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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2021
IL PICCOLO - VENERDI',
31 dicembre 2021
No all'ovovia e cura delle periferie - Le mosse di At per il nuovo anno
Il capogruppo Laterza e i consiglieri Massolino e Nicolini rilanciano i
propositi di Adesso Trieste. Aperto il "casting" per il coordinamento
No all'ovovia, decentramento amministrativo, salute territoriale e microaree.
Sono i temi per i quali Adesso Trieste si batterà all'interno dell'assemblea di
piazza Unità e delle singole circoscrizioni nell'anno a venire, come è stato
spiegato dai rappresentanti di At in Consiglio comunale Riccardo Laterza, Giulia
Massolino e Kevin Nicolini, ieri, in occasione di una conferenza stampa
convocata in piazza Libertà, all'aperto. «La campagna più importante del 2022
sarà quella contro l'ovovia - ha annunciato Laterza come capogruppo - con
l'appoggio alle associazioni ecologiste nel proporre il referendum per bloccare
la realizzazione dell'opera». Non solo proposte "contro", però, nell'agenda di
At: l'impegno sarà anche quello di spingere in tutte le sedi per la
realizzazione di un processo di decentramento amministrativo verso le
circoscrizioni e di partecipazione alle scelte da parte dei cittadini,
«Proporremo i temi relativi alle comunità energetiche - ancora Laterza - come
strumento concreto per contrastare il rincaro dei prezzi di luce e gas che il
Comune può incentivare con la creazione di un'apposita società in house. Ma
solleciteremo anche la necessità di trovare nuove forme di coordinamento tra
microaree, servizi educativi e commercio di prossimità nei rioni, nell'ottica
della "città dei 15 minuti". Siamo consapevoli che queste proposte avranno
qualche chance soltanto se, in parallelo con la nostra azione istituzionale,
riusciremo a costruire una mobilitazione in tutta la città». Nel frattempo At
inizia il "casting" per la ricerca di nuovi volti per il proprio coordinamento
politico, da eleggere nel corso di un'assemblea alla fine di gennaio. «C'è la
possibilità, per chi lo volesse, di presentare la propria candidatura per vari
ruoli all'interno del coordinamento», ha sottolineato Deborah Borca, membro
della presidenza uscente del movimento: «Sarà necessario un grande entusiasmo
per continuare in questo percorso di attivismo attraverso il lavoro sul
territorio da portare avanti nelle assemblee tematiche».
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Cabinovia - Meglio altri progetti
Egregio direttore, da tempo in più sedi sono in corso la discussione e l'analisi
sull'argomento: cabinovia si, cabinovia no. Ora, alla luce del finanziamento
previsto, che dovrebbe sopportare i costi di realizzazione dell'impianto, mi
chiedo se non sarebbe più ragionevole, e sensato, optare per una soluzione
diversa stante che i numeri relativi all'utenza che se ne servirebbe, che sono
solamente teorici. Come è stato già detto, una cosa è la capacità totale
dell'impianto - e questo è un dato tecnico certo - un'altra cosa sono i numeri
di potenziali utenti - e questo è un dato ipotetico. Personalmente vedrei molto
volentieri un prolungamento della linea del tram lungo le rive fino a Campo
Marzio, o l'introduzione di una linea di filobus dal bivio di Barcola fino a
Muggia. In entrambi i casi stiamo parlando di due mezzi estremamente ecologici.
Nel secondo caso con filobus ibridi, addirittura più versatili e più
convenienti, e ad impatto ambientale prossimo a zero. E sempre a favore di
questi ultimi, ci sono i relativi costi di realizzazione. Il costo
dell'armamento di una linea di filobus è stimato in circa due milioni di euro al
chilometro, contro gli otto di una linea tranviaria. Dato che entrambe le
soluzioni sono praticabili, perché non approfittare di questa occasione
veramente unica per la città?
Nevio Poclen
Piattaforma affondata al largo di Pola - Un dossier accusa: rischi
ambientali
La struttura per l'estrazione del metano "Ivana D" era stata distutta dal
maltemo alla fine del 2020
Lo scrive il settimanale zagabrese Nacional, che da una fonte austriaca non
precisata avrebbe ottenuto documenti riservati e relativi alla piattaforma
metanifera Ivana D, adagiatasi sul fondale dell'Adriatico alla fine del 2020,
schiantata da moto ondoso e vento. La struttura, che ora si trova ad una
profondità di 40 metri e a circa 50 chilometri al largo di Pola,
rappresenterebbe un grave pericolo perchè potrebbe essere la causa di una
fuoriuscita di metano in mare, tanto inarrestabile quanto dannosa per l'ambiente
marino e soprattutto per l'impatto che avrebbe sul clima e sul riscaldamento
globale. Prima di Natale, il Nacional sostiene di avere ricevuto un dossier
contenente anche il video girato per conto della compagnia petrolifera croato -
ungherese Ina (proprietaria della piattaforma) da parte dell'azienda lombarda
Breda Energia. Nel filmato, che dovrebbe risultare rigorosamente segreto, si
evidenziano quelle che sono state definite lesioni drammatiche subite
dall'affondata Ivana D, danni che potrebbero far precipitare la situazione,
peraltro già nel mirino degli ambientalisti di Greenpeace. Finora il governo
croato e l'Ina tengono un profilo estremamente basso sulla vicenda, preferendo
non sbottonarsi e attendere i risultati dell'inchiesta tuttora in corso. Gli
esiti, a detta di voci ufficiose, si avranno non prima di qualche mese. Intanto
il Nacional ha promesso che nel prossimo numero rivelerà tutti i dettagli di
documenti che potrebbero risultare scottanti e che, scrive il settimanale,
sarebbero stati inviati all'attenzione del presidente della Repubblica, Zoran
Milanovic e di una lunga serie di deputati di tutto l'arco parlamentare croato.
Intanto la piattaforma metanifera giace in fondo al mare da ormai più di un
anno, periodo in cui ciclicamente l'opinione pubblica e gli ecologisti chiedono
e si chiedono se la chiusura del pozzo della struttura metallica sia poi così
ermetica come affermato dalle autorità. Alcuni mesi fa, Greenpeace aveva dato
vita a Fiume ad una pacifica manifestazione di protesta intitolata "Il profitto
al business del gas, i rifiuti all'Adriatico", rilevando che dopo l'incidente i
rischi per l'ambiente sarebbero molto alti. «Siamo sicuri che non ci saranno
fughe di metano in mare dal relitto della piattaforma - è quanto aveva chiesto
Petra Andric, portavoce dell'organizzazione croata di Greenpeace - la
preoccupazione è tanta e le rassicurazioni non ci bastano. Servono fatti
concreti». L'Ina aveva risposto che la piattaforma era stata messa in sicurezza
dopo il cedimento, non rappresentando un pericolo per il mare e la navigazione.
Era stato inoltre sottolineato che i costi di costruzione avevano toccato i 12
milioni di dollari, con Ivana D entrata in funzione nel 2001 e regolarmente
controllata. Non ci fosse stato l'affondamento, la piattaforma sarebbe rimasta
in attività per altri vent'anni.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI',
30 dicembre 2021
Cabinovia, il "nodo" Comunella al centro dell'ultimo Consiglio
Esproprio, ricorso o modifica del progetto le ipotesi al vaglio
dell'amministrazione affrontate nel consiglio online. Altre schermaglie tra
maggioranza e opposizione
Sotto l'auspicio di riunirsi in presenza nel 2022, da parte del sindaco Roberto
Dipiazza, ieri si è svolto l'ultimo Consiglio comunale dell'anno, ancora una
volta in videoconferenza. Durante il question time, Dipiazza ha risposto
all'interrogazione di Kevin Nicolini (At) sull'atto Asugi, l'assessore ai Lavori
pubblici Elisa Lodi a quella di Stefano Ukmar (Pd) su cabinovia e comunella di
Opicina. «La stazione non tocca le particelle della Comunella», ha spiegato
Lodi: «Potrebbe invece interferire il parcheggio, la cui locazione non è però
definitiva. Il Comune intende impugnare la sentenza (che sancisce la proprietà
della comunella sull'area in questione), valutare gli aspetti di possibile
esproprio ai sensi del Dpr 327/2001 e al contempo avviare un dialogo con la
comunella». Lodi ha sottolineato che il progetto, preliminare, può essere
modificato, anche nel tracciato. Né Nicolini né Ukmar sono soddisfatti delle
risposte. «La sentenza sulla Comunella li ha colti di sorpresa», commenta Ukmar:
«L'esproprio è improponibile, perché si dovrebbe pagare al prezzo di terreno
edificabile. Non hanno alternative e rischiamo di perdere il finanziamento».
Approvati poi alcuni atti di ordinaria amministrazione, tra cui la ratifica
della variante al Piano regolatore per rifunzionalizzare lo scalo di Campo
Marzio. Ciò avendo cura, ha specificato l'assessore Michele Lobianco facente le
veci della collega Sandra Savino, di coprire i rumori derivanti dalle nuove
infrastrutture ferroviarie. Su proposta di Dipiazza, rinviata invece la
discussione della delibera sulla convenzione con la Pallacanestro Trieste. È
andato a vuoto un nuovo tentativo di eleggere il vicepresidente dell'aula
(solito schema: centrosinistra compatto sulla dem Laura Famulari, il 3v Ugo
Rossi propone se stesso, il centrodestra li respinge entrambi). Non sono mancate
schermaglie tra maggioranza e opposizione. All'inizio, Gabriele Cinquepalmi (Fdi)
ha chiesto di svolgere i lavori in italiano, dopo che alcuni consiglieri del Pd
avevano risposto all'appello in sloveno. «Ci aspettiamo dal presidente dell'aula
Francesco Panteca una risposta più illuminata rispetto a questo oscurantismo»,
protesta a margine il capogruppo Pd Giovanni Barbo: «Grave anche che Dipiazza,
di solito assente, abbia votato contro Famulari, invece che astenersi per
opportunità istituzionale». La giunta ha infine fatto propria la mozione di
Corrado Tremul (Fdi) per realizzare un murale commemorativo per Mattia Montenesi,
il giovane ballerino triestino di recente scomparso all'età di 15 anni, a
seguito di un grave male: «Con il suo sorriso e lo sport ha portato alto il nome
di Trieste in tutta Italia», ha detto Tremul. «Mattia rappresenta un modello di
impegno e dedizione cui le nuove generazioni possono ispirarsi», così
l'assessore alle Politiche giovanili Nicole Matteoni: «Ringrazio il consigliere
Tremul e il gruppo di Fdi per aver presentato la mozione».
Lilli Goriup
SEGNALAZIONI - Cabinovia - Le opere in cantiere
Dicono che i triestini abbiano come motto il "no se pol". Una volta tanto lo
cambiamo in "no se vol". La maggioranza dei triestini, da quel che si
percepisce, sarebbe contraria all'entrata in esercizio di una cabinovia che
dovrebbe portarci dal Porto vecchio al Carso. Forse sarebbe più opportuno fare
le cose che sono già programmate e di cui non si vede una soluzione in tempi
sicuri e definiti come per esempio il grande incompiuto che si chiama tram di
Opicina che ci tiriamo avanti da non so quanto. Aggiungiamo anche la messa in
sicurezza dei ponti sul Canale di Ponterosso di cui si vede non la fine ma
neanche il principio, visto che anche questo ha le sue varianti. In ultima
analisi a mio avviso bisognerebbe ultimare le opere in cantiere ed opportune e
lasciare perdere quelle inutili e dispendiose che probabilmente non
comporterebbero un ritorno economico che giustificherebbe la spesa.
Silvano Ceriesa
Ricompaiono le ruspe e gli operai ai piedi dell'ospedale di Cattinara
La maxi-riqualificazione si sta rilanciando dalle opere preliminari Non si
placano le proteste contro l'abbattimento della vicina pineta
I primi mezzi edili sono arrivati a Cattinara. Come annunciato in questi giorni,
il cantiere per la riqualificazione dell'ospedale sta ripartendo dagli
interventi stralciati rispetto al progetto principale, per il quale mancano
ancora le autorizzazioni definitive. Regione, Asugi e Rizzani de Eccher,
l'impresa subentrata a Clea, avevano deciso infatti nei mesi scorsi di rivedere
il cronoprogramma in modo da accelerare la ripartenza dopo il lungo stallo a
causa della mancata approvazione del progetto esecutivo dell'impresa veneta. Le
prime ruspe sono arrivate ieri nella zona di via del Botro, dove verrà creato il
"prolungamento" di via Valdoni. Nell'area è prevista la creazione di un
parcheggio per i dipendenti con sopra una palazzina laboratori, opere
considerate preliminari e dunque cantierabili. Si tratta di un passaggio
fondamentale per poter procedere poi con la costruzione del nuovo Burlo, che
sorgerà proprio dove oggi c'è l'area di sosta per i lavoratori e che dovrà
dunque essere liberata. Una volta che Vigili del fuoco, Commissione sismica ed
ente di validazione indipendente (lo studio Rina) avranno dato il via libera al
progetto esecutivo si potrà procedere con gli interventi sulle due torri e la
creazione della torre di collegamento. Non si placano intanto le polemiche
sull'abbattimento degli alberi della pineta di Cattinara. Tiziana Cimolino dei
Verdi spiega che, «mentre tutto il resto del progetto versa ancora
nell'incertezza, gli alberi verranno abbattuti subito. Cattinara è un ospedale
che ormai possiamo considerare superato dai tempi nella sua struttura
architettonica». Duro anche il commento del Comitato spontaneo per la pineta di
Cattinara: «Regione, Asugi e Rizzani De Eccher ignorano i nostri accorati
appelli e tirano dritto. Precedenza assoluta in gennaio all'autosilo sotterraneo
e in estate al soprastante nuovo Burlo. I 440 alberi della pineta - spiega il
portavoce Paolo Radivo - e i 79 dell'attiguo parcheggio dipendenti ringraziano i
loro solerti giustizieri. Ma i cittadini di Trieste permetteranno questo nuovo
"albericidio"?».
Andrea Pierini
Turriaco - Nuovo sghiaiamento lungo il fiume Isonzo - Il no di
Legambiente
TURRIACO. Legambiente Monfalcone si schiera contro il prelievo di 72 mila metri
cubi di ghiaia dall'Isonzo, nel tratto di Turriaco, da parte della monfalconese
Adriastrade. Per la quantità di materiale e il tempo richiesto, l'intervento,
per l'associazione, non potrà non avere ripercussioni negative in un ambiente a
ridosso di una riserva fluviale, già fortemente deturpato e manomesso. Per
Legambiente serve una moratoria a tutti gli interventi di asporto delle ghiaie,
un aggiornato studio sulla situazione e interventi progettati dalla Regione che
tengano conto della riqualificazione fluviale per la sicurezza idraulica.
L'associazione si esprime a fronte della norma e delle decisioni assunte dalla
giunta regionale, che nel 2013 ha classificato il fiume «a ricarica alterata»,
in cui non sarebbero ammessi interventi di estrazione intensivi, ma solo
«interventi localizzati, per la conservazione e ripristino delle sezioni di
deflusso che comportano un'estrazione non superiore a 10.000 metri cubi solo nel
caso di evidenti e puntuali situazioni di dissesto causate da accumulo di
sedimenti» per possono causare problemi di sicurezza. L'Isonzo tra il 2003 e il
2013 ha visto invece il prelievo di 28.901 metri cubi di ghiaie, oltre ai 75
mila concessi dalla Regione a Cave Giuliane nel 2016 a Turriaco e ai 72 mila che
ora saranno prelevati sempre a Turriaco da Adriastrade. «L'escamotage si chiama
riqualificazione fluviale, per il quale l'asporto può essere autorizzato ad un
privato, purché presenti un progetto atto a riqualificare il fiume e paghi a
Regione e Comuni il canone demaniale - dice l'associazione - in barba agli studi
che gli enti pubblici hanno commissionato». E senza una connessione con il
progetto di messa in sicurezza del tratto fluviale tra i due ponti ferroviari,
nel territorio confinante di San Canzian, chiesta dalle Ferrovie dello Stato:
«Anche qui è previsto il rimodellamento dell'alveo, senza però asportare le
ghiaie».
La. Bl.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
29 dicembre 2021
"Un referendum sulla cabinovia" - Il Comune la difende "sostenibile".
Ambientalisti a caccia di firme per indire la consultazione contro l'opera.
La maggioranza fa quadrato.
Il dibattito sulla cabinovia pare destinato a non acquietarsi. Accanto alle 17
mila firme raccolte su change.org iniziano a sorgere comitati di residenti,
contrari alla grande opera perché ne temono l'impatto idrogeologico, mentre le
associazioni intendono dare battaglia per fermarne la costruzione attraverso un
referendum cittadino. Intanto gli uffici del Comune difendono la bontà del
progetto, forte del fatto di aver già incassato il sostegno dell'amministratore
delegato di Trieste Trasporti, durante il recente convegno in Porto vecchio.
Specularmente prosegue anche la discussione politica. William Starc, architetto
ed ex dirigente pubblico, spiega: «Associazioni come Legambiente, Fiab o Cammina
Trieste faranno nascere un comitato referendario, con l'obiettivo di bocciare il
progetto così com'è. Il comitato sarà apartitico, servirà semmai da stimolo
esterno ai vari partiti, perché l'occasione dei 48 milioni del Pnrr non si
ripeterà: bisogna trovare un modo migliore per impiegarli a beneficio della
città, coinvolgendo anche il Consiglio comunale. Allo stato attuale il progetto
non mi sembra sostenibile dal punto di vista finanziario né ambientale». Il
referendum, che sarà istituito se saranno autenticate 12 mila firme, ha il
supporto di Adesso Trieste, oltre che del consigliere comunale Pd Francesco
Russo. «La nostra proposta di tram-treno, liquidata come una fake news, affronta
seriamente il problema dell'accesso a Trieste da nord», afferma il capogruppo di
At Riccardo Laterza: «I pendolari utilizzerebbero un solo mezzo, pulito,
efficiente e sicuro per attraversare tutta la città arrivando da Ronchi,
Monfalcone o Sistiana, senza abbattere un albero né sprecare risorse per
costruire un'infrastruttura slegata dal resto della rete del trasporto pubblico.
La tre giorni in Porto vecchio è stata pura propaganda, e anche il sito internet
comunale dedicato all'ovovia è fazioso». Dal canto loro, gli uffici comunali
obiettano che il progetto, preliminare, è stato condiviso nell'ambito della
variante di Porto vecchio, del Piano della mobilità sostenibile (Pums) e del
Piano di azione per l'energia sostenibile e il clima (Paesc). Si basa su modelli
matematici di pianificazione dei trasporti, valutando flussi di traffico
sistematici e turistici: si prevedono oltre 3 milioni di viaggiatori annui,
contando che una linea principale della Trieste Trasporti ne fa oltre 2 milioni,
per un totale complessivo di quasi 70. Se le previsioni dovessero risultare
sovrastimate, vi sarebbe margine per mantenere comunque la gestione in attivo,
anche perché non serve ammortizzare il costo di realizzazione. Sempre per i
tecnici, la cabinovia ha inoltre il vantaggio di essere a ciclo continuo (non va
attesa in fermata) e di intercettare così una parte delle 15 mila auto
quotidianamente in ingresso in città da nord. Sarebbe integrata da un sistema di
navette bus sul Carso, da studiare in fase definitiva con Trieste Trasporti, e
da parcheggi gratuiti accanto alle stazioni di Opicina e Bovedo. «La cabinovia
s'ha da fare», afferma Salvatore Porro di Fratelli d'Italia, presidente della
Sesta commissione consiliare, competente su urbanistica, traffico e ambiente. «A
gennaio convocherò la commissione per ascoltare i tecnici del Comune e
successivamente anche la cittadinanza, affinché ci siano la più ampia
informazione e diffusa consapevolezza», continua Porro: «Lavoreremo assieme
nell'interesse generale di tutti cittadini e della mobilità futura di Trieste.
Faccio presente che l'indimenticabile Primo Rovis aveva a cuore il progetto di
una funivia tra Barcola e Montegrisa». Così il consigliere circoscrizionale
dipiazzista Giorgio Cecco, anche in qualità di coordinatore regionale di
FareAmbiente Fvg: «L'idea della funivia nasce da lontano. Ora con le nuove
tecnologie si possono coniugare opportunità di sviluppo turistico, servizi ai
cittadini e rispetto del territorio. Comprensibili necessità di contestualizzare
gli interventi e perplessità, rispetto cui il Comune si mostra disponibile a
fare chiarezza. No a strumentalizzazioni politiche e no se pol per partito
preso».
Lilli Goriup
Pineta di Cattinara, Ussai (M5s) «La Regione ascolti i cittadini»
Il consigliere pentastellato: «Riccardi aveva aperto all'idea di risparmiare
lo spazio verde ma in aula hanno bocciato la nostra proposta per salvarla»
«La giunta regionale ignora i cittadini e i consiglieri che chiedevano un
confronto sul progetto relativo all'ospedale di Cattinara e sulla tutela della
pineta». Lo afferma il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Andrea
Ussai.«A ottobre abbiamo chiesto di convocare la Commissione sanità per
conoscere nel dettaglio il progetto di riqualificazione del comprensorio di
Cattinara e di realizzazione della nuova sede dell'Irccs Burlo Garofolo -
ricorda Ussai -. A settembre avevamo anche presentato una richiesta di accesso
agli atti, rimasta inevasa perché il progetto non era stato ancora approvato,
per conoscere i volumi e l'impatto sulla mobilità e sul verde». Dopo le
sollecitazioni dell'opposizione, prosegue «Riccardi si era detto possibilista
per quanto riguarda la salvaguardia della pineta di Cattinara, per la quale si è
costituito anche un apposito Comitato spontaneo, nato per tutelare un'area verde
in una zona altamente urbanizzata - sottolinea il portavoce M5S -. Ma, in
occasione della legge di bilancio recentemente approvata, è stato bocciato un
nostro ordine del giorno che impegnava la Giunta regionale a presentare il
progetto esecutivo in Commissione e fornire una relazione dettagliata sulle
alternative al vaglio per scongiurare l'abbattimento della pineta». Conclude
Ussai: «Oggi leggiamo sulla stampa che si stanno già spostando le ruspe e che a
gennaio si partirà con la prima parte dell'intervento, tagliando fuori i
cittadini che si sono mobilitati e la Commissione competente. È intollerabile
che, se tutto andrà bene, se ne discuterà a cose già fatte».
IL PICCOLO - MARTEDI',
28 dicembre 2021
Firma per il primo lotto di Cattinara Rizzani de Eccher apre il cantiere
Regione e impresa confermano l'arrivo del visto ai lavori preliminari, ma
continuano le verifiche sul resto del progetto
Trieste. «Stiamo lavorando per arrivare alla consegna delle aree entro fine
anno». Di più Marco de Eccher non dice, ma tanto basta per avere conferma che il
presidente dell'impresa di costruzioni e il direttore generale di Asugi Antonio
Poggiana hanno firmato l'addendum che domani consentirà alla Rizzani de Eccher
di prendere possesso del cantiere per il rifacimento dell'ospedale di Cattinara.
Dopo molte false partenze, le bocche sono serrate ma stavolta sembra quella
buona per rimettere in moto lavori fermi ormai da tre anni. Azienda sanitaria,
Regione e appaltatore hanno dovuto fare i conti con i tempi lunghi delle
autorizzazioni rispetto alle modifiche al progetto originario della cooperativa
Clea, mai approvato per carenze sul fronte dell'antisismica. In attesa che
Vigili del fuoco, Commissione sismica ed ente di validazione indipendente (lo
studio Rina) completino l'iter assieme al costruttore, a ottobre Asugi e
appaltatore hanno optato per stralciare una serie di lavori preliminari che
permettessero di ripartire con qualche mese di anticipo. Quel momento pare
arrivato. Per cantierare il lotto in questione mancava solo il via libera del
Rina e il vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi spiega che «le carte
arriveranno fra alcuni giorni: l'esame dello stralcio da parte del Rina è giunto
a conclusione e questo consente l'avvio della prima parte delle opere». Con
l'ultimo visto praticamente in tasca, la Rizzani de Eccher porterà domani i
primi mezzi di lavoro sul posto. Da gennaio prenderà dunque le mosse il primo
lotto del cantiere, che prevede la costruzione del nuovo parcheggio da 770 posti
per dipendenti e a ruota quella della sede dove si trasferirà il Burlo a lavori
conclusi. L'edificazione del nuovo ospedale infantile ha già ricevuto le
autorizzazioni e potrà partire in estate, se sarà rispettato il cronoprogramma,
che contiene la contemporanea edificazione di un fabbricato alle spalle delle
due torri, con altri quattro piani di parcheggi e altrettanti per ambulatori.
Tra gli interventi figurano ancora l'ultimazione del tunnel per l'impiantistica
(cominciato da Clea ma mai portato a termine), la creazione del nuovo reparto di
medicina iperbarica (sempre esterno alle torri) e un'isola ecologica. Sarà
ripensata infine la viabilità che porta al polo cardiologico, per la quale la
Regione ha stanziato 2,3 milioni in finanziaria. Fin qui si parla di 20 milioni
di lavori preliminari, nell'ambito di un appalto che è partito da 140 milioni e
potrebbe concludersi con una spesa di ulteriori 25-30 milioni, a causa delle
integrazioni al progetto iniziale. Per poter avviare la parte più importante del
cantiere - cioè il rifacimento delle due torri di Cattinara, la creazione di una
terza torre di collegamento e la costruzione del Burlo - Rizzani de Eccher e
Asugi dovranno attendere che gli enti di valutazione diano il proprio benestare
dopo quasi un anno di ritardo sulle previsioni. L'approvazione del progetto
esecutivo è vincolata alla soddisfazione di un'ulteriore serie di prescrizioni
richieste da Vigili del fuoco e Commissione sismica fra settembre e dicembre:
«Speriamo - dice Riccardi - che il progettista possa adempiere e ottenere
l'approvazione dell'intero esecutivo entro l'inizio della primavera, in modo da
poter avviare tutte le parti della ristrutturazione». I tempi non saranno brevi:
«Parliamo di un'opera con 6-7 anni di lavoro davanti», continua l'assessore alla
Salute, che sta esaminando con l'appaltatore «la possibilità di comprimere la
tempistica».
Diego D'Amelio
L'impegno - Ok in primavera
Il via libera mancante al primo lotto arriverà «fra alcuni giorni», assicura il
vicepresidente Riccardi, secondo cui «l'esame dello stralcio da parte del Rina è
giunto a conclusione e questo consente l'avvio della prima parte delle opere».
Il progetto esecutivo complessivo attende però ancora l'ok degli organismi di
valutazione. «Speriamo - dice Riccardi - che il progettista possa adempiere e
ottenere l'approvazione dell'intero esecutivo entro l'inizio della primavera, in
modo da poter avviare tutte le parti della ristrutturazione».
La protesta - Gli alberi tagliati
Il lotto che sta per partire a Cattinara provocherà l'abbattimento di una parte
della pineta collocata fra l'ospedale e il polo cardiologico sottostante. Il
taglio degli alberi ha suscitato le proteste dei residenti e delle associazioni
ambientaliste, che hanno organizzato alcuni presidi nell'area. Anche la giunta
Dipiazza ha espresso la propria contrarietà. Per bilanciare la perdita di verde,
il progetto prevede la piantumazione di alberi a nord del parcheggio e la
Rizzani de Eccher assicura che le nuove piante saranno più di quelle tagliate.
SEGNALAZIONI - Ovovia - Carosello insegna
Nino Manfredi, nell'era di Carosello; pronunciava la frase: "Fusse che fusse la
vorta bbona". Prendo a prestito la battuta per utilizzarla nell'ambito del
dibattito concernente il progetto dell'ovovia. Avendo una giunta a Trieste e
Muggia di centrodestra finalmente i residenti vedrebbero realizzata la famosa
metropolitana. Che seppur non da promessa elettorale, se ne parla da decenni. Sì
anche se il progetto fosse approvato, da dove si troverebbero i soldi? Non
realizzando l'ovovia! Provate ad immaginare quante macchine e quanto
inquinamento di meno nel relativo percorso. Certo, leggiamo delle proposte di
utilizzo dei tram con i più svariati percorsi; turisticamente parlando potrebbe
essere il prolungamento del tram di Opicina. Con direzione Grotta Gigante; e già
che ci siamo, mi voglio rovinare. Proporrei ancora, magari, una corsa del tram
che una volta arrivato all'Obelisco faccia una deviazione, per arrivare fino al
Santuario di Monte Grisa. Immaginatevi che spettacolo per i turisti lungo la
Napoleonica usufruendo di un biglietto privilegiato contenente l'ingresso alla
Grotta. Non dimenticando che i residenti potrebbero utilizzarlo per scendere in
città o rincasare. Ovviamente, le corse verso queste mete a mio parere avrebbero
una percorrenza limitata all'orario di apertura dei siti. "Se pol"? Volendo si!
Basta dirottare i fondi dell'ovovia. Perché sinceramente, immaginare tutte
quelle preventivate utenze mi sembra un "sogno di una notte di mezza estate".
Del resto, se non sbaglio, la proposta dell'ovovia era di quel periodo.
Michele Marolla
«Il nucleare? Un business morto la Germania non torna indietro»
Parla Nikolaus Valerius, responsabile del piano per la dismissione delle
centrali atomiche tedesche: «Il solare costa meno della metà»
«Il nucleare è un business economicamente morto». Nikolaus Valerius,
responsabile del ramo nucleare di Rwe, primo colosso tedesco dell'energia, ha
programmi per Capodanno: «Sarò a Gundremmingen, dopo 37 anni sarà l'ultimo
giorno di vita della centrale della Baviera». Tra tre giorni, tre dei sei
reattori ancora attivi in Germania verranno spenti. Gli ultimi, tassativamente
l'anno prossimo. E mentre l'Ue vuole discutere l'inserimento del nucleare tra le
energie verdi, Macron promette trionfante nuovi impianti oltre ai 56 già in
funzione, lo stesso Finlandia e Regno Unito, il governo di Berlino invece non
indietreggia: via dall'atomo nel 2011, dopo Fukushima. Avanti con le
rinnovabili, con l'aiuto del gas. Scontro di strategie, Germania contro tutti,
ma obiettivo comune: la neutralità climatica entro metà del secolo. Attualmente
ci sono 442 reattori nel mondo, età media 31 anni, 53 nuovi sono in costruzione,
18 dei quali in Cina. Valerius, come spiega questo Rinascimento del nucleare? Ed
è possibile?«Distinguiamo subito Europa e mondo, perché nell'Ue sono altamente
nuclearizzate solo Francia e Inghilterra. Ma non ci sono copiosi investimenti
privati in questa energia: gli Stati devono supportare le centrali, con costi
elevatissimi. Per noi tedeschi, la strada è molto chiara e sempre quella dal
2011: è deciso che si debba uscire dal nucleare e ci si debba concentrare sulle
rinnovabili. Il nucleare è un business economicamente morto. Perché dovrei
costruire centrali nucleari se posso raccogliere l'energia del sole a meno della
metà del prezzo?».Molti governi pensano sia la strada più veloce per combattere
il cambiamento climatico. Come rispondete?«È la strada sbagliata per ragioni di
costi, di tempi e di deposito di scorie nucleari. Partiamo da una simulazione
che hanno fatto i britannici: hanno calcolato che, a centrale costruita, e ci
vogliono decenni per edificarla, per produrre un Megawatt/h di elettricità con
il nucleare si spendono tra i 90 e i 100 euro, contro i 45-50 euro di un parco
eolico in mare. Il vantaggio delle rinnovabili è netto e non ha bisogno di
sussidi statali. Inoltre, non si calcolano i costi di smantellamento». A quanto
ammontano?«Ci vogliono tra i 500 milioni e un miliardo di euro e da 10 a 15
anni, come sta capitando a noi. La gente pensa che le centrali siano solo
questione di scorie nucleari: invece il materiale di scarto nucleare è il 5%,
mentre il 95% sono materiali riciclabili come metallo e rame, che possono essere
reintrodotti sul mercato». Dunque non è così oneroso chiuderle.«Non direi
proprio. Perché oltre al puro smantellamento, ci sono i costi per lo stoccaggio
delle scorie, specialmente quelle altamente radioattive». Che significa
riconvertire un colosso dal nucleare alle rinnovabili, senza perdere posti di
lavoro? «Oggi, investiamo 5 miliardi di euro lordi l'anno, per raggiungere i 50
miliardi entro il 2030, aumentando la nostra capacità di 2,5 Gigawatt l'anno con
il solare e l'eolico offshore e onshore, più l'idrogeno. È come se nascessero
ogni anno due nuove centrali nucleari. Sul fronte dei posti di lavoro, dal 2011
abbiamo avuto il tempo di effettuare le necessarie riduzioni di personale in
modo socialmente accettabile, riconvertendolo. Il piano della nuova coalizione
di Scholz è molto ambizioso, ma è questo il momento giusto per cambiare economia
e politica energetica».
Letizia Tortello
IL PICCOLO - LUNEDI',
27 dicembre 2021
La cabinovia divide la città - Il no verso le 17 mila firme Spunta anche
un comitato
Cresce il fronte degli oppositori al progetto dopo la "tre giorni" in Porto
vecchio Un gruppo di residenti di strada del Friuli si organizza e scrive una
lettera aperta
Il dibattito sulla cabinovia continua a tenere banco. Da un lato cresce il
fronte d'opposizione: in strada del Friuli sta nascendo un apposito comitato di
residenti. Nel frattempo viaggia verso le 17 mila firme la petizione su
change.org "Trieste ha voglia di tram, non di ovovia". Il consigliere comunale e
regionale del Pd, ex candidato sindaco alle elezioni d'autunno Francesco Russo,
annuncia a sua volta che a gennaio lancerà il promesso referendum cittadino
sull'ovovia. Dall'altro lato il presidente della Commissione Lavori pubblici del
Consiglio comunale, il forzista Michele Babuder, invita invece a non giudicare
l'opera in maniera aprioristica e ribadisce la propria disponibilità al
confronto con la cittadinanza (si leggano le interviste qui accanto). Veniamo al
costituendo comitato, che dietro ha alcune famiglie residenti appunto nelle zone
interessate dal progetto. Dopo il convegno di tre giorni organizzato dal Comune
in Porto vecchio, hanno attivato un indirizzo mail (nocabinovia.ts@gmail. com)
dove chiunque può chiedere informazioni e inviare testimonianze. Elena Declich,
una delle promotrici, spiega che l'iniziativa nasce dalla constatazione che la
popolazione non sa molto dell'argomento. Di qui il tentativo di entrare in
contatto con il vicinato e iniziare a fare "massa critica", rivolgendosi anche a
chi non è della zona. Questo gruppo di cittadini ha inoltre scritto una lettera
aperta, di cui pubblichiamo alcuni stralci. Declich sottolinea che si tratta di
iniziative spontanee, dal basso, prive di un cappello politico. «Il clima del
convegno è stato autoreferenziale», si legge nella lettera: «Il progetto
presenta criticità. Innanzitutto sembra una proposta poco appetibile per
turisti, lavoratori e studenti diretti verso il centro. Si è parlato poi di
impatto ambientale e inquinamento acustico ridotti. Ma quale sarà l'esatta
ubicazione dei sette piloni inseriti nel terreno individuato a sostegno in
salita verso Campo Romano? Il Faro della Vittoria è un monumento nazionale. I
piloni gareggerebbero con lui in grandezza e richiederebbero l'abbattimento di
cedri secolari che si trovano lì sotto». E ancora: «Non si sono affrontati gli
aspetti geologici e idrogeologici da Bovedo a Opicina, dove è presente flysch
spesso degradato. La zona prossima al Faro è instabile. In strada del Friuli,
all'altezza del civico 116, nel 2021 è crollato il muro di contenimento del
versante a valle di via Braidotti. Negli anni passati, in via dei Righetti, ci
fu un gravoso cedimento e tutta strada del Friuli, fino al colle di Contovello,
è da sempre soggetta a smottamenti del terreno. Il tratto di ciglione carsico da
Monfalcone a Trieste è considerato uno dei più problematici dell'intera rete
ferroviaria italiana, quanto a stabilità». Timori anche per quanto riguarda
impatto acustico e diboscamento: «I piloni, alti anche 20 metri, richiederebbero
il diboscamento di diversi ettari di verde. I passaggi sugli snodi dei piloni
difficilmente sarebbero silenziosi. Inoltre, nei pressi del civico 169, è
presente un corso d'acqua, il classico "patok", vincolato da norme ambientali.
Risalendo il colle di Monteradio, nei pressi della fascia interessata dal
tracciato, si estende Bosco Bovedo con il suo caratteristico stagno anch'esso
soggetto a vincolo». Alle voci critiche ora si aggiunge così anche quella di
questo gruppo di residenti. Intanto la petizione (lanciata un anno fa da Fiab,
Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For
Future e Uisp Fvg) non si è fermata. E pure ieri ha raccolto delle nuove firme:
ora sono oltre 16.800.
Lilli Goriup
Russo (PD) si prepara a catalizzare il dissenso "Da gennaio
raccoglieremo le firme per il referendum"
«A gennaio parte la raccolta firme per istituire il referendum sull'ovovia». Lo
annuncia il consigliere comunale del Pd Francesco Russo. Come raccoglierà le 12
mila firme necessarie? «Tramite una grande chiamata cittadina. Assieme ad Adesso
Trieste, M5s e Punto Franco, proporrò di creare un contenitore unico per
mobilitare il dissenso, invitando anche le associazioni, i comitati spontanei
che stanno nascendo. Organizzeremo banchetti sul territorio, nell'ottica di un
più generale rilancio dei temi legati ai rioni. Sono fiducioso».Che idea si è
fatto sul convegno in Porto vecchio? «È la dimostrazione che il centrodestra
vuole agire da solo. Non mi ritengo soddisfatto da quanto ho sentito. Manca una
visione complessiva che giustifichi l'investimento: non sappiamo quante persone
si muoveranno da e per Porto vecchio. La bora è un problema oggettivo: secondo i
dati di quest'anno, i giorni di potenziale stop sono saliti a 40. Ci sono i
diboscamenti, i passaggi accanto alle case, le autorizzazioni date per scontate
ma di fatto non ancora ottenute da Regione e Soprintendenza».Esiste
un'alternativa possibile? «Mi sono informato con il ministero. Si può modificare
il progetto realizzandone un altro di mobilità sostenibile, sia con fondi Pnrr
che ministeriali ordinari. È ora di metterci attorno a un tavolo per trovare una
soluzione alternativa all'accesso Nord della città. C'è ad esempio la
possibilità di potenziare il tram, da piazza Oberdan fino a Porto vecchio. Sfido
il sindaco ad avviare un reale confronto su questi temi in Consiglio comunale,
dato che c'è pure il rischio che l'aula sia esautorata nel caso la cabinovia
venisse trattata tramite un Accordo di programma»
l.g.
Babuder (FI) pronto a occasioni di confronto. "No a strumentalizzazioni.
Serve un approccio laico"
«Di qui in poi servirà un'informazione capillare, da parte del Comune, per far
capire il progetto». Il presidente della Commissione Lavori pubblici del
Consiglio comunale Michele Babuder (Fi) ha un approccio laico alla cabinovia.
Circolano inesattezze? «L'opera è stata vittima di una comunicazione
inizialmente sbagliata: l'ha presentata come un'opera sensazionalistica durante
una delle fasi peggiori della pandemia». Il tram di Opicina può sostituire la
cabinovia?«No, sono due cose profondamente diverse. Il progetto della cabinovia
nasce per alleggerire l'ingresso Nord della città: parliamo di 15 mila auto al
giorno, spesso posteggiate in Porto vecchio, senza ricadute nella cassa
comunale. Ma all'antico scalo si vorrebbe dare un'impronta ciclo-pedonale. E il
park previsto nell'ultima variazione di bilancio può liberarlo in questo senso:
sono tutti aspetti da valutare».E il referendum cittadino? «Non si può dire no a
priori a un progetto, prima di averlo approfondito in commissione, e prima di
conoscerne la versione definitiva. Ma alcuni consiglieri comunali e
circoscrizionali di opposizione, invece di informarsi con gli uffici come da
loro prerogativa, hanno tolto spazio ai cittadini, intervenendo durante il
dibattito in Porto vecchio. Quel momento era tuttavia pensato per la
cittadinanza».E adesso?Da presidente di commissione non voglio schierarmi a
priori pro o contro l'opera, ma dare il mio contributo imparziale affinché le
persone si formino un'opinione informata: è ancora presto. Se davvero l'opera
danneggiasse il Bosco Bovedo, da barcolano sarei il primo a dirlo. La mia
commissione è a disposizione di categorie e associazioni. Presto incontrerò
l'architetto William Starc».
l.g.
Ferriera di Servola - Ultime demolizioni nell'area a caldo autorizzate
da Roma-
Attesa finita: i ministeri consentono di abbattere le palazzine. Ora manca
la fumata bianca su piazzali e permuta di terreni
Un regalo di Natale per la riconversione della Ferriera. Era atteso da marzo ed
è arrivato a ridosso delle feste il via dei ministeri della Transizione
ecologica e dello Sviluppo economico alla demolizione delle strutture in
muratura nel comprensorio di Servola. Il benestare permetterà alla società Icop
di abbattere gli edifici ancora in piedi nell'ex area a caldo. Il passo avanti
nel processo di riqualificazione è importante, ma servono altre due firme
ministeriali per concludere il complesso iter delle autorizzazioni, che ha
accumulato un anno di ritardo sulle previsioni. La prima parte delle demolizioni
ha riguardato le strutture di metallo ed è andata a grande velocità. Lo skyline
di Servola è radicalmente mutato dopo la cancellazione dei due altoforni, ma poi
le cose si sono fermate. L'ok al secondo step sembrava essersi impantanato:
nonostante la firma del direttore generale del Mise fosse stata apposta a marzo,
non erano infatti mai arrivati gli autografi dei ministri. Che ora ci sono. La
burocrazia ci ha messo nove mesi per passare dalla firma del direttore a quella
dei ministri, ma il costruttore Vittorio Petrucco, presidente di Icop e socio di
minoranza della società che gestisce l'attigua Piattaforma logistica, non lo
considera tempo buttato: «In questi mesi abbiamo potuto rivedere
l'organizzazione dell'area. Rfi ha dato un contributo importante per definire un
layout più razionale per il passaggio dei binari e Hhla Plt ha avuto modo di
ragionare con calma sul terminal. Questo tempo è stato perfino utile a
migliorare l'Accordo di programma, ma ora non se ne deve perdere altro, perché
il progetto è maturo». La Icop può demolire ciò che resta di cokeria e
agglomerato. Ma per procedere, alla società serve ancora l'autorizzazione alla
cosiddetta messa in sicurezza permanente, relativa alla realizzazione della
nuova pavimentazione dei piazzali che ospiteranno il terminal portuale e la
stazione merci di Servola, per la quale Autorità portuale e Rfi hanno intanto
definito l'intesa su progetto e costruzione. Il decreto di Misp è legato a
quello per la demolizione, perché norma il processo di trattamento e riutilizzo
dei detriti dello smantellamento, che saranno impiegati per livellare le quote
del comprensorio. Petrucco spiega che «entro questa settimana presenteremo al
Mite il progetto definitivo di Misp, dopo i chiarimenti forniti a maggio
rispetto alla prima versione sottoposta al ministero. Speriamo si proceda
speditamente, anche perché vanno considerate le scadenze del Pnrr: fondi che non
possono essere persi» e che tra nuova stazione di Servola e messa in sicurezza
dei terreni prevedono quasi un centinaio di milioni di euro. Lo Stato ne mette
altri 41 per il consolidamento della linea di costa, sbloccati in seguito alla
visita agostana del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. La
gara d'appalto dovrebbe essere bandita a breve da Invitalia, con l'obiettivo di
creare una barriera in muratura per consolidare la costa e arginare i terreni
inquinati. Se la riconversione a uso portuale ha accumulato un anno di ritardo
rispetto a quanto previsto, procede secondo i piani il potenziamento del
laminatoio a freddo da parte di Arvedi, che conta di mettere in funzione i
macchinari nell'autunno 2022. Anche qui, manca tuttavia ancora la definizione
della permuta di terreni pubblici e privati fra società dell'acciaio, Autorità
portuale e Demanio. Anche questo confronto sta richiedendo un anno in più del
previsto e l'ad Mario Caldonazzo aveva scritto un'accorata richiesta d'aiuto al
governatore Massimiliano Fedriga. Ora i nodi più complessi sembrano sciolti e si
spera di firmare in primavera, consentendo ad Arvedi di avere un quadro certo
sulla proprietà dei terreni del laminatoio e ad Icop di conoscere con esattezza
i confini delle aree utilizzate da Hhla come terminal del Molo VIII.
Diego D'Amelio
Con il via libera addio a cokeria e agglomerato
- il percorso
Tre immagini del comprensorio dell'area a caldo della Ferriera di Servola al
termine della prima fase di demolizione. Cockeria e agglomerato attendono da
mesi l'abbattimento, che nel caso della ciminiera dovrebbe avvenire con
l'impiego di una carica di esplosivo. Dopo la demolizione, i detriti
riutilizzabili saranno bonificati con appositi macchinari e impiegati come fondo
su cui realizzare i piazzali in calcestruzzo. La parte di macerie non
riciclabile sarà invece smaltita in discarica.
IL PICCOLO - VENERDI',
24 dicembre 2021
Efficienza energetica: oltre il 50% delle case fuori norma in regione.
Si cambia nel 2030
La UE fa retromarcia sul divieto di vendere o affittare gli immobili nelle
classi basse, ma pone delle scadenze per i lavori di miglioria
La Commissione europea fa un passo indietro sulla proposta di direttiva
sull'efficienza energetica degli immobili, depennando dalla bozza circolata
nelle ultime settimane il divieto di affittare e vendere gli immobili più
inefficienti dal punto di vista energetico. Un sospiro di sollievo per i
proprietari di immobili della nostra regione, dove oltre il 50 per cento degli
edifici residenziali ricade nei valori di classificazione più bassi. Ma
l'obiettivo della Ue di migliorare l'efficienza energetica, classificata secondo
una scala dalla A4 (più efficiente) alla G (meno efficiente), permane. A questo
proposito, Bruxelles propone che il 15% del patrimonio edilizio con le peggiori
prestazioni di ciascun Paese membro, debba passare, per quanto riguarda gli
edifici pubblici e non residenziali, dalla classe G alla classe F entro il 2027
e alla classe E entro il 2030. Gli edifici residenziali avranno invece tempo
fino al 2030 per portare il proprio certificato a livello F e fino al 2033 per
portarlo alla classe E. Per comprendere la portata della proposta, è bene tenere
in considerazione come l'Enea, elaborando i dati della Regione e del catasto
degli Ape (attestato prestazione energetica) regionali, riferisca di due terzi
degli immobili nella fascia meno green. La fotografia racconta come, degli
attestati per classe energetica acquisiti tra il 2016 e il 2019, in Friuli
Venezia Giulia solo il 2,06% faccia riferimento alla A4; oltre il 50% ricade
invece in classe G (27,79%) o F (23,60%), il 17,22% nella E.Una situazione,
quella della nostra regione, più rosea rispetto ad altre zone del nostro Paese,
ma che comunque dovrebbe imporsi una fitta road map di interventi per adeguare
gli edifici con le peggiori prestazioni energetiche. La direttiva prevede delle
esenzioni per tutti quegli edifici che sono considerati storici, dedicati al
culto, protetti o inferiori a 50 metri quadrati come estensione. «Il bonus 110%,
con la cessione del credito, va in questa direzione, risponde già a queste
dinamiche e dimostra come il Governo abbia avuto una visione intelligente -
constata il presidente regionale di Fiaip Stefano Nursi -. Ai proprietari
immobiliari bisogna ormai far capire - aggiunge - che gli incentivi fiscali
vanno colti per avere una casa che vale di più e consuma meno». Il presidente di
Fiaip Trieste Filippo Avanzini, sollevato dal cambio di marcia della Commissione
europea, valuta come «la classe energetica andrà d'ora in poi a incidere sempre
di più sulla valutazione commerciale degli immobili», e ricorda che comunque
«esiste già l'obbligo di esibire l'Ape persino per commercializzare un
immobile». Filippo Avanzini indica inoltre che il 65-70 per cento degli immobili
presenti nella provincia di Trieste ricade nelle ultime tre classi energetiche.
Il costruttore Donato Riccesi va cauto, preferisce attendere l'approvazione
definitiva della normativa europea, ma illustra come «al di là del centro
storico, dove sui palazzi insistono anche vincoli di diverso tipo, nelle nostre
periferie ci sono per lo più condomini degli anni Cinquanta e Sessanta
classificati in classe G e F. Il bonus 110%, che consente il salto di due classi
energetiche, va nella giusta direzione, ma - aggiunge ancora il costruttore - va
strutturato al meglio e non gestito con proroghe di tre mesi in tre mesi,
creando così - conclude Donato Riccesi - grande confusione e incertezza».
Laura Tonero
Gestione dei rifiuti ad "alta tecnologia" Si punta al Pnrr - la delibera di giunta
Nel corso dell'ultima riunione della giunta comunale di Trieste, presieduta dal
sindaco, su proposta dell'assessore alle Politiche del Territorio Sandra Savino,
è stata approvata la delibera sulle proposte di progetto relative alla gestione
dei rifiuti urbani che potranno essere finanziati dal Pnrr.«Le proposte
individuate la Comune attraverso la proposta tecnica di AcegasApsAmga prevedono
- ha spiegato l'assessore Savino - la realizzazione di nuovo centro di raccolta
nella zona sud-est della città (450.000 euro) ipotizzando tre aree limitrofe
all'ex inceneritore di via di Giarizzole; il progetto sperimentale Smarty con l'
introduzione alla raccolta stradale intelligente (primo lotto obbligatorio,
investimento un milione) attraverso contenitori smart automatici, con sistema di
riconoscimento dell'utenza; isole interrate (un milione), nell'ottica
dell'avviata riprogettazione totale di piazza Sant'Antonio che elimini l'isola
di via San Spiridione. Infine Big Belly (investimento 280.000), con
l'introduzione di 15 batterie da 3 cestini compattanti smart a ricarica solare».
Assegnati i premi sugli ecosistemi ai nuovi laureati - la premiazione
Dopo gli incontri, i confronti e gli approfondimenti, e dopo la realizzazione
dei cartelloni che impreziosiscono alcuni itinerari sul territorio, il premio di
laurea. Si è concluso così il progetto "Gli ecosistemi e le acque
dell'Isontino", finanziato da Coop Alleanza 3.0 e coordinato da Legambiente, che
ha visto come partner d'eccezione in questi ultimi due anni Irisacqua, Consorzio
di bonifica Vg, Associazione fiume Judrio e Università di Udine. E proprio
l'ateneo friulano ha proposto di istituire il premio rivolto a brillanti
laureati e alle loro tesi, che arricchisce un percorso che ha portato nel tempo
alla realizzazione di 4 incontri sul tema degli ecosistemi acquatici, del
cambiamento climatico, della natura e della storia di alcuni corsi d'acqua
dell'Isontino, ma anche alla collocazione di ben 9 cartelloni naturalistici e
storici, di cui 4 già posizionati nella Piana del Preval. Il premio di laurea,
invece, voleva valorizzare i lavori degli studenti sulle tematiche vicine al
progetto.Il primo premio, da 1.000 euro, è andato alla tesi magistrale di
Alessia Pizzutti, neodottoressa in Scienze e tecnologie per l'ambiente e il
territorio, che ha proposto uno studio degli effetti idrologici dei cambiamenti
d'uso del suolo nel bacino del Torre dal 1957 al 1984. Un premio da 500 euro è
andato invece a Silvia Clinori, laureatasi in Scienze per l'ambiente e la natura
(triennale) e autrice della tesi su "Accumulo di mercurio in orzo cresciuto in
suoli contaminati". Menzioni speciali, assieme ad un cesto di Natale con
prodotti Fiorfiore Coop, sono state assegnate invece a Marta Pieri (laurea
triennale in Scienze Agrarie), Silvia Tirel (laurea magistrale in Gestione del
turismo culturale e degli eventi) e Dorian Dervishi e Jacopo Santarossa (neo
dottori in Architettura).Alle premiazioni hanno preso parte il ricercatore e
docente di Uniud Francesco Boscutti, il coordinatore del progetto Luca Cadez, il
presidente regionale di Legambiente Sandro Cargnelutti e il membro del cda di
Coop Alleanza 3.0 Mauro Grion.
M.B.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
23 dicembre 2021
Dissequestrata la piscina terapeutica
Dipiazza "Chiederò la disponibilità della struttura per pulirla dalle
macerie e verificarne la recuperabilità tecnica"
Un insistito aneddoto narra che Napoleone volesse accanto a sè solo generali
fortunati: con il còrso, Dipiazza avrebbe fatto la carriera di Murat o di Ney o
di Massena. Un borgomastro formato "Gastone", come il personaggio baciato dalla
dea bendata creato da Walt Disney, chiude il 2021 con un filotto vincente: il
gip Massimo Tomassini ha infatti proceduto al dissequestro della piscina
terapeutica "Acquamarina", la cui parte superiore crollò rovinosamente lunedì 29
luglio 2019. C'è da ringraziare l'Onnipotente che fosse un lunedì, perché era
giornata di chiusura. A distanza di due anni e mezzo da quel drammatico evento -
che ha privato Trieste di una struttura molto frequentata in particolare da
un'utenza interessata ad attività riabilitative - si riapre la prospettiva di un
recupero dell'impianto situato in Sacchetta: adesso Dipiazza dispone di 5
milioni di euro, frutto della somma di 1 milione comunale, di 2 milioni
regionali, di 2 freschi milioni statali provenienti da un emendamento forzista
alla Finanziaria passato in commissione Bilancio al Senato. Il dissequestro
veniva considerato imminente ma si riteneva transitasse nell'anno nuovo, invece
il magistrato lo ha accelerato. «Avevo interpellato il giudice un mese fa -
racconta Dipiazza euforico - mi fa piacere che abbia assunto una decisione che
renderà più rapido l'esame relativo alle condizioni dell'edificio». Il sindaco
abbozza un cronoprogramma abbastanza artigianale: «Una volta ottenuta
l'autorizzazione all'ingresso nello stabile, farò sgomberare le macerie e darò
disposizione ai tecnici comunali di verificare la recuperabilità della
struttura. Qualora si confermi tale recuperabilità, uno dei primi interventi
riguarderà l'impiantistica, che sarà rifatta con tubazioni esterne, per evitare
che accada quello che è accaduto con quelle previste dal progetto
originario».Per Dipiazza il recupero della terapeutica in Sacchetta è una
soluzione ponte, in attesa che si concretizzi la "grande" piscina in Porto
vecchio. «Trieste, con una popolazione di 200.000 abitanti - argomenta il
sindaco - può permettersi due impianti, così da assorbire la clientela che oggi
deve recarsi in Slovenia. La terapeutica in Sacchetta è piuttosto modesta, ma
abbiamo un contratto fino al 2029, firmato ai tempi della giunta Illy, e lo
rispetteremo». Su quello che dovrebbe essere realizzato in Porto vecchio,
Dipiazza non ha grandi novità: si procede con i due progetti concorrenti, che
sono quello del trinomio Petrucco-Tria-Terme Fvg e quello della spagnola Supera,
il primo dal valore di 35 milioni e il secondo da 15 milioni. Sullo stato
progettuale e sui tempi uno scorrevole «stiamo lavorando». Il fascicolo penale
sul crollo della terapeutica è seguito dal pm Pietro Montrone, che ha iscritto
18 persone nel registro degli indagati. In ottobre era stato reso noto il
contenuto della cosiddetta perizia "bis", redatta - come la prima - da Gaetano
Russo, ordinario di Tecnica delle costruzioni nell'Università di Udine. Esito
impietoso: errori nei calcoli in fase di progettazione e gravi violazioni delle
norme tecniche nell'ultimo intervento di manutenzione.
Massimo Greco
«Ora serve concretezza per dare risposte a oltre 4 mila utenti» -
il coordinamento guidato da Verin
«È una grande notizia, ora però ci aspettiamo concretezza da parte delle
istituzioni per dare risposta agli oltre 4 mila utenti che usufruivano della
struttura». Federica Verin, portavoce del Coordinamento Nuova Piscina
Terapeutica, sorride alla notizia del dissequestro di Acquamarina, arrivato a
quasi due anni e mezzo dal crollo del tetto. «Il primo passo fondamentale -
spiega Verin - è un tavolo del Comune con l'Autorità portuale, il Demanio
marittimo e il Coordinamento per rivedere la scadenza della concessione
dell'area visto che l'attuale terminerà nel 2029 e dobbiamo ragionare su un
investimento sulla salute che sia duraturo nel tempo. Poi, vista l'attesa di
oltre due anni, ci aspettiamo un confronto e una condivisione sulla
progettazione della nuova struttura che dovrà rispondere concretamente alle
necessità in termini di servizi e di numero di utenti. Siamo rimasti in strada
per un lunghissimo periodo e abbiamo raccolto oltre 8 mila firme già depositate,
ora vogliamo una struttura adeguata da ogni punto di vista. L'amministrazione
deve decidere se percorrere insieme questa strada». Oltre 10 mila gli ingressi
annui e le liste d'attesa erano particolarmente lunghe, dall'anno e mezzo per
gli ambulatori ad un anno per alcuni corsi. «È giusto fare una riflessione su
possibili spazi aggiuntivi - sottolinea Verin - anche alla luce di quelle che
potrebbero essere le nuove necessità legate al long Covid». Un recupero di
Acquamarina non esclude l'impianto in Porto vecchio, «anzi, vista la grande
domanda da parte dell'utenza», conclude Verin.
Andrea Pierini
Lubiana studia il raddoppio di Krsko La proposta di Tondo: «Entriamo in
società» - il caso Trieste
Il deputato suggerisce di investire nell'opera Il consigliere Morettuzzo:
«No al nucleare»
Vista la vicinanza, tanto vale provare a guadagnarci qualcosa, e non limitarsi a
correre i rischi. È questo, in sintesi, il pensiero del deputato di Noi con
l'Italia Renzo Tondo, intervenuto in Aula sul raddoppio della centrale nucleare
di Krsko. «Stanno cercando finanziamenti per potenziale la centrale - le parole
dell'ex governatore -; perché non pensare di partecipare in società
all'investimento?». Dichiarazioni che non devono essere andate giù ad altri
esponenti politici in regione, come il consigliere regionale del Fvg del Patto
per l'Autonomia Massimo Moretuzzo, che ha messo subito le mani avanti: «Gli
italiani sul nucleare si sono già espressi, contrariamente», quindi meglio
tenersene alla larga, anche perché la notizia del raddoppio «è molto
preoccupante». Il dibattito sull'atomo, in particolare in un momento di alti
costi dell'energia, accende sempre il dibattito in una regione come il Fvg, che
dista poco dal paese sloveno che ospita il reattore (poco più di 180 chilometri
da Trieste). Secondo Tondo, considerato che l'impianto sloveno, che è
partecipato da Lubiana e Zabagria, «non ha mai dato problemi, occupa 600
persone, garantisce 100 milioni di euro all'anno di redditività ai governi
sloveno e croato, e visto che l'energia pre Covid in Slovenia costa il 28 per
cento in meno», l'Italia «potrebbe partecipare al processo di potenziamento
della centrale». Secondo Tondo «sarebbe un'ipotesi importante dal punto di vista
economico e la nostra presenza sarebbe ulteriore garanzia di sicurezza». Come
detto, la vede molto diversamente Massimo Moretuzzo, che invita «le istituzioni
statali e locali ad avviare tutte le azioni necessarie affinché, fuori e dentro
i confini dello Stato italiano, le centrali nucleari non rappresentino una
minaccia per la sicurezza delle nostre comunità. Accogliendo la mozione del
Patto per l'Autonomia, che chiedeva alla Giunta di prendere posizione contro il
raddoppio dell'impianto vicino a Trieste, la Regione - aggiunge - ha espresso la
netta contrarietà alla costruzione del secondo reattore». Moretuzzo menziona
anche «i rischi conclamati rappresentati dalla presenza della centrale di Krsko,
a partire dall'elevato rischio sismico».
El. Col.
SEGNALAZIONI - Trasporti - Due tranvie anziché l'ovovia
Egregio direttore, mi aggancio al brillante intervento di Roberto Barocchi per
ricordare che l'assessore comunale competente riguardo all'ovovia dichiarò al
Piccolo che ci vorrebbero almeno 3 milioni di passeggeri l'anno per tenere in
equilibrio economico questo impianto. Dove pensa di trovare 3.000.000 di persone
l'anno, ogni anno? Forse dispone di un programma magico che richiami tutti
questi passeggeri? Mi pare che parlare di 18.000 utenze giornaliere sia
semplicemente fantascientifico e privo di supporto concreto. Quindi una tramvia
prolungata magari fino a Barcola e una verso Servola sarebbero molto più utili e
ben accette dai cittadini. Trieste ne guadagnerebbe nella lotta all'inquinamento
centrando i programmi dell'Unione europea. Che poi l'Ue ci stanzi denari per
un'ovovia mi pare solo frutto di mancanza totale di conoscenza del territorio e
delle necessità cittadine. Non ci resta altro che sperare nelle Comunelle per
salvare quel poco di verde che ci rimane sul ciglione carsico.
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
22 dicembre 2021
Interventi per 6 milioni nell'edilizia scolastica a partire da via
Forlanini.
Il cantiere più impegnativo in termini di risorse, 2,5 milioni, ripartirà a
giugno dopo il via della scorsa estate. Manutenzioni e adeguamenti dai nidi alle
medie.
Quasi sei milioni di euro per l'edilizia scolastica. Il piano di interventi, che
vanno di qui al 2022, è stato illustrato dagli assessori comunali Elisa Lodi
(Lavori pubblici) e Nicole Matteoni (Educazione e Famiglia) ieri in conferenza
stampa in Sala della giunta. Gli interventi coinvolgono complessivamente circa
35 edifici di ogni grado di competenza municipale, dai nidi d'infanzia alle
scuole medie. Riguardano manutenzioni straordinarie e adeguamenti di varia
natura, anche alla luce delle nuove esigenze spaziali imposte dall'era
pandemica. E, negli auspici dell'amministrazione comunale, rappresentano un
tassello all'interno di un mosaico più ampio. All'orizzonte ci sono infatti i
bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), in scadenza a fine
febbraio.
Via Forlanini
«La volontà di intervenire sui plessi scolastici è in continuità con quanto già
impostato dall'amministrazione di centrodestra nella scorsa legislatura», ha
spiegato Lodi: «I lavori sono stati avviati quest'estate, ad agosto,
compatibilmente con l'attività didattica. In generale sono volti a effettuare
manutenzioni straordinarie, ad adeguare gli spazi alle esigenze della didattica
e a quelle della normativa in costante evoluzione, specie in epoca di pandemia.
La principale voce di spesa riguarda risanamento ambientale e consolidamento
strutturale del complesso scolastico di via Forlanini».Qui sono stati stanziati
2 milioni 530 mila euro, ha spiegato ancora Lodi, derivanti da fondi statali del
bando periferie. I lavori, cominciati appunto quest'estate su alcuni gruppi di
aule, sono stati interrotti per permettere l'avvio dell'anno scolastico;
riprenderanno a giugno 2022, per completarsi entro l'avvio del nuovo anno
scolastico. Li esegue l'impresa Tecnica e Restauri srl.
Nidi e materne
A parte via Forlanini, il resto delle opere sarà finanziato da fondi del Comune.
Più nel dettaglio, un secondo blocco di spesa da 1 milione 750 mila euro è
destinato soprattutto ad asili nido e materne: le ditte esecutrici sono Impre,
Alpina, Riadattare, Cramer e Dibetta. Al suo interno rientra ad esempio un lotto
da 500 mila euro per realizzare lo spogliatoio del personale al Delfino Blu,
rifare i bagni degli alunni e il manto di copertura con nuova guaina alle Stelle
alpine, sostituire i serramenti esterni e pitturare le aule alla Stella marina.
Altri 500 mila euro serviranno alla messa in sicurezza dei solai nelle scuole
primarie Lona, Marin, Roli. Nei nidi Primi amici e Bosco magico saranno eseguiti
i lavori di prevenzione incendi, mentre all'Acquerello saranno motorizzate le
tapparelle e ulteriori manutenzioni straordinarie saranno fatte ai Frutti di
bosco, Colibrì, Isola felice, Elmer, La barchetta, Luna allegra, Verdenido e
Zucchero filato. Coinvolte anche le scuole dell'infanzia Cok, Don Marzari,
Sergio Laghi e Scuola del Sole.
Elementari e medie
Il terzo blocco di spesa (1 milione 600 mila euro) spetta a scuole elementari e
medie: coinvolge le imprese Ilse, Omnia, Innocente e Stipanovich, Benussi e
Tomasetti. Anche qui saranno eseguiti vari interventi di manutenzione
straordinaria, adeguamento alle esigenze didattiche e alle norme vigenti in
continua evoluzione. Il lotto principale di spesa riguarda l'adeguamento degli
spazi didattici della scuola Brunner (700 mila euro). Saranno toccate anche le
scuole Collodi, Battistig, Dardi, Levstik, Marin, Morpurgo, Roli, Stock,
Tarabocchia, Trubar, Venezian, Zupancich. Accanto a tutto ciò, in previsione ci
sono degli interventi minori, di manutenzione ordinaria, su altrettante
strutture scolastiche, in global service. E non solo.
Uno sguardo al PNRR
Sempre in ambito di edilizia scolastica, il Comune sta lavorando per partecipare
ai bandi di finanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in
scadenza a fine febbraio: da questo potrebbero derivare cifre e quindi
operazioni importanti.«Ringrazio i Lavori pubblici e l'assessore Lodi per
l'impegno profuso in questo importante settore d'intervento», ha affermato
Matteoni: «Ma i soldi non bastano mai. Infatti confidiamo molto nell'arrivo dei
fondi regionali promessi in questa legge finanziaria dall'assessore regionale
competente». Al contempo «stiamo lavorando con gli uffici dei Lavori pubblici
per partecipare ai bandi Pnrr in scadenza a fine febbraio. In corso un grande
lavoro di progettazione, da parte del Comune, che ci vede impegnati anche negli
incontri promossi da Ministero e Anci per capire come presentare al meglio la
domanda. L'auspicio è di eseguire interventi sia di nuova costruzione che di
manutenzione a beneficio dei nostri bambini e ragazzi».
Lilli Goriup
Da Roma in arrivo 2 milioni per la piscina Acquamarina
Approvato in Commissione bilancio del Senato l'emendamento di Dal Mas (Fi)
L'assessore Savino: «Passo per la ristrutturazione in attesa del dissequestro»
Da Roma sono in arrivo due milioni di euro per «interventi di manutenzione su
impianti sportivi e terapeutici». Tradotto: il ripristino della piscina
Acquamarina. Questo grazie a un emendamento presentato da Forza Italia alla
legge di Bilancio nazionale 2022. Nel frattempo a Palazzo Cheba circola la voce
di un possibile dissequestro del sito, imminente, nei primi mesi del prossimo
anno. Ieri ha superato l'esame da parte della commissione Bilancio del Senato la
manovra, che adesso in teoria deve passare al vaglio dell'aula di Palazzo
Madama, prima di Natale, e quindi approdare alla Camera entro la fine dell'anno.
Tra i vari emendamenti a raffica, è stato approvato pure quello presentato dal
senatore forzista pordenonese, Franco Dal Mas, a proposito della struttura della
Sacchetta triestina. A ispirare l'iniziativa è stata invece la sua collega di
partito triestina Sandra Savino, deputata, coordinatrice regionale e ora anche
assessore comunale a Urbanistica e Politiche del Territorio. «Si tratta di una
positiva sorpresa natalizia per Trieste e per i triestini», spiega Savino:
«Soprattutto per coloro che giustamente attendono la riapertura della piscina
Acquamarina a due anni dal crollo. Una struttura riabilitativa di grande
importanza per la fisioterapia delle persone con disabilità, che offre anche
attività acquatiche per le gestanti e corsi di riabilitazione in generale. Siamo
ancora in attesa del dissequestro della piscina del Molo Fratelli Bandiera. Ma
nel frattempo, anche grazie a questo contributo, iniziamo a mettere i mattoni
per la ristrutturazione, non appena saranno tolti i sigilli». Savino si dice
«particolarmente orgogliosa dell'intervento, perché porterà beneficio alla città
intera: non era scontata l'approvazione, ma il risultato è stato raggiunto
grazie alla perseveranza della delegazione parlamentare di Forza Italia Fvg.
L'importante era portare a casa il risultato: ringrazio il senatore Dal Mas per
la grande collaborazione dimostrata». Infine il commento squisitamente politico.
«L'Acquamarina era stata argomento di campagna elettorale», conclude Savino:
«Questa è una risposta concreta. A chi poi mi ha criticato insinuando che io sia
un assessore part-time a causa del mio impegno romano, faccio notare come questa
sia invece la prova dell'importanza di avere dei buoni rapporti parlamentari,
per ottenere risultati altrimenti difficilmente raggiungibili». La notizia in
arrivo dal Parlamento ieri pomeriggio ha fatto irruzione in Consiglio comunale,
dove contemporaneamente si stava ratificando una variazione di bilancio
municipale, all'interno della quale allo scopo sono già previsti tre milioni di
euro. Il capogruppo di Forza Italia, Alberto Polacco, ha sottolineato il ruolo
del suo partito nell'ottenere il finanziamento statale. A margine ha poi
spiegato alcuni tecnicismi: l'emendamento è stato presentato da Dal Mas non solo
perché l'iter della finanziaria in questo momento si trova in Senato, ma anche
perché quella di ieri era l'ultima occasione utile. Dopo che Palazzo Madama avrà
dato l'ok al lavoro della Commissione Bilancio, la manovra passerà alla Camera,
diventando de facto non modificabile dai singoli parlamentari, poiché sarà
presentato un maxiemendamento riassuntivo da parte del governo con voto di
fiducia. L'assessore alle Politiche finanziarie, il leghista Everest Bertoli, ha
aggiunto che, benché in maniera ufficiosa, si parla di un possibile dissequestro
dell'Acquamarina a inizio 2022.
l. gor.
La Cgil rilancia l'ipotesi di un referendum sul tema del laminatoio
- la consultazione tra gli iscritti
MUGGIA. La consultazione sul laminatoio che la Cgil aveva lanciato il 13
novembre rivolgendosi ai suoi 1.300 iscritti nel territorio non ha sortito
l'effetto sperato: sono giunti solo 252 questionari compilati. L'hanno riferito
l'altro giorno a Muggia i sindacalisti Spi- Cgil Nicola Del Magro e Gianni
Menegazzi. Per Menegazzi «resta comunque la soddisfazione di aver portato a
termine un lavoro svolto nell'interesse della comunità per il suo futuro. Devo
constatare però che il tema, superate le elezioni, si è un po' assopito». Dal
Magro ha evidenziato come siano emersi dai questionari «quattro punti
fondamentali: la volontà di partecipazione democratica dei cittadini nelle
scelte di carattere economico-industriale da parte della pubblica
amministrazione, il valore dell'ambiente e dei controlli sul territorio,
l'attenzione al buon lavoro e alla buona occupazione e i giudizi sulle
amministrazioni regionale e comunale. La stragrande maggioranza dei rispondenti
- ha chiarito Dal Magro - ha sostanzialmente richiesto al Comune un referendum
prima che venga presa qualsiasi decisione sul progetto. Noi presentiamo al
sindaco questa richiesta. Coloro che hanno risposto si sono dichiarati
favorevoli alla creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani e
i disoccupati». Sul tema del ruolo delle istituzioni il passaggio è apparso più
complicato: «Giudizio negativo - ancora Dal Magro - è stato espresso nei
confronti dell'operato della Regione, per l'assenza di prese di posizione sulla
questione. Sull'amministrazione comunale la maggior parte non ha espresso un
giudizio univoco, ma è stata richiesta più trasparenza e partecipazione».
Presenti all'incontro il consigliere della Lista Bussani Dejan Tic, che si è
detto «più scettico sulla questione laminatoio di quanto lo sia il mio
schieramento», e quello del Comitato Noghere Sergio Filippi, che ha segnalato
«il disboscamento di un'ampia area di fronte alla Barilla, in cui secondo il
rendering del nuovo impianto dovrebbero sorgere l'area di stoccaggio e parte
dell'impianto di laminazione».
LU.PU.
Rischio crisi energetica. La Slovenia non esclude di anticipare Krsko2.
L'annuncio del numero uno del colosso statale Gen-Energija: possibile
un'accelerazione sul reattore bis per contenere i costi. La decisione definitiva
attesa inizialmente per il 2027.
Belgrado. Non solo non c'è alcuna retromarcia. Ma, al contrario, viene evocata
anche una possibile accelerazione, se la crisi energetica col conseguente
aumento dei prezzi dovesse subire nuove escalation in futuro. È lo scenario
nella vicina Slovenia, dove continua a tenere banco il tema del nucleare con il
programma di un secondo reattore all'impianto di Krsko. A ravvivarlo, è stata in
questi giorni una fonte autorevole all'interno di Gen-Energija, il colosso
statale sloveno che, assieme alla croata Hrvatska elektroprivreda (Hep),
controlla la centrale nucleare. Si tratta di Danijel Levicar, "chief operating
officer" di Gen-Energija, che ha confermato ai media che Lubiana «prenderà una
decisione definitiva sull'investimento» per il secondo reattore a Krsko entro il
2027, ha riferito il portale economico specializzato SeeNews. Fin qui nessuna
novità, dato che già in passato Lubiana - in testa il ministero delle
Infrastrutture - aveva stabilito proprio quella data come momento chiave per
chiarire il futuro dell'impianto e del secondo reattore. Ma Levicar si è spinto
oltre, fornendo nuovi e più attuali dettagli. La decisione, infatti, potrebbe
addirittura essere anticipata, tenendo conto degli scenari globali sempre più
foschi sul fronte dell'energia. «Se le cose diventano più difficili, allora
saremo sotto pressione per prendere quella decisione» ben prima, forse già in un
vicino «domani», ha aggiunto Levicar. Il secondo reattore, ha aggiunto l'alto
funzionario, è indubbiamente - nella visione di Lubiana - la soluzione più
logica e azzeccata, perché «ridurrebbe notevolmente i prezzi dell'elettricità» e
soprattutto diminuirebbe la dipendenza energetica dall'estero. E questo è un
plus da non sottovalutare, non solo per Lubiana, ma in genere per tutti i
Balcani e l'Europa centro-orientale. E darebbe respiro anche alla vicina
Croazia, dove «un singolo reattore», quello di Krsko condiviso con la Slovenia,
«non basta a soddisfare la crescente domanda di energia», ha specificato SeeNews.
Certo, si tratta di un progetto a lungo termine, ma fare una centrale è come
«piantare alberi, un progetto intergenerazionale con i figli e nipoti che ne
godranno i frutti», ha fatto osservare Levicar, citato dal Delo. Parole, quelle
dell'importante manager di Gen-Energija, che confermano che la Slovenia fa sul
serio. D'altronde i segnali c'erano tutti. Quello più importante era arrivato
solo a metà luglio, quando il ministero delle Infrastrutture aveva concesso il
permesso energetico per la costruzione del secondo reattore, una mossa- chiave
per permettere a Gen-Energija di indirizzarsi sulla strada per la realizzazione
di "Krsko-2". Permesso che darà avvio «al più ampio dibattito possibile» sul
nucleare, aveva aggiunto ai tempi il titolare del dicastero, Jernej Vrtovec,
mentre il suo ministero, è emerso a novembre, è impegnato nel prolungare la vita
dell'impianto esistente fino al 2043. Se tutto andrà come da programma, Lubiana
potrebbe avere la seconda unità tra il 2033 e il 2034, un progetto «ambizioso ma
fattibile», ha detto sempre Vrtovec il mese scorso, forte del consenso che
sembra esserci in Slovenia, tra istituzioni, imprese ed esperti, sulla necessità
di perseverare sulla scelta del nucleare, sostenuta tra gli altri anche dal
presidente della Repubblica Borut Pahor. Ma fuori dai confini nazionali gli
umori sono ben diversi, in particolare in Austria, dove organizzazioni
ecologiste hanno raccolto decine di migliaia di firme contro Krsko e dove le
stesse autorità sembrano assai poco felici di continuare ad avere una centrale a
un tiro di schioppo.
Stefano Giantin
Tra i paesi dell'Est scatta la corsa all'atomo. Asse Serbia-Russia per
un nuovo impianto.
Forte interesse da Romania, Bulgaria e Polonia. Il governo di Belgrado firma
accordi preliminari con i vertici di Rosatom.
Non solo la Slovenia. Anche un Paese balcanico ancora fuori dalla Ue e
tradizionalmente dipendente dal gas russo e dal carbone autoctono, mai entrato
nel "club dell'atomo", sta a sorpresa guardando al nucleare. Con sempre maggiore
interesse. È la Serbia, dove da settimane tiene banco l'ipotetica e alquanto
controversa questione di una centrale nucleare da costruire direttamente nel
Paese. A tratteggiare l'inedito scenario è stato lo stesso presidente serbo,
Aleksandar Vucic, che ha evocato la possibilità che Belgrado costruisca una
piccola centrale nucleare modulare, nuova tecnologia relativamente più
economica, che garantirebbe l'indipendenza energetica alla Serbia. Di questo la
Serbia starebbe parlando attivamente con Rosatom, il colosso statale russo
dell'energia atomica, ha aggiunto Vucic, richiamando per la prima volta nella
storia lo scenario di una centrale nucleare in Serbia. Le perplessità sono
tuttavia tantissime e riguardano soprattutto i costi. A mettere le mani avanti è
stato lo stesso leader serbo, che ha ammesso che «ci sono delle questioni
relative al finanziamento» di un impianto del genere. I costi in effetti enormi.
Si parla di circa dieci miliardi di euro, una cifra insostenibile per un Paese
dove il governo, per legge, non può spendere troppo, portando il livello del
debito pubblico sopra la soglia del 60% del pil. In ogni caso, il tema non è
archiviato e la Serbia «sta discutendo con Rosatom sui prossimi passi» da
compiere, ha detto Vucic, che in precedenza aveva messo sul tavolo l'idea della
Serbia partecipante alla realizzazione della centrale nucleare magiara di Paks
II, in fase di realizzazione sempre con l'aiuto di Mosca, per garantirsi una
partnership nell'impianto. Da parte sua, il potentissimo direttore di Srbijagas,
il gigante serbo del gas, Dusan Bajatovic, gli ha dato corda: «Dobbiamo avere la
nostra centrale nucleare». Questo perché l'attuale crisi dell'energia non finirà
a breve. Invece, «durerà a lungo, non sarà risolta in un mese o due e la Serbia
non è immune», ha aggiunto. Qualcosa, anche se non di esplosivo, si è mosso, in
questo senso. Rosatom e Belgrado hanno infatti firmato un accordo che prevede,
per il momento, la costruzione di un "Centro per la scienza e la tecnologia
nucleare" (Cnst) nell'arco dei prossimi tre anni. Via libera al Centro, pensato
soprattutto per le ricerche scientifiche e mediche, che rappresenta un passo
«storico nelle relazioni tra Serbia e Russia», ha assicurato il ministro serbo
per l'Innovazione, Nenad Popovic. Ma non c'è solo la Serbia, a Est, a guardare
al nucleare con interesse sempre maggiore, in quella che è anche una battaglia
strategica tra Occidente da una parte, Russia e Cina dall'altra. A rivolgersi a
Ovest è stata sicuramente la Romania, che nel 2020 ha deciso di voltare le
spalle a Pechino - con cui aveva raggiunto precedenti accordi - per la
realizzazione di due nuovi reattori alla centrale di Cernavoda. Romania che ha
invece siglato una nuova intesa per la realizzazione di piccoli reattori
modulari (small modular reactor, Smr) di produzione americana. Parliamo di una
«cooperazione chiave», ha sottolineato il Dipartimento di Stato Usa, riferendosi
al cambio di rotta di Bucarest. Di nucleare si discute anche in Bulgaria, tra i
quattro partiti di diversissima estrazione che compongono il nuovo governo, con
posizione ancora inconciliabili sull'uso di reattori di produzione russa, già
consegnati, per la centrale di Kozloduy. Partiti che stanno discutendo con
asprezza se Sofia deve o meno continuare sulla via del nucleare. «Non possiamo
rimanere senza energia dall'atomo», ha messo le mani avanti il partito
"Continuiamo nel cambiamento", vincitore alle urne e guidato dal neo-premier
Kiril Petkov. Ma sono un po' tutte le capitali dell'Est, da Bratislava a
Varsavia, a guardare al nucleare, la via "verde" - secondo loro - per sottrarsi
al giogo del carbone.
st.g.
Manca l'energia, riaccese in via provvisoria Monfalcone e La Spezia
Emergenza dovuta al freddo e allo stop di 4 impianti in Francia
Il metano costa sempre più caro: sotto l'azione combinata del Generale Inverno,
della crisi ucraina e del ritardo nella certificazione del gasdotto
russo-tedesco Nord Stream 2, il prezzo di riferimento in Europa (contratto Ttf
olandese) ha fatto un balzo del 22% fissando in chiusura il nuovo record di
180,34 euro per MegaWatt/ora (e durante le contrattazioni ha toccato quota
187,20). Intanto la transizione verso le energie verdi fa due passi avanti e uno
indietro: non è un processo lineare, procede a strappi. Così in questi giorni in
Italia sono state riaccese temporaneamente, per necessità di sistema, due
centrali elettriche alimentate a carbone e messe "in sonno", cioè quella
dell'Enel a La Spezia e quella del gruppo A2A a Monfalcone (Gorizia); da notare
che per entrambe è già prevista la riconversione a gas, e nel caso di La Spezia
l'addio definitivo al carbone è fissato a scadenza brevissima, addirittura il
prossimo 31 dicembre, mentre A2A ha avviato l'iter autorizzativo per passare al
metano e completerà l'operazione in una data non ancora determinabile, da qui al
2025, quando tutte le centrali italiane a carbone dovranno essere spente. Come
mai in questi giorni è stato necessario riavviare due impianti a carbone, grandi
produttori di CO2? La società Terna, che gestisce le linee elettriche italiane
ad alta e altissima tensione ed è responsabile dell'equilibrio complessivo del
sistema, ha sondato la disponibilità delle compagnie elettriche, chiedendo loro
di rendere disponibile, per precauzione, un po' di potenza supplementare, in
vista di una possibile ondata di freddo (che aumenta i consumi di energia) e in
previsione dello spegnimento per manutenzione di 4 centrali elettriche in
Francia, nostra fornitrice abituale di elettricità. Enel e A2A hanno risposto a
questa specie di chiamata alle armi rendendo disponibili gli impianti di La
Spezia e Monfalcone. Per quanto il caso di queste due centrali sia circoscritto
e giustificato da cause contingenti, è tutto il sistema-Italia che si sta
allontanando dagli obiettivi della decarbonizzazione, secondo quanto emerge da
un rapporto dell'Enea (l'agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e
lo sviluppo economico sostenibile). Lo studio denuncia un netto peggioramento
(-35%) dell'indice Ispred, elaborato dall'ente per misurare il ritmo della
transizione verde. Francesco Gracceva, il ricercatore dell'Enea che ha curato
l'analisi, dice che «l'andamento molto negativo del nostro indice è legato
principalmente all'incremento delle emissioni, per il maggior utilizzo di fonti
fossili, soprattutto nei trasporti e negli edifici, e mette in luce
l'allontanamento dell'Italia dalla traiettoria di decarbonizzazione e dai nuovi
obiettivi Ue (emissioni di anidride carbonica -55% entro il 2030), con consumi
di energia ed emissioni che nel 2021 crescono più del doppio rispetto alla media
degli aumenti nell'Eurozona». In parte questo era scontato. visto che è in corso
un rimbalzo economico post-pandemia, che comporta (inevitabilmente) anche una
risalita dei consumi energetici, ma non è fisiologico che le nostre emissioni si
discostino così tanto dalla media europea.Le aziende industriali italiane, e in
particolare quelle che consumano più energia, pur se impegnate nell'obiettivo di
tagliare le emissioni a medio/lungo termine si pongono, in questi giorni, un
problema di sopravvivenza immediato, legato ai prezzi dell'elettricità e del gas
che rischiano di strangolarle. Ieri Alessandro Banzato, presidente della
Federacciai (l'associazione delle imprese siderurgiche italiane) si è espresso
così sul caro-energia: «La situazione del nostro settore è molto critica, tanto
che diverse aziende sono a rischio chiusura. Se non si interviene subito per
provare a mitigare un costo dell'energia ormai insostenibile, non solo per le
famiglie ma anche e soprattutto per le imprese, il grande rischio è che molte si
fermino, e che non si riesca ad agganciare la ripresa, come stiamo provando a
fare. Urge che il presidente del Consiglio Mario Draghi apra un tavolo di lavoro
per trovare al più presto delle soluzioni efficaci». -
Luigi Grassia
Meno vincoli Ue per gli aiuti di Stato con obiettivi green - la commissione
La Commissione europea allenta i vincoli sugli aiuti di Stato, purché gli
investimenti servano a sostenere gli obiettivi del Green Deal che prevedono di
ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 e di azzerarle entro il 2050.
Gli interventi pubblici finalizzati ad agevolare la transizione ecologica
avranno maggiori possibilità di ottenere l'ok di Bruxelles, mentre il sostegno
statale ai combustibili fossili non sarà autorizzato. Un trattamento particolare
sarà riservato al gas naturale, che rappresenta una fonte cruciale nel mix
energetico italiano. La Commissione lo considera «un ponte verso le energie
rinnovabili», ma - come ha spiegato la vicepresidente Margrethe Vestager -
«sappiamo che i ponti non sono una destinazione, per questo l'obiettivo finale
l'eliminazione graduale delle fonti fossili, gas compreso». Il sostegno pubblico
a interventi nel gas dovrà dunque rispettare alcune condizioni per essere
autorizzato dall'Ue bisognerà dimostrare che gli investimenti sono compatibili
con gli obiettivi climatici dell'Ue, che facilitano la transizione dai
combustibili più inquinanti e che non ostacolano lo sviluppo di soluzioni più
ecosostenibili.
MA. BRE.
IL PICCOLO - MARTEDI',
21 dicembre 2021
Cabinovia, Legambiente insiste: «Insostenibile sotto ogni aspetto»
Dall'impatto sul paesaggio fino alle stime sui futuri passeggeri Nulla
convince l'associazione dopo la tre giorni promossa al Tcc
Una bocciatura sotto tutti i profili: dalle previsioni di utilizzo a quelle
geologiche. Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente
Trieste, per conto del Consiglio direttivo dell'associazione, torna all'attacco
della cabinovia che il Comune vorrebbe realizzare dal Molo IV a Opicina,
passando per il park del Bovedo, alla luce della chiusura della "tre giorni" al
Tcc dedicata al progetto. In una nota viene infatti definito «inammissibile
l'attraversamento del Porto Vecchio: con incroci di cabine 10 metri sopra le
teste, 16 piloni a reggerle e tre edifici di stazione di tre piani. Il tutto è
in contrasto con la bellezza storica, tutelata della zona». L'associazione
contesta duramente anche le stime sul futuro utilizzo dell'impianto da parte dei
pendolari: «La media di 2,5 passeggeri per automobile posteggiata prevista dal
progetto è il doppio del cofficiente medio di riempimento in Italia, che è di
1,2 passeggeri per automobile». Legambiente considera sballati inoltre i dati
legati ai tempi di attesa: «I 511 passeggeri previsti nell'ora di punta per la
tratta Opicina-Bovedo potrebbero aspettare anche 18 minuti. Il che può
scoraggiare chi, arrivato in città, dovrà comunque ricorrere a un altro mezzo di
trasporto». L'aspetto economico viene poi definito «insostenibile» visto che
progetti simili, in città ben più popolose, non hanno dato i risultati che sono
invece previsti a Trieste. «Pesanti» anche gli impatti sulla "popolazione" degli
alberi che dovranno essere abbattuti. E le operazioni sul terreno nella zona da
Campo Romano al Bovedo richiederebbero «fondamenta profonde». Legambiente
fornisce così delle alternative, oltre al tram di Opicina: «La nostra proposta è
di favorire l'arrivo da Nord con la rete ferroviaria, per esempio rendendo
gratuito per i pendolari il parcheggio presso l'aeroporto. L'idea alternativa
per investire quei 48,7 milioni destinati al trasporto pubblico in una linea
tramviaria permetterebbe di realizzare una mobilità sostenibile, elettrica e
pubblica, sul principale asse cittadino, dalla Stazione a piazza Foraggi. Con
ampie potenzialità di sviluppo verso Muggia e Capodistria, e verso Barcola e
Miramare».
an.pi.
#ovovia; #cabinovia; #mobilita
Le Falesie perdono un altro pezzo Si stacca un lastrone di venti metri
Le rocce di una delle cosiddette "Tre placche piccole" si sono in parte
fermate e in parte inabissate
DUINO AURISINA. Le Falesie di Duino hanno perso un altro pezzo. Dopo il crollo
in mare del cosiddetto "Capel", avvenuto esattamente un anno fa, un'enorme
lastra di roccia - alta una ventina di metri, larga una decina e profonda in
alcuni tratti circa 120 centimetri, facente parte del gruppo che i residenti
chiamano da sempre le "Tre placche piccole" - si è staccata dalla parete che
sovrasta la baia di Sistiana, precipitando per una settantina di metri.
Scivolando verso il mare - lungo la parete pressoché verticale che dal "Rilke"
arriva alla spiaggia, a circa 350 metri dal castello di Duino in direzione di
Sistiana - il lastrone, oltre a travolgere alcuni alberi, sradicandoli, si è
rotto in vari pezzi. Alcuni si sono fermati lungo il percorso, perché bloccati
dalle irregolarità della parete rocciosa e da altre barriere naturali di pietra,
altri sono arrivati addirittura al mare, inabissandosi. È accaduto di notte. Se
n'è accorto il giorno dopo Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino
e da sempre attento osservatore della zona. «Controllando la parete dalla quale
il lastrone è precipitato - spiega Mervic - si nota che esso era attaccato solo
in alcune sue parti. Sono visibili infatti vari punti sui quali c'è terra
asciutta, che evidentemente erano protetti e coperti dalla lastra stessa. Lo
stacco e la conseguente frana devono essere stati fenomeni molto spettacolari,
ai quali tuttavia nessuno ha potuto assistere».Alla pari del "Capel", che molte
generazioni di duinesi ricordano perché quel pezzo di roccia, molto vicino al
mare, era diventato una sorta di trampolino naturale dal quale tuffarsi, anche
le "Tre placche piccole" costituiscono un elemento che fa parte della storia
locale. «Poco meno di mezzo secolo fa - rammenta sempre Mervic - quelle tre
grandi lastre erano, per noi ragazzini del posto, una specie di palestra
naturale sulla quale imparavamo ad arrampicare».Per quanto riguarda le possibili
cause dell'evento che ha riguardato ora una delle "Tre placche piccole" e, un
anno fa, "El Capel", la spiegazione scientifica è sempre la stessa. E la
fornisce il geologo triestino Giulio Lauri: «Premesso che è sempre difficile
individuare i motivi di natura scientifica di questo fenomeni, in assenza di
elementi certi e di analisi approfondite che richiederebbero del tempo, va
intanto ricordato che le Falesie, come in generale tutte le rocce del Carso,
sono instabili, perché caratterizzate da molti spuntoni verticali, quasi sempre
inclinati, in maniera più o meno accentuata, sensibili perciò a tutti gli agenti
esterni. È poi notorio che le rocce di questo tipo presentano spesso cavità
nelle quali durante la stagione fredda - prosegue Lauri - l'acqua che si
deposita può ghiacciare e, dilatandosi, allargare le fessure preesistenti. In
questa maniera si creano fenomeni di degradazione delle strutture che possono
culminare in frane e cedimenti». Considerando poi che in geologia la misurazione
del tempo assume una connotazione molto diversa da quella che utilizziamo tutti
i giorni nel vivere quotidiano, il fatto che questi due fenomeni si siano
verificati a distanza di una dozzina di mesi l'uno dall'altro va considerato del
tutto casuale. In base ad alcuni studi scientifici, l'età del Carso è
collocabile fra i 25 e i 30 milioni di anni. E un pezzo che cade ogni tanto fa
parte della "normalità".
Ugo Salvini
Stoccaggio e cattura di CO2 non bastano a frenare l'aumento delle
temperature
Le conclusioni di una ricerca sul riscaldamento globale firmata da Fermeglia,
Massi Pavan e Mio di UniTS
Le tecnologie di cattura e stoccaggio della Co2 nel sottosuolo non sono una
soluzione conveniente dal punto di vista energetico, economico e ambientale per
fermare il riscaldamento globale. Perciò non avrebbe senso stanziare 150 milioni
di euro del Pnrr per la realizzazione di un maxi deposito di Co2 all'interno di
giacimenti esauriti del mare Adriatico: l'operazione sarebbe, come l'hanno
definita 51 ricercatori in una lettera aperta a Mattarella e Draghi, "un
doloroso e insensato accanimento terapeutico". Le stesse conclusioni, in linea
con altre analisi riportate di recente in letteratura, vengono da uno studio
realizzato dai ricercatori dell'Università di Trieste Maurizio Fermeglia,
Alessandro Massi Pavan e Andrea Mio e dell'Università di Padova Alberto Bertucco
ed Elena Barbera, pubblicato dalla rivista scientifica Energy Conversion and
Management. L'articolo ha visto la partecipazione dei gruppi di ricerca del
Molecular Biology and Nanotechnology Laboratory e del Centro Interdipartimentale
Giacomo Ciamician, in collaborazione con il Centro Interdipartimentale Levi
Cases dell'Università di Padova. Il lavoro si è concentrato sull'ipotesi di
cattura e stoccaggio di Co2 dall'uscita delle ciminiere di una centrale
termoelettrica a gas naturale, e ha analizzato, attraverso un dettagliato
processo di simulazione, i costi, l'efficienza energetica e l'impronta
ambientale di questa operazione.Per fermare il riscaldamento globale l'Ue si è
posta due obiettivi molto ambiziosi: entro il 2030 abbattere le emissioni di Co2
del 55% rispetto al 1990, che significa far meglio nei prossimi dieci anni di
quanto fatto negli ultimi trenta; entro il 2050 azzerare le emissioni nette per
raggiungere la neutralità climatica. Ma da quanto risulta da questo studio la
Carbon capture & storage (Ccs) non è uno strumento utile per contribuire al
raggiungimento di questi obiettivi. «Aggiungere un impianto di Ccs a una
centrale a gas ha altissimi costi energetici, perché l'energia netta prodotta da
un impianto da 560Mw cala tra il 56% e il 70% e comporta un extra costo che
varia tra i 53 e i 100 euro/Mwh», spiega Andrea Mio. Quanto all'impatto
ambientale l'unico parametro che migliora, del 40%, è l'emissione di Co2, ma
peggiorano tutti gli altri indicatori legati alle emissioni totali nel ciclo di
vita della centrale: «Nel caso di energia ottenuta da un impianto solare o
eolico la diminuzione di Co2 è superiore al 90%. E in generale gli impatti sul
clima sono più contenuti», evidenzia il ricercatore. Per diminuire le emissioni
di Co2 con un sistema di Ccs in un impianto a gas non solo è necessario bruciare
più gas per fornire il surplus di energia necessario alla cattura della Co2, con
maggiori emissioni di altri tipi di inquinanti, ma si devono anche usare
solventi ad alto impatto ambientale per separare dal resto l'anidride carbonica.
La sconvenienza è su tutta la linea: non a caso l'unico tentativo di Ccs su
larga scala, l'impianto di Petra Nova in Texas, è fallito e verrà chiuso fra
pochi mesi. E' una questione di migliorare la tecnologia? Secondo Mio non si
tratta di questo: la Ccs rappresenta un alibi per continuare a bruciare
combustibili fossili e anche l'ipotesi di pompaggio e stoccaggio di Co2 in
giacimenti petroliferi in esaurimento, non può che compromettere un serio
percorso di decarbonizzazione del sistema di produzione e consumo.
Giulia Basso
Per un futuro sostenibile bisogna puntare su energie rinnovabili - le
risorse in campo
Energie rinnovabili, reti intelligenti ed elettrificazione del sistema
energetico e trasportistico sono le soluzioni per un futuro sostenibile. Sarebbe
meglio dunque investire sul perfezionamento dei processi di conversione di
questo tipo di energie, in un'ottica di maggiore efficienza e di minor dispendio
di materie prime. E sul miglioramento dei processi estrattivi di quest'ultime.
Vanno inoltre sfatati alcuni luoghi comuni, come l'idea che, a causa della
disponibilità intermittente delle rinnovabili, ci sia la necessità di stoccare
grandi quantità di queste energie. "In realtà ci sono altre strade - spiega il
ricercatore Alessandro Massi Pavan -. Come non dipendere da una sola, ma da un
mix di fonti rinnovabili. E poi l'utilizzo di reti intelligenti e comunità
energetiche, che permettano la stabilità del sistema, dirottando i flussi
laddove servono e staccando dalla rete i carichi non prioritari quando
necessario. Anche se la disponibilità di impianti a gas rimarrà strategica nei
prossimi anni, le emissioni di Co2 diminuiranno. E non dimentichiamo infine il
risparmio energetico.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI',
20 dicembre 2021
Legambiente : dalla “tre giorni” sulla cabinovia emergono tutti le
criticità e i dubbi dei cittadini
Dalle osservazioni proposte da cittadini e associazioni nella “tre giorni”
che l’Amministrazione comunale ha indetto per illustrare l'ipotesi di cabinovia
“Mare-Carso” (finanziata perché dovrebbe favorire una mobilità sostenibile) sono
emersi numerosi punti di criticità. Ne elenchiamo alcuni.
- L’inammissibile attraversamento del Porto Vecchio, con
incroci di cabine dieci metri sopra le teste, 16 piloni a reggerle e tre edifici
di stazione di tre piani, è quantomeno in contrasto con la bellezza storica,
tutelata, del luogo, e serve solo a consentire l’arrivo delle cabine tra i
magazzini 2 e 2A (non certo in piazza Libertà, che è il vero hub intermodale).
Un tram moderno su binari - che in Porto ci sono da sempre - farebbe molto
meglio lo stesso servizio.
- Si dovrebbero eliminare centinaia di alberi (risparmiando
solo i cespugli!) lungo tutta la fascia “di esbosco” di 14 metri nel tratto in
pendenza tra Campo Romano e Bovedo e nel parcheggio per 820 vetture a Campo
Romano. Tra l'altro, la media di 2,5 passeggeri per automobile posteggiata
prevista dal progetto è il doppio del coefficiente medio di riempimento in
Italia, che è di 1,2 passeggeri per auto.
- Se gli 820 posti auto venissero riempiti dai pendolari nell'ora di
punta, persone che di solito ritornano a casa nel pomeriggio o sera, gli
ulteriori utenti non potrebbero avere accesso alla cabinovia.
- Nel lodare la rapidità della discesa, si dimenticano i tempi di attesa:
per i 511 passeggeri previsti nell'ora di punta per la tratta
Opicina-Bovedo, che devono andare al lavoro o a scuola in città, quanto tempo
devono aspettare con la capacità prevista, cioè di circa 1500 passeggeri/ora per
direzione (150 ogni 6 minuti)? Qualcuno (un centinaio?) potrebbe aspettare anche
18 minuti, il che può scoraggiare chi, arrivato in città, dovrà comunque
ricorrere a un altro mezzo di trasporto dopo essere sceso alla stazione tra i
magazzini 2 e 2A.
- Lungo il pendio da Campo Romano a Bovedo la geologia del suolo passa
dal calcare al flysch: i piloni collocati su questa seconda parte
avrebbero bisogno di scavi profondi per garantire la sicurezza alla cabinovia.
La tavola della zonizzazione geologica allegata al progetto nulla dice
sul rischio idrogeologico e sulla franosità, ben nota agli abitanti dell'area
attorno al Faro della Vittoria.
- Non è nota la rumorosità dell’impianto, garantito
“silenzioso”: è un’opinione. Vorremmo dei numeri, in decibel (dBa), perché sono
numerose le abitazioni “accarezzate” dall’impianto (via Righetti, strada del
Friuli, via Pertsch, via Perarolo…). Impianti totalmente silenziosi non
esistono, e l'hanno appreso a loro spese gli abitanti di Bolzano che abitano nei
pressi della nuova funivia del Renon.
- La Bora: “previsto uno stop di 20 giornate: quelle in cui la
velocità del vento supera gli 80 Km/ora”. Già, è notorio che la Bora avverte
prima di sparare raffiche a 100, 120, 150… E la sua presenza (a causa delle
variazioni climatiche) è sempre maggiore. Ma già a 60-70 Km/ora le oscillazioni
potrebbero rendere spiacevole questo viaggio...
- Per il consumo giornaliero no-stop di energia elettrica, per un costo previsto
di 821.000 Euro all'anno, si potrebbe prevedere una riduzione delle
emissioni di CO2 solamente se fosse garantito l'impiego di energia prodotta da
fonti rinnovabili, in caso contrario si spostano soltanto le emissioni
dalle auto alle centrali termoelettriche.
- Da città la veduta del Faro della Vittoria (monumento
tutelato) sarà caratterizzata dal continuo attraversamento delle cabine:
“pazienza, se serve…”. Ma se non serve?
- Infatti, un punto controverso è il risultato dell'applicazione di modelli di
previsione del traffico, cioè di quanti automobilisti provenienti da nord
effettivamente rinuncerebbero a quell’ultimo tratto di strada, fra Opicina e
Trieste, a favore della cabinovia. Gli attuali utenti del trasporto pubblico
(bus e tram di Opicina) dovrebbero – secondo il progetto – passare quasi tutti
alla cabinovia, altrimenti i conti non tornano. Ma quanti lavoratori e/o
studenti rinunceranno a usare il (vero) hub di Piazza Oberdan per il (finto) hub
tra i magazzini 2 e 2a? E sempre con l'obbligo di andare in auto o bus a Campo
Romano, invece di salire direttamente sui bus per Trieste alle numerose fermate
di Opicina! Il grosso degli utenti provenienti da Monfalcone dovrebbe
parcheggiare a Bovedo proveniendo dalla Strada Costiera, e non possiamo sapere
se accetteranno di fermarsi lì, salire al secondo piano della stazione Bovedo e
scendere tra i magazzini 2 e 2 A, invece di dirigersi direttamente alla loro
meta in auto o, meglio, usare il treno e poi la fitta rete del trasporto
pubblico.
- Una cosa è molto chiara: la cabinovia come trasporto pubblico serve a
tutto ma non alla mobilità interna al Porto Vecchio: le stazioni sono
troppo distanziate per avere la funzione di trasporto pubblico locale – servirà
un bus o un tram – e chi vorrà salire e scendere dalla cabinovia, se può usare
un bus sullo stesso percorso?
- Il Comune sostiene che con 12mila passeggeri/giorno la
cabinovia farà un utile di un milione all’anno. Con l'eccezione delle megalopoli
dell'America Latina, dove le cabinovie hanno una funzione sociale essenziale, i
dati ci dicono che nelle cabinovie urbane finora costruire nel mondo, spesso
nelle capitali o nelle metropoli con milioni di abitanti, rarissimamente
si superano le 10mila percorrenze! Quella di Ankara, con capacità
doppia rispetto alla “nostra”, trasporta solo 8.200 passeggeri/giorno, in una
capitale di 6 milioni di abitanti! La cabinovia di Rio de Janeiro, con una
capacità di 2.800 passeggeri/ora/direzione, che trasportava 10.000 passeggeri al
giorno, è stata chiusa perché il governo non riusciva a ripianare il deficit!
- Quindi, quand’anche fosse bella e non impattante, c'è da attendersi che la
nostra cabinovia sia insostenibile economicamente!
- Ricordiamo infine che, ad ora, siamo di fronte soltanto uno
"Studio di fattibilità", privo di molti dati e procedure:
approvazione paesaggistica da parte della Sovraintendenza; indagine
idrogeologica per l'insediamento dei piloni; valutazione del rumore; valutazione
d'incidenza per le zone SIC e ZPS; Valutazione d'Impatto Ambientale.
- Quanto alle alternative, proposte a più voci dalla sala,
alcuni relatori hanno considerato come alternativa alla cabinovia il
ripristino del Tram di Opicina. È ovvio che sono impianti ben diversi,
sia in negativo che in positivo e richiedono uno specifico confronto di
valutazioni. Il tram deve riprendere la sua attività regolare, ma servono
anche un migliore accesso da Nord e una migliore rete di trasporto in
città, che permetta di ridurre l'uso dei mezzi privati e quindi le
emissioni di CO2, insieme a tutti gli altri inquinanti.
- La nostra proposta è di favorire l’arrivo da nord con la rete
ferroviaria, per esempio rendendo gratuito per i pendolari il
parcheggio presso l’aeroporto (molti treni in transito fermano lì, con buona
frequenza e certezza di orari, anche se c’è la Bora).
- L’idea alternativa di investire quei 48.700 milioni destinati al trasporto
pubblico in una linea tramviaria permetterebbe di realizzare
una mobilità sostenibile (cioè elettrica e pubblica) sul principale asse
cittadino, dalla Stazione a piazza Foraggi. Con ampie
potenzialità di sviluppo verso Muggia e Koper/Capodistria, e verso Barcola e
Miramare.
- Vogliamo finalmente e seriamente parlarne? Lo chiedono i cittadini e le
autorità devono dare delle risposte.
per il Direttivo del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste il
presidente Andrea Wehrenfennig
IL PICCOLO - LUNEDI',
20 dicembre 2021
SEGNALAZIONI - Il dibattito continua - Due linee di tram al posto
dell'ovovia
È stato già fatto notare che la Bora, così come ha rovesciato il tram di
Opicina, ancora più facilmente farà volare l'ovovia verso Grignano. Vogliamo
spendere saggiamente i soldi pubblici? Alziamo un po' gli occhi e osserviamo
l'area cittadina. Si notano due percorsi adatti per una moderna, efficiente e
silenziosa tramvia. Il primo: da San Giovanni verso via Giulia, via Battisti,
via Carducci, stazione centrale, Porto vecchio. Il secondo: porto nuovo, Rive,
stazione centrale, Porto vecchio, viale Miramare, Barcola, castello di Miramare.
La sede tramviaria va progettata con corsia preferenziale per rispettare il
traffico automobilistico. Si possono individuare più punti per i parcheggi-auto
in Porto vecchio e porto nuovo, nei siti per i capannoni (rimesse per i tram) e
officine. Una serie di pannelli fotovoltaici aiuterebbe ad alleggerire il costo
energetico. La spesa complessiva è elevata, ma con i risparmi della soppressione
di diversi autobus e una gestione attenta (al rapporto tra risorse e priorità
dell'opera), in pochi anni si ridarebbe alla città un sevizio utilissimo ed
estremamente ecologico. Questa proposta era già stata fatta tramite il Piccolo
qualche decennio fa. Allora non è stata recepita. Oggi, in tempi di cambiamenti
climatici che obbligano ad abbandonare le benzine, si spera che trovi il
Consiglio comunale più recettivo e attento. Grazie
Armando Scafa
SEGNALAZIONI - Per salvare la Pineta - Ampliamo Cattinara in via
Rossetti
Egregio direttore, avrebbe senso trasferire in qualcuno dei 15 edifici dell'ex
caserma di via Rossetti le succursali del Petrarca e del Galilei. Ma a cosa
servirebbe portare lì quasi tutte le scuole superiori triestine? Perché non
possono rimanere dove sono? Che ne sarebbe degli attuali edifici? Quanto tempo
ci vorrebbe per venderli, nel mentre resterebbero vuoti? Da questa ardita
operazione immobiliare ci si guadagnerebbe o ci si perderebbe? Nei 197mila metri
cubi del comprensorio ex castrense ora di proprietà demaniale potrebbero invece
trovare spazio strutture dell'ospedale di Cattinara già esistenti o ancora da
costruire, comprese quelle universitarie. Essendo l'area già edificata e
infrastrutturata, si tratterebbe solo di adeguarla alle nuove esigenze. I tempi
e i costi necessari sarebbero modesti. In tal modo si eviterebbe di tagliare
centinaia di alberi nel comprensorio ospedaliero di Cattinara per costruire
nuovi fabbricati, autosilo e strade. Ci si asterrebbe dal cementificare e
dall'asfaltare nel nome della salute. Al contempo la Regione risparmierebbe
denaro pubblico e avrebbe molto prima a disposizione quanto si prefigge.
Peraltro il sito di via Rossetti è molto meno periferico, meglio servito dagli
autobus e a minor rischio di gelo invernale. Dunque migliore da ogni punto di
vista rispetto a Cattinara. Basta nuovi inutili scempi! Salviamo quanto resta
degli alberi di Cattinara e concepiamo un nuovo polo ospedaliero-universitario
nell'ex caserma di via Rossetti! O altrimenti nei magazzini del Porto vecchio
dove la Regione intende(va?) trasferire propri uffici...
Paolo Radivo, comitato pineta di Cattinara
IL PICCOLO - DOMENICA,
19 dicembre 2021
Pedaggi in autostrada: Autovie chiede a Roma rincari del 2% dal 2022.
Pressing sul ministero delle Infrastrutture per ritoccare all'insù le
tariffe congelate da 4 anni. Resta però da sciogliere il nodo del rinnovo della
concessione della A4 scaduta a marzo 2017.
Autovie Venete ha chiesto al ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità
sostenibile un incremento pari al 2,03% delle tariffe a partire da inizio 2022.
Un atto dovuto, precisa la concessionaria autostradale, perché previsto nel
piano transitorio con il Mits, ma che non è affatto scontato trovi attuazione
dal momento che lo stesso piano non è stato ancora approvato. Le interlocuzioni
con il governo per il passaggio di consegne da Autovie, la cui concessione è
scaduta a marzo 2017, ad Autostrade Alto Adriatico continuano; la strada però
non è ancora ben definita. E così, per il quarto anno consecutivo - l'ultimo
aumento si registrò il primo gennaio 2018 -, le tariffe potrebbero restare
congelate. L'incremento chiesto da Autovie, come negli anni precedenti, tiene
conto dell'inflazione (1,50%) e di un parametro sulla qualità e sul
miglioramento delle manutenzioni delle pavimentazioni (0,53%) sulla base di
quanto fatto rispetto al 2020. Per l'utente automobilista significherebbe un
aumento di 5-10 centesimi a seconda delle tratte. Un rincaro da aggiungere agli
attuali 2,50 euro del ticket da Lisert a Villesse, ai 4,10 fino a Udine Sud,
agli 11,20 in uscita a Venezia Est. Ma, a quanto pare, pure stavolta si potrebbe
non arrivare al ritocco, in presenza di questioni burocratiche ancora da
risolvere con il ministero. Nel frattempo, Autovie continua il suo impegno nel
completamento della terza corsia, anche in altre opere di non secondaria
importanza. A cominciare dal Lisert. La società ricorda che la struttura
commissariale per l'emergenza in A4 ha aggiudicato l'appalto del restyling del
casello (alla società cooperativa Consorzio Integra di Bologna in raggruppamento
temporaneo d'impresa con la Deon di Belluno, importo a base di gara di quasi 9,4
milioni per un'opera che costerà complessivamente 16,5 milioni e verrà
completata entro il primo semestre del 2023), con contestuale richiesta di
proroga per il decreto di compatibilità ambientale al ministero. Un'istanza che
prevede il coinvolgimento di diverse commissioni e che ha già visto arrivare i
primi pareri favorevoli. Tra gli altri progetti in corso, anche l'installazione
di nuove barriere spartitraffico Redipuglia-Lisert, la realizzazione di due aree
di sosta di circa 100 posti per i mezzi pesanti a Fratta Nord e Fratta Sud,
l'adeguamento del casello di Portogruaro, l'ampliamento di quello di San Donà,
oltre al completamento degli espropri e delle interferenze nel secondo e terzo
sub lotto del secondo lotto (Portogruaro-San Donà), propedeutiche alla
predisposizione della documentazione di gara per la costruzione della terza
corsia in quel tratto. Sullo sfondo, questione non certo di dettaglio, c'è però
il nodo del rinnovo della concessione. I punti di vista sono diversi. Per
evitare la gara europea si è individuata la soluzione del passaggio di consegne
da Autovie alla "in house" interamente pubblica Newco Alto Adriatico (Regione
Friuli Venezia Giulia con il 67% delle quote e Regione Veneto con il restante
33%), ma i tempi lunghi della burocrazia, con tanto di necessario visto di
registrazione della Corte dei conti, non hanno consentito sin qui di chiudere la
partita. E c'è pure da liquidare i soci privati di Autovie, con non meno di 150
milioni di euro. All'inizio della prossima settimana si dovrebbe tenere una
riunione al Cipess che potrebbe portare all'accordo di cooperazione: un
ulteriore passo in avanti verso il trasferimento di Autovie ad Alto Adriatico,
ma la questione rimane non poco complessa.
Marco Ballico
Terza corsia, la fine dei lavori slitta al 2026. Priorità alla
Portogruaro - Alvisopoli. -
lo stato di avanzamento dei lavori
La società rivede il cronoprogramma alla luce di stop legati alla pandemia e
caro materiali. Paniz: avanti con decisione.
Il presidente di Autovie Venete Maurizio Paniz dice di non sapere se il
ministero delle Infrastrutture darà il via libera all'aumento delle tariffe per
il 2022, ma assicura che la terza corsia verrà completata con i ricavi da
pedaggio. «Non distribuiamo utili - ricorda l'avvocato bellunese - e tutto
quello che incassiamo lo investiamo in opere. Continueremo così. E nel rispetto
dei tempi». Significa che, al netto di possibili rallentamenti da burocrazia
quando si concretizzerà il passaggio societario alla Newco Alto Adriatico, e
considerato che la pandemia allungherà il cronoprogramma di almeno un anno,
l'ultimo taglio del nastro si dovrebbe concretizzare nel 2027.Paniz, nell'attesa
che Roma decida se far scattare o meno i rincari al casello, fa il punto della
situazione su un'opera sin qui realizzata per 49 dei 95 chilometri del progetto
iniziale, da Quarto d'Altino a Villesse, vale a dire il 52%, con un investimento
da parte della concessionaria di più di 800 milioni di euro, di cui 151 di
contributi statali. Nel giugno scorso il presidente di Autovie, in audizione in
Consiglio regionale, chiarì che per completare le tratte venete dell'opera
servono 440 milioni. Ma, posto che nel Pnrr finanziamenti non sono inseriti, la
società dovrà necessariamente recuperare denaro dai ticket dell'utente. Sforzo
che non preoccupa Paniz («Non si è mai posto un problema di risorse») e che si
inserisce nel percorso del piano finanziario, vale a dire la terza corsia
disponibile anche sui quasi 34 chilometri da San Donà ad Alvisopoli e sugli 11
da Palmanova a Villesse nel 2027, tenuto conto di un anno in più causa Covid. La
mappa aggiornata è quella dei sub-lotti che hanno dato la svolta alla questione
della copertura finanziaria dopo che tra il 2011 e il 2014 erano stati
realizzati i 18,5 chilometri del primo lotto Quarto d'Altino-San Donà di Piave.
A settembre 2020 è stato portato a termine il terzo lotto Alvisopoli-Gonars da
26 chilometri, mentre il primo sub-lotto del quarto lotto (4,7 chilometri del
complessivo quarto lotto Gonars-Villesse da complessivi 15,8 chilometri), ovvero
il tratto tra Gonars e Nodo di Palmanova - un nodo viabilistico fondamentale
perché attraversato da tutte le direttrici del traffico da e verso il Nord
Italia, l'Austria e il Centro Est Europa - è stato reso percorribile a fine
luglio 2021. All'appello mancano quindi il secondo e il terzo sub-lotto del
quarto lotto, ma l'attenzione è ora puntata sul tratto veneto, ovvero sul
secondo lotto, dove nemmeno i fattori pandemia e caro materiali giocano a favore
della continuazione dei lavori. A marzo 2020, proprio in coincidenza con il
primo lockdown, sono iniziati (e si sono subito interrotti per poi riprendere) i
lavori da 152 milioni di euro per il primo sub-lotto del secondo lotto
(Portogruaro-Alvisopoli), 8,8 chilometri di terza corsia in cui è previsto il
rifacimento, tra l'altro, di otto sottopassi, otto scatolari, cinque cavalcavia
- tra cui lo svincolo di Portogruaro, su cui si sta operando in questi giorni
con la ridefinizione delle rampe - e tre ponti. I lavori scontano i disagi da
emergenza, ma comunque termineranno nei primi mesi del 2023, assicura Autovie,
dunque in linea con il cronoprogramma. La concessionaria in questa fase è poi
impegnata nella definizione degli espropri con i privati e nel confronto con gli
enti per le modalità di spostamento delle interferenze (reti gas, elettricità,
fibre) nel restante tratto tra Portogruaro e San Donà. Per il rifacimento dei
cavalcavia (il progetto esecutivo c'è già) serviranno una cinquantina di
milioni. Dare avvio a queste opere consentirebbe di agire successivamente con
più velocità nell'allargamento delle carreggiate nel primo e secondo sub lotto
del secondo lotto (25 km).
m.b.
IL PICCOLO - SABATO,
18 dicembre 2021
«E se la spostassimo verso il Cedas?» La città si interroga sulla
cabinovia -
le FAQ del Comune
Pareri contrastanti fra i visitatori della mostra sul progetto nell'ultimo
atto della "tre giorni" di eventi in Porto vecchio
Curiosità, speranza, ma anche perplessità. Perplessità sulla necessità di
portare effettivamente a compimento un'operazione di simili proporzioni a
Trieste. Nel pomeriggio dell'ultimo dei tre giorni di "full immersion" dedicati
al progetto della cabinovia tra mare e Carso, l'atto conclusivo degli eventi di
divulgazione sul tema promossi dal Comune tra mercoledì e ieri, emergono stati
d'animo contrastanti fra i triestini presenti alla mostra allestita
nell'auditorium di Tcc, in Porto vecchio, a pochi metri rispetto a dove dovrebbe
transitare in futuro la nuova funicolare. È il momento delle riflessioni
personali, dopo giorni di input. «Al primo impatto è un'opera turistica dal
forte carattere attrattivo - è l'opinione di Roberto Mandler, che è pure il
coordinatore della Commissione urbanistica della Circoscrizione Altipiano Ovest
- ma rimango dubbioso per quanto riguarda l'utilità in termini di mobilità. Non
so se un domani chi lavora in centro e proviene da fuori città deciderà di
prendere l'ovovia per raggiungere il posto di lavoro, piuttosto che il bus o
l'auto. Inoltre il parcheggio da realizzare a Campo Romano potrà avere
dimensioni importanti che andranno a impattare fortemente sul verde presente in
zona. Per quanto riguarda la parte cittadina della linea, secondo me sarebbe da
valutarne l'impatto visivo anche alla luce di un eventuale prolungamento sulle
Rive. Anche come Circoscrizione stiamo valutando il progetto in tutte le sue
sfaccettature prima di esprimere un parere che non possa risultare ideologico».
Chi è nettamente contrario in partenza è invece Mario Riservato: «A mio parere
si tratterebbe di una spesa inutile, che potrebbe essere dirottata piuttosto
verso altre opere. Secondo me per rendere più fluida la mobilità dall'altipiano
al centro basterebbe implementare la linea 64, creando un circuito che unisca
Prosecco, Fernetti, Monrupino e la Grotta Gigante. Per quanto riguarda la
mobilità interna cittadina mi piacerebbe veder sviluppata la galleria di
circonvallazione con l'apertura al traffico passeggeri». Fa eco Antonella
Lucchini, che si sofferma soprattutto sull'impatto ambientale che deriverebbe
dalla costruzione di una simile opera. «Certo si tramuterebbe in un'entrata in
città in più, ma a mio avviso un progetto del genere comporta più problematiche
che soluzioni. Perché invece non si spendono i soldi per aprire la Transalpina
anche per i passeggeri, con treni-spola da Campo Marzio a Opicina? E poi ho il
terrore, vivendo in Italia, che lavori del genere inizino per non concludersi
più». Renato Venica, al contrario, vede nella nuova ovovia un impulso
all'innovazione: «È una cosa da fare, anche se non so cosa possa dare in più
alla città da un punto di vista turistico. Di certo è un'opportunità che ci dà
l'Ue e della quale o ne approfittiamo adesso oppure rischiamo di non poterlo
fare mai più».«Tendenzialmente favorevole», ma con una forte dose di perplessità
sul tracciato, è a propria volta Alessandro, che tiene per sé il cognome per
questioni personali di riservatezza: «Forse sarebbe meglio spostarla di qualche
chilometro. Ci sono recenti studi che dimostrano come, creandone una nella zona
del Cedas o in quella del Bivio, la cabinovia potrebbe avere una funzione
maggiormente turistica. Il tutto inserendo ovviamente anche una spiaggia vera
lungo il litorale di Barcola. Trovo carente la parte che riguarda la
multi-modalità, ancora tutta da concepire, ma capisco che si tratta ancora di un
progetto preliminare. Da valutare anche il rapporto che avrà con il futuro del
Porto Vecchio: se questo sarà recuperato e avrà un forte impulso, forse avrebbe
più senso ripensare al cosiddetto "tubone" di Franzutti». Il riferimento è al
collegamento in galleria da Prosecco al Porto Vecchio proposto 20 anni fa
dall'assessore della giunta Tondo.Anche Paolo Arocchi avalla maggiormente l'idea
di una teleferica spostata più verso Miramare: «Dal Cedas a Monte Grisa avrebbe
più senso. C'è da tenere in considerazione poi l'impatto ambientale. Se il
progetto passerà, sarà necessario deforestare la linea e c'è il problema che la
stessa ovovia rasenterà alcune case. Non so quanti dei residenti ne saranno
contenti».Marco Slavich è un giovane studente di Architettura e per lui la
parola d'ordine è «perplessità»: «Non sono contrario ma perplesso. Forse è
meglio capire prima cosa si vuole fare esattamente del Porto Vecchio, perché
spendere 49 milioni per risolvere il problema di appena una parte di quel 15% di
lavoratori che arriva da fuori Trieste credo sia sproporzionato».
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Un tram innovativo al posto dell'ovovia - La proposta
L'ingegner Bernetti ha detto che con un biglietto da 1,35 euro la cabinovia sarà
in attivo. Il biglietto della Teleferica per il Montjuic di Barcellona, lunga
700 metri (meno di un sesto della cabinovia) costa 8,88 euro, 12,50 andata e
ritorno. Sul Montjiuic ci sono l'università, il castello, parchi, musei vari,
Barcellona ha 8 volte gli abitanti di Trieste e turisti in proporzione. La
cabinovia partirà dal Porto vecchio, meno centrale di piazza Oberdan, per
arrivare con due tratte a Campo Romano, cambiando a Barcola. Come arriveranno a
Opicina gli utenti, in bus? Non farebbe concorrenza al tram di Opicina? Bernetti
dice che con la cabinovia ci vorrà meno tempo, ma si partirà da un punto meno
centrale di Trieste e si arriverà in un punto distante dal centro di Opicina. La
cabinovia dovrà essere ferma mediamente 25 giorni all'anno neanche potendo
prevedere quali. Prevedono che la cabinovia eliminerà da Trieste centinaia di
auto all'ora, gran parte delle quali dovrà posteggiare per diverse ore a Campo
Romano. Quante migliaia di posti macchina occorreranno? Quanti ettari di bosco
dovranno essere tagliati? E siamo sicuri che, trattandosi in parte di proprietà
della Comunella, sarà facile acquisire i terreni? Dobbiamo sperare nel ricorso
fatto dal Comune avverso alla sentenza favorevole alle comunelle? La cabinovia
non toccherà gli arbusti sul suo percorso. Il sommaco sarà salvo, ma sotto
l'ovovia nelle aree boscate dovrà essere fatta e mantenuta una visibilissima
tagliata lunga un chilometro e mezzo e larga 14,3 metri, per un totale di oltre
2 ettari. Come si può dire che non avrà un impatto ambientale? Non sarebbe molto
meno costoso un tram che utilizzi i binari esistenti e vada almeno fino al
parcheggio nel terrapieno di Barcola (possibilmente fino a Barcola come il tram
di una volta) e magari, un giorno, arrivi a Miramare? Non avrebbe bisogno di
stazioni ingombranti in Porto vecchio come i tre edifici a tre piani con rampe
di scale e ascensori: basterebbe un cartello o al più una piccola tettoia con
sedili a ogni fermata. E di fermate se ne potrebbero fare quante se ne vuole,
come per i bus, non solo due in Porto vecchio distanti circa 1200 metri l'una
dall'altra. Il tram non collegherebbe la città con il Carso ma la collegherebbe
con il parcheggio di Barcola, dove chi viene da fuori può lasciare la macchina.
Per realizzare un collegamento veloce dal Carso alla città meglio allora il
tunnel proposto anni fa fino al terrapieno di Barcola, ove potrebbe venire
ampliato il parcheggio. Fu contestato dagli abitanti di strada del Friuli
secondo la reazione "non nel mio giardino" (in questo caso non sotto casa mia),
ma sarebbe da ripensarci. Il tunnel costerebbe molto. Anche la galleria di
Cattinara è costata molto, ma è stata realizzata.
Roberto Barocchi, presidente di Triestebella
Cantiere ex Polstrada: il nuovo nido di Roiano pronto a settembre
Dipiazza e Lodi sul posto per un nuovo punto sui lavori «Lavori spediti, da
lunedì si parte con la copertura dell'asilo»
Il nido d'infanzia pronto a settembre, in vista dell'avvio del nuovo anno
scolastico. Il parcheggio seminterrato, l'area gioco e il bosco urbano
completati subito dopo. Sono queste le prospettive del cantiere aperto a Roiano
nell'area un tempo occupata dalla Polizia stradale, in via Montorsino, in
prossimità del quale il sindaco Roberto Dipiazza e l'assessore ai Lavori
pubblici Elisa Lodi hanno effettuato ieri mattina un sopralluogo per verificare
lo stato di avanzamento dei lavori affidati all'Iti Impresa generale Spa di
Modena. «Siamo molto soddisfatti - ha detto Dipiazza - sia per la velocità di
esecuzione sia per la precisione con la quale si sta procedendo». Le opere, per
un valore complessivo di cinque milioni di euro, che faranno dell'area dell'ex
caserma un punto funzionale capace pure di abbellire il cuore di un rione
popolare e popoloso come Roiano, riguardano un'area di quasi ottomila metri
quadrati. «L'intervento è stato avviato ad aprile - ha ricordato Lodi - e
prevede un asilo nido per 60 bambini, con un giardino interno di 600 metri
quadrati. Sono stati portati avanti gli interventi di elevazione dell'edificio
centrale - ha aggiunto - mentre lunedì si inizierà con la copertura del nuovo
asilo». Di estremo interesse per la zona, nella quale la carenza di posteggi è
cronica, è pure la realizzazione del parcheggio capace di 99 posti, con ingresso
da via Moreri e uscita verso via Montorsino, che permetterà anche una miglior
gestione del traffico nel quartiere. Sulla copertura dell'autorimessa è prevista
quindi la realizzazione di un'area verde attrezzata. Per quando riguarda lo
stato di avanzamento dei lavori per il parcheggio, finora è stata eseguita la
palificata propedeutica alla realizzazione del piano interrato. Proseguono ora
gli scavi della parte interrata, per poter raggiungere a breve il piano
fondazionale. A seguire saranno costruite le fondazioni della parte interrata.
Risulta già completata, intanto, la vasca di raccolta delle acque piovane, che
saranno riutilizzate per l'irrigazione del parco urbano. In primavera inizierà
la posa degli elementi prefabbricati della struttura in elevazione. Si andrà poi
a valorizzare ulteriormente la zona con un'area verde attrezzata, sistemando le
aree esterne, creando percorsi di collegamento pedonali e ciclabili, sicuri e e
di facile accessibilità, con l'individuazione appunto degli spazi gioco e la
delimitazione di un'area dedicata ai cani. A lavori conclusi - hanno insistito
Dipiazza e Lodi - tutto il comprensorio sarà dunque facilmente accessibile, in
quanto pure saranno abbattuti i muri di recinzione della vecchia caserma.
Ugo Salvini
Tre "EcoGames" per rilanciare la differenziata - l'iniziativa dell'ACEGAS
AcegasApsAmga rilancia in occasione delle festività l'iniziativa digitale degli
"EcoGames", ovvero tre diversi giochi per smartphone, tablet e desktop
progettati per sollecitare, in modo divertente, la raccolta differenziata. Per
il Natale alle porte - fa sapere la multiutility - è stata creata una nuova
grafica invernale e anche i rifiuti sono a tema. Per avvicinare ancora di più
gli utenti all'intrattenimento virtuale, inoltre, fino al 31 dicembre sono in
palio pure dei premi per i partecipanti. Per ogni territorio è prevista infatti
una classifica e chi sarà in testa potrà aggiudicarsi un gadget "green": uno
zaino contenente una shopper di cotone riciclato, una felpa, una t-shirt, semi
di basilico o prezzemolo, una pianta di girasole e un adesivo laminato.
(mi.br.)
IL PICCOLO - VENERDI',
17 dicembre 2021
Gestione della cabinovia: Trieste Trasporti apre - Tutti i numeri
dell'opera
L'ad dell'azienda Semplice: «Siamo robusti tecnicamente e sul piano
economico. Se il Comune lo vorrà, ci saremo». I dettagli su frequenza, velocità
e passeggeri
Trieste Trasporti dice sì alla cabinovia e si candida a gestirla.
L'amministratore delegato dell'azienda, Aniello Semplice, ieri è intervenuto al
Centro congressi di Porto vecchio, dove è andata in scena la seconda puntata del
confronto sulla grande opera tra pubblico e amministrazione comunale. Tecnici ed
esperti sono stati i protagonisti della fitta giornata, che anche stavolta ha
registrato un buon afflusso di spettatori.
L'INTERVENTO DEL MANAGER - «Alcuni si sono chiesti chi gestirà la cabinovia», ha
detto Semplice: «Trieste Trasporti è un soggetto da 800 dipendenti, 1.100
contando l'indotto, un giro d'affari da 100 milioni di euro l'anno, che tra
stipendi e altro restituisce al territorio 60-70 milioni. Siamo robusti dal
punto di vista tecnico ed economico-finanziario, avendo per il 40% alle spalle
il colosso Deutsche Bahn. Abbiamo anche dimostrato la nostra credibilità ogni
giorno sul campo, tramite capillarità e qualità del servizio». Così ancora l'ad
dell'azienda del trasporto pubblico locale: «Io credo nel confronto ma non è
vero che uno vale uno, che tutti possono parlare di tutto, come fossimo in
un'assemblea dell'antica Atene. A un certo punto bisogna stringere. Il percorso
sarà lungo, cominciamo questo viaggio, noi ci saremo, se il Comune lo vorrà». Se
per una candidatura ufficiale sembra troppo presto, dal momento che il progetto
è alle fasi preliminari, l'interesse dell'azienda è senz'altro manifesto.
ALCUNI NUMERI - Subito dopo Semplice è intervenuto l'ingegner Andrea Cervia,
direttore di esercizio impianti fissi e a fune Trieste Trasporti Spa. Ha fornito
un dettagliato approfondimento tecnico sugli impianti a fune in ambito urbano.
Dati alla mano, ha istituito un confronto tra cabinovia e tramvia di Opicina,
volto a dimostrare che in sintesi le due infrastrutture non si "calpesteranno i
piedi" a vicenda ma formeranno un sistema integrato, che aumenterà e
diversificherà le modalità di spostamento offerte dal trasporto pubblico locale.
Entrambe sono panoramiche e possono essere usate sia a fini turistici che di
ordinaria quotidianità, ma con numeri e velocità diverse. La storica tramvia del
1902 è lunga 5,2 chilometri, ha tre vetture, una frequenza di 20 minuti e tempi
di percorrenza di 30. Può trasportare 300 persone l'ora per verso. La cabinovia
sarà invece un «collegamento innovativo». Avrà un percorso di 4,2 chilometri e
94 cabine da 10 posti l'una. La frequenza sarà di 20 secondi, il tempo di
percorrenza 15 minuti, per una capacità di 1.800 persone all'ora per verso.
Cervia ha inoltre ricordato che i due ascensori che collegano il centro al colle
di San Giusto sono di recente passati al trasporto pubblico. Analogamente la
cabinovia porterà in dote alla città 10 ascensori e 10 scale mobili, anch'essi
in servizio pubblico, sempre nell'ottica di un sistema integrato. Citata anche
la creazione di «hub intermodali».
LA GIORNATA - Il contesto era quello della fitta scaletta degli interventi di
giornata, moderati da Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio,
Economia, Ambiente e Mobilità del Comune. Poco dopo le 14.30 hanno esordito
portando i saluti istituzionali gli assessori comunali Elisa Lodi (Lavori
pubblici e Grandi opere) ed Everest Bertoli (Bilancio e Programmazione
finanziaria). A seguire il contributo della presidente dell'Ordine degli
architetti, Graziella Bloccari, e del presidente dell'Ordine degli ingegneri
Giovanni Basilisco. Nel panel successivo, si è quindi parlato di pianificazione
della mobilità sostenibile: sono intervenuti Vittorio Torbianelli (segretario
generale dell'Authority portuale), i già citati Semplice e Cervia per Tt,
Giovanni Longo (professore di Pianificazione dei Trasporti all'Università di
Trieste) e Roberto Camus (professore ordinario di Trasporti). A metà pomeriggio,
dopo una pausa, ulteriore tranche di interventi sul tema specifico della
cabinovia: hanno preso la parola Fabio Lamanna (ingegnere e consulente del
Comune), Gianandrea Gei (direttore di esercizio impianti a fune e docente di
Trasporti Speciali) e Andrea Gobber (direttore di esercizio e progettista Studi
Monplan Ingegneria). La serata si è conclusa con un dibattito caratterizzato
dalle domande del pubblico. ingegneri, architetti e pubblico L'Ordine degli
architetti ha lanciato un sondaggio tra i suoi iscritti, chiedendo se sono
favorevoli alla cabinovia, quale tracciato dovrebbe avere se sì, e se invece in
caso di contrarietà pensano che serva comunque un'alternativa. Il 5% dei
partecipanti al questionario si è detto possibilista, il 25% favorevole e il 70%
contrario. Tutte le argomentazioni sono articolate: gli architetti invitano
Bernetti a essere loro ospite per un futuro confronto specialistico. Tramite il
presidente Basilisco, gli ingegneri invece non si dicono contrari, ma
disponibili a contribuire al dibattito, chiedendo di approfondire i temi del
bacino di utenza dell'impianto, delle sue conseguenze sul traffico, delle
alternative nei giorni di stop. Durante le domande del pubblico è poi emerso che
è al vaglio l'ipotesi di una fermata intermedia all'altezza della Sissa. Un
architetto ha fatto notare che la cabinovia di Londra ha 3.500 passeggeri al
giorno: molti meno di quelli immaginati per la struttura triestina. Il confronto
tra cittadini e Comune continuerà online, sul nuovo sito dedicato al progetto (cabinoviametropolitana.comune.trieste.it),
tramite cui è possibile inoltrare domande.
Lilli Goriup
Opposizioni unite su Cattinara: «Si salvi la pineta»
Adesso Trieste, Pd, 5 Stelle e Punto Franco chiedono al Comune di
intervenire con la Regione per rivedere l'accordo di programma
«Chiediamo al Comune di intervenire presso la Regione Fvg per la revisione
dell'accordo di programma che prevede l'abbattimento della pineta di Cattinara».
A ribadirlo, ieri, le forze d'opposizione con una conferenza stampa congiunta
dove è stata presentata una mozione unitaria sottoscritta da Adesso Trieste, Pd,
Lista Punto Franco e Movimento 5 stelle, contro il previsto riordino della
struttura ospedaliera di Cattinara. «Secondo il piano delle opere - denuncia il
consigliere di At, Riccardo Laterza -, a Cattinara dovrebbe essere trasferito il
Burlo Garofolo. Ciò comporterebbe una serie di interventi a cascata quali la
realizzazione di nuovi parcheggi, per creare i quali si renderà necessario
disboscare la piccola pineta di Cattinara. Si tratterebbe dell'ennesimo sfregio
a un quartiere che ha già pagato a carissimo prezzo lo sviluppo della città, con
la costruzione prima dell'ospedale e poi della superstrada». La mozione urgente
verrà sottoposta oggi alla riunione dei capigruppo. Presenti, assieme a Laterza,
anche i consiglieri comunali Alessandra Richetti del M5s, Luca Salvati del Pd,
la consigliera circoscrizionale di At Lucia Vazzoler e Paolo Radivo del Comitato
spontaneo per la pineta di Cattinara. «L'assessore alla Sanità Riccardo Riccardi
un mese fa aveva aperto ad alcune modifiche del progetto - queste le parole di
Richetti - rispondendo a una specifica interrogazione del consigliere Andrea
Ussai. Vogliamo che questa promessa venga mantenuta». La mobilitazione per
salvare la pineta di Cattinara è iniziata un anno e mezzo fa con una raccolta
firme, prima cartacea e successivamente online, che aveva visto in pochi giorni
più di duemila sottoscrizioni.
Lorenzo Degrassi
Servizio civile: 814 posti disponibili a livello regionale
A Trieste ne sono in "palio" ben 222. I giovani tra i 18 e i 28 anni possono
presentare le loro candidature entro il 26 gennaio 2022
Mai così tanti posti per il servizio civile, in Fvg ne sono previsti ben 814:
183 a Gorizia, 125 a Pordenone, 222 a Trieste e 279 a Udine. Al via infatti il
bando per i giovani tra i 18 e i 28 anni, che dovranno presentare le relative
domande entro le 14 del 26 gennaio 2022. Risultano a disposizione tanti progetti
per poter realizzare un percorso di crescita in diversi settori. Le informazioni
sono pubblicate su www.infoserviziocivile.it, dove sono presenti tutte le
"istruzioni" necessarie per inoltrare le candidature. Alberto Meli, coordinatore
infoserviziocivile Fvg, rileva che l'aumento di volontari «accade un po' in
tutta Italia, perché a livello governativo sono state assegnate più risorse, in
parte anche attraverso il Pnrr, ma anche perché, finalmente, il servizio è
riconosciuto trasversalmente come un'esperienza significativa per i giovani.
Inoltre, nella nostra regione, gli enti si stanno professionalizzando sempre
più, con progetti di grande qualità. E sono gli stessi ragazzi a raccontarlo,
come emergerà dal report che presenteremo a gennaio».Il servizio civile
universale ha una durata flessibile tra gli otto e i 12 mesi e l'orario di
attività è stabilito in relazione alla natura dell'iniziativa proposta, con un
impegno settimanale non inferiore alle 25 ore oppure un "monte" di 1.145 ore
nell'arco dei dodici mesi. Al volontario viene riconosciuto un assegno mensile
di 444,30 euro, oltre a 80 ore di formazione, crediti formativi e un attestato
di partecipazione. Il bagaglio di competenze acquisite viene infine valutato nei
concorsi pubblici con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio
prestato nella pubblica amministrazione e può valere come titolo di preferenza.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - GIOVEDI',
16 dicembre 2021
Cabinovia centro-Carso Si accende il dibattito tra favorevoli e contrari
Il Comune spiega perché la ritiene ideale per togliere traffico dall'accesso
nord In sala, dagli interventi della platea critiche e richieste di soluzioni
alternative
Forse non sappiamo se toglierà auto dal centro, ma di certo la cabinovia è
servita a riempire il centro congressi: il primo giorno dell'esperimento di
confronto fra amministrazione e cittadinanza sull'ipotetica linea sospesa ha
visto un effettivo scambio di informazioni e opinioni con toni quasi sempre
contenuti alle buone maniere. Due punti di vista in prima fila. Da un lato il
Comune, presentatosi con un progetto già approvato da Roma con 48 milioni di
euro, sicuro che la linea sia la soluzione per togliere traffico dall'accesso
Nord alla città, e al contempo che sia una scommessa turistica vincente.
Dall'altra, le associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile, in
maggioranza critiche o contrarie: tante le osservazioni tecniche, ma critica più
diffusa è all'opportunità dell'opera, rispetto a un ritorno del tram su una rete
urbana. A condurre la giornata è Vittorio Sgueglia Della Marra, capo di
gabinetto del sindaco e direttore del servizio open government del Comune, che
inaugura la presentazione proiettando nello spazione brutalista del centro
congressi un disegno del ricreatorio Stuparich che nel 2016 vinse il concorso
"Oggi mi muovo così, e domani come?". I ragazzi avevano immaginato una rete di
cabinovie (simili in realtà al tram di Opicina) fra città e altipiano. Tocca poi
al video in cui un drone ripercorre l'ipotetico percorso dell'opera,
inframmezzato da dati: chiusa, applausi. Salgono sul palco l'assessore regionale
Pierpaolo Roberti e il sindaco Roberto Dipiazza per saluti istituzionali e
considerazioni (vedi box). Tocca poi al presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino,
nella sua veste di Consorzio Ursus, che dice la sua sul Porto vecchio: «Anch'io
apprezzo tanto un momento come questo, perché non è semplice ragionare di Porto
vecchio. Altre realtà come Amburgo e Buenos Aires avevano alte potenzialità di
domanda. Lì basta costruire e arrivano le idee. Qui va fatto un ragionamento più
complesso e queste giornate sono necessarie, a partire dall'idea che si sta già
costruendo (e guarda all'architetto Andreas Kipar)». In un mondo volatile è più
importante governare i flussi dell'area che fare profezie su chi vi si
insedierà, ragiona D'Agostino, quindi è bene confrontarsi sui trasporti: «Il
vero patrimonio di quest'area è il sistema di binari che aveva in quanto porto,
la sua capacità di creare flussi fra mare e ferrovia». Segue quindi l'architetto
Andreas Kipar, che presenta nuovamente le sue linee guida sul Porto vecchio
spiegando perché la cabinovia calza: «Vi prego non focalizzarvi su un solo
aspetto ma sul progetto nel suo complesso. Il Porto vecchio è nuovissimo perché
vi si inseriscono funzioni nuovissime di cui creiamo le condizioni». Tocca
quindi all'ingegner Giulio Bernetti, dirigente dei lavori pubblici, esporre le
linee portanti dell'idea e poi rispondere alla martellante fase di domande.
Sintetizzando in estremo: il Comune, sulla base degli studi fatti sui flussi,
ritiene la cabinovia sia la soluzione più ecologica ed efficace, in termini di
portata, al collo di bottiglia dell'ingresso nord. Un'operazione che ritiene
impossibile via ferrovia («già satura di traffici») o via tram, i cui ritmi non
sarebbero comunque concorrenziali. Inizia poi il lungo dibattito, sia con
domande per iscritto che al microfono. La presidente nazionale di Italia nostra
Antonella Caroli, che esprime i suoi dubbi sul prolungamento della cabinovia
sopra il Porto vecchio: «Trovo un po' troncato il collegamento Bovedo-piazza
Libertà. Bisognerebbe arrivare almeno alla Lanterna, quindi escludere la
cabinovia dal Porto vecchio. Si possono trovare altre soluzioni». Sulla raffica
di osservazioni di Federico Zadnich il sindaco Dipiazza abbandona la sala. «Il
Pnrr ha finanziato 22 progetti tutti tram e filobus - dice Zadnich -, Trieste è
l'unica ovovia. Forse il tram poteva essere una soluzione per una mobilità
urbana non periferica. Padova ha avuto 238 milioni di euro per due linee». Dà
voce anche a temi che torneranno poi in tutto il dibattito: la bora, per cui si
stimano 20 giorni di chiusura, cui va sommata la manutenzione, il mancato
confronto su un progetto del 2020, il parcheggio davanti alla Marittima. Oggi
un'altra giornata, a fondo sui dettagli tecnici.
Giovanni Tomasin
Tutte le informazioni sull'opera disponibili su un sito e in mostra
- Il portale e la polemica sulle "fake
news"
Tutto sulla cabinovia: il Comune ha messo online un sito apposito (cabinoviametropolitana.online.trieste.it)
con molte informazioni sul progetto, dalla filosofia generale a risposte alle
critiche più diffuse. È su questa piattaforma che verrà creata, in seguito al
dibattito, una sezione con domande e risposte avvenute durante le giornate al
Centro congressi. Sul sito si trova anche il filmato proiettato ieri, che
ripercorre attraverso un drone il percorso della cabinovia. In sintesi, il
progetto prevede oltre quattromila metri di linea con quattro stazioni: Opicina,
Bovedo, Porto vecchio, Trieste. Gli uffici contano di raggiungere una media di
1.800 passeggeri l'ora, per un tragitto medio dalla prima all'ultima stazione in
un minutaggio attorno al quarto d'ora (che fossero 14 o 16 minuti è stato uno
dei temi dibattuti ieri). Le cabine dovrebbero avere posto per dieci persone,
accessibili anche ad anziani, disabili, famiglie con passeggini e ciclisti. I
contenuti del sito sono esposti anche in una "mostra" a grandi pannelli in
esposizione al Tcc. La sezione del sito dedicata alle "fake news" smentisce
alcune delle affermazioni diffuse online sull'opera, ma si è guadagnata una
rampognata dal consigliere Alberto Pasino, ieri, che ha osservato: «Bollate come
"fake news" anche semplici opinioni contrarie. Così si finisce al muro contro
muro».
g.tom.
La protesta delle realtà ambientaliste: «Grave il mancato invito al
tavolo dei relatori»
Legambiente, Fiab, Cammina Trieste, Zeno e Tryeste assieme nel punto dove
potrebbe sorgere la prima stazione del collegamento
Dopo aver raccolto 16.700 firme contrarie al progetto della cabinovia le
associazioni ambientaliste Fiab, Legambiente, Cammina Trieste, Zeno e Tryeste,
hanno organizzato una conferenza stampa, ieri mattina, all'imbocco del Porto
vecchio. Là dove un domani potrebbe sorgere la prima stazione della cabinovia:
da lì hanno protestato per non esser state invitate al tavolo dei relatori al
convegno di "Ascolto della città" sull'ovovia. Il presidente di Legambiente
Trieste Andrea Wehrenfennig ha spiegato le sue ragioni: «Sarebbe meglio usare il
termine propaganda anziché ascolto, riteniamo molto grave che le organizzazioni
della società civile siano state tenute fuori dal tavolo. È stata concessa loro
solo la partecipazione tra il pubblico con la possibilità di intervenire solo
nella parte conclusiva del dibattito senza poter esporre in modo pieno e
completo con numeri, immagini e video le motivazioni della nostra contrarietà al
progetto». Tiziana Ugo di Fiab Trieste ha rincarato la dose, spiegando come
l'orario lavorativo non favorisse la partecipazione dei cittadini. Va detto che
le posizioni contrarie hanno avuto ampio spazio nel dibattito del pomeriggio.
Tra le voci critiche c'era quella dello stesso Wehrenfennig, che fra i vari
appunti ha espresso i suoi dubbi sulla gestione: «Non ho trovato chi gestirà la
struttura. Sarà il Comune o qualcun altro? Dubito che Trieste trasporti se ne
faccia carico senza entrate garantite. Rischiamo di fare un secondo tram di
Opicina come deficit potenziale». Sempre nel dibattito del pomeriggio, tra le
voci critiche si segnalano quella dell'architetto William Starc, che ha
contestato la posizione del Comune secondo cui un tram «taglierebbe»
eccessivamente lo spazio pubblico con la sua infrastruttura: «Non è un treno,
non mancano esempi in Europa di luoghi in cui si può camminare senza barriere né
orpelli. Quel che continua a non convincermi della cabinovia, invece, è che
davvero dreni il traffico dalla città». L'architetta Gabriella Robba ha chiesto
di ottenere lo studio di fattibilità (che il Comune si è offerto di inviarle):
«Conosco impianti di questo genere nel resto del mondo e le cabinovie spesso
hanno mostrato problemi di gestione, manutenzione ed economicità soprattutto sul
lungo tempo. Ora abbiamo i soldi per costruirla ma stiamo attenti ad averli
anche per manutenerla, con la giusta quantità di persone ogni giorno». Tra i
critici anche la consigliera dem Laura Famulari: «Il dibattito è stato molto
interessante e mi dispiace che non sia stato registrato. Mi congratulo per
l'iniziativa, per quanto un po' in ritardo, l'importante è replicarla. Chiedo
però qui che lo stesso principio di comunicazione venga applicato al Consiglio
comunale, perché l'aula ha avuto una relativa partecipazione in tutto questo
processo. Chiedo quindi alla parte politica di non tagliare fuori il Consiglio».
Famulari ha poi chiesto un chiarimento: «Mi preoccupa un provvedimento del Pnrr
per cui la data ultima per la realizzazione sarebbe il 23 novembre 2024. Mi par
di capire che in quel caso rinunceremmo al progetto, come procediamo?». Il
Comune ha spiegato che il ministero deve ancora notificare il finanziamento, ma
che la deadline prevista sarebbe un più potabile 2026.
g.tom.
#ovovia; #cabinovia; #mobilita
SEGNALAZIONI -Verde a Cattinara - Eradicare la pineta fa male all'uomo
La discussione emersa sulla scelta, vecchia di un quarto di secolo, di rasare al
suolo e cementificare la pur piccola Pineta di Cattinara fa emergere
problematiche più d'insieme, di salute pubblica e dell'ambiente, strettamente
collegate alla presenza del verde urbano. Le più recenti evidenze scientifiche,
infatti, mettono in relazione la presenza di vegetazione con una serie di
benefici per la salute: aspettativa di vita più lunga, minori problemi di salute
mentale, meno malattie cardiovascolari, migliore funzionamento cognitivo nei
bambini e negli anziani, bambini più sani. Aiuta anche a mitigare l'inquinamento
atmosferico, i livelli di calore e rumore, e offre opportunità di esercizio
fisico e interazione sociale. La non accessibilità a spazi verdi, viceversa,
causa danni alla salute, anche gravi. Basandosi su questi studi l'Oms ha emanato
una Raccomandazione affinché sia garantito l'accesso universale agli spazi
verdi: ogni abitazione dovrebbe fruire, entro 300 metri, di almeno mezzo ettaro
di area verde. Il Barcelona Institute for Global Health (www.isglobalranking.org)
ha svolto una ricerca sulla mortalità attribuibile alla mancanza di spazio verde
su oltre mille città europee: risulta che se fossero rispettate le
Raccomandazioni dell'Oms si potrebbero prevenire fino a 43.000 morti ogni anno.
Il dato che ci tocca più da vicino è che proprio Trieste è al primo posto per
tasso di mortalità associato al basso indice di vegetazione (Ndvi). Il 74% dei
cittadini di Trieste vive in condizioni ambientali insufficienti, al punto che
ben 145 decessi all'anno sono associati a tale fattore.Appare quindi in tutta la
sua tragica assurdità il paradosso per cui si vuol costruire un presidio di
salute a Cattinara danneggiando la salute. È ciò che si farebbe distruggendo
quella pineta (e le alberature dell'adiacente posteggio) per costruirvi il nuovo
Burlo col nuovo parcheggio. Ma non meno importante è il ruolo equilibratore che
quei 500 alberi svolgono. Usando il sistema di calcolo del servizio forestale
Usa, abbiamo stimato che assorbono annualmente circa 170 tonnellate di Co2:
abbatterli equivale a produrle, permanentemente. Vi sono poi le tonnellate di
Co2, polveri sottili e gas inquinanti generati da anni di cantiere (betoniere e
mezzi di movimentazione e scavo) e dalle edificazioni: ogni quintale di cemento
prodotto genera un quintale di Co2, e lì di quintali ne serviranno centinaia.
Gli accordi internazionali e le relative normative (e il senso di
responsabilità) indicano che dobbiamo ridurre le emissioni climalteranti del 55%
nei prossimi otto anni e azzerarle entro il 2050. Bisogna, cioè, stoppare la
produzione della Co2 e riassorbirla con piantumazioni. La strategia dell'Unione
europea include tra i suoi obiettivi principali di piantare "almeno 3 miliardi
di alberi in più nell'UE entro il 2030, nel pieno rispetto dei principi
ecologici", seguendo una dettagliata tabella di marcia. Considerando che
l'Italia ha un'area pari al 6,73% della UE ne dovremmo piantare fra i 200 e i
500 milioni (https://www.federforeste.it/).Dovremo, insomma, cambiare
radicalmente il nostro stile di vita complessivo, passando dal dominio espansivo
del mercato a una "Economia dell'indispensabile" perché continuando così si
ammazza il Pianeta, noi compresi. I produttori di gas serra dovranno, sin da
subito, convertire le loro attività in direzione opposta, e gli amministratori
pubblici devono spingere solo in questa direzione. Nel nostro caso, non si può
far finta che non siano passati vent'anni o più dal progetto iniziale e che il
contesto è ora del tutto diverso e presenta problemi di sostenibilità ambientale
che all'epoca venivano ignorati. Gli impegni internazionali e il Patto dei
sindaci per la limitazione delle emissioni impongono di cambiare rotta e
cambiare il progetto. Intanto rinviandone l'esecuzione.
Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
15 dicembre 2021
Legambiente: «Non c'è nessuna emergenza energetica»
Per i comitati cittadino e regionale bisogna invece puntare «sulle
rinnovabili uniche fonti in grado di liberare da fossili e inquinanti»
Nessuna emergenza energetica, la potenza elettrica installata in Italia è
ampiamente in grado di sopperire al fabbisogno di elettricità. È quanto
affermano Legambiente Fvg e di Monfalcone a fronte della riaccensione della
centrale termoelettrica e rispondendo ai commenti delle organizzazioni
sindacali. «È infatti quanto certifica lo studio del Centre for research on
energy and clean air, un'organizzazione di ricerca indipendente che sostiene che
ci sono 8,7 Giga watt di potenza da fossili in più rispetto a quanto necessario
a soddisfare la domanda di picco più una riserva aggiuntiva del 15%», afferma
l'associazione ambientalista, ribadendo come invece si sia già «nel pieno di una
crisi climatica che, con mille difficoltà e contraddizioni, le Nazioni Unite,
nella recente Cop 26 sui cambiamenti climatici, cercano di arginare». E l'Italia
a Glasgow, ricorda Legambiente, «ha sottoscritto, tra gli altri, un accordo con
il quale si impegna a non usare più denaro pubblico per sostenere i combustibili
fossili entro il 2022».Per calmierare i costi dell'energia e calmierare i
sovrapprezzi nella bolletta elettrica, «dovuti all'aver puntato in modo ottuso
sul gas», l'associazione invita quindi ministero della Transizione ecologica,
sindacati, Confindustria e partiti a spingere invece sulle rinnovabili, le
uniche fonti ritenute in grado di liberare l'Italia dalla dipendenza e dalle
importazioni di fonti fossili e inquinanti.«Invece si continua a pensare solo a
interventi di emergenza come quelli sugli oneri di sistema, sicuramente
necessari in questa fase e non solo per le ragioni di aumento attuale dei
prezzi, senza pensare a politiche strutturali e risolutive», aggiunge
Legambiente, che anche per il sito di Monfalcone vorrebbe vedere in campo una
progettualità alternativa.Il Mite in questo contesto per l'associazione dovrebbe
quindi di avere il ruolo di stimolare Regione, Autorità portuale e la stessa A2A
a pianificare con lungimiranza una diversificazione di attività sull'intera area
interessata. «Gli investimenti negli impianti a gas, oltre che superflui e
incentivati dal capacity market, ci farebbero restare dipendenti da questa fonte
- afferma l'associazione, richiamandosi anche alla posizione dell'ad di Enel
Francesco Starace - e dunque esposti a rincari dei prezzi come quelli che stiamo
vivendo in questo periodo. Un'autentica transizione ecologica richiederebbe di
fermare subito le nuove centrali a gas, senza se e senza ma». --LA. BL.
Rilancio del Mercato coperto - Dipiazza punta al gestore unico
Contatti del sindaco con 4-5 operatori di livello nazionale: chi vincerà fra
questi dovrà richiamare decine di esercenti che organizzeranno dei corner di
golosità
Ecco l'idea da seguire per ridare linfa e senso al Mercato coperto di via
Carducci. Contatti in corso con 4-5 operatori extra-triestini di calibro
nazionale, individuazione di un vincitore all'interno di questo mazzo di
campioni, il prescelto fungerà da gestore "pivot" per attrarre e selezionare
esercenti in grado di condurre tanti "corner" dove ammannire specialità
enogastronomiche, possibilmente legate al territorio. Non è detto che la loro
presenza (quella degli esercenti corner) debba essere perpetua, nel senso che
potrebbe essere addirittura auspicabile un certo ricambio, per rinfrescare
l'habitat con nuove proposte. E sia ben chiaro, come già lo è stato con casa
Francol: non si parla di project financing, un'espressione che a Roberto
Dipiazza in genere produce l'orticaria. Dunque, abbiamo trasmesso il menu del
sindaco per scuotere l'ottantacinquenne struttura mercatale da un declino
difficilmente rimontabile in assenza di una sferzata di novità. Dipiazza, che
gioca in casa da vecchio imprenditore di spazi commerciali, segue personalmente
il fascicolo. Quanto tempo, signor sindaco, per mettere in pratica queste
direttrici, peraltro abbastanza generiche? «Ci sto lavorando», replica il
borgomastro, che su nomi-numeri-date tende ormai a svicolare come un capitone. A
Dipiazza non sfugge che il Mercato coperto è stato un argomento ricorrente delle
opposizioni durante la campagna elettorale e che ancora adesso, soprattutto
Adesso Trieste, non mollino l'ormeggio tematico. Per cui preferisce restare un
po' nel vago, senza chiarire - per esempio - se le candidature primaverili di
Despar e Lidl, cioè di grandi realtà della grande distribuzione, siano
definitivamente naufragate o se invece attendano venti favorevoli. Quando queste
anticipazioni emersero dall'ex assessore Lorenzo Giorgi, l'apparizione dei brand
"gdo" provocò reazioni vivaci, miranti a evitare che gli spazi di via Carducci
venissero fagocitati da grandi firme, già molto presenti sulla piazza, a
svantaggio del piccolo commercio e della produzione locale (salumi, formaggi,
vini, ecc). Quindi vedremo anche per quale procedura Dipiazza vorrà optare nella
scelta del gestore. L'attenzione sul Mercato coperto, progettato da Camillo Iona
e inaugurato nel 1936, venne risvegliata nell'inverno 2019-2020 quando
l'accoppiata composta da Monticolo & Foti e dalla Sgm consulting propose al
Comune un project financing piuttosto ambizioso per un importo globale di 6
milioni di euro, da investire fifty-fifty: 3.000 metri quadrati rivoltati come
un calzino, operatività dalle ore 8 alle 22, recupero del rifugio anti-aereo
costruito durante la Seconda guerra, interno ripensato su due livelli, la
terrazza da 1.500 mq rieditata come un piccolo parco urbano. La civica
amministrazione, che seguiva il dossier con l'indimenticato direttore Enrico
Conte, ci girò attorno per alcuni mesi, poi in estate emise il fatal verdetto:
colpevole perché troppo oneroso. Andrea Monticolo ci soffrì.
Massimo Greco
Cabinovia sì o no? Al via tre giorni di dibattito.
Esperti a confronto sulla mobilità sostenibile e una mostra ad accesso
libero sul progetto tra Molo IV, park Bovedo e Opicina.
Si alza ufficialmente il sipario sul progetto della cabinovia destinata, nelle
intenzioni dell'amministrazione comunale, a collegare in futuro il Molo IV con
il park Bovedo e Opicina. Prende infatti il via oggi una "tre giorni" di
incontri, con annessa una mostra, che ha l'obiettivo di raccontare alla
cittadinanza nei dettagli il controverso progetto voluto fortemente dal Comune.
Dalle 9 alle 13 di stamattina, nell'auditorium principale del Trieste Convention
Center in Porto vecchio, sarà anzitutto possibile visitare la mostra, ad accesso
libero, con i rendering del progetto stesso. Nel pomeriggio, dalle 14.30, e
sempre al Tcc, andrà invece in scena "L'ascolto della città", un incontro aperto
alla cittadinanza i cui posti sono già esauriti in quanto era necessaria una
prenotazione a numero chiuso a causa delle norme anti-Covid. A introdurre i
lavori saranno in questo caso le autorità con in testa il governatore
Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità
portuale Zeno D'Agostino. Dalle 15 inizierà la sessione di lavori con
l'intervento dell'architetto Andreas Kipar di Land Srl, che partirà dalla
visione del futuro dell'area con l'intervento "Spazi aperti nel Porto Vecchio".
Sarà poi la volta di Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio,
Economia, Ambiente e Mobilità del Comune, il quale andrà a spiegare la scelta
della cabinovia entrando nel dettaglio de "Il modello di trasporto per la
mobilità sostenibile a Trieste". Alle 16.30 spazio all'ascolto e al dibattito
fino alle 17.45, quando si terrà la presentazione del video a conclusione dei
lavori della giornata. Domani mattina sarà possibile rivisitare la mostra dalle
9 alle 13: l'accesso resta libero. Nel pomeriggio, invece, si terrà un evento a
invito con gli esperti a confronto. I lavori saranno introdotti in questo caso
dall'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi da quello a Bilancio e Porto
vecchio Everest Bertoli. Dalle 15 sarà la volta di Graziella Bloccari e Giovanni
Basilisco, presidenti degli ordini degli Architetti e degli Ingegneri, i quali
si confronteranno sulla progettualità della nuova cabinovia e, più in generale,
della mobilità cittadina. La sessione proseguirà poi con una tavola rotonda
sulla mobilità sostenibile alla presenza di Vittorio Torbianelli, segretario
generale dell'Autorità portuale, Aniello Semplice, ad di Trieste Trasporti,
Andrea Cervia, direttore d'esercizio "impianti fissi e a fune" della stessa
Trieste Trasporti, Giovanni Longo, professore di Pianificazione dei trasporti
all'Università, e Roberto Camus, ordinario di Trasporti in ateneo. Prima del
dibattito aperto, che chiuderà la giornata, ci sarà pure il confronto tra Fabio
Lamanna, ingegnere consulente del Comune, Gianandrea Gei, direttore d'esercizio
"impianti a fune" e docente di Trasporti speciali, e Andrea Gobber, dello studio
Monpaln Ingegneria, che ha redatto il progetto della cabinovia di Trieste.
Venerdì dalle 10 alle 18 sarà invece possibile visitare, per l'ultimo giorno, la
mostra a ingresso libero.
Andrea Pierini
IL PICCOLO - MARTEDI',
14 dicembre 2021
«All'ex inceneritore di Giarizzole un centro di raccolta dei rifiuti»
Sopralluogo della Sesta commissione Il presidente Porro ufficializza la
proposta
L'ex inceneritore di Giarizzole potrebbe diventare un centro di raccolta per
rifiuti ingombranti. La proposta arriva dal presidente della Sesta commissione
consiliare, Salvatore Porro (Fratelli d'Italia), che ieri ha organizzato un
apposito sopralluogo con i suoi commissari all'interno del sito dismesso.
«L'inceneritore fu inaugurato nel 1972 e chiuso alla fine del 1999», spiega
Porro: «Si potrebbe realizzare qui un nuovo centro di raccolta di rifiuti
ingombranti, per servire i rioni di Borgo San Sergio, Altura, Servola, Valmaura
e Poggi Paese: la circoscrizione ha un totale di oltre 40 mila abitanti,
equivale a una città delle dimensioni di Gorizia». Così ancora Porro: «Abbiamo
constatato che l'edificio è totalmente abbandonato ed è stato trasformato in un
deposito di lastre di arenaria, materiale edile vario, sacchi bianchi contenenti
cubetti di porfido. La grande vasca rettangolare che raccoglieva i rifiuti
urbani è piena di acqua piovana. Abbiamo convenuto che per realizzare il quinto
centro di raccolta cittadino (gli altri si trovano a San Giacomo, Roiano,
Opicina e Campo Marzio) basterebbe sgomberare il piazzale, posizionare quattro o
cinque grandi cassoni carrabili per la raccolta di mobili, elettrodomestici,
ferro ed elettronica». Esiste infine anche un edificio posizionato all'ingresso
della struttura: «Ospitava il custode e quindi le funzioni di vigilanza. Si
potrebbe ripristinarlo a controllo dei cittadini che entrano per depositare i
rifiuti, per mezzo di una cifra sostenibile da parte del Comune in
collaborazione con AcegasApsAmga».
Lilli Goriup
Confronto sul progetto della cabinovia sull'asse Genova-Trieste -
L'assessore Cenci ricevuta in municipio
La repubblica marinara e il porto che fu di Vienna. L'estremo ovest e l'estremo
est d'Italia, accomunati dalla cabinovia. L'assessore all'Urbanistica del Comune
di Genova, vale a dire l'architetto Simonetta Cenci, ieri è stata ricevuta in
Municipio dal sindaco Roberto Dipiazza. Tra i temi trattati appunto le varie
declinazioni del progetto di funicolare, sulla cui realizzazione le due città
collaboreranno, stando a quanto riferito da Dipiazza a margine dell'incontro.
Proprio in questi mesi autunnali il Comune di Genova ha pubblicato il bando per
affidare la progettazione e l'esecuzione dei lavori, che serviranno a costruire
la nuova cabinovia di collegamento tra le località Stazione Marittima e Forte
Begato. Tornando a Trieste, domani invece comincia una tre giorni di dibattito,
sul futuro collegamento tra Opicina, Barcola e il centro (le iscrizioni si sono
chiuse ieri). L'appuntamento si svolgerà nell'auditorium Generali di Porto
vecchio. Nel frattempo, nel corso dell'incontro a Palazzo Cheba, il primo
cittadino ha illustrato all'assessore Cenci lo sviluppo previsto per l'area di
Porto vecchio, gli investimenti e l'interesse attualmente manifestato da
numerosi investitori per Trieste, città che sta vivendo un momento
«straordinario», tanto da essersi guadagnata proprio ieri il primo posto nella
classifica del Sole 24 ore per la qualità della vita. L'assessore Cenci
(architetto partner e direttore generale dell'Atelier Alfonso Femia
Genova-Milano-Parigi, con cui ha maturato una vasta esperienza in campo
nazionale e internazionale, sia come progettista che come manager) ha dimostrato
grande interesse per l'evoluzione delle opportunità nel capoluogo giuliano. Ha
inoltre riferito che Genova si sta muovendo concretamente in ambito portuale, ad
esempio per realizzare attraverso un apposito studio l'elettrificazione delle
banchine.
l.g.
IL PICCOLO - LUNEDI',
13 dicembre 2021
Legambiente propone nuove aree protette fra Grado e Marano - il presidente Cargnelutti alla Regione
UDINE. La Laguna di Grado e Marano, il Carso, le Prealpi Carniche e la foresta
di Tarvisio possono traghettare il Friuli Venezia Giulia verso una dimensione
ambientale europea portando la superficie di parchi, riserve e biotopi
dall'attuale 7 al 10 per cento. Legambiente ne è convinta e in occasione dei 30
anni della legge nazionale sui parchi, la 349/91, propone alla Regione
l'istituzione «di nuove aree protette dove la tutela è parte integrante della
sostenibilità declinata nella sua componente ambientale, economica e sociale».
Il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti, si sofferma sul
parco regionale della laguna di Grado e Marano: «Soddisfa l'esigenza, sempre più
presente, di una governance rafforzata per indirizzare, coordinare e
razionalizzare al meglio le azioni di conservazione delle riserve naturali e dei
siti Natura 2000. Rappresenta un'opportunità di immagine coordinata dell'area e
caratterizzata da una scelta "green"». Le caratteristiche ci sono tutte per
guardare alla tutela ambientale come a una fonte di sviluppo.«Proprio perché i
parchi concorrono allo sviluppo sostenibile del territorio, devono discendere
dalle zone impervie dove sono ora confinati per coinvolgere nella loro gestione
cittadini e amministratori che già guardano con favore a politiche territoriali
di questo tipo» continua Cargnelutti, secondo il quale «bisogna fare in modo che
la tutela della biodiversità, che ha riflessi sulla salute, sul benessere delle
persone e sulla funzionalità degli ecosistema, venga vista come politica
trasversale nelle azioni di governo di Regione e Comuni». L'obiettivo si può
raggiungere, però, solo se «l'estensione delle aree protette va di pari passo
alla realizzazione della Rete ecologia regionale, delineata nel Piano
paesaggistico regionale», se si dedica maggiore attenzione alle «aree di pianura
e ai corsi d'acqua, alle fasce perifluviali a una gestione attenta della
vegetazione, che spesso risente di vecchie logiche imperniate sulla sicurezza
idraulica».
Giacomina Pellizzari
Dal Pnrr 30 milioni per andare in bicicletta da Trieste a Venezia
La "ciclovia delle Lagune" dovrà essere realizzata entro il giugno del 2026:
sarà coinvolta la Costiera. Punti di riferimento operativi la Regione e Fvg
Strade
Verrà il giorno in cui sarà possibile partire in bicicletta da casa propria,
percorrere la Costiera, fare rotta verso la laguna di Grado e di Marano,
raggiungere Lignano, "guadare" il Tagliamento, reimmergersi in un'altra laguna
lungo la quale avvicinarsi alla meta veneziana. Ad agosto l'assessore regionale
Graziano Pizzimenti aveva annunciato la redazione del progetto di fattibilità
tecnico-economica nonché lo studio dei collegamenti con i poli intermodali
Latisana-Palazzolo-San Giorgio di Nogaro. Ma adesso il ministero delle
Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, retto da Enrico Giovannini, ha
indicato le risorse disponibili che ammontano per questa ridente pedalata
alto-adriatica a 30 milioni di euro. Si tratta di un capitolo del Piano
nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finalizzato alla realizzazione di
1.235 chilometri di piste per velocipedi, metà delle quali nel Mezzogiorno. Nel
centro-nord da segnalare la Venezia-Torino (il che implicherà per il turista
triestino su due ruote la possibilità di accamparsi sul Po nella capitale
sabauda!), la ciclovia del Garda, la Verona-Firenze. Il ministero, pena la
decadenza delle assegnazioni finanziarie, ha fissato il giugno 2026 come data
entro la quale costruire le piste. Riferimento dell'operazione è la Regione Fvg,
destinataria di 275.000 euro per il progetto e di 8 milioni per la realizzazione
del primo lotto funzionale. La fiammata d'interesse per le ciclabili ha
contagiato anche il Comune triestino, che guarda con interesse cosa Fvg Strade
intenderà fare con la Costiera. Intanto vuole concludere il discorso che era
rimasto aperto sulla Campo Marzio-Orlandini, armato con un finanziamento
complessivo di 500.000 euro proveniente da più sorgenti (Regione, alienazione di
partecipazioni, avanzo vincolato). Il progetto di ampliamento della ciclovia è
stato messo a punto da un professionista esterno, l'ingegnere Fredi Luchesi. I
rilievi geologici sono affidati a Italspurghi. Il dirigente del servizio strade,
Andrea De Walderstein, valuta il consueto percorso buro-amministrativo: bisogna
attendere i pareri della Soprintendenza, del Genio civile, dell'Anas, delle
Ferrovie, per poi procedere alla stesura dell'esecutivo. Insomma, la gara
potrebbe essere bandita in primavera. Il costoso nodo della questione sta
dirimpetto alla piscina Bianchi, dove si imbocca la Grande viabilità. Per
garantire al ciclista di pedalare in sicurezza in direzione di Campi Elisi è
necessario - spiega De Walderstein - costruire una "passerella" affacciata verso
il parco ferroviario al servizio del Porto nuovo. Sembra facile, come diceva
l'omino con i baffi della pubblicità Bialetti: tra il piano di viale Campi Elisi
e l'area ferroviaria insiste un dislivello di 9 metri, per cui l'esecuzione
dell'opera deve tener conto dal punto di vista tecnico delle pendenze della
scarpata e dell'esiguità del sito ove lavorare. Si erano prospettate due
soluzioni - spiega la relazione allegata al progetto - e alla fine è stato
scelto il percorso "a due livellette" in grado di assecondare maggiormente le
quote del terreno, differenziandosi a seconda delle pendenze. Risultato finale:
una parte avrà pavimentazione posata sulla strada, una seconda parte sarà invece
realizzata su micropali.
Massimo Greco
IL PICCOLO - DOMENICA,
12 dicembre 2021
«Buona idea la cabinovia Vanno pesati benefici e svantaggi ambientali»
Il parere da osservatore esterno dell'ingegner Kastlunger, laureato a
Trieste e oggi gestore di un impianto sciistico sul Plan de Corones. «La bora?
Ci sono diverse soluzioni da adottare»
«Introdurre una cabinovia a Trieste è una buona idea. La città si presta a
questo mezzo, l'importante è analizzare a monte un bilancio che tenga conto dei
benefici e degli svantaggi che la costruzione della struttura comporta da un
punto di vista ambientale». Si può riassumere così la riflessione di Zeno
Kastlunger, gestore di un impianto sciistico sul Plan de Corones, laureato in
Ingegneria a Trieste, in merito al progetto del Comune sulla cabinovia che con
un finanziamento di 49 milioni del Pnrr collegherà Barcola e Opicina. Ingegnere,
tenendo conto delle caratteristiche del paesaggio dell'area triestina, lei vede
delle criticità per la realizzazione della cabinovia? Premettendo che non ho
visionato il progetto, trovo che sia un mezzo che solitamente viene usato in
città densamente popolate e con un territorio esteso, caratteristiche che mi
pare corrispondano a Trieste. La realizzazione di una cabinovia è utile perché
viene consumata una minima parte del territorio e si risolvono diverse criticità
che causano altri mezzi su strada, quali smog e traffico. Nella soluzione di
Trieste l'idea è di fatto quella di collegare due zone eliminando quindi parte
del traffico. Questo anche grazie alla realizzazione di un parcheggiano nella
zona alta, scelta azzeccata, per poi scendere. Io personalmente trovo che sia
una soluzione molto futuristica e futuribile oltre che intelligente. La vedrei
come un arricchimento per la città e un'attrazione. Riscontra anche degli
svantaggi in questo progetto? Magari i futuri vicini della cabinovia si
troveranno davanti l'impianto che potrà avere un impatto visivo negativo, ma ci
sono città che hanno fatto della cabinovia un fiore all'occhiello più che un
disturbo. Trieste deve fare i conti però anche con la bora. Quale soluzione
tecnica si può adottare? Esistono diverse tipologie di cabinovia. Quella
semplice ha un'unica fune. Però ci sono soluzioni cosiddette a 2 o 3S. Nel primo
caso si tratta di una struttura che ha una fune portante, sempre ferma, e una
fune traente, che tira le cabine: queste due funi danno molta più stabilità in
caso di vento. Si tratta di cabinovie che con un vento fino a 70 chilometri
orari funzionano senza riduzione di velocità. Nella soluzione a 3S due funi sono
ferme, e quindi portanti, e una è traente. In questo caso si possono realizzare
anche delle campate (la distanza tra un pilone e l'altro) molto lunghe. I piloni
sono di dimensioni più importanti, ma ne servono molti di meno. Prima però
ovviamente bisogna vedere bene qual è il percorso deciso, se è in battuta di
vento oppure no. Il progetto a Trieste è stato anche criticato. Per questo è
stata avviata una petizione che in particolare punta il dito contro il possibile
abbattimento di alberi per far posto al parcheggio e ai piloni. Che ne pensa? Il
consumo del territorio è un tema, per questo ci deve essere sempre un bilancio:
il taglio di alberi dovrebbe essere contenuto e in cambio la realizzazione del
parcheggio e della cabinovia dovrebbe comportare meno traffico, smog e consumo
di benzina in città. Spero si valuti un bilancio. Immagino che chi ha proposto
il progetto ci avrà pensato.
Benedetta Moro
Sopralluogo ambientalista nelle discariche abusive di Savogna e di via
Aquileia
Dopo il rogo dell'ex Bertolini guardia alta sui materiali ancora stoccati
nell'Isontino «Le aree vanno sgombrate dai rifiuti pericolosi»
L'Osservatorio civico contro le illegalità del Friuli Venezia Giulia ha
effettuato ieri mattina una breve visita al sito di Malnisce. L'Osservatorio,
peraltro, non sta monitorando da oggi, ma da una ventina d'anni, la situazione
dell'enorme cumulo di rifiuti, la cui storia risale proprio alla fine degli anni
Novanta.La visita di ieri, «giro turistico» come l'ha definito, si proponeva
quindi di notare eventuali cambiamenti intervenuti in tempi recenti. Non è stato
trovato nulla di nuovo a Malnisce: restano tuttavia oltre 10 mila metri cubi su
2 mila metri quadri di rifiuti classificati come pericolosi (per lo più
rivestimenti interni di automobili), pur il terreno non risultando inquinato.
Alla visita ha partecipato il referente dell'Osservatorio, Marino Visintini, che
poi ha effettuato analogo giro turistico a Gorizia, precisamente all'esterno di
un capannone di via Aquileia, dove risultano stoccati altri rifiuti contenenti
materiali plastici.«Per quanto riguarda il sito di Malnisce siamo stati
rassicurati dal sindaco di Savogna Luka Pisk e dall'assessore all'Ambiente
Alenka Florenin - afferma Marino Visintini -. Entrambi hanno ben chiara la
potenziale pericolosità del sito in caso di incendio. Tuttavia, la situazione
più a rischio è certamente quella di Gorizia, data anche la vicinanza con una
stazione di servizio e con l'ospedale. Occorre quindi, e quanto prima, evitare
per una molteplicità di motivi (in primo luogo per la tutela della salute
pubblica e dell'ambiente) che si verifichi una situazione analoga a quella
dell'ex Bertolini, a Mossa». «Davvero non comprendo quali difficoltà ci siano
per sgombrare le aree che, appunto, potrebbero generare problemi non di poco
conto: è infatti assai abbondante, in tali aree, la presenza di materiali
infiammabili. Del resto, l'abbandono di cumuli di rifiuti si è verificato più
volte e in più comuni del Friuli Venezia Giulia, negli ultimi vent'anni: molte
volte si è riusciti a risolvere il problema con finanziamenti regionali per le
opportune operazioni di sgombero. È necessario quindi provvedere alla stessa
maniera anche a Malnisce e a Gorizia, ma pure ad Aiello che sta vivendo analogo
problema».«La situazione di Malnisce è sempre stata sotto controllo - afferma
l'assessore Florenin -. Non abbiamo mai avuto avvisaglia di azioni o eventi
riguardanti il sito che potessero creare pericoli al territorio. Abbiamo
naturalmente la ferma intenzione di proseguire nella ricerca di soluzioni che
possano portare allo sgombero dei rifiuti. È una storia, quella di Malnisce, che
sta diventando troppo lunga. Allo stesso modo, ci rendiamo conto che le risorse
per l'operazione sono parecchie: parliamo di 3. 773. 173 euro, stimati da
esperti nel 2011 dopo che la Regione già aveva stanziato 499 mila euro per la
caratterizzazione del sito e la sua messa in sicurezza. Sarebbe quindi opportuno
fare un incontro con i soggetti preposti, Regione in primis, per trovare una
soluzione adeguata al problema».
Alex Pessotto
IL PICCOLO - SABATO,
11 dicembre 2021
Dal park in Porto vecchio alla piscina terapeutica 52 milioni di
investimenti
Variazione di bilancio sulla spinta di nuovi contributi regionali e risorse
private. Il progetto più costoso sarà il multipiano nel Magazzino dell'ex
Greensisam
Una variazione di bilancio "natalizia" da 39,6 milioni di euro è stata
presentata dagli assessori Elisa Lodi (Lavori pubblici) ed Everest Bertoli
(Politiche finanziarie) ieri in conferenza stampa congiunta. Inciderà sul Piano
triennale delle opere 2021-2023, facendone un'operazione complessiva da 52
milioni. Nello specifico la variazione deriva dalla somma di 21,4 milioni di
contributi regionali, appena stanziati, e altri 18,2 milioni di investimenti
privati, che si prevede entreranno in cassa tramite project financing.L'intero
project servirà a finanziare la costruzione di un parcheggio multipiano
all'interno del Magazzino 2a, che fa parte del cosiddetto "villaggio Greensisam"
all'inizio di Porto vecchio. Questo nuovo "park" è la voce più consistente della
manovra: ai 18,2 milioni previsti da privati se ne aggiungono altri 7,3 della
Regione, per un totale di 25,5 milioni. Ieri è stata considerata prematura, da
parte dell'amministrazione, qualsivoglia anticipazione su chi potrebbe essere
l'investitore: dopo le feste il Comune pubblicherà una manifestazione
d'interesse, che evidentemente considera appetibile, dal momento che ci fa
affidamento. Passando ai capitoli successivi, è confermata la riqualificazione,
annunciata durante la campagna elettorale estiva, di Palazzo Biserini (11,2
milioni) in piazza Hortis: non solo emeroteca ma anche nuovo Museo della
Letteratura, con tanto di servizi bibliotecari implementati, in ossequio alla
sede originaria della Hortis. Aumentano poi i fondi per il ripristino
dell'Acquamarina. «Gira voce che il dissequestro sia imminente», ha detto
Bertoli: «In vista di quel momento avevamo già messo a disposizione due milioni
"nostri" per il ripristino della struttura in loco. Adesso se ne aggiunge un
altro, grazie ai contributi regionali, per un totale di tre milioni pronti per
l'uso. Quanto invece all'ipotesi di una seconda piscina in Porto vecchio, in
un'altra occasione, non sarà finanziata con soldi pubblici ma tramite un
apposito project financing. In generale la variazione, pensata per anticipare i
tempi di realizzazione di tutti gli interventi, è il frutto di una stretta
sinergia alla quale d'ora in poi vogliamo improntare i due assessorati». Lodi ha
sottolineato che il piano «non prevede solo grandi opere ma anche interventi
manutentivi su scuole e mercati, che stanno a cuore all'amministrazione.
Presentiamo il tutto in meno di un mese dall'insediamento della nuova giunta».
Tra scuola Bergamas e asilo nido Semi di mela, in tutto andranno infatti 3,5
milioni, per l'adeguamento antincendio dei rispettivi impianti, più 250 mila
euro sui mercati. Altri 2,2 milioni serviranno a completare l'impianto
polisportivo di San Giovanni: gara prevista entro inizio 2022. Un milione è
previsto per la riqualificazione e per gli scavi archeologici da effettuare
sull'area antistante Casa Francol, in Cittavecchia. C'è poi in agenda la
demolizione della Sala Tripcovich, che costerà 920 mila euro: «Seguirà la
riqualificazione di quella piazza. Intanto la demolizione va messa a gara
subito». Spazio anche ai musei: quello di Storia naturale e il de Henriquez
saranno sistemati, grazie a un contributo - tutto regionale - complessivo di 900
mila euro. Ulteriori 200 mila euro serviranno a restaurare le sale storiche e
migliorare gli impianti del Revoltella. Infine gli interventi extra. Fuori dal
piano delle opere, sono previsti ristrutturazione e ampliamento dell'Acquario
comunale, nonché interventi conservativi sui bagni comunali Topolini, Lanterna e
Veronese (totale 300 mila euro, da spendere a stretto giro). Ciò per poter
appaltare e cantierare subito i lavori sui bagni a inizio 2022, ha spiegato
ancora Lodi, prima quindi della stagione estiva, che a Trieste inizia con largo
anticipo rispetto ad altrove. Prima ancora di essere presentata in conferenza
stampa, ieri mattina la manovra è stata discussa in commissione consiliare. Le
opposizioni hanno sollevato alcune perplessità (vedi box nella pagina qui a
destra). La proposta di deliberazione sarà nuovamente esaminata lunedì, durante
l'apposita riunione della Seconda commissione. -
Lilli Goriup
Paoletti lancia il 5° mandato «Il Parco del mare si farà lavori al via
entro un mese»
Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia indica le
priorità da qui al 2026 «Il Covid ha cambiato la città: vanno riqualificate le
periferie per offrire servizi sotto casa»
Il Parco del mare si farà. Il presidente della Camera di commercio della Venezia
Giulia, Antonio Paoletti, inaugura il mandato 2021-2026.I principali obiettivi
del suo quinto mandato al vertice della Cciaa?«Consolidare quanto seminato,
seguendo le nostre direttive di sviluppo (vedi box in alto a sinistra). Lo
scorso mandato è stato il primo alla guida della Venezia Giulia: non si deve più
parlare di Trieste e Gorizia come realtà separate. Un esempio? Lo scorso anno
abbiamo ceduto il porto di Monfalcone all'Authority portuale del Mare Adriatico
orientale, anche per dotare Trieste di un retroporto importante, come già
avviene con le navi da crociera. Va creata una piattaforma logistica della
Venezia Giulia, di peso sul piano regionale. Abbiamo appena stanziato un aumento
di capitale di 986 mila su Interporto Trieste per sviluppare infrastrutture atte
ad attrarre investimenti. Al contempo l'alta società in house Venezia Giulia
Sviluppo Plus sta realizzando nell'Autoporto Sdag di Gorizia una scuola di alta
formazione per lavoratori e imprese portuali e non». Gli altri settori? «Appunto
tutti quelli compresi nelle direttive di sviluppo. Si va dall'agroalimentare al
mare (solo sulla pesca gestiamo 3 milioni di contributi), fino alla
digitalizzazione dei servizi alle imprese. Tramite la in house Infocamere,
stiamo diventando sempre più il braccio operativo della Regione». Le imprese in
pandemia?«Tramite Confidi Venezia Giulia, abbiamo permesso a chi era in
difficoltà di accedere a una somma complessiva di 24 milioni di euro, attraverso
lo strumento delle garanzie: bonus per aziende, finanziamenti ad hoc per
professionisti e molto altro (vedi box in alto a destra). Il Covid tuttavia ha
cambiato le vite e le città. Con lo smart working serviranno meno le attività
nate negli ultimi 50-60 anni per accogliere i lavoratori che confluivano in
centro. Occorrerà invece riqualificare le periferie per offrire servizi sotto
casa. Ma che ne sarà delle sale riunioni? Degli alberghi business che stanno
perdendo fatturati perché non c'è più turismo d'affari?».L'impatto
dell'e-commerce?«Sta desertificando i territori. Se i prodotti, uscendo dalle
fabbriche, si vendono sulle piattaforme digitali, matematicamente tagliano fuori
gli altri rivenditori. Unica eccezione? I piccoli commercianti di nicchia. Chi
compra online deve sapere che contribuisce non solo a questo ma anche a far
mancare i posti lavoro che ruotano attorno alle attività che chiudono: dal
rappresentante di merci all'artigiano che restaura un negozio. Se indietro non
si torna, i colossi dovrebbero almeno pagare le tasse sui territori dove
vendono».Il Parco del mare si farà? «La pandemia ha rallentato l'iter. Entro un
mese partiranno i lavori per demolire i vecchi manufatti pericolosi e mettere in
sicurezza l'area di Porto Lido. In seguito tramite la società Venezia Giulia
Sviluppo Plus costruiremo i bandi per creare il Parco. Speriamo di obliterare il
primo biglietto entro tre anni». -
Lilli Goriup
Dibattito su cabinovia e mobilità sostenibile. Tre giorni per discuterne
con mostra e convegni
Appuntamento dal 15 al 17 dicembre nell'auditorium Generali. In primo piano
il futuro dei collegamenti tra il centro e il Carso
Tre giorni di dibattito, per discutere della cabinovia che il Comune intende
realizzare fra Barcola e Opicina. Cabinovia e non ovovia: questa la
denominazione più appropriata secondo l'amministrazione municipale che ha
programmato per le giornate del 15, 16 e 17 dicembre delle occasioni di
confronto pubblico sul progetto, finanziato dal Piano nazionale di ripresa e
resilienza (Pnrr): invitati a partecipare cittadini, esperti e portatori di
interesse. Titolo dell'appuntamento, che si svolgerà nell'auditorium Generali in
Porto Vecchio, è "Carso - Porto Vecchio - Centro Città: La nuova mobilità
sostenibile a Trieste". Le tre giornate si articoleranno su una mostra e due
convegni. «Questo progetto - ha detto il sindaco, Roberto Dipiazza - è stato
finanziato dal Pnrr, a dimostrazione della bontà dell'idea che va verso una
mobilità sostenibile. Vogliamo presentarlo con la massima trasparenza, basandoci
su dati, fatti e prospettive concrete, per migliorare il collegamento nord alla
città, avviare un modello di mobilità green, che si interfacci con i vari piani
legati alla mobilità che abbiamo già predisposto e per rinforzare il potenziale
attrattivo di Trieste sotto il profilo turistico». «La cabinovia - ha
sottolineato Elisa Lodi, assessore per i Lavori pubblici - rappresenta una
soluzione di trasporto sostenibile con specifico riferimento alla connessione
tra il centro città, l'area del Porto Vecchio e l'altipiano carsico». «Con la
cabinovia - ha osservato l'assessore alle Politiche finanziarie, Everest Bertoli
- Trieste avrà l'opportunità di adeguarsi ai tempi». Il direttore del competente
Dipartimento, Giulio Bernetti, ha sostenuto che «il progetto è stato redatto con
il supporto di professionisti esperti». Per iscriversi e partecipare, fino a
esaurimento posti, è necessario essere in possesso del green pass e inviare una
e mail a monica.goina@comune.trieste.it entro le ore 10 di lunedì 13.
Ugo Salvini
Legambiente contro il parco fotovoltaico sul prato stabile al confine
tra Gradisca e Mariano del Friuli
Mariano. «Troppo impattante l'ipotizzato parco fotovoltaico di Mariano». È
Legambiente Gorizia ad esternare perplessità in merito al progetto che dovrebbe
portare alla realizzazione di una vasta area per la produzione di energia
elettrica tramite pannelli solari. Il progetto inizialmente avrebbe dovuto
coinvolgere i comuni di Mariano (per un buon 80%) e Gradisca (20%), trovandosi
l'area a cavallo fra i due centri. In realtà la municipalità della Fortezza non
ha concesso le autorizzazioni alla ditta (di fuori regione) che ha proposto
l'insediamento, in quanto «non coerente» con le indicazioni del Prgc: la
porzione interessata avrebbe infatti riguardato un'area con vincolo agricolo.
Diverso il discorso per Mariano, in quanto il contesto urbanistico sarebbe già
potenzialmente adatto a un simile insediamento. Ma Legambiente non ci sta.
«L'impianto della potenza di 5,9 MW che verrà realizzato in un grande prato
circondato da piccoli boschi, fra Mariano e Gradisca - nota Legambiente -
andrebbe ad insediarsi in un'area estremamente interessante dal punto di vista
paesaggistico e naturale. Qui sono state osservate 78 specie di uccelli, molte
delle quali piuttosto esigenti nella scelta dell'habitat, tra le quali: la
quaglia, il falco pecchiaiolo, il lodolaio, l'albanella reale, l'albanella
minore, il falco cuculo, la tortora selvatica, il torcicollo, la cappellaccia,
l'allodola, la passera scopaiola, il saltimpalo, il beccafico, la sterpazzola,
il luì verde, l'averla piccola e lo strillozzo. È evidente che l'impatto sarà
notevole sul prato polifita e sulla comunità ornitica del sito, in quanto
diverse specie tipiche degli ambienti ecotonali di pianura abbandoneranno l'area
quando l'impianto sarà realizzato. L'area è composta da un mosaico di habitat
diversi (cave abbandonate, prati stabili, boschetti, frutteti, vigneti, zone
industriali occupate e abbandonate)». Il cuore dell'area è proprio il prato
stabile dove si vuole realizzare il parco fotovoltaico, per questo
l'associazione, pur favorevole alle fonti rinnovabili, chiede che l'impianto non
venga realizzato.
Fondazione Luchetta Curati 19 bambini in fuga da Africa, Afghanistan e
Iraq
La pandemia non ha fermato l'attività del sodalizio e la sede di via Valussi
è quasi piena. Avanti anche i progetti all'estero
«Dopo il periodo difficile legato alla pandemia, dalla fine del 2021 l'attività
è tornata gradualmente alla normalità, e la sede di via Valussi è quasi piena,
l'ultima famiglia arriverà a breve». La presidente Daniela Luchetta ha aperto
così ieri la relazione sul bilancio morale 2021 della fondazione Luchetta Ota
D'Angelo Hrovatin, sottolineando una ripresa degli interventi di assistenza
sanitaria internazionale. «Il viaggio a Trieste ha restituito la speranza - ha
aggiunto - e la possibilità concreta di sopravvivere nel corso dell'anno a 19
bambini provenienti da Afghanistan, Costa D'Avorio, Eritrea e Iraq, accompagnati
da 29 familiari, con permanenza media di 84 giorni per ogni nucleo familiare, e
quindi per 4042 giorni complessivi di ospitalità». Tra le tante storie che hanno
caratterizzato il 2021, sono state citate due in particolare. «A gennaio - ha
ricordato la presidente - il giornalista Rai Nico Piro ci ha segnalato la
vicenda di una giovane madre afghana, bloccata nel campo migranti sull'isola di
Lesbo insieme al figlio gravemente malato, partiti dall'Iran in cerca di cure.
Oggi è seguito dall'ospedale di Udine». E ancora una mamma con 6 figli, che ha
perso il marito, con una bambina affetta da un tumore al cervello, «portata in
Italia grazie a una serie di lunghi passaggi, operata a Udine, viene seguita dal
Cro di Aviano ed è in fase di recupero». Un altro nucleo familiare è in arrivo
dall'Afghanistan, il Paese che più di altri registra in questo momento
situazioni di emergenza. Ma anche durante i mesi di attività ridotta delle case
di assistenza, come nel periodo successivo al lockdown, la presidente ha
spiegato come sia stato avviato un aiuto importante a 120 famiglie in difficoltà
economica, con la distribuzione di cibo, iniziativa attuata anche attraverso il
centro di raccolta Elide, che ha dato sostegno in particolare a migranti di
passaggio o richiedenti asilo. È proseguito il progetto in Albania di
collaborazione con la clinica sanitaria "Salus" di Tirana, per l'accoglienza di
bambini con patologie. Si è invece interrotto il progetto di collaborazione con
Atmo (Fundacion para el Transplante de Medula osea) in Venezuela, a causa delle
condizioni critiche del Paese. Dal 1998 ad oggi - è stato ricordato - grazie
alla fondazione sono stati assistiti 795 bambini non curabili nei luoghi di
provenienza, ospitando anche dei familiari al seguito: 1960 finora accolti. Tre
le sedi messe a disposizione nel tempo, oggi con 68 posti letto complessivi, ci
sono via Valussi e via Chiadino, e a Sgonico-Bristie la ristrutturata Casa
Steffè. Un appello dalla Luchetta è stato rivolto alle istituzioni cittadine e
regionali per salvare proprio Casa Steffè a rischio chiusura a causa dello stop
del progetto Sai-Siproimi e della rinuncia del Comune di Sgonico ai
finanziamenti Spar erogati dal Ministero. «Il Comune non riesce a occuparsi
dell'organizzazione - ha rimarcato - perché si tratta di un progetto molto
farraginoso a livello burocratico e contabile. Per aiutare l'integrazione dei
richiedenti asilo è necessario arrivare a procedure più semplici. Il centro è
ancora operativo ma a breve anche l'ultima famiglia sarà trasferita. Speriamo in
un intervento delle istituzioni». Arriva infine il video che racconta l'impegno
della fondazione, con le testimonianze di tre amici: tre importanti nomi del
giornalismo, che alla fondazione Luchetta hanno dedicato un saluto speciale, a
cominciare da Riccardo Iacona, volto notissimo di tante inchieste e conduttore
di Presa Diretta su Rai3, e poi Nico Piro e Alessio Zucchini, anchorman del Tg1.
Il video sarà sul sito e i social della Fondazione. Dettagli su
fondazioneluchetta.eu.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - VENERDI',
10 dicembre 2021
Nuovo Museo del mare: luce e percorso verticale con partenza dall'alto
I dettagli del progetto per il Magazzino 26 svelati dall'architetto che l'ha
firmato, il sivigliano Vazquez Consuegra: «Soluzioni nuove convivranno con
l'esistente»
Spazi inondati di luce naturale e privi di barriere architettoniche, per un
grande museo il cui percorso espositivo si svilupperà in verticale, recuperando
grazie alla verticalità la visione del suo elemento portante, il mare, cui
Trieste deve il suo sviluppo. Sono queste le idee cardine su cui l'architetto
Guillermo Vazquez Consuegra ha costruito il progetto di quello che si appresta a
diventare il luogo espositivo simbolo della città, il futuro Museo del mare che
troverà spazio, rinnovandolo, all'interno del Magazzino 26. «Non si tratta
soltanto di un recupero storico, con la riqualificazione di un edificio, ma di
una reinvenzione, una riattivazione dell'antico per un utilizzo contemporaneo,
un'architettura nuova che conviva con naturalezza con l'esistente», ha spiegato
ieri l'architetto, rispondendo indirettamente ai dubbi manifestati da alcuni
sull'opportunità di fare una gara internazionale per un progetto tutto sommato
"conservativo" su un edificio già restaurato. L'occasione di illustrare il
progetto nei minimi dettagli gli è stata offerta dal convegno che il Comune ha
organizzato ieri in Sala Luttazzi, dedicato proprio alla presentazione del piano
architettonico del «nuovo grande attrattore culturale transfrontaliero di
Trieste», di cui l'archistar è stato l'indubbio protagonista. Per realizzare
questo progetto del valore di 33 milioni di euro e che interesserà uno spazio di
38 mila metri quadrati, ha spiegato il 76enne Vazquez Consuegra, si sarebbero
potuti adottare approcci agli antipodi, dal mimetismo alla discontinuità. «Noi
abbiamo scelto una terza via, cercando i fondamenti di un'architettura nuova e
innestandola nell'esperienza esistente. In modo che il linguaggio innovativo
della modernità e il linguaggio consolidato della storia non siano antitetici,
ma entrino in risonanza e divengano complementari», ha evidenziato, presentando
altre sue realizzazioni basate sullo stesso presupposto. Per recuperare il
rapporto diretto con il mare in un edificio che non è sul waterfront, la cui
visuale è parzialmente coperta dai Magazzini 24 e 25, l'escamotage del
professionista sivigliano è stato quello di dare vita a uno sviluppo verticale
da innestare sul corpo centrale: al corpo "basso" del vecchio edificio verrà
aggiunta una struttura leggera, trasparente, vetrata, l'ormai celebre "mirador",
che consentirà una vista aperta sul mare e sulla città e sarà dotato di terrazze
panoramiche. Una scala elicoidale e ascensori vetrati garantiranno il
collegamento con gli altri livelli. Sarà un museo che si visiterà partendo
dall'alto, e dalla visuale del mare, per poi ridiscendere. Nella parte inferiore
del "mirador" troverà spazio un ristorante, che non supererà in altezza le
torrette, e da cui si potrà scorgere la biblioteca, posta al terzo piano,
insieme ad alcune sale espositive e a un auditorium. Al secondo piano il corpo
centrale ospiterà sale per l'esposizione permanente e, nel corpo laterale, un
centro di ricerca, formazione e studi. Al primo piano saranno ospitate altre
sale, pensate per l'esposizione permanente, un'area relax, un deposito chiuso e
spazi per uffici, al piano terra invece si troveranno sale per mostre
temporanee, il foyer, un deposito a vista e spazi per le attività laboratoriali.
Nel seminterrato i servizi per lo staff e il guardaroba. Grazie all'apertura di
un lucernario la luce naturale inonderà le aree espositive e il foyer: «Portare
la luce naturale all'interno dell'edificio era un obiettivo indispensabile per
riqualificare gli spazi, ampi ma molto oscuri, all'interno del Magazzino 26. Con
la luce e i nuovi materiali che introdurremo, che si sposeranno con i materiali
esistenti, vogliamo intensificare la specificità di questo luogo», sottolinea
l'architetto. Per trasformare il magazzino in museo, saranno costruite al suo
interno quattro fasce con scale, servizi e impianti. Le pareti delle sale
rimarranno così come sono e verranno introdotti semplici pannelli di cemento
armato per le divisioni degli spazi interni laddove necessario. All'esterno
davanti al Museo troverà spazio una linea di alberi, per avvicinare architettura
e natura, e affinché il museo si riappropri dello spazio esterno verranno
utilizzati per le panchine e le griglie degli alberi gli stessi materiali con
cui verranno costruite internamente le rampe. Saranno questi gli ingredienti di
un museo che Vazquez Consuegra immagina inclusivo, accessibile a tutti perché
privo di barriere, un grande contenitore che, oltre a essere attrattore
culturale, favorisca l'interazione sociale.
Giulia Basso
Dalle reti al parco verde destinato finora un totale di 159 milioni di
euro al rilancio dell'area
Gli interventi nel comprensorio riassunti dall'ingegner Bernetti
Sottolineata l'intesa fra gli uffici comunali e il professionista andaluso
Valgono 159 milioni gli interventi del Comune sull'area di Porto vecchio: un
investimento di grande peso, che con la variante urbanistica che dal varco di
Porto vecchio dietro al Silos porterà alla futura sede del Museo del mare e
verso l'area congressuale, definirà l'assetto complessivo del territorio. A
presentare il Museo del mare nello sviluppo di Porto vecchio è stato ieri
l'ingegnere Giulio Bernetti, che ha riassunto, a partire dall'Accordo di
programma (Adp), i piani per questo pezzo importante di città. All'interno del
Porto vecchio, partendo dal varco dietro al Silos, l'Adp prevede quattro
sistemi: un'area dedicata a moli e attività marittime sul fronte mare, con
dietro un'area per insediamenti misti, l'area per musei umanistico-scientifici e
congressuale, dove sono situati il Magazzino 26 e il Centro congressi, e
un'ultima area dedicata al divertimento e allo sport. Tra gli interventi di
maggior portata spiccano quelli per le reti tecnologiche, i servizi e la
viabilità, con uno stanziamento di 15 milioni di euro. Per il sito inquinato
sono 5 i milioni di euro stanziati, per il Park Bovedo mezzo milione di euro,
per il Viale monumentale 21 milioni, per il "Parco lineare", la parte verde di
Porto vecchio, sono stati allocati 19 milioni. Sono 18 i milioni di euro
destinati al Centro congressi, 48,5 quelli per la cabinovia, meglio nota ai
triestini come ovovia, 5 milioni per il primo lotto di infrastrutture e 9
milioni per il secondo. Infine il Museo del mare, che vale 33 milioni e i cui
lavori, dice Bernetti, partiranno a breve. Tornando al MuMa, degli allestimenti
interni per ora si sa poco: Patrizia Fasolato, del Servizio musei e biblioteche,
ha potuto solo evidenziare come il cosiddetto "storyboard", che descrive lo
sviluppo tematico negli spazi del Magazzino 26, sia stato realizzato in costante
collaborazione con Guillermo Vazquez Consuegra. Poi bocca cucita, perché «per le
attività istruttorie e le procedure di gara in corso non si può dire molto, se
non ciò che già è noto», ovvero che il percorso museale è stato preparato dalla
Fondazione Luigi Micheletti. Quanto al lavoro di squadra, che ha visto
coprotagonisti i funzionari comunali e l'archistar andalusa, da ambedue le parti
si dichiara soddisfazione. «Finora con il Comune abbiamo lavorato molto bene:
l'architetto Lucia Iammarino ha seguito tutto il processo e ci siamo aggiornati
con riunioni continue - commenta Vazquez Consuegra -. Vedremo come andrà avanti,
perché per me è importante avere l'incarico della direzione artistica: nel mio
modo d'intendere l'architettura il pensiero e il fare sono concetti
assolutamente indivisibili». Quanto alla prima bocciatura del suo "mirador" da
parte della Soprintendenza, con la richiesta di abbassarlo, l'archistar non
nutre rancori: «L'idea del "mirador" era condivisa, il problema era la forma di
questo elemento, che la Soprintendenza nel mio progetto ha ritenuto troppo
iconica. Ma l'abbiamo risolta con una copertura piana, che dà maggiore
neutralità alla struttura».
G.B.
Le ex officine Holt passano ufficialmente al Gruppo Fracasso
In via gambini l'imprenditore veneziano realizzerà 25 appartamenti e 50
posti auto
La Cassa Depositi e Prestiti ha ceduto al Gruppo Fracasso le ex officine Holt di
via Gambini. Ieri il cambio di proprietà è avvenuto a una cifra considerata in
linea con il valore di mercato dell'immobile, il quale è passato così da un
fondo gestito dalla stessa Cdp (nello specifico la Cdp Immobiliare Sgr)
all'imprenditore veneziano. Non trapelano ulteriori dettagli sull'operazione, né
è dato conoscere il prezzo d'acquisto delle ex officine. È confermato invece il
progetto di riconversione del sito da parte di Francesco Fracasso e del suo
gruppo, che nel futuro dell'area vedono residenze e posti auto per il quartiere.
Il Gruppo Fracasso è lo stesso che ha firmato il recupero dell'ex "Lavoratore"
in corso Saba, dell'ex concessionario Dino Conti in strada della Rosandra e, da
ultimo, il complesso dell'ex Maddalena in via dell'Istria. Più nel dettaglio, il
progetto per la struttura di via Gambini prevede la realizzazione di 25
appartamenti e 50 posti auto. L'investimento complessivo sarà di circa 10
milioni di euro, con una quotazione al metro quadrato dei futuri box e
appartamenti che si aggirerà sui 3.000 euro. Secondo gli obiettivi fissati già a
giugno, dal nuovo proprietario, l'avvio del cantiere dovrebbe avvenire entro
fine 2022.L'edificio che ospitava le officine Holt è costituito da un unico
corpo di fabbrica dalla superficie di 3.700 metri quadrati commerciali. Fu
edificato intorno alla metà del 19 esimo secolo. Nella prima metà del '900 fu
quindi adibito a caserma e, a partire dagli anni '50, fu utilizzato come
ricovero collettivo e mensa comunale. Le facciate sono tuttora sottoposte a
vincolo di interesse storico artistico da parte dell'allora Ministero per i beni
e le attività culturali. L'immobile è appartenuto al patrimonio comunale fino al
2015 quando, nell'ultimo anno dell'amministrazione Cosolini, fu ceduto alla
Cassa Depositi e Prestiti per un milione di euro, dopo che tre aste erano andate
deserte. Sempre l'amministrazione di centrosinistra aveva pensato di ospitarvi
il centro islamico, ma la comunità musulmana allo storico edificio di via
Gambini preferì l'attuale sede di via Maiolica. La storia dello stabile è
appunto antica e affonda le sue radici nella prima metà del 1800, quando Trieste
si trovava nel pieno dell'impulso industriale alimentato dalle possibilità che
il porto franco offriva. All'epoca era ancora estrema periferia l'area dove oggi
sorge il rudere della fabbrica, oggetto del futuro risanamento. Fu proprio in
quella zona che nel 1839 l'inglese Thomas Holt, nato a Manchester nel 1816,
decise di aprire una ditta di costruzioni macchine. La prima sede si trovava in
realtà in via della Madonnina, per poi spostarsi in quella che ai tempi era
denominata via della Ferriera, l'attuale via Gambini. La fabbrica invece si
chiamava "Fabbrica macchine e caldaie Thomas Holt", produceva macchine a vapori
e motori a "gas povero". Nel 1860 l'industriale inglese fece brevettare una
particolare caldaia, detta generatore Holt, che funzionava con risparmio di
combustibile, applicabile sia alle navi che alle locomotive a vapore. Tali
caldaie furono utilizzate ad esempio sulla nave "Ammiraglio Tegethoff", ma anche
nel contesto della spedizione polare a firma austroungarica del 1872-'74, che
portò alla scoperta della Terra di Francesco Giuseppe, una serie di isole
artiche che ancora oggi portano il nome dell'imperatore Asburgo.
Lorenzo Degrassi
«Mozione sul laminatoio solo una bandierina»
- la Lista "Muggia" spiega l'astensione di Fogar
MUGGIA. Del laminatoio delle Noghere «se ne riparlerà a febbraio 2022 se e
quando emergeranno novità, a voler essere assai ottimisti. E il confronto
avverrà specificatamente sulle questione tecniche e sul forte impatto
ambientale. Per tali ragioni il consigliere comunale della lista civica Muggia
si è astenuto nelle votazioni sulle tre mozioni discusse in Consiglio comunale».
Questo, in sintesi, il contenuto di una nota diramata dalla lista "Muggia", in
risposta alle accuse velate rivolte al proprio rappresentante in Consiglio
comunale, Maurizio Fogar, dall'eletto del Comitato No Laminatoio, Sergio
Filippi. La mozione Filippi-Tarlao «non era funzionale - così la nota - a
risolvere la questione e a porre le basi per un ampio coinvolgimento del Comune
a tutela dei muggesani» ma «una bandierina piantata per testimoniare la propria
esistenza in vita. Un gesto politicamente controproducente ai fini di tutelare
salute, menzionata una sola volta di sfuggita nel lungo testo, qualità della
vita ed interessi dei cittadini».
LU.PU.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
9 dicembre 2021
La disputa delle scorie nucleari prodotte dalla centrale a Krsko -
destinate in Bosnia ma i cittadini si oppongono
BELGRADO. La Croazia accelera, in Bosnia crescono rabbia e paura. E nel cuore
dei Balcani si prepara un nuovo conflitto. Non sarà una guerra armata, ma
provocherà sicuramente grande tensione la questione della quota croata dei
rifiuti radioattivi della centrale nucleare di Krsko - la cui proprietà è divisa
in parti eque tra Lubiana e Zagabria - scorie che la Croazia pianifica di
sistemare in un sito a un tiro di schioppo dal confine con la Bosnia. Sito,
quello dell'area dell'ex caserma di Cerkezovac, sulla Trgovska Gora, dove in
questi giorni sono ufficialmente iniziati i lavori di esplorazione geologica,
passo propedeutico alla sistemazione nella zona dei rifiuti radioattivi a media
e bassa intensità prodotti dall'impianto di Krsko. Si tratta di un passaggio
fondamentale. Si parla infatti di «perforazioni» in profondità, fino a 180 metri
e di altre ricerche a profondità inferiori, che permetteranno di raccogliere
dati «geofisici e sismici» sul sito e di acquisire conoscenze precise sugli
aspetti idrogeologici dell'area, ha specificato sul suo sito ufficiale il Fondo
croato incaricato di gestire la gestione del combustile nucleare utilizzato a
Krsko. L'obiettivo principale, quello di «determinare la composizione geologica
del suolo» nel sito selezionato da Zagabria per lo stoccaggio dei rifiuti di
Krsko. Movimenti, quelli sul fronte croato, che hanno immediatamente allarmato
molti, in Bosnia. Bosnia dove, ricordiamo, da anni si organizzano proteste
contro il sito a Trgovska Gora. Secondo critici e ambientalisti, un deposito di
rifiuti radioattivi nell'area sarebbe una vera e propria bomba a orologeria,
collocata in una delle zone più preziose dal punto di vista naturalistico, a
ridosso dei fiumi Una, Krka e Unac, nel cuore di un parco nazionale e a ridosso
della cittadina di Novi Grad, 30 mila abitanti sul piede di guerra. E la
situazione potrebbe precipitare a breve. «Non abbiamo il permesso di avvicinarci
a Trgovska Gora», ha denunciato ieri un esperto del team governativo bosniaco
che monitora le mosse croate, mentre tra Sarajevo e Banja Luka ricominciano a
levarsi appelli affinché lo Stato agisca, anche con iniziative diplomatiche, per
fermare i progetti di Zagabria . La cittadinanza è «. reoccupata», ha confermato
il sindaco di Novi Grad, Miroslav Drljaca, commentando anche le voci sull'arrivo
di container carichi di rifiuti radioattivi. E nuove proteste e tensioni tra i
due Paesi, già a breve, non sono affatto escluse, come osservato in passato.
Stefano Giantin
Mozione anti laminatoio Filippi attacca Fogar - l'atto bocciato in aula a Muggia
MUGGIA«La nostra mozione che ribadiva il nostro no deciso e convinto al
laminatoio, messa ai voti, è stata respinta dal centrodestra e dal
centrosinistra e c'è da registrare un voto ininfluente d'astensione». Lo afferma
il consigliere comunale del Comitato No Laminatoio, Sergio Filippi. Filippi
punta il dito contro il consigliere astenutosi, Maurizio Fogar, della civica
Muggia: «Certe dichiarazioni sulla nostra mozione me le sarei aspettate da
tutti, ma non certamente da chi gridava per piazze e giardini il suo no senza se
e senza ma al laminatoio».
lu.pu.
L'archistar Consuegra racconta il futuro Museo del Mare - il convegno
L'architetto Guillermo Vazquez Consuegra stamattina andrà in scena nella Sala
Luttazzi del Magazzino 26 di Porto vecchio. Alle 9 inizierà un convegno sul
futuro Museo del Mare che si protrarrà fino a ora di pranzo. Il sindaco Roberto
Dipiazza inaugurerà la scaletta, seguito dagli assessori Elisa Lodi (Patrimonio
immobiliare) e Giorgio Rossi (Cultura e Turismo). Interverranno anche i
dirigenti degli uffici comunali coinvolti e l'architetto dell'Università di
Trieste Giovanni Fraziano. Ma il protagonista sarà appunto il sivigliano
Consuegra, che ha progettato la trasformazione del "26" in nuovo Museo del Mare.
Un'operazione da 22 milioni di euro.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI',
8 dicembre 2021
A 30 anni dalla legge sui parchi, Legambiente FVG propone di
istituirne di nuove in regione
I 30 anni della legge nazionale sui parchi, la L. 394/91, è stata l’occasione
per una riflessione di Legambiente sul tema delle aree protette anche in
relazione alla strategia europea sulla biodiversità che prevede al 2030 il 30%
del territorio e del mare protetto. Nella nostra regione la superficie di
parchi, riserve e biotopi raggiunge nel complesso circa il 7%, l’obiettivo da
perseguire per adempiere alle indicazioni concordate a livello di UE è il 10%.
Nel loro insieme le aree protette comprensive dei Siti Natura 2000, designati
specificamente per tutelare aree che rivestono un'importanza cruciale per specie
e habitat ritenuti di rilevanza comunitaria, coprono il 20% del territorio e
quindi dovranno aumentare al 30% per il 2030. Allargando lo sguardo, il declino
della biodiversità è uno dei maggiori problemi ambientali che l’umanità si trova
ad affrontare, insieme al cambiamento climatico e alle disuguaglianze sociali.
L’impatto antropico ha trasformato il 75% degli ambienti naturali delle terre
emerse e il 66% degli ecosistemi marini, messo a rischio almeno un milione di
specie animali e vegetali dopo averne cancellato per sempre un numero
imprecisato. Appare oramai evidente che la salute e il benessere umano, la
produzione di cibo sono strettamente legati alla vitalità e alla resilienza dei
sistemi naturali, per questo è importante considerare la salute come un unicum
che riguarda la connessione tra la dimensione umana e quella ambientale.
Legambiente FVG, ha messo nero su bianco alcune proposte che riguardano
l’istituzione in Regione di nuove aree protette dove la tutela è parte
integrante della sostenibilità declinata nella sua componente ambientale,
economica e sociale e riproposto alcune traiettorie gestionali. Le proposte di
istituzione di nuovi parchi riguardano: 1. Parco regionale della Laguna di
Grado e Marano. Soddisfa l’esigenza, sempre più presente, di una governance
rafforzata per indirizzare, coordinare e razionalizzare al meglio le azioni di
conservazione delle Riserve naturali e dei Siti Natura 2000 ivi presenti.
Rappresenta un’importante opportunità di immagine coordinata dell’area e
caratterizzata da una sccelta “green”; 2. Parco regionale del Carso, già
previsto dalla L.R. 42/96; anche qui, come nella foresta di Tarvisio, l’area
protetta può convivere con l’esperienza delle “Comunelle”, delle proprietà
collettive e usi civici, diventandone quasi un fattore distintivo e originale
della gestione; 3. Parco regionale delle Alpi Carniche, che può
rappresentare, nel territorio, una opportunità di tutela rafforzata e di
sviluppo di economie sostenibili fondata sulle molteplici esperienze di
valorizzazione in atto e sulla bellezza dei luoghi; senza dimenticare la
proprietà regionali su buona parte dell’area e le relazioni transfrontaliere;
4. Riserva regionale del Tarvisiano (comprensiva della foresta e delle
proprietà regionali di Fusine), collocata all’interno della costruenda Riserva
della Biosfera MAB UNESCO trinazionale (Triglav, Dobratsch, Alpi Giulie),
mediante un accordo con lo stato. Tutela della biodiversità, gestione
sostenibile della foresta, sua certificazione e mantenimento degli usi civici
presenti ne costituiscono gli ingredienti essenziali. Se i parchi concorrono
anche allo sviluppo sostenibile del territorio devono discendere dalle zone
impervie dove sono attualmente confinati e coinvolgere nella loro gestione
cittadini ed amministratori che già oggi guardano con favore ed aspettative
crescenti a politiche territoriali di questo tipo. Ma ciò non basta. Bisogna
fare in modo che la tutela della biodiversità, che ha importanti riflessi sulla
salute, il benessere delle persone e la funzionalità degli ecosistemi (in città
come nelle aree naturali) venga vista come politica trasversale nelle azioni del
governo regionale e delle istituzioni locali. Di fatto una leva fondamentale per
avviare, guidare, gestire e monitorare l’integrazione della sostenibilità nelle
politiche, nei piani e nei progetti a diverse scale. L’estensione delle aree
protette deve però andare di pari passo con la realizzazione della Rete
Ecologica Regionale, delineata nel Piano Paesaggistico Regionale che concorre a
salvaguardare la biodiversità connettendo le aree protette esistenti e future,
togliendole dall’isolamento con uno sforzo congiunto e sinergico a livello
regionale e locale. Maggiore attenzione va dedicata alle aree di pianura e ai
corsi d’acqua, alle fasce perifluviali a una gestione attenta della vegetazione,
che spesso risente di vecchie logiche imperniate unicamente sulla sicurezza
idraulica e motivo di diversi conflitti territoriali. Bisogna evitare il taglio
delle piantagioni di pianura costituite con i contributi del regolamento 2080/92
che dopo 20 anni non godono più dei benefici economici comunitari ma trasformate
in boschi veri o a boschi radi che condividono lo spazio con il prato
sottostante. Uno sforzo particolare dovrà essere rivolto ai prati stabili
tutelati, i quali sono scrigni di biodiversità e rappresentano di frequente
l’unica presenza naturale in contesti intensamente coltivati. Sono circa 8.200 i
prati protetti dalla legge regionale per una superficie pari a 9.437 ettari di
cui purtroppo una parte importante manifesta evidenti segni di declino
qualitativo causati dalla progressiva riduzione delle specie caratteristiche.
Questo fatto già preoccupante di per se stesso, in quanto strettamente legato al
declino della diversità biologica, desta ulteriore allarme in quanto la metà
della superficie prativa tutelata è interna alle aree Rete Natura 2.000 ,
cardine delle politiche comunitarie per la tutela della biodiversità. Non di
minor importanza è la porzione presente all’esterno della rete natura 2.000 in
quanto anche ad essa affidiamo, come previsto dalla rete ecologica regionale del
Piano Paesaggistico Regionale, la fondamentale funzione di connessione ecologica
degli ambiti di tutela. Non si può inoltre parlare di biodiversità senza una
norma che azzeri entro il 2030 il consumo di suolo, rafforzi le risorse umane
dedicate al tema e il regime dei controlli sul territorio. Legambiente su ognuno
di questi capitoli dedicherà i suoi sforzi di approfondimento, critiche e
proposta, interlocuzione e ricerca di alleanze nei prossimi anni. È un
contributo alla strategia regionale per lo sviluppo sostenibile che dopo il
lancio iniziale è scomparsa dall’orizzonte delle strategie regionali.
Legambiente Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
8 dicembre 2021
Parte la trasformazione dell'ex sede delle Fs in piazza Vittorio Veneto
Lunedì 13 si comincia dal restauro degli esterni che prevedono un anno di
lavori L'imprenditore Holler: «A settembre conto di aprire il cantiere per gli
interni»
Lunedì 13 dicembre decollerà la riqualificazione dell'ex "compartimentale" delle
Ferrovie dello Stato, acquistato un anno fa per circa 10 milioni di euro dagli
imprenditori austriaci Ivan Holler e Michael Mitterdorfer attraverso il vettore
societario Pvv (acronimo di piazza Vittorio Veneto, quasi una nemesi della
sconfitta asburgica di 103 anni fa ...). E decollerà con il più immediato e
logico degli interventi, ovvero il restauro delle facciate, che fasciano il
grande edificio in via Galatti, in piazza Vittorio Veneto, in via Milano, in via
Filzi. Al cantiere provvederà una cordata di imprese edili composta dalla
teatina Dino Di Vincenzo, dalla trevigiana Genesio Setten, dalla triestina
Innocente & Stipanovich: è stata chiesta al Comune un'ordinanza di viabilità
della durata di un anno, che prevede divieti di sosta e restringimento di
carreggiata in via Galatti. In parallelo con il maquillage esterno - precisa lo
stesso Ivan Holler - si procederà al cosiddetto "strip out", la tecnica edilizia
che in italiano si rende con "demolizione selettiva", ovvero l'eliminazione di
materiali estranei al riassetto dello stabile. Holler, ieri a Trieste per
colloqui di affari e per un incontro con il sindaco Roberto Dipiazza, oltre che
annunciare l'avvio del refitting esterno, ha scandito le auspicabili tappe che
dovrebbero consentire l'inaugurazione del complesso nell'autunno 2024.Il
progetto definitivo, relativo alla futura missione dei quasi 18.000 metri
quadrati suddivisi su cinque piani, sarà redatto nel primo quadrimestre del
prossimo anno, con l'obiettivo di ottenere le autorizzazioni necessarie alla
trasformazione di un edificio nato nel 1895 su disegno di Raimondo Sagors per
ospitare l'Istituto pensioni degli impiegati del Lloyd austriaco. Holler spera
che i "nulla osta" amministrativi giungano attorno a fine estate/inizi autunno
2022, così da attivare il cantiere riqualificativo, che dovrebbe protrarsi per
un paio di anni. L'imprenditore austro-ungarico, nel senso stretto in quanto
motivato dalle origini magiare, ha pianificato un investimento complessivo pari
a 50 milioni di euro, che sarà seguito dall'architetto veneziano Luciano Parenti
- già al lavoro sugli hotel Danieli e Monaco nella città lagunare - e dal
collega viennese Erich Bernhardt, che si concentrerà sul design e
sull'arredamento. Se questo cronoprogramma verrà rispettato, nell'autunno 2024
Holler conta di consegnare "chiavi in mano" un hotel quattro stelle lifestyle da
120-130 stanze a un gestore di caratura internazionale: sono in piedi alcune
trattative cui si dedica il socio Michael Mitterdorfer, direttore della viennese
J&P Hospitality. Ma c'è spazio per ottenere in quel ben di Dio anche 80-100
appartamenti, la cui campagna di vendita avrà come riferimenti la Gabetti
triestina, guidata da Filippo Avanzini, e J&P dell'area centro-europea, diretta
da Martin Müller. Si rammenta che J&P è un'importante realtà immobiliare
austriaca, che in un quarto di secolo ha seguito 450 progetti. A rifinire
l'operazione, ecco i negozi al pianoterra e una terrazza all'ultimo piano
frequentabile da chi non è ospite dell'albergo. Forse si riuscirà a rendere
piazza Vittorio Veneto un po' meno triste di quanto l'abbiano modellata la
spiccata vocazione burocratico-amministrativa (Poste, Regione, ex Provincia) e
la mesta riedizione a cura di Boris Podrecca. A Trieste, come anticipato, Holler
sta monitorando altre opportunità di investimento. In passato si era accennato a
un interesse per palazzo Carciotti, sul quale l'imprenditore glissa
accuratamente. Conferma invece la linea di attenzione su Venezia, dove ha già
realizzato un "distretto" di 5 alberghi vicino alla stazione di Mestre, e dove
trasformerà i gasometri di Castello in appartamenti. È infine sbarcato anche al
Lido dove ha rilevato un hotel.
Massimo Greco
SOS Ambiente - Accordo italo-croato per ridurre i rumori sui fondali
adriatici - I risultati dell'Interreg Soundscape
FIUME. I risultati del progetto Interreg Italia-Croazia "Soundscape" non
lasciano spazio a dubbi: l'inquinamento acustico sottomarino nell'Adriatico
settentrionale, causato dall'azione dell'uomo, è un problema molto serio, che
non va sottovalutato perché mette a rischio la biodiversità di questo ambiente
marino così vulnerabile. Alla Casa di cultura croata a Susak (Fiume) sono stati
presentati i risultati di tre anni di monitoraggio e studio, attuati in nove
siti e congiuntamente da esperti italiani e croati, in rappresentanza di
ministero croato dell'Ambiente, Arpa Friuli Venezia Giulia, Cnr-Ismar di
Venezia, Fondazione Cetacea, Regione Marche, Mondo blu di Lussino, Istituto di
Oceanografia e Pesca di Spalato e Istituto per la Salute pubblica di Fiume.
Monitoraggio e misurazione sono stati attuati grazie a boe dotate di idrofoni
(installati per la prima volta) che hanno evidenziato quanto praticamente già si
sapeva: l'Alto Adriatico è un'area molto colpita dall'aumento dei traffici
marittimi, turismo, pesca, ricerche sismologiche, attività in campo militare.
Un'area dunque molto suscettibile a questi impatti, in grado di provocare forti
rumori, a tutto danno della fauna marina e dell'ecosistema. Grazie a Soundscape
è stata creata la prima rete regionale e transfrontaliera di monitoraggio del
mare per l'inquinamento acustico sottomarino. Tramite il progetto, del valore di
2, 1 milioni di euro, è stata potenziata la collaborazione tecnica, scientifica
e istituzionale tra i due Paesi adriatici, che ha quale traguardo la tutela
della biodiversità marina, sviluppando contemporaneamente l'uso sostenibile
degli ecosistemi e delle risorse marine e costiere. In tale contesto, le misure
di mitigazione del fenomeno dell'inquinamento acustico sottomarino risulteranno
di straordinaria importanza per l'ambiente. Nel corso dei tre anni di controlli
e analisi, le attenzioni si sono concentrate su due specie: il delfino Tursiops
truncatus e la tartaruga marina Caretta caretta, animali estremamente sensibili
nei riguardi delle attività umane. Di risultati si partirà per porre in atto
tutte le misure necessarie per ridurre il "rumore" nei fondali dell'Alto
Adriatico.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - Tram di Opicina. Linee ampliate dopo la ripartenza
È apparsa sul Piccolo del 29 scorso la notizia del progetto di una linea
tramviaria all'interno del Porto vecchio, presentato da un gruppo di tecnici ed
esperti del settore. Assieme all'amico e collega ingegner Marco Simic, cui va il
ringraziamento di tutta la città per essere riuscito, qualche anno fa, a mettere
sotto tutela della Soprintendenza la storica linea del tram di Opicina, abbiamo
da parte nostra ideato un progetto più ampio. Siamo partiti dalla constatazione
che, una volta fatto ripartire il servizio, lo stesso corra forti rischi di un
nuovo stop dovuto all'obsolescenza delle vetture sulle quali - oltretutto - si è
voluto sostituire alla meccanica originale un impianto elettronico costato
400mila euro a pezzo. L'idea sarebbe quella di sostituirle con altre di nuova
costruzione, identiche nella struttura, che costerebbero circa 700mila al pezzo
(naturalmente mantenendo le originali ma non a utilizzo quotidiano). Raggiunto
il capolinea di piazza Oberdan il tram dovrebbe proseguire verso il Porto
vecchio, optando il percorso tra le vie della Geppa o Ghega per raggiungere,
infine, la Centrale idrodinamica e fare poi il percorso inverso. Nel progetto
abbiamo presentato alcune varianti: una linea dall'Obelisco verso il Santuario
di Monte Grisa (possibile verso la Grotta Gigante) e il prolungamento lungo la
via di Prosecco fino alla stazione di Villa Opicina. Buona parte del tutto
abbiamo stimato circa 15 quindici milioni di euro. Lo scorso febbraio abbiamo
chiesto e cortesemente ottenuto un incontro con l'assessore regionale Pizzimenti,
cui abbiamo illustrato progetto. Si è dimostrato interessato ma ci ha invitato a
illustrare la materia al Comune di Trieste. Cosa che abbiamo fatto incontrando
l'assessore ai Lavori pubblici Lodi in presenza del dirigente ingegner Bernetti
e altri tecnici. Ora il progetto giace nel posto pertinente: siamo convinti che,
qualora venisse esaminato a fondo, potrebbe ottenere il finanziamento, non
eccessivo, da parte regionale rientrando, oltretutto, nei capitoli di spesa
previsti per gli impianti a fune nell'ambito regionale. Dotando così la città di
una formidabile struttura al servizio della cittadinanza e del turismo.
Gianpaolo Penco
IL PICCOLO - MARTEDI',
7 dicembre 2021
Ambiente - «Salviamo la
pineta evitando di spostare il Burlo a Cattinara»
L'appello del Comitato contro lo scempio causato dal trasloco dell'ospedale
infantile
«Salviamo gli alberi della pineta di Cattinara. No allo scempio di nuove strade
e nuovo traffico. Lasciamo l'Irccs Burlo Garofolo in via dell'Istria». Il
comitato spontaneo per la pineta di Cattinara ha inviato un appello accorato e
lungo ai vertici di Regione e Comune e ai Consiglieri regionali e comunali per
chiedere una revisione del progetto di rifacimento dell'ospedale che prevede
anche la creazione della nuova sede dell'Irccs pediatrico e di un maxi
parcheggio sotterraneo di tre piani nell'area dove attualmente c'è il park
dipendenti e destinato ad arrivare fino a oltre la pineta che verrà abbattuta.
L'invito alle istituzioni è di rivedere interamente tutto il progetto con
l'obiettivo di «preservare integralmente sia la pineta di Cattinara sia gli
alberi dell'attiguo parcheggio visitatori». Il riferimento è al piccolo viale
alberato in strada di Fiume tra le fermate bus e il park dipendenti, area che
verrà ridisegnato con una rotonda per semplificare gli accessi ai nuovi
parcheggi. La seconda richiesta è di «modificare il cronoprogramma del progetto
esecutivo, desistendo dal voler costruire il nuovo Burlo a Cattinara e
rimettendo al primo posto il rifacimento del monoblocco centrale, ancora in alto
mare». Qua l'appello è a rifare la sede di via dell'Istria adeguandola alle
necessità dell'Irccs. Per quanto concerne Cattinara, invece, il comitato invita
la Regione e l'Azienda sanitaria a individuare una nuova sede «più idonea
dell'attuale e da destinare a polo ospedaliero-universitario: ad esempio l'ex
caserma di via Rossetti, di proprietà demaniale, o i magazzini del Porto vecchio
più prossimi al Molo IV, ora di proprietà comunale ma che la Regione Fvg
intende(va?) acquisire per trasferirvi molti dei propri uffici».
Andrea Pierini
Percorso ideato dall'esperto Negri per il nuovo Museo del mare
La Fondazione Luigi Micheletti svela il nome dell'autore dell'allestimento
al Magazzino 26
La Fondazione Luigi Micheletti si presenta. È l'organizzazione di Brescia
incaricata nello scorso mandato, con determina dirigenziale dell'allora
direttrice Laura Fanfogna, di allestire il futuro Museo del mare. Di recente
alcuni attori culturali triestini avevano chiesto di poter conoscere il progetto
espositivo. Ma il Comune, tramite determina della p.o. Patrizia Fasolato, aveva
risposto che la documentazione è al momento riservata. Su questo fronte si
attende qualche novità giovedì. Nella scaletta del convegno al Magazzino 26, con
protagonista l'architetto Consuegra, è previsto infatti anche un intervento
della dottoressa Fasolato sullo storyboard del nuovo museo. Nel frattempo il
direttore della Micheletti, Giovanni Sciola, fa sapere: «Ideatore e autore del
percorso è uno dei maggiori esperti di museologia europei, il professor Massimo
Negri, attuale direttore scientifico della European museum academy. La
fondazione olandese è specializzata nella ricerca sull'innovazione museale in
Europa, abbiamo coinvolto alcuni suoi esperti. L'arco cronologico
dell'esposizione muoverà dall'età classica e un'impostazione museografica per
moduli consentirà ulteriori modifiche e sviluppi».«Accanto ai nostri
"tradizionali" filoni di ricerca sul Novecento, da metà anni '80 ci occupiamo di
archeologia industriale e recupero di monumenti di storia industriale,
intessendo collaborazioni scientifiche internazionali», prosegue Sciola: «Nel
2005 si è costituito il Museo dell'industria e del lavoro (Musil), con reperti
raccolti da noi e allestiti in varie sedi della provincia di Brescia. Ci
sentiamo pienamente legittimati ad avanzare proposte articolate nell'ambito
della conservazione museale e della valorizzazione del patrimonio industriale».
E ancora: «Organizziamo il Luigi Micheletti Award, prestigioso premio europeo
giunto alla 25.a edizione, cui hanno partecipato musei navali europei di
eccellenza, di cui abbiamo approfondito adeguatamente le diverse impostazioni
progettuali. È un errore di miopia credere che, poiché ci occupiamo
principalmente del patrimonio materiale e immateriale di 20° e 21° secolo, noi
potremmo pensare di "far cominciare la storia di Trieste dal '900"». Proprio su
questo vertevano alcuni dei dubbi di recente sollevati dall'ex funzionario
comunale nonché esperto di storia marittima Enrico Mazzoli, con il supporto di
Club touristi triestini, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione e
Società Maria Theresia. Questo è ora il commento di Mazzoli: «Avevamo chiesto al
Comune un accesso agli atti, per sapere con quali realtà locali la Micheletti si
è confrontata, nel ricostruire la storia marinara di Trieste, e suggerire
eventuali migliorie. C'è stato ad esempio un confronto con l'Accademia nautica?
Qual è il comitato scientifico di esperti triestini interpellati? È una
legittima richiesta di trasparenza. Non dubitiamo che la fondazione possa aver
fatto un ottimo lavoro. Giovedì lo conosceremo».
Lilli Goriup
SEGNALAZIONI - Animali - Errore prendersela con i cormorani
Il Partito animalista italiano sezione di Trieste è fortemente contrario alla
mozione presentata dalla consigliera Mara Piccin per il contenimento del
Phalacrocorax carbo, colpevolizzandolo di minacciare le popolazioni ittiche
mangiando una quantità sproporzionata di pesci. Pare assurdo che per colpa di
altri fattori ci debbano rimettere sempre gli animali. Demonizzare il cormorano,
facendo passare questo placido uccello per un famelico predatore, accusarlo di
aver invaso i vari territori e le acque interne, la dicono tutta sulla pochezza
di profondità delle argomentazioni di chi preferisce prendersela con la natura
pur di non fare un po' di sana e costruttiva autocritica. Partendo da un punto
certo su cui l'intero mondo scientifico è d'accordo, vale a dire che
l'impoverimento, cioè la ridotta pescosità in questo caso delle acque interne e
non solo, non è dovuta a un flagello esterno come viene dipinto questo povero e
simpatico uccello marino, bensì alla eccessiva attività predatoria dell'uomo.
Insomma, non è colpa del bipede alato di appena tre chili di peso che mangia
"pescetti" da milioni di anni se il suo territorio di caccia da qualche secolo è
invaso e seviziato da un insaziabile bipede senza ali e con poco senno che pensa
che tutto gli è dovuto e che non rispettando le leggi della natura pensa che sia
questa a doversi sottomettere al suo volere. Va detto che, contrariamente a come
vuol fare intendere chi auspica lo sterminio di questa specie - attraverso una
decimazione da attuare sia attraverso il loro inserimento fra le specie
cacciabili che campagne di abbattimento sistematico - che i cormorani non sono
bestie assatanate che si ingozzano all'inverosimile ma mangiano lo stretto
necessario, passando il resto del giorno a godersi pigri il sole. Inoltre non
pochi studiosi sostengono, dati alla mano, che l'abbattimento sistematico di
esemplari di una certa specie, considerata predatoria, per far aumentare la
fauna ittica, nel caso dei cormorani, essendo una specie nostrana e non
importata dall'uomo non sortirebbe alcun effetto pratico. Essendo infatti una
specie coloniale, il vuoto lasciato dagli esemplari uccisi, sarebbe subito
colmato da altri esemplari, che si aggregherebbero al gruppo per venire a
svernare sulle nostre coste, attratti dalle risorse che madre natura mette a
disposizione di tutte le sue creature e non solo dell'uomo, che si erge a
padre-padrone della natura stessa. Pensare che possano essere causa o concausa
della riduzione del pesce e fingere che non siano sufficienti reti e dissuasori
per evitare che vadano a nutrirsi nei bacini dove vengono allevate specie
ittiche a scopo alimentare, non ha alcun fondamento dal momento che la quantità
di pesce che possono ingerire è paragonabile a una goccia nell'oceano.
L'aumentata presenza dei cormorani non sembra aver determinato un impatto sulla
comunità ittica delle acque interne, tanto meno sulle specie di interesse
conservazionistico. L'eventuali cause dell'impoverimento delle comunità ittiche
sono da ricercarsi piuttosto nella perdita di habitat (deflussi minimi
insufficienti, opere idrauliche che ostacolano la risalita dei torrenti, qualità
delle acque, artificializzazione degli alvei). L'impatto del cormorano sulle
specie di pesci a rischio quali il temolo e la trota marmorata deve essere
valutato attraverso un progetto di analisi delle borre degli uccelli ittiofagi
da cui è possibile verificare e quantificare l'eventuale impatto sui pesci. In
assenza di tale analisi qualsiasi proposta risulta pretestuosa e inutile. Anche
dopo una rilevazione puntuale sull'eventuale impatto è tutto da dimostrare che
l'abbattimento di esemplari di cormorano svernanti possa migliorare lo stato di
conservazione dei pesci autoctoni a rischio. Migliorare gli habitat delle acque
interne riducendo, con cognizione scientifica, gli impatti delle attività umane
è il percorso prioritario per la conservazione degli ecosistemi acquatici e
delle specie presenti. Il nostro invito è di rivalutare il piano di contenimento
del Phalacrocorax carbo, in quanto la violenza sugli animali è il maggior
impedimento alla edificazione di una società migliore dell'attuale.
Fabio Rabakcoord. Partito animalista
IL PICCOLO - LUNEDI',
6 dicembre 2021
Caroli presidente nazionale di Italia nostra "E ora Porto vecchio
priorità pure a Roma"
La studiosa triestina eletta alla guida dell'associazione impegnata dal '55
nella tutela dei siti storici del Bel Paese
È il sedicesimo presidente nazionale di Italia nostra, l'associazione impegnata
dal '55 nella tutela dei siti storici, artistici, naturali del Bel Paese. Ed è
il primo triestino/a ad assumere questo incarico. Tra i suoi predecessori ci
furono Giorgio Bassani e Carlo Ripa di Meana. Ma quando Antonella Caroli
scenderà nella sede romana sull'elegante viale Liegi tra Pinciano e Parioli, non
dimenticherà Trieste e, soprattutto, il Porto vecchio: «Ne faremo una delle
cinque priorità nazionali», è il suo impegno. Settant'anni, laurea in
architettura al Politecnico torinese, insegnante al Volta e al Nautico,
segretario generale dell'Autorità portuale durante la presidenza Maresca, Caroli
ha dedicato molti scritti e molta attività promozionale ai 65 ettari che vanno
dal Molo IV a Barcola. Presidente, perchè il Porto vecchio deve diventare una
delle cinque priorità programmatiche di Italia nostra?«Perchè è un patrimonio di
vaste dimensioni unico al mondo. Perchè è un brano di città, quasi una "Trieste
due", impostato come una città nelle strade parallele, nella disposizione dei
moli e della diga. Perchè queste particolarità ci permettono relazioni,
confronti, contatti di respiro europeo, specialmente con uno scalo della
rilevanza storico-economica come Amburgo». Porto vecchio ha bisogno di una
ribalta nazionale perchè le sue peculiarità non sono ancora sufficientemente
note?«Italia nostra triestina ha già lavorato molto in questo senso ma c'è
parecchia strada da percorrere. Detto francamente, a livello centrale Italia
nostra mi è parsa spesso disattenta nei confronti del Nordest. Ma se il Porto
vecchio non è stato saccheggiato, lo si deve alla battaglia per i vincoli che
venne combattuta vent'anni fa. E continueremo il nostro pressing sul ministero
dei Beni culturali affinchè vengano evitati errori». D'accordo con le linee di
sviluppo impostate dal Comune?«Al momento sì, anche perchè coincidono con il
masterplan che avevamo preparato. Ricordo che la delibera Cipe 2016 aveva
esplicitamente citato la nostra attività, anche se la politica tende a non
riconoscere il ruolo svolto da Italia nostra e s'impadronisce di ogni merito.
Seguiamo con attenzione il lavoro di Andreas Kipar, cui va dato atto di un
encomiabile intento collaborativo, che non è di tutti». Cioè?«Cioè non tutti
ascoltano, discutono, si confrontano con un'associazione che conta al suo
interno professionisti tecnici di valore e che quindi può essere d'aiuto,
soprattutto per chi non è triestino e ha una conoscenza limitata del territorio.
Parlando sempre con franchezza, l'architetto Vazquez Consuegra non ci aveva
ascoltato, quando avevamo contestato il "mirador" in vetro che aveva progettato
sul Magazzino 26, perchè siamo contrari alla contaminazione del luogo e
dell'architettura. E la Soprintendenza, invece, ci ha ascoltato». Le piace il
Centro congressi Tcc?«No, sono due capannoni rimessati in modo anomalo rispetto
al contesto. Una rottura dello spazio che li circonda». Nell'ambito di Porto
vecchio quali sono le priorità di salvaguardia?«Direi senz'altro l'ex quartiere
Ford alle spalle del Centro congressi. Abbiamo ottenuto il vincolo sul 27b, che
rischiava di essere abbattuto. Ma il 133, il 32, il 34 meritano anch'essi un
destino riqualificativo e sono memoria di una presenza industriale in ambito
portuale che andrebbe altrimenti dimenticata. Attenzione, una presenza di un
gruppo internazionale delle dimensioni della Ford». Il Comune ci vorrebbe
realizzare la piscina terapeutica, cosa ne pensa?«Bah, per me non c'è lo spazio
adatto. Sarei più incline a posizionare un "fish marketing", con qualche
ristorantino che conferisca all'area sapore di mare». Sul Museo del mare al
Magazzino 26?«Credo che abbiano ragione Mazzoli ed Eliseo riguardo il percorso,
che dovrebbe essere incentrato su porto e marineria». Dal Porto vecchio alla
Sacchetta. D'accordo sul Parco del mare?«No, così pensato altera l'identità
storica del sito, con la Lanterna e lo squero. Meglio sarebbe un Parco della
navigazione storica sul modello di Danzica».
Massimo Greco
Pinna nobilis, il ritrovamento che conforta gli esperti - la scoperta
FIUME. Un rinvenimento che tiene accesa la fiammella della speranza, quella per
cui biologi, subacquei e volontari si stanno adoperando a fondo, intenzionati a
riportare nell'habitat marino la morente Pinna nobilis o nacchera. Parliamo del
più grande mollusco bivalve nel Mediterraneo, quasi del tutto annientato negli
ultimi anni da parassiti e batteri. Giorni fa è stato comunicato che in uno dei
collettori è stato trovato un esemplare allo stato giovanile, lungo non più di
un centimetro e mezzo, scoperta che ha parecchio rallegrato gli esperti
dell'Istituto pubblico quarnerino di Fiume.
SEGNALAZIONI - Pineta da salvare - Non c'è alcun bisogno del park a
Cattinara
Gentile direttore,dalla stampa apprendo che partiranno a breve i lavori per la
costruzione di un nuovo parcheggio al posto della pineta esistente nell'area
adiacente l'Ospedale di Cattinara in via Valdoni. Nella stessa via Valdoni vi è
un parcheggio a due piani normalmente vuoto. Perchè non ampliare il parcheggio
esistente invece di abbattere oltre 500 alberi che danno rifugio a passeri,
cardellini, cinciallegre, fringuelli, merli, codirossi spazzacamini e
contribuiscono a creare un microclima favorevole per umani e animali? L'Europa e
le Nazioni Unite ci richiamano alla tutela del suolo, del patrimonio ambientale,
del paesaggio, al riconoscimento del valore del capitale naturale e ci chiedono
di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, di allinearlo alla crescita
demografica e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030.I
rapporti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del
Ministero dell'ambiente inchiodano negativamente il Friuli Venezia Giulia al
terzo posto in Italia per cementificazione e consumo di suolo in rapporto alla
popolazione residente. A farne le spese più di tutti sono i territori della
Bassa Friulana, la zona dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari e la città di
Trieste che vede "sparire" parecchi chilometri quadrati di superficie.I
cambiamenti climatici e il degrado ambientale sono una minaccia enorme per il
mondo, per l'Unione europea e per l'Italia in particolare. Il Green Deal europeo
punta a rendere l'Europa climaticamente neutra entro il 2050, rilanciare
l'economia grazie alla tecnologia verde, creare industrie e trasporti
sostenibili e ridurre l'inquinamento.Cementificazione e abbattimento di alberi
sono in chiara controtendenza. La necessità politica di nuove infrastrutture che
"spazzano" letteralmente via aree verdi e suolo, progettate ormai più di dieci
anni fa, va ripensata in chiave verde e rispettosa dell'ambiente e in funzione
delle necessità attuali. Che bisogno c'è di costruire ora un nuovo parcheggio a
Cattinara?
Alessandro Marassi
IL PICCOLO - DOMENICA,
5 dicembre 2021
«Ovovia non solo inutile ma anche dannosa» Legambiente al Circolo Rc di Prosecco
Opicina. È un secco "no" all'ovovia quello dichiarato dal presidente di
Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, nel corso del primo pubblico dibattito
sul progetto che prevede il collegamento fra Barcola e Opicina, attraverso
l'utilizzo di cabine che viaggiano sospese a un cavo. Partecipando a un incontro
organizzato a Prosecco dal Circolo di Rifondazione comunista "Kras altipiano -
Goat", al quale hanno partecipato una cinquantina di persone, a conferma che
sull'argomento c'è notevole curiosità e, come si è visto in questa occasione,
anche estrema perplessità, Wehrenfennig ha spiegato che «la realizzazione di
tale struttura prevede innanzitutto una falcidie di alberi, in quanto dovrebbero
essere eliminati tutti quelli presenti lungo il percorso previsto dal mare al
ciglione carsico, all'interno di una fascia larga 14 metri. Non va poi
dimenticato che molte aree attraversate dalla linea e sulle quali dovrebbero
essere costruiti i piloni di sostegno sono di proprietà delle Comunelle locali,
che potrebbero opporsi all'esproprio, allungando a dismisura i tempi del
contenzioso». Il presidente di Legambiente ha poi evidenziato che «si renderebbe
poi indispensabile costruire due grandi stazioni ai capolinea, alte almeno due
piani, con un grave impatto visivo. Tutto questo senza scordare che entrambe
dovrebbero sorgere in aree attualmente scollegate dalla rete di trasporto
pubblico urbano. Altro problema la temperatura che d'estate dovrebbero
sopportare i passeggeri a bordo delle cabine, in quanto le stesse avrebbero i
vetri sigillati. Quanto si parla di costi - ha osservato ancora il presidente di
Legambiente - bisognerebbe tener presente che i finanziamenti ministeriali sono
sì pronti per la realizzazione dell'ovovia, ma nessuno tiene conto del
successivo notevole impegno di risorse indispensabile per la manutenzione di un
impianto particolarmente complesso. Se l'obiettivo è quello di alimentare il
turismo, offrendo l'ovovia va segnalato che non è detto che essa sia preferita
al tram di Opicina».
Ugo Salvini
D'Agostino traccia la via della doppia sostenibilità "Banchine ma non
solo. E' anche l'ora dei fondali"
Il presidente dell'Authority è intervenuto in videocollegamento all'incontro
al Miela sulle movimentazioni viste da prospettive inedite
Il futuro del porto? Passa per una serie di tematiche chiave quali «energia,
transizione, innovazione e sostenibilità. E le ultime due sono le facce di una
stessa medaglia. Noi vogliamo essere innovativi attraverso due modalità diverse:
la classica innovazione incrementale e un totale cambio di paradigma, ossia una
visione in negativo della portualità, dalla prospettiva di ciò che è sotto gli
specchi acquei, per una connessione con i propri fondali». Parola del presidente
dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, intervenuto ieri pomeriggio in
collegamento online all'incontro "Fronte del porto, falsi movimenti", andato in
scena al Teatro Miela- che ha visto la partecipazione di Giovanni Fraziano,
professore di Composizione architettonica e urbana all'Università di Trieste e
presidente di Stazione Rogers, di Thomas Bisiani, docente di Modellazione
avanzata dell'architettura allo stesso ateneo triestino, e di Nico Costa,
consigliere di amministrazione Coop Alleanza 3.0 - prologo dello spettacolo
multimediale "Waterfront - Storie di uomini, di porti e di città", sulle
attività del porto viste da prospettive inedite. D'Agostino ha affrontato,
pungolato dagli interventi dei tre relatori, il passato, il presente ma
soprattutto il futuro del porto triestino, anche alla luce degli sviluppi dello
scalo attesi sulla base delle dotazioni previste dal Pnrr, il Piano nazionale di
ripresa e resilienza, che su Trieste dirotterà oltre 400 milioni di euro:
«L'innovazione incrementale, che poi è fondamentalmente quella in cui si resta
all'interno di un certo paradigma tecno-economico, si realizza quando, al suo
interno, si aggiungono vari elementi di innovazione restando pur sempre
all'interno del paradigma. Il che significa, rispetto a quello che stiamo
cercando di fare in porto, che noi vogliamo continuare a pensare che lo scalo
triestino debba crescere e per crescere, essendo un porto in area urbana come
tanti altri, lo deve fare in maniera sostenibile». E un assist, appunto, sarà
offerto dal Pnrr: «Oggi - secondo il presidente dell'Authority - abbiamo la
possibilità, attraverso ad esempio l'elettrificazione delle banchine, di
permettere alle navi di spegnere i motori, eliminando le emissioni delle navi in
porto e in città, quindi di innovare con sostenibilità. Innovazione incrementale
significa intendere il porto così come è stato inteso da chiunque finora, ossia
come un luogo sul mare o meglio sull'acqua, in cui arrivano imbarcazioni che
caricano e scaricano merci e persone. Insomma, un paradigma». Ma la vera sfida
per D'Agostino è dunque quella di «pensare che il porto possa uscire da quel
paradigma tradizionale affermando una cosa semplice ma che crea complessità,
ossia che il porto non è il luogo in cui il protagonista è il trasporto ma che è
un luogo sul mare e che oggi sul mare possiamo fare tante altre cose differenti
da quelle sempre fatte». E allora ecco che «si cambia paradigma e subentra un
elemento invisibile a chi di solito lavora nei porti, ma che invece ritengo che
sarà uno degli elementi cardine dello sviluppo futuro della portualità, cioè la
necessità di prendere in esame tutto ciò che è sott'acqua. E a Trieste qualcosa
abbiamo cominciato a fare: parlando di Porto vecchio, noi siamo forse l'unica
Autorità portuale ad aver dato una concessione subacquea, un'area rettangolare
di un chilometro per trecento metri, a Saipem, esternamente alla diga, per
creare, a 13 metri di profondità, un playground dove vengono testati droni
sottomarini utilizzati, ad esempio, per posare pipeline e cavi sottomarini.
Quindi abbiamo già iniziato ad approcciare questo mondo invisibile portuale».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO,
4 dicembre 2021
Cattinara, al via il piano di restyling dei park per visitatori e
dipendenti
Sedici mesi per l'ammodernamento delle aree fra Pronto soccorso e via
Valdoni. Ecco le future tariffe
Il rinnovamento del park per i visitatori ai piedi dell'ospedale, con una
pavimentazione completamente rifatta rispetto a quella di oggi. Un maquillage
dell'impianto multipiano di via Valdoni. E lo spostamento delle fermate dei bus,
per lasciare spazio alla futura rotatoria tra strada di Fiume e la nuova ala
destinata a ospitare il Burlo. Gli attuali parcheggi di Cattinara, gestiti dalla
Abaco Srl dal 2013, si preparano a un importante intervento di rinnovamento - e
a un'altra gestione - in vista della riqualificazione dell'ospedale, con il maxi
cantiere che dovrebbe ripartire a brevissimo proprio con la realizzazione, dove
oggi c'è il parcheggio riservato ai dipendenti, di un nuovo park multipiano
sotterraneo di tre livelli da 770 posti auto sotto la sede del Burlo, la cui
costruzione verrà cantierata subito dopo. Due sono le aree di sosta a pagamento
attualmente esistenti, che verranno appunto rinnovate. Una riguarda i 166 stalli
del parcheggio del Poliambulatorio, cui si accede da strada di Fiume vicino alla
rampa del Pronto Soccorso. L'altra porta ai 307 stalli ricavati nell'impianto
multipiano di via Valdoni. Con il completamento del maxi cantiere di Cattinara
il totale dei posti auto è destinato a salire fino a quota duemila. Ma i tempi
di realizzazione, come è noto, restano ancora lontani. Gli attuali parcheggi
verranno intanto riqualificati sulla base di un cronoprogramma da 14 mesi cui
vanno aggiunti circa due mesi di tempi tecnici per l'assegnazione del bando, i
cui termini per la presentazione delle buste si chiudono il 10 dicembre. Il
percorso in questione era stato avviato dall'Asugi, all'epoca ancora Asuits, nel
2019, quando a settembre era stato presentato un avviso esplorativo per la
presentazione di una proposta di project financing, vinto dalla Saba Italia Spa
di Roma. L'intervento "minore" sarà quello di via Valdoni, dove la società
vincitrice dovrà mettere mano su una superficie di 7.450 metri quadrati, dove
attualmente sono presenti al piano superiore 135 stalli, di cui 10 per disabili,
a pagamento (un euro per tutto il giorno) e altri 172 al piano inferiore,
riservati in questo caso ai dipendenti: posti che, verosimilmente, saranno
trasferiti nel multipiano sotterraneo una volta che questo sarà completato.
Oltre alle opere di risanamento dei muri, dovranno essere installate anche
quattro colonnine per i mezzi elettrici. Nel progetto Saba, traccia per il
bando, il costo della sosta è quantificato in 50 centesimi per ogni ora nella
fascia dalle 6 alle 20, e di 30 centesimi all'ora dalle 20 alle 24. Resta
gratuita la prima mezz'ora, così come la fascia dalla mezzanotte alle 6. Saranno
previsti inoltre pacchetti da un minimo di quattro euro per due giorni a un
massimo di 15 euro per sette giorni. Decisamente più importanti i lavori al park
del poliambulatorio, che dovranno essere svolti garantendo contestualmente
l'accessibilità ad almeno il 50% dei parcheggi. I posti passeranno dagli attuali
161 a 134, di cui 10 dedicati ai disabili. Accesso e uscita saranno vicini alla
rampa del Pronto soccorso e sarà creato un sistema che bloccherà il transito
delle auto quando arrivano le ambulanze. Verranno poi completamente rifatte
pavimentazione e illuminazione e, soprattutto, verranno create delle fermate bus
provvisorie in strada di Fiume per sette mezzi, con tanto di maxi pensilina e
isola pedonale, dove verrà anche spostata l'edicola. Qua il costo della sosta,
sempre gratuita nella prima mezz'ora e dalla mezzanotte alle 6, sarà di 80
centesimi nella prima ora e di un euro a seguire nella fascia 6-20 e 50
centesimi in quella 20-24.In entrambi i parcheggi saranno installate le
piattaforme per l'accesso, oltre che con il classico ticket con cassa
automatica, con il Telepass, con la lettura targhe per la prenotazione da remoto
e con tessere a scalare. Il costo per gli interventi edili è quantificato in 858
mila euro, comprensivi di Iva e sicurezza. La convenzione per la gestione dei
due parcheggi è fissata in 14 anni a partire dalla sottoscrizione del contratto,
al costo di 3,6 milioni di euro totali.
Andrea Pierini
Da Trieste tre treni veloci al giorno per raggiungere Milano e Roma
Altre due "Frecce" collegheranno Udine. Confermate le corse transfrontaliere
dirette a Lubiana
Continuano a mancare, rispetto al periodo pre pandemia, due collegamenti diretti
via Freccia da Trieste a Milano, ma per il resto l'offerta di Trenitalia
nell'orario invernale, dal 12 dicembre, rimane inalterata. Anzi, c'è pure una
novità, in collaborazione con Trieste Trasporti: il Muggia Link, uno speciale
servizio treno+battello che consentirà di raggiungere il porticciolo. Nel
presentare il nuovo orario, con l'ad e dg Lugi Corradi, Trenitalia ribadisce
«l'attenzione ai principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance»
e l'obiettivo di garantire gli spostamenti quotidiani in treno per studenti e
lavoratori, ma anche di consolidare la ripartenza del turismo nelle settimane
delle festività natalizie e in un inverno che si spera non più di tanto
penalizzato dal Covid. In Friuli Venezia Giulia viene innanzitutto confermata
l'attuale offerta per Regionali, Frecce e Intercity. Rimangono dunque operativi
i collegamenti veloci diretti da Trieste a Roma (partenza alle 6.42- arrivo alle
12) e da Trieste a Milano (6-9.55, 17.05-21.15), come pure i singoli Udine-Roma
(6.47-12.25) e Udine-Milano (6.15-10.15), un totale di cinque tratte, due in
meno a causa della prolungata emergenza pandemica. Nel "pacchetto" delle
conferme anche i quattro transfrontalieri Trieste-Lubiana, due dei quali
prolungati a Udine, i servizi a favore del cicloturismo con "Alpe Adria Line"
sulla linea Trieste-Udine-Tarvisio e il "Trenobici delle Lagune" fra Trieste e
Venezia, con 12 collegamenti durante il periodo estivo, grazie a una carrozza
attrezzata al trasporto di 64 biciclette. Si continua pure con l'intermodale
treno+bus "Lignano Link" e l'interscambio a Udine con i treni di Ferrovie Udine
Cividale. Come di consueto, l'offerta verrà potenziata in occasione delle
principali manifestazioni di interesse regionale: Friuli Doc, Gusti di
Frontiera, Barcolana e Festa della Zucca. Trenitalia ha poi illustrato le
promozioni. Tra le altre, la promo "Weekend Insieme" a 22 ore (regionali senza
limiti nei fine settimana dal 18 dicembre al 27 marzo, biglietto gratuito per
gli under 15 con la "Junior Weekend" se accompagnati da un over 25 pagante) e
l'"Italia in Tour" (tre giorni senza limiti sui regionali della penisola a 29
euro per 3 giorni e a 49 euro per 5 giorni, per i ragazzi si scende a 15 e 25
euro). Intanto, in quarta commissione presieduta da Mara Piccin, Forza Italia
propone un tavolo permanente con Rfi e Comuni e, con il capogruppo Giuseppe
Nicoli, non fa mancare una nota polemica: «L'assessore alle Infrastrutture
Pizzimenti non risolverà certo i problemi con un'audizione in commissione, tra
l'altro neppure richiesta da lui, ma dal sottoscritto». Graziano Pizzimenti,
senza replicare, si limita a informare della «totale condivisione sulla proposta
di audizione di Rfi».
Marco Ballico
Intesa fra i porti alto adriatici ridurrà l'impatto ambientale
Italia, Croazia e Slovenia firmano protocollo per la cooperazione
transfrontaliera Il ministro Giovannini: «Un accordo che sarà importante per il
resto del mondo»
VENEZIA. Promuovere e rafforzare la cooperazione sul fronte dell'efficienza
energetica tra i porti di Italia, Croazia e Slovenia. Ieri a Venezia gli scali
dell'Alto Adriatico aderenti all'associazione Napa-North Adriatic Ports
Association (Venezia e Chioggia, con Fulvio Lino Di Blasio presidente
dell'Autorità portuale, Trieste e Monfalcone, con il presidente dell'Autorità
portuale Zeno D'Agostino, Ravenna, Capodistria e Fiume) hanno sottoscritto un
accordo alla presenza della commissaria europea ai Trasporti Adina Valean e del
ministro italiano Enrico Giovannini. In linea con gli obiettivi stabiliti dal
Green Deal Europeo e dal pacchetto legislativo approvato dalla Commissione
Europea "Fit for 55", l'accordo stabilisce che i porti Napa si impegnino ad una
cooperazione transfrontaliera permanente volta a minimizzare gli impatti
ambientali delle operazioni portuali nell'area del Nord Adriatico. «Il Napa è
uno degli esempi migliori di cooperazione transfrontaliera in Europa - ha
dichiarato la commissaria europea -. La vostra dichiarazione ha gli stessi
obiettivi dell'Ue e rafforzare il settore marittimo. Il Napa è fondamentale per
i corridoi europei e offre la rotta più breve per tutta l'Europa». E annuncia lo
stanziamento di 5 miliardi - inserito nel Pnrr italiano - per rafforzare i
collegamenti ferroviari italiani lungo la dorsale adriatica. Il ministro delle
Infrastrutture Giovannini ha voluto sottolineare come l'accordo rafforzi «l'idea
che Italia, Slovenia e Croazia credono nell'importanza di affrontare insieme le
sfide dei tempi, in particolare quelle associate al cambiamento climatico.
Ritengo molto importante che si collabori come un'unità, e sono convinto che
questo sarà importante per tutto il resto del mondo». Molte sono già le
iniziative in corso, come ad esempio quelle co-finanziate dall'Unione Europea,
quali i progetti Clean Berth e Susport (Interreg Italia-Slovenia e
Italia-Croazia) il progetto Ealing (Connecting Europe Facility), e dalle azioni
pilota comuni tra tutti i porti. Rientrano in quest'ultime l'implementazione di
misure e interventi per l'efficientamento energetico delle operazioni portuali,
l'installazione di impianti per l'utilizzo di fonti energetiche alternative e
per il monitoraggio del livello di rumore, della qualità dell'aria e dell'acqua
in ambito portuale, nonché studi di pre-investimento per l'elettrificazione
delle banchine. «C'è un unico ecosistema nell'Alto Adriatico per affrontare le
sfide future e la sostenibilità del mare - ha ricordato il ministro delle
Infrastrutture sloveno Jernej Vrtovec -. I nostri progetti congiunti hanno
riflessi positivi nei nostri Paesi. Siamo più forti se stiamo insieme». Mentre
il ministro per gli Affari marittimi della Croazia, Oleg Butkovic, ha
commentato: «Nell'Alto Adriatico c'è un traffico intenso e un ecosistema
delicato, serve un'azione comune su logistica e infrastrutture. Il futuro è la
totale decarbonizzazione dei porti, ma serve collaborazione di tutti gli
attori». Ad aprire la conferenza è stato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro
che ha sottolineato come «il Mare Adriatico deve continuare ad essere un unico
Mare e che bisogna essere sempre più competitivi».
Nicola Brillo
IL PICCOLO - VENERDI',
3 dicembre 2021
«Risposta insufficiente» I dem chiedono un accesso ai documenti
sull'ovovia - dopo la replica del ministero all'interrogazione del deputato
Gariglio
L'ovovia si tinge di giallo. Il ministero delle Infrastrutture ha risposto
all'interrogazione che l'onorevole Davide Gariglio, deputato del Partito
democratico ferrato in materia di trasporti, ha presentato in merito al progetto
di cabinovia finanziato da Roma con 48 milioni dal Pnrr. Ma nella risposta del
ministero, osserva Gariglio, mancano i dati sulla sostenibilità di gestione da
lui richiesti nello specifico: «Quindi abbiamo avviato (ieri) un'istanza di
accesso per avere la documentazione, speriamo che il ministero sia
collaborativo». L'interrogazione, presentata nei giorni scorsi, chiedeva conto
di diversi aspetti dell'opera: «Ci sono una serie di problemi tecnici
evidenziati anche nel progetto - chiedeva Gariglio al governo -. Il più noto è
quello della bora. Lo stesso progetto presentato dal Comune prevede, infatti, la
chiusura dell'impianto per circa 30 giorni l'anno». Inoltre, prosegue, «in tale
"fascicolo intervento", a quanto consta all'interrogante manca l'allegato della
sostenibilità di gestione, che è il dato più significativo, e la relazione
esplicativa di costi e proventi derivanti». Nell'allegato, ragiona il deputato,
ci sono «elementi fondamentali per avere un quadro completo dell'opera e della
sua sostenibilità dal punto di vista finanziario, considerato anche il rilevante
impatto che l'opera avrà sull'ambiente». Le risorse stanziate, ragiona ancora il
dem, «sono destinate in generale al piano della mobilità e non esisterebbe
alcuna difficoltà nel dirottarle eventualmente verso un progetto diverso se il
Comune decidesse di elaborarne a breve uno nuovo». Gariglio conclude chiedendo
«quali siano i dati relativi alla sostenibilità di gestione dell'opera di cui in
premessa e se intenda fornire chiarimenti in merito ai costi e ai proventi
derivanti dalla stessa». Il ministero risponde che la valutazione
dell'intervento «è stata fatta sulla base del progetto di fattibilità
tecnico-economica della cabinovia, dell'analisi trasportistica e dell'analisi
costi-benefici, nonché sulla verifica della sostenibilità dell'esercizio». La
bora non sarà un problema, prosegue, poiché sono previsti 20-30 giorni di
chiusura al massimo. Arriviamo poi alla questione sostenibilità: «Relativamente
al documento sulla sostenibilità di gestione - scrive il ministero -, si segnala
che lo stesso è contenuto nell'apposita relazione allegata all'istanza inviata
alla predetta Direzione generale, come richiesto ai sensi del citato avviso,
nella quale si dà evidenza dei dati utilizzati per l'analisi della sostenibilità
finanziaria dell'investimento». Il ministero aggiunge poi che per la verifica
della copertura dei costi d'esercizio sono stati utilizzati i dati già impiegati
per l'analisi costi-benefici, e cioè: la domanda di progetto, stimata in circa 3
milioni 600 mila passeggeri annui; le percorrenze chilometriche, che per le
nuove funivie sono di circa 7 milioni 200 mila veicoli l'anno contro i 90 mila
della rete bus; i costi di esercizio, che per il funiviario sono pari a 0,49
euro/veicolo chilometro, mentre per il bus ammontano a 5,47. Conclude il
ministero: «Il rapporto tra variazione di ricavi e variazione di costi è
risultato pari al 115%». Il tutto non convince Gariglio: «Non siamo soddisfatti
perché quella del ministero non è una risposta. Ci dice che ci sono questi dati
nella valutazione allegata, ma non ci dice nulla nel merito. Ecco perché abbiamo
avviato un'istanza di accesso alla documentazione. Anche perché non si capisce
come mai una risposta così burocratica, non è un tema di particolare
riservatezza».
g. tom.
Muggia, bocciate in Consiglio le tre mozioni sul laminatoio
le due istanze su viabilità e social hanno invece trovato sintonia
bipartisan
MUGGIA. Si è conclusa l'altro giorno a Muggia anche la seconda parte dell'ultimo
Consiglio comunale, quella lasciata in sospeso lo scorso lunedì sera: si sono
così potute discutere nell'occasione le cinque mozioni presentate
dall'opposizione. In apertura il sindaco Paolo Polidori ha voluto chiarire i
perché della sospensione del 29 novembre che aveva dato il là a una serie di
polemiche: «Dispiace che non si sia colta la motivazione che ha spinto il
consigliere (della Lega) Giulio Ferluga a chiedere la sospensione del Consiglio.
Motivazione dettata dal fatto di poter permettere un confronto sereno sulle
mozioni presentate. È stata una cortesia istituzionale che evidentemente non è
stata compresa. Ma tant'è». Dopo l'esame dei primi due dei cinque documenti in
scaletta - quello sulla viabilità per le scuole, diventato una raccomandazione,
e quello sul canale Telegram, fatto proprio dalla maggioranza - l'attenzione si
è spostata sulla questione laminatoio. Le due mozioni con le quali i capigruppo
Francesco Bussani per il Pd e Cristina Surian per la Lista Bussani chiedevano al
sindaco e alla giunta di riferire al Consiglio ogni evoluzione, notizia,
preoccupazione relativa al progetto, ma anche di informare la popolazione
muggesana sono state bocciate dalla maggioranza. Stessa sorte per quella
presentata da Sergio Filippi del Comitato no laminatoio, che chiedeva l'impegno
del Comune a trovare strade alternative green nell'area e ad abbandonare il
protocollo d'intesa. Per Polidori, tenuto conto di quanto illustrato nelle linee
di governo e di quanto detto nel corso della campagna elettorale, si è trattato
di mozioni dai «contenuti desueti». Da segnalare l'astensione sulle tre mozioni
di Maurizio Fogar della civica Muggia: «La mozione Filippi - ha spiegato Fogar -
è scritta malissimo, con sprovvedutezza e ignoranza delle questioni tecniche, e
con una premessa suicida, ossia quella di richiamarsi a G20 e Cop26, due totali
fallimenti come riconosciuto dai promotori e dalla stampa internazionale». Per
Bussani «le mozioni chiedevano semplicemente trasparenza sul tema anche alla
luce degli annunci a favore dell'insediamento fatti dalla Regione. Spiace che
l'apertura al dialogo annunciata dal centrodestra sia stata smentita dai fatti
alla prima occasione».
Luigi Putignano
SEGNALAZIONI - Ambiente - Schizofrenia sul clima
La schizofrenia ha preso corpo nella Cop26, quando il documento del summit
mondiale dei Sapiens sembra rivolgersi non a noi stessi ma al pianeta Terra: "Mi
raccomando, non devi scaldarti più di 1,5°". Schizofrenia folle, perché condita
da una serie di promesse e annunci fumosi e inconcludenti. Restiamo ancora
lontanissimi dall'indispensabile riduzione delle emissioni totali dei gas serra
del 55% entro il 2030! Intanto la crisi climatica sta causando cambiamenti
drammatici, in terra e in mare, con impatti devastanti sulla vita delle persone
e la biodiversità. I governi hanno il dovere di attivare impegni precisi:
arrestare il consumo di suolo, rendere effettiva ed efficace la tassa sul
carbonio, favorire i risparmi materiali, un nuovo sistema idrico,
autosufficienza alimentare, più oggetti riciclabili. E la politica deve
convincere chi ancora non capisce o non sa, e mediare con la macchina
dell'economia. Se si lascerà libertà al business, le temperature potrebbero
salire di ben 5° C: un disastro definitivo. Anche in Italia non risulta alcun
aggiornamento del Piano per l'energia e il clima, strumento essenziale per
abbattere le emissioni nocive oltre il 50%. Va considerata una banale e
drammatica evidenza: il Pianeta è limitato! Per dimezzare le emissioni entro
otto anni (circa 25 gigatonnellate l'anno) dobbiamo tendere (adesso) a una
"economia dell'indispensabile". Se non ora, quando?
Paolo Angiolini, Legambiente Trieste
IL PICCOLO - GIOVEDI',
2 dicembre 2021
Piano anti rumore di Duino: primo via libera della giunta
Prescrizioni da rispettare e zone del territorio divise in tre categorie:
ora la palla passa a Consiglio comunale, Regione, Arpa e Azienda sanitaria per
la ratifica
DUINO AURISINA. Duino Aurisina avrà il suo piano acustico territoriale. Uno
strumento indispensabile per delineare le aree in cui si potranno svolgere le
feste popolari e le sagre, con relativi accompagnamenti musicali, quelle in cui
sarà invece necessario rispettare determinati parametri, evitando di superare
una certa rumorosità, e ancora le cosiddette "zone cuscinetto", che andranno
individuate fra le prime e le seconde. Il piano conterrà poi una serie di
prescrizioni e rilievi, utili per garantire a tutti una buona vivibilità sotto
il profilo acustico. Fondamentale anche il rilievo di questo documento in
relazione alla presenza sul territorio di grandi aziende, come per esempio la
Cartiera e i cantieri navali. È stata infatti approvata qualche giorno fa dalla
giunta guidata dal sindaco Daniela Pallotta, su proposta dell'assessore
all'Ambiente Massimo Romita, la delibera riferita al Piano comunale di
classificazione acustica (Pcca), che sarà ora sottoposto alle verifiche di
assoggettabilità alla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) e di
significatività dell'Incidenza, di competenza dell'Arpa. Tutto questo ovviamente
è avvenuto prima della caotica seduta del Consiglio di martedì, nel corso della
quale si sono evidenziate, come non era mai accaduto in precedenza, le latenti
divergenze da tempo esistenti all'interno dell'esecutivo, con protagonisti
proprio gli stessi Pallotta e Romita. Ma tant'è, l'attività amministrativa
prosegue, nell'attesa di chiarimenti a livello politico. «L'approvazione in
giunta - spiega infatti Romita - è il risultato di un lungo e articolato lavoro
fatto di incontri con la comunità locale, i Comitati di quartiere, i tecnici
specializzati e le competenti Commissioni consiliari, attraverso la
collaborazione con i rispettivi presidenti, Chiara Puntar e Sergio Milos. Questo
- ha aggiunto Romita - è un importante documento, frutto di un lungo percorso,
nel corso del quale ho potuto beneficiare anche dei preziosi consigli del
collega Lorenzo Pipan, artefice di suggerimenti di modifica e integrazioni alle
schede del piano. L'approvazione del Piano in giunta non è il punto di arrivo -
ha concluso - ma un'importante tappa per avere un territorio disciplinato sotto
il profilo della rumorosità». Va ricordato che il territorio di Duino Aurisina
si allunga dal Lisert al Carso ed è attraversato sia da alcuni chilometri di
raccordo autostradale, sia da linee ferroviarie, tutte fonti di rumorosità
accusata in particolare in alcune frazioni, come quella di Visogliano, i cui
residenti si sono più volte lamentati. «Proprio per questo - osserva la
presidente Puntar - siamo stati particolarmente attenti nel sentire tutte le
comunità coinvolte, gli abitanti delle aree maggiormente sottoposte a
sollecitazione da rumore, condividendo con i consiglieri di opposizione pareri e
analisi». Il Piano, che dovrà naturalmente passare anche l'esame del Consiglio
comunale, sarà poi inviato a una serie di soggetti pubblici, titolari di
competenza ambientale per il procedimento in esame, e cioè il Servizio di
Biodiversità e quello di Pianificazione paesaggistica territoriale e strategica,
entrambi della Regione, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e
l'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
1 dicembre 2021
La babele delle tariffe per la raccolta dei rifiuti. Da un comune
all'altro importi sei volte più salati. -
La
Tari nel FVG
Indagine delle associazioni di consumatori sul peso della Tari. Per un
nucleo di tre persone in 100 mq si va da 55 a 317 euro
Udine. Famiglia di tre persone e abitazione da 100 metri quadrati: in Friuli
Venezia Giulia, a seconda del Comune in cui si ha la residenza, la tassa sui
rifiuti (Tari), può pesare addirittura fino a 6 volte in più. Cioè da un minimo
di 55,20 euro a un massimo di 317,64 euro. E le differenze sostanziali, che
incidono sul portafoglio, possono verificarsi anche tra realtà territoriali
limitrofe. Situazione simile se, al posto di un'utenza domestica, puntiamo i
riflettori su una commerciale. Anche in questo caso - per le categorie prese in
esame, alberghi con ristorante, bar, distributori di benzina, negozi di
abbigliamento e supermercati - gli importi da pagare per la Tari sono fortemente
differenziati da Comune a Comune. A sollevare il problema sono le associazioni
di consumatori Comitato utenti Ausir, Federconsumatori, Adiconsum e Forum
consumatori-imprese che hanno commissionato un'indagine all'istituto di ricerca
Ircaf. Il sondaggio si è basato utilizzando le delibere relative alla Tari
approvate nel 2020 in tutti e 215 Comuni della regione. Da una prima lettura
l'indagine evidenzia una situazione di generale diversità di tariffe applicate
agli utenti, sia domestici che commerciali: praticamente ogni Comune ha
un'imposta differente. Diversità aggravate dal fatto che la differenza tra la
tariffa più onerosa (applicata a esempio per una famiglia di 3 persone con una
casa di 100 metri quadrati) è di quasi 6 volte superiore a quella più bassa (la
più alta 317,64 euro, la più bassa 55,20 euro). Le stesse differenze persistono
nell'ambito della stessa provincia, nel contesto dello stesso gestore, tra i
comuni piccoli, tra quelli medi e anche fra quelli più grandi. «Questa
situazione di disomogeneità dei costi per gli utenti - evidenziano i promotori
della ricerca - non è facilmente giustificabile e comunque è incomprensibile e
inaccettabile per i cittadini. È venuto il momento di cambiare formula». Per le
attività commerciali le Tari applicate alle 5 categorie prese in esame -
alberghi con ristorante, bar, distributori di benzina, negozi di abbigliamento e
supermercati - sono, come nel caso del domestico e in alcuni casi anche di più,
fortemente differenziate da comune a comune anche limitrofo. «Questa situazione,
stigmatizzata in diverse occasioni anche dalle associazioni di categoria -
scrivono i consumatori - , crea tra l'altro elementi, non del tutto
trascurabili, di distorsione della concorrenza. Spetterà sicuramente in primo
luogo ai Comuni e ai gestori fornire le adeguate motivazioni di ciò, sia ai
cittadini consumatori che ai titolari delle attività commerciali e produttive,
fornendo adeguate spiegazioni su tutto il percorso che riguarda l'efficienza e
la qualità dell'attività svolta, il piano dei costi e la ripartizione tra i
comuni, la formazione dei piani economico finanziari e quindi la definizione
delle tariffe». La ricerca Ircaf analizza pure i costi medi applicati nei Comuni
dove si effettua la raccolta porta-porta, confrontati con quelli che utilizzano
ancora i cassonetti stradali e quelli con sistema misto. Nel primo caso il costo
medio (sempre applicato per una famiglia di 3 persone con una abitazione di 100
mq) è pari a 177,53 euro l'anno; nel secondo caso a 193,13 euro; e infine nel
terzo caso a 182,68 euro. Questi dati confermerebbero che il sistema di raccolta
porta-porta, non soltanto è molto più efficiente in termini di quantità e
qualità della raccolta stradale ma è anche meno costoso, con un risparmio medio
di 16 euro a famiglia.
Maurizio Cescon
Pronto il progetto per un park sotterraneo davanti alla Marittima
Lo propone il gruppo belga Interparking. Dipiazza è d'accordo perchè
contribuisce a liberare le Rive dalle auto. D'Agostino è d'accordo se il Comune
condivide
«E adesso Sergas vai avanti con il progetto». Roberto Dipiazza ci crede,
nonostante la tipologia progettuale appartenga a quelle eterne utopie che così
spesso hanno connotato la storia amministrativa triestina: sul tappeto verde
della solita sfida a resistenze & pigrizie campeggia stavolta il parcheggio
sotterraneo sulle Rive, davanti alla Marittima. Si gioca sul terreno
dell'Autorità portuale, perchè l'area è demaniale, per dipiù data in concessione
a Trieste terminal passeggeri (Ttp) fino al 2032. Il presidente Zeno D'Agostino
sembra acconsentire e messaggia che si tratta di un'iniziativa da condividere
con il Comune, «se c'è il loro consenso, a noi va bene». E, come abbiamo visto,
il sindaco ha chiaramente comunicato che il consenso municipale c'è, eccome.
Assunto che Comune e Autorità vedono di buon occhio lo spunto, vediamo come esso
potrebbe svilupparsi. Innanzitutto il Sergas evocato dal primo cittadino è il
dottor Franco, in passato uno dei protagonisti della costruzione di Park San
Giusto e oggi consulente del gruppo belga Interparking, dal 2017 gestore della
"caverna" in via del Teatro romano. A più riprese i belgi avevano dichiarato il
loro interesse a investire a Trieste, tant'è che ancora aleggiava l'idea,
risalente allo scorso decennio, di un park da farsi davanti al Carciotti, vicino
al molo Audace. Saba, altro imprenditore del ramo, aveva pensato invece di
bucare l'asfalto davanti alla Marittima, nei pressi del Nazario Sauro opera di
Tristano Alberti. Un anno e mezzo fa il quadro è cambiato: Interparking ha
sposato il sito davanti alla Marittima e ha già preparato buona parte del
percorso. Di recente Sergas ha accompagnato l'amministratore delegato di
Interparking, Roland Cracco, a parlare con Dipiazza. Perchè si accarezza un
vecchio sogno del sindaco: liberare le Rive dagli stalli in superficie. Come
fare? Ovvio, mettere le auto sottoterra. In un contenitore da 350 vetture previo
investimento di 20 milioni di euro necessario per uno scavo di 10 metri dove
sorgeranno tre piani di parcheggi. Sergas calcola che, tra una cosa e l'altra,
per andare a regime ci vorranno quattro anni dal momento in cui decolleranno i
lavori, quindi parliamo della seconda metà dell'attuale decennio. E mette le
mani avanti a fronte di possibili obiezioni: il sotterraneo della Marittima non
sarà affatto incompatibile con il parcheggio preannunciato da Dipiazza al posto
dell'Ortofrutticolo in campo Marzio, quando il mercato sarà trasferito all'ex
Manifattura tabacchi. Argomento ripreso dal sindaco: «Con la disponibilità del
Molo IV, con il futuro serbatoio di Campo Marzio, con il sotterraneo alla
Marittima, riusciremo ad affrancare le Rive dai parcheggi, in modo tale da non
creare disagi alla cittadinanza e alle crociere». Ultimo ma non ultimo, qualora
andasse a buon fine la "devoluzione" Greensisam all'inizio di Porto vecchio, uno
dei cinque magazzini, quello prossimo al varco di largo Città di Santos, sarebbe
destinato a parking. Troppa grazia Sant'Antonio! A questo punto, avendo
incassato l'avallo di Dipiazza, Sergas può mettersi in marcia verso la Torre del
Lloyd e avviare le pratiche concessorie. Intuibile la sensibilità di Ttp per una
partita che potrebbe sottrarle la gestione delle Rive: l'Autorità detiene una
quota del 40% nel capitale sociale e sarà sicuramente in grado di svolgere un
ruolo di mediazione. Sergas è all'opera anche su Park San Giusto, per completare
la parte superiore dell'infrastruttura, in sostanza il capolinea dell'ascensore
(che la scorsa estate ha portato fino a 2000 persone al giorno) sul colle di San
Giusto. Il gestore belga ci mette più di 200.000 euro per dare dignità a quello
che attualmente sembra l'uscita di un rifugio anti-aereo. Ci sono ancora un po'
di pratiche amministrative da chiudere - spiega il manager - e i lavori, a cura
di Kone, dovrebbero iniziare in primavera.
Massimo Greco
Il Pd porta alla Camera il caso della cabinovia tra il mare e il Carso
I dem interpellano il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Domani
un convegno di Rifondazione e Legambiente sul tema
L'ovovia arriva alla Camera. Non si tratta di un fantascientifico prolungamento
del tragitto, ma di un'interrogazione approntata dal Partito democratico in
merito all'opera che, nelle intenzioni della giunta Dipiazza, dovrebbe collegare
il centro e l'altipiano. L'interrogazione è rivolta al ministero delle
Infrastrutture e ha per oggetto la "cabinovia metropolitana Trieste-Porto
vecchio-Carso". Sui contenuti del testo, almeno fino alla sua presentazione in
aula, i dem mantengono un cauto silenzio. La risposta del dicastero, però, è
attesa a breve giro: il tema non è di poco conto perché l'opera è stata
finanziata dal governo con uno stanziamento da 49 milioni di euro, una delle
principali opere in programma della nuova amministrazione guidata da Roberto
Dipiazza. L'idea continua ad accendere gli animi di sostenitori e detrattori.
Tra questi ultimi possiamo senza dubbio annoverare anche il partito della
Rifondazione comunista-Sinistra Europea - circolo "Altipiano-Kras -Goat" - che
domani alle 20 organizzerà nello spazio della Casa della cultura a Prosecco
l'incontro pubblico intitolato "Al Carso non serve l'ovovia, ma migliori
collegamenti con la città". I perché del "no" al progetto verranno esposti da
Andrea Wehrenfennig e Lino Santoro, esponenti di Legambiente Trieste.
g.tom.
Il cantiere di Roiano procede spedito «Tutto pronto in estate»
L'assessore Lodi: «A Natale finita la copertura del nuovo asilo» A breve i
lavori per le fondazioni dell'autorimessa da 99 stalli
«I lavori a Roiano procedono senza intoppi. Entro Natale contiamo di realizzare
la copertura dell'asilo nido». L'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi,
tornata in possesso della sua delega dal mandato precedente, fa il punto
sull'andamento del cantiere roianese, dove nell'area dell'ex Caserma della
Polizia stradale sta nascendo una nuova piazza cittadina. L'intervento, del
valore di circa 4 milioni di euro, è stato aggiudicato nel febbraio scorso alla
Iti Impresa Generale Spa di Modena: i lavori sono partiti alla fine di aprile,
il giorno 26 per la precisione: la durata contrattuale è di 380 giorni naturali.
L'estate scorsa il sindaco Roberto Dipiazza vaticinava una possibile conclusione
per il luglio prossimo, e oggi l'assessore Lodi conferma che i lavori "si stanno
svolgendo regolarmente, senza imprevisti". Il progetto, che attendeva nei
cassetti del Comune di Trieste praticamente da un ventennio, prevede la
costruzione di un asilo nido per 60 bambini nella zona adiacente via Villan de
Bachino, e la realizzazione di un'autorimessa seminterrata per 99 posti auto,
con ingresso da via Moreri e uscita su via Montorsino. Sono previste,
all'interno dello spazio verde, un'area giochi e una destinata ai cani. A che
punto è il cantiere dell'autorimessa? Risponde Lodi: "Fino ad ora è stata
eseguita tutta la palificata propedeutica alla realizzazione del piano
interrato, e sono stati eseguiti i relativi scavi. A breve inizieranno i lavori
delle opere fondazionali - aggiunge l'esponente di Fratelli d'Italia - e nella
prossima primavera inizierà la posa degli elementi prefabbricati della struttura
in elevazione, con conclusione prevista in aprile del 2022".Quanto invece
all'asilo nido, questo è l'aggiornamento sullo stato delle cose: "Dopo aver
realizzato le opere fondazionali e il muro di contenimento verso via Villan de
Bachino e di via Montorsino, sono in corso le opere di elevazione (muri
perimetrali e pilastri in cemento armato). Entro Natale è prevista la
realizzazione del solaio di copertura". Commenta infine Lodi: "Premesso che
questa è un'opera che ho a cuore perché ho iniziato a seguirla già con la
precedente consigliatura, voglio dire che a Roiano stiamo facendo una grande
opera di riqualificazione che finalmente darà una piazza a questo rione". Una
piazza tanto attesa, visto che correva l'anno 2002 quando la prima giunta
Dipiazza recuperò i finanziamenti del Programma di riqualificazione e sviluppo
destinati all'opera, impostata dalla giunta precedente, quella di Riccardo Illy.
Da allora, però, il cantiere non si è mosso di un solo millimetro per una
ragione molto semplice: la Polstrada era saldamente insediata all'interno della
caserma e, prima di poter pensare di mettere mano all'area, era necessario
trovare una nuova destinazione per quelle forze dell'ordine. Ci son voluti quasi
quindici anni perché finalmente, un lustro fa, la Polstrada si spostasse nella
nuova sede di via Mascagni: giusto in tempo per il Dipiazza ter, quindi, che in
primavera è riuscito finalmente a far partire il cantiere e - se tutto va bene -
entro la prossima estate il Dipiazza quater potrà tagliare l'ultimo dei nastri.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - MARTEDI',
30 novembre 2021
Ogs pronto allo sbarco al magazzino 24 e il Comune si riprende il
compendio dei Filtri
Accordo tra Ursus e Agenzia delle entrate che valuterà in dieci mesi un
totale di 32 immobili all'interno del perimetro del comprensorio
L'Osservatorio geofisico (Ogs) pensa di trasferire i laboratori di biochimica e
biologia, afferenti alla sezione di oceanografia, dall'attuale sede di Santa
Croce in via Auguste Picard (ai "Filtri" per intenderci) all'hangar 24 del Porto
vecchio, in un passato ormai lontano utilizzato dalla Tomaso Prioglio a mo' di
stalla dove veniva imbarcato il bestiame est-europeo alla volta dei porti
medio-orientali. Infatti il "24" si affaccia, insieme al finitimo "25", sul
cosiddetto Bacino "0": alle loro spalle si estende l'imponente mole del
Magazzino 26. Ad anticipare la notizia il sindaco Roberto Dipiazza, soddisfatto
perché «è giusto valorizzare la presenza dell'Ogs a Trieste, che in questo modo
avrà un sito vicino al centro cittadino, di più agevole accesso, al quale tra
l'altro potrà ormeggiare la nave esploratrice "Laura Bassi"». Ormeggio dove ora
si trovano le due unità dell'ex flotta Napp ancora da vendere. Il disimpegno del
castelletto ai "Filtri", un compendio di alcuni edifici realizzati tra la metà
dell'Ottocento e i primi del Novecento per la captazione delle sorgenti idriche,
consentirà al Comune - ha sottolineato il primo cittadino - di sfruttare la
proprietà in fondo a via Picard, detenuta fin dal 1919: «Ci vedo un bellissimo
albergo in riva al mare», sogna il borgomastro. Dipiazza ha glissato sui tempi e
sul valore dell'operazione - Ogs acquisterà il "24" -, ha però inquadrato
l'arrivo dell'istituzione in un contesto culturale-scientifico, dove il "23"
custodisce il "tappo" anti-inquinamento petrolifero della Saipem e dove il "26"
si candida a grande contenitore museale incentrato sul mare. Il sindaco non lo
ha detto esplicitamente, ma la cessione del "24" gli risolve un mezzo problema,
cioè quello di capire cosa fare dei due hangar a bordo banchina: va infatti
ricordato che ancora nel 2018 il duo "24-25" era indicato come sito per il museo
del mare, poi, tramontata quella prospettiva, ci fu una ridda di voci che
oscillava tra l'interesse di Fincantieri e l'ipotesi di un marina. Un'altra
novità su Porto vecchio riguarda le procedure di vendita del patrimonio
immobiliare. Giulio Bernetti, direttore dipartimentale di Lavori pubblici e
urbanistica comunali, nonché presidente di Ursus (consorzio per la
valorizzazione dell'antico scalo) informa che in ottobre, con decorrenza da fine
novembre, è stato firmato l'accordo tra lo stesso Ursus e la direzione regionale
dell'Agenzia delle entrate. L'obiettivo è valutare 32 immobili, suddivisi in 5
lotti, situati nell'area del Porto vecchio. Firmatari dell'intesa Bernetti e il
direttore giulio-friulano Guido Isolabella. L'agreement prevede che l'attività
dell'Agenzia si svolga nei prossimi dieci mesi con un rimborso dei costi
sostenuti pari a circa 85.000 euro. Queste stime costituiranno la base per
fissare il prezzo del bene da mettere all'asta. Ricordiamo che Ursus è
controllato al 52% dal Comune, mentre il restante 48% è suddiviso tra l'Autorità
portuale e la Regione Fvg, rappresentati nel consiglio di amministrazione
rispettivamente dalla vicepresidente del Coselag, Sandra Primiceri, e dal
dirigente Luciano Zanelli.
Massimo Greco
Progetto Museo del mare Arriva l'architetto Vazquez Consuegra - il 9 dicembre in sala Luttazzi al "26"
Giovedì 9 dicembre nella sala Luttazzi al Magazzino 26 di Porto vecchio andrà in
scena l'architetto Guillermo Vazquez Consuegra, il professionista sivigliano che
ha progettato la trasformazione del "26" in museo del mare. Verrà presentato
alla platea triestina da Giulio Bernetti e da Lucia Iammarino, la dirigente
comunale che ha seguito più da vicino il progetto. Progetto da 22 milioni di
euro (Iva compresa) la cui esecuzione è stata messa in gara e le sette offerte
sono al vaglio di una commissione formata dalla dirigente comunale Lea Randazzo,
dall'ingegnere Marco Karel Huisman e dall'architetto Andrea Benedetti. Le sette
offerte sono state presentate da cordate che alleano 13 aziende a livello
nazionale: 3 campane, 3 lombarde, 2 laziali, 2 regionali, 1 abruzzese, 1
toscana, 1 veneta. Nessuna triestina in campo, Ici coop di Ronchi e Ed Impianti
di Campoformido i "campioni" giulio-friulani. Vazquez Consuegra aveva vinto la
gara nel 2019 e il progetto era stato al centro di un lungo braccio di ferro con
la Soprintendenza, che alla fine l'aveva spuntata e la torretta di vetro,
disegnata dall'architetto andaluso, era stata espunta perché svettava troppo sul
tetto del "26". Molti i dubbi sull'operazione negli ambienti professionali
triestini, dove ci si chiede che senso aveva fare una gara internazionale con
nomi illustri per un progetto tutto sommato "conservativo" su un edificio già
restaurato. Di recente si era registrata anche una polemica tra alcuni esperti
di cultura marittima triestini e il Comune, che aveva secretato il percorso
museale preparato dalla fondazione Micheletti di Brescia.
magr
E nel laghetto del Collio spunta una rara specie di anatra Fistione
Turco - l'area umida Bosc di Sot
Si chiama Fistione Turco e ha eletto l'area umida di Bosc di Sot come sua nuova
casa. Si tratta di una particolare e rara specie di anatra, avvistata negli
ultimi tempi nella zona dei laghetti alle porte di Cormons. E ora Legambiente
chiede di tutelare l'ambiente dove l'animale ha scelto di stabilirsi. Le prime
apparizioni del Fistione Turco sono della scorsa primavera quando alcuni
naturalisti hanno notato l'arrivo di questa specie di anatra dal piumaggio
variopinto. I maschi, più appariscenti delle mimetiche femmine, presentano una
grossa testa di colore arancione, il becco rosso e il petto e la nuca neri. «Il
Fistione Turco - spiega la sezione goriziana di Legambiente - è considerato
specie "vulnerabile" dalla Lista rossa degli uccelli nidificanti in Italia del
2019. Questa nuova presenza, seppure occasionale, aggiunge ulteriore valore alla
ricca biodiversità non solo avifaunistica del sito con 33 specie finora
contate». L'ex comprensorio estrattivo di Bosc di Sot ha già assunto una valenza
naturalistica di livello nazionale, essendo stato inserito quest'anno fra le
Aree di rilevanza erpetologica nazionale per l'abbondanza di anfibi e rettili.
L'associazione ambientalista è preoccupata: «Siamo felici che i nuovi
proprietari e l'amministrazione comunale cormonese abbiano pubblicamente
manifestato - aggiunge Legambiente - la volontà di preservare la naturalità del
sito e le sue qualità di habitat di rifugio e riproduzione per molte specie
animali al fine di realizzarvi un'oasi naturalistica sul modello della Riserva
della Cona. Tuttavia proprio in questi giorni sono state tagliate molte
alberature morte all'interno del lago principale, elementi che rappresentano
rifugio e riparo per anatre e aironi». Pur trattandosi di una proprietà privata
l'associazione ricorda come il proprietario «deve eseguire un ripristino
ambientale a beneficio della collettività, come previsto dal decreto
autorizzativo dell'ex cava e per il quale è stata depositata una fideiussione di
circa 500 mila euro a favore del Comune di Cormons».
Matteo Femia
«Il sito della centrale è di A2A con la quale bisogna confrontarsi»
- la CGIL replica a Legambiente
La Cgil provinciale, sentitasi chiamare in causa da Legambiente, che ha
organizzato il convegno al Kinemax nel quale si è discusso sul futuro energetico
e sul progetto di turbogas per la centrale di A2A, interviene con una serie di
argomentazioni. «Innanzitutto, la Cgil non ritiene di aver perso alcuna
occasione di "ascoltare molte cose interessanti" come sostenuto da Legambiente,
tanto più in un convegno chiaramente indirizzato verso la sola posizione di
contrarietà. Ci sono anche esperti e studiosi con opinioni diverse sul futuro
energetico e sulla transizione, sul loro orizzonte temporale e la loro effettiva
sostenibilità». La Cgil si sofferma sulle argomentazioni «contradditorie a
favore del NO: da un lato la centrale non serve, è mera speculazione finanziaria
grazie al capacity market, la si costruirà non perché serve energia ma per
tenerla ferma... ci verrebbe da obiettare che una centrale ferma non inquina.
Dall'altro se inquina vuol dire che lavora e che quell'energia serve!». E le
alternative per il sito «ad oggi non ci sono. Quella di cui si dibatte è un'area
privata, discutere di futuri assetti che prevedano portualità, uso di banchine,
attività di qualsiasi altra natura è inutile se non viene fatto in accordo con
chi su quelle aree detiene diritti e proprietà. Lo smantellamento dell'attuale
impianto e della ciminiera potrà avvenire, temiamo, solo per mano di A2A, in un
accordo di programma che la vincoli a farsi carico degli ingenti costi
derivanti». Quanto all'occupazione dice: «Ricordiamo che Cgil Cisl Uil hanno
siglato con A2A un accordo che prevede la salvaguardia di tutti i livelli
occupazionali e la potenziale espansione tramite attività correlate,
comprendenti economie circolari e attività legate alla retro portualità ed alla
concessione dell'uso della banchina. Riteniamo che la riconversione del sito sia
ad oggi l'unica vera alternativa percorribile».
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 novembre 2021
Tram ecologico in Porto vecchio: progetto depositato in Comune
Un team di tecnici ed esperti del settore fa sapere di aver presentato e
lasciato in Municipio una bozza di lavoro per una mobilità alternativa
Ovovia o tranvia? È il dilemma amletico che incarna il dibattito, politico e
non, sul futuro della mobilità cittadina, con particolare riferimento al Porto
Vecchio. Creare un collegamento rapido, sicuro ed ecologico nell'antico scalo è
infatti una necessità che si sta avvertendo sempre di più, ora che l'iter per la
riqualificazione del sito sembra finalmente decollare. E, in tempi recenti, c'è
anche chi ha pure lasciato in via ufficiale negli uffici del Municipio una vera
e propria bozza di progetto. La proposta per allestire un impianto tranviario
proviene in particolare da un gruppo di tecnici ed esperti del settore,
rappresentati tra gli altri dall'ex capodeposito del tram di Opicina Paolo
Buzzi, che propongono appunto la rinascita di una linea tranviaria urbana per
una lunghezza di circa 2,5 chilometri. Ma perché proprio una linea tranviaria in
Porto vecchio? «La nostra idea - afferma Buzzi - prende spunto dalla singolare
iniziativa lanciata nel 2016 da Autorità portuale e Trieste Trasporti con il
supporto di FerStoria quando venne istituito il TramWay: un collegamento
ferroviario fra Molo IV e Magazzino 26 con due carrozze e altrettanti locomotori
diesel in trazione simmetrica, sfruttando i binari esistenti». Ben presto i fumi
della trazione diesel risultarono poco graditi e il servizio, complice pure il
cambio di colore dell'amministrazione comunale, ebbe vita breve. Ora però,
sostengono i responsabili di questo nuovo progetto, le dinamiche sono cambiate e
l'antico scalo sta mutando fisionomia, e si può pensare di poter disporre un
mezzo nuovo, idoneo, possibilmente ecologico. La proposta prevede l'utilizzo di
quattro vetture storiche (di cui tre motrici a carrelli, una a due assi e anche
un rimorchio), ossia i vecchi tram dell'ex rete urbana dell'Acegat attualmente
esposti nell'area del Museo ferroviario di Campo Marzio, che risultano di
proprietà del Comune. Ma un'idea del genere è fattibile? In varie città italiane
come a Roma e Milano, è la replica degli esperti, circolano per il servizio
ordinario tram con oltre 60 anni di vita e a Torino un vecchio tram di Trieste è
stato completamente restaurato e rimesso in servizio. «I rotabili - specifica
Roberto Chiandussi, cultore della materia di Udine - dovrebbero essere
sottoposti a revisione generale per quanto riguarda sia la cassa che per
l'adeguamento delle nuove tecnologie da installare. Un intervento che potrebbe
essere realizzato da aziende locali». Ma la parte interessante, insistono gli
addetti ai lavori coinvolti, riguarda quale sistema di alimentazione utilizzare.
«Abbiamo pensato - prosegue Daniele De Anna, un altro promotore del progetto -
che si potrebbe dar corrente con il classico filo aereo sorretto da pali, che
potrebbero fungere da fanali stile Belle Epoque anche per illuminare i viali del
Porto vecchio. Oppure si potrebbe dotare i veicoli del sistema "Primove",
realizzato dalla Bombardier: esso prevede la posa sotto il manto stradale di una
"serpentina" che per induzione magnetica alimenta i motori e ricarica gli
accumulatori montati sul veicolo. È un sistema diverso da quello adottato da
Stream». «Tale sistema - conclude Chiandussi - è già in uso sulla rete
tranviaria di Nanjing in Cina ed è stato sperimentato in Germania sulla tranvie
di Augsburg e in altre città tedesche. La nostra terza ipotesi invece propone il
sistema "Rampini Italia" realizzato con Siemens, che prevede un punto di
ricarica rapida degli accumulatori al capolinea utilizzando un pantografo alzato
all'occorrenza, sotto ad un tratto di "bifilare", come per i bus Rampini in
servizio a Vienna». Per completare l'impianto, ovviamente, andrebbero ricercate
altre vetture e bisognerebbe individuare l'area o un edificio che possano
ospitare il deposito e l'officina, tenendone il servizio staccato da quello del
tram di Opicina.
Andrea Di Matteo
IL PICCOLO - DOMENICA,
28 novembre 2021
MONFALCONE - Il PD "Consiglio comunale su A2A con la presenza della
Regione" - il dibattito sul polo energetico
La richiesta dei Dem: "La giunta Fedriga chiarisca la sua posizione. La
centrale lasci spazio al porto"
La transizione dell'area della centrale A2A da polo energetico ad hub per la
crocieristica, o comunque a polmone per l'espansione del porto, impone di
ritenere chiuso il tempo delle barricate. Il Pd monfalconese se da un lato apre
a un lavoro congiunto con l'amministrazione comunale per bloccare il progetto di
nuovo impianto a gas presentato dalla società termoelettrica, di cui sono
azionisti di controllo i Comuni di Milano e Brescia, dall'altro, però, chiede
che si apra un confronto in Consiglio comunale, presente la Regione. «C'è la
necessità di svelare la reale posizione dell'amministrazione regionale, che ha
già raggiunto un'intesa sul progetto nell'ambito del decreto di compatibilità
ambientale del Ministero della Transizione ecologica» ha spiegato ieri la
capogruppo consigliare Lucia Giurissa in un incontro nell'ex pretura, segnalando
l'incoerenza tra il rifiuto di qualsiasi confronto pubblico a Monfalcone da
parte dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro e la creazione di un
Comitato per i cambiamenti climatici Fvg. Nella riunione di mercoledì dei
capigruppo in vista della prossima seduta dell'assemblea la rappresentante dem
rinnoverà quindi la richiesta di dedicare una seduta al confronto su un «tema
delicato, mai dibattuto nelle appropriate sedi», invitandovi gli assessori
regionali all'Ambiente Scoccimarro e alle Attività produttive Sergio Bini. La
richiesta verrà avanzata a fronte non solo degli ultimi sviluppi (la sentenza
favorevole del Tar Fvg al diritto del Comune di Monfalcone di effettuare
depianificazione anche per l'area di proprietà di A2A, le azioni intraprese
dalle associazioni ambientaliste), ma anche della mozione presentata dal partito
a giugno. Con il documento il Pd punta a stimolare il sindaco Anna Cisint e
l'amministrazione comunale a promuovere una concertazione interistituzionale
«finalizzata a creare le condizioni per le quali A2A venda all'Autorità portuale
il sito che così si trasformerebbe da energetico a portuale, con ricadute ben
superiori per l'occupazione». Sindaco e giunta per il Pd dovrebbero anche
attivarsi nei confronti della Regione perché si modifichi il Piano energetico
regionale per armonizzarlo con la Strategia energetica nazionale e quindi con un
futuro che ormai punta all'abbandono delle fonti fossili. «È in ogni caso
indispensabile che il Comune di Monfalcone metta mano al Piano regolatore, fermo
alla fotografia scattata nel 2014 - ha osservato ieri il consigliere comunale
Fabio Del Bello -, armonizzandolo con le previsioni dell'Autorità di sistema
portuale e sapendo che il dialogo sul futuro dell'area non può prescindere dal
dialogo con gli operatori portuali». Al tavolo, però, il consigliere Paolo Fogar
vorrebbe vedere tutti gli attori coinvolti dal progetto, che per Legambiente,
come per l'amministrazione comunale, è giustificato solo dal meccanismo del
Capacity market. «Ognuno ha la sua motivazione, in questa vicenda, ma tutti
devono tenere conto - ha aggiunto - dei cambiamenti climatici già in atto e dei
danni subiti innanzitutto dal rione Enel e dai suoi abitanti». Se i problemi da
affrontare sono quelli ambientali, della proprietà, delle bonifiche e degli
investitori sull'area, allora «al tavolo devono venirci il Governo, la Regione,
A2A, il Comune, sindacati, associazioni ambientaliste, Confindustria. Il Pd
monfalconese è pronto a fare la sua parte per fare in modo il tavolo si crei»,
hanno assicurato tutti i consiglieri dem .
Laura Blasich
LA REPLICA - Il sindaco sono vittime di contrasti al loro interno
In merito alle istanza del Pd sulla vicenda della centrale ecco la replica del
sindaco Cisint: «Il Pd ha avuto due occasioni per dare il proprio contributo e
in entrambe ha perso l'occasione di pronunciarsi in modo chiaro nell'interesse
della città a causa delle contraddizioni interne. L'assemblea cittadina si è
pronunciata in modo inequivocabile con la delibera dell'8 marzo nella quale si
manifesta la volontà del territorio di non essere più polo energetico. La
maggioranza ha votato compatta a favore, Morsolin e Maccarini contro mentre i Pd
Del Bello e Giurissa si sono astenuti. Sulla base di quel pronunciamento è stata
adottata la norma di salvaguardia urbanistica, a cui si è opposta A2A con un
ricorso al Tar, che nella sostanza ha dato ragione al Comune. Ovvio che ora il
Pd è spiazzato. Anche perché il loro segretario provinciale Moretti si è
schierato a favore del nuovo impianto. Il Pd non è in grado di dire in modo
univoco cosa intende proporre. È stato Franceschini, con Cingolani, a porre la
firma sulla valutazione ministeriale favorevole: cosa ha fatto il Pd ai vari
livelli di governo? Se il Pd decide di essere contrario alla rigassificazione
ben venga anche il loro pronunciamento. Nel frattempo, non c'è alcuna ragione
perché la maggioranza cambi le decisioni assunte».
IL PICCOLO - SABATO,
27 novembre 2021
"Le sedi di Esatto e Welfare, il recupero della Terapeutica e il
trasloco dell'Ortofrutta" - La Sacchetta verso il rilancio
Il sindaco con l'assessore Lodi all'ex Meccanografico, dove sono iniziati i
lavori di riqualificazione del rudere. "E all'ex Cartubi il Parco del mare"
Roberto Dipiazza si guarda in giro mentre presidia l'ingresso del rudere che tra
un anno e mezzo diventerà la sede di Esatto e di una parte del Welfare
municipale. Siamo all'ex Meccanografico in via Ottaviano Augusto. Il braccio del
sindaco volteggia: «All'ex Cartubi nascerà il Parco del mare (vedi Camera di
commercio), davanti spero che la Terapeutica venga dissequestrata a fine gennaio
così da vagliare la recuperabilità della struttura. A fianco trasferiremo
l'Ortofrutta all'ex Manifattura tabacchi e in un primo tempo l'area sarà
destinata a parcheggio dei crocieristi, a sgravio delle Rive». E rammenta la
riqualificazione della confinante stazione di Campo Marzio. Sui tempi
realizzativi di questo domino edile-urbanistico il borgomastro gigioneggia: «Ho
tempo fino alla primavera 2027, preferisco non fare pronostici. Qui all'ex
Meccanografico abbiamo aspettato quasi vent'anni!». Gli chiedono se non era
meglio fare un albergo o qualcosa di più attrattivo dal punto di vista turistico
piuttosto che una sede di uffici: «Ogni tanto bisogna pensare al comfort dei
cittadini - replica- costretti per troppi anni a soffrire le difficoltà
logistiche di piazza Sansovino. Qui in Sacchetta troveranno ampio parcheggio e
sportelli modernamente organizzati». Infatti c'è già un'idea di massima su come
redimere tutto quel cemento armato che dal 1986 ha resistito eroicamente a
sbagli e incuria. La illustra l'assessore Elisa Lodi insieme al presidente di
Esatto, Andrea Polacco, assistiti dai dirigenti comunali Lucia Iammarino e Mauro
Silla. La disponibilità è piuttosto ampia, con 800 metri quadrati distribuiti su
ognuno dei tre piani per un totale di 2.400 metri quadrati.All'interno Esatto,
con una quarantina di dipendenti, comanderà al pianterreno e nella porzione
occidentale del primo piano. I 70 dipendenti del Welfare municipali occuperanno
il lato orientale del primo piano e l'intero secondo piano dell'edificio.
All'esterno si provvederà al completamento della copertura, alla sistemazione
delle facciate con un cappotto esterno per migliorare le prestazioni termiche,
alla probabile costruzione di una nuova scala nel lato B dello stabile, dove si
allarga un cortile il cui futuro è ancora al vaglio degli inquirenti.
L'assessore Lodi ha ribadito il quadro economico dell'intervento, che ammonta a
4,6 milioni. Riccesi (presente all'evento l'architetto Donato) e Balsamini, che
hanno vinto l'appalto edile e impiantistico, avevano proposto un ribasso del 7%
a 3,6 milioni. Soddisfatto Polacco, che finalmente, dopo un lungo pellegrinare
tra tante ipotesi (da Casa Francol alla Cassa di risparmio), ha trovato una baia
dove mettere a riparo uffici, archivio, sportelli. «Cambiamento di vita
epocale», ha detto con un filo di commozione riandando al disagio provocato
dalle attuali tre sedi (Sansovino, Revoltella, D'Alviano). La presenza di Mauro
Silla, che andrà in pensione mercoledì primo dicembre, ha attestato che gli
uffici comunali a essere colà trasferiti sono quelli del Welfare al momento
allestiti in via della Scalinata nella cosiddetta "casa blu", proprietà della
Fondazione Ananian presa in affitto alla cifra di 78 mila euro annui mediante un
contratto valido fino al 2027. Si tratta di due servizi, "anziani" e "adulti".
L'ex Meccanografico inizia la sua terza esistenza: la prima sbocciò nelle
tecnologie delle Ferrovie, la seconda naufragò nelle illusioni museali di Era e
Alinari. L'Immaginario scientifico scelse il Magazzino 26. Lo stabile fu messo
in vendita dalla civica amministrazione che poi ci ripensò a uso personale.
Massimo Greco
Rifiuti ferrosi fuorilegge e 140 milioni "fantasma": chiesto il processo
per 32 - l'inchiesta - L'operazione della Dda tra Friuli e Veneto
Centomila tonnellate di rifiuti ferrosi smaltiti in violazione degli obblighi
ambientali, 140 milioni "invisibili" per il fisco, 32 indagati tra imprenditori,
titolari di imprese di trasporti, commercianti di materiali ferrosi e autisti.
Un lavoro di indagine partito nel 2013, quello della Finanza di Pordenone,
condensato nella richiesta di rinvio a giudizio a vario titolo per associazione
a delinquere, traffico illecito di rifiuti e frode fiscale da parte della
Direzione distrettuale antimafia di Trieste. Coinvolte appunto 32 persone di
Pordenone, Venezia, Treviso, Belluno, Verona e Padova: ieri si sono costituite
le parti a Trieste, con udienza rinviata al 24 gennaio. L'operazione "Via della
seta" ipotizzava un patto tra criminalità italiana e cinese. I sanvitesi Stefano
Cossarini, 46 anni, Roger Donati, 48, e Fabrizio Palombi, 43, secondo la Procura
antimafia, avrebbero ideato un'associazione a delinquere per l'emissione e
l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Nel mirino anche Guido
Masciello e Cristiano Altan, 47 e 48 anni, domiciliati a San Michele al
Tagliamento, e Giuseppe Farano, 52, domiciliato a Gradisca: secondo la Procura
sono amministratori e prestanome delle società fittizie create allo scopo. Oltre
a Cossarini (revocati i domiciliari), Donati e Palombi (misura cautelare
ridimensionata in obbligo di dimora), Masciello (revoca misura cautelare), Altan
(revoca obbligo di firma) e Farano, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio
per il pordenonese Stevan Simonato, i padovani Luca Cavaliere e Alberto Mozzo, i
trevigiani Ginetto Dal Bo', Lamberto Dal Pos, Luca Da Rios, Alessandro De Zan,
Matteo De Zan, Dalibor Durdevic, Rudi Gaiotto, Valter Giacomin, Regina Giotto,
Giuseppe Marconato, Fabrizio Modolo, Antonio Riccio, Andrea Segat, Alberto
Soligon, Marika Verdani, Roberto Vettorel, Amar Wade e M'Hamed Zakri, i
bellunesi Siro Golin, Roberto Pellizzari e Stefano Pellizzari, il veneziano
Guido Michielon e il veronese Graziano Romellini.
«Funicolare città-Carso al posto dell'ovovia»
- la controproposta del circolo PD altipiano est
TRIESTE. Una funicolare al posto dell'ovovia «impossibile da realizzare, perché
insisterebbe su un'area tutelata dalla legge». È questa la proposta del Circolo
Pd dell'Altipiano Est. «Mentre l'amministrazione si impegna su un'opera che
cozza contro la legge - si legge nella nota del Pd - non mancano proposte
concrete per ridisegnare il trasporto pubblico fra il Carso e la città, come
indicato dal consigliere comunale Stefano Ukmar. La funicolare - continua il
testo del circolo dem - è una modalità di trasporto terrestre che appartiene
alla categoria dei trasporti a fune. Gli impianti funicolari - si precisa - sono
adatti al superamento di dislivelli in ambiti montuosi, ma sono applicabili
anche su terreni pianeggianti. In questo modo si offrirebbe un tracciato
esistente per una linea dotata di moderne navette, capaci di collegare in meno
di un quarto d'ora il centro di Opicina con Trieste e viceversa».
U.SA.
Gli ambientalisti sul turbogas di A2A: «È una bufala l'uso
dell'idrogeno»
«Verrà costruito il ciclo aperto pagato con il capacity market mentre il
ciclo combinato resterà nel cassetto per mancanza di richiesta»
Le dichiarazioni di Cgil e Confindustria a sostegno della riconversione a gas
della centrale A2a sono ancorate al passato. A dirlo sono Legambiente del Friuli
Venezia Giulia e di Monfalcone che, dopo il convegno organizzato una settimana
fa al Kinemax, ribadiscono come «la transizione ecologica è urgente e non ha
bisogno dei combustibili fossili». «La decarbonizzazione, tanto decantata in
ogni occasione, è imprescindibile, urgente e riguarda tutti i combustibili
fossili, gas naturale compreso - afferma l'associazione ambientalista -; una
prospettiva diversa per l'area ora occupata dalla centrale di A2a non è
un'opzione, bensì una necessità vera e propria per Monfalcone e per l'intero
sistema regionale». Al convegno, se vi avesse partecipato, come la Regione,
«pure essa invitata e clamorosamente assente», la Cgil, secondo Legambiente,
«avrebbe potuto ascoltare molte cose interessanti, che anche Confindustria non
dovrebbe sottovalutare». A partire dal fatto che «la potenza elettrica
disponibile in Italia è sovrabbondante, quindi non servono nuove centrali» e che
a «rendere conveniente l'investimento per la realizzazione della centrale è il
Capacity Market, un sistema di remunerazione delle aziende elettriche per tenere
ferme le loro centrali ed essere pronte ad entrare in servizio in caso di
richiesta della rete». Il problema della variabilità di richiesta elettrica è
reale, riconosce Legambiente, rilevando, però, come emerso nel convegno, che la
compensazione si può ottenere sfruttando i pompaggi da impianti idroelettrici
(da strutture già esistenti su tutto l'arco alpino) e da stazioni di accumulo
elettrochimico con batterie. La centrale in progetto prevede inoltre un ciclo
aperto turbogas (che verrà pagato con il capacity market) e un ciclo combinato.
«Come da fasi progettuali note, verrà costruito per primo il turbogas e,
azzardando una facile profezia, il ciclo combinato resterà nel cassetto per
mancanza di richiesta - aggiunge Legambiente -. Questo fa ben comprendere quanto
sia una bufala il dichiarato utilizzo dell'idrogeno». Quindi l'occupazione. «A
regime, la centrale darebbe impiego a poco più di 30 addetti, ma se consideriamo
l'aleatorietà relativa alla realizzazione del ciclo combinato, potrebbero essere
anche di meno», dice Legambiente ribadendo come un'alternativa di sviluppo del
sito, legata alla portualità, ma non solo, sia possibile, con «la cooperazione
dei diversi soggetti istituzionali ed economici per affrontare concretamente il
futuro».
LA. BL.
IL PICCOLO - VENERDI',
26 novembre 2021
Dalle casse comunali altri 250 mila euro per il tram di Opicina
Pronti ulteriori fondi per lavori aggiuntivi tra rotaie e deviatoi E ora si
attende la fornitura degli ultimi 200 metri di binari
Mentre i lavori continuano, con l'arrivo a breve degli ultimi 200 metri di
binari, il Comune stanzia ancora 250 mila euro per il tram di Opicina.
L'obiettivo è apportare ulteriori migliorie alla linea, che secondo il sindaco
Roberto Dipiazza sarà nuovamente operativa nei primi mesi del prossimo anno. Si
tratta, nel dettaglio, del progetto di fattibilità tecnico-economica di alcuni
interventi complementari, approvato dalla giunta nei giorni scorsi con apposita
delibera. In sintesi i nuovi lavori previsti, come chiarisce l'assessore ai
Lavori Pubblici Elisa Lodi, serviranno al rinnovamento di deviatoio con totale
ricambio delle traverse, traversoni e massicciata, la manutenzione straordinaria
dell'armamento in alcuni tratti, l'eventuale saldatura delle rotaie in
corrispondenza dei tagli in precedenza eseguiti e la revisione completa delle
casse di manovra. Revisione e rinnovamento dovranno coinvolgere i deviatoi:
Vetta Scorcola, Cologna, Conconello, Banne e Campo Romano. Tra le voci della
delibera, 140 mila euro vengono indicati per l'importo dei lavori, 26 mila
servono per la fornitura delle traverse, ci sono poi oneri legati alla sicurezza
e altri capitoli di spesa necessari. Un programma di opere aggiuntive, che si
sommano a quelle del cantiere già in corso, per cui l'assessore rassicura come
stiano proseguendo secondo i tempi previsti, «nei giorni scorsi - spiega - «gli
operai lavoravano sul tratto di via commerciale, stanno eseguendo le saldature
su vari tratti della linea, attendiamo la fornitura del ultimi 200 metri di
binari e relativa minuteria. Si va avanti, con la massima attenzione -
sottolinea - affinché la ditta completi i lavori così da ottenere quanto prima
le autorizzazioni dall'Ustif. A conferma della volontà della giunta di far
ripartire uno dei nostri simboli di Trieste». E sull'obiettivo di riportare in
tempi brevi la storica carrozza in attività era intervenuto alcune settimane fa
anche il sindaco Roberto Dipiazza, che ai microfoni di Telequattro aveva
annunciato la ripresa delle corse il prossimo 1 febbraio. E intanto ieri la
giunta comunale si è riunita con l'attenzione diretta al settore della cultura e
allo sport. Tra i diversi provvedimenti approvati, su proposta del vicesindaco e
assessore ai Teatri Serena Tonel, viene stanziato un contributo di 50 mila euro
per il Teatro Stabile La Contrada a sostegno delle attività per l'anno 2021, il
contributo annuale ordinario al Teatro Stabile Sloveno e la fissazione della
quota annua di contributo a copertura delle spese di esercizio della sala
teatrale. Mentre su proposta dell'assessore Lodi, è stata approvata la spesa
complessiva di 200 mila euro per la tribunetta del campo sportivo di Costalunga.
Micol Brusaferro
Al via i centri di raccolta e riciclo delle capsule di caffè usate
Iniziativa della Regione in collaborazione con illycaffè, Nestlé e Acegas
Riciclare le capsule di caffè. È l'obiettivo del progetto ReCap, acronimo che
sta a significare proprio "recupero capsule" e che è entrato da ieri nella sua
fase operativa. Un'iniziativa portata avanti dalla Regione Fvg in collaborazione
con due grandi aziende del settore come illycaffè e Nestlé e con i gestori dei
rifiuti urbani AcegasApsAmga, Net e A&T 2000. «Siamo i primi in Europa ad aver
messo in campo un progetto reale di economia circolare - spiega l'assessore
regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro - e oggi passiamo dalla fase di
progettazione alla sua realizzazione concreta». A vedere il progetto diventare
realtà saranno all'inizio solo quattro comuni della Regione (Trieste, Udine,
Campoformido e Pasian di Prato) per la durata di tre mesi, ognuno con modalità
diverse di conferimento delle capsule esauste. Per quanto riguarda il capoluogo
regionale, le stesse saranno raccolte in un sacchetto specifico, appositamente
confezionato e messo a disposizione dei cittadini, che potrà essere ritirato
nell'ufficio relazioni con il pubblico della Regione di piazza dell'Unità 1
assieme a un piccolo contenitore per la raccolta in casa. Questo, una volta
riempito di capsule usate, potrà essere conferito nei quattro centri
AcegasApsAmga di via Carbonara 3, via Valmartinaga 10, Strada per Vienna 84 e
via Giulio Cesare 10.Il riciclo si potrà effettuare per tutte le marche
disponibili in commercio di caffè in capsule. «Questo ci permetterà di essere
leader nel recupero di plastica ad elevatissima qualità e di alto valore di
mercato - prosegue Scoccimarro -, consentendo un vero sviluppo sostenibile ed
evitando così di depauperare ulteriori risorse naturali. Il progetto potrà
essere finanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza perché
risponde ai criteri di sostenibilità dello stesso Pnrr».
Lorenzo Degrassi
Il traffico illecito di rifiuti a Mossa «Accordo per l'uso del
capannone»
Di Nardo e Pellizon avevano dato il «consenso al deposito» a Dalla Santa.
Profitto di 200 mila euro
MOSSA. «L'attività di ricerca di capannoni dismessi, nell'interesse dei fratelli
Dalla Santa, non era stato un fatto isolato, bensì la protrazione di una
condotta illecita risalente al settembre 2018, che aveva coinvolto lo stesso
capannone di Mossa, dove fino al marzo 2019 era stata effettuata una serie
reiterata di scarichi di rifiuti, tra loro collegati da un nesso di abitualità,
con gestione abusiva degli stessi rifiuti». È uno dei passaggi contenuti nelle
motivazioni alla sentenza pronunciata dal giudice Concetta Bonasia lo scorso 2
novembre, di condanna nei confronti di Giuliano Di Nardo, 49 anni, partenopeo
residente in Campania, Piero Pellizon, 41, di Gorizia, e Alessio Dalla Santa,
45, di Belluno, nonché, ai fini della responsabilità delle persone giuridiche,
delle società Promogestimm Di Nardo Srl e Piero Pellizon Immobiliare Srl. Il
reato è quello di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (452
quaterdecies Cp), in concorso (110 Cp). Rifiuti costituiti da residui plastici,
gestiti senza autorizzazione amministrativa, al fine di trarne profitto. Con ciò
«raggiungendo un accordo» per la «sistematica utilizzazione del capannone di via
Isonzo», realizzando modifiche strutturali per consentire l'accesso degli
autotreni carichi di rifiuti.Il periodo considerato è da settembre 2018 fino al
28 marzo 2019, quando i carabinieri avevano sorpreso in flagranza alcuni
soggetti intenti a effettuare operazioni di scarico. Il capannone era stato
posto sotto sequestro. Il giudice ha disposto la confisca, assieme a mezzi e
attrezzature utilizzati per commettere il reato. A metà novembre il magazzino ex
Bertolini è stato avvolto dalle fiamme, un vasto incendio con pericoli sotto il
profilo dell'inquinamento.Tornando alle motivazioni alla sentenza, si fa
riferimento alle indagini fino al blitz dei carabinieri, che avevano riscontrato
un quantitativo di rifiuti stimato in 4.346 tonnellate stoccate nel capannone.
Una quantità ridimensionata in 770,205 tonnellate dal perito incaricato
nell'ambito del processo a fornire un'analisi sul materiale posto sotto
sequestro, ritenuta attendibile dal giudice e comunque considerata «ingente».
«Del resto che il quantitativo di rifiuti rinvenuto nel capannone di Mossa fosse
ingente, risulta provato dalla circostanza che, per portarlo a destinazione,
erano stati necessari numerosi viaggi», argomenta il giudice che definisce
«provata oltre ogni ragionevole dubbio anche l'integrazione di quella
"abitualità", che costituisce requisito imprescindibile del delitto in esame».
Nelle 47 pagine di motivazioni alla sentenza, vengono ripercorsi le indagini e
il dibattimento, tra testimonianze, tabulati relativi a una serie di
intercettazioni telefoniche, dati anche avvalendosi di tre aziende specializzate
del settore dei rifiuti, che avevano visionato le "ecoballe" presenti nel
capannone, per fornire una valutazione economica in termini di oneri di gestione
dei rifiuti, al fine di quantificare il profitto del reato, calcolato in
202.303,38 euro. In base alle indagini, come testimoniato in dibattimento, il
coinvolgimento dei tre imputati è stato schematizzato in questi termini: Alessio
Dalla Santa aveva inviato i rifiuti rinvenuti nel marzo 2019 al capannone di via
Isonzo, messo a disposizione da Di Nardo e Pellizon. Erano stati eseguiti i
lavori di adattamento per facilitare l'ingresso dei Tir, nonché la modifica alla
muratura del capannone e la realizzazione di una rampa di accesso laterale. Il
giudice afferma che «risulta provata la sussistenza di un'attività organizzata
per il traffico illecito di un ingente quantitativo di rifiuti». Nell'analizzare
gli elementi di prova a carico di Dalla Santa, il giudice conclude che «aveva
pienamente contribuito alla realizzazione del fatto di reato», nell'avvalersi di
intermediari per individuare il capannone di Mossa, e facendo eseguire i lavori
sull'immobile, con l'invio dei primi Tir. Di Nardo e Pellizon «pur di incamerare
il canone di locazione promesso da Dalla Santa, «avevano dato il consenso al
deposito illecito dei rifiuti». Si parla di un "accordo" concluso con Dalla
Santa nell'ottobre del 2018. Di «piena consapevolezza» da parte di Di Nardo e
Pellizon su «cosa Dalla Santa dovesse realmente scaricare» nel sito. La
questione era in sostanza legata al pagamento del canone di locazione. E se i
due soci s'erano alterati per il deposito di quei rifiuti, minacciando di
chiamare le forze dell'ordine, era perché il conferimento era avvenuto «senza
che Dalla Santa avesse pagato il canone, come si erano invece accordati». Per il
giudice «l'intera condotta di Di Nardo e Pellizon era stata sorretta da dolo,
intenzionale e specifico».
Laura Borsani
Legambiente dopo il rogo vuole essere parte civile
Legambiente ha nominato l'avvocato Daniela Moreale di Udine, affinché la assista
nel procedimento penale che scaturirà dall'incendio dello stabilimento ex
Bertolini a Mossa quale parte offesa. La Procura deve ancora definire i contorni
(il fascicolo è per incendio). «Chiediamo di valutare se ci sono ricadute
dell'inquinamento sul suolo e nelle acque di falda e procedere alla bonifica del
sito» dice Anna Maria Tomasich del Circolo di Gorizia.
Russian: «Smaltire al più presto ciò che rimane della plastica»
L'appello del sindaco a eliminare quanto rimane del materiale illegale Il
Comune impegnato su tutti i fronti per scongiurare ogni tipo di rischio
Mossa. «Chiedo fermamente agli organi preposti che venga smaltito il più
velocemente possibile tutto ciò che resta dei rifiuti incendiati nella ex
Bertolini. Ed è imprescindibile la realizzazione di approfondite analisi sul
percolato e sul suolo per fugare ogni dubbio sulla eventuale presenza di
sostanze inquinanti e potenzialmente dannose per la salute. Confido che queste
analisi vengano fatte il prima possibile e di ricevere subito le risposte alle
mie richieste al fine di togliere le limitazioni ancora in vigore». È ancora
angosciato il sindaco di Mossa, Emanuela Russian, ad una decina di giorni
dall'incendio che ha distrutto l'ex fabbrica Bertolini. Da quel giorno tutta la
struttura comunale è impegnata in modo continuo e senza sosta, sia dal punto di
vista operativo sia burocratico, per fronteggiare ogni possibile rischio. Dal
Comune di Mossa sono state emanate ordinanze specifiche, restrittive nei
confronti della popolazione, vocate a fronteggiare l'emergenza e, operando
secondo i principi della massima cautela e prudenza, tutelare il più possibile
la salute e l'incolumità di tutti.«Questi organismi, Arpa e Asugi in primis,
hanno collaborato attivamente con il Comune - afferma il sindaco - rispondendo
alle missive da noi inviate e fornendo informazioni e dati importanti per poter
fare scelte appropriate. Oltre alla ricerca di Pm10 nell'aria, con analisi
effettuate fin dalla sera dell'incendio, abbiamo richiesto ulteriori
approfondimenti in merito alla possibile presenza di fibre di amianto e di
diossine. Arpa ha fatto pervenire, a partire dal 18 novembre, note che hanno
evidenziato l'assenza di impatto ambientale. La proroga della prima ordinanza si
è resa necessaria in quanto non vi erano ancora informazioni circa la possibile
presenza di amianto e diossine nell'aria. Con nota del 19 novembre ci è stata
comunicata dall'Arpa la non rilevabilità di fibre-amianto e di problematiche
inerenti alle diossine. Anche l'Asugi ha inviato un suo parere evidenziando che
non si ravvisa un potenziale rischio per l'incolumità della salute pubblica».
«Continueremo inoltre a collaborare con tutte le autorità, le istituzioni e gli
enti interessati da questa vicenda - prosegue il sindaco - con l'intenzione di
comprendere le cause dell'incendio».
Francesco Fain
Danieli, asse di ferro con Metinvest per l'acciaio green puntando a
Trieste
Entro gennaio gli ucraini devono decidere se investire 700 milioni
nell'impianto di Muggia. Bini: «Lavoriamo con i soggetti coinvolti
TRIESTE. La necessità di rendere più sostenibile la produzione di acciaio,
azzerando l'impiego del carbone e abbattendo le emissioni di CO2, mantenendo la
competitività, è uno dei "motori" della crescita, già avviata e destinata ad
aumentare in futuro, del Gruppo Danieli, tra i principali produttori al mondo di
impianti siderurgici. Il business passa certamente dalla costruzione di nuove
acciaierie, ma anche dall'ammodernamento di quelle esistenti attraverso
l'utilizzo di tecnologie che consentano, ad esempio, il passaggio dal carbone al
gas e, in prospettiva, all'idrogeno, o trovando modalità di compensazione della
CO2 che viene emessa, per ridurre la Carbon tax che pesa, anch'essa, sulla
competitività del prodotto. In questa direzione vanno tre accordi che Danieli ha
appena siglato con alcuni big dell'acciaio: l'ucraina Metinvest, la russa Pjsc
Mmk, e l'indiana Tata steel. L'impegno con Metinvest, in attesa della decisione
del gruppo ucraino su dove collocare il nuovo impianto da 600/700 milioni di
euro (sul cui investimento il board ha già deliberato) tra i potenziali siti
individuati, e sono tre di cui due in Italia, tra cui Trieste, e uno in un altro
Paese che si affaccia sull'Adriatico, riguarda l'implementazione di tecnologie
per la produzione di "acciaio verde" sia negli stabilimenti operativi del gruppo
in Ucraina che nei Paesi Ue. Rispetto alla decisione sulla sede del nuovo
laminatoio, nulla si sa ancora, ad eccezione del fatto che «la Regione - spiega
l'assessore alle Attività produttive, Sergio Bini - sta lavorando insieme agli
altri soggetti coinvolti. È assoluto interesse del Fvg attrarre questi grandi
investimenti anche per le ricadute occupazionali sul territorio». È noto che il
Gruppo ucraino intende costruire un nuovo laminatoio e se la scelta cadrà sul
Fvg, l'area interessata è quella delle Noghere nel comune di Muggia. Un'altra
intesa Danieli l'ha siglata con i russi di Mmk e anche questa ha l'obiettivo di
identificare le tecnologie utili al processo di decarbonizzazione degli
impianti, con conseguente migliore sostenibilità ambientale e riduzione delle
emissioni. Stessi impegni con Tata steel. «L'obiettivo che abbiamo in comune -
spiega il presidente di Danieli, Gianpietro Benedetti - è quello di accelerare
il percorso del mondo dell'acciaio verso la sostenibilità. Le strade per
raggiungerlo sono diverse come diversi sono gli impianti oggi in esercizio. Da
qui la necessità di studi approfonditi su ogni singolo impianto per costruire
soluzioni taylor made, ovvero su misura. Laddove sono presenti gli altiforni, la
prima tappa è quella di ridurre, grazie alla tecnologia sviluppata da Danieli
Corus, le emissioni di CO2 dal 14 al 35%, la seconda prevede la sostituzione del
carbone con il gas, per arrivare, quando sarà disponibile, all'utilizzo
dell'idrogeno e al risultato finale che sarà il Net zero». Un percorso che
richiede investimenti ai produttori di acciaio, ma che prevede penalizzazioni
per chi non lo avvia. «La tassa sulle emissioni di CO2 (oggi sopra i 50 euro a
tonnellata) è destinata a crescere significativamente - ricorda Benedetti - e
produrre acciaio in modo non sostenibile rischia di essere penalizzante. Una
valutazione ragionata deve dunque tenere conto che il costo di produzione (Opex)
non è più solo il costo di trasformazione per tonnellata più il costo degli
ammortamenti, ma deve tenere conto anche della tassa sulla CO2 per tonnellata di
prodotto». Infine, a completare il quadro, c'è anche la normativa europea allo
studio che istituisce la tassa sulle emissioni di CO2 dei prodotti importati:
una sorta di "dazio alla frontiera" destinato a penalizzare maggiormente chi più
inquina.
Elena Del Giudice
Mediterraneo sostenibile e sicuro: premio internazionale all'Ogs - IL
RICONOSCIMENTO
Primo posto per il progetto dell'istituto fra 54 elaborati in lizza
Il progetto BlueSkills dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica
sperimentale - Ogs, che promuove lo sviluppo di nuove competenze dei giovani
talenti nel settore marino e marittimo, si è classificato al primo posto nella
categoria "Skill Development and Circulation" del WestMed Project Awards,
risultando anche il vincitore finale dell'edizione 2021 dell'omonimo premio.
Premio che, alla prima edizione, ha lo scopo di identificare i migliori progetti
in grado di fornire soluzioni innovative e replicabili in accordo con la visione
dell'iniziativa WestMed per il Mediterraneo occidentale. Al concorso hanno
partecipato 54 progetti provenienti da entrambe le sponde del bacino
mediterraneo, tra i quali la commissione esaminatrice ha individuato cinque
progetti «di grande interesse e valore» che hanno ricevuto il conseguente
riconoscimento internazionale. «Il progetto BlueSkills, che ha ricevuto il
riconoscimento da parte dell'Unione per il Mediterraneo, promuove proprio le
opportunità di carriera nei vari settori dell'economia blu sostenibile», precisa
Mounir Ghribi, direttore della Cooperazione internazionale dello stesso Ogs.
«Grazie alle attività del progetto, l'Ogs favorisce lo sviluppo delle competenze
dei più giovani, promuovendo lo scambio di conoscenze e valorizzando la ricerca
per un Mediterraneo più sostenibile», conclude Ghribi, che è anche coordinatore
del progetto BlueSkills, finanziato grazie al ministero per l'Università e la
Ricerca. La cerimonia di premiazione - si legge in un comunicato diffuso ieri -
è avvenuta a Roma lo scorso 9 novembre, nel corso della WestMed Stakeholder
Conference, organizzata dalla co-presidenza italo-libica della WestMed
Initiative, per approfondire per l'appunto il tema dell'economia blu sostenibile
nella regione mediterranea. La WestMed Initiative è promossa dall'Unione per il
Mediterraneo grazie al supporto della Commissione Europea per aumentare la
sicurezza marittima, promuovere la crescita blu sostenibile e preservare gli
ecosistemi e la biodiversità.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
25 novembre 2021
Centrale A2A e disastro ambientale. L'udienza preliminare salta subito.
L'azienda eccepisce il vizio di notifica di conclusione indagini: primo atto
di una lunga battaglia legale
Un vizio formale di notifica ha portato all'annullamento del decreto di
fissazione dell'udienza, che a questo punto riporta sostanzialmente all'inizio,
ossia all'avviso di conclusione delle indagini. Non è dunque "decollato" il
procedimento preliminare in relazione alla centrale di Monfalcone che vede
indagato l'ex direttore dell'impianto termoelettrico, ingegner Roberto Scottoni,
47 anni, in ordine al reato di disastro ambientale (articolo 452 quater, comma
1, numero 2, e comma 2 del Codice penale), nonché la società A2A EnergieFuture
Spa, quale persona giuridica, ai fini della responsabilità amministrativa
(articolo 25 undecies, decreto legislativo 231/01). L'udienza fissata dal Gup
Carlo Isidoro Colombo, ieri mattina s'è aperta e nel giro di una decina di
minuti si è chiusa proprio in virtù del difetto di notifica nei confronti della
stessa società. L'avvocato Ferro, presente in aula in sostituzione dell'avvocato
Saponara, entrambi del Foro di Milano, ha subito sollevato l'eccezione inerente
la mancata ricezione dell'avviso di conclusione delle indagini, in base
all'articolo 415 bis del Codice di procedura penale. L'avviso contiene la
sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge
che si assumono violate, l'avvertimento che la documentazione relativa alle
indagini espletate è depositata presso la segreteria del pm e che l'indagato e
il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estarne copia, come si
evince dall'art. 415 bis Cpp. Un aspetto di non poco conto, nel permettere in
questa fase la possibilità di visionare gli atti del pm, al fine di istruire
l'indagine difensiva. Il Gup Colombo ha quindi rilevato che l'eccezione
sollevata era fondata, restituendo gli atti al pubblico ministero, che
provvederà alla rinotifica dell'avviso di conclusione delle indagini. Va da sè
che il giudice delle indagini preliminari procederà poi a rifissare l'udienza.
Un vizio formale, ma che di fatto lede il diritto ad una compiuta attività
difensiva. E per un procedimento che chiama in causa il presunto inquinamento
della centrale di Monfalcone nei termini ipotizzati del disastro ambientale, il
difetto di notifica assume una valenza di particolare peso. Dà anche la misura
dell'imponenza della questione, per la quale c'è da prospettare un confronto
delle parti senza esclusione di colpi. A2A, dunque, ha eccepito la nullità di
notifica, nei termini del 415 bis, e conseguentemente viene annullato anche
l'atto di convocazione dell'udienza preliminare. L'ente chiamato a rispondere
della responsabilità amministrativa peraltro non è "equiparabile" all'indagato,
che in questo caso ha invece ricevuto correttamente l'avviso di conclusione
delle indagini, da qui la rimessione degli atti da parte del Gup, ai fini della
relativa regolarizzazione. A rappresentare l'ingegner Scottoni ieri, erano
l'avvocato e professore Piermaria Corso, del Foro di Milano, assieme
all'avvocato Manuela Tortora. Per la Procura c'era il sostituto procuratore
Laura Collini. Persone offese individuate nel procedimento sono Anna Maria
Cisint che nel suo ruolo di sindaco rappresenta anche il Comune di Monfalcone
(avvocato Giulia Martellos), l'associazione ambientalista Eugenio Rosmann
(avvocato Paolo Coppo), la Lepanto Yachting Service Srl (quest'ultima non era
presente ieri in aula). In sede di udienza preliminare possono presentarsi
ulteriori soggetti ai fini della richiesta di costituzione di parte civile.
Resta il fatto che il Gup ha accolto l'eccezione e gli atti sono ritornati al pm.
Laura Borsani
Ministero - La competenza
Il Comune di Monfalcone ha avuto un ruolo attivo nella battaglia nei confronti
della centrale, ai fini degli ipotizzati danni ambientali. La legge comunque
riserva al ministero dell'Ambiente la competenza esclusiva a richiedere il
risarcimento per il danno ambientale. All'esito dell'annullamento dell'udienza
preliminare di ieri, rimane evidentemente aperta la possibilità per tutti gli
enti, quindi anche il Ministero e la Regione, di costituirsi parte civile. --
Indagini - Le 37 mila pagine
Le indagini condotte dalla Procura, coordinate all'epoca dal pm Valentina Bossi,
hanno preso in esame il periodo tra il 2015 e il 2020. Il risultato è un faldone
di ben 37 mila pagine. Le contestazioni fanno riferimento a «compromissioni» di
tipo ambientale, dai fondali marini nel tratto di mare antistante la banchina di
A2A, all'«aria derivante dalle emissioni prodotte dalla centrale». Si parla poi
di «incongruità» dei dati in ordine alle misurazioni eseguite dall'azienda.
La riconversione piace ad Agrusti «Un'occasione l'addio al carbone»
Il presidente di Confindustria Alto-Adriatico dal palco di Top 100 parla di
energia e ambiente affrontando la questione Monfalcone
Transizione ecologica sì, ma non a tutti i costi e saltando le tappe.
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto-Adriatico, sulla svolta
green che è ormai un mantra, tanto per le istituzioni, quanto per le aziende e i
cittadini, frena e dal palco di Top 100, l'evento organizzato da Nordest
Economia andato in scena martedì all'aeroporto di Ronchi dei Legionari,
incalzato dal direttore del Piccolo e del Messaggero Veneto, Omar Monestier,
ribadisce la sua posizione. Eccentrica tanto quanto granitica: «Una dittatura
green non l'accetterò mai» sentenzia, spezzando una lancia a favore del metano,
che non sarà la panacea di tutti i mali ma che qualcheduno, vedasi lo smog nelle
grandi città italiane, ha contribuito a ridimensionarlo, e della riconversione
della centrale A2A di Monfalcone. «Siamo a Ronchi, a un passo dalla centrale,
che un tempo veniva alimentata a carbone proveniente, mi pare proveniente dal
Venezuela, tanto a dire quanto lunga fosse la traccia che lasciava
dall'estrazione all'uso». Ora A2A si prepara a spendere 400 milioni per
riconvertirla portandola a una potenza di 850 megawatt, un rendimento elettrico
del +63% e una riduzione del 100% di ossidi di zolfo e polveri, del -76% di
quelle di azoto e del -64% di Co2. Un passo avanti per Agrusti, non per il
sindaco di Monfalcone, Anna Cisint, né per Legambiente. «Oggi - continua il
leader della Confindustria Alto Adriatico - gli ambientalisti sono contrari al
metano: essendo fonte fossile, dicono, inquina». Torna alla carica il
pordenonese. «Fin qui ci hanno tutti spiegato che convertire a metano il
riscaldamento delle nostre città è servito ad abbattere lo smog».Convinzione che
ha spinto la metanizzazione. Per altro in pieno corso. «Non dimentichiamo che
stiamo costruendo grandi metanodotti» ricorda ancora Agrusti che incalzato dal
direttore, a proposito di centrali nucleari, alza l'asticella: «Sono un
nuclearista convinto. L'Italia ha una storia importante legata al nucleare,
abbiamo fatto le centrali più evolute al mondo, salvo poi fuoriuscire. E mentre
Macron, in Francia, dove di centrali nucleari ce ne sono ben 54, annuncia con
grande sincerità ai francesi la costruzione di 7 nuove centrali, senza sollevare
obiezioni, in Italia ci raccontiamo che l'energia che ci serve la facciamo con
le pale eoliche o i pannelli fotovoltaici». Che non solo, secondo Agrusti, non
bastano, ma nemmeno si fanno: «Perché c'è sempre qualche comitato o qualche
sindaco - conclude amaro - pronto a mettersi di traverso».
Maura Delle Case
All'ex Meccanografico è la giornata del via al cantiere del recupero
Il rudere in Sacchetta diventerà la sede di Esatto e costerà in tutto 4,6
milioni. I lavori termineranno nell'estate 2023
Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: caro ex Meccanografico delle
Ferrovie, domiciliato in Sacchetta davanti alla "fuit" piscina terapeutica, eri
nato come innovazione tecnologica delle Fs, poi come museo scientifico e
fotografico (Era, Alinari) e nessuno di quei progetti ambiziosi andò in porto.
Oggi, assai più semplicemente ma forse più concretamente, cominci la tua terza
vita, stavolta come sede di Esatto e di uffici comunali in via di
identificazione. Se non resterai vittima di un sortilegio che ti impedisce di
venire alla luce, nell'estate 2023 sarai in grado di espletare la novella
missione. Perché stamane la triestina Riccesi e la sacilese Balsamini avviano
finalmente un cantiere atteso perlomeno da vent'anni, cioè da quando il Comune
acquistò il crudo manufatto cementizio dalle Ferrovie. Per festeggiare questo
autentico evento dell'edilizia municipale, domani venerdì alle ore 11.30 si
daranno convegno a fianco della stazione Campo Marzio il sindaco Roberto
Dipiazza, l'assessore Elisa Lodi, il presidente di Esatto Andrea Polacco. Ad
annunciare l'arrivo di madama betoniera, essendo trascorsi i regolamentari 35
giorni di "stand still", è la stessa Lodi, che ricorda gli importanti numeri
dell'operazione: Riccesi e Balsamini vinsero l'appalto l'estate scorsa con un
ribasso del 7% a 3,6 milioni su un quadro economico complessivo di 4,6 milioni;
erano state invitate 11 imprese ma parteciparono solo in 6.Il finanziamento -
spiega l'assessore - è garantito da risorse municipali e da denari tratti dall'Uti.
Secondo Elisa Lodi, si tratta di una buona scelta per Esatto, da anni a caccia
di una tana, che potrà disporre di ampio parcheggio e di buoni collegamenti bus
per i 50.000 utenti che ogni anno si appellano agli sportelli della maggiore
controllata comunale. In un primo tempo sembrava che affluissero i servizi
finanziari, poi contrordine con una parte del Welfare, quello temporaneamente
riallestito in via della Scalinata tra piazza Garibaldi e piazza Puecher. Ormai
il destino amministrativo dell'ex Meccanografico sembra segnato, perché Dipiazza
avrebbe definitivamente chiuso la porta alla Fondazione Fs, che sperava di
inglobare il rudere nella riqualificazione museale della vicina stazione Campo
Marzio. «Troppo tardi», aveva commentato il sindaco a fronte di una lettera
speditagli dal direttore Luigi Cantamessa. E adesso che si muove l'ex
Meccanografico, si muoveranno anche il Parco del mare, la terapeutica, il
mercato ortofrutticolo? Ecco un quesito per il Dipiazza di domani.
Massimo Greco
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
24 novembre 2021
San Dorligo dichiara in via definitiva i petardi fuorilegge - il nuovo
provvedimento sulla sicurezza cittadina
Il Regolamento di Polizia urbana approvato bandisce il materiale pirotecnico
proibito finora occasionalmente
SAN DORLIGO. Dalle ordinanze occasionali al regolamento definitivo: niente
petardi, in occasione delle festività di Natale e fine anno, nel territorio di
San Dorligo della Valle. Il Consiglio comunale - fa sapere infatti
l'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun - ha approvato il nuovo
Regolamento di Polizia urbana teso a disciplinare comportamenti e attività dei
cittadini con l'obiettivo di «salvaguardare la convivenza civile», nonché di
«tutelare la qualità della vita e dell'ambiente». Fra le disposizioni si
annovera appunto lo specifico provvedimento che impedisce di utilizzare i
cosiddetti «manufatti pirotecnici». Negli ultimi anni il sindaco Klun, per
vietare lo sparo di petardi fra Natale e Capodanno, aveva emesso delle ordinanze
ad hoc, alle quali alcuni cittadini, in particolare i commercianti del settore,
si erano opposti. Così ora, per evitare discussioni e ribadire con ancor più
forza il divieto, la maggioranza dell'aula ha inserito il provvedimento nel
nuovo Regolamento di Polizia urbana. «Si tratta di uno strumento normativo -
spiega Klun - adatto a offrire una soluzione alle problematiche che sono emerse
sia dall'esperienza diretta sul territorio sia da numerose richieste e
segnalazioni inoltrate dai cittadini. Il regolamento interviene in diversi
ambiti: dalla tutela degli spazi e delle aree pubbliche al mantenimento della
quiete nei luoghi pubblici e privati sino ai comportamenti esplicitamente
vietati, come per esempio i divieti di campeggio. Fra le norme che interessano
direttamente i cittadini si citano quindi le disposizioni relative al verde
privato e al decoro urbano. I proprietari dei terreni ne sono infatti
responsabili e devono provvedere a potare le piante che sporgono oltre il
confine della proprietà».Alcune disposizioni, per inciso, riprendono i contenuti
delle ordinanze comunali adottate negli anni passati, in particolare quelle
relative all'accensione di fuochi e, come detto, di materiale pirotecnico.Molto
severe anche le sanzioni. A seconda del tipo e della gravità della violazione,
il Regolamento di Polizia urbana prevede multe che variano dai 25 a tremila
euro. Il provvedimento in questione, in altre parole, prevede una specifica
disciplina che permetterà di assicurare, sia nel periodo delle festività, sia in
tutti i mesi dell'anno, un maggiore rispetto delle più elementari regole della
convivenza civile. In un territorio come quello di San Dorligo della Valle,
all'interno del quale ci sono molte aree verdi, spesso coltivate e/o adibite a
giardino, la necessità di vietare comportamenti che possano mettere a rischio i
residenti e la natura circostante, è ritenuta, a livello generale, fondamentale.
E l'amministrazione si è dunque impegnata in tal senso, creando un quadro
normativo che si propone di assicurare più tranquillità e sicurezza a tutti i
cittadini.
Ugo Salvini
Adesso Trieste «Le dieci criticità per cui dire no al progetto ovovia»
Adesso Trieste stila un elenco di dieci motivi per dire no al progetto
dell'ovovia. «Che - si legge in una nota di At -, è sempre più evidente,
presenta diverse criticità anche dal punto di vista del rispetto di vincoli
paesaggistici e delle destinazioni d'uso delle aree interessate
dall'infrastruttura. Il progetto, oltretutto, ha una lacuna di base: non ha
visto il minimo coinvolgimento della cittadinanza e delle comunità locali».
SEGNALAZIONI - Trasporti - Anziché l'ovovia due linee tranviarie
Egregio direttore, facciamo un po' di aritmetica, infatti qui non serve la
matematica per capire che l'ovovia non regge alla conta dei 3 milioni di
passaggi giornalieri previsti statisticamente dall'assessore competente.
Facciamo un breve calcolo pensando che ci sia una costante frequenza giornaliera
annua per 330 giorni tralasciando quelli per bora, festività, forte maltempo e
manutenzione. Dividiamo questi 3 milioni di supposti frequentatori per 330 ed
otteniamo 9.090 utenti quotidiani che divisi per 2 ci danno 4.545 persone che
scendono e salgono da Trieste ad Opicina e viceversa. Ipotizziamo la durata del
viaggio in almeno 10 minuti a tratta e che su ogni ovetto possano salire 10
persone troviamo che in 1 ora 60 persone sono movimentate e che ci vogliono
almeno 76 ovetti distanziati a 78 secondi l'uno dall'altro per trasportarle
tutte sempre rispettando le clausole di sicurezza. Ma il problema principe sta
nel numero dei supposti partecipanti a questa movimentazione di massa
quotidiana, ci sono quasi 5.000 abitanti di Opicina che scendono in città
giornalmente? O altrettanti triestini che vanno in gita in Carso ogni santo
giorno? Facciamo pure 50-50 ma le cifre paiono comunque improbabili e
impossibili. Ma dove stanno tutti questi supposti fruitori? Non sarebbe stato
più opportuno avere richiesto i fondi messi a disposizione in questi ultimi 4
anni per un paio di percorsi tramviari come esistono in tutte le città ben
funzionanti d'Italia e d'Europa? Uno da San Giovanni a Barcola, l'ex N. 6 e
l'altro da San Giovanni fin sotto Servola, la vecchia linea 2. Risparmio
energetico, riduzione degli inquinanti, aria più pulita e salute per i
cittadini. Traffico automobilistico e dei bus ridotto. Pare che con il nuovo
Pnnr queste riconversioni all'elettrico nei trasporti pubblici siano richieste.
Cosa si poteva chiedere di più? Invece niente di tutto questo è stato fatto, il
motivo era forse inventarsi un' inutile ovovia?
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - MARTEDI',
23 novembre 2021
Un tiglio al posto dell'ippocastano ai Giardini Europa
La giovane essenza è stata piantata su iniziativa di Legambiente: prenderà
il posto dell'antico fusto tagliato poiché molto malridotto
MUGGIA. È stato piantato da Legambiente ieri mattina ai Giardini Europa, alla
presenza dei bambini della primaria "De Amicis" del comprensivo "Lucio", un
nuovo albero - un tiglio di circa otto anni - destinato a sostituire lo storico
grande ippocastano, abbattuto perché ormai molto malridotto. La nota
associazione ambientalista, dopo un incontro col nuovo assessore al Verde
pubblico del Comune di Muggia Tullio Pantaleo, ha deciso infatti di offrire alla
cittadinanza una nuova pianta in occasione della Giornata nazionale degli
alberi, per ricordare a tutti che il verde urbano è fondamentale per combattere
il cambiamento climatico e i suoi effetti. Erano presenti oltre allo stesso
Pantaleo anche colei che lo ha preceduto in giunta, Laura Litteri, e il
presidente del Circolo Verdeazzurro Trieste Andrea Wehrenfennig, che insieme al
socio Renato La Rosa ha spiegato ai ragazzi le motivazioni che hanno portato
alla nascita della Giornata nazionale dedicata a quelli che possiamo considerare
i "polmoni" della Terra. Inizialmente prevista accanto al tronco
dell'ippocastano tagliato a raso, si è preferito successivamente piantare la
nuova essenza in un punto più idoneo. Con non pochi problemi, in quanto uno dei
tre pali previsti per sostenere il giovane albero ha incontrato, durante la
perforazione del terreno, degli ostacoli difficili da superare. Alla fine si è
proceduto a ricoprire il buco occupato dalla radice del tiglio con del compost.
Un'operazione che ha suscitato l'interesse dei ragazzi e delle insegnanti, Erica
Verzier, Luisa Marzona ed Elisabetta Viezzoli, che hanno eseguito una lezione
"open air" di botanica e climatologia per i 42 ragazzi presenti, 24 della IV A e
19 della IV B. I quali sono stati investiti di un importante ruolo, ossia quello
di "guardiani" del piccolo albero. Al quale nei prossimi giorni daranno un nome.
LU.PU.
San Dorligo, ok al Piano di sviluppo della Val Rosandra
Dalle attività agricole all'accesso alle grotte: via libera del Consiglio al
nuovo documento di gestione della Riserva
SAN DORLIGO. La Val Rosandra va tutelata e valorizzata. E qualsiasi azione la
riguardi, in ogni caso, va condotta all'interno dei rigorosi limiti di rispetto
concordati con la Regione. È questo lo spirito che caratterizza il Piano di
conservazione e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra, di cui si è
discusso nel corso dell'ultimo Consiglio comunale di San Dorligo, durante il
quale sono state esaminate le osservazioni e le opposizioni al Piano stesso.
L'iter procedurale prevede infatti che al Piano definito dal Comune, in quanto
ente gestore della Val Rosandra, possano essere apportate modifiche, correzioni
e integrazioni sulla base di osservazioni e opposizioni presentate dai cittadini
e dai portatori di interesse, entro un determinato termine. Essendo scaduto tale
termine, l'aula ha affrontato la discussione sui contenuti della quarantina di
documenti pervenuti. «Alcuni sono stati accolti, altri sono stati respinti»,
spiega l'assessore Davide Stokovac: «Il criterio che ha animato la nostra
analisi è quello definito d'intesa con la Regione, che è la proprietaria della
Riserva, e che prevede appunto che non si snaturi la Val Rosandra, considerata
bene prezioso e di grande valenza. Abbiamo per esempio accolto la proposta che
prevede la continuità delle attività agricole nella zona di Draga Sant'Elia e
che si possano vendere i prodotti del territorio. Abbiamo anche previsto una
specifica disciplina per l'accesso alle grotte, sempre nel pieno rispetto
dell'ambiente esistente. Nel nostro lavoro d'aula è stato fondamentale
rispettare i limiti che la Regione aveva già indicato, presentando 17 pareri
vincolanti di cui tener conto all'atto della redazione del Piano». Il Piano,
integrato con le osservazioni approvate, passerà ora alla Regione per il sì
definitivo.
Ugo Salvini
Eeco Check, un controllore della gestione dei rifiuti - Ideato
dall'azienda Elimos che opera in area Science Park.
Le tecnologie 4.0 rivoluzionano anche il mondo della gestione dei rifiuti. Sono
sempre di più i Comuni, le multiutility e le aziende che si affidano a
tecnologie avanzate per la gestione del conferimento dei rifiuti, con l'utilizzo
di software all'avanguardia che consentono di controllare il processo e di
ottenere una grande quantità di dati relativi alle pratiche di conferimento. E'
il caso del sistema Eeco Check, presentato recentemente alla fiera Ecomondo
2021, punto di riferimento nazionale per i temi legati all'ecologia, e
sviluppato da Elimos, azienda insediata in Area Science Park. Il sistema è già
in uso in più di quaranta impianti, piattaforme ecologiche o aree di
conferimento, nel nord Italia, e serve più di mezzo milione di utenti, anche
grazie alla facilità di installazione e alla possibilità di personalizzarlo
secondo le esigenze dei gestori.«E' un sistema nato sette anni fa, su impulso di
uno degli enti di gestione rifiuti della regione Lombardia, che poi si è evoluto
con l'aggiunta di nuove funzionalità anche grazie a un contributo a un nostro
progetto di ricerca, ottenuto nell'ultimo anno e mezzo dalla regione Friuli
Venezia Giulia», racconta Piergiorgio Menia, presidente e direttore tecnico di
Elimos. Si tratta di un sistema che utilizza un processo integrato di
identificazione dell'utente, autorizzazione all'accesso, pesatura dei rifiuti e
gestione via web dei flussi attraverso un portale cloud. «L'identificazione del
cittadino, che avviene tramite l'utilizzo della carta regionale servizi o della
tessera sanitaria, consente ai Comuni di controllare chi conferisce i rifiuti
sul loro territorio e gestire remotamente i diritti di accesso, stabilendo per
esempio fasce orarie e giornate, o fissando un numero di accessi massimi a
utenza per un determinato periodo temporale. Nei sistemi più imponenti Eeco
Check è dotato di pese in ingresso e in uscita, che consentono di misurare la
quantità di rifiuti conferiti. Tramite il totem della differenziata, inoltre, il
cittadino e l'ente gestore possono avere contezza della quantità di rifiuti
conferiti in base alla tipologia, dalla plastica al vetro». Con questo sistema
non solo si ha la garanzia che gli accessi al sito siano solo dei cittadini del
Comune di riferimento, ed evitare di pagare lo smaltimento per chi vive altrove,
ma si può anche verificare che i cittadini paghino la tassa rifiuti e si possono
mettere in atto meccanismi premiali, come uno sconto sulla Tari per chi produce
una minore quantità di immondizia. Tutti i dati che si ricavano consentono al
gestore delle piazzole ecologiche o delle aree di conferimento di tenere
monitorati costantemente i flussi e decidere eventuali misure per migliorarne la
gestione. Elimos, società di integrazione di sistemi di automazione industriale,
realizza anche impianti per il controllo della combustione nei
termovalorizzatori, attivi per esempio a Piacenza e Torino, e sistemi di
preallerta del pericolo di incendi su territori boschivi o su impianti
industriali.
G.B.
IL FATTO QUOTIDIANO- LUNEDI', 22 novembre 2021
Trieste, ambientalisti contro il progetto ovovia: ‘Alberi abbattuti e il
traffico non diminuisce’. Sindaco: ‘Polemica politica, 48 milioni da Pnrr’
Il progetto, presentato a maggio dal Comune comporta la realizzazione di un
impianto lungo 4,2 chilometri, con una portata che può arrivare fino ai 1.830
passeggeri all'ora e attinge, per la sua realizzazione, dai finanziamenti
pubblici destinati dal ministero. Ma una petizione online contraria ha già
raggiunto le 16mila firme. Le opposizioni: "Chiederemo un referendum abrogativo"
Il ministero delle Infrastrutture ha dato il via libera al finanziamento da 48
milioni per la costruzione di un impianto di cabinovia metropolitana che,
a Trieste, collegherà il Molo IV con l’altopiano carsico. Negli stessi giorni, una petizione
online critica verso il progetto raggiunge le 16mila firme: “L’opera
è inutile e costosa, danneggia l’ambiente e deturpa il paesaggio. Meglio
investire su una moderna linea di tram“. Il progetto, presentato a maggio dal
Comune e voluto dall’attuale Sindaco Roberto Dipiazza (centrodestra), comporta
la realizzazione di un impianto lungo 4,2 chilometri, con una portata che può
arrivare fino ai 1.830 passeggeri all’ora e attinge, per la sua realizzazione,
dai finanziamenti pubblici destinati dal ministero alle Regioni nell’ambito
del Pnrr. “Abbiamo presentato al ministero un progetto di massima – dichiara a Ilfattoquotidiano.it Dipiazza
–, siamo riusciti a portare a casa 48 milioni di euro, un risultato non da
poco”. Sulla petizione contraria all’ovovia commenta: “Si sono scatenati, è più
politica che altro”, ed elenca le città in cui un impianto di risalita esiste
già: “Sarajevo, Barcellona, Dubrovnik, Porto, Madrid, Rio, Londra, Berlino,
Portland, Hong Kong, New York“. Il Sindaco non esclude la possibilità di
modifiche al progetto presentato (“solo i paracarri restano sempre fermi”) e
apre alla discussione: “Ora ci confronteremo con la popolazione, sono convinto
che l’ovovia potrebbe essere una grande attrazione turistica, oltre che un
servizio alla mobilità cittadina”. L’entusiasmo non viene però condiviso dalle
diverse associazioni locali che su Change.org hanno lanciato una petizione in
grado di raggiungere le 16mila firme, la gran parte delle quali arrivate negli
ultimi giorni: “All’inizio la popolazione triestina pensava che l’ovovia fosse
uno scherzo di Dipiazza – spiega al Ilfattoquotidiano.it Andrea
Wehrenfennig di Legambiente, tra le realtà promotrici dell’iniziativa – In
questi ultimi giorni, in cui tutti si sono resi conto che la questione è reale,
stiamo ricevendo una forte risposta dalla città”. Le criticità sollevate dalle
associazioni partono dall’utilità del progetto: “L’ovovia non serve al trasporto
urbano e non toglie le automobili dal centro, in quanto collega due zone
periferiche della città – spiega Wehrenfennig – E non è nemmeno un servizio al
Porto Vecchio che in futuro dovrebbe vedere aprire uffici, in quanto tra il Park
Bovedo e la stazione ferroviaria ci saranno soltanto due fermate”. Il testo
della petizione si sofferma anche sui possibili danni ambientali e
paesaggistici: “Per la costruzione della stazione di Opicina e del previsto
parcheggio verrebbero abbattuti centinaia di alberi del bosco di Campo Romano.
Il tragitto in discesa dal Carso dell’ovovia determina una striscia disboscata
larga almeno 14 metri con relativi piloni. Le cabine passerebbero a poche decine
di metri dal Faro della Vittoria. L’ovovia sorvolerebbe il percorso pedonale che
attraverserà il Porto Vecchio che sarebbe rovinato dalla presenza 12 piloni e
dagli enormi volumi delle due stazioni intermedie”. Tra i punti critici
sollevati non poteva mancare la Bora, il vento caratteristico di Trieste in
grado di raggiungere i 200 chilometri orari: “Il progetto prevede che a causa
del vento vi saranno venti giorni all’anno di chiusura totale del servizio e
dieci di chiusura parziale”, una stima che nel futuro potrebbe aumentare “con il
surriscaldamento globale e l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi”. Dati
questi presupposti, il bilancio resterà in attivo? Secondo il progetto
preliminare, realizzato da MonPlan Ingegneria, i costi dell’impianto per gli
anni successivi al primo sono stimati nell’ordine dei 3,5 milioni di euro
all’anno, mentre si prevede dalla vendita dei biglietti un incasso totale di
circa 4,5 milioni di euro l’anno. La stima non viene però ritenuta realistica
dai promotori della petizione: “Per giustificare la spesa – ancora Wehrenfennig
– le grandi opere vengono in genere sovrastimate nel numero di clienti, mentre
si sottostimano i danni ambientali. Nello studio in questione la quota di
pendolari è sovrastimata, mentre non possiamo sapere quanti saranno i turisti”.
Critiche al progetto giungono anche dalle forze di opposizione in Consiglio
comunale. Francesco Russo (Pd) propone di lanciare un referendum: a Trieste
“abbiamo pochi treni (e lenti), un tram fermo da cinque anni ma poco importa.
Con grande lungimiranza si sceglie di investire su un progetto che i triestini
non vogliono e che avrà impatti pesanti sull’ambiente. Sono convinto che la
maggioranza dei cittadini sia contraria all’ovovia, ecco perché ho intenzione di
promuovere un referendum abrogativo“. A sostegno della petizione si muove, dai
banchi dell’opposizione, anche la lista civica Adesso Trieste: “Supportiamo le
associazioni che già si sono organizzate e mobilitate sul tema per valutare
l’ipotesi di costituire un comitato per un referendum indetto dai cittadini –
afferma la lista in una nota – Faremo richiesta di accesso agli atti per rendere
pubblico il progetto presentato al ministero”, contestualmente “chiederemo al
Consiglio comunale di realizzare un nuovo studio comparativo che metta a
confronto i costi e benefici dell’ovovia con quelli di un’infrastruttura di
trasporto rapido di massa inserita nel tessuto urbano e atta a collegare il
Porto Vecchio con la città”.
Stefano Tieri |
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 novembre 2021
Ex campo profughi di Padriciano Il Comune "aspetta" l'Università
Il comprensorio è destinato all'ateneo in uso gratuito trentennale ma sulla
bozza di convenzione inviata dal municipio all'inizio del mese ancora nessuna
risposta
Che fine ha fatto l'ex Campo profughi di Padriciano? Ma non sarebbe dovuto
andare in uso gratuito trentennale all'Università allo scopo di trasformare otto
edifici del comprensorio in un'area didattica e laboratoriale, fruendo di
finanziamenti provenienti dal Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), filtrati da
un bando del Miur? Negli uffici comunali cominciano a chiederselo in tanti, dal
momento che ai primi del mese è stata trasmessa all'Ateneo una bozza di
convenzione rimasta finora senza riscontro. Il rettore Roberto Di Lenarda,
interpellato nelle giornate scorse, ha dapprima glissato poi si è eclissato. A
passo Costanzi qualcuno si è seccato, perché in estate sembrava che vi fosse una
grande fretta di concludere l'accordo e che quindi servisse accelerare l'iter
(con delibera consiliare), adesso invece sul campus carsolino è calato uno
strano silenzio. Si era verificato anche qualche distinguo di carattere politico
in sede di approvazione, proprio per l'urgenza della procedura sotto-elezioni:
in commissione l'allora assessore Lorenzo Giorgi aveva detto che erano in ballo
50 milioni, per ottenere i quali l'Università aveva bisogno della celere
disponibilità del sito. La bozza di convenzione comunale non pare un campo
minato: si tratta di un documento-tipo, che precisa come la manutenzione
ordinaria, quella straordinaria, la custodia, la pulizia, gli allacciamenti alle
reti, le migliorie (da effettuarsi previa autorizzazione comunale) siano sul
borderò dell'Alma Mater. Cosa succede allora all'Università che non sembra aver
più il sacro furore realizzativo? Dov'è il bando del ministero
Istruzione-Università-Ricerca da cui sarebbe dovuta sgorgare la limpida risorsa?
Martedì Di Lenarda aveva rapidamente accennato alla volontà di pensare prima di
rispondere alla domanda su cosa avrebbe collocato nel comprensorio di
Padriciano. Aleggia il probabile timore che appetiti e ambizioni insoddisfatti
determinino tensioni all'interno dell'accademia, quindi Di Lenarda preferisca
non esporsi. Anche ad agosto si era tenuto sulle generiche, accennando
all'ipotesi di un polo di fisica. Al Comune proprietario però bisognerà
rispondere. Roberto Dipiazza era apparso molto contento della prospettiva
universitaria. L'ex Campo profughi era giunto nel patrimonio comunale in seguito
alla devoluzione delle Province, ma l'ampiezza e le condizioni del comprensorio
richiederebbero un investimento riqualificativo non inferiore ai 30 milioni. Per
cui largo all'Ateneo. Il campo nacque nel secondo dopoguerra prima per ospitare
le truppe alleate, poi per alloggiare i profughi provenienti da Istria e
Dalmazia. Venne chiuso negli anni Settanta.
Massimo Greco
IL PICCOLO - DOMENICA,
21 novembre 2021
Gli ambientalisti e il Comune uniti contro il turbogas - Assente la
Regione
Tonzar: «Chiederemo un incontro a Fedriga». Si punta a coinvolgere Milano e
Brescia, azionisti di controllo di A2A
Mondo ambientalista e Comune di Monfalcone sono dallo stesso lato della
barricata nella battaglia contro la realizzazione della nuova centrale a gas
progettata da A2A. Pur con qualche distinguo, rispetto soprattutto al possibile
uso dell'area, Legambiente e amministrazione comunale hanno confermato
nell'incontro promosso ieri al Kinemax dall'associazione ambientalista di voler
continuare con le azioni per contrastare il progetto. Basato solo su una logica
finanziaria, ha ribadito il sindaco Anna Cisint, e fuori da qualsiasi
prospettiva di sviluppo del mercato energetico a fronte degli obiettivi imposti
dall'Unione europea, delle decisione prese dalla Cop 26 a Glasgow e dei
cambiamenti climatici già in atto, come ha chiarito Katiuscia Eroe, responsabile
Energia di Legambiente nazionale, preannunciando una mobilitazione nazionale
contro i nuovi impianti a gas. Dall'appuntamento di ieri la Regione, però, si è
sfilata, pur invitata. «Chiederemo un incontro al presidente Massimiliano
Fedriga per presentare la nostra proposta rispetto a un riutilizzo dell'area
compatibile con il contesto attuale e del prossimo futuro», ha chiarito Michele
Tonzar, di Legambiente regionale, che ieri ha coordinato l'incontro. Dopo aver
vinto un primo round al Tar, che ha riconosciuto al Comune di Monfalcone il
diritto alla pianificazione, anche dell'area occupata dalla centrale,
l'amministrazione locale continuerà a «essere parte attiva per fare in modo che
la città possa avere il futuro cui ha diritto», come ha chiarito il sindaco Anna
Cisint. Pur non entrando nel dettaglio delle future mosse, almeno sul piano
giuridico-legale, Cisint ha preannunciato che coinvolgerà nella vicenda i primi
cittadini di Milano Giuseppe Sala e di Brescia Emilio Del Bono, cioè dei due
Comuni azionisti di controllo di A2A. La convinzione del Comune di Monfalcone
che il progetto della società abbia una ragione finanziaria e non legata alle
necessità del mercato è stata condivisa ieri non solo da Katiuscia Eroe, ma
anche da Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club e della
rivista Qualenergia, e Alex Sorokin, ingegnere, consulente energetico
internazionale. Dati e analisi, di Terna, gestore della rete, ma anche di
organismi europei e internazionali, alla mano, i due esperti hanno definito
sovrabbondanti gli impianti a gas esistenti in Italia a fronte delle direttive
sulla crescita delle rinnovabili e dei sistemi a disposizione per la
stabilizzazione della rete. Com'è un impianto a batterie di accumulo, che
Legambiente propone di realizzare nell'area della centrale, mantenendone la
vocazione energetica, come ha spiegato l'ingegner Fabio Morea, di Legambiente
Monfalcone. L'ipotesi di insediare anche un'attività di riciclo di batterie
esauste dovrebbe essere però valutata con attenzione, secondo l'assessore
all'Ambiente Sabina Cauci, mentre la consigliere comunale Cristiana Morsolin ha
chiesto pure cautela, ma rispetto allo sviluppo della crocieristica nel porto di
Monfalcone. Nessun dubbio sul fatto che la crocieristica rappresenti
un'opportunità da cogliere l'ha espresso invece l'ex presidente dell'Azienda
speciale per il porto di Monfalcone Paolo Maschio. «La crocieristica apre
prospettive di indubbio interesse, se accompagnate da un adeguamento delle
infrastrutture portuali e da un impegno sinergico del territorio», ha
sottolineato Maschio. L'area e la banchina in concessione ad A2A rappresentano
quindi per il porto un'opportunità di espansione e di crescita e per il
territorio di occupazione.
Laura Blasich
Cisint: «Al Tar vittoria campale». I dubbi di Morsolin - il dibattito:
Verzegnassi della lega bacchetta Moretti
«La sentenza del Tar che ha dato ragione alla correttezza delle scelte
urbanistiche del Comune rappresenta non solo uno dei tanti passaggi nella
vicenda A2A, ma un vero e proprio spartiacque perché chiama a scegliere da che
parte ci si vuole collocare: un futuro senza una centrale in casa o altri
trent'anni di condizionamento e rischi per la salute». Anzi Anna Cisint,
sindaco, non esita a definirla «la madre di tutte le battaglie successive»,
pertanto «chi minimizza o sottovaluta il valore della scelta fatta è consapevole
che questa è oggi la trincea che può ostacolare il progetto di un nuovo impianto
a combustibile fossile dentro la città». «Lo ha capito talmente bene la società
lombarda da avventurarsi, con uno staff di legali di prim'ordine, a opporsi alla
delibera comunale - prosegue - sapendo che ciò poteva rappresentare un
boomerang. Altro che provvedimenti insignificanti. E chi oggi attacca il sindaco
per l'atto di salvaguardia urbanistica, sa bene il peso delle affermazioni del
Tar laddove evidenzia che il potere di governo del territorio può essere
esercitato dal Comune anche per dirigere la localizzazione di impianti e
attività che impattino su una molteplicità di interessi della comunità locale,
come quelli attinenti alla materia ambientale e tutela della salute». «Il
sindaco e la maggioranza - rileva - hanno chiaro da che parte stare: pensiamo di
interpretare le reali aspirazioni di una comunità che allo sviluppo economico
sregolato ha già pagato un costo inaccettabile». Pertanto «l'interrogativo da
porsi è perché, tolta la maschera dell'ambiguità, stanno scendendo apertamente
in campo i sostenitori del progetto di A2A, Moretti e Nicoli in prima fila in
questa gara di sottomissione». A dire la sua c'è però anche Cristiana Morsolin
della Sinistra, che in merito all'adozione delle direttive al Prgc ricorda una
storia diversa, non proprio un trionfo della maggioranza, tant'è che alla prima
seduta vi fu il capitombolo del numero legale, con rinvio del punto al giorno
seguente e lo strappo clamoroso del forzista Giuseppe Nicoli, avverso allo
specifico indirizzo delle salvaguardie e che con il suo intervento si giocò di
fatto l'adesione alla maggioranza, venendo da lì in avanti fatto fuori. «Saremmo
molto contenti - così Morsolin - se la sentenza del Tar impedisse la costruzione
di A2A, ma non riusciamo a capire come eviti all'azienda di realizzare la
centrale a gas e l'utilizzo dei combustibili fossili una volta ottenuta
l'Autorizzazione unica. L'entusiasmo della sindaca è perché la centrale non si
farà o la vittoria giova alla sua immagine, ma rischia di illudere i
cittadini?». L'esponente dell'opposizione si chiede «come mai Cisint non abbia
trovato un accordo con la Regione di Fedriga, alleata su tanti versanti, ma su
questo completamente d'accordo con la riconversione a gas». «Purtroppo -
conclude - chi amministra dovrebbe sapere che non basta cambiare il Prgc per
bloccare una grande opera, altrimenti i sindaci di Val di Susa avrebbero da
tempo trovato la soluzione ai loro problemi». A dar manforte a Cisint arriva
però il segretario provinciale della Lega Fabio Verzegnassi: «La vicenda di A2A
consente di fare chiarezza fra chi ha a cuore gli interessi del territorio e chi
pur di contrastare il centrodestra porta avanti azioni che danneggiano
profondamente la comunità. Un campione della logica del tanto peggio tanto
meglio è il consigliere regionale Diego Moretti che, al pari del Pd, vive oramai
come fosse un incubo personale il lavoro di risanamento della città del sindaco
e si espone a sostenere le tesi più irragionevoli, tanto che anche la sua base
politica locale comincia a chiedergli di astenersi da azzardate prese di
posizione». Per Verzegnassi quello al Tar è dunque «un successo indiscutibile di
Cisint e maggioranza». Invece «per Moretti e alcuni altri esponenti locali
separati dal comune sentire dei cittadini pare siano più importanti gli
interessi del gigante energetico che il bene della città».
Ti. Ca.
Alberi protagonisti fra esperimenti, passeggiata verde, piante da
adottare
Oggi a Miramare e all'Immaginario. L'iniziativa di ZeroCO2. Appello di
Legambiente al sindaco
Oggi si celebra la Giornata nazionale dell'albero e a Trieste sono tante le
iniziative promosse, con l'intento di valorizzare la tutela del verde, così come
in molte altre città del Paese. Questa mattina Wwf Amp Miramare, in
collaborazione con il Museo Storico e il Parco del Castello, organizza una
passeggiata, nelle diverse zone del giardino botanico, tra sequoie, cedri, pini
e aceri campestri, adatta ad adulti, famiglie e bambini dagli 8 anni. L'evento,
guidato da un esperto naturalista, è previsto alle 10, è gratuito, grazie al
contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, ma la prenotazione è
obbligatoria a info@ampmiramare.it indicando nomi e cognomi e un recapito
telefonico. L'Immaginario scientifico di Trieste celebra la giornata con
dimostrazioni ed esperimenti, in programma alle 11 e alle 16, consigliata la
prenotazione, sul sito www.immaginarioscientifico.it. Legambiente intanto nei
giorni scorsi, proprio in vista della ricorrenza, ha scritto al sindaco Roberto
Dipiazza, chiedendo l'impegno a finanziare un piano di interventi di recupero
necessari per proteggere le funzioni ecosistemiche degli alberi in stato di
degrado. A Muggia invece il circolo di Legambiente, da tempo attivo in città con
proposte e iniziative sul tema del verde urbano, invita i cittadini a
partecipare alle operazioni di collocazione di un nuovo tiglio nei Giardini
Europa domani alle 9, in sostituzione del grande ippocastano che il Comune ha
dovuto abbattere. L'azienda sociale ZeroCO2 srl, insieme alla cooperativa
sociale Agricola Monte San Pantaleone, permette invece di adottare 30 alberi che
aspettano di essere messi a dimora a Trieste e in provincia, alle prime persone
che contatteranno la cooperativa, attraverso chiamate o whatsapp, al numero
388-1214369, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16, o che scriveranno a
info@montepanta.it. ZeroCO2 e Agricola seguiranno la crescita delle piante
attraverso un sistema di tracciamento e trasparenza.
Micol Brusaferro
Sommozzatori in mare a pulire il Mandracchio da lattine e pneumatici
Protagonisti i volontari dell'associazione Scuba Tortuga Recuperati anche
pezzi di ferro, bottiglie di vetro e corde
Muggia. Cinque sommozzatori volontari, tra i quali una donna, della società
sportiva dilettantistica "Scuba Tortuga" di Muggia, nel corso della mattinata di
ieri hanno ripulito il Mandracchio da decine di rifiuti ingombranti,
accumulatisi nel caratteristico specchio d'acqua in oltre due anni. Sì, perché
la precedente azione di pulizia risaliva al 2019, operazione che aveva visto
coinvolto, oltre ai sub della società muggesana, anche personale della Guardia
costiera. E ieri alla fine dell'operazione di recupero sono stati riempiti due
cassonetti di materiale vario, da diversi pneumatici a materiali ferrosi tra i
più svariati, oltre alle immancabili centinaia di bottiglie di vetro e lattine,
nasse e cordame vario. Portato in superficie anche un corpo morto abusivo, di
forma cilindrica lungo più di un metro e pieno di cemento. L'intervento,
autorizzato dalla Capitaneria di porto di Trieste, è durato oltre due ore.
Presenti sul posto l'ex assessore all'Ambiente, Laura Litteri, da cui è partita
l'iniziativa con l'adesione del Comune di Muggia al progetto regionale "aMare
Fvg", e l'attuale assessore Elisabetta Steffè che lo ha ereditato: «Ringraziamo
i volontari della società sportiva dilettantistica - così Steffè - per aver
svolto un intervento certamente necessario al lavoro dei pescatori ma anche per
il decoro del Mandracchio, e per l'eliminazione di rifiuti nocivi per
l'ecosistema marino. Che poi è la "mission" del progetto». «I nostri
sommozzatori - ha spiegato Luciano Agapito, socio di Scuba Tortuga - hanno
effettuato un corso specifico per capire cosa raccogliere, perché non tutti i
rifiuti possono essere prelevati in quanto alcuni potrebbero essere
"colonizzati"». Grande attenzione è stata posta dai volontari all'eventuale
presenza di piccoli esemplari, tra i 6 e i 7 centimetri, di "Pinna nobilis", la
cui presenza è stata segnalata dalla Riserva marina di Miramare anche nel
Vallone di Muggia. «Ora procederemo - ha ricordato il presidente del sodalizio,
Marco Russo - a ripulire gli altri tre siti, ossia Acquario, spiaggetta di Porto
San Rocco e Lungomare Venezia».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO,
20 novembre 2021
Dai magazzini Greensisam fino a villa Haggiconsta: rebus alienazioni a
palazzo
Entro fine mese il piano va aggiornato. Per due dei cinque edifici di Porto
vecchio dialogo aperto con la Regione. E che ne sarà poi del Carciotti e di casa
Francol?
C'è un'incombenza da sbrigare entro il 30 novembre, non di poco conto:
l'aggiornamento del Piano di alienazioni. Ovvero quali e quanti immobili il
Comune abbia intenzione di mettere sul mercato. Il piano - Un documento spesso
suonato "a fisarmonica", che nel precedente mandato ha aggiunto e tolto a
seconda degli umori della pubblica opinione. Ma se fino a qualche mese fa c'era
l'alibi del confronto elettorale a smorzare la voglia di fare a cazzotti, adesso
emerge una serie di punti nodali difficile da rimettere sotto il tappeto.
L'assessore Elisa Lodi (Fratelli d'Italia) ha abbinato ai Lavori pubblici
l'Immobiliare, che fino a ottobre era appannaggio del forzista Lorenzo Giorgi.
Dovrà incontrare nei prossimi giorni il dirigente del servizio, Luigi Leonardi,
che ha pronto l'elenco delle grane: i magazzini Greensisam in Porto vecchio, le
residenze storiche come villa Cosulich e villa Haggiconsta, i nuovi inserimenti
come casa Francol, fascicoli delicati come palazzo Carciotti, la proprietà della
tranvia...In Porto vecchio - Partite che coinvolgeranno sicuramente il sindaco
Roberto Dipiazza, perché gli aspetti politico-istituzionali sono di tutta
evidenza, ma che intanto vanno istruite. In testa alle preoccupazioni municipali
c'è la vicenda Greensisam: sembrava certo l'accordo con la Regione, che avrebbe
acquistato due dei cinque edifici, oggi in concessione all'azienda di Antonio
Maneschi, per riversarvi i propri uffici. Il problema è però scoppiato quando al
Comune sono pervenute le nuove stime redatte dal professor Stefano Stanghellini,
uno dei maggiori esperti di estimo a livello nazionale, che in pratica
raddoppiavano a 9,4 milioni quelle precedenti su cui si basava l'agreement tra i
due lati di piazza Unità. Il governatore Massimiliano Fedriga si era stizzito e
Dipiazza aveva ritenuto prudente sfilare i cinque magazzini dal piano di
alienazioni. Ma adesso bisogna chiudere l'operazione: che fare? Confermare le
quotazioni Stanghellini? E se la Regione s'impunta e non vuole rivedere i valori
aggiornati? Salta l'accordo e si devono trovare altri acquirenti, mentre
Maneschi continua a pagare 513.000 euro annui di locazione? Le altre partite -
Non è l'unica "molotov" a rischio di essere gettata nel fienile
dell'Immobiliare. Ci sono - come si diceva - villa Haggiconsta e villa Cosulich
(stima scesa da 1,9 milioni a 905.000 euro), per entrambe l'ex Giorgi aveva
tentato la strada dell'asta. Con due difficoltà: la problematica sociale nel
primo caso (che aveva impietosito anche parte del centrodestra) e l'attacco
della Soprintendenza nel secondo, poiché palazzo Economo aveva eccepito che
sull'edificio pendeva un finanziamento pubblico per la riqualificazione
inutilizzato dal Comune. Risultato: anche i due stabili erano stati ablati dalla
lista dei beni alienabili. Casa Francol e Carciotti - Su casa Francol Dipiazza è
stato chiaro: no al project financing, sì alla vendita diretta ai privati.
Infine, decisione da prendere su palazzo Carciotti: ancora sul mercato a 14,9
milioni di euro?
Massimo Greco
Nuovi motori per le navi a emissioni ridotte - La rivoluzione green è
"made in Trieste"
A sviluppare e testare la riconversione dal diesel al Gpl e poi a miscele
sempre meno inquinanti è stata la Divisione Wärtsilä 2 Stroke Services
È "made in Trieste" la rivoluzione green che porterà alla riconversione dei
motori delle navi del settore mercantile dal diesel al Gpl e poi a nuovi
combustibili ancor meno inquinanti. Il gruppo Wärtsilä ha appena annunciato
infatti il lancio, nel primo trimestre del 2022, del "Two-stroke Future Fuel
Conversion". Tale innovazione prevede la progressiva modifica degli attuali
motori diesel, installati oggi sulle 27 mila navi in circolazione, di cui la
maggioranza portacontainer.«Siamo estremamente orgogliosi di essere protagonisti
nella realizzazione di questa soluzione tecnologica - dichiara in proposito il
presidente di Wärtsilä Italia Andrea Bochicchio - in cui abbiamo avuto un ruolo
centrale. La tecnologia implementata da Wärtsilä prevede un'installazione rapida
e "poco invasiva" sulle navi attualmente in uso, una sosta cantiere breve per la
conversione, maggiore efficienza, risparmio nel lungo periodo nonché
l'allungamento della vita delle flotte, anche in relazione alle future
regolamentazioni sul fronte ambientale». A sviluppare e testare la nuova
tecnologia è stata soprattutto la Divisione Wärtsilä 2 Stroke Services di San
Dorligo della Valle, dove si è lavorato su ricerca, test e validazione. «La
soluzione che abbiamo sviluppato - spiega Stefano Lippi, direttore delle
Attività di sviluppo Fs&Ws e 2 Tempi di Wärtsilä Italia - garantisce alta
flessibilità in termini di cicli operativi e tipologie di combustibili. Verranno
installati un serbatoio addizionale e un set di componenti che permettono di
innalzare la pressione del gas e diminuirne la temperatura in maniera molto
efficiente utilizzando l'energia cinetica del motore. L'innovativo sistema di
iniezione, brevettato, consente di iniettare il gas a bassa temperatura, sotto
zero, garantendo un ciclo di combustione ottimale evitando di disperdere gas
incombusto». In un secondo momento la stessa modifica consentirà di usare
metanolo, ammonia o miscele simili a bassissimo impatto ambientale. Gli
investimenti del gruppo hanno superato i cinque milioni di euro. A seguire
quest'evoluzione c'è anche Msc, che installerà su una propria portacontainer la
nuova tecnologia. «Msc - aggiunge Prabhat Jha, ceo e amministratore delegato del
gruppo Msc Shipmanagement - ha seguito con grande interesse lo sviluppo di
questa soluzione innovativa, un elemento di supporto nella transizione di Msc
verso la decarbonizzazione e il raggiungimento delle zero emissioni entro il
2050». «Questo è un progetto pionieristico», conclude Roger Holm, presidente
Marine Power & Evp Wärtsilä Corporation: «Il primo passo verso l'adozione
dell'uso dei combustibili futuri ora può essere concretamente fatto, sapendo che
l'investimento non diventerà obsoleto. I vantaggi, sia economici che ambientali,
sono significativi».
Andrea Pierini
COMUNICATO STAMPA - VENERDI',
19 novembre 2021
GIORNATA NAZIONALE DEGLI ALBERI: IL COMUNE SI IMPEGNI A CURARE E
RISANARE GLI ALBERI ESISTENTI IN DIFFICOLTA' (OLTRE A PIANTARNE DI NUOVI)
Con una Lettera Aperta, Legambiente invita il Sindaco a onorare la Giornata Nazionale degli Alberi finanziando un piano di interventi per salvaguardare e risanare gli alberi esistenti.
Come noto, l'articolo 1 della Legge 10 del 2013 ha istituito la Giornata nazionale degli alberi il 21 novembre di ogni anno con lo scopo di promuovere la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio arboreo e boschivo attraverso iniziative di educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche locali. Quest'anno la Giornata nazionale degli alberi assume un particolare significato, venendo poco dopo il G20 di Roma e la COP26 di Glasgow sui cambiamenti climatici, in cui è stata sancita l'importanza del patrimonio arboreo e forestale per la mitigazione delle emissioni di CO2 e per l'adattamento ai cambiamenti climatici nelle aree urbanizzate, fissando l'obiettivo di piantare 1.000 miliardi di alberi e di porre fine alla deforestazione entro il 2030. Considerato lo stato di incuria in cui versano molti alberi della nostra città, Legambiente ha scritto al Sindaco di Trieste una lettera aperta chiedendo, per coerenza con l'obiettivo di educazione al rispetto degli alberi posto dal legislatore, l'impegno a finanziare un piano di interventi di recupero necessari per proteggere le funzioni ecosistemiche degli alberi in stato di degrado e di onorare la Giornata nazionale degli alberi eseguendo in tale occasione alcuni interventi di recupero degli esemplari segnalati.
In
allegato: la lettera aperta di Legambiente al Sindaco di TriesteCircolo Verdeazzurro Legambiente Trieste il presidente Andrea Wehrenfennig
IL PICCOLO - VENERDI', 19 novembre 2021
Ricorso in Cassazione o altra stazione a monte per salvare l'ovovia
Vertice tra i dirigenti, l'Avvocatura civica e la delegata di giunta Lodi per cercare delle possibili soluzioni alla sentenza che vincola Campo Romano alla Comunella
Non è definitiva la sentenza cui è appeso il filo dell'ovovia. Questa la notizia emersa ieri dalla riunione tra l'assessore al Patrimonio immobiliare Elisa Lodi, l'Avvocatura civica e i dirigenti comunali. Potenzialmente Palazzo Cheba potrebbe dunque fare ricorso, contro la decisione che attribuisce alla Comunella di Opicina la proprietà dell'area di Campo Romano, dove dovrebbe sorgere la futura stazione teleferica. Si tratta di terreni a destinazione agro-silvo-pastorale, di cui il Comune allo stato attuale non può rivendicare l'utilizzo, tantomeno per altri scopi. «La riunione è stata tecnica e preliminare, le valutazioni sono in corso», fa sapere Lodi: «Nel 2018 la Cassazione ha enunciato un principio di diritto, rimettendo alla Corte di Appello il compito di stabilire se è applicabile al caso specifico. La recente sentenza di appello resta quindi impugnabile, può tornare in Cassazione. È solo una delle strade percorribili. Siamo consapevoli che il tema è delicato e lo stiamo affrontando con attenzione. Ricordo inoltre che il progetto di fattibilità non è quello esecutivo». Il Comune potrebbe cioè anche elaborare delle alternative progettuali, compreso lo spostamento della stazione carsica, una volta fatte le verifiche del caso. Il che non è immediato, poiché la sentenza di appello elenca una cinquantina di particelle catastali, di cui verificare le precise collocazioni una per una. Nel frattempo una nota di pessimismo circa il destino dell'opera sembra unire i suoi sostenitori e i suoi detrattori. Il forzista Michele Babuder ricorda che, durante la commissione consiliare da lui presieduta nello scorso mandato, un'alternativa era stata valutata e quindi scartata perché visivamente troppo impattante. All'epoca Roberto De Gioia voleva che la funivia partisse da piazzale Monte Grisa, ma così sarebbe passata sopra le case, e proprio per questo si arrivò all'idea attuale. «Serve un punto di vista tecnico, non può darlo la politica», dice Babuder: «Il progetto purtroppo paga lo scotto di essere stato presentato in piena pandemia, suscitando reazioni negative. Ma serve ad alleggerire il traffico all'ingresso Nord, prima ancora che a fini turistici. Peraltro questa sentenza potrebbe inficiare pure un progetto più semplice, cui sto lavorando da anni: la riqualificazione della vedetta panoramica Ortensia. Consentirebbe di recuperare diversi tratti ciclabili sul Carso, creare un'attrattiva turistica in zona Napoleonica, coinvolgendo il Gal».Particolare il punto di vista del consigliere Pd Stefano Ukmar, sia perché da ex presidente di comunella un po' ne mastica, sia perché l'idea della cabinovia non gli dispiace, a differenza della sua coalizione. «Ho parlato con dei giuristi in via informale», afferma Ukmar: «Il Comune potrebbe presentare ricorso, sollevando dei cavilli, per prendere tempo e trovare una soluzione. La sentenza non è ancora stata notificata al Comune: a partire da quel momento ci saranno sei mesi per fare ricorso. A mio avviso però il giudizio è chiuso di fatto. Meglio sarebbe cercare un'altra idea di mobilità sostenibile tra Carso e città. Massima disponibilità a collaborare da parte mia. O al limite si può cercare un accordo di gestione e finanziario con la Comunella: c'è il precedente del 2005 di Contovello. La strada dell'esproprio mi sembra invece impercorribile. Di solito lo fa lo Stato, non un Comune che ha appena perso una causa. Ad ogni modo il tema è delicato. Non sono proprietà collettive dell'Unione sovietica, ma derivanti da antichi vincoli medievali». Che ne pensano i diretti interessati? «Non ci esprimiamo, finora non abbiamo ricevuto comunicazioni dal Comune», sostiene il vicepresidente della Comunella di Opicina, Drago Vremec: «Il Comune negli anni ha voluto proseguire la causa a tutti i costi. Ma la sentenza afferma che il monte è quasi tutto nostro, quindi a uso agro-silvo-pastorale, dall'Obelisco al confine con la comunella di Contovello. Non saprei dove potrebbero trovare lo spazio per costruire la stazione e i parcheggi». Infine il capogruppo di Adesso Trieste Riccardo Laterza: «Il fatto che la stazione e il mega parcheggio insistano su un terreno vincolato a usi agricoli, di pascolo e forestali è solo la ciliegina su una torta indigeribile, dal punto di vista economico e ambientale. Il Comune avvii una trattativa con il ministero per deviare gli stanziamenti su una moderna linea tranviaria, come fanno le altre città d'Italia. Le associazioni hanno già raccolto oltre 16 mila firme contro l'ovovia: presto ci saranno novità».
Lilli Goriup
Tar-A2A, l'opposizione attacca In casa del Pd è fronda interna
Moretti ritiene una «vittoria di Pirro» la sentenza che ha dato ragione al Comune ma viene criticato da Delbello che annuncia le barricate contro la nuova centrale
Una specie di nemesi. Il giorno dopo il punto messo sullo scacchiere della partita energetica, con l'annuncio dell'amministrazione comunale della vittoria sul "gigante" A2A, che si è vista dichiarare dal Tar «inammissibile» il ricorso contro le direttive al piano regolatore che vietano la «riconversione di impianti di produzione di energia esistenti che impiegano risorse fossili» e «la messa in opera di gasdotti nel territorio carsico monfalconese», è un fuoco di fila dell'opposizione sull'esecutivo a traino Lega. E pure dell'ex alleata Forza Italia con Giuseppe Nicoli. Opposizione che, comunque, la stessa Cisint il giorno prima aveva tirato per la giacchetta, rimarcando l'«operato corretto» della maggioranza che con 18 voti, contro i 5 contrari dei consiglieri Paolo Fogar, Lucia Giurissa, Elisabetta Maccarini, Cristiana Morsolin e Nicoli appunto, aveva adottato gli indirizzi nella massima assise del 31 maggio. Comincia il capogruppo regionale del Pd Diego Moretti, a detta del sindaco ispiratore dei voti avversi in aula: «È ossessionata da me. Io, per carità, c'ho i miei difetti, ma non quello di essere un suggeritore occulto, come invece usa fare lei con i suoi. Nella pomposa conferenza stampa si è dimenticata di menzionare la sentenza che invece ha visto soccombere contro A2A Comune e Regione per l'inserimento delle osservazioni della Conferenza dei servizi nell'ambito della procedura Aia, dunque come si può capire la materia è delicata e complessa». Per Moretti questa è «una vittoria di Pirro», poiché «l'Autorizzazione unica fa variante e se verrà rilasciata sovrasterà le direttive comunali». «Cisint - dice Moretti - dovrebbe prendersela solo con la Regione che ha dato l'ok con le 11 prescrizioni». Si muove anche il consigliere comunale dem Fabio Delbello, che però finisce con l'ingenerare un battibecco con il suo segretario provinciale: «I consiglieri regionali del Pd sono "pregati" di astenersi per sempre dall'intervenire sulla questione A2A, nonché sull'escavo e Terme. Il sindaco, con cui ci si deve congratulare per la fortuna di un regalo derivante da un ricorso inutile e arrogante, si decida invece a portare in massima assise gli assessori regionali competenti, ovvero Scoccimarro e Bini, e metta in discussione la mozione proposta e da me depositata a giugno». «Altrimenti - aggiunge - potremo mettere in atto una plateale protesta come quelle del Partito radicale. Il problema è che da troppo tempo manca un monfalconese doc di centrosinistra in Consiglio regionale: qui infatti si produce il 60% del Pil provinciale e si concentra il 90% delle criticità isontine, quindi è ora di finirla, perché neanche noi democratici monfalconesi siamo fessi». Secca la replica di Moretti: «Rispetto la sua opinione, ma ha perso un'occasione per tacere. Sulla difesa del territorio isontino nella sua globalità e non solo nel luogo di elezione non accetto lezioni da Cisint e tantomeno da Delbello, che forse dormiva mentre svolgevo la mia attività». «Veramente patetico - conclude - e sbaglia mira. O forse farà parte di una strategia». Omar Greco di Art 1, invece, accusa l'amministrazione di «fare per l'ennesima volta propaganda, pur su una cosa seria come una sentenza della magistratura». «Il Comune - rileva - non ha vinto alcuna battaglia contro A2A, infatti la partita è ancora tutta da giocare: i giudici hanno solo esplicitato l'inammissibilità del ricorso». E il dispositivo «certifica che le direttive emanate dall'ente sulla centrale sono assolutamente inutili, poiché non incidono sulle autorizzazioni che la proprietà ha chiesto a Roma». In cauda venum, Giuseppe Nicoli di FI: «C'è poco da rallegrarsi rispetto alla sentenza del Tar su A2A e il sindaco che si esalta a fare conferenze stampa trionfalistiche si faccia un esame di coscienza sul fallimento dell'azione politica che sta esercitando a Monfalcone». Scrive poi: «Ha perpetrato un inutile inquinamento delle nuove direttive al Prgc improvvisando modifiche che nemmeno lontanamente condizionano il percorso di un'eventuale conversione della centrale». Sempre Nicoli parla di «carenza di visione urbanistica del sindaco per lo sviluppo futuro», mentre «il varo del nuovo piano regolatore è fermo ormai da tre anni».
Tiziana Carpinelli
Scatta la pulizia dei fondali in 4 tappe settimanali da domani all'11 dicembre - Le operazioni finanziate dalla Regione
Muggia. Il Comune di Muggia è tra gli enti locali che hanno aderito al "Progetto aMare Fvg" (insieme ai comuni di Monfalcone, Staranzano, Marano Lagunare, Grado, Lignano, San Dorligo e Duino Aurisina) approvato e finanziato dalla Regione. Per Muggia sono stati stanziati 11.416 euro. "Mission" è quella di combattere l'inquinamento da plastica dell'ecosistema marino: anche le coste regionali sono colpite in maniera esponenziale, come tutto l'Adriatico, dal fenomeno del "marine litter". I dati dicono che nello 0,8% di costa monitorata da Arpa Fvg ogni anno vengono raccolti 250 chili di rifiuti spiaggiati. Per la realizzazione del progetto, lungo il litorale muggesano saranno organizzate quattro giornate di attività di pulizia dei fondali, che permetteranno di raccogliere e smaltire rifiuti dispersi in mare e di ripristinare, per lo meno in quei tratti, un ambiente marino "incontaminato". I partner del progetto sono la locale Società Scuba Tortuga e la Net, che si occupa della raccolta dei rifiuti a Muggia. Gli operatori subacquei provvederanno a ripulire gli specchi acquei dai rifiuti marini secondo il seguente calendario. Domani toccherà al Mandracchio, uno dei crucci del neosindaco Paolo Polidori, sito che non è possibile ripulire in maniera massiva poiché è incluso del perimetro a mare del Sin, e quindi qui è impossibile rimuovere i fanghi accumulatisi sui fondali. Il 27 novembre sarà la volta delle acque antistanti il Parco Acquario. Il 4 dicembre si andrà invece sulla "spiaggia cittadina" dei muggesani rappresentata dal Lungomare Venezia. L'11 dicembre ultima tappa nel mare antistante la spiaggia di Porto San Rocco. Durante le operazioni nelle aree indicate la navigazione sarà interdetta dalle 10 alle 13 per consentire le operazioni di raccolta dei "marine litter" in totale sicurezza, nel rispetto delle norme vigenti e dell'apposita autorizzazione che sarà rilasciata dalla Capitaneria di Trieste.
lu.pu.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 novembre 2021
A2A perde il ricorso al Tar contro il Comune
Giudicata «inammissibile» la determinazione dell'azienda di annullare i vincoli di salvaguardia sulla riconversione della centrale
Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza pubblicata martedì, ha dichiarato «inammissibile» il ricorso depositato il 20 settembre da A2A Energiefuture spa contro gli indirizzi varati dal Comune in materia di riconversione. I legali della società Fabio Todarello e Francesco Schiano Di Cola avevano richiesto, oltre alla sospensiva in prima battuta, l'annullamento della deliberazione numero 22 del Consiglio comunale, votata il 31 maggio, con la quale l'amministrazione (che si è opposta con l'avvocato Teresa Billiani) aveva approvato le direttive urbanistiche per la predisposizione del nuovo Piano regolatore. In particolare ponendo un «vincolo di salvaguardia», ai sensi di legge (articolo 63 ter, comma 2, della legge regionale 5 del 2007), per «vietare la riconversione di impianti di produzione di energia esistenti che impiegano risorse fossili» e «la messa in opera di gasdotti nel territorio carsico monfalconese». Un atto passato in massima assise con i 13 voti favorevoli della maggioranza e i 5 contrari dei consiglieri Paolo Fogar, Lucia Giurissa, Elisabetta Maccarini, Cristiana Morsolin e Giuseppe Nicoli, quest'ultimo di area centrodestra. Il contenzioso, ignoto fino a ieri per lo stretto riserbo mantenuto dall'ente e pure dalla società ricorrente, è venuto a galla nella conferenza stampa indetta alle 11 in municipio, dove il sindaco Anna Cisint, alla luce degli esiti, ha rivendicato la correttezza dell'operato del Consiglio, interpretando come ingerenza sul terreno prettamente amministrativo e un «tentativo di mettere il bavaglio al Comune» l'azione di A2A. La sentenza è appellabile. E chissà se questo è solo il primo round. Nella sentenza del Tar, presieduto da Oria Settesoldi (consigliere Manuela Siligoi, estensore Luca Emanuele Ricci) si pone l'accento, a suffragare l'inammissibilità del ricorso, sulla «carenza di interesse» dell'azienda. I giudici non individuano «un pregiudizio attuale e concreto in capo ad A2A che possa integrare l'interesse ad agire con questa azione». In camera di consiglio l'azienda aveva posto in evidenza la rilevanza economica dell'investimento in ballo, correlandola dunque all'esigenza di chiarire quanto prima il quadro giuridico, pure sotto il profilo urbanistico, ai fini dell'intervento in questione. Ma stando al Tar «la circostanza si colloca però su un piano eminentemente fattuale e appare inidonea a integrare l'interesse ad agire». Quanto al fatto, sostenuto sempre da A2A, che «il Comune avrebbe illegittimamente utilizzato i poteri urbanistici per finalità a essi estranee e cioè per impedire la riconversione» i giudici scrivono che «ogni intervento su impianti come quello oggetto di giudizio è sottoposto a una Autorizzazione unica, il cui rilascio ha effetto di variante urbanistica». Dunque le direttive urbanistiche per la predisposizione del nuovo Prgc verrebbero superate, cioè sarebbero del tutto ininfluenti, qualora A2A ottenesse il via libera. E ancora: «Tutte le valutazioni sono pertanto effettuate all'interno di un unico procedimento di competenza del Ministero dello sviluppo economico, pur nell'ottica di un dialogo con le amministrazioni interessate». Ne consegue che l'ente «ha agito in radicale carenza di potere». Tradotto: non si può imputare all'amministrazione Cisint il presunto eccesso di potere. Nella sentenza è stato altresì sottolineato che il potere di governo del territorio, in ogni caso, «può essere esercitato dal Comune anche per dirigere la localizzazione di impianti e attività che impattino su una molteplicità di interessi della comunità locale, come quelli attinenti alla materia ambientale e alla tutela della salute». Parole ritenute significative dal sindaco. Ora la delibera sulle direttive è effettivamente valida (a meno di eventuali rovesciamenti in Consiglio di Stato, nell'ipotesi di un appello del gruppo energetico) ed è lecito supporre che il parere del Comune nell'ambito dell'Autorizzazione unica si fonderà anche su quelle linee urbanistiche, evidentemente nette. L'azienda, con una nota arrivata in serata, ha precisato in merito alle parole del Comune che il «ricorso non è stato rigettato, ma dichiarato inammissibile per carenza di interesse» e che la sentenza ha accertato come «l'iniziativa giudiziale di A2A possa "essere giustificata per l'apparenza giuridica comunque determinatasi"». Difatti i giudici hanno ritenuto «equo» disporre la compensazione delle spese di lite. Per l'azienda il Tar «ha chiaramente e favorevolmente riconosciuto che l'intervento che A2A intende realizzare è disciplinato unicamente dal procedimento autorizzatorio unico, il cui esito favorevole comporterebbe "comunque la neutralizzazione delle direttive e del relativo regime di salvaguardia"».
Tiziana Carpinelli
La rabbia di Cisint: volevano mettere il bavaglio al Consiglio A2A: opportunità per l'ambiente
L'amministrazione parla di «sentenza esemplare» e rivendica la legittimità dell'operato. L'avvocato Billiani: «Indirizzo valido»
C'è un po' di tutto, nell'intervento-fiume di Anna Cisint sul verdetto del Tar favorevole all'ente. Dal paragone di A2A a un gigante, un «re Leone» mentre l'ente-«formichina» vi si oppone come forse nessuno avrebbe mai fatto, alla metafora del capitano in mare, passando per i proverbi napoletani. Mentre l'azienda, nella sua nota, ha inteso mettere in evidenzia i processi di dismissione in ottica ambientale: «L'abbandono dell'utilizzo del carbone entro il 2025 è un obiettivo europeo che A2A ha scelto di anticipare avviando un percorso virtuoso di riconversione delle centrali a carbone, come quella di Monfalcone. Questa trasformazione rappresenta un'opportunità per l'ambiente e per i cittadini che potranno contare su fonti energetiche sostenibili, a dimostrazione dell'attenzione del gruppo nei confronti dei territori in cui opera, salvaguardando, al contempo, i livelli occupazionali e contribuendo alla transizione energetica del Paese». Agguerrito, invece, il commento alla vicenda giuridica del sindaco: «A2A ha impugnato all'ultimo minuto utile le nostre direttive con salvaguardia per farle annullare, ma il Tar, con una sentenza esemplare, dice che il Comune ha ben agito e deve poter pianificare. Il "bavaglio" che hanno tentato di metterci non è stato ritenuto accettabile dal giudice amministrativo». Quindi una sentenza «che ci dà soddisfazione, perché il Comune di Monfalcone continua a dimostrare coraggio, serietà, competenza, impegno a portare avanti l'interesse dei cittadini in ordine a salute, ambiente e prospettive di lavoro». E poi: «Quando sono salita su questa barca ho voluto tenere il timone su scelte a volte anche impopolari». Ma il Tar «ha detto a chiare lettere che l'ente è legittimamente nella posizione di poter pianificare». Con atti che «non sono il libro dei sogni, ma volontà concrete e reali», ha chiarito in sindaco, affiancata ieri dagli assessori Antonio Garritani (Mondo produttivo) e Sabina Cauci (Ambiente), oltre che dai funzionari. «E mi dispiace - sempre Cisint - che un'azienda con capitale pubblico non stia dimostrando responsabilità sociale d'impresa, al punto da chiedere al giudice di "zittire" il Comune sulla volontà di pianificazione». Diritto a immaginare il futuro: un mantra ripetuto a più riprese. Fino a sfoderare un inedito idioma partenopeo - «Ccà nisciuno è fesso» - per ribadire il titolo dell'ente a dire la propria sul suo territorio. Mentre l'azione di A2A è stata vissuta come «un tentativo di delegittimare l'ente». Insomma, una Cisint apparsa a tutti come l'esondazione di un torrente, incontenibile, prodromo delle lotte che senz'altro si scateneranno sulla centrale. E se in conferenza non si è rivolta agli avversari politici a margine, però, non ha mancato di sottolineare come tra coloro che avevano votato in senso avverso al documento sulle direttive vi fossero anche esponenti dem. «Come mai? Il Pd non è contrario alla centrale? Forse c'era Moretti a suggerire loro come muoversi...», ha buttato lì, dopo essersi invece congratulata con i suoi per la capacità di fare squadra e lavorare su una materia complessa e delicata. Si è invece attenuta ovviamente al tecnico l'avvocato del Comune Teresa Billiani:«La delibera è valida ed efficace». Ma«A2A ha ritenuto che il Comune in quella materia non potesse pronunciarsi, sollevando eccezioni preliminari che il Tar invece non ha accolto».
Ti.Ca.
«Museo del mare, no ai segreti» Lettera aperta di 3 associazioni
Touristi, Istituto di storia e Società Maria Theresia scrivono al sindaco rilanciando la richiesta di trasparenza sul percorso espositivo dell'ex funzionario Mazzoli
Come sarà allestito il nuovo Museo del mare al Magazzino 26? Le associazioni culturali ribadiscono la domanda di «trasparenza» sollevata l'altro giorno da Enrico Mazzoli, ex funzionario comunale del settore. I loro dubbi mettono radici nello scorso mandato, quando una determina dell'allora dirigente Laura Fanfogna affidò l'incarico di ideare il percorso espositivo alla Fondazione Luigi Micheletti, con sede a Brescia e specializzata in storia del '900. Il cantiere per la revisione complessiva del "26", nell'ambito del progetto Consuegra, non sarà avviato prima del 2022. Intanto Mazzoli, avendo concluso la sua carriera proprio al vecchio Museo del mare di Campo Marzio, era tuttavia curioso di conoscere lo storyboard narrativo che bolle nella pentola della Fondazione Micheletti. Per questo ha avanzato una richiesta agli uffici comunali. I quali gli hanno risposto, tramite una determina della "p.o." Patrizia Fasolato, che la documentazione sarà disponibile dopo la pubblicazione della gara per la realizzazione dello stesso allestimento progettato dalla Micheletti. Ciò per ragioni di riservatezza. Qui entrano in scena Club touristi triestini, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione e Società Maria Theresia, che scrivono infatti una lettera aperta al sindaco. «In ossequio alla trasparenza, ci associamo alla richiesta di Mazzoli di mostrare alla cittadinanza la visione e la progettazione sottese», si legge nella lettera: «Non vediamo motivo di tale riservatezza, poiché, se lo storyboard fosse reso noto, sarebbe a disposizione di tutti i potenziali concorrenti che saranno chiamati ad allestirlo tramite gara, senza determinare vantaggio o svantaggio per alcuno. Inoltre la Micheletti sul proprio sito web si dice specializzata nel far conoscere "le ideologie del lungo '900, le guerre, l'ambivalenza del progresso tecnico, l'industrializzazione, le voci e i volti del lavoro, l'avvento dei consumi, la crisi ambientale"». Aspetto ancora più curioso, andando a sbirciare sul sito si nota che gli ultimi eventi organizzati dalla fondazione lombarda s'intitolano "Popolo, classe operaia, masse. Il Pci e la società italiana nel '900", "Il Pci e l'ambiente, una dialettica fertile ma faticosa", "Comunisti! Simboli e volti di un'appartenenza". Prosegue la lettera: «A Trieste raccontare il mare equivale a raccontare la storia della città, che nasce e si sviluppa prima del '900, il quale anzi conosce momenti di declino». Le associazioni insomma temono «si faccia cominciare la storia di Trieste dal '900» e auspicano un coinvolgimento di soggetti locali nell'elaborazione storico-culturale del futuro percorso museale. L'assessore alla Cultura Giorgio Rossi spiega che la scelta della Micheletti non lo coinvolse, ma fu puramente tecnico-dirigenziale, e si impegna a incontrare Mazzoli (si faccia riferimento all'intervista qui sotto).
Lilli Goriup
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 novembre 2021
La sentenza sui terreni di Opicina che minaccia il progetto dell'ovovia
Per la Corte d'appello di Roma il Comune non può modificare in modo arbitrario l'uso di 460 ettari della comunella. Problema per la stazione di Campo Romano
Un'antica vicenda giudiziaria minaccia l'ovovia. La Corte di appello di Roma dà ragione alla comunella di Opicina, che rivendica la proprietà collettiva di una porzione di Carso contro Comune e Regione. Il consigliere comunale Stefano Ukmar (Pd) avverte che proprio là in mezzo dovrebbero sorgere la stazione teleferica di Campo Romano e i contigui parcheggi. A tal proposito Ukmar ha presentato un'interrogazione a sindaco e giunta, in cui paventa la perdita dei 48 milioni di euro veicolati dal governo, qualora la realizzazione della cabinovia fosse irrimediabilmente compromessa dal fatto che quel terreno deve restare a uso agro-pastorale, e chiede se esistano piani B. Per il sindaco Roberto Dipiazza il progetto di massima presentato a Roma potrà essere rivisto durante il confronto con popolazione e territorio che intende avviare, mentre l'assessore al Patrimonio immobiliare Elisa Lodi ha già richiesto una riunione con avvocatura e uffici tecnici per approfondire le implicazioni della sentenza (vedi box qui a sinistra).Veniamo appunto alla sentenza. Il 21 luglio 2021 la Corte di appello ha ribadito di rinvio quanto già stabilito dalla Cassazione e uscito sui giornali nel 2018. C'è una serie di terreni carsici sui quali il Comune di Trieste non può avanzare la pretesa di «usi civici». Non può cioè modificarne la destinazione d'utilizzo in maniera arbitraria. Ciò accade dal momento che questi terreni appartengono come «dominio collettivo» alla comunella di Opicina e quindi alle «famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo». Si tratta di circa 460 ettari sparsi tra i comuni censuari (suddivisioni territoriali risalenti al catasto austriaco) di Opicina e, in misura minore, di Gabrovizza e Rupingrande. Basandosi su un precedente provvedimento degli anni Venti, nel 1955 il Comune aveva pubblicato sull'albo pretorio un bando commissariale in cui dichiarava la natura demaniale di quei terreni, escludendo così che essi fossero proprietà esclusiva della comunella, la quale all'epoca nemmeno aveva personalità giuridica. Passarono i decenni. All'inizio degli anni Duemila il consorzio autoctono di Opicina, formalizzata la natura della propria esistenza, avviò un lungo e complesso contenzioso, impugnando il bando commissariale contro il Comune e la Regione allo scopo di far valere i propri diritti atavici. I primi gradi di giudizio avevano inizialmente respinto le istanze della comunella. Nel 2018 la Cassazione pronunciò dunque la decisione, considerata storica sull'altipiano, incaricando la Corte di appello di emettere la successiva sentenza riassuntiva. Si arriva così al 2021: «I suddetti beni appartengono esclusivamente ai consorti della Comunella di Opicina» e su di loro «non gravano diritti di uso civico o di demanio comunale a vantaggio di terzi e in particolare dei cives del Comune di Trieste». Per Ukmar, che peraltro è una voce fuori dal coro del centrosinistra dal momento che si è detto possibilista sull'ovovia, questo è un bel grattacapo. «Stando a quanto uscito finora sui media, sembra che la stazione di Opicina e i relativi parcheggi della cabinovia ricadano sulla proprietà della comunella, la cui destinazione d'uso è esclusivamente agro-pastorale», afferma Ukmar: «Prima di chiedere il finanziamento, l'amministrazione comunale ha valutato lo status giuridico delle aree interessate dall'intervento? Esistono progetti alternativi di mobilità sostenibile, in grado di garantire i finanziamenti previsti, se l'intervento risultasse irrealizzabile?». Gli fa eco il collega di partito Francesco Russo: «Sono lieto che il consigliere Ukmar abbia preso atto di questi ulteriori elementi che rendono il progetto ancora più inverosimile e campato in aria. Spero che d'ora in poi si possa lavorare di comune accordo, e coinvolgendo i migliori esperti, per trovare un'alternativa. Perdere il finanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (veicolato tramite apposito provvedimento dell'attuale Ministero delle Infrastrutture) sarebbe un delitto».
Lilli Goriup
Orsetto entra nel cuore di Gorizia Impaurito si rifugia su un albero
In quindici per prenderlo: è al centro faunistico di Terranova. Il forestale Benedetti: «Presto libero»
Era solo, spaesato e spaventato. Di certo più lui degli umani che lo guardavano e fotografavano incuriositi, in un luogo così diverso dal suo habitat naturale. Già, perché si è spinto sin quasi in centro città a Gorizia il cucciolo di orso - un esemplare maschio tra i 9 e i 10 mesi di età, del peso di circa 35 chili - prima segnalato e poi recuperato nella tarda serata di lunedì in via Giustiniani, proprio alle spalle del colle del Castello e all'altezza del parcheggio all'incrocio con via Bombi. Giunto fin lì chissà come e chissà esattamente da dove (anche se segnalazioni piuttosto precise dicono che il giovane plantigrado era monitorato già da una settimana oltreconfine, nei suoi spostamenti lungo la valle del Vipacco), si è visto improvvisamente scoperto da un gruppo di giovani, che hanno subito informato le autorità e fatto scattare il recupero. Terrorizzato, non ha trovato di meglio da fare che arrampicarsi su uno degli alberelli che costeggiano via Giustiniani, e lì è rimasto nascosto, per quanto ha potuto celare la sua mole, fino all'arrivo dell'imponente struttura attivatasi per il recupero. Una quindicina di persone circa, a partire dal funzionario del Corpo forestale regionale (esperto di orsi) Paolo Benedetti, assieme a vigili del fuoco, carabinieri, polizia, esercito e uomini della ditta specializzata Arca, impegnata proprio in questo genere di situazioni che riguardano gli animali selvatici.«Onestamente al momento della chiamata credevo che sarei tornato a casa in poco tempo, perché pensavo che la segnalazione si sarebbe rivelata errata, e che l'animale in questione non fosse certo un orso, visto il luogo del ritrovamento, in città - racconta Benedetti -. Invece era tutto vero. Prima di iniziare l'operazione di recupero ho effettuato un sopralluogo per capire se nei paraggi potesse esserci la madre del cucciolo, circostanza che avrebbe reso l'intervento molto pericoloso: così non era, e abbiamo potuto procedere». Tesa con l'aiuto del personale presente una rete da cattura sotto l'albero (e l'arrivo dei vigili del fuoco è stato provvidenziale per riuscire a raggiungere l'altezza dove l'animale si era rifugiato), l'orsetto è stato catturato con uno speciale frustone da accalappiacani, e poi immediatamente avvolto in una coperta per limitare il più possibile lo stress al cucciolo, evidentemente spaventato da tutto quel trambusto e da presenze alle quali davvero non poteva essere abituato. Da Gorizia, il cucciolo di orso è stato trasportato immediatamente al Centro di recupero della fauna selvatica di Terranova a San Canzian d'Isonzo, dove è stato sistemato in un apposito box e nella mattinata di ieri è stato visitato dal veterinario Stefano Pesaro e da una equipe specializzata. L'orsetto sta bene, stando alle prime analisi, e potrebbe essere rimesso in libertà forse già nella giornata di oggi, anche se su momento, luogo e modalità del ritorno nella natura per tutta la giornata di ieri si sono confrontati gli esperti locali e quelli del Parco Nazionale d'Abruzzo e del Trentino. Territori dove ritrovamenti simili sono decisamente più consueti. «L'idea sarebbe quella di liberarlo il prima possibile, proprio per limitare al massimo i contatti con gli umani, vista anche la sua giovane età - spiega ancora Benedetti -, e paradossalmente non si fosse trovato in città, rappresentando possibile elemento di allarme e pericolo, l'avremmo liberato anche subito. Ma ci sono dei protocolli da rispettare in questi casi, e tutto verrà fatto per tutelare le condizioni e la salute dell'animale». Se, dunque, presto l'orsetto ritroverà i boschi e i silenzi della natura, restano al momento misteriose le circostanze che lo hanno portato a spingersi fin quasi nel centro storico di Gorizia. Il Bosco del Panovec, in Slovenia, dista poche centinaia di metri, ma altrettante e ancora meno è lontana piazza Vittoria, oltre Galleria Bombi: «Stiamo cercando di ricostruire la sua storia, anche attraverso i colleghi sloveni - conclude Benedetti -. Sono situazioni rare ma che possono capitare, specie con animali giovani, che per loro natura sono più curiosi, imprudenti e intraprendenti negli spostamenti».
Marco Bisiach
Segnalato nella Valle del Vipacco «Forse ha perso madre e fratelli»
L'ipotesi del professor Filacorda: «Un caso analoga ad Aidussina» Il veterinario Pesaro: «Sta bene, già a 7 mesi se la cavano da soli»
Dietro quegli occhi profondi, che fissano diffidenti l'obiettivo della fotocamera che, impertinente, lo immortala nel suo box al Centro di Terranova, possiamo solo immaginare la giovane storia del cucciolo d'orso arrivato fin quasi nel cuore di Gorizia. Una storia non consueta, ma che non sorprende del tutto gli esperti, che per mestiere hanno spesso a che fare con animali di questo genere. «Da quanto risulta anche dalle segnalazioni dei cacciatori, questo esemplare era stato individuato e monitorato da almeno una settimana nei suoi movimenti in Slovenia, nella Valle del Vipacco - dice Stefano Filacorda, docente dell'Università di Udine e coordinatore del progetto di studi sulla fauna selvatica regionale -. Un'ipotesi può essere allora che l'orsetto fosse assieme alla madre e ad altri cuccioli, e che magari non sia riuscito a tenere il ritmo durante uno spostamento, forse alla ricerca di una tana per il letargo, e che quindi si sia perso. Non sappiamo da quanto tempo fosse solo, forse anche qualche settimana. Poi, nel suo vagare, è arrivato fino in città. Non sono situazioni comuni, ma accadono, e sappiamo ad esempio di un caso analogo in passato ad Aidussina». Ieri a visitare il giovane plantigrado a Terranova è stato il veterinario Stefano Pesaro, che lo ha trovato in condizioni rassicuranti. «Il cucciolo è attivo, sta bene, ma per essere ancor più tranquilli abbiamo stabilito una serie di analisi anche in collaborazione con colleghi specializzati che si occupano di orsi», spiega Pesaro, che si è premurato di tenere l'animale al riparo da eccessivi contatti umani, per evitare che patisse uno stress maggiore di quello che già ha dovuto sopportare nel corso di questa sua disavventura. Abitualmente i cuccioli di orso restano con la madre fin quasi i 2 anni di età, ma, fanno sapere i due esperti, ricerche e statistiche dimostrano che già una volta compiuti i 7 o 8 mesi i piccoli possono essere in grado di cavarsela da soli. Ed è anche per questo che verrà liberato quanto prima, in base ai protocolli e alle valutazione effettuate in queste ore. Certo, alle porte c'è l'inverno, in libertà ci sono i predatori, e l'orsetto di via Giustiniani dovrà crescere in fretta. Ma, in fondo, questa è la natura.
M. B.
In autostrada vicino al Tiare poi l'incontro di Sagrado - i precedenti
Qualche anno fa, era il 2015, un grosso plantigrado era stato avvistato nei pressi del centro commerciale "Tiare Shopping", a Villesse, a due passi dal negozio Ikea, e anche lo scorso anno un orso aveva terrorizzato un porta pizze che lo aveva incrociato, incredulo, mentre era in sella al suo scooter lungo la strada provinciale tra Savogna d'Isonzo e Sagrado. Ora l'incontro ravvicinato di via Giustiani, a due passi dal centro storico, senz'altro l'episodio più clamoroso di una serie che dimostra, però, quanto gli animali selvatici siano in fondo vicini a noi. A memoria non si ricorda un avvistamento simile nella nostra città.«In tutta l'area attorno a Goriziano a differenza di quanto si possa magari pensare le zone boschive sono in espansione, e creano nuovi spazi per la fauna - commenta l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Del Sordi, che ringrazia tutto il personale intervenuto in via Giustiniani -. Ciò che come cittadini dobbiamo assolutamente tenere a mente, è che incontri di questo genere, per quanto eccezionali, possono verificarsi, e che gli animali selvatici sono per definizione potenzialmente pericolosi. Tutti, a prescindere dalle dimensioni, dall'età e dalla tipologia, che si parli di un orso, di un tasso, o di un capriolo... E questo perché sono imprevedibili nei loro comportamenti». Ecco allora che è importante sapere come comportarsi. «In caso di avvistamento bisogna subito avvisare il 112, e non prendere iniziative personali - dice Del Sordi -. Semmai può essere utile monitorare a distanza gli spostamenti dell'animale, per fornire le indicazioni del caso a chi interverrà».
M. B.
"Zoomare", la lotta ai rifiuti si risolve con un click - Iniziativa di Sissa Medialab
La coordinatrice del progetto Valentina Megarelli: "Così tutta la comunità può vedere le foto caricate e serve agli scienziati per avere dati"
Per combattere l'inquinamento marino da rifiuti, una delle grandi emergenze ambientali dei nostri giorni, c'è bisogno del contributo di ciascuno di noi. Oltre a non renderci complici del problema, evitando di abbandonare rifiuti nell'ambiente, possiamo fornire anche un aiuto prezioso agli scienziati impegnati nel monitoraggio dell'inquinamento del nostro Golfo. Come? Con qualche semplice click. Si chiama Zoomare il progetto di citizen science ideato da Sissa Medialab per coinvolgere cittadine e cittadini nel monitoraggio di nove stazioni del litorale triestino particolarmente soggette all'accumulo di rifiuti a causa di peculiari condizioni meteomarine. «Lo vediamo anche quando passeggiamo sul molo Audace: ci sono giornate in cui notiamo parecchi rifiuti, principalmente plastiche, che si ammassano nelle acque circostanti, e giornate in cui invece le acque appaiono pulite», racconta Valentina Mengarelli, coordinatrice del progetto. «Zoomare, che già dal nome indica l'idea di buttare l'occhio, zoomando, sul nostro mare, è un progetto di raccolta dati pensato per tutte le età. Contribuire è molto semplice e si può fare tranquillamente dal proprio smartphone o tablet mentre si passeggia sul nostro litorale». Collegandosi al sito www.zoomare.it si possono vedere, su una mappa, le nove stazioni di rilevamento identificate dal progetto. A questo punto basta scattare una foto nei pressi di una di queste stazioni, laddove il mare incontra la terra, e cliccando sulla stazione all'interno della mappa caricare la propria foto, indicando, se il caricamento avviene a posteriori, data e orario dello scatto. «E' un progetto che consente a tutta la comunità di vedere le fotografie caricate e che serve agli scienziati per ottenere dati preziosi sulla condizione del mare nei punti di monitoraggio nelle diverse giornate e ore del giorno. Non è richiesta nessuna registrazione, è semplicissimo da usare, e grazie ai dati raccolti gli scienziati possono studiare la correlazione tra condizioni del vento e correnti e presenza di rifiuti a mare", spiega Mengarelli. Così si perseguono due obiettivi: quello di rendere partecipe la cittadinanza alla ricerca scientifica e avvicinare le persone alla scienza, e quello di incoraggiarle a guardarsi intorno e aumentare la consapevolezza che ciascuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza per preservare l'ambiente in cui viviamo. Oltre al Molo Audace, ci sono altre tre stazioni di rilevamento "cittadine", una sul molo Fratelli Bandiera, una sul molo dei Bersaglieri, una sul molo IV, e altre cinque stazioni sul lungomare tra Barcola e Grignano. Al progetto, che terminerà il 31 gennaio, si può partecipare un numero illimitato di volte: l'obiettivo è ovviamente raccogliere più dati possibili. Zoomare è solo una piccola parte di un progetto europeo, Phereclos, che punta a migliorare e incrementare, attraverso modelli d'insegnamento innovativi e interdisciplinari, l'accesso all'istruzione superiore dei più giovani, offrendo benefici a tutta la cittadinanza.
G. B.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 novembre 2021
Confronto enti-esperti sulla ghiacciaia di Draga - il primo incontro nell'ambito del piano di recupero
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Parte oggi, con il primo incontro finalizzato a una progettazione partecipata, il piano di recupero e valorizzazione della storica ghiacciaia con annesso stagno a Draga Sant'Elia, nell'area della Riserva naturale della Val Rosandra. L'appuntamento (dalle 11 alle 16 al Centro visite della Riserva) ha come obiettivo l'elaborazione di linee guida condivise per la gestione delle infrastrutture verdi transfrontaliere e sarà il primo dei due focus promossi dal Comune di San Dorligo. Vi parteciperanno rappresentanti di istituzioni locali e comunità regionali e transfrontaliere, esperti, gestori delle aree protette e operatori turistici. Il Comune di San Dorligo è presente in questo contesto nell'ambito del Programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020, dal titolo "Potenziamento delle infrastrutture verdi nell'ambiente transfrontaliero di Italia e Slovenia", di cui è capofila la società del Parco delle grotte di San Canzian, in Slovenia. A questo progetto partecipano inoltre in qualità di partner anche l'Università del Litorale di Capodistria e il Gal della Venezia Orientale di Portogruaro. Il progetto è attivo dall'aprile 2020 e sta realizzando complessivamente 17 attività pilota per il rinnovo delle infrastrutture verdi, 32 eventi promozionali, otto focus group e 16 incontri educativo-formativi. L'intervento per il recupero della ghiacciaia ha lo scopo di conservare e migliorare le condizioni di un manufatto per lungo tempo abbandonato.
u.sa.
SEGNALAZIONI - Preferire il tram all'ovovia
Verranno erogati 49 milioni per costruire l'ovovia di Monte Grisa (Molo IV-campo Romano). La cittadinanza potrà esprimere il suo parere. Intendiamoci il progetto dell'ovovia non è in se sbagliato, ritengo l'impatto sul territorio ridotto ma ci sono dei ma che fanno propendere almeno a mio avviso per un'altra soluzione. Il primo dato negativo è che l'uso dell'ovovia non può essere quotidiano a causa della bora. Il secondo che il costo del biglietto, che penso sarà giornaliero (andata-ritorno), potrebbe arrivare a 20 euro: una famiglia di 4 persone che arriva con l'auto a Campo romano pagherà il posteggio giornaliero, comunque superiore ai 10 euro e poi 80 euro per l'ovovia. Se invece arriva in città da viale Miramare pagherà il solo biglietto del silos o del posteggio del Molo IV. Terzo dato negativo l'alto costo di gestione, ritengo per il cambio cavi in tempi molto ravvicinati. La soluzione del tram al posto dell'ovovia a mio avviso è migliore. Si può disporre di vetture articolate con posti a sedere ben superiori all'ovovia. Costo di gestione ben inferiore perché l'armamento si logora meno. Si usufruisce dei binari rimasti del Porto vecchio, può essere prolungato oltre il piazzale del Molo IV fino alla radice del Molo Audace e quindi in piazza Unità. Dal terrapieno dell'ex scalo ferroviario di Barcola sale in pendenza con cremagliera in galleria dentro il Colle di Gretta sotto il Faro (tutta arenaria) e poi con galleria elicoidale in terreno calcareo fino a Campo romano. Potrebbe essere prolungato fino alla stazione ferroviaria di Opicina o anche fino Borgo Grotta Gigante. Il costo del biglietto potrebbe essere doppio o triplo di quello di Trieste Trasporti, come per le linee marittime. Quindi grande capienza passeggeri e corse giornaliere. Potremmo così disporre di due collegamenti tranviari, quest'ultimo moderno, e l'altro a funicolare per il turista con vetture degli Anni '30. Forse sarà il caso di fare una raccolta firme per la soluzione tranviaria.
Piero Zanon
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 novembre 2021
Cop26, flop sul clima ma le colpe non sono soltanto dell'India
Si chiude nello scontento la conferenza: ricatti sul carbone Gli accordi tra Usa e Ue i veri responsabili dell'intesa al ribasso
GLASGOW. Il nuovo giorno del Patto sul clima di Glasgow inizia sotto un cielo grigio e un persistente senso di sconforto. Tocca al primo ministro britannico Boris Johnson e al presidente della Cop26, Alok Sharma, serrare le fila e tentare di convincere il mondo che sì, la Cop26 è stata una «successo», «un risultato storico, il momento in cui si sono «suonate le campane a morto per l'energia a carbone». Come un mantra Johnson ripete più e più volte che l'obiettivo di limitare a 1,5° l'innalzamento della temperatura "è stato mantenuto». La Cop26, dice, ha messo «il mondo nella giusta direzione» nella lotta ai cambiamenti climatici, a dispetto dei «compromessi necessari per ottenere l'approvazione di 197 Stati». È vero: la partita da oggi si gioca su campo aperto e gli Stati verranno chiamati a sottoporre i propri piani nazionali per ridurre le emissioni ogni anno, anche se sarà la Cop di Sharm-el-Sheik 2022 a raccoglierne i frutti, se mai ce ne saranno. Ma nella sala di Downing Street è l'India il convitato di pietra. Senza nominarla mai, parlando dell'annacquamento dell'ultimo minuto della risoluzione sul carbone («riduzione» e non più «eliminazione»), Johnson pare tentennare, ma poi rivendica: «Possiamo fare pressioni, possiamo blandire, possiamo incoraggiare ma non possiamo costringere le nazioni sovrane a fare ciò che non desiderano». Il riferimento è al clamoroso colpo di scena di sabato sera, quando l'assemblea plenaria era pronta a firmare il Patto di Glasgow e a «relegare il carbone nella Storia», ma ha dovuto cedere al «ricatto» dell'India e modificare, al ribasso, il testo sui combustibili fossili. Da quel momento in avanti il mondo ha avuto il cattivo contro cui puntare il dito. Sono le parole di Alok Sharma ad aprire una finestra su chi sono i cattivi e chi i buoni della storia, quando spiega il degli occhi vicini alle lacrime dopo l'exploit dell'India: «Ho sentito il peso del mondo sulle mie spalle», dice, e «il motivo per cui ho chiesto scusa non è stato perché pensavo che non avessimo avuto un risultato storico, è perché il mondo pensava che la procedura fosse stata opaca». Ecco, la procedura opaca a cui si riferiva Sharma sono stati i negoziati «laterali» portati avanti nell'ombra dalle grandi economie mondiali (i grandi inquinatori) a scapito dei Paesi poveri - e del clima-, che alla fine hanno spedito l'India a fare la parte del «poliziotto cattivo», mentre Cina e Stati Uniti facevano i poliziotti buoni, con Sudafrica e sauditi silenti nelle retrovie. Ben prima dello strappo di sabato sera il compromesso al ribasso era già stato avallato dagli altri due principali inquinatori mondiali, Cina e Stati Uniti, che nel loro accordo bilaterale, avevano sì promesso di potenziare l'azione sul clima», ma «gradualmente», motivo per cui l'India è poi finita sul banco degli imputati. L'ultimo intervento in plenaria della Cina, pochi secondi prima dell'annuncio di New Delhi, ora assume un significato più chiaro: «Urlare slogan potrebbe provocare impatti negativi». Slogan tipo «stop ai combustibili fossili». La nuova intesa con Pechino-Washington, inoltre, conteneva un messaggio chiave, dicono fonti Usa: «Devi ridurre il carbone prima di potere eliminare il carbone». Ma l'opposizione indiana ha avuto diversi altri sponsor, ciascuno con un proprio movente: dall'Iran, alla Russia e l'Australia. Con il passare delle ore, del resto, anche molti osservatori hanno puntato esplicitamente il dito contro i potenti che si sono fatti scudo dell'India. Come Brandon Wu, di Action Aid Usa: «Il problema non è l'India; il problema sono gli Stati Uniti e i Paesi ricchi che si rifiutano di fissare l'uscita dai combustibili fossili nel contesto di un'equità globale». E ce n'è per tutti: anche l'Europa ha qualche peccato, e non di poco conto. Alla Cop il G77+Cina (alcuni Paesi in via di sviluppo più la Cina) aveva proposto la creazione del «Loss and damage facility», un fondo attraverso cui finanziare gli interventi per contenere i danni causati dalla crisi climatica. Sono stati Ue e Usa a opporsi, dopo un accordo sancito a porte chiuse.
Monica Perosino
Green&Blue - Clima - Che cosa cambierà dopo Cop26?
Domani a Roma l'evento organizzato dal content hub del gruppo Gedi All'Open Summit il confronto con i protagonisti del vertice di Glasgow
Cerchiamo sognatori. È questo l'obiettivo del primo Open Summit di Green&Blue, il content hub del gruppo Gedi dedicato ad ambiente e sostenibilità. Ad un anno dal lancio Green&Blue torna con un evento dal vivo in un momento unico: subito dopo la fine di Cop26. Come è andata davvero? Che ruolo ha avuto l'Italia? Cosa dobbiamo fare adesso? A queste domande l'Open Summit prova a rispondere dando voce a tutti i protagonisti: a quelli che erano a Glasgow nei palazzi dove si negoziavano gli accordi fra Stati (come il plenipotenziario americano John Kerry e il ministro Cingolani); ma anche agli attivisti che erano nelle piazze per reclamare "giustizia climatica"; ai ragazzi che raccontano la sostenibilità sui social (i famosi influencer) e a quelli che invece per contrastare il clima hanno lanciato una startup che proverà a diventare leader nel mondo nuovo che stiamo costruendo; agli scrittori che hanno scelto di combattere questa battaglia con le loro parole, come Jonathan Safran Foer e Amitav Ghosh, e agli artisti che ne fanno una bandiera come Alessandro Gassmann e gli Eugenio in via di Gioia. Ma un ruolo fondamentale all'Open Summit lo avranno gli scienziati, su tutti il premio Nobel per la Fisica 2021 Giorgio Parisi che davanti a quasi cento studenti, alle dieci in punto, farà una lezione eccezionale sul cambiamento climatico "spiegato ai ragazzi e ai loro genitori". Sarà quello forse il momento più emozionante dell'evento, ma non certo l'unico di rilievo: con la sottosegretaria Barbara Floridia si parlerà della mobilitazione verde nelle scuole promossa dal ministero; con Paola Mercogliano scopriremo gli scenari per l'Italia nel caso il riscaldamento globale non venga fermato; con Giovanna Melandri ed Ermete Realacci di come i capitali si stiano spostando verso la sostenibilità e delle aziende che già da tempo hanno fatto seriamente questa scelta (e a questo proposito Annalisa Muccioli e Katia Riva racconteranno come questa fase si vive dentro Eni e Atlantia; mentre l'amministratore delegato di Snam Marco Alverà ragionerà sul ruolo dei gas rinnovabili nella transizione energetica); infine il ministro Enrico Giovannini verrà a presentare il piano mobilità e il nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che ha appena annunciato di voler creare una struttura ad hoc, parlerà di come Roma diventerà una capitale "green and blue". E i sognatori? Saranno i veri protagonisti dell'evento che come video di lancio ha il formidabile discorso pronunciato da David Attenborough a Glasgow in occasione di Cop26, in particolare il passaggio quando ha detto che questa partita la vinceremo "con la speranza e non con la paura". Per questo anche Green&Blue ha deciso di provare a fare la sua parte lanciando due iniziative che puntano a favorire e a sostenere la nascita di startup che abbiano come obiettivo il contrasto al cambiamento climatico. La prima iniziativa è una partnership con Junior Achievement, 102 anni di storia, la più importante organizzazione no profit al mondo dedicata a far crescere l'imprenditorialità già fra i banchi di scuola. E quindi migliaia di studenti dell'ultimo anno di superiori nei prossimi mesi potranno partecipare ad una "climate challenge" per progettare la startup che intendono lanciare dopo la scuola. La seconda iniziativa guarda al mondo delle università e in particolare al Premio Nazionale Innovazione PNI Cube, da diciannove anni il punto di arrivo di una gara per startup che coinvolge tutte le università su base regionale attraverso delle Start Cup. Ai quattro tradizionali premi il prossimo anno verrà aggiunta una quinta categoria "Green&Blue" per le startup universitarie che proveranno a usare la tecnologia per contrastare il cambiamento climatico. Come ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi aprendo Cop26: "I soldi non sono un problema". Servono le idee. Cerchiamo sognatori.
RICCARDO LUNA
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 novembre 2021
Patto in Adriatico Italia-Croazia pesca vietata in un'area di 130 km
È una zona vitale per la riproduzione di moltissime specie ittiche. I limiti vanno dall'isola di Zirje a Ortona, e fulcro nella Fossa di Pomo. Ambientalisti soddisfatti
Spalato. Un'ottima notizia per i pescatori professionisti italiani e croati e per coloro che hanno a cuore le sorti dell'Adriatico: la Commissione generale per la Pesca nel Mediterraneo ha deciso che l'attuale sistema restrittivo e provvisorio per le attività alieutiche nella Fossa di Pomo abbia durata permanente. È quanto comunicato dall'organizzazione World Wildlife Fund, che ha salutato quanto deliberato dalla Commissione per questa vasta area del mare Adriatico, compresa tra l'isola croata di Zirje e la città italiana di Ortona, per una lunghezza di 130 chilometri. Si tratta di una zona di importanza vitale per la riproduzione di diverse specie, come naselli, scampi, rane pescatrici, moscardini e altri pesci, molluschi e crostacei, che le autorità italiane e croate hanno voluto giustamente - e saggiamente - tutelare dalla pesca intensiva, ottenendo splendidi risultati in capo ad un paio d'anni. Lo ha sottolineato all'agenzia croata Hina il rappresentante Wwf presso la predetta Commissione generale, l'ambientalista croato Mosor Prvan. «Il regime di pesca introdotto alcuni anni or sono - ha detto - si sta rivelando fondamentale per gli stock di varie specie nelle acque di Pomo. Abbiamo una crescita consistente della biomassa di scampi e naselli, per la soddisfazione dei pescatori di entrambi i Paesi. Il giro di vite voluto tempo fa ha giovato anche ad altre specie presenti intorno all'isolotto e dunque la tutela permanente ordinata nella 44esima seduta della Commissione generale per la Pesca nel Mediterraneo è stata una mossa logica e bene accetta da tutte le parti in causa». Ha aggiunto che quest'area transfrontaliera tra Italia e Croazia riuscirà anche in futuro a sfornare sicuramente risultati incoraggianti per i pescatori in azione nelle zone contermini della Fossa. Nella riunione dell'organismo facente parte della Fao sono stati inoltre approvati i piani pluriennali di prelievo sostenibile delle risorse marine, in primis dei piccoli stock bentonici e pelagici in Adriatico. In merito c'è stato un comunicato di Wwf Adria (ne fa parte lo stesso Prvan), che ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito ad emanare regolamenti atti a proteggere le ricchezze dell'Adriatico, mare messo a dura prova negli ultimi decenni da una pesca insostenibile. «Soltanto grazie a comportamenti responsabili, a decisioni severe ma preziose nei tempi che verranno, potremo continuare a prendere dall'Adriatico parte del suo patrimonio faunistico, permettendo che le sue biomasse si rigenerino. Solo agendo così, si potrà anche rispettare la grande tradizione alieutica dei croati. La collaborazione tra autorità ed esperti di Italia e Croazia in merito alla Fossa di Pomo dovrebbe essere da esempio anche per altre zone del Mediterraneo», ha concluso Wwf Adria.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - OVOVIA - Il progetto - Meglio altre soluzioni
L'associazione Triestebella concorda con l'ingegner Bernetti sul fatto che le cabine dell'ovovia sarebbero molto più frequenti di un bus o del tram: si attenderebbe da 0 a 20 secondi rispetto a un tempo di attesa da 0 a 20 minuti, salvo casi di grande afflusso, avendo le cabine una capienza limitata. Ci rende perplessi l'affermazione che non sarebbero tagliati degli alberi: di norma sotto i percorsi delle cabinovie sono fatte delle tagliate eliminando gli alberi per una larga fascia, con un effetto non bello paesaggisticamente e con una riduzione di superficie boscata. Un'altra area boscata dovrebbe sparire per far posto alla stazione di arrivo e al parcheggio. L'ovovia, dopo un lento percorso che piacerebbe ai turisti, ma meno a chi l'userebbe come mezzo di trasporto, arriverebbe a Campo Romano, fuori di Opicina. Come avverrebbe il collegamento fra Opicina e Campo Romano? Con un bus ogni 20 minuti? Va poi considerato che la stazione di partenza dell'ovovia sarebbe dentro il Porto vecchio, non esattamente in centro, mentre le partenze della linea 2 e del tram sono più centrali. La Teleferica di Barcellona, che con un percorso di 750 metri porta sul Montjuic, costa 8,90 euro sola andata e 13,50 andata e ritorno! Quanto costerà un biglietto della nostra ovovia? E che servizio pubblico può dare l'ovovia dovendo restare ferma nei giorni di bora stimati in 25 all'anno? Noi pensiamo che sarebbe più utile ripristinare il simpatico trenino del Porto vecchio o istituire un tram e sarebbe bello se arrivasse sino a Barcola come era una volta. Sperando che nel frattempo il tram de Opcina riprenda a funzionare.
Roberto Barocchi, associazione Triestebella
SEGNALAZIONI - Trasporti - L'alternativa all'ovovia
È una bella idea quella dell'ovovia, ma non per Trieste. A Barcellona c'è un bell'esempio di teleferica che va dal porto alla collina di Montjuic. Serve per i turisti. Ma Barcellona non ha la bora. La corrente di vento adiabatica scende impetuosa giù dal costone fino al mar e addio cabina. Poi come rilevato passerebbe per il Porto vecchio ad una altezza di una decina di metri tra edifici-magazzini con un rumore di carrucole e cavi fastidioso per i futuri residenti. È poi scarsa la convenienza economica e l'affluenza, e anche Campo romano è una spianata in piena bora. Destiniamo la quarantina di milioni per qualche altro progetto per esempio una linea tranviaria monorotaia che colleghi Trieste a Muggia passante per la città, come a Padova o a Mestre, un giusto coronamento per il nostro attuale sindaco e che lo fu anche di Muggia. Se si vuole collegare l'Altipiano Ovest con la città, perché non una nuova linea tranviaria con tratto elicoidale in galleria e che atterri a Barcola e prosegua nel Porto vecchio fino al Molo quarto? Ecco esistono più idee. Si scelga.
Piero Zanon
IL PICCOLO - SABATO, 13 novembre 2021
Clima, l'attivista Segantin: «A Glasgow aperto un dialogo con la politica» - L'incontro dell'Accri ieri sera al Knulp
Si è parlato di ambiente nel tardi pomeriggio di ieri al bar Knulp. Organizzato dall'Accri (Associazione di Cooperazione Cristiana Internazionale), l'incontro ha visto la presenza della scrittrice e attivista ecologica Sara Segantin, di ritorno direttamente dal Cop26 di Glasgow, e di Dario Gasparo, biologo e docente triestino. Partendo dalle loro esperienze, i due hanno raccontato ai numerosi giovani accorsi quanto sia importante prendere una posizione per promuovere la salvaguardia ambientale. «Grazie ai viaggi e ai confronti ai quali ho assistito - spiega Sara Segantin - mi sono resa conto di quanto sia necessario comprendere che il problema del clima è sì globale ma anche territoriale». Lucida la sua analisi sul risultato dell'incontro sul clima: «La politica e noi attivisti partiamo da strade radicalmente diverse, ma almeno adesso si inizia a parlare di trovare delle soluzioni. È tardi ma è un significativo passo in avanti rispetto al non riconoscere nemmeno il problema del cambiamento climatico». La serata è proseguita con la descrizione delle iniziative di Dario Gasparo anni, sia a Trieste che nel resto della Regione.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - VENERDI', 12 novembre 2021
Miramare, due giorni di festa per i 35 anni della Riserva
La ricorrenza sarà celebrata nel weekend con laboratori "speciali" dedicati alle famiglie
L'Area marina protetta di Miramare taglia un importante traguardo. La primogenita delle riserve marine italiane compie infatti 35 anni. E la festa di compleanno, a cui sono invitate tutte le famiglie, durerà due giorni, scanditi da laboratori creativi per bambini, giochi per ragazzi, passeggiate, visite guidate e percorsi a tema (il programma completo sul sito www.ampmiramare.it). Era il 12 novembre 1986, infatti, quando nel Golfo di Trieste sorgeva la prima delle aree protette, insieme a quella di Ustica, ad essere istituita dal Ministero dell'Ambiente che ne affidò la gestione al Wwf Italia. In tre decenni e mezzo il parco marino nato per preservare un fazzoletto di mare ad altissima biodiversità ha raggiunto lo status d'istituzione riconosciuta a livello nazionale e mediterraneo. «Oggi - commenta il direttore dell'Amp, Maurizio Spoto - pur con la dovuta attenzione alla sicurezza e le necessarie limitazioni, questi 35 anni abbiamo proprio voglia di festeggiarli. Perché sono stati anni intensi, dedicati alla conservazione della spiaggia, degli habitat sommersi e delle tantissime specie che li popolano; al monitoraggio costante e alle attività scientifiche svolte in collaborazione con enti di ricerca e istituzioni scientifiche e, soprattutto, all'educazione e alla divulgazione, con laboratori, centri estivi ed escursioni che ci hanno permesso di raccontare il mare a generazioni di studenti, bambini e ragazzi transitati dal nostro Centro di educazione ambientale, prima in Castelletto e poi alle Scuderie di Miramare. Per celebrare la ricorrenza, l'Amp ha organizzato una serie di appuntamenti, gratuiti grazie al sostegno della Regione. Nella mattina di domani è in programma una passeggiata per adulti alla scoperta dei marangoni dal ciuffo che proprio in questi giorni hanno iniziato i corteggiamenti in previsione della partenza per l'Istria e Dalmazia dove andranno a nidificare. Quindi i bambini dai 5 anni andranno alla ricerca di spunti musicali offerti dalla natura capaci di ispirare una melodia da suonare con strumenti realizzati con oggetti di recupero e materiali naturali. È prevista poi una visita al BioMa per adulti e famiglie (che verrà riproposta nel pomeriggio di domenica) nel corso della quale sarà possibile "immergersi" negli ambienti del golfo, tra ricostruzioni della scogliera e dei fondali, animali a grandezza naturale, docce acustiche, un tunnel del mare caratterizzato dal fenomeno della bioluminescenza e un acquario "touch tank". Nel pomeriggio, in un laboratorio i bambini dai 6 ai 10 anni impareranno a conoscere le specie che popolano la riserva e, per conservare un ricordo dell'estate, ricostruiranno una riserva in scatola usando cartoncino, forbici e colla. Al BioMa si parlerà infine di mimetismo degli organismi marini con adulti e famiglie. Nella giornata di domenica, invece, i bambini dai 5 ai 10 anni dovranno scattare una foto ricordo nella spiaggetta da custodire in una cornice decorata a tema marino realizzata con materiale di recupero. Un percorso in BioMa per adulti e famiglie sarà poi incentrato sugli organismi velenosi, tossici o addirittura mortali, che popolano il nostro mare. Partecipando a una partita a squadre per famiglie con bambini dagli 8 anni a GnAmp, il nuovo ecogioco di carte realizzato dall'Amp, si potrà capire infine come funziona una catena alimentare marina. Tutte le attività sono gratuite, ma la prenotazione obbligatoria, inviando una richiesta a info@ampmiramare.it entro oggi alle 15. Da rimarcare infine che per tutto questo intenso fine settimana l'accesso al BioMa (obbligatorio esibire la certificazione del Green pass) sarà gratuito negli orari 9.30-13.30 e 14-18.
Gianfranco Terzoli
Il centro didattico - la struttura
Archiviata la ventennale esperienza al Castelletto, sede del primo Centro visite della riserva, nel 2018 è stato aperto al pubblico il Biodiversitario marino. Museo immersivo dedicato alla biodiversità di habitat e specie del golfo, il BioMa è soprattutto un centro didattico per le scuole che aderiscono ai progetti educativi dell'Area marina protetta e per gli snorkeling estivi dedicati alla ricca scoperta della biodiversità sommersa di queste zone.
La "Pinna nobilis" - la specie a rischio
Una delle specie oggetto dell'azione di monitoraggio e conservazione dell'Amp è il grande mollusco bivalve Pinna nobilis, vittima da alcuni anni di un'epidemia che rischia di condurlo all'estinzione. Alle campagne periodiche di monitoraggio svolte dai ricercatori della riserva in tutto il golfo si sta affiancando ora l'avvio di azioni di allevamento in stabulario e successiva reintroduzione in natura di questa specie endemica del Mediterraneo.
La riforestazione - il progetto
Monitoraggi, ricerca e ripristino: sono queste le azioni condotte dalla riserva per la ricostruzione delle foreste marine a Cystoseira, un'alga bruna da alcuni anni in forte regressione in tutto il golfo. Con il progetto RocPop-Life i ricercatori di Miramare, insieme all'Università di Trieste e ad altre istituzioni scientifiche, hanno avviato un'azione per riforestare i fondali della riserva, ripristinando habitat fondamentali per l'intero ecosistema marino.
"MareDireFare" - il festival
Raccontare il mare in tutte le sue sfaccettature, utilizzando i linguaggi della scienza, dell'arte e della letteratura. Con l'avvio del Decennio degli oceani proclamato dall'Organizzazione delle Nazioni unite, sia l'Amp che l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale hanno lanciato quest'anno il festival "MareDireFare", organizzando eventi diffusi in città e a Miramare. La seconda edizione si svolgerà nella primavera del prossimo anno.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 novembre 2021
L'opposizione boccia Dipiazza sulle opere e sul Porto vecchio
M5s, Partito democratico e Adesso Trieste all'attacco del piano del sindaco Nel mirino la bassa partecipazione e la mancanza di programmazione
«Inconcludente». L'opposizione in Consiglio comunale boccia il prospetto delle opere dei prossimi mesi fatto dal sindaco Roberto Dipiazza sulle pagine de Il Piccolo. Per il Partito democratico lamenta la «mancanza assoluta di una programmazione seria», mentre Adesso Trieste chiede un vero percorso di partecipazione per gli interventi a Servola e San Giovanni, ma chiede anche che il Comune faccia un passo indietro rispetto all'idea del nuovo "Pirellone" regionale in Porto vecchio. Su questo tema il Movimento 5 Stelle ricorda la sua ferma contrarietà all'idea. Il capogruppo di Adesso Trieste Riccardo Laterza solleva, tra gli altri, due punti critici. Il primo riguarda i progetti che hanno visto arrivare finanziamenti statali ed europei per i rioni di San Giovanni e Servola: «Ci aspettiamo un coinvolgimento reale della cittadinanza, esattamente ciò che non è avvenuto per l'inutile e insostenibile progetto dell'ovovia. Il rischio altrimenti è quello di fare danni più che migliorare la qualità della vita delle persone». Laterza commenta anche l'impasse in cui Comune e Regione si trovano dopo l'accantonamento dell'accordo che prevedeva il passaggio dei magazzini 3 e 4 all'ente regionale: «L'opzione del trasferimento della Regione in Porto Vecchio si rivela, com'è sempre stata, illogica non solo da un punto di vista strategico ma anche economico. Il Comune faccia un passo indietro e apra un reale confronto sul futuro dell'area». La segretaria provinciale e consigliera comunale del Partito democratico Laura Famulari commenta: «Sarebbe bellissimo riuscire a credere a Dipiazza, inforcare i suoi occhiali magici e vedere il mondo che ci racconta. Purtroppo la realtà presenta il conto e l'inconcludenza del suo primo mandato non dice niente di buono su quello che comincia ora». Secondo Famulari i problemi in tavole al momento non sono sul punto di risolversi, tanto meno per merito del Comune: «Bastano un paio di casi esemplari, la piscina terapeutica, il tram, la galleria, per capire che Dipiazza continuerà a improvvisare, a cambiare idea, e sui temi strategici ad andare a rimorchio, salvo poi vantarsi di aver fatto tutto lui. La mancanza assoluta di una programmazione seria fa sì che gli elenchi delle opere di Dipiazza siano la lista dei suoi desideri. E poi magari finisce che fa un parcheggio. Ma i soldi non servono solo a fare piloni e gettate di cemento». L'invito della segretaria dem è quindi a colmare le carenze nell'organico dell'ente così da migliorarne l'efficienza: «Il sindaco pensi a risolvere il problema della mancanza di personale, assuma e faccia funzionare una macchina comunale sempre più esausta, e poi si dia precise priorità e obiettivi chiari per la città come sistema». Famulari conclude con un ultimo esempio: «Le scuole di Trieste. I ragazzi attendono ancora di essere trasferiti in via Tigor. Sarebbe un dramma se, con tanti soldi, Dipiazza continuasse a tirare a campare». La consigliera pentastellata Alessandra Richetti, già candidata sindaco all'ultima tornata elettorale, dice: «A proposito delle opere: Dipiazza è ormai solito fare annunci trionfalistici e autocelebrativi per ogni cantiere che apre, che puntualmente si interrompe e non si conclude! Inutile fare l'ennesimo elenco delle opere irrisolte, ma è opportuno ricordare i tanti bandi persi per mancanza di progettualità e l'imbarazzante spostamento di fondi da un capitolo di spesa all'altro utile soltanto a farsi pubblicità più volte». Quanto all'Antico scalo, Richetti ricorda: «L'operazione della Regione in Porto vecchio ci aveva visto contrari, specialmente se si riduce a svuotare un edificio creando un nuovo "buco nero" in città».
Giovanni Tomasin
Piazza Unità sott'acqua entro la fine del secolo e le arance sul Carso per effetto del clima
Alcuni scenari ipotizzati ieri nel convegno nel palazzo della Regione alla presenza del climatologo dell'Ictp Premio Nobel Filippo Giorgi
Piazza Unità sott'acqua, ma anche Grado e Lignano mentre in Carso si coltiveranno le arance anziché l'uva. Sono le nefaste conseguenze che a lungo andare il cambiamento climatico eserciterà anche sul territorio del Friuli Venezia Giulia. Ne hanno dato conto gli esperti riuniti ieri all'incontro "COP26: da Glasgow al Friuli Venezia Giulia, gli effetti del cambiamento climatico sul nostro mare" , organizzato dalla Regione Fvg assieme ad Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Fvg (Arpa) e l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) nel palazzo della Regione. Ospite d'eccellenza il climatologo Premio Nobel Filippo Giorgi. Le soluzioni, per il direttore della sezione di Fisica della Terra del Centro Internazionale di Fisica Teorica, esistono, bisogna metterle in atto attraverso un sostanziale cambio di rotta. Ovvero: decarbonizzare ed elettrificare il sistema energetico, attuare un'economia circolare e a chilometro zero, ridurre gli sprechi alimentari e gli allevamenti intensivi oltre a promuovere la riforestazione e prima ancora bloccare la deforestazione. Il suo discorso rappresenta anche un monito ai big della Terra: il percorso verso l'obiettivo zero netto di emissioni entro il 2050 deve essere attuato con gradualità, perché, ha sottolineato «conta la traiettoria, altrimenti sarà più difficile il traguardo». Stessi big della Terra che ora sono riuniti a Glasgow, alle prese con la bozza della Conferenza delle parti numero 26, a un tavolo cui però Giorgi crede poco: «Tante promesse spesso non sono state mantenute dopo queste iniziative». Prima Parigi, e ora Glasgow, sono invece per l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro - che ha aperto i lavori prima dei saluti del sindaco Roberto Dipiazza - lo spunto per organizzare «gli "Stati Generali dello sviluppo sostenibile dell'alto Adriatico e del centro Europa'", l'evento in cui riunire anche i Paesi vicini e arrivare alla firma del "Memorandum di Trieste" nel settembre 2022. «Solo attraverso un confronto con le Regioni e gli Stati limitrofi della Mitteleuropa - ha detto - potremo delineare una visione di sviluppo integrata su temi quali l'energia, il clima, la lotta all'inquinamento marino, la difesa della biodiversità e dell'ambiente in generale, considerato che l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e le alterazioni degli ecosistemi, non conoscono confini». Nell'attesa del documento d'intesa bisogna alzare la guardia, perché i fenomeni ad alto impatto per la terra sono già in corso, anche in regione. A partire dalla siccità, come ha spiegato Andrea Cicogna, dell'osservatorio meteorologico di Arpa Fvg. Ma ci sono anche le gelate anticipate. «Nel corso di questi ultimi sessant'anni - ha spiegato - le colture da frutto tendono a risvegliarsi prima, con una proiezione di un anticipo di quattro giorni ogni dieci anni, fino a un mese entro il 2100,- perché gli inverni sono più miti». Con la conseguenza che il Carso sarà più adatto per la coltivazione di arance anziché di uva. E poi c'è il capitolo «piogge intense, sempre in aumento, soprattutto nelle zone delle Prealpi Giulie e carniche». Per la glaciologa dell'Ogs Florence Colleoni il problema, causa aumento di temperature, è invece lo scioglimento dell'Antartide e della Groenlandia, che provoca l'innalzamento del livello del mare: a Trieste le proiezioni parlano, come scenario peggiore, di un aumento fino a 70 centimetri entro il 21esimo secolo che si traduce in molo Audace sotto acqua e piazza Unità allagate con sempre più frequenza. Non resta indenne dal cambiamento climatico ovviamente il mare. L'ecologo Cosimo Solidoro, direttore della sezione di Oceanografia dell'Ogs, ha parlato di alterazioni importanti dell'ecosistema marino, in parte già osservabili con la presenza di nuove specie.
Benedetta Moro
Legambiente punta il dito sul trasporto pubblico e sui pochi pannelli solari
Ombre ma anche luci dal rapporto 2021 sull'ecosistema urbano Dalla buona dotazione di aree verdi all'inquinamento transfrontaliero
«L'offerta di trasporto pubblico (km-vettura/abitante/anno) è rimasta pressoché stazionaria dal 2004, risultando la più bassa della regione».È solo una delle criticità emerse dal rapporto annuale di Legambiente sullo stato dell'ambiente a Gorizia: i dati raccolti riguardano il 2020, e la relazione parla di «luci e ombre», laddove di positivo c'è la discreta qualità dell'aria in centro, sebbene non siano stati forniti dati riguardanti quelli che Legambiente definisce «i quartieri periferici problematici», nonché la buona dotazione di alberi e di aree verdi pubbliche per abitante. Non ci siamo invece su diversi altri punti: dispersione idrica, mancanza di un Piano urbano per la mobilità sostenibile, raccolta differenziata sotto la media nazionale, scarsi impianti solari su edifici comunali e peggioramento dell'indice di efficienza dell'uso del suolo a fronte di una popolazione in calo. Non mancano anche problematiche di natura transnazionale, e Legambiente chiede l'istituzione all'interno del Gect di un «tavolo tecnico transfrontaliero per discutere di problematiche ambientali di interesse comune quali inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo e odori molesti di provenienza ignota». La realtà associativa inoltre chiede che l'amministrazione comunale si faccia carico di iniziative a favore della lotta contro il cambiamento climatico riprendendo in mano il Patto dei sindaci per il clima e l'energia sottoscritto dall'allora primo cittadino Ettore Romoli e poi, sempre secondo Legambiente, «rimasto lettera morta». Il dato generale per il 2020 è in chiaroscuro: Gorizia da un lato sale di un punto nella classifica ambientale generale passando dal 33° al 32° posto, ma dall'altro resta quarta a livello regionale, dietro Pordenone, 5, Trieste, 12° e Udine, 13°. Come a dire: il piccolo passo in avanti fatto non può bastare. Tra i 18 indici calcolati nella graduatoria, Legambiente evidenzia come per quel che riguarda la qualità dell'aria i valori di ozono sono rimasti «sempre al di sotto dei limiti indicati dall'Oms»", un risultato positivo ottenuto «probabilmente grazie ai lunghi periodi di lockdown», mentre «la concentrazione di polveri sottili invece è risultata in lieve aumento». La produzione di rifiuti vede un aumento di 14 chilogrammi procapite, arrivando alla quota di 493/kg/abitante, poco sotto la media italiana di 514/kg/ab. Insoddisfazione da parte di Legambiente per la percentuale di raccolta differenziata, pari al 64, 3%" che «rimane al di sotto del 65% fissato come obiettivo di legge». Sul fronte mobilità, detto dell'offerta di trasporto pubblico sostanzialmente immutata dal 2004, migliora l'estensione dei percorsi ciclabili, salita di 0, 40 metri equivalenti per cento abitanti arrivando a 7, 25 metri equivalenti, livello ritenuto da Legambiente «comunque molto basso». Le isole pedonali, calcolate in metri quadri per abitante, sono restate invariate. Cresciuto lievemente, da 137 a 139, 6 mq/abitante, il verde fruibile in città.
Matteo Femia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 novembre 2021
Opere, Dipiazza accelera «Abbiamo da spendere fondi per 200 milioni»
Il sindaco fa il punto nave dell'inizio mandato. Roiano e Centro di calcolo tra le note positive. Galleria Foraggi: «Ho convocato la ditta, bisogna partire»
Il quarto mandato ha ormai ingranato la marcia, la giunta è pronta, e Roberto Dipiazza ha molto da fare. I soldi per le opere non mancano - «abbiamo 200 milioni cash da spendere per la città, è qualcosa di inedito», dice - come non mancano le beghe da superare: l'eterno Tram, che il sindaco spera di poter presentare ai cittadini a febbraio, i lavori alla galleria di piazza Foraggi, ora piagati pure dal rincaro delle materie prime, o il passaggio dei magazzini 2 e 4 del Porto vecchio alla Regione, su cui incombe il nodo non trascurabile dei soldi necessari ad acquistarli. È, insomma, il momento per un punto nave con il primo cittadino. Il sindaco siede nel suo ufficio di piazza Unità, l'umore piuttosto euforico. Sulla scrivania c'è un inserto del Corriere della Sera con un pezzo dedicato a lui medesimo, lo mostra: «Ormai siamo una notizia nazionale, ci cercano tutti i media», commenta Dipiazza, poi chiede al suo capo di gabinetto: «Quante telefonate hai ricevuto solo stamattina?». «Dodici», risponde quello dal divanetto. Tanta attenzione è meritata, prosegue il sindaco: «Fra Pnrr, Porto vecchio, i lavori in città da Foraggi a Roiano, abbiamo 170 milioni pronti da spendere in opere». L'elenco è lungo, e include tra gli altri i 33 milioni per il Museo del Mare, i 10 per la strada in Porto vecchio, uno per i campi da Paddle, 5 per Roiano, 9 per la galleria di piazza Foraggi, 2 per il Tram, uno per la Tripcovich, 5 per l'ex meccanografico, 2 per la palestra di San Giovanni, 12 per la biblioteca di palazzo Biserini, 48 d'ovovia e 40 del Pnrr per l'infrastrutturazione del Porto vecchio. Chiosa il sindaco: «Se aggiungiamo gli altri 30 avuti per le scuole, superiamo i 200 milioni. Poi faremo anche tante altre cose, ma già spendere questi è un mandato intero». Tanti cantieri sono ormai in stato avanzato, spiega il primo cittadino: «Quello dell'ex caserma della stradale di Roiano mi dà molta soddisfazione, procedono a passo molto spedito, ormai siamo ai mattoni». Altri stanno partendo proprio in questi giorni: «Abbiamo aggiudicato l'appalto per la nuova sede di Esatto all'ex Meccanografico di Campo Marzio: lavori da cinque milioni, ha vinto Riccesi. Parte adesso. Stiamo anche facendo le riunioni per spostare l'ortofrutticolo, perché quella diventa un'area di alto pregio». Altri lavori continuano invece a dare dei problemi. La speranza del Comune è di aver risolto la rogna del Tram (vedi box), ma per galleria Foraggi arrivano nuovi inconvenienti: il rincaro delle materie prime ha fatto aumentare in modo rilevante il costo dell'intera operazione. Siccome è ormai prossima la consegna della prima tranche da due milioni alla ditta appaltatrice da parte del Comune, Dipiazza ha convocato i responsabili della società: «Voglio che il cantiere proceda, vediamo cosa mi dicono». Il primo cittadino conta di poter sbloccare anche altre due partite, attualmente ferme in Regione. La prima è quella del comprensorio della Fiera, acquisito per 12 milioni dal gruppo austriaco Mid Holding nel 2017. Dovrebbe diventare uno spazio commerciale, ma è ancora ferma: «Oltre i 1500 metri quadrati la pratica deve passare in Regione - dice Dipiazza - ma siamo vicini allo sblocco». Stessa questione si applica al tema del Silos, alle soglie dell'antico scalo: «Stiamo andando avanti, mancano ormai le ultime pratiche per mettere Coop in condizione di venderlo».Dipiazza alza le spalle di fronte alle critiche sul tema dell'ovovia: «Il consigliere Pd Stefano Ukmar fa notare che opere simili ci sono a Barcellona, Dubrovnik, Porto, Madrid eccetera, mentre a Trieste come al solito non si può. Mi sembra una posizione intelligente la sua. Al di là delle polemiche, ora l'importante è presentare bene il progetto alla popolazione e confrontarsi, poi decideremo il da farsi». E poi ci sono ancora mille altri temi: i rioni (vedi box), la terapeutica (vedi box), il Consorzio Ursus e chi più ne ha più ne metta. Lavoro ce n'è, ma Dipiazza si sente che 'sto mandato parte bene: «È un momento buono perché ma possiamo fare molto da subito. Io voglio impostare tutto all'inizio, poi anin che varin fortune», ride.
Giovanni Tomasin
In vendita ex caserme ma anche case e locali
Le strutture militari abbandonate e prese di mira dai vandali si trovano fra Aurisina, Monrupino, Pese e Muggia- gli immobili messi all'asta dal Demanio
Nuova infornata di beni in vendita da parte del Demanio in provincia di Trieste. Tra questi ex caserme che nelle tornate precedenti non erano state messe sul mercato, sei in tutto, per un valore complessivo di oltre un milione di euro. Agli ex spazi militari si aggiungono due appartamenti, un locale, un box auto e un terreno, per ulteriori 445mila euro circa. Gli annunci sono stati pubblicati lunedì scorso, la scadenza per le offerte è fissata a metà dicembre. Un mese circa a disposizione per chi punta ad accaparrarsi beni che molto spesso sono in disuso da tempo. Partendo dalle caserme c'è quella della Guardia di Finanza di Aurisina Cave, 700 metri quadrati interni più spazi esterni, al costo di 227mila euro, in uno stato manutentivo definito pessimo. Anche l'edificio in vendita a Muggia, in via Flavia di Stramare, veniva utilizzato dalla Guardia di Finanza, un comprensorio costituito da un edificio principale, da un garage e da un deposito, per circa 1300 metri quadrati, oltre a un giardino, e anche qui lo stato dell'immobile è indicato come pessimo. Prezzo di base 199.400 euro. In località Pese un'altra caserma ancora attende un nuovo acquirente, anche questa volta apparteneva alla Gdf e comprende due unità immobiliari con accessi separati ma facenti parti di un unico corpo di fabbrica e un'area scoperta di pertinenza, 919 metri quadrati a 141mila euro. Era adibito a caserma della Polizia di Frontiera il fabbricato di Draga Sant'Elia da 877 metri quadrati, a 166.230 euro, con una zona all'aperto e pure qui, come i casi citati prima, con ingenti lavori di ristrutturazione necessari. Su strada della Rosandra ecco in vendita un altro spazio ex Gdf, 1170 metri quadrati a 252.690 euro, caserma più un'autorimessa e un ampio ambiente esterno. Quella che versa in condizioni peggiori, osservando le foto pubblicate sull'annuncio di vendita, è quella di Monrupino, pesantemente danneggiata sia fuori che dentro, 866 metri quadrati a 184.115 euro. Era una casera dei Carabinieri. In molti immobili è richiesto al futuro proprietario un aggiornamento catastale e l'eventuale rimozione degli oggetti ancora rimasti all'interno, anche se quasi tutti gli edifici ormai risultano vuoti. Ma se le caserme sono abbandonate da anni, alle volte prese di mira anche dai vandali, si trovano in condizioni migliori gli altri immobili di diverso tipo che finiranno all'asta alla fine dell'anno. È il caso di un appartamento in via Udine, da 188.500 euro, uno a Duino, da 126.500 euro e un altro in via Pirano, da 43.050. C'è anche un terreno a Muggia, in via Frausin, a poco più di 7mila euro, un box auto in via Canciani, da 18.600 euro, e un ex locale in via Udine, composto da locale bar, cucina, sala da pranzo e wc, a 61.550 e all'interno dalle immagini si vedono ancora tutti gli arredi rimasti.
Micol Brusaferro
Strade più sicure a San Vito con lavori per mezzo milione
Il primo intervento del neoassessore comunale Savino interessa la zona di via Locchi. «Aiuole spartitraffico e attraversamenti protetti»
Mezzo milione di euro per migliorare la sicurezza delle strade e soprattutto quella dei pedoni nel rione di San Vito. È il primo atto del neo assessore comunale Sandra Savino, in base alle deleghe a pianificazione territoriale, strade e viabilità. I primi lavori sono già iniziati su via Locchi nei giorni scorsi, con nuove aiuole spartitraffico, per la realizzazione di attraversamenti protetti, e si concluderanno a breve. Saranno utili in particolare ai tanti bambini e ragazzi che si spostano nella zona, tra il grande plesso scolastico di Campi Elisi e il vicino ricreatorio De Amicis. Aree simili, per agevolare il passaggio delle persone in tutta tranquillità sulla strada, sono già presenti in diverse vie della città, come sulla stessa via Locchi, all'altezza del supermercato, ma anche in via Revoltella o in viale Miramare. «Gli interventi lungo la via Locchi e la via Carli - precisa Savino - rientrano nel "Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro" finanziato in parte dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del Mare e in parte dal Comune di Trieste. Il progetto prevede 13 interventi finalizzati a migliorare, dal punto di vista della sicurezza, le attuali condizioni di mobilità e circolazione veicolare lungo le strade comunali». I lavori avviati e quelli programmati sono stati individuati sulla base dell'analisi delle richieste e delle segnalazioni pervenute all'amministrazione comunale, come ad esempio quelle inoltrate dalle circoscrizioni territoriali, dai cittadini, dai residenti e commercianti presenti nella zona interessata dai cantieri. «Si è tenuto conto - spiega Savino - delle verifiche di fattibilità tecnica degli interventi e dell'opportunità di accoglimento delle sopraccitate richieste». La spesa complessiva prevista ammonta, come detto, a 500mila euro. Nel dettaglio delle opere, in via Locchi, in corrispondenza di via Maestri del lavoro, è in fase di costruzione un'isola spartitraffico centrale alla carreggiata, finalizzata a creare uno spazio protetto per i pedoni. «L'attraversamento pedonale - aggiunge l'assessore - sarà di tipo sfalsato. Saranno realizzati gli abbassamenti dei marciapiedi con l'intento di abbattere le barriere architettoniche e introdurre le pavimentazioni tattilo plantari. È prevista l'apposizione di segnaletica verticale, con segnali di localizzazione degli attraversamenti pedonali con luci lampeggianti». Sempre in via Locchi, ma all'incrocio con via Carli, è già a buon punto un'isola spartitraffico centrale alla carreggiata, sempre con l'obiettivo di creare uno spazio protetto per i pedoni. «L'attraversamento pedonale - sottolinea Savino - sarà di tipo lineare. Anche in questo caso saranno realizzati gli abbassamenti dei marciapiedi per l'abbattimento delle barriere architettoniche e le pavimentazioni tattilo plantari, e segnali di localizzazione attraversamenti pedonali con luci lampeggianti». Infine è previsto il rifacimento del marciapiede della via Carli nel tratto tra la via Locchi e la via Ressel e della stessa via Ressel, dal lato d'ingresso del ricreatorio. Qui si sviluppa il percorso del Pedibus, seguito dagli alunni che si spostano dalla scuola Morpurgo al De Amicis. I lavori si concluderanno già in questi giorni, mentre la segnaletica orizzontale sarà ultimata nelle prossime settimane.
Micol Brusaferro
Via libera dell'Asugi a parte delle cozze locali - la Revoca progressiva dei divieti in diverse zone
MUGGIA. Revocato dal Dipartimento di prevenzione dell'Asugi il divieto di raccolta e immissione sul mercato di molluschi bivalvi, i famosi "pedoci", ricadenti nell'area contrassegnata come "02Ts", in quanto i requisiti sanitari sono risultati nuovamente conformi alla normativa alimentare. Questo è ciò che è emerso dai risultati di due test consecutivi e che in entrambi i casi hanno segnato un valore inferiore rispetto ai limiti prescritti. Il primo campionamento è stato registrato il 27 settembre, il secondo il 18 ottobre, e sono stati eseguiti entrambi dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie e da cui è risultato che il parametro di acido okadaico presente nei molluschi, motivo della chiusura, è rientrato nella norma. Resta, invece, chiusa, dalla fine di settembre, l'altra zona muggesana, quella a ridosso del confine con la Slovenia, la "01Ts" di Lazzaretto. L'acido okadaico è una tossina che si accumula nelle spugne e nei molluschi. È causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi, dovuta appunto all'ingestione di molluschi contaminati. Questo il motivo per cui il Dipartimento di prevenzione periodicamente emette ordinanze di chiusura a tutela dei consumatori. Prima dei "pedoci" muggesani avevano avuto il via libera quelli allevati nelle zone "06Ts" di Santa Croce, "10Ts" di Duino, e "05Ts" di Grignano.
l.p.
Dalla federazione vela - Un premio all'Adriaco per la tutela ambientale
Grande soddisfazione per lo Yacht Club Adriaco che, oltre ai numerosi risultati sportivi conquistati in questa stagione dai propri atleti e soci, ha ottenuto un importante riconoscimento dalla Federazione Italiana Vela per l'impegno nella salvaguardia ambientale. Lo Yacht Club Adriaco è stato scelto dalla Commissione Sostenibilità FIV (composta da Flavia Tartaglini, Donatella Bianchi, Francesca Clapcich, Mauro Pelaschier e Matteo Sangiorgi) tra i primi due Club (con il Centro Velico 3V) più virtuosi a livello nazionale nella pratica e adozione di azioni e progetti rivolti all'ambiente e al mare. Il Club triestino è da anni in prima linea, con particolare attenzione alle nuove generazioni, nell'impegno teso a comunicare e sensibilizzare circa la necessità di adottare, costantemente e in ogni ambito, buone pratiche a tutela dell'ambiente marino. Un impegno che si è sviluppato e proseguirà attraverso molteplici collaborazioni con enti e associazioni locali.
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 novembre 2021
Verde pubblico e bus trainano Trieste al 12.mo posto fra le città più vivibili - L'INDAGINE
Il report "Ecosistema urbano" di Legambiente: balzo in avanti di 28 posizioni rispetto all'anno precedente - i dati principali
Una "dote" di ben 102 alberi nelle aree verdi pubbliche ogni 100 abitanti. E un'offerta di trasporto pubblico capillare, caratterizzata da un utilizzo sistematico da parte degli utenti.Sono alcuni dei punti di forza di Trieste che emergono dal report "Ecosistema urbano 2021" sulla vivibilità nelle città italiane in base a una serie di "ecoparametri", stilato da Legambiente e Ambiente Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Il rapporto evidenzia infatti un deciso balzo in avanti per la stessa Trieste: dal 40.mo al 12.mo posto tra le 105 città capoluogo, per un guadagno di 28 posizioni rispetto allo scorso anno. Udine è appena dietro, 13. ma. La classifica tiene conto di 18 parametri raggruppati per aree: aria, acqua, rifiuti, mobilità e ambiente. Ma andiamo per ordine. La quantità di alberi pubblici rispetto al numero di abitanti vede Trieste al terzo posto. Se invece si rileva il verde pubblico complessivo rapportato sempre al numero di abitanti il capoluogo regionale si piazza 16. mo con 61, 7 metri quadrati di verde urbano per singola persona. Settima la posizione, quindi, per uso efficiente del suolo. Languono invece le ciclabili: qui si contano 2,1 metri di piste riservate alle bici ogni cento abitanti, e con questo dato la città non va oltre il 76.mo posto. Ci rifacciamo però con l'efficienza del trasporto pubblico locale. Partendo dal fatto che a Trieste circolano meno auto che altrove, 54 ogni 100 abitanti, Trieste è dietro solo a Milano e Roma per percorrenza dei mezzi pubblici, e risulta sesta per l'utilizzo che i cittadini fanno degli autobus: in media 200 viaggi all'anno pro capite. Prendendo in esame i dati sulla qualità dell'aria, invece, il capoluogo regionale è 44. mo per concentrazione media annua di biossido di azoto, 19.mo per quella delle Pm10, e 54.mo per giorni di superamento dei livelli medi di ozono. Legambiente, a livello nazionale, con il crollo del trasporto pubblico dettato dalla pandemia puntava a un miglioramento dell'aria più significativo. In merito alla diffusione di "solare pubblico" e fotovoltaico sugli edifici pubblici, invece, il rapporto indica Trieste 59.ma. Siamo inoltre al 27. mo posto nel rapporto tra residenti e metri quadrati di isole pedonali. La pagella sulla gestione dell'acqua vede poi il capoluogo regionale 79.mo per consumo idrico domestico, con l'utilizzo di ben 163,7 litri d'acqua al giorno per abitante. Per avere un parametro, i più virtuosi sono i residenti di Catania con 90,8 litri pro capite. Sotto l'aspetto della raccolta dei rifiuti, ogni triestino produce in media 468,8 chili di immondizia l'anno, il che colloca la nostra città al 33.mo posto. Non raggiunge ancora livelli soddisfacenti la differenziata: negli ultimi anni c'è stato sì un incremento, ma con il 44, 9% registrato da Legambiente i risultati non sono ancora soddisfacenti: Trieste è 84.ma, mentre Pordenone addirittura terza, con l'86,4%.
Laura Tonero
SEGNALAZIONI - Cortei - Meglio impegnarsi sul clima
Caro direttore, come vorrei che sabato scorso a sfilare per le vie della mia città ci fossero state migliaia di giovani preoccupati per il clima, preoccupati per il loro futuro, di vivere in un pianeta già sfregiato da uno sfruttamento selvaggio. Invece mi sono trovato, per l'ennesima volta, la città occupata da migliaia di persone che protestavano contro un provvedimento di legge che, per ragioni sanitarie, dev'essere presentato quando ci si trovi per qualsiasi ragione in un luogo pubblico. Un corteo di persone male informate, come emerge dalle interviste sentite in vari programmi radio, che mi hanno fatto vergognare di essere triestino (gli intervistati, non i programmi); un corteo di narcisisti armati di cellulari per immortalarsi mentre protestano e basta, non volendo tenere conto che stanno facendo danni enormi a quelli che contageranno, agli esercenti e ai commercianti che hanno costretto a chiudere o a ridurre gli orari di lavoro. Protestano e non vogliono sentire ragioni perché qualsiasi sforzo di convincerli che i numeri dei contagiati, prima e dopo le vaccinazioni, indicano la loro validità, non serve. A parte qualche frangia ragionevole, la gran parte di questi esaltati vive ormai in un mondo parallelo (in cui vengono fuori folli narrazioni di un complotto mondiale per ridurre la popolazione, di microchip che vengono inoculati col vaccino e via discorrendo in un crescendo rossiniano di sciocchezze) e non si rendono conto di essere manovrati da chi sa bene come utilizzare i social. Menti raffinatissime, direbbe Sciascia che, dopo ave sparso tutto il veleno possibile sui vaccini e i loro sostenitori fino ad arrivare ad accusarli di essere nazisti (tutti ricordiamo la disgustosa manifestazione di Novara), rovesciano la frittata lamentando di essere vittime di campagne d'odio, lamentando che la loro libertà viene violata, che non c'è più la possibilità di manifestare. Ma santo cielo! Sono settimane che manifestano! Sono settimane che condizionano la vita di migliaia di persone! Sono settimane che fanno perdere soldi a chi lavora. E sono riusciti pure a rallentare i traffici del porto, appena rilanciato da (san) Zeno d'Agostino. Perché parte proprio dai portuali questa protesta immotivata. Doppiamente immotivata perché i portuali, categoria operaia privilegiata, avevano già ottenuto il tampone gratuito. Tanto che sembra siano riusciti a far arrabbiare pure Draghi. No, non gli è bastato il tampone gratuito hanno voluto la protesta per la protesta, presentando richieste "à fin de non recevoir" (spiego: affinché siano respinte) con un No a tutto quello che veniva loro offerto. E che cosa hanno ottenuto: hanno attratto, come le mosche, qui da noi tutte le più diverse, colorate e colorite (soprattutto di nero) frange protestatarie rendendo questa sciagurata città la "capitale della protesta". Direi che è ora di dire: basta! Insomma le manifestazioni, tutte, a mio avviso vanno proibite finchè dura questa emergenza, perché altrimenti non ne veniamo fuori. Trieste deve diventare off limits, caro signor Puzzer. E no vax, no pass, no fax e via discorrendo protestino quanto vogliono invocando una libertà che non è la libertà intesa in senso proprio ma che è la licenza di fare quel che vogliono.
Pierluigi Sabatti
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 8 novembre 2021
Rapporto Ecosistema Urbano 2021 - Dati e note su capoluoghi di provincia della Regione FVG
Legambiente con l’istituto di ricerca Ambiente Italia e con la collaborazione de Il Sole 24 Ore ha redatto la 28^ edizione del rapporto “Ecosistema Urbano” che traccia la fotografia delle prestazioni ambientali del Paese attraverso una analisi dei dati dei capoluoghi di provincia (in questa edizione sono in totale 105). L’insieme degli indicatori selezionati per la graduatoria copre sei principali componenti ambientali presenti in città: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Vengono così valutati tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale.
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 novembre 2021
Mobilità - Polidori stronca la ciclabile "Grossolani errori nel tratto lungo l'Ospo" - il nuovo sindaco si dice pronto a rimediare
Muggia. Continua a tenere banco il tratto di ciclabile bidirezionale in fase di realizzazione nell'area del Parco del rio Ospo. Polemica, ricordiamo, partita dal referente Fiab di Muggia, Jacopo Rothenaisler, che nei giorni scorsi aveva sottolineato l'inutilità dell'opera e lo sperpero di denaro pubblico. Affermazioni pesanti a cui ieri ha risposto l'ex assessore ai lavori pubblici, Francesco Bussani. Ha voluto dire la sua sulla questione anche il neo sindaco Paolo Polidori. «Intervengo relativamente ai lavori della ciclabile lungo il tratto parco dell'Ospo e molo Balota - ha esordito il sindaco leghista -. Siamo entrati ormai nella fase esecutiva dei lavori, e qualsiasi decisione su un eventuale blocco degli stessi da parte della giunta attuale porterebbe a pesanti responsabilità contrattuali con il committente. Sta di fatto che quest'opera, deliberata dalla giunta precedente, pone in essere una serie di perplessità che rendono inconcepibile per certi versi l'approvazione di questo progetto: concordo infatti con le critiche della Fiab, soprattutto per quanto riguarda gli attraversamenti stradali, che sarebbero estremamente pericolosi sulla via Trieste, strada principale di ingresso e di uscita da Muggia, e sul fatto che la consuetudine di costruire dei tratti a se stanti e scollegati tra loro, non è certamente frutto di una politica lungimirante né tantomeno strategica». Il sindaco ha spiegato che nonostante i lavori in essere, «stiamo cercando con i tecnici del Comune di Muggia, di rimediare ai grossolani errori commessi dalla politica, inserendo anche questo tratto in un progetto che possa dare continuità ad una ciclabile fino al centro di Muggia, il più possibile in continuità col contesto della Venezia - Lignano - Trieste, per poi un giorno collegarsi in uscita con la Parenzana. Questa è programmazione».
l.p.
Cimolino in aula a San Dorligo «All'opposizione come Kermac»
L'ex candidata sindaco a Trieste è entrata in Consiglio comunale «Mi batterò contro il raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia»
SAN DORLIGO. «Continueremo nella lotta alla realizzazione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, che mette a rischio l'equilibrio dell'intera Val Rosandra, ma affronteremo con rigore anche l'esame del Piano dello sviluppo rurale». Sono state queste le prime parole di Tiziana Cimolino, all'atto del suo insediamento, quale nuova esponente dei Verdi, in seno al Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. La sua nomina è stata approvata nel corso della più recente seduta dell'assemblea, presieduta dal sindaco, Sandy Klun. Il voto favorevole alla nuova consigliera è stato unanime, con l'unica eccezione dell'esponente di opposizione, Boris Gombac, che ha scelto di astenersi, motivando la sua decisione, facendo riferimento a presunte irregolarità formali nella procedura seguita dall'amministrazione nell'iter di surroga del consigliere uscente Alen Kermac, Come si ricorderà, Kermac aveva motivato le sue dimissioni, spiegando di essere contrario alla normativa che prevede l'obbligo di esibire il Certificato verde (Green pass) da parte di coloro che esercitano funzioni pubbliche, all'atto di entrare in edifici come il Municipio, aggiungendo di essere intenzionato ad abbandonare anche l'Italia, per trasferirsi all'estero. Prima destinazione possibile, la Slovenia. Cimolino, candidata sindaco a Trieste lo scorso ottobre, nella vita di ogni giorno è medico e vanta un'esperienza maturata nel consiglio comunale di Trieste, dove faceva parte del gruppo del Pd: ha detto che si attiverà «per incontrare i rappresentanti delle Comunelle che, in un Comune come quello di San Dorligo, svolgono un'importante funzione in tema di tutela del territorio. Si tratterà di occuparci di argomenti come quello legati alla difesa del paesaggio - ha proseguito - e dei beni comuni. In ogni caso il mio intento è di proseguire nell'opera di Kermac che, facendo parte dell'opposizione nell'aula di San Dorligo, esercitava un controllo sull'operato dell'amministrazione». Cimolino sarà anche capogruppo, in quanto unica rappresentante dei Verdi.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 novembre 2021
Dipiazza rimette all'asta il Carciotti e vuole recuperare la terapeutica
Il palazzo neoclassico tornerà sul mercato a 14,9 milioni. Il primo cittadino: «C'è molto interesse»
Roberto Dipiazza, dopo la scorpacciata di politica elettorale e post-elettorale, riassapora il ritorno alla apprezzata quotidianità amministrativa, aggiorna l'agenda alla luce del nuovo mandato e delle vecchie "incompiute". Tra i dossier irrisolti trasferiti dal terzo al quarto Dipiazza, tre le priorità: riguardano palazzo Carciotti, la piscina terapeutica, casa Francol. Sulla base di approcci relativamente nuovi o comunque avvicendati rispetto alla penultima edizione: perchè il Carciotti torna in asta, la "terapeutica" ricomincia dalle rovine della primigenia crollata nell'estate '19, casa Francol viene svincolata dal project financing per essere venduta nuda e cruda. Su questa triade il sindaco, che comunque non disdegna le retromarce quando gli convengono, sembra al momento aver maturato posizioni abbastanza definite. Al primo posto c'è il Carciotti. Venerdì pomeriggio Dipiazza ha incontrato una delegazione di potenziali investitori, ma in generale nota un certo interesse attorno al più prelibato piatto dell'immobiliare comunale. Questa attenzione, che si è manifestata finora con richiesta di informazioni e di sopralluoghi, motiva la volontà del sindaco di riportare sul mercato l'edificio neoclassico, mantenendo la quotazione a 14,9 milioni dopo quattro aste andate deserte. «Sotto non posso e non voglio scendere», osserva Dipiazza.Può darsi che il primo cittadino abbia segnali che non ritiene di divulgare, vero è che in quattro anni il Carciotti non ha attirato una sola offerta scritta: l'unico a mandare una proposta nell'autunno '19 fu un imprenditore austriaco, Gehrard Fleissner, che però nella busta mise una caparra di molto inferiore a quella prevista dal bando. Chi si è avvicinato (anche un grande operatore pubblico come Invimit), si è poi allontanato preoccupato dall'impegno di un cantiere da svariate decine di milioni ulteriori rispetto alla cifra d'acquisto. Si ritiene però che il nuovo Piano particolareggiato del Centro storico, dotato di una certa flessibilità, possa invogliare gli investitori. L'altro fascicolo, che Dipiazza non ha chiuso la scorsa volta, è la piscina terapeutica. «Come primo passo - imposta il sindaco - chiederò un incontro al presidente del Tribunale per fare il punto sui tempi occorrenti al dissequestro dell'impianto in Sacchetta». L'idea è quella di utilizzare 3 milioni di euro già in cassetto per recuperare lo stabile tramortito dalla caduta del tetto avvenuta nell'estate 2019. Contestualmente alla ricostruzione della vecchia piscina, si procederà con la scelta di uno dei due progetti superstiti mirati a realizzare l'impianto in Porto vecchio. La spagnola Supera guarda al Magazzino 30, il trio Terme Fvg-Petrucco-Tria ha invece ripreso l'indicazione comunale favorevole alla riqualificazione degli edifici ex Ford alle spalle del centro congressi. Insomma, quello di Dipiazza è un orientamento bifasico: si comincia salvando il rudere in Sacchetta per garantire una prima risposta ai molti utenti della terapeutica, si prosegue con il progetto "bello" in Porto vecchio. Il terzo faldone è dedicato a un abituale cliente dei fallimenti municipali. Casa Francol è un vecchio edificio risalente al XVII secolo entrato nella proprietà comunale nel 1981. E' ubicato in una zona strategica, a pochi metri da via del Teatro romano, nel corner disegnato da via Crosada e via dei Capitelli. E' stato candidato a varie destinazioni, da palazzo delle associazioni a sede di Esatto. Poi è rimasto languente finquando i Lavori pubblici municipali non hanno estratto dal cilindro dei denari non spesi 1,4 milioni rinvenenti dal programma Urban della seconda metà anni Novanta. Era l'autunno 2017 e Dipiazza si raccomandò che il progetto di recupero servisse a incassare qualche soldo. Dopo una manifestazione di interesse, che sortì la risposta da parte di 5 privati, gli uffici decisero di adottare un project financing che ridisegnava l'intera zona. I privati interessati avrebbero agganciato 3,2 milioni ai soldi comunali. I tentativi andarono deserti. Oggi Dipiazza scuote il capo: «Non era un'operazione da finanza di progetto, casa Francol andava venduta come singolo asset. La inseriremo nell'elenco dei beni alienabili».
Massimo Greco
«Troppe bufale messe in giro sull'ovovia»
Il manager Bernetti: «I passeggeri non saranno 8 milioni ma 3,5. Nessun problema ambientale e il tram non c'entra»
L'ovovia cova lo scontro. Non solo politico, anche tecnico. Difatti le obiezioni, avanzate da Francesco Russo e dalle associazioni ambientaliste, vengono contrate, sul versante comunale, dal direttore dipartimentale nonché anima dell'operazione Giulio Bernetti. Il quale stende un vero e proprio verbale su quelle che ritiene "false notizie" circolanti sull'argomento mediante canali social. Bernetti, che da un punto di vista formativo è un ingegnere trasportista, contesta innanzitutto che l'ovovia vada ad assorbire l'11% del trasporto pubblico locale (tpl) e a inghiottire 8 milioni di passeggeri: ne veicolerà - insiste il manager municipale - 3,5 milioni e rappresenterà il 5% del tpl. Bernetti diventa torrentizio: «Il cittadino tenga presente che una linea di bus solida, assai frequentata come la "6", muove ogni anno 2 milioni di utenti». Seconda manche: Bernetti nega che si voglia diserbare il Carso. «Tuteleremo l'area verde, la vegetazione tipica - scandisce - perché la realizzazione dell'impianto non richiede consumo di suolo superiore ai siti dove saranno installati i piloni. La modalità è ecologica, silenziosa e consente il trasporto delle biciclette». Non a caso si è piazzato al secondo posto nel premio nazionale "Go slow" sulla mobilità sostenibile. Un altro capitolo, che surriscalda l'ingegnere, è il rapporto con il tram. «Sono due temi completamente diversi - spiega - il tram è un mezzo che passa ogni 20 minuti, quando la cabina dell'ovovia transiterà ogni 20 secondi. Non è quindi un trasporto rapido. La linea bus sostitutiva, la "2", è decisamente più veloce rispetto ai vagoni, che rientrano in una logica paesaggistica e turistica che merita un altro approccio». Bernetti riepiloga infine che la linea collegherà campo Romano a Opicina con tre fermate in Porto vecchio, il parcheggio Barcola-Bovedo, l'Adria terminal, il Molo IV. Il dibattito politico ha visto ancora in azione Francesco Russo, secondo cui i 48 milioni stanziati per l'ovovia sono destinabili a un altro progetto. Il sottosegretario leghista Vania Gava non è affatto d'accordo, perché questi fondi sono vincolati tant'è che il cantiere deve essere aperto entro il 2023 e chiuso nel 2026. Il riconfermato assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi sottolinea che esiste un progetto di fattibilità altrimenti il progetto non sarebbe stato finanziato. Il circolo Miani, pur con numerosi dubbi sulla concretezza dei risultati, ritiene che lo strumento referendario possa risultare utile a patto che dietro non vi siano esponenti di partito o sigle di comodo.
Massimo Greco
Bussani replica alla Fiab sulle piste ciclabili «Accolte le loro istanze - la replica a Rothenhaisler
Muggia. «Capisco la voglia di visibilità, ma a tutto c'è un limite. Quel tratto di ciclabile, per altro realizzato a doppio senso di marcia come richiesto dalla Fiab stessa durante un incontro di qualche anno fa, costituisce, da un lato, il naturale collegamento con la passerella sul Rio Ospo e, dall'altro, con la ciclabile che l'Ufficio Lavori pubblici sta progettando per entrare a Muggia». Così l'ex assessore ai Lavori pubblici di Muggia, il dem Francesco Bussani, che risponde alle critiche di Jacopo Rothenaisler, fiduciario Fiab di Muggia, in tema di piste ciclabili. Bussani aggiunge che «la passerella sul Rio Ospo, peraltro, è stata indicata più volte alla giunta Fedriga, essendo il tratto di competenza regionale, quale opera indispensabile sia per la sicurezza sia per la concreta attuazione di percorsi ciclopedonali di continuità, ma sfortunatamente senza che le richieste ad oggi siano state prese in considerazione. Forse grazie ai finanziamenti del Pnrr la necessità potrà essere presa in considerazione, si spera. Tutto questo Rothenhaisler non lo ricorda o finge di non ricordarlo.
L. P.
IL PICCOLO - SABATO, 6 novembre 2021
Russo lancia il referendum contro l'ovovia mare-Carso. Dipiazza "E' prevenuto"
L'ex candidato del centrosinistra pronto a una consultazione popolare. Ribatte il primo cittadino "Ora ci sono i fondi, parlerò con i cittadini"
«Un referendum cittadino per abrogare l'ovovia». Francesco Russo ha perso la battaglia per lo scranno del sindaco ma non la grinta, e propone una consultazione dei cittadini sul progetto che il Comune è riuscito a finanziare con oltre 48 milioni dal Pnrr. Dal canto suo il sindaco Roberto Dipiazza rivendica i fondi ottenuti - «che sono solo una parte dei 170 milioni che abbiamo a disposizione ora» - e dice: «Ora mi confronterò con la popolazione». Partiamo dal referendum di Russo: «La necessità di collegare Porto vecchio all'altipiano c'è - premette l'ex candidato sindaco -, ma questo progetto conferma la mancanza di visione generale dello sviluppo della città. Il sindaco ora dice che sentirà i cittadini, ma andavano coinvolti prima della richiesta dei fondi. Avrebbe scoperto che preferiscono il prolungamento del tram verso il Porto vecchio». Ecco quindi che il consigliere del Pd, oltre ad aderire alla petizione online lanciata da Legambiente e Fiab, rilancia con la proposta di un referendum comunale. Si tratta di uno strumento consultivo, che può essere attivato tramite mozione consigliare o circoscrizionale, oppure per iniziativa dei cittadini. In quest'ultimo caso, quello che Russo pensa di percorrere, servono firme pari al 6% degli aventi diritto al voto: «Circa 12 mila firme, che in tempi di Spid penso non avremo problemi a raccogliere in tempi brevi - dice Russo -. Anticipo già le possibili critiche: non dico che bisogna rinunciare ai fondi, ci siamo informati con Roma e il Comune può destinarli a un progetto diverso». Ribatte il primo cittadino: «Se abbiamo preso 48 milioni di euro, credo che tutta la città debba essere soddisfatta. In tutto ora abbiamo 170 milioni cash da spendere, e sono frutto di lavoro, progettazione e visione, quella che Russo mi accusa di non avere». Quanto all'ovovia: «Genova ha chiesto 70 milioni per farla, la vuole anche Napoli, mentre a Trieste no se pol. E invece io sono quel del se pol. Difatti la gente ha votato me e non lui». Quanto alla possibilità di dirottare i fondi su altri progetti, Dipiazza risponde: «Adesso intanto mi confronterò con la popolazione, ma se uno dice di no a priori, davvero, è un problema suo. Io ero contrario al tubone sottomarino di Illy ma non mi son messo a far battaglie, poi con quei soldi ho fatto le Rive». L'assessore al Bilancio Everest Bertoli aggiunge: «Russo sostiene che i 48 milioni siano stati assegnati per il trasporto rapido di massa in generale, ma qua prende il primo granchio: i milioni sono stati assegnati espressamente per la cabinovia. Con questa proposta dimostra la sua chiusura a qualsiasi volontà di collaborazione». Riccardo Laterza racconta che succede, nel frattempo, in Adesso Trieste: «Assieme alle associazioni che hanno promosso la petizione stiamo valutando anche l'opportunità del referendum, tra i vari strumenti. Lunedì alle 18 faremo un'assemblea del nostro gruppo ecologia, aperta a chiunque. Valuteremo come procedere, anche assieme alle associazioni». L'ecologista e consigliere a Muggia Maurizio Fogar rilancia l'idea di spostare la stazione di arrivo del tram di Opicina «in Porto Vecchio alla Centrale Idrodinamica, accanto ai musei, dietro il futuribile Terminal Crociere all'Adriaterminal, da cui far ripartire pure il Trenino portuale con tappa prima a Barcola ed in futuro estendibile alla Stazioncina di Miramare». In Consiglio regionale, il capogruppo del Patto per l'Autonomia Massimo Morettuzzo commenta: «Il progetto dell'ovovia a Trieste è costosissimo e dannoso, totalmente inutile per affrontare in modo serio i nodi della mobilità sostenibile in città».
Giovanni Tomasin
Lucia KrasovecLlucas: «Impatti sottovalutati soprattutto nello scalo»
«Penso sia una scelta un po' avventata». Lucia Krasovec-Lucas è la presidente dell'Aidia (sodalizio delle donne ingegneri e architetti) di Trieste: «Non si è tenuto conto degli aspetti pesanti dell'impatto dell'opera, soprattutto in Porto vecchio - commenta -. Uno dei due viali principali sarà occupato da questa struttura, sotto la quale per legge ci dev'essere uno spazio di sicurezza sgombro, anche se nel render dell'amico Kipar, del quale ho grande stima, questo non figura». Un altro punto è il rumore: «Chiunque sia andato a sciare sa che le corde di questo genere di strutture producono un sibilo continuo, e i blocchi di edifici che stanno su quell'asse ne risentiranno». Conclude: «Penso che l'amministrazione possa aprirsi e ascoltare la città e le sue competenze, costituire assieme a tutti gli stakeholders cittadini una commissione che ragioni sulle opportunità di sviluppo».
g.tom.
Sei le cordate in corsa per costruire strade e reti in Porto vecchio: partita da nove milioni
Le buste in Municipio: coinvolte dieci aziende di cui nove del Triveneto Due di queste sono triestine: si tratta di Rosso e Mari Mazzaroli
Ciclabili, verde pubblico, reti di servizi (acqua, energia elettrica, gas, fognature) dall'Idrodinamica fino al varco di largo città di Santos: il Porto vecchio è giunto alla seconda puntata con l'infrastrutturazione necessaria a conferire vivibilità ai 65 ettari dell'area. Il Comune aveva finalmente lanciato il bando poco più di un mese fa, una delle operazioni più importanti a livello di Municipio in quanto dotato di un budget da 9 milioni Iva compresa. Nella tarda mattinata di ieri, allo scadere del termine, Riccardo Vatta, dirigente di gare e appalti della civica amministrazione, ha preso atto che sono arrivate sei offerte per la realizzazione delle opere, che prevedono venti mesi abbondanti di cantiere. Il direttore dipartimentale Giulio Bernetti spera ardentemente di iniziare nei primi mesi del prossimo anno, dopo l'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e nell'auspicio non via siano grane con la giustizia amministrativa. Come anticipato, hanno risposto al bando comunale sei cordate, che coinvolgono dieci aziende, cinque delle quali regionali nel cui ambito ci sono due triestine. A queste si aggiungono tre venete e una altoatesina. Fuori dal Triveneto solo una beneventana. Diamo una scorsa alle formazioni in campo. Raggruppamento temporaneo d'impresa composto dalla trevigiana Brussi, dalla triestina Rosso, dalla pordenonese Ghiaie Ponte Rosso; la bolzanina Emaprice; la ronchese Ici coop; la sannita Consorzio stabile medil; il raggruppamento temporaneo tra le trevisane Mac costruzioni e Facco; un altro raggruppamento temporaneo che allea la triestina Mari Mazzaroli e la latisanese Adriacos. Le buste saranno aperte lunedì prossimo poi sarà costituita una commissione esaminatrice che valuterà il merito delle proposte. A proposito di commissioni esaminatrici in Porto vecchio, lunedì pomeriggio si riunirà il "triumvirato" incaricato di pesare le 7 offerte riguardanti la trasformazione del Magazzino 26 in Museo del mare, secondo il progetto di Guillermo Vazquez Consuegra, l'architetto sivigliano che ha disegnato il futuro contenitore culturale. E' il più ambizioso intervento programmato dalle opere pubbliche municipali: compresa l'Iva, sono in palio 22 milioni di euro. Gli esaminatori sono la dirigente comunale Lea Randazzo, l'architetto Andrea Benedetti, l'ingegnere Marco Karel Huisman (direttore tecnico della Mhk). A correre 13 aziende: 3 campane, tre lombarde, 2 laziali, 2 giulio-friulane, 1 abruzzese, 1 toscana, 1 veneta.
Massimo Greco
Ciclabile sull'Ospo, lavori al via E scattano le prime polemiche
La Fiab contesta il cantiere per la creazione di una pista indipendente nel parco «Opera pericolosa e costosa: meriterebbe l'attenzione della Corte dei conti»
MUGGIA. Partono i lavori per la nuova ciclabile "su sede propria" destinata ad attraversare il parco del Rio Ospo. E insieme ad essi partono anche le prime polemiche. A farsene carico è il fiduciario muggesano della Fiab Jacopo Rothenaisler: «Un segmento ciclabile che obbliga i ciclisti a ben due attraversamenti stradali, di cui uno pericolosissimo nel mezzo di due curve veloci, aumenta, anziché diminuire, il pericolo. Inoltre costa la follia di quasi 350 euro al metro, ossia 150 mila euro per fare 400 metri di ciclabile. Una cifra che sarebbe stata sufficiente per 40 chilometri di nuove corsie ciclabili". Rothenaisler evidenzia inoltre come l'opera si risolva di fatto in «un segmento che non collega nulla, esattamente come tutti gli interventi degli ultimi 15 anni a trazione Nesladek - Marzi - Bussani: 350 metri verso i laghetti delle Noghere, mille metri sull'Ospo, 950 metri di Parenzana, 300 metri al molo a T. Tutti progetti che per il fiduciario Fiab di Muggia sono «senza continuità perché figli della stessa idea, ossia quella secondo cui le ciclabili devono essere separate dal traffico automobilistico. Siccome non è mai possibile per l'intero percorso ma solo in piccoli tratti, il risultato è lo sperpero di denaro pubblico in opere inutili, non funzionali e pericolose». Rothenaisler rimarca infine il fatto che «il progetto è incredibilmente privo di qualsiasi riferimento normativo, a parere mio non casualmente, poiché non rispondente rispetto alle norme che prevedono oggi continuità, riconoscibilità, sicurezza ed economicità dei percorsi. Per queste ragioni mi sono battuto anche come responsabile Fiab per convincere l'amministrazione comunale a cancellare l'opera. La cui ormai prossima realizzazione, invece, ritengo degna dell'attenzione della Corte dei conti».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - VENERDI', 5 novembre 2021
Ovovia mare-Carso, da Roma 48 milioni - LA SVOLTA
Via libera dal ministero delle Infrastrutture, nell'ambito del Pnrr, al finanziamento dell'impianto proposto dal Comune
Con un apposito stanziamento di 48 milioni, il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile ha dato il via libera al finanziamento per la costruzione della cabinovia metropolitana - nota ai più come l'ovovia tra mare e Carso - destinata a collegare il Molo IV e l'altipiano. Il progetto era stato presentato dal Comune a maggio dello scorso anno e rientrava nel Piano della mobilità sostenibile e della valorizzazione turistica. Il sindaco Roberto Dipiazza e l'ormai ex assessore Luisa Polli avevano più volte sottolineato che l'opera si sarebbe fatta solo se a costo zero per l'amministrazione, confidando proprio in una risposta positiva rispetto alla partecipazione del bando ministeriale per poter attingere ai necessari fondi statali. «Avvieremo ora un confronto con la popolazione - spiega il primo cittadino - ma non posso negare la soddisfazione per il momento e per le risorse che stanno arrivano a Trieste. Esistevano, alcuni anni fa, dei progetti per collegare Barcola con Monte Grisa, ora sono arrivati anche i fondi e il confronto servirà per realizzare un percorso che non disturbi nessuno». Il progetto è stato predisposto dal Dipartimento territorio, economia, ambiente e mobilità del Comune, diretto da Giulio Bernetti - in collaborazione con Monplan, studio di ingegneria di Trento specializzato nella realizzazione di questo tipo di impianti - e ha ottenuto il secondo posto in Italia al premio "Go Slow" assegnato dalle associazioni di turismo e mobilità sostenibile. L'impianto, sulla cui realizzazione a questo punto ci sono ben pochi dubbi, avrà una lunghezza di 4,2 chilometri: i capolinea saranno al Molo IV e a Campo Romano, sul Carso. Il tragitto dal centro città all'altipiano, nel progetto tecnico, prevede una durata di 13 minuti, con stazioni intermedie al Magazzino 26 e al Bovedo. La portata sarà fra i 1.600 e i 1.800 passeggeri l'ora. La realizzazione della funicolare rientra nel Pums e ha come obiettivo quello di valorizzare i parcheggi di interscambio fuori dal centro, come appunto il Bovedo e soprattutto quello di Opicina, che con l'attuale trasporto pubblico locale, bus e tram, richiede tempi troppo lunghi per essere pienamente sfruttato dai pendolari. La fermata al Magazzino 26, dove sta prendendo vita e forma il polo museale, potrebbe anche essere strategica per il terminal crociere che dovrebbe nascere proprio all'Adriaterminal. A ciò, inoltre, questa è l'intenzione, si aggiunge la possibilità di rendere la Costiera pienamente turistica con piste ciclabili e precisi limiti di velocità. E l'ovovia sarebbe anche un tassello aggiuntivo per eliminare i parcheggi sulle Rive. Cabine e stazioni - assicura il progetto - saranno senza barriera architettoniche, a misura di tutti i cittadini. Sarà inoltre possibile trasportare le bici. I piloni nella zona del Porto vecchio saranno progettati in accordo con la Soprintendenza e, verosimilmente, non supereranno l'altezza degli edifici esistenti, per non avere impatto sulla skyline. L'impianto, sulla cui gestione verrà fatta appunto una riflessione al momento della stesura del progetto definitivo, potrebbe creare una trentina di posti di lavoro, tra tecnici e addetti alla biglietteria. Il costo del biglietto verrà valutato in futuro ma dovrebbero essere proposte diverse linee di tagliandi tra residenti e turisti. I 48 milioni destinati all'ovovia triestina fanno parte del riparto di 3,6 miliardi veicolati dal ministero alle Regioni nell'ambito del Pnrr, che ha assorbito il bando per il trasporto sostenibile a cui aveva partecipato l'amministrazione comunale. In regione una cifra simile, 41 milioni di euro, è stata stanziata per interventi infrastrutturali e tecnologici sulla linea ferroviaria Udine-Cividale.
Andrea Pierini
LA STORIA - La prima idea risale addirittura al '37: una funivia verso la Napoleonica
Il primo progetto per collegare la città con l'altipiano risale addirittura al 1937 e porta la firma del professor Marino Zorzini, che voleva collegare i 730 metri da Barcola alla Napoleonica, dove doveva sorgere un complesso turistico, con una funivia. Da allora più volte l'idea di un impianto a fune è stata presentata dalla politica. Se ne ricordano in particolare quelle di Roberto De Gioia e, nel 2005, del gruppo consiliare di Forza Italia, con Piero Camber, il quale aveva raccolto il progetto dell'architetto Giulio Marini che nel 1994 era stato bocciato dalla Regione: non più un collegamento dal Cedas a una struttura turistica ma con il tempio mariano di Monte Grisa. Giorgio Rossi, all'epoca assessore all'Urbanistica, definì «geniale» la proposta, aggiungendo però un profetico «servirà del tempo».
(an.pi.)
Le opposizioni non si arrendono: «Opera inutile. Anzi, dannosa»
L'arrivo ai fondi statali annunciato dai parlamentari della Lega L'assessore Lodi: «L'ok del governo ne certifica la validità»
Soddisfazione nella maggioranza. E bocciatura dalle opposizioni. Il via libera del ministero al finanziamento del progetto della cabinovia dal Molo IV all'altipiano è stato annunciato ieri pomeriggio dal gruppo parlamentare regionale della Lega composto da Mario Pittoni, Maurizio Panizzut, Daniele Moschioni, Raffaella Marin ed Edoardo Rixi, responsabile nazionale Infrastrutture: «Un obiettivo raggiunto - spiegano - anche grazie all'impegno del viceministro Alessandro Morelli». Panizzut aggiunge che «si tratta di un'opera innovativa che esiste in altre città europee come Berlino o Lisbona. È una sfida, un progetto che va a rivoluzionare anche un modo di pensare». Elisa Lodi, neoassessore alle Grandi opere, conferma che «progetto e cronoprogramma verranno presentati nella maniera migliore alla cittadinanza. Il finanziamento del ministero ne conferma la validità sia dal punto di vista turistico che da quello della mobilità sostenibile. E stanno procedendo anche i lavori del tram di Opicina, che riteniamo fondamentale per Trieste». Critiche arrivano invece dalle opposizioni. Francesco Russo parla di «una risposta sbagliata a un problema reale: quello dell'accesso alla città, che in questo modo non verrà risolto. Abbiamo pochi treni e lenti, e un tram fermo da cinque anni, ma poco importa. Con grande lungimiranza si sceglie di investire su un progetto che i triestini non vogliono e che avrà impatti pesanti sull'ambiente». Russo conferma la disponibilità a creare un asse con Adesso Trieste, raccogliendo «la contrarietà della maggioranza dei triestini all'ovovia». «Le richieste dei portatori di interesse - aggiunge Riccardo Laterza - sono state ignorate ancora una volta, tanto a livello locale quanto a livello nazionale. La realizzazione dell'opera provocherà danni irreversibili dal punto di vista economico, urbanistico e ambientale, senza risolvere alcuno dei problemi di mobilità». Laura Famulari, segretaria provinciale Pd, parla di «scandalo: 48 milioni per un'opera inutile, impattante e che non vuole nessuno, più di quanto si prevede di spendere per realizzare il Museo del mare al Magazzino 26. La nuova Giunta non si è ancora insediata e si stanno già avverando le nostre peggiori previsioni».
an.pi.
Le pecore disperse nella zona di Draga sono tornate all'ovile - Recuperate in Slovenia 16 su 23
SAN DORLIGO. Stanche, terrorizzate, alcune addirittura ferite in seguito all'incontro con altri animali. Ma tornate, finalmente, al loro ovile. Sono state recuperate, nei pressi della località slovena di Mihele, 16 delle 23 pecore dell'azienda "Il piccolo pastore" di Draga Sant'Elia, fuggite un paio di settimane fa, dopo che ignoti avevano tagliato, di notte, i fili elettrificati del recinto. Dopo affannose ricerche, alle quali hanno partecipato le Guardie forestali italiane e slovene, Emanuele Frascatore, marito della titolare dell'azienda, Francesca Mari, è riuscito nell'arduo compito di riportarle sulla strada di casa. «Il problema principale, che ci ha messo in difficoltà per giorni - spiega - è stato il fatto che le pecore, abituate a vivere tranquille nel loro recinto, una volta trovatesi in aperta campagna, erano spaventatissime e ogni nostro sforzo per raccoglierle in gregge e indirizzarle verso Draga Sant'Elia risultava vano. Alla fine, utilizzando il sistema dell'accerchiamento e gettando sul terreno un po' di mangime - precisa - siamo riusciti a farle tornare alla loro dimora abituale». Subito è stato chiesto l'intervento di un veterinario, che ha predisposto per le pecore un trattamento a base di antibiotici. «Torneranno presto nel loro stato di salute originario - ha garantito Frascatore - perché fortunatamente sono sane, anche se molto provate da questa esperienza». Adesso si attende l'esito delle indagini delle forze dell'ordine, per capire chi possa essere stato a portare a termine un'azione di difficile comprensione. L'indizio più chiaro è rappresentato dall'enigmatica scritta "Hello" scavata nella terra, lasciata come firma a pochi passi dal punto in cui erano stati tagliati i fili. Nell'attesa, Frascatore e Mari riprenderanno la loro normale attività, che consiste nel cercare di ricreare una landa carsica da destinare a pascolo per ovini nei cinque ettari sui quali si estende l'azienda "Il Piccolo pastore", dove sono state fatte crescere le pecore di razza istriana, specie in via di estinzione.
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - Ippocastani abbattuti - Insensibilità verso gli alberi
Gentile direttore, mentre leggevo la notizia di un giovane tedesco che nel 2018 ha ricevuto la medaglia al merito dal presidente Steinmeyer per aver ottenuto l'incredibile successo di far piantare nel mondo un milione di alberi, il mio pensiero è andato ai due ippocastani ultracentenari abbattuti davanti alla nostra casa senza che potessimo impedirlo e posso dire come scrisse Rigoni Stern quando vide abbattuto l'abete bianco plurisecolare nel suo bosco: "A noi ora manca qualcosa". Gli alberi non hanno vita facile nelle città. Vengono abbattuti senza tanti scrupoli per le cause più diverse come per esempio per far posto a un condominio come i due ippocastani davanti alla nostra casa, anche se la loro presenza poteva essere invece un'attrazione, una ricchezza per il nuovo condominio. Ci sono per fortuna invece luoghi dove gli alberi riescono a invecchiare fino a raggiungere più di 400 anni di vita, come nella foresta protetta tra Toscana e Romagna. Ci riescono perché vivono lontano dall'uomo a quote alte, impervie. Sono faggi con grande capacità di adattamento e sono ormai patrimonio dell'Unesco. Continuo a pensare a quel ragazzo tedesco Felix Finkbeiner che era riuscito ancora ragazzino nel 2007 a iniziare una campagna di propaganda in un paesino della Baviera. Voleva piantare un milione di alberi. Il primo lo piantò insieme ai suoi compagni nel cortile della sua scuola. Fondò una pagina web "Plant for the Planet" e già tre anni dopo l'obiettivo era raggiunto. Un vero miracolo. Vorrei che succedesse lo stesso per i due nostri ippocastani che la ditta di costruzioni ha promesso di sostituire quanto prima. Ma a questo proposito continuo ad avere grossi dubbi.
Francesca Manzoni
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 novembre 2021
Fianona 2, la centrale a carbone verso la riconversione "green"
Stoppati i contestati progetti per la costruzione del terzo impianto nell'area Prosegue la trasformazione della prima struttura all'uso delle biomasse
POLA. Fino a qualche tempo fa il Governo croato spingeva al massimo per la costruzione della terza centrale termoelettrica a carbone nel Golfo di Fianona rispondendo alle contestazioni degli ambientalisti e dell'opinione pubblica che grazie ai moderni sistemi di filtraggio delle emissioni, l'inquinamento sarebbe risultato notevolmente al di sotto dei limiti consentiti. Ora non solo il progetto è stato cestinato ma in seguito ai drammatici appelli dalla conferenza sul clima di Glasgow si è deciso di agire subito e radicalmente per ridurre l'emissione di gas serra e quindi Zagabria valuta seriamente la possibilità di chiudere con molto anticipo la Fianona 2, rimasta l'unica centrale termoelettrica a carbone nel Paese. La sua potenza è di 210 MegaWatt. In pratica la Croazia si allinea ai paesi occidentali più sviluppati per i quali la messa al bando dei combustibili fossili rappresenta il primo passo importante per ridurre le emissioni di Co2 e quindi prevenire i cambiamenti climatici. Lo scrivono alcuni portali croati richiamandosi a fonti ufficiose altolocate all'interno dell'Azienda elettrica di stato Hep e del governo stesso. La centrale Fianona 2 lo ricordiamo era stata inaugurata nel 2000 e al momento copre il 10 percento del fabbisogno energetico in Croazia. Al momento della sua entrata in funzione era stata pure definita la sua durata: fino al 2040, un termine che ora appare lontanissimo tenuto conto dell'urgenza di agire per salvare il pianeta. Il suo destino dunque sembra segnato con largo anticipo, ma chiusura non significa necessariamente smantellamento. Da Zagabria arrivano indicazioni che si stanno valutando soluzioni alternative in fatto di alimentazione, una di queste sarebbe l'impiego del gas naturale, proveniente dai giacimenti sottomarini nell'Adriatico. Proprio dalle parti di Fianona passa il gasdotto che rifornisce la Croazia continentale. L'opzione però incontra pareri molto discordanti: c'è chi sostiene che nell'area non ci sono acquirenti interessati all'acquisto dell'energia termica quale sottoprodotto del processo tecnologico mentre secondo altre valutazioni la riconversione dell'impianto avrebbe costi proibitivi. Forse qualche risposta in tal senso arriverà dalla riconversione della vecchia Fianona 1 costruita nel 1970 e chiusa definitivamente 4 anni fa. Ora è in fase di stesura il progetto per la sua capillare ricostruzione per venir alimentata a biomassa o a combustibile ricavato dal trattamento delle immondizie. Ad ogni modo la messa al bando del carbone significherà per la Croazia almeno per un periodo di transizione valutabile in decenni, l'aumento dell'importazione di energia elettrica da Paesi terzi, che già ora si aggira tra 400 e 500 milioni di euro all'anno. E bisogna pure tener presente che la domanda di energia elettrica cresce di giorno in giorno in seguito allo sviluppo delle infrastrutture, delle attività economiche con in primo piano il turismo.
Valmer Cusma
Comitato Noghere: «Non molliamo sul laminatoio così poco green»
Prima riunione del direttivo per fare il punto dopo le elezioni. Anche altri nodi da sciogliere
Muggia. Lo scorso 2 novembre si è riunito il direttivo del Comitato Noghere No Laminatoio per esaminare la situazione post elettorale ed incominciare a mettere sul tavolo le questioni urgenti da affrontare. «Pur non essendo l'unico argomento della discussione ha spiegato Filippi, consigliere comunale del Comitato - il nostro focus resta incentrato sulla questione No Laminatoio, per quale siamo sempre più convinti ed intenzionati a portare avanti la nostra battaglia per il no. Anche Muggia deve dare il suo contributo a proteggere il clima e non a inquinarlo ancora di più. Il progetto del laminatoio a metano combustibile fossile non è "ripresa Green" e va contro lo sforzo mondiale per ridurre le emissioni di Co2, sforzo che si sta concretizzando in questi giorni anche nella sede del Cop26». Ma non solo di laminatoio si è parlato nell'incontro: si è discusso di sicurezza idro-geologica del territorio: «Bisogna - ha proseguito Filippi - verificare e rafforzare la manutenzione ordinaria dei canali di scolo, delle caditoie e quant'altro utile allo smaltimento delle acque piovane, e allo stesso tempo valutare e procedere al loro significativo potenziamento dove necessario. La nostra cittadina e le nostre case devono essere al sicuro da allagamenti e smottamenti». Altro tema il verde pubblico e le aree ricreative che «il piano regolatore di Muggia prevede e che non sono state mai attuate». Infine si è discusso del terminal ungherese: «chiediamo alla nuova giunta quali sono le novità ci sono su AdriaPort? C'è sulla questione un silenzio assordante. Aspettiamo con impazienza e sollecitiamo la prossima convocazione del Consiglio comunale, sarà l'occasione per discutere con tutte le forze sulla loro posizione su laminatoio e insediamento ungherese, che chiunque abbia un minimo di buon senso giudica per quello che sono, ossia una vera e propria iattura».
Luigi Putignano
Il raro Ibis calvo sbaglia migrazione e plana a Grobnico - alle spalle di Fiume
Un errore di rotta, oppure la necessità di sfamarsi o forse qualcosa di diverso e inspiegabile. Fatto sta che sulla piana di Grobnico, pochi chilometri a nord-est di Fiume, è planato venerdì scorso un volatile estintosi nel territorio dell' attuale Croazia nel 18esimo secolo. Il Quarnero ha dato ospitalità nientemeno che ad un ibis calvo migratore, specie di cui si contano in tutto il mondo non più di 250 esemplari e che ha il suo habitat nell'Africa settentrionale e in alcuni Paesi del Medio Oriente. La presenza a Grobnico dell'ibis calvo ha suscitato le giustificate attenzioni dei media e degli ambienti scientifici, in primis quelli ornitologici, affascinati dallo zampettare del rarissimo uccello che alle spalle di Fiume ha banchettato con insetti e probabilmente con lucertole e piccoli roditori. Lungo una settantina di centimetri, con il capo appunto privo di peli e un becco molto lungo e di colore rosso, l'uccello è stato visto e fotografato dal buccarano Dorijan Curac. Va rilevato che l'ultima colonia di ibis calvo, prima di scomparire, viveva e nidificava tre secoli fa nel territorio di Pola.
A.M.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 novembre 2021
Il futuro dell'ex Distretto militare: Ritossa sceglie gli alloggi di lusso
L'imprenditore vuole ricavare dall'edificio 40-50 appartamenti a oltre 3.000 euro al metro quadrato
Gabriele Ritossa, il pirotecnico imprenditore che spazia dalle case di riposo ai birrifici, ha sciolto la riserva. Non al 100% - come gli piace dire per mantenere acceso un minimo di thrilling - ma per un abbondante 90%: l'ex Distretto militare, l'antico edificio in via del Castello a poche decine di metri dall'arce capitolina e dalla cattedrale di San Giusto, sarà trasformato in un condominio destinato a una clientela che può permettersi una quotazione da oltre 3.000 euro al metro quadrato. La scorsa estate Ritossa - che nel 2017 ha acquistato tramite l'holding Sarafin il vecchio stabile militare da Cassa depositi e prestiti per 2,3 milioni di euro - aveva già espresso dubbi su quella che era stata l'idea iniziale, ovvero riconvertire l'ex distretto in un albergo. E aveva dato appuntamento a ottobre per chiarire quale sarebbe stato il destino di quell'investimento, al quale si era aggiunto un edificio contiguo in via dell'Ospitale, comprato stavolta all'asta dal Comune per 530.000 euro. Ritossa, raggiunto al telefono, non se l'è svignata: «Ormai propendo sempre più decisamente verso il residenziale, che in questa fase sembra dare soddisfazioni. È andata bene con l'ex Filodrammatico, proviamoci ancora». L'imprenditore pensa a un complesso da 40-50 appartamenti progettati per una fascia di mercato medio-alta. Rispetto ai disegni preparati per la tramontata ipotesi alberghiera, si mantiene la terrazza vista-mare da 900 metri quadrati equipaggiata di piscina. L'investimento circola attorno ai 10 milioni di euro, più o meno equivalente a quello che sarebbe occorso per l'hotel "quattro stelle" da 70 camere inizialmente previsto. Il cantiere, se non vi saranno complicanze buro-amministrative, dovrebbe essere aperto il prossimo anno. Insomma, Ritossa si è sottratto all'«albergomania» che negli ultimi anni ha segnato il settore turistico-immobiliare. Ha ragionato sul fatto che di hotel cominciano a essercene un bel po' tra quelli costruiti e in costruzione: ex Hilton, ex Intendenza di finanza, ex Filoxenia, palazzo Kalister... La risposta commerciale dell'ex Filodrammatico in via degli Artisti - che Ritossa aveva acquistato con i soci Alessandro Pedone e Alberto Diasparra dal crac Cierre per quasi 1,9 milioni - era stata invece incoraggiante: ad agosto l'imprenditore triestino segnalava la vendita di 30 appartamenti su 35 e di 90 posti auto su 110. Per gli appartamenti media al metro quadrato tra i 3.000 e i 3.200 euro. Alla luce di questa tendenza, Ritossa si è al fine risolto a favore dell'esito residenziale. Tornando infine all'asset di via del Castello per il consueto riepilogo storico, lo stabile in questione divenne distretto solo quando Trieste si ammantò di tricolore, nel 1933. Prima aveva svolto altri incarichi. Fu sede vescovile dal XIV al XVIII secolo, l'ultimo presule che vi abitò fu Antonio Ferdinando di Heberstein, in seguito trasferitosi a palazzo Brigido, poi a palazzo Mauroner e infine a palazzo Vicco. L'edificio venne trasformato a fine '700 in un ospedale e nel 1841 divenne un ospizio per gli alienati. Poi il Comune vi installò una scuola di Agraria e nel 1852 il vescovo Bartolomeo Legat creò il Seminario dei chierici. Non era finita, ecco insediarsi l'Istituto magistrale femminile. Sede dei Vigili urbani, fu teatro dell'uccisione della guardia Angelo Cattaruzza, avvenuta il 31 dicembre 1925 per mano di rapinatori che gli sottrassero le buste paga dei colleghi.
Massimo Greco
Due operazioni irrisolte sul tavolo della nuova giunta, nell'area tra via Crosada e via Capitelli
Il rebus Ex Ardiss e casa Francol, confinanti e ancora senza certezze - le incompiute
Altre due "incompiute" aspettano che la giunta si insedi per ottenere ascolto e attenzione: si tratta delle ex case Erdisu-Ardiss e di casa Francol. In realtà sono fascicoli distinti, anche sotto il profilo delle competenze amministrative, ma sono accomunate dallo stesso contesto, ovvero il piano Urban e il centro storico. Soprattutto sorgono a pochi metri l'uno dall'altro, quindi presupporrebbero un approccio coordinato. L'area è di sicura suggestione, tra via Crosada e via Capitelli, a breve distanza dallo scavo archeologico. Cominciamo dal caso apparentemente più semplice, cioè quello delle ex case Erdisu-Ardiss, costruite dall'edilizia universitaria poi trasferite al Municipio quando sindaco era Roberto Cosolini. In uno scacchiere delimitato dalle vie Capitelli, Trauner, della Corte, confinante con i recenti spiazzi Cecovini e Spaccini, commotate dal frequentato "Cemut", ecco sei palazzine che contengono 33 mini-appartamenti per circa 1.700 metri quadrati: aspettano che il Comune trovi un gestore. La scorsa primavera sembrava quasi fatta e il bando di gara era pronto a spiccare il volo in giunta: concessione di 9 anni, fatturato ipotizzato di 2,8 milioni durante questo periodo, canone annuo da versare al Comune pari a 30.000 euro a partire dal terzo anno. Da tempo c'è un pretendente, la So.Ges. che gestisce l'ex Ospedale militare: la società è diretta da Alberto Galardi e appartiene al gruppo milanese DoveVivo, uno dei brand di punta nel settore co-living. Ma il bando rimase nei computer degli uffici, s'incagliò nelle tensioni tra Lavori pubblici e Immobiliare, dove verrà trovato dalla futura giunta: il suo lancio dovrebbe essere una delle cose più semplici per riaccendere i motori deliberativi. Assai più complesso il caso Francol. Il rudere era stato rispolverato dalla giunta Dipiazza dopo che l'ex direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte, aveva ripescato 1,4 milioni inutilizzati dalle risorse Urban. Dipiazza aveva insistito per investire su un bene dal quale ricavare un po' di soldi. Casa Francol sarebbe stata trasformata in una sorta di casa-vacanze in un quadro di project financing da 4,5 milioni. Ma non si è trovato alcun privato disposto a metterci oltre 3 milioni.
Magr
Staffetta a San Dorligo tra Kermac e Cimolino - il consiglio online di venerdì
SAN DORLIGO DELLA VALLE. È stata fissata per dopodomani, venerdì, con inizio alle 9 e in modalità online, a causa delle restrizioni dovute all'emergenza pandemica, la seduta straordinaria del Consiglio comunale di San Dorligo, che prevede, all'ordine del giorno, la surroga del dimissionario Alen Kermac, capogruppo dei Verdi. Nel corso dei lavori si procederà con la convalida della nomina a consigliere, al posto di Kermac, di Tiziana Cimolino, che, alle recenti amministrative del capoluogo, si era presentata come candidata sindaco.Kermac, come noto, ha dato le dimissioni annunciando, al contempo, la volontà di abbandonare l'Italia, dove opera nel mondo dell'istruzione, per recarsi a lavorare e a vivere all'estero, con ogni probabilità in Slovenia, per la sua «impossibilità di adeguarsi alle normative anti- Covid. In Italia non potrei continuare a svolgere normalmente le mie attività».
u.sa.
Un volume sul clima realizzato dai giovani - Col Museo della Bora
"CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi" è il progetto con cui l'Associazione Museo della Bora punta a sensibilizzare i giovani del Friuli Venezia Giulia sui temi dell'emergenza climatica e della sostenibilità ambientale. Sul sito cambiaventi.museobora.org gli studenti sono invitati a condividere contenuti sul tema, che diventeranno un libro di carta, partecipato, in uscita nel mese di febbraio 2022. L'iniziativa prevede tre fasi: i ragazzi possono assistere a webinar informativi sull'ambiente, possono poi condividere foto e storie del clima che c'era e quello che verrà, sul sito www.museobora.org. Questi materiali poi andranno a formare il libro che sarà pubblicato nel 2022. «Siamo una piccola associazione - spiega il presidente del Museo della Bora Rino Lombardi - ma abbiamo un grande entusiasmo. Siamo ottimisti per natura e crediamo che ognuno nel suo piccolo possa fare qualcosa per ridurre la febbre del pianeta. Di certo, dobbiamo dare tutti una mano. Proviamo a far cambiare il vento. Insieme!».
MI.B.
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 novembre 2021
MONFALCONE - Gli ambientalisti chiedono al Comune di fare ricorso contro il turbogas
Le associazioni ambientaliste di Monfalcone fanno fronte comune contro la nuova centrale a gas progettata da A2A e di fatto "autorizzata" dal ministero della Transizione ecologica di concerto con il ministero della Cultura. Comitato Rione Enel, Circolo Legambiente Ignazio Zanutto, Associazione ambientalista Eugenio Rosmann e Gruppo San Valentino-Cittadini per la salute hanno chiesto mercoledì al Comune di Monfalcone, con la lettera inviata al sindaco Anna Cisint, di «porre in essere ogni possibile iniziativa per scongiurare la realizzazione di una nuova mega centrale alimentata da fonti fossili sul sedime della vecchia centrale». Le associazioni sottolineano che l'incontro on line tenuto il 7 ottobre, con la partecipazione degli esperti nazionali per l'energia di Legambiente e Wwf Italia, ha messo «chiaramente in evidenza come non vi sia alcuna necessità di nuovi impianti a gas».Nel forum on line è emerso in modo altrettanto evidente per le associazioni che "l'urgenza di affrontare la crisi climatica richiede di procedere speditamente verso la transizione ecologica con una rapida decarbonizzazione del sistema di produzione, e che l'investimento non sarebbe per nulla sostenibile se non fosse per il meccanismo del Capacity market, ovvero il sostegno dello Stato». Gli ambientalisti rilevano come contro il decreto ministeriale è ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al Tar entro 60 giorni e, in alternativa, ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni. Un impegno troppo gravoso per delle piccole realtà di volontariato, ma non per l'amministrazione comunale che gli ambientalisti ritengono in grado di sostenere l'azione, invitandola a valutare questa possibilità. «Nel ricorso da proporre, crediamo sia importante valutare la correttezza dei dati riportati nello Studio d'impatto ambientale - dicono le associazioni -, soprattutto dove si confrontano gli impatti della futura centrale turbogas con quelli del vecchio impianto, considerato che nella richiesta di rinvio a giudizio dell'ex direttore della centrale, e di A2A Energie future spa per la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, si ipotizza la mancanza di dati relativi alle emissioni e la scarsa affidabilità dei dati comunicati. Queste ipotesi, avanzate dalla Procura di Gorizia, pongono in dubbio la correttezza dello Studio d'impatto ambientale presentato nella procedura di Valutazione d'impatto ambientale al ministero per la Transizione ecologica». Le associazioni si sono messe a disposizione del Comune per fornire nominativi di legali ed esperti che «possono fornire contributi qualificati a sostegno della causa».
Laura Blasich
Assonave - Appello per la legge «Salvamare»
Federazione del mare, Assonave, Assoporti, Confindustria Nautica, Confitarma, Federpesca e altri hanno lanciato un appello per l'approvazione della legge Salvamare. La legge prevede che i pescatori possano portare a terra la plastica pescata con le reti, che ora devono lasciare in mare per non commettere il reato di trasporto illecito di rifiuti, installando sistemi di raccolta per intercettare la plastica prima che arrivi in mare.
I volontari ripuliscono i boschi attorno al Sentiero della Salvia
Riempita una decina di sacchi con le immondizie recuperate Tante le bottiglie di plastica e le lattine. Trovata pure una tagliola
DUINO AURISINA. Una decina di sacchi, colmi di immondizie. È questo il risultato della raccolta effettuata l'altro giorno, nel territorio comunale di Duino Aurisina, fra il Sentiero 1, noto come quello della Salvia, e la palestra, da una trentina di volontari che hanno risposto all'invito lanciato da Lions Club Trieste Host, Lions Club Satellite Trieste Audace, Leo Club di Trieste e Lions Club Duino Aurisina, con i quali ha collaborato il Sistiana 89, sodalizio sportivo molto attivo sul territorio anche nella cura dell'ambiente. Fra i vari oggetti rinvenuti, ha provocato un certo scalpore il ritrovamento, nei pressi della palestra, di una tagliola. Molto numerose le bottiglie di plastica e le lattine, a conferma del disinteresse di troppo gitanti nei confronti delle più elementari regole del vivere civile. Al momento della partenza del gruppo, che si è formato nel piazzale del Municipio, ad Aurisina Cave, è intervenuto l'assessore all'Ambiente e al Turismo Massimo Romita, il quale ha espresso apprezzamento per il fatto che «sono sempre più frequenti le escursioni sul nostro territorio». Chiara Puntar, presidente della Commissione comunale Ambiente, ha invitato tutti a «cercare di educare il prossimo nel mantenere l'ambiente e il territorio puliti e integri. Spesso percorro i sentieri vicino a casa, come quelli delle Cave, dei Pescatori o della Salvia, per poi rientrare ad Aurisina, percorsi che permettono di ammirare meravigliosi paesaggi. Bisogna impegnarci tutti - ha aggiunto - nel garantirne la migliore conservazione». A condurre il gruppo è stato Saimon Ferfoglia, guida naturalistica dell'associazione Estplore, che ha descritto l'ambiente visitato nel corso della prima parte della giornata, illustrando l'importanza della pietra per il territorio e spiegando la lavorazione del marmo, mentre i partecipanti osservavano dall'alto le cave di marmo. Nella seconda parte dell'escursione, lungo il Sentiero 1, è stata la stessa Puntar a fungere da guida. «Abbiamo ottenuto un risultato molto positivo», è stato il suo commento: «Lo abbiamo festeggiato con un brindisi finale».
u.sa.
Sempre più cinghiali «Non vanno lasciati scarti di cibo in giro»
In aumento le segnalazioni nei quartieri vicini alle aree verdi Rischio smottamenti sul ciglione carsico per i loro passaggi
In 40 anni i cinghiali selvatici in Italia sono passati da 50 mila esemplari a due milioni. E ogni anno causano 10 mila incidenti stradali e provocano danni all'agricoltura per 60 milioni di euro. Un problema che riguarda da vicino anche la cintura carsica e pure i quartieri della città a ridosso di boschi e aree verdi, da Roiano a San Giovanni, dove negli ultimi tempi si è registrata una recrudescenza delle segnalazioni riguardanti "incontri ravvicinati" con questi ungulati. «Quello dei cinghiali è un problema di carattere mondiale e strettamente collegato all'inquinamento climatico - spiega Nicola Bressi, zoologo e naturalista del Museo di storia naturale cittadino - come ha sottolineato un recente studio dell'università di Brisbane, in Australia». I cinghiali, infatti, smuovendo il terreno, sollevano pure l'anidride carbonica presente nel sottosuolo. «Più ce ne sono e più ne viene sollevata», prosegue Bressi: «Si tratta di un contributo minimo, ma comunque legato ai troppi cinghiali in circolazione in tutto il mondo». Fondamentale a questo punto, secondo l'esperto, è capire come ogni singolo cittadino possa contribuire a rallentare la loro riproduzione. «Innanzitutto è necessario fare una premessa, sfatando il mito secondo il quale i nostri cinghiali siano o meno autoctoni», sottolinea Bressi: «Essendo scomparsa la sottospecie preesistente, ora non può valere la teoria del "teniamoci l'originale e cacciamo la varietà attuale" perché questa è ormai l'unica presente nei nostri territori. E va abbattuto anche il mito secondo il quale la caccia faccia aumentare il loro numero, perché questo è vero solo nel caso in cui a essere cacciati siano prevalentemente i maschi». Il terzo mito da sfatare, insiste Bressi, riguarda la possibilità di contenere la riproduzione dei cinghiali attraverso la sterilizzazione delle femmine. «Si tratta di una pratica assolutamente impossibile da realizzare in natura - secondo il naturalista - perché è impensabile dare la pillola a ogni femmina nella giusta dose in una popolazione selvatica». Da qui l'obiettivo di sensibilizzare la popolazione, facendo leva su piccoli ma importanti comportamenti che possono, a lungo andare, modificare l'attuale trend di sovrappopolamento. «È fondamentale - spiega Bressi - non dar loro da mangiare, né direttamente né indirettamente. Lasciare del cibo per altre specie animali, ad esempio in occasione di gite sul Carso, è un ragionamento completamente sbagliato perché i cinghiali, avendo un fiuto migliore, saranno i primi ad accaparrarselo. Allo stesso tempo è necessario eliminare il rifiuto indiretto, ovvero l'immondizia fuori dai cassonetti. La stessa cosa vale per i cibi lasciati per le colonie feline. È necessario verificare che siano i gatti a mangiare quanto lasciato dagli essere umani, in modo da evitare che il cinghiale si mangi il loro cibo. Serve insomma che la gente comprenda - conclude Bressi - che se i cinghiali aumentano diminuiscono al contempo le altre specie, come i topolini di campagna, i bruchi e quindi le farfalle, i bombi, che costruiscono i propri favi nel sottosuolo, le lucertole, le testuggini. È la cruda legge della natura. Se una specie aumenta di numero le altre diminuiscono, e così si danneggia la biodiversità». I cinghiali, infine, creano nel lungo periodo anche un dissesto idrogeologico: «Basti pensare al ciglione carsico, da Bagnoli ad Aurisina. È assai eroso perché, con il loro grufolare, i cinghiali strappano l'erba, lasciando così la roccia nuda e creando i presupposti per smottamenti, una certa desertificazione e un conseguente maggiore inquinamento climatico, perché a lungo andare gli alberi non crescono più».
Lorenzo Degrassi
I laghetti delle Noghere ostaggio del degrado - la denuncia del neoconsigliere Fogar
MUGGIA. I laghetti delle Noghere, "biotopo" di grande importanza per l'area alle porte di Muggia, versa in condizioni deplorevoli. Lo denuncia il neoconsigliere della civica Muggia Maurizio Fogar: «Questa sarebbe la "biodiversità" decantata da Bussani, Tarlao, Polidori and company? Il degrado totale dell'area verde tra Noghere, Zaule e Ospo. Pulizie inesistenti, di manutenzioni neanche l'ombra da anni: il tutto a rappresentare il vero volto di questa politica incapace». E ancora: panchine da pic-nic danneggiate, segnaletica indicante le caratteristiche del luogo del tutto illeggibili, sfalci di ramaglie abbandonati da tempo, staccionate divelte ma anche indumenti abbandonati da immigrati di passaggio e benne colme di immondizia. Questo insomma, insiste Fogar, è quello che si presenta al visitatore di un "biotopo" naturale formato da otto laghetti artificiali, dove è facile trovare rane, qualche serpente, tartarughe, anatre. Anche su Tripadvisor l'unica recensione è inclemente: "Sconosciuto alla maggioranza degli autoctoni, il posto è molto trascurato. Vestiti e immondizia ovunque. Le indicazioni sono pressoché inesistenti. Un vero peccato". E questo nonostante, ricorda Fogar, sia stata migliorata la fruibilità grazie ai recenti lavori che hanno riguardato il percorso sterrato, costati 110.410 euro.
lu.pu.
Scatta la Conferenza generale Twas: la città chiama, il pianeta risponde
Da ieri fino a giovedì l'evento online dell'Accademia mondiale delle scienze che qui ha sede A confronto 400 luminari tra clima, Covid e gap digitale
La scienza non ha confini: è indipendente da qualsiasi sistema, religioso o politico, e il suo spirito, critico e razionale, insieme all'approccio basato sulle evidenze, è di fondamentale importanza per plasmare il futuro dell'umanità. Sono alcuni dei concetti espressi nella lezione "Passi verso la vita: Chimica!", tenuta dal professor Jean-Marie Lehn, premio Nobel per la chimica nel 1987. L'eminente scienziato francese è stato tra i principali protagonisti della prima giornata della 15.ma Conferenza generale della Twas, cioè l'Accademia mondiale delle scienze, organismo dell'Unesco che ha sede a Trieste. Organizzata in partnership con la King Abdullah University of Science and Technology e con la Islamic Development Bank, entrambe con sede a Jedda, in Arabia Saudita, la conferenza, che durerà fino al 4 novembre, vedrà la partecipazione in modalità telematica di oltre 400 scienziati di tutto il mondo, ministri e consiglieri scientifici. Promuovere la scienza di frontiera, la tecnologia e l'innovazione per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo è il tema cardine del congresso, che è anche l'occasione per premiare ricerche originali dal forte impatto socio-economico. Aperta dal discorso di benvenuto del presidente della Twas Mohamed H.A. Hassan, che ha sottolineato la necessità di affrontare i maggiori problemi della contemporaneità, dalla pandemia al cambiamento climatico, con un approccio globale e cooperativo, la conferenza ieri ha visto la partecipazione, per l'Italia, del viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Marina Sereni. Sereni ha ribadito il sostegno italiano alla Twas, che «continuerà a giocare un ruolo cruciale per lo sviluppo globale». Ieri l'iniziativa ha ospitato inoltre le premiazioni di oltre 20 ricercatori di tutto il mondo che, con il loro lavoro, stanno imprimendo una svolta positiva alle rispettive comunità. Fra i temi trattati ricerche sulle cellule staminali, nanoparticelle, aerosol e qualità dell'aria e onde gravitazionali. La giornata di oggi si aprirà con una sessione ministeriale, tra i cui partecipanti figurerà Eric Lander, consulente scientifico di Joe Biden. In ambito agronomico saranno presentati gli studi della microbiologa Mariangela Hungria (Brasile) e dell'esperto di genetica vegetale Li Jiayang (Cina), vincitori ex-aequo del Premio Twas-Lenovo: Hungria ha individuato batteri benefici che possono sostituire i fertilizzanti azotati, Li Jiayang ha aumentato la resa dei raccolti di riso migliorandone la qualità. Mercoledì 3 ad aprire i lavori sarà il simposio "Il mondo di fronte al Covid-19", in cui saranno messe a confronto le prospettive africana, asiatica e sudamericana ed esaminate le lezioni che la pandemia ha insegnato al mondo. Infine, nella giornata conclusiva del 4, sarà affrontato il tema dell'inclusione digitale e del divario fra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 novembre 2021
Città più inquinate del pianeta - Belgrado in cima alla classifica
La capitale serba riconquista il triste primato. Pesano dipendenza da carbone e auto molto vecchie
Belgrado la settimana scorsa al primo posto al mondo, con un indice di 179 a segnalare un'aria mefitica, piena di particolato e dunque «non sana», seguita da metropoli asiatiche celebri per l'atmosfera malsana, come Delhi, Karachi e Mumbai. Nella triste top ten, anche Sarajevo, poi balzata in testa nel weekend, sorte condivisa con Skopje e persino Zagabria. Anno nuovo, ma nessun passo avanti compiuto nei vicini Balcani sul fronte inquinamento dell'aria, uno dei problemi cronici di una regione che, malgrado promesse e rassicurazioni, continua a produrre energia elettrica usando la sporca lignite, si riscalda con stufe a legna o a carbone e guida, causa tasche vuote, vecchie auto inquinanti, soprattutto obsoleti diesel. Il risultato? «Belgrado di nuovo la città più inquinata al mondo», hanno denunciato allarmati in questi giorni i media serbi, informando che anche altre cittadine più piccole sono entrate in «zona rossa» per lo smog. Tra esse, Nis, Novi Sad, Pancevo, Novi Pazar, Uzice, Cacak.Sui social, allarmi simili. «Attenzione, lo smog è estremamente alto e quasi tutte le stazioni di misurazione danno notizia del pericolo», ha avvisato il movimento Ne davimo Beograd, che ha attaccato il governo perché «non fa nulla per risolvere questo problema». «Nei prossimi giorni ci sarà vento e pioggia e lo smog calerà, per poi risalire, continuiamo ad avere problemi con sistemi di riscaldamento, traffico, industrie e lo Stato deve risolverli», ha rincarato Milenko Jovanovic, ex numero uno dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente in Serbia. Stato che però continua a fare orecchie da mercante. L'inquinamento in Serbia «è presente da decenni, solo che prima non se ne parlava a sufficienza», ha sostenuto la ministra serba per l'Ambiente, Irena Vujovic, promettendo a breve un piano d'azione per il miglioramento della qualità dell'aria. Il processo sarà «lungo» e complesso, ha confermato alla Tv pubblica il climatologo Vladimir Djurdjevic. Nel frattempo, si cercano altre soluzioni. Una è la «fuga da città come Sarajevo», assediata da foschia e smog, ha raccontato l'agenzia Anadolu, postando foto della capitale bosniaca praticamente nascosta da una fitta, venefica, nebbia prodotta dai fumi di auto e riscaldamento. Tutto indica che si riprodurrà anche quest'anno lo scenario degli anni passati e dell'inverno del 2020 in particolare, quando in praticamente il 90% delle giornate sono stati superati tutti i limiti relativi all'inquinamento, ha evidenziato in questi giorni uno studio svedese sullo smog in Bosnia. «Quasi la metà delle particelle di Pm 2,5 deriva dall'uso di stufe a legna, pellet, carbone e dalla guida di automobili» spesso antiquate, mentre il 25% dello smog arriva in Bosnia dalle nazioni vicine, veicolato dai venti che trasportano i fumi delle centrali a carbone, si legge nello studio. Non si può stare tranquilli neppure in Kosovo, dove secondo stime della Banca Mondiale ogni anno muoiono quasi 800 persone a causa dello smog, ma proiezioni Ue parlano addirittura di 4.000 decessi correlati. Per la Bosnia, sempre secondo stime Ue, sono 5.100, in Albania 5.000, in Macedonia del Nord 3.000, nel piccolo Montenegro 640. E in Serbia addirittura 14.600. Sono tutti Paesi balcanici e di quell'Est Europa che, secondo l'ultimo World Air Quality Report per il 2020, fanno parte della regione «con i più alti livelli di Pm 2,5 in Europa». Maglie nere, Bosnia, Macedonia del Nord e Bulgaria.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 ottobre 2021
Intesa tra i grandi della Terra sulla minimum tax Restano ampie distanze sulla riduzione della CO2 Draghi punta al fondo mondiale per le emergenze
ROMA. Il sole dell'ottobrata romana e l'invito del padrone di casa Mario Draghi a lasciarsi indietro «protezionismo, unilateralismo e nazionalismo» non sono bastati. Il vertice dei venti capi di Stato più influenti del pianeta non porterà ad una svolta sul tema più urgente che c'è: la lotta ai cambiamenti climatici. Le cronache della giornata alla Nuvola di Fuksas sono un profluvio di strette di mano, incontri bilaterali, passeggiate delle first lady fra le bellezze della città eterna. Poi c'è la realtà - mai facile - dei negoziati. Il premier sperava di poter chiudere il vertice con un comunicato che facesse da volano alla conferenza Onu sul clima che si apre oggi a Glasgow. Le bozze che circolavano ieri sera non promettevano nulla di buono. Pur essendo confermato l'impegno a ridurre il surriscaldamento globale di un grado e mezzo, il testo non dettaglia gli strumenti necessari a raggiungerlo. La bozza si limita a parlare genericamente di «azioni significative ed efficaci» da intraprendere. Non c'è traccia nemmeno della deadline del 2050, che verrebbe sostituita da un più vago «entro la metà del secolo». La decisione del cinese Xi Jinping di non essere a Roma, e l'esito deludente del bilaterale di venerdì fra Draghi e l'indiano Narendra Modi dimostrano che la buona volontà di Europa e Stati Uniti non possono molto se la battaglia contro il surriscaldamento del Pianeta non viene presa sul serio dagli altri due grandi inquinatori, e in particolare da Pechino, che da sola emette il trenta per cento delle emissioni globali, il doppio dell'America. Nel suo intervento a distanza il cinese ha ribadito il principio delle responsabilità «comuni ma differenziate». Ha invitato i Paesi occidentali «a dare il buon esempio» e a fare proprie «le particolari difficoltà e preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo». Fonti europee e di Palazzo Chigi ieri sera ci tenevano ad apparire comunque ottimiste. «Le bozze finora trapelate sono solo bozze, e ci resta la notte per strappare un risultato migliore». Se il risultato dovesse essere magro, la trattativa di Glasgow potrebbe finire persino peggio. Nell'impossibilità di ottenere risultati cogenti sugli obiettivi, i negoziatori europei ed americani stanno premendo per ottenere un aumento delle risorse destinate ad un fondo mondiale contro i cambiamenti climatici. L'inglese Boris Johnson, che da domani sarà padrone di casa di quel vertice, lo definisce «il cilindro» che Draghi tirerà fuori del cappello per scongiurare il flop. La delusione sul clima è però solo la parte più visibile di un G20 che comunque lascerà il segno su altre tre questioni: l'introduzione di una tassa minima globale, l'abolizione di alcune tariffe sull'acciaio europeo introdotte da Donald Trump, l'impegno comune a garantire l'immunità da Covid al settanta per cento della popolazione mondiale entro la fine dell'anno prossimo. L'accordo sulla minimum tax, se effettivamente implementato, avrebbe un impatto senza precedenti nella lotta all'evasione globale. Si tratta dell'ultimo sigillo politico all'accordo firmato al G20 di Venezia dai ministri finanziari e confermato in sede Ocse, l'organizzazione che raccoglie i trenta Paesi più ricchi del mondo. La tassa minima globale è stata fissata al quindici per cento e colpirà in particolare i colossi dell'elettronica e del web. Secondo le stime Ocse, una volta applicata farebbe emergere 60 miliardi di dollari di tasse evase all'erario americano, e almeno altri 125 nel resto del mondo.
Alessandro Barbera
Draghi teme il flop sulle emissioni e promette più risorse per l'ambiente
Il premier italiano vuole andare oltre i 100 miliardi di euro annunciati nel 2009 ai Paesi in via di sviluppo
Roma. Mario Draghi potrebbe veder frantumarsi il sogno del multilateralismo proprio nel giorno in cui è tornato, ancora una volta, a celebrarlo. Per tutta la lunga prima giornata di G20 mentre stringe le mani, accoglie gli ospiti venuti da tutto il mondo, si regala ai flash e presiede le due sessioni del summit, il presidente del Consiglio italiano nasconde benissimo la preoccupazione che lo tiene sulle spine: «Come sta andando?» chiede ai collaboratori sui negoziatori che da due giorni ormai lavorano per assicurarsi la parvenza di un accordo nel comunicato finale del vertice. È la premessa per non pregiudicare la conferenza sul clima della Nazioni Unite che oggi si aprirà a Glasgow. Ma il successo di questo G20 a guida italiana, per Draghi, è contenuto anche in una formula che rappresenterebbe la svolta dopo anni di promesse tradite e che il premier vorrebbe annunciare oggi al termine dei lavori. Andare oltre i 100 miliardi di euro promessi nel 2009 ai Paesi in via di sviluppo, risorse necessarie a tenerli distanti dalla facile seduzione delle energie fossili e a spingerli sulla strada della transizione ecologica e delle rinnovabili. Al momento l'impegno non è stato rispettato, molti contributi sono stati inferiori e spesso erogati sotto forma di prestito. Draghi punta a incrementare le risorse e, d'accordo con Joe Biden e con l'Unione europea, è pronto a dare l'esempio aumentando la quota dell'Italia, attualmente ferma a 500 milioni di euro. Le cifre che ufficiosamente circolavano ieri si spingerebbero fino a oltre 2 miliardi di euro. Quando i medici, gli operatori sanitari, i soccorritori della Croce Rossa, ognuno con il proprio camice e la propria divisa, si mescolano ai capi di Stato e di governo per la foto di gruppo iniziale, l'applauso che scatta è davvero commosso. Draghi osserva soddisfatto. Dentro il Nuovo Palazzo dei Congressi dell'Eur, sotto la teca che contiene la Nuvola di Fuksas, il premier intende riaffermare la fine dell'era di Donald Trump che il destino ha voluto venisse chiusa dalla pandemia e dal lockdown globale. Un distanziamento sociale che è stato l'epilogo di anni in cui «abbiamo affrontato il protezionismo, l'unilateralismo e il nazionalismo». Errori da non ripetere, sostiene durante la prima sessione dei lavori che sancisce la decisione di fissare una tassazione minima per le grandi multinazionali: «Il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi. Per molti versi - è la conclusione solenne - è l'unica soluzione possibile». Il conseguente «modello economico» edificato sui piani di ripresa post-Covid è fatto di più crescita, meno diseguaglianze, più sostenibilità. Ma poggia su una contraddizione, nella parallela lotta al surriscaldamento globale, che potrebbe rivelare la fragilità del paradigma già al suo primo test. Gli sherpa restano inchiodati alle sedie tutta la notte, inseguendo un compromesso accettabile per il comunicato finale. Si lavora sulle parole e su target infilzati di volta in volta dai veti di India, Cina, Indonesia, Australia. Al tavolo delle trattative per il governo italiano c'è Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico del premier. Nella prima bozza che filtra, pubblicata dalle agenzie Bloomberg e Reuters, non ci sono buone notizie. Scompare il riferimento al 2050, la deadline che era stata contratta in precedenza entro la quale portare e zero le emissioni di gas serra. Al suo posto un generico «metà secolo» come chiesto dalla Cina che non intende schiodarsi dall'obiettivo fissato al 2060. Traballa anche l'impegno a limitare a 1,5 gradi centigradi l'innalzamento delle temperature entro la fine del secolo, come previsto dagli accordi di Parigi del 2015.Oggi il G20 passa il testimone a Cop26, la conferenza sul clima che presiedono insieme Italia e Regno Unito. Un negoziato al ribasso ottenuto a Roma potrebbe decretare il fallimento del vertice sul cambiamento climatico. Il rischio è chiarissimo a tutti i leader. Solo se le conclusioni dei Venti saranno all'altezza della sfida climatica allora sarà possibile trattare su obiettivi ambiziosi in Scozia. Boris Johnson è preoccupato tanto quanto Draghi e nel primo bilaterale della mattina non lo nasconde: «Dobbiamo aumentare gli impegni finanziari, eliminare il carbone, tenere in vita l'obiettivo di 1,5 gradi. Dobbiamo - dice - fare tutti uno sforzo in più».
Ilario Lombardo
IL PICCOLO - SABATO, 30 ottobre 2021
Con l'Ortofrutticolo all'ex Manifattura park per crocieristi in Campo Marzio
Il sindaco Dipiazza punta a chiudere l'operazione in un anno Incontro con Fracasso, proprietario dell'area in via Malaspina
Trascorsi pochi giorni dalla riconferma, Roberto Dipiazza riprende l'ordito dei progetti principali rimasti disinnescati ed ereditati dal precedente mandato. Uno, in particolare, sembra avere un prioritario lasciapassare: il trasferimento dei mercati all'ingrosso. L'altro giorno, "scortato" dal vicesegretario generale Fabio Lorenzut e dal direttore dell'urbanistica Giulio Bernetti, ha incontrato Francesco Fracasso, l'imprenditore veneziano che ha curato il recupero dell'ex Lavoratore, dell'ex Dino Conti, dell'ex Maddalena. Al centro del dibattito l'ex Manifattura Tabacchi vicino al Canale navigabile, edificio da 50.000 metri quadrati che Fracasso ha acquistato da Cassa depositi e prestiti. L'idea, che aleggia da tempo e che Dipiazza ha ribadito in campagna elettorale, è di traslocare il mercato ortofrutticolo all'ingrosso dall'attuale sede in Campo Marzio nell'ex fabbrica di sigarette. Frutta & verdura verrebbero poi seguite dal mercato ittico, che, per la gioia dell'Autorità portuale, lascerebbe finalmente l'ex Gaslini onde raggiungere anch'esso l'ex Manifattura. Dipiazza ha fretta perché vuole il più rapidamente possibile reimpossessarsi della vasta area in Campo Marzio, proprietà comunale: in un primo tempo diventerebbe un parcheggio "a raso" destinato ai crocieristi, poi si vedrà. Questa è un po' una novità in quanto finora, sia pure genericamente, si era ipotizzato un utilizzo fitness di quegli spazi. Il sindaco ha indicato anche un tempo per realizzare l'operazione da condurre in tre mosse, allestendo l'ex Manifattura, trasferendovi l'ortofrutta, demolendo le vecchie strutture mercatali tra riva Ottaviano Augusto e via Giulio Cesare: un anno da oggi. Cioè, nell'autunno 2022 i fruttivendoli triestini - se le cose prenderanno la piega auspicata dal sindaco - andranno ad approvvigionarsi in via Malaspina. Da un punto di vista logistico e viario, pare una buona soluzione. Ma il progetto va studiato con attenzione, dal punto di vista amministrativo e finanziario. Non sarà un project financing, servirà un accordo di programma, l'ex Manifattura Tabacchi non è un bene municipale. Troppo presto per parlare di cifre: Fracasso ricorda l'ingente superficie di 50.000 metri quadrati a disposizione, di cui un terzo potrebbe essere quella utilizzata per i due mercati ortofrutticolo e ittico. E quali sarebbero gli sviluppi negli altri 30.000 mq? L'imprenditore veneziano, specializzato in "rigenerazioni urbane", dichiara di avere più contatti in piedi. Ma uno sembra colpirlo più degli altri: si tratta di una realtà francese, espressione governativa, che si chiama "Pole europeen pour l'innovation la transition energique et l'environement", acronimo Pepitee. Il direttore è Albert Cavalli, con un curriculum incentrato sui settori industriali "maturi" come la metallurgia e il tessile. I francesi avrebbero prospettato a Fracasso un insediamento dedicato alla realizzazione di nuove tipologie di container frigo.
Massimo Greco
Sui bus tutto il giorno a un euro dai park di Opicina e Bovedo
Torna la formula dei biglietti "low cost" dal primo al 3 novembre in occasione del ponte di Ognissanti. Disponibili 56 posti in Carso e 40 in Porto vecchio
Torna per il ponte di Ognissanti "Park&Bus", l'iniziativa del Comune e di Trieste Trasporti finalizzata a incentivare l'uso dei mezzi pubblici. Dal primo al 3 novembre 96 posti in tutto, tra i parcheggi del quadrivio di Opicina (56) e del Bovedo in Porto vecchio (40) saranno riservati a chi deciderà di lasciarvi l'auto per poi andare in centro in bus con un apposito biglietto da soltanto un euro. "Park&bus" viene promosso in occasione dei grandi eventi come la Barcolana o le settimane di Natale e riesce a riscuotere sempre un grande successo anche tra i turisti. Ai due park il personale di Trieste Trasporti consegnerà i biglietti speciali che consentiranno di viaggiare su tutte le linee e fino alla mezzanotte del giorno di convalida al costo, appunto, di un euro. I biglietti saranno in vendita dal lunedì al mercoledì dalle 10 alle 20. I tagliandi "Park&Bus" daranno inoltre diritto a uno sconto sui biglietti del servizio turistico "HopOn HopOff", previa prenotazione del posto a sedere, per scoprire Trieste in autobus. E sono tante le iniziative organizzate in questi giorni in città: durante il ponte i Musei storici e artistici e i Musei scientifici saranno aperti con orario festivo. Mercoledì 3 l'accesso sarà gratuito anche nei musei a pagamento. E in deroga all'eventuale turno di chiusura resteranno aperti anche martedì 2, unico giorno in cui saranno invece aperti pure i Musei letterari. Il Salone degli Incanti ospiterà invece da oggi Trieste Antiqua, l'evento dedicato al mondo dell'antiquariato organizzato dalla Camera di Commercio in collaborazione con l'amministrazione comunale. E in occasione di San Giusto, piazza Unità ospiterà alle 9.30 e alle 17 l'alza e l'ammaina bandiera, mentre alle 16.30 verrà deposta una corona al monumento del Bersagliere sulla Scala reale per ricordare lo sbarco in città in occasione del 103.mo anniversario della prima redenzione.
Andrea Pierini
Taranto, Bar e Valona Porti ecopuliti - al via accordo transadriatico
BAR. Tagliare le emissioni di carbonio e avere maggiore efficienza energetica: sono i due principali obiettivi di un progetto presentato dall'Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, insieme ad altri partner. L'Authority del Mar Ionio è il soggetto capofila. Sono coinvolti inoltre i porti di Valona in Albania e di Bar in Montenegro.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 ottobre 2021
Le due testuggini ferite e ora curate tornano in mare a Brioni - L'opera del Centro di recupero di Pola
POLA. La restituzione al mare di due testuggini ferite e curate è avvenuta sulla spiaggia di Brioni Maggiore. È stato scelto questo sito per la cerimonia poiché le tartarughe hanno trascorso un periodo di convalescenza nell'apposita piscina sull'isola, gestita dal Centro per il recupero e la riabilitazione di questa specie ubicata nella Fortezza austroungarica di Verudella. Erano comunque presenti i rappresentanti del Parco nazionale di Brioni e dell'Acquario di Pola, dove è ubicato il centro. E poi per cosi dire, i genitori adottivi dei due animali, i tedeschi Brigitte ed Heinz Ernst e la slovena Tisa ospiti delle Isole che ne hanno seguito il periodo di convalescenza. La prima a prendere felicemente la via del mare è stata Ella-Ravka. L'animale era stato rinvenuto nel giugno del 2020 nell'insenatura di Jazine poco lontano da Zara. Versava in condizioni disperate: il carapace risultava lacerato in diversi punti in seguito all'investimento di una barca a motore. Erano seguiti mesi e mesi di cure a base di antibiotici e medicazioni giornaliere. La terapia alla fine ha dato il risultato sperato tanto che Ella-Ravka è tornata in perfetta salute per cui era giunto il momento di restituirla al suo ambiente naturale. L'altra tartaruga è Martin, soccorsa nell'insenatura di San Martino sull'Isola di Lussinpiccolo. Era stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva del centro nell'aprile scorso con un grosso amo da pesca conficcato nell'esofago. Era stato subito operato e la rimarginazione della ferita è stata molto veloce anche grazie alla sua giovane età.
Valmer Cusma
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 ottobre 2021
Tecnologico, green e personalizzato - Ecco il futuro del Tpl
Uno studio anticipa i progetti delle realtà di trasporto pubblico mezzi elettrici e a idrogeno, servizi a chiamata e monopattini
Trieste. Un miliardo e 217 milioni di euro. È il beneficio per l'economia del Friuli Venezia Giulia che si potrebbe concretizzare fino al 2026 investendo in modo adeguato nel trasporto pubblico locale, sotto forma di risparmi da mancate emissioni e maggiori ricavi per i gestori. Un risultato raggiungibile puntando su mezzi più ecologici e su una digitalizzazione in grado di rendere il trasporto pubblico sempre più aderente alle esigenze degli utenti, anche con servizi a chiamata e personalizzati. Già si lavora, ad esempio, su un'applicazione che consentirà di spostarsi sul territorio del Friuli Venezia Giulia integrando autobus, treno, scooter e monopattini elettrici. Le risorse ci sono: 180 milioni, messi a disposizione principalmente dal Piano di ripresa e resilienza, da destinare a investimenti in digitalizzazione, intermodalità, personalizzazione del servizio e acquisto di mezzi a basso impatto. Le previsioni sono il frutto dalla ricerca commissionata da Arriva Italia a The European House - Ambrosetti, presentata ieri a Trieste all'hotel Savoia. LA BASE DI PARTENZA - Investire: ecco la parola chiave. Il messaggio rilanciato ieri è che per accelerare la ripresa di un settore fortemente colpito dalla pandemia è indispensabile un piano di investimenti adeguato in grado di stimolare un ritorno più veloce ai livelli pre-Covid e, possibilmente, superare addirittura i numeri del 2019. Una sfida alla portata di un territorio regionale che già può partire da una base importante, come rimarcato ieri nel corso del convegno: il Friuli-Venezia Giulia ha un parco bus più "giovane" della media (3,6 anni a Trieste, 5,5 a Gorizia, 6,1 a Pordenone e 6,6 Udine contro un dato nazionale pari a 12,3 anni), ma che necessita ora di investimenti consistenti in mezzi a propulsione alternativa. Sostenibilità ambientale - Programmata a livello regionale la sostituzione di 330 mezzi entro il 2026, di cui il 45 % a propulsione alternativa (elettrica, metano e idrogeno), che consentirà di ridurre le emissioni di CO2 del 18% nell'arco dei prossimi cinque anni. Trieste Trasporti avvierà una linea a trazione elettrica di 18 chilometri che attraverserà l'intera città (direttrice nord-sud) con autobus lunghi 18 metri, e sperimenterà anche autobus a idrogeno. Apt Gorizia è impegnata nel progetto di produzione e utilizzo di idrogeno per la mobilità nell'aeroporto di Ronchi. Arriva Udine punta su trazione a biometano e metano per le tratte extraurbane, mentre Atap introdurrà 15 mezzi urbani a metano liquefatto. Inclusività e servizi a chiamata - Trieste Trasporti e Arriva Udine hanno dotato l'intera flotta urbana e 120 bus extraurbani di accessi facilitati per disabilità motorie. La flotta triestina è dotata di tecnologie all'avanguardia per favorire il dialogo vocale con i bastoni dei non vedenti, in arrivo a breve anche nel capoluogo friulano. Arriva Udine attiverà entro l'anno servizi a chiamata su prenotazione che valorizzeranno il ruolo delle associazioni locali, elemento di congiunzione con le aree isolate, in particolare montane. Saranno servizi ampliabili su base stagionale, ad esempio nel periodo sciistico. Monopattini nella rete del tpl - Uno dei concetti chiave per lo sviluppo delle quattro aziende regionali è il "Mobility as a service" (Maas). Un nuovo modo di concepire il servizio, basato su una piattaforma digitale che consenta la condivisione di più modalità di trasporto da utilizzare per ottimizzare il proprio percorso e soddisfare le esigenze personali di mobilità. In base al tragitto l'utente potrà scegliere - attraverso un'applicazione sulla cui realizzazione si sta già lavorando -, se spostarsi in auto, bus, treno, scooter, tram, monopattini e così via, grazie alla partnership di operatori privati e pubblici, all'insegna di una maggiore intermodalità. La digitalizzazione - Il futuro del Tpl nella nostra regione sarà sempre più digitale e la rivoluzione tecnologica è già cominciata come dimostra l'introduzione del biglietto unico integrato. Il pagamento può avvenire con carta di credito o credito telefonico, senza nessuna obliterazione. Tecnologia significa anche rete wi-fi: a Trieste completata l'installazione sull'intera flotta e a breve toccherà a Gorizia, Udine e Pordenone. Trieste Trasporti ha avviato un programma di integrazione sperimentale con altre forme di trasporto e di servizi turistici: ferrovia, bike sharing, trasporto marittimo. Le prospettive tra pubblico e privato - Secondo Aniello Semplice, amministratore delegato di Trieste Trasporti, sarà essenziale «un efficace equilibrio tra ruolo del pubblico e del privato» oltre a «rafforzare il ruolo della Regione come cabina di regia della mobilità collettiva». Angelo Costa, amministratore delegato di Arriva Italia, ha sottolineato che «alla politica è richiesta una pianificazione sugli indirizzi futuri, mentre il privato dovrà supportare tale pianificazione con le migliori soluzioni sostenibili». A illustrare i risultati dello studio sono stati ieri durante il convegno anche Lorenzo Tavazzi e Jonathan Donadonibus di European House - Ambrosetti.
Piero Tallandini
Crescono le ibride ma siamo ancora troppo motorizzati - gli automobilisti
Trieste. Dallo studio commissionato da Arriva Italia a The European House - Ambrosetti emerge che la nostra regione si posiziona ancora sopra le media nazionale per numero di auto private circolanti: 678 ogni mille residenti contro 662. Negli ultimi 5 anni il tasso di motorizzazione in Friuli Venezia Giulia è cresciuto del 6 % passando da 638 auto private ogni mille abitanti alle attuali 678. Una buona notizia, dal punto di vista dell'ecosostenibilità, è che il Friuli Venezia Giulia risulta sopra la media per diffusione di auto ibride ed elettriche: 10,8 vetture ogni mille circolanti contro una media nazionale di 9,1.La regione ha un elevato tasso di pendolarismo che coinvolge il 60% della popolazione. Di questo il 70% sono lavoratori mentre il 30% studenti. La pandemia ha inevitabilmente avuto un impatto notevole sul trasporto pubblico. Dallo studio risulta che dal 2019 al 2020 il numero di passeggeri si è ridotto di più di un terzo. «Nel prossimo futuro - conclude la ricerca di The European House - Ambrosetti - cambierà il ruolo dell'auto, che per le nuove generazioni sta perdendo la valenza di bene da possedere, diventando semplice mezzo di trasporto (il 58% di chi usa il car sharing in Italia ha meno di 35 anni). Cambia anche il modo di percepire l'ambiente, essendo oggi la sostenibilità prerogativa essenziale per la popolazione e i governi stessi».
Ogni giorno 47 analisi sulla qualità dell'acqua della rete cittadina - il report di AcegasApsAmga
È online la 13esima edizione del report "In Buone Acque" sul sito di AcegasApsAmga, che rendiconta i dati quantitativi e qualitativi delle analisi effettuate sulle acque della rete triestina e di tutto il territorio servito dall'azienda nel 2020. In sintesi vengono elencati i risultati dei controlli chimici e microbiologici svolti quotidianamente: 17.015 analisi complessive lo scorso anno.Chi vuole esaminare tutte le informazioni nel dettaglio può collegarsi al sito www.acegasapsamga.it, cliccando su "responsabilità sociale". Nel documento è presente anche una sezione dedicata ai cinque motivi per i quali conviene bere l'acqua di rubinetto in confronto a quella in bottiglia. La prima, viene rimarcato, è ecologica, perché evita l'utilizzo di plastica, ed è economica, consentendo a una famiglia di tre persone, di risparmiare quasi 460 euro l'anno. Inoltre, «l'acqua di Trieste è buona in quanto è oligominerale - si sottolinea in una nota diffusa da AcegasApsAmga - e a basso contenuto di sodio, è sicura perché controllata con una media di 47 analisi al giorno ed è comoda, in quanto sgorga direttamente dal rubinetto di casa». Nelle indicazioni online si possono scorrere anche alcuni consigli, tra i quali quello per rendere ancora più buona l'acqua di casa. Nel 2020 AcegasApsAmga ha investito 34,9 milioni di euro per la gestione dei 2.968 km di rete di acquedotto di sua competenza, per gli impianti di potabilizzazione, la rete fognaria e gli impianti di depurazione dei reflui. Il report ricorda anche gli altri canali attivi per l'utenza, come l'app Acquologo.
MI.B.
Salvato al largo di Spalato un grosso delfino impigliato in una rete - Il cetaceo, lungo 2 metri, era allo stremo
Spalato. La motovedetta Split della Polizia marittima di Spalato si stava dirigendo verso il confine marittimo italo- croato, all'altezza dell'isola di Lissa, quando i tre agenti a bordo sono stati invitati a mutare rotta, puntando la prua verso l'isoletta di Bua (Ciovo), dove era stata la presenza di grosso delfino in grosse difficoltà. Senza esitare un attimo, i poliziotti (allertati da un gruppo di pescatori) hanno raggiunto la piccola isola dalmata. E lì hanno visto un esemplare lungo 2 metri, e pesante una settantina di chili, impigliato nella rete di un pescatore. Il comandante della motovedetta, Mate Mercep e i suoi due colleghi, Marko Tadic e Jure Katavic, hanno capito immediatamente che il cetaceo sarebbe morto se non fossero state tagliate le corde che lo avvolgevano. «La rete era lunga una cinquantina di metri e non c'era tempo da perdere. Abbiamo impiegato una quarantina di minuti in quest'opera di salvataggio, ma alla fine ce l'abbiamo fatta e il delfino è stato liberato. Serve dire che eravamo contenti come bambini?». Così impigliato, il delfino è stato accostato alla motovedetta grazie al mezzo marinaio, poi sono state tagliate le funi per non ferire l'animale. «Durante le manovre lui non si è mosso, quasi sapesse che lo stavamo tirando fuori dai guai. Difficile dire quanto sia rimasto in queste condizioni, forse un paio di ore o forse un paio di giorni. In ogni caso era stremato».
a.m.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 ottobre 2021
«Ci si mobiliti per salvare la pineta di Cattinara» - l'appello
«Serve un'ampia mobilitazione civile a difesa della pineta di Cattinara». Lo sostiene il consigliere regionale del Gruppo misto Walter Zalukar, evidenziando che «Legambiente fa sentire la sua importante voce per salvare la pineta. A maggior ragione dopo i recenti annunci di Asugi, sul fatto di voler riprendere i lavori a Cattinara per fare spazio al Burlo, iniziando proprio dal taglio di centinaia di alberi. Intanto si moltiplicano le perplessità sulla convenienza di traslocare il Burlo». Questa la chiosa: «L'idea dello spostamento risale ad almeno vent'anni fa, ma il progetto è ancora valido? L'assessore regionale alla Salute ci ha lasciato un barlume di speranza. Per ora le sue sono soltanto parole, ma pronunciate in Consiglio regionale».
La scommessa di Hera sul riciclo dei rifiuti - I TARGET RAGGIUNTI ILLUSTRATI A ECOMONDO A RIMINI
Il Gruppo Hera, di cui fa parte anche la multiutility di casa AcegasApsAmga, rilancia la sfida sul fronte del riciclo dei rifiuti e della cosiddetta economia circolare. Ieri a Ecomondo - l'evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica, in programma a Rimini - i vertici del gruppo hanno spiegato infatti, si legge in una nota, come la raccolta differenziata nei territori serviti abbia «ormai raggiunto una media del 65,3%, arrivando a superare anche l'85% in centri abitati di dimensioni significative come Ferrara». E sono stati pure evidenziati i risultati in forza dei quali l'area servita da Hera è oggi «in largo anticipo» sui target comunitari relativi al tasso di riciclo dei rifiuti urbani (già raggiunto il 55% fissato per il 2025) e al riciclo degli imballaggi, settore nel quale a fronte di un obiettivo che Bruxelles ha fissato al 70% entro il 2030 Hera nel 2020 era già al 73%.
Sbranate dai lupi alcune pecore di Draga - GLI OVINI FUGGITI LA SCORSA SETTIMANA
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Sono state ritrovate in territorio sloveno, sbranate dai lupi, alcune delle pecore del "Piccolo pastore", l'azienda agricola di Draga Sant'Elia, località da dove la scorsa settimana erano fuggite, dopo che ignoti vandali avevano tagliato i fili elettrificati del recinto nel quale erano normalmente custodite. Lo ha comunicato ieri Emanuele Frascatore, contitolare dell'azienda agricola: «Purtroppo - ha spiegato - le guardie forestali slovene che ci stanno aiutando nel tentativo di riportare a Draga Sant'Elia le pecore ci hanno segnalato che alcune sono state aggredite dai lupi. Nei prossimi giorni - ha annunciato - procederemo con un intervento di accerchiamento, per cercare di indirizzarle verso la nostra azienda».
U.SA.
Il colosso dell'energia Wartsila diventerà carbon-free «entro il 2030»
Milano. Tamara de Gruyter, presidente di Wärtsilä Marine Systems, ha annunciato che il gruppo finlandese punta a diventare carbon free entro il 2030. Un obiettivo in linea con gli standard della grande industria energetica che punta a rispettare gli obiettivi europei di contenimento ambientale. Nel terzo trimestre balzo degli utili di Wärtsilä a quota 87 milioni (+43%) grazie all'aumento dei volumi di vendita. Gli ordini sono aumentati del 21%, trainati in gran parte da un rimbalzo nel segmento delle spedizioni Il colosso produttore di tecnologie navali e centrali elettriche ha dovuto fronteggiare nel 2020 il forte calo degli ordini, in particolare dal settore marittimo, a causa delle paralisi dei traffici legate alla pandemia. Sebbene le condizioni del mercato abbiano iniziato a migliorare con l'allentamento delle restrizioni, i rinvii degli investimenti nelle centrali elettriche hanno comportato una ulteriore frenata durante la prima metà del 2021. «Anche se le condizioni di mercato rimangono incerte, prevediamo che l'ambiente della domanda per la nostra offerta nel quarto trimestre sarà notevolmente migliore rispetto all'anno scorso», ha dichiarato l'ad Hakan Agnevall.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 ottobre 2021
Legambiente: «Si salvi la pineta di Cattinara» - l'appello del circolo Verdeazzurro
Legambiente interviene a difesa della pineta di Cattinara: «Sin qui salvata dai ripetuti e pesanti interventi di urbanizzazione che l'hanno circondata di cemento, va mantenuta ben viva». «"Ma sono soltanto 440 alberi", dicono i progettisti del parcheggio - prosegue una nota firmata da Paolo Angiolini per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste -, da costruire proprio lì, "e sono previste compensazioni". Già, alberi sulla scarpata che impiegheranno almeno vent'anni per raggiungere le dimensioni adulte, bora permettendo...». «La nostra città - conclude l'associazione -, non unica, purtroppo, sembrerebbe non amare gli alberi, se dopo 29 anni dalla Legge 113/92 (un nuovo albero per ogni nato) si devono ancora individuare le aree di piantumazione. Questa mentalità va immediatamente cambiata».
«Orridi quegli alberi diventati moncherini» - l'intervento di Fogar
Muggia. È un Maurizio Fogar dispensatore di consigli quello che ieri ha augurato il suo personale «buon lavoro» al duo composto dall'assessore al verde Tullio Pantaleo e dal sindaco Paolo Polidori. Il neoconsigliere della civica Muggia ha voluto dire la sua sul concetto di «cittadinanza attiva», erroneamente declinato, a detta di Fogar, «nell'affidare ai privati la manutenzione di aiuole, cosa che non ha nulla a che vedere con il vero e fin qui unico significato del termine. Esso sta ad indicare invece la partecipazione "attiva" dei cittadini alla vita pubblica e istituzionale»: «La questione dei privati che curano aiuole è l'ultimo degli esempi da citare. Ecco, forse l'invito di "cittadinanza attiva" in questo caso andrebbe trasformato in "Comune attivo"». Lo stesso Fogar ha assicurato inoltre di condividere «appieno» il giudizio di Pantaleo «sulle orride capitozzature che hanno trasformato tanti alberi in dei poveri moncherini, mettendone a repentaglio la sopravvivenza».
lu.pu.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 25 ottobre 2021
LETTERA APERTA SULLA PINETA DI CATTINARA
Sulla Pineta di Cattinara, spicchio di natura dove rilassarsi e portare l’amico cane e dove si fanno lezioni agli alunni della vicina scuola, che i residenti della zona difendono con determinazione dall’abbattimento, si è aperto un doveroso e ampio dibattito. Per Legambiente quell'Oasi Verde, minimale ma l’ultima ancora presente nella zona, sin qui salvata dai ripetuti e pesanti interventi di urbanizzazione che l’hanno circondata di cemento, va mantenuta ben viva. “Ma sono soltanto 440 alberi”, dicono i progettisti del parcheggio, da costruire proprio lì, “e sono previste compensazioni”. Già, alberi sulla scarpata che impiegheranno almeno vent’anni per raggiungere le dimensioni adulte, bora permettendo… Chi ha facoltà di decidere sull'uso dei territori sa che per impedire la catastrofe climatica, l’Italia ha sottoscritto l'obiettivo giuridicamente vincolante dell'azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050. Il progetto europeo LifeTerra, basato su dati scientifici di sequestro naturale di CO2, indica l’obiettivo della messa a dimora di 3 miliardi di alberi entro il 2030, di cui 500 milioni in Italia. La nostra città, non unica, purtroppo, sembrerebbe non amare gli alberi, se dopo 29 anni dalla Legge 113/92 (un nuovo albero per ogni nato) si devono ancora individuare le aree di piantumazione! Ecco, questa mentalità, che ogni minuto ruba alla Natura aree pari a quattro campi di calcio, va immediatamente cambiata: è in gioco la vita sul pianeta!
Per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste - Paolo Angiolini
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 ottobre 2021
Pronta la nuova mappa dei distributori elettrici - dove ricaricare a Trieste
Scatta il piano di rafforzamento della rete delle ricariche per i veicoli ecologici Individuati otto nuovi hub. Nell'operazione ruolo chiave per la slovena Petrol
Trieste. si doterà di innovativi "hub" di ricarica per veicoli elettrici. Il Comune ha appena definito la mappa dei primi otto, anche per dare un segnale di continuità politica e amministrativa nel periodo post-voto. A breve inizieranno i sopralluoghi da parte dei tecnici del Comune assieme a quelli dell'Acegas e della Petrol, che avrà un ruolo chiave in questa partita. L'operazione rientra infatti all'interno di un progetto europeo in cui la compagnia slovena ha coinvolto anche Trieste. Se non ci saranno intoppi gli "hub" saranno dunque edificati nei prossimi mesi, a partire da alcuni snodi strategici della città, allargandosi successivamente ai rioni. Il direttore dipartimentale di Urbanistica e Lavori pubblici, ingegner Giulio Bernetti, spiega che non si tratterà di semplici punti di ricarica energetica ma di veri e propri "hub": spazi capaci di ospitare da otto a dieci macchine ciascuno, nell'ottica di evitare di spalmare le auto sui marciapiedi. Vi si potranno rifornire di energia sia veicoli elettrici normali che "fast", ricaricabili nel giro di mezz'ora. La mappa? Quattro "hub" sorgeranno tra Miramare (nei pressi dello slargo prima del castello) e il Porto vecchio (parcheggi Bovedo e del Centro congressi), passando inoltre per piazzale 11 settembre a Barcola. Un altro sarà in zona stazione, nello specifico all'altezza della bretella di piazza della Libertà. Nel centro cittadino si prevede la realizzazione di un centro di ricarica elettrica in via del Teatro romano. Altri due troveranno posto a Sant'Andrea, in largo Irneri, e in piazzale Europa, zona università nuova. Successivamente saranno dunque individuati ulteriori punti strategici nei rioni. Gli "hub" andranno a sommarsi così ai colonnini di ricarica elettrica esistenti: i principali si trovano in largo Granatieri, in via Stuparich nei pressi dell'ospedale Maggiore, in via Giulia all'altezza della rotonda del Boschetto e al quadrivio di Opicina. Dal punto di vista dei costi ciò è reso possibile appunto da un progetto europeo della Petrol, che negli ultimi anni sta investendo con forza nell'ambito delle tecnologie verdi, sperimentando soluzioni a minore impatto ambientale rispetto alla benzina. Il tutto accade inoltre nel solco della collaborazione avviata nel 2018 tra il presidente della medesima compagnia energetica slovena Tomaz Berlocnik, dal sindaco Roberto Dipiazza e dal suo allora collega capodistriano Boris Popovic. Si erano incontrati tutti e tre nel Salotto azzurro di Palazzo Cheba. Berlocnik aveva elaborato un progetto per la creazione di infrastrutture (colonnine di ricarica ultraveloci e distributori) su un'area che va da Venezia a Spalato e Lubiana. Contestualmente si era ipotizzato di comprendere nella progettualità una nuova linea bus transfrontaliera Trieste-Capodistria fornita da Petrol, che per il momento resta da approfondire.
Lilli Goriup
Una lezione contro le mafie dal capannone di Mossa pieno di rifiuti pericolosi - Il convegno di libera
Mossa. Il sequestro del capannone di Mossa dove erano stipati rifiuti pericolosi, ma anche il lavoro di monitoraggio di un gruppo di cittadini di Gorizia e Legambiente sugli odori provenienti probabilmente da oltreconfine e l'idea di Libera nata nel corso di un convegno organizzato dal Siulp in città alla presenza del giudice Falcone e di don Ciotti. Sono stati tanti gli argomenti affrontati ieri nel corso del convegno "Mafia e criminalità nell'Isontino" organizzato da Libera assieme a diverse associazioni. A parlare era un parterre qualificato: la giornalista Luana De Francisco, il procuratore della Repubblica di Trieste Antonio De Nicolo, la referente Ceag Fvg di Legambiente Daniela Moreale ed il segretario regionale del sindacato di polizia Siulp Roberto Declich. De Francisco ha sottolineato come «nel Nordest l'immagine del mafioso non è più quella di un tempo, con coppola e lupara e morti nelle strade»: «Adesso ha il colletto bianco e condiziona l'economia. Sul territorio la criminalità organizzata arriva non con la forza ma coi soldi». Tra i problemi principali con cui la magistratura deve fare i conti sul nostro territorio ci sono anche quelli legati all'ambiente. La stessa De Francisco ha citato un caso locale recente: «La Dda di Trieste - ha detto - nel 2020 ha sequestrato a Mossa un capannone dove erano stati stipati rifiuti pericolosi». A solleticare l'appetito delle mafie, ha sottolineato De Nicolo, è il porto di Trieste: «La nostra preoccupazione maggiore - ha spiegato - riguarda i tanti soldi europei che arriveranno coi fondi post-Covid. Questo susciterà indubbiamente l'interesse della criminalità organizzata anche perché Trieste è sempre più un crocevia portuale fondamentale per il Continente: tanti investimenti sono stati spostati qui da Amburgo per motivi di risparmio di tempistiche per le merci provenienti da sud». Poi c'è il capitolo appalti e subappalti («Dovremo tenere ben aperti gli occhi») e quello della crisi del piccolo commercio («A Trieste - ha sottolineato ancora De Nicolo - a volte un imprenditore in crisi viene avvicinato da un investitore cinese che gli compra il negozio in contanti. Ma spesso quei soldi sono frutto di attività illecite, e quell'acquisto serve solo per riciclare quel denaro»). Moreale ha snocciolato invece alcuni dati: «In tutta Italia nel 2019 sono stati accertati 34.668 reati ambientali, di cui 544 nel solo Friuli Venezia Giulia, dove queste attività illecite sono aumentate del 35,4% rispetto al 2018: c'è di che preoccuparsi, anche perché ben 203 sequestri hanno riguardato eco-reati. Legambiente monitora costantemente il territorio assieme ai cittadini, come sta facendo a Gorizia per alcuni odori provenienti probabilmente da oltreconfine. È consistente inoltre la quota di reati subiti dagli animali, da affezione e non». Infine, Declich ha ricordato come «l'idea di fondare Libera sia nata da un convegno svolto nei primissimi anni '90 a Gorizia dal Siulp a cui parteciparono il giudice Falcone e don Ciotti. Le mafie nei nostri territori? Un uomo dei Casalesi a domanda specifica durante un processo ha risposto che investono nel Nordest perché "lì sono disonesti più che da noi"». Un concetto, quello dell'onestà nei piccoli gesti quotidiani, che è stato ribadito come fondamentale da tutti i relatori del convegno, anticipato dalla nomina come referente provinciale di Libera di Francesca Giglione al posto di Max Bressan.
Matteo Femia
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 ottobre 2021
Piantata una Pawlonia che assorbe più Co2 simbolo dei volontari - donata dall'AVO
Un esemplare di Pawlonia è stato donato al Comune e messo a dimora ieri dalla sezione monfalconese dell'Associazione volontari ospedalieri nel giardino pubblico di via Fermi. Alla piccola cerimonia hanno preso parte la presidente della sezione locale Irene Cristin e il direttivo dell'associazione, l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci e il vicesindaco e assessore alle Politiche sociali Michele Luise. La pianta è stata donata dall'Avo in occasione della tredicesima giornata nazionale dell'associazione, quest'anno dedicata al tema L'albero che resiste rifiorisce. La sezione ha aderito all'iniziativa lanciata a livello nazionale e che ha scelto l'albero come «simbolo reale e vivente dell'essere volontari e della voglia di tornare a crescere donando ombra, pace, serenità». La Pawlonia è un albero molto utilizzato per i programmi di riforestazione, in quanto è quello che cresce più velocemente (5-6 metri in un anno) e che assorbe più anidride carbonica, responsabile dell'effetto serra e del cambiamento climatico.
LA. BL.
IL PICCOLO - SABATO, 23 ottobre 2021
ISTRIA - Orso devasta le arnie e i campi a Grizane - paura tra gli abitanti
FIUME. Dapprima i cinghiali e poi anche la scorribanda di un orso, che a Grizane, località una trentina di chilometri a sud-est di Fiume, si è mangiato un paio di mele cotogne e quindi ha rivolto le sue attenzioni verso le arnie del più vecchio apicoltore della zona, il 95enne Ivan Marusic. Con le conseguenze del caso, ovvero tante cassette distrutte e l'impianto messo a soqquadro. Di Grizane, centro dell'entroterra costiero, si era parlato un paio di settimane fa quando, in ore notturne, un branco di cinghiali era entrato nel cimitero locale, distruggendo o danneggiando numerose tombe, protesi com'erano alla ricerca di radici. L'episodio, unico nel suo genere, aveva scioccato gli abitanti di Grizane e di tutta la Regione del Quarnero. Adesso però l'arrivo dell'orso rende la situazione ancora più pericolosa per gli abitanti locali.
A.M.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 ottobre 2021
Sub e volontari al lavoro per ripulire i fondali da rifiuti gettati in mare - azione del WWF Adria
FIUME. La Croazia ha una costa meravigliosa, un mare ancora sufficientemente pulito e pescoso, ma deve fare i conti con la scarsa coscienza ecologica di parte dei suoi abitanti, che scaricano di tutto in acqua. Proprio per tale motivo, negli ultimi tempi si sono moltiplicate lungo le coste istriane, quarnerine e dalmate le operazioni di pulizia dei fondali, sovente di natura internazionale e che vedono puntualmente aderire centinaia di persone. L'ultima azione ha riguardato le acque dell'isola dalmata di Lagosta (Lastovo in croato), dove l'iniziativa è stata promossa dalla Wwf. In pochi giorni dai fondali di questa affascinante isola, posizionata in mezzo all'Adriatico (è l'isola abitata più lontana dalla terraferma croata) è stata rimossa addirittura una tonnellata di attrezzature da pesca in plastica. Sono trappole mortali per gli organismi marini, che i pescatori smarriscono e che per decenni continuano a costituire un grave rischio per pesci, crostacei e molluschi che - rimanendo impigliati - muoiono dopo lunga agonia. «Le reti da pesca, anche quando si spezzano in una moltitudine di parti, continuano ad essere un tragico pericolo per l'ambiente marino e le sue creature, con quest'ultime che finiscono per ingerire la microplastica - ha affermato Fabijan Peronja di Wwf Adria - posso confermare che grazie alla collaborazione tra pescatori e subacquei, finora a Lagosta siamo riusciti a ripulire 23 delle 30 aree inquinate da attrezzi da pesca in plastica. Siamo ancora lontani dall'obiettivo finale, ma intanto stiamo ottenendo risultati concreti, a beneficio del mare e dei suoi organismi». Giorni fa circa 160 sub hanno partecipato alla rimozione di immondizia dai fondali di Novalja e dintorni. Parliamo di una tra le località di villeggiatura più note in Croazia. In due giorni sono stati estratti dai fondali circa 10 metri cubi di rifiuti di vario tipo, gomme d'auto, bottiglie di plastica e quant'altro. Oltre all' encomiabile azione, a Novalja si sono tenuti laboratori per bambini dedicati al mare.
Andrea Marsanich
All'isola della Cona operazione pulizia con pranzo al sacco
Domani l'appuntamento alle 9 e si parte dal Centro visite muniti di stivali di gomma L'invito a partecipare è rivolto solo agli adulti
STARANZANO. «Puliamo insieme la Riserva e approfittiamo dell'occasione per non farci mancare tante osservazioni sulle migliaia di volatili e sugli abitanti di questa splendida area protetta. Voi portate guanti, stivali e tanta voglia di fare al pranzo ed alla buona compagnia ci pensiamo noi». E' l'invito agli ambientalisti e a tutti gli amanti della natura della Società Cooperativa Rogos che ha in gestione la Riserva naturale della Foce Isonzo-Isola della Cona, per domani mattina con ritrovo alle 9 davanti al Centro Visite della Riserva, dove ci sarà la composizione dei gruppi di lavoro, poi si partirà per le attività di pulizia verso l'osservatorio di "Punta Spigolo", il più lontano dall'area del ripristino. Data la grande quantità di immondizie arrivate dal mare, sostengono gli organizzatori e la potenziale difficoltà di accesso ad alcune zone, la pulizia è riservata soltanto a persone adulte. Il pranzo al sacco verrà offerto dalla Cooperativa Rogos a tutti i partecipanti alle 13, mentre le operazioni di pulizia proseguiranno fino alle 16. Viene raccomandato di indossare abbigliamento e calzature adeguati, in particolare stivali di gomma per proteggersi da inevitabili zone fangose. Tutti coloro che arriveranno dopo le 9 e vorranno unirsi alle operazioni di pulizia, potranno ottenere indicazioni su come raggiungere i gruppi al Centro visite della Riserva. Nel rispetto delle normative relative all'emergenza Covid-19 l'evento è organizzato a numero chiuso, è obbligatorio l'uso della mascherina e il rispetto della distanza di sicurezza. La partecipazione all'evento è gratuita ed è possibile solo su prenotazione. Per aderire inviare una mail all'indirizzo info@rogos.it con il proprio nominativo e un recapito telefonico. La prenotazione è effettiva al ricevimento della conferma da parte dello staff della Rogos.
CI. VI.
Licheni strumento ambientale usati già alla Ferriera di Servola - l'ateneo triestino ha iniziato gli studi 10 anni fa
Ora proprio il capoluogo giuliano ospiterà nel 2026 il prossimo congresso dell'International Association for Lichenology, premio per la sua salvaguardia
Oggi i licheni vengono usati in tutto il mondo per stimare la qualità ambientale e dell'aria: in Europa questo approccio è stato normato una decina di anni fa ed è in uso all'Ispra (l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per monitorare gli ambienti, soprattutto le zone industrializzate. Ma non tutti sanno che questi studi sono nati decenni fa a Trieste: i licheni sono stati impiegati per la prima volta qui per monitorare l'inquinamento dell'aria causato dalla Ferriera e l'Università giuliana, con il professor Pier Luigi Nimis, ha fatto da apripista per il loro utilizzo nei lavori di biomonitoraggio e bioaccumulo.«La storia della lichenologia a Trieste dura da almeno tre decenni: era il 1987 quando i professori Nimis e Tretiach fondarono la Società italiana di lichenologia, che oggi conta più di 150 soci», racconta Lucia Muggia, biologa, docente dell'Università di Trieste e segretaria della Società internazionale di lichenologia. «Non è un caso se per il prossimo congresso dell'International Association for Lichenology, che si terrà nel 2026, è stata scelta come sede Trieste: in questo campo abbiamo una storia importante alle spalle». I licheni sono organismi vegetali particolari, il risultato di una simbiosi tra funghi e alghe. Questa simbiosi mutualistica fa sì che possano crescere anche negli ambienti più estremi, dai deserti antartici alle foreste tropicali. A livello mondiale si stima ne esistano quasi 17 mila specie differenti: finora ne sono state classificate 15 mila. In Italia la scuola di lichenologia di Trieste svolge un ruolo leader nella ricerca, mettendo a disposizione il più ricco erbario lichenologico del Paese, con più di 42 mila campioni identificati e registrati digitalmente, che rendono la flora lichenica italiana una delle meglio conosciute al mondo. Solo sul Carso sono 650 le specie classificate nel sistema Dryades, risorsa online sviluppata in seno a UniTs che mette a disposizione del pubblico tutte le conoscenze sulla biodiversità. I licheni, come si diceva, sono ottimi indicatori della qualità ambientale e dell'aria, che vengono stimate attraverso due metodologie: il biomonitoraggio e il bioaccumulo. Gli studi di biomonitoraggio vanno a definire il livello di inquinamento in base alla quantità e biodiversità dei licheni presenti in una determinata area: «Quando la Ferriera era molto attiva, nella zona circostante i licheni erano scomparsi. L'area si è ripopolata con la diminuzione delle attività più impattanti e l'introduzione di filtri antinquinamento», racconta Muggia. Le ricerche sul bioaccumulo invece sfruttano il fatto che il lichene sia un organismo aperto, che come tale assorbe anche i metalli pesanti presenti nell'aria, consentendo di rilevarne la presenza. Ma i licheni sono una specie di vaso di Pandora: si studiano anche per i tanti microrganismi che vivono al loro interno e possono venire impiegati come paleomonitor in studi sul cambiamento climatico: in base alle specie presenti, alla loro numerosità e alla loro migrazione sul territorio si può comprendere l'entità dei cambiamenti di temperatura o umidità.
G.B.
Avvistate oltre il confine le pecore perse a Draga - gli animali in fuga dopo il blitz nel recinto
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Avvistate in territorio sloveno, nelle campagne di Pesek, ma ancora non recuperate. È stata una giornata di svolta quella di ieri sull'altipiano, dove, da qualche giorno, Francesca Mari, titolare dell'azienda agricola "Il Piccolo pastore", assieme al marito, Emanuele Frascatore, e alle Guardie forestali italiane e slovene, stavano cercando una ventina di pecore di loro proprietà, che ignoti avevano fatto fuggire dal recinto in cui vivevano, in località Draga Sant'Elia, tagliando i fili elettrificati. Dopo un paio di giorni di ricerche senza esito, ieri mattina finalmente un pastore sloveno le ha avvistate, dandone subito notizia alle autorità del suo paese. Frascatore e la moglie si sono subito recati, assieme alle Guardie forestali, nel punto del ritrovamento, ma hanno constatato che, essendo le pecore molto spaventate, perché non abituate alla transumanza, era impossibile avvicinarle. »Ritenteremo domani (oggi, ndr) - ha detto Frascatore - con l'ausilio dei cani pastore e creando un percorso, mettendo a terra del mangime».
U.sa.
Fossalon - Domani sveglia all'alba in valle Cavanata per osservare gli uccelli
GRADO. Sveglia all'alba per osservare la migrazione degli uccelli alla riserva naturale regionale della Valle Cavanata di Fossalon. L'appuntamento è per domani, alla stazione di cattura e inanellamento a scopo scientifico. L'inanellamento è una tecnica di ricerca basata sul marcaggio individuale degli uccelli e rappresenta uno dei metodi più efficaci per studiare la biologia, l'ecologia, il comportamento, i movimenti, la produttività delle popolazioni e la demografia. Una rete di stazioni di monitoraggio, coordinate dai Centri Nazionali, è alla base della gestione delle attività di inanellamento in Europa. Spiegano i responsabili della cooperativa Rogos che gestiscono l'oasi per conto del Comune di Grado, che la Stazione opera nell'ambito del Progetto MonITRing, coordinato da Ispra. Le attività vengono svolte per mezzo di sessioni regolari di cattura durante tutto l'arco dell'anno da parte di personale altamente specializzato.«Questo progetto, oltre ad aumentare la conoscenza dell'avifauna, ci permette di ottenere importanti informazioni sul ruolo della Riserva naturale Valle Cavanata come scrigno di biodiversità». Nel periodo 2009-2018 presso la Stazione sono stati catturati circa 5.000 individui appartenenti a oltre 60 specie diverse. Ecco perché è stata organizzata una mattinata (inizio alle 8 per una durata di 2 ore) in compagnia degli inanellatori che accompagneranno a vedere le reti che vengono utilizzate per fare i monitoraggi e condivideranno con importanti consigli su come svolgere con soddisfazione e nel rispetto delle specie osservate l'attività di birdwatching. Nel rispetto delle normative relative all'emergenza Covid-19 l'evento è organizzato a numero chiuso. La partecipazione è possibile solo su prenotazione e con Green pass valido. Per aderire inviate una mail all'indirizzo info.educazionecavanata@gmail.com con il vostro nominativo e un recapito telefonico. La prenotazione è effettiva al ricevimento della conferma da parte dello staff della Riserva naturale Valle Cavanata. La partecipazione all'evento è gratuita. Per partecipare è obbligatorio l'uso della mascherina e il rispetto della distanza di sicurezza.
AN.BO.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 ottobre 2021
Draga, sparite le pecore uscite dall'allevamento dopo il blitz
GLI ESEMPLARI RISULTANO STRANAMENTE IRRINTRACCIABILI
SAN DORLIGO. Svanite nel nulla. Le pecore dell'azienda di Draga Sant'Elia "Il piccolo pastore" di cui è titolare Francesca Mari - fuggite nella notte tra lunedì e martedì dopo che ignoti vandali avevano tranciato di netto i fili elettrificati del recinto - sembrano volatilizzate. Erano in tutto una ventina. Le forze dell'ordine allertate dalla stessa Mari e da suo marito Emanuele Frascatore - in particolare le Guardie forestale italiane e slovene che si occupano dell'area a cavallo del confine - non hanno trovato alcuna traccia. Una situazione molto strana perché, se qualche esemplare fosse stato ad esempio sbranato da dei lupi, se ne ritroverebbe la carcassa. E se si fossero semplicemente disperse sul Carso, qualcuna dovrebbe essere comunque già stata avvistata.«Siamo preoccupati - spiega Frascatore, che ieri si è rivolto anche ai vigili urbani, mentre i carabinieri erano stati già avvisati - perché a questo punto ogni ipotesi potrebbe rivelarsi valida». Una delle possibilità cui aveva accennato l'altro ieri il marito della titolare puntava su «alcuni animalisti che recentemente ci hanno palesato la loro totale contrarietà al tipo di attività che pratichiamo». A supporto della sua idea Frascatore aveva diffuso la fotografia scattata nell'appezzamento di terreno vicino al recinto, sul quale è stata tracciata la scritta "Hello". «Ricordo - ribadisce Frascatore - che tempo fa questa denominazione era riferita a un gruppo di animalisti dalla visione radicale e intransigente». Una certezza però c'è: «Posso affermare che il taglio dei fili è opera della mano dell'uomo - sottolinea Frascatore - perché, se fosse stato un grosso animale a invadere il recinto, avrebbe fatto danni di altro tipo. È evidente che dietro quest'azione vandalica c'è qualcuno che non ama gli allevamenti come il nostro oppure un vero e proprio ladro di pecore. Sotto questo profilo siamo tranquilli, perché le nostre pecore hanno marchiato sull'orecchio il simbolo dell'azienda». L'obiettivo de "Il piccolo pastore" - ribadiscono i gestori - è di ridare vita, attraverso le pecore, alla landa carsica: esse infatti, cibandosi di piante infestanti, depurano il territorio, lasciando crescere soltanto le specie autoctone.-
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 ottobre 2021
Sei campi da padel in Porto vecchio: in settimana la scelta fra quattro offerte
In ballo uno spazio da 3.220 metri quadrati totali all'interno dell'area ferroviaria abbandonata. Investimenti per 1 milione
Il termine padel è spagnolo, perché a inventarsi il gioco fu, alla fine degli anni Sessanta, il messicano Enrique Corcuera, che in pratica, a fronte della ristrettezza degli spazi disponibili, si adattò a praticare nel cortile di casa una sorta di tennis che utilizzava anche le mura delle vicine abitazioni. La nuova disciplina, che in Italia rientra nel perimetro della Fit, ebbe poi notevole successo nel mondo ispanofono, soprattutto in Argentina e in Spagna: sarebbero 4 milioni le persone che si dilettano in questa particolare modalità tennistica. Negli anni Novanta il padel sbarcò in Italia, dove sta ottenendo un crescente seguito, tanto che si censiscono circa 500.000 praticanti, soprattutto in Emilia, nella Capitale e nelle città più grandi. Ma lo dimostra anche il caso triestino all'attenzione del Comune che proprio in questi giorni dovrà scegliere a chi dare in concessione 3.220 metri quadrati in Porto vecchio, con ingresso in viale Miramare, a sud del terrapieno di Barcola all'interno dell'area ferroviaria abbandonata. Infatti il Municipio, con i suoi uffici urbanistici, aveva emesso una manifestazione di interesse lo scorso 17 agosto richiedendo una risposta per il 31 dello stesso mese: in passo Costanzi ne sono arrivate quattro, triestine ed extra-regionali. Non è un impegno da poco: si tratta di realizzare perlomeno 6 campi dotati di spogliatoi, a fronte di una concessione dalla durata quinquennale. L'investimento - secondo fonti comunali - potrebbe trottare verso la milionata di euro. Il canone annuo, da versare alla civica amministrazione, ammonta a poco più di 21.000 euro, quindi il futuro concessionario, alla scadenza fissata nel 2026, avrà versato oltre 105.000 euro. Dal punto di vista urbanistico la collocazione è coerente, perché è quella zona di Porto vecchio destinata alle attività ludico-sportive e non è distante dal bagno ferroviario. Anche il neo-confermato sindaco Roberto Dipiazza era stato officiato affinché promuovesse l'interesse della macchina amministrativa verso questo sport in rapida ascesa. A muovere le acque - racconta la determina preparatoria dell'avviso - era stata in giugno la società sportiva dilettantistica Gs Padel, che aveva chiesto un'area in Porto vecchio. Vi furono anche altre proposte, per cui il Comune decise di attivare una procedura selettiva, che è giunta ormai al momento fatidico, tanto che il direttore dipartimentale Giulio Bernetti sarebbe tentato di chiuderla entro la settimana. Che la disciplina stia diventando sempre più attrattiva, è dimostrato anche dal fatto che Trieste campus, la "cittadella" sportiva promossa da Enrico Samer in via Locchi nell'ambito di un project financing con il Comune, l'ha inserita tra le attività praticabili all'esterno sul tetto del parking Sant'Andrea. Dai siti si apprende che il padel si gioca a coppie in un campo rettangolare e chiuso da pareti su quattro lati. Strumento fondamentale è una racchetta dal piatto rigido con cui ci si scambia una pallina esternamente identica a quella da tennis, ma con una pressione interna inferiore, che permette un maggior controllo dei colpi e dei rimbalzi sulle sponde.
Massimo Greco
Un centinaio di biciclette in sette nuove "stazioni" da Barriera a foro Ulpiano
Il Municipio investe 272 mila euro per rafforzare il servizio bike sharing gestito da Trieste trasporti. Stalli in Rotonda del boschetto e via Battisti
«Ma dove vai Trieste in bicicletta?», sull'onda del motivetto che all'inizio degli anni Cinquanta cantava Silvana Pampanini. Adesso che la città ha scoperto le due ruote a trazione umana, sembra che non riesca più a scendere dal sellino. Il Comune avverte l'impellenza velocipede e partecipa al movimento: avanti con sette nuove ciclostazioni per un totale di 95 mezzi. La relazione di Silvia Fonzari e di Sara Borgogna precisa l'entità del rinforzo al servizio esistente: 16 ciclostalli saranno posizionati in largo Barriera, 15 in piazza Foraggi, 12 in foro Ulpiano, 16 in largo Sonnino, 14 in via Battisti, 12 in Rotonda del boschetto, 10 in viale Campi elisi nel parcheggio ex distributore prima della Pam. Come è facile rilevare, alcuni "presidi" saranno allestiti in zone non propriamente turistiche, a presumibile supporto della mobilità autoctona. Il Municipio investe su questa scommessa dedicata al "bike sharing" 272.000 euro e concede dalla firma del contratto 90 giorni all'affidatario Trieste trasporti per provvedere alla fornitura e alla posa in opera: ricordiamo che l'azienda del trasporto pubblico locale si occuperà del bike sharing fino alla fine dell'anno, avendo iniziato a seguirlo a marzo. È presumibile che Trieste trasporti gestirà il servizio fino a quando il Comune sarà in grado di bandire una gara per trovare un soggetto dedicato. I risultati - secondo quanto aveva fatto sapere l'azienda - si sono rivelati soddisfacenti: in giugno 190 "prelievi" al giorno con punte di 250 nei fine-settimana. Le "sette sorelle" si aggiungono a quelle già operanti in piazza Libertà, in piazza Oberdan, in via Teatro romano, in Riva del Mandracchio, in piazza Hortis, in riva Ottaviano Augusto, a Barcola, al teatro Rossetti, in via Cumano (musei di Storia naturale e De Henriquez), al park Bovedo in viale Miramare, in Porto vecchio. La vicenda Covid, con la necessità di sfruttare quanto possibile le opportunità "open air", ha contribuito a un'ulteriore accelerazione delle pedalate urbane. L'attuale sistema tariffario individua tre fasce, ovvero l'utente "sistematico", l'occasionale, il turista. Per registrarsi e poter utilizzare le due ruote comunali, occorre collegarsi al sito bicincittà.com o scaricare l'app Bicincittà.
Magr
L'app "Il Rifiutologo" scaricata sui cellulari 1.600 volte in città
I dati diffusi da AcegaApsAmga: un migliaio le segnalazioni inviate sul decoro urbano
I triestini sono sempre più sensibili ai temi ambientali. A testimoniarlo, i numeri de "Il Rifiutologo", l'app che consente di informarsi, direttamente sul proprio cellulare, sul corretto conferimento dei rifiuti differenziati e segnalare eventuali criticità in merito ai servizi ambientali, migliorando il decoro urbano, che nei primi sei mesi del 2021 è stata scaricata circa 1.600 volte a Trieste. L'app, creata nel 2011 dal Gruppo Hera, è stata promossa da AcegasApsAmga sui territori serviti come strumento digitale per avvicinare cittadino e azienda, creando un dialogo semplice e diretto. Dal 2020, inoltre, è attiva la sua versione anche per Alexa, assistente vocale di Amazon. Un investimento che ha portato a brillanti risultati, come dimostrano i dati dell'ultimo semestre riguardanti l'utilizzo di questi strumenti a Trieste. Il Rifiutologo è disponibile, oltre che come skill di Alexa, per dispositivi mobili Android ed Ios. E sono state circa mille le segnalazioni pervenute all'azienda tramite l'app sul decoro urbano: 550 per avvisare sull'abbandono di rifiuti, 150 le richieste di svuotamento dei contenitori, 126 le richieste per la pulizia delle strade, circa 100 per lo svuotamento di cestini e cassonetti, 60 le segnalazioni di danneggiamento del contenitore. Segnale evidente del dialogo attivo tra AcegasApsAmga e cittadini: grazie a questo canale diretto infatti la multiutility può intervenire puntualmente sulle segnalazioni, risolvendole in breve tempo e comunque entro 48 ore. Il Rifiutologo è stato utilizzato poi oltre 26 mila volte per la ricerca di dove conferire correttamente i propri rifiuti.
Insulti via post sui social a Ciriani Dovrà risarcirlo con 5 mila euro
Un commento inserito sotto l'articolo sull'assoluzione in Cassazione dell'ex vicepresidente Fvg per l'intervento in Val Rosandra del 2012
È costatato caro ad una cinquantenne monfalconese il commento con contenuti diffamatori nei confronti del senatore Luca Ciriani, pubblicato su Facebook nel febbraio del 2018. Il giudice del tribunale di Gorizia, Fabrizia De Vincenzi, ha infatti condannato la donna a 1.000 euro di multa, 5.000 di risarcimento danni, oltre al pagamento delle spese legali. Al centro del caso, un messaggio inserito a margine della notizia dell'annullamento da parte della Cassazione della sentenza di condanna della Corte d'Appello, risalente al 14 febbraio 2017, nei confronti dell'ex vicepresidente della Regione Luca Ciriani, dell'allora capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso e dei funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin per l'intervento, avvenuto nel marzo 2012, in Val Rosandra che si era concluso con il taglio di decine di alberi e cespugli in un habitat protetto. Il 9 febbraio del 2018, Il Piccolo dava notizia dell'annullamento della sentenza, pubblicando un post anche sulla sua pagina Facebook. È in calce a quel post che la monfalconese aveva inserito il suo commento scrivendo, nello specifico: «Che schifo...quando si tratta di certa gente, si parano il c... a vicenda anche in torto marcio». Al suo commento facevano seguito anche quelli di altri lettori, che i legali di Ciriani, gli avvocati Caterina Belletti e Lorenzo Presot, presentando querela, hanno ritenuto rappresentino «un evidente comportamento diffamatorio» nei confronti del loro assistito, «insultato e infamato senza ragione - scrivono nella querela - per il solo fatto di essere stato assolto dalla Corte di Cassazione dopo il terzo grado di giudizio ed aver esercitato i legittimi diritti che il nostro sistema giuridico riconosce ad ogni soggetto sottoposto ad un procedimento penale; in uno (proprio il commento della monfalconese) con l'accusa addirittura di collusione con i giudici di legittimità per l'ottenimento di una sentenza favorevole». I giudici hanno dato loro ragione, condannando l'autrice del messaggio ad una pena pecuniaria, a risarcire Ciriani e al pagamento delle spese legali. L'avvocato Belletti precisa che «specularmente alle altre volte l'importo del risarcimento sarà interamente devoluto in beneficenza».
L.T.
Blitz nel pascolo vicino a Draga: le pecore spariscono nei boschi
Ignoti hanno tagliato i fili elettrificati del recinto dell'azienda "Il piccolo pastore" scrivendo "Hello" nella terra. Forestali italiani e sloveni impegnati nelle ricerche
SAN DORLIGO. Hanno fatto fuggire nei boschi una ventina di pecore, custodite in un recinto nei pressi di Draga Sant'Elia, tagliando i fili elettrificati che lo delimitavano e lasciando, come firma, l'enigmatica scritta "Hello" scavata nella terra. È questa l'inedita azione portata a termine da ignoti a danno dell'azienda "Il piccolo pastore" di Francesca Mari che, assieme al marito, Emanuele Frascatore, qualche anno fa aveva preso in carico cinque ettari di terreno disboscato per creare una landa carsica da destinare a pascolo per ovini, in particolare - per l'appunto - alle pecore di razza istriana, una specie in via di estinzione, ripristinando così un'antica tradizione pastorizia del Carso. «Quando abbiamo scoperto il recinto vuoto e i fili a terra - spiega Frascatore - siamo rimasti allibiti, perché mai avremmo pensato che qualcuno potesse avercela con noi fino a questo punto. È vero - ammette - che negli ultimi mesi siamo stati oggetto di accuse sui social, ma mai avremmo immaginato che si potesse arrivare a tanto».La funzione delle pecore, in quel fazzoletto di terra situato fra Draga e San Lorenzo, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle, vicino all'inizio del sentiero che porta sul monte Stena da cui si gode di una magnifica vista sul golfo di Trieste, è molto precisa: «Cibandosi di piante infestanti - riprende Frascatore - depurano il territorio, lasciando crescere soltanto le specie autoctone, creando così i presupposti per la conservazione della landa carsica, obiettivo al quale puntiamo». Frascatore, un'ipotesi, si sente comunque di formularla: «Non vorrei che a compiere questo gesto siano stati quegli animalisti che ci accusano di utilizzare le pecore in una maniera da loro disapprovata e che invece riteniamo utile sia per gli stessi animali, che trattiamo benissimo, sia per il territorio nel quale operiamo. La sctitta "Hello" - prosegue Frascatore - mi ricorda qualcosa, ma in ogni caso lascio che le conclusioni le traggano le forze dell'ordine alle quali ci siamo subito rivolti con una denuncia». Nella ricerca degli esemplari scomparsi si stanno impegnando sia la Guardia forestale italiana sia quella slovena, perché le pecore, spaventate, potrebbero essere scappate sui monti della vicina Repubblica. «Se non dovessimo ritrovarle - conclude Frascatore - il danno si aggirerebbe complessivamente sui duemila euro, perché ogni capo costa circa 100 euro, ma è il gesto che ci ha lasciati sconcertati». Le pecore del "Piccolo pastore" sono comunque tutte con l'anello all'orecchio, perciò rintracciabili. Il rischio è però che, prima di essere ritrovate, possano essere preda dei lupi. All'iniziativa promossa dal "Piccolo pastore" si era interessata anche l'Università di Lubiana, particolarmente attenta alla conservazione delle pecore istriane.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 ottobre 2021
"Referendum" Cgil sul laminatoio C'è tempo fino al 21
I circa 1.400 tesserati coinvolti con una serie di quesiti sull'approccio da tenere in merito al futuro impianto industriale
Muggia. Slitta a giovedì 21 ottobre il termine per la consegna, da parte dei 1.400 iscritti alla Cgil nel territorio di Muggia, del questionario sul laminatoio alle Noghere. I moduli inviati ai tesserati recano sette domande in merito alla possibilità che il Comune di Muggia si faccia promotore di una consultazione popolare sul probabile insediamento industriale alle porte della cittadina muggesana, sul coinvolgimento della popolazione da parte della Regione e sulla gestione dell'affaire laminatoio da parte della Regione stessa e del Comune di Muggia. La decisione di posticipare i termini per la consegna dei moduli è stata confermata dal coordinatore della Cgil Muggia e segretario della categoria Nidil Cgil Nicola Dal Magro. Nel corso della campagna elettorale avevano aderito al confronto chiesto dal sindacato tre candidati su quattro, ossia il dem Francesco Bussani e i due civici Roberta Tarlao e Maurizio Fogar. Non vi aveva partecipato, per attriti con il sindacato, il leghista Paolo Polidori, a cui non era andato giù l'attacco a lui rivolto dal segretario provinciale Michele Piga, secondo cui a Trieste, durante la sua vicesindacatura, non sarebbe avvenuto alcun confronto. «Riteniamo importante - così Dal Magro - dare risposte ai cittadini rispetto a temi che interessano da vicino la loro vita nei prossimi cinque anni». Lo stesso Piga, in occasione della presentazione dei questionari, aveva manifestato la «necessità di un confronto chiaro e trasparente tra aziende coinvolte, organi di controllo e cittadinanza, che deve essere informata rispetto a tutte le fasi di avanzamento del progetto. Finora da Danieli non abbiamo mai ricevuto alcun segnale». Stando a quanto trapelato sinora, la costruzione del futuro laminatoio è prevista nel 2027.
lu.pu.
Perdita sospetta da un container Intervengono i nuclei speciali - l'allarme su una nave
Ieri i Vigili del fuoco del Comando provinciale con i colleghi dell'Nbcr, il Nucleo Biologico Chimico Radiologico, hanno operato in Porto nuovo su una nave portacontainer a seguito della segnalazione di una perdita sospetta da un container da 40 piedi che trasportava 12 fusti da 200 litri ciascuno di un composto organico identificato come "cianammide", utilizzato in agricoltura e nella produzione di farmaci.
SEGNALAZIONI - Il cemento a Cattinara - Compensazione del verde ridicola
Se il Ministero della salute darà il suo benestare, a Cattinara con il primo stralcio si avvierebbe la costruzione di cinque strutture: 1) parcheggio sotterraneo del nuovo Istituto infantile Burlo; 2) padiglione servizi C; 3) tunnel per l'impiantistica; 4) nuovo reparto di Medicina iperbarica; 5) isola ecologica; 5) bretella di collegamento tra superstrada e Polo cardiologico. Dopo il via libera ministeriale continuerebbero i lavori su queste cinque opere e ne inizierebbero quelli per altre quattro: 1) costruzione del nuovo "Burlo"; 2) costruzione della terza torre; 3) ristrutturazione di un primo segmento delle due torri; 4) edificazione del "cubone" o "torre Covid". Ma solo la ristrutturazione delle due torri sembra davvero urgente e non realizzabile altrove. Tutte le altre opere o non sono necessarie o potrebbero venire costruite in siti più adatti di Cattinara a mio avviso. Secondo l'articolo, il nuovo parcheggio "ospiterà le auto dei dipendenti finora sistemate nell'area in cui dovrà sorgere il nuovo Ospedale infantile Burlo". In base però al progetto definitivo del 2014, l'autosilo sotterraneo da 728 stalli servirebbe sia i visitatori sia i dipendenti del "Burlo", attraendo ulteriore traffico cioè inquinamento atmosferico e acustico. Sopra parte di esso verrebbe edificato l'ospedale materno infantile. Ma il progetto definitivo prevede di tagliare 440 alberi della pineta, ossia circa tre quarti, e tutti i 79 del parcheggio dipendenti. La pineta è situata non "fra ospedale e polo cardiologico", bensì fra il tratto superiore di via Valdoni a Est, il parcheggio dipendenti a Ovest, l'asilo sloveno a Nord e l'asilo dipendenti a Sud. L'articolo dice ancora: "per rispondere alle proteste di residenti e associazioni ambientaliste, unita alla contrarietà espressa dalla giunta comunale attraverso l'assessore Luisa Polli, è stata stabilita la piantumazione di nuovi alberi a Nord del parcheggio. L'Azienda sanitaria assicura che alla fine ne saranno piantati più di quanti cadranno a causa del cantiere". Ma dove troverebbero posto nuovi alberi "a Nord del parcheggio", dato che questo confinerebbe a Nord con l'asilo sloveno, la chiesa e la nuova viabilità d'accesso da strada di Fiume? Ci si riferisce forse all'area tra Polo cardiologico e via del Botro, disboscata nel 2017-2018 e dove l'Accordo di programma prevede un edificio didattico con park sotterraneo da 267 posti? Il "cubone" o "torre Covid" nel piazzale tra le torri e il poliambulatorio non era contemplato né dall'Accordo di programma, né dal progetto preliminare, né da quello definitivo, né dal progetto esecutivo della Cooperativa Clea. Per giunta impedirebbe di realizzare il giardino voluto dal progetto definitivo come una delle compensazioni al taglio dei 519 alberi. Bisognerebbe allora individuare un'area equivalente. Ma non certo a Nord del futuro "Burlo", dove mancherebbe lo spazio. Comunque la vegetazione compensativa ci metterebbe decenni per crescere come l'attuale e verrebbe piantata perlopiù fuori dal contesto originario. Gli abitanti di Cattinara e gli amanti della natura chiedono di preservare tutti gli attuali alberi, con i quali hanno un rapporto anche affettivo, che verrebbe troncato. No dunque ad abbattimenti e aleatorie compensazioni! Secondo il progetto definitivo, il padiglione servizi C, da 8.200 mq con 335 posti auto su quattro livelli interrati, sorgerebbe fra l'aula magna e l'anatomia patologica, eliminando la vegetazione e "mangiandosi" un tratto inferiore di via Valdoni. Inoltre la nuova bretella tra la superstrada, via Alpi Giulie e il Polo cardiologico devasterebbe il lato scosceso verso Altura, richiamando da Sud nuovo traffico. Il Polo ospedaliero di Cattinara è già saturo. Non voglio nuovo cemento e asfalto. Voglio ricordare anche che quasi tutti gli alberi piantati dal Comune essendo di piccole dimensione ne sono sopravvissuti pochissimi, come quelli piantati all'inizio del Parco Farneto (al Ferdinandeo): soltanto uno su cinque.
Claudio Di Marino
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 ottobre 2021
Ecologia e solidarietà - Turriaco lancia il riciclo per i tappi di sughero
TURRIACO. Ora si possono riciclare anche i tappi di sughero a Turriaco, dopo l'olio di cucina e le scarpe da ginnastica, la cui raccolta già è andata ad affiancare una differenziata sempre più spinta con la conseguente introduzione della tariffa puntuale. Il sughero è una materia prima naturale, riciclabile al 100%, ma ogni anno nel mondo ne vengono buttate nella spazzatura decine di migliaia di tonnellate, con uno spreco enorme di materiale e risorse. «Come Comune - dice il sindaco Enrico Bullian -, ci associamo quindi a TappoDivino, il progetto territoriale ideato da Roberta Masat, per salvare dalle discariche i tappi usati». Grazie al riuso dei tappi che diventeranno granina per la bioedilizia, la comunità contribuirà a finanziare realtà sociali che realizzeranno così i loro progetti a supporto della collettività. L'iniziativa sostiene realtà operanti in ambito oncologico, "Le vie di Natale" del Cro di Aviano e grazie ai referenti per l'Isontino di TappoDivino, Alessandro Leghissa e Cristina Suligoj, a Turriaco è stata concordata una capillare raccolta dei tappi, che sarà effettuata nel municipio, nelle due scuole, nei bar, ristoranti, agriturismi, aziende agricole, chioschi (come quello del Turriaco calcio) che aderiscono all'iniziativa. Nei prossimi giorni verrà consegnato a tutti un raccoglitore e i volontari dell'Auser, con il supporto dell'assessore Massimo Merlo, effettueranno la consegna.
LA. BL.
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 ottobre 2021
FERRIERA - Sito di Servola - il piano di Arvedi
Arvedi torna a parlare dei suoi investimenti triestini e lo fa con una nota con la quale precisa che ad oggi l'ordine di cui si è scritto nei giorni scorsi nelle pagine del Piccolo «riguarda solo una linea di zincatura ed una linea di verniciatura». L'investimento -è scritto in una nota-, «come più volte ribadito dal presidente della Società negli incontri sindacali tenutisi a Trieste, nonché negli incontri istituzionali nelle sedi locali e nazionali, l'ordine della seconda linea di zincatura che comporterà l'assunzione di 50 nuovi addetti, è subordinato al rilascio delle relative autorizzazioni, al completamento delle attività di sdemanializzazione e permuta e all'ottenimento di agevolazioni in grado di sostenere la redditività dell'investimento». La Direzione di Acciaieria Arvedi è intervenuta ieri dopo aver letto che «la commessa era nell'aria, prevista dal piano di investimenti di Arvedi su Servola, ma oggi è arrivato l'ordine. Acciaierie Arvedi ha infatti commissionato al Gruppo Danieli di Buttrio la fornitura e installazione di due nuove linee per la zincatura a caldo destinate al sito triestino». L'investimento si farà, ma alle note condizioni.
L'impegno per l'ambiente. Il lungomare di Barcola pulito da CRI e Leo club.
Un pomeriggio dedicato alla raccolta dei rifiuti sparsi a terra nella Pineta di Barcola, per sensibilizzare i cittadini verso temi come il rispetto dell'ambiente e la raccolta differenziata. È quanto proposto ieri dai volontari della Croce rossa italiana che, assieme ai giovani Lions di Trieste, si sono incontrati sul lungomare e, armati di guanti da lavoro, hanno riempito diversi sacchi della spazzatura. Duplice l'obiettivo: combattere l'inquinamento e promuovere la responsabilità sociale. «Ovviamente - spiega Eugenio Montagner del comitato Cri Trieste - non abbiamo scelto questa zona della città perché sia particolarmente sporca. Il nostro desiderio è, piuttosto, quello di far capire l'importanza di proteggere e tutelare l'ambiente, soprattutto per le generazioni future. Vogliamo invitare la popolazione a comportamenti consapevoli e per questo offriremo altre iniziative di cittadinanza attiva». Quello che hanno trovato i volontari, circa una trentina, sono stati per lo più cartacce, tappi di bottiglia e mozziconi di sigaretta. «Tutto materiale - incalza Joel Giangrande, presidente del Leo Club - che un cittadino perbene non dovrebbe lasciare a terra: a pochi metri dal luogo in cui vengono gettati questi rifiuti ci sono diversi cassonetti. Tutto sta nell'educazione delle persone. Credo che il punto sia proprio questo: formiamo i giovani e avremo una società migliore».
Martina Seleni
I sub ripuliscono i fondali del porticciolo di Sistiana - L'intervento stagionale promosso dall'S89
DUINO AURISINA. Operazione di pulizia dei fondali ieri a Sistiana organizzata dalle associazioni sub di Trieste con l'obiettivo di rimuovere i rifiuti dal porticciolo e promossa dal Sistiana S89 in collaborazione con Area 51, i Lions club Trieste Host, Audace e Duino Aurisina, con il patrocinio del Comune di Duino Aurisina e l'aiuto della Protezione civile. Presenti anche l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, l'assessore comunale Massimo Romita e l'"ambasciatore" ambientale del Fvg Alessandro De Rose. «Facciamo ogni anno questo lavoro - ha detto il presidente del Sistiana 89 Federico Giorgi - e anche stavolta abbiamo trovato di tutto in mare». «Vogliamo eccellere in sensibilità e cultura ambientale», così Scoccimarro: «Le acque del Fvg sono pulite, la balneabilità è garantita, i controlli sono efficaci. Su questo fronte si sta rivelando vincente anche il nostro progetto "aMare Fvg'".
U.SA.
IL PICCOLO - SABATO, 16 ottobre 2021
«Commissione Gect sull'inquinamento» - Cernic risponde a Legambiente
Il Gect Go è già pronto a varare anche una nuova commissione dedicata proprio all'ambiente e all'inquinamento transfrontaliero. A rassicurare Legambiente e Ekostandrez, che avevano auspicato la nascita di un gruppo di lavoro transfrontaliero su questi temi, è Mara Cernic, componente dell'assemblea del Gect Go che fin dal momento dell'insediamento aveva chiesto proprio l'attivazione di un comitato dedicato all'ambiente. «Una proposta rimasta in sospeso perché andavano prima risolte altre questioni tecniche come l'approvazione dei bilanci e l'elezione del nuovo presidente - spiega - ma la volontà c'è già da tempo e spero che presto la nuova commissione possa trovare concretezza. L'ambiente è per definizione un qualcosa che non conosce confini».
M.B.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 ottobre 2021
Arvedi investe ancora in Fvg - Nuova commessa per Danieli
Firmato l'ordine per due linee di zincatura da installare entro il 2022 a Servola Con questo ordine il valore del contratto con il Gruppo di Buttrio sale a 250 milioni
Trieste. La commessa era nell'aria, prevista dal piano di investimenti di Arvedi su Servola, ma oggi è arrivato l'ordine. Acciaierie Arvedi ha infatti commissionato al Gruppo Danieli di Buttrio la fornitura e installazione di due nuove linee per la zincatura a caldo destinate al sito triestino. Con questo ulteriore contratto complessivamente sale a circa 250 milioni di euro il valore delle commesse assegnate da Arvedi a Danieli, compresi i macchinari destinati al sito di Cremona. In dettaglio le due nuove linee di zincatura avranno, come "cuore" un forno di notevoli dimensioni - e a basse emissioni - in grado di recuperare il calore generato nel corso della lavorazione e riutilizzarlo per scaldare l'acqua necessaria ad alimentare la zona di pulizia del nastro. A caratterizzare l'investimento un forte contenuto di automazione e di digitalizzazione, ad esempio sarà un robot ad occuparsi della rimozione delle scorie di zinco superficiali garantendo in questo modo la sicurezza degli operatori, e grazie al sistema Q3 Intelligence, il funzionamento degli impianti sarà costantemente monitorato mentre il sistema di qualità predittiva di Danieli assicurerà un controllo costante di ogni fase de processo per garantire ad una produzione di elevata qualità. Entrambi gli impianti saranno dotati delle migliori tecnologie disponibili, come previsto dal Green Deal per la riqualificazione dell'area di Servola. Le linee di zincatura saranno in grado di lavorare 200.000 tonnellate l'anno di bobine di peso superiore a 30 tonnellate, con una velocità di processo che raggiungerà i 200 metri al minuto - L'entrata in esercizio delle nuove linee è prevista per la fine del 2022.«Questo ordine di Arvedi - spiega Gianpietro Benedetti, presidente del Gruppo Danieli - segna un ulteriore fase di espansione del progetto che sta interessando il sito di Servola e che, sommando anche la zincatura, arricchirà l'offerta di prodotti da proporre al mercato». Settori di riferimento saranno senz'altro le costruzioni ma anche l'automotive, dove il processo della zincatura della lamiera viene ormai sempre più richiesto. Gli investimenti di Arvedi in Friuli Venezia Giulia, quindi, aumentano, grazie alla visione di un Gruppo, qual è Acciaierie Arvedi, che si sta strutturando per essere in grado di rispondere ad una domanda di acciaio che si stima continuerà ad essere sostenuta anche nei prossimi due anni. Ed è una crescita che - se verrà confermata la scelta di Trieste - si arricchirà di un laminatoio ex novo di Metinvest. Gli ucraini - che pare abbiano già deciso circa l'opportunità di un investimento da effettuarsi a breve in un'area ritenuta strategica - non hanno invece ancora sciolto la riserva sul "dove" insediare l'impianto, cosa che però dovrebbe avvenire a breve. Se l'opzione Fvg diventasse realtà, ecco che nascerebbe in questa regione un polo siderurgico di rilievo europeo, in grado di tenere insieme sia la produzione a caldo che a freddo, e completamente green, "scippando" il primato oggi detenuto dalla Lombardia.
Elena Del Giudice
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 ottobre 2021
Foca monaca ricompare nelle acque di Pago - l'eccezionale avvistamento - Era successo 10 anni fa
FIUME. È stata vista da diversi pescatori mentre scivolava leggiadra in acqua, sottraendosi agli sguardi curiosi di chi non ha mai visto un esemplare di foca monaca o di chi ne ricorda solo apparizioni lontane nel tempo. Nei giorni scorsi gli avvistamenti si sono moltiplicati e hanno riguardato diverse aree dell'isola nordadriatica di Pago, come Punta San Nicola e la cosiddetta Paska uvala (Valle di Pago), nelle acque a contatto con il Canale del Velebit o Alpi Bebie. L'ultimo avvistamento a Pago si era avuto nel 2011, e aveva riguardato il mare che bagna la piccola località di Proboj. Da allora più niente, con il mammifero marino che è ricomparso la settimana scorsa, regalando un'enorme soddisfazione ad ambientalisti, biologi e a tutti coloro che amano una natura ancora ben conservata e sufficientemente selvaggia. Saranno gli esperti a dare una risposta alla domanda cui si pongono gli isolani: la foca monaca è giunta a Pago da chissà quale areale, oppure vi risiede stabilmente?
A. M.
GORIZIA - Un gruppo di lavoro transfrontaliero sull'inquinamento - a richiederlo Legambiente e EkoStandrez
Un gruppo di lavoro transfrontaliero, magari gestito dal Gect Go, per monitorare l'inquinamento transfrontaliero. È quanto chiedono Legambiente Gorizia ed EkoStandrez, manifestando preoccupazione per le diverse forme di inquinamento dell'aria, del terreno e dell'acqua rilevate oltreconfine dalle istituzioni slovene in seguito alle segnalazioni dei cittadini di "Civilna inciativa" di Vrtojba. In seguito ai campionamenti effettuati, spiega Legambiente in una nota, sono state rilevate quantità importanti di idrocarburi policromatici aromatici, sostanze chimiche classificate come cancerogene. «Considerando che l'aria non ha confini, la preoccupazione è lecita anche per il territorio italiano», spiegano gli ambientalisti, ricordando come da 3 anni ormai i residenti di Sant'Andrea segnalino disagi a causa di forti odori. Un gruppo di volontari (19 persone) contribuiranno ad un monitoraggio sperimentale che, iniziato nei giorni scorsi, durerà fino al 31 dicembre, ma questo secondo Legambiente non basta. «È necessario un monitoraggio dell'aria con adeguata strumentazione in maniera continua, magari creando un gruppo di lavoro transfrontaliero. Per quale motivo il Gect non è mai stato coinvolto su questi temi? È urgente la creazione di un comitato».
M.B.
SEGNALAZIONI - Cemento a Cattinara - Troppo caro il prezzo stabilito per il verde
Gentile direttore, il Comitato spontaneo per la Pineta di Cattinara ringrazia per la pubblicazione a pagina 26 della notizia che lo riguarda nell'articolo del 10 ottobre scorso dal titolo "Sinistra Italiana ufficializza il suo appoggio allo sfidante - Lui intanto si schiera per la pineta di Cattinara". Nell'ultima frase leggiamo però che «in quell'area è prevista la costruzione di un nuovo parcheggio sotterraneo». In realtà i 440 alberi della pineta e i 79 del parcheggio dipendenti, che il progetto definitivo del 2014 prevede di tagliare, verrebbero abbattuti per costruire non solo l'autosilo sotterraneo del nuovo Istituto Burlo Garofolo ma il "Burlo" stesso. Nella lettera-appello del 28 settembre, allegata al comunicato stampa di venerdì 8 ottobre 2021 e cui Francesco Russo ha risposto, avevo specificato quanto segue: «Il progetto definitivo del 2014 stabilisce che il nuovo "Burlo" avrebbe una volumetria complessiva di 235.000 metri cubi, di cui 125.000 interrati o seminterrati e 110.000 fuori terra. L'edificio misurerebbe 79.967 metri quadrati su 5 livelli superficiali. Sorgerebbe sopra l'attuale parcheggio dipendenti e il settore occidentale della pineta, tra la torre chirurgica, la palazzina di Anatomia patologica e Medicina legale e la piastra servizi sanitari da un lato e la scuola e la chiesa dall'altro. L'autosilo che si vuole realizzare al servizio del nuovo Ospedale pediatrico Burlo Garofolo richiederebbe lo scavo di 130mila metri cubi di materiale, occuperebbe due piani sotterranei e offrirebbe 728 posti macchina. Il suo perimetro risulterebbe alla fine più che doppio rispetto a quello dell'edificio. Si svilupperebbe sotto gran parte della pineta, risparmiandone solo il settore meridionale e, a Nord, una striscia retrostante l'asilo». Il Comitato chiede quindi che nel comprensorio ospedaliero di Cattinara non venga costruito né il nuovo "Burlo Garofolo" né il relativo parcheggio interrato, né alcun altro edificio sanitario a scapito del verde.
Paolo Radivo - Comitato spontaneo per la Pineta di Cattinara
Sabato e domenica insieme al Fai per riscoprire il Winckelmann l'appuntamento
Le Giornate d'autunno offrono la possibilità di un'esplorazione archeologica urbana all'Orto lapidario e alle iscrizioni aquileiesi
Finalmente ripartono le giornate Fai d'autunno: sabato 16 e domenica 17 ottobre i volontari del Gruppo giovani, supportati dalla Delegazione provinciale, accompagneranno il pubblico in un angolo della città forse poco noto, ma di enorme valore culturale. Il percorso, a tema archeologico, si snoderà in cima al Colle di San Giusto, nella parte esterna del Civico museo d'antichità Winckelmann. «I visitatori - spiega il neo responsabile dei giovani Giuliano Merola - potranno ammirare l'Orto lapidario tergestino, che espone rilievi ed iscrizioni aquileiesi assieme a reperti istriani di epoca romana, il tempietto in stile classico con il Cenotafio di Winckelmann e il Giardino del Capitano, che conserva le torri e le mura quattro-cinquecentesche della città». «Vedremo anche i resti del basamento e della scalinata del propileo del I secolo dopo Cristo, in parte incastonato nelle murature medievali del campanile di San Giusto, e i resti dell'antico tempio capitolino che si trovava sul colle».Questo percorso, fruibile da tutti, permetterà ai partecipanti di toccare con mano ciò che il Fai fa da decenni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico del Paese. Sarà invece riservata ai soli soci la possibilità di conoscere l'interno della torre campanaria della Cattedrale, dalla quale si potrà osservare la città da un punto di vista speciale. «Organizzare eventi di questo tipo - ricorda la presidente Tiziana Sandrinelli - richiede mesi di lavoro, e i nostri volontari lo hanno svolto in una situazione di grande incertezza: a causa del Covid non si sapeva se le Giornate d'autunno sarebbero state effettivamente possibili. Per questo, il loro impegno vale il doppio. Un encomio particolare va anche ai giovani: ragazzi che dedicano il loro tempo libero a un progetto di interesse collettivo, sperimentando il valore del volontariato». Il coinvolgimento attivo degli studenti nella vita sociale, culturale ed economica della comunità è molto importante per la Fondazione. «Per questo - aggiunge Eugenia Fenzi, capo delegazione di Trieste - il Fai porta avanti il progetto "Apprendisti Ciceroni": i ragazzi che desiderano aderire vengono formati ad accompagnare il pubblico alla scoperta delle bellezze del proprio territorio.» Le visite, della durata di tre quarti d'ora, avranno inizio alle 10 e partiranno ogni 20 minuti, fino all'ultima prevista alle 16. È consigliabile la prenotazione sul sito www.giornatefai.it ma ci si potrà anche presentare direttamente e iscriversi nei banchetti in loco. Verranno richiesti il Green Pass e l'utilizzo della mascherina.
Martina Seleni
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 ottobre 2021
Ciò che non va - E' questa la cura del verde? E gli alberi promessi? - (Roberto Decarli)
Che fine hanno fatto le delibere giuntali, come la n°132 del 10 aprile 2017, "Messa a dimora di alberi per i nuovi nati nel territorio comunale"?
Alle 20 - Cambiamenti climatici al Club Soroptimist
Oggi, alle 20, al Savoia Excelsior Palace (Riva del Mandracchio 4), si terrà la prima riunione conviviale del Club di Trieste del Soroptimist International. Relatore Filippo Giorgi, fisico e climatologo, il quale tratterà il tema dei "Cambiamenti climatici".
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 ottobre 2021
Patrimonio archeologico subacqueo da tutelare: varato il nuovo protocollo - Capitaneria e Soprintendenza assieme
Il primo protocollo in regione e in Italia per riuscire a rendere permanenti delle operazioni a tutela del patrimonio archeologico subacqueo. Così, a bordo del pattugliatore Dattilo, dove ha fatto visita nei giorni scorsi il comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, ammiraglio ispettore capo Nicola Carlone, la Capitaneria di porto e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, rispettivamente rappresentati dal comandante della Guardia costiera, l'ammiraglio Vincenzo Vitale, e dalla soprintendente Simonetta Bonomi, hanno firmato un documento che suggella questo intento. «È un esperimento che abbiamo avviato con l'ammiraglio Vitale che prevede, in parallelo agli accordi istituzionali della Guardia costiera - ha spiegato Bonomi -, una collaborazione per gli aspetti che riguardano la tutela del patrimonio archeologico sommerso». Ci sono infatti tantissime memorie dei conflitti bellici, sia della prima sia della seconda guerra mondiale. «Sono ben da indagare - ha detto Bonomi -, molto più di quanto uno possa immaginare. E poi sono da indagare altri reperti nelle acque interne di Grado». Le segnalazioni arrivano principalmente da pescatori e appassionati sub. Per individuarli «ci avvaliamo principalmente del nucleo Tutela Patrimonio culturale dei Carabinieri e in altri casi della Guardia costiera - ha continuato il soprintendente -: abbiamo bisogno dei mezzi degli altri, perché noi non ne abbiamo». Il protocollo firmato ieri, cui farà seguito un programma di collaborazione pianificato con la Soprintendenza, prevede appunto un contributo dei militari marittimi. La competenza del Corpo in questo ambito nasce nel 1989, come ha spiegato Vitale. «L'allora ministero della Marina mercantile con il ministero dei Beni culturali siglò un decreto che diede vita a questa funzione, facendo nascere il nucleo sommozzatori di San Benedetto del Tronto. Ora nasce questo accordo a livello regionale con l'impiego diretto del nucleo di San Benedetto, che - ha aggiunto Vitale - si sposterà non solo per azioni di carattere ambientale ma d'ora in poi l'impiego sarà finalizzato anche alla tutela archeologica».
BE.MO.
Oggi alle 17. La tropicalizzazione del mare Adriatico
Cosa succede nel mare? Gli effetti della tropicalizzazione. Dalle specie aliene all'innalzamento delle acque. Oggi, alle 17, appuntamento su Zoom per il secondo webinar del progetto "CambiaVenti", con Saul Ciriaco (Area Marina Protetta di Miramare Wwf) e Florence Colleoni (Ogs-Istituto Nazionale di Oceanografia e di geofisica sperimentale). Per iscrizioni al webinar: museobora@iol.it
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 ottobre 2021
Immobili in stallo da 6 anni - Pressing sulla Paritetica
Il Comune aspetta il trasferimento della pineta di Barcola, dell'ex caserma Duca delle Puglie in via Cumano e dell'ex Direzione di artiglieria in Campo Marzio
Tra i fascicoli che saranno presi in carico dalla futura giunta comunale, uno è tanto interessante quanto lento: si tratta del trasferimento di alcuni beni immobili dal Demanio al Comune. Istanza che balla sul tavolo della Commissione paritetica da sei anni, dall'ormai lontano agosto 2015, quando presidente del Consiglio era Matteo Renzi, il presidente della Regione Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini. Allo scorso luglio risale un garbato sollecito del Municipio, firmato dal dirigente dell'Immobiliare Luigi Leonardi, e al primo settembre un altrettanto cortese posta elettronica di Roberta Volponi, funzionario della Regione Fvg, riscontrava che il presidente Fedriga ritiene il trasferimento dei beni immobili una delle tematiche da affrontare dalla Paritetica in via prioritaria. Paritetica che - giova ricordare - si è insediata, una volta "neocostituita", il 12 luglio. Ma perché il Comune mostra questo interesse per il passaggio di beni immobili? Perché ha tre importanti partite aperte che si chiamano ex caserma Duca delle Puglie, ex Direzione di artiglieria, Pineta di Barcola. Sono tre asset sui quali la civica amministrazione corrisponde un canone al Demanio, per un totale di 174.537,10 euro all'anno. Frutto dell'addizione di 100.000 euro riguardanti l'ex caserma, 35.519,08 collegati alla Pineta barcolana, 38.810,08 agganciati all'ex Direzione di artiglieria.È bene tradurre in attività amministrativa concreta le ragioni di questi canoni: in via Cumano la Duca delle Puglie ospita il museo De Henriquez; in Campo Marzio l'ex Direzione di artiglieria aveva accolto il Museo del mare, che rinascerà al Magazzino 26 di Porto vecchio; la Pineta di Barcola si commenta da sé. Da puntualizzare - come ha fatto Leonardi nella sua missiva - che il Comune non sta versando la locazione della Duca delle Puglie (dove tra l'altro il contratto è scaduto) in quanto vi ha svolto lavori per un valore superiore ai 2 milioni. Infatti è in corso l'istruttoria del Demanio volta all'azzeramento dei canoni. Da chiarire - a giudizio del Municipio - anche l'indennità di occupazione relativa all'ex Direzione di artiglieria, dal momento che il "vecchio" Museo del mare è stato chiuso il 1° aprile 2019 e le collezioni trasferite nel Magazzino 26. La Pineta di Barcola è "coperta" da un contratto a valere dal 1° giugno scorso fino al 31 maggio 2027 per un canone annuo ricognitorio pari a 212,75 euro. Per conseguire l'invarianza finanziaria dell'operazione su Barcola, il Comune - scrive ancora Leonardi - potrebbe rinunciare a ottenere la proprietà dei chioschi. Nella stessa epistola, proprio al termine della terza cartella, il dirigente comunale completa le richieste ribadendo l'interesse ad acquisire a titolo gratuito, sempre mediante la Paritetica, due ulteriori compendi: la caserma Monte Cimone ex tenuta Burgstaller a Banne e il parco di villa Necker in via dell'Università. A proposito della Paritetica, a fine maggio il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, aveva firmato il decreto di nomina dei componenti di rappresentanza statale nell'ambito della commissione. Ecco scorrere i nomi di Sandra Savino, deputata di Forza Italia, Elena D'Orlando, direttrice del Dipartimento giuridico dell'Università di Udine, e Ivo Rossi, dirigente della Presidenza del consiglio dei ministri in pensione e già componente della Commissione paritetica per la Regione Val d'Aosta. I tre componenti di indicazione governativa si aggiungevano ai tre "regionali", Teresa Billiani, Renato Carlantoni e Salvatore Spitaleri.
Massimo Greco
Due imprenditori interessati ad acquistare l'ex "don Marzari"
Sono operatori del settore case di riposo che debbono rafforzare la capacità recettiva delle loro strutture. Perizia da aggiornare
L'ex casa di riposo intitolata a don Edoardo Marzari, situata a borgo San Nazario non lontano da Prosecco, ha trovato degli estimatori. Il bene, da anni nella lista dei beni comunali alienabili, interessa due imprenditori che operano nel settore delle residenze per anziani. Hanno mandato una "pec" agli uffici comunali per manifestare la volontà di procedere all'acquisto. Fonti municipali spiegano che si tratta di operatori i quali, in seguito alla riclassificazione delle strutture di accoglienza, si trovano nella necessità di ampliare la loro capacità ricettiva. La civica amministrazione è in procinto di affidare gli incarichi - come è recentemente accaduto in altri casi relativi ad asset in vendita - a professionisti esterni affinché perizino lo stabile, allo scopo di ottenere una stima aggiornata agli odierni valori di mercato. Nel 2018 era stato inserito nell'elenco a un prezzo di 1,6 milioni, tagliato di un buon terzo rispetto ai 2,4 milioni quotati nel 2011.La "don Marzari" è ferma dal 2007, quando il secondo Dipiazza decise di chiudere la struttura e di ricoverare gli ospiti in altri civici istituti. Da allora si sono rincorse varie ipotesi di riutilizzo, con particolare evidenza a un possibile reimpiego di carattere sanitario poliambulatoriale al servizio di una porzione di territorio carsico dove vivono 1.400 residenti. Sarebbe francamente ora che il complesso, dopo 14 anni allo stato brado, trovasse una nuova ragione di vita. Se non altro per limitare gli atti vandalici, che hanno convinto gli ignoti visitatori a sottrarre persino i termosifoni. Dal punto di vista dimensionale il compendio vanta misure importanti: 15.000 metri quadrati coperti, cui si sommano 5.000 mq di parco. Senza contare una vista mare giudicata assai attraente. La prima versione dell'edificio risale agli anni '50-'60 e venne realizzata dall'Opera per l'assistenza ai profughi giuliani e dalmati. Lo stabile fu poi convertito in casa di riposo organizzata a seconda delle condizioni degli ospiti: al primo livello le persone non autosufficienti, al secondo le parzialmente autonome, al terzo gli autosufficienti.
magr
Parco del Castello e rive dell'Isonzo ripulite dai volontari - La doppia iniziativa
Legambiente e Amici del parco al lavoro con il supporto anche di gruppi di richiedenti asilo e minorenni non accompagnati. Plauso dall'assessore Del Sordi
Entro il 2050 tra i 25 milioni e il miliardo di persone potrebbero essere costrette a spostarsi per criticità indotte, anche, dai cambiamenti climatici. Stress ambientali e conflitti sono causa o concausa della fuga dal proprio Paese per circa il 70% dei migranti giunti in Italia negli ultimi 4anni.La campagna "Puliamo il mondo dai pregiudizi" intende essere non solo un momento di collaborazione finalizzata alla rimozione dei rifiuti abbandonati e alla diffusione di comportamenti rispettosi dell'ambiente, ma anche la promozione di una positiva convivenza tra le persone che abitano lo stesso territorio. Questo lo sfondo dell'iniziativa di Legambiente, patrocinata dal Comune di Gorizia, che si è svolta ieri mattina e ha portato i volontari a ripulire il Parco del Castello. «Ha partecipato all'iniziativa anche una decina di minori non accompagnati ospitati dal San Luigi - spiega l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -. L'importanza di questi interventi è legata al fatto che fanno risparmiare tre volte l'amministrazione comunale: queste campagne permettono di differenziare meglio; l'ente pubblico non deve pagare la rimozione della spazzatura; Legambiente svolge anche un'attività di sensibilizzazione. Per questo, non posso che rivolgere un ringraziamento sincero ai volontari che sono intervenuti».La riappropriazione collettiva dei luoghi - fa eco l'associazione ambientalista - è la chiave per ricostruire le relazioni sociali, «perché un mondo diverso è possibile solo se lo si costruisce senza muri di alcun tipo: sociali, etnici e religiosi, fisici e mentali». In contemporanea, gli "Amici del parco di Campagnuzza" hanno effettuato un'iniziativa simile sulle rive dell'Isonzo, coinvolgendo anche un gruppo di richiedenti asilo.
Fra.Fa.
Domani - La tropicalizzazione del mare Adriatico
Cosa succede nel mare? Gli effetti della tropicalizzazione. Dalle specie aliene all'innalzamento delle acque. Domani, alle 17, appuntamento su Zoom per il secondo webinar del progetto "CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi", con Saul Ciriaco (Area Marina Protetta di Miramare Wwf) e Florence Colleoni (Ogs). Incontro riservato ai giovani tra i 15 e i 35 anni d'età e ai docenti. Per iscrizioni al webinar: museobora@iol.it Info: www.museobora.org
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 ottobre 2021
Differenziata e strade da pulire: tre milioni in più in quattro anni
Il piano punta a migliorare la raccolta con 114 batterie ecologiche in 51 strade Servizio rafforzato nelle zone pedonali, in quelle ex Ezit e in Porto Vecchio
Nel quadriennio 2022-25 il Comune di Trieste investirà 2,9 milioni di euro in più per migliorare la qualità ambientale urbana. Lo farà attraverso una serie di interventi che riguardano la raccolta differenziata, le aree pedonali, gli spazi della "movida", lo spazzamento delle strade ex Ezit e del Porto vecchio (nelle zone aperte al passaggio), alcune zone verdi. Le variazioni di spesa - contenute nel Piano preparato da AcegasApsAmga e recepito dalla civica amministrazione attraverso una delibera giuntale recentemente illustrata dall'assessore Luisa Polli - richiedono stanziamenti arrotondati di 690.000 euro nel '22, di 705.000 euro nel '23, di 765.000 euro nel '24 e nel '25. Dal servizio ambiente & energia del Comune avvertono che per gli ultimi due anni si tratta di ipotesi di lavoro da sottoporre a ulteriore verifica. AcegasApsAmga ha trasmesso proprio in questi giorni il documento all'Ausir (Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti). Tra l'altro il piano prevede un aumento delle competenze annue, per una somma di oltre 61.000 euro, dovute all'authority per il suo funzionamento (50 centesimi per ogni abitante servito).Torniamo al merito del programma. Il capitolo più importante, che assorbe circa 300.000 euro all'anno, è dedicato all'incremento della raccolta differenziata, anche perchè il governo italiano ha recepito due direttive europee che vincolano il nostro Paese a raggiungere entro il 2025 una quota pari al 55% di riciclo. Il piano Comune-Acegas coinvolge 51 strade, in genere viabilità laterale di zone residenziali, con 114 "batterie" ecologiche. Prevista l'installazione di 200 cassonetti al servizio della differenziata: secondo il documento, questo rafforzamento produrrà un aumento pari al 2%.Oltre 70.000 euro annui andranno a incrementare la proposta nelle zone pedonali: 15 nuove "batterie" (cinque contenitori), simili a quelle già funzionanti al molo Audace e in via Torino, richiameranno 27.500 vuotature nei dodici mesi, attività da eseguirsi quotidianamente. In qualche modo agganciata a questo punto del programma è l'intensificazione delle vuotature dei cestini in centro: da piazza Venezia al borgo Teresiano ce ne sono 148, il piano mette in preventivo 2700 interventi in più al mese. Oltre a via Torino, le strade maggiormente interessate sono Cavana, piazzetta Barbacan, la zona Urban, le piazze Unità e Borsa, via Cassa di risparmio, via San Nicolò, piazza sant'Antonio, via XXX Ottobre, via Trento. Dal centro alle aree periferiche o semi-periferiche. Innanzitutto le vie ex Ezit passate sotto il Comune: si tratta di 130.000 metri quadrati di superficie e di 18,5 km di asfalto. Acegas imposterà un servizio con spazzatrice e operatore a terra equipaggiato con soffiatore. Attività analoga è pensata per quelle superfici di Porto vecchio "aperte", cioè il polo museale-espositivo (centrale idrodinamica, centro congressi, magazzino 26, bretella con largo città di Santos): interessati 61.000 metri quadrati e 2,7 chilometri di strade. Ultimo paragrafo sulle aree verdi. La riapertura di alcuni giardini interdetti per inquinamento, vedi il Tommasini e San Nazario, richiedono una riprogettazione degli interventi, che riguardano la pulizia dei sentieri e dei cestini. Nelle annate 2024-25 il servizio dovrebbe estendersi anche a Villa Necker e in via Marenzi dove è in atto la riqualificazione dell'ex Maddalena.
Massimo Greco
Conficoni (Pd)«A Trieste negativo il bilancio rifiuti»
«La comunicazione e la sensibilizzazione dei cittadini per l'aumento della raccolta differenziata dei rifiuti è sicuramente un fatto positivo, ma insufficiente per incidere concretamente su situazioni come quella di Trieste, rimasta decisamente indietro con il 44%, ben al di sotto della media regionale che sfiora il 70%. La Regione può e deve fare di più, per esempio legando i ristori a favore dei Comuni al raggiungimento di determinati obiettivi». Lo afferma il consigliere regionale Nicola Conficoni (Pd).
I ragazzi della Weiss puliscono il Parco Farneto con Legambiente
Si è svolta Ieri la grande giornata di pulizia del Parco Farneto di Trieste organizzata da Vallelata e Legambiente al termine di "Puliamo il tuo parco!". Alla giornata di pulizia hanno partecipato anche gli studenti dell'Istituto Comprensivo Tiziana Weiss abbinato al Parco. Agli studenti è andato in premio un percorso didattico sulle tematiche green tenuto dagli esperti di Legambiente.
Bambini e adulti uniti a Fernetti per la natura - la pulizia dai rifiuti
Un gruppo di una trentina di persone, fra piccoli alunni della scuola Alojz Gadrnik e operatori della Protezione civile locale, ha dato vita l'altro giorno a Fernetti alla manifestazione "Puliamo il mondo" su iniziativa di Legambiente, consentendo di liberare l'area dalle immondizie abbandonate.
(u.sa.)
SEGNALAZIONI - Piazzale Rosmini - Scelte incredibili nella gestione
Rivolgo alcune osservazioni sullo stato di piazzale Rosmini. La zona giochi del piazzale è stata recintata per sostituire i giochi vari e probabilmente per rifare la pavimentazione. Ottimo salvo che per un importo di 121.000 euro il giardino resterà chiuso per un anno? Inoltre il nuovo parco giochi non avrà le altalene. È evidente che chi ha fatto un tale progetto e chi lo ha approvato, non hanno né bambini e tantomeno nipoti. Ma come si fa chiudere un parco giochi per un anno? Lo trovo del tutto errato. Giorni fa una commissione circoscrizionale si è presentata nel giardino manifestando l'idea di realizzare un parco per cani. La loro motivazione è stata che alle 8 c'erano solo cani in giro con relativi padroni. Ma questi signori hanno pensato che alla mattina i bambini o sono a scuola o sono all'asilo? Ma dove vivono? Inoltre i bambini corrono e saltano su quello che rimane delle aiuole dove anche i suddetti cani fanno i loro bisogni, che non sempre vengono raccolti. Questo problema va risolto, è la salute dei nostri bambini. Sotto la scarpata, dietro la case Ater, c'è un terreno incolto abbandonato e infestato da ailanto e altre essenze spontanee. Ecco dove si potrà realizzare un parco per i cani. Basta pensare un poco. Grazie alla giunta Cosolini che aveva decretato che il giardino era contaminato fu chiuso e poi riaperto senza alcuna opera di risanamento adducendo strane teorie sull'inquinamento. Allora fu suggerito di ascoltare gli anziani della zona, quelli che nel 1945 assistettero ai bombardamenti del porto di Trieste. Gli anziani confermeranno che il terrapieno del giardino, che era una scarpata, fu realizzato con le macerie della fabbrica macchine Fmsa. Ecco da dove, a distanza di anni, sono saltati fuori gli inquinanti.
Giampaolo Rigutto
SKY TG24- SABATO, 9 ottobre 2021
Città e spazi verdi, Trieste e Torino le peggiori in Europa. La classifica
Secondo uno studio dell'ISGlobal di Barcellona, sono circa 43mila i morti che ogni anno si potrebbero evitare con più parchi e giardini in città. Tra i centri urbani peggiori anche Blackpool (Regno Unito) e Bruxelles (Belgio). La ricerca è stata effettuata in 31 Paesi europei, per un totale di 978 città e 49 aree metropolitane
IL PICCOLO - SABATO, 9 ottobre 2021
Porto e Capitaneria in prima linea per ridurre le emissioni inquinanti
Siglata un'intesa per convincere le compagine di navigazione a diminuire le concentrazioni di zolfo nei carburanti sia all'interno dello scalo sia in golfo
Trieste. Ridurre l'inquinamento da combustibile fossile per rendere il traffico delle navi meno impattante sul golfo di Trieste. È con questo obiettivo che Autorità portuale e Capitaneria di porto hanno firmato ieri il "Blue agreement", con cui puntano a convincere le compagnie di navigazione a diminuire la quantità di zolfo contenuta nel carburante non solo durante le operazioni in porto, come previsto dalla legge, ma dalle quattro miglia di distanza dalla costa fino all'attracco. L'intesa è stata siglata fra il presidente dell'Authority Zeno D'Agostino, il comandante del Porto di Trieste Vincenzo Vitale e il rappresentante degli agenti marittimi Paolo Spada, a conclusione della tavola rotonda organizzata al Barcolana Sea Summit sul tema dell'innovazione dei porti e della loro sostenibilità ambientale. «L'iniziativa - ha spiegato D'Agostino -è già applicata nei porti di Genova e Savona. Vogliamo incentivare l'utilizzo di carburanti a basso impatto, coinvolgendo armatori e agenti. L'adesione sarà volontaria, ma pubblicizzeremo molto chi lo sottoscriverà e chi no». Gli aspetti tecnici sono stati illustrati da Vitale: «L'obiettivo è convincere gli armatori a passare da un tenore di zolfo a 0, 1 anziché a 0, 5 non soltanto in porto ma anche entro le 4 miglia dalla costa. Questo riduce di molto l'impatto ambientale». L'asse per la sostenibilità fra Autorità e Capitaneria è stato ufficializzato a conclusione del dibattito sui porti del futuro, in cui D'Agostino ha raccontato dei «50 milioni a disposizione fra Trieste e Monfalcone per elettrificare le banchine», auspicando che gli scali diventino anche «produttori di energia, magari con sistemi fotovoltaici ed eolici off shore» e anticipando «la creazione di un mini impianto eolico sulla diga» che protegge i moli. L'ad di Acegas Roberto Gasparetto guarda le cose dal punto di vista di chi distribuisce l'elettricità: «Serve un approccio olistico che metta insieme porti e città. Dobbiamo fare in modo che l'accelerazione del Pnrr non sia traumatica: serve un potenziamento della connessione con le reti nazionali e un sistema elettrico che supporti le discontinuità che deriveranno dall'arrivo di una nave da crociera, che consuma da sola un sesto dell'intera città». Per la transizione si propone anche Snam con la controllata Renovit, il cui ad Cristian Acquistapace evidenzia la possibilità di dare il proprio contributo con «una riqualificazione profonda degli edifici nei porti, illuminazione efficiente e applicazione del fotovoltaico su parcheggi e coperture» .Non mancano però i problemi. Il presidente e ad dell'oleodotto Siot Alessio Lilli si è chiesto «quando passeremo da 40 a 20 milioni di tonnellate di greggio trasportato, quali saranno le alternative del porto per continuare a generare valore? Siamo chiamati ovunque a un salto quantico per ridisegnare il paradigma energetico, ma continuo a vedere scarsa immaginazione». Il presidente dell'Autorità portuale di Genova Paolo Emilio Signorini ha sottolineato quanto «la sostenibilità sia fondamentale per porti inurbati come Genova e Trieste. Giusto lavorare su gnl, elettricità e idrogeno, ma ogni intervento del genere costa decine di milioni e l'obsolescenza è relativamente rapida. La battaglia contro i combustibili fossili complica le cose». Il ragionamento è stato ripreso da Vitale, secondo cui «non c'è transizione senza passaggio momentaneo al gas liquido che ci porti verso i combustibili non fossili. Trieste ha un rigassificatore a pochi chilometri (a Veglia) che dovrebbe essere la nostra mucca». Un approccio pragmatico è stato suggerito anche dal presidente di Alpe Adria Maurizio Maresca, che ha invitato a ragionare anzitutto sulla ferrovia: «L'elettrificazione delle banchine va bene, ma è centrale l'ottimo lavoro sul fronte ferroviario che si sta facendo a Trieste: questo è il contributo che si può dare davvero all'ambiente, trasferendo i camion sui treni. Un lavoro che Genova deve ancora fare».
Diego D'Amelio
L'impegno del Governo per far viaggiare insieme sviluppo e sostenibilità
Trieste. «Cambiare i porti, in molti casi, vuol dire cambiare le città». Ed è quanto dovrà avvenire nei prossimi anni in Italia, «dove i porti sono inseriti nelle città», per rispondere alle sfide della transizione ecologica. Lo ha spiegato ieri il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, aprendo la sessione di lavoro dedicata proprio al tema dei porti verdi e delle città verdi del Barcolana Sea Summit. Nel nostro paese, «per molti le parole "infrastrutture" e "sostenibilità" non possono andare insieme», cosa che non succede a livello internazionale: «il cambio di nome del ministero è un segno della volontà del governo di muoversi su questa strada». Il governo, ha detto Giovannini, sta affrontando la questione «con uno stanziamento senza precedenti» grazie ai fondi del Pnrr, al fondo complementare italiano e a parte delle dotazioni del suo ministero. Ai porti sono destinati 4,2 miliardi di euro che si inseriscono «in un quadro più complessivo di transizione di tutti i nostri sistemi di trasporto: il 70% dei 632 miliardi assegnati al ministero sono infatti contributi alla lotta al cambiamento climatico». Questi investimenti, secondo Giovannini, «hanno a che fare non solo con il potenziamento e il rinnovo della flotta, ma anche con un'ampia operazione di elettrificazione delle banchine - che consentirà alle navi di spegnere i loro motori quando soo in porto e di ridurre l'inquinamento nelle nostre città - e con progetti per favorire l'uso di combustibili meno inquinanti e la ricerca di soluzioni più avanzate per le navi, come ad esempio l'idrogeno». Proprio la riduzione delle emissioni nel settore marittimo - assieme a quello del trasporto aereo e del riscaldamento delle abitazioni - «è centrale nel piano dell'Ue "Fit for 55", che prevede di ridurre del 55% la CO2 immessa in atmosfera entro il 2030», ha aggiunto il ministro. «Sappiamo - ha spiegato - che gli armatori e la ricerca stanno provando ad accelerare questa transizione, ma non tutte le soluzioni sono già disponibili: l'importante, però, è avere chiaro l'obiettivo». Il processo di transizione, ha detto ancora Giovannini, «non avviene solo vicino al mare: abbiamo bisogno di connettere i porti con le vie di comunicazione di terra, e il nostro piano su questo fronte è stato giudicato a livello europeo come il più avanzato, innovativo e sistemico». Grazie al Pnrr, ha concluso Giovannini, «connetteremo 11 porti, oltre a 11 aeroporti e 9 centri di scambio intermodale. Anche questo è un investimento senza precedenti, e abbiamo bisogno di utilizzare questa occasione per un ripensamento profondo della dell'intermodalità e della logistica: occorre capire il futuro dei nostri porti e cercare di operare in un ottica sempre più sistemica e non competitiva».
Daniele Lettig
Troppe barche abbandonate o in discarica - Progetto per creare una filiera del riciclo
Confindustria e Area Science Park insieme per risolvere il problema del fine vita dei natanti in vetroresina
Trieste. Ci sono fin troppe barche abbandonate nei prati e nei giardini del Carso, e sono solo la punta visibile di un iceberg. Dei sei milioni di barche, prevalentemente piccole, che compongono il parco nautico italiano ogni anno sono 80 mila quelle a fine vita e solo 2.000 vengono riciclate. Sono i numeri che fanno comprendere come sia indispensabile costruire una filiera che affronti, trasformandolo, l'intero processo che va dalla costruzione al fine vita delle imbarcazioni, con l'obiettivo di creare un sistema di economia circolare. È il tema che ha tenuto banco ieri al Barcolana Sea Summit, con una serie di sessioni dedicate al recupero e al riutilizzo dei materiali impiegati per la nautica, dalla fibra di carbonio alla più comune vetroresina. Il fine vita delle barche in vetroresina, che se non vengono abbandonate finiscono in discarica nel 90% dei casi, è un problema che va affrontato subito da tutti gli attori del processo produttivo, dalla ricerca e dai legislatori, chiamati a produrre norme ad hoc. Per affrontare la questione Confindustria Nautica - ha spiegato una sua rappresentante, l'imprenditrice Barbara Amerio - sta creando un Comitato per la sostenibilità che coinvolga il mondo della nautica nell'individuazione di soluzioni, che vanno dalla ricerca su nuovi biocompositi a quella sul riciclaggio, passando per una completa revisione del processo di progettazione, che deve orientarsi su barche che possano essere disassemblate. A fronte di un'industria che si sia fermando per mancanza di materie prime lo sviluppo di un'economia circolare è fondamentale, e per l'Italia la nautica dev'essere tra i settori che trainano il processo, sostiene Marcello Guaiana, tecnologo di Area Science Park. Proprio nel parco scientifico è stato avviato il programma di ricerca Refiber, che studia la fattibilità tecnico-economica e legislativa di una filiera del riciclo. Da Roberto Neglia, responsabile dei rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, arrivano un ammonimento e due suggerimenti. Il primo: negli ultimi anni ci si è concentrati molto sui procedimenti chimico fisici per trattare il materiale, che sono a buon punto, «ma rappresentano solo l'ultimo miglio: bisogna pensare alla navigazione d'avvicinamento». Due le proposte: l'istituzione di un'assicurazione per il fine vita del natante, da pagare annualmente così che il costo venga spalmato sui diversi proprietari, magari con un bonus per le barche il cui costo di smaltimento è inferiore; e un finanziamento, che potrebbe venire dai fondi del Pnrr, ai Comuni, per un piano di pulizia delle piccole barche abbandonate nei porti e nei litorali. Così si metterebbe in piedi un'industria del disassemblaggio. Le conclusioni a Gialuz: «Non esiste un piano B, dobbiamo strambare e assumerci tutti una responsabilità. Ma la tecnologia e la digitalizzazione hanno accelerato i processi, e ci saranno d'aiuto nell'accelerare la riconversione sostenibile».
Giulia Basso
Ferriera - Arvedi conferma 50 assunzioni oltre le 417 previste dagli accordi
Trieste. La conferma di 50 assunzioni in più rispetto alle 417 previste dall'Accordo di programma e la volontà di riportare tutti i cassaintegrati al lavoro entro settembre 2022. Sono gli impegni assunti dal gruppo Arvedi in un incontro tenutosi con le organizzazioni sindacali alla presenza dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. L'appuntamento è servito al consulente della società Mario Caldonazzo per fare il punto sugli aspetti occupazionali della riconversione. Oggi su 366 lavoratori della Ferriera, la società conta 235 unità al lavoro e 131 in cigs, cui vanno sommati i 31 dipendenti di Logistica giuliana (la branca che si occupa della banchina), 37 della centrale elettrica e 3 della controllata Siderurgica triestina, tutti in attività. L'impegno è riportare al lavoro entro settembre prossimo gli operai in cassa: saranno 116 su 131, perché 15 usciranno con prepensionamenti e incentivi. Se tutto andrà come promesso, il totale degli occupati a settembre farà 422: 5 in più di quanto previsto. I 116 saranno formati entro maggio (per una trentina il corso sta per cominciare). Arvedi ha confermato anche l'investimento di 7,5 milioni sulla banchina con i lavori di consolidamento della stessa e l'acquisto di due nuove gru. Caldonazzo ha spiegato che il completamento del piano industriale allegato all'Adp resta confermato per settembre 2022, quando entrerà in funzione il laminatoio potenziato. Ma l'area a freddo è destinata a un ulteriore incremento, grazie a un investimento da 100 milioni deciso dopo la firma dell'Accordo: l'azienda auspica che arrivino presto le autorizzazioni per realizzare il nuovo capannone con le ulteriori linee produttive, che permetteranno 50 assunzioni aggiuntive nel 2023. Caldonazzo ha assicurato che le maestranze saranno individuate rivolgendosi in primo luogo agli interinali cui non è stato rinnovato il contratto dopo la scelta di riconvertire la Ferriera. L'azienda si è detta fiduciosa sui tempi della sdemanializzazione, pur essendo ancora in attesa di questa procedura e delle firme ministeriali necessarie allo smantellamento definitivo di ciò che resta dell'area a caldo. In una nota congiunta Fim, Fiom, Uilm, Failms e Usb «giudicano l'andamento del piano positivamente. Auspichiamo si proceda velocemente sulla realizzazione della seconda linea di zincatura affinché l'ulteriore incremento occupazionale diventi acquisito». Come dice il segretario della Uilm Antonio Rodà, «non possiamo che chiedere a tutti gli enti di rilasciare quanto prima le autorizzazioni». Soddisfatta l'assessore Rosolen: «Arvedi garantisce la tenuta di tutto l'organico. È stato un incontro molto sereno».
Diego D'Amelio
IL PICCOLO - VENERDI', 8 ottobre 2021
L'appello degli scienziati per salvare mari e oceani «Il tempo sta per scadere»
Cambiamenti climatici e inquinamento da plastiche minacciano gli ecosistemi Sollecitate risposte rapide dai governi e scelte consapevoli da parte dei privati
Trieste. La drammatica accelerazione dei cambiamenti climatici e dei loro effetti sugli ecosistemi marini e terrestri richiede un'enorme accelerazione nelle risposte. E serve fare presto anche per contenere i pesantissimi danni prodotti dall'inquinamento e dalla dispersione di quantità allarmanti di plastiche. È il monito lanciato da ricercatori e scienziati intervenuti ieri a Trieste alla sessione di lavoro del Barcolana Sea Summit dedicata allo stato di salute di mari e oceani. Dal convegno internazionale, però, sono arrivate anche delle buone notizie: nel Pnrr sono previste infatti misure importanti per la tutela e la valorizzazione della risorsa marina, a partire da un grande progetto per il monitoraggio del nostro mare. «L'Italia è impegnata da tempo nella realizzazione di sistemi di osservazione marini e costieri con satelliti e in situ - spiega Stefano La Porta, presidente dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale -. La mappatura degli habitat marini e costieri verrà portata avanti fino al 2022 con le navi a disposizione e dal 2024 con navi di nuova generazione. Bisognerà lavorare molto per colmare le nostre grosse lacune per ciò che riguarda la conoscenza dei fondali e degli habitat marini di profondità. Solo così si potrà avere una maggiore efficacia dei progetti di ripristino degli ecosistemi marini e mettere a punto una serie di interventi per limitare le pressioni antropiche». Il 71% del nostro Pianeta è ricoperto d'acqua, rappresentata dagli oceani per il 97%: «Dobbiamo riuscire a comprendere come questo sistema funzioni e si alteri, o avremo perso molte delle nostre capacità di sopravvivenza», afferma Paola Del Negro, dirigente dell'Ogs. Il mare è una sorta di brodo primordiale, composto da miliardi di microorganismi che contribuiscono alla vita del sistema: la perdita di biodiversità riguarda spesso la vita microscopica. Ma ci sono anche elementi visibili a occhio nudo che si possono monitorare: «In quest'ambito un grosso contributo al lavoro dei ricercatori e alle loro campagne e stazioni di rilevamento può venire dai cittadini: un valido esempio è Avvistapp, l'applicazione per smartphone messa a punto dall'Ogs per segnalare in modo georeferenziato la presenza di specie aliene come la noce di mare. Solo con informazioni capillari e regolari nel tempo possiamo ipotizzare scenari futuri, e su questo Trieste, come Napoli, ha messo a punto dei sistemi efficaci che andrebbero esportati in altre zone costiere», afferma Del Negro. Perché il Pnrr e la strategia marina prevista dalla Comunità europea nel 2008 possano essere efficaci serve però uno sforzo notevole per mettere a sistema le forze dei diversi Paesi, uniformando protocolli e metodologie di monitoraggio e incrementando la condivisione dei dati sulla base di obiettivi comuni, sostiene Erika Magaletti dell'Ispra. Sono gli esseri umani, del resto, i principali responsabili dei problemi che affliggono il nostro mare: al Barcolana Sea Summit si è parlato di plastiche, inquinamento e diminuzione della biodiversità. La produzione di plastica continua ad aumentare di anno in anno: per attenuarne l'impatto ambientale, sostiene Francesca Ronchi dell'Ispra, serve che i governi regolamentino, con misure come la direttiva Ue che vieta la plastica monouso, che il mondo della ricerca studi nuove soluzioni, come le plastiche green, che la società civile faccia scelte di acquisto e consumo più consapevoli, e che il settore privato venga supportato nella riconversione dei processi produttivi, per esempio in direzione di imballaggi biodegradabili. Anche nel caso dei rifiuti di plastica che finiscono a mare e spesso s'incastrano nelle reti dei pescatori, servono degli incentivi perché vengano rilasciati a terra e non rigettati in mare. Tra gli inquinanti di cui si parla poco ci sono anche le creme e i prodotti solari, e in generale il mondo dei cosmetici. Ma anche qui c'è una buona notizia, e la porta Fabrizio Zago, certificatore Ecolabel: grazie ai big data e a modelli matematici ad hoc è assolutamente possibile ottenere prodotti efficaci che inquinino meno.
Giulia Basso
I dati Ispra - Rifiuti in spiaggia
Nel 2019 sono state 368 milioni le tonnellate di plastica prodotte, di cui circa il 50% per imballaggi. L'Ispra, che monitora i rifiuti sulle spiagge, rileva in media circa 400 oggetti su cento metri lineari: di questi circa 161 sono rifiuti di plastica. Siamo ben lontani dal limite massimo stabilito dalla Comunità europea, fissato in 20 oggetti ogni cento metri. Quanto ai rifiuti a mare, in Adriatico sono circa 300 al chilometro.
I criteri Ecolabel - I filtri solari
Ecolabel UE è il marchio europeo usato per certificare, in base a criteri scientifici, il ridotto impatto ambientale di prodotti o servizi. Sono appena stati adottati i nuovi criteri Ecolabel per i cosmetici, che includono anche creme e affini. Nel caso dei solari va fatta attenzione al fattore ambientale: ogni anno vengono immesse 14 mila tonnellate di filtri solari nell'ambiente, con danni alla fauna terrestre e marina.
Grande distribuzione - Bottiglie green
Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia, ha illustrato gli obiettivi di riduzione della plastica del leader della grande distribuzione. «Chiederemo all'industria di marca di usare plastica riciclata con una percentuale almeno del 25% entro il 2024: solo così le loro bottiglie entreranno negli scaffali dei nostri supermercati» a fianco di quelle a marchio Coop, realizzate in plastica 100% riciclata».
Le grandi imprese - Dal riciclo al biometano Le soluzioni sostenibili in cui credono le aziende
Trieste. Gli sforzi contro la crisi climatica e per un mondo più sostenibile non riguardano soltanto il settore pubblico, ma anche le compagnie private, che anzi devono esserne protagoniste, anche per renderne conto ai loro clienti, partner e azionisti: è quanto hanno messo in luce i rappresentanti di diverse realtà del mondo imprenditoriale, che si sono alternati ieri sul palco della seconda giornata del Barcolana Sea Summit. La prima in ordine di tempo, al mattino, è stata l'amministratrice delegata di Coop Italia, Maura Latini, che ha illustrato i nuovi obiettivi di riduzione della plastica di uno dei leader della grande distribuzione: «Coop - ha detto Latini - è un punto di convergenza tra il consumatore finale e il produttore iniziale, e perciò abbiamo una duplice responsabilità e un duplice obiettivo: incentivare e stimolare azioni di scelta e di acquisto consapevoli, e indirizzare i nostri fornitori verso produzioni sostenibili». Per questo, ha aggiunto, in base alle indicazioni della Pledging Campaign dell'UE, che mira a far crescere il mercato della plastica riciclata, «chiederemo all'industria di marca di usare plastica riciclata con una percentuale almeno del 25% entro il 2024: solo così le loro bottiglie entreranno negli scaffali dei nostri supermercati» a fianco di quelle a marchio Coop, realizzate in plastica 100% riciclata. Lucia Silva, Head of Sustainability and Social Responsibility di Generali, ha invece spiegato come il gruppo assicurativo abbia superato l'obiettivo di «investire 4,5 miliardi entro il 2021 in attività sostenibili» che si era posto nel precedente piano strategico, e ora si sta impegnando «sia come assicuratori che come investitori, a raggiungere la neutralità climatica legata ai nostri portafogli entro il 2050, il che comporta ripensare profondamente il modo in cui lavoriamo». Anche UniCredit - ha detto poi Roberta Marracino, Head of Group Strategy & Impact banking della banca - «si è strutturata per accompagnare propri clienti, in particolar modo le piccole e medie imprese, nelle loro traiettorie di transizione ecologica. Abbiamo rilevato sul campo come sia fondamentale instaurare un rapporto di collaborazione con i nostri clienti, parlando di obiettivi comuni su ambiente e ricadute sociali, e offrendo loro una consulenza orientata a un diverso modello di business». Su un fronte diverso è impegnata infine Snam, come ha ricordato il suo CEO Office Manager, Paolo Testini: «L'idrogeno e il biometano - ha spiegato - possono giocare un ruolo chiave per la decarbonizzazione dei porti, e Snam sta lavorando in questa direzione studiando soluzioni per il bunkeraggio e l'alimentazione delle navi ferme in banchina, progetti di mobilità sostenibile interna ed esterna ai porti, e azioni mirate di efficientamento degli edifici portuali».
Daniele Lettig
Se le sarde perdono peso la pesca deve farsi un "esame di coscienza"
Trieste. Dieci anni fa, le sardine del golfo di Trieste erano più grandi di oggi. Perché hanno perso così peso? Perché la pesca non sostenibile ha superato la pesca sostenibile. Questa situazione allarmante, delineata dal direttore generale dell'Ogs Paola Del Negro, può essere risolta solo dall'unione di scienza, pescatori e settore manifatturiero. Ieri sera nella sede della Capitaneria di porto si è discusso di "Sostenibilità ambientale nel settore della pesca e dell'intera filiera ittica", questo il titolo dell'incontro organizzato nell'ambito Barcolana e moderato dalla giornalista e conduttrice televisiva Donatella Bianchi, alla presenza anche del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli e del padrone di casa, il direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia Vincenzo Vitale. Il ruolo della Guardia costiera, che controlla la filiera ittica dalla pesca alla vendita (12 milioni di euro di sanzioni e 400 chilometri di reti illegali raccolte nel 2020), è solo un tassello di un enorme sistema che va però in parte ritarato oggi con nuove soluzioni affinché la sostenibilità venga messo al centro di tutto. Ma qual è la ricetta per una pesca sostenibile? Introdurre sempre più strumenti d'innovazione ha sottolineato il capo reparto di piani e operazioni del Comando Generale, l'ammiraglio Giuseppe Aulicino. Ma sono molti altri gli spunti emersi in questa occasione a tal proposito. «Sperimentare delle azioni pilota su base geografica - ha suggerito Giampaolo Buonfiglio, presidente dell'Alleanza Cooperative pesca -, formulate già in aree extra Mediterraneo: ad esempio stabilire delle quote di sforzo pesca e prodotto per nave». Il consumatore va educato all'acquisto ed è necessaria anche una formazione, ha sottolineato Bianchi. E se una delle soluzioni, a proposito di consumi, è mangiare più pesce allevato in modo sostenibile, il mangime stesso deve esserlo. Sul tema il ministro Patuanelli ha evidenziato che «un quinto del pescato viene trasformato per i mangimi usati per gli allevamenti». «Ecco quindi - ha detto - che l'innovazione dei mangimi avviene oggi utilizzando le proteine dagli insetti, le farine vegetali e altri ingredienti che dobbiamo rafforzare con delle politiche economiche a sostegno della ricerca e dello sviluppo. E proprio sostenere ricerca e innovazione - ha concluso l'esponente Cinquestelle del governo Draghi - è il miglior modo per incentivare la sostenibilità». A conclusione dell'evento sono intervenuti anche i rappresentanti della filiera dell'enogastroturismo. Con loro si è discusso delle rotte sensoriali della cucina circolare e della sostenibilità ambientale, per poi fare visita al pattugliatore Dattilo, ormeggiato a Trieste in occasione della Barcolana.
b.m.
Stazione ferroviaria nell'area di Servola Raggiunto l'accordo tra Authority e Rfi
Definita l'intesa per realizzare lo snodo al servizio di Molo VIII e futuri insediamenti industriali. Previsti fino a dieci binari
Trieste. Autorità portuale e Rete ferroviaria italiana hanno trovato l'intesa per l'accordo di partenariato legato alla realizzazione della nuova stazione di Servola, che occuperà parte dell'area a caldo in fase di smantellamento, mettendosi a servizio della Piattaforma logistica e dei nuovi comprensori che stanno sorgendo fra Aquilinia, Noghere e Bagnoli della Rosandra. Entro dicembre verrà definito il processo di attuazione per l'impiego dei 400 milioni del Pnrr destinati al porto di Trieste. In vista di quel passaggio, Authority e Rfi sigleranno un accordo simile a quello già stretto per il rifacimento della stazione di Campo Marzio. Il layout dello snodo di Servola è stato definito negli ultimi mesi, anche alla luce delle necessità espresse dal terminalista Hhla Plt e della consulenza tecnica dell'Università di Trieste. Per quanto riguarda l'area dell'ex Ferriera si tratta di realizzare il collegamento su ferro e lo svincolo autostradale che collegherà il comprensorio alla grande viabilità. Il confronto con l'Anas è anch'esso in svolgimento. I punti dell'intesa sono stati concordati nelle scorse settimane dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino con Anna Masutti e Vera Fiorani, rispettivamente presidente e ad di Rfi. La progettazione non verrà esternalizzata ma condotta dai due enti pubblici. A Rfi spetterà anche una parte dei lavori di costruzione, per i quali ci sarà una gara con affidamenti esterni. Ultimare i lavori richiederà tempo: l'obiettivo è il 2026 fissato dal Pnrr, ma anche con la corsia veloce decisa dal governo per le autorizzazioni bisognerà andare avanti a razzo. L'ipotesi più accreditata prevede al momento la realizzazione di 10 binari, con possibilità di formare convogli da 750 metri, la massima lunghezza oggi prevista. Servola diventerà lo snodo a servizio di Molo VIII, laminatoio Arvedi e Depositi costieri, ma anche l'infrastruttura da cui passeranno i treni provenienti dalle nuove aree di sviluppo del porto, come la banchina ungherese, l'impianto appena annunciato dalla multinazionale del tabacco Bat e il possibile laminatoio Metinvest, se mai il gruppo ucraino prenderà la decisione di insediarsi a Trieste. Se per Servola si progetta, a Campo Marzio le cose sono già in movimento sul terreno. A gennaio cominceranno i lavori sui binari della stazione, mentre per quelli lato porto si comincerà a metà dell'anno prossimo. L'obiettivo è terminare le due opere entro il 2023, automatizzando le manovre e riducendone i tempi. La road map fissa invece al 2025 l'unificazione delle due sale di controllo attuali (con gestione congiunta Ap-Rfi) e l'abbattimento del muro che oggi divide il doppio fascio di binari. Il regime di punto franco sarà in questo modo esteso a tutta Campo Marzio, che conterà a quel punto 16 binari di arrivo e partenza. La stazione continuerà a gestire i traffici ro-ro di Riva Traiana e dei moli V e VI, ma la sala operativa diventerà il cervellone dell'intero sistema, controllando anche i traffici dei nodi di Servola e Aquilinia. I programmi prevedono inoltre lo scavo di una galleria da 30 metri per garantire un nuovo accesso diretto dal Molo VII alla stazione. Il piano per Campo Marzio vale da solo 112 milioni, di cui 77 stanziati dall'Autorità portuale e il resto da Rfi, con un impegno assunto già prima del Pnrr. La parte a carico dell'Ap sarà coperta con una quota dei 180 milioni che il Fondo complementare del Pnrr prevede per lo sviluppo ferroviario e la riconversione di Servola. Gli altri 100 milioni serviranno per i costi della bonifica dell'area a caldo della Ferriera (30 milioni che i privati si vedranno restituire attraverso lo sconto sui canoni di concessione), la realizzazione di una cassa di colmata sotto la Piattaforma logistica e l'infrastrutturazione del terminal di terra di Servola, con la creazione dello snodo ferroviario e dello svincolo autostradale. Procedono intanto i lavori di Rfi per la rimessa in funzione della stazione di Aquilinia (costo 35 milioni: 27 a carico di Rfi e 8 di Ap), con termine previsto nei primi mesi del 2024. Lo snodo avrà 4 binari di arrivo e partenza. L'elettrificazione del binario da Servola fino ad Aquilinia è cominciata, poi da lì si procederà con locomotore diesel verso il terminal ungherese e i capannoni di FreeEste a Bagnoli, su binari che spetta all'Autorità portuale rimettere in funzione. Le opere sulla tratta per FreeEste dovrebbero partire entro un paio di mesi e concludersi entro il 2022. Ci vorrà un anno in più per il segmento che conduce alla futura banchina di Adria Port ad Aquilinia e da cui si diparte un ulteriore segmento che collega realtà come Illycaffè e Pacorini: l'Autorità sta valutando di ripristinare anche questo. Parte del sistema farà infine il binario che collega la zona delle Noghere.
Diego D'Amelio
«Bisogna agire su tutta la linea che dalla città arriva in Europa» - l'esperto di trasporti su rotaia Giovanni Longo
«Bisogna agire su tutta la linea ferroviaria che da Trieste arriva in Europa o i fondamentali investimenti sul porto non daranno i loro frutti». Giovanni Longo, docente dell'Università di Trieste esperto di trasporto su ferro, sottolinea che il raddoppio della capacità ferroviaria del porto è fondamentale per garantire il futuro dello scalo, ma che bisogna ragionare in ottica regionale per consentire ai treni di viaggiare spediti verso Austria e Slovenia, riuscendo a far convivere i convogli merci con quelli passeggeri. Lei ha applicato i suoi modelli ad Hhla Plt per lo sviluppo del nodo ferroviario di Servola. Cosa accadrà?«La nuova stazione potrà gestire 30 treni al giorno fra entrata e uscita. Sono molti da aggiungere in un sistema che ha già un carico importante di treni passeggeri e una linea risalente al 1857. Siamo partiti dalle stime di traffico della Piattaforma e abbiamo calcolato il totale dei movimenti ferroviari su base giornaliera e annuale, dimensionando la stazione di conseguenza. La stazione sarà un cuscinetto che permetterà di far partire i treni al momento giusto, senza intasare le linee o il terminal». Treni merci e passeggeri: come si fa a farli convivere?«Il Porto sta agendo in modo coordinato. C'è un'intensa interlocuzione tra Autorità portuale e Rfi per potenziare anche la linea fuori dal porto, intervenendo sulla linea di Aurisina, sui nodi di Cervignano e Udine, sulla Pontebbana. Va tutto messo in fila perché il sistema possa reggere l'incremento di traffico che Trieste attende. I modelli su cui lavoriamo permettono di individuare i colli di bottiglia e capire come rimuoverli». Cosa serve fare?«Non ha senso intervenire in un solo punto, il porto ad esempio. Bisogna agire su tutto il percorso che da Trieste porta verso l'Europa centrale o i soldi rischiano di essere gettati via. Se intervengo su tutta la linea accompagno la crescita dei traffici. Il dialogo con Rfi punta ad attuare al meglio i canali di finanziamento destinati a migliorare lo scorrimento dell'infrastruttura: servono potenziamenti tecnologici in tutto il territorio regionale, a cominciare dall'uso di nuovi sistemi di segnalamento che permettono una gestione efficace del traffico, riducendo il distanziamento fra un convoglio e l'altro. Altro lavoro va fatto per consentire il passaggio di treni più lunghi: oggi lo standard massimo è di 750 metri, che sono circa 150 metri di vagoni in più rispetto ai treni che partono oggi dal porto. Per farlo bisogna attrezzare alcune stazioni con un binario capace di ospitare un treno di questa lunghezza, in modo tale che possa accostare per far passare i treni passeggeri più veloci quando c'è questa necessità». Trieste saprà convincere Rfi a intervenire anche altrove?«Trieste ha le idee molto chiare su dove andare coi traffici e questo la rende credibile ai tavoli nazionali quando si parla delle cose da fare sul resto della linea. Le esigenze del traffico sono evidenti e l'arrivo di player come Amburgo dimostrano che il traffico c'è ed è garantito: questo dà credibilità al porto e sicurezze a Rfi per gli investimenti».
d.d.a.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 ottobre 2021
Cingolani al Sea Summit: piano anti-inquinamento per tutte le coste italiane
Il ministro intervenuto a Trieste con un videomessaggio: «Il mare risorsa primaria per assorbire la CO2. Per i porti puntiamo su rinnovabili e banchine elettrificate»
Trieste. Il mar Mediterraneo «è una delle più grandi riserve di biodiversità in assoluto» e per questo «ha necessità di una cura speciale per preservarlo dall'inquinamento e dalle catastrofi ambientali»: parola del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto ieri pomeriggio con un messaggio in video all'inaugurazione della prima edizione del Barcolana Sea Summit, l'evento collaterale alla regata di domenica dedicato alla sostenibilità degli ecosistemi acquatici. Dopo i saluti introduttivi di Mitja Gialuz, presidente del circolo velico Barcola-Grignano, del sindaco di Trieste e del presidente del Friuli Venezia Giulia, Roberto Dipiazza e Massimiliano Fedriga, dell'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, e del prefetto di Trieste, Valerio Valenti, nel suo breve saluto Cingolani - scusandosi di non poter essere presente a causa dell'intenso lavoro di preparazione in vista della conferenza sul clima COP26 che si terrà a Glasgow, in Scozia, il mese prossimo - ha raccontato che cosa sta facendo il governo «nell'ambito della pianificazione del Piano di ripresa e resilienza». La strategia messa in atto per centrare gli obiettivi concordati nell'accordo sul clima di Parigi - contenere l'aumento della temperatura terrestre entro +1,5 °C rispetto all'era pre-industriale - si basa su tre pilastri, ha detto il ministro. «Il primo - ha spiegato - è cambiare radicalmente il modo di produzione dell'energia, passando dalle fonti fossili alle rinnovabili: è certamente la cosa più semplice e immediata da fare, ma può aiutare soprattutto in settori come manifattura e mobilità, in cui per far muovere un sistema si utilizza carburante». Il secondo riguarda invece «la riduzione semi-attiva dell'anidride carbonica, cioè quello che comunemente viene chiamato "approccio circolare": riutilizzare e dare una seconda, terza, quarta vita ai prodotti, il che consente sia di risparmiare tanto la materia prima che la CO2 legata al processo di produzione». Il terzo, infine, è quello più vicino ai temi che saranno affrontati nel Sea Summit: «la riduzione passiva della CO2, cioè quella che riguarda la capacità del sistema naturale di assorbirla. Ciò significa tenere in buona salute il mare, la terra e le foreste, tre sistemi che garantiscono una formidabile cattura della CO2 e bilanciano le nostre emissioni». Il processo di transizione ecologica metterà assieme in modo equilibrato questi tre pilastri, su ciascuno dei quali il governo prevede di investire «una ventina di miliardi di euro», ha detto Cingolani. «Il mare - secondo il ministro - ha un ruolo importante» nell'ultimo dei tre, l'assorbimento della CO2: per questo, ha aggiunto, presto «lanceremo un programma che riguarda le coste italiane, che in tutto sono lunghe 8.800 chilometri» e rappresentano il principale sistema di cattura della CO2 del nostro paese. Sono inoltre previste diverse azioni sui porti, veri e propri «hotspot d'inquinamento», nell'ambito di un programma chiamato "Green ports", che prevede fra l'altro la creazione di «sorgenti di energia rinnovabile all'interno dei porti, la digitalizzazione delle operazioni, la creazione di isole di pannelli fotovoltaici sulle dighe foranee e l'elettrificazione delle banchine». Altre iniziative, ha concluso Cingolani, riguardano «la salvaguardia e il ripristino dell'alveo dei fiumi, anch'essi molto importanti sia per la biodiversità che per «la capacità di essere autostrade di trasporto». La prima riguarderà il Po, che attraversa la pianura padana, una delle aree più critiche del Paese, già oggetto di una procedura d'infrazione europea per l'inquinamento dell'aria. Lungo il suo corso, ha spiegato il ministro della Transizione ecologica, «sarà condotto un progetto di "rinaturazione", teso a ripristinare l'ambiente naturale» e a ridurre l'inquinamento provocato dai trasporti e dagli scarichi nelle città che attraversa.
Daniele Lettig
Danni da smog nei bambini. IRCCS capofila dello studio
C'è il brand del Burlo Garofolo su questa linea di attenzione clinica tradotta in un documento: asma e otiti, obesità, autismo, nascite prima del termine sono gli effetti negativi dell'inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini, ormai confermati da numerose evidenze scientifiche. Possono avere un impatto sulla salute in età adulta ma anche avere effetti trasmessi di generazione in generazione. A proporre azioni per preservare la salute dei più piccoli sono le principali società scientifiche in ambito pediatrico, promotrici di un documento di consenso dal titolo «Inquinamento atmosferico e salute nei 1000 giorni di vita». Il Documento di consenso «è focalizzato sull'inquinamento dell'aria dovuto a particolato atmosferico, biossido di azoto e ozono, prodotte da mezzi di trasporto, riscaldamento domestico e emissioni industriali»: lo spiega Luca Ronfani, dell'Irccs Burlo Garofolo di Trieste e referente scientifico del progetto.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 ottobre 2021
Investimenti ambientali in porto: patto fra Authority, Comune e Arpa - il protocollo
In agenda almeno 30 milioni dal ministero della Transizione ecologica
Per ora sono 30 i milioni stanziati dal ministero della Transizione ecologica, ma non è escluso che la dotazione possa salire fino a quota 40. L'Autorità portuale triestina, nel quadro del bando "green ports", ha già in saccoccia un rispettabile peculio da utilizzare per produzione di energia da fonti rinnovabili, efficienza energetica di edifici portuali, efficienza energetica dei sistemi di illuminazione, acquisto di mezzi elettrici, infrastrutture per la gestione elettrificata delle reti. Obiettivo: «potenziare i profili di sostenibilità ambientale», riassume il segretario generale dell'Authority Vittorio Torbianelli.I progetti dovranno pervenire a Roma entro il 2 novembre. Riguarderanno entrambi gli scali compresi nel perimetro amministrativo dell'Autorità, cioè Trieste e Monfalcone. Nella prospettiva di una gestione condivisa di queste linee di azione di evidente rilevanza nei contesti urbani nei quali sono compresi i porti - aggiunge Torbianelli - è stato ieri sottoscritto un protocollo d'intesa tra la stessa Autorità, il Comune triestino, l'Arpa. Il documento - rileva ancora il segretario generale - mira «a costruire un meccanismo di efficace collaborazione nell'implementazione e nel monitoraggio degli impatti diretti e indiretti degli interventi da realizzare». Sia l'Autorità che il Comune hanno diffuso comunicati per segnalare l'operazione compiuta. L'articolo 2 del protocollo cita, tra le attività cogestibili, il monitoraggio della qualità dell'aria e dei consumi energetici. Il Comune s'impegna soprattutto sul fronte degli atti autorizzativi di competenza - riporta l'articolo 3 - mentre l'Arpa fornirà un duplice supporto, di carattere tecnico per la valutazione comparata riguardante l'efficacia ambientale dei progetti e di carattere formativo per gli enti coinvolti. Referenti nell'attuazione e gestione delle attività sono Eric Marcone (Autorità), Giulio Bernetti (Comune), Stellio Vatta (Arpa).
magr
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 ottobre 2021
La viabilità frena il sì all'operazione Silos
La Regione chiede di aggiornare l'assetto in base allo sviluppo del Porto vecchio. Nuova autostazione all'aperto dietro l'edificio.
Gli urbanisti municipali, guidati dal direttore Giulio Bernetti, speravano fosse possibile fare l'en plein degli accordi di programmi raggiungendo quota tre entro la fine del terzo Dipiazza: dopo il Porto vecchio e l'ex Maddalena, sembrava profilarsi il classico filotto con la chiusura dell'eterna vicenda legata al Silos, che dura dal 1999. Speranza alimentata dall'apertura della conferenza dei servizi avvenuta lunedì 7 giugno. Le iniziative collegate al decollo del progetto vengono quotate oltre 100 milioni di investimenti; il progetto è iscritto nel Piano triennale delle opere per un valore di 17,6 milioni a carico del privato. Da allora nessuna notizia ufficiale mentre adesso emerge un quadro ufficioso: il fascicolo Silos avrà bisogno di alcuni ulteriori mesi per trovare la serenità. Perchè mancano ancora importanti addendi: la Regione Fvg, nel parere inoltrato lo scorso agosto, ha rilevato la necessità di aggiornare il piano della viabilità e di adeguare il progetto al Piano paesaggistico. Inoltre si è in attesa di ricevere le valutazioni di AcegasApsAmga in ordine alle reti di competenza (acqua, luce, fogne, gas).Non si tratta di prescrizioni invalicabili ma implicano un lavoro di parziale riscrizione: la Regione chiede coerenza tra l'assetto viario del Silos e il nuovo contesto urbanistico del Porto vecchio. Perchè il Silos non sarà - quando sarà - solo un grande contenitore di attività commerciali, di hotel, di sale convegni, ma anche un luogo di parcheggio e un terminal di autocorriere. In particolare, la stazione dei pullman non sarà più all'interno del grande hangar tra via Gioia e largo città di Santos, ma funzionerà "open air" sul fianco ovest del grande edificio, in quella zona incolta chiusa da una cadente cancellata che si estende fino al muro perimetrale di Porto vecchio. Non è la prima volta che il trasporto pubblico rallenta il procedimento: era già accaduto nel 2018, quando essendo diventato il Silos centro intermodale di primo livello, occorse adattare il progetto alla nuova normativa. Una volta che lo studio Archea di Latisana avrà apportato gli adeguamenti richiesti, il faldone Silos, per trasformarsi in accordo di programma, dovrà transitare per le aule del consiglio comunale, in quanto variante al Piano regolatore e al Piano del commercio. Coop Alleanza 3.0, che dopo il fallimento di Unieco ha assorbito l'operazione Silos, intende mantenere un profilo prudente, viste le tante disillusioni accumulate in 22 anni di storia progettuale: il gruppo - riporta una nota trasmessa da Bologna - «sta seguendo tutte le procedure indicate dalle istituzioni e confida, nell'ottica della massima collaborazione con le autorità, che l'iter proceda nei tempi previsti». In merito a questi «tempi previsti, Coop Alleanza 3.0 auspica che «ci possano essere le condizioni per avviare i lavori entro il 2022».Insomma, il Silos non smentisce questa sua ultra ventennale vocazione di "riottosità". Come prima accennato, il piatto forte del progetto è rappresentato dal centro commerciale, che vanterà una disponibilità di spazi superiore ai 15.000 metri quadrati di superficie (non solo alimentare). Poi un hotel "quattro stelle" (dirimpettaio del futuro albergo ottenuto all'interno di palazzo Kallister), 800 stalli di parcheggio, tre sale convegni di differenti dimensioni che - insieme al terminal pullman - saranno proprietà comunali.
Massimo Greco
La demolizione della Tripcovich non inciderà sui percorsi dei bus
Due mesi per la definizione del piano d'abbattimento, poi la gara
L'abbattimento della sala Tripcovich non dovrebbe avere ripercussioni sull'assetto viario collegato al Silos. I pullman continueranno a passare da largo Santos, anche col terminal "all'aperto" di fresca edizione. Stessa cosa per i bus di Trieste Trasporti. Giulio Bernetti, direttore dell'Urbanistica municipale, riepiloga il quadro-Tripcovich: incarico allo studio Mads per demolire il manufatto anni Trenta, un paio di mesi per l'elaborazione del progetto, gara da 800.000 euro per la demolizione, poi avanti con il piano Kipar, l'architetto tedesco incaricato di redigere il masterplan del Porto vecchio. Perchè in realtà Kipar esce dai varchi del vecchio scalo per occuparsi delle immediate adiacenze, tra cui rientra largo città di Santos. È quindi probabile che il progetto elaborato un paio di anni fa da Lorenzo Gasperini, nel quale rientrava il trasferimento del monumento a Sissi al posto della Tripcovich, lasci il posto a una nuova elaborazione, che dovrà ottenere il placet della Soprintendenza. È opportuno chiarire che la sequenza prima enunciata da Bernetti è vincolata a una condizione, cioè che Dipiazza rimanga sindaco. In caso contrario, la demolizione dell'ex stazione delle autocorriere riedita in versione teatrale all'inizio del decennio Novanta non è affatto scontata. La questione-Tripcovich è sul tavolo dall'autunno 2018 quando il Comune scambiò con il Verdi un capannone delle Noghere per avere la sala. Dipiazza ha sempre voluto l'abbattimento dell'edificio disegnato da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, nonostante le resistenze ministeriali dell'autunno 2019.
magr
Donati 250 chili di tappi di sughero per sostenere "Via di Natale"
L'iniziativa solidale della famiglia Devetak per ricordare la mamma e nonna Helka
Savogna. Oltre 250 chili di tappi di sughero, ma anche diverse offerte in denaro. È quanto ieri sera la famiglia Devetak di San Michele del Carso, titolare della rinomata Lokanda, ha potuto donare a Tappodivino, che attraverso la raccolta dei tappi sostiene Via di Natale e le sue iniziative benefiche. L'occasione è stata, ancora una volta, la serata organizzata alla Lokanda Devetak 1870 di San Michele del Carso in ricordo dell'amata mamma e nonna Helka, scomparsa a causa di un tumore nel 1998. Dall'anno successivo i suoi cari hanno sempre voluto abbinare al suo ricordo un'azione a favore del prossimo, di chi soffre, organizzando momenti culturali e raccolte di fondi. Così nel parcheggio del locale - rigorosamente distanziati, all'aperto, e nel rispetto delle norme anti Covid - si sono date appuntamento circa quaranta persone, oltre ovviamente ai figli e nipoti di Helka, e ai rappresentanti isontini dell'associazione Tappodivino, Cristina Suligoj e Alessandro Leghissa. A loro due è spettato presentare l'attività del sodalizio, e ricordare come negli anni siano stati raccolti, attraverso i tappi di sughero, ben 100 mila euro, principalmente a favore di Via di Natale. La Lokanda Devetak ne ha conferiti ben 250 chili, raccolti nel corso del tempo in ben 14 sacchi, e anche qualcuno dei presenti ha dato il suo contributo. Altri invece hanno depositato in una cesta un'offerta in denaro. «Per noi è stata una grande soddisfazione, e un bel modo di ricordare Helka», spiega Tatjana Devetak, mentre il padre Avgustin ha ringraziato tra gli altri i donatori di Savogna che hanno contattato Tappodivino, e l'associazione sportiva Soca che ha messo a disposizione il furgone per il trasporto dei sacchi. Ad allietare la piccola cerimonia, poi, la splendida voce di Tjasa Devetak, nipote di Helka, che ha accompagnato il momento in cui i tappi sono stati consegnati.
Marco Bisiach
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 ottobre 2021
Residenti e turisti a scuola di ambiente sulla Trieste-Grado
Le attività di biologi, veterinari e studenti volontari dell'Associazione DelTa a bordo dell'Adriatica grazie alla collaborazione dell'Apt
La Trieste-Grado "cuore" di un progetto di sensibilizzazione sull'ambiente. L'Apt ha rinnovato la collaborazione con l'Associazione DelTa per sensibilizzare appunto i più giovani e non solo sulle caratteristiche e le problematiche del sistema marino. A bordo dell'Adriatica, si legge in un comunicato, turisti e cittadini hanno avuto così la possibilità di partecipare attivamente alle attività proposte segnalando la presenza di cetacei, tartarughe marine, meduse e altre specie "aliene" attraverso l'app "avvistApp" (ideata dall'Ogs nel 2019), e, allo stesso tempo, di confrontarsi su diverse questioni in materia di ambiente marino con i volontari dell'organizzazione, presenti a bordo una volta alla settimana. Da cinque anni, infatti, la DelTa (Delfini e Tartarughe del golfo di Trieste), composta da biologi marini, veterinari e studenti universitari, opera nella divulgazione scientifica e nella tutela dei mari e, grazie alla collaborazione dell'Apt Gorizia, durante la stagione estiva è presente appunto sulla Trieste-Grado. Quest'anno, insieme ad altri 19 enti di ben 11 paesi sul Mediterraneo, la DelTa è stata selezionata anche per il "Mediterranean Action Day 2021", organizzato da Mio-Ecsde con il supporto del programma Life europeo, per promuovere il progetto "Ocean Influencers". L'obiettivo è sviluppare dei contenuti multimediali da diffondere sui social. Un nucleo di giovani selezionati e preventivamente formati è stato incaricato di intervistare la cittadinanza in occasione di grandi eventi (Barcolana, Trieste Next, eccetera), ma anche durante la Trieste-Grado. Vi hanno partecipato un gruppo di allievi delle terze del Deledda- Fabiani, un altro gruppo di futuri biologi ambientali, attuali studenti universitari del corso di laurea in "Ecologia dei cambiamenti globali", e di un terzo gruppo di iscritti al Master in Comunicazione della scienza "Franco Prattico" della Sissa, oltre ad alcune ragazze di Friday for Future Trieste.
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 ottobre 2021
Raccolti al Lido di Staranzano 25 metri cubi di rifiuti - iniziativa di Legambiente
Materassi, pneumatici, sedie, taniche, tantissime bottiglie di plastica, polistirolo oltre a una montagna di rifiuti indifferenziati, pezzi metallici, vetro e una boa grandiosa. È quanto raccolto da oltre 70 persone che si sono presentati ieri mattina al Lido di Staranzano muniti di guanti, scarpe robuste, qualche borraccia d'acqua. Ha avuto successo, dunque, l'iniziativa nell'ambito della campagna "Puliamo il Mondo" promossa da Legambiente circolo Zanutto di Monfalcone e organizzata con il patrocinio del Comune, la Pro loco, i giovani della Croce Rossa Comitato di Monfalcone, le associazioni Attic e NOPlanetB e Isontina Ambiente. "Qualcuno la raccoglierà", il motto di questa 29ª edizione, è stato un messaggio chiaro per la comunità dei volontari intervenuta a eliminare i rifiuti, oltre a essere un gesto di responsabilità per scoraggiare comportamenti incivili. La zona della pulizia è stato un tratto di costa compreso dal Bosco degli Alberoni fino a Punta Barene e l'impegno degli "spazzini dell'ambiente" si è mostrato più gravoso delle previsioni. Sono stati rimossi, infatti, più di 25 metri cubi di rifiuti in un centinaio di sacchi. Spiega Michele Tonzar di Legambiente: «Quello che facciamo adesso lo troviamo 20/30 anni dopo. Poi abbiamo recuperato una ventina di boe e le consegneremo ai proprietari delle coltivazioni di mitili. Quella di oggi è una mobilitazione anche per il clima e un'azione nel segno della concretezza, del buon esempio e dell'inclusione sociale. Nel saluto del sindaco Riccardo Marchesan, dell'assessore all'Ambiente Andrea Corà e dei responsabili delle associazioni abbiamo presentato la giornata ricordando la grande manifestazione dei giovani a Milano con Greta Thunberg e Vanessa Nakate e messo assieme questi comportamenti virtuosi dei giovani perché ne va del loro futuro. Questa seconda giornata di pulizia- afferma Tonzar - ha preceduto quella con i ragazzi delle medie che hanno manifestato passione, interesse e cura dell'ambiente. Un ottimo segnale perché significa che stanno prendendo coscienza della situazione del territorio». Dopo Staranzano altri eventi previsti sono l'8 ottobre a Grado, il 9 a Doberdò e a data da stabilire, a Gradisca.
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - SABATO, 2 ottobre 2021
La Regione su A2A indica la strada. Riconversione con compensazioni - Una risposta all'interrogazione del forzista Nicoli
L'assessore Scoccimarro cita progetto di rigenerazione e aree della centrale a disposizione della città
È Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, a dettare la rotta su quanto accadrà dopo il «giudizio positivo» del Ministero della Transizione ecologica sul procedimento di Via per la riconversione a metano della centrale A2A. Lo fa in replica all'interrogazione con risposta immediata in aula, a Trieste, del capogruppo forzista Giuseppe Nicoli. «Il proponente dovrà confrontarsi con il Comune, il Consorzio di sviluppo economico e l'Autorità di sistema portuale e presentare due o tre soluzioni progettuali di ripristino e recupero ambientale, paesaggistico o produttivo delle aree», scandisce. Nella fase di decarbonizzazione la Commissione Via statale ha imposto un Piano di dismissione di opere e impianti, con la previsione di liberare il fronte mare per renderlo fruibile a nuovi insediamenti. A sua mitigazione, sempre Scoccimarro, interventi di compensazione con un progetto di rigenerazione territoriale, condiviso con gli enti, che renda di fruizione pubblica alcune aree della centrale e quelle immediatamente retrostanti. Sempre in risposta a Nicoli l'assessore ha ricordato che l'amministrazione comunale ha già manifestato l'intenzione di arrivare a un accordo di programma per anticipare la chiusura della centrale a carbone entro il 31 dicembre. A margine, la vicenda dell'escavo portuale: la Regione ha ribadito al Governo, trovando sponda, la necessità di superare l'empasse con uno sforzo sinergico di tutti gli attori. Anche qui con un accordo di programma, ma Scoccimarro attende «da mesi le determinazioni del Provveditorato alle opere pubbliche». Nicoli si è dichiarato «soddisfatto delle risposte esaurienti»: «Alla mia specifica domanda su come si posizionasse la Regione rispetto alle dichiarazioni del Comune, con il sindaco pronta a chiudere la centrale per far spazio alla crocieristica, Scoccimarro ha in sostanza riferito che l'amministrazione Cisint si è presentata a tutti i tavoli di confronto, dove si è espressa concordemente a quelle linee». «Quindi - prosegue - un sindaco di lotta quando si tratta di dichiarazioni alla stampa, di governo quando si trova ai tavoli istituzionali». E ancora: «A maggio la conferenza di servizi ministeriale dove si discutevano gli elementi di modifica del decreto Aia 50 del 2020, che A2A aveva impugnato al Tar, si era conclusa con parere favorevole unanime, Comune compreso». «Resta da capire - conclude l'azzurro - come il progetto di riconversione, all'insegna dell'utilizzo futuro di idrogeno, si possa conciliare con il fantomatico progetto di una stazione croceristica». Invece il sindaco Anna Cisint ribadisce il proprio impegno: «L'amministrazione comunale farà tutto ciò che è legittimamente possibile per scongiurare l'insediamento di un nuovo impianto energetico a combustibile fossile». Con una «linea chiara, coerente e motivata, a differenza di coloro che, in modo ambiguo, improvvisano preoccupazione», dice scagliandosi contro l'opposizione e rammentando che «Moretti non ha mai nascosto l'appoggio al nuovo impianto e ha salutato con soddisfazione la concessione della Via». «Non sono quindi assolutamente credibili - arringa - gli esponenti locali del Pd che ora si ergono a difesa del territorio. E lo stesso vale per il M5S, cui do atto che qui e in Regione si sono sempre ritrovati sulle nostre posizioni, ma non a livello governativo. Patuanelli non si è mai pronunciato in modo chiaro in appoggio all'azione del Comune, pur essendo stato più volte coinvolto». Cisint quindi rinnova il «no del Comune a ogni impianto con carburante fossile» e la «richiesta di dismettere a fine anno il carbone».
Tiziana Carpinelli
Piscina terapeutica: oltre novemila firme
Chiusa la raccolta delle sottoscrizioni da parte del comitato che reclama il ripristino o un impianto "bis" a Campo Marzio
Ha superato quota novemila firme la petizione che reclama il ripristino o la costruzione, meglio se nella stessa zona di Campo Marzio, di una nuova Acquamarina. Il Coordinamento "Nuova piscina terapeutica" concluderà in via definitiva questa mattina la sottoscrizione avviata nel luglio del 2020 a un anno dal crollo del tetto dell'impianto. Il raggiungimento delle novemila sottoscrizioni verrà celebrato dalle 10 alle 12 con un banchetto in piazza della Borsa, nella zona della Camera di Commercio. «È stata una raccolta firme che ha consentito di tenere alta l'attenzione sul tema Acquamarina - spiega la portavoce Federica Verin - rendendolo inoltre centrale in questa campagna elettorale. Un ringraziamento straordinario va alle oltre 20 associazioni che ci hanno delegato. Vogliamo dare metaforicamente un abbraccio ai tanti volontari: ex utenti, genitori e ragazzi con disabilità che quotidianamente si sono impegnati per sostenerci in prima linea. Nulla senza di voi, nulla senza noi tutti insieme. Queste novemila firme sono il risultato di una comunità che su temi così importanti sa essere squadra. Siamo una compagine di persone tutte diverse, con idee differenti in molti ambiti ma tutte accomunate dal desiderio di ridare alla città di Trieste non una piscina qualsiasi ma la piscina terapeutica talassoterapica che ci serve». Nei giorni scorsi si era tenuto anche un incontro tra il comitato e l'attuale sindaco Roberto Dipiazza. Inizialmente, visto il periodo elettorale, la volontà era di mantenere il riserbo sulla riunione, ma la notizia è stata diffusa e resa pubblica in queste ore pre-voto da un candidato al Consiglio comunale. Si tratta di un incontro successivo a quello dello scorso aprile con l'allora dirigente dei Lavori pubblici Enrico Conte, ora in pensione. Verin conferma l'avvenuta riunione: «Ci spiace che ciò sia avvenuto solo a ridosso delle elezioni perché avremo potuto, sin da subito, fare un buon lavoro mettendo a sistema il nostro know-how su temi così delicati». Nel corso dell'incontro, per quanto è dato sapere, è stato ribadito che al momento attuale ci sono due proposte: quella degli spagnoli di Supera e quella di Terme Fvg. «Abbiamo visto dei rendering, alcuni dei quali risalenti ad ottobre 2020 - riferisce in proposito Verin - ma siamo ancora molto lontani da quelle che sono le necessità. Come detto, deve essere un progetto sociale con tariffe popolari e fisiocure convenzionate. Preferiremmo restare nella zona di Campo Marzio, dove insistono diverse aree degradate e certamente riutilizzabili in funzione terapeutica, consentendo ad anziani e persone con disabilità di restare in un'area più centrale rispetto al Porto vecchio. La nostra migliore proposta era ed è il recupero del Mercato ortofrutticolo, ma l'amministrazione ha evidenziato in maniera generica delle criticità di non rapida soluzione. Una riqualificazione completa di Acquamarina e una sua implementazione in termini di spazi, sfruttando il parcheggio esterno alla struttura con rinnovo pluriennale della concessione con l'Autorità portuale, potrebbero essere una buona soluzione a patto che il rilascio dell'area in oggetto, da parte dell'autorità giudiziaria, arrivi nel breve periodo».
Andrea Pierini
Ritorna "Draga in festa" con le letture sul prato e le visite alle "jazere" - Domani dalle 10 alle 18
Escursioni alle "iazere" con Legambiente, passeggiate per famiglie con giochi per bambini ed esperienze sensoriali ispirate alla pedagogia del bosco, Orientwalking, visita a un'azienda agricola, letture sul prato con Susanna Rigutti (autrice de "Le lunghe notti di Efa, la Signora del Lanaro"), laboratori creativi tiro con l'arco, pratiche di yoga e meditazione e musica itinerante con The Holy Smog. Tutto questo e molto altro attende i partecipanti a Draga In Festa, "Open Day in programma domani dalle 10 alle 18 (in caso di maltempo il 10 ottobre). «Il progetto, ideato da Arci Servizio Civile, Bioest, Legambiente e MaiDireMai - spiega Giuliano Gelci - intende promuovere il territorio con attività che mostrano sempre più attenzione all'impatto ecologico e sociale: turismo eco-sostenibile, prodotti a Km0, gruppi di acquisto solidale». L'evento coinvolgerà tutto il paese attraverso l'apertura delle abitazioni private dei residenti che vorranno partecipare offrendo i loro prodotti o illustrando attività di artigianato. Il programma prevede alle 10 un percorso didattico di orienteering e allenamento per iscritti Fiso a cura di Cral TriesteTrasporti (info triesteoweek@gmail.com). Seguirà alle 10.30 una Spasseggiata per famiglie a cura dell'associazione "La Cordata". Alle 11 invito al karate a cura di Shinryukaratetrieste e Action painting su abito con Fedele Boffoli e Raffaella Mates. Si andrà poi alla conoscenza delle piante spontanee. Alle 14, presentazione del progetto "CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi" a cura di Museo della Bora e MaiDireMai. E' possibile prenotare pranzi e cene alla Locanda Mario (telefono 040228193). Informazioni al numero 3287908116.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - VENERDI', 1 ottobre 2021
«Tariffe inadeguate ai rincari: Magazzino 26, gara da rifare»
Le categorie edili, rappresentate da Ance Alto Adriatico e Assistal nazionale, contro l'appalto da 22 milioni per il Museo del mare firmato Consuegra
Due grane bollate da parte di edili e costruttori di impianti sull'appalto principale del Dipiazza ter. L'Ance dell'Alto Adriatico e il sodalizio dei costruttori di impianti affiliato a Confindustria, l'Assistal, hanno inviato agli uffici del Comune un invito a rivedere il bando di gara per il polo museale di Porto vecchio: si tratta del colossale appalto da 22 milioni per il progetto dell'architetto sivigliano Vazquez Consuegra al Magazzino 26, che lunedì vede chiudersi i termini di presentazione delle proposte. Le categorie imputano al Comune di non aver tenuto conto del boom dei prezzi delle materie prime e delle loro ripercussioni sul prezziario regionale degli appalti, e chiedono di sospendere o ritardare i termini. La richiesta è attualmente al vaglio degli uffici. La lettera dell'Ance Alto Adriatico, firmata dal presidente Elvis Santin, è stata inviata il 28 settembre agli uffici e per conoscenza al sindaco Roberto Dipiazza e all'assessore Elisa Lodi. Santin fa notare come i prezziari utilizzati siano quelli della Regione del 2020 e quello del Comune (risalente al 2018): «Non tengono ovviamente conto dei noti ed eccezionali aumenti dei prezzi dei materiali da costruzione registrati a partire dagli ultimi mesi del 2020», scrive Santin. L'Ance osserva poi che i progettisti hanno «adottato una riduzione percentuale del 7,10% sui prezzi da loro indicati»: per farlo hanno fatto riferimenti a precedenti appalti comunali con ribassi superiori al 10%. La categoria osserva che si tratta di lavori quasi tutti (escluso uno) eseguiti nel 2019 e nel 2020: «Emerge con palese evidenza come si tratti di precedenti largamente superati alla luce delle nuove condizioni di mercato verificatesi a partire dagli ultimi mesi del 2020, in cui si è dapprima registrata una carenza di materie prime e poi un'impennata clamorosa dei prezzi, tanto da indurre il governo a emanare legislazione emergenziale ad hoc». L'Associazione nazionale di costruttori impianti e servizi di efficienza energetica (Assistal), interviene con una lettera firmata dal presidente Angelo Carlini il giorno successivo: «Diverse imprese associate ci hanno segnalato l'impossibilità di partecipare alla gara de qua a causa di rilevanti, oggettive illecite circostanze contenute nei documenti di gara», scrive. Il testo della lettera ricalca nei temi quella di Ance: «Non v'è chi non veda - vi si legge - come risulti assolutamente incongrua ed illegittima l'osservazione dei prezzi di aggiudicazione di gare precedenti laddove non ricorrevano aumenti di sorta dei prezzi dei materiali medesimi». La categoria chiede quindi al Comune di correggere il tiro, «anche tramite la previsione di una opportuna proroga dei termini per la presentazione delle offerte, onde consentire una pacifica partecipazione da parte degli operatori interessati». La comunicazione è attualmente al vaglio degli uffici comunali: il nuovo prezziario regionale è stato deliberato a fine luglio, pressoché in contemporanea all'ultimazione della gara: il bando era stato pubblicato alla fine di agosto. L'assessore Lodi commenta con un occhio rivolto al voto imminente, conscia del peso dell'opera per la giunta: «Si tratta di un importante appalto per il Comune e le osservazioni contenute nella lettera sono state lette con attenzione. Per questo ho subito chiesto un confronto agli uffici, ma il mio ruolo politico mi impedisce di intervenire direttamente, altrimenti commetterei un reato. Chi promette il contrario (in questo e altri appalti) prende soltanto in giro gli elettori».
Giovanni Tomasin
F2i trasferisce traffici in porto e pensa all'acciaio di Arvedi
Masucci: «Stiamo valutando di dirottare i prodotti a Portorosega», rottami coils e prodotti finiti. In arrivo attrezzature. Trieste anticipa i progetti per lo scalo
F2i holding portuale, emanazione del fondo di investimento F2i Sgr, proprietaria di Compagnia Portuale e MarterNeri nel porto di Monfalcone, è pronta a investire e a portare nuovi traffici e occupazione nello scalo di Portorosega. Mercoledì sera Umberto Masucci e Alessandro Becce, rispettivamente presidente e amministratore delegato di F2i HP, hanno ribadito le intenzioni del network durante l'evento organizzato dal Propeller club di Monfalcone nella sala conferenze del Marina di Lepanto. Già nei mesi scorsi la società controllata dal fondo aveva fatto sapere di puntare in maniera importante su Portorosega, mentre mercoledì sono emersi alcuni dettagli nell'ambito del nuovo quadro macroeconomico descritto dall'ad Becce. «Stiamo valutando di dirottare traffici di Arvedi su Monfalcone» ha detto il presidente Masucci. Come accennato nelle scorse settimane, è probabile che da Marghera si dirottino rottami e coils, ma anche prodotti finiti, che fanno parte dei traffici legati alle acciaierie di Cremona. Non è escluso, peraltro, che si decida di mettere a disposizione il network di F2i per traffici legati al laminatoio a freddo di Trieste». A inizio settembre un grosso carico speciale è stato spostato dalla Liguria al porto di Capodistria a causa dell'intasamento delle autostrade e più di qualche operatore ha iniziato a chiedersi se Portorosega non possa costituire un'alternativa a questo tipo di merce, persistendo le difficoltà nell'area dell'alto Tirreno.«In realtà anche questa è un'ipotesi - ha spiegato l'ad Becce -. Ci stiamo lavorando. Vorremmo portare a Monfalcone project cargo e per questo stiamo per comprare macchinari e attrezzature di banchina necessarie. Non sono operazioni che si fanno in pochi giorni, ci vuole tempo, ma è quello che faremo». Per Monfalcone le buone prospettive derivano anche dalla crescita a livello globale del settore delle rinfuse solide, ma anche del quadro di aggregazioni tra operatori che si sta seguendo nello scalo isontino. Ormai una necessità strategica per il sistema economico italiano che conta 54 scali portuali contro i 25 in Francia e i 40 in Spagna. È proprio il ruolo di F2i HP potrebbe giocare un ruolo decisivo a Monfalcone con due strutture complementari integrate, la crescita di spazi operativi e la gestione del 75% del traffico.«Importiamo materie prime ed esportiamo simboli della competitività italiana, quindi un qualcosa che va al di là del semplice caricare e scaricare navi» ha sottolineato Becce. «Un movimento profondo è in atto e l'area sta diventando attrattiva grazie alla collaborazione di un sistema» ha detto invece Vittorio Torbianelli, segretario generale dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale. «Sono stati fatti grandi passi in avanti, siamo partiti da un porto con grandi professionalità ma caratterizzato anche da problemi di mancati investimenti, da un escavo fermo da vent'anni. Adesso intravvedo opportunità che non coglievo anni addietro» ha detto il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, intervenuta all'incontro. Ieri, intanto, si è tenuto il Comitato di gestione dell'Autorità portuale, a cui ha partecipato anche il sindaco Cisint, durante il quale è stato comunicato che si è deciso di anticipare (al 2021) la progettazione di alcune opere per il porto, come l'elettrificazione delle banchine. Avviate anche le gare per i lavori di manutenzione sugli asfalti, l'illuminazione e il piano della sicurezza, per un importo superiore al milione di euro. La riunione è servita ad approvare l'aggiornamento del Programma triennale dei lavori pubblici 2021/2023 e del programma biennale degli acquisti e forniture.
Riccardo Coretti
Raccolta dei rifiuti in località Rivalunga con Legambiente
Domani l'iniziativa che rientra in "Puliamo il mondo" Ritrovo dei volontari alle 9. Si consiglia l'iscrizione
STARANZANO. A distanza di una settimana, prosegue la campagna "Puliamo il Mondo" sulle coste del litorale promossa dal Legambiente Zanutto di Monfalcone. Domani tocca a Staranzano in località Rivalunga (zona Alberoni) per ripulire una zona quasi sempre abbandonata che si estende verso la località di Punta Barene. L'appuntamento per i volontari è alle 9 per l'accoglienza e la registrazione dei partecipanti, alle 9. 30 iniziano le pulizie e alle 12 conclusione dell'evento. Per motivi organizzativi si consiglia l'iscrizione tramite l'e-mail del Circolo: monfalcone@legambientefvg. it oppure chiamare al cell. 328/3648063. La manifestazione viene organizzata con il patrocinio del Comune in collaborazione con la Pro loco, i giovani della Croce Rossa comitato di Monfalcone, le associazioni Attic e NOPlanetB. L'iniziativa preceduta il venerdì mattina da un'analoga manifestazione dedicata alle scuole di Staranzano sempre nel rispetto delle norme anti Covid. Dalla costa e da una parte del litorale a est della pista ciclabile verranno rimossi rifiuti e raccolto quanto più è possibile immondizie indifferenziate a cominciare alla plastica sino alle lattine e alle bottiglie di vetro, ai mozziconi di sigaretta e quanto viene spiaggiato dal mare. La zona del litorale in questione si estende anche a est della pista ciclabile che porta dal Bosco degli Alberoni all'Isola della Cona. Un appello a partecipare in tanti all'iniziativa viene rivolto a tutti gli appassionati che difendono la natura da parte dell'organizzazione e da uno dei responsabili di Legambiente, Michele Tonzar, poiché più partecipanti ci sono, maggiore sarà la zona che si riuscirà a liberare dai rifiuti. Legambiente fornirà i guanti, il cappellino e la pettorina e l'assicurazione per i volontari e nel caso di partecipazione dei bambini procurarsi la misura adatta. Sono consigliate scarpe robuste e una borraccia d'acqua. I partecipanti, inoltre, dovranno munirsi di mascherina personale. L'associazione ambientalista ringrazia il Comune che sostiene da decenni l'iniziativa, i giovani volontari e quanti parteciperanno alla pulizia del litorale.
Ciro Vitiello
Barche elettriche e mappatura fondali tra i dieci progetti creati dagli studenti
Le idee ammesse alla seconda fase della Business Plan competition per favorire la crescita di giovani imprenditori
Dal progetto per la realizzazione di una barca con motore elettrico al piano per il riutilizzo di rifiuti Rae e ingombranti, dal sistema per il recupero dell'olio esausto alla strategia per la mappatura dei rifiuti presenti sui fondali. Sono alcune delle dieci idee progettuali di studenti dell'Università di Trieste ammesse alla seconda fase della Business plan competition "Insieme per il Blue Growth", che con focus sui temi del mare, della crescita economica e della sostenibilità punta a incentivare lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali e la nascita di nuove aziende in regione. Promossa con il Rotary Club Lignano Tagliamento e collegata al C-Lab, lo spazio di UniTs dedicato all'educazione d'impresa, la competizione è un'occasione "per sostenere l'imprenditoria giovane, promuovere la nascita e la crescita di spin off e start up innovative e diffondere la cultura imprenditoriale nel mondo accademico e nel territorio", evidenzia il rettore dell'Università di Trieste Roberto Di Lenarda. Per i partecipanti che hanno proposto le dieci idee ritenute più promettenti sono stati organizzati dei corsi di cultura imprenditoriale e a ciascuno è stato affiancato un mentor, individuato tra imprenditori, consulenti, manager, business angels, investitori istituzionali e docenti, per aiutarli nella messa a punto del business plan. Tra loro Diego Sardon, Ceo di Prodigy Group, Roberto della Marina, venture capitalist del fondo ITAtech, e Amerigo Borrini, portfolio manager di Hadron Capital LLP. «E' un piacere collaborare con il C-Lab su un tema così importante come lo sviluppo sostenibile - commenta Diego Sardon -: cercherò di contribuire trasferendo ai giovani partecipanti le mie esperienze e conoscenze sulle tecnologie digitali e l'uso dell'intelligenza artificiale, per potenziare i loro progetti». Entro il primo ottobre i dieci selezionati dovranno presentare un business plan, accompagnato da un executive summary e un pitch video. «Ora entriamo nel momento cruciale, perché alla formazione si affianca una fase pratica in cui si fa un vero e proprio stress test delle idee dei ragazzi in rapporto alla sostenibilità e alla possibilità di entrare sul mercato», spiega Salvatore Dore, manager del C-Lab di UniTs. Tra i dieci aspiranti imprenditori saranno selezionati fino a tre vincitori, che riceveranno un premio per supportare la realizzazione della loro idea: 3mila euro per il primo classificato, 2mila per il secondo e 1000 per il terzo. Per Dario Vucinic, studente di ingegneria industriale con il pallino dell'imprenditoria, la business plan competition è un'occasione per mettersi alla prova ed entrare a contatto con esperti nella creazione di nuovi business: «Ho sempre avuto una passione per barche e auto. Come le auto stanno procedendo con convinzione sulla strada della mobilità elettrica, lo stesso principio dovrebbe valere per il mondo della nautica. Il mio progetto mira a realizzare grandi imbarcazioni che integrino l'utilizzo di materiali ecosostenibili, riciclati o riciclabili, e processi manifatturieri a basse emissioni con l'utilizzo di motori elettrici», spiega l'imprenditore in erba. «Il mio mentor, Amerigo Borrini, mi ha riportato con i piedi per terra, aiutandomi a integrare il mio approccio teorico con le sue conoscenze pratiche». Anche per Mariapaola Imbesi, iscritta alla laurea magistrale in ingegneria gestionale per la produzione, con sede a Pordenone, l'iniziativa è un'ottima palestra per far pratica con la concretizzazione di un'idea. «Per limitare la quantità di rifiuti il mio progetto punta a dare vita a un hub di raccolta e riparazione di elettrodomestici, pc, smartphone, per poi rimetterli in commercio a prezzi vantaggiosi. Così da un lato si crea occupazione, magari in collaborazione con il terzo settore, e dall'altro si combatte lo spreco diffondendo la cultura del riutilizzo».
Giulia Basso
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 settembre 2021
L'ipotesi del referendum per la nuova centrale a gas
In città soffia il vento del no. Rione Enel e ambientalisti: "L'impianto è fuori tempo"
Soffia il vento del no, in città. Il tenore degli interventi che si susseguono dopo il «giudizio favorevole» emesso il 24 settembre dal Ministero della Transizione ecologica sulla Via è critico. E c'è chi, rievocando i tempi della Snam, ricavalca, senza girarci troppo intorno, l'ipotesi di un referendum su A2A. Sarebbe il quinto, su temi ambientali, dal dopoguerra a oggi nella città del cantiere, sempre che si rivelasse poi fattibile perché la materia è di preminenza regionale e nazionale. Intanto, dopo una prima zampata, nel 2020 della civica Annamaria Furfaro, seguita dal grillino Gualtiero Pin, ora tocca a La Sinistra di Cristiana Morsolin, rilanciare. Del resto sull'argomento della centrale si giocherà parte della prossima, sempre più vicina, campagna amministrativa, con i partiti a interrogare e interrogarsi sul futuro della città. Un po' come a metà anni '90, con il quesito sulla Snam. «Qualcuno si è chiesto cosa pensano i cittadini? E se i residenti non sono stanchi di essere in balìa di decisioni prese altrove?», incalza Morsolin. «Nel 1996 - prosegue - si tenne un referendum cittadino sul progetto di rigassificazione della Snam. Il sindaco di allora, della stessa cricca di "quelli di prima", pur essendo favorevole si attenne all'esito delle urne e il sito industriale non si realizzò. Fu un buon esempio di democrazia». «Chiediamo - arringa - si faccia pure oggi un referendum e l'esito dovrebbe essere vincolante per le successive azioni». Sul più ampio nodo della convivenza tra abitanti e polo energetico interviene anche il gruppo San Valentino, nato nel 2016 alla notizia del rinnovo dell'Aia alla centrale a carbone, che «esprime preoccupazione e contrarietà» all'«approvazione della nuova mega-centrale». Infatti «anziché prendere atto della straordinarietà del momento in cui viviamo e perseguire politiche virtuose nello sviluppo di fonti energetiche pulite vediamo proporre progetti ormai fuori tempo, basati sulla combustione di fonti fossili». «Ci siamo illusi su possibili sviluppi economici diversificati - conclude il gruppo - non più legati all'industria pesante, bensì a settori a più alto valore aggiunto e contenuto tecnologico, ma la nuova centrale a ridosso dell'abitato ci riporta indietro di decenni». Proprio il quartiere si fa sentire con Antonella Paoletti: «Il sì ministeriale arriva nel giorno di apertura del vertice sul clima di Milano con i giovani da tutto il mondo e che dà ragione a Greta Thumberg quando dice che chi decide fa solo dei "bla bla" senza cambiare radicalmente niente. Nulla infatti cambierà per noi abitanti del rione Enel, di Monfalcone e dei dintorni: la quantità di CO2 sarà la stessa, visto che la potenza della centrale sarà quasi il triplo di quella attuale e al posto di alcune polveri e sostanze che produceva il carbone, subentrerà l'ammoniaca». Il progetto tuttavia parla di un taglio dell'anidride carbonica del 64%. «Tutto questo ce lo respireremo - sottolinea Paoletti - e anche meglio di prima, visto che i camini saranno alti meno della metà dell'odierno. I rumori resteranno. «Ma si aggiunge la pericolosità del gas». «Dopo 56 anni di centrale a carbone - afferma - sarebbe stato il momento giusto per cambiare direzione: purtroppo ancora una volta ha vinto il business, con tanti saluti alla qualità della vita del rione. Certamente noi continueremo la nostra battaglia più convinti che mai». Non sono mancate, poi, le prese di posizione politica, con i dem a parlare attraverso la capogruppo Lucia Giurissa: «Da sempre la Lega al timone della Regione è favorevole alla riconversione a metano-idrogeno di A2A: dalla presentazione del progetto tre anni fa al Savoia di Trieste fino al più recente accordo tra l'azienda e la Snam "benedetto" dalla giunta Fedriga, la stessa che ha dato parere favorevole alla riconversione dell'impianto al governo nazionale». Per contro il Carroccio a Monfalcone «ha negli ultimi anni assunto una posizione contraria per coprire i reali intendimenti del centrodestra regionale: si è anche scivolati nel ridicolo con la presentazione di un disegno, non un progetto, con un ristorante al vertice del camino della centrale». Ma «le due Leghe - sempre Giurissa -, si sono ben guardate dall'acconsentire alla reiterata richiesta dell'opposizione di incontrare Fedriga e Scoccimarro in Consiglio o nelle commissioni. Il castello di menzogne architettato nel gioco delle parti sarebbe subito crollato». Ergo, dopo le ultime notizie, «i monfalconesi sanno chi ringraziare». Si affianca nell'invettiva Riccardo Miniussi di Onda laboratorio civico: «Dobbiamo rilevare che il progetto faraonico lanciato dal sindaco con ristorante sulla sommità della ciminiera copriva un totale disinteresse per la questione, dimostrando l'incapacità a gestire i problemi della città e nel farsi portavoce efficace nei confronti degli enti competenti a decidere il futuro del nostro territorio». Mobilitazione anche dagli ambientalisti con l'associazione Rosmann, stando alla quale «le emissioni di CO2, visto l'aumento dei megawatt da 336 a 860, rimarranno pressoché invariate». «La centrale a gas - ancora il sodalizio - emetterà tra le altre cose polveri sottili, che ricadranno su una popolazione e territorio già provati dal carbone. Il dato più preoccupante è l'emissione di ammoniaca NH3, 45 ton/annue sia nell'Aia previgente che nell'attuale: saliranno a 108 nel ciclo combinato e 95 nel mix aperto/combinato».
Tiziana Carpinelli
Duino, no ambientalista alla riconversione della vicina centrale A2A - la presa di posizione
DUINO AURISINA. «No alla proposta di produzione di energia elettrica in una centrale termoelettrica alimentata a gas metano, con una potenza quasi pari a quella di Krsko, e a quella che prevede di mantenere attiva la centrale a carbone sino al 2025, anno in cui dovrebbe essere dismessa». È un doppio no quello espresso dal gruppo "Salute e ambiente" di Duino, attraverso il portavoce Danilo Antoni, in relazione al procedimento di Valutazione dell'impatto ambientale sul progetto per le modifiche della centrale termoelettrica presentate dalla A2a Energiefuture spa , accolte favorevolmente da Roma. «Lo scorso anno - ricorda Antoni - abbiamo presentato, a titolo di opposizione, le nostre osservazioni, in accordo con altri gruppi di lavoro e associazioni, incentrate sul fatto che l'impianto, che giudichiamo nocivo, è situato nel centro cittadino e a stretto contatto con un luogo sensibile e delicato dal punto di vista archeologico, ambientale, paesaggistico. In questa analisi abbiamo collaborato anche con le amministrazioni di Monfalcone e Duino Aurisina, che hanno espresso anch'esse contrarietà a tale progetto che, a nostro avviso, non garantisce, in un ambiente già saturo di emissioni, che quelle aggiuntive di inquinanti, micro-particelle e metalli pesanti rientrino, combinandosi con le esistenti, nel limite di legge».«In sostanza - conclude l'ambientalista di Duino - tra il centro di Monfalcone e il golfo si avrebbe un'area industriale che non apporterebbe alcun beneficio, ma precluderebbe anzi la possibilità di un futuro sviluppo sostenibile in un intero sistema economico produttivo».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 settembre 2021
Dal ministero via libera al progetto della nuova centrale a metano di A2A
Dal dicastero della Transizione ecologica "giudizio positivo di compatibilità ambientale". Tra tre mesi l'autorizzazione definitiva
Da Roma è arrivato un «giudizio positivo di compatibilità ambientale» per il progetto di riconversione a gas metano della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone che ora funziona a carbone. È un parere importante quello che arriva dal ministero, si tratta della Via (Valutazione di impatto ambientale) firmata dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani «di concerto» con quello della Cultura e beni ambientali Dario Franceschini. A2A ha 5 anni di tempo per realizzare la nuova centrale che sarà molto più ridotta da quella attuale (3 ettari di superficie contro gli attuali 19) e ci sarà anche minor impatto paesaggistico visto che sarà anche demolita la ciminiera alta 150 metri. Ma soprattutto Monfalcone, ed ecco anche perché il via libera, diventerà una delle città chiave per la transizione ecologica: la centrale sarà infatti sede della sperimentazione di un processo misto (in termini tecnici blending) che integrerà l'attività produttiva a metano con quella a idrogeno. Sarà la Snam, grazie a un accordo firmato nel 2020 con A2A con l'obiettivo di ridurre le emissioni di Co2 (un programma nazionale) a portare già miscelato l'idrogeno (al 30% per ora) negli stessi tubi del metano. Ma la cosa che forse non tutti sanno è che quasi certamente questa miscela arriverà anche nelle case dove ci sono le caldaie a metano che dovranno essere "ritarate" in modo semplice per questo nuovo mix (come avviene ora per regolare aria/gas). Un progetto energetico che in queste settimane assume un grande rilievo, soprattutto dopo le notizie sulla crisi energetica con il rischio di aumenti delle bollette sino al 40%. Si tratta, certo, di una crisi strutturale, momentanea, una tempesta economica perfetta (che arriva da lontano dal Sud America che a causa della siccità ha iniziato a bruciare metano visto il vuoto nelle centrali idroelettriche oltre che dalla Cina che consuma sempre di più) ma che ha fatto suonare il campanello di allarme in Italia, un paese che dipende come pochi altri dall'estero per approvvigionamento di energia. Questo sì da Roma comunque non è un via libera definitivo. Il Ministero della transizione ecologica ha dato parere favorevole al Via dopo l'istanza autorizzativa presentata da A2A per il ciclo combinato nel dicembre 2019. Ora entra in gioco un altro strumento che alla fine viene sempre gestito dal ministero: la conferenza dei servizi dove confluiscono tutti i pareri degli enti e delle amministrazioni interessati dal progetto della centrale. A valle di questo Via infatti sarà riaperta (si era aperta all'avvio dell'istanza a dicembre 2019 ma poi è stata chiusa in attesa del Via) per giungere all'Autorizzazione unica.Da adesso infatti dovranno passare altri 75 giorni, durante i quali la conferenza dei servizi dovrà raccogliere ulteriori pareri. Soltanto alla fine del percorso, se tutto si concluderà positivamente (ricorsi permettendo) ci sarà il decreto di Autorizzazione unica definitiva.
Giulio Garau
Cisint: "Ci riserviamo le azioni necessarie" - Il Dem Moretti "Subito lo stop al carbone"
Per l'amministrazione la futura struttura è "inaccettabile". E Legambiente ironizza "Un vero capolavoro del Ministero"
Se il parere ministeriale è favorevole, quello di Anna Cisint prevedibilmente non si sposta di una virgola: bolla infatti come «inaccettabile» l'impianto proposto. Di conseguenza, il passaggio successivo del Comune non può che essere quello di «riservarsi le azioni necessarie», precisando che la Valutazione d'impatto ambientale «è uno degli elementi di un procedimento, non l'unico». Altro, logico, step: l'approfondimento del documento e la valutazione delle prescrizioni previste, in termini di misure tese a prevenire gli impatti. Per il sindaco di Monfalcone «la decisione dei ministri Cingolani e Franceschini sulla Via è parte di una procedura avviata due anni fa da A2A» che «non riduce né inficia le ragioni della contrarietà da parte della nostra amministrazione sull'ipotesi del nuovo impianto, né rappresenta la fase conclusiva della vicenda, dove restano nodi importanti da sciogliere». Il Comune rivendica «solide motivazioni di sostenibilità, economiche e sociali». Di più: gli investimenti di A2A non costituiscono «alcun valore aggiunto per il nostro territorio», anzi rappresentano solo «un vantaggio, legittimo, di carattere finanziario per chi li propone». Toni durissimi. Perché? «L'impianto - sostiene - avrà una potenza praticamente tripla di quello attuale e tripla sarà anche la produzione di Co2». In realtà il piano di sostenibilità della nuova centrale prevede un taglio di queste specifiche emissioni del 64%. «Altro che economia green - rincara Cisint -: si va in senso contrario». Quanto alla «situazione sanitaria, ribadisco: non è tra le più floride». Mentre sotto il profilo occupazionale, si impiegherà «non più di una trentina di addetti». «Abbiamo proposto un'alternativa - ricorda il sindaco - con la valorizzazione della portualità e nautica oltre a un centro di eccellenza per lo studio dell'idrogeno». «La realtà - ancora Cisint - è che la volontà di realizzare la nuova centrale a gas è legata al meccanismo perverso del capacity market, in base al quale, pur se non c'è carenza di energia in Italia, verrà corrisposto un rimborso per la costruzione dell'impianto, grossomodo il doppio dell'investimento, cioè 900 milioni rispetto ai 500 previsti per le opere». «È bene sapere però - conclude - che la decisione ora presa dai ministri, non significa prossimo inizio dei lavori, basti pensare all'escavo portuale: Via concessa 7 anni fa e opere ancora da iniziare». Diametralmente opposte le considerazioni del capogruppo regionale del Pd Diego Moretti, che puntualizza: «Dopo il parere favorevole con prescrizioni della giunta Fedriga di qualche mese fa, il Governo e i ministri competenti non potevano che esprimere un parere altrettanto favorevole con le prescrizioni dei vari enti coinvolti». «Credo che adesso - ribatte - sia corretto procedere al più presto con la chiusura della centrale a carbone e l'avvio della conversione a gas, degli investimenti previsti sul territorio, anche in materia di energia rinnovabile, per quasi 500 milioni, e con il rispetto degli accordi sindacali legati al mantenimento occupazionale». Chiudendo «i contenziosi aperti dal Comune o le sue proposte tanto avveniristiche quanto irrealizzabili, tipo l'ex ciminiera panoramica». «Piuttosto - conclude il dem - con A2A la Regione intavoli subito una seria trattativa affinché Monfalcone diventi polo regionale per la ricerca sull'idrogeno e il territorio abbia quei benefici che con la centrale a carbone non ha mai avuto». Legambiente invece ironizza, definendo il parere «un vero capolavoro», sul ministro per la Transizione ecologica che ha «dimostrato tutta l'inadeguatezza dopo che, a distanza di oltre 7 mesi dall'insediamento, si è distinto per l'endorsement all'agonizzante tecnologia nucleare, le perplessità sulla mobilità elettrica e ora il via libera a riconversioni a gas naturale». «Indietro tutta - rincara -, con buona pace delle centinaia di migliaia di giovani dei Fridays for Future». Per Legambiente «A2A ha preferito adagiarsi su collaudate e obsolete modalità produttive piuttosto che creare nuove opportunità di sviluppo per il territorio». E «la politica non ha aiutato, divisa su una questione dirimente per la città e la regione, le organizzazioni sindacali ancora meno, concentrate a difendere posti di lavoro anziché studiare un modello per creare ancor più occupazione».
Tiziana Carpinelli
Giardino di Guardiella nel degrado Via ai lavori per rimetterlo in sesto
Il rinnovo riguarderà in particolare la zona giochi dedicata ai più piccoli
Tempo di nuovo look per il giardino di Guardiella. Sono partiti ieri i lavori di riqualificazione dell'area, per complessivi mille metri quadrati, compresa fra la via omonima e viale al Cacciatore. L'intervento riguarderà la zona dedicata ai più piccoli, che verrà attrezzata con giochi a carattere inclusivo, destinati anche ai portatori di handicap. Il perimetro del nuovo giardino sarà recintato e illuminato. Nuovi anche il prato, gli accessi e i dissuasori in legno su viale al Cacciatore. Verranno inoltre adottati dei precisi accorgimenti per ridurre l'erosione del terreno a causa delle acque provenienti dallo stesso viale. «Il recupero del giardino di Guardiella fa parte di un complessivo percorso di risistemazione di altre aree verdi e di altri parchi cittadini dall'importo complessivo di 300 mila euro», ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Oltre a Guardiella altri interventi sono previsti nel parco di Villa Revoltella e nei giardini di Villa Cosulich, Fumaneri a Borgo San Sergio e Mascherini in piazza Carlo Alberto. L'amministrazione comunale negli ultimi cinque anni ha investito oltre cinque milioni di euro in aree verdi, a dimostrazione di quanto sia sensibile al tema». I lavori consentiranno la riqualificazione di un'area di cui da anni i residenti auspicavano una sistemazione: un "sentiment" che portò anche a una raccolta firme. «Questo intervento è figlio di due mozioni del 2014 e del 2017 - così il consigliere circoscrizionale Raffaele Tozzi, che ha ricordato come per primo si sia speso per il recupero dell'area - perciò i lavori adesso non possono che fare piacere. Con quest'intervento l'area in questione vedrà la fine di un degrado che stona con il contesto del rione nel quale è situato». Nel corso dell'incontro è stato confermato anche l'avvio, all'interno del giardino pubblico de Tommasini, dell'intervento di posizionamento del nuovo gioco multifunzionale in sostituzione di quello recentemente eliminato a causa della sua vetustà.
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Scolaresche in azione - Puliamo insieme il nostro mondo
Caro direttore, venerdì 24 settembre scorso abbiamo partecipato all'iniziativa nazionale Puliamo il mondo, organizzata da Legambiente. Per prima cosa ci siamo vestiti con tutto il necessario: i guanti, il cappellino, una pettorina, i sacchetti dell'immondizia. Avevamo anche uno striscione con il logo della manifestazione. Abbiamo ripulito per bene i Giardini Europa di Muggia, dove ci aspettavano gli amici di Legambiente. Quindi, armati dei nostri sacchetti, siamo partiti alla ricerca di tutta la spazzatura sparsa per il giardinetto e abbiamo trovato di tutto! Carta, bottigliette, plastica, sigarette, lattine, mattonelle, ferri, tappi, scarpe, tegole, contenitori dei succhi sono tra gli oggetti asportati. Poi abbiamo vuotato tutti i sacchetti sui teli grandi e, con un gioco, abbiamo fatto la differenziata per poter gettare i rifiuti nei contenitori giusti e poi riciclarli. Abbiamo imparato tante cose sull'ambiente! Non dobbiamo inquinare per proteggere gli animali, le piante, le persone; bisogna gettare le immondizie nei bidoni e non per terra, e possibilmente fare la raccolta differenziata. Abbiamo pensato che non serve tanto pulire, se dopo sei tu che sporchi. Alla fine di questa mattinata, tutti insieme, abbiamo deciso comunque che sarebbe utile rifare una volta al mese questa esperienza e desideriamo invitare anche altre classi. Quindi ci rivedrete all'opera!
I bambini della 4A e 4CScuola De Amicis Ic Lucio Muggia
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 28 settembre 2021
L’approvazione della VIA per la centrale A2A è uno schiaffo per il Clima e per il territorio
Legambiente: per il Ministero, la Transizione Ecologica passa per il gas naturale.
Il Ministero per la Transizione Ecologica ha approvato la VIA per il progetto di trasformazione a gas naturale della centrale a carbone di A2A Energiefuture, dimostrando tutta l’inadeguatezza di un ministro che, a distanza di oltre sette mesi dal suo insediamento, si è distinto per l’endorsement all’agonizzante tecnologia nucleare, per aver espresso perplessità sulla mobilità elettrica e ora per dare il via libera a riconversioni a gas naturale. Un vero capolavoro! Indietro tutta, verrebbe da dire, con buona pace delle centinaia di migliaia dei giovani dei Fridays for Future, scesi in piazza pochi giorni fa per chiedere di fermare le emissioni di gas climalteranti. La drammatica situazione climatica, testimoniata ogni giorno da nuove tragedie causate da eventi climatici estremi (oltre 200 nei soli primi sette mesi di quest’anno!), il rapido espandersi delle tecnologie legate alle fonti rinnovabili di energia (Eolico off shore, Agrivoltaico, sistemi di accumulo elettrochimico sempre più efficienti) tenuti a freno a tutto beneficio delle lobby del petrolio e del gas, sembrano lasciare indifferenti coloro che dovrebbero imprimere una svolta decisa verso la decarbonizzazione. Nel caso specifico di Monfalcone, A2A ha preferito adagiarsi su collaudate e obsolete modalità produttive piuttosto che creare nuove opportunità di sviluppo per il territorio. La politica non ha aiutato, divisa su una questione dirimente per la città e per la Regione stessa, le organizzazioni sindacali ancora meno, concentrati a difendere posti di lavoro senza proporre alcunché di nuovo, anzichè studiare un modello per creare ancora più occupazione. Nel sito si sarebbero potute sviluppare molte opportunità, come abbiamo proposto in questi anni: un Parco Fotovoltaico di alcuni MW di potenza installata e sistemi di acculo elettrochimico; un “Distretto industriale delle Rinnovabili e dell’Idrogeno”, dedicato alla produzione di componenti e sistemi per Fonti Rinnovabili e per la produzione di Idrogeno verde in collaborazione con imprese, università e centri di ricerca; impianti dedicati al recupero di materiali derivanti dalla differenziazione di quei rifiuti che hanno difficoltà a “chiudere il ciclo” per la mancanza di un bacino di produzione adeguato o hanno la necessità di trovare modalità di smaltimento efficienti e sostenibili (raccolta e trattamento dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche- Raee, massimizzando il recupero e la valorizzazione dei materiali). Lo sviluppo delle attività portuali avrebbe, infine, favorito nuovi traffici e garantito un saldo occupazionale decisamente positivo. Naturalmente, l’autorizzazione del progetto non significa automaticamente la realizzazione dell’impianto, nel senso che, mentre la produzione di energia da combustibili fossili non ha più nulla da dire in termini di evoluzione tecnologica ed anzi potrebbe auspicabilmente essere ancora penalizzata da sistemi di tassazione della CO2, il settore delle rinnovabili e degli accumuli è in grande espansione ed a costi sempre più competitivi. L’emergenza climatica è una cosa seria e sarà devastante; purtroppo solo queste condizioni costringeranno la politica a compiere le scelte necessarie. Il rischio è che sarà troppo tardi…
Legambiente del Friuli - Venezia Giulia APS - Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” APS Monfalcone
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 settembre 2021
Ciclabili, verde e reti di servizi dalla stazione all'Idrodinamica per 9 milioni in Porto vecchio
Il Comune lancia il bando per il secondo lotto su viabilità e infrastrutture. Previsti 635 giorni di lavori. Le offerte attese entro il 5 novembre.
la gara - Piste ciclabili, aiuole, verde, acqua, fognature, gas, illuminazione pubblica, reti tecnologiche: tutta la parte di Porto vecchio che va dalla Centrale idrodinamica al varco di largo Città di Santos verrà rivoltata come un calzino. Si è fatto attendere quasi un anno poi si è finalmente appalesato: salvo complicazioni, il Secondo lotto di opere, destinato a realizzare strade e infrastrutture di servizio in Porto vecchio, potrebbe conoscere il cantiere all'inizio del prossimo anno. A spezzare l'incantesimo di una lentezza motivata da un insieme di ragioni burocratiche (compresa una certa flemma del validatore progettuale) e dalla priorità attribuita al primo lotto coincidente con Esof, ecco il bando di gara pubblicato proprio ieri in Albo pretorio, preceduto dalla cosiddetta determina a contrarre, firmata dal direttore dipartimentale Giulio Bernetti, che del Secondo lotto è anche responsabile del procedimento. Il valore dell'operazione è ingente, una cifra più o meno analoga al rifacimento della galleria Montebello Foraggi: 9 milioni di euro, comprensivi di Iva. La sequenza degli atti, secondo Bernetti e il direttore di gare-appalti Riccardo Vatta, è questa: le offerte vanno presentate entro le 12.30 di venerdì 5 novembre per essere aperte il lunedì 8 successivo. Trattandosi di una gara per la quale viene adottato il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, sarà nominata una commissione esaminatrice che dovrebbe essere in grado di adempiere alla missione nel giro di un mese. Se tutto ciò si avverasse, l'aggiudicazione potrebbe avvenire prima di Natale. L'offerta tecnica sarà quotata 80 punti, quella economica 20. Certo, bisogna considerare il periodo di "stand still" e toccare ferro per eventuali ricorsi, ma con un pizzico di ottimismo la cronoprocedura di Bernetti potrà funzionare. Anche perchè il bandola determina prevede 635 giorni di lavori, poco meno di due anni dal 2021 al 2023. In parte coincidenti con la realizzazione del Museo del mare al Magazzino 26, che si trova nelle immediate adiacenze dell'area riguardante il Secondo lotto. Una volta affidato questo cantiere, il Comune avrà completato gran parte della sua competenza rispetto ai 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni culturali per la riqualificazione del Porto vecchio: 5 milioni sono stati investiti sul primo lotto di infrastrutturazione (quello precedente a Esof), 9 saranno impiegati sul secondo come abbiamo appena visto, 22 andranno sulle opere edili del Museo del mare, poi ci sarà un ulteriore tranche di una decina di milioni destinata all'allestimento museale. Sono invece tre milioni quelli dedicati al refitting della gru-pontone Ursus, di cui si occupa - per evidente simmetria - il consorzio Ursus, formato da Comune, Autorità, Regione per promuovere e valorizzare Porto vecchio. Ricordiamo infine che la gara per ottenere la commessa da 22 milioni, incaricata di concretizzare il progetto dell'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra, aspetta le offerte per il prossimo 4 ottobre.
magr
Radar vicino alla Diga contro l'inquinamento - il frutto dell'accordo tra la Lega Navale e l'Arpa
Una doppia firma per la salvaguardia del mare. Ieri, sul Molo Audace, nel quinto appuntamento del ciclo d'incontri organizzato dall'Arpa Fvg in collaborazione con l'Autorità portuale, si sono impegnati in una convenzione la Lega Navale, concessionaria dell'area della Diga vecchia, rappresentata dal presidente Pierpaolo Scubini, e la stessa Arpa Fvg, con il direttore tecnico-scientifico Anna Lutman, per inserire un radar meteo-marino posto proprio vicino alla Diga che permetterà di monitorare le correnti superficiali e l'altezza delle onde. Grazie a questo e altri strumenti, si analizzerà l'evolversi di eventuali sversamenti d'idrocarburi e si contribuirà a ridurre i tempi d'intervento delle autorità, in primis la Capitaneria. Ma ieri sono stati presentati anche tre dei sei progetti europei aderenti al programma Interreg tra Italia e Croazia avviati nell'Alto Adriatico con il coinvolgimento dell'Arpa Fvg. In totale i finanziamenti corrispondono a 33,2 milioni, di cui 1,8 destinati all'agenzia regionale. Diversi i temi: dall'analisi dell'evoluzione dei cambiamenti climatici nell'Adriatico all'aumento della conoscenza dell'ambiente marino fino all'analisi dei rumori subacquei. Presente il comandante della Capitaneria, l'ammiraglio Vincenzo Vitale, che ha lamentato per l'Adriatico «la mancanza di un accordo con i paesi vicini, Slovenia e Croazia», nei casi d'intervento delle forze preposte in mare. A dargli man forte l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, che ha auspicato l'organizzazione il prossimo anno di «una mini conferenza di Parigi per l'area mitteleuropea». Nota positiva: il 6 e il 7 settembre le analisi Arpa hanno confermato la balneabilità di tutti i tratti di costa regionali e delle acque interne dedicate alle attività ricreative.
Benedetta Moro
Area della Rocca piena di rifiuti Legambiente raccoglie 8 sacchi
Dalle immondizie indifferenziate alla plastica sino alle lattine e alle bottiglie di vetro e ai mozziconi di sigaretta. In azione 43 studenti dell'istituto socio sanitario
La zona ai piedi della Rocca continua a restituire rifiuti, confermando di essere un'area amata per picnic tanto estemporanei quanto poco rispettosi dell'ambiente. A distanza di quasi sette mesi dalla pulizia di primavera organizzata dal Comune con il supporto logistico della Protezione civile e al quale hanno aderito alcune associazioni e singoli cittadini, l'azione svolta sabato mattina dal circolo locale di Legambiente assieme a due classi dell'indirizzo sociosanitario dell'Isis Pertini nell'ambito della campagna Puliamo il mondo ha prodotto 2 sacchi di rifiuti indifferenziati, 3 di plastica e lattine da riciclare, 3 di bottiglie di vetro e due monitor. Al raccolto vanno aggiunte anche due bottiglie di mozziconi di sigaretta, in gran parte concentrati nei pressi delle panchine nell'area verde a ridosso del parcheggio ai piedi della fortezza. Sono stati ritrovati inoltre pezzi metallici, un filtro d'olio minerale, una batteria di cellulare. Un buon bottino, secondo Legambiente, considerando che l'area è molto frequentata, viene spesso ripulita dai servizi comunali, ma è anche meta di persone che bivaccano, non sempre attente alla natura che li circonda, nonostante le modifiche introdotte nel regolamento di polizia urbana che vietano di effettuare picnic in zona carsica al di fuori delle zone dedicate. Legambiente ha del resto potuto contare sull'aiuto dei 43 studenti dell'indirizzo sociosanitario, giunti in gran parte al piazzale del parcheggio della Rocca a bordo delle nuove e fiammanti biciclette acquistate dal loro istituto e subito inaugurate per l'occasione, accompagnati dalla Polizia locale. A dare man forte sono poi intervenuti anche altri volontari e soci del Circolo Ignazio Zanutto che insieme, e suddivisi in due squadre, hanno ripulito dai rifiuti sia l'area ad ovest del parcheggio sia la salita della Rocca e l'area circostante. I dati della pulizia contribuiranno inoltre a "monitorare" il territorio, nell'ambito del progetto di Legambiente Fvg "Occhio al Territorio", che ha lo scopo di raccogliere le informazioni ambientali che ne derivano e archiviarle su un apposito sistema informativo geografico per tenere sotto osservazione l'andamento dei fenomeni ed avanzare proposte adeguate. L'iniziativa di sabato mattina si è in ogni caso conclusa con una breve visita alla Rocca, dove la guida Andrea Ferletic ha spiegato agli studenti il contesto storico-archeologico che molti dei ragazzi non conoscevano. I prossimi appuntamenti con Puliamo il mondo sono previsti al Lido di Staranzano venerdì con una mattinata dedicata alle scuole e sabato, con un'azione di salvaguardia ambientale aperta a tutti.
Laura Blasich
Gli "Amici del Parco" si oppongono con forza alla centrale sull'Isonzo
Il comitato "Amici del parco" esprime netta nostra posizione sulla centrale idroelettrica che si intenderebbe costruire nel Parco sull'Isonzo. «Siamo ovviamente favorevoli alle energie rinnovabili, ma siamo fermamente convinti che in questo caso la scelta del sito della centrale (un Parco naturale) sia assolutamente sbagliata», scrivono in una nota. «L'iter di approvazione del progetto presenta decisamente aspetti poco chiari e per certi versi paradossali. Non è dato sapere quali servizi e, a tutt'oggi, sono ignoti sia i dettagli del progetto, sia l'impatto che la centrale avrà sul fiume e sull'habitat naturale del Parco. Ricordiamo che il sito individuato dal progetto per la realizzazione della centrale è uno dei punti più suggestivi dell'area golenale, frequentato dai visitatori che vogliano accedere all'argine e godere la bellezza dell'Isonzo». Il Comitato esprime inoltre profonda delusione per il mancato coinvolgimento dei cittadini e dello stesso Comitato, tenuti all'oscuro del progetto fino alla conclusione dell'iter approvativo. «Chiediamo un deciso cambio di rotta nella gestione del patrimonio naturalistico e delle risorse ambientali pubbliche che appartengono - lo ribadiamo - alla Comunità e alle future generazioni. Attendiamo chiarezza sui dettagli del progetto che valuteremo con la massima attenzione e ci riserviamo di intraprendere ogni possibile azione a tutela e salvaguardia del fiume e del Parco».
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 settembre 2021
I Giardini Europa ripuliti da oltre cinquanta bimbi - A MUGGIA INIZIATIVA DI LEGAMBIENTE
MUGGIA. Più di cinquanta "operatori ecologici" in erba - una bella squadra di allieve e allievi delle classi quarte della scuola De Amicis di Muggia con le loro maestre - hanno ripulito nei giorni scorsi i giardini Europa nel centro cittadino, nell'ambito dell'iniziativa nazionale di Legambiente "Puliamo il Mondo". Bottiglie, lattine, qualche cartone e tanta, tanta plastica: questo il "frutto" di tre ore di lavoro fatto divertendosi e in piena sicurezza, intervallate da "istruzioni ambientali" fornite dall'istruttore di Legambiente, che ha esordito dicendo: «Queste immondizie, molte delle quali riciclabili, sono su questo prato perché tanti "distratti" le hanno buttate. Dobbiamo riflettere sempre su ogni gesto che facciamo». Prosegue fattivamente la collaborazione tra il circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste e l'amministrazione comunale muggesana. Quest'estate ci sono stati cinque incontri con i bambini e i ragazzi che hanno frequentato il "Ricremattina", dedicati al tema della salute del mare e dell'ambiente e centrati sul grave problema dei rifiuti e delle plastiche in mare, con la partecipazione di Andrea Wehrenfennig e Alice Puzzo di Legambiente, che si sono serviti di poster a colori per illustrare gli effetti delle plastiche e delle microplastiche in mare. «Per la salvaguardia dell'ambiente - ha rimarcato l'assessore comunale all'Ambiente, Laura Litteri - ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte, a volte anche con qualche piccolo sacrificio, rinunciando a delle comodità. Per questo è importante che ci sia un'educazione ambientale che inizi dai giovani che sono il terreno fertile nel quale impiantare il seme delle buone pratiche che hanno, poi, effetti positivi per il pianeta in cui viviamo. Ringrazio Legambiente che ancora una volta è stata disponibile a collaborare con il Comune per inculcare nei ragazzi il rispetto dell'ambiente».
Luigi Putignano
L'errato smaltimento dei rifiuti favorisce l'aumento dei cinghiali
Sus scrofa è il suo nome scientifico, animale selvatico progenitore di gran parte delle specie di maiale domestico, ampiamente diffuso sul Continente euroasiatico e sulla porzione settentrionale dell'Africa. Il cinghiale non riscuote particolari simpatie, anzi: molto spesso viene apostrofato come una vera e propria forza distruttrice, soprattutto quando crea danni nel settore dell'agricoltura. A queste accuse gli animalisti controbattono dicendo che, com'è valido per ogni altro selvatico, si comporta in un determinato modo semplicemente perché questa è la sua natura. Negli ultimi 15 anni la quantità degli individui di questa specie è notevolmente aumentata. Condizione che li ha spinti a ricercare nuovi contesti dove potersi nutrire, raggiungendo così campagne e addirittura città. È il caso di Roma che in questi giorni, secondo i media nazionali, è alle prese con una reale invasione di esemplari sempre più confidenti e a proprio agio perfino tra le automobili in sosta. Il portale ufficiale della Regione Lazio, ovvero parchilazio.it, spiega: "Incontrare un cinghiale sulla propria strada quando ci si avventura in passeggiate nei boschi è un'ipotesi da tenere in considerazione. Il cinghiale, così come tutti gli animali selvatici ha un'innata diffidenza nei confronti dell'uomo e la sua prima reazione, anche in branco, sarà sempre quella di allontanarsi da lui". L'ungulato, sempre secondo la regione, potrebbe essere pericoloso solo in due situazioni: qualora si trovi senza vie di fuga e nel caso debba difendere la prole. Ma non solo nella Capitale, la loro presenza viene segnalata anche in altre città d'Italia. Importante è non "invitarli" nei centri abitati: a tale proposito l'Ispra, Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, sul suo sito ufficiale riporta: "Non dare da mangiare ai cinghiali in città. Fornire cibo è una pratica assolutamente sconsigliabile, in quanto favorisce l'abitudine di questi animali all'uomo con potenziali rischi per le persone, come morsi e spinte violente. Facilitando la loro presenza vicino a strade e abitazioni, c'è la concreta possibilità che avvengano incidenti stradali provocati dal loro attraversamento. Si ricorda, infine, che il foraggiamento dei cinghiali è espressamente vietato dalla legge 221/2015 che prevede, per chi contravviene a tale norma, l'arresto da 2 a 6 mesi o l'ammenda da EUR 500 a 2.000". L'errato smaltimento dei rifiuti urbani funge da richiamo, oltre che per gli ungulati, per numerose specie di animali selvatici. L'habitat naturale del cinghiale comprende diverse tipologie di scenari, colonizza praticamente ogni tipo di ambiente, dai rilievi collinari a quelli montani. Onnivoro e dalla dieta variegata, si ciba principalmente di vegetali (ghiande, frutti, tuberi, radici, funghi), ma non disdegna nemmeno la carne (invertebrati, anfibi, rettili, piccoli roditori, talvolta anche carne delle carcasse). Si tratta di un animale dal grande potenziale riproduttivo che, unito alla capacità di spostarsi e adattarsi, gli consente una buona riuscita nella colonizzazione. Il loro accoppiamento si svolge nei mesi invernali, tra novembre e febbraio, e dipende dal clima e da altri fattori ambientali. La gestazione dura 114 giorni e, al suo termine, vedono la luce dai 2 ai 9 cuccioli.
Nicole Cherbancich
Ripresi i lavori sulla Capodistria-Divaccia Avviate opere per due tunnel e un viadotto
Lo stop era stato causato dal ritrovamento di una grotta carsica lungo il tracciato. Il comitato di verifica critica i costi
Trieste. Sono ripresi i lavori per la realizzazione del raddoppio della tratta ferroviaria tra il porto di Capodistria a Divaccia. Dopo lo stop causato dal ritrovamento di una grotta lungo il tracciato, nelle scorse settimane è stato completato un viadotto e sono iniziati gli scavi dei primi due tunnel. Aveva destato qualche preoccupazione la grotta scoperta a inizio agosto nella zona del tunnel T1, tra Divaccia e Corgnale (Lokev). La cavità - fa sapere 2Tdk, la società controllata dallo Stato sloveno che sta gestendo i lavori - è stata studiata dagli esperti dell'Istituto di ricerca sul Carso. L'Istituto ha proposto la chiusura dell'ingresso della grotta e la proposta è stata confermata dall'Istituto per la protezione del patrimonio culturale della Slovenia. L'impresa impegnata nella costruzione (il consorzio di Kolektor Cpg, Yapi Merkezi e Özaltin) si aspetta di trovare numerosi altri sistemi di grotte e tutti i fenomeni carsici scoperti saranno trattati secondo il protocollo utilizzato in Slovenia già da molti anni. Nei giorni scorsi, invece, è iniziato lo scavo dei primi due tunnel previsti lungo il tracciato. Questo intervento è stato preceduto, a cavallo tra il mese di agosto e quello di settembre, da lavori consistenti per la realizzazione del viadotto "Glinscica", opera che misura 215 metri. Particolare attenzione hanno richiesto le colate di calcestruzzo, che solo nella seconda parte hanno visto l'utilizzo di 930 metri cubi di materiale. Sempre nelle scorse settimane, 2Tdk ha dovuto affrontare un altro ostacolo lungo l'iter per la realizzazione del progetto, che velocizzerà i collegamenti ferroviari tra lo scalo sloveno e la rete ferroviaria internazionale. Il Consiglio per la supervisione civile, che vigila sui lavori, aveva mosso alcune pesanti critiche. Si tratta di un organismo con potere consultivo e non vincolante, che aveva avuto da ridire sull'ipotesi (non seguita) di costruire da subito un doppio binario nel tratto dove oggi è previsto un binario singolo e su alcuni capitoli di spesa dell'opera, secondo il Comitato troppo alti. La 2Tdk ribatte spiegando come per il progetto siano state seguite sia la normativa nazionale slovena che quella dell'Unione europea: «2Tdk non ha (ancora) l'autorizzazione legale per le procedure di implementazione del doppio binario. I procedimenti sono guidati dal governo della Repubblica di Slovenia. Quindi chiediamo gentilmente di contattare il ministero delle Infrastrutture o/e il ministero dell'Ambiente e della Pianificazione spaziale», rispondono dalla società in merito a variazioni su un progetto approvato con ampio anticipo sull'inizio dei lavori. Per quanto relativo ai capitoli di spesa, 2Tdk spiega che già a inizio giugno erano state presentate al Comitato di controllo le modifiche del programma d'investimento con l'analisi finanziaria ed economica. Né in quella sede - sostiene la società - né in altre occasioni, sono state chieste informazioni o spiegazioni. Per questo 2Tdk si dice "spiacevolmente sorpresa" di essere venuta a conoscenza di dichiarazioni secondo le quali il metodo utilizzato è stato poco trasparente». L'intera opera è stata sottoposta nei mesi scorsi alle critiche di ambientalisti italiani e sloveni per il rischio che gli scavi e gli sbancamenti possano causare danni ambientali irreparabili. Sotto accusa le conseguenze che i lavori potrebbero portare al sistema idrico che interessa la Val Rosandra.
Riccardo Coretti
Gli ambientalisti - Val Rosandra
Il raddoppio del binario che collega il porto di Capodistria allo snodo di Divacca è stato sottoposto nei mesi scorsi agli attacchi delle associazioni ambientaliste italiane e slovene, secondo cui gli scavi e gli sbancamenti previsti dal progetto possono causare danni irreparabili al territorio e all'ambiente. Sotto accusa, in particolare, le conseguenze che i lavori per il potenziamento dell'infrastruttura potrebbero portare al sistema idrico che interessa la Val Rosandra in provincia di Trieste.
La polemica interna - Spesa eccessiva
Mentre si trovava a dover risolvere la questione sollevata dalla scoperta della grotta, la società costruttrice 2Tdk è stata messa nel mirino dal Consiglio sloveno per la supervisione civile, che ha criticato la compagnia per il costo troppo elevato di alcuni capitoli di spesa. 2Tdk si è detta «spiacevolmente sorpresa di essere venuta a conoscenza di dichiarazioni secondo le quali il metodo utilizzato è stato poco trasparente», dopo che il Consiglio non ha mai sollevato obiezioni dopo aver visionato il progetto a giugno.
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 settembre 2021
Centrale elettrica sul fiume Isonzo - Da Legambiente grandi perplessità
Cadez: «Preoccupati per impatto e gestione delle acque» Successo di Puliamo il mondo: ripulita piazza Sant'Antonio
«La nuova centrale idroelettrica sull'Isonzo? Non convince affatto, siamo preoccupati per la gestione delle acque e per l'impatto del progetto sull'ambiente circostante». L'amara riflessione sul discusso progetto che, come abbiamo raccontato su questa pagine, porterà alla realizzazione di una nuova centrale idroelettrica sulle sponde del fiume color smeraldo a Campagnuzza è dei componenti del comitato goriziano di Legambiente, intervenuti sulla questione ieri mattina a margine della conferenza stampa di bilancio dell'iniziativa ecologica "Puliamo il mondo" che si è svolta nel cuore della città venerdì. C'erano la presidente Anna Maria Tomasich, l'ex numero uno del sodalizio Luca Cadez, i soci Giuseppe Sansone, Romana Leban (in rappresentanza anche del gruppo Ekostandrez) e Giulia Roldo. In particolare le perplessità si concentrano sulla gestione delle acque, per una centrale che viene giudicata «un business basato sugli incentivi». «Cosa accadrà nei momenti di scarsa portata del fiume? - ha detto Cadez -. Quanta acqua verrà lasciata scorrere liberamente e quanta invece verrà prelevata? È vero che è importante puntare sulle energie rinnovabili, ma non sempre queste sono sostenibili». Così, ha annunciato Giuseppe Sansone, Legambiente chiederà alle istituzioni e ai progettisti un incontro per fare chiarezza sul reale impatto della centrale sul fiume ma pure sull'ambiente del parco dell'Isonzo in cui si inserirà. Il sodalizio ha anche parlato dell'importanza della nutrita partecipazione allo Sciopero per il clima promosso da Fridays for Future, sempre venerdì, e parlato delle piccole e grandi azioni che anche a livello locale andrebbero avviate per contrastare il cambiamento climatico. Tra queste sportelli dedicati a tutte le informazioni sull'efficientamento energetico che il Comune potrebbe aprire per informare i cittadini, contribuendo a ridurre consumi ed emissioni. Tornando invece alla giornata ecologica "Puliamo il mondo", vi hanno preso parte oltre una ventina di soci, volontari e scout, che si sono concentrati in questa occasione sulla pulizia dell'area urbana compresa tra piazza Sant'Antonio, il colle di via Alviano e dell'Università, borgo San Rocco e via Lantieri. Il tutto con il sostegno del Comune e di Isontina Ambiente. Come ha spiegato la presidente Tomasich, in diverse ore di lavoro sono stati riempiti quasi dieci sacchi con bottiglie di vetro e lattine, ma anche plastica, cartacce, piccoli rifiuti e mascherine. Persino una vecchia sedia e una scopa. Poi, centinaia e centinaia di mozziconi di sigaretta, tanti da riempire cinque bottiglie di plastica. Una nuova iniziativa di "Puliamo il mondo" è in programma il 10 ottobre, nel Parco del Castello.
Marco Bisiach
NEL GOLFO - Cinquanta imbarcazioni per pulire dalla plastica spiagge, scogliere e mare - Assonautica con le federazioni di settore
Quando l'amore per l'ambiente si traduce in una pulizia in superficie del mare. Via alla prima edizione di "Giornata della pesca alla plastica-Aiutiamo il nostro mare", iniziativa andata ieri in scena nel golfo di Trieste a cura dell'Assonautica Trieste, in collaborazione con Guardia Costiera Ausiliaria, Federazione Pesca e altre sigle del settore come Fiv, Fim e Fipsas. Una cinquantina le imbarcazioni che hanno aderito all'appello per un intervento di bonifica non nei fondali ma tra spiagge, rive, scogliere, moli e su quanto galleggia. Le operazioni sono iniziate nella mattinata e si sono protratte sino al tardo pomeriggio. Hanno visto in primo piano le squadre di "spazzini" del mare provenienti dalle sedi della Lega Navale, della Triestina sport del mare, Centro servizi nautici e Club del Gommone. Tutti a caccia della plastica inquinante, quella soprattutto di bottigliette e sacchetti, gli elementi che hanno costituito il principale bottino di ieri. Gli attrezzi usati? Quelli della tradizione. Nulla di troppo sofisticato quindi ma olio di gomito supportato da canne da pesca, retine e dal classico "mezzo marinaio". I rifiuti raccolti nella serata di ieri sono stati poi affidati alla Pertot, entrata in campo per la fase essenziale della manifestazione, quella del lavoro di smaltimento. «Provvederemo anche alla pesatura del pescato delle immondizie - hanno precisato da Assonautica - ma si tratta di un passaggio simbolico, come simbolica sarà la premiazione».
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 25 settembre 2021
AMBIENTE - Porti di Trieste e Monfalcone pronti alla sfida emissioni zero
I tedeschi dei Hhla International con il progetto Smooth Port puntano a tecnologie volte alla riduzione degli scarichi di CO2. «Siamo pionieri»
Trieste con la piattaforma logistica, ma anche il porto di Monfalcone grazie all'alleanza con Amburgo punta a vincere la sfida della «neutralità delle emissioni» entro il 2040 con la riduzione totale delle emissioni di Co2. Un piano ambizioso quello di Hhla international spiegato da Lennert Dewalelsche ieri a Monfalcone in un incontro dedicato allo sviluppo della portualità e al progetto, Smooth Port, che punta proprio allo sviluppo di tecnologie nello scalo per la riduzione delle emissioni e della Co2 che vede protagonista Monfalcone con il ministero dell'economia e dell'innovazione della città di Amburgo, l'Autorità portuale locale e quella di Saint Nazaire, oltre che quella del mar settentrionale Tirreno. «Hhla con Ala è una delle società pioniere per l'utilizzo dell'idrogeno nel settore marittimo - ha insistito Dewaelsche - e stiamo lavorando per essere i leader nell'abbassamento di emissioni di Co2. Abbiamo una responsabilità sociale e se investiamo oggi vedremo i risultati domani. Abbiamo già ridotto del 30% le nostre quote, la Ue sta implementando i fondi per questi progetti. Questo processo non è gratuito, ma l'elettrificazione non è molto costosa e ci sono molte opportunità da cogliere. Stiamo anche riducendo i tempi di attesa dei Tir per abbassare emissioni e consumo di combustibile». Il rappresentante di Hhla ha ribadito la soddisfazione della presenza a Trieste con gli investimenti sulla piattaforma logistica «Dobbiamo realizzare anche il molo Ottavo, abbiamo finito la progettazione e speriamo di avere l'approvazione prima possibile. Per noi la presenza a Trieste è molto importante perché è un porto nel Centro dell'Europa». Hhla ha già investito sulla piattaforma logistica in attrezzature per la movimentazione a basso consumo e bassa rumorosità. Nell'incontro il segretario dell'Autorità di sistema del mar Adriatico orientale, Vittorio Torbianelli, ha parlato dei progetti per la riduzione delle emissioni negli scali (ci sono già 7 milioni per l'elettrificazione della banchina di Monfalcone), e per il cambio di carburante (meno inquinante) per le navi in arrivo. Tra i progetti già avviati il trasferimento dei traffici su rotaia che nello scalo di Trieste è massiccio. Giuseppe Bortolussi (Interporto Pordenone e Confindustria) ha ribadito la necessità da parte di Rfi di una programmazione più attenta per la logistica e ha confermato la vicinanza dell'Industria al sistema della logistica del Fvg.
Giulio Garau
Fridays a Ponterosso: «Subito una svolta green» - I giovani seguaci di Greta Thunberg in piazza
Serve una svolta. E serve subito. È ciò che reclamano i ragazzi di "Fridays for Future Trieste", che ieri si sono ridati appuntamento in piazza Ponterosso. Al centro dell'incontro slogan sulla tutela dell'ambiente, cartelloni dipinti a mano con messaggi sull'urgenza di salvaguardare la terra e appelli sulla necessità di cambiare un mondo sempre più inquinato. Dal 2018, ogni anno, in moltissime piazze, in scia al movimento d'opinione lanciato da Greta Thunberg, i giovani si ritrovano per protestare in modo pacifico, per ribadire l'importanza di comportamenti incentrati sulla sostenibilità. E così anche ieri, a Ponterosso, i ragazzi si sono alternati al microfono per ricordare i numeri legati all'emergenza ambientale, i rischi più pesanti per il pianeta e le conseguenze dei cambiamenti climatici.«Torniamo a farci sentire - così ieri i partecipanti - dopo un'estate calda, anzi, caldissima. A novembre, a Glasgow, gli stati che nel 2015 hanno firmato gli accordi di Parigi si riuniranno in una conferenza, denominata "Cop26", e discuteranno come ridurre le emissioni di Co2 nei prossimi anni, con l'obiettivo di riunirsi nuovamente nel 2026. Finora poco però è stato fatto. L'unico modo per sperare che cambi qualcosa è farci sentire adesso».
Micol Brusaferro
Greta: «Germania canaglia del clima C'è il voto, ma io non faccio politica»
Colloquio con l'attivista svedese a poche ore dal voto. Ieri sciopero del clima, giornata di mobilitazione internazionale
BERLINO. Sceglie Berlino Greta Thunberg per riportare l'attenzione sull'emergenza climatica, a due giorni dalle «elezioni del secolo» in Germania, come le ha definite l'attivista tedesca Lisa Neubauer. Ma chi sperava in un endorsement diretto al partito dei Verdi è rimasto deluso. È il primo grande raduno dopo due anni di pausa per il coronavirus, e sul prato davanti al Bundestag sono circa in 20.000, riferisce un'agente in divisa a protezione del palazzo del Reichstag. «Sono deliziata di vedere così tante persone, è passato un po' di tempo e non ci sono più abituata» ha esordito la svedese Greta Thunberg, dopo aver salutato la folla di giovani e giovanissimi in tedesco. Poco prima di salire sul palco Greta aveva spiegato a un gruppo di giornalisti perché aveva scelto la capitale tedesca: «Sono a Berlino per partecipare allo sciopero mondiale sul clima ma certamente qui è un po'speciale per via delle elezioni» dice Greta, capelli sciolti, viso abbronzato, pantaloni della tuta viola. È piccolina e quando esce dallo stand bianco che la protegge dagli sguardi dei curiosi, si fatica a credere di avere davanti una 18enne. Dal voto di domenica si augura «che i politici si assumano le loro responsabilità, ma noi dobbiamo continuare ad essere attivisti perché nessuno dei partiti politici ha un programma in linea con l'accordo di Parigi» spiega. Non è qui per fare «campagna elettorale» per alcun partito, spiega, né pensa di entrare in futuro in politica, risponde sorridendo alla domanda. Dei quattro minuti a disposizione per le interviste, Greta ne usa poco più di tre. Sono risposte rapidissime, precise, a voce appena udibile anche a meno di un metro di distanza. Quando sale sul palco e prende il microfono però la sua voce si trasforma. Il timbro diventa forte e profondo, il tono combattivo. «La Germania è il quarto paese al mondo per emissioni di Co2» scandisce dal palco, «oggettivamente è una delle maggiori canaglie in fatto di clima» e «cambiare non è solo possibile, è anche urgente e necessario» aggiunge. La folla la accoglie entusiasta. «Che cosa vi fa tanta paura da venire qui stamattina? » chiediamo a un gruppetto di bambine. «Quando avremo dei figli e loro avranno dei figli dovranno vivere in un mondo molto brutto» dice una ragazzina bionda di 11 anni, mentre la sua amica di 12 spiega che non è qui solo per il clima, ma per la sua sopravvivenza. Sono tanti gli adolescenti, i bambini con i genitori, le mamme con i passeggini, i papà con i bimbi nei marsupi, e le «Nonne per il futuro». In Germania si sono svolte 472 dimostrazioni per lo sciopero mondiale del clima, circa 1.400 in 80 paesi diversi del mondo, diverse in Italia. La candidata dei Verdi Annalena Baerbock ha sfruttato l'occasione per fare un salto alla dimostrazione di Colonia dei Fridays for Future. Ma non è lei la protagonista della giornata. Mentre Greta fa campagna per il clima, la cancelliera Angela Merkel, da Monaco, fa appello «perché la Germania resti un paese stabile». Stabilità o clima. Questi i grandi temi in gioco alle elezioni che si avvicinano, mentre il distacco tra i candidati Spd e Cdu-Csu si sarebbe ridotto a un punto di distanza nei sondaggi (25% Cdu-Csu, 26% Spd), certificando il testa a testa.
Uski Audino
Pulizia rifiuti e plastiche sui sentieri della Rocca - oggi con il Pertini
Da 29 anni Puliamo il Mondo, la campagna di volontariato ambientale, promossa da Legambiente in collaborazione con la Rai, chiama a raccolta cittadini di tutte le età, scuole, associazioni, amministrazioni per ripulire dai rifiuti abbandonati strade, piazze e parchi, ma anche spiagge. Un percorso di cittadinanza attiva costruito negli anni dal circolo "Ignazio Zanutto" di Monfalcone. "Qualcuno la raccoglierà", motto di questa 29ª edizione, è un messaggio chiaro: una grande comunità di volontari pronta a raccogliere i rifiuti. Un gesto di responsabilità con l'obiettivo di scoraggiare comportamenti incivili. Molti gli appuntamenti in calendario, a partire da oggi con la pulizia dei sentieri del Carso alla Rocca, riservato ai ragazzi dell'Istituto "Pertini" che ha aderito alla campagna. Altri eventi l'1 (dedicato alle scuole) e il 2 ottobre (aperto a tutti) sul litorale di Staranzano, l'8 ottobre a Grado, il 9 a Doberdò e, a data da stabilire, a Gradisca. Comune che assieme a Doberdò, Grado e Staranzano hanno aderito.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 24 settembre 2021
Gli scolari e scolare di Muggia ripuliscono le aree verdi del centro di Muggia nell'ambito della campagna "Puliamo il Mondo" di Legambiente
Puliamo il Mondo 2021 si è svolto oggi a Muggia per iniziativa del Comune di Muggia, con la Scuola De Amicis e Legambiente. Una bella squadra di allieve e allievi delle classi quarte della scuola De Amicis di Muggia con le loro maestre. Più di cinquanta "operatori ecologici" in erba hanno ripulito stamane i giardini Europa al centro di Muggia nell'ambito dell'iniziativa nazionale di Legambiente "Puliamo il Mondo". Bottiglie, lattine, qualche cartone e tanta, tanta plastica, anche qui, come ovunque. Tre ore di lavoro fatto divertendosi e in piena sicurezza, intervallate da "istruzioni ambientali" fornite dall'istruttore di Legambiente, che ha esordito dicendo "Queste immondizie, molte riciclabili, sono su questo prato" ha detto "perché tanti "distratti" le hanno buttate! Dobbiamo riflettere sempre su ogni gesto che facciamo"
IL PICCOLO - VENERDI', 24 settembre 2021
Mads progetterà la demolizione della Tripcovich - l'incarico per 31.720 euro
Avviato lo studio di fattibilità tecnico-economica per la demolizione della Sala Tripcovich che - riporta una nota del Comune - consentirà di valorizzare l'accesso sud al Porto Vecchio. La specifica determina, firmata del direttore dipartimentale Giulio Bernetti, ha affidato il compito allo studio Mads & Associati, che avrà 60 giorni di tempo per redigere il relativo progetto, che prevede un investimento di circa 800.000 euro. Il compenso previsto per i professionisti ammonta a complessivi 31.720 euro. Questo progetto - precisa la nota - si realizza in coerenza e nel rispetto con la riqualificazione dell'area del Porto Vecchio, seguendo l'Accordo di Programma firmato il 4 marzo 2021.
Al via il recupero dello storico giardino di vicolo dell'Edera - Opera da 200 mila euro: pronto a gennaio
Dopo più di 20 anni tornerà al suo antico splendore l'angolo verde di vicolo dell'Edera: 2.700 metri quadrati, in stato di abbandono e chiusi al pubblico, fra le case e il nido "Zucchero Filato". Dopo lo sfalcio dell'erba infestante e il taglio di tre alberi pericolanti il piano di recupero (da oltre 200 mila euro, di cui 30 mila per l'area giochi) partirà nei prossimi giorni e si concluderà entro gennaio. I lavori riguarderanno la sistemazione delle recinzioni e dei percorsi pedonali. Saranno quindi realizzati un nuovo ingresso da vicolo dell'Edera, un percorso interno in calcestruzzo drenante eco-compatibile, una nuova linea d'acqua per la messa in opera di due fontane con acqua potabile, un'area giochi e un'altra dedicata ai cani, con relative recinzioni e cancelli, nuove panchine, cestini e pavimentazione antitrauma. «L'amministrazione negli ultimi cinque anni ha investito oltre cinque milioni in aree verdi - così l'assessore Elisa Lodi - intervenendo su 52 aree gioco da Santa Croce a Borgo San Sergio e provvedendo alla piantumazione di cento alberi. È la migliore risposta a chi ci accusa di non aver fatto nulla per valorizzare il verde urbano».
Lorenzo Degrassi
Targa del Comune a Caroli, "paladina" del Porto vecchio - Per Rossi è «nume tutelare dell'antico scalo» - il riconoscimento
«Per la passione, la determinazione e le competenze dimostrate per la salvaguardia del Porto Vecchio». È questa la motivazione incisa sulla targa che ieri mattina l'assessore Giorgio Rossi ha consegnato, a nome di tutta la città, ad Antonella Caroli, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra e già segretario dell'Autorità portuale. «Antonella Caroli - ha detto Rossi, rivolgendosi alle persone che hanno partecipato alla cerimonia, al Magazzino 26 - si è sempre impegnata per la tutela, il recupero e la riqualificazione di quest'area. Penso di poterla definire "nume tutelare" del Porto Vecchio, anche nel processo di riqualificazione della struttura». «Il rapporto che ho vissuto con il Comune in questi anni - ha sottolineato Caroli - è stato eccellente. Mi sono state aperte tutte le porte e spero che si continui a lavorare su questa traccia. In passato era necessario passare per le segreterie dei partiti e questa era una pessima prassi. Di fronte alla cultura infatti non devono esserci ostacoli. Scriverò un libro sulla storia del Porto Vecchio partendo dal 1982, quando iniziai a occuparmi dell'argomento. Il Porto Vecchio è un patrimonio da studiare e valorizzare. Oggi non tutti quelli che ne parlano ne conoscono storia e caratteristiche».
u.sa.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 settembre 2021
Contratto con Trenitalia: base di 60 milioni l'anno
Previsto un significativo aumento di mezzi, ma c'è l'incognita sulle nuove tariffe
TRIESTE. Si era già in proroga dal 2015. Ed è poi arrivata pure la pandemia. Ma adesso che, grazie alla campagna vaccinale, la speranza comune è di ritornare quanto prima a viaggiare in treno al cento per cento della capienza (attualmente non si va oltre l'ottanta), la Regione intende chiudere prima possibile la trattativa con Trenitalia per il rinnovo del contratto di trasporto sul territorio nordestino. Un "pacchetto" di prospettiva decennale che può valere tra i 50 e i 60 milioni di euro all'anno. Mezzo miliardo, insomma, forse 600 milioni. Tanti soldi per un obiettivo che l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti riassume concretamente nel «miglioramento del servizio per l'utente». Si ragiona in termini di qualità: l'esponente della giunta Fedriga anticipa che «è previsto un significativo aumento di nuovi mezzi nell'ottica del ringiovanimento del parco». Mentre, per quel che riguarda le tariffe, l'assessore mette un po' le mani avanti: «Sarà importante tutelare la clientela, ma ovviamente non dipende tutto da noi». L'ultimo contratto stipulato con Trenitalia ha avuto sei anni di durata, dal primo gennaio 2009 al 31 dicembre 2014. Poi, nel marzo 2015, si è proceduto a una proroga, fatta decorrere dal primo gennaio di quell'anno, fino al 31 dicembre 2017. Ulteriori allungamenti del contratto in essere, al fine di assicurare la continuità dei servizi, hanno visto l'amministrazione regionale stanziare una quarantina di milioni all'anno a copertura dei suoi obblighi per garantire all'utente del Fvg (20 mila i cittadini interessati ogni giorno prima della pandemia) le 155 corse giornaliere (che diventano 190 se si tiene conto pure dei collegamenti fino a Venezia), per un totale di 3,5 milioni annui treno/km. Nell'aprile 2019, rispondendo a interrogazioni e interpellanze, Pizzimenti spiegò che la Regione avrebbe valutato «tutte le manifestazioni di interesse che perverranno nell'ambito dell'avviata procedura per l'affidamento dei servizi ferroviari regionali una volta pubblicato l'avviso di pre-informazione che modifica quello in essere». La giunta, già dal novembre del 2018, aveva tra l'altro dato gli indirizzi: con il nuovo affidamento si punta «al miglioramento della qualità dei servizi e dell'efficienza in termini di costi rispetto al contratto in vigore e a un significativo investimento nel rinnovo del parco rotabile, degli impianti manutentivi nonché nelle tecnologie di bigliettazione e di informazione ai viaggiatori». Gli altri due obiettivi prioritari sono «l'attuazione di sinergie con la Società regionale Ferrovie Udine Cividale e la complementarietà con il sistema ferroviario nazionale e internazionale, favorendo la mobilità extraregionale con il potenziamento delle connessioni anche con i treni veloci». Qualche mese dopo, alla fine del 2019, prima che il mondo venisse sconvolto dal coronavirus, lo stesso assessore dichiarava: «Entro il 2020 sarà individuato il gestore del servizio ferroviario regionale per dieci anni a partire dal 2021».La premessa era la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, pochi giorni prima, il 10 dicembre, dell'avviso di pre-informazione della procedura di affidamento diretto. Niente gara, dunque, ma una trattativa con Trenitalia per continuare a collaborare assieme, così ha deciso la giunta, «come del resto fanno quasi tutte le Regioni». Superata auspicabilmente la fase più dura dell'emergenza, Pizzimenti rimane ancora molto abbottonato, ma fa capire che la trattativa dovrebbe essere in dirittura d'arrivo. Di sicuro, ammette, «vogliamo chiudere entro fine anno». I contenuti? L'assessore informa innanzitutto che al «Friuli Venezia Giulia è stata assegnata la gestione dei treni indivisi, vale a dire di quelli che viaggiano a cavallo tra la nostra regione e il Veneto». Inevitabilmente, dunque, cambieranno le cifre, in un contesto in cui, più in generale, insiste Pizzimenti, «gli utenti dovranno viaggiare più comodamente». L'ipotesi di lavoro è appunto di un investimento per la Regione di 50-60 milioni all'anno, con l'immissione di nuovi mezzi e un miglior servizio pure sul fronte dell'informazione ai viaggiatori. «È una partita importante - conclude l'assessore -, va chiusa entro il 2021».
Marco Ballico
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 settembre 2021
Da Triestebella 52 idee per la città «I candidati ora le condividano»
Dagli interventi sui giardini pubblici ai percorsi storici, allo sviluppo culturale e sociale di Porto vecchio
Cinquantadue idee per rendere la città più visitabile dai turisti, maggiormente fruibile dai cittadini, o semplicemente più accattivante. Sono le proposte che l'associazione Triestebella ha presentato nel corso del mattino di ieri al Circolo della stampa in corso Italia. L'appelloIdee che «saremmo lieti i candidati a sindaco per il prossimo quinquennio facessero loro» come ha sottolineato l'architetto Roberto Barocchi nel corso della sua illustrazione, alla presenza della presidente dell'Ordine degli architetti, Graziella Bloccari, e del presidente del Circolo della stampa, Pierluigi Sabatti. aree verdi e percorsi - Le 52 idee sono state suddivise in 11 macroaree all'interno delle quali, a detta dell'associazione, è assolutamente importante intervenire. A cominciare dal rendere Trieste più verde, con il miglioramento dei giardini pubblici, la realizzazione di aree verdi di vicinato con strumenti per l'educazione fisica e abbandonando la «pratica deleteria delle potature degli alberi». Triestebella propone poi l'istituzione di un percorso che segua la Trieste romana e uno per quella mitteleuropea. «Fare del centro la "città delle statue" realizzando statue-pedone per ricordare le persone illustri vissute, nate o che sono transitate per Trieste, eliminando il progetto del tallero di Maria Teresa perché troppo costoso e discutibile». Per Triestebella il Porto vecchio «è una grande occasione di sviluppo culturale e sociale, ma non va sprecato. Esso può diventare - a detta dell'architetto Barocchi - come il quartiere Vasco de Gama di Lisbona o la Città della Scienza di Valencia, cioè luogo di grande attrazione per turisti e residenti». la mobilità - Un'altra caratteristica che deve sviluppare Trieste è quella di rendere più agevoli gli spostamenti di categorie a bassa mobilità e capacità di orientamento quali anziani e disabili, pianificando al contempo il recupero degli edifici dismessi anche con nuove destinazioni d'uso, evitando in tal modo di consumare nuovo territorio per le speculazioni edilizie. «La pulizia di una città va di pari passo con la bellezza - secondo Barocchi - così come la sistemazione di alcuni palazzi storici, sia pubblici che privati». il mercato copertouna menzione speciale l'associazione l'ha riservata al Mercato coperto, con proposte legate a un riposizionamento della sua offerta e alla possibilità di attrarre così nuovi investitori. Tiepida la risposta della presidente dell'Ordine degli architetti. «Tra il dire e il fare ci sono di mezzo - sostiene Bloccari - burocrazia e vincoli architettonici. Gli spunti sono buoni, ma vanno resi meno dispersivi e incamerati in progetti più concreti».
Lorenzo Degrassi
Laghi di Doberdò e Pietrarossa - saranno sistemati i percorsi, le attrezzature e le indicazioni - il progetto
Sono previsti nuovi passerelle, pontili e belvedere. Gli interventi previsti rientrano nel Piano paesaggistico della Regione
A una svolta il progetto naturalistico di lavori di manutenzione e miglioramento percorsi, attrezzature e cartellonistica su parte dei sentieri esistenti nella Riserva naturale dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa. Infatti arrivata l'ufficialità del finanziamento regionale di 100 mila euro, il Comune di Doberdò è impegnato alla fase successiva che comprende l'approvazione della fattibilità tecnico-economica dei lavori, l'affidamento dei servizi architettura e ingegneria alla società Atec Engineering Srl di Trieste e la nomina del collaudatore statico. L'iter progettuale e l'esecuzione delle opere che purtroppo vanno a rilento, complici anche i problemi di pandemia con le difficoltà di avere contatti frequenti con gli uffici preposti, era iniziato a gennaio 2018 ancora con l'ex presidente della Regione Debora Serracchiani che assieme al Presidente del Consiglio delle Autonomie locali di allora, avevano indirizzato risorse regionali a interventi di area vasta delle Unioni Territoriali Intercomunali (Uti) per gli anni 2018-2020 per progetti di interesse sovracomunale strategici ai rispettivi Comuni ammessi al finanziamento. Gli interventi nella riserva rientrano nei progetti attuativi della parte strategica del Piano paesaggistico regionale relativi ai tratti adiacenti il lago, per il quale Doberdò e i Comuni confinanti in convenzione, cioè Savogna d'Isonzo e Sagrado (Comune capofila), avevano deciso di associarsi per partecipare al bando per la concessione dei contributi, avendo presentato un unico progetto integrato di paesaggio finanziabile dalla regione al 100% della spesa massima ritenuta ammissibile destinata alla realizzazione di interventi sui rispettivi territori comunali. In primo piano come lavori figurano la sistemazione dei percorsi intorno al lago in cui sono previste passerelle o pontili o belvedere, attrezzature e cartellonistica su parte dei sentieri esistenti e nel progetto verrà spiegata le assenze di protezioni come ringhiere, corrimano o altre della normativa di sicurezza attualmente non indicate. I tre Comuni consorziati, Savogna d'Isonzo, Sagrado e Doberdò, stanno cercando anche una soluzione per affrontare il problema del piano particellare, poichè gli importi necessari alle eventuali procedure di esproprio risulterebbero elevati essendo numerosi particelle e proprietari.
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 settembre 2021
Monfalcone fulcro per la transizione del Gruppo A2A
La centrale termoelettrica ha l'autorizzazione a operare fino al 2025 ma la multiutility darà lo stop al carbone già il prossimo anno
Il gruppo A2A accelera sulla transizione energetica in Friuli Venezia Giulia, ha già annunciato che, nonostante la centrale termoelettrica di Monfalcone abbia l'autorizzazione a operare sino al 2025, darà lo stop al carbone già il prossimo anno per iniziare la riconversione a gas che poi diventerà mista a idrogeno.A2A in realtà è già proiettata nel green in Fvg, produce oltre 700 gigawatt di energia elettrica e la gran parte, circa 600 giga, arrivano dalle centrali idroelettriche di Ampezzo e Somplago, energia al 100% verde e rinnovabile. L'acqua utilizzata dal fiume Tagliamento e i suoi affluenti viene infatti restituita all'ambiente con le stesse caratteristiche. Dalla centrale di Monfalcone, che funziona a carbone, arrivano soltanto 114 giga, l'impianto in realtà nel 2020 ha lavorato soltanto due mesi, nel '21 è stato acceso un periodo (a luglio scorso quando serviva immettere più energia in rete per i picchi di domanda) ed ora il gruppo prepara la riconversione. Una strategia confermata anche nell'ultima presentazione del Bilancio di sostenibilità da A2A guidata dall'ad Renato Mazzoncini, che è il secondo produttore di energia in Italia, il secondo nelle reti di distribuzione elettrica, uno dei primi nelle reti del gas e leader nei servizi ambientali e che punta a diventare una Life company con un nuovo modello industriale che punta al green. Proprio in giugno scorso A2A e Ardian (società di investimento di private equity indipendente con sede in Francia) hanno firmato un term-sheet non vincolante per una partnership nella generazione e fornitura di energia in Italia. A2A e Ardian puntano a far diventare questa partnership una delle piattaforme leader in Italia nella transizione energetica e la centrale di Monfalcone è uno dei cardini. Il piano di riconversione della centrale, come previsto dal piano di sostenibilità, prevede che Monfalcone diventi la sede della sperimentazione di un processo misto (blending) che integra l'attività produttiva a metano con quella a idrogeno (che sarà fornito da Snam). A2A spenderà 400 milioni per riconvertire la centrale che avrà una potenza di 850 megawatt, un rendimento elettrico del +63%, riduzioni del 100% di ossidi di zolfo e polveri, -76% di quelle di azoto e -64% di Co2.L'energia sarà prodotta da una turbina a gas abbinata a una nuova turbina a vapore che sarà collocata nell'attuale sala macchine dei gruppi 2 e 3. E il nuovo impianto con turbogas, camini e caldaia a recupero, come prevede il progetto, sarà realizzato in un'area parzialmente libera della centrale individuata per la lontananza dall'abitato e per la facilità di connessione alle reti esistenti. Oltre all'impianto a ciclo combinato il gruppo A2A ha confermato anche tutta una serie di attività collaterali per mantenere i livelli di occupazione che una centrale a gas non riesce a garantire (attualmente ci sono un centinaio di lavoratori).Tra i progetti quello dell'installazione di pannelli fotovoltaici a terra su alcuni edifici e sulle pensiline del parcheggio. E all'interno delle sale macchine dei gruppi 1-2 e del gruppo 3 sono previsti altri sistemi necessari alla sicurezza e alla stabilità della rete e a supporto degli impianti rinnovabili come i compensatori sincroni con la modifica degli attuali alternatori e sistemi di accumulo elettrico o termico. Un'organizzazione produttiva che dovrebbe permettere, come previsto da un accordo siglato con i sindacati confederali di Cgil, Cisl e Uil e le sigle territoriali di categoria, di mantenere 100 posti di lavoro.
Giulio Garau
Solare e idroelettrico, le strategie dei fondi
Fonti energetiche alternative: da Palladio a Finint, il private equity punta a Nordest quasi un miliardo di euro in 10 anni
Circa 900 milioni di investimenti nel settore delle rinnovabili a Nordest negli ultimi 10 anni. E questi sono solo i dati certi, perché nella maggior parte dei casi le società di private equity non comunicano l'ammontare delle loro operazioni. Il più consistente registrato riguarda Macquarie, 335 milioni, in Hydro Dolomiti Enel per il 49 per cento del capitale. Altri 16,1 milioni da Mandarin Capital Partners per il 18 per cento di Ladurner. In entrambi gli investimenti è il Trentino Alto Adige che fa la parte del Leone a Nordest. Conferma che arriva anche con l'ultimo investimento, anno 2021 che vede l'ingresso come lead investor in Dolomiti Energia Holding di Equitix con il 5 per cento del capitale e come obiettivo ovviamente lo sviluppo di energie rinnovabili. In Veneto ci sono due soggetti storici del private equity e della finanzia d'impresa che si stanno muovendo in questo settore. Il primo è la Palladio di Roberto Meneguzzo che ha istituito al proprio interno una vera e propria piattaforma finalizzata agli investimenti green con focus sulle energie rinnovabili. La società finanziaria vicentina ha effettuato, tramite il fondo ForVei II in partnership con Foresight, acquisizioni per circa 60MW di fotovoltaico e ha avviato anche un progetto greenfield di un impianto fotovoltaico. Il fondo, spiega la società, ha già raccolto 90 milioni di euro tra Italia, Inghilterra ed Asia. Primo impianto Vei Greenfield ha avviato la costruzione di un primo impianto fotovoltaico per il libero mercato e sta sviluppando una pipeline di nuove iniziative per più di 150MW. Infine Spicy Green è il veicolo, sviluppato e gestito insieme a Illimity Bank, che si occupa dell'acquisto e della gestione di crediti Utp/Npl del settore energy italiano. Finint Investments Sgr, parte dell'omonimo gruppo finanziario che fa capo a Enrico Marchi, è uno dei leader in Italia nella gestione di fondi comuni di investimento nel settore energy: gestisce attualmente, attraverso tre fondi immobiliari e due fondi mobiliari, oltre 125 MWp di impianti di generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile e impianti destinati all'efficientamento energetico. Tra gli investimenti dei fondi rientrano parchi fotovoltaici (sia a terra, sia su coperture), parchi eolici, impianti idroelettrici, impianti di cogenerazione a gas/biomassa e impianti di illuminazione pubblica. Recentemente è stato anche istituito e avviato un fondo dedicato ad investimenti nel settore fotovoltaico in market parity, ovvero impianti da fonte rinnovabile che non beneficiano di forme di incentivazione pubblica. Nello specifico la sgr è attiva nel segmento di mercato da oltre 12 anni con un team di professionisti dedicato alla strutturazione e gestione diretta di tali investimenti, effettuati sia acquisendo impianti operativi nel mercato secondario, sia sviluppando nuova capacità rinnovabile partendo da progetti greenfield. Tra gli investitori dei fondi ci sono soprattutto operatori istituzionali, sia italiani che esteri.Finint Investments Sgr nel comparto energie rinnovabili ha un Asset Under Management di 377 milioni di euro, una potenza impianti per 126,18 MWp (dati aggiornati a fine giugno 2021 ndr).I Fondi "energy" nascono dall'opportunità di coniugare investimenti decorrelati dall'andamento dei mercati borsistici, resilienti rispetto a shock congiunturali, caratterizzati da buone performance e flussi di cassa costanti, con progetti che rispettano criteri Esg e creano valore per il sistema Paese contribuendo alla transizione energetica in atto e promuovendo un impatto ambientale e sociale di lungo periodo. Rating EsgTutti i fondi energy della società perseguono obiettivi di sostenibilità e recentemente alcuni di questi prodotti hanno richiesto il rating Esg ad una delle principali agenzie di rating internazionali specializzate nella quantificazione di tali fattori. Inoltre da inizio anno Finint Investments SGR è diventata firmataria del PRI (Principles For Responsable Investments), ovvero la più grande organizzazione a livello mondiale - voluta dalle Nazioni Unite - per promuovere investimenti sostenibili all'interno del mondo finanziario.
Roberta Paolini
Arvedi, idrogeno e gas per energia green così cambiano i siti di Trieste e Cremona
La strada della decarbonizzazione: il gruppo punta a usare soltanto rottame ferroso rilavorato con forni elettrici
La decarbonizzazione passa anche per l'idrogeno. Ne è convinto il gruppo Arvedi, impegnato nella riconversione del ciclo produttivo fra Trieste e Cremona. La chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola lascerà spazio alla logistica portuale, ma accanto rimarrà e sarà potenziato il laminatoio, che la società dell'acciaio alimenterà anche ricorrendo all'idrogeno. C'è un investimento dedicato di 20 milioni, che si somma al raddoppio dell'area a freddo e alla riqualificazione della centrale elettrica dell'impianto. Smantellamento - La decisione di affiancare l'idrogeno al gas arriva dopo la firma dell'Accordo di programma, che ha dato il via allo smantellamento di altoforno e cokeria. Si tratta di idrogeno "green", grazie all'impiego di energie rinnovabili nel processo di elettrolisi dell'acqua. Già dall'anno prossimo Arvedi potrebbe produrre idrogeno per alimentare i forni di riscaldo dei laminati. Tutto partirà da un impianto fotovoltaico da 6 megawatt da realizzare sui nuovi capannoni del laminatoio: l'energia solare produrrà quella elettrica con cui innescare l'elettrolisi, l'idrogeno derivante sarà impiegato per creerà nuovamente energia elettrica attraverso un sistema di pile a combustibile, che sostituirà parzialmente la necessità di gas naturale. L'energia potrà anche essere stoccata grazie all'uso di pile a combustibile, che fungeranno da accumulatori. Non ci saranno serbatoi in cui conservare grandi quantità di idrogeno per garantire la sicurezza. Si impiegherà dunque anche l'idrogeno per far funzionare le nuove linee di zincatura e verniciatura che Arvedi installerà a Trieste, servendosi di macchinari da poco ordinati alla Danieli di Udine. Se un primo potenziamento dell'area a freddo era stato inserito nell'Accordo di programma, il gruppo cremonese ha successivamente annunciato di voler creare un capannone aggiuntivo da 25 mila metri quadrati per arricchire ulteriormente le linee produttive con un impianto aggiuntivo di zincatura da 400 mila tonnellate all'anno: spesa da 80 milioni, che si aggiungono al piano industriale da 227 milioni allegato all'Adp. «A Trieste nell'ambito del piano di rilancio della Ferriera di Servola - spiega l'ad di Arvedi Mario Caldonazzo - abbiamo deciso di attuare un progetto innovativo, realizzando un sistema di autoproduzione di idrogeno verde: l'elettrolizzatore sarà alimentato da pannelli fotovoltaici. La produzione di energia elettrica fotovoltaica sarà quindi da fonte rinnovabile ed esclusivamente destinata ad alimentare l'elettrolizzatore: l'idrogeno prodotto in eccesso durante le ore di irraggiamento solare verrà accumulato per essere utilizzato nelle ore di mancata produzione di energia fotovoltaica, classificando l'intero ciclo di produzione di energia e accumulo integralmente "green". È un progetto in cui crediamo fermamente». Dopo aver portato lo stabilimento di Servola sotto i limiti di emissioni e aver risanato in buona parte il sito, Arvedi si è deciso a chiudere l'area a caldo per la produzione di ghisa, impegnandosi (anche con il supporto di 70 milioni di fondi statali) in un percorso di decarbonizzazione che coinvolge la casa madre di Cremona. Rottame ferroso - Il modello produttivo viene ripensato: dopo la dismissione della produzione di ghisa a Trieste, la società punta a usare solo rottame ferroso, rilavorato con forni elettrici. La produzione a Cremona, la laminazione a Trieste: poi i prodotti finali saranno destinati all'Europa centro-orientale. L'obiettivo di Arvedi è basare il 75% della propria produzione su acciaio riciclato entro il 2023: per questo il gruppo ha avuto accesso, primo in Italia, a un prestito da 240 milioni nell'ambito del Green New Deal.
Diego D'Amelio
Giovani bengalesi ospiti al Cara di Gradisca ripuliscono l'Isonzo
GRADISCA. Armati di sacchi, guanti e mascherine, una mezza dozzina di ospiti della struttura per richiedenti asilo di Gradisca ha organizzato autonomamente una vera e propria "spedizione" di raccolta dei rifiuti nelle aree fluviali della cittadina isontina. Un'esperienza che alcuni avevano già provato nel marzo scorso, sensibilizzati da una giornata di pulizia organizzata nella Fortezza. Ma questa volta i ragazzi (tutti del Bangladesh) hanno deciso di fare da sé. Il gruppetto di richiedenti asilo si è dedicato alla zona sottostante il ponte sull'Isonzo, fra Gradisca e Sagrado, dove ha raccolto sacchi colmi di rifiuti di ogni genere, da plastica e lattine sino ai resti dei pic-nic. Dell'episodio è stata testimone Luciana Bertagnoli, foglianina e titolare di un'attività a Gradisca. Proprio lei, assieme all'amica Sonia, insegnante volontaria di italiano all'interno del Cara, ha dato vita da tempo ad un gruppo spontaneo composto da una decina di persone che non appena notano o si vedono segnalare una discarica a cielo aperto si organizzano per dare una bella ripulita.«Ogni giorno incontriamo situazioni di degrado e se ognuno si abituasse ad armarsi di guanti e sacchi per pulire il suo piccolo pezzo di mondo, sarebbe una gran cosa - commenta Bertagnoli-. La notizia che i ragazzi del Cara si siano attivati spontaneamente per raccogliere i rifiuti ci ha fatto molto piacere, significa che si è innescato un meccanismo che ha fatto loro prendere coscienza della necessità di adottare comportamenti rispettosi. Dare l'esempio coi fatti è la strada». Per lo smaltimento è bastato utilizzare la app di Isontina Ambiente. Bertagnoli sfata sul nascere anche quelli che chiameremmo due stereotipi da social: che i ragazzi abbiano pulito le aree fluviali dalla loro stessa immondizia, e quello che avendo molto tempo libero è il minimo che potessero fare: «Non è proprio così - assicura Bertagnoli -. In primis, sono stati trovati molti resti riconducibili ad autoctoni. Secondo, molti di loro in questo periodo sono impegnati nella vendemmia o nella raccolta di frutta e hanno voluto partecipare alla pulizia dopo la loro giornata di lavoro». Un piccolo segno virtuoso, insomma, che si spera non resti episodio isolato. E isolato non è: «L'altra sera con altri due volontari stavamo raccogliendo rifiuti abbandonati lungo la strada regionale fra Gradisca e Villesse - racconta Bertagnoli -. Ci ha notati un ragazzo pakistano e ha chiesto di unirsi al nostro gruppo. Un modo per rendersi utile ed integrarsi con le persone. Già ieri ha partecipato ad una raccolta a Gorizia». Si tratta di un giovane che risiede a Romans, dopo avere avuto ospitalità al centro Nazareno: il suo nome è Atif, come il ragazzo ingoiato dall'Isonzo a dicembre del 2019.
Luigi Murciano
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 settembre 2021
Sea Summit, tre giornate per l'economia blu fra crescita e ambiente - PRENOTAZIONI APERTE
Trieste. Lo stato di salute del Mediterraneo, il ruolo della "science diplomacy" nel sostenere politiche innovative e integrate di tutela del mare, l'economia circolare nella nautica, il futuro delle città-porto nella prospettiva della transizione ecologica, il ruolo di Trieste nelle relazioni con la Mitteleuropa e con i Paesi dell'Ince anche sul fronte ambientale, le imprese e le politiche di sostenibilità. Sono questi i i temi di Barcolana Sea Summit, l'evento di divulgazione scientifica e approfondimento politico, economico e sociale dedicato alla sostenibilità del mare e degli ecosistemi acquatici, organizzato in prima edizione nell'ambito di Barcolana. Su www.seasummit.it e su www.barcolana.it è possibile vedere il programma completo e prenotare il proprio posto per partecipare dal vivo all'evento sulla salvaguardia e lo sviluppo del Mediterraneo, dal 6 al 9 ottobre al Trieste Convention Center in Porto Vecchio. Tre le giornate di incontri per un totale di otto sessioni. «Barcolana Sea Summit è un'occasione unica - fa notare il presidente della Società Velica di Barcola e Grignano Mitja Gialuz - per riflettere assieme a studiosi, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni sullo stato di salute del Mediterraneo e sui nuovi paradigmi della sostenibilità: l'obiettivo che perseguiamo è di avviare un dialogo concreto che porti all'assunzione di impegni volti a garantire un futuro migliore per il nostro mare». Al Sea Summit hanno confermato i propri interventi fra gli altri i ministri Roberto Cingolani e Stefano Patuanelli, la sottosegretaria Vannia Gava, Alessia Rotta, presidente della Commissione Ambiente della Camera, il presidente dell'Ispra Stefano Laporta, Francesca Santoro dell'Unesco, Mary Anne Ocampo del Mit di Boston; grazie all'InCe, che organizza il Summit tra i Paesi InCe, saranno presenti ministri e loro rappresentanti dei Paesi parte dell'Iniziativa Centro Europea.Quanto alla voce delle imprese sono previsti interventi dei vertici di Generali, Coop Italia, Siram Veolia, Gruppo Hera, Acqua Latina, Dfds e dei responsabili della sostenibilità di Unicredit, Gruppo Hera, Generali, Snam, Gruppo Davines. Sul fronte delle associazioni ambientaliste, parleranno Donatella Bianchi (Presidente WWF Italia), Rosalba Giugni (presidente Marevivo), per le fondazioni saranno presenti Andrea Illy come Co-chair Regenerative Society Foundation e presidente di illycaffè e Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile. Trieste sarà fortemente rappresentata dagli scienziati dell'Ogs, da numerosi docenti dell'Università, mentre le città al centro dell'attenzione saranno Trieste e Genova, con sindaci, rettori e presidenti delle Autorità portuali. Il il Summit ha il supporto dell'Assessorato regionale alla Difesa dell'ambiente e coinvolge l'assessorato al Lavoro.
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 settembre 2021
Ripescati in Sacchetta parabordi, ruote, tubi e persino un frigorifero - la pulizia dei fondali nell'ambito di mare nordest
Il sedile di un'utilitaria, la batteria di un camion, una ventina di pneumatici, numerosi parabordi, boe, bottiglie di vetro e di plastica. Sono solo una parte degli oggetti che ieri mattina sono stati recuperati dai fondali dello specchio d'acqua dinanzi la società nautica "Sacheta" da 13 subacquei e un apneista facenti parte di varie associazioni e circoli triestini del settore. Sono state tre ore di lavoro nell'ambito della sesta edizione dell'operazione "Clean Water - Mare Nordest 2021 - Il mare che vorrei", che ha visto impegnati numerosi volontari sia in mare che a terra. «In media raccogliamo fra gli 800 e i 900 chili di materiali», spiega Edoardo Nattelli di Mare Nordest: «La maggior parte degli oggetti che ritroviamo sono il frutto dell'inciviltà della gente e soltanto una minima parte, invece, è conseguenza di cadute in mare accidentali». Di ogni tipo, come detto, gli oggetti rinvenuti. Addirittura un frigorifero, incastrato fra pontile e barche, come pure dei più semplici secchi e pennelli, probabilmente utilizzati per la riverniciatura delle imbarcazioni e poi gettati a mare. E, ancora, taniche, ombrelli, sdraio, nasse per la pesca delle seppie, uno specchio, tubi di plastica, un coprimotore da barca e una custodia per autoradio. Passano gli anni, insomma, ma pare che l'educazione a non inquinare il mare sia dura da far recepire persino a chi lo frequenta. «In realtà qualcosa si muove - spiega Nattelli - perché là dove la pulizia l'abbiamo fatta più volte, nel corso degli ultimi anni, abbiamo notato un leggero calo nel numero dei rifiuti recuperati». Le associazioni sportive di sub del territorio, ma non solo, hanno reso possibile l'iniziativa di ieri. Fra di loro Asi Sub, Circolo Sommozzatori Trieste, Murena Diving Sporting Club, Area 51 Diving School, Deep Blue, Aquatik Dream, L'Altraitalia Ambiente, Sics Cani Salvataggio e Corpo Pompieri Volontari di Trieste. «Per quest'anno è in programma a breve un'altra pulizia nel porticciolo di Sistiana - fanno sapere gli organizzatori - mentre in vista del 2022 contiamo di riprendere le normali attività di recupero con una cadenza simile a quelle dell'era pre-Covid».
lo.de.
IL PICCOLO - SABATO, 18 settembre 2021
Sul progetto Kipar per il Porto vecchio è sfida di visioni fra Dipiazza e i rivali
Il sindaco: «Tassello importante, dagli altri solo chiacchiere» Russo: «Boutade elettorale». Laterza: «Scelte sbagliate»
Quale soluzione per il Porto vecchio? All'indomani della presentazione del piano dell'architetto Andreas Kipar per gli spazi pubblici dell'area, la comunità politica si divide: se per il sindaco uscente è la chiave per realizzare un nuovo borgo cittadino, gli altri candidati alla guida di palazzo Cheba chiedono a gran voce - ognuno a suo modo - che l'antico scalo sia anche sede di attività produttive. Per Roberto Dipiazza il lavoro degli esperti germanici è un'occasione per riaffermare il suo essere uomo del fare: «Il Bosco urbano dell'architetto Kipar nel nuovissimo Porto vecchio è un tassello di questa nostra concreta visione della città che stiamo già progettando e realizzando, a differenza di altri che possono fare solo chiacchiere o raccontare menzogne». Quanto al rischio dello "spezzatino", paventato anche dall'architetto, Dipiazza spiega il suo approccio: «I magazzini hanno 15-20 mila metri quadrati, è difficile pensare di non dividerli in sezioni per dare modo a diverse aziende di insediarsi. Poi il consorzio Ursus è lì per valutare: la Ford voleva farci il suo museo ma metterci anche un concessionario. Ho detto di no. Ma se arriva una proposta come quella di Eataly? Si valuta caso per caso». Il candidato del centrosinistra Francesco Russo la vede diversamente: «Trovo interessanti molti spunti di Kipar, ma questa era una presentazione pre elettorale. Il tema vero è che quell'area ha bisogno di un piano strategico che non ne faccia un rione residenziale verde, con ampi rischi speculativi, ma che la metta nel suo insieme a disposizione di investitori e realtà produttive. Dal mese prossimo si cambia approccio: un piano di lungo periodo, un ragionamento sull'area nel suo complesso, il supporto di professionalità private ma anche capacità di ascolto dei cittadini. Perché, al di là delle capacità di Kipar, parliamo dell'ennesimo progetto calato dall'alto». Riccardo Laterza di Adesso Trieste punta il dito sulle «scelte profondamente sbagliate» prese dal Comune «sulle destinazioni d'uso degli edifici»: «È triste constatare come l'assetto proposto degli spazi aperti e la loro relazione con i volumi esistenti siano concepiti sul modello di una città esclusivamente del tempo libero, dove il lavoro e la produzione non esistono». Rilancia: «Quando governerà il Comune Adesso Trieste stralcerà la variante che considera Porto vecchio come il quarto borgo storico di una città che ha già 13 mila case vuote e 1.800 negozi sfitti, e ne proporrà un'altra, con le misure e gli strumenti necessari a dare un futuro produttivo e sostenibile alla città». Così la candidata del M5s Alessandra Richetti: «Il centrodestra continua a fare proposte faraoniche poco incentrate sui bisogni della città. Ho grande stima dell'architetto Kipar e nel suo lavoro ci sono spunti molto interessanti, la sua idea del verde ci trova d'accordo. Non riusciamo a capire però idee come quella della Regione, di arroccare lì tutte le sue sedi senza che ciò faccia crescere la città, mentre ciò di cui Trieste ha bisogno sono nuovi spazi di sviluppo». Duro Franco Bandelli di Futura: «Kipar è un paesaggista e ha fatto la cornice di un contesto in cui mancano, non per colpa sua, i contenuti. Il discorso è sempre lo stesso, manca un progetto generale: siamo passati dalla ruota panoramica all'ovovia, agli uffici della Regione, che ricordo pagheremmo noi. Mi sembra, insomma, una boutade elettorale: nelle prossime due settimane mi aspetto arrivi l'impianto di ping pong dei coreani e la fabbrica di lana merino cilena. Suvvia». Il candidato della Federazione del Tlt Giorgio Marchesich commenta: «Il solito fumo negli occhi che arriva alla vigilia di ogni elezione. Noi non siamo favorevoli perché vogliamo non sia una speculazione edilizia, né un giardino incolto, ma un porto franco internazionale come impone l'allegato VIII». Per la candidata di Verdi e Sinistra Tiziana Cimolino il progetto serve a coprire le carenze del Comune: «È greenwashing. Una strategia di comunicazione finalizzata a costruire un'immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti al progetto che stanno costruendo veramente».
Giovanni Tomasin
Piano per l'ambiente firmato da At Futura: un nuovo grande marina
I civici di Adesso Trieste fra politiche energetiche e gestione dei rifiuti Dai bandelliani focus sul mare. Cimolino: «Recuperare gli alloggi sfitti»
«Vogliamo ridurre i consumi creando comunità energetiche diffuse». Così Giovanni Carrosio, socio fondatore di Adesso Trieste e docente di Sociologia dell'ambiente dell'ateneo cittadino. «Il Comune può essere parte attiva in ciò, tramite riqualificazione energetica degli edifici su base rionale e mappatura dei palazzi pubblici adatti a ospitare piccoli impianti di pannelli fotovoltaici, per autoprodurre energia pulita». I civici municipalisti vogliono inoltre realizzare un nuovo piano per la gestione dell'immondizia, con l'obiettivo "rifiuti zero", e ripubblicizzare i servizi essenziali tra cui l'acqua, costituendo comitati di lavoratori e utenti. È quanto emerso da una conferenza stampa dov'erano presenti anche il candidato sindaco, Riccardo Laterza, e la capolista Giulia Massolino. Il movimento Futura - tramite il candidato sindaco Franco Bandelli, il consigliere comunale uscente Roberto De Gioia, il coordinatore provinciale Michele Sacellini, le candidate al Consiglio comunale Sabrina Iogna Prat e Rina Anna Rusconi - è intervenuto invece sull'economia del mare. De Gioia ha parlato di «potenzialità inespresse di Trieste» indicando il Porto vecchio come sede ideale di uno dei marina più grandi d'Italia. Bandelli ha ribadito la proposta di istituire un assessorato al Mare da affiancare a una delega al Carso. Verdi e Sinistra in Comune-Levica hanno tenuto un banchetto in largo Barriera sull'emergenza abitativa, affermando che a Trieste ci sono 10 mila alloggi sfitti, a fronte di quasi 4 mila persone in lista di attesa Ater e quasi mille sentenze di sfratto esecutivo. «Si prospetta un futuro di povertà», ha detto la candidata a sindaco Tiziana Cimolino: «Il Welfare comunale ha stanziato un tesoretto da 800 mila euro per aiutare le persone in difficoltà. Ma viste le case sfitte anche di Comune e Ater, si può fare di più, avviando politiche di recupero stabili, promuovendo un co-housing intergenerazionale tra anziani che vivono soli e giovani che hanno bisogno di un tetto, dando la possibilità alle giovani coppie di formare gruppi per ristrutturare edifici in forma di cooperativa. Serve poi uno sportello di contrattazione sociale, per aiutare chi è in difficoltà a mediare per rimodulare il canone d'affitto».
L.G.
IL PICCOLO - VENERDI', 17 settembre 2021
Porto vecchio, il piano di Kipar per una nuova città verde
Il paesaggista: "Lo spazio pubblico punto di partenza per lo sviluppo dell'area". Previsti anche il trenino turistico e l'ovovia. I moli trasformati in oasi "green"
L'importante sarà tenere il ritmo. Si compone come un pentagramma il piano dell'architetto Andreas Kipar e del suo team per quello che ormai chiama Porto "nuovissimo": al cuore del progetto l'idea di sviluppare l'antico scalo pensandolo a partire dai suoi spazi pubblici, verdi e sostenibili. Ieri, presentando sua la partitura, il paesaggista tedesco ha lanciato un monito: bisognerà tenere sempre a mente il piano generale in fase di vendita dei magazzini, per evitare il rischio del celebre "spezzatino". Il lavoro fatto finora è stato presentato in mattinata alla sala Luttazzi del Magazzino 26, nell'ambito del secondo incontro partecipativo per lo sviluppo della città. Kipar e la sua squadra (Land Italia srl) hanno esposto il cuore del progetto, affidato loro dal Comune all'inizio dell'anno e ormai a buon punto d'elaborazione: il già citato pentagramma è composto nelle sue linee orizzontali dai grandi viali del Porto vecchio, segnate in verticale dagli assi ideali dei moli. Lo spazio pubblico è l'idea portante di riqualificazione dell'area, e l'impostazione lo legge come una infrastruttura verde, ispirata tanto al parco di Miramare quanto al paesaggio carsico. La forma e le tipologie del verde rispondono a indagini storiche e naturalistiche, nonché dal confronto con interlocutori locali come l'ordine degli agronomi e dei forestali. Gli architetti hanno affidato una finalità ai tre viali e alla linea di costa. Il viale vicino alla stazione sarà "l'asse città aperta": vi passerà la strada, ma la maggior parte dello spazio sarà pedonale e ciclabile, alberata. Il secondo viale, "l'asse natura" sarà uno spazio pedonale e ciclabile verde, in mezzo al quale è previsto il passaggio dell'ovovia, idea a cui Kipar ha dato la sua approvazione: «Alla recente conferenza della mobilità europea ho constatato che molte città stanno ragionando di questi strumenti». Il terzo viale, "l'asse cultura" è quello che corre parallelo alla riva passando davanti al Magazzino 26 e al Centro congressi: oltre all'immancabile verde, le schede dell'architetto lasciano intendere il passaggio del celebre trenino del Porto vecchio. Infine "l'asse waterfront" si presenta come una passeggiata verde lungo il mare, intervallata dai moli, pensati anch'essi come parchi e spazi pubblici: «La visione complessiva è green - ha spiegato Kipar -: il bosco urbano. Sarà un verde a volte anche carsico e consentirà di aprire l'area alla città con una grande permeabilità». Permeabilità è anche la base dell'approccio alla gestione degli edifici, in cui si privilegerà un ruolo pubblico per i piani terra. In chiusura di conferenza Kipar ha dato un suggerimento al Comune: «Non fare lo spezzatino, resistere alla tentazione di vendere piccoli pezzi a favore di una visione globale che si sta prospettando e che parte da qui, da un Porto nuovissimo che deve essere attrattivo, sociale e per questo green». A margine della conferenza ha articolato: «Il paesaggio e gli spazi pubblici vanno tenuti assieme allo schema di funzione e allo sviluppo futuro, perché oggi la destinazione sbagliata di una prima parte può compromettere tutto il resto. Trieste non deve pensarsi più piccola di quel che è, né temere che gli investitori non vengano: gli investitori che restano, non quelli che vogliono speculare, arrivano se c'è questa visione d'insieme, com'è avvenuto ad Amburgo». Sul palco a fianco di Kipar il dirigente dei lavori pubblici Giulio Bernetti, che ha fatto il punto degli interventi e del consorzio Ursus. In apertura sono intervenuti il presidente Fvg Massimiliano Fedriga (vedi a destra), il sindaco Roberto Dipiazza, le assessore Elisa Lodi e Luisa Polli.
Giovanni Tomasin
Ex Centro profughi di Padriciano: via libera al campus universitario
Il provvedimento della giunta Dipiazza approvato ora pure dal Consiglio
L'ex Centro raccolta profughi di Padriciano diventerà un campus dell'Università. È stata approvata ieri a maggioranza, con il voto contrario di Roberto De Gioia (Progetto Fvg) e l'astensione dei consiglieri del M5S, di Sabrina Morena (Open Fvg) e di Valentina Repini (Pd), la relativa deliberazione illustrata dall'assessore Lorenzo Giorgi, che prevede una concessione trentennale e rinnovabile. Giorgi ha parlato di «occasione unica per permettere all'Università di cercare di beneficiare di un contributo di 50 milioni, utilizzando fondi inseriti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con il sì - ha precisato - si permette all'Università di iniziare l'iter, mentre il progetto sarà da definire nei dettagli». Dalle file dell'opposizione sono emersi alcuni distinguo. Giovanni Barbo (Pd), pur dichiarando il sì del gruppo, ha criticato «l'assenza oggi di un rappresentante dell'Università, peraltro annunciata». Valentina Repini (Pd) ha spiegato che «il problema è stato il mancato coinvolgimento della Circoscrizione e dei residenti su un progetto di grande impatto ambientale», per poi chiedere dove andranno le associazioni che attualmente operano al Crp. Una buona alternativa - ha proseguito - potrebbe essere l'ex caserma Monte Cimone di Banne». Sabrina Morena (Open Fvg) ha definito la deliberazione «troppo generica», proponendo come alternativa la caserma di via Rossetti. De Gioia ha spiegato il suo no, ricordando che «quella è un'area destinata al cicloturismo». Salvatore Porro (FdI) ha definito «prevenuto il no della Circoscrizione Est». Il sindaco Roberto Dipiazza ha sottolineato «la grande importanza del progetto», mentre Laura Famulari (Pd) ha definito «deplorevole non aver sentito i residenti e la Circoscrizione». Paolo Menis (M5S) ha motivato l'astensione del gruppo «per i troppi punti oscuri nella deliberazione». Dopo il voto, Repini ha presentato un ordine del giorno per «assicurare un confronto con i residenti».
Ugo Salvini
La mobilità sostenibile nel segno della storia - la passeggiata di oggi dal municipio di Aurisina
DUINO AURISINA. Primo evento del programma predisposto dal Comune di Duino Aurisina per la "Settimana europea della Mobilità sostenibile", e appuntamento finale del progetto "Il favoloso viaggio nella pietra d'Aurisina" nell'ambito della settima edizione della rassegna "L'Energia dei Luoghi - Festival del Vento e della Pietra", organizzata dall'Associazione Casa Cave. Ha un doppio ruolo la passeggiata in programma oggi, con partenza alle 17 dal Municipio di Aurisina, che porterà i partecipanti dalle cave alle falesie per un incontro con la scultura e che prevede la visita ai laboratori del marmo e l'incontro con gli scultori, gli scalpellini e gli studenti in residenza. «Per il terzo anno consecutivo - spiega l'assessore Massimo Romita, coordinatore dei 13 eventi della "Settimana della Mobilità" - organizziamo questo programma, perché l'amministrazione ha sempre messo la tutela dell'ambiente in cima alle priorità». «Il nostro è un progetto transfrontaliero - sottolinea Fabiola Faidiga, presidente di Casa Cave - che ha portato sul nostro territorio studenti e artisti i quali, ispirandosi al mondo allegorico di erbari, bestiari e lapidari medievali, attraverso la ricerca artistica più attuale, hanno scolpito ognuno un diverso blocco di pietra d'Aurisina». Per la passeggiata è obbligatoria la prenotazione al numero 340 7634805.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 settembre 2021
«Il parco fotovoltaico va inserito nel progetto della centrale a gas» - associazione Rosmann e gruppo San Valentino
Il progetto di A2A per la realizzazione di un parco fotovoltaico nel sito della centrale va non solo sottoposto a Valutazione di impatto ambientale di portata regionale, ma inserito nella procedura autorizzativa del progetto di nuovo impianto alimentato a gas avviata a livello statale. Lo affermano l'Associazione ambientalista Rosmann e il Gruppo San Valentino nelle osservazioni presentate alla Regione, nell'iter di verifica di assoggettabilità a Via del progetto di parco fotovoltaico. «L'energia prodotta dall'impianto sarà in parte ceduta alla rete elettrica di distribuzione e in parte destinata ad alimentare gli ausiliari della centrale», dice il presidente della Rosmann, Claudio Siniscalchi, rilevando che i due progetti sono interconnessi e vanno valutati insieme. I tempi di realizzazione dell'impianto fotovoltaico sono subordinati a quelli di costruzione della nuova centrale a gas, aggiunge nelle osservazioni il presidente del San Valentino Dario Predonzani. «La soluzione più corretta per noi è la ripubblicazione del progetto di modifica della centrale pendente al ministero per la Transizione ecologica, integrato con il progetto di installazione del parco fotovoltaico - afferma la Rosmann - per valutare unitariamente i due progetti». Per la Rosmann poi le ricadute occupazionali saranno pressoché nulle a fronte di aree occupate che potrebbero essere messe molto meglio a frutto con le attività portuali; il Gruppo San Valentino sottolinea lo scarso beneficio del parco fotovoltaico: ha calcolato che consentirà di risparmiare all'ambiente 889,5 tonnellate di CO2 all'anno contro i 2.365.762 di tonnellate di CO2 prodotte all'anno dall'impianto a turbogas.
Mossa - Antenna nel cuore del Preval - La protesta di Legambiente
MOSSA. Un'antenna per la telefonia mobile indigesta che svetta, da alcuni giorni, vicino al santuario del Preval, a Mossa. A tuonare è Legambiente Gorizia, guidata da Anna Maria Tomasich. «Nel totale dispregio dei valori paesaggistici di quello che si vorrebbe candidare quale sito patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco, l'infrastruttura - rimarcano gli ambientalisti - è realizzata in metallo pienamente riflettente e visibile a chilometri di distanza. Nessuna mimetizzazione, nemmeno un labile tentativo, come invece si è fatto ad esempio sul Carso (senza rinunciare alla tecnologia) con le antenne camuffate da pini, con esiti non sempre positivi, ma almeno ci hanno provato. Ci si chiede come tutto ciò sia possibile. Questo, anche in dispregio alle norme di tutela e valorizzazione del Piano paesaggistico regionale, che proprio per l'area del Collio stabilisce che la localizzazione delle strutture delle reti tecnologiche vada fatta nel rispetto delle visuali d'interesse panoramico, evitando il più possibile interferenze con elementi architettonici e paesistici di pregio, valutando possibili localizzazioni alternative nel caso di attraversamenti di zone di particolare sensibilità e pregio paesaggistico-ambientale. Inspiegabile, dunque, la presenza di questa antenna per altro a soli 50 metri da una simile già esistente». Ma, a sentire Legambiente, non è il solo elemento critico. Già nel 2017, l'associazione lanciò l'allarme sul degrado delle ciclabili del Preval con una lettera indirizzata a Regione, Uti e Comuni. Un'importante opera realizzata dalla Provincia di Gorizia con un investimento di quasi 4 milioni di euro, oggi totalmente in abbandono. «Un vero e proprio scandalo perché si continuano a progettare nuovi itinerari sul territorio e, nel frattempo, un'estesa rete che dovrebbe essere a servizio del turismo, e della mobilità sostenibile si sta disfacendo nel totale disinteresse. Staccionate divelte, viti ed elementi metallici taglienti esposti, cestini pieni di rifiuti, tavoli e panchine che si stanno disgregando. Ma è veramente questo il biglietto da visita che vogliamo offrire ai turisti? Come possiamo parlare di ulteriore sviluppo turistico se non siamo in grado di mantenere quello che già abbiamo? Vista la frammentazione dell'infrastruttura su diversi Comuni, sarebbe fondamentale che fosse la Regione a prenderla in carico con un urgente piano di prima messa in sicurezza e manutenzione straordinaria». Su entrambe le questioni, a breve, Legambiente invierà «in un'ottica di collaborazione» una nota formale agli enti competenti con delle proposte.
Francesco Fain
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 settembre 2021
Muretti a secco, l'arte si tramanda Al lavoro su 30 metri lungo il Rilke
L'architetto Antoni: «Strutture importanti per l'ambiente, in cui si insediano centinaia di specie»
DUINO AURISINA. Tre anni fa l'Unesco ha iscritto "L'Arte dei muretti a secco" nella propria "Lista del Patrimonio culturale immateriale", comune a otto Paesi europei: Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Ma da sempre, quei muretti, costruiti sistemando le pietre una sopra l'altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta, sono un autentico simbolo del Carso, emblema di un'antica tradizione, che oggi riveste un ruolo importante anche per l'equilibrio dell'ambiente. La loro conservazione e il tramandarne la conoscenza delle tecniche costruttive sono al centro della missione del "Partenariato per la conservazione e la divulgazione dell'edilizia carsica in pietra a secco" che, in questa chiave, ha organizzato un'esercitazione nella Riserva naturale delle Falesie di Duino, che ha visto i partecipanti ricostruire un tratto di muro del sentiero Rilke, lungo una trentina di metri. L'evento rientrava nell'ambito del progetto "Interreg - Enfreen", diretto dal Parco delle Grotte di San Canzian. «Questi appuntamenti - spiega il presidente del Partenariato, l'architetto Danilo Antoni - coinvolgono cittadini di ogni età, che si riuniscono per conoscere la storia e i pregi dei muretti a secco. La nostra missione - aggiunge - è di salvaguardare questa conoscenza e trasmettere a tutti la consapevolezza dell'importante ruolo che queste strutture hanno per l'ambiente. I muretti a secco del Carso - ricorda Antoni - sono nati secoli fa, come metodo per delimitare i confini delle proprietà, ma già allora la loro costruzione seguiva regole precise per salvaguardare l'ambiente, prevedendo sempre i passaggi per gli animali. Fin dalla loro origine - continua - hanno offerto, nelle loro intercapedini, l'ambiente ideale per l'insediamento di centinaia di specie diverse, sia della flora sia della fauna. Oggi si definirebbero ecosostenibili e lo sono sempre di più, perché in mezzo a quelle pietre crescono piante, nidificano e trovano rifugio insetti e piccoli animali. Ci sono pochissime costruzioni dell'uomo nel mondo con un impatto così positivo per l'ambiente. Sono strutture che si sviluppano per migliaia di chilometri - rileva Antoni - ed è in corso un progetto per censirle tutte, sia in Slovenia sia in Italia. Per fortuna - conclude - possiamo contare sul sostegno del Comune di Duino Aurisina e di soggetti privati come Baia Holiday e Mare Pineta». All'incontro hanno partecipato i rappresentanti dell'Ordine degli architetti, dell'Università del litorale, del Parco delle Grotte di San Canzian e della Comunella di Duino. «Un tempo - spiega il presidente di quest'ultima, Vladimiro Mervic - nella Riserva c'erano volpi, gatti selvatici, caprioli. Oggi sono rimasti solo gli scoiattoli - osserva - perché le altre specie si sono allontanate soprattutto a causa delle grandi arterie stradali costruite nei paraggi».«Questo tipo di attività - commenta il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta che, assieme al suo vice Walter Pertot, ha presenziato all'esercitazione - rappresenta la salvaguardia di una importantissima tradizione locale. L'attività del Partenariato mette al centro il ruolo di alcune infrastrutture umane nell'ambiente carsico, nel contesto di un progetto che dovrà essere rinnovato e al quale, come amministrazione comunale ed ente gestore della Riserva, daremo il nostro sostegno».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 settembre 2021
Giardinetto di Guardiella Tre progetti di recupero e valorizzazione possibili - l'iniziativa di Legambiente
Tre diverse ipotesi che vanno da una riqualificazione minima alla revisione della viabilità modificando anche la rotonda tra via Giulia, viale Sanzio e strada di Guardiella. Legambiente ha voluto presentare ieri l'esito dei lavori degli ultimi due anni per valorizzare un'area oggi definita di disagio: il giardinetto all'inizio di viale del Cacciatore. «Il percorso - ha spiegato Andrea Wehrenfennig, presidente locale dell'associazione ambientalista - era iniziato in epoca pre campagna elettorale, poi il Covid ha complicato un po' le cose e quindi siamo arrivati a ora con i progetti». I tabelloni saranno esposti al centro commerciale Il Giulia e sono stati realizzati dall'architetto Johanna Riva, la quale ha sottolineato come questa sia una zona di passaggio «un perno tra diverse direttrici. Abbiamo coinvolto tutti gli attori presenti sul territorio, come Asugi, i commercianti, e ritirato 100 questionari compilati dai cittadini. Al momento gli unici che popolano questo giardino sono dei ragazzi con problemi e gli studenti della Codermaz che lo usano come scorciatoia per arrivare a scuola». Il progetto "base" prevede la riqualificazione del parchetto con la creazione di percorsi, un'area fitness e gioco e un gazebo come luogo di aggregazione. Il secondo step prevede una nuova viabilità con la nuova via a ridosso del condomino che consentirebbe di chiudere l'attuale e collegare con il verde il parchetto al parco del Cacciatore. Il terzo step invece è decisamente più complesso con una modifica importante della rotatoria con un ampliamento della zona verde a ridosso della Circoscrizione, mentre dove oggi c'è il giardinetto uno spiazzo adibito alla sosta delle auto e al mercato mantenendo gli alberi presenti.
An. Pi.
Approda in Comune la proposta Supera per la nuova piscina in Porto vecchio
Al magazzino 30. Dipiazza: «Più grande della terapeutica» Project financing da 13 milioni, 4 vasche e area fisioterapia
È arrivata al Comune la manifestazione di interesse della società iberica Supera per un project financing per un centro sportivo polifunzionale da 13 milioni da collocare al magazzino 30. È il contenuto della "Pec" degli spagnoli che il sindaco Roberto Dipiazza aveva mostrato in una diretta su Telequattro dei giorni scorsi, prospettandola come possibile soluzione al caso della piscina terapeutica. È davvero così? Il primo cittadino, che attende a breve anche la proposta della cordata guidata da Icop, la ritiene una via praticabile: «Nel nostro programma c'è comunque l'obiettivo, se possibile, di ricostruire la vecchia Acquamarina - dice -. Intanto però questa è una bellissima proposta. La vecchia terapeutica aveva 2 mila metri quadrati, questa ha 6 mila metri su due piani. Ora vedremo anche la proposta di Petrucco. Quando si parla di piscine ricordiamo che dopo il crollo c'è stato il Covid, impianti chiusi, ma non ci siamo mai fermati». Ma in cosa consiste la lettera di Supera? Il gruppo, gestore di una cinquantina di impianti sportivi con piscine e palestre in Spagna e Portogallo, propone un «centro sportivo polifunzionale» con quattro vasche. Quanto alle finalità terapeutiche, dal testo si evince che la società propone una parte fisioterapica «autonoma e allo stesso tempo integrata con il centro» al piano terra: dovrebbe essere composta da un ufficio, uno spogliatoio e differenti cabine per trattamenti. Supera specifica che questa parte potrebbe venir data in affitto a un operatore specializzato. Una vasca interna da 16 metri sarà dedicata a «corsistica di base, ginnastica in acqua e attività riabilitative». Vediamo ora, in sintesi, le caratteristiche della struttura delineata da Supera: all'interno prevede due vasche, la già citata e un'altra da 25 metri a 8 corsie. Al piano terra si collocano anche la hall, gli uffici, gli spogliatoi, l'area fisioterapia e una grande spa vista mare con idromassaggio, bagno turco, sauna e docce terapeutiche. Il piano superiore è dedicato al fitness, con 4 sale corsi e una grande palestra, due terrazze per la ginnastica all'aperto. All'esterno una vasca da 25 metri a 6 corsie e una da 16 metri. Inoltre un parcheggio da 200 posti. La società sottolinea nella lettera di aver già avviato i contatti con gli uffici della Soprintendenza e dell'Acegas, e annuncia per i prossimi mesi «una formale e completa proposta di project financing». Per far ciò si dice «pronta a iniziare» tutte le attività propedeutiche alla redazione, come rilievo topografico, analisi ambientali, geologiche, studio di fattibilità, relazione sulla gestione, progetto preliminare, e quindi il piano economico-finanziario. Sarà quest'ultimo documento a dire l'ultima parola sui costi: si prevedono abbonamenti mensili, a singoli corsi o a giornata. Il sindaco Dipiazza assicura che la società è disponibile a offrire prezzi calmierati pari a quelli della vecchia Acquamarina. Quanto al finanziamento, dai primi contatti avuti il contributo del Comune consisterebbe nella concessione 42ennale dell'edificio. «Il Comune non mette un euro», sintetizza Dipiazza. Il mittente, il Ceo Guillermo Druet Ampuero, allega alla manifestazione d'interessa una serie di rendering, in cui si vede una struttura triangolare affiancare il Centro congressi dal lato mare. A dire l'ultima parola in merito, comunque vada, sarà il Consiglio comunale eletto con il prossimo voto di ottobre.
Giovanni Tomasin
SEGNALAZIONI - Sala Tripcovich - L'acustica è ottima - È da salvare
"'Sta brutta roba - come la definisce il sindaco Dipiazza - verrà demolita, con un costo di circa 700 mila euro". Settecentomila euro, per radere al suolo l'edificio costruito nel '36 - con cemento buono e con un design senza tempo - che nel '92 il mecenate Raffaello de Banfield trasformò in teatro quale ripiego alla temporanea chiusura del Teatro Verdi. Invece, la bravura di architetti e personale del teatro lirico ne ha fatto la Sala teatrale con la migliore acustica della città. Per questo non va demolita! Lo diciamo a voce alta: non ha senso farlo e ci sono ottime ragioni per mantenerla e rivitalizzarla. C'è l'amianto da togliere, come in centinaia di altre situazioni ma è da farsi, uguale uguale, anche per poter demolire. Quella cifra, invece, va usata bene, affinché questa Opera House sia resa più accogliente e funzionale, dentro e fuori, e se ne utilizzino le indiscusse qualità e le funzioni che potrà svolgere. La Sala Tripcovich è ampia, di facile accesso, ha un'acustica perfetta, uno spazioso e profondo palcoscenico, moderni impianti audio e luci, un grande schermo; tutto molto apprezzato sia dagli amanti della musica che del cinema. È adattissima per concerti e particolarmente per i cori. Può essere nuovamente sede di festival e mostre cinematografiche, porta culturale aperta verso l'Est. La si può inoltre attrezzare quale location per registrazioni musicali professionali. Anche la sua posizione è ottimale: adiacente alla Stazione per un pubblico regionale, e al Porto vecchio per i futuri convegnisti e visitatori. Sono idee già espresse e sostenute da molti, ma inascoltate dagli amministratori: "Ci serve spazio per fare la piazza più bella di Trieste". Forse che una abbellita Sala Tripcovich tutta circondate da un grande Giardino de Banfield non lo sarebbe? Anzi, sarebbe un'oasi culturale interna a un'oasi naturale che onorerebbe la memoria del compianto maestro e mecenate. Su certi Beni comuni deve poter decidere l'intera Comunità, non soltanto l'eventuale quarto che ha votato il sindaco. Si potrebbe abbinare alle prossime elezioni un semplice referendum consultivo: Sala Tripcovich: demolire/ristrutturare. Si chiama democrazia partecipativa. Esiste e altrove è molto praticata.
Paolo Angiolini - La Città Ai Cittadini
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 settembre 2021
I candidati sindaco sui giardini pubblici alle associazioni: il sì è trasversale
Dipiazza: «Gestioni ventennali». Russo: «In ogni rione» Bandelli «favorevole». Stok: «C'è il nodo manutenzioni»
Affidare la gestione del verde pubblico ad associazioni del territorio è una via che un Comune dovrebbe percorrere? E se sì, a che condizioni? La domanda sorge spontanea dopo le proposte di presa in carico del Giardino pubblico Muzio de Tommasini, avanzate da diverse realtà associative, imprenditoriali e cooperative locali. L'ultima quella animata, tra gli altri, da Acli e Ginnastica triestina. I candidati sindaco alle prossime amministrative come la vedono? Nelle sfumature tra le risposte, i diversi approcci su un tema semplice solo in apparenza. «Diverse cordate si son fatte avanti per il Giardino pubblico - dice il sindaco uscente Roberto Dipiazza -, vedremo l'esito. Comunque l'idea è assolutamente quella giusta e va replicata: il privato funziona meglio del pubblico, perché si può muovere in modo più agile. Perciò vogliamo durata ventennale per le gestioni alle società sportive, darebbe modo ai privati di chiedere finanziamenti per mettere a posto le strutture. Mi criticano, ma ricordo che quando sono arrivato nel 2001 quel giardino era chiuso da due anni». Il candidato del centrosinistra Francesco Russo afferma: «La nostra idea è quella di un'amministrazione che fa da regia per le iniziative dal basso in ogni rione. Il rischio di abbandono e vandalismo in quelle aree è altissimo se non vengono affidate alla cura di realtà del territorio e delle associazioni. Il caso di via Giulia è particolarmente evidente, l'unico polmone verde del centro non è mai stato così trascurato. Bene che ci sia tanta disponibilità a gestirlo, poi vedremo chi sarà, ma l'idea è quella giusta». Il volto di Adesso Trieste, Riccardo Laterza, la vede così: «Bisogna fare due ragionamenti paralleli. Da un lato la manutenzione ordinaria e straordinaria: deve essere compito del Comune e va ricostruita fuori da una logica di global service, che negli anni ha generato anche danni e abbattimenti. Va ricostituito il servizio verde pubblico, ora esternalizzato. Ciò detto, la collaborazione con le associazioni è fondamentale in termine di gestione spazi, cura quotidiana e quindi sicurezza. Non è una cosa che si fa a spot, serve un regolamento, come quelli già adottati a Bologna e Torino». Il candidato di Futura Franco Bandelli è favorevole: «Il Giardino pubblico e le zone limitrofe sono in condizioni vergognose. Se ci sono associazioni che se ne vogliono far carico ben venga, è l'unico metodo. Sono stato sempre un fautore di questo approccio, come lo fui nel caso della gestione del PalaRubini alla Pallacanestro Trieste. Come ero tra i promotori dell'assegnazione della piscina Bianchi alla Fin». Il portabandiera della civica Podemo, Arlon Stok, ragiona: «Sicuramente è una parte di soluzione. Il problema però è che ora la manutenzione si fa una tantum, bisogna invece costruire una cultura della manutenzione ordinaria, prendendo ispirazione dal Nord Europa, dove questo genere di lavoro si fa regolarmente». La candidata di Verdi e Sinistra, Tiziana Cimolino, la vede così: «Può essere una soluzione, lo prevede anche il titolo V del regolamento comunale. In generale penso che il Giardino pubblico vada curato dal Comune come tutto il resto del verde pubblico, che pure è oneroso, però la gestione degli spazi è una soluzione praticata anche altrove, penso a Milano. Però bisogna avere delle garanzie». Infine Aurora Marconi di Trieste Verde: «Prima di parlare di gestione, voglio ricordare che cinque anni fa quel giardino e altri furono dichiarati inaccessibili perché inquinati. Si parlò di "fitorimedio" per pulirli, poi non se n'è saputo più nulla. Com'è andata poi questa bonifica? È stata fatta? Quei giardini sono puliti. Vorrei che chi di competenza rispondesse. Poi parleremo di gestione ai privati, purché ci siano le competenze».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 settembre 2021
Alga aliena nell'Alto Adriatico - Colonie nel mare di Parenzo
La Caulerpa cylindracea presente ormai in vaste aree dei fondali a nord della località istriana. Di origine indo-pacifica, resiste anche in inverno
Fiume. La macroalga aliena Caulerpa cylindracea sta colonizzando vaste aree dei fondali a settentrione di Parenzo, in Istria, e preoccupa non poco gli esperti sull'impatto che potrà avere a danno dell'ambiente. Questo tipo di Caulerpa, che mette totalmente a rischio le specie vegetali native, è di origine indo-pacifica, a confermare la tropicalizzazione dell'Adriatico e del Mediterraneo, fenomeno in corso da decenni e che potrebbe risultare catastrofico per l'equilibrio ambientale e la biodiversità. Laddove appaia questa alga invasiva, è stato constatato, il fondale tende a diventare di colore verde: il massimo grado di sviluppo della colonia si registra a fine estate oppure all' inizio della stagione autunnale. Parenzo non è la prima località in cui la Cylindracea è stata avvistata nelle acque dell'Adriatico: qualche anno fa gli esperti l'avevano segnalata più a sud, sui fondali del porticciolo di Orsera, nella zona occidentale della Penisola istriana. Gli esperti della società di Pola Acquarium hanno scoperto due colonie di cylindracea situate in acque nelle vicinanze della cittadina istriana di Medolino: entrambe avevano fatto attecchire le radici a una profondità di 14 metri. «Parliamo di un'alga che non ha nemici naturali e dunque può svilupparsi ovunque - ha dichiarato la responsabile di Acquarium nonché biologa marina, Milena Micic - la sua espansione può venire contrastata dalle colonie di posidonia e da altre alghe native. Gli studi hanno confermato che la presenza della posidonia contrasta l'avanzata della cylindracea».Queste ricerche scientifiche, attuate in Istria nel decennio compreso tra il 2004 e il 2014, hanno evidenziato la resistenza dell'alga aliena anche durante l'inverno, quando la temperatura del mare scende fino a 8 gradi. Gli inverni miti di questi ultimi anni hanno favorito lo sviluppo di una specie che può avere una crescita eccezionale: fino a 15 millimetri al giorno, il che ha impatti durissimi sulle altre specie autoctone e sugli stessi fondali. «Purtroppo è l'ennesima prova della trasformazione del Mediterraneo in un bacino tropicale - ha concluso Micic - che vede piante e pesci di mari lontani invadere le nostre acque. I cambiamenti climatici stanno presentando il conto e la cylindracea ne è una delle conseguenze». In anni passati in Croazia era stata segnalata un'altra emergenza, quella relativa alla comparsa della cosiddetta alga killer, la Caulerpa taxifolia: ne erano state segnalate colonie in vaste aree marine della Dalmazia, in Istria e nel golfo di Fiume, generando grande allarme fra i biologi. A distruggere la quasi totalità di queste colonie erano state però le acque fredde dell'inverno. Resta da vedere cosa succederà ora con la cylindracea.
Andrea Marsanich
Il relitto della "Grado 2" diventerà il primo museo sommerso presente in regione
Ultimi giorni di lavoro sul cantiere archeologico subacqueo attorno alla più antica nave di epoca romana presente nel Golfo
A diciannove metri di profondità, al largo nel Golfo di Trieste, i resti delle anfore greco-italiche che più di duemila anni fa trasportavano vino provenendo forse da uno dei grandi empori fiorenti nel delta del Po, emergono dalla sabbia del fondo come tracce di un mondo che non c'è più. La nave romana che le trasportava fece naufragio in questo punto dell'Adriatico, forse per un'improvvisa tempesta, e ci sono voluti un paio di millenni perché quell'antico incidente di mare uscisse dai recessi del passato. E lo si deve nello specifico agli archeologi subacquei e ai palombari che dal 12 agosto scorso lavorano sul relitto di quella nave, battezzata Grado 2, destinata a diventare il primo museo sommerso della nostra regione. Se la nave Grado 1, la Iulia Felix, aspetta da vent'anni di essere esposta in un museo dopo il recupero, nel 1999, del carico e di parte dello scafo, la Grado 2 - scoperta nel marzo del 2000 - avrà forse maggiori possibilità di essere ammirata là dove giace da tanti secoli, sul fondo del mare. I lavori del progetto-pilota "UnderwaterMuse" - finanziato nell'ambito del Programma di Cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Croazia 2014-2020, di cui è capofila l'Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia assieme all'Università di Venezia Ca' Foscari, la Regione Puglia, l'agenzia Rera di Spalato e il Comune di Kastela - servono a questo: creare un parco archeologico sommerso aperto sia ai turisti subacquei (basta un brevetto sportivo di primo livello), sia, attraverso soluzioni digitali innovative, a chi sott'acqua non ci va. Obiettivo dell'intervento, che terminerà a giorni, spiega l'archeologa Rita Auriemma dell'Università del Salento, «era rimuovere le otto griglie protettive già posizionate tra il 2012 e il 2015 nel corso di due campagne condotte dalla Soprintendenza con un'équipe dell'Università di Udine diretto da Massimo Capulli, mettere in luce l'intero giacimento, documentarlo, riposizionare le griglie preesistenti e aggiungerne altre, identiche, per coprirlo completamente, assicurandone in questo modo la protezione e l'accessibilità da parte dei subacquei, attraverso convenzioni con "diving center" e circoli subacquei, come per esempio già accade in Croazia». Dopo la messa in luce del carico, in questi giorni si sta lavorando al rilievo del giacimento tramite fotogrammetria subacquea, con un team di studenti e assegnisti di ricerca specializzati della Ca' Foscari di Venezia i quali, spiega Carlo Beltrame, docente di archeologia navale all'ateneo veneziano, «sono impegnati a documentare il sito e a creare una vera e propria navigazione virtuale». Dopo settimane di pulizia del giacimento utilizzando la sorbona, un tubo aspirante che rimuove la sabbia, sul relitto della nave Grado 2 si è alzato il velo del tempo. Secondo le prime osservazioni, il carico risale alla seconda metà del III secolo a.C. Sarebbe quindi il carico di anfore più antico dell'Adriatico centrosettentrionale, antecedente persino la fondazione della colonia di Aquileia (181 a.C.). Questo tipo di anfore, spiegano gli archeologi del progetto "UnderwaterMuse", erano numerose nei grandi empori del delta padano come Adria (da cui l'Adriatico prende il nome) e Spina, e sono state prodotte lungo la costa romagnola, dove sono note produzioni analoghe. La presenza di una nave romana carica di anfore greco-italiche, prodotte nell'alto Adriatico e contenenti quindi vino locale, potrebbe essere un altro segnale dell'avanzata di Roma verso est, dopo la fondazione delle colonie di Rimini (268 a.C.) e Brindisi (244 a.C.), per sfruttare i fertili territori agricoli di questo versante dell'Adriatico e garantire il controllo delle rotte dirette a Oriente.
Pietro Spirito
IL PICCOLO - SABATO, 11 settembre 2021
Sport, cultura e gestione del verde: ecco le idee per il giardino pubblico
«Aperti a contributi esterni. Alla fine decida il Comune». Intanto è allarme per il parkour sul padiglione
Il terzo settore scende in campo per restituire alla città un giardino pubblico riqualificato e rivitalizzato. Ieri, nel piazzale Ninchi, di fronte all'ormai abbandonato padiglione ex Arac, i rappresentanti delle dieci realtà unitesi per formulare al Comune un articolato progetto di ristrutturazione e gestione del parco urbano Muzio De Tommasini hanno raccontato nei dettagli la loro proposta anche a residenti, fruitori del parco stesso e referenti di altre associazioni, intervenute per capire meglio l'iniziativa e prendere contatti al fine di poter, eventualmente, dare il proprio contributo. «Non ci muoviamo da una base critica - ha sottolineato Cristiano Cozzolino, presidente Acli Trieste - bensì con l'obbiettivo di proporre dei miglioramenti dopo una noncuranza pluriennale. Il progetto serve non solo a ridare vita a uno spazio, ma anche a rendere partecipe del cambiamento una rete di realtà che raccolgono gli interessi di tanti cittadini». I soggetti promotori sono infatti Acli Trieste, Unione sportiva Acli Trieste, Società Ginnastica Triestina, Cooperativa sociale Lybra e Associazione giardino pubblico. Tra i partner si contano, invece, il Consorzio Cosm, le associazioni Casa del Cinema, Racconti della Valle e Buone Pratiche e la Scuola di ballo Arianna. La proposta, in particolare, prevede l'acquisizione in concessione dell'intero parco, la ristrutturazione del padiglione Arac con una destinazione poi multifunzionale e con la contestuale riapertura del bar, e la riqualificazione degli spazi esterni per rendere possibile lo svolgimento di attività ludiche, sportive e culturali. Un intervento che richiederebbe l'investimento di circa 600-700 mila euro, e che il gruppo formatosi prevede di poter reperire attraverso il meccanismo del credito agevolato, con contributi esterni, anche europei, e con un'iniziativa di crowdfunding. Incluse nel progetto pure la manutenzione e la gestione del verde, in sinergia con il Comune, e l'organizzazione di un calendario di attività. La proposta sportiva è diversificata, e pensata anche come strumento di salute e riabilitazione sociale, con corsi per ragazzi e anziani. La proposta sociale prevede, tra le varie attività, un centro diurno per anziani, un dopo scuola adibito anche a centro estivo per bambini, attività sia per contrastare il disagio minorile e sostenere le genitorialità sia per l'integrazione sociale degli immigrati. L'offerta culturale, è stato spiegato dai promotori, sarà il più possibile gratuita e spazia dal cinema alle mostre, dalle conferenze agli eventi letterari. Ad ascoltare c'erano, tra gli altri, i referenti di Legambiente, di Trieste Bella e degli oltre 200 giocatori che animano il giardino sui tavoli da tennistavolo. «Questa è la nostra proposta, siamo un gruppo ampio che rappresenta vari settori - ha spiegato la coordinatrice tecnica del progetto Claudia D'Ambrosio - ma siamo aperti a confrontarci e a raccogliere le idee di altre realtà. E se ci saranno proposte alternative, sarà poi il Comune a decidere se, in che termini e a chi affidare la gestione del giardino pubblico». Il Comune, insomma se intenderà procedere in scia a questa prima proposta, affidando la gestione del polmone verde cittadino, dovrà indire una manifestazione di interesse a cui potranno rispondere ovviamente altre realtà. Intanto, mentre in alcuni punti del giardino è appena stata sfalciata l'erba, alcuni residenti degli edifici alle spalle dell'ex Arac riferiscono che sempre più spesso dei giovani si arrampicano raggiungendo il tetto del padiglione stesso, dove alcuni di loro praticano pericolose attività autonome di parkour. ll fenomeno è stato segnato alla Polizia locale.
Laura Tonero
Sull'alta velocità l'ex senatore Sonego dovrebbe conoscere i progetti bocciati
Ho letto con stupore l'articolo dell'ex Senatore ed ex Assessore Regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego. Sembra quasi che a ricoprire quelle importanti cariche dal 2003 al 2018 sia stato qualcun altro e che possa permettersi di non conoscere le risposte che oggi, tramite i media, cerca da altri. Forse dovrebbe chiedersi come mai sembra, se lo è davvero, che questa regione sia all'anno zero ai trasporti e di chi sia la colpa. I famosi milioni messi dall'Europa per l'alta velocità, ricorda l'ex Assessore, c'erano solo per la progettazione. Progettazione che non è mai stata conclusa, perché bocciata due volte dalla Commissione di Valutazione d'impatto Ambientale, nel 2005 quando Sonego era Assessore e nel 2016 quando era Senatore. Il nostro intento è quello di pensare al futuro ed è per questo che riteniamo necessario puntare sulla velocizzazione della tratta esistente Venezia - Trieste, modificando il software. Otterremo così tre obiettivi: l'aumento del 25% della capacità ferroviaria, 7 minuti in meno per i treni veloci, un risparmio di 1500 milioni di euro da investire per risolvere i veri colli di bottiglia di questa regione. Nel 2016 le Frecce impiegavano un'ora e 24 minuti, con questi interventi ci avvicineremmo ad un'ora e un quarto. Inoltre, la linea potrà essere considerata di "alta velocità" essendo possibile raggiungere i 200 km/h in quasi tutto il tracciato. I treni regionali e i merci non possono superare in ogni caso i 160km/h, per cui per loro cambierà poco o nulla in termini di velocità. Il numero dei treni movimentati, grazie all'ottimo lavoro di Zeno D'Agostino, è raddoppiato dal 2014 al 2019, passando da 5 a 10 mila unità. Ipotizzando per assurdo che sabato e domenica non partano treni, avremmo una media di 38 treni al giorno, con possibili punte di 45 treni al giorno. La capacità della linea sul Carso dichiarata da RFI è di 230 treni al giorno. 108 di questi sono passeggeri, gli altri merci. Ci sono 120 treni merci disponibili per questa tratta, senza tener conto del potenziamento tecnologico. Ipotizzando che i treni passeggeri non possano aumentare più di tanto, purtroppo, abbiamo un'ulteriore disponibilità di almeno 80 treni al giorno, non considerando i weekend. Ammesso che con i miglioramenti di questi ultimi anni e i finanziamenti assicurati al Porto, anche grazie al lavoro del Ministro Stefano Patuanelli, si arrivi ad un'ulteriore implementazione dei traffici abbiamo una tratta ferroviaria in grado di sopportare più del triplo dei treni. Poi però dovremmo chiederci se le altre strutture sarebbero in grado di organizzare 5 treni in un'ora. Immagino che il Senatore Sonego possa ricordare come il suo progetto da 7,5 miliardi prevedesse una capacità della linea ferroviaria di 450 treni, un treno ogni 3 minuti, che secondo le stime di RFI avrebbero dovuto circolare nella città di Trieste nel 2050 con il boom dei traffici che solo il Senatore e pochi altri potevano immaginare nel 2003.
Cristian Sergo
IL PICCOLO - VENERDI', 10 settembre 2021
Romans. Raccolte tre tonnellate di tappi e il "dinditap" va in revisione
ROMANS. Non è stata tolta, ma si assenterà solamente per qualche giorno in piazza Giovanni Candussi a Romans d'Isonzo, l'inconfondibile e ormai familiare sagoma metallica del popolare tacchino raccogli-tappi di plastica, denominato il "DindiTap", che dal 2019 fa bella mostra di sé sul piazzale antistante la chiesa. In questi giorni, infatti - riferisce la giunta comunale -, dopo la dodicesima raccolta di tappi che si è svolta alcuni giorni fa, il simpatico e imponente gallinaceo è stato affidato, per un breve periodo - qualche giorno - all'amico Ugo Toso, un tuttofare che si è offerto di effettuare alcune modifiche di restyling alla sagoma, per poi riposizionarla nello stesso punto più belle e in forma di prima. Il "dindiat" è stato allestito nell'ambito del progetto #Ambientemente, voluto dall'amministrazione Comunale e che coinvolge le scuole locali, diverse associazioni come gli Alpini, la Protezione civile e la "Banda del Quaiat", nonché cittadini volontari, nella raccolta di tappi di plastica, il cui ricavato della vendita viene devoluto in beneficenza all'associazione Via di Natale Onlus, che offre ospitalità ai pazienti in trattamento diurno seguiti dal Centro di Riferimento Oncologico di Aviano o a dei famigliari che hanno il proprio caro ricoverato presso quella struttura. In quasi due anni dalla collocazione del "dindiat" più ecologico di sempre, sono stati raccolti più di 3 mila chilogrammi di plastica destinati a produrre finalità benefiche attraverso il centro raccolta di Ruda. La struttura a forma di tacchino venne inaugurata nel corso della fiera novembrina di Santa Elisabetta del 2019, diventando fin da subito il simbolo dell'ultracentenaria manifestazione e del rispetto per l'ambiente. Venne pure colorato dagli scolari per renderlo ancora più bello e singolare. La giunta municipale ha voluto ringraziare tutti coloro che, con un semplice gesto, hanno contribuito a questa iniziativa.
Edo Calligaris
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 settembre 2021
Dieci realtà no profit in campo per il rilancio del Giardino pubblico
Il gruppo è guidato da Acli, Sgt e dall'associazione che porta il nome del parco. «Riqualificazione, gestione e attività»
La situazione nella quale versa il Giardino pubblico "Muzio de Tommasini" spinge dieci realtà no profit a scendere in campo, con un progetto volto alla riqualificazione, anche edilizia del padiglione ex Arac, alla gestione del verde e alla rivitalizzazione, con un articolato programma di attività. Il progetto è già stato presentato al Comune lo scorso mese di luglio. «Vista la situazione di degrado del de Tommasini - spiega la coordinatrice tecnica del progetto Claudia D'Ambrosio - ci teniamo a far sapere alla cittadinanza che c'è un gruppo di associazioni serie, storiche, rappresentative e ben radicate sul territorio, che ha presentato un progetto dove viene messa nero su bianco la volontà di farsi carico sia della riqualificazione edilizia dell'ex padiglione Arac, che di una successiva gestione del verde e delle tante attività che si possono proporre in quel giardino, e che possono essere di tipo sportivo, sociale e culturale in senso lato». I soggetti promotori dell'iniziativa sono le Acli, la Società Ginnastica Triestina e l'associazione Giardino pubblico, nata due anni fa e che unisce residenti, operatori commerciali, sociali e professionisti che gravitano attorno a quel polmone verde al centro della città. «L'importante - sottolinea D'Ambrosio - è che emerga come la società civile non sia inerte: ci sono tante realtà che vogliono collaborare con il Comune, nelle forme e nei modi che l'amministrazione riterrà». La coordinatrice del progetto spiega come l'intenzione sia quella di «rivitalizzare uno spazio storico bellissimo, un patrimonio di verde e anche immobiliare, e restituirlo alla città con un progetto, rendendolo un luogo fruibile, offrendo da quello spazio nuove opportunità, iniziative all'interno del padiglione e tra il verde, ovviamente in sinergia con il Comune». Insomma, il progetto è pronto, è stato messo a punto con solide basi per trovare i necessari finanziamenti, e verrà presentato nel merito domani, venerdì 10 settembre, alle 11.30 nel piazzale Ave Ninchi all'interno del Giardino pubblico. «Ci attendiamo che la prossima giunta comunale, nel rispetto di tutte le procedure di evidenza pubblica - precisa -, crei i presupposti per trasformare queste linee del progetto in un progetto esecutivo, in tempi utili per renderlo attuabile già dalla primavera prossima». D'Ambrosio ci tiene a precisare che da parte delle realtà che hanno lavorato al progetto non c'è «alcuna mania di protagonismo, anzi, lasciamo le porte aperte a chiunque vorrà contribuire, rendendo sostenibile la gestione».
Laura Tonero
«Strade tra i campi rovinate, vanno sistemate»
Appello degli agricoltori del Carso perché si proceda subito alla manutenzione delle vie "poderali" in vista della vendemmia
TRIESTE. Un sentito appello al sindaco Roberto Dipiazza affinché «rimetta in pristino le strade comunali poderali, in particolare quelle situate sotto gli abitati di Contovello, Prosecco e Santa Croce». È una richiesta forte, e col carattere dell'urgenza, quella formulata in questi giorni al primo cittadino di Trieste da parte degli agricoltori del Carso. Mancano infatti ormai pochi giorni prima che la vendemmia entri nel vivo e le strade poderali sono fondamentali per gli addetti ai lavori, per poter trasportare l'uva e le attrezzature necessarie per l'appunto per poter espletare le varie operazioni riguardanti quest'importantissimo momento. Il problema è che molte di queste stradine di campagna sono inutilizzabili perché sconnesse, piene di buche che si riempiono al primo temporale e pure invase, ai lati, dall'incombente vegetazione cresciuta molto quest'anno, più del solito, per effetto di un'estate caratterizzata da temperature particolarmente elevate. E così, per farsi rappresentare nel modo migliore a livello istituzionale, i coltivatori dell'altipiano hanno dato delega alla Kmecka zveza, l'associazione degli agricoltori del Carso, di predisporre un documento da inviare al sindaco. «È nostra premura chiedere un suo intervento presso i competenti uffici e servizi comunali - scrive Edi Bukavec, componente del direttivo della Kmecka zveza - affinché intervengano per la sistemazione e la messa a punto delle strade poderali comunali che, in alcuni tratti, sono di grande disagio per il transito dei mezzi agricoli, soprattutto nel periodo vendemmiale. Fra le più problematiche, ricordiamo in particolare la strada bianca che porta al Convento di San Cipriano, nei pressi di Prosecco». Gli agricoltori dell'altipiano si rivolgono a Dipiazza in quanto, come recita il Codice della strada, per strada vicinale o poderale o di bonifica si intende una strada privata, fuori dai centri abitati, che può essere a uso pubblico o privato: «L'articolo 2, comma 6, stabilisce poi che determinate strade vicinali sono assimilate a quelle comunali, perciò la loro manutenzione ricade fra le competenze dell'amministrazione locale».Gli stessi agricoltori del Carso poche settimane fa avevano chiesto, sempre a Dipiazza, di «intervenire presso le competenti autorità - si leggeva in una loro lettera inviata al Municipio - per ottenere il permesso di sostare, con i propri mezzi agricoli e non, sulla Costiera, per raggiungere i propri fondi coltivati a colture pregiate per lo più a vite». Tale richiesta era stata formulata «perché - così continuava il documento - le soluzioni che sono state adottate dalle competenti autorità, relativamente alla predisposizione dei parcheggi in quella zona, non corrispondono alle necessità dei coltivatori dei terreni che, in questi giorni, come ogni anno dalla costruzione della Costiera, stanno provvedere alle vendemmie e al trasporto su detta strada delle uve nelle proprie cantine».
Ugo Salvini
Tuffi vietati nella zona del Molo T - I sub cercano vecchie bombe
L'interdizione dovuta a una bonifica bellica propedeutica alla ripresa della riqualificazione della costa. «Aspettiamo i fondi della Regione»
MUGGIA. In questi giorni una serie di transenne posizionate ai varchi del tratto di costa che gravita nei pressi del molo a T, con tanto di divieto di balneazione, per impedire l'accesso ai bagnanti, hanno messo in apprensione quei muggesani che hanno cominciato a chiedersi, attraverso le pagine social dedicate alla cittadina di provincia, il motivo di quei divieti. In un primo momento si è pensato che fosse da attribuire alla mancanza del servizio di salvamento, ma poi con il passare delle ore, ieri, si è fatta chiarezza. È stato lo stesso assessore ai Lavori pubblici e vicesindaco nonché candidato sindaco per il centrosinistra alle prossime amministrative, il dem Francesco Bussani, a precisare il motivo del divieto d'accesso: «L'area è interdetta alla balneazione perché è in corso una perizia bellica da parte dei sub artificieri, funzionale a far partire i lavori per la riqualificazione del tratto di costa dal Molo T a Porto San Rocco». Si fa più concreto, quindi, il progetto, non fermatosi con Acquario, di portare a termine la riqualificazione della costa muggesana nella sua interezza. Un progetto che finora è stato frenato, non solo dalla mancanza di fondi necessari alla riqualificazione, ma anche dal ritrovamento proprio vicino al molo a T di un molo romano, di cui nelle scorse settimane si è parlato proprio a Muggia in occasione di alcuni incontri legati all'archeologia subacquea, curati dall'attuale responsabile scientifica dei musei e dei siti archeologici muggesani, l'archeologa subacquea Rita Auriemma. Bussani conferma infatti che «è stato rinvenuto un molo romano in quell'area e, prima che possa intervenire la Sovrintendenza con la perizia archeologica, è necessario verificare che non ci sia la presenza di ordigni inesplosi, dato che poco più in là c'erano i Cantieri San Rocco. Appena l'intervento sarà finito, l'ordinanza sarà revocata». Restano incerti, per Bussani, «i tempi dell'intervento della Sovrintendenza. Ma chiederemo un loro intervento quanto prima. Una volta ricevute le indicazioni, il progetto sarà modificato e l'opera sarà dunque cantierabile». Una chiosa, quella di Bussani, che ha una venatura polemica nei confronti della Regione: «Bello sarebbe ottenere il finanziamento mancante per finire l'intero tratto costiero ma su questo tema la Regione a oggi non ha mai risposto».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 settembre 2021
Il "mirador" trasparente, rampe e canali di luce: il futuro Museo del mare
Il bando per realizzare l'opera progettata dall'architetto Vazquez Consuegra aperto fino al 4 ottobre. La torre centrale innalzerà l'altezza del Magazzino 26
Il bando di gara per il nuovo Museo del Mare al Magazzino 26 è aperto e lo sarà fino al prossimo 4 ottobre: ciò significa che, al netto degli endemici ricorsi, l'opera da 33 milioni potrebbe essere cantierabile nel maggio del 2022. A lavori finiti l'edificio al cuore del Porto vecchio sarà un grande museo firmato Guillermo Vazquez Consuegra, sormontato da un "mirador" con vista su tutta la città. Il progetto è stato presentato ieri dal sindaco Roberto Dipiazza e dalla maggioranza in un insolito contesto politico: le regole pre-elettorali impongono che gli spazi comunali non possano essere impiegati per conferenze, quindi il centrodestra ha colto l'occasione per farne un momento di coalizione, nel famigliare spazio dell'Unicusano. Non sarà così, invece, per la presentazione del masterplan dell'antico scalo di Andreas Kipar, prevista per la prossima settimana, perché la gara europea prevede la "resa alla città" del progetto in veste istituzionale. Le caratteristiche del progetto dell'architetto sivigliano sono note da tempo: l'avvio dei lavori, in origine, era previsto proprio per l'autunno 2021. Ma nella conferenza di ieri l'assessore Elisa Lodi ha potuto esporre l'impianto dell'opera nel suo complesso, composto da oltre 400 elaborati: l'intervento più rilevante resta il "mirador", ovvero la torre centrale che innalzerà l'altezza dell'edificio. È un passaggio che aveva fatto storcere qualche naso in Soprintendenza, infatti il rendering definitivo non prevede le "orecchie", strutture aggiuntive che nelle intenzioni iniziali di Consuegra dovevano sovrastare il tetto del "mirador". L'impatto, ha assicurato Lodi, sarà minimo: «Si tratta di un elemento leggero, etereo, quasi trasparente, in grado di risolvere così il principale deficit del Magazzino 26, ovvero la sua posizione in seconda, e pertanto la sua scarsa o nulla relazione visiva con il mare. Una questione che riteniamo prioritaria tra le qualità di un Museo del Mare, così come lo immaginiamo per Trieste». Nella parte inferiore del "mirador" è previsto un ristorante con vista - appunto - sul mare. All'interno dell'edificio, completano l'intervento alcune operazioni di rimozione parziale di solai esistenti, corrispondenti ai livelli secondo e terzo, previste con l'obiettivo di introdurre rampe dalla lieve pendenza nel percorso dei flussi di visitatori, ed altre demolizioni dei solai nel corpo centrale, allo scopo di introdurre la luce naturale a cascata negli spazi baricentrici - e quindi più oscuri - dell'edificio dove sono previste le principali funzioni pubbliche. Gli interventi architettonici coprono circa 20 milioni del costo complessivo, altri 7,2 andranno all'allestimento degli interni del museo.Un rilievo particolare è stato dato agli spazi circostanti l'edificio: il viale antistante diventerà una piazza, ma anche il retro e il collegamento al mare saranno riqualificati. A dare il senso di continuità sarà una pavimentazione continua, realizzata attraverso l'uso combinato di pietra di nuova fornitura ed il recupero dei masegni storici. Saranno preservati in situ i binari dei treni esistenti davanti al Magazzino 26.Al tavolo dei relatori Dipiazza era accompagnato da Lodi per Fratelli d'Italia, Serena Tonel per la Lega, Alberto Polacco per Forza Italia e Alessandro Perich di Cambiamo Trieste. «Mi fa piacere salutarvi e vedervi qui uniti - ha detto il sindaco - perché noi facciamo fronte comune. Se si arriva al ballottaggio voglio vedere come farà il centrosinistra con sei o sette programmi». Il primo cittadino e candidato ha concluso: «Abbiamo fatto un intervento importante su un edificio che mi dicono essere più lungo della chiesa del Vaticano (lo è, la basilica di San Pietro è lunga 218 metri, il magazzino 244). Un lavoro da 33 milioni, una cifra imponente che cambierà il Porto vecchio secondo l'idea che un passo alla volta stiamo portando avanti».
Giovanni Tomasin
Tossine oltre i limiti Proibiti i "pedoci" tra Duino e Santa Croce
Nuovi stop finché i valori non rientreranno nella norma dopo quello a Muggia per eccessiva presenza di batteri
DUINO AURISINA. Scatta il divieto di raccolta e commercializzazione dei "pedoci" allevati davanti a Duino e Santa Croce, nei tratti di mare identificati come zone di produzione "10 Ts Duino" e "06 Santa Croce". Lo hanno stabilito due apposite ordinanza del Dipartimento di prevenzione dell'Asugi, per «garantire la sicurezza degli alimenti, la tutela del cittadino consumatore e la lealtà degli scambi commerciali, in conseguenza dei risultati registrati dall'Istituto profilattico delle Venezie, che evidenziano - si legge nel testo diffuso dall'Azienda sanitaria - la non conformità alle norme sanitarie per superamento dei limiti di biossina algale liposolubile». Di conseguenza, in linea generale, chiunque immetta sul mercato i molluschi bivalvi «senza che gli stessi - si legge ancora nelle ordinanze - transitino per un centro di pesca sarà punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a seimila euro». E la multa sale a 30 mila euro a carico di chi «immetta sul mercato molluschi bivalvi vivi provenienti da zone giudicate non idonee o precluse dalle competenti autorità», come sono per l'appunto quelle di Duino e Santa Croce, e, già da fine agosto, pure quella denominata "02 Muggia", dove il problema rilevato è diverso: qui non si tratta di infatti di biotossine prodotte dalle alge oltre i limiti, ma di eccessive concentrazioni di batteri fecali. Un fenomeno non troppo raro in questa stagione, ma pur sempre una mazzata per il settore finché delle nuove analisi non diranno che i valori saranno rientrati nella norma.«La prevenzione dei rischi da consumo dei molluschi bivalvi vivi è garantita dal monitoraggio ufficiale di tutte le zone autorizzate alla raccolta di questo alimento - si legge infatti nel comunicato diffuso dall'Asugi - perché i molluschi sono sottoposti a campionamento e analisi, per valutarne la qualità microbiologica, la presenza di biotossine, di plancton produttore di biotossine e di contaminanti chimici. Operano ex lege per questi animali filtratori - prosegue il comunicato - limiti cautelari di sicurezza, superati i quali la zona di raccolta autorizzata deve essere chiusa dall'autorità veterinaria competente, vietandone la raccolta fino al ripristino della conformità». La motivazione delle ultime due ordinanze in oggetto riguardanti Duino e Santa Croce, va precisato, concerne «le biotossine, non la qualità microbiologica, cioè l'eventuale contaminazione di E.coli», i batteri fecali: «I molluschi bivalvi filtratori possono accumulare le biotossine a seguito del proliferare nell'acqua di particolari generi di alghe unicellulari tossiche. Le biotossine algali sono suddivise, in base alle caratteristiche di solubilità, in idrosolubili e liposolubili. Nei nostri mari sono più diffuse le liposolubili, tra cui le cosiddette "diarretiche", in grado di provocare sintomi enterici come diarrea appunto, dolori addominali e vomito».
Ugo Salvini
Vittime e costi sanitari Le vecchie centrali a carbone che inquinano tutta Europa
Un nuovo studio fa il punto sugli effetti delle emissioni degli impianti Anche Bruxelles additata per lo scarso impegno nella transizione verde
BELGRADO. Migliaia di morti, non solo nei Balcani ma anche nei Paesi Ue vicini. E miliardi di euro di costi sanitari, senza dimenticare quelli ambientali. È il bilancio dell'impatto delle obsolete centrali elettriche alimentate a carbone che continuano ad avvelenare i vicini Balcani - e oltre - malgrado le tante promesse di ricorrere a rimedi, in realtà palliativi, capaci di arginare il problema. È quanto sostiene un nuovo studio prodotto da Cee Bankwatch Network e dal Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), da anni in prima fila nella battaglia contro la lignite. Lo studio ha calcolato quelli che sarebbero stati i decessi causati dallo smog prodotto dagli impianti di Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord tra il 2018 e il 2020, periodo in cui i Paesi balcanici avrebbero dovuto premere sull'acceleratore della transizione energetica. Poco o nulla è stato però fatto. Lo confermano i «quasi 19 mila decessi» che sarebbero dovuti «all'inquinamento atmosferico prodotto dalle centrali dei Balcani occidentali», secondo la stima riportata nel rapporto. Ma lo smog non fa vittime solo nei Balcani. I venti trasportano i fumi delle centrali molto lontano, perché l'area balcanica ancora fuori dalla Ue non è ovviamente un'isola dal punto di vista geografico. Secondo lo studio, più del 50% dei decessi causati da varie centrali in Kosovo, in Bosnia, in Serbia si sarebbero registrati in Paesi Ue. Quasi il 30% è invece stato contabilizzato nei Balcani, gli altri in altri Paesi vicini fuori dalla Ue. I decessi avrebbero potuto essere molti di meno se le capitali balcaniche avessero rispettato i limiti di legge per le emissioni e le direttive europee che anche la regione, seppur fuori dall'Unione, deve osservare, ricorda lo studio. Si parla decessi causati dall'inazione delle autorità locali ma anche dallo scarso impegno della Ue nell'aiutare i Balcani nella transizione verde, mentre continuano le esportazioni di energia elettrica dalla regione alla Ue. A doversi preoccupare dovrebbe essere soprattutto l'Italia, in testa l'anno scorso alla classifica dei decessi per smog "d'importazione" dai Balcani, i cui fumi delle 18 centrali inquinano come tutte le 221 della Ue; a seguire la Serbia, l'Ungheria e la Romania. Ma ci sono anche altri numeri contenuti nel rapporto. Ad esempio, i 130 mila giorni di asma che affliggono bambini che vivono nella Ue, 11 mila di bronchiti, il milione e passa di giorni lavorativi persi nel 2020 per lo smog dai Balcani. Cui si aggiungono i miliardi di costi sanitari, calcolati in quasi 3 per l'Italia, 1,6 per la Serbia, 1,5 per l'Ungheria, 1,3 per la Romania, 847 milioni per la Grecia. Servono allora contromisure rapide, è la conclusione del report, che portino «verso sistemi energetici sostenibili, con l'aiuto Ue», ha suggerito l'esperta Pippa Gallop, evocando una uscita dal carbone più rapida di quella promessa da molte capitali dell'area interessata. Perché i governi balcanici non possono puntare all'adesione all'Europa, ma allo stesso tempo restare il "polmone nero" dell'Ue.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 settembre 2021
Ambiente da adattare al clima: un progetto per Bosco Farneto - VASCHE DI ACQUA PIOVANA E PAVIMENTAZIONI
Ondate di calore, siccità, precipitazioni estreme: le pubbliche amministrazioni si pongono il problema di situazioni sempre meno prevedibili e cercano di affrontare fenomeni climatici che possono incidere in modo significativo sulla quotidianità di una comunità. E sul suo sistema ambientale. Data questa premessa, il Comune triestino ha deciso di partecipare al bando del ministero della Transizione Ecologica che finanzia un programma sperimentale di interventi per l'adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano. La delibera, illustrata dall'assessore Elisa Lodi, ha approvato uno studio di fattibilità per un'operazione di "mitigazione" che riguarda il versante nord-orientale del Bosco Farneto: il Municipio chiede a Roma 780.000 euro. Un raro esempio di bosco urbano che si estende per circa 90 ettari tra San Luigi, Melara, fino alle valle di Longera. Per farne cosa? Una relazione è stata predisposta dai funzionari Luca Folin, Stefano Hager, Francesco Panepinto. Gli interventi, che dovranno avere una durata massima di 2 anni, si articolano in tre categorie: "green blue", "grey", "misure soft". Nel primo contenitore si prevede di realizzare due vasche di acqua piovana, una da 80 metri cubi e una da 40 metri cubi, da collocare nel parcheggio di via Marchesetti-San Luigi e in corrispondenza di una piazzola a margine del viale al Cacciatore. Verrebbe così a crearsi un sistema di raccolta delle acque meteoriche, così da limitarne la dispersione sulle strade e nelle fognature, riutilizzandole per le irrigazioni urbane (dove si fa uso di acqua potabile prelevata dall'acquedotto). Avanti inoltre con i miglioramenti dell'assetto selvicolturale del bosco, dove si avverte l'assenza di rinnovazione naturale di rovere, messa a repentaglio dalla golosità dei cinghiali per le ghiande. Sul versante "grey" si pensa a sostituire le pavimentazioni impermeabili del parcheggio a fianco del Ferdinandeo, così da favorire i processi di infiltrazione idrica e di ricarica delle falde. "Misure soft" riguarderanno infine lo studio del bacino imbrifero (1.500 ettari) afferente al torrente Chiave, il corso d'acqua che passa sotto via Carducci e sfocia in Porto vecchio.
Magr
Ritorna "Mare Nordest" tra mostre, convegni e sport
Da venerdì la decima edizione dell'evento sulla cultura blu
Il focus su alcuni aspetti della cultura del mare, tra scienza, storia e valorizzazione delle risorse territoriali. La decima edizione di "Mare Nordest" conferma la sua missione originaria e punta ad articolarla in presenza da venerdì 10 a domenica 12 settembre, quest'anno negli spazi allestiti in piazza Unità. Ideata da Roberto Bolelli ed Edoardo Natelli della società sportiva dilettantistica "Mare Nordest", la manifestazione gode del sostegno del Comune di Trieste e della Regione Fvg e si avvale di collaborazioni in campo scientifico legate all'Università di Trieste e all'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale. Meno sport per l'occasione (scelta dettata dai rigori anti-assembramento del momento) ma maggiori gli agganci all'ecologia marina, l'impatto del cambiamento climatico e la storia. In tale ottica, "Mare Nordest" si (ri)presenta in veste di "Festival della promozione e cultura del Mare", adottando quest'anno un filo conduttore che corrisponde a "Il mare che vorrei", una nuova disamina del pianeta blu, delle sue componenti e dei possibili modelli di sviluppo anche in chiave imprenditoriale ed ecologista: «Mare Nordest è un progetto che ha saputo anche anticipare i tempi e le tematiche - ha sottolineato l'assessore regionale Pierpaolo Roberti nel corso della presentazione di ieri in piazza Unità -. Ricordo infatti una passata edizione - ha aggiunto l'esponente della Regione Fvg - quando venne affrontato il problema delle microplastiche, tema a molti sconosciuto all'epoca e poi trasmesso in larga scala grazie anche alla divulgazione scientifica di Mare Nordest». Il programma gioca comunque su alcuni aspetti consolidati della rotta, tra cui lo "Scuttling" - ovvero l'affondamento volontario di navi in disarmo ai fini di una riqualificazione dei relitti in ambito ambientale e turistico - un capitolo a cui verrà dedicato il convegno del 10 settembre, alle 10. 30, moderato dal giornalista Romano Barluzzi e a cui parteciperanno autorità delle Regioni Liguria e Friuli Venezia Giulia, assieme agli studiosi Paola Del Negro e Paolo Ferraro. In programma venerdì, tra i vari eventi, anche la vernice (17. 30) della mostra fotografica "Il Batiscafo Trieste" presentata dalla critica d'arte Marianna Accerboni; alle 18. 30, la conferenza commemorativa del 61° anniversario della discesa del Batiscafo Trieste sul fondo del Fosso delle Marianne. Il programma di sabato prevede la relazione del fisico Pierre Thibault (10. 30) alle 16.30 l'intervento dei giornalisti Silvio Maranzana e Giulia Stibiel sul progetto editoriale "Nord Adriatico Magazine" e a seguire la presentazione del progetto Sea Side dell'Università di Trieste, il simposio "La storia del Molo Audace", curato da Enrico Torlo e Claudio Pristavec, la presentazione della Pallamano Trieste e l'intrattenimento con Flavio Furian e Maxino. Domenica alle 10 si chiude con la prospezione subacquea dell'area del Molo Audace, un monitoraggio in mare in collaborazione con l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 settembre 2021
Treni, collegamenti più veloci per Porto e Piastra logistica - riattivata la connessione di Servola e Aquilinia
Trieste. Le linee ferroviarie commerciali di Servola e Aquilinia sono pronte a essere collegate con la rete ferroviaria internazionale senza che i treni siano costretti a passare dalla stazione di Campo Marzio. La novità riveste enorme importanza per lo sviluppo futuro della Piattaforma logistica del porto di Trieste, ma anche per altre realtà legate alla logistica del territorio. I nuovi collegamenti potranno favorire i magazzini di FreeEste a Bagnoli della Rosandra, così come il futuro terminal ungherese nell'area ex Aquila. Non appena la produzione andrà a regime, infine, di questa nuova opportunità potrà fruire anche lo stabilimento Barilla (ex pasta Zara), situato nell'area delle Noghere e già servito da binari che raggiungono gli impianti. La conclusione dei lavori si integra perfettamente con la disponibilità dell'investimento appena ratificato dal ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, all'interno del Fondo complementare destinato ai porti italiani: 180 milioni di euro che in gran parte saranno destinati alla creazione della stazione ferroviaria di Servola, per collegare via treno il futuro Molo Ottavo. La notizia della riattivazione del collegamento è stata data da Rete ferroviaria italiana, impegnata su questo e altri interventi destinati ad accelerare la ripresa dell'intermodalità nel porto di Trieste, primo scalo italiano per numero di treni. Proprio ieri Rfi ha inaugurato il collegamento degli impianti di Servola e Aquilinia alle linee verso Venezia e Tarvisio. Dismessi negli anni Novanta del secolo scorso, i due scali sono stati riconnessi tramite una bretella ferroviaria di circa un chilometro, fra l'ex Bivio San Giacomo e l'ex Bivio Canteri. In pratica, i treni in partenza da Servola potranno immettersi direttamente sulla linea di Cintura di Trieste senza dover effettuare manovre intermedie a Campo Marzio. Un investimento complessivo di circa 7,5 milioni ha consentito interventi eseguiti nell'arco di due anni per adeguamento e potenziamento dei settori armamento, opere civili, trazione elettrica, impianti di sicurezza, segnalamento e telecomunicazioni.I piazzali di Aquilinia e Servola, attivati tra gli anni '30 e '60 del Novecento per consentire lo sviluppo industriale dell'area giuliana, assumono nuova funzionalità a servizio del Porto di Trieste. Nelle aree dell'ex Aquila e dell'ex Ferriera è prevista l'estensione dell'ambito portuale, iniziata già con l'attivazione lo scorso marzo della Piattaforma Logistica. Un altro tassello si aggiunge al riassetto complessivo della stazione di Trieste Campo Marzio, che al termine degli interventi previsti (112 milioni di euro), consentirà la formazione di treni da 750 metri. «L'obiettivo di Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo Fs italiane), in linea con quanto previsto dalla politica nazionale e europea dei trasporti, è rendere il trasporto merci via ferrovia sempre più competitivo e ambientalmente sostenibile - così Rfi in una nota - favorendo le attività degli operatori della logistica che si avvalgono del treno».
Riccardo Coretti
Rapporto sul clima Allarme per incendi e ondate di calore
Alla stesura della relazione ha partecipato anche Erika Coppola dell'Ictp. La ricercatrice: cambiamenti senza precedenti
Il 14 agosto la pioggia è caduta per la prima volta sulla vetta della calotta glaciale della Groenlandia, il Mediterraneo è stato travolto da un'ondata di caldo estremo - accompagnata da devastanti incendi in Grecia e Turchia. L'Organizzazione meteorologica mondiale - Wmo sta cercando di verificare la temperatura riportata di 48,8 ° C in Sicilia l'11 agosto 2021 e di stabilire se si tratta di un nuovo record di temperatura per l'Europa continentale. Il 9 agosto il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico - Ipcc, nato nel 1988 su iniziativa del Wmo e del Programma della Nazioni Unite per l'ambiente e che riunisce i maggiori esperti del clima a livello mondiale, ha pubblicato il sesto rapporto di valutazione (quello precedente è del 2013). «Le cattive notizie sono sotto gli occhi di tutti: alluvioni, incendi, ondate di calore estremo - commenta Erika Coppola ricercatrice dell'Ictp tra gli autori dell'ultimo rapporto - e gli scienziati rilevano cambiamenti nel clima della Terra in ogni regione e in tutto il sistema climatico. Molti di questi cambiamenti sono senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli che sono già in atto, come il continuo aumento del livello del mare, sono irreversibili. In ogni regione del pianeta - commenta Coppola - si stanno verificando cambiamenti delle condizioni o forzanti climatiche (quali ondate di calore, precipitazione estreme, siccità, condizioni meteo favorevoli agli incendi, alluvioni costiere, innalzamento estremo del livello del mare, cicloni) responsabili di impatti per la società e l'ecosistema. Questi cambiamenti sono molteplici e concomitanti e si verificheranno in maniera crescente all'aumentare del riscaldamento globale».Il rapporto fornisce anche una valutazione dei cambiamenti climatici su scala regionale che possono essere esplorate nel nuovo Atlante interattivo. L'Ipcc definisce "inequivocabile" il ruolo dell'uomo nel cambiamento climatico e conclude Coppola: «Tutti gli scenari ipotizzati prevedono il raggiungimento o il superamento della soglia di 1,5°C - l'obiettivo massimo fissato dall'accordo di Parigi del 2015 - nel XXI secolo. Ma - prosegue la scienziata - c'è una buona notizia: con l'azzeramento delle emissioni nette entro il 2050, sarebbe possibile un calo successivo del riscaldamento che si stabilizzerà intorno a 1,5°C entro il 2100».Con l'espressione "emissioni nette zero", si intende una condizione in cui per ogni tonnellata di CO2, principale motore dei cambiamenti climatici, o di un altro gas serra che si diffonde nell'atmosfera se ne rimuove altrettanta. In altre parole, si tratta di aggiungere gas serra nell'atmosfera in quantità pari a quella che riusciamo a toglierne, e sono soprattutto foreste e oceani ad assorbire l'anidride carbonica che emettiamo.
Lorenza Masè
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 settembre 2021
La protesta a difesa dei pini di Cattinara «Pronti a incatenarci ai nostri 200 alberi»
Abitanti sul piede di guerra contro l'ipotesi di un nuovo parcheggio al posto del bosco
Pronti a incatenarsi agli alberi, a presidiare l'area dormendo in tenda sotto i rami, ad alzare i toni della protesta, pur di salvare la pineta di Cattinara. Sono decisi a vincere la loro battaglia i volontari del Comitato spontaneo che ieri mattina, all'ombra dei circa 200 pini e delle 25 querce che, assieme ad altri alberi, caratterizzano via Valdoni, in prossimità dell'ospedale, hanno manifestato per replicare a chi vorrebbe trasformare «questo splendido ultimo polmone verde rimasto a Cattinara - ha sottolineato Paola Snidersich, una delle artefici dell'iniziativa - nell'ennesimo e, in questo caso inutile, parcheggio per automobili». «Un parcheggio già esiste - hanno evidenziato i portavoce - ed è sottoutilizzato. Invece di distruggere una pineta, nella quale generazioni di triestini hanno giocato da bambini e respirato, sarebbe più opportuno alzare di un livello quello già esistente». I rappresentanti del Comitato, che hanno ribadito di essere «al di fuori di ogni colorazione politica», hanno accusato «tutte le ultime amministrazioni di disinteresse per Cattinara» e di aver «fatto promesse mai mantenute». È intervenuto Paolo Angiolini di Legambiente: «L'evidenza del cambiamento climatico - ha osservato - ci impone di salvaguardare ogni singolo metro quadrato di natura». «Per ricreare una pineta come questa - ha aggiunto Roberto Barocchi di Triestebella - ci vorrebbe mezzo secolo». I rappresentanti del Comitato hanno detto che «il sindaco ha garantito che il parcheggio non si farà», ma fra gli intervenuti c'è chi ha sostenuto che «sarebbero già pronte le ruspe per spianare l'area, appena completate le verifiche tecniche». Sono poi intervenuti cinque candidati sindaci, Alessandra Richetti (M5s), Francesco Russo (Punto Franco), Riccardo Laterza (At), Ugo Rossi (3V), e Tiziana Cimolino (Verdi).
Ugo Salvini
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 4 settembre 2021
Manifestazione in difesa della pineta di Cattinara
Si è svolta stamane una partecipata manifestazione promossa dal Comitato per la Difesa della Pineta di Cattinara, Triestebella e Legambiente.
"È l'ultimo polmone verde rimasto" ha esordito Paola Snidersich del Comitato. "Invece vogliono spianare 200 pini, 25 querce, frassini e biancospino per realizzare posteggi!", ha proseguito. "Noi abbiamo invitato qui tutti i candidati sindaco per sentire quale impegno prendono". "L'evidenza del cambiamento climatico ci impone di salvaguardare ogni singolo metro quadrato di natura" ha sottolineato Paolo Angiolini di Legambiente. "Ogni albero va salvato; anzi, ne dobbiamo piantumare tantissimi altri". "Se abbatteranno la Pineta, prima di avere in parco così bello con alberi così grandi, ci vorranno 50 anni" afferma Roberto Barocchi di Triestebella. "Salvare gli alberi è difendersi dagli imminenti cambiamenti climatici" ribadisce Gianni Rossano Giannini, ambasciatore del Patto europeo per il clima. Poi sono intervenuti i cinque candidati presenti: Alessandra Richetti, Francesco Russo, Riccardo Laterza, Ugo Rossi, e Tiziana Cimolino. "Dopo precedenti manifestazioni il sindaco Dipiazza ci aveva ricevute" ha precisato la rappresentante del Comitato "garantendo che " non si farà !". "In realtà la ditta Rizzani de Eccher è pronta con le ruspe appena saranno superate le ultime verifiche tecniche" ha concluso Paolo Radivo . "Ma ci troveranno qui, incatenati a ciascun albero!" hanno ribadito alcuni candidati ed esponenti delle associazioni, concordi con gli abitanti.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste APS
IL PICCOLO - SABATO, 4 settembre 2021
La sfida "green" della Fincantieri: navi ecologiche a Princess Cruises
Apparterranno alla classe "Sphere" del brand Carnival Saranno alimentate a gas naturale con basse emissioni
La crociera diventerà "green", con navi a basse emissioni di CO2, e l'ambizione di arrivare a breve a emissioni zero. È l'ultima sfida di Fincantieri, il colosso della cantieristica navale con headquarter a Trieste, che con la consueta cerimonia del taglio della lamiera, avvenuta nel Centro servizi navali di San Giorgio di Nogaro, ha dato il via alla costruzione della prima delle due navi della classe "Sphere" per Princess Cruises, brand di Carnival corporation, partner storico di Fincantieri. Oltre ad detenere il primato, con le loro 175.000 tonnellate di stazza lorda e la capacità di accogliere circa 4.300 passeggeri, di essere le più grandi finora realizzate in Italia, le due nuove navi si basano su un progetto di prossima generazione, diventando le prime navi dual-fuel della flotta di Princess Cruises ad essere alimentate primariamente a LNG (gas naturale liquefatto).« Questo - spiega Fincantieri - rappresenta la tecnologia di propulsione più avanzata e a minor impatto ambientale dell'industria navale, nonché il combustibile fossile più ecologico al mondo, che abbatterà significativamente le emissioni atmosferiche e l'utilizzo di gasolio». È intuibile il forte appeal "green" della nuova classe di navi da crociera, non escluse da un percorso fortemente orientato alla sostenibilità su cui Fincantieri sta investendo e su diversi fronti. Ne è un esempio l'unità navale sperimentale, in corso di completamento nello stabilimento campano del Gruppo, ribattezzata "Zero", con un espresso richiamo alle zero emissioni, il cui scopo è proprio quello di migliorare la sostenibilità ambientale delle navi da crociera, ma anche degli yacht, dei traghetti, delle navi da ricerca, attraverso il significativo abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra. Cuore dell'esperimento le fuel cell, dispositivi che consento di ottenere energia elettrica dall'idrogeno ma senza combustione. Allo studio anche lo sviluppo di un nuovo modello di generazione dell'energia, sia elettrica che termica, da impiegare nelle navi da crociera. I risultati di questo lavoro di ricerca dovrebbe arrivare entro l'anno, secondo quanto annunciato dal Gruppo al momento dell'avvio del progetto, nell'autunno scorso. Risale invece a luglio la firma di un memorandum d'intesa tra Fincantieri, Msc e Snam che dà il via ad uno studio di fattibilità per realizzare la prima nave da crociera al mondo alimentata ad idrogeno e anche le infrastrutture per lo stoccaggio del combustibile. L'obiettivo - condiviso - è sempre quello delle navi a zero emissioni, un traguardo che Msc intende raggiungere entro il 2050. «Vogliamo essere in prima linea nella rivoluzione energetica per il nostro settore e l'idrogeno può contribuire notevolmente in questo campo - aveva dichiarato Pierfrancesco Vago, presidente di Msc, al momento della stipula dell'accordo -. Man mano che avanziamo con lo sviluppo della tecnologia necessaria sono certo che anche i fornitori di energia accelereranno la produzione, e i governi e il settore pubblico interverranno con il supporto necessario per un progetto che è fondamentale per la decarbonizzazione delle crociere e della navigazione».«Il trasporto marittimo oggi rappresenta circa il 3% delle emissioni di CO2 a livello globale - aveva ricordato l'ad di Fincantieri Giuseppe Bono -. L'utilizzo dell'idrogeno può contribuire al raggiungimento dell'obiettivo delle zero emissioni nette in questo settore».
Elena Del Giudice
IL PICCOLO - VENERDI', 3 settembre 2021
Italia, Slovenia e Croazia assieme per tutelare l'ecosistema adriatico
Verso uno sviluppo sostenibile dei traffici e dello sfruttamento delle risorse marine. L'importanza della Zona economica esclusiva
Il mare Adriatico è un tesoro che riunisce le nazioni degli Stati costieri e guida da secoli il progresso socio-economico della regione. Rimane cruciale per la società moderna nella stessa misura del passato, offrendo un potenziale immenso agli Stati costieri che conservano i settori tradizionali e ne sviluppano di nuovi sul mare o in riva al mare. Ma l'Adriatico è un mare semichiuso con un'alta densità di trasporti marittimi e un ecosistema vulnerabile richiede una stretta cooperazione degli Stati costieri. Ne hanno discusso qui a Bled i ministri degli Esteri di Slovenia, Anze Logar, e di Croazia, Gordan Grlic Radman assieme ai responsabili dei porti del Nord Adriatico di Trieste, Capodistria e Fiume. La cooperazione nell'alto Adriatico fra Italia, Slovenia e Croazia si sviluppa attraverso tre pilastri: connettività, economia blu sostenibile e protezione dell'ambiente. A distanza di 9 mesi dall'incontro di Trieste la definizione di Zone economiche esclusive procede nella giusta direzione, come sancito anche dalla dichiarazione congiunta del 21 aprile scorso. I due ministri non hanno dubbi: è stata imboccata la strada giusta per una gestione corretta e sostenibile dell'Adriatico. La cooperazione nell'Alto Adriatico è fondamentale per competere a livello globale, e «per farlo dobbiamo investire in sviluppo, tecnologia e piattaforme di dialogo comune come Napa, l'associazione dei porti del Nord Adriatico», ha spiegato il presidente dell'Autorità portuale di Trieste, Zeno D'Agostino, che ha definito le sfide del cambiamento climatico come «un'opportunità da cogliere per sviluppare progetti comuni». Il ministro degli Esteri sloveno Logar ha anche osservato come la collaborazione per le Zone economiche esclusive (Zee) nell'Alto Adriatico abbia portato a un dialogo fra Italia, Slovenia e Croazia lontano dai riflettori, che ha contribuito al tempo stesso a ristabilire un clima più disteso fra Lubiana e Zagabria anche sul tema dell'accesso al mare aperto, una disputa che si protrae da anni fra i due Paesi ex jugoslavi. Nessuno lo nomina, ma il confine marittimo tra i due Paesi sul golfo di Pirano è stato una sorta di convitato di pietra.
M. MAN.
Segrè: «Legge antispreco per la donazione del cibo rimasto invenduto»
La crociata del docente triestino che insegna Politica Agraria all'ateneo di Bologna. Oggi alle 11 sarà ospite al Festival in piazza Unità
Una norma per rendere obbligatoria la donazione del cibo rimasto invenduto: il triestino Andrea Segrè, docente di Politica agraria all'università di Bologna e pioniere degli studi sullo spreco alimentare da cui nel 2010 è nata la campagna permanente 'spreco zero', l'ha proposta lo scorso febbraio battezzandola "Recovery Food". Ora la rilancia dal palco del Link festival, dove sarà oggi alle 11 in un colloquio con il presidente dell'Assostampa Fvg Carlo Muscatello. Professor Segrè, perché è necessario un provvedimento di questo tipo? «Dopo anni in cui abbiamo sviluppato molte iniziative legate allo spreco, oggi è tornato urgente il tema del recupero, che è quello da cui eravamo partiti alla fine degli anni '90 con il progetto Last Minute Market. Con la pandemia, infatti, è aumentato molto il numero di persone che hanno bisogno di assistenza alimentare: ci sono 5,6 milioni di persone che non hanno accesso ai servizi di base e quindi nemmeno al cibo. Per questo occorre far diventare obbligatoria la donazione di alimenti, soprattutto nella grande distribuzione». Le iniziative già adottate dalle aziende non bastano?«C'è una legge del 2016 che incentiva il recupero facendo uno sconto sulle tasse sui rifiuti pagate dai supermercati, ed è una buona base. Oggi però questo approccio sostanzialmente volontario non è più sufficiente. L'esempio viene dalla Francia, che sempre cinque anni fa ha reso obbligatorio il recupero di ciò che rimane invenduto nella grande distribuzione. Possiamo farlo anche in Italia, basterebbe inserire una piccola aggiunta alla legge». Si è confrontato con qualche forza politica che sostiene la sua proposta?«No. Penso che un appello di questo tipo debba essere colto dagli esponenti politici perché lo sentono importante, non perché glielo chiedo io. All'inizio, forse per l'assonanza con il Recovery Plan, la proposta ha avuto molta eco, ma poi nessuno l'ha colta. Spero che la vetrina di Link possa darle nuova visibilità e che qualcuno se ne faccia carico». Qual è oggi la situazione dello spreco alimentare nel nostro paese?«In seguito alla pandemia - ma anche prima, e forse le nostre campagne hanno aiutato - lo spreco domestico, che è il 70% del totale, è molto diminuito e continua a scendere, anche perché è molto legato al nostro stile di vita: l'essere stati molto a casa e aver pianificato di più gli acquisti ha aiutato. Ma se dobbiamo scegliere un obiettivo su cui concentrarci, l'attenzione va data a chi non ha accesso al cibo, e a chi è in povertà relativa e quindi cerca le calorie che costano meno: il che significa mangiare male, con tutti i problemi di salute che questo comporta. Al contrario, mangiare bene deve essere un diritto di tutti». Mettendo al centro la dieta mediterranea, che lei ha definito un "faro" per la sostenibilità?«Dal punto di vista scientifico è stato dimostrato che la dieta mediterranea è quella che più promuove la longevità e la salute, e che ha l'impatto minore sull'ambiente: lo ha riconosciuto anche l'Unesco. Il problema, lo dicono dati come il tasso di obesità soprattutto tra i preadolescenti, è che la maggioranza degli italiani non segue questo modello. È vero che abbiamo un faro, ma purtroppo è spento. Dobbiamo accenderlo».
Daniele Lettig
Ratti, verde incolto e giochi rotti «Il De Tommasini mai visto così»
Gli habitué amareggiati per il degrado, ma il Comune rassicura: «Siamo al lavoro, interventi in arrivo»
Il giardino pubblico De Tommasini è un malato che necessita di cure. Il verde risulta incolto - una situazione che va al di là dell'intervento di fitorimedio - con piante spontanee, infestanti, che la fanno da padrone, siepi secche e mal governate. C'è poi l'ormai noto problema dei ratti, ben visibili un po' ovunque, anche nelle ore diurne. Ma quello che ha creato maggior sconforto in questi giorni tra i frequentatori è soprattutto lo smantellamento giorno dopo giorno dell'area giochi riservata ai bambini dai 3 anni in su: lì le strutture ludiche in pratica non esistono più. Le altalene per i più grandicelli sono state rimosse oramai da anni. L'affascinante aeroplano in legno e lo scivolo con casetta sono stati smantellati un anno fa. Infine, lunedì scorso, anche l'ultimo gioco rimasto, il ponte di corde, si è rotto - tra l'altro si è spezzato mentre un bambino lo utilizzava - e un cartello sistemato dagli addetti del Comune sulla struttura indica: "Attenzione! Divieto di utilizzo delle attrezzature gioco. Questa struttura non deve essere usata perché sottoposta a riparazione". «Questo è l'unico polmone verde del centro città ed è triste costatare che per i bimbi più grandi, ora che anche il ponte di corde si è rotto, non c'è più nemmeno un gioco», valuta Francesco Dilica, uno dei genitori presenti spesso in quel giardino, che riferisce pure «come ormai, soprattutto nelle giornate più calde, si vedono passeggiare tranquillamente i topi persino accanto all'area giochi». Al figlio di Nikla Panizon, troppo cresciuto per usare i giochi riservati ai più piccoli, non resta che divertirsi con la ghiaia. «I giochi qui erano belli e non standard - così Panizon - peccato che durante il lockdown non abbiano approfittato per sistemare questo tipo di offerta: sarebbe bene garantire una manutenzione costante per non dover correre poi ai ripari». Laura Elegante porta spesso il suo cane al De Tommasini. «Sono cresciuta in questo giardino - racconta - e non l'ho mai visto ridotto così: è sporco causa anche l'inciviltà di troppa gente e servirebbero controlli più puntali. I topi, poi, sono ormai numerosi quanto i piccioni». La francese Armelle Narezu gestisce un asilo nido domiciliare in via Battisti e appena può, raggiunge quell'area verde: «Il giardino di per sé sarebbe bellissimo, ma è trascurato, e la presenza dei topi è la ciliegina sulla torta», constata. Sulla situazione del verde pubblico l'assessore Elisa Lodi rassicura sul fatto che «fino ad oggi eravamo legati alla disciplina relativa alla verifica e al funzionamento del fitorimedio e le piante venivano gestite a tale scopo, mentre ora cominceremo a trattare il Giardino pubblico, la più importante area verde del centro, garantendo la manutenzione che gli spetta». Riguardo l'area giochi, dove pesano anche i tanti atti vandalici, Lodi assicura «vengono fatti i controlli previsti per legge e una costante manutenzione, e a breve inizierà l'istallazione di un nuovo gioco che si presta a diverse attività dei bambini più grandi». Sul versate dell'infestazione da ratti, l'assessore con delega all'Ufficio zoofilo Michele Lobianco, riferisce che i 60 erogatori di esche sistemati (il numero dei dispositivi è stato rafforzato nelle ultime settimane) stanno dando i primi risultati: le esche sono state mangiate. «A breve i cestini verranno sostituiti da altri con sistema di chiusura - spiega - in modo da renderli meno accessibili a gabbiani e cornacchie, e saranno poste delle grate a retine sugli scoli dell'acqua piovana nella rete fognaria da dove arrivano i ratti». Nel giardino è stata anche rafforzata la vigilanza da parte di agenti della Polizia locale in borghese.
Laura Tonero
Laghetti delle Noghere via ai lavori anti-buche
Partito l'intervento di manutenzione da 110 mila euro per rendere più fruibile il percorso per corsa ed escursioni
Muggia. Dureranno una settimana circa i lavori che in questi giorni stanno vedendo protagonista il percorso sterrato di strada per i laghetti delle Noghere, fino al confine amministrativo con San Dorligo della Valle. La spesa è pari a 110.410 euro, con l'impresa Costruzioni Mari & Mazzaroli che eseguirà gli interventi di manutenzione iniziati ora dalla strada per i laghetti. L'intervento prevede il livellamento e il compattamento del fondo della strada sterrata in modo tale da ridurre al massimo le buche che inevitabilmente vengono a formarsi nel tempo. Si opererà poi nel ripristino con rimpinguamento di ghiaia in modo tale che la strada bianca si mantenga livellata e compattata più a lungo possibile. Diventerà così più fruibile l'itinerario che si snoda tra l'ambiente igrofilo del Bosco Vignano, alcune zone coltivate e le aree occupate dalle acque degli stagni. Il tutto in un contesto di versatilità paesaggistica notevole per un ambiente così circoscritto.«È un intervento - ha commentato l'assessore ai Lavori pubblici, Francesco Bussani - volto in primis alla funzionalità e alla sicurezza, ma che ha anche una chiara valenza dal punto di vista estetico andando ad aggiungere un ulteriore tassello alla riqualificazione di un'area di valore del nostro territorio». Un biotopo, quello dei laghetti delle Noghere, che è frequente meta di escursioni non solo da parte di muggesani, ma anche da un nutrito numero di visitatori proveniente da tutto il territorio e dalla vicina Slovenia, proprio per il fascino che regala un senso d'immersione in uno spazio non disturbato dall'uomo. Proprio per questo, l'area dei laghetti delle Noghere è una delle zone protagoniste del progetto di "cittadinanza attiva" dell'amministrazione comunale. Protagonista, il punto vendita muggesano Bricocenter Italia che, abbracciando la progettualità, è già intervenuto e continua a intervenire con diversi lavori volti alla manutenzione dell'area: da un lato la cura del verde, dall'altro il pronto ripristino di tutto ciò che il maltempo o, troppo frequentemente, l'inciviltà, purtroppo danneggiano. L'ultimo e il più clamoroso atto di vandalismo fu quello del luglio di due anni fa, a pochi mesi proprio dall'ultimazione dei lavori eseguiti sulle staccionate - erano state risistemate per ben 12 metri - rovinate o completamente divelte lungo il sentiero che attraversa l'area. Vandali che rubarono pure il tavolo da picnic di una delle zone ristoro. Ai lavori sulla strada dei laghetti delle Noghere seguiranno a breve anche quelli in via dei Carpentieri, via di Noghere e via di Santa Barbara. Lì si procederà con una riqualificazione che interverrà su questi tratti ammalorati che, caratterizzati dalla presenza di numerosi dissesti e avvallamenti, prevedono lavori non solo a livello superficiale con la stesura di un nuovo tappetto di usura, ma anche, in parte, con opere di risanamento dei sottofondi.
Luigi Putignano
«Trieste ha la ricerca in casa e può spingere sull'innovazione»
Dal Porto a Fincantieri, da Ts Trasporti ad Adriafer, un'analisi sull'energia e l'uso dell'idrogeno nel confronto curato dalla Diocesi
Esistono passi che la politica, il settore privato e quello pubblico possono compiere insieme, per aiutare Trieste a sperimentare con più decisione la transizione energetica. Ed è per discutere di questo obiettivo che la Diocesi, insieme allo Studium Fidei, all'Ucid e all'Università ha organizzato una tavola rotonda incentrata sul possibile impiego dell'idrogeno in alcuni settori cardine. Introdotto da monsignor Giampaolo Crepaldi e moderato dal professore dell'UniTs Maurizio Fermeglia, al confronto ha partecipato anche Zeno D'Agostino, presidente del Porto, che ha spiegato che «l'innovazione richiede un cambio di paradigma. Dobbiamo vedere il porto come un luogo sul mare e addirittura nel mare, dove si possono fare cose innovative e sostenibili - ha detto D'Agostino -. Trieste è il posto perfetto per stabilire nuovi paradigmi, perché è legato alla ricerca». Roberto Gerin, che per anni è stato direttore di Esercizio di Trieste Trasporti ha invece fatto luce sulla questione dei mezzi pubblici: «Nel 2020 sono stati immatricolati in Europa circa 13 mila e 400 autobus. Di questi, 47 in totale sono a idrogeno, 2 mila sono totalmente elettrici, quindi parliamo di un settore di nicchia. Questo ci fa capire che siamo ancora in una fase di sperimentazione. I risultati saranno raggiunti solo attraverso la gradualità. Ma, soprattutto, solo se le diverse parti in causa faranno sistema». La necessità di dare una svolta ambientalista è chiara a tutti, benché non sia «così facile passare da una forma di energia all'altra - ha affermato Maurizio Cociancich, di Adriafer -. Stiamo ancora parlando di sperimentazione, ci vorrebbe l'idrogeno, ma occorre gradualità». «Il tema dell'idrogeno chiama in causa il tema della transizione - ha detto nell'ultimo intervento Giuseppe Coronella, di Fincantieri -. Ma la transizione impone un cambiamento, che non ha a che fare solo con la tecnica, ma anche con la capacità di rivedere i nostri costumi, di immaginarci un mondo in cui l'energia venga gestita in maniera diversa».
Linda Caglioni
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 settembre 2021
Lavori in Carso per riqualificare lo storico metanodotto Snam
L'infrastruttura Gonars-Trieste costruita negli anni Sessanta sarà ammodernata con 26 milioni d'investimento: cantiere dall'autunno
Non ci sono solo i cantieri edili alimentati dai bonus fiscali a movimentare i nostri paesaggi urbani, perchè anche le necessità di approvvigionamento energetico forniscono un loro significativo contributo. Nel quadro degli interventi riguardanti il Nordest, Snam, protagonista nel trasporto e nello stoccaggio di metano, fa sapere che provvederà a rifare e ad ammodernare alcune tratte del "Mestre-Trieste", metanodotto realizzato alla fine degli anni Sessanta e bisognoso di un refitting. Obiettivo dell'operazione è garantire gli arrivi del gas in Veneto e in Fvg. In questa fase Snam concentra la sua attenzione sul tratto Gonars-Trieste, con la finalità di abbassare la pressione della condotta in seguito al raddoppio della Gonars-Gorizia. L'investimento sarà di quasi 26 milioni e i lavori dovrebbero iniziare il prossimo autunno per concludersi nei primi mesi del 2023. Focus dell'operazione nel territorio triestino sarà Villa Opicina. AcegasApsAmga ha la sua cabina di prelevamento nei pressi della foiba. Il metanodotto passa alle spalle di Trieste, raggiunge San Giuseppe della Chiusa, da dove scende verso la Ferriera di Servola, per alimentare l'impianto siderurgico. Il progetto della Snam - chiarisce l'azienda - non coinvolge il porto. Anche Duino Aurisina rientra nella lista dei siti.Le autorizzazioni sono tutte a posto: al novembre 2019 risale il via libera dei ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali. Messaggio ai residenti: Snam provvederà ai ripristini morfologici e vegetazionali nelle zone interessate agli scavi. E, per quanto concerne le specie arboree, le cure colturali sono garantite per un periodo di cinque anni. Il grande cantiere della Snam si svilupperà in una rilevante porzione della regione, nella sua parte sud-orientale tra le province di Udine, Gorizia, Trieste: oltre che a Duino Aurisina e a Trieste, le ruspe si faranno vive ad Aiello, Campoformido, Campolongo, Cervignano, Doberdò, Farra, Gonars, Pavia, Pozzuolo, Pradamano, Premariacco, Reana del rojale, Remanzaccom, Romans, Ronchi dei legionari, Ruda, Udine, Villesse.
Magr
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 settembre 2021
Legambiente premia la Procura di Trieste - il riconoscimento per l'impegno ecologico
«Una sorpresa inaspettata che premia l'ufficio da me rappresentato e che può essere una punta di orgoglio per la città di Trieste, che può vantare una Procura considerata attrezzata in materia ambientale, tema prioritario secondo me oggi e dei prossimi anni». Così il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, ha commentato il premio conferito alla Procura da Legambiente per l'impegno in questo settore, nel corso di Festambiente, la storica manifestazione svoltasi a Rispescia (Grosseto) nei giorni scorsi. Il premio - una targa - non è stato ancora materialmente ricevuto dal Procuratore, che aveva seguito la cerimonia in via telematica, in collegamento con don Ciotti. Il riconoscimento è riferito a una operazione in particolare, denominata "Via della Seta", che ha fatto emergere un traffico di rifiuti con relativa frode fiscale da 300 milioni di euro e il trasferimento occulto in Cina di 150 milioni, resa nota il 16 giugno scorso. Una operazione particolarmente complessa e ancora in corso.
Tripvovich, primo atto per la demolizione
Pronto in Municipio il provvedimento che conferirà a un professionista l'incarico della progettazione dell'abbattimento
Per il sindaco Dipiazza è il coronamento, anche se un po' tardivo, di un obiettivo nel mirino da un mandato: «Il percorso è segnato, indietro non si torna. Nascerà una delle più belle piazze di Trieste». Il motivo della letizia sindacale è che forse già in settimana Giulio Bernetti, in qualità di direttore dipartimentale dei Lavori pubblici e dell'Urbanistica, firmerà la determina, con cui affida l'incarico della progettazione preliminare relativa alla demolizione di sala Tripcovich. Con ogni probabilità, a studiare come eliminare dal panorama di piazza Libertà/largo Città di Santos l'ex stazione delle autocorriere, sarà lo studio Mads domiciliato in via Imbriani, perchè - dicono in passo Costanzi - ha buoni ingegneri "strutturalisti". L'operazione verrà a costare - secondo una valutazione ancora approssimativa stilata da Bernetti - circa 800.000 euro: c'è da radere a zero la stazione-teatro, c'è da trasportare gli inerti, comunque niente di particolarmente complicato - spera il direttore. Difficile fare previsioni sui tempi di questa analisi preventiva e del successivo cantiere, in quanto - spiega il direttore comunale - sarà necessario verificare cosa il progettista troverà nell'edificio anni Trenta. Per esempio, l'eventuale reperimento di amianto potrebbe allungare le fasi di smantellamento. Certo, a poco più di un mese dall'appuntamento con le urne, Dipiazza, perlomeno come primo cittadino uscente, non avrà modo di vedere le ruspe in azione. Comunque - come diceva l'altro giorno nel suo ufficio - stavolta non c'è retromarcia. La decisione, assunta a fine giugno dalla Commissione regionale per il patrimonio culturale (Corepacu), ha disinnescato il vincolo sull'ex stazione dei pullman, ribaltando la precedente posizione contraria alla demolizione, che era stata presa dalla direzione ministeriale nel dicembre 2019.Con l'imminente nomina del professionista incaricato di progettare la demolizione, si conclude una fase preparatoria ad alta tensione, che ha avuto inizio nell'autunno 2018, quando il Comune "scambiò" con il Verdi la Tripcovich offrendo un capannone alle Noghere, che il teatro avrebbe utilizzato per deposito delle scenografie. Il passaggio della proprietà al Municipio avrebbe agevolato una vecchia idea di Dipiazza, quella di demolire l'edificio eretto negli anni Trenta su disegno di Giovanni Baldi e Umberto Nordio. La costruzione durò dal settembre 1934 all'aprile 1936 - come ricorda la scheda di Giulia Scomersi nel volume "Trieste 1918-1954. Guida all'architettura" (Trieste 2005) - e venne realizzata dall'aggiudicatrice dell'appalto, la milanese Miglioli Negroni e co. Pensata su due corpi di fabbrica, uno ospitava le attività di servizio (sale d'attesa, bar, biglietteria) e l'altro, ampio 800 metri quadrati, avrebbe accolto 12 corriere della lunghezza di 12 metri. Insomma, sembrava che l'obiettivo di Dipiazza fosse ormai prossimo al conseguimento, pareva che il sì della Soprintendenza garantisse il rapido abbattimento dello stabile, quando piombò, improvviso e sonoro, il ceffone romano mollato da Federica Galloni, direttore generale al MiBac: non c'erano fatti nuovi per giustificare la demolizione, si era in presenza di un bene culturale importante in puro stile littorio. Dipiazza voleva andare al Tar, ma i dirigenti comunali lo dissuasero. Scelse la strada della politica e delle buone relazioni, alla fine il Corepacu, nel contesto di una nuova visione del Porto vecchio, gli ha tolto le manette.
Massimo Greco
Collio-Brda sotto l'Unesco La candidatura a inizio 2022
La cordata transfrontaliera che punta a conquistare il riconoscimento accelera sul completamento del dossier per poterlo presentare a febbraio
Cividale. L'obiettivo è accelerare chiudendo entro l'inizio del 2022 il cerchio di un percorso partito ormai sette anni fa, nel 2014: la cordata transfrontaliera che punta a conquistare il riconoscimento Unesco per l'area del Collio-Brda-Cuei, facendo leva sulle specificità del paesaggio terrazzato ma anche sulla ricchezza culturale di un territorio in cui si intrecciano tre ceppi linguistici, intende completare il dossier tecnico-scientifico della candidatura in tempo utile per poterlo iscrivere alla Tentative List il prossimo febbraio, appunto. L'annuncio è arrivato ieri, a Cividale, nell'ambito del forum "Fvg - Slo: un futuro condiviso", promosso nell'ambito e con l'appoggio di Mittelfest dall'associazione Mitteleuropa. Il primo dei tre panel organizzati dal presidente di quest'ultima, Paolo Petiziol, era appunto dedicato alle ambizioni del Collio, determinato a regalare al Friuli Venezia Giulia la sua sesta rappresentanza nella World Heritage List nonché il primato - ha ricordato il moderatore Diego Bernardis, presidente della Quinta commissione consiliare regionale - del riconoscimento Unesco «a un sito transfrontaliero, fra territori contigui separati da un confine». E a riprova del fatto che si vuole dare impulso all'iter, dopo i rallentamenti provocati nell'ultimo anno e mezzo dalla pandemia, il sindaco di Brda Franc Muzic ha annunciato che la prossima settimana sei ministri del governo sloveno arriveranno nel suo Comune per analizzare, in primo luogo, il piano di candidatura. «Forniremo loro tutti i ragguagli - ha aggiunto -, confidando che a questa iniziativa strategica venga garantito l'adeguato supporto». «Ci auguriamo di chiudere la documentazione entro l'anno», ha confermato Tina Novak Samec, direttrice dell'ufficio Turismo, cultura, giovani e sport del Collio sloveno, ricordando che la prossima riunione è in agenda per l'autunno e precisando che tra le finalità alla base della complessa operazione, al di là dei ritorni in termini di visibilità - premessa a un incremento dei flussi turistici e dunque a un impulso all'economia -, ce n'è una di carattere conservativo: «Preservare le peculiarità del paesaggio locale», circostanza che diverrebbe requisito imprescindibile in caso di iscrizione nella lista dei siti Unesco.Certo che la strada imboccata sia quella giusta è il sindaco di Cormons Roberto Felcaro - che ha però invitato «ad alzare l'asticella», accorciando i tempi e in parallelo intensificando la rete delle collaborazioni e della convergenza sul progetto, anche con il coinvolgimento di privati; mentre l'assessore alla cultura di San Floriano, Martina Valentincic, ha espresso l'auspicio che la scalata all'Unesco trasformi il Collio «in un grande laboratorio europeo».Nel confronto successivo inserito nella mattina di lavori, poi, focus sulla Capitale europea della Cultura 2025 Nova Gorica-Gorizia: «Una straordinaria opportunità - ha osservato il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna -, un modello da esportare in altri luoghi in cui il confine non è ancora visto come una chance». Ma «è fondamentale arrivare pronti alla data, con investimenti in logistica, viabilità e strutture ricettive», ha spronato il presidente di Mittelfest Roberto Corciulo: parole su cui hanno concordato gli altri relatori Neda Rusjan Bric, responsabile del progetto Capitale europea della Cultura Nova Gorica, Lucio Gomiero, direttore generale di Promoturismo Fvg, Paolo Petiziol come presidente del Gect e Tomaz Konrad, vice direttore dello stesso.
Lucia Aviani
Canin, in un secolo i ghiacciai hanno perso il 96% del volume - il monitoraggio di Legambiente
Udine. L'amplificazione Artica e il mare adriatico sempre più caldo, se da un lato favoriscono i cambiamenti climatici con estate bollenti e sempre più copiose precipitazioni nevose nei mesi invernali, dall'altro preservano i ghiacciai del Canin che, negli ultimi 15 anni, sono lievemente aumentati di volume. Un cambio di passo momentaneo e insufficiente per recuperare anche la perdita (96%) di superficie subita, nell'ultimo secolo. Lo conferma l'ultimo monitoraggio effettuato dalla Carovana dei ghiacciai di Legambiente sul Canin. Dalla fine della Piccola età glaciale, intorno al 1850, la superficie glacializzata è passata da 2,37 chilometri quadrati agli attuali 0,38. «Le stime della riduzione volumetrica indicano un passaggio delle masse glaciali da 0,07 chilometri cubi a 0,002» si legge nella nota di Legambiente e della Carovana dei ghiacciai: nel 1850 alcuni settori del ghiacciaio del Canin superavano i 90 metri di spessore, oggi lo spessore medio non va oltre gli 11,7 metri, con volumi massimi di 20. I dati sono stati presentati ieri a Udine dal presidente dell'associazione Legambiente Sandro Cargnelutti e dalla collega Vanda Bonardo, dal ricercatore dell'Istituto di scienze polari del Cnr, e corrispondente del Comitato glaciologico e presidente della Società meteorologica alpino-Adriatica, Renato Colucci, dal geologo Maurizio Ponton, e dal segretario del Comitato glaciometrico italiano, Marco Giardino.«La strana situazione climatica del Tarvisiano - spiega la responsabile Alpi di Legambiente - non deve trarci in inganno: le grandi quantità di neve di questi ultimi anni compensano solo in minima parte gli effetti dei cambiamenti climatici. Sono sintomo di una situazione anomala dove le precipitazioni persistenti di neve o pioggia sono eventi casuali sui quali non si può fare alcun affidamento, poiché condizionate esse stesse dalla rapida e poco prevedibile evoluzione della crisi climatica». Bonardo spiega che «la Linea di affidabilità della neve sotto cui sarà impossibile garantire la tenuta della neve sciabile, monitorata attorno ai 1500 metri, sta salendo e continuerà a farlo nella misura di 150 metri per ogni grado di aumento della temperatura». Rispetto alla situazione in altri ghiacciai alpini, quella del Canin è particolare: «Oltre a consentire di chiarire le relazioni fra i fenomeni atmosferici e i meccanismi di alimentazione dei ghiacciai, offre interpretazioni utili per - così Giardino - gestire al meglio gli ambienti glaciali». I piccoli ghiacciai del Canin, col Montasio, sono i corpi glaciali a più bassa quota del sistema alpino. Ciò è favorito dall'accumulo nevoso straordinario, precipitazioni e da valanghe. «Tali caratteristiche - si legge - li rendono resilienti al riscaldamento globale. Nonostante le temperature medie estive siano salite in 30 anni allungando il periodo di fusione dei ghiacciai, il corrispondente aumento di eventi estremi di precipitazione nevosa ha compensato temporaneamente le perdite di massa indotte da estati sempre più lunghe e più calde».
G.P.
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 agosto 2021
"Lignum amicus" al seminario racconta gli alberi monumentali
Venerdì il primo incontro in via Besenghi con il tecnico comunale Francesco Panepinto
L'albero, indispensabile amico dell'uomo, è al centro del progetto "Lignum Amicus" che si propone di far conoscere il contributo del patrimonio verde alla qualità della vita, con spunti e approfondimenti per l'educazione alla sostenibilità ambientale. Da oggi l'iniziativa, ideata e realizzata da Trieste Solidale in collaborazione con il Seminario Vescovile e Civibank, torna con un breve ciclo di incontri al Seminario in via Besenghi. Oltre a tre interventi correlati al suddetto tema, con inizio alle 17, verranno proposti, alle 16.15, due appuntamenti di carattere informativo a cura della Croce Rossa, sezione provinciale di Trieste. Il 3 settembre si parlerà de "Gli alberi monumentali e storici di Trieste e gli alberi autoctoni del Carso triestino" sarà il primo incontro di questo pomeriggio prettamente attorno all'argomento "Lignum Amicus", con Francesco Panepinto, responsabile dell'Unità Tecnica Alberature e Parchi del Comune di Trieste che sottolinea: «Gli alberi monumentali sono un patrimonio storico, socioculturale e di identità, ma è utile riflettere anche su quanto la storia, la cultura e l'economia delle comunità locali siano sempre state condizionate dai molteplici doni degli alberi, come il legno, i frutti, il loro fungere da riparo e il loro essere fonti di leggende». La conferenza sarà preceduta dall'illustrazione delle manovre salvavita di disostruzione pediatrica e sugli adulti, a cura della volontaria CRI Tiziana Rosone, con esecuzione su manichino. Venerdì 10, a cura di Don Samuele Cecotti, direttore della Biblioteca del Seminario Vescovile di Trieste, il tema sarà "La Croce di Cristo, Vero Albero della Vita". «Secondo la Rivelazione biblica - spiega il sacerdote - l'Albero della Vita è presente all'inizio della storia umana e al suo compimento, essendo così presenza protologica ed escatologica. Tra il primo Albero e l'ultimo sta la Croce del Dio Incarnato che disse di Sé: "Io sono la Vita" (Gv 14, 6). La Croce di Cristo è l'Albero della Vita prefigurato dall'Albero dell'Eden e glorioso nella Gerusalemme Celeste». Venerdì 17 la pittrice Carolina Franza propone "Dipingiamo con radici, cortecce e fiori". Scienza, arte e fede si incontrano armoniosamente nella sacra arte dell'icona e l'artista offrirà una dimostrazione operativa della realizzazione di un esempio di quest'ultima, dalla tavola di legno, passando per la tela di lino e procedendo con i colori estratti da cortecce, radici, fiori e frutti, fino alla stesura della resina finale. L'incontro sarà preceduto, a cura della volontaria Cri Emanuela Contu, dall'illustrazione della rianimazione cardio-polmonare nella fase di primo soccorso, con manovre su manichino. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti, incontri al chiuso in caso di maltempo. Info: triestesolidale@gmail.com o 3488042240.
Annalisa Perini
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 agosto 2021
Muggia. alberi schedati per proteggere il verde
Il percorso avviato con Legambiente e altre realtà locali: in autunno la mappatura a tutela della vegetazione pubblica
Muggia «Il verde pubblico è un vero e proprio patrimonio della collettività di cui dobbiamo avere tutti cura». Lo ha detto il vicesindaco Francesco Bussani interpellato sulla questione degli interventi dei mesi scorsi al verde urbano cittadino. «A seguito di un percorso intrapreso diversi mesi fa, al quale hanno partecipato anche Legambiente e alcune associazioni ambientaliste locali, abbiamo condiviso la scelta di censire il verde pubblico in modo tale da fotografare la situazione attuale del patrimonio arboreo. Il censimento del verde urbano rappresenta uno strumento per il monitoraggio delle condizioni di salute e stabilità degli alberi oltre che per la costituzione di una banca dati utile a poter pianificare e gestire nel miglior modo possibile questo patrimonio. Ogni albero della nostra città avrà una sua identità». Prossimo passo, presumibilmente in autunno, dell'amministrazione comunale muggesana sarà, dunque, partire con le operazioni di schedatura dei diversi soggetti arborei attraverso la loro identificazione, collocazione, classificazione, per genere e specie, caratteristiche dimensionali, fase evolutiva e attraverso le verifiche di stabilità. Legambiente ha spinto sull'acceleratore per arrivare a questo traguardo: «È necessario - ha detto Andrea Wehrenfennig di Legambiente Trieste - informare la cittadinanza in maniera preventiva, ossia se c'è la necessita di intervenire con un abbattimento occorre spiegare i motivi per i quali si opta per una soluzione certamente estrema. Importante in questo ambito è anche dotarsi di un regolamento del verde, per la cui realizzazione abbiamo preso spunto dalle cose positive di quello di Trieste e di Grado. In regione siamo molto deficitari. A Muggia la popolazione si è dimostrata matura, attenta e critica in occasione di interventi poco ortodossi o sbagliati come la capitozzatura». Una collaborazione di lunga data quella tra il comune istroveneto e Legambiente: «In questi anni - ha evidenziato l'assessore Laura Litteri - c'è stata sempre la massima collaborazione del Comune con Legambiente con la quale abbiamo organizzato assieme conferenze e incontri nelle scuole. Sul tema degli alberi mi è sembrato ovvio avvalerci della loro esperienza e chiedere il loro apporto per la stesura del regolamento». «Nella sua fragilità, il verde urbano è più facilmente attaccabile da insetti, funghi e batteri sempre in agguato, in grado di compromettere la sua vita e la sicurezza di noi tutti - ha commentato Bussani -. Situazioni così delicate devono peraltro fare i conti con la gestione dell'eredità di interventi che risalgono anche a sessant'anni fa e che, basandosi su convinzioni lontane da quelle attuali, hanno inevitabilmente portato a danneggiare diverse alberature, compromettendone definitivamente alcune». D'altro canto, ha evidenziato il vicesindaco, «continueremo con la modalità portata avanti sino ad oggi in modo tale che a ogni albero compromesso e, quindi, da abbattere, corrisponda sempre una nuova piantumazione».
Luigi Putignano
In mostra a Monrupino le sagome dei pesci realizzate con i rifiuti - la rassegna alla Casa carsica
MONRUPINO Immagini di pesci realizzate con i rifiuti che il mare porta sulle spiagge, scarti di magazzino, oggetti abbandonati. È la caratteristica della mostra alla Casa carsica di Monrupino, che vede protagonista l'artista Andrea Lodi, intitolata "Pesci, pesci, pesci".«Si tratta di una rassegna - così all'inaugurazione Edi Kraus, presidente della cooperativa "Carso nostro", promotrice dell'evento - che, oltre al valore artistico, esprime un profondo significato, quello che riguarda la necessità di salvaguardare l'ambiente in cui viviamo. Paradossalmente il mondo ideale sarebbe quello in cui artisti come Lodi vengono messi nell'impossibilità di operare per mancanza di rifiuti abbandonati». «È importante riuscire a riutilizzare i rifiuti - ha aggiunto il sindaco Tanja Kosmina - dando loro una valenza artistica». Al termine dell'inaugurazione si è esibito il coro diretto da Vesna Gustin. La mostra è aperta tutte le domeniche, sino a fine ottobre (11-12.30 e 15-17). Ingresso gratuito.
u.sa.
Prima a piedi e poi in canoa alla scoperta della Cavana fra 400 tipi di piante e animali - LA GIORNATA
Alla prima uscita naturalistica con le guide aderiscono all'iniziativa una trentina di persone alle prime armi con le imbarcazione e i remi
A piedi e poi in canoa alla scoperta delle zone umide della Cavana. Una trentina di persone hanno sperimentato ieri un'esperienza diversa partecipando al giro turistico monfalconese, in mezzo ai suoni della natura e in compagnia delle guide regionali Alice Sattolo e Marta Pieri. Famiglie con bambini, coppie, mamma o papà con i figli più grandi, adulti da soli, il sindaco Anna Cisint con il figlio si sono raccolti a Marina Novapronti a esplorare, in un tour di tre ore a piedi e in canoa, la palude della Cavana che si estende tra il Brancolo, il canale Tajada, il mare e Marina Julia. In due turni, uno dalle 9.30 alle 12.30 e l'altro dalle 14.30 alle 17.30, i visitatori, quasi tutti monfalconesi e delle zone limitrofe, in pantaloncini, maglietta, scarpe da ginnastica e con zaino alle spalle hanno iniziato il loro tour. Dal piazzale Mandela la partenza della passeggiata fino al canneto della Cavana, alla scoperta della flora e della fauna dell'area. «Sebbene il paesaggio possa sembrare in apparenza sempre uguale, questa zona ospita più di 400 diversi tipi di piante e un numero quasi altrettanto notevole di animali: dagli anfibi ai rettili, dai mammiferi agli insetti - racconta la guida naturalistica Pieri -. Tanti tipi di uccelli durante le fasi di migrazione si fermano inoltre proprio qui». Tra gli animali che abitano la Cavana spiccano la testuggine palustre, un anfibio piuttosto particolare come l'ululone giallo e diversi tipi di rane e rospi. È inoltre una zona ricca di avifauna: dai piccoli passeri agli ardeidi come gli aironi. Ci sono poi diversi rapaci notturni quali assioli, gufi e civette, ma anche diurni come l'albanella reale e quella minore, il falco di palude e il germano reale. Tra gli insetti spiccano diversi tipi di libellule e il grillo.I visitatori dopo la passeggiata sono poi tornati vicino al piazzale Mandela per salpare in coppia sulle canoe canadesi e percorrere il canale del Brancolo fino a raggiungere le risorgive Schiavetti. Molti partecipanti non erano mai saliti su una canoa, né tanto meno guidata una, ma, grazie alle semplici indicazioni date da Marta e Alice, sono riusciti, anche se con qualche timore, a imbarcarsi per osservare da vicino la flora e la fauna della Cavana. «Un'esperienza di tour ecologico che permette ai visitatori non solo di tutelare l'ecosistema spostandosi con un'imbarcazione senza motore - racconta la guida naturalistica Sattolo - ma di immergersi nell'ambiente della natura, ascoltando i suoi suoni oltre al rumore della pagaia e dell'acqua».
Beatrice Branca
La guida: «Ricchezza di 40 ettari sconosciuti» - le prossime uscite
Le escursioni naturalistiche continueranno nel mese di settembre e precisamente venerdì 3, sabato 11 e domenica 26. Le adesioni sono numerose, ma è rimasto ancora qualche posto libero a cui si può accedere prenotandosi a info@guidanaturalistica.it o al 3297967150. Come detto l'escursionista è accompagnato da alcune guide naturalistiche regionali. L'iniziativa è una novità anche per loro. «L'area Cavana è un polmone verde dentro un'area antropizzata - spiega la guida Marta Pieri -. Sebbene sia costituita da soli 40 ettari presenta un alto grado di biodiversità. I visitatori possono ora conoscere una zona incontaminata del monfalconese dove prima era più difficile accedere». E poi aggiunge: «Il Friuli Venezia Giulia è ricco di riserve naturali e molto spesso si trascurano le bellezze dei luoghi che ci circondano. Vale la pena quindi organizzare - sottolinea Pieri - delle escursioni come queste proprio per dare la possibilità anche agli stessi abitanti di conoscere il proprio territorio».
B. B.
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 agosto 2021
Restyling da 1,8 milioni per la sede ex Ezit: se ne occuperà Monticolo
All'imprenditore che ha realizzato il Centro congressi affidata ora la riqualificazione del vecchio edificio finanziata dalla Regione.
Se ne parlava da quando Coselag emetteva i primi vagiti, tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019. Coselag - ci piace ricordarlo perchè non capita spesso di parlarne - non è una sigla dei servizi di sicurezza ma l'erede del non compianto Ezit. L'idea di rinnovare la sede in via Caboto girava già da quasi tre anni: finalmente Coselag ha bandito la gara per l'affidamento dei lavori sulla base del progetto elaborato dalla Dba. Pro., studio domiciliato a Santo Stefano di Cadore, che ha collaborato anche al Mose veneziano. Sulla roulette dell'appalto girava la cifra di 1 milione 858 mila euro, finanziati dalla Regione Fvg. La pallina bianca si è fermata davanti a Monticolo & Foti, che si è aggiudicata la posta con un ribasso del 12,87%. Ha superato la concorrenza di Adriacos, Di Betta Giannino, Ennio Riccesi, Mari & Mazzaroli (insieme a Orme), Innocente e Stipanovich: tutte aziende dell'area giulio-friulana. Andrea Monticolo, che torna al successo casalingo dopo alcuni sfortunati match con il Comune (piscina terapeutica, mercato coperto, mercato ortofrutticolo, casa Francol), è soddisfatto perchè «dopo l'ex Meccanografico un'altra opera rimane alle imprese triestine, garantendo un sicuro volano economico al territorio ».Cosa dovrà fare in via Caboto il costruttore del Centro congressi? Dovrà inserire «centri servizi gestionali e avanzati per l'accelerazione dello sviluppo produttivo nel territorio del Coselag». Corre in soccorso chiarificatore la relazione redatta da Dba. Pro: lo scopo è realizzare «un incubatore di imprese attraverso la ristrutturazione e l'ammodernamento dell'edificio». A incubatori sulla piazza si va forte, visto che ne esiste un altro a poche centinaia di metri di distanza (vedi pagina accanto). La parte preponderante degli spazi interni - si chiarisce - sarà utilizzata per produrre «servizi avanzati di interesse del consorzio», previa selezione di soggetti esterni mediante bandi. L'intervento sarà eseguito su una superficie di quasi 2.000 metri quadrati. La palazzina - informa la relazione che ha ripreso una scheda aziendale - ha mezzo secolo di vita e venne disegnata dagli architetti Battigelli e Rutter. Per quanto la salute dell'edificio sembri sufficiente, la riqualificazione presenta comunque un programma piuttosto radicale: bonifica delle componenti edilizie farcite di amianto; "cappotto" per il contenimento energetico e l'impermeabilizzazione della copertura; rimodulazione degli spazi interni; adeguamento di ascensore e impianto di sollevamento; adeguamento degli impianti elettrici, idrici, termici, meccanici, anti-incendio. La relazione ingiunge che, per ragioni contabili, i lavori debbono iniziare entro la fine di ottobre per terminare entro il 18 agosto 2022.
Magr
San Giovanni - Palestra polifunzionale - Dem e At all'attacco
Pd e Adesso Trieste attaccano sul finanziamento della Regione per il centro polifunzionale di San Giovanni. Per Luca Salvati e Sandra di Febo «in un rione così popoloso servirebbero altri tipi di aree verdi». Per Riccardo Laterza, Lucia Vazzoler e Marino Calcinari « è uno scheletro di cemento calato dall'alto».
IL PICCOLO - SABATO, 28 agosto 2021
La Costiera turistica nella nuova ciclovia fra Trieste e Venezia
La giunta regionale ha dato l'ok alla fattibilità tecnica ed economica. Da Roma in arrivo 8,3 milioni per il Fvg
Da Trieste a Venezia in bicicletta, passando per la Costiera, che diventerà "strada turistica", e per tanti luoghi simbolo della regione, tra siti storici e naturalistici. Ieri la giunta regionale ha approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica del tracciato principale della "ciclovia delle lagune" che attraverserà anche Lignano Sabbiadoro, con altre tappe lungo l'itinerario. Gli appassionati di bici in città plaudono al via libera dell'iter, così come operatori turistici e strutture triestine, che lavorano in particolare sul costone fronte mare. I FONDI L'opera, come ha spiegato ieri l'assessore regionale alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti, potrà godere di un primo finanziamento statale pari a 16.622.512,40 euro, di cui sono destinati alla Regione 275 milaeuro per la redazione del progetto e 8.061.256,20 euro per la realizzazione vera e propria del primo lotto funzionale. Ma sono attese ulteriori risorse, previste nel riparto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La delibera di ieri stabilisce anche l'invio della documentazione al ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile e l'avvio della conferenza dei servizi sui primi lotti, su cui sarà sviluppata successivamente la progettazione definitiva. IL PERCORSO La ciclovia ha uno sviluppo complessivo di circa 278 chilometri, di cui 160 in Friuli Venezia Giulia e 118 in Veneto. Il tracciato è caratterizzato dalla presenza di nodi intermodali, quindi stazioni ferroviarie, autolinee e collegamenti navali, e sarà collegato anche a diversi altri itinerari cicloturistici. Lungo la strada i turisti troveranno diversi siti archeologici, come quelli di Aquileia, Concordia Sagittaria, Jesolo Paesi, punti di interesse naturalistico, tra i quali le lagune di Grado e Marano e verranno segnalati anche beni di pregio architettonico e storico. I COLLEGAMENTI Nelle relazioni tecniche della Regione si legge come la ciclovia Trieste-Lignano Sabbiadoro-Venezia faccia parte della dorsale di Eurovelo 8 "Mediterranean Route", da Cadice ad Atene, e dell'itinerario Bicitalia 6 "Ciclovia Adriatica", da Trieste a Santa Maria di Leuca in Puglia. Sarà collegata a est con l'itinerario Eurovelo 9 "Baltic-Adriatic" e alla ciclovia Parenzana, che prosegue in Slovenia e Croazia, a ovest con le ciclovie turistiche di interesse nazionale "Ven.To." e "Adriatica". E ancora verso nord con la ciclovia Alpe Adria in Friuli Venezia Giulia e la ciclovia Monaco-Venezia in territorio veneto, oltre ad altri itinerari cicloturistici conosciuti a livello regionale e locale. FRIULI VENEZIA GIULIA CAPOFILA L'assessore Pizzimenti ha ricordato ieri come capofila sarà la Regione Friuli Venezia Giulia, «sulla base del protocollo di intesa sottoscritto con il ministero e la Regione Veneto. L'incarico - spiega - per la redazione del progetto è stato affidato e consegnato nei tempi previsti per riuscire a inviarlo al ministero entro il 31 agosto 2021, data utile anche per l'accesso ai fondi del Pnrr». I documenti sono stati preparati partendo dallo studio di fattibilità già portato a termine nel 2020, al quale è stato aggiunto il tratto Latisana-Palazzolo dello Stella-San Giorgio di Nogaro. L'INTERVENTO DEL COMUNE «Con l'assessore Pizzimenti abbiamo lavorato a lungo nell'ultimo anno, con un focus soprattutto sulla ciclabilità della strada Costiera - ricorda l'assessore a Urbanistica e Ambiente del Comune di Trieste Luisa Polli - per trasformarla in strada turistica, e la conferma del finanziamento va nella direzione che noi abbiamo fortemente auspicato, quella di considerare il percorso un tratto, appunto, turistico, in grado di ospitare diverse forme di mobilità». Polli precisa come «la progettazione è in capo alla Regione, ma abbiamo già fatto diverse riunioni per creare la giusta sinergia con il Comune, per collegare la ciclovia fino a Venezia con la ciclabilità cittadina». ASSE CICLABILE FINO ALLA PARENZANA - L'assessore comunale ricorda anche un ulteriore obiettivo considerato prioritario sul fronte degli spostamenti su due ruote, già anticipato nei mesi scorsi, quello di collegare la ciclabilità di Trieste con i tratti più conosciuti in Slovenia e Croazia: «Stiamo portando avanti, sempre con la Regione, il progetto che, attraverso via Flavia, collegherà l'area industriale della città con Muggia e quindi, proseguendo, porterà i ciclisti fino alla Parenzana».L'OK DELLE CATEGORIE COINVOLTE L'opinione di amanti della bicicletta, ma anche operatori del mondo turistico e ricettivo è unanime, sui benefici che la ciclovia porterà al territorio, in termini di maggiori afflussi di persone, che sceglieranno di utilizzare la tratta pedalando. Tra gli aspetti evidenziati l'aumento esponenziale del cicloturismo negli ultimi anni e la necessità, sentita dal mondo delle due ruote, di poter contare su tragitti protetti e sicuri, a partire proprio da quella strada Costiera che per i ciclisti è uno dei percorsi più amati, ma anche uno dei passaggi considerati attualmente pericolosi e poco sicuri.
Micol Brusaferro
IL VERTICE FIAB «La sicurezza aumenterà: passaggi e arrivi in città saliranno di conseguenza»
L'analisi di Mastropasqua, presidente di Ulisse Fiab Trieste: «In questo modo si è evitato il rischio di perdere i finanziamenti»
Per Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse Fiab Trieste, la ciclovia darà un grande impulso al turismo su due ruote, con un percorso lungamente atteso, che andrà a creare anche un nuovo itinerario da est a ovest. Cosa ne pensa del via libera al progetto? Sicuramente si inserirà tra i grandi percorsi europei per chi pedala, è un'ottima notizia, che aspettavamo da tempo. Sembrava che la Regione fosse un po' in ritardo sulla questione, invece vedo con soddisfazione che ha recuperato i tempi, altrimenti si rischiava di perdere i finanziamenti. Da esperto del settore, quali requisiti dovrà avere? L'unico aspetto fondamentale è che abbia elevati standard qualitativi, che segua quindi le regole già previste in altri progetti simili a livello europeo. Quali benefici sono attesi per il settore? La Costiera è già oggi la strada preferita dei tour operator di cicloturismo, questo per dire quanto è attrattiva e importante per il territorio, questa novità aumenterà i passaggi perché garantirà una maggiore sicurezza a chi pedala. E favorirà anche gli arrivi a Trieste, dove molti si fermano, per la bellezza della città, che vogliono visitare e non solo attraversare. Inoltre questa ciclovia colmerà una lacuna: finora c'è un flusso di persone in bici soprattutto da nord a sud, principalmente dall'Austria, grazie all'Alpe Adria, questo itinerario consentirà un nuovo tratto, da est a ovest. Il cicloturismo sta crescendo a ritmi velocissimi, e sta diventando una voce molto importante nel turismo, a livello locale e regionale».
MI.B.
L'IMPRENDITORE «Vantaggi assicurati per stabilimenti balneari e attività sul lungomare» -
Per Luca Calabrò, titolare de "Le Ginestre", l'incremento della mole di turisti porterà beneficio a quanti hanno scommesso sull'area
Da Luca Calabrò, titolare dello stabilimento balneare Le Ginestre, i bagnanti che arrivano in bicicletta per il momento sono molto pochi. Spesso per il timore di affrontare una strada dove gli spazi per le due ruote non sono sicuri. Pensa che la ciclovia potrebbe far cambiare idea alla gente? Credo di sì. Sarà di sicuro un incentivo a usare la bicicletta di più, in questo momento chi sceglie di venire qui al mare non lo fa pedalando, molti in realtà sono turisti che soggiornano non lontano dalla nostra spiaggia, ma in generale il tratto è impegnativo e trafficato, probabilmente per questi motivi le persone scelgono altri mezzi di trasporto. La ciclovia potrebbe portare benefici allo stabilimento? Penso un po' a tutte le strutture che si trovano lungo la Costiera, perché porterà a una maggior presenza di turisti, a un movimento maggiore, che non potrà che dare vantaggi a chi lavora in tutta la zona. Sono convinto che tutti, sia negli hotel sia nelle altre attività presenti lungo la strada, siano contenti di questa notizia. Cosa aspettarsi a opera conclusa? La Costiera avrà una popolarità ulteriore, sarà considerata un punto panoramico ancora più attraente per la città e anche per la regione. Potrà godere di una maggiore visibilità, anche all'estero, in chiave turistica, un valore aggiunto che porterà sicuramente giovamento anche a chi, nel corso del tempo e anche di recente, ha deciso di investire in questa zona».
MI.B.
«Investimento da sfruttare per promuovere il territorio e farci ritornare i visitatori» - la guida
Francesca Pitacco, presidente dell'associazione Guide turistiche Fvg: «La notizia circolerà e così genererà curiosità in molte persone»
Francesca Pitacco, presidente dell'associazione Guide turistiche del Friuli Venezia Giulia, parla di un risvolto positivo in termini di promozione del territorio, un ritorno di immagine per la città, quando la novità sarà ultimata e operativa. Cosa pensa del progetto appena approvato? La Strada costiera per noi è già un punto panoramico importante, la raccontiamo ai turisti quando usciamo o entriamo in città, è una strada storica, oltre che un passaggio indubbiamente molto bello. La ciclovia potrebbe darle ulteriore risalto, sicuramente sarà una notizia che circolerà, se ne parlerà e di conseguenza contribuirà a renderla ancora più famosa. Probabilmente susciterà anche la curiosità di molte persone che vorranno venire a vederla. Sarà un veicolo per attrarre nuovi turisti? Il cicloturismo sta prendendo sempre più piede e credo che tutto ciò che riguarda l'inserimento o il potenziamento delle infrastrutture, effettuato in modo serio e attento, sia benvenuto in città. Il nostro target, che è quello dei gruppi numerosi, non si serve della bici, che credo riguardi più singoli o gruppi più contenuti, ma potremmo suggerire comunque ai turisti indicazioni sull'itinerario. Sarà una novità a beneficio solo dei vacanzieri che pedalano? Penso che chi sceglierà di arrivare a Trieste in bici, proprio attraverso la ciclovia, magari poi potrebbe pensare di tornaci con calma, per visitare la città anche a piedi. È in ogni caso un'occasione da sfruttare, e quando si parla di investimenti seri, non posso che essere d'accordo».
MI. B.
«Quello delle due ruote è un settore in espansione: così si allarga il mercato» - l'albergatore
Alex Benvenuti dall'hotel Riviera: «Sono sempre di più gli ospiti che vogliono utilizzare la bicicletta per scoprire le nostre zone»
Per Alex Benvenuti dell'hotel Riviera, situato proprio sulla Strada costiera, la novità sarà ampiamente gradita, soprattutto da quella fetta di clienti che si muove pedalando, in costante aumento anno dopo anno. Ci sono molti ospiti dell'albergo che usano la bici? Sempre di più, noi abbiamo inserito il noleggio sia di quelle elettriche che di quelle classiche e sono molto richieste, ma vedo che i turisti in generale, soprattutto gli stranieri, arrivano spessissimo portandosele dietro. Sono fisse sull'auto. E le utilizzano durante tutta la vacanza, per esplorare la città e i dintorni. Cosa raccontano quando si muovono pedalando? Che serve sicurezza, per questo motivo sono convinto che una ciclovia così, studiata in questo modo, avrà un requisito fondamentale per chi si sposta col proprio mezzo, quello di percorrere la strada senza rischi. Oltre al fatto che si aggiunge un elemento essenziale, quello del panorama, in un tratto che regala una vista stupenda sul golfo. Com'è il settore dei vacanzieri su due ruote negli ultimi tempi? Il cicloturismo sta vivendo un momento di notevole espansione, è un trend in costante crescita ormai da diversi anni, anche a Trieste come in tutta la regione e in altre zone d'Italia, e investire in questi termini, sulla mobilità sostenibile, per creare infrastrutture ad hoc, vuol dire aprire ulteriormente il mercato a nuovi potenziali arrivi in tutta la città. E questo non può che far bene al turismo e all'economia del territorio in generale.
MI.B.
Green Ports, 30 milioni in arrivo per Trieste
I finanziamenti sono previsti dal bando del ministero per la Transizione ecologica D'Agostino: «Abbiamo scelto di sostenere progetti condivisi con i privati»
TRIESTE. Un pacchetto da 30 milioni di euro al Porto di Trieste per la conversione green che andranno destinati a interventi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e degli altri inquinanti connessi alla combustione di fossili legati alle attività portuali e di approvvigionamento da fonti rinnovabili . Il plafond complessivo del progetto "Green ports", varato dal ministero della Transizione ecologica, è di ben 270 milioni, risorse che fanno parte del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che saranno ripartiti su buona parte dl sistema portuale del nord e centro Italia. L'avviso pubblico è stato pubblicato «e per quel che ci riguarda - spiega il presidente dell'Autorità portuale Alto Adriatico, Zeno D'Agostino - abbiamo già definito i progetti». Le risorse saranno ripartite sia sulla base del movimentazione di merci e di passeggeri riferita al 2019, cioè prima che la pandemia dispiegasse i suoi effetti anche sulle banchine italiane, che ovviamente sulla valutazione delle proposte. La stima è «di una trentina di milioni su Trieste - prosegue D'Agostino -, che fanno del nostro Porto una delle realtà che intercettano la quota maggiore dei fondi». Fondi che raggiungono la ragguardevole cifra di circa 450 milioni sull'infrastruttura regionale, comprendendo le risorse (415 milioni) del Recovery fund. Tornando al Green Ports «i nostri progetti - entra nel dettaglio D'Agostino - riguardano impianti e macchinari, non quindi le infrastrutture, e puntano a favorire l'operatività dei terminalisti, in ossequio alle indicazioni del bando che riserva i finanziamenti alla riconversione ecologica dei terminalisti». Le risorse in arrivo a Trieste sono destinate ad imprimere una svolta significativa al porto regionale «grazie ad iniziative che si inseriscono in una progettualità strutturata che coinvolge tutti i settori. Ed è stata una scelta - chiarisce il presidente -: Genova, ad esempio, ha avanzato richiesta per un finanziamento consistente da destinare ad una sola opera, noi abbiamo preferito sostenere più progetti nei quali c'è una condivisione di finanziamenti con i privati, cogliendo l'occasione di attivare un effetto moltiplicatore , che è poi alla base del Recovery, con una vocazione ecologica che è presente anche in tutti i progetti infrastrutturali», una parte importante dei quali è rivolta alla componente ferroviaria finalizzata a rendere il traffico merci sempre più sostenibile. Dei 270 milioni a disposizione, 225 saranno destinati ai progetti delle singole Adsp (Autorità di sistema portuale), la parte restante è invece dedicata ai concessionari. Gli interventi ammissibili sono stati suddivisi in sette categorie: produzione di energia da fonti rinnovabili (70 milioni di euro), efficienza energetica degli edifici portuali (39 milioni), efficienza energetica dei sistemi di illuminazione (30 milioni), mezzi di trasporto elettrici (62 milioni, divisi fra 17 per le Adsp e 45 per eventuali proposte di terminalisti e concessionari), interventi sulle infrastrutture energetiche portuali non efficienti (23 milioni), realizzazione di infrastrutture per l'uso dell'elettricità in porto (22 milioni), metodi di riduzione delle emissioni (24 milioni).
Elena Del Giudice
"Mare Morje Sailing" per la tutela del territorio
DUINO AURISINA. Sensibilizzare turisti e residenti sul tema della tutela del territorio. È questo l'obiettivo di "Mare Morje Sailing, una terra e un mare da vivere", campagna di informazione promossa dal Comune di Duino Aurisina, in programma oggi e domani, in occasione dei due campionati italiani della classe Ufo di vela, organizzati dal Diporto nautico e dal Cupa, a Sistiana, e della classe Europa, allestito dalla società nautica Laguna al Villaggio del Pescatore. Per l'occasione, l'amministrazione e, nello specifico, l'assessorato al Turismo, Ambiente e Politiche del mare, guidato da Massimo Romita, ha lanciato l'evento digitale che consiste in una quarantina di video, presentati sui canali social del Comune (YouTube e Facebook) che raccontano le attività, i luoghi e i protagonisti della vita del territorio. «È fondamentale per noi - sottolinea Romita - mettere in rete le attività promosse da Regione, Capitaneria di Porto, Polizia di Stato, Area marina di Miramare, Aries, associazioni ambientaliste, stabilimenti e mondo associativo sportivo che si occupano della vita a mare».
u.sa.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 agosto 2021
Legambiente Trieste promuove un premio di studio in ricordo del prof. Daribor Zupan.
Gli studenti e studentesse laureati al corso di Laura Magistrale in Ecologia dei Cambiamenti Globali presso l'Università degi Studi di Trieste possono presentare la domanda di ammissione al bando del Premio di Studio “D. Zupan” entro il 31 agosto, con le modalità indicate sul sito dell'Università e sul sito di Legambiente Trieste. Il premio di 1200 Euro è finanziato dal Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, per ricordare il proprio socio e dirigente prof. Daribor Zupan, ingegnere chimico, docente di chimica all'Istituto “Galvani” e infine dirigente scolastico dell'Istituto “Zois” di Trieste. Con Legambiente, il prof. Zupan fu protagonista di numerose battaglie ambientali, tra cui quella contro il rigassificatore previsto a Zaule, sempre basandosi sui dati e le conoscenze scientifiche, da utilizzare per la difesa dell'ambiente e delle salute. Divenuto direttore scientifico di Legambiente Trieste, il prof. Zupan si impegnò anche nell'approfondimento dei temi legati ai trattamento dei rifiuti, delle acque reflue e del biogas, impegnandosi poi nella organizzazione e gestione dell'Ecosportello, destinato a informare i cittadini sul risparmio energetico e le energie rinnovabili, finanziato dalla Provincia di Trieste. La sua scomparsa il 17 novembre del 2013 ha privato l'associazione del contributo di una personalità vivace, di ampia cultura e di grande impegno civile.
Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 27 agosto 2021
Trieste e Muggia Verde: campagna nel segno del no a laminatoio e dragaggi - IL GEMELLAGGIO
Le due formazioni che candidano a sindaco Marconi nel capoluogo e Fogar nel vicino comune unite nel sottolineare il tema ambientale
Presentato ieri il gemellaggio programmatico fra le liste di Trieste e Muggia Verde alla presenza dei rispettivi candidati a sindaco, Aurora Marconi per il capoluogo e Maurizio Fogar per la cittadina muggesana. Obiettivo comune è quello di dare una risposta all'acciaieria che, secondo i progetti, verrà realizzata nella zona industriale delle Noghere. «Le ricadute di natura ambientale del futuro laminatoio coinvolgeranno non solo Muggia, ma anche San Dorligo e Trieste - ha dichiarato Fogar -. Per questo motivo lo sforzo di entrambe le liste sarà quello di impedire la realizzazione di questo nuovo complesso industriale, il cui impatto produrrà conseguenze che andranno ben oltre il problema dell'emissione di anidride carbonica - ha evidenziato il candidato sindaco di Muggia Verde - ma produrrà emissioni copiose di ossido di azoto, ossido di zolfo e acido solforico, come già accade in un laminatoio analogo a San Giorgio di Nogaro. Alle Noghere l'impatto ambientale che andrebbe a prodursi sarebbe amplificato, con abitazioni a pochi metri di distanza». Oltre al no al laminatoio delle Noghere, Trieste Verde esprime la propria netta contrarietà ai dragaggi da realizzare tra Scalo Legnami e le stesse Noghere che comporterebbero, a detta di Fogar, «un sollevamento di fanghi tossici dai fondali marini del Vallone di Muggia dai valori superiori di almeno duemila volte rispetto ai limiti di legge. Ciò significherebbe, per il futuro, il divieto di balneazione, di pesca e di mitilicoltura, con tutto ciò che ne conseguirebbe in termini di posti di lavoro».
Lorenzo Degrassi
San Giovanni, ecco i fondi: polo sportivo entro il 2023
La Regione stanzia oltre due milioni: sbloccato l'iter per il completamento della struttura polifunzionale di viale Sanzio. Nuovo cantiere a inizio 2022
Spuntano i fondi che mancavano per sbloccare i lavori necessari al completamento della futura palestra polifunzionale di San Giovanni. Si tratta di oltre due milioni di euro: serviranno a realizzare il cosiddetto secondo stralcio del primo lotto, e sono stati messi a disposizione dalla Regione nell'ambito dell'ultimo assestamento di bilancio. La cifra esatta destinata al Comune, ai fini del completamento della struttura, è di 2.209.627,29 euro, e verrà concessa in tre soluzioni nel corso di altrettante annualità: nell'anno corrente il contributo sarà di centomila euro, mentre la tranche più grossa, pari a 1.509.637,29 euro, è attesa nel 2022, con una quota conclusiva di 600 mila nel 2023. All'interno di quest'impianto verranno dunque costruite due distinte palestre attrezzate per le attività di allenamento di pallavolo e basket, con annessi spogliatoi, docce, servizi igienici e pavimenti regolamentari. Ulteriori due spogliatoi saranno realizzati a beneficio delle persone con disabilità, e inoltre ci sarà uno spazio per gli uffici della società che gestirà l'impianto e un altro pure per un ambulatorio medico. «Ringraziamo l'amministrazione regionale per la concessione dei fondi necessari a completare l'opera e utili a far crescere, in futuro, l'attività sportiva sia del rione che della città», così l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi in occasione di una conferenza stampa organizzata ieri in viale Sanzio per l'annuncio dell'avvenuto finanziamento. Per quanto riguarda le tempistiche dell'avvio dei lavori e del completamento della palestra, la stessa Lodi ha ricordato che «l'obiettivo è quello di far andare in gara il progetto esecutivo entro l'anno. In questo modo nelle prime settimane del 2022 potremmo iniziare la cantierizzazione del nuovo lotto e completare i lavori entro il 2023».«Il finanziamento - ha evidenziato a sua volta l'assessore regionale alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti - attinge a fondi messi a disposizione dei comuni e che sull'area di Trieste permetteranno, tra gli altri interventi, la riqualificazione di Palazzo Biserini, la ricostruzione della piscina terapeutica e la realizzazione della rotonda di Salita di Conconello». Quest'impianto, nelle intenzioni dell'amministrazione comunale, costituirà una delle strutture portanti del rione, insieme al vicino campo di calcio e alla piscina di via San Cilino. E proprio prendendo spunto dalla struttura per il nuoto, il sindaco Roberto Dipiazza ha ricordato come «a distanza di quasi 20 anni posso dire di aver contribuito a realizzare un altro complesso sportivo per il rione, dopo la piscina da me inaugurata nel 2004». «Questa diventerà la 58.ma palestra gestita dal Comune - ha aggiunto l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi - alla quale si vanno a sommare le altre 15 palestre di provenienza Edr per un totale di 73 strutture sportive di futura proprietà del Comune, a dimostrazione di una città dall'impronta sempre più sportiva». Parole di apprezzamento per il finanziamento della Regione arrivano pure dal presidente della Terza Commissione Massimo Codarin («Oggi si dimostra con i fatti quanto si è realizzato da inizio mandato ad oggi per il bene di tutta la nostra città, tra centro e periferia») e da quello della Quarta Michele Babuder: «Non posso che rallegrarmi per la compiuta responsabilità e il supporto regionale».
Lorenzo Degrassi
Pesca e specie "aliene" nel quarto focus Arpa - l'incontro dedicato al mare sul molo Audace
Gli orizzonti della pesca sostenibile, le specie "aliene" nei nostri mari, l'opera di controllo della Capitaneria. Sono i temi che hanno caratterizzato l'ultima tappa di "A misura di mare - In viaggio per la sostenibilità", il ciclo a cura dell'Arpa organizzato con l'Autorità portuale. Il "porto" del quarto appuntamento è stato ieri il Molo Audace, un teatro a cielo aperto per gli interventi moderati da Barbara Pernar e a cui hanno preso parte esperti di Arpa, Area marina di Miramare, Ogs, Capitaneria e filiera ittica. In primo piano, anche con una analisi di stampo storico, la valenza della pesca e della maricoltura nel golfo di Trieste, settore di primaria importanza divenuto anche un modello di esportazione, grazie alle realtà in auge sin dall'800 legate agli allevamenti e alle industrie di conservazione a Grado, Muggia, Barcola e nelle coste istriane. Altri tempi. La pesca ora richiede altre modalità e, a quanto emerso, urge ora la costituzione di un modello "sostenibile", ovvero saper coniugare l'equilibrio biologico con un reddito per i pescatori. Un tema realizzabile, hanno sottolineato i relatori, nel segno di regole, pianificazione e un sistema di efficace controllo. A proposito di controlli: oltre ai monitoraggi di Ogs (vedi il progetto Fairsea basato sulla raccolta dati in web) ed Ersa, qui la Capitaneria ha un ruolo essenziale, fondato su controlli in mare e in remoto sui pescherecci a base di verifiche della etichettatura, rispetto delle specie protette, conformità degli attrezzi. L'altro focus si è indirizzato sulle specie "aliene". Qui "ricchezza" spesso collima con "minaccia". Lo testimoniano le molte centinaia di specie oramai libere nel Mediterraneo, molte delle quali avverse all'ecosistema, vedi la "Noce di mare", presente pure nel golfo di Trieste.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 agosto 2021
Centro libero dalle auto: le categorie incassano l'impegno dei candidati
Dipiazza: «Avanti con le pedonalizzazioni e via i parcheggi dal waterfront» Russo: «Sì a una città sempre più a misura di chi va a piedi, in bici e sui bus»
Una decisa accelerazione verso un centro sempre più pedonale e un waterfront cittadino liberato dai parcheggi mettono d'accordo, con qualche eccezione, i candidati sindaco. La chiave di sviluppo teorizzata sul Piccolo di ieri dalle categorie trova quindi conferme, pur con delle sfumature, nei programmi di chi punta ad occupare da qui al 2026 l'ufficio del primo cittadino. Ma andiamo con ordine: raccontando di una sua recente passeggiata serale nella zona pedonale che da via Trento accompagna fino a piazza Venezia, il candidato del centrodestra - nonché sindaco uscente Roberto Dipiazza - sottolinea: «Questa è la mia città, questi sono solo alcuni degli interventi che abbiamo già portato a termine e questa è la Trieste che voglio». Per Dipiazza, dunque, «si proseguirà con le pedonalizzazioni», realizzando attorno al centro un ring, con un eventuale servizio di bus elettrici. Sulle Rive Dipiazza intende «togliere i posteggi, mettendo a disposizione due park: uno all'altezza del Molo IV e uno all'altezza del Mercato ortofrutticolo». Il candidato del centrosinistra Francesco Russo indica a sua volta che «nella prospettiva di una città più moderna e simile alle capitali mitteleuropee è giusto immaginare all'interno del nostro programma che Trieste sia sempre più a disposizione di quei cittadini che si muovono a piedi, in bici e con mezzi elettrici. Ciò avverrà in modo progressivo, tramite progettualità, e non facendo promesse che in sei mesi non si possono mantenere. A trarne beneficio sarebbe in primis il commercio». Leggendo le richieste che arrivano dalle categorie, Franco Bandelli di Futura anticipa una conferenza stampa sul tema «per dare risposta punto su punto alle esigenze delle categorie: tutto è stato già proposto da Futura. Sono entusiasta che le loro proposte rispecchino il nostro programma. Ricordo che ho fatto io l'asse viario parallelo pedonale sulle Rive». La candidata del M5S Alessandra Richetti pensa dal canto suo a «un centro di Trieste che anteponga l'interesse dei pedoni a quello delle automobili, disincentivando il traffico privato a favore di pedonalità e ciclabilità. Serve un confronto costante con le categorie economiche e sociali, per costruire un centro che soddisfi le esigenze di tutti. Nessuno, ad esempio, ha mai pensato a parcheggi extra large per le necessità delle famiglie». Accoglie con favore le proposte emerse da categorie e associazioni anche Riccardo Laterza, candidato di Adesso Trieste: «Riteniamo che la città debba essere vissuta, e non semplicemente attraversata, tanto in centro quanto nei rioni. La promozione di pedonalità, ciclabilità e trasporto pubblico avrebbe impatti sociali ed economici molto positivi». ll ring attorno al centro e la rimozione dei parcheggi dalle Rive «sono promesse elettorali di lungo corso - sostiene Laterza - mai realizzate dalla giunta Dipiazza». Il candidato sindaco della Dc Gianfranco Melillo immagina invece «un ampliamento della zona pedonale e parcheggi a prezzi ridottissimi realizzati anche in palazzi abbandonati nella fascia attorno all'area preclusa al traffico». Giorgio Marchesich, proposto come sindaco dalla Federazione del Tlt, punta all'«ampliamento delle zone pedonali per garantire più spazio anche ai pubblici esercizi». Marchesich è favorevole alla rimozione dei parcheggi dalle Rive, «studiando la possibilità di realizzare qualche park sotterraneo: Foro Ulpiano e San Giacomo evidenziano la validità di quel tipo di progetti». «Un tram su rotaia, che da Barcola, passando per le Rive, arrivi fino a Muggia, con parcheggi scambiatori interconnessi con la rete tranviaria e degli autobus», è quindi una delle proposte di Ugo Rossi, il candidato del Movimento 3V favorevole alla gratuità del servizio di trasporto pubblico. La candidata di Trieste Verde Aurora Marconi non ritiene necessario un ulteriore incremento delle zone pedonali, «bensì una spinta sulla costruzione di parcheggi fuori dal perimetro del centro incentivando l'arrivo in città con trasporto pubblico e biciclette». Trasposto pubblico gratuito e pedonalizzazioni togliendo i parcheggi dal centro sono tra le proposte di Sinistra in Comune: «Per ridurre l'inquinamento non bastano piccoli cambiamenti - valuta la candidata Tiziana Cimolino - ma soluzioni radicali». Il candidato della lista Podemo Arlon Stock, infine, vede un trasporto pubblico proiettato verso un'area più vasta, «che colleghi - spiega - il centro di Trieste con Ronchi da un lato e Portorose dall'altro, per integrare il centro di Trieste con un bacino, anche commerciale, più ampio».
Laura Tonero
Puntano al pesce serra e si imbattono in un tonno del peso di un quintale
Luca e Marco Zuliani erano usciti al largo di Grado per pescare con la tecnica dello spinning Hanno lanciato l'artificiale che è stato scaraventato in aria
GRADO. Sono usciti domenica pomeriggio al largo di Grado (in linea d'aria di fronte alla spiaggia gestita dalla Git, ma in mare aperto dove la profondità del mare è di circa 7-8 metri) per andare a pesca con la tecnica dello spinning. Si tratta della pesca che si pratica lanciando l'artificiale per recuperarlo con l'utilizzo di una canna da pesca abbastanza corta alla ricerca del pesce serra. Ma anziché un pesce serra per poco davvero, non senza un grande spavento da parte dei pescatori, è saltato fuori dall'acqua un grande tonno rosso. L'avventura è capitata a due fratelli, parrucchieri di professione (Ricci & Capricci), Luca e Marco Zuliani, e che per hobby, oltre alla pesca fanno anche da Prostaff sia di un'azienda di Treviso, importatrice dei migliori marchi giapponesi per attrezzatura da pesca, sia per Nautic Motors Grado, ditte per le quali si dilettano a fare foto e video di pesca e motori marini fuoribordo.«Mentre recuperavo il mio artificiale - racconta Luca Zuliani - all'improvviso dal nulla è uscito un tonno rosso solitario enorme che ha attaccato il mio artificiale con la bocca aperta a cinque metri dalla barca, scaraventandomi l'artificiale stesso a due metri in aria. Siamo rimasti sconvolti da questo attacco da paura, considerato che tra l'altro di solito questo periodo i tonni non ci sono».Il periodo dei tonni a Grado su acque relativamente basse è, infatti, quello primaverile quando arrivano sulle acque relativamente profonde per mangiare "angusieri" e "sievuli" (aguglie e cefali). Trovarselo in questo periodo davanti è stata una grande sorpresa anche perché il pesce era alquanto grande. «Pesava ben oltre un quintale: era lungo circa due metri!», raccontano i due fratelli.Come ben si capisce, naturalmente il tonno non l'hanno pescato, non avevano neppure l'attrezzatura idonea. In passato, però, hanno fatto diverse buone pescate come si vede anche dalla foto dove Luca e Marco Zuliani esibiscono una bella "leccia amia".Ovviamente i due fratelli continueranno ad andare a pesca per divertimento e in questo periodo sempre per pescare il pesce serra («per me arrostito è forse ancor più buono del branzino», dice Luca), che di solito viene gustato in compagnia con gli amici.
an. bo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 agosto 2021
Le categorie ai candidati: «Più pedonalizzazioni e park attorno al centro»
Paoletti di Confcommercio: «Rive senza stalli e dehors dei locali sul lato mare» Suban per la Fipe: «Nella zona di Campo Marzio una soluzione per la sosta»
Le parole d'ordine sono pedonalizzare, creare parcheggi nell'area a ridosso del centro storico agevolando l'utilizzo dei mezzi pubblici e assicurando una migliore viabilità sulle corsie preferenziali. Le categorie economiche hanno le idee abbastanza chiare su come il traffico dovrebbe cambiare nei prossimi anni nella parte nevralgica di Trieste. E "suggeriscono" alcune soluzioni ai candidati a sindaco impegnati nella campagna elettorale.«Il futuro deve prevedere più pedonalizzazioni possibili - valuta il presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti - e non solo in centro città, visto che alcuni interventi che vanno in quella direzione hanno portato beneficio alla vivibilità anche di zone più periferiche, valorizzando le attività commerciali e regalando maggior valore agli immobili residenziali che insistono su quelle aree». Ciò che non va perso d'occhio, per Paoletti, è comunque la mobilità: «Siamo una città che conta molti anziani - rileva - quindi va garantita una serie di servizi, creando sì il famoso ring attorno al centro, ma agevolando poi rapidi collegamenti con bus elettrici non inquinanti». Il numero uno di Confcommercio sposa poi la proposta avanzata dalla giunta Dipiazza di liberare le Rive dai parcheggi: «Mi trova favorevole - conferma - dando la possibilità ai ristoranti di creare dei dehors chiusi sul lato mare, per far vivere quel magnifico waterfront, con soluzioni non invasive, a basso impatto, come in via Veneto a Roma». Mai come durante la pandemia ci si è resi conto di quanto sia prezioso lo spazio esterno per i pubblici esercizi. «Sì quindi ad un incremento delle vie chiuse al traffico - indica la presidente di Fipe, Federica Suban - e al ring attorno al centro storico, in modo da ridurre il traffico privato e incoraggiare i cittadini all'utilizzo degli autobus, ma non dimenticando che le tante attività commerciali del centro necessitano di quotidiani rifornimenti, che non possono di certo arrivare attraverso i bus elettrici o solo in ridotte fasce orarie». Sull'ipotesi di togliere i parcheggi dalle Rive cittadine, la presidente della Fipe pone una condizione, «non negoziabile - sottolinea -: di creare contestualmente, oltre a quello del Molo IV, un capiente parcheggio dalla parte opposta, verso Campo Marzio. Altrimenti per i bar e i ristoranti nella parte finale delle Rive sarebbe la fine, perché è inutile negarlo: la gente ama le comodità e non si va a cena in autobus o in bicicletta». Ad avere un peso significativo nell'adozione di qualsiasi nuova soluzione per il traffico del centro cittadino, è il trasporto pubblico locale: «Non si può pedonalizzare tutto - premette Pier Giorgio Luccarini, presidente di Trieste Trasporti -. In una città con una popolazione non giovane va garantita la possibilità di raggiungere alcuni punti del centro con i mezzi pubblici, puntando però a ridurre al minimo, ove possibile, la presenza dei mezzi privati, realizzando grandi parcheggi in periferia e agevolando l'arrivo in città con il trasporto pubblico locale». Chi, ogni giorno, dall'alba a notte fonda, si confronta con la mobilità sono certamente i tassisti. «Siamo favorevoli alle pedonalizzazioni - dichiara Davide Secoli, presidente della cooperativa Radio Taxi -, mantenendo però alcune assi di scorrimento per taxi e autobus». Interessante, per Secoli anche l'idea del ring, «garantendoci, ad esempio - propone - percorsi come via Mazzini e via Valdirivo incentivando, ove possibile, soluzioni come quella adottata in via Trento, che soddisfa diverse esigenze. Le preferenziali poi andrebbero controllate di più, con un'onda verde su vie come Mazzini o Carducci, in modo da farci acquistare velocità commerciale».
Laura Tonero
No al laminatoio Danieli anche da Rifondazione - il terzo polo manifesta oggi in piazza
MUGGIA. Da Rifondazione di Muggia arriva il parere negativo al laminatoio alle Noghere: una decisione, fanno sapere dal circolo, dettata da «scarsa trasparenza, totale mancanza di comunicazione e coinvolgimento delle parti sociali. Dopo l'annunciato rinvio ad autunno, la discussione è proseguita ai piani alti con il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, che ha dato per certa la realizzazione, lasciando fuori nuovamente dalla discussione il Comune di Muggia. Fino a quando non sarà presentato un progetto valido e credibile fondato sulla tutela e salvaguardia dei lavoratori, dell'ambiente e dei residenti, il nostro giudizio rimarrà non favorevole, pur confermando la disponibilità a qualsiasi confronto». Intanto oggi alle 18.30 in piazza Marconi il Comitato Noghere - No laminatoio insieme a Meio Muja, M5s, Podemo, Sostenibilità Equità Solidarietà ed Europa Verde, tutti parte del Patto Civico per Muggia, il cosiddetto "terzo polo" che appoggia la candidatura a sindaco di Roberta Tarlao, manifesta contro il laminatoio Metinvest-Danieli.
Luigi Putignano
Gli Amici dei Caregoni respingono le accuse «Ferragosto regolare» - la replica a Legambiente
STARANZANO. C'è rabbia ma non rassegnazione per gli attacchi di Legambiente all'associazione Amici dei Caregoni, convinti di essere nel giusto circa la festa-raduno di Ferragosto con 700 imbarcazioni e oltre 3 mila persone sull'area. Il presidente del sodalizio Massimo Bruno è sconcertato per la posizione intransigente del circolo ambientalista e commenta con amarezza: «Non è chiara la loro posizione, anche perché a controllare che tutto fosse in ordine c'erano capitaneria, polizia con le moto d'acqua e carabinieri: nessuno ha trovato nulla di anomalo o da obiettare. Le regole sono state rispettate ed è inutile continuare a gridare all'illecito quando chi è deputato al controllo non ha svolto alcun rilievo». A caricare la dose il coordinatore della manifestazione e vicepresidente Stefano Brunetta: «Legambiente continua a criticare senza motivo e non sa che l'evento di Ferragosto vanta una tradizione consolidata dai tempi dei nostri nonni. Prosegue a perpetuarsi di generazione in generazione ed esiste ben prima della costituzione della Riserva naturale. Importa solo criticare e creare attriti in una comunità che rispetta senza mezzi termini le regole». Gli Amici dei Caregoni sostengono che Legambiente rifiuta il confronto e ha la ferma convinzione che le aree ambientali «siano di loro esclusiva competenza» e non sanno che ai Caregoni, non vige alcun divieto di navigazione e balneazione. «Con riferimento all'Isola dei Gabbiani ove l'area è ampiamente delimitata da pali che segnalano il divieto d'accesso e il fondale non permette la navigazione - dice Brunetta - è rispettata dai natanti. Le mareggiate portano rifiuti e noi li raccogliamo».
CI.VI.
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 agosto 2021
Tuffi vietati alla Dama Bianca: al via i controlli sugli scarichi - la decisione dopo il vertice convocato dall'assessore Romita
DUINO AURISINA. Scatta l'operazione di monitoraggio della rete fognaria a Duino. Dopo l'ennesimo stop alla balneazione nell'area della Dama Bianca, reso necessario dall'esito delle nuove analisi dell'Arpa, che hanno evidenziato la presenza di escherichia coli in misura nettamente superiore ai limiti stabiliti per legge, l'amministrazione comunale di Duino Aurisina è partita al contrattacco. Ieri pomeriggio si è svolto infatti un incontro convocato dall'assessore ai Servizi sul territorio Massimo Romita - al quale hanno partecipato anche il vicesindaco Walter Pertot, il direttore dell'Arpa Stellio Vatta, tecnici di AcegasApsAmga e delegati della Polizia locale e della Capitaneria di porto - per esaminare la situazione e decidere il da farsi. «Abbiamo optato per la linea dura - annuncia Romita - nel senso che faremo, in tempi brevi, tutti i controlli necessari per venire a capo di una situazione che ci preoccupa molto. È il terzo anno consecutivo - sottolinea l'assessore della giunta guidata dal sindaco Daniela Pallotta - che, proprio alla vigilia di Ferragosto, cioè in uno dei momenti più importanti della stagione balneare, i livelli di escherichia coli crescono a dismisura nelle acque della Dama Bianca, una delle spiagge più apprezzate del nostro territorio. Vogliamo individuare le cause di tutto questo. Abbiamo registrato la piena disponibilità degli enti coinvolti su questo fronte - continua Romita - perciò nei prossimi giorni faremo le verifiche e i controlli necessari». La decisione di vietare la balneazione era stata presa l'altro giorno proprio dal sindaco Pallotta: «Davanti ai risultati presentati dai tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente - aveva detto - è mio preciso dovere adottare i provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute pubblica. Mi dispiace enormemente dover vietare i tuffi - aveva aggiunto - perché quella è un'area splendida, meta di turisti, ma non è possibile fare diversamente. La priorità deve essere quella della salute delle persone - aveva ribadito la prima cittadina - ma adesso andremo a fondo per capire le cause di questa situazione». Gli escherichia coli sono i batteri che vivono nell'intestino dell'uomo e degli animali a sangue caldo. La loro presenza in forma molto diffusa nelle acque della zona della Dama Bianca è il risultato degli scarichi a mare delle costruzioni che caratterizzano l'area a monte. L'Arpa, intanto, ieri ha effettuato una nuova serie di prelievi delle acque del mare, sempre davanti alla Dama Bianca, come previsto dalle norme, il cui esito sarà reso noto nella giornata di oggi. Tutti auspicano che i risultati stavolta siano buoni e permettano l'annullamento dell'ordinanza di divieto alla balneazione.«Siamo ancora in agosto conclude Romita - perciò abbiamo davanti a noi ancora uno scorcio d'estate che i turisti, ma anche i bagnanti locali, speriamo possano sfruttare, magari andando a tuffarsi proprio davanti alla Dama Bianca».
u.sa.
MONFALCONE - Legambiente - «Ai caregoni 700 barche hanno violato la Riserva»
Non si è fatta attendere la reazione di Legambiente Circolo Ignazio Zanutto di Monfalcone, dopo la festa di Ferragosto degli Amici dei Caregoni che ha richiamato 700 imbarcazioni e 3 mila persone. «I cosiddetti amanti della natura - attaccano gli ambientalisti - non possono esultare per l'esito della festa alla foce dell'Isonzo all'interno della Riserva Naturale, sito Natura 2000. Ci sono limiti precisi per balneazione e navigazione. E le 700 barche sgranate lungo i dossi sabbiosi certamente avranno rispettato il distanziamento anti-covid, ma non hanno rispettato l'ambiente naturale». Non si tratta - dicono gli ambientalisti - solo di astenersi dal fare fuochi e griglie sull'acqua o di gettare rifiuti fuori bordo ma si tratta di «capire che nei pochi ambiti naturali rimasti, neppure integri e a fatica ricostruiti, una simile invasione è di per sé ingiustificata e fortemente impattante, non solo per l'avifauna ma per l'intero ecosistema». Legambiente ricorda che il Piano di gestione pone l'obbligo di verifica del gestore sulle attività organizzate legate alla fruizione turistica e agonistica.
Ci.Vi.
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 agosto 2021
Batteri oltre i limiti: altro stop ai bagni in zona Dama Bianca
La decisione sulla base dei dati Arpa sulla concentrazione di escherichia coli in mare. Oggi un vertice sulla questione
DUINO AURISINA. Nuovo stop alla balneazione a Duino, nell'area della Dama Bianca, già coinvolta da un provvedimento simile nei giorni precedenti il Ferragosto. La decisione è stata presa dal sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta, dopo che le nuove analisi fatte dall'Arpa regionale hanno evidenziato la presenza di escherichia coli in misura nettamente superiore ai limiti stabiliti per legge. «Davanti ai risultati presentati dai tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente - spiega Pallotta - è mio preciso dovere adottare i provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute pubblica. Mi dispiace enormemente dover vietare i tuffi - aggiunge - perché quella è un'area splendida, meta di turisti, ma non è possibile fare diversamente. La priorità deve essere quella della salute delle persone - ribadisce il sindaco - ma adesso andremo a fondo per capire le cause di questa situazione». Gli escherichia coli sono i batteri che vivono nell'intestino dell'uomo e degli animali di sangue caldo. In sostanza, la loro presenza in forma molto diffusa nelle acque della zona della Dama Bianca è il risultato degli scarichi a mare delle costruzioni che caratterizzano l'area a monte. «Per capire quali possono essere le cause di questo grave fenomeno - riprende Pallotta - ho convocato una riunione urgente per domani pomeriggio (oggi), alla quale ho invitato gli esperti dell'AcegasAps Amga e i tecnici del Municipio che si occupano dell'ambiente. Dobbiamo venire a capo di questo problema - insiste - perché non è possibile continuare con provvedimenti di divieto alla balneazione che penalizzano una delle più belle spiagge del nostro territorio». Una delle ipotesi al vaglio è che non tutti i proprietari delle ville e delle abitazioni di Duino rispettino le norme relative alla manutenzione degli impianti di scarico. D'estate Duino è ovviamente molto più popolata che d'inverno. Uno stato di fatto che però da solo non basta a spiegare la gravità del problema. Più facile pensare che qualcuno non rispetti le regole. In passato, l'amministrazione comunale aveva già effettuato verifiche in tal senso. «Stavolta - conclude il sindaco Pallotta - siamo decisi a risolvere definitivamente questa situazione». L'Arpa ha già annunciato che nei prossimi giorni effettuerà nuovi controlli, nell'auspicio di trovare concentrazioni di escherichia coli più basse, in modo che si possa tornare quanto prima alla normalità, con libertà di balneazione per tutti.
Ugo Salvini
Da Lubiana a Bucarest gli orsi nel mirino Abbattimenti in aumento fra le proteste animaliste
La crescita della popolazione dei plantigradi rappresenta un problema per l'intera regione. E i governi preparano le contromosse
Belgrado. Un censimento a tappeto in Romania, per comprendere una volta per tutte le dimensioni del problema e per adottare, forse, risoluzioni drastiche. Un centinaio e più di eliminazioni solo nel primo semestre dell'anno, in Slovenia, in forte aumento rispetto al passato. E tanti altri "incidenti" che preoccupano, dalla Serbia alla Bosnia, passando per la Croazia. Resta un tema caldo nei Balcani quello degli orsi, spesso amati, altrettanto di frequente fonte di problemi in quello che appare essere un delicato e complicato bilanciamento tra leggi della natura ed esigenze dell'uomo. Lo è sicuramente nella vicina Slovenia, fra i Paesi europei con la più alta densità di carnivori nel continente europeo. Nei soli primi sei mesi nel Paese sono stati abbattuti dai cacciatori quasi 130 orsi. Eliminazioni, lo ricordiamo, che avvengono sempre con il permesso dell'Agenzia slovena per l'ambiente, per tenere sotto controllo la popolazione degli orsi, tra mille polemiche e critiche veementi da parte degli ambientalisti. Si tratta di numeri importanti, quelli del 2021 per la Slovenia, che certificano il superamento di tutte le quote di plantigradi soppressi nell'intero 2020, "solo" 99 su una popolazione stimata intorno alle mille unità. Si tratterebbe di una mossa obbligata, hanno fatto sapere le autorità di Lubiana, tenuto conto dell'aggravamento dei danni economici causati da orsi. Nei primi sei mesi del 2020, infatti, gli incidenti che avevano coinvolto gli orsi erano stati 86; quest'anno i numeri sono schizzati a 120. E in questi giorni, dopo un anno e oltre di relativa quiete, si è registrato anche il primo attacco di un orso a una persona. È accaduto nei pressi del villaggio di Zagorje, dove un trentenne è stato ferito dopo essersi imbattuto in mamma orsa e i suoi piccoli. La Romania - seimila gli esemplari di orsi stimati nel Paese - rappresenta però il fronte più caldo al momento, dove la situazione appare ben più severa. Nel Paese - che ha limitato drasticamente dal 2016 le eliminazioni degli orsi - sarebbero stati oltre cento gli attacchi dei plantigradi registrati negli ultimi tre anni, ha stimato il ministro dell'Ambiente Barna Tanczos ricordando anche le cinquemila richieste di risarcimento da parte di contadini a causa degli attacchi sempre più frequenti e ravvicinati. Numeri che potrebbero essere sottostimati, in un Paese in cui si sta acuendo la tensione tra ambientalisti e residenti in villaggi isolati o aree di montagna, dove le aggressioni non sono più episodiche (un pastore è stato ucciso il mese scorso). E i giornali riportano quasi quotidianamente notizie di bestiame sbranato dagli orsi, che si avvicinano senza paura ai centri abitati entrando in cortili e case. Sotto pressione, Bucarest ha così deciso di fare sul serio, lanciando ora un censimento a tutto campo degli orsi bruni. Utilizzando fondi Ue - una decina di milioni di euro - la Romania sguinzaglierà sul territorio 400 volontari ed esperti per mappare la popolazione degli orsi, anche prelevando campioni di Dna. L'obiettivo è conoscere finalmente l'esatto numero di plantigradi in Romania, che «potrebbe essere tre volte più grande» della stima di seimila, ha specificato Djuro Huber, professore dell'università di Zagabria, citato dalla Afp. Il tutto mentre Bucarest ha dato luce verde alle amministrazioni locali affinché concedano permessi ad hoc per l'eliminazione degli orsi nelle zone più interessate dal fenomeno. Si prepara «un massacro», hanno denunciato gli ambientalisti: temono che il censimento sia solo il preludio di una sistematica campagna di riduzione del numero di orsi nel Paese, a forza di pallottole. Slovenia e Romania intanto non sono i soli Paesi costretti a fronteggiare il problema. Lo condividono infatti Serbia, Bosnia e Macedonia, dove i toni sono assai simili a quelli che si levano a Bucarest.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 agosto 2021
Raddoppiati i giorni con più di 30 gradi C'è il pericolo ozono dietro l'estate calda
Negli anni Novanta erano in media 25, ora sono quasi 60 Non si è però toccato il record di temperatura nel 2021
Pioggia d'agosto rinfresca il bosco. È quanto in molti si augurano, dopo l'infilata di giornate da massime oltre i 30 gradi di metà mese, e quanto dovrebbe accadere nei prossimi giorni. L'estate del 2021 è stata comunque calda, ma non la più bollente, secondo i dati raccolti dall'Osservatorio meteorologico regionale, degli ultimi anni. Nell'ondata di caldo coincisa con il week end di Ferragosto la temperatura massima registrata dall'Osmer Fvg nelle sue stazioni di rilevamento è stata di 36 gradi centigradi a Capriva, di 35,7 a Gradisca e di 35,3 a Fossalon, mentre le misurazioni informali (non ne esistono di ufficiali) per Monfalcone parlano di una punta attorno ai 35 gradi raggiunta, sempre d'infilata, nelle giornate del 13, 14 e 15 agosto, oltre che l'8 luglio. Nella città dei cantieri il picco è stato accompagnato da un'umidità oscillante tra il 62 e il 66%, per fortuna, quindi, non a livello di Tropici. Quest'estate le giornate incandescenti si sono però moltiplicate, a vedere anche il numero di quelle in cui, a Monfalcone, ma non solo, si è verificato un superamento della soglia fissata per l'ozono, la cui formazione è favorita dalle alte temperature e dal forte irraggiamento solare. Molto più rovente, comunque, fu l'inizio di agosto del 2017 per la città dei cantieri, l'area agricola alle porte di Grado e Capriva, dove si dovette fare i conti con una massima rispettivamente di 37,9 gradi centigradi, 38,4 e 38,8. Il record, però, l'ha conquistato Gradisca e non nello stesso anno, perché a luglio del 2015 nella cittadina si toccarono i 40,2 gradi e il mese successivo i 38,9 gradi. Gradisca può "vantarsi" anche di aver vissuto la giornata più infuocata di settembre, nel 2016, con una massima di 35 gradi. Nonostante Fossalon abbia invece in media massime più alte rispetto a Monfalcone, il dato medio relativo a luglio è inferiore, risultato di una raccolta di dati che copre un lasso di tempo più ampio (dal 1991 al 2021) rispetto alla città dei cantieri (2006-2021), confermando in qualche modo un innalzamento progressivo delle temperature nell'ultimo decennio. Lo studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia realizzato da Arpa Fvg Meteo su incarico dalla Regione nel 2018, e aggiornato nel maggio di quest'anno, certifica l'aumento delle temperature medie soprattutto in estate. Rispetto alle temperature medie stagionali in pianura, gli ultimi due decenni risultano inoltre decisamente i più caldi della serie in ogni stagione dell'anno. L'estate mostra il tasso di incremento maggiore (più 0,4 gradi per decennio) e aumenta il numero di giorni con una temperatura massima sopra i 30 gradi in pianura: oltre 60 nel 2019, mentre negli anni '90 dello scorso secolo erano 25-30 giorni. Di pari passo c'è stata un'impennata nelle notti "tropicali", con una temperatura minima oltre i 20 gradi: oltre 20 nell'estate di due anni fa, mentre erano 5 negli anni '90. Diminuiscono poi i giorni di gelo nei mesi invernali. Meno evidenti sono, sempre stando allo studio, i cambiamenti nella pioggia, con precipitazioni che variamo molto da un anno all'altro. Su buona parte del Friuli Venezia Giulia si riscontra però una generale riduzione delle precipitazioni primaverili ed estive (il trend è statisticamente molto significativo) e un aumento delle piogge autunnali e invernali (meno significativo). Anche il livello medio del mare è salito e il tema non può con interessare tutta la fascia costiera, Monfalcone e Grado comprese.
Laura Blasich
IL PICCOLO - SABATO, 21 agosto 2021
Comune di Duino e Capitaneria - Siglato il patto a difesa del mare
DUINO AURISINA. Tutelare il mare. È questo l'obiettivo dell'accordo sottoscritto ieri a Duino Aurisina fra il Comune, la Capitaneria di porto, Isontina ambiente e le associazioni operanti sul territorio, per la realizzazione del progetto intitolato "aMare Fvg", sostenuto dall'assessore regionale per l'Ambiente, guidato da Fabio Scoccimarro. Partendo dalla consapevolezza della gravità delle problematiche connesse all'abbandono dei rifiuti che vanno a deturpare l'ambiente marino, l'amministrazione regionale ha avviato, nel 2019, il progetto pilota finalizzato a favorire la corretta gestione di tutto ciò che viene accidentalmente raccolto in mare, nell'ambito delle attività di pesca e, occasionalmente, da diportisti e associazioni di volontariato, nel corso di specifiche iniziative di pulizia degli specchi d'acqua e dei fondali. Attraverso il monitoraggio della quantità e della tipologia dei rifiuti, il progetto pilota ha consentito di definire efficaci modalità di gestione dei rifiuti abbandonati in mare, in grado di garantire la sicurezza di coloro che si adoperano in tali attività, nel rispetto dell'ambiente e delle normative di settore. Il progetto pilota si è poi trasformato, quest'anno, in un piano operativo, e destinato a tutti i Comuni del Friuli Venezia Giulia che si affacciano sul mare. Si è così stabilito di mettere a disposizione dei Comuni costieri, inseriti nel censimento litoranee dell'Istat, i fondi necessari a implementare la raccolta e il trattamento dei rifiuti rinvenuti in mare durante le attività di pesca e diporto, nonché quelli rinvenuti dai diportisti e dalle associazioni, nell'ambito di iniziative di pulizia degli specchi d'acqua, dei fondali e dei litorali, a eccezione dei tratti di litorale in concessione. Nella prospettiva della collaborazione con il mondo associativo, il Comune di Duino Aurisina, nell'ambito del Tavolo del Mare e del Tavolo Verde, ha così voluto coinvolgere tutte le realtà che, nel corso del tempo, si sono prodigate alla pulizia delle spiagge e del mare, nonché delle aree circostanti. «Vogliamo proseguire nell'intento di preservare e salvaguardare l'ambiente e il mare in cui viviamo - ha detto il sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta - collegando tale intervento a un'azione di sensibilizzazione, che farà si che il futuro sia migliore del presente». Accanto a Pallotta, hanno presenziato alla firma dell'accordo l'assessore al Turismo, Ambiente e Politiche del mare, Massimo Romita, e i presidenti delle commissioni Chiara Puntar e Sergio Milos. «Abbiamo coinvolto numerose realtà del territorio - è stato il commento di Romita, coordinatore delle iniziative - perché non può e non deve essere solo l'ente pubblico ad agire. La nostra - ha aggiunto - è una esplicita volontà di intervento, che si concretizza con le azioni che oggi presentiamo». Significativa anche la presenza degli esponenti del mondo della speleologia, come Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica regionale, e dell'ambiente non solo marino, in particolare Andrea Wehrefennig, di Legambiente.
Ugo Salvini
Legambiente di Monfalcone - «Cancellati per sempre 500 mila metri cubi di cemento da Grado»
GRADO. «Con l'approvazione della variante al Piano regolatore il Consiglio comunale di Grado ha messo uno stop all'inutile consumo di suolo». È il circolo di "Ignazio Zanutto" di Monfalcone di Legambiente ad affermarlo, rispetto alla variante che ha eliminato la costruzione di ulteriori seconde case a Grado. Il circolo di Legambiente aggiunge che con l'approvazione della variante è stato messo fine a una «vicenda speculativa».«La cancellazione definitiva di mezzo milione di metri cubi di cemento, in particolare dai progetti della cosiddetta "Zamparini city" e dalla "Sacca dei Moreri", risparmia al territorio e alla comunità gradese una colata di cemento che, oltre a causare un consumo di suolo ingiustificabile, avrebbe modificato il paesaggio e l'assetto urbanistico dell'Isola del sole». Sottolinea poi Legambiente che se l'approvazione dell'attuale maggioranza appariva scontata «fa particolarmente piacere che l'approvazione sia avvenuta anche con il voto favorevole del candidato sindaco del centrodestra, Claudio Kovatsch». Il circolo monfalconese di Legambiente spiega inoltre che i dati sul consumo di suolo in Italia e in Friuli Venezia Giulia, pubblicati recentemente dal Rapporto dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) non sono certo rassicuranti ed è assolutamente necessario che le amministrazioni pubbliche assumano decisioni coraggiose come quella di Grado quando sono chiamate a pianificare gli interventi sul territorio che amministrano.
AN. BO.
Il Porto vecchio secondo Kipar: primo scorcio del bosco urbano
Sul nuovo portale del sindaco un'anticipazione del progetto sullo scalo
Ecco il "bosco urbano". Il sindaco Roberto Dipiazza ha lanciato in rete il suo nuovo sito personale in vista delle elezioni (lapalissianamente robertodipiazza.it) ed è lì che abbiamo la prima occasione di vedere un rendering di come sarà il Porto vecchio immaginato dall'architetto paesaggista tedesco Andreas Kipar: nella sezione "Borgo Porto vecchio" del sito, dedicata all'antico scalo, figura infatti una parte intitolata "bosco urbano". Vi figura l'immagine, in cui l'area è trasfigurata in un nuovo lussureggiante quartiere, e si annuncia per metà settembre la presentazione del progetto. Un altro elemento di interesse sono i simboli delle liste a sostegno del candidato: per il momento sono le quattro che hanno concluso la compilazione delle liste, ovvero Lista Dipiazza, Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia. Tanto FdI quanto gli azzurri mostrano di aver incluso il nome del sindaco nel simbolo della lista: diventano quindi "Berlusconi con Dipiazza - Forza Italia" e "Giorgia Meloni per Dipiazza - Fratelli d'Italia". Immutato il simbolo leghista. Un'altra sezione del sito riprende un tormentone dipiazziano e si intitola "momenti magici": vi figurano immagini, più o meno d'epoca, della vita privata e politica del candidato, dalla leva nei lagunari al matrimonio, passando per gli incontri con i Presidenti e la promozione della Triestina in Serie B. La sezione opere, come prevedibile, fa una panoramica dei lavori pubblici condotti nel corso dei tre mandati triestini. Sulla home del sito figura una sintesi biografica del sindaco, che inizia così: «Sposato con Claudia, amico del mio cane Ted, sono nato ad Aiello del Friuli nel 1953 ed all'età di sei anni sono venuto a vivere a Trieste in via dello Scoglio. In questa città ho trovato amici, soddisfazioni personali, professionali e l'amore. A Trieste devo tutto ed il mio modo per ringraziare i triestini dell' affetto che ricevo e del grande abbraccio di fiducia che mi rinnovano è continuare ad amministrarla onestamente e nel miglior modo possibile».
g.tom.
Acqua, progetto da 134 milioni per rifornire l'Istria slovena
Lubiana dà il via libera alla costruzione di un nuovo bacino idrico artificiale Ok dai Comuni del Litorale. Protestano i residenti dell'area dei colli Birchini
Lubiana. Acqua preziosa per una regione storicamente alle prese con difficoltà di approvvigionamento; un progetto rovinoso per l'ambiente in un'area preziosa dal punto di vista naturalistico. Sono le due opinioni opposte che risuonano in merito a un ambizioso progetto del governo sloveno. Lubiana ha dato infatti definitiva luce verde a un sistema mirato a creare una nuova fonte idrica per la costa adriatica dell'Istria slovena - in particolare per le aree di Ancarano, Isola, Capodistria e Pirano che chiedevano da anni soluzioni a lungo termine - ma di cui beneficerebbero anche l'area di San Pietro del Carso e l'entroterra carsico. Ad annunciarlo è stata l'agenzia di stampa slovena Sta, precisando che si tratta di un investimento da 134 milioni di euro, coperti da fondi statali sloveni e Fondi Ue di coesione, confermato dall'esecutivo sloveno. Il progetto prevede «la costruzione di un grande «bacino idrico» artificiale sul torrente Suhorca e di uno più piccolo sul Padez, corso d'acqua maggiore in cui il Suhorca confluisce. Bacini che poi andranno a «rifornire di acqua i tre sistemi di rifornimento esistenti nella regione» costiera, «tradizionalmente molto secca a causa del terreno carsico e, più di recente, a causa del cambiamento climatico». Il piano sarà realizzato essendo stato scelto rispetto a una ipotesi alternativa, ossia quella di collegare bacini idrici già esistenti: una via forse meno impattante sull'ecosistema e sulle casse statali, ma con il lato negativo di non accrescere la disponibilità di acqua attuale.La decisione di Lubiana arriva anche sulla spinta dell'incidente ferroviario del 2019 che, dopo aver provocato una fuoriuscita di cherosene, aveva compromesso i rifornimenti idrici nell'area e sulla costa slovena, ha ricordato sempre la Sta. Le cose cambieranno dopo la finalizzazione del progetto incentrato intorno al bacino idrografico del Padez, con alta probabilità già entro il 2027. L'iniziativa è stata accolta con estremo favore dai comuni primi beneficiari, in testa Ancarano, Isola, Capodistria e Pirano. Si tratta «di un passo non solo importante per le forniture idriche in Istria, ma anche dell'inizio della soluzione di una delle questione chiave per la sicurezza nazionale», hanno spiegato le autorità locali in un comunicato congiunto. Ma sul piede di guerra, informano i media di Lubiana, ci sono in particolare molti residenti dei paesini nell'area dei colli Birchini (Brkini), dove i corsi d'acqua fulcro del piano d'intervento saranno interessati dalle opere di sbarramento per la realizzazione dei bacini. Residenti che da anni chiedevano di puntare sull'opzione B, ossia il collegamento di bacini già esistenti. E che annunciano proteste, con una marcia in programma già oggi nella valle del Suhorca. «Faremo di tutto per fermare il progetto» nella speranza di costringere il governo a fare marcia indietro, ha promesso l'iniziativa locale "Difendiamo i Birchini", che ha evocato danni ambientali enormi per l'area. Governo e ministero dell'Ambiente «hanno chiaramente dimostrato di non avere a cuore se un habitat naturale perfettamente integro viene irreversibilmente devastato, se ecosistemi vengono distrutti», ha dichiarato Mario Benkoc, di "Difendiamo i Birchini". Ma ripercussioni negative secondo gli oppositori del progetto potrebbero impattare persino sul Parco delle Grotte di Skocjan (San Canziano), una delle meraviglie protette dall'Unesco fin dagli Anni Ottanta.
Stefano Giantin
Lubiana mette al bando la plastica monouso - Multe salate per chi sgarra Il nuovo regolamento
Lubiana. Anche la Slovenia recepisce la cosiddetta "Direttiva Sup" (Single use plastic), inserendo dunque nella propria legislazione nazionale le nuove regole europee che mirano a ridurre drasticamente l'utilizzo della plastica monouso. Lo fa mettendo al bando la vendita di una lunga serie di oggetti di uso comune, fatti di plastica e utilizzabili una sola volta, escludendone pochissimi dalla lista di proscrizione. Il governo di Lubiana ha così deciso di vietare, con un regolamento ad hoc, posate di plastica, piatti e cannucce dello stesso materiale, ma anche i cosiddetti cotton fioc per le orecchie, esclusi quelli utilizzati in ambito medico. Off limits in Slovenia saranno a breve anche i bastoncini di plastica per mescolare liquidi o cibi, esclusi quelli usati nell'industria. Svariati prodotti monouso che contengono plastica potranno invece rimanere in commercio. Fra questi, alcuni tipi di assorbenti, fazzoletti umidificati, filtri per tabacco, tazze, ma i produttori dovranno adeguare le etichette, specificando chiaramente come i consumatori debbano smaltirli correttamente dopo l'utilizzo e invitando i compratori a comprendere l'importanza del riciclaggio. Vietati, dopo che la normativa slovena entrerà in vigore - quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale nazionale - anche imballaggi per alimenti e bevande in polistirene espanso e gli articoli in plastica di tipo oxo-degradabile. Severe le multe previste per chi non rispetterà le nuove regole: si va fino a 15mila euro per le imprese e fino a 5mila per i proprietari di negozi. La direttiva europea sulla plastica monouso è stata adottata nel marzo del 2019 ed è stata recepita in Italia a inizio luglio. Mira a ridurre l'uso di plastica, ponendo un freno all'inquinamento dilagante in particolare nei mari. Si calcola che siano oggi 150 milioni le tonnellate di plastica finite negli oceani, ed è una quantità che potrebbe triplicare entro il 2040 se non saranno prese misure draconiane di contenimento.
st.g.
Fra impianti eolici e strutture a gas avanti piano verso l'addio al carbone
Dal Montenegro alla Romania, molti i progetti annunciati dai governi per arrivare all'energia pulita
Belgrado. I costi economici, sociali, ambientali, di salute pubblica sono pesanti. Enormi sono le pressioni da parte della società civile locale, di Ong internazionali e pure dell'Unione europea, anch'essa toccata da impianti obsoleti le cui emissioni arrivano a migliaia di chilometri di distanza. E così ampie aree dei Balcani si muovono per dire addio, nel giro di qualche anno, a carbone e vecchie centrali elettriche alimentate a lignite. È quanto suggeriscono svariate tessere di un complesso mosaico che si sta pian piano ricomponendo nella regione. Un puzzle che, nel giro di poco più di un decennio, dovrebbe vedere i Balcani "ripuliti" dall'alone nero del carbone. È quanto intende ad esempio fare il Montenegro che è entrato nella Powering Past Coal Alliance (Ppca), organizzazione che comprende 122 Paesi, regioni e città di tutto il mondo, impegnata a spingere sull'acceleratore della transizione energetica. Il Montenegro ha evocato l'uscita dal carbone entro il 2035, forse già nel 2030, e l'ufficialità dovrebbe arrivare a breve, una volta completato il piano energetico nazionale, hanno informato i media locali. Il passo è stato lodato dagli attivisti ecologisti dell'organizzazione Green Home, che hanno ricordato che la Comunità energetica ha lanciato in primavera una procedura d'infrazione contro Podgorica, proprio perché continua a funzionare la super-inquinante centrale termoelettrica di Pljevlja. Chiuderà o sarà trasformata in impianto più verde «molto probabilmente nel 2030», ha comunicato nei giorni scorsi il premier montenegrino Zdravko Krivokapic. Ci sono «forti pressioni» europee in questo senso e a favore della «transizione verde» anche nei Balcani extra-Ue, ha confermato lo stesso ministro delle Finanze Milojko Spajic, promettendo che il governo penserà ai lavoratori che potrebbero ritrovarsi a piedi dopo l'abbandono del carbone e il passaggio a fonti di combustibili meno inquinanti, ad esempio gas o biomasse, dando nuova vita alla centrale di Pljevlja. Ma a muoversi non è solo Podgorica. Anche a Skopje si parla di mettere in soffitta il carbone, quanto prima. L'anno-chiave, ha specificato il premier macedone Zoran Zaev, dovrebbe essere il 2028, trasformando la piccola ex repubblica jugoslava nella prima nella regione a dire addio all'energia sporca. Fino a quell'anno Skopje si impegnerà a «costruire impianti fotovoltaici, con una capacità combinata di 1.600 Mw e impianti eolici - forse in cooperazione con Albania e Bulgaria - per 600 Mw, coprendo così circa un terzo del fabbisogno nazionale. E passi positivi si registrano anche in Paesi Ue che, per la transizione energetica, potranno contare sui fondi del Recovery. La Romania lavorerà per fermare l'estrazione di carbone entro il 2032 e, nel frattempo, archivierà le centrali inquinanti sostituite da altri impianti, per una spesa di circa 30 miliardi di euro. Intanto la Bulgaria secondo i media locali sta valutando, sempre contando sulle risorse di Bruxelles, di trasformare in impianti a gas le centrali più nocive, entro il 2025-26.Non tutte le ombre sono però fugate. La Bosnia va avanti col mega-progetto della centrale a spinta cinese di Tuzla, ma registra problemi a causa dei passi indietro di General Electric. E poi c'è la Serbia, ricca di lignite. Il presidente Aleksandar Vucic ha detto che chiuderà le sue centrali solo quando lo farà l'altrettanto inquinante Polonia, ossia non prima di qualche decennio. E sicuramente non prima del 2049.
Stefano Giantin
Economia green a Trieste - L'idrogeno come volano - (Roberto Morelli)
E se fosse l'idrogeno la chiave del futuro di Trieste e della regione? Se nel volgere di alcuni anni il capoluogo diventasse un punto di riferimento europeo per l'energia verde stimolata (e lautamente finanziata) dal Recovery Plan, attirando innovazione e imprese? Il disegno è solo abbozzato. Se ne parla con prudenza e a frammenti, ché in Italia ogni progetto ambizioso incardinato (anche) su fondi pubblici suscita immediate ostilità: e più ambizioso il piano, più acrimonioso il rigetto. Ma il potenziale punto d'arrivo a lungo termine s'intravede: un centro d'eccellenza per lo studio, la produzione e lo stoccaggio di energia a idrogeno. Non è detto che accada: molti tasselli dovrebbero andare a posto. Ma se accadesse, darebbe slancio straordinario all'economia e all'identità della nostra area. L'idrogeno "verde" quale fonte energetica è ancora difficile da produrre e poco sfruttato, e però ha molti vantaggi: è l'elemento più abbondante del pianeta, è facilmente (e a lungo) stoccabile e trasportabile, non produce anidride carbonica, può derivare da fondi rinnovabili come il sole e il vento, può decarbonizzare l'industria pesante, è utilizzabile con progressività e in forma ibrida con il gas naturale. A oggi vediamo molte tessere di un puzzle non ancora composto. La Snam - tra i primi player mondiali d'infrastrutture energetiche - ha annunciato a margine del G20 la nascita in Area di Ricerca di un Hydrogen Innovation Center, volendo aggregare imprese, atenei e centri scientifici per lo sfruttamento dell'idrogeno. Alcuni mesi fa la Snam e la Regione avevano firmato un accordo per la transizione energetica in Fvg attraverso lo stesso idrogeno e il biometano. La Ferriera sperimenterà due elettrolizzatori per la produzione di quest'elemento (primo passo timido, poiché il processo non elimina carbonio, ma pur sempre un primo passo). Il possibile nuovo laminatoio di Danieli e dell'ucraina Metinvest a Trieste, se mai sorgerà, sorgerà nel medesimo contesto. Fincantieri si propone di realizzare con la stessa Snam la prima nave da crociera al mondo alimentata a idrogeno. E poi, anche e soprattutto, c'è il porto con il presidente D'Agostino, la cui capacità di visione è probabilmente il vero propulsore del progetto. L'intera rinascita dello scalo ruota su una sua intuizione semplice quanto fenomenale: per la crescita del porto, quel che conta meno è proprio il porto. Conta il sistema che da esso s'innerva: i grandi spazi a terra, la rete ferroviaria che lo circonda, i benefici per le imprese. E in futuro, magari, la produzione, distribuzione e sfruttamento di energia: non solo per l'elettrificazione delle banchine a idrogeno, che è l'uovo oggi, ma anche e soprattutto per la potenziale installazione di pannelli fotovoltaici a mare, che è la gallina domani, facendo dello scalo un grande centro di stoccaggio di energia "verde". Energia che già oggi le imprese cercano con fame insaziabile, perché in grado di abbattere le loro emissioni di carbonio e di alzarne il valore, l'immagine e l'impatto sociale, in una parola la sostenibilità. Ecco perché l'importanza del progetto Snam va molto al di là della pur ragguardevole finalità d'innovazione: se la scintilla si sprigiona, sarà il più grande fattore d'attrazione d'impresa che Trieste abbia conosciuto dal dopoguerra. Senza timore di esagerare: forse per la prima volta dall'era asburgica, lo sviluppo della città è guidato da una strategia coerente, non potendosi ritenere tale lo sviluppo riparatorio delle partecipazioni statali nel dopoguerra. Una strategia che lega posizione geografica, partner (il porto di Amburgo), vantaggi trasportistici, benefici doganali, qualità naturali e ora la transizione energetica. Tutto troppo bello, troppo grande, troppo ambizioso? Conosciamo il disagio di sognare nel mezzo di una realtà di esercizi commerciali chiusi, mascherine da indossare, aziende in crisi, cassa integrazione che argina i licenziamenti. Ma il futuro è meno lontano di quanto sembri, se solo abbiamo la capacità di vedere il mosaico dietro le tessere sparse, e il coraggio di crederci.
SEGNALAZIONI - Ambiente - I disastri di Muggia
La cura dell'ambiente sembra ricorrere nei programmi di molti di quei candidati sindaco e aspiranti politici già attivi da cinque anni nell'amministrazione muggesana. Senza menzionare la questione del laminatoio a caldo della Metinvest già in parte approvata da chi ora si erge a paladino di opposizione, sembra che le belle addormentate solo ora in occasione delle amministrative si risveglino propugnando la lotta contro la distruzione del verde. Ma ci chiediamo dove erano quando gli ippocastani centenari del teatro Verdi, di cui molti recuperabili, col beneplacito del proprietario del bar, sono stati eliminati e sostituiti con lecci che di ombra ne offriranno ben poca per anni: il bar ha chiuso e i cittadini, anziani e mamme con bimbi, hanno rinunciato a un servizio di cui godevano almeno dal dopoguerra. I maestosi pioppi di via della Luna, quelli di via di Trieste, per lo più sani, sono caduti sotto la scure della ditta incaricata dal Comune. Si aggiungono recentemente i quattro pini sani di settant'anni della scuola media N. Sauro: le sue fronde "offendevano" la sensibilità del corpo insegnante! Un ultimo regalo senza che nessuno in Consiglio si opponesse a questa amministrazione: la capitozzatura, in periodo non consono, degli alberi di via Roma, di cui due sicuramente monumentali, via D'Annunzio, e i famosi tigli centenari di via dei Mulini e RioStorto che né quest'anno né nei prossimi potranno fiorire. Ormai di alberature vetuste o di pregio a Muggia ne son rimaste ben poche e tutte comunque brutalmente potate. Il Fugnan, uno dei pochissimi corsi d'acqua che ha la cittadina, seppellito dalle amministrazioni degli anni cinquanta-sessanta per lo più lungo l'ex via dei Berzulla e via D'Annunzio per far posto all'edilizia e al campo sportivo, ad ora risulta avere acque inquinate, nonostante l'intervento di Goletta Verde di Legambiente. Problema non risolto, sebbene siano stati trovati valori fortemente inquinanti come batteri coliformi ed enterococchi con valori superiori all'anno scorso. Un altro disservizio: l'invasione da decenni di pappataci in via D'Annunzio, un problema per scuole materne, primarie e medie, e che impediscono al cittadino di usufruire del suo giardino, e, a finestre chiuse, lo obbliga a rinchiudersi in casa per il periodo primaverile ed estivo, forzato all'uso smodato dell'impianto di climatizzazione. Nessuna richiesta da parte del Comune e Consiglio di estendere l'esame delle acque marine anche presso il Molo Balotta e la foce del Rio Ospo dove alcuni cittadini continuano a bagnarsi, nonostante il divieto e la mancanza di controlli. Legambiente e il Comitato Muggiambiente si sono rivolti al Comune con la proposta di assunzione di un agronomo, o perito che regoli con un'esperta valutazione la questione ambientale. L'attuale amministrazione ha accolto con favore la proposta che ci auguriamo però si realizzi in tempi brevi. Tante buone intenzioni da molti candidati delle liste elettorali, ma se dal mattino si vede il buongiorno, poche speranze possono nutrire i muggesani per una gestione ambientale che continua a rendere Muggia dal dopoguerra un lago di cemento.
Giuliana Corica
IL PICCOLO - VENERDI', 20 agosto 2021
Museo del mare in Porto vecchio - gara da 22 milioni, bando pronto
È il più importante appalto del terzo mandato Dipiazza: le proposte sono attese per il 4 ottobre e dovranno concretizzare il progetto di Vazquez Consuegra
Dopo un quinquennio preparatorio, il Museo del mare al Magazzino 26 in Porto vecchio si approssima alla prova decisiva: salvo improvvisi cambi di programma, venerdì 27 il Comune pubblicherà sul proprio sito il bando di gara per l'appalto dei lavori correlati al progetto dell'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra. Il criterio adottato è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Le imprese interessate dovranno inoltrare le proposte entro lunedì 4 ottobre, il giorno seguente le buste verranno aperte, eppoi inizierà il loro esame che durerà non meno di un paio di settimane. Arrivo e apertura delle offerte coincidono curiosamente con la conclusione del primo turno elettorale per il rinnovo della civica amministrazione. Si tratta dell'appalto più importante, sotto il duplice aspetto quantitativo e qualitativo, del terzo mandato Dipiazza: compresa l'Iva al 10%, sono in palio lavori per quasi 22 milioni di euro. La determina a contrarre, firmata dalla dirigente e "rup" Lucia Iammarino, elenca con minuzia tutte le attività edili e impiantistiche previste. Da questa partita restano fuori 13 milioni di euro, che in buona parte riguardano l'allestimento museale, gli incarichi allo staff dei progettisti e ai verificatori, le commissioni giudicatrici. In complesso il ministero dei Beni Culturali ha stanziato per la realizzazione di questa opera 33 milioni. Sull'inizio dei lavori gli uffici comunali tendono a una comprensibile prudenza. L'ipotesi ritenuta più realistica suggerisce l'inizio del prossimo anno, con chiusura del cantiere tra il 2025 e il 2026. In origine il bando di gara avrebbe dovuto essere approntato entro il 31 marzo scorso, ma l'effetto Covid e il serrato confronto con la Soprintendenza sul disegno di Vazquez Consuegra hanno allungato i tempi. Opportuna una rapida cronologia degli eventi più significativi, che hanno sequenziato i cinque anni propedeutici alla gara. Il finanziamento viene deciso in sede Cipe (governo Renzi) durante il 2016 ed è seguito dall'accordo operativo dell'ottobre 2017 tra governo, Regione, Comune, Autorità portuale: sono in tutto 50 milioni, 33 destinati al museo, 14 ai lavori di infrastrutturazione (strade, gas, acqua, elettricità), 3 al recupero della gru Ursus.Per individuare un nome di prestigio che firmi il progetto museale, nel 2019 il Comune lancia una gara internazionale alla quale partecipano griffe illustri dell'architettura: David Copperfield, Rem Koolhas, gli italiani Susanna Scarabicchi e Alfonso Femia sono tra i partecipanti alla lizza. La spunta, con il supporto di un'offerta economica competitiva, il sivigliano Vazquez Consuegra, noto al pubblico italiano per aver ristrutturato a Genova Galata, sede del museo del mare. Gli danno una mano la modenese Politecnica, la fiorentina Consilium, la pordenonese Cooprogetti, il romano Filippo Lambertucci, la trevigiana Monica Endrizi, le triestine Mads, Re.Te., Sgm consulting. Durante il 2020 la cordata Consuegra consegna il progetto, sul quale la Soprintendenza eccepisce la presenza, ritenuta troppo invasiva, di una torretta di vetro sopra il "26": l'architetto andaluso, di malavoglia, accetta il taglio che toglie originalità a un progetto già fortemente compresso dall'indirizzo conservativo imposto dal committente.
Massimo Greco
Scarsa sintonia tra paesi sulle politiche ambientali
Relativamente ai cambiamenti climatici in atto, si fa sempre più forte il convincimento che sia l'azione, non razionalmente definita, dell'uomo ad essere la principale causa di inquinamento e di innalzamento delle temperature. È il convincimento recentemente espresso in un rapporto scientifico dal Comitato intergovernativo dell'Onu (Ipcc). Gli studiosi ritengono che il fenomeno abbia una natura dinamica, per cui diverrebbe necessario ridurre gradualmente il tasso di crescita dei gas serra, con particolare attenzione all'anidride carbonica. Si tratta di una questione di cui si discute da anni seguita da reiterati impegni dei vari governi a ridurre l'espansione dei gas serra, sebbene non raramente si tratta di impegni formali ma debolmente sostanziali. Non va dimenticato che i diversi Stati del mondo vivono di fatto una perenne competizione economica condizionata da alcune consapevolezze collettive. Una di queste è che le politiche per la salvaguardia dell'ambiente, soprattutto durante il loro avvio, possono avere ricadute economiche negative sulle economie meno sviluppate. Un'altra consapevolezza sta nel fatto che, proprio la ricerca di fonti energetiche alternative a quelle tradizionali, sollecita i paesi economicamente più forti ad accaparrarsi la maggior quota di fonti energetiche ritenute meno pericolose per l'ambiente. Ne è testimonianza l'atteggiamento di molti governi a favore delle automobili elettriche che più facilmente possono permettersi i cittadini dei paesi ricchi talché ineluttabilmente, accanto al gruppo dei paesi ricchi si consolida il gruppo dei paesi poveri a maggior propensione all'inquinamento. A questo punto mi sembra opportuno fare riferimento agli studi di Elinor Ostrom (Nobel per l'economia nel 2009) che vertono sulla governance dei beni collettivi che possono essere governati mediante regole vincolanti o che possono essere governati partendo dal presupposto che siano liberi. A ben guardare molte popolazioni ritengono che vari beni naturali siano liberi, tanto da essere consumati senza preoccuparsi della loro sostituibilità. Malgrado gli impegni formali dei governi tali beni vengono consumati al di là degli impegni precedentemente presi, sia dagli Stati ricchi che dagli Stati poveri. La Ostrom ha chiamato tale situazione "il dramma dei beni comuni" in quanto, fino a che è possibile, gli Stati tendono a consumare i beni comuni senza porsi dei limiti o, se si vuole, fino a che non intervengono vincoli rispettati nell'uso delle risorse naturali. Come si vede le questioni aperte sono molte e significative. Oggi i paesi europei tendono a porre dei vincoli nel consumo dei beni naturali collettivi, il che è meritorio. Tuttavia, se il rispetto dei beni naturali non diventa un fenomeno culturale a livello mondiale è ben difficile che uno Stato potenzialmente anche ambientalista adotti misure rispettose dell'ambiente se gli altri Stati non lo fanno. -
Maurizio Mistri
La scrittrice Sara Segantin ottiene il premio Trabucco per l'ambiente
Il riconoscimento del Comune di Peschici al Gargano Studentessa all'ateneo cittadino, è autrice del libro "Non siamo eroi"
La narratrice ambientale e autrice del libro "Non siamo eroi" Sara Segantin, triestina d'adozione e iscritta alla XXX Ottobre tra i "Grembani", i giovani della sezione triestina del Club Alpino Italiano ha ottenuto il "Premio Trabucco - in difesa dell'ambiente". Il riconoscimento le sarà conferito oggi a Peschici, comune del Foggiano all'interno del Parco Nazionale del Gargano. La 24enne di Cavalese non nasconde la propria emozione. «Sinceramente non me l'aspettavo - confessa - e ne sono davvero felice: conferimenti di questo tipo ti danno la forza di andare avanti con maggiore speranza. Al di là del premio, sono occasioni per creare rete e constatare che ci sono altre persone che si stanno impegnando concretamente». Da poco ha concluso gli studi a Trieste, dove ha vissuto per 5 anni e dove vorrebbe tornare a vivere, laureandosi in lingue e letterature straniere e turismo culturale. «Trieste è diventata un po' la mia città: è davvero unica perché ha tutto. E a me, che amo l'avventura, offre tantissime possibilità. È un piccolo gioiello, anche di fermento culturale e scientifico, una delle città più belle del mondo». La montagna è dentro di lei. «Sono nata sulle Dolomiti e vivo di storie: mi piace viverle prima ancora di raccontarle. La montagna è avventura nel senso di esplorazione, conoscenza e scoperta nel segno del rispetto. La XXX Ottobre è stato il luogo dove ho incontrato quelle che sono diventate le persone più care che ho al momento. Trieste mi ha dato la possibilità di sviluppare anche questa passione, tra grotte, arrampicate e sci alpinismo e incontrare persone che mi hanno fatto scoprire il tesoro segreto delle Alpi Giulie, così vicino e spesso sottovalutato». Rifiuta il termine ambientalismo. «Qui si tratta di sopra vvivenza della civiltà umana: la crisi climatica riguarda tutti e ognuno può dare il suo contributo pensando in modo diverso e sentendosi parte dell'ecosistema e non separato da esso, altrimenti rischiamo di collassare». Numerose le iniziative che la vedono protagonista. «Ora stiamo portando avanti il progetto "United Mountains of Europe" per far comprendere che la comunità montana dev'essere unita in questa transizione ecologica».
G.t.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 agosto 2021
Lignano tra le 10 città italiane con la raccolta rifiuti più cara
La località balneare ha un esborso molto alto a causa delle tante presenze estive In Fvg importo medio di 105 euro pro capite. Nel capoluogo la differenziata non decolla
Pochi abitanti nel corso dell'anno e una montagna di rifiuti durante la stagione turistica, che porta con sé gli incassi per albergatori e ristoranti, ma pure i costi necessari a smaltire l'immondizia prodotta dai villeggianti. E così Lignano occupa il nono posto a livello nazionale dei Comuni che più spendono per la nettezza urbana in proporzione ai suoi circa settemila residenti. Sono i territori a vocazione turistica quelli che primeggiano nella classifica della spesa pro capite, proprio per il grande sbilancio tra le presenze stabili e quelle temporanee di chi arriva per le vacanze. Secondo i dati diffusi da Openpolis, Lignano ha speso nel 2019 la cospicua somma di 5,9 milioni: diviso 6.948 residenti fa 872 euro a testa. Per apprezzare la differenza rispetto a situazioni senza sbalzi stagionali, Villesse è seconda nella classifica del Friuli Venezia Giulia con 264 euro per residente. Mediamente in regione il costo per abitante è di 105 euro: meno dei 139 della media nazionale, più dei 68 del Veneto. La somma non è quella imputata ai cittadini attraverso il pagamento della Tari, ma il rapporto fra residenti e costo sostenuto dal municipio per il servizio di raccolta, trattamento e smaltimento. Continuando a scorrere la graduatoria si trova al terzo posto il piccolo comune friulano di Pulfero (196 euro per abitante), seguito da Tarvisio (195) e Dolegna (190). Le città riescono a risparmiare qualcosa: Trieste spende 162 euro per ognuno dei suoi 200 mila abitanti (3,3 milioni di euro in totale), Gorizia 156, Pordenone 124 e Udine 116. I cittadini possono facilmente confrontare la cifra con quanto richiesto annualmente dalla propria amministrazione attraverso la tassa sui rifiuti. Fra le città italiane sopra i 200 mila abitanti, Trieste è quella che spende meno assieme a Verona. In testa ci sono il complicato servizio dei rifiuti di Venezia (465 euro pro capite) e poi quelli di Genova (324), Roma (273), Firenze (234) e Torino (230). La gestione dell'immondizia è uno dei principali campi d'azione di un'amministrazione comunale e un tema sempre caldo nel dibattito locale, che negli ultimi anni ha avuto i picchi maggiori a Udine e Muggia, in entrambi i casi per la scelta dei sindaci di introdurre la raccolta differenziata porta a porta. A Trieste riemerge ciclicamente la discussione sulla presenza del termovalorizzatore, che in passato si sarebbe chiamato più prosaicamente inceneritore: avversato dagli ambientalisti, ma impiegato senza distinguo dalle amministrazioni di centrodestra e centrosinistra. In Italia ogni anno un abitante produce 499 chili di spazzatura, non molto meno della media europea di 489. Fra i capoluoghi, i triestini consumano un po' meno: 472 chili, mentre in vetta di sono i catanesi, che gettano nel cassonetto 713 chili di immondizia all'anno ciascuno. Il valore aggiunto in termini di impatto ambientale lo fa la raccolta differenziata. Gli obiettivi europei avevano stabilito che l'Italia arrivasse al 65% di raccolta differenziata entro il 2012 ma, a sei anni di distanza (gli ultimi dati sono del 2018), l'asticella è arrivata attorno al 60%. L'obiettivo è ad ogni modo raggiunto in Fvg, che conta il 66,6% contro il 73,8% del Veneto primo in classifica. La Sicilia è all'ultimo posto con il 29,5%. In regione Trieste ha la poco invidiabile maglia nera fra i capoluoghi di provincia: la città arriva al 41%, come riportato dal sito del Comune.
D.D.A.
In tempi di smart working meno carta nei cassonetti
I dati di AcegasApsAmga sul riciclo evidenziano a Trieste una diminuzione del 6% Con gli uffici chiusi si risparmiano tonnellate di documenti, fogli, scatoloni e imballaggi
Trieste. In tempi di smart working, con uffici e sportelli chiusi, cala sensibilmente il consumo della carta che finisce nei cestini. Lo rivelano i dati sulla produzione e la raccolta dei rifiuti elaborati da AcegasApsAmga. Dall'analisi dei numeri riferiti agli ultimi tre anni emerge infatti una chiara tendenza "green": da gennaio a luglio 2021 si è consumato e gettato il 5% di carta in meno rispetto al 2020 e il 6% in meno rispetto al 2019. Più precisamente nei primi sette mesi di quest'anno, si sono raccolti circa 5mila tonnellate di carta, contro le 5.330 tonnellate raccolte nei primi sette mesi del 2020 e le 5.500 tonnellate del 2019. In realtà, rileva la multiutility, l'uso della carta ha iniziato a calare in maniera elevata a partire da aprile 2020, quando in molti uffici si è diffuso lo smart working: i rifiuti di carta e cartone sono diminuiti del 18% passando dai circa 784 tonnellate nel 2019 a 642 nel 2020. Un trend che continua anche nel 2021: a maggio si è raccolto il 5% di tonnellate in meno di carta rispetto al 2020, -18% rispetto al 2019. A giugno il - 19% rispetto al 2020 e il - 12% rispetto al 2019. A luglio ancora -11% rispetto al 2019 un leggero aumento rispetto al 2020 (+7%).Proprio questi dati quindi indicano come causa di questa svolta "green" nell'uso della carta l'aumento della digitalizzazione della popolazione, soprattutto da quando lo smart working da casa è diventato comune, facendo risparmiare agli uffici tonnellate di carta tra documenti, cartoni e imballaggi, stampe non necessarie e via dicendo. Inoltre, da marzo 2020 molti altri processi che richiedevano documenti cartacei si sono trasformati in digitali e online. Un trend che sicuramente ha fatto bene all'ambiente. Sempre a livello di raccolta differenziata, i dati AcegasApsAmga dimostrano anche un altro trend interessante: è in costante aumento la raccolta di vetro e lattine. Nel 2021, infatti, nel trimestre di maggio-giugno-luglio si sono raccolte 1.735 tonnellate di rifiuti in vetro, contro le 1.628mila raccolte nel 2020 e le 1.575 del 2019. Un dato legato anche alla ripresa dell'attività di bar, ristoranti e locali.
Il Lisert allargato con 12 caselli «A rischio il bosco di Sablici» - l'associazione Rosmann
Da sempre molto preoccupata dall'impatto dell'allargamento della barriere autostradale del Lisert, dopo Legambiente anche l'Associazione ambientalista Rosmann si dice delusa e indignata per «il disinteresse e la scarsa attenzione al territorio delle istituzioni». L'associazione sottolinea come il nuovo casello «andrà a incombere, si spera non intaccandolo direttamente, sul pregiatissimo bosco umido di Sablici». La Rosmann ritiene quindi che sarebbe opportuna almeno la collocazione di barriere fonoassorbenti nel tratto carsico compreso tra il Parco comunale di Monfalcone e la Riserva regionale di Doberdò e Pietrarossa, per ridurre l'impatto del traffico su aree naturali protette di grande bellezza e molto frequentate. Un intervento che seguirebbe quello già effettuato da Autovie Venete lungo il tratto di autostrada libero nel territorio di Duino Aurisina. L'associazione ricorda di aver richiesto negli anni, a più riprese, di liberalizzare il tratto autostradale dal casello del Lisert a Villesse o a Redipuglia. «In questo modo il traffico di attraversamento della città, sia di camion che di automobili, poteva trovare una giusta soluzione - aggiunge il presidente dell'associazione, Claudio Siniscalchi -, con buona pace per l'inquinamento e i problemi annessi. Senza contare la disponibilità di spazio che questa soluzione poteva riservare». Scorrendo le iniziative in cui l'argomento è stato discusso, l'associazione rileva come già nel 2003, quindi 18 anni fa, ne aveva parlato con i candidati consiglieri regionali di vari colori politici. «Venuti a conoscenza del progetto di ingrandire il casello del Lisert, avevamo ottenuto un incontro con il presidente e diversi tecnici dell'allora Autovie Venete - aggiunge Siniscalchi -, che dopo averci illustrato il progetto giudicarono impraticabile la proposta di liberalizzare i circa 20 chilometri tra Lisert e Villesse, soprattutto per motivi economici. Eppure In molte parti d'Italia non si paga l'autostrada per chilometri e chilometri» .L'associazione si chiede, visti i potenziali impatti dell'intervento, perché si voglia fare «a tutti i costi» l'ampliamento della barriera del Lisert con dodici nuovi caselli. Insomma, la Rosmann ribalta la questione che non è tanto quella dei ristori al territorio o del pedaggio dal cui esentare i pendolari del territorio, bensì le ricadute sul bosco umido di Sablici. Oltre il traffico e lo smog che andrà a pesare sulla Bisiacaria, come denunciato dai sindaci, durante i lavori.
LA. BL.
Il gruppo Tosto punta sull'idrogeno Impianto da 80 milioni allo studio
L'attuale sede dell'ex Depositi costieri ha bisogno di ulteriori spazi: «Dialogo con l'Autorità portuale»
Ci sono buone probabilità che vi sia anche l'idrogeno nel futuro di Seastock, l'azienda del gruppo abruzzese Tosto che ha acquisito Deposito costieri dopo le vicissitudini giudiziarie. Ne ha fatto esplicito riferimento Luca Tosto, amministratore unico della società specializzata nelle apparecchiature "critiche" per i comparti oil & gas, chimici, petrolchimici. «Stiamo lavorando a un'ipotesi progettuale mirata alla realizzazione di impianti per nuovi prodotti, tra cui l'idrogeno - ha detto l'ingegnere - si tratta di un'operazione decisamente ambiziosa per un valore orientativo di 80 milioni di euro, destinata a svilupparsi nei prossimi 4-5 anni». «Il concretarsi di questa prospettiva - ha ripreso Tosto raggiunto al telefono - dipende molto dalla disponibilità di nuovi spazi e dalle risposte che otterremo dagli interlocutori istituzionali, in primo luogo l'Autorità portuale e la Regione Fvg». Tosto non entra nel dettaglio su cosa intenda per "nuovi spazi", ma la contiguità con le aree ex Esso potrebbe far pensare a un recupero di quella porzione a mare, proprietà dell'Autorità, abbandonata ormai da decenni. Inoltre a inizio agosto Snam ha annunciato la creazione di una sede a Trieste del suo centro nazionale per l'innovazione sull'idrogeno: il tema, dunque, è di giornata. E comunque Seastock si sta muovendo indipendentemente da questo scenario. Nel breve periodo - ha infatti aggiunto l'imprenditore chietino - il gruppo investirà nell'acquisto triestino 10 milioni per l'ammodernamento delle strutture esistenti. «Stiamo risolvendo il problema della carente distribuzione su gomma e raddoppieremo la zona di carico - precisa Tosto - e stiamo provvedendo a migliorare le condizioni dei serbatoi di stoccaggio, realizzando, in anticipo rispetto ai termini di legge, il cosiddetto "doppio fondo"». A questo punto può essere utile rammentare che il complesso ex Depositi costieri opera con 26 serbatoi in grado di contenere 130.000 metri cubi di combustibile tra gasolio e nafta. Posizionato in via del rio Primario a due passi dalla Risiera, sorse nel 1986 sostituendo il vecchio scalo di San Sabba. Dal 1991 al 2015 venne co-gestito paritariamente dall'Eni e dalla Giuliana Bunkeraggi della famiglia Napp. Il gruppo Tosto lo ha rilevato per 6,4 milioni in occasione dell'asta bandita nell'autunno dello scorso anno dal curatore fallimentare Piergiorgio Renier.I problemi di natura giudiziaria nacquero quando nel 2017 i Napp cedettero Depositi costieri alla campana Life, i cui soci furono arrestati per false fatturazioni ed evasione dell'Iva. L'inchiesta coinvolse anche Franco Napp relativamente a un mancato pagamento delle accise sul carburante, accuse peraltro sempre respinte dall'interessato. Ma la vicenda si fece sentire sull'andamento della Giuliana Bunkeraggi, che fu costretta a chiedere il concordato preventivo. A tutt'oggi restano da collocare due motonavi, la quota del 18% in Tami (la cordata privata che controlla il Terminal passeggeri), la sede sociale in via Lazzaretto vecchio. Torniamo alla nuova proprietà, perché il gruppo Tosto è un soggetto industriale di valore mondiale, che nel comparto dei serbatoi in pressione e sulla componentistica oil & gas se la vede con concorrenti come Hyundai, Mitsubishi, General Electric. Ha chiuso il 2020 senza risentire troppo della pandemia, con un giro d'affari consolidato di 200 milioni di euro e un margine operativo del 10%. Oltre mille dipendenti nei sette stabilimenti del Chietino, in aziende storiche come la romagnola Maraldi e la mantovana Belleli, nelle controllate romene. E qualche mese fa ha portato a casa dalla Russia due importanti commesse per un valore complessivo di 60 milioni di euro.
Massimo Greco
Il fenicottero prigioniero con la zampetta spezzata nella Valle Cavanata - una figura ormai diventata stabile
GRADO. Il fenicottero rosa con l'ala rotta è, per cause di forza maggiore, una figura stabile in Valle Cavanata. Ogni tanto tenta di spiccare il volo ma proprio non riesce a decollare come si deve. È costretto a limitarsi a compiere qualche salto, eseguito più che altro per spostarsi più velocemente all'interno della riserva diventata la sua casa a due passi da Grado. Quella che possiamo ormai definire l'amica di questo fenicottero, la fotografa naturalista Margitta Schiff Thomann, ne documenta praticamente ogni giorno la sua presenza. Lo segue di frequente, documentando con una serie di scatti e alimentando una splendida storia della natura e di vita animale. Causa una ferita ad un'ala, infatti, il fenicottero si trova in valle Cavanata ormai da quasi tre anni: si muove con difficoltà, è impossibilitato a seguire gli altri esemplari che migrano d'inverno verso lidi più caldi. Lui no, è costretto a rimanere in Cavanata dove, peraltro, l'inverno scorso è stata notata la presenza anche di alcuni altri fenicotteri rosa, che hanno scelto di rimanere in questa oasi, magari per poi spostarsi a mangiare da qualche altre parte della laguna. Evidentemente il clima glielo ha consentito, oppure sono rimasti a fare compagnia a quell'amico sfortunato. Ora si aspetta che qualcuno di questi fenicotteri rosa nidifichi in Valle Cavanata o in laguna: ciò vorrebbe dire che Grado e la sua zona lagunare sono diventati molto richiesti e attrattivi non solo dai turisti ma anche dagli animali migratori. Una colonia fissa annuale colorata di rosa rappresenterebbe un fiore all'occhiello e una nidificazione è attesa dagli esperti naturalisti, oltre che dalla fotografa Margitta Schuff Thomann, pronta a immortalarli con i suoi teleobiettivi, e ovviamente dal fenicottero solitario.
AN. BO.
Da animali rari ad habitué - Il caldo moltiplica i gechi nelle case e vie di Trieste
Innocui per l'uomo e veri insetticidi naturali, fino a dieci anni fa vederli in città era sorprendente Oggi invece sono numerosi come al Sud: «Inverni troppo miti, colpa dei cambiamenti climatici»
Sono innocui per l'uomo ed è pure utile averli in casa perché insetticidi naturali, ma la loro presenza rappresenta un altro segnale dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici. Sono i gechi, un tempo animali rarissimi da vedere nelle vie e i cortili di Trieste, diventati oggi estremamente numerosi, tanto da incontrarli spesso in questa calda estate 2021 anche all'interno delle case. «Non possiamo definirla un'invasione - spiega Nicola Bressi, zoologo e naturalista del museo di Storia naturale di Trieste - ma sono visibilmente aumentati molto negli ultimi dieci anni. Non sono animali sociali; gli adulti vivono in coppia, mentre sono solitari e curiosi i più giovani, tanto che non disdegnano le incursioni in casa alla ricerca di cibo». Cibo che per loro significa insetti. «Sono ghiotti di tarme, blatte (i "bacoli" in triestino) e scarafaggi». Meno di zanzare, anche se per questo non è necessario sfatare il mito secondo il quale i gechi sono formidabili "killer" di questi fastidiosi insetti estivi. «Le zanzare le mangiano ovviamente quando sono appoggiate al muro, perché quando volano per loro è impossibile catturarle». A Trieste, come detto, fino a pochi anni fa erano rarissimi, ma non così tanto come si potrebbe pensare. «Fino ai primi anni Duemila - prosegue Bressi - prima che si vedessero gli effetti dell'inquinamento climatico prodotto dall'uomo, molti ipotizzavano che nemmeno ci fossero delle vere popolazioni autoctone di gechi e, anzi, sostenevano che i pochi presenti fossero arrivati con le navi. Poi c'è stato un rapido aumento, ma solo in una delle due specie». Perché Trieste è l'habitat di due specie diverse di gechi. «Quella di cui si è avuta un'esplosione è la "Tarentola Mauritanica" (il geco comune, ndr.) e poi c'è il geco verrucoso, Hemidactylus Turcicus, da sempre presente nelle case del centro storico cittadino e, dai dati in nostro possesso, rimasto inalterato nel numero da un secolo a questa parte, da quando cioè nel 1925 furono visti i primi esemplari». L'altra specie invece oramai è comunissima ed è presente, oltre che in città, anche sui posti più caldi della provincia, da Duino a Muggia, passando per la Costiera. «Il motivo del loro aumento di numero sono gli inverni sempre più tiepidi - prosegue Bressi - e loro, essendo una specie tipicamente mediterranea, hanno tratto vantaggio da questo cambiamento. Una densità di gechi del genere fino a una decina d'anni fa la si poteva osservare in città dell'Italia meridionale come Napoli o Palermo, mentre già per esempio a Firenze erano più rari; nel resto del Nord Italia erano presenti saltuariamente solo nelle zone costiere. Ora invece la quantità di gechi di Trieste è paragonabile a quella di una qualsiasi città del Sud Italia». Un consiglio, infine, se li si vede scorrazzare in giro per casa. «È molto meglio farli uscire - conclude Bressi - perché se rimangono al chiuso a lungo, si disidratano».
Lorenzo Degrassi
I nascondigli - Chiusi in cantina
Il geco, rispetto ad altre specie di animali invasive come possono essere i cinghiali, le cornacchie o i gabbiani - tutti presenti in gran numero in città e sull'Altipiano - non reca alcun problema o danno all'uomo. «Anzi - spiega Nicola Bressi, zoologo e naturalista del museo di Storia naturale di Trieste - dà una mano a eliminare gli insetti dalle case essendo insettivoro. Nel corso degli inverni si nascondono nelle cantine o nei garage per poi uscire con l'arrivo dell'estate. Quello attuale (fine agosto) è il periodo della nascita dei piccoli».
Le caratteristiche - Non invasivi
«Un animale che non dipende direttamente dall'uomo difficilmente diventa una specie comune» ricorda il zoologo Nicola Bressi, parlando dei gechi. Dipendere dall'uomo e dalle sue attività, infatti, è uno dei motivi che portano all'aumento di una specie in un determinato habitat. «Tutto quello che è comune - ricorda - è invasivo, dai ratti alle cornacchie, dai gabbiani ai cinghiali. Anche la cimice asiatica o le zanzare tigre, sono tutte specie che si nutrono di rifiuti o di piante coltivate dall'uomo».
L'errore comune - «Evitare il cibo»
Come per i topi, anche nel caso dei gechi è importante non lasciare loro del cibo nelle vie o nei cortili della città. «Chi pensa di lasciare anche solo delle briciole per gli uccellini - ricorda Bressi - finisce con l'alimentare gli insetti e le blatte che così si riproducono in maggior numero. E a ringraziare di questa loro proliferazione sono i gechi, ma anche i ben più pericolosi topi. Una catena dell'alimentazione che poi diventa molto difficile da spezzare».
Le origini - Avvistati nel '25
Il primo geco trovato a Trieste è del 1925 e al tempo gli studiosi credevano che questi animali si potessero trovare solamente nella zona del porto. Da lì sorse l'idea che il simpatico animaletto fosse arrivato in città grazie alle merci sbarcate da aree più meridionali. Poi si scoprì che una specie (i cosiddetti gechi verrucosi - in foto), seppure in pochi esemplari, è sempre stata presente. «Quando si incontra un geco non c'è da avere paura - ammonisce Bressi - non va maltrattato, e se entra in casa è meglio aiutarlo a uscire».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 agosto 2021
Circoli sportivi insieme contro la plastica in mare - il progetto "aMare" a Duino Aurisina
DUINO AURISINA. Il Diporto nautico di Sistiana che installa nelle proprie strutture il Seabin, il cestino destinato all'eliminazione della plastica dagli oceani. Il Sistiana '89 che conferma l'attenzione per la tutela del mare, annunciando l'appuntamento di metà settembre per la pulizia dei fondali nella baia di Sistiana. La Pietas Julia che ribadisce l'inserimento in tutti i bandi di gara di un paragrafo dedicato alla salute del mare. Il Circolo velico di Duino che ha assicura la disponibilità a impegnarsi nelle attività di pulizia dei fondali e del porticciolo di Duino. La Polisportiva san Marco del Villaggio del Pescatore che promette l'installazione di nuovi specifici raccoglitori della plastica a mare. Le associazioni ambientaliste Fare Verde, Legambiente e Fare ambiente che comunicano la loro disponibilità a firmare un accordo per la sensibilizzazione dei propri iscritti sull'argomento. Diventa operativo il progetto "aMare Fvg", proposto dall'assessorato regionale all'Ambiente per la salvaguardia del mare, al quale ha garantito la propria adesione il Comune di Duino Aurisina, affiancato dalle amministrazioni di Monfalcone, Staranzano, Marano Lagunare, Grado, Lignano Sabbiadoro e Muggia. Il piano intende favorire la raccolta e il trattamento dei rifiuti rinvenuti in mare o nei tratti di litorale. L'amministrazione di Duino Aurisina ha organizzato un incontro per analizzare le possibili azioni di pulizia dei fondali e delle spiagge. «L'obiettivo - ha detto l'assessore, Massimo Romita - è fare sistema, attraverso il supporto della Regione». Fra una settimana è prevista la firma del Protocollo, in concomitanza con la presentazione dell'iniziativa "Mare Morje Sailing, una terra un mare da vivere".
u. sa.
Scoperta pesca abusiva vicino a Punta Sdobba - ributtati in mare 20 kg di pesce
GRADO. La Guardia Costiera per tutta la stagione estiva ed intensificato nel periodo ferragostano, ha eseguito anche un'attività di contrasto al fenomeno della pesca abusiva. A seguito di segnalazione giunta in sala operativa tramite numero blu 1530, personale militare, inviato in località Punta Sdobba, ha sequestrato un attrezzo da posta irregolare privo di segnalamento e dei previsti contrassegni identificativi, per una lunghezza di circa 100 metri, armato con 50 nasse. Nella circostanza è stato rilasciato in mare prodotto ittico ancora vivo e vitale, per circa 20 Kg. Svolte anche missioni di pattugliamento, sia in mare che a terra, per verificare il rispetto delle distanze di navigazione, delle aree riservate alla balneazione, delle norme poste a tutela dell'ambiente marino e di quelle che disciplinano la fruizione del demanio marittimo.
In vendita su eBay i sassi dell'Isonzo come souvenir della Grande Guerra
Costano 5 euro. Le spedizioni partono da Mariano. Il sindaco di Turriaco Bullian ha presentato una segnalazione all'Arma
Turriaco. Su eBay si trova di tutto. Anche i sassi dell'Isonzo, "fiume sacro alla Patria", venduti come souvenir simbolo della Grande Guerra ad appassionati, più che collezionisti forse orientati verso un altro tipo di reperti. Per averne uno, del diametro di 10 centimetri circa, a vedere le immagini dell'annuncio apparso di recente sul sito di vendita e aste online, basta sborsare 5 euro più 9 di spedizione, effettuata da Mariano del Friuli. Dove i sassi siano prelevati non è dato quindi sapere, ma il sindaco di Turriaco Enrico Bullian, a fronte della normativa in materia di beni demaniali, a scanso di equivoci ieri ha fatto partire una segnalazione, tramite la Polizia municipale, ai Carabinieri e al Corpo forestale regionale. Di certo, l'anonimo venditore, che non pare specializzato in memorabilia militari, a vedere le sue iniziative di vendita precedenti, non ha scoperto nulla di nuovo, ma solo utilizzato uno strumento più aderente ai tempi. «In realtà, quando mi sono accorto dell'annuncio, mi è venuto da sorridere - afferma l'esperto della Prima guerra mondiale, autore di numerose pubblicazioni storiche, Marco Mantini, già coordinatore delle attività del Parco tematico della Grande Guerra di Monfalcone -, perché di fatto il commercio delle "terre sacre" , raccolte nei campi di battaglia, e delle pietre dalle alture simbolo del conflitto è stato un fenomeno diffuso nella nostra zona tra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento». Appena alle spalle il conflitto, iniziò subito un percorso di sacralizzazione del territorio, attraverso la realizzazione di monumenti e cimiteri di guerra. «Gli Stati individuarono i luoghi in cui indirizzare i flussi di quanti dovevano elaborare il lutto e delle associazioni dei reduci», spiega Mantini, sottolineando come la seconda dinamica sviluppatasi dagli anni Venti sia stata quella del recupero dei beni dai campi di battaglia. «In questo contesto, di economia di sopravvivenza, si inserisce anche il fenomeno delle cosiddette "terre sacre" - racconta l'esperto -. In buona sostanza, si iniziò a vendere, nelle bancarelle, anche a Redipuglia, la terra dei campi di battaglia, raccolta in sacchetti, ai reduci, ai famigliari e ai primi turisti venuti in visita ai sacrari e alle zone di guerra». A livello nazionale dal 1919 e fino quasi alla fine degli anni Venti si creò pure il fenomeno dei "massi sacri". «Le associazioni combattentistiche chiedono di poter avere delle pietre, di una certa dimensione, dalle alture simbolo del conflitto, come il monte Grappa o il Monte Santo "di Gorizia" , per realizzare il monumenti dedicati ai caduti - spiega ancora Mantini -, mentre comitati di reduci effettuavano dei veri pellegrinaggi nei campi di battaglia per raccoglierne la terra da custodire nei nuovi monumenti realizzati all'epoca».Come un secolo fa, quindi, se il commercio dei sassi dell'Isonzo è stato avviato, «vuol dire che un interesse c'è e che questi luoghi hanno ancora un potere evocativo a oltre cent'anni dalla fine del conflitto».
Laura Blasich
La forestale: «Asportare senza autorizzazione pietre o legname dal fiume è reato» - Le critiche all'iniziativa di Legambiente
«L'asporto di materiale lapideo dai fiumi è esplicitamente vietato. Figuriamoci poi la vendita». È netta la spiegazione degli uomini della stazione di Monfalcone (con sede operativa a Gradisca) del Corpo forestale regionale. Li abbiamo intercettati sul campo per sottoporre loro il caso delle pietre dell'Isonzo vendute come souvenir sul portale web Ebay. Chiedono di non essere citati, e la loro risata (amara) a riguardo dice tutto. «Siamo arrivati a questo? È la prima volta che lo sento dire, ma ormai alle stranezze ci stiamo abituando», risponde, incuriosito dalla vicenda, un forestale isontino. Che poi si addentra negli aspetti di legge. «La ratio della normativa regionale 11 del 2015 che disciplina la difesa del suolo e l'utilizzo delle acque parla espressamente di "necessità di autorizzazione ad asportare materiale lapideo dai fiumi" da parte del Comune per scongiurare prelievi di grandi quantitativi di materiale. Cionondimeno, essa vale de relato anche per il singolo sasso. Chiaramente come tipo di infrazione rischia di essere meno appariscente, di apparire quasi veniale, ma sempre infrazione rimane. E ancor più serio è il fatto di mettere in vendita dei sassi dell'Isonzo come presunti souvenir dei luoghi sacri della Grande Guerra. Il reato tecnicamente è dunque duplice». Ai forestali della stazione di Monfalcone non è sinora mai capitato di intercettare comportamenti di questo tipo. In fondo quanto si sta a mettersi in tasca un ciottolo durante una passeggiata? «Ma se lo vedessimo - precisa la pattuglia della Forestale - come minimo alla persona chiederemmo conto del suo comportamento. Ci capita invece molto sovente di pizzicare persone che asportano illegittimamente legna». Il precedente innescherà comunque una maggiore vigilanza, nella speranza che il fenomeno non si amplifichi. C'è anche da tenere presente che, pur rientrando nelle competenze del Demanio idrico e della Difesa regionale del Suolo, un fiume lungo e poderoso come l'Isonzo qua e là si compone anche di particelle catastali private. Se il prelievo fosse avvenuto lì, per l'anonimo piazzista di souvenir lapidei non ci sarebbero ipotesi di reato. Sorride amaro anche Michele Tonzar, presidente di Legambiente Monfalcone. «Auspicabile una bella tirata d'orecchie per l'autore di questo gesto - commenta -. I problemi del territorio sono ben altri, ma sapere che qualcuno possa mercificare l'ambiente in questo modo mette tristezza. Le normative a riguardo sono chiare, per cui se vi saranno evidenze di reato andranno trattate nelle sedi opportune».
Luigi Murciano
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 agosto 2021
«Il caldo torrido, le cimici, i cinghiali: la produzione agricola è dimezzata»
L'appello del presidente della Coldiretti locale, Muzina: «Situazione molto difficile. Si creino subito bacini d'acqua»
Una strage di ortaggi e frutta, un crollo della produzione del 50% in provincia di Trieste, causato soprattutto dalla proliferazione delle cimici e dal caldo torrido delle ultime settimane. Il grido d'allarme arriva da Alessandro Muzina, presidente della Coldiretti locale, che parla di un'estate da dimenticare. E il quadro meteo che prevede l'arrivo di una perturbazione non aiuta: si teme per le raffiche di bora, che potrebbero infliggere un duro colpo alle ultime specialità mature. «La situazione è tragica - sottolinea Muzina -: in primo luogo dobbiamo fare i conti con le cimici, che hanno colpito un po' ovunque, le olive, i fichi, le more selvatiche, ma anche moltissimi ortaggi. E parliamo di coltivazioni grandi ma anche di molti orti privati. Zucchine e cetrioli, ad esempio. I fichi poi quasi non si trovano. E a questa invasione spesso si aggiunge quella dei cinghiali, che in alcune zone hanno contribuito a devastare quel poco che restava». E poi ci sono le temperature elevate, il secondo fattore ad aver messo in ginocchio il settore: «Con 38 gradi percepiti in alcune giornate - prosegue Muzina - le conseguenze sono state devastanti, basti pensare che il 40% delle susine, che qui da noi sono un prodotto diffuso, è caduto dagli alberi per il caldo. E anche gli animali - aggiunge - sono in grande sofferenza, ci sono i ventilatori nelle stalle e si segnalano cali di produzione del 40%».E non va meglio in altre regioni, dove le coltivazioni sono state colpite in alcuni casi dalle grandinate o da vasti incendi. «I cambiamenti climatici sono sempre più marcati, anche in Friuli Venezia Giulia - continua Muzina - serve fare qualcosa e presto, altrimenti la categoria sarà in costante difficoltà. Penso a soluzioni immediate, di facile realizzazione, che garantirebbero fin da subito un aiuto importante, come la creazione di bacini d'acqua, riserve stabili. Ne potrebbero beneficiare non solo gli agricoltori, ma anche i privati o i pompieri in caso di incendi, diventerebbero un bene prezioso per tutta la comunità». A confermare quanto i cambiamenti del clima stiano creando danni, ci sono anche i grandi produttori, come l'azienda Ferula, con sede a Staranzano, ma con vendita a Trieste nei mercati di Campagna Amica. «Prima abbiamo subito le gelate primaverili - ricorda Silvia Ferula - che hanno rovinato i frutti che iniziavano a svilupparsi, oltre ad alcune grandinate, poi dobbiamo fare i conti con la siccità che nel nostro caso non ha creato una diminuzione del prodotto ma costi elevati di gestione. Bagniamo tutto 24 ore al giorno, una spesa in più per macchinari, personale e naturalmente per l'acqua. Che peraltro non ha i nutrimenti della pioggia». La stessa Coldiretti nazionale ieri ha diffuso una nota sull'argomento. «L'afa e la prolungata mancanza di pioggia - si legge - hanno scottato la frutta e la verdura, impoverito i vigneti, fatto cadere olive e agrumi dagli alberi, tagliato il raccolto di pomodoro e del foraggio necessario per l'alimentazione del bestiame, seccato i terreni». E l'ondata di maltempo in arrivo sul Fvg non garantisce un sospiro di sollievo, ma preoccupa gli agricoltori, in particolare per la presenza del vento. Secondo l'Osmer, l'osservarono meteorologico regionale, oggi la bora potrebbe essere sostenuta sulla costa: «Temiamo proprio questo - conclude Muzina -, raffiche forti potrebbero far cadere anche i pomodori e quella frutta sopravvissuta finora a caldo e cimici».
Micol Brusaferro
Piante d'ulivo in affanno mentre l'uva resiste Orti privati messi ko - La panoramica fra imprese e amanti del verde
Tra le più colpite dai repentini cambiamenti climatici ci sono le piante d'ulivo, come racconta anche Bruno Lenardon, dell'omonima azienda di Muggia. «Qui da me le cimici sono ancora poche, ma la primavera è stata decisamente molto fredda, ha bruciato i fiori, e il successivo arrivo del caldo non ha aiutato. Abbiamo pochissime olive, stimo un calo del 60-70% rispetto a un anno normale. Sono numeri che sento anche da altri colleghi, che raccontano di una produzione molto bassa. Almeno quelle poche rimaste sono sane. C'è da dire poi - aggiunge - che per fortuna l'uva non ha subito lo stesso destino, certo sta cominciando a soffrire viste le temperature dell'ultimo periodo che non danno tregua, ma per il momento non c'è nessun allarme. Anche perché la perturbazione in arrivo dovrebbe allentare l'afa». Non solo grandi produzioni e coltivazioni mirate alla vendita. Il caldo ha messo ko anche molti orti privati, con piante appassite e ortaggi che non hanno resistito alle temperature elevate, in particolare nelle ultime settimane. A confermare i disagi di tanti triestini amanti del verde è Tiziana Cimolino, di Bioest e Orti Comuni Trieste: «Contiamo 350 persone nel nostro gruppo, che si occupano di un pezzo di terra, con autoproduzioni, piccoli contadini insomma, che lamentano parecchie difficoltà. Ogni anno, ad esempio, facciamo una raccolta di olive tutti insieme, per produrre olio comune, quest'anno non potremo farlo probabilmente, perché ce ne sono davvero poche. Anche sul fronte degli ortaggi, che necessitano di tanta acqua, i risultati sono scarsi. In più - rileva - molte piante sono morte a causa del caldo». Cimolino registra anche un'annata scarsa per ciliegie e fragole: «I valori sono davvero alti, le nostre piante non sono abituate a queste temperature, sono state selezionate, in passato, in base alle caratteristiche del territorio, che stanno cambiando ed è probabile che nel tempo saremo costretti a cambiare anche ciò che viene coltivato».
MI.B.
Zagabria prepara il futuro della mobilità urbana con i taxi-robot elettrici
L'ambizioso progetto da realizzare in collaborazione con la Rimac Previste anche 1.300 colonnine per la ricarica delle auto
Con i soldi del Recovery non solo fondi per le ferrovie, i trasporti, le auto elettriche. Ma anche per taxi robotizzati a Zagabria, firmati dal gioiellino croato delle super auto elettriche Rimac. Sarà questo uno degli effetti positivi più visibili dell'afflusso dei fondi europei per la ripresa e resilienza nel Paese Ue. A rivelarlo è stato il portale specializzato Balkan Green Energy, precisando come Zagabria abbia riservato circa 200 milioni di euro per un avveniristico progetto di mobilità urbana sostenibile, da realizzare con l'aiuto della Rimac. L'idea, del valore di oltre 450 milioni di euro, è quella di un sistema di taxi elettrici autonomi per la capitale croata, veri e propri "robotaxi" in grado di trasportare i passeggeri senza il bisogno di affidarsi a un autista umano. L'obiettivo è possibile, attraverso la creazione di un centro di sviluppo nella capitale da realizzare entro il 2022 così da sguinzagliare i taxi robot per Zagabria entro il 2024. Un prototipo sarebbe già pronto, ha assicurato Mate Rimac, fondatore del colosso croato delle supercar elettriche. Parliamo di un progetto «che ha grande potenziale» e potrebbe essere esportato anche in altre città, ha affermato Rimac. L'idea, ha confermato, è quella di «lanciare i veicoli autonomi nelle strade di Zagabria nel 2024 assieme all'infrastruttura necessaria» per il loro funzionamento, anche se i rischi di un flop esistono. «Se non avremo successo» nella sfida, ha detto Rimac, «perderemo tutti i soldi investiti e l'investimento fallirà: parliamo di centinaia di milioni di euro». Ma non ci sono solo i robotaxi nei sogni croati. Nel piano di Zagabria è previsto anche il finanziamento di 1.300 colonnine per la ricarica delle auto elettriche, soltanto uno dei numerosi punti di azione per rendere il Paese più verde nei prossimi decenni. E proprio "green" è stato l'aggettivo per definire il Pnrr croato, usato sia da Ursula Von der Leyen sia dal vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis.
st.g.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 16 agosto 2021
Approvata variante urbanistica a Grado: un freno al consumo di suolo
Legambiente: con l’approvazione della variante al PRGC, il Consiglio comunale di Grado mette uno stop all’inutile consumo di suolo
La recente seduta del Consiglio comunale di Grado che ha approvato la variante urbanistica che mette la parola fine ad una vicenda speculativa che ha tenuto banco almeno per un decennio, viene salutata con grande favore da Legambiente. La cancellazione definitiva di mezzo milione di metri cubi di cemento, in particolare dai progetti della cosiddetta “Zamparini city” e dalla “Sacca dei Moreri”, risparmia al territorio e alla comunità gradese una colata di cemento che, oltre a causare un consumo di suolo ingiustificabile, avrebbe modificato il paesaggio e l’assetto urbanistico dell’Isola del sole. Se l’approvazione della variante da parte dell’attuale maggioranza appariva scontata, considerando la strenua battaglia sostenuta dal Sindaco Dario Raugna e dalla lista civica Liber@ per scongiurare la realizzazione di tali urbanizzazioni ancora quando si trovava all’opposizione, fa particolarmente piacere che l’approvazione sia avvenuta anche con il voto favorevole del candidato Sindaco del centrodestra, Claudio Kovatsch. I dati sul Consumo di suolo in Italia e in FVG, pubblicati recentemente dal Rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) non sono certo rassicuranti ed è assolutamente necessario che le amministrazioni pubbliche assumano decisioni coraggiose come questa quando sono chiamate a pianificare gli interventi sul territorio che amministrano.
Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 agosto 2021
MONFALCONE - Park multipiano vicino alla piazza sì del rione Centro, no di Legambiente
Negri: «Intervento a sostegno del commercio. Praticare prezzi contenuti e lasciare liberi alcuni stalli» Tonzar: «Esiste già la struttura di via della Resistenza. Si investa invece sulla mobilità sostenibile»
Il nodo della sosta in centro, sposato alla nuova fisionomia di piazza della Repubblica e paraggi, ha fatto venire a galla, complice il voto di un ordine del giorno, il 15, nell'assestamento di bilancio che ora impegna il governo Fedriga a compartecipare finanziariamente al progetto, una nuova proposta per il parcheggio veicolare: un multipiano a tre piani fuori terra e uno interrato, per una capienza fino a 240 posti. La soluzione ha aperto, passando dal piano squisitamente politico a quello civico, il dibattito. Infatti nelle ultime ore si registra il placet del parlamentino del Centro, motivato soprattutto dai «riverberi sul piano commerciale». Purché in un contesto di «massiccio potenziamento del verde e ticket sostenibile». E pure il pollice verso di Legambiente per «un possibile incremento di flussi e smog in centro», che inoltre ribadisce la contrarietà al mantenimento della sosta al capo nord della piazza. In zona peraltro centralissima, tra le vie Rosselli, 9 Giugno e Ceriani, dietro la banca Unicredit e il comando della Polizia locale, l'ipotizzato multipiano ha intanto, nei giorni scorsi, fatto bisticciare il centrodestra sulla paternità e progressione del lavoro portato avanti sul punto, fermo restando «la piena attenzione» dell'amministrazione (copyright by Antonio Garritani, assessore all'Urbanistica). Mentre il Pd ha chiesto ieri, con il consigliere Paolo Frisenna, l'accesso agli atti e una commissione consiliare, in prima battuta accordata dal presidente Ciro Del Pizzo. Nel mentre il tema del multipiano riaffiora tra i cittadini anche per la sua ciclica ricorrenza: non è infatti la prima volta che Monfalcone accarezza il desiderio del parcheggio modello sandwich, a più strati. Né si può scordare che in effetti esistono già due multipiano sul territorio: uno a Panzano, però strettamente collegato alla produzione industriale, di fianco a Nidec e Fincantieri, per la sosta dei mezzi dei lavoratori; e quello pubblico di via della Resistenza, ormai saldamente al servizio dei cittadini da 19 anni. Con 193 posti auto ideati nel secondo mandato Persi per 1,3 milioni di euro e inaugurati dalla successiva giunta. Se queste aree si sono effettivamente concretizzate, negli anni altre pianificazioni, mosse da ex amministrazioni o su impulso dell'opposizione, sono invece naufragate. Questo il caso del park multipiano di via Marziale, di fianco al liceo: nel 2002, su queste colonne, si dava per imminente la sua realizzazione, prefigurandola nella seconda metà dell'anno, dopo l'avvenuta approvazione del progetto preliminare da parte della giunta Pizzolitto. Nonostante l'esecutivo di centrosinistra la ritenesse un'opera «fondamentale per la riuscita del Piano del traffico», niente da fare. Pure qui si parlava di project financing (l'opera era stimata in 2,9 milioni di euro), strada rivelatasi in quel caso poi impercorribile. Ma del progetto, a più riprese, si parlò anche successivamente. Quindi il park sotterraneo in piazza della Repubblica: promotore dell'idea mai realizzata ancora Giuseppe Nicoli, allora semplice esponente dell'opposizione con Forza Italia. L'azzurro, oggi consigliere regionale, la propose nell'ambito dei cantieri per il rifacimento dell'area, nel maquillage eseguito durante il Pizzolitto II e concluso nel 2007. Gran dibattito (l'allora sindaco si dichiarò invece favorevole a una proposta su piazza Unità, peraltro in contrasto con il resto della maggioranza), ma alla fine non se ne fece nulla. A dire, comunque, come il tema della sosta in centro abbia a lungo alimentato il confronto tra i partiti e le categorie, con il comparto commerciale sempre a chiedere posteggi agevoli per l'approdo alle vetrine. E così riaccade oggi: l'ultima novità del multipiano coinvolge i rioni. «La proposta del multipiano è a noi nota perché durante alcuni incontri, a partire dal 2019, ne abbiamo discusso direttamente con il consigliere Nicoli - esordisce Luciano Negri, presidente del comitato Centro -. Siamo in linea di massima favorevoli, fermo restando che dobbiamo prima vedere un progetto sulla carta. La ragione è insita nella necessità di sostenere il commercio, perché altrimenti la faccenda rischia di farsi avvilente».«Una parte degli stalli - suggerisce - andrebbe lasciata libera e l'altra a prezzo contenuto, un po' sul modello di piazza 1° Maggio a Udine, per me il più bel parcheggio della regione, con stalli larghi, dove il guidatore non deve essere una silhouette per entrare o uscire dall'auto». Negri afferma che, se realizzato, il park andrà «circondato dal verde». E in ogni caso bisognerà pure valutare le criticità di via 9 Giugno, piccola arteria che palesa i suoi deficit quando il traffico si intasa. «Per me si potrebbe, nel caso, rimuovere un lato della sosta per allargare la carreggiata», conclude. Indubbiamente gli esercenti della zona avranno da dire qualcosa in merito. Diametralmente opposto il punto di vista di Legambiente, che parla con il presidente del circolo Michele Tonzar: «Esiste già un multipiano in via della Resistenza, andrebbe implementato il servizio lì, casomai. Dotare di ulteriore sosta la parte centralissima equivale ad aumentare il traffico, mentre è sotto gli occhi di tutti come la necessità sia di andare in senso opposto, cioè investire sulla mobilità sostenibile: le bici, i monopattini elettrici, il trasporto pubblico. Specie se si pensa a un futuro legato a minori consumi per evitare scenari infuocati, come l'odierno». «Mettere un argine ai combustibili fossili e all'utilizzo del suolo, pur se qui parliamo di un'area già infrastrutturata - conclude Tonzar - è un tema difficile, ma va affrontato per preservare il territorio».
Tiziana Carpinelli
Ordinanza revocata: ok ai bagni in mare davanti alla Dama Bianca - ESCHERICHIA COLI NEI LIMITI
È tornata pienamente libera la balneazione sulla spiaggia della Dama Bianca di Duino. Ieri, Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, ha firmato la revoca dell'ordinanza di divieto, che lei stessa aveva predisposto tre giorni fa, dopo aver conosciuto l'esito dell'esame della qualità delle acque, effettuato come di consueto dai tecnici dell'Arpa. Il verbale dell'Agenzia indicava il superamento dei livelli consentiti di presenza di escherichia coli, i batteri che vivono nell'intestino dell'uomo e di molti altri animali a sangue caldo. Alla ripetizione dell'esame, che si effettua in caso di sforamento, di norma dopo 48 ore dal primo, la situazione è tornata normale, perciò oggi, Ferragosto, chi ama la splendida spiaggia di Duino potrà immergersi tranquillamente in quel tratto di golfo. Ma l'opera dell'amministrazione a tutela delle spiagge del territorio non si ferma qui. Pallotta ha contattato gli enti preposti per richiedere loro di avviare «un'approfondita indagine per individuare con precisione la causa della presenza di escherichia coli nelle acque della Dama Bianca. Anche se siamo usciti dall'emergenza - osserva il sindaco - si evidenzia comunque una eccessiva presenza di questi batteri. Mi sono rivolta alla stessa Arpa, alla Capitaneria di porto, all'assessorato all'Ambiente della Regione e ad Acegas - sottolinea - chiedendo loro una condivisione e un coordinamento delle attività di controllo e indagine. Vogliamo individuare la fonte di questa contaminazione - conclude Pallotta - facendo seguito al lavoro congiunto su questo stesso tema che abbiamo svolto l'anno scorso».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 14 agosto 2021
Dati sull'inquinamento «alterati dal meteo» - Comune di Muggia e Acegas sul report di Legambiente
Muggia. Sulle condizioni di forte inquinamento della foce del rio Fugnan, come certificato dall'ultimo report di Legambiente che pone il tratto terminale del corso d'acqua muggesano tra i siti critici del Fvg insieme a quelle dello Stella e del Tagliamento, il Comune e AcegasapsAmga hanno voluto precisare, con una nota congiunta, che «i prelievi erano previsti il 2 agosto, poi spostati al 3 e successivamente effettuati il 4. Durante tutto il periodo precedente ai prelievi, l'acqua risultava non inquinata da attivazioni degli scarichi di emergenza presenti». Poi tra le 13 e le 15 di martedì 3 agosto si è verificato un temporale che ha attivato gli scarichi di emergenza - il sistema fognario del bacino del torrente Fugnan è di tipo misto, ovvero riceve sia acque nere che acque bianche nella stessa tubazione - andando così a modificare i parametri di qualità dell'acqua, che non possono essere confrontabili con i dati presenti durante situazioni di meteo secco e asciutto». Dal 2018 la multiultility, in accordo con il Comune, ha portato a termine importanti lavori di potenziamento della rete fognaria, come la riqualificazione di 270 metri di condotte fognarie nuove al fine di aumentare la capacità di ricezione della rete fognaria nel bacino del torrente in questione. «Oltre all'evidente miglioria sul piano del drenaggio urbano e degli scarichi domestici - ancora la nota - questi interventi hanno di fatto riqualificato tutta l'area circostante al Fugnan rendendo le infrastrutture idrauliche definitivamente a tenuta». Intervenuta sulla questione l'assessore Laura Litteri: «Spiace che con l'attivazione degli scarichi di emergenza i valori emersi non corrispondano a quelli che si avrebbero nella norma e che, si ricorda, sono dati di un'area non balneabile e non rappresentano quindi da questo punto di vista una preoccupazione per i cittadini».
Lu. Pu.
Rete migliore e attenzione: sprechiamo meno acqua - i dati positivi di Acegas
I triestini sprecano meno acqua. Lo testimonia il fatto che quest'estate, malgrado il caldo afoso, l'amento dei consumi c'è stato, ma meno significativo che in passato. Dai dati forniti da AcegasApsAmga - che non prendono in considerazione l'andamento dei consumi del 2020, condizionato dalle tante chiusure - si rileva come nei consumi dello scorso luglio vi sia una diminuzione di circa il 10% rispetto allo stesso periodo del 2019, quando si erano consumati 3 milioni 733mila metri cubi d'acqua. Ancora più interessante il dato se paragonato ai consumi del luglio 2015, quando furono immessi in rete ben 4 milioni e 286 mila metri cubi di risorsa idrica. Una tendenza confermata anche se si analizza il dato di metri cubi d'acqua utilizzato nei primi 7 mesi dell'anno: nel 2021 sono stati 20 milioni 598 mila, nel 2020 erano stati 21 milioni 551 mila, nel 2019 23 milioni 309 mila, mentre nel 2015 ben 26 milioni. Il dato conferma l'importanza della lotta agli sprechi idrici, sia attraverso la sensibilizzazione dei cittadini che attraverso il contrasto alle perdite di rete che AcegasApsAmga ha messo in atto con un'attività che, dal 2013 a oggi, a Trieste ha permesso di risparmiare circa 10,5 milioni di metri cubi (immesso in rete), vale a dire 10,5 miliardi di litri non sottratti alle falde. Tra le buone pratiche per ridurre lo speco di acqua, oltre a una corretta manutenzione dei rubinetti o della cassetta di scarico del wc, è bene usare un frangigetto sul rubinetto e optare per la doccia anziché per il bagno, per cui servono meno litri.
La. To.
IL PICCOLO - VENERDI', 13 agosto 2021
Qualità del mare - La costa regionale è promossa da Legambiente - Monitoraggi di Goletta Verde 2021 sulle coste del Friuli Venezia Giulia
Entro i limiti le acque delle spiagge secondo la Goletta Verde Foci di Tagliamento, Stella e canale Fugnan molto inquinate
Trieste. Un mare in ottima salute, ma le foci dei fiumi - a parte quella dell'Isonzo - decisamente no, segnale di mancata o insufficiente depurazione: è questa la sintesi dello stato di salute delle acque del Friuli Venezia Giulia illustrata ieri a Trieste dalla Goletta Verde di Legambiente, approdata nel capoluogo regionale al termine di un viaggio durato oltre tre mesi lungo le coste italiane. Sono dieci i punti monitorati lo scorso 4 agosto dai volontari dell'associazione ambientalista: cinque in prossimità di spiagge balneabili, uno in laguna, e le quattro foci dei fiumi Isonzo a Grado, Tagliamento a Lignano Sabbiadoro, Stella a Precenicco, e del rio canale Fugnan a Muggia. E proprio le foci del Tagliamento, dello Stella e del canale Fugnan sono risultate «fortemente inquinate», con una concentrazione di batteri nei campioni prelevati pari a oltre il doppio rispetto alle soglie stabilite dalla legge. Positiva, invece, la situazione degli altri siti in cui i valori sono risultati entro i limiti: la spiaggia di Barcola a Trieste, quelle di Sistiana, di Grado, di Marina Julia a Monfalcone e di Lignano Sabbiadoro, la foce dell'Isonzo a Punta Sdobba (Grado) e l'area nei pressi dello scarico del depuratore di Lignano. L'inquinamento delle foci «non è purtroppo una novità», ha detto Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde e responsabile di Legambiente per le questioni energetiche. «I fiumi vengono spesso abbandonati a se stessi per quanto riguarda la depurazione e gli scarichi - ha sottolineato la portavoce -. Generalmente le foci non sono balneabili, ma noi monitoriamo questi luoghi perché lì arriva tutto il carico inquinante che si riversa nei nostri mari e mette in pericolo l'ecosistema. Inoltre, molto spesso ci sono persone che ci vanno a fare il bagno perché le acque sono più fresche e un po' più basse». Le analisi di Legambiente non sostituiscono quelle dell'Arpa, ma sono «uno strumento per segnalare alle amministrazioni pubbliche quali sono le criticità su cui sono chiamate a intervenire», ha aggiunto Eroe, spiegando che l'asta fluviale riguarda tutti i territori attraversati dal corso d'acqua: «Occorre che le istituzioni collaborino tra loro per individuare i luoghi dove vengono rilasciati carichi inquinanti, che non devono arrivare al mare». Secondo Sandro Cargnelutti, presidente di Legambiente Friuli Venezia Giulia, «la situazione delle nostre coste è discreta, ma le foci continuano, anno dopo anno, a registrare delle criticità. Quella del canale Fugnan a Muggia è risultata fortemente inquinata per il decimo anno di fila. Quella del fiume Stella, invece, nello storico dei nostri campionamenti è risultata entro i limiti di legge solamente due volte in 11 anni: un chiaro segno di un problema di depurazione nella Bassa Friulana». Che va risolto accelerando «la messa in sicurezza del sistema idrico, con la realizzazione delle infrastrutture e degli allacciamenti alla fognatura nei comuni del bacino scolante», e portando a compimento l'ammodernamento del depuratore di Lignano, «anche attraverso i fondi del Pnrr». Altro problema, ha aggiunto Cargnelutti, è quello della progressiva risalita del cuneo salino nel bacino dei fiumi, provocata «dall'innalzamento del mare e dalla subsidenza delle terre a monte, che si deve all'eccessivo sfruttamento delle falde artesiane». «Il prelievo attraverso i tanti pozzi a valle delle risorgive - ha continuato il presidente regionale di Legambiente - provoca un aumento dei rischi sanitari e «la progressiva sostituzione di acque pregiate con altre di minor qualità». Per questo, «è necessaria una ripresa del lavoro del Tavolo regionale sui pozzi, che prevedeva una riduzione delle portate già nel 2018: abbiamo già chiesto un incontro all'assessore all'Ambiente Scoccimarro». Incontro al quale Legambiente porterà anche il tema del «ritardo nelle operazioni di bonifica del sito di interesse nazionale della Caffaro di Torviscosa, che dista 4 chilometri dalla Laguna di Grado e Marano»: «Un'area - ha spiegato Cargnelutti - in cui sono presenti peci benzoiche, mercurio, metalli pesanti che avrebbero già dovuto essere smaltiti. La deadline era un anno e mezzo fa e invece siamo ancora fermi: vogliamo capire quali sono le cause».
Daniele Lettig
Volontari in prima linea per liberare i litorali dai rifiuti - operazione "beach litter"
Reti per la pesca, tappi, bottiglie, imballaggi, la new entry delle mascherine e un'enorme preponderanza di materiali a base di plastica: tutti rifiuti trovati dai volontari di Legambiente su due spiagge del Friuli Venezia Giulia - Canovella de' Zoppoli a Duino Aurisina e il lido di Staranzano - nel corso dell'indagine "Beach Litter" condotta lo scorso maggio, i cui risultati sono stati riepilogati ieri a Trieste. Monitorata un'area di 1.700 metri quadri di spiaggia, lungo la quale sono stati raccolti 1.856 rifiuti di diversa provenienza (oltre un migliaio a Canovella, circa 810 a Staranzano): ben 124 ogni 100 metri lineari. Un valore lontano dalla media di 783 ogni 100 metri delle 13 regioni censite (oltre alla nostra, Abruzzo, Basilicata, Toscana, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto), ma di molto superiore al target di riferimento stabilito a livello europeo per considerare una spiaggia in buono stato ambientale: meno di 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri di costa. «Tra gli oggetti trovati a Canovella quelli di plastica erano il 96% e a Staranzano il 93%», ha spiegato il presidente del circolo Legambiente "Verdeazzurro" di Trieste, Andrea Wehrenfennig: «Alcuni vengono da terra, cioè dai bagnanti che li abbandonano, ma la maggior parte arriva dal mare. A Canovella i rifiuti più frequenti sono i frammenti delle reti in polietilene per l'allevamento dei mitili. Solo di recente si stanno iniziando a usare a questo scopo altri materiali, ma le spiagge sono ancora letteralmente ricoperte dai frantumi delle reti degli anni passati». «I materiali più presenti - ha detto Wehrenfennig - sono tappi, bottiglie, sacchetti per alimenti, pezzi di altre plastiche o del polistirolo delle cassette dei pescatori, cotton fioc e le mascherine anti-Covid che sono il nuovo arrivo di quest'anno». I materiali plastici sono stati pari al 94,6% del totale dei rifiuti rinvenuti, seguiti da metallo (1,3%), vetro e ceramica (0,9%), carta e cartone (0,9%), con le altre categorie a rappresentare il restante 2,3%. Circa la metà dei rifiuti ha un'origine che non si può identificare, il 27% proviene dal settore dell'acquacoltura e il 12% circa dagli imballaggi». «Il 48% del totale sono rifiuti che rientrano nella direttiva europea sulla plastica usa e getta», entrata in vigore il 3 luglio e che mette al bando una lunga serie di prodotti monouso in materiale plastico. «Il nuovo indirizzo del governo - ha concluso Wehrenfennig - di introdurre la cauzione per i contenitori di bottiglie e lattine è fondamentale per tornare a un metodo di gestione basato sul riuso e togliere dalla circolazione l'infinita serie di oggetti che vengono usati una volta e poco riciclati».
D.L.
L'appello di Cino Ricci «Il mio Adriatico malato Basta inquinamento o sarà troppo tardi
Parla l'ex skipper di Azzurra, personaggio simbolo della vela italiana e profondo conoscitore delle tematiche legate all'ecosistema
Trieste. «Il mare è ormai un malato gravissimo, forse già incurabile a causa di inquinamento e riscaldamento globale. L'alto Adriatico, da Bibione e Lignano a Muggia, è sicuramente messo un po' meglio, ma la situazione di questo passo non potrà che peggiorare e tra qualche decennio anche piazza Unità a Trieste potrebbe rischiare di finire sott'acqua». Non nasconde il proprio pessimismo Cino Ricci, indimenticato skipper di Azzurra, personaggio simbolo della vela italiana e soprattutto profondo conoscitore del mare, il "suo" elemento, quello di cui si professa ancora «un innamorato». Alla soglia delle 87 primavere il velista romagnolo, notissimo anche come telecronista sportivo, è anche un autorevole "opinion leader" sulle tematiche legate all'ecosistema: «Leggo in continuazione, il più possibile. Cerco di approfondire e poi di mare ne ho visto e continuo a vederne tanto. Insomma, penso di essermi fatto un'idea chiara della situazione e del resto i più recenti responsi forniti dagli esperti, compreso l'ultimissimo studio della Nasa, parlano chiaro: sta cambiando in peggio e non possiamo più controllarlo». Da esperto uomo di mare, ha potuto constatare direttamente questo peggioramento?«Sì, ormai da anni. Certe problematiche si riescono a vedere a occhio nudo, a cominciare dalla quantità di plastica che troviamo in acqua. Il pesce è sempre meno numeroso e c'è il problema del fango, spesso inquinato, che si accumula sui fondali. E poi c'è ovviamente la questione dell'innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento del nostro pianeta e la cui correlazione con l'inquinamento prodotto dall'uomo è innegabile». L'Adriatico, e in particolare la costa del Friuli Venezia Giulia, sembra però stare meglio...«Non c'è dubbio che il mare del golfo di Trieste e i tratti da Grado a Bibione siano in condizioni meno preoccupanti, come dimostrano le bandiere blu assegnate puntualmente alle spiagge e lo stesso monitoraggio di Legambiente. Ma non bisogna abbassare la guardia. È vero che l'alto Adriatico per ora è rimasto al riparo da fenomeni di inquinamento massivo che riscontriamo altrove, ma il mare non è un'entità che si può circoscrivere. I rifiuti, la "robaccia", viaggiano sulle onde, vengono trasportati dal vento e non ci sono aree al sicuro. Ecco perché dico che ognuno di noi deve fare la propria parte». In che modo?«Anzitutto contribuendo a limitare l'uso della plastica e smaltendola nel modo più corretto. Molto apprezzabili sono le iniziative che coinvolgono i comuni cittadini e le associazioni che volontariamente si mettono a disposizione per raccogliere plastica e altri rifiuti che si accumulano sulle spiagge. Poi gli enti preposti devono continuare a investire per sanificare il fondo del mare dove si accumulano fanghi in cui c'è di tutto. Però questo, ovviamente, non può bastare. I Governi devono uscire dalla logica dell'egoismo». Serve un piano di investimenti per "curare" il mare, gestito a livello globale?«Certo è l'unica strada. I singoli Stati hanno i loro interessi economici e nessuno ha il coraggio di investire miliardi per combattere l'inquinamento se gli altri non lo fanno. Ecco perché i Governi devono smetterla di guardare solo al proprio orticello e accordarsi su un piano di investimenti, parlo di centinaia di miliardi, da attuare su scala mondiale. E devono farlo subito, altrimenti il nostro mare, così come lo abbiamo conosciuto, tra pochi anni sarà solo un ricordo».
Piero Tallandini
Multe più salate per i "furbetti" dell'immondizia - cambia il regolamento
Fino a 300 euro di multa per chi lascerà ingombranti sul marciapiede prima della data del ritiro. È una delle modifiche al Regolamento comunale sui rifiuti che la Terza commissione - presieduta da Massimo Codarin - ha licenziato per l'aula. Francesca Tion, responsabile di Servizi operativi e Igiene urbana, ha spiegato che il Comune si è dovuto adeguare alla nuova normativa nazionale e regionale. Cosa cambia? Ad esempio un'utenza non domestica "furbetta" che, uscita dal perimetro Tari, dovesse essere sorpresa a gettare la propria immondizia nei cassonetti pubblici, rischierà fino a mille euro. Scende invece a 200 euro la multa per chi abbandona oggetti fuori dai centri raccolta, trovandoli chiusi.
Li. Go.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 12 agosto 2021
Presentati i risultati delle analisi dei campioni d'acqua prelevati dai volontari e dalle volontarie di Goletta Verde sulle coste del Friuli Venezia Giulia
3 campioni su 10 sono oltre i limiti di legge, e sono tutti foci dei fiumi, chiaro sintomo di mala e insufficiente depurazione
Legambiente “Bisogna lavorare e investire per efficientare i sistemi di depurazione, è inammissibile che anno dopo anno le foci dei fiumi riscontrino sempre criticità. Il nostro Paese registra un ritardo cronico dal momento che ben 1 italiano su 3 non è servito da un sistema di depurazione efficiente”
Qui la mappa interattiva del monitoraggio, con i punti di campionamento e i risultati delle analisi.
10 punti monitorati il 4 agosto in Friuli Venezia Giulia di cui 4 foci, 5 in prossimità di spiagge e 1 in laguna. 3 di questi punti sono risultati fortemente inquinati: la foce canale via Battisti incrocio largo Caduti per la libertà a Muggia (TS), la foce del fiume Stella a Precenicco (UD) e la foce del Tagliamento a Lignano Sabbiadoro (UD).
Ne hanno parlato questa mattina, nella conferenza stampa che si è tenuta presso Citybar Tergesteo, in Piazza Giuseppe Verdi a Trieste, Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde, Sandro Cargnelutti, Presidente di Legambiente Friuli Venezia Giulia, Andrea Wehrenfennig, Presidente del circolo Legambiente “Verdeazzurro” di Trieste
Anche quest'anno Goletta Verde si avvale del sostegno dei suoi partner principali: CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, e Novamont, azienda leader a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e dei biochemicals. Media partner è La Nuova Ecologia.
GLI OBIETTIVI DEL MONITORAGGIO DI GOLETTA VERDE
I monitoraggi lungo le coste che Goletta Verde effettua da anni non vogliono sostituire i dati ufficiali, ma vanno ad integrare il lavoro svolto dalle autorità competenti. I dati di Arpa sono gli unici che determinano la balneabilità di un tratto di costa a seguito di ripetute analisi nel periodo estivo. Le analisi di Goletta Verde hanno invece un altro obiettivo: andare ad individuare le criticità dovute ad una cattiva o insufficiente depurazione dei reflui in specifici punti, come foci, canali e corsi d’acqua che sono il principale veicolo con cui l’inquinamento generato da insufficiente depurazione arriva in mare.
Le analisi sono state eseguite da laboratori individuati sul territorio. La presenza di batteri di origine fecale (enterococchi intestinali ed escherichia coli) è un marker specifico di inquinamento dovuto a scarsa o assente depurazione.
I PUNTI RISULTATI OLTRE I LIMITI DI LEGGE
Sono risultati fortemente inquinati la foce canale via Battisti incrocio largo Caduti per la libertà a Muggia (TS), la foce del fiume Stella a Precenicco (UD) e la foce del Tagliamento a Lignano Sabbiadoro (UD).
“La situazione delle nostre coste è discreta - dichiara Sandro Cargnelutti, Presidente Legambiente Friuli Venezia Giulia, ma le foci continuano, anno dopo anno, a registrare delle criticità. La foce del fiume Stella, ancora una volta fortemente inquinata, nello storico dei nostri campionamenti, è risultata entro i limiti di legge solamente due volte in 11 anni. Questi sono chiari segni di un evidente problema di depurazione nella Bassa Friulana. Bisogna accelerare la realizzazione delle infrastrutture e allacciamenti alla fognatura nei comuni del bacino scolante e portare a compimento il revamping del depuratore di Lignano. A proposito di problemi sul bacino scolante, non possiamo non richiamare il ritardo nelle operazioni di bonifica del sito di interesse nazionale Caffaro a Torviscosa, che dista 4 km dalla Laguna, rispetto ai tempi stabiliti da un apposito decreto. Chiederemo un incontro con la Regione per un confronto sul punto e sulla governance. “Ritornando alla costa” proponiamo alla Regione di destinare una quota minima alle spiagge libere o libere attrezzate. L’occasione può essere all’interno dell’annunciata proposta di Legge Regionale per promuovere e valorizzare le spiagge libere in Friuli Venezia Giulia”.
TUTTI I DATI NEL DETTAGLIO DEI CAMPIONAMENTI EFFETTUATI
A
Trieste
è risultata
fortemente inquinata
per il decimo anno la
foce canale via Battisti incrocio largo Caduti per la libertà a Muggia, mentre
sono
entro i limiti di legge
spiaggia presso viale Miramare, tra i due pennelli di massi a Barcola e la
spiaggia di Sistiana a sinistra del porto turistico a Duino Aurisina.
In provincia di Gorizia i 3 punti campionati risultano entro i limiti di legge: la spiaggia libera presso il parco giochi via delle Giarrette in località Marina Julia a Monfalcone, la foce del fiume Isonzo in località Punta Sdobba e la spiaggia presso viale del Sole incrocio con via Svevo a Grado.
2 i punti risultati fortemente inquinati ad Udine, la foce del fiume Stella a Precenicco e la foce del Tagliamento a Lignano Sabbiadoro. Entro i limiti di legge gli altri 2 punti: i pressi dello scarico del depuratore di Lignano Sabbiadoro (punto prelevato in laguna) e la spiaggia presso lungomare Trieste incrocio via Gorizia sempre a Lignano Sabbiadoro.
INFORMAZIONE AI CITTADINI E CITTADINE SULLA QUALITÀ DELLE ACQUE
Sono stati notati cartelli con il divieto di balneazione solo in 2 punti dei 5 punti non campionati dalle autorità competenti: alla foce dell'Isonzo e alla foce del Tagliamento.
Invece solo sulla spiaggia di Barcola e sulla spiaggia presso lungomare Trieste incrocio via Gorizia a Lignano Sabbiadoro sono stati notati cartelli con informazioni sulla qualità delle acque, che sono obbligatori per legge da anni, assenti negli altri 3 punti campionati e definiti balneabili dalle istituzioni.
La foce del rio Canale Fugnan, a Muggia (TS) non risulta campionato secondo le informazioni riportate dal Portale Acque (un'applicazione realizzata dal Ministero della Salute che offre informazioni aggiornate sullo stato di balneazione di tutte le coste italiane) e, di conseguenza, emerge come acqua abbandonata.
“Anche l’ultimo rapporto dell’IPCC parla chiaro - dichiara Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde, non abbiamo più tempo per aspettare politiche di rottura rispetto al passato, abbiamo bisogno che Regioni e Comuni, di concerto con i Ministeri, si impegnino in modo concreto e immediato nella definizione di politiche e azioni che proteggano le risorse strategiche come l’acqua, che determinino un cambio di passo sull’energia e di protezione alla cittadinanza da eventi climatici sempre più estremi e devastanti. Le bellezza dei nostri territori, lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita potranno essere protetti solo se tutti insieme inizieremo a percorrere strade opposte da quelle passato. Non è più ammissibile pensare ad esempio a riconversioni a gas metano, 75 volte più climalterante della CO2, invece di pensare a rinnovabili e accumuli. Così come è impensabile depauperare risorse idriche strategiche fondamentali nei prossimi anni per combattere siccità e caldo”.
FOCUS BEACH LITTER FRIULI VENEZIA GIULIA
Nelle 47 spiagge monitorate dalle volontarie e dai volontari di Legambiente in 13 regioni (Abruzzo, Basilicata, Toscana, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto) sono stati censiti 36821 rifiuti in un’area totale di 176 100 mq. Una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia che supera di gran lunga il valore soglia o il target di riferimento stabilito a livello europeo per considerare una spiaggia in buono stato ambientale, ossia meno di 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa.
Quest’anno, a maggio 2021, sono stati monitorati e 1700 mq di spiaggia lungo le
coste del Friuli Venezia Giulia, e sono stati raccolti
1856 rifiuti di varia provenienza.
Ogni 100 metri, nelle spiagge censite, sono stati trovati 124 rifiuti.
Le
spiagge monitorate sono le spiagge Canovella de’ Zoppoli a Duino-Aurisina (TS) e
il lido di Staranzano (GO). La
plastica è il materiale più trovato,
pari al 94,6% del totale dei rifiuti rinvenuti, seguita da metallo (1,3%),
vetro/ceramica (0,9%), carta/cartone (0,9%). Le altre categorie rappresentano in
totale il restante 2,3%.
FOCUS POZZI
Tra le problematiche da segnalare va ricordato lo spreco insostenibile d’acqua dolce, che vede un alto consumo di risorse di acque profonde di qualità a causa dei tanti pozzi presenti censiti e non, a valle delle risorgive. Questo provoca un aumento dei rischi sanitari e la progressiva sostituzione di acque pregiate con acque di minor qualità e inquinate. E’ sostenibile nel futuro questa situazione? Dal punto di vista delle prossime generazioni sicuramente no. E’ necessaria pertanto una ripresa del lavoro del Tavolo dei pozzi previsto dall’art. 47 del PTRA che prevedeva una riduzione delle portate già nel 2018. A tal proposito si segnala la richiesta di incontro fatta dall’Associazione all’Assessore all’ambiente, energia e sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro.
Anche quest’anno il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo dal 1984 anni, il CONOU garantisce la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale: lo scorso anno in Friuli Venezia Giulia il Consorzio ha recuperato 3.990 tonnellate di questo rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente, 620 t in particolare nella provincia di Trieste. L’olio usato - che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli - è un rifiuto che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l'olio usato è anche un’importante risorsa perché grazie alla filiera del Consorzio, può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 98,8% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti. Un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente e in particolare del mare e dei laghi rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega il Presidente del CONOU, Riccardo Piunti. “Il Consorzio, paradigma di circolarità, dovrà continuare a fornire il massimo contributo possibile verso gli obiettivi di economia circolare, che resta il pilastro fondamentale della battaglia per ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali del Pianeta e quindi contrastare il cambiamento climatico”.
ECCO LA TABELLA RELATIVA AI RISULTATI DEI
MONITORAGGI DI GOLETTA VERDE 2021 SULLE COSTE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
LEGENDA
I prelievi di Goletta Verde vengono eseguiti da tecnici, volontari e volontarie di Legambiente. L'ufficio scientifico dell'associazione si è occupato della loro formazione e del loro coordinamento, individuando laboratori sul territorio. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo.
I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come “inquinati” i campioni in cui almeno uno dei due parametri supera il valore limite previsto dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli in cui i limiti vengono superati per più del doppio del valore normativo. Il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai Km di costa di ogni regione.
INQUINATO = Enterococchi intestinali >200 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli >500 UFC/100ml.
FORTEMENTE INQUINATO = Enterococchi intestinali >400 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli >1000 UFC/100ml.
Ufficio Stampa Goletta Verde 2021
Valentina Bifulco | +39 3491979541 +39 3282611746 | golettaverde@legambiente.it
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 agosto 2021
Goletta Verde termina la sua campagna di fronte a Piazza Unità
La 35.a edizione di Goletta Verde si conclude a Trieste, alla Scala reale davanti piazza dell'Unità, dopo 15 tappe nelle regioni costiere italiane."Non ci fermeremo mai", è il motto che accompagna l'imbarcazione nel suo viaggio in difesa delle coste e del mare. Dallo scorso anno Goletta Verde si avvale del prezioso aiuto di centinaia di volontari impegnati nel campionamento delle acque: uno straordinario esempio che coinvolge giovani da tutta Italia. Erosione costiera e dissesto idrogeologico, rifiuti in mare e sulle spiagge, porti, eolico off-shore, lotta alla crisi climatica e alle fonti fossili, depurazione dei reflui, aree marine protette, bonifiche dei territori inquinati, contrasto all'inquinamento da plastica in mare sono i grandi temi della campagna di quest'anno, partita da Genova a inizio luglio e che si concluderà oggi a Trieste. I cittadini possono contribuire tramite il form di Sos Goletta segnalando a Legambiente situazioni sospette d'inquinamento di mare, laghi e fiumi fornendo all'associazione e ai suoi centri di azione giuridica informazioni essenziali. Partner principali Conou, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, e Novamont, azienda leader internazionale nelle bioplastiche e nei biochimici.
Lotta alla plastica nei bar - Contributo dalla Regione per posate e piatti "green" - La soddisfazione dei vertici della Fipe
Un contributo di mille euro per supportare i locali pubblico nell'acquisto di materiale ecocompatibile. Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, ha presentato il nuovo contributo rivolto a bar e ristoranti e realizzato in collaborazione con la Fipe del Fvg rappresentata dal vicepresidente vicario regionale Bruno Vesnaver e dalla presidente della provincia di Trieste Federica Suban. «Noi - ha spiegato Scoccimarro - vogliamo educare la popolazione e non punire, come vorrebbe fare invece qualcun altro. Questo provvedimento ha l'obiettivo di andare incontro a un settore colpito dalla pandemia, da cui vengono ora segnali di ripresa, nel solco delle iniziative già portate avanti nello "splasticare" il mare, con aMare Fvg, e i chioschi degli eventi sportivi, con il Tifo Pulito». «Non possiamo che ringraziare per questa attenzione nei confronti della categoria - ha aggiunto Suban -. Il contributo sarà utile anche a quelle realtà che hanno investito sul delivery». Vesnaver ha parlato di «un assessorato moderno e capace di guardare al futuro. Il contributo ha anche valore simbolico». Lo stanziamento è di un milione di euro ma, ha spiegato Scoccimarro, è solo per i prossimi tre mesi e se la domanda dovesse essere importante verrà implementato. Il regolamento prevede un importo finanziabile pari al 65% della spesa sostenuta, fino a un massimo di mille euro, e rivolto ai locali con meno di 10 dipendenti. Si potrà chiedere per l'acquisto di prodotti o dispositivi ecologicamente sostenibili in sostituzione di cannucce, piatti, posate, agitatori di bevande, imballaggi di acqua minerale e altre bevande, sacchetti e contenitori per cibo da asporto.
A.p.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 agosto 2021
«Si limitino le emissioni o il clima in questa zona diventerà come quello della Puglia meridionale»
L'esperto Giorgi analizza la situazione: «Frequenza e intensità di queste ondate sono legate al climate change. Bisogna darsi da fare»
Ormai l'impatto dei cambiamenti climatici incide sulla nostra quotidianità. È normale che in estate faccia caldo, certo, ma la frequenza e l'intensità delle ondate non possono più essere derubricate a fenomeni episodici. Solo delle politiche serie di contenimento delle emissioni, avverte il fisico e climatologo Filippo Giorgi, potranno impedire che il clima del golfo triestino si riscaldi assieme al resto del globo, diventando simile a quello della Puglia meridionale. Giorgi, in che modo il caldo di questi giorni è legato al climate change? Le ondate di calore ci son sempre state, però adesso sono sempre più lunghe ed intense. Questo è senz'altro legato al fenomeno del cambiamento climatico globale. Ormai ci sono misure che negli ultimi cento anni, ovvero da quando le si registra, non si erano mai viste. Penso all'ondata in Australia nel 2020, o in Canada quest'anno. Lo dice anche l'ultimo rapporto Onu. Il rapporto mostra come stia accadendo in tutto il mondo. La settimana scorsa ero in Puglia, dove le persone del luogo mi hanno detto che il caldo degli ultimi anni è inedito anche da loro. Insomma anche nei climi in media caldi si inizia a percepire il fenomeno. Questa situazione contribuisce ad alimentare gli incendi su vasta scala che abbiamo visto. Vale anche per le alluvioni che abbiamo visto in Europa Centrale? Anche i fenomeni alluvionali, non nuovi di per sé, sono sempre più frequenti e intensi. Perché è legato al cambiamento climatico? Un'atmosfera più calda può contenere più vapor d'acqua, il che significa che quando piove tendono ad arrivare quelle che, più o meno impropriamente, vengono chiamate bombe d'acqua. Al tempo stesso occorre più tempo per raggiungere le condizioni di innesco della pioggia, quindi si allungano anche i periodi secchi. Insomma possiamo dire che ormai è la normalità a essere segnata dal climate change? In Italia negli ultimi 120 anni le temperature in media sono aumentate di oltre due gradi. In Fvg le temperature che una volta arrivavano a luglio ora arrivano a giugno. Magari non ce ne rendiamo conto perché ci siamo in mezzo e ci stiamo già abituando, ma le cose sono già cambiate rispetto ai tempi dei nostri padri e nonni. Cosa succederà a Trieste? Stiamo andando verso il clima dell'Italia meridionale, lo illustra anche il rapporto realizzato da Arpa-Osmer e altri enti regionali sui cambiamenti climatici in Fvg. Se non si farà nulla per diminuire le emissioni di gas serra, il clima qui potrebbe diventare come quello che oggi si trova in Puglia meridionale, con tutto ciò che ne consegue. I ghiacciai sulle nostre Alpi? Sono in recessione lungo tutto l'arco. Nei prossimi 80 anni potrebbe scomparire il 92% dei ghiacciai alpini. La cosa brutta è che anche negli scenari più ottimisti la metà dei ghiacciai sparisce comunque. I sistemi montani andranno incontro a un profondo mutamento in ogni caso. Il livello del mare? Le nostre coste risentono dell'innalzamento, che potrebbe arrivare a un metro nei prossimi 80 anni. Già oggi c'è un problema di intrusione di acqua marina nella laguna di Grado e Marano. Erosione e mareggiate diverranno sempre peggiori. Tutto questo ovviamente negli scenari più pessimistici: se invece riuscissimo a implementare gli accordi di Parigi, si riuscirebbe in qualche modo ad arginare i cambiamenti climatici. Bisogna darsi da fare.
Gli abiti dei migranti in Val Rosandra raccolti dalla coppia di asini spazzini
I due animali si caricheranno sul dorso le decine di sacchi pieni di giacche, scarpe e coperte abbandonati in Carso
Trieste. Non era affatto una boutade, ci sono davvero. Eccoli qui, "Veliki brat" (tradotto dallo sloveno "Fratello maggiore") e "Marian", la coppia di asini che il sindaco di San Dorligo della Valle-Dolina Sandy Klun utilizzerà nelle prossime settimane nei boschi della Val Rosandra per la raccolta di vestiti, zaini, scarpe, coperte e quant'altro viene abbandonato quotidianamente dai migranti della rotta balcanica quando superano il confine sloveno e si incamminano sui sentieri Carso, alle porte di Trieste. Roba che, lasciata per terra, a lungo andare rischia di trasformare l'altipiano in una pattumiera. Gli asini servono per i punti più impervi che gli addetti alla pulizia, incaricati dal Comune di San Dorligo-Dolina, non riescono a raggiungere. Gli operatori riempiono settimanalmente decine di sacchi con la roba rinvenuta tra l'erba e il fango. E quando piove il materiale è ancora più pesante da prelevare e trasportare in fondo valle. Tanta roba non si riesce a portare via. Di qui l'idea di caricare in groppa agli asini i sacchi con dentro le cose raccolte sui sentieri. D'altronde i profughi si spogliano di tutto. Lo fanno in modo da arrivare a Trieste senza il peso dei bagagli, ma soprattutto per non dare nell'occhio e confondersi con la popolazione. Quindi non appena si avvicinano ai centri abitati dell'altipiano, lasciano ciò che avevano portato con sé per affrontare i lunghi mesi di viaggio dai Paesi di origine - soprattutto Afganistan e Pachistan - all'Europa. I prati e le radure del Carso sono disseminati di borse, maglioni, giacche, calzature, teli, sacchi a pelo, bottiglie e lattine. O anche pentole, posate, spazzolini, dentifrici, rasoi. Sono le tracce di un'umanità in fuga che testimoniano il passaggio di migliaia di persone. Spesso ci sono intere famiglie con bambini piccoli. Il Comune di San Dorligo della Valle-Dolina ha calcolato che da marzo, cioè da quando ha impostato la pulizia dei boschi in modo più sistematico (l'attività è finanziata con fondi regionali e quindi va contabilizzata), sono stati asportati ben 80 quintali di materiale. La coppia di asini, "Veliki brat" e "Marian", agevolerà indubbiamente le operazioni. I due animali al momento si trovano a Doberdò del Lago, in un terreno adibito all'allevamento biologico di proprietà di Andrej Ferfolja, titolare dell'omonima azienda agricola. «Sono pronto a metterli a disposizione e a collaborare con il sindaco di San Dorligo», conferma Ferfolja. «Tra l'altro, quando avevo contribuito a ripristinare il pascolo di una zona dell'altipiano mi ero anche preoccupato della pulizia del terreno portando via una trentina di sacchi neri pieni delle cose abbandonate dai migranti. Quindi questa è una realtà che conosco molto bene. Ma - precisa - va tenuto conto di alcune complessità. Non è infatti così semplice spostare questo tipo di animali, abituati al pascolo libero. Non appena usi la briglia tendono a innervosirsi, non sempre obbediscono. Quindi gli asini che si usano devono essere adatti a questo tipo di attività. Bisogna organizzarsi bene. Inoltre servono autorizzazioni ad hoc - spiega Ferfolja - cioè quella del veterinari e dell'Icea, l'ente che certifica la mia attività di allevamento biologico». Attualmente gli asini dell'azienda agricola di Doberdò del Lago vengono impiegati per il pascolo, nel lavoro di ripristino e mantenimento della landa carsica. Presto invece li vedremo all'opera tra la vegetazione nei boschi della Val Rosandra, ai piedi del Monte Carso. -
Gianpaolo Sarti
La rotta - le tappe
Il Carso triestino, in particolare la zona che va da Rio Ospo, nel Comune di Muggia, al Monte Cocusso (un arco di circa 10 chilometri) e che comprende anche i boschi della Var Rosandra, è disseminato di vestiti, zaini, borse, coperte e sacchi a pelo. Sono gli oggetti abbandonati dai migranti in marcia lungo la rotta balcanica dopo aver oltrepassato il confine sloveno, l'ultima tappa del viaggio. Prima di arrivare a Trieste lasciano tutto quello che hanno durante la marcia per non dare nell'occhio.
Le bonifiche l'organizzazione
Il flusso della rotta balcanica non si arresta e i boschi del Carso si stanno riempendo delle cose abbandonate dai migranti. Fino a poco tempo fa erano gruppi di volontari ad occuparsi della pulizia e della rimozione degli abiti; ora l'attività è stata organizzata in modo sistematico ed è sostenuta con fondi regionali. Il Comune di San Dorligo della Valle si è attrezzato e ha incaricato una società esterna. Si calcola che da marzo siano stati raccolti almeno 80 quintali di materiale.
Reti in fibra vegetale, contenitori e borse per una mitilicoltura libera dalle plastiche - IL PROGETTO
Via nel golfo al piano anti inquinamento promosso dall'Area marina di Miramare
È in partenza nel golfo di Trieste un progetto pilota che mira a rendere la mitilicoltura, un'attività già a basso impatto ambientale, ancora più sostenibile, riducendo la quantità di plastiche disperse nel mare. Per gli allevamenti di mitili vengono utilizzate infatti principalmente reti in polietilene, i cui residui, insieme ai frammenti di polistirolo delle cassette del pesce, costituiscono il rifiuto più pervasivo e numericamente rilevante rinvenuto sulla spiaggia e sui fondali dell'Area marina protetta di Miramare. Non c'è da stupirsene, visto che nel golfo sono 360 gli ettari di mare occupati dalle miticolture in concessione, per un totale di 1.120 filari (di cui 800 attivi) e una produzione annua di circa 2 mila tonnellate di "pedoci". Il progetto, che verrà avviato da Wwf Area marina protetta (Amp) di Miramare insieme alla cooperativa Shoreline e al Consorzio Giuliano Maricolture, è un'azione sperimentale finanziata dal programma Interreg Med. È stata selezionata tra le 10 azioni pilota del progetto internazionale Plastic Busters Mpas, destinato a contribuire al mantenimento della biodiversità e alla conservazione degli ecosistemi naturali nelle aree marine protette pelagiche e costiere del Mediterraneo, attraverso misure di prevenzione dei rifiuti marini. «Il progetto è stato proposto dopo aver rilevato negli anni, attraverso la raccolta e l'analisi dei rifiuti marini rinvenuti tra spiaggia e fondali dell'Amp di Miramare, l'impatto particolarmente rilevante degli scarti delle reti da mitili», spiega Carlo Franzosini, referente del progetto per l'Amp. Saranno due le azioni che verranno implementate nelle prossime settimane: da una parte l'abbattimento dei residui plastici dispersi in mare durante le fasi del processo di allevamento, dall'altra la sperimentazione di materiali alternativi alla plastica per il confezionamento delle reste in cui vengono accresciuti i "pedoci". Per ridurre i residui plastici dispersi si interverrà con otto pescherecci aderenti al Consorzio Giuliano Maricolture, che saranno attrezzati affinché tutti i residui di lavorazione - dai "codini" di legatura agli spezzoni di rete - vengano raccolti a bordo. Saranno i mitilicoltori stessi, muniti di una borsa per agevolare la raccolta, a farsi carico della "pulizia" del mare direttamente durante la fase lavorativa. A bordo delle imbarcazioni, inoltre, saranno posizionati contenitori per raccogliere tutti i residui di rete. Parallelamente, su alcuni filari collocati in più punti del golfo, saranno sperimentati cordami e reti in fibre vegetali in sostituzione del polietilene: i test verranno effettuati nella costiera triestina e duinese e nella baia di Panzano sia con i giovani mitili, per comparare la crescita ponderale, che con le taglie intermedie. Verranno fatte diverse prove utilizzando almeno tre tipi di fibre vegetali (canapa, juta, sisal) sia per i cavi di sostegno dei galleggianti che per le reste (lunghe solitamente tre metri) con diversi assemblaggi di cordame e rete. Il completamento della sperimentazione avverrà entro ottobre. «I risultati - spiega ancora Franzosini - serviranno a valutare la fattibilità di sostituire, parzialmente o totalmente, i materiali sintetici con quelli vegetali»».
Giulia Basso
Moria di salpe a Marina Nova - Le verifiche di Capitaneria e Asugi
I controlli fanno propendere per due ipotesi: lo scarto commerciale o la "trappola" di una sacca marina
Ad accorgersi della presenza di quei pesci che galleggiavano sulla superficie dell'acqua ormai senza vita sono stati gli abituali frequentatori dell'Isola dei Bagni. Che notando lunedì sera una quarantina di salpe tra gli specchi antistanti i casoni e la spiaggia comunale si sono allarmati, facendo scattare, all'indomani della prima segnalazione inoltrata anche al Comune, la puntuale verifica sul posto da parte del personale della Capitaneria di porto e dell'Azienda sanitaria. Che, al mattino, hanno raccolto un'altra ventina di pesci passati a miglior vita. I primi rilievi hanno accertato una moria circoscritta a un'unica specie ittica. E, in considerazione pure di altre circostanze, come precisato ieri dal comandante Giovanni Nicosia, si propende ora per l'ipotesi di uno scarto commerciale di qualche peschereccio nel golfo (si tratta infatti di pesce di scarso valore, poco pregiato) che il gioco di correnti avrebbe poi riversato sul litorale locale. O, in alternativa, si pondera l'eventualità di una trappola mortale ingenerata della bassa marea, che avrebbe costretto in una sacca un branco di salpe, rimaste poi "cucinate" dall'innalzarsi della temperatura nella pozzanghera d'acqua. «Le salpe rinvenute si trovavano in avanzato stato di decomposizione, dunque erano in mare da diverso tempo - spiega Nicosia -. L'ipotesi prevalente è quella di uno scarto commerciale». In realtà il prodotto tratto dal mare che non si intende vendere «andrebbe ugualmente annotato nel registro giornaliero della pesca, riportato a terra e smaltito in un circuito che costa zero al pescatore». «Quindi - prosegue il comandante -, se si dovesse accertare questa situazione si porrebbero due profili d'irregolarità: uno amministrativo, per la mancata registrazione del pescato, e uno penale per l'abbandono di rifiuti in acqua, sebbene per quantitativi limitati, ma non è questo il caso, cioè al di sotto di una determinata soglia, il fatto non costituisca reato». C'è però anche, appunto, «la possibilità della secca, che avrebbe potuto intrappolare le salpe, pesce della famiglia degli sparidi, di norma presente in branco». Asugi, intervenuta a Marina Nova ieri con proprio personale (c'era anche l'Arpa), ha «escluso motivi sanitari all'origine della moria», sempre il comandante. Sul posto anche il Comune di Monfalcone con Andrea Olivetti dei Servizi tecnici. «Mare in ottime condizioni» il messaggio per tranquillizzare i bagnanti digitato dal sindaco Anna Cisint, che non ha mancato di postare la notizia sul suo profilo social.
Tiziana Carpinelli
Fondi canadesi per potenziare la centrale nucleare romena - l'impianto di Cernavoda
Belgrado. Piede premuto sull'acceleratore, per realizzare uno dei progetti più importanti nei Balcani, valore stimato tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. Riguarda il potenziamento della centrale nucleare di Cernavoda, in Romania, che si avvia a passi spediti verso la sua attuazione. Lo suggeriscono le ultime mosse di Bucarest, che negli ultimi giorni ha siglato un nuovo importante accordo, allungando la lista degli "alleati" che sosterranno la Romania nell'impegnativo investimento. L'ultimo Paese-potenza del nucleare civile a tendere la mano a Bucarest è stato il Canada, con cui è stato firmato un memorandum d'intesa per rafforzare la collaborazione in vista del potenziamento di Cernavoda, unica centrale nucleare attiva in Romania, capace oggi di assicurare con i due reattori esistenti la copertura del 20% del fabbisogno energetico nazionale. L'impianto, nelle intenzioni della Romania, sarà modernizzato e vi saranno aggiunti due reattori, le unità 3 e 4, grazie alla cooperazione con Stati Uniti e Francia, dopo che Bucarest - con grande scorno di Pechino - ha fatto marcia indietro. E ha voltato le spalle alla China General Nuclear Power Corporation (CGN), colosso cinese che nel 2015 era stato indicato per la costruzione delle unità 3 e 4. Bucarest, strada facendo, ha cambiato idea, puntando su alleati occidentali per centrare un obiettivo strategico per il Paese, evitando problematiche influenze dall'Estremo Oriente. Non sorprendono così le parole del ministro romeno Virgin Popescu, che si è detto «felice che nel nostro progetto di ammodernamento e costruzione di reattori nucleari vengano coinvolti i partner canadesi», che vanno così ad aggiungersi ad americani e francesi, ha ricordato. Parliamo di «un investimento vitale», gli ha fatto eco il premier romeno, Florin Citu. Secondo la stampa di Bucarest, il Canada eserciterà un ruolo essenziale nell'estendere la durata di vita dell'unità 1 fino al 2026, quando il reattore subirà una completa revisione. Sempre questo mese, a conferma della serietà dell'impegno romeno, sono andati in scena nuovi incontri con gli Stati Uniti, con cui la Romania ha siglato accordi relativi a Cernavoda già nel 2020. Secondo le aspettative di Nuclearelectrica, il gestore dell'impianto nucleare romeno, l'unità 3 dovrebbe entrare in funzione già nel 2030, l'unità 4 l'anno successivo.
s.g.
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 10 agosto 2021
Goletta Verde arriva in FVG: 11 e 12 agosto, Trieste
La storica campagna estiva di Legambiente arriva in Friuli Venezia Giulia per continuare la sua lotta in difesa delle acque e delle coste
Ultima tappa della 35° edizione di Goletta Verde Gli appuntamenti della tappa a Trieste Mancata depurazione e inquinamento, lotta alla crisi climatica e alle fonti fossili, aree marine protette, bonifiche dei territori inquinati e contrasto dell'inquinamento da plastica in mare tra i temi della campagna, che quest’anno più che mai, guarda ai progetti virtuosi e al turismo green I cittadini possono segnalare situazioni sospette di inquinamento su golettaverde.legambiente.it La 35° edizione di Goletta Verde si conclude a in Friuli Venezia Giulia, dopo 15 tappe nelle regioni costiere italiane. Non ci fermeremo mai, è il motto che accompagna l’imbarcazione nel suo viaggio in difesa delle coste e del mare. Dallo scorso anno Goletta Verde si avvale del prezioso aiuto di centinaia di volontari e volontarie impegnati nel campionamento delle acque: uno straordinario esempio di citizen science, che coinvolge giovani da tutt’Italia. Erosione costiera e dissesto idrogeologico, beach e marine litter, porti, eolico off-shore, lotta alla crisi climatica e alle fonti fossili, depurazione dei reflui, aree marine protette, bonifiche dei territori inquinati, contrasto all’inquinamento da plastica in mare sono i grandi temi della campagna di quest’anno, che è partita da Genova a inizio luglio e si concluderà il 12 agosto a Trieste. I cittadini e le cittadine potranno contribuire tramite il form di SOS Goletta segnalando a Legambiente situazioni sospette di inquinamento di mare, laghi e fiumi, fornendo all’associazione e ai suoi centri di azione giuridica informazioni essenziali che permetteranno di valutare le denunce alle autorità competenti. Anche questa edizione vede come partner principali CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, e Novamont, azienda leader a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e dei biochemicals. Media partner il mensile di Legambiente, la Nuova Ecologia. La Goletta Verde sarà ormeggiata presso il porto Trieste presso la Scala reale Molo Audace Si ringrazia l’Autorità Portuale e il Trieste terminal passeggeri Il programma di Goletta Verde in Friuli Venezia Giulia Mercoledì 11 Agosto Dalle Ore 17.00 alle ore 19.00 |Scala Reale al Molo Audace Trieste Visite a Goletta Verde Giovedì 12 Agosto Ore 10.30 |Bar Tergesteo Piazza Giuseppe Verdi |Trieste Conferenza stampa di presentazione del monitoraggio scientifico delle acque di Goletta Verde lungo le coste del Friuli Venezia Giulia. Saranno per l’occasione presentati i dati sui rifiuti spiaggiati Intervengono: Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde Sandro Cargnelutti, Presidente di Legambiente Friuli Venezia Giulia Andrea Wehrenfennig, Presidente del circolo Legambiente “Verdeazzurro” di Trieste
Ufficio Stampa Goletta Verde 2021 Valentina Bifulco | +39 349.1979541 | golettaverde@legambiente.it
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IL PICCOLO - MARTEDI', 10 agosto 2021
Legambiente: «Centrale a gas ormai fuori tempo massimo»
Tonzar: «I cambiamenti climatici impongono il rifiuto dei combustibili fossili» Al raduno solo i residenti del rione Enel. Paoletti: «È la politica a dover dire no»
La nuova centrale a gas progettata da A2a a Monfalcone è fuori tempo massimo, perché gli effetti, devastanti, come dimostrano le temperature estreme che hanno colpito gli Usa settentrionali e il Canada e le inondazioni di Germania e Belgio, sono già un dato di fatto. Lo ha detto ieri mattina con forza Legambiente, esponendo una serie di striscioni all'altezza del porticciolo Nazario Sauro. La protesta contro la realizzazione dell'impianto è andata in scena, come lo scorso anno, sullo sfondo del camino e delle strutture della centrale realizzata alla metà degli anni Sessanta dello scorso secolo e di cui sono al momento ancora autorizzati i due gruppi alimentati a carbone. A dare man forte ai volontari e simpatizzanti dell'associazione ambientalista è sceso in campo quindi il Rione Enel, da 56 anni «costretto a convivere con l'impianto», funzionante a carbone, ma anche a olio combustibile fino a qualche anno fa, e al suo impatto a livelli di inquinamento e rumore. «Lanciamo un appello alle istituzioni, in particolare al governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: basta parole», ha detto la presidente Antonella Paoletti a nome dell'associazione di quartiere, che da alcune settimane ha avviato anche una raccolta di firme contro il progetto della società. «Bocciare il progetto è una scelta politica e alle istituzioni chiediamo di dire "no", aprendo la strada a scelte diverse, sostenibili per il territorio, da parte di A2a», ha aggiunto Paoletti. Per Legambiente, locale, regionale e nazionale, che ha organizzato il flash mob nell'ambito della tappa a Trieste di Goletta Verde, domani e giovedì, in cui saranno resi noti i risultati delle analisi delle acque costiere del Friuli Venezia Giulia, si tratta di un'assunzione di responsabilità non più rinviabile, a fronte di quanto avvenuto nell'ultimo mese e mezzo sta rendendo tangibile.«Il ricorso ai combustibili fossili, com'è il gas, non è più concepibile a fronte dei dati, evidenti, del cambiamento climatico in corso e delle nuove tecnologie disponibili nel campo delle fonti rinnovabili», ha detto ieri il presidente del Circolo Ignazio Zanutto di Legambiente, Michele Tonzar. «Al centro del ragionamento vanno messe le fonti sostenibili», ha proseguito Tonzar, citando gli esempi degli impianti di accumulo realizzati e progettati in Gran Bretagna e in Germania per massimizzare l'energia prodotta dal fotovoltaico, rendendola disponibile in modo continuativo. «Le soluzioni ci sono e sono praticabili e su questo vorremmo ci fosse un ragionamento delle società elettriche e del Governo - ha proseguito Tonzar -. I cambiamenti climatici pretendono, però, di agire in fretta». Legambiente continuerà «a lottare e a farsi sentire», ha preannunciato Katiuscia Eroe, responsabile energia nazionale dell'associazione ambientalista, che ha definito l'eventuale riconversione a gas dell'impianto «una sconfitta per questa città e il Paese. Non è questo lo sviluppo che ci serve e che è possibile - ha aggiunto -. Dobbiamo far capire ai cittadini, ai sindacati e alle altre associazioni che ci si deve muovere in una direzione diversa». Proprio i cittadini, tolti appunto alcuni residenti nella zona attorno alla centrale termoelettrica, ieri però non si sono visti, confermando, almeno all'apparenza, una distanza dal tema.
Laura Blasich
La CO2 alle stelle - ultimo appello al pianeta Terra - IL MONDO IN FIAMME
Il segretario generale ONU "Un codice rosso per l'umanità". Il rapporto IPCC: tutti gli indicatori mutano a grande velocità
New York. Ultima chiamata per salvare il Pianeta, non sono ammesse proroghe. È questo in sintesi il senso dell'appello delle Nazioni Unite rivolto a governo e cittadini alla luce del nuovo rapporto sui cambiamenti climatici, secondo cui la concentrazione di anidride carbonica nell'aria non è mai stata così alta in due milioni di anni, ed è inequivocabile che la responsabilità sia operato dell'umanità. Sono tali i livelli di CO2 a contribuire a fenomeni destabilizzanti tra cui il riscaldamento dell'atmosfera, della terra e degli oceani che provoca catastrofi naturali, da alluvioni a siccità, da incendi a scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare, come stiamo assistendo in varie parti del mondo. Ormai, nessuna area del Pianeta è esclusa. «Un codice rosso per l'umanità», dice il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres commentando i risultati del dossier prodotto dal Gruppo intergovernativo di esperti in cambiamenti climatici (Ipcc) dal titolo Cambiamenti climatici 2021 - Le basi fisico-scientifiche. È il primo dei tre volumi che andranno a formare il Sesto rapporto di valutazione che sarà pubblicato nel 2022. Il dossier, approvato e sottoscritto dai 195 governi dei Paesi membri dell'Onu, arriva a distanza di otto anni dal precedente studio. Il rapporto dell'Ipcc, la principale autorità a livello mondiale, spiega come tutti i più importanti indicatori del sistema climatico (atmosfera, oceani, ghiacci) stanno cambiando a una velocità mai osservata negli ultimi secoli e millenni, alcuni fenomeni già in atto sono irreversibili come l'innalzamento dei mari, avvenuto a una velocità mai vista negli ultimi 3. 000 anni. Le attività umane sono responsabili di un aumento della temperatura di circa 1, 1 gradi rispetto al periodo 1850-1900. L'incremento è orientato a raggiunger gli 1, 5 gradi rispetto all'epoca pre-industriale già nei prossimi due decenni. Secondo gli studiosi a 2 gradi si raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per l'agricoltura e la salute. Il rapporto delinea cinque scenari a partire dal 2015, ma in tutti si stima che la temperatura superficiale globale continuerà ad aumentare almeno fino alla metà del secolo. In uno scenario a tinte fosche tuttavia ci sono spiragli di luce, sebbene sempre più flebili, e sono quelli indicati dal rapporto come le leve con cui fermare la febbre della Terra. Il richiamo è al drastico e immediato taglio dei gas serra per abbassare la febbre del pianeta. Solo forti riduzioni entro il decennio e su larga scala dei gas serra (CO2, metano e biossido di azoto) limiterebbero l'aumento medio della temperatura entro 1, 5-2 gradi al 2100, come indicato dall'Accordo di Parigi . Diversamente, questo obiettivo sarà fuori da ogni portata, facendo aumentare il rischio di eventi meteo estremi. «Non possiamo più aspettare», twitta Joe Biden. «I segnali sono inequivocabili. La scienza è incontrovertibile. E i costi del non agire continuano a crescere» , prosegue il presidente degli Stati Uniti. Anche per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio serve «una risposta efficace, senza perdere tempo». È lapidaria invece l'attivista svedese Greta Thunberg: «Nulla di nuovo, il rapporto conferma ciò che già sappiamo da migliaia di studi: siamo in una situazione di emergenza. Possiamo ancora evitare le peggiori conseguenze, ma non senza trattare la crisi come una crisi». Per capire se gli appelli saranno ascoltati con la dovuta attenzioni si dovrà attendere il G20 di ottobre a Roma e la Conferenza mondiale sul clima (Cop26) di novembre a Glasgow, ennesimo banco di prova della coerenza ecologista dei grandi del Pianeta.
Francesco Semprini
Da 2 a 3,5 gradi in più se non azzeriamo la CO2 - le emissioni
L'ipotesi più preoccupante, se non riduciamo le emissioni di CO2, è un surriscaldamento terrestre di +5,7°C, uno scenario inimmaginabile, se pensiamo ai disastri ora provocati dall'aumento delle temperature di poco più di un grado. Le previsioni sul clima entro il 2040, qualunque sarà il comportamento dell'uomo, restituiscono una tremenda certezza: la colonnina salirà in ogni caso di un grado e mezzo. Poco? Affatto. Anche perché questo aumento rappresenta, appunto, solo il più ottimistico degli scenari. Il rapporto Onu ne ha preconizzati cinque: se la produzione di gas serra resta molto alta e le emissioni di CO2 raddoppiano entro il 2100, le temperature possono salire tra 3,3 e 5,7°C. Se la C02 prodotta resterà ai livelli attuali entro la metà del secolo, vivremo in un mondo più caldo fino a 4,6°C. Se sapremo contenere l'inquinamento - emissioni molto basse e CO2 che diminuisce bruscamente, fino allo zero, la Terra si scalderà fino a 3,5°C. Infine, l'ipotesi più clemente: se sapremo rinnovare l'ambiente più di quanto inquiniamo, ci andrà bene: vivremo in un mondo caldo poco più che ora, fino a 1,8°C in più. -
I mari - Entro 80 anni le acque salgono a livelli mai visti
Causa lo scioglimento dei ghiacci e l'innalzamento delle temperature, dal 1901 il livello del mare è aumentato di circa 20 centimetri. E il fenomeno avanza di 3,7 millimetri l'anno mentre gli effetti continueranno «per secoli o millenni», qualunque cosa accada. Ma anche qui ci sono differenti scenari: entro il 2100, nel migliore dei mondi possibili, quello in cui le emissioni d'ora in poi diminuiranno rapidamente, è probabile che il livello del mare salirà di altri 28-55 centimetri. Se le emissioni dovessero continuare ad aumentare, entro la fine del secolo il livello dei mari crescerà dai 63 a 101 centimetri. Ma i ricercatori dell'Ipcc avvertono: «Non si può escludere che queste previsioni risultino ottimistiche, e che le acque saliranno anche di 2 metri nei prossimi 80 anni e di 5 metri entro il 2150. Ci sono poi i doverosi calcoli a lunghissimo raggio, che risultano ancora più drastici e apocalittici: nei futuri 2000 anni l'innalzamento del livello del mare sarà probabilmente di tre metri, qualora le temperature saliranno «solo» di 1,5°C. Nei casi estremi, con 5°C in più, i mari del globo potrebbero crescere fino a 22 metri.
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 agosto 2021
A Muggia arriva il primo Regolamento sui rifiuti - il documento raccoglie regole e sanzioni
Muggia si dota di un regolamento per la gestione dei rifiuti. Approvato in occasione dello scorso Consiglio comunale, questo documento, «strumento fondamentale - ha detto l'assessore alla nettezza urbana, Laura Litteri - che ancora non esisteva nel nostro Comune, va a colmare, così, una lacuna», in quanto Muggia sinora ne era sprovvista. Il regolamento si compone di due parti: nella prima sono riportate le regole generali nella gestione dei rifiuti, mentre nella seconda si descrive il sistema utilizzato a Muggia, con le sanzioni per chi abbandona i rifiuti, commettendo così un reato. Inoltre nello stesso Consiglio è stata approvata la proposta di adesione al Patto dei sindaci, istituzione proposta dall'Unione europea con lo scopo di unire gli sforzi delle singole amministrazioni nella lotta ai cambiamenti climatici. «Questo - ha spiegato sempre Litteri nelle vesti questa volta di assessore all'Ambiente - è solo il primo passo che porterà alla redazione del Paesc, acronimo di Piano d'azione per l'energia sostenibile e il clima, che indicherà le azioni chiave che Il Comune intende intraprendere per ridurre la produzione di Co2. È questo un impegno politico molto forte nella difesa dell'ambiente che, anche in vista delle vicine elezioni - conclude l'assessore uscente - vuole tracciare una via da seguire, confidando che la prossima amministrazione porterà avanti questo lascito, delle azioni concrete intraprese in questi ultimi cinque anni». Di certo c'è che uno dei temi caldi delle prossime amministrative verterà sulla gesti.ne e sul controllo dell'operato della Net, oggetto quest'ultimo recentemente di un richiamo proprio da parte di Litteri sulle modalità di spazzamento utilizzate per mantenere pulite le strade e stradine del centro storico muggesano.
Luigi Putignano
Il Comitato Noghere si dissocia da Fogar - la querelle
Muggia «Il Comitato Noghere - No Laminatoio prende le distanze da quanto dichiarato da Maurizio Fogar durante la presentazione della sua candidatura a sindaco di Muggia: in passato c'è stata una collaborazione con il Circolo Miani, che si è interrotta per divergenze sulle strategie elettorali». A dichiararlo è Lorenzo Clarich, referente per il Comitato Noghere, riferendosi alle affermazioni di Fogar secondo il quale l'unico Comitato Noghere resta quello da cui è scaturita la lista civica "Muggia". «La maggioranza di noi - ha proseguito Clarich - era ed è convinta che la scelta migliore fosse unire le forze con il polo civico di Tarlao anziché correre separati, favorendo i partiti che vogliono il laminatoio. Va altresì precisato che gli scissionisti sono coloro i quali hanno deciso di abbandonare il Comitato Noghere per partecipare al progetto politico denominato "Lista Civica Muggia" del Circolo Miani e non il contrario. Stiamo già monitorando le dichiarazioni di Maurizio Fogar e Maurizio Allegra e valutando tutte le azioni a nostra maggior tutela presso le sedi competenti».
Lu. Pu.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 agosto 2021
Iniziativa di Legambiente contro la centrale a gas A2A
Appuntamento domani alle 11 nel porticciolo Nazario Sauro. Gli organizzatori: «Scelta irresponsabile utilizzare combustibili fossili per alimentare l'impianto»
Legambiente realizzerà un'azione di protesta contro la riconversione a gas della centrale termoelettrica A2A. L'appuntamento con il flash mob organizzato dal circolo locale dell'associazione ambientalista è fissato per domani alle 11, nei pressi del porticciolo Nazario Sauro, all'inizio di viale Oscar Cosulich.Come già nel 2019 e nel 2020 l'evento fa parte delle iniziative previste in occasione della tappa a Trieste di Goletta Verde, mercoledì e giovedì, in cui saranno resi noti i risultati delle analisi delle acque costiere del Friuli Venezia Giulia.«Gli eventi catastrofici che si succedono sempre più frequentemente dovrebbero far capire che è urgente affrontare con decisione i cambiamenti climatici - spiega il circolo locale nel preannunciare l'iniziativa -. L'utilizzo dei combustibili fossili ne sono la causa principale e il previsto passaggio dall'alimentazione a carbone al gas naturale è una scelta irresponsabile che non tiene conto dei drammatici scenari che si prospettano». Sullo sfondo il camino dell'impianto termoelettrico, una ventina di aderenti all'associazione ambientalista e rappresentanti del Comitato rione Enel lo scorso anno hanno manifestato la loro contrarietà al progetto, esponendo hanno esposto striscioni con gli slogan "Stop carbone-No gas. 100% rinnovabili" e "Fermiamo la febbre del pianeta».Al fianco dell'associazione si sono ritrovati anche componenti del Comitato rione Enel, che da qualche settimana stanno raccogliendo delle firme contro il progetto di A2A. Nel 2019 gli striscioni erano stati invece portati direttamente davanti alla banchina della centrale a bordo della Goletta Verde. Sempre in tema ambiente da segnalare che in città nel corso del 2021 si sono superati per 26 volte i limiti fissati per le concentrazioni medie di ozono in via Natisone e per 23 a Panzano, mentre decisamente migliore risulta essere la situazione nell'area verde di via Valentinis. «I livelli si stanno mantenendo abbastanza alti anche in questi giorni - sottolinea l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci - e quindi l'invito, rivolto soprattutto per i bambini e gli anziani, è di evitare di svolgere attività fisica nelle ore più calde del giorno». L'ozono si forma a seguito di reazioni chimiche tra ossidi di azoto e composti organici volatili, favorite dalle alte temperature e dal forte irraggiamento solare. Si tratta, quindi, di un inquinante secondario i cui precursori sono generalmente prodotti da combustione civile e industriale e da processi che utilizzano o producono sostanze chimiche volatili, come solventi e carburanti.
Laura Blasich
Guerra alle bottigliette di plastica microtassa per chi non le restituisce - i consumi in Italia
Arriva il vuoto a rendere per tutti i contenitori destinati ad uso alimentare: 5 o 10 centesimi di deposito cauzionale
ROMA. Un deposito cauzionale di 5-10 centesimi ogni pezzo. Una microtassa che peserà su ogni bottiglia o contenitore in plastica (ma anche vetro e alluminio, e in prospettiva pure in tetrapack) destinato all'uso alimentare ed un volume compreso tra 0, 1 e 3 litri. Sta infatti per partire una vera e propria guerra alla plastica, per ridurre lo sporco presente nelle strade di tante città e al tempo stesso recuperare materie prime preziose. Lo prevede un articolo inserito nell'ultimo «decreto Semplificazioni» tra le misure per incentivare l'economia circolare: 25 righe in tutto, passate sinora in sordina, ma destinate a segnare una piccola-grande rivoluzione che di fatto ci riporta indietro agli anni'80, quando l'uso della plastica ed i consumi «usa e getta» non si erano ancora imposti e su ogni bottiglia di vetro c'era un piccolo sovraprezzo. La sfida è aggredire quella montagna composta da 11 miliardi di bottiglie che ogni anno bevono gli italiani e che solo in parte, stando agli ultimi dati di Greenpeace, vengono riciclate. Su 460. 000 tonnellate di bottiglie in Pet, infatti, solo 280. 000 vengono effettivamente recuperate. Uno spreco che equivale a ben 850 mila di tonnellate di Co2. «L'obiettivo essenziale è instaurare un meccanismo per la raccolta, la differenziazione ed il recupero dei rifiuti da imballaggio in una modalità vantaggiosa e conveniente per l'intero sistema, creando una cultura e una coscienza comune vero i temi della sostenibilità» spiega Leonardo Salvatore Penna, deputato siciliano dei 5 Stelle. Che dopo aver presentato nei mesi scorsi come primo firmatario una specifica proposta di legge ha approfittato del «decreto Sostegni» che transitava alla Camera per reintrodurre d'intesa col governo il vecchio sistema. Conto alla rovescia - Entro novembre, ovvero «entro 120 giorni dall'approvazione della legge», il Ministero della Transizione ecologica d'intesa con lo Sviluppo economico dovrà varare il decreto attuativo. Non solo Cingolani e Giorgetti dovranno stabilire tempi e modalità di introduzione del nuovo deposito cauzionale, ma dovranno anche fissare gli obiettivi annuali da raggiungere, i valori delle cauzioni per ogni singola tipologia di imballaggio, «in modo da evitare ostacoli al commercio o distorsioni della concorrenza», i termini di pagamento e le modalità di restituzione della cauzione da versare al consumatore, le premialità e gli incentivi economici da riconoscere agli esercenti e la promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori. «I consumatori non avranno oneri, per loro è solo una partita di giro - assicura Penna -. Pagheranno di 10 centesimi di più a pezzo al momento dell'acquisto, ma poi avranno indietro quando riconsegnano il vuoto. Le esperienze in giro per il mondo, in Europa ma anche in Nord America, ci dicono che questo sistema funziona visto che si raggiungono livelli di raccolta altissimi, oltre il 90%. In Germania sono al 95%, in Norvegia al 90, la Lituania che l'ha introdotta da pochi anni sono passati dal 34% della raccolta differenziata normale al 92% del deposito cauzionale». Per Penna il valore corretto è 10 cent «a pezzo». Un importo che dovrebbe servire a remunerare sotto forma di commissione di gestione i distributori, contando sulla quota di depositi dei contenitori non resi e sul ricavato delle materie prime conferite. L'autorità e le sanzioni - A gestire le cauzioni, fissare le commissioni e ripartire le quote legate alla vendita dei prodotti recuperati sarà una nuova Autorità di sistema, un consorzio senza fini di lucro che all'occorrenza potrà anche ritoccare i valori delle cauzioni. A completare il meccanismo sono poi previste sanzioni, che nel Pdl di Penna a seconda dei soggetti andavano da 150 a 300-1.000 euro per i dettaglianti inadempienti. E se il decreto attuativo resta bloccato al ministero e a fine novembre non succede nulla? Noi siamo presenti e vigili e daremo battaglia perché si proceda - risponde Penna -. E assieme alle associazioni ambientaliste e a chi si occupa del riciclaggio dei materiali faremo pressioni sul ministero per far presto e far bene». -
Paolo Baroni
Il presidente e ad di Acqua Sant'Anna Bertone: «Utile, c'è già all'estero farei lo stesso per tv e telefonini»
«La plastica per tanti è maledetta per colpa dei contenitori che vengono abbandonati in giro, non per il materiale stesso. E noi che le usiamo passiamo per inquinatori», protesta Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato di Acqua Sant'Anna, leader italiano delle acque minerali con un fatturato di 320 milioni di euro. A lui l'idea di introdurre una cauzione sul Pet sembra una buona idea: «Lo fanno già in Germania e in tutto il Nord Europa - spiega- e funziona». Eliminare la plastica è importante, ma così non si complica la vita ai consumatori?«Bisogna mettere davanti a tutto qual è l'obiettivo di questa legge: quello di non trovare più nessun tipo di contenitore sparso nell'ambiente. Se l'obiettivo è questo, logicamente, anche il consumatore deve fare un minimo di attenzione, e per non perdere i soldi che ha versato gli si chiede solo di riconsegnarlo nel giusto punto. In questo modo per loro non c'è nessun costo, mentre sul fronte della sostenibilità c'è la possibilità di recuperare tanta plastica di qualità e di poterla poi riutilizzare». Ma le imprese che vantaggi hanno?«Solo quello di non essere più bersagliati come degli inquinatori, mentre il nostro compito è semplicemente quello di confezionare degli alimenti. In questo momento tutti ce l'hanno con chi utilizza bottiglie di plastica, che però di tutte è certamente la confezione migliore. Ovviamente quando verranno introdotte le cauzioni ci sarà una piccola contrazione del mercato. Ma credo che questa legge sia utile: andrebbe fatta una cosa del genere anche per televisori, telefonini e gomme auto». L'importo della cauzione andrà calibrato bene. Secondo lei quale può essere l'importo corretto per ogni pezzo?«Stando alle esperienze straniere, da noi dovrebbe essere tra i 5 ed i 10 centesimi. Più vicino ai 5 che ai 10. Perché se è troppo elevata c'è il rischio di favorire truffe, con gente che magari si mette a produrre apposta contenitori vuoti». Adesso però bisogna aspettare il decreto attuativo, e se poi come spesso succede resta incagliato al Mite? «Non è di mia competenza, ma logicamente ne ho una grande paura. Perché io, a differenza di altri produttori che temono questa legge perché pensano di perdere i consumatori, credo che sia molto importante non trovare più bottiglie di plastica ad inquinare e sporcare l'ambiente».
P. BAR.
Scarpe, zaini, bottiglie Nei boschi sulle tracce di un'umanità in fuga
Sul Carso triestino a ridosso del confine i migranti in arrivo dalla rotta balcanica si disfano delle cose usate nel lungo viaggio, così da passare inosservati in città
Trieste. Due scarpette bianche da ginnastica e un giubbino azzurro. Avrà quattro anni, forse cinque. Sembra di vederla e di sentirla, mentre si sveglia accanto a mamma e papà, magari fa i capricci, vorrebbe giocare. Fermarsi un po'. Ha già camminato tanto, troppo. Ma c'è soltanto silenzio nei boschi di Dolina, sopra la Val Rosandra, nel Carso triestino. È metà mattina. Loro, i migranti, se ne sono già andati per raggiungere la città. Prima la periferia, poi il centro. Hanno lasciato tutto sull'erba, nel fango, sotto gli alberi. Zaini, maglie, giacche. Scarpe, tante scarpe, come quelle un po' logore della bambina o quelle marchiate Disney con le fantasie principesche di "Frozen". Un marsupio da schiena rosso e bianco che qualche genitore ha usato a mo' di imbrago per portare il figlio o la figlia in spalla tra i sentieri impervi. Afgani, pachistani, ma anche siriani e iraniani. Spesso famiglie intere. Arrivano in Europa, in Italia, attraversando Grecia, Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e Austria. Un esodo spesso in mano alle organizzazioni criminali di passeur che pretendono fino a 6, 7 mila euro a persona per "accompagnare" i migranti che, sul Carso, si muovono a gruppetti di cinque, dieci o poco più. Scendono nella notte, dopo aver varcato il confine sloveno, dopo mesi di cammino lungo la rotta balcanica. Trieste è l'approdo. Ma, prima di addentrarsi nei centri abitati dell'altipiano che sovrasta la città, molti si fermano a dormire nei boschi. Ricavano nelle radure piccoli accampamenti: teli, sacchi a pelo, coperte. Aspettano l'alba per entrare a Trieste. Non vogliono dare troppo nell'occhio. Cercano disperatamente di confondersi con la popolazione locale. Già, confondersi. Diventare invisibili. Per questo, quando sono ormai alle porte della città, abbandonano per terra, nel bosco, tutto ciò che si sono portati dietro nei mesi di cammino. Buttano tutto. Vestiti, coperte, borse, borsoni appartenuti a una vita da cui sono scappati. L'altipiano a ridosso del confine è disseminato di oggetti che vengono da lontano. Tanti piccoli segni quotidiani. Lampadine, posate, spazzolini, dentifrici. Schiuma da barba, rasoi. Garze, blister di paracetamolo. Schede telefoniche, coltellini. Confezioni di biscotti. Bibite di ogni tipo. Le coperte con le sigle delle onlus incontrate nei campi profughi della rotta balcanica. La "Kola" presa in Bosnia, la bottiglia di acqua "Jana" comprata in Slovenia. Zaini neri o verde mimetico. Alcuni strappati, altri ancora ottimi. Se ne contano a decine nel fango. E sì, le scarpe. Distese di scarpe. Scarpe infangate e consumate. Scarpe bagnate e sfondate. Non serve un grande sforzo di fantasia per immaginarci i piedi dentro, martoriati dalla fatica. Quei piedi che i volontari delle associazioni umanitarie che operano a Trieste, spesso giovani, spesso medici specializzandi, curano nella centralissima piazza Libertà sulle panchine con disinfettanti e garze. Nei boschi il flusso non si ferma nemmeno d'inverno e si accentua con la bella stagione. Quello che i migranti abbandonano nel fango, sull'erba, è il racconto di mesi di fatica. Tracce di un'umanità in fuga. Testimonianze mute anche dei drammatici respingimenti ai confini in Bosnia e Croazia. "The game", così viene chiamato il tentativo di attraversare quelle frontiere, tra i pestaggi e le umiliazioni inflitte della polizia, come documentato in numerose inchieste e reportage. Talvolta non ce la fanno. C'è chi resta bloccato per mesi nei Balcani. Chi perde la vita. E tante volte chi riesce a raggiungere Trieste ha lividi alla schiena e alle gambe. È da cinque anni che è così. E il Carso si riempie dei segni di questi transiti, rischiando di diventare un enorme immondezzaio a cielo aperto. Il Comune di San Dorligo della Valle-Dolina si è attrezzato incaricando una ditta - la A&T 2000 spa - per la pulizia dei boschi. La Regione ora concede finanziamenti. Perché la mano dei volontari, e cioè dei cittadini che si prendevano la briga di portare via quanto trovavano qua e là, non è più sufficiente. Si calcola che da marzo - da quando è cominciata la contabilità dell'attività di pulizia - siano stati raccolti 80 quintali di materiale. Interi camion che fanno la spola tre volte alla settimana tra l'altipiano e i centri di smaltimento. Solo venerdì, in meno di due ore, gli addetti hanno riempito sedici sacchi da quindici chili ciascuno. Indumenti, scarpe, coperte e quant'altro tirati su in meno di 300 metri di boscaglia sulle pendici del monte Carso, a ridosso dell'abitato di Crogole, a Dolina. «Ripuliamo una zona - spiega Stefano Franceschetti, referente della società - ma la settimana dopo dobbiamo ritornare a farlo perché è nuovamente piena di roba. Fa male vedere questa immondizia, ma poi guardi i volti delle persone che la buttano. E comprendi». Il sindaco di Dolina, Sandj Klun, ha affrontato con passione il problema. Lui, di sinistra, esponente della minoranza slovena, ha portato tra questi boschi l'assessore regionale con delega all'Immigrazione Pierpaolo Roberti, leghista. E lo ha convinto a farsi dare i fondi per fronteggiare la situazione. Centocinquanta mila euro annui per i comuni carsici. «La Regione ha capito e su questo, per fortuna, non ci sono divisioni politiche» afferma Klun. La popolazione locale, che ovviamente non è contenta di convivere con il verde dietro casa punteggiato da centinaia di zaini, indumenti e coperte, non fa muro. Tra i residenti c'è chi dà una mano a pulire. E chi aiuta i migranti in difficoltà, offrendo loro un pezzo di pane, dell'acqua, dei biscotti. L'attività di raccolta si fa però sempre più dura. Perché i migranti non passano soltanto dai sentieri battuti. Arrivano da ogni dove, nell'intera arcata che va da Rio Ospo, a Muggia, al Monte Cocusso. «Come facciamo a raggiungere i punti più impervi? E portare giù sacchi e sacchi di roba?» incalza il sindaco. Una soluzione c'è. Un ritorno all'antico: i muli. Sì, useranno i muli di un abitante di Dolina per il trasporto del materiale rintracciato nelle aree scoscese, dove l'erba si fa più rada e cominciano i costoni di roccia. Passaggi pericolosi: nel gennaio del 2020 un giovane algerino è caduto in un crepaccio. Per evitare incidenti, e per segnare meglio la strada, i gruppi di migranti lasciano appesi sugli alberi e sui cespugli maglie e zaini. Da un po' di tempo anche le mascherine. Così chi viene dopo sa dove andare. Il flusso non si arresta. Viaggia a un ritmo di 30-50 al giorno. «A Trieste l'accoglienza funziona», assicura Gianfranco Schiavone, presidente dell'Ics, la onlus che gestisce il settore. Schiavone è molto critico sui pattugliamenti misti ai valichi gestiti in collaborazione tra la polizia italiana e slovena: «Più difficoltà si creano, più il sistema si struttura e va in mani criminali». Il bosco parla, il bosco racconta. La bambina delle scarpette bianche che l'altra notte ha dormito in un sacco a pelo all'aperto, tra questi alberi, indossava anche un giubbino azzurro con ricamata una piccola scritta: «Star gazing». Guardare le stelle. Par di vederla con gli occhi all'insù, mentre si addormenta.
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - SABATO, 7 agosto 2021
Topi tra vialetti e panchine al giardino De Tommasini
I ratti proliferano nell'area verde suscitando sconcerto in passanti e pure turisti Lobianco: «Installate più trappole nel parco». Appello a non dare cibo ai piccioni
Cani, gatti, piccioni, gabbiani e adesso anche i topi. Non manca proprio nessuno all'appello nel giardino comunale "Muzio de Tommasini" di via Giulia. Ma se la presenza in un parco cittadino di animali domestici (rigorosamente al guinzaglio) e degli ormai classici volatili "da città" non può destare meraviglia, quella dei roditori è una novità che non può lasciare indifferenti. La segnalazione è arrivata al giornale ieri mattina da un lettore, con un video nel quale si notano due ratti di almeno venti centimetri rincorrersi fra i vialetti del parco. Un caso isolato? Effettivamente no. È bastato fare un giro nel pomeriggio fra le panchine del giardino pubblico per farsi un'idea della situazione. In pochi minuti i topi si sono palesati in diverse unità: tra i cespugli, in arrampicata sui cestini, in fuga dai gabbiani e i piccioni che li rincorrevano, assecondando così la legge della natura. «Ein Mauss?», dice una turista austriaca che si ferma impietrita quando vede un roditore tentare di arrampicarsi su un bidone della spazzatura. Nell'assistere a questa scena un'altra signora si avvicina brandendo un bastone nell'aria tentando di scacciare il sorcio. «È veramente uno schifo - spiega poi visibilmente inorridita - è da un paio di mesi che non passo di qui e la situazione è incredibilmente degenerata. Ricordo che a maggio mi è capitato di vederne un paio dopo un'ora che ero ferma su una panchina, adesso non passa minuto senza vederne uno. Le trappole servono a poco - prosegue - secondo me il problema sono i contenitori per i rifiuti. Così come sono adesso - aperti - costituiscono un invito senza pari per queste bestiacce. Dovrebbero chiuderli, almeno non agevolare la loro caccia al cibo. In tal senso non è di aiuto nemmeno chi dà da mangiare ai piccioni». A pochi metri di distanza una signora della cooperativa Alma accompagna un'anziana costretta in sedia a rotelle. «Sono allibita - esordisce - non ne ho mai visti così tanti. Fa impressione quanti ce ne sono». E accelera il passo allontanandosi dal parco. «Siamo al corrente della loro recente proliferazione - risponde l'assessore agli affari zoofili, Michele Lobianco - e infatti nelle ultime settimane abbiamo implementato il numero di trappole nel giardino e redistribuito quelle esistenti. Purtroppo il problema dei topi è di complessa soluzione - prosegue - ciò nonostante in altre parti della città la situazione è migliorata notevolmente rispetto al passato. Cerchiamo di fare il possibile, ma non abbiamo altri mezzi a disposizione a parte quelli convenzionali. La proliferazione l'abbiamo avuta con l'aumento del numero dei cassonetti dell'umido nella zona, una vera e propria "bomba olfattiva" per i roditori. Inoltre, l'aver ridotto notevolmente il loro selettore naturale per eccellenza, ovvero il gatto, a seguito delle sterilizzazioni delle colonie feline, non ha aiutato. Mi sento però - conclude Lobianco - di rivolgere un appello a chi frequenta i giardini pubblici: evitiamo di dare da mangiare ai piccioni o di lasciare cibo incustodito, perché questo è il modo più facile per contribuire all'aumento del numero dei topi».
Lorenzo Degrassi
«Non è il Pd a volere il laminatoio e Giorgetti al G20 l'ha chiarito»
L'accelerazione del progetto anima il dibattito elettorale a Muggia. I dem: dal ministro parole affrettate
MUGGIA. Per il ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, il nuovo polo siderurgico di Muggia «si farà». Queste parole, pronunciate giovedì in occasione dell'esordio del G20 a Trieste, ha fatto inarcare le sopracciglia a più di qualcuno tra i dem locali, dato che nelle ultime settimane il Pd è stato accusato da più fronti di essere tra i fautori indiscussi del progetto Danieli-Metinvest, in quanto al "governo" di Muggia, o quanto meno di subirlo passivamente. «Le parole del ministro - così infatti il segretario dei dem muggesani Massimiliano Micor - suonano un tantino affrettate. Vengono prima della costituzione del gruppo di lavoro previsto dal protocollo d'intesa in cui poter esporre tutte le preoccupazioni, e ce ne sono parecchie. Prima dell'adozione di un accordo di programma. Prima della possibilità di ricevere un progetto, nonché la descrizione delle modalità attraverso cui questo progetto sarà integrato con la piattaforma di Adriaport. Prima che sia stato possibile coinvolgere il territorio, condizione necessaria per una discussione seria sulla vera eco-sostenibilità dell'insediamento. Prima che si sia discusso dei piani di viabilità. E prima che si siano descritte le compensazioni». Micor ricorda inoltre come «il protocollo ha lo scopo di permettere di valutare tutte, ma proprio tutte, le ricadute. Non vincola ad alcun atto da parte del Comune e chi dice il contrario mente». Il segretario dem sottolinea poi che, grazie a quanto dichiarato da Giorgetti, «forse si capirà chi è che vuole imporre un laminatoio sul nostro territorio fregandosene dell'opinione dei nostri amministratori e dei nostri cittadini», in quanto «sia lo stesso ministro Giorgetti della Lega che la giunta regionale di centrodestra stanno delineando un percorso ben preciso che ci vedrebbe esclusi da ogni spazio decisionale. Se il presidente della Regione ha trovato il tempo di sponsorizzare il candidato sindaco di Muggia della sua parte, speriamo a breve troverà il tempo per convocare il gruppo di lavoro chiesto, così potremmo portare all'attenzione dei cittadini qualcosa di concreto, non chiacchiere. Da parte nostra l'intenzione è sempre stata chiarissima: capire nei dettagli la portata del progetto per portarlo all'attenzione dei cittadini per la valutazione complessiva». Cauta la risposta del candidato sindaco del centrodestra a Muggia, il leghista Paolo Polidori: «Il ministro ha espresso la volontà di andare avanti. Sarà dunque onere dell'amministrazione di Muggia valutare proposte e progetti. A oggi qualsiasi valutazione è prematura, sarà fatta in futuro se e quando ve ne sarà la necessità. È evidente che in questa partita la tutela del territorio rappresenti una priorità imprescindibile. Da parte mia posso dire che sarà fondamentale condividere qualsiasi azione con i residenti ascoltando le loro istanze e le loro necessità». Caustico il candidato sindaco del centrosinistra, il dem Francesco Bussani: «I nodi vengono al pettine. La politica locale deve intervenire su questo tema, non può lavarsene le mani. Capisco la difficoltà di un centrodestra che il laminatoio lo vuole a prescindere. Solo Fdi ha detto un timido "no" tardivo a livello locale, anche se l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro a fine giugno in tv provava a tranquillizzare tutti sulla bontà della siderurgia pulita. Incongruenze, comunque, che però non spetta a me giudicare. Noi, e in tal senso è stato sottoscritto il protocollo di intesa, vogliamo essere presenti e rappresentare al gruppo di lavoro, colpevolmente non ancora convocato dalla Regione, le preoccupazioni del territorio. E vogliamo capire le opportunità per restituire al territorio stesso un quadro chiaro di un progetto che, a oggi, non c'è». Si schiera su posizioni più "municipali" il capogruppo di Fdi Nicola Delconte: «Appena avremmo i progetti valuteremo attentamente», ma «nessuno pensi di calare le decisioni dall'alto. A Muggia e per Muggia decidono i muggesani». Infine, per Roberta Tarlao, candidata del terzo polo civico, che annovera al suo interno parte del Comitato Noghere nato per dire no al laminatoio a caldo, «con le sue parole il ministro romano dimostra di ignorare la storia sofferta della siderurgia nella nostra provincia e manifesta il proprio ruolo senza rispettare i diritti dei cittadini che sono i legittimi proprietari del territorio».
Luigi Putignano
Legambiente: «Fondamentale la presenza delle piste ciclabili»
L'associazione interviene nel dibattito sul futuro (e definitivo) assetto del Corso Tomasich: «Muoversi su due ruote è un valore che fa bene alle nostre città»
«La forza della bicicletta è enorme. E muoversi sulle due ruote è un valore che fa bene alle persone, alle città, all'economia e all'ambiente, tanto che la transizione ecologica non può essere disgiunta dallo sviluppo di una mobilità sostenibile, di cui la bicicletta è protagonista». Questo è quanto Legambiente indirizza, attraverso la sua presidente Anna Maria Tomasich, al mondo politico. «È una questione culturale», ribadisce. Il tema è quello, assai dibattuto, del senso unico in corso Italia. «Come già ci esprimemmo in febbraio assieme alla Fiab, e durante il dibattito in commissione consiliare sulla sperimentazione della viabilità e della pista ciclabile di corso Italia, vorremmo ricordare, nuovamente, quanto la nostra associazione, nel corso dei decenni, abbia sempre sostenuto l'importanza di promuovere la mobilità ciclistica all'interno, però, di una programmazione completa: una sinergia d'intenti - rimarca Legambiente - in un progetto organico (il Piano urbano per la mobilità sostenibile-Pums) che comprende il Piano del traffico, il Biciplan, una riorganizzazione del trasporto pubblico locale, percorsi di educazione stradale a tutti i livelli, bike sharing, adeguamenti dei parcheggi per le biciclette, etc. La nostra associazione promuove, inoltre, la mobilità ciclistica non solo come cicloturismo ma anche, e soprattutto, come mezzo di trasferimento quotidiano: esempio casa-scuola e casa-lavoro per contenere l'impatto ambientale e per sostenere nuovi stili di vita e di mobilità attiva». Aggiunge Tomasich: «Vogliamo ricordare, inoltre, che le normative attualmente in vigore disciplinano una varietà di caratteristiche tecniche delle piste ciclabili: percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti, sia in sede riservata, sia in sede a uso promiscuo con pedoni (percorsi ciclopedonali) o con veicoli a motore, su carreggiata stradale, le cosiddette "corsie ciclabili" e "strade ciclabili", con la realizzazione anche delle zone 30 (aspetto tecnico da non sottovalutare, sono a basso costo, aumenta la sicurezza, abbatte l'inquinamento, e il rumore provocati dal traffico)».In conclusione: l'auspicio formulato da Legambiente Gorizia è che, dopo aver suggerito qualche aspetto organizzativo e qualche minimo aspetto tecnico, le parti politiche della città «possano assieme, in modo condiviso, risolvere la questione attualmente tanto dibattuta di corso Italia: Gorizia ha le dimensioni ideali ed è potenziale per diventare una città attenta ai temi della sostenibilità ambientale, oggi necessario per contrastare il cambiamento climatico, anche nel nostro piccolo, attraverso le nostre scelte».
Francesco Fain
«Ciclisti parte integrante del traffico in centro»
È un monito di poche righe. Ma che ben esprime il pensiero di Legambiente sul tema divisivo per eccellenza a Gorizia: il senso unico in corso Italia. L'associazione ambientalista afferma che «va da sé considerare il ciclista come parte integrante del traffico, esso è anche il traffico». Cosa che, molte (troppe) volte, sfugge.
«Nel Piano della mobilità c'è ben poco da salvare» - la coalizione Rossoverde
«Altro che sostenibilità!». Dure critiche al Pums (Piano di mobilità sostenibile) appena approvato dal Comune vengono sollevate dalla candidata sindaco della coalizione rossoverde Tiziana Cimolino (Verdi Trieste) che alla luce dei contenuti del Piano (che racchiude ascensori, scale mobili e ovovie) rilancia: «Perché allora non realizzare l'Ovotram?, risolvendo così due problemi in uno?». Prosegue: «Leggiamo con sconcerto alcuni passaggi del testo approvato dalla maggioranza: è chiaro - afferma Cimolino - che si tratta in realtà di un Pumi: Piano di mobilità Insostenibile! C'è ben poco da salvare in questa delibera». I parcheggi di interscambio (fra cui quello criticatissimo di via Tigor) secondo la candidata sindaco della coalizione Verdi Trieste - Sinistra in Comune «sfuggono alle logiche più elementari»: «Per non parlare dei sistemi "ottometrici", parolona roboante che racchiude ascensori, scale mobili e... Ovovie! Evidentemente chi ha voluto usarla aveva la chiara intenzione di nascondere nelle pieghe dei sinonimi la famigerata Ovovia che ha attirato critiche da ogni punto cardinale».
C'è una grotta, stop ai lavori sulla Capodistria-Divaccia
La cavità non è fra quelle già previste durante gli scavi da progettisti e geologi Cantiere del secondo binario fermo in attesa dell'esplorazione. I Verdi in allerta
LUBIANA. Non sono neppure iniziati e i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia si sono già fermati. A bloccarli la grotta che non ti aspetti. Dal terreno carsico della Val Rosandra dove si sta lavorando a un viadotto e a un tunnel, proprio nei lavori di preparazione per il traforo è saltata fuori una grotta inattesa da progettisti e da geologi. Stop ai lavori, ora ci saranno le ispezioni della Commissione carsica e speleologica, poi la parola passerà a quella per la tutela dell'ambiente. Alla fine l'appaltatrice, dopo che gli speleologi avranno esplorato la cavità carsica, deciderà sul da farsi anche in base alle direttive ricevute dagli organismi sopra citati. Dieci grotte più grandi e 100 più piccole sono già state identificate nel progetto del tracciato del secondo binario, ha spiegato alle Primorske Novice Pavle Hevka, il direttore generale di 2TDK (la società interamente dello Stato sloveno che gestisce l'opera ndr.), ma questa è stata una sorpresa. «Non ci sono stalattiti, né Grotte di Postumia là sotto. Ma aspettiamo che l'Istituto di ricerca del Carso faccia il suo lavoro», puntualizza Hevka. In quell'area, ovviamente, i lavori di costruzione sono stati sospesi. «È un abisso che abbiamo misurato fino a 12 metri di profondità, ma poi abbiamo dovuto interrompere le misurazioni perché c'era una concentrazione troppo alta di anidride carbonica, che di solito è dovuta all'uso delle mine, e andare avanti sarebbe stato pericoloso. Abbiamo avvertito l'appaltatore di chiudere temporaneamente l'abisso immediatamente in modo che nessun "speleologo della domenica" potesse entrarvi senza autorizzazione», ha affermato Franjo Drole dall'Istituto di Carsologia. La grotta verrà ulteriormente esplorata, e poi i costruttori decideranno come salvarla. Nessuna comunicazione ufficiale giunge a proposito da Lubiana, ma in maniera ufficiosa siamo stati informati che i lavori continueranno a essere bloccati fino a quando l'Istituto di Postumia e la Commissione ambientale di Nova Gorica non esprimeranno i loro pareri a riguardo. La 2TDK, comunque, ribadisce che l'intera opera sarà realizzata secondo le normative europee vigenti e in modo assolutamente trasparente per quanto riguarda l'andamento dei lavori. L'episodio è simile a quanto avvenuto a Trieste durante i lavori della galleria Carso della Grande viabilità quando venne trovata la Grotta impossibile, oggi preservata e accessibile da un portoncino dell'infrastruttura stradale. Nella val Rosandra è stata eseguita la cementazione continua di 30 ore dei primi 100 metri del viadotto. Analoga procedura verrà ripetuta altre due volte per l'intero viadotto. «Già ora ci si è resi conto che la geologia del sito non è nota e tanto meno le comunicazioni tra le aree di roccia e di grotte attraversati da acqua, gas e altro ancora di cui non si conoscono i percorsi - lanciano l'allarme i Verdi di Trieste - in più si sversano tonnellate di cemento che tamponeranno, devieranno, cambieranno non sappiamo in che modo gli elementi del paesaggio sotterraneo e di superficie di quei luoghi». Le associazioni ambientaliste con i Verdi «ribadiscono la preoccupazione, richiedendo monitoraggi più stretti e collaborazioni con esperti geologi e speleologi in maniera transfrontaliera e particolarmente dalla parte italiana, affinché le informazioni siano puntuali e pubbliche».
Mauro Manzin
IL PICCOLO - VENERDI', 6 agosto 2021
Giorgetti annuncia l'ok alla barriera a mare davanti alla Ferriera
Il ministro dello Sviluppo economico fa tappa a Servola, comunica lo sblocco del progetto e sul via alle demolizioni assicura: «Facciamo ciò che serve»
Il governo sblocca le autorizzazioni per la realizzazione del barrieramento a mare della Ferriera di Servola da parte di Invitalia. Entrano finalmente in gioco i 41 milioni che la società pubblica e la Regione hanno in pancia da anni per i lavori di consolidamento della costa su cui si affaccia lo stabilimento e che servono a evitare lo sversamento in mare di sostanze inquinanti. I ministeri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico hanno firmato il 30 luglio il decreto che attendeva il via libera da mesi e che dovrà ora passare l'ultimo vaglio della Corte dei conti. L'annuncio è stato dato ieri dal responsabile del Mise Giancarlo Giorgetti, a margine della visita compiuta nel comprensorio di Servola. È uno dei passaggi che Arvedi e Icop chiedevano alle istituzioni coinvolte nell'Accordo di programma, ma per proseguire con la riconversione mancano il via di Mise e Mite alle demolizioni, lo scambio fra aree private e pubbliche in capo al Demanio e la Conferenza dei servizi che deve approvare la realizzazione dei piazzali su cui sorgerà il terminal ferroviario a servizio del Molo VIII. «Sono contento - dice Giorgetti - di aver portato personalmente a Trieste la buona notizia del via libera al decreto». La progettazione del barrieramento è stata approvata nell'ottobre scorso e, dopo poco meno di un anno, arriva ora la firma congiunta di Mise e Mite. I fondi erano stati sbloccati nel 2015, ma sono rimasti finora inutilizzati: tanto i 26,1 milioni già incamerati dalla Regione, quanto i restanti 15,4 che sono ancora nella disponibilità di Invitalia. Dopo l'ok della Corte dei conti, Invitalia potrà concludere la progettazione esecutiva, bandire la gara d'appalto ed eseguire le opere. Nessun aggiornamento arriva invece sulle altre pratiche incagliate, ma Giorgetti dice che «quello che serve facciamo»: un segnale di attenzione rispetto alla necessità di accelerare sul fronte di demolizioni e messa in sicurezza dei terreni. L'ad di Arvedi Mario Caldonazzo aveva scritto al governatore Massimiliano Fedriga per chiedere un intervento delle istituzioni per rimettere in marcia il percorso, che attende anche il via alla definizione dello scambio fra aree private e demaniali: istituzioni e società ritengono sarà ultimato per settembre, permettendo di innescare il piano complessivo da 330 milioni (di cui 50 messi dal Mise) che Arvedi metterà in campo con il supporto del Mise. Il percorso di riconversione è additato da Giorgetti come un modello nazionale: «Siete protagonisti di un fatto epico e storico», dice il ministro ai dirigenti della Ferriera non appena sceso dall'auto. Giorgetti si fa illustrare i lavori in corso e ciò che sarà sul fronte del laminatoio e su quello del terminal di terra che sostituirà l'area a caldo. Fra le immagini, figura anche il disegno del primo lotto del Molo VIII. Il giudizio è lusinghiero: «In questi investimenti imprenditoriali affiancati dalle istituzioni si trova il Pnrr in atto. Sostenibilità ambientale, economica e sociale qui si fondono e diventano realtà», dice l'esponente del governo. Prima del pranzo offerto al ministro nella sala mensa della Ferriera, Caldonazzo sottolinea di voler ultimare il laminatoio «entro il terzo trimestre 2022», in modo tale da poter mettere in funzione il nuovo impianto entro i due anni coperti dalla cassa integrazione dei lavoratori dell'area a caldo. L'ad mette nelle mani di Giorgetti un breve report sulle pratiche in sospeso e parla del futuro: «Con la riconversione faremo in tempo record un polo per la laminazione da 1 milione di tonnellate all'anno e assumeremo altri 50 lavoratori rispetto al piano industriale (finora si era parlato di 30 unità per le linee aggiuntive del laminatoio)». Altre 80 persone saranno impiegate nel terminal a terra, spiega a sua volta il presidente di Icop Vittorio Petrucco, stimando «500 assunzioni nel futuro Molo VIII» che sarà costruito da Hhla Plt Italy. Caldonazzo sottolinea di aver «avviato un percorso di decarbonizzazione e riconversione industriale a zero esuberi. Abbiamo completato lo smantellamento e definito gli investimenti. Tutti gli ordini sono stati lanciati. È importante che si completino sdemanializzazione e permuta delle aree, nonché alcuni iter autorizzativi. Penso ci sia la volontà di tutte le istituzioni di arrivare in porto al più presto».
Diego D'Amelio
Nuove fonti rinnovabili e impianti "intelligenti": le scommesse di Acegas - "energie per il clima"
AcegasApsAmga punta forte su energie "green" e riduzione delle emissioni allo scopo di contribuire a mitigare i cambiamenti climatici. L'azienda fa sapere infatti che, nel corso del 2020, ha usufruito per le proprie attività di oltre 60 mila milliwattora (MWh) di energia, verificandone l'esatta origine: è emerso che la quantità così utilizzata era interamente proveniente da fonti rinnovabili in base ai criteri presi in considerazione, e cioè quelli validati dall'Eecs (European energy certificate system) e dal Gse (Gestore servizi energetici).Stando a quanto riferito dalla multiutility tale scelta - ovvero quella di ricorrere esclusivamente a energia che non è stata prodotta mediante combustibili fossili - ha permesso di evitare l'emissione in atmosfera di quasi 30 mila tonnellate di anidride carbonica (Co2): per neutralizzarne una simile quantità servirebbe una trentina d'anni di vita di 10 mila alberi, secondo le stime. Acegas, insiste la stessa multiutility, si sta impegnando inoltre a ridurre il proprio fabbisogno energetico, introducendo tecnologie innovative negli impianti aziendali al fine di gestire al meglio le risorse necessarie al loro funzionamento: un esempio di ciò è rappresentato dalla cosiddetta "valvola intelligente" che è stata installata lungo la condotta idrica della Costiera: valvola che tecnicamente si definisce "fuso" e serve a regolare la portata d'acqua in funzione della richiesta idrica da parte della città, facendo in modo che i volumi immessi nelle tubazioni diminuiscano e le pompe della rete consumino di conseguenza meno energia. Queste azioni, viene fatto sapere, rientrano nel più ampio piano di contrasto ai mutamenti climatici messo in atto dal gruppo Hera, in linea con il "Green deal" europeo e in particolare con il "Fit for 55 package", ossia l'insieme di proposte con cui l'Unione europea punta a ridurre le emissioni inquinanti del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.Hera in particolare sta definendo il proprio Piano industriale 2025 in base all'analisi degli scenari climatici: l'obiettivo è ridurre del 37% le emissioni di gas serra - non solo proprie, ma anche di clienti e fornitori - entro il 2030, rispetto al 2019. Dati ancora più dettagliati e riferiti al 2020 sono consultabili online all'interno del report "Energie per il clima" appena pubblicato da AcegasApmAmga sul proprio sito web.
Lilli Goriup
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 agosto 2021
Pinna nobilis da salvaguardare «Segnalateci gli esemplari vivi»
La nuova iniziativa dell'Istituto croato per la tutela dell'ambiente che si rivolge a cittadini e turisti. La specie è sotto tutela
Fiume. Da quando, nel 2019, il protozoo parassita Haplosporidium pinnae ha cominciato a uccidere anche nelle acque croate dell'Adriatico le Pinne nobilis o nacchere, solo 17 esemplari di quello che è il più grande mollusco bivalve nel Mediterraneo sono stati ritrovati vivi. Per questo l'Istituto croato per la tutela dell'Ambiente (attivo nell'ambito del ministero dell'Economia e Sviluppo sostenibile) ha deciso di lanciare un'iniziativa che coinvolga cittadini e turisti - croati e non - nell'operazione di salvaguardia delle "nacchere". L'Istituto invita dunque tutte le persone che dovessero scoprire degli esemplari ancora in vita a fotografarli e a segnalarne il luogo del ritrovamento via web (l'indirizzo è http://lime.haop.hr). Come fare a capire se un esemplare è in vita? Gli esperti dell'Istituto indicano di toccare lievemente le valve: se si richiudono vuol dire che la Pinna nobilis è viva, se non c'è alcuna reazione siamo in presenza di un esemplare morto. Va anche rilevato che le valve in posizione verticale, con la parte appuntita fissata nella sabbia o nella roccia, non significano come l'esemplare sia ancora vivo. L'iniziativa dell'Istituto si tiene lungo tutto il corso dell'anno e ha una rilevante importanza specie nei mesi estivi, quando le acque che bagnano le coste dell'Istria, Dalmazia e Quarnero sono invase da centinaia di migliaia di bagnanti. È il periodo in cui ci sono le maggiori opportunità di vedere gli organismi marini nel loro habitat naturale.L'Istituto coordina varie attività mirate a salvaguardare le nacchere dall'estinzione: si tratta di tre progetti cofinanziati dal Fondo nazionale per l'Ambiente e l'efficienza energetica, che si avvalgono della collaborazione dell'istituto pubblico More i krs (Mare e Carso), del parco naturale Telascica e del parco nazionale delle Brioni. La Pinna nobilis è una specie tutelata in modo rigoroso in Croazia da leggi e regolamenti che ne proibiscono la raccolta sia di esemplari vivi, che di quelli morti: proprio alcuni giorni fa un turista polacco di 23 anni è stato fermato e denunciato dalla polizia a Fasana, in Istria, perché trovato in possesso di 26 valve.
Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 agosto 2021
A Riccesi e Balsamini il restauro da 3,6 milioni dell'ex Meccanografico
La gara vinta con un ribasso del 7%. Il Comune prevede l'avvio del cantiere in autunno, durata di 540 giorni. Entro fine 2023 diventerà la sede di Esatto.
Il raggruppamento temporaneo di impresa formato dalla triestina Riccesi e dalla sacilese Balsamini ha vinto l'appalto per trasformare l'ex Meccanografico in un dignitoso contenitore di uffici che riscatti l'attuale, annosa, insostenibile condizione di degrado. L'abbinata Riccesi-Balsamini ha prevalso con un ribasso del 7% a 3,6 milioni di euro, ai quali si somma il 10% di Iva. Dopo l'aggiudicazione provvisoria scatteranno i 35 giorni di "stand still", durante i quali i concorrenti battuti potranno impugnare l'esito della gara, gara bandita - dopo una lunga preparazione - all'inizio di luglio. Ieri mattina Riccardo Vatta, "arbitro" comunale di queste disfide, ha verificato le offerte pervenute: erano state invitate 11 aziende, individuate in ambito regionale, ma solo in 6 avevano partecipato. Più di un'impresa contattata avrebbe lamentato prezzi troppo bassi e poco competitivi. Responsabile unico del procedimento la dirigente Lucia Iammarino. Dopo i 35 giorni di "stand still" potrà essere concluso il contratto, per cui Vatta ritiene che in ottobre la parte amministrativa dovrebbe essere definita e durante l'autunno - salvo complicazioni - verrà predisposto il cantiere. Per la ristrutturazione dell'ex Meccanografico sono previsti 540 giorni di lavori, un anno e mezzo che in teoria andrebbe ad approdare nell'estate 2023.Chi sarà il fortunato destinatario dei nuovi spazi in fondo alla Sacchetta, di fianco alla stazione di Campo Marzio, a pochi passi dal "Pedocìn" e dall'Ausonia, dirimpettai della compianta terapeutica Acquamarina? Allo stato attuale i più accreditati candidati a stabilirsi nelle restaurate stanze sono Esatto, la società 100% comunale incaricata di introitare i civici tributi, e una parte dei servizi sociali municipali, quelli che stanno per trasferirsi temporaneamente in via della Scalinata, in un edificio proprietà della fondazione Ananian tra piazza Garibaldi e piazza Puecher. In tutto poco più di un centinaio di "colletti bianchi". Sembra invece che non traslocheranno gli uffici finanziari del Comune, diretti da Vincenzo Di Maggio. Tra piazza Unità e largo Granatieri non sono tutti entusiasti di investire un bel po' di quattrini per la sede di Esatto e per una porzione di Welfare: l'opzione Ferrovie o l'ipotesi di una struttura recettiva parevano più accattivanti. Se non altro, dopo un impasse durato una quindicina di anni, una decisione è stata assunta per sottrarre un'area di pregio, praticamente in centro, al mesto destino di residenza per roditori. La raggiungibilità mediante bus e la "parcheggiabilità" della zona dovrebbero essere atout importanti per l'utenza di Esatto, pesata in circa 50.000 persone/anno. Certo, le premesse, quando nel primo mandato Dipiazza il Comune acquistò l'immobile dalle Fs, erano altre, all'insegna della musealità scientifica (Era) e multimediale (Alinari): ma le cose hanno preso una piega diversa.
Massimo Greco
E dalla Fondazione FS proposta in extremis di alleanza museale. Ma Dipiazza dice no
Il direttore Cantamessa scrive al sindaco per chiedere un accordo sull'immobile in sinergia con la contigua stazione di Campo Marzio
«Naturale sinergia dei due edifici»: Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs, cerca di convincere il sindaco Roberto Dipiazza a trovare un accordo per utilizzare l'ex Meccanografico in chiave museale. La lettera del manager ferroviario, trasmessa a fine luglio, è riassumibile in questi termini: con le risorse in arrivo dal Recovery Fund (18 milioni) la fondazione avrà la possibilità di completare il restauro della stazione di Campo Marzio. Non solo: il disegno è quello di «superare i limiti del solo fabbricato Fs... punti piuttosto a coprire un ambito più ampio, creando un vero polo museale». La premessa serve a Cantamessa per spiegare il coinvolgimento dell'ex Meccanografico in questa prospettiva: chiamalo se vuoi accordo o convenzione, comunque un utilizzo e una gestione unitari «rappresenteranno un moltiplicatore di valore per questa e per le future generazioni». La missiva è piuttosto breve e interlocutoria, indica Sabato Gargiulo, responsabile di lavori & infrastrutture della Fondazione, come referente per gli approfondimenti. Insomma, l'ex Meccanografico è una grande incompiuta per le Fs: negli anni '80 volevano realizzare un centro meccanografico, poi abbandonarono idea e fabbricato, per vendere l'immobile al Comune. Retromarcia: un paio di anni fa sembrava che l'edificio interessasse per ragioni operative, in quanto dietro di esso arriva il binario. Adesso l'attrazione diventa culturale-ricreativa: pare che la Fondazione pensasse a un utilizzo archivistico ma anche a un bar-ristorante interno all'ex Meccanografico. Quello che emerge dalla lettera è che non si fa alcun riferimento all'acquisto. Il Comune aveva quotato lo stabile 4,6 milioni, stima ritenuta sovrastimata anche all'interno del Municipio. Per Dipiazza la partita è chiusa: proprio ieri si è svolta la gara per l'affidamento della riqualificazione e il sindaco - interpellato "in diretta" in largo Granatieri - ritiene che la scelta sia irrevocabile, ovvero l'ex Meccanografico ospiterà Esatto e una parte del servizio sociale. «Hanno avuto anni per formulare una proposta, adesso è tardi», commenta. Eppure la risposta non pareva così scontata, tant'è che il tema era rimbalzato anche in un vertice di maggioranza dove Forza Italia era possibilista, Lega e Fratelli d'Italia invece no.
Magr
Giardino di piazza Carlo Alberto: manutenzione da 200 mila euro - il progetto affidato all'ingegner Parovel
Via alla manutenzione straordinaria del giardino in piazza Carlo Alberto: investimento di 203.000 euro, all'ingegner Paolo Parovel la redazione del progetto, la direzione lavori, il coordinamento della sicurezza. Lo dispone una determina firmata dalla dirigente Lea Randazzo, in sostituzione di Andrea De Walderstein. Lo spazio verde è collocato in una zona residenziale tra le vie Franca, Tagliapietra, Locchi: siamo nella parte finale di San Vito. Giochi multifunzionali disponibili per i bambini fino ai 12 anni, campo da pallacanestro e da calcio. Il "green" è garantito da sempreverdi, platani, ciliegi. I cani possono accedervi. La scheda, che il Comune dedica al "Marcello Mascherini" così intitolato in memoria del celebre artista, spiega che quello in piazza Carlo Alberto è «uno tra i pochi giardini in stile Liberty, con una sistemazione del verde tipica del giardino all'italiana». Occupa una superficie di 5.800 metri quadrati, restaurati - rammenta la scheda inserita nel comparto dei "parchi urbani" - non molti anni fa nelle scalinate interne, nella pavimentazione, nei vialetti, nei pergolati, nelle aree di sosta. Una nota a parte per la fontana situata al centro del giardino. Eppure ancora a maggio l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi aveva collocato il "Mascherini" nell'elenco dei giardini bisognosi di cure. Alcuni genitori avevano sollecitato più attenzione da parte dell'amministrazione. Ma l'attacco più aspro venne portato dal portavoce di Trieste Verde, Maurizio Fogar, il quale scrisse di «parapetti danneggiati, transenne di lavori in corso da tempo abbandonate lungo la strada, recinzioni sbrecciate e altre strutture fatiscenti». «Qui ormai da tempo la vegetazione cresce incontrollata - incalzava Fogar - alcune aree sono state transennate, altre presentano panchine quasi invisibili tra la vegetazione, mentre i bambini sono costretti a giocare su un campo con le recinzioni rovinate ormai da anni». «È una situazione di totale degrado da noi denunciata già due anni fa sulla quale l'amministrazione Dipiazza aveva annunciato l'investimento di centinaia di migliaia di euro per la riqualificazione». Che infine sono state stanziate.
magr
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 agosto 2021
Lega Navale - Raccolta d'olio esausto in barca: la campagna
Parte in 37 porti italiani l'iniziativa Save the sea Recycle cooking oil promossa da Marevivo e RenOils. La campagna di sensibilizzazione di raccolta dell'olio alimentare esausto a bordo coinvolge anche il porto di Trieste con la locale sezione della Lega Navale.
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 agosto 2021
Gli alloggi di lusso "insidiano" l'hotel - Si riapre la partita sull'ex Distretto
Le vendite all'ex Filodrammatico fanno riflettere la proprietà A ottobre la decisione finale sulla destinazione dell'immobile
E se invece di fare un hotel da quattro stelle farcito da 70-90 stanze, costruissimo un condominio da siori dotato di 40-50 appartamenti? L'investimento sarebbe più o meno analogo, cioè una decina di milioni di euro abbondanti. Il progetto è nelle linee di massima già approntato, perchè l'idea della casa, come le "convergenze parallele" di epoca morotea, correva fianco a fianco a quella dell'hotel. C'è finalmente il Piano particolareggiato del centro storico, recente varo del Comune, per cui esiste l'opportunità di intervenire con ascensori, nuove scale, sottotetti, terrazze a vasca anche negli edifici di un certo rilievo preservandone l'involucro esterno. Date queste premesse, a ottobre Gabriele Ritossa deciderà la destinazione di una delle più importanti operazioni immobiliari private dei prossimi anni: la trasformazione dell'ex Distretto militare in via del Castello sotto San Giusto, comprato nel 2017 da Cassa depositi e prestiti per 2,3 milioni. Trasformazione alla quale parteciperà anche l'attiguo, antico stabile di via dell'Ospitale acquistato un anno e mezzo fa dal Comune per 530 mila euro. Sarà casa o albergo? Il curriculum è ricchissimo: fu sede vescovile, manicomio, istituto magistrale, comando dei vigili urbani. L'«amletico» imprenditore, protagonista nel settore delle case di riposo ma reattivo nel diversificare in attività immobiliari e commerciali (bar, gelaterie, il birrificio Cittavecchia), sta ripensando la tipologia riqualificativa proprio in questi ultimi mesi - racconta - «quando ho notato il successo dell'ex Filodrammatico in via degli Artisti, dove in poco tempo e con un messaggio marketing piuttosto contenuto abbiamo venduto 30 appartamenti su 34 e 90 posti auto su 110». «Hanno comprato professionisti triestini con l'obiettivo di risiedervi e qualche straniero - riprende - E numerosi triestini mi hanno chiesto perché anche l'ex Distretto non fosse ridefinito in chiave residenziale». «Non nego che questa suggestione - riflette ancora il quarantanovenne Ritossa - stia condizionando la scelta finale, che sembrava ormai fatta a favore dell'hotel. E invece è ancora tutto aperto». Quindi quei simpatici rendering sull'abergaggio, circolati e pubblicati in passato, potrebbero avere un semplice valore testimoniale. L'imprenditore confermerebbe nell'eventuale condominio alcune peculiarità che facevano parte del progetto-hotel: una terrazza panoramica vista-mare, una piscina, una "spa". Però vuole pesare bene le opzioni, perchè «sono in corso contatti con due catene alberghiere di calibro internazionale». Un anno fa aveva detto che avrebbe dato il là al cantiere entro il 2021, adesso sposta l'appuntamento al 2022.Il contesto delle attività avviate - riassume - è soddisfacente: tra giugno e luglio "Zaffiro" ha acquistato/venduto case di riposo per una trentina di milioni e ha preso in gestione otto strutture in Piemonte. A breve ne inaugurerà una anche a Ronchi dei Legionari Concluderà l'anno con una disponibilità di oltre tremila posti letto. Ma è contento anche delle iniziative accessorie: "Cittavecchia" ha visto triplicare la produzione esportata anche in paesi come Croazia e Spagna non insensibili a Gambrinus. «E la nuova linea Anticorpo - conclude - spopola a Milano».
Massimo Greco
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 agosto 2021
SEGNALAZIONI - Trieste-Grado - Esperimento riuscito
Sono contento che l'imbarcazione Adriatica in servizio tra Trieste e Grado abbia avuto la documentazione per poter effettuare servizio anche con venti forza 5 che, sia detto per inciso, nel Golfo di Trieste non sono così rari. Meno contento sono però nel sentire che la proposta di un'ovovia da Barcola a Opicina vada avanti e anzi venga allungata da Barcola al Molo 4. Tenendo conto che Trieste è la città della bora, vedrei molto meglio un servizio su monorotaia come quello che funziona ottimamente da molti anni a Tokyo tra l'aeroporto e la città. Oltretutto funziona senza personale a bordo del treno. Il collegamento che già esiste tra Trieste e Muggia potrebbe essere potenziato prevedendo anche una fermata a "Porto Pedoccio", l'area dove una volta operava la Cartubi: questa ritengo dovrebbe essere riqualificata in modo da essere fruibile dalla cittadinanza e non solo dai turisti (parco cittadino quindi non solo Parco del mare). Se, come sembra dai consistenti investimenti in nuove strutture alberghiere, Trieste è destinata ad avere un grande sviluppo turistico, allora è opportuno che i trasporti siano studiati in modo da far fronte a questo sviluppo senza penalizzare l'attuale traffico cittadino. I nostri amministratori forse non si rendono ben conto delle prospettive.
Carlo Quattrociocchi
IL PICCOLO - SABATO, 31 luglio 2021
Centrale a carbone: ex direttore e A2A davanti al Gup il 24 novembre
L'udienza preliminare per l'ipotesi di "disastro ambientale" Il Comune con il sindaco ha deciso di costituirsi parte civile
Il procedimento penale in relazione alla centrale di Monfalcone ora approderà davanti al Gup. Il giudice Carlo Isidoro Colombo ha infatti fissato al 24 novembre l'udienza preliminare. Chiamati a rispondere sono l'ex direttore dell'impianto termoelettrico Roberto Scottoni, 47 anni, in ordine al reato di disatro ambientale (articolo 452 quater, comma 1 n. 2 e coma 2 del Codice penale), nonché la società A2A EnergieFuture Spa, quale persona giuridica, ai fini della responsabilità amministrativa (articolo 25 undecies, decreto legislativo 231/01). Parti offese sono Anna Maria Cisint che nel suo ruolo di sindaco rappresenta anche il Comune di Monfalcone, la Lepanto Yachting Service Srl, attraverso il proprio legale rappresentante, l'associazione Rosmann. E il Comune di Monfalcone ha deciso di costituirsi parte civile, attraverso il sindaco Cisint. Sono molto tecniche e complesse le contestazioni formulate dalla Procura di Gorizia, attraverso il pm Valentina Bossi, prendendo in considerazione il periodo tra il 2015 e il 2020, relativo alle indagini eseguite, partite nel 2014. L'ipotesi di disastro ambientale si basa su articolati capi d'accusa. All'ingegner Scottoni, in qualità allora di responsabile della centrale, viene contestata la presunta responsabilità nell'aver causato una serie di «compromissioni» di tipo ambientale. A partire dai fondali marini nel tratto di mare antistante la banchina dell'impianto termoelettrico, determinando il deflusso nel canale Valentinis di «un'ingente quantità di polvere di carbone», proveniente sia dalle chiatte durante lo scarico della materia prima, sia dal parco di deposito «non adeguatamente coperto e contenuto», afferma la Procura. Il tutto finendo a mare, attraverso le precipitazioni piovose. Ciò, continua l'ipotesi di accusa, «nonostante le previsioni contenute nell'Autorizzazione integrata ambientale» (Aia). La Procura fa riferimento alla «compromissione di sedimenti marini» del tratto antistante la banchina di A2A presentando «un elevato contenuto di carbone». Viene quindi trattato l'aspetto relativo alla «compromissione dell'aria derivante dalle emissioni prodotte dalla centrale». In questo caso la Procura evidenzia l'«incongruità» dei dati in ordine alle misurazioni eseguite dall'azienda. In pratica, i valori relativi ai campionamenti semestrali (ritenuti «superiori» ai parametri indicati nell'Aia), sarebbero stati difformi rispetto a quelli riportati nel registro di gestione Sme (Sistema di monitoraggio per le emissioni). La Procura parla di una discrepanza «sostanziale» tra quanto misurato in continuo attraverso lo Sme e quanto misurato manualmente (il periodo è indicato fino al 2018). E ancora, l'«alterazione dell'equilibrio dell'ecosistema» con impatto sui licheni. In alcune delle zone sottoposte alla verifica inquirente, sarebbero «risultati accumuli medi annuali di metalli pesanti e metalloidi», tra i quali, sostiene sempre la pubblica accusa, sono stati rilevati traccianti del carbone. Inoltre, i carotaggi eseguiti (fino all'autunno 2016) nel fondo marino antistante la centrale, avrebbero presentato «percentuali di fossile comprese tra il 50 e il 90%».Dunque, una gestione documentale considerata «molto carente, con registri mai redatti in modo completo» e con «sostituzioni di dati». Da qui, la «complessiva inattendibilità delle rilevazioni dei fumi e del sistema di misura». Un confronto tra valori, per la Procura, «sbilanciati» e con «sistematica sottostima del sistema di monitoraggio». Si fa presente anche il «mancato rispetto delle prescrizioni Aia» per quanto riguarda le tecnologie adottate e le procedure di esercizio, in merito alle operazioni di carico del parco carbone. La Procura si sofferma sull'emissione degli ossidi di azoto (NOx) parlando di «concentrazioni superiori ai livelli previsti dall'applicazione delle Bat 2006 e 2017», pertanto «adottando solo in linea teorica le migliori tecniche disponibili» prescritte dall'Aia.
Laura Borsani
Il Comune "gira" alla Regione 15 milioni per i bus elettrici
Il Municipio ha ricevuto il contributo dal ministero dei Trasporti ma, non avendo competenza sul Tpl, ha firmato una convenzione
In genere, per un gioco di ruoli abbastanza comprensibile, è la Regione che arma il finanziamento ed è il Comune che lo introita. Ma vi possono essere eccezioni a conferma della proverbiale regola: è accaduto di recente in merito a un contributo del ministero delle Infrastrutture e Trasporti (Mit), che ha beneficiato il Municipio triestino della rispettabile somma di 15 milioni da destinare al trasporto pubblico locale (tpl) per il rinnovo del parco bus in un'ottica di migliore qualità ambientale. Il tutto spalmato su una durata di 12 anni. A Trieste c'è un precedente: la linea Barcola- Campo Marzio tra il 2016 e il 2017. Ora il Comune non ha competenze dirette in materia di tpl, per cui come prevede la stessa normativa nazionale, le risorse possono essere "girate" all'organo che programma e finanzia il trasporto locale. Nel nostro territorio è la Regione l'ente che riassume queste attribuzioni, quindi Comune e Regione hanno sottoscritto una convenzione con cui la civica amministrazione mette a disposizione le risorse assegnate da Roma. Con queste disponibilità - annota la convenzione all'articolo 2 - verranno acquistati 36 bus ad alimentazione elettrica e sarà realizzata la relativa infrastruttura di ricarica. Le parti contraenti lavoreranno di concerto per aggiornare il programma «a seguito delle eventuali innovazioni tecnologiche e aggiornamenti normativi in materia di emissione ambientale». Dal punto di vista tecnico-contabile, i 15 milioni sono ripartiti in 2,7 per il quinquennio 2019-23 e in 12,2 milioni a valere sui due successivi quinquenni nel periodo 2024-33. La cornice legislativa di questo intervento rimanda alla Finanziaria 2018 che ha messo a disposizione 100 milioni all'anno nel periodo 2019-33 per supportare «progetti sperimentali innovativi di mobilità sostenibile coerenti con i Piani urbani per la mobilità sostenibile (Pums)... per l'introduzione di mezzi su gomma o imbarcazioni ad alimentazione alternativa e relative infrastrutture di supporto».
Magr
Via i mozziconi in pineta e i rifiuti sotto lo squero: trenta volontari in azione
Una trentina di volontari in azione, in gran parte impegnati nella rimozione di mozziconi nella pineta di Barcola, e i rimanenti immersi invece con l'obiettivo di pulire i fondali nel primo tratto dello squero, alla fine dell'area verde. Si è rinnovato ieri pomeriggio l'appuntamento con "Basta cicche" e con la rimozione dei rifiuti in acqua, evento già organizzato in passato per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla tutela ambientale della costa, con particolare attenzione a come ci si comporta proprio nel periodo estivo, alla luce dei tanti bagnanti presenti in zona. Bagnanti non sempre disciplinati. Ieri sono state riempite otto bottiglie con residui di sigarette gettati a terra, oltre a un paio di sacchi di immondizie varie, conferite poi in modo corretto a conclusione dell'attività, durata due ore circa. Dal mare invece sono emersi, come altre volte, materiali plastici, anche se fortunatamente non in quantità eccessive. Sono stati individuati anche alcuni pneumatici, che verranno portati a riva a ottobre, alla fine della stagione balneare. L'iniziativa, che rientra nel progetto "aMare Fvg", è stata promossa dal gruppo di realtà riunite in "Progetto per l'ambiente", oltre che dai ragazzi dell'Azione Cattolica, tutti dai 18 ai 30 anni, dai pompieri volontari, e dall'Asd All Sail. Sono state anche distribuite bustine raccogli- mozziconi, donate dall'AcegasApsAmga, a tutti fumatori del lungomare. L'attività, che negli anni scorsi si era concentrata nella pineta, questa volta è stata estesa alle prime terrazze dei Topolini e, come detto, al fondale dello squero. Ma è la pineta a essersi rivelata la zona più sporca, soprattutto a causa delle sigarette abbandonate in quantità.. L'intervento è solo uno dei tanti portati a termine negli ultimi anni, che hanno permesso, in diverse aree della città, di rimuovere tonnellate di rifiuti, con particolare attenzione dedicata appunto ai fondali, in vari punti del litorale, compreso il canale di Ponterosso. A ogni operazione viene sempre affiancata anche una campagna di sensibilizzazione, per sollecitare una maggior attenzione da parte della gente nel conferimento corretto e differenziato di tutti gli scarti.
Micol Brusaferro
Fiamme nei boschi del Lisert strada e binari isolati per ore - la mobilitazione dei vigili del fuoco e i disagi tra duino e monfalcone
Duino Aurisina. Un incendio di vaste proporzioni ha distrutto ieri pomeriggio una vasta landa carsica in zona Lisert a poca distanza da Duino proprio al confine tra le due province. Le fiamme sarebbero partite ai piedi del colle della Moschenizza che fa appunto da spartiacque tra le province di Gorizia e di Monfalcone dalla regionale 14 e il raccordo autostradale Lisert - Trieste. L'allarme ai vigili del fuoco di Monfalcone è giunto alle 15.15. Sul posto si sono dirette tre squadre del comando di Gorizia coadiuvate poco dopo da due squadre della Forestale. Ma le fiamme alimentate dalla vegetazione secca e spinte dal vento hanno formato un alto muro di fumo in direzione del Lisert e verso la sommità del colle. Di conseguenza, per evitare che le fiamme si propaghino in maniera pericolosa e incontrollata, è stato fatto intervenire l'elicottero della Protezione civile che ha riversato sulla zona migliaia di litri d'acqua. Per delimitare le fiamme sono arrivate di rinforzo anche due squadre del comando di Trieste. La furia del rogo ha consigliato la chiusura del raccordo ferroviario porto - linea Trieste-Venezia-Udine (riaperto verso le 18) e della regionale 14. Le auto dirette a Monfalcone sono state dirottate sulla regionale 55 del Vallone. L'incendio si è mantenuto entro la sponda destra del fiume Locovaz, che fa da confine provinciale. Di conseguenza la Cartiera non è mai stata minacciata. Ma il fumo denso che si è levato ha creato un panorama spettrale. A tratti la visibilità era ridotta al minimo. Grazie all'efficacia dell'opera di spegnimento già in serata il grosso del rogo era sotto controllo. Si è trattato del primo incendio estivo di notevoli dimensioni e fortunatamente non ci sono state conseguenze per le persone. Peccato per la flora e la fauna carsica, lì particolarmente densa per la ricca presenza d'acqua.
IL PICCOLO - VENERDI', 30 luglio 2021
Porti, in arrivo il decreto A Trieste e Genova un terzo dei fondi totali
Dal raddoppio ferroviario alle banchine di Monfalcone, nella bozza i 409 milioni per il potenziamento dello scalo giuliano: cifra inferiore solo al capoluogo ligure
Trieste. Il decreto del ministero delle Infrastrutture non è ancora stato approvato, ma è ormai cosa fatta il riparto delle risorse del Fondo complementare a favore dei porti italiani. Per l'Autorità portuale di Trieste è messo nero su bianco uno stanziamento da 409 milioni, all'interno del blocco da 2,8 miliardi che il governo investirà da qui al 2026 sul rafforzamento infrastrutturale della logistica marittima. Lo scalo è secondo in Italia per quantità di investimenti, dietro alla sola Genova: Trieste è ormai punto fermo nelle strategie nazionali. I contenuti della bozza - Il provvedimento attende l'ufficialità, ma la suddivisione delle somme che accompagnano il Pnrr è contenuta nella bozza del decreto diffusa dal sito Shipping Italy. Le cifre confermano le anticipazioni degli ultimi mesi e il quadro si arricchisce dei progetti per l'elettrificazione delle banchine, che per la prima volta vengono dettagliati. A fare la parte del leone sono le Autorità del Mar Ligure occidentale e quella del Mare Adriatico orientale, che da sole incassano un terzo del totale. A Genova arriveranno 555 milioni, di cui 500 per la nuova diga foranea. Seguono i 409 milioni per Trieste, dove il presidente Zeno D'Agostino ha preferito puntare su una serie di interventi differenziati, profilati del progetto Adriagateway.Lo sforzo e il monitoraggio - Come spiegato dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, la bozza attende il via della conferenza Stato-Regioni, che oltre al Fondo complementare discuterà di interventi per almeno un altro miliardo, erogato dal ministero della Transizione ecologica: per Trieste potrebbe significare qualche altra decina di milioni da accaparrarsi attraverso bandi. «Non c'era mai stato uno sforzo così», commenta Giovannini. E Trieste lo sa bene, dopo aver aspettato quindici anni i cento milioni pubblici che hanno sostenuto la realizzazione della Piattaforma logistica. Ora il porto potrà contare su una somma che vale quattro volte e sarà erogata in sei tranche, a partire dal 2021. Non tutto e subito, perché le opere procederanno per lotti e perché, se l'iter delle autorizzazioni già prevede corsie preferenziali e pratiche più snelle, la Commissione europea impone ai governi vigilanza stringente sul percorso, senza escludere la sospensione dei versamenti qualora le cose si incagliassero. L'esecuzione avverrà sulla base di accordi tra le Autorità portuali e il ministero, dove si stabiliranno modalità, obblighi e forme di monitoraggio. La posta più ricca - Se la diga di Genova è la singola opera più costosa, il secondo intervento più oneroso presente nella bozza riguarda Trieste: è quello che lo schema definisce «estensione delle infrastrutture comuni per lo sviluppo del Punto franco nuovo», al cui interno ci sono diversi assi. Nel dettaglio, 80 milioni copriranno quanto Rfi e l'Autorità portuale si erano già impegnate autonomamente a spendere per il raddoppio della capacità ferroviaria dello scalo: dal rifacimento dei nodi di Campo Marzio e Aquilinia alle linee che collegheranno le Noghere e i capannoni di FreeEste a Bagnoli della Rosandra, sul cui sviluppo ferroviario la Regione ha appena messo 4 milioni con l'assestamento di bilancio. Gli altri 100 milioni sosterranno i costi della bonifica dell'area a caldo della Ferriera (30 milioni che i privati si vedranno restituire attraverso lo sconto sui canoni di concessione), dei dragaggi davanti alla Piattaforma logistica e della creazione della nuova stazione di Servola e dello svincolo autostradale. Hhla Plt Italy sta intanto progettando lo sviluppo del terminal di terra e i lotti del futuro Molo VIII: un impegno che vale centinaia di milioni e che Amburgo comincerà a discutere con l'Autorità portuale dall'autunno. Molo VII e Noghere - I finanziamenti del Fondo complementare continuano con i 100,5 milioni per il «progetto di ammodernamento infrastrutturale e funzionale del terminal contenitori del Molo VII»: una serie di manutenzioni e migliorie che si affiancheranno all'investimento privato più o meno equivalente per l'allungamento della banchina. Il concessionario Trieste Marine Terminal conta di cominciare entro l'anno, con l'affidamento dei lavori che porteranno la banchina a 780 metri e l'acquisto di nuove gru. L'elenco contiene ancora i 60 milioni per le «opere preparatorie all'insediamento di attività logistiche e industriali in zona Noghere, in vista dell'integrazione con il costruendo terminal portuale Noghere»: si tratta delle risorse con cui il Coselag acquisterà i terreni che sono oggetto dell'interesse della cordata Metinvest-Danieli e che la mano pubblica metterà a disposizione dei privati gratuitamente, sostenendo parte degli oneri necessari a infrastrutturare l'area e collegarla alla rete ferroviaria e stradale. Poco distante arriveranno i 45 milioni destinati al «banchinamento parziale del terminal Noghere, comprensivo di dragaggio del canale di servizio e collegamento alla viabilità»: questo è il contributo che darà supporto all'investimento da oltre cento milioni con cui la società ungherese Adria Port realizzerà un nuovo terminal multipuropose all'ex Aquila. L'elettrificazione - Per la prima volta, dai documenti del ministero emergono le cifre per i lavori di elettrificazione delle banchine. Un progetto nazionale che riguarda 41 porti e che per l'Autorità portuale giuliana vale 24 milioni: 5,75 milioni per il terminal crociere del Molo Bersaglieri, 6 per il Molo VII, 3,5 per Molo V e Riva Traiana, 3,5 per la Piattaforma logistica e 5 per lo scalo di Monfalcone. In questo modo le navi ormeggiate smetteranno di alimentarsi con i propri generatori a gasolio, dimezzando le 140 mila tonnellate all'anno di Co2 derivanti delle attività portuali in banchina.
Diego D'Amelio
Raro squalo volpe in golfo - I pescatori "Ha abboccato e poi ha spezzato il filo"
Doveva essere una battuta di pesca come tante altre, alla ricerca di tonni. Invece, la lenza gettata nel profondo delle acque del golfo di Trieste dal pescatore Tommaso Sulle ha intercettato qualcosa di inaspettato. «Ci trovavamo a circa sette miglia da Miramare, eravamo intenti a pescare quando ci siamo accorti che avevamo abboccato uno squalo volpe - ha raccontato Sulle -. Sono seguiti una quindicina di minuti di combattimento, finché il filo non si è spezzato. Non siamo riusciti a prenderlo, ma anche se ce l'avessimo fatta, lo avremmo rilasciato subito dopo. Non avevamo alcun interesse a catturarlo». Riconoscere in poco tempo di "chi" si trattasse non è stato complicato, proprio per le sue qualità fortemente caratterizzanti. «Abbiamo capito subito in cosa ci eravamo imbattuti perché, come tutti gli squali volpe, era pesante, rimaneva sullo sfondo e trascinarlo in superficie era molto difficile. Al contrario, il tonno inizia a dimenarsi a destra e a sinistra - ha aggiunte Sulle, che ha immortalato il momento con il suo smartphone -. Non mi era mai capitato di trovarmi ad avere a che fare con uno squalo volpe. Ma allo stupore si è aggiunta presto un po' di delusione perché non era tonno e perché è una specie che rischia di rovinare le lenze». L'episodio non rappresenta un unicum di questo periodo. Proprio la scorsa settimana era stato segnalato un primo avvistamento da parte di un altro lettore, Enrico Castellan. Gli esperti conoscitori delle profondità del mare confermano che il caso è curioso perché lo squalo volpe, pur essendo un animale endemico nel Mare Nostrum, è stato vittima di decenni di pesche intensive, che l'hanno reso un animale raro da avvistare. Tanto più nel golfo di Trieste. Spiega Primo Micarelli, responsabile del Centro studi squali di Grosseto, realtà che raccoglie segnalazioni da tutta Italia. «Si tratta di una specie per nulla pericolosa per l'uomo, presente nel Mediterraneo e che può fare la sua comparsa anche nelle acque dell'Adriatico e del Tirreno - ha sottolineato il ricercatore -. L'avvistamento è positivo perché dimostra che c'è ancora qualche esemplare di squalo volpe in circolazione. Vederli è sempre più raro». Ed è proprio per cercare di proteggerli che ultimamente la normativa relativa al mercato ittico sta cambiando. «La pesca eccessiva che è stata portata avanti negli ultimi 50 anni, insieme ad altre azioni antropiche - aggiunge Micarelli - ha causato un calo delle specie pelagiche (quelle che stanno al largo) riducendone di circa il 90% la popolazione mediterranea». Anche il direttore dell'Area marina protetta di Miramare Maurizio Spoto sostiene che si tratti «di una specie che è possibile avvistare anche nelle nostre acque, benché non sia una cosa così frequente. Sono esemplari ben riconoscibili grazie alla loro bellissima coda. Ma - conclude l'esperto - è una specie vulnerabile, in stato di potenziale pericolo, che va lasciata libera». La presenza di questo squalo volpe, in ogni caso, non è indicatore di trasformazioni negli equilibri della fauna marina, né un mistero dai contorni ancora poco chiari come invece sembra essere l'episodio del delfino trovato in stato di decomposizione al largo di Miramare: «Rispetto a quel fatto - ha concluso Spoto - abbiamo avvisato l'Università di Padova, che si preoccuperà di svolgere autopsie particolari».
Linda Caglioni
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 luglio 2021
At attacca Dipiazza «Ignora l'ambiente» - il Piano della mobilità sostenibile
«Ci vuole coraggio a chiamarlo Piano della mobilità sostenibile, visto che prevede che in 10 anni non ci sia un calo della produzione di CO2 legata al traffico veicolare». Queste le parole di Federico Zadnich, coordinatore dell'Assemblea Ecologia di Adesso Trieste all'indomani dell'approvazione in Consiglio comunale del Pums. «Siamo nel pieno di una crisi climatica e chi governa dovrebbe attivarsi su questo tema. Nel 2019 Dipiazza ha firmato il «Patto dei Sindaci per il clima e l'energia», attraverso il quale si era impegnato a ridurre le emissioni del 40 % entro il 2030. Impegno che però con questo Pums verrà completamente disatteso». L'Amministrazione, invece, continua a ignorare le istanze dei portatori di interesse. Nel 2020, quando il Pums era stato adottato, tutte le associazioni che si occupano di temi ambientali e di mobilità si erano schierate contro. Anche l'assurdo progetto dell'ovovia era stato bocciato: le associazioni avevano raccolto 4000 firme in favore, piuttosto, di un tram treno».
«Troppo traffico a Muggia: colpa dei nuovi parcheggi» Impronta-giunta, è polemica il caso
L'associazione ambientalista boccia gli stalli creati vicino ad Acquario La replica di Bussani: «Accuse strumentali, il progetto funziona»
Muggia nella morsa del traffico estivo per scelte sbagliate sulla viabilità? Per Jacopo Rothenaisler, dell'associazione Impronta Muggia, sì: «Abbiamo avuto il primo assaggio dell'incubo viario che vivremo d'ora in poi, specie d'estate. Dalla zona ovest oltrepassare Muggia in direzione Trieste è stato e sarà un calvario, con file di auto chilometriche». Rothenaisler parla di «uno studio del traffico commissionato all'ingegner Novarin dal Comune nel 2012» secondo il quale «la strada costiera Lazzaretto-Muggia era già oltre la propria potenzialità di flusso. Ne conseguiva che non avrebbero dovuto essere realizzati altri attrattori di traffico, come i parcheggi, pena il collasso della circolazione. Ma prima la giunta precedente, poi questa giunta comunale, con l'assessore alla viabilità Francesco Bussani in testa, hanno ignorato lo studio e chi come noi li sollecitava a rispettarne le indicazioni. Hanno fatto approvare un Prg con una zona turistica con centinaia di nuovi stalli ancora da realizzare, oltre al progetto Acquario che comprende due grandi parcheggi». Su quest'ultimo Rothenaisler spiega «sabato scorso i parcheggi di Acquario erano pieni ed è arrivato il conto». Per Rothenaisler una soluzione può arrivare dall'abolizione del semaforo della galleria del porto: «l'avevamo già chiesto al Comune di Muggia due anni e mezzo fa. Il responsabile dell'ufficio era d'accordo, mentre l'assessore Bussani e la sindaca Marzi, per i quali non c'erano criticità, non lo erano». La risposta di Bussani: «Abbiamo creato 180 posti auto in più di quelli che c'erano, per un area di 20 mila metri quadrati. Non 2000 posti auto, ma 180. Li abbiamo creati a pagamento per sostenere le spese dell'area alla quale comunque si può accedere gratis. Abbiamo finanziato una nuova linea di bus, la 90, per favorire l'accesso collettivo e senza auto con utilizzazione del piazzale altoadriatico, posto fuori dal centro abitato, quale parcheggio di connessione e scambio auto/autobus. Abbiamo installato colonnine elettriche per le bici per favorire l'accesso di quei mezzi. Chi, strumentalmente, ricollega le tensioni stradali da rientro a questi 180 posti non avrebbe neppure realizzato Acquario, salvo magari, ora, andarci a passeggiare assieme alle migliaia di persone che lo stanno apprezzando. Se qualcuno ritiene che l'eliminazione dei nuovi posti che abbiamo creato rechi un beneficio lo proponga nel proprio programma elettorale apertamente».
Luigi Putignano
Spolveramenti a Servola - Sopralluogo di Scoccimarro - la visita nell'area
Martedì sera, «a causa delle condizioni climatiche, a Trieste si è verificato l'ennesimo sollevamento di polveri dall'area dove sorgeva la Ferriera. Ho chiesto di poter effettuare un sopralluogo e verificare di persona quale sia la situazione dopo le demolizioni e chiesto agli uffici regionali di provvedere con gli adempimenti di legge per evitare nuovi spolveramenti». Così ieri l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro dopo la visita con la dirigenza Icop, ricevendo «rassicurazioni sull'installazione di telecamere al fine di individuare i correttivi idonei».
Vestiti abbandonati nei boschi: sarà un mulo a portarli a valle
Vertiginoso aumento del volume di indumenti lasciati sui sentieri dai migranti Il Comune di San Dorligo e l'utility A&T 2000 puntano a "ingaggiare" un animale
SAN DORLIGO. Dai 340 chili di indumenti abbandonati raccolti a maggio, ai 2.380 di luglio, il cui mese non è neppure ancora finito. È questo il dato che evidenzia, in maniera molto chiara, il vertiginoso aumento del numero dei migranti che, percorrendo la "rotta balcanica", hanno raggiunto negli ultimi mesi Trieste attraversando i sentieri attorno a San Dorligo, in particolare quelli della Val Rosandra. Un fenomeno che Comune e A&T stanno valutando di affrontare utilizzando un mulo lungo i sentieri, specie quelli più impervi, per trasportare a valle l'enorme mole di scarti senza che gli operatori debbano caricarsi tutto sulle spalle. I numeri si riferiscono appunto alla quantità di vestiti lasciati nei boschi e raccolti dalla A&T 2000, la spa di Pasian di Prato che fornisce all'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun il servizio di gestione dei rifiuti. Nel contesto di tale compito rientra infatti anche la pulizia delle boscaglie. Di conseguenza gli operatori dell'azienda friulana devono assicurare anche l'asporto di quanto i migranti abbandonano lungo la loro strada. È notorio che chi entra in Italia lungo la "rotta balcanica", appena varcato il confine, spesso si spoglia dei vestiti indossati durante il viaggio lasciandoli ai bordi dei sentieri e stracciando qualsiasi documento che possa far risalire al tragitto percorso. Per i migranti è fondamentale evitare di lasciare tracce, in modo da potersi rivolgere alle autorità italiane per chiedere asilo. Secondo un'altra tesi l'abbandono degli indumenti servirebbe anche per indicare la strada ai nuovi gruppi in arrivo. «Nei mesi primaverili - spiegano dalla A&T 2000 - siamo intervenuti nelle zone vicine alle frazioni di Grozzana e Crociata. Con l'arrivo dell'estate ci siamo concentrati sui sentieri di Caresana, Dolina e Crogole. Negli ultimi giorni gli operatori hanno lavorato intensamente nella parte alta del sentiero che porta dalla vedetta di Crogole al confine e sui sentieri tra Crogole e Dolina. Tutto il materiale recuperato finisce all'inceneritore». Un lavoro impegnativo, reso complicato anche dal fatto che non è infrequente che i sentieri attraversino luoghi impervi. «Assieme alla A&T 2000 - annuncia Klun - stiamo pensando anche all'utilizzo di un mulo, animale adatto a portare pesi lungo i dislivelli delle colline che caratterizzano il nostro territorio. Di certo siamo al cospetto di un fenomeno che un piccolo Comune come il nostro non può affrontare da solo». Le modalità di acquisizione e gestione del mulo sono allo studio da parte di Comune e A&T 2000.Quanto ai costi, va ricordato che questo servizio di pulizia è sovvenzionato da un contributo regionale, creato ad hoc per gestire l'emergenza. «Il problema - riprendono dalla A&T - è che, un paio di giorni dopo gli interventi di pulizia, ci ritroviamo punto e a capo, perché nel frattempo sono arrivati altri migranti e i terreni si ritrovano nuovamente coperti dai residui del loro transito».
Ugo Salvini
Non serve più l'ancora nel golfo di Panzano - Piazzate le 30 boe ecologiche per i diportisti - la sperimentazione
L'iniziativa prevista nell'ambito del progetto europeo Saspas con l'obiettivo di evitare il danneggiamento dei fondali
I diportisti che vogliono fermarsi nel golfo di Panzano con la loro barca a vela o motoscafo possono farlo ora senza bisogno di gettare l'ancora e quindi danneggiare i fondali, con le loro praterie di importantissima vegetazione marina. A disposizione ci sono 30 boe "ecologiche" cui ormeggiarsi al largo della spiaggia di Marina Nova e che qualche amante del mare ha già iniziato a utilizzare. Realizzato dalla Kdm sub service di Trieste per conto del Comune di Monfalcone nell'ambito del progetto europeo Saspas, il campo boe ha visto l'utilizzo per tutti e 30 i punti di ormeggio di una tecnica in grado di non creare impatto sui fondali. «Al posto dei tradizionali blocchi di cemento, che avrebbero dovuto essere utilizzati per 20 dei 30 ormeggi, poi scartati, sono state impiegate delle componenti metalliche inserite sotto il fondale», ha spiegato ieri Nicola Keller della società triestina, durante un sopralluogo del campo boe effettuato dal sindaco Anna Cisint assieme al tecnico della ditta e al personale comunale responsabile della progettazione europea.La boa di ormeggio è inoltre collegata al sistema di ancoraggio non da una catena metallica, ma da una cima tessile di 24 millimetri. «Anche in questo caso, si tratta di un accorgimento utile a evitare il possibile trascinamento sui fondali e quindi il danneggiamento delle praterie di fanerogame, che sono presenti pure in quest'area del golfo», ha aggiunto Keller. Proprio dal ripristino della vegetazione marina nell'area tra Marina Julia e l'isola della Cona, dove sono state piantate due praterie di fanerogame, è partito lo scorso anno il progetto Saspas, che sta interessando anche il parco nazionale delle Incoronate in Croazia e il parco delle Dune in Puglia. «La creazione del campo di boe ecologiche, il cui utilizzo è ovviamente gratuito - ha affermato ieri il sindaco -, rappresenta una sperimentazione fondamentale, e da ampliare ad altre aree, per la tutela del nostro golfo».In particolare nel fondale antistante il litorale monfalconese è rimasto l'ultimo popolamento di Fucus, che un tempo si trovava su tutti i substrati rocciosi della costa, e del grande mollusco Pinna nobilis. La fanerogame, oltre a produrre ossigeno, rappresentano la protezione ideale per il ripopolamento di numerose specie ittiche e nello stesso tempo, con le loro profonde radici, limitano l'erosione. «La piantumazione che abbiamo effettuato negli ultimi due anni - ha affermato il sindaco - richiede quindi di essere salvaguardata, evitando il danneggiamento provocato, soprattutto nelle giornate di punta di luglio e agosto, dagli ancoraggi al largo di natanti e barche a vela». Le boe sono state collocate a una distanza tale tra loro da assicurare un attracco idoneo tra natante e natante e il sistema di ormeggio, diurno e vigilato, è adatto a imbarcazioni fino a 12-16 metri in condizioni meteomarine normali. Grazie al progetto di cui è capofila Monfalcone (finanziato con un totale di 2,2 milioni), al campo boe del golfo di Panzano se ne stanno affiancando 19 alle Incoronate per un totale di 224 ancoraggi. «Le azioni attuate hanno avuto l'apprezzamento dell'amministrazione regionale - ha concluso il sindaco - e per questo abbiamo intenzione di chiedere alla Regione di appoggiare nuove iniziative nella programmazione europea che sta per partire in modo da capitalizzare e ampliare i risultati che stiamo ottenendo».
Laura Blasich
Le nutrie sono in espansione nella zona Schiavetti-Brancolo - l'avvistamento
Le nutrie ora si sono insediate anche nella zona artigianale e industriale Schiavetti Brancolo, a cavallo tra i territori di Monfalcone e Staranzano. L'area è del resto ricca di corsi d'acqua, dalle sponde non cementate e che quindi possono rappresentare un luogo ideale in cui scavare le tane per il grande roditore di origine sudamericana. Un esemplare adulto, di buone dimensioni e decisamente a suo agio, è stato avvistato e immortalato da un cittadino.«L'espansione sembra purtroppo continuare», afferma Eric Pin, che ha individuato l'animale nel piccolo canale che da via Grado raggiunge la zona delle risorgive e poi il Brancolo, nel tratto immediatamente alle spalle dell'asilo privato.«L'area ricade in Comune di Staranzano, dalla verifica effettuata dai nostri uffici, ma comunque abbiamo inviato una segnalazione della presenza dell'animale alla Regione», afferma l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci, che all'inizio del 2019 concertò con il Corpo forestale regionale un'attività di monitoraggio nella zona dell'argine dirimpettaio dell'area umida del Cavana. L'"indagine", con il posizionamento di almeno una gabbia-trappola, scattò a fronte del grande foro che si era aperto sulla sponda dell'argine tra Marina Julia e Marina Nova, a ridosso della zona umida. Il monitoraggio effettuato a inizio febbraio di due anni fa, su sollecitazione appunto del Comune di Monfalcone, diede esito negativo, anche se nel corso dell'ultimo inverno una nutria è stata vista nuotare nel canale che fiancheggia il tratto di via Bagni nuova in direzione di Marina Nova. Di certo due anni fa i grandi roditori di origine sudamericana, introdotti in Italia per la qualità della loro pelliccia e quindi per scopi di allevamento e poi liberati in natura, popolavano in abbondanza la zona degli Alberoni, nel territorio di Staranzano. Una ventina di animali era stata individuata nei campi a ridosso della località vicina al Lido di Staranzano. Le nutrie, come i cinghiali, sono sottoposte a un controllo da parte della Regione con l'obiettivo di evitare un'espansione di queste popolazioni, prive di antagonisti in natura. A inizio marzo non a caso la giunta regionale ha rinnovato il Piano triennale di eradicazione della nutria, la cui popolazione in Friuli Venezia Giulia è stata stimata in 70 mila unità dall'Università di Udine.
LA. BL.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 luglio 2021
"Ring" e parcheggi, ok al Piano mobilità
Via libera in consiglio. La giunta: "Documento strategico". Le opposizioni "strumento carente e inadeguato"
Nel 2030 un "ring" stradale correrà attorno al Borgo Teresiano. Il circuito? In senso orario per gli autobus e viceversa per i mezzi privati, passerà attraverso Rive, passaggio Sant'Andrea, galleria Vico, galleria Sandrinelli, piazza Goldoni, le vie Carducci e Ghega. È uno degli obiettivi più ambiziosi che si propone il Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums) approvato ieri in videoconferenza dalla maggioranza del Consiglio comunale. Dopo che il presidente dell'aula Francesco Panteca ha introdotto i lavori, l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli è passata a illustrare la corposa delibera: «Si tratta di un piano strategico e programmatorio, le cui linee guida prima di essere applicate dovranno passare per varianti al Piano regolatore oppure a quello del traffico, necessario in base alla recente normative per poter accedere ai fondi europei e del Pnrr. Lo scopo - ha proseguito - è migliorare il sistema dei trasporti e il suo rapporto con il territorio sul medio e lungo termine, entro le scadenze Ue rispettivamente del 2025 e del 2030, accrescendo attrattività del territorio, qualità ambientale, riducendo inquinamento acustico, atmosferico e dei consumi energetici». Un documento d'indirizzo, dunque, che raccomanda innanzitutto la creazione di otto "parcheggi di interscambio" a Opicina, nei pressi della stazione, di via Carli, di Cava Faccanoni, dell'Università centrale, di via Tigor, in via Giulia alta, tra il Porto vecchio e Barcola: in questi punti strategici si potrà lasciare l'auto e proseguire verso il centro con i mezzi pubblici, per alleggerire la città dal traffico. Si vogliono poi istituire sistemi ottometrici - vale a dire ascensori, scale mobili verticali e l'ovovia - in zone di particolare pendenza. Sul fronte del Trasporto pubblico locale si prospetta una nuova dorsale, a elevata capacità, da Muggia a Barcola nonché l'intensificazione dei collegamenti tra istituti scientifici e centro cittadino. Si prevedono poi un allargamento delle zone Trenta, alcune integrazioni al Biciplan (tramite corsie ciclabili differenziate per ciclisti definiti rispettivamente "lepre" e "tartaruga") e al Piano eliminazione barriere architettoniche (con una rete di percorsi accessibili). In sede di dibattito pioggia di critiche da parte delle opposizioni. Per la segretaria del Pd triestino Laura Famulari il Pums è «debole sul fronte della sostenibilità: implica una riduzione di suolo e i parcheggi sono troppo vicini alle aree urbane. Secondo le previsioni, la pedonalità resterebbe ferma al 21,95%, il Tpl salirebbe dall'1,5% al 23,83%, la ciclabilità dall'1,86% al 5,4%: troppo poco». Secondo la capogruppo del M5s Elena Danielis «il suo mero scopo è la possibilità di accedere ai finanziamenti. Le controdeduzioni al Piano fatte da Arpa e Regione, che invitano ad approfondire i temi legati a impatto ambientale e biodiversità, basterebbero a bocciarlo». Sabrina Morena di Open lo ha definito «un "piano dei parcheggi", fallito in partenza, scarsamente ambizioso rispetto agli obiettivi Ue». Morena ha anche presentato 5 emendamenti - tra cui uno in cui si chiedeva di stralciare il progetto dell'ovovia - respinti dalla maggioranza. Pure Maria Teresa Bassa Poropat dei Cittadini ha ribadito la sua contrarietà all'ovovia, sottolineando «l'insufficienza della prevista riduzione delle emissioni. Ci sono aspetti positivi, come il collegamento Muggia-Park Bovedo, ma non ci capisce come realizzarlo. Invece che un parcheggio turistico, a Monte Grisa ne andrebbe fatto uno stabile». Così Antonella Grim di Italia Viva: «Il Pums non prende in considerazione lo sviluppo di una "città di 15 minuti", il Porto vecchio dovrebbe essere totalmente a mobilità sostenibile, elettrica o su rotaia». «Progetto lungimirante ma migliorabile», ha chiosato Roberto De Gioia di Futura: «Non si punta sulla mobilità via mare, l'oleodotto transalpino non è contemplato in quanto potenziale pista ciclabile».
Lilli Goriup
«Nuova convivenza tra mezzi privati e trasporto pubblico E il traffico calerà» - l'analisi tecnica
L'alto dirigente del Comune Bernetti: «Il testo tiene conto delle tendenze future»
«Una mobilità sostenibile attraverso la quale si raggiungerà l'equilibrio che consentirà una convivenza del trasporto privato, di quello pubblico e dell'intermodalità». Giulio Bernetti è il direttore del Dipartimento territorio, economia, ambiente e mobilità del Comune: non ha partecipato alla scrittura del Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) che è stato redatto da una società di Perugia, ma ha la visione di quello che sarà il futuro grazie ai dati raccolti in questi anni di lavoro. «Abbiamo avuto una fotografia e una banca dati aggiornata al 2019 - spiega Bernetti - quindi in epoca pre-pandemia. Grazie all'analisi possiamo prevedere quello che accadrà in futuro dove, ad esempio, la percentuale di ciclisti salirà dal 2% al 5%». «Il futuro della mobilità in città - prosegue il dirigente - è legato all'interscambio: ci saranno dei parcheggi - l'esempio è il Bovedo - che consentiranno di lasciare l'auto e di muoversi con i mezzi pubblici o il bike sharing i cui numeri sono sempre più importanti. I residenti, e questa è una delle sfide più importanti, avranno sempre a disposizione i parcheggi ma gli assi viari non principali, dove non c'è il transito di autobus, saranno in larga parte zone 30 dunque con la possibilità di aree pedonali e un impatto minore del traffico. Oggi il contributo all'inquinamento è dato dalla quantità di traffico privato, che il Pums riduce, ma soprattutto dalla tipologia di veicoli e dagli impianti di riscaldamento».
An.Pi.
l'assessore leghista «Pareri positivi»
«I consiglieri d'opposizione vogliono forse imporre a tutti in maniera dittatoriale di andare a piedi o in bici?», replica l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli alle varie critiche: «Come si spiegano il fatto che l'Arpa ha fornito un parere positivo al Pums, realizzato peraltro in base a interviste fatte ai cittadini sulle loro esigenze?».
(li.go.)
la capogruppo dem «Auto-centrico»
«Il Pums è coerente con quanto già dimostrato dall'amministrazione comunale in questi cinque anni», va all'attacco la capogruppo del Pd Fabiana Martini: «La giunta Dipiazza non crede veramente in una mobilità alternativa ma continua a pensare che, in città, la parte del leone debba spettare agli automobilisti».
(li.go.)
il consigliere forzista «Condivisibile»
«Questo piano pone delle basi condivisibili per la Trieste del futuro», afferma il consigliere di Forza Italia Michele Babuder: «Apprezzo in particolare la programmazione in vista della mobilità ciclabile e di molte aree Trenta. Inoltre si tratta di una serie di progetti di massima: non ha senso criticarli come se fossero esecutivi».
(li.go.)
Quei 7 milioni per i park congelati dal 2006 Comune e Regione al lavoro per sbloccarli
Polli: «Il nostro obiettivo è quello di metterli a disposizione del Pums» Possibile anche un uso a sostegno del progetto dell'ovovia verso il Carso
Un tesoretto da 7,2 milioni di euro per realizzare parcheggi ad alta rotazione con l'obiettivo di ridurre il traffico nei centri storici. È la cifra confermata anche quest'anno dalla Regione Fvg in favore del Comune di Trieste, scriviamo "anche" perché sono fondi che risalgono al 2006 e da allora non è stato possibile spenderli a causa di un problema tecnico. A spiegare la situazione è proprio l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «È uno stanziamento che risale ai tempi della legge Bucalossi e che non poteva essere speso in quanto la norma era stata poi superata e aggiornata. Oggi stiamo lavorando con gli assessorati regionali delle Finanze, guidato da Barbara Zilli, e delle Infrastrutture, guidato da Graziano Pizzimenti, per riuscire a sbloccarli e renderli liberi da vincoli con l'obiettivo di andare a realizzare i parcheggi contenitore e di scambio», a cominciare dal Bovedo. Entrata in vigore nel '77, la Bucalossi, è la norma che ha introdotto gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per le nuove costruzioni. Semplificando: chi voleva realizzare un nuovo edificio doveva anche lasciare qualcosa alla popolazione che abitava nella zona come ad esempio i parcheggi, i sottoservizi e in alcuni casi anche spazi verdi. Gli uffici comunali e regionali oggi sono al lavoro con l'obiettivo di sbloccare i 7,2 milioni, risorse che torneranno sicuramente utili per finanziare una parte dei parcheggi previsti dal Pums. «Dovesse arrivare il finanziamento per l'ovovia - spiega Polli - potremo andare a realizzare delle zona di sosta con l'obiettivo anche di togliere i parcheggi a raso sulle rive». L'assessore non si spinge nel dettaglio, l'area interessata è sicuramente quella del Molo IV dove è previsto il riuso di un magazzino con la creazione di un multipiano. L'opera consentirà di eliminare le strisce blu nella zona che va dalla Capitaneria alla Stazione marittima e al Salone degli incanti. Per procedere poi con l'eliminazione definitiva "dell'acciaio" - copyright Roberto Dipiazza - anche nel tratto finale sarà necessario intervenire con un altro contenitore di auto nella zona verso Campi Elisi. «L'obiettivo principale a cui stiamo lavorando - prosegue Polli - è di semplificare in modo da avere le risorse subito disponibili da erogare. Indipendentemente che lo faccia il Comune o la Regione». I parcheggi in ogni caso non sono condizionati solo dal progetto ovovia, per la cui realizzazione il Comune ha deciso di partecipare a un bando del governo il cui esito dovrebbe arrivare a breve. Costo 30 milioni, zero per palazzo Cheba. La partenza del collegamento è prevista dal Molo IV, fermate intermedie all'altezza della centrale idrodinamica, dove hanno location i musei, al Bovedo, dove c'è il parcheggio di interscambio, e poi su fino a Campo Romano. Sul tema dell'ovovia, uno dei più contestati dalle opposizioni, l'assessore si toglie anche un sassolino dalla scarpa «Genova, amministrata dal Pd e con una morfologia simile a Trieste, ha chiesto 79 milioni di euro al Pnrr per poterne realizzare una simile a quella progettata da noi».
Andrea Pierini
SEGNALAZIONI - Mobilità - Attendiamo piste ciclabili
Gentile direttore, uso quotidianamente la bicicletta per i miei spostamenti e anche per andare al mare, condividendo la mia scelta con tante altre persone di ogni età, residenti e turisti. Purtroppo, lo stato in cui versa l'infrastruttura ciclabile e pedonale più importante del territorio - quella che porta da Trieste a Barcola e "quasi" al Castello di Miramare, che viene utilizzata tutto l'anno per fare jogging o una passeggiata con i bambini, da pendolari e turisti - è davvero drammatico. Il percorso non è manutenuto bene: segnaletica orizzontale illeggibile, buchi e gradini, ostacoli ovunque. Per chi la percorre in bici, mancano numerosi punti di connessione: per attraversare il sottopasso ferroviario, in piena curva, la segnaletica si interrompe e invita ad attraversare le 4 corsie contromano! Ora, i timorosi come me o chi si sposta con i bambini smontano e spingono la bici sul risicato marciapiede tra guard-rail e pannelli pubblicitari fino al nuovo tratto ciclabile. Altri, come indicato, si immettono nel traffico sulla 4 corsie - quella sì, nuova e larghissima, che purtroppo permette alle auto di correre ben oltre i 50 km/h prescritti - facendo correre gravi rischi in un tratto in cui a mio avviso sembra vigere solo la legge del più forte: questo soprattutto ai turisti e i più giovani. All'ingresso di Barcola, di nuovo l'infrastruttura si interrompe senza offrire soluzioni, per riprendere alla fine della pineta tra gradini, pali, motorini e auto parcheggiate sopra, termina appena prima dell'entrata della strada per il Castello, dall'altra parte della carreggiata! Per le strisce pedonali tocca tornare indietro per 750 metri! I cittadini e i turisti meritano connessioni pedonali e ciclabili migliori: non crede?
Roberta Calcina
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 luglio 2021
Roma stanzia 15 milioni Case, verde e socialità: il piano per San Giovanni
Finanziato dal governo il programma di rilancio urbanistico destinato a trasformare in cinque anni buona parte del rione in base a un patto tra Comune, Ater e Università
Un'ampia area del rione di San Giovanni godrà di una radicale riqualificazione urbana che regalerà rinnovati spazi abitativi di edilizia residenziale pubblica, inediti spazi verdi e anche nuove strutture per la socializzazione. L'imponente intervento, in base al cronoprogramma appositamente stilato, sarà completato entro dicembre 2026, e sarà reso possibile da un preciso finanziamento statale di quasi 15 milioni di euro ottenuto per il progetto "San Giovanni: un quartiere verde, inclusivo e smart". Nato dalla sinergia tra Comune, Ater e Università (a coordinare il gruppo di lavoro per l'ateneo è l'ex assessore all'Urbanistica della giunta Cosolini Elena Marchigiani) tale progetto è stato ammesso infatti al finanziamento del cosiddetto PinQua, il Programma nazionale della qualità dell'abitare del Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili. Obiettivo dei fondi PinQua è quello di agevolare la riqualificazione dei centri urbani, ridurre il disagio abitativo e favorire l'inclusione sociale. A livello nazionale sono stati presentati 300 progetti, e quello triestino è stato uno di quelli finanziati e ora ha così ottenuto il via libera. A questo investimento statale vanno aggiunti i 1, 3 milioni di euro che il Comune ha destinato a una serie di opere previste proprio per l'intero rione di San Giovanni. «Quando si lavora bene insieme, in questo caso tra Comune, Ater e Università, non mancano i risultati e i quasi 15 milioni di finanziamento ottenuti non sono pochi», ha commentato orgoglioso il sindaco Roberto Dipiazza, ieri, in occasione della conferenza stampa di annuncio dello sblocco dei fondi romani. Nello specifico, il progetto andrà ad incidere sulla ristrutturazione delle palazzine di edilizia residenziale di proprietà del Comune e in gestione all'Ater, ai civici 3 e 5 di via Tintoretto, e ai civici 8, 10, 14 e 16 di via Caravaggio. Un primo intervento consentirà la realizzazione di 54 nuovi alloggi dotati anche di ascensore. Sarà avviata anche la ristrutturazione del fabbricato di via Piero della Francesca 4, con la manutenzione straordinaria dei 10 alloggi esistenti, e del foro di 70 metri quadrati al piano terra di Via San Pelagio 6 (pure proprietà comunale in gestione Ater) con l'obiettivo, in questo caso, di destinare quello spazio e l'annesso fazzoletto di verde ad associazioni e laboratori di zona per il tutoraggio delle fragilità sociali. «Le palazzine dove andremo ad intervenire - precisa il direttore Ater Franco Korenika - contano molti alloggi sfitti proprio perché era prevista una loro radicale risistemazione, e per portare a termine i lavori servirà trasferire circa una quarantina di famiglie». A questi inquilini, mentre i lavori interesseranno la loro palazzina, verrà garantita una soluzione abitativa alternativa.«Si tratta di un intervento che migliorerà anche la qualità della vita di San Giovanni», ancora Korenika: «Gli interventi erano fondamentali considerando che gli edifici in questione risalgono agli anni '40 e '50 e sono dotati di alloggi molto piccoli e inadeguati». Al fine di promuovere attività culturali e di inclusione sociale «la proposta - così l'assessore alla Valorizzazione immobiliare Lorenzo Giorgi - prevede anche la creazione della "Casa delle associazioni" grazie al recupero dell'ex scuola Filzi di via Caravaggio. Mi ero impegnato qualche anno fa a realizzarla e finalmente con quasi tre milioni di euro portiamo a casa questo importante risultato». Giorgi spiega che si andranno anche a «riqualificare delle aree verdi, realizzando nuovi spazi per il nostro servizio sociale, con il recupero di una palazzina e la sistemazione dell'accesso alla palestra polifunzionale di San Giovanni, con la creazione di un nuovo spazio verde verso piazzale Gioberti». Di notevole interesse risulta inoltre la riqualificazione dell'area verde retrostante gli edifici di San Pelagio, dove si prevede appunto la realizzazione di spazi per il gioco e le attività fisiche, oltre che per le coltivazioni urbane. «È un momento dove portiamo a casa un obiettivo importantissimo», sottolinea il presidente Ater Riccardo Novacco: «Come presidente nazionale Federcasa continuerò nell'impegno di promuovere ulteriori iniziative simili sul territorio. Stiamo lavorando intensamente sulle periferie e ciò, a detta degli inquilini, sta dando risultati significativi. Siamo lì ogni giorno e i cittadini sono molto contenti di questo».--
Laura Tonero
Ferrovia e banchine elettrificate per un Porto sempre più green
Focus sull'impatto in atmosfera dell'attività legata allo scalo triestino nell'incontro tra Arpa Fvg e Autorità di sistema "A misura di Mare"
Meno emissioni e più sostenibilità: è questa la direzione verso cui intende muoversi il Porto di Trieste. Lo racconta Arpa Fvg con un ciclo di incontri "A misura di Mare", organizzati con la collaborazione dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale - Porti di Trieste e Monfalcone. Ma quali gli impatti delle attività portuali triestine? «Gli effetti del traffico navale e delle attività portuali sulle concentrazioni in atmosfera di inquinanti non è trascurabile, soprattutto nelle aree più prossime alle banchine di attracco delle navi», hanno spiegato ieri i tecnici di Arpa Fvg dal Molo Audace, nel corso del terzo incontro del ciclo. Da recenti studi dell'agenzia infatti, condotti nei comuni costieri tra Grado e Muggia, inclusi Monfalcone e Trieste, «gli impatti emersi delle attività portuali e dal traffico delle navi sulla propagazione in atmosfera di polveri sottili è stimabile in un range compreso fra il 20 e il 50%». Perciò, nell'ottica di incrementare la sostenibilità, le autorità hanno ribadito il loro impegno «nel promuovere iniziative di carattere trasportistico e misure specifiche per il contenimento e la riduzione del carbon footprint e delle emissioni inquinanti». Nello specifico, un'implementazione del trasporto merci su ferrovia, per la riduzione di emissioni del porto e delle arterie stradali, mentre per quanto concerne il contenimento delle emissioni navali, in progettazione un'elettrificazione delle banchine, «che prevede che le navi in attracco al Molo Bersaglieri, Molo V e Molo VII spegneranno i motori e saranno alimentate da corrente elettrica fornita direttamente in banchina».
st.ce.
Nascerà a Monfalcone la nave bianca del futuro alimentata a idrogeno
Fincantieri, Msc e Snam uniscono le forze per studiare il primo prototipo al mondo - L'annuncio durante la consegna di Seashore, la più grande unità costruita in Italia
MONFALCONE. La prima nave da crociera al mondo alimentata a idrogeno realizzata in Italia nascerà a Monfalcone. Mai come ieri, nonostante il momento di assoluta delicatezza nella lotta contro la pandemia del Covid e con i contagi in risalita, è stato possibile toccare con mano non solo quanta voglia di ripresa e di sviluppo c'è nel paese, ma soprattutto quanto straordinario sia il panorama produttivo che sta reagendo in maniera incredibile con un Pil che, come ha ricordato lo stesso sindaco di Monfalcone Anna Cisint nel suo saluto, registra già ora un un +5,3% contro ogni previsione. Un annuncio di "futuro" che poteva essere lanciato solo in occasione della consegna della nuova ammiraglia di Msc, Seashore, una nave straordinaria davvero, la più grande nave mai costruita in Italia, simbolo della bellezza e dell'essenzialità che solo il Made in Italy è in grado di realizzare, ma anche unica sul fronte delle emissioni zero e della sostenibilità. È dall'inizio della pandemia che non venivano svolte consegne "pubbliche", ieri si è messo in moto un macchinario (rodato in cantiere) eccezionale di sicurezza con una bolla creata a bordo per soli 200 ospiti (tutti sottoposti a tampone, anche se vaccinati). Ma soprattutto è andata in scena una consegna straordinaria, con sì la presenza dell'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, l'executive Chairman della Divisione Crociere del Gruppo Msc Pierfrancesco Vago. Ma, presenza assolutamente rara, la famiglia Aponte che guida Msc con il "capo" Gianluigi Aponte e sua figlia Alexa (moglie di Vago) madrina di battesimo della nuova Seashore.Una cerimonia in grande stile come solo Msc forse riesce a immaginare, date le sue tradizioni italiane, condotta tra il teatro della nave e la banchina, sotto bordo, con una presentatrice come Serena Autieri e con tanto di parata del personale Msc che ha sfilato a fianco della nuova ammiraglia. Ma assolutamente non di facciata visto il brulicare, letteralmente infernale, del cantiere di Panzano a Monfalcone dove sono in allestimento altre navi, altre Msc e dove c'è talmente lavoro che fin muoversi tra i piazzali, invasi da blocchi, lamiere, pezzi di scafo, container e altro ancora, è letteralmente complicato. Mai come ieri si è visto un cantiere che trabocca letteralmente di lavoro fatto in sicurezza anti-covid viste le misure prese per evitare i contagi.Una giornata per suggellare un rapporto di successo tra Fincantieri e Msc visto che, è notizia di nemmeno un mese fa, il colosso delle crociere ha annunciato che realizzerà per il gruppo di Aponte la nave più lussuosa al mondo, che non ha precedenti per livelli di servizi e confort (per il marchio Explora Journeys) e che ora studierà a Monfalcone il primo prototipo al mondo di nave da crociera a idrogeno. Un Memorandum of understanding (questo il termine tecnico) è stato firmato tra Msc con lo stesso Vago, Bono di Fincantieri e l'amministratore delegato di Snam, Marco Alverà. Lo stesso che lo scorso anno ha firmato la creazione in Fvg di un polo di ricerca sull'idrogeno che arriverà miscelato al 30% con il gas metano nelle stesse tubature della Snam. E che dovrebbero anche alimentare la centrale termoelettrica di A2A per la quale è stata progettata la riconversione a idrogeno. Le tubature dovrebbero arrivare in porto anche per alimentare la nuova nave che funzionerà a miscela ga-Gnl e idrogeno. «Il nostro piano di investimenti in Italia con Fincantieri prevede la costruzione di altre cinque unità in grado di generare un ulteriore beneficio economico complessivo per il Paese di oltre 13 miliardi», ha sottolineato Vago.E Bono ha aggiunto che «Seashore è la quarta nave da crociera consegnata in Italia nel corso di questo anno ancora estremamente impegnativo a causa del Covid, a dimostrazione dell'efficacia del nostro sistema produttivo e gestionale».
Giulio Garau
Le vecchie centrali a carbone "buco nero" delle emissioni
Secondo uno studio di Crea e Bankwatch il quadro risulta peggiorato rispetto al 2015
Belgrado. Tante promesse, ripetute rassicurazioni, impegni solenni da parte delle autorità al potere ad affrontare alla radice il problema. Ma i risultati scarseggiano. Anzi, quasi non si vedono. Il problema è quello delle centrali elettriche alimentate a carbone ancora operative nei vicini Balcani: impianti obsoleti e super-inquinanti che non avvelenano solo la regione, ma da decenni affumicano anche ampie aree della Ue a causa dei venti che trasportano i fumi venefici verso Occidente e verso Nord.Il quadro è stato confermato da un nuovo studio del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) e di BankWatch, organizzazioni che da decenni monitorano delicate tematiche ambientali e finanziarie nell'Europa orientale e pure nei vicini Balcani ancora extra-Ue. Paesi fuori dall'Unione, ma che comunque hanno preso impegni precisi sull'abbattimento delle emissioni inquinanti, messi nero su bianco nel Trattato per la comunità energetica. Dal 2015 al 2019 - gli anni presi in considerazione dalla ricerca - poco o nulla di positivo però è accaduto, su questo fronte. Lo confermano in particolare i dati relativi al 2019, anno in cui «le emissioni di anidride solforosa delle 18 centrali a carbone dei Balcani occidentali sono state il doppio rispetto a quelle di tutte le 221 centrali» ancora in funzione «nel territorio dell'Unione europea», si legge nello studio.Il quadro è peggiorato rispetto al 2015. Negli ultimi anni infatti molti Paesi Ue hanno adottato misure severe per limitare le emissioni dei propri impianti dei quali almeno una trentina, quelli più vecchi, sono stati mandati definitivamente in pensione. Nel 2015, per fare un esempio, le 18 centrali balcaniche inquinavano "solo" il 20% in meno del totale di tutte quelle Ue, una percentuale andata invece aumentando nel corso degli ultimi anni, fino al sorpasso. Questo perché, mentre l'Ue agiva a muso duro contro la lignite, nei Balcani «non si sono praticamente ridotte le emissioni», malgrado una riduzione fosse prevista già entro il 2018. Le emissioni, hanno svelato Crea e BankWatch, sono rimaste praticamente identiche - altissime - tra il 2015 e il 2019, «a circa 700mila tonnellate all'anno» solo di anidride solforosa. Il tutto, mentre nella Ue si scendeva da quasi un milione di tonnellate sei anni fa a poco più di 300mila.Quali sono i "colpevoli"? Si tratta dei tre Paesi balcanici che ancora oggi più di tutti puntano sul carbone per produrre elettricità, spesso ricorrendo alla Cina per tecnologia e onerosi prestiti. A fare la parte del leone è la Serbia (con oltre 300mila tonnellate all'anno di So2), seguita da Bosnia (poco più di 200mila) e Macedonia del Nord, dove le emissioni sono persino cresciute. Si tratta di nazioni che fanno persino peggio della Polonia (meno di 100mila tonnellate all'anno), da sempre il Paese Ue più dipendente dal carbone. E una sola centrale serba, la Nikola Tesla A, inquina più di tutte quelle polacche messe insieme; e una bosniaca, Ugljevik, come tutte quelle tedesche. Ma male fanno anche Paesi come Montenegro e Kosovo, dove le emissioni delle centrali sono raddoppiate tra il 2015 e 2019.E il problema non è solo delle popolazioni locali. Un rapporto di diverse Ong ha infatti svelato che i venti portano i fumi delle centrali su Italia, Europa centrale e meridionale, con stime che parlano di 2.013 morti premature a livello Ue a causa del carbone balcanico. E solo 1.239 nei Balcani extra-Ue. E allora, come ha scritto BankWatch, diventa sempre «più urgente» puntare sulla de-carbonizzazione dei Balcani: un processo che durerà comunque non meno di 15 anni.
Stefano Giantin
"Terre di mare" ecco i racconti di archeologia scavati a Muggia
Resti d'epoca romana quasi a pelo d'acqua, che nello giornate nitide si riescono distintamente a intravedere, sui quali vigilano castellieri preistorici importanti testimonianze di architettura fortificata dai quali era possibile, in epoca romana, osservare il cabotaggio di barche e navi di varie stazze. Un viaggio, quello proposto dalle cinque giornate archeologiche racchiuse nell'evento "Terre di mare, racconti di archeologia a Muggia" , proposte dal Comune di Muggia e pensate dall'archeologa Rita Auriemma, da pochi mesi curatore scientifico delle risorse archeologiche della cittadina istroveneta, che scandaglia l'archeologia locale, analizzandone le diverse sfaccettature. Territorio fecondo, quello muggesano, che ha elargito a piene mani testimonianze preziose di un territorio, quello istriano appunto, isola felice dell'archeologia classica. Saranno giornate "immersive" quelle previste dal programma, che si svilupperanno lungo l'estate. Domani, alle 18, nella Biblioteca Comunale "Edoardo Guglia", di Muggia, il tema sarà "L'Istria vista dal mare" con Lilia Ambrosi che presenta l'omonimo volume edito dal Circolo Istria a cui si affiancheranno interventi di Livio Dorigo, presidente onorario del Circolo Istria, di Rita Auriemma, il cui intervento verterà sul patrimonio archeologico costiero e sommerso, di Stefano Furlani, che racconterà l'esperienza di nuotare lungo la costa e, infine, della giornalista Rosanna Turcinovich Giuricin, che parlerà di come appariva Muggia e l'Istria settentrionale vista dal mare. Mercoledì 11 agosto, ore 18, presso Mytilus, locale che è una delle novità di quest'estate muggesana, situato lungo la linea di confine di San Bartolomeo sarà la volta di "Muggia: storie dalla terra e dal mare" , incontro durante il quale Paola Ventura e Rita Auriemma descriveranno gli itinerari archeologici muggesani. Domenica 22 agosto, alle 10 e alle 11. 30 appuntamento con lo snorkeling per andare alla ricerca dei moli romani di Punta Sottile, a cura di Rita Auriemma con l'assistenza del Circolo Sommozzatori Trieste. Appuntamento davanti alla base logistica dell'Esercito, a LazzarettoSempre al Mytilus, mercoledì 25 agosto, alle 18 si parlerà di barche e navi antiche in navigazione nell'Alto Adriatico con l'archeologo Dario Gaddi, di ArcheoTest Trieste. Infine a settembre, nel corso della mattinata del 12, si andrà alla scoperta del castelliere di Elleri, che fu lungamente utilizzato, forse grazie alla sua fortunata collocazione e la cui ultima risistemazione risale all'epoca romana, ossia quando i muri già esistenti vennero rinforzati e affiancati da nuove strutture.Per l'ascesa, a piedi o in bici, l'appuntamento è fissato davanti alla chiesetta di Santa Barbara, situata nell'omonima località, che ha dato il nome alla necropoli connessa al castelliere.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 luglio 2021
Settimana della mobilità: Duino Aurisina conferma la sua partecipazione l'adesione - L'evento su scala europea a settembre
DUINO AURISINA. Il Comune di Duino Aurisina aderirà anche quest'anno alla Settimana europea della mobilità, in programma dal 16 al 22 settembre. Il 2021 sarà un anno speciale per l'evento, che ormai accomuna milioni di cittadini e migliaia di enti nell'impegno per una mobilità sempre più sostenibile, in quanto si tratterà della 20.ma edizione. Quest'anno inoltre, per la particolare situazione che si sta vivendo a livello mondiale, la Settimana europea della mobilità sarà incentrata sulla sicurezza e sulla salubrità delle scelte di mobilità sostenibile: in tale prospettiva è stato scelto lo slogan "Muoviti sostenibile... e in salute". I cittadini europei saranno incoraggiati a tenersi in forma fisicamente e mentalmente, esplorando la bellezza delle città e avendo cura dell'ambiente e della salute degli altri nella scelta tra le differenti modalità di trasporto. «Abbiamo deciso di aderire anche quest'anno - commenta Massimo Romita, assessore a Turismo, Sport, Ambiente e Viabilità - perché si tratta di un appuntamento irrinunciabile, che permette di condividere, assieme al territorio, azioni, progetti, idee e iniziative volte al miglioramento della qualità della vita nel nostro Comune». «Stiamo lavorando su più fronti e su varie azioni amministrative - spiega la presidente della Commissione Ambiente Chiara Puntar - dimostrando come sempre estrema sensibilità verso queste tematiche». Sebbene il Covid già lo scorso anno abbia costituito una delle principali preoccupazioni per agenzie di trasporto, amministrazioni e imprese, la Settimana europea della mobilità proprio nel 2020 ha registrato il secondo numero di adesioni più alto di sempre, con quasi tremila città per 53 paesi. Chi volesse proporre iniziative per Duino Aurisina può scrivere a urp@comune.duino-aurisina. ts.it entro il 30 luglio, indicando nell'oggetto: proposta per la Settimana europea della Mobilità sostenibile.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 luglio 2021
Ancoraggi ecologici alle Incoronate per salvare fondali e turismo del mare
Al via il posizionamento di 224 gavitelli e ancore nelle acque del parco nazionale. Pronti a primavera 19 nuovi campi boe
Sebenico. Li chiamano ancoraggi ecologici, posizionati per tutelare al massimo i fondali marini, con ancore che vengono inserite - tramite martello oleodinamico subacqueo - sia nella sabbia, sia nella parte rocciosa del fondale. Non ci sono insomma i ben noti blocchi di cemento, i cosiddetti corpi morti, sostituiti invece da un sistema che protegge l'ambiente, garantendo prestazioni di eccezionale tenuta. Un sistema ideale per la creazione di campi boe, come pure catenarie per l'ormeggio e anche per pontili galleggianti. In questi giorni, allo scopo di evitare ancoraggi abusivi e il danneggiamento della biocenosi dei fondali, nelle acque dell'insenatura Vrulje, nel Parco nazionale delle Incoronate, vengono posizionati gavitelli e ancore per l'ormeggio, iniziativa firmata dalla direzione del parco, Fondo croato per la tutela dell'ambiente e l'efficienza energetica e ministero croato del Turismo e Sport. Parte dei mezzi è stata assicurata tramite il progetto comunitario Interreg. Come noto, il celebre arcipelago dalmata può essere raggiunto e visitato solo via mare e dunque le boe e le relative catene e ancore sono una specie di prezioso "parcheggio" per imbarcazioni di vario tipo. La sicurezza di questi punti d'ancoraggio è di fondamentale importanza per la sicurezza dei diportisti, che ogni anno a migliaia visitano questo parco nazionale, come ribadito dal direttore del "Nacijonalni park Kornata", Sime Jezina.«Il progetto che abbiamo in mente di realizzare prevede la sistemazione entro la prossima primavera di ben 224 ancoraggi ecologici, che riguarderanno 19 campi boe. Il nostro obiettivo è impedire gli ancoraggi abusivi e, soprattutto, difendere i fondali dall'azione incontrollata delle ancore, che possono facilmente distruggere o danneggiare la biocenosi di un singolo fondale. La nostra - specifica ancora il diretto del parco delle Incoronate - va intesa come un'opera di prevenzione». Jezina ha parlato di fissaggio tramite il sistema Earth Anchor, che non ha alcun impatto ambientale, proteggendo soprattutto le praterie di posidonia, che hanno un ruolo strategico nel proteggere l'ecosistema in tutto il Mediterraneo.A detta di Vesna Cetin Krnjevic, responsabile del Servizio per i progetti comunitari in seno al predetto Fondo, gli ancoraggi incontrollati e abusivi sono una delle principali cause del degrado dei fondali, specie della posidonia che fornisce protezione a più di 100 specie ittiche, alcune delle quali di grossa importanza commerciale. «Va ricordato - ha aggiunto - che queste praterie rappresentano una preziosissima risorsa dal punto di vita naturalistico: sono una specie di polmoni del mare e assicurano la biodiversità dell'ambiente. Gli ancoraggi ecologici daranno sicuramente un valido contributo nel preservare questo importantissimo vegetale». Secondo Anamarija Vukcevic, a capo del progetto INHERIT in seno al ministero del Turismo, l'istituzione di campi boe è una delle tante iniziative dei responsabili del parco nazionale, alcune delle quali riguardano l'introduzione della digitalizzazione, che consentira'un miglior controllo del numero di visitatori nelle Incoronate, nell'intento di eliminare il turismo di massa a favore di quello sostenibile.
Andrea Marsanich
La posidonia - praterie a rischio
La Pinna nobilis - lo scempio
Nell'elenco delle specie marine più rare e delicate compare da tempo la Pinna nobilis, il più grande mollusco del Mediterraneo. Eppure qualcuno continua a ignorarne l'importanza e a violare apertamente i divieti di raccolta. È accaduto qualche giorno fa nelle acque di Fasana, davanti alle Isole Brioni. Un turista polacco di 23 anni è stato sorpreso dalla polizia con un carico di 29 esemplari appena estratte dal mare e accatastate sul suo materassino. Un autentico scempio notato da alcuni bagnanti e segnalato poi alle forze dell'ordine, che hanno poi provveduto a denunciarlo.
(V.C.)
Tarlao apre ai fuoriusciti dal Comitato Noghere: «Uniamo le nostre forze» - Le manovre attorno al Terzo polo di Muggia
Muggia. Dopo la fuoriuscita di alcuni membri del direttivo del Comitato Noghere - No laminatoio dal progetto originario sfociato in lista civica, e in risposta a voci interne allo stesso che vedono un forte avvicinamento al terzo polo civico, è arrivata la conferma di questa liaison da Roberta Tarlao, guida in pectore del raggruppamento civico in campo per le amministrative: «Lavoro per istituire un patto tra i vari esponenti della coalizione e con i muggesani» e «la contrarietà al laminatoio ha convogliato in questo patto tre componenti, la mia lista Meio Muja, il M5S e i giovani di Podemo, che ritengono opportune alle Noghere altre tipologie di insediamenti produttivi, i Verdi e SEquS, ambientalisti per i quali un nuovo laminatoio a caldo è incompatibile qui come ovunque, e ora una parte del Comitato Noghere, per la quale l'impianto è incompatibile con la storia di questo territorio e per la sua localizzazione». Contrarietà al laminatoio di Tarlao e alleati che non convince Maurizio Allegra, tra i fondatori del Comitato Noghere, convinto assertore del progetto originario legato al Circolo Miani e al suo presidente Maurizio Fogar. Per Allegra il «cosiddetto terzo polo che fino al mese di giugno si esprimeva a favore del progettato laminatoio a caldo e che non ha ritenuto finora di aprire bocca sulla gravità del rischio dragaggi», si accorda con i fuoriusciti, «un esiguo gruppetto di persone che preferiscono impegnare il loro tempo in "accordicchi" partitici invece che rispettare la decisione assunta nell'assemblea del 27 giugno di dare vita a una civica denominata "Muggia"».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO, 24 luglio 2021
Legambiente monitora le acque dell'Isonzo: microplastiche in calo
Rispetto allo scorso anno la salute del fiume è migliorata «Concentrazioni più basse, ma la guardia resta alta»
Isonzo sorvegliato speciale. Da due anni il fiume è tenuto sotto osservazione da Legambiente che, attraverso dei campionamenti, esegue periodicamente delle analisi per controllare la presenza di microplastiche nelle sue acque. E c'è una buona notizia: gli ultimi dati pubblicati evidenziano una concentrazione media minore rispetto a quella dello scorso anno. Il valore passa da 0,11 a 0,02 particelle/m3. Il campionamento delle microplastiche nei fiumi viene effettuato da stazioni fisse (ponti) utilizzando una "manta", ossia una speciale rete che permette di filtrare grandi volumi d'acqua (misurati attraverso un flussimetro), trattenendo il materiale solido che si accumula nel bicchiere finale. Le analisi sono svolte dall'Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. Insieme all'Isonzo vengono tenuti sotto controllo altri 10 corsi d'acqua, tra i quali il Volturno, in Campania, il Tevere nel tratto laziale, e il Lambro in Lombardia. Per l'Isonzo le analisi sono state effettuate nelle stazioni slovene di Bovec e Doblar e in Italia a Gorizia e sui due ponti tra Sagrado e Gradisca. Per quanto riguarda forme e polimeri dei frammenti risulta che le forme più presenti sono frammenti (38%), pellet (25%) e polistirolo, film e filamenti (13%). Per quanto riguarda i polimeri quelli più presenti sono il polietilene (33%) e il polipropilene (11%).«Anche se le concentrazioni sono le più basse rispetto agli altri fiumi, e minori rispetto a quelle dell'altro anno, è necessario mantenere alta l'attenzione», ammonisce Legambiente.
Stefano Bizzi
Rimane critico l'abbandono rifiuti sulle sponde
Per il carattere transnazionale del fiume, Legambiente ha gli occhi puntati sull'Isonzo da tempo. L'associazione ambientalista evidenzia che «manca una fattiva collaborazione tra le autorità rivierasche, ma soprattutto una gestione congiunta del fiume ai sensi della Direttiva Acque». Nella sua relazione Legambiente ricorda inoltre che «si continuano a verificare abbandoni di rifiuti» e denuncia la permanenza di rifiuti «ben noti alle autorità» come quelli presenti nel parco dell'Isonzo di Campagnuzza (un centinaio di pneumatici) o quelli a nord di Montesanto (rifiuti ingombranti gettati dalla scarpata).
G20, accordo fatto su quasi tutto Ma il carbone resta il privilegiato
Non c'è intesa neanche sull'impegno a restare sotto il limite di 1,5 gradi di riscaldamento globale
ROMA. Al vertice di Napoli il G20 trova l'accordo su 58 punti su 60 del documento finale, ed essere riusciti a tenere assieme per la prima volta clima ed energia per Roberto Cingolani è già un risultato senza precedenti, ma i due punti che mancano sono i più pesanti. Niente da fare sia per l'impegno a rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale al 2030, sia per la proposta di eliminare dal 2025 il carbone dalla produzione energetica. Usa, Europa, Giappone e Canada, erano favorevoli ad accelerare i piani di riduzione delle emissioni clima-alteranti, «ma quattro o cinque paesi, che poi al momento della firma finale si sono ridotti a due soli, India e Cina - come ha spiegato il ministro per la Transizione ecologica nella conferenza stampa finale del vertice - hanno detto che non se la sentono di dare questa accelerazione, anche se vogliono rimanere nei limiti dell'Accordo di Parigi». Per Cingolani, apparso decisamente provato dal tour de force finale, «è stata una negoziazione particolarmente complessa, durata due giorni e due notti. La scorsa notte non c'era molto ottimismo, poi invece grazie al lavoro dei team siamo riusciti a trovare un accordo sul comunicato: abbiamo proposto 60 articoli e ne sono stati condivisi 58». Ad un certo punto si è effettivamente temuto che l'intesa finale potesse saltare e così Cingolani ha deciso di incontrare singolarmente tutti i ministri del G20, affiancato in questo tentativo dall'inviato speciale Usa per l'ambiente John Kerry. Il documento finale del vertice sarebbe potuto essere anche più ambizioso, ma comunque lo soddisfa perché «segna una svolta epocale, visto che anche il più riottoso al cambiamento dei paesi che hanno preso parte al summit non ha espresso alcun dubbio sulla necessità di procedere con gli impegni in materia di clima». E soprattutto nessuno ha messo in discussione l'accordo di Parigi, compreso l'impegno di mantenere ben al di sotto dei 2 gradi l'aumento della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale, e questo «è già importante». C'è solo «un disallineamento» di India e Cina rispetto ai tempi di intervento. Quanto ai dubbi espressi da questi grandi paesi più legati a carbone e petrolio, per il nostro ministro della Transizione ecologica, sono «anche comprensibili, perché per loro di tratterebbe di mettere in discussione il rispettivi modelli economici». E non a caso in diversi passaggi della trattativa finale alcune delegazioni si sono dovute confrontare coi rispettivi ministri delle Finanze. I punti rimasti in sospeso adesso verranno rinviati a un livello politico più alto, quello dei capi di stato e di governo ai quali Cingolani invierà una specifica relazione per spiegare le diverse posizioni in campo e suggerire come eventualmente superare i problemi. Oltre a riaffermare gli impegni di Parigi «come il faro vincolante» che dovrà condurre fino a Glasgow, dove a novembre si svolgerà la COP 26, il G20 ieri ha riconfermato il ruolo centrale dell'impegno finanziario da 100 miliardi a favore dei paesi più deboli, con l'impegno ad aumentare i contributi ogni anno fino al 2025. I Venti hanno poi concordato sull'accelerazione del passaggio alle energie pulite in questa decade, sull'allineamento dei flussi finanziari agli impegni dell'Accordo di Parigi, sull'adattamento e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, sugli strumenti di finanza verde, sulla condivisione delle migliori pratiche tecnologiche, sul ruolo di ricerca e sviluppo, sulle città intelligenti e resilienti, le smart city. Sono stati poi approvati due documenti della presidenza italiana sulle smart city e le comunità energetiche e sulle rinnovabili offshore, e due allegati sulla povertà energetica e sulla sicurezza energetica. «Quattro mesi fa diversi paesi non volevano neppure sentire parlare di questi argomenti, ora hanno firmato - ha concluso il ministro -. C'è stata una maturazione culturale. Non a caso, i lavori si sono aperti con le condoglianze ai delegati di Germania e Olanda per le vittime delle alluvioni».
Paolo Baroni
Il Comitato Noghere molla il Circolo Miani e tratta col terzo polo
Naufraga il matrimonio tra il gruppo anti-laminatoio e Fogar, che a sua volta si prepara al voto con una lista civica propria di nome "Muggia"
MUGGIA. Il matrimonio tra il Circolo Miani e Trieste Verde da una parte e una fetta consistente del Direttivo del Comitato Noghere è finito nei giorni scorsi. A certificare il divorzio una nota dei "fuoriusciti": «Il Comitato Noghere, gruppo informale di cittadini sorto per contrastare l'insediamento del laminatoio a caldo in Valle delle Noghere, si è dato un organo direttivo formato da circa 15 persone. L'attività del Comitato è stata animata e alimentata da Maurizio Fogar e dal Circolo Miani cui abbiamo manifestato la nostra riconoscenza», la premessa. Ma poi qualcosa evidentemente si è rotto, con Fogar che «ha cominciato a rivolgere accuse non solo contro i favorevoli al laminatoio, ma alla stampa, accusata di non essere imparziale, ai partiti, a politici e cittadini contrari al laminatoio accusati di doppiogiochismo e di molto altro, fino ad accuse rivolte a membri stessi del comitato. A questa situazione molto personale che ha finito col non riguardare più il laminatoio, la maggioranza del direttivo del Comitato Noghere ha deciso di dire basta, dichiarando chiusa la collaborazione con Fogar e il Circolo Miani. Il Comitato Noghere prosegue autonomamente l'attività di informazione, lotta e contrasto al laminatoio, con tutto l'impegno possibile e necessario». Quest'ultimo passaggio in realtà non dice proprio tutto: stando a voci interne al comitato stesso, nel frattempo sono stati intessuti dei rapporti con il terzo polo a trazione civica e guidato da Roberta Tarlao, che comprende un ampio ventaglio politico, dai Verdi ai pentastellati, un fronte visto come unica alternativa a destra e sinistra. Intanto il Circolo Miani continua con la sua proposta politica per le prossime amministrative muggesane: si chiamerà infatti "Muggia" la lista civica in corsa per il voto e il suo programma si baserà su nove punti programmatici.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - VENERDI', 23 luglio 2021
La centrale pronta a fermarsi ma la chiusura non è vicina
A2A ha ultimato il rifornimento di energia chiesto dal mercato dal 5 al 23 luglio Cisint punta al free-carbon entro l'anno e ha preparato l'accordo di programma
È l'ultimo giorno di esercizio, da domani l'attività della centrale si ferma. È stato dunque confermato dall'azienda il programma, come comunicato al Comune di Monfalcone, relativo al rifornimento di energia elettrica per il periodo dallo scorso 5 luglio e fino al 23, in base alla richiesta del mercato. Allora era stato "rimesso in moto" l'impianto termoelettrico rimasto a lungo inattivo. Il tutto secondo i piani di produzione previsti, in virtù dell'«incremento della domanda estiva e del contesto di sistema». Stop per il momento, considerato che l'azienda A2A EnergieFuture continua a mantenere la centrale in esercizio in funzione della domanda. È stato confermato anche ieri infatti che il carbone ancora presente nello stabilimento dovrà essere smaltito. Viene ribadito quanto già prospettato a ridosso della ripartenza dell'impianto: «Il funzionamento della centrale andrà a ridurre le scorte di combustibile del carbonile che da tempo non è più stato approvvigionato. Conseguentemente, si prevede che le rimanenze potranno essere esaurite nel corso dell'anno». Almeno dunque fino a fine 2021. Oltre l'azienda non è andata, facendo capire comunque che per l'esercizio della centrale non c'è un preciso termine ai fini della chiusura definitiva. Si ragiona sempre con lo stesso criterio: l'attività rimane a disposizione della richiesta. E dal Comune rimane invece valida la "tabella di marcia" prefissata. Il sindaco Anna Maria Cisint ieri ha rinnovato la sua posizione: «All'azienda A2A EnergieFuture avevo avuto modo di rilanciare la proposta affinché la data del 23 luglio coincidesse anche con la chiusura definitiva della centrale. Continuo a rimanere di questo avviso, prima si chiude meglio è, poiché ritengo che il tempo del carbone sia ormai terminato». Un concetto ripetuto a Trieste: «La scorsa settimana ho ribadito l'opportunità di fermare quanto prima l'impianto termoelettrico. Nel frattempo - osserva il sindaco - a breve, è questione di qualche giorno, avrò la bozza dell'accordo di programma che sottoporrò all'assessore regionale Scoccimarro e ai tecnici della Regione, ai fini di una valutazione complessiva, nella prospettiva di un confronto anche con A2A». Cisint non scende in particolari circa i contenuti della bozza, però aggiunge: «L'accordo propone la chiusura e la necessità di stabilire tempi certi e ragionevoli in ordine alle opere di smantellamento, una dismissione che a mio parere dovrà compiersi nell'arco di non oltre i 36 mesi». La «palla è in campo», come dice il primo cittadino, che vuole giocare d'anticipo: «In base alla normativa in materia - spiega -, la procedura ai fini dell'avvio dell'accordo di programma può essere proposta anche dal sindaco. E il Comune di Monfalcone ha quindi avviato l'iter dal punto di vista amministrativo». Per l'amministrazione comunale comunque il countdown è già partito, puntando alla chiusura della centrale comunque entro la fine di quest'anno.
Laura Borsani
Verdi e Sinistra candidano Cimolino a sindaco
La dichiarazione d'intenti: «Intanto corriamo da soli, al secondo turno ci penseremo. Porte in faccia dalle altre formazioni»
«Rappresentare chi è stato lasciato ai margini a causa del forzato sviluppo capitalistico della società moderna». Si presenta così la coalizione della sinistra radicale Verdi e Sinistra in Comune che ha formalizzato ieri, nel corso di una conferenza stampa svoltasi in piazza Cavana, la candidatura di Tiziana Cimolino a sindaco per le prossime elezioni amministrative di ottobre. Si tratta del potenziale tredicesimo candidato alle prossime amministrative. La nuova formazione si presenta in alternativa - almeno nel primo turno - al candidato del centrosinistra, Francesco Russo: «Intanto corriamo da soli - ha sottolineato la stessa Cimolino - poi nel secondo turno ci penseremo». Come nel 2016, quindi, le diverse anime della sinistra si presenteranno separate. La candidatura di Cimolino va ad aggiungersi, alla sinistra del Pd, a quella di Riccardo Laterza per Adesso Trieste.«Abbiamo provato a portare avanti una serie di interlocuzioni con le altre anime del centrosinistra cittadino - ha ricordato la candidata sindaco di Verdi e Sinistra in Comune - senza ricevere alcuna indicazione in merito. Anzi, bussando alle porte di tutti i gruppi contrari alla deriva neoliberista del Pd, abbiamo solo ricevuto porte in faccia». I valori fondanti di questa nuova alleanza politica sono caratterizzati da uno spiccato interesse per i temi dell'ambiente, dell'europeismo e del femminismo.«La nostra sfida vuole essere quella di sentirci rappresentati all'interno dell'istituzione comunale - ha proseguito Tiziana Cimolino -, rappresentando una lista verde, ecologista, europeista e femminista, valori fondanti all'interno della sinistra e del tutto nuovi rispetto a quelli proposti dal centrosinistra di oggi. Vogliamo portare quel vento europeo di rinnovamento che sta parlando ovunque di giustizia sociale e sostenibilità ambientale e che riesce a conquistare sempre più municipi in tutti i paesi europei, sostenendo valori forti e imprescindibili attraverso un percorso aperto a tutta la città». Temi green, ma non solo, come ha ricordato Gianluca Paciucci, storico esponente di Rifondazione, a nome di Sinistra in Comune. «Non potevamo lasciare vuota l'aerea rosso-verde - queste le sue parole - senza di noi sarebbe stata un'assenza colpevole. Siamo qui a rappresentare tutte le persone lasciate ai margini dello sviluppo capitalistico della società moderna, con particolare attenzione alle minoranze e contro il revisionismo storico imperante. Abbiamo con noi sia professionisti e giovani da sempre attivi nei comitati cittadini per difendere l'aria e l'ambiente - ha proseguito Paciucci - sia persone impegnate nei movimenti per una città davvero aperta e inclusiva dove ci sia diritto alla casa, a un lavoro dignitoso e a una vita sana e gradevole per dare inizio a un reale e necessario processo di trasformazione sociale ed ecologica della nostra città».
Lorenzo Degrassi
Open scioglie le riserve e lancia una nuova civica a sostegno di Russo
Il nucleo degli ex vendoliani si unisce ad Articolo1 e "Un'Altra città" - Pasino e Zennaro di Trieste2030 entrano nelle fila di Punto Franco
Si allarga ulteriormente il sostegno al candidato sindaco Francesco Russo, che apre inoltre all'idea di istituire una «delega assessoriale dedicata alla vocazione portuale e marittima di Trieste». Al Caffè San Marco si è presentata in conferenza stampa una nuova lista civica, chiamata provvisoriamente "La città che vogliamo": raggruppa Open Fvg, Articolo1 e alcuni attivisti di Un'altra città, allo scopo di spostare il baricentro della coalizione di centrosinistra più a sinistra. Subito dopo, l'associazione Trieste2030 ha ufficializzato il suo preannunciato appoggio al principale sfidante dell'uscente Roberto Dipiazza: la novità è che saranno il medico Floriana Zennaro e l'avvocato Alberto Pasino a candidarsi nella Lista Russo-Punto Franco. Per Russo è importante avere in squadra Pasino, uomo in passato vicino al centrodestra moderato di Roberto Antonione, a riprova della trasversalità che il progetto civico Punto Franco ambisce a rappresentare. Trieste 2030 e la nuova civica di sinistra hanno ampiamente illustrato i loro punti programmatici, che saranno ribaditi in campagna elettorale. A nome de "La città che vogliamo" sono intervenuti Sabrina Morena (unica consigliera comunale attualmente espressa dall'area in questione), Rita Auriemma e Mirta Cok di Open; Sergio Persoglia e Marcello Bergamini di Articolo1; Roberto Dambrosi e Maria Grazia Cogliati Dezza di Un'altra città: quest'ultimo resta un «movimento civico e non un partito - ha chiarito Cogliati -. Le nostre anime vanno da Italia Viva a Rifondazione. Ma alcuni di noi vogliono contribuire alla nuova lista, per portare il nostro programma in coalizione». Tra gli interventi del pubblico pure Paolo Angiolini, membro del comitato "La città ai cittadini", che ultimamente sta sferzando le forze alternative al centrodestra affinché si uniscano: ha invocato «una forza nuova per la città». Passando a Trieste2030, Pasino e Zennaro sono per Russo «candidature di eccellenza». L'avvocato è socio di uno studio legale con numerose sedi in Italia e all'estero: ha lavorato pure a Shangai. Riveste diverse cariche associazionistiche e ha collaborato con il Ministero dei Trasporti per redigere il Codice della nautica da diporto. Zennaro è un rinomato medico, che tra le altre cose ha installato un sistema di teleradiologia in Angola, formando il personale locale all'invio di immagini in consulenza, anche a Trieste.
Lilli Goriup
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 luglio 2021
Da Cattaneo a Cacciari Trieste Next, tre giornate per un futuro sostenibile
Dal 24 al 26 settembre il festival del sapere torna "in presenza" con eventi dal vivo. Tra gli ospiti anche Mieli, Mayor-Schonberger, Bono e Chawla
Dopo gli spettacoli teatrali, il cinema e i concerti tornano finalmente in presenza anche i festival scientifici. Non c'era davvero modo migliore per festeggiare i primi dieci anni di Trieste Next, che dal 24 al 26 settembre tornerà ad animare il centro cittadino con un denso calendario di conferenze e laboratori dedicati alla divulgazione scientifica. Il tema del 2021, complice l'esperienza della pandemia, pare quantomai necessario: si ragionerà infatti degli strumenti che la scienza offre per prenderci cura di noi stessi, della collettività e del pianeta che abitiamo, in un'ottica che vede il benessere individuale e globale legato a doppio filo al tema della sostenibilità. La decima edizione del festival, presentata ieri in conferenza stampa, sarà intitolata 'Take care, la scienza per il benessere sostenibile, e affiancherà al fertile parterre di scienziati provenienti dagli enti scientifici e accademici del territorio una nutrita lista di ospiti nazionali e internazionali. Saranno 100 gli eventi proposti e 200 le attività per le scuole e i visitatori, con una media di cinque appuntamenti in contemporanea per ogni fascia oraria. Duecento i relatori previsti, cui si uniranno oltre 300 ricercatori e studenti provenienti da tutt'Italia. Anche quest'anno il festival è organizzato dal Comune, dall'Università di Trieste, da ItalyPost, dall'Immaginario Scientifico e dalla Sissa, con la co-promozione della Regione, la collaborazione della Commissione Europea nella sua rappresentanza di Milano, la main partnership di Lago e Intesa San Paolo e la sponsorizzazione di AcegasApsAmga.A fare la forza della manifestazione saranno come di consueto gli enti del protocollo Trieste Città della Conoscenza, che contribuiranno con i loro scienziati e tante iniziative a un ragionamento sul futuro nostro e del mondo che spazierà dalle discipline Stem alle scienze umane e sociali. Come nel 2020 Trieste Next sarà proposta comunque in formula ibrida: dal vivo ma anche in digitale, con la trasmissione in diretta streaming delle conferenze sui canali del festival.Tra le discipline toccate, annuncia il direttore di Trieste Next Antonio Maconi, ci saranno, sempre in un'ottica di sostenibilità, medicina, agricoltura, intelligenza artificiale, robotica, biologia, genetica. Si rinnoverà la collaborazione con la Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e inizieranno nuove collaborazioni con l'agenzia Spaziale Europea, con Humanitas Gavezzeni e con Inail, che presenterà il progetto di una mano robotica realizzato in collaborazione con l'Istituto Italiano di Tecnologia. Tra gli ospiti internazionali ci saranno Viktor Mayor-Schonberger, docente di Internet Governance and Regulation dell'Oxford Internet Institute e due vincitrici dell'Eu Prize for Women Innovators: l'ingegnera dei materiali Ozgë Akbulut e la direttrice dell'Icrea Cmem dell'Università di Barcellona Maria-Pau Ginebra.Oltre a loro l'accademica e senatrice a vita Elena Cattaneo, il giornalista Paolo Mieli, i filosofi Massimo Cacciari e Maurizio Ferraris, l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono e quello di di Eurotech Paul Chawla, il fisico Federico Faggin, il direttore scientifico della Humanitas University Alberto Mantovani e molti altri. Nella serata del 24 settembre il centro cittadino si animerà anche con le attività della Notte Europea dei Ricercatori. «La manifestazione vedrà quasi triplicati gli spazi a sua disposizione - spiega l'assessore comunale Angela Brandi -. Saranno 1600 i metri quadri a disposizione per i laboratori, con un raddoppio delle aree talk: una sarà ospitata in Piazza Unità e l'altra in Piazza Verdi. Il tema Take care ci invita a pensare al futuro con un pubblico ben preciso in mente: le nuove generazioni». Per il rettore di UniTs Roberto Di Lenarda «la decima edizione della manifestazione sarà finalmente in presenza, ma le condizioni dipenderanno da noi, essenzialmente da quante persone saranno vaccinate». L'ateneo triestino proporrà ben 17 attività interattive in piazza e 17 talk.
Giulia Basso
Olivi preda delle cimici - Vertici transfrontalieri tra gli addetti ai lavori
Incontro in vista a San Dorligo della Valle per affrontare la crisi della produzione dopo il primo focus promosso oltreconfine
SAN DORLIGO. Per alcuni addetti ai lavori il calo della produzione che si profila all'orizzonte potrebbe raggiungere il 90%. È drammatica la prospettiva per il territorio di San Dorligo - come pure di quelli del resto della provincia - in conseguenza dell'arrivo, anche da queste parti, della cimice asiatica, che si nutre principalmente di olive ma non solo: «Nel nostro Comune ci sono tanti produttori di olio, di agricoltori che si occupano di alberi da frutto, e tutti si sentono impotenti davanti a questa piaga che sta mettendo in difficoltà un intero settore economico». Lo assicura Antonio Ghersinich, assessore alle Attività produttive dell'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun che governa San Dorligo, dove si sta organizzando un incontro transfrontaliero tra i produttori per affrontare la questione in un'ottica d'insieme, dopo un primo vertice promosso oltreconfine. L'amministrazione, fin dalle prime avvisaglie del fenomeno che si stava generando, ha cercato soluzioni, creando l'occasione per una serie di confronti con i colleghi sloveni e istriani che vivono anch'essi della produzione di olio. «Abbiamo già partecipato, come componenti del gruppo che fa parte della "Denominazione di origine protetta Tergeste" - prosegue Ghersinich - a un incontro svoltosi in Slovenia, che ha visto presenti i rappresentanti dell'associazione degli olivicoltori dell'Istria slovena, da cui è purtroppo emerso che la realtà è comune, a cavallo del confine. Siamo arrivati alla conclusione che rimedi immediatamente efficaci non ce ne sono. Siamo portati a pensare - osserva l'assessore della giunta Klun - che, per qualche produttore del nostro territorio, quest'anno il risultato del lavoro svolto sarà pari a zero». Il 2021 in altre parole potrebbe ricordato come l'anno senza olive, e senza olio. E ad aggravare la prospettiva va anche ricordato che non esistono risarcimenti. «Attualmente - riprende Ghersinich - non siamo a conoscenza di normative che possano garantire ai produttori colpiti da questa grave situazione un ristoro di natura finanziaria. Magari in futuro qualcosa si muoverà ma in questo momento non esiste alcuna possibilità in tal senso». I produttori della zona di San Dorligo della Valle si sentono anche bersagliati dalla sorte. «La cimice asiatica - riprende Ghersinich - sta colpendo a macchia di leopardo. Ci sono aree del nostro paese che finora non hanno avuto danni. Mi riferisco alle Marche, dove il problema non esiste». A catalogare il 2021 come annus horribilis c'è anche un altro aspetto: «C'è stato un lungo periodo di caldo nel momento decisivo della stagione e in tale situazione gli ulivi si difendono, cioè producono meno olive per risparmiare l'acqua per la propria sopravvivenza».
Ugo Salvini
Per i manufatti di plastica tipo "usa e getta" il tempo sta per scadere - Da ottobre possibili sanzioni
Si ha la percezione che il segnale di pericolo costituito dalle problematiche ambientali sia finalmente colto in tutta la sua drammaticità. I grandi progetti sono e rimarranno appannaggio dei potenti della Terra; la diatriba, solitamente economica, è tra gli interessi delle singole nazioni e l'obbligo del rispetto di un progresso sostenibile per sua natura più costoso. Al singolo consumatore compete una responsabilità minima ma quotidiana che, per il moltiplicatore costituito dalla sua pluralità, risulta fondamentale per il futuro della collettività. Ci viene chiesto di salvaguardare l'ambiente attraverso l'eliminazione della plastica. Dal 3 luglio scorso questa viene ricusata dall'Europa rendendo attiva la decisione del Parlamento europeo che punta alla sua riduzione entro il 2030. L'adeguamento alla Sup (Single-use plastic products) non sarà immediato, nel nostro Paese sarà ancora consentito l'utilizzo di diversi manufatti in plastica. I negozi potranno e continuare a vendere i prodotti vietati fino a esaurimento delle scorte; successivamente il commercio sarà vietato e verranno disposte sanzioni per i trasgressori. Al bando vi sono numerosi prodotti in plastica "usa e getta", un primo passo per ridurre la plastica monouso che, con frequenza e misura sempre maggiore, finisce sulla terra e nei mari inquinandoli per secoli: piatti e posate, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, contenitori per alimenti e bevande in polistirolo, sacchetti in materiale leggeri, pacchetti e involucri, miscelatori per bevande, assorbenti, tamponi igienici e applicatori per tamponi, cannucce e così via. Prodotti che rimangono in commercio sono: bottiglie per acqua e bibite, flaconi per detergenti e detersivi, scatolette e buste per i cibi, mascherine, guanti e palloncini mentre per i bicchieri di plastica monouso la direttiva prevede solamente una loro riduzione. Le linee guida pubblicate a maggio vietano anche gli imballaggi plastificati con un contenuto di polimeri inferiore al 10%. Il nostro Paese fattura oltre 40 miliardi nel settore dei contenitori alimentari come piatti, posate, bicchieri e plastiche bio da cui lo stallo della nostra industria che ha dato luogo a un contenzioso tra l'Italia e la Commissione europea che s'è impegnata a rivedere alcune linee guida alla luce delle richieste del nostro governo. L'applicazione delle direttive europee e le multe sono rimandate a ottobre (quando il dlgs che deve recepirle verrà approvato). L'Unione europea ha scelto di bandire tutta una serie di oggetti monouso di cui si può fare sinceramente meno o che possono essere di facile sostituzione con altri biodegradabili. Le alternative richiedono tempo, grossi investimenti e soprattutto un cambiamento culturale da parte di tutti: detersivi alla spina, borracce, imballaggi in carta, bioplastiche. Un impegno di cui tutti dobbiamo farci carico.
Antonio Ferronato - Adoc (Ass.difesa orientamento consumatori)
SEGNALAZIONI - Montagne Fvg - Progetti lesivi dell'ambiente
Con sorpresa ho letto il comunicato sulle bandiere nere assegnate alla montagna del Friuli Venezia Giulia. Per la Carnia ci poteva essere qualcosa di meglio e ritengo doverosamente meritato. Ad esempio per quanto sta avvenendo nel comune di Forni di Sopra, dove amministrazione, Promoturismo e Regione progettano opere tanto inutili quanto devastanti sopra gli impianti Varmost: seggiovia con ristoro in cima al Simon, piste su costoni valanghivi, una orrenda strada sul più bel sentiero fornese. Di questi interventi Legambiente ha ampia conoscenza, sui quali il Cai regionale, principale conoscitore delle nostre montagne, si è già decisamente opposto. Opere dall'impatto ambientale uguale se non maggiore a quelle di Sella Nevea, senz'altro imparagonabili con le "minutaglie" di Tarvisio, le quali hanno pure "goduto" della bandiera nera. Chi conosce quei luoghi che coronano Casera Varmost sa di cosa parlo, chi non lo sa li frequenti prima che scompaiano. Sarebbe un peccato per il bellissimo ambiente, il turismo del domani e i bilanci pubblici! Un errore inconcepibile. Non so se la bandiera nera, strameritata per questi progetti, fosse servita a fermare i probabili disastri, sarebbe comunque stato un segnale importante per opere contro natura e futuro. Peccato questa che giudico voluta dimenticanza di Legambiente, che giustifica l'attacco alla natura di Regione-Comune-Promoturismo, proprio in questi tempi di eventi climatici estremi (vedi Germania): che si faranno sentire e pagare! Anche in Varmost! Invece di sanare le ferite di Vaia se ne sommano di altre quasi fosse il secondo tempo di un film dell'orrore.
Alfio Anziutti
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 luglio 2021
Blocco urbanistico sull'Isonzo «Tutelare ambiente e sviluppo»
Confindustria preoccupata per i comuni di Gradisca, Romans, Villesse e Sagrado L'Anci prova a mediare. Legambiente: «Sono misure drastriche ma necessarie»
GRADISCA. La quasi totalità del territorio di Villesse o Sagrado. E praticamente metà di quelli di una Gradisca o una Romans. Sono queste le dimensioni del "blocco urbanistico" che rischia di venire innescato dai nuovi parametri europei per l'aggiornamento del Pgra, il Piano di gestione del rischio alluvioni. Uno strumento che supera il Pai, (Piano di assetto idrogeologico) e restringe i paletti normativi in nome della sicurezza ambientale. E così nelle zone P2 - a pericolosità media - sarebbe impossibile per i sindaci autorizzare nuove costruzioni. Ma anche restauri e ampliamenti di volume dell'esistente. O, ancora, licenziare nuovi insediamenti produttivi o espansioni di attività. Un vero e proprio "tappo" urbanistico su intere aree o addirittura interi paesi - Villesse, ad esempio - con conseguente depauperamento del territorio. E c'è già chi parla di rischio desertificazione. I 4 comuni sopra citati non sono gli unici a rischiare la paralisi urbanistica alla luce dei nuovi parametri. Ma sono i primi ad avere denunciato la propria preoccupazione con una lettera inviata all'Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali e alla Direzione centrale Ambiente Energia e Sviluppo Sostenibile della Regione.«Alcune volte il meglio è nemico del bene» commenta, citando Voltaire, il segretario regionale dell'Anci - l'associazione dei comuni italiani - Alessandro Fabbro. L'ex sindaco di Farra ha le idee piuttosto chiare sui possibili scenari che verrebbero innescati dalle nuove normative. «L'argomento è di estrema attualità e lo dimostrano i recenti eventi calamitosi in Germania e nel Benelux - afferma -. E gli amministratori dovranno abituarsi a prendere decisioni e assumersi responsabilità sempre più drastiche. Ciò premesso, però, mi sembra che le normative europee che la Regione si accinge a recepire (da qui un appello all'assessore regionale Fabio Scoccimarro) siano troppo generalizzate e stringenti, rischiando di ignorare il buon lavoro già svolto dai sindaci in materia di sicurezza idrogeologica. Mi spiego meglio: nel caso dell'Isontino non mi sembra affatto che negli anni abbia imperversato un certo tipo di abusivismo incontrollato in aree potenzialmente a rischio. Singoli errori possono essere stati commessi nei decenni precedenti, ma non mi pare che il territorio viva una situazione di disordine urbanistico. E tantomeno di incoscienza in materia di tutela ambientale e della sicurezza. Per questo bisognerebbe guardare altrove. Comprendo dunque la preoccupazione dei comuni isontini, che non possono pagare un prezzo elevatissimo con il depauperamento dei propri territori - conclude Fabbro -: giusto chiedere chiarimenti, e se serve l'Anci è disposta a fare la propria parte». Perplessità viene espressa anche da Elisa Ambrosi, dell'Area Ambiente di Confindustria: «Premesso che il principio della prevenzione in merito al rischio alluvionale non può e non deve essere messo in discussione - dice - abbiamo registrato la preoccupazione non solamente dei sindaci, ma anche dei nostri associati in merito ai nuovi scenari normativi. I tecnici ci segnalano come l'articolo 13 che ridefinisce le aree a media pericolosità sia estremamente stringente, facendovi ricadere da un giorno all'altro intere aree. Quello che chiediamo è una maggiore chiarezza e soprattutto un orizzonte temporale entro il quale enti pubblici e soggetti privati possano programmare. Si pensi alle richieste di insediamento in un territorio, o di ampliamento di un'attività: rischierebbero di essere bloccate o di risultare fuori parametro da un anno all'altro. Le conseguenze occupazionali ed economiche potrebbero essere estremamente preoccupante. Bisogna conciliare la progettualità con la mitigazione del rischio idraulico, ma serve un percorso pluriennale e condiviso». Diverso l'approccio di Legambiente: «I gravi eventi alluvionali in Nord Europa dovrebbero averci insegnato che è il momento delle decisioni difficili, anche drastiche - dice Michele Tonzar, della segreteria regionale -. Comprendo il disagio dei comuni, ma le norme a volte tagliano con l'accetta. Indubbiamente ci saranno aspetti tecnici da conciliare, ma questa rimane una grande occasione per approcciarsi in modo diverso ai nostri territori, ponendo fine al consumo di suolo o a decisioni pericolose per l'incolumità dell'ambiente e delle persone».
Luigi Murciano
"Marless" a Castelreggio contro la plastica abbandonata in acqua - il Progetto europeo di cooperazione
DUINO AURISINA. Migliorare la qualità delle condizioni ambientali della zona costiera e del mare Adriatico, attraverso l'uso di tecnologie e approcci sostenibili e innovativi. È questo l'obiettivo di "Marless", progetto di cooperazione territoriale, finanziato dal programma europeo "Interreg" Italia-Croazia, presentato ieri a Sistiana, la località della ex provincia di Trieste prescelta, assieme a Grado e Lignano, quale sede per l'avvio della sperimentazione, dall'assessore regionale per l'Ambiente, Fabio Scoccimarro. «Con Marless - ha detto Scoccimarro - vogliamo realizzare azioni diffuse, che permettano di contrastare il fenomeno della plastica abbandonata in mare da diversi punti di vista e con nuove metodologie d'intervento». A rendersi disponibili, per avviare il progetto a Sistiana, sono stati i responsabili dello storico stabilimento di Castelreggio, che fungerà da base per le varie attività previste da "Mareless". «Ringraziamo tutti i gestori degli stabilimenti coinvolti in questa iniziativa - ha ricordato questo proposito Scoccimarro - i quali stanno gratuitamente raccogliendo il materiale plastico spiaggiato, offrendo un servizio alla cittadinanza e dando un contributo molto importante per rendere le nostre acque sempre più pulite. Nell'ambito di questa iniziativa Interreg - ha proseguito l'assessore - la Regione, in collaborazione con Arpa Fvg, si sta occupando in particolare del monitoraggio e dello studio dei rifiuti nel mare Adriatico analizzando, attraverso precisi modelli scientifici, la loro dispersione da parte delle correnti marine, le traiettorie di movimento e i punti di accumulo». Considerando le molteplici fonti di inquinamento, oltre al monitoraggio e alla rimozione, il progetto promuove anche una serie di attività di prevenzione e di educazione ambientale rivolte sia alla cittadinanza sia alle scuole. «Bisogna partire dai più giovani per modificare in senso positivo la mentalità generale in campo ambientale - ha sottolineato Scoccimarro - per questo è forte l'impegno della Regione sul fronte della tutela del mare. Tra poche settimane, in collaborazione con la Barcolana daremo vita alla prima Conferenza dell'ambiente e del clima dell'Alto Adriatico, per approfondire i temi legati alla difesa del mare cui seguiranno le sessioni dedicate al suolo e all'aria».
u. sa.
Olivi preda della cimice asiatica «La speranza nella vespina nana»
L'analisi del naturalista Bressi sui danni ai raccolti causati dall'insetto «La situazione è molto preoccupante. A rischio anche altre colture»
«La situazione negli olivi della provincia è molto preoccupante e non mi fa essere ottimista per il futuro». È l'opinione di Nicola Bressi, zoologo e naturalista del Museo di storia naturale di Trieste, sulla situazione che sta attanagliando gli olivi - ma anche altre colture e alberi di frutto - e che secondo la previsione degli esperti del settore vedrà precipitare il prossimo raccolto di almeno il 70 per cento. Una percezione confermata anche dal sindaco Roberto Dipiazza, proprietario di una cinquantina di olivi che l'autunno scorso hanno prodotto qualcosa come sette quintali di olive. «Quest'anno, se tutto andrà bene, ne tireremo giù 70 chilogrammi» commenta sconsolato il primo cittadino. Una situazione complicata, per contrastare la quale la Regione nelle scorse settimane ha deciso di introdurre la vespa samurai. «Un nome che non le rende merito - sottolinea Bressi - perché si tratta di un vespide nano, appartenente sì alla famiglia delle vespe, ma è più piccola di una formica e soprattutto non punge l'essere umano». L'uomo, però, deve aiutare questa vespina nana a compiere il suo dovere. Sul come, è presto detto. «È importante non gettare pesticidi sui frutteti o sugli uliveti, perché così si ucciderebbe anche questo predatore ghiotto di cimici asiatiche (o marmorate). Spargendo i pesticidi la cimice prima o poi ritornerebbe, e dal momento che si riproduce più velocemente degli altri predatori, una volta ripreso il controllo dei frutteti non avrebbe nessuno a contrastarla». Ma come fa, un insetto piccolo come una formica, ad ucciderne uno più grande di lui? «La vespina nana depone le sue uova in quelle delle cimici così le sue larve, una volta schiusesi, fagocitano quelle della cimice. In questo modo si interrompe la riproduzione delle cimici». È giusto ricordare, però, che la cimice marmorare hanno in natura anche altri predatori. «I suoi nemici - sottolinea Bressi - sono le mantidi religiose, i ragni, le cicale, i ramarri, ben presenti nelle monocolture. Il problema è che fanno fatica a starci dietro, perché negli anni l'uomo con i pesticidi ha ridotto le biodiversità».
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 luglio 2021
Primo disco verde per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko
Il ministero delle Infrastrutture di Lubiana ha rilasciato un "permesso energetico" per il progetto
Lubiana. A piccoli passi, ma sempre più significativi, verso la realizzazione dell'obiettivo. Sono quelli che sta muovendo la vicina Slovenia sul fronte di "Krsko II", impianto nucleare che in un futuro non lontano potrebbe sostituire l'attuale centrale, attiva dal lontano 1983. Nuova centrale che appare più vicina, dopo che ieri il ministero sloveno delle Infrastrutture ha annunciato di aver rilasciato un cosiddetto «permesso energetico» per la costruzione della seconda unità a Krsko. La mossa, ricordiamo, arriva dopo che, la settimana scorsa, il parlamento sloveno ha approvato la "strategia climatica nazionale" fino al 2050, inserendo l'energia nucleare come una delle opzioni a lungo termine per soddisfare i fabbisogni del Paese. Quella arrivata ieri è una luce verde iniziale ma comunque importante, ha specificato il ministro sloveno delle Infrastrutture, Jernej Vrtovec. «Il permesso energetico dà il via al più ampio dibattito pubblico possibile, non solo tra esperti ma col coinvolgimento anche dell'opinione pubblica», ha spiegato il titolare del dicastero. Che non ha escluso l'ipotesi referendum, evocata anche dal presidente Pahor. «Non vedo seri problemi sul fatto che la gente possa esprimere le proprie opinioni». Il permesso, comunque, dà già il la all'avvio delle procedure di autorizzazione al futuro impianto da parte dell'azienda pubblica Gen Energija, che gestirà il progetto, ma prima l'obiettivo di Lubiana è quello di raggiungere un ampio consenso interno sul piano energetico più impegnativo che Lubiana affronterà nei prossimi decenni. Solo allora si procederà alla sua attuazione, come la concessione dei permessi di costruzione, la scelta dell'esecutore e la realizzazione dell'unità. Per ora, quegli step sono ancora remoti. L'autorizzazione energetica non è una decisione finale sull'investimento, rappresenta solo un primo passo formale, ha tenuto così a ribadire Vrtovec. Sono puntualizzazioni dettate dal realismo, ha sottolineato l'agenzia di stampa slovena Sta. Dettagli fondamentali del progetto come «il prezzo stimato, la tempistica o la scelta della tecnologia» non sono infatti ancora stati determinati e non lo è neppure il «luogo preciso» di costruzione, se in quella Krsko indicata da autorevoli geologi come area problematica perché potenzialmente oggetto di forti terremoti e dunque non idonea, a giudizio di vari esperti, alla costruzione di un impianto nucleare. Ma non è solo parte del mondo scientifico a guardare a Krsko II con sospetto. Lo è anche l'opposizione in Slovenia e autorevoli organizzazioni come Focus e Greenpeace. Non solo. L'opzione «energia nucleare in Slovenia trova opposizione in Austria e in Friuli Venezia Giulia», ha ammesso sempre la Sta. A questi timori ha risposto ieri Vrtovec, parlando di opposizioni note e antiche. E ricordando che Lubiana è responsabile per la propria produzione energetica e descrivendo il suo come un Paese che non vuole dipendere dall'importazione di elettricità dall'estero. Da qui la scelta obbligata, secondo la Slovenia, della seconda unità di Krsko. Di certo, Lubiana - ha precisato lo stesso Vrtovec - pensa in grande, immaginando una unità da 1,1 GW, che possa produrre 9.000 GW di elettricità all'anno e con una durata di vita di sessant'anni. I costi per il progetto dovrebbero aggirarsi intorno ai 5-6 miliardi di euro, da assicurare magari con fondi Ue o di co-investitori. Da parte sua, Martin Novsak, direttore generale di Gen Energija, ha assicurato che sarà utilizzata la migliore e più sicura tecnologia al momento delle future gare d'appalto. E anticipato che una decisione finale potrebbe arrivare nel giro di cinque anni, con altri cinque, nelle migliori delle ipotesi, necessari per la completa realizzazione.
Stefano Giantin
«Impianti fotovoltaici altamente impattanti» - il sindaco di Palmanova
PALMANOVA. Raffica di richiesta per la realizzazione di parchi fotovoltaici nell'area del Palmarino: la difficoltà dei sindaci dei Comuni, Trivignano Udinese, Pradamano, Palmanova e Santa Maria la Longa, informati a procedure in corso, a esprimere un parere senza nessun potere decisionale. Sarà infatti la Regione a dare l'idoneità per quattro progetti: quello di Chiopris-Viscone e Trivignano, proposto dalla Salit srl per il quale è stata già avviata la pratica di Via; quello di Trivignano da 17,95 kw della Eg Nuova Vita srl per il quale è in corso la verifica, che occuperà 26 ettari di terreno; quello di Pradamano, Trivignano e Palmanova della Ellomay Solar Italy Eight srl da ubicare in 107,72 ettari per il quale è in corso procedura di Via; e i due di Santa Maria La Longa, uno da 60 Mv e uno da 105 Mw che occuperanno 130 ettari. Il sindaco di Palmanova Francesco Martines, sottolinea che «questi impianti sono altamente impattanti, consumano territorio e rovinano l'aspetto delle nostre terre. Andranno a cambiare radicalmente un vastissimo territorio, ora agricolo, tra Clauiano, Jalmicco e la località Vecchia Dogana. La Regione blocchi questo e tutti gli altri progetti: prima si approvi una legge sul consumo di suolo che regoli il proliferare di questi impianti. Vari una norma che definisca le aree più adatte e dia ai Comuni il potere di intervenire prima della realizzazione».
Allarme clima in archivio anche dopo una tragedia
L'amigdala dunque parrebbe essere una zona del nostro cervello dedicata a valutare la pericolosità di determinati stimoli. È una sorta di archivio della nostra memoria emozionale. Oltre a segnalarci l'allarme esistente in una situazione corrente, la nostra amigdala derubrica i precedenti pericoli facendoli scendere di importanza. In questi ultimi tempi questa parte del nostro cervello ha lavorato sodo: gli italiani infatti, che durante la tempesta Greta Thurnberg nel 2019 consideravano il cambiamento climatico come nemico numero uno (subito dopo venivano gli sbarchi dalle coste africane e il tema del lavoro), oggi sono ovviamente turbati dalla pandemia e dalle sue possibili conseguenze. Analogamente sembrano lavorare i cervelli di chi guida, imposta e dirige i principali mass-media. Lo dico perché il racconto dell'esondamento dei fiumi in Germania, Olanda e Belgio con le centinaia di morti e dispersi che si porta appresso, è durato sulle pagine - ad esempio - del primo quotidiano italiano lo spazio di due giorni. Oggi il tema è già scivolato in decima pagina e io - come al solito - devo confessare di essermi sbagliato. Pensavo infatti - con non poco ottimismo - che l'evento catastrofale verificatosi nel centro dell'Europa, avrebbe avuto come inevitabile ricaduta una sensibilizzazione dell'opinione pubblica nostra, di quei paesi e dei rispettivi sistemi mediatici sul tema del cambiamento climatico. Non sembra sia così. Ieri e oggi le agenzie di stampa raccontano delle difficoltà che incontra il cosiddetto Green Deal, del problema che si aprirebbe per il settore automotive in Francia, Germania ed Italia etc etc. Nel nostro paese in particolare il ministro della transizione ecologica (sic! ) Stefano Cingolani - proprio nel giorno della tragedia tedesca - ha annunciato che seguendo la strada tracciata nella riduzione di impiego delle energie fossili "la nostra Motor Valley chiude! "Macron dal canto suo, in vista della campagna elettorale, sarebbe terrorizzato da una ripresa dei'gilet gialli', mentre in Germania ci sono interrogativi sull'atteggiamento che prenderanno i Verdi e sulla linea di difesa che andrà ad adottare la Cdu. Non oso immaginare quale potrebbe essere la reazione delle nostre forze (? ) politiche se e quando una effettiva riduzione nell'impiego di energie fossili avverrà davvero. Ancora in Italia - diversamente che negli Usa - non si è visto l'emergere di un'negazionismo climatico', di gente cioè disposta ad affermare che non è in atto un cambiamento climatico o che se lo è esso non dipende in maniera significativa dall'uomo. Perché in Italia, siamo più furbi. Dalla "nostra incapacità di guardare in faccia il passato e anche il presente" - sono, parole pensate un po', di Renato Curcio - nasce infatti un'attitudine alla menzogna, al dire e non dire, tutti conditi di retorica, che impediscono un atteggiamento alla Trump. Servirebbe in questa fase raccontare quanto abbiamo davanti. Dire che la transizione ecologica necessariamente inciderà sull'occupazione. Precostituire qui ed oggi, quegli ammortizzatori economici di lunga durata, che renderanno meno pesante il cammino di chi verrà espulso dal mondo del lavoro. Servirebbe resettare le testoline di una larga degli imprenditori italiani (e ovviamente europea), facendogli capire che "business as usual" non è compatibile con la sopravvivenza del pianeta. Ma di tutto ciò la politica italiana non sembra occuparsi e il popolo italiano, più o meno convintamente, sembra seguirla. La scusa adottata in genere è legata alla'complessità': degli interessi, della democrazia rappresentativa, del sistema, dei territori, del rapporto con l'Europa, etc etc. E io - con il cinismo che mi è proprio - comincio a pensare che forse servono eventi catastrofali più frequenti, più intensi e più diffusi. È l'unica cosa capace di farci intendere il dolore degli altri: che tocchi anche a noi.
Roberto Weber
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 luglio 2021
Il consumo del suolo emergenza in regione: persi altri 65 ettari - la situazione in FVG
A Monfalcone il primato della città meno verde: il 45,9% è invaso dal cemento Regione settima in Italia con 525 metri quadrati per abitante sottratti alla natura
TRIESTE. Nell'Italia della cementificazione perdiamo 60 chilometri quadrati di territorio all'anno al ritmo di due metri quadrati al secondo. Per il consumo del suolo oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana sono deviati in superfice provocando, a causa dell'emergenza clima, collassi idrogeologici del territorio all'origine di alluvioni devastanti come quella come sta falcidiando la Germania in queste ore. C'è la denuncia di una emergenza ambientale annunciata nel Rapporto Ispra Snpa sul «Consumo di suolo in Italia 2020» che non risparmia neppure la nostra regione: il rapporto è una mappa dell'Italia urbana dove crescono "alberi di trenta piani", cantava Celentano in una delle sue invettive musicali contro la sparizione del verde dalle città. Analizzando lo scenario su base regionale, la Lombardia è la regione che ha registrato il più alto consumo di suolo con 765 ettari in più rispetto al 2019, seguita da Veneto (682 ettari), Puglia (493), Piemonte (439) e Lazio (431). Il Fvg si piazza a metà classifica dopo che sono spariti altri 65 ettari (in frenata dopo il -239 di due anni fa): nel 2020 il paesaggio del Fvg è attraversato da 63 mila ettari di asfalto e cemento rispetto ai 42 mila del Trentino e ai 27 mila del Veneto.Di fatto dal dopoguerra nel nostro Paese cresce più il cemento che la popolazione: dal rapporto emerge che, considerando l'avanzamento di quasi 60 km quadrati annuali, «è come se ogni neonato me avesse portato nella sua culla ben 135 metri quadrati». Se ne è accorta l'Unione europea che ha posto il traguardo del consumo di suolo netto zero entro il 2050. É bene chiarire che per consumo di suolo si intende «l'incremento della copertura artificiale». Con suolo consumato si intende «la quantità complessiva» e qui gioca un ruolo cruciale la presenza industriale. Al primo posto in regione troviamo infatti Monfalcone, la città dei cantieri, "occupata" per il 45%, segue Pordenone con il distretto degli elettrodomestici (40,6%) quindi Udine (42,4%), Trieste (32,4%) e la verde Gorizia con il 26,6%. L'Ispra fa calcoli impietosi: in Italia la sparizione del suolo ha "consumato" 3,7 milioni di quintali di prodotti agricoli e 25.000 quintali di prodotti in legno. Il danno economico potenziale sarebbe compreso tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Di fatto a ogni italiano corrispondono 359 metri quadrati di superficie cementata mentre sessant'anni fa, nell'Italia del boom economico, erano la metà: «Dal 2012 ad oggi-spiega il rapporto- il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l'equivalente di oltre un milione di macchine per strada».La situazione non è migliore nelle aree a rischio idraulico e sismico dove, secondo il rapporto, in Fvg non ci sono stati interventi poco rispettosi dell'ambiente. Va detto che in regione, nonostante la frenata di quest'anno, la percentuale di suolo consumato resta fra le più elevate in Italia (il 7,99%) e ci piazziamo al settimo posto con 525 metri quadri per abitante oltre la media nazionale (359 metri quadri). Tuttavia questo indicatore -ricorda il rapporto- va letto anche come il riflesso statistico di una densità di popolazione medio-bassa. Le restrizioni sulla produzione industriale, sugli spostamenti e quindi sul traffico imposte dalla pandemia, potrebbero avere frenato l'avanzata del cemento anche se restiamo in sostanza sotto osservazione. Su scala provinciale al primo posto troviamo Udine (33.710) seguita da Pordenone (19.053), Gorizia (6.139) e ultima Trieste (4.365). Su scala nazionale la sola Milano ha "bruciato" 49.858 ettari (31,62% del suolo). A Roma addirittura 69 mila ettari, più di quelli consumati in tutto il Fvg. Secondo il rapporto, nella nostra regione l'incremento percentuale di consumo di suolo dal 2019 al 2020 (0,10%) è stato contenuto. Potrebbe essere il segnale di una migliore gestione soprattutto nelle aree protette dove il Fvg viene segnalato come area virtuosa insieme a Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Tornando ai dati, nel 2020 in provincia di Trieste per ogni abitante si sono «consumati» 189 metri quadrati di territorio. É andata peggio a Udine (640), Pordenone (614) e Gorizia (445). A livello comunale, i primi tre Comuni per incremento di consumo di suolo dal 2019 al 2020 sono Udine (5,09 ettari), San Giorgio di Nogaro (4,02 ettari) e Faedis (2,66 ettari). Rapportando, invece, il consumo di suolo con l'estensione territoriale, il Comune più "consumato" come detto è Monfalcone (45,9%), seguito da Udine (42,4%) e Pordenone (40,6%). Diminuisce la percentuale di consumo di suolo per attività di logistica e distribuzione pari a 1,50% (3,31% la media Nord Est).
Piercarlo Fiumanò
"Attenzione agli squilibri fra ambiente e industria"
Giovanni Fraziano, urbanista ed ex preside della facoltkà di architettura dell'ateneo giuliano, analizza le trasformazioni del territorio regionale
«La dimensione del Fvg ha forti disequilibri, ma viviamo pur sempre in una zona fortunata. Qui ci sono ancora molti spazi verdi in confronto ad altre regioni italiane». Giovanni Fraziano, docente di composizione architettonica e urbana ed ex preside della facoltà di Architettura dell'Università di Trieste, commenta così i dati Ispra sull'occupazione del suolo. Fraziano sottolinea un altro aspetto: «L'agricoltura meccanizzata di oggi ha costretto a modificare le colture agricole rispetto a quelle di una volta. Questo non può considerarsi consumo di suolo, ma è comunque una trasformazione pesantissima per il terreno». Anche la morfologia ha la sua importanza. «Facciamo un confronto tra Monfalcone e Buttrio, entrambe aree dove sono presenti delle industrie pesanti: mentre nella cittadina friulana è stato portato avanti negli anni un lavoro di mitigazione nell'impatto delle strutture con il territorio, nella città isontina la situazione è molto più complicata. La dimensione stessa della navi, cresciuta a dismisura negli ultimi anni, implica la costruzione di strutture tecniche e costruttive di grande impatto, che rendono difficile la mitigazione sull'ambiente. Ovviamente questo ha grandi ricadute sul territorio, legate anche a una forte concentrazione di abitanti in pochi chilometri quadrati».Un'altra variabile da tenere in considerazione, secondo Fraziano, è quella del consumo del suolo legato agli spazi commerciali. «Questo aspetto non viene mai preso in considerazione - spiega - però si prenda come esempio la zona un tempo molto verde a nord di Udine: lì, negli ultimi 30 anni, l'area commerciale ha impattato molto. Questo significa che bisogna entrare nel merito e valutare le situazioni nel loro complesso». Per quanto riguarda l'area giuliana è plausibile pensare che rubare spazio al mare sia l'unica via di sviluppo del futuro? «È una possibilità da prendere in considerazione - conclude Fraziano - a patto che non comporti un aumento dell'inquinamento».
Lorenzo Degrassi
"La sfida del Porto vecchio sarà cruciale per Trieste"
Alberto Masoli, geologo e proprietario della Geosyntech srl, ragiona sulla morfologia di un territorio che ha ancora spazi per espandersi
«Quella realizzata dall'Ispra è una fotografia molto lineare della situazione esistente in Fvg». Alberto Masoli, geologo e proprietario della Geosyntech srl, commenta così il report offerto dall'Ispra.Masoli come valuta il quadro in Fvg?«Il rapporto dice che la percentuale di suolo consumato è molto alto, ma questo è rapportato alla popolazione, pertanto se questa è in calo il parametro si alza, ma è altrettanto vero che abbiamo il più basso consumo di suolo, concentrato in aree dalla chiara vocazione industriale, come Monfalcone, Udine, San Giorgio di Nogaro e Pordenone». Trieste appare più in basso in classifica...«Perché il capoluogo regionale non ha una grande vocazione industriale, oltre al fatto che ha una morfologia completamente diversa rispetto a Udine o Pordenone. Trieste però ha dalla sua un altro aspetto molto significativo che può utilizzare in futuro, quello del Porto Vecchio o di altre aree dismesse. Sono due grandi carte da giocare per evitare che la città eroda altri metri quadrati di territorio». Un'operazione che Monfalcone, prima in Regione per occupazione del suolo, non potrebbe fare.. «Qui stiamo parlando di un punto molto strategico, è una città dall'ottima connessione portuale, stradale e ferroviaria. Credo però che la città dei cantieri sia abbastanza satura di spazi, non vedo perciò grandi possibilità di espansione ulteriore. Al contrario di zone come San Giorgio di Nogaro o Udine, che per ovvi motivi geografico-morfologici, potranno allargare le aree occupate». Trieste ha anche tanti edifici abbandonati, figli del forte calo demografico in atto. «Il piano regolatore degli anni '90 della giunta Illy ipotizzava una città di 400 mila abitanti, e lo spazio utilizzato è dimensionato a questa funzione di crescita; al contrario la città si è contratta demograficamente, ma non è tanto il suolo occupato a fini residenziali a venire intaccato, bensì quello dei grandi insediamenti » . --Ldg
Gli olivi preda della cimice asiatica - Allarme a Bagnoli: -70% di raccolto
Il parassita incombe ora anche sulla produzione dell'extravergine triestino. A rischio pure uva e verdura
SAN DORLIGO. Ben il 70% in meno, da un anno all'altro, per quanto riguarda la raccolta di olive a livello provinciale, pari a 500 tonnellate. E la previsione di un conseguente aumento del prezzo dell'olio commerciale del 25- 30%. È l'allarme lanciato da una serie di olivicoltori del circondario triestino, colpiti in modo massiccio dall'arrivo, anche a queste "latitudini" della temuta cimice asiatica, che si nutre, prosciugandolo, del prezioso frutto necessario alla produzione dell'olio. «Non sappiamo come combatterle», spiega Paolo Starec, proprietario di un frantoio a Bagnoli della Rosandra: «L'unica cosa a noi certa è che questo insetto, al momento, non ha antagonisti. Nei due anni precedenti avevamo avuto delle avvisaglie del fenomeno, ma quest'anno esso ha raggiunto livelli altissimi, tanto che prevediamo di dover "buttare" il 70% del raccolto». Una situazione drammatica per gli olivicoltori locali, insomma, che temono perdite senza precedenti. «Quest'anno la situazione è veramente pesante - gli fa eco Euro Parovel - perché, oltre alle olive, la cimice sta intaccando a catena l'uva, i pomodori e le ciliegie». La speranza per il futuro è affidata a un altro insetto, destinato, secondo le aspettative degli addetti ai lavori, a uccidere le larve della temuta cimice asiatica. Si tratta dell'Anastatus Bifasciatus, meglio nota come vespa samurai, predatore naturale di questo etedottero, che la Regione a breve inizierà a liberare in qualche centinaio di esemplari su tutto il territorio. «Da noi esistono altri parassiti che si nutrono delle uova delle cimici - osserva l'agrotecnico Alan Mechi - ma la loro peculiarità è quella di cibarsi di tutti gli esemplari, dalla cimice verde alla grigia, e soltanto dopo la asiatica. Quest'ultima, però, essendo molto più prolifica, si sviluppa in maniera rapida, e così i nostri parassiti non riescono a starci dietro». Da qui l'idea della Regione di inserire appunto la vespa samurai nelle coltivazioni. «Questo insetto riconosce solo l'ovatura della cimice asiatica», racconta ancora Mechi: «L'unico aspetto da verificare nel tempo è se l'Anastatus Bifasciatus riuscirà a riprodursi in numero tale da riuscire a combattere la temuta cimice orientale». La situazione, nel frattempo è molto preoccupante, «emergenziale», a detta dell'agronomo. «La cimice asiatica entra in azione nel mese e mezzo successivo alla fioritura della pianta, cioè quando l'oliva è piccolina, emettendo una sostanza che necrotizza il frutto e alla lunga lo fa cadere». Il grande problema è rappresentato dalle neamidi, ovvero le piccole della cimice. «Queste crescono sull'albero e necessitano di una nutrizione continua», prosegue Mechi: «Se non mangiano entro la giornata, muoiono. Inoltre, più caldo fa e più devono nutrirsi, eliminando di conseguenza le olive che trovano a disposizione. In 10 giorni abbiamo visto che cinque cimici fanno cadere tutte le olive di un albero». Questi motivi fanno sì che il danno, per il raccolto di quest'autunno, sia ormai irreparabile. La speranza degli olivicoltori è che la vespa samurai possa far rientrare l'emergenza a partire dal 2022. «A mio avviso quest'anno dovrebbe rappresentare l'apice quanto a gravità», il messaggio di speranza dell'agronomo: «Una cosa è certa. I cambiamenti climatici in atto non aiutano. In estate si raggiunge la temperatura massima di 35 gradi a malapena per qualche giorno. Un periodo non sufficiente per uccidere in maniera naturale i predatori che attaccano gli olivi. Rimangono i repellenti biologici, come i sali potassici e la polvere di roccia, che non sono autorizzati dalle autorità sanitarie per gli ulivi, mentre lo sono per gli alberi da frutto».-
Lorenzo Degrassi
Moria di mussoli sui fondali attorno all'isola di Selve - fenomeno per ora inspiegabile
FIUME. Allarme fondo marino a Selve (Silba), isola dell'arcipelago di Zara, dove è stata registrata una moria di mussoli senza precedenti in quest'area, che pare avere cancellato del tutto la presenza del prelibato mollusco bivalve sui fondali di un'isola molto nota e cara ai diportisti di Trieste e dintorni. L'allarme è stato lanciato dallo zagabrese Kresimir Serdarusic tramite il gruppo Facebook intitolato Silba u srcu (Selve nel cuore), allarme ripreso anche dal portale Morski.hr. Serdarusic, 35 anni di immersioni e una vita trascorsa in vacanza a Selve, ha detto di non aver mai visto una strage del genere, che gli ha ricordato quanto avviene purtroppo negli ultimi tempi in Adriatico con spugne, pinne nobili e parzialmente anche con le cozze. «Una quindicina di giorni fa ho voluto compiere un'immersione nella parte settentrionale dell'isola, quella da cui si vede l'isola di Ulbo - ha postato su Facebook - ho notato tantissime Arche di Noé, i popolari mussoli, la cui pesca in Croazia non è vietata. Ne sono ghiotto. Dieci giorni orsono ho raccolto diversi esemplari per gustarmi un'ottima cena, accorgendomi che uno di essi puzzava. Una settimana dopo ho ispezionato gli stessi fondali ed ho visto migliaia di mussoli morti, tutti coperti dai murici, predatori necrofagi. Una moria consumatasi in neanche due settimane e la stessa cosa a Selve è stata osservata da un mio amico di Spalato». Interpellato da Morski.hr, il professor Tomislav Saric, del Dipartimento di ecologia e acquacoltura dell'Ateneo di Zara, ha dichiarato che circa quattro anni fa un caso analogo si era verificato nelle acque della Regione zaratina. «Per il momento non so nulla di quanto avvenuto nei fondali di Selve - ha detto - appena possibile mi recherò sull'isola per appurare di persona quanto verificatosi e prendere un paio di esemplari per capire cosa sia successo». Ad esprimersi è stato anche Drazen Oraic, capo del laboratorio per le patologie dei pesci in seno all'Istituto zagabrese di veterinaria. «La morte di massa di conchiglie e altri animali non è un evento rarissimo - ha detto - per quanto concerne Selve, saranno le analisi a fare luce sulle cause di questa strage». Ad esprimersi è stato anche Drazen Oraic, capo del laboratorio per le patologie dei pesci in seno all' Istituto zagabrese di veterinaria. «La morte di massa di conchiglie e altri animali non è un evento rarissimo. Per quanto concerne Selve, saranno le analisi a fare luce sulle cause di questa strage. Non credo che la morte sia stata provocata dallo stesso parassita fatale alle nacchere o pinne nobilis. Comunque sia, non è una buona notizia».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 luglio 2021
«Progetto Noghere, le preoccupazioni meritano ascolto»
Il vicesindaco Bussani all'incontro promosso da Rifondazione sul futuro laminatoio
MUGGIA. «Non esiste alcun progetto, solo l'interesse verso un insediamento industriale. E non esiste alcun obbligo assunto dal Comune teso a favorirlo. Non esiste alcun segreto». Lo ha affermato il vicesindaco di Muggia Francesco Bussani - che è pure candidato sindaco del centrosinistra in vista delle amministrative d'autunno - in occasione dell'incontro pubblico organizzato da Rifondazione sulla questione del laminatoio alle Noghere. «Esiste uno strumento che è il Protocollo di intesa - ha spiegato Bussani - che impone di ascoltare anche le preoccupazioni prima di arrivare a qualsiasi accordo. Queste preoccupazioni, che sono anche le nostre, come amministrazione le rappresenteremo al tavolo di lavoro quando la Regione lo convocherà, per ottenere ogni chiarimento utile a permettere una valutazione completa di questa ipotesi industriale. Questa la realtà dei fatti, molto diversa dalla propaganda di alcuni». Daniele Dovenna, della Federazione Rc di Trieste, ha a sua volta auspicato «una correzione di rotta rispetto a una gestione iniziale della vicenda contrassegnata da chiusura verso le giuste richieste di informazione da parte del sindacato». E sono intervenuti quindi il segretario della Cgil Michele Piga e quello della Fiom Marco Relli, i quali hanno sottolineato «l'importanza per il territorio di investimenti industriali in connessione con le attività del porto, accompagnati però dalla massima trasparenza». I due esponenti sindacali hanno sollecitato il governatore Fedriga a «riunire a un tavolo i soggetti coinvolti per una valutazione complessiva del progetto dal punto di vista logistico e dei trasporti, ambientale, sociale ed economico».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO, 17 luglio 2021
Laminatoio alle Noghere - Slitta a dopo l'estate la decisione di Metinvest
Il Cda del gruppo ucraino prende tempo e rinvia all'autunno il disco verde all'investimento - In ballo un progetto da 700 milioni di euro e 450 posti di lavoro. No comment di Danieli
L'alleanza siderurgica dei gruppi Metinvest e Danieli rinvia a dopo l'estate ogni decisione sul progetto del nuovo laminatoio nell'area delle Noghere a Trieste. La compagnia ucraina prende tempo e dal consiglio d'amministrazione non arriva dunque il pronunciamento decisivo, necessario a dare il via libera all'investimento da quasi 700 milioni per realizzare uno stabilimento di laminazione a caldo di blocchi d'acciaio provenienti dall'Est Europa. Dalle due società non trapelano informazioni e tanto meno arrivano comunicazioni ufficiali, ma il cda che avrebbe dovuto esprimersi sulla questione slitta all'autunno. Metinvest desidera evidentemente fare ulteriori approfondimenti, a cominciare dal tipo di produzione da impiantare a Trieste e dal segmento di mercato da aggredire, optando di conseguenza per lavorazioni di qualità più o meno elevata. Da ciò dipende la scelta dei macchinari e delle catene di fornitura. Il capoluogo giuliano non è inoltre l'unica opzione in campo per la società, che sta valutando soluzioni alternative nella provincia di Ravenna e in Croazia. Le risorse del Recovery Plan e i collegamenti ferroviari fanno ad ogni modo pendere per ora la bilancia a favore della soluzione triestina. Non è infine da trascurare che il gruppo ucraino ha appena deciso un investimento da mezzo miliardo a Mariupol' sul Mar Nero, dove sorgerà un altro laminatoio con macchinari forniti sempre da Danieli, dopo un accordo firmato alla presenza dei ministri degli Esteri Di Maio e Prystajko. Sommando i due investimenti di Trieste e Mariupol' si supera il miliardo e la prudenza è d'obbligo.Sulle Noghere è intanto impossibile ottenere dichiarazioni, ma le decisioni saranno chiarite con ogni probabilità da settembre, mentre in città e nel comune di Muggia è cominciato il dibattito sul destino della zona, sull'impatto ambientale della nuova fabbrica e sull'opportunità delle clausole di segretezza che coprono il protocollo firmato tra imprese private, Regione, Autorità portuale e consorzio industriale Coselag (ex Ezit), all'interno del quale le istituzioni hanno offerto sostegno all'iniziativa, impegnandosi per quanto di loro competenza a velocizzare pratiche e procedure autorizzative. Il progetto finirà per di più nella corsia preferenziale del "pacchetto Trieste", inserito dal governo Draghi nelle dieci strategie del fondo complementare del Pnrr, per cui si prevedono procedure semplificate. Lo stabilimento Metinvest-Danieli vi rientra perché i terreni interessati, oggi di proprietà di Coop Nordest, verranno acquistati dal Coselag e infrastrutturati con risorse del Recovery Plan italiano, secondo le linee del piano Adriagateway dell'Autorità portuale. L'impegno economico pubblico vale 60 milioni, sugli oltre 400 stanziati per lo scalo triestino. Scegliendo le Noghere, i privati otterrebbero insomma un risparmio non dovendo comprare le aree e sostenere per intero i costi di messa in sicurezza ambientale. Gli ucraini però temporeggiano. L'esborso è rilevantissimo e va meditato, poiché l'impianto costa poco meno di 700 milioni, con i quali Metinvest e Danieli stimano di creare 450 posti di lavoro di medio-alta specializzazione e almeno altrettanti nell'indotto. Il Comune di Muggia apprezza le ricadute occupazionali, ma allo stesso tempo vuole vederci chiaro sugli aspetti ambientali e sulla convivenza tra la fabbrica e l'abitato di Aquilinia. Dall'amministrazione muggesana dipende l'attuazione della variante urbanistica necessaria per cambiare destinazione ai terreni interessati. La zona pare comunque destinata a trasformarsi nel giro di alcuni anni: se l'iniziativa degli acciaieri è ancora in embrione, la società ungherese Adria Port ha affidato a PwC la stesura di un piano di sviluppo per il terminal portuale multipurpose che sorgerà all'ex Aquila, all'imbocco del Canale navigabile.
Diego D'Amelio
Il rione Enel ha avviato una raccolta di firme contro la centrale a gas
La presidente Paoletti: «Obiettivo è lanciare un appello ai ministri Cingolani e Giorgetti e al presidente Fedriga»
Sono circa 200 le firme raccolte finora dall'associazione Rione Enel a sostegno dell'appello rivolto ai ministri della Transizione ecologica Roberto Cingolani e dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, al presidente della Regione Massimiliano Fedriga e all'assessore regionale alle Attività produttive Emidio Bini contro il progetto di A2A di nuova centrale termoelettrica a gas. «Non sono tantissime, ma finora abbiamo lavorato soprattutto con il passaparola e ora pensiamo anche di avviare una sottoscrizione online», spiega la presidente dell'associazione Antonella Paoletti, che intanto mercoledì era con un banchetto in piazza della Repubblica assieme a un altro esponente del comitato, Mauro Basso. Un'iniziativa che l'associazione ripeterà altre due volte a luglio, sempre in concomitanza con il mercato settimanale, per continuare a raccogliere le adesioni cartacee al proprio appello, ma anche per dialogare e confrontarsi direttamente con i cittadini. «Chi si è fermato finora era già sensibile al tema - spiega Paoletti - e condivide le nostre motivazioni, che abbiamo condensato in tre punti: la pericolosità di una centrale a metano a ridosso delle abitazioni e del ventilato impiego dell'idrogeno, il parere negativo al progetto già espresso dal Comune di Monfalcone e altri soggetti, la produzione di inquinamento da parte del nuovo impianto dopo che quasi 60 anni sopportiamo le pesanti ricadute di quello esistente». A Roma e alla Regione il comitato Rione Enel, convinto sia giunto il momento di cambiare strada, chiede quindi di non approvare il progetto. «Pensiamo di fare un volantino da distribuire per cercare di informare più cittadini possibile», aggiunge Paoletti. «Purtroppo Monfalcone ha un elevato ricambio di residenti e i nuovi arrivati spesso non sanno di cosa stiamo parlando e di quale sia l'impatto dell'impianto», ha rilevato mercoledì Basso. L'età media dei firmatari è inoltre abbastanza elevata, dimostrando, secondo l'associazione, una difficoltà anche a coinvolgere i più giovani, che, comunque, si sono fatti vedere il banchetto. Una ragazza si è recata appositamente in piazza, facendo firmare anche la madre. «Era doveroso», ha detto alla presidente dell'associazione. «Vorremmo fosse chiaro che questa raccolta di firme è una nostra iniziativa - sottolinea Paoletti -, rivolta da cittadini, come siamo, ad altri cittadini». Peraltro l'unica avviata nel territorio. L'associazione Rione Enel proseguirà quindi la sua azione, anche di sensibilizzazione della comunità, con la presenza in piazza della Repubblica il 21 e 28 luglio e, appunto, lanciando una raccolta firme anche online.
Laura Blasich
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 16 luglio 2021
Legambiente Gorizia e Trieste preoccupate per le notizie su nuova centrale nucleare a Krsko
Secondo Legambiente, le mancate risposte della Slovenia sul rischio sismico della centrale di Krško non possono giustificare il prolungamento o il raddoppio della centrale.
I Circoli di Legambiente di Gorizia e Trieste seguono con apprensione le notizie circa l’approvazione da parte del Parlamento sloveno del progetto di costruzione di una nuova centrale nucleare a Krško, in prossimità della vecchia centrale nucleare entrata in funzione nel 1983 e per la quale si è già deciso un prolungamento della vita utile fino al 2043. L’area di Krško è caratterizzata da un elevato rischio sismico: la presenza dei due impianti nucleari e delle relative scorie, per le quali non è ancora stata individuata una collocazione definitiva, rappresenta un potenziale grave pericolo destinato a incombere per i prossimi decenni sui residenti in Slovenia e nelle regioni limitrofe in Italia, Austria e Croazia. La Commissione Europea ha già evidenziato la scarsa ambizione del Piano Nazionale Energia e Clima presentato dalla Slovenia sul fronte dell’uso delle energie rinnovabili, che rappresenterebbero un’alternativa valida, sicura e ormai competitiva anche in termini di costo rispetto al nucleare per decarbonizzare il sistema energetico. Auspichiamo fortemente un cambio di rotta e un’evoluzione delle politiche energetiche slovene che dia maggiore spazio a queste fonti, decisamente più sicure e sostenibili nel medio e lungo periodo. Per il Circolo Legambiente Gorizia, Anna Maria Tomasich (presidente) per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig (presidente)
IL PICCOLO - VENERDI', 16 luglio 2021
Geoparco del Carso: la Regione accelera - l'incontro con i comuni coinvolti
DUINO AURISINA. Valorizzare il patrimonio geologico del Carso e proporne uno sviluppo economico sostenibile, creando un marchio comune di qualità, per incrementare il turismo legato alle peculiarità del territorio. Sono questi gli obiettivi che la Regione intende centrare attraverso l'istituzione del Geoparco transfrontaliero del Carso, candidandolo alla Rete mondiale dei Geoparchi Unesco, all'interno della quale costituirebbe il quinto caso transfrontaliero nel mondo, il primo transfrontaliero in Italia. Lo ha sostenuto ieri l'assessore regionale Fabio Scoccimarro, rivolgendosi ai rappresentanti delle 17 amministrazioni, 12 del versante italiano e cinque di quello sloveno, che fanno parte del perimetro del cosiddetto "Carso classico", cioè dell'area coinvolta nel progetto. «Grazie al progetto Interreg 2007-2013 Carso-Kras - ha precisato Scoccimarro - abbiamo già completato uno studio di prefattibilità del Geoparco, attraverso un sondaggio con la popolazione e numerosi incontri con le parti interessate. Fra l'altro sono già stati firmati un Protocollo d'intesa tra i 12 comuni dell'area carsica italiana e un accordo tra i cinque comuni di quella slovena, con Sesana capofila. Quest'ultima amministrazione ha anche sottoscritto un'intesa con la nostra Regione. L'Insiel - ha proseguito l'assessore - ha in preparazione una pagina web dedicata al Geoparco». Scoccimarro ha infine annunciato che «in autunno si organizzeranno per la prima volta gli Stati generali dell'Ambiente dell'Alto Adriatico tra Friuli Venezia Giulia, Slovenia, Croazia e altre regioni italiane, perché condividiamo la stessa area. Penso però - ha concluso con una nota polemica - che sia inaccettabile che il Geoparco del Carso, che include anche il monte Cocusso, possa ospitare una scritta (il riferimento è a quella che inneggia a Tito, recentemente ripristinata) per la cui realizzazione è stato usato il poliuretano, un materiale inquinante non compatibile con i nostri comuni intendimenti».
Ugo Salvini
L'alga aliena presente nei nostri mari rende la carne del sarago "di gomma"
La scoperta di uno studio nel Mediterraneo: le sostanze contenute nella specie infestante rendono il pesce immangiabile
Trieste. Negli abissi del mare riposano misteri della natura al cui svelamento contribuiscono anche studiosi dell'Università di Trieste. È il caso del sarago "di gomma", il pesce che, dopo aver ingerito un particolare tipo di alga aliena (la cosiddetta Caulerpa cylindracea), diventa di una consistenza immangiabile subito dopo essere stato preparato ai fornelli. Questo tipo di alga ha occupato tutta l'area del Mediterraneo a partire dal 1990, ma non si è mai spinto nell'Alto Adriatico, infatti nel golfo di Trieste non si sono verificati episodi. Tuttavia, ci sono anche ricercatori dell'ateneo giuliano nel team che tenta di studiare le cause del fenomeno. «L'ingestione dell'alga fa male al pesce perché porta all'accumulo di certe sostanze che fanno sì che, una volta cucinata, la sua carne sia talmente dura da assomigliare al cuoio - ha sottolineato Antonio Terlizzi, biologo marino dell'Ateneo di Trieste -. Gli effetti negativi dell'alga sono messi in evidenza anche dalla maturazione delle gonadi, che provoca un calo del potenziale riproduttivo. Il sarago è già impattato da una pesca eccessiva. Se poi gli risulta impossibile riprodursi, sarà sempre più in pericolo». L'analisi delle interazioni tra la caulerpina (un composto estratto dall'alga) e il sarago maggiore proseguono da anni, ma recentemente è stato fatto un passo in avanti, che ha portato alla pubblicazione di uno studio sulla rivista scientifica «Frontiers in Marine Science. Il gruppo di ricercatori (di cui fanno parte anche docenti dell'Università della Tuscia, dell'Università di Catania e della Stazione Zoologica Anton Dohrn), ha infatti avuto modo di analizzare dei saraghi pescati durante una competizione. «Ne abbiamo caratterizzato il contenuto, li abbiamo cucinati e ci siamo accorti di una cosa che sospettavamo da tempo: tutti casi in cui i pesci sono diventati "di gomma", corrispondevano a esemplari maschili». L'obiettivo, però, non è scoprire in anticipo quali dei pesci che abbiano ingerito l'alga saranno o meno commestibili. Ma è aggiungere di volta in volta «un pezzo del puzzle per completare la ricerca e trarne il maggior numero di benefici», spiega lo studioso di Napoli, che da molto tempo si occupa di individuare tutti gli step molecolari e fisiologici che contribuiscono ad alterare il metabolismo dei saraghi. «Questa specie invasiva è interessante nell'ottica dell'economia sostenibile del mare, perché dimostra che è possibile immaginare di sfruttare grandi biomasse di alghe per fini farmaceutici. Abbiamo constatato che la caulerpina estraibile dalle alghe ha un effetto selettivo su cellule tumorali del carcinoma ovarico, e questo apre frontiere a un suo utilizzo per composti anticancerogeni». Ma non solo. «L'effetto che ha sui saraghi dimostra che ha un ruolo nel metabolismo degli acidi grassi. E, di conseguenza, può contrastare problemi come il colesterolo o aiutare a prevenire l'infarto». In sostanza, se non c'è modo di eliminare l'alga aliena dai mari, tanto vale cercare di trasformarla in alleata: «Si tratta di una specie che invade e poi compete con la biodiversità locale, non è possibile liberarsene. Chi parla di una sua rimozione selettiva sta raccontando una bugia - conclude Terlizzi -. In prospettiva futura, l'unico consiglio che si possa dare è di stare più attenti a quello che si butta in mare. Ma nel frattempo, vanno cercati dei modi per trasformarla in un fattore di vantaggio».
Linda Caglioni
Benedetti confermato alla guida di Co.Na.
STARANZANO. Graziano Benedetti è stato confermato alla guida dell'associazione per la Conservazione della Natura (Co.Na.), durante l'assemblea dei soci al centro visite "Fabio Perco" della riserva naturale Foce dell'Isonzo all'isola della Cona. Riaffermata la fiducia anche all'intero direttivo attualmente in carica. Oltre al presidente Benedetti, che sarà al suo terzo mandato, ci sono infatti la consigliera Nicoletta Perco, naturalista e guida naturalistica, che diventa vicepresidente del sodalizio alleviando così l'impegno a Chiara Calligaris che rimarrà segretaria-tesoriere. Completano la squadra Umberto Sarcinelli, Enrico Benussi, Franco Moselli e Maurizio Blasi. La nomina del direttivo, che rimarrà in carica per il triennio 2021-2023, è avvenuta dopo la relazione sulle attività svolte nell'anno 2020, della lettura e approvazione del bilancio consuntivo 2020 e dell'approvazione del programma di attività sempre per il prossimo triennio. Nelle attività associative negli ultimi tempi ridotte a causa della pandemia, c'è stato l'incremento di opere di promozione della conservazione della natura, dando maggiore impulso all'impegno dei volontari che, come afferma Benedetti «grazie alle proprie esperienze e preparazioni professionali, hanno potuto dimostrare concretamente la possibile collaborazione del sodalizio no-profit alla gestione di ambienti protetti». Nell'ultimo periodo, a causa delle norme anticontagio, diversi appuntamenti sono stati programmati in streaming riscuotendo ugualmente interesse e partecipazione oltre che dei soci anche di appassionati. Fra i temi portati all'attenzione la reintroduzione del Grifone in Friuli Venezia Giulia, la presenza del Gabbiano reale in ambito urbano, il camoscio e la lince. È stata sottolineata poi la novità della realizzazione del calendario 2021 che riproduce alcuni disegni a china della riserva naturale del naturalista ornitologo Fabio Perco, indimenticato ex vicepresidente.
CI.VI.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 luglio 2021
Nucleare, sì al Parlamento sloveno alla realizzazione di Krsko 2
L'approvazione nell'ambito della legge sul clima fino al 2050. La ferma protesta delle opposizioni
LUBIANA. La notizia circolava da tempo, sempre sotto traccia, sempre tra le righe, come quelle del programma energetico del governo fino al 2023. Ora che la Slovenia edificherà una seconda centrale nucleare a Krsko è stato approvato anche dal Parlamento di Lubiana con 49 voti a favore e 17 contrari. Dunque la Slovenia raddoppia e lo fa secondo la fin troppo elementare filosofia "ambientalista" dell'esecutivo il quale sostiene che bisogna drasticamente ridurre le emissioni come quelle prodotte dalle centrali termoelettriche. Insomma l'energia nucleare sarebbe una sorta di "energia pulita" in quanto non produce emissioni. E gli scarti nucleari? Quelli per Lubiana non inquinano l'aria semmai costituiscono qualche problema per la terra. O per gli abitanti delle zone cui capita la disgrazia di trovarseli seppelliti nelle vicinanze. E le falde acquifere? E i terreni agricoli? Silenzio. Lo stesso silenzio e circospezione con cui i partiti di maggioranza hanno reinserito in Parlamento la parte che riguarda l'energia nucleare in un primo momento stralciata dalla legge sulla strategia per il clima fino al 2050 in Commissione ambiente, grazie anche alle ferme proteste degli ambientalisti e delle Ong. E così l'intero pacchetto clima, compreso quello nucleare è stato approvato.La risoluzione dichiara quindi che «nel campo dell'energia nucleare, la Slovenia pianifica l'uso a lungo termine dell'energia nucleare e a tal fine svolge le procedure amministrative e la preparazione della documentazione per le decisioni di investimento». Tradotto dal politichese e dal burocratese eguale a Krsko2.Una parte importante del dibattito parlamentare si è concentrata ovviamente sul suddetto emendamento, che lega la Slovenia all'energia nucleare in silenzio e senza un'adeguata discussione. «Non sono contro il nucleare, ma sono contro la decisione di avviare le procedure amministrative per la costruzione del secondo blocco della centrale nucleare poco prima dell'estate, in una seduta con 50 punti all'ordine del giorno, e con un inserimento nella delibera», ha sostenuto il coordinatore di Levica (Sinistra) Luka Mesec. Egli ha ribadito che lo svolgimento dei procedimenti e del dibattito pubblico a riguardo devono essere trasparenti. Allo stesso modo, Dejan Zidan dei Socialdemocratici (Sd) ha sottolineato che la risoluzione sul clima è un documento ambientale. «Questo non è quindi un documento appropriato per prendere una decisione sul futuro energetico della Slovenia», ha affermato l'esponente di Sd.«Abbiamo la centrale nucleare di Krsko da un po' di tempo, sappiamo che funziona bene. Non abbiamo dovuto affrontare grossi problemi. Non riesco a immaginare di non avere questa centrale nucleare», ha dichiarato invece Boris Doblekar del Partito democratico del premier conservatore Janez Jansa (Sds). Anche Anja Bah Zibret (Sds) ha affermato che è facile essere contrari, ma è importante rispondere alla domanda su dove troveremo effettivamente l'energia. Pochi giorni fa, i deputati dell'Assemblea nazionale hanno invitato anche le organizzazioni non governative Focus, Greenpeace Slovenia e il PIC-Legal Information Center of Non-Governmental Organizations a respingere il controverso emendamento. A loro avviso, il suo reinserimento nella legge sul clima «eviterà il dibattito pubblico, senza una valutazione di impatto ambientale e, contrariamente all'attuale piano nazionale per l'energia e il clima, creerebbe una base per le procedure formali per la costruzione di un reattore nucleare».
Mauro Manzin
CIO' CHE NON VA - Al museo De Enriquez eliminato del verde utile
È stata eliminata (foto) la vegetazione che copriva con bell'effetto la parete di testa del Museo de Henriquez e riempiva il fossato fra il capannone e la strada, lasciando l'edificio in tutta la sua bruttezza. Oltretutto i rampicanti che coprivano tutto il muro avevano anche la funzione di ridurre il riscaldamento estivo, essendo la parete esposta a Sud. Perché? Quella vegetazione non dava nessun fastidio; si poteva semplicemente tagliare qualche ramo che stava andando oltre il muretto della strada risparmiando anche un po' di soldi.
Roberto Barocchi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 luglio 2021
Gli ambientalisti a Kipar: "Porto vecchio senz'auto. Si punti su un tram"
Un gruppo di associazioni scrive all'architetto incaricato di delineare il Piano paesaggistico e gli spazi aperti dell'area: bocciata pure l'ovovia
I 65 ettari di Porto vecchio sarebbero più belli senza traffico e senza parcheggi delle auto. Per i collegamenti all'interno dell'area basterebbe una linea tranviaria con una buona sequenza di fermate. Insomma, una soluzione "car free". Non solo: come sostenuto alcuni giorni fa, anche "ovovia free". Sette associazioni - Aidia, Cammina Trieste Auser , Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Fiab Trieste Ulisse, Spiz, Trieste bella, Tryeste - hanno risposto con questa proposta all'invito formulato dall'architetto tedesco Andreas Kipar , incaricato dal Comune di redigere il Piano paesaggistico e spazi aperti del Porto Vecchio. Il professionista aveva chiesto al mondo delle professioni e delle associazioni di inviare i propri suggerimenti. Ieri le "sette sorelle" hanno diffuso la nota che riassume la loro posizione. «Il Porto vecchio - scrivono - è un'occasione straordinaria per ripensare la città. La maggior parte dei triestini non è mai entrata in quell'area, pur essendo centralissima, sul mare, e ben collegata alla città data la sua vicinanza al centro storico. Di quell'area "sconosciuta" hanno però interiorizzato due caratteristiche: lo spazio e la bellezza». Data questa premessa - prosegue la nota - le associazioni «sono unanimi nel ritenere un grave errore portare il traffico dove non c'è»: «Il Porto vecchio rappresenta un'occasione unica per reinventare la vivibilità e sostenibilità della città, facendone un quartiere senza auto». È la parte "forte" della proposta di parte ambientalista: «I quartieri senza auto offrono benefici ecologici, economici e sociali. Riducono l'inquinamento dell'aria, l'inquinamento acustico e gli incidenti. Grazie al ridotto numero di parcheggi si renderanno disponibili spazio e risorse finanziarie da investire in una migliore qualità residenziale, più spazi verdi, più servizi collettivi». Come potrebbero muoversi cittadini e residenti all'interno di un perimetro "off limits" per le vetture? «La mobilità - la replica delle associazioni - dovrà essere garantita da una linea tramviaria con stazioni ravvicinate che renderanno possibile il raggiungimento di qualsiasi punto in 5 minuti a piedi». « La viabilità automobilistica - insiste l'alternativa ambientalista - dovrà scorrere solo al margine della zona. Due parcheggi, sempre al margine della zona, saranno riservati ai lavoratori impegnati all'interno del comprensorio». «Le attività commerciali e i negozi del quartiere saranno avvantaggiati dalla mobilità sostenibile e dai necessari tragitti brevi - conclude la proposta trasmessa a Kipar -. I residenti faranno uso del trasporto pubblico e della mobilità condivisa, parcheggiando gli eventuali mezzi privati motorizzati ai margini o al di fuori dell'area».
MAGR.
Barriere a mare a Servola - Piano fermo in attesa di due firme da Roma
Invitalia chiarisce: lo sblocco della messa in sicurezza da 41 milioni dipende dall'ok dei ministeri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico
Invitalia fa chiarezza sull'iter del progetto di barrieramento a mare da 41 milioni legato alla messa in sicurezza ambientale del comprensorio della Ferriera di Servola. La progettazione è andata avanti ed è stata approvata nell'ottobre scorso dall'allora ministero dell'Ambiente. Il via libera ai lavori attende però da dieci mesi l'autorizzazione formale, che dipende dalla firma del decreto congiunto da parte dei ministeri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico. È lo stesso problema che sta incontrando l'autorizzazione necessaria a consentire al gruppo Arvedi e alla Icop di ultimare le demolizioni e avviare la realizzazione dei piazzali in calcestruzzo che sostituiranno l'area a caldo. La pratica del barrieramento si è persa di vista poco dopo lo sblocco dei fondi nel 2015 per la mancanza di chiarezza sul destino del comprensorio. Dopo l'ultimo incontro fra il governatore Massimiliano Fedriga e l'amministratore delegato di Arvedi Mario Caldonazzo, è la stessa Invitalia a fare il punto della road map. La società pubblica, braccio operativo del Mise per il rilancio delle aree industriali in crisi, spiega che «l'iter approvativo del progetto definitivo presso il Mite è stato avviato a luglio 2019 e si è concluso positivamente nell'ottobre 2020. Invitalia potrà procedere alla conclusione della progettazione esecutiva, all'appalto dei lavori e all'esecuzione del barrieramento dopo l'autorizzazione formale, che avverrà con il decreto congiunto dei ministri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico». Il decreto però tarda ad arrivare e i tempi non si preannunciano brevi, fra attesa delle firme, progettazione esecutiva, gara e realizzazione delle opere, che prevedono il consolidamento della linea di costa e l'installazione di un impianto di trattamento delle acque di falda, per evitare lo sversamento in mare degli inquinanti contenuti nei terreni, a cominciare dagli alti livelli di benzene. Da notare che Mite e Mise stanno facendo aspettare da mesi anche la firma sul decreto che autorizza appunto le ultime demolizioni che i privati stanno conducendo a Servola. La società in house del ministero evidenzia di operare «a supporto del commissario straordinario per l'attuazione dell'Accordo di programma per l'area della Ferriera, nominato nella persona del presidente della Regione. La Regione è beneficiaria del finanziamento pubblico di 41 milioni di euro per la messa in sicurezza della falda in tutta l'area della Ferriera. È in virtù di questo intervento pubblico che gli operatori privati possono realizzare i progetti integrati di bonifica e reindustrializzazione». Dei 41 milioni, 26,1 risultano già incamerati dalla Regione, sbloccati nel 2015 e mai spesi. I restanti 15,4 sono ancora nella disponibilità di Invitalia attraverso il Cipe a valere sul Fondo di Sviluppo e coesione 2014-2020. Nel frattempo il gruppo Arvedi conclude il 2020 della pandemia con un risultato netto di 34,5 milioni (22 milioni in meno rispetto al 2019). I ricavi risentono del calo dei consumi nel primo anno del Covid, ma l'azienda sottolinea di aver continuato a investire (200 milioni quest'anno e 1,4 miliardi dal 2007) anche in termini di innovazione, mettendo al lavoro a Cremona il forno elettrico «più moderno al mondo». Il fatturato consolidato globale del gruppo ammonta a 2,3 miliardi, contro i 2,7 del 2019. La società richiama inoltre il nuovo piano industriale da circa 400 milioni, in buona parte dedicati alla riconversione del sito di Servola e alla creazione di un ciclo dell'acciaio sostenibile fra Trieste e Cremona. Il gruppo occupa in Italia più 3.800 addetti, con un trend in crescita e «senza fare ricorso alla cassa integrazione Covid». La nota della società definisce la performance soddisfacente, «ben superiore a quella dei maggiori competitori, nonostante l'impatto negativo sulla domanda dovuto alla chiusura di molte attività a seguito dell'emergenza sanitaria, che ha determinato una contrazione dei prezzi di vendita». Per il 2021 «le prospettive sono decisamente positive, con una previsione di crescita. Nei primi mesi dell'anno è proseguito il trend incrementale della domanda sul mercato dell'acciaio, che aveva già caratterizzato la seconda metà dell'esercizio 2020».
Diego D'Amelio
Laminatoio alle Noghere Appello di Cgil e Fiom: «Risposte sul progetto» - SOLLECITATA IN PARTICOLARE LA REGIONE
La Cgil e la Fiom, sulla questione relativa al laminatoio a caldo alle Noghere, bussano alla porta della Danieli ma non ricevono risposta. Lo ha ribadito ieri pomeriggio nel corso di un incontro il segretario della Fiom Fvg, Maurizio Marcon. Prossimo passo ora è la costituzione di una cabina di regia guidata dal presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga e condivisa tra istituzioni, gruppi industriali e cittadinanza. «Come rappresentanti degli operai metallurgici - ha ricordato Marcon - è nostro dovere analizzare gli investimenti e incalzare gli investitori per comprendere a cosa andremo incontro». Lo scorso 29 giugno la Fiom Fvg e la Cgil di Udine avevano inoltrato una richiesta di incontro alla Danieli, principale azienda coinvolta nel protocollo d'intesa, ma senza ricevere alcuna risposta. «La Danieli - ha rimarcato Marcon - che, come sappiamo dai 60 iscritti Fiom al suo interno, investe risorse per evitare contrattazioni sindacali, occupa lo scranno principale della Confindustria di Udine e ha scelto di rispondere alle nostre richieste con il silenzio». Obiettivo del sindacato è conoscere l'entità dell'investimento, la qualità contrattuale dell'occupazione e dei luoghi di lavoro, l'impatto ambientale, le conseguenze sul territorio in termini di bonifica, riqualificazione e viabilità, «senza pregiudizi» ha sottolineato Marcon. «L'intera vicenda - ha incalzato Marco Relli, segretario provinciale della Fiom Trieste - è stata gestita dal principio in modo superficiale, a partire dalle prime comunicazioni comparse sui giornali. Il protocollo di intesa è stato firmato in tempi troppo brevi, anche se le informazioni finora contenute non bastano a tracciare un quadro chiaro della situazione. Se le aziende pensano di lavorare senza coinvolgere i cittadini dimostrano poca lungimiranza e disinteresse per la vita pubblica. Condividiamo le preoccupazioni dei residenti di Muggia e Aquilinia». Nicola Dal Magro, della Cgil Trieste e coordinatore per Muggia, ha ricordato come «alla firma del protocollo d'intesa da parte del presidente Fedriga a nome della Regione, è seguito un silenzio assordante, mentre sarebbe necessario organizzare gli attori coinvolti, a partire da Danieli e Metinvest, per lavorare in modo trasparente per il bene dei cittadini e dell'intero tessuto economico del territorio. La Regione esca dall'ambiguità e dica la sua». Sul tema, a margine dell'incontro, è giunta da Adesso Trieste la richiesta di rendere pubbliche le condizioni di insediamento del progetto. Per Riccardo Laterza, portavoce e candidato sindaco del movimento, «si deve tener conto non solo dell'accordo con gli enti locali, ma anche e soprattutto coinvolgere i naturali portatori di interessi, tra cui appunto, le organizzazioni sindacali, i lavoratori, le associazioni civiche e ambientaliste e, più in generale, i cittadini». Intanto per domani alle 18.30 all'esterno della biblioteca di Muggia Rifondazione comunista organizza un'assemblea pubblica sull'argomento con sindacalisti e politici.
Luigi Putignano
«Piazzale Rosmini vivibile ma lo vogliamo più verde»
Gli umori di chi abita e lavora in zona. Pulizia, ordine e servizi nel rione promossi Le segnalazioni all'Ufficio mobile del Comune sulla salute di piante e aiuole
La vivibilità di piazzale Rosmini - stando agli umori raccolti ieri mattina tra i cittadini in occasione della tappa in loco da parte dell'Ufficio mobile del Comune, attualmente in tour tra i rioni - incassa la "promozione" di chi, in zona, ci abita e ci lavora. Ma se proprio si vuole cercare il pelo nell'uovo, il desiderio espresso da alcuni intervistati è che il parco, oggetto in tempi recenti di una serie di lavori di bonifica dopo che i terreni erano risultati inquinati, diventi più verde. Ma andiamo con ordine: il "polmone" di San Vito viene vissuto come un punto foriero di benessere per tutti, giovani, anziani e amici a quattro zampe. Nelle calde giornate estive, specialmente a seguito di questo travagliato periodo di emergenza sanitaria, il giardino rionale diventa una piccola oasi di pace e "freschezza": c'è chi legge, chi porta a spasso il cane, chi gioca in compagnia e chi semplicemente cerca l'ombra degli alberi dopo una passeggiata. «La zona è assolutamente ben fornita di servizi e il parco è pulito e curato», assicura una signora seduta proprio su una panchina, da poco trasferitasi a Trieste, interrotta nella sua lettura dalle nostre domande. «Questo è l'unico rione che trovo ben frequentato, tranquillo», sostiene a sua volta il signor Mario (nome di fantasia perché si fa fotografare ma chiede che le sue generalità restino riservate), classe 1931, ancora in gran forma: «Dimentico persino le chiavi sul motorino e quando torno indietro le ritrovo esattamente dove le avevo lasciate». Con aplomb energico e arzillo il novantenne passeggia tutti i giorni in piazzale Rosmini per poi bersi un caffè col figlio al Bar Mauro, «proprio lì, all'angolo con via Combi». Non tutto però può convincere chi frequenta e vive piazzale Rosmini da oltre mezzo secolo: «Un tempo questo posto era sicuramente tenuto meglio, un guardiano sorvegliava e custodiva il decoro urbano, prendendosi cura anche della manutenzione del verde, oggi sicuramente più spento e meno rigoglioso di anni fa. Eppoi una certa "muleria", non del posto però, la sera si trova qui e compie sicuramente qualche ragazzata. Nulla di ché, posso immaginare, qui certamente la situazione è meno pesante rispetto a tante altre zone». Sono in effetti i frequentatori più "navigati" del giardino pubblico ad avere più a cuore la salute e la biodiversità di piazzale Rosmini, la cui natura e il cui verde risulterebbero «asfittici, quasi esausti». Alcuni lo hanno fatto presente nella mattinata di ieri, ai banchetti del "Comune in movimento", l'iniziativa itinerante promossa dall'amministrazione comunale per offrire informazione ai cittadini, ma anche per raccoglierne le istanze e gli eventuali suggerimenti. Sul tema, il Comune ha ricordato qui la recente riapertura del giardino, chiuso nel 2016 per gli alti livelli d'inquinamento del suolo: l'area verde è stata sottoposta a piantumazione con il cosiddetto "fitorimedio", al fine di depurare naturalmente il terreno. Presenti anche l'assessore Lorenzo Giorgi, il vicesindaco Paolo Polidori e il presidente della Quarta circoscrizione Riccardo Ledi. «L'area sarà sottoposta a sfalcio nel breve periodo, rispettando la procedura di depurazione del terreno», così Giorgi in risposta ad alcune lamentele di incuria delle aiuole. L'assessore ha poi annunciato il rifacimento ex novo della zona gioco del parco, «indicativamente tra fine agosto e inizio settembre». E non è tutto: vista la grande affluenza di amici a quattro zampe, è stata anche presa in considerazione l'idea di ricavare uno spazio esclusivo per i cani, «considerando che non c'è per loro alcun divieto di accesso, e per evitare che possano eventualmente arrecare fastidio a qualcuno che fruisce della zona». Polidori ha invece posto l'accento sulla sicurezza: «I giardini pubblici sono una priorità nel piano delle prossime installazioni di telecamere, quantomeno per quanto riguarda le aree giochi».
Stefano Cerri
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 luglio 2021
Dai sottotetti abitabili alle terrazze a vasca: il nuovo centro storico
Il piano in vigore dal 21 luglio. Fra le opportunità per i proprietari immobiliari anche ascensori all'interno degli stabili, tetti verdi pensili, interventi nelle corti
Mercoledì 21 corrente mese, in concomitanza con la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale, entrerà in vigore il nuovo Piano particolareggiato del centro storico (Ppcs), a oltre 40 anni dal precedente che era ormai noto come "piano Semerani". La delibera è la 23/2021, gli allegati più importanti il "B" e il "C". Bene, a meno di 10 giorni da quella data, che coincide tra l'altro con il genetliaco del direttore dipartimentale Giulio Bernetti, i proprietari di immobili all'interno di una vasta zona urbana - la città "murata", i tre borghi imperiali teresiano-giuseppino-franceschino, alcune aree più recenti (l'asse XX Settembre-Maggiore, parti di via Udine e viale Miramare) - potranno presentare progetti di riqualificazione degli stabili, tenendo presenti i margini innovativi prospettati dal Ppcs.Mini terrazze a vasca, abitabilità dei sottotetti, collegamenti verticali (dalle scale agli ascensori) anche all'interno dei corpi di fabbrica, tetti verdi pensili sulle coperture piane: ecco alcune delle novità più attese dalla proprietà immobiliare e dagli ambienti professionali per accrescere qualità e valore degli edifici.Cosa deve fare allora il proprietario interessato a intervenire sul proprio stabile? L'iter è compendiato da Bernetti con il supporto di Beatrice Micovilovich, responsabile della Pianificazione urbanistica comunale. Tanto per cominciare, bisogna dotarsi di un professionista addentro le discipline edili, che, qualora si tratti di un immobile vincolato dalla Soprintendenza, avrà da essere un architetto. Altrimenti si potrà ricorrere a geometri, ingegneri, ecc.La prima cosa, che detto professionista è chiamato a svolgere, è identificare la categoria di intervento. Il Ppcs ne prevede quattro: edifici di pregio, elementi tipologici e architettonici negli edifici di rilevante interesse architettonico, la trasformazione degli edifici di valore storico-documentale, demolizione e ricostruzione. Si tratta di una schedatura che riguarda 1621 immobili: quelli di più cogente criterio conservativo sono un'ottantina; quelli di maggiore flessibilità circa 800; quelli di più accentuata trasformabilità circa 500; quelli rasabili al suolo quasi 250.Come si può notare, dal punto di vista statistico, la categoria di gran lunga più rappresentata, con quasi la metà degli immobili schedati, è la "classe"2" che contiene il "rilevante interesse architettonico": per fare un esempio, rientrano in questo raggruppamento alcuni palazzi di piazza Libertà, come Kalister e Panfili, e l'ex Intendenza di finanza. Siamo di fronte a edifici di una certa importanza architettonica, suscettibili però di radicali trasformazioni interne. Poi - precisa l'architetto Micovilovich - ci sono gli "ibridi", cioè gli immobili che conservano parti di pregio accanto ad ampie porzioni riadattate: un caso di scuola è palazzo Carciotti, dove convivono splendori neoclassici e uffici municipali dismessi.Una volta che il professionista abbia redatto l'apposito progetto, lo inoltrerà al Servizio edilizia privata al quinto piano di largo Granatieri, diretto dall'ingegnere Lea Randazzo: e da allora partirà l'istruttoria. Ma Beatrice Micovilovich resta a disposizione dei professionisti impegnati, soprattutto per quelle materie che più si prestano a malintesi o a incertezze: per esempio, le procedure che implicano la "scia" (inizio attività) o le cosiddette "unità minime di intervento" (umi).Altri chiarimenti: l'edificio è uno, non scindibile dal punto di vista classificatorio in piani diversi. Le destinazioni d'uso sono quelle del Piano regolatore generale, per cui, se per esempio un proprietario vuole trasformare uno stabile in un albergo, lo può fare.Su queste sollecitazioni il giudizio di Stefano Nursi, presidente degli immobiliaristi triestini: «Un piano di ampio respiro che pone anche attenzione ad alcune esigenze abitative che oggi sono estremamente apprezzate e richieste, in particolare alla realizzazione di terrazze a vasca anche sulle falde prospicienti la pubblica via, la possibilità di creare dei parcheggi sotterranei nelle corti interne, la possibilità di installare dei ballatoi esterni sulle corti per poter redistribuire in maniera più intelligente tutta una serie di appartamenti».
Massimo Greco
Terreno danneggiato dai cinghiali: la Regione lo risarcisce con 12 euro
L'agricoltore Ferluga: «Mi sento preso in giro. La Provincia mi ascoltava». No comment di Zannier
«Chiederò alla Regione di indicarmi una ditta che possa rimettere a posto il mio terreno, danneggiato dai cinghiali, in base al lauto risarcimento di cui mi hanno gratificato». È amaramente ironico, e non potrebbe essere diversamente, il commento di Vincenzo Ferluga, l'agricoltore triestino, proprietario di un appezzamento di terreno adibito a uliveto e frutteto, nella zona sopra Roiano, nota come Pisc'anzi, che ha ricevuto dall'amministrazione regionale un bonifico pari a 12,6 euro, più o meno il prezzo di una pizza e una birra, per «il ripristino per i danni cagionati al cotico erboso dei prati stabili». Un somma che appare evidentemente inadeguata. «Anzi - aggiunge Ferluga, in conflitto con la Regione da parecchio tempo anche per altri motivi - mi sento preso in giro. Per questo ho replicato alla Regione, invitandone i rappresentanti ad aiutarmi a trovare l'azienda specializzata che, per 12,6 euro, una cifra per la quale non si muove nessuno, venga a sistemare il mio terreno sul quale transitano regolarmente, indisturbati, decine di cinghiali». La vicenda è semplice da raccontare. Ferluga, che da mezzo secolo lavora un appezzamento di terra dotato di circa 600 piante da frutta, che danno soprattutto susine e amoli, ereditato da uno zio che, prima di lui, faceva lo stesso lavoro, stanco di vedere gruppi di cinghiali che, sempre più aggressivi, gli distruggono gli alberi da frutta, si era rivolto alla Regione, per ottenere il giusto risarcimento. Esiste infatti una legge regionale, la numero 6 del 2008, che disciplina le denunce per danni da fauna selvatica e le relative richieste di indennizzo che possono essere inoltrate. La Regione a suo tempo aveva pure predisposto una tabella per i conteggi dei risarcimento. Ma proprio qui sta il problema. Per i danni arrecati al "cotico erboso", l'amministrazione prevede in partenza un indennizzo di 250 euro per ettaro. Nel caso di Ferluga, essendo 700 i metri quadrati danneggiati, quindi una superficie corrispondente a una piccola parte di ettaro, basta fare una semplice proporzione e si arriva al risultato finale, che prevede poi due ulteriori decurtazioni di legge. In realtà, la Regione è arrivata a questa conclusione dopo aver fatto pure una seconda perizia, in quanto Ferluga aveva rifiutato la prima proposta di risarcimento, giudicandola "inesatta". «Ho imparato questa attività da giovanissimo - riprende l'agricoltore triestino - ma quello che sta accadendo da qualche tempo in qua non l'avevo mai visto prima, in mezzo secolo di cura delle mie piante. Oramai - evidenzia Ferluga, oggi 68enne - sono all'ordine del giorno gli attacchi ai miei terreni e alle mie piante da parte dei cinghiali, che si avvicinano alla città sempre di più, anche perché si moltiplicano a dismisura ed essendo molto numerosi sul territorio, sono di conseguenza costretti a cercare il poco cibo che c'è in giro nel circondario di Trieste, assaltando anche i miei appezzamenti».Poi l'agricoltore torna su uno dei suoi cavalli di battaglia. «I guai - sottolinea - sono iniziati con l'eliminazione della Provincia, alla quale era possibile rivolgersi con buone probabilità di essere ascoltati e capiti. Poi, dopo l'eliminazione dell'ente di palazzo Galatti, le competenze in materia sono state assunte dalla Regione. Il primo risultato è stato lo spostamento a Udine degli uffici che dovrebbero assistermi, obbligandomi quindi a continue trasferte. Poi è stato fatto un nuovo regolamento in base al quale i risarcimenti si sono subito rivelati ridicoli. Gli unici che mi sostengono - conclude - sono i responsabili dell'Associazione degli agricoltori del Carso, ma non possono essere certo loro a risarcirmi».Sul tema intanto l'assessore regionale competente, Stefano Zannier, opta per il «no comment». -
Ugo Salvini
Ritrova la libertà al largo la tartaruga ferita in golfo - Dopo le cure per i due ami infilzati in bocca
La tartaruga infilzata da due ami e recuperata al largo di Muggia, giovane esemplare di Caretta caretta, ha riconquistato finalmente la libertà a due miglia dal marina Hannibal di Monfalcone, dopo il ricovero al Centro di recupero della fauna selvatica di Terranova, a San Canzian d'Isonzo. Si è consumato dunque l'happy end atteso per la povera tartaruga, che lo scorso 3 luglio era stata avvistata da un diportista sul litorale muggesano. L'animale, visibilmente in sofferenza, nuotava con gli ami infilzati nella bocca: impossibile, per lui, liberarsene da solo. Di qui l'allerta del cittadino, che aveva immediatamente contattato la Capitaneria di Trieste e consegnato la tartaruga ai militari della Guardia costiera in zona Sacchetta. Per una settimana l'esemplare di Caretta caretta è rimasto in custodia al Centro di Terranova, l'unico del Friuli Venezia Giulia autorizzato a ospedalizzare la specie, protetta e a rischio estinzione nel Mediterraneo, quindi sottoposta a particolari regole di tutela. Rifocillandosi e riprendendosi dallo stress degli ultimi tempi, la tartaruga ha soggiornato nelle vasche piene di acqua salmastra di cui la struttura, gestita da Damiano Baradel, è dotata. A prendersi materialmente cura della creatura il veterinario Stefano Pesaro.
TI.CA.
SLOVENIA - Batosta per Jansa al referendum sull'acqua
Il governo conservatore aveva difeso la legge che allentava la tutela sui corpi idrici, ma alle urne i contrari vincono con l'86%
Zagabria. Con oltre l'86% di voti contro e poco più del 13% a favore, la Legge sull'acqua è stata bocciata dai cittadini sloveni. La norma approvata a marzo dal governo conservatore di Janez Jansa non può più entrare in vigore, ma più di tutto il referendum solleva il dibattito sulla tenuta del governo, con le opposizioni che ne chiedono le dimissioni. Al referendum che si è tenuto domenica, organizzato dalle associazioni ambientaliste con il sostegno dei partiti di opposizione di sinistra, ha partecipato quasi il 46% degli elettori: un quorum sufficiente, stando alla legislazione slovena, per rendere vincolante il risultato del voto. Per i promotori dell'iniziativa, si tratta di una vittoria netta, che trasmette un messaggio politico chiaro di sfiducia all'esecutivo. La pensa così la leader dei socialdemocratici Tanja Fajon che parla di «una grande insoddisfazione generale» e chiede le dimissioni di Jansa. Per Luka Mesec (Levica), Marjan Sarec dell'omonima lista o ancora Jernej Pavlic del Partito Alenka Bratusek - tutti all'opposizione - sarebbe ora opportuno andare al voto anticipato, perché «questo governo non gode più della fiducia degli elettori». Ma l'esecutivo di Jansa minimizza. «Esiste un governo di sinistra che si sia dimesso dopo aver perso un referendum?», chiede retoricamente il premier su Twitter, prima di concludere chiedendo di non fare «nessun dramma», perché il governo non ha intenzione di mollare. Dello stesso avviso anche il ministro dell'Ambiente Andrej Vizjak, strenuo difensore della riforma. «Peccato che l'acqua venga strumentalizzata a fini politici», ha dichiarato Vizjak. Su cosa si è votato esattamente domenica in Slovenia? La normativa approvata a marzo andava a riformare la Legge sull'acqua, che dal 2002 tutela i corpi idrici del paese. Due, in particolare, erano i punti della riforma che più avevano suscitato l'opposizione degli ambientalisti: l'autorizzazione a industrie e agricoltori per l'utilizzo di sostanze pericolose anche a ridosso dei fiumi (una norma poi ritirata dallo stesso governo) e la possibilità di costruire vicino a fiumi, laghi e a pochi metri dalla costa «strutture semplici» e «ad uso pubblico». In questa definizione, rientravano tuttavia bar, hotel, serre, manifesti pubblicitari e stazioni di servizio. Insomma, per gli attivisti la norma avrebbe aperto la strada a un far west edilizio in aree molto sensibili del paese e legate a un tema molto caro agli abitanti: l'acqua. In Slovenia, infatti, una campagna di successo aveva già portato nel 2016 all'inserimento nella Costituzione di un articolo che protegge il diritto all'acqua pubblica, un caso unico in Europa. Ecco che, anche questa volta, la campagna «Za Pitno Vodo» (Per l'acqua potabile) - portata avanti da diverse Ong tra cui Greenpeace e Eko Grog - è riuscita nel suo intento. Prima sono state raccolte 50 mila firme in due mesi, costringendo il governo a organizzare un referendum sulla legge, poi è arrivata la vittoria alle urne. Gli attivisti accusavano l'esecutivo di aver inserito gli emendamenti più controversi all'ultimo minuto, dopo la chiusura delle due settimane di dibattito pubblico sulla legge. Ma ora, di fronte al risultato schiacciante, il governo Jansa dovrà ricominciare da zero.
Giovanni Vale
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 luglio 2021
Al summit di Venezia il piano green Generali "Stop ai gas serra" - il numero uno del gruppo triestino al vertice dei grandi
Trieste guida l'alleanza dei big delle polizze. Investimenti fino a 9,5 miliardi. Donnet: economia a emissioni zero
TRIESTE. Il piano green di Generali approda al G20. Il gruppo triestino guida il fronte dei big mondiali delle assicurazioni riuniti per la prima volta in una grande alleanza per il clima presentata a Venezia: «Quella climatica è un'emergenza che richiede non solo la nostra piena attenzione, ma anche la nostra azione urgente. Vogliamo supportare attivamente una transizione giusta e inclusiva verso un'economia a zero emissioni nette», ha sottolineato il numero uno del Leone Philippe Donnet al fianco del ministro dell'Economia e delle Finanze, Daniele Franco. La ripresa per Donnet deve essere green e digitale. A margine del G20 ieri è stato anche presentato il progetto della Fondazione Venezia «capitale mondiale della sostenibilità» che mette in campo fino a 4 miliardi di finanziamenti pubblici e privati, con un occhio al Recovery Plan, e avrà sede nelle Procuratie Vecchie in piazza San Marco messe a disposizione dalle Generali.Una scelta non casuale quella di chiamare il gruppo triestino al palcoscenico dei Grandi a Venezia. Le Generali sono state incluse nella «2020 Global 100 Most Sustainable Corporations» di Corporate Knights, la classifica che individua le 100 imprese più sostenibili del mondo: «Gli assicuratori -ha detto Donnet- possono davvero sostenere l'ambizione dell'Europa di diventare il primo continente a impatto climatico zero, per poterlo fare dobbiamo avere il giusto contesto politico che stimoli, o almeno non scoraggi, gli investimenti in progetti a lungo termine e sostenibili». La ripresa per il Ceo deve essere «green e digitale». Un messaggio in piena sintonia con il governo Draghi che su ambiente e digitale ha fondato il piano del Recovery Plan: «Possiamo sostenere politiche governative impegnate per una transizione socialmente giusta dei settori economici», ha detto Donnet.La Net-Zero Insurance Alliance si propone «di unire le forze di istituzioni e big mondiali delle polizze per conseguire un impatto significativo e duraturo sul clima», sottolineano le Generali. Riunisce un gruppo di 18 fondi pensione e compagnie assicurative, nato su iniziativa delle Nazioni Unite, che si impegna a ridurre a zero l'emissioni nette di gas serra dei propri portafogli per evitare un aumento della temperatura globale oltre l'obiettivo di Parigi di 1,5 gradi centigradi. L'alleanza è stata sottoscritta da otto dei leader mondiali delle assicurazioni e riassicurazioni solitamente rivali fra loro: oltre alle Generali Axa, Allianz, Aviva, Munich Re, Scor, Swiss Re e Zurich Insurance Group. Questi big assicurativi lavorano a stretto contatto con le società in portafoglio al fine di cambiare i modelli di business «adottando pratiche rispettose del clima e impostando idealmente un obiettivo di zero emissioni nette». Gli asset totali gestiti dai membri di Alliance superano i 4,3 trilioni di dollari. Le compagnie intendono azzerare entro il 2050 le emissioni nette dei propri portafogli assicurativi e riassicurativi, contribuendo così a mantenere l'aumento della temperatura globale entro i limiti. Ciascun membro stabilirà individualmente ogni cinque anni obiettivi intermedi che si sottolinea saranno basati sui risultati della scienza e comunicheranno annualmente in modo indipendente i progressi realizzati per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima.La sostenibilità è diventata il nuovo mantra della grande finanza. Le Generali prevedono di realizzare tra il 2021 e il 2025 ulteriori investimenti in obbligazioni verdi e sostenibili per un valore compreso tra 8,5 e 9,5 miliardi escludendo dai portafogli il settore del carbone «per arrivare a una completa dismissione del finanziamento di queste attività». Nel corso dell'ultimo triennio, il Leone ha effettuato 6 miliardi di nuovi investimenti verdi e sostenibili, superando con un anno di anticipo l'obiettivo strategico di 4,5 miliardi di euro entro il 2021. L'esposizione assicurativa ai combustibili fossili a livello globale è inferiore allo 0,1% dei premi danni.
Piercarlo Fiumanò
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 luglio 2021
SEGNALAZIONI - Economia verde - La contraddizione della rottamazione
Egregio direttore, green economy, ecosostenibilità, transizione energetica ed ecologica. I termini per definire il nuovo corso della produzione "ad emissioni zero", verso un futuro di crescita economica coniugata alla salvaguardia dell'ambiente, riempiono le pagine dei giornali e le bocche di politici ed economisti. Poi si legge la notizia sul bonus da 100 euro per l'acquisto di nuovi televisori e la rottamazione dei vecchi. Vecchi si fa per dire: sono passati appena 8 anni dal passaggio da analogico a digitale del segnale televisivo che ha comportato la trasformazione in rifiuto di milioni di apparecchi ancora funzionanti. Chi allora non optò per l'acquisto di un televisore digitale dovette comperare un decoder. Ora anche questi non serviranno più. I programmi televisivi saranno trasmessi con il nuovo standard Dvtb-2, di cui certamente tutti sentivano l'impellente necessità. Altri milioni di apparecchi finiranno in qualche discarica, probabilmente in Africa (Ghana e Nigeria sono gli immondezzai di rifiuti elettronici), altra materia prima ed energia sarà usata per produrre le nuove tv. Con l'ennesimo bonus.
Dario Pacor
IL PICCOLO - SABATO, 10 luglio 2021
Assicurazioni - Allianz dice addio agli investimenti nel settore carbone
Milano. Allianz Global Investors, uno dei principali asset manager attivi a livello mondiale, ha annunciato l'introduzione di una politica di esclusione globale che comprende disposizioni specifiche per il settore del carbone. Il gruppo, spiega una nota, «non investirà in società che generano oltre il 30% dei ricavi annui dall'estrazione di carbone termico, nè in aziende che basano oltre il 30% della generazione di elettricità sul carbone». «La nuova politica rappresenta un ulteriore esempio dell'impegno di AllianzGI nell'affrontare il cambiamento climatico attraverso il disinvestimento dalla principale fonte di emissioni di carbonio», aggiunge il comunicato, che ricorda anche come la decisione sia «in linea con la politica già adottata dal gruppo Allianz per i propri asset». Inoltre, in base alla nuova più ampia politica di esclusione, AllianzGI rafforzerà le attuali restrizioni agli investimenti correlati a bombe a grappolo e mine antiuomo, e introdurrà limitazioni per altre tipologie di armi controverse. La nuova politica entrerà in vigore a partire da dicembre 2021 e si applicherà a tutti i fondi esistenti per cui AllianzGI agisce in qualità di società di gestione (i cosiddetti fondi proprietari).
IL PICCOLO - VENERDI', 9 luglio 2021
«Cinghiali, è emergenza» - Incontro con Zannier Coldiretti in piazza a Trieste - Chieste modifiche legislative
Trieste. Il grido d'allarme di Coldiretti Fvg per denunciare i danni che i cinghiali stanno creando all'agricoltura ha raggiunto ieri materialmente piazza dell'Unità. Il delegato confederale Giovanni Benedetti e il direttore regionale Cesare Magalini, con le delegazioni provinciali e diverse decine di agricoltori, hanno manifestato davanti al palazzo della Regione denunciando un'emergenza nazionale che alimenta gravi problemi sociali, economici e ambientali. In un incontro con l'assessore regionale alle Risorse Agroalimentari Stefano Zannier prima, e con alcuni consiglieri regionali e con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza poi, Coldiretti ha espresso le forti preoccupazioni e denunciato un aumento del 15% di cinghiali - la stima è ora di 2,3 milioni in Italia e di oltre 20mila unità in Fvg - che ha aggravato i pericoli per le persone, con più danni all'agricoltura e aumento di incidenti stradali.Coldiretti Fvg, chiedendo modifiche legislative in materia, ha rimarcato come, «in un periodo in cui c'è molta attenzione al consumo di prodotti locali, è doveroso il sostegno a un'agricoltura garanzia di sicurezza alimentare. Le istituzioni sono chiamate a mettere gli imprenditori in condizione di tutelare le nostre eccellenze». Giorni fa, ha riferito Zannier, la Regione ha notificato all'Ispra una precisa richiesta di modifica del Piano di controllo del cinghiale. «Un atto - così l'assessore - conseguente alla sentenza di aprile della Corte costituzionale che, dopo 15 anni, ha innovato la propria linea su questa tematica, consentendo l'uso dei coadiutori in aggiunta all'azione del Corpo forestale regionale». Zannier ha spiegato che «quando questa modifica sarà approvata, in Fvg potremo confidare sull'apporto di soggetti diversi - principalmente i cacciatori - dotati di formazione specifica». Così «amplieremo in modo sostanziale la disponibilità di persone da impiegare sul territorio per il contenimento di questi ungulati». La Regione ha chiesto anche che l'attività svolta già adesso dagli agricoltori con licenza di caccia possa avvenire anche sui terreni limitrofi a quelli di proprietà.
«Salvate il giardino di Villa Engelmann da topi e degrado»
I dem chiedono maggiore videosorveglianza, una derattizzazione, un'area per i cani e pure il miglioramento dei servizi igienici
Il Pd lancia una raccolta firme per «salvare» il giardino di Villa Engelmann. All'ingresso dell'area verde comunale, al civico 5 di via Chiadino, gli esponenti dem locali ieri hanno presentato l'iniziativa e incontrato i cittadini, nell'ambito del tour elettorale portato avanti dal partito nei rioni. Sono intervenuti la segretaria del Quinto circolo Pd Maria Luisa Paglia, la vicesegretaria del Sesto, Sandra Di Febo, e Luca Salvati, capogruppo nella sesta circoscrizione.Sono sei le richieste che la petizione avanza all'amministrazione comunale: introdurre maggiore videosorveglianza, avviare una campagna di derattizzazione, realizzare un'area di sgambamento per cani nonché contenitori per rifiuti tali che gli uccelli non possano disperderne il contenuto, migliorare le aree interne a partire dal roseto, effettuare una manutenzione urgente dei servizi igienici che tenga conto della necessità di fasciatoi per cambio di pannolini, dovuta alla presenza di bambini piccoli nelle aree gioco.La raccolta firme si potrà sottoscrivere sia online che durante i circa 30 appuntamenti, in totale, che saranno promossi da tutti i circoli Pd di qui al voto amministrativo autunnale. Paglia e Di Febo hanno sottolineato l'importanza del parco, molto utilizzato dai residenti. «Villa Engelmann rappresenta l'ennesimo esempio di abbandono di un gioiello del territorio da parte di questa amministrazione comunale», ha aggiunto Salvati: «Il viale delle rose è chiuso da anni e ridotto a una selva incolta. I contenitori delle immondizie non sono protetti dalle incursioni degli uccelli, che gettano il contenuto per terra attirando i ratti. L'edificio al centro del giardino è pericolante, quello all'ingresso abbandonato da decenni».
Li.Go.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 luglio 2021
Svolta per il caso di villa Cosulich: il Comune la toglie dai beni in vendita
Dipiazza e Giorgi hanno deciso: no a "insidiose" polemiche in periodo
elettorale. Se ne riparlerà dopo il voto d'autunno
La giunta comunale non vuole dotare l'opposizione di munizioni in campagna
elettorale e preferisce evitare «sceneggiate strumentali», come le definisce
l'assessore all'Immobiliare Lorenzo Giorgi. Per cui, dopo i magazzini concessi a
Greensisam in Porto vecchio, l'esecutivo Dipiazza ritira anche villa Cosulich
dall'elenco dei beni da alienare: dal punto di vista tecnico, lo farà mediante
un emendamento alla delibera prossima all'esame consiliare. Del tema si
riparlerà dopo le amministrative autunnali. Il caso di villa Cosulich era
deflagrato nei giorni scorsi, in seguito a una "letteraccia" del soprintendente
Simonetta Bonomi ai vertici del Municipio, nella quale si rimproverava la civica
amministrazione di mettere all'asta lo storico edificio senza prendere in
considerazione il finanziamento governativo di 1,1 milioni destinato a
riqualificare lo stabile. Giorgi aveva replicato a stretto giro di posta,
ricordando che villa Cosulich è nella lista dei beni in vendita dal 2018 e
nessuno aveva mai obiettato alcunchè. E comunque la Regione Fvg, in epoca
Serracchiani, aveva autorizzato la vendita dell'immobile (non del parco), che in
passato era appartenuto al Burlo Garofolo ed era stato destinato a funzioni
assistenziali. Con deliberato spirito provocatorio, Giorgi aveva invitato il
ministero a esercitare il diritto di prelazione sulla villa, acquistabile oggi a
904 mila euro rispetto agli 1,9 milioni della quotazione precedente. Ieri sera
l'argomento era scivolato nel "parlamentino" della Terza circoscrizione,
presieduto dalla pentastellata Laura Lisi. Ma in via ufficiosa prima il sindaco
Roberto Dipiazza poi lo stesso Giorgi avevano disinnescato il caso, avendo
preannunciato appunto che la villa sarebbe stata sfilata dall'elenco degli
immobili alienandi.La polemica politica stava comunque già lievitando con una
nota del consigliere dem Giovanni Barbo: «Dipiazza - attaccava l'esponente del
Pd - avrebbe potuto chiedere quattrini in Regione, per finanziare il recupero,
visto che proprio in questi giorni si discute in piazza Oberdan un dovizioso
assestamento di bilancio. Il sindaco - il rimprovero del consigliere
dell'opposizione - ha fatto così il bis: dopo aver perso due milioni sul
Carciotti, ha bruciato un milione abbondante su villa Cosulich».La storia di
villa Cosulich si protrae in strada del Friuli da perlomeno due secoli, come
ricostruisce a pagina 447 la scheda a essa dedicata nell'Atlante dei beni
culturali, pubblicato dal Comune. Nacque dimora di campagna prima dei Burlo poi
di Demetrio Carciotti, finchè durante il XIX secolo venne comprata da Robert
Romano Rutherford, di famiglia scozzese. Nei primi decenni del '900 gli eredi
Rutherford cedettero l'edificio ad Antonio Cosulich e da allora la villa reca la
denominazione risalente alla dinastia imprenditoriale di origine lussiniana. Nel
1906 avvenne la ristrutturazione eseguita sul disegno di Ferruccio Piazza. Negli
anni Settanta il passaggio all'istituto Burlo Garofolo e poi al Comune. Il
Municipio calcola che, per rimettere la villa in sesto, occorrano non meno di
quattro milioni di euro.Villa Cosulich sorge in una zona popolata di case di
nobile lignaggio: villa Tripcovich, villa Prinz, villa Panfili (oggi consolato
di Serbia).
Massimo Greco
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 luglio 2021
Villa Cosulich all'asta: è scontro fra Comune e Soprintendenza
Bonomi scrive al Municipio contestandogli la vendita di un bene su cui esiste un finanziamento governativo. La risposta: è nel Piano delle alienazioni dal 2018
Scambio di "molotov" tra Soprintendenza e Comune: al centro degli scontri la volontà di cedere villa Cosulich in strada del Friuli da parte della civica amministrazione. Stasera alle 19.30 l'argomento sarà ripreso dal consiglio della III circoscrizione alla presenza (telematica) dell'assessore Lorenzo Giorgi. L'antico edificio, ristrutturato nel 1906 su disegno di Ferruccio Piazza, viene oggi quotato poco più di 900.000 euro. Gli incidenti hanno avuto inizio in notturna tra sabato e domenica scorsi con una mail spedita all'una meno dieci dalla soprintendente Simonetta Bonomi a vari indirizzi del Municipio, dal sindaco alla III circoscrizione. La missiva contesta l'inserimento dell'edificio nel Piano delle alienazioni, ricordando che il ministero della Cultura aveva assegnato a palazzo Economo un finanziamento pari a 1,1 milioni di euro da destinare alla verifica del rischio sismico, alla riduzione della vulnerabilità, al restauro. La comunicazione al Comune - sottolinea la Bonomi - era rimasta senza riscontro. L'immobile - prosegue la soprintendente - versa in uno stato di grave degrado a causa della «totale mancanza di cure e di manutenzioni» imputabile al Municipio proprietario, venuto meno ai doveri contemplati dal Codice dei beni culturali. Ciò premesso, la Bonomi esprime «sconcerto» per la decisione di alienare la villa, nonostante il sostegno statale, alla faccia del «pubblico godimento» e della «pubblica fruizione». E conclude attendendo chiarimenti «urgenti».Toni pesanti nelle relazioni tra pubblici enti, senza neppure accompagnati dai rituali saluti. Ai quali, nella tarda mattinata di ieri, replica Giorgi, che, in qualità di titolare dell'Immobiliare, ha la responsabilità politica del Piano delle alienazioni. Risposta in tre atti. Il primo: per la verità - scrive Giorgi - l'inserimento di villa Cosulich tra i beni da vendere risale al febbraio 2018, cioè a tre anni fa. Decisione preparata - passiamo al secondo atto - dalla delibera 1904/2017 della giunta regionale targata Serracchiani, che autorizzava la cessione dell'immobile, mentre l'annesso parco sarebbe rimasta proprietà del Comune. Ma perché la Regione interveniva in merito a un bene comunale? Una storia complessa lunga più di trent'anni. Villa Cosulich era stata acquistata dal Burlo Garofolo, intenzionato a trasformarla in centro di assistenza per cerebropatici. A sua volta il Municipio, avendo allora ritenuto di ampliare le competenze in quel comparto assistenziale, aveva chiesto al Burlo di cedere il compendio: così nel 1989 la Regione autorizzava l'istituto a passare la mano. Nel 1997 il Comune, a guida Illy, destinava all'assistenza dei cerebropatici lo stabile ex Ipami in strada di Fiume e chiedeva così alla Regione di mutare la disponibilità di villa Cosulich, ottenendo il sì dell'ente sopraordinato. La delibera 1904/2017 prosegue così il suo racconto: nel 2000 il Comune provvedeva a riqualificare il parco, aperto alla cittadinanza, e nel 2008 la villa otteneva la dichiarazione di interesse culturale. Ma le giunte Dipiazza e Cosolini non riuscirono a concretizzare le ipotesi di riconversione a fronte dei sempre più cogenti vincoli di finanza pubblica e in considerazione di altre priorità di carattere programmatico. Villa Cosulich non è «un bene strettamente funzionale ai fini dell'ente proprietario», quindi venderla - scriveva la delibera - può diventare occasione di valorizzazione da parte di privati acquirenti. Per cui l'interesse pubblico può essere soddisfatto utilizzando il ricavato della vendita per ristrutturare, ampliare, manutenere altri immobili destinabili a finalità collettive. Naturalmente Giorgi, replicando a Bonomi, allega la delibera. E aggiunge malizioso - siamo al terzo atto - che magari il ministero esercitasse nei confronti di villa Cosulich la prelazione prevista dall'articolo 60 del Codice dei beni culturali «cosicché da poter poi destinare il bene a un uso istituzionale». Infine l'assessore, qualora non si realizzasse la vendita, non esclude altre soluzioni, come, per esempio, un partenariato pubblico-privato: ne parlerà con la collega Elisa Lodi.
Massimo Greco
Il tema al voto in III circoscrizione Lisi annuncia il «no alla vendita»
La presidente del parlamentino, esponente del M5s: «Si metta a posto
invece lo spazio verde. I soldi ci sono»
Continua a battersi per Villa Cosulich la presidente della Terza
circoscrizione Laura Lisi, che a febbraio aveva anche promosso un incontro a
distanza tra i bambini di due classi elementari della Saba e la soprintendente
dei Beni culturali Simonetta Bonomi, per presentare il progetto degli alunni,
dal titolo "Salviamo Villa Cosulich". I piccoli avevano esposto con grande
fantasia e impegno idee e progetti per valorizzare l'area, con tante iniziative
studiate per la gente, con proposte per tutte le età, dai bambini agli anziani.
«Proprio Bonomi ha scritto al sindaco, al presidente del Consiglio comunale e
anche a me - spiega Lisi - una mail dove chiede urgenti chiarimenti sulla grave
decisione di disfarsi di un bene tutelato. La Terza circoscrizione deve votare
una proposta di alienazione per la villa, persino ribassata del 50%, ovviamente
il mio voto - anticipa Lisi - e quello del Movimento 5 Stelle, rispetterà la
volontà dei bambini, della soprintendente, della comunità ma anche la volontà
testamentaria, espressa dalla famiglia Cosulich, che ha desiderato - rammenta
l'esponente pentastellata - donare questo bene prezioso alla città». Lisi
ricorda come «il parco sia un bene da tutelare, ci troviamo in una zona
popolosa, come il rione di Roiano e anche quello di Gretta, che può contare su
un unico spazio verde, il giardino della villa. Considerando che i soldi ci
sono, è arrivato il momento di rimettere a posto tutto, si tratta di un
intervento indispensabile e la scelta di alienare l'edificio - ribadisce infine
Lisi - è più che inopportuna».
Micol Brusaferro
Sala Tripcovich addio e il futuro della piazza: ecco gli undici motivi per cui l'area è cruciale
Il docente di Storia dell'arte contemporanea, Contessi, analizza la situazione dell'ex stazione autocorriere. "Sì a un concorso di idee"
E finalmente fu il Vuoto, ciò che tutti temono, afflitti dal famoso horror vacui degli antichi, che miete vittime anche fra moderni e postmoderni. Che fare? Che dire? Naturalmente stiamo parlando dell'area che si renderà disponibile una volta abbattuto il sordo volume dell'ex Stazione autocorriere, progetto non fra i migliori di Umberto Nordio, trasformato frettolosamente, ma a fin di bene, in sala teatrale da tempo dismessa e da taluno rimpianta. L'area in questione è cruciale per più d'un motivo. 1) È parte dell'ingresso, diciamo così monumentale, della città di Trieste. Un ingresso bastantemente integro, qua e là compromesso da qualche smagliatura, nel suo dispiegamento di una cortina di edifici ottocenteschi di grande dignità. 2) La natura del luogo è quella di una vasta piazza trattata a giardino secondo un modello abbastanza diffuso (vedi la piazza Carlo Felice antistante alla Stazione ferroviaria di Porta Nuova a Torino, tuttavia più regolare e integra di quella triestina. Una sorta di esedra porticata). 3) Si sarà ben compreso che la misura della monumentalità, specialmente nel XIX secolo, non è estranea all'architettura dei servizi. Essa, nella fattispecie, consiste in una stazione ferroviaria e un grandioso silo cui, in età novecentesca, si sono aggiunti gli ingressi "ufficiali" del Porto vecchio. 4) Là dove venne costruita la stazione delle autocorriere (anni Trenta del Novecento) si trovava una prosecuzione per così dire "laterale" del giardino antistante alla stazione. Il monumento all'imperatrice Elisabetta era collocato davanti al prospetto del Silo. 5) Stante l'assetto fondamentale dell'area non è difficile comprendere come, pur secondo l'ideologia utilitaristica che storicamente presiede all'ethos triestino (e non potrebbe essere diversamente), il corpo di fabbrica della Stazione delle autocorriere costituiva un accidente tra Stazione ferroviaria e Silo. Ciò sebbene il nesso tra trasporto su rotaia e su gomma, come si usa dire, appaia evidente a ciascuno. Se non fosse stata riciclata come sala teatrale, oggi a nessuno verrebbe in mente di commuoversi a causa dell'eliminazione di una stazione autocorriere ormai degradata. Un luogo comune vuole che la storia non si faccia con i se e ciò probabilmente ha qualche fondamento, ma la critica storiografica ragiona frequentemente proprio sui se. 6) Ed ora il problema del dopo, ovvero, che fare? I grandi vuoti spaventano e producono coazione al riempimento purchessia; succede anche negli arredamenti domestici cari a tante persone. E si tratta, per lo più, di superfetazioni inutili. Non pertanto ci si deve ispirare alle forme dei minimalismi oggi di moda. A Pietroburgo, che però è nata come capitale imperiale nel 1703, non mancano gli spazi vuoti che giovano molto all'immagine della città. Ora, a prescindere dall'abitudine triestina di sparare a zero su qualsiasi progetto, sì certo, perché lo status quo è rassicurante come hanno insegnato i tardi anni dell'Impero austro-ungarico, ora, si diceva, a prescindere, visto che è stato affidato a un valente architetto tedesco l'incarico di studiare la sistemazione "paesaggistica" del Porto vecchio, non parrebbe sbagliato che proprio a lui venisse affidata la curatela dell'area su cui prima insisteva l'edificio di Nordio. Ma un concorso di idee non guasterebbe, purché seriamente e convintamente bandito. 7) La questione è delicata come lo è in generale la sistemazione delle piazze per le quali ciò che va categoricamente evitato è di cadere nell'equivoco provinciale che la soluzione risieda nel cosiddetto "arredo urbano". Le città non ne hanno bisogno. Less is more proverbialmente sentenzierebbe Mies va der Rohe. Le piazze triestine non godono di buona fama, essendo spazi di risulta della incalzante urbanizzazione moderna (quella seguita alla proclamazione del Porto Franco, 1719) per capirci. L'orrore della piazza Goldoni, già stigmatizzato a fine '800 da Camillo Sitte ed eguagliato solo a Losanna da Place de la Riponne, avrebbe potuto essere attenuato da sguardi meno provinciali e dunque sprovveduti della amministrazione civica. Varrà la pena di ricordare che il padre della patria tergestina, Domenico Rossetti, che era persona colta ma non faceva il sindaco, sognava una Trieste palladiana, mentre oggi si lascia agonizzare il Palazzo Carciotti, gioiello dell'umanesimo mercantile triestino, nell'indifferenza dei più e confidando in un suo futuro alberghiero o che altro, senza rendersi conto che anche per la dimora-fondaco dell'imprenditore greco andava bandito un concorso di idee, ma per farle poi proprie. 8) Quello che Sitte non aveva bene colto era la qualità di piazza della Borsa, tipica piazza austriaca oblunga con colonna che regge un Leopoldo e non Carlo VI, che sta in piazza Unità, prego. Ora, piazza della Borsa è il perno di un sistema di tre piazze che si compenetrano: le altre due, ad evidenza, sono la stessa piazza dell'Unità e quella su cui si affaccia il Teatro Verdi. Che cosa c'entri, in un contesto coerente siffatto, la ridicola e mediocre statuina multipla dannunziesca lo sa solo chi l'ha rifilata alla città, che si fa convincere da qualsiasi pifferaio che la confermi nel suo narcisismo e nella sua autoreferenzialità fatta di luoghi comuni, ovunque ribaditi fino alla sfinimento. 9) A distanza di secoli due grandi figure della storia dell'architettura occidentale, Etienne Louis Boullée e Frank Lloyd Wright (fine Settecento per il primo, Novecento l'altro) si chiedevano perché alle persone destinate o comunque preposte ad amministrare la Cosa pubblica non venisse impartita una istruzione minimale riguardante architettura e urbanistica. Forse, fatti salvi i limiti del gusto di ciascuno di noi, determinate circostanze neppure si verificherebbero. 10) Tema delicato la piazza. Particolarmente a Trieste, s'è visto. Le piazze bisogna saperle trattare. Sitte sosteneva che statue e monumenti in genere andavano collocati ai margini, per non compromettere la utilizzabilità del sito. Il quale, con la goliardata del tallero in piazza Ponterosso, griderebbe vendetta al cielo nei secoli. E come se non bastasse, le onde marine, gradite a qualcuno, in mezzo a una piazza Unità già arricchita da un supermercato. Vivente Marcello Mascherini certe idee non avrebbero trovato cittadinanza, neppure per un giorno. Via, alla città che si vuole cosmopolita non si addice Strapaese. 11) Infine. Eravamo partiti da Largo Santos che, a sua volta, è parte di un sistema urbano in cui si fronteggiano parti di città che afferiscono a enti e/o istituzioni diversi: Comune, Autorità Portuale, Ferrovie dello Stato. Difficile tentare di sciogliere tutti i nodi in una volta sola. Ma andrebbe, andrà? Compreso che, per la rilevanza dell'intera area, risolvere un nodo non basterà se altrove tutto sarà come prima. Ogni triestino che faccia uso del treno e pure qualche croato o sloveno, si sarà reso conto del degrado del corridoio selvaggio ubicato fra il fianco del Silo e quello della Stazione ferroviaria. Una scarpa e una ciabatta? No, grazie. I tempi cambiano, in fretta. Quando Elena Croce, Giorgio Bassani e altri cittadini eminenti del Paese diedero vita all'associazione Italia Nostra, tuttora operante, sebbene appannata, molti, non troppi si entusiasmarono. Un ecologismo anche lievemente piagnone ne ha preso il posto. E tra porti e riporti, nuovi e vecchi, ogni città individua i suoi temi di affezione. Chi vivrà, vedrà. --*Professore ordinario di Storia dell'arte contemporanea all'Università di Torino
GIANNI CONTESSI
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 luglio 2021
Ferriera, Fedriga va in pressing su Roma
Dopo un incontro con l'ad di Arvedi il presidente s'impegna a sollecitare
l'accelerazione dell'iter per la riconversione dell'area
Trieste. Il gruppo Arvedi ha presentato ieri alla Regione la lista delle pratiche in ritardo nel percorso di riqualificazione della Ferriera e il presidente Massimiliano Fedriga si è impegnato a fare pressing su ministeri e Agenzia del Demanio, affinché vengano sbloccate le autorizzazioni ambientali ancora ferme e si trovi la quadra sul percorso di sdemanializzazione e permuta delle aree. L'ad di Acciaieria Arvedi Mario Caldonazzo si è confrontato ieri anche con il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, da cui dipende la modifica del piano regolatore del porto per consentire l'edificazione dei volumi del nuovo laminatoio. Dopo la lettera indirizzata a Fedriga nei giorni scorsi per denunciare la lentezza della burocrazia e il rischio per lo sviluppo del business plan da 330 milioni (di cui 50 coperti dal Mise), Caldonazzo ha fatto presente al governatore che il punto più delicato è quello della permuta dei terreni, perché oggi il laminatoio sorge su una superficie in concessione. L'Accordo di programma prevede uno scambio, che assegni definitivamente ad Arvedi i terreni del laminatoio (rendendo invece demaniali gli attuali terreni privati dell'area a caldo): la società la considera condizione indispensabile per edificare le nuove parti dell'impianto, che ospiterà linee aggiuntive di verniciatura e zincatura. L'impresa ha inoltre evidenziato che dai ministeri competenti ancora non arriva la firma che autorizza la demolizione delle palazzine, dopo che le parti metalliche sono state tutte asportate e gli altoforni ridotti alle sole fondamenta. Al palo anche la Conferenza dei servizi che deve autorizzare la messa in sicurezza, ovvero la realizzazione dei piazzali in calcestruzzo che tomberanno i terreni inquinati. «Siamo fermi», è stata la conclusione di Caldonazzo, che nel frattempo ha già fatto partire gli ordini per i nuovi impianti di laminatoio e centrale elettrica. L'ad ha sottolineato l'importanza del progetto e la sua valenza di modello nei processi di decarbonizzazione e produzione industriale a basso impatto, oltre che di riconversione di un impianto a zero esuberi. L'ad ha rivendicato la solidità del piano industriale e la serietà delle intenzioni di Arvedi, che ha scelto di rimanere a Trieste pur in presenza di un clima spesso ostile nei confronti dello stabilimento. Da qui la richiesta alla giunta di condurre un'opera di moral suasion sulle istituzioni centrali. Gli ottimi rapporti di Fedriga con il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti sono noti e la Lega Fvg esprime inoltre la pordenonese Vannia Gava come sottosegretaria del ministero della Transizione ecologica. Dopo l'incontro, il presidente ha sottolineato che «l'impresa riconosce la celerità della Regione per quanto riguarda le nostre competenze. Siamo alleati delle imprese che vogliono investire e daremo una mano per quanto possibile, facendo un'opera di sensibilizzazione sugli organi competenti a livello nazionale. Le questioni principali sono legate al Demanio. La grande sfida del Pnrr per trasformare il paese sono le semplificazioni e le velocizzazioni dei processi: se avverrà, avremo una crescita strutturale». Sulla questione lavorerà la sottosegretaria Gava, almeno per quanto riguarda la parte ambientale: «La Conferenza istruttoria per la messa in sicurezza dei terreni si è tenuta nei primi di maggio e i pareri degli enti sono tutti arrivati. Entro luglio dovrebbe arrivare la convocazione della Conferenza decisoria, dopo la valutazione della documentazione. Cerchiamo di fare le cose presto e bene». Rispetto alla firma mancante sull'autorizzazione a demolire, Gava ha precisato che «abbiamo trovato molte autorizzazioni ferme: se basta la firma del ministro la manderemo subito avanti. C'è tutto il supporto ad Arvedi e alla Regione per partire presto».
Diego D'Amelio
«Sulle Noghere vanno coinvolte le parti sociali» - il focus della CGIL
«Sosteniamo da anni la necessità di nuovi investimenti produttivi in
relazione con le attività del porto. E i progetti, in particolar modo quelli
nuovi, devono garantire delle produzioni che siano sostenibili da un punto di
vista ambientale e devono garantire ricadute economiche e sociali sul territorio
in cui insistono»: lo ha detto il segretario generale Cgil Trieste Michele Piga
al termine dell'ultima riunione, svoltasi nei giorni scorsi ad Aquilina,
incentrata sul nuovo insediamento industriale nella valle delle Noghere. Impatto
ambientale, atmosferico, terrestre e marino: questi i punti su cui si è
focalizzato il dibattito promosso dalla Cgil. Ma si è discusso anche di
tematiche legate alla logistica e alla mobilità, insieme proprio all'incertezza
sulle ricadute economiche sul territorio, sia in termini di occupazione che dal
punto di vista del rilancio delle imprese artigiane. «Sollecitiamo - così Piga -
il presidente della Regione Massimiliano Fedriga affinché istituisca una cabina
di regia che coinvolga, oltre alle istituzioni e all'impresa, le rappresentanze
sociali, per la necessaria trasparenza».
(lu.pu.)
Un milione per rimettere a nuovo il "cuore" di piazza Sant'Antonio
L'assessore Lodi spiega si tratterà di un intervento «conservativo» - La
collega Tonel studia il trasloco dei commercianti in Ponterosso
Il budget per ridare decoro a piazza Sant'Antonio è salito a due milioni con
la manovra estiva presentata alcuni giorni fa dalla giunta e prossima a essere
sottoposta all'esame del Consiglio comunale. Si tratta forse dell'intervento più
significativo tra quelli che riguardano i Lavori pubblici, perché consentirà il
completamento della riqualificazione riguardante l'ultima piazza centrale ancora
senza cosmesi. La milionata aggiuntiva, in attesa di ratifica consiliare, sarà
destinata alla parte che si estende in mezzo allo spazio urbano, ovvero quella
dove si apre la vasca senza acqua e dove operano i banchetti del mercato
alimentare e floreale. L'assessore Elisa Lodi, che sul punto agirà in stretto
contatto col sindaco Dipiazza assai sensibile in tema di piazze (soprattutto in
periodo elettorale), mette le mani avanti, avvertendo che il recupero sarà di
«tipo conservativo», cioè senza cambiare l'attuale assetto dell'area. Non
essendo ancora disponibile la risorsa, non è ancora avviato l'iter progettuale
per questa seconda fase.Ma una cosa è certa: quando, ormai nel prossimo anno (e
con la prossima giunta), si procederà con il restyling della parte centrale
della piazza, sarà necessario garantire preventivamente il nuovo parcheggio per
i commercianti, che in piazza Sant'Antonio hanno una sistemazione
provvisoria.Ecco perché, d'intesa con la collega Lodi, l'assessore al Commercio
Serena Tonel utilizzerà una posta di 100.000 euro per studiare la futura
collocazione di verdure, frutta, fiori, formaggi, salumi: collocazione che, con
ogni probabilità, coinvolgerà Ponterosso, tradizionale sito delle "venderigole".
«Porgeremo attenzione all'arredo urbano - spiega la Tonel - cercando soluzioni
che trasformino il mercato in un momento attrattivo per i turisti».Avanti invece
con la prima fase della piazza, quella che concerne i cosiddetti "baffi", ovvero
le corsie laterali che saranno ripavimentate con i masegni. È ormai pronto il
progetto esecutivo, quindi la Lodi conta che il cantiere, "armato" da 1 milione,
possa decollare in autunno.
Magr
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 luglio 2021
Cinghiali partiti da Lussino a nuoto fino all'isola di Sansego
Lussino. Un episodio impensabile fino a poco tempo fa: a Sansego (Susak) sono apparsi i cinghiali. Un piccolo branco si è stabilito sull'isola (300 residenti, di cui un centinaio di abitanti fissi per 12 mesi l' anno e gli altri presenti durante i weekend), dove finora questi animali non si erano mai visti. Hanno raggiunto Sansego a nuoto a quanto pare senza eccessivi problemi.Già la scorsa estate alcuni pescatori dell'arcipelago di Cherso e Lussino avevano segnalato di avere visto esemplari nuotare imperterriti verso Sansego. Il punto di partenza? L'isola di Lussino, da anni occupata da questi animali alloctoni che impensieriscono i residenti.Il tutto ha avuto inizio una quarantina d'anni fa, quando nella riserva di caccia di Cherso furono introdotti diversi cinghiali e daini per compiacere il turismo venatorio. L'intento era quello di accelerare su questa attività, che aveva peraltro negli italiani i clienti più fedeli. Poco tempo dopo essere stati portati sull'isola nordadriatica, i cinghiali (e anche i daini) sono riusciti a fuggire dall'area recintata, sistemandosi un po' ovunque a Cherso e in seguito a Lussino. Una presenza deleteria, la loro, perché oltre a danneggiare parecchi muretti a secco - uno dei simboli di questo arcipelago - i cinghiali hanno messo in ginocchio gli allevamenti di ovini.Il problema cinghiali era sorto una ventina d'anni fa anche a Veglia, ma i cacciatori dell'isola lo hanno risolto. Così non è stato invece a Cherso e Lussino, dove gli animali si sono riprodotti in modo esponenziale. La vicenda ha visto coinvolte anche autorità statali e della Regione quarnerina, ma finora non è stata trovata una soluzione adeguata.Come si diceva, la presenza dei cinghiali impensierisce la popolazione. Una decina d'anni fa un residente era stato aggredito da un branco di cinghiali mentre stava camminando lungo la strada che collega Lussinpiccolo e Lussingrande. L'uomo era riuscito a fuggire, prendendosi un bello spavento. È questo soltanto uno dei tanti incontri ravvicinati fra uomini e animali che continuano a susseguirsi. L'altro giorno un residente a Sansego intanto è riuscito a riprendere con il suo cellulare diversi cinghiali che scorrazzavano lungo la strada tra Sansego Alta (la parte più antica dell'abitato) e il faro.Anche su quest'isola la sorprendente presenza degli sta generando un po' di preoccupazione tra i locali, che temono eventuali attacchi da parte di animali impauriti o preoccupati per i propri cuccioli.
Andrea Marsanich
Tartaruga marina salvata da un diportista al largo e ricoverata a Terranova - AVEVA DUE AMI INFILZATI IN BOCCA
Rimarrà ricoverato almeno una settimana nel Centro di recupero della fauna selvatica di Terranova (San Canzian d'Isonzo) il giovane esemplare di Caretta Caretta rinvenuto sabato pomeriggio da un diportista nella zona di Muggia, dove l'animale nuotava con l'amo di una lenza da pesca infilzato nella bocca, senza avere la possibilità di liberarsene. Il diportista ha subito contattato la Capitaneria di Trieste e ha consegnato la tartaruga ai militari della Guardia Costiera in zona Sacchetta. Qui l'animale è stato sbarcato e accudito secondo le indicazioni del Centro di Terranova, l'unico del Friuli Venezia Giulia autorizzato a ospedalizzare la specie, protetta e quindi sottoposta a particolari regole di tutela, nelle vasche piene di acqua salmastra di cui è dotato. Il gestore del Centro, Damiano Baradel, ha attivato il veterinario Stefano Pesaro che ha preso in carico l'animale, occupandosi del trasferimento a Terranova assieme ai volontari dell'associazione DelTa (Delfini e tartarughe in Alto Adriatico) di Trieste. «L'animale, con un carapace di circa 40 centimetri di lunghezza e quindi circa 10 anni di età, aveva due ami in bocca - spiega Tommaso De Lorenzi, vicepresidente dell'associazione DelTa -. Uno gli è stato tolto forse già sull'imbarcazione, mentre sull'altro è dovuto intervenire il veterinario, che poi ha somministrato degli antibiotici all'animale, tutto sommato in buone condizioni. Per fortuna non ha inghiottito gli ami». La Caretta Caretta dovrebbe quindi rimanere almeno una settimana nelle vasche del Centro di recupero della fauna selvatica, autorizzato dalla Regione anche per la fauna esotica. «Questa è una storia a lieto fine - afferma De Lorenzi -, grazie anche alla sensibilità del diportista, che ha chiamato subito la Capitaneria, attivando una rete di collaborazioni capace di fornire una risposta adeguata all'esigenza di salvaguardia, ancora esistente, della specie. Nelle ultime tre settimane abbiamo ricevuto la segnalazione di due tartarughe marine decedute a Grado, una a Muggia e una ai Filtri». I pericoli per la tartarughe marine sono rappresentati dall'impatto con scafi ed eliche, bycatch (pesca non volontaria), pesca industriale (strascico, palamiti), inquinamento da plastiche. Il periodo del lockdown ha inciso poco, in realtà, perché la pesca non è mai diminuita nel golfo di Trieste, area di foraggiamento per la Caretta Caretta, che depone le uova molto più a sud.
Laura Blasich
Magazzini Greensisam depennati dalla lista dei beni da vendere
La giunta Dipiazza modifica la delibera di giugno perché attende tutte e 5 le stime sugli edifici posizionati all'inizio di Porto vecchio
Cucù, i magazzini opzionati dalla Regione non ci sono più. Cosa è successo ai 5 edifici del cosiddetto "villaggio Greensisam", che erano stati inseriti nel Piano alienazioni 2021-23 del Comune? È successo che una delibera, portata in una recente giunta dall'assessore all'Immobiliare Lorenzo Giorgi, li ha momentaneamente depennati dall'elenco dei beni da vendere. Vediamo perché. Antefatto. I 5 magazzini, posizionati all'inizio di Porto vecchio tra il Molo IV e i varchi di largo città di Santos, sono al centro di una trattativa destinata a sbloccarne il mancato utilizzo: concessi a Pierluigi Maneschi nel 2005, l'antico progetto di trasformarli nella sede europea di Evergreen non è mai decollato. Per cui l'erede Antonio si trova a pagare un affitto annuo di 513.000 euro al Comune e cerca una soluzione per affrancarsi dalla gabella. La ricetta elaborata sembra salvifica: i due magazzini 1-3 bordo-mare rimarrebbero a Maneschi, i retrostanti 2-4 verrebbero presi in carico dalla Regione che li trasformerebbe in uffici, il 2A si candiderebbe a diventare un parcheggio. C'è stato anche un passaggio confirmatorio in Consiglio regionale un anno fa, in occasione del dibattito sull'assestamento di bilancio. Il Municipio ha iscritto i cinque magazzini nell'albo dei beni alienandi a 7,4 milioni. Onde fissare il prezzo per l'asta e ricalibrare la locazione, lo scorso anno il Comune, proprietario dei cinque stabili dopo il trasferimento di Porto vecchio, ritiene opportuno affidare la stima degli stabili a uno dei maggiori esperti nazionali, il professor Stefano Stanghellini. Docente e professionista che ben conosce Trieste, avendo operato su Porto vecchio, su Cittavecchia, sugli ex ospedali Santorio e Maddalena. Gli viene riconosciuta una parcella onnicomprensiva di 44.000 euro. Il professore si prende alcuni mesi per redigere la perizia. A fine maggio Stanghellini è già in grado di anticipare le prime due quotazioni, che riguardano i magazzini 2-4, quelli in predicato di passare alla Regione. Il "2" sale da 2,7 a 4,4 milioni mentre il "4" cresce da 2 a 5 milioni. In complesso la stima degli edifici destinati alla Regione raddoppia a 9,4 milioni. L'Immobiliare, nel preparare la delibera che aggiorna il Piano alienazioni, riporta il nuovo prezzo. La notizia rimbalza sugli organi di informazione e in Regione - da quanto è dato sapere - non la prendono bene. Pare che lo stesso governatore Fedriga si sia fatto vivo con Dipiazza. In Municipio si decide così di gettare acqua sul fuoco: in attesa che Stanghellini proceda alla stima degli altri tre magazzini, i cinque stabili sono depennati dal Piano alienazioni. E cosa succederà quando il professor Stanghellini avrà completato l'incarico, presumibilmente entro la fine del mese corrente? Le stime sui magazzini destinati alla Regione cambieranno? Stanghellini avrà mutato opinione? La delibera "emendata" andrà in Consiglio comunale. Se mancheranno gli asset Greensisam, ci saranno comunque altri argomenti da dibattere: per esempio, il crollo di villa Cosulich da 1,9 milioni a 900.000 euro e la cessione dell'ex Duke - comprato per diventare il nuovo Mercato ortofrutticolo - a 1,5 milioni. Dove andranno i grossisti di frutta e verdura? Forse la risposta arriverà a fine mese, se l'ex Manifattura tabacchi sarà venduta a Francesco Fracasso.
Massimo Greco
L'Ostello Tergeste va all'asta per il fallimento della proprietà
Il gestore dell'attività ricettiva e di ristorazione, Giovanni Tosto, continua a operare e assicura: «Eserciterò il diritto di prelazione per proteggere quanto costruito» È in vendita all'asta l'Ostello Tergeste di viale Miramare. Un immobile oggi adibito ad attività ristorativa - molto apprezzata anche da tanti triestini - e ricettiva, in uno degli angoli più suggestivi della città. Va precisato che, forte di un contratto di affitto di ramo d'azienda che scade a fine 2025, il cambio di proprietà - qualora si concretizzi - non potrà per ora incidere sull'attuale gestione. Ma in futuro sì. A trascinare all'asta l'ostello è il fallimento dell'Associazione Italiana Alberghi delle Gioventù (Aig). La base d'asta è di 1 milione 115 mila euro. Il rilancio minimo è stato fissato a 10 mila euro, con una cauzione prevista di 167.250 euro, oltre ai diritti d'asta. Aig è stato un ente storico italiano fondato nel 1945, e dal 1° luglio 2019 si trovava in procedura fallimentare avviata dal Tribunale di Roma. Il suo fallimento ha messo in seria difficoltà la maggior parte degli ostelli del Paese. L'esame delle offerte è stato fissato per le 10 del 22 luglio prossimo. La gara - che si svolgerà in modalità telematica - avrà inizio alle 12 della stessa giornata e terminerà alle 15. La vendita dell'Ostello Tergeste include «il ramo d'azienda in fallimento di viale Miramare 331 - scrive l'avviso di vendita -, attualmente condotto in affitto di ramo d'azienda in forza ad un contratto di affitto che ha scadenza a fine 2025, con un canone annuo di 53 mila euro più iva, ridotto a fronte dell'emergenza Covid del 50% per tutto il 2021». Questo contratto prevede espressamente il diritto di prelazione a favore dell'affittuario per l'acquisto. Dunque, l'attuale gestore della parte ricettiva e del ristorante potrebbe essere il primo a farsi avanti per aggiudicarsi l'immobile. L'importo fissato come base d'asta include il complesso immobiliare con destinazione ricettiva composto da 13 camere - più della metà interrate - per un totale di 68 posti letto (valore di stima 1 milione e 50 mila euro), degli arredi per un valore di 13 mila euro e beni immateriali e licenze commerciali per un valore di 52 mila euro. Nel 2015 l'Aig aveva tentato un piano di dismissione del proprio patrimonio immobiliare nell'intero Paese, mettendo in vendita l'immobile triestino a due passi dal Castello di Miramare per ben 5,6 milioni di euro. Un prezzo totalmente fuori mercato, e infatti quel tentativo di alienazione non andò a buon fine. Va tenuto conto che sull'immobile insistono alcuni vincoli della Soprintendenza. «Combatterò con tutte le mie forze per proteggere quello che con tanti sacrifici io e le persone che lavorano con me abbiamo costruito in 11 anni - sottolinea rammaricato Giovanni Tosto, il titolare della società che oggi con un affitto di ramo d'azienda gestisce la struttura e che, di fatto, è costretto suo malgrado a subire questa vicenda -. Abbiamo sempre pagato regolarmente l'affitto - aggiunge - e la pandemia ha dato una vera mazzata alle strutture ricettive in generale, ma in modo particolare agli ostelli». Tosto spiega, infatti, che il virus ha fatto venir meno quello che era il core business di queste realtà: «La caratteristica degli ostelli è quella di far condividere una stanza a più persone, a clienti diversi, mentre ora per le questioni ormai note possiamo ospitarci solo persone singole, una coppia o una famiglia».Testimoniando quanto i triestini anche questa estate, con la loro presenza, stiano dando prova di forte affetto per l'Ostello Tergeste, Tosto anticipa: «Eserciterò il diritto di prelazione, anche per tentare di difendere il futuro delle 10 famiglie che vivono di questa realtà».
Laura Tonero
Gal Carso, 812 mila euro per agricoltori e imprese che vogliono innovare - IL BANDO PUBBLICATO SUL BUR
Trieste. Ammontano a 812 mila euro le risorse inserite nel bando predisposto dal Gal Carso e indirizzato ad agricoltori e aziende della trasformazione impegnate in processi di innovazione. Il bando, denominato "S10", è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione (Bur) e si rivolge a soggetti aventi sede legale o unità operativa locali. «Si tratta di un bando - ha detto il presidente del Gal Carso, David Pizziga - atteso da tempo. Siamo in una fase di profonda trasformazione e perciò ci soddisfa poter mettere nuova energia a disposizione della comunità». Saranno finanziati i progetti finalizzati a introdurre l'innovazione nella produzione, trasformazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e loro derivati, in particolare consolidando le reti di impresa e l'aggregazione a livello locale. Il tutto senza stravolgere la produzione primaria, migliorando i processi produttivi, riducendo la pressione sull'ambiente naturale, incrementando la produzione agricola tipica dei diversi comparti produttivi, mantenendone alto il livello qualitativo. Entreranno nel novero anche le attività di valorizzazione e promozione dei prodotti oggetto di finanziamento, oltre agli investimenti in macchinari e attrezzature per la coltivazione e l'allevamento, l'allestimento di locali per la trasformazione, la manipolazione, lo stoccaggio e la commercializzazione. Ogni singolo progetto dovrà avere un costo compreso fra i 13 mila e i 135 mila euro. Le aliquote di copertura andranno dal 40% per le attività di trasformazione e manipolazione, fino al 60% per la produzione primaria. Se le domande fossero superiori alle risorse a disposizione, il Gal Carso ne cercherà altre per gli esclusi. Finora il Gal Carso ha sempre soddisfatto tutte le domande ammissibili. Questa la divisione delle risorse più importanti per settore: erbe officinali 96 mila euro, coltivazioni erbacee e arboree 240 mila, apicoltura 90 mila, allevamento bovino, equino e ovi-caprino 120 mila, suinicoltura 210 mila, nuovi prodotti 56 mila. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata per il 21 settembre.
Ugo Salvini
Laminatoio alle Noghere sotto la lente slovena - AMBIENTALISTI E ISTITUZIONI
Muggia. La questione laminatoio alle Noghere travalica il confine e arriva all'attenzione delle associazioni ambientaliste slovene. Nei giorni scorsi si è svolto nella casa della comunità locale di Skofije un incontro sul tema, che ha visto la partecipazione del presidente dell'associazione Alpe Adria Green, Vojko Bernard, e della rappresentante di Wwf Adria, Nevenka Lukic, che hanno illustrato l'impatto della struttura industriale sull'ambiente e le relative conseguenze per la Slovenia. È intervenuto il sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik che, sottolineando la vulnerabilità ambientale del suo comune che si trova tra il porto di Trieste e quello di Capodistria, ha rimarcato che richiederà la valutazione d'impatto ambientale per motivi di natura transfrontaliera e che, qualora i risultati dovessero essere negativi, si opporrà a tale progetto per il bene delle persone e della natura con tutti i mezzi legali. Inoltre informerà il coordinamento dei sindaci del litorale che si terrà il 6 luglio, domani. Tra gli ospiti Tiziana Cimolino, dei Verdi Fvg, e i rappresentanti del comitato cittadino di Muggia mobilitato contro il laminatoio.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 luglio 2021
Pescherecci, base in Porto vecchio. La categoria "Si attrezzi l'area"
Dipiazza annuncia il trasferimento dall'ex Gaslini dove approderanno i
rimorchiatori del servizio in golfo
Dovranno trasferirsi in Porto vecchio, per fare spazio, nell'area Gaslini
dove operano da anni, ai rimorchiatori di servizio in golfo. È questa la notizia
annunciata ieri mattina dal sindaco, Roberto Dipiazza, nel corso di un pubblico
incontro che ha visto i pescatori triestini aderenti al settore ittico
dell'Associazione generale cooperative italiane dell'Agrital, in stato di
agitazione per le numerose problematiche del settore già dallo scorso 12 giugno,
confrontarsi con le istituzioni locali e la Capitaneria di porto. E i pescatori
locali non hanno reagito bene alla novità: «Non ci sposteremo in Porto vecchio -
ha subito replicato Guido Doz, responsabile regionale dell'Agci Agrital - finché
l'Autorità portuale non avrà attrezzato l'area individuata per noi come
riteniamo necessario per poter svolgere normalmente e in sicurezza il nostro
lavoro. Mi riferisco - ha precisato - alla costruzione delle banchine e alla
sistemazione degli ormeggi e a tutti i servizi correlati». La necessità di
procedere a questa inversione di sedi fra pescatori e rimorchiatori sembra però
assoluta: «In questo momento - ha sottolineato il Direttore marittimo e
Comandante del Porto di Trieste, contrammiraglio Vincenzo Vitale - i
rimorchiatori sono sistemati in un punto del Porto vecchio molto decentrato
rispetto al porto industriale della città. Trasferirli qui all'ex Gaslini - ha
proseguito - per utilizzare questa struttura a fini commerciali, è una necessità
strategica per il porto e per la sicurezza dell'intero scalo». In Porto vecchio
dovrebbe trovare spazio l'ottantina di pescherecci che oggi formano la flotta
locale; di essi gran parte è ormeggiata nell'area Gaslini, mentre gli altri sono
attraccati al molo Venezia. Un'area quest'ultima che è sotto la gestione
dell'Assonautica, l'ente istituito da Unioncamere nel 1971, per promuovere
l'economia del mare, di cui è presidente, a livello locale, Antonio Paoletti.
«Faremo la nostra parte per dare sostegno al settore della pesca - ha promesso
quest'ultimo - perché gli strumenti ci sono». Paoletti ha poi ricordato la spesa
di 24 mila euro, affrontata dall'Assonautica di Trieste «per liberare i fondali
vicini al molo Venezia dalle carcasse di pescherecci affondati, non
riconducibili ai legittimi proprietari». Ma ieri è stata l'occasione, da parte
dei pescatori locali, di rimarcare anche altri problemi che attanagliano la
categoria: «Soffriamo la concorrenza dei pescatori croati - hanno evidenziato -
che propongono qui a Trieste il loro pescato a prezzi che noi non possiamo
sostenere. Il pesce in golfo - hanno proseguito - sta inoltre diminuendo di
quantità e oramai noi stessi, come categoria, ci stiamo assottigliando sempre di
più, perdendo in proporzione anche la forza rappresentativa in tutte le sedi. A
livello nazionale - hanno poi osservato - non possiamo beneficiare di
ammortizzatori sociali e le giornate di fermo pesca, sulla base delle direttive
europee, sono in costante aumento». Su questo tema si è soffermato Giampaolo
Buonfiglio, presidente nazionale dell'Alleanza cooperative italiane, che
comprende Lega coop, Confcooperative e Agci: «Lotteremo su tutti i fronti - ha
annunciato - perciò prepariamoci anche a manifestazioni di protesta, perché solo
tutti uniti potremo ottenere quei risultati che ci attendiamo per la categoria
della pesca».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 3 luglio 2021
Ruspe sì o no: così la Tripcovich entra nella corsa pre-elettorale
Centrodestra compatto con Dipiazza per la demolizione - Contrari M5s e
Futura. E il centrosinistra si scopre "fluido"
Può, persino un edificio, dividere la politica? Sì, se l'immobile in
questione si chiama sala Tripcovich. L'ex autostazione divenuta teatro e poi
chiusa dal 2017 irrompe nella campagna elettorale e si ritrova al centro di un
dibattito che coinvolge candidati sindaco ed esponenti di liste civiche e
partiti, con il centrodestra schierato per la sua demolizione, M5s e Futura su
posizioni opposte e un centrosinistra "fluido", con il candidato di Punto Franco
Francesco Russo che apre all'abbattimento mentre alcune forze politiche chiamate
a sostenerlo contrarie alle ruspe. Il futuro dalla Tripcovich si rivela dunque
tema di discussione in vista del voto dopo che la Commissione regionale per il
patrimonio culturale, organo collegiale interno al Segretariato regionale del
ministero della Cultura per il Fvg, ha deliberato la rimozione del vincolo delle
Belle Arti, dando di conseguenza l'ok a una possibile demolizione. Un "sogno",
questo, che negli ultimi anni è stato portato avanti con perseveranza dal
sindaco Roberto Dipiazza, e ora condiviso da tutto il centrodestra, da Fdi a Fi
fino alla Lega. Si chiede di dare spazio all'ingresso di Porto vecchio e di
metterci un giardino e magari una fontana (a questo proposito una mozione di Fdi
è pronta per essere discussa in Consiglio). Eppure, nel 2008, lo stesso primo
cittadino aveva rassicurato, durante l'intitolazione della sala a Raffaello de
Banfield, alla presenza di Uto Ughi, che la struttura sarebbe rimasta un teatro,
vista anche «l'acustica perfetta». «Solo i paracarri non cambiano idea», afferma
13 anni dopo, usando una delle sue "massime", il sindaco uscente, ricandidato di
fatto dal centrodestra: «I soldi per la demolizione ci sono, li troviamo nel
bilancio comunale. Dico comunque a chi vuole metterla a posto che servirebbero
somme incredibili, tanto è piena di amianto. E poi abbiamo il Verdi, il
Rossetti, il Miela, la Contrada, il Teatro sloveno, il teatro a San Giovanni».Se
il centrodestra ha un'unica opinione, non appare al contrario altrettanto
compatto il centrosinistra, che oscilla tra no e sì. E qualche possibilista, a
partire dal candidato sindaco in pectore Francesco Russo: «Non mi spaventa
l'idea di abbatterla alla luce del fatto che è da molti anni abbandonata.
Tuttavia dico no alle tifoserie, e propongo di metterci tutti attorno a un
tavolo per discutere di un piano serio per il dopo, che al momento non c'è. E
poi bisogna fare un ragionamento serio, come stiamo facendo noi, sugli spazi
culturali della città: quanti sono e dove localizzarli». Gli fa eco Maria Teresa
Bassa Poropat dai Cittadini: «Dico no alla demolizione, ma perché non c'è un
progetto alternativo valido. È il momento di fare una vera stima dei costi,
calcolando che si poteva intervenire molto prima». Il gruppo consiliare Pd, il
partito da cui proviene lo stesso Russo, è invece contrario alla demolizione,
«perché l'edificio - spiegano la capogruppo Fabiana Martini e il consigliere
Giovanni Barbo - è molto funzionale per gli eventi culturali e i festival: non è
che tutti gli edifici brutti li buttiamo giù». Sabrina Morena da Open Fvg si
definisce contraria alla demolizione («è un teatro che si può ristrutturare»),
ma la sua lista civica non ha ancora affrontato il tema internamente. «Mi rendo
però conto - aggiunge Morena - che molti di Open sono favorevoli, con l'idea di
dare vita poi a un grande giardino. In questo caso comunque porrei un tema:
serve individuare uno spazio per i festival del cinema». Trovare una sede per i
festival è l'obiettivo anche di Italia viva, con Antonella Grim che non si dice
contraria alla demolizione, a patto che non si creino dopo parcheggi,
supermercati o spazi vuoti di cemento. Differente l'opinione di Franco Bandelli,
candidato di Futura ed ex assessore di Dipiazza: «Siamo contrari, perché non
pensiamo che questa amministrazione sia capace di sostituire la Tripcovich con
una proposta utile per la città». Si dice possibilista Riccardo Laterza,
candidato di Adesso Trieste: «Prima vogliamo sapere che cosa diventerà
quell'area. Se ci fosse un progetto valido, diremmo sì, ma al momento non c'è».
Alessandra Richetti, candidata per i M5S, dice a sua volta no all'abbattimento:
«Riqualificare un'area non significa, per forza di cose, abbattere. Ma anche
migliorare l'esistente».
Benedetta Moro
IL PICCOLO - VENERDI', 2 luglio 2021
Assegnato all'asta l'ex hotel Obelisco
Nessun rilancio dopo l'ultima offerta da due milioni e 145 mila euro.
Valore raddoppiato in 15 mesi
Stavolta dovrebbe essere quella buona: l'altra mattina, nella sede Sivag di
Segrate, si è disputata l'asta per aggiudicare l'ex hotel Obelisco a Opicina
nell'ambito del fallimento Gladstone. Poiché è già accaduto in tre precedenti
circostanze di ritenere che l'immobile fosse stato venduto e invece per ognuna
delle tre circostanze l'aggiudicazione è stata smentita da nuovi rilanci, si
eviteranno dichiarazioni apodittiche. Nel centro alla periferia milanese il
procedimento è risultato piuttosto coinciso: c'era solo l'offerta di due milioni
e 145 mila euro, presentata lo scorso marzo da un operatore misterioso versus la
proposta pari a un milione e 950 mila formulata dalla famiglia Andretta,
imprenditori dell'ospitalità nell'Adriatico settentrionale. E gli Andretta non
se la sono sentita di alzare l'asticella a due milioni e 360 mila: «Abbiamo
altre iniziative in ballo a Trieste e ci concentreremo su di esse», ha
comunicato il vicepresidente Marco. Così il misterioso acquirente dovrebbe
essere il definitivo aggiudicatario dell'albergo abbandonato dagli anni Ottanta.
Il collegio dei curatori - tutto milanese formato dall'avvocato de Cesari e dai
commercialisti Zonca e Canova - sembrava orientato a considerare come ultimo
questo esperimento. Ieri nessuno dei tre professionisti era rintracciabile e,
anche se lo fossero stati, il riserbo sulla procedura, a cominciare
dall'identificazione del compratore, sarebbe stato inespugnabile. D'altronde,
nel giro di un anno e mezzo il valore del compendio Obelisco è volato da 1,2 a
oltre 2,1 milioni, quasi raddoppiando la quotazione che era scesa obiettivamente
molto in basso e che comunque resta lontana dalla stima di 4 milioni 573 mila
euro, che l'architetto milanese Agresta vergò nel lontano 2010. Non è dato
sapere cosa intenda realizzare il probabile compratore, ma certo dovrà
moltiplicare per 4-5 l'investimento effettuato per la proprietà: i 62 mila metri
quadrati dell'area Obelisco sono da rimettere energicamente in sesto. A
cominciare dagli 8.500 mq dell'ex struttura ricettiva, per proseguire con il
parco, il parcheggio, gli impianti sportivi. Nè Gabriele Ritossa nè gli Andretta,
precedenti ed effimeri aggiudicatari, avevano precisato i loro intendimenti, che
oscillavano tra riedizione alberghiera, casa di riposo, residenziale. Nella
giostra ci fu anche un terzo giro a opera della Matt di Stefano Campestrini, di
cui non si seppe alcunchè.A questo punto non resta che attendere
l'aggiudicazione definitiva, per cercare di conoscere il nome di chi vuole
impegnarsi per rinverdire gli allori del progetto targato Gae Aulenti. E per
ritrovare le emozioni di sir Francis Richard Burton, che in quella vecchia
stazione di posta tradusse verso la fine dell'800 "Le mille e una notte".
Massimo Greco
Autorizzazioni lente per la Ferriera - Arvedi: «Rischio di danni ingenti»
L'ad Caldonazzo scrive a Fedriga lamentando il ritardo dei
ministeri su procedure ambientali e sdemanializzazione - La replica
dell'assessore Scoccimarro: «La Regione ha fatto la sua parte. L'azienda chiede
una moral suasion su Roma»
Trieste. Altro che "fast track". Le procedure di autorizzazione sono
ferme e il gruppo Arvedi sbotta. Il governo ha inserito le opere previste dal
"pacchetto Trieste" nella corsia veloce del Recovery Plan: i 400 milioni
finanzieranno anche la riconversione della Ferriera, ma la società è preoccupata
che i ritardi sul via libera alle questioni ambientali e alla sdemanializzazione
delle aree mettano a repentaglio l'operazione, tanto che l'ad Mario Caldonazzo
scrive al governatore Massimiliano Fedriga per chiedere un appoggio a Roma,
facendo presente che «il mancato completamento degli investimenti rischia di
compromettere anche la continuità aziendale del complesso esistente». Caldonazzo
spara alto per sbloccare le procedure che giacciono sulle scrivanie
ministeriali. Arvedi e Icop attendono da mesi il semaforo verde del ministero
per completare le demolizioni, realizzare i nuovi piazzali e procedere con la
permuta fra aree pubbliche e private, che perfezionerà l'ingresso di Icop e
dunque di Hhla Plt Italy nel comprensorio, allo scopo di trasformare la
superficie di altoforno e cokeria in un terminal logistico. Le cose vanno troppo
lente rispetto ai programmi e, in vista di un incontro già fissato con la
Regione per lunedì, Caldonazzo sgancia la bomba. «Nel caso in cui il processo di
sdemanializzazione e permuta non si concluda in tempi rapidi, Acciaieria Arvedi
incorrerà in gravi problemi con i fornitori e subirà ingenti danni economici». E
così pure, aggiunge, «qualora insorgano problemi per la costruzione del
capannone», ovvero se la Regione non darà parere positivo alla Valutazione di
impatto ambientale del laminatoio (in questo caso il confronto non è stato
ancora avviato formalmente), di cui la società cremonese sta progettando un
ampliamento che richiederà un capannone ex novo, per il quale serve pure la
modifica il piano regolatore del porto da parte dell'Autorità portuale. Arvedi
rivendica di aver fatto la propria parte: «Nel mese di luglio sarà ultimato lo
smantellamento degli impianti dell'area a caldo, gli investimenti previsti nel
piano industriale sono stati tutti lanciati». L'accusa implicita è che le
istituzioni non stiano procedendo allo stesso ritmo e che la Regione non faccia
abbastanza per sollecitarle, dopo essersi intestata la volontà di chiudere la
Ferriera di Servola. L'azienda non commenta e fa trapelare solo di non aver
gradito l'emergere della comunicazione a Fedriga. Ma di cosa hanno bisogno i
privati per procedere? Il primo via libera dipende dai ministri della
Transizione ecologica e dello Sviluppo economico, che non hanno ancora
controfirmato il decreto che autorizza la demolizione delle parti in muratura
rimaste in piedi nel comprensorio. E poi ci sono le conferenze dei servizi che
devono autorizzare la messa in sicurezza, ovvero la realizzazione dei piazzali
che tomberanno i terreni inquinati. Il Mite ha chiesto agli altri enti
interessati di esprimere i propri pareri prima di convocare le riunioni
decisorie: i trenta giorni assegnati sono ormai scaduti e nulla si muove, anche
se Arpa e Ispra hanno fatto pervenire le proprie richieste di precisazione
tecnica a metà giugno. Alla messa in sicurezza partecipa anche il barrieramento
della linea di costa, per evitare lo sversamento di inquinanti a mare. Se ne
deve occupare Invitalia, ma la società pubblica non procede e, pur avendo
incamerato i 41 milioni necessari, da mesi non risponde alle richieste di
chiarimenti. L'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro difende l'operato della
Regione: «Ci siamo impegnati fin da subito per agevolare l'iter della
transizione ecologica di Servola e l'ad Caldonazzo chiede infatti aiuto al
presidente, affinché vi sia un'azione di moral suasion nei confronti dei
ministeri competenti. Per quanto ci riguarda, già a metà giungo Arpa ha inviato
il proprio parere sul progetto di messa in sicurezza di Icop». Sulla questione
intervengono anche i sindacati: la Fiom Cgil sottolinea con Thomas Trost che «la
Regione si è presa in carico l'operazione della chiusura e della
riqualificazione della Ferriera: questo comporta anche l'onere di assicurare i
permessi che, a 14 mesi dalla chiusura, sono ancora in attesa di rilascio.
Arvedi ha investito tanti soldi e ha bisogno di avere certezze. Fra un anno
scade la cassa integrazione e ci sono centinaia di lavoratori esposti».
Diego D'Amelio
Laminatoio alle Noghere - Fiom "bussa" a Danieli - la richiesta d'incontro
MUGGIA. Laminatoio alle Noghere, il dibattito continua. L'altro giorno la Fiom del Fvg e quella di Trieste, attraverso i segretari Maurizio Marcon e Marco Relli, hanno richiesto un incontro a Danieli e Confindustria Udine per comprendere gli aspetti tecnici, le previsioni industriali e gli impatti ambientali riferiti all'investimento in terra muggesana. «Investimento giunto attraverso un annuncio pubblico che - così la nota sindacale - ha generato allarme tra la popolazione dell'area interessata, alimentato dalla non conoscenza della natura delle attività, oltre che da una storica avversione per gli insediamenti industriali che molti danni hanno arrecato a quel territorio».Gli esponenti Fiom Cgil dichiarano nella nota di non aver alcun pregiudizio rispetto agli investimenti industriali, ma d'altro canto «siamo assolutamente attenti all'impatto sociale e ambientale che tali insediamenti possono produrre». La nota evidenzia inoltre la presenza, nel territorio rivierasco, di molti abitanti che guardano con timore all'investimento e per questo si stanno organizzando in comitati cittadini. Come nel caso del Comitato Noghere che oggi pomeriggio alle 18 si riunirà, è la quarta volta nell'ultimo periodo, insieme ai componenti di Trieste Verde e Circolo Miani, ai Giardini Europa, come stabilito alla fine dell'assemblea dello scorso 27 giugno. E qui si discuterà di come impostare il nuovo soggetto politico, sorto proprio alla fine dell'ultima assemblea, che si pone l'obiettivo di presentarsi alle prossime amministrative.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 luglio 2021
Cancellato il vincolo sulla sala Tripcovich - Demolizione più vicina
La commissione regionale per il patrimonio culturale ha sancito che
l'immobile non è più tutelato dalle Belle arti. Ribaltata la pronuncia romana di
oltre un anno fa
La sala Tripcovich non è più un bene tutelato dalle "Belle arti". Lo ha
stabilito la Commissione regionale per il patrimonio culturale (CoRePaCu),
riunendosi negli scorsi giorni e deliberando la rimozione del vincolo
sull'immobile: un caso eccezionale, visto che questa decisione ribalta
completamente la scelta presa più di un anno fa da Roma.Tale revisione
permetterà quindi al Comune proprietario di procedere alla demolizione: un sogno
che il sindaco Roberto Dipiazza porta avanti da tempo. Con l'abbattimento è
infatti volontà dell'amministrazione di procedere poi con la riqualificazione
dell'ultima parte dell'area di largo Città di Santos e la valorizzazione
dell'entrata del Porto vecchio, riportando così la piazza all'assetto
ottocentesco. Sarà l'ultimo atto dopo la chiusura dell'importante cantiere di
piazza della Libertà che aveva coinvolto in primis la viabilità. È anche questo
progetto di restyling che ha infatti spinto a proseguire nella direzione della
demolizione la CoRePaCu, organo collegiale interno al Segretariato regionale del
ministero della Cultura per il Fvg, che ha competenze in materia di tutela,
composto da Roberto Cassanelli, segretario regionale che riveste la funzione di
presidente, Simonetta Bonomi, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio
del Fvg, Luca Caburlotto, soprintendente archivistico del Fvg, e Andreina
Contessa, direttore della Direzione regionale Musei Fvg oltre che del Museo
storico e del parco di Miramare. Le motivazioni sono contenute nel decreto che
verrà pubblicato nelle prossime settimane sul sito del Segretariato regionale.
Sono stati gli uffici del Municipio circa un mese fa ad aver avanzato la
richiesta della rimozione del vincolo, corredata dal progetto di
riqualificazione dell'area, dopo aver affrontato negli ultimi tre anni una serie
di passaggi che, anche a causa dei cambi di governo e di legge, avevano
obbligato l'amministrazione a rivolgersi per la medesima richiesta pure agli
uffici del ministero della Cultura. In attesa del documento, a dare alcune
delucidazioni sulle motivazioni è Caburlotto. «È stata una decisione concorde
fra tutti, approfondita in tutti i suoi dettagli - spiega -. Le motivazioni che
stanno a monte hanno un loro punto forte nella revisione di un generale
intervento su tutta l'area del Porto vecchio e dell'area contermine, che nel
2006, quando era stata richiesta la verifica dell'interesse culturale, non
esisteva. Questo è uno dei punti, ma non è l'unico». Preferisce il "no comment"
invece, in attesa della pubblicazione del documento sui canali ufficiali, il
soprintendente Bonomi, che si sbilancia solo sul dopo: «Il progetto di
riqualificazione dell'area dovrà avere l'ok della Soprintendenza. Il Comune
dovrà poi presentare il progetto della demolizione, che riguarda un'area che
resta tutelata, a differenza del bene in sé». Non poteva che accogliere con
favore la notizia il sindaco Dipiazza. «Mi fa molto piacere che si sia dato l'ok
per proseguire verso la demolizione di quella roba brutta e per far diventare
l'area una delle più belle piazze della città - afferma -. Faremo una gara per
dare l'incarico del progetto di demolizione, che costerà circa 700 mila euro. Ne
parlavo proprio stamattina con l'ingegner Giulio Bernetti. Poi verrà dato il via
alla gara per l'impresa che si occuperà dell'intervento. Penso che indirò anche
un concorso di idee sulla piazza: prima volevamo posizionare in mezzo la statua
di Sissi, ma penso ci siano delle proposte più intelligenti. Ne parleremo con
l'architetto Andreas Kipar, incaricato dal Comune per lo studio paesaggistico
dell'antico scalo». Tempistiche? «Non chiedetemele, non si può mai sapere in
Italia. Diciamo entro la fine del mio prossimo mandato». Sul restyling della
piazza commenta così l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Sarà un percorso
portato avanti in accordo con la Soprintendenza, cercando di ricostruire l'idea
originale di progettazione della piazza e dare quindi visibilità alle mura di
Porto vecchio».
Benedetta Moro
«Senza quell'edificio si finirà per contemplare un muro oppure Sissi» - Il
comitato Ripensiamoci
«Andiamo a vedere le foto dell'800: presentavano una piazza Libertà dove si
vedeva il mare, ora c'è un muro. Senza la sala Tripcovich, diventerebbe la
contemplazione di un muro o della statua di Sissi: è un recupero per modo di
dire, non è lo stesso scenario di due secoli fa. La demolizione è l'assenza di
fantasia che c'è oggi. Basterebbe invece poco per immaginare una soluzione
diversa, anche per i giovani». A opporsi all'idea di una demolizione della sala
Tripcovich è la triestina Ambra Declich Grandi che, con la scenografa Elena
Zamparutti, ha dato vita al comitato "Ripensiamoci", nato a fine 2019, quando
iniziava a farsi sempre più vicina l'idea del Comune di abbattere il teatro di
largo Città di Santos. Due i punti fondamentali che il comitato sostiene per
scoraggiare le intenzioni dell'amministrazione: ripensare l'edificio e cavalcare
l'onda della Trieste cinematografica, optando per la Tripcovich quale sede
d'elezione per la settima arte. «Sono una triestina - sottolinea Declich Grandi
- che vuole fare una proposta alternativa, per salvaguardare un bene cittadino,
ma non per tenerlo come reliquia ma per opportunità future». Quindi
riqualificazione, in primis. «In molte parti del mondo occidentale ciò avviene,
qui no - continua -. Dopo avere ripensato l'edificio con un abito nuovo, allora
si potrebbe avviare un sondaggio: solo così si potrebbe far capire al pubblico
quale potrebbe essere l'alternativa». E poi c'è la vocazione cinematografica di
Trieste, «che sta diventando punta diamante di questa città, che può diventare
capitale del cinema dell'Est: ogni festival del cinema che si rispetti ha un suo
luogo d'elezione, noi ce l'abbiamo, basterebbe rilanciarlo».
B.M.
L'ex stazione delle autocorriere sorta nel '36 che per cinque anni sostituì
il teatro Verdi
L'edificio firmato da Baldi e Nordio venne adattato agli spettacoli in
sei mesi grazie al contributo del barone de Banfield
Costruita nel 1936, opera degli ingegneri Giovanni Baldi e Umberto Nordio,
la sala Tripcovich nacque inizialmente come stazione delle autocorriere, con
tutti i servizi relativi ai passeggeri (biglietteria, bar, deposito bagagli).
Tra i primi a Trieste ad essere stato edificato in cemento armato, l'immobile,
al tempo dismesso, fu poi trasformato nel 1992 in una grande sala da oltre 900
posti con palcoscenico e un'acustica che, per gli addetti ai lavori, era ed è
considerata ottima. L'intervento fu richiesto dopo che il teatro Verdi chiuse
per ristrutturazione e c'era bisogno di trovare un'alternativa. Si pensò prima a
un teatro tenda. «Il barone Raffaello de Banfield, presidente del gruppo
Tripcovich, nonché direttore artistico del Verdi, decise di mettere in campo 1
miliardo e mezzo di vecchie lire per questa operazione», ricordava in
un'intervista al Piccolo Franco Malgrande, classe 1950, di origine maceratese,
oggi direttore dell'allestimento scenico alla Scala di Milano, che con lo stesso
ruolo lavorò dal 1988 al 1992 al teatro Verdi. «Venne fuori poi che si voleva
demolire la stazione delle autocorriere - continuava -. Così, invece di
utilizzare il teatro tenda, rumoroso, si pensò di trasformare la stazione in
teatro. Io feci il progetto assieme allo scenografo Andrea Viotti, che ha
contribuito alle finiture all'interno della sala». Nell'arco di soli sei mesi,
con uno sforzo che coinvolse tutte le maestranze e le risorse lavorative del
Verdi, nacque la sala ora denominata de Banfield-Tripcovich, che fu inaugurata
solennemente il 16 dicembre 1992, «quasi un miracolo di tempismo e
professionalità, tanto da meritare al Teatro "Verdi" il riconoscimento del
prestigioso Premio Abbiati», si legge sul sito del Verdi, che la sala sostituì
fino al 1997. Nel giugno 2008, alla presenza del maestro Uto Ughi, fui poi
intitolata a de Banfied, uomo simbolo della cultura musicale "a e di" Trieste e,
non ultimo, grande mecenate. Fu lui che diede infatti il maggior contributo per
la copertura finanziaria dell'operazione, accanto ai finanziamenti di Regione
Fvg e Comune. Sul palcoscenico si sono avuti debutti e conferme di grandi
valenze artistiche: dall'Orfeo di Gluck diretto da Peter Maag ai balletti di
Carla Fracci fino alla presenza del direttore cinese Lü Jia, oggi conosciuto a
livello internazionale, con la Messa in si minore di Bach. Il palcoscenico
ospitò tanti altri spettacoli che, anche dopo il 1997, fino al 2018, sono stati
rappresentati in questa sala. Il 2018 è l'anno in cui l'immobile dalla
Fondazione Verdi torna al Comune in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere:
la sala era stata infatti conferita gratuitamente al Verdi il 10 dicembre 2012.
All'epoca il Consiglio comunale aveva votato così la delibera del passaggio
dell'immobile: 33 voti favorevoli su 39 presenti nell'aula tra gli applausi del
pubblico presente. Un voto che era stato preceduto da diverse polemiche
riguardanti il valore della permuta. Solo il Movimento 5 Stelle (che aveva
appunto posto a più riprese una pregiudiziale sull'operazione) aveva scelto di
non partecipare al voto. Da tre anni ormai la sala è chiusa al pubblico perché,
hanno spiegato più volte dal Comune, è «un edificio fuori legge, con i camerini
nei container», poi rimossi, «pieno di amianto». Per ristrutturarlo ci
vorrebbero circa 1,5 milioni di euro. Questa era stata la cifra palesata in
passato. Ora, forse, ci vorrebbe qualcosa in più, ma la volontà dell'attuale
amministrazione punta verso altri progetti.
Le fermate degli autobus "che parlano ai ciechi" con il bastone Letismart - Il Progetto di Trieste Trasporti e Inner Wheel
Un bastone che comunica con i capolinea degli autobus, permettendo così agli ipovedenti di orientarsi nel crogiolo di fermate della Trieste Trasporti, presenti tra piazza Libertà e largo Città di Santos. Si tratta di un "service" realizzato grazie al contributo della sezione triestina dell'Inner Wheel Italia, club tutto al femminile impegnato da anni nell'assistenza a persone o categorie meno fortunate. L'oggetto che, tramite degli impulsi sonori, permette il dialogo fra ipovedenti e le fermate dei bus si chiama Letismart, strumento di soli 8 grammi realizzato dall'azienda triestina Scen. «Con questo sistema - spiega Marino Attini, ideatore del prezioso strumento e membro della Direzione Nazionale dell'Unione Italiana Ciechi - l'utente che esce dalla stazione centrale, riceve le informazioni audio che gli consentono sia l'attraversamento pedonale tramite semaforo, sia il corretto posizionamento sulle banchine dell'autobus desiderato. Il tutto dal proprio bastone bianco dotato di due soli, ma importantissimi per l'utilizzatore, pulsanti. Con il primo l'autista viene avvertito tramite un cicalino che sta per salire un ipovedente, mentre con l'altro l'utilizzatore sa dove deve recarsi per salire sull'autobus.Le fermate "che parlano ai ciechi" sono il risultato del lavoro congiunto fra Inner Wheel, Unione Italiana Ciechi e Comune di Trieste. «Al di là del contenuto di questo progetto - ha sottolineato l'assessore comunale al territorio, Luisa Polli - ritengo che prestare attenzione a qualsiasi forma di disabilità deve essere da stimolo per tutti noi ad aiutare chi è costretto a convivervi».
Lorenzo Degrassi