strategici quali l’energia, la portualità e
le infrastrutture. «Abbiamo bisogno di un nuovo grande elettrodotto» tra
Italia e Slovenia», ha affermato Prodi nella conferenza stampa congiunta
convocata al termine dei colloqui con il premier Jansa. Prodi ha osservato
che, pur a fronte «divergenze sul tracciato con il Friuli, è interesse
comune dei due Paesi l'integrazione tra i sistemi elettrici», anche sotto il
profilo dei prezzi. Il presidente del Consiglio ha indicato l'esempio del
mercato transfrontaliero dell'energia già in atto tra Francia, Germania e
Benelux e ha auspicato pertanto il coinvolgimento dell'Austria in un nuovo
mercato tra Italia e Slovenia. Ma è necessario fare in fretta, avverte.
L'elettrodotto rientra tra le opere finanziate dal programma europeo Ten, ma
per ottenere il sostegno di Bruxelles è indispensabile presentare il
progetto entro il 2007, quindi, insiste, «i tempi sono limitati» e le
divergenze sul percorso dovranno essere risolte in tempi brevi.
I temi economici nell'agenda dei colloqui con Jansa hanno toccato anche
altri aspetti delle relazioni tra i due Paesi, che tra l'altro fanno
registrare, ha sottolineato Prodi, una «crescita straordinaria» nel
commercio. «Nel 2006 - ha precisato Jansa - l’interscambio è aumentato di
5,5 miliardi di euro pari a un più 15%» e per facilitare questo processo il
premier ha annunciato l’apertura della Slovenia di un nuovo ufficio
commerciale a Milano. Si è dunque parlato di infrastrutture ed in
particolare del sistema portuale. Prodi ha ribadito la sua proposta di
collaborazione tra Trieste e Capodistria, definendo i due scali «due
banchine dello stesso porto», osservando che va imparata la lezione di
Rotterdam e Amburgo e quindi non ci devono essere ragioni perchè i Paesi che
vanno dalla Svizzera all'Ungheria non si servano dell'Alto Adriatico, così
come gli enormi mercati asiatici. «Sarò ossessivo - ha precisato Prodi - ma
Trieste, Capodistria, assieme a Fiume devono diventare un unico porto se non
non avremo lo spazio economico necessario affinchè un porto esista». Impegno
in questo senso è stato altresì garantito anche dal premier sloveno Jansa.
Su Luka Koper, la società che gestisce lo scalo capodistriano, e su
Intereuropa, la principale società di trasporti e logistica della Slovenia,
hanno messo gli occhi le Deutsche Bahn (Ferrovie tedesche) che in cambio del
pacchetto azionario di maggioranza sono pronte a investire nella
realizzazione della tratta slovena del Corridoio 5 tra Capodistria e
Divaccia e al confine ungherese. Ma molti osservatori in Slovenia fanno
notare il rischio che così facendo la Germania veicoli tutta la merce
«sporca», ossia carbone e altri elaborati industriali verso lo scalo del
Litorale, riservando per i porti del Nord Europa le merci «pulite», quali
container e altri prodotti finiti. Anche per questo un raccordo con l’Italia
potrebbe fornire maggiori garanzie operative.
Italia e Slovenia sono inoltre impegnate nella futura realizzazione di
rigassificatori, a Trieste e a Capodistria (anche se qui c’è la netta
avversione del sindaco Popovic), ma con una comune attenzione per
l'ambiente. «Ne abbiamo parlato - ha riferito Prodi - e ho assicurato il
premier che comunicheremo ogni dettaglio del progetto in maniera analitica,
l'Italia ha necessità di questo rigassificatore» e, conclude, lo faremo in
«trasparenza» per ogni passaggio esecutivo. «Sono sicuro - gli ha fatto eco
Jansa - che così operando renderemo il progetto accettabile».
Esaminate anche le opportunità per i gruppi italiani in vista di nuovi
possibili investimenti diretti nel Paese, «che - ha precisato Prodi - sono a
tutt’oggi troppo lacunosi». Il presidente del Consiglio ha citato in
particolare gli esempi di Finmeccanica e di Autostrade per la quale
potrebbero aprirsi opportunità per quanto riguarda la diffusione
dell'automazione della riscossione dei pedaggi.
Ampio spazio è stato concesso anche ai temi delle minoranze, quella slovena
in Italia e quella italiana in Slovenia. Prodi ha definito le minoranze «un
patrimonio di risorse da valorizzare e non disperdere con lo spirito di
cooperazione nel comune destino europeo». Jansa ha ringraziato il presidente
del Consiglio per l’attuazione della legge di tutela globale della minoranza
slovena e ha altresì annunciato che nel processo di regionalizzazione in
corso nel Paese «sarà garantita la rappresentatività della minoranza
italiana e nelle nuove istituzioni locali saranno attuati tutti i principi
di tutela».
Non si è parlato invece di una rinegoziazione degli Accordi di Roma relativi
all’indennizzo per i beni abbandonati dagli esuli nel dopoguerra. E
l’Italia, per ora, non ha nessuna intenzione di prelevare quanto già versato
(70 milioni di dollari) dalla Slovenia su un conto fiduciario presso la
Dresdner Bank di Lussemburgo per quanto riguarda i 110 milioni di dollari
allora pattuiti con la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia. «Su
Osimo - ha detto Prodi - c’è la commissione mista che lavora e mi auguro che
si elaborino proposte che diano significato allo spirito di collaborazione
tra Italia e Slovenia». «Noi abbiamo fatto quello che dovevamo - ha
precisato invece Jansa - e dopo aver versato la somma sul conto
lussemburghese per noi il problema è chiuso e attualmente non ci sono
situazioni nuove a riguardo».
Mauro Manzin |
Dipiazza: «Il
nuovo depuratore realizzato in project financing» - Il sindaco anticipa la
soluzione del leasing per adeguare l’impianto di Servola |
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«Quello del depuratore fognario
di Servola è un problema che dobbiamo risolvere tutti quanti assieme, perché
ci sono delle esigenze che devono essere rispettate». È il monito del
sindaco Roberto Dipiazza davanti all’imminente conferenza di servizi («sarà
convocata a giorni», dice il primo cittadino) che metterà attorno a un
tavolo Comune, Provincia, AcegasAps e Autorità portuale.
In ballo c’è l’adeguamento alle norme di legge di un impianto che serve il
centro cittadino (dal cavalcavia di Barcola e strada del Friuli fino a via
Valmaura, per complessivi 180mila abitanti equivalenti), per il quale a fine
mese scade l’autorizzazione dello scarico a mare rilasciato dalla Provincia.
Sulla concessione della «proroga» Dipiazza non ha il minimo dubbio. «Qui si
sta ripetendo la storia dell’inceneritore (chiuso dopo uno sforamento nei
parametri di emissioni, ndr). Paradossalmente in Italia è controllato solo
chi possiede un impianto che consente di limitare l’inquinamento - dice il
sindaco - mentre chi non ce l’ha può fare ciò che vuole».
Davanti alla richiesta dell’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina
Barduzzi, che chiedeva delle garanzie sul «piano di adeguamento» del
depuratore di Servola, il primo cittadino risponde che «il programma messo a
punto dall’AcegasAps esiste già, compreso il progetto preliminare». Prima di
realizzarlo, però, bisognerà ottenere dall’Autorità portuale un terreno di
27mila metri quadrati attiguo all’impianto. Un’altra questione delicata che
coinvolge anche altre realtà; nello stesso sito, infatti, doveva insediarsi
la Sertubi per fare posto alla marina di Porto Lido. Un intreccio che,
sempre secondo Dipiazza, si risolverà nel corso della conferenza di servizi.
L’unico problema pratico indicato dal sindaco è il reperimento dei 50
milioni di euro per la realizzazione dell’opera. «Non sono quattro soldi, ma
posso anticipare che attorno a questo progetto - dice il sindaco - c’è molto
interesse da parte di alcune società specializzate in leasing. Bandiremo un
project financing per finanziare l’opera». Un adeguamento ormai
improrogabile quello del depuratore, sul quale AcegasAps sta lavorando da
tempo, senza dimenticare l’impianto esistente che, dal 2000 in poi, è stato
più volte migliorato negli scarichi a mare realizzando una condotta
sottomarina lunga 7 chilometri con 3 chilometri di diffusori.
p.c. |
Spuntano sette
nuove case sulla Costiera - La circoscrizione ha dato parere negativo.
Bucci: «Il progetto ha già avuto il via libera» |
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Intervento
edilizio in un’area pregiata della costa: si tratta di una costruzione
turistica ma si teme che diventi residenza fissa
Un tempo, ancora dopo il secondo
dopoguerra, quei terreni ospitavano viti e olivi, tra poco i resti di quelle
pregiate colture mediterranee disposte su antichi terrazzamenti, faranno
spazio a sette unità immobiliari per residenze a uso turistico, in un tratto
sottostante la strada statale n. 14, meglio nota come Costiera, non distante
da una nota trattoria, vicina a una vecchia casa cantoniera, e non troppo
lontano dalla frazione di Grignano.
Si tratta dell’ennesimo intervento edilizio sulla costiera triestina, l’area
più pregiata e panoramica di tutto il comprensorio provinciale. Sul piano
particolareggiato privato, destinato a tradurre nella realtà i nuovi
insediamenti, la circoscrizione di Altipiano Ovest è stata chiamata a dare
il proprio parere puramente consultivo ed è stato del tutto negativo.
«Dalla lettura del piano – spiega il presidente del primo parlamentino Bruno
Rupel – abbiamo appreso che si tratta di un progetto che prevede la
realizzazione di 7 unità immobiliari residenziali a uso turistico che
verranno dislocate su di una superficie di circa 3.000 metri quadrati. Ogni
appartamento dovrebbe misurare attorno ai 70 mq, e godrà della vista sul
golfo». Il parlamentino ha espresso in modo unanime un parere negativo al
progetto.
«Non siamo contrari tout court a tali opere – riprende il presidente – ma
qui ci troviamo di fronte all’ennesimo attacco a una delle aree panoramiche
più importanti dell’intero capoluogo. Di questo passo rischiamo di snaturare
completamente la costiera triestina, senza dimenticare poi che vi sono
concrete possibilità che nuovi interventi edilizi vadano a compromettere la
stabilità di versanti che da tempo risultano a rischio di slittamento verso
il mare».
Accanto al parere negativo, due ulteriori considerazioni: «Il Comune ha
detto di recente di voler tutelare la costiera e le altre aree pregiate
della nostra città – continua Rupel – e dunque non mi spiego come oggi ci
troviamo a dover esprimerci sull’ennesima costruzione che si insinua lungo
la fascia costiera. La cosa singolare – ragiona il presidente – è che ci
dicono che le palazzine servono a scopo turistico, ma tra un paio di anni
chi ci dice che non diventeranno abitazioni continuative?».
«Questo progetto andrà avanti perché ha già ottenuto il parere positivo
dalla Commissione Edilizia – spiega l’assessore alla Pianificazione Urbana e
all’Edilizia privata Maurizio Bucci. E dunque chi è causa del suo mal,
pianga se stesso. Il vigente Piano Regolatore – continua Bucci – è stato
prodotto dalla Giunta Illy, e dunque è stato approvato anche dalla loro
circoscrizione. E’ grazie a quello strumento urbanistico se in questi anni
si è costruito a dismisura nelle zone di alto valore paesaggistico senza un
criterio di attenzione per la salvaguardia del territorio. La nostra
Amministrazione – continua – ha portato in consiglio comunale gli indirizzi
per il nuovo Prg, provvedendo a salvaguardare le aree pregiate sino alla
definizione del nuovo strumento urbanistico. Ma sul pregresso, non possiamo
fare nulla».
Per quel che riguarda il tratto costiero interessato dal nuovo progetto, il
Piano Regolatore parla di zona Bt, ovvero di area costruibile e turistica.
«Ma aihmé – riprende Bucci, il concetto di turistico risulta piuttosto vago.
Come si fa a dire a chi acquisterà uno di quegli appartamenti che non può
utilizzarlo anche d’inverno, se magari vi passa per farvi le pulizie? Siamo
di fronte a una situazione di poca chiarezza da parte del Piano Regolatore
per la quale non mi sento responsabile».
Maurizio Lozei |
San Dorligo,
l’opposizione dice no alla ferrovia ad alta velocità - Audizione in
Consiglio comunale con i tecnici di Rfi |
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SAN DORLIGO «”No” alla ferrovia
ad alta velocità a San Dorligo che andrebbe a martoriare ancora una volta
questo territorio». È l’opinione espressa ieri sera anche ad alta voce da
parte dei consiglieri di opposizione al Comune di San Dorligo, durante una
audizione in sala consiglio, da loro stessi richiesta, coi tecnici della
Rete ferroviaria italiana (Rfi) in merito al possibile tracciato del
collegamento tra Trieste e Divaccia, in Slovenia. Erano presenti i dirigenti
Mario Goliani e Daniel Zorni della Rfi. Lo stesso Goliani ha risposto ad
alcune domande dei consiglieri, ed ha illustrato alcuni aspetti di uno dei
tracciati possibili, già presentato in altre occasioni. Ed ha ribadito:
«Entro giugno 2008 dovrà essere completato lo studio di fattibilità per uno
o più possibili percorsi. Ora siamo solo alle ipotesi». A preoccupare i
consiglieri di minoranza, il passaggio per e sotto il territorio comunale.
Giorgio Jercog (Oltre il polo) ha chiesto chiarimenti tecnici, osservando si
tratta di progetti a ben lungo termine. Franco Majcen (Rinnovamento di
centro) ha proposto di tenere maggiormente in considerazione un passaggio
per Opicina, dove spostare anche lo snodo totale dei tracciati, evitando la
stazione centrale triestina. Roberto Massi (Oltre il polo),
provocatoriamente, ha auspicato che anche qui ci sia un sollevamento
popolare come in val di Susa. Ma ad esprimere con maggior forza il
malcontento è stato il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che
ha proposto, tra l’altro, di attivare un’Agenda 21, ed ha rimarcato:
«Bisogna interpellare la gente. Il Comune tace sempre. Se gli sloveni sono
riusciti a dire di “no” al passaggio nella valle del Vipacco, anche noi qui
dobbiamo dire “basta” alle deturpazioni di questo territorio. I progetti
possono e devono essere cambiati». Il sindaco Premolin ha ribattuto: «Qui
stiamo parlando con dei tecnici che alla fine non hanno compiti politici. Il
Comune ha già espresso il suo disappunto al passaggio del Corridoio 5 ma
sono altri a decidere. I toni adottati qui sono fuori luogo. Si sarebbe
potuto organizzare un’assemblea pubblica, invece di far convocare una seduta
consiliare che ha notevoli costi sul Comune, con un unico punto all’ordine
del giorno». Premolin ha poi assicurato di aver parlato con l’assessore
regionale Sonego per poter organizzare altri incontri pubblici su questo
tema.
s.re. |
Allarme
ambientale: «La costa adriatica invasa dal cemento» - Accuse di speculazione
edilizia |
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POLA Il dilagare della
cementificazione lungo la costa adriatica (con la complicità anche degli
amministratori che, nei confronti degli speculatori immobiliari ed edilizi,
mantengono un atteggiamento quasi di benevolenza) ha scatenato una dura
reazione da parte del «Forum azzurro». In questo ente convergono le
associazioni schierate contro l’urbanizzazione incontrollata che in Croazia
rappresenta il business di inizio millennio.
Ebbene, il Forum ha inviato al governo, alle forze politiche all’opposizione
e all’opinione pubblica una lettera aperta nella quale si afferma che i
grandi investimenti nel turismo del Paese sono solo la facciata di quelli
che sono i veri interessi tenuti nascosti. Vale a dire, la costruzione di
appartamenti e case di villeggiatura agli stranieri.
Che, sotto sotto, ci sia qualcosa di losco lo confermano anche alcuni
esperti neutrali per i quali, a detta del Forum azzurro, i conti non
tornano. Ossia, i proventi della stagione turistica 2007 sono inferiori
rispetto alle previsioni basate sugli enormi investimenti negli alberghi e
negli altri impianti ricettivi. Se ne deduce che buona parte degli
investimenti è destinata proprio alle speculazioni.
In questo modo, prosegue la lettera, la costa sviene devastata e svenduta,
ci si inchina alle lobby edilizie con la distruzione a lungo termine
dell’attività turistica in funzione della collettività.
Tra i progetti mascherati vengono citati Punta Skala in Dalmazia e Brioni
Riviera in Istria, fortemente voluto dal presidente della Regione, Ivan Nino
Jakovcic. In questo secondo caso, è prevista la costruzione di ville e
appartamenti che, secondo il Forum, sarebbero in funzione degli interessi di
pochi singoli. Gli speculatori operano su un terreno fertile, si dice
infine, visto che mancano i meccanismi di controllo dell’ambiente sulla
costa e si tentenna anche nell’applicazione dei documenti di sviluppo
strategico.
p.r. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 10 settembre 2007
Depuratore di Servola verso
il blocco - Metterlo a norma costa 50 milioni di euro. AcegasAps
chiede all’Authority un’area per l’ampliamento destinata alla Sertubi
|
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Serve 180mila triestini: va
adeguato entro il mese o i rifiuti fognari finiranno in mare |
I depuratori di Servola e
Barcola non rispettano le norme di legge. L’autorizzazione per lo scarico a
mare, rilasciata provvisoriamente dalla Provincia, scade rispettivamente a
fine mese e il prossimo 30 ottobre. Nel caso da palazzo Galatti non dovesse
arrivare una proroga, gli impianti dovrebbero essere bloccati con la
conseguente dispersione in mare dei reflui fognari senza alcun trattamento,
con danni immaginabili per l’ambiente e la salute. Ma se per l’impianto di
Barcola - che interessa gli scarichi della riviera fino a Grignano, più una
parte dell’abitato di Prosecco - gli adeguamenti sono già partiti, a
preoccupare il gestore AcegasAps è il depuratore di Servola.
I DATI. L’impianto serve il centro cittadino - compreso tra il
cavalcavia di Barcola e strada del Friuli, fino a via Valmaura - per
complessivi 180mila abitanti equivalenti. Rispetto al depuratore di Zaule
con 66mila utenti stimati - già dotato di impianto ecologico, con
un’efficienza media dell’83 per cento - quello di Servola è l’anello debole.
I LIMITI. Gli interventi effettuati dal 2000, da quando la gestione
dei servizi di fognatura e depurazione è stata affidata dal Comune all’Acegas,
secondo la multiutility hanno permesso, grazie al trattamento chimico-fisico,
il raggiungimento di ottime performances comunque non sufficienti a portare
gli scarichi nei limiti di legge.
IL COSTO. Il depuratore di Servola, infatti, è privo del trattamento
biologico tanto che la Provincia, competente in materia ambientale, non è
disposta a concedere ulteriori proroghe all’impianto in assenza di un piano
operativo che permetta di rientrare nei parametri previsti dalla normativa.
Solo che per realizzare le opere necessarie, di cui esiste già un progetto
preliminare, servono 50 milioni di euro. Accanto ai contributi che
dovrebbero arrivare da Stato e Regione, la multiutility sta già accantonando
un fondo spalmato sulle bollette degli utenti. Solo che attualmente i
problemi non sono di natura economica. Molto presto il Comune, proprietario
del depuratore di Servola, dovrà acquisire le aree necessarie alla
realizzazione delle nuove vasche per il trattamento dei reflui fognari.
IL TERRENO. Solo che il terreno individuato, attiguo all’impianto, è
del demanio marittimo, dunque amministrato dall’Autorità portuale. Secondo
una relazione dell’AcegasAps - illustrata nell’ultima giunta, alla presenza
del dirigente della multiutility Enrico Altran - non è ipotizzabile il
trasferimento del depuratore in zona industriale dove non insistono vincoli
demaniali.
GLI OSTACOLI. L’AcegasAps evince ostacoli di tipo tecnico ed
economico. Il trasferimento non solo comporterebbe una spesa superiore a
quella preventivata, ma sarebbe tecnicamente impossibile a causa della posa
di condotte talmente grandi all’interno di uno spazio non sufficiente ad
ospitarle.
LE RICHIESTE. Ma quella del gestore AcegasAps, assieme al
proprietario Comune, non è l’unica richiesta per quell’area amministrata
dall’Autorità portuale. Sulla medesima doveva essere spostata la Sertubi, a
sua volta sloggiata dalla zona attigua alla Lanterna per fare spazio al
progetto della marina di Porto Lido. Un bel problema che solo un’imminente
conferenza di servizi, auspicata dall’AcegasAps, potrà risolvere.
GLI INTERESSI. Attorno al tavolo troveranno posto il Comune, l’AcegasAps,
la Provincia e l’Autorità portuale; amministrazioni di diverso colore
politico, chiamate a trovare una soluzione di non poco conto. E in fretta.
Nonostante la decisione sulla destinazione d’uso dell’area spetta
all’Autorità portuale, infatti, la multiutility e il Comune insistono
sull’aspetto della mancanza di valide alternative. Davanti a possibili
fenomeni di inquinamento del mare, quindi, a prevalere sarebbe l’interesse
pubblico.
IL CONFLITTO. Ma la soluzione, proprio per i diversi interessi che
insistono su quell’area, non appare così imminente. Accanto a un problema
ambientale, infatti, bisogna risolvere anche uno di tipo immobiliare e di
conseguenza economico. Nell’area di circa 27mila metri quadrati, infatti,
sono presenti alcuni capannoni. Strutture di proprietà dell’Autorità
portuale da abbattere e bonificare, a causa della presenza di amianto, e poi
eventualmente da ricostruire in un altro sito.
LE SPESE. Nella conferenza di servizi, oltre ai problemi di spazio,
inevitabilmente dovrà entrare anche la suddivisione delle spese. Chi
pagherà? In ballo c’è non solo un terreno - con ripercussioni su altre
attività, quali la realizzazione di una marina - ma anche quello che
attualmente ospita per le attività portuali. Ecco che davanti a possibili
conflitti fra gli enti coinvolti, un domani potrebbe essere chiamato a
partecipare alla conferenza di servizi anche la prefettura di Trieste e il
ministero dell’Ambiente.
IL PROGETTO. Un intervento per ribadire il carattere prioritario
dell’intervento, secondo l’AcegasAps, nell’interesse della città che
necessità di un depuratore a norma di legge. Struttura che attende il
progetto definitivo, dopo il preliminare già approvato, che dovrà essere
messo a gara dall’amministrazione comunale.
Pietro Comelli |
DEPURATORE - Barduzzi: «Senza
un piano, niente proroga» |
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E sulla concessione del
terreno l’Authority attende la conferenza di servizi |
L’assessore
provinciale all’Ambiente chiede al Comune e alla multiutility un programma
prima di rilasciare l’autorizzazione |
L’assessore
Rovis: «È l’unico sito in grado di ospitare delle enormi vasche. Questo è un
intervento di pubblica utilità» |
Tutti aspettano al varco
Claudio Boniciolli. Ma lui, il presidente dell’Autorità portuale, prima
di esprimersi sulla destinazione di quell’ambito terreno di proprietà
preferisce attendere. «Voglio capire alcuni aspetti, aspetto la conferenza
di servizi», dice Boniciolli.
Parla invece a ruota libera l’assessore provinciale Ondina Barduzzi,
con delega all’Ambiente. Spetta al suo assessorato, infatti, rilasciare
ulteriormente una proroga allo scarico a mare per il depuratore di Servola.
Il problema più urgente. «È cambiata la normativa, bisogna rivedere i limiti
e quindi aggiornare l’impianto. L’Acegas per conto del Comune sta già
accantonando i fondi (5 milioni di euro), che dovranno essere accompagnato -
spiega Barduzzi - da un mutuo di almeno vent’anni. È un lavoro piuttosto
lungo...». E nel frattempo cosa accadrà? La Provincia concederà la proroga
al depuratore di Servola? «Vogliamo sia fatto un programma serio, che
preveda precisi impegni e un adeguato piano finanziario. Solo a fronte di
questo la Provincia - spiega l’assessore all’Ambiente - sarà in grado di
rilasciare un’autorizzazione provvisoria, non possiamo andare avanti a
proroghe». Parole eloquenti, non a caso nell’ultima giunta fuori dalla porta
c’erano il dirigente del Comune Edgardo Bussani assieme a Enrico
Altran, ingegnere dell’Acegas, convocati con una certa urgenza per la
questione depuratori.
In ballo per il momento c’è la proroga di palazzo Galatti che «qualsiasi
giudice andrebbe a concedere - ammette Barduzzi - perché altrimenti un po’
tutti saremo in difetto». Solo che al dispositivo per evitare di scaricare a
mare liquami, senza filtraggio, deve esserci contestualmente anche un lavoro
di adeguamento alle norme di leggi. «Parliamo tanto di inquinamento
(evidente il riferimento alla Ferriera, ndr) e poi abbiamo davanti il
problema depuratore... È arrivato il momento di mettere mano a un pacchetto
altre volte prorogato», sostiene Barduzzi.
Già, il programma di adeguamento del depuratore principale della città. Ma
dove? «Bisogna realizzare delle vasche enormi, serve l’area attigua
dell’Autorità portuale - spiega l’assessore comunale Paolo Rovis, con
delega ai rapporti con le società partecipate - a cui chiediamo di cederla
per un intervento di pubblica utilità, che prevede anche la copertura del
depuratore per evitare anche la dispersione degli odori». E aggiunge:
«Sull’autorizzazione della Provincia auspico - dice - che ci sia la proroga
di un provvedimento non ordinatorio e perentorio. Dopo tutto anche se l’area
dell’Autorità portuale fosse a disposizione, il progetto non potrebbe essere
realizzato nell’immediato».
Il Comune rivendica quindi un’«esigenza prevalente» sull’area dell’Autorità
portuale, anche se a Rovis «dispiace non metterla a disposizione di attività
produttiva». È l’assessore allo Sviluppo economico, ma in questo caso a
prevalere è un’altra delega assieme alle competenze di altri colleghe di
giunta.
C’è ad esempio l’aspetto immobiliare, che coinvolge Piero Tononi
preoccupato dalla presenza nell’area destinata al raddoppio del depuratore
di alcuni capannoni. «Il Comune non ha le risorse per abbattere e
ricostruire - dice l’assessore al Patrimonio - quelle strutture (si parla di
20 milioni di euro, ndr)». Il riferimento è alla lettera di intenti, senza
però copertura finanziaria, che nel 2004 stabiliva una sorta di prelazione
sul sito. All’epoca però i protagonisti erano diversi: a presiedere
l’Autorità portuale c’era Marina Monassi, con l’assessore Giorgio
Rossi controparte in Comune.
Adesso bisogna mettere nero su bianco l’accordo, con in prima linea Claudio
Boniciolli e l’assessore comunale all’Ambiente e all’Urbanistica. Deleghe in
capo a Maurizio Bucci: «A breve convocheremo un tavolo - dice - dove
chiederemo la concessione dell’area. Senza di quella non si fa niente». E
aggiunge: «Sia chiaro, il nostro depuratore è in piena efficienza, deve però
essere adeguato - sottolinea Bucci - con un intervento economico piuttosto
ingente. Soldi che dovremo reperire, non so come ma ce la faremo». Più che
ai 50 milioni di euro l’assessore sembra preoccupato dalla risposta
dell’Autorità portuale. «Auspico di trovare una disponibilità, altrimenti il
problema si complica. Il tavolo tecnico servirà per chiarire soprattutto
questo aspetto. Non stiamo lavorando per i marziani - dice Bucci - ma per la
città. Quindi dobbiamo aiutarci a vicenda».
p.c. |
Bus «a chiamata», servizio
esteso anche ai giovani |
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Le novità
del Piano sul trasporto pubblico locale che entrerà in vigore entro l’anno.
Sperimentazione già avviata nel Cervignanese
Il costo sarà di un euro. Un
numero verde unico regionale per prenotare il trasporto
TRIESTE Il trasporto ‘a
chiamata’, uno dei punti forti del prossimo piano del trasporto pubblico
locale, allargherà il panorama dei suoi destinatari e diverrà potenzialmente
universale, fruibile quindi da tutti gli utenti. È una delle novità
principali del piano del trasporto pubblico locale, che gli uffici regionali
stanno predisponendo per sottoporlo, secondo le previsioni, alla giunta
regionale entro il mese di novembre. Secondo le prime anticipazioni, il bus
‘a chiamata’, ovvero il servizio di trasporto pubblico che verrà attivato su
richiesta dell’utente, inizialmente doveva essere riservato a anziani con
più di 65 anni e i portatori di handicap. Adesso però in regione si sta
lavorando per una sua concezione più ampia: destinato sempre in primo luogo
alle zone a bassa densità abitativa, potrà essere attuato, per il prossimo
anno in via sperimentale, potenzialmente a qualsiasi tipo di utenza.
IL PIANO DEL TRASPORTO Il piano verrà elaborato infatti sulla base
della nuova legge sul Tpl appena approvata. Che prevede il passaggio dalla
sperimentazione prevista dalla legge 20 all’attuazione del servizio in aree
che saranno valutate naturalmente dando priorità alle categorie
originariamente previste. Ma che non saranno le ‘uniche’. «Si studieranno,
in aree determinate, dei meccanismi per realizzare questo tipo di trasporto
– spiega la Direzione trasporti regionale – che non saranno però ristrette
necessariamente a disabili o over 65, o ai residenti in zone scarsamente
popolate». La legge prevede infatti che tale servizio possa venire esteso a
tutte le aree e tutte le categorie di utenza. Quindi, se una Provincia
volesse attivare il trasporta a chiamata, ad esempi oper gli studenti, ora
lo potrebbe fare ? «Certamente – spiega la Regione – anche se, fino
all’approvazione del piano del trasporto pubblico, lo potrà fare a livello
sperimentale. Poi, con la gara in partenza che regolamenterà i nuovi modi di
gestione, si potranno prevedere attuazioni ‘stabili’ nel territorio secondo
modalità da individuare».
IL SERVIZIO Del trasporto pubblico a chiamata se ne era discusso già
anni addietro, quando la Regione aveva deciso la sua applicazione
sull’intero territorio regionale. Il servizio, aveva spiegato lo stesso
assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, «funziona già nel
Cervignanese e nel Maniaghese e sta dando ottimi risultati». Ecco quindi la
decisione della Regione di universalizzarlo. Come funzionerà? Il cittadino
che ne ha bisogno telefona a un numero verde, unico a livello regionale, e
prenota il mezzo per andare dal medico, al cinema piuttosto che al cimitero,
mezzo attrezzato anche per il trasporto dei disabili. All’ora concordata il
mezzo arriva, porta l’utente a destinazione, e sempre all’ora concordata lo
riporta a casa: si tratta, in pratica, di una sorta di taxi pubblico che
costa 1 euro all’andata e 1 euro al ritorno. Ecco quindi spiegata
l’intenzione di attivarlo principalmente per anziani e disabili, ovvero
categorie che hanno difficoltà di movimento. Ma, e qui sta la novità, non
solo per loro, stando almeno a quanto sarà previsto nel piano.
I TEMPI Il disegno di legge sul trasporto pubblico locale ha già
passato l’esame dell’aula. Adesso si è appunto in attesa del piano, che
dovrà indicare anche il sistema tariffario, i parametri di qualità del
servizio, il sistema infrastrutturale, il quadro economico e gli indirizzi
per la pianificazione complementare che spetta a Provincia e Comuni. Secondo
la Direzione trasporti, il documento arriverà in giunta a fine novembre, e
dovrà essere approvato entro il primo trimestre del 2008, per poter essere
recepito nel bando di gara per l’affidamento del trasporto pubblico locale,
a partire dal 2011, a un gestore unico.
Elena Orsi |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 9 settembre 2007
«CamminaTrieste» in corteo
per difendere i diritti dei pedoni contro traffico e sosta selvaggia |
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L’iniziativa
si svolgerà mercoledì 19 in centro
Si svolgerà mercoledì 19
settembre la prima «Passeggiata in città» organizzata dal Coped
CamminaTrieste per ribadire, ancora una volta, i diritti e le ragioni dei
pedoni. L’annuncio è stato fatto nel corso della conferenza stampa di
presentazione delle attività per il 2007-2008 dell’associazione dal
presidente di CamminaTrieste, Sergio Tremul e da quello nazionale di
Camminacittà, Carlo Genzo.
Il percorso della marcia si articolerà lungo via Battisti, dopo il ritrovo
vicino al monumento a Rossetti, le vie Carducci, Coroneo, le piazze Vittorio
Veneto, Sant’Antonio e Goldoni. L’appuntamento per tutti gli interessati è
fissato alle 10, con l’arrivo previsto alle 11.30. «È questo il solo modo
che abbiamo – ha precisato Tremul – per evidenziare che in centro città il
traffico e la sosta selvaggia sono la regola, che i mezzi pubblici fanno
fatica a circolare, che i marciapiedi sono occupati e sottratti al loro
normale uso da parte di pedoni, bambini, non vedenti e diversamente abili».
Durante il percorso, gli intervenuti potranno esprimere giudizi e proporre
idee sulle soluzioni da adottare.
Genzo ha invece ricordato che «Trieste ha il triste primato nazionale di
città che registra il maggior numero di incidenti nel rapporto con quello
dei residenti». Tremul ha anche presentato la Giornata europea del pedone
2007, in programma per il prossimo 4 ottobre. Nel corso dell’incontro i due
presidenti hanno sottolineato la necessità di «trasferire una importante
aliquota di utenti dai veicoli privati al trasporto pubblico, che va
potenziato. Bisogna anche istituire corsie preferenziali per i bus – hanno
aggiunto – e migliorare alcuni collegamenti fra i rioni semi periferici
della città, a cominciare da quello fra largo Mioni e via D’Alviano». |
Le case della Ferriera |
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Desidero replicare in merito
alla segnalazione «Le case della Ferriera», pubblicata lo scorso 2
settembre. Certamente, fu prudente la scelta di quei dipendenti della
Ferriera che optarono per abitazioni lontane dallo stabilimento. Occorre
però dire che all’epoca erano ancora praticamente inesistenti sia
l’interesse per l’ambiente sia le informazioni sull’ambiente.
Ci vollero purtroppo delle tragedie (Seveso, Chernobyl, l’amianto ecc.) per
far perdere l’illusione che lo sviluppo industriale ed il benessere
materiale fossero la panacea universale.
Le polveri, certo che c’erano (non nella quantità attuale) ma non si era
informati di quali e quante sostanze inquinanti fossero composte (tra cui
diossina e benzo-apirene altamente cancerogeno). Infatti non più soltanto di
imbrattamento si tratta, bensì di inquinamento.
In secondo luogo, è da sfatare la convinzione, tuttora diffusa, che tali
sostanze tossiche emesse dalla Ferriera riguardino soltanto le case
circostanti lo stabilimento e tutt’al più Servola, Valmaura e Baiamonti.
Dalla mia «postazione» sulla collina di Servola, oltre che godermi le
polveri quando spira scirocco, posso vedere benissimo come le fumate
investano Muggia e le colline soprastanti quando tira vento da ovest e come
si dirigano gagliarde verso Campi Elisi e centro città quando spira da est.
Talvolta la nube decide di scindersi e dirigersi democraticamente in
entrambe le direzioni a mo’ di tenaglia fin sopra l’altopiano carsico ed
inanellarsi sopra la città per poi planare evidentemente un po’ dovunque.
Parlare solo delle case attorno alla Ferriera e zone circostanti è molto
riduttivo. In occasione di una delle recenti manifestazioni contro
l’inquinamento prodotto dalla Ferriera, tenutasi in piazza Oberdan, ho
sentito il commento di una barista del locale situato all’angolo tra via
Carducci e piazza Oberdan: «xe quatro m... de servolani che protesta contro
la Feriera» e seguitava così: «la Feriera xe stada sempre e la sarà sempre».
A parte la villania dell’espressione, proprio a quella manifestazione
parteciparono abitanti della zona Campi Elisi, di Borgo S. Sergio, persino
di S. Luigi, investiti ormai anche loro da polveri ed odori.
Trovo infine molto infelice la sortita a proposito dei «panni bianchi». Mi
ha richiamato alla mente un’analoga uscita del signor Pittini (già padrone
della Ferriera) in occasione di un’intervista televisiva trasmessa da
Telequattro, che suonava così: «...la signora pretende di avere le lenzuola
bianche vicino al camino». Peccato che poco prima l’emittente avesse messo
in onda la telefonata di una residente che diceva di star lottando da due
anni contro un cancro ai polmoni.
Aurora Marconi Incontrera |
IL PICCOLO -
SABATO, 8
settembre 2007
I fumi della Ferriera |
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Leggo su Piccolo del 30
agosto, con sempre maggior stupore l'ennesimo articolo sulla Ferriera, e
apprendo che un vigile urbano addetto ad annusare di notte l'aria attorno
allo stabilimento, si è sentito male ed è stato accompagnato al pronto
soccorso. Già la notizia basterebbe nella sua gravità. Il parossismo si
raggiunge leggendo che il sindacato autonomo Csa, ha «stigmatizzato queste
verifiche inutili e pericolose per gli agenti che mettono in pericolo la
salute dei lavoratori».. Invito tutti gli abitanti di Servola ad
iscriversi a questo Sindacato, forse più forte nella difesa dei propri
iscritti, che nella capacità di capire che le persone in pericolo non sono
solo i lavoratori esteri o interni della Ferriera ma anche tutte le
persone che abitano a Servola e dintorni. Questo sindacato dovrebbe
aggiungersi al coro di denunce per una situazione oramai insostenibile e
non «intervenire suo malgrado sulle problematiche inerenti l'inquinamento»
come se la cosa fosse troppo spinosa per discuterne. Non riesco poi a
capire come non siano mai stati evidenziati malesseri dei lavoratori della
Ferriera, perlomeno dal sindacato che li assiste, se un'annusata basta a
far star male un agente nel parcheggio, ma questo è l'ennesimo mistero
della Ferriera di come venga trattato il problema. Come ulteriore
consiglio, via i vigili notturni, via le centraline dell'Arpa più volte
tacciate di «imprecisione» e l'Enpa non me ne voglia, reintroduciamo i
canarini in gabbietta come facevano i minatori...
Enrico Stagni |
Chiarezza sul piano del
traffico |
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Con riferimento agli articoli
recentemente apparsi sul Piccolo, relativi al nuovo Piano del traffico del
Comune di Trieste (la cosiddetta “bozza Camus”), in qualità di Consigliere
della VI Circoscrizione e, ancor di più, come abitante del Rione di San
Giovanni mi sento in dovere di chiedere chiarezza alla Giunta Comunale e a
tutti i politici triestini.
In primo luogo chiedo chiarezza alla Giunta Comunale, nelle persone del
Sindaco e dell'Assessore con delega al Traffico.
Invito questi ultimi, infatti, a illustrare alla cittadinanza in tempi
brevi e agli stessi pubblici amministratori (Consiglieri Comunali e
Circoscrizionali), quella che risulta essere la proposta del Piano del
Traffico. Son state investite - a mio avviso giustamente - somme di danaro
per un Piano del Traffico indispensabile per una città come la nostra,
indi per cui, affinché si possa instaurare un dibattito serio e
costruttivo necessitiamo di vedere quello che è il progetto stesso in
maniera completa.
Un vero dibattito lo si avrà solo con la presentazione del Piano del
Traffico.
Chiedo inoltre chiarezza a tutti i politici triestini, che lanciano
proposte, per lo più contestabili, quando concretamente, se non attraverso
informazioni passate in via non ufficiale (la famosa “talpa”) e a parere
mio in modo incompleto, non possiedono materiale per mezzo del quale
avanzare commenti, accorgimenti o addirittura varianti. È in una
situazione di buio, in cui circolano solo voci (o peggio ancora
indiscrezioni) che, da quanto pare di capire dalla carta stampata,
sembrano emergere preoccupanti scheletri dall'armadio...
Così una proposta tenacemente combattuta nel Rione di San Giovanni come
quella del cosiddetto “Bucone” nella Rotonda del Boschetto pare essere
resuscitata da noti politici e fa già rabbrividire gli animi di qualcuno.
Una siffatta proposta però, peccherebbe di intelligenza politica per due
motivi: in primo luogo per la summenzionata constatazione che non si può
proporre una cosa se non si ha chiaro il problema su cui la cosa stessa
verte.
Poi, non si può avanzare una proposta del tutto “impopolare” quando il
popolo stesso del Rione di S. Giovanni si è mosso già qualche anno fa
contro la stessa proposta e il contesto non è cambiato affatto.
Attendiamo risposte chiare e concrete, finché queste non giungeranno non
azzardiamoci a far progetti nel buio...tra talpe e “Buconi” perderemmo la
direzione giusta.
Guglielmo Montagnana - consigliere DL La Margherita - Circoscrizione VI |
IL PICCOLO -
VENERDI', 7 settembre 2007
I lavoratori
della Ferriera: «Ci hanno abbandonati» - Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm
chiedono di annullare il protocollo sulla chiusura nel 2009 |
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Nel corso
di un’assemblea denunciato il disinteresse degli amministratori pubblici
per il futuro dello stabilimento
L’assenza del mondo politico
sui problemi cruciali della Ferriera e la mancanza di specifici controlli
sulla salute di chi lavora nello stabilimento di Servola sono state
denunciate dalla Rsu di Fim, Fiom e Uilm in un’assemblea (la prima di una
serie) svoltasi ieri nella sala mensa.
«L’assenza totale della politica – ha affermato Franco Palman (Uilm) – è
testimoniata dal fatto che la Ferriera diventa argomento di battaglia solo
quando ci si avvicina alle elezioni. Dal 2003 ci sono stati tavoli con
tutte le giunte, di qualsiasi colore, senza che si sia approdati a nulla.
E oggi – ha aggiunto – che la Severstal dichiara di voler proseguire
l’attività anche dopo il 2009, i politici non replicano, anche se esiste
il protocollo che prevede la chiusura dello stabilimento fra un anno e
mezzo. Chiediamo alle istituzioni di ritirare le loro firme da quel
protocollo».
Ma nonostante il futuro dei 527 dipendenti (e dei 300 dell’indotto) si
quantomai incerto, sul tavolo del capo del personale ci sono cento domande
di assunzione, e di queste una cinquantina sono di giovani. «E’ la prova –
ha rimarcato Palman – che la Ferriera e la Wärstilä sono le due uniche
industrie che assumono a Trieste».
L’incertezza sul dopo-2009 coinvolge anche l’azienda, con particolare
riguardo agli investimenti. «Senza investimenti – ha rilevato ancora il
rappresentante della Uilm – lo stabilimento non va avanti. Ma la colpa di
questa incertezza è dei politici, e non si può dimenticare che gli
investimenti sugli impianti hanno effetti positivi anche sull’ambiente».
Intanto la politica vuole chiudere la Ferriera «pensando di usare solo gli
ammortizzatori sociali, senza un piano preciso anche per quanto riguarda
le complesse operazioni di bonifica». E a rimarcare ancora una volta
l’assenza della politica, Palman ha ricordato che «un mese fa il ministro
Pecoraro Scanio ha promesso di inviare un sottosegretario per seguire la
Ferriera, ma non lo si è ancora visto. E un anno fa a Roma, quando venne
presentato il piano industriale, il sottosegretario all’industria si
impegnò a seguire il problema. Mai visto neanche lui».
Le responsabilità della classe politica sono state sottolineate anche dal
consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini), ex dipendente della
Ferriera. «Dal 2000 in poi – ha ricordato – tutte le amministrazioni hanno
approfitatto della situazione, e a un anno dalla scadenza fissata per la
chiusura non è successo ancora nulla. Per salvaguardare i posti di lavoro
e l’ambiente – ha aggiunto – non ci si può dividere: sindacati e politici
hanno bisogno dell’apporto dei lavoratori».
Fra i tanti nodi sul tappeto, anche quello della salute di chi lavora
nello stabilimento siderurgico. «Ogni tanto si viene a conoscenza
dall’esterno di nuovi pericoli, come la diossina uscita da alcuni camini –
ha rilevato Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) – ed è ora che si approfondisca
la questione salute in termini seri. Finora – ha proseguito – ci sono
state solo visite mediche ordinarie per i lavoratori, ma mai specifiche su
particolari problemi. Invece nel consiglio provinciale di luglio sulla
Ferriera si è più volte parlato di analisi a campione sugli abitanti di
Servola, con il benestare dell’Azienda sanitaria. I lavoratori – ha
concluso – non sono invece neanche stati invitati a quella seduta. Ci
sono, allora, persone di serie A e di serie B?».
Giuseppe Palladini |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 6 settembre 2007
Rigassificatori, Pecoraro
Scanio frena - Il ministro: «Prima il piano nazionale». Il Wwf: «La
Regione ci ripensi» |
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Si accende
il dibattito dopo l’annuncio di Bersani della necessità di realizzare un
impianto nel golfo di Trieste
TRIESTE Se il golfo di Trieste
possa ospitare uno, due o nessun rigassificatore è una cosa che si deciderà
solo con l’elaborazione del piano energetico nazionale, che sarà elaborato
presumibilmente entro la fine dell’anno. È questa la posizione del Ministero
dell’Ambiente, il cui referente, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio, frena
quindi sull’ipotesi di «almeno un rigassificatore necessario» nella baia di
Trieste, avanzata dal Ministro Bersani. «Finchè non ci sarà un piano
nazionale, basato sugli studi portati avanti da esperti, non è possibile
prevedere quanti impianti possono essere previsti nel golfo di Trieste –
spiega il collaboratore del ministro, Andrea Ferrara - .Se nella cabina di
regia per l’elaborazione del piano si deciderà che oltre a quelli esistenti
ne serviranno altri tre o quattro, solo allora si delibererà quali saranno
le sistemazioni migliori». «I lavori al ministero sono ripresi la scorsa
settimana dopo la pausa estiva – spiega ancora lo staff ministeriale –. È
possibile che il documento sia pronto entro la fine dell’anno». Le
associazioni ambientaliste comunque già adesso mettono le mani avanti,
assicurando battaglia. «Le nostre posizioni sono ben chiare: in un golfo
piccolo come quello triestino senza ricambio di acqua, anche una sola
struttura sarebbe deleteria per ambiente e paesaggio – spiega Vinicio
Collavini, responsabile regionale del Wwf –. Non so se si è considerato che
la Croazia costruirà un suo rigassificatore davanti Capodistria e che ne è
stato previsto un altro davanti Ferrara. Ormai abbiamo poche aspettative che
la giunta regionale torni suoi passi, ma la speranza è l’ultima a morire:
per questo ci batteremo in ogni sede per impedire che il rigassificatore si
realizzi». E lo stesso Wwf, in una nota, chiede che anche l’Italia venga
coinvolta nella procedura di Via proprio per il rigassificatore di
Capodistria. Secondo il Wwf, alcuni impatti dell’impianto supererebbero i
confini nazionali, motivo per il quale la valutazione ambientale deve essere
aperta anche al contributo dei pareri e delle osservazioni di enti e
cittadini italiani. «Si parla di un impianto della capacità di 5 miliardi di
metri cubi annui, il che implicherebbe un traffico di circa 60 navi gasiere,
affiancato da una centrale termoelettrica e collegato alla rete di
distribuzione del metano da un nuovo gasdotto – afferma il Wwf - . Le
gasiere in arrivo al porto sloveno dovrebbero inevitabilmente percorrere il
“corridoio” destinato al traffico commerciale esistente nel golfo di
Trieste. Inoltre, anche se la tecnologia utilizzata sembra non preveda
l’utilizzo dell’acqua di mare per il processo di rigassificazione, l’impatto
delle emissioni della centrale termoelettrica invece potrebbe interessare la
provincia di Trieste. Il gasdotto, poi, potrebbe allacciarsi alla rete di
trasporto e collegamento del metano italiana, interessando quindi il
territorio carsico». Come previsto a livello internazionale, ricorda il Wwf,
i paesi confinanti e i loro cittadini devono essere consultati in caso di
impatti ambientali che possano oltrepassare i confini di uno Stato.
«Così è stato fatto, nei confronti della Slovenia e della Croazia, per le
procedure di Via sui rigassificatori proposti a Trieste-Zaule e nel centro
del golfo – afferma l’associazione - .Ora la stessa procedura venga seguita
nei confronti dell’Italia: ciò implica che tutta la documentazione relativa
al progetto sia resa disponibile, in lingua italiana, alle istituzioni e ai
cittadini italiani interessati, e che a questi venga assegnato un termine
congruo di tempo per esprimere pareri e osservazioni».
Elena Orsi |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 5 settembre 2007
Rigassificatori, solo An e Ds dicono «sì» - Dopo
l’uscita del ministro Bersani secca bocciatura agli insediamenti nel golfo
di ambientalisti e partiti |
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Metz (Verdi): «Non basta l’okay di un singolo
rappresentante del governo per decidere» |
«L’uscita di un singolo rappresentante del governo non
”abilita” la futura presenza di un rigassificatore su questo territorio».
Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, stoppa le dichiarazioni
rilasciate lunedì dal ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani.
Ma non è il solo. Oltre che da comitati e ambientalisti, infatti, la
bocciatura arriva a larga maggioranza anche dalle forze politiche, seppur
con diverse sfumature (parte delle quali riferiamo nell’articolo a destra,
ndr). Si discostano invece da questo fronte, formando un asse trasversale,
Ds e An, che puntano sulla pista Gas Natural.
«Quanto ha affermato Bersani - spiega il segretario diessino Fabio Omero - è
in linea con ciò che ha sostenuto il nostro gruppo in Consiglio comunale,
che si espresse favorevolmente sul parere preventivo alla Via richiesto
dalla Regione per Gas Natural, bocciato invece dalla maggioranza per ragioni
finanziarie. Lo spazio per un rigassificatore, dopo tutte le garanzie del
caso, va ricercato proprio nel progetto di Gas Natural perché a Zaule si
andrebbe a intervenire su un’area industriale degradata da bonificare».
«Concordo sul fatto che debbano essere ancora chiarite le questioni legate
alla compatibilità ambientale - gli fa eco il vicesindaco Paris Lippi da
presidente provinciale di An - ma trovo che Bersani ha lanciato un segnale
per noi importante, anche alla luce delle notizie che parlano di una
Slovenia attiva per costruire un impianto a casa sua. Una volta ricevute
tutte le certezze sulla sicurezza, ritengo si possa procedere con l’iter del
rigassificatore a terra. Quello off-shore, infatti, rovinerebbe il golfo in
un momento in cui si dibatte sul rilancio turistico del territorio».
«Se in prima battuta ero personalmente contrario - interviene il capogruppo
della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara - sto rivedendo la mia posizione solo
per il fatto che la Slovenia si sta muovendo. Se dovessimo avere un
rigassificatore all’estero ma a dieci chilometri da qui, allora non vedo
perché non dovremmo pensarci noi».
Il verde Alessandro Metz, però, smonta il Bersani-pensiero. «Mi sembra molto
bizzarro che Bersani abbia detto che un rigassificatore va fatto in Friuli
Venezia Giulia quando, a livello, governativo, c’è il ministro dell’ambiente
Alfonso Pecoraro Scanio che parla di quattro rigassificatori come necessità
su scala nazionale a fronte di ben 21 richieste. Visto che Bersani era qui
in vista delle primarie del Partito democratico, era meglio che parlasse
solo di quello».
«La posizione di Bersani è solo politica - rincara la dose il segretario di
Rifondazione Igor Kocijancic - perché non contiene la spiegazione di una
reale necessità, da parte del Paese e del territorio, di ospitare un
impianto del genere, visto che come approvigionamento di gas siamo ben
oltre».
«Ci auguriamo che sia solo una sparata - aggiunge Giorgio Jercog,
responsabile del Comitato per la salvaguardia del golfo - perché altrimenti
si condanna la città a un mancato sviluppo, si tradiscono le aspettative del
futuro del porto e dei suoi collegamenti con il Nord Europa, il tutto sulla
testa dei triestini».
«Bersani può dire quello che vuole - conclude Dario Predonzan del Wwf - ma
le sue sono parole al vento: ogni decisione è subordinata a valutazioni
d’impatto ambientale che sono ancora in corso, fra le quali manca oltretutto
la più importante, quella del ministero dell’Ambiente».
Piero Rauber |
RIGASSIFICATORI - Camber: «Progetti politici» Lupieri:
«Restiamo in attesa» - Gli scettici tra Forza Italia, Udc, Margherita e
Cittadini |
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Non danno un no definitivo ai rigassificatori sullo
stampo di quello già espresso dalla sinistra radicale. Ma non seguono
neppure l’apertura dimostrata dai Ds e da Alleanza Nazionale. E guardano con
sospetto e forte critica alle parole dette lunedì scorso da Bersani. Sono i
rappresentanti di Forza Italia, Udc, Cittadini per Trieste e Margherita, che
formano in questo caso il fronte dei «perplessi».
«Non credo proprio - tuona il capogruppo di Forza Italia in Consiglio
comunale Piero Camber - che un impianto sia assolutamente necessario come
sostiene invece il ministro. È notorio che esiste, a livello nazionale, un
accordo interno ai Ds (partito di cui Bersani fa parte, ndr) nel quale
Trieste è un prezzo da pagare. Per quanto riguarda il progetto Gas Natural,
in particolare, si capisce che cosa intendono venire a prendersi questi
investitori a Trieste, ma non ancora che cosa vengono a dare al territorio.
Il costo sociale di un’opera del genere, infatti, è indubbio, mentre è
ancora tutto da valutare e approfondire l’eventuale beneficio», aggiunge
Camber riferendosi alla trattative informali sulle «contropartite» con Gas
Natural che non andarono in porto e che portarono, a inizio anno, alla
clamorosa bocciatura del progetto in Consiglio comunale. «Si sono
autoeliminati ma evidentemente si sentono con le spalle coperte», dice
ancora l’esponente forzista degli spagnoli senza citarli. «Attenti che non
venga fuori un altro caso sul genere cementificio di Torviscosa», chiude
Camber rivolgendosi implicitamente, stavolta, al centrosinistra che governa
la Regione.
«Quelle del ministro Bersani - interviene quindi l’Udc Roberto Sasco - sono
dichiarazioni estemporanee non suffragate dal punto di vista tecnico. Che ci
fornisca, prima di parlare, i dati aggiornati del piano energetico nazionale
che confermano la necessità assoluta dell’opera, dal momento che l’impatto
ambientale sarebbe comunque fortissimo e dovrebbe essere equilibrato da una
comprovata carenza di approvvigionamenti per i quali, invece, non mi sembra
ci siano problemi oggi. E poi va sfatato il mito secondo il quale a Trieste,
nel caso ci fosse un rigassificatore, il gas costerebbe di meno, perché ci
sono direttive europee che impongono di non privilegiare un tipo di utenza
rispetto ad altre».
«Per quanto ci riguarda - aggiunge dal centrosinistra il capogruppo della
Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - ribadiamo la nostra
posizione di attesa di risposte, soprattutto da parte di Gas Natural,
rispetto alle nostre prescrizioni. Al momento la documentazione è
insufficiente, non ne siamo soddisfatti. Ad oggi riteniamo quindi che non ci
siano affatto le condizioni di compatibilità, ambientale e non solo, per
fornire una risposta favorevole».
«Le carte prodotte finora da Gas Natural - gli fa eco Roberto Decarli dei
Cittadini per Trieste - sono assolutamente insufficienti. L’anno scorso
avevamo chiesto di fare un referendum cittadino e ce l’hanno bocciato, salvo
poi farci assistere a una seduta del Consiglio comunale in cui è arrivato un
parere negativo, su suggerimento del sindaco, misurato soltanto su termini
finanziari e non ambientali».
«Dopo le parole del ministro - conclude Decarli - mi convinco che qui stanno
cercando di tirare avanti il più possibile prima di decidere sopra le teste
dei triestini, in Comune come in Regione, ente che non ha nemmeno tenuto
conto delle opinioni contrarie espresse dai comitati dei cittadini. Non sono
un ambientalista, ma non voglio neanche essere preso in giro. E credo che,
alla fine, almeno il rigassificatore di Zaule lo faranno».
pi.ra. |
RIGASSIFICATORI - La posizione di Roma |
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«Condividiamo che un’infrastruttura vada fatta e che
un impianto è assolutamente necessario, non solo per la sicurezza
dell’approvvigionamento, ma anche per cominciare una politica di
abbassamento dei prezzi e con grande attenzione rispetto alle norme
ambientali». Così il ministro Bersani davanti al governatore Illy. Nel caso
l’ostacolo degli approfondimenti richiesti ma non ancora forniti dalle
società proponenti dovesse essere superato in sede di valutazione di
governo, la giunta regionale ha confermato il suo parere positivo alla
realizzazione di uno dei due impianti. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 4 settembre 2007
Illy apre al Wwf: «Sull’Alta velocità auspico ci sia
più collaborazione» - Incontro tra il governatore e il segretario generale
Candotti |
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TRIESTE Il superamento delle attuali «difficoltà di
comunicazione» e un ampliamento della collaborazione reciproca per
conseguire un più adeguato equilibrio del trasporto modale in Friuli Venezia
Giulia, oltre che nella gestione e nella messa in rete dei parchi e delle
riserve naturali regionali: è quanto ha proposto il presidente della
Regione, Riccardo Illy, al segretario generale del Wwf Italia, Michele
Candotti.
Durante il colloquio, Illy ha toccato il tema delle casse di espansione sul
Tagliamento, dove «preferiremmo avere il Wwf alleato piuttosto che
avversario - ha detto - dal momento che l'interlocutore è il ministero
dell'Ambiente e la Regione ha un mero ruolo di esecutrice della volontà
dello Stato», ed ha parlato della realizzazione della linea ferroviaria ad
alta velocità/alta capacità. «Mi aspetterei - ha aggiunto - che il Wwf
dichiari di vedere positivamente una nuova linea ferroviaria, che consenta
di sgravare il traffico su strade e autostrade».
Il presidente ha quindi sottolineato il preoccupante aumento di traffico -
del 10% l'anno - sulle autostrade della regione ed in particolare sulla
Trieste-Venezia, un incremento su cui pesa sostanzialmente il traffico
pesante, che «non è nè originato nè destinato all'Italia». «Anche su questo
- ha detto Illy - mi piacerebbe avere alleato il Wwf nel reclamare una
modifica del sistema tariffario per i mezzi pesanti, raddoppiandolo
perlomeno nelle ore diurne».
Candotti ha dato la sua disponibilità ad «incontrarsi sui tavoli opportuni»
e ha chiesto al presidente Illy di considerare le proposte del Wwf alla
stregua di «indicazioni su situazioni che di solito si sviluppano anni
dopo». Ha quindi concordato con Illy sull'emergenza traffico, proponendo di
mettere a disposizione della Regione «una proposta molto strutturata e
dotata di dati, cifre e modelli» elaborata dal Wwf nazionale. All'incontro
ha fatto seguito una visita in barca di Illy ai 30 ettari della riserva
marina, meta ogni anno di 38 mila studenti e di circa 1.500 visitatori. |
Dipiazza: «Non farò mai la galleria tra largo Mioni e
via d’Alviano» - Il sindaco replica alla Barduzzi |
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«La galleria fra largo Mioni e via D’Alviano non si
farà». Roberto Dipiazza respinge la proposta lanciata dal centrosinistra, e
in particolare dall’assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi,
all’interno del dibattito sul piano del traffico. «Quell’infrastruttura -
spiega il sindaco - verrebbe realizzata sotto San Giacomo e io sono
contrario a passare con una galleria sotto tutte quelle abitazioni. Visti i
”risultati” dei lavori di largo Niccolini, nei pressi dei quali è stato
evacuato un edificio, e dopo l’esperienza della Grande viabilità, non mi
passa nemmeno per l’anticamera del cervello di procedere con un’opera
simile. Non si tratta soltanto di un problema di risorse finanziarie ma
soprattutto di vivibilità per i residenti delle zone eventualmente coinvolte
nei lavori».
A chi gli contesta che, se il progetto non fosse stato accantonato nel 2002,
adesso il tunnel sarebbe già realtà e avrebbe evitato le polemiche legate al
piano del traffico, Dipiazza risponde così: «Girate per la città oggi e
ditemi se esistono, ancora, punte di traffico pesante. Io, onestamente, non
ne vedo. Per quanto riguarda me e la mia amministrazione, tale opera non
verrà realizzata. Se poi i sindaci che verranno dopo cambieranno idea...
liberi di farlo».
La richiesta di riabilitare l’ipotesi del tunnel sotto San Giacomo era stata
avanzata nei giorni scorsi dal segretario Ds Fabio Omero, dal presidente dei
Cittadini per Trieste Uberto Drossi Fortuna e dal capogruppo della
Margherita Sergio Lupieri. A rilanciare quindi il progetto era stata Ondina
Barduzzi, che da componente della giunta comunale Illy all’epoca del piano
Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dell’opera.
Un’opera contenuta nel piano infrastrutturale del traffico e prevista anche
dal prg, ma poi stralciata dal Prusst nel 2002. Un’opera, inoltre, invisa
agli stessi residenti della zona di largo Mioni, che nelle ultime ore sono
tornati a contestarne un’eventuale realizzazione.
pi.ra. |
I danni della Ferriera |
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Sono rimasta a dir poco sconcertata nel leggere
l’articolo pubblicato il 30 agosto intitolato «Vigile urbano si sente male
davanti alla Ferriera durante un controllo notturno dell’inquinamento».
Si rende conto il vicecoordinatore regionale del sindacato Csa, Sergio
Rudini, di quanto il suo comunicato sia contraddittorio ed offensivo? Egli
definisce «risibile, ridicola ed inconcludente» l’attività di controllo
notturno dell’inquinamento da parte della polizia Municipale.
Ritiene dunque risibile il fatto che un agente durante tale attività di
controllo si sia sentito male oppure ritiene che lo stesso, nonché il medico
che ne ha accertato le condizioni, non siano in buona fede?
Abito in via di Servola ed ho constatato personalmente che tenendo aperte le
finestre di notte mi succede di svegliarmi con un forte bruciore alla gola.
Mi risulta inoltre che anche di recente diversi residenti si siano dovuti
recare al pronto soccorso per episodi di acuzie di patologie respiratorie.
La sprezzante definizione di «leggende metropolitane» riferita all’aumento
di inquinamento in zona Ferriera durante la notte offende profondamente
quanti sono lesi dall’inquinamento persistente nella zona.
Quanto poi all’utilità di andare a «sniffare» l’aria attorno alla Ferriera,
invito anzi anche il Rudini ad andarci nonché tutta la potente lobby che in
tanti anni si è pervicacemente opposta alla chiusura e quindi alla
riconversione dello stabilimento, aggravando così sia i problemi di salute
dei residenti sia quelli occupazionali e di salute dei dipendenti. La
conclusione del comunicato del Rudini è ineffabile!
Il Csa si preoccupa dunque della salute dei vigili urbani in quanto
lavoratori, dopo averne deriso l’operato. Quanto ai «dati concreti
sull’effettivo inquinamento», preso atto che evidentemente per il Csa disagi
e malattie appartengono alla sfera dell’astratto, dell’opinabile, non sono
abbastanza concreti i dati relativi agli sforamenti forniti dal Cigra e
dalla stessa Azienda sanitaria?
Aspettiamo di avere finalmente anche i dati sull’inquinamento del mare e del
patrimonio ittico e vedremo che cosa ci sarà di «risibile».
Aurora Marconi Incontrera |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 3 settembre 2007
Galleria di largo Mioni: conferenza della consulta per
illustrarne l’utilità - Annuncio del consigliere Sulli |
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Un sì convinto al progetto della galleria tra largo
Mioni e via D’Alviano. Ad esprimerlo, intervenendo così nel dibattito degli
ultimi giorni, è Bruno Sulli, ex presidente del Consiglio comunale e attuale
consigliere della Circoscricione di Barriera vecchia. «Circoscrizione -
scrive Sulli in una nota - che già 20 anni fa sosteneva la realizzazione
della galleria, a differenza della sinistra che, prima fermamente contraria,
oggi arde di un nuovo e improvviso interesse verso questa opera pubblica.
Che l’opera sia necessaria alla città si capisce anche dalle previsioni
dell’ingegner Camus sulle percentuali di traffico che verrebbero spostate
soprattutto da via Oriani e Madonnina. Senza pensare che tali considerazioni
sono solo un esempio della diminuzione di traffico che si avrebbe in quella
vera strettoia che è piazza Garibaldi , migliorando la velocità degli
spostamenti e dimezzando l’inquinamento».
L’utilità del progetto, secondo Sulli, appare ancora più evidente se si
inserisce l’opera nella più ampia cornice della viabilità cittadina.
«Prendiamo in considerazione la galleria di piazza Foraggi - continua l’ex
presidente dell’assemblea municipale - Già da tre consigliature vengono
rimandati i lavori di manutenzione di quel tunnel che, peraltro, si presenta
in condizioni pietose. Se per caso la si dovesse chiudere per lavori
urgenti, tutto il traffico si bloccherebbe in via Molino a Vento, via
dell’Istria e, per ben che vada, viale Ippodromo e nelle altre strade
collegate a San Giacomo. Alla luce di tutto questo, la circoscrizione di
Barriera Vecchia intende organizzare questo mese una conferenza pubblica per
illustrare ai cittadini i vantaggi del collegamento tra largo Mioni e via D’Alviano.
In quella sede esprimerò un sì convinto, come lo è sempre stato».
Da Sulli, infine, arriva una stoccata all’immobilismo che sembra dominare la
città. «Ogni volta che un politico illuminato vuol portare avanti nella
nostra addormentata Trieste un’opera pubblica importante, viene regolarmente
bloccato dagli interessi di pochi, come insegna l’esperienza dell’ex
assessore regionale Franzutti. La costruzione delle gallerie di
circonvallazione, che in definitiva supplivano al piano regolatore del 1934
per la parte mai portata a termine, è stata sempre accompagnata dalle
proteste di chi guarda esclusivamente al proprio tornaconto». |
Rigassificatori e competenze |
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Intervengo all'articolo del 25 agosto 2007 del
vicesindaco Parisi Lippi: «Rigassificatore Sloveno, Roma si sbrighi a
decidere». Che il vicesindaco
Lippi solleciti Roma a dare una risposta mi lascia alquanto perplesso e
nello stesso tempo preoccupato. Roma non decide proprio nulla, al massimo
potrebbe proporre, ma l'ultima parola spetta, per nostra fortuna, alla
popolazione dell’intera Provincia di Trieste. Suggerisco sia al vicesindaco
che al sindaco di leggere la (Seveso1) Legge 137/97 art.1 comma 1 e
(Seveso2) Decreto Legge334/1999 e le direttive comunitarie 96/82/CE. La
(Seveso1) impone l’obbligo al Sindaco di informare la popolazione vicina ai
siti industriali pericolosi, sulle misure di sicurezza e l'eventuale piano
di evacuazione della stessa in caso di incidente doloso o causale.
Ho letto molti articoli pubblicati sul «Piccolo» sui Rigassificatori Gnl a
Trieste e ho assistito anche a presentazioni sui progetti dei
rigassificatori gnl sia «On-Shore» che «off-Shore», tutti molto ben
organizzati e pronti ad evidenziare solo l’aspetto positivo
dell’insediamento industriale. Ma nessuno ha mai parlato in maniera chiara e
dettagliata sulla pericolosità per la popolazione in caso di incidente
catastrofico e i danni ambientali che provocherebbe l'emissione in mare in
un anno di circa 20-30 ton. di cloro attivo.
Questo non è falso ambientalismo ma soltanto voler bene all’umanità e al
proprio territorio. Per Trieste.
Paolo Ruggieri - Segretario Organizzativo Dc per le Autonomie |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 2 settembre 2007
Il comitato dei residenti pronto a un’altra petizione
per contestare la galleria largo Mioni-D’Alviano - L’ipotesi emersa nel
dibattito sul piano del traffico |
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Si riapre il fronte della protesta dei cittadini
contro l’ipotesi della galleria che dovrebbe collegare largo Mioni con via
d’Alviano. Un progetto previsto dal piano del traffico Honsell-Barduzzi del
’97, ma stralciato nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza, che ne aveva
fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale.
L’ipotesi della galleria, che nelle intenzioni dovrebbe alleggerire il
traffico nella zona piazza Garibaldi-Foraggi, è tornata alla ribalta in
questi giorni. Nella bozza del nuovo piano del traffico Camus la possibilità
non viene esclusa nel medio-lungo termine e diversi esponenti del
centrosinistra l’hanno rilanciata.
Gli abitanti della zona di largo Mioni tornano a protestare: non vogliono la
galleria soprattutto per motivi inerenti all’appesantimento del traffico e
dello smog nel rione. Qui, spiegano, si è giunti alla bonifica e
riqualificazione della collina della vergogna, dove si è anche rifatta la
stradina che porta sino a via Rigutti e verso san Giacomo.
«Ma ora - spiega Donatella Verazzi, rappresentante del comitato dei
cittadini del rione sorto nel 2001 - se si riprende in considerazione
l’ipotesi della galleria i soldi per la riqualificazione della collina
saranno soldi buttati. Siamo preoccupati per questa idea, nata ancora ai
tempi del fascismo e poi bocciata, malgrado i lavori sulla via D’Alviano
fossero partiti, perché le escavazioni si erano imbattute in terreni poco
stabili di arenaria, percorsi da numerosi corsi d’acqua. Ma con tutti i
problemi che ci sono a Trieste, proprio su quella galleria ci si è
incaponiti?».
A titolo personale si dichiara contrario anche il presidente della
circoscrizione quinta Silvio Pahor che spiega come il consiglio sulla
questione non si sia ancora riunito perché i cittadini avranno modo di dire
la loro in una assemblea pubblica indetta dal parlamentino rionale:
«L’ipotesi rischia – dice- comunque di appesantire il traffico anche sul
versante della via D’Alviano che è già caotico per il polo attrattivo delle
Torri. Per quanto riguarda la zona di largo Mioni, dove si stanno costruendo
molte case nuove, è già di suo assai trafficata. Mi chiedo dunque a chi
gioverebbe una simile soluzione».
Daria Camillucci |
IL PICCOLO -
SABATO, 1
settembre 2007
Il Corridoio V e il porto |
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Ringrazio il lettore Iginio Zanini (29 agosto).
Sintetizzando: rispetto al progetto del 2003, l’attuale percorso previsto
per il Corridoio V non peggiora le prospettive del nostro porto; il fatto è
che, purtroppo, il collegamento Trieste-Capodistria non era previsto già da
prima. Il tracciato presentato – senza pubblicità, bisogna dire – a
Bruxelles è più lento e meno soddisfacente per i passeggeri, nonché più
lungo e costoso, con oltre 60 km di gallerie triple da Monfalcone a
Divaccia. Ma anche il progetto del 2003 non scherzava. Cosa si può dire? Che
il rapporto costi/benefici dell’opera (che non è stato divulgato) dovrebbe
essere alquanto peggiorato.
Livio Sirovich |
IL PICCOLO -
VENERDI', 31
agosto 2007
Barduzzi a
Dipiazza: traffico, servono le gallerie - «Il sindaco ha accantonato
il collegamento Mioni-via D’Alviano studiato da Lunardi» |
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L’assessore
provinciale ai Trasporti chiede che il nuovo piano recuperi le proposte cui
aveva collaborato l’ex ministro di centrodestra
«La galleria mai realizzata fra
largo Mioni e via D’Alviano? Un’occasione persa, nel 2002, dalla prima
amministrazione Dipiazza. E di cui ora il sindaco, alle prese con l’annosa
definizione del nuovo piano del traffico, sta pagando le conseguenze. Tanto
che Dipiazza farebbe bene a riconsiderare la realizzazione di quel
progetto».
A sostenerlo è l’attuale assessore provinciale ai trasporti Ondina Barduzzi,
che da componente della giunta comunale retta da Riccardo Illy all’epoca del
piano Honsell (commissionato nel ’96 e oggi in vigore) seguì l’iter dei
progetti delle due gallerie urbane contenuti nel piano infrastrutturale del
traffico e previsti anche dal prg: la prima riguardava, per l’appunto, il
collegamento sotto San Giacomo fra largo Mioni e via D’Alviano, con annesso
un parcheggio, mentre la seconda disegnava un eventuale tunnel fra la
Rotonda del Boschetto e via Revoltella.
Ma se negli anni immediatamente precedenti alle elezioni del 2001 (che
avrebbero poi premiato Roberto Dipiazza) le procedure per la galleria fra
San Giovanni e la Fiera erano rimaste in una fase embrionale, il percorso
burocratico per la realizzazione del tunnel sotto San Giacomo - assicura la
Barduzzi - era in dirittura d’arrivo. «Ma poi ci furono le elezioni» e
l’opera (contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr)
venne stralciata nel 2002 dal Prusst, il programma di recupero urbano e
sviluppo sostenibile del territorio.
LA CONSULENZA LUNARDI «Per la galleria di largo Mioni - ricorda l’attuale
assessore provinciale ai trasporti - ci eravamo avvalsi della consulenza
dello staff dell’ingegner Pietro Lunardi, che allora non era ancora ministro
e che, sulla piazza, era riconosciuto da tutti come uno dei massimi esperti
in infrastrutture». «Lui stesso - prosegue la Barduzzi - era intervenuto in
prima persona in alcune occasioni, tanto che mi aveva portato a Roma,
davanti al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dove il progetto aveva
ricevuto l’ok».
«Prima delle elezioni del 2001 - aggiunge l’ex assessore dell’allora giunta
Illy - avevamo così uno studio di fattibilità approvato, un finanziamento
per l’opera già stanziato dalla Cassa depositi e prestiti e addirittura una
gara europea già bandita, che avrebbe consentito al Comune di avvalersi dei
migliori costruttori internazionali per la costruzione di un tunnel urbano
da circa 500 metri, dotato di appositi sistemi di filtraggio delle emissioni
per il transito dei pedoni».
IL DOPO ELEZIONI «Una volta insediatasi la prima amministrazione Dipiazza -
insiste la Barduzzi - all’assessorato arrivò Maurizio Bradaschia che annullò
la gara, mentre il finanziamento venne dirottato altrove. Secondo me, in
quella circostanza, hanno sottovalutato la portata di quell’opera. Se
avessero proseguito nell’iter, a quest’ora la galleria sarebbe già stata
costruita. Il che, oggi, avrebbe aiutato il sindaco Dipiazza nelle sue
scelte di pedonalizzare corso Italia o altre direttrici. È stato un peccato,
se le elezioni fossero capitate qualche mese dopo le procedure non si
sarebbero più fermate».
IL FUTURO «Credo - chiude la Barduzzi - che ora il progetto potrebbe essere
ripreso con successo. Dipiazza ha davanti a sé quattro anni di mandato,
potrebbe fare leva sui buoni rapporti che immagino avrà acquisito in questi
anni con Lunardi, attraverso i contatti con l’ex governo Berlusconi».
I COMMERCIANTI Con gli ultimi rientri dalle ferie, intanto, si profilano i
primi contatti per una valutazione del piano del traffico «carte alla mano»
da parte delle categorie. A conoscere a breve il documento, costruito sulla
bozza Camus anticipata dal Piccolo, saranno i commercianti. «Ho accennato la
questione al sindaco nei giorni scorsi - fa sapere il presidente della
Camera di Commercio Antonio Paoletti - e proprio oggi (ieri, ndr) ne ho
riparlato con l’assessore Rovis. Il piano del traffico ci sarà consegnato e
illustrato entro il mese di settembre. Noi lo recepiremo, lo analizzeremo e
faremo sapere al municipio le nostre osservazioni».
ASSOCIAZIONI E SINDACATI Da venerdì prossimo, infine, cominceranno a
muoversi ufficialmente anche associazioni e sindacati. Per quel giorno,
infatti, il Coped-Camminatrieste - che chiede da sempre maggiore tutela dei
pedoni e le aree di fermata dei bus libere dalle macchine in sosta,
nell’ambito di un’«immediata applicazione del piano del traffico» -
organizzerà un incontro stampa sull’argomento, alla presenza del presidente
nazionale di Camminacittà Carlo Genzo, coinvolgendo alcuni rappresentanti
sindacali. La Cgil, a questo proposito, ha confermato di avere in agenda un
ingresso nel dibattito, a breve scadenza.
Piero Rauber |
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 30
agosto 2007
Il mondo rischia di finire il cibo - Troppi campi dedicati
al biofuel - Uno studio choc pubblicato dal quotidiano inglese The Guardian: il
rebus biocarburi
Il cambio di destinazione provoca l'aumento dei costi
delle derrate
Meno prodotti agricoli, sempre più cari. Aggiungete
carenza d'acqua disastri naturali e sovrappopolazione: è la ricetta per il
disastro
LONDRA - Da anni viviamo
con l'incubo del riscaldamento globale. Ma un'altra minaccia, ancora più
immediata, potrebbe essere la fame globale: sempre meno prodotti alimentari
disponibili, sempre più cari, contesi da una popolazione terrestre sempre più
grande, in un periodo già reso critico da risorse idriche sempre più scarse e da
un clima sempre più imprevedibile. "La fine del cibo", riassume il titolo del
Guardian di Londra, puntando il dito contro un fenomeno che sta accelerando il
deficit alimentare: sempre più terre, in America e in Occidente ma anche nel
resto del pianeta, finora utilizzate per coltivare prodotti agricoli, adesso
vengono adibite alla coltivazione di biocarburi, come l'etanolo e altri
carburanti "puliti", sia per ridurre l'inquinamento atmosferico, sia per ridurre
la dipendenza dall'energia petrolifera di un esplosivo e instabile Medio
Oriente. E' questo, sostengono gli esperti, il fattore scatenante dell'aumento
dei prezzi del cibo. Aggiungendovi il declino delle acque, i disastri naturali e
la crescita della popolazione, ammonisce il quotidiano londinese, si arriva a
"una ricetta per il disastro".
Lester Brown, presidente della think-tank Worldwatch Institute e autore del
best-seller "Chi sfamerà la Cina?", presenta così la questione: "Siamo di fronte
a un'epica competizione per le granaglie tra gli 800 milioni di automobilisti
del pianeta e i due miliardi di poveri della terra". Come in quasi tutte le
sfide tra ricchi e poveri, non è difficile immaginare chi la stia vincendo.
Esortati dal presidente Bush a produrre entro dieci anni un quarto dei
carburanti non fossili di cui necessitano gli Stati Uniti, migliaia di
agricoltori americani stanno trasformando il "granaio d'America" in una immensa
tanica di biocarburi. L'anno scorso già il 20 per cento del raccolto di
granoturco Usa è stato usato per la produzione di etanolo, i cui stabilimenti
raddoppiano di anno in anno. Una politica analoga è in corso un po' ovunque,
dall'Europa all'India, dal Sud Africa al Brasile. Diminuendo la terra destinata
alla coltivazione di grano, il prezzo del frumento è aumentato del 100 per cento
dal 2006, e ciò sta portando ad aumenti da record dei prezzi dei generi di prima
necessità: pane, pollo, uova, latte, carne.
Ad accrescere le preoccupazioni del dottor Brown c'è il boom demografico ed
economico di Cina e India, i due giganti in cui vive il 40 per cento della
popolazione mondiale: anche perché cinesi ed indiani stanno abbandonando la loro
tradizionale dieta ricca di verdure a favore di un'alimentazione più
"americana", che contiene più carne e latticini. Non tutti condividono gli
scenari catastrofici. "Il Brasile ha 3 milioni di chilometri quadrati di terra
arabile, di cui solo un quinto è attualmente coltivato e di cui solo il 4 per
cento produce etanolo", dice il presidente brasiliano Lula. Ma le Nazioni Unite
calcolano che la richiesta di biocarburi aumenterà del 170 per cento solo nei
prossimi tre anni. Ci sarà abbastanza cibo per tutti? O presto verrà il giorno
in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburi per la nostra
auto?
ENRICO FRANCESCHINI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30
agosto 2007
Traffico:
«Basta idee, ora la parola ai tecnici» - Dopo il nuovo profilo della
circolazione urbana proposto dal sindaco Dipiazza, la maggioranza prende le
distanze |
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Rovis (Fi):
«Parliamone seriamente». Rosolen (An): «Contesto metodo e merito» |
Sulle ultime idee del sindaco
Dipiazza in merito alla viabilità urbana (un Ring alla viennnese lungo le
rive, via Carducci e Corso Italia, quest’ultimo dunque non pedonale, e
progressiva pedonalizzazione del Borgo Teresiano) la maggioranza in Comune
prende atto ma dice basta alle parole. Alessia Rosolen (An) mette il segnale
di stop: «Contesto il metodo: non può essere che da tre anni a questa parte
ogni giorno il sindaco ci dà la sua proposta quotidiana, non saranno le sue
dichiarazioni a portarci il piano del traffico, l’argomento deve passare per
un confronto serio e per le vie amministrative. Quando si fa una proposta
bisogna tener conto del contesto, dei parcheggi e dei servizi per i
residenti: se chiudiamo Borgo teresiano la gente dove mette la macchina?».
Ma l’esponente di An contesta anche nel merito: «Chiudere corso Italia è
chiaramente impossibile, ci sono parcheggi in zona in avanzato stato di
costruzione, e questo discorso è come un cane che si morde la coda».
Difende invece la propria idea, pur aperto ai consigli dei tecnici (più che
dei politici) l’assessore al Commercio Paolo Rovis (Fi): corso Italia
pedonalizzato. «E’ lì - dice - come in via Mazzini che si trovano le
maggiori realtà commerciali che avrebbero beneficio dalle zone pedonali, il
traffico dei futuri park potrebbe dirottarsi su via San Spiridione, ormai i
negozianti hanno del tutto superato l’ostracismo al pedonale, anzi lo
vogliono, e non è necessario ipotizzare chiusure tout court, a Graz per
esempio ci sono i paletti mobili, che si abbassano quando è l’ora del
carico-scarico merci e si alzano quando l’area torna ai pedoni». Comunque
anche Rovis pianta il suo cartello di stop: «Basta dibattito, la bozza di
piano deve essere discussa in sede politica e con il supporto del
professionista che ne è l’autore e dei tecnici: sono loro, al di là delle
idee di ciascuno, che possono aiutare a raggiungere una condivisibile
possibilità alternativa».
Altrettanto s’invoca da centrosinistra. «Mi sembra - osserva Roberto Decarli
(Cittadini) - che in questa fine estate il sindaco tenga caldo l’argomento
soprattutto per rallegrare i triestini, proponendone ogni giorno una nuova.
Comunque ricordo che l’idea del Ring e dei bus elettrici è quanto aveva
proposto l’allora assessore all’Urbanistica Maurizio Bradaschia, ed eravamo
nel 2001. Ora, nel 2007, siamo ancora qui e non è successo niente, spero che
la prossima settimana sia convocata la sesta commissione, come chiesto dal
centrosinistra, e che si apra un confronto finalmente serio quanto meritano
argomenti come traffico e ambiente».
Per la Confcommercio Franco Rigutti ammette che l’idea di Dipiazza non è
disprezzabile (ma la categoria ne discuterà il 30 agosto), ricorda che anche
in via Mazzini c’è un comitato pro-pedonalizzazione, e che comunque «la cosa
importante è che le aree pedonali siano messe in collegamento e i
commercianti, come promesso dagli assessori, siano consultati nel merito».
Nel dibattito entra anche Giorgio Cappel, presidente dell’Aci, che esordisce
dicendo: «Il piano del traffico ha scatenato i più opposti sentimenti, in
una situazione in cui paradossalmente tutti hanno ragione». Cappel aggiunge
che ognuno è d’accordo quando si parla di circolazione più fluida, compresa
quella degli autobus, e del non avere problemi di parcheggio, ma imputa a
questo dibattito di essere troppo «epidermico» mentre dovrebbe essere
«scientifico». «Ciascuno di noi di fronte a un ingorgo inventa una soluzione
- scrive Cappel -, pensa a un senso unico o a un nuovo semaforo, ma chi va
per via scientifica utilizza il computer e i relativi programmi dedicati che
attualmente sono in grado di calcolare in ciascuna strada l’effetto della
chiusura o apertura o dell’inversione di un senso di marcia».
Anche la «volontà politica (in senso nobile) - aggiunge Cappel appellandosi
a un approccio tecnico - spesse volte non è asettica, ma affetta da
personali esigenze quoitidiane. Il metodo epidermico tornerà a essere
essenziale per verificare a posteriori le soluzioni tecniche: la storia ci
insegna che ogni soluzione progettuale necessita di una verifica pratica, e
in questo caso (essendo il piano modulare) si può realizzarlo
sperimentalmente a piccoli lotti. Pronti - chiude Cappel - a tornare
indietro».
g. z. |
Vigile urbano
si sente male davanti alla Ferriera durante un controllo notturno
sull’inquinamento
La sigla
sindacale Csa: «Stigmatizziamo queste verifiche inutili e pericolose per gli
agenti» |
Un vigile urbano, in servizio
l’altra notte con due colleghi del corpo, si è sentito male dopo essere
sceso dalla macchina della municipale nei pressi della Ferriera, per il
controllo notturno di routine sullo stato dell’aria attorno allo
stabilimento. Il vigile ha accusato in breve tempo bruciore agli occhi,
forte salivazione e un persistente aroma dolciastro in bocca, tanto che i
colleghi l’hanno accompagnato al Pronto soccorso di Cattinara, dove gli è
stato rilasciato un referto che parla di una prognosi di tre giorni.
A rendere noto l’episodio, che risale alla notte fra martedì e ieri è la
sigla sindacale autonoma Csa, per voce del vicecoordinatore regionale Sergio
Rudini.
«Il Coordinamento indacale autonomo - scrive Rudini in una nota stampa -
deve intervenire suo malgrado sulla questione della Ferriera. Sono note a
tutti le problematiche inerenti l'inquinamento del sito ma non tutti sanno
che la polizia municipale effettua controlli di ruotine durante le notti.
Controlli, si fa per dire: ad intervalli regolari, una pattuglia si reca nei
pressi dello stabilimento, scruta l’orrizzonte e annusa l’aria».
«Malgrado la probabile buona volontà e buona fede che arriva dai vertici
comunali - si legge ancora nel comunicato - appare risibile, ridicolo ed
inconcludente questo tipo di attività. Infatti, pur in quest’epoca di
pretoriani ed agenti superdotati, sembra singolare che le doti del personale
siano simili a quelle dell’uomo bionico, capaci cioè di rilevazioni
superiori a quelle dell’Arpa».
Rudini, a questo punto, riferisce del fatto accaduto «nella notte tra il 28
ed il 29 agosto: la pattuglia impegnata in questo compito si reca nei pressi
della Ferriera, due restano a bordo, un terzo scende e sniffa. Così come le
leggende metropolitane raccontano che nella notte le emissioni dello
stabilimento misteriosamente aumentano, così la persona che scruta e annusa
si sente male. L’avvenimento si somma alle innumerevoli segnalazioni dei
residenti in zona. Come sigla sindacale stigmatizziamo questi tipi di
controlli che mettono in pericolo la salute dei lavoratori, senza ottenere
nessun dato concreto sull’effettivo inquinamento». |
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI',
29
agosto 2007
Istat,
Trento la città più "ecologica" - In Italia cresce la raccolta differenziata -
Rapporto sul 2006 che analizza 111 capoluoghi di provincia. Male Massa, Enna e
Olbia
Aumentano le due ruote, l'inquinamento da polveri
sottili ma anche il verde pubblico
ROMA - Trento è il comune più
eco-compatibile d'Italia. Il più attento, insomma, a non trascurare l'impatto
ambientale delle sue politiche. Lo dice l'Istat che, nell'indagine sugli
"Indicatori ambientali urbani" per il 2006, stila una classifica delle città più
"ecologiche". Trento è seguito da Venezia, Modena e Bologna. Vanno male, invece,
Massa, Enna e Olbia.
Dallo studio emergono anche tante contraddizioni nel modo di vivere le
problematiche ambientali da parte degli italiani. Che amano sempre più le due
ruote ma sono anche più attenti alla raccolta differenziata. Nelle città,
comunque, cresce l'inquinamento da polveri sottili Pm10, ma anche lo spazio
dedicato al verde pubblico.
La classifica. I dieci comuni più eco-compatibili del 2006 sono,
nell'ordine, Trento, Venezia, Modena, Bologna, Bolzano, Livorno, Brindisi,
Genova, Avellino e Aosta. La "regina" delle città ecologiche, Trento, ha una
percentuale di raccolta differenziata vicina al 50 per cento, un'alta densità di
verde urbano e ha sviluppato interventi di bonifica del rumore. Massa invece è
il comune meno eco-compatibile: qui si raccolgono (e quindi si producono) troppi
rifiuti, si registra un alto consumo d'acqua e una totale assenza di un piano
del traffico.
Trasporti. Secondo il rapporto nel 2006 è aumentato il tasso di
motorizzazione (+0,7 per cento rispetto all'anno prima): in media, ci sono 619,7
auto ogni mille abitanti. I comuni più "motorizzati" sono Viterbo, Roma e
latina. Ma gli italiani, anche a causa delle difficoltà di trovare parcheggio e
delle limitazioni alla circolazione, puntano sempre più sui motocicli. Le due
ruote, infatti, hanno registrato un'impennata del 7,1 per cento. Le città in cui
moto e motorini sono più diffusi sono Imperia, Livorno e Savona. Per quanto
riguarda i trasporti, aumenta anche la richiesta di quello pubblico: +2,6 per
cento.
Rifiuti. A fronte di un aumento della quantità di rifiuti urbani raccolti
(+1,6 per cento: ogni abitante produce in media 633,9 chili di spazzatura
all'anno), si registra anche una crescita significativa della raccolta
differenziata. Che segna un +7,1 per cento, e dunque una maggiore attenzione da
parte dei cittadini per i problemi collegati al riciclo. La percentuale di
raccolta differenziata varia a seconda delle zone d'Italia: 33,6 per cento al
Nord, 23 al Centro e 10,1 al Sud. La carta è il materiale più raccolto nel
servizio differenziato.
Verde urbano. Il verde pubblico, tra parchi e giardini, si ritaglia un
piccolo spazio in più (1 per cento) rispetto al 2005. Bari, Milano e Bologna
registrano le maggiori variazioni in positivo dal 2005. Pisa è la città che ha
la più alta percentuale di verde urbano sulla superficie comunale: il 71,9 per
cento.
L'inquinamento. Nei 73 comuni che monitorano le polvere sottili, le
centraline hanno segnalato che il Pm10 ha superato in media i limiti previsti
67,2 giorni l'anno, con un incremento del 7,3 per cento rispetto all'anno
precedente. La situazione migliora scendendo da Nord a Sud: nel Settentrione
infatti i limiti sono stati superati in media 88,6 giorni, al Centro 64,5 giorni
e nel Meridione 27,9.
Energia. Nel 2006 è diminuito il consumo pro-capite di gas metano per uso
domestico e per il riscaldamento: -4,8 per cento. Giù anche il consumo
pro-capite di energia elettrica per uso domestico, che scende del 6,2 per cento.
Reggio Calabria è la città che usa meno gas metano, Avellino quella che consuma
meno energia elettrica.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29
agosto 2007
PIANO DEL TRAFFICO - «Via le
auto dal Borgo Teresiano» -
«Anello tra via Carducci, Rive e
corso Italia e via Mazzini pedonale» |
|
Il sindaco
Dipiazza sfoggia ottimismo per la conclusione della vicenda Stream e
prefigura possibili nuovi scenari del traffico
Passa per la soluzione della
vicenda Stream una fetta determinante dei problemi della viabilità
cittadina. Liberata l’area di via Mazzini, come per un effetto tornasole, si
dovrebbe sbloccare lo stesso piano del traffico e far partire un percorso a
tappe che dovrebbe portare alla pedonalizzazione completa del Borgo
Teresiano entro dieci anni e alla creazione di una sorta di «ring» alla
viennese che avrebbe in via Carducci, nelle Rive e in corso Italia il
perimetro importante.
Il sindaco Dipiazza, che si è trovato a palleggiare tra le critiche sulla
materia arrivategli addosso più dalla sua maggioranza che dall’opposizione,
sembra sicuro. «Diciamo che – debutta il primo cittadino – c’è un cauto
ottimismo sulla possibilità che la vertenza civile ancora in corso con
l’Ansaldo (ideatrice di Stream ndr) vada a buon fine. A quel punto
ripartiremo proprio da via Mazzini, che attualmente spezza in due la città.
Sì, le conosco le perplessità, c’è chi sostiene che la via è bruttina e si
presta meno alla pedonalizzazione di corso Italia. Ma non era forse – si
infervora Dipiazza – la stessa cosa che si diceva anni fa di via San Nicolò,
che oggi è un gioiello? No, credetemi, se l’affare Stream finisce come
pensiamo e speriamo in via Mazzini, con qualche bell’alberetto piazzato
sulla carreggiata e fanali lungo la strada, come in via Muratti cambierebbe
volto in maniera decisiva. E allora sì che anche i negozi potrebbero
beneficiarne».
Un passo indietro. L’ottimismo del sindaco nasce in prima battuta dalla
sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione all’Agenzia per la
mobilità territoriale (Amt), controllata all’87 per cento dallo stesso
Comune ma formalmente responsabile dei rapporti diretti con l’Ansaldo. La
disdetta di Stream, era stato deciso in quell’occasione, era regolare.
Smentendo in questo il Tar (Tribunale amministrativo regionale), che aveva
annullato la delibera con la quale il Comune bloccava la sperimentazione del
bus elettrico. Dalla rimozione della rotaia magnetica, che tuttora
caratterizza la via Mazzini e dalla successiva riasfaltatura potrebbe
partire la Fase due della soffertissima rivoluzione della viabilità. Prima
della rotaie, però, va rimosso con sentenza, «prevista ai primi di ottobre»,
ricorda Dipiazza, un macigno che si chiama 24 milioni di euro di richiesta
danni inoltrata dall’Ansaldo all’Amt.
«Non voglio rifare tutta la storia – dice Dipiazza – ma Stream doveva andare
da San Giovanni a Riva Traiana, ma ha incontrato problemi notevoli nella
sperimentazione, tanto che l’installazione della rotaia si è fermata ai soli
6-700 metri di via Mazzini, rimasta, nei fatti, blindata e bloccata». Non si
preoccupa apparentemente, Dipiazza, delle cifre in ballo, roba da
prosciugare mezzo bilancio comunale. «Mah, in questi casi le cifre sono
sempre così, in libertà. Porrei invece l’accento sul fatto che i sei anni
finora persi hanno condizionato lo sviluppo di tutta quell’area. Sei anni
significa un mandato più un anno da sindaco in cui non ho potuto mettere
mano a niente. Così come non farò niente per quanto riguarda la rimozione
della banda magnetica fino a quando non ci sarà la certezza della sentenza».
Visto che l’ottimismo sembra comunque di casa, Dipiazza pensa al «dopo». E
qui, in un ipotesi «Borgo Teresiano completamente pedonale entro una decina
d’anni», spunta l’ipotesi bus elettrici. Una possibilità che era stata fatta
circolare subito dopo la «rottura» con Stream e viene confermata adesso, sia
pure come scelta di massima. «A Roma e Firenze – racconta – esistono autobus
elettrici di piccole dimensioni che andrebbero benissimo, per dire, su
un’ipotetica direttrice tra via Ghega e Corso Italia». Non sembrano poter
esserci, dunque, margini di recupero per quell’idea lungamente vagheggiata
da ampi strati della coalizione di centrodestra, e cioè di pensare a un
corso Italia chiuso perennemente al traffico e non solo in poche occasioni
ludiche nell’arco dell’anno. «Il problema principale – taglia corto Dipiazza
– è adesso quello di chiudere tutto al traffico in quell’area. A quel punto,
come nei modelli tedeschi o austriaci (Vienna, per non andare troppo
lontani) si può ipotizzare un anello tra via Carducci, corso Italia e le
Rive, perchè senza questi tre sfoghi spiegatemi voi come ci si può muovere
ai margini della città pedonale».
Furio Baldassi |
PIANO DEL TRAFFICO -
L’opposizione vuol recuperare le gallerie - Il centrosinistra appoggia
i progetti Largo Mioni-via d’Alviano e Boschetto-via Revoltella |
|
Ripescate le
direttive del piano Honsell-Barduzzi del ’96. Drossi Fortuna: «Faremo una
controproposta che aiuterà anche il sindaco» |
Omero: «Per
rivedere certi progetti non basta concentrarsi sui flussi della circolazione
ma anche sulle strutture a loro disposizione» |
Riabilitare il progetto della
nuova galleria fra largo Mioni e via D’Alviano, sotto San Giacomo, prevista
dal piano del traffico Honsell-Barduzzi (commissionato nel ’96 e oggi in
vigore) ma stralciata dal Prusst nel 2002 dall’amministrazione Dipiazza. E
abbinarvi, eventualmente, l’ipotesi di un tunnel fra la rotonda del
Boschetto e via Revoltella (inclusa sempre nel piano Honsell) creando così
un anello periferico per la circolazione dei mezzi privati in grado di
decongestionare il centro. Da qui parte la controproposta che l’opposizione
di centrosinistra lancerà a breve sul piano del traffico, sulla base della
bozza Camus venuta alla luce nei giorni scorsi. Tale bozza accenna alle due
gallerie nel capitolo degli «scenari di medio-lungo periodo», non previsti
però fra gli interventi di una bozza nata per «un piano a breve termine,
teso alla razionalizzazione delle infrastrutture esistenti».
«Se si vuole aggiornare un piano del traffico non ci si può limitare ai
flussi, ma bisogna riconsiderare le strutture a disposizione dei flussi», fa
notare subito Fabio Omero, segretario dei Ds.
L’INCONTRO «Faremo un incontro fra i rappresentanti del
centrosinistra - annuncia quindi il presidente dei Cittadini Uberto Drossi
Fortuna, senza però sbilanciarsi sui tempi - per elaborare una
controproposta che verrà in soccorso allo stesso sindaco Dipiazza, il quale
si smentisce di giorno in giorno». Anche perché la nuova legge regionale sul
trasporto pubblico locale - rileva ancora Drossi da presidente della Quarta
commissione di piazza Oberdan su viabilità e pianificazione territoriale -
«impone ai comuni di mettere a punto entro il 2011 un piano del traffico che
potenzi l’uso dei mezzi pubblici, pena il taglio dei trasferimenti
finanziari».
Il primo atto del contropiano targato centrosinistra - lascia intendere il
capogruppo della Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - arriverà
la prossima settimana, quando la Sesta commissione (competente su
urbanistica e traffico) tornerà a riunirsi dopo la parentesi estiva. «Come
capigruppo d’opposizione - spiega Lupieri - abbiamo chiesto al sindaco che
in quell’occasione ci sia consegnata la bozza Camus, che noi non abbiamo
ancora avuto modo di vedere se non attraverso il giornale».
LE GALLERIE Solo con il documento fra le mani, dunque, potrà scattare
l’iter del contropiano. Che dovrebbe comunque poggiare - insiste Omero -
sulle due gallerie previste dal piano Honsell, in particolare quella sotto
San Giacomo: «Una volta insediatasi - ricorda il leader della Quercia - la
prima giunta Dipiazza decise di non dar corso al tunnel (lungo circa 380
metri, contro cui insorsero gli abitanti della zona di largo Mioni, ndr).
Salvo rendersi conto, poi, che ciò rendeva impraticabile la pedonalizzazione
di corso Italia». «Per me quella galleria va fatta - dice polemico Drossi
Fortuna - nonostante Piero Camber sostenga che in quella zona rischio di
perdere voti. Ma io penso allo sviluppo della città nel suo complesso».
«Sarebbe un’ottima risposta - chiude il cerchio Lupieri - anche per
alleggerire l’inquinamento del centro».
CORSO ITALIA Per corso Italia Omero ne considera «tecnicamente
difficile» la pedonalizzazione «perché se metti un nuovo parcheggio sotto
San Giusto e un altro nei pressi del Teatro Romano, per quasi mille stalli
totali, dove si dirigono poi le auto in uscita? Sulla sola via San
Spiridione?». «Sono sempre stato contrario alla pedonalizzazione di corso
Italia - incalza Drossi Fortuna - mentre lì ci vedo un allargamento dei
marciapiedi e dell’arredo, a partire dall’illuminazione, senza escludere la
viabilità».
BORGO TERESIANO Su Borgo Teresiano libero dalle auto (ieri si è
espresso anche Dipiazza, vedi sopra, ndr) per Omero «non si può
pedonalizzare la zona dei negozi di pregio verso corso Italia e non la parte
opposta, verso via Ghega, dove ci sono i cinesi. Sarebbe una scelta
classista non compatibile con l’unicum storico del Borgo».
I PARCHEGGI Il piano del traffico, aggiunge Omero, «dovrebbe inoltre
guardare di più alle piste ciclabili e ai parcheggi a corona attorno al
centro, serviti da bus navetta». Per Drossi Fortuna, però, «l’autentico
peccato mortale e ingiustificato della gestione Dipiazza è non aver
continuato nella realizzazione dei parcheggi previsti dal piano del 2000.
Ponterosso, Rive, Barriera, via Giustiniano e Roiano: potevano essere tutti
già fatti».
«Sono i park del centro - conclude il consigliere regionale illyano - i
presupposti per un nuovo piano del traffico. Assieme alla galleria di largo
Mioni».
Piero Rauber |
LE OMBRE DELLA TAV
|
|
Più vengono alla luce le
criticità dei progetti Tav, più aumenta il battage propagandistico dei loro
sostenitori, battage in verità sempre più affannoso. Ecco, per esempio, in
un'intervista al Piccolo, il presidente della Fondazione Nord Est Daniele
Marini esaltare il modello spagnolo. Non è forse inopportuno ricordare che
la Fondazione Nord Est è un «istituto di ricerca sociale ed economico - si
legge nel suo sito - promosso dalle associazioni confindustriali e dalle
Camere di commercio del Trentino Alto Adige, del Veneto e del Fvg».
Tra i soci benemeriti la
Provincia di Trento e la Regione Friuli Venezia Giulia.
Tornando alla Tav, bastano 20 minuti con il treno ad alta velocità - afferma
Marini - per coprire i 70 km tra Madrid e Toledo. Il che, aggiunge, permette
ad esempio di vivere a Toledo ("dove le case costano la metà") e lavorare a
Madrid.
Sul sito di Renfe (le ferrovie spagnole) si può vedere che: il tragitto tra
le due città viene coperto in 30 (non 20) minuti; il biglietto costa 8.60
euro (classe unica); l'abbonamento più conveniente è quello mensile (50
corse) e costa 193 euro. Quanti sono i lavoratori che possono permettersi di
spendere oltre 2.300 euro (193 volte 12) all'anno di treno per abitare a
Toledo e lavorare a Madrid? I dirigenti, certo, ma gli altri?
C'è un altro paio di cose che Marini dimentica. La linea Madrid-Toledo,
inaugurata meno di due anni fa, è costata a consuntivo 215 milioni di euro
per 74 km, vale a dire meno di 3 milioni a km. Per i 150 km della
Venezia-Trieste il ministro Di Pietro, nel documento sulle "Infrastrutture
prioritarie" del novembre 2006, stima un costo di 6.129 milioni di euro,
cioè quasi 41 milioni a km. Togliamo pure i 1.929 milioni previsti per i 37
km della Ronchi Sud-Trieste, dove incidono i costi per le gallerie (28 km)
sotto il Carso. Rimangono 4.200 milioni per i restanti 113 km (tutti in
pianura), vale a dire circa 37 milioni a km.
Qualcosa non torna. Del resto da anni molti chiedono spiegazioni sul
differenziale di costo tra le linee Tav costruite in Italia e quelle
francesi e spagnole, senza però riuscire ad avere risposte. Quanto finirebbe
per costare il biglietto sull'ipotetica Tav Venezia-Trieste?
Intanto, però, l'assessore Sonego si affanna a ripetere che la Tav servirà
soprattutto alle merci, per "togliere i Tir dalle autostrade". Eurostat lo
smentisce: le statistiche europee sui trasporti mostrano infatti che anche
dove la Tav esiste da anni, i mezzi su gomma dominano incontrastati nel
trasporto merci: in Francia il 21,3% delle merci viaggiava su ferro nel
1994, ma nel 2005 la percentuale era scesa al 16. Nello stesso arco di
tempo, il trasporto di merci su gomma è salito dal 75,3 all'80,5. In Spagna,
solo l'8,5% delle merci viaggiava sui treni nel '94, ma nel 2005 la
percentuale è scesa al 4,8 e nel frattempo la gomma ha aumentato la sua
quota dal 91,5 al 95,2. Peggio dell'Italia, dove nel '94 viaggiava su ferro
il 12,8 delle merci (e l'87,1 su gomma), mentre nel 2005 la percentuale è
scesa al 9,7 (il 90,3 su gomma).
Ma almeno i passeggeri su ferro saranno aumentati, dov'è c'è la Tav? Manco
per niente. Secondo i dati Eurostat, in Francia nel 1991 solo l'8,8% dei
passeggeri ha scelto la rotaia, mentre nel 2002 (non sono disponibili dati
più recenti) la percentuale era dell'8,6. In Spagna, il 5,8% su treno nel
'91 e il 4,8 nel 2002. Più o meno come in Italia: sui treni il 6,7 dei
passeggeri nel '91 e il 5,4 per cento nel 2002.
Eppure c'è un'Europa che presenta situazioni e tendenze diverse. L'Austria,
ad esempio (nel '94 il 42,9% delle merci nel '94 viaggiava su ferro,
percentuale scesa al 32,6 nel 2005, ma siamo comunque su un altro pianeta
rispetto ai Paesi citati prima), oppure la Gran Bretagna (7,7% delle merci
su ferro nel '94, 11,9 nel 2005), o la stessa Slovenia (32,4% di traffico
merci su ferro nel '94, e 22,7 nel 2005). Nessuno di questi Paesi intende
costruire Tav, bensì buone ferrovie moderne, dal costo ragionevole.
Non sarà forse che l'attrattiva della ferrovia, rispetto alla gomma, dipende
dall'organizzazione complessiva del sistema dei trasporti, molto più che
dalle caratteristiche delle infrastrutture? Dall'efficienza (puntualità,
comodità, competitività delle tariffe, ecc.) del sistema ferroviario
rispetto alle alternative su strada? Perché è anche falso, poi, che negli
ultimi anni nel nord est non si sia realizzato nulla di nuovo: basti pensare
alla "Pontebbana", inaugurata nel 2002, che però funziona solo al 25 per
cento circa della sua capacità (mentre la parallela A 23 è piena di Tir), o
al raddoppio dei binari sulla Gorizia-Cormons (ma i tempi di transito sulla
linea sono aumentati rispetto a quand'era a binario singolo…).
Dario Predonzan - Wwf Friuli Venezia Giulia |
Terza corsia A4, via al
progetto Villesse-Gonars - Convocata per il 27 settembre l’assemblea
di Autovie per approvare la convenzione con l’Anas |
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Il consiglio
di amministrazione ha deciso i passi formali per l’affidamento della
concessione. L’incontro risolutivo si terrà il 24
TRIESTE La decisione finale è
attesa tra un mese. L’assemblea dei soci di Autovie Venete, che dovrà
ratificare la bozza di convenzione unica (che riguarda l’affidamento della
concessione per l’A4, la A23 e la A28) firmata dalla società con l’Anas, è
stata convocata il 27 di settembre.
Tre giorni prima della scadenza che i due enti si sono dati per completare i
passaggi formali di loro competenza, prima del nuovo incontro. Quello che
dovrebbe ratificare la convenzione e rendere più rosa il futuro della
concessionaria. Ma nel frattempo, grazie alla deroga ricevuta a Roma, la
progettazione della terza corsia dell’A4 va avanti. Il consiglio di
amministrazione ha dato il via libera alle gare per la progettazione
definitiva dei tratti Quarto D’Altino San Donà e Gonars Villesse, ovvero
quelli liberi dall’affiancamento con la ferrovia.
LA CONVENZIONE Il consiglio di amministrazione ha analizzato per la
prima volta i termini della convenzione che Autovie e Anas hanno
sottoscritto in via provvisoria. Il documento non contiene il cronoprogramma
delle opere, contiene però una serie di adempimenti e impegni, da parte
della concessionaria, che il consiglio di amministrazione ha chiesto di
studiare prima dell’approvazione. Il via libera del cda prima, e
dell’assemblea poi, consentiranno di stendere lo schema di convenzione unica
(concordata tra Anas e Autovie Venete), ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 2 comma 84 del decreto legge 262 del 2006, che sarà poi
sottoscritto congiuntamente da Autovie e Anas. A questo proposito,
l’amministratore delegato Pietro Del Fabbro, ha comunicato che l’assemblea
ordinaria della società (che fa parte di Friulia Holding) è stata convocata,
a Trieste, giovedì 27 settembre alle 10.30. Il cda risolutivo sarà quindi il
24 settembre. I maliziosi ritengono che l’assemblea sia stata convocata tre
giorni prima della scadenza che Anas e Autovie si sono date per approvare la
bozza, in modo da non mettere i soci nella condizione di chiedere modifiche.
In realtà in queste settimane ci sarebbero già stati diversi incontri
informali con i soci della Holding per verificare eventuali obiezioni.
L’approvazione del documento è molto importante perché modifiche sostanziali
porterebbero annullare l’accordo con Anas e dilatare ulteriormente i tempi
di realizzazione della terza corsia.
TERZA CORSIA Approvati intanto i bandi di gara (per complessivi 6
milioni di euro) per la progettazione dei tratti della terza corsia non
interessati dal parallelismo ferroviario, ovvero: Gonars-Villesse e San Donà
di Piave (svincolo di Alvisopoli) – San Michele al Tagliamento , mentre per
la restante tratta (San Michele al Tagliamento – Gonars), interessata dal
parallelismo ferroviario, è stato chiesto all’Anas di avviare un programma
di lavoro con Rfi per mettere a punto tutte le condizioni necessarie (dalla
definizione dei cavalcavia all’ altezza delle due reti, fino alle
problematiche delle loro interferenze) derivanti dall’affiancamento tra la
rete autostradale e quella ferroviaria, messa a punto indispensabile alle
redazione del progetto definitivo. Il nodo da sciogliere resta la posizione
del Veneto che non vorrebbe affiancamento alla linea ad alta capacità/alta
velocità nel suo territorio. Sempre nell’ambito dell’iter per la
realizzazione della terza corsia, resta aperta anche la partita «commissario
straordinario». I governatori di Friuli Venezia Giulia e Veneto continuino a
fare pressing sul governo, ma decisioni in merito non sarebbero attese prima
di metà settembre. Riccardo Illy ha incontrato di recente il sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, e in quella occasione avrebbe
nuovamente affrontato l'argomento.
A 28 Il cda di Autovie ha confermato anche la data della posa della prima
pietra per il lotto 29 dell’A28: mercoledì 12 settembre.
L’affidamento dei lavori dell’ultimo lotto autostradale concluderanno il
prolungamento da Pordenone a Conegliano (importo a base d’asta 45 milioni di
euro, importo netto di assegnazione 30 milioni e 500 mila euro, più 2
milioni di euro per gli interventi di sicurezza). Il consiglio ha affidato
il lavori alla ditta Cmb. di Carpi, vincitrice della gara.
Martina Milia |
Costiera cementificata |
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Verso la fine di luglio
durante le assemblee consigliari imperniate principalmente su problemi di
urbanistica cittadina, si è osservato che prima è stata approvata
l’edificazione definita di Cedassamare, poi il raddoppio dell’hotel Riviera,
poi l’insediamento della scuola internazionale nell’area scientifica del
Sincrotrone di Basovizza e da ultimo (e solo dopo) sono state approvate le
nuove direttive di revisione del piano regolatore. Alla fine di questa
maratona il commento unanime o quasi dei consiglieri, assessori e sindaco è
stato di grande soddisfazione per avere finalmente posto un punto fermo alla
cementificazione selvaggia in Costiera, sul Carso e comunque nei siti di
interesse della città.
Ci chiediamo: tutte le delibere dei giorni precedenti cosa sono?
Di chi sono i progetti delle delibere approvate?
Ci viene la tentazione di credere che l’intero Consiglio comunale abbia
lavorato per giorni interi fino a tardissima ora per una sola persona
approvando prima delle direttive generali le problematiche particolari del
singolo privato e solo dopo quelle generali riguardanti la comunità.
Daniela Valentini |
Il progetto dell’alta
velocità |
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Ottimo, veramente ottimo e
chiaro l’articolo di Livio Sirovich sul Piccolo del 19 agosto sul problema
della Tav o ex Tav. In sintesi e ho capito bene, l’originario progetto che
avrebbe rilanciato il porto di Trieste, non si farà più. Si farà invece
attuazione agli interessi della Slovenia che, giustamente, punta a
valorizzare il porto di Capodistria, a discapito del vicino concorrente.
A questo punto a noi conviene ancora partecipare a questo progetto?
Visti gli scenari, non rosei, prospettati, quando sentiremo e vedremo la
mobilitazione sindacale, sempre pronta a difendere posizioni «particolari» e
non l’interesse generale?
Mi aspetto, e spero a breve, una risposta da parte di tutti inostri
parlamentari che veramente dovrebbe «fare sistema» per salvare il futuro del
porto. Non so se l’assessore ai Trasporti Sonego e il nostro presidente Illy
hanno qualcosa da dire e chiarire in proposito, oltre alle solite frasi di
circostanza. Un parere del presidente Boniciolli mi chiarirebbe molte cose.
Iginio Zanini |
IL PICCOLO - MARTEDI', 28
agosto 2007
Largo ai bus
con il Piano traffico - Previsti fino all’11% di aumento passeggeri e il
162% in più di corsie riservate |
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Mentre il
sindaco Dipiazza conferma il «no» al Corso Italia pedonale e rinvia le
decisioni su via Mazzini
Il piano del traffico resta nel
cassetto, ma almeno una cosa viene data per certa dall’ingegnere Roberto
Camus, suo estensore: chi avrebbe da beneficiarne, in prima battuta, sarebbe
il servizio di trasporto pubblico. Equazione facile: meno parcheggi liberi
eguale più vetture bloccate a casa, ergo non rimane che il bus. Camus, nella
bozza, dà anche la cifre: l’aumento del numero di utenti che utilizzano
l’autobus per spostarsi sarebbe immediatamente quantificabile nel 4,4 per
cento, «a parità di configurazione viaria».
Ma qui, altro dato interessante, si apprende che lo sviluppo delle corsie
riservate ai mezzi pubblici aumenterebbe del 162 per cento, portando il
totale a oltre 10 chilometri (per la precisione 10.381 metri) e, unendolo
agli altri provvedimenti in divenire, farebbe configurare un aumento di
utenza che si aggirerebbe sull’11,5 per cento «rispetto al carico
attualmente rilevato a bordo del servizio pubblico nell’ora di punta della
mattina» e sul 10,35 per cento «rispetto al carico attuale con riferimento
all’intera giornata».
E che alla base di questa rivincita del bus ci sia il previsto calo nella
circolazione delle moto e delle auto lo spiega il paragrafo successivo che
parla di chiara «inversione di tendenza». Gli incrementi, insomma, sarebbero
dichiaratamente ottenuti «a scapito della mobilità motorizzata sia sulle due
che sulla quattro ruote, rispettivamente col -1,4 e il -14,1 per cento».
Un certo rilievo viene anche assegnato alle razionalizzazioni di linee, e al
riguardo vengono citate la 5 che assorbe la 18, la 15 che si fonde con la 17
e la 20 barrata, «che assumono la rilevanza di nuove linee portanti». Questi
ritocchi, viene ancora aggiunto, porterebbero a ridurre i trasbordi dell’11
per cento e a un incremento del coefficiente di occupazione dei bus stessi.
Saranno dunque i trasporti pubblici i veri, reali beneficiari del piano
Camus, sia pur emendato o modificato? Per intanto, il tema continua a far
discutere.
Il sindaco Dipiazza ha ribadito anche ieri come allo status quo sia
impossibile contemplare l’ipotesi del Corso Italia totalmente pedonale, cara
a più di qualche esponente della sua giunta, e come il piano del traffico
stesso nella sua futura, finale stesura, non possa non tener conto delle
variazioni subentrate dopo l’avvio della rinnovata viabilità sulle Rive e in
Barriera Vecchia. La stessa via Mazzini rimane per il momento un tabù, per
motivi facilmente comprensibili: sta per concludersi il lungo contenzioso
tra Comune e Ansaldo sul bus a trazione elettrica Stream, la cui
sperimentazione in città fu troncata unilateralmente dalla prima giunta
Dipiazza.
Sebbene alcune indiscrezioni parlino di possibile esito favorevole per il
Municipio (che diversamente sarebbe chiamato a un rimborso milionario) la
prudenza è dovuta. E tale, comunque, da non ipotecare il futuro di quella
via e, a catena, di quelle che ne seguirebbero collateralmente il destino.
La riapertura, almeno parziale, di via Mazzini al traffico privato resta per
il momento nel Limbo.
f.b. |
San Sabba,
nuova perdita di gasolio nel porticciolo dei pescasportivi - Restano ancora
misteriose anche le cause del primo inquinamento |
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Nuovo allarme inquinamento nel
porticciolo di San Sabba, già invaso nei giorni scorsi, assieme all’area
adiacente della «Depositi costieri spa», da ripetute ondate di idrocarburi.
In dettaglio gasolio uscito da una falla di una vecchia tubazione non ancora
compiutamente individuata.
Ieri nel pomeriggio una schiuma oleosa di colore bruno sframmista a grumi è
entrata tra le imbarcazioni all’ormeggio. I dirigenti dell’Associazione di
pescasportivi che gestisce i pontili, hanno immediatamente allertato la
Capitaneria di Porto che ha inviato a San Sabba prima una motovedetta, poi
una squadra via terra.
Sono stati coinvolti nel sopralluogo anche i tecnici della ditta «Crismani»
che assieme agli uomini della Capitaneria hanno raccolto alcuni «campioni»
della schiuma e dei grumi in essa contenuti. Saranno analizzati per
comprenderne la natura e l’origine.
«Non dovrebbe trattarsi di idrocarburi» hanno affermato in Capitaneria
usando il condizionale. Di fatto l’invasione del porticciolo di ieri
pomeriggio non ha avuto le caratteristiche delle precedenti, accompagnate
sempre da un forte odore di gasolio che irritava naso e gola.
«Potrebbe trattarsi di una fuoriuscita in mare degli addittivi usati
nell’impianto di raffreddamento della Ferriera. Di solito sono molto chiari,
quasi bianchi, mentre in questa occasione hanno il colore del cioccolato» ha
azzardato un frequentatore del porticciolo di San Sabba. Altri hanno invece
indicato come possibile responsabile della nuova ondata inquinante, la
vicina foce cementata del Rio Primario.
Insomma, un nuovo mistero da chiarire che si affianca a quello della
precedente fuoriuscita di gasolio, protrattasi per una decina di giorni. In
effetti la zona coinvolta nel misterioso spandimento è ancora delimitata da
tre linee di panne che se altro carburante dovesse finire in mare, sono
pronte a trattenerlo in uno spazio circoscritto, dove possono agire le
imbarcazioni antinquinamento della ditta Crismani.
La presenza della panne è stata inserita nei giorni scorsi nell’elenco degli
«avvisi ai naviganti» per evitare problemi ai rimorchiatori e alle
«bettoline» che si riforniscono di gasolio ai pontili della «Depositi
costieri spa».
Nell’area interessata al versamento di gasolio - sempre su incarico della
Capitaneria e dell’Autorità portuale - sono stati effettuati nei giorni
scorsi numerosi sondaggi nel terreno per verificare l’entità dello
spandimento. Sono stati scavati alcuni pozzetti che hanno confermato che il
carburante non ha raggiunto strati profondi. Le panne galleggianti sono
rimaste al loro posto anche perché esiste ancora la possibilità che in
occasione di alte maree un’onda di dimensioni inusuali, attivi nuovamente lo
spandimento in mare.
c.e. |
«Sindaco
indeciso sul piano del traffico» - Un lettore evidenzia l’incertezza che
circonda il documento programmatico comunale |
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lApprendo dalla stampa che il
Piano del traffico, alla cui stesura sta lavorando da molti anni uno stimato
ed esperto professionista, non va più bene al nostro sindaco in quanto
quest’ultimo ha un piano diverso, ovvero delle idee alternative.
Mi permetto allora, da semplice cittadino che ha votato proprio per questa
amministrazione, di chiedere quale finalità ha avuto la spesa di tali
ingenti risorse pubbliche (150 mila euro al solo professionista) per far
predisporre tale studio, ma soprattutto perché si sia sprecato tutto questo
tempo (a oggi cinque anni). In base a quali considerazioni non va più bene
il piano di cui si discute oggi?
Quando ho espresso la fiducia all’attuale sindaco, con il mio voto ho inteso
delegare a lui e alla sua squadra il compito di amministrare la città. In
una realtà complessa come quella della città di Trieste non si chiede
all’amministratore pubblico di redigere personalmente progetti e piani di
così grande importanza e per i quali non è possibile prescindere da
conoscenze tecniche e approfondite analisi scientifiche che oltretutto
richiedono molto tempo.
Il senso e la forza di un amministratore si esplicano nel sapere indicare le
direttive dello sviluppo e del futuro e, di conseguenza nello scegliere
persone esperte, capaci e motivate che sviluppino tali direttive. Nel
recente passato è proprio questa la strada che ha percorso la nostra
amministrazione, nel presente invece questo sentiero appare più accidentato
e incerto.
Preoccupa molto, per il futuro della città, che l’impegno degli
amministratori sia concentrato nella redazione di un Piano del traffico (o
in qualsiasi altro strumento tecnico quale il Piano regolatore) e non nel
necessario lavoro di indirizzo e di sintesi, proprio perché i risultati
sarebbero inevitabilmente pessimi. In poche parole e, con un esempio forse
più chiaro delle righe precedenti, così come qualsiasi appassionato della
Ferrari non chiederebbe mai a Montezemolo di fare il meccanico ai box, così
i triestini non chiedono al sindaco di redigere i progetti per la Triete del
futuro bensì di fornirne gli indirizzi, far predisporre le migliori proposte
tecniche e quindi di scegliere tra queste con le virtù di un buon padre di
famiglia.
In base a questa capacità i cittadini valutano il proprio amministratore.
Diego Grubor
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Pochi
cassonetti a Dolina |
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Qualche tempo fa, complice la
bella e ventilata giornata di sole e la temperatura non troppo elevata,
decisi di fare un’escursione in Val Rosandra: posi il punto di partenza e
d’arrivo in località Draga (comune di Dolina) per la comodità dei
parcheggio, avendo scelto un giorno feriale per la mia passeggiata.
Andò tutto bene, senonché, al mio ritorno, trovai un «regalino» sul
parabrezza dell’auto: avendo parcheggiato sotto un albero di fichi, questi
pensò bene di effettuare un lancio strategico di munizioni prendendo di mira
proprio la mia quattro ruote. Non mi persi d’animo, recuperai uno straccio e
mi dedicai ad aspartare i frutti ormai ridotti a marmellata e ad eseguire
una seppur minima pulizia del parabrezza che mi permettesse una guida
sicura. Compiuto questo passaggio, ecco sorgere il problema più grande: dove
gettare lo straccio con i residui della «marmellata»?
Se la memoria non m’ingannava, ricordavo bene che c’erano dei cassonetti
delle immondizie nel piazzale, quasi al termine della strada che conduce a
Draga: mi guardo a destra, mi guardo a sinistra, ma di questi cassonetti non
c’è traccia alcuna.
Pazienza, salgo in macchina con straccio e «marmellata» alla ricerca di un
cassonetto, che trovo appena giunto a Basovizza (comune di Trieste), dove
riesco finalmente a liberarmi del mio «fardello».
Se la tanto decantata e celebrata raccolta differenziata promossa
dall’amministrazione comunale di Dolina sembra funzionare così a meraviglia
e tutti i residenti del comune ne sono così entusiasti, da non residente e
appassionato fruitore della Val Rosandra non posso che rammaricarmi del
fatto che, nonostante questa sia così promossa a livello turistico con
indicazione stradali ad ogni incrocio e così frequentata da triestini e non,
non esista neanche un piccolo cestino per le immondizie nei luoghi che
normalmente si sa costituiscono punti di arrivo e partenza per qualsivoglia
escursione.
Mauro Balbo |
Il piano
regolatore |
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Lettera aperta al sindaco sul
Piano regolatore.
Egregio signor sindaco, entro pochi giorni dovrebbero essere fissate le
linee guida cui dovranno far capo gli estensori del nuovo piano regolatore.
Poiché riteniamo che l’attuale piano regolatOre – datato 1997 – sia più che
altro una semplice zonizzazione con regole molto permissive, non sarà
sufficiente una sua revisione anche se condotta in modo serio e obiettivo ma
sarà necessario disegnare un piano completo in cui vengano indicate
chiaramente nelle zone di espansione strade, piazze, allineamenti, servizi
generali ecc. in modo da lasciare molto meno spazio a future varianti. Il
nuovo piano regolatore poi dovrebbe essere affidato a mani esperte e fuori
da influenze locali, poiché si tratta di un atto importantissimo che sarà il
regolare del futuro sviluppo della città. Immediatamente poi, nella lunga
attesa della sua realizzazione, vanno, come già da più parti richiesto,
tutelati in particolare i territori di pregio ambientale e storico, onde
evitare che diventino oggetto di un’ulteriore sfrenata edificazione. Noi
facciamo riferimento al territorio che ci compete, e cioè al Carso, ma lo
stesso discorso vale anche per la Strada del Friuli, Costiera, Barcola e per
tutta la collina che sovrasta Trieste e che è parte integrante della sua
immagine. Concludo signor sindaco, affidando a lei una severa e oculata
gestione di quanto sopra poiché riteniamo che a lei competa per larga parte
la custodia della città e del suo circondario.
Gianna Venturini Crismani - copresidente Associazione difesa di
Opicina |
IL PICCOLO - LUNEDI', 27
agosto 2007
Piano traffico, scompaiono 1119 posteggi liberi
- Ma sono previsti 5000 nuovi posti a pagamento e in parking. Per le moto
425 spazi in meno |
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L’offerta di
sosta in città rivoluzionata nella bozza Camus con la cancellazione delle
Ztl e l’ampliamento delle aree pedonali
Nel centro e nella prima
periferia della città l’applicazione del piano del traffico comporta la
diminuzione di 425 posti moto e l’aumento complessivo di 3898 stalli per
auto. Un numero quest’ultimo frutto però di un nuovo assetto, che vede
salire di 4752 unità i posti auto negli impianti e di 532 quelli scoperti a
pagamento, mentre gli stalli non a pagamento per i residenti diminuiscono di
267 e calano in maniera drastica - di 1119 unità - quelli liberi. Queste le
cifre complessive riportate nella relazione tecnica firmata dall’ingegnere
dei trasporti Roberto Camus e dai responsabili del gruppo di lavoro interno
del Comune su incarico della stessa amministrazione municipale. |
Le cifre prospettate discendono
anche da alcune linee-guida indicate dalla giunta comunale, sulla cui base
Camus ha redatto la bozza: incremento dell’appetibilità del trasporto
pubblico, revisione «e possibile eliminazione» delle zone a traffico
limitato (ztl), «verifica della possibilità di rivedere le aree di sosta
dedicate ai residenti», proposta di misure mirate a «un migliore utilizzo
della sosta su strada e in impianto».
Nel capitolo parcheggi, la bozza parte dall’analisi della situazione del
2004 (il piano è stato consegnato al Comune nel febbraio 2005), conteggiando
gli stalli esistenti zona per zona suddivisi per tipologia (residenti,
impianti, sosta libera...) Due le osservazioni di rilievo: la prima è che i
parcheggi su strada a pagamento risultano molto utilizzati, «con punte
attorno al 90% nelle aree centrali». La seconda riguarda l’utilizzo di
alcuni parking coperti, che si conferma «di molto inferiore alla relativa
capacità».
Nello scenario prefigurato con l’applicazione del piano traffico i posti
auto salgono complessivamente di 3898 unità grazie ai nuovi stalli a
pagamento e a quelli da utilizzare nei parking coperti, ma a fronte di una
diminuzione di stalli liberi. La scomparsa delle ztl comporta il passaggio
da 332 ai previsti 65 posti riservati ai residenti nel Borgo Teresiano. Per
contro, la relazione evidenzia «la crescente offerta di posti auto in
impianto» in prossimità delle attuali ztl con «797 posti macchina in fase di
avanzata realizzazione», come nei casi dei parking di via San Francesco,
Campo San Giacomo, via Cologna. Considerati anche nuovi parcheggi in
previsione destinati ai residenti, il numero complessivo per questi ultimi
«cresce ancora di 375 posti».
Lo studio peraltro è stato redatto prima dell’approvazione del nuovo piano
parcheggi che, licenziato dalla giunta la scorsa primavera, prevede 5310
posti auto in 18 nuovi contenitori: questi in massima parte non sono
contemplati nella bozza Camus, che si limita a prefigurare i parking già nel
2004 previsti, come quello del colle di San Giusto o l’ampliamento di Foro
Ulpiano.
La bozza propone poi che «per venire incontro ai residenti di tutte le aree
centrali», comprese quelle oggi non a traffico limitato, la fascia oraria a
pagamento venga modificata: non più dalle 8 alle 20, bensì dalle 9 alle 13 e
dalle 14.30 alle 19, con sosta libera nel resto delle 24 ore.
Quanto ai cosiddetti «visitatori», il numero di posti liberi scende di 1119
unità a causa della pedonalizzazione di alcune aree - che complessivamente
aumentano del 49,9% rispetto a oggi - e dell’istituzione di nuove corsie
riservate a bus e taxi (nel piano ad esempio scompaiono i posti auto in via
Battisti per far posto all’ampliamento dei marciapiedi e alle corsie
riservate per i bus). Scende il numero di stalli nelle aree Oberdan,
Battisti-Giulia, ospedale, Rive e San Giusto. Quanto ai nuovi posti, vengono
ricavati sia nelle ex ztl destinate ora a parcheggi a pagamento sia negli
impianti esistenti. Il numero complessivo di parcheggi a pagamento su strada
aumenta di 532. Per la sosta a rotazione si prevedono poi 1595 posti in più,
«senza considerare» nuovi impianti o «l’ampliamento di quelli esistenti».
Di segno negativo invece il saldo per i motocicli, che contano su 425 posti
in meno «parte dei quali - dice la relazione - potrebbe forse venire
ospitata» dentro gli impianti. La perdita di posti per le due ruote si
concentra in buona parte nel Borgo Teresiano, con 494 stalli in meno, mentre
ne figurano 175 in più nell’area della stazione, a fronte di una situazione
sostanzialmente invariata nelle altre zone.
Paola Bolis |
IL PICCOLO - DOMENICA, 26
agosto 2007
PIANO DEL TRAFFICO -
Ponterosso, aperto ai bus il nuovo ponte sul canale
|
IL
PIANO TRAFFICO SVELATO Nel documento redatto dal professionista si studiano
anche gli effetti dell’opera già prospettata dal Comune |
È una delle
ipotesi della bozza Camus per il futuro: consentirebbe di pedonalizzare via
Roma |
Mesi fa il
Consiglio comunale ha dato via libera a uno studio di fattibilità dell’opera |
Un nuovo ponte sul canale di
Ponterosso fra le vie Trento e Cassa di Risparmio? Se ne parla ormai da
anni. E la bozza di piano del traffico redatta dall’ingegnere dei trasporti
Roberto Camus ne promuove la funzionalità a pieni voti. Aggiungendovi un
ulteriore elemento di riflessione: il ponte potrà essere certamente
riservato ai soli pedoni, ma se ci potessero passare anche i mezzi pubblici
via Roma potrebbe a quel punto essere completamente pedonalizzata nel tratto
fra via Torrebianca e corso Italia.
Questo si legge nello studio redatto dal professionista su incarico del
Comune. Alle proposte relative al piano del traffico, che per sua natura non
prevede la creazione di nuove infrastrutture ma la sola risistemazione della
viabilità già esistente, l’ingegnere nell’ultima parte dello studio aggiunge
infatti alcune pagine dedicate a «scenari di medio-lungo periodo»,
analizzando cioè gli effetti che eventuali nuove opere - di cui peraltro
negli anni si è già ciclicamente discusso - avrebbero sulla circolazione
cittadina.
Delle cinque opere prese in considerazione da Camus, quella tornata di
recente d’attualità riguarda appunto il nuovo canale. Lo scorso inverno il
consiglio comunale ha approvato una delibera mirata alla riqualificazione
urbana dei borghi Teresiano e Giuseppino. Il documento prevede anche
l’effettuazione di uno «studio di fattibilità per la realizzazione del ponte
pedonale» tra via Cassa di Risparmio e via Trento, ponte che di fatto
andrebbe a collegare piazza della Borsa a via Ghega. Lo studio di
fattibilità richiede un esborso pari a 50 mila euro.
Nel suo documento datato febbraio 2005, anche Camus sottolinea gli «indubbi
vantaggi» che il nuovo ponte porterebbe, consentendo di aprire al transito
«un collegamento la cui assenza ha contribuito in modo determinante in
particolare allo stato di degrado di via Trento». Posto che l’opera «si deve
inquadrare in uno scenario particolarmente delicato sotto il profilo
architettonico», scrive Camus, nel caso in cui si volesse realizzare un
ponte aperto anche al passaggio di bus e taxi si otterrebbero ulteriori
vantaggi: via Roma - che la bozza di piano del traffico prevede percorribile
solo da bus e taxi tra le vie Torrebianca e Mazzini - verrebbe a quel punto
sostituita dall’asse Trento-Cassa di Risparmio e dunque totalmente
pedonalizzata, «mantenendo una buona accessibilità» all’area sia con i mezzi
pubblici lungo l’asse Trento, sia con quelli privati in transito lungo le
vie San Spiridione-Filzi.
Inoltre, i percorsi di alcuni autobus che oggi passano per via Roma
potrebbero essere strutturati in modo da collegare direttamente la stazione
centrale con il salotto buono della città «attraverso la parte iniziale di
via Ghega». In base a queste considerazioni, quella di un ponte aperto tanto
ai pedoni quanto ai mezzi pubblici viene dunque definita a Camus una ipotesi
«conveniente».
Come si diceva, di un nuovo ponte sul canale si parla da anni. Un
attraversamento - ma solo pedonale - era contemplato anche in un documento
che il gruppo consiliare di Forza Italia compilò nel 2004 su «indirizzi e
obiettivi in tema di viabilità generale». Più di recente l’ipotesi del ponte
- sempre però pedonale - è stata inserita nella delibera con cui il
consiglio comunale ha approvato il progetto di riqualificazione dei Borghi
Teresiano e Giuseppino, che per l’attuazione abbisognerebbe di una cifra
stimata attorno ai nove milioni di euro. Il piano prevede il completamento
del percorso «prevalentemente pedonale» che da piazza Venezia passando per
Cittavecchia, piazza dell’Unità e via Roma termina in piazza della Libertà:
peraltro la pedonalizzazione dell’ultima parte di via Cavana in direzione
piazza Hortis è prevista anche nella bozza di piano del traffico firmata
Camus.
Nel piano relativo ai due Borghi del centro storico è prevista anche una
riqualificazione in tre lotti di via Roma: l’intervento, il cui costo è
previsto in oltre un milione di euro, risulta finalizzato a prevedere dove
possibile un ampliamento dei marciapiedi e la ripavimentazione in pietra
Paola Bolis |
PIANO DEL TRAFFICO - E la
galleria libera via Ginnastica dal caos - Dal tunnel di Montebello al
by-pass delle Rive, cinque scenari a lungo termine |
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Come
potrebbe cambiare la circolazione se venissero realizzate alcune
infrastrutture: i numeri dell’analisi
Come cambierebbe la viabilità
cittadina se fossero realizzate alcune nuove infrastrutture? In coda alla
bozza di piano del traffico firmata Camus c’è un capitolo dedicato agli
«scenari di medio-lungo periodo» in cui, «su espressa indicazione
dell’amministrazione comunale», scrive il professionista, sono stati
analizzati gli effetti che sulla viabilità potrebbero produrre alcune opere
della cui realizzazione negli anni si è ciclicamente discusso: opere - e
relativi dati - cui guardare oggi in chiave puramente teorica, giacché anche
se alcune di esse erano state previste dalla giunta Illy, furono poi cassate
dall’amministrazione Dipiazza.
Oltre al nuovo ponte in Ponterosso, lo studio considera altri quattro
interventi. I primi riguardano due gallerie, l’una tra largo Mioni e via D’Alviano
e l’altra tra Rotonda del Boschetto e via Revoltella. Entrambe erano state
inserite negli anni Novanta dall’allora giunta Illy nel piano del traffico
ancora vigente, ma l’amministrazione Dipiazza nel 2002 le espunse dal Prusst,
il programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio.
Prevista dalla variante 66 del piano regolatore, la galleria Mioni-D’Alviano
- contro la cui realizzazione insorsero gli abitanti dell’area di largo
Mioni - era già stata progettata in via preliminare nel 2001, e se ne
prevedeva una lunghezza di 380 metri circa. Camus ne analizza ora gli
effetti nel caso la galleria funzionasse con il nuovo piano del traffico in
vigore. Il traffico - scrive il professionista - si ridurrebbe soprattutto
in via San Marco (-27%), via Orlandini (-36/48%), via del Bosco (-51%). Meno
utilizzate sarebbero anche le Rive in direzione stazione (-16%), mentre in
viale D’Annunzio da largo Mioni a piazza Garibaldi si avrebbe un 26% di
traffico in più. «In conclusione - scrive il professionista dopo avere
fornito ulteriori dati - le variazioni non spostano sostanzialmente i punti
più critici, in alcuni casi determinano effetti negativi», come in via
Raffineria, mentre «gli aspetti positivi migliorano in diversi punti i
livelli di servizio, a partire però - sottolinea Camus - da livelli già
accettabili».
Diverso il discorso per la galleria Rotonda del Boschetto-Revoltella -
ribattezzata al tempo galleria di Montebello - che determinerebbe «una serie
di effetti sostanzialmente tutti positivi, diminuendo i livelli di
congestione in itinerari critici» come via Ginnastica alta (dove si avrebbe
-43% di auto), via Giulia-Battisti (con un -29/44% di auto nella parte
terminale di via Battisti verso via Giulia), via Milano, via Carducci e
piazza Garibaldi. Il traffico in entrata e in uscita dalla galleria -
secondo lo studio - non determinerebbe «sostanziali problemi».
Lo studio Camus considera poi il by-pass delle Rive, la cui possibilità di
realizzazione negli anni è stata contemplata in diversi termini: come
galleria sottomarina o come passaggio «in trincea» (quest’ultimo, da palazzo
Carciotti all’ex Pescheria, era previsto nel progetto con cui Franco Zagari
nel 2002 vinse il concorso internazionale di idee per la riqualificazione
del lungomare indetto dal Comune con il finanziamento di quasi 220 mila euro
della Fondazione CRTrieste). Il by-pass, scrive in sostanza Camus,
ridurrebbe ovviamente il traffico sulle Rive ma non modificherebbe i
«problemi di congestione» nel resto della città.
Infine il cosiddetto «bucone», il progetto di Penetrazione Nord - 17
chilometri di percorso sotterranei da Sgonico ai vari rioni - che nel 2003
fu presentato dall’allora assessore regionale ai trasporti Franco Franzutti
e rapidamente cassato anche a causa della sollevazione popolare che
produsse. Il progetto preliminare era stato commissionato nel 2002 dalla
Regione, allora guidata dal centrodestra, al Dipartimento di ingegneria
civile dell’Ateneo cittadino (cofirmatario del progetto lo stesso Camus): la
galleria figurava infatti già inserita tra le opere pubbliche da avviare
rapidamente grazie alla Legge obiettivo, e l’allora ministro per le
Infrastrutture Pietro Lunardi aveva inserito il «bucone» tra i 91 progetti
considerati prioritari a livello nazionale. L’opera - cassata dalla giunta
regionale Illy nel 2004 - comporterebbe in base alle proiezioni di Camus
un’ovvia riduzione del traffico sulla Costiera, «per il 79% in uscita e per
il 65% in ingresso in città».
p.b. |
PIANO DEL TRAFFICO - Due
comitati di cittadini e il Quarto parlamentino: faremo incontri pubblici
- Interviene anche «Trieste vivibile» |
|
Il documento fa discutere non
solo il mondo politico ma anche quella fitta galassia di comitati e
associazioni di cittadini che da tempo si occupano di problemi legati al
traffico. Se Coped-Camminatrieste e il comitato «Corso Italia per Trieste»
hanno già annunciato l’organizzazione di incontri pubblici, ora anche altri
sodalizi annunciano imminenti incontri.
Tra questi c’è, ad esempio, il comitato «Trieste vivibile», da tempo
impegnato in particolare sul problema degli schiamazzi notturni e della
pulizia di Cittavecchia, ma anche sul tema della viabilità. «Condivido lo
spirito della bozza Camus, che punta a una maggiore vivibilità e
pedonalizzazione del centro storico - afferma il presidente Paolo De Mottoni
- ma solo se la progettazione di nuove aree pedonali verrà portata avanti
con un certo criterio. Il nostro comitato ha deciso di riunirsi martedì,
perchè l’argomento necessita di una discussione ampia. La questione è
fondamentale per lo sviluppo del cuore della città».
Viene contestato da altri cittadini, invece, il punto della bozza Camus
relativo all’eliminazione delle zone a traffico limitato (Ztl). Non più
tardi di qualche mese fa, infatti, un gruppo di cittadini aveva dato il via
a una raccolta firme per la realizzazione di una Ztl nel Borgo Giuseppino,
chiedendo anche condizioni vantaggiose per i posteggi nelle fasce blu. Si fa
loro portavoce Aurora Gautier: «In qualsiasi città italiana in cui la
viabilità è organizzata in maniera efficiente esistono nei centri storici
delle Ztl. Non è pensabile che quella nel Borgo Teresiano venga eliminata».
Ma la discussione prosegue anche nel mondo politico cittadino, in
particolare, nella Quarta circoscrizione (Città-nuova e Barriera Nuova, San
Vito-Cittavecchia). «Il piano del traffico è ancora tutto da vedere -
afferma il presidente Alberto Polacco - perchè non ci è mai stato
presentato. Io esprimo quindi non la visione globale della maggioranza del
parlamentino, ma quella del mio partito, An, contrario alla chiusura di
corso Italia alle auto. Le vie Torrebianca e San Francesco, infatti, non
potrebbero sopportare l’intero traffico che dalle Rive va in direzione di
via Carducci. Sono invece d’accordo con le proposte di Camus per aumentare
le aree pedonali e le corsie preferenziali per i bus. Vorrei organizzare in
circoscrizione incontri pubblici, per ascoltare i cittadini».
Dominiziana Avanzini, consigliere del parlamentino per la Margherita, parla
dell’«inopportunità di procedere a spot su un argomento così importante.
Serve una visione globale, che per il momento è totalmente mancata a questa
amministrazione».
Su un punto Polacco e Avanzini sono d’accordo: il piano del traffico non può
essere disgiunto da quello sui parcheggi.
Elisa Coloni |
PIANO DEL TRAFFICO - Uno
studio datato 2005 |
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La giunta comunale decise nel
dicembre del 2003 di affidare a Roberto Camus la redazione del nuovo piano
del traffico. La bozza fu consegnata dal professionista nel febbraio del
2005, e da allora è stata oggetto di discussione nella maggioranza di
centrodestra che regge il Municipio. Mai reso noto in precedenza nella sua
interezza, il documento è stato reso noto grazie a una busta anonima giunta
alla redazione del Piccolo nei giorni scorsi. Il dibattito sulle soluzioni
da adottare si è così riacceso. L’altro ieri il sindaco Dipiazza ha
dichiarato che «entro giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova
viabilità». |
PIANO DEL TRAFFICO - I
commenti sul Web: «Proviamo una sperimentazione di 6 mesi»
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Continua il
dibattito sul sito del Piccolo. Cresce il partito di chi vuole un
potenziamento della rete dei mezzi pubblici e difende le ragioni dei pedoni
Il piano del traffico sta
catturando anche l’attenzione degli utenti del sito del Piccolo. Molte le
opinioni, spesso divergenti.
Un lettore che usa comne nickname Fcigoi, ad esempio, esordisce: «Due sole
considerazioni: non condivido il modo in cui il documento è stato reso noto,
giacchè in questo paese si vive di indiscrezioni. Però come mai nessuno di
coloro che sono stati così solerti a denunciare la mano ignota per aver
diffuso il documento ha mai pensato di denunciare il sindaco per averlo così
a lungo occultato? Il progetto Camus è frutto di un modello matematico
applicato a dati rilevati. Ciò significa che ogni variazione apportata va a
influire sul modello che va ricalcolato. Cioè toccando quelle due-tre cose
che il sindaco non vuole fare si renderà inutile tutto il resto, a meno di
riconsiderare il tutto nel suo insieme. Meditate gente, meditate...quando
Dipiazza verrà a venderci che il piano Camus non funziona».
Verolina osserva: «Il punto non è corso Italia chiuso o no,
Torrebianca-S.Francesco assi di scorrimento o no. La sostanza è: facciamo la
città bella valorizzando quelle chicche che sono piazza della Borsa e corso
Italia e, soprattutto, restituiamo la città ai pedoni e facciamo correre i
bus. E ancora: i nuovi percorsi proposti, pur rivoluzionari, in quanto a
portata (capacità) sono equivalenti all'esistente e la spesa necessaria alla
loro realizzazione mi sembra contenuta. Infine: nulla vieta una
realizzazione in toto del piano Camus con una sperimentazione di 6-12 mesi
delle parti controverse (C.so Italia-Torrebianca-S.Francesco-Battisti) con
possibilità di ripristino della viabilità attuale in caso di fallimento».
Secondo Triestefuturo «una città che si promuove come turistica e che vuole
essere moderna non può avere un centro storico attraversato da un autostrada
a tre corsie. È necessario cambiare il modo di vedere la città: non un
enorme parcheggio in cui fare slalom tra le auto ma un luogo in cui hanno
precedenza assoluta i pedoni. Chi oggi rimetterebbe le auto in via S. Nicolo
o in via Dante? Una città a misura d'uomo è possibile a Trieste in quanto il
centro storico non è particolarmente esteso. A sostegno di una
pedonalizzazione estesa ci devono essere mezzi pubblici efficaci (quindi più
corsie riservate e non occupate da auto in sosta selvaggia) e parcheggi
limitrofi disponibili (...l' ex cinema Filodrammatico non sarebbe adatto?).
Alcune scelte richiedono coraggio e lungimiranza, qualità che dovrebbero
essere proprie degli amministratori di una città». La proposta di ricavare
posti auto all’ex Filodrammatico provoca la risposta di un altro lettore dal
nickname Franzele1: «Penso che non sia il caso di fare parcheggi nei teatri.
Potevano restaurare il Fenice e invece hanno preferito fare un parcheggio.
Salviamo almeno il Filodrammatico».
Infine Serafina01 parla per conto dei pedoni: «Certo che se bisogna
attendere il nuovo piano traffico per avere dei marciapiedi degni di questo
nome...hai voglia! E pensare che Trieste è una città di anziani ed anche chi
è più giovane spesso ha problemi di deambulazione. Ma i nostri
amministratori camminano? E parlo dei marciapiedi del centro città...» |
IL PICCOLO - SABATO, 25
agosto 2007
Piano del traffico: la destra
boccia anche via Torrebianca. Bucci: porto la bozza Camus dal sindaco -
Corso Italia pedonale divide An e Forza Italia |
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La
maggioranza non crede alla scadenza di attuazione indicata dal sindaco:
«Giugno 2008? È troppo presto e coincide con le regionali»
L’assessore Maurizio Bucci
preferisce puntare a «ragionamenti» mirati a una sintesi: «Non vedo
allineamenti di partito, piuttosto sensibilità personali diverse». Sul piano
del traffico però le posizioni tra le forze principali della maggioranza
comunale restano per ora divise. Si profila così un asse tra il sindaco
forzista Roberto Dipiazza e An, concorde quest’ultima con il primo cittadino
che del piano Camus ha già bocciato alcune delle linee principali, come
corso Italia chiuso alle auto e le vie Torrebianca e San Francesco
percorribili in salita. Su un altro versante però Forza Italia insiste con
le pedonalizzazioni, né si spaventa di via Torrebianca. E Bucci - senza
volere rilanciare proposte che restano da «condividere», premette - coccola
la «sua» idea: via Mazzini completamente pedonale e corso Italia
percorribile solo da bus e taxi, ma in entrambe le direzioni. Su un fatto
invece quasi tutti concordano: Trieste «potrà contare sulla nuova viabilità»
ma non «entro giugno 2008», come annunciato ieri dal sindaco: troppo stretti
i tempi - l’iter prevede il confronto con le categorie - e impossibile la
coincidenza con le elezioni regionali.
Il piano del traffico resta al centro del dibattito. E il leader azzurro
Bruno Marini parla chiaro: «Mi sembra che la bozza Camus porti proposte
innovative e coraggiose, anche su corso Italia e via Mazzini. Come Forza
Italia ci insisteremo con molta forza: quella alla pedonalizzazione è una
tendenza europea da perseguire». Anche il capogruppo forzista in Comune
Piero Camber ribadisce il suo favore - ma «senza preconcetti» - alla bozza
Camus, sottolineando come essa sia direttamente collegata tanto al nuovo
piano del trasporto pubblico quanto a una pedonalizzazione che porterebbe
valore agli immobili. Ma poi, avverte, attenzione agli stralci: «Le scelte
si riflettono a cascata». Il «no» a via Torrebianca, ad esempio, rivoluziona
l’intera bozza Camus, che è un «lavoro scientifico» cui si potrà certo
mettere mano, ma senza «improvvisazioni».
An però i suoi dubbi li conserva tutti. Anche sui posti auto che
diminuirebbero nel centro: cosa impossibile, osserva l’assessore Piero
Tononi, «finché non saranno stati realizzati i nuovi parcheggi» coperti.
Quanto a corso Italia senz’auto, «dove andranno le macchine in uscita dal
nuovo parking di San Giusto?» Tononi è perplesso anche sulle nuove corsie
per i bus, «che servono solo se vanno rispettate», annota citando
all’opposto la situazione esistente in via Carducci.
La posizione del resto è totalmente in linea con quella del vicesindaco
Paris Lippi (An), che esprime perplessità sull’asse Torrebianca-San
Francesco e ribadisce che «la soluzione che potrebbe creare meno problemi»
permettendo comunque la creazione di un’area pedonalizzata sarebbe chiudere
totalmente via Mazzini mantenendo l’attuale assetto del corso.
Gli assessori azzurri sfoderano però un altro argomento per convincere chi
respinge l’ipotesi di un corso Italia sostituito come via di scorrimento da
via Torrebianca, «senza la quale troverei difficile attuare» alcunché,
precisa Bucci. E dunque: l’area del passeggio e del commercio ruota attorno
al corso e a via Mazzini, mentre altre zone - come appunto via Torrebianca -
ospitano in maggiore misura attività direzionali. Perché non dirottarvi il
traffico privato? Senza entrare in dettagli, precisano tutti, Bucci e il
collega delegato al commercio Paolo Rovis anche di questo hanno parlato ieri
in un incontro «informale» con il vicepresidente di Confcommercio Franco
Rigutti, con cui hanno «condiviso» linee quali la maggiore pedonalizzazione
abbinata ai nuovi parcheggi coperti. «La prossima settimana incontrerò il
sindaco per parlare della bozza Camus», quella originale, precisa Bucci:
«Ora discutiamone insieme confrontando le sensibilità di tutti».
Resta il nodo dei tempi. Da Lippi a Marini, tutti concordano: non sarà il
caso di prendere decisioni impattanti sulla viabilità sotto elezioni
regionali. Sarebbero scelte inevitabilmente «condizionate», osserva Marini,
né i cittadini avrebbero il tempo di valutarne gli effetti, aggiunge Lippi
secondo il quale il termine per il nuovo piano - considerati anche i
necessari confronti con le categorie - va spostato «diciamo nel 2008»; «a
dicembre 2008», conferma Marini. «Entro giugno potremmo dare le linee
definitive», spiega Camber. Ma Bucci avverte: «Non bisogna avere paura di
scelte coraggiose, la gente premia i progetti».
Dall’opposizione intanto arrivano critiche feroci a una maggioranza che dice
«un giorno bianco e un giorno nero», sintetizza il Cittadino Roberto Decarli.
Mentre il diessino Fabio Omero fa di conto, e «tra consulenze e contratti
dal 2001 a oggi per la redazione del piano sono stati spesi 284 mila euro»,
dice: «Ma in sei anni un piano quest’amministrazione non è ancora riuscita a
vararlo».
Paola Bolis |
PIANO DEL TRAFFICO -
L’opposizione: «Il centrodestra anche stavolta ha mostrato tutte le sue
contraddizioni» - Otto consiglieri comunali all’attacco
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Il piano del traffico, dicono in
coro, è solo l’ultimo capitolo di un agosto in cui «la maggioranza ce l’ha
messa tutta per dimostrare le proprie contraddizioni interne». Perché dalle
armi ai vigili fino alla Ferriera, «si dice tutto e il contrario di tutto».
E questo modo di amministrare «ci fa arretrare come città». Questi alcuni
dei concetti che ieri otto consiglieri dell’opposizione compatta - dalla
Margherita a Rifondazione - hanno espresso in una conferenza stampa. Un
incontro indetto per bollare un centrodestra a loro giudizio «incapace di
governare» il Comune secondo quello che il capogruppo Dl Sergio Lupieri ha
definito «un progetto politico frutto di sintesi interna e di dialogo con la
città».
Ma è l’intero primo anno di questo mandato Dipiazza che si chiude mandando a
registro «solo aumenti di tutte le tariffe dei servizi gestiti dal Comune»,
ha rimarcato Lupieri registrando «la situazione di grande disagio nella
maggioranza». Il Ds Fabio Omero si è soffermato su un aspetto del caso più
recente, quello del piano traffico: «È stato reso noto grazie a una busta
anonima recapitata al giornale e l’assessore Bucci ha detto che va bene
così, che è un’occasione per accelerare i tempi: parole che dimostrano la
cultura politica di questi signori».
E mentre da Rifondazione comunista Iztok Furlanic si è concesso la battuta
(«Sinora l’unica misura presa sul problema traffico è stata quella di
eliminare lo scuolabus»), il Cittadino Roberto Decarli ha portato a esempio
delle «contraddizioni» della Cdl la proposta di armare i vigili «di cui ora
il sindaco sostiene la necessità mentre in passato la respingeva con forza,
mentre An lo contraddice ma in passato per le stesse armi portò avanti una
crociata»; per non parlare del centro congressi a palazzo Carciotti, «dove
l’onorevole Roberto Menia dice una cosa e Dipiazza il contrario».
E il taglio dello scuolabus, ha proseguito Decarli, conferma l’«arroganza»
di un’amministrazione che vuole cambiare il volto a una città, «ma solo a
un’area molto ristretta di essa, dalla stazione a Campo Marzio. Mentre un
anno fa nel suo programma elettorale il sindaco annunciava ”un tessuto
urbano armonico che non conosca differenze di attenzione tra centro e
periferia”». |
«Ferriera, serve il tavolo
regionale» - La Confsal chiede il coinvolgimento di Regione e Provincia
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Preoccupazione per il futuro dei
dipendenti e degli operai della Ferriera di Servola dopo le ultime
dichiarazioni del sindaco che, per lo stabilimento, ipotizza una chiusura
anticipata rispetto alla data prevista del 2009. La esprime in una nota il
sindacato autonomo della Confsal. «Nell’atavico balletto ”chiusura sì,
chiusura no”, che ha prodotto nei lavoratori un serio clima di disagio in un
clima di perenne incertezza, risulta strano che a qualcuno, proprio ora,
venga improvvisamente in mente un’idea geniale su come risolvere il problema
occupazionale. La Confsal, per questo, è in disaccordo con la posizione
della Cgil che sprona il Comune a farsi carico del problema per non
incorrere nel rischio mobilitazioni. Non si capisce perchè solo il Comune
dovrebbe interessarsi della questione. La soluzione infatti - continua il
sindacato autonomo - va ricercata con la collaborazione di tutti, Regione e
Provincia compresi. Proprio in Regione è stato istituito un tavolo
istituzionale di confronto sui problemi dello stabilimento di Servola.
Sarebbe ora di convocarlo nuovamente, questa volta però facendolo funzionare
davvero, tralasciando le solite sterili polemiche che hanno contraddistinto
gli ultimi incontri. Anche perchè - conclude la Confsal - a quel tavolo
siedono anche i veri protagonisti della «telenovela Ferriera«: i
rappresentanti del gruppo Lucchini». |
An: «Rigassificatore sloveno,
Roma si sbrighi a decidere» |
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TRIESTE «Perplessità e
preoccupazione» nel vedere che la Slovenia, dopo aver criticato ed espresso
pareri negativi sulle ipotesi progettuali per il rigassificatore da
realizzarsi nel golfo di Trieste, «ora sembra invece intenzionata ad
ottenerne uno di proprio», vengono espresse in una nota dal vicesindaco del
capoluogo giuliano Paris Lippi.
«Cerchiamo di essere intelligentemente attenti - esorta Lippi - ed evitiamo
che altri si prendano i vantaggi e noi solo e sempre i rischi. Se quindi
Lubiana accelera per realizzare il rigassificatore, si muova e decida presto
anche il governo italiano. L'importante è non rinunciare a fonti energetiche
preziose, salvo poi dover pagare comunque rischi e disagi senza benefici».
Secondo Lippi, la centrale nucleare di Krsko, situata in territorio sloveno
a pochi chilometri da Trieste, «insegna e dovremmo smetterla con quello
strumentale e troppo comodo ambientalismo di facciata, che blocca tutto in
Italia, salvo poi stare zitto sui rischi che comunque restano e si corrono
quando centrali o rigassificatori sono a due passi dalle nostre case, con il
problema di avere anche il vento a sfavore».
«Evidentemente tutto ciò - rileva Lippi - rientra forse in una precisa
strategia di falso ambientalismo, che critica e denuncia se il
rigassificatore è realizzato in Italia, ma di avvallo e sostegno se invece
il progetto rientra nel suo ambito nazionale». «Non vorrei - prosegue il
vicesindaco - che si ripetesse quanto successo per la centrale nucleare
slovena di Krsko, che è un prezioso riferimento energetico per la vicina
Repubblica mentre resta un pericolo e un rischio costante per Trieste e per
tutta la regione Friuli Inezia Giulia». |
IL PICCOLO - VENERDI', 24
agosto 2007
PIANO DEL TRAFFICO - Dipiazza:
nuova viabilità entro giugno 2008 |
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Gli
assessori di An: «Inviamo la bozza Camus alle categorie e aspettiamo la
risposta, non c’è fretta»
Il sindaco
ignora le polemiche seguite alla divulgazione del piano del traffico e
rilancia: «Tireremo fuori da quel progetto quel che c’è di buono»
«Prenderemo in mano questo
benedetto Piano del traffico, tireremo fuori cosa c’è di buono ed entro
giugno 2008 Trieste potrà contare sulla nuova viabilità cittadina». Parola
del sindaco Roberto Dipiazza, che ieri mattina si è soffermato sulla
delicata questione in giunta, assieme agli assessori (assente solo Franco
Bandelli, in vacanza).
Adesso c’è una data precisa per la rivoluzione del traffico, appena dieci
mesi per risolvere tutte le problematiche: dalle scelte definitive al
reperimento delle risorse. «Applicare un simile piano comporta dei costi che
dovremo mettere a bilancio (una stima degli uffici parla di 3 milioni di
euro, ndr)», dice Dipiazza pensando alla nuova segnaletica, ai semafori da
installare... Già, ma dove visto che la bozza Camus è solo una base di
partenza. Accanto alla data e il piano economico, il primo cittadino
assicura che «l’asse Torrebianca-San Francesco in salita non si farà mai,
come il corso Italia non diventerà pedonale». Paletti fissati da Dipiazza,
che ricorda la nuova viabilità sulle Rive e in Largo Barriera, successive
alla bozza Camus e capaci di «risolvere molti problemi, decongestionando il
traffico».
Accanto alle indicazioni della politica, senza dimenticare il parere
decisivo del Consiglio comunale, arriveranno quelle dei cittadini
(associazioni, comitati...). Il dilemma è l’ordine di ascolto per arrivare a
un «piano condiviso». Secondo gli assessori di An, capitanati dal
vicesindaco Paris Lippi, il calendario dovrebbe essere il seguente: «Bozza
Camus da inviare a categorie e circoscrizioni - spiega - con richiesta di
parere, seguita dal giudizio della giunta. Un mese in più o in meno non fa
differenza». Un percorso chiesto esplicitamente da Lippi al primo cittadino
e all’assessore competente in materia Maurizio Bucci. Senza mettere al
momento dei paletti, anche se è risaputo che An non fa il tifo per corso
Italia pedonale. Anzi, il tema è stato motivo di attrito con gli alleati di
Forza Italia.
«Abbiamo davanti due strade: proporre la soluzione Camus alle categorie e
sentire le loro opinioni, oppure esternare prima le modifiche», dice il
forzista Bucci. Prendendo tempo, ma indicando la strada di una città «a
misura di pedone sul modello Graz, perché questo ci domandano i cittadini».
Una posizione condivisa dal collega di giunta e di partito Paolo Rovis, che
sposa senza mezzi termini la pedonalizzazione di corso Italia. Ma a tale
proposito dovrà vedersela con Dipiazza. «Le città stanno andando verso
l’estensione delle aree pedonali e l’aumento delle corsie destinate al
trasporto pubblico. Tutte caratteristiche che trovano soddisfazione - dice
Rovis - in questa bozza coraggiosa, però bisognerà trovare una sintesi».
Una mediazioni tra le parti, dalla giunta al Consiglio passando per i
cittadini, che anche l’assessore Giorgio Rossi, espressione della Lista
Dipiazza, auspica senza troppi peli sulla lingua. «L’estensione delle aree
pedonabili deve essere definita, perché tutti le vogliono a parole però...
Bisogna poi affrontare seriamente il problema del trasporto pubblico - dice
- affossato dalle due ruote. C’è qualcosa che non va, bisogna capire come
razionalizzare la rete».
Pietro Comelli |
PIANO DEL TRAFFICO - I
cittadini: interpellateci sui cambiamenti - Tutti d’accordo
sull’eventuale chiusura del Corso Italia al traffico privato
|
Associazioni
e comitati avvertono il Municipio: basta con le scelte di solo contenuto
politico, serve partecipazione
Parola d’ordine:
«Interpellateci». Sul piano del traffico, associazioni e comitati di
cittadini, ora più che mai non intendono mollare la presa
sull’amministrazione comunale. Dopo la svolta dell’ultim’ora sulla bozza
Camus, custodita negli uffici municipali fino a due giorni fa, i vari
sodalizi chiedono a gran voce di essere ascoltati, per evitare che il
documento urbanistico finisca per essere «un mero strumento politico». E si
preparano a chiamare all’appello i cittadini, con incontri pubblici e, se
necessario, con nuove raccolte di firme.
I comitati promuovono, nel complesso, la bozza Camus, anche se in qualche
caso con alcune perplessità, legate in particolare al drastico taglio di
parcheggi per auto e moto previsto dal progetto in centro città. Su un
punto, però, tutti convergono e plaudono alle scelte dell’ideatore della
bozza: «Il traffico privato in corso Italia deve scomparire. Largo a bus e
taxi, stop a scooter e auto».
Interdire il transito nell’arteria che attraversa piazza della Borsa ai
mezzi privati è, infatti, uno dei punti fermi del progetto. Un’opzione che
potrebbe non diventare realtà se andassero in porto le modifiche previste
dalla variante della bozza Camus elaborata dagli uffici del Municipio
(diventata anch’essa pubblica l’altro giorno). In base a questa versione
(che recepisce alcune osservazioni del sindaco e dall’assessore competente)
le due e quattro ruote continuerebbero a transitare in corso Italia.
Una promozione a pieni voti su tutta la linea Camus arriva da Sergio Tremul,
presidente di Coped-Camminatrieste, che annuncia di aver preso contatti con
associazioni ambientaliste e alcuni esponenti di sigle sindacali, per
organizzare incontri pubblici a fine mese sull’argomento. Obiettivo:
«avanzare proposte sulla viabilità cittadina e far sentire la voce della
gente su una questione importante, che non può dipendere esclusivamente
dalla volontà del Comune, fatta piombare sulla testa della gente senza un
necessario confronto». «Il centro città deve essere il regno dei pedoni, non
dei motori - afferma Tremul - e il piano redatto da Roberto Camus va in
questa direzione: nuove corsie riservate ai bus, più aree pedonali, corso
Italia senza veicoli privati, che andrebbero a confluire in via Torrebianca,
dove sarebbero eliminati i parcheggi in superficie. È un progetto coraggioso
che permetterebbe di trasformare Trieste in una città più vivibile. Lo
stesso Camus, prima di elaborare la bozza - aggiunge Tremul - sapeva che le
sue idee avrebbero sollevato le ire di qualcuno, ma è arrivato il momento di
prendere decisioni forti per il bene della città».
Una delle idee che potrebbero essere mal digerite è, ad esempio, quella di
incentivare in maniera «coatta» l’uso dei mezzi pubblici. Camus prevede
infatti un potenziamento delle linee dei bus, accompagnato dal taglio di
centinaia di parcheggi per auto e moto in alcune vie del centro e posteggi
più «salati», in particolare quelli in superficie. In questo modo, in base
ai suoi piani, i triestini salirebbero più volentieri a bordo delle
corriere.
Pierguido Collino, presidente del comitato «Corso Italia per Trieste»,
approva appieno le direttive Camus sulla chiusura del Corso ad auto e moto,
anche in virtù della raccolta di firme (che aveva proprio lo stesso
obiettivo) che l’anno scorso il sodalizio ha lanciato, raggiungendo i 1.100
nominativi. «Non solo corso Italia, ma tutto il centro storico, dal canale
di Ponterosso a Cavana, dovrebbe essere interdetto ai mezzi privati - spiega
Collino -. È fondamentale però che tutti, in particolare anziani e disabili,
possano raggiungere il cuore della città con bus, taxi o navette». Non
concorda invece con la «linea dura» sui parcheggi: «Prima di tagliare i
posteggi in superficie bisogna costruirne di nuovi, interrati o multipiano,
in zone centrali, limitrofe alle vie in cui circolerebbero solo bus e taxi -
afferma ancora Collino -. I parcheggi in centro devono esserci, non si
possono obbligare i triestini e i turisti a lasciare l’auto a Valmaura o a
Opicine e salire sui bus».
Elisa Coloni |
PIANO DEL TRAFFICO -
Perplessità sulle varianti alla bozza Camus - Bloccate le scelte
impopolari il traffico cittadino rischia nuovamente l’ingorgo |
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Cosa cambia nel piano del
traffico, rimasto nudo come il re della mitica storia dopo la sua
inaspettata (?) pubblicizzazione? Praticamente tutto. Basti dire, al
riguardo, che i mutamenti, per così dire, epocali, rimarranno lettera morta.
E dunque: niente pedonalizzazione in Corso Italia, addio alla nuova
viabilità in via Mazzini, strettamente collegata, e infine saluti anche al
cambio di regime per la via Torrebianca, mentre salta pure la corsia
preferenziale per i bus in via Coroneo e via San Michele a senso unico,
probabilmente in giù, verso le Rive, fa venire i capelli bianchi agli
assessori e dunque con ogni probabilità sarà stralciata.
Detto questo, il piano del traffico potrebbe anche ritornare direttamente
nel cassetto. Inutile, infatti, sprecare energie per applicare un testo
monco, pavido, frutto più che di logiche razionalizzatorie di pressioni
delle categorie. Perchè è chiaro che, ad esempio, l’estensione delle aree
pedonali deve passare per scelte impopolari che nessuno ha voglia di fare.
Il Corso Italia pedonale, al momento, resta al massimo una (finta) scelta da
sfoggiare nella notte dei saldi o a Natale. Passata la festa, gabbati i
cittadini. Impossibile liberare un’arteria del genere se contestualmente non
si trovano vie di sfogo nelle aree laterali. E non è di certo l’unica
perplessità. «Credo – commenta Roberto Decarli, consigliere comunale dei
Cittadini – che vada puntualizzata una cosa e non da poco: il Piano
parcheggi presentato in giunta in primavera si riferisce ed è funzionale al
Piano del traffico elaborato dal prof.Camus, oppure si integra solo al
residuo 30% di questo, dato che il restante 70% è stato cassato dal sindaco,
oppure invece si dovrà rielaborarlo completamente tutto?». Non è finita.
Decarli ossserva ancora che «c'è un'altra possibilità, che il Piano
parcheggi sia stato già predisposto in funzione di un nuovo Piano del
Traffico infatti modificare il 70% del progetto presentato dal prof.Camus
significa stravolgere tutto e rifarlo completamente».
Fin qui l’opposizione, ma i nervi scoperti esibiti dalla maggioranza di
centrodestra non fanno sperare per una tempestiva conclusione della vicenda.
Dice Maurizio Ferrara della Lista Dipiazza, in replica alla Rosolen di An
che lo aveva attaccato: «E' vero, molti pensano ad un mio accordo con il
sindaco relativamente alla mozione sul piano del traffico. Lo smentisco
categoricamente, ho pensato di chiederne la pubblicazione per permettere
agli altri consiglieri di valutare il mio pensiero. Quello cioè che il piano
risultasse eccessivamente ed inutilmente impattante per le reali
problematiche della città. Il fatto che il sindaco, pubblicamente, abbia
confermato sostanzialmente tale tesi, mi ha indotto a ritenere la
pubblicazione un'inutile perdita di tempo. Che poi qualche burlone abbia
fatto recapitare al giornale un documento, forse già superato, è un altro
discorso». Parla ancora, Ferrara, ma solo per ribadire che non risponderà a
qualunque tipo di replica, «anche per rispetto dell'attuale assessore al
traffico che avrà molto da lavorare nei prossimi 4 anni ed al quale come
Lista Dipiazza daremo tutto il sostegno necessario».
Tecnicamente parlando, si resta in pieno ingorgo. E non sembra una
situazione di passaggio.
Furio Baldassi |
Il Wwf replica
a Sonego: sull’ipotesi rigassificatore Lubiana non ha deciso - Intervento
del leader Predonzan |
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TRIESTE Per il responsabile
della sezione regionale del Wwf del Friuli Venezia Giulia, Dario Predonzan,
l'assessore regionale Lodovico Sonego «prende lucciole per lanterne» se
ritiene che la costruzione di un rigassificatore a Capodistria, in Slovenia,
è stata già decisa, come riportato nell’edizione di ieri del Piccolo.
Secondo Predonzan, «risulta invece soltanto che una società tedesca abbia
presentato al ministero dell'Economia di Lubiana l'istanza per essere
qualificata come ”legittima proponente del progetto”» e se poi il ministero
darà risposta positiva, la Slovenia dovrà seguire le norma europee per
quanto riguarda l'impatto ambientale.
«Ci sarà quindi modo anche per il ministero dell'Ambiente italiano e per la
Regione Friuli Venezia Giulia di partecipare - prosegue Predonzan - alla
procedura di valutazione del progetto, così come i competenti organi sloveni
hanno partecipato alla valutazione dei progetti dei terminali Gnl proposti
nel porto e nel Golfo di Trieste».
«Il Wwf chiederà infatti ai competenti organi ministeriali e regionali -
rileva Predonzan - di attivarsi affinchè anche ai cittadini italiani
interessati sia garantita la possibilità di esaminare gli elaborati del
progetto e di formulare le proprie osservazioni in merito».
«Se poi all'assessore Sonego - prosegue la nota del Wwf - che non si stanca
di vantare le proprie ottime entrature a Lubiana, risulta che,
politicamente, il governo sloveno (a prescindere dall'esito della procedura
di Via) abbia già deciso a priori che il rigassificatore di Capodistria si
farà, lo dica, possibilmente producendo qualche prova».
«Meglio pensare quindi - spiega ancora Predonzan nella nota - ad un'uscita
improvvida ed emotiva dell'assessore, obnubilato forse dal suo favore a
priori per i progetti dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (e in
particolare per quello di Gas Natural a Trieste - Zaule). Il che forse
spiega anche perché Sonego se la prenda con "i sedicenti ambientalisti che
sventolano le bandiere del no"». «Il Wwf, ad esempio, - osserva infine - ha
fondato il suo giudizio negativo per entrambi gli impianti proposti su
un'attenta analisi delle tante e gravi carenze dei progetti e degli studi
presentati. Carenze, è bene ricordare, sottolineate anche nelle delibere con
cui il 1 giugno scorso la giunta regionale di cui Sonego fa parte (ma forse
quel giorno era assente…), ha ammesso - pilatescamente - di non essere in
grado di esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale dei progetti». |
TAV, IL
DESTINO IN SEI CHILOMETRI |
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La Slovenia si prepara ad
assumere la presidenza temporanea del Consiglio dei ministri dell'Unione
europea. Per l'occasione, il ministro degli Esteri della Slovenia Dimitrij
Rupel ha invitato, tra gli altri, il presidente dell'Autorità portuale di
Trieste Claudio Boniciolli a partecipare al secondo Bled Strategic Forum. In
quella sede, il presidente parlerà dello spostamento dei traffici dalla
gomma alla ferrovia e al mare, lungo la via adriatica. Ma lo sfondo del suo
intervento saranno le prime intese tra Italia e Slovenia sul Corridoio 5.
Sono state elaborate alcune ipotesi di tracciati, che, però, non sono stati
resi noti. Ci sono state indiscrezioni, sono girate cartine, che sollevano
dubbi che sarebbe bene fossero fugati.
Che la Slovenia fosse interessata solo allo sviluppo della tratta
Capodistria-Lubiana, era noto. Come pure che, per finanziarla, bisognasse
inserire il tratto Capodistria-Divaccia nel più ampio quadro del Corridoio
5, con l'accordo italiano. Ma, dalle prime informazioni, in parte
confermate, emerge un rischio molto grave per il porto di Trieste. Si sta
progettando, infatti, di realizzare solo la tratta Capodistria-Divaccia, e
non la Trieste-Capodistria. Quest'ultimo pezzo non costituisce, ovviamente,
alcuna alternativa al Corridoio 5, bensì, casomai, un suo completamento.
Solo grazie a questa tratta sarebbe infatti possibile collegare l'arco
dell'Alto-Adriatico con tutte le direttrici. Quanto alle soluzioni tecniche,
meglio restare cautamente possibilisti, e attendere gli studi in corso.
Sembra improbabile che costruire sei chilometri possa presentare più
difficoltà che realizzare il Corridoio.
Gabriele Pastrello |
Controproposta
sulle scorie nucleari di Krsko - La Slovenia si dice disponibile a creare un
deposito sul proprio territorio anche per i residui croati
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LUBIANA A due giorni
dall'incontro tra i premier sloveno Janez Jansa e croato Ivo Sanader, che ai
margini del Forum strategico di Bled domenica prossima discuteranno delle
questioni aperte tra i due Paesi, Lubiana è uscita allo scoperto su quella
che è la sua proposta di soluzione del contenzioso relativo alla proprietà e
alla gestione della centrale nucleare di Krsko costruita negli anni Settanta
congiuntamente da Slovenia e Croazia. «Siamo disposti a costruire in
Slovenia un unico deposito per le scorie nucleari e immagazzinare anche la
quota croata di scorie», ha annunciato il ministro sloveno dell'economia
Andrej Vizjak. In cambio, la Slovenia chiede alla Croazia di ritirare il
ricorso contro Lubiana, presentato al Centro internazionale per la
composizione delle controversie relative agli investimenti, con sede a
Washington, per l'energia elettrica prodotta e non fornita dalla centrale
dal 1.mo luglio 2002 al 18 aprile 2003.
Zagabria, ricordiamo, ha chiesto 31 milioni di dollari a titolo di
indennizzo per la differenza tra il costo dell'energia elettrica che ha
dovuto acquistare altrove e il costo della stessa corrente elettrica
prodotta in quel periodo dalla centrale nucleare di Krsko, di cui i due
Paesi sono comproprietari al 50 per cento. Lubiana e Zagabria hanno
sottoscritto alcuni anni fa un accordo sulla proprietà della centrale, ma
sono rimasti irrisolti i problemi dello stoccaggio delle scorie radioattive
e dello smantellamento dell'impianto. «Sarebbe un po' ridicolo – ha
dichiarato il ministro Vizjak – che all'interno dell'area della centrale la
Slovenia conservasse temporaneamente la parte croata delle scorie se nelle
immediate vicinanze ci sarà il deposito finale per il materiale
radioattivo». Sempre secondo Vizjak, oltre a risolvere il problema aperto
tra i due Paesi, questo tipo di soluzione risparmierebbe a entrambi anche i
costi dei procedimenti legali di fronte al Centro di Washington.
Tornando al problema delle scorie, la Slovenia deciderà entro la fine
dell'anno il possibile sito del deposito, che dovrebbe essere operativo a
partire dal 2011.
Attualmente, i depositi provvisori per le scorie radioattive in Slovenia
sono due: a Krsko, appunto, dov'è sistmato il materiale della centrale, e a
Brinje, vicino a Lubiana, dove vengono immagazzinate tutte le altre scorie
nucleari prodotte in Slovenia. Il deposito permanente avrà una capienza di
20.000 metri cubi, di cui la sola centrale di Krsko, comprese le scorie che
saranno risultato dello smantellamento dell'impianto, previsto entro il
2023, produrrà 13.000 metri cubi. |
Trieste
cementificata |
|
Al signor Governatore della
Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy.
Ho appreso dai media, con molta soddisfazione, che il presidente della
Regione Toscana si è impegnato a contrastare fenomeni di cementificazione
selvaggia destinati a compromettere quella immagine della Toscana che il
mondo conosce e apprezza.
Lei, che ha riproposto Trieste all’attenzione dell’Italia e dell’Europa, non
abbandoni proprio adesso il nostro territorio a interventi urbanistici
troppo invasivi, destinati a incidere in modo irreversibile sul paesaggio,
sull’ambiente, sulle condizioni di vita dei residenti, sull’immagine della
città.
Mi riferisco, in particolare, ai nuovi insediamenti previsti in zona
Cedassamare e salita di Contovello. Le aree verdi sono un bene
insostituibile, e ridurle ulteriormente sarebbe un danno per tutti.
Mirella Verdi |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23
agosto 2007
Dipiazza:
piano traffico, la parola ai cittadini - Ma Lippi e Tononi (An) pensano alla
denuncia contro ignoti per la divulgazione del progetto |
|
Il sindaco:
«Non ho l’ansia di discuterlo». Ma non è dispiaciuto per la fuga di notizie.
Bucci: «Occasione per accelerare i tempi»
Sul metodo - i documenti resi
noti da una mano anonima che li ha consegnati al Piccolo - non concorda. Ma
nella sostanza non si dispiace che la bozza del piano del traffico redatta
nel 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus sia uscita dai cassetti
del Comune. «Mi va bene, così la gente vede il lavoro fatto e potrà darmi
ragione o meno», commenta il sindaco Roberto Dipiazza al rientro dalle
ferie, mentre attende le reazioni della gente e delle associazioni (fra cui
CamminaTrieste). E ulla base di questi commenti, annuncia, «vedremo cosa
fare».
Ma nella giunta, il giorno dopo la pubblicazione del materiale rimasto sin
qui uno dei segreti più gelosamente custoditi in piazza Unità, non tutti si
mostrano così tranquilli. E An lancia l’offensiva: «Il modo in cui il piano
è stato fornito alla stampa - dice l’assessore Piero Tononi - mi sembra
allucinante. Visto che qualcuno si è divertito a tirarlo fuori, domani
(oggi, ndr) io e il vicesindaco Paris Lippi proporremo alla giunta di
sporgere denuncia contro ignoti». Perché «questo balletto di indiscrezioni -
aggiunge Lippi - crea sconcerto tra la gente, va contro gli interessi della
comunità».
Ma con la bozza Camus si va avanti? «Certo, ma con logica», riprende il
sindaco ribadendo di non gradire le soluzioni di via Torrebianca e via San
Francesco a senso unico verso Fabio Severo: «Alcune situazioni vanno
attentamente valutate». E poi, «dopo lo studio è la politica a decidere. Le
variazioni alla bozza le faremo confrontandoci con gli uffici e poi in
giunta. Quindi il tutto andrà in consiglio, dove la maggioranza deciderà».
Il tutto, in tempi distesi. Perché, ribadisce Dipiazza, «non ho l’ansia di
discutere questo documento, che non è certo il piano che verrà attuato». E
nemmeno ora che la bozza è stata resa nota è in vista una presentazione
ufficiale, che avverrà - precisa il sindaco - «solo quando il documento sarà
stato approvato». E pazienza se alcuni capigruppo del consiglio comunale
notano che la storia infinita del piano del traffico lede l’immagine del
Comune: «Certo non va bene che escano documenti», concede Dipiazza, ma «non
mi pare - osserva - che ciò abbia recato danni alla città. Del resto è da
due anni che il documento è nelle mani dei capigruppo di maggioranza».
Anche l’assessore al traffico Maurizio Bucci pensa positivo. La bozza
pubblicata? «Un’occasione per accelerare i tempi», commenta. In che
direzione, resta da vedere: «Lo valuteremo col sindaco». Sulle modifiche da
apportare alla proposta, però, così come il sindaco Bucci ribadisce di avere
«le idee chiarissime», anche se «non mi pare giusto spiegarle attraverso la
stampa. Prima vanno discusse con i consiglieri comunali. Trovo corretto si
esca con un documento unitario». In ogni caso la bozza Camus secondo Bucci
«è un’ottima base di partenza. Se si vuole portarla avanti – avverte – ci
vuole però la condivisione politica».
Ma in An, si diceva, l’irritazione palpabile. Perché «i documenti a questo
punto li hanno tutti tranne chi li dovrebbe avere, la cosa sta perdendo di
credibilità», commenta Lippi lanciando un monito all’anonimo che ha fatto
uscire la bozza, «e che oltre a non aver fatto un favore a Bucci né ai
nostri uffici che si stanno impegnando ha dimostrato di volere portare
avanti soltanto un discorso di distruzione. Un piano che viene fuori così
sta nascendo già morto in partenza».
An solleverà il problema oggi in giunta, ribadisce il vicesindaco, per
«cercare di capire» come proseguire. Ma intanto, dalla Lista Dipiazza,
l’assessore Giorgio Rossi getta acqua sul fuoco. Il documento è venuto
fuori? «In Comune tutti sanno tutto: quella cosa proprio segreta non era. E
poi Trieste non ha un serio problema di traffico: di che stiamo parlando?»,
aggiunge Rossi il cui piano - ricorda - è stato avviato quando era lui a
detenere la delega. Rossi concorda con il sindaco: «Del piano non c’è alcuna
urgenza. È stato fondamentale l’avere condotto una indagine scientifica -
che mancava - sugli spostamenti in città. Adesso vanno allargate le aree
pedonali e verificate alcune dorsali. Tutto il resto - chiude Rossi - è aria
fritta. Un problema più politico che di sostanza».
Giuseppe Palladini |
PIANO DEL
TRAFFICO - Paoletti: «Finora si è sentito di tutto di più» |
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«L’invito ci è stato
preannunciato molte volte, restiamo in attesa di potere discutere il piano
del traffico con l’amministrazione comunale. Stasera (ieri, ndr) anzi
chiederò al sindaco Dipiazza di potere visionare il documento».
Antonio Paoletti, in veste di presidente della Confcommercio, non entra nel
merito delle proposte contenute nella bozza Camus, perché «finora abbiamo
sentito di tutto e di più». Ma ribadisce che l’associazione di categoria è
pronta a parlarne. E se il documento risultasse superato dagli orientamenti
dell’amministrazione, «meglio ancora. Abbiamo sempre chiesto di essere
coinvolti prima che i giochi fossero fatti o quasi, in modo da potere dare
un contributo costruttivo».
Anche Franco Rigutti, numero due di Confcommercio e presidente uscente dei
dettaglianti, dice di non volere giudizi sulla bozza pubblicata ieri dal
Piccolo, restando in attesa delle carte ufficiali: «E poi non sappiamo se
quello sia un documento attuale o se costituisca una versione superata». Una
perplessità però Rigutti la esprime: «Se quella pubblicata è la bozza Camus,
allora non riusciamo a capire dove stiano le isole pedonali. Si parla di
corso Italia e via Mazzini aperte ai soli mezzi pubblici, dunque non
totalmente fruibili dai pedoni: credo che le mezze misure non accontentino
nessuno e scontentino molti». Rigutti ripete poi quanto aveva già detto nei
giorni scorsi: «Siamo prontissimi a una collaborazione costruttiva, ma le
cose devono andare avanti in tempi ragionevolmente brevi perché dalle scelte
che il Comune vorrà assumere dipenderanno anche strategie di sviluppo del
settore commerciale». |
PIANO DEL
TRAFFICO - Critiche da destra e sinistra: inutile rimandare |
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Commenti
perplessi dai consiglieri comunali. Omero (Ds): danneggiata l’immagine
dell’amministrazione. Rosolen (An): poco intelligente procrastinarlo
Il sindaco Dipiazza rimanda
ancora un’illustrazione ufficiale e completa della bozza Camus, ma da destra
e da sinistra i consiglieri comunali insistono: è ora che del documento si
discuta, documenti alla mano. E la capogruppo di An Alessia Rosolen, proprio
come il capogruppo Ds Fabio Omero, annota come la vicenda «danneggia
l’immagine dell’amministrazione». Anzi, commenta Rosolen, «trovo davvero
poco intelligente procrastinare la presentazione di questo piano, anche
perché sono soldi che questa amministrazione ha impiegato per capire cosa
fare di questa città». Perché qui sta il punto: «Se agiamo sul contingente è
evidente che Trieste non decollerà mai», aggiunge la capogruppo di An
lanciando una stoccata anche a Maurizio Ferrara, capogruppo della Lista
Dipiazza che giorni fa con una mozione ha riportato alla ribalta la vicenda
chiedendo di rendere nota la bozza e al contempo di cassarla: «I giochi
fanno male a tutti, anche a chi li propone e anche a Ferrara, che fu proprio
assessore al traffico lo scorso mandato». E insomma, Rosolen si dice
d’accordo con Dipiazza sul fatto che le Rive e la Grande viabilità
porteranno benefici al traffico, ma una direzione - ribadisce - va
intrapresa.
Intanto il capogruppo forzista Piero Camber dichiara di concordare, a
livello personale, con le proposte Camus su corso Italia e via Mazzini, e di
«non essere spaventato» da una via Torrebianca a senso unico in salita. Ma
un dato rimarca l’azzurro: «Una bozza c’è. Nessuno l’ha sposata, è un punto
di partenza su cui discutere». Discutere pubblicamente, suggerisce Camber:
«Esponiamo la documentazione per un mese, raccogliamo osservazioni,
ascoltiamo enti e categorie interessate entro dicembre, poi vediamo il da
farsi». Anche se «di un riordino del traffico, soft o pesante che sia, c’è
bisogno», dice Camber. Che quanto alla divulgazione del materiale, non si
scompone: «Il gioco d’agosto per essere presenti sui giornali...»
Si conferma schierato con il sindaco il capogruppo della Lista Dipiazza
Maurizio Ferrara, secondo il quale non c’è bisogno di un nuovo piano - né di
rendere nota la bozza Camus ormai obsoleta - ma soltanto di interventi
mirati ad alcune zone. Mentre per l’Udc Roberto Sasco annuncia di voler
richiedere «all’assessore competente» di illustrare il piano alla
commissione urbanistica di cui è presidente. Proprio ieri peraltro
l’opposizione ha presentato una domanda in questo senso, conferma il Ds
Omero. Il quale si dice in linea con lo spirito generale della bozza Camus,
mirato ad aumentare le zone pedonali e scoraggiare il traffico privato nel
centro cittadino. «Certo ci sono dei particolari da analizzare», precisa
Omero, «e quanto alle zone pedonali rovescerei il concetto partendo
dall’individuazione di edifici o luoghi pubblici ai quali verificare
l’accessibilità».
Concorda in termini generali con la bozza Camus anche il capogruppo della
Margherita Sergio Lupieri, che non condivide però la chiusura al traffico
privato di corso Italia. Quanto al modo in cui la bozza è stata resa nota,
«non mi stupisce - attacca Lupieri - rispecchia il modo di amministrare di
questa maggioranza litigiosa». «La busta con il piano del traffico? Metodo
da repubblica delle banane», sono le parole del capogruppo di Rifondazione
Marino Andolina. Che però contesta decisamente le soluzioni del piano, che
«se fossero davvero queste demoliscono la città».
Punta sull’ironia, infine, il Cittadino Roberto Decarli, che «ringrazia
l’anonimo perché senza di lui la vicenda piano del traffico - alla quale
hanno lavorato sei assessori in sei anni di amministrazione Dipiazza -
sarebbe rimasta ibernata». Ma «spero a questo punto - prosegue Decarli - che
l’anonimo faccia uno sforzo e faccia pervenire alla stampa anche il piano
parcheggi (che però è stato presentato pubblicamente in primavera, ndr), il
piano antenne e il piano dehors».
p.b. |
PIANO DEL
TRAFFICO - La bozza e le varianti: no a corso Italia senza auto
|
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Numerose le
correzioni prospettate dagli uffici tecnici comunali rispetto all’ipotesi
dell’ingegner Camus, soprattutto nelle aree cruciali del centro
Nessuna
modifica per le vie Mazzini e Torrebianca. Via Coroneo: niente corsia
preferenziale per i bus
La bozza di piano del traffico
elaborata dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus nel febbraio 2005
rappresenta il documento di base cui nel tempo sono state apportate dagli
uffici comunali - sulla base delle osservazioni degli assessori al traffico
che si sono susseguiti nei due mandati della giunta Dipiazza - numerose
proposte di varianti secondo un lungo «work in progress»: l’assessore al
traffico Maurizio Bucci lo scorso novembre prospettava otto diverse
soluzioni da proporre al sindaco Roberto Dipiazza per la nuova viabilità
nell’area compresa tra la stazione ferroviaria e corso Italia.
Quella che pubblichiamo oggi, ricevuta dal Piccolo assieme al resto della
documentazione - ma non protocollata - è una «proposta di variazione della
bozza del nuovo piano del traffico» redatta dagli uffici del Municipio «per
recepire - dice la legenda non datata - le osservazioni del sindaco e
dell’assessore competente, da verificarsi attaverso le simulazioni».
Scompare qui l’ipotesi di corso Italia aperto al solo traffico pubblico
(sostenuta invece da Bucci dall’inizio del suo mandato): la situazione resta
quella attuale tanto nel corso quanto in via Mazzini. Una soluzione che
potrebbe risultare gradita al sindaco Dipiazza, contrario alla progettata
apertura alle auto in salita di via Torrebianca, destinata secondo Camus a
sostituire la direttrice di corso Italia. Cancellata poi da via Battisti una
delle due corsie riservate ai bus che Camus ha previsto in discesa in
entrambe le direzioni, così come sparisce la corsia preferenziale in via
Coroneo. Queste modifiche portano al recupero di un certo numero di posteggi
in più punti del centro cittadino: per esempio nelle vie Torrebianca,
Coroneo e Battisti, via quest’ultima che Camus aveva previsto senz’auto in
sosta così da permettere l’ampliamento dei marciapiedi. Vengono mantenuti
inoltre i posteggi per motocicli in via Santa Caterina (dove con corso
Italia chiuso al traffico privato non si potrebbe invece arrivare) e nella
parte alta di via Torrebianca, recuperando così parte dei 425 posti che in
base alla bozza Camus scomparirebbero dal centro urbano, anche se «parte» di
essi «potrebbe forse venire ospitata» nei parking coperti.
La pianta qui pubblicata sarebbe una delle varie soluzioni emerse nel tempo,
come quella prospettata da Bucci lo scorso autunno con via Mazzini priva di
bus e corso Italia aperto al solo traffico pubblico ma in entrambe le
direzioni; o come l’ipotesi fatta balenare in tempi più recenti dal sindaco,
che ha annunciato di volere attuare degli «esperimenti»: aprire la parte
bassa di via Mazzini alle auto in salita, così da farle svoltare in via Roma
per vederle immettersi da qui in corso Italia. Il tutto per pedonalizzare
l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo.
Fin qui, si diceva, le ipotesi alternative. Tornando al piano Camus (di cui
riportiamo qui a lato le linee principali), per vedere incrementato l’uso
del mezzo pubblico a scapito di quello privato, il professionista propone
alcuni parcheggi di intescambio sulla cintura della città, dove lasciare
l’auto e salire sull’autobus: i siti sono Valmaura, l’area Università dove
viene «caldeggiato» il parking sotto piazzale Europa, la zona di Opicina
dove i due parcheggi del quadrivio potrebbero servire ai turisti «ai quali
potrebbero venire offerti diversi pacchetti incentrati sulla valorizzazione»
del tram, e infine l’area Barcola-Grignano.
Quanto ai parcheggi a pagamento, l’obiettivo è «favorire il trasporto
pubblico e ricercare un equilibrio tra la sosta su strada e in impianto».
Per questo, propone Camus, «l’importo minimo dovuto per la sosta nelle aree
centrali non può essere inferiore al costo di un biglietto dell’autobus»,
cosa che invece incentiva ovviamente l’uso dell’auto. Inoltre parcheggiare
in superficie deve costare di più, a parità di durata, che lasciare l’auto
nel parking coperto: in questo modo si punta a sfruttare i contenitori
esistenti e liberare le strade.
La bozza Camus peraltro si affianca al progetto di revisione del trasporto
pubblico locale redatto dallo stesso professionista e consegnato già qualche
anno fa alla Provincia e a Trieste Trasporti, la cui attuazione però è
legata all’applicazione del nuovo piano traffico: il progetto prevede tra
l’altro la fusione di alcune line, la riduzione dei trasbordi e la
velocizzazione dei percorsi attraverso la creazione di nuovi dieci
chilometri di corsie riservate.
La bozza Camus, per redigere la quale l’ingegnere - secondo il contratto
stipulato con l’amministrazione - si è rapportato nell’intero iter a un
gruppo di lavoro interno al Comune, viene ritenuta dal responsabile del
gruppo stesso, in una relazione stesa per la giunta, «frutto di scelte
rigorose e incisive sotto il profilo tecnico che il professionista», nella
«propria autonomia progettuale, ha inteso operare per tradurre e perseguire
al meglio gli indirizzi forniti dall’amministrazione»; indirizzi che a
parere degli uffici comunali «sono stati sostanzialmente rispettati», anche
se gli uffici stessi segnalano alcune situazioni da valutare.
Paola Bolis |
PIANO DEL
TRAFFICO - Da Camus un elaborato fatto per favorire i bus |
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Corso Italia chiuso al traffico
privato? Se ne discute da anni nella maggioranza, ed è questa una delle
proposte-chiave contenute nella bozza di piano del traffico redatta per il
Comune nel febbraio 2005 dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus. Sulla
base delle indicazioni fornitegli dalla giunta, Camus ha elaborato un piano
che mira in sostanza a favorire l’uso degli autobus a scapito di auto e
moto. Di qui le linee-guida del piano: incremento delle corsie riservate a
bus e taxi (dieci chilometri di nuove percorrenze, pari al 163% in più
rispetto a oggi) e ampliamento delle aree pedonali (quasi il 50% in più).
Molte le novità per il traffico privato. Tra le altre, l’apertura alle auto
in direzione via San Francesco di via Torrebianca, che sostituisce corso
Italia. C’è poi il collegamento via Reti-via Gallina-Passo San Giovanni che
porta da via Torrebianca a piazza Goldoni, da dove ci si può immettere nelle
due gallerie a senso unico in direzione periferia, mentre in senso opposto
corrono i bus: anziché lungo le gallerie, le auto dirette al centro possono
passare per via Madonnina e via Del Bosco. Da segnalare nuove corsie
riservate ai bus nei due sensi in via Battisti, mentre per le auto questa è
aperta solo in discesa da via Gatteri: chi sale può usare via Ginnastica (a
senso invertito) o le vie San Francesco e Coroneo, dove viene istituita una
corsia riservata ai bus. |
PIANO DEL
TRAFFICO - Un’indagine partita nel 2002 con le moto in forte crescita |
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Data al 2002 l’indagine
propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati scaturiti, l’invasione
delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto dei bus: dal 1982 al 2002
i motocicli risultavano aumentati del 188% mentre gli spostamenti con i bus
erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a 8.486. |
PIANO DEL
TRAFFICO - Rimane previsto il ponte sul canale di Ponterosso |
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La bozza Camus ipotizza un ponte
sul canale di Ponterosso tra le vie Trento e Cassa di Risparmio,
sottolineandone la valenza positiva per la riqualificazione dell’area.
L’ipotesi è contenuta anche nel piano di riqualificazione dei Borghi
Teresiano e Giuseppino approvato dal consiglio comunale. |
Sonego:
rigassificatore, Lubiana accelera - «Ora anche il governo italiano
dovrebbe decidere su uno dei due impianti» |
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L’assessore
interviene dopo che la società tedesca Tge Gas ha diffuso il dossier sul
progetto da realizzare a Capodistria |
«Strumentale
la posizione slovena che critica le due proposte per il Golfo di Trieste». E
critica anche gli ambientalisti: «Sanno solo dire di no» |
TRIESTE Bacchetta Lubiana «per
la totale strumentalità dell’opposizione ai rigassificatori nella nostra
regione». Ma plaude il governo sloveno perché «da ciò che è possibile
capire, intende costruire un rigassificatore a Capodistria e vuole agire in
tempi stretti». Lodovico Sonego non arriva a parlare di modello sloveno da
imitare. Ma non ha dubbi che quella sia la strada anche per l’Italia: «Si
faccia presto pure a Roma».
Alla fine di luglio la società tedesca Tge Gas Engineering ha presentato al
ministero dell'Economia della Slovenia l'istanza per ottenere le
autorizzazioni generiche mirate a qualificarla come legittima proponente
dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di energia
elettrica nella zona portuale. Pare che la risposta di Lubiana sarà positiva
e Sonego anticipa dunque «i migliori complimenti alle autorità slovene che
dimostrano di saper affrontare in modo pragmatico il tema strategico
dell’approvvigionamento energetico». Emergono a questo punto, secondo
l’assessore regionale, due questioni: «La prima è quella della totale
strumentalità dell’opposizione slovena ai rigassificatori in Friuli Venezia
Giulia. La seconda concerne invece la miopia dei sedicenti ambientalisti che
trovano ogni pretesto per impedire qualsiasi ipotesi di modernizzazione
anche quando è assolutamente indifferibile, come nel caso della
rigassificazione. Appare evidente che, mentre in Italia questi sedicenti
ambientalisti sventolano le bandiere del no, a un chilometro di distanza
oltre il confine il governo di Lubiana agisce con serietà bruciando tutti
sui tempi». Secondo la Tge Gas Engineering – che ha progettato un intervento
di circa 900 milioni di euro su una superficie di 30 ettari – l'impianto
sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. In
assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento indisturbato
delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la produzione di
energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012. Nessun dubbio sul
rispetto dei massimi standard di tutela dell’ambiente. La società tedesca ha
pure evidenziato che la tecnologia adottata sarebbe decisamente meno
inquinante di quella prevista dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di
Trieste. «In realtà oggi ci sono varie scuole tecnologiche e sono tutte
affidabili - osserva Sonego -. Nessuna delle soluzioni in uso nel mondo
produce danni all’ambiente, basta farci un giro per toccare con mano».
Quanto al sindaco di Capodistria che si oppone, l’assessore afferma: «Quando
si tratta di progetti importanti trovi sempre uno che si mette di traverso».
Sonego assicura che il rigassificatore a Capodistria non toglierebbe spazio
a quello in regione: «Ce n’è per tutti. L’Italia e i paesi dell’Europa
centro-orientale hanno la necessità di sfuggire al ricatto del monopolio
russo e algerino, sempre più esplicitamente uniti nel cartello di una specie
di Opec». Infine l’aggiornamento sui due progetti nel golfo di Trieste con
la Regione che, prima dell’estate, ha previsto consistenti prescrizioni
modificative. «La giunta – ribadisce Sonego – auspica che in sede di
valutazione di impatto ambientale nazionale il governo accolga le nostre
prescrizioni e modifichi dunque quei progetti allo scopo di consentire la
realizzazione di un rigassificatore. Senza preferenze da parte nostra su
quale dei due».
Si fa intanto sentire il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste
che, in una lettera al ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ricorda uno dopo
l’altro i motivi del fronte del no.
Marco Ballico |
Doppio binario
sulla Capodistria-Divaccia, Lubiana vuole coinvolgere Deutsche Bahn |
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Avviati
colloqui ai massimi livelli fra il governo sloveno e le Ferrovie tedesche.
Trattative a settembre |
Il colosso
europeo dei trasporti acquisirebbe quote di Luka Koper, di Intereuropa e dei
treni |
L’ammodernamento della rete richiede investimenti entro il 2020 per 9
miliardi di euroCAPODISTRIA Il governo
sloveno è disposto a vendere alla Deutsche Bahn (le Ferrovie tedesche)
importanti quote azionarie delle principali aziende logistiche nazionali -
Ferrovie, Luka Koper (ente di gestione del porto di Capodistria),
Intereuropa - ma chiede, in cambio, che il colosso tedesco investa
nell'ammodernamento della rete ferroviaria slovena, compreso la costruzione
del secondo binario sulla tratta Capodistria-Divaccia, 9 miliardi di euro
entro il 2020. La notizia non è ufficiale -si tratta per ora solo di
indiscrezioni - ma le trattative tra governo sloveno e Deutsche Bahn sono
già avviate. Il premier sloveno Janez Jansa, accompagnato dai ministri delle
finanze Andrej Bajuk e dei trasporti Janez Bozic, insieme ai presidenti dei
consigli d'amministrazione di Luka Koper, Intereuropa e Ferrovie slovene, ha
avuto lunedì sera un incontro con il presidente della Deutsche Bahn Hartmut
Mehdorn e i suoi collaboratori, ma nessuno, al termine dei colloqui, ha
voluto fornire particolari su quanto è stato detto. «Siamo soltanto agli
inizi - ha spiegato ieri alla stampa il sottosegretario sloveno alle Finanze
Andrej Sircelj - e non è stata presa ancora alcuna decisione».
In pratica, si stanno valutando tutte le possibilità su come realizzare
l'operazione e attuare la collaborazione tra il colosso logistico tedesco e
le più importanti società slovene del settore per riuscire a ottenere il
massimo effetto sinergico. La questione chiave da risolvere riguarda la
quota del partner straniero nell'eventuale futura holding logistica.
Secondo le stesse indiscrezioni, lo Stato sloveno venderebbe ai tedeschi il
49 per cento delle Ferrovie e la maggioranza del pacchetto azionario del
Porto e di Intereuropa, mantenendo il controllo del 25 per cento di azioni
delle due società. In cambio, la società tedesca, che sta puntando a
realizzare una rete logistica europea, porterebbe in Slovenia 9 miliardi di
euro necessari per migliorare i trasporti su rotaia (compresa la costruzione
del secondo binario sulla Capodistria–Divaccia) e parteciperebbe al
finanziamento della costruzione del terzo molo del porto di Capodistria. I
tempi e i dettagli dell'operazione, che se dovesse andare a buon fine
sarebbe uno dei progetti più importanti realizzati in Slovenia negli ultimi
quindici anni, sono ancora una grande incognita, ma già la notizia dei
colloqui del governo con i dirigenti della Deutsche Bahn ha fatto salire le
quotazioni in Borsa della Luka Koper di piu' del 5 per cento in un solo
giorno.
La Deutsche Bahn è la principale azienda logistica tedesca, un autentico
colosso europeo, presente sul mercato dei trasporti su rotaia ma operante
anche nel trasporto marittimo, stradale ed aereo. Con 230.000 dipendenti, un
fatturato di 30 miliardi di euro all'anno e 1,6 miliardi di utili
realizzati, è da molti considerata il partner strategico ideale per le
principali aziende logistiche slovene. Nuovi colloqui, a vari livelli, sono
previsti già a settembre. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22
agosto 2007
Piano del
traffico:
ecco la bozza Camus - Tra le proposte
anche la novità della riapertura al traffico privato di via Gallina in
direzione Goldoni |
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LA NUOVA
VIABILITÀ Svelati i contenuti del documento redatto su incarico del Comune,
consegnato nel 2005 e rimasto finora nel cassetto
Un deciso orientamento in favore
del trasporto pubblico, più efficiente grazie alle nuove corsie
preferenziali e destinato ad attrarre un 11% di utenti in più a fronte di
una contestuale riduzione di auto e moto. Nuove aree pedonali per 79.040
metri quadri, quasi il 22% in più rispetto a oggi. Ulteriori 18.100 metri
quadri recuperati con l’ampliamento dei marciapiedi, per un totale di un
+49,9% di superfici destinate ai pedoni. E poi eliminazione delle zone a
traffico limitato per i residenti; riduzione dei posteggi liberi; riassetto
di alcune direttrici urbane per decongestionare il traffico.
Questi alcuni dei dati relativi alla bozza di piano del traffico redatta
dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus a inizio 2005 su incarico del
Comune e da allora ampiamente discussa, ma mai svelata nella sua interezza
da parte dell’amministrazione. Ma ieri una fonte anonima l’ha resa nota
inviandola direttamente al «Piccolo». Ecco le proposte redatte da Camus e
ufficializzate nella bozza firmata anche dai direttori comunali della
Pianificazione, Carlo Tosolini, e del Servizio mobilità e traffico, Giulio
Bernetti.
LE INDICAZIONI Il progettista ha elaborato il documento sulla base
delle indicazioni fornite nel 2004 dalla prima giunta Dipiazza: incrementare
le aree pedonali nel centro cittadino, favorire il trasporto pubblico,
rimodulare la maglia viaria per garantirne maggiore funzionalità,
riconsiderare e eventualmente eliminare le zone a traffico limitato,
rivedere le aree di sosta per i residenti.
LA STRATEGIA Il piano mira a «invertire la tendenza in atto» negli
ultimi decenni, ovvero «una politica in tema di mobilità che ha
costantemente favorito l’uso del mezzo privato» determinando una «pesante
riduzione del ruolo del trasporto pubblico locale» e conseguenti «effetti
negativi» in tema d’inquinamento. Gli assi principali di intervento sono
dunque l’incremento delle corsie riservate al trasporto pubblico, la
creazione di nuovi percorsi pedonali, parcheggi di scambio in alcune aree
periferiche, l’ampliamento delle zone pedonali con «un servizio di trasporto
pubblico e una offerta di sosta adeguati», un aumento delle aree a pagamento
in superficie «senza trascurare le esigenze dei residenti».
TRAFFICO PRIVATO La soluzione che fin qui più ha fatto discutere
riguarda la chiusura al traffico privato di corso Italia, accessibile a
senso unico (direzione Goldoni) al solo trasporto pubblico, il quale per
scendere verso le Rive percorre via Mazzini. Il traffico privato che dalle
Rive si incanala in direzione Carducci viene dirottato su via Torrebianca, a
senso unico in salita fino a via Carducci. Da qui si può proseguire lungo
via San Francesco, che resta a senso unico ma in direzione invertita
rispetto all’attuale fino a via Rismondo. Chi punta verso piazza Goldoni da
via Torrebianca può imboccare via Reti, via Gallina e Passo San Giovanni,
riaperti al traffico privato con direzione invertita. Uguale l’itinerario da
via del Teatro Romano, che resta a senso unico e attraverso le vie San
Spiridione e Filzi porta a via Torrebianca, da cui si risale.
Da piazza Goldoni si imboccano le due gallerie, che diventano a senso unico
giacché la corsia opposta viene riservata a bus e taxi. Questo assetto
sposta il traffico privato diretto al centro su itinerari come le Rive, la
direttrice Baiamonti-Foraggi-D’Annunzio-Barriera ma anche - per chi giunge
da San Giacomo - su via Madonnina, il cui senso di marcia viene invertito.
Un’altra variazione significativa riguarda le vie Battisti e Ginnastica. La
prima per il traffico privato è a senso unico in discesa a partire da via
Gatteri, permettendo così dallo stesso punto l’istituzione di corsie
riservate in entrambi i sensi per i bus. Quanto a via Ginnastica, questa
sopperisce - assieme alle vie San Francesco e Coroneo - all’interdizione al
traffico privato di via Battisti in salita.
Il piano prevede tra l’altro la bretella di Porto Vecchio parallela a corso
Cavour, considerando l’apertura di un asse viario nell’antico scalo che
avrebbe potuto decongestionare l’asse di viale Miramare ma è stata in
seguito cassata con l’intesa raggiunta tra Comune e Autorità portuale.
TRASPORTO PUBBLICO Numerose le nuove corsie o vie riservate. A via
Tarabochia e Mazzini si aggiungono la parte terminale di via Roma (tra
Machiavelli e corso Italia) e il corso stesso tra piazza della Borsa e
piazza Goldoni. Nuove corsie sono previste in via Udine, verso il centro,
tra via Tasso e Rittmeyer; in via Coroneo, contromano in direzione centro,
tra via Favio Severo e via Carducci; in via Giulia, dal Giulia fino
all’incrocio con le vie Rismondo e Rossetti; in via Battisti in entrambi i
sensi; in via Rossetti, contromano direzione centro, fino a via Stuparich;
in viale D’Annunzio. Ancora, corsie bus e taxi in via del Molino a Vento tra
largo Pestalozzi e via Caprin; nelle gallerie Sandrinelli e San Vito; in via
dell’Istria, tra via Frausin e via Ponziana. Si giunge così a oltre 10
chilometri di corsie riservate, con un incremento del 163% rispetto a oggi e
con ricadute «positive sulla velocità commerciale dei mezzi» che
contribuiscono «in modo determinante all’incremento dell’appetibilità» del
bus.
AREE PEDONALI Di fatto, interrotta da alcune direttrici di trasporto
pubblico e privato, si delinea un’unica area pedonale tra Rive, corso
Italia, via Imbriani e via Torrebianca. L’elemento di maggiore impatto è
l’ampliamento delle zone pedonali di corso Italia e via Mazzini, impegnate
ciascuna da una sola corsia per bus e taxi a senso unico che consentono un
cospicuo allargamento dei marciapiedi. Essendovi interdetto l’accesso,
risultano così interamente pedonalizzate via Santa Caterina, via San Lazzaro
e via Imbriani (quest’ultima però percorribile dal trasporto pubblico). Il
piano prevede la pedonalizzazione anche dell’ultima parte di via di Cavana,
portando di fatto a una sostanziale continuità delle aree pedonali tra
piazza Venezia e Il Giulia.
Altro elemento di spicco, la proposta di liberare dalle auto in sosta
entrambi i marciapiedi di via Battisti, dove restano tre corsie: due
riservate ai mezzi pubblici, una ai mezzi privati. Di qui l’aumento
complessivo delle superfici pedonali del 49,9% rispetto a oggi.
Paola Bolis |
PIANO DEL
TRAFFICO - La stima del municipio: 3 milioni per l’attuazione |
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Uno degli elementi di spicco del
piano - che secondo la stima degli uffici comunali prevede un impegno
finanziario di almeno tre milioni 150 mila euro - consiste nell’eliminazione
delle zone centrali a traffico limitato (Ztl) per i residenti. In compenso
la sosta diventa a pagamento nelle sole fasce orarie 9-13 e 14.30-19. Per
incentivare il trasporto pubblico vengono proposti parcheggi di scambio
nella cintura della città. Quanto ai posti auto nel centro urbano, risultano
267 quelli eliminati assieme alle Ztl, ma l’offerta doi posti in impianti va
salire gli stalli complessivi a 375 in più. Diminuiscono invece nettamente i
posti non a pagamento, con 1119 stalli in meno nell’ottica di scoraggiare
l’uso del mezzo privato. Crescono invece di 532 quelli a pagamento su
strada, e di 1600 circa i posti a rotazione negli impianti. «Leggermente
negativo» invece il bilancio complessivo dei posteggi per i motorini nelle
aree centrali.
Il piano prevede fasce orarie per il carico e scarico merci, diverse (ma
concentrate nelle ore notturne e in quelle del mattino) in base alla
tipologia del traffico consentito nelle strade. Infine, numerosi sono i
collegamenti ciclopedonali proposti per un totale di 34 chilometri, il 600%
in più rispetto a oggi.
Come procedere all’applicazione del progetto? Sono previste sei fasi
progressive. Dapprima vengono realizzate le corsie riservate ai mezzi
pubblici in via Giulia e in via Roma. Si passa poi alle corsie riservate su
via del Molino a Vento e nelle gallerie, all’inversione di marcia in via
Madonnina e ad altri interventi; si arriva da ultimo al senso unico e alle
corsie bus in via Battisti e alla chiusura al traffico privati di corso
Italia con l’istituzione del collegamento via Reti-Gallina, oltre alla
realizzazione della viabilità interna in Porto Vecchio, alla corsia bus in
via Udine e al collegamento via Udine-viale Miramare. |
PIANO DEL
TRAFFICO - Il segreto rivelato da una busta anonima - Maggioranza e
opposizione da mesi chiedono di poter visionare le carte |
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LA NUOVA
VIABILITÀ Recapitata alla sede del Piccolo senza indicazione del mittente ma
con il logo del Comune
Il dibattito
su chiusure e isole pedonali si era riacceso pochi giorni fa
È rimasto fino a ieri uno dei
segreti più gelosamente custoditi del Comune. E così del piano del traffico
- o meglio della bozza redatta dall’ingegnere dei trasporti (e preside della
facoltà di Ingegneria cittadina) Roberto Camus, si è discusso accanitamente
a più riprese per anni, dibattendo di corso Italia senz’auto o della
galleria Sandrinelli a senso unico, due degli elementi di spicco che erano
filtrati attraverso una serie di indiscrezioni. Il tutto però senza che
nessuno ufficialmente avesse mai voluto illustrare il documento nel suo
senso compiuto.
Fino a ieri, si diceva. Quando alla sede del Piccolo è arrivata una busta
senza indicazione di mittente ma con il logo del Comune: dentro, da parte di
una fonte che non ha voluto vedere pubblicato il suo nome, una corposa
documentazione - in gran parte protocollata - relativa all’iter del piano
del traffico.
La bozza si è così materializzata a poche ore di distanza dalla chiusura
dell’ultima vicenda maturata sul tema. Vicenda che la scorsa settimana ha
visto il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara chiedere a sindaco
e giunta, in una mozione presentata «a titolo personale», di rendere
pubblico il documento ma al contempo di non darvi seguito, vista la
migliorata situazione della viabilità sulle nuove Rive e i piani rionali già
predisposti o in fase di attuazione. Perché a questo punto «le proposte di
modifica della viabilità cittadina, pur essendo sicuramente coraggiose ed
innovative, risultano, a parere dello scrivente, eccessivamente ed
inutilmente impattanti», scriveva Ferrara.
Una richiesta alla quale il sindaco Roberto Dipiazza ha risposto parlando
chiaro: innanzitutto ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di
rendere noto il piano. E poi «il 60-70%» del documento «non mi va bene», ha
detto, giacché dopo le Rive «vanno tagliate alcune scelte che non servono
più». Inoltre, secondo Dipiazza, di varare un nuovo piano del traffico non
c’è alcuna urgenza.
A queste parole ha risposto Camus, che rompendo il consueto silenzio ha
voluto ribadire di avere redatto la bozza seguendo le indicazioni precise
che dalla giunta comunale gli erano giunte nell’estate del 2004. E anzi, se
il 70% del piano non va «avrei gradito che il sindaco me lo avesse detto nel
febbraio 2005, quando gli presentai il documento di cui mi pareva
entusiasta». In controreplica, il primo cittadino ha sottolineato come la
bozza oggi abbia una «coerenza residua con quella che è la situazione
attuale della viabilità cittadina», ribadendo che ai politici spetta
decidere sulla base della «ragionevolezza» e non solo dei modelli matematici
cari agli studiosi.
Che ne sarà dunque del piano Camus, costato sin qui all’amministrazione
oltre 150 mila euro? La presa di posizione di Dipiazza è stata commentata
con entusiasmo dallo stesso Ferrara, che a quel punto si è detto concorde
sull’inutilità di rendere pubblico un documento obsoleto. Ma intanto, ancora
nei giorni scorsi, voci dell’opposizione così come del centrodestra hanno
ribadito l’opportunità di avviare una discussione pubblica sul tema. Ed è
una richiesta che parte da lontano: già lo scorso autunno, e poi a più
riprese, in modo compatto i capigruppo del consiglio comunale avevano
espresso la volontà di visionare il documento. Documento che peraltro non
risulta più quello originario di Camus, sul quale negli ultimi mesi ha
lavorato Maurizio Bucci, assessore al traffico e successore dello stesso
Ferrara, che il piano lo portò avanti tra il 2005 e il 2006: Bucci infatti
alla bozza ha apportato delle modifiche corpose. E pochi giorni fa si è
dichiarato «prontissimo» a esporne finalmente i contenuti, quando il sindaco
- ha precisato - lo chiederà. Perché una cosa è chiara: sul documento è
innanzitutto la maggioranza a dovere trovare una condivisione che finora non
c’è stata, e che l’anno scorso ha portato prudentemente a congelare l’iter,
vista l’imminenza delle elezioni comunali.
Nella vicenda si intersecano le posizioni diverse assunte dai vari partiti
della Cdl, la prudenza di Dipiazza che sinora sul piano ha preferito
frenare, l’entusiasmo - contestatissimo, nel metodo, da An - di Bucci che
all’inizio del suo mandato parlò di un corso Italia pedonalizzato... Agli
atti resta un un emendamento al bilancio preventivo 2007 del Comune,
presentato dalla maggioranza consiliare lo scorso febbraio e poi fatto
proprio dalla giunta, che prevede che entro «la prima metà dell’anno» sia
redatto il testo definitivo del piano del traffico da portare in consiglio
comunale. E intanto, tra poco partirà la campagna per le regionali 2008. |
PIANO DEL
TRAFFICO - Le alternative ipotizzate da sindaco e assessore |
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Nessuna rivoluzione né per corso
Italia, che resta aperto al traffico pubblico e privato, né per via Mazzini
dove i mezzi pubblici continuano a transitare in entrambe le direzioni. E
niente senso unico in salita in via Torrebianca.
Sono due dei punti nodali contenuti in un grafico, giunto in redazione ieri
assieme agli altri elaborati, non datato e intitolato «Proposta di
variazione della bozza del nuovo piano del traffico per recepire le
osservazioni del sindaco e dell’assessore competente, da veriricarsi
attraverso le simulazioni». Il grafico respinge dunque la soluzione di via
Torrebianca che il sindaco Roberto Dipiazza anche pochi giorni fa ha
dichiarato di non volere assolutamente attuare, e lascia intatta la
situazione di corso Italia e via Mazzini anche se prevede che l’ultima parte
di via Roma in direzione corso venga destinata ai soli mezzi pubblici. Altro
elemento diverso rispetto alla bozza Camus, l’assetto di via Battisti dove
delle due previste resta una sola corsia riservata (in salita) per gli
autobus: in questo modo viene espressamente indicato il recupero dei posti
auto sui marciapiedi e delle aree di carico e scarico merci sul lato rivolto
verso il viale XX Settembre, mentre scompare anche la corsia riservata ai
bus lungo via Coroneo.
Come ulteriore elemento forte di distinzione dalla bozza, il grafico prevede
il recupero di numerose aree di sosta, compresa naturalmente quella di via
Torrebianca. |
PIANO DEL
TRAFFICO - Tremul (CamminaTrieste): «È
necessario intervenire, la città è invasa dalle auto» |
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«Cosa succede con il piano del
traffico? Tutti ne parlano, viene spezzettato, nessuno in realtà lo vuole e
intanto il tempo passa e probabilmente non si farà». A lanciare un grido di
allarme è il Coped-CamminaTrieste, la Federazione italiana per i diritti del
pedone e la salvaguardia dell’ambiente con una nota firmata dal presidente
Sergio Tremul.
«Sul piano del traffico abbiamo presentato proposte, idee e iniziative, ma è
mancata una consultazione più volte annunciata» denuncia il presidente che
offre appoggio al consulente del Comune sul piano del traffico. «Siamo
d’accordo con quanto dichiarato dal professor Camus – afferma Tremul –
bisogna attuare il piano del traffico, altrimenti, mancando il contesto,
tutto quello che viene fatto non avrà certezza di risultato, nulla cambierà
perchè tante situazioni non muteranno». Molti i nodi irrisolti secondo il
Coped: «la città è invasa e continuerà ad esserlo da macchine e moto a
dismisura – accusa Tremul – e così attuare un piano del traffico è un
problema politico che questa amministrazione non ha il coraggio di
affrontare».
Tremul elenca i punti «caldi»: piazza Goldoni, snodo importante per bus e
pedoni: «come è stata realizzata rappresenta un pericolo con i suoi semafori
e passaggi pedonali». Secondo Tremul c’è un’incertezza sulle corsie dei bus
che dovrebbero essere riviste riducendo il transito privato. Poi largo
Barriera e via Oriani: «molto bella l’area, non certo funzionale a causa
della mancata sincronizzazione dei semafori e la sosta dei pedoni a centro a
centro strada». Si passa alle Rive: «Per i pedoni e i turisti c’è un fronte
di difficoltà per i passaggi e lo scorrimento veicolare non ha raggiunto i
livelli attesi per ridurre lo smog». Ultimo «nodo», il peggiore: via
Carducci «sempre più intasata e occupata ai lati da macchine e furgoni». «Il
piano del traffico affronta queste questioni – conslude Tremul – non farlo
può essere una grave posizione rivolta contro tutta la città». |
Rigassificatore per sessanta navi cisterna - Dal 2012 fornirebbe 5
miliardi all’anno di metri cubi di gas per 200 megaWatt |
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Il terminal
a Capodistria costerà 900 milioni e con l’indotto occuperà fino a mille
addetti
In settembre
ripartirà il dibattito mentre la tedesca Tge ha già presentato l’istanza al
ministero per le autorizzazioni
CAPODISTRIA Ipotesi di un
terminal rigassificatore nell’area del Porto di Capodistria, si va verso un
«settembre caldo». Del progetto di costruzione della struttura, nelle ultime
settimane, si è parlato poco. Forse anche perché buona parte dei politici
era in vacanza. Ma già a partire dal mese prossimo l’argomento ridiventerà
uno dei temi centrali sui quali si concentrerà l'attenzione dell'opinione
pubblica slovena.
Alla fine di luglio, infatti, la società tedesca Tge Gas Engineering ha
presentato al ministero dell'Economia della Repubblica di Slovenia l'istanza
per ottenere le autorizzazioni generiche tese a qualificarla come legittima
proponente dell'impianto congiunto di rigassificazione e di produzione di
energia elettrica nella zona portuale. E, tra non molto, Lubiana dovrebbe
fornire la sua risposta.
Nel frattempo, la Tge Gas Engineering ha reso note le caratteristiche
previste dall'intervento. Il progetto, del valore complessivo di circa 900
milioni di euro (inclusivo dei costi di finanziamento e con un’incidenza
pronosticata del valore delle opere da affidare a esecutori e fornitori di
servizi sloveni, stimata in una quota del 40%), impegnerebbe una superficie
di 30 ettari.
Esso prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di
stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5
chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio
dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto
criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in
senso stretto e della centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas
all'anno. In assenza di imprevisti e alla condizione di uno svolgimento
indisturbato delle procedure autorizzative, la rigassificazione e la
produzione di energia elettrica potrebbero essere avviate nel 2012.
E' previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in
prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato oltre mille addetti
complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa
200 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia proposta appare particolarmente adatta
ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe
l’utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'incremento dei
traffici marittimi indotto dall’intervento è stimato dai proponenti in 50
navi cisterna all'anno (60, a detta di tecnici terzi).
La Tge ha annunciato fin dall'inizio la volontà di rispettare i massimi
standard di tutela dell’ambiente, sottolineando tra l'altro che la
tecnologia adottata sarebbe decisamente meno inquinante di quella prevista
dai progetti Endesa e Gas Natural nel golfo di Trieste. Le autorità locali,
almeno finora, si sono tuttavia sempre dette contrarie al progetto.
Il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, agli inizi di maggio era stato
molto esplicito: fino a quando lui sarà primo cittadino - aveva detto - a
Capodistria non ci sarà alcun rigassificatore. Questa stessa posizione e'
stata ribadita successivamente dal consiglio comunale di Capodistria e dalla
Fondazione per lo Sviluppo sostenibile «Umanotera».
Per l'Associazione dei movimenti ecologisti, però, è comunque preferibile la
soluzione di una centrale a gas nel porto di Capodistria piuttosto che
garantire il fabbisogno energetico nazionale ampliando eventualmente con un
secondo blocco la centrale nucleare di Krsko. Il no al rigassificatore di
Capodistria e a quelli nel golfo di Trieste era stato ribadito anche nel
corso dell'incontro che il sindaco Popovic aveva avuto con il deputato di
Forza Italia e candidato alla presidenza del Friuli Venezia Giulia, Renzo
Tondo. |
IL PICCOLO - MARTEDI', 21
agosto 2007
Dipiazza a
Camus: decidono i politici - Il sindaco replica alla sortita del
professionista che ha redatto il piano del traffico poi non messo in pratica |
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«La bozza ha
una coerenza relativa con l’attuale viabilità» |
Lo scontro
approda anche nell’assise comunale. Giorgi (Forza Italia): «Non è possibile
che 40 consiglieri non ne sappiano niente». Omero (Ds): «Già spesi 150mila
euro» |
Roberto Dipiazza invita Roberto
Camus a ricordare la distinzione dei ruoli: l’uno politico, l’altro tecnico.
Gli rammenta che ai politici corre l’obbligo di non accettare passivamente
le proposte dei tecnici, come accadde con quella Rozzol Melara che «oggi
nessuno avrebbe il coraggio di difendere». Gli fa notare che la bozza del
piano del traffico trova una coerenza solo «residua» con la situazione
attuale della viabilità cittadina. E insomma, chiude, l’amministratore deve
scegliere valutando anche la realtà, e non solo i modelli matematici.
Sono alcuni passaggi della lettera indirizzata dal sindaco all’ingegnere dei
trasporti che ieri, rompendo il silenzio, ha commentato la vicenda del piano
del traffico. Dipiazza domenica aveva ribadito che la bozza firmata da Camus
a inizio 2005 «non mi va bene al 60-70%» in quanto «superata» in alcune
scelte dalla nuova viabilità delle Rive. Il professionista, ieri, ha fatto
notare di avere redatto la bozza proprio sulla base delle indicazioni
fornite dalla giunta: favorire il trasporto pubblico e incrementare le zone
pedonali. Certo è la politica a dovere decidere, ha notato il
professionista, «ma sarebbe bene che lo facesse per tempo, così che chi
lavora per l’amministrazione sia in grado di assolvere al suo compito».
La replica del primo cittadino arriva nero su bianco. Ed è una replica in
cui Dipiazza contesta la «rivendicazione» di Camus sulla paternità delle
Rive precisando come il nuovo lungomare sia stato ideato da tre ingegneri
del Comune. Inoltre, Dipiazza reputa che gli sviluppi positivi del traffico
siano stati «in qualche modo sottovalutati», cosicché «una buona parte del
piano» Camus non sarebbe «più applicabile».
Il nodo del piano traffico è riemerso giorni fa, quando il capogruppo della
Lista Dipiazza Maurizio Ferrara in una mozione ha invitato sindaco e giunta
a rendere nota la bozza Camus ma al contempo a non darvi seguito. E la
vicenda continua a far discutere, malgrado il sindaco abbia fatto intendere
di non volere rendere nota la bozza e di volere incaricare gli uffici di
modificarla, ma senza fretta.
Tanto dalla Cdl quanto dall’opposizione arrivano però voci che ricordano il
ruolo dei consiglieri comunali: «Il piano del traffico va fatto - osserva il
forzista Lorenzo Giorgi - e non è possibile che 40 consiglieri a oggi della
bozza Camus non sappiano nulla». Giorgi annuncia la presentazione di una
mozione in cui chiederà che vengano ascoltate le circoscrizioni, gli organi
istituzionali più vicini ai cittadini, e che le diverse soluzioni possibili
vengano poi illustrate e lasciate in mostra in una delle sale espositive del
Municipio così da poterne mettere al corrente i cittadini.
Anche il diessino Fabio Omero ricorda il ruolo di indirizzo del consiglio
comunale, e «come opposizione - annuncia - chiederemo che la commissione
urbanistica venga convocata per visionare la bozza Camus. Un lavoro che è
costato al Comune oltre 150 mila euro, e che prima di essere cestinato va
esaminato dal consiglio comunale. Il tutto - chiude Omero - mentre resta a
oggi in vigore il piano Honsell, approvato dalla giunta Illy e considerato
già nel 2001, dall’amministrazione Dipiazza, come uno strumento da rifare».
Infine, una nota del consigliere regionale dei Cittadini (ed ex assessore
comunale) Uberto Fortuna Drossi: «Amministrare la città è una cosa seria.
Qui il copione è sempre lo stesso, quello del gioco degli specchi: tutto e
il contrario di tutto, interprete il primo cittadino. La peculiarità del
sindaco potrebbe essere invidiabile per un politico navigato: sedurre la
gente tanto da far dimenticare le cose dette ieri. La città ha bisogno di
trasporti pubblici che si muovano velocemente, di meno inquinamento, di un
traffico fluido, di parcheggi: abbiamo perso sei anni, senza parlare del
resto», chiude Fortuna Drossi.
Paola Bolis |
Bucci: arredi,
coinvolgeremo gli esercenti - L’assessore: il Piano dehors mi
preoccupa, problemi nel rapporto tra locali e negozi |
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Il titolare
dell’Urbanistica a Durissini e Di Lorenzo che avevano criticato il
documento: «Di che parlano se non l’hanno visto?» |
«Fosse stato
per me il documento sarebbe potuto restare nel cassetto: in alcune zone può
andare benissimo, ma in altre no» |
«Non rispondo a Pino Di Lorenzo
perché non so chi rappresenti, ma mi dispiace per le osservazioni di
Lionello Durissini, persona seria che ha sempre agito in maniera
equilibrata. Di che cosa parla se il piano non lo ha visto? Ma stia sereno:
il documento verrà discusso con le categorie prima di essere portato in
consiglio comunale».
Maurizio Bucci, assessore all’urbanistica, risponde così all’ennesima
contestazione sul Piano dehors, il regolamento al quale - quando sarà stato
varato - dovranno attenersi 1200 locali pubblici in materia di gazebo e
verande, tavolini e sedie, elementi di delimitazione degli esterni. Dopo
avere ripreso il suo iter, il piano degli arredi a breve andrà approvato
dalla giunta per poi passare all’aula municipale.
Ieri Lionello Durissini, direttore dell’associazione di categoria Acepe, ha
parlato dell’«impossibilità di uniformare le nuove strutture» anche quanto
ai colori (quello dominante nel documento così come si presenta ora è
l’antracite dei lampioni), mentre Pino Di Lorenzo, segretario politico della
Lista autonoma Regione Venezia Giulia, ha annunciato di aver avviato una
raccolta di firme tra esercenti «contro il piano».
Ma Bucci controbatte: «Si parla di una unificazione dei dehors che non
esiste, si raccolgono firme contro qualcosa che non si conosce. Ed è un dato
che svilisce la professionalità dell’Acepe...» L’assessore comunque lo
ribadisce: «Anche prima che altri si riempissero la bocca parlando di Agenda
21, io il coinvolgimento delle categorie l’ho sempre ricercato. Lo faremo
anche stavolta: appena il collega Tononi (assessore che detiene la delega
all’occupazione del suolo pubblico) avrà esaminato il piano, lo porterò in
giunta. Poi passeremo alla condivisione con le categorie, che del documento
riceveranno una copia per così da poterla analizzare e dare dei suggerimenti
secondo le rispettive sensibilità». Ma nessuno pensi di non rispettare un
contesto comune: «Vorrei vedere un dehors giallo...», rilancia Bucci.
Tutto bene allora? Non proprio. A chi contesta, Bucci risponde così: «Sono
il primo a essere preoccupato per i dehors, che nient’altro sono se non
verande che sporgeranno rispetto alle facciate degli edifici impattando in
modo determinante sotto il profilo estetico e visivo. E se la vetrina di un
negozio si ritroverà stretta tra due dehors di altrettanti locali? Tutti se
ne dimenticano, ma il problema starà nel rapporto tra pubblici esercizi e
commercianti. Ecco, dico allora che oltre ad Acepe Fipe e Cna dovremo
sentire anche Confcommercio e Confesercenti per tirare le somme tutti
insieme. E le categorie dovranno assumersi le proprie responsabilità
attraverso un giusto confronto». Insomma, Bucci lo dice chiaro: «Certo,
fosse per me quel piano potrebbe restare nel cassetto. In alcune zone
andrebbe benissimo, in altre no». Ma l’iter, ribadisce, lui l’ha ereditato
dalla precedente amministrazione (se ne occupava l’assessore Rossi).
Bucci peraltro già qualche settimana fa ha ripetuto di essere stato
costretto a «stravolgere completamente il progetto precedente perché era
qualcosa di scandaloso e inapplicabile», come nel caso delle «gigantesche
anfore stile Pompei» che sarebbero state facilmente rovesciate dalla bora, o
come nel caso delle coperture trasparenti facili a essere inzaccherate da
colombi e gabbiani. Rivisto, il piano ha ripreso dunque l’iter che finirà al
consiglio comunale. E sarà proprio l’aula del Municipio - rimarca Bucci - «a
dover dire l’ultima parola».
p.b. |
Gasolio in
mare, resta il mistero - Installato terzo sbarramento, nuovi controlli per
risalire all’origine della macchia |
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Ancora gasolio nello specchio di
mare antistante il porticciolo di San Sabba e ulteriori decisioni
dell’Autorità portuale per evitare che il carburante si diffonda nel golfo.
L’area interessata al misterioso versamento di cui non si riesce a
individuare il punto di origine, ieri è stata ulteriormente circoscritta dai
tecnici della ditta «Crismani» con un terzo sbarramento di panne
galleggianti. Lo ha voluto l’Autorità portuale, allarmata e preoccupata
dalle possibili conseguenze dell’ondata di maltempo abbattutasi ieri sulla
città. L’acqua caduta dal cielo in astratto potrebbe trascinare nelle
prossime ore in mare altro gasolio finora sfuggito all’attività delle maree.
Ma non basta. La Capitaneria di porto sta facendo eseguire a una ditta
specializzata ulteriori controlli sulle tubazioni interrate da cui,
attraverso una falla, potrebbe essere finito in mare il gasolio. In tutte le
tubazioni presenti nell’area dov’è insediata la «Depositi costieri spa», ma
che potrebbero essere appartenuti anche alla ex Esso, è stato immessa
dell’acqua in pressione. Se i tubi sono integri, la pressione cala
lentamente; se al contrario vi è una falla, la diminuzione è molto più
veloce. Oggi la «mappatura» di questi grossi tubi dovrebbe concludersi con
l’individuazione del «colpevole» del versamento attivo da almeno otto
giorni.
c.e. |
La telenovela
della Ferriera |
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L’associazione nata in difesa
dell’ambiente e per la tutela dei diritti di utenti e consumatori esprime il
proprio sconcerto di fronte alla ridicola telenovela sulla Ferriera di
Servola. Ultimo episodio l’esternazione estiva del sindaco e relativa
replica della Provincia per mezzo dell’assessore Barduzzi che ricorda al
primo cittadino che il responsabile della salute pubblica è lui. E su questa
linea si accoda il Codacons che invita il sindaco ad agire secondo i poteri
a lui conferiti dalla legge. Se è vero che i dati attuali dell’inquinamento
prodotto dallo stabilimento sono allarmanti e stanno mettendo a repentaglio
la salute soprattutto dei cittadini che abitano nelle zone limitrofe,
secondo la nostra associazione la chiusura deve essere drastica utilizzando
intanto gli ammortizzatori sociali per garantire il salario ai dipendenti e
operai in attesa di decidere con le Istituzioni un’altra sistemazione
lavorativa per loro. La posizione, forse un po’ dura, del Codacons è
motivata dalle troppe prese in giro che per anni, nonostante i gravi disagi
patiti dalla comunità a causa di imbrattamento e inquinamento, hanno
permesso al Gruppo Lucchini di promettere bonifiche senza mai effettuarle
sul serio e così continuare misteriosamente a vivacchiare tra un sequestro e
l’altro. Se un Comune cittadino attraverso un suo operato crea dei danni al
prossimo o addirittura ad una comunità intera è un po’ difficile che rimanga
costantemente impunito.
Ora si apprende che un campione di cittadini sarà sottoposto ad esami
medici. Se saranno riscontrate anomalie dell’organismo di costoro per colpa
delle sostanze inquinanti provenienti dalla Ferriera, chi ne risponderà in
Tribunale? È una bella domanda.
Elisabetta Lama - vicepresidente Codacons |
IL PICCOLO - LUNEDI', 20
agosto 2007
Camus:
Dipiazza ha bocciato il «suo» piano del traffico - «La bozza è stata
fatta seguendo le indicazioni della giunta: nel 2005 sembrava entusiasta» |
|
L’ingegnere
dei trasporti che ha redatto il documento rompe il silenzio dopo che il
primo cittadino ha cassato il 70% delle proposte |
«Sento che
la viabilità sulle Rive funziona: grazie, sono stato io a progettarla» |
Ringrazia il sindaco Roberto
Dipiazza «perché ha dichiarato pubblicamente che la viabilità delle nuove
Rive funziona benissimo: e quella viabilità l’ho progettata io». Aggiunge
che sarà «ben lieto di conoscere quale sia il 70% del piano che non va, così
da potere rivedere il tutto mantenendo il 30% che funziona. Anche se - è
l’affondo giocato sull’ironia - avrei gradito che il sindaco me l’avesse
detto nel febbraio del 2005, quando gli presentai il documento di cui mi
sembrava entusiasta».
Roberto Camus, l’ingegnere dei trasporti e docente universitario che ha
redatto la bozza di piano del traffico, rompe il silenzio sin qui tenuto. E
lo fa all’indomani delle dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino. In
seguito alla mozione - firmata «a titolo personale» - in cui il capogruppo
della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara invitava la giunta a «non dare
seguito» al documento, il sindaco ieri ha fatto intendere che la bozza non
verrà resa nota, precisando appunto che «il 60-70% del piano non mi va bene»
giacché è stato predisposto «prima del nuovo asse sulle Rive». E giacché la
Grande viabilità andrà a rimodulare «il modo di muoversi in città».
A inizio 2005 Camus firmò la proposta in cui - lo ribadisce - già si teneva
conto delle modifiche che al traffico cittadino sarebbero state portate
dalle Rive rifatte e dalla Grande viabilità. E allora, «il sindaco pensa che
con la Grande viabilità il traffico non graverà più tanto su via
Commerciale? Ecco - replica il professionista - la differenza è che lui
pensa mentre io so, perché esistono metodi matematici che ci consentono di
sapere cosa succede e come si affronta la materia. E dico che la Grande
viabilità non risolve il problema di via Commerciale, così come è vero che
le Rive consentono oggi un traffico più scorrevole ma non hanno cambiato
l’altra parte del mondo». E insomma, «non mi risulta che sia mutato
l’assetto della città e che non ci siano più problemi. Mi auguro anzi che
tutto il lavoro fatto con le Rive e con Largo Barriera non venga vanificato
dalle nuove ipotesi di viabilità che riguardano piazza della Libertà» (per
la quale ci sono studi in corso, ndr).
Se il piano a giudizio di Dipiazza non funziona, Camus ricorda di averlo
«redatto in base alle indicazioni che mi erano state fornite dalla giunta
comunale». Indicazioni precise: «Favorire il trasporto pubblico e
incrementare le zone pedonali, cosa che resta a oggi da fare». E certo «io
non entro in un discorso che ormai è diventato più politico che tecnico, con
problemi interni ai partiti o fra singole persone. È sicuramente la politica
a dover decidere - aggiunge l’ingegnere - ma sarebbe bene che lo facesse per
tempo, in modo che chi lavora per l’amministrazione fosse in grado di
assolvere al suo compito».
La chiusura al traffico privato di corso Italia, uno dei punti principali
contenuti nella bozza Camus? «La proposta da un punto di vista generale era
provocatoria e anche pesante, ma voleva dare un segnale di inversione di un
certo modo di concepire la città. Certo - dice Camus - per affrontare i
problemi bisogna avere un po’ di fegato... Oltretutto il piano proposto
prevede varie fasi di attivazione, che non devono essere necessariamente
accettate tutte». Comunque, ribadisce Camus, «il mio contratto prevede che
vengano recepite le osservazioni fatte in primo luogo dal committente, e io
sono disponibile a rivedere il piano mantenendo quel 30% che secondo il
sindaco è ottimo, e che dunque possiamo attuare».
Cosa succederà se Trieste non avrà un nuovo piano generale del traffico?
«Niente di spaventoso, visto che la città non ha grandi sviluppi
demografici. Ma teniamo presente il problema di carburanti e inquinamento.
Se prima le Rive erano percorribili in sette-nove minuti, ora lo sono in
tre-quattro: questo significa che le stesse auto inquinano ciascuna per
quattro-cinque minuti in meno. È un concetto - chiude l’ingegnere - che
andrebbe esteso quanto più possibile».
Paola Bolis |
IL SINDACO - Aveva detto:
«Alcune scelte non servono più» |
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«Il 60-70% della bozza Camus sul
piano del traffico non mi va bene. È stato predisposto prima della viabilità
sulle Rive, alcune scelte sono superate». Erano state queste alcune delle
frasi del sindaco Roberto Dipiazza in merito al documento. «I tagli li
faremo noi, con gli uffici comunali. Ho idee chiarissime – aveva proseguito
– Ad esempio non farò mai il senso unico in via Torrebianca». |
Ferrara:
«Ritiro la mozione, sto con il sindaco» - Il forzista Marini: «Ma
bisogna andare avanti con le isole pedonali»
|
Il
capogruppo della lista civica di centrodestra propone di sentire l’opinione
dei cittadini tramite questionari nelle circoscrizioni
Era stato lui a riaprire il
dibattito sul piano del traffico firmando pochi giorni fa una mozione
urgente in cui chiedeva alla giunta di rendere nota la bozza redatta da
Roberto Camus e al contempo di non portarla avanti. E ora quel dibattito lo
chiude, annunciando: «Ritirerò la mia mozione a settembre, nella prima
conferenza dei capigruppo». Perché, dice il capogruppo della Lista Dipiazza
Maurizio Ferrara, «finalmente è stata fatta chiarezza». Il riferimento è
alla dichiarazione del sindaco Roberto Dipiazza: «Il 60-70% del piano non mi
va bene». E dunque «come speravo, quel piano non esiste più», è la deduzione
di Ferrara, secondo il quale «Dipiazza ha ragione a non volere rendere
pubblico un documento obsoleto. La mia mozione aveva proprio questo
obiettivo, quindi la ritengo superata dai fatti».
E però, aggiunge il capogruppo - che ribadisce di avere agito a titolo
personale - «ora non perdiamo altro tempo. Iniziamo subito ad ascoltare le
reali esigenze dei cittadini distribuendo dei questionari attraverso le
circoscrizioni. Predisponiamo poi una nuova bozza di piano - gli uffici
comunali sono assolutamente in grado di correggere l’esistente - e una volta
visti gli effetti della Grande viabilità», cioè non prima dell’autunno
avanzato del 2008, «indiciamo un referendum per l’approvazione» del
documento.
E se più di una voce in questi giorni ha notato come fosse stato lo stesso
Ferrara a portare avanti il piano quand’era assessore al traffico, «io avevo
solo cercato di portarlo in discussione, senza peraltro riuscirci: ma non
ero intervenuto sui contenuti», è la replica.
Interpellato, intanto, il vicecapogruppo di Forza Italia in consiglio
comunale Bruno Marini si dice «sostanzialmente d’accordo con il sindaco, che
è uomo da realizzazioni concrete più che da studi». Ma poi, precisato di non
poter dare giudizi sulla bozza Camus, «perché non l’ho vista», Marini spezza
una lancia a favore della pedonalizzazione estesa del centro cittadino
prevista dallo stesso Camus ma sposata - sebbene con soluzioni diverse -
anche dall’assessore al traffico Maurizio Bucci. «Innanzitutto ricordiamo
che quel piano è costato al Comune, cioè ai contribuenti, oltre 150 mila
euro: starei attento a non gettare il tutto definitivamente nel cestino»,
ragiona Marini, dicendosi «d’accordo con Bucci sull’idea di arrivare
progressivamente a una pedonalizzazione del triangolo Borsa-Goldoni-Sant’Antonio
nuovo».
Non solo: «Credo non serva attendere il completamento della Grande viabilità
- rilancia Marini - e credo che quella prevista da Camus per via Mazzini e
corso Italia (chiusi entrambi al traffico privato e aperti a quello pubblico
con due sensi unici in direzioni opposte, ndr) fosse una proposta
intelligente. Ci si può arrivare anche prima delle elezioni regionali»,
annota il forzista: «Ma bisogna a questo punto dare un’accelerata all’iter
dei grandi parcheggi previsti e soprattutto di quello sotterraneo del colle
di San Giusto. Ricordo benissimo che fu presentato nel giugno del 2003. Sono
trascorsi quattro anni, e sono un po’ tanti per l’avvio di un’opera
essenziale». |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 19
agosto 2007
Il sindaco: il
70% del piano del traffico non va bene - «Lo cambieranno gli uffici
comunali ma non c’è fretta. Non farò mai il senso unico in via Torrebianca» |
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Dipiazza
replica all’iniziativa del capogruppo della sua lista civica. La bozza Camus
non sarà resa pubblica. «La nuova viabilità sulle Rive ha migliorato tutto»
Con molta calma, e comunque dopo
che saranno stati conclusi i grandi interventi sugli assi di scorrimento
attorno alla città. Il sindaco Dipiazza, raggiunto telefonicamente a bordo
della barca sulla quale sta rientrando dalle vacanze in Dalmazia, non si
mostra eccessivamente sorpreso dai contenuti della mozione con cui Maurizio
Ferrara, capogruppo della Lista Dipiazza in consiglio comunale, gli chiede
di «non dare seguito» alla bozza del piano del traffico redatta
dall’ingegner Camus.
Il primo cittadino non sembra poi aver intenzione di rendere pubbliche le
proposte di Camus, come richiesto da Ferrara per far sì che il consiglio
comunale possa votare la mozione urgente. Che la bozza rimarrà nei cassetti
del Comune (definitvamente?) Dipiazza lo fa capire dicendo che «il 60-70%
del piano non mi va bene. E’ stato prediposto prima del nuovo asse sulle
Rive, e quindi vanno tagliate alcune scelte che non servono più».
Ma chi farà queste modifiche, il professor Camus o gli uffici comunali? «I
tagli li faremo noi – risponde Dipiazza con grande sicurezza –. Ho le idee
chiarissime».
E subito non si lascia scappare l’occasione di lanciare una frecciatina
all’amministrazione Illy che ha governato il Comune alcuni anni fa. «Abbiamo
tutti i dati del traffico, strada per strada – sottolinea Dipiazza –. E’ un
lavoro che non è mai stato fatto prima. Il piano Honsell (commissionato
dalla giunta Illy, ndr) era stato studiato senza disporre di dati».
Per spiegare la calma con cui intende affrontare eventuali scelte di
viabilità in centro (ad esempio la chiusura di Corso Italia al traffico
privato), il sindaco parte alla lontana, ricordando che l’amministrazione ha
risolto il problema delle Rive («tutti danno atto che è un nuovo asse di
scorrimento»), ha sistemato il traffico in Largo Barriera, ha approvato il
piano per San Vito.
«Ci sono da sviluppare ancora alcuni dettagli – osserva il primo cittadino –
ma soprattutto si deve tenere presente che entro il 2008 sarà completata la
Grande viabilità, che farà muovere la città in maniera diversa. E già adesso
non si può dire che sia una citta congestionata: con le nuove Rive è
cambiato il modo di muoversi».
Il tema «piano del traffico», dunque, nei programmi del sindaco è rinviato
di parecchi mesi, dopo che Grande viabilità e Lacotisce-Rabuiese saranno
state ultimate. Dipiazza però aggiunge: «Qualche via centrale potremmo
affrontarla anche prima». E subito dopo ribadisce: «La Grande viabilità, una
volta finito il tratto Cattinara-Padriciano, andrà a modulare di nuovo il
modo di muoversi in città. Penso ad esempio che il traffico che scenderà
dall’altipiano non graverà più tanto su via Commerciale, o su altre
direttrici, come accade adesso».
Insomma, per chi non lo avesse ancora capito, Dipiazza non ha «nessuna ansia
di affrontare il piano del traffico». Le Rive e Largo Barriera hanno già
dato buone risposte alla viabilità cittadina, ribadisce il primo cittadino,
che promette di «studiare quanto ha fatto Camus» ma allo stesso tempo
assicura di non voler «mai fare certi sensi unici, come quello previsto in
via Torrebianca verso via Carducci».
Ma c’è anche un altro fronte che rimane aperto. Per il suo lavoro il
professor Camus attende ancora dal Comune (come riferiamo a fianco) una
tranche del compenso. Alla domanda su quando l’amministrazione salderà il
debito, Dipiazza risponde in maniera sibillina: «Sarà pagato quando il piano
verrà attuato». Ma non si esime dal precisare che «non è un problema del
sindaco, ma della Regioneria».
Giuseppe Palladini |
Ferrara: «Un
referendum sulle isole pedonali» - Dopo la mozione che ha fatto
riaprire il dibattito l’esponente della Lista Dipiazza rilancia:
«Coinvolgere i cittadini». |
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Rigutti: al
commercio servono indicazioni certe. Centrosinistra: Cdl, spettacolo
indecoroso |
Il capogruppo della Lista
Dipiazza in consiglio comunale Maurizio Ferrara rilancia con l’idea di un
referendum su possibili pedonalizzazioni e rivoluzioni viarie. Franco
Rigutti ribadisce che Confcommercio, di cui è vice presidente, attende di
valutare il nuovo piano del traffico per poter dare «un contributo
costruttivo», ma sottolinea come il settore abbia bisogno di «conoscere la
linea che il Comune intende adottare» per muoversi - e investire - sulla
base di certezze. E dal centrosinistra si addita una Casa delle libertà
impegnata in uno spettacolo «indecoroso».
All’indomani della mozione con cui Ferrara ha fatto riemergere il nodo
irrisolto del piano del traffico, il dibattito sul tema riprende vigore. Sul
fronte politico, si diceva, Ferrara rilancia. Ieri ha invitato sindaco e
giunta a rendere pubblica la bozza di piano del traffico elaborata
dall’ingegnere Roberto Camus quasi tre anni fa, bozza che però a suo parere
andrebbe cassata viste le proposte «eccessivamente e inutilmente impattanti»
che contiene. E oggi ecco l’ulteriore proposta: se la viabilità costituisce
un tema centrale per la quotidianità della popolazione, «non restringiamo il
dibattito ai politici: rendiamo pubblica la bozza e chiediamo l’opinione dei
cittadini, con un referendum come quello che avremmo dovuto fare sui
rigassificatori». Ferrara non si dice contrario a ipotesi di
pedonalizzazione, «ma non possiamo parlarne in termini generali come stiamo
facendo. Io attendo di vedere la bozza, anzi la bozza Camus modificata
dall’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci», dice Ferrara che il piano lo
seguì quando ricopriva il ruolo oggi tenuto dal suo successore forzista. E
«se è vero che Bucci ha modificato o stravolto il piano, allora avevo
ragione nel sostenere che quella bozza non andava bene. In ogni caso -
aggiunge Ferrara riferendosi alle dichiarazioni rilasciate ieri da assessori
di An e Forza Italia - abbiamo capito che la giunta quel piano lo vuole
discutere. A questo punto però ci vorrebbe Poirot (l’investigatore cui diede
vita Agatha Christie, ndr) per capire il motivo per cui non lo fanno».
Su un altro versante, e precisando di non volere entrare in un dibattito
politico che non gli compete, Franco Rigutti ribadisce posizioni che
Confcommercio ha già espresso più volte negli anni. «Ben venga se potremo
vedere la bozza del piano, siamo pronti a dare anche con i nostri tecnici -
se il Comune ce lo richiederà - un contributo propositivo e costruttivo, con
serenità». Confcommercio si è già in passato espressa a favore di
un’estensione delle aree pedonali nel centro cittadino, «a condizione -
ribadisce Rigutti - che ci siano i servizi e soprattutto i posti auto
necessari. L’importante però è che le cose vadano avanti in tempi
ragionevolmente brevi». Perché dalle scelte che il Comune vorrà assumere -
aggiunge il numero due dell’associazione di categoria - dipenderanno anche
strategie di sviluppo del settore commerciale: «Ci sono numerosi
imprenditori, colleghi pronti a ristrutturare e risistemare le proprie
attività, ma attendono di conoscere quale sarà in futuro la situazione».
Dall’opposizione frattanto piove una gragnuola di critiche sugli
amministratori comunali di centrodestra, additati di offrire «uno spettacolo
indecoroso». «È ora di finirla - attacca il vicecapogruppo dei Ds in Comune
Tarcisio Barbo - ne inventano ogni giorno una nuova contraddicendosi a
vicenda su nodi per i quali poi a pagare è la città. Si mettano d’accordo,
poi propongano qualcosa di concreto».
Tanto Barbo quanto il consigliere comunale della Margherita Marco Toncelli
sottolineano poi il passo compiuto «a titolo personale» da Ferrara, che
«pure è il capogruppo della Lista che rappresenta il sindaco». E allora,
«non si capisce se Ferrara venga a dire cose per conto di altri», osserva
Toncelli. Il diellino parla di «spettacolo indecente e indecoroso costituito
dal rimpallo di competenze, con Bucci che si dice pronto a parlare del piano
se il sindaco lo richiederà malgrado, come assessore all’urbanistica e al
traffico, sia responsabile di deleghe importanti. Intanto continuiamo ad
avere un’amministrazione che parla di progetti che nessuno conosce, e che la
città aspetta».
In una nota il consigliere dei Cittadini Roberto Decarli osserva che
«l’amministrazione di centrodestra si sta dimostrando molto più capace di
divertire i triestini che di amministrare la città, e lo sta facendo con una
maestria che ad agosto ha raggiunto livelli significativi». Gli esempi? «Ha
iniziato il sindaco con la proposta di armare i vigili, subito contrastata
dal vicesindaco Lippi malgrado An nella scorsa consiliatura perseguisse
l’obiettivo. Poi un importante membro della giunta (Giorgio Rossi della
Lista Dipiazza, ndr) ha suggerito alle famiglie di organizzarsi con nonni e
zii per portare i bambini a scuola, così da sopperire alla cancellazione del
servizio scuolabus. Adesso, dopo che il piano del traffico è in elaborazione
da cinque anni, ecco Ferrara - che alla sua stesura quand’era assessore avrà
certamente contribuito - proporre di fermare l’iter». Insomma «divertenti»,
chiude Decarli, «ma governano la città ed è per questo che il minimo che
dobbiamo esigere è serietà e buona amministrazione nell’interesse della
comunità. Se non ne sono capaci lascino, avranno più successo - ne sono
certo - come commedianti».
Paola Bolis |
Un iter di
cinque anni Sborsati dal Comune più di 150mila euro - Resta aperto il
contratto con Camus |
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Al Comune l’iter seguito per
giungere alla bozza di nuovo piano del traffico è costato sinora più di 150
mila euro. Si è partiti nel 2002 con un’indagine sulla mobilità
commissionata da Comune e Provincia all’Università cittadina, con un esborso
di circa 65 mila euro per entrambe le amministrazioni. Quell’indagine,
coordinata dall’ingegnere dei trasporti da Roberto Camus, ha delineato i
flussi di traffico individuando i mutamenti principali sopravvenuti in città
rispetto al 1982, anno al quale risaliva l’ultimo studio di questo tipo.
Sulla base dell’indagine è stato affidato a Camus l’incarico di stendere la
bozza del piano del traffico. Il professionista, che già negli anni Settanta
lavorò alla revisione del piano allora in vigore, ha steso la bozza
attenendosi alle linee-guida dettate dalla prima giunta Dipiazza nel 2004:
via libera a una maggiore pedonalizzazione del centro urbano senza escludere
l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffco; cancellazione di qualsiasi
tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; sì a una revisione delle
zone a traffico limitato.
Per questo incarico il contratto stipulato fra il professionista e
l’amministrazione prevede un compenso di 120 mila euro, la cui ultima
tranche di 20 mila dovrà essergli liquidata dopo la stesura del piano
definitivo. Formalmente infatti il contratto andrebbe chiuso quando la bozza
verrà trasformata in documento finale, cosa che Camus potrà fare solo quando
dal Comune gli perverranno le relative indicazioni. Negli ultimi anni il
professionista ha realizzato per l’amministrazione anche lo studio sulla
viabilità delle nuove Rive: la bozza del piano tiene infatti già conto sia
del nuovo assetto del lungomare sia dell’apertura della Grande viabilità. |
Tav, sparisce
la nuova stazione di Trieste E l’Italia sposa il tracciato della Slovenia -
L’aumento previsto del traffico su rotaia è pari al 6 per cento ma solo nel
2045 |
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Nel
documento ufficiale presentato a Bruxelles confermato l’addio all’alta
velocità: i treni viaggeranno a 180 chilometri all’ora |
Lubiana ha
chiesto alla Ue il 30 per cento del costo delle opere, Roma non l’ha fatto |
Tra gli
interrogativi rimasti aperti c’è il collegamento con il porto |
TRIESTE È confermato: non c’è
più la nuova stazione di Trieste in alta velocità sotto il livello di viale
Miramare, rimane la vecchia stazione con le manovre avanti e indietro per
immettersi sulla linea. Ma la prima vera novità viene dalle righe iniziali
della domanda di finanziamento presentata congiuntamente a Bruxelles da
Italia e Slovenia a fine luglio. Si tratta di un testo inglese di oltre 50
pagine, più una mappa, che riguarda esclusivamente il percorso
Trieste-Divaccia del Corridoio 5.
In teoria, sarebbe un testo riservato: all’assessorato regionale ai
Trasporti dicono che non ce l'hanno ancora. La sua lettura rivela tuttavia
non poche novità, chiarendo fra l’altro alcuni recentissimi dubbi sorti dopo
la diffusione da parte dello stesso assessorato di una versione non
aggiornata del percorso, pubblicata dal Piccolo il 19 luglio. Ad esempio,
pareva che ai treni merci provenienti dal porto di Trieste attraverso la
circonvallazione fosse preclusa la svolta verso oriente; fortunatamente, non
è così.
Nel documento ufficiale, l’Italia chiede all'Unione europea di finanziare al
50% la progettazione del tratto Trieste-confine di stato, mentre la Slovenia
- oltre alla propria progettazione - chiede il 30% del costo delle opere
ferroviarie che realizzerà prima del 2013, in totale 139 milioni di euro.
L’ALTA VELOCITÀ RALLENTA L'Italia e la Regione avevano sempre chiesto che la
tratta Trieste-Divaccia fosse in alta velocità ed invece ora, per adattarsi
alla Capodistria-Divaccia già decisa dal parlamento sloveno nel 2003, non lo
è più. A prescindere dal colore politico della maggioranza di governo, la
Slovenia ha sempre puntato il massimo su Capodistria-Koper perché è il suo
unico porto. Viceversa, per i governi italiani Trieste è sempre stato
inevitabilmente un porto secondario; ed è forse in questo contesto di forte
impegno sloveno che il percorso italiano presentato a Bruxelles ha finito
per riprendere semplicemente un tracciato elaborato dalla Slovenia fin dal
2004. Lo si vede dall’intestazione della mappa erroneamente divulgata.
Ingrandendo fortemente in basso a destra, si riesce infatti a leggere che il
disegno è proprietà della «Javna agencija za zelezniki promet Republike
Slovenije» di Maribor (Agenzia pubblica per il trasporto ferroviario della
Repubblica di Slovenia) e risale al 2004. L'assessore Lodovico Sonego
sottolinea che «il risultato più importante è stato conseguito, perché il
progetto garantisce la continuità verso est del Corridoio 5». Rete
Ferroviaria Italiana (Rfi) ha però confermato che lungo il tortuoso percorso
si viaggerà a 160-180 chilometri orari. Prima, si parlava di 280 chilometri.
«In Slovenia - ha precisato Rfi - la ferrovia attuale verrà ammodernata ed
in parte rettificata, conseguendo tempi di percorrenza molto migliori degli
attuali; e qualcosa si farà anche in Ungheria». In altre parole, secondo il
progetto, da Trieste si andrà verso est con una ferrovia moderna,
sotterranea, ma non ad alta velocità. Quanto ai treni passeggeri diretti in
città, devieranno dal Corridoio 5 sottoterra attraverso due gallerie, che
sboccheranno in superficie nell'attuale comprensorio ferroviario.
IL REBUS DELLE MERCI La mappa firmata dai due ministri italiano e sloveno
prevede i futuri imbocchi da e per i due porti e le linee esistenti, senza
però indicare dettagli, che infatti non sono stati ancora elaborati da parte
italiana. La figura presentata a Bruxelles mostra due monconi che si
staccano dalla linea sotterranea, l’uno grossomodo a sud di Opicina (vedi lo
schema a fianco), e l’altro verso la linea della Grandi Motori. Viceversa,
l'imbocco verso Capodistria è praticamente sicuro (in gergo viene chiamato
«la gambetta» verso Capodistria). Tale percorso garantirà a quel porto
ottimi collegamenti senza limiti di dimensione dei carri sia verso ovest
(Monfalcone etc via Corridoio 5), sia verso l'Est (Divaccia, Lubiana etc con
ferrovia moderna). La situazione del porto di Trieste non appare altrettanto
favorevole. Le merci dovranno infatti continuare a passare attraverso la
circonvallazione sotterranea, di cui non è previsto, neanche a medio
termine, l'allargamento necessario per ovviare agli attuali limiti di
sagoma. Per poterla allargare, occorrerebbe chiudere per un anno e mezzo
l'attuale galleria, che passa sotto la città, ed è per questo che la mappa
presentata a Bruxelles prospetta il futuro sbocco alternativo per le merci
triestine verso il Corridoio 5 attraverso il prolungamento della linea
ferroviaria accanto alla Grandi Motori. Questo tratto passerebbe fra lo
stabilimento e Bagnoli-Boljunec, ma poi ci vorrebbe anche un complesso snodo
fra Cattinara e San Giuseppe della Chiusa, senza il quale le merci
potrebbero girare solo verso l'Italia. Sia per l'allargamento che per questo
snodo, si tratta comunque di prospettive molto in là nel tempo.
«Riguarderanno i nostri figli» ha detto Rfi a San Dorligo. A noi genitori
balza invece agli occhi l'assenza del collegamento diretto fra i due porti,
i famosi 6 chilometri di cui già parlava la generazione dei nonni. Tratto
quasi indispensabile per Trieste, perché aprirebbe al nostro porto un’ottima
connessione con Divaccia e con l'est, ma utile (solo un po' meno) anche a
Koper per immettere le sue merci nella nostra circonvallazione e di qui
verso Monfalcone e oltre. Però non c'è stato verso, pare.
ALLA FINE, SI FARÀ? Sarebbe inutile negare che il tracciato presentato a
Bruxelles toglie molto fascino al nuovo Corridoio 5. Perché se ne esce con
gallerie ancor più lunghe e costose sulla tratta italiana, con il taglio
della nuova stazione sotto viale Miramare, con l'allargamento della
circonvallazione rimandato a chissà quando, ed addirittura con il mancato
collegamento Trieste-Koper, che avrebbe consentito ai due porti di fare
«fare sistema». E poi Bruxelles, si sa, è molto a corto di fondi e così
l’ipotesi che la costruzione della tratta transfrontaliera venga lasciata
cadere guadagna terreno. Viceversa, sono in molti a scommettere che la
Slovenia - giustamente - realizzerà il collegamento Koper-Divaca a qualsiasi
costo, magari con l'aiuto di capitali tedeschi, si dice. Non è davvero
chiaro, a questo punto, se il governo italiano creda ancora in questo
spezzone del Corridoio V o se ormai miri solo a prendere tempo, conquistando
finanziamenti per una progettazione destinata a restare senza seguito (come
si è visto, l'Italia non ha chiesto contributi per la costruzione). In
questo quadro di dubbi sull’effettiva convenienza delle decine di chilometri
della doppia curva sotterranea per scavalcare la Val Rosandra, il documento
firmato da Di Pietro e dal suo omologo Bozic contiene due valutazioni
pessimistiche, che sembrerebbero fatte apposta per svalutare l'importanza
della realizzazione della famosa «S» agli occhi dell'Unione europea. A meno
che non si tratti di una ingenuità non tanto della Regione, quanto del
governo nazionale.
IL TRAFFICO Solo il 6% in più su rotaia, e nel 2045. Ci si riferisce
innanzitutto alla stima della capacità futura del Corridoio 5 di sottrarre
traffico dalle strade ed autostrade «nelle regioni direttamente interessate
dalla infrastruttura», come recita il testo. A Bruxelles dicono che la stima
di questa conquista di una fetta di mercato - riferita al 2045 - sia dovuta
ai consulenti Scott & Wilson, ma il testo non lo dice. Ebbene, il documento
ora presentato all'Unione europea dichiara che - terminata la realizzazione
di questa tratta del Corridoio 5 - il traffico su rotaia passerà
dall'attuale 33% al 39% (pagg. 45 e 50); un incremento di sei punti in
alcune decine d'anni, a fronte di un costo di svariati miliardi di euro.
Altro dato strano, in clima di «sfide» di mercato sbandierate a proposito e
a sproposito, parrebbe essere l'ammissione che «il progetto non mostra
caratteristiche di convenienza per attrarre investimenti privati» (pag. 31).
Infine, agli eventuali «problemi ambientali» il testo - che ha tuttavia
altre finalità - dedica 8 righe a pag. 48.
I RISCHI E se i cinquanta chilometri circa di gallerie «italiane»
dell'attuale progetto - da Monfalcone oltre la «S» del Rosandra - non si
dovessero fare? La Ue, ipotesi abbastanza plausibile, potrebbe decidere che
costano troppo in rapporto ai benefici ottenibili. In quel caso, il porto di
Koper-Capodistria realizzerebbe comunque l'ottimo collegamento con l'Est,
mentre per l'Ovest potrebbe almeno godere di un imbocco facilitato alle
attuali linee sul Carso. Viceversa, per uscire dal porto di Trieste, le
nostre merci dovrebbero continuare ad usare le vecchie linee, senza potersi
indirizzare ad est attraverso Capodistria. Fortuna che abbiamo l'ottima
Pontebbana (poco utilizzata). Nel frattempo, in Croazia avanza a passo
spedito il progetto autonomo di collegamento di Fiume-Rjeka con l'Ungheria.
Con il che, ognuno per sé e Dio per tutti? Se dovesse accadere, Trieste non
si troverebbe in «pole position», ma tutto l'Adriatico settentrionale, da
porto Nogaro a Fiume, ne soffrirebbe.
GLI INTERROGATIVI Si poteva trovare una soluzione migliore? Le difficoltà
attuali sono forse la conseguenza dell’aver voluto ostinatamente un percorso
con Trieste vera stazione passeggeri sulla linea da 300 all'ora dalla Spagna
all'Ucraina, nonostante i pesanti costi e vincoli progettuali imposti dalla
posizione geografica della città? Le cose sarebbero andate meglio se
avessimo scelto un altro tracciato? Difficile dirlo. Davvero difficile farsi
un'idea precisa. Perché tutta la procedura relativa all'individuazione della
linea, iniziata almeno nel 1999, è sempre stata - e lo è tuttora - avvolta
dal riserbo. Non si sa se furono, e da chi, studiati percorsi alternativi.
Non si conoscono le analisi costi/benefici. Non si sa quale fosse
l'atteggiamento della Slovenia: avrebbe ad esempio accettato l'alternativa
lungo la Valle del Vipacco? Oppure era possibile una linea in galleria da
Monfalcone verso Opicina e poi in superficie verso est? Detto per inciso,
anche sui rigassificatori è sempre stato molto difficile avere informazioni.
L’INFORMAZIONE Pare che, a prescindere dal loro colore, i governi italiani e
regionali abbiano valutato che fosse meglio procedere in segreto, cercando
di mettere l'opinione pubblica di fronte al fatto compiuto. «Troppe
opposizioni preconcette, troppi ambientalisti sfegatati, troppi pessimisti
rassegnati al declino economico» si dice. Ma nemmeno il segreto funziona. In
assenza di informazioni, si fanno largo supposizioni e illazioni anche
malevole su lobby e clientele varie. Qui da noi, nessuno pare aver ancora
voluto provare a percorrere la via rettilinea: progettazione da parte dei
tecnici migliori, valutazioni pubbliche dei costi/benefici delle varie
soluzioni, informazione sulle trattative internazionali, tutto alla luce del
sole. Il punto è che, siccome non esistono soluzioni perfette, soltanto
l'informazione potrebbe far sì che, a fronte di molti eventuali pregi,
l'opinione pubblica maturasse la scelta di un percorso con qualche difetto.
Nascondere serve a poco, i difetti alla fine trapelano. Il segreto non fa
che alimentare la confusione e l'ostilità, ed alla fine ci si ritrova fermi
e con una società ancor più divisa.
Livio Sirovich |
IL PICCOLO - SABATO, 18
agosto 2007
Piano del traffico - Ferrara:
stop al piano delle isole pedonali - Il capogruppo della Lista
Dipiazza chiede (a titolo personale) di fermare la bozza Camus sul traffico |
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Si riapre il
dibattito sulla viabilità. Il centrodestra: il documento va reso pubblico.
Bucci (Forza Italia): pronto a illustrarlo quando il sindaco me lo chiederà
Maurizio Ferrara, capogruppo
della Lista Dipiazza in consiglio comunale, rilancia sul nodo irrisolto del
piano del traffico. E in una mozione invita sindaco e giunta «a non dar
seguito al piano predisposto da Roberto Camus», l’ingegnere che qualche anno
fa firmò la bozza - a oggi rimasta tale - in cui si prevedeva tra l’altro la
chiusura di corso Italia al traffico privato. |
Ma il consiglio comunale
chiamato a votare la mozione urgente lo potrà fare solo se il piano sarà
stato reso noto, aggiunge Ferrara: di qui l’invito a «rendere pubbliche le
proposte» di Camus, ingegnere dei trasporti dell’Università cittadina.
La mozione - firmata «a titolo personale», precisa il capogruppo della
formazione civica nata per sostenere il sindaco - ricorda che la bozza stesa
in base agli indirizzi dettati dalla prima giunta Dipiazza «non risulta
ancora proposta all’attenzione dell’attuale amministrazione». Intanto è
stata ultimata la nuova viabilità delle Rive, sono stati approvati alcuni
piani rionali, è in fase di ultimazione la Grande viabilità. E il traffico
non presenta «gravi problematiche» salvo «eccezioni in zone particolarmente
critiche» come l’area Battisti-Rossetti-Ginnastica-Carducci: ma potrebbero
bastare interventi «costanti e incisivi» dei vigili.
Con queste premesse, l’invito a «non dare seguito» alla bozza: «Le proposte
di modifica della viabilità, pur coraggiose e innovative, risultano
eccessivamente e inutilmente impattanti», scrive Ferrara pensando
evidentemente a ipotesi come corso Italia chiuso al traffico privato o la
galleria Sandrinelli a senso unico. Meglio allora intervenire su semafori e
sosta nelle aree critiche, predisporre nuovi parcheggi per due ruote,
potenziare le corsie per i bus, stilare ulteriori piani rionali.
La mozione riaccende i riflettori su un tema complesso e spinoso per la
maggioranza, dentro la quale divergenze e veti incrociati su merito e metodo
non si sono mai ricomposti. Mentre del piano si continua a non discutere.
L’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci si dichiara «pronto a tirarlo
fuori, visto che le idee le ho chiarissime, quando me lo chiederanno». Cioè
quando Dipiazza lo vorrà, conferma Bucci. Il quale manda a dire a Ferrara,
che la bozza Camus la seguì quand’era assessore, di «parlarne piuttosto con
il sindaco». Peraltro, Bucci con il suo predecessore non è tenero: «Se ne
accorge ora che la bozza non va bene? Un consiglio spassionato da amico:
invece che fare mozioni a Ferragosto si compri la Settimana enigmistica e
una bibita, e si riposi aspettando il fresco».
Il vicesindaco Paris Lippi (An) rileva che le due richieste di Ferrara -
rendere noto il piano e cassarlo - «mi paiono un po’ in contraddizione tra
loro». Ma conferma che «un piano va redatto» e ribadisce la posizione di An,
che da mesi chiede di discuterlo: «Poi magari scopriremo che non è attuabile
o non è il meglio nell’interesse della città, ma intanto parliamone». Una
stoccatina a Ferrara la riserva anche Lippi: «Ne parli con il sindaco -
visto che è capogruppo della lista civica che porta il suo nome - proprio
per non mettere Dipiazza in difficoltà».
L’assessore forzista Paolo Rovis, che nell’agosto 2004 da consigliere
comunale lanciò l’idea di corso Italia pedonale, concorda sull’esigenza di
discutere il piano, anche perché - dice in linea con Lippi - «il lavoro di
Camus è costato soldi e impegno». Le scelte «impattanti» richiamate da
Ferrara? «Le linee di indirizzo votate dal consiglio comunale individuavano
come prioritaria l’estensione delle aree pedonali», ricorda Rovis. Il
presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco (Udc) rileva intanto
come sia «opportuno che il piano del traffico venga analizzato nella fase di
redazione della variante al piano regolatore», strumento urbanistico che ha
connessioni precise con il piano del traffico. E poi «sì alla discussione -
rileva Sasco - ma che sia costruttiva, non mirata soltanto a mettere Bucci
alla gogna».
Resta comunque da capire di quale bozza si voglia parlare. Perché il piano
che Bucci si dice «prontissimo» a discutere con gli alleati è diverso (ne
parliamo qui a lato) rispetto alla bozza originaria firmata Camus.
Paola Bolis |
Piano del traffico - L’iter
partì dallo studio commissionato nel 2002 - Sei anni di incarichi,
relazioni, progetti. E un dibattito sempre aperto all’interno della Cdl
|
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Il piano del traffico oggi in
vigore fu redatto dall’ingegnere Fiorella Honsell su incarico dell’allora
amministrazione Illy («la giunta precedente lo approvò dopo sette anni»,
diceva già nel 2003 il sindaco Dipiazza a chi gli faceva notare i tempi
lunghi della sua giunta su questo versante). Di rivedere il piano - per
legge lo si dovrebbe fare ogni due anni - si iniziò a parlare quando
Dipiazza fu eletto sindaco nel 2001. Nel suo programma elettorale si parlava
già di via Mazzini pedonalizzata in funzione di «cannocchiale» sulle Rive.
L’allora assessore all’urbanistica Maurizio Bradaschia prefigurava
l’utilizzo di bus elettrici lungo un anello in un’area da interdire al
traffico privato compresa tra Rive, corso Italia e via Carducci.
Nel 2002 scattò un’indagine promossa da Comune e Provincia (costo 65 mila
euro per entrambe le amministrazioni) in collaborazione con l’Università,
propedeutica alla redazione del piano. Fra i dati più eclatanti che ne
scaturirono, l’«invasione» delle due ruote a danno delle auto ma soprattutto
degli autobus: dal 1982 al 2002 i motocicli risultavano aumentati del 188%
mentre gli spostamenti con i bus erano scesi dai 19.640 di due decenni fa a
8.486.
Dopo avere diretto l’indagine, Camus fu incaricato di redigere la bozza di
piano del traffico in base agli indirizzi emanati dalla giunta. Tra questi,
il via libera alla pedonalizzazione del centro urbano senza escludere
l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffico; la cancellazione di qualsiasi
tentativo di disincentivare l’uso dei motorini; il sì a una revisione delle
zone a traffico limitato.
A cavallo tra 2004 e 2005 l’ingegnere consegnò al Comune il documento, mai
reso pubblico nella sua interezza. Infruttuosi da allora i tentativi di
trovare una sintesi all’interno della maggioranza, dentro la quale -
soprattutto tra An e Forza Italia - le posizioni sono rimaste diverse anche
sull’ipotesi di chiusura di corso Italia o via Mazzini. Con l’avvicinarsi
delle elezioni del 2006 si è preferito congelare l’iter del piano. E dopo la
sua conferma a sindaco, Dipiazza ha chiarito che del piano - fermi restando
una serie di interventi puntuali su alcune zone da portare comunque avanti -
si sarebbe parlato non prima del 2008, al termine cioè del cantiere della
Grande viabilità e del rifacimento della galleria di piazza Foraggi. In
seguito Bucci ha annunciato una discussione della bozza in giunta a fine
estate 2006. Nel frattempo, An e poi Forza Italia e l’intera maggioranza
hanno sollecitato a più riprese la giunta. Ma «contesto chi mi dice che
abbiamo immediato bisogno del piano del traffico», tagliava corto il sindaco
in una dichiarazione dello scorso aprile: «Dopo la risoluzione di alcuni
nodi viari come Rive, Largo Barriera e via Timeus, la città funziona anche
senza». |
Piano del traffico - Dal
nuovo triangolo senza auto agli «esperimenti» in via Mazzini |
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Quale piano del traffico? A fine
2004 l’ingegnere Roberto Camus stese una bozza su cui Maurizio Ferrara,
allora assessore della prima giunta Dipiazza, portò avanti un primo
confronto con alcune categorie e associazioni. Dallo scorso anno, da quando
ha assunto la delega al traffico, Maurizio Bucci a quel piano ha apportato
modifiche consistenti. L’assessore forzista non è mai voluto scendere nei
dettagli invocando una preventiva «condivisione» con la maggioranza. Ma ha
sempre detto, e ora lo ribadisce, di essere per una pedonalizzazione spinta
del centro cittadino. Già lo scorso autunno Bucci prefigurava una via
Mazzini libera dai bus e un corso Italia aperto ai soli mezzi pubblici (ma
in entrambe le direzioni, non nella sola direzione Goldoni come previsto dal
piano Camus). Per il resto, come ha dichiarato lo scorso giugno l’assessore,
la sua proposta mira a «un triangolo pedonale tra le piazze della Borsa,
Sant’Antonio nuovo e Goldoni».
Il sindaco Roberto Dipiazza invece fin dalla sua rielezione, nel 2006, ha
precisato che il varo del nuovo piano del traffico non avverrà prima della
fine di due cantieri importanti per il traffico cittadino, quello della
Grande viabilità e quello relativo al rifacimento della galleria di piazza
Foraggi: non prima del 2008 avanzato, dunque. Il primo cittadino lo scorso
gennaio ha riconfermato l’intenzione di compiere degli «esperimenti» prima
di partire con la redazione del piano, secondo lui superato con l’apertura
delle nuove Rive anche se in realtà Camus ha simulato già operative sia le
nuove Rive che la Grande viabilità. Tra gli «esperimenti», il far transitare
le auto in via Mazzini dal lungomare in su, fino a farle girare in via Roma
e poi in corso Italia, per pedonalizzare l’area piazza della Borsa-via
Canalpiccolo. Auto in via Mazzini? «An voterà contro di qui all’eternità», è
stata in quell’occasione la replica della capogruppo dei finiani Alessia
Rosolen. E oggi il vicesindaco Paris Lippi infila la battuta: «Se la
soluzione di via Mazzini si rivelasse un miracolo, beh, davanti ai miracoli
ci inchineremo». Gli «esperimenti» potranno partire presumibilmente in
autunno, quando, chiusa la vertenza Stream, si potrà rimuovere la rotaia
magnetica |
Altre macchie di gasolio
esami alla «Depositi costieri» |
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Altro gasolio nel mare di San
Sabba e altre ricerche dei tecnici che ormai da una settimana non riescono a
individuare il punto preciso da cui il carburante fuoriesce per poi finire
nel vallone di Muggia.
Ieri alcuni sondaggi hanno interessato l’area su cui sorgono i serbatoi
della «Depositi costieri spa», la società che con le sue bettoline
rifornisce di carburante le navi ferme in porto o ancorate in rada.
Difficile se non impossibile che da questi serbatoi possa essere uscito il
gasolio che ha imbrattato a intermittenza la linea di costa. Sul fondo dei
tank proprio per evitare problemi e facilitare le misure i tecnici di tutte
le società petrolifere inseriscono uno strato di acqua sul quale le diverse
qualità di carburante galleggiano. Anche le misure delle quantità di gasolio
e olio combustibile presenti nei tank sono estremamente precise. Un
millimetro in meno rappresenta dai 500 ai mille litri fuoriusciti o venduti.
Ed è evidente che i controlli non hanno trovato nulla di anomalo.
Le ricerche però continuano e anche le operazioni di bonifica degli specchi
acque affidate dall’Autorità portuale alla ditta «Crismani» che vanta
un’esperienza di almeno vent’anni di operazioni di disinquinamento, in mare
e a terra. |
Ds e Margherita a Rc e Verdi:
«La Tav non è negoziabile» - Intesa resta divisa sull’opera. Malattia:
«Scegliamo con attenzione i tecnici»
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Respinta la
richiesta di azzerare la discussione e ripartire da dati certi: «Nel
programma 2008 confermeremo il sì». I Cittadini concordano
TRIESTE Nel programma di Intesa
democratica, nel 2003, la Tav c’era. E nel 2008 le cose non cambieranno: «La
realizzazione dell’alta velocità-alta capacità è un obiettivo non
negoziabile». Margherita e Ds non transigono e definiscono non accoglibile
la richiesta di Verdi e Rc di discutere da zero della proposta, partendo da
dati certi. Concordano, sulla linea pro-Tav, i Cittadini per il presidente.
Prove di una nuova maggioranza? «Non credo proprio – dice Bruno Malattia –.
Ma, se nel 2003 era nel programma, non vedo perché non debba esserci nel
2008. L’importante è che la fase di nostra competenza sia conclusa entro la
prossima legislatura». Finanziamenti e tracciato passano in secondo piano.
Per i partiti di maggioranza di Intesa democratica, il sistema alta
velocità-alta capacità ferroviaria resta una priorità «non negoziabile»,
come dice il capogruppo della Margherita, Cristiano Degano: «Bisogna
guardare opere di questo tipo in prospettiva se non vogliamo fare la fine
della terza corsia. Oggi che la situazione del traffico pesante è in forte
sofferenza, stiamo inseguendo un’opera che fino a qualche anno fa sembrava
non necessaria». In quest’ottica di ridistribuzione dei carichi di traffico,
aggiunge Degano, non può bastare il potenziamento della linea esistente:
«Non farei dei sofismi tra alta velocità e alta capacità. Quella sarà una
valutazione che spetta ai tecnici. Il punto è che, se vogliamo
infrastrutture capaci di stare al passo con i tassi di crescita del
traffico, l’opzione zero non è perseguibile. Servono nuove linee». Compatti
e convinti anche i Ds. «Sarebbe assolutamente senza senso tornare indietro
su una posizione che abbiamo espresso per tutto il mandato e su cui stiamo
lavorando con serietà – dice Mauro Travanut -. Non si spostano gli assi
centrali della politica. Altra cosa sono le modalità di discussione. Siamo
sempre stati convinti che un’opera tanto importante necessitasse del
coinvolgimento di tutti i soggetti interessati ed è così che stiamo
procedendo. Sul primo tratto l’ipotesi del parallelismo non incontra
resistenze. La discussione è aperta sul secondo tratto, Porpetto-Villa». Si
discute sulle caratteristiche tecniche del Corridoio V: «Se sia meglio
propendere per l’alta velocità o l’alta capacità in determinati punti –
aggiunge Travanut – è tutto da vedere. Diciamo che non possiamo rinunciare
al Corridoio V». Le obiezioni espresse dalla sinistra radicale partono
proprio dal fatto che l’alta velocità sarebbe un modello inadeguato per il
territorio regionale e che sia meglio orientarsi su un tracciato ad alta
capacità, ovvero in grado di garantire maggior frequenza di traffico
ferroviario. Per realizzare quest’obiettivo non sarebbe indispensabile,
secondo Verdi e Rc, costruire nuove linee. Il modello ad alta capacità è già
stato fatto proprio dalla giunta: l’assessore Lodovico Sonego nei giorni
scorsi ha ribadito che la Tav «si farà e avrà caratteristiche d’alta
capacità». Da qui riparte il dibattito. I contrari all’opera, amministratori
comunali e gruppi consiliari, chiedono sia studiato un potenziamento delle
linee esistenti – con conseguenti adeguamenti per far fronte ai problemi di
rumore e agli «effetti collaterali» – e una maggior sinergia con le
infrastrutture esistenti e quelle in progettazione. Riflessioni che sono
state affidate ai progettisti di Rfi e ai consulenti nominati da Comuni e
Provincia proprie in queste settimane.
«Il progetto ha un valore importantissimo - continua Malattia -. Noi siamo
assolutamente favorevoli alla realizzazione dell’opera ma è importante che
siano scelti tecnici di valore. Troppe volte, in ambito pubblico,
progettazioni importanti sono state affidate a tecnici scadenti e realizzate
in modo discutibile. Non possiamo correre questo rischio».
m.mi. |
Rigassificatore: sondaggio
Swg |
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Non è possibile credere al
sondaggio effettuato dalla Swg sul tema del rigassificatore di Zaule. A
parte il risultato generale, il 52% favorevole, sono le risposte dei
triestini alle singole domande che sono sbalorditive, da qualunque parte si
vogliano considerare. Infatti, alla domanda sui problemi che i
rigassificatori potrebbero creare, la prima risposta, con ben il 60% dei
consensi, risulta essere l’impatto paesaggistico che, francamente, vista la
zona proposta per l’impianto sembra una battuta provocatoria, un viz!
Invece la limitazione della navigazione (di svago, di trasporto, sportiva),
certa conseguenza di quest’impianto, è vista come un problema solo dal 28%
degli intervistati. Riguardo poi alle ricadute positive, i triestini
sembrano non sapere che la possibilità di avere energia ad un prezzo
scontato è molto probabilmente una chimera e che i posti di lavoro previsti
sono al massimo un quinto di quelli coinvolti nella querelle «chiusura della
ferriera»! Sbalorditivo poi che più del 50% dei triestini non ritenga che
quest’impianto sia un rischio.
I risultati del sondaggio sono contraddittori e poco attendibili anche
perché tra gli aspetti positivi non sono state considerate le royalties e
l’indotto derivanti dall’impianto e tra gli aspetti negativi i rischi alla
popolazione da incidente e da attentato. È quindi un sondaggio estivo utile
affinché i cittadini vengano meglio informati, da settembre facciamo
seriamente.
Paolo Salucci - Cons. provinciale Margherita
A sostegno di quanto scritto da
Salucci posso confermare che durante le innumerevoli audizioni a cui ho
partecipato sull’argomento è emerso in maniera chiara che in nessun modo
potevano venir assicurati ai cittadini benefici quali costi minori per la
fornitura del gas in quanto questa dipenderà esclusivamente dal mercato,
dalle forniture, dalla politica aziendale dell’Acegas-Aps.
Bruna Tam - cons. comunale Margherita |
IL PICCOLO - VENERDI', 17
agosto 2007
Rigassificatori, riparte la discussione in commissione a Roma |
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Lo conferma
il ministero dopo lo stop della giunta regionale ai due impianti nel golfo
proposti da Endesa e Gas natural TRIESTE
Rigassificatori, si riparte a settembre. Lo conferma il ministero per
l’Ambiente, che ha adesso in carico l’iter per la riapprovazione dei
progetti, rinviatogli dalla Regione Fvg. «Ad agosto non sono previste
discussioni – spiega lo staff del Ministro Alfonso Pecoraro Scanio – ma a
settembre, quando ricominceranno i lavori, i vari ministeri interessati alla
questione si riuniranno e, nell’elaborazione del Piano Energetico Nazionale,
si deciderà quanti, dove e come potranno essere installati». L’iter, quindi,
dopo il ‘no’ a sorpresa della giunta regionale, ricomincerà da capo. E il
governo dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla possibilità di ammettere i
due progetti di rigassificatori presentati da Endesa e Gas Natural, progetti
che negli scorsi mesi hanno infiammato la polemica in regione per lo scontro
sia interno alla stessa Intesa, sia con i Comuni che, naturalmente, con le
associazioni ambientaliste, del tutto contrarie alla presenza di anche uno
solo di questi impianti. Dopo numerosi incontri, tentennamenti, dopo la
richiesta alle due società di fornire una documentazione aggiuntiva che
avrebbe fatto ripartire l’iter di approvazione nei Comuni già lo scorso
anno, dopo che la giunta e il presidente Riccardo Illy si erano sempre
espressi in modo favorevole ai rigassificatori dal punto di vista
socio-economico (scontrandosi con la sinistra radicale), alla fine tutto si
è fermato davanti ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute. La
giunta però aveva ottenuto il voto contrario di Roberto Antonaz
(Rifondazione Comunista), perché la giunta non aveva espresso un voto
negativo ai due insediamenti, ma semplicemente una valutazione tecnica che
si è configurata non come uno stop ma come una ‘frenata’. Che, in ogni caso,
mette una forte ipoteca sull’iter di approvazione, perché il Ministero
dell’Ambiente, che ha la competenza di dire l’ultima parola fornendo la
valutazione di impatto ambientale, difficilmente potrà non tenere conto
dell’indicazione deliberata dalla giunta. Le informazioni suppletive fornite
non sono riuscite a dissipare tutte le ombre sui due progetti. E quindi
adesso spetterà al Ministro dire l’ultima parola. La Regione infatti ha
deciso di segnalare le carenze documentali e progettuali al Ministero
dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare cui compete la
Valutazione di impatto ambientale di responsabilità statale. Una richiesta
avanzata anche in vista di eventuali integrazioni agli studi presentati: in
particolare, si è prospettato al Ministero la necessità di alcuni
adempimenti e prescrizioni ritenute imprescindibili in merito agli scarichi
delle acque fredde e clorate, agli indispensabili monitoraggi ambientali e
all’impatto sia visivo per il centro del golfo di Trieste sia turistico
soprattutto per la località di Grado.
e.o. |
SAN SABBA - Si
allarga la macchia di gasolio: l’origine resta un mistero - Il
versamento è ormai di parecchi metri cubi e ha invaso l’area della «Depositi
costieri» |
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Vertice
all’ex Idroscalo con l’Arpa, l’Autorità portuale e la ditta Crismani.
Ripulito il porticciolo di San Sabba. Preoccupati i pescatori
Gasolio, altro gasolio nello
specchio di mare antistante il porticciolo di San Sabba.
Il misterioso versamento, iniziato in sordina più di cinque giorni fa, si è
fatto ieri più intenso, favorito dall’alternarsi delle maree e dalle
concomitanti infiltrazioni di acqua nel terreno ormai zuppo di gasolio.
Quando il mare si ritira, scendendo di livello, l’acqua porta con sè
consistenti quantità di carburante che le correnti e il vento diffondono poi
nel vallone di Muggia. Accade ormai da giorni, senza che nessuno sia ancora
riuscito a individuare l’area della fuoriuscita.
«E’ un versamento importante. Non più valutabile come si è fatto finora in
centinaia di litri ma in parecchi metri cubi di gasolio» spiegano i tecnici
che anche ieri hanno lavorato per tutta la giornata a ridosso dei serbatoi
della «Depositi costieri spa», la società che con le proprie bettoline
rifornisce le navi presenti in porto o in rada.
Il gasolio ieri ha invaso proprio lo specchio d’acqua antistante i serbatoi
e gli impianti della società. Il carburante è finito in mare, percorrendo
l’identico itinerario sotterraneo seguito da alcune vecchie tubature,
peraltro perfettamente integre. Le ispezioni degli uomini della Capitaneria
di Porto a vari «pozzetti» non hanno trovato falle, perdite o altri guasti
nell’area e nelle strutture gestite da questa società. I grossi tubi
all’esterno erano completamente ricoperti da una patina nera e oleosa che
aveva invaso, imbrattandole, anche le pareti della canaletta percorsa dalla
conduttura.
«Nel nostro sito tutto è risultato perfettamente regolare» afferma il
comandante Franco Napp, amministratore della Depositi costieri spa. «Nessuna
falla, nessuna rottura. Inoltre, quando le nostre bettoline vengono
caricate, a una certa distanza dagli scafi viene sempre tesa a scopo
protettivo un doppia barriera di «panne galleggianti». Se eventualmente
dovesse finire in mare dell’olio combustibile, verrebbe bloccato all’interno
delle stesse barriere».
Ma il versamento continua da cinque giorni e continuano anche le riunioni
per venirne a capo. Ieri un vertice si è svolto negli uffici della
Capitaneria di Porto e vi hanno partecipato tecnici e rappresentanti
dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, dell’Autorità
portuale, della ditta «Crismani», della «Depositi costieri spa» e della
stessa Capitaneria che coordina l’inchiesta.
Quattro tratti delle tubazioni interrate, probabilmente collegati ai vecchi
impianti dell’area dismessa e inquinata della ex Esso, verranno scoperchiati
per cercare la falla che ha originato la misteriosa infiltrazione di
gasolio. Sarà un lavoro lungo ma al momento non si vedono soluzioni
alternative.
Ieri tra il porticciolo di San Sabba e i depositi costieri, tre imbarcazioni
antinquinamento della ditta Crismani hanno ripulito dal gasolio gli specchi
acquei. A terra hanno operato tre autobotti e quattro cisterne carrabili in
cui è stata raccolta l’emulsione di acqua e di olio. «Finirà tutto in un
impianto specializzato» ha spiegato Ferdinando Borret, responsabile
dell’operazione. «Mischiati al gasolio finito in mare abbiamo trovato vecchi
residui quasi solidi. E’ una situazione anomala. Stiamo lavorando da poco
meno di una settimana e ogni giorno il problema si ripresenta uguale, se non
più grave».
Anche i soci del «Gruppo pescasportivi San Sabba», sono preoccupati. «La
presenza di gasolio in mare rende l’aria irrespirabile» afferma Livio
Gerussi, ex ormeggiatore. «Da giorni e giorni abbiamo sollevato il problema,
segnalandolo alle autorità. Le nostre imbarcazioni hanno subito dei danni,
sono sporche e a ogni alternanza di marea, il problema si ripresenta. In
queste condizioni pulirne serve poco. Il gasolio che era sparito nel corso
della notte, ritorna infatti nel porticciolo nella tarda mattinata. Molti
che d’estate non possono andare in vacanza, passavano le giornate su questi
due moli. Altri uscivano in barca a pescare. Adesso è tutto fermo, in attesa
di una definitiva pulizia. Stretti tra la Ferriera e questo inquinamento
vivere qui diventa difficile...»
Claudio Ernè |
San Dorligo,
strade forestali più larghe - La Regione ha dato parere favorevole agli
interventi a Moccò e a San Michele |
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SAN DORLIGO Nel comune di San
Dorligo sarà migliorata l’accessibilità a fini antincendio di alcune zone
del territorio, grazie alla sistemazione di due strade forestali a San
Michele e a Moccò. Nei giorni scorsi la giunta regionale ha dato parere
favorevole nella valutazione di impatto ambientale, stralciando però dal
progetto la realizzazione di un percorso simile a San Lorenzo, definito
troppo impattante «sui valori naturalistici del Sic e del Zps» locali, vista
la presumibile maggiore frequentazione dell’area da parte di turisti ed
escursionisti.
Nel complesso, si tratta di un progetto presentato dal Comune nel 2005, con
fondi dell’allora «Piano Carso», che ora dunque giunge al termine del suo
iter autorizzativo con la valutazione di impatto ambientale. Il vicesindaco
Maurizio Sigoni (Prc) spiega: «La nostra richiesta riguarda la bonifica e
quindi l’eventuale allargamento di strade forestali, in modo che possano
fungere da linee tagliafuoco e anche da vie d’accesso per i mezzi in casi di
incendi. Infatti le strade avranno una larghezza minima di 2,60 metri,
proprio per far passare i mezzi forestali».
Ma vi potranno transitare solo quelli. Ogni altro traffico veicolare sarà
interdetto, mentre sarà libera la percorrenza a piedi. Il Comune potrà ora
provvedere alla progettazione esecutiva. Tra gli impegni richiesti dalla
valutazione regionale, si dovrà tener conto degli eventuali elementi
geologici di maggior pregio (come campi o pietraie) tanto da determinare
anche modifiche dei tracciati previsti.
Grande importanza riveste il bosco, che va colonizzato laddove si
abbandonano vecchi tracciati, e la cui crescita dovrà essere seguita per
almeno due stagioni consecutive. Ma visto che l’allargamento e la
sistemazione delle strade permetterà un maggior afflusso di persone, il
Comune avrà il compito di monitorare tale aumento della pressione antropica.
«Contiamo di portare avanti la progettazione e di far partire i lavori entro
l’inverno, anche per attenerci ai periodi migliori per la messa a dimora
delle piante – spiega Sigoni -. A primavera le strade dovrebbero già essere
agibili».
s. re. |
Rc: dubbi sui
finanziamenti Ue alla Tav - Igor Kocijancic: non ci sono dati certi
sul progetto, Bruxelles potrebbe escluderci |
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Anche il
leader dei Verdi Metz replica all’assessore Sonego: l’alta velocità non si
può fare fra Portogruaro e Trieste
TRIESTE «Non si può dire che la
Tav si farà per una posizione ideologica. Non si può dire perché l’alta
velocità non si può realizzare in Friuli Venezia Giulia, perché manca un
progetto e perché non ci sono i fondi».
Alessandro Metz, capogruppo dei Verdi risponde alle certezze dell’assessore
Lodovico Sonego (che l’altro giorno aveva confermato che invece la linea
alta velocità-alta capacità si farà, eccome, ndr) e invita la giunta «a
mettere da parte idee preconcette che creano solo tensioni sociali».
Con lui Igor Kocijancic di Rifondazione comunista. «Non solo continuiamo a
discutere di ipotesi di massima – dice il rappresentante della sinistra – ma
dalle notizie che arrivano dai parlamentari europei pare che non ci sia la
minima speranza di ottenere risorse per realizzare questa tratta».
Il primo nodo da sciogliere secondo i Verdi è quello dell’alta velocità.
«Dice bene Sonego quando parla di alta capacità – spiega Metz – perché da
quanto è stato spiegato dai tecnici in sede di riunione di maggioranza e non
solo, l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia non è possibile. Non ci sono
le caratteristiche tecniche per realizzarla, né da Portogruaro a Ronchi né
nel tratto transfrontaliero».
Una linea ad alta capacità permette di far passare molti treni, una ad alta
velocità di farli passare veloci. Nel primo caso si adottano tecnologie
avanzate di gestione del traffico (anche a velocità ordinarie), nella
seconda deve essere necessariamente realizzato un tracciato nuovo il più
possibile pianeggiante e rettilineo.
«Se parliamo di alta capacità e quindi treni che non superano i 190
chilometri orari (come il Pendolino) – dice Metz – allora iniziamo a
ragionare sull’adeguamento dell’attuale linea ferroviaria». Una strada da
provare a tutti i costi, secondo l’esponente dei Verdi, anche per quel che
riguarda la tratta Ronchi Trieste.
«Resto sbalordito quando sento che non ci sono problemi per realizzare
gallerie nel Carso. L’unica cosa che sappiamo è che sono state censite due
grotte e che ci sono delle stime statistiche sulla presenza di altri
anfratti».
E in fatto di dati Metz chiede di più, chiede quello che stanno domandando
anche alcuni sindaci: «uno studio del rapporto costi – benefici e ancor
prima i dati di saturazione delle linee attuali che probabilmente Rfi ha, ma
che non sono stati divulgati. Esistono solo considerazioni empiriche.
Secondo noi le linee attuali sono utilizzate per il 40 per cento, il
presidente Illy parla del 70, ma non abbiamo documentazione certa da cui
partire. E’ inutile discutere del futuro se non sappiamo nemmeno quale sia
la situazione di partenza».
Una richiesta che ribadisce anche Kocijancic. «Non ci sono dati e nemmeno
progetti definiti visto che, anche nell’ultimo incontro, ci sono state
presentate delle varianti tracciate sulla carta con il pennarello. La
discussione stessa del progetto non ha senso – aggiunge il rappresentante di
Rfi – visto che dal Parlamento europeo arrivano voci che non ci saranno
fondi per finanziare l’opera nella nostra regione».
E se i consiglieri regionali aspettano gli alleati al varco – «la Tav sarà
il cuore della discussione politica di settembre – dice Metz – anche perché
si dovrà capire quale posizione inserire nel programma elettorale – i
sindaci della bassa sono al lavoro, con consulenti e tecnici». Le
amministrazioni in questione sono quelle comprese nella tratta tra Villa
Vicentina e Porpetto.
«Purtroppo noi siamo sempre dentro quando ci sono rogne – dice il sindaco di
Torviscosa, Roberto Duz, con una battuta -. Credo che al di là di tutto noi
amministratori siamo chiamati a cercare di ragionare superando il nostro
interesse particolare, nella consapevolezza che non sempre questo è facile».
Per quel che riguarda Torviscosa, il sindaco ha chiesto ai tecnici di Rfi
«di valutare attentamente la possibilità di potenziare il tracciato
esistente e di raccordare l’opera con il progetto della nuova viabilità che
interesserà San Giorgio e l’Aussa Corno e con gli effetti della navigabilità
dei canali».
Duz vuole una certezza: «che alla fine si capisca che il percorso deciso sia
il meno impattante. E’ per questo che abbiamo chiesto ulteriori dati ai
tecnici. Non sono ancora convinto, infatti, che il vecchio tracciato, quello
che passava a nord per Strassoldo, non fosse migliore».
La possibilità di favorire l’utilizzo dei sedimi esistenti è stata chiesta
ai tecnici anche dal primo cittadino di Cervignano, Pietro Paviotti.
Una ipotesi che l’amministrazione prenderà in considerazione se le nuove
tecnologie garantiranno che non vi siano conseguenze per chi vive nell’area
della ferrovia. «Ai tecnici che hanno il compito di studiare il problema e
proporre agli amministratori locali una pluralità di opzioni ho ben chiarito
– spiega Paviotti ai concittadini che gli hanno chiesto spiegazioni sul blog
del comune - che l’ipotesi di riutilizzo dei nostri viadotti può essere
valutata ma solo se verranno previste opere di limitazione delle emissioni
sonore e consentite velocità di progetto dei treni compatibili con
l’attraversamento di un abitato».
Mentre viene nuovamente ribadita l’inconsistenza dell’apertura di una cava
di prestito in località Santa Maria la Longa di circa 28 ettari. Un punto di
riferimento per l’estrazione del materiale che sarebbe dovuta servire,
secondo Rfi, per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno
appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo
cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata
subito dall’assessore Sonego.
Martina Milia |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15
agosto 2007
Sonego:
il tracciato della Tav non cambierà - «Modifiche previste solo
per il tratto Villa Vicentina-Porpetto. E per la Ronchi-Trieste si va
avanti» |
|
Parla
l’assessore regionale ai Trasporti dopo che i comuni della Bassa hanno
presentato 13 varianti per la linea ferroviaria dell’alta velocità
TRIESTE Indietro non si torna.
Metà del tracciato della linea alta capacità–alta velocità che collegherà
Portogruaro a Ronchi è già stabilito. «E’ in discussione – sottolinea
l’assessore regionale Lodovico Sonego – solamente il tratto tra Villa
Vicentina e Porpetto». Sono questi i confini posti dalla giunta regionale
nell’ambito del tavolo tecnico che sta discutendo del tracciato di un’opera
la cui realizzazione non è in discussione. «La ferrovia – dice senza mezzi
termini l’assessore – si farà».
L’AFFIANCAMENTO «Il progetto tra il fiume Tagliamento e Porpetto – dice
Sonego – è confermato. Chi dice che c’è stata un’apertura da parte mia su
questo dice falsità. Come ho ribadito fin dal primo incontro, e come
vogliono per altro i sindaci dei comuni interessati, quel tratto della linea
ferroviaria sarà costruito in modo da affiancare l’autostrada. Le
amministrazioni coinvolte non sono disposte ad accettare soluzioni diverse».
Questa scelta spiana anche la strada alla progettazione della terza corsia
per la quale – secondo l’accordo raggiunto tra ministero, Anas e Autovie – è
previsto affiancamento da Portogruaro a Gonars, mentre non ci sono vincoli
di tracciato in area veneta (tra Quarto D’Altino e Portogruaro) e tra Gonars
e Villesse. «Possiamo quindi dire – sintetizza l’assessore – che su metà del
tracciato esiste un progetto definito sul quale vi è adesione totale».
VILLA VICENTINA – PORPETTO Il tracciato “bocciato”, invece, è quello
previsto da Rfi per il tratto tra Villa Vicentina e Porpetto che vede le
amministrazioni comunali – «parliamo di comuni di centro destra» puntualizza
l’assessore – compatte sul fronte del no. Ed è in quest’ambito che
nell’ultima riunione sono spuntate 13 varianti, tra cui l’idea di un
tracciato che passi a nord dell’autostrada e uno a sud della ferrovia.
«L’ipotesi del percorso litoraneo – dice Sonego – avrebbe un impatto
ambientale devastante». La Regione ha comunque sollecitato i consulenti e i
tecnici «a proporre tutte le varianti possibili, anche le più stravaganti –
aggiunge l’assessore – per cercare di trovare una posizione condivisa».
L’apertura va in questa direzione ma passi indietro non se ne faranno. «Va
chiarito, se ancora ci fossero dubbi, che la ferrovia si farà e avrà
caratteristiche di alta capacità».
I TEMPI Anche i termini – almeno per quanto concerne le decisioni sul
tracciato – non sono lontani nel tempo. «Ritengo che, una volta presentate
tutte le alternative possibili per la tratta Villa – Porpetto – avverte
l’assessore – il momento dell’approfondimento sia concluso. A quel punto
deve seguire la decisione. E’ chiaro che, se le amministrazioni non
riterranno alcuna ipotesi perseguibile, andremo avanti comunque con il
progetto. La realizzazione dell’opera non è in discussione». Ed è proprio su
questo punto che si preannunciano le maggiori resistenze da parte delle
amministrazioni comunali coinvolte, Villa Vicentina e Porpetto in testa. I
sindaci, infatti, premono perché si studino soluzioni alternative alla linea
alta velocità-alta capacità rivendicando la mancanza di certezze sui
benefici dell’opera e chiamando in causa un impatto troppo pesante per il
territorio.
RONCHI–TRIESTE Il primo tratto ad essere realizzato sarà quello tra
Portogruaro e Ronchi, ma l’assessore è ottimista anche sul proseguimento
fino a Trieste. «Esiste un accordo, sottoscritto nel 2004 con le
amministrazioni dell’area tra Ronchi e Trieste – ricorda – sulla base del
quale ci stiamo muovendo. Andremo avanti senza difficoltà».
Martina Milia |
TAV - E spunta una mega-cava
per costruire l’infrastruttura. La Regione: ipotesi bocciata |
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TRIESTE E sulla via della Tav,
spunta una cava di inerti. Nell’ambito del progetto redatto da Rete
ferroviaria italiana, i tecnici delle ferrovie hanno ipotizzato la
costruzione di una cava di prestito in località Santa Maria la Longa di
circa 28 ettari. Un punto di riferimento per l’estrazione del materiale che
servirà per costruire l’infrastruttura. L’ipotesi – che i sindaci hanno
appreso dalle tavole fornite dalla società e di cui nemmeno il primo
cittadino del comune interessato era al corrente – è stata però stoppata
subito dall’assessore Sonego.
«E’ vero che Rfi ha preventivato, come avviene sempre in fase di
progettazione, una fonte di approvvigionamento di materiale inerte
attraverso la costruzione di una cava. Ho detto però alle Ferrovie, proprio
durante l’ultimo tavolo tecnico in cui erano presenti gli amministratori,
che si tolgano dalla testa questa idea – dice senza mezzi termini Sonego -.
La Regione non autorizzerà nulla di tutto ciò».
Le disposizioni che la Regione ha dato sono chiare: «Rete ferroviaria
italiana – precisa l’assessore – dovrà adeguarsi al piano delle attività di
estrazione approvato dalla giunta regionale». Ciò significa che l’esecutivo
non autorizzerà alcun provvedimento ad hoc per la realizzazione della Tav,
ma che «ci si dovrà adeguare alle regole già fissate» ribadisce Sonego.
Questo vuol anche dire che, se il materiale per costruire l’infrastruttura
non sarà disponibile in Friuli Venezia Giulia – secondo le stime dei sindaci
la cava ipotizzata da Rfi sarebbe grande tre volte la discarica di
Trivignano -, dovrà provenire da fuori regione. |
Si allarga la macchia di
gasolio in mare - Aria irrespirabile al porticciolo di San Sabba.
Misteriosa l’origine del versamento |
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Per la
seconda volta in poche ore oltre cento litri di carburante hanno invaso la
costa e il porticciolo |
Indagini
della Capitaneria Ispezionato il vallone di Muggia per scoprire l’origine
della perdita |
Non si sa da dove arriva ma i
suoi vapori ti entrano nel naso, ti prendono alla gola. Il porticciolo di
San Sabba ieri è stato invaso per la seconda volta in poche ore da un
versamento di gasolio, esattamente com’era accaduto lunedì. Un centinaio di
litri hanno reso l’aria irrespirabile in una vasta zona attorno allo squero:
una trentina di imbarcazioni sono state imbrattate sulla linea del
bagnasciuga: nero oleoso sul bianco candido o sul legno tirato a lucido.
Altro olio si è appiccicato sui due moli in pietra, sulle scalette
metalliche e sui gavitelli. |
Sulla superficie dell’acqua è
adagiato uno strato marrone di idrocarburi. Da dove arriva questo gasolio
nessuno lo sa con certezza. Unico dato certo è che non si tratta di uno
spandimento collegato all’attività dell’oleodotto transalpino della Siot e
alle navi che lì riversano il contenuto dei loro serbatoi pieni di petrolio
«greggio».
«Forse si è incrinato un vecchio tubo della ’Esso’, peraltro chiusa da anni.
Forse il gasolio arriva da un altro deposito costiero» afferma Giorgio
Garbin, presidente del Gruppo pescasportivi San Sabba che gestisce in
concessione gli ormeggi del porticciolo. In tutto 52 barche a cui se ne
affiancano due degli ormeggiatori.
«Ho parlato con la Capitaneria di porto- afferma il presidente dei
pescasportivi- e ho li avvisati subito del versamento. Mi hanno consigliato
di scrivere una lettera e presentare un esposto. Le nostre barche hanno
subito danni e dovranno essere pulite e ridipinte. Qualcuno dovrà
risarcirci».
Giorgio Garbin lavora sullo squero e dipinge col pennello la poppa della sua
imbarcazione. «Lunedì nel pomeriggio quando abbiamo dato il primo l’allarme,
sono arrivati anche i carabinieri che hanno esaminato la testate del pontile
dell'oleodotto. La chiazza di gasolio è stata spinta verso terra dal vento.
Ma non è chiaro da dove arrivasse. Poi sono giunti i mezzi antinquinamento
della ditta Crismani e hanno ripulito lo specchio d’acqua. Ora però, dopo 20
ore di tregua, il problema gasolio si è ripresentato».
Non dissimile il racconto di Livio Gerussi, proprietario di un candido
motoscafo «Cigala & Bertinetti», messo in acqua da pochi giorni e subito
imbrattato dalla marea oleosa.
«Chiederò un risarcimento per il danno che ho dovuto subire. La carena dovrà
essere ridipinta con la vernice antivegetativa: 400 euro buttati al vento
senza parlare del costo di un nuovo alaggio. Purtroppo non sappiamo da dove
arriva il gasolio. Lunedì sera lo specchio d’acqua era stato ripulito.
Sembrava finita lì. Invece poche ore fa, all’inizio della mattina con la
marea crescente e il vento che soffiava da Sud, la chiazza di carburante si
è ripresentata all’ingresso del porticciolo e lo ha invaso. Un doppio danno,
perché qui a San Sabba siamo sotto tiro da anni e anni. Le polveri della
Ferriera sporcano tutte le barche e i moli. Spesso anche l’aria è
irrespirabile. Non ci voleva anche questo nuovo danno, quest’ altro sporco
oleoso...»
Anche per la Capitaneria di porto resta un mistero tutto da chiarire
l’origine del versamento di carburante. L’indagine è comunque aperta e ieri
un ufficiale ha ispezionato una vasta zona del vallone di Muggia, cercando
di individuare la fonte dell’anomala fuoriuscita. La ricerca è stata però
vana: nessun segno, nessun preciso indizio sono emersi per risalire al
«colpevole». I sospettati sono tanti e l’unico che per il momento è
risultato estraneo all’inchiesta, è proprio l'oleodotto della Siot e le
grandi navi cisterna. che vi approdano.
Forse la soluzione del mistero potrebbe essere più banale ma anche più
insidiosa. Ad esempio già nel marzo scorso più di mille litri di gasolio
erano finiti nel depuratore fognario di Zaule, affacciato al canale
industriale e direttamente collegato al mare. Per ore e ore pompieri, uomini
dell’Acegas-Aps, tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione
ambientale, avevano cercato di scoprire l’origine dello spandimento. Era poi
emerso che tutto dipendeva dall’incrinatura apertasi in una tubazione
collegata al serbatoio del gasolio di uno stabile di Strada vecchia
dell’Istria.
Dal tubo rotto il carburante era finito nel terreno, aveva raggiunto le
fogne, arrivando infine all’impianto di depurazione. La sua presenza era
stata segnalata dai sensori ed era scattata la procedura di emergenza per
evitare che il carburante finisse in mare, inquinandolo. Allo stesso tempo
era iniziata la ricerca del punti di immissione lungo i collettori fognari.
Ecco, nelle prossime ore, in assenza di altri dati precisi sull’origine
dell’inquinamento, questa ricerca dovrà ripetersi. La quantità di gasolio
finita finora nel porticciolo di San Sabba è relativamente modesta, ma quel
che preoccupa è il ripetersi del fenomeno, collegato, secondo i diportisti,
all’alternarsi dell’alta e della bassa marea e al regime dei venti. |
Claudio
Ernè
Sversamento gasolio a San
Sabba - Tre barche per ripulire la superficie dell’acqua - Il lavoro della
ditta Crismani impegnata nell’opera di disinquinamento
|
|
«Stiamo lavorando con tre mezzi
antinquinamento per ripulire del carburante versato lo specchio d’acqua
antistante il porticciolo di San Sabba. Purtroppo non nessuno sa ancora da
dove arriva il gasolio comparso per la prima volta lunedì e riemerso
misteriosamente nelle ultime ore. L’ordine di intervenire ci è arrivato
dall’Autorità portuale e dalla Capitaneria di Porto».
Federico Borrett coordina per conto della ditta «Crismani» gli interventi di
pulizia nel mare di San Sabba, tra il pontile della Siot e la banchina della
Ferriera. Il gasolio finito in mare viene raccolto meccanicamente dalle
imbarcazioni- pattumiera, senza che siano sparsi in mare solventi, ritenuti
più pericolosi ed inquinanti dello stesso carburante.
Il liquido oleoso emulsionato raccolto dalle imbarcazioni della «Crismani»
finirà poi in capaci cisterne dove l’olio e l’acqua lentamente si
separeranno: il primo verrà a galla, l’acqua resterà sul fondo. In questo
modo potrà essere misurata con buona precisione la quantità di gasolio
finita in mare. Cento litri, duecento o cinquecento?
Successivamente i risultati dell’analisi chimica diranno quale è l’origine
del carburante. Gasolio da riscaldamento? Gasolio per motori terrestri?
Gasolio marino, usato esclusivamente nelle barche da lavoro?
L’inchiesta della Capitaneria si sta sviluppando su più fronti: prima di
risalire alle singole responsabilità sarà necessario individuare l’origine
del versamento che si sta ripetendo in queste ore con l’alternanza delle
maree.
Se il responsabile sarà identificato dovrà mettere mano al portafoglio. Non
solo per risarcire i tanti proprietari di imbarcazioni da diporto imbrattate
e danneggiate dal combustibile entrato nel porticciolo, ma anche assumersi
l’onere di pagare gli interventi di pulizia in mare effettuati in questi
giorni. |
Dipiazza: «Per la Provincia
la Ferriera non inquina ma i dati sulle emissioni sono pagati dalla Lucchini» |
|
Il primo
cittadino attacca l’assessore all’Ambiente, ma Ondina Barduzzi replica:
«Abbiamo anche quelli dell’Arpa» |
Il sindaco:
«Presto avrò altri riscontri e potrò chiudere l’impianto di Servola»
|
«La Provincia per legge rilascia
l’autorizzazione alle emissioni dei fumi della Ferriera. I dati per
effettuare questa valutazione vengono ad essa forniti da una società
commissionata, e quindi pagata, dalla stessa proprietà della Ferriera. Le
rilevazioni che hanno fondato il parere allarmante dell’Azienda sanitaria,
invece, sono state effettuate dall’Università su mandato del Tribunale». Il
sottile distinguo esce dalla bocca del sindaco Roberto Dipiazza, pronto ad
attaccare l’amministrazione di palazzo Galatti dopo le polemiche dei giorni
scorsi. Uno scontro sul committente dei rilevamenti, ma anche sugli enti e
le ditte private incaricate al monitoraggio delle emissioni. Quelle diffuse
nell’intera zona e quelle convogliate, cioè misurate direttamente sui camini
dell’impianto di Servola.
«Adesso spetto di avere in mano tutti i documenti e poi chiudo la Ferriera»,
è il conto alla rovescia annunciato Dipiazza. Il primo cittadino, infatti,
attende con impazienza il 31 dicembre prima di emettere un’ordinanza di
chiusura dello stabilimento. Una data che coincide con la conclusione delle
rilevazioni («devono essere annuali», ricorda il sindaco) avviate lo scorso
gennaio dalla Procura della Repubblica. Un monitoraggio commissionato al
Cigra, a cui il Comune «darà un supporto economico» per dimostrare la
volontà di arrivare a una conclusione della vicenda. «Alla scadenza dei
dodici mesi, se la media degli sforamenti confermerà la tendenza di questa
prima parte dell’anno, l’ordinanza di chiusura - dice Dipiazza - sarà un
atto dovuto a tutela della salute pubblica. In piena trasparenza e nel
massimo rispetto delle leggi».
Una risposta al sottosegretario Ettore Rosato, ma soprattutto all’assessore
provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, che aveva invitato Dipiazza («se
esiste un problema di salute pubblica») a copiare il collega di Piombino e
chiudere lo stabilimento di Servola. Parole che evidentemente il primo
cittadino ha mal digerito, tanto da passare al contrattacco con quell’accusa
sui dati in possesso della Provincia.
Una querelle che Dipiazza pensa di chiudere in virtù dei nuovi rilevamenti,
che si concluderanno a fine anno e saranno disponibili nel gennaio 2008.
«Un’ordinanza di chiusura - sostiene Dipiazza - deve avere dei presupposti
giuridici estremamente solidi, viste le conseguenze prodotte da questo tipo
di decisione (il timore è un ricorso al Tar per l’immediata riapertura e una
contestuale causa milionaria della proprietà)». E aggiunge, ricordando la
strategia del Comune: «Sono state emesse già due ordinanze restrittive,
attraverso le quali la proprietà dello stabilimento è stata intimata -
spiega - a prendere dei provvedimenti urgenti sulle emissioni. Abbiamo
avviato, quindi, un percorso serio e legalmente strutturato per
salvaguardare la salute dei cittadini».
Una posizione che non convince la Provincia. «Sulla Ferriera noi abbiamo i
dati sulle emissioni diffuse fatte dall’Arpa oltre a quelli della società -
dice Barduzzi - E come dimostra il recente caso dell’inceneritore
(l’impianto venne chiuso per emissioni di diossina, ndr), qualsiasi anomalia
la segnaliamo prontamente alla Procura». E aggiunge: «Recentemente abbiamo
chiesto alla Lucchini-Severstal di mettere un analizzatore sui camini, ma se
Dipiazza ritiene che ci sia un problema di salute pubblica - ribadisce -
faccia un’ordinanza per chiudere subito la Ferriera».
Una posizione condivisa dal consigliere regionale Sergio Lupieri che invita
Dipiazza a «non mimetizzarsi» perché le ordinanze del Comune «non hanno
risolto la situazione». Secondo l’esponente della Margherita il sindaco
«deve esercitare i poteri che gli sono conferiti se si ritiene che la
componente delle PM10 attribuibile alla Lucchini - scrive Lupieri -
rappresenti la principale fonte di inquinamento nella zona e che possa
rappresentare rischi per la salute umana e l’ambiente nel suo complesso». Si
schiera con l’assessore provinciale all’Ambiente anche il Codacons: «Ha
ragione la Barduzzi, se i dati sono allarmanti il sindaco agisca».
Una situazione di profondo disagio, non solo per i cittadini ma anche per
gli operai che lavorano nell’impianto, che il sindacato Failms Cisal
denuncia parlando di «esposizione dei lavoratori della cokeria a sostanze
cancerogene», avanzando all’Azienda sanitaria le problematiche «dopo la
sospensione degli esami specifici agli operai e la mancanza di una
sorveglianza sanitaria».
Pietro Comelli |
Raccolta rifiuti a San
Dorligo |
|
Caro signor Berger, mio
concittadino, devo purtroppo smentirla nelle sue affermazioni per quanto
riguarda la contrarietà da parte degli abitanti del Comune che amministro al
nuovo sistema di raccolta differenziata «porta a porta», scelto da questa
amministrazione, perché quello con il miglior rendimento, sia in qualità sia
in quantità e pare anche il più efficace. Dai dati e dalle informazioni in
mio possesso risulta che anzi la gente e i dipendenti comunali e lo
ribadisco con orgoglio, per centrare gli obiettivi della legge, si stiano
adoperando mostrando un impegno non indifferente per svolgere nel migliore
dei modi questo nuovo tipo di sistema. Naturalmente ogni novità può
disorientare o anche infastidire più di qualcuno, soprattutto le persone
abitudinarie ma sono fermamente convinta come l’ho sempre detto che con un
po’ di buona volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono le
normative europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo
pretende l’ecologia. Anche noi nel nostro piccolo dobbiamo fare qualcosa in
difesa dell’ambiente e credo che questa sia una «cosa seria», della quale
parla nella sua lettera, che vogliamo dare pulito alle generazioni future,
ai nostri figli dei quali parla anche lei riguardo ai pannolini sporchi.
Purtroppo in casamia non ce ne sono più. Le mie figlie sono già grandicelle,
ma sarei proprio contenta ad averli ancora per casa e troverei senz’altro il
modo di deporli, una volta usati.
Per quanto riguarda i suoi quesiti tecnici, la informo che la distribuzione
dei nuovi contenitori procede incessantemente da parte degli operai comunali
e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per fornire informazioni,
risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare sopralluoghi per
trovare d’intesa con gli utenti la soluzione migliore per le situazioni più
critiche e difficili.
Per quanto riguarda i vecchi cassonetti stradali ahimé non glieli posso
restituire: per ora intendiamo portare avanti il nuovo sistema, sperando di
raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili al nostro ambiente,
alla salute e perché no anche alle nostre tasche. Con ciò la saluto e le
auguro buon lavoro.
Fulvia Premolin - sindaco di San Dorligo della Valle Dolina |
IL PICCOLO - MARTEDI', 14
agosto 2007
Barduzzi: se la Ferriera
inquina Dipiazza la chiuda - L’Azienda sanitaria annuncia un’analisi
sulle diossine in un primo campione di residenti |
|
Si riaccende
la polemica dopo l’intervento in cui il sindaco ha accusato il
centrosinistra di avere cambiato opinione sul futuro dello stabilimento
|
Rosato: dal
Comune sinora soltanto dichiarazioni ma nessun progetto |
«Se non c’è un problema di
salute pubblica bisogna stare a quanto imposto dalla legge. Se invece c’è,
il sindaco chiuda la Ferriera come fece il primo cittadino di Piombino:
giacché è lui il responsabile della salute pubblica ed è l’unico titolato a
farlo, assieme alla Procura». L’assessore provinciale Ondina Barduzzi
risponde così a Roberto Dipiazza, che ieri ha rivendicato la coerenza del
centrodestra nel volere chiusa la Ferriera - il sindaco ha emanato due
ordinanze restrittive - e la contestuale posizione contraria del
centrosinistra, almeno fino a quando «l’ultima relazione dell’Azienda
sanitaria ha dichiarato la presenza nell’atmosfera di sostanze nocive per la
salute derivanti dall’inquinamento». Inquinamento che secondo Barduzzi, ha
aggiunto Dipiazza senza nominarla, potrebbe dipendere «da qualche altra
improbabile fonte di emissione».
«Premesso che la salute è il dato prioritario, ho detto - replica Barduzzi -
che non ci risultano sforamenti di emissioni dai camini, quelli che la
Provincia deve controllare. Il 22 si riunirà il tavolo sulla richiesta di
autorizzazione integrata ambientale avanzata dalla proprietà alla Regione:
la Provincia porterà le proprie prescrizioni, sono tre pagine. Se lo
stabilimento metterà in regola gli impianti, otterrà l’autorizzazione,
altrimenti no».
C’è poi il nodo dei dipendenti per i quali va trovata un’alternativa, così
come ha ribadito giorni fa il sottosegretario Ettore Rosato precisando di
ritenere che la Ferriera «non possa rimanere lì in eterno». E ieri Dipiazza
ha scritto di qualche «paracarro ulivista» che sul futuro della Ferriera ha
mutato idea. «Non mi piace polemizzare con il sindaco - dice ora Rosato - ma
ritengo che la sua sia un’autocritica rispetto ai passati anni nei quali il
centrodestra ha retto Comune, Governo e a lungo anche la Regione senza
produrre sul fronte Ferriera assolutamente nulla. Credo anch’io che non
servano diatribe d’agosto: occorre un progetto serio che pensi al futuro di
quell’area salvaguardando i residenti. Ma è un progetto che finora la
politica non ha prodotto. E poi un progetto di riconvensione dell’area non
può che passare per un rapporto costruttivo con le imprese: da parte del
Comune nemmeno su questo versante c’è stato alcunché, a parte le
dichiarazioni. I poteri del sindaco sono enormi: basta esercitarli. E mi
sembra - chiude Rosato - che ci sia spazio per lavorare insieme».
Intanto l’Azienda sanitaria si prepara a partire con un’analisi della
concentrazione di diossine nell’organismo umano su un primo campione di
residenti di Servola: lo annuncia il direttore sanitario Mario Reali. In
giugno il direttore dell’Azienda Franco Rotelli, nel valutare i dati
dell’Arpa sulla qualità dell’aria, in merito alle pm10 scriveva che la
«componente attribuibile alla Lucchini» rappresenta «la principale fonte di
inquinamento nella zona limitrofa allo stabilimento», anche se
l’inquinamento da benzene - precisava - «può derivare anche da altre fonti
quali il traffico veicolare». L’Azienda ora rilancia una proposta già
avanzata alla Regione nel 2005. Si tratta di rilevare le diossine nel sangue
e nel latte materno. Disponibilità a collaborare è arrivata informalmente
dal Burlo e dalle Università di Trieste e di Udine. Le analisi sono costose:
1300 euro a persona, precisa Valentino Patussi, responsabile della Struttura
di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Ass. Ma intanto
l’Azienda partirà con un campione. È stato anche attivato un servizio che
funziona chiamando il centralino della Ass: un medico è pronto a valutare
l’impatto sulla salute in particolari situazioni.
p.b. |
Allarme a S. Sabba, chiazza
di petrolio nel porticciolo - Interviene la Capitaneria |
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Allarme inquinamento a San Sabba
dove sono finite in mare decine di litri di olio combustibile grezzo. Si
sono mobilitati i mezzi della Capitaneria di porto, sono intervenuti i
tecnici dell’Arpa e gli addetti della ditta Crismani che hanno provveduto
alle operazioni di pulizia dopo che la chiazza, delle dimensioni
appossimative di 50 metri per 20, è stata delimitata con panne di
confinamento.
Sulla superficie del mare si era formata già l’altra sera una patina
iridiscente che ieri ha messo in agitazione, per presunti danneggiamenti
subiti, soprattutto i proprietari della settantina di piccole imbarcazioni
da diporto ormeggiate nel porticciolo che fa riferimento al Gruppo
pescasportivo di San Sabba che hanno allertato anche i carabinieri. Avevano
messo istintivamente in correlazione la chiazza oleosa, che poi è stato
appurato non essere neppure petrolio, con le vicine petroliere attraccate al
pontile della Siot.
Ma l’ipotesi è stata smentita perché come riferisce il comandante Ugo
Foghini della Capitaneria di porto lo sversamento in mare è avvenuto dalla
massicciata che delimita la ditta Depositi combustibili Trieste che sorge
accanto alla stessa Siot. Gli uomini della Capitaneria e i tecnici hanno
lavorato tutto il giorno per risalire alla sorgente specifica
dell’inquinamento che potrebbe derivare da una tubatura o da un serbatoio
dismesso.
s.m. |
DOLINA - «Uniti nelle
tradizioni» chiede un referendum sulle isole ecologiche - Polemica con il
sindaco Premolin |
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SAN DORLIGO DELLA VALLE Un
referendum per sondare l’opinione degli abitanti di San Dorligo della Valle
sulla raccolta differenziata dei rifiuti. È la proposta che viene lanciata
dalla lista civica «Uniti nelle tradizioni» tramite il capogruppo Boris
Gombac in una nota polemica verso l’amministrazione del sindaco Fulvia
Premolin.
«Per quanto concerne l’opinione dei concittadini e le loro preferenze per la
raccolta differenziata basata sul potenziamento delle isole ecologiche –
annuncia Gombac nel suo documento – il nostro gruppo chiederà, in base alla
decisione presa dal Consiglio comunale nell’ultima seduta del 10 luglio
2007, la convocazione della conferenza dei capigruppo per apportare
lenecessarie modifiche all’art.92 dello statuto comunale riguardante il
referendum consultivo. Se la signora sindaco è così convinta del consenso
dei concittadini per le scelte fatte, non ci sono dubbi che non si opporrà
all’effettuazione del referendum».
Il capogruppo di «Uniti nelle tradizioni» sostiene ancora nella nota:
«Stiamo pagando per lo stesso servizio di asporto dei rifiuti due volte: per
la raccolta differenziata svolta dagli operatori ecologici del Comune con la
tariffa fissa nonché per la raccolta indifferenziata con la parte variabile
della tariffa».
La lista civica aggiunge: «I nostri concittadini sanno che nessuna normativa
nè europea nè tanto meno nazionale ci impone di tenere in soggiorno o in
cucina tre contenitori. Chiedono invece un indirizzo nazionale: la creazione
delle isole ecologiche. Questa scelta avrebbe sgravato i contribuenti del
nostro comune per un milione e 500mila euro a fronte di un bilancio comunale
pari a nove milioni di euro». |
L’importanza della Tav per
Trieste - Le inadeguate infrastrutture ferroviarie della nostra regione |
|
lOgni tanto bisogna ricordarsi
che esistono delle persone che speculano ai danni del povero cittadino
approfittando della sua vista e memoria corta, e della altrettanto scarsa
dimestichezza italica coi numeri, proponendo soluzioni localistiche di corto
respiro.
Un esempio di ciò è la Tav del corridoio V, che sembra costare tanto e
inciderà in qualche modo sul paesaggio, ma si tralascia di dire che le merci
dall’Est Europa per venire in Padania impiegano tre giorni su gomma e dieci
per ferrovia. Ed è per questa ragione che nascono le code interminabili di
Tir sulle autostrade del Nord Italia, camion polacchi, ucraini, ungheresi,
slovacchi, croati, sloveni. La rete ferroviaria dell’Est è capillare, ma
obsoleta con carichi assiali bassi e velocità altrettanto basse, e quindi
migliaia di camion invadono inquinando il nostro paese e sono mezzi
scarsamente sicuri perché poco controllati dalle loro legislazioni. Ciò
provoca inoltre il risentimento dei trasportatori nostrani, e questo stato
di cose va avanti da almeno vent’anni, quando cioè facendo un viaggetto in
treno si potevano ancora vedere i piazzali delle stazioni ferroviarie
italiane piene di carri merci.
Oggi basta guardare quanto non solo la nostra stazione di Trieste sia priva
di materiale rotabile. Piazzali vuoti sino a Bologna o a Verona, un Nordest
sguarnito. E la Trieste portuale è stata costruita per utilizzare la
ferrovia quale collegamento col suo retroterra e con una rete alle spalle
ferma a cent’anni fa le prospettive di rilancio sono infime. Quindi la Tav è
senza alcun dubbio molto importante per Trieste e lo è ancor di più perché
l’inquinamento diminuirà, sempreché le ferrovie nostrane la smettano di
considerarsi alla stregua di una società immobiliare, e si decidano a
praticare le stesse tariffe che adottano le società autostradali per il
trasporto su gomma. Solo così lo scalo di Cervignano potrà esplicare tutte
le sue potenzialità.
Un piccolo suggerimento: perché nel tratto Ronchi-Trieste non si pensa di
costruire una galleria artificiale parzialmente incassata e adagiata sul
fondale marino pianeggiante per poi una parte salire dal colle di Gretta
verso Divaccia e l’altra uscire in superficie nello scalo di Barcola? Sono
convinto che è una soluzione meno costosa e invasiva, se non altro perché si
ridurrebbero di metà i materiali scavati.
Piero Zanon |
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 13
agosto 2007
La pila del futuro è di carta - Ultrasottile,
ricaricabile ed ecologica
In cellulosa, si può piegare come un normale foglio ed è
resistente a temperature estreme
Le applicazioni in campo medico: può essere impiantata sotto pelle e alimentare
i pacemaker
ROMA - Ultrasottile,
leggerissima, pieghevole, ricaricabile, in grado di sopportare temperature
estreme senza perdere in efficacia. Guardandola, sembra solo un innocuo
foglietto, ma all'interno nasconde una potente batteria. La "pila" del futuro è
di carta: il piccolo miracolo di nanoingegneria è stato creato da un gruppo di
scienziati al Rensselaer Polytechnic Institute, negli Stati Uniti, che
presentano la loro scoperta sull'ultimo numero dei Pnas, la rivista
dell'accademia nazionale delle scienze americana.
Per oltre il 90 per cento questa batteria di nuova concezione è formata da
cellulosa, in cui sono stati integrati nanotubi in carbonio, microstrutture che
funzionano come elettrodi e permettono alla pila di condurre elettricità. E'
unica, spiegano i ricercatori, perché funziona sia come una batteria ad alta
capacità che come supercapacitore - in grado, cioè, di rilasciare elettricità
velocemente - che, di solito, sono componenti separate nei sistemi elettrici.
La pila del futuro, come la carta, può essere arrotolata, piegata, tagliata in
una serie quasi infinita di forme e senza che la sua potenza o l'integrità
meccanica vengano compromesse. Le sue possibili applicazioni, nel panorama
elettronico sempre alla ricerca del componente più piccolo e potente, vanno dai
vari gadget alle automobili, dall'industria aeronautica alla medicina più
avanzata: questa batteria, per funzionare, può utilizzare i liquidi corporei
come il sangue o il sudore ed essere inserita sotto la cute.
In questo mini pezzetto di carta intelligente i componenti sono integrati a
livello molecolare: "In molte delle altre batterie pieghevoli non lo sono -
spiega Robert Linhardt, co-autore della ricerca e professore al Rensselaer
Institute. "Quelle sfruttano elementi messi a contatto gli uni con gli altri, ma
in questo modo, quando vengono flesse, i componenti si staccano e l'apparecchio
non funziona più". Qui, invece, i nanotubi in carbonio sono inglobati nella
carta, che è immersa nell'elettrolita. E il risultato finale è in tutto e per
tutto simile ad un normale foglio di carta, nero per la presenza del carbonio.
La scoperta è frutto di uno sforzo collettivo, che ha coinvolto ricercatori di
diverse discipline: dai laboratori specializzati in biopolimeri del professor
Linhardt ad altri, specializzati nella ricerca sui nanotubi e sull'elettronica.
Ma è proprio l'applicazione in campo medico una delle più promettenti: "I
liquidi corporei potrebbero funzionare come elettroliti. La batteria potrebbe
essere inserita sottopelle per alimentare un pacemaker o altre apparecchiature
per il rilascio di medicinali, come la pompa per insulina", spiega ancora il
professore, con il vantaggio di evitare di inserire all'interno del corpo
sostanze chimiche forti come quelle che si trovano nelle comuni batterie.
Per la loro pila, Linhardt e colleghi hanno usato un liquido ionico - un sale
liquido, in pratica - che non contiene acqua, quindi non rischia di evaporare o
di ghiacciare, rendendo così l'apparecchiatura adatta anche a temperature
estreme. Ed è anche ecologica: "grazie all'alto contenuto di carta e alla
mancanza di sostanze chimiche tossiche, non rappresenta un rischio per
l'ambiente" aggiunge il dottor Manikoth Shaijumon, altro co-autore della
ricerca.
Può essere prodotta in diverse dimensioni ma quella che i ricercatori hanno
sperimentato era un quadrato di 2 cm per 2. Quello che rimane da capire sono i
costi: "Per ora stiamo lavorando su scala sperimentale, in laboratorio. Dobbiamo
ancora sviluppare metodi per produrle su scala commerciale e per ora non abbiamo
idea di quanto potrebbero costare" continua Linhardt. I singoli componenti di
per sé non hanno prezzi elevati e in futuro queste pile potrebbero venire
stampate in grandi fogli, usando rotative simili a quelle per i giornali. Ma
quando potremo trovarle nei negozi? "Ci vuole tempo - conclude Linhardt - Almeno
un paio d'anni per le prime applicazioni, che saranno ancora di tipo speciale".
ALESSIA MANFREDI
IL PICCOLO - DOMENICA, 12
agosto 2007
Tav, si riparte con 13 nuove
ipotesi di tracciato - Tratta Portogruaro-Ronchi, nuovo incontro a
settembre. In ballo anche il destino della terza corsia |
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Dopo aver
accantonato lo studio elaborato dalle ferrovie spuntano altre varianti. I
sindaci della Bassa friulana: «La Regione sveli gli obiettivi»
TRIESTE Si riparte da zero. Si
riparte da 13 ipotesi che propongono tracciati diversi da quello contenuto
nella progettazione preliminare di Rete ferroviaria italiana. Il cammino
della Tav, per quel che riguarda il tratto che dovrebbe attraversare la
bassa friulana, dunque, sembra nuovamente in salita. Nell’ultimo incontro
tra comitato tecnico, sindaci e assessore regionale Lodovico Sonego, si è
deciso di considerare superata la progettazione preliminare elaborata dalle
ferrovie, ma questo per i sindaci non cancella i problemi. Un nuovo incontro
è previsto per il 14 settembre. «Sono state presentate 13 ipotesi
alternative che vanno approfondite – dice il primo cittadino di Villa
Vicentina, Mario Pischedda – una dal professor Santorini, quattro
dall’ingegner Honsell, consulente della Provincia, tre dai consulenti dei
comuni, e infine una soluzione che si articola in cinque corridoi,
illustrata dall’ingener De Bernardi. Da queste ipotesi ripartiamo».
Tra i tracciati previsti ci sarebbe anche quello a sud della ferrovia – in
continuità con l’ipotesi che il Veneto sposti la linea lungo la costa – e
uno che passerebbe a nord dell’attuale autostrada. «Si continua a chiedere a
noi cosa vogliamo quando non ci viene illustrata - dice Pischedda - la
logica di riorganizzazione del sistema trasportistico. La Regione deve
presentarci quali sono gli obiettivi e quali sono i passi che prevede per
realizzarli. Allora su quello possiamo ragionare e valutare la convenienza
di un tracciato in relazione al suo impatto sul territorio. Diversamente
rischiamo di sprecare tempo e buttare via soldi pubblici». I soldi e il
tempo impiegati ad esempio da Rfi per redigere una progettazione preliminare
che rischia ora di essere accantonata.
Ma c’è chi chiede di più, «uno studio preliminare – dice il sindaco di
Porpetto, Cecilia Schiff – che ci dica perché l’attuale linea ferroviaria
non viene utilizzata e ci aiuti a capire se un’opera come la Tav potrebbe
effettivamente avere una sorte diversa. Perché rischiare di creare due linee
ferroviarie, di cui una assolutamente impattante, che non vengono
utilizzate? Senza questi elementi di valutazione è inutile chiedere a un
comune dove vuole che passi il tracciato».
E le perplessità di Schiff, non vengono alleviate dai numeri. «Ci è stato
detto che il traffico pesante su gomma sarà assorbito per il 13 massimo 15
per cento dalla linea ad alta capacità. Numeri esigui se si considera che
solo a Porpetto, nelle ore di punta, passano mille camion l’ora». Altro nodo
è il coordinamento con gli altri interventi in materia di viabilità e
trasporti. «Si sta ipotizzando una viabilità alternativa per alleggerire il
traffico della zona Aussa Corno. Come non tenere conto di questo nella
progettazione della Tav?». Una progettazione che deve fare i conti anche con
il progetto della terza corsia della A 4. In sede ministeriale Autovie, Anas
e Infrastrutture, hanno concordato che terza corsia e Tav procederanno
affiancate da Portogruaro a Gonars. Ma se il tracciato della linea
ferroviaria fosse rimesso completamente in discussione, questo potrebbe
incidere sulla progettazione della corsia autostradale.
Martina Milia |
TAV - Fiumicello vuole
abbattere i ponti sull’Isonzo per farne uno solo |
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Ridurre l’impatto attraverso la
tecnologia. È questa la speranza dei sindaci della bassa, consci
dell’impatto che la Tav avrà sul territorio. «Si sta lavorando per cercare
di individuare soluzioni che limitino l’impatto ambientale – dice Paolo Dean,
sindaco di Fiumicello - Per quel che ci riguarda vediamo con favore
l’ipotesi di abbattere i due ponti ferroviari sull’Isonzo e realizzarne uno
unico in cui far passare entrambe le direzioni della linea. Le tecnologie
moderne renderebbero sicuramente il ponte meno impattante».
Non tutti i sindaci, però, hanno ancora incontrato i tecnici per definire le
problematiche del proprio territorio. «Non capiamo se interlocutore sia la
Regione o Rfi – dice Federico Cressati, sindaco di Palmanova -. Lo dimostra
il fatto che le convocazioni delle amministrazioni locali non sono neanche
state concordate con i sindaci. A me è arrivata via fax un giorno prima e
quindi non mi sono presentato per impegni precedenti. Al sindaco di Bagnaria
è giunta quando era già partito per le ferie. Da parte nostra non c’è la
volontà di mettere i bastoni fra le ruote, ma non è questo il modo di
lavorare».
I sindaci che ancora non hanno incontrato i tecnici contano di farlo prima
del nuovo incontro di settembre. «Aspettiamo di capire quali possano essere
le alternative percorribili, non ultima quella del potenziamento delle rete
esistente», dice Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria Arsa. |
IL PICCOLO - SABATO, 11
agosto 2007
Compostiere gratis nelle
case, no del Comune alla proposta Udc - I contenitori dovevano venir
destinati alle abitazioni con giardino |
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Il Comune risponde no alla
proposta di dotare gratuitamente di compostiere tutte le famiglie triestine
che vivono in una casa o un condominio con giardino.
L’ipotesi di affidare a migliaia di cittadini questi contenitori, nei quali
possono essere versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il
fogliame e gli sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione
favorito dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in
humus naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il
terriccio dei vasi, era stata formulata in un primo momento dal gruppo
consiliare della Margherita con una mozione del capogruppo nella terza
Circoscrizione, Andrea Brandolisio. In una seconda fase, anche il gruppo
dell’Udc, perciò uno dei partiti che sostengono l’attuale giunta, aveva
caldeggiato questa soluzione: era intervenuto il capogruppo in consiglio
comunale, Roberto Sasco.
Alla base della proposta anche la considerazione che le compostiere
funzionano con la sola azione del sole e della pioggia, non richiedendo
consumi di energia. La risposta del Comune, firmata dall’assessore Paolo
Rovis, è però esplicita: «La possibilità di smaltire rifiuti organici con le
compostiere – scrive – costringerebbe a un servizio di raccolta del compost
prodotto dagli utenti che non hanno possibilità di impiegarlo, che sarebbe
troppo oneroso rispetto ai risultati. Sarebbe impossibile – prosegue Rovis –
controllare il reale utilizzo delle compostiere fornite e verificare le
reali quantità di rifiuti sottratti allo smaltimento da ogni utente.
Pensiamo piuttosto alla raccolta differenziata della frazione organica da
effettuarsi sull’intero territorio. Questa raccolta prevista anche dal
”Piano provinciale rifiuti”, permetterebbe un risparmio più tangibile. È
allo studio una prima fase che vedrebbe coinvolte le grandi utenze, come
caserme, ospedali, servizi di ristorazione, iper mercati, per arrivare poi
alle singole utenze domestiche».
u. s. |
Muggia rinnova l’appalto per
smaltire i rifiuti e vuole il 70% di raccolta differenziata nel 2011 |
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MUGGIA Il Comune di Muggia
rinnova l’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e punta ad
ambiziosi obiettivi, come il raggiungimento del 70% nella raccolta
differenziata entro il 2011, ipotizzando anche un graduale passaggio dalla
tassa alla tariffa.
Finora era l’AcegasAps a gestire il servizio, ma il contratto era in
scadenza. Il nuovo aggiudicatario sarà reso noto il 20 agosto. L’appalto
avrà inizio il primo ottobre, per concludersi il 31 dicembre 2011. La base
d’asta era di poco più di 2 milioni e 600 mila euro.
Con questo rinnovo, l’amministrazione punta molto sulla raccolta
differenziata. Vuole, infatti, un incremento che parte da un 30% nel 2008 a
ben il 70% nel 2011. Oggi si attesta solo sul 15%.
«È una nostra precisa volontà aumentare tali indici, come avevamo promesso
da subito – afferma l’assessore alle Risorse tecniche, Piero Veronese –. Per
questo l’abbiamo specificato nel nuovo bando di gara. A parte ciò – aggiunge
- pensiamo di far partire a breve una sperimentazione per la raccolta
differenziata dell’umido, a iniziare dai ”grandi produttori”, come aziende e
ristoratori».
Curiosamente, proprio la tematica dei rifiuti di bar e ristoranti, riguardo
quantità, luoghi di conferimento e odori, ha tenuto banco in modo polemico
nei giorni scorsi. L’aumento previsto della raccolta differenziata sul
territorio, come previsto dal capitolato d’appalto, comporterà anche un
aumento del numero di cassonetti e campane da posizionare sulle strade, che
sarà proprio la ditta appaltatrice a dover fornire e distribuire all’utenza.
Attualmente nel comune di Muggia ci sono quasi 200 cassonetti per i rifiuti
solidi urbani, 47 per vetro e lattine, 41 per la carta e cartoni, 40 per la
plastica e 8 per le pile. Numeri che, appunto, sono destinati a crescere nei
prossimi anni.
All’aggiudicatario del novo contratto sarà inoltre richiesto di realizzare
una campagna di sensibilizzazione ambientale, promuovendo (tramite depliant
o altro) la raccolta differenziata e i servizi resi. Ma gli verrà chiesto
anche di preparare un progetto per la realizzazione di isole ecologiche di
conferimento, con un sistema di pesatura dei rifiuti e relativo
riconoscimento degli utenti. Andando così verso un possibile passaggio
dall’attuale tassa alla tariffa, come previsto dalla legge.
s. re. |
IL PICCOLO - VENERDI', 10
agosto 2007
Sindaco di S. Dorligo:
funziona la raccolta differenziata dei rifiuti - Premolin conferma la scelta
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SAN DORLIGO Sembra ancora mal
digerita, da alcuni residenti, la raccolta differenziata porta a porta,
avviata dal Comune di San Dorligo. L’amministrazione comunale invece è
convinta della validità del sistema, e oggi torna a parlarne il sindaco
Premolin, sollecitata da un’ennesima lamentela. «Il nuovo sistema è stato
scelto da questa amministrazione, perché è quello con il miglior rendimento,
sia in qualità che in quantità, e pare anche il più efficace», dice Premolin.
Il sindaco sottolinea l’impegno profuso dalla gente e dai dipendenti
comunali per svolgere nel migliore dei modi questo nuovo tipo di sistema.
«Naturalmente – continua Premolin - ogni novità può disorientare o anche
infastidire, soprattutto le persone abitudinarie.Ma con un po’ di buona
volontà ce la faremo, in quanto non solo ce lo impongono la normativa
europea e italiana e naturalmente il buon senso, ma soprattutto lo pretende
l’ecologia».
Premolin torna anche sulla questione dei contenitori ancora non consegnati
ad alcuni condomini. «La distribuzione procede incessantemente da parte
degli operai comunali e l’ufficio è a disposizione della cittadinanza per
fornire informazioni, risolvere problemi puntuali e specifici ed effettuare
sopralluoghi per trovare la soluzione migliore per tutti», dice il sindaco.
Alle richieste di un ripristino dei vecchi cassonetti stradali, Premolin
spiega: «Non è più possibile. Il nuovo sistema va avanti, sperando di
raggiungere gli obiettivi prefissati per essere utili, perché no, anche alle
nostre tasche». Sul tema interviene, ancora una volta, il consigliere di
opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni), che in una interpellanza
chiede lumi in particolare sulla mancata distribuzione dei contenitori
all’abitato Val Rosandra. Il sindaco risponde: «Quel problema è in via di
soluzione. I contenitori saranno consegnati tutti a breve».
s.re. |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9
agosto 2007
Slitta il parere ambientale
sulla vetreria - Chiesti nuovi dati alla Sangalli. Metz: «Un errore.
Il no è scontato» |
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La
commissione di Via si è aggiornata a settembre. Scettici anche i comitati:
«Rinvio senza precedenti»
TRIESTE Resta ancora irrisolto
il nodo della vetreria Sangalli che dovrebbe sorgere nell’area dell’Aussa
Corno. Dopo il rinvio della seduta della scorsa settimana, la commissione
regionale di valutazione d’impatto ambientale presieduta da Gianfranco
Moretton ha deciso di rimandare la decisione a settembre.
L’insediamento della Sangalli rischia di scatenare la protesta dei comitati
dei cittadini della Bassa, quelli che hanno di fatto bloccato la costruzione
del cementificio Grigolin di Torviscosa, che lamentano il forte impatto
sull’atmosfera e sul territorio delle emissioni della vetreria. E anche per
evitare pericolose frizioni la commissione Via, questa volta, si muove con
grande prudenza, nonostante siano già arrivati i pareri positivi
dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa. Il rinvio è stato deciso in quanto sono
state chieste alla Sangalli integrazioni al progetto in ordine ad alcune
questioni che riguardano il traffico di automezzi, l’estrazione di acqua
dalla falda sottostante e le migliori tecniche che l’impresa proponente
intende introdurre per le emissioni.
Una decisione, quella assunta ieri, che comunque non soddisfa i Verdi e
suscita perplessità e sospetti nei comitati dei cittadini. «La commissione
ha esaminato in modo approfondito le relazioni - spiega Moretton - e ha
riscontrato la mancanza di alcuni elementi sugli effetti del traffico
veicolare, sull’emungimento della falda acquifera sottostante e sulle
tecnologie adottate per risurre al minimo le emissioni. La commissione ha
dunque chiesto delucidazioni alla Sangalli su questi aspetti».
Ma per il consigliere dei verdi Sandro Metz il rinvio al 4 settembre del
parere è «particolarmente favorevole per il proponente». «Mi sembra evidente
- sottolinea Metz - che non ci siano i presupposti per un parere positivo.
Il Servizio regionale Via aveva già chiesto alcune modifiche, alcune sono
state ottemperate altre no. Le due istruttorie del Servizio Via si sono
concluse l’una una con parere non compatibile e l’altra con 57 prescrizioni.
Questo significa riscrivere un progetto. A questo punto si dica no e si
chieda di ripresentare il progetto». «Siccome il ruolo di coordinare i
diversi aspetti progettuali dovrebbe averli il direttore generale della
Regione, Andrea Viero - conclude Metz - mi chiedo se riesce a tenere assieme
aspetti ambientali, turistici e industriali». Ma la decisione suscita dubbi
anche nei comitati dei cittadini. «Credo sia la prima volta che la Via
chiede un supplemento di documentazione che è una prerogativa del servizio
di Via - commenta Mareno Settimo -. Ritengo comunque che la posizione di
Moretton sia debole. Aspettiamo con curiosità il verbale e se ci saranno gli
estremi valuteremo l’eventualità di un ricorso».
ci. es. |
L’Austria boccia i due
elettrodotti transfrontalieri - No a Burgo e Alpe Adria energy
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TRIESTE L’Austria dice «no» alla
costruzione di elettrodotti interrati e quindi boccia i progetti di «merchant
line» tra Wurmlach e Somplago presentati da Burgo Group e Alpe Adria energy.
Lo rende noto l'assessore regionale all'Energia Lodovico Sonego, precisando
che la giunta ha preso atto della decisione adottata dal gestore della rete
austriaca di non accogliere i due progetti transfrontalieri. «La situazione
- spiega Sonego - è di una semplicità disarmante, perchè le autorità
elettriche austriache dicono di ”no” a impianti che siano del tutto o
parzialmente interrati. Rimane quindi in campo solo un elettrodotto aereo.
Se ci sono dei dubbi, i proponenti ne discuteranno con la popolazione
locale. Noi come Regione siamo favorevoli alla costruzione di un
elettrodotto». |
Gli ambientalisti al governo:
«Via quel piazzale a Capodistria creato per movimentare auto» - Continua il
braccio di ferro con Luka Koper |
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CAPODISTRIA «Il piazzale
costruito con materiale da riporto dalla Luka Koper per il parcheggio delle
automobili nuove in transito nel porto di Capodistria è abusivo e andrebbe
smantellato quanto prima». Così i Verdi di Capodistria, che hanno lanciato
un appello pubblico al premier sloveno Janez Jansa invitandolo a intervenire
affinchè il porto di Capodistria rispetti la delibera dell'Ispettorato edile
e si ritiri dagli spazi abusivamente occupati sulla costa in direzione di
Ancarano.
Se le cose non si sbloccheranno entro il 15 agosto, i Verdi- ha annunciato
il loro rappresentante David Stepan - denunceranno il premier Jansa alla
Commissione anticorruzione.
Lo spiazzo in questione ha una superficie di diverse migliaia di metri
quadri e attualmente vi sono sistemate alcune centinaia di automobili, anche
se può ospitarne complessivamente 4000.
In seguito a una recente delibera dell'Ispettorato edile l’area interessata
sarebbe stata ufficialmente posta sotto sequestro, ma, secondo i Verdi di
Capodistria, il Porto continua a sfruttarlo.
Secondo la direzione della Luka Koper, la società di gestione delle attività
marittime nel porto ha presentato ricorso e in tempi brevi dovrebbero essere
concessi i permessi necessari per la legalizzazione della struttura.
«È comunque una soluzione temporanea – ha spiegato ai giornalisti il
vicepresidente del cda della Luka Koper, Aldo Babic – in quanto non potevamo
permetterci di rifiutare alcuni carichi, che in quel caso sarebbero stati
dirottati verso i porti italiani e croati. Sarebbe stato un danno non
soltanto per il lo scalo capodistriano ma per l'intero settore dei
trasporti».
Le automobili rappresentano una fetta importante del giro d'affari
dell'unico scalo marittimo sloveno. Nel 2006 ne sono state manipolate
400.000, quest'anno si prevede invece un movimento di 470.000 vetture.
Secondo le previsioni strategiche dei vertici della Luka Koper, entro il
2015 dovrebbe essere raggiunto il traguardo di un milione di automobili, tra
arrivi e partenze. Per realizzare questi progetti alquanto ambiziosi, lo
spazio attuale non è sufficiente, e non basta nemmeno lo spiazzo contestato,
costruito tra l'altro in un'area proclamata «zona d'interesse naturale»
dall'Istituto per la tutela dei beni naturali di Pirano.
Prossimamente è prevista la costruzione di tre grossi garage all'interno
dell'area portuale. La costruzione del primo, con 12.000 posti macchina,
inizierà già il mese prossimo.
Per richiamare l'attenzione su quella che secondo i Verdi «è devastazione
del demanio marittimo», gli ambientalisti hanno chiesto anche un incontro
diretto con il premier. |
Italiano salva sull’isola di
Cherso un grifone in difficoltà sul mare sotto osservazione degli ornitologi
- La colonia dei volatili ha raggiunto i 43 esemplari
|
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L’animale
recuperato con un remo e messo dentro una barca: è il simbolo della zona
CHERSO Era una tranquilla
mattinata d’agosto a Cherso, turisti e abitanti del posto a godersi il sole,
la temperatura mite e gli odori acuti ed inebrianti emanati dall’isola
quarnerina e dal suo mare.
Non sono stati in pochi ad accorgersi che nelle acque del porto c’era un
movimento inconsueto, qualcosa che si dibatteva nell’acqua, attirando
l’attenzione dei presenti.
La reazione è stata immediata e tre barche si sono dirette verso il volatile
che rischiava di affogare. Si trattava di un grifone, ossia di un avvoltoio
dalla testa bianca, il simbolo di Cherso in quanto impersonifica alla
perfezione il tratto selvaggio, magico e indomito dell’isola nordadriatica.
Tra i soccorritori c’è anche un turista italiano, Franco Palmieri, che
assieme ad altri quattro chersini riesce a trarre in salvo il volatile, con
un’operazione che si rivela più facile del previsto: da uno dei natanti si
sporge un remo in direzione del grifone, che vi sale sopra e si adagia nel
fondo della barca.
A riva sono state decine i curiosi che hanno assistito alla scena,
applaudendo ai soccorritori per aver salvato quell’uccello, maestoso ma
peraltro esausto, che sicuramente sarebbe morto senza l’intervento degli
uomini.
L’opera di salvataggio è durata alcune ore e l’avvoltoio è stato subito
trasportato al Centro ecologico Caput Insulae di Caisole (Beli), guidato dal
professor Goran Susic e che si occupa dei grifoni quarnerini.
Quello salvato a Cherso è un esemplare giovane, nato sei mesi fa e del peso
di sei chilogrammi e mezzo. Secondo gli esperti, è sottopeso in quanto
dovrebbe già avere dai sette agli otto chilogrammi.
Nelle settimane scorse, il grifone LE (tutti i volatili vengono
accuratamente marchiati) aveva evidenziato dei problemi durante il volo,
percorrendo la Riserva ornitologica chersina a quote troppo basse.
Secondo Susic, la povera bestiola deve aver mangiato delle esche avvelenate
oppure delle carcasse morte per avvelenamento. Infatti nell’isola vengono
disseminate delle esche per combattere animali che i chersini ritengono
dannosi per le loro colture.
Gli avvoltoi, ultimo anello della catena alimentare, si cibano di carogne e
finiscono a loro volta avvelenati.
Quest’anno l’opera di marchiatura della colonia chersina ha riguardato 43
esemplari, di cui 5 sono purtroppo deceduti per cause di vario genere.
Anche nel 2007 è stata purtroppo confermato l’alto tasso di mortalità
esistente fra i grifoni di Cherso. A badare ad essi, come già detto, il
Caput Insulae (10 mila i visitatori annui), dove decine di volontari
prestano la propria opera, nutrendo i volatili, pulendo le pozze d’acqua,
mettendo a posto i muretti a secco e illustrando ai turisti l’utilità del
grifone per l’ambiente chersino. Tra i volontari stranieri, i più numerosi
sono gli proprio italiani e gli inglesi.
Andrea Marsanich |
l’Udc propone di riciclare i
rifiuti domestici dando a ogni famiglia recipienti per il compostaggio -
Sasco: «Si crea terriccio risparmiando energia» |
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Dotare gratuitamente tutte le
famiglie triestine, che vivono in una casa o un condominio con giardino, di
apposite compostiere. Si tratta di recipienti nei quali possono essere
versati i rifiuti organici come gli scarti di cucina, il fogliame e gli
sfalci che, in base a un naturale processo di trasformazione favorito
dall’aria, dal calore del sole e dalla pioggia, si tramutano in humus
naturale, utilizzabile per arricchire i terreni dei giardini e il terriccio
dei vasi. E’ questo il contenuto della proposta che l’Udc di Trieste
presenterà nei prossimi giorni al Comune, sotto forma di mozione in
consiglio.
«Quasi un terzo dei rifiuti domestici è composto da residui di questo tipo –
ha spiegato ieri il capogruppo dell’Udc in consiglio comunale, Roberto Sasco,
accompagnato dai colleghi di partito Piero Ambroset, capogruppo nella terza
circoscrizione, da Rendi Miccoli, capogruppo nella settima, e dall’esperto
Paolo Varani – e negli ultimi 20 anni in Italia l’aumento della produzione
dei rifiuti solidi urbani è cresciuto di circa il 20 per cento (e la tassa è
piuttosto salata). Chi ha un giardino non sarebbe obbligato a faticosi
trasporti dell’erba e dei rifiuti da cucina nei bottini». Tutto questo si
rifletterebbe in un risparmio di consumi per l’inceneritore: «Ciò
garantirebbe – ha concluso Sasco – un ridotto consumo di energia per la
combustione. E chi si dovesse dotare delle compostiere potrebbe ottenere una
riduzione della Tarsu o delle future tariffe sui rifiuti”.
u. sa. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8
agosto 2007
Vetreria, oggi il parere
ambientale - Commissione di Via |
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TRIESTE Arriva oggi sul tavolo
della commissione regionale di valutazione d’impatto ambientale il «dossier
vetreria». Lo conferma Gianfranco Moretton, vicepresidente della Regione con
delega all’Ambiente, alla vigilia dell’appuntamento: la commissione, dopo il
rinvio di sette giorni fa, deve appunto esaminare il dossier che vale
l’insediamento o meno a San Giorgio di Nogaro di un mega-impianto della
veneta Sangalli. E, successivamente, deve esprimere il suo parere. I Verdi e
i comitati di cittadini della Bassa friulana, contrari alla vetreria come
già al cementificio di Torviscosa, sono da tempo sul piede di guerra: Paolo
De Toni, uno dei «leader» dei comitati, ha già preannunciato ricorsi nel
caso di un via libera all’impianto. Ma, come ripete da tempo lo stesso
Moretton, il parere della commissione di Via (e quello successivo e decisivo
della giunta) non può che essere «tecnico», «nel rispetto della legge». Ad
accompagnare il progetto della Sangalli, in commissione, i due pareri già
rilasciati dall’Azienda sanitaria e dall’Agenzia per l’Ambiente: quello
dell’Ass, in particolare, è un «sì» condizionato al rispetto di due
prescrizioni forti, e cioé il trasporto via mare e un sistema più efficace e
continuo di monitoraggio. |
IL PICCOLO - MARTEDI', 7
agosto 2007
Riserva marina, in 20 anni
soccorsi centinaia di animali |
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Le
celebrazioni dell’area protetta di Miramare, la prima del genere nata in
Italia e che conta 20mila visitatori all’anno
Mille specie marine censite, tra
mammiferi, uccelli, pesci, invertebrati, alghe e fanerogame, centinaia di
animali soccorsi, decine di manuali e pubblicazioni realizzate per la
conoscenza ecologica del mare, oltre 20 mila visitatori l’anno, tra i quali
8 mila studenti e ancora 1500 tra subacquei e apneisti.
Sono solo alcuni numeri della Riserva Marina di Miramare, che festeggia in
questi giorni i 20 anni. Parte del sistema delle aree marine protette
italiane, la Riserva è stata istituita dal Ministero dell’Ambiente nel 1986
e, con i suoi 30 ettari di ampiezza, è la più piccola e nel contempo anche
la più anziana delle riserve marine italiane, oltre ad essere una delle
prime in Mediterraneo.
«Miramare è forse anche la più speciale delle riserve italiane: per la sua
storia, per le modalità di gestione affidate ad un soggetto privato,
l’Associazione Italiana per il Wwf for Nature Onlus, e per il contesto
territoriale del Golfo di Trieste in cui essa si inserisce – raccontano
Maurizio Spoto, direttore della Riserva, e Milena Tempesta, del settore
didattico - si può definire un’area marina protetta “urbana”, stretta tra
gli stabilimenti balneari della costiera triestina, a pochi chilometri dal
centro della città di Trieste e dalla zona industriale della baia di Muggia,
e a diretto contatto con una zona costiera fortemente utilizzata per la
pesca e specialmente per l’allevamento dei mitili. Con tali considerazioni
potrebbe sembrare quasi la “Cenerentola” delle zone tutelate in Italia,
invece - sottolineano - Miramare rappresenta uno degli esempi più concreti
di gestione eco-sostenibile del Golfo di Trieste, in cui si possono
ritrovare una biodiversità animale e vegetale notevoli, con valori di
presenza di specie molto elevati, che recenti censimenti subacquei, fatti
anche in altre aree marine protette, hanno dimostrato essere tra i più alti
in Italia».
Vent’anni di vita, dunque, vemt’anni di lavoro e di pasisone nel nome della
natura e del mare. Particolarmente amato dai visitatori, poi, è l’edificio
che ospita la sede della Riserva, al Castelletto di Miramare, dato in
concessione dal Ministero dei Beni ed Attività Culturali, che ospita uffici,
laboratori didattici e il grande centro visite, progettato con un percorso
multisensoriale, dove tatto, udito, vista e olfatto sono stimolati per
coinvolgere il visitatore e farlo sentire realmente immerso in uno spazio di
mare protetto.
Tra le tante iniziative organizzate per festeggiare il traguardo raggiunto
figura la mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, che
si terrà alla Sala del Giubileo dal 10 al 28 agosto, dalle 17 alle 21,
dedicata al mondo della Riserva Marina di Miramare: dalla natura della zona
alle attività di tutela del mare, dall’impegno educativo e divulgativo ai
progetti per il futuro. Per informazioni www.riservamarinadimiramare.it.
Micol Brusaferro |
Rifiuti a San Dorligo, tutti
contrari - La raccolta differenziata sta creando disagi e proteste fra i
residenti |
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Vorrei esprimere un mio pensiero
riguardo la raccolta differenziata nel comune di San Dorligo della Valle.
Sono là residente e penso di poter parlare con cognizione di causa. Mi ha
fatto sorridere il comunicato gonfio di orgoglio del sindaco dottoressa
Premolin pubblicato qualche giorno fa dove sembrava che tutti fossero
entusiasti del nuovo sistema di raccolta. Il fatto che nessuno abbia
protestato presso i suoi uffici signor sindaco, ammesso che sia vero, non
significa niente.
Ho parlato di questa situazione con molta gente, compaesani, vicini di casa
e mi creda, non c’è stata una persona che abbia espresso un giudizio
positivo al riguardo. Ciò principalmente per due motivi: il primo è che noi
sudditi abbiamo cose più serie cui pensare che tenere a mente i vari
«appuntamenti col scovazin». Ad esempio come arrivare con i soldi a fine
mese. Succederà con il passare del tempo, e succederà di sicuro, che le
persone si dimenticheranno di chi verrà a prelevare cosa e quando e la
conseguenza sarà di ritrovarsi in casa i rifiuti accumulati.
Il secondo motivo, è bene ricordarlo, è che non tutti possiedono la villa
con giardino e quindi un posto dove poter posizionare i «bidoni» senza che
questi intralcino la vita. Anzi, ci sono molte famiglie che non hanno
nemmeno un poggiolo e che per forza di cose devono tenerseli in soggiorno
con tutto quello che ne consegue. Personalmente ho un problema di non poco
conto e di sicuro non sono l’unico. Ho due figli piccoli che per loro natura
riempiono circa tre pannolini al giorno a testa. Che moltiplicato per tre
giorni, intervallo di tempo tra una raccolta e l’altra, fanno 18 pannolini
circa. 18 pannolini pieni di cacca da conservare in casa. Le assicuro che
puzzano molto e, a meno che non voglia custodirli lei fino all’arrivo
dell’addetto, deve darmi la possibilità di buttarli via in qualsiasi
momento. Cosa ora non più possibile, visto che i cassonetti pubblici sulle
strade non ci sono più.
Questo è solo un esempio ma i problemi sono molti. Personalmente credo che
questo sistema non funzionerà mai. Con congruo aumento delle campane per la
raccolta differenziata sul territorio in modo da agevolare e quindi
invogliare la gente a questo tipo di smaltimento, sicuramente giusto e
doveroso, avrebbe avuto più successo e con costi irrisori. Tra l’altro a più
di un mese dall’inizio di questa procedura io non ho ancora ricevuto i
contenitori e a tutt’oggi sono costretto a portarmi a spasso nel bagagliaio
dell’auto i sacchi di immondizia in cerca di qualche cassonetto nei comuni
vicini. La cosa fastidiosa è che qualche volta mi dimentico di gettarla e me
la riporto a casa.
Sindaco Premolin, ci ridia i cassonetti!
Fulvio Berger |
Parcheggi a
Muggia, va tutelato l’ambiente |
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Scrivo il presente intervento
visto quello pubblicato sulla pagina delle Segnalazioni in data 29 luglio a
firma della signora Eta Hrvatin. Ho constatato la confusione riguardo
all’associazione Legambiente, alla signora June Nicolini, a Nerio Nesladek,
all’associazione Ambiente e/è Vita, al senatore di Alleanza Nazionale
Matteoli e a un «fantomatico individuo». Voglio precisare che non è stato il
rappresentante dell’associazione Ambiente e/è Vita a sostituire quello di
Legambiente nella commissione per le antenne di telefonia mobile ma
viceversa; mentre nella Commissione edilizia integrata ambiente ormai da
circa un anno trova posto il responsabile del Wwf e non un rappresentante
delle associazioni di cui sopra. Comunque nulla di preoccupante; si consoli
pensando che a Muggia pare ci sia stato qualcuno, mi consenta il termine,
più sbadato di lei. Veda chi aveva autorizzato il versamento di 4 miliardi
di vecchie lire alla ditta costruttrice di un parcheggio senza avere in mano
la polizza fideiussoria, a garanzia dell’anticipo, giunta
all’amministrazione comunale più di un anno dopo.
Tornando però all’intervento della signora Hrvatin ho letto che, oltre a
quanto scrive circa il precitato rappresentante degli ambientalisti nella
commissione comunale per le antenne (con l’occasione preciso che da tempo
sono impegnato per risolvere il problema delle antenne di Chiampore con il
loro trasferimento in altro sito), interviene anche riguardo agli edifici
residenziali della società «Sea Muggia Srl» da lei denominati «costa alta e
costa bassa» (non è mai esistito un intervento denominato anche solo in
parte «costa bassa»). Senza entrare nel merito di comportamenti di terze
persone preciso che riguardo all’intervento residenziale nei pressi di Borgo
San Cristoforo ho fornito il mio impegno nel tentativo di impedire, nei modi
consentiti dalla legge, la realizzazione degli edifici progettati su aree
indicate come inedificabili nello studio idrogeologico facente parte
integrante del Piano regolatore comunale vigente, nonché per garantire la
realizzazione di opere di contenimento vista la recente frana verificatasi
in tale borgo per la quale è intervenuta anche la Protezione civile.
Riguardo a parte delle aree interessate dall’intervento residenziale, negli
scorsi giorni sono venuto in possesso di una relazione della Direzione
centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione che ricorda che il
Servizio geologico aveva fornito parere favorevole al Piano regolatore
comunale con alcune limitazioni tra cui la conferma del divieto di edificare
in varie zone «(ivi compresa dunque la zona del Piano di lottizzazione Costa
Alta)». Ritengo pertanto che delle due l’una: o il Comune non ha recepito le
limitazioni della Regione al momento di approvare il proprio Piano
regolatore, oppure parte dell’intervento ha ottenuto la concessione edilizia
dal Comune nonostante la sua eventuale inedificabilità per quanto prescritto
nel Piano regolatore generale. Seguiranno pertanto i necessari interventi.
Per i problemi di parcheggio a Borgo San Pietro e a Borgo San Cristoforo
ricordo il mio intervento che come risultato ha visto la modifica del
progetto preliminare, redatto per conto del Comune di Muggia, che prevedeva
l’eliminazione di un notevole numero di posti auto. Capisco pertanto l’astio
nei miei riguardi da parte di alcuni politici ai quali va tutta la mia
compassione.
Fabio Longo - Presidente Comitato Sos Muggia |
IL PICCOLO - LUNEDI', 6
agosto 2007
Rifiuti: differenziata in
tutti gli istituti - La Provincia si prepara a varare l’iniziativa per
educare i bambini alla raccolta |
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Sollecitare e favorire
all’interno di tutte le scuole di Trieste la raccolta differenziata, in
particolare della carta e delle lattine.
È questa l’iniziativa che la Provincia intende intraprendere con l’avvio,
oramai prossimo, dell’anno scolastico 2007-2008. È stata la stessa
presidente del consiglio di palazzo Galatti, Maria Teresa Bassa Poropat, a
fare propria la mozione presentata da Maria Monteleone, capogruppo della
Margherita in consiglio provinciale. Nelle scuole della Provincia le lattine
sono molto diffuse, perché gli studenti utilizzano i numerosi distributori
automatici di bibite. Non sempre però, una volta consumate le bevande, i
giovani prestano la sufficiente attenzione ai rifiuti, gettandoli nei
diversi raccoglitori; in questo modo carta e lattine finiscono nello stesso
contenitore. «Ho presentato la mozione – spiega la Monteleone - perché credo
chi i proclami, la propaganda, i concorsi scolastici per sensibilizzare e
invitare i cittadini alla raccolta differenziata non bastino più. Sono un’
insegnante – aggiunge - e verifico di persona che i cestini dei rifiuti si
riempiono indistintamente di lattine e di bottigliette di plastica. Ho visto
invece che in alcune scuole slovene si raccolgono le lattine a parte. A
partire dalla scuola, luogo dell’educazione e della formazione del
cittadino, ma allargando il discorso agli enti pubblici come Regione,
Provincia e Comuni, credo tutti dovrebbero raccogliere in modo differenziato
i rifiuti».
Il testo della mozione fatta propria dalla Bassa Poropat, intervento che ha
così fatto superare la fase di voto, rendendo subito esecutivo il
provvedimento, si legge che «la Provincia e provvederà, in base alle proprie
attribuzioni e competenze, a sollecitare, sensibilizzare, favorire e
promuovere anche per tramite dei Comuni della Provincia, nelle scuole di
ogni ordine e grado, la raccolta differenziata, in primis della carta, ma
anche dei vuoti a perdere di lattine, bottiglie di plastica e di vetro, là
dove funzionano distributori automatici e bar all’interno delle scuole».
u. s. |
IL PICCOLO - DOMENICA, 5
agosto 2007
Legambiente: Tav, la giunta
si fermi - Ronchi-Trieste, basta una sola galleria da 1 km. Sonego:
dialoghiamo con i comuni |
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Già
depositata un’interrogazione al Senato che richiede lo stralcio della tratta
giuliana dalla legge obiettivo
TRIESTE Ridisegnare la
tratta regionale del Corridoio 5 senza infierire sull’ambiente e i centri
abitati di Bassa friulana, Carso e territorio triestino. Anzi: potenziare il
tracciato ferroviario esistente, velocizzando l’attuale Portogruaro-Ronchi,
raddoppiando i binari fra il bivio monfalconese di San Polo e quello di
Duino Aurisina, realizzando un tunnel di un solo chilometro sul confine
italo-sloveno, che collegherebbe le rotaie dell’Ezit alle Noghere di Muggia
al porto di Ancarano. Con queste controproposte - che prevedono anche
l’aumento della tassazione del trasporto su gomma per non condannare
l’intermodalità al sottoutilizzo - Legambiente invita la Regione a frenare
l’iter «caldo» della Tav. E invoca persino uno scatto d’orgoglio di
ambientalisti e comuni interessati per chiedere lo stralcio del percorso
dalla legge Obiettivo, sulla scia dell’iniziativa avanzata di recente
all’amministrazione Illy da nove sindaci della Bassa e dalla Provincia di
Udine.
Legambiente invita la Regione a fare un passo indietro anche per coinvolgere
di più le comunità, come previsto dalla Convenzione di Aarhus recepita
dall’Italia nel 2001. La possibile applicazione della legge Obiettivo -
sostengono i vertici regionali dell’associazione ambientalista - «finirebbe
con esautorare i cittadini e i comuni dalla partecipazione e dalla modifica
dei progetti».
LA REGIONE Secca la replica dell’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego: «La
politica del dialogo con le comunità locali è stata da noi già autonomamente
decisa senza che Legambiente si svegli a quattro anni di distanza. Se in
Friuli Venezia Giulia non c’è nessuna Val di Susa ciò è dovuto al fatto che
c’è un governo regionale intelligente che fa del dialogo e delle intese con
il territorio la sua bandiera. È la strada che abbiamo scelto per concordare
modifiche strutturali al progetto di Rfi per l’area del Monfalconese ed è la
strategia che stiamo usando anche nella Bassa».
IL CASO AL SENATO A rafforzare tuttavia il fronte a favore dello stralcio
della tratta regionale dall’intesa Stato-Regione del settembre 2002, spunta
un’interrogazione parlamentare, fortemente critica, rivolta al ministro
delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. L’ha depositata due giorni fa il
senatore dell’Ulivo Francesco Ferrante, membro della commissione Ambiente di
Palazzo Madama ed esponente nazionale di Legambiente, che chiede sulla base
di quali elementi progettuali sia stata presentata la fresca richiesta di
finanziamento europeo da 53 milioni di euro per il progetto preliminare
della Trieste-Divaccia.
I SINDACI I sindaci della Bassa friulana, intanto, fanno sapere che
nell’ultimo tavolo tecnico per l’Alta Velocità, del 30 luglio, è stato
deciso di far slittare a metà settembre il giudizio sulla proposta di
tracciato di Rfi per la Portogruaro-Ronchi. Tale proposta prevede una scelta
fra il percorso originale, in corrispondenza dell’autostrada, e alcune
alternative più «basse» in prossimità della linea ferroviaria esistente, fra
Muzzana, San Giorgio, Torviscosa, Cervignano e il ricongiungimento con la
direttrice della A4 attorno a Villa Vicentina.
LE CRITICHE La notizia dell’esistenza di un’interrogazione parlamentare
sulla tratta locale del Corridoio 5 è stata data ieri mattina dai
rappresentanti regionali di Legambiente, che in una conferenza stampa hanno
reso nota la loro posizione in merito agli attuali orientamenti della
Regione sulla Tav. «Nel marzo 2005 - ha ricordato Michele Tonzar del
coordinamento Legambiente Fvg - il progetto Ronchi-Trieste è stato bocciato
dalla commissione ministeriale per la Valutazione d’impatto ambientale.
Regione e Rfi ripropongono un documento praticamente identico, con una
conseguente richiesta governativa di finanziamento europeo da 53 milioni per
la progettazione di un’opera che, per essere realizzata, necessita di due
miliardi di euro, come si evince dall’allegato infrastrutture del Dpef
inserito da Di Pietro. Cade poi il dogma della velocità massima a 300
chilometri all’ora, dato che il progetto della Capodistria-Divaca, già
approvato dalla Slovenia ma non realizzato per mancanza di fondi, prevede i
160 orari, gli stessi che dovrebbero essere tenuti nel collegamento
sotterraneo fra Trieste e Divaca. Legambiente non è contraria alle opere, ma
le vuole utili, senza sperperi di denaro e confusione. E che non vadano a
impattare sui territori urbani e naturali».
«Chiediamo lo stralcio dalla legge Obiettivo e l’istituzione di un tavolo
comune con le tratte di competenza della Regione Veneto», ha agggiunto Rudy
Fumolo del gruppo Trasporti di Legambiente, estendendo la questione alla
Portogruaro-Ronchi. «Il Veneto - ha precisato - è riuscito a imporre un
tracciato lontano dall’autostrada. Il punto di raccordo sarebbe
difficoltoso, non è possibile procedere per microtappe su un progetto così
vasto. Sappiamo che l’assessore Sonego ha lanciato una sorta di ultimatum ai
sindaci della Bassa affinché si esprimano al più presto sulle alternative di
percorso. La fretta diventa un palese controsenso normativo rispetto alla
Convenzione di Aarhus. Gli enti dovrebbero fare un controultimatum: nessuna
risposta finché il progetto non esce dalla legge Obiettivo».
«Il tratto triestino verso la Slovenia - ha concluso l’altro coordinatore
Trasporti di Legambiente Andrea Wehrenfennig - buca il Carso a ridosso della
città per almeno 5/6 chilometri. Si potrebbe invece sfruttare la linea che
arriva alle Noghere attraverso Opicina e fare un tunnel di appena un
chilometro per collegarsi ad Ancarano e alla Capodistria-Divaca».
LA REPLICA «Quanto alle modifiche che Legambiente propone per la tratta da
Aurisina al confine di Stato - risponde Sonego - si tratta di ipotesi
ambientalmente dannose. Se l’associazione avesse fatto un serio esame
tecnico del problema si renderebbe conto che le più recenti soluzioni
ipotizzate da Rfi sono quelle meno impattanti. Non ha poi senso aumentare i
costi del trasporto su gomma senza che ci siano credibili alternative
ferroviarie. E quelle che propone Legambiente non sono per nulla credibili».
Piero
Rauber |
Bassa friulana: slitta il
giudizio dei sindaci |
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Pischedda
(Villa Vicentina): poca chiarezza. Cressati (Palmanova): «Manca uno studio
costi-benefici»
TRIESTE «Sulla nostra richiesta
di stralcio dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio avevamo registrato
delle aperture da parte del presidente Illy, poi non ne abbiamo saputo
nulla». Così il primo cittadino di Villa Vicentina, Mario Pischedda, dal
fronte dei sindaci della Bassa che non hanno firmato il protocollo d’intesa
con la Regione per il tavolo tecnico sulla Tav. «A noi preme ancora capire -
aggiunge Pischedda, lamentando assenza di chiarezza - se è indispensabile
un’opera nuova o se è sufficiente la riqualificazione delle infrastrutture
esistenti». «Manca uno studio costi-benefici», gli fa eco il collega di
Palmanova Federico Cressati. Il quale, sul pressing di Sonego di cui ha
parlato Legambiente, fa notare che «la scadenza ipotetica del 30 luglio è
slittata a metà settembre. Impossibile dare un parere se molti sindaci
devono discuterne nei consigli comunali o con la gente». «Stiamo portando
avanti incontri tecnici per trovare la soluzione meno impattante», dice il
primo cittadino di Fiumicello Paolo Dean. «Non c’è una soluzione prefissata
- conclude il sindaco di Torviscosa Roberto Duz - così la decisione è stata
spostata a metà settembre». |
Rigassificatori, il Comitato
non crede all’indagine di Legambiente |
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Secondo il
gruppo di difesa del golfo il sondaggio è stato realizzato prima del «no»
della Regione e su un campione troppo limitato
Il Comitato per la salvaguardia
del golfo di Trieste, fieramente contrario all’installazione di impianti di
rigassificazione, contesta con estrema forza sia i risultati scaturiti dal
sondaggio Swg commissionato da Legambiente secondo cui circa la metà dei
triestini non sarebbe sfavorevole a un rigassificatore nell’area ex Esso di
Zaule, sia la serietà e veridicità dell’indagine stessa, che pur essendo
firmata, si afferma in una nota, da una società di sondaggi famosa e
accreditata, risulterebbe «viziata»: realizzata a giugno, prima che i
tecnici della Regione dessero un parere negativo, su un campione di 600
persone troppo piccolo, e con domande che secondo il Comitato conterrebbero
alcune malizie, da cui l’inatteso risultato.
In più il Comitato - che agisce su Trieste ma soprattutto su Muggia e
raccoglie gli eredi del «no al Gpl» - afferma di non condividere l’idea
stessa di Legambiente di far realizzare alla Swg «questa inutile indagine»,
si dice, «una buffonata alla quale si voleva trascinare anche il nostro
Comitato, che logicamente non si è prestato». Polemicamente la nota chiede
perché sia stata scelta proprio la Swg per interpellare i cittadini, e si dà
retoricamente la ovvia risposta che si tratta di una nota società triestina,
e quindi ribatte : «E’ di Trieste, ma il titolare è un ’’appassionato’’
sostenitore di Illy e tanto bastava per far cadere la scelta altrove».
Al posto del sondaggio, dove comunque anche il Comitato nota che il 48 per
cento degli intervistati considera pericolosi i rigassificatori nel golfo,
tuttavia accettandoli in parte, si mettono in prima linea «i verbali delle
circoscrizioni cittadine che all’80 per cento hanno detto un secco no a
entrambi i rigassificatori». E le circoscrizioni, si sottolinea, «formate da
un presidente e da vari consiglieri, rappresentano decine di migliaia di
cittadini, non seicento, e prima di votare hanno voluto ascoltare comitati,
ambientalisti, tecnici e alcuni scienziati».
Comunque alla base della contestazione c’è soprattutto una sorta di sfiducia
nelle tecniche d’interrogazione dei cittadini, «avessimo posto noi le
domande - afferma ancora il Comitato - i risultati sarebbero stati diversi,
e dire questo non è offensivo, perché è arcinoto che sulla forma
dell’assunto gioca l’astuzia, il suggerimento subliminale».
Infine si ricorda che dal sondaggio è emerso che sarebbe proprio il
rigassificatore di Zaule quello meno contestato dai cittadini, e il Comitato
sottolinea: «Stranamente è questo il desiderio di Dipiazza». Resta da notare
che in sede d’illustrazione dei dati lo stesso Roberto Weber della Swg ha
avvertito: «Un sondaggio non fotografa esattamente la realtà, ma appunto si
limita a sondarla in un certo momento». E Legambiente stessa non si
attendeva né augurava questo esito.
g. z. |
Istria, un mare cristallino -
Inquinate solo tre spiagge |
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POLA Il mare istriano è pulito e
cristallino. Questo il risultato dell’ultimo monitoraggio compiuto
dall’Istituto regionale per la salute pubblica tra il 23 e il 29 luglio.Tra
Salvore e Rabac sono stati prelevati 202 campioni d’acqua e 173 presentavano
un elevato livello sanitario. In 23 spiagge il livello era inferiore di un
solo gradino e il mare risultava adatto alla balneazione. È emerso un
parziale inquinamento solo a Medolino, Rabac e Umago. |
Abbazia, firme anti-centrale
- Un’idea dei giovani della Dieta |
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ABBAZIA Il Club dei giovani
della Dieta Democratica Istriana è fortemente contrario alla centrale
termoelettrica Fianona 3 a carbone e ha deciso di promuovere un’azione di
vasta portata che prevede, tra l’altro, una petizione. Lo ha annunciato, ad
Abbazia, il presidente Darko Starcic. Scopo della petizione è quello di
raccogliere un numero significativo di firme per dimostrare l’opinione degli
abitanti dell’Istria e della regione liburnica. |
Delfini in adozione a
Lussingrande - Una somma annua di 27 euro per proteggere ed educare gli
amici del mare |
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LUSSINGRANDE Il primo sabato di
agosto è trascorso a Lussingrande all’insegna dei delfini. Si è ripetuta,
infatti, la tradizionale giornata dedicata ai simpatici e socievoli
mammiferi acquatici. Articolato il programma che ha coinvolto non solo la
popolazione locale ma anche numerosi villeggianti.
Il delfino è infatti diventato il simbolo dei lussiniani nelle acque dei
quali vive un grande gruppo di cetacei, uno dei più studiati del
Mediterraneo. Si tratta di circa 120 individui, oggetto di studio dal 1987
da parte dell'équipe dell’Istituto di ricerche Tethys di Milano che ha
fondato lo studio sui delfini più «longevi» del Mediterraneo. Il progetto è
stato dapprima incluso nel Piano gestionale dell'arcipelago di Cherso e
Lussino e, nel 1996, il governo croato ha approvato i piani per la creazione
di una riserva naturale dedicata ai delfini.
La giornata dedicata ai simpatici cetacei è iniziata nel corso della
mattinata di ieri con l’allestimento di una mostra di disegni realizzati dai
bambini. Organizzati, inoltre, vari intrattenimenti sempre dedicati ai più
giovani (anche una caccia al tesoro) oltre a una mostra di fotografie e
proiezioni di diapositive: il tutto dedicato, ovviamente, ai delfini.
La particolarità della manifestazione è costituita dalla possibilità di
adottare un delfino. Infatti, tutti gli interessati lo potranno fare
versando la somma annua di 200 kune (circa 27 euro) contribuendo così alle
attività di ricerca ed educazione, aiutando nel contempo a proteggere i
delfini e il loro habitat. Chi fosse interessato all’adozione di un delfino
si può rivolgere all’Istituto per le ricerche e la tutela del mare «Plavi
svijet» («Mondo azzurro») con sede a Lussingrande chiamando il numero
0038551236256 oppure visitare il sito internet www.plavi-svijet.org.
v.b. |
IL PICCOLO - SABATO, 4
agosto 2007
Rigassificatore di Zaule, il
52% è favorevole - Lo dice a sorpresa un
sondaggio Swg commissionato
da Legambiente: «Ma si teme per il paesaggio» |
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Triestini e
muggesani si ritengono poco informati e vorrebbero un referendum, i più
anziani sperano di ottenere il metano a buon prezzo
Rigassificatori nel golfo di
Trieste o a Zaule: i cittadini si dichiarano poco informati e tendono a
vagare d’opinione anche a seconda delle simpatie politiche, per quanto il 64
per cento degli elettori di centrosinistra non condivida le scelte della
Regione che ha dato un assenso di massima a entrambi gli impianti
dichiarandosi disponibile ad accoglierne però uno solo, e parteggi piuttosto
per le posizioni dei Comuni di Trieste e Muggia, che li hanno respinti
entrambi. Ma solo il 28 per cento della popolazione sarebbe davvero
contrario a entrambi gli impianti, mentre nei cittadini di età più elevata,
e di centrodestra, prevale la speranza di ottenere occupazione ma
soprattutto prezzi agevolati per il metano.
«Illusioni» ha commentato ieri Lino Santoro, presidente di Legambiente,
presentando questi dati, frutto di una indagine svolta dalla Swg per conto
dell’associazione ambientalista. «Un’informazione non opaca quella di
Legambiente - ha commentato Roberto Weber illustrando il sondaggio che ha
interessato uno spicchio di 600 triestini e muggesani - perché i risultati
vanno addirittura contro le opinioni del committente, mentre opaca sembra
l’azione degli enti pubblici dato che il 55 per cento degli intervistati
ritiene che la costruzione di siffatti impianti andrebbe deliberata
attraverso un referendum, e in genere metà del campione si è detto poco o
per niente informato, percentuale che nelle fasce d’età più elevate sale al
66». Fatto curioso: più bassa è la scolarità e più le persone si proclamano
«informate». Età alta, bassa scolarità e appartenenza al centrodestra sono
l’identikit della persona più incline ad avere un rigassificatore nel golfo.
In totale comunque la sorpresa è questa: il 52 per cento fra triestini e
muggesani sarebbe d’accordo per il rigassificatore a Zaule (percentuale
tecnica di errore statistico: 5 per cento).
Interessate sociologicamente l’esito del sondaggio nei punti in cui si
ricava che il maggior problema percepito in relazione ai rigassificatori nel
golfo è che «hanno un impatto negativo sul paesaggio» nel 60 per cento di
risposte, che poi fa pari con la speranza però di «avere energia a prezzo
più favorevole» (69).
«La stasi che Trieste ha subìto dal ’45 a oggi - ha aggiunto Weber - ha
conservato la città intatta e oggi i cittadini lo sentono come un patrimonio
inalienabile». Santoro, accompagnato dal segretario di Legambiente, Ettore
Calandra, ha sottolineato che «la metà dei cittadini teme che i
rigassificatori rappresentino un rischio» e soprattutto ha segnalato che «è
quasi un plebiscito la richiesta di essere coinvolti nelle decisioni, non
basta appellarsi a loro sotto elezioni». In coda una curiosità: 4 triestini
su 10 affermano di non conoscere la posizione del Comune sul problema.
Gabriella
Ziani
RIGASSIFICATORI: tra i
«sì» prevalgono le donne |
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Chi lo direbbe? Tra i
favorevoli al rigassificatore a Zaule le donne sono in maggioranza (59
per cento, 45 per cento i maschi). Eppure più «rischioso» viene
percepito proprio questo impianto fuori Muggia. Nella cittadina, in
particolare, un residente su due - dice la Swg che ha realizzato il
sondaggio - «osteggia il progetto che investe l’area del litorale nel
tentativo di preservare il patrimonio paesaggistico». Ma solo il 15 per
cento afferma di aver avuto informazioni da ecologisti o comitati
locali. |
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IL PICCOLO - VENERDI', 3
agosto 2007
Appello a Rutelli: stop al
progetto della Baia - «Duino Aurisina rischia la cementificazione, va
difeso il no della Soprintendenza» |
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Intellettuali e politici del «Comitato per la Bellezza» hanno inviato una
lettera al ministro per bloccare le costruzioni
DUINO AURISINA Il mondo della
cultura e della politica nazionale scende in campo a difesa della Baia di
Sistiana. Intellettuali del calibro di Vittorio Emiliani, urbanisti di fama
come Bernardo Rossi Doria e Vezio De Lucia, esponenti politici come il
sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, hanno firmato un appello per
tentare di bloccare il progetto di valorizzazione turistica del lungomare
Sistiana che, a loro dire, equivarrebbe ad un disastroso intervento di
cementificazione.
Da sempre sensibile alle tematiche ambientali e paesaggistiche e già
protagonista di accese battaglie in difesa di altre «perle» italiane, il
gruppo di intellettuali - che fanno tutti parte del Comitato per la Bellezza
Onlus - ha deciso di far sentire la sua voce. L’ha fatto con una lettera
inviata al Ministero dei Beni culturali, retto da Francesco Rutelli, e
all’amministrazione comunale di Duino Aurisina, nella quale si accusa di
miopia la politica locale, tanto di centrodestra, quanto di centrosinistra.
«Ai primi di luglio di quest’ anno - scrive il Comitato - il soprintendente
del Friuli Venezia Giulia, Stefano Rezzi, ha coraggiosamente annullato per
la seconda volta la nuova autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune
di Duino. Un’autorizzazione che avrebbe consentito l’inizio della
cementificazione nella splendida Baia di Sistiana, finora miracolosamente
preservata dalla speculazione edilizia. Un precente via libera
all’intervento - continua il gruppo di intellettuali - era già stato
annullato dalla Soprintendenza alla fine di febbraio. Il giudizio del
secondo annullamento, evidenziando che non è stata presentata nel frattempo
nessuna modifica progettuale, conferma e rafforza nella sostanza i contenuti
del primo».
«Errare humanum, perseverare diabolicum, verrebbe da dire - osservano
polemicamente gli avversari del progetto di valorizzazione turistica -. E
invece no. Non solo è stato fatto ricorso al Tar contro il primo
provvedimento della Soprintendenza, ma stando alle cronache locali sembra
che il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, e il governatore del Friuli
Venezia Giulia, Riccardo Illy, abbiano difeso «politicamente» il progetto -
indifendibile per altra via -, davanti al ministro Rutelli in occasione di
una sua recente visita a Trieste».
«Non basta - continua il manipolo di intellettuali di cui fanno parte anche
l’ex direttore della Bnl Arturo Osio e il magistrato ed europarlamentare
Gianfranco Amendola -. Pochi giorni fa anche il sottosegretario agli
Interni, Ettore Rosato, si è affiancato a Illy e Ret per convincere Rutelli
della bontà della causa del progetto di «valorizzazione turistica» - leggi
cementificazione - della Baia di Sistiana. No comment. Noi chiediamo con
forza che non sia consentito a nessuno di delegittimare l’operato di
funzionari competenti e coraggiosi con il peso di pressioni
politico-affaristiche. Di simili tentativi - conclude il Comitato per la
Bellezza - la tormentata storia della Baia rappresenta un caso clamoroso,
purtroppo non unico in Italia. Ecco perchè sollecitiamo il Ministero a
mantenere ben ferma la propria posizione a sostegno dei provvedimenti della
Soprintendenza».
m.r. |
I problemi delle riserve
naturali - San Dorligo, fissate con le Comunelle le date del piano
«Varco» |
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Tra i
firmatari anche Vittorio Emiliani e Luigi Manconi
SAN DORLIGO Prima riunione, nei
giorni scorsi, in municipio a San Dorligo con le locali Comunelle,
nell’ambito del percorso di Agenda 21 attivato per la gestione della Val
Rosandra. Il progetto denominato Varco, acronimo che sta per «Verso
un‘Agenda 21 locale tra Riserva e Comune», prevede una serie di incontri di
confronto e partecipazione con i portatori di interesse dell’area, tra cui
quelle Comunelle il cui territorio rientra in quello della Riserva della Val
Rosandra, i cui rappresentanti sono stati incontrati nei giorni scorsi.
L’incontro ha avuto come principale obiettivo la presentazione del progetto
e la descrizione dei passi successivi che verranno intrapresi, ovvero il
percorso di Agenda 21. Il coordinatore del gruppo di facilitatori (figura
prevista proprio da Agenda 21, che coordina le attività e mette in contatto
i vari soggetti coinvolti) Marco Francese, presente con alcuni componenti
del suo staff, ha esposto le modalità con cui si intendono gestire queste
riunioni. Nel corso dell’incontro, le Comunelle hanno evidenziato una serie
di problemi legati al territorio, in particolare ai vincoli comunitari posti
per le zone Sic e Zps che combaciano in gran parte con l’area della Riserva.
«Il Piano di Conservazione e Sviluppo, in via di elaborazione – ha rilevato
l’assessore Laura Stravisi - rappresenta il documento fondamentale per la
Riserva, poiché dovrà contenere tutte le regole per la sua gestione ed è per
questo motivo che si cercherà di impostarlo in maniera condivisa e
partecipata, avvalendosi dei suggerimenti delle Comunelle e della loro
profonda conoscenza del territorio in questione». Il prossimo passo è,
quindi, quello di organizzare le future riunioni con le Comunelle (forse già
a fine agosto o inizi settembre) per le quali sia il Comune che i
rappresentanti delle Comunelle si prepareranno raccogliendo documentazione e
idee per cercare di sfruttare al meglio questa occasione di confronto.
A questi, seguiranno gli incontri con la cittadinanza. «Il buon esito della
riunione con le Comunelle fa ben sperare che gli incontri con la
cittadinanza avvengano con lo stesso successo - ha commentato Stravisi. Alla
conclusione degli incontri verrà istituito un forum, che sarà aperto a tutti
coloro che vorranno parteciparvi e portare il loro contributo sia sulla
gestione della Riserva che sulle tematiche legate allo sviluppo del
territorio dell’intero comune di San Dorligo della Valle.
Sergio Rebelli |
Mare inquinato, bagni vietati
a Marina Julia Presenza di batteri fecali oltre i limiti di legge |
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Mare inquinato e bagni vietati
da ieri a Marina Julia. La tegola si abbatte, come mai era accaduto prima,
in piena stagione balneare, e segna davvero il punto più nero nella storia
della spiaggia monfalconese. I cartelli sono apparsi sulla spiaggia, tra lo
stupore dei bagnanti e lo sconforto dei gestori dei chioschi, dopo che
l’Arpa ha rintracciato, nelle ultime analisi, livelli di elementi inquinanti
ben superiori a quelli previsti per legge. Il 24 luglio le analisi
effettuate su due punti hanno rivelato una concentrazione di 140 e 340 unità
di coliformi fecali su 100 unità consentite in 100 millilitri d’acqua, e il
30 luglio i valori delle analisi su tre punti sono stati di 220, 380 e 273
unità. Dati di fronte ai quali il Comune non ha potuto far altro che
dichiarare l’immediata divieto di blaneazione. Ma certo non se ne starà con
le mani in mano: il sindaco infatti promette già indagini e controlli a
tappeto per scoprire la causa dell’inquinamento. Una tegola improvvisa?
Certo nessuno poteva pensare ad una tale gravità. Ma non doveva giungere
così inaspettata dal momento che le analisi Arpa dello scorso giugno avevano
già dato esiti negativi, anche se non a Marina Julia, bensì a Marina Nova,
trovata fuori limite anche se di poco. E prima c’era stata la Goletta Verde,
che in tempi non sospetti, a metà luglio, aveva dato alle acque di Marina
Julia il titolo di ”peggiori del golfo monfalconese”, in particolare per
quelle del tratto di mare antistante la Playa, dove era stata rilevata una
presenza di 700 coliformi fecali su 100 millilitri e valori di escherichia
coli (batteri che vivono nell’intestino umano) notevolmente maggiori
rispetto al limite di 500 unità formanti colonia su 100 millilitri. Il
Comune spiega che verranno adesso, come logico, effettuate altre rilevazioni
(la prossima il 7 agosto), nella speranza di fare rientrare il divieto il
prima possibile. «Il Dpr 470 del 1992 ci impone vincoli che dobbiamo seguire
– spiega l’assessore all’Ambiente, Paolo Frittitta -. Si sta discutendo
sulle possibili cause, che potrebbero anche essere meteorologiche, ma noi
abbiamo promesso attenzione e tutela ai nostri cittadini». E anche il
sindaco, Gianfranco Pizzolitto, si esprime sgomento per un colpo duro che
certo non ci si attendeva. «Un colpo che arriva in pieno agosto e mentre la
stagione andava per il meglio, e quando sembravano assopite le polemiche,
molte delle quali strumentali, che avevano colpito Marina Julia gli scorsi
anni». |
Polemica a Duino sul
Corridoio 5 - La Lista Insieme critica la scarsa informazione ai
cittadini |
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Mentre
l’insediamento turistico di Sistiana continua a dividere maggioranza e
opposizione
DUINO AURISINA Si infiamma la
polemica, a Duino Aurisina: convocazione del consiglio straordinario sulla
Baia e Corridoio 5 sono i due temi sui quali il centrodestra ha pesantemente
attaccato ieri l'altro l'opposizione, che ieri non ha tardato con la
risposta. Ed è in particolare sulla questione del consiglio straordinario
sulla Baia che volano parole grosse da parte di Massimo Veronese, capogruppo
della Lista Insieme. «Da mesi, se non anni, il consiglio comunale - si legge
nella nota di Veronese - non si occupa della Baia mentre volano
autorizzazioni urbanistiche cervellotiche, bocciature della soprintendenza,
concessioni edilizie frettolose e incassi (non utilizzabili) di oneri di
urbanizzazione, ricorsi al Tar. Il sindaco, appiattito sulle posizioni della
proprietà, ha ingaggiato una specie di guerra privata con il Soprintendente,
guerra che recentemente si è arricchita di un capitolo intollerabile: le
pressioni politiche e le minacce verso l'autorità tutoria. Il consigliere
Fabio Eramo ha chiesto se ci fidiamo del sindaco: la risposta è negativa -
ha dichiarato Veronese - In questa vicenda il sindaco ha mancato alle
promesse, ha trasformato il Comune in un organismo di passacarte, innescando
un processo maldestro che porterà ulteriori ritardi nella realizzazione dei
progetti. Noi non siamo contro la valorizzazione turistica della baia, come
sostiene Eramo; ci opponiamo a una violenta speculazione edilizia che
priverebbe la popolazione del comune dei benefici derivanti da un corretto
investimento turistico, rispettoso dell'ambiente, capace di valorizzare
(anche economicamente) e non distruggere un patrimonio paesaggistico e
naturale prezioso e unico. La maggioranza ci ha accusato di far sprecare al
comune 3.600 euro in costi: si associno a noi a rinunciare all'indennità dei
consiglieri.
Per noi è irresponsabile tenere all'oscuro i cittadini delle manovre attorno
alla baia, non informarli su un tema che non è un balletto tra la proprietà
e il Sindaco Ret ma una grande opportunità di sviluppo economico e sociale,
la cui soluzione è minacciata proprio dalle manovre maldestre della
maggioranza di centro destra».
Fin qui la questione Baia, ma l'esternazione estiva del capogruppo della
Lista insieme in consiglio comunale non risparmia la questione Corridoio 5,
e le prese di posizione del vicesindaco Massimo Romita sull'inutilità - non
essendoci ancora progetti definitivi - dell'incontro pubblico convocato
lunedì scorso: «Ricordo a Romita - conclude Veronese - che l'impegno assunto
nell'ultimo consiglio comunale di informare la popolazione è scaturito da
un'iniziativa del centro sinistra. Nel corso dell'incontro al circolo Gruden
decine di cittadini hanno potuto chiedere informazioni su tutti i problemi,
compresa la tutela degli interessi dei privati. E hanno avuto risposte
esaurienti da tecnici documentati e molto disponibili. Romita, invece di
indignarsi, dovrebbe rispondere a una sola domanda: perché non è stata
l'amministrazione Ret a organizzare l'incontro, rompendo un silenzio di anni
su questa delicata materia che tocca da vicino tutti i cittadini? Comunque
non si preoccupi il vice sindaco: continueremmo a farlo noi, perché questo è
l'interesse della popolazione». |
Metano in tre anni anche a
Spalato - Il gasdotto partirà dall’asse Pola-Fiume-Zagabria mentre la
tratta dalmata inizierà a Bosiljevo. Lavori al via in autunno |
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Il premier
Sanader ha firmato un accordo da 190 milioni di euro con la Bei
Saranno
installate tubature e stazioni di pompaggio lungo 290 chilometri
FIUME Poco più di tre anni e il
metano arriverà anche a Spalato. Lo ha dichiarato il premier Sanader in
occasione della firma di un accordo di credito con la Bei (Banca europea per
gli investimenti) grazie al quale sarà finanziata una parte del gasdotto che
prenderà la strada della Dalmazia partendo dall’asse Pola-Fiume-Zagabria. La
diramazione che porterà il gas naturale nei centri della Dalmazia partirà da
Bosiljevo, poco a sud di Karlovac.
I lavori per la posa del «gasdotto dalmata», secondo Sanader, inizieranno in
autunno e c’è da scommettere che la data sarà fissata in prossimità delle
elezioni di novembre.
L’accordo sottoscritto con la Bei prevede un finanziamento di 190 milioni di
euro, a condizioni uguali a quelle abituali per i paesi dell’Unione Europea.
Per le rate di rimborso è stata concessa una moratoria di 5 anni. Il
prestito, infine, sarà restituito in un arco ventennale.
A sottoscrivere il documento – la firma è avvenuta martedì a Spalato – sono
stati il ministro delle Finanze, Suker, uno dei vicepresidenti della Banca
europea, Kollatz-Ahnen, e il presidente del cda della «Plinacro», Radosevic.
La ditta in questione ha stretti rapporti anche con l’italiana Eni e
gestisce la grande distribuzione del gas naturale su tutto il territorio
nazionale. A livello locale, invece, le forniture spettano a concessionari
scelti dalle amministrazioni cittadine o regionali. La Plinacro gestisce
anche il metanodotto che trasporta il gas naturale estratto dai giacimenti
al largo della costa istriana fino alle utenze dell’interno, transitando per
Fiume e Karlovac.
Per quanto concerne il «gasdotto dalmata», l’obiettivo indicato dal premier
Sanader è quello di portare il metano alle utenze dei principali centri
costieri, Spalato in testa, entro la fine del 2010. Inizialmente la data
indicata era stata il 2012, ma è stato lo stesso Sanader a fare pressioni
sulla Plinacro affinché l’arco di tempo venisse abbreviato il più possibile.
Si tratta di installare tubazioni e stazioni di pompaggio su una tratta di
290 km, quella tra Bosiljevo e Spalato, ma anche di realizzare tutta la rete
distributiva a livello locale.
In occasione della firma dell’accordo di finanziamento con la Bei, il
premier ha rivolto un appello agli amministratori locali affinché non ci
siano intoppi o lungaggini e si possa procedere al più presto all’indizione
delle gare d’appalto e stabilire l’assegnazione delle concessioni. L’accordo
sottoscritto con la Bei è tuttavia solo una tessera del mosaico progettato
per consentire l’impiego del gas naturale come fonte energetica sull’intero
territorio nazionale. Non si tratta, ovviamente, solo di «diffondere» l’uso
di quello estratto dai giacimenti istriani, ma anche di quello dovuto alle
forniture russe. Il metano fornito dai giacimenti sottomarini al largo di
Pola consentirà tuttavia una minore dipendenza dalle importazioni. Ed è
anche per questo che la Plinacro ha ultimato in tempi tanto rapidi
l’apprestamento dell’asse Pola-Fiume-Zagabria.
La metanizzazione della Dalmazia (a Fiume il gas naturale dovrebbe
sostituirsi a quello attuale già a fine settembre) non sarà comunque che un
tassello del predetto mosaico distributivo. Un mosaico che prevede
stanziamenti per un totale di circa 443 milioni di euro.
f.r. |
«Ferriera, è necessario fare
una scelta» |
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I dati diffusi da Verdi e
dall’Arpa sull’inquinamento a Trieste sono molto allarmanti: sapevamo che la
nostra zona industriale è inquinata, ora sappiamo quanto. Sapevamo anche che
questa situazione affonda le radici in più di un secolo di attività
industriali e che l’inquinamento tuttora continua, ad opera soprattutto
della Ferriera e della Siot. Nessuno si sogna di chiedere la chiusura della
Siot, l’approvvigionamento di petrolio è un interesse nazionale e i traffici
complessivi del nostro porto ne verrebbero più che dimezzati. E dunque si
dovrà chiudere la Ferriera, prima o poi.
Il sindacato è d’accordo, ma vorremmo sapere quando e come. Una domanda a
cui nessuno di quelli che chiedono la chiusura ha mai provato a rispondere.
Non risponde il sindaco Dipiazza, non rispondono le associazioni
ambientaliste, non rispondono i Verdi, non rispondono le forze politiche.
Dopo le roboanti richieste di chiusura, alla domanda: quando e come? Segue
sempre un silenzio assordante. La Regione, la Severstal-Lucchini e i
sindacati si stanno arrabattando da anni per trovare una soluzione. Avevamo
21 tavoli di confronto, adesso ne abbiamo uno solo, in queste settimane con
il nuovo amministratore delegato della Ferriera si è ipotizzata una data: il
2015. Da quell’anno finiranno i vantaggi del riutilizzo a fini energetici
dei gas della produzione, da quell’anno si potrà chiudere. Ma dove metteremo
i lavoratori? La zona industriale di Trieste, proprio perché è inquinata,
non può ospitare nuove iniziative. Quindi i posti di lavoro non ci sono e,
nonostante tutti i suoi sforzi, lo Sportello lavoro della Provincia non può
inventarli. Anche dell’inquinamento della zona industriale e delle centinaia
di milioni di euro che servirebbero per bonificarla si parla troppo poco.
Allora che fare? Azienda e sindacati stanno discutendo di alcune soluzioni
da proporre alla Regione. L’attività siderurgica potrà gradualmente essere
riconvertita puntando sulla logistica e sull’energia. Questo però significa
due cose: costruire la piattaforma logistica e impiantarvi attività
industriali, costruire il rigassificatore a terra e abbinare ad esso
un’altra centrale a turbo gas. Senza queste attività la Ferriera non
chiuderà, l’area su cui oggi si trova lo stabilimento non si potrà
bonificare, le oltre 500 persone che vi lavorano non potranno essere
ricollocate. Al di là dei vantaggi fiscali o tariffari che può portare il
rigassificatore, si pone quindi un problema di scelte strategiche. Chiudere
la Ferriera e bonificare le aree inquinate è possibile solo se si trovano
investimenti alternativi. Oggi gli unici investimenti possibili sono quelli
nei campi dell’energia, della logistica e delle attività industriali ad esse
collegate. Sono attività pulite, molto più pulite di quelle che abbiamo
oggi.
Il Comune di Trieste e gli altri Comuni, le forze politiche e le
associazioni ambientaliste, sono disponibili ad una assunzione di
responsabilità per assicurare ai cittadini una riduzione dell’inquinamento
che sia compatibile con lo sviluppo economico e occupazione? Vorremmo
sentire un sì o un no come risposta a questa domanda, non arrampicature
sugli specchi o i soliti «scarica barile». E se la risposta sarà no,
pretendiamo che venga fornita ai lavoratori e ai cittadini una seria
alternativa, che non è certo il turismo o la pesca.
Luca Visentini - segretario generale Uil Trieste |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2
agosto 2007
Corridoio 5, An attacca
l’assemblea del centrosinistra - Romita: «Solo fumo, parlano senza avere il
progetto finale con false accuse» |
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Polemiche
anche sul Consiglio
DUINO AURISINA Toni accesi da
campagna elettorale, a Duino Aurisina. Ieri, con una nota a dir poco
polemica, Alleanza nazionale ha commentato l'iniziativa organizzata dal
centrosinistra lunedì sul Corridoio 5, l'assemblea informativa - alla
presenza dei resposabili delle Ferrovie e di rappresentanti della Regione -
per rendere conto dell'iter relativo al percorso dell'alta velocità che
interessa nel dettaglio Duino Aurisina.
«Solo fumo - ha scritto in una nota il vicesindaco Massimo Romita - è quanto
sta portando avanti il centrosinistra, che ha organizzato una presentazione
senza avere, come per altro già da noi annunciato, il progetto finale del
Corridoio 5. Accusano l'amministrazione di centro destra di non fare
informazione, quando a farla dovrebbero essere i proponenti, ovvero in prima
battuta la Regione e lo Stato, entrambi di centrosinistra».
Ancora sul Corridoio 5: «Nell'ultimo consiglio comunale abbiamo approvato un
ordine del giorno nel quale si impegna Il sindaco del Comune di Duino
Aurisina a farsi promotore nei confronti della Regione Fvg e del governo
nazionale della richiesta per l'ottenimento della documentazione relativa
alle opere in oggetto, al fine di far conoscere al consiglio comunale e alla
popolazione del Comune di Duino Aurisina il progetto attuale del Corridoio
5, dobbiamo attendere che ci venga prodotta la documentazione prima di dare
informazione ai cittadini».
Polemica anche sulla richiesta della convocazione del consiglio
straordinario sulla Baia: «Lo riteniamo - ha scritto ancora Romita - un atto
di grande irresponsabilità, seppur lecito e nelle loro piene facoltà di
consiglieri comunali, quello di far spendere 3600 euro all'amministrazione.
Concordiamo con la lista Ret: basterebbe un incontro audizione in
commissione capigruppo o allargata a tutti i consiglieri».
Il centrosinistra si è detto invece soddisfatto della riunione sul Corridoio
5: i consiglieri comunali Igor Gabrovez e Maurizio Rozza, in particolare,
hanno ribadito il valore dell'iniziativa promossa dal centro sinistra per
informare la popolazione. Rozza ha annunciato che in tutte le sedi politiche
sarà sostenuta la necessità di adottare, per la consultazione allargata
delle popolazioni interessate, il modello Agenda 21 che fissa criteri
collaudati della partecipazione. |
Scontro tra maggioranza e
opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a porta |
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SAN DORLIGO È scontro politico a
San Dorligo tra maggioranza e opposizione sulla raccolta dei rifiuti porta a
porta. Le affermazioni pronunciate ieri del sindaco Fulvia Premolin, che
giudicava positivo il primo mese del sistema di raccolta, trovano del tutto
contrari i consiglieri Roberto Massi e Giorgio Jercog (Oltre il polo).
«Nemmeno la Provincia vede di buon occhio questo tipo di raccolta», dicono i
due consiglieri. Che aggiungono: «Anche a Monfalcone il sindaco Gianfranco
Pizzolito faceva proclami entusiastici, per poi essere smentito dai fatti e
dover far fronte all'emergenza con vigili urbani in borghese per contrastare
il rilascio di tonnellate di rifiuti per le principali vie cittadine e di
periferia. Finché non partirà del tutto il nuovo sistema, non serve fare
comunicati trionfalistici».
I due esponenti dell’oppisizione parlano quindi di «disinformazione», e
replicano anche ai riferimenti fatti agli abitati di Frankovec e Aquilinia
che, secondo il sindaco, sarebbero quelli che hanno risposto meglio,
«Rimangono da consegnare i bidoncini ad almeno il 30-35% dei residenti -
osservano polemicamente Roberto Massi e Giorgio Jercog -. Ad esempio,
proprio a Frankovec, dove i bidoncini non consegnati creano problemi per le
abitazioni condominiali. Ma alla fine saranno i cittadini a dare un vero
giudizio su questo sistema di raccolta, soprattutto quando saranno tolti del
tutto i cassonetti stradali. Se poi si parla di “riconoscimenti” alle
famiglie più “virtuose”, si sfiora davvero il ridicolo - concludono i due
consiglieri della lista Oltre il Polo -. Ma sarà di sicuro un autunno caldo
su questo fronte».
Analoga la posizione del collega Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che
in una interpellanza chiede anche al sindaco chiarimenti su quantità
raccolte, soldi introitati dalla vendita dei rifiuti differenziati, e costi
dell’asporto dei rifiuti per le sagre.
s.re. |
Slitta il verdetto sulla
megavetreria |
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La
commissione per la valutazione d’impatto ambientale ha rinviato all’8 agosto
l’esame del progetto che riguarda la Bassa
TRIESTE Slitta il parere sulla
megavetreria che la veneta Sangalli vuole aprire a San Giorgio di Nogaro e
che i comitati della Bassa e gli ambientalisti avversano con forza.
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La commissione regionale di Via,
riunitasi ieri mattina sotto la presidenza dall’assessore all’Ambiente
Gianfranco Moretton, non apre nemmeno il «dossier» sul progetto di
insediamento, ma lo rinvia di una settimana, dandosi appuntamento a
mercoledì 8 agosto.
Il motivo? «Non c’è stato il tempo materiale» afferma Moretton. E spiega, a
scanso di equivoci o interpretazioni maliziose, il perché: la commissione di
Via, nella seduta di ieri, si ritrova a dover fare lo screening a ben 16
progetti che riguardano il territorio del Friuli Venezia Giulia. Ebbene,
come ricorda l’assessore, lo screening è una sorta di esame preliminare che
serve a individuare quali progetti vanno sottoposti alla valutazione di
impatto ambientale e quali invece no. Ed è un esame obbligatorio per legge.
L’urgenza di analizzare già nella seduta di ieri tutti i 16 progetti,
continua Moretton, nasce dal fatto che, nel caso in cui la commissione non
decida entro 30 giorni, quei progetti superano automaticamente il passaggio
di Via. Impossibile attendere, insomma.
Quanto alla vetreria di San Giorgio, che solo l’altro ieri ha visto i
comitati mettere le mani avanti e preannunciare ricorsi in caso arrivasse il
«sì» della Regione, se ne riparla tra sette giorni: la commissione è
chiamata a decidere anche sulla base del parere dell’Azienda sanitaria, che
ha dato un via libera condizionato a due prescrizioni «pesanti», e di quello
dell’Arpa. Gli oppositori del progetto, però, non hanno dubbi: la vetreria
va stoppata, come già il cementificio, perché non è meno «devastante» per il
territorio della Bassa. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1
agosto 2007
Corridoio 5, Duino chiede i
dettagli - L’incontro sull’alta velocità voluto dal centrosinistra ha
coinvolto oltre 100 persone |
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Illustrati
gli accordi tra la Regione e i governi di Italia e Slovenia. «Il progetto
dovrà tenere conto della popolazione locale»
DUINO AURISINA È il tempo della
concertazione per quanto riguarda il Corridoio 5. Questa la sintesi ultima
dell'incontro, organizzato dal centrosinistra ad Aurisina, per illustrare
alla popolazione l’esito degli accordi tra la Regione, il Governo italiano e
quello sloveno sul tracciato dell’alta velocità che interessa direttamente
Duino Aurisina.
Oltre un centinaio di persone hanno partecipato alla riunione organizzata
dall'opposizione in consiglio comunale, alla presenza di due responsabili
locali delle Ferrovie (Mario Golliani e Daniel Zorn), del consigliere
regionale Uberto Fortuna Drossi e del portavoce dell'assessore Lodovico
Sonego. Tutti insieme per ribadire come ci si trovi solo all'inizio
dell'iter, e come il percorso a oggi individuato sia un punto di partenza e
non di arrivo. Un primo documento necessario a ottenere, in sinergia con la
Slovenia, i fondi europei necessari per la progettazione di dettaglio
dell'intero tracciato. Una progettazione di dettaglio che dovrà tenere conto
della popolazione locale ed essere - è stato auspicato dal centrosinistra -
condotta all'interno dei sistemi dell'Agenda 21.
Un progetto, quello dell'Alta velocità - è stato ribadito ieri - che
potrebbe entrare in attività dopo il 2015, anche se già a partire dal 2010
(ha spiegato il professor Santorini dell'Università di Trieste) il sistema
economico locale soffrirà dell'assenza di un collegamento veloce. L’attuale
tratta ferroviaria che collega Trieste utilizzando anche il territorio di
Duino Aurisina, infatti, è concepita per la bassa velocità ed è attualmente
al limite della capacità: 160 treni attuali, contro i 190 allocabili lungo
la tratta stessa.
Per quanto riguarda la tratta attualmente ipotizzata lungo il territorio di
Duino Aurisina, la linea (nell'attuale fase di progettazione) entra in
galleria a Ronchi, riappare al Lisert, torna in galleria fino alla dolina
Senik ad Aurisina Cave, corre 250 metri all'aperto e poi si rituffa nel
Carso. La quota va da 20 metri sul livello del mare a 70 metri. I treni
passeranno sotto Visogliano a una profondità di 60 metri: la linea potrà
essere spostata verso monte per evitare quasi completamente l'abitato.
Il materiale scavato - è stato spiegato - sarà trasportato su camion che non
attraverseranno i paesi ma utilizzeranno un raccordo speciale con
l'autostrada. Il materiale sarà usato per costruire un tratto di linea da
Venezia a Ronchi.
«Siamo molto soddisfatti del risultato di questo incontro - ha dichiarato
Massimo Veronese - Abbiamo dimostrato all'amministrazione comunale di Duino
Aurisina che c'erano informazioni da dare alla popolazione e che la gente è
interessata. Ora bisogna lavorare per un progetto di dettaglio condiviso
anche dalla nostra popolazione. Alcuni dettagli, come quello importante del
trasporto su camion in autostrada, e non lungo le frazioni, del materiale di
risulta delle escavazioni per la costruzione delle gallerie, sono stati
chiariti. Al momento opportuno sarà necessario essere certi della concreta
applicazione e, come già sottolineato, nel coinvolgimento delle persone del
territorio sulle scelte strategiche».
Francesca Capodanno |
San Dorligo dice addio ai
cassonetti - In tre settimane spariranno, sostituiti dalla raccolta
porta a porta |
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Positivo il
bilancio del nuovo metodo per l’asporto dei rifiuti. Premolin: «Non abbiamo
avuto proteste»
SAN DORLIGO DELLA VALLE Fra tre
settimane al massimo, nel comune di San Dorligo della Valle spariranno del
tutto (o quasi) i cassonetti stradali per la raccolta dei rifiuti, resi
inutili dalla raccolta porta a porta che ad un mese dal suo avvio, è quasi a
regime pieno, con ottimi risultati.
A tracciare un bilancio di questi primi, concitati trenta giorni del nuovo
sistema di raccolta dei rifiuti, è il sindaco di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin.
Bilancio positivo, almeno sulla risposta della gente, visto che i dati
effettivi sulla quantità di rifiuti riciclabili raccolti saranno noti solo
fra qualche tempo. «La gente ha accolto bene l’iniziativa, e dimostra di
voler bene al suo territorio, e di questo ero certa – dice Premolin -. Al
numero telefonico del Comune, dedicato a questo programma di raccolta,
riceviamo una media di una decina di telefonate al giorno, ma solo con
richieste di informazioni su qual è il miglior comportamento da adottare. Di
proteste, non ne abbiamo avute».
Richieste di informazioni vengono fatte anche agli operatori (comunali o
della ditta appaltatrice) che si occupano della raccolta. È emersa ad
esempio l’esigenza di istituire una raccolta mirata per i medicinali, ora
non prevista, che avverrà forse mensilmente, semplicemente raccogliendo i
sacchetti di medicine lasciate fuori casa dfai residenti, per portarle poi
nelle discariche autorizzate.
All’inizio erano stati i consiglieri di opposizione ad avanzare seri dubbi
sull’efficacia del sistema, e sull’effettivo risparmio per i cittadini.
«Proprio nelle frazioni in cui loro stavano mandando avanti la loro
battaglia, a Frankovec e Aquilinia, abbiamo avuto i risultati migliori»,
ancora Premolin.
Si sta completando ancora, però, la distribuzione dei contenitori a quelle
famiglie (poche, invero) che non l’avevano ricevuto perché assenti o per
altri motivi. La distribuzione è stata però già completata nei centri
minori, dove, di conseguenza, sono stati tolti del tutto i cassonetti
stradali, in quanto inutili.
Ora si pensa già alle migliorie e ai ritocchi da apportare al servizio.
«Stiamo pensando di dotare i contenitori di ganci, in modo che non ci siano
problemi d’inverno, nelle zone del nostro territorio che sono maggiormente
esposte alla bora. Ma si pensa anche a dare una sorta di gratificazione alle
famiglie che si dimostreranno più scrupolose», spiega il sindaco.
Sulle modalità degli incentivi, ancora non c’è chiarezza. Forse anche un
ritocco della tariffa, o forse semplicemente un altro tipo di gratificazione
personale. «Prenderemo spunto da altri centri dove questo tipo di raccolta è
in vigore da più tempo», ancora Premolin.
Il raggiungimento del 40 per cento di rifiuti riciclabili (dal 17 per cento
attuale) è un obiettivo di legge che Premolin guarda con un certo
scetticismo: «Non so se ce la faremo – dice il sindaco di San Dorligo della
Valle -, ma vedendo come la gente si sta comportando, forse potremmo anche
raggiungere tale cifra».
Sergio Rebelli |
Si decide sulla vetreria,
comitati pronti al ricorso - Oggi si riunisce la commissione Via per
deliberare sull’impianto di San Giorgio. Comuni della Bassa divisi
|
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SAN GIORGIO DI NOGARO Vetreria
Sangalli, si decide. Si riunisce infatti oggi la commissione per la
valutazione dell’impatto ambientale dell’impianto che dovrebbe sorgere
nell’area industriale di San Giorgio di Nogaro. Se Gianfranco Moretton
demanda alla commissione la scelta finale, le indiscrezioni puntano su un
parere favorevole. In questo caso, però, si delinea all’orizzonte un nuovo
caso ambientale: i comitati garantiscono una campagna se possibile più
incisiva e pressante rispetto a quella contro il cementificio di Torviscosa.
L’Azienda sanitaria ha da tempo espresso parere favorevole al progetto, e si
attende che anche l’Arpa dia disco verde: al momento l’agenzia non ha
lasciato trapelare alcunché, e l’assessore all’Ambiente si è limitato ad
assicurare «un parere molto approfondito, competente e articolato». L’ok
concesso dall’Ass della Bassa Friulana si fonda su due elementi considerati
assolutamente prioritari, due prescrizioni che impongono cioé alla Sangalli
di provvedere via nave all’approvvigionamento di materia prima e prevedono
al contempo l’installazione di una centralina di monitoraggio delle
emissioni inquinanti, in modo da verificare costantemente il rispetto dei
parametri di legge.
Proprio il verdetto emesso dall’Azienda sanitaria suscita le ire dei
comitati che rimarcano come, a loro avviso, la decisione strida in modo
clamoroso con il parere negativo dato al cementificio. Paolo De Toni, alla
vigilia della seduta odierna, promette battaglia: «Il parere della
commissione Via e la conseguente delibera di giunta faranno inevitabilmente
acqua da tutte le parti, per cui sarà facile l’impugnazione degli atti da
parte di “soggetti portatori di interesse” cioè legittimati a ricorrere al
Tar». De Toni continua: «Ci eravamo illusi che, con la battaglia del
cementificio, fosse prevalso un approccio serio da parte degli enti. Ma così
non è stato. In particolare va stigmatizzato il comportamento della Azienda
sanitaria che, in sfregio al principio di non contraddizione, così caro alla
logica e alle scienze naturali, ha sottoscritto nello stesso giorno, il 6
giugno 2007, attraverso lo stesso responsabile, un parere negativo per il
cementificio ed uno positivo per la vetreria, quando è ben noto che le
entità delle emissioni dei due camini sono del tutto paragonabili ed
inserite in un contesto, quello della pianura padana, veneta e friulana, che
risulta una fra le zone più inquinate d’europa».
Pertanto, conclude De Toni, «il Comitato di difesa ambientale annuncia in
anticipo che verrà lanciata una battaglia sia sul piano legale per tentare
comunque di bloccare questo progetto, che su quello politico per individuare
i responsabili e i registi di questa operazione forzata ed assolutamente
inaccettabile».
Il fronte dei Comuni del territorio, sulla vetreria, si è spaccato: Marano e
Porpetto hanno esternato la propria assoluta contrarietà al progetto, mentre
Carlino, Torviscosa e San Giorgio si sono espressi favorevolmente; Terzo di
Aquileia ha invece assunto un atteggiamento prudente legato a «dati
oggettivi sulla base dei quali sarà possibile esternare una valutazione».
Giovanni Stocco |
«Rigassificatori? Meglio
l’idrato di metano» |
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Tra pochi anni vedremo solcare i
mari navi che trasportano il metano sotto forma di idrato invece che come
gas naturale liquefatto. Alla ventitreesima conferenza mondiale sul gas di
Amsterdam del 2006 è stato presentato uno studio della giapponese Mitsui
Engineering&Shipbuilding Co. Ltd. (Mes) sulla trasformazione del metano in
idrato di metano, con un impianto pilota che produce circa 1000 kg di
idrato/giorno sotto forma di pellets di forma diversa e di dimensioni
variabili da 5 mm a qualche centimetro. Con questo primo impianto pilota è
possibile produrre idrati di metano da trasportare via nave dal luogo
d’estrazione del metano al paese utilizzatore. L’idrato è quindi un vettore
del gas naturale più sicuro e più economico di quanto lo sia oggi l’attuale
tecnologia del gas naturale liquefatto. Rispetto al Lng trasportato a 160°
sotto zero, il gas idrato (Ngj) viene trasportato a 20° sotto zero. La
stessa quantità di metano nella forma idrata occupa un volume che è da 3 a 4
volte superiore al gas liquefatto. Però la sintesi dell’idrato, il suo
trasporto, la sua rigassificazione non comportano i pericoli del Gnl e i
costi energetici sono inferiori del 25%. Mes ha studiato anche gli effetti
delle vibrazioni della nave durante il trasporto per verificare la stabilità
dei pellets, con esiti positivi. Per il trasporto bastano stive o container
refrigerati a -20°, ma la stabilità dell’idrato è assicurata fino a -5° a
pressione ambiente.
L’idrato di metano – fase solida omogenea formata da molecole di acqua e da
molecole di metano ingabbiate dalle prime (composti di questo tipo sono noti
come clitrati) - ha l’aspetto della neve e del ghiaccio. Un volume di idrato
«ingabbia» da 150 a 180 volumi di metano. Gli idrati di gas naturale sono
composti presenti in natura in enormi quantità nei fondali marini da 500 a
4000 metri di profondità. La quantità di metano idrato – Natural Gas
Hydrates ovvero Ngh – presente in natura è stata statisticamente valutata
come oltre 100 volte maggiore delle attuali riserve sfruttabili di metano
esistenti nel pianeta. Gli idrati sono inoltre presenti nelle zone
climatiche polari dove costituiscono il permafrost.
La tecnologia di trasformazione del metano nell’idrato è studiata da oltre
dieci anni partendo dalla caratterizzazione degli idrati naturali.
Università e laboratori di ricerca statunitensi, canadesi, cinesi,
giapponesi, coreani, iraniani, del Qatar, La tecnologia utilizzata per la
produzione di idrato di metano, la sua conformazione in pellet, lo
stoccaggio, il trasporto marittimo e la rigassificazione è una tecnologia
ormai matura, più conveniente, meno costosa, priva di rischi in tutte le
fasi della lavorazione, nella catena che va dalla produzione al consumo. Si
discute tanto del «sistema Trieste», di fare rete fra Università ed altri
enti di ricerca come Ogs, l’area di ricerca, gl incubatori tecnologici per
essere attori dell’innovazione tecnologica nel nostro territorio. Per
diventare veramente protagonisti dell’innovazione sarebbe meglio riflettere
su questi aspetti piuttosto che insistere su un dibattito inutile sul numero
di rigassificatori.
Lino Santoro - Comitato Scientifico nazionale Legambiente |
KONRAD - luglio-agosto 2007
Dario PREDONZAN risponde a
ILLY |
Alcune affermazioni del
Presidente della Regione, Riccardo Illy, contenute nell’intervista apparsa su
“Konrad” del giugno 2007, meritano una risposta.
Cementificio di Torviscosa e valutazione dell’impatto ambientale (VIA).
1) Illy ritiene che la VIA serva a “verificare se le norme (a tutela della
salute e dell’ambiente) sono rispettate”, quando un’impresa chiede di poter
insediare una nuova attività. Dopo di che, se la ditta dimostra che il suo
progetto è in regola, la Regione “non può negare il permesso”.
Non è così: infatti “Per impatto ambientale si intende l’insieme degli effetti
diretti, indiretti, secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo
termine, permanenti e temporanei, a piccola e grande distanza, positivi e
negativi indotti da un insieme o da singoli interventi sull’ambiente” (art. 2,
comma 1 della legge regionale n. 43 del 1990 sulla VIA). Inoltre (art. 2, comma
3) “L’impatto ambientale è valutato in rapporto agli effetti sull’uomo, la
fauna, la vegetazione, il suolo, l’acqua, il clima, il paesaggio, i beni
materiali, il patrimonio storico-culturale, l’ambiente socio-economico e le loro
interazioni reciproche al fine di eliminare o comunque ridurre entro limiti
compatibili l’impatto ambientale degli interventi”. La VIA è quindi cosa ben
diversa e assai più complessa della mera verifica del rispetto dei limiti di
legge (per le emissioni nell’aria e nelle acque), delle norme urbanistiche,
ecc..
Applicando questa legge, il Servizio VIA della Regione ai primi di febbraio
aveva espresso un giudizio negativo sull’impatto ambientale del cementificio di
Torviscosa: poi però qualcuno aveva pensato bene di ribaltare quel giudizio. Per
fortuna (ma solo dopo quattro mesi di polemiche, manifestazioni di piazza,
ecc.), alla metà di giugno la Giunta regionale ha deciso che il giudizio del
Servizio VIA era giusto e ha bocciato il progetto.
2) Illy sostiene che “la composizione della Commissione VIA regionale è regolata
da norme europee e nazionali”.
Non è vero. Nessuna norma europea, né nazionale, impone che la Commissione VIA –
come accade in Friuli Venezia Giulia – sia presieduta da un politico, cioè
dall’assessore all’ambiente, né che la maggioranza dei componenti sia costituita
da funzionari regionali. Si tratta di una scelta politica (altre Regioni
italiane hanno fatto diversamente), che risale peraltro a parecchi anni addietro
ed è stata confermata e rafforzata dall’ultima modifica della legge regionale
sulla VIA, avvenuta nel 2001, ai tempi della Giunta regionale di centro-destra.
Modifica che, evidentemente, la Giunta attuale condivide.
Rigassificatori.
3) A proposito dell’impatto dei rigassificatori sull’ambiente marino, per lo
scarico di acque fredde e clorate, Illy sostiene che “il cloro è presente anche
nell’acqua del rubinetto… non è una sostanza tossica ed è volatile”, mentre
l’abbassamento della temperatura del mare è “un fenomeno del tutto limitato”.
L’acqua del rubinetto è potabile proprio perché viene sterilizzata (a basso
dosaggio) con il cloro, ma un mare di acqua potabile sarebbe biologicamente
morto. Senza contare che il cloro (che è tossico e infatti veniva usato come gas
asfissiante durante la I Guerra mondiale) dà origine nell’acqua a svariate
sostanze “cloroderivate” di elevata pericolosità, se si accumulano negli
organismi viventi. Il guaio vero è che nessuna seria valutazione sull’impatto
ecologico delle acque clorate nel Golfo di Trieste o nella Baia di Muggia è
stata fatta, malgrado il protrarsi della procedura di VIA: il problema rimane
quindi aperto. Lo riconoscono le stesse delibere della Giunta regionale, la
quale pilatescamente ha dichiarato di non avere gli elementi per esprimersi
sull’impatto ambientale dei rigassificatori, rinviando la decisione al ministero
dell’ambiente.
Quanto alle temperature, lo studio di Gas Natural per l’impianto di
Trieste-Zaule ammette che tutta l’acqua della Baia di Muggia, a seguito del
prelievo e del successivo scarico dell’acqua dal rigassificatore, verrebbe
raffreddata (e clorata con l’immissione di 127 kg di cloro al giorno)
all’incirca due volte l’anno, stante l’inesistente ricambio idrico in quel
bacino.
Tanto che esiste il rischio concreto di rendere impossibile lo stesso processo
di rigassificazione, alla lunga, essendo necessaria acqua relativamente “calda”
per funzionare.
4) Illy annuncia tuttavia che il parere della Regione al ministero dell’ambiente
sul rigassificatore di Trieste-Zaule, comprenderà una prescrizione per imporre
il prelievo e lo scarico delle acque al di fuori delle dighe foranee.
Allora, quindi, il problema dell’abbassamento della temperatura del mare non è
poi un fenomeno così limitato, come Illy sembrava ritenere poche righe prima… In
ogni modo, va detto che una modifica progettuale di tale portata comporterebbe
la necessità di riavviare la procedura di VIA (andrebbero valutati infatti gli
impatti legati alla posa delle condotte su fondali inquinati come quelli della
baia di Muggia, ecc.) e che questa prescrizione non può certo ritenersi
risolutiva. La situazione è infatti critica anche nel mezzo del Golfo di
Trieste. Stanti i bassi fondali (poco più di
20 m), lo scarso ricambio idrico naturale e le deboli forze di marea, l’acqua
nell’Alto Adriatico ristagna anche per 30 giorni consecutivi.
5) Illy afferma che, una volta deciso il parere della Regione sui
rigassificatori, “informeremo i cittadini nel modo più ampio e completo”.
Magari i cittadini avrebbero avuto il diritto di essere informati (e consultati)
prima e non dopo, visto che questo prevedono – tra l’altro – Direttive europee e
convenzioni internazionali….
Trasporti ferroviari.
6) Sulla TAV Illy sostiene che i traffici tra Est e Ovest Europa stanno
aumentando lungo l’asse della pianura padana, mentre le linee ferroviarie tra
Venezia e Trieste “saranno tra poco sature”. Si chiede poi: “il perché di questa
ostilità al treno?”
I dati però non confermano la tesi della saturazione delle linee esistenti
(siamo intorno al 50 per cento della capacità, che potrebbe essere anche
aumentata senza costruire nuove linee).
Non c’è poi affatto “ostilità al treno”, da parte degli oppositori alla TAV,
anzi, ma soltanto contrarietà alla linea superveloce voluta da Illy e dalla
lobby delle costruzioni, perché: 1) non servirebbe alle merci; 2) costerebbe uno
sproposito (circa 6,2 miliardi di Euro stimati per la sola Venezia –Trieste); 3)
squarcerebbe il sottosuolo carsico e sarebbe pronta (forse) tra 20 anni, mentre
servono (subito!) interventi per migliorare le linee esistenti, e soprattutto
rendere efficiente il servizio, così da dirottare sul serio il traffico merci
dalla gomma alla ferrovia. Un esempio: la linea “Pontebbana” Udine-Tarvisio,
completata nel 2002 proprio in funzione del traffico merci, viene utilizzata per
poco più del 20 per cento della sua capacità, mentre l’autostrada A 23 scoppia
di TIR: perché?
Un ultimo commento. Illy dichiara che i suoi consulenti scientifici sono “i
dirigenti della Regione che hanno competenze in materia, oltre ai membri esterni
della Commissione VIA”. Stando a quanto afferma su VIA, rigassificatori e TAV,
forse dovrebbe consultarli più spesso, o fare più attenzione a quello che
dicono.
Dario Predonzan
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31
luglio 2007
Oltre 100
pesticidi nelle acque italiane - C'è anche l'atrazina, vietata da 20 anni -
L'analisi dell'Agenzia protezione ambiente: contaminato il 47 per cento di laghi
e fiumi
Gli erbicidi la fanno da padrone:
solo nel Po 31 diverse sostanze. "Ma non è allarme"
ROMA - Ci sono 119 pesticidi
nelle acque italiane (ne vengono utilizzate in agricoltura circa 150.000
tonnellate ogni anno): 112 in quelle superficiali, 48 in quelle sotterranee.
Vale a dire che sono contaminati il 47% delle acque superficiali, laghi e fiumi,
(il 28% in maniera critica) e il 24,8% di quelle sotterranee (il 7,7% in maniera
più significativa). Tra le sostanze rilevabili, l'atrazina, vietata da 20 anni.
Emerge dal primo rapporto sul piano nazionale di monitoraggio effettuato dall'Apat
(Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici) presentato
stamattina e relativo a dati raccolti (e parziali per alcune realtà regionali)
nel triennio 2003/2005 su incarico della Conferenza stato-regioni.
"Nel 2005 (ultimo e più rappresentativo anno di indagini) - spiega l'Apat in
dettaglio - i controlli hanno riguardato 3.574 punti di monitoraggio e 10.570
campioni, per un totale di 282.774 misurazioni analitiche. Nelle acque
superficiali è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di
monitoraggio (47% del totale), nel 27,9% dei casi con concentrazioni superiori
al limite stabilito per le acque potabili". Nelle acque sotterranee, sono
risultati contaminati 630 punti di monitoraggio "(24,8% del totale), nel 7,7%
dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità".
Tra i pesticidi riscontrati, gli erbicidi sono le sostanze largamente più
rinvenute. La presenza, generalmente riscontrata, di miscele di sostanze (fino a
12 composti diversi) e le lacune conoscitive in relazione ai possibili effetti
cumulativi impongono particolari cautele. Per alcune sostanze, osserva ancora
l'agenzia, la contaminazione è molto diffusa, interessa sia le acque
superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità
di interventi di mitigazione dell'impatto. Tra queste gli erbicidi triazinici e
alcuni loro prodotti di degradazione.
Particolarmente critica è, ad esempio, la contaminazione da terbutilazina
diffusa in tutta l'area padano-veneta (nel Po, ad esempio, si trova nel 52,7%
dei campioni analizzati) ed evidenziata anche in alcune regioni del Centro-sud.
Il Po, complessivamente, contiene 31 pesticidi, tra cui l'ancora diffusa (a
distanza un ventennio dal divieto) l'atrazina: residuo di una contaminazione
storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza
ambientale della sostanza, ma - forse - risultato del persistente commercio
illegale della sostanza. Non c'è però un allarme Po: i dati sembrano infatti in
linea - sostengono i tecnici - con quelli relativi agli altri principali corsi
d'acqua europei.
Il lavoro è certamente parziale perché non è stata uniforme la risposta delle
regioni. Ma i tecnici sottolineano che il percorso di monitoraggio intrapreso
comincia a dare i suoi frutti. "Nel 2003 - spiegano - solo Piemonte ed Emilia
Romagna facevano monitoraggio nel modo corretto. Oggi anche la Provincia di
Trento, la Sicilia, il Lazio, le Marche, l'Abruzzo e la Basilicata hanno
elaborato un piano per il monitoraggio, mentre Campania, Umbria e Veneto stanno
agendo in modo virtuoso anche se non hanno stilato il piano".
I dati riscontrati dall'Apat collimano con quelli osservati dal
dossier "Fiuminforma", curato l'anno scorso da Legambiente, utilizzando le
analisi eseguite dal Corpo forestale dello Stato, che indicava un 21 per cento
dei fiumi italiani malati "gravi". "Non siamo all'allarme - ha in ogni caso
puntualizzato il Commissario straordinario dell'Apat, Giancarlo Viglione - ma la
situazione è da tenere sotto controllo perché l'acqua monitorata impatta
sull'ambiente e alla lunga i pesticidi potrebbero influire anche su quella
potabile". La raccolta dei dati relativa al 2006 è in corso.
IL PICCOLO - MARTEDI', 31
luglio 2007
Provincia: «Ferriera,
emissioni nei limiti» - L’azienda ha presentato ricorso al Tar contro
l’ordinanza del sindaco |
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Secondo
l’assessore Barduzzi ora dai camini di Servola non escono sostanze
inquinanti
La Ferriera di Servola è ricorsa
al Tar contro l’ultima ordinanza del sindaco, emessa a seguito delle
informazioni avute dall’Azienda sanitaria, secondo cui è accertato
l’inquinamento in termini tali da configurarsi come pericoloso per la salute
pubblica. Il sindaco è stato diffidato con una lettera datata 24 luglio in
cui si dice che «non sussistono i presupposti giuridici di tali misure come
più in generale del potere di ordinanza già esercitato». Ieri Dipiazza ha
commentato: «Pagano piuttosto gli avvocati che spendere per non inquinare».
Intanto però dalla conferenza dei servizi convocata in Regione nell’ambito
delle procedure per l’autorizzazione integrata ambientale è risultato, come
conferma l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, «che i
camini della Ferriera da quando la procedura è partita non hanno mai
prodotto emissioni fuori dai limiti».
Dunque, andare su questa strada o tenere sempre sul tavolo (come il sindaco
fa) la minaccia di chiusura dello stabilimento, pur in presenza (o proprio
per questo) di un nuovo acquirente? Ogni decisione, ha chiarito comunque lo
stesso Dipiazza, sarà possibile non prima di otto mesi, cioé allo scadere di
un anno dall’inizio delle indagini che hanno dato evidenza di inquinamento
(e non semplice inbrattamento). La legge tiene conto della media annuale. Ma
il sindaco ha tuttavia plaudito all’Azienda sanitaria: «Ass e Arpa si sono
finalmente sganciati dai poteri forti - ha detto – e Rotelli (il direttore
generale dell’Ass, ndr) ha dimostrato grande coraggio: a Servola si registra
una media di tumori più alta che altrove, ed è venuto fuori che la Ferriera
ha addirittura modificato la linea di costa con gli scarti in mare, cose per
le quali un privato cittadino sarebbe già finito nelle patrie galere. Il
nuovo acquirente deve sapere subito che se viene non può continuare a
inquinare».
Ma com’è letta questa strategia? Critici, s’è visto ieri, i sindacati.
Barduzzi oppone che c’è un po’ di confusione: «Se si vuol chiudere, perché
si è dato avvio alla procedura per l’autorizzazione integrata ambientale? In
Regione c’era anche il Comune. Per l’inquinamento dell’aria (polveri sottili
e benzene) le norme per l’autorizzazione parlano solo di ’’limiti
accettabili’’. Ci prepariamo a chiedere una specificazione concreta, sulla
scorta dei dati dell’Azienda sanitaria, la prossima riunione sarà il 22
agosto. La Ferriera anche qui contesta dicendo che negli ultimi cinque anni
la media annuale è rimasta nei termini. Ma se il sindaco ha in mano dati
tanto allarmanti, come responsabile della salute pubblica faccia dunque
questa ordinanza di chiusura».
«Sono d’accordo col sindaco sul fatto di alzare la voce, gli enti locali
sono sempre stretti in un recinto, poco possono fare - commenta Alessia
Rosolen di An -. Severstal o Arvedi che sia, o investono in sicurezza e
salute o possono smettere l’impianto tranquillamente. Comunque, è vergognoso
che la Regione, coi poteri che ha, in questi quattro anni non abbia fatto
assolutamente niente. e io come politico mi vergogno che a ogni campagna
elettorale salti fuori Servola».
E chiude Roberto Decarli dei Cittadini: «Vorrei capire le vere intenzioni di
Dipiazza. Disinquinare o soprattutto chiudere? Se ha tutti i dati i mano che
glielo consentono, agisca e chiuda. Ma non cambi idea ogni momento: quando
si è annunciato Arvedi era esultante». Anche Decarli conclude:
«L’inquinamento vien fuori sempre sotto elezioni».
Gabriella
Ziani |
Tre tracciati alternativi per
la Tav nella Bassa E Sonego apre ai sindaci - L’assessore: «Sì a proposte e
correttivi» |
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CERVIGNANO «Ribadisco la
necessità che, senza paura di incorrere in ipotesi stravaganti, i sindaci
facciano lo sforzo massimo per individuare il maggior numero di varianti al
tracciato originario di Rete ferroviaria italiana». Lodovico Sonego,
assessore regionale ai Trasporti, apre ai sindaci della Bassa friulana sul
tracciato della Tav. E li incoraggia ad avanzare proposte, suggerimenti,
correttivi in vista della riunione potenzialmente decisiva del 14 settembre.
È a Cervignano, nella mattinata di ieri, che si tiene la riunione «plenaria»
con una ventina di sindaci, una schiera di dirigenti e tecnici di Rfi e il
presidente della Provincia di Udine Marzio Strassoldo. La riunione segue
quelle ristrette svoltesi negli ultimi quindici giorni.
Al centro c’è il «nuovo» tracciato della ferrovia ad alta capacità e
velocità che dovrebbe attraversare la Bassa: quello originario - che avrebbe
dovuto essere presentato ancora il 24 maggio 2006 al teatro Pasolini di
Cervignano - ha infatti innescato polemiche a non finire. Sonego e Mauro
Travanut, capogruppo regionale dei Ds, l’hanno definito «devastante
soprattutto per il territorio di Villa Vicentina e Bagnaria Arsa». Le
proteste sul territorio sono state diffuse: c’è stato chi, come i No Tav, ha
sposato l’opzione zero e chiesto l’utilizzo dell’attuale sedime ferroviario
e chi ha suggerito lo stralcio dalla legge obiettivo che «scavalca i
sindaci». Si sono così istituiti tavoli tecnici dove si sono confrontati
Regione e Comuni sino ad arrivare alla riunione plenaria di ieri.
A Cervignano, perciò, si vedono le prime tre ipotesi alternative di
tracciato: tutte e tre partono da Pocenia ad ovest e terminano a Pieris ad
est. L’assessore ricorda innanzitutto l’accordo con la Regione Veneto che
stabilisce come il tracciato della Tav attraverserà il fiume Tagliamento il
più possibile aderente all'autostrada, per puntare poi su Pocenia. Da qui,
secondo la prima ipotesi, proseguirà per Porpetto e per Palmanova (che
diverrebbe centro intermodale con autostazione, parcheggi di scambio,
stazione treni intercity e coincidenze per Udine e Gorizia a ogni arrivo di
Tav, centro commerciale, servizi, cine multisala), quindi raggiungerà
Strassoldo, Villa Vicentina e Pieris. La seconda ipotesi prevede che il
tracciato vada da Pocenia a Muzzana, prosegua sino a San Giorgio dove
riprenderebbe la linea ferroviaria attuale, tocchi quindi Torviscosa (che
diventerebbe il centro intermodale), Cervignano, Villa Vicentina e infine
Pieris, sempre usufruendo del sedime esistente. La terza ipotesi, invece,
vede la Tav andare da Pocenia a Muzzana, da qui a Carlino, scendendo a sud
della statale Venezia-Trieste, e poi a San Giorgio, a San Martino, sino a
Villa Vicentina e Pieris, ma senza utilizzare l'attuale linea ferroviaria.
In questo il centro intermodale sarebbe realizzato all'aeroporto di Ronchi
dei legionari.
Ognuna delle tre ipotesi, come emerso ieri, presenta vantaggi e svantaggi
che dovranno essere valutati dai sindaci, sollecitati a presentare ulteriori
varianti. Qualche perplessità tecnica è già emersa: quanto costerà, ad
esempio, un minuto di tempo guadagnato grazie ai treni ad alta capacità e
velocità? Si passerà effettivamente dalla gomma alla rotaia se non ci sarà
una politica di sostegno tariffaria? Si potrà armonizzare il tutto con la
soluzione meno impattante?
a.l. |
Salvaguardare l’ambiente |
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Rispondo in merito alla
segnalazione dal titolo «Ambientalisti a Muggia», proprio perché i temi
ambientali non sono né di destra né di sinistra (anche se la sinistra è
molto abile ad appropriarsi di ogni argomento che possa creare consenso
elettorale.), comune dovrebbe essere l’obiettivo ossia la conservazione e la
salvaguardia dell’ambiente e la tutela del territorio e del suo patrimonio
naturalistico, storico ed architettonico, ma inevitabilmente diversi
diventano i percorsi per raggiungerlo a seconda che si parta da una
posizione meccanicistica e biocentrica o da una visione etica di tipo
antropocentrico.
Per «Ambiente e/è Vita» l’uomo non è un nocivo, anzi per noi va posto al
centro del «sistema» ambiente quale destinatario, fruitore, custode e
garante del Creato (o se preferite della Natura e delle sue risorse).
Premesso questo non è assolutamente vero che dopo aver parlato del Fugnan la
sezione muggesana di «Ambiente e/è Vita» non abbia fatto altro. Ricordo che
a seguito della nostra conferenza il corso del Fugnan è stato ripulito,
ricordo la nostra proposta di recupero conservativo del Lavatoio
dell’Arciduca, fatta propria dal Comune, ricordo la Festa degli alberi con
in nostri amici carinziani che hanno regalato un piccolo abete a ciascuno
dei ragazzi delle scuole di Muggia e ancora il lavoro svolto in Commissione
edilizia per consentirci di mitigare le ipotesi cementificatorie e di
contenere l’invasività di certi progetti, ad esempio quello, denominato
Costa Alta, elaborato dell’attuale assessore provinciale all’ambiente
contribuendo a salvaguardare – nei limiti del possibile – importanti ambiti
del territorio e concludo rammentando che la possibile nostra rappresentante
in seno alla Commissione Antenne avrebbe avuto dalla sua la competenza di
chi ha partecipato materialmente alla stesura del testo della LR 28 che
disciplina appunto questo argomento.
In merito al terrapieno «Acquario», ben prima di contestare il ricorso a
processi di fitodepurazione, avevamo ritenuto opportuno fornire indicazioni
circa la possibilità di avviare su quel sito, ma anche in altri ambiti delle
Valle delle Noghere ricadenti nel Sin di Trieste, sistemi di bonifica
innovativi impiegando ad esempio tecnologie elettrochimiche.
Non ne facciamo una questione di primogenitura, ma di metodo e di forma e
sicuramente né il metodo né la forma dello spoils system – scelta dal
sindaco Nesladek – ci convincono!
Sergio Bisiani - Segretario Regionale Fvg Ambiente e/è Vita |
IL PICCOLO - LUNEDI', 30
luglio 2007
Dipiazza: se inquina ancora
chiudo la Ferriera - Sindacati critici: «Pessimo biglietto da visita
per Arvedi» |
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Il sindaco
conferma quanto affermato nell’intervento sul «Piccolo». Il verde Metz: «Quell’impianto
non può stare lì»
Cosolini:
«Lo dice da anni, lo faccia. Ma non mescolerei la salute con la politica»
«Otto mesi. Sia chiaro, sono
pronto ad agire». Roberto Dipiazza, dopo le ordinanze in cui ha
intimato alla Servola Spa di ridurre le emissioni, prepara il conto alla
rovescia per la chiusura della Ferriera. Un atto inevitabile, assicura il
sindaco, «se in questo periodo i dati sulle sostanze inquinanti
continueranno a sforare i limiti di legge». Così il primo cittadino
chiarisce - e conferma - l’orientamento messo nero su bianco ieri, con un
intervento sul Piccolo. «Se nei prossimi mesi - così aveva scritto - i
controlli commissionati dalla procura fornissero una media annuale delle
emissioni nocive oltre i limiti di legge, il provvedimento di chiusura
diverrebbe inevitabile».
«La legge - ha spiegato ieri sera Dipiazza - dice che per agire devo avere
un anno di sforamenti medi. Finora ne sono stati rilevati quattro, nei quali
l’azienda sanitaria ha certificato per la prima volta che non si tratta di
semplice imbrattamento, ma che tali emissioni nuocciono gravemente alla
salute».
Ma a chi spetterebbe, nel concreto, decidere la chiusura della Ferriera?
«Non è che domani - precisa - il sindaco va lì e dice ”chiudete tutto”. Mi
confronterò con la procura, è del tutto evidente. L’attuale proprietà, in
questo momento, dovrebbe essere furba e fare il possibile affinché la
trattativa con Arvedi vada avanti». Un rientro delle emissioni nei parametri
di legge, dunque, è per Dipiazza il presupposto-base per l’eventuale
passaggio della Ferriera dal gruppo Lucchini a quello di Cremona. E anche
davanti ad Arvedi, incalza il primo cittadino, «servirà un’unità
istituzionale tale da imporre alla nuova proprietà tutti i paletti
ambientali già prima di concludere l’affare».
«Ho avuto la sensazione che Arvedi abbia l’intenzione di presentare un piano
industriale compatibile con l’aspetto ambientale», conferma l’assessore
regionale al lavoro Roberto Cosolini. Il quale, però, bolla l’ultima uscita
di Dipiazza. «Non mi stupisce - commenta Cosolini - quanto ha detto il
simpatico sindaco. È chiaro che se le violazioni delle norme ambientali
comportano danni accertati alla salute dei cittadini, chi ha la
responsabilità di decidere dei provvedimenti lo deve fare. Il principio
della tutela della salute, tuttavia, è argomento troppo delicato per farlo
scivolare nel dibattito politico. È il momento di azioni serie e rigorose,
non di annunci roboanti quanto inconcludenti. Per anni Dipiazza ha
continuato a dire ”chiudo, chiudo”. Salvo poi, quando è emersa la soluzione
Arvedi, assumersi meriti che non aveva dicendo ”ho fatto bingo, salvo
l’industria e l’ambiente”. Ora, invece, se ne torna allo scoperto con un
nuovo annuncio».
Un annuncio, come lo chiama Cosolini, che peraltro arriva a pochi giorni di
distanza dalla missione triestina del ministro dell’Ambiente, il verde
Alfonso Pecoraro Scanio. Ed è proprio un altro verde, il consigliere
regionale Alessandro Metz,, a suggerire la strada più radicale. «I dati
ambientali - tuona Metz - dimostrano che la Ferriera in città non ci può più
stare. Le istituzioni, dal Comune alla Regione fino allo Stato, dovrebbero
farsi carico di garantire il prima possibile un reddito a chi lavora in
quello stabilimento. Facciamo questo passo anziché aspettare la solita
alternativa occupazionale. Ritengo che, anche sotto il profilo finanziario,
sarebbe più conveniente».
Dal fronte sindacale, intanto, l’uscita di Dipiazza scatena una pioggia di
critiche. «Mi sembra che il sindaco sia un po’ volubile visto che fino a
dieci giorni fa si era dimostrato entusiasta dell’ipotesi Arvedi», rileva il
segretario provinciale della Cgil Franco Belci. «Trovo che con le parole del
primo cittadino - gli fa eco Wally Trinca per l’Ugl - si fornisca un pessimo
biglietto da visita ad Arvedi». «Mi piacerebbe - aggiunge il segretario
della Uilm Enzo Timeo - che chi parla di chiusura adoperasse la medesima
forza, che ci mette per la difesa dell’ambiente, anche per la
riqualificazione dei posti di lavoro». «La questione è politica fin dal 2001
- fa notare infine il segretario provinciale della Cisl Luciano Bordin,
secondo cui «occorre un percorso condiviso e preciso altrimenti si rischia
di restare ostaggi del solito ricatto ”lavoro o ambiente”,
deresponsabilizzando al tempo stesso l’azienda».
Piero Rauber |
Sul Corridoio 5 oggi incontro
ad Aurisina |
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Il percorso sul Carso del
Corridoio 5: progetti, problemi e proposte: è il tema di un'assemblea
pubblica organizzata dai consiglieri comunali di centro sinistra di Duino
Aurisina per stasera, con inizio alle 20.30, nella sala maggiore del circolo
Igo Gruden di Aurisina.
All'incontro, che avrà un carattere prevalentemente informativo,
parteciperanno il presidente della quarta commissione regionale (trasporti)
Uberto Drossi Fortuna, il direttore compartimentale delle ferrovie,
responsabile del progetto, ing. Mario Goliani, il capo della segreteria
dell'Assessore regionale Sonego, dott. Carlo Fortuna, e il geologo
dell'Osservatorio geofisico sperimentale Livio Sirovich.
Obiettivo del centrosinistra, che organizza l'appuntamento, è quello di
illustrare ai residenti il percorso del Corridoio 5 per quanto concerne
prevalentemente il tratto che interessa il comune di Duino Aurisina.
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IL PICCOLO -
DOMENICA , 29
luglio 2007
Verdi:
«Ferriera, servono controlli anche sul pesce delle acque circostanti» -
Dopo la visita del ministro Pecoraro Scanio
Con l’istituzione del tavolo tecnico
sulla questione Ferriera ci sarà più attenzione nella verifica degli interventi
di controllo e messa in sicurezza dell’impianto servolano. È questo uno dei
punti qualificanti espressi dal ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio
nel suo recente passaggio a Trieste. Una posizione che il gruppo dei Verdi ha
voluto riproporre ieri in una conferenza stampa organizzata nel palazzo del
Consiglio regionale alla quale hanno partecipato anche alcuni residenti di
Servola.
«Sarà un tavolo da dove verranno avviati dei controlli all’impianto siderurgico
secondo obiettivi parametri di valutazione validi a livello nazionale e europeo
– ha spiegato il presidente regionale dei Verdi Gianni Pizzati –, e non
basandosi sui soli dati forniti dall’azienda. Perché ormai deve essere chiaro
per tutti che quando si parla dei risultati delle emissioni prodotte da quegli
impianti non ci si trova davanti a imbrattamenti ma a inquinamento vero e
proprio. Sulla questione – ha continuato Pizzati – concordano tutti, sindacati
compresi, e dunque il problema Ferriera deve essere inquadrato nel tema delle
bonifiche. Se dunque è vero che numerose aziende non aspettano altro che il
recupero di tante aree per potervisi insediare, è logico pensare che attraverso
ammortizzatori sociali e altri strumenti anche i lavoratori dell’impianto
siderurgico potrebbero essere facilmente assorbiti da nuove realtà di
produzione. La Ferriera ora non chiude ma partiranno quelle indagini che ci
porteranno a delle definitive conclusioni».
«I recenti dati forniti dal Centro interdipartimentale di gestione e recupero
ambientale dell’ateneo triestino al sostituto procuratore della Repubblica
Federico Frezza – ha continuato il consigliere regionale Alessandro Metz –
dicono che oggi la questione principale sul versante Ferriera riguarda la salute
dei cittadini. L’accertata presenza di sostanze inquinanti, che oltre a essere
state rilevate nell’area risultano pure nella circostante area marina, ci
obbligano a chiederci se le stesse siano entrate nella catena alimentare del
nostro comprensorio. Chiederemo controlli anche sui pesci del golfo».
I Verdi hanno inoltre commissionato uno studio dal quale - secondo Metz -
emergono «chiaramente le modificazioni della linea di costa nell'area della
Ferriera di Servola», in base alla rilevazione dei fotogrammi aerei fatti dal
1974 al 1990.
m.l.
«Piano regolatore, salvo lo
sviluppo» - L’intera maggioranza critica l’opposizione per l’uscita
dall’aula al momento del voto
«Approvando le direttive per la
predisposizione della variante al Piano regolatore noi abbiamo limitato l’edificabilità
nel centro urbano e nella prima periferia, e bloccato la cementificazione in
Costiera, senza interrompere però lo sviluppo socio-economico di Trieste.
L’opposizione, invece, avrebbe voluto fermare totalmente l’attività edilizia
in città e togliere lavoro a tanta gente, in nome di una salvaguardia
indiscriminata del territorio». Così, all’unisono, i capigruppo dei partiti di
centrodestra in Comune, riuniti ieri per una conferenza in cui hanno ribadito
ancora una volta le motivazioni alla base del sì unanime sulla delibera sugli
indirizzi per la variante al Prg.
La polemica sul voto di giovedì sera, infatti, non tende a placarsi. E
all’opposizione, uscita dall’aula, lasciando campo libero alla maggioranza
(che ha appunto approvato il documento), il centrodestra replica con un’unica
voce. Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc e Lista Dipiazza difendono a spada
tratta la delibera approvata. «Dopo la contrarietà iniziale, An ha deciso di
votare sì perchè il sindaco e la giunta hanno mostrato apertura nei confronti
del consiglio - ha spiegato la capogruppo Alessia Rosolen -. E l’aula ha avuto
la possibilità di emendare il documento e migliorarlo». «In questo modo siamo
riusciti a salvaguardare l’ambiente e il diritto dei lavoratori - ha aggiunto
il forzista Piero Camber -. Ds, Verdi e Prc hanno chiesto di bloccare i
progetti che hanno già ottenuto le concessioni dal Comune e dalla Regione:
impossibile. Questo si chiama eccesso di potere e i proprietari farebbero
sicuramente ricorso al Tar».
Fari puntati, inoltre, sulle «spaccature tra Margherita e Ds»: «La Margherita
ha presentato degli emendamenti diversi da quelli della sinistra radicale - ha
aggiunto Camber - che erano delle fotocopie dei nostri». «Sono usciti
dall’aula perchè erano divisi - questa l’opinione di Roberto Sasco, capogruppo
Udc -. Con il Pd che sta prendendo forma loro non possono mostrare di essere
su posizioni opposte. Il documento approvato è condiviso da tutte le
categorie». «Il centrosinistra ha dimostrato di essere incapace di fare
politica - ha concluso Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza)- abbandonando l’aula
perchè non aveva una linea politica comune».
e.c.
IL PICCOLO - SABATO, 28
luglio 2007
Piano regolatore, dopo il voto
è bagarre - Il centrodestra: «Salvata la Costiera». Omero: «Il sindaco
ha tradito le promesse»
La discussione sulla delibera per
le direttive sulla variante non si è chiusa in aula: polemica tra maggioranza e
opposizione
Il sindaco: «Sono state raccontate falsità, ero pronto ad accogliere il secondo
emendamento ma poi la situazione è completamente precipitata»
Stop alla cementificazione in Costiera: questa una delle conseguenze
dell’approvazione della delibera sulle «direttive per la predisposizione della
variante generale al Piano regolatore». Ma dopo la bagarre scoppiata in
Consiglio comunale, maggioranza e opposizione sono ancora in rotta di
collisione. Giovedì sera gli esponenti della minoranza avevano infatti
abbandonato l’aula prima del voto, lasciando che la maggioranza bocciasse tutti
gli emendamenti del centrosinistra e approvasse il documento all’unanimità, con
24 sì.
Centrodestra e centrosinistra continuano a commentare il voto «mancato» della
minoranza. Così il diessino Fabio Omero: «Dipiazza, dopo aver proclamato che i
nostri emendamenti sarebbero stati presi in considerazione – ha precisato ieri
Omero in una conferenza stampa congiunta del centrosinistra – non li ha neppure
letti. Il sindaco è un fanfarore». Sulla stessa linea anche il Cittadino Roberto
Decarli: «D’ora in poi la nostra sarà un’opposizione durissima». E Alessandro
Minisini (Margherita) ha rincarato la dose: «Il documento dell’altra notte
favorirà ancor di più il processo di cementificazione. Dipiazza è un
temporeggiatore». Iztok Furlanic, di Rifondazione comunista, non ha esitato a
definire il primo cittadino una «banderuola», mentre Alfredo Racovelli (Verdi)
ha evidenziato che «con questo provvedimento la maggioranza ha autorizzato la
cancellazione di intere aree verdi nella zona di Barcola e sulla salita di
Contovello».
Dichiarazioni a cui il primo cittadino si è affrettato a rispondere: «Giovedì
sera l’opposizione ha difeso delle tesi basate su bugie - ha affermato Dipiazza
-. Io avevo annunciato che l’emendamento numero due, presentato dal
centrosinistra, sarebbe stato accettato e inserito nella delibera di giunta, ma
poi la situazione è precipitata. L’opposizione si è barcamenata per ore facendo
mera polemica, attaccando la maggioranza. Gli esponenti di centrosinistra hanno
raccontato alla gente falsità: ad esempio che se la delibera fosse stata
bocciata, il «cubone» di Campo Marzio non avrebbe potuto essere realizzato:
un’assurdità, perchè i progetti già approvati non possono essere bloccati».
E tutto il centrodestra fa squadra intorno al sindaco. Per Piero Camber (Fi)
l’opposizione «puntava a bloccare completamente lo sviluppo della città. Noi
invece - ha spiegato - abbiamo approvato una delibera che prevede, ad esempio,
che zone di particolare pregio ambientale come la Costiera, vengano tutelate: a
partire da oggi nessuna domanda per l’edificazione in quella zona sarà
accettata. Se fossero passati i loro emendamenti, però, non si sarebbe più
costruito nulla per i prossimi anni. Loro hanno dovuto abbandonare l’aula solo
per nascondere le divisioni tra Ds e Margherita».
«Se fosse stato per l’opposizione - ha aggiunto Roberto Sasco (Udc) - in zone
come quella della Fiera, del Burlo e di Campo Marzio si sarebbero potuti
costruire solo giardini, musei, scuole o case Ater. Invece serve lasciare libera
la strada a eventuali accordi tra pubblico e privato, per il rilancio della
città. Ora dobbiamo lavorare insieme, ma il centrosinistra non deve fare
propaganda. L’emendamento numero due è stato bocciato perchè privo di
contenuti». Concorde Alessia Rosolen (An): «Quell’emendamento includeva dei
vincoli urbanistici che erano già inclusi in un emendamento della maggioranza
quindi diventata inutile approvarlo. La minoranza non ha voluto costruire un
dialogo con noi su un tema importanti per la città».
e.c. - u.s.
L’acquisto della
Ferriera
Di recente su questo quotidiano è
apparsa la notizia secondo la quale il gruppo Arvedi sarebbe intenzionato ad
acquistare la Ferriera.
Tale notizia ha destato interrogativi a Trieste e anche a Muggia; non va infatti
dimenticato che con il vento di Bora i fumi della Ferriera possono arrivare fino
a Muggia. E visto che gli strumenti di rilevamento dell’Arpa hanno fornito per
Muggia un quadro tutt’altro che tranquillizzante la notizia di un possibile
raddoppio dell’altoforno e del mantenimento della cokeria ha causato
preoccupazione.
Premesso che deve essere garantito l’impegno per assicurare ai lavoratori un
nuovo impiego, va comunque ribadita la necessità di trovare una soluzione anche
e soprattutto dal punto di vista ambientale nell’interesse di Muggia, di una
considerevole parte di Trieste e dei lavoratori stessi. Dal giornale apprendo
che il gruppo Arvedi in una presentazione ha sintetizzato la politica ambientale
complessiva di tutte le aziende precisando che per le emissioni, grazie ai
sistemi di filtrazione, i limiti possono essere da 3 a 10 volte inferiori ai
limiti di legge.
Il giorno successivo sul giornale si legge però che tra le ipotesi allo studio
c’è la riapertura del secondo altoforno e che per compensare e ridurre le
emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di rallentare (in maniera
modulata a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche) la produzione
di coke riducendo la produttività della cokeria. Ma non avevano detto che le
emissioni possono essere ridotte, con sistemi di filtrazione, da 3 a 10 volte
sotto il limite di legge?
Sempre dalla stampa apprendo che la recente perizia redatta da un esperto per
conto della Procura della Repubblica precisa che per la Ferriera le emissioni
non potranno essere ridotte in alcun modo oltre il 46%.
Considero pienamente attendibile la perizia e ritengo che la chiusura
dell’impianto, richiesta da migliaia di cittadini, sia ormai inderogabile.
Fabio Longo
IL PICCOLO - VENERDI' , 27
luglio 2007
Piano regolatore, frattura in
aula: la minoranza abbandona i lavori e la maggioranza vota da sola -
Bocciati tutti gli emendamenti dell’opposizione
Frattura in Consiglio comunale
sugli indirizzi della variante al piano regolatore. Ieri a tarda sera, poco
prima di mezzanotte, il colpo di scena con l’uscita della minoranza dell’aula
dopo la scoperta, alla fine di interminabili discussioni, che la maggioranza,
nonostante l’accordo iniziale al vertice dei capigruppo, avrebbe violato i
patti non accogliendo nemmeno i due emendamenti (su oltre 30) inizialmente
accettati. «Avete infranto i patti – ha tuonato il capogruppo dei Ds, Fabio
Omero – allora questa sarà solo la vostra variante». Poi l’uscita dall’aula.
La maggioranza a questo punto ha completato la bocciatura di tutti e 30 gli
emendamenti, ha accolto solo i suoi e ha approvato all’unanimità, dopo
mezzanotte, la delibera sulle «direttive per la predisposizione della variante
generale al Piano regolatore». Una prova di forza in barba alle
raccomandazioni fatte dal sindaco Roberto Dipiazza che poche ore prima aveva
invitato alla collaborazione.
Tema nodale il ripensamento dell’espansione edilizia voluta dall’ex giunta
Illy, nuovi interventi di riduzione e salvaguardia di alcune aree. Oltre a
riduzioni della cementificazione sulla Costiera si sta pensando a una
reinterpretazione pure per la fascia di abitazioni attorno al centro storico.
Congelata qualsiasi ipotesi di cuboni, niente demolizioni ma recupero, ovvero
manutenzione straordinaria, restauro e conservazione del patrimonio edilizio.
Tra le novità la cancellazione definitiva del Cimitero per cani.
Un consiglio comunale lunghissimo quello di ieri iniziato alle 17 con
l’intervento del sindaco Roberto Dipiazza che è intervenuto sul trasferimento
dell’International School da Opicina a Basovizza e ha «tirato le orecchie»
all’opposizione per l’eccessiva durezza contro il progetto. Ma il sindaco ha
anche invitato (invano) la maggioranza a lavorare assieme all’opposizione su
questa predisposizione delle direttive. Una delibera predisposta dalla giunta,
come ha spiegato il relatore di maggioranza, l’assessore all’urbanistica,
Maurizio Bucci che fa una ricognizione-analisi della mappa tracciata dal Piano
regolatore individuando le aree più critiche dove secondo la maggioranza
bisogna intervenire.
È stato allora che il capogruppo dei Ds, Fabio Omero ha chiesto la
convocazione della conferenza dei capigruppo per risolvere la questione degli
oltre 30 emendamenti. Un vertice durato oltre due ore. Alla fine era sembrato
che fossero stati accolti solo due emendamenti, uno in particolare che poneva
alcune linee di principio adottate dalla maggioranza (concetti generici come
limiti di massima dell’edilizia, la salvaguardia delle aree protette, la
riduzione del consumo del territorio e la riduzione dell’urbanizzazione). Una
decisione che ha scontentato la minoranza che ha comunque illustrato, uno ad
uno gli emendamenti poco dopo in aula rendendo inutile la Conferenza dei
capigruppo.
Numerosi gli interventi che si sono protratti sino a tarda ora. Poco prima di
mezzanotte il colpo di scena con l’uscita della minoranza e il voto alla
delibera.
«Ferriera, svolta ambientale
con Arvedi» - Cgil e Uil indagano a Cremona: «Un imprenditore serio»
I sindacati hanno affrontato la
questione inquinamento e investimenti con il ministro Pecoraro Scanio
Con l’arrivo del gruppo Arvedi una svolta per la situazione ambientale
della Ferriera di Servola? Una questione che è stata affrontata dai sindacati
mercoledì scorso durante la riunione con il ministro dell’Ambiente Alfonso
Pecoraro Scanio. C’è molta attesa sull’arrivo del gruppo di Cremona che ha
chiesto alla Lucchini-Severstal di rilevare la Ferriera, sia sul fronte del
piano industriale che ambientale. E le notizie raccolte dal giornale e dai
sindacalisti a Cremona appaiono confortanti. Anche sul fronte economico come
dimostrano i dati di bilancio appena resi noti.
«Siamo in attesa di avere elementi di certezza – spiega il segretario della
Cgil, Franco Belci – lo abbiamo anche detto al ministro. Ma il passaggio di
proprietà potrebbe mutare radicalmente lo scenario dello stabilimento. Il
gruppo è robusto sotto il profilo economico-finanziario come attestano i dati
di bilancio». Ma soprattutto le notizie che arrivano da Cremona sono positive:
«Le informazioni che abbiamo raccolto alla Cgil di Cremona mettono in luce un
soggetto imprenditoriale importante – aggiunge Belci – sensibile alle
tematiche ambientali, attento alle relazioni sindacali e allo sviluppo della
contrattazione integrativa. L’azienda ha sempre messo in campo piani
industriali seri, investendo su ricerca e sviluppo e garantendo buoni livelli
occupazionali. Sono premesse interessanti che ci auguriamo trovino riscontro».
Secondo i dati di bilancio 2006 il gruppo ha incrementato il fatturato del 16%
con ricavi per 1.160 milioni. Migliorato il margine operativo lordo del 22,8%
(da 108 ,8 a 133,6 milioni), l’utile netto è di 31,5 milioni in crescita
(+64,2%) rispetto al 2005. Ridotto pure l’indebitamento finanziario di 50
milioni, pari al 31,2%.
Cgil, Cisl e Uil hanno detto chiaramente al ministro Pecoraro Scanio: ora non
ci sono alternative al proseguimento della produzione in Ferriera fino a
quando non sorgeranno altre iniziative industriali dopo le bonifiche. Ma
bisognerà fermare le emissioni nocive e fare gli investimenti ambientali, in
attesa di Arvedi. Anche la Uil ha fatto alcune verifiche a Cremona. «Non mi
esprimo ancora su Arvedi senza vedere un piano industriale – afferma il
segratario della Uil, Luca Visentini – ma dalle indiscrezioni raccolte e dalle
verifiche che abbiamo fatto a Cremona ci sembra un imprenditore serio. Sul
tema della Ferriera comunque il ministro Pecoraro Scanio ha mantenuto un ruolo
defilato, più positiva invece la situazione della soluzione del problema
bonifiche».
Un tema decisivo quello delle bonifiche che potrebbe portare a reali
opportunità dopo l’arrivo di nuove imprenditori nelle aree ripulite. «È
chiaro, se non si liberano spazi non arrivano nuove imprese che potrebbero
assorbire gli eventuali esuberi della riconversione della Ferriera – conclude
il segretario della Cisl, Luciano Bordin – lo abbiamo detto chiaro al
ministro. Abbiamo dato un’apertura di credito al gruppo Arvedi, non ho alcun
motivo per dubitare sulla sua serietà e ipotizzare un cambiamento. In questa
situazione non credo che la chiusura della Ferriera si possa ipotizzare prima
del 2015. E una volta per tutte, anche visto il possibile arrivo di Arvedi, i
politici devono dirci se vogliono o meno la Ferriera. Arvedi non viene a fare
il pasticcere, ma un’industria siderurgica. Si sa quello che ci aspetta».
Giulio Garau
Un vertice a
Roma per la Baia di Sistiana Wwf contro le ingerenze politiche di Illy e Ret
Wwf alza la difesa a tutela della
Baia di Sistiana. Nel mirino degli ambientalisti il sindaco di Duino Aurisina,
Giorgio Ret e il presidente della regione, Riccardo Illy «che stanno tentando
– hanno detto ieri Dario Predonzan e Guido Pesante, esponenti locali del Wwf –
di ingerirsi in questioni prettamente tecniche, facendo leva sul proprio ruolo
politico». Lo spunto per questa nuova e decisa presa di posizione dei
rappresentanti del Wwf di Trieste è stata la notizia di un prossimo incontro
fissato fra lo stesso Ret e il direttore generale del ministero dell’Ambiente.
«Il fatto che il sindaco di Duino Aurisina sia ricevuto a Roma dal diretto
superiore dell’architetto Stefano Rezzi, il Soprintendente per i beni
ambientali e culturali del Friuli Venezia Giulia «che per ben due volte ha
bocciato l’autorizzazione firmata dall’amministrazione comunale di Duino
Aurisina, che dava il via alla cementificazione – hanno precisato Predonzan e
Pesante – la dice lunga sulla volontà della classe politica locale di imporsi
comunque, allo scopo di perseguire i propri interessi, nonostante i pareri
contrari espressi dai tecnici». A preoccupare i due esponenti del Wwf il fatto
che «anche il sottosegretario Ettore Rosato – hanno affermato Predonzan e
Pesante – avrebbe sponsorizzato l’incontro fra Ret e il direttore generale del
ministero, intervendo personalmente sul ministro Francesco Rutelli». I due
ambientalisti hanno parlato di «maleodorante affaire politico affaristico, nel
quale pesanti e inammissibili interferenze della politica si accompagnano a
inquietanti silenzi». Sulla polemica relativa al futuro della Baia di Sistiana
si è impegnato anche il presidente nazionale del Wwf, Enzo Venini, che ha
scritto una lettera a Rutelli nella quale sottolinea «lo scarso rilievo che
può avere il giudizio di Riccardo Illy sulla qualità paesaggistica del
progetto, soprattutto se messo a confronto – evidenzia nel testo – con la
complessa analisi formulata dall’organo tecnico competente, che è la
Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia». Venini, Predonzan e Pesante sono
molto preoccupati per «il tentativo attuato da Ret e Illy di delegittimare il
Soprintendente Rezzi, per ottenere una nuova e più favorevole valutazione sul
progetto turistico concernente la Baia di Sistiana».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 26
luglio 2007
Pecoraro: supervertice per la
Ferriera - Il ministro ha proposto anche un accordo di programma per le
bonifiche
L’esponente del governo si è
confrontato con le autorità locali sulle problematiche ambientali più urgenti
Giornata triestina per il rappresentante dell’esecutivo con delega all’ambiente
Un nuovo sistema di rilevazione degli inquinanti, forse anche nuove e più
sofisticate (e precise) centraline per il monitoraggio, per analizzare le
emissioni della Ferriera «per provare che lo stabilimento inquina e non imbratta
soltanto», ma anche la qualità dell’aria. Poi un tavolo, in Prefettura, a cui
prenderanno parte pure i tecnici del ministero dell’Ambiente e dove siederanno
il Comune, l’Azienda sanitaria e i vertici dello stabilimento per verificare che
siano applicate da parte dell’azienda siderurgica tutte le misure necessarie a
ridurre l’inquinamento e le emissioni nocive.
Doveva soltanto «ascoltare» il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio,
in realtà ieri durante la giornata trascorsa a Trieste, fitta di riunioni e
incontri, ha dato un serie precisa di suggerimenti e di indicazioni sulle misure
da adottare. Innanzitutto sullo stabilimento siderurgico su cui c’è lo stato di
allerta per le emissioni. Ma poi il ministro ha anche affrontato l’altra grande
questione, quella delle bonifiche e il problema della paralisi dello sviluppo
industriale. E anche in questo caso, ha dato le risposte che gran parte degli
attori locali, da Ezit ad Autorità portuale, sino ai Comuni di Trieste, San
Dorligo della valle e Muggia (che si sono rivolti alla Regione per fare fronte
unico), si attendevano. Il ministero dell’Ambiente aveva ipotizzato la necessità
di un accordo di programma, la bozza è stata mandata a Trieste, le istituzioni
hanno fatto modifiche ed ora il documento torna al ministro, promotore la
Regione, per il placet.
Obiettivo, avviare realmente l’iter delle bonifiche e sbloccare la paralisi del
tessuto industriale. Scorciatoie e buonismi? Niente affatto. Il ministro
Pecoraro Scanio è stato netto: «È interesse del Governo e del ministero che le
bonifiche si facciano, e non che si proclamino soltanto facendo chiacchiere. Il
principio è uno solo ed è anche comunitario: chi inquina paga, e soluzioni di
uscita vere. Lo abbiamo fatto a Bagnoli dove è stata data un’accelerazione
facendo partire le bonifiche dopo anni di stasi, è successo a Gela dove sono
stato il primo ministro dell’Ambiente a fare una visita. Accadrà pure a
Trieste».
Pecoraro Scanio non ha parlato nè di legge 152 (quella invocata dalle
istituzioni locali che chiedono la sua applicazione) e nemmeno del sistema di
«analisi del rischio» per velocizzare le pratiche: «Le bonifiche si fanno e
basta – ha tagliato corto – senza furbizie e con criterio scientifico. Chi
inquina paga i danni e chi ha acquistato a basso prezzo aree e terreni
approfittando, e sapeva, dovrà rimediare. Noi aiuteremo solo chi non ha
inquinato e daremo una mano alle piccole e medie imprese che hanno difficoltà,
velocizzeremo le pratiche burocratiche». Un approccio «intelligente» ha spiegato
il ministro che sarà «modulato». Ovvero: «Bisognerà tenere conto delle
circostanze e dei progetti – ha spiegato il ministro – privilegiando la
reindustrializzazione con l’uso delle energie rinnovabili. Nel caso si decida di
realizzare ad esempio uno stabilimento di pannelli fotovoltaici non servirà una
bonifica totale, nel caso invece si pensi a un’azienda alimentare o a un luogo
dove si riunisce del pubblico bisognerà pulire a fondo».
Lo ha detto chiaramente il ministro dell’Ambiente che sogna per quest’area del
Paese dell’«estremo Nordest» una «riconversione ecologica dell’economia». Magari
utilizzando il potenziale di innovazione e di ricerca locali. Ma per veder
muoversi qualcosa localmente, Pecoraro Scanio ha avvertito subito le
istituzioni, bisognerà attendere settembre.
Una visita lunga e intensa quella del ministro dell’Ambiente (Pecoraro tra
l’altro ha parlato anche di temi nazionali come l’emergenza incendi, delle
intercettazioni e sul referendum) iniziata alle 11 con l’incontro con il
direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. Si è parlato della qualità
dell’aria, delle diatribe sulle misurazioni effettuate da una parte dalle
centraline dell’Arpa, dall’altro dei contributi del Cigra e degli ultimi
sforamenti dei limiti di legge della Ferriera che ora vive un momento delicato
dopo la manifestazione di interesse alla Lucchini da parte del gruppo Arvedi di
Cremona. Con Rotelli Pecoraro Scanio ha anche affrontato il rilancio del parco
di San Giovanni. Poi la corsa per l’incontro con il sindaco Roberto Dipiazza che
al termine ha riconosciuto che «pur di parti politiche opposte, sulla questione
ambientale abbiamo avuto la stessa identità di vedute». Subito dopo l’incontro
con esponenti della Teseco, l’unica ad aver avviato le bonifiche nell’area ex
Aquila, la scorsa settimana. Infine l’incontro con alcuni abitanti di Servola.
Nel pomeriggio il colloquio con la presidente della provincia, Maria Teresa
Bassa Poropat e il vertice sulle bonifiche co-presieduto dall’assessore
regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton: c’erano tutti, dagli Industriali con
il presidente Corrado Antonini al presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, la
Poropat per la Provincia, il comune di Trieste con Dipiazza, quello di Muggia
Nerio Nesladek, di Dolina Fulvia Premolin, e il presidente dell’Autorità
portuale, Claudio Boniciolli. Chiusura finale con i sindacati, Cgil, Cisl e Uil
guidati dai tre segretari Franco Belci, Sergio Bordin e Luca Visentini.
Giulio Garau
Dagli abitanti
di Servola un dossier sull’inquinamento
«Una situazione veramente
allarmante». Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio aveva la faccia scura quando ha
commentato al termine dell’incontro con una delegazione di abitanti di Servola.
Una quindicina di persone, gente semplice, famiglie, anche un ragazzo giovane.
Hanno portato pure un «omaggio» al ministro, un sacchetto di carbone con la
«raccolta» di una notte.
«Voglio interventi che portino a soluzioni e non altri palleggiamenti di
responsabilità. Conosco bene la situazione di Servola, ci sono stato, ho
visitato la zona e la Ferriera» ha aggiunto Pecoraro Scanio che ha rimandato i
controlli e la definizione della strategia di controllo da adottare al tavolo
della prefettura. «Ordinare la sospensione dell’attività dello stabilimento? No,
siamo in un Paese federalista, il ministro chiede di tutelare l’ambiente, tocca
alle autorità locali il resto. Sono loro che devono affrontare la questione con
azienda, lavoratori e sindacato».
E ieri a nome di tutti i presenti una donna servolana, Alda Sancin, padre e
nonni ex lavoratori in Ferriera, ha consegnato una lettera al ministro per
spiegare in dettaglio la situazione. Il fatto che per molte ore del giorno e
della notte l’aria è irrespirabile», poi la presenza di una nuvola che si spande
su un abitato di circa 20mila residenti. Particelle di grafite che penetrano
dappertutto, granuli di materiale ferroso che si infiltrano, carbone. Per non
parlare delle polveri e dei fumi che entrano nelle scuole, asili infantili, nidi
e ricreatori che accolgono complessivamente 1500 bambini dai 0 ai 14 anni.
«Corridoio 5, cittadini da
informare»: consiglio diviso a Duino Aurisina - Polemica sulla mozione del
centrosinistra
DUINO AURISINA E' stata «baruffa»
sul Corridoio 5. Il consiglio comunale di Duino Aurisina svoltosi ieri è durato
circa sei ore, e ha visto tra gli argomenti principali una serie di variazioni
di bilancio e riconoscimento del debito (votate dalla maggioranza, salvo un caso
in cui l'opposizione si è astenuta) e la nomina della commissione sulla
Toponomastica, per l'avvio del lavoro di attribuzione sul territorio dei nomi
delle vie.
Ma a tenere banco è stata, soprattutto, una mozione e una interrogazione
presentata dall'opposizione (rispettivamente da Rozza e Gabrovec). La mozione
impegnava il sindaco a dare informazione ai cittadini e richiedere informazioni
a regione e governo sul tracciato approvato dell'infrastruttura, per quanto
concerne il territorio di Duino Aurisina. L'opposizione non ha accettato di
votare la mozione e ha proposto un proprio testo, che ha lo stesso obiettivo, ma
con una formulazione più «light». Votata all'unanimità (l'opposizione ha
commentato di aver votato per «senso di responsabilità», mentre la maggioranza
aveva considerato «invotabile quella della sinistra, perché sul corridoio 5
basta demagogia e mala informazione») ora porta in primo piano l'impegno del
sindaco a ottenere da Governo e Regione i documenti ufficiali, finali e
approvati relativamente al tracciato.
A destra, intanto, Alleanza nazionale sostiene che «da tempo il gruppo dei
Verdi, che siede in consiglio comunale di Duino Aurisina come opposizione, in
maggioranza in Provincia di Trieste, alla Regione Fvg, al Governo, sta cercando
di accusare il Sindaco Ret di scarsa informazione alla cittadinanza sul progetto
del Corridoio 5. Abbiamo notizie di cittadini ai quali sono stati illustrati
stralci di progetto, date informazioni allarmanti circa le abitazioni
interessate al percorso e sulla costruzione di nuovi elettrodotti». La sinistra
risponde confermando la propria preoccupazione, sostenendo che «è grazie al
centrosinistra se a Duino Aurisina si affrontano questi argomenti», e con un
incontro pubblico, organizzato per lunedì prossimo 30 luglio alle 20.30 al
circolo Gruden di Aurisina, invitando rappresentanti delle ferrovie, esperti e
l'amministrazione regionale.
Come dire che un nuovo campo di battaglia, per le due fazioni, è ufficialmente
aperto.
Un gazebo per
conoscere la raccolta differenziata
Sarà inaugurata oggi alle 10, in
piazza della Borsa, la mostra sul recupero e il riciclaggio di materiali come
l’acciaio, l’alluminio, la carta, il legno, la plastica e il vetro. Allestita a
cura del Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi (Conai), la
rassegna, che durerà fino a sabato, permetterà di approfondire il tema del
recupero dei rifiuti. La mostra si inserisce nel Grand Tour nazionale del Conai.
La tappa accompagnata, come tutte le altre, dalla promozione di una bellezza
naturale locale; a Trieste è stata scelta la Grotta Gigante. Nel gazebo saranno
fornite indicazioni per un corretto comportamento «che garantisca ai cittadini –
ha detto il vice direttore del Conai, Walter Facciotto – di poter contribuire
alla trasformazione dei rifiuti in risorse». L’assessore comunale Maurizio Bucci,
ha ricordato che «Trieste si è dotata di un inceneritore, che rappresenta un
vanto per la città».
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 25
luglio 2007
Ferriera, il ministro vuole
nuove centraline - Oggi in città Pecoraro Scanio per discutere anche
delle bonifiche
Previsti incontri con Rotelli,
Dipiazza, Bassa Poropat e alcuni residenti di Servola
Troppe incertezze sulle misurazioni degli inquinanti, troppi i contenziosi
soprattutto in questa fase con la Ferriera di Servola dopo gli sforamenti delle
emissioni, bisogna pensare a un sistema di monitoraggio certo e affidabile per
Trieste. Lo chiederà oggi lo stesso ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro
Scanio alle istituzioni nel corso dei vertici in città che dureranno tutta la
giornata.
Proprio la Ferriera di Servola e in particolare e i problemi della salute dei
cittadini sono il primo tema all’ordine del giorno. Il secondo punto che intende
affrontare il ministro con le autorità locali è la questione dei siti inquinati
e le bonifiche: oggi potrebbe essere la giornata della svolta e dello sblocco
della paralisi al tessuto produttivo locale con precise indicazioni e una via
d’uscita agevole.
Terzo e ultimo tema quello della fondazione Asia promossa dalla Provincia che
punta alla formazione di tecnici ambientali: Pecoraro Scanio affiderà alla
presidente Maria Teresa Bassa Poropat un cospicuo finanziamento per lanciare la
struttura.
Una giornata intensa quella del ministro dell’Ambiente a Trieste che inizierà
alle 10.45-11 negli uffici dell’azienda sanitaria locale. Pecoraro Scanio si
incontrerà con il direttore Franco Rotelli. Alle 12 seguirà un vertice con il
sindaco Roberto Dipiazza e al termine il ministro parlerà con un gruppo di
cittadini di Servola. Alle 14 la visita alla Bassa Poropat sulla questione Asia
e dopo la conferenza stampa, verso le 15.30 una riunione operativa in Prefettura
con tutti gli attori delle bonifiche. Prima di ripartire per Roma il ministro
incontrerà anche Cgil, Cisl e Uil.
Nessun incontro con i vertici della Ferriera: Pecoraro Scanio vuole capire come
Trieste sta affrontando la questione della salute dei cittadini soprattutto dopo
l’allarme dell’azienda sanitaria e l’ordinanza del sindaco Dipiazza
sull’emergenza provocata dalla Ferriera. Per quanto riguarda le emissioni
industriali, ci sarebbe un’ambiguità di fondo nella legge secondo il ministero e
dunque è necessario vagliare la situazione e mettere in piedi un sistema di
monitoraggio affidabile per misurare gli inquinanti ma soprattutto per
verificare la loro provenienza e la qualità dell’aria.
Sul fronte delle bonifiche, le istituzioni hanno fatto squadra e ci sarà una
struttura unica che parla con il ministero. Quest’ultimo può impegnarsi a dare
soluzioni per la messa in sicurezza con proposte economiche, agili e soprattutto
reversibili.
Giulio Garau
Rigassificatori
in consiglio
Convocazione straordinaria del
consiglio provinciale, alle 18 di domani, chiesta da Fi, An, Lista Dipiazza e
Cdl per un’audizione del Comitato per la difesa e la salvaguardia del golfo a
proposito dei progetti per i rigassificatori di Gnl.
Piano regolatore, parte la
maratona in aula - In discussione anche altre delibere urbanistiche. Il
Wwf: i cittadini siano presenti
Oggi e domani le sedute del
consiglio comunale. Camber (Fi): tutela delle aree, trovato un punto di
mediazione tra le diverse istanze
Due-giorni impegnativa per il consiglio comunale, che prima della pausa
estiva nelle sedute di oggi (dalle 18.30) e domani (dalle 17) dovrà approvare
una serie di delibere tra cui quella sulle direttive per il nuovo piano
regolatore. Il termine per presentare gli emendamenti al documento di giunta
scadono stamani, ma il quadro è già chiaro. Gli stessi consiglieri di
maggioranza hanno evidenziato la necessità di modificare il testo, giudicato
generico e privo di risposte alle istanze di ambientalisti da una parte, e di
ordini professionali e categorie economiche dall’altra.
La maggioranza consiliare ha trovato un accordo su un emendamento-quadro che
secondo il capogruppo forzista Piero Camber «rappresenta una congrua via di
mezzo». Primo elemento-chiave è che nelle zone B0, B1 e B2 (centro storico e
aree di periferia edificabili) è consentita l’edificazione nei limiti minimi
consentiti, ma si blocca la possibilità di raddoppio delle cubature, oggi
permesso a chi abbia presentato un piano particolareggiato. Da questa
limitazione sono però escluse «le aree comprese nei piani particolareggiati
approvati o adottati per i quali sia già intervenuto parere favorevole da parte
degli enti competenti». Su questa base potrebbero proseguire l’iter alcuni
progetti da tempo in discussione, come i «cuboni» di via Belpoggio-Santa
Giustina. La maggioranza poi prevede una salvaguardia nelle zone Bt (turistiche)
e nella zona C2, nell’area della Costiera ricompresa nel piano paesaggistico
regionale (non approvato dal Comune): stop a nuove costruzioni, ma «a meno che
non abbiano superato il parere della commissione edilizia integrata».
Il centrosinistra invece ha presentato emendamenti che prevedono diversi livelli
di tutela. L’obiettivo resta «la sospensione di ogni determinazione solo sugli
interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di
nuova edificazione e/o ampliamento» e invece il via libera a «interventi di
manutenzione edilizia, restauro, conservazione tipologica risanamento
conservativo». La proposta del Ds Fabio Omero è stata condivisa da tutte le
forze d’opposizione tranne la Margherita. Il capogruppo Dl Sergio Lupieri -
ribadendo l’importanza del nuovo prg quale volano di sviluppo della città - ne
delina alcuni esigenze: compatibilità di interventi con i «valori urbani e
paesaggistici», «limitazione dell’espansione urbana, recupero, riqualificazione
di aree compromesse» e definizione di «nuove strategie», «salvaguardia degli
ambiti di pregio ambientale e naturalistico». Delle direttive al prg - dice
Camber - si inizierà a discutere probabilmente oggi, ma la delibera costituirà
il nucleo della seduta di domani. Da licenziare sono infatti vari altri
provvedimenti, dall’ok all’ampliamento dell’hotel Riviera al trasferimento dell’International
School all’Area science park e all’aumento delle superfici commerciali all’ex
Silos.
Da segnalare infine una nota del Wwf, che definisce «deprimente lo spettacolo
offerto dal consiglio comunale» che l’altra sera ha approvato il piano
particolareggiato per Cedassamare, con «ben pochi consiglieri» che «apparivano
interessati al merito della questione e pochi che dimostravano di essere
informati», scrive Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf. Gli
ambientalisti invitano i cittadini a assistere «numerosi alle sedute dedicate al
prg, «per far capire a sindaco, giunta e consiglio che le questioni urbanistiche
non stanno a cuore soltanto ai “pasdaran del cemento”».
Wwf: Cedassamare, Comune
deprimente - Predonzan: «Solo pochi consiglieri erano interessati al problema»
Gli ambientalisti contestano il
piano di «cementificazione» a Barcola
«Deprimente lo spettacolo offerto dal Consiglio comunale di Trieste nella
discussione sul piano particolareggiato di salita Cedassamare, proposto dalle
Costruzioni Meranesi». Questo il giudizio del Wwf presente alla seduta. «Ben
pochi consiglieri apparivano interessati e pochi addirittura quelli informati -
commenta Dario Predonzan della sezione triestina del Wwf - nonostante le varie
approfondite discussioni in Commissione urbanistica. Sconcerta che tanti si
siano pedissequamente allineati alla tesi dell'atto dovuto, quasi che esista un
diritto alla cementificazione del territorio, riservato a pochi privilegiati»
«Lascia interdetti – continua Predonzan – anche il comportamento di chi, pur
riconoscendo lo scempio che le ville di salita Cedassamare comporteranno per la
costiera barcolana, non ha saputo far di meglio che astenersi dal voto, oppure
fuggire dall'aula per non votare, terrorizzato dal rischio di rivalse per danni
da parte dei cementificatori».
Il piano particolareggiato prevede la costruzione di cinque grandi ville, in una
delle aree più belle della costiera triestina, a spese di un bosco a prevalenza
di querce d'alto fusto su una superficie di circa 9 mila metri quadrati. La zona
è adiacente un Sito di importanza comunitaria ed è parzialmente compreso dentro
una Zona di protezione speciale, individuati in base alle direttive europee
sulla protezione degli habitat naturali.
Di conseguenza, insiste il rappresentante del Wwf, il piano avrebbe dovuto
essere sottoposto a valutazione di incidenza, come prescrivono le direttive, per
verificarne le possibili incidenze negative sulle aree protette, ma ciò non è
avvenuto.
«E' incredibile che questa macroscopica mancanza, segnalata ripetutamente dal
Wwf - aggiunge Predonzan - non sia stata considerata e che anzi sia gli uffici
comunali, sia la maggioranza dei consiglieri, abbiano preso per buona una
relazione di incidenza (che ovviamente nega l'esistenza di incidenze negative)
presentata dalle Costruzioni Meranesi e infarcita di grossolani errori. Basti
dire che l'estensore della relazione cita tra la flora e la fauna nell'area di
Cedassamare, le specie e gli tipiche delle zone palustri e fluviali, come il
falco di palude, la gallinella d'acqua, l'oca selvatica, il gambero di fiume».
«Il Wwf non mancherà di sollevare la questione, ma intanto - conclude Predonzan
- bisogna augurarsi che nella seduta di oggi sulle direttive per la variante al
piano regolatore, non si ripeta il triste spettacolo».
I problemi della
Ferriera
A proposito di siti inquinati, mi
incuriosisce il fatto che, nel parlare della «intoccabile» Ferriera, luogo ameno
sul mare, che offre gratis polveri e olezzi a tutta la città e non solo a
Servola, si citi poco o niente il terrapieno sorto a ridosso del mare.
Negli ultimi 5-6 anni il nero prodotto ci risulta che viene costantemente
accatastato, pressato, bagnato, ha formato un ampio altopiano con strade e rampe
sulle quali circolano camion, ruspe, nastri trasportatori ecc. Non ci vuole
molto ad immaginare il polverone sollevato dai mezzi meccanici o quello che
viene messo in circolo nelle giornate di vento con buona pace dell’inquinamento
marino e alla faccia della salute e del disagio di quanti abitano nelle
vicinanze. Tutto sembra avere un carattere definitivo, la bruttura cresce a
vista d’occhio ed è difficile comprendere perché lo smaltimento del materiale
non avvenga contestualmente alla sua produzione.
Sorvolando sullo stato della salute dei cittadini che non sembra essere il
motivo sufficiente per risolvere il problema, mi chiedo dove siano finite la
associazioni naturalistiche di solito così vivaci nell’attività di controllo e
protezione dell’ambiente. Quelle determinate nel chiedere l’analisi del terreno
e nel denunciare possibili inquinamenti tanto da provocare l’interruzione di
lavori ormai giunti in fase esecutiva. Vedi ad esempio il lungomare di Muggia,
il terrapieno di Barcola, il quarantennale ostruzionismo che attraverso continui
ricorsi impedisce la sistemazione della cava di Sistiana ecc. Evidentemente la
Ferriera non è un elemento inquinante degno di attenzione o forse la tutela del
sito non rientra nelle finalità di tali benemerite associazioni.
Fra 100 anni forse qualcuno riuscirà a far chiudere l’impianto dal quale ora
sembra dipendere la produzione italiana di acciaio. Quel tale dovrà anche
provvedere all’eliminazione della nera catena montuosa vomitata sul mare dal
nostro personalissimo vulcano chiamato ferriera.
Ancora una volta sarà la città a sostenere le spese di bonifica dell’area alla
faccia del principio ampiamente sbandierato che «chi inquina paga e bonifica».
Laura Dapretto
Non molto tempo fa alcuni si erano
fatta l’idea che l’inquinamento urbano fosse anche a Trieste un problema molto
serio, un problema reale. Le centraline indicavano valori nell’aria che andavano
oltre il massimo tollerabile. Respirare quell’aria diventava assai pericoloso.
Si prospettava la necessità di chiudere la città al traffico. Trieste diventava
comunque da subito la città proibita perlomeno per bambini e vecchi.
Di fronte a questa situazione sembrava che l’unica via percorribile fosse quella
di ridurre l’afflusso di veicoli in città, di disincentivare tale afflusso, di
scoraggiarlo in ogni modo. Ma improvvisamente qualsiasi allarme è rientrato,
ogni preoccupazione si è dileguata d’incanto. Risorge invece il progetto di una
serie di megaparcheggi in pieno centro. Anziché creare più grandi zone pedonali
si chiamano sempre più macchine. Allora viene da concludere che tutti gli
allarmi erano solo una fantasia. L’inquinamento urbano non era un problema
serio, era una montatura di ambientalisti contestatori per partito preso, di
verdi un po’ fuori di testa, di nemici giurati del sano progresso.
Eppure qualche dubbio resta. Forse il problema dell’inquinamento urbano è
davvero serio, ma non è serio il paese in cui viviamo.
Claudio Bianchi - Lilt-sez. di Gorizia
IL PICCOLO - MARTEDI' , 24
luglio 2007
Ferriera a Arvedi, la scadenza
è settembre - Positivo il primo sopralluogo. In diminuzione il livello
delle polveri sottili
L’azienda lombarda ha affidato a
alcuni tecnici austriaci il compito di verificare gli impianti. Perplessità per
le proteste popolari
Domani in città il ministro Pecoraro Scanio, giovedì in Regione la Conferenza
dei servizi per avviare l’autorizzazione integrata ambientale
Sarà settembre il mese decisivo per la Ferriera di Servola, le trattative in
corso per la vendita da parte della Lucchini-Severstal alla Arvedi di Cremona
interessata allo stabilimento siderurgico prevedono che entro il 20-23 di quel
mese sia siglato il contratto preliminare. Una data verosimile potrebbe essere
fissata a metà settembre. Tutto questo se la «due diligence», il processo
investigativo solitamente in atto per analizzare valore, condizioni degli
impianti e la situazione ambientale dell’azienda si concluderà positivamente.
Se dovesse servire un ulteriore approfondimento sui temi ambientali, i tempi
invece si allungheranno. Proprio per questo è in corso un’attività serrata di
valutazione da parte dell’Arvedi che già alla fine della scorsa settimana ha
inviato alla Ferriera i suoi consulenti (una squadra della Voest Alpine
austriaca) che hanno fatto una verifica sugli impianti, in particolare quello
dell’agglomerato (mescola il minerale prima di entrare nell’altoforno) e la
cokeria che è la parte sotto accusa per l’emissione delle polveri. Ieri e oggi
l’arrivo della seconda squadra di consulenti, i tecnici specializzati della
Corus-Danieli esperti in altiforni.
Le relazioni saranno pronte non prima della fine settimana, ma dalle
indiscrezioni raccolte dalla prima squadra sembra siano emerse sorprese
positive. I tecnici avrebbero detto che «nonostante l’età gli impianti
(agglomerato e coke) sono in buone condizioni». Notizie che giungono in una
settimana calda sul fronte ambientale dopo l’ordinanza del sindaco Dipiazza che
ha intimato allo stabilimento di ridurre la produzione (la cokeria) viste anche
le condizioni meteorologiche. Domani è previsto anche l’arrivo del ministro
dell’Ambiente Pecoraro Scanio a Trieste: vedrà il sindaco Roberto Dipiazza e una
delegazione di abitanti di Servola. Ultima data significativa della settimana
sarà quella di giovedì 26: in Regione si terrà la prima riunione operativa della
Conferenza dei servizi che dovrebbe avviare il percorso per l’autorizzazione
integrata ambientale alla Ferriera.
In questi ultimi giorni il livello delle polveri sottili (pm 10) è diminuito a
Servola sotto il limite di 50 microgrammi per metrocubo (in particolare in via
Svevo e Carpineto). L’azienda già tra giovedì sera e venerdì della scorsa
settimana ha messo in atto «tutte le misure possibili» per ridurre le emissioni.
Più che ridurre l’attività della cokeria è stata modificata la strategia di
funzionamento dell’impianto. In realtà la cokeria in questi ultimi periodi non
andava a pieno regime e a rendere problematica la situazione è stata la
concomitante eccezionalità delle condizioni meteo accompagnate da un picco di
attività logistica sulla banchina della Ferriera che potrebbe aver aumentato
l’effetto delle emissioni di polveri.
La situazione a Servola è molto delicata, anche se sono dimunite le emissioni
molti cittadini continuano a telefonare alle forze dell’ordine per lamentare la
presenza di polveri e odori e non cessano le proteste. Le notizie sull’ondata di
proteste e la resistenza da parte della popolazione (sul fronte politico c’è per
ora un clima di attesa) sono rimbalzate a Cremona al gruppo Arvedi e stanno
creando qualche perplessità al management che si starebbe orientando con qualche
difficoltà di fronte allo scenario triestino.
Il gruppo Arvedi, da quanto si è saputo e dalle informazioni raccolte a Cremona,
è molto orientato verso la tecnologia e i prodotti di alta qualità dell’acciaio
e ha puntato da tempo alla qualità ambientale. È vero anche che a Cremona gli
stabilimenti utilizzano forni elettrici (non altiforni, non c’è la cokeria e
proprio Servola è il principale fornitore di ghisa per il gruppo lombardo) ma la
convivenza a Cremona tra azienda e abitanti pare ottimale. Lo stesso Giovanni
Arvedi pretende di avere rapporti diretti con i sindacati (ha annunciato
l’intenzione di un vertice alle rappresentanze interne a Trieste) e per Servola
pensa a uno sviluppo ambientalmente compatibile puntando a siderurgia (con
l’abbassamento dei livelli produttivi della cokeria), logistica ed energia.
Giulio Garau
Cedassamare, approvata la
variante - Voto sofferto in consiglio comunale: 11 a favore e 10 contro
Per far passare il testo anche
Dipiazza e Pacor si sono espressi. Kacovic e Edera con la maggioranza
Era lo spauracchio dei consiglieri, vista la diffida dell’impresa
costruttrice, pronta a far rispondere in solido chi avrebbe votato contro. Ma
ieri sera l’aula di piazza Unità ha approvato dopo una serie infinita di rinvii
la variante al piano particolareggiato di Cedassamare. Per un voto soltanto,
probabilmente calcolato al millesimo dalla maggioranza: 11 sì contro 10 no, due
gli astenuti, con tutti gli altri usciti al momento del voto, effettuato per
appello nominale. A favore si sono espressi il sindaco Dipiazza, il presidente
del Consiglio Pacor come Partito Repubblicano, Bertoli per Forza Italia, Rosolen
e Brandi per An, Colotti e Trebbi per la Lista Dipiazza, Sasco per l’Udc,
Kakovic per la Margherita, Di Tora per il gruppo misto e Edera per la Lista
Rovis. Contrari Lupieri, Toncelli e Tam per la Margherita, Omero, Barbo,
Cogliati e Ukmar per i Ds, Decarli per i Cittadini, Furlanic per Rifondazione e
Racovelli per i Verdi. Astenuti Minisini e Svab per la Margherita.
Via libera dunque, da parte del Consiglio comunale, all’edificazione di cinque
nuove villette in salita di Cedassamare, nel verde che domina la Costiera. La
Costruzioni Meranesi srl intende realizzarle sulla base dell’attuale variante al
piano regolatore generale del ’97 (Cedassamare è zona C2) dopo aver già
costruito un primo lotto di due immobili, peraltro già abitati. A tale
approvazione seguirà ora l’iter di concessione. Ma, a quanto pare di capire, il
dado è tratto. Perché il via libera precede l’approvazione degli indirizzi della
variante al piano regolatore generale, prevista fra domani e giovedì, con la
maggioranza di centrodestra che pare orientata ad accordarsi proprio sulla messa
in salvaguardia provvisoria di alcune parti del crinale del Carso.
Il fronte dei no, come da previsioni, è stato guidato dal segretario dei Ds
Fabio Omero. «Rigetto - aveva detto il leader provinciale della Quercia durante
le dichiarazioni di voto - quasiasi diffida degli avvocati della proprietà. Già
nel precedente mandato di Dipiazza, avevamo condiviso con lui e con la sua
maggioranza le critiche alla variante al prg del ’97, targata
Illy-Cervesi-Barduzzi. Ma noi come centrosinistra avevamo anche proposto uno
strumento urbanistico per fermare l’edificazione costiera. Strumento che fu
bocciato. Ecco perché in quest’occasione abbiamo il dovere di votare contro».
«Il piano regolatore del ’97 lo si doveva cambiare prima - gli ha fatto eco
Roberto Decarli dei Cittadini - e noi lo chiedevamo da anni». «Le prescrizioni
contenute nell’emendamento del sindaco - così il capogruppo della Margherita
Sergio Lupieri - vogliono soltanto tutelare il punto di vista paesaggistico, non
la sicurezza idrogeologica».
«Il piano particolareggiato di Cedassamare è figlio di un piano regolatore
generale figlio di Illy, a capo della Regione che sul progetto, peraltro, ha
dato il parere ambientale favorevole», è stata la risposta di Piero Camber,
capogruppo di Forza Italia, che ha ricompattato la maggioranza per arrivare alla
fine a un voto in più rispetto ai contrari. «Serve un voto istituzionale, di
legalità» ha concluso Camber.
Piero Rauber
Polveri sottili:
Trieste è 15ª - In tre mesi 29 sforamenti
A Trieste sono stati 29 i casi di
superamento delle polveri sottili nei primi tre mesi dell’anno. Nella classifica
delle 24 città italiane che hanno più di 150mila abitanti è la quindicesima per
tasso di inquinamento da Pm10. Secondo i dati di Euromobility, l’associazione
nazionale dei mobility manager, è Torino la città maglia con 75 superamenti: il
numero massimo di giornate consentito dalla legge è di 35 giorni, dall'1 gennaio
al 31 marzo 2007. Tra le città del Nord Est, sono stati 71 gli sforamenti a
Verona, 66 a Padova, 58 a Venezia.
IL PICCOLO - LUNEDI' , 23
luglio 2007
Piano
regolatore, il Wwf insiste: «No a salvaguardie di minima» Ds: sospendere nuove
costruzioni - Questa settimana in aula le direttive
URBANISTICA Si apre la settimana che
vedrà il consiglio comunale esaminare la delibera di indirizzi per la variante
al piano regolatore generale. E suscita commenti l’intervento con cui l’Ordine
degli ingegneri ha paventato una salvaguardia «generica», che spingerebbe sul
già «forte rallentamento dell’attività edilizia».
In una nota il capogruppo dei Ds in Comune Ds Fabio Omero sostiene che «parlare
di una generica salvaguardia che paralizzerebbe qualsiasi attività edilizia è
fare semplice terrorismo». Al contrario «escludere tale salvaguardia di qui
all’adozione della variante, almeno un paio d’anni, comporterebbe una
parossistica presentazione di progetti edilizi finalizzati alla saturazione
delle ultime aree libere». Il centrosinistra, precisa Omero, ha «predisposto
alcuni emendamenti che mirano a trovare proprio il giusto equilibrio», partendo
dalla considerazione che «è coerente» ipotizzare una stabilizzazione della
popolazione residente «sui valori attuali».
La variante, per il centrosinistra, deve valorizzare il patrimonio culturale,
salvaguardare i siti di pregio, ridurre «il consumo di territorio», tutelare
aree boscate e promuovere «politiche per la casa, quale grave emergenza
sociale». Per questo, il centrosinistra - scrive Omero - propone che «la
salvaguardia preveda la sospensione di ogni determinazione solo sugli interventi
di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, di nuova
edificazione e/o ampliamento. Ma ammetta gli interventi di manutenzione
edilizia, restauro, conservazione tipologica e risanamento conservativo».
Intanto il responsabile della sezione Wwf di Trieste Dario Predonzan osserva
come «gli Ingegneri si affiancano agli Architetti nel contestare l’introduzione
della salvaguardia» e annota come le richieste di limitare la salvaguardia ad
alcune «specifiche e circoscritte aree» si allinei alle richieste
dell’Associazione costruttori. E poi «venerdì scorso - scrive Predonzan - Wwf e
Italia nostra hanno consegnato al sindaco Dipiazza le quasi tremila firme
raccolte, grazie anche all’appoggio di quattordici comitati cittadini», per «un
nuovo piano egolatore ispirato all’esigenza di tutelare sia i valori ambientali
e paesaggistici del territorio sia la vivibilità urbana». La risposta di
Dipiazza, secondo il Wwf, è stata «perplessa e incerta», e fa il paio «con
quanto traspare dai lavori della commissione urbanistica». Il rischio - secondo
il Wwf - è che «sotto la pressione degli interessi forti si finisca per
accontentarsi di una soluzione di minima, con salvaguardia limitata a pochissime
zone e campo libero alle speculazioni». Il consiglio comunale dunque faccia «uno
sforzo di dignità», esorta il Wwf.
In aula intanto oggi si tornerà a discutere della variante per l’edificazione di
cinque villette in salita di Cedassamare, che la Costruzioni Meranesi srl vuole
realizzare dopo aver già costruito un primo lotto di due immobili. L’impresa ha
già diffidato il consiglio comunale sollecitandolo al via libera, visto l’iter
fin qui positivo. Ma alla già complicata situazione si è aggiunto un nuovo
elemento: con i suoi legali, uno dei proprietari delle case già realizzate
annota come una porzione dell’area su cui costruire le nuove ville risulterebbe
in realtà ora venduta ai nuovi proprietari di quelle già realizzate. Di qui la
richiesta di risposta da parte degli uffici comunali.
Servola
inquinata: resta solo l’arma del voto - Un lettore ricorda alla giunta in
carica il ruolo determinante del quartiere alle ultime elezioni
Parlare di polveri, d’inquinamento
od altro, ormai è superfluo in quanto magistratura, forze politiche, Arpa,
Azienda Sanitaria sono a sufficienza documentate. Ciò cui tutti dovranno
pensare, per costringere gli enti e soprattutto i politici ad una riflessione,
sono le future elezioni. Chi è attualmente in carica (per la seconda volta:
sindaco, assessori, giunta comunale) ha beneficiato in modo esponenziale, nel
momento cruciale del ballottaggio, dei voti pervenuti, dopo varie consultazioni,
da parte della VII Circoscrizione. Forse escludendo il Sindaco, l’attuale
maggioranza ignora questo fatto che invece le è stato determinante.
Ora i votanti di Servola e degli altri rioni altamente inquinati, potrebbero
invertire il voto premiando, nel prossimo futuro, i personaggi disposti a
sostenere le loro istanze riguardanti, in particolare la salute ed il desiderio
di una vita normale. Ciò vale anche per chi lavora in quel mostro fumante e
nocivo.
Leggendo le tabelle salariali di consiglieri, assessori, ecc. ci si rende conto
del perché i titolari sono più interessati alle loro entrate che ad assolvere
alle loro funzioni facendosi carico dei problemi scabrosi dei poveri cittadini
ed operai che vorrebbero sopravvivere alla Ferriera.
L’unica penalizzazione che noi cittadini possiamo arrecare loro è di non
rinnovare il voto a loro favore nelle prossime elezioni sia al Comune, sia alla
Provincia, sia alla Regione. A dimostrazione di ciò si può ricordare che due
candidati sindaci (Pacorini e Rosato) sono stati penalizzati proprio per non
aver sostenuto le richieste degli abitanti della VII Circoscrizione.
Ultimamente, poi, ci sono delle novità: dopo tanti anni e tantissime promesse da
parte della Lucchini-Severstal, quest’ultima si eclissa dopo aver portato parole
inutili e danni concreti alla cittadinanza. Ora si affaccia una nuova cordata
che, probabilmente, visti i precedenti, non ci offrirà sicurezza e non ci
ispira, già da ora, fiducia.
A questo proposito sarebbe opportuno conoscere cosa ne pensano, ambientalmente
parlando, le popolazioni di Cremona e dintorni dove sono installati i tanto
decantati stabilimenti dell’Arvedi.
Non si può, infine, tacere il fatto che la situazione attuale per Servola e
dintorni (molto estesi peraltro!) è diventata catastrofica: se prima si parlava
di episodi sempre più frequenti di emissioni tossiche ora si parla di una
continua e svariata nube tossica che incombe senza soluzione.
Alla fine «Chi farà Bingo?».
Claudio Giacca
IL PICCOLO - DOMENICA , 22
luglio 2007
Metropolitana leggera,
entro due anni da Muggia a Opicina in venti minuti - Il piano messo
a punto dalla Provincia
A bordo della metropolitana
leggera in un quarto d’ora da Campo Marzio a Opicina e fino a Muggia in
venti minuti. Niente di faraonico o fantasioso, il progetto che si basa in
realtà sulla risistemazione di tratte di ferrovia, soprattutto di punti di
servizio (pensiline, scale di collegamento eccetera) già esistenti e in
esercizio è ormai a un passo dalla realizzazione visti anche i costi
contenuti. Un’idea ambiziosa, ma che una serie di esperti delle Ferrovie,
del trasporto pubblico e altri tecnici guidati dall’assessore provinciale ai
Trasporti Ondina Barduzzi ha fatto diventare possibile e concreta. «Dopo
tanti progetti la Provincia è riuscita a realizzare il primo studio organico
sulla rivitalizzazione della metropolitana leggera, un disegno che sta
all’interno del progetto che sta preparando la Regione con l’assessore ai
Trasporti Lodovico Sonego che punta all’integrazione tra gomma e rotaia. Noi
integreremo anche il trasporto marittimo dei traghetti, un sistema completo»
ha spiegato la Barduzzi. Poche settimane fa in Provincia la firma del
protocollo di intesa per il recupero degli impianti ferroviari del nodo di
Trieste tra Provincia, Autorità portuale ed Ezit. Tutti interessati al
progetto: in soli 2-3 anni potrebbe essere possibile ripercorrere le vecchie
rotaie che abbracciano la città e che collegano Muggia a Opicina passando
per la zona industriale, inutilizzate. Investimento ipotizzato 14 milioni di
euro. Un progetto che ha basi solide visto che la metropolitana leggera
sarebbe una parte della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria
(servono altri 70 milioni di euro per il collegamento costiero tra il
capoluogo e la città slovena) da utilizzare sia per le persone che per le
merci. Entro luglio, con l’illustrazione dei risultati del secondo studio di
fattibilità affidato dalla Provincia all’Università e a Rfi, i dettagli del
progetto, i tempi e i costi. |
IL PICCOLO
- SABATO , 21
luglio 2007
Piano
regolatore, proposte più garanzie per tutelare zone di pregio ambientale - La
delibera all’inizio della prossima settimana in consiglio comunale. Bucci:
«Decida l’aula»
La delibera di indirizzi sulla
variante al piano regolatore generale approderà martedì o mercoledì in consiglio
comunale. La certezza, come ha ribadito ieri davanti alla commissione consiliare
urbanistica l’assessore Maurizio Bucci, è che la giunta, «dando un ruolo»
politico all’aula (affidandole cioè la responsabilità di una scelta pesante), ha
voluto lasciare al consiglio, «se lo riterrà opportuno, di istituire una
salvaguardia su cui l’esecutivo non intende entrare nel merito». L’orientamento
che al momento emerge chiaro dalla maggioranza - anche se i consiglieri
mantengono il riserbo - è quello di portare in aula emendamenti per istituire
regimi di salvaguardia di alcune zone mirate, come quelle di particolare pregio
ambientale. Resta da capire se dai partiti di maggioranza arriverà un
emendamento unitario e se sarà possibile un dialogo con l’opposizione. Quello
della salvaguardia è del resto il vero nodo: auspicato dagli ambientalisti e
temuto, in una sua eventuale applicazione generalizzata, da più categorie, dato
che - come già ricordava un documento sottoscritto da Ance (associazione
costruttori) e Cna - una salvaguardia generalizzata vedrebbe «bloccata qualsiasi
attività edilizia almeno per i prossimi quattro o cinque anni».
Mentre dunque la partita si gioca tutta nella ricerca di un punto di equilibrio
tra istanze diverse - ambientalisti, ordini professionali, categorie
economiche... - proprio la salvaguardia è stata ieri al centro della
discussione. Bucci ha sottolineato come la giunta abbia scelto di basare la
redazione della variante sulla vecchia legge urbanistica regionale proprio
perché la nuova - che entrerà in vigore a fine agosto - «non prevederà la
possibilità di salvaguardie». Al consiglio scegliere, dunque. Ma a introdurre un
altro elemento è stato il diessino Fabio Omero, che ha proposto di chiedere
all’Avvocatura comunale un parere sulla possibilità di bloccare le concessioni
anche su piani particolareggiati già adottati e approvati, citando una sentenza
del Consiglio di Stato che va appunto in questa direzione. Un’opzione che
richiederebbe «congrue motivazioni», ha risposto il capogruppo forzista Piero
Camber.
Anche nel centrosinistra, intanto, si sta lavorando a una serie di emendamenti:
oggi i capigruppo dell’opposizione si riuniranno per trovare un accordo,
anch’essi comunque con il presupposto di porre alcune zone in salvaguardia. La
partita del piano regolatore, del resto, si connette con alcuni nodi
delicatissimi quali il piano per Cedassamare o quello dei cosiddetti «cuboni» di
via Belpoggio-Santa Giustina (il cui comitato cittadino ieri era in aula per
ribadire la propria richiesta di tutela sull’area di Campo Marzio).
Ancora critiche dall’opposizione, intanto, sull’inconsistenza di una delibera di
indirizzi che in realtà lascia le porte aperte a ogni soluzione abdicando a
tratteggiare «linee strategiche» per il futuro della città: scelta precisa, ha
replicato Bucci, perché in caso contrario «non si potrebbe più tornare
indietro».
Ieri in commissione si sarebbe dovuto discutere anche di altre delibere: quelle
sull’ampliamento delle aree commerciali del Silos, quella sul trasferimento
dell’International School nell’area del Sincrotrone, quella infine che dà via
libera in materia di valutazione ambientale sul progetto (rivisto) di
ampliamento dell’hotel Riviera. Tutte, però, sono state rinviate alla seduta di
martedì. Maggioranza e opposizione concordi: impossibile discutere di documenti
che erano arrivati sul tavolo dei consiglieri pochi minuti prima. Il fatto è -
come ha ricordato Bucci - che per il via libera al Riviera scadranno il 22
luglio (cioè domani) i termini del silenzio-assenso: insomma, niente voto uguale
sì. Mezz’ora di dibattito sul da farsi, Bucci ha fatto presente che in fin dei
conti il progetto è stato visto tempo fa dal consiglio comunale che ora ne deve
solo licenziare la valutazione di impatto ambientale; ma lo stesso Sasco (senza
voci di dissenso da An o Fi) ha sottolineato quanto il progetto da allora sia
cambiato, e quanto, «visto il collegamento con il piano regolatore, il voto sia
in realtà politico».
p.b.
La Ferriera ricorre al Tar
contro i dati del sindaco - Il legale della proprietà: «I valori vanno
approfonditi». Il caso finirà anche in Tribunale
I risultati delle nuove analisi
provengono da uno studio ordinato dalla Procura e affidato a ricercatori
dell’Università
La proprietà della Ferriera di Servola è passata al contrattacco e ha
annunciato ieri che ricorrerà alla magistratura ordinaria e a quella
amministrativa per far verificare i dati tecnici su cui sono incardinate sia la
diffida del sindaco, sia la lettera dell’Azienda sanitaria. In sintesi rientrano
in scena il Tribunale amministrativo regionale, la Procura della Repubblica e il
Tribunale.
Per la Ferriera ha parlato l’avvocato Giovanni Borgna che assieme al collega
Giuseppe Frigo assiste da anni il gruppo Lucchini in svariate vicende
giudiziarie. Prima fra tutte quella di Servola.
«Di fronte alla contestazioni che curiosamente crescono proprio nel momento in
cui l’impresa sta facendo il massimo sforzo per contenere l’impatto ambientale
della Ferriera e mentre si prospettano nuove ipotesi che consentirebbero di
conciliare occupazione e sviluppo economico con rispetto dei parametri
ambientali - ha affermato l’avvocato Borgna- utilizzeremo tutte le vie di tutela
giudiziaria, fondate come sempre su argomenti tecnici. Innanzitutto andremo a
verificare i dati di cui oggi confusamente si discute, la loro portata e il modo
in cui sono stati raccolti. Poi verranno evidentemente richieste le verifiche
del caso all’autorità giudiziara ordinaria e amministrativa».
Sempre ieri il pm Federico Frezza ha confermato che i dati sulle emissioni di
polveri e benzoapirene che stanno alla base della lettera inviata dell’Azienda
sanitaria e della diffida firmata giovedì dal sindaco, sono stati raccolti dai
consulenti tecnici della Procura della Repubblica nell’ambito di uno dei tanti
procedimenti penali che coinvolgono i vertici dello stabilimento. «Sono dati
nostri» ha affermato il magistrato.
Questi dati sono stati raccolti a partire dai primi mesi del 2007 mentre
l’incarico risale al precedente novembre 2006- da due ricercatori del Cigra- il
Centro interdipartimentale di Gestione e ricupero ambientale dell’Università di
Trieste- i professori Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani. Fino a quel momento
nessuno, nè la Regione attraverso l’Arpa, nè il Comune, la Provincia o l’Azienda
sanitaria, avevano pensato e deciso di misurare le concentrazioni nell’aria
della città di idrocarburi policiclici aromatici. Due le stazioni di
rilevamento: una a Servola, in via dei Giardini a pochi metri dalla ferriera e
dalla superstrada; l’altra in via Giorgeri, nell’ambito di un edificio
dell’Università degli Studi dove l’aria non è influenzata da attività
industriali.
I primi risultati delle misure effettuate con un apparecchio pagato dalla stessa
Procura, sono stati disponibili a metà aprile. Già in quella sede era emersa una
situazione inquietante. «Le concentrazioni di benzoapirene eccedono in quattro
campioni su quattro il valore guida indicato dal Decreto ministeriale del 1994 e
dalla direttiva del Parlamento europeo del 15 dicembre 2004». A chiare lettere i
due ricercatori, fin dal primo approccio con il problema Ferriera, definiscono
«severa» la situazione di Servola.
La seconda relazione inviata al pm Federico Frezza porta la data del 29 maggio.
I dati raccolti dai ricercatori del Cigra pochi giorni dopo sono stati
comunicati sia alla Regione, attraverso l’Arpa, sia al sindaco come primo
responsabile sanitario della città.
«La valutazione del benzoapirene, l’unico fra gli idrocarburi policiclici
aromatici a essere considerato nella normativa italiana, sembra convalidare la
criticità della situazione della qualità dell’aria presso la Ferriera» scrivono
i due consulenti della Procura. Nelle pagine successive riferiscono i primi
risultati dell’effetto delle polveri PM25 provenienti da campioni raccolti a
Servola sulla crescita delle cellule umane.
«I primissimi risultati mostrano un’attività mutagenetica degli estratti più
concentrati, ma devono essere eseguite ulteriori sperimentazioni al fine di
ottenere una curva dose- risposta completa ed esauriente».
In altri termini la ricerca non è conclusa e va ulteriormente approfondita e
verificata. E’ questo un giudizio non dissimile da quello richiesto ieri
dall’azienda siderurgica attraverso il proprio avvocato.
Claudio Ernè
Monte Grisa, impianto
fotovoltaico - Un lettore suggerisce come far fronte alle spese per il
restauro del tempio
Dopo aver letto sul Piccolo i motivi
della caduta del tetto, e sui problemi perché ciò non accada in futuro, credo
che la soluzione migliore sia proprio il fotovoltaico. Visto che la Regione dà
un contributo fino all’80% per il fotovoltaico in Friuli Venezia Giulia. Penso
che basterebbe ricoprire il tetto del Santuario con questo sistema.
Con questo nuovo contributo vengono in effetti premiati gli impianti sino a 3000
Wp come massimo e quelli integrati architettonicamente. Il restante 20% sarebbe
coperto dalla vendita dell’energia, visto che a partire da fine febbraio 2007 è
entrato in vigore il nuovo «conto energia», che è un’evoluzione decisamente
migliorativa rispetto a quello in vigore sino ad allora.
Incentivi per gli impianti solari con i pannelli inseriti al posto delle tegole,
superiori a 20kWp, che vanno da 36 a 49 centesimi per ogni chilowattora prodotto
a seconda della categoria, che prevede impianti non integrati (cioè esterni alla
struttura); parzialmente integrati (come pannelli sui tetti). Poi ci sono le
detrazioni fiscali, che si ottengono scalando dall’Irpef il 41% dal
fotovoltaico, dell’importo pagato, detraibile in 5 o 10 anni.
Pensate, aria condizionata d’estate e riscaldamento d’inverno per i pellegrini,
praticamente gratis! Non m’intendo di termini tecnici e legali, ecc., ma credo
sia una buona idea, lanciata anche da qualcun’altro proprio nelle Segnalazioni.
Sto pensando alla pubblicità che ne ricaverebbe un’assicurazione o una banca che
aiutasse la Curia triestina per il Santuario, anche la stessa ditta vincerebbe
l’appalto per il fotovoltaico di un monumento importante, potrebbe poi
pubblicizzarlo come il suo fiore all’occhiello. Comunque, se mancassero i soldi
e venisse indetta una sottoscrizione all’Azione Cattolica, sarebbe mio desiderio
contribuire con il 10% della mia pensione.
Adriano Bellini
IL PICCOLO - VENERDI' , 20
luglio 2007
L’Azienda sanitaria denuncia
nuovi sforamenti e la proprietà chiede chiarimenti sui dati dell’Arpa -
Dipiazza: Ferriera, stop alla cokeria
Il sindaco ha emesso
un’ordinanza «per bloccare le emissioni inquinanti»
L’Azienda sanitaria denuncia nuovi
sforamenti delle emissioni della Ferriera di Servola misurati dall’Arpa e il
sindaco Roberto Dipiazza emette una terza ordinanza e la invia alla Lucchini
intimando la «cessazione immediata delle emissioni inquinanti». Sotto accusa la
cokeria con le emissioni di benzene, polveri e idrocarburi policiclici
aromatici. Ieri pomeriggio, a sorpresa, in una giornata di caldo torrido,
caratterizzata anche da varie segnalazioni dei cittadini, in particolare di
Servola, sulla presenza di maggiori polveri, fumi e odori imputati allo
stabilimento siderurgico, la convocazione di una conferenza stampa del sindaco
in Municipio. «Proprio stamattina ero a Muggia – esordisce Dipiazza – e ho visto
che stavano scaricando del materiale e gli impianti erano in funzione. C’era una
nuovola immensa. Insomma, ci sono 41 gradi, ho subito telefonato all’azienda
invitandola a rallentare. Lo dico io come imprenditore, certe volte bisogna
venire incontro alle esigenze della gente. Appena arrivato in ufficio è arrivata
la lettera dell’Azienda sanitaria. Ho dovuto fare l’ordinanza vista la gravità
della situazione. La Lucchini dovrebbe considerare seriamente il problema».
Un’ordinanza che riguarda in particolare la cokeria, ma Dipiazza non chiede la
chiusura degli impianti: «Chiedo di far cessare immediatamente le emissioni
inquinanti – dice la nota – e in particolare quelle prodotte dalla cokeria
ponendo in essere tutti gli interventi anche incidendo sul ciclo produttivo,
fatta salva la correlata attivazione di quanto necessario alla messa in
sicuirezza degli impianti».
Il sindaco ribadisce «non dico che devi chiudere, ma che non devi più emettere
inquinanti. La Ferriera può rallentare, togliere il piede dall’acceleratore.
Strano che non l’abbiano già fatto di fronte a questo caldo, ho ricevuto un
sacco di telefonate dei cittadini. Da imprenditore non lo capisco. È la prima
volta che l’Azienda sanitaria chiede in una lettera provvedimenti per la
salvaguardia della salute pubblica».
La lettera dell’Azienda sanitaria firmata dal direttore generale Franco Rotelli
è stata inviata anche alla Procura (che poco tempo fa ha deciso il dissequestro
degli impianti visti gli interventi messi in atto dalla Lucchini) ed è giunta
dopo le misurazioni fatte dall’Arpa che hanno inviato una nota mercoledì scorso.
Un ulteriore tegola che arriva sulla Ferriera proprio mentre è in corso la
valutazione da parte della Arvedi, gruppo siderurgico di Cremona, che ha chiesto
di acquisire lo stabilimento dalla Lucchini. E proprio ieri sono arrivati i
primi consulenti della Arvedi (tecnici della Voest Alpine) incaricati di
studiare gli impianti e le misure ambientali per ridurre al massimo le emissioni
aumentando la produttività degli altoforni e contemporaneamente riducendo
l’attività della cokeria.
Sono arrivati pure i tecnici della stessa Arvedi di Cremona e tra lunedì e
martedì giungeranno altri consulenti (esperti di altiforni) della Corus. Un
momento delicatissimo che vede da un lato la Lucchini impegnata (con un
confronto propositivo con la Procura) a fare i primi interventi ambientali sugli
impianti (previsti 10 milioni di investimenti) in vista della conferenza dei
servizi (il 26) che dovrebbe portare all’Autorizzazione intergata ambientale.
Dall’altro l’offerta a sorpresa della Arvedi conosciuta (a Cremona, per detta
degli stessi sindacati locali) per la sua attenzione ai problemi ambientali e
che vorrebbe replicare l’esperienza a Trieste.
Ieri l’azienda ha fatto sapere di aver ricevuto l’ordinanza e ha confermato che
«ottempererà alla richiesta di cessazione delle emissioni». Ma ha aggiunto anche
che «resta in attesa di un chiarimento in merito ai dati dell’Arpa che non sono
stati trasmessi». Oggi forse un chiarimento su una situazione difficile per
l’azienda in un momento tra l’altro particolarmente delicato non solo per le
trattative in corso, ma anche per le condizioni atmosferiche con il caldo
torrido e l’elevata umidità che rende complicato non solo l’attività siderurgica
ma anche quella logistica della banchina a mare dove sono in corso operazioni di
scarico di materiale che potrebbe aver peggiorato la situazione sul fronte delle
polveri.
Giulio Garau
In Provincia l’Arpa illustra i
dati ai comitati
Ieri sera, quasi in contemporanea,
era in corso in Provincia l’audizione sul nodo Ferriera. Dal Circolo Miani e i
Comitati di Servola respira sino agli esperti dell’Azienda sanitaria e
dell’Arpa. «Continuano a esserci rischi forti per la salute dei servolani»,
hanno ribadito i rappresentanti dei due circoli, mentre il direttore dell’Arpa
Stelio Vatta ha illustrato i dati degli sforamenti confermando il «trend
negativo». «La situazione è peggiorata in luglio – ha detto – per il benzene
abbiamo registrato su una serie di 3805 rilevazioni orarie una media di 14,2
microgrammi/metro cubo mentre la media precedente era di 12,8. Il limite di
legge si ferma a 8». Stesso discorso per le polveri con le misurazioni delle
centraline di via Pitacco, Carpineto, e il mezzo mobile di via San Lorenzo in
Selva. «Per 4 giorni in queste zone la concentrazione media era ben al di spora
del limite giornaliero di 50 microgrammi per metrocubo. In particolare in via
San Lorenzo in Selva».
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 19
luglio 2007
Primo sì dell’Ue alla
Trieste-Divaccia - Il progetto della ferrovia prevede una galleria a 150
metri di profondità
Incontro a Bruxelles tra Di
Pietro e il commissario ai trasporti europeo: «Ok alle nostre soluzioni per il
Corridoio V»
Alitalia, gara chiusa senza concorrenti. L’Europa: no ad aiuti di Stato
Dopo un incontro a Bruxelles tra il ministro Di Pietro e il
commissario ai trasporti europeo è arrivato ieri il primo sì alla costruzione
della Trieste-Divaccia. Il progetto della ferrovia, che partirà da Opicina,
prevede una galleria a 150 metri di profondità. Per Alitalia, intanto, la gara
si è chiusa senza concorrenti e l’Europa ha detto no ad ulteriori aiuti di
Stato, che erano già stati concessi una volta. Alto il rischio di fallimento.
An: «Piano regolatore, non siamo isolati» -
Secondo il vicesindaco Lippi la delibera deve essere migliorata
La replica dopo che Dipiazza ha annunciato di voler
porre la fiducia sul documento originale
Sul siluretto lanciato
da Roberto Dipiazza in materia di variante al piano regolatore, i pompieri di
Forza Italia si mettono al lavoro fin dal mattino di ieri. Il sindaco martedì,
infastidito perché gli assessori di An in giunta si erano astenuti sulla
delibera di indirizzo, ha annunciato che in consiglio comunale porrà «la
fiducia sulla delibera originale», puntando di fatto a isolare il partito di
destra? Il capogruppo azzurro Piero Camber tenta una quadratura del cerchio:
«La delibera rimane uguale, verrà migliorata. La giunta ha posto le
fondamenta, noi metteremo i muri...» Perché in effetti c’è la volontà
condivisa di sottoporre al sindaco un documento da condividere, per giungere
in aula con «migliorie» che l’esecutivo potrebbe fare proprie.
An sceglie la linea morbida. Certo il partito «non è isolato: basterebbe
parlare con i capigruppo», premette il vicesindaco Paris Lippi. Ma «stiamo
cercando di dare un contributo costruttivo, e lo stesso Dipiazza in giunta ha
detto che della delibera avrebbe riparlato con i colleghi ai lavori pubblici
Bandelli e all’urbanistica Bucci per esaminare migliorie su cui poter
concordare».
Insomma, niente repliche puntute ma una conferma: la delibera - per An troppo
generica - va modificata. Come chiedono appunto i capigruppo, mirando a una
sintesi tra istanze ambientaliste e esigenze di sviluppo. Non è estraneo alla
partita il fastidio che in An (ma non solo) ha provocato il fatto che il
titolare dell’urbanistica Maurizio Bucci abbia sottoposto ai colleghi una
delibera mai discussa in precedenza. Del resto, dalla Lista Dipiazza Maurizio
Ferrara ricorda come lui stesso e gli altri capigruppo di maggioranza «non
appena ricevuto il documento della giunta hanno subito coinvolto gli ordini
professionali e le associazioni ambientaliste. Forse però questo compito
spettava ad altri. Qualcuno - aggiunge Ferrara - si deve rendere conto che
governare significa coinvolgere e poi decidere, non viceversa». Così facendo
«forse non ci sarebbe stata astensione di An». Ad ogni modo, Ferrara lo dice
chiaro: primo, l’accordo su eventuali emendamenti da presentare in aula andrà
cercato «anche con l’opposizione». Secondo, «il gruppo voterà solo gli
emendamenti condivisi con il sindaco». Ma una convergenza, avverte dall’Udc
Roberto Sasco, va trovata.
E intanto, il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri annota che nella
delibera «non si tengono in alcun conto le linee guida tracciate dall’Unione
europea» come tutela ed estensione del verde pubblico o riuso delle piazze,
mentre si rinuncia a una pianificazione capace di essere un volano per lo
sviluppo. Di «mancanza di obiettivi» parla anche il capogruppo diessino Fabio
Omero, che ha redatto alcuni emendamenti su cui «sono pronto a confrontarmi
con gli altri consiglieri e con il sindaco», precisa in replica a Dipiazza
(«anche la sinistra è con me», aveva detto il primo cittadino). Si tratta di
emendamenti «concepiti come salvaguardia graduale: mettere in salvaguardia
cioè quegli interventi edilizi al di sopra di una certa cubatura per i quali
già oggi il piano regolatore prevede l’adozione di un piano particolareggiato,
tanto in zone del centro urbano quanto nelle periferie; autorizzare invece
interventi di risanamento e manutenzione». Meno costruzioni e più restauri,
insomma. Inoltre, Omero propone «la messa in salvaguardia per le zone
turistiche e quelle di particolare pregio, compresa la sospensione della
concessione edilizia per i piani già approvati». All’aula decidere: se ne
inizierà a parlare oggi nella commissione consiliare urbanistica.
p.b.
Rifiuti, si farà la raccolta differenziata -
Il progetto cancella la Tarsu e introduce la tariffa secondo quantità
Presentato in Provincia il piano per separare carta,
vetro, plastica e ridurre il ricorso all’inceneritore
La legge regionale è del 2005, e appena adesso la Provincia presenta il
piano di attuazione per la raccolta differenziata degli imballaggi (vetro,
plastica, carta e contenitori, plastica e lattine) che se portato a termine
virtuosamente da tutti i Comuni potrebbe liberare i cittadini dal peso della
Tarsu, perché la legge prevede che la tassa (oggi calcolata sui metri quadrati
di abitazione) sia sostituita da una tariffa (Tia) con la quale si paga
l’effettiva quantità di rifiuti «normali» prodotti. Il che significa che più
il cittadino usa le «campane» per carta e vetro, meno spende per il servizio
rifiuti. In quattro anni si prevedono risparmi dell’ordine del 25-30 per
cento. Esclusa però la raccolta «porta a porta» che sta rivoluzionando i
costumi di Gorizia e Monfalcone, con vistoso disagio per i cittadini.
Il piano è stato presentato ieri dall’assessore provinciale all’Ambiente
Ondina Barduzzi, che ha annunciato 400mila euro di stanziamento a favore dei
Comuni, con una prima tranche di 15mila come incentivo di partenza uguale per
tutti e poi premi per i migliori progetti. L’obiettivo (nonostante i ritardi
accumulati anche dalla precedente amministrazione) restano quelli fissati a
livello europeo e regionale: il 35 per cento di differenziata entro l’anno, il
60 per cento a fine 2008. Trieste adesso ha un indice basso: il 17-18 per
cento.
Entro questa stessa data la Provincia dovrà anche dotarsi di un nuovo impianto
per la raccolta e il trattamento dei rifiuti da imballaggio capace di gestire
sia quelli urbani sia quelli speciali, delle imprese.
Si calcola che su una tonnellata di rifiuti ben il 60 per cento sia
rappresentato da materiale riciclabile. Gli ultimi dati disponibili (2005)
indicano che la l’intera provincia triestina produce circa 18 tonnellate e
mezzo di rifiuti differenziati, di cui quasi 6000, cioé un terzo, sono
rappresentati da imballaggi. Oggi, tolta la piccola percentuale citata,
finisce tutto nell’inceneritore (coi problemi che ne possono derivare, visti i
recenti guasti, le emissioni nocive, lo stop imposto dalla magistratura,
l’emergenza di doversi appoggiare a Gorizia).
Il programma della Provincia prevede cassonetti verdi per la raccolta del
vetro, gialli per la carta, blu per la plastica e le lattine, grigio per il
resto. In alcune zone della città ci sono già, ma poco usati e non abbastanza
«sotto casa». Progetti sperimentali sono stati avviati in alcuni quartieri, a
Rozzol Melara, Valmaura e San Giacomo: «Con un risultato ottimo» ha detto
Barduzzi, che ora raccomanda a cittadini, enti, imprese di prendere visione
del piano per suggerimenti o miglioramenti (l’iter del provvedimento è
spiegato qui a parte).
Assolta la prima parte burocratica, il compito sarà poi dei Comuni. «Più
difficile certamente a Trieste - ha ammesso Barduzzi - ma ci sono città e
regioni dove la ’’campane’’ sono state sistemate massicciamente da tempo, e se
ci sono riusciti gli altri possiamo farlo anche noi». Complicato soprattutto
individuare il sistema per passare dalla tassa - a Trieste appena lievitata di
ben il 30 per cento - alla tariffa individuale: «Ci sono vari sistemi - ha
aggiunto l’assessore -, si va dalla pesata del sacchetto registrata su una
card (potrebbe anche essere quella regionale) ai sacchetti venduti in
tabaccheria con registrazione: meno se ne prendono, meno si paga di tariffa».
Resta poi il fatto che dal «differenziato» che confluisce nel nuovo impianto -
tutto da fare - bisogna ricavare anche un buon indice di riciclaggio effettivo
dei materiali, attraverso apposite ditte. «Ma già oggi - ha sottolineato
Barduzzi - l’Acegas ’’divide’’ i materiali, non è escluso che possa occuparsi
anche del nuovo servizio». E il termovalizzatore, cioé l’inceneritore che
produce energia e quindi denaro? «Non ha potenzialità infinite - ha concluso
l’assessore -, funziona meglio con rifiuti selezionati, e potrebbe avere più
spazio per occuparsi dei rifiuti speciali». Tutto il programma è iniziato con
un’azione educativa: 200 mila euro sono stati dati alle scuole per
propagandare comportamenti ecologici ai ragazzini. Con la speranza che
convincano anche i genitori.
Gabriella Ziani
Ferriera, arrivano i tecnici dell’Arvedi - Il primo
sopralluogo dell’azienda lombarda
Il gruppo Arvedi lavora in maniera serrata sulla
valutazione per l’acquisto della Ferriera di Servola e per risolvere da un
lato le questioni ambientali e dall’altro per aumentare la produttività dello
stabilimento. Tra oggi e lunedì atteso a Servola l’arrivo di tecnici ed
esperti sul fronte ambientale e produttivo nel settore siderurgico incaricati
di approfondite consulenze per conto della Arvedi sullo stato degli impianti.
Le ipotesi per il futuro produttivo della Ferriera parlano di una riapertura
del secondo altoforno e del contemporaneo rallentamento dell’attività della
cokeria per abbassare il limite delle emissioni, soprattutto di polveri. E
proprio l’arrivo dei tecnici di questi giorni punta a studiare come abbassare
al massimo il livello degli inquinanti: da quanto si è saputo il gruppo Arvedi
punta addirittura a interventi aggiuntivi rispetto alle prescrizioni fatte
dalla procura della Repubblica alla Ferriera. Il gruppo Lucchini intanto
procede nelle operazioni di miglioramento ambientale degli impianti: la
settimana prossima (giovedì 26) prevista la prima vera riunione della
Conferenza dei servizi in Regione sulla procedura di autorizzazione integrata
ambientale dello stabilimento.
Ma veniamo alle viste dei tecnici. In arrivo due gruppi diversi di esperti.
Tra oggi e domani sono attesi i primi tre che giungono direttamente dalla
Voest Alpine (il colosso siderurgico austriaco). Uno dei tecnici è esperto di
impianti di cokeria, uno sugli altoforni e uno di agglomerato (serve per la
produzione di ghisa). Sono i consulenti scelti dal gruppo Arvedi che
dovrebbero verificare i possibili presidi ambientali e gli interventi per
migliorare le condizioni di lavoro degli impianti. L’obiettivo, da quanto si è
saputo, è individuare ulteriori miglioramenti agli apparati di produzione per
limitare al massimo polveri ed emissioni. Il programma di verifica dei
consulenti della Arvedi è stato reso noto anche al personale dello
stabilimento e i vertici della Ferriera hanno informato le rappresentanze
sindacali interne.
Altri due o tre tecnici invece sono attesi tra lunedì e martedì prossimi. Si
tratta stavolta di esperti spagnoli della Corus, una società leader sul fronte
siderurgico. Il loro lavoro dovrebbe essere mirato agli altiforni. Seri
approfondimenti infine sono in corso sul fronte logistico e portuale e la
Arvedi sta valutando (un progetto Lucchini) da subito il rapporto
costi/benefici sul prolungamento da 300 a 600 metri della banchina. L’ultima
verifica il gruppo Arvedi la sta facendo sulla logistica terrestre e in
particolare sulla possibilità di potenziare le linee ferroviarie per futuri
trasferimenti di prodotto direttamente da Trieste a Cremona.
Giulio Garau
Sul Piccolo del 30 giugno ho letto l’articolo
concernente la ferriera. Siccome in passato mi ero già interessato in merito
al problema stesso, vorrei ritornare sull’argomento, che inquina l’atmosfera,
compromettendo le vie respiratorie di tutti gli abitanti della città, nessuno
escluso.
Si parla ora di dimezzare le polveri entro tre anni, quindi si vuole
continuare a minare la salute della gente, senza parlare di eliminare
completamente i veleni sprigionati dagli altoforni, che intaccano
inesorabilmente il fisico di coloro che di fronte al profitto contano meno di
nulla. Questo stabilimento, che genera polveri mortali, deve venire chiuso
definitivamente; poiché il non farlo potrebbe portare i responsabili a
rispondere di lesioni dolose, al cospetto dell’autorità giudiziaria.
Se non erro, il personale impiegato nella ferriera doveva essere trasferito in
altre attività produttive già predisposte: che cosa è stato fatto in
proposito? Il nostro sindaco si rende conto di tale macigno, che incombe sulla
città, tanto da chiedere la sua chiusura, senza sospensioni e successive
riprese dell’attività stessa; ma la chiusura definitiva di questo pericolo
permanente. Il signor Lucchini, il quale ha già guadagnato lautamente con la
ferriera, sia quindi tanto umanitario e cortese di concedere la grazia della
chiusura, o della conversione dello stabilimento in prodotti non nocivi.
Tommaso Micalizzi
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 18
luglio 2007
Nessuna
modifica, An isolata - Piano regolatore, Dipiazza: «Chiedo la fiducia in aula»
Farà caldo in Comune negli ultimi
giorni di luglio, ma le temperature torride dell’estate c’entrano poco.
L’accordo sulla delibera che detta gli indirizzi per la variante al Piano
regolatore - una sorta di maxi-emendamento di maggioranza, salvaguardando solo
le aree più critiche e dando certezza ai privati - non è piaciuto a Roberto
Dipiazza. «Porrò la fiducia in Consiglio comunale sulla delibera originale»,
dice il sindaco. Isolando An che in giunta, con i propri assessori, si è
astenuta su quella delibera.
«Non abbiamo votato contro sulla base di un accordo che in aula sancirà il vero
indirizzo», dice l’assessore Franco Bandelli (An). E aggiunge: «L’astensione è
un passo avanti, se qualcuno non accetta questi passaggi sfugge alla vita
democratica». Una tesi ribadita anche dal collega di partito e vicesindaco Paris
Lippi, che parla di una delibera da «rendere consona alle aspettative» e dalla
capogruppo Alessia Rosolen. Tutti aspettano i lavori in commissione e il voto in
aula a fine mese per «ridefinire i parametri, dopo l’incontro - dice Rosolen -
con le associazioni ambientaliste, gli ordini e le categorie». Lo stesso
capogruppo forzista Piero Camber conferma: «Vediamo di dare sostanza alla forma.
Una sostanza condivisa - dice - perché la coalizione lavora in sintonia». Fino a
un certo punto, in realtà, viste le dichiarazioni del sindaco. «Ho già fatto un
Piano regolatore a Muggia di cui non si sente parlare perché semplicemente è
buono, mentre quello di Trieste lo critica anche la stessa sinistra». E
aggiunge, strappando con An: «La fatica è insegnare agli altri come si fa un
piano onesto. In Consiglio metterò la fiducia su questo documento - spiega -
incassando i voti di Fi, Lista Dipiazza e Udc. Anche la sinistra è con me».
p.c.
IL PICCOLO - MARTEDI' , 17
luglio 2007
Piano regolatore, accordo in
maggioranza: salvaguardia solo per le aree più critiche - La delibera verso il
sì con l’astensione di An
URBANISTICA La delibera che detta
gli indirizzi per la variante al piano regolatore generale verrà discussa oggi
dalla giunta comunale, che - annuncia l’assessore Franco Bandelli - la varerà
con l’astensione degli assessori di An. La palla passerà poi al consiglio
comunale, che in aula potrà apportarvi emendamenti significativi. Modificandola
insomma anche in maniera pesante.
È questo il risultato di una giornata convulsa sul fronte della politica
urbanistica. Una giornata che in poche ore ha visto l’esecutivo rinviare a oggi
la delibera, gli assessori Maurizio Bucci e Bandelli impegnarsi in incontri con
Ordini professionali ma anche con i capigruppo della maggioranza consiliare, e
infine rappresentanti della giunta e della maggioranza consiliare pervenire a
una mediazione e dunque a un accordo.
Punto di partenza, si diceva, la giunta di ieri, con la delibera portata dal
titolare della pianificazione territoriale Bucci. Una delibera che ancora una
volta ha visto dubbiosa An: per le «questioni di metodo», quelle che nel primo
passaggio in giunta - lo scorso giugno - avevano visto Piero Tononi,
nell’occasione unico esponente dei finiani presente, votare contro lamentando il
fatto che di un documento così importante per il futuro urbanistico (ed
economico) della città il partito non fosse stato preventivamente messo a
conoscenza. E come in precedenza, An ha continuato a sottolineare l’eccessiva
genericità del documento, che secondo il partito - raccolte le indicazioni delle
parti sociali - non forniva indicazione alcuna né su una eventuale messa in
salvaguardia generale del territorio (che peraltro equivarrebbe a bloccare nuove
concessioni edilizie) né una attenzione mirata a talune precise aree.
E mentre il forzista Bucci, all’ora di pranzo, minimizzava la questione («Va
trovata la condivisione, come sempre»), il suo collega ai lavori pubblici
Bandelli precisava che «su un documento importantissimo An, da alleato serio e
cosciente quale vuole restare, è disponibile a cercare tutte le strade possibili
per riuscire a dare un documento che sia condiviso dall’intera maggioranza e
recepisca le eventuali indicazioni che arrivano in prima fila da Ordini
professionali, categorie, associazioni ambientaliste».
Da qui, nel pomeriggio, una serie di incontri, nei quali a Bucci si è affiancato
Bandelli, dapprima con gli Ordini e in seguito con i capigruppo della
maggioranza consiliare, questi ultimi - precisa in Forza Italia Piero Camber -
«da sempre compatti». Infine, appunto, la mediazione: oggi l’ok alla delibera
con l’astensione di An, mentre «la maggioranza del consiglio - così ancora
Camber - punta a rivederla sostanzialmente adottando alcune salvaguardie
congruamente motivate». Insomma, nessuna messa in salvaguardia generalizzata con
la quale, come già sottolineato in un documento da Associazione costruttori e
Cna, la città vedrebbe «bloccata qualsiasi attività edilizia almeno per i
prossimi quattro o cinque anni»: ma attenzione ad alcune aree di particolare
criticità. «Sono abbastanza soddisfatta - commenta la capogruppo di An Alessia
Rosolen -: ora come maggioranza consiliare pensiamo di riuscire a redigere un
documento che difenda un comparto economico della città dando contestualmente
risposte anche a chi chiede attenzione per l’ambiente e il territorio».
«Sono stati fatti dei grandissimi passi avanti», è il commento serale di
Bandelli: «An oggi in giunta si asterrà in base alla sorta di accordo raggiunta
e in ossequio alla volontà del consiglio. Confido che dall’aula uscirà un
documento che accontenterà anche a quelli che pensavano a salvaguardie
indiscriminate: non è questa la volontà dell’amministrazione, così come non lo è
quella di dare il via a cementificazioni selvagge».
Cedassamare,
nuove verifiche - Slitta a lunedì prossimo la discussione in Consiglio
comunale
Ancora un rinvio sul complesso
abitativo da realizzare in salita Cedassamare. Nella seduta del Consiglio
comunale di ieri sera, infatti, non è stata discussa la delibera sulla specifica
variante al piano regolatore. L’argomento tornerà all’ordine del giorno della
prossima seduta, fissata per lunedì, dove saranno illustrati alcuni aspetti del
progetto presentato dalla costruzioni Meranesi srl.
Rispetto alla costruzione di cinque villette in salita Cedassamare, infatti, gli
uffici comunali saranno chiamati in questi giorni a verificare la validità delle
contestazioni mosse in una lettera dell’avvocato Diego, il legale che
rappresenta i residenti della zona, recapitata all’amministrazione comunale.
Nel documento sono evidenziate alcune «discordanze» tra il progetto presentato
dalla costruzioni Meranesi e l’attuale stato dell’area interessata. Le
contestazioni riguardano la reale cubatura degli immobili e la distanza fra le
facciate rispetto alle case già esistenti. Stando alla lettera dell’avvocato
Diego nelle carte presentate dalla costruzioni Meranesi srl e lo stato di fatto
dei luoghi, alcuni dati non sarebbero congrui. Una questione di cubature
differenti, da qui la richiesta di un controllo dei numeri.
Il voto in calendario dallo scorso 25 giugno, insomma, è destinato a slittare
ulteriormente di una settimana. Ma il problema rimane. La vicenda è una spina
nel fianco per i consiglieri che, dopo la diffida da parte dell’impresa
costruttrice, potrebbero essere chiamati a rispondere in solido nel caso di una
bocciatura del progetto.
Perché queste inutili tempeste nel
bicchiere? Qualcuno sa spiegare/spiegarsi il perché di reazioni così
sproporzionate? Dopo un anno dal suo insediamento, la giunta comunale di Muggia
cambia il rappresentante degli ambientalisti nella commissione comunale per le
antenne di telefonia mobile. E succede il finimondo.
Posto che i temi ambientali non sono né di destra né di sinistra, posto che le
associazioni ambientaliste sono tante e non presenti dappertutto, posto che
l’associazione «Ambiente e/è vita è stata nominata pochissimo tempo dopo la sua
recente costituzione a Muggia nella Commissione edilizia integrata di Muggia e
nella commissione per le antenne di telefonia mobile, viene da chiedersi come
mai si era scelta proprio quella associazione che a memoria dei muggesani si è
occupata soltanto delle acque del Fugnan (nella sua riunione costitutiva): ha
avuto un seguito?
E giorni fa, cioè qualche anno dopo, della bonifica di Acquario: soltanto per
avanzare gravi dubbi sulla sperimentazione che ci si propone di attuare.
D’altronde io non conosco il parere dell’associazione «Ambiente e/è vita»
rispetto ad alcuno dei gravi problemi ambientali che riguardano il territorio
muggesano.
Mi permetto di segnalare ai lettori di questo giornale, anche se i cittadini
muggesani se ne ricordano bene, che la Legambiente di Muggia è nata nel 1989, ha
decine di tesserati, ha condotto rumorose battaglie ambientaliste che sono ben
presenti nella memoria dei muggesani: contro la superstrada di circonvallazione,
per la salvaguardia dei Laghetti delle Noghere, per la soluzione del problema
delle antenne radio/tv di Chiampore, contro molti aspetti devastanti di vari
Piani regolatori, contro la cementificazione della costa muggesana, solo per
nominarne alcune.
Che dire per la completezza del discorso: che i membri della Commissione per le
antenne di telefonia mobile vi partecipano a titolo assolutamente gratuito?
June
Nicolini - segretaria Circolo Arcobaleno Legambiente Muggia
IL PICCOLO - LUNEDI' , 16
luglio 2007
Cedassamare,
oggi il voto Wwf: l’aula bocci il progetto
CONSIGLIO COMUNALE Torna stasera in
Consiglio comunale la delibera sulla variante al piano regolatore in base alla
quale in salita di Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Il
voto, in calendario fin dal 25 giugno, è stato rimandato già due volte. Per
l’aula municipale si tratta di una spina nel fianco: la diffida inviata
dall’impresa costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di
essere chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che
sinora ha ottenuto una serie di pareri favorevoli.
In ballo il piano della Costruzioni Meranesi srl: cinque ville «in una delle
zone non soltanto più belle e panoramiche della costiera triestina, ma
importante anche sotto il profilo naturalistico». Così in una nota il Wwf, che
nelle scorse settimane ha inviato delle osservazioni alle quali gli uffici
comunali hanno risposto ribadendo la correttezza dell’iter svolto. Ma il Wwf
insiste e invita il consiglio comunale a bocciare il progetto: «Sul piano
particolareggiato non è stata svolta la valutazione di incidenza, prescritta
dalle norme comunitarie per tutti i piani ed i progetti che possano comportare
“incidenze significative” (cioè danni)» su siti di particolare interesse
naturalistico come quello su cui insiste il progetto. «Il piano - sostiene il
Wwf - prevede la distruzione di circa nove ettari di bosco (con prevalenza di
querce d’alto fusto), di grandissimo pregio ambientale, ed è evidente che
comporterà un grave danno per gli habitat e le specie vegetali e animali
dell’area. Anche perché la cementificazione di quest’area - prosegue la nota -
si aggiungerebbe a quelle già realizzate negli ultimi anni in altre aree
costiere di analoghe caratteristiche, per tacere degli ulteriori piani che
prevedono ”villettizzazioni” tra Barcola e Prosecco».
Gli uffici comunali – aggiunge Dario Predonzan per il Wwf – «hanno cercato
maldestramente di negare la necessità della valutazione di incidenza per il
piano di salita Cedassamare. Una memoria dettagliata che ribadisce l’esigenza di
tale adempimento è stata però inviata dal Wwf a tutti i consiglieri comunali».
Quanto alla diffida inviata dall’impresa ai consiglieri, il Wwf la ritiene
«infondata» perché «non essendo stata effettuata la valutazione di incidenza,
che deve comunque precedere l’approvazione del piano, lo stesso non è
approvabile dal consiglio». Infine, gli ambientalisti definiscono
«contraddittorio anche il parere favorevole espresso della Regione».
Intanto il «Club autonomo di Trieste dei soci di Friends of the earth-amici
della terra, associazione per l’ambiente e i diritti dell’uomo» annuncia oggi
dalle 18.30 alle 20 un presidio davanti al Comune, per dire «no alla
cementificazione della Costiera». Al sindaco e ai consiglieri comunali verrà
consegnata una «petizione dei comitati spontanei dei cittadini che partecipano
all’iniziativa».
IL PICCOLO - DOMENICA, 15
luglio 2007
La
Trieste-Divaccia non sarà ad alta velocità - Svelati nuovi particolari del
tracciato del «Corridoio 5» fra Italia e Slovenia
TRIESTE Nonostante il riserbo
che circonda ancora il tracciato del Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia
(progetto che Italia e Slovenia devono presentare all’Unione Europea entro
il 23 luglio), è già possibile fornire alcune informazioni sulle probabili
caratteristiche del percorso. Ed esse sono abbastanza sorprendenti anche se
il tracciato non è stato ancora approvato formalmente dai ministri italiano
e sloveno. Si sapeva infatti che, con i raggi di 2,7 km e le pendenze
dell’alta velocità, non sembravano esserci alternative all’attraversamento
del Rosandra o al passaggio in viadotto sulla piana di Zaule. Ebbene, da
sotto viale Miramare in avanti, il nuovo percorso sarà probabilmente tutto
sotterraneo - come quello che già si conosceva - ma con circa 10 km in più
sulla tratta Trieste-Divaccia. E non sarà più in alta velocità, come il
progetto di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) del 2003. PROSECUZIONE COMUNE -
Come nel progetto del 2003, le tre gallerie affiancate proseguirebbero dal
sottosuolo di viale Miramare in direzione sud-est. Giunte sotto alla zona di
S. Maria Maddalena superiore, invece di dirigersi verso Bagnoli imboccando
la progettata curva «M» in alta velocità sotto al Monte Carso,
descriverebbero una completa «S» a raggio abbastanza stretto. Nei limiti del
dettaglio concesso dal fermo immagine catturato dal video dell’ufficio
stampa regionale, le gallerie risalirebbero il fianco nord della Val
Rosandra (mantenendosi a grande profondità) passando sotto all'abitato di S.
Lorenzo. Da qui, le gallerie inizierebbero la prima curva in leggera salita
che attraverserebbe in profondità la valle, probabilmente al di là del
confine di Stato. Aggirato in profondità il Monte Carso in territorio
sloveno, le tre gallerie rientrerebbero in Italia subito a est di San
Dorligo-Dolina, per descrivere la seconda curva (probabilmente tutta
sotterranea) della «S» grossomodo nella zona a sud di S. Servolo-Socerb. La
confluenza - sempre in profondità - con la linea decisa dalla Slovenia
avverrebbe nella zona a metà strada fra S. Dorligo-Dolina e Klanec-S.
Pietro. Tutto suggerisce che questo sia effettivamente il tracciato che
Italia e Slovenia stanno per presentare all’Europa per ottenere un ingente
finanziamento di progettazione. CONCLUSIONE FACOLTATIVA - A parte i problemi
tecnici, e non solo idrogeologici, si delineerebbe una situazione generale
ancora più complessa rispetto il passato. Da un lato, la Slovenia
confermerebbe l’obiettivo che ha sempre esposto chiaramente: migliorare il
trasporto merci da e per il porto di Capodistria con una linea di buona
scorrevolezza, ma non di alta velocità passeggeri. E, quindi, con un
percorso non troppo profondo e perciò non eccessivamente costoso. La
Slovenia è riuscita a far approvare dall’Ue un Corridoio «Lione-Trieste/Koper-Divaca-Lubiana»,
dove la barra «/» ha consentito di includere nel finanziamento europeo anche
la deviazione per Capodistria, che è fuori-linea. Dall’altra parte, la
Regione Fvg e l’Italia, dopo aver per anni giustificato i 50 km e passa di
gallerie triple con la necessità di costruire una linea da 300 km all’ora,
ora ripiegherebbero su gallerie ancora più lunghe, ma per velocità più
basse. Senza ricordare che né questo tracciato né il precedente
risolverebbero due questioni-chiave per il porto di Trieste: il collegamento
diretto con Capodistria (con conseguenti benefici per entrambi) e la
strozzatura costituita dalla galleria di circonvallazione. Il percorso che
si è intravisto nel servizio televisivo regionale rischia di far pendere
ulteriormente la bilancia dalla parte dei costi, piuttosto che da quella dei
benefici.
Livio
Sirovich
IL PICCOLO - SABATO , 14
luglio 2007
Ferriera in
vendita, dubbi da Rifondazione
Per il capogruppo di
Rifondazione comunista in Consiglio regionale, Igor Kocijancic, «non è
credibile un gruppo come Lucchini-Severstal che prima afferma di essere in
regola con le emissioni nocive in atmosfera, poi contatta la procura per gli
interventi e gli investimenti da attuare e, infine, dice di voler cedere ad
un altro imprenditore la Ferriera». Quanto al gruppo Arvedi, che si appresta
a subentrare alla Severstal-Lucchini nella gestione della Ferriera,
Kocijancic ha invitato tutti a informarsi su quanto sta avvenendo a Cremona.
Via dell’Eremo,
firme contro i nuovi edifici
Gli abitanti delle circa 20
basse casette rurali della «corte dei Gherdolici», così chiamata perché
anticamente vi erano insediate solo famiglie con il cognome Gherdol, le
stanno provando tutte perché il Comune non metta all’asta un terreno di
circa 1400 metri quadrati, posto accanto alle loro abitazioni in via
dell’Eremo. La base d’asta per la vendita del polmone verde edificabile, ma
sprovvisto di vincolo paesaggistico e per il quale il vigente piano
regolatore prevede edificazioni alte anche 4 o 5 piani, è di 250 mila euro.
Una soluzione che i residenti bocciano con una raccolta di 40 firme e che la
stessa circoscrizione sesta, capeggiata da Pierluigi Pesarino Bonazza (FI),
ha sempre ricusato. «Ho appena mandato una e-mail al sindaco - dice la
dipendente comunale Marina Arcion - per chiedergli di salvare il polmone
verde posto tra la vie dell’Eremo, Felluga e san Pasquale. In quella corte
viviamo da generazioni e generazioni e siamo tutti parenti con il comune
denominatore del cognome Gherdol». Identica la posizione di Ondina Zergol:
«La vendita del terreno porterà alla costruzione dei soliti casermoni per
niente adatti ad una zona rurale e caratteristica. Non avremmo avuto nulla
da dire se il piano regolatore avesse previsto edificazioni più modeste, ma
è ridicolo costruire un gigante tra casette così basse». Dal canto suo
Pesarino Bonazza, ricorda come sia antica la battaglia «per salvare diversi
polmoni verdi della città dalla cementificazione: ci siamo riusciti per
tutti tranne che via dell’Eremo». Chiamato in causa l’assessore comunale
competente Piero Tononi però dà una risposta categorica: «Gli altri terreni
che sono stati stralciati dalle vendite avevano tutti delle motivazioni
particolari, che a questo manca del tutto. Mancano delle motivazioni
plausibili per l’intera collettività che sarà beneficiata dai proventi della
vendita. Nella zona, oltre a case basse, ci sono anche diverse edificazioni
alte». d.c.
IL PICCOLO - VENERDI' , 13
luglio 2007
Arvedi: vogliamo
la Ferriera - Una decisione a settembre. Da definire prezzo e «mission»
dell’azienda
di Giulio Garau Il Gruppo Arvedi
è «seriamente interessato» all’acquisizione della Ferriera di Servola ed è
impegnato in una approfondita trattativa con il gruppo Lucchini per definire
una possibile cessione dello stabilimento siderurgico. Settembre il mese
decisivo, ma fino ad allora il cavalier Giovanni Arvedi fa sapere da
Cremona, tramite un portavoce, che per motivi industriali di riservatezza e
per il fatto che la trattativa è in corso, che non intende dire nulla fino a
quando l’operazione non sarà definita. È l’unica voce ufficiale per ora che
giunge dal Gruppo Arvedi che ha manifestato l’interesse alla Lucchini per
acquisire lo stabilimento di Trieste e alcune settimane fa ha avviato una
trattativa (un complesso percorso di due diligence che punta a definire il
prezzo finale dopo approfondite valutazioni industriali e finanziarie) che
potrebbe concludersi con la cessione dello stabilimento. Trovano conferma
intanto, anche all’interno dello stabilimento tra i rappresentanti dei
lavoratori, le ipotesi di raddoppio della produzione dello stabilimento e il
rallentamento dell’attività della cokeria per diminuire l’impatto ambientale
della fabbrica. Sarebbe in corso infatti uno studio congiunto
Lucchini-Arvedi sulle strategie di ristrutturazione dello stabilimento che
già ora produce fatturato e dà molti utili (rispettivamente 180 e 12 milioni
secondo i dati 2006) ma che con un nuovo riposizionamento potrebbe far
decollare volumi e guadagni offrendo la possibilità, dopo gli investimenti,
di ridurre le emissioni inquinanti rendendo compatibile l’impianto di
Servola. Tre i settori di business: acciaio, logistica ed energia. La
produzione industriale è la parte più critica per la Ferriera nel mirino
degli ambientalisti, degli abitanti di Servola e degli organi di controllo,
per i continui rilevamenti degli sforamenti delle emissioni (polvere di
carbone che provoca imbrattamento, polveri sottili fumi ed altri inquinanti)
che hanno provocato anche numerosi provvedimenti della magistratura. La
riconversione dello stabilimento dovrebbe partire proprio da lì. L’ipotesi è
quella di riattivare (servono investimenti mirati) il secondo altoforno,
spento ormai da un pezzo. Attualmente in Ferriera è in funzione un solo
altoforno che produce dalle 1200 alle 1400 tonnellate al giorno di ghisa
liquida (400 mila in un anno) e la produzione potrebbe raddoppiare. La
Ferriera è uno stabilimento molto flessibile, produce vari tipi e qualità di
ghisa (tutte della fascia di qualità alta) da quella semplice per acciaierie
a quella di affinazione fino a quella sferoidale. Una ghisa utilizzata anche
per costruire i motori. Non si sa ancora se Arvedi produrrà un tipo di ghisa
semplice o quella più complessa e se continuerà, come Lucchini a vendere
all’esterno i suoi prodotti o assorbirà completamente la produzione. Per la
cokeria ormai certo il rallentamento della produzione (in maniera modulata)
per limitare le emissioni inquinanti. Conferma anche sul fronte logistico:
la Arvedi è interessata a proseguire eventualmente (nel caso di
acquisizione) il progetto di allungamento della banchina a mare da 300 a 600
metri. Vi potranno attraccare due navi contemporaneamente e decollerà
l’attività, anche conto terzi, di trading di minerale, coke, rottame e ghisa
che finora ha visto la movimentazione di almeno 350 mila tonnellate che
hanno reso diversi milioni di euro. Infine l’energia: sarà mantenuto il
contratto con la centrale di cogenerazione valido sino al 2015 (che permette
di cedere energia a prezzo vantaggioso). Da Cremona intanto arrivano
conferme sull’attenzione del gruppo Arvedi sull’ambiente, la tecnologia e
l’innovazione. Ben 7 i brevetti internazionali ottenuti e 13 quelli che sono
in corso di analisi. Nel 2008 tra l’altro a Cremona (dopo l’accordo con la
Siemens) entrerà in funzione il primo impianto al mondo in grado di produrre
direttamente rotoli laminati a caldo in continuo partendo dall’acciaio
liquido. Molta l’attenzione e le attese da parte dei lavoratori che in
questi giorni stanno chiedendo informazioni sul gruppo Arvedi e non si
fidano. La Lucchini ha incontrato le rappresenzanze interne (Umberto
Salvaneschi della Fim, Franco Palman della Uilm, Fabio Fuccaro e Marco Relli
della Fiom) per metterli al corrente delle trattative in corso. Tutti
restano in attesa della conlcusione e della presentazione del piano
industriale. «Le prospettive sembrano molto buone – commenta cauto Relli –
da triestino, vista la storia e i passaggi che ha avuto la Ferriera, sono
restio a lasciarmi andare a facili ottimismi e all’entusiasmo. Il mio
scetticismo sarà smentito quando sarà conclusa l’operazione e quando vedrò
il piano industriale».
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 12
luglio 2007
Ferriera, i
piani di Arvedi: raddoppio tutelando l’ambiente
Acciaio, logistica ed
energia: questi i tre business su cui il gruppo Arvedi pensa di basare
la riconversione della Ferriera di Servola. L’azienda siderurgica
cremonese si è fatta avanti con la Lucchini Severstal e sta valutando
l’acquisizione dello stabilimento a fine estate. Una scommessa che ha
apparentemente dell’impossibile: mantenere la produzione della Ferriera,
anzi addirittura potenziarla con la riapertura del secondo altoforno
(questa la novità), ma al tempo stesso rendere compatibile dal punto di
vista ambientale lo stabilimento con parametri al di sotto dei limiti di
legge. Tra le ipotesi emerse ci sarebbe anche quella di «ridurre
drasticamente» l’attività della cokeria, l’impianto nel mirino degli
ambientalisti. È previsto poi il raddoppio del traffico terminalistico,
potenziando e allungando la banchina accanto alla piattaforma logistica.
Infine si punta allo sfruttamento delle opportunità energetiche che
offre il contratto con la centrale di cogenerazione, garantito fino al
2015. Dopo le poche righe ufficiali congiunte tra le due società, che si
sono limitate a confermare le trattative in corso, non è arrivata
nessun’altra comunicazione ufficiale. Ma le numerose indiscrezioni,
supportate dalle osservazioni di esperti del settore dell’acciaio,
tratteggiano un quadro chiaro e confermano che oltre alle valutazioni
(due diligence industriali-finanziarie) è in corso anche un approfondito
studio industriale-economico per il futuro di Servola che dovrebbe
concludersi in un paio di mesi. Il gruppo siderurgico lombardo
interessato alla Ferriera – secondo le notizie provenienti da Cremona –
è fortemente orientato alla compatibilità ambientale e a rendere
credibile la politica adottata da Giovanni Arvedi (industriale che ha
fama di innovatore, amante della tecnologia e che con la realizzazione,
primo al mondo, di un impianto a ciclo continuo dalla colata al rotolo
di acciaio è il protagonista di una svolta storica nel settore) c’è
anche il fatto che l’azienda è una delle poche in Italia ad aver
ottenuto l’autorizzazione integrata ambientale. Una conferma su uno dei
tre obiettivi dell’Arvedi in realtà c’è e riguarda la logistica. Il vice
presidente della Lucchini, Giovanni Gillerio assieme al presidente
Giovanni Arvedi si sono incontrati martedì scorso anche con il
presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli. Un vertice di
un’ora sullo sviluppo dell’attività terminalistica della Ferriera
accanto alla futura piattaforma logistica anche conto terzi. «C’è stata
una perfetta armonia nell’individuare le aree portuali che servono alla
attuale proprietà e interessano anche l’eventuale futuro proprietario»
ha confermato Boniciolli che ha ribadito il progetto di sviluppo.
«Attualmente la Ferriera ha una banchina di 300 metri, è allo studio il
raddoppio a 600 e ciò consentirà di ampliare i traffici e di operare con
due navi contemporaneamente. Lo studio è stato avviato già dalla
Lucchini, è inserito nel piano opera tivo triennale e interessa anche
Arvedi». La logistica «conto terzi» della Ferriera ha movimentato già
350 mila tonnellate fra rottame, ghisa, coke e clinker (calce cotta
destinata ai cementifici). Un business da diversi milioni di euro che
può decollare. L’opzione economica più delicata riguarda la produzione
di ghisa con gli altiforni e la cokeria, gli impianti con il maggior
impatto ambientale. Le ipotesi allo studio sono precise: ora funziona
solo un altoforno, l’altro è stato spento e messo in sicurezza. La
Arvedi potrebbe fare investimenti di miglioramento degli impianti
rimettendo in funzione tutti e due gli altiforni. Per compensare e
ridurre le emissioni un’altra ipotesi potrebbe essere quella di
rallentare (in maniera modulata a seconda delle stagioni e delle
condizioni atmosferiche) la produzione del coke riducendo la
produttività della cokeria. Arvedi è un grande consumatore di ghisa ed è
questo che interessa al gruppo di Cremona. Il coke può essere prodotto
in casa ma ora (lo fanno molte altre aziende siderurgiche, compresa la
Lucchini) nel mondo c’è molta offerta e, stando agli esperti, potrebbe
essere acquistato anche a buon prezzo.
Giulio
Garau
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 11
luglio 2007
Il gruppo Arvedi
vuole la Ferriera - Avviata la trattativa con la Lucchini. Interesse su tre
fronti: acciaio, logistica e energia
di Giulio Garau La Ferriera di
Servola alla fine dell’estate potrebbe essere ceduta alle acciaierie Arvedi,
uno tra i grandi gruppi privati italiani della siderurgia. Il gruppo
lombardo sta emergendo oltre che per il fatturato (1 miliardo e 200 mila
euro), per le sue produzioni ad alto contenuto tecnologico ma anche
(questione rilevante vista la situazione di Servola) per l’attenzione
all’ambiente. Ieri è stata ufficializzata la trattativa in corso da parte
della stessa Lucchini al termine di una intensa giornata che ha visto
protagonisti l’ex amministratore delegato del gruppo Lucchini, attuale
vicepresidente, Giovanni Gillerio assieme all’ad di Servola Francesco Rosato
e il responsabile delle relazioni istituzionali Francesco Semino, che hanno
accompagnato Giovanni Arvedi in una serie di incontri a Trieste.
L’industriale cremonese ha incontrato il presidente della Giunta regionale,
Riccardo Illy, l’assessore regionale al lavoro Roberto Cosolini, quello
all’economia, Enrico Bertossi, e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza.
«Nell’ambito delle proprie strategie di sviluppo industriale il gruppo
Arvedi, primario operatore siderurgico nazionale – si legge in una nota – ha
avviato nelle scorse settimane un confronto con la Lucchini teso a
verificare la possibilità di acquisire Servola e i suoi impianti di Trieste.
Attualmente sono in corso le attività di due-diligence che si completeranno
entro la fine dell’estate». Questa l’ unica nota ufficiale congiunta: da
parte della Lucchini, ma anche dal Gruppo Arvedi nessun’altra notizia,
commento o dichiarazione. Tre i filoni di possibile attività del Gruppo
Arvedi che, oltre alle acciaierie e il tubificio di Cremona possiede la Ilta
Inox sempre a Cremona, l’Arinox a Genova e una finaziaria (Finarvedi) a
Milano: acciaio, logistica e energia elettrica. È di un miliardo e 206
milioni il fatturato consolidato del 2006, margine operativo lordo di 108
milioni, risultato netto 10,9%: questi i principali dati di bilancio di una
società che dal 2003 ha visto incrementare gli investimenti da 21 a 39,2
milioni. Oltre 1600 i dipendenti dell’acciaieria di Cremona che produce
oltre 1 milione di tonnellate: si tratta tutto di acciaio di altissima
qualità. Laminati e tubi in acciaio al carbonio, laminati sottili e tubi in
acciaio inox. A Cremona l’azienda fonde soprattutto rottame e utilizza un
altoforno elettrico. Numeri e situazioni ben diverse da Trieste dove la
produzione è solo di ghisa (400 mila tonn/anno) e coke (200 mila), i
dipendenti sono 520 (oltre mille con l’indotto) il fatturato si aggira sui
180 milioni mentre l’utile operativo è sui 12 milioni. Molti gli
interrogativi, dopo l’ufficializzazione della notizia e gli incontri
istituzionali, sui motivi reali di questo percorso di vendita che potrebbe
concludersi a fine estate e sui quali nè la Lucchini nè il gruppo Arvedi
vuole commentare. Per capire la situazione bisogna affidarsi alle
indiscrezioni. Che la Ferriera di Servola fosse «marginale» nel panorama
della Lucchini-Sever stal è stato chiaro sin dall’inizio dell’acquisizione,
quando il capo del colosso siderurgico russo, Alexej Mordashov, aveva
dichiarato che per Trieste «si sarebbe mantenuto lo status quo» in termini
di impianti e produzione. Negli ultimi tempi sarebbe aumentato il disagio da
parte della Lucchini-Severstal di fronte all’onda popolare contraria alla
Ferriera. Per non parlare poi dei provvedimenti di sequestro da parte della
magistratura e della spada di Damocle della minaccia di chiusura al 2009 del
protocollo ministeriale. La Lucchini, nonostante questo, ha continuato a
produrre, dare lavoro e soprattutto fare utili. Non c’era alcuna intenzione
di vendere a quanto pare e non c’era neppure alcuna caccia di nuovi
acquirenti. Almeno fino a quando, ed è una notizia di poche settimane fa, si
è presentato uno dei più forti clienti del gruppo, la Arvedi, grande
consumatore di ghisa (che alla Lucchini non interessa e che mette in
vendita) che utilizza per sfuggire ai rincari speculativi del rottame e per
accrescere in qualità (e carbonio) le sue produzioni, alla richiesta di
acquistare lo stabilimento di Trieste la Lucchini ci ha pensato seriamente.
Svariati i motivi alla base del forte interesse di un gruppo che è al
corrente dei i problemi ambientali di Servola. Innanzitutto la Arvedi sta
raddoppiando l’acciaieria di Cremona e dunque raddoppierà assieme alle
produzioni anche la necessità di materia prima: rottame e ghisa. Giovanni
Arvedi, oltre a essere un noto imprenditore (vice predidente di Federacciai,
laurea honoris causa) è anche considerato un appassionato di innovazione e
tecnologia. Probabilmente non ci ha pensato un attimo: da grande consumatore
di ghisa gli conveniva comperarsi direttamente la fabbrica. Che ne sarà
dunque della cokeria (il vero grande buco nero della Ferriera) e
dell’altoforno considerati molto inquinanti vista la produzione che avviene
nel cuore della città? Le notizie che arrivano da Arvedi sembrerebbero
rassicuranti dal punto di vista ambientale. Il gruppo conosce molto bene la
situazione di Trieste, vorrebbe acquistare lo stesso, e c’è la conferma che
il gruppo a Cremona ha già affrontato e risolto completamente i problemi
ecologici legati alla produzione siderurgica. Non solo: l’azienda è una
delle poche ad avere l’autorizzazione integrata ambientale (quella a cui
punta la Ferriera) e tra i punti che ritiene importanti, oltre all’etica e
la qualità, c’è proprio l’abbattimento degli inquinanti. «La protezione
dell’ambiente è uno dei doveri più importanti che la società deve
affrontare» spiega in una presentazione il gruppo Arvedi che sintetizza così
la politica ambientale complessiva di tutte le aziende: scarti e rifiuti
delle lavorazioni sono riciclati o recuperti per oltre il 95%, i consumi da
fonti idriche, grazie ai sistemi di ricircolo, consentono prelievi inferiori
al 4% del fabbisogno dei cicli produttivi. Emissioni gassose: grazie ai
sistemi di filtrazione gli inquinanti emessi sono da 3 a 10 volte inferiori
ai limiti di legge. Le emissioni liquide inquinanti sono da 3 a 30 volte
inferiori ai limiti di legge. Trieste per la Arvedi probabilmente
rappresenta il riempimento di una casella mancante: ghisa ad alto
quantitativo di carbonio, posizione stragica con lo sbocco al mare e una
prospettiva logistica, potenzialità di sviluppo energetico.
IL PICCOLO - MARTEDI' , 10
luglio 2007
Wwf e Italia
nostra: blocchiamo il cemento - Predonzan: sul Carso già tanti danni dal piano
voluto da Illy
Soddisfatti per l’avvio di un
atteso percorso amministrativo, ma attenti alla salvaguardia del patrimonio
paesaggistico e architettonico della città. Gli ambientalisti del Wwf e di
Italia Nostra si sono espressi così ieri dopo che la giunta ha adottato nei
giorni scorsi ha deliberato le direttive per la variante del piano
regolatore generale. «Dopo anni di immobilismo dell’urbanistica e di
attivismo della speculazione edilizia – hanno detto Dario Predonzan del Wwf
e Franco Zubin di Italia Nostra – questo provvedimento ha il merito di
riavviare il percorso di revisione del piano regolatore generale vigente.
Non esibisce però un’idea di città, è debole in termini di efficacia e non
affronta i veri nodi dell’attuale piano, approvato dieci anni fa e
fortemente voluto dall’allora sindaco Riccardo Illy». Predonzan e Zubin
hanno sottolineato che «all’epoca la giustificazione dichiarata per il piano
fu quella di rilanciare l’edilizia». Fra le principali accuse degli
ambientalisti triestini, l’aver permesso «una selvaggia cementificazione
della costiera e del Carso. I danni oramai fatti non si possono più
correggere, ma c’è tempo per evitare che alcune zone, come l’attuale
comprensorio fieristico, la caserma di via Rossetti, il Burlo, Campo Marzio,
diventino anch’esse oggetto di speculazione». Predonzan e Zubin hanno poi
chiamato in causa il sindaco Dipiazza: «Speriamo mantenga le promesse in
materia di tutela ambientale comportandosi da uomo d’onore, evitando che
Trieste si trasformi sempre di più in enorme complesso edilizio». Predonzan
e Zubin hanno poi parlato di Trieste come «città nella quale la popolazione
sta calando, perciò non ha più senso seguire un piano che prevede 270mila
residenti». Intanto, i capigruppo della maggioranza del consiglio comunale
hanno invitato ordini professionali, Collegio costruttori e associazioni
ambientaliste a un incontro domani alle 17.30 al Circolo della stampa.
Oggetto della riunione, le direttive che il consiglio comunale dovrà votare.
Il messaggio politico dei consiglieri è chiaro: rivendicare il proprio ruolo
di attori protagonisti nelle scelte amministrative che investono il futuro
della città. «Riteniamo che il documento vada ampliato affrontando
problematiche che da esso sono escluse», dice per l’Udc Roberto Sasco.
«Cerchiamo un confronto su linee generali che vorremmo condividere»,
aggiunge il forzista Piero Camber. La capogruppo di An Alessia Rosolen parla
di incontro indetto «volutamente al di fuori delle sedi istituzionali, per
sottolineare la differenza tra la politica, che interpreta istanze di
categorie e cittadinanza, e la pubblica amministrazione, che rappresenta un
passaggio successivo. Auspico che i nostri interlocutori domani arrivino
all’incontro con proposte concrete e di immediata applicazione».
IL PICCOLO - LUNEDI' , 9
luglio 2007
Mattiussi (Forza
Italia) sull’Alta velocità: «I sindaci sono ostaggio dei comitati»
AQUILEIA Alta velocità, i
sindaci sono ostaggio dei comitati. Lo ribadisce con fermezza Franco
Mattiussi, noto esponente di Forza Italia, che invita ad analizzare un
recente episodio che suffraga la tesi espressa solo due mesi fa, secondo cui
i primi cittadini hanno perso il controllo della situazione e si trovano
nella posizione di subire la condotta oltranzista dalle fazioni più radicali
della sinistra. Mattiussi spiega: «È di stretta attualità l’episodio
esecrabile che ha visto Ferrentino, rappresentante dei Ds della Val di Susa,
come vittima dei comitati. Il presidente della comunità montana aveva
partecipato a Roma a un vertice il cui fine era intavolare una discussione
per modificare il tracciato della Tav. In questa azione, i comitati hanno
ravvisato un’apertura da parte di Ferrentino, che al suo ritorno ha trovato
l’auto ”sistemata”. Quanto avvenuto conferma la veridicità del quadro che
avevo delineato: i comitati sono figli della cultura del ”no” e qualunque
presa di posizione assunta dai referenti politici lasci intravedere uno
spiraglio comporta una ritorsione. Da parte mia, indirizzo la piena
solidarietà a Ferrentino». Il forzista rimarca la necessità di realizzare
l’Alta velocità: «La Tav è un’opera necessaria, nell’ottica dello sviluppo
del settore dei trasporti. Nello schierarmi a favore, sottolineo l’esigenza
di ridimensionare e rivisitare il progetto, al fine di fornire tutte le
garanzie del caso ai cittadini e al territorio. Spesso ci lamentiamo
dell’assenza di infrastrutture sul territorio. L’Alta velocità garantirebbe
un determinante passo in avanti per la nostra economia». Stigmatizza
l’elevato numero di discussioni che si sono accese attorno al progetto e che
non hanno prodotto alcun risultato: «È inutile dilungarsi in discussioni
sterili, che risultano dannose per l’intera comunità. In Val di Susa, i
vertici si susseguono dal ’92 e non è ancora stata trovata una soluzione.
Gli emissari dei Verdi ricercano il consenso dei cittadini in modo
populistico grazie alla loro oratoria improntata alla simpatia, ma non
affrontano il problema nel modo corretto strumentalizzando quanto viene
proposto». Nel corso di un meeting tenuto a Villa Vicentina lo scorso
aprile, Mattiussi aveva provato a illustrare il proprio punto di vista, ma
il suo intervento era stato interrotto bruscamente dalla contestazione di
alcuni presenti. g. s.
IL PICCOLO - DOMENICA , 8
luglio 2007
Con la Tav da Trieste a Ronchi
in 11 minuti - Treni a 250 chilometri all’ora. L’opera dovrebbe essere
realizzata entro il 2015. Costo: quasi 6 miliardi
Un fiume che nasce dalla
porta di Brandeburgo, o meglio, dai ragazzi che abbattevano il muro di
Berlino nell’89. Un Danubio artificiale da navigare controcorrente. Per
mettere assieme le energie dell’Europa occidentale e di quella orientale.
Indispensabile per creare un flusso economico-sociale-culturale da
Barcellona a Kiev e ritorno. Ingombrante per chi, eletto democraticamente,
amministra il territorio. Il Muro è caduto nell’89, l’Unione europea ha
aperto il programma dei Corridoi paneuropei nel ’91. Sono passati 16 anni e
il risultato è che i francesi si sono mossi sulla Parigi-Lione, i tedeschi
stanno lavorando sull’asse Strasburgo-Monaco-Vienna-Bratislava. In Italia è
stato sviluppato l’asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi
del 2006), e dal capoluogo lombardo in direzione Roma-Napoli. Attendere
ancora significherebbe farsi scavalcare dall’asse, in fieri, al di là delle
Alpi. Dimenticando che l’Europa sta spingendo per lo sviluppo dell’asse-Sud,
che passa attraverso i porti di Genova e Trieste (ma anche quelli di
Capodistria e Fiume), nel tentativo di riequilibrare la predominanza
dell’alleanza anglo-franco-tedesca. Il Nordest è un tassello, fondamentale,
in questo puzzle internazionale. E il Nordest si sta muovendo. A fatica. C’è
da mettere insieme le volontà e le capacità operative di Veneto, Friuli
Venezia Giulia e Slovenia (oltre alla Croazia). Perché senza quel tassello
il famoso Corridoio 5 (da Barcellona e Kiev) non si realizza. Anche perché i
due «canali» verticali che scendono dalla Francia, dal Brennero e anche, pur
indirettamente, verso la Slovenia sono in agguato. È una partita decisiva in
proiezione futura ma che pesa sul presente. Gli oltre 4 miliardi di euro in
gioco (quando i progetti saranno approvati) per la Venezia-Ronchi e i quasi
2 miliardi (una somma che garantisce in un anno le prestazioni della sanità
ai cittadini del Friuli Venezia Giulia) per la tratta Ronchi-Trieste sono un
boccone appetitoso per chi ambisce agli appalti. E per la politica c’è la
difficoltà di acquistare o mantenere il consenso della popolazione
schiacciata da una proposta che prospetta disagi immediati per il territorio
e la promessa di benefici futuri (oltre il 2015). Le prospettive sono
allettanti. Secondo il progetto preliminare di Rfi i treni nella tratta
Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media di 200
chilometri orari. E soprattutto con la ferrovia si potrà decongestionare il
traffico su gomma. Da Ronchi Sud a Trieste, i convogli passeggeri a una
velocità media di 190 km/h raggiungeranno il capolugo in 11 minuti. Quelli
merci dimezzeranno il tempo di percorrenza passando dagli attuali 60
chilometri orari medi a 120. Il porto di Trieste, per il quale è stata
predisposto uno sviluppo della piattaforma logistica (quasi 280 milioni di
euro), assicurerà come vuole la Ue, assieme al porto di Capodistria, i
flussi di merci che ammortizzino i costi dell’opera. E la Slovenia, grazie
al lavoro diplomatico del governatore Riccardo Illy e del governo e alla
pressioni dell’Ue, sembra essere intenzionata a dare il via libera alla
Trieste-Divaccia perfezionando a breve i dettagli del tracciato. Il ministro
per le Infrastrutture Antonio Di Pietro si è impegnato a presentare la
richiesta all’Ue (scadenza il 20 luglio) dei fondi (22 mln su 44) per la
progettazione della Ronchi-Trieste (4 tunnel per quasi 30 km) la cui prima
proposta è stata bocciata dal ministero dell’Ambiente. I disagi con i quali
si confronta il territorio, popolazione e imprese, sono evidenti.
L’autostrada A4 è ormai al collasso, statali e provinciali, sviluppate in un
contesto urbanistico cresciuto in modo disordinato non stanno meglio. Dalla
Slovenia annunciano che, quando sarà completato il collegamento autostradale
con l’Ungheria, il flusso verso l’A4 diventerà di oltre 5.000 Tir
giornalieri. Se partono i cantieri per l’Alta velocità ferroviaria (nel
2010) i territori dovranno sopportarne le conseguenze. Una soluzione, per
quanto transitoria, non è procrastinabile. «Nei giorni scorsi ci è stato
presentato dalla Regione il progetto preliminare di Rfi (le ferrovie) che è
stato ultimato nel 2005 - dice il sindaco di Villa Vicentina Mario Pischedda
(centrodestra), primo cittadino di uno dei 9 comuni della Bassa che hanno
chiesto alla Regione lo stralcio dalla legge obiettivo -. Ci è stato chiesto
di fare una valutazione sul progetto entro il 6 luglio. Per noi è
impossibile. Il gruppo tecnico d’istruttoria costituito dalla Regione con le
amministrazioni territoriali mi è sembrato una gentile concessione». «Non
c’è una chiusura da parte nostra - spiega il sindaco di Bagnaria Arsa
Anselmo Bertossi - ma vogliamo soltanto analizzare i progetti. Il pericolo è
quello di realizzare strutture sovrastimate. L’attuale rete ferroviaria non
è satura. Si potrebbero trovare soluzioni alternative all’Alta velocità.
Anche in Francia per il Tgv si utilizza la linea ferroviaria ordinaria. I
progetti fin qui presentati dimostrano scarsa sensibilità verso il
territorio. I Comuni della Bassa vogliono avere maggior peso nelle decisioni
pur comprendendo che ci sono interessi superiori». Gli uffici tecnici
dell’assessorato assicurano: «Il progetto della Ronchi-Trieste è stato
bocciato dal ministero per i Beni culturali e ambientali ma non dalla Via.
Reinvieremo entro l’autunno il progetto modificato in base alle indicazioni
che ci vegono dai Comuni. L’accordo raggiunto nei giorni scorsi con la
Slovenia e la conseguente lettera congiunta dei due Paesi sbloccherà anche
l’iter per la Trieste-Divaccia». Per Europa, Italia, Veneto, Friuli Venezia
Giulia, Slovenia, Comuni la partita è aperta.
Ciro Esposito
Gli
ambientalisti: «È solo una questione di business»
TRIESTE Gli ambientalisti non
hanno mai nascosto la loro contrarietà al progetto della Tav. Il loro
ragionamento è tecnico e al tempo stesso politico. Sul primo fronte i Verdi
(ma anche il Wwf) sottolineano come i progetti, seppure preliminari,
manchino di adeguati approfondimenti sull’impatto ambientale. Dal punto di
vista politico sospettano che la Tav sia un grande business mentre, a loro
avviso, sarebbe sufficiente una minima parte di quei fondi per risolvere i
problemi congiunturali del territorio. «Il primo dato è che si parla in
assenza di progetti - spiega il consigliere regionale Alessandro Metz - e
siamo convinti che anche la richiesta di cofinanziamento all’Ue presentata
dal governo entro il 20 luglio non potrà che essere bocciata. Il progetto
sulla tratta Ronchi Sud-Trieste, come abbiamo sempre sottolineato, mancava
di un serio studio idrogeologico. E poi c’è l’assenza di tracciati. Mi
sembra che sulla Tav si sconti una posizione ideologica di quelli che
vogliono farla a tutti i costi. Sul fronte del trasporto dei passeggeri ad
esempio è evidente che il treno Venezia-Trieste viaggerebbe semi-vuoto». Ma
è indubbio che il traffico delle merci su rotaia e il collegamento con l’Est
europeo vada potenziato. «Allora non dobbiamo parlare di Alta velocità ma di
Alta capacità - dice Metz -. E allora ragioniamo su come potenziare, ad
esempio con il doppio binario, le linee esistenti che non sono sature. Forse
quella cifra di 44 milioni destinata alla progettazione della Ronchi-Trieste
potrebbero essere impiegati in quella direzione. Voglio ricordare, che anche
qualora il progetto Tav andasse in porto, sarebbe operativo tra non meno di
10-15 anni mentre un restyling delle infrastrutture esistenti si può
realizzare a breve. Le grandi opere non hanno tetti di denaro e di tempi
mentre il territorio chiede una soluzione immediata dei problemi esistenti.
Mi sembra che il progetto Tav sia un grande affare, una cambiale in bianco a
favore dei privati con costi enormi per il pubblico. Voglio aggiungere che è
evidente come su questa questione in regione, ma anche nel resto d’Italia,
ci sia stato un deficit di democrazia. Con la volontà di accelerare i tempi,
attraverso l’utilizzo della legge obiettivo, le amministrazioni locali non
sono state messe nelle condizioni di incidere nei percorsi decisionali».
ci. es.
IL PICCOLO - SABATO , 7
luglio 2007
Centrosinistra sul Corridoio
5: «La popolazione va consultata» |
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DUINO AURISINA «Nessuno si è mai
preso la briga di spiegare agli abitanti di Medeazza che a pochi metri dalle
loro case qualcuno ha progettato una ferrovia sotterranea che intercetterà
il Timavo con conseguenze sconosciute; e nessuno ha informato gli abitanti
di Aurisina Cave che la loro frazione diventerà un mega cantiere, con tanto
di eliporto, e che attraverso le case verranno trasportati milioni di metri
cubi di materiale di escavazione dei tunnel». All'indomani dell'accordo tra
Slovenia, Friuli Venezia Giulia e Governo italiano sul Corridoio 5, i Verdi
di Duino Aurisina lanciano l'allarme, sostenendo che tutte le forze
politiche, eccetto i Verdi stessi e Rifondazione non hanno sensibilizzato le
persone relativamente a cosa accadrà ad Aurisina nel momento in cui
partiranno i lavori dell'alta velocità: «Abbiamo appreso dalla stampa in
questi giorni - scrive ancora Rozza, che i problemi relativi all'impatto sul
centro abitato di Iamiano della precedente proposta di tracciato sarebbero
stati risolti trasferendo il tracciato più a valle: il tunnel che trapasserà
da parte a parte il Carso sbucherà in una dolina situata ad Aurisina Cave,
esattamente come nel precedente progetto, per poi sfiorare pochi metri sotto
terra il centro storico della località carsica».
Rozza lamenta in particolare una decisione non partecipata sul territorio.
«Contrariamente a quanto previsto dal programma nazionale dell'Unione, dove
in sintesi si legge che, dopo l'esperienza della Val Susa, mai più le
cosiddette grandi opere strategiche sarebbero state calate sulla testa delle
popolazioni locali».
A seguito dell'intervento dei Verdi, su un tema tornato di attualità dopo
gli accordi italo-sloveni, che hanno visto la Regione protagonista, tutto il
centrosinistra di Duino Aurisina ha sottoscritto una forte presa di
posizione nei confronti in questo caso dell'amministrazione comunale: «La
precedente amministrazione - dichiarano i consiglieri comunali del
centrosinistra - per bocca del sindaco Ret ha espresso un parere sull'opera
senza informare e consultare la popolazione sui contenuti del progetto.
Questo errore non deve ripetersi». L'opposizione ha quindi chiesto una serie
di iniziative pubbliche per coinvolgere nelle scelte legate al tracciato del
Corridoio 5 la comunità di Duino Aurisina.
fr.c. |
Parco della Val Rosandra: San
Dorligo presenta il «Varco» - Il sindaco Premolin: «Vogliamo sentire
tutti, preservare quest’ambiente e consegnarlo ai posteri» |
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Incontro
pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli per una preparazione comune del piano
di conservazione e sviluppo della riserva naturale
SAN DORLIGO Con un incontro
pubblico al teatro Prešeren di Bagnoli, il Comune di San Dorligo ha dato
avvio all’Agenda 21 per la preparazione del piano di conservazione e
sviluppo della riserva naturale Val Rosandra, con il progetto «Varco». Un
percorso che prevede la partecipazione della popolazione nelle scelte per il
futuro della valle, ma invero ieri sera tale «partecipazione» non si è
vista, e la sala era quasi vuota. Ad illustrare i passi di questo processo,
il sindaco Fulvia premolin, l’assessore Laura Stravisi e Marco Francese, un
«facilitatore», figura prevista nei processi di Agenda 21, che funge da
consulente sul metodo da seguire.
È stato solo il primo di una serie di incontri, che presto proseguiranno
nelle varie frazioni, per affrontare di volta in volta le tematiche più
specifiche e che interessano direttamente i singoli abitati della vallata.
Da questi incontri, il Comune, che è gestore della Riserva, si aspetta
(oltre alla partecipazione dei residenti) anche la designazione di
portavoce, che possano interagire direttamente con l’amministrazione in
queste fasi di elaborazione e possano poi comunicare gli esiti a chi essi
rappresentano. «La valorizzazione di questo territorio deve passare
attraverso la maggioranza dei soggetti qui presenti – così Premolin -.
La gente è molto legata alla valle ricca di peculiarità, di cui andiamo
fieri, e vogliamo conservare questo ambiente e consegnarlo ai posteri».
Il coinvolgimento della popolazione (assieme all’apporto di un tavolo
tecnico-scientifico che farà da consulente) porterà alla stesura del Piano
di conservazione e sviluppo. Stravisi ha detto: «la conservazione è già
dettata da norme a vari livelli. Ma lo sviluppo deve essere condiviso e
voluto da tutti».
Il processo avviato non è imbrigliato da regole e calendari, ma
assolutamente libero, dinamico e aperto a contributi. Francese ha spiegato:
«Gli incontri saranno fonte di idee costruttive, non luogo di chiacchiere o
critiche fini a se stesse. E sarà anche una “autostrada”, dalla quale,
speriamo, si aprano altre vie».
s.re. |
Illy: Tav, importante
l’apertura slovena - Il governatore incontra il coordinatore del progetto
europeo Brinkhost |
|
TRIESTE La decisione di Italia e
Slovenia di presentare a Bruxelles una domanda congiunta di finanziamento
per la progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaccia è «un
importante segnale di cooperazione tra i due Paesi»: lo afferma oggi una
nota congiunta del presidente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, e
del coordinatore europeo del Progetto prioritario «Ten 6», Laurens Jan
Brinkhost, che si sono incontrati a Trieste.
Affrontare i problemi della mobilità delle persone e delle merci nella nuova
situazione geopolitica del continente richiede come premessa una forte
consapevolezza, nei governanti e nei cittadini, di partecipazione ad un
processo di sviluppo «europeo». Solo con questa consapevolezza è possibile
dare attuazione a progetti come quelli riguardanti la mobilità in Europa. Su
questa premessa Illy e Brinkhost si sono trovati pienamente concordi. In
questo primo incontro, al quale ha partecipato anche l'assessore alle
Infrastrutture Lodovico Sonego, è stata fatta una analisi della situazione
per quanto riguarda la parte transfrontaliera Italia-Slovenia del progetto
europeo che punta a realizzare adeguate infrastrutture di trasporto, in
particolare ferroviario, nella direttrice Ovest-Est del Sud europeo.
La decisione dei ministri dei Trasporti di Italia e Slovenia di presentare a
Bruxelles, entro il 20 luglio, una domanda congiunta di finanziamento per la
progettazione della linea ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia, è
stata ritenuta un importante segnale di cooperazione tra i due Paesi, che
dovrà fare ulteriori passi avanti verso la realizzazione di una parte del
progetto prioritario europeo n. 6, ritenuta concordemente, da Brinkhorst ed
Illy, un punto fondamentale per lo sviluppo dei trasporti nella direzione
Ovest-Est.
«Realisticamente ci resta molto da fare - ha commentato Brinkhorst - ma la
realizzazione del progetto europeo mette quest'area nel cuore dell'Europa».
Per raggiungere l'obiettivo, ha ancora commentato il Coordinatore europeo, è
necessario che Friuli,Venezia Giulia, Italia e Slovenia si sentano ed
agiscano con cultura e mentalità «europee». |
Ferrovie: ok al tracciato
Fiume-Ungheria - Zagabria accelera i progetti: più facile l’esproprio
dei terreni |
|
Il
collegamento tra la città portuale e la località di Botovo costerà oltre un
miliardo di euro |
Attualmente
i treni merci diretti al confine magiaro impiegano 10 ore viaggiando in
media a 30 km l’ora. Kalmeta: «Nei trasporti investiremo oltre 1 miliardo» |
FIUME Ferrovia pianeggiante
Fiume-Ungheria, si fa sul serio. L’altro ieri il governo croato ha inviato
al parlamento (il Sabor) la proposta di modifiche alla legge sulle Ferrovie,
che parificherà la costruzione di strade ferrate all’infrastruttura viaria e
a quella del gas. In pratica si snellirà la realizzazione dei progetti in un
settore che Zagabria ritiene di vitale importanza per le sorti del Paese.
Tra l’altro, si renderà meno complicato il disbrigo delle questioni
giuridico-patrimoniali, tra cui l’esproprio di lotti di terreni privati su
cui passeranno le infrastrutture ferroviarie. Ad avvantaggiarsi della nuova
normativa sarà soprattutto il progetto della ferrovia di pianura che
collegherà Fiume e il Paese danubiano. Ne è convinto il ministro del Mare,
Trasporti, Turismo e Sviluppo, lo zaratino Bozidar Kalmeta: «Abbiamo voluto
uniformare lo status della rete ferroviaria nazionale – ha dichiarato
Kalmeta – a quello di altri comparti d’interesse strategico per il Paese. La
Croazia ha di fronte grandi progetti, tra i quali la ferrovia Fiume –
Ungheria, per investimenti che supereranno il miliardo di euro».
La Fiume–Zagabria–Botovo (località al confine con l’Ungheria) dovrebbe
venire a costare per l’esattezza sugli 8 miliardi di kune, circa un miliardo
e 90 milioni di euro, e potrebbe essere inaugurata nel 2013. Lunga 269
chilometri, permetterà tempi di percorrenza davvero rapidi se confrontati a
quelli attuali. Gli esempi non mancano.
Attualmente il viaggio su treni merci dal capoluogo quarnerino alla
frontiera croato-magiara dura ben 10 ore, con i convogli che marciano ad una
media di 30 chilometri orari, riuscendo a trasportare annualmente non più di
5 milioni di tonnellate. Fra sei anni avremo un quadro totalmente diverso:
la Fiume-Botovo vedrà i convogli sfrecciare ad una media di 120 chilometri
orari (si viaggerà all’incirca due ore), con una capacità di trasporto annua
di addirittura 25 milioni di tonnellate di merci. Notevoli vantaggi anche
per il trasporto passeggeri: ora da Fiume a Zagabria la velocità media dei
treni è di 65 chilometri, mentre dal 2013 si passerà a 160 km. Le ricadute
positive su Fiume saranno incredibili, specie sul settore dei trasporti
portuali. Va rilevato che adesso lo scalo contenitori in Brajdica (Fiume)
riesce a movimentare circa 100 mila Teu all’anno, mentre stime attendibili
indicano che nel 2016 si arriverà a toccare quota 750 mila Teu.
La Fiume-Ungheria giungerà pertanto a fagiolo, mentre secondo gli esperti le
spese di trasporto ferroviario dall’Adriatico verso la Mitteleuropa sono
destinate ad essere tre volte inferiori rispetto alle attuali tariffe.
Stando agli addetti ai lavori, entro la fine del 2007 cominceranno i lavori
di costruzione di un lungo segmento, la Fiume-Karlovac, tratta lunga 121
chilometri. Assorbirà gran parte dell’investimento, circa 950 milioni di
euro.
Andrea Marsanich |
La chiusura della Ferriera |
|
Seguo con interesse, come tutti
i miei concittadini, sul suo giornale, le vicende della Ferriera. Nei giorni
scorsi ero rimasto sbalordito di fronte alle dichiarazioni di incompetenza
delle autorità locali (sindaco, presidente della provincia, Regione), che
penalizzavano i cittadini desiderosi di ottenere una decisione urgente di
chiusura o di sospensione almeno dell'attività inquinante. Oggi si cerca di
correre ai ripari, sembra. L'impresa sostiene che dimezzerà le polveri
nocive in 36 mesi «in una logica di prospettiva». Cioè dovremmo rassegnarci
a respirare veleni per tre anni ancora. L'assessore comunale Bucci sostiene
che spettava alla Provincia emettere la diffida nei confronti della Ferriera
con contestuale sospensione dell'attività. Non avendolo fatto sarà
perseguita per omissione di atti di ufficio. Il sindaco, accortosi che la
situazione è disastrosa, ritrova improvvisamente la sua denegata competenza
ad agire e promette che attenderà solo qualche mese per la chiusura della
Ferriera. A questo punto, se fossimo inglesi, si potrebbe cominciare a
scommettere sulla chiusura della Ferriera entro l’anno. Dal momento che ai
sindacati interessa più il destino dei lavoratori della Ferriera (come se
questi non respirassero) che quello dei cittadini che vivono nei rioni
vicini alla stessa, trovo personalmente difficile formulare un pronostico.
Gli amministratori locali contano ancora su un intervento del govermo (deus
ex machina) ma questo purtroppo è tutto spostato a sinistra ed ha oggi ben
altre preoccupazioni e problemi urgenti. Staremo a vedere.
Gian Giacomo Zucchi |
IL PICCOLO - VENERDI' , 6
luglio 2007
L’avvocato Spazzali: «Dipiazza
doveva chiudere la Ferriera» |
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L’avvocato Giuliano Spazzali -
già presidente delle Camere Penali italiane - ha ricevuto l’ incarico da un
gruppo di cittadini residenti a Servola di procedere contro il Comune per
l’inquinamento causato dallo stabilimento della Ferriera.
Spazzali ha dato la propria disponibilità a preparare una serie di azioni
legali. Secondo il legale, il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza in quanto
garante della salute dei cittadini, «avrebbe già dovuto emettere un
ordinanza di sospensione delle attività dell’impianto».
Da parte sua il primo cittadino non ha voluto commentare l’azione legale del
gruppo di cittadini difesi da Giuliano Spazzali. |
Inceneritore, resta il
mistero diossina - La sesta commissione comunale in visita all’impianto di
via Errera |
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Rimane un mistero, almeno per il
momento, il motivo che ha provocato la parziale interruzione dell’attività
dell’inceneritore di via Errera, che in questi giorni ha ripreso a
funzionare a pieno regime. Nel corso dell’incontro di ieri pomeriggio fra
Paolo Dal Maso, dirigente del servizio Ambiente dell’Acegas Aps e numerosi
componenti della sesta Commissione del consiglio comunale che si occupa di
problematiche ambientali, è emerso che non sono ancora state individuate le
cause della fuoriuscita di un quantitativo di diossina superiore ai limiti
di legge.
«Tutti i controlli che erano stati fatti in precedenza e quelli successivi
al sequestro deciso dalla Magistratura – ha spiegato Dal Maso – hanno sempre
dato esito negativo, se si esclude l’unica occasione di sforamento, che ha
provocato il provvedimento di sospensione dell’attività. Non abbiamo operato
modifiche all’impianto durante la sosta – ha aggiunto – perché il
termovalorizzatore non presenta difetti riscontrabili da parte nostra».
L’unica novità è stata la rinuncia da parte dell’Acegas Aps ad accogliere i
rifiuti ospedalieri, ma si tratta di una quantità minima che difficilmente
avrebbe potuto originare il problema della diossina.
Il dirigente dell’Acegas Aps ha anche sottolineato che «sarebbe utile
individuare un protocollo con le società incaricate per quanto concerne i
controlli da effettuare», ma ha lasciato intendere che al momento «non
esistono problematiche». L’impianto di via Errera brucia ogni anno 160mila
tonnellate di rifiuti solidi, producendo 80 milioni di kWh, che
rappresentano circa il 13 per cento del consumo totale di energia elettrica
della città. L’interruzione ha perciò provocato un danno, perché il Comune
ha dovuto ricorrere ad altri sistemi per l’eliminazione della spazzatura
comunque prodotta.
Il presidente della sesta Commissione, Roberto Sasco ha indicato
approssimativamente in 5 milioni di euro questo costo e ieri molti dei
presenti si sono chiesti chi sarà chiamato a sostenere questa spesa.
u. s. |
Rifiuti, un appello per
aiutare Duino - Il vicesindaco di Monfalcone ai concittadini: non
scaricateli in altri Comuni |
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Dopo le
polemiche suscitate dalla raccolta differenziata porta a porta nel vicino
mandamento
DUINO AURISINA Immondizie ancora
all'ordine del giorno a Duino Aurisina, con le critiche al sindaco da parte
del centrosinistra, in una lunga nota di Massimo Veronese, e gli appelli che
da Monfalcone lancia il vicesindaco Silvia Altran alla locale popolazione a
disertare i cassonetti duinesi, tenendo le immondizie entro i confini del
mandamento.
«Svegliandosi di soprassalto da un lungo sonno - scrive il capogruppo
dell'opposizione a Duino Aurisina, Massimo Veronese - il sindaco suona la
carica contro i cittadini monfalconesi che scaricano le immondizie nei
bottini di Duino Aurisina per risparmiare sulle imposte introdotte dalla
loro amministrazione con il sistema della raccolta differenziata non
quotidiana a domicilio. Ret ha dichiarato "la guerra delle scovazze" con
toni accesi, ma dimentica di riconoscere che la nostra amministrazione
comunale ha per anni sottovalutato la questione e ora si trova in un
pasticcio difficile da districare». «Mentre tutti i Comuni, molto più
seriamente - continua Veronese - affrontavano il problema dei costi dello
smaltimento anche sperimentando nuove soluzioni, il nostro si accontentava
di piccoli aggiustamenti inefficaci. Non si è voluto per tempo prendere atto
- dice ancora Veronese - che la monopolista Acegas, proprietaria
dell'inceneritore triestino, non ha alcun interesse alla raccolta
differenziata delle immondizie e che il sistema porta a porta non è privo di
inconvenienti».
Da Monfalcone, invece, arriva l'appello ai propri cittadini da parte
dell'assessore Silvia Altran, di non recarsi a vuotare le immondizie a Duino
Aurisina, ma a utilizzare le isole ecologiche installate in varie zone del
comune. Il vicesindaco di Monfalcone, sostiene, in ogni caso, che si tratta
di una "reazione" temporanea all'avvio del servizio: «Non si tratta di un
problema determinato dal Comune - dice la Altran - bensì da alcuni abitanti
residenti in città, che non vogliono accettare una scelta che è stata
democraticamente convalidata addirittura attraverso un referendum popolare.
Sono certa che, una volta risolte le iniziali criticità, il porta a porta
prenderà piede. Ho verificato personalmente come le file all'ecosportello
siano diminuite e non nego ci siano stati dei problemi, ma esorto i
cittadini a segnalarli, perché il Comune sta effettuando un monitoraggio
attento della situazione. Mi risulta che ci siano anche diversi cittadini
soddisfatti per il servizio».
fr.c. |
Miramare, la riserva resta al Wwf
La Giunta regionale, su proposta
dell'assessore alle Risorse Naturali, Enzo Marsilio, ha espresso parere
favorevole al rinnovo dell'affidamento in gestione dell'Area marina protetta di
Miramare all'Associazione italiana per il Wwf for nature onlus.
Il parere, che sarà trasmesso al ministero dell'Ambiente e della Tutela del
territorio, si basa sulla valutazione dell'attività didattica, educativa e
divulgativa svolta finora con ottima capacità organizzativa e gestionale
dall'Associazione, che è ente gestore della Riserva naturale marina.
La Riserva marina ha festeggiato recentemente i 20 anni dalla costituzione.
La Regione insiste: A4,
emergenza e commissario - Gottardo: Di Pietro smentisce la giunta.
L’11 luglio vertice di maggioranza sulla Tav |
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L’assessore
Sonego e il collega veneto Chisso replicano al ministro che aveva bocciato
l’ipotesi di un provvedimento straordinario
TRIESTE Friuli Venezia Giulia e
Veneto insistono nel pressing sul ministro Antonio Di Pietro per
l’assegnazione di un commissario straordinario per accelerare la
realizzazione della terza corsia dell’A4. All’indomani della dichiarazione
del responsabile del dicastero delle Infrastrutture sulla non opportunità
della nomina di un commissario, l’assessore Sonego ribadisce la necessità di
istituire una figura in grado di gestire in modo più semplice la burocrazia
e i finanziamenti e assieme al collega del Veneto Renato Chisso lancia un
nuovo appello al governo affinché venga dichiarato per l’A4 lo stato
d’emergenza nella tratta da Quarto d’Altino a San Donà di Piave. Intanto è
stato convocato per mercoledì prossimo, 11 luglio, il secondo round del
vertice di maggioranza sulla Tav. Ma la Cdl va all’attacco con il forzista
Gottardo: «Il governo di fatto ha smentito la giunta»
LA RICHIESTA «Il ministro Antonio Di Pietro ha assunto impegni molto
positivii per la realizzazione completa della terza corsia da Quarto d’Altino
a Villesse - dichiara l’assessore Sonego -. Desidero ringraziarlo per il
lavoro che sta facendo e confermo anche che la Regione continuerà a
mantenere un profilo altamente collaborativo con lo Stato». Ma, nonostante
la posizione conciliante con il governo, Sonego non si tira indietro sulla
richiesta del commissario. «Confermo - dice l’assessore - l’utilità
dell’individuazione di un commissario governativo che aiuti tutti ad
accorciare i tempi delle autorizzazioni. Friuli Venezia Giulia e Veneto sono
pronte a collaborare anche sul versante dei costi della gestione
commissariale qualora ciò fosse un problema».
IL VENETO Del problema dell’A4 ieri il governatore del Veneto Giancarlo
Galan ha incontrato a Roma oltre a Di Pietro anche il ministro Enrico Letta.
«Ho avuto l’opportunità - si legge in una nota - di precisare al
Sottosegretario Letta che ove la scelta del Commissario spettasse alla
Regione del Veneto, i costi dello stesso, del Commissario cioè, non
peserebbero di un solo euro né all’amministrazione regionale né a quella
statale. E’ bene si sappia che in presenza di un Commissario per la
realizzazione della terza corsia dell’A4 potremmo guadagnare 18 mesi nei
tempi di apertura dei cantieri».
L’INCONTRO Friuli Venezia Giulia e Veneto chiedono al Governo la
dichiarazione dello stato d’emergenza nella tratta Quarto d’Altino-San Donà
di Piave dell’autostrada A4, per accelerare l’iter di approvazione del
progetto e per giungere nel minor tempo possibile all’apertura dei cantieri
della terza corsia: lo hanno stabilito gli assessori regionali alle
Infrastrutture, Lodovico Sonego e Renato Chisso, in un incontro che si è
svolto ieri sera a Portogruaro. Nella riunione è stata ribadita la «totale
condivisione delle due Regioni sui contenuti e sui metodi per la
realizzazione della terza corsia dell’autostrada A 4 nella tratta Quarto d’Altino-Villesse
e dell’alta capacità ferroviaria Venezia-Trieste». Per quanto riguarda il
tracciato dell’alta capacità ferroviaria, le due Regioni hanno convenuto sul
non affiancamento con l’autostrada tra Quarto d’Altino e Portogruaro
(Venezia), mentre da Portogruaro verso Est è stato ribadito il tracciato in
affiancamento.
L’OPPOSIZIONE «La maggioranza di centrosinistra - attacca il coordinatore di
Forza Italia Isidoro Gottardo -, che con un voto in Consiglio regionale ha
chiesto la nomina del Commissario, è stata smentita dal suo stesso Governo
nazionale». «Inutile fingere - prosegue Gottardo - il fatto è molto grave.
Vogliamo sperare - prosegue - che quanto promesso ieri a Roma porti davvero
entro luglio a una nuova convenzione tra Autovie Venete e Anas, cosa questa
fino ad oggi negata, con il Ministro Di Pietro che ha accusato la Regione e
la concessionaria di inadempienza».
IL VERTICE L’11 luglio si svolgerà il secondo round del vertice di
maggioranza sulla Tav. Dopo la prima tappa di lunedì scorso, monopolizzata
dalla relazione dell’assessore Sonego, la seduta di mercoledì saraà dedicata
all’approfondimento dei dettagli tecnici del progetto.
Ciro Esposito |
TAV - Il Wwf attacca:
«Chiesti fondi Ue per progettare il nulla» |
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TRIESTE «Il governo italiano e
sloveno chiedono all’Unione europea un finanziamento per la progettazione
della Tav Trieste-Divaccia e altri 44 per la Ronchi Trieste. Soldi chiesti
per progettare il nulla». Il Wwf di Trieste, attraverso il suo segretario
Dario Predonzan, attacca la politica di Regione e governo sull’Alta velocità
ferroviaria. «Nel caso particolare della Ronchi Sud-Trieste - scrive la nota
- il progetto è stato già bocciato dopo il passaggio della Via dal
ministero. Quindi sarebbe meglio parlare di nuovo progetto. E anche la
concertazione con il territorio si deve fare solo sul progetto definitivo.
Ha senso che solo per non smentire Illy, Sonego continui a ripetere che la
Ronchi sud-Trieste si farà, solo per giustificare in qualche modo i 1.900
miliono che il governo ha messo nel Dpef?». Una voce critica sale anche dai
Comunisti italiani. «Che senso ha fare una galleria di 60 km sotto il Carso
quando poi i treni dell’alta velocità non potranno superare i 180 km orari?
- è la domanda che si pone Stojan Spetic -. La Slovenia peraltro ha già
ribadito di non essere interessata alla tratta. E anche il progetto che
riguarda Trieste, illustrato dall’assessore Sonego, appare complicato per
non dire insostenibile. Forse tutto questo denaro potrebbe essere utilizzato
per ammodernare le linee ferroviarie esistenti». |
Via libera da Bruxelles ad
Enel ed Acciona per l’acquisto di Endesa - Strada in discesa verso l’Opa |
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ROMA Un altro tassello va a
incastrarsi nel puzzle di autorizzazioni necessarie ad Enel ed Acciona per
rilevare il controllo di Endesa. Dopo l'ok condizionato dell'Autorità per
l'Energia spagnola di mercoldì, ieri il consorzio italo-spagnolo ha ricevuto
la benedizione dell'Antitrust europeo, secondo il quale l'offerta delle due
società sul primo operatore elettrico iberico «non ostacolerà in maniera
significativa l'effettiva concorrenza nello Spazio economico europeo (See)».
L'elemento decisivo nell'ok di Bruxelles sembra essere stato l'accordo fra
Enel, Acciona e la tedesca E.On (che ha tentato invano di rilevare Endesa
per più di un anno), con il quale il gruppo tedesco ha rilevato importanti
asset del valore di 10 miliardi di euro in Italia, Francia e Spagna. Con
questa intesa, spiega la Commissione, «gli unici mercati che risentono della
transazione sarebbero quelli della generazione-fornitura all'ingrosso e al
dettaglio di elettricità in Spagna». Ma l'operazione in questione «non
rafforzerà in maniera significativa la produzione di Endesa in nessuno di
questi mercati».
Ma Enel potrebbe avere anche un altro motivo per ringraziare l'Unione
Europea: l'Antitrust Ue esaminerà «con estrema attenzione e in profondità»
le 12 condizioni poste dalla Cne all'offerta su Endesa per verificare se
esse violino le norme europee sulla libera circolazione dei capitali. Già in
precedenza, i vincoli imposti dalla Spagna ad E.On erano stati il fondamento
per l'avvio di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles nei
confronti di Madrid. |
IL PICCOLO - GIOVEDI' , 5
luglio 2007
Ret: «Stop ai rifiuti da
Monfalcone» - Il sindaco di Duino Aurisina avvia un’inchiesta
sull’aumento dei costi |
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Dopo l’avvio
della raccolta porta a porta gli abitanti del mandamento portano le
immondizie a San Giovanni di Duino
DUINO AURISINA È furibondo,
Giorgio Ret. Il sindaco di Duino Aurisina è pronto a scendere in campo per
difendere i cassonetti del suo Comune delle immondizie del territorio contro
l'invasione isontina. Da quando, infatti, a Monfalcone è iniziata la
raccolta differenziata con il sistema del porta a porta, si è assistito a un
continuo aumento delle immondizie: «A San Giovanni di Duino la situazione è
davvero drammatica - dice il sindaco Ret - non possiamo sostenere simili
episodi».
Si tratta di una catena che parte da lontano: da Staranzano, Ronchi e gli
altri comuni del mandamento isontino che hanno applicato il porta a porta
prima di Monfalcone e che portavano le proprie immondizie appunto a
Monfalcone; ora che anche nella città dei cantieri è iniziata la raccolta
porta a porta (e stanno via via sparendo i cassonetti liberi lungo le
strade), coloro che non effettuano la raccolta si spostano più a Est per
lasciare i propri, indifferenziati, sacchetti.
La «trasumanza» delle immondizie ha raggiunto Duino e Sistiana, e dopo un
primo allarme, nei giorni scorsi, ora il sindaco Ret è sceso sul piede di
guerra: «Ho chiesto agli uffici un rapporto di quanto sta avvenendo, una
proiezione dell'aumento dei costi di smaltimento e una analisi di carattere
igienico. Quando avrò questi dati in mano, tra qualche giorno, andrò a
bussare la porta del municipio di Monfalcone: è necessaria una riunione con
il sindaco Gianfranco Pizzolito, ma solo con dati alla mano».
Attualmente il sindaco di Monfalcone è in ferie, ma al ritorno, oltre alle
proteste di quanti non hanno ancora accettato il porta a porta, troverà
anche la missiva al vetriolo del sindaco Ret. «Così è davvero troppo facile,
e non mi vengano a dire che il porta a porta funziona. Prima il mandamento
occidentale ha riversato parte dei propri rifiuti su Monfalcone, ora tutti
coloro che passano per Duino li riversano su di noi. Certo che a Monfalcone
calerà il costo di smaltimento, ma solo perché toccherà a noi a pagare di
più».
Su questo tema è intervenuto ieri l'altro il consigliere provinciale Paolo
Salucci della Margherita: «Il comportamento di chi, residente a Monfalcone -
ha scritto in una nota - deposita per pigrizia l'immondizia nei contenitori
indifferenziati di Duino, è assai poco civile e soprattutto costoso per i
residenti di quest'ultima località».
La soluzione di Salucci passa per l'adeguamento al sistema, ovvero
applicando la raccolta differenziata porta a porta anche a Duino Aurisina:
«Ci sono - ha scritto ancora Salucci - per i Comuni, fondi pubblici
specificamente preposti a finanziare il passaggio ad una raccolta di rifiuti
differenziata, dobbiamo registrare il ritardo dell'amministrazione comunale
di Duino Aurisina ad affrontare un tema importante sia sul lato etico
economico sia su quello della qualità della vita dei cittadini». Ma secondo
Ret il sistema del porta a porta, «è fuori discussione».
La ricetta per le immondizie prodotte dai residenti di Duino Aurisina
comprende infatti il reciclo «autonomo» dell'umido, attraverso il
posizionamento di casse per il compostaggio nei giardini, un accordo che
riguarderà i privati ma anche i ristoranti: chi aderirà potrà avere uno
sconto sulla tassa delle immondizie. Proseguirà «e verrà ancora
implementata», dice Ret, la raccolta differenziata lungo le strade. «Abbiamo
raggiunto un buon equilibrio relativamente alla raccolta dei rifiuti sul
nostro territorio, ora non è tollerabile che il sistema venga messo in crisi
per strategie di altri».
Il sindaco è determinato anche a trovare un rimedio concreto: certo non è
possibile chiedere la residenza a chi vuota le immondizie nei bottini di
Duino Aurisina, ma l'amministrazione è alla ricerca di una soluzione per
evitare che le immondizie isontine finiscano nei cassonetti di San Giovanni
e Sistiana e che a pagare per lo smaltimento, in ultima analisi, siano gli
abitanti di Duino Aurisina.
fr.c. |
Differenziata, un comitato |
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SAN DORLIGO Inizierà solo oggi
la distribuzione del materiale informativo dettagliato sulla raccolta
differenziata porta a porta, iniziata però già lunedì a San Dorligo. E
mentre sta nascendo un comitato di cittadini per «monitorare» (in senso
critico) l’andamento della raccolta differenziata a San Dorligo, l’assessore
Igor Tul risponde alle critiche di ieri. Ad esempio, in merito alla mancata
consegna dei tre bidoncini a casa dei cittadini. La consegna avviene in
questi giorni. «Non so dire il numero delle utenze ancora sprovviste. Non
molte. Ma stiamo completando la consegna», dice Tul. |
Cedassamare, si vota il 16
luglio Omero: «Area da salvaguardare» - Comune, la seduta dei capigruppo fa
slittare ulteriormente i tempi |
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Si allontana ancora il voto del
consiglio comunale sulla variante in base alla quale in salita di
Cedassamare dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine. Dopo avere rimandato
il voto previsto per lunedì (ma già in calendario il 25 giugno), ieri i
capigruppo hanno deciso di fissare la seduta al 16 luglio, «saltando» un
lunedì. La delibera è una spina nel fianco: la diffida inviata dall’impresa
costruttrice mette i consiglieri di fronte alla possibilità di essere
chiamati a rispondere in solido di un eventuale no al progetto, che sinora
ha ottenuto una serie di pareri favorevoli. Nuovo appello il 16: prima di
allora non ci sarebbero state altre delibere da votare «e parliamo di denaro
pubblico speso a ogni seduta», argomenta il forzista Piero Camber. Vanno poi
valutate le controdeduzioni degli uffici comunali alle valutazioni degli
ambientalisti: controdeduzioni che hanno ribadito la correttezza dell’iter
fin qui previsto. Ma il Ds Fabio Omero (che ieri, con Decarli dei Cittadini
e Edera della Lista Rovis, ha votato no al rinvio) scrive che «probabilmente
la Cdl vuole votare questo piano in concomitanza» con la delibera sugli
indirizzi per la redazione del nuovo prg, così che Cedassamare «passi in
secondo piano rispetto all’impegno dell’amministrazione a correggere» il
precedente prg firmato dalla giunta Illy. Omero propone: «Il consiglio
approvi anche la ”messa in salvaguardia” (delle zone non edificate, ndr) che
presenteremo, bloccando così Cedassamare». «Salvaguardia? Concetto
generico», replica Camber. E l’assessore Maurizio Bucci: «Le osservazioni
che Omero ha fatto sul piano parcheggi dimostrano che dall’opposizione non
sa più che pesci pigliare». |
A4, sbloccati i lavori ma
niente commissario - Di Pietro scrive a Illy e Galan: figura non necessaria,
l’iter procede. Definito il tracciato Tav |
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Riunione a
Roma fra Autovie, Anas e ferrovie. Entro luglio una nuova convenzione per la
realizzazione della terza corsia |
Santuz:
prendiamo atto delle indicazioni. Siamo pronti a fare la nostra parte |
TRIESTE Una nuova convenzione
fra Autovie e Anas, da firmarsi entro questo mese, porterà allo sblocco dei
lavori per la terza corsia sull’A4, il cui costo è stimato in un miliardo di
euro. Parola del ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro che così
boccia ufficialmente anche l’ipotesi del commissario straordinario, come
avevano invece chiesto Veneto e Friuli Venezia Giulia in una lettera
indirizzata a Prodi. «Con tutto questo - sottolinea Di Pietro, che ha anche
inviato una lettera ai governatori Riccardo Illy e Giancarlo Galan - la
figura di un commissario non c’entrava e non c’entra niente. I problemi
nascevano dal disaccordo delle Regioni, al cui senso di responsabilità è ora
demandata la definitiva risoluzione della vicenda».
E nemmeno il tracciato della Tav, che il Veneto vuole ”costiero” senza
affiancamento all’autostrada, sarà più un ostacolo per la realizzazione
dell’opera. Il Friuli Venezia Giulia, invece, potrà infatti mantenere il
parallelismo tra ferrovia e A4 tra Portogruaro e Gonars. Non sarà previsto
invece affiancamento nel quarto lotto, ovvero fino a Villesse. Nessun
cambiamento invece per la prima tratta autostradale, Quarto d’Altino-San
Donà (non interessata da affiancamento): le commissioni per la gara di
progettazione completeranno il proprio lavoro nelle prossime settimane, e la
gara si potrà indire in tempi rapidi.
L’intesa è stata raggiunta ieri nel vertice romano tra il ministro, i
rappresentanti della concessionaria autostradale (l’amministratore delegato
Pietro Del Fabbro e il direttore generale Riccardo Riccardi), di Anas
(Pietro Ciucci) e Rete ferroviaria italiana (Michele Elia). Se la vicenda
della terza corsia sembra quindi destinata a subire un’accelerata, bisognerà
capire se le Regioni insisteranno sulla figura del commissario. I
presupposti della richiesta di un commissario nascevano dall’esigenza di
ridurre i passaggi formali per l’approvazione della progettazione definitiva
e la gara vera e propria. Anche in presenza di un accordo sul tracciato, i
tempi necessari per rispettare questi vincoli burocratici, secondo alcune
fonti, non si accorciano più di tanto. Questo significa che prima del 2014
potrebbe non essere realizzato il primo lotto. E intanto il traffico lungo
l’arteria aumenta: più 10 per cento solo nel primo quadrimestre 2007.
Se sul commissario la discussione sembra archiviata per il ministro e
rinviata alle Regioni, l’intesa sul tracciato individuato ieri andrà
formalizzata entro il mese. Perché la proposta diventi impegno condiviso
saranno necessari due atti. Il primo sarà la sottoscrizione di una
convenzione unica Anas - Autovie Venete, che includa le tratte nel nuovo
piano finanziario. La sigla è prevista entro la fine di luglio. Anas e
Autovie dovranno quindi lavorare gomito a gomito e procedere in fretta con
la parte burocratica. Poi ci sarà la parte politica, con la valutazione
delle Regioni in sede Cipe. I due partner istituzionali non sono stati
inviatati al tavolo di ieri, ritenuto un appuntamento tecnico, ma al termine
della riunione il ministro ha scritto ai presidenti di Veneto e
Friuli-Venezia Giulia per comunicare gli esiti dell’incontro. «In base a
quanto deciso oggi – ha dichiarato Di Pietro – Anas e Autovie Venete hanno
garantito che formalizzeranno in tempi brevi la nuova convenzione, inserendo
le nuove tratte nel piano finanziario e permettendo così il completamento di
un’opera richiesta a gran voce e ritenuta fondamentale dalle popolazioni
locali. Allo stesso tempo, il ministero vigilerà affinché i lavori relativi
alla prima tratta già in convenzione procedano nei tempi previsti». «Ora ci
aspettiamo che le amministrazioni regionali esprimano il loro parere su
questa nostra proposta – ha concluso Di Pietro - quando la nuova convenzione
sarà discussa dal Cipe». Secondo il programma auspicato dal ministro, questo
dovrebbe avvenire entro i primi giorni di agosto.
Intanto, il primo commento all’incontro arriva dal presidente di Autovie
Venete, Giorgio Santuz, impegnato in Slovenia per il Corridoio V. «Prendiamo
atto delle indicazioni del ministro – dice Santuz – e ci attiveremo quanto
prima per fare la nostra parte. I primi passi saranno chiedere un incontro
con Anas e convocare un consiglio di amministrazione straordinario».
Martina Milia |
Trasporti pubblici, riforma
da 200 milioni - Fortuna Drossi: «Sforzo economico enorme». Oggi parte
l’esame consiliare. Incontro Sonego-sindacati |
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VERSO LO
SCIOPERO |
TRIESTE «La Regione investirà,
l’ha già previsto, 200 milioni di euro all’anno». Uberto Fortuna Drossi, il
cittadino che presiede la quarta commissione, non ha dubbi: Riccardo Illy e
Intesa democratica si apprestano a «uno sforzo economico enorme» per far sì
che il trasporto pubblico locale, in Friuli Venezia Giulia, diventi più
efficiente e più rispondente ai bisogni dei cittadini.
Fortuna Drossi mette i puntini sulle «i» alla vigilia di un giorno cruciale
per il disegno di legge a firma Lodovico Sonego che getta le basi per la
«rivoluzione» su gomma e su rotaia, prevedendo una fortissima integrazione e
un gestore unico a partire dal 2011. Oggi, infatti, quel ddl - che ha già
portato i sindacati, con la sola eccezione della Cgil, a proclamare un
doppio sciopero di 4 ore dei ferrovieri e degli autoferrotranvieri, il 13 e
il 24 luglio - inizia il suo iter consiliare. Si parte alle 14.30, in quarta
commissione, con l’illustrazione e quindi con le audizioni: «È uno degli
argomenti più importanti, dopo quello della sanità, sia in termini economici
che finanziari. Ed è un tema - afferma, ancora, Fortuna Drossi - quanto mai
sentito anche dai cittadini che, tutti i giorni, si trovano a confrontarsi
con il servizio di trasporto pubblico locale».
Non basta: il disegno di legge attua appieno il trasferimento di competenze
e risorse statali sulle Motorizzazioni civili e su un migliaio o quasi di
strade ex Anas, definendo i destini di più di trecento dipendenti. E anche
quel trasferimento è finito nel mirino della Cisl e degli autonomi mentre
Cgil e Uil, dopo l’incontro di martedì, hanno pressoché raggiunto l’accordo
con l’assessore.
Ma oggi non è in programma solo l’avvio dei lavori consiliari: in prefettura
a Trieste, come conferma la Cisl, si tiene il tentativo di conciliazione per
tentare di scongiurare lo sciopero dei dipendenti della Motorizzazione
civile, contrari al passaggio alle Province. A Dignano, dove peraltro si
riunisce la giunta, si tiene invece un secondo incontro tra Sonego e i
sindacati, anche se Uil e Cisl hanno già annunciato l’intenzione di non
parteciparvi, dedicato esclusivamente al gestore unico. A Trieste, infine,
la Cgil indice una conferenza stampa per illustrare il suo giudizio sul ddl
Sonego e per tirare un primo bilancio della concertazione, spiegando la sua
posizione più «soft» rispetto a Uil e soprattutto Cisl. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 4
luglio 2007
Parcheggi in arrivo, più
spazio ai pedoni - Presentato a categorie e circoscrizioni il
documento che prevede 18 contenitori per complessivi 5310 posti auto
|
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Bucci:
«Piano tecnico, non politico». Omero: «In realtà non sanno decidere» |
L’assessore:
vogliamo eliminare le vetture dal lungomare entro il nostro mandato
Nuovi spazi pedonali per 50mila
metri quadrati. «Cinque volte piazza Unità», dice Maurizio Bucci. È solo una
delle comparazioni, tanto care all’assessore all’Urbanistica, utilizzate
durante la presentazione ufficiale del nuovo Programma urbano dei parcheggi
(Pup). Una mappatura dei posti auto, da realizzare nel sottosuolo, andando
ad eliminare le macchine in superficie e obbligando i costruttori a
riqualificare anche le aree limitrofe. Perché i 18 contenitori individuati
dagli uffici comunali, per complessivi 5310 stalli, dovranno essere
costruiti in project financing: «Il Comune mette il sottosuolo, le società
private - dice Bucci - costruiscono la struttura con all’interno box e posti
a rotazione». Pare di capire, quindi, che l’ente e le società controllate
non prenderanno parte a un piano che «se realizzato garantirà un’area di
sosta - per dirla con le comparazioni di Bucci - a un’ipotetica fila di 26,5
chilometri di automobili».
Ad ascoltare la presentazione ufficiale, nella sala del Mib all’interno
Ferdinandeo, siedono consiglieri circoscrizionali (i primi chiamati a dare
nei sette parlamentini un parere) e comunali, ma anche rappresentanti delle
categorie e dell’associazionismo. Guardano le slide che illustrano il piano,
ascoltano nell’ordine l’assessore Maurizio Bucci, il direttore dell’area
Pianificazione, Carlo Tosolini, il mobility manager Giulio Bernetti e il
sindaco Roberto Dipiazza.
Alla fine niente dibattito, dopo tutto è un lavoro che prima di soppiantare
il vecchio schema dovrà essere approvato dal Consiglio comunale. Il Pup
vigente, risalente al ’96, prevedeva 23 impianti (15 realizzati, quello di
San Giacomo pronto alla consegna, altri 7 cassati tranne il ripescaggio del
sito dell’Università e della Stazione Marittima); quello del futuro prende
in considerazione l’analisi della domanda degli utenti, la fattibilità
tecnica e la stima dei costi di ogni parcheggio. Verificando nei 18 ambiti
di sosta la presenza dei posti su strada (anche per motocicli), in impianto
e all’interno di box privati.
Nelle slide proiettate scorrono le immagini di piazza Sant’Antonio, al
centro di un project financing su cui la giunta Dipiazza a breve si
esprimerà, e quelle delle Rive. «Alla fine di questo mandato vogliamo
togliere tutte le automobili sul lungo mare», dice Bucci gongolando davanti
a una ricostruzione al computer che contiene anche una nave crociera. È la
Trieste del futuro, pensata nell’immaginario dell’assessore con «agli
ingressi alcuni segnalatori luminosi, che indicano al turista - dice - le
zone e i parcheggi liberi».
Nella sala equamente divisa fra esponenti di maggioranza e opposizione
scatta l’applauso per tutti, ma c’è anche chi alla fine dissente aspettando
di dare battaglia in aula. Nulla da dire contro il lavoro degli uffici
comunali, ma sulle scelte strategiche e il piano economico. Ma cosa si
prepara a contestare il centrosinistra? Bisogna partire dalla fine della
presentazione, per capirlo. «Le nuove Rive hanno già cambiato il modo di
muoversi dei triestini, quando sarà completata la Grande viabilità il
cerchio sarà chiuso», dice il primo cittadino. E aggiunge, chiedendo ai
cittadini più senso civico: «Ogni anno la polizia municipale emette sanzioni
per 5,5 milioni di euro, mentre alcuni parcheggi - spiega - in struttura
restano liberi. Bisogna cambiare mentalità, altrimenti...».
Una richiesta del sindaco, accompagnata dalla chiosa di Bucci che precisa
come «non c’è nulla di politico in questo piano». Una precisazione che
secondo Fabio Omero (Ds) è la dimostrazione che «non c’è una strategia,
manca il piano del traffico e le scelte sugli ingressi in città - dice - ma
una mappatura di parcheggi in centro, che aumenteranno il traffico, lasciati
ai privati senza una priorità». Critico anche Marco Toncelli (Margherita)
pronto a domandarsi «chi finanzierà queste strutture indispensabili a dare
certezze agli operatori, ma ancora lontane dalla loro realizzazione».
Pietro Comelli |
Cedassamare, nuovo rinvio:
«Dobbiamo studiare le carte» |
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Cedassamare, nulla di fatto.
Nemmeno l’altra sera il consiglio comunale ha votato la delibera sul piano
particolareggiato in base al quale a Barcola, in un’area boschiva di pregio,
dovrebbero sorgere cinque nuove palazzine da affiancare a due già costruite
dalla stessa impresa proprietaria del fondo, la Costruzioni Meranesi srl. Il
problema per l’aula non è di poco conto: poche settimane fa l’impresa ha
inoltrato al Comune una diffida in cui, ricordando i «sì» già ottenuti,
chiede al consiglio di pronunciarsi sulla variante, «con ogni riserva di
richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il «ricorso alla
Magistratura competente». Chi dunque votasse no si accollerebbe il rischio
di affrontare richieste di risarcimenti milionari, sebbene tutti i
consiglieri guardino dichiaratamente con scarso favore al progetto.
Già nella seduta del 25 giugno la Cdl aveva deciso di chiedere agli uffici
un parere scritto su una nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in
replica alle controdeduzioni a un precedente documento degli ambientalisti.
Secondo Italia Nostra e Wwf la documentazione sarebbe carente sulla
valutazione di incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche
della valutazione ambientale strategica. Ma il controparere è arrivato
l’altra sera a seduta in corso, ed è stato distribuito in forma ufficiosa in
quanto non protocollato. A quel punto si è deciso di prendere tempo per
«studiare le carte», sintetizza il forzista Piero Camber; anche se c’è chi -
come il diessino Fabio Omero - sottolinea la singolarità del ritardo
nell’arrivo della documentazione. In ogni caso, se ne discuterà nella
prossima seduta. La «controdeduzione» comunque sostanzialmente respinge le
osservazioni degli ambientalisti, ribadendo la correttezza dell’iter fin qui
compiuto.
Da registrare intanto l’emendamento che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza
ha presentato lunedì, e che elenca una serie di «indirizzi per la
progettazione esecutiva» delle villette, «dando atto che gli stessi sono
stati accettati dalla proprietà»: le costruzioni «dovranno integrarsi e
mimetizzarsi quanto più possibile nell’ambiente circostante» salvaguardando
l’ambiente di pregio. Tutte prescrizioni «comunque mirate a cercare di
migliorare la qualità dell’intervento», commenta Camber. Omero e il
consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano Edera si sono opposti lunedì
all’ulteriore rinvio della decisione: «E l’ho fatto mettere a verbale -
commenta il diessino - perché non escludo che l’impresa possa procedere con
la diffida, giacché i termini fissati sono scaduti». |
S. Dorligo, polemica sulla
raccolta differenziata - Convocato un consiglio comunale straordinario a due
giorni dall’inizio del servizio porta a porta |
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Sarà affrontata in consiglio
comunale a San Dorligo la tematica della raccolta differenziata porta a
porta, che ha preso avvio lunedì. A proporlo, i consiglieri di opposizione
con una specifica mozione e una richiesta di seduta straordinaria. Nei primi
due giorni della raccolta porta a porta, al Comune sono giunte una trentina
di telefonate con richieste di informazioni. In questi giorni, comunque, si
sta ancora provvedendo alla consegna dei bidoncini a chi ne fosse
sprovvisto. Per il Comune, il primo bilancio è positivo. Ma non tutti sono
d’accordo. «Siamo caduti nel ridicolo», sbotta il consigliere di opposizione
Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni). «Il 2 luglio non è partita la
raccolta differenziata, ma solo la seconda fase della consegna dei
bidoncini. Questo metodo si dimostra sempre più casereccio. Questa giunta è
fatta di “pataccari”, come quelli del film di Alberto Sordi». Gombac
annuncia che l’argomento sarà affrontato con una mozione (in termini
negativi e di critica) in una prossima riunione del consiglio comunale,
richiesta proprio dalle opposizioni per affrontare vari temi, tra cui,
appunto, la raccolta porta a porta. Oggi anche Silvana Mondo, ex
consigliere, e iscritta alla lista civica Uniti nelle tradizioni, si
lamenta: «Non solo come esponente politico, ma anche come cittadina posso
dire che questo sistema è vergognoso. È una presa in giro: non avevano detto
di aver fornito tutto il materiale? Solo ora stanno completando la consegna
dei bidoncini, che molti non sanno dove mettere. Inoltre non ci è stato
fornito il calendario della raccolta, e non sappiamo bene le
zone in cui è
stato diviso il territorio. Ci sono molte proteste in giro. Spero che Sant’Ulderico,
patrono di San Dorligo, illumini questa amministrazione – scherza Mondo -,
affinché sia rispettosa di chi li ha votati e di chi, come me, non li ha
votati». E proprio per la festa di Sant’Ulderico, oggi gli uffici comunali
resteranno chiusi. La raccolta dei rifiuti differenziati, affidata agli
addetti del Comune, quindi sarà sospesa. Avverrà regolarmente invece quella
dei rifiuti non riciclabili, affidata ad una ditta esterna.
s.re. |
Corridoio 5, Italia e
Slovenia trovano l’intesa - ALTA VELOCITÀ Superato il nodo delle
tratte da Trieste e Capodistria per Divaccia. |
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Entro il 23
luglio Di Pietro e Bozic presenteranno a Bruxelles la richiesta di 42
milioni per la progettazione
Il
tracciato esaminato dall’assessore Sonego e dal sottosegretario Budin
TRIESTE Italia e Slovenia hanno
trovato un accordo sul punto di contatto fra la tratta Trieste-Divaccia e
quella Capodistria-Divaccia del Corridoio 5. Il superamento di questo nodo
consente ora ai due ministri dei trasporti, Di Pietro e Bozic, di firmare e
presentare a Bruxelles, entro il 23 luglio, la richiesta congiunta di
finanziamento, pari a 42 milioni di euro, per la progettazione della tratta
ad alta capacità ferroviaria Trieste-Divaccia.
Sempre entro il giorno 23, il ministro Di Pietro chiederà anche che l’Ue
affianchi l’Italia nella progettazione definitiva della tratta Ronchi
Sud-Trieste, erogando la metà dell’importo necessario (il costo complessivo
ammonta a 44 milioni di euro)..
Lo stato dell’arte sullo sviluppo del Corridoio 5 nella parte orientale del
Friuli Venezia Giulia è stato fatto ieri, nel corso di un incontro fra il
sottosegretario al Commercio estero Milos Budin e l’assessore regionale ai
Trasporti Lodovico Sonego.
Lunedì prossimo Budin sarà infatti a Lubiana, dove con i ministri sloveni
agli Esteri e all’Economia discuterà diversi temi della cooperazione
economica e commerciale italo-slovena. Un’occasione preziosa per portare
avanti il discorso, ormai a buon punto, relativo alla tratta regionale
(Ronchi Sud-Trieste) e a quella transfrontaliera (Trieste-Divaccia) del
Corridoio 5.
«A Lubiana – ha dichiarato Budin – mi attendo una conferma di quanto
esaminato con l’assessore Sonego. Il punto importante è che per il tratto
transfrontaliero si è individuata una soluzione che soddisfa i due Paesi.
Dal punto di vista della sostenibilità ambientale – ha aggiunto – il
progetto mi pare molto buono».
Nella fase attuale non si affronta problema di eventuali cavità carsiche che
si potrebbero incontrare durante lo scavo delle gallerie. «Al momento giusto
– rileva Budin – si studierà la questione con un’analisi attenta. L’impegno
è nel fare le cose nella maniera più accorta possibile».
Il punto dell’intesa fra Italia e Slovenia viene sottolineato anche
dall’assessore Sonego: «Il fatto nuovo è che i rapporti fra Italia e
Slovenia hanno consentito di definire il punto di contatto fra le tratte
Trieste-Divaccia e Capodistria-Divaccia, situato in territorio sloveno.
All’inizio la Slovenia considerava tuttaltro che prioritario il collegamento
transfrontaliero con l’Italia, preferendo anteporre quello fra il porto di
Capodistria e il nodo di Divaccia».
Altro fatto importante è che la Val Rosandra non viene interessata dal
tracciato del Corridoio. Un percorso ad «esse», passando sotto la località
di San Lorenzo, attraversa il confine, per rientrare in Italia per un breve
tratto prima di svilupparsi sino a Divaccia.
Il tracciato delle due tratte, che Sonego ha illustrato a Budin, è
praticamente quello definitivo e si svolge quasi interamente in galleria.
«Italia e Slovenia – ha precissato l’assessore – hanno mostrato pieno
accordo sull’importanza di realizzare opere che abbiano il minor impatto
ambientale possibile».
In merito alla Ronchi Sud-Trieste, Budin ha ricordato che il governo ha
inserito l’opera tra quelle di interesse prioritario, destinando 1,9
miliardi di euro per la sua reliazzazione con un provvedimento inserito nel
documento di programmazione finanziaria 2008.
Quanto al percorso, anche questa tratta, come detto, si sviluppa in
galleria. Due soli i punti in cui affiora in superficie: una dolina nei
pressi di Aurisina (per un tratto di 150 metri) e l’altro poco prima del
Lisert, nell’area di Pietrarossa.
Il progetto ha poi risolto, spostando il tracciato a valle, il problema del
passaggio nelle zone di Iamiano e dei laghetti delle Mucille. E dopo il
Lisert, in direzione di Trieste, il tracciato della galleria ferroviaria
correrà sotto l’autostrada.
Il tratto ancora da definire nei dettagli è quello che attraversa il
Monfalconese. «Stiamo rinegoziando in termini migiorativi l’accordo del
2004», ha precisato Sonego, aggiungendo che il progetto che Rete ferroviaria
italiana (Rfi) si accinge a presentare alla commissione governativa, per
l’approvazione definitiva, tiene conto di tutte le indicazioni giunte dal
territorio, fra cui il prefezionamento della tratta nell’area
Ronchi-Fogliano. «Nell’accordo 2004 con i sindaci – ha ricordato l’assessore
– abbiamo ipotizzato una soluzione interrata che passa sotto l’aeroporto e
arriva alla stazione di Redipuglia».
Giuseppe Palladini |
Grandi opere, Intesa rinvia
il confronto - I Verdi: siamo delusi. Riforma del tpl in aula il 24
nonostante le proteste sindacali |
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La relazione
dell’assessore ai Trasporti monopolizza il summit: «Infrastrutture,
partecipazione garantita». Nuovo incontro entro il mese
TRIESTE Si era creata una grande
attesa per il vertice di maggioranza convocato dal governatore Riccardo Illy
sulla Tav. Soprattutto da parte della sinistra radicale.
Ma il summit tenutosi a Trieste si è concluso con un nulla di fatto. O
meglio, la gran parte delle due ore dedicate alla discussione sono state
monopolizzate da una relazione tecnica dettagliata presentata dall’assessore
ai Trasporti e alle Infrastrutture Lodovico Sonego.
Non c’è stato insomma tempo per la discussione anche se la maggioranza si è
ridata appuntamento a breve per un nuovo vertice tecnico al quale seguirà
uno politico.
Entrambi gli appuntamenti saranno fissati entro fine mese. Delusi i Verdi,
attendono il nuovo confronto quelli di Rifondazione, perplessi i Comunisti
italiani.
La maggioranza inoltre ha concordato che, nonostante le proteste dei
sindacati e la proclamazione degli scioperi di tranvieri e
autoferrotramvieri, il disegno di legge sul trasporto pubblico locale
approderà in Aula il 24 luglio al posto della legge sul friulano.
«C’è stato un monologo che francamente non ci aspettavamo - dice il verde
Gianni Pizzati - c’è poco da dire oltre a registrare da parte nostra una
certa delusione».
Su un argomento così delicato come quello delle infrastrutture, che sarà un
elemento chiave anche per tenere insieme la coalizione sul programma che
porterà Intesa alle regionali del 2008, i Comunisti italiani si aspettavano
una discussione che non c’è stata.
«Sonego ha parlato della Tav, dell’autostrada pedemontana, degli
elettrodotti ma molte questioni non sono ancora chiare - osserva Stojan
Spetic - penso ad esempio ai rapporti con la Slovenia. L’unica buona notizia
è che si sia conventuti sulla necessità di ritrovarci al breve per altre due
riunioni di maggioranza». «Il primo round è stato soltanto illustrativo -
commenta il capogruppo di Rifondazione Comunista Igor Kocijancic -. Ci sono
tanti aspetti politici aperti che approfondiremo nella seconda tappa che ci
sarà entro il 20 luglio».
Ma l’assessore Lodovico Sonego tranquillizza tutti sulla volontà della
maggioranza di condividere le scelte sul tema infrastrutture. «È stata una
riunione molto dettagliata e approfondita - spiega Sonego - che ci ha
consentito di mettere in luce il grande impegno della Regione per
organizzare la politica infrastrutturale in un quadro partecipato e di
consenso. Ulteriori approfondimenti, anche di carattere tecnico saranno
fatti nei prossimi giorni con lo scopo di individuare i problemi aperti
anche nel dettaglio».
Soddisfatto è anche il segretario diessino Bruno Zvech: «il nodo
infrastrutture non è in discussione. Le imprese della nostra regione, nella
quale l’export è in costante crescita, hanno dimostrato, al di là della
congiuntura economica internazionale favorevole, grandi capacità di
riorganizzazione. Ora la politica deve continuare a sostenerle».
«Nella prossima riunione - commenta il capogruppo della Margherita Cristiano
Degano - analizzeremo le opere nel dettaglio con i progetti alla mano. Mi
sembra tuttavia che la relazione di Sonego sia stata esaustiva. Comunque
tutta Intesa avrà modo di confrontarsi non solo nella prossima riunione
tencica ma soprattutto nel vertice politico che si terrà netro la fine del
mese».
ci.es. |
Spunta l’ipotesi di un
elettrodotto dalla Slovenia a Redipuglia |
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TRIESTE Nel vertice di
maggioranza l’assessore Lodovio Sonego ha illustrato anche alcuni dettagli
tecnici sulle opere previste per lo sviluppo economico del Friuli Venzia
Giulia. In particolare sugli elettrodotti l’assessore ha informato i
colleghi di maggioranza che esiste un’ipotesi di creare un collegamento per
la rete elettrica interrata con la Slovenia sfruttando il cunicolo che sarà
scavato nei pressi di Redipuglia per il tratto della Tav Ronchi
Sud-Divaccia. Lo stesso Sonego ha poi comunicato che sarà difficile poter
realizzare la costruzione di un elettrodotto dall’Austria in quanto le
autorità d’oltralpe non intendono concedere le autorizzazioni per motivi di
sicurezza. È stato ribadito infine l’impegno del ministro Di Pietro che
firmerà, entro il limite ultimativo del 20 luglio, la richiesta all’Ue per
il finanziamento della progettazione delle tratte della Tav Trieste-Divaccia.
Per quanto riguarda il tema della Tav/Tac al termine del vertice Paolo
Bassi, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, ha sottolineato come
«il ministro Di Pietro si sia impegnato a partecipare al bando dell’Unione
Europea, sia per la tratta Trieste - Divaccia assieme al collega sloveno (40
milioni il finanziamento complessivo, di cui 20 di competenza italiana), che
per la tratta Ronchi – Trieste (40 milioni)». |
Metano a Fiume: gestori
friulani - L’erogazione del gas estratto al largo di Pola inizierà in
città entro l’anno. Tempi più lunghi per le isole |
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Amga di
Udine e Finest di Pordenone soci della locale municipalizzata |
FIUME Due società del Friuli
Venezia Giulia, la Amga Spa di Udine e la Finest Spa di Pordenone, in prima
fila per consentire entro la fine dell’anno la presenza del metano nelle
case degli utenti del gas a Fiume. Le due realtà economiche italiane
risultano infatti, nell’ambito dell’operazione, la prima uno dei principali
azionisti e la seconda uno dei partner più rilevanti dell’azienda
municipalizzata Energo che, nel caso specifico, si occuperà dell’erogazione
del metano.
Se non ci saranno dunque intoppi burocratici (e, per ora, non compaiono
all’orizzonte) e se non si verificheranno sgambetti o speculazioni di indole
politica (fenomeni da non escludersi in vista delle elezioni di novembre),
entro il 2007 i fiumani dovrebbero poter contare finalmente sul tanto atteso
gas. E, precisamente, su quello estratto dai giacimenti al largo della costa
istriana che approderebbe nell’area urbana del capoluogo quarnerino con una
diramazione del nuovo metanodotto Pola-Karlovac, inaugurato in primavera.
In città la rete distributiva – con la quale attualmente viene erogato il
gas cosiddetto «miscelato», ossia prodotto con una forte componente di
petrolio – è già stata rinnovata. Oppure lo sarà tra breve e, perciò, la
conversione a metano non costituirà un problema.
A erogare il metano, come già avviene con il gas attualmente fruibile, sarà
dunque la Energo. Uno dei suoi maggiori azionisti è l’udinese Amga (grazie
ai capitali investiti circa quattro anni fa) ma quote rilevanti, oltre alla
municipalità, appartengono anche alla tedesca Thuga (di Monaco) e alla
Finest.
La Energo, con i suoi partner stranieri, sarà molto probabilmente anche
l’azienda di riferimento per la metanizzazione dell’intera regione
quarnerina per la quale, tuttavia, la decisione definitiva spetta
all’amministrazione conteale. E questa recentemente ha già stabilito di
sollecitare dalla Energo la presentazione di un’offerta (entro il primo
settembre) per l’ottenimento di una concessione ventennale per la
distribuzione del gas naturale su tutto il territorio della regione
Litoraneo-montana, suddiviso in tre settori.
Il primo è appunto costituito dall’area urbana di Fiume dove la nuova rete
distributiva è già in gran parte completata. Il secondo settore è invece
quello della restante zona costiera, inclusa l’isola di Veglia (Krk). Il
terzo, infine, è costituito dall’area montana del Gorski kotar e delle altre
isole: Cherso (Cres), Lussino (Losinj) e Arbe (Rab).
Si tratta di aree in cui la rete distributiva è ancora tutta da realizzare.
Solo in caso di rifiuto da parte della Energo (assolutamente improbabile) si
andrebbe «alle buste», ossia a una gara pubblica. Se tutto dovesse procedere
come previsto, nel prossimo ventennio la Energo e i suoi partner sarebbero
chiamati a progettare e realizzare o gestire nel territorio della Contea
litoraneo-montana una rete distributiva del gas di complessivi 1.200
chilometri inclusi quelli già realizzati a Fiume.
L’investimento sarebbe pari a circa 118 milioni euro. I «tentacoli» della
rete – inclusa una condotta sottomarina di 6 chilometri tra la terraferma e
Veglia – arriverebbero in tutti i principali centri della regione.
Ancora tutto da sciogliere, invece, il nodo relativo alla conversione a gas
della termocentrale a gasolio e della raffineria di Urinj, in prossimità di
Buccari. Risolta la faccenda delle concessioni, i lavori alla nuova rete
distributiva dovrebbero procedere con l’installazione di 40-45 chilometri di
condutture all’anno.
f.r. |
La giunta quarnerina: «L’Ina
chiuda subito la raffineria» |
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FIUME Aut aut della giunta
cittadina di Fiume alla Società petrolifera croata Ina: entro il 2010 va
smantellata e trasferita la raffineria presente a Mlaka, che da ormai tanti,
troppi decenni sta inquinando l’aria rendendo molto difficile la vita agli
abitanti di diversi rioni occidentali del capoluogo quarnerino. Ieri si è
riunito l’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel, prendendo in esame gli esiti
dei monitoraggi sulla qualità dell’aria nella zona di Mlaka e immediati
dintorni.
I risultati sono pessimi e confermano i gravi danni connessi con l’attività
della raffineria fiumana. Sia nel 2006 ma soprattutto nel 2007,
l’inquinamento atmosferico è passato dalla categoria II (inquinamento
atmosferico moderato) alla categoria III (aria inquinata). Si sono rivelati
dunque inutili tutti gli sforzi sostenuti dalla municipalità negli ultimi 10
anni, una battaglia con l’Ina che ora è destinata a entrare nella sua fase
più calda. «La situazione si va facendo insostenibile – ha dichiarato il
sindaco Obersnel – e da parte nostra abbiamo deciso di reagire con fermezza.
Entro tre anni e mezzo la raffineria di Mlaka deve chiudere i battenti in
quanto non possiamo permettere che i nostri concittadini continuino a essere
”appestati” senza che nessuno ne risponda. Nei prossimi giorni invieremo al
governo la richiesta per lo smantellamento degli impianti, con termine
ultimo fissato nel 2010. Fino allora metteremo in moto i meccanismi di
tutela in nostro possesso e vogliamo proprio vedere se all’Ina continueranno
a fare orecchie da mercante».
I risultati delle analisi indicano che a inquinare l’aria sono soprattutto
l’anidride solforosa e l’acido solfidrico, con valori che superano di gran
lunga i limiti tollerati. «Sì, è giunto il momento di andare avanti senza
badare agli ostacoli che troveremo sul nostro cammino – ha proseguito il
primo cittadino –; adotteremo tutte le misure necessarie per impedire che le
emissioni mefitiche rovinino la qualità della vita ai fiumani. La raffineria
a Mlaka dovrà assolutamente usare il gas quale unico carburante, mentre in
caso di reiterato inquinamento le autorità cittadine avranno l’obbligo di
chiedere l’arresto degli impianti. Questo fino al 2010, dopo di che i
nuvoloni che ammorbano l’aria a Mlaka, Torretta, Podmurvize, San Nicolò e in
altri rioni dovranno diventare un lontano e sgradito ricordo». Va
sottolineato che proprio un paio di settimane fa dalla direzione dell’Ina a
Zagabria era giunta la conferma che lo smantellamento della raffineria
fiumana non è considerato un obiettivo primario della compagnia petrolifera.
Come dire che per i prossimi 10 – 15 anni non se ne parla nemmeno. Una presa
di posizione ritenuta inaccettabile da cittadinanza e autorità municipali,
mentre per il momento il governo si presenta defilato su questo scottante
tema.
a.m. |
Cosa fare della Ferriera |
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Seguendo i dibattiti sulla
Ferriera ritengo che la democrazia sia ormai del tutto morta, come pure il
senso civico e il rispetto se non l’amore per il prossimo. Le istituzioni
pubbliche si palleggiano le responsabilità: la procura attua dei sequestri
senza bloccare nulla, l’Azienda servizi sanitari e l’Arpa sono mute, il
Comune non attua quanto è obbligato per legge e la Regione – grazie anche a
colui che ha salvato la Ferriera e ci ha regalato la centrale di
cogenerazione che avrebbe dovuto eliminare polveri e fumi – se può, aiuta
un’industria ormai straniera e non si interessa dei propri cittadini. Nel
contempo leggiamo che i dati relativi all’inquinamento sono spaventosi, che
Trieste ha il maggior numero di abitanti con malattie polmonari, che nelle
case di Servola ci sono già state morti per leucemia e attualmente ci sono
bambini con la stessa malattia.
Si ricattano gli abitanti con il problema dei 500 posti di lavoro, anche se
– secondo quanto dice il sig. Fogar nelle assemblee pubbliche – la chiusura
per problemi ambientali garantirebbe per legge lo stipendio ai lavoratori.
Si discute sui problemi occupazionali quando poi si legge che nella Regione
ci sono stati 16.000 nuovi posti di lavoro, che c’è carenza di manodopera e
bisogna assumere gli extracomunitari. Si legge che vengono stanziati 270
miliardi per la piattaforma logistica (di cui 80 già disponibili) e che si
finanzierà il Parco del Mare, ma non ci sono i milioni (non miliardi) per
far chiudere un’industria che ormai non vorrebbero nemmeno i Paesi più
sottosviluppati del mondo. Sentiamo sempre dal sig. Fogar che l’inquinamento
interessa tutta la città, ma i triestini presenti in piazza sono poche
centinaia, mentre in Campania i cittadini occupano autostrade per discariche
che ancora non esistono e in Friuli scendono in piazza anche i sindaci per
opporsi alla costruzione di un cementificio, e noi ne abbiamo uno vicino
alla Ferriera. Non so se i politici e le istituzioni si ravvederanno, ma
l’esempio di altre città dimostra che se c’è una coscienza collettiva si
possono certamente ottenere dei risultati. Se non tutta la città è sensibile
a questi problemi, almeno quelle centinaia di famiglie che hanno dei figli
nelle scuole e negli asili di via Svevo con i dati spaventosi delle
centraline dovrebbero pretendere che le istituzioni intervengano e facciano
il loro dovere.
Fabio Martini |
IL PICCOLO - MARTEDI' , 3
luglio 2007
Ferriera, firme contro il
Comune - Un corteo di circa 200 persone residenti a Servola in piazza
Unità |
|
Un esposto contro il Comune,
perché «inattivo nei confronti dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera».
Lo presenteranno i cittadini che ieri sera si sono radunati sotto il
Municipio, per protestare contro l’amministrazione comunale, guidata dal
sindaco, Roberto Dipiazza.
Il gruppo in precedenza, si era radunati in Campo Marzio, dando vita a un
mini-comizio e paralizzando il traffico sulla direttrice Campi Elisi-Rive,
che ha costretto i vigili urbani a un superlavoro.
Successivamente è partito il corteo che ha raggiunto piazza dell’Unità
d’Italia, dov’era in corso la seduta del consiglio comunale.
A dare corpo alla manifestazione i componenti del Comitato «Servola
respira» e i rappresentanti dei Comitati di quartiere. Complessivamente
circa 200 persone, che si sono dette «esasperate» dall’atteggiamento del
Comune e pronte a ricorrere all’Autorità giudiziaria pur di ottenere
ragione.
Nelle ultime settimane la tensione è salita molto nel rione di Servola,
perché i cittadini non si sentono tutelati dal Comune. La manifestazione
di piazza dell’Unità d’Italia è stata pacifica e la presenza delle forze
dell’ordine è servita soprattutto a fungere da deterrente.
Nel corso della seduta del consiglio si è deciso fra l’altro di rinviare
la discussione sul cantiere di Cedassamare, per mancanza di documenti. |
«Il sindaco non può fermare la Ferriera»
Da circa due settimane leggo doverosamente, un po’ sorpreso, autorevoli
interventi sul problema della Ferriera. Come ex assessore all’Ambiente del
Comune di Triese, seppur non particolarmente autorevole, credo di conoscere
discretamene la situazione, di conseguenza rimango appunto sorpreso, per non
dire altro, quando vedo che solo nell’avvicinarsi di una scadenza elettorale
c’è una ripresa collettiva delle esternazioni caratterizzate tra l’altro da
uno «scaricabarile» e da una incompetenza veramente poco dignitosi. Nel corso
del mio mandato, a parte le visite mediche inutilmente richieste e il mistero
mai risolto dell’introvabile registro tumori, credo di aver ottenuto dati,
grazie alla collaborazione con il mondo scientifico, che la maggior parte
della cittadinanza non conosceva. I livelli delle diossine, delle polveri
sottili, del benzopirene riscontrati per merito dell’elevata professionalità
del Cigra di Trieste avrebbero, a mio parere, già dovuto costringere la
Regione, all’epoca competente in materia, a bloccare l’attività dello
stabilimento. Oggi queste competenze, per chiarezza sono state delegate alla
Provincia. La Regione, invece, ha pensato bene di inventare, furbescamente,
inutili tavoli istituzionali con l’unico scopo di evitare l’assunzione di
quelle responsabilità che la Legge invece delegava a questo Ente. È ridicolo
solo ipotizzare la concessione allo stabilimento dell’autorizzazione integrata
ambientale. È altrettanto ridicolo o disonesto intellettualmente indicare nel
sindaco l’autorità preposta a bloccare l’attività della Ferriera per motivi di
salute pubblica. Il primo cittadino, non essendo un medico e non avendo il
Comune di Trieste nel proprio organico tali professionalità, può, anzi deve
farlo, solo nel caso la locale autorità sanitaria dovesse finalmente
formalizzare con atto ufficiale il grave rischio per la salute dei lavoratori
e dei residenti. Non capisco, forse perché neppure io sono un medico, come
sino a oggi tale Ente non lo abbia ancora fatto nonostante sia in possesso di
tutta la documentazione prodotta dall’Università di Trieste e dagli altri Enti
incaricati. Non capisco nemmeno come un’altra azienda sanitaria della nostra
Regione, per problematiche presunte e non ancora accertate, abbia invece
espresso un parere sostanzialmente negativo sull’attività di un cementificio.
Forse c’è qualcosa che non quadra. Forse qualcuno teme siano poi chiesti
indennizzi alla proprietà dello stabilimento? In tutto questo contesto, per
fortuna, esistono a Trieste magistrati competenti e con grade senso di
responsabilità. Quel senso di responsabilità e quella collaborazione che, a
mio parere, mancano invece a certe istituzioni, sia a livello politico sia a
quello dirigenziale. I cittadini per fortuna credo l’abbiano capito e fanno
bene ad arrangiarsi da soli. Il risultato finale sarà esclusivamente merito
loro.
Maurizio Ferrara - capogruppo consiliare Lista civica Dipiazza
San Dorligo: raccolta
differenziata al via senza intoppi -
Attività monitorate dal Comune |
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Esordio senza particolari
intoppi, ieri, per la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta nel
comune di San Dorligo. Le prime visite degli operatori ai residenti sono
state monitorate da vicino dal Comune.
«Abbiamo ricevuto una quindicina di telefonate e cinque persone sono
venute direttamente in municipio - sottolinea il sindaco Fulvia Premolin -
ma solo per chiedere informazioni più dettagliate. Non c’è stata nessuna
protesta. Per ora pare sia filato tutto liscio». I timori della vigilia,
in effetti, c’erano. Almeno per la novità apportata nelle abitudini di
tutti.
Ieri mattina gli addetti hanno cominciato presto il loro giro, seguiti da
vicino dall’assessore Igor Tul: «In certi casi sono stati forniti
ulteriori bidoncini, a chi ancora non li aveva ricevuti. E già si sono
viste molte persone recarsi nel centro di raccolta dei rifiuti
riciclabili».
Insomma, una prima risposta positiva. Anche se alcune persone si sono
dichiarate non ancora a perfetta conoscenza del metodo di raccolta,
nonostante il Comune abbia fatto una serie di incontri pubblici nelle
frazioni nelle ultime due settimane.
La raccolta differenziata segue un dettagliato calendario, affinché i
rifiuti riciclabili siano prelevati ogni due settimane e quelli non
riciclabili due volte la settimana, a seconda delle zone. Oggi la raccolta
dei non differenziati riguarderà Bagnoli e Bagnoli superiore, Domio,
Lacotisce, Francovez e Aquilinia. I rifiuti riciclabili saranno asportati
invece a San Giuseppe e a Log.
Domani rifiuti differenziati a Prebenico, Caresana, Crociata e Monte
d’Oro. E non differenziati a San Giuseppe, Log, Puglie, Sant’Antonio,
Moccò, Grozzana, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo. La
raccolta indifferenziata riprenderà il ciclo, fino a sabato, sempre con la
stessa cadenza.
s.re. |
IL PICCOLO - LUNEDI' , 2
luglio 2007
Rifiuti da Monfalcone a Duino
e sulla Costiera - La differenziata nell’Isontino porta molti
residenti a «deviare» i sacchetti |
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Allo
scattare del nuovo metodo è corrisposto un aumento della «pressione» lungo
la strada che porta a Trieste
Bottino delle immondizie
cercasi. Possibilmente lungo la statale per Trieste, con uno slargo per
accostare «al volo». È questa la ricerca a cui un buon gruppo di
monfalconesi che lavorano a Trieste, e ogni giorno si recano nel capoluogo
giuliano di prima mattina, si è dedicato nelle ultime settimane, da quando,
in particolare, a Monfalcone è scattata la raccolta differenziata dei
rifiuti, alla quale corrisponde, da qualche giorno, un aumento della
«pressione» nel settore immondizie lungo la strada che porta a Trieste e a
Duino. Lo hanno notato numerosi residenti, anche se la correlazione con
l'avvio del discusso porta a porta isontino non ha ancora un riscontro
numerico.
Certo è che capita sempre più spesso vedere automobili accostate e
bagagliaio aperto, al mattino, a vuotare l'immondizia la dove ancora non è
obbligatorio dividere e selezionare i tipi di rifiuti. Dall'avvio della
raccolta differenziata a Monfalcone i bottini delle immondizie lungo la
statale tra Duino e la Costiera risultano più pieni: potrebbe dipendere
dalla pressione del turismo, ma si tratta di una discontinuità con il
passato, e per quanto a Monfalcone siano presenti ancora i normali bottini
delle immondizie accanto alla raccolta differenziata, c'è chi già si allena.
È soprattutto il caso dell'«umido» nel giorno in cui non viene ritirato a
indurre i monfalconesi che si dirigono a Trieste a sostare di fronte ai
bottini lungo la statale, una decina dei quali, in particolare, è
strategicamente posizionata in slarghi e zone dove è semplice accostare.
Non si tratta di un fenomeno nuovo, anzi, si tratta di un fenomeno che la
stessa Monfalcone ha subito quando il sistema di raccolta differenziata è
entrato in uso nei paesi del mandamento confinanti, come Ronchi dei
Legionari e Staranzano: ora che anche Monfalcone si è adeguata, il confine
delle immondizie indistinte si sposta più a Est, ovvero verso Duino Aurisina,
dove per altro di differenziata tout court non si parla ancora.
Negli ultimi due anni, accanto a un aumento della Tarsu, infatti, il comune
ha previsto un potenziamento della versione soft della raccolta
differenziata, ovvero della versione che prevede la sola distinzione di
carta e plastica da un lato e vetro dall'altro, con il rifiuto umido
mescolato con il secco residuo.
Negli ultimi mesi, tuttavia, è stata potenziata (con 16 nuove benne sul
territorio) la raccolta del residuo di giardinaggio, e una lettera inviata a
tutti i cittadini invitava l'avvio della raccolta autonoma dell'umido in
casse di compostaggio da porre nel proprio giardino: si sta studiando,
infatti, un sistema di sconti alla Tarsu per coloro che in maniera autonoma
reciclano l'umido creando il proprio concime. Ma per il momento i cassonetti
restano al loro posto, anche a vantaggio dei monfalconesi diretti a Trieste
con le immondizie nel bagagliaio.
f.c. |
S. Dorligo, via al porta a
porta - Si comincia oggi la raccolta da Dolina, Prebenico e Caresana
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Partirà oggi dagli abitanti di
Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Dolina, Crogole, Mattonaia e la
zona industriale per i rifiuti non riciclabili e dai residenti a Francovez e
Aquilinia per ciò che è differenziato, la raccolta porta a porta dei
rifiuti. Un progetto pilota, unico in provincia, che segue di un paio d’anni
l’adozione, nel Comune, della tariffa al posto della tassa sui rifiuti, come
del resto richiesto dal decreto Ronchi, il quale tra gli obiettivi ha
l’aumento della quantità di rifiuti riciclabili.
Attualmente, da San Dorligo vanno all’inceneritore quasi 2500 tonnellate di
rifiuti non riciclabili all’anno. Una media di 150 tonnellate ogni mese. Da
oggi, la raccolta avverrà in giornate prestabilite, a seconda delle zone del
comune (come riportato nella tabella a parte). I rifiuti non differenziati
saranno raccolti due volte la settimana. Quelli diversificati (carta, vetro,
plastica e lattine, in particolare) ogni due settimane.
s.re. |
Cedassamare, ultimo appello -
Torna in Consiglio comunale oggi la delibera sulle case di Barcola
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La vicenda Cedassamare torna
stasera in Consiglio comunale per quella che dovrebbe essere la volta buona,
dopo anni di rinvii e di polemiche. Si tratta della delibera valida per
l’approvazione definitiva di una variante al piano particolareggiato
comunale: variante che in salita di Cedassamare, a Barcola, prevede la
costruzione di cinque villette in un’area boschiva di pregio, destinate ad
aggiungersi alle due già realizzate dall’impresa proprietaria dei fondi, la
Costruzioni Meranesi srl.
La delibera era all’ordine del giorno lunedì scorso - nella seduta che poi
ha visto esplodere il caso Burlo di cui riferiamo a lato - ma la maggioranza
ha deciso di chiedere all’avvocatura del Comune un parere scritto su una
nota aggiuntiva firmata da Wwf e Italia Nostra in replica alle
controdeduzioni che a un precedente documento degli ambientalisti gli uffici
comunali avevano prodotto. Secondo Italia Nostra e Wwf - da sempre contrari
al progetto - la documentazione sarebbe carente sulla valutazione di
incidenza ambientale del progetto, che mancherebbe anche della valutazione
ambientale strategica. Di qui la volontà di conoscere il parere dei legali
prima di esprimersi in aula.
La cautela della Cdl - mentre Ds e Dl avevano già annunciato un orientamento
contrario - è presto spiegata. Qualche settimana fa l’impresa ha inoltrato
al Comune una diffida in cui ricorda come l’iter amministrativo sia sin qui
proseguito ottenendo vari pareri positivi. Di qui la richiesta di
pronunciamento sulla variante, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria
in via solidale» e riservato il «ricorso alla Magistratura competente». Chi
dunque votasse no oggi si accollerebbe il rischio di affrontare richieste di
risarcimenti milionari. Ma un sì equivale al via libera a un progetto verso
il quale un po’ tutti i consiglieri si dichiarano scettici. Già dopo una
prima bocciatura da parte del consiglio comunale, e dopo un annuncio di
azione legale dell’impresa, la variante era stata adottata con due soli voti
a favore. |
ISTRIA - Piano metano, spunta
il canal d’Arsa - Nello studio sul rigassificatore nel Quarnero decadono
Fianona e Buccari |
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FIUME Tre i siti candidati ad
ospitare il futuro rigassificatore croato. Si tratta di Castelmuschio (Omisalj)
e dell’ insenatura Blatno, nell’ isola di Veglia, e del Canal d’Arsa, sulla
costa orientale istriana. È quanto contenuto nello studio formulato
dall’azienda specializzata zagabrese Ekonerg e commissionato dall’esecutivo
statale, documento che la settimana prossima verrà ufficialmente alla luce
con la consegna alla competente commissione governativa. I responsabili del
progetto, interpellati dalla stampa, non hanno voluto scendere nei
particolari, ma hanno confermato che le aree papabili sono tre e che nel
novero non rientra il Canale di Fianona (Istria orientale). Si tratta del
sito maggiormente gettonato dalle autorità istriane e dallo stesso premier
croato Ivo Sanader. Nello studio tale località viene bocciata in quanto il
canale di Fianona, ovvero le sue acque, non potrebbe accogliere navi
metaniere di grandi dimensione.
Fari puntati dunque su due zone vegliote e sul Canal d’Arsa, più
precisamente l’area che va da Valmazzinghi (Koromacno) a Vallelunga (Duga
Uvala). Quest’ultima località offrirebbe le migliori caratteristiche
geologiche, importantissime quando si deve costruire un impianto di questo
genere. Castelmuschio e Blatno vantano invece infrastrutture già esistenti
(oleodotto, industria petrolchimica, porto petroli) che consentirebbero
minori spese nell’approntamento del terminal Lng. E’ invece stata bocciata
l’ipotesi che il rigassificatore sorga nella baia di Buccari, già messa a
dura prova per decenni dalla cokeria, chiusa nel 1994. Considerato che
nessuno dei responsabili dello studio ha voluto sbilanciarsi, da fonti
ufficiose si è venuto ad apprendere che alla Ekonerg sarebbero propensi a
dare i voti più alti a Castelmuschio, ovvero alla zona che comprende lo
stabilimento petrolchimico. Sarà comunque la commissione governativa per il
terminal metanifero ad esprimersi in merito, valutazione che avrà un enorme
peso nella prosecuzione dell’ iter che dovrebbe portare alla costruzione
dell’ impianto. Comunque sia, l’opinione pubblica attende con malcelata
impazienza una decisione in merito, cioè che venga fissata l’area del
rigassificatore. All’inizio l’idea di un terminal Lng nell’Adriatico
settentrionale venne accolta da bordate di polemiche e da una forte
opposizione, espressa soprattutto da popolazione, partiti politici e
organizzazioni ambientaliste. Ora la situazione sta mutando, specie dopo che
gli esperti hanno comunicato un dato molto adescatene: il rigassificatore
contribuirà ad aprire ben 10 mila posti di lavoro, argomento a cui in
Croazia non riesce a resistere nessuno.
a.m. |
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