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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2018

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 giugno 2018

 

 

Pagelle alle Alpi: quindici bandiere verdi
Il dossier di Legambiente che premia turismo dolce ed energia pulita. Vince la Lombardia con cinque riconoscimenti
Torino - C'è speranza per il futuro delle Alpi. Nonostante il cambiamento climatico, i ghiacciai che scompaiono e il crescente consumo del suolo, i territori montani sono sempre più spesso protagonisti di esperienze virtuose e rispettose dell'ambiente. Si tratta di progetti e iniziative in grado di dare impulso a una nuova economia fatta di agricoltura responsabile, turismo dolce e salvaguardia del territorio. Buone pratiche che Legambiente racconta e premia con le tradizionali bandiere verdi della Carovana delle Alpi, la campagna che ogni anno monitora lo stato di salute delle nostre montagne. Nell'edizione 2018 sono quindici i riconoscimenti assegnati (cinque in Lombardia, quattro in Piemonte, due in Valle d'Aosta, due in Trentino Alto Adige e due in Friuli Venezia Giulia). Ci sono il trekking di quarantadue tappe attraverso venti foreste lombarde, la pista ciclabile sulla ferrovia dismessa al confine tra le province di Torino e Cuneo, il recupero delle antiche mulattiere della Val Brembana, la campagna per il salvataggio dei rospi sul lago di Endine. Quest'anno tra i premiati con le bandiere verdi figurano anche i comuni di Bardonecchia e Oulx (alta Val Susa), che assieme a diverse organizzazioni non governative e a gruppi di cittadini portano avanti iniziative di accoglienza dei migranti. Le pratiche virtuose premiate raccontano come sia possibile vivere le Alpi senza sfruttarle, valorizzandone aspetti e caratteristiche. «Ma queste iniziative - è l'appello che lancia Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - devono essere accompagnate anche da una politica nazionale che metta al centro il recupero e la valorizzazione delle aree montane e da strategie di adattamento ai cambiamenti climatici». Nonostante le tante buone pratiche segnalate lungo tutto l'arco alpino, Legambiente ricorda anche che continuano le «aggressioni» alle montagne. È il caso dell'eliski, «malcostume» imperversante un po' ovunque sulle Alpi, dello sfruttamento a scopo idroelettrico dei piccoli torrenti, della riproposizione di gare di enduro o quad dannose per gli ecosistemi, o dei progetti per impianti sciistici di risalita in zone di grande pregio naturalistico (come le Cime Bianche in Valle d'Aosta). E allora far rinascere la montagna conviene ascoltare le parole di Giorgio Elter, agricoltore valdostano premiato da Legambiente con una bandiera verde per aver denunciato le ripercussioni dei cambiamenti climatici alla Corte di Giustizia europea: «Abbiamo il dovere di preservare queste montagne per lasciarle ai nostri figli, così come le abbiamo ricevute noi».

Gabriele Martini

 

Il giro delle coste in barca a vela per salvare il mare dalla plastica
Parte oggi da Trieste la nuova avventura di Mauro Pelaschier - Dodici i porti che verranno toccati. Rientro il 20 settembre
Trieste - Siamo tutti sulla stessa barca che naviga in un mare sempre più inquinato dalle plastiche: 8 milioni di tonnellate finiscono ogni anno negli oceani, dai quali traiamo ben il 70% dell'aria che respiriamo. Per questo motivo, lo skipper Mauro Pelaschier, ex timoniere di Azzurra, salperà oggi dalla Società Velica Barcola-Grignano a bordo di "Crivizza", una barca a vela in legno costruita a Trieste nel 1966, per compiere il giro delle coste italiane entro il 20 settembre, con lo scopo di sensibilizzare gli amanti del mare sul tema della salvaguardia degli oceani. Assieme a lui Daniele Gabrielli e Gianfranco Bonomi, ai quali si uniranno nel corso delle tappe altri compagni di navigazione, tra i quali alcuni ricercatori di due istituti del Cnr. L'itinerario marittimo toccherà tutte le coste italiane e dodici porti con i relativi circoli nautici: Trieste, Venezia, Ancona, Bari, Crotone, Catania, Napoli, Gaeta e Arzachena, quindi ulteriori tappe in Liguria e a Luino, per comprendere anche i laghi. L'iniziativa è supportata dalla One Ocean Foundation, di cui Pelaschier è ambasciatore, fondata dallo Yacht Club Costa Smeralda, presieduta dalla Principessa Zahra Aga Khan. La Fondazione si propone di sensibilizzare il grande pubblico sugli aspetti più critici che mettono in pericolo l'oceano promuovendo la Blue Economy, diffondendo la cultura e la conoscenza dei mari e coinvolgendo in azioni concrete il mondo dello sport, le imprese, le associazioni e gli scienziati. La Società Velica di Barcola e Grignano è stato uno dei primi Club velici a sottoscrivere la Charta Smeralda, il documento redatto dalla One Ocean Foundation per promuove la consapevolezza sui principali aspetti di impatto ambientale legati alla vita degli oceani, impegnandosi nelle proprie attività a ridurre l'utilizzo di plastiche e sensibilizzare i soci e il territorio sul tema della salvaguardia dei mari. «Siamo consapevoli che il compito sia difficile, ma solo educando le giovani generazioni si educano i più grandi», ha dichiarato il commodoro Riccardo Bonadeo della Yacht Club Costa Smeralda, nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto tenutasi ieri al circolo della Svbg. Il commodoro ha poi raccontato l'aneddoto della storia che ha determinato la presa di coscienza sua e di Mauro Pelaschier, avvenuta in una regata molto complicata e pericolosa tra l'Irlanda e l'Inghilterra. «Dovevamo solo pensare a riportare la barca in salvo. Al largo, a un certo punto, è apparso un grande lenzuolo di plastica che costituiva un pericolo e che abbiamo dovuto evitare. Per fortuna siamo riusciti a arrivare a terra, poi abbiamo rimosso quella storia. Solo anni dopo, quando ci trovavamo con le nostre famiglie in mare, vedendo un sacco di plastica galleggiante, ci è scattata in mente l'associazione con quell'episodio e quindi abbiamo sviluppato una consapevolezza: siamo noi i responsabili dell'inquinamento e anche della possibilità di fermarlo». Al termine della conferenza stampa, il presidente della Società Velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz, e il primo cittadino di Trieste, Roberto Dipiazza, hanno firmato la Charta Smeralda, il documento per promuovere gli aspetti ambientali negli oceani. «Chi ama il mare, ama la Terra», ha concluso Mitja Gialuz

Simone Modugno

 

«Solo educando i più piccoli preserveremo la bellezza»
Lo skipper pronto a mettersi in gioco per il bene del pianeta - E per centrare il risultato si prepara pure a parlare al grande pubblico
TRIESTE - Mauro Pelaschier è cresciuto in una famiglia di velisti e per i primi anni della sua carriera ha gareggiato e vinto nella classe Finn, le imbarcazioni a vela con un singolo posto. Così, quando divenne nel 1983 timoniere di Azzurra, la prima barca italiana alla America's Cup, racconta di aver imparato a parlare con un equipaggio. Dopo essere stato chiamato a fare da ambasciatore per l'Oof e aver subito accettato, Pelaschier si troverà a dover veicolare un messaggio fondamentale per il suo amato mare a una gran schiera di persone. Questa volta dovrà parlare tanto, vero? Sì, ma per fortuna sono aiutato da bravissime persone che sanno parlare meglio di me in pubblico. Io sono sintetico nel mio linguaggio, perché più abituato a pensare che a parlare, ma sarà per me importante dire qualcosa che tocchi la società umana, per influenzare il pensiero di quelli che frequentano il mare e non solo. Da dove si parte per educare al rispetto del mare? Si parte dalle scuole vele, dai bambini, perché noi siamo cresciuti in modo da rovinare l'ambiente che ci circonda e quindi non più capaci a preservare un bene così importante. Solo educando i bambini si riesce poi a educare i genitori a comportarsi meglio e a far sì che ci sia un interesse comune a preservare il mare, che è fonte di vita. Vorrei riportare sulla terra questo discorso. Cerco di far interessare il pubblico che segue il mare e che naviga a comportarsi meglio e a evitare di avere a bordo delle plastiche che non sono riciclabili. Perché questa barca? Navigheremo a vela e l'idea è di far vedere un oggetto quasi dimenticato come una barca d'epoca, che rappresenta il vero spirito marinaresco: il legno è vivo e nonostante l'età rimane integra, non inquinando. La barca è stata acquistata da Gianfranco Bonomi e Saverio Mecca dopo un colpo di fulmine, poi a marzo ho partecipato al primo simposio dell'One Ocean Foundation e a quel punto ci è venuta idea del periplo d'Italia, un'occasione di toccare molti circoli velici per la firma della charta Smeralda.

 

 

MUGGIA - Il pesce rondine diventa una web star
La nuova star del web? Il pesce rondine immortalato a Muggia intento a nuotare tra le barche ormeggiate al mandracchio. Una presenza inusuale per una specie abituata al mare aperto: «D'estate si avvicina alle coste, ma non al punto di entrare in un porticciolo» ha commentato il naturalista Nicola Bressi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 giugno 2018

 

 

Una "costa triestina" per sviluppare l'area dalla Lanterna al parco di Miramare
È il progetto presentato ieri dagli architetti Lorenz e Decorti - Il fulcro di tutto è Porto vecchio: edifici di qualità e marine
Un'unica idea di sviluppo per tutta l'area inclusa fra la Lanterna e Miramare. È la proposta presentata ieri sera dagli architetti Peter Lorenz e Giulia Decorti al Molo IV, di fronte alle istituzioni e alla cittadinanza. Un'idea complessiva elaborata in questi mesi dallo studio austriaco di Lorenz, e che ha il suo fulcro inevitabile nel Porto vecchio. Lo studio suggerisce di adottare i modus operandi urbanistici ormai istituzionalizzati in Austria per lo sviluppo dell'area. Sia il sindaco Roberto Dipiazza che il presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino auspicano che la serata di ieri funga da inizio per un dibattito aperto sul Porto vecchio. Anche se l'approccio "complessivo" degli architetti ha risvegliato la storica allergia di Dipiazza per i «masterplan». Sono troppi i punti presentati da Lorenz e Decorti, moderati dal presidente di Barcolana Mitja Gialuz, per esporli tutti. Le linee generali della proposta sono le seguenti: lo studio identifica un'area di sviluppo complessiva, definita "Costa triestina", compresa fra la Lanterna e Miramare. «Il castello è già un polo di attrazione forte - ha detto Lorenz -, la Lanterna ha un enorme potenziale per diventarne un altro». Anche attraverso il Parco del Mare, ha aggiunto, «purché sia il più attrattivo del mondo, non della Venezia Giulia». Gli architetti propongono di far correre lungo tutta la linea un lungomare pedonale e ciclabile. Questa idea richiede l'eliminazione dei parcheggi sulle Rive, che andrebbero sostituiti da un diverso modello di mobilità (sistemi park-and-ride, car sharing, e-bike).Il fulcro del tutto è il Porto vecchio, sui cui moli gli architetti suggeriscono di collocare edifici di alta qualità e marine (in Porto nuovo invece lo scalo crocieristico). Molte le proposte per lo sviluppo dell'antico scalo, financo due grattacieli. Quanto alla viabilità, la proposta è di rinunciare alla doppia arteria stradale attualmente in progetto, in favore di una bretella esterna e dell'applicazione della Ztl. Fino a Miramare, invece, l'idea è prolungare la pineta di Barcola e addirittura arricchire la linea di costa con delle isole artificiali. Ma il perno della presentazione sta nel metodo proposto, ispirato a quello d'oltralpe: «Serve una commissione di qualità con parere consultivo composta da esperti di livello che non lavorano a Trieste - hanno spiegato i relatori -. Una progettazione coordinata e condivisa con la cittadinanza. Concorsi internazionali di architettura per tenere alto il livello di qualità. Una dichiarazione dell'architettura triestina sulla falsa riga di quella viennese». Dipiazza ha lodato la presentazione, ribadendo poi quali sono le linee guida da lui seguite finora. «Giusto confrontarsi - ha aggiunto -. Ad esempio quello che chiedo alla città è se dobbiamo allungare il molo III per le navi da crociera, oppure accogliere ad esempio la tua idea, e sul Porto vecchio fare tutto marina». Il sindaco ha concluso l'intervento precisando però «che abbiamo visto troppi masterplan in questi decenni, ed è ora di passare ai fatti». D'Agostino ha dichiarato: «I tanti interessi sull'area rischiano di farci dimenticare che bisogna pianificare, e la fretta è cattiva consigliera. La serata di oggi può essere una base su cui costruire un dibattito pubblico. La proposta di Lorenz e Decorti ci invita a riflettere sul metodo. Ad esempio trovo stimolanti le idee sulla mobilità. Penso ad esempio, pur essendo coinvolto, che il bilancio della società che gestisce i parcheggi sulle rive non possa pregiudicare lo sviluppo della città». Tra gli intervenuti poi anche il presidente dell'ordine degli architetti Thomas Bisiani, che ha messo a disposizione le competenze dell'ordine per i concorsi, e l'ex sindaco Roberto Cosolini.

Giovanni Tomasin

 

 

Arvedi triplica gli utili - parte il piano di sviluppo
Accordo con le banche guidate da Intesa per un finanziamento da 435 milioni: al via investimenti per 300 milioni. Interventi sull'innovazione anche a Servola
MILANO - Un finanziamento da 435 milioni di euro per supportare il business plan messo a punto da Arvedi, azienda siderurgica che tra gli altri conta lo stabilimento di Servola, rilevato quattro anni fa dall'ex-Lucchini e tra quelli a maggiore tasso di sviluppo del gruppo. A concederlo è stato un sindacato di dieci banche, guidato dal gruppo Intesa SanPaolo. Un pool molto articolato, dunque, per un'operazione su più linee di credito (term loans e revolving credit facility) con scadenza a cinque anni, che ha avuto l'obiettivo di rifinanziare parte dell'indebitamento bancario esistente, anche migliorandone i costi e allungandone la maturità. CAPITALI - Capitali che arrivano a due anni di distanza dai 240 milioni concessi alla società con headquarter Cremona, tra i big italiani ed europei dell'acciaio, per finanziare un altro step del piano ultradecennale messo a punto nel 2007 e che si completerà nel 2020 con investimenti complessivi superiori a 1,5 miliardi. Costi sostenuti per aumentare la produzione di prodotti siderurgici da 1,5 a 3,8 milioni di tonnellate su base annua, con il polo siderurgico triestino che è uno dei più impattati dalle innovazioni. Il gruppo guidato da Giovanni Arvedi ha appena approvato il bilancio 2017, che si è chiuso con un +8% nei volumi di produzione (poco più di 4 milioni di tonnellate) e ricavi consolidati in crescita di circa il 29% rispetto all'esercizio precedente, attestandosi a 2,85 miliardi, grazie anche al favorevole andamento dei prezzi medi di vendita congiuntamente all'incremento dei volumi venduti. Il margine operativo lordo a livello di gruppo è stato significativamente migliore rispetto all'esercizio precedente passando da 270,9 a 466,7 milioni; da considerare l'incremento dal 12,2% al 16,3% dell'incidenza della stessa rispetto ai ricavi consolidati. Al miglioramento hanno contribuito tutte le società del gruppo, tra le quali si distingue Acciaieria Arvedi, che ha incrementato l'incidenza del mol sui ricavi di vendita di circa 5% punti percentuali rispetto al 2016, raggiungendo quota 350 milioni (176 milioni nel 2016). Il risultato operativo consolidato risulta pari a 301,4 milioni, più del doppio rispetto ai 135,3 milioni del 2016). RISULTATO - Il risultato netto di pertinenza del gruppo è triplicato in un anno, raggiungendo a livello consolidato 162,4 milioni, circa il 6% dei ricavi. «I risultati - commenta il presidente Giovanni Arvedi- sono il frutto di un forte impegno pluriennale, in termini di investimenti e di razionalizzazioni». Quindi ricorda che, mentre all'indomani della crisi mondiale del 2008, un po' ovunque si è ridotta la produzione a causa dei minori consumi. INVESTIMENTI Il gruppo ha scelto di intraprendere «un importante percorso di investimenti che ci ha permesso di triplicare la produzione, ridurre considerevolmente i costi fissi e quelli variabili per unità prodotta e di migliorare il mix di vendita, consentendoci di rimanere concorrenziali». Ora si punta «ad azzerare l'indebitamento, pur lanciando nel 2018 e per i due anni successivi un piano di investimenti da 300 milioni di euro».

Luigi Dell'Olio

 

Associazioni - «Incontri sulla Ferriera aperti a città e politica»

«Nonostante la moderata soddisfazione degli ultimi incontri, siamo consci che il percorso è ancora complesso, ma non impossibile. Il Presidente D'Agostino a termine del nostro confronto, ci disse "spesso il nosepol equivale al nosevol"», spiega Lorenzo Battista, portavoce dei comitati anti-Ferriera. «Contiamo di organizzare degli incontri pubblici aperti a tutti i cittadini, invitando anche i consiglieri regionali e i parlamentari della nostra città. Salvaguardiamo i posti di lavoro e battiamoci per difendere il nostro ambiente e la salute di tutti».

 

 

Bike sharing - De Gioia: «Buona idea ma più piste ciclabili»

«Era ora. Finalmente si incomincia a capire l'utilità di muoversi sulle due ruote anche in città. Ci arriviamo per ultimi e forse questa è la volta buona ma ci sono alcuni problemi», spiega in una nota il consigliere comunale Roberto de Gioia. Che aggiunge: «La città è priva di piste ciclabili. In questi anni tutte le proposte avanzate sono cadute nel vuoto e salvo alcuni segmenti, a dir la verità molto timidi come il tratto di Via Trento e quello incompleto di Campo Marzio, poco o nulla si è fatto».

 

 

Un Paese da "bonificare" in Serbia per l'ambiente servono 9 miliardi di euro
Il monito per il risanamento lanciato dal Consiglio fiscale nazionale: occorre far salire subito gli investimenti statali all'1,3% del Pil
BELGRADO - Quasi nove miliardi di euro per "bonificare" un intero Paese, fra i più inquinati del Vecchio Continente e con problemi ecologici devastanti, prima che possa aspirare a diventare membro Ue. È lo scenario che si prospetta alla Serbia, che prima di poter issare la bandiera blu a dodici stelle, deve iniziare seriamente a impegnarsi anche sul fronte ambientale. L'appello-monito all'esecutivo è stato lanciato da Pavle Petrovic, presidente del "Fiskalni Savet", il Consiglio fiscale nazionale, l'organo statale indipendente che si occupa di verificare la «credibilità delle politiche fiscali» ma anche di consigliare il governo sulle voci di spesa. E quella sull'ambiente dovrà salire nelle priorità di Belgrado, visto che oggi lo stato di salute del Paese è critico. L'elenco della criticita'. Lunga la lista delle cose da fare, ha ricordato Petrovic citato dai media locali, con «acqua potabile di scarsa qualità, una rete fognaria non sviluppata, scarichi» di acque reflue «direttamente nei fiumi», incluse quelle di città come Belgrado e Novi Sad, con cloache che sversano direttamente nel Danubio e nella Sava e «un terzo della popolazione che respira aria avvelenata». E lo smog è uno dei problemi più seri da affrontare, ha ricordato lunedì anche l'Oms, che ha informato che solo nel 2016 sono stati almeno 6.500 i serbi morti per problemi respiratori, un dato che potrebbe salire per «l'aumento delle persone che vivono in città». Non è finita. Secondo i dati resi pubblici a Belgrado dal Consiglio fiscale, la Serbia depura ora solo il 10% delle acque di scarico, contro il 70% a livello Ue e servono sei miliardi solo per mettere in sesto l'intero settore, tra acquedotti, depuratori e fognature. Da non dimenticare le migliaia di discariche non regolamentate in tutto il Paese, un problema comune anche al vicino Kosovo, dove sono ben 1.600 i depositi illegali di rifiuti. Gli investimenti da affrontare. Che fare per affrontare il problema? Per Petrovic la via è quella della spesa, facendo salire subito all'1,3% del Pil la quota di fondi statali da investire per fognature, depuratori e per abbattere lo smog, balzo rispetto allo 0,7% attuale. Non si tratta, ha specificato Petrovic, di fare il passo più lungo della gamba: i conti pubblici già risanati permetterebbero di usare almeno «500 milioni di euro» in più «all'anno», più altre decine di milioni da imprese pubbliche come l'Enel serba e amministrazioni locali, investimento che farebbe crescere pure il Pil di almeno mezzo punto. Il tutto con l'obiettivo-dovere di "pompare" nella bonifica del Paese, nei prossimi 10-15 anni, circa 8,5 miliardi di euro, il necessario per far indossare alla Serbia il vestito migliore, il giorno dell'adesione alle Ue.

Stefano Giantin

 

Centrali a carbone fra energia "sporca" e posti di lavoro
Sono numerosi i progetti nella regione spesso sponsorizzati da Pechino
BELGRADO - Resta intenso, nei Balcani, il dibattito sul futuro del sistema energetico regionale. E su quanto sia positiva o dannosa l'«ondata» di centrali a carbone in progetto nella regione, spesso sponsorizzate da Pechino e ben viste dai governi dell'area. A vivacizzare il dibattito è stata ieri Bankwatch, autorevole rete di Ong che si occupa di vigilare su progetti potenzialmente dannosi per l'ambiente. E per l'occupazione. Proprio sui possibili effetti deleteri sul mercato del lavoro si è concentrata Bankwatch in un nuovo rapporto aggiornato, "La grande truffa del lavoro nel carbone". Secondo lo studio, che ha considerato otto Paesi dell'area balcanica, sarebbero errate le stime di investitori e sostenitori della lignite, che assicurano che le nuove centrali o il «prolungamento in vita di quelle inquinanti operative oggi», porteranno alla creazione o al mantenimento di «quasi 30mila posti», una manna in una regione affamata di lavoro. Ma la realtà sarebbe ben diversa. Per Bankwatch al contrario si assisterà nei prossimi anni più che altro a una «perdita di più di 5 mila posti» nel comparto, in tutti i Balcani, causa nuovi impianti che avranno bisogno di un numero minore di occupati nel quadro di una riduzione naturale di forza lavoro, in un comparto «oggi sovradimensionato». P er corroborare la denuncia, Bankwatch ha citato la futura "Kosova e re", grande centrale a lignite, sponsorizzata da Washington, che dovrebbe abbattere la dipendenza di Pristina dalle super inquinanti "Kosovo A" e "Kosovo B", costruite ai tempi della Jugoslavia. Kosova e re che, ha rivelato Bankwatch, non porterà come annunciato alla «creazione di 10mila posti di lavoro» durante la costruzione e ad altri «500 nella fase operativa», toccasana per un'economia dove la disoccupazione supera il 26%. Invece, si parla di soli 1.200 operai per la realizzazione dell'impianto, di cui «molti specialisti» dall'estero. E 190 addetti per il funzionamento della centrale.Discorsi simili, quanto a occupazione, per altri impianti. Da Kostolac in Serbia a Rovinari in Romania, passando per Pljevlja II in Montenegro e per sei impianti in Bosnia. I governi della regione non direbbero la verità, che «l'industria» del carbone «sta morendo» e «intrappolano i lavoratori in una falsa realtà», secondo Ioana Ciuta, di Bankwatch. «L'era del carbone sta finendo», ha aggiunto la collega Pippa Gallop chiedendo che si usino «le risorse» disponibili per aiutare la transizione, anche dei lavoratori, verso le rinnovabili.

ST.G. BY NC ND

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 giugno 2018

 

 

Il "Bike sharing" verso la partenza con nove stazioni per le due ruote
Obiettivo del Comune è avviare entro settembre il sistema - Tessera da ricaricare e 148 stalli da utilizzare per la sosta
Il Comune ci terrebbe molto a che la "prima" triestina si tenesse già durante quest'estate. Per un'estate alternativa "a pedali" in una città che ha scoperto, non da molto, le due ruote a trazione umana, talvolta assistita. Se tutto va bene, se non ci saranno ricorsi ad allungare una vicenda che di aspetti giudiziari ha già avuto consistenti assaggi, dopo la metà luglio potrebbe decollare il primo progetto di "bike sharing" impostato a Trieste.Il mobility manager comunale Giulio Bernetti ha firmato qualche giorno fa la determina, con la quale si approva il progetto presentato dalla torinese Bicincittà srl, che si aggiudica un appalto da 390 mila euro, 280 mila di provenienza euro-regionale (Pisus A1) e i restanti stanziati dal Municipio. L'azienda torinese metterà a disposizione di cittadini & turisti 9 ciclostazioni dotate di 130 biciclette, di cui 36 a pedalata assistita. I cicloposteggi saranno complessivamente 148, dislocati in 9 punti strategici dell'area urbana: piazza Libertà a supporto degli arrivi in Stazione; piazza Oberdan dove prima o poi tornerà a funzionare il tram di Opicina; il Teatro Romano a cavallo tra centro e zona storico-archeologica; Riva del Mandracchio per percorrere le Rive; piazza Hortis per sfruttare la prossimità della Biblioteca; all'intersezione di via Ottaviano e Campo Marzio da dove si raggiunge facilmente la ciclovia di passeggio Sant'Andrea; Barcola all'inizio della pineta; viale XX settembre davanti al Rossetti; via Cumano vicino ai musei di Storia Naturale e de Henriquez, nonchè alla futura sistemazione dell'ex Fiera nella duplice chiave fitness e shopping. Comune e Bicincittà non hanno ancora dettagliato l'operatività del servizio, quindi non sono note le tariffe e i luoghi delegati a informare residenti & viandanti riguardo il funzionamento "sul campo" del "bike sharing" in salsa giuliana. In linea di massima si può definirlo come uno strumento di mobilità sostenibile, chiamato a ridurre traffico e inquinamento. Si parte da una tessera personale sulla quale verrà caricato un abbonamento, l'utente potrà prendere una bici da una stazione e lasciarla in un'altra: per esempio, il turista, dopo aver visitato il museo del Risorgimento, raggiungerà, pigiando sui pedali lungo l'asse Saba-d'Annunzio-Ippodromo, l'area museale allestita nell'ex caserma duca delle Puglie in via Cumano. Il servizio potrà essere attivo anche 24-h-24, le dimensioni del posteggio sono 175 x 175 x 930 millimetri, le strutture saranno realizzate in acciaio Inox. Un pannello informativo consentirà l'agevole individuazione della stazione ciclistica. L'accesso al servizio, secondo quanto descritto nelle relazioni firmate da Pietro Drago e Gian Marco Satta, avviene tramite il portale web, le stazioni sono dotate di un sistema di trasmissione dati Umts. La piattaforma Bicincittà opera in un centinaio di comuni, consentendo la fruizione delle "due ruote" a circa 75 mila utenti. La documentazione, che accompagna l'atto di Bernetti, molto insiste sulla poca invasività dell'intervento, in quanto le opere proposte hanno «modesta consistenza volumetrica». Questa evidenza sul dato paesaggistico si spiega con l'articolato pregresso giudiziario-amministrativo che ha accompagnato il progetto. La torinese Bicincittà prevalse all'inizio del 2016 nell'ambito di una procedura ristretta e a luglio il Comune trasmetteva il progetto alla Soprintendenza archeologica-belle arti-paesaggio per ottenere l'autorizzazione. Invece da palazzo Economo giunse un secco "altolà" motivato dal fatto che «la scelta tipologica, dei materiali e dei colori delle ciclostazioni fosse altamente impattante, costituendo elemento di disturbo visivo». A fine settembre 2016 gli uffici comunali provvedevano a escludere Bicincittà dalla gara e a scorrere la graduatoria in favore del secondo classificato Tmr srl. Ma Bicincittà non si rassegnava e impugnava avanti al Tar Fvg sia il diniego della Soprintendenza che la decisione del Municipio: impugnazione accolta dall'organo di giustizia amministrativa in quanto la Soprintendenza avrebbe dovuto indicare le prescrizioni su cui calibrare il progetto.

Massimo Greco

 

Vicino alla Stazione previsti 24 spazi

Le 148 colonnine, distribuite su 9 ciclostazioni, sono così suddivise: 24 in Stazione, 16 in piazza Oberdan, 20 al Teatro romano, 14 in riva Mandracchio, 16 in piazza Hortis, 16 in via Ottaviano, 16 a Barcola, 14 al Rossetti, 12 in via Cumano. Piazza Hortis - Nell'aprile di quest'anno la Soprintendenza ha chiesto di modificare la postazione in piazza Hortis: non la vuole davanti a palazzo Biserini, edificio tutelato. Tra l'altro palazzo Biserini è sottoposto a un energico intervento di riqualificazione. L'eventuale riduzione - Palazzo Economo, qualora fosse realizzato l'ingresso del pubblico al Teatro Romano, vuole che gli stalli della ciclostazione vengano ridotti o ricollocati: l'attuale progetto ne prevede 20, è la dotazione più importante dopo quella di piazza Libertà. I pannelli - La stessa Soprintendenza vuole che le grafiche e le cromie dei pannelli informativi e delle colonnine «siano oggetto di specifica progettazione e di approvazione» da parte degli uffici di palazzo Economo. Riva del Mandracchio - Bicincittà ha accolto la richiesta di modifiche anche per Riva del Mandracchio e per via Cumano.

 

Applausi bipartisan dagli esponenti politici fan della pedalata
«Da ciclista ritengo il bike sharing uno strumento utile per la mobilità, sintomo di una città viva e smart». L'assessore comunale al Personale, Michele Lobianco, dedica molto del suo tempo libero ad escursioni cicloturistiche. «Il bike sharing per Trieste sarà una sfida che va raccolta, - sottolinea - un nuovo servizio per il quale servirà fare una buona promozione, anche rivolta ai turisti che, arrivando in città, potranno contare su un mezzo a due ruote con il quale visitare il nostro territorio». Lobianco, ricordando come tutte grandi città europee molti piccoli centri italiani dispongano di questo sistema, afferma che il nuovo servizio «potrà diventare anche un utile strumento per raggiungere le diverse attività che sorgeranno in Porto vecchio». Tra gli inquilini del Consiglio comunale, ad utilizzare la bici per muoversi in città, c'è l'ex vicesindaco Fabiana Martini. «È una grande opportunità per promuovere la cultura della bicicletta, - spiega -. Troppi automobilisti a Trieste non hanno ancora il sufficiente rispetto per le due a ruote che invece si riscontra altrove. La bici consente di beneficiare di una grande libertà, è rispettosa dell'ambiente e anche a livello turistico offrirà un servizio che verrà certamente molto apprezzato».

 

 

La Regione accelera sul dossier Ferriera «Dialogo con Arvedi e stop area a caldo»
Fedriga e Scoccimarro ricevono ambientalisti e associazioni - Si punta a una risposta della proprietà entro il vertice di luglio
Venti giorni per imboccare la via della chiusura dell'area a caldo della Ferriera. La nuova giunta regionale ribadisce la volontà di superare la produzione di ghisa a Servola e mette nel mirino la data del 17 luglio, quando si terrà a Roma la conferenza dei servizi dedicata alla realizzazione della copertura dei parchi minerari, il cui progetto è previsto dall'Accordo di programma. Un piano da 28 milioni, che non sarà concluso prima di quattro anni e su cui il presidente Massimiliano Fedriga conta di far leva per convincere la proprietà a non imbarcarsi nella costosa opera, accettando piuttosto l'apertura di un confronto che individui alternative alla continuazione dell'area a caldo. Se la tattica è al momento solo nella testa del governatore e dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, la strategia è stata ribadita ieri in un incontro con i comitati anti Ferriera, davanti ai quali Fedriga ha detto che «l'obiettivo della Regione è cercare una soluzione condivisa con la proprietà, con il concorso dell'Autorità portuale, per giungere alla chiusura dell'area a caldo: questa è la via per dare risposte rapide alle istanze che i cittadini sollevano sul tema della salute». Nessun muro contro muro, insomma, ma volontà di procedere di concerto con Arvedi, dalla cui risposta dipenderanno a questo punto i rapporti che si verranno a instaurare con la Regione ed è difficile ipotizzare che la proprietà sia incline a chiudere la produzione. Da una parte, la giunta non ha interesse a creare un braccio di ferro che potrebbe tradursi in una serie interminabile di ricorsi, vista l'attuale versione di Aia e Accordo di programma. Dall'altra, Arvedi dovrà tuttavia fare i conti con un clima mutato rispetto agli anni precedenti: tanto la Regione quanto il governo gialloverde sembrano infatti convinti a fermare la produzione siderurgica a Trieste, come d'altronde confermato anche dal capogruppo del M5s al Senato, Stefano Patuanelli, secondo cui i tempi sono maturi per la chiusura dell'area a caldo. Alla sua prima uscita da commissario per la Ferriera, Fedriga ha evidenziato non a caso la volontà di un pieno «coinvolgimento del governo, perché il problema non è solo di Trieste ma nazionale». Il presidente e l'assessore hanno proposto una serie di incontri periodici a Wwf, Legambiente, Comitato 5 dicembre e Associazione No Smog. Le associazioni ambientaliste verranno così informate sui progressi del confronto che vedrà protagonisti Regione, Comune, Autorità portuale e gruppo Arvedi: è in questa sede che Fedriga proporrà di aprire il dialogo sulle attività che potrebbero sostituire l'area a caldo e sulle alternative da mettere in campo per assorbire la perdita di occupazione. Un punto, quest'ultimo, su cui la Regione si aspetta molto anzitutto dall'Autorità portuale, che ha già dato la propria disponibilità col presidente Zeno D'Agostino: «Abbiamo tutta la volontà di sostenere un processo di revisione dell'Accordo di programma, se pubblico e privato concorderanno. Il punto sta tutto nella riconversione delle maestranze che lavorerebbero nella crescita del sistema portuale e dei porti franchi».

Diego D'Amelio

 

I PRECEDENTI

26 giugno 2017 - Una nube scura si solleva dalla Ferriera oscurando la baia di Muggia. L'episodio è dovuto a uno "spolveramento", ovvero alla dispersione di polveri per effetto del forte vento. 5 luglio 2017 - Arvedi annuncia interventi per la copertura dei parchi minerari. La misura era stata chiesta a marzo dalla Regione. È l'Aia a disporre l'obbligo di presentare il progetto, che riguarda la costruzione di due capannoni su aree da 25 mila metri quadrati ciascuna, dedicate allo stoccaggio di minerale di ferro e carbon fossile. 24 luglio 2017 - In seguito a un nuovo spolveramento, l'Arpa definisce «sempre più urgente la realizzazione» delle coperture. 17 luglio 2018 - Dopo una serie di proroghe concesse dalla Regione ad Arvedi, si terrà a Roma la conferenza dei servizi dedicata al progetto da 28 milioni per la costruzione delle coperture dei parchi minerari.

 

AREA SCIENCE TRIESTE - Elettra Sincrotrone: accordo quadro con l'Eni sulle energie rinnovabili
TRIESTE - Un accordo di collaborazione scientifica e tecnologica per studi e ricerche nell'ambito delle energie rinnovabili e delle tecnologie ambientali è stato siglato da Eni ed Elettra Sincrotrone, centro di ricerca internazionale che ha sede nell'Area Science Park di Trieste. Elettra - spiega Area Science Park - potrà dare contributi importanti nella caratterizzazione di nuovi materiali da utilizzare nella produzione di energie rinnovabili, in studi in ambito geo-fisico e nell'analisi dei processi chimico fisici legati all'uso di combustibili fossili e lubrificanti al fine di ridurre gli impatti ambientali legati al loro impiego. L'accordo quadro avrà durata pluriennale. Il sodalizio tra le due realtà - ricorda l'area di ricerca - risale alla nascita di Elettra nei primi anni Novanta. Il nuovo accordo arricchisce il portafoglio delle collaborazioni che Eni ha già in corso con enti di ricerca internazionali, tra cui il Massachusetts Institute of Technology, il Cnrs francese e i Politecnici di Milano e Torino. Dal 2014 ad oggi Eni ha investito più di 650 milioni di euro in ricerca e sviluppo, con circa 500 unità di personale dedicato. «Promuoviamo da tempo l'utilizzo della nostra infrastruttura da parte di aziende italiane e straniere con una forte propensione all'innovazione e alle tecnologie - sottolinea Alfonso Franciosi, presidente e amministratore delegato di Elettra Sincrotrone Trieste. --

 

 

Idee per la costa triestina tra Lanterna e Miramare targate Lorenz e Decorti - IL CONFRONTO ALLE 18 AL MOLO IV
"La costa triestina" e le proposte per la sua valorizzazione complessiva futura saranno i grandi protagonisti dell'appuntamento odierno in programma dalle 18 in poi nella sala 3 del capannone 1 del Molo IV (con ingresso da piazza Duca degli Abruzzi).Non solo la riqualificazione del Porto vecchio, ma una visione globale che abbracci il perimetro che corre dalla Lanterna sino a Miramare, affacciato sul golfo triestino. A lanciare delle soluzioni saranno, presentando la loro visione urbanistica in questo senso, gli architetti Peter Lorenz e Giulia Decorti (Lorenz Ateliers). Il loro intervento inizierà alle 18.05 subito dopo l'introduzione affidata al docente universitario e presidente della Società velica di Barcola e Grignano (realtà che organizza la Barcolana) Mitja Gialuz, a cui è assegnato quale "uomo di mare" il compito di moderare l'intero appuntamento. Dopo la presentazione delle linee individuate da Lorenz e Decorti, seguirà alle 18.45 una tavola rotonda a cui sono stati invitati i rappresentanti delle istituzioni. Saranno presenti il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Non parteciperanno invece il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti. Alle 19.15 dibattito pubblico, alle 20 la conclusione dei lavori. È prevista la presenza di duecento persone, provenienti anche da fuori Trieste, ad esempio da Vienna, Salisburgo, Innsbruck, Monaco di Baviera e Bolzano.

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 27 giugno 2018

 

 

Legge sul consumo di suolo: una priorità per il ministro Costa

Il consumo di suolo rappresenta un problema che non può essere ignorato. Gli ultimi dati a disposizione su questo fenomeno, che sono stati forniti dall’Ispra, mettono in evidenza un problema dalle dimensioni sempre più ampie.
La trasformazione di aree agricole naturali in terreni su cui vengono costruiti edifici o infrastrutture in generale può essere definita con una velocità di circa 3 metri quadrati al secondo, una quantità che corrisponde a circa 30 ettari al giorno. Si rischia così di perdere una risorsa ambientale molto importante. Ecco perché il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha affermato che a breve sarà fatta una legge apposita per limitare il consumo di suolo. Il ministro dell’Ambiente è intervenuto alla tavola rotonda organizzata dall’associazione Tes a Roma, che ha avuto come oggetto proprio il problema del consumo del suolo e rigenerazione urbana. Le parole di Costa sono state davvero molto chiare, perché ha fatto presente: Il mio dicastero si farà garante affinché la legge sul consumo di suolo proceda il più velocemente possibile. E’ una priorità del mio ministero e sarà uno dei miei primi atti, per il quale confido nella collaborazione del Parlamento e delle forze politiche affinché finalmente possa venire approvata. Quindi il nuovo ministro dell’Ambiente vuole fare del consumo di suolo una priorità, per mettere un argine all’urbanizzazione che mette in pericolo una risorsa non rinnovabile, fondamentale per garantire gli equilibri del nostro ecosistema. Il ministro ha spiegato che il suo dicastero si impegnerà per preservare il suolo all’interno dei parchi naturali e delle aree protette, mettendo in atto una vera e propria linea di tutela ambientale. Anche l’Europa ha richiamato varie volte in questa direzione, nel cercare di diffondere la consapevolezza della rilevanza della tutela del suolo e del patrimonio ambientale in generale. I dati dell’Ispra che si riferiscono al 2016 evidenziano che la costruzione di nuove coperture artificiali ha riguardato altri 50 chilometri quadrati di territorio negli ultimi tempi. Per questo una legge apposita sarebbe strettamente necessaria.

Gianluca Rini

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 giugno 2018

 

 

Scarica mobili in strada, Facebook lo inchioda
L'uomo si serviva del furgone della ditta. Rintracciato dalla municipale grazie a un post: 600 euro di multa
Tavoli, sedie e interi mobili. In strada, come fosse una discarica. Ma ai residenti tutto ciò non è passato inosservato. E così, in era social, non è stato difficile pizzicare il responsabile. Il Distretto B della Polizia Locale, quello di via Giulia, ha intercettato un post su Facebook pubblicato da un cittadino che segnalava un comportamento quanto meno scorretto del conducente di un furgoncino. L'uomo, in più di un'occasione, è stato notato mentre si accostava nelle vicinanze dei cassonetti delle immondizie e abbandonava materiale di ogni tipo. Spesso vecchi arredi. I commenti delle persone al post confermavano la frequenza con cui veniva lasciata la roba per terra. Quasi sistematicamente. «Cogliere questi comportamenti nel momento esatto in cui si verificano è di solito piuttosto arduo», sottolinea la Polizia Locale. Ma analizzando con più precisione le foto scattate dai residenti non è stato difficilissimo risalire al veicolo usato: era quello di una ditta vera e propria, come hanno scoperto gli agenti della municipale durante le indagini. L'impresa, subito contattata dalla municipale per avere spiegazioni sull'accaduto, si è resa disponibile e ha immediatamente fornito le generalità del sospettato. I vigili urbani sono riusciti a raccogliere in poco tempo indizi sufficienti per tracciare un quadro dettagliato del caso: l'uomo si offriva per sgomberare mobili di amici e conoscenti senza però preoccuparsi di smaltire i rifiuti ingombranti nelle apposite discariche comunali. In più lo faceva servendosi del furgone della ditta di cui era dipendente. E senza che il proprio datore di lavoro fosse a conoscenza di questa attività parallela e illegale. L'ultima volta che l'uomo è stato sorpreso mentre abbandonava oggetti, è stata alcuni giorni fa in via Svevo. Ma stavolta gli agenti della municipale lo hanno colto in flagranza. Il conducente del camioncino è stato fermato e sanzionato: il regolamento comunale per la "Gestione dei Rifiuti" all'art. 23 comma 1 prevede una multa di 600 euro. Ora il responsabile dovrà rendere pure qualche spiegazione al proprio datore di lavoro, di certo non felice di essere finito con il nome della propria ditta in un giro di rifiuti.

(g.s.)

 

MUGGIA - Rifiuti, sollecito del Comune per il kit
L'amministrazione Marzi: sacchi colorati per il "porta a porta" disponibili entro il mese
«Preme ricordare che, nel centro storico, la raccolta della carta avviene secondo le stesse modalità di conferimento, ma il martedì e non più il mercoledì, che resta una giornata dedicata al solo secco residuo». Inizia così il nuovo promemoria del Comune sui cambiamenti inerenti la raccolta dei rifiuti "porta a porta" di Muggia. Chiaro il messaggio dell'amministrazione Marzi: «La raccolta porta a porta del centro storico è soggetta a "due levate". Una volontà riconfermata a Net dall'amministrazione comunale che vuole garantire il decoro del centro con due prelievi ogni mattina e concentrare, quindi, ogni tipologia di rifiuto in una propria giornata mirata».Il calendario delle raccolte, sempre con orario di esposizione dalle 5 ed entro e non oltre le 9 del giorno di asporto, cambia al martedì: martedì carta e cartone, mercoledì e sabato secco residuo, venerdì plastica. Anche il rifiuto organico e vetro e lattine andranno sempre conferiti nei punti dedicati di via Roma e Piazzale Caliterna. Per semplificare il reperimento del materiale necessario per attuare il nuovo sistema di raccolta anche da parte di tutti coloro che non hanno ricevuto, o che inizialmente hanno rifiutato l'occorrente, fino a fine giugno, con orario dalle 9.30 alle 11, nei magazzini comunali di via Trieste sarà offerta l'opportunità di ritirare il kit necessario. «La dotazione di sacchetti messi a disposizione rispecchia la fornitura annuale. Se fossero stati già esauriti, può essere usato qualsiasi sacchetto in vendita purché del colore della giornata di ritiro: blu per carta e cartone, giallo per la plastica, verde per vetro e barattolame, nero per il secco residuo», puntualizza il Comune. E se qualcuno non dovesse rispettare i colori? «I sacchi di colori non consoni purtroppo non possono essere differenziati incrementando, ovviamente, la quota di secco residuo».

(ri.to.)

 

 

MUGGIA - Variante urbanistica consultabile sul web
Il Comune di Muggia informa che è stato pubblicato sul Bur l'avviso di adozione della variante 36 al Piano regolatore. La delibera di adozione 33 del 28 maggio e i relativi elaborati rimarranno depositati negli uffici del Servizio Pianificazione territoriale fino al 20 luglio affinché chiunque possa prenderne visione. Gli elaborati sono consultabili altresì al link www.comune.muggia.ts.it/index.php?id=60078&L=4%27A%3D0. Entro il 31 luglio chiunque può presentare le proprie osservazioni, così come i proprietari degli immobili vincolati possono presentare opposizioni, al Protocollo di piazza Marconi 1.

 

 

Nidi di rondine spariti a Borgo San Rocco - La protesta animalista
Tolta buona parte dei ricoveri durante lavori nei sottoportici - Liberi di volare insorge. La replica: un incidente, non si ripeterà
MUGGIA - Polemica a Muggia tra l'associazione animalista "Liberi di volare" e la proprietà del complesso residenziale Borgo San Rocco. Al centro del braccio di ferro la sparizione di numerosi nidi di rondine. Ricoveri costruiti dai volatili l'estate scorsa nei sottoportici del villaggio e ora spariti. Nessun mistero, comunque. La rimozione dei giacigli, si è appreso in seguito, è avvenuta in conseguenza di alcuni lavori eseguiti sugli edifici di Borgo San Rocco. Non c'è stata quindi volontà di far del male intenzionalmente alle rondini né, men che meno, di spingerle ad allontanarsi dal complesso muggesano. Si è trattato invece della necessità di eseguire una pulizia profonda degli immobili, ima che alcune aree esterne venissero ridipinte. Caso chiuso quindi? No. La spiegazione "tecnica" dell'episodio non ha soddisfatto gli ambientalisti dell'associazione "Liberi di volare", che hanno sollevato il caso e non escludono nemmeno di presentare esposti, chiamando in causa il reato penale disciplinato, spiegano, dalla legge 157 del 1992 e dall'articolo 635, comma 2, del Codice penale. L'Associazione Liberi di volare, che sensibilizza i cittadini sull'importanza di proteggere la specie ed è riuscita a stimolare la realizzazione a Trieste di circa 120 nidi su edifici privati e pubblici, comprese diverse scuole, si è mossa immediatamente. Dopo aver effettuato un sopralluogo, ha dapprima sollecitato con una lettera l'amministrazione e la proprietà a tutelare le rondini e poi si è rivolta alla Guardia forestale e alla Polizia municipale di Muggia per denunciare la scomparsa delle "casette". «Si tratta di un danno ecologico per questi uccelli migratori, che dovranno ricostruire il nido distrutto - spiega la presidente dell'associazione ambientalista Silvana Di Mauro -. Uno sforzo supplementare che, oltre a mettere a rischio la stessa sopravvivenza del migratore, ne pregiudica spesso la stagione riproduttiva. Noi avevamo fornito una serie di indicazioni che, se seguite, avrebbero potuto risolvere facilmente il problema. Per esempio - prosegue - avevamo suggerito di sostituire i nidi distrutti con altri artificiali, da collocare nello stesso punto. Questa soluzione, però, non è stata accolta e al posto dei nidi artificiali sono comparse delle ciotoline, di cui ignoriamo lo scopo. Questi animali, veri insettivori naturali - conclude Silvano Di Mauro -, sono fedeli per tutta la vita al partner e al loro nido». Alle accuse animaliste risponde a stretto giro Marco Pacini, amministratore di Borgo San Rocco: «Sono stato convocato dalla Guardia forestale, ma ho spiegato che l'incidente è avvenuto nell'ambito di lavori di riqualificazione, peraltro nemmeno di competenza della nostra amministrazione. Noi peraltro, a fine aprile, avevamo diramato una comunicazione in cui invitavamo a fare attenzione alla normativa, anche penale, per rispettare i volatili. Mi sono anche già accordato con Liberi di volare per fare delle manifestazioni di sensibilizzazione. Ci dispiace per l'incidente, ma penso possa capitare - conclude Pacini -, nessuno l'ha fatto volontariamente. Credo poi che le rondini, anche se in altri punti, ci siano ancora. Le vedo volare».

Benedetta Moro

 

 

ISTRIA - «Gasolio in mare, errore umano» - Sversate oltre 5 tonnellate, 200 uomini impegnati nella bonifica
ALBONA - «A causare l'inquinamento del Canal d'Arsa è stato un errore umano»: lo afferma Denis Vukorepa, direttore dell'Autorità portuale di Fiume che gestisce lo scalo merci di Valpidocchio (Brsica) dove venerdì scorso sono finite in mare oltre cinque tonnellate di gasolio. E la Televisione pubblica, che segue costantemente l'operazione di pulizia della chiazza oleosa sia in mare che lungo la costa, riporta le voci secondo cui l'equipaggio del mercantile libanese Fidelity, all'origine del disastro ecologico, si sarebbe addormentato durante l'operazione di travaso del combustibile dal camion cisterna al serbatoio della nave. Un volta colmatosi il serbatoio, il gasolio sarebbe così finito in mare. Si tratta al momento - va sottolineato - solo di un'ipotesi tutta da verificare per le eventuali pesanti implicazioni sia sul piano della responsabilità penale che del risarcimento danni da pare delle assicurazioni. L'unità, lunga 115,3 metri e della portata di 5.395 tonnellate lorde, rimane comunque ormeggiata al molo in quanto l'ispezione è ancora in corso. Continua intanto senza sosta l'operazione di bonifica. Quasi tutta la chiazza oleosa è stata rimossa dalla superficie marina e ora si procede alla pulizia meccanica di ogni palmo di costa e di spiaggia del canale. In pratica sulla costa vengono gettati violenti spruzzi d'acqua calda, senza detersivi chimici per non inquinare ulteriormente il mare e danneggiare flora e fauna. In più punti, causa il terreno impervio, i mezzi meccanici non possono intervenire via terra per cui occorre procedere via mare: per questo è stata fatta arrivare un'apposita chiatta galleggiante da Sebenico. Nei punti più critici intervengono le ruspe per asportare e caricare su camion le pietre inzuppate di petrolio. Il gasolio si è appiccicato sulla chiglia delle 300 barche medie e piccole ormeggiate nel canale, che vengono tirate in secca e ripulite nella vicina fabbrica di calce spenta a Ponte sull'Arsa. Nelle operazioni sono impegnati circa 200 uomini dell'azienda Dezinsekcija di Fiume coi suoi battelli spazzamare, vigili del fuoco e l'equipaggio della chiatta. La sindaca del Comune di Arsia Glorija Paliska Bolterstein non nasconde forte preoccupazione per i danni al settore turistico dell'area, e ha invitato gli affittacamere del posto a denunciare i danni: la documentazione che verrà allegata alla richiesta di risarcimento.

(p.r.)

 

 

Patto sul gas fra Italia e Croazia - L'Ina compra il 100% di Eni Croazia: si studia una interconnessione fra i due Paesi
ROMA - Eni e la società Croata Ina (Industrija nafte) hanno firmato un accordo di cooperazione bilaterale per valutare l'opportunità di realizzare una interconnessione tra Italia e Croazia per il trasporto del gas naturale. Lo annuncia Eni in una nota precisando che l'iniziativa mira a fare leva sull'infrastruttura esistente, oggi deputata alla produzione offshore di gas nell'alto mar Adriatico, per realizzare un'interconnessione per il trasporto di gas tra i due Paesi. L'interconnessione consentirà di aumentare il grado di integrazione, sicurezza degli approvvigionamenti, competitività e sostenibilità del mercato croato, ma anche di quello italiano data la natura bidirezionale dell'infrastruttura. Inoltre, lo sviluppo di questa iniziativa contribuirà a consolidare la posizione dell'Italia come hub del gas in Europa. Nei giorni scorsi Eni e Ina-Industrija Nafte hanno peraltro firmato un accordo che consente a quest'ultima di acquistare il 100% di Eni Croatia. La produzione corrente di gas della società ceduta ammonta a circa 2.500 barili di olio equivalente al giorno. L'acquisizione è soggetta all'approvazione da parte delle Autorità competenti. La fornitura di gas naturale dalla Croazia al mercato italiano sarà garantita grazie alla sigla di un accordo commerciale tra Ina ed Eni, in base al quale il gas prodotto dal giacimento Marica continuerà ad essere trasportato in Italia. Con questo accordo, in linea con il piano di razionalizzazione del portafoglio mediante vendita degli assets marginali, Eni esce dal business Upstream in Croazia, dove è presente dal 1996 in partnership con Ina-Industrija Nafte.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 giugno 2018

 

 

Campagna informativa su Civitas Portis al via
Mobilità sostenibile: primo appuntamento al Mib per architetti, ingegneri, geometri e periti industriali
Parte la campagna informativa sulle attività che riguardano la mobilità innovativa e sostenibile, che il Comune di Trieste sta conducendo nell'ambito del progetto europeo Civitas Portis. Oggi primo appuntamento al Mib, per gli iscritti agli ordini professionali di architetti, ingegneri, geometri e periti industriali, sul tema dell'integrazione urbana fra Porto vecchio e città. Le principali attività che si svolgeranno nel quadro degli obiettivi del progetto e il programma di comunicazione di massima sono stati presentati ieri dall'assessore a Città territorio, urbanistica e ambiente Luisa Polli e dall'attore Lino Guanciale, ambassador di Trieste Portis, protagonista di "La porta rossa", impegnato in questi giorni nelle riprese della seconda serie della fiction. Il progetto europeo Civitas Portis nasce per sperimentare soluzioni innovative di mobilità urbana sostenibile al fine di aumentare la coesione funzionale e sociale tra centri urbani e porti, spingendo la crescita economica e migliorando l'attrattività degli ambienti urbani. Il progetto vede coinvolte cinque città portuali europee: Trieste, Anversa (Belgio), Aberdeen (Regno Unito), Costanza (Romania), Klaipeda (Lituania). Partner triestini del progetto sono: Comune di Trieste (coordinatore locale), Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico orientale, Area Science Park, Università di Trieste e Trieste Trasporti. A Trieste il progetto si propone l'obiettivo di integrare l'area del Porto, in particolare Porto vecchio, con la città migliorando la mobilità urbana e sperimentando azioni di mobilità sostenibile quali ad esempio il bike e car sharing. Le azioni previste sono numerose: dalla predisposizione di un Piano urbano della mobilità sostenibile, al potenziamento del sistema di raccolta ed analisi dei dati sul traffico, dalla progettazione e realizzazione di app e sistemi informatici che forniscano informazioni utili ed aggiornate a chi si muove in città, all'incremento dei percorsi ciclabili e delle aree pedonali. Alcune attività sono già state avviate e altre lo saranno nei prossimi mesi. Trieste intende avviare una campagna informativa che preveda, da oggi alla fine di agosto 2020, con cadenza almeno semestrale, l'organizzazione di momenti pubblici, per informare i cittadini sull'avanzamento del progetto, e di eventi tematici, seminari, convegni e tavole rotonde, per raccogliere idee e suggerimenti utili ad un processo decisionale partecipato. Il primo appuntamento è per oggi alle 14 al Mib, con il convegno dal titolo "L'integrazione tra Porto vecchio e città: le sfide in corso e lo sviluppo sostenibile - Cenni storici, situazione attuale, sfide future", organizzato dai partner di progetto con la collaborazione degli ordini professionali di architetti, ingegneri, geometri e periti industriali e riservato agli iscritti a tali ordini. A settembre, nell'ambito della 17.a edizione della Settimana europea della Mobilità sostenibile (Sem 2018) che si terrà dal 16 al 22 settembre, il Comune intende riservare spazi al progetto Civitas Portis.

 

 

Soccorso ad animali feriti a rischio dal primo luglio
Tra pochi giorni il servizio di assistenza alla fauna selvatica transita dall'Enpa al Corpo forestale del Fvg. Ma il passaggio di consegne è ancora in alto mare
La "dead line" è fissata al primo luglio. Da quel giorno le attività di soccorso diurno e notturno per la fauna selvatica nel territorio di Trieste, finora assicurate dai volontari dell'Enpa -Ente protezione animali, diventeranno ufficialmente di competenza del Corpo forestale della Regione. Tutto pronto per il passaggio di testimone e di competenze, dunque? Assolutamente no. A pochi giorni dalla "rivoluzione", la partita è ancora in alto mare. La Regione non si è minimamente fatta avanti, spiegano dall'associazione zoofila. E il rischio è che, a farne le spese, siano gli animali feriti e in difficoltà che, di punto in bianco, resteranno senza i loro "angeli custodi". E pensare che di tempo per preparare il passaggio di testimone ce n'è stato parecchio. Se ne parla infatti dal 2016, anno dell'addio alle Province, prima competenti in materia, previsto dalla riforma Panontin. Già nell'ottobre di quell'anno, dunque, avrebbe dovuto concretizzarsi l'avvicendamento. Invece è scattata la prima proroga, con lo slittamento dei termini fissato a ottobre 2017. Nemmeno quella data, però, è stata rispettata e si è spostata la scadenza più in avanti, ad aprile 2018 seguito poi, come detto, dal rinvio al 1 luglio. Oltre quel termine però, assicurano dall'Enpa, questa volta non si andrà. '«Finora, a beneficio degli animali e della cittadinanza ma con notevoli sacrifici -spiegano dalla sede di via Marchesetti - abbiamo continuato a portare avanti il servizio di soccorso di animali su strada durante il giorno. Uno sforzo che, tuttavia, pensiamo di non poter più assicurare in futuro». Il riferimento, prima di tutto, va alla squadra di preziosissimi volontari, animati da grande dedizione ma, ormai, un po' avanti con gli anni: «A far fronte a questa importante attività di recupero e salvataggio di animali - spiegano ancora i vertici dell'Ente protezioni animale di Trieste - è un gruppo di "highlander ultrasettantenni". Gruppo che nel tempo si è sempre più assottigliato e cesserà di esistere proprio alla fine di giugno perché non vi sono stati ricambi generazionali». Come superare l'ostacolo, dunque? Il neoassessore regionale alle Risorse agricole e forestali, Stefano Zannier, invita a non drammatizzare perchè, assicura, una soluzione si troverà. «Stiamo accelerando in queste ore i tempi di uscita del bando di manifestazione di interesse - annuncia -. La data del primo luglio, per il passaggio di competenza del servizio di soccorso di animali di fauna selvatica su strada, sarà rispettata». L'avvicendamento Enpa-Corpo forestale regionale rappresenterà una svolta per Trieste e il suo territorio, notoriamente ricco di fauna selvatica. Nel gruppo rientrano gli "eroi del tramonto e della notte" ovvero caprioli, cinghiali, tassi, faine e volpi, animali diurni come gabbiani e cornacchie, è instancabile l'attività volontaria di soccorso. Decine gli esemplari che ogni settimana i volontari (25 quelli operativi attualmente nella struttura) soccorrono e accudiscono in via di Marchesetti dove, allo stato attuale, sono ricoverati circa 200 animali. Particolarmente sentita in questo periodo dell'anno è la questione dei gabbiani, che in città potrebbe rivelarsi una vera emergenza: «Ogni giorno - dichiarano ancora i responsabili dell'Enpa - da mese a questa parte spiccano il volo dai tetti, su cui sono nati, decine e decine di gabbiani che atterrano sull'asfalto delle trafficate strade, o anche nei cortili o nei giardini condominiali, creando non pochi disagi ai cittadini». Gabbiani, ma non solo. A luglio atterreranno su strada anche cornacchie, merli, cincie, fringuelli e altri volatili, mentre in periferia si aggireranno piccoli di capriolo e di cinghiale. Insomma, è chiaro che luglio risulterà essere un mese decisivo per l'attività di gestione e soccorso della fauna selvatica. Attività che all'Enpa piace definire come una «corsa continua, certamente faticosa, ma fatta da chi ogni giorno ci mette il cuore».

Alexandra Del Bianco

 

Avvistato uno squalo al largo di Muggia - È una verdesca di due metri e mezzo
Lo squalo filmato a largo di Muggia una settimana fa è proprio una verdesca. Lo conferma Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare. «Sì - afferma l'esperto - si tratta di una verdesca, uno tra gli squali di dimensioni maggiori in Adriatico. Assieme allo squalo volpe si trova nelle acque costiere Nord adriatiche anche per motivi riproduttivi essendo quest'area la sua zona di nursery». Il video dell'avvistamento, visibile sul sito internet e sulla pagina Facebook del Piccolo, è stato registrato dal lettore Davide Bidussi. Il lettore si è imbattuto in un esemplare di circa 2,5 metri di lunghezza, filmato sott'acqua a 6 miglia nautiche al largo di Muggia. «Non è un evento molto frequente - ha spiegato ancora Maurizio Spoto, dopo aver visionato il breve filmato - quindi è certamente un'osservazione interessante. Le verdesche sono comunque presenti nell'Alto Adriatico».

(g.s.)

 

 

«Grazie a Esof 2020 Porto vecchio sarà il motore della città»
Una squadra di esperti e scienziati già formata, «che sta lavorando a pieno regime». Un programma di eventi «da definire nei dettagli, che allestiremo senz'altro in tempo». Un piano logistico, che prevede «la realizzazione di un tendone per ospitare Esof, se non dovessero esserci alternative diverse». Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze (Fit) e guida del gruppo che sta lavorando in vista di Esof 2020, si è dichiarato ottimista, ieri sera, rispondendo alle domande che gli ha rivolto Roberto Cosolini, in qualità di presidente dell'Associazione Luoghi Comuni nel corso dell'appuntamento dedicato dalla stessa associazione a Trieste capitale europea della scienza nel 2020.«Quella di Esof è un'avventura - ha esordito Frantoni - anche perché la città non dispone ancora di un Centro congressi adeguato. La nostra idea originaria, cioè quella di un progetto in divenire, è molto piaciuta, per questo abbiamo vinto la concorrenza olandese, anche se non abbiamo ancora la struttura che ospiterà l'evento. Lo sforzo principale finora è stato dedicato alla costruzione di una squadra - ha precisato - e su questo fronte sono ottimista. Il primo incontro ufficiale del gruppo si farà a Trieste a settembre - ha annunciato Fantoni - ma già il prossimo 14 luglio andremo a Tolosa per la cerimonia conclusiva di Esof in quella città, e in quella sede riceveremo il testimone di Città europea della scienza. Nel corso del tempo che ancora ci separa dal 2020 realizzeremo eventi e tavoli di discussione, con l'obiettivo di fare rete, in modo che Trieste conquisti una posizione internazionale». Per Fantoni la sfida di Trieste capitale della scienza entrerà nel vivo nei primi mesi del 2019: «Non rimarrà un episodio per quanto rilevante - ha proseguito il presidente della Fit - e spero che Trieste possa anche ereditare un Museo della scienza e della tecnica». Il presidente della Fondazione ha poi ricordato che «il Comune ha aperto un project financing per creare una struttura stabile, un Auditorium capace di duemila persone, nei magazzini 27 e 28 del Porto vecchio. In ogni caso, c'è il piano B, cioè il tendone. Puntiamo a fare di Porto vecchio un porto delle idee - ha continuato - e un volano capace di riqualificare l'intera città, all'insegna del motto "Se non ora quando"». Sul piano finanziario, Fantoni ha detto di aver già raccolto 3,8 milioni dal settore pubblico. «Ne servirà ancora uno - ha concluso - che spero arrivi dai privati».

Ugo Salvini

 

 

Emodnet, monitoraggio dei mari
Al programma per proteggere l'ambiente marino partecipa l'Ogs
Circa il 70% della superficie terrestre è coperta dall'acqua salata degli oceani, una risorsa fondamentale da preservare e proteggere. Parte da questi presupposti Emodnet, la più grande rete europea di monitoraggio dell'ambiente marino, le cui attività sono state presentate di recente da Ogs e Regione Fvg. Emodnet, acronimo di European Marine Observatory and Data Network, raccoglie e mette a disposizione da quasi un decennio dati marini a livello europeo, attraverso una rete di oltre 150 organizzazioni di ricerca e di monitoraggio dell'ambiente marino ed esperti nella gestione di dati oceanografici. Obiettivo del progetto è quello di facilitare l'inserimento e la classificazione dei dati di monitoraggio degli ambienti marini, garantendone la massima visibilità, affidabilità e condivisione. Un esempio pratico dell'utilità della condivisione di dati è la gestione delle emergenze da sversamento di oli combustibili in mare e l'impatto sulle attività antropiche, su cui Emodnet è stato già ''testato'' per analizzare un caso di sversamento avvenuto nel 2013 davanti alle coste africane. Proprio l'incrocio tra dati come la posizione della chiazza, il tipo di olio e il tasso di sversamento, confrontati con i dati di vento, onde e maree, ha permesso l'elaborazione di un bollettino entro le prime 24 ore dall'allerta e aggiornamenti per i 5 giorni successivi, creando una previsione d'impatto su attività quali acquacoltura, rotte commerciali e altro. Il confronto tra quanto previsto e la situazione poi verificatasi ha dimostrato la qualità molto buona della simulazione, ha spiegato Simona Simoncelli, dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. "Grazie ai dati finora raccolti abbiamo contribuito all'implementazione delle direttive europee - spiega Alessandra Giorgetti, responsabile del Centro nazionale dati oceanografici con sede in Ogs e coordinatrice del portale Chemistry, uno dei sette parte del progetto Emodnet -. Emodnet Chemistry ha recentemente inserito nel programma anche i dati di monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge e sul fondo marino, un tema di forte interesse nell'ultimo periodo". Il progetto è un'iniziativa a lungo termine della Commissione Europea, uno dei pilastri della strategia Marine Knowledge 2020.

g. b.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - LUNEDI', 25 giugno 2018

 

 

Microplastiche in pesci e invertebrati del Tirreno, è allarme

Tra il 25 e il 30 per cento dei pesci e invertebrati presenti nel Mar Tirreno, contiene micro particelle di plastica (microplastica). Lo rivelano i risultati di una nuova ricerca scientifica condotta dall’Università Politecnica delle Marche, Greenpeace e Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova, pubblicata in giornata odierna sul sito dell’associazione.

I dati sono quelli pubblicati all’interno del rapporto “Mare mostrum” di Greenpeace e rivelano una situazione preoccupante per gli organismi marini presenti nel mar Tirreno. Avvenute a Genova, Grosseto, Isola del giglio, Ventotene e Napoli, le rilevazioni sono state effettuate per analizzare oltre 200 pesci e invertebrati che vengono comunemente pescati e consumati in Italia, come acciughe, triglie, merluzzi, scorfani, gamberi e cozze. Si apprende alla documentazione che il polimero più presente in questi organismi è il polietilene, utilizzato per la maggior parte dei packaging e dei prodotti usa e getta, che diversi Paesi stanno cercando di combattere. Come spiegato da Serena Maso della Campagna Mare di Greenpeace: Ciò che ci preoccupa maggiormente è la rapida evoluzione di questo problema e la graduale trasformazione delle microplastiche in nanoplastiche, particelle ancora più piccole che se ingerite dai pesci possono trasferirsi nei tessuti ed essere quindi ingerite anche dall’uomo, con rischi per la salute ancora sconosciuti. Preoccupanti dunque i livelli di contaminazione paragonabili a quelli già riscontrati negli organismi analizzati nell’Adriatico, soprattutto se si considera che le microplastiche vengono poi ingerite dall’uomo quando consuma questi pesci, rappresentando così un pericolo per la salute.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 giugno 2018

 

 

ISTRIA - Canal d'Arsa, un mese per la bonifica

Pesanti le conseguenze della perdita di gasolio da una nave: bagni vietati quest'estate, stop agli allevamenti di cozze
ALBONA - Nel Canal d'Arsa restano costantemente all'opera i battelli ecologici dell'azienda fiumana Dezinsekcija, incaricati di rimuovere dalla superficie marina l'enorme chiazza oleosa provocata dalla fuoriuscita in mare di tonnellate e tonnellate di gasolio durante il rifornimento del mercantile Fidelity, battente bandiera libanese: l'incidente era avvenuto intorno alle 5 di venerdì mattina. Pesanti le conseguenze: le operazioni di bonifica si protrarranno per circa un mese, e stanno impegnando 150 tra pompieri, tecnici specializzati e addetti della Capitaneria di Porto. È stata anche collocata una barriera galleggiante alla foce del fiume Arsa per impedire che la chiazza nera entri nel corso d'acqua, mentre si stanno ripulendo le spiagge e la costa del canale toccate dal gasolio che si è spinto fino sotto Castelnuovo d'Arsa. Qui sorge l'insenatura di Pedrola, frequentata di solito dai bagnanti che non amano le spiagge affollate. Ebbene, sono una quindicina gli affittacamere privati della zona che potrebbero chiudere i battenti per questa stagione: almeno per quest'anno, i bagni in mare lungo tutto il canale non si potranno più fare. Come ha spiegato Dolores Brenko Skerjanc, a capo della Capitaneria di Porto di Pola, il lavaggio della costa viene effettuato con energici spruzzi d'acqua poiché non è consentito l'uso di detergenti chimici a causa della presenza di allevamenti di cozze in mare. Cozze la cui raccolta è stata immediatamente bloccata dall'Ispettorato sanitario, che ne ha prelevati diversi campioni per l'analisi di laboratorio. Allo stesso scopo sono stati prelevati campioni di mare in diversi punti del canale. È inoltre in vigore il divieto di navigazione per le imbarcazioni ormeggiate al molo di Traghetto fino a che il mare non sarà totalmente ripulito, così come le barche stesse imbrattate dalla chiazza oleosa. Intanto al mercantile Fidelity è stato imposto il blocco nel porticciolo di Brsica fino alla conclusione dell'inchiesta che dovrà accertare le eventuali responsabilità dell'incidente. Non è ancora chiaro se sia stata rispettata o meno la regola secondo cui durante il rifornimento di combustibile devono essere collocare le barriere galleggianti attorno alla nave. E sono anche sorte contestazioni per il fatto che i meccanismi per far fronte all'emergenza siano scattati in ritardo. In ogni caso, è stato sottolineato come in pratica sulla costa orientale dell'Istria da Pola ad Abbazia non ci sia un distributore per natanti: chi vuole rifornirsi lo fa con i camion cisterna, mentre i proprietari delle piccole barche da pesca o da diporto ricorrono alle taniche riempite al distributore di Albona. E il travaso del carburante in situazioni del genere nasconde sempre insidie.

(p.r.)

 

 

Premiato il "ritorno al futuro" di Porto vecchio
Il progetto di Italia Nostra inserito dal Mibact nel calendario dell'Anno europeo del patrimonio culturale
È arrivata la conferma ufficiale dal Coordinamento nazionale dell'anno europeo del patrimonio culturale 2018 del Mibact) per il progetto di "Porto vecchio: ritorno al futuro" presentato da Italia Nostra Trieste, che rientra nel calendario italiano dell'Anno europeo del patrimonio culturale 2018. «L'inclusione dell'iniziativa - commenta Antonella Caroli, presidente di Italia Nostra Trieste - porterà la nostra città e il patrimonio del distretto storico portuale all'attenzione europea. Si utilizzerà il marchio Mibact/Anno europeo del Patrimonio culturale del 2018 e lo slogan ufficiale europeo "Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro". Questo comporterà anche l'impegno a riferire regolarmente sul suo sviluppo e a inviarne report e dati a conclusione degli Eventi alle istituzioni e al Coordinamento nazionale dell'Anno europeo del patrimonio culturale 2018 (Mibact)». L'iniziativa prevede di concordare con le istituzioni percorsi itineranti nel distretto storico portuale di Trieste, presentazione del masterplan del Porto Vecchio ai cittadini, momenti di incontri, esposizioni e pubblicazioni per informare costantemente sul processo di riqualificazione del distretto storico portuale. Importanti saranno incontri a livello europeo, visite dei rappresentanti degli Istituti Italiani di cultura all'estero e il coinvolgimento del comitato scientifico internazionale del Porto vecchio che ha sede ad Amburgo. «I risultati raggiunti dalla nostra associazione grazie all'esperienza e l'impegno costante su questo fronte - prosegue Caroli - ci hanno indotto a predisporre, grazie al lavoro di un pool di esperti e tecnici, attualmente anche in collaborazione con le istituzioni, un aggiornamento del Masterplan del 2013, che verrà presentato ufficialmente a breve, per tener conto degli sviluppi più recenti del contesto normativo, istituzionale ed economico-finanziario. Sarà cura pertanto di Italia Nostra Trieste- conclude la presidente Caroli sottoporre all'attenzione degli enti istituzionali coinvolti la nuova versione del Masterplan, confidando che esso possa contribuire al raggiungimento dell'obiettivo da tutti condiviso di una rinascita di questa parte della Città di Trieste».

 

 

L'assalto dei cicloturisti innervosisce Trebiciano
I residenti chiedono di regolare il grande afflusso di auto e scooter parcheggiati alla rinfusa
TRIESTE - L'assalto di cicloturisti e escursionisti mette a dura prova la tranquillità dei residenti di Trebiciano. Tanto da obbligarli a rivolgersi alla circoscrizione di Altipiano Est per cercare di rimettere ordine a una viabilità ritenuta compromessa e alterata dal grande afflusso di auto e scooter che gli escursionisti parcheggiano alla rinfusa prima di raggiungere i sentieri e le piste che dal borgo si sviluppano nei boschi circostanti. Proprio a Trebiciano infatti c'è il "capolinea", in località Fanterec, di una pista ciclopedonale molto frequentata. Specialmente nei fine settimana, si legge in un documento del parlamentino e inviato al sindaco e ai competenti uffici municipali, Trebiciano viene letteralmente invasa da ciclisti che, prima di iniziare a girare, abbandonano quattro e due ruote dove capita. Per tacere delle velocità praticate nel dedalo di viuzze che caratterizzano il borgo. «La situazione è insostenibile - spiega il presidente del parlamentino Marko De Luisa - è necessario riportare l'ordine nella viabilità del cuore della frazione. Autovetture e scooter vanno parcheggiati fuori dal centro abitato, permettendo ai residenti di circolare in sicurezza e tranquillità». La ricetta c'è, e il parlamentino la documenta in un documento approvato e inviato al municipio. Alla periferia di Trebiciano, in prossimità del campo sportivo, esiste un'area di parcheggio sterrata che, una volta sistemata, consentirebbe ai cicloamatori di lasciarvi con comodità il proprio mezzo e di connettersi alla ciclopedonale grazie a un ampio sentiero carrabile che inizia nel parcheggio contiguo al cimitero della frazione. «Per mezzo di una adeguata segnaletica e di una opportuna cartellonistica - riprende il presidente - la fruizione di questo comprensorio risulterebbe molto più semplice, a tutto vantaggio sia dei residenti che dei forestieri. Per queste ragioni chiediamo all'amministrazione comunale di prendere in considerazione la nostra proposta, un tanto a sgravare quel centro storico da un traffico veicolare che mette a repentaglio sicurezza e vivibilità». Il parlamentino chiede inoltre al Comune di dotare gli immediati dintorni del vecchio stagno paesano di cestini porta rifiuti e di contenitori per le deiezioni canine, per incentivare i frequentatori a una fruizione educata dell'area.

Maurizio Lozei

 

 

Conferenza stampa Mobilità Sostenibile - Campagna al via

Oggi alle ore 12.00, nel Salotto Azzurro del Municipio, si terrà la conferenza stampa di presentazione della Campagna informativa sulla mobilità innovativa e sostenibile del progetto "CIVITAS PORTIS".L'iniziativa punta a creare soluzioni innovative di mobilità urbana sostenibile.

 

 

Rock e musica celtica per aiutare i volontari da tutta Europa
Come ti racconto le attività di volontariato e le prassi riguardanti la mobilità giovanile in campo europeo, anche tra eventi, arte e musica. È quanto caratterizza il primo dei quattro appuntamenti targati Sportello Europe Desk, in programma mercoledì, alle 16, al Polo Giovani "Toti" di via della Cattedrale 3 a San Giusto, teatro di una iniziativa inclusa nel cartellone di Trieste Estate Giovani, sezione speciale della rassegna a cura del Comune di Trieste. L'appuntamento, aperto per l'occasione al pubblico, segna il rilancio dell'asse collaborativo tra l'Area Scuola, Educazione, Cultura e Sport (Pag, Progetto Area Giovani) e l'Area Turismo, Innovazione e Sviluppo Economico (Eurodesk) del Comune di Trieste, qui uniti sul piano degli sviluppi e della formazione dei temi legati al Corpo Europeo di Solidarietà e al Servizio Volontario Europeo. In primo piano quindi le opportunità, le mete, i canali di formazione, le risorse finanziarie previste a supporto dei progetti che parlano di solidarietà. Per i giovani che aspirano a esperienze formative all'estero in tal senso, la tappa del 27 giugno prova a spalancare le porte sul panorama europeo e sui primi passi da compiere nel campo della mobilità educativa e nelle varie sigle coinvolte, una vetrina incastonata all'interno della seconda edizione del Festival Estivo di Scienza e Tecnologia, manifestazione curata dall'Associazione Sinapsi in collaborazione con il Pag - Progetto Area Giovani del Comune di Trieste. L'Europe Direct di Trieste è un centro di informazione gestito direttamente dal Comune di Trieste in convenzione con la Direzione Generale Comunicazione della Commissione Europea, ufficio che sul piano pratico intende fare da mediatore tra la UE e i cittadini a livello locale. Quello presente a Trieste - in via della Procureria 2/a, dietro al palazzo municipale - rappresenta uno dei 44 centri presenti in Italia e dei 434 dislocati nella rete dell'Unione Europea. La missione dell'Europe Direct si dirama su vari fronti, offrendo non solo informazioni e consulenza ma attuando diversi progetti di collaborazione con il mondo della scuola, attraverso incontri, laboratori e seminari tematici. Il servizio a fianco dei giovani si traduce inoltre nel segno dell'orientamento generale, offrendo le coordinate per l'accesso al Programma Erasmus o per altri sbocchi formativi o di lavoro all'estero. Il tema della mobilità giovanile quest'anno gode di altre vetrine, qui dal respiro artistico, racchiuse sotto la voce "Party con l'Europa" . Un percorso che proseguirà giovedì 21 luglio, alle 21, con "Rock History - Suona la Storia", continuerà giovedì 2 agosto, ancora alle 21, questa volta con "Musica Celtic & Folk Night" e sfocerà il 9 agosto, alle 18, con l'evento "Porto il PAG al Porto Vecchio" ; un trittico di appuntamenti ospitati nella sede della Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio. Ulteriori informazioni scrivendo a europedirect@comune.trieste.it o al Numero Verde Europeo: 00800 67891011.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 giugno 2018

 

 

PORTO VECCHIO - Centro congressi, gara al via - Un mese per le proposte
Decolla l'iter per il polo espositivo in Porto vecchio. Investimento di 10 milioni - Diritto di prelazione riconosciuto dal Project financing alla cordata triestina
Si chiuderanno alla fine di luglio i termini di gara per la costruzione e la gestione del futuro Centro congressi di Porto vecchio. Si avvicina così al compimento il processo avviato con la presentazione del Project financing fatta dalla Trieste Convention Center srl, la cordata di imprenditori triestini. La struttura dovrebbe servire a ospitare la manifestazione Esof2020, rimanendo poi in dote alla città. Non a caso l'idea è partita proprio da chi ha avuto un ruolo in Esof praticamente dal principio, figure come Diego Bravar, vicepresidente della Fondazione internazionale Trieste e presidente di Trieste Convention Center, e l'ingegner Pierpaolo Ferrante. Trattandosi di un Project financing, la gara prevede il diritto di prelazione per il proponente, favorito quindi nell'aggiudicazione dell'opera. La proposta, come più volte scritto su queste pagine, prevede la realizzazione di un'ampia struttura che dovrebbe interessare i magazzini 27 e 28, nei pressi della Centrale idrodinamica. L'oggetto della concessione, si legge nel bando di gara, è infatti «la progettazione, costruzione e gestione di un nuovo centro congressi come meglio dettagliato nella proposta di Project financing presentata dal promotore», ovvero Trieste Convention Center. La concessione non è divisibile in lotti e le varianti al progetto sono ammesse e valutate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.Il valore della concessione è stimato in quasi 64 milioni 400 mila euro. L'importo stimato dell'investimento è di 10 milioni 600 mila euro. Di questi, 5 milioni e mezzo verranno versati dal Comune di Trieste. La durata della concessione è di 21 anni e sette mesi. Comprende i tempi di progettazione (130 giorni), quelli di costruzione (15 mesi) e il ventennio di gestione.Il termine per il ricevimento delle offerte è fissato alle 12.30 del 24 luglio. Le buste verranno aperte la mattina successiva alle 9.30.Le spese previste per la realizzazione dell'opera includono circa quattro milioni per gli interventi sugli edifici, oltre due milioni per impianti termici e di condizionamento, più di un milione per i sistemi elettrici, telefonici e video. La realizzazione di una struttura che possa portare Trieste nel circuito del turismo congressuale è questione dibattuta da tempo. L'unica vera sala presente al momento in città per manifestazioni di questa portata è infatti la Stazione marittima, che non risponde però alle esigenze del mercato odierno.

Giovanni Tomasin

 

 

Scienziati dal mondo per gli oceani - Da domani al 27 giugno la summer school sulla "crescita blu"
Approda a Trieste domani la Summer School on Blue Growth in the Euro-Mediterranean Region 2018, quinta edizione dell'evento internazionale di formazione sulla crescita sostenibile nell'area mediterranea, legato alla cosiddetta "economia blu", l'insieme di tutte le attività economiche, scientifiche, culturali e sociali legate all'ambito marino e marittimo. Un settore che a livello europeo impiega 5,4 milioni di persone, genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro l'anno e presentano ulteriori margini di crescita. Ventotto i partecipanti tra ricercatori, scienziati e manager provenienti da Istituzioni, Università ed Enti di Ricerca di varie nazionalità. Scopo della Summer School è far rafforzare le competenze professionali nel campo della oceanografia, scienze marine e "crescita blu". La Summer School è organizzata dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs e dalla Euro-Mediterranean University - Emuni. L'iniziativa si svolge con il supporto del programma Erasmus + dell'Unione Europea, dell'Unione per il Mediterraneo, del Miur - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, del Programma 5+5, dell'Iniziativa Centro Europea (Cei) e dell'Institut Français. L'evento si inserisce nel filone della Blue Growth Initiative, strategia a lungo termine dell'Ue che riconosce che i mari e gli oceani rappresentano un motore per l'economia europea, con enormi potenzialità per l'innovazione e la crescita, e costituisce il contributo della politica marittima integrata al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 per uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo. Parte integrante e fondamentale della Blue Growth Initiative, infatti, è la creazione di adeguate opportunità di formazione e di mobilità per una nuova generazione di scienziati marini. Gli obiettivi della Summer School on Blue Growth in the Euro-Mediterranean Region 2018 sono: aumentare le competenze professionali e la qualità della ricerca nel campo delle scienze marine, clima aspetti connessi, la tutela ambientale e la gestione integrata delle zone costiere; aumentare l'offerta formativa per estendere l'attuale sviluppo e crescita economica inerente le attività e gli aspetti legati al mare ai paesi del Mediterraneo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 giugno 2018

 

 

Via San Michele a rischio, scatta la petizione
Iniziativa del gruppo "La qualità della via". Tra le richieste limite di 30 km/h e marciapiedi più ampi
Si è aperta la raccolta firme del gruppo "la qualità della via" per chiedere maggiore sicurezza nelle vie San Michele, Felice Venezian e Madonna del Mare. Strade, secondo il comitato, minacciate dalla pericolosità degli attraversamenti a causa della ristrettezza delle carreggiate, con la conseguente scarsa visibilità per i conducenti dei veicoli, e dei marciapiedi, con il loro generale dissesto, assieme all'alta velocità di percorrenza delle macchine. In seguito ai non rari incidenti e vista l'alta densità dei bambini nella zona, per iniziativa di una parte dei residenti della zona e delle famiglie che frequentano il giardino di San Michele e l'istituto comprensivo Dante Alighieri, è nata la pagina Facebook "La qualità della via", che ha da poco superato i 300 "mi piace", con lo scopo di raccogliere opinioni e idee per promuovere la sicurezza e la vivibilità delle vie.Il gruppo si è incontrato fisicamente per la prima volta poco tempo fa al giardino di San Michele per elaborare una petizione comune e così lanciare la relativa raccolta firme. Al termine dell'assemblea, queste le richieste dei cittadini rivolte al comune: l'applicazione di un limite di 30 km/h sulle vie e la contemporanea installazione di un autovelox e/o di telecamere per il rispetto del suddetto limite; l'apposizione di cartelli verticali e di strisce illuminanti che migliorino la visibilità degli attraversamenti pedonali; l'introduzione di segnaletica orizzontale adatta a separare le carreggiate nei tratti a doppio senso, al fine di scoraggiare i sorpassi che sono causa di frequenti incidenti; il rifacimento dei marciapiedi, per assicurare una loro sicura percorrenza da parte dei pedoni, in particolare di anziani e persone disabili. La raccolta firme sta procedendo attraverso due canali, cioè il "porta a porta" dei promotori e nei locali pubblici della zona. Questo l'elenco dei commercianti che sostengono l'iniziativa: Mimì e Cocotte, Stranomavero, Portacavana bazar, Equinoxio Fiorito, Hops Beer Shop, Knulp Bar, Piolo Max, Farinoteca Moras, Cemut Piccola osteria friulana, BarBacan, Stilemisto, Emporio d'Arte LiberArti. È possibile aderire anche nel giardino di San Michele grazie all'associazione AnDanDes. Le firme verranno raccolte fino a giovedì 28 giugno 2018 e, inoltre, la prossima settimana saranno anche organizzati dei banchetti in zona Cavana, piazza Hortis e via San Michele.

(s.m.)

 

 

ISTRIA - Gasolio in mare: è emergenza

Catastrofe ecologica nel Canal d'Arsa a causa della perdita da una nave battente bandiera libanese
ALBONA - Sta assumendo le proporzioni di una catastrofe ecologica l' inquinamento del Canal d'Arsa sulla costa orientale dell'Istria dove ieri mattina è finito in mare un grosso quantitativo di gasolio. La massa oleosa ha invaso tutte le imbarcazioni ormeggiate nel porticciolo creando una situazione di emergenza per i pescatori costretti a ributtare in mare il pescato: un grosso danno dunque per i ristoratori del luogo che si rifornivano regolarmente di cozze. Ed è una mazzata anche per i pescatori che ora non potranno gettare in mare le reti o la lenza per un lungo periodo di tempo. Un grosso danno economico ed ambientale con riferimento particolare alla flora e fauna marina subito rilevato dalle associazioni ambientaliste della zona che hanno invocato interventi immediati per tamponare l'emergenza. Notevoli le conseguenze anche per la stagione balneare: per molti turisti sarà impossibile immergersi in acque solitamente cristalline che da ieri hanno acquistato un inquietante colore nero pece. Ma cosa è accaduto? Nel comunicato stampa diffuso dal Ministero del Mare, Trasporti e Infrastrutture, praticamente si confermano le fonti ufficiose. Ieri mattina intorno alle cinque sono fuoriuscite in mare da 5 a 15 tonnellate di gasolio durante le operazioni di rifornimento di carburante di un mercantile battente bandiera libanese. É il Fidelity ormeggiato allo scalo merci di Brsica ( Val Pidocchio) lungo 115.3 metri della portata di 5395 tonnellate. Ad aggravare ulteriormente la situazione hanno provveduto il mare agitato e il forte vento che hanno spalmato la chiazza oleosa praticamente su tutto il bacino, fino a 3,5 miglia al largo. I cittadini del luogo sono accorsi subito sulla riva attirati dal forte odore di benzina: il primo a dare l'allarme al Centro allertamento regionale è stato un allevatore di cozze. Una catastrofe annunciata- ha amaramente commentato qualcuno. L'inquinamento è stato di tali proporzioni che ben presto è scattato il divieto di navigazione lungo il canale mentre i proprietari delle imbarcazioni danneggiate sono stati invitati a presentare denuncia dei danni subiti. Dopo l'allarme sono subito scattate le misure di risanamento o rimozione della massa oleosa coordinate dalla Capitaneria di Porto di Pola che ha riattivato il Centro operativo regionale ora in seduta permanente. Sul posto sono stati inviati alcuni battelli i cui equipaggi hanno collocato delle barriere galleggianti intorno alla chiazza per impedire che si diffondesse ulteriormente. Il grosso dell'operazione di pulizia della superficie marina, viene affidato alle unità della società Dezinsekcija di Fiume, specializzata in emergenze del genere. Ancora non è possibile sapere quanti giorni serviranno per rimuovere la massa oleosa dalla superficie marine sempre che le condizioni del mare non siano proibitive a causa della situazione meteorologica in queste ore molto instabile. Intanto il Fidelity rimane bloccato nel porto mentre a bordo sono saliti gli ispettori della Direzione per la sicurezza della navigazione che opera in ambito ministeriale. Ovviamente si sta indagando anche per l'accertamento delle responsabilità.

p.r.

 

 

Tante Bolle ai Topolini per conoscere le meraviglie in fondo al mare di Barcola
Come poter vivere il battesimo della subacquea in assoluta sicurezza e in un clima di educazione ambientale. È il copione di "Bolle ai Topolini", la manifestazione dedicata ai ragazzi e ragazze dagli 8 ai 14 anni, progetto a cura del Circolo Sommozzatori Trieste in programma oggi a Barcola, zona III topolino (spiaggetta rampa disabili), dalle 9 alle 11. Si tratta di un copione consolidato, da anni inserito nel quadro delle attività didattiche rivolte ai più giovani targate Circolo Sommozzatori Trieste, un piano che coniuga l'approccio alla pratica subacquea con i temi della sensibilizzazione e della conoscenza dell'ecosistema marino, spunto quest'ultimo che si avvale della collaborazione con Lega Ambiente, attesa con una sua delegazione nella mattinata del 23 giugno. La giornata è comunque incentrata maggiormente sulla esperienza in mare e sulla possibilità di vivere il battesimo da sub sotto la guida di tecnici qualificati, in grado di accompagnare il neofita in una avventura che si traduce appena sotto la superficie, in un contesto quindi di massima sicurezza. Per aderire a "Bolle ai Topolini" servono alcuni requisiti, come un certificato medico di idoneità sportiva non agonistica e l'iscrizione alla Fipsas, tessera acquisibile anche sul posto (10 euro). Il Circolo Sommozzatori Trieste è sorto nel 1986, fondato da un gruppo di istruttori della Scuola Federale di Immersione della Fipsas, la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee. La missione principale è dunque la didattica, nel campo della subacquea e della apnea, indirizzi che in estate vengono tradotti con i corsi con maschera e pinne per ragazzi dagli 8 ai 14 anni, e con bombole (Mini Ara) dai 10 ai 14. Per informazioni sulle attività in calendario e sull'appuntamento del 23 giugno, è attivo il portale www. circolosommozzatoritrieste. it e l'indirizzo info@sommozzatoritrieste. it. La sede del Circolo è in via Mascagni 1/3, con telefono 040826576. Francesco Cardella

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 22 giugno 2018

 

 

Pubblicato il dossier "Mare Monstrum 2018" sull'illegalità ai danni del mare  a cura dell’Ufficio ambiente e legalità e dell’Ufficio scientifico di Legambiente

Un mare assediato, da tonnellate di rifiuti, dagli scarichi inquinanti delle tante località che ancora non hanno una depurazione efficiente, dal cemento abusivo che non viene demolito, così come dall’invadenza degli stabilimenti balneari che rendono inaccessibili interi tratti di litorale. Ma anche dai pescatori di frodo che fanno razzie e dai diportisti che sfrecciano su barche, motoscafi e moto d’acqua senza alcun rispetto per il codice della navigazione.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 giugno 2018

 

 

A Trieste dal 1971 la temperatura media è salita di 1,3 gradi - il clima che cambia
Valore sopra la media nazionale. Istat: città sul podio per durata delle onde di calore. Piogge in diminuzione
TRIESTE - In Italia fa sempre più caldo: la media nazionale è quella di un grado centigrado in più rispetto alle temperature registrate quasi cinquant'anni fa. È questo uno dei dati salienti che emergono da un report dell'Istat, che ha esaminato e comparato i valori registrati nei capoluoghi di regione. Il riferimento temporale analizzato dal dossier si divide in due periodi distinti che l'Istat ha confrontato: quello che va dal 1971 al 2000 e quello che comprende gli anni dal 2002 al 2016. In quest'ultimo periodo, la temperatura media annua nelle città italiane è stata di 15,5 gradi contro i 14,5 del periodo precedente. Un rialzo che a Trieste - anche se per queste ore è previsto l'arrivo di una ondata di fresco a seguito di piogge consistenti - è stato ancora più rilevante: nel 2002-2016 si sono registrati in media 15,9 gradi, con un rialzo di 1,3 rispetto al periodo 1971-2000.Ma non ci sono solo le temperature medie: a essere aumentati, in Italia e - in taluni casi in modo più marcato - anche nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono stati anche giorni e notti torridi, e ondate di calore. Nel capoluogo regionale i giorni estivi - quelli cioè con temperatura superiore a 25 gradi - sono saliti da 75 a 100 (anche se siamo sotto la media nazionale di 110); e le notti tropicali - con temperatura minima superiore a 20 gradi - sono aumentate da quota 42 a 60, in questo caso sopra la media nazionale delle 45.Ma l'incremento più consistente riguarda il numero dei giorni caldi, ovvero quelli in cui la temperatura massima giornaliera è superiore al 90° percentile: si è passati da 32 a 101, dato che proietta Trieste al primo posto in Italia assieme a Perugia. Il capoluogo regionale conserva il podio anche quando si parla di onde di calore, oltre le sei giornate consecutive, posizionandosi alle spalle soltanto di Perugia e Ancona. «Balza agli occhi un dato veramente preoccupante - rileva Marcellino Salvador dell'Osmer Fvg, al di là dei dati Istat - che è quello dell'aumento di un grado della temperatura media degli ultimi cinquant'anni nel nostro Paese. Basti pensare che il World Meteorological Organisation ha indicato in 0,82 gradi centigradi l'aumento della temperatura del pianeta negli ultimi cento anni. Un dato che la dice lunga sulla situazione preoccupante che sta affrontando la Penisola».Meno marcata è invece la diminuzione delle giornate di gelo in Italia, con la sola L'Aquila in controtendenza: a Trieste le otto giornate con temperature sotto lo zero restano invariate. Sempre più caldo, dunque. Ma anche le piogge sono in aumento. Dal 2000 infatti la quantità media di precipitazioni totali annue nel Paese è aumentata dell'1,6%, ma con differenze che si presentano marcate fra le diverse città: Genova per esempio ha visto decrescere il valore del 16,2%, Milano del 13,1%, Napoli del 9,5%; mentre in alcuni capoluoghi del Sud i rialzi sono stati rilevanti (dal +35,5% di Palermo al +15,1% di Bari, per esempio). A Trieste c'è stato un decremento medio pari al 7,3%, da 986 a 914 mm. Decisamente meno marcati invece gli indici degli estremi climatici relativi alle precipitazioni relativi al periodo preso in esame: a Trieste sono diminuiti da 91 a 89 i giorni con precipitazioni lievi sopra il millimetro, da 14 a 12 quelli sopra i 10 millimetri; resta invariato il dato relativo alle giornate di pioggia con precipitazioni superiori ai 50 mm, con una sola giornata. Quasi invariato il dato dei giorni consecutivi con pioggia, da 7 a 6, e quello dei giorni senza pioggia, passati da 23 a 25.

Luigi Putignano

 

E a giugno le cifre da record sono nel mare
Anche il mare a Trieste ha raggiunto temperature da record. A certificarlo in questo caso è l'Osmer Fvg: «Nei primi 20 giorni del mese di giugno - dice Marcellino Salvador, previsore dell'Osmer - la temperatura media del mare è stata di 25 gradi centigradi, un dato da record che non può passare inosservato. Parliamo naturalmente di un mare poco profondo come l'Adriatico; e nonostante il continuo apporto di acque fredde che si sono originate dallo scioglimento dell'abbondante neve dello scorso inverno, da fiumi come il Tagliamento e l'Isonzo, le temperature restano decisamente elevate». Una situazione che discende anche da un aprile caldo come non accadeva dal 2007, dopo un marzo dalle temperature rigide: basti ricordare che a Trieste la temperatura del mare ha raggiunto una media di 18,7 gradi, valori da record per il mese. A Lignano lo scorso 26 aprile la temperatura del mare ha raggiunto i 20,4 gradi di valore medio. Ed è la prima volta che si sono superati, sulle coste della regione, i 20 gradi centigradi prima di maggio.

(l.pu.)

 

 

Al via i lavori per il Pedibus di Barcola
Consentirà ai bimbi di attraversare la strada in sicurezza per raggiungere le scuole della zona
È appena terminato l'anno scolastico e sono già partiti i lavori per la realizzazione del percorso Pedibus di Barcola, pensato per consentire ai bambini un attraversamento a piedi in sicurezza per raggiungere le scuole e i vicini luoghi d'aggregazione. Attraversamenti pedonali, segnaletica orizzontale e dissuasori ottici di velocità andranno a tracciare un itinerario che si estenderà tra via Moncolano, via Bonafata e via del Boveto. In questo modo sarà coperto non solo il collegamento tra la scuola primaria di lingua slovena Fran Saleski Finzgar dell'istituto comprensivo Vladimir Bartol e l'oratorio della chiesa di San Bartolomeo, ma anche i collegamenti tra le fermate dell'autobus e le tre scuole materne presenti nella zona: la paritaria Sacro Cuore delle Orsoline, in via del Cerreto 2, dove si trova anche una casa albergo per anziani, e le statali dell'istituto comprensivo Roiano-Gretta, all'inizio di via di Vallicula, e dell'istituto sloveno Vladimir Bartol, che ha sede nella stessa via. Delle zebre sono già state dipinte all'ingresso di via del Cerreto da via Moncolano, con l'aggiunta di due dissuasori ottici per rallentare le auto che percorrono via Moncolano nei due sensi di marcia. Altri due attraversamenti saranno realizzati all'inizio e alla fine di via Bonafata, un altro con dissuasori ottici all'inizio di via del Cerreto. L'operazione Pedibus è scattata dopo un sopralluogo della sesta commissione effettuato in seguito alle segnalazioni di genitori e insegnanti, che, con il sostegno di alcuni consiglieri comunali, avevano richiesto a gran voce una soluzione: proprio in via del Cerreto lo scorso ottobre un bimbo era stato investito da un'auto. «Siamo partiti da questa segnalazione per poi decidere d'intervenire su un'area più ampia, così da dare una risposta complessiva a tutte le scuole e gli abitanti della zona ottimizzando interventi e costi», spiega l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli, che sottolinea anche come davanti alla scuola Finzgar verrà aggiunto anche un cestino per l'immondizia e lungo l'itinerario due nuovi cestini per la deiezioni canine a uso dei residenti. I lavori dureranno una decina di giorni. Nel frattempo sono iniziati anche i lavori in Strada del Friuli, nelle vicinanze del faro, per la realizzazione di un nuovo attraversamento pedonale posto a metà tra i due già esistenti, così da consentire l'attraversamento in sicurezza ai residenti.

Giulia Basso

 

 

«Ora i muggesani portano i rifiuti a Trieste» - Vertice tra sindaci
MUGGIA - I muggesani portano i propri rifiuti a Trieste? L'avvento del "porta a porta" rivierasco pare proprio aver comportato questa nuova usanza. La denuncia ufficiale è arrivata dai banchi consiliari triestini della maggioranza di centrodestra. «Si è venuti a conoscenza che diversi cittadini muggesani si avvalgono delle piazzole ecologiche presenti nel Comune di Trieste per far fronte ai disagi che si trovano costretti ad affrontare», racconta il capogruppo forzista Piero Camber: «È evidente che tale situazione crea un aggravio economico al Comune di Trieste dal momento che aumenta il volume dei rifiuti da smaltire con tutto ciò che ne consegue in termini di costi sopportati da AcegasApsAmga. Costo che poi i triestini devono coprire integralmente tramite la tassa rifiuti». In un'interrogazione Fi chiede così all'assessore Maurizio Bucci «di intervenire presso l'amministrazione comunale muggesana affinché una scelta sbagliata che sta creando enormi problemi alla cittadinanza non si riverberi anche sul nostro Comune a danno di tutta la collettività del capoluogo regionale». Pronta la replica del sindaco di Muggia Laura Marzi: «Sono a conoscenza del problema sollevato dal consigliere Camber, ho incontrato il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza su mia richiesta. Abbiamo concordato di monitorare attentamente la situazione e adottare al caso strategie di intervento comuni». Intanto nell'ultima riunione del Consiglio di Muggia, la Lega con il capogruppo Giulio Ferluga ha presentato un'interrogazione sulle difficoltà che il nuovo servizio di raccolta sta comportando agli esercenti di Aquilinia. Un altro documento è stato presentato da Roberta Tarlao (Meio Muja) che ha chiesto soluzioni per Piasò, Zindis, Caliterna e punta Olmi.

(r.t.)

 

 

In 120 mila per salvare il cuore blu dell'Europa
Alla Bers una petizione che chiede di bloccare i fondi per la costruzione di dighe e centrali idroelettriche lungo i fiumi balcanici: 2800 gli impianti progettati (l'articolo)
BELGRADO - Un mare di sottoscrizioni contro una pericolosissima - per la flora e la fauna locali e per un ambiente in molti casi incontaminato - ondata di dighe, sbarramenti e mini centrali idroelettriche. Sono evidentemente in molti, in Europa, a tenere alla vita e al futuro dei fiumi dei Balcani, negli ultimi anni al centro di controversi piani per la produzione di energia elettrica. Energia pulita solo sulla carta, perché spesso non si tiene conto delle conseguenze ambientali di interrompere con sbarramenti fiumi finora intatti. Sono stati più di 120 mila i cittadini che hanno così deciso di firmare una petizione per chiedere una moratoria nei riguardi di questi progetti: le adesioni sono state consegnate, direttamente a Londra, al vicepresidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). È la prima volta che la Bers riceve un numero così elevato di appelli di protesta. Anime dell'iniziativa sono le organizzazioni River Watch, EuroNatur, Bankwatch e Patagonia, unite nell'ambito della campagna "Save the Blue Heart of Europe", "Salvate il cuore blu dell'Europa». La petizione - che come hanno ricordato le Ong ha superato le centomila firme nel giro di un solo mese di raccolta - è diretta in particolare «a Bers, alla Banca europea degli investimenti e alla Banca Mondiale», affinché interrompano «i loro finanziamenti all'idroelettrico nei Balcani, prima che gli ultimi fiumi selvaggi in Europa vengano irreversibilmente distrutti». Finora le tre istituzioni nel loro insieme hanno destinato risorse a 82 centrali idroelettriche nei Balcani, di cui 37 localizzate in aree protette, per un valore totale di 724 milioni di euro, come ricordano le organizzazioni. Ma i rovinosi effetti vanno ben oltre questi numeri, comunque alti. I progetti nel mirino degli ambientalisti, secondo studi di River Watch, investono infatti una regione, quella balcanica, che è uno «dei più importanti hotspot per la biodiversità delle acque in Europa». I fiumi balcanici infatti «ospitano 69 specie di pesci che vivono solo in quest'area e da nessun'altra parte al mondo», oltre al «40% dei molluschi d'acqua dolce a rischio in Europa». È un cuore blu «a rischio infarto», perché sono in tutto 2.800 - sempre nei dati forniti dalle organizzazioni - le centrali idroelettriche in cantiere in futuro nell'area balcanica, in Grecia, Bulgaria e Turchia. Secondo una recente analisi dell'agenzia Fluvius le strutture già oggi in costruzione ammontano a circa 200, in particolare in Albania (81), una sessantina in Serbia e Macedonia e Bosnia-Erzegovina. Fra i fiumi più minacciati figurano il Valbona, in Albania, ma anche la Sava, la Neretva e altri corsi d'acqua minori. La speranza ora, visti i rischi denunciati dalle Ong, è quella di una marcia indietro definitiva sui progetti, magari puntando su investimenti rispettosi degli ambienti naturali. «Speriamo che la Bers prenda in considerazione le voci della gente e sposti i suoi investimenti su un mix diverso di rinnovabili», ha auspicato Fidanka McGrath, di Bankwatch. Sulla stessa linea anche Theresa Schiller, una delle coordinatrici della campagna "Save the Blue Heart of Europe", che ha detto di sperare che «le banche internazionali si prendano le loro responsabilità in tempi di cambiamenti climatici e sfruttamento eccessivo delle risorse naturali». «Stop all'investimento in uno tsunami di dighe», si punti invece sul «solare», è l'auspicio di Ulrich Eichelmann, di Riverwatch.La palla, ora, passa alle istituzioni messe nel mirino dagli ecologisti. Istituzioni che non potranno fare orecchie da mercante davanti alle rimostranze di 120 mila persone.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 giugno 2018

 

 

Grandi opere - La Tav resta congelata e lo Stato pensa ad Alitalia
ROMA - Il nuovo Governo si prepara a decidere quali grandi opere vedranno la luce e quali invece rimarranno nel cassetto. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha infatti annunciato l'obiettivo di «riesaminare in tempi brevi» i diversi dossier lasciati sul tavolo dal precedente Governo. In particolare, sul tema caldo della Tav Torino-Lione la posizione rimane quella dettata dal contratto di Governo M5s-Lega dell'impegno a ridiscutere il progetto. Attesa a breve anche una decisione sul dossier Alitalia. Determinante nella decisione sulle grandi opere è il beneficio per i cittadini: «quelle necessarie e buone» dovranno essere concluse, a partire da quelle già iniziate - ha detto il ministro alla Camera - mentre quelle non a vantaggio della popolazione verranno valutate in un secondo momento». In particolare, sulla Tav è confermato l'impegno a «ridiscutere integralmente» il progetto visto che per Toninelli non c'è stato il previsto incremento dei traffici di merci a presupposto dell'opera. Quanto al dossier Alitalia ieri la Camera ha approvato (512 sì) la proroga al 31 ottobre della vendita e al 15 dicembre del rimborso dei 900 milioni di prestito ponte. Il sottosegretario allo Sviluppo Davide Crippa però ha chiesto di non inserire in un ordine del giorno a firma Stefano Fassina (Leu), che impegna il Governo a promuovere l'ingresso dello Stato nel capitale della compagnia, l'indicazione di una quota definita (25%).

 

 

Eco-bollette e risparmio energetico: accordo Ue - il regolamento
BRUXELLES - Aumentare l'efficienza energetica con un obiettivo di riduzione dei consumi a livello Ue del 32,5% entro il 2030, con informazioni più trasparenti ai consumatori e con misure per contrastare il fenomeno della povertà energetica. Sono le novità del doppio accordo raggiunto dalle istituzioni Ue sulla direttiva che aggiorna il target per l'efficienza energetica (oggi al 20% entro il 2020) al 2021-2030, e sul regolamento per la governance dell'Unione dell'energia. Serve ancora l'ok formale da Consiglio Ue ed Europarlamento. Ma la combinazione del target efficienza con quello del 32% dei consumi da rinnovabili al 2030 (su cui le istituzioni Ue si sono accordate il 13 giugno), secondo il commissario al clima e all'energia Manuel Caniete, «ci permetterebbe di aumentare l'obiettivo di riduzione delle emissioni dall'attuale 40% a poco più del 45% entro il 2030» aumentando «il contributo all'accordo di Parigi» sul clima. Oltre al target a livello Ue e all'obbligo per i Paesi di realizzare almeno lo 0,8% l'anno di risparmi energetici senza deroghe, la nuova direttiva sull'efficienza dispone che i consumatori - soprattutto quelli allacciati a sistemi di riscaldamento collettivi - ricevano informazioni più dettagliate sui loro consumi, così da controllarli meglio. I Paesi dovranno inoltre riservare una quota di interventi sull'efficienza al contrasto della cosiddetta povertà energetica. Vuol dire affrontare le situazioni strutturali che limitano l'accesso all'energia, da bollette troppo salate per una quota sempre crescente di popolazione a case talmente fatiscenti da essere impossibili da riscaldare o raffreddare. Il regolamento sulla governance include un obiettivo Ue a 'zero emissioni nettè il più presto possibile. Alcuni eurodeputati avrebbero preferito fissare una data, il 2050.

 

 

Sea watching a Miramare - scoprire la biodiversità con maschera e boccaglio
Alla scoperta della biodiversità marina poco sotto il pelo dell'acqua. È la nuova stagione di Sea Watching da terra e da barca, anche serale, sia per bambini che per adulti e famiglie nell'Area marina protetta di Miramare. Ai piedi del castello, si nasconde un piccolo scrigno di biodiversità marina. Per scoprirlo, l'Amp ha organizzato una nuova stagione di snorkeling. Accompagnati dallo staff del Wwf sarà possibile osservare decine di specie, animali e vegetali: alcune più abbondanti e comuni, altre più rare. Per tutta l'estate, nei mesi di giugno, luglio e agosto piccoli gruppi verranno accompagnati a osservare la grande varietà di habitat particolarmente ricchi: la riserva ospita corvine, blennidi, nudibranchi e stelle marine. Il Sea watching, attività formato famiglia che si svolge nell'arco di tre ore, si può praticare sia da terra, con partenza dal Bagno Ducale il sabato alle 10 e la domenica alle 16, ma anche da barca, con partenza dal porticciolo di Grignano mercoledì alle 18.30. «Partiamo- spiega il biologo marino e naturalista Saul Ciriaco - sia dal Biodiversitario Marino (il museo immersivo alle scuderie del castello) che da Grignano. Dopo una breve presentazione si parte per la zona classica delle immersioni: la scogliera sotto il castello. L'area si può raggiungere sia con la barca che da terra. La peculiarità di queste attività è che sono davvero alla portata di tutti». L'osservazione è facilitata dalla presenza della piscinetta che si incontra appena usciti dal bagno: un metro d'acqua dove si ha la fortuna di incontrare, a bassa profondità, svariati organismi: banchi di cefali che a breve entreranno nella fase riproduttiva, granchi, seppie e calamari, bavose e a volte anche saraghi di grosse dimensioni. Unica condizione richiesta, saper nuotare e usare lo snorkel.Il ritrovo è al Bioma e la prenotazione obbligatoria. Per info e prenotazioni: www.riservamarinamiramare.it, 040 224147 interno 3 (da lunedì a venerdì dalle 10 alle 13), infosub@riservamarinamiramare.it.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 giugno 2018

 

 

I raccoglitori fantasma per i farmaci scaduti - In tutto il Friuli Venezia Giulia le farmacie triestine sono le uniche a non averli
In città vengono gettati nell'indifferenziata. Perché non ci sono cassonetti appositi?
Una singolare specificità territoriale: potrebbe essere letta così la mancanza dei raccoglitori per i farmaci scaduti nel comune di Trieste. In tutto il Friuli Venezia Giulia, infatti, solo le farmacie alabardate non prevedono, al loro esterno, la presenza di questi raccoglitori. Perché? Ma prima di tutto, a Trieste, dove va buttata quella scatola di aspirine ormai scadute? Una prima risposta arriva dal sito dell'Acegas con il "Rifiutologo": i farmaci «sono prodotti potenzialmente pericolosi. Non conferire nella raccolta ordinaria dei rifiuti». Quindi dove si buttano? La risposta appare leggermente schizofrenica, ma precisa: nei «cassonetti grigi indifferenziato». L'Acegas scrive poi che «i farmaci scaduti di provenienza domestica sono rifiuti urbani che non si possono recuperare. Sono composti da principi attivi che possono alterare gli equilibri naturali dell'ambiente» e che nei cassonetti grigi vanno comunque conferiti i farmaci scaduti avendo però l'accortezza di gettare la scatola e il foglio informazioni in quelli per la raccolta carta. Il termovalorizzatore - Chiarisce la situazione Andrea Moro, responsabile Servizi Ambientali Trieste di Acegas. Richiamando la direttiva europea in materia, Moro sottolinea come la stessa vieti «il conferimento dei farmaci scaduti e in genere dei rifiuti sanitari in discarica e impone che i rifiuti sanitari siano termodistrutti per evidenti ragioni di salute pubblica». Ed è qui che entra campo il termovalorizzatore triestino. «I farmaci scaduti risultanti dalla vita domestica, a tutti gli effetti rifiuti urbani il cui costo di gestione viene pagato attraverso la Tari, vanno conferiti al gestore dei rifiuti urbani. A Trieste, essendo il rifiuto indifferenziato avviato a termovalorizzazione, i farmaci scaduti in possesso dei cittadini possono essere correttamente conferiti assieme al secco indifferenziato. Nelle realtà dove il rifiuto indifferenziato viene conferito in discarica esiste una raccolta differenziata anche dei farmaci». Trieste, non pervenuta - A Trieste, quindi, essendoci il termovalorizzatore, non serve munire la farmacie di appositi cassonetti che sono invece utilizzati dove il termovalorizzatore non c'è. Sicuri? «In tutta la regione - dice Cristina Sgubin, che si occupa del catasto rifiuti - compresi gli altri comuni triestini, i farmaci scaduti vengono conferiti negli appositi cassonetti, dove vengono raccolti da imprese specializzate che li stoccano e poi li conferiscono all'inceneritore di Spilimbergo al quale arrivano i farmaci scaduti, anche da comuni extra regionali. Formalmente non arrivano farmaci dal comune di Trieste, l'unico che non dichiara di produrre farmaci scaduti». Non essendo raccolti separatamente, i farmaci scaduti non possono essere tracciati e quindi non è possibile conoscerne l'entità se non facendo delle indagini a campione. Chi decide?Ma se la destinazione finale dei farmaci scaduti in regione è sempre un inceneritore, perché tutti i comuni fanno la raccolta differenziata e quello alabardato no? «Sta al Comune scegliere se attivare una raccolta separata o meno» dice Sgubin, confermando le dichiarazioni di Federfarma nazionale: «I raccoglitori per la raccolta differenziata dei farmaci scaduti dei cittadini sono di proprietà del Comune perché sono rifiuti della popolazione. La farmacia si occupa dei propri rifiuti, derivanti dalle attività commerciali, mentre qui stiamo parlando di quelli dei cittadini». Il fatto che i raccoglitori si trovino spesso nei pressi delle farmacie può far sorgere il dubbio che queste siano tenute alla raccolta, ma in realtà «è tutto un problema del Comune. I farmacisti danno la disponibilità a posizionarli davanti ai propri esercizi ma non essendo un bene della farmacia devono comunque esserci accordi con il Comune. La competenza è del Comune». Per capire il perché il Comune di Trieste abbia deciso di non fare la raccolta differenziata dei rifiuti, scelta peraltro, come si è visto, legittima, non resta quindi che rivolgersi direttamente a Luisa Polli, assessore all'ambiente la quale gela ogni speranza di comprensione: «Il Comune non ha competenze». Curioso che invece Arpa Fvg; Federfarma nazionale e anche Federfarma locale dicano che la competenza sia proprio del Comune. Chi avrà ragione? Nel dubbio di una cosa siamo sicuri: quella scatola di aspirina possiamo buttarla nell'indifferenziata senza problemi. Ma sempre differenziando confezione e bugiardino.

Fabio Dalmasso

 

 

Scienza - Incontro su mari e pesca
«Pesca sostenibile e scelte consapevoli» è il tema di un'iniziativa che si tiene domani giovedì 21 giugno alle ore 18 nell'Antico Caffè San Marco, via Battisti 18. Intervengono Antonio Terlizzi, professore ordinario di zoologia dell'Università di Trieste e ricercatore associato della Stazione zoologica A. Dohrn di Napoli, e Simone Libralato, ricercatore presso l'Istituto di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste. Secondo i relatori, «lo sfruttamento eccessivo dei nostri mari e l'utilizzo di tecniche di pesca con alto impatto ambientale contribuiscono al depauperamento delle risorse ittiche, mettono in crisi la stessa industria della pesca e rischiano di portare all'estinzione specie che per secoli hanno costituito un prezioso alimento per l'umanità». L'overfishing si estende a tutto il pianeta e riguarda un numero sempre maggiore di specie.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 giugno 2018

 

 

«In Porto vecchio serve una ciclabile veloce»
Già 700 le firme raccolte dalla Fiab per chiedere al Comune una pista separata dal percorso pedonale
Sono 700 le firme raccolte finora dalla Fiab per chiedere al Comune la realizzazione nel Porto vecchio di una pista ciclabile con determinati requisiti, un percorso che sia di qualità, lineare, veloce e senza promiscuità con i pedoni, per connettere in modo comodo e veloce il centro città con Barcola e la Costiera. «La riqualificazione del Porto Vecchio potrebbe essere una grande occasione di sviluppo per il capoluogo giuliano, in molti settori e anche nella promozione di una nuova mobilità. Per questo Fiab Trieste - spiega il presidente Luca Mastropasqua - lancia un appello al sindaco Dipiazza, chiedendo che si progetti e realizzi nel vecchio scalo una pista ciclabile di qualità. Questo è un impegno che Dipiazza si è preso in campagna elettorale sottoscrivendo i 10 punti del nostro documento "Trieste: il #futuro va in #bici"». La richiesta parte dalla preoccupazione della Fiab emersa in seguito alle affermazioni fatte da Dipiazza nei mesi scorsi, riguardo l'intenzione del Comune di realizzare un itinerario ciclabile nell'asse pedonale che attraverserà tutto il Porto Vecchio. «Fiab non contesta questa scelta - prosegue il presidente - ma ritiene che questa non sia la principale infrastruttura di cui i ciclisti hanno bisogno per raggiungere comodamente e velocemente Barcola. Gli inevitabili tratti in promiscuità con i pedoni di questo progetto porterebbero infatti i ciclisti a tenere, giustamente, una velocità bassa, rendendo meno fruibile questo asse ciclabile. Inoltre i molti eventi che, si immagina e spera, potrebbero essere realizzati su quegli spazi potrebbero bloccare o rendere complesso il passaggio delle bici per molte giornate. Per questo avanziamo al sindaco e ai consiglieri comunali la richiesta di realizzare anche un percorso ciclabile veloce più interno, lungo il confine tra il Porto Vecchio e la ferrovia, che vada da piazza Libertà a via del Boveto». La Fiab chiede quindi a Dipiazza un incontro per discutere la proposta e ha aperto una raccolta di firme, chiedendo ai cittadini di sottoscriverla. Già lo scorso anno, il 16 maggio, tre consiglieri comunali avevano presentato una mozione per realizzare una ciclabile nell'ingresso nord del Porto Vecchio da via del Boveto fino all'attuale ingresso di viale Miramare.

(m.b.)

 

 

 

 

Nuova Venezia - LUNEDI', 18 giugno 2018

 

 

San Benedetto ritira lotto di acqua contaminata da idrocarburi
L'azienda di Scorzé disposto il ritiro dal commercio del lotto 23LB8137E delle bottigliette da mezzo litro di acqua minerale naturale "Fonte Primavera", dopo il richiamo del Ministero della Salute

SCORZE'. La San Benedetto Spa, notissima azienda di produzione di acque minerali con sede a Scorzè, ha disposto il ritiro dal commercio del lotto 23LB8137E delle bottigliette da mezzo litro di acqua minerale naturale "Fonte Primavera", al cui interno è stata trovata la presenza di idrocarburi aromatici.
La notizia è stata diffusa dall'agenzia Ansa. La decisione, rende noto l'azienda in un comunicato, «è stata presa a seguito dei campionamenti svolti dall'autorità sanitaria di competenza su alcune bottiglie prelevate presso un distributore automatico di bevande refrigerate che hanno rilevato una non conformità dovuta al superamento dei limiti per contaminanti idrocarburici aromatici». Secondo quanto riportato nell'avviso del ministero della Salute, emesso l'11 giugno 2018 e pubblicato sul proprio sito istituzionale il 15 giugno, il richiamo, avvenuto su indicazione dello stesso produttore, è avvenuto a causa della «presenza consistente di contaminanti idrocarburici», in particolare «xilene, etilbenzene, trimetilbenzene e toluene». Pertanto il Gruppo San Benedetto Spa invita a «non consumare i prodotti appartenenti al lotto sopraindicato e a restituirli al punto vendita». Precisa, inoltre, che «il richiamo si riferisce solo ed esclusivamente all'acqua minerale Fonte Primavera ed imbottigliata presso lo stabilimento Gran Guizza di Popoli con il nome San Benedetto e limitatamente al lotto indicato», con scadenza il 16 novembre 2019. Mentre «si garantisce l'assoluta purezza per tutti i prodotti e i lotti non indicati nella comunicazione».

 

 

IL SOLE24ORE - LUNEDI', 18 giugno 2018

 

 

A Bolzano è psicosi-lupi: “Mettete un collare colorato ai cani lupo cecoslovacchi”

La Provincia di Bolzano invita i possessori di cani lupo cecoslovacchi di usare per loro un collare colorato per evitare gli allarmismi. “Non solo a noi, ma anche sui social media, giungono molte segnalazioni della presenza di lupi: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta solamente di cani lupo molto simili, ma ciò basta per creare inutili allarmismi”, afferma il direttore dell’Ufficio caccia e pesca della Provincia, Luigi Spagnolli. Spagnolli si riferisce a episodi accaduti venerdì, quando due persone hanno contattato gli uffici provinciali raccontando di aver avvistato un lupo nel Comune di Bolzano. In realtà, come spesso accade, si tratta semplicemente di un cane lupo cecoslovacco, razza che trae origine dall’incrocio tra lupo dei Carpazi e pastore tedesco. Proprio per evitare segnalazioni errate e il diffondersi di allarmismi ingiustificati, l’appello dell’Ufficio caccia e pesca ai possessori di cani lupo cecoslovacchi è quello di usare un collare colorato e ben visibile.

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - DOMENICA, 17 giugno 2018

 

 

Diesel, taglio agli incentivi? Il ministero dell’Ambiente: “Noi al lavoro su trasporto pubblico locale elettrico e ibrido”

Dopo il deferimento dell'Italia alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi anti-inquinamento, il piano sul tavolo del generale Costa prevede fondi da destinare alle Regioni per l'acquisto di nuovi mezzi. Non è allo studio invece un innalzamento delle accise sul gasolio, come aveva scritto il Corriere della Sera

Il pilastro sarà “lo sviluppo del trasporto pubblico locale elettrico e ibrido“. Così il ministero dell’Ambiente ha intenzione di combattere la guerra allo smog cara al M5s ed evitare che da Bruxelles, dopo il deferimento alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi anti inquinamento, possano arrivare ulteriori ammonimenti, o peggio una multa. Nulla a che vedere con il taglio del bonus diesel che secondo il Corriere della Sera era invece allo studio per portare in cassa 5 miliardi di euro  l’anno e ridurre le emissioni nocive. Il ministero infatti smentisce, spiegando al Fattoquotidiano.it che l’idea di riallineare le accise del gasolio e quelle della benzina faceva probabilmente parte di un vecchio dossier. Non è escluso che questa ipotesi sia al vaglio di qualche altro ufficio del governo, per esempio il ministero dei Trasporti che è competente in materia. Sicuramente non fa parte delle prospettive di azione del dicastero dell’Ambiente, che si attiene quindi all’obiettivo della “progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina”, inserita nel contratto tra Cinquestelle e Lega, in cui si parla esplicitamente di “strumenti finanziari per favorire l’acquisto di un nuovo veicolo ibrido ed elettrico“, ma anche dell’eliminazione delle accise che invece renderebbe i carburanti più convenienti. Quindi il contrario di quello che prospettava un eventuale taglio degli incentivi al diesel. Resta il fatto che la necessità di ridurre la circolazione di auto a gasolio è un obiettivo anche di questo governo e del ministero dell’Ambiente. I danni prodotti dai diesel e dalla loro emissioni di particolato sono ormai noti e tutte le grandi città, a partire da Milano e Roma, stanno vietando le loro strade alle auto a gasolio. Beppe Sala ha varato lo stop in città da gennaio 2019: banditi tutti i veicoli fino a Euro 3, poi da ottobre anche Euro 4. La sua collega Virginia Raggi ha annunciato una Capitale completamente free-diesel nel 2024. L’Italia, da questo punto di vista, è tra l’altro molto indietro. Il 17 maggio scorso è stata deferita alla Corte di Giustizia europea per aver violato le leggi europee anti smog. E’ stato bocciato il piano presentato dall’ex ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che aveva dovuto presentare al Commissario Ue per l’ambiente, Karmenu Vella, le misure per ridurre i livelli di emissioni inquinanti. Misure presentate ma che sono state giudicate insufficienti. L’Italia è stata deferita per il superamento delle soglie di Pm10, insieme a Ungheria e Romania mentre per Danimarca, Gran Bretagna e Francia il deferimento riguarderà le emissioni di NO2. E’ il primo passo verso una multa che potrebbe arrivare anche a un miliardo di euro e che scatterebbe se il deferimento dovesse ripetersi e l’Italia dovesse continuare a non risolvere la situazione. Per questo sul tavolo del ministro Sergio Costa c’è appunto un piano smog da dover presentare all’Europa. Al centro però non c’è il taglio del bonus diesel, bensì lo sviluppo della mobilità sostenibile: “Bisogna favorire il ricorso ai mezzi ibridi, o totalmente elettrici, cominciando dal trasporto pubblico”, ha detto lo stesso Costa in una recente intervista a La Stampa. Rispetto al piano originario, sono pronti nuovi fondi da destinare alle Regioni proprio per favorire l’acquisto di mezzi elettrici e ibridi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 giugno 2018

 

 

Bonifica di Acquario -  Si cercano 7 profili per lo staff tecnico
Dai progettisti al geologo, dagli esperti di ambiente e sicurezza al direttore dei lavori: gara finanziata con 186 mila euro dall'Uti
MUGGIA - La bonifica di Acquario - il sito da riportare a sicurezza permanente attraverso copertura superficiale sulla riviera che da Muggia porta a Lazzaretto - compie il primo passo con la gara per l'affidamento dei servizi tecnici: progettazione esecutiva, sicurezza, contabilità, direzione lavori. Il Comune di Muggia lancia il bando incaricato di selezionare i profili professionali, che dovranno poi gestire i 4,5 milioni stanziati per chiudere un capitolo di storia amministrativa aperto da molti anni. Finanziata dall'Uti giuliana, la "parcella" destinata allo staff, che provvederà a pilotare l'intervento di "capping", ammonta complessivamente a 186.747 euro, 80 mila dei quali saranno appannaggio della direzione lavori. Le candidature debbono pervenire agli uffici comunali muggesani entro mezzogiorno di venerdì 20 luglio e i relativi plichi verranno aperti il lunedì successivo 23 luglio alle ore 9. L'aggiudicazione premierà l'offerta economicamente più vantaggiosa, che sarà pesata con 80 punti per la parte tecnica e con 20 punti per la parte economico-temporale (la percentuale di ribassi). Il requisito di maggiore valenza riguarda "le caratteristiche qualitative e metodologiche", in grado di fornire alla candidatura fino a 45 punti. Nel caso di pareggio assoluto delle offerte, deciderà il sorteggio pubblico.Il gruppo di lavoro, richiesto dal Municipio muggesano, prevede 7 profili professionali: il progettista delle componenti strutturali e impiantistiche; il progettista esperto in bonifica ambientale; un ingegnere/architetto capace di integrare i contributi specialistici; il geologo; l'architetto paesaggista; il direttore dei lavori equipaggiato con esperienze di bonifica dal valore di almeno 1 milione nell'ultimo triennio; il coordinatore della sicurezza. I profili possono parzialmente coincidere ma comunque lo staff tecnico non dovrà essere inferiore a 5 unità. Queste procedure di gara non interferiscono con la prevista apertura alla balneazione del tratto a mare, esteso per quasi un chilometro: il sindaco Laura Marzi aspetta a giorni le autorizzazioni di Regione e Autorità portuale, che dovrebbero consentire entro la fine di giugno la fruizione marina attraverso i varchi situati all'altezza dei posteggi.

Massimo Greco

 

 

VEGLIA - «Rigassificatore, alzeremo le barriere»
La sindaca di Castelmuschio: «Sarò la prima davanti alle ruspe». Komadina: «I nostri deputati ci hanno traditi»
FIUME - Traditori, gente a cui sta a cuore solo l'interesse personale, senza badare al presente e al futuro del Quarnero e delle sue genti. Sono state roventi le accuse lanciate in coro dal governatore della Regione di Fiume, Zlatko Komadina, e dalla sindaca della località vegliota di Castelmuschio (Omisalj), Mirela Ahmetovic, contro quei deputati della regione nordadriatica che giovedì pomeriggio hanno appoggiato la lex Lng, la legge che permette l'approntamento del rigassificatore galleggiante nelle acque dell'isola di Veglia, proprio di fronte a Castelmuschio.Un attacco durissimo anche perché l'alzata di mano di cinque deputati quarnerini ha consentito al provvedimento di avere una risicata accettazione. C'era bisogno della maggioranza assoluta dei 151 deputati del Sabor, il parlamento croato: dunque 76 voti, mentre alla fine vi è stato un voto in più, 77. Sarebbe bastato che i parlamentari accadizetiani Josip Boric, Tomislav Klaric e Anton Kliman, quindi Ivan Kirin del Partito croato dei Diritti "Ante Starcevic" e infine la deputata minoritaria Ermina Ljekaj Prljaskaj, contravvenissero agli ordini di scuderia, chiamiamoli così, e per la lex Lng sarebbe stata la fine.Nonostante faccia parte della coalizione governativa, il vice presidente del Sabor e deputato connazionale Furio Radin, si è espresso contro il provvedimento, annunciandolo in tempo e rilevando che non poteva accettare quella legge e quel terminal offshore in una regione turisticamente di alto richiamo come il Quarnero. «Entriamo nella seconda fase della lotta contro l'impianto che sull'isola nessuno vuole - ha detto la sindaca Ahmetovic - agiremo dentro le cornici legali in Croazia e nell'Unione europea, senza atti illeciti o violenti. In qualità di prima cittadina non posso invitare gli insoddisfatti a bloccare il ponte di Veglia, ma statene certi che se la cosa avverrà mi assocerò a questa forma di protesta. Voglio poi ricordare una promessa fatta tempo fa e che voglio ribadire: se la costruzione del rigassificatore offshore dovesse comunque partire, mi metterò davanti alle ruspe e dovranno passare sopra il mio corpo per mettersi al lavoro. Saranno barricate umane che passeranno alla storia, lo giuro». Non sono state da meno le critiche del governatore Komadina, il quale ha ricordato che il Consiglio della regione quarnerino-montana e quello del comune di Castelmuschio avevano respinto in modo unanime la legge e soprattutto la presenza del bestione galleggiante, sostenendo invece l'appoggio all'infrastruttura sulla terraferma. «I deputati della regione hanno tradito tutti noi, compiendo un gesto infame, che purtroppo avrà serie conseguenze per l'ambiente - ha tuonato Komadina - per l'economia locale, per gli isolani e i quarnerini. Non è però finita». A bocciare la lex Lng, parliamo sempre dei deputati nordadriatici, sono stati i socialdemocratici Zeljko Jovanovic, Peca Grbin e Ana Komparic Devcic, Silvano Hrelja del Partito dei Pensionati, Ines Strenja Linic (Most), Giovanni Sponza (Dieta democratica istriana) e l'indipendente Marin Skibola.Intanto Hrvoje Buric, leader del partito Bura (ha consiglieri nel consiglio cittadino di Fiume e in quello regionale), ha confermato che i suoi seguaci bloccheranno il ponte vegliota per la durata di 15 minuti, protestando in questo modo contro il terminal metanifero.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 giugno 2018

 

 

CROAZIA - Legge sul rigassificatore, il Sabor dice sì
Approvata la "Lex Lng" che snellisce l'iter di realizzazione della struttura al largo di Veglia. Protesta nel Quarnero
ZAGABRIA - Il Sabor, il Parlamento croato, ha deciso: nelle acque di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj), nell'isola di Veglia, sarà collocato il rigassificatore galleggiante così duramente avversato da tanti nell'Adriatico settentrionale. Ieri la cosiddetta lex Lng, che riguarda appunto il terminal offshore vegliota e che è stata formulata per snellire l'iter di realizzazione del terminal metanifero offshore finanziato dall'Unione europea con 100 milioni di euro a fondo perduto, ha ottenuto disco verde al Sabor, grazie al voto di 77 deputati della coalizione di centrodestra al potere, mentre i parlamentari contrari sono stati 25, tra i quali il vice presidente del Parlamento e deputato al seggio garantito italiano, l'istriano Furio Radin. Nonostante faccia parte della maggioranza governativa, Radin ha detto di voler votare secondo coscienza, opponendosi alla futura presenza dell'impianto che nessuno vuole a Fiume, a Veglia e nel resto del Quarnero per motivi ambientali, turistici ed estetici. Senza il voto di Radin e dell'accadizetiano Ante Sanader, all'intesa di maggioranza servivano i "sì" di altri due deputati: sono giunti in soccorso due esponenti delle destre, Zlatko Hasanbegovic degli Indipendenti per la Croazia e l'indipendente Zeljko Glasnovic.Le opposizioni, guidate dal Partito socialdemocratico, hanno tentato fino all'ultimo di minare il provvedimento, ma hanno dovuto infine issare bandiera bianca. I 360 emendamenti dei socialdemocratici alla lex Lng sono stati tutti respinti dal governo, così come la loro proposta di annullare la procedura d'urgenza per questa legge, sottoponendola ad altre due letture. Tutto inutile. La lex Lng consentirà la soluzione delle questioni giuridico-patrimoniali legate al terminal galleggiante, giacché faciliterà l'ottenimento della concessione per quanto riguarda il demanio marittimo fissando gli indennizzi per la concessione stessa e per la sicurezza nell'erogazione del gas.Il responsabile del progetto è l'azienda Lng Croazia, che porterà a compimento il progetto in due fasi: la prima contempla l'approntamento del rigassificatore offshore (un'enorme nave metaniera, alta come un edificio di 16 piani); la seconda prevede invece la costruzione del terminal sulla terraferma. Dopo l'approvazione da parte del Sabor, è certo che i quarnerini non resteranno a guardare. Nei mesi scorsi c'erano già state iniziative di dissenso contro l'impianto in mare - erano state raccolte più di 15 mila firme - mentre il Consiglio della Regione quarnerino-montana (e quello di Castelmuschio) avevano respinto la presenza della struttura nelle acque di fronte a Fiume. Proprio ieri, di fronte alla sede del Sabor a Zagabria, il presidente del partito Bura, Hrvoje Buric, ha spiegato le motivazioni della contrarietà al rigassificatore galleggiante: «Se il potere dovesse accettare questo pericolo per il nostro ambiente, prometto che bloccheremo il ponte che collega l'isola di Veglia e la terraferma. Zagabria non può restare indifferente alle volontà e alle preoccupazioni dei quarnerini». Prima che il Sabor si riunisse, il ministro croato dell'Ambiente, Tomislav Coric, aveva dichiarato ai giornalisti che il terminal è di importanza strategica per il futuro energetico del Paese poiché consentirà ai croati un'erogazione sicura di gas e a prezzi non proibitivi. Il ministro del Turismo, Gari Cappelli, ha invece espresso la convinzione che il rigassificatore non danneggerà la locale industria turistica. Intanto la situazione a Fiume e Veglia sta diventando bollente e anche il governatore della Regione quarnerino - montana, Zlatko Komadina, ha avuto parole durissime per la votazione espressa ieri nella capitale croata.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 giugno 2018

 

 

Allarme rifiuti pericolosi - Aumenta la produzione
L'Ispra registra un incremento del 5,6%: mezzo milione di tonnellate in più - Mancano gli impianti per trattarli e smaltirli. Bene il riciclo degli scarti speciali
I dati 2016 di Ispra dicono che i rifiuti speciali ammontano in Italia a circa 135 milioni di tonnellate, quattro volte e mezzo la dimensione dei rifiuti urbani (circa 30 milioni di tonnellate). Un dato in linea con i principali Paesi industrializzati, tenuto anche conto che in Italia (specie in alcune regioni) parte dei rifiuti speciali viene conferito nel circuito dei rifiuti urbani attraverso la famosa "assimilazione", pari a circa un terzo dei rifiuti urbani, ovvero 10 milioni di tonnellate. La principale distinzione tra i rifiuti speciali è fra non pericolosi e pericolosi. Fortunatamente la stragrande maggioranza appartiene alla prima tipologia: 125 milioni di tonnellate, il 93% del totale. Una parte preponderante di rifiuti speciali sono gli inerti (scarti da costruzione e demolizione), pari a 54,4 milioni di tonnellate (43,4% del totale). Un'altra fetta importante è quella degli scarti delle attività primarie di trattamento dei rifiuti urbani e speciali e della depurazione e potabilizzazione, nonché delle attività di bonifica e risanamento ambientale. Questi rifiuti sono pari a 36,7 milioni di tonnellate (27,2% del totale). Queste due grandi famiglie di rifiuti sono quasi due terzi del totale di quelli speciali. I rifiuti industriali veri e propri sono molto meno: 28 milioni di tonnellate pari al 20,7%. Nel complesso il rapporto afferma che i rifiuti speciali sono nel 2016 in crescita del 2% rispetto al 2015, aumento che diventa del 3,7% se si considera il totale dei rifiuti gestiti e non solo prodotti. Un dato prevedibile, considerati l'avvio di un ciclo economico positivo dopo gli anni 2014-2015 e la forte correlazione fra crescita economica e produzione di rifiuti. L'aumento rilevato è importante e superiore alla crescita del Pil. Il carico di produzione e gestione dei rifiuti speciali è molto diverso nelle varie regioni. La maggior parte è prodotta in Lombardia, Veneto, Emilia e Piemonte con quasi la metà del totale. Un dato che sorprende è che questo aumento della produzione è sostenuto da un forte aumento dei rifiuti pericolosi (500mila tonnellate, 5,6% su base annua). Per l'Italia l'aumento dei rifiuti in questa dimensione deve preoccupare. Come deve preoccupare, ed è un punto di debolezza, l'assenza cronica di impianti di trattamento e smaltimento di questa specifica tipologia di rifiuti, così come le difficoltà di gestire i fanghi. Mentre il punto di forza è sicuramente la sua base produttiva per il riciclaggio di tutti i materiali, pilastro per la sfida dell'economia circolare e della green economy. Oltre il 50% dei rifiuti urbani e il 65% dei rifiuti speciali viene riciclato.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 giugno 2018

 

 

Il Pd tende la mano a Dipiazza sulla partita del Porto vecchio
L'invito di Cosolini: «Serve una strategia. Pronti a lavorare assieme al sindaco ma non si limiti a fare l'agente immobiliare». La replica: «Collaborazione ok»
 Il Pd apre a Dipiazza: «Mettiamo a punto un piano strategico per il Porto vecchio». È quanto emerso dalla conferenza stampa indetta ieri da Roberto Cosolini, che ha definito «gagliarda e nervosa» la reazione del sindaco all'inchiesta del Piccolo facente il punto della situazione a due anni dalla sdemanializzazione. «Anch'io, se avessi continuato ad amministrare la città, sarei potuto incorrere in pericoli ed errori messi in luce dal giornale - ha detto Cosolini -. L'assenza di una visione d'insieme rischia di rendere la vicenda Porto vecchio confusionaria e frammentaria. Forse Dipiazza esagera nel dare per finite o avviate cose che non lo sono: la vendita dei magazzini Greensisam, ad esempio, e la gara per il project financing del Centro congressi, un'iniziativa partita da privati che si sobbarcano il 55% dell'investimento». Cosolini ha ricordato quanto intrapreso per il rilancio dell'area, «fondamentale per il futuro di Trieste, assieme al porto delle merci: grazie a essi la città può e deve tornare a essere la porta sul mare di una parte d'Europa. Per questo ci siamo impegnati come squadra, innanzitutto promuovendo la marcia simbolica ai cancelli chiusi nel 2012 - ha continuato l'ex sindaco -. C'è stato poi l'emendamento promosso da Francesco Russo che ha portato alla sdemanializzazione. In seguito, come Comune, in soli quattro mesi abbiamo definito assieme ad Autorità Portuale e Agenzia del Demanio la divisione tra aree sdemanializzate e aree rimaste demaniali. Per l'idea del centro d'innovazione in Corso Cavour ottenemmo, sempre come amministrazione comunale, 4,2 milioni di fondi europei: oggi Dipiazza può annunciarne i lavori grazie a noi. Ancora, abbiamo predisposto il dossier che ha portato il Ministero dei Beni culturali a concedere 50 milioni nel riparto fatto a inizio maggio 2016 dal Cipe sui fondi Fas. Abbiamo inoltre affidato a Ernst & Young la redazione di alcune linee guida cui il Comune possa ispirarsi per mettere a punto un piano strategico, tenendo conto del potenziale della zona, del mercato internazionale e del mix di fattori tipico di un'area urbana che raggruppa, tra pubblico e privato, business e ricadute generali». Anche a nome del partito Cosolini si è detto quindi pronto a collaborare con il sindaco, come dimostrato dalla «recente visita che l'ex assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti e il sottoscritto hanno fatto per fornirgli alcune informazioni sull'iter dei fondi ministeriali». A patto però che Dipiazza «non sostituisca il "no se pol", che abbiamo spazzato via noi, con un "ghe pensi mi". Il sindaco non si limiti al ruolo di "agente immobiliare". Così si rischia che vengano acquisite le aree pregiate e che rimangano abbandonate le altre. Chi se ne farà carico allora? Certo non il Comune, che dovrà per legge destinare i proventi delle alienazioni all'Autorità Portuale per investimenti nelle infrastrutture dello scalo. Che fine potrebbe fare un'area che nel tempo rimanesse con zone vitali a macchia di leopardo?». «Le dichiarazioni di Cosolini circa la volontà di collaborare non possono che farmi piacere - replica il sindaco - dato che da quando ho preso in mano la "partita Porto vecchio" ho adottato un approccio di ascolto e di condivisione con la città e con tutte le forze politiche. Avendo sempre lavorato sia per le mie imprese che per la nostra città - prosegue Dipiazza - conosco bene il rischio che si sarebbe potuto correre se la vendita degli immobili fosse stata lasciata a se stessa, con la corsa degli investitori verso le aree più di pregio. Abbiamo già pensato a questo: le aree saranno suddivise in lotti verticali. Così i potenziali investitori se vorranno acquistare un magazzino fronte mare, dovranno anche comprare quelli più interni per riqualificarli secondo quelle che saranno le destinazioni d'uso che il Comune sta individuando. Non ci sarà nessuna macchia di leopardo. I relativi indirizzi al piano regolatore arriveranno entro la fine di luglio. Nell'apprendere con favore la disponibilità a collaborare - conclude Dipiazza - informo Cosolini che abbiamo fatto tradurre in inglese lo studio di E&Y».

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 giugno 2018

 

 

Trasporto pubblico: la fotografia - Corse affollate e poche pensiline - I punti deboli della rete dei bus
Il trasporto pubblico di Trieste è riconosciuto in Italia come un caso di eccellenza, ma esiste sempre spazio per miglioramenti e aggiustamenti. La città è mutata rispetto alla programmazione originaria di Trieste Trasporti: sono sorti nuovi insediamenti residenziali e commerciali non adeguatamente serviti, alcune linee risultano poco frequentate in certe fasce orarie mentre sovraffollate in altre, troppo poche le pensiline e le "biglietterie automatiche" alle fermate di alcune zone, il servizio notturno carente. I "parlamentini" delle sette circoscrizioni del Comune di Trieste hanno nel tempo raccolto le segnalazioni dei cittadini in merito alle problematiche dei trasporti pubblici e le hanno presentate nel corso dell'ultima seduta della Terza commissione consiliare sui trasporti pubblici, con lo scopo di creare un documento unico che possa essere impiegato in futuro dall'azienda per rimodulare il servizio. Modifiche alle tratte delle linee - Le prime tre circoscrizioni richiedono a gran voce, supportate dalle relative petizioni dei cittadini, un maggior collegamento fra l'altipiano carsico e la città, generalmente con un incremento delle corse delle linee 42 e 44 e in particolare per quanto riguarda Opicina. Si domanda cioè un prolungamento delle corse della linea 38, con l'attuale capolinea in via Bonomea davanti alla sede Sissa da traslare di circa 2 chilometri fino alla rotatoria all'incrocio tra via di Prosecco e strada per Vienna, rendendo anche possibile l'utilizzo del mezzo pubblico nel tragitto casa-scuola per gli studenti delle scuole elementari e medie di Opicina che abitino in via Bonomea. Segnalata poi la necessità di mantenere la linea 2/ anche dopo l'ipotetica e agognata ripresa delle corse del tram, razionalizzando il servizio con la 28 che condivide una buona parte del percorso in via Commerciale, in quanto si tratta del collegamento più veloce e diretto tra Opicina e il centro cittadino. Oltre a ciò, viene chiesto un prolungamento della 2/ di circa 1 chilometro fino al poligono di tiro Pikelc, dove sorge una zona urbanizzata non adeguatamente servita dai mezzi pubblici. Inoltre, si punta al ripristino del collegamento con la stazione dei treni di Opicina, come in passato, mediante una deviazione della linea 39, almeno negli orari di arrivo/partenza dei treni in transito sulla tratta internazionale tra l'Italia e la Slovenia. Longera e Cattinara - Altra mancanza avvertita nella parte alta della città, testimoniata da una raccolta firme pervenuta alla sesta circoscrizione, è quella di un collegamento tra Longera e Cattinara, quartieri raggiungibili a vicenda con l'impiego di almeno due autobus, in particolare per la necessità di arrivare all'ospedale e alle scuole. Le corse affollate per Barcola - Spostandosi sul lato costa, è ben noto il problema del sovraffollamento estivo delle linee verso Barcola, per le quali si richiede, anche attraverso una petizione, l'aumento della frequenza della 6 e l'attivazione della 36 a partire già da aprile, per i primi "bagni" della stagione. A Borgo San Sergio - Sul versante opposto della città, la settima circoscrizione chiede che venga istituita una nuova linea 21/ o una deviazione di quella attuale, in favore del centro postale di via Brigata Casale, e che si ripristini la 21 festiva, perché le corse della 20 che la sostituiscono giungono da Muggia a Borgo San Sergio troppo affollate. Lo stesso dicasi per la linea 19 "festiva", attualmente sostituita dalla 52. Inoltre, si domanda un prolungamento dell'orario serale estivo della linea 13, per permettere di raggiungere gli eventi in centro città. Più fermate a Campanelle - Infine, la quinta circoscrizione segnala un problema in merito al capolinea della linea 33, al campo da calcio di Campanelle, difficilmente raggiungibile dagli abitanti di via dei Mirissa, costretti a percorrere una strada stretta e sporca per raggiungerlo. Per cui, si chiede di aggiungere un paio di fermate. Pensiline e non solo - Un altro aspetto delle richieste dei cittadini e delle circoscrizioni riguarda le fermate dei bus. La terza circoscrizione richiede l'installazione di panchine in via Stock alla fermata delle linee 8 e 5, vista la presenza di molti anziani, e di pensiline in via Valerio e strada del Friuli, dove risulta difficile ripararsi dal traffico. Le stesse criticità riguardano anche Coloncovez, Raute e Altura, come segnala la settima circoscrizione, dove però si avverte soprattutto la necessità di distributori automatici di biglietti, a causa della desertificazione del piccolo commercio e della conseguente difficoltà nel reperire titoli di viaggio in zona, problema avvertito anche a Grignano e al bivio di Miramare, in piazzale 11 settembre e alla rotonda San Pasquale.

Simone Modugno

 

La proposta - Tre "circolari" in orario notturno
Un discorso a parte merita la questione dei trasporti notturni, per la quale è stata depositata l'anno scorso e successivamente approvata in Consiglio comunale una raccolta firme sottoscritta da quasi duemila cittadini. Come spiega Marco Pejatovic, primo firmatario della petizione, la proposta è flessibile e soggetta ad approfondimenti da parte di Trieste Trasporti: si tratterebbe di creare tre linee che nel fine settimana partirebbero dal centro e seguirebbero un percorso circolare, per minimizzare i costi e massimizzare la copertura territoriale. Una prima linea compirebbe il seguente tragitto: Oberdan - Rossetti - Rozzol - Ferdinandeo - Cattinara - Altura - Borgo San Sergio. Una seconda partirebbe da una piazza centrale (Oberdan o Goldoni) e raggiungerebbe Opicina, passando per la zona universitaria e scendendo al ritorno per raggiungere anche Roiano e Gretta. La terza e ultima linea collegherebbe il centro con la parte oltre la galleria di piazza Foraggi, partendo da piazza Goldoni e giungendo a Valmaura. Gli orari individuati a seguito del sondaggio online sarebbero l'una e mezza e le due e mezza di notte.

(s.m.)

 

In arrivo tre milioni di km in più - La gara vinta da Tpl Fvg Scarl prevede potenziamento dei tragitti e tratte rimodulate
Quasi seimila corse ogni giorno da 54 linee diurne, 67 milioni di passeggeri e oltre 13 milioni di chilometri percorsi all'anno, un indice di gradimento degli utenti sopra il 90%. Sono questi alcuni dei numeri che descrivono l'attività di Trieste Trasporti, per la quale sono in vista una serie di cambiamenti che potranno portare all'ulteriore miglioramento del servizio e quindi anche alla rimodulazione delle tratte degli autobus in base alle esigenze espresse dalla cittadinanza. La partita principale sarà in mano alla Regione. Manca infatti poco alla firma ufficiale da parte dell'assessore regionale ai Trasporti del contratto con l'azienda, in seguito all'aggiudicazione del bando di gara da parte della Tpl Fvg Scarl, società formata dall'unione delle quattro realtà che oggi gestiscono i trasporti nelle diverse province de Friuli Venezia Giulia. Ciò dovrebbe avvenire entro l'estate e renderebbe operativo il contratto a distanza di sei mesi, quindi prevedibilmente all'inizio del 2019. Tpl Fvg Scarl si è impegnata in un aumento del chilometraggio, che passerà dagli attuali 40 milioni di chilometri a 43, a fronte di un minor finanziamento da parte della Regione, da 132 milioni di euro a 120. In seguito alla contrattazione tra le parti, ogni azienda locale porterà quindi a casa il suo contingente di chilometri, in base ai quali ci potranno essere dei margini di modifica delle attuali tratte. Nel corso della seduta della Terza commissione comunale sui trasporti, il responsabile delle relazioni istituzionali della Trieste Trasporti, Michele Scozzai, ha definito «preziose e legittime» le proposte in materia raccolte dalle circoscrizioni, ma ha aggiunto che se l'azienda dovesse accogliere tutte le richieste, provenienti anche dai singoli utenti, avrebbe bisogno di un gran numero di mezzi e conducenti in più. «Negozieremo con la Regione per capire quali potenziamenti siano percorribili e a quali condizioni», ha precisato Scozzai. In merito alle linee che viaggiano vuote in alcune fasce e straboccanti in altre, Scozzai ha spiegato che dal primo luglio entreranno in funzione i conta-passeggeri di cui sono dotati tutti i mezzi, utili per la riprogrammazione della frequenza delle singole tratte. Nel corso della stessa seduta, l'assessore comunale ai Trasporti, Maurizio Bucci, ha manifestato l'intenzione di dedicare una seduta del Consiglio esclusivamente al trasporto pubblico, ritenendo che la questione della rimodulazione dei servizi sia più politica che tecnica, siccome sarà necessario sensibilizzare la Regione in merito alle esigenze del territorio locale per ottenere dei margini di cambiamento delle modalità attuali. Bucci ha infine precisato che né il Comune né Trieste Trasporti hanno alcuna competenza in materia di pensiline, in quanto esse sono parte di un contratto pluriennale firmato dalla defunta Provincia con la società privata Amt Trasporti Srl, che le ha installate gratuitamente in cambio della possibilità di gestire le inserzioni pubblicitarie su di esse.

(s.m.)

 

Biglietti self service - La piaga dei vandali
Ogni giorno 22 interventi di riparazione sulle emettitrici che in strada vengono danneggiate da chi punta all'incasso
Al netto di tutte le migliorie che si possono apportare alle tratte degli autobus, resta il fatto che una parte dei disagi legati ai servizi del trasporto pubblico locale è purtroppo causata dalla maleducazione e dalla disonestà di alcuni cittadini. Durante la seduta di commissione che ha visto le sette circoscrizioni del Comune di Trieste portare una serie di temi all'attenzione di Trieste trasporti, è emersa da più parti la necessità di riparare o installare le emettitrici automatiche di titoli di viaggio, in particolare nelle zone poco servite da rivendite commerciali. Le riparazioni - A questo proposito, il responsabile delle relazioni istituzionali della Trieste trasporti, Michele Scozzai, precisa che ogni giorno vengono eseguiti ben 22 interventi manutentivi ordinari e straordinari alle "biglietterie automatiche", che vengono danneggiate dai vandali con sistemi collaudati per potersi appropriare dell'incasso attraverso l'impiego di spugnette o simili: sono inseriti nello scivolo per bloccare l'ingresso delle monete e quindi per recuperarle in seguito. Anche per combattere questo fenomeno, a breve verranno installate 72 nuove emettitrici automatiche anti-omissione di nuova generazione, di cui le prime 25 già entro la fine di luglio all'infopoint del Comune, in Riva 3 novembre e a Grignano. Queste "parleranno" quattro lingue diverse, avranno uno schermo touch, un sistema di videosorveglianza e uno di pagamento con carta di credito. Le soste vietate - Un'altra piaga che ammorba le fermate degli autobus è quella rappresentata dalle soste selvagge degli autoveicoli, che oltre a costituire un pericolo per i passeggeri che sono costretti a salire o scendere direttamente sulla carreggiata tra il traffico, impediscono soprattutto l'accesso alle persone con disabilità, poiché non permettono l'attracco dell'apposita pedana mobile. Come precisa sempre Scozzai, tutti i mezzi della Trieste trasporti sono dotati di una pedana mobile per la salita e la discesa dei disabili e se essa non risultasse funzionante allora il relativo veicolo sarebbe costretto a tornare nel deposito per essere riparato. Le barriere architettoniche - Inoltre, a ostacolare il transito delle persone con disabilità, ci pensa anche la struttura delle fermate, che nella maggior parte dei casi sono affette dalla presenza di barriere architettoniche. Infatti, il numero di fermate teoricamente idonee all'accesso di persone con disabilità è di appena il 10% di quelle totali. Nonostante ciò, il conducente può comunque decidere in autonomia di attivare la pedana, valutando fermata per fermata, e la responsabilità di eventuali incidenti viene demandata al direttore del servizio. Invece, per quanto riguarda le auto in sosta sulle fermate dei bus, il conducente può solo limitarsi a segnalare il disagio al centro radio della Trieste trasporti, il quale ha un contatto costante con la polizia municipale di Trieste, che può quindi decidere di intervenire.

(s.m.)

 

 

Decollo di Porto vecchio, il pressing dei big
Da Fedriga a Serracchiani: è l'ora delle sollecitazioni. Dipiazza rivendica il suo operato: «Entro 90 giorni pronto il parcheggio»
Mentre il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza risponde all'inchiesta sul Porto vecchio rivendicando il lavoro avviato finora, il dibattito sulla gestione e sul recupero dell'antico scalo cittadino si amplia. Intervengono diversi esponenti politici, a partire dal presidente regionale Massimiliano Fedriga e dall'ex presidente Debora Serracchiani. A questi si aggiungono il capogruppo del M5S Paolo Menis e l'ex sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che ha indetto per oggi una conferenza stampa sul tema. «Marciare uniti nel percorso di recupero di Porto Vecchio è fondamentale per restituire non solo alla città di Trieste bensì all'intero Fvg un'area importante dalle straordinarie potenzialità», dichiara Fedriga. «Un percorso che la Regione seguirà da vicino, per i compiti a essa assegnati dalla legge, assicurando il massimo impegno affinché i percorsi amministrativi individuati vedano la luce nei tempi più brevi possibili. Auspico infine - conclude Fedriga - che non si assumano posizioni strumentali e contraddittorie rispetto a quanto una parte politica affermava fino a qualche mese fa. L'interesse generale del territorio non può essere sacrificato sull'altare di repentini cambi di rotta determinati dal colore di questa o quella amministrazione locale o nazionale». Per Serracchiani serve «una visione e una regia complessiva, altrimenti si rischia di andare avanti per decenni trasformando un pezzo di città in qualcosa che va di volta in volta incontro alle esigenze di un periodo. Bisogna pensare che quello deve diventare un rione di Trieste, un'area compiuta e coerente dal punto di vista urbanistico e, forse, architettonico, come fu per il Borgo Teresiano. Sono ancora dell'idea che, in un progetto del genere, le strutture della Regione potrebbero essere di supporto - continua l'ex presidente -. E, come accaduto con successo in altre città europee, la strada di un grande concorso di idee, e una gara europea, mi sembra quella che garantisce che le cose si avviino e vadano avanti in tempi ragionevoli. E parliamo comunque di decenni. Preciso che non mi sfiora l'idea di affidarmi all'estro di archistar che sperimentano le loro idee sulla carne della città. Ma occorre una visione unitaria, un progetto e la vigilanza delle amministrazioni e di tutte le autorità». Il sindaco Dipiazza decide invece di rispondere al servizio del "Piccolo" su Porto vecchio attraverso un video su Facebook. Il primo cittadino nel video espone i risultati già ottenuti - di cui peraltro è stata data puntualmente notizia su queste pagine in passato - e dice: «Adesso vi faccio vedere punto per punto quello che si sta realizzando per il Porto vecchio: qui ci sono le ruspe e credo che entro 90 giorni avremo completato la cosa più importante, che era il parcheggio». A questo, prosegue il primo cittadino, seguirà la rotatoria. Dipiazza si sposta poi davanti ai magazzini dove dovrebbe sorgere il cuore dell'Esof 2020: «Qui andremo a realizzare il centro congressi, che è già partito. Sono già iniziati i lavori, non dobbiamo appaltare. Lavori da 11 milioni di euro». Tocca poi al Magazzino 26: «Qui dentro viene fatto l'Immaginario scientifico, il Museo del mare, il Museo dell'Antartide. Anche questo è in progettazione e praticamente è già partito». Passa poi al Magazzino 20, «dove la Soprintendenza realizzerà una scuola di restauro, queste sono le cose importanti del Porto vecchio». Poi tocca ai magazzini della concessione Greensisam, che il sindaco dice essere già venduta. Smentendo in questo caso quanto ha dichiarato al "Piccolo" lo stesso assessore comunale al Patrimonio, Lorenzo Giorgi. Il quale sostiene che in realtà al momento i magazzini sono nel piano di alienazione del Comune, ma la gara deve ancora essere fatta. Infine il sindaco prende in considerazione anche l'area per le startup di corso Cavour e il futuro parcheggio contiguo al Molo IV. Così il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale Paolo Menis: «È necessaria una nuova progettazione completa dell'area, anche se poi si sceglie di non venderla o darla in concessione a un unico soggetto». Quello che Menis rimprovera a questa amministrazione «è l'avvio di progetti che non sono legati da un unico filo logico». Aggiunge il capogruppo grillino: «Capisco l'emergenza di un centro congressi per Esof ma non la confusione sul resto. Inoltre è necessario trovare spazio per imprese che vogliono insediarsi e che potrebbero richiedere di riattivare il regime speciale di Punto franco. E non posso pensare, come dice Dipiazza, che il parcheggio sul terrapieno sia l'opera di recupero più importante».

Giovanni Tomasin

 

LO "SDEMANIALIZZATORE" RUSSO - «Per giocare una sfida internazionale serve rilanciare la società di gestione»
«Dotarsi di strumenti adeguati come la società di gestione significa non sprecare la sfida di Porto vecchio». Francesco Russo è l'autore dell'emendamento che ha permesso di sdemanializzare l'area. L'ex senatore Pd, ora vicepresidente del Consiglio regionale, rilancia l'idea di una società che supervisioni il recupero. Russo, che fine ha fatto la società di gestione? Credo sia il momento favorevole per riprenderla. Con il sindaco avevamo valutato fosse opportuno attendere che passasse il momento elettorale. Ora credo si possa e si debba procedere speditamente. Ci sono tutte le condizioni. A che punto era l'idea? Molto avanzato. All'epoca c'era già la disponibilità della Regione, dell'Autorità portuale e anche di Cassa Depositi e Prestiti. Il Comune rimarrebbe ovviamente il soggetto principale, in quanto titolare delle aree ad esso spetta il 90% di onori e oneri. A cosa servirebbe la società? È assolutamente necessaria per giocare la partita a livello internazionale. Fu Cantone, appena approvato il mio emendamento, a suggerirmi di adottare gli stessi strumenti utilizzati per l'Expo di Milano. Debora Serracchiani era d'accordo. Lo sarà anche Massimiliano Fedriga? Credo confermerà la disponibilità di Serracchiani. Sono temi su cui non esistono destra e sinistra. È stato così con il cambio del sindaco e spero sia così anche con la Regione e il governo nazionale. Potenziali partner privati della società. Quale profilo e quale ruolo? Parliamo di una società pubblica che persegue interesse pubblico. Ma Trieste, pur essendo piccola, ha realtà di profilo globale, scientifico ed economico, che possono aiutare a vincere una sfida che per forza deve essere gestita su uno scenario internazionale. Gli esperti parlano di un investimento necessario tra i tre e i cinque miliardi. Queste risorse lo Stato italiano non le ha. Bisogna quindi andare sul mercato degli investimenti internazionali. Bisogna farlo con le professionalità adeguate, andando a copiare le migliori esperienze di rigenerazione urbana. La presenza di grandi multinazionali a Trieste è un valore aggiunto: io penso a una società con un management molto snello e qualificato, affiancata però da un che vogliono bene a Trieste e che possano aiutarci a parlare di questa grande opportunità in Cina come negli Stati Uniti. Il sindaco Roberto Dipiazza in questi mesi si è mosso con diversi interlocutori, seguendo la linea della distribuzione "a spezzatino" dell'area. Io sono certo che con il sindaco Dipiazza condividiamo la necessità di avere un disegno unitario. Fatto questo, è bene raccogliere subito le disponibilità e il sindaco ha fatto bene. La società servirà a dare una cornice unitaria alle tante dimostrazioni di interesse: oggi il Porto vecchio è il fronte mare più appetibile del Mediterraneo. Bisogna gestirlo con strumenti adeguati.

g. tom.

 

 

Incontro Scoccimarro-Vito sull'ambiente - «Certi progetti non hanno colore politico»
Incontro tra passato e presente ieri a Gorizia, dove l'assessore ad Ambiente ed Energia del Friuli Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro, ha incontrato il suo predecessore, Sara Vito, che ha ricoperto l'incarico nella passata legislatura. Scoccimarro ha voluto incontrare l'ex assessore in un'ottica di buona prassi politica e istituzionale, sviluppando con Vito un colloquio all'insegna di cortesia e disponibilità. «L'attuale governo regionale - ha evidenziato l'assessore della giunta Fedriga - ha un'alta sensibilità ambientale sviluppata attraverso un programma differente, per certi versi anche opposto (vedi Ferriera di Servola a Trieste), da quello della giunta scorsa, ma ritengo che molti progetti ambientali non abbiano colorazione politica. Ciò significa - ha concluso Scoccimarro -che porteremo avanti i nostri senza preclusioni ideologiche rispetto a quelli precedenti».

 

 

 

 

QualEnergia.it - LUNEDI', 11 giugno 2018

 

 

L’Italia è il paese in cui il diesel uccide di più: la mappa
Elaborata una mappa con le cento zone urbane più pericolose d’Europa per gli alti livelli di emissioni inquinanti causate dai veicoli a gasolio. Dati e tendenze con riferimento alle concentrazioni di particolato fine e ossidi d’azoto. (vedi mappa interattiva)

Quali sono le aree urbane più inquinate d’Europa, quelle con il maggior numero di morti premature dovute all’utilizzo di veicoli “sporchi”?
Il giornalista Stefano Valentino, in collaborazione con l’European Data Journalism Network, ha stilato la “lista nera” dei territori maggiormente colpiti dalle emissioni nocive dei motori diesel, rielaborando i dati di due rapporti usciti nel 2017, quello dell’International Institute for Applied System Analysis (IIASA) e quello del Norwegian Meteorological Institute (MetNorway). Nel suo articolo pubblicato su Eurobserver nell’ambito di una più vasta inchiesta sullo scandalo dieselgate (vedi anche QualEnergia.it), c’è una mappa interattiva che identifica le zone rosse dei diversi paesi europei, dove i livelli d’inquinamento atmosferico sono più elevati. Secondo i due studi citati dal giornalista, sarebbero circa 5.000, ogni anno, le vittime premature imputabili alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm 2,5) e ossidi d’azoto nelle città, a loro volta causate dai propulsori diesel fuorilegge, perché non rispettano i valori fissati dai test per l’omologazione. E oltre un terzo di queste vittime annuali, spiega l’articolo, vive nelle conurbazioni di pochi paesi, che contano nel complesso oltre 100 milioni d’abitanti. Parliamo delle principali città in Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e poi Olanda, Belgio e Spagna. Proprio l’Italia, evidenzia l’autore della mappa, è la nazione che conta più morti in assoluto da riferire presumibilmente allo smog cittadino. Il nostro paese, infatti, include oltre il 40% delle aree più rischiose per quanto riguarda questa ben poco invidiabile classifica. Al primo posto nella mappa c’è il conglomerato urbano di Milano-Monza; anche Parigi, Monaco e Londra sono metropoli con un numero di morti premature da inquinamento atmosferico superiore alla media continentale. Ricordiamo che l’Italia, a maggio, è stata deferita dalla Commissione Ue alla Corte di Giustizia, insieme ad altre cinque nazioni – Francia, Germania, Gran Bretagna, Romania e Ungheria – perché ha ripetutamente superato i valori-limite di sostanze nocive presenti nell’atmosfera delle grandi città. A gennaio, Bruxelles aveva concesso un ultimo avvertimento a questi paesi, chiedendo misure “credibili, efficaci e tempestive” per migliorare la qualità dell’aria nei centri urbani, misure che però non sono state prese o non hanno convinto appieno i commissari. L’Italia, inoltre, sempre a maggio ha ricevuto da Bruxelles una nuova lettera di messa in mora per quanto riguarda le emissioni delle auto, non avendo rispettato le norme continentali sui test delle omologazioni (il caso specifico riguarda il gruppo FCA) e non avendo inflitto le dovute sanzioni/penalità ai costruttori che hanno manipolato i risultati delle prove. D’altronde, nei suoi rapporti, l’organizzazione no-profit Transport&Environment ha segnalato l’enorme differenza tra i dati su emissioni e consumi rilevati in laboratorio e quelli “reali” in condizioni di guida su strada, tanto che sarebbero parecchi milioni i veicoli diesel fuorilegge circolanti in Europa.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 giugno 2018

 

 

Emiri, archistar e masterplan - I 10 passi falsi su Porto vecchio
Nonostante gli annunci a 2 anni dalla sdemanializzazione il rilancio non decolla
Una sfilata di investitori russi, arabi, americani, che parevano sul punto di staccare gli assegni e di cui ora, invece, si sono perse le tracce. Una società di gestione che doveva nascere e non è mai nata, e i cui fondi di partenza sono stati in gran parte dirottati altrove. E una macchina comunale che, a dispetto degli sbandierati coinvolgimenti di architetti di fama internazionale, si ritrova ora a dover gestire da sola una sfida di enorme portata. Per la quale, peraltro, manca un piano d'insieme. Ecco la situazione del Porto vecchio a due anni dalla sdemanializzazione, approvata con la legge di stabilità del 2015. Da allora a Trieste si sono susseguiti annunci su annunci. Progetti dopo progetti, che hanno creato molte aspettative e qualche delusione. L'ultima polemica - sia detto per inciso - è legata alla decisione di ospitare proprio nel parcheggio dietro al Magazzino 26 la discussa sfida acrobatica tra truck e auto dell'"Extreme Stunt Show Live". Per il resto i risultato concreti sembrano davvero pochi: il cambiamento della viabilità d'accesso all'area, l'avvio del ragionamento sul centro congressi di Esof2020 e quello sul futuro Museo del Mare. I nodi più cruciali, a partire dalla caccia agli investitori, sono invece avvolti nelle nebbie. Per rendersene conto basta passare in rassegna gli annunci degli ultimi due anni. 1 -  Il Mercato ittico mancato. Un buon esempio da cui partire è il trasferimento del Mercato ittico. Nell'estate del 2016 il sindaco Roberto Dipiazza disse che la struttura avrebbe traslocato al Magazzino 30 del vecchio scalo nell'agosto del 2017. Ma alle porte dell'estate 2018 sgombri e sardoni continuano a essere venduti nel solito posto. Il progetto, pur avviato dagli uffici del Comune, si è incartato e pare sia destinato a restare in stasi fino a quando non si chiarirà il destino dell'area. 2 - La società di gestione. Al contempo, non si vede ancora traccia della società che il Comune avrebbe dovuto costituire per dirigere lo sviluppo complessivo. Ancora nei mesi scorsi il sindaco dichiarava che sarebbe stata costituita, ma al momento la pratica è ferma da qualche parte nel ventre di palazzo Cheba. Spiega l'assessore al Bilancio Giorgio Rossi: «Sì, sono stati impegnati a bilancio dei fondi dati da Roma per costituire la società, ma non sono mai stati utilizzati. Per il momento non si è concretizzato nulla». L'idea della società di gestione nasce dal confronto fra il sindaco e lo "sdemanializzatore" dem Francesco Russo, allora senatore e ora vicepresidente del Consiglio regionale. Lo scopo dell'ente era principalmente quello di dare una dimensione internazionale all'operazione Porto vecchio, con l'ausilio di manager d'alto profilo e delle grandi realtà economiche del territorio e nazionali. Erano state sondate Fincantieri, Wartsila, Illy Caffè, perfino Cassa depositi e prestiti. Tutti soggetti potenzialmente interessati. E che vorrebbero ancora poter partecipare a una simile impresa, come conferma anche Giuseppe Bono: «Fincantieri rappresenta una realtà importante della Regione e della città di Trieste - spiega l'amministratore delegato del gigante della cantieristica -: se coinvolta, farà la sua parte, con un progetto industriale coerente con la propria attività e con la nuova missione che si vorrà attribuire al Porto vecchio». 3 - Il rebus finanziamenti. Ma a quanto ammontano i fondi messi da parte per la società, quelli a cui fa riferimento Rossi? Inizialmente il governo aveva stanziato un milione, affidato alla prefettura che, dopo una serie di incontri tra Comune e Autorità portuale, li ha però poi dirottati in gran parte su Esof2020. Il gruzzolo rimasto? Appena 200 mila euro. Una miseria rispetto, per esempio, ai 50 milioni attesi dallo Stato per le operazioni di infrastrutturazione dell'area e per vari interventi, dai musei all'Ursus. Soldi che arriveranno, però, a patto di presentare per tempo i progetti delle varie opere da cantierare. E certa, per ora, appare solo la partita da 23 milioni del trasferimento del Museo del Mare. 4 - La trasferta dell'Icgeb. Anche il trasloco di uno dei più importanti centri scientifici triestini è finito in formalina. Almeno così sostiene il suo presidente Mauro Giacca: «Da quando è cambiata la giunta comunale non ho saputo più niente. Ma da parte nostra resta la massima disponibilità», dice. Tra i 50 milioni previsti dal governo per lo sviluppo dell'area una decina doveva servire proprio al trasferimento dell'Icgeb. Peccato che non siano sufficienti: «Le stime della Regione parlavano di una spesa necessaria di 17-18 milioni di euro - spiega Giacca -. Quindi ne mancano sette o otto». Essendo un organismo internazionale regolato da una legge Stato degli anni Ottanta, l'Icgeb deve per statuto essere ospitato da uno spazio che lo Stato gli concede gratuitamente: «Noi non possiamo accendere mutui, sicché devono essere le istituzioni a farsi carico della cifra mancante - aggiunge Giacca -. Per fare questo serve una volontà politica, mentre al momento mi sembra che manchi un disegno complessivo per lo sviluppo del Porto vecchio». 5 - Il futuro di Sèleco. Giacca non è solo. Il presidente di Sèleco Maurizio Pannella si dice «basito e perplesso», dopo aver sentito il sindaco dichiarare in tv quanto segue: «Mi sto battendo perché Sèleco non arrivi in Porto vecchio. Volevano prendere un magazzino, invece la metteremo da un'altra parte». Commenta Pannella: «Non ne so nulla. Nessuno ci ha detto niente, eppure il nostro approdo in Porto vecchio è imminente. Una doccia fredda, tanto più che è stato il sindaco stesso ad accoglierci». 6 - I tour delle archistar. Va ricordato poi il ruolo degli architetti di grido nella vicenda. Un ruolo da comparse. Alla visita illustrativa all'interno dell'antico scalo che il sindaco ha fatto con Massimiliano Fuksas o all'interessamento di Mario Cucinella nulla è seguito. Sarà che, come nel caso di Cucinella, insistevano sulla necessità di una regia complessiva per l'operazione urbanistica. 7 - La sfilata degli investitori. Vale poi la pena rivangare tutte le manifestazioni d'interesse, più o meno informali, di cui è stato dato annuncio in questi anni. Nell'agosto del 2016 il sindaco invia a Dubai il piano di riqualificazione delineato da Ernst & Young durante la precedente amministrazione. «Per i potenziali investitori - annuncia - sarà valutata, insieme all'advisor, la direzione da seguire. Proprio perché crediamo nell'area del Porto vecchio quale volano strategico di sviluppo della città abbiamo già spedito l'impostazione non ancora conclusa del Piano strategico a Dubai per tastare il polso di potenziali finanziatori». Si puntava al recupero di aspiranti investitori come la sezione di Dubai del gruppo Rnmjm architecture e masterplanning. Che però non si sono mai materializzati. E non ci sono soltanto i ricchissimi signori del petrolio. Nel giugno del 2017, durante un forum al Piccolo, Dipiazza spiegava che il Porto vecchio «fa gola a russi e americani». E nel novembre successivo, nel corso di un'intervista televisiva, dava per imminente l'arrivo di un'azienda che opera nel settore della sicurezza, pronta ad assumere duecento persone. Un bel colpo occupazionale, almeno in teoria: ad oggi, non se ne è saputo più nulla. Nel frattempo la sfilata di investitori interessati prosegue. Il mese scorso abbiamo scoperto che un gruppo di investitori belgi e svizzeri ha messo gli occhi sul blocco di quattro magazzini subito accanto ai cinque che sono in mano a Greensisam. Ma al di là degli incontri e degli interessamenti, quali passi concreti sono stati compiuti? Risponde l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi: «Per il momento non c'è nulla di scritto. L'unico procedimento avviato è quello per la vendita dei magazzini in concessione a Greensisam. Li abbiamo inseriti nel piano delle alienazioni del Comune, avviando così la procedura per la loro messa all'asta. L'investitore c'è già, ma trattandosi di un bene pubblico bisogna adottare questo strumento per venderlo». E gli arabi, i russi, gli americani, i belgi, gli svizzeri, cosa hanno comprato? Al momento niente. 8 - I finanziatori ignorati. C'è anche chi non s'è trovato molto bene con l'ospitalità triestina. È il caso di Manfred Siller, amministratore delegato della società austriaca Siller Real Estate, interessato a un progetto complessivo per tutta l'area: «Nessuno ha saputo dirmi finora se posso comprare l'area oppure no», spiegava nelle settimane scorse. Viene da pensare che il problema stia nel fatto che le proposte di acquisizione "in blocco" non piacciono all'amministrazione. Il sindaco sul Porto vecchio punta dichiaratamente sulla vendita un pezzo per volta, e non sull'acquirente unico. Un metodo che, però, suscita qualche perplessità negli addetti ai lavori: il rischio è che lo "spezzatino" del Comune finisca per andare a scapito dell'uniformità dell'area. 9 - La fine di Ernst & Young. A tal proposito è scomparso dai radar lo studio Ernst & Young (commissionato dall'amministrazione Cosolini e costato 170 mila euro), lo stesso che nel 2016 Dipiazza inviò a Dubai. Una ricerca forse non rivoluzionaria, ma che almeno delineava un'ipotetica zonizzazione complessiva del Porto vecchio. 10 - Niente masterplan. Come ricorda l'architetto austriaco Peter Lorenz, in Europa i progetti di grande riqualificazione urbana vengono sempre diretti da una cabina di regia unica (che non comporta per forza un acquirente unico) con una direzione chiara imposta dalle istituzioni, intese come espressione della cittadinanza. Qui invece si registra un'assenza di coordinamento, giudicata preoccupante anche dalla nuova soprintendente alle Belle Arti, Simonetta Bonomi. E c'è poi il timore è che gli uffici comunali, già oberati dalle pratiche quotidiane e dalle carenze d'organico, non abbiano gli strumenti sufficienti per affrontare una sfida dal valore complessivo, secondo alcune stime, attorno ai 5 miliardi e di sicuro respiro internazionale. Tanto più in un momento in cui l'area dell'Adriatico orientale ridiventa una linea di faglia del mondo multipolare, e il confronto fra l'Europa occidentale e le economie post-sovietiche trova nei Balcani un'area di comune interesse. Un contesto spesso oscuro, in cui maturano ambizioni a volte perverse. Lo stesso in cui, come ha sottolineato di recente anche il procuratore della Repubblica Carlo Mastelloni invitando ad alzare la guardia, «c'è anche il pericolo di infiltrazioni mafiose»

Giovanni Tomasin

 

 

Cellulari, bici, wc e persino una tesi recuperati dai fondali
Oltre 200 i volontari impegnati nell'operazione Clean Water - Poi cani da salvataggio protagonisti davanti alla Scala Reale
Molti rifiuti e nessun vero tesoro. Chi auspicava qualche scoperta eccellente tra i fondali di Trieste ieri ha pescato solo cumuli di immondizie e la puntuale conferma che il livello del degrado marino continua nella sua ascesa. È quanto emerso al termine di Clean Water, l'ultimo atto di Mare Nordest, la manifestazione a cura della Trieste Sommersa Diving organizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, progetto che da sette anni propone a coronamento dei suoi lavori la pulizia dei fondali del golfo, operazione andata in scena nell'area del Molo Audace, quest'anno sviluppata con una più stretta collaborazione con AcegasApsAmga, che per l'occasione ha fornito un contenitore scarrabile in prossimità dell'area, un supporto in grado di agevolare lo smistamento dei rifiuti emersi. Una quindicina le sigle associazionistiche e sportive presenti e oltre 200 i volontari in campo, di cui una buona metà in veste di apneisti e subacquei, tra cui il neoassessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro. Il bottino annovera di tutto anche quest'anno e parla non solo di rifiuti ormai "canonici", come i residuati della plastica (oltre un centinaio di oggetti), del vetro (516 tra bottiglie e bicchieri) e le lattine (64), ma anche di una trentina di cellulari, dell'immancabile sanitario wc, di ben 14 ombrelli, uno scaldabagno, due biciclette, scarpe, copertoni da camion, un tappeto, sette paia di occhiali, cavi elettrici, un carrello della spesa, borsette e portafogli, piatti in ceramica, cartelli stradali, coni segnaletici, un paio di carcasse di automobili e una marmitta. Non è tutto. Nella rete dei volontari con bombole e boccaglio restano intrappolate altre vestigia dell'inquinamento, peraltro bizzarre, come una dentiera, uno skateboard e soprattutto una tesi di laurea, rigorosamente in doppia copia e redatta per la facoltà di Psicologia. Quasi in odore di "villipendio" il resto della raccolta, dove spiccano un gonfalone della città, una bandiera italiana e alcune mostrine militari del Piemonte Cavalleria. Mare Nordest ha poi riproposto l'altro marchio di fabbrica della vetrina prevista per l'epilogo. Si è trattato delle unità cinofile di salvataggio, qui rappresentate dalla sezione regionale del Sics, Squadra italiana cani salvataggio della Scuola italiana salvataggio. I cani impiegati nel tratto della Scala Reale, una dozzina e per lo più Labrador e Terranova, hanno lavorato con i loro assistenti prima in veste di "bagnini" aggiunti a supporto dell'operazione di pulizia dei fondali e poi si sono concessi all'esibizione, una simulazione - come sempre molto apprezzata dal pubblico - sul recupero di persone in mare. Con la passerella dei cani di salvataggio è calato il sipario ufficialmente sulla settima edizione di Mare Nordest, progetto quest'anno approdato nell'inedito teatro della Centrale idrodinamica del Porto vecchio e caratterizzato dal tema della sostenibilità e della salvaguardia ambientale, spunto su cui gli ideatori della Trieste Sommersa Diving pare intendano insistere in previsione del 2019: «Al di là del fermento della pulizia dei fondali - così il presidente Roberto Bolelli - questa edizione ha visto una certa partecipazione delle istituzioni, comunale e regionale, ma anche dell'Istituto Nautico, della ricerca e delle associazioni ambientaliste. Crediamo che Trieste sia sensibile al tema della sostenibilità e al valore di progetti come il Parco navale. Continueremo su questa rotta». Ieri, poi, a osservare gli appuntamenti finali di Mare Nordest anche i crocieristi delle navi Costa Deliziosa e Mein Schiff 2, attraccate alla Marittima.

Francesco Cardella

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 giugno 2018

 

 

Manifestazioni - Mare Nordest saluta "pulendo"
Si conclude con la tradizionale pulizia dei fondali "Mare Nordest 2018". La grande e spettacolare operazione "Clean Water" si terrà, a partire dalle 9.30, con una partecipazione prevista di 200 persone tra apneisti, sub e volontari a terra nello specchio di mare antistante piazza dell'Unità (tra la Scala Reale e il Molo Audace). Alla conclusione delle operazioni, nella stessa area ma alle 12.30, seguiranno le sempre amate dal pubblico dimostrazioni di salvataggio in mare con le unità cinofile della Scuola italiana cani di salvataggio Fvg.

 

Lo zoppolo e la pesca del tonno

Alle 10.30, al Museo del mare di via Campo Marzio 5, visita guidata con Walter Macovaz dedicata al tema della pesca in alto Adriatico. Dal mare di Santa Croce e di Canovella una caratteristica imbarcazione - lo zoppolo - serviva a stendere una rete per catturare il branco. Rete che poi veniva trascinata a riva e i tonni venivano raccolti a mano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 giugno 2018

 

 

Ambiente:il report - In Friuli Venezia Giulia l'aria più pulita del Nord   -   La qualita' dell'aria in FVG
TRIESTE - Un'aria tra le migliori d'Italia, di sicuro del Nord industriale. Nonostante la Ferriera, lo spauracchio ozono e le criticità sulle polveri sottili, confermate nella pianura occidentale tra il Veneto e il Tagliamento, area in cui le caratteristiche climatiche sono simili a quelle della Pianura Padana. Fabio Scoccimarro, al pronti via da assessore all'Ambiente, illustra soddisfatto la relazione dell'Arpa sulla qualità dell'aria del Friuli Venezia Giulia nel 2017, un quadro buono e rispettoso dei limiti di legge, spiega entrando nel dettaglio il direttore generale Luca Marchesi, pur se in presenza di un lieve peggioramento rispetto al 2016, principalmente dovuto alla fisiologica variabilità delle condizioni meteorologiche. Marchesi usa grafici e sintesi per fare il punto sugli inquinanti "normati", ovvero quelli per cui esiste un limite di legge: «Complessivamente siamo rispettosi di quei limiti, con due motivi di attenzione causa sforamenti, Pm10 e ozono, e un elemento di rischio perché vicino al consentito, il benzopirene. Trattandosi di un cancerogeno, è un osservato speciale». Nel dettaglio, il materiale particolato è monitorato sia nella frazione più grossolana, Pm10, sia in quella più fina, Pm 2.5. Nel primo caso la relazione evidenzia una media annua ovunque inferiore al limite di legge, sebbene con valori maggiori nel Pordenonese, lì dove le condizioni meteo sono favorevoli al ristagno atmosferico. Andamento ormai noto anche per quel che riguarda il numero di superamenti (non si dovrebbe andare oltre i 50 microgrammi a metro cubo per più di 35 giornate), con valori oltre il limite di legge in alcune zone della Bassa pianura e sempre nel Pordenonese, a interessare una popolazione di circa 112mila persone. «Nulla di paragonabile a quello che succede in Pianura Padana - precisa Marchesi -, ma il clima è quello». L'Agenzia rileva 20 superamenti annui in piazza Carlo Alberto e 18 in via del Carpineto a Trieste, 16 a Fossalon di Grado e 14 a Ronchi-Vermegliano in provincia di Gorizia. Il Pm 2.5, il più pericoloso per la salute, è invece rimasto al di sotto del limite di legge su tutta la regione (25 microgrammi per metro cubo) ed è anzi già inferiore ai 20, parametro che entrerà in vigore nel 2020. Discorso a parte per l'ozono, che si conferma l'inquinante più critico in Fvg, soprattutto a Udine. Questione anche in questo caso dipendente dal meteo: a causa dell'elevata radiazione solare nel periodo estivo, su quasi tutto il territorio la concentrazione di ossidante è elevata e superiore all'obiettivo di legge a lungo termine. «Un problema europeo - si legge nella relazione dell'Arpa -, che richiede pertanto risposte di tipo tecnologico e strutturale coordinate tra diversi livelli di governo». Le carte parlano di 60 superamenti giornalieri in un anno a Basovizza, 32 a Ronchi, 30 a Fossalon rispetto alla soglia massima di 120 microgrammi al metro cubo come media su otto ore. Le concentrazioni sono solitamente più basse nelle aree a maggiore densità di emissioni (aree produttive, portuali e assi stradali) in quanto l'ozono viene ridotto da altre sostanze. Su altri fronti le cose vanno meglio. Alcuni inquinanti vengono definiti "dinosauri" perché in via di estinzione: dal monossido di carbonio al biossido di zolfo. Abbondantemente sotto controllo anche il benzene, come pure i metalli pesanti: arsenico, cadmio, nichel e piombo. Caso aperto rimane invece quello dei livelli di benzopirene, inferiori ma prossimi ai limiti di legge su buona parte della pianura e nei pressi dello stabilimento siderurgico di Servola. «Le fonti sono sicuramente le attività industriali - fa sapere Marchesi -, ma in alcuni contesti conta anche la combustione della legna a fiamma libera». I caminetti, in sostanza. Quanto alla Ferriera, il dg, detto che l'Arpa è in azienda una sessantina di giorni all'anno per i controlli, ribadisce che l'impianto rispetta i paletti dell'Autorizzazione integrata ambientale, ma Scoccimarro conferma a sua volta la linea del nuovo corso: «Per le scelte della precedente amministrazione regionale, oggi lo stabilimento ha le autorizzazioni. Ma, già prima di formare la giunta, ho condiviso con il governatore Fedriga l'idea che le industrie fortemente impattanti non sono compatibili con lo sviluppo del territorio e la qualità della vita dei cittadini. Senza fare guerre di religione, sarà importante capire da qui in avanti quali siano le soluzioni da trovare in modo da soddisfare tutte le parti. L'obiettivo è trovare intese capaci di mettere d'accordo l'interesse dei cittadini e dell'imprenditore con attenzione alla ricollocazione del personale, ovviamente nei tempi più possibile brevi».

Marco Ballico

 

ARPA - Il neoassessore "blinda" il capo dell'agenzia
Marchesi supera indenne il primo atto dello spoils system. Scoccimarro: «Squadra che vince non si cambia»
TRIESTE - «Squadra che vince non si cambia», dice Fabio Scoccimarro. Al suo fianco c'è Luca Marchesi, il dg dell'Arpa scelto da Debora Serracchiani ma, a quanto pare, confermato dal nuovo corso. Spoils system? Se ne parlerà la prossima volta. Perché l'assessore all'Ambiente pare non avere dubbi: l'Agenzia lavora bene e il suo "capo" merita evidentemente un nuovo contratto dopo quello in scadenza a fine anno. «Si può anche cambiare allenatore, perché magari ci litighi - insiste con la metafora sportiva Scoccimarro - ma, se vinci il campionato, solitamente continui con lo stesso». Marchesi, da parte sua, non alcun dubbio: «Qui mi sono trovato benissimo, abbiamo fatto un eccellente lavoro, abbiamo portato Arpa Fvg sul podio, il prossimo giro arriviamo in testa», dice il manager milanese classe 1965 nominato dalla giunta di centrosinistra nel dicembre 2014. «Il bagaglio di esperienze maturato dal neo-direttore è un valore aggiunto importantissimo, che consentirà un cambio di passo verso un'Agenzia per l'Ambiente che sappia sempre più dialogare con le realtà pubbliche e private, in un percorso di crescita green che sta alla base dello sviluppo sostenibile che vogliamo per la nostra regione», disse allora l'assessore Sara Vito. Proprio con Vito, Scoccimarro fa sapere che si incontrerà nei prossimi giorni «in un'ottica costruttiva. Valuteremo le azioni positive in essere per portarle avanti accanto alle nostre politiche ambientali perché l'ambiente non è di destra né di sinistra ma è di tutti». Con Marchesi in sella, l'intenzione dell'assessore in carica è di procedere alla redazione del nuovo piano regionale della qualità dell'aria «che risale al 2012 e va rivisto e adeguato ai tempi», oltre che di «dare ulteriore linfa all'attività dell'Arpa introducendo nuove tecnologie e implementando l'informazione verso i cittadini e le imprese». Un'Arpa, con i suoi 340 dipendenti, decisamente promossa, «spalla importante del mio assessorato che impegna il 25% del bilancio destinato al referato. Proprio con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente - prosegue Scoccimarro - dovremo lavorare vigilando sulle attività produttive al fine di ridurre le loro emissioni, ma anche sostenendo un miglior utilizzo delle risorse, in particolare quelle energetiche».

(m. b.)

 

 

L'inaspettata visita del capriolo nel centro di Muggia
MUGGIA - Scorrazzava tutto solo in via Roma, un po' impaurito e forse a caccia di qualcosa da mangiare. Protagonista dell'ennesima incursione nel centro cittadino è un capriolo maschio avvistato due sere fa da diversi residenti dopo essere sceso lungo salita Ubaldini. Fortunatamente l'inusuale visita non ha procurato problemi. Dopo aver trascorso qualche minuto in centro, l'animale è tornato da dov'era arrivato per raggiungere i verdi colli muggesani. «Ci sono due dati importanti: il capriolo è in diminuzione nel nostro territorio, ma allo stesso tempo si sta sempre più avvicinando ai conglomerati urbani», racconta il naturalista Nicola Bressi. Il capriolo sta trovando sempre meno spazi verdi in Carso. «Nel bosco i caprioli incontrano altri animali, come cervi e cinghiali. Con entrambi compete su alcuni tipi di cibo, inoltre i cinghiali sono soliti predare i giovani caprioli. Tutti questi motivi comportano uno spostamento verso altre zone sino ad arrivare nei centri abitati», dice Bressi. Muggia ha già registrato diverse sortite in questi anni. A partire da alcuni caprioli nuotatori, uno dei quali immortalato nelle acque davanti all'Hotel Lido. Eclatante poi il caso del giovane capriolo maschio che una volta "beccato" all'interno di una proprietà privata, decise di saltellare lungo una rampa di scale entrando in una villetta bifamiliare, rifugiandosi nel bagno dell'abitazione. Ma i caprioli costituiscono un problema? Bressi non ha dubbi: «Sono animali meno invasivi rispetto ai cinghiali. Certamente mangiano le rose dei giardini e non sono ben visti dagli agricoltori, soprattutto quelli che lavorano con le viti. Le altre due questioni riguardano poi la sicurezza stradale, ma anche i periodi in cui i caprioli maschi in calore possono essere imprevedibili. Per il resto è un animale che non crea problemi all'uomo, ma che in questo momento ha evidentemente bisogno di nuovi spazi».

Riccardo Tosques

 

 

ISTRIA - Rigassificatore, battaglia al Sabor
Contro la legge sull'impianto di Veglia 380 emendamenti. Protesta ambientalista davanti al Parlamento
ZAGABRIA - Il Sabor, il Parlamento croato, è diventata la sede dello scontro sul rigassificatore galleggiante da posizionare nelle acque che bagnano la località di Castelmuschio (Omisalj) sull'isola di Veglia. Ieri le opposizioni hanno presentato 380 emendamenti alla cosiddetta lex Lng, la normativa formulata per snellire l'iter di realizzazione del terminal metanifero offshore, finanziato dall'Unione europea con 100 milioni di euro a fondo perduto. Dei 380 emendamenti, 360 sono stati firmati dal Partito socialdemocratico, la principale forza d'opposizione, che si è visto respingere il tentativo di sottoporre il contestato disegno di legge a due letture, al posto dell'attuale procedura d'urgenza decisa dall'esecutivo Plenkovic (Hdz). Il deputato e presidente dei socialdemocratici, Davor Bernardic, ha invitato ieri l'esecutivo a ritirare la legge sull'impianto isolano, così avversato a Veglia e nella Regione fiumana per questioni finanziarie, ambientali ed estetiche.«Dovreste agire una volta per tutte nell'interesse delle municipalità interessate e della Contea quarnerino-montana - ha dichiarato Bernardic dall'emiciclo parlamentare - e non impegnarvi a favore di lobby che guardano esclusivamente al profitto. La popolazione, i politici, gli ambientalisti, i comuni di Veglia e la Contea litoraneo-montana non vogliono il terminal galleggiante, bensì quello sulla terraferma. Datevi una mossa e ascoltate le voci che arrivano dal Quarnero». Nel corso della presentazione degli emendamenti, i socialdemocratici hanno diffuso degli audio contenenti i pareri degli abitanti di Veglia sul rigassificatore offshore, cosa che non è piaciuta agli esponenti della coalizione di centrodestra al potere. Anche se non vi è ancora una conferma ufficiale, pare che il voto sulla lex Lng si avrà al Sabor la settimana prossima. Nel contesto, i regionalisti di Alleanza litoraneo-montana hanno dichiarato in conferenza stampa che i deputati della regione fiumana favorevoli alla legge saranno definiti tout-court dei traditori. Mentre i parlamentari si soffermavano sugli emendamenti, di fronte al Parlamento si è tenuta l'iniziativa di protesta degli ambientalisti di Azione verde: hanno esposto uno striscione in cui si ricorda come 18.950 cittadini abbiano apposto la loro firma contro la presenza del terminal offshore a Veglia. Ai deputati sono stati consegnati volantini in cui si citano i danni sia all'ambiente marino provocati dalla nave metaniera, sia al settore turistico. Intanto prosegue lo scontro fra il governo croato e la sindaca di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic. Secondo Zagabria, le autorità centrali sono costantemente in comunicazione con i responsabili del comune vegliota in merito al progetto Lng. «Frottole - ha replicato Ahmetovic - mi sono rivolta tante volte al governo e al ministro dell'Ambiente, Tolusic, spiegando gli svantaggi del rigassificatore in mare. Ho ottenuto risposte al contagocce e mai esaustive».

Andrea Marsanich

 

 

Beni culturali: il caso - Il Museo mai nato a Grado dieci milioni di euro nel nulla
GRADO - Naviga in alto mare il Museo Nazionale per l'Archeologia subacquea di Grado. Dopo oltre vent'anni di intoppi e rinvii, qualcosa come dieci milioni di euro - soldi pubblici - buttati al vento, e dopo decine di annunci di prossima apertura finiti nel nulla, la data di inaugurazione del museo con il suo prezioso contenuto di reperti archeologici recuperati dal fondo del mare non è stata ancora stabilita. Motivo: un groviglio burocratico amministrativo che sembra quasi impossibile da districare. E il Comune di Grado torna all'attacco, dando mandato a un avvocato di avviare una procedura per avere indietro dal Ministero l'edificio a suo tempo ceduto in comodato d'uso. Da parte sua, il Polo Museale del Fvg, che ha ereditato dalla Soprintendenza l'ingombrante fardello, tenta ancora di sbloccare l'impasse: il Polo ha appena varato una determina che affida alla ditta Veniceplan di Mestre la verifica e la «validazione del progetto riguardante la realizzazione del nuovo ingresso, l'abbattimento delle barriere architettoniche e la revisione impiantistica», compresi biglietteria e bookshop. In parole povere, spiega il direttore del Polo Museale, Luca Caburlotto, «abbiamo affidato a una ditta la verifica della fattibilità di tutti i progetti di adeguamento necessari prima dell'apertura». A cominciare dalla realizzazione della zona d'ingresso, la pensilina esterna ma anche la configurazione dello spazio di accesso e di accoglienza del pubblico. Tranne gli impianti di condizionamento, nuovi di zecca, mai entrati in funzione e ormai obsoleti. Prima di cominciare questi lavori la ditta incaricata dovrà verificare la correttezza normativa, a fronte della cifra attualmente disponibile di 301.000 euro. Cifra che, spiega ancora Caburlotto, «copre sia i costi per l'ingresso ora in verifica che l'allestimento del piano superiore, per il quale, dati gli aspetti tecnici differenti, faremo subito una separata verifica». Ora l'incaricata ha trenta giorni di tempo per dire la sua, dopodiché se nulla osta una società edile già selezionata dall'Agenzia del Demanio potrà iniziare i lavori. Tempi lunghi, comunque. E qualsiasi ulteriore intoppo rischia di riportare la trafila al punto di partenza, come in un kafkiano gioco dell'oca. «Stiamo facendo il possibile», sottolinea Caburlotto. Ma, evidentemente non basta, e nonostante il protocollo d'intesa stilato fra Comune di Grado, Polo Museale ed Erpac, la situazione sta raggiungendo di nuovo un punto critico. E il Comune torna a lanciare l'ultimatum: «Daremo mandato a un avvocato - dice il sindaco Dario Raugna - perché avvii la procedura per la restituzione della struttura». «Così non si può andare avanti - continua Raugna - abbiamo provato di tutto, offrendo la massima collaborazione prima alla Soprintendenza ora al Polo Museale, anche per un'apertura parziale del Museo, ma senza esito; noi il Museo lo vogliamo, serve alla nostra isola, tutti lo vogliono, e se il Ministero non è in grado di farlo lo faremo da soli». Il sindaco punta senza indugi il dito sull'amministrazione statale: «Ci siamo imbattuti in presunte irregolarità, abbiamo chiesto un progetto per sanare la situazione, abbiamo avuto in cambio tante promesse ma la situazione continua ad essere di stallo». Il quadro è complesso, e l'impressione è che il carico di responsabilità sugli impicci accumulati negli anni - sui quali potrebbe allungarsi l'ombra della Corte dei Conti - sia tra le cause delle lungaggini e trappole burocratiche in cui è finito il Museo. Del resto basta ricordare le tappe fondamentali della vicenda per capire in che guazzabuglio è incastrato quello che potrebbe essere uno straordinario centro di attrazione turistica e culturale. Tutto comincia il 6 dicembre del 1995, quando il Comune di Grado concede al Ministero per i beni culturali l'edificio dell'ex scuola Scaramuzza in comodato d'uso per destinarlo a Museo Nazionale di Archeologia Subacquea. L'idea è di allestire il museo con i reperti archeologici provenienti dal mare, in particolare lo scafo e il carico del relitto dalla Iulia Felix, nave romana del II secolo d.C. scoperta nel 1986 dal pescatore Agostino Formentin, a 16 metri di profondità sui fondali marini al largo di Grado. L'edificio dell'ex scuola Scaramuzza affaccia sul Lungomare Nazario Sauro, punto di passaggio per turisti e bagnanti, e la sua posizione di fronte al mare lo rende un posto ideale per ospitare un museo in grado di attirare frotte di visitatori anche dall'estero. Secondo l'Accordo di programma in materia di Beni e attività culturali per il Fvg, stipulato tra Ministero dell'economia e delle finanze, Mibac e Regione nel 2000, lo stabile sarà sottoposto a un pesante restauro per adeguare l'edifico all'uso museale, con lo stanziamento di fondi statali e del Cipe. I lavori, affidati in gran parte all'impresa Clocchiati di Udine, partono a spron battuto. In corso d'opera però, vengono decise varie modifiche interne, mentre solo a scafo recuperato dal fondo del mare - per altro a pezzi e non intero come si pensava in principio -, si comincia a pensare al come collocare il prezioso relitto. Scoprendo così, fra l'altro, che la sala prevista è troppo piccola per un'adeguata esposizione della nave. Nel frattempo il costo complessivo dell'operazione di archeologia subacquea più la ristrutturazione del museo, ha raggiunto la bella cifra di dieci milioni di euro. Ma altri fondi servono per gli adeguamenti. E a questo punto si ferma tutto. Di promessa in promessa sulla prossima apertura del museo passa il tempo, finché nell'autunno del 2014 un gruppo di cittadini si ribella e fonda il Comitato "OpenMuseum - per l'apertura del Museo di Archeologia Subacquea di Grado", con l'intenzione di sensibilizzare le istituzioni sullo stato di abbandono della struttura. Nelle more della polemica, l'allora Soprintendente all'Archeologia, Luigi Fozzati, annuncia l'apertura di quella che battezza "area operativa" all'interno del Museo, che prevede una biblioteca di archeologia subacquea e navale, una sala riunioni, un archivio, gli uffici degli archeologi, un'aula per il primo trattamento dei reperti subacquei recuperati, un magazzino, persino una foresteria. Direttore del Museo viene nominato Domenico Marino. È un tentativo di mettere in moto qualcosa, ma l'iniziativa naufraga presto nel nulla. Nel novembre del 2015 l'allora commissario straordinario di Grado, Mauro Kovatsch, codice civile alla mano fa un passo ufficiale presso il Ministero per chiedere indietro l'edificio del museo, essendo venuto meno il vincolo "dell'uso indeterminato". E lancia un ultimatum: se entro il primo maggio del 2016 il museo non verrà aperto «il contratto di cui trattasi sarebbe da intendersi "risolto di diritto per inadempimento"». Si tenta allora la via della mediazione con la stipula di un protocollo d'intesa tra Polo Museale Fvg, Erpac e Comune di Grado per attività di valorizzazione del Museo. Scopo: documentare, studiare e promuovere tutti insieme il patrimonio archeologico del Museo, anche attraverso mostre e programmi comunitari. La data di apertura è spostata all'estate 2017, un anno fa. Ma nulla avviene. E adesso il Comune di Grado rilancia l'ultimatum: ridateci il museo.

Pietro Spirito

 

I ritrovamenti - La Iulia Felix, nave di tesori
La nave romana Iulia Felix che dovrebbe essere ospitata nel Museo di Archeologia subacquea dell'Alto Adriatico di Grado è un reperto eccezionale: la nave trasportava un carico di alimenti (pesce in salamoia) e frammenti di vetro da riutilizzare destinati agli artigiani della vicina Aquileia. Negli scavi successivi a bordo furono ritrovati anche alcuni manufatti, tra i quali due teste bronzee di Poseidone e di Minerva (foto), un impianto in piombo per alimentare di acqua fresca le vasche che trasportavano pesce vivo, una scoperta unica nella storia dell'archeologia subacquea. In attesa della sistemazione definitiva, i resti della nave sono stati collocati in un locale esterno utilizzato inizialmente come laboratorio per il consolidamento del legno, chiuso con una tettoia ma completamente privo di impianto di climatizzazione lasciando il prezioso legno al freddo invernale e all'umidità.

 

Gli studi - Ricostruzione perfetta
Tra i reperti già pronti per essere esposti al Museo di Archeologia subacquea di Grado c'è la ricostruzione a grandezza naturale della sezione della Iulia Felix con il suo carico di anfore e vetro da riciclare. La ricostruzione è stata realizzata dall'Erpac - Servizio catalogazione, formazione e ricerca, così come l'analisi, lo studio e la catalogazione dei materiali organici e inorganici del carico della nave. La riproduzione, esposta fino al maggio scorso alla mostra di Trieste "Nel mare dell'intimità", e realizzata a cura della responsabile dell'Erpac, Rita Auriemma (foto), Dario Gaddi, Carlo Beltrame, è stata progettata dal maestro d'ascia chioggiotto Gilberto Penzo ed eseguita nel cantiere nautico Casaril di Venezia. «È una ricostruzione quasi perfetta della sezione trasversale - ha detto Penzo -, l'esattezza storica è curata sin nei minimi dettagli».

 

Al via "Mare Nordest" per una nuova sensibilità ambientale
Il valore della ricerca, l'importanza di una nuova cultura sociale a tutela dell'ambiente marino. Studio e sostenibilità sono le rotte scelte quest'anno da "Mare Nordest", il progetto targato Trieste Sommersa Diving e organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste che ha aperto ieri i battenti della sua settima edizione in occasione della "Giornata Mondiale degli Oceani", vernice avvenuta nell'inedita sede della Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio. Il quadro politico - con la presenza dell'assessore comunale Serena Tonel e del neo assessore regionale Pierpaolo Roberti - il mondo delle scuole (Bruno Zvech con l'Istituto "Nautico" e alcune classi del Liceo "Preseren") e Luca Sancinio, Comandante della Stazione Marittima di Trieste, hanno caratterizzato la platea del primo dei tre giorni di lavoro previsti da "Mare Nordest", l'iniziativa interamente dedicata alla cultura del mare che negli anni ha saputo promuovere una serie di focus sulla storia, il turismo, lo sport, ma soprattutto sulle tematiche che riguardano i possibili riverberi in campo occupazionale e gli sviluppi nel campo della ricerca. Già, la ricerca. È stato il tema dominante di ieri nell'intero arco della mattinata, spunto affidato alle relazioni della biologa marina Paola Del Negro e della geofisica Silva Ceramicola, una carnica e una bolognese, entrambe ricercatrici per l'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale. Il quadro offerto dalle due studiose, attraverso un linguaggio agile quanto incisivo, illustra la condizione globale dell'inquinamento marino, un tema dettagliato alla luce delle problematiche causate dai rifiuti scaricati dall'uomo e dal proliferarsi nei fondali delle microplastiche, sostanze in grado di aumentare la tossicità nell'ambiente e di intaccare inevitabilmente anche la catena alimentare. Qualche stima. Stando alle cifre esposte da Paola Del Negro e Silvia Ceramicola, oltre il 90% dei rifiuti si annida nei fondali, il 5% si deposita sulle spiagge e solo l'1% si palesa in superficie. Ancora numeri, ancor più inquietanti, quelli che attestano che su 100 kg di pescato, 9 mediamente sono di rifiuti. Le soluzioni? Svolta culturale, educazione ambientale che non si limiti alla teoria e segua la regola delle "R", ovvero Ridurre, Riutilizzare e Riciclare. «Il mare è sempre stato il motore della ricchezza per Trieste - ha suggerito l'assessore Serena Tonel - e la presenza di numerosi istituti scientifici consente di fare massa critica nel trovare soluzioni per la sostenibilità e innovazioni». L'assessore Roberti ha posto l'accento sul progetto del Parco Navale, ritenendolo «una significativa opportunità a impatto ambientale zero, in grado di fornire sviluppi economici e turistici». Oggi "Mare Nordest" replica, con lo stage per giornalisti, aperto anche al pubblico (10.30-12.30) "Come migliorare il modo di comunicare il mare", alle 16 la presentazione del libro Palombiro di Leonardo D'Imporzano e alle 18 le premiazioni del Trofeo di fotografia subacquea "Memorial Genzo".

Francesco Cardella

 

Mediterraneo e migrazioni i temi dell'Osce
La riunione in città degli ambasciatori dell'Organizzazione. «La scelta di Trieste non è stata fatta a caso»
«La scelta di Trieste non è stata fatta a caso, volevamo mostrare che il Mediterraneo è molto più vicino di quanto voi pensiate». Ha esordito così ieri mattina, nel palazzo della Prefettura, l'ambasciatore Alessandro Azzoni, presidente del Consiglio permanente dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione, in visita a Trieste per l'annuale viaggio informale organizzato dal Paese che detiene la presidenza dell'organismo, l'Italia quest'anno, assieme a una quarantina di ambasciatori e una decina di funzionari arrivati da Vienna in bus. «Quando abbiamo pensato a dove fare un evento che riguardi Mediterraneo e migrazioni, per me è stata la prima città da indicare - ha affermato -. Ho iniziato a parlarne con due amici di vecchia data, il prefetto Annapaola Porzio e il colonnello Daniel Melis (presente anche ieri, ndr). Abbiamo avuto una fantastica accoglienza e il programma lo abbiamo stilato assieme a Comune e altre istituzioni». Mediterraneo e immigrazione dunque alla base della sessione plenaria che ha coinvolto la delegazione ieri mattina all'hotel Savoia. Temi di cui il Consiglio, che si riunisce una volta a settimana a Vienna, discute ormai da tempo, anche in questo delicato periodo della politica italiana che, Azzoni non lo nasconde, ha avuto dei riflessi sulla presidenza dell'Osce. «Siamo sempre stati in estrema sintonia con il ministero degli Esteri e stiamo già discutendo su come coinvolgere il nuovo governo. Ci sono stati alcuni momenti che non hanno facilitato l'avanzamento di alcuni dossier, che hanno un aspetto politico essenziale. L'incontro di Trieste è importante per noi per identificare gli ambiti in cui l'Osce può fare qualcosa nel Mediterraneo senza pestare i piedi alle altre organizzazioni internazionali, anche nell'ambito della gestione dei flussi e della sicurezza, non solo dei migranti». Sulla cooperazione «ci siamo confrontati su modi pratici e concreti di approfondire le relazioni con partner asiatici e mediterranei - ha specificato l'ambasciatore Luca Fratini, vice rappresentante del Consiglio permanente -. L'Osce già dispone di ottimi progetti che spesso però vengono finanziati solo da una piccola parte di Paesi e in misura modesta». A fare gli onori di casa il prefetto Porzio, che ha introdotto gli ospiti nel palazzo del governo definendo il viaggio a Trieste «una scelta illuminata». La città è in grandissima crescita e la sua collocazione la rende un ponte verso l'Est Europa». Presenti per i saluti anche il presidente del Fvg Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e Manlio Romanelli per la Camera di Commercio. E proprio Fedriga ha avanzato una proposta, condivisa anche da Dipiazza, di far diventare questo vertice «un appuntamento costante a Trieste». La delegazione poi, a bordo del Delfino Verde e assieme al primo cittadino, ha percorso la costa, ammirando il Porto vecchio e Miramare. «La nostra città - ha concluso Dipiazza - oggi ha fatto una bellissima figura».

Benedetta Moro

 

Incontri - La pesca del tonno e lo zoppolo
Domenica alle 10.30, al Museo del Mare di via Campo Marzio 5, si terrà una visita guidata gratuita con Walter Macovaz dedicata al tema della pesca in alto Adriatico. Per secoli gli abitanti della zona costiera da Barcola a Sistiana hanno esercitato il duplice mestiere di contadini e pescatori. Da apposite vedette posizionate lungo i terrazzamenti del ciglione carsico i contadini-pescatori vedevano arrivare i banchi di tonni. Dal mare di Santa Croce e di Canovella una caratteristica imbarcazione - lo zoppolo- serviva per stendere una rete per catturare il branco. Rete che poi veniva trascinata a riva e i tonni venivano pescati a mano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 giugno 2018

 

 

Parco del mare - Variante al Prg passata in aula - No del comitato - IL PROGETTO
Porto Lido come futura sede del Parco del mare: con l'approvazione della variante al Piano regolatore, da parte del Consiglio comunale nell'ultima seduta, si avvicina l'ipotesi di collocare in quel sito la struttura alla cui realizzazione sta lavorando da 14 anni il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti. Il percorso in aula, per arrivare all'approvazione della variante, di cui è stata relatrice l'assessore Luisa Polli, è stato comunque tortuoso, viste le perplessità espresse da più parti, in particolare da M5s e Pd. In ogni caso, qualsiasi costruzione si realizzerà in futuro nell'area di Porto Lido, essa non potrà superare i dieci metri di altezza. Polli ha fatto proprio infatti l'emendamento presentato dalla capogruppo Fabiana Martini e dai consiglieri Igor Svab e Valentina Repini del Pd, che va in tale direzione. Bocciato invece quello del capogruppo M5s, Paolo Menis, che prevedeva l'esclusione di Porto Lido dal testo della variante. Menis ha evidenziato che, approvando la delibera, «la pianificazione su Porto Lido, con la possibilità di costruire in quell'area il Parco del mare, di fatto è rimandata all'Autorità portuale, togliendo al Consiglio comunale la possibilità di intervenire». Roberto Cosolini (Pd) sottolinea che «con questa variante, il Parco del mare è cantierabile. Ora aspettiamo di conoscere i finanziatori privati - ha aggiunto - e comunque sulla localizzazione del Parco avevamo suggerito piuttosto il Porto vecchio, area più che valida, visto che è adeguata per ospitare il futuro Centro congressi». Polli, per precisare la situazione sotto il profilo tecnico, ha affermato che «il Piano regolatore è uno strumento generale e astratto, non prevede progetti specifici. Il Parco - ha proseguito - non è citato nel testo perché lo strumento è a disposizione di tutti». Un nuovo secco "no" alla costruzione del Parco a Porto Lido arriva intanto dal Comitato "La Lanterna" che, in un comunicato, definisce tale ipotesi «rischiosa e tutt'altro che innovativa. Scartiamo la collocazione in quel sito - continua il testo - mentre è il Porto vecchio l'unica destinazione plausibile».

(u.s.)

 

 

Centro tutto esaurito per scooter e motorini - E le multe aumentano
I parcheggi non coprono la domanda del mondo a due ruote - Fioccano soste selvagge e sanzioni. Richieste «soluzioni»
I parcheggi per scooter e motorini in città non sono sufficienti. Crescono di conseguenza le soste selvagge e la rabbia di chi li guida, mentre la caccia al posto libero si fa sempre più complessa e fioccano le multe, quasi 6 mila lo scorso anno, in aumento nei primi mesi del 2018. Da anni il problema è costante a Trieste e gli stalli aggiunti negli ultimi mesi non sono riusciti a soddisfare le esigenze del popolo delle due ruote. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i motocicli immatricolati nella provincia di Trieste sono più di 48 mila. Erano 41 mila nel 2013. Per chi si muove con lo scooter il momento più critico della giornata è al mattino. Chi si dirige in centro quotidianamente si prepara a una dura lotta, perché gli spazi a disposizione, anche nei parcheggi più grandi, si esauriscono in modo molto rapido. Già attorno alle 8 sono saturi, stesso copione dal primo pomeriggio, e per chi lascia il proprio mezzo in divieto, la brutta sorpresa arriva spesso, sotto forma di multa. Nel 2017 le contravvenzioni che hanno colpito cicli e motocicli sono state 5.791. E i primi mesi del 2018 mostrano un trend in crescita: a gennaio gli agenti della Polizia locale hanno emesso 506 multe, 413 in febbraio, 423 in marzo e 486 in aprile, per un totale di 1.703, con un +10% rispetto allo stesso periodo del 2017. «Non c'è una zona dove le multe sono state particolarmente numerose - spiega il vicesindaco Paolo Polidori, che in giunta detiene la delega alla Polizia locale - ma tutto il centro è interessato dalle sanzioni. Molto dipende dalle condizioni atmosferiche, se un mese ha più giornate all'insegna del bel tempo ci sono più veicoli in circolazione e di conseguenza aumentano anche i posti irregolari e le contravvenzioni». Tra i triestini i malumori sono diffusi da tempo, c'è chi ha deciso di recarsi al lavoro anche mezz'ora prima dell'orario di inizio, per evitare gli infiniti tour alla ricerca del posto libero, e chi si dedica a lunghe passeggiate, dopo aver lasciato il mezzo in punti più periferici, come Campo Marzio. Tra le zone traboccanti di scooter e motorini viene segnalata piazza Oberdan, sotto i portici davanti alla scuola, dove le linee disegnate sul pavimento spesso non vengono rispettate. Difficoltà anche in largo Panfili, dove i mezzi lasciati sulle curve ogni tanto non permettono alle auto di girare. E anche le realtà che raggruppano appassionati di cicli e motocicli sottolineano il problema. «Trieste è una delle città italiane con più due ruote in assoluto - ricorda Roberto Crociani, nel direttivo del Vespa Club - e questo ormai è un dato di fatto da tempo. Il centro è pieno, io lavoro in via San Lazzaro e dalle 8.30 alle 13, e dalle 15.30 in poi, è impossibile parcheggiare, sono gli orari di negozi e molti uffici. E così è lo stesso per altre vie. Ma non è facile trovare una soluzione». Considerazione simile per Franco Damiani di Vergada, presidente onorario del Moto Club Trieste. «Non possiamo pretendere troppo - dice -, bisogna pazientare perché siamo in una città con un centro storico e una conformazione che non prevede ampi parcheggi da destinare alle moto e agli scooter. Certamente la mancanza di spazi si sente, la percepiamo tutti e si resta sempre perplessi quando per andare in centro non si trova nemmeno un posto, pur girando tanto. Magari uno va al lavoro, sopporta pioggia o altri rischi con il suo mezzo ma non riesce a lasciarlo in sosta regolare, con il pericolo pure della multa. Forse una soluzione - suggerisce - sarebbe quella di sacrificare ancora qualche via ai parcheggi ma siamo tutti consapevoli che comunque non basterebbe». Anche Michele Pianigiani, membro del club che raduna gli amanti delle Lambrette, è sulla stessa linea di pensiero. «È un problema diffuso, molto evidente, se vado dopo le 8.30 in centro non trovo un posto libero, forse solo lasciando il mezzo vicino alla stazione o accanto a Eataly, ma a quel punto - spiega - se scegli un mezzo veloce per andare in città lo spostamento non diventa più agevole. Inoltre alcuni parcheggi nuovi risultano inutili e spesso vuoti, come quelli alla fine di via Marconi. E i disagi si ripercuotono anche sulle auto, perché gli scooter si infilano tra le vetture parcheggiate, dando fastidio e creando malumori tra gli automobilisti»

Micol Brusaferro

 

Un piano per 500 nuovi stalli
L'annuncio di Polli: «Ne sono stati previsti 300 in città e 200 in periferia»
«Sono 500 i nuovi posti per gli scooter che verranno inseriti, frutto di una serie di ordinanze partite già un anno fa. Certo, non serviranno a coprire il totale fabbisogno, ma saranno comunque utili a snellire un po' la situazione attuale». Così l'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli annuncia i nuovi parcheggi, 300 destinati al centro cittadino e 200 alle periferie. Tra quelli già disegnati di recente e altri che saranno realizzati a breve, sono interessate le vie Revoltella, Strada del Friuli, piazzale de Gasperi, viale Miramare in due punti, e ancora Valmaura, via Molino a Vento, via Schiapparelli, via Battisti e via Rittmeyer. Per quanto riguarda il centro in particolare due gli spazi anticipati dall'assessore. «Inseriremo alcuni parcheggi vicino la chiesa serbo ortodossa, dove c'è un'area libera, che può prestarsi a questa esigenza, in una zona dove c'è grande fame di posti, dove la richiesta è altissima. E poi sono previsti da 40 a 60 stalli nuovi sulla bretella che collega largo Santos alle Rive, accanto all'area del Molo IV, ma a ridosso degli edifici, dove adesso si trova una lunga fila di panettoni di cemento. Serviranno sicuramente a rendere meno caotico il parcheggio, sempre pieno, davanti al Miela». E proprio quel sito, di proprietà del Comune di Trieste, viene segnalato nelle ultime settimane dai centauri per la confusione di mezzi, che talvolta restano anche bloccati, vista la mancanza di linee disegnate a terra che disciplinano la sosta. «Volutamente non sono state fatte - spiega Polli - per consentire un utilizzo completo della superficie, creare stalli precisi avrebbe comportato una capienza minore. Certo, ci si appella sempre al buon senso di chi parcheggia, per evitare che si formino ingorghi». E se quel tratto è preso d'assalto ogni giorno da tanti mezzi, non è così per lo spazio davanti al Silos, distante solo un centinaio di metri, dove i posti liberi sono sempre parecchi, ma che risulta scomodo o troppo lontano per chi si deve dirigere nel centro cittadino. «Proseguiremo comunque con la creazione di nuovi spazi, altri saranno creati ancora a Barcola, si fa il possibile, consapevoli però che il numero di scooter presenti a Trieste sarà sempre di gran lunga superiore alla capienza».

(mi. b.)

 

Ore 8: il posto è un miraggio - Giri a vuoto per mezz'ora
Alle 7.30 parte la ricerca di un "buco" dove riuscire a sistemare il veicolo - Ma la caccia di chi si reca al lavoro di mattina presto porta in fretta al pienone
Alle 7.30 del mattino trovare un posto libero per lo scooter è già un'impresa ardua, che diventa quasi impossibile tra le 8 e le 8.30. Chi lavora in centro lo sa e ormai è rassegnato all'idea di compiere innumerevoli giri prima di trovare uno spazio libero. Sempre che il posto poi lo si trovi. Altrimenti si opta per il parcheggio irregolare, sperando non arrivi la tanto temuta multa. Sono le 7.30, molti uffici stanno per aprire, tra poco anche negozi e altre attività. La ricerca spesso inizia dalle vie attorno a piazza dell'Unità d'Italia. Tra via Diaz e via dell'Orologio i pochi stalli a disposizione hanno appena accolto uno sciame di scooteristi, con il risultato che la zona è ormai off-limits. Dietro al Municipio tutto esaurito, fin dall'inizio di via del Teatro Romano, meglio invece non sostare in largo Granatieri nelle ore in cui il parcheggio non è libero: anche per i motocicli qui è richiesto infatti il permesso, che va esibito sempre, pena la sanzione. Ci si sposta più avanti, sempre sulla stessa strada ed ecco ancora file e file di scooter già posizionati, fino all'incrocio con corso Italia, dove una linea con pochi stalli si amplia ogni giorno, accogliendo parecchi mezzi anche fuori dalle righe e quindi a rischio sanzione. Una soluzione possibile potrebbe rivelarsi piazza Benco, a metà del corso, ma anche qui un posto libero resta un miraggio, mentre dalla parte opposta, su via Santa Caterina, qualche centauro esasperato probabilmente dalla ricerca vana, ha lasciato la sua due ruote sulle strisce pedonali. Si prova a tornare verso il centro, tappa in via San Lazzaro, che raccoglie un altro grande bacino di spazi per scooter. Niente da fare. Tutto pieno, pienissimo, e a chiudere i ciclomotori parcheggiati ci sono pure alcune auto, ferme come spesso accade all'inizio dell'area pedonale per caricare o scaricare prodotti destinati agli esercizi commerciali della zona. Proseguendo nelle strade vicine, su via Valdirivo e via Milano, la colonna di mezzi a bordo carreggiata, regolarmente piazzati, è infinita. Qualcuno, addirittura lascia lo scooter in seconda fila. Il prossimo tentativo sarà sul tratto finale di via Genova, dove gli stalli sono tanti, decine e decine. Ma già imboccando la strada da piazza Ponterosso si intuisce che anche questa volta l'avventura non sarà destinata a una conclusione positiva. Scooter sono parcheggiati in divieto sull'area di carico e scarico, sulle strisce e accanto ai tavolini del bar. La conferma arriva pochi metri più avanti: non c'è più uno spazio libero. Sono le 8 e si va verso piazza Tommaseo, dietro il palazzo della Camera di commercio, chissà che forse qui non ci sia ancora uno spazietto da riempire. Utopia. Non solo i motorini sono già tantissimi, ma pure in questo caso "sforano" sulle strisce pedonali vicine e in un caso un mezzo ha anche occupato lo spazio destinato alle biciclette. Si ricomincia da capo, su per corso Italia, con uno sguardo più attento girando su via Imbriani, dove gli stalli negli ultimi anni sono aumentati, anche se non sono ancora sufficienti evidentemente per soddisfare le richieste. Un altro giro attorno alle vie del Borgo Teresiano risulta inutile, anche nelle stradine più defilate non si trova un buco. L'unica soluzione, quando ormai sono passate le 8, è l'area davanti al teatro Miela, anche se ormai la giungla di mezzi è già super affollata. Con un po' di fortuna, infilando a fatica il motorino tra altri due, stando attenti a non bloccare le vie di fuga e a non rimanere incastrati, l'agognato parcheggio è stato raggiunto.

(mi.b.)

 

Traffico selvaggio davanti alla Svevo - Genitori in allarme
Viavai di camion, auto veloci, verde per i pedoni troppo breve e soste in doppia fila o sui marciapiedi: raccolte 400 firme
C'è grande preoccupazione nelle famiglie dei ragazzi che frequentano l'istituto scolastico di via Svevo. Siamo infatti davanti a una delle arterie più trafficate della città, dove nel recente passato si sono verificati diversi incidenti, non ultimo quello di circa un paio di mesi fa, quando un anziano è stato travolto da un'auto mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. Compiendo un sopralluogo sul posto, ci si rende subito conto dei pericoli, tra l'intenso traffico mattutino dei camion, le auto che arrivano dalla curva in prossimità dell'incrocio con via D'Alviano e proseguono a gran velocità sul rettilineo, il semaforo di fronte alla scuola stessa il cui verde per i pedoni dura molto poco e rende difficoltoso l'attraversamento di un'intera classe, nonché la mancanza di un'adeguata segnaletica che metta in guardia chi guida che da quelle parti ci possono essere degli studenti che passano. A tutto questo aggiungeteci pure un gran numero di auto in doppia fila o sui marciapiedi, perfino sui posti riservati ai disabili davanti all'ingresso principale dell'istituto, che riducono ulteriormente gli spazi percorribili in sicurezza dai giovani. Ragioni che destano insomma apprensione quotidiana nelle famiglie, le quali hanno così raccolto quasi 400 firme per chiedere più sicurezza stradale al Comune. La petizione è stata portata all'attenzione del Consiglio d'istituto dal suo presidente, Pierpaolo Gregori, è stata presentata in allegato a una mozione al Consiglio della Settima circoscrizione (Servola - Chiarbola - Valmaura - Borgo San Sergio), venendo approvata all'unanimità, ed è quindi stata trasmessa direttamente all'assessorato competente. «Non serve curare o consolare, ma bisogna prevenire», è la filosofia di Barbara Bernardo, la madre che ha avviato la raccolta delle firme nelle scuole assieme a Fabio Fannelli, anche lui papà di un alunno della scuola e organizzatore dei tornei di calcio della polizia in memoria di Giulia Buttazzoni, la studentessa del Deledda - Fabiani morta in seguito all'incidente stradale di un anno e mezzo fa in via Marchesetti. Come spiega la dirigente scolastica Marina Reppini, la soluzione provvisoria che è stata adottata per ridurre i rischi è quella di far accedere la mattina gli studenti dal parcheggio al cortile interno, così da evitare che aspettino sul lato della strada. Ma la scuola rappresenta un punto d'aggregazione per l'intero quartiere, poiché in essa si svolgono corsi di musica e sportivi aperti alla cittadinanza, ed è quindi frequentata, più o meno, fino alle 22. Tatiana Efimova, mamma di un altro studente della Svevo, è stata suo malgrado testimone di ben tre incidenti verificatisi allo stesso attraversamento pedonale, quello non regolato da semafori verso via Baiamonti, tra i quali proprio quello che ha coinvolto l'anziano di cui si diceva. «Pochi giorni fa - racconta Tatiana - ho deciso di accompagnare i bambini assieme alle altre mamme, perché avevamo paura ad andare da sole, e, mentre attraversavo la strada, un bus ha beccato una moto». Almeno in quell'occasione, non ci sono stati feriti gravi. Renato Sirotich è il volontario che, durante l'ingresso e l'uscita degli studenti, presidia proprio l'attraversamento "maledetto". «Non rispettano assolutamente le regole della strada», afferma. Spesso, aggiunge, gli automobilisti non si fermano nemmeno davanti alla sua paletta: «Pietà zero», assicura.

Simone Modugno

 

Torna la protesta anti-Tir a Sistiana
I residenti lamentano il comportamento dei "bisonti della strada" in centro
DUINO AURISINA Arriva la bella stagione e, puntualmente, torna a farsi sentire la protesta dei residenti di San Giovanni di Duino e di Sistiana nei confronti degli autisti dei Tir che continuano a manifestare totale disinteresse per la segnaletica stradale della zona. In questi giorni in cui il traffico aumenta, per la crescente presenza di turisti, appare ancor più pericolosa la condotta di chi, al volante dei cosiddetti "bisonti della strada", non esita, uscendo per esempio dalla strada che dal vallone di Gorizia si immette sulla "14", a poche decine di metri dall'abitato di San Giovanni di Duino, a effettuare una sorta di inversione di marcia per dirigersi verso Sistiana. Centro quest'ultimo che, nella bella stagione, vede la presenza di molti pedoni. La regola impedirebbe ai Tir, ma in generale a tutti i mezzi pesanti, di attraversare l'abitato di Sistiana, ma sembra che a questa piaga, nonostante le ripetute lamentele dei residenti e dei pubblici esercenti di negozi, ristoranti e pubblici esercizi del luogo, non si riesca a porre rimedio. Alcuni hanno scattato foto piuttosto esplicite di camion che superano la linea bianca continua in mezzo alla strada, che invadono la corsia opposta, che non rispettano la segnaletica peraltro molto chiara della zona, ma invano. «Del problema abbiamo interessato tutte le autorità competenti - dice il sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta - a cominciare dal Prefetto di Trieste, Annapaola Porzio. Speriamo di poter dare presto risposte esaustive».

(u. s.)

 

 

BULGARIA - Ok al piano per la centrale nucleare - Semaforo verde al rilancio della costruzione dell'impianto di Belene, sul Danubio
SOFIA - Semaforo verde per rilanciare la costruzione della seconda centrale nucleare bulgara di Belene, sul Danubio. Il parlamento di Sofia ha dato ufficialmente mandato all'esecutivo, e in particolare al ministro dell'Energia Temenuzhka Petkova, componente del terzo governo Borisov, per riprendere il progetto e realizzarlo in collaborazione con un investitore strategico basandosi sulle leggi di mercato e senza una garanzia governativa. La risoluzione chiede all'esecutivo di organizzare, coordinare e supervisionare i negoziati con potenziali investitori e definire una procedura per la selezione di un investitore strategico entro il 31 ottobre prossimo. Il controverso progetto bulgaro-sovietico della centrale nucleare di Belene ha una lunga storia. I lavori per la sua costruzione iniziarono negli anni Ottanta, in epoca comunista, ma dopo la caduta del regime il progetto fu congelato. Fu rispolverato nei primi anni del Duemila e nel 2006 Sofia siglò un contratto con la compagnia russa Atomstroiexport per la costruzione di due reattori da mille megawatt ciascuno. Nel 2012 però il primo governo di Boyko Borisov annullò il contratto. In seguito, nel 2016 una sentenza della Corte d'arbitrato internazionale di Ginevra impose alla Compagnia elettrica nazionale bulgara (Nek) il pagamento di un risarcimento alla Atomstroiexport pari a circa 620 milioni di euro per i due reattori già fabbricati. Nei giorni scorsi la Rossatom russa ha dimostrato interesse per realizzare il progetto. Un altro candidato sarebbe la China national nuclear corporation (Cnnc). Proprio la centrale di Belene è stata uno dei temi al centro del colloquio che il premier Borisov ha avuto pochi giorni fa a Mosca con il presidente russo Vladmir Putin. In quella occasione Borisov ha infatti annunciato che «un secondo braccio di Turkish Stream», il gasdotto che è andato a sostituire South Stream - ma con sbocco primario in Turchia e non sul suolo europeo - «raggiungerà la Bulgaria», passando sotto il Mar Nero come avrebbe dovuto fare proprio South Stream. E su un altro versante appunto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov ha confermato l'intenzione da parte delle due capitali di lavorare insieme anche sul progetto della centrale di Belene.

 

 

Eventi - Apre i battenti "Mare Nordest"
Apre "Mare Nordest": la manifestazione si terrà da oggi a domenica alla Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, con ingresso libero. Il programma: alle 10.30, apertura della manifestazione; alle 10.45, incontro su "Le macroplastiche... Un viaggio nelle isole di plastica" con proiezione del filmato "Le Meraviglie del mare" di Jean-Michel Cousteau e Jean-Jacques Mantello; alle 11.15, "Le scovazze in fondo al mar... alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la spazzatura è arrivata prima di noi" a cura di Silvia Ceramicola; e alle 12.15, "Il plancton di plastica" a cura di Paola Del Negro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 giugno 2018

 

 

Pioggia di ricorsi al Tar per annullare l'accordo sulle aree inquinate
Diciassette aziende tra cui Colombin e Facau immobiliare fanno causa al Comune per le bonifiche nei terreni ex Ezit
La bonifica in zona Ezit è un fantasma che ancora si agita irrequieto tra le strade e i capannoni della periferia meridionale triestina. Capace anche di arrivare nell'aula del Tribunale amministrativo in piazza Unità. Ecco l'incipit. Correva il 25 maggio 2012 quando apposero il loro autografo il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, l'assessore regionale alle Finanze Sandra Savino, il presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il presidente dell'Autorità portuale Marina Monassi, il presidente dell'Ezit Dario Bruni. Firme trasversali. Sembra trascorso un secolo, ma sono solo sei anni: da allora tutte quelle cariche sono cambiate e un paio di enti sono stati soppressi. Si trattava dell'accordo di programma intitolato "Interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito di interesse nazionale di Trieste". Pareva poter sbloccare una questione che durava da una decina di anni e che di fatto aveva incartato l'area produttiva del territorio. Nonostante l'ampio fronte dei firmatari, a qualche diretto coinvolto il contenuto dei 18 articoli, nei quali si articolava il documento, non piacque, tanto che presentò ricorso al Tar Fvg. Nella convinzione che «l'accordo di programma e il Piano di caratterizzazione, che ne costituisce il presupposto, conterrebbero varie previsioni viziate ed illegittime, e gli stessi potrebbero arrecare pregiudizio agli interessi delle aziende ricorrenti». Nell'aprile 2014, un paio d'anni dopo la sottoscrizione dell'atto, furono Facau Immobiliare srl, 3D Immobiliare srl, Colombin & figlio srl a chiedere così l'annullamento dell'accordo. Quattro anni più tardi - siamo nel maggio 2018 - la giunta del Comune triestino, con una raffica di tre delibere portate dall'assessore Maurizio Bucci, ha deciso di costituirsi in giudizio a tutela di quella firma che venne apposta da Roberto Cosolini. Se ne occuperà l'avvocatura comunale. L'amministrazione non ha cambiato idea per tre ragioni che le tre delibere naturalmente reiterano. Perchè «la normativa nazionale, lungi dal contraddire i principi comunitari, rende pienamente legittima la scelta di considerare i proprietari delle aree, in assenza dell'individuazione del responsabile della contaminazione, come coinvolti nelle procedure della messa in sicurezza e bonifica». Perchè i ricorrenti «hanno presentato solo supposizioni in merito a future potenziali richieste di danno ambientale, non suffragate da atti formali». Perchè «l'Accordo di programma impugnato contiene le necessarie differenziazioni tra le aree inquinate da soggetti pubblici e non, anche ai fini della quantificazione economica dei costi necessari per gli interventi». L'Accordo suddivideva gli interventi in tre ripartizioni: "piccoli operatori", "grandi operatori", "area a mare". Per la copertura finanziaria del programma il governo mise a disposizione 13,4 milioni, di cui quasi 11 assegnati alla Regione

Massimo Greco

 

 

No ai camion fuori dalla A4 in caso di incidenti
Pizzimenti: solo le auto potranno riversarsi sulle statali se l'autostrada sarà chiusa
UDINE - Tre interventi, interconnessi tra loro, per provare a risolvere, o almeno limitare al massimo i problemi legati al traffico lungo l'A4 - che si muove in parallelo coi lavori della terza corsia - e, soprattutto, al congestionamento delle arterie secondarie quando l'autostrada è chiusa per incidenti. È quanto emerso ieri al termine dell'incontro organizzato dall'assessore alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti, col prefetto di Udine Vittorio Zappalorto e i sindaci di San Giorgio di Nogaro, Roberto Mattiussi, e di Latisana, come presidente dell'Uti Riviera Bassa Friulana, Daniele Galizio. Appuntamento, che segue a quelli coi vertici di Autovie Venete, Fvg Strade e forze dell'ordine, voluto per accelerare nella definizione del piano emergenziale che Pizzimenti mira a predisporre nei dettagli nel minor tempo possibile. La prima novità riguarda i camion che non potranno più lasciare l'autostrada, nemmeno in caso di chiusura della stessa, per riversarsi sulle statali. «La sperimentazione provata nei giorni scorsi - conferma l'assessore - è andata a buon fine e abbiamo deciso di confermare questa impostazione per i mesi a venire. Il transito esterno all'A4 verrà consentito, eventualmente, solo alle auto; i camion, pure nel caso di chiusura per incidente dell'autostrada, non potranno più essere "scaricati" sulla viabilità ordinaria, ma resteranno incolonnati fino a riapertura della circolazione». Un altro punto che è sempre stato a cuore all'assessore porta alla presenza di più personale sulle strade statali. Anche qui la Regione è pronta a intervenire con uno stanziamento specifico - ufficialmente grazie a un'iniziativa del commissario straordinario per la Terza Corsia, cioè il governatore Fedriga - nei prossimi giorni. «Parliamo - spiega Pizzimenti - di una cifra tra i 180 mila e i 200 mila euro. Denaro che servirà a impiegare personale esterno a Autovie e che verrà usato negli snodi principali della viabilità ordinaria. Col "verde" a un semaforo, se analizziamo la situazione delle arterie principali, riusciamo oggi a consentire il transito di appena una manciata di camion. Poter avere qualcuno che coordina le operazioni "live", secondo il traffico in arrivo dalle diverse direttrici, ci consentirà di snellire, non poco, i transiti». Confermata infine la richiesta alla polstrada di mantenere attivi sulle 24 ore gli autovelox presenti sul tratto di A4 di competenza di Autovie e, possibilmente, aumentarne il numero. Sono una quindicina, collocati lungo il cantiere della terza corsia, tra Palmanova e Portogruaro, ma potrebbero diventare molti di più. Intanto l'assessore ha chiesto a Autovie di potenziare la comunicazione sulla presenza dei dispositivi autovelox tramite i pannelli in entrata e uscita, le radio, i social, le App dedicate alla viabilità locale. E se non sarà possibile intervenire a livello di ticket (i costi delle tratte sono stabiliti dal Cipe e non modificabili) gli amministratori locali potrebbero ricevere qualche buona notizia dall'assestamento di bilancio estivo. Il capogruppo di FI Piero Mauro Zanin intende avere dalla giunta Fedriga il via libera alla concessione di una sorta d'indennizzo economico per le municipalità più in sofferenza, per coprire le spese di manutenzione del manto stradale di competenza comunale e intervenire a livello di segnaletica.

(m.p.)

 

Nuove "zebre" luminose per la sicurezza dei pedoni
Le strisce di via campi Elisi e largo Irneri saranno dotate di luci lampeggianti - Una decina di semafori diventeranno a misura di non vedenti con dispositivi ad hoc
Tre attraversamenti pedonali luminosi e una serie di dispositivi per non vedenti sui semafori, per una spesa complessiva pari a 56 mila euro: l'amministrazione comunale ha approvato una proposta di delibera dell'assessore all'urbanistica Luisa Polli. Gli attraversamenti pedonali luminosi saranno realizzati in via Campi Elisi (all'intersezione con via De Coletti e con via del Lloyd) e in largo Irneri. Lunga la lista dell'installazione di dispositivi per non vedenti sugli impianti semaforici esistenti: le zone interessate sono quelle di piazza Dalmazia (altezza via Fabio Severo), via Ghega (all'altezza di via Roma), corso Saba (lato piazza Goldoni), passo Goldoni (lato piazza Goldoni), stazione Ferroviaria (viale Miramare sia lato taxi che lato monte), via dell'Istria (all'altezza di piazzale Valmaura), via Battisti (via Rismondo), via Giulia (via Rismondo e via Rossetti), corso Cavour (all'intersezione con via Valdirivo e dal lato mare).«Gli interventi in questione - fa sapere l'assessore Polli - rientrano nel programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e vanno a completare un precedente intervento che ha visto la realizzazione di tre attraversamenti pedonali semaforizzati, ubicati rispettivamente in via Canalpiccolo, Via Roma e via San Spiridione». La spesa complessiva dell'intervento ammonta esattamente a 56.726,60 euro. Il progetto è stato elaborato e verrà realizzato da Hera Luce (società controllata da AcegasApsAmga) nell'ambito del contratto di servizio per la gestione del sistema semaforico cittadino che risale ancora al 1999.«La definizione degli interventi - spiega l'assessore - è stata effettuata dagli uffici del servizio Pianificazione territoriale, valorizzazione del Porto vecchio, mobilità e traffico sulla base di specifici indirizzi che ho impartito, tenuto conto delle attuali criticità rilevate sul territorio, con lo scopo generale di migliorare l'attuale livello di sicurezza stradale dei pedoni. In particolare, la realizzazione dei tre attraversamenti pedonali luminosi ha il fine di migliorare sensibilmente le condizioni di visibilità degli attraversamenti esistenti, creando per i conducenti dei punti localizzati di attenzione nei confronti dei pedoni in transito in carreggiata». Le strisce pedonali esistenti saranno dotate di corpi illuminanti dedicati e corredati di segnali stradali di localizzazione dell'attraversamento pedonale dotati di luci lampeggianti. Per quanto riguarda l'installazione dei dispositivi per non vedenti sugli impianti semaforici esistenti, è stata eseguita una verifica delle esigenze sul territorio e grazie alla collaborazione con l'Unione italiana ciechi e stato possibile definire una localizzazione condivisa dei dispositivi, finalizzata a garantire un miglioramento dell'accessibilità degli spazi stradali per i portatori di disabilità visiva. È previsto l'avvio immediato dei lavori, che si concluderanno presumibilmente entro il mese di giugno. Ma non basta. All'attenzione dell'assessore Polli ci sono gli attraversamenti pedonali di via XXX Ottobre, all'intersezione con via Milano e via Valdirivo, che rientrano nel progetto di pedonalizzazione dell'area. È allo studio anche l'istallazione di un semaforo da collocare all'incrocio pericoloso tra via Campi Elisi e via San Marco/von Bruck. Tra le segnalazioni, è arrivata anche la richiesta di spostamento dell'attraversamento pedonale di via Venezian, all'angolo con via di Cavana, per motivi di visibilità. Idem per le zebre poste in via Stuparich all'uscita del Pronto soccorso dell'ospedale Maggiore. Su questi l'assessore ha promesso un ulteriore studio.

Fabio Dorigo

 

La corsa in taxi? Ora si paga con il cellulare
Al via il nuovo servizio digitale. Basterà inquadrare con lo smartphone il "QR code" e digitare la cifra
Sulle 226 vetture della cooperativa Radio Taxi Trieste ora è possibile pagare la corsa anche attraverso il cellulare. Basta scaricare l'applicazione Tinaba, la più diffusa per trasferire, condividere e aggregare il denaro senza costi di commissione. A bordo dei taxi sarà presente una targhetta con "QR Code" per effettuare il pagamento della corsa con un semplice e veloce gesto sul proprio smartphone. Basterà inquadrare il QR Code e inserire la cifra dovuta al tassista: il pagamento sarà eseguito all'istante, e l'autista riceverà in tempo reale la conferma dell'avvenuto pagamento da parte del passeggero, il tutto senza costi per entrambi. Il nuovo sistema è possibile grazie ad un accordo siglato tra Uri- Unione dei Radio Taxi d'Italia, e Tinaba, il sistema più diffuso per pagare le corse con lo smartphone, facendo entrare i taxi nell'era del mobile payment. Il servizio è già attivo a Roma, Milano, Bologna, Brescia e Firenze. La possibilità di pagare la corsa in taxi con Tinaba offre agli utenti numerose possibilità. Con la funzione "Conto condiviso", ad esempio, si potrà dividere la spesa del viaggio direttamente con la app, oppure si potrà pagare la corsa "a distanza", ad esempio tra genitori e figli. Il tutto istantaneamente e senza costi di commissione. «Questo nuovo sistema di pagamento, - spiega Davide Secoli, presidente della cooperativa Radio Taxi - così come l'applicazione "itTaxi" che consente di prenotare una corsa senza bisogno di passare per il nostro centralino, sono certamente metodi rivolti chi ha più dimestichezza con la tecnologia, ma consentono ai nostri operatori al centralino di dedicare più tempo ai clienti che usano il sistema tradizionale attraverso lo 040.307730». I sistemi tradizionali di chiamata e di pagamento non hanno subito e non subiranno alcun cambiamento. L'applicazione "itTaxi" è stata introdotta a Trieste da RadioTaxi lo scorso ottobre e di mese in mese sta raccogliendo nuovi fruitori. Con questo nuovo sistema di pagamento i taxi triestini raggiungono un elevato livello tecnologico, entrando così nel network di 69 città italiane che dispongono di un servizio taxi al passo con l'era digitale e vicino alle esigenze di chi utilizza questi strumenti. «La cooperativa - spiega Secoli - ha da poco dotato i suoi mezzi di dispositivi capaci di gestire con più velocità e precisione le nuove applicazioni. Adeguarsi alle nuove tecnologie era un obbligo e siamo fieri di aver fatto questo importante passo avanti».

(l.t.)

 

 

Scontro aperto sulla Tav - Fra Piemonte e ministero sfida a colpi di frecciatine
Chiamparino a favore dell'opera: «Per bloccare devono passare sul mio corpo» - La replica: «Tranquillo, su quella linea potrebbe non esserci mai un treno...»
TORINO - Sergio Chiamparino, il presidente del Piemonte, è solito risolvere le questioni spinose con quelle sue battute, a metà tra il serio e l'ironico, vedi l'uscita di due giorni fa in Consiglio regionale: «Prima di bloccare la Tav devono passare sul mio corpo». Bene, sembra aver trovato nel neo ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli un degno sparring partner. Nella sua prima visita ufficiale da ministro, a Torino per l'inaugurazione del Salone dell'auto, Toninelli ha replicato con una battuta altrettanto sferzante: «Gli direi di stare tranquillo: potrebbe non esserci mai, su quella linea, un treno che passa sul suo corpo». Eppure, dietro le schermaglie, è in atto una tensione sotterranea non indifferente. Seppur con toni molto più istituzionali di quelli utilizzati da Luigi Di Maio a Ivrea il 19 maggio scorso - «non si farà, convinceremo la Francia che è un'opera inutile» -, Toninelli ha confermato che la Torino-Lione da opera blindata, in fase di realizzazione e già in parte finanziata, è tornata in discussione. «Nel contratto di governo è indicata la rivalutazione di questo progetto», spiega. «Il mio obiettivo è analizzare costi e benefici di tutte le opere. Se necessarie dovranno essere finite, soprattutto quelle già iniziate. Altrimenti, dovremo valutare come agire sempre nell'interesse dei cittadini». Parole che a Torino allarmano non poco chi pensa che l'alta velocità ferroviaria possa essere un volano per lo sviluppo del territorio e assiste con terrore a quel che sta avvenendo: la Lega blinda le opere pubbliche in cantiere nelle regioni in cui è al governo, a cominciare da Lombardia e Veneto, mentre i 5 Stelle, che guidano Torino, mettono in discussione le infrastrutture piemontesi, Tav e Terzo Valico». Logico che Chiamparino alzi la voce, sapendo di contare sul sostegno oltre che del Pd, anche di Forza Italia, Fratelli d'Italia e della Lega a livello locale, più tutte le categorie produttive: «La Tav è un'opera fondamentale per aprire un passaggio a Nord Ovest, decisiva per trasformarlo in una nuova piattaforma logistica. Senza contare che sono già stati compiuti tutti gli atti necessari per fare partire i lavori. Un conto è la campagna elettorale, un conto è governare». Prossimo round a Roma, quando ministro e governatore si vedranno per entrare nel dettaglio. A quel punto, messe da parte le battute, si farà sul serio.

Andrea Rossi

 

L'intervista al ministro - Toninelli: «C'è l'ambiente e non soltanto i soldi»
ROMA - I cantieri aperti per le grandi opere non hanno mai fatto impazzire i Cinque stelle. E adesso che al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti siede un pentastellato purissimo come Danilo Toninelli, la Tav, il gasdotto Tap, la Pedemontana, tremano davvero. Toninelli, cosa si aspetta di trovare dalle ispezioni che farà delle grandi opere in costruzione? «Vanno valutate una per una secondo il parametro costi-benefici, nell'ottica della loro piena sostenibilità. E mi riferisco a criteri ambientali, sociali ed economici. Il Paese va modernizzato, ma in modo razionale, per dire addio agli sprechi e agli scandali degli ultimi anni». Luigi Di Maio sostiene che la Tav «è inutile» e lei stesso, nella sua prima uscita pubblica, ha detto a Chiamparino che forse «non passerà mai un treno su quella linea». Ritiene vada bloccata? «Quella rivolta a Chiamparino, che è notoriamente uomo di spirito, era una battuta in risposta a una delle sue. Come scritto sul contratto di governo, la Torino-Lione sarà fatta oggetto di valutazione circa la sua sostenibilità». L'Unione europea, però, ha avvertito che in caso di blocco della Tav l'Italia dovrà restituire i 2,4 miliardi di euro che Bruxelles ha già investito. E poi ci sono in ballo appalti per 5,5 miliardi nei prossimi mesi. È un azzardo sostenibile per le casse dello Stato? «Dobbiamo capire se il gioco vale la candela e se i soldi già impegnati giustificano una spesa futura molto più grande. Ci sono anche parametri ambientali e sociali da tenere in considerazione accanto a quelli economici. In ogni caso, ci atterremo alle procedure dettate dall'accordo con la Francia». Sul suo tavolo ci sarà anche il gasdotto Tap, in Puglia. La ministra per il Sud, Barbara Lezzi, si opporrà alla costruzione e porterà il fascicolo al comitato di conciliazione. Lei come si schiererà? «Condivido la sua posizione. La ministra Lezzi pensa giustamente di attenersi alla procedura che abbiamo stabilito tra alleati di governo di fronte a temi sui quali serve un approfondimento». I leghisti, però, sono tendenzialmente favorevoli alle grandi opere. Teme si possano aprire delle crepe nell'alleanza? «Troveremo un punto di caduta. Abbiamo interlocutori ragionevoli». C'è sintonia, invece, su Alitalia. Si insisterà su una partecipazione statale nella compagnia aerea? «C'è già di fatto un intervento pubblico in atto con il commissariamento e il prestito ponte. Bisogna evitare a tutti i costi che si venda a pezzi una compagnia che può e deve essere rilanciata su basi di mercato». Cosa mette al primo posto nella sua agenda? «Di certo non mancano i dossier urgenti. Oltre alle grandi opere bisogna dare un impulso agli investimenti su più fronti, dalla mobilità privata sostenibile alla «cura del ferro». Ci sono anche temi meno citati, ma che hanno grande impatto sociale: mi riferisco all'edilizia residenziale alle politiche abitative». Nel passaggio di consegne con l'ex ministro Graziano Delrio lei ha detto che lavorerà «in continuità con quanto di buono è stato fatto». A cosa si riferisce? «Ci sono stati sforzi sulla programmazione a lungo termine e sull'obiettivo di una buona project review. Ma non basta». Dove invertirà la rotta? «Il Codice degli appalti ha bisogno di correzioni per contemperare l'esigenza di snellimento con quella di difesa della legalità. C'è da rafforzare ulteriormente la capacità progettuale di Anas. E oggi il deficit sulla logistica rappresenta per le imprese una tassa occulta da circa dieci miliardi». Sul Mit oggi sventola la bandiera del Movimento. I super-stipendi dei dirigenti saranno tagliati? «Chi lavora bene va valorizzato, ma eviteremo certamente gli sperperi. Sto studiando la mappatura dell'organigramma del ministero e finora ho trovato preziose professionalità».

Federico Capurso

 

 

San Marco - Viaggio-inchiesta sui torrenti
Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste invita soci e simpatizzanti a partecipare alla presentazione del libro "Radici liquide. Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini", con l'autrice, Elisa Cozzarini (nella foto), giornalista e scrittrice, e Dario Gasparo, biologo esperto di ambiente: appuntamento questo pomeriggio alle 18, al Caffè San Marco in via Battisti 18. Sono rari i corsi d'acqua ancora naturali sulle Alpi. Salendo ad alta quota, vicino alle sorgenti, ai nevai, ai ghiacciai superstiti, sotto ai dirupi, si scopre che l'acqua non scorre più libera. Viene portata via, immessa nei tubi e utilizzata per fare energia. Questo libro è una vera e propria inchiesta su quello che è lo sfruttamento idroelettrico degli ultimi torrenti alpini e, allo stesso tempo, è il racconto di un lungo viaggio tra valli sconosciute e a affascinanti. L'ingresso alla presentazione del libro è libero e aperto a tutti gli interessati.

 

Prende il largo Mare Nordest alla Centrale Idrodinamica la salute delle nostre acque
Gli spunti della ricerca, gli effetti del turismo e i canali della divulgazione marittima. Sono i temi che dominano il percorso di Mare Nordest, la manifestazione dedicata ai vari versanti della cultura del mare, progetto ideato da Roberto Bolelli, Sandro Damico ed Edoardo Nattelli, curato dell'Associazione Sommersa Diving e organizzato in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste, quest'anno in programma da domani a domenica alla Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio (ingresso libero). Edizione numero sette, corredata come sempre da incontri, seminari e vetrine sugli aspetti più disparati che colorano il pianeta mare e suoi riverberi in campo scientifico, occupazionale e soprattutto ambientalista. Il focus sullo stato di salute degli ambienti marini resta anche quest'anno la prerogativa principe della manifestazione, l'aspetto su cui buona parte dei relatori in cartellone saranno chiamati a relazionare nell'arco della tre - giorni nella inedita sede del Porto Vecchio: «Siamo giunti alla settima edizione di un progetto oramai ben esteso in campo regionale e non solo - ha sottolineato Roberto Bolelli, uno degli ideatori della manifestazione -, intendiamo riportare alla ribalta anche la valenza del progetto del Parco Navale, sui cui ci battiamo da anni, ma nel contempo puntiamo alla divulgazione di una forma di educazione ambientale da vivere in maniera tangibile, concreta - ha aggiunto - ribadendo cioè non solo i dati allarmanti che riguardano il degrado marino ma lavorando sul campo, con una operazione ancor più strutturata di pulizia dei fondali». L'aspetto "sostenibile" in primo piano quindi, spunto da coniugare al coinvolgimento delle scuole cittadine, a un seminario a crediti per la formazione giornalistica, alle esibizioni delle unità cinofile di salvataggio e alla passerella finale del Trofeo Internazionale di fotografia subacquea "Città di Trieste - Memorial M. Genzo" (www. marenordest. it info@marenordest. it).

Francesco Cardella

 

Viaggio tra le isole di plastica e le Fiji di Cousteau
Sabato gara di fotografia subacquea e si chiude con la pulizia dei fondali davanti Piazza dell'Unità
Filmati, dibattiti e soprattutto riflettori puntati sin dall'inizio sui temi della sostenibilità e dell'inquinamento marino. Mare Nordest aprirà ufficialmente i battenti dalle 10. 30 di domani, con gli interventi istituzionali di rito previsti nella sede della Centrale Idrodinamica, il nuovo teatro scelto per la tre giorni della settima edizione. Alle 11 in programma la conferenza "Le macroplastiche... un viaggio nelle isole di plastica", incontro abbinato alla proiezione del filmato dal titolo "Le meraviglie del mare", firmato da Jean Michel Cousteau e Jean Jacques Mantello, documentario girato tra le isole Fiji e le Bahamas, opera elaborata non solo tra le bellezze dei circuiti turistici ma soprattutto alla ricerca degli angoli remoti, semisconosciuti quanto soggetti ai pericoli del degrado e dell'inquinamento. Il filmato rappresenta uno dei modelli didattici adottato dal Circuito Cinema Scuole, con cui Trieste ora può affiancarsi in un ciclo divulgativo già supportato da Roma, Ancona, Livorno, Mestre e Genova. Una curiosità, la voce narrante del documentario è di Arnold Schwarzenegger. A seguire, ancora una analisi delle problematiche ambientali del mare, con "Le scovazze in fondo al mar... alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la spazzatura è arrivata prima di noi", incontro curato da Silva Ceramicola, ricercatrice dell'Ogs, l'istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale. Il programma della prima giornata contempla alle 12.15 l'incontro "Il plancton di plastica", curato da Paola Del Negro, biologa marina e direttore della Sezione di Ricerca Oceanografica dell'Ogs. Sabato stage formativo per giornalisti (10.30-12.30) intitolato "Come migliorare il modo di comunicare il mare" , strutturata su due interventi, il primo affidato a Giulio Giraud, Capo Ufficio Relazioni Esterne della Direzione Marittima ("La comunicazione istituzionale sul mare") e l'altro da parte di Leonardo Imporzano, giornalista subacqueo ("Le comunicazioni delle attività subacquee attraverso i social media"). Alle 16 la presentazione del libro "Palonbiro - Pagine dal fondo", scritto da Leonardo Imporzano, e alle 18 le premiazioni del Trofeo Internazionale di fotografia subacquea "Città di Trieste - Memorial Genzo", organizzato dalla Trieste Sommersa Diving. Domenica si lavora in mare. Alle 9.30 il raggio delle operazioni si sposta alla Scala Reale, spazio antistante Piazza Unità, per la pulizia dei fondali, mentre alle 12.30 entrano in scena le unità cinofile della Scuola Italiana Cani Salvataggio. Chiusura della manifestazione in Porto Vecchio, con alle 14 la premiazione dell'operazione di pulizia e alle 18 la cerimonia finale.

(f.c.)

 

SVILUPPO SOSTENIBILE

Per Il festival dello sostenibile all'Università di Trieste incontro pubblico dal titolo "La sfida dello sviluppo sostenibile: riflessione su acqua, cibo, energia e mobilità" oggi alle 9.30 in aula Bachlet, edificio centrale del comprensorio universitario di piazzale Europa 1, primo piano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 giugno 2018

 

 

Plastica, multinazionali nel mirino
Nei mari tonnellate di rifiuti. Da Greenpeace appello al G7: divieti per i colossi dell'industria
ROMA - Nei mari di tutto il mondo ci sono già 150 milioni di tonnellate di plastica e ogni anno se ne aggiungono altri 8. La plastica sporca gli oceani, soffoca gli animali marini che la mangiano e finisce sulle nostre tavole. E tutto questo, solo perché non vogliamo rinunciare all'usa e getta. Il monouso moltiplica a dismisura i rifiuti di plastica che, in gran parte finiscono nell'ambiente. Dove rimarranno per secoli. Ce n'è abbastanza per definire la plastica nei mari una delle maggiori emergenze ambientali del mondo, e per dedicarle l'edizione 2018 della Giornata mondiale dell'Ambiente, celebrata dall'Onu il 5 giugno di ogni anno. Lo slogan è «Combatti l'inquinamento da plastica. Se non puoi riusarlo, rifiutalo». Ovvero, riutilizza gli oggetti in plastica, come vaschette e bottiglie, non buttarli. E se non possono essere riutilizzati, non comprarli: preferisci i prodotti sfusi o in confezioni di materiale biodegradabile (carta, cartone, vetro, bioplastiche). I dati d'altronde parlano da soli. Se si va avanti di questo passo, nel 2050 la plastica nei mari peserà più di tutti gli animali marini. Il grosso dell'inquinamento viene dai paesi emergenti (Asia, Africa e America Latina), che non hanno sistemi di raccolta e trattamento adeguati. Ma anche nel Mediterraneo, secondo Legambiente, ci sono 58 rifiuti per ogni km quadrato, per il 96% di plastica. In Italia ogni 100 metri di spiaggia si trovano in media 620 rifiuti, all'80% di plastica. Il riciclo è ancora marginale. Per l'Ocse, solo il 15% della plastica viene riciclata (il 30% in Europa). Il 25% viene bruciato, il 60% va in discarica o nell'ambiente. L'unica soluzione, secondo l'Onu, è consumarne meno. Per la Giornata dell'Ambiente, papa Francesco twitta «Signore, risveglia in noi la lode e la gratitudine per la nostra Terra e per ogni essere che hai creato». Greenpeace chiede al prossimo G7 e alle multinazionali di fissare divieti per la plastica usa e getta e obiettivi di riduzione, e lancia un servizio via whatsapp, il Plastic Radar, per segnalare i rifiuti in mare. In Italia, il neopremier Giuseppe Conte nel suo discorso al Senato dice «non siamo disponibili a sacrificare l'ambiente e il progetto di una blue economy per altri scopi». Il ministro all'Ambiente, Sergio Costa, promette che renderà il suo ministero «plastic free» e lancerà «una strategia economica e culturale per iniziare a ridurre la produzione di plastica e imballaggi inutili». Anche il neo-ministro alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, si impegna a «ridurre l'impiego della plastica, come nel caso delle vaschette per alimenti».

 

 

Parte la raccolta differenziata dei pannolini
L'amministrazione Marzi punta su un nuovo servizio. Anticipato al martedì il giorno della carta
MUGGIA - Stesse modalità di conferimento, ma un giorno d'anticipo per la raccolta della carta. È questa la variazione apportata nel calendario di raccolta dei rifiuti "porta a porta" che interessa il solo centro storico di Muggia. Un cambiamento, si legge in una nota del Comune, «volto a migliorare il servizio dedicando ogni giornata a un solo tipo di conferimento». La raccolta "porta a porta" del centro storico, spiega ancora l'amministrazione Marzi nella nota, dipende dalla «volontà riconfermata a Net» di «garantire il decoro del centro cittadino con due prelievi ogni mattina» concentrando quindi «ogni tipologia di rifiuto in una propria giornata mirata, in modo da ottimizzare anche le tempistiche di prelievo». Il calendario delle raccolte, «sempre con orario di esposizione dalle 5 ed entro e non oltre le 9 del giorno di asporto» resta dunque invariato con il solo cambiamento del martedì, che diventa così la giornata dedicata a carta e carbone. Mercoledì e sabato saranno, come da copione precedente, le date settimanali per il secco residuo, così come il venerdì sarà quella per la plastica. Anche il rifiuto organico e il vetro (e le lattine) continueranno a essere destinati, come da prassi ormai, ai punti dedicati di via Roma e piazzale Caliterna. «È da diversi giorni - recita la nota del Comune - che su tutti i bidoni di entrambe queste aree, oltre che su tutti i cartelli dei punti di raccolta del centro storico, è visibile l'avviso di questa variazione che da oggi (ieri, ndr) è entrata effettivamente in vigore. E sempre oggi (ieri, ndr) è iniziato, inoltre, il servizio di raccolta dedicato esclusivamente al materiale assorbente igienico, pannolini, pannoloni e traverse. Per venire incontro alle esigenze di alcune categorie sensibili, neonati, anziani e degenti, infatti, l'amministrazione aveva da subito manifestato la volontà di integrare la normale raccolta del secco residuo con un ulteriore ritiro settimanale ad hoc per la sola frazione di pannolini e pannoloni». Da qui «si è predisposta una mappatura che ha atteso le conferme o le integrazioni delle utenze, da parte di coloro che hanno richiesto il servizio, prima di poter essere attivata concretamente». Le famiglie dei cittadini che utilizzano dispositivi sanitari per l'incontinenza e quelle con bambini da zero a tre anni possono dunque, da ieri, usufruire di una seconda giornata di asporto settimanale dedicata, ogni martedì.

 

 

Passeggiando in fondo al mare - Venerdì open day e visite al Biodiversitario di Miramare
Per il secondo anno di seguito, l'Area marina protetta di Miramare e l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale -Ogs- promuovono insieme la Giornata mondiale degli oceani, evento divulgativo internazionale a supporto dell'Ocean Literacy, l'«alfabetizzazione all'oceano», per capire come il mare influenza la nostra esistenza e come noi influenziamo l'esistenza del mare. In questo contesto venerdì l'Area marina protetta di Miramare, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale -Ogs- e l'Università di Trieste organizzano l'iniziativa "Passeggiando nel giardino in fondo al mare", uno speciale open day al Biodiversitario marino -BioMa-, il nuovo museo immersivo dell'Area protetta (inaugurato lo scorso marzo in un'ala delle ex scuderie di Miramare). L'evento è suddiviso in una serie di visite guidate speciali, per venti persone alla volta, organizzate in cinque turni, in partenza alle 10, 11, 14.30, 15.30 e 16.30. Il tema di quest'anno della Giornata mondiale degli oceani è il giardino in fondo al mare, argomento che verrà approfondito al BioMa in un percorso a tappe grazie a diverse postazioni interattive e laboratoriali in cui i partecipanti potranno osservare alghe, piante marine e batteri, visitare la vasca tattile e riflettere sugli aspetti meno spettacolari del "giardino", quelli legati all'inquinamento. L'iniziativa è completamente gratuita e ad accesso su prenotazione, sino a esaurimento dei posti disponibili. Per iscriversi all'evento basta cliccare su www.eventbrite.it/e/biglietti-passeggiando-nel-giardino-in-fondo-al-mare-world-oceans-day-46441629163. Per eventuali informazioni potete anche scrivere all'indirizzo di posta elettronica urp@inogs.it o promozione@riservamarinamiramare.it.

 

Trieste - Viaggio lungo gli ultimi torrenti alpini

Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente invita soci e simpatizzanti a partecipare alla presentazione del libro "Radici liquide. Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini", con l'autrice, Elisa Cozzarini, giornalista e scrittrice, e Dario Gasparo, biologo esperto di ambiente, domani alle 18 al Caffè San Marco. Questo libro è un'inchiesta sullo sfruttamento idroelettrico degli ultimi torrenti alpini. Ingresso libero.

 

Passato e futuro degli stagni carsici

Proseguono gli appuntamenti del ciclo "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro": alle 17.30, al Museo di Storia naturale, si parlerà del "Passato, presente e futuro degli stagni carsici", a cura della direttrice dell'Associazione Tutori stagni Gaia Fior. Ingresso libero.

 

COMUNE - Pareri e osservazioni sul "Piano di Azione"

 Il Comune di Trieste rende noto che ha preso avvio il periodo di consultazione pubblica di 45 giorni del Piano di azione dell'Agglomerato di Trieste 2018. Approvato il 31 maggio, il Piano evidenzia tra l'altro il numero dei cittadini che sono esposti a determinate zone acustiche. Chiunque può presentare osservazioni, pareri e memorie in forma scritta. Il Piano è consultabile sulla pagina Ambiente della Rete civica e nell'"Albo online".

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 giugno 2018

 

 

«Demolire la Tripcovich? Azione molto complessa» - La neo soprintendente Bonomi: «Esiste un decreto di tutela di cui va tenuto conto
Per Porto vecchio meglio un documento unitario che singoli progetti da inseguire»
Punta alla "rianimazione" dei siti archeologici e spera in nuove risorse per potenziare organico carenti. Ma Simonetta Bonomi, il nuovo soprintendente per l'Archeologia, le Belle arti e il Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, 62 anni, originaria di Padova, appena insediatasi al posto di Corrado Azzollini, avrà sul tavolo tante questioni di grande rilevanza: Porto vecchio, sala Tripcovich e il supermercato in piazza Unità tra le prime. In attesa di risolverle, dopo aver lasciato la Puglia, cerca casa nel Borgo Teresiano. Come mai ha scelto di partecipare al bando per Trieste? Sono padovana e la mia famiglia vive nella città veneta. Desideravo avvicinarmi a casa dopo essere prima in Calabria e poi in Puglia. Cosa le è rimasto impresso dei tre mesi nel 2016 già trascorsi in Fvg con un incarico ad interim alla Soprintendenza archeologica? Ho ritrovato persone con le quali avevo lavorato bene, ma anche tanti problemi rimasti irrisolti. Ad esempio? Gli organici carenti, innanzitutto. La creazione della Soprintendenza unica non ha portato significativi effetti benefici sulla forza lavoro, che resta insufficiente anche a causa dei progressivi pensionamenti. Siamo in 69 tra Trieste e Udine, l'organico stabilito dal ministero non corrisponde alle reali esigenze. Soprattutto abbiamo pochi architetti, archeologi e storici dell'arte. Spero tanto nella promessa di una nuova ondata di assunzioni, altrimenti dubito di riuscire a mantenere una buona funzionalità dell'ufficio. Inoltre ci sono problemi sui tempi dei lavori. Nel 2016, per esempio, avevo approvato una gara da 600mila euro per un cantiere che oggi si deve ancora concludere. Da dove intende partire?Dalle aree archeologiche, compresa quella di San Giusto, un patrimonio non da poco. Interverremo per rianimarle e, prima, cercheremo di risolvere i problemi di gestione e accessibilità insieme ai diversi soggetti presenti in città. Porto vecchio: cosa pensa del fatto che non ci sia un masterplan per la riqualificazione dell'antico scalo ma il Comune abbia preferito gestire l'area attraverso la vendita in lotti? Confesso che non avere a disposizione un documento unico di programmazione e di progetto generale mi mette da una parte in imbarazzo e dall'altra in difficoltà. Ci vorrebbero una visione e una missione unitarie e ben chiare: sarebbe più semplice per la Soprintendenza interloquire con l'amministrazione comunale, piuttosto che inseguire singoli progetti. Secondo lei è pensabile abbattere qualche magazzino non sottoposto a vincolo? Io non posso buttare giù alcunché. I beni tutelati non si possono demolire. Inoltre le proprietà pubbliche risalenti a più 50 anni fa hanno un particolare regime giuridico che prevede la preventiva verifica dell'interesse culturale. Se tale interesse viene riconosciuto dalla Commissione regionale per il Patrimonio culturale (Corepacu), che ha sede presso il Segretariato regionale del Mibact per il Fvg, il bene diviene soggetto a tutela e non può essere demolito. Per alcuni edifici, che non hanno alcun interesse architettonico, essendo più recenti e non coerenti con il contesto, il decreto di tutela prevede specificatamente la demolizione e la sostituzione con nuove architetture purché armoniche con il contesto. Il Porto vecchio è uno straordinario monumento di archeologia industriale. Non per nulla il Mibact ha destinato 50 milioni di euro per il suo recupero. Sala Tripcovich: da anni si parla di abbatterla... L'immobile è tutelato con apposito decreto, pensare alla sua demolizione è molto complesso. L'iter burocratico non riguarda solo la Soprintendenza ma anche il Corepacu e il ministero. L'idea di restituire alla piazza il suo aspetto originario e di dare accento all'ingresso del Porto vecchio è senza dubbio positiva, tuttavia la questione richiede un'analisi più approfondita a fronte di uno specifico progetto di riqualificazione dell'area che a oggi non è mai stato presentato. Supermercato in un palazzo storico di piazza Unità: sì o no? Attendiamo di ricevere una progetto. In tutti i casi la Soprintendenza è chiamata a vigilare anche sulla destinazione d'uso dei beni vincolati. Ci sono pratiche in ritardo? Siamo in affanno, come tutte le soprintendenze, per le autorizzazioni paesaggistiche semplificate, che hanno tempi strettissimi. In molti casi però rispondiamo ben prima delle scadenze dei termini. E quasi mai ricorriamo all'istituto del silenzio-assenso. Qual è la sua filosofia di lavoro?Filosofia è una parola impegnativa. Mi piace pensare a una Soprintendenza che sia punto di riferimento culturale e non solo un ufficio pubblico che esprime pareri positivi o negativi.

Benedetta Moro

 

Disegni e firme per salvare il giardino di via Zampieri
Scatta la mobilitazione dei residenti per scongiurare la cessione dello spazio ad un privato, pronto a trasformarlo in orto. Chiesta anche la cura del sottobosco
Il futuro del giardinetto di via Zampieri, stretto tra una possibile privatizzazione e il pericolo di incendi, è seriamente a rischio. L'allarme era scattato qualche mese fa, quando gli uffici comunali avevano richiesto al consiglio della VI circoscrizione (San Giovanni-Chiadino-Rozzol) di esprimere un parere su una richiesta di affitto da parte di un privato per la conversione del terreno comunale a "orto-giardino". Ed è tornato d'attualità in questi giorni in seguito al sopralluogo effettuato dalla presidente Alessandra Richetti e dalla commissione urbanistica della circoscrizione, e all'iniziativa di alcuni bambini che frequentano abitualmente l'area. Per difendere il loro giardino, infatti, i piccoli hanno realizzato un cartellone in cui descrivono i motivi per cui lo spazio dovrebbe rimanere pubblico. Il cartellone è stato consegnato ai consiglieri circoscrizionali. Gli stessi che, durante la riunione convocata pochi giorni fa, hanno poi espresso ufficialmente un parere negativo rispetto alla cessione ai privati, ritenendo fondamentale che il giardino rimanga uno spazio a disposizione del quartiere. Claudio Antoniutti, residente in via Zampieri, sottolinea l'importanza di quello spazio in cui, da bambino, ha giocato tanto. «È una piccola ma importante zona d'aggregazione, dove si ritrovano famiglie con bambini, persone anziane e padroni di cani. I bambini oggi passano ore davanti a cellulari e videogiochi - afferma Antoniutti-. Quelli che abitano qui, invece, hanno la fortuna di vivere vicino a uno spazio in cui giocare all'aperto. Fortuna che i loro coetanei del centro neanche si sognano». Qualcuno fa poi notare che l'ipotetica creazione di un orto-giardino, oltre a sottrarre un luogo d'aggregazione, diverrebbe un forte richiamo per gli animali che si aggirano nei pressi, una sorta di "mensa per cinghiali" che renderebbe più pericolosa la zona. «Peccato che un posto così fruibile dalla collettività non venga tenuto in ordine», nota inoltre Jennifer Zerial. Adesso gli abitanti di via Zampieri e dintorni si stanno organizzando per effettuare una raccolta firme finalizzata da un lato al riconoscimento definitivo dell'area come spazio pubblico, così che non vengano più effettuate richieste simili in futuro e, dall'altro, al pressing sul Comune per ottenere alcuni piccoli ma significativi interventi. In cima alla lista, come rileva Claudio Antoniutti che di mestiere è vigile del fuoco, va messa la manutenzione del sottobosco, in modo da scongiurare possibili roghi già verificatisi in passato, così come l'abbattimento delle alberature pericolanti, in una zona particolarmente esposto alla Bora. Ciò renderebbe poi nuovamente percorribile il sentierino che collega via Zampieri a via dei Mille, in particolare per permettere alle famiglie di accompagnare i propri figli all'asilo "Mille bimbi" senza dover passare per la meno sicura via de Marchesetti. I residenti inoltre richiedono che il 5% del giardinetto venga destinato ai giochi per bambini, come da piano regolatore, e che vengano sistemate le relative panche e il tavolino. Ora, mentre i bambini continuano a giocare nel giardino di via Zampieri con la palla, quest'ultima passa al Comune per una risposta ufficiale. I consiglieri circoscrizionali, intanto, torneranno ad incontrare i residenti questa sera alle 20.30 nella sede di Rotonda di Boschetto per discutere delle criticità legate al trasporto pubblico all'interno del rione

Simone Modugno

 

 

Lotta alla plastica, è sfida mondiale

Oggi ricorre la Giornata Mondiale dell'Ambiente, dedicata alla lotta all'inquinamento da plastica. Gli oceani ogni anno - denuncia l'Associazione nazionale bonifiche irrigazioni, Anbi -sono invasi da 8 milioni di tonnellate di plastiche dannose anche per la rete idraulica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 giugno 2018

 

 

Ultimo mese di divieti per il mare di Acquario «Da luglio ok ai tuffi»
In vigore l'ordinanza balneare 2018 per il litorale di Muggia che tiene conto della necessità di ultimare le opere di bonifica
MUGGIA - «Acquario sarà ancora off-limits, sino alla fine di giugno. Poi sarà garantito l'accesso al mare». Il sindaco di Muggia Laura Marzi puntualizza l'unico punto critico dell'ordinanza balneare 2018 entrata in vigore lo scorso venerdì, primo giugno. Il documento, valido sino al primo settembre, regolamenterà infatti l'estate rivierasca lungo tutto il litorale comunale, dal lungomare Venezia sino all'ex confine di Stato con la Slovenia. Come si evince dalla stessa ordinanza, le uniche acque pubbliche proibite rimangono dunque quelle prospicienti il terrapieno Acquario. «Fino alla fine dei lavori che interessano le operazioni di bonifica della fascia a mare del terrapieno Acquario rimangono interdetti l'accesso e la balneazione nelle acque prospicienti», recita testualmente l'ordinanza. Ma quando sarà realmente accessibile l'area? «È stato promesso che entro l'estate si potrà tornare ad utilizzare l'area e confermo che entro fino giugno i muggesani e non solo potranno tornare ad andare in acqua nella parte bonificata di Acquario», rassicura Marzi. Come per ogni estate, nelle aree destinate alla balneazione e negli specchi acquei antistanti vi saranno alcuni divieti da rispettare. Sulla costa non si può esercitare commercio in forma fissa o itinerante, né organizzare giochi, manifestazioni ricreative o spettacoli pirotecnici senza l'autorizzazione dell'amministrazione comunale. Attivo anche il divieto di effettuare pubblicità, sia sulle spiagge che nello specchio acqueo riservato ai bagnanti, mediante la distribuzione di manifestini ed oggetti promozionali o il lancio degli stessi anche a mezzo di aerei. Vietato poi provocare rumori molesti, tenere ad alto volume radio, juke-box, mangianastri e, in generale, apparecchi di diffusione sonora, nonché fare uso di tali apparecchi dalle 13 alle 16. Non sarà consentito l'utilizzo di detergenti di qualsiasi natura, sia sotto le docce pubbliche che in aree in cui gli scarichi finiscono direttamente a mare. Stesso dicasi per qualsiasi gioco (calcio, tennis da spiaggia, pallavolo, basket e bocce) da cui possa derivare «danno o molestia alle persone, turbativa alla pubblica quiete nonché nocumento all'igiene dei luoghi». E, ancora, saranno vietate altre attività quali campeggiare, impiantare tende, baracche, roulotte, pernottare in cabine o all'addiaccio sui tratti di costa destinati al pubblico uso. Su tali aree si potranno impiegare soltanto ombrelloni, sedie a sdraio ed altro materiale simile, purché sia portatile, che non dovranno comunque essere lasciati oltre il tramonto. In generale, quindi, è vietato usare ombrelloni, sdraio, tavoli, sedie e simili, sia quando questi creino intralcio agli altri bagnanti sia se occupino la fascia dei cinque metri dalla battigia. Scontato infine il divieto di gettare a mare e lasciare nelle cabine o sulle aree demaniali rifiuti di qualsiasi genere, accendere fuochi o bombole di gas o altre sostanze infiammabili senza la prescritta autorizzazione, ma anche pescare con qualsiasi tipo di attrezzo nelle ore e nelle zone destinate alla balneazione, salve le deroghe disposte dall'autorità marittima con propria ordinanza, nonché tirare a secco imbarcazioni da pesca e distendere le reti.

Riccardo Tosques

 

 

Centro e Carso invasi da sciami di api
Il fenomeno si deve alle nuove regine che con la colonia lasciano l'alveare in cerca di un'altra casa. L'esperto: non c'è pericolo
Dal centro all'altipiano, sotto cornicioni e tetti, sugli alberi e dentro i camini. Numerose le chiamate ai vigili del fuoco, in questo fine settimana, per la presenza di sciami di api "erranti". Sabato i pompieri erano intervenuti in via della Valle, via Cologna, via Paisiello, via Damiano Chiesa e al Ferdinandeo. Ieri le segnalazioni si sono concentrate perlopiù in Carso, specie tra Opicina e Contovello. Un fenomeno del tutto normale, quello della sciamatura, anche se in questo periodo dovrebbe essere già concluso. «Non sta accadendo niente di strano - osserva Bruno Bordon, apicoltore -, si stanno formando nuove regine che vengono seguite da una parte dell'alveare per ricreare la famiglia. È il modo delle api di duplicarsi. Ma quest'anno - aggiunge - in effetti tutto ciò sta avvenendo un po' più tardi rispetto al solito, perché la famiglie non si sono sviluppate nel pieno della primavera ma leggermente dopo. Il motivo? Forse le temperature e le piogge invernali si sono prolungate troppo e la stagione primaverile è stata più breve. Ma sono ipotesi. Vero è che gli sciami abitualmente partono da aprile a maggio». Gli insetti cercano rifugio un po' dappertutto: possono fermarsi sui rami degli arbusti o nei sottotetti, ad esempio, dove si sentono più protetti. Situazioni che, quando si verificano nelle strade del centro o tra le case, destano indubbiamente un certo allarme nella cittadinanza. Nella maggior parte dei casi i pompieri contattano gli apicoltori. «Normalmente andiamo sul posto con una cassettina - racconta ancora Bordon - e facciamo entrare le api. Se dentro arriva pure la regina, è probabile che anche il resto delle faccia altrettanto. Anzi, è quasi sicuro. Il tutto viene poi portato altrove, distante dal posto dell'intervento, per consentire agli insetti di creare la famiglia in condizioni tranquille. Talvolta veniamo contattati per un intervento, ma quando arriviamo sul posto le api non ci sono già più, perché non sempre restano ferme. Mi è successo anche oggi (ieri, ndr) dopo una chiamata a Opicina. Il problema, comunque, talvolta sono i camini perché possono essere intasati dalla cera». Non c'è da avere paura, avverte l'apicoltore. «Direi di no. La sciamatura crea un nugolo che fa un rumore fortissimo - sottolinea l'esperto - ed è normale che si possa avere timore. Ma le api, proprio perché sono fuori dal proprio alveare, vanno ritenute del tutto innocue. Direi che anche se si va in mezzo allo sciame, come faccio io, generalmente non accade nulla. Talvolta non utilizzo neppure la maschera. Certo - conclude Bordon - per ragioni totalmente precauzionali chi non è esperto è meglio che non si avvicini. Ma, ripeto, non bisogna spaventarsi».

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 giugno 2018

 

 

L'Europa stanzia i fondi - Capodistria-Divaccia al via
Firmato tra la Commissione Ue e il governo sloveno l'accordo che assegna 109 milioni a fondo perduto per partire con la costruzione del secondo binario
LUBIANA - Secondo binario sulla ferrovia Capodistria-Divaccia, si parte. A Lubiana i rappresentanti della Commissione europea e quelli della società 2TDK che gestirà la realizzazione dell'importante infrastruttura hanno sottoscritto l'accordo che assegna alla Slovenia per l'opera 109 milioni di euro a fondo perduto. Alla cerimonia erano presenti anche il premier uscente Miro Cerar e la commissaria europea ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc, i quali hanno nuovamente sottolineato l'importanza del progetto per la Slovenia e per l'Unione europea. Cerar ha affermato che si tratta di un giorno importante, quando la Slovenia e l'Unione europea si stringono le mani sul progetto che è di interesse strategico per entrambe. Già questo mese, secondo il premier che assolve l'ordinaria amministrazione in attesa del voto politico odierno, potranno partire i lavori di preparazione all'opera per i quali la Slovenia ha già ottenuto 44,3 milioni di euro da Bruxelles. Ha poi garantito che lo Stato si è assicurato altri 80 milioni di euro dal fondo di coesione per la realizzazione dell'ottavo tunnel e di due viadotti. «Sommando il tutto - ha concluso Cerar - arriviamo a 233 milioni dei preventivati 250 a fondo perduto».Il commissario europeo ai Trasporti Violeta Bulc dal canto suo ha sostenuto l'importanza che il secondo binario sulla Capodistria-Divaccia assume per l'intero sistema dei trasporti comunitario, ovverosia nell'ambito dei nove corridoi europei. «Il contributo della Slovenia alla realizzazione del corridoio baltico-adriatico e centroeuropeo si manifesterà attraverso la realizzazione del secondo binario sulla Capodistria-Divaccia». Bulc ha poi precisato che l'Europa segue una precisa politica dei traffici che punta a un ambiente più pulito e a una maggiore sicurezza del traffico lungo le strade. Da un punto di vista più operativo, il ministro delle Infrastrutture Peter Gaspersic ha affermato, come riporta rtvslo.si, che la costruzione delle strade di accesso può iniziare subito dopo la firma del programma di investimenti e quindi già nel mese di giugno. Per quanto riguarda l'ingresso dell'Ungheria come possibile investitore nell'infrastruttura Gaspersic ha precisato che attualmente il dialogo tra Lubiana e Budapest è congelato a causa delle elezioni politiche in Ungheria prima e di quelle in Slovenia oggi. Le trattative riprenderanno non appena saranno riattivati i rapporti. Il sottosegretario ai Trasporti e responsabile del progetto Jure Leben ha informato che è già stata consegnata l'intera documentazione necessaria per ottenere un prestito dalla Banca europea per gli investimenti (Bei). Con la Bei proseguono i contatti e si potrebbe giungere alla stipula del prestito a fine ottobre. I 109 milioni a fondo perduto ottenuti dalla Slovenia dalla Commissione europea sono stati congelati per ben due volte da Bruxelles visto che proprio due sono stati i referendum contro la legge che attribuiva alla società 2TDK la gestione dei lavori della Capodistria-Divaccia. Falliti entrambi la somma, anche all'importante azione di lobbing del commissario ai Trasporti Violeta Bulc sono finalmente giunti a destinazione sancendo di fatto l'avvio ufficiale della realizzazione dell'infrastruttura

Mauro Manzin

 

 

Muggia dice "no" allo sconto sulla Tari per i commercianti
L'assessore Litteri boccia in aula la proposta delle opposizioni - Niente riduzioni neanche per i residenti del centro storico
MUGGIA - Niente riduzioni sulla Tari per commercianti e residenti del centro storico. Così si è pronunciata l'assessore all'Igiene Urbana del Comune di Muggia Laura Litteri durante l'ultima riunione del Consiglio comunale in risposta ad una interrogazione formulata dal capogruppo di Meio Muja Roberta Tarlao. Nel testo l'esponente della lista civica di opposizione, supportata da Emanuele Romano (M5s) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia), aveva chiesto esplicitamente all'assessore Litteri delucidazioni in merito alla concreta possibilità da parte dei commercianti e dei residenti del centro storico di godere delle riduzioni, sia in base agli «inferiori livelli di prestazione del servizio» della raccolta di rifiuti, che alla distanza attuale della piazzola ecologica spostata recentemente da via Manzoni al piazzale ex Alto Adriatico. Lo spostamento era stato fatto in fretta e furia dall'amministrazione comunale visto che l'area di via Manzoni, dedicata al conferimento dei rifiuti differenziati per alcuni commercianti del centro storico, era stata sgomberata a seguito di violazioni del Comune di Muggia della destinazione d'uso da parte dell'Autorità Portuale. «Il conferimento dei rifiuti presso l'area dedicata da parte dei gestori di alcuni pubblici esercizi, ubicata dapprima nell'area di via Manzoni e successivamente nel piazzale ex Alto Adriatico, non sostituisce la raccolta "porta a porta" cui ciascun gestore è tenuto, come ribadito nella nota consegnata ai singoli esercenti», ha spiegato in aula Litteri. Da qui il concetto che «il conferimento presso l'area dedicata è aggiuntivo e non sostitutivo al servizio "porta a porta" e pertanto si ritiene che non vi siano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 47 comma 1 del regolamento Iuc». Proprio nel regolamento per l'applicazione dell'imposta unica comunale è messo nero su bianco che sono previste «riduzioni per inferiori livelli di prestazione del servizio». Nello specifico, nelle zone in cui non è effettuata la raccolta il tributo è ridotto, tanto nella parte fissa quanto nella parte variabile, al 40% per le utenze poste a una distanza compresa tra 300 metri e 600 metri dal più vicino punto di conferimento, misurato dall'accesso dell'utenza sulla strada pubblica, e al 20% per le utenze poste ad una distanza superiore. Per quanto concerne invece la seconda parte dell'interrogazione, in cui si era messo in evidenza che in molte zone del territorio si sono verificati disservizi tali per cui l'asporto del rifiuto non avviene regolarmente, documentati anche all'Urp e allo sportello dedicato, Litteri ha stigmatizzato che la raccolta nelle vie pubbliche «è effettuata con continuità dalla partenza del servizio» e che «la maggior parte dei disservizi segnalati è riferita a raccolte in strade e vie private in cui l'accesso doveva essere concordato con i proprietari e fruitori delle strade». Per Litteri, il semplice «rispetto delle indicazioni fornite nella documentazione consegnata ai cittadini e durante gli incontri pubblici avrebbe garantito il costante asporto dei rifiuti».

Riccardo Tosques

 

Il sindaco Marzi e il manager di Net: «Nuova differenziata ormai a regime»
«Sono passati due mesi dall'introduzione a Muggia della raccolta dei rifiuti porta a porta e, dopo alcune difficoltà iniziali, il sistema sta andando a regime. Anche le legittime lamentele della cittadinanza stanno diminuendo. Il nostro impegno è teso a risolvere al più presto anche le ultime criticità e portare a compimento un progetto che nel breve - medio termine, siamo certi, porterà benefici ambientali ed economici per la cittadinanza». Lo affermano congiuntamente il sindaco di Muggia, Laura Marzi e il direttore generale di Net Spa, Massimo Fuccaro che si sono incontrati per fare il punto della situazione.

 

 

ISTRIA - IL TORRENTE BIANCO DI PISINO - ALLARME FRA I RESIDENTI

Il fenomeno dopo la voragine apertasi nell'area di una discarica

PISINO - Fenomeno mai visto a Pisino: lungo il torrente Foiba scorre acqua bianca quasi come il latte e presso la discarica di materiale edile nell'area di Lakota si è aperta una voragine del diametro di 15 metri e di una profondità di 15-20 metri. Secondo gli esperti i due fatti sono in stretta correlazione. Dopo le ultime abbondanti piogge la volta del tunnel sotterraneo di 150 metri di lunghezza e 2,5 di larghezza lungo il quale scorre il Torrente Drazej, affluente del Foiba, ha ceduto. Di qui il cratere che sta creando notevole apprensione tra la popolazione. E nella voragine è finita l'acqua piovana sporcata dai rifiuti calcarei qui regolarmente scaricati dall'azienda per l'estrazione e lavorazione della pietra Kamen.La volta ha ceduto non solo in seguito all'azione del torrente Drazej in piena, ma anche per il sempre più rilevante peso che doveva sopportare. Qui infatti si stava depositando del materiale per livellare il suolo così da ottenere una superficie piana su cui costruire un posteggio. L'area del cratere è stata recintata; l'ispettorato che vigila sull'operato della discarica ha assicurato che l'acqua "bianca" non comporta pericoli ambientali.

(p.r.)

 

 

Bioest tra lezioni di benessere e danze - Ultimo giorno al parco di San Giovanni della fiera del biologico
Prosegue fino alle 20 - nel parco di San Giovanni - Bioest, la fiera del biologico e dei prodotti naturali, delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato a ingresso libero con 150 stand. Il programma di oggi prevede, alle 10, un incontro e una visita in apiario e alle 15 una passeggiata alla scoperta degli oleoliti. Dalle 9.30, nell'Area prato nello Spazio energia vitale, lezioni gratuite dimostrative di Tai Chi Chuan con Metamorfosys e, alle 10.30, Vercy Yoga posturale dinamico; alle 11.30 yoga con Kokorozashi Dojo, alle 13 (e poi pure alle 17) hatha yoga ancora con Metamorfosys, alle 14 (e anche alle 16) campane tibetane a cura di Marina Marass Sferza e infine alle 15 Pilates, alle 15.30 karate e difesa personale e alle 18 talso con Kokorozashi Dojo. Alle 9.30 in Area Villas Ecstatic Dance Italy "Musica e arte in movimento" a cura di Kaartik. Alle 12, in Area rosa, degustazione di prodotti biologici regionali e alle 17.30 biomerenda per i bambini. Per il folklore, alle 16.30 in Area Villas esibizione di danze greche e del Coro della Comunità greco-orientale. Alle 16.30 verrà presentato in anteprima il cortometraggio "Alone-La solitudine prima di noi" a cura dell'associazione #MaiDireMai Mai. Due gli appuntamenti con la musica dal vivo: alle 17.30, in Area Villas, concerto folk e irish music dei Drunken Sailors e alle 19 dei Blue Krass (country

 

"Piacevolmente Carso"con curiosi di natura

Ultimo appuntamento per la stagione di "Piacevolmente Carso": la cooperativa Curiosi di natura propone, dalle 9.30 alle 13, una facile escursione tra Trebiciano e Banne. Al termine possibilità di degustazioni dai ristoratori di "Sapori del Carso", con uno sconto del 10%. Ritrovo alle 9.10 al cimitero di Trebiciano, raggiungibile da Trieste con il bus 39. Informazioni e prenotazioni curiosidinatura@gmail.com, al cell. 340-5569374 e sul sito curiosidinatura.it.

 

Sito paleontologico e grotta Fioravante

Il sito paleontologico del Villaggio del pescatore vi aspetta anche oggi, dalle 10 alle 18, con la caccia al tesoro di Antonio (alle 11, 13, 15 e 17). Contemporaneamente, apriremo per l'occasione la Grotta Fioravante, dalle 10 alle 17. Le attività sono a pagamento, per informazioni sull'evento c'è il 3347463432 oppure potete scrivere alla mail cooperativagemina@gmail.com

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 giugno 2018

 

 

Infrazione Ue, rischio da un milione - Scoccimarro stima la quota regionale derivante dalla sanzione sulle fognature
TRIESTE - Potrebbe costare un milione di euro alle casse del Friuli Venezia Giulia la multa spiccata all'Italia dalla Corte di giustizia Ue dopo la procedura d'infrazione per il ritardo nella messa a norma di reti fognarie e sistemi di depurazione. Il problema riguarda anche la regione, su cui pendono esborsi potenziali per decine di milioni, di cui la sanzione potrebbe essere solo un assaggio. L'assessorato all'Ambiente rende noto che al momento l'Italia dovrà pagare 25 milioni e potrebbe imputarne uno al Fvg, sulla base del numero di abitanti. Vi si aggiungerebbero alcune migliaia di euro al giorno che la Regione potrebbe dover versare per i ritardi nei processi di depurazione nell'area di Cervignano. Quelli relativi a Trieste sono stati invece superati con il nuovo depuratore di Servola, costato oltre 50 milioni. L'assessore Fabio Scoccimarro assicura comunque che «entro il 2019 il Fvg sarà in linea con le direttive europee». Dopo aver appreso della multa, Scoccimarro ha convocato una riunione della propria Direzione, chiarendo che «due erano gli agglomerati imputati in Fvg: quello di Trieste-Muggia-San Dorligo e quello di Cervignano. In entrambi i casi, riferendosi la sanzione forfettaria al 2004, purtroppo eravamo in difetto: ora a Trieste grazie al depuratore di Servola, ormai siamo allineati alla direttiva; a Cervignano invece erano previsti sette interventi, quattro già completati, uno in via di definizione e due che si completeranno nel 2019». Nel 2013 è cominciata tuttavia una seconda inchiesta, che ha prodotto la condanna del Fvg per gli agglomerati di Codroipo-Sedegliano-Flaibano, Cormons, Gradisca, Grado, Pordenone-Porcia-Roveredo-Cordenons, Sacile e Udine. Soccimarro non manca di attaccare le regole dell'Unione europea: «Non solo l'Europa a trazione germanica ci vuole imporre i formaggi con latte in polvere, ma ci vuole anche prescrivere come smaltire le acque reflue senza tener conto di quelle che sono le realtà architettoniche storiche del nostro Paese. Questo dimostra come sia sempre più importante una seria rivalutazione dei rapporti comunitari in merito alla sovranità nazionale».

(d.d.a.)

 

Il Comune di San Dorligo della Valle virtuoso nella raccolta e nel riciclo della plastica
L'Amministrazione del Comune di San Dorligo della Valle - Dolina e A&T 2000 S.p.A., gestore del servizio di raccolta rifiuti urbani ed assimilati, evidenziano l'eccellente risultato riscontrato nel corso dell'ultima analisi merceologica del 16 maggio scorso effettuata dal Corepla (Consorzio Nazionale per la raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi in plastica) sugli imballaggi in plastica e lattine raccolti nel Comune di San Dorligo della Valle - Dolina. Lo scarto relativo al campione analizzato è stato solamente del 6,3 %, rientrando quindi tra i migliori risultati non solo del bacino di A&T 2000 S.p.A., ma dell'intero bacino regionale e nazionale. «Un altro risultato di rilievo riguarda la gestione dei rifiuti presso le sagre e manifestazioni pubbliche del Comune», si legge nel comunicato stampa dell'amministrazione comunale.

 

 

Collegamenti ferroviari - Da Villaco a Trieste in treno al via il servizio del weekend
TRIESTE - Scatta oggi il prolungamento del servizio ferroviario Mi.Co.Tra da Villaco fino a Trieste. Ogni sabato e domenica il treno raggiungerà il capoluogo regionale, collegando direttamente alla Carinzia anche Palmanova, sito Unesco, Cervignano del Friuli (a ridosso del sito Unesco di Aquileia e di Grado) e il polo intermodale Trieste Airport. Una seconda fase di potenziamento del servizio scatterà nella tratta italiana il 10 giugno, con ulteriori corse domenicali per avviare la sinergia tra la ciclovia Alpe Adria e il treno anche nella tratta ferroviaria tra Udine e Cervignano. Le novità sono state presentate ieri a Villaco da Österreichische Bundesbahnen, Ferrovie Udine Cividale e Trenitalia, con autorità di Land carinziano e Regione. L'assessore Graziano Pizzimenti ha evidenziato la strategicità della collaborazione con la Carinzia, sia per il rafforzamento in area montana del servizio ferroviario sia per la valenza turistica. «Il 2018 - ha detto Pizzimenti - sarà un anno di novità»: la Regione è al lavoro anche per «concretizzare l'avvio del collegamento tra Fvg» e Lubiana.

 

 

Fiere - A San Giovanni si inaugura Bioest
Si inaugura oggi alle 10, nel parco di San Giovanni, la 25esima edizione di Bioest, la fiera del biologico e dei prodotti naturali, delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato in programma ancora domani fino alle 20.30 con 150 stand tra produttori artigianali e associazionismo. Il ricchissimo programma inizia appunto dalle 10, nell'area prato, con le lezioni gratuite dimostrative di yoga e a seguire con Kokorozashi Dojo. Per la musica, alle 16.30 ecco l'esibizione dell'Acoustic Duo, alle 18.30 danze greche e alle 19.30 il concerto di Afrobalkancombo. Alle 17.30 (Area Glicine), percussioni tradizionali africane. Info su www.bioest.org.

 

COMITATO PACE CONVIVENZA E SOLIDARIETÀ DANILO DOLCI

Il Comitato celebra la festa della Repubblica alle 17, nel parco di San Giovanni (ex sala Villas, a destra della chiesa). Invitiamo i cittadini ad approfondire la storia e i valori della nostra Repubblica, vogliamo dibattere insieme su democrazia e Costituzione, nel rispetto delle opinioni di ciascuno.

 

Una passeggiata sulle falesie - Da questo pomeriggio inizia l'estate a Duino Aurisina
Prende il via oggi il programma degli eventi per l'estate promossi dal Comune di Duino Aurisina. L'appuntamento più atteso sarà la visita guidata alla Riserva naturale delle falesie, con esperti che dialogheranno con i partecipanti sia in italiano, sia in inglese, e che inizierà alle 18.30. La Riserva si estende per 107 ettari, al suo interno la varietà delle specie è notevole. Il sentiero - intitolato al poeta boemo Rainer Maria Rilke e inaugurato nel 1987 - si estende per 1700 metri e permette di accedere alla Riserva da Sistiana o da Duino; il percorso ha un andamento pressoché pianeggiante, che consente a chiunque di affrontare la passeggiata. La partecipazione è gratuita, ma è necessaria la prenotazione: tel. 040-299264, mail a info@marepineta.com.In questo fine settimana si accavalleranno anche numerosi eventi sportivi. A Portopiccolo, fino a domani, è in programma la fase finale del campionato europeo Sportboat 2018, unico evento internazionale di vela in Italia quest'anno. In baia sarà aperto anche il villaggio con stand promozionali, prodotti locali e spettacoli culturali. Sempre per la vela, oggi e domani, 22.o Trofeo "Pino Erriquez", organizzato dalla Pietas Julia. E stamane alle 11, in baia, presentazione dei corsi di vela da parte del Sistiana 89. Oggi si concluderanno anche due tornei di calcio: a Visogliano la 13.a edizione di quello giovanile, a Medeazza, quello riservato a giocatori di tutte le età.Sul piano musicale stasera alle 18, nella sede dei Cori di Duino, concerto "Sentieri dell'arte" promosso dal Centro sloveno di educazione musicale. Domani alle 14, sul campo del Sokol di Aurisina, primo Memorial "Jack Benvenuti" di pallavolo, a Borgo San Mauro - dalle 17 - chioschi enogastronomici e, alle 20.30, concerto della Cappella tergestina. Uno degli appuntamenti più attesi di giugno è Trieste Mare Morje Vitovska, che celebra il vitigno più celebre del Carso: la Vitovska. Appuntamento al castello di Duino il 15 e 16 giugno.

Ugo Salvini

 

Sito paleontologicoe grotta Fioravante

Oggi e domani il sito paleontologico del Villaggio del pescatore vi aspetta dalle 10 alle 18 con la caccia al tesoro di Antonio (alle 11, 13, 15 e 17). Contemporaneamente apriremo per l'occasione la Grotta Fioravante, dalle 10 alle 17. Le attività sono a pagamento, per informazioni c'è il 3347463432 oppure scrivere alla mail cooperativagemina@gmail.com

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 giugno 2018

 

 

"Sbloccati" i 23 milioni per il Museo del mare
La Regione dà il via libera all'accordo che sarà sottoscritto con il Comune per il restyling con fondi Mibact dei magazzini 24 e 25 dove sorgerà il polo
Trieste sposterà il Museo del mare in Porto vecchio. Il primo atto della nuova giunta regionale a favore del capoluogo del Friuli Venezia Giulia riguarda ristrutturazione e riqualificazione dei magazzini 24 e 25, il completamento di quanto avviato nella scorsa legislatura, a partire dal capitolo risorse. Le procedure di gara per l'appalto delle opere saranno avviate entro la fine di marzo del 2019. La Regione, beneficiaria dei contributi del ministero, garantirà il flusso delle risorse al Comune che, in qualità di soggetto attuatore, assume l'incarico di stazione appaltante. La conclusione dei lavori è prevista entro il 2023. Nella delibera proposta da Massimiliano Fedriga e approvata dalla giunta si ratifica di fatto lo schema di accordo esecutivo, un articolato che nei prossimi giorni Regione e Comune sottoscriveranno con l'obiettivo concreto di «rendere i due vecchi fabbricati idonei ad accogliere il museo, rispettandone il valore storico ed architettonico, conservandone gli elementi peculiari e contemporaneamente adottando soluzioni tecnologiche, di risparmio energetico e di utilizzo di fonti rinnovabili all'avanguardia». Fondato nel 1904, il Museo del mare espone una vasta collezione di documenti e oggetti che raccontano la storia dell'attività portuale e marinara di Trieste. Il suo trasferimento, spiega la Regione, ne consentirà l'ampliamento e l'ammodernamento, facendone un importante punto di attrazione e di interesse culturale. I soldi? Ci sono. La spesa prevista è di 23 milioni di euro, poco meno della metà dei 50 che il ministero dei Beni culturali aveva assegnato alla Regione nel 2016 attraverso il Piano stralcio Cultura e Turismo per avviare la riconversione dell'area portuale e che, oltre al museo, prevede la realizzazione della nuova sede dell'Icgeb (International Centre For Genetic Engineering And Biotechnology), il restauro del pontone gru Ursus e le relative infrastrutturazioni. Tutto definito nel dettaglio lo scorso 25 settembre a Trieste, giorno della firma di Regione, Comune, Mibact e Autorità di sistema portuale in calce all'accordo operativo per la riqualificazione del Porto vecchio, a partire appunto dalla creazione di un grande attrattore culturale transfrontaliero. «La riqualificazione e valorizzazione ai fini turistici, commerciali e culturali dello storico distretto portuale di Trieste - commenta Fedriga - è una priorità della giunta regionale che attuiamo in perfetta sintonia con l'amministrazione comunale in un'ottica di ulteriore rilancio della città di Trieste quale polo di attrazione nazionale ed internazionale». Soddisfatto anche Roberto Dipiazza. «La concretezza di chi crede nello sviluppo di un territorio sta nei fatti e nella prontezza di adozione degli atti amministrativi», rimarca il sindaco annunciando di avere «accolto con grande soddisfazione la notizia, comunicatami direttamente dal governatore. Possiamo dire che anche su questo punto siamo partiti ufficialmente». Le procedure? «Il Comune avvierà la fase di progettazione, quindi la gara a cui seguirà l'avvio dei lavori. Lo sviluppo e la riqualificazione del Porto vecchio rappresentano la crescita della città sia in termini di qualità della vita e sostenibilità sia dal punto di vista economico e turistico. In questa direzione stiamo procedendo velocemente e con determinazione». Non mancano i commenti di chi ha lavorato con lo stesso obiettivo nella precedente legislatura e dunque rivendica i meriti. «I 50 milioni - ricorda Debora Serracchiani -, frutto di un lavoro paziente e tenace che abbiamo intessuto con i governi di centrosinistra, e anche di dialogo con il Comune di Trieste, sono l'innesco per il recupero degli edifici storici e l'infrastrutturazione dell'area. Il Museo del mare - prosegue l'ex presidente della Regione - potrà essere un volano per cominciare a rivitalizzare un'area dallo straordinario potenziale, su cui bisogna lavorare ancora molto. Confidiamo che si proceda speditamente sulla buona strada tracciata». Anche Roberto Cosolini plaude all'iniziativa della giunta regionale, sottolineando a sua volta l'azione della sua amministrazione: «Nostra l'idea di prevedere il Museo del mare in Porto vecchio e di inserire l'opera nella richiesta di fondi Fas. Ora però - avverte l'ex sindaco - mi auguro che il nuovo corso sia consapevole che realizzare una simile opera non significa mettere oggetti nelle sale. Serve invece un vero progetto scientifico culturale e dunque competenza e professionalità».

Marco Ballico

 

«La sdemanializzazione è illegittima»

Azione legale di Trieste libera che chiede di annullare l'intavolazione di Porto vecchio
La ridemanializzazione di Porto vecchio. Ovvero come neutralizzare l'emendamento dell'ex senatore Francesco Russo in due mosse. «Due azioni legali restituiscono al Porto franco internazionale di Trieste 60 ettari di infrastrutture portuali sottratte in violazione di legge», fanno sapere dal quartiere generale di Trieste libera di piazza della Borsa. In realtà si tratta per ora di un'intenzione. «Dal 29 maggio 2018 la International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste, Ipr Ftt, ha avviato due azioni legali a difesa del Porto franco internazionale di Trieste e dei diritti che hanno su di esso tutti gli Stati - fa sapere il segretario Paolo G. Parovel in un conferenza video in italiano e in inglese -. La prima azione è il ricorso al Tribunale per l'annullamento del decreto tavolare che nel dicembre 2016 ha intestato illegalmente al Comune di Trieste 60 ettari di infrastrutture portuali che appartengono al Porto franco internazionale del Free Territory of Trieste. La seconda azione legale è la notifica al sindaco e ad altre autorità locali della diffida ad utilizzare ed a vendere le infrastrutture di Porto Franco in violazione della legge». C'è una stima che riguarda i 60 ettari dell'area. «Il valore immobiliare di quelle infrastrutture portuali può essere valutato fra i tre e i cinque miliardi di euro e il loro valore funzionale, nel tempo, per i traffici internazionali, per la produzione industriale e per le attività finanziarie, è incalcolabile», spiega Parovel. Sotto accusa «un gruppo di politici e speculatori locali che ha tentato di sottrarre illegalmente quei beni al Porto Franco internazionale per venderli sul mercato immobiliare».

 

 

A Muggia ritorna la contestata ordinanza "antibici"
Centro storico off-limits per i ciclisti da oggi al 30 settembre - Multe da un minimo di 41 a un massimo di 168 euro
MUGGIA - Ciclisti, attenti alle sanzioni muggesane. A partire da oggi torna in vigore la tanto contestata ordinanza "antibiciclette". Il documento che aveva fatto ampiamente discutere la scorsa fine estate, dopo un anno di naftalina è pronto per tornare a regolare la viabilità all'interno del centro storico. Quattro le arterie off-limits per i ciclisti: corso Puccini, via Dante, calle Carducci e piazza Marconi. Il divieto di circolazione, operativo nella "stagione estiva", ossia dal primo giugno al 30 settembre, sarà applicato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 20, nonché in concomitanza di manifestazioni in piazza Marconi. Le quattro aree potranno essere percorse dai ciclisti solamente spingendo le biciclette a mano, la cosiddetta "spinta obbligatoria". Esclusi dall'ordinanza i velocipedi condotti dai minori di 10 anni che potranno muoversi senza limitazioni. I trasgressori saranno puniti secondo il Codice della strada con sanzioni che andranno da un minimo di 41 ad un massimo di 168 euro. L'ordinanza sarà in vigore sino al 30 settembre. Sostanzialmente un'area piuttosto circoscritta quella vietata ai ciclisti, tenendo conto del fatto che nella stesura iniziale dell'ordinanza l'area prettamente pedonale all'interno del centro storico di Muggia era stata individuata nelle vie, calli e piazze ricadenti all'interno dell'antica cinta muraria, racchiusa nelle vie Roma, Naccari, Manzoni, Sauro e in salita alle Mura. La Giunta Marzi ha ricordato che per ovviare all'assenza di un percorso alternativo per i ciclisti provenienti da strada per Lazzaretto - confermando che non si può entrare nel centro storico attraverso l'arco della cinta muraria del Mandracchio, essendo l'arteria a senso unico - è stato apposto un cartello stradale prima della galleria di via Roma in cui si fa riferimento alla possibile presenza dei velocipedi nella galleria stessa. Accessibile anche il percorso lungo calle Bacchiocco e piazzetta Galilei, itinerario che può permettere di costeggiare il Duomo collegandosi sino al piazzale Caliterna. L'ordinanza era stata fortemente contestata l'anno scorso da Fiab Ulisse, l'associazione di ciclisti presente sul territorio provinciale. Tramite l'ufficio legale dell'associazione, tre cittadini - Christian Bacci, Gaetano Maggiore e Carlo Canciani - avevano presentato, il 31 luglio 2017, un ricorso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti contro l'ordinanza. Inizialmente il Ministero aveva inviato al Comune una nota con la sospensione del documento, ma non essendoci stata alcuna bocciatura, il Comune aveva ripristinato l'ordinanza fornendo delle controdeduzioni. A seguito di un sopralluogo sul territorio del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, il Comune aveva ricevuto risposta da parte del Ministero in cui si metteva nero su bianco che il ricorso proposto dai tre residenti veniva respinto, definendo l'ordinanza legittima in quanto conforme alle disposizioni del Codice della Strada. L'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle ha voluto ricordare la bontà del progetto: «L'ordinanza non vuole essere discriminante, ma si impegna a tutelare la sicurezza di tutti i cittadini secondo un principio fondamentale quale il rispetto della convivenza. Per questo è stata modulata morbidamente attraverso stagionalità e orari precisi, in modo da non ledere l'interesse di nessuno».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 maggio 2018

 

 

Ferriera di Servola - Un mese di stop all'altoforno per lavori di manutenzione
L'altoforno della Ferriera di Servola resterà spento per un mese per effetto di una serie di manutenzioni programmate, iniziate lo scorso martedì sera. Lo ha reso noto nella giornata di ieri l'Ufficio stampa di Siderurgica Triestina, che, proprio a proposito dello spegnimento dell'altoforno, avvenuto per l'appunto martedì, parla in una nota di «un'operazione senza precedenti», che è stata condotta «con scrupolo massimo e chirurgica attenzione». Un'operazione di fatto necessaria, viene spiegato, «per procedere ai lavori di manutenzione programmati da aprile e riguardanti la parte del "crogiolo"». Il riferimento, in questo caso, è all'«enorme recipiente in cui vengono fusi i metalli», che risale ormai al lontano 1991, descritto dall'ingegnere "regista" di tale operazione, come «un arzillo anziano in ottima salute, che però, data la sua età, necessita di puntuali controlli». Proprio in conseguenza di questi «scrupolosi controlli», è stato rilevato ultimamente «un andamento meno preciso delle temperature» evidenziato da una serie di strumenti, le cosiddette «termocoppie», «di cui - si legge ancora nella nota dell'Ufficio stampa di Siderurgica triestina - l'altoforno è stato dotato in epoca recente, dopo l'arrivo dell'attuale proprietà».«Se gli indicatori hanno marcato la necessità di intervenire con lavori di manutenzione atti a ripristinare il crogiolo riportandolo alla condizione iniziale - spiegano ancora da Servola - i costanti monitoraggi hanno permesso di programmare lo stop dell'altoforno con largo anticipo». Tecnicamente, si è reso necessario «praticare un foro atto a permettere la fuoriuscita della ghisa liquefatta e rovente, definita "Salamandra", e controllarne il regolare accumulo negli appositi stampi di sabbia creati ad hoc e chiamati "campetti". Un procedimento apparentemente semplice, condotto da esperti che ne hanno governato con sicurezza ogni fase». Il tutto, viene quindi rimarcato alla fine della nota, è andato in scena «sotto l'occhio dell'Arpa».

 

 

Caldo "tropicale" di notte in città - Trieste prima in Italia per le temperature tra martedì e ieri
A Trieste la notte più calda d'Italia. Il primato, che riguarda il meteo, è stato stabilito nelle ore a cavallo tra martedì e ieri, quando nel capoluogo giuliano - unica città italiana - è stata registrata la temperatura minima media di 22 gradi, da alcune rilevazioni nazionali. Seguono con 21 gradi nella classifica Ancona, Bari, Brindisi, Caltanissetta, Catania, Genova, Messina, Napoli, Pesaro, Pescara, Reggio Calabria, Roma e Taranto. L'Osservatorio meteorologico regionale del Fvg rende noto che una temperatura minima media notturna così alta, nel mese di maggio, non si raggiungeva a Trieste da più un secolo, per la precisione dal 1868. All'epoca il record era stato di 21,9 gradi. Le temperature di questo maggio triestino non solo sono più elevate del solito ma si protraggono per un periodo di tempo anch'esso eccezionale: con oggi sono ben otto i giorni con minime notturne superiori ai 20 gradi, che danno luogo a quelle che in gergo sono chiamate «notti tropicali». Le notti simili nel 2009 erano state sette. Come anticipato il fenomeno è correlato alla presenza del mare, capace di amplificare e influenzare le variazioni di temperatura sulla costa. Negli scorsi giorni le acque del golfo triestino hanno raggiunto i 23 gradi: decisamente sopra la media mensile. Ciò impedisce che di notte avvenga un raffreddamento generale dell'aria nelle zone circostanti. Il fenomeno è a sua volta da ricondursi al fatto che, da un mese e mezzo, le temperature esterne sono più alte della norma e riscaldano di conseguenza anche quelle del mare. Dal momento che l'acqua marina tende ad accumulare calore e a mantenere una temperatura invariata tra notte e giorno, viene a mancare quel fattore di raffreddamento naturale costituito dalla presenza del terreno, che invece è riscontrabile in pianura. Il quadro è completato da un ulteriore fattore di riscaldamento. La combinazione di giornate lunghe e notti corte tipica di questo periodo dell'anno aumenta infatti l'effetto di accumulo di calore, da parte del mare, esposto ai raggi solari più a lungo che in altri mesi. La sua temperatura media a maggio si attesta sui 20 gradi, contro i normali 17: non accadeva dal 2007.

Lilli Goriup

 

 

Acque di nuovo pulite all'Antica Diga, il bando può decollare
Si può tornare a fare il bagno nelle acque dell'Antica Diga. Nelle prossime ore il sindaco revocherà il divieto di balneazione ordinato il 18 maggio scorso a causa del superamento dei limiti dei valori di "enterococchi intestinali", ovvero di batteri presenti nelle feci, in quel tratto di mare. Ieri pomeriggio, infatti, l'Arpa ha inviato al Comune i risultati delle analisi dell'ulteriore campionamento effettuato lunedì scorso nello specchio d'acqua che circonda la Diga foranea di Porto Vecchio. Gli elaborati hanno rilevato che i valori sono ritornati nei limiti imposti. Allarme rientrato, quindi, e via libera a tuffi e immersioni. Non appena Dipiazza firmerà l'ordinanza di revoca del divieto di balneazione, l'atto verrà trasmesso direttamente alla Capitaneria di porto, che provvederà a rimuovere la cartellonistica indicante la proibizione sistemata il 18 maggio. Una notizia che non potrà che avvantaggiare anche il bando per la concessione demaniale della Diga, appena ripubblicato dall'Autorità di sistema portuale dell'Adriatico orientale. Un bando che antepone, alle offerte per i canoni di concessione, la validità del progetto di chi intende riavviare quello stabilimento ormai chiuso da due anni. La superficie da destinare a stabilimento si è ridotta a seguito dell'affidamento della concessione della radice, dalla parte verso il molo, alla Saipem. Il campionamento che aveva evidenziato la presenza di contaminazioni fecali era stato effettuato lo scorso 17 maggio. Come previsto, in seguito all'entrata in vigore del Decreto ministeriale del 30 marzo 2010, se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori limite, si impone venga adottato un protocollo che include l'interdizione temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a seguito di un ulteriore controllo dopo sette giorni, l'area viene riaperta. Entro 72 ore dal campionamento del 17 maggio, i tecnici Arpa hanno effettuato quindi un'altra indagine. E lunedì scorso l'ulteriore controllo, che ha dato esito favorevole.

di Laura Tonero

 

 

Troppi treni a Barcola, ci vogliono barriere acustiche - La lettera del giorno di Lamberto Bello
Abito con la mia famiglia a Barcola in una casa indipendente dal 2010. Consapevoli della vicinanza alla linea ferroviaria, prima dell'acquisto, valutammo che il traffico ferroviario (soprattutto i rumorosissimi treni merci) non fosse così frequente e invasivo. Abbiamo destinato una porzione della nostra casa a un'attività di ricezione turistica e da due anni a questa parte la situazione è diventata insostenibile. L'inquinamento acustico è quadruplicato e la qualità di vita di tutti i residenti è drasticamente peggiorata. Impossibile dormire con le finestre aperte, problemi di corrente galvanica dovuti allo scarico a terra dell'elettricità, case con preoccupanti crepe ai muri, persone con problemi d'insonnia, problemi di ricezione delle antenne televisive, il tutto spesso evidenziato da strombazzanti "saluti alla città" dei macchinisti, anche se i passaggi avvengono ben oltre la mezzanotte o di primo mattino. La nostra attività ne ha parecchio risentito in quanto le recensioni ricevute da due anni a questa parte mettono sull'attenti i potenziali ospiti futuri rimarcando l'evidente disagio e chi soggiorna da noi una volta poi non pensa certo di ripetere l'esperienza. Passano convogli merci con fino a 40 container dalla durata infinita e spesso con frequenze serrate di cinque minuti l'uno dall'altro, senza contare l'aggiunta dei treni passeggeri. È di questi giorni la pubblicazione del record del traffico dei treni merci aumentato del 26,6 % (me ne sono accorto). Da profano, mi chiedo se è un'utopia ridurre i passaggi o smistare diversamente le corse evitando che tale giornaliero frastuono attraversi il cuore della più rinomata riviera cittadina in pieno centro abitato o, come discusso e ampiamente segnalato in sede di assemblea il lontano 9 novembre 2017 nella Sala parrocchiale di Barcola alla presenza del vice sindaco Roberti e degli assessori Polli e Lodi, si possa provvedere all'installazione di barriere acustiche nelle zone più esposte che darebbero modo di presentare ai numerosi turisti una riviera acusticamente meno inquinata e allevierebbero in parte il sistema nervoso di migliaia di cittadini residenti in questa area.

 

 

Trieste - Si parla di ecoreati alla Stazione centrale

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente, in collaborazione con ProgettiAmoTrieste, organizza alle 18 allo Spazio Trieste Città della conoscenza (all'interno della Stazione centrale, ala destra) l'incontro pubblico "Gli ecoreati, tre anni dopo", a tre anni dall'entrata in vigore della legge sui delitti contro l'ambiente. Con Matteo Fermeglia (Università di Udine e Trieste), Franco Sturzi (Arpa Fvg) e l'avvocato Antonio Cattarini.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 maggio 2018

 

 

Check sulle acque attorno alla Diga - il caso
Oggi si saprà se nelle acque prospicienti l'Antica Diga si potrà nuovamente nuotare. Dopo lo stop alla balneazione ordinato il 18 maggio scorso dal sindaco Roberto Dipiazza a causa del superamento dei limiti dei valori di "enterococchi intestinali", ovvero di batteri presenti nelle feci, in quel tratto di mare, lunedì scorso i tecnici dell'Arpa hanno provveduto ad effettuare un nuovo campionamento. Ieri i laboratori hanno elaborato i risultati che in giornata verranno spediti al primo cittadino e agli uffici tecnici del Comune. Se le analisi avranno esito favorevole, Dipiazza potrà disporre la riapertura alla balneazione di quello specchio acqueo. Il campionamento che aveva evidenziato la presenza di contaminazioni fecali era stato effettuato lo scorso 17 maggio. Come previsto in seguito all'entrata in vigore del Decreto ministeriale del 30 marzo 2010, se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori limite, si impone venga adottato un protocollo che include l'interdizione temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a seguito di un ulteriore controllo dopo 7 giorni, l'area viene riaperta. In caso di esito sfavorevole, resta invece vietata alla balneazione fino a quando l'analisi non sarà favorevole. Entro 72 ore dal campionamento del 17 maggio, i tecnici Arpa hanno effettuato quindi un'altra indagine. E lunedì scorso l'ulteriore controllo. Se l'esito sarà favorevole, il sindaco disporrà vengano rimossi i cartelli che indicano il divieto di balneazione e darà così il via libera a bracciate e tuffi. Non è la prima volta che si verifica una contaminazione nella acque prospicienti la Diga foranea del Porto Franco Vecchio. Già nel 2016, per l'esattezza il 14 giugno, un campionamento da parte dell'Arpa aveva evidenziato valori oltre i limiti, in quel caso, di "escherichia coli", un altro batterio di comune riscontro nell'intestino di uomini e animali. Il sindaco anche in quel caso, come previsto dal protocollo, aveva disposto il divieto di balneazione. Che revocò, a parametri rientrati, dieci giorni dopo. Quel punto di campionamento dunque non è nuovo a superamenti dei limiti. L'ipotesi di una responsabilità del sistema fognario, anche nel caso della recente contaminazione, è stata esclusa da AcegasApsAmga che ritiene non si tratti di una conseguenza dello scarico in mare del torrente Chiave, che ha sbocco proprio nei pressi del Molo 0. L'azienda propende invece per l'ipotesi che a causare quel superamento dei valori limite sia stato lo scarico di liquami in mare da una nave. Valutando anche la possibilità che l'imbarcazione in questione non sia passata necessariamente in prossimità della Diga, e che le correnti possano aver giocato un ruolo fondamentale.

(l.t.)

 

LO DICO AL PICCOLO - Rifiuti, Legambiente ripulisce Canovella de' Zoppoli   -   (vedi articolo di Andrea Wehrenfennig)
In seguito al monitoraggio "Beach Litter" svolto da Legambiente a fine aprile su 72 spiagge italiane, è stata trovata una media di 620 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. L'80% degli oggetti trovati è di plastica; sul 95% delle spiagge sono stati rinvenuti rifiuti di plastica usa e getta. A Canovella sono stati censiti ben 918 rifiuti, per il 96,5% di plastica: soprattutto pezzi di reti per la coltivazione dei mitili (quasi il 40%), frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc.Su scala europea, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall'Unione europea, il marine litter costa 476,8 milioni di euro all'anno. Una cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca perché non è possibile quantificare l'impatto su tutti i comparti dell'economia. In particolare, il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge dell'Unione europea è pari a 411,75 milioni di euro. Così nei giorni scorsi i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista e dei richiedenti asilo organizzati dall'Ics, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella de' Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.

Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste

 

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 29 maggio 2018

 

 

Gas Natural rinuncia al Rigassificatore a Zaule: considerazioni di Legambiente

“C'è molto da imparare dal caso del rigassificatore di Zaule” commenta Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste, perché “la vertenza ambientale in realtà riguardava la strategia energetica nazionale e la democrazia partecipativa, cioè quanto i cittadini possono incidere su decisioni che riguardano la loro vita”.

Quando nel 2005 e 2006 sono stati presentati i progetti di un rigassificatore a terra (Gas Natural) e di un altro al largo di Grado (Endesa), a cui solo nel 2008 si è aggiunto il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse (Snam), Legambiente con le altre associazioni ambientaliste (WWF, Comitato per la salvaguardia del golfo) ha studiato a fondo i progetti e tutta la documentazione, concludendo che i problemi ambientali e di sicurezza erano troppo rilevanti per poter accettare questi progetti. Gli effetti dell'acqua fredda e del cloro sugli ecosistemi marini e sulla pesca, il rischio di incidenti rilevanti per le industrie vicine e per la popolazione circostante a Muggia e a Trieste, gli ostacoli alla movimentazione delle altre navi, il problema dei sedimenti marini inquinati da sostanze tossiche quando sarebbe stato collocato il gasdotto: gravissimi danni previsti per l'ambiente e gravissimi rischi per la popolazione, mentre la strategia energetica nazionale puntava a decine di rigassificatori su tutte le coste italiane, senza nessun criterio di scelta e priorità. A queste considerazioni si è aggiunta una gestione del progetto da parte di Gas Natural che non ha mai accettato un confronto pubblico, ha addirittura presentato dati falsificati (ma la magistratura ha archiviato le nostre denunce) e in compenso ha denunciato per diffamazione un socio di Legambiente che riferiva notizie della stampa internazionale, soprattutto spagnola, sul comportamento della Gas Natural Fenosa in America Latina.
Nel 2006 le associazioni, alcuni comuni come Muggia e San Dorligo e buona parte della popolazione avevano già formulato un giudizio negativo sul progetto rimasto (della Gas Natural) mentre i media, il governo, la politica locale e nazionale, il Comune di Trieste e la Regione, i sindacati e gli imprenditori, erano tutti convinti sostenitori di questo brutto progetto.
L'impegno costante degli ambientalisti (raccolta di firme, ricorso al TAR del Lazio, incontri e manifestazioni, diversi numeri speciali della rivista Konrad) è stato sostenuto da numerosi scienziati ed esperti triestini, riuniti nel Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste, che ha svolto un'efficace azione di analisi e informazione scientifica sui rischi del progetto e sulle possibili alternative.
Il clima è cambiato quando infine anche l'Autorità portuale ha dovuto prendere atto che il rigassificatore a Zaule avrebbe potuto ostacolare o perfino paralizzare in alcuni momenti i movimenti delle petroliere e delle portacontainer, frenando proprio le attività fondamentali del porto. Nuove forze si sono aggiunte, è nato il coordinamento “Trieste dice no al rigassificatore”, e gradualmente le forze politiche e il Comune di Trieste, la Provincia e la Regione hanno presentato anche loro dei ricorsi al TAR, dando quindi ragione alle associazioni che lo avevano fatto già nel 2006.
In questi lunghi anni, solo due nuovi rigassificatori sono stati realizzati in Italia: uno al largo di Rovigo e uno al largo di Livorno (su una nave), nessun rigassificatore a terra. La nuova strategia energetica nazionale dice chiaramente che punta sui gasdotti e che a breve termine non occorre costruire nuovi rigassificatori.
Evidentemente Gas Natural ha preso atto della situazione: nel febbraio 2018 ha venduto la sua rete di distribuzione del gas in Italia (presente soprattutto in Italia meridionale) alla Edison e si è quindi ritirata dal mercato italiano, lasciandoci solo il brutto ricordo dell'arroganza dimostrata verso i triestini.
Abbiamo però anche dei bei ricordi sulla partecipazione di tanti volontari, sia semplici cittadini che esperti e scienziati, dell'Italia e della Slovenia, tra cui ricordiamo l'amico Daribor Zupan, prematuramente scomparso: dirigente di Legambiente, ingegnere chimico, ex preside dell'Istituto Ziga Zois di Trieste, autore di un bellissimo video con animazioni e interviste ad esperti, una vera introduzione al problema del rigassificatore. A lui dedichiamo questa meritata vittoria dei diritti dei cittadini e dell'ambiente.
Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 maggio 2018

 

 

Gas Natural rinuncia al rigassificatore - Il passo indietro dopo 14 anni. La struttura doveva sorgere nella zona di Zaule
La comunicazione in un documento inviato al ministero dello Sviluppo economico - vedi l'articolo
Gas Natural Italia rinuncia una volta per tutte al progetto del rigassificatore di Zaule. Lo attesta un documento, firmato dal presidente del consiglio d'amministrazione della società Javier Hernández Sinde, inviato lo scorso 22 maggio al Ministero dello sviluppo economico italiano. Si conclude così un'odissea durata 14 anni, durante i quali la possibilità che il golfo venisse solcato settimanalmente da enormi navi gasiere ha pesato sullo sviluppo portuale e sull'ambiente triestino come una spada di Damocle. La lettera di rinuncia è stata inviata per conoscenza a innumerevoli altre istituzioni italiane, non ultimi i principali attori del Friuli Venezia Giulia: la Regione e il Comune di Trieste. Nel lungo testo l'azienda rileva come ormai siano trascorsi 14 anni dall'avvio del progetto per il terminale di rigassificazione. In questo lungo intervallo di tempo, prosegue Gas Natural, la società si è fatta carico dei costi di sviluppo, definiti «di estrema rilevanza», lamentando come ad oggi non sia ancora stato concluso il procedimento autorizzativo. Nel frattempo, considera ancora la società, il contesto del mercato italiano e internazionale è «profondamente mutato». Ciò avrebbe compromesso «in maniera sostanziale» la sostenibilità economico-finanziaria del progetto del terminale. In questo contesto Gas Natural sostiene di essersi trovata «costretta» ad assumere la decisione di rinunciare al progetto, «anche al fine di non aggravare ulteriormente i danni economici fino ad oggi subiti». Da queste premesse nasce la volontà di comunicare a tutti gli interlocutori la scelta di rinunciare al procedimento autorizzativo, «nonché ad ogni altro procedimento presupposto o comunque connesso ai fini della realizzazione del terminale di rigassificazione». Il passo indietro interessa anche i procedimenti già conclusi, e in particolare il rilascio della valutazione di impatto ambientale e le altre approvazioni ottenute dal progetto. Quali erano le caratteristiche del rigassificatore? Il progetto prevedeva un impianto on-shore della capacità di 8 miliardi di metri cubi all'anno, destinato a sorgere nella zona portuale di Zaule. La struttura avrebbe dovuto essere composta da due serbatoi criogenici di gas naturale liquefatto (Gnl) da 140 mila metri cubi ciascuno, cinque vaporizzatori di acqua di mare, due vaporizzatori a fiamma sommersa che avrebbero dovuto funzionare come «back-up» e anche come sistema di emergenza. L'installazione sarebbe stata completata da un pontile per l'attracco di navi metaniere della capacità compresa tra 70 e 145 mila metri cubi. L'azienda contava di realizzare il prodotto in tre anni, una volta concluso l'iter autorizzativo. Ma quest'ultimo, com'è noto, ha incontrato da subito la fiera opposizione dei comitati ambientalisti e, con il passare degli anni, anche la contrarietà delle istituzioni che in principio avevano salutato con favore l'arrivo della multinazionale spagnola e del suo terminale. Il ruolo degli impianti di rigassificazione nel sistema energetico europeo è dibattuto. Se alcuni punti di vista li identificano come un'utile alternativa ai gasdotti russi, altri contestano la necessità di moltiplicare gli impianti. Secondo un comunicato rilasciato nelle settimane scorse dal MedReg, l'Authority per l'Energia del paesi del Mediterraneo, l'insufficiente domanda di mercato è il principale ostacolo ai nuovi investimenti infrastrutturali. L'ente cofinanziato dall'Ue osserva anche che Spagna, Portogallo, Italia e Francia sono Paesi dotati di capacità di stoccaggio più che sufficienti a rispondere a picchi di domanda e crisi.

Giovanni Tomasin

 

La storia infinita di uno "spettro" - Dal primo sì del 2004 alla contrarietà di Serracchiani e anche di Dipiazza
C'era una volta il presidente della Regione Riccardo Illy, che diede il via libera al progetto del rigassificatore. C'era anche il sindaco Roberto Dipiazza che, in un precedente mandato, riteneva fosse un'occasione di sviluppo della città. C'era addirittura un ministro dello Sviluppo economico come Corrado Passera (poi eclissatosi dai radar della politica), che riteneva fosse «un impianto-chiave per lo sviluppo del territorio e un'opportunità per il nostro Paese». Lo definiva addirittura «l'unico modo per alleggerire la bolletta e per far crescere l'occupazione». Il progetto viene presentato da Gas Natural al ministero delle Attività produttive nell'ormai lontano luglio del 2004. Con quell'atto la multinazionale dell'energia chiede l'avvio della procedura autorizzativa. Nel gennaio del 2005 la società inoltra alla Regione Fvg la richiesta, in quanto ente competente ad esprimersi ai fini del rilascio dell'autorizzazione. Sono momenti di grazia per il progetto. L'assessore regionale alle infrastrutture Lodovico Sonego (giunta Illy) ne parla così nel 2006: «I rigassificatori sono utili al Paese, anzi sono necessari ed urgenti. Quattro mesi fa acquistavamo il giornale la mattina per sapere se il giorno dopo l'Italia avrebbe avuto gas a sufficienza per scaldare le case e far funzionare le fabbriche». Nel frattempo però passano degli anni: un risvolto nodale arriva nel luglio 2009, quando il ministero dell'Ambiente e quello per i Beni e le Attività culturali rilasciano una valutazione di impatto ambientale (Via) favorevole al progetto. La società avvia le attività necessarie alla realizzazione. Il sindaco Dipiazza, ai tempi, commenta così: «Rappresenta un'autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di gran lunga i costi». Così invece Luca Ciriani, allora assessore regionale della giunta Tondo (ora senatore FdI): «È una buona notizia purché costituisca un vantaggio per il bene della città». Per un periodo, all'inizio degli anni Dieci, il progetto viene considerato come un possibile strumento occupazionale alternativo alla Ferriera: l'idea trova l'appoggio del centrodestra regionale, ma non quello del Pdl locale, che per l'occasione si schiera con il sindaco dem (ed ex assessore illyano) Roberto Cosolini. Col tempo anche la giunta Tondo si rivolta contro il progetto. La botta più pesante arriva nel 2013, quando l'Autorità portuale guidata da Marina Monassi spiega che l'impianto «non è compatibile con lo scalo triestino, che registra traffici navali, movimentazioni delle merci e dei passeggeri in continua crescita e con un esponenziale sviluppo previsionale». Anche i suoi successori alla Torre del Lloyd manterranno una posizione analoga. Così come farà sempre muro anche la giunta regionale guidata da Debora Serracchiani, nonché il Roberto Dipiazza al terzo mandato, ormai convinto dell'inopportunità del progetto. Nonostante le contrarietà di tutte le istituzioni locali, però, il progetto non muore mai. Continua a rispuntare da qualche corridoio romano, ora in questa ora in quella veste. Un altro macigno arriva nel 2016, quando il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda spiega che «non è un'opera strategica per il Paese, essendoci altri progetti già autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità di capacità di rigassificazione». Il progetto si barcamena ancora per un paio d'anni, fino all'abbandono definitivo dei giorni scorsi.

(g.tom.)

 

Comitati e istituzioni ora esultano insieme
Gli ambientalisti ma anche enti come Regione e Comune sono soddisfatti dell'abbandono della multinazionale
I primi a gioire sono gli ambientalisti che da sempre si oppongono all'opera, considerata pericolosa per la sicurezza e per l'ambiente di Trieste. Ma al coro si uniscono anche il nuovo assessore all'Ambiente regionale Fabio Scoccimarro, la sua collega comunale Luisa Polli e l'ex presidente regionale Debora Serracchiani, ora parlamentare dem, che durante il suo mandato ha opposto più volte a Roma la sua contrarietà al progetto. Dichiara Scoccimarro: «Prendiamo atto con soddisfazione della definitiva rinuncia di Gas Natural alla realizzazione del rigassificatore nell'area di Zaule, a Trieste». L'assessore ricorda che già nel luglio 2004, allora nelle vesti di presidente della Provincia giuliana, aveva espresso «forti perplessità per un insediamento non compatibile con il corretto sviluppo delle attività portuali». Aggiunge ancora Scoccimarro: «La scelta comunicata da Gas Natural rientra perfettamente nella linea programmatica espressa in campagna elettorale dall'attuale governatore della Regione, Massimiliano Fedriga ed è una posizione condivisa anche da tutte le forze politiche nell'arco degli ultimi anni». Così invece l'ex presidente della Regione Serracchiani: «Una vittoria del territorio raggiunta dopo una lunga e tenace lotta, che non si è mai fermata nel corso della legislatura regionale appena trascorsa. Una soddisfazione che ricompensa di tanto impegno messo da cittadini, associazioni e istituzioni, e un problema di meno per chi ha raccolto la nostra eredità». E ancora: «La svolta per noi si colloca nel momento in cui - indica Serracchiani - il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato non strategica l'infrastruttura energetica. Le ragioni dello sviluppo della portualità regionale, che rimane un punto cardinale a prescindere dal colore delle amministrazioni, hanno avuto il sopravvento su un progetto nel quale qualcuno ha creduto, ma - conclude - moltissimi altri no». Anche l'assessore comunale Polli non nasconde la soddisfazione: «In questi anni un allineamento di pianeti ha portato istituzioni come Regione e Comune a opporsi al progetto. Il risultato è che l'azienda si è sentita "spinta in un angolo" e ha dovuto prender atto del fatto che non è più possibile realizzare il progetto. La loro era ormai una lotta contro i mulini a vento». Ricorda ancora Polli: «Ho incontrato questa vicenda per la prima volta ai tempi in cui lavoravo in Regione, come amministrativa, e me la ritrovo ora in veste politica, dall'altra parte della barricata. Devo dire che è stata una battaglia lunga e faticosa per tutti gli enti coinvolti. L'ultima impugnativa fatta dalla Regione a guida Serracchiani e dal Comune a guida Dipiazza ha dato un colpo importante». Conclude Polli: «Il passo indietro di Gas Natural è un segnale positivo per un'area già appesantita da tante realtà, come la Ferriera e la Siot». Scrive infine il portavoce del coordinamento di FareAmbiente Fvg, Giorgio Cecco: «Apprendiamo con un sospiro di sollievo la notizia della rinuncia di Gas Natural vista la preoccupazione per un impianto che certo qui nessuno ha mai voluto e che, oltre ai rischi ed impatti ambientali, non aveva nessuna ricaduta positiva per la collettività. Per quando concerne invece il piano energetico regionale auspichiamo ora che la nuova amministrazione si faccia parte attiva per un dialogo e programmazione con i paesi confinanti verso una strategia energetica allargata, nel rispetto anche della sicurezza e della tutela ambientale».

(g.tom.)

 

 

NUOVE NORME UE - Stop alla plastica monouso. Obiettivo: difesa del mare

BRUXELLES - Nuove misure Ue sulla plastica monouso: messi al bando piatti, posate, cannucce, agitatori per bevande, bastoncini di cotone per le orecchie e bastoncini per palloncini. La Commissione europea propone quattro misure diverse per affrontare il problema dei dieci tipi di rifiuti in plastica che si trovano più comunemente nei mari e sulle spiagge. Questi prodotti potranno essere sostituiti con altri di materiali diversi dalla plastica. La Commissione vuole poi ridurre significativamente entro 6 anni l'uso di recipienti rigidi per alimenti pronti al consumo e di bicchieri monouso. Gli Stati potranno fissare obiettivi di riduzione o imporre che non siano offerti gratis. La direttiva impone il principio della responsabilità estesa del produttore per lo smaltimento di una serie di oggetti: contenitori per cibo rigidi o flessibili, contenitori per bevande, bicchieri, sigarette con filtro, assorbenti, salviette umidificate, palloncini, sacchetti di plastica, reti da pesca. In pratica, il produttore deve coprire il costo di raccolta, trasporto e trattamento di questi rifiuti, oltre che della pulizia di coste e mari. Alcuni prodotti dovranno portare sugli imballaggi informazioni sugli effetti negativi dei rifiuti di plastica, come avviene sulle sigarette: assorbenti, salviette umidificate e palloncini. Plauso all'Ue per la decisione da parte del Wwf.

 

Cellulari e lavatrici, incubo rifiuti - Due dispositivi su tre smaltiti male: si punta al recupero dell'usato. Progetto pilota ad Ancona

ROMA - I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) fanno parte della nostra vita quotidiana e aumentano ogni anno. Piccoli (cellulari, tablet, riproduttori musicali, pc, spazzolini elettrici, cuffie, torce, calcolatrici da tavolo) o grandi (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, ferri da stiro, aspirapolvere, tostapane, forni elettrici e a microonde, frullatori, radio) che siano. Come hanno dimostrato numerose indagini di mercato il comportamento dei consumatori quando si rompono è vario: molti li accumulano in garage e cantine (si stimano 400 milioni di pezzi), quelli piccoli finiscono nel "sacco nero" non sapendo bene in quale raccolta differenziata farli confluire, quelli grandi li diamo a chi ci porta quello nuovo altrimenti chiamiamo il servizio ritiro ingombranti del gestore dei rifiuti locali, se c'è. Molto resta da fare per informare i cittadini su come gestire questo tipo di rifiuto, destinato a diventare una componente importante del flusso di rifiuti urbani (fra il 3 e il 5%). Ad oggi in Italia sono state prodotte 800mila tonnellate di Raee, ma nel 2017 quelle raccolte legalmente sono state appena 296.000. Il resto finisce nei rifiuti normali o in sistemi di raccolta illegali, molto diffusi per il valore di mercato dei metalli presenti in questi rifiuti: tra il 2009 e il 2013 in Italia sono state 299 le discariche sequestrate. La criminalità organizzata trasporta i Raee laddove esistono distretti illegali di riciclaggio - Cina e Africa ad esempio - dove gli electronic waste non sono smaltiti correttamente. In Italia si stimano 12 chili di abitanti all'anno di Raee a persona e se ne raccolgono solo cinque. L'obiettivo della direttiva comunitaria è raccogliere e riciclare il 65% dei Raee, mentre oggi siamo al 37%. Una strada ancora lunga da percorrere. Un settore in rapida crescita: i Raee raccolti in Italia nel 2008 erano 65.000 tonnellate, in dieci anni la raccolta è quasi quintuplicata. Un flusso di rifiuti che va gestito correttamente perché da un lato è pericoloso e dall'altro invece ricco di risorse preziose come oro, argento e terre rare che si trovano soprattutto nelle schede elettroniche. All'orizzonte però si profila una nuova possibilità per i Raee, ancora prima che diventino rifiuti, ovvero l'opportunità della preparazione per il riutilizzo. Quando hai lo strumento che non funziona, il rivenditore cambia il pezzo rotto e se l'elettrodomestico può funzionare ancora lo reimmetto nel circuito dell'usato. Ad esempio, in provincia di Ancona è stato aperto un outlet che vende elettrodomestici rigenerati. Un'esperienza unica quindi, un nuovo mercato che deve essere promosso. Inoltre, ad agosto entrerà in vigore l'Open Scope, ovvero quanto previsto dal decreto legislativo 49/2014 che estende la tipologia dei prodotti elettrici ed elettronici soggetti alla normativa europea sui Raee a tutte le apparecchiature non esplicitamente escluse. Così nuovi oggetti di uso comune dovranno essere differenziati correttamente dai cittadini, con i relativi produttori coinvolti nella loro dismissione. Piuttosto che alimentare il ciclo di rifiuti dunque, è importante avviare quello del riuso, come vuole la nuova Direttiva europea sui rifiuti.

Alfredo De Girolamo

 

 

Nuovi stalli per le bici nel nome di Giuliano
In via del Teatro romano consegnati i tre spazi di sosta donati dalla vedova di un dipendente comunale
«È un segnale istituzionale», il segnale «di un Giuliano Valle che vivrà mantenendo lucida memoria di quello che è stato il suo pensiero, sempre concreto e proiettato avanti». Così si è espresso ieri l'assessore comunale ai Servizi al cittadino e ai Progetti speciali di pubblica utilità Michele Lobianco, nella doppia veste di assessore e assiduo praticante delle due ruote, affiancato dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, alla presentazione ufficiale, con la contestuale consegna alla città, in via del Teatro romano (ai piedi della scalinata, sul lato opposto all'Anagrafe), di tre stalli per la sosta delle biciclette donati dalla signora Valle, vedova di Giuliano Valle, il dipendente comunale recentemente scomparso, che era un ciclista appassionato, come è stato ricordato da colleghe e colleghi presenti. «La ringraziamo a nome dei cittadini che beneficeranno di questo atto di generosità, realizzato, tra l'altro, a tempo di record, per aver dimostrato grande sensibilità», un atto «molto più apprezzato in un'epoca in cui tutto fugge e passa senza riflettere sui valori più alti», ha aggiunto Lobianco rivolgendosi sempre alla signora Valle. L'assessore Polli ha sottolineato il «grande senso civico dimostrato con questo gesto, che fa del bene alla comunità nel ricordo del signor Valle»: «Un momento significativo al quale l'amministrazione ha voluto dare giusto rilievo, anche velocizzando l'iter procedurale, come fatto con la realizzazione de "Il sogno di Giulia", che approveremo oggi in sede di giunta. Contiamo comunque - ha detto ancora Polli - di riuscire a collocare tanti ulteriori stalli per offrire nuove opportunità alla mobilità ciclistica urbana dei cittadini».

 

 

MUGGIA - Terrapieno Acquario, è già polemica sulla ciclopedonale
MUGGIA - Non è stata ancora inaugurata ma fa già discutere la nuova ciclopedonale che costeggia il terrapieno Acquario. L'area è stata pochi giorni fa teatro di un investimento di un pedone da parte di un ciclista. Nulla di grave, anche se l'incidente ha fatto sorgere dei dubbi sulla reale opportunità di creare la commistione tra pedoni e biciclette in un'area che, trovandosi a ridosso degli scogli e quindi del mare, in estate sarà evidentemente utilizzata dai bagnanti creando un possibile "ingorgo". Il primo lotto della maxiopera pubblica, dopo quasi vent'anni di attesa, è oramai verso la fase della chiusura. Entro il mese di giugno l'amministrazione Marzi conta di poter aprire ufficialmente la zona offrendo così la possibilità di usufruire di uno spazio utilizzabile tanto dai ciclisti quanto dai bagnanti o dai semplici pedoni. Archiviata di recente la polemica sulla decisione da parte del Comune di mettere a pagamento le due aree parcheggio che sorgeranno all'inizio e alla fine del terrapieno, a cercare di fare un po' di chiarezza sul futuro dell'area è intervenuto l'assessore ai Lavori pubblici nonché vicesindaco, Francesco Bussani. «Innanzitutto siamo felici che nessuno si sia fatto male nell'incidente, fermo restando che nessuno dei due avrebbe dovuto trovarsi lì. L'area, se pur solo per una mera questione burocratica dato che i lavori sul piano tecnico sono conclusi, è al momento ancora preclusa alla fruizione. Di conseguenza, entrandovi, sia il ciclista sia il pedone hanno violato un divieto». Il percorso ciclopedonale del primo lotto si estenderà su una lunghezza di quasi un chilometro con una larghezza di due metri e mezzo, «come da prescrizioni degli Enti partecipanti alla Conferenza dei servizi». Il terrapieno inoltre è dotato di sezioni di larghezza variabile dai 14 ai circa 50 metri su una superficie di quasi 30 mila metri quadri. «Viene da sé come nel secondo lotto troveranno spazio, oltre alle aree verdi, non solo aree destinate alla balneazione, ma anche spazi ludico-ricreativi e chioschi», rassicura il vicesindaco. Per ora dunque si tratta di una «lunga passeggiata con accesso al mare dove i bagnanti potranno comunque già godere della scogliera con rocce che per la loro conformità ed il posizionamento permettono e ampliano ovviamente di molto anche la capacità di fruizione balneare». Nessuna preoccupazione dunque per Bussani, anzi, tutt'altro: «Il riutilizzo di quest'area a fini turistico-balneari rappresenta un incremento importante sia del fronte mare disponibile sia, soprattutto, delle aree a disposizione dei bagnanti proprio perché in genere la fascia costiera muggesana risulta compressa tra il mare e le alture retrostanti ed occupata per buona parte dalla viabilità dell'ex provinciale, mentre Acquario, nella sua estensione, permetterà di godere di spazi ben più ampi rispetto a quanto si è ad oggi abituati».

(r.t.)

 

 

In "Radici liquide" Cozzarini dà la caccia ai profittatori dei torrenti alpini - (vedi articolo)
C'è una silenziosa guerra dell'acqua che si combatte fra le montagne italiane. Negli ultimi anni sono spuntati come funghi impianti per il mini-idroelettrico, macchinari per la produzione di energia elettrica che rientrano nel novero delle energie rinnovabili, sorrette da incentivi statali. Da un capo all'altro delle Alpi, ma anche degli Appennini, è una corsa da parte di aziende private per accaparrarsi l'acqua dei torrenti montani. Tutto merito, appunto, degli incentivi statali per le rinnovabili, «pagati in bolletta (...) È la corsa all'oro: società per lo più private si lanciano a costruire centrali che rendono solo perché l'energia che producono viene venduta fino a tre volte il prezzo di mercato. E, anche se ora gli incentivi verranno ridotti, chi è riuscito a ottenerli ha un guadagno sicuro per vent'anni, che ripaga l'investimento iniziale». È un viaggio inchiesta fra monti e boschi del Nord Italia quello compiuto da Elisa Cozzarini, scrittrice, giornalista, regista, non nuova a imprese che vanno a curiosare oltre le apparenze, specie quando si tratta di natura. Passeggiando un giorno lungo un strada forestale Elisa Cozzarini è inciampata in un cantiere: «Avevano appena abbattuto alberi maestosi (...) Il torrente era lontano, ma bisognava allargare la via per raggiungerlo con le ruspe, per aprire il cantiere, scavare, buttare cemento, infilare tubi nella terra e prendere l'acqua». Perché, si è chiesta Cozzarini, d'improvviso tutta questa voglia di mettere le mani sui torrenti montani? L'autrice ha viaggiato, ha interrogato, ha raccolto storie dalla Valle d'Aosta al Friuli Venezia Giulia, finanziando la sua inchiesta tramite una campagna di crowdfunding e seguendo i destini di cinquanta torrenti. Il risultato è il libro "Radici liquide - Un viaggio inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini" (Ed. Nuovadimensione, pagg. 155, Euro 14,50), reportage che svela realtà poco note di un mondo, di una cultura, che rischia di perdersi fagocitata da una rete di interessi che poco hanno a che fare con la tutela dell'ambiente. Il libro verrà presentato a Trieste giovedì 7 giugno alle 18, al Caffè San Marco, assieme al biologo Dario Gasparo. Dopo "Acqua guerriera", reportage sul Piave, la cui acqua scompare, incanalata, intubata, ridotta a merce e violata, Elisa Cozzarini torna a difendere «il fluire impetuoso delle acque», che per lei «vuol dire libertà».

Pietro Spirito

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 maggio 2018

 

 

PORTO VECCHIO - Una cordata a sei per i magazzini 6 e 7

Societa' finanziarie e immobiliari: puntano su hotel e marina. In campo anche l'ex ministro degli Esteri Terzi di Sant'Agata

Il magazzino 6, affacciato sull'Adriatico, dove realizzare alberghi, ristoranti e negozi. Il gemello 7, alle spalle, per creare spazi a uso scientifico, sfruttando anche il waterfront da trasformare in un marina per super yacht. E provare poi a centrare anche l'opzione silo numero 9. «Ci presenteremo a un'eventuale asta», afferma il garante dell'operazione Tullio Cappelli Haipel. Si svela così il progetto della cordata di società fiduciarie e finanziarie nonché advisor, in cui compaiono anche l'uomo d'affari svizzero Paolo Andrea Mettel e il diplomatico Giulio Terzi di Sant'Agata, ex ministro nel governo Monti. Alcuni rappresentanti della cordata, tra cui lo stesso Mettel, negli scorsi giorni hanno avuto un incontro, promosso dal presidente dell'Interporto Giacomo Borruso, con il sindaco Roberto Dipiazza per rendere sempre più concreto il loro progetto in Porto vecchio. Le società possiedono pacchetti che raccolgono già i potenziali investitori: da albergatori ad armatori. L'area su cui hanno puntato gli occhi è adiacente a quella della cittadella Greensisam. Nello specifico i soggetti pronti a portare avanti l'importante operazioni sono sei. Si tratta della Finanziaria fiduciaria di Credito di Lugano, con presidente Mettel, presidente della European Global Energy, fortemente impegnata in Albania nella realizzazione di un mega rigassificatore a favore dell'Italia, socio e membro dell'Istituto per gli Studi di Politica internazionale. C'è poi la Sorgente group, holding italiana che opera attraverso alcune società dedicate anche alla gestione del risparmio e all'investimento immobiliare. Spuntano la Reag di Agrate Brianza, tra i leader europei nella valutazione e consulenza immobiliare, Nctm, studio legale che ha sedi da Milano a Shanghai, e Ima, Intermedia analisi, in cui compare anche l'ex ministro degli Esteri Sant'Agata. Tutte queste realtà impegnate nel progetto verranno seguite dalla Trieste international global trading (Tigt), presieduta da Mettel con vice Borruso, che da Trieste coordinerà il piano. Alla visita degli scorsi giorni era presente anche Antonello Pezzini che, oltre a essere primo consigliere e questore del Comitato economico e sociale europeo, organo consultivo dell'Ue, viene definito altamente competente per le procedure europee di finanziamento per i Paesi dell'Unione. Tutti questi attori hanno in mano già un masterplan, redatto dal triestino Corrado Del Ben, che coinvolge i magazzini 6 e 7, e la marina fra il moli II e III, per poi procedere eventualmente con un ampliamento. L'obiettivo è realizzare strutture ricettive di lusso e a tre-quattro stelle, ristoranti e servizi commerciali, ma non di grande distribuzione. Mentre il pacchetto scientifico potenzierebbe il ruolo di Trieste, viene specificato, sviluppando temi quali la cultura del mare, con il Museo dell'Antartide, attraverso "consolidati progetti italo-francesi in Antartide", collaborazioni relative a Esof 2020 e la partecipazione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile e l'Agenzia spaziale europea. In questa sede, si spiega, Trieste avrà un impegno di informazione e formazione, anche verso i Balcani, come previsto dal forum del luglio dell'anno scorso che si è svolto in città. Il gruppo, che attende dal Comune le direttive su come procedere, andrà avanti con il benestare di Cappelli Haipel, vicepresidente dell'Istituto internazionale di Studi sui Diritti dell'uomo, membro dell'Unesco e del Consiglio d'Europa, in questo caso garante della reciproca trasparenza delle parti. Sono tutti pronti, dunque, ma a una condizione: «Solo se certi delle approvazioni locali».

(b.m.)

 

 

Museo Ferroviario pronto in anticipo - Il direttore generale di Fondazione Fs Cantamessa: «Intervento chiuso a fine 2019»
Il Museo Ferroviario riaprirà al pubblico con un anno di anticipo rispetto a quanto preventivato all'inizio dei lavori. Ad annunciarlo Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs, che dal 10 maggio è ufficialmente titolare dell'immobile. «Saremo pronti già alla fine del 2019 - spiega - per quanto riguarda l'ala di via Giulio Cesare, per la quale abbiamo già ricevuto i finanziamenti. E la Fondazione ha rilevato anche la collezione museale e le carrozze, perché rientrando in un'unica gestione - sottolinea - potremo avviare precisi investimenti in futuro per valorizzare al massimo il complesso. Ricordo poi - aggiunge - che manca ancora il finanziamento per tutto il resto, sarà mia premura cercare nuove risorse a tempo debito, anche attraverso tavoli da avviare con la Regione, per capire come sarà possibile progredire con l'opera di recupero totale. Anche per la volta originale, che permetterebbe di creare una splendida piazza coperta». Dal 9 maggio scorso sono apparse le impalcature all'esterno. Serviranno nei prossimi mesi a sistemare il tetto dell'edificio, gravemente compromesso dalle infiltrazioni. «È la primissima fase della grande ristrutturazione generale - prosegue Cantamessa - che riguarderà facciate e tetto. Quando sarà ultimata, per ora non possiamo ancora definirlo». Il museo ormai è chiuso al pubblico, ma dentro si alternano senza sosta i volontari, con lo scopo di tutelare e preservare tutti gli oggetti, i plastici e i pezzi di storia conservati con cura nei diversi ambienti. «In pratica facciamo i custodi - ricorda Maurizio Fontanot, uno dei volontari storici del museo - nelle zone non interessate dal cantiere. Abbiamo smontato tutto ciò che non poteva restare all'interno, abbiamo coperto o spostato ogni cosa e insieme alla Soprintendenza abbiamo proceduto anche alla catalogazione. Perché al museo ci teniamo tanto. Lo scorso anno siamo stati anche al centro di una polemica, quando abbiamo dovuto chiudere in piena stagione, ma era necessario per lo stato in cui versava la struttura. Ora siamo fiduciosi per il futuro, certo come volontari siamo coinvolti parzialmente nel progetto di ristrutturazione, ma intanto controlliamo, siamo presenti, continuiamo a mantenere intatto il grande patrimonio esistente». Il cantiere è iniziato dopo un lungo iter, velocizzato dopo la sigla del Protocollo d'intesa del 18 luglio 2017, con cui è stato definito il percorso di riqualificazione del complesso, con un documento firmato da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Ferrovie dello Stato Italiane, Rete Ferroviaria Italiana, Fondazione Fs Italiane e Comune di Trieste. Lo scorso febbraio l'edificio era stato interessato da un sopralluogo, alla presenza dello stesso Cantamessa, di Mauro Moretti, presidente della Fondazione Fs, e di Giuseppe Albanese, direttore territoriale Produzione Fvg di Rete Ferroviaria Italiana. Come annunciato in quell'occasione da Sovrintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, le prime opere avviate sarebbero state necessarie per tutelare l'immobile nelle sue necessità più urgenti. Seguiranno poi le gare per i diversi appalti, che porteranno ai successivi step, per far ritornare il museo fruibile a tutti. Procede quindi la strada verso la rinascita del complesso, molto amato dai triestini e anche dai tanti turisti che ogni anno affollavano gli spazi interni ed esterni, per un sito unico nel suo genere in Italia, una stazione-museo, collegata alla rete ferroviaria dove, a opere concluse, potranno partire o arrivare treni storici.

Micol Brusaferro

 

Patrimonio - La ferrovia portuale in un libro-progetto

Domani alle 11, all'Hotel Duchi D'Aosta, sarà presentato il libro "Trieste, il porto e la ferrovia", progetto sviluppato da Italia Nostra e Ferstoria , in collaborazione e con il contributo di Autorità portuale, Adriafer srl, Ferrovie Udine-Cividale e Micotra, per valorizzare, almeno in parte, l'impianto storico ferroviario-portuale.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 27 maggio 2018

 

 

Spiagge e Fondali Puliti 2018 di Legambiente : centinaia di azioni di pulizia dal 25 al 27 maggio in tutta Italia e anche in Friuli Venezia Giulia.

I volontari hanno raccolto rifiuti di ogni genere sulla spiaggia di Canovella de' Zoppoli (Comune di Duino Aurisina).
In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine aprile su 72 spiagge italiane, è stata trovata una media di 620 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. L’80% degli oggetti trovati è di plastica; sul 95% delle spiagge sono stati rinvenuti rifiuti di plastica usa e getta. A Canovella sono stati censiti ben 918 rifiuti, per il 96,5% di plastica: soprattutto pezzi di reti per la coltivazione dei mitili (quasi il 40%), frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc. Dal sito nazionale di Legambiente www.legambiente.it/ si può scaricare l'indagine Beach Litter 2018. L’indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science, ovvero il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono trasmessi i dati dell’indagine per completare il quadro a livello europeo. Su scala europea, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall'Unione europea, il marine litter costa 476,8 milioni di euro all'anno. Una cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca perché non è possibile quantificare l’impatto su tutti i comparti dell’economia. In particolare, il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge dell’Unione europea è pari a 411,75 milioni di euro. Ma il problema più grande è che i rifiuti non scompaiono. Dispersi nell’ambiente, si degradano ad opera di raggi UV, vento, moto ondoso e altri fattori, e si frammentano in pezzi sempre più piccoli, impossibili da rimuovere e da individuare: le micro-plastiche (frammenti di dimensione minore di 5 mm) hanno una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla. Per prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter e si attivano per ripulire le spiagge. Sabato 26 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista e dei richiedenti asilo organizzati dall'ICS, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste
 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 maggio 2018

 

 

A Muggia opposizione all'attacco di Litteri sul nodo differenziata
L'assessore sotto accusa per la gestione della raccolta rifiuti - «Via la delega all'Ambiente». Domani la mozione in Consiglio
MUGGIA - La richiesta di revoca della delega all'Ambiente all'assessore Laura Litteri. Sarà indubitabilmente questo il piatto forte della prossima seduta del Consiglio comunale di Muggia che si riunirà domani alle 19.30. La mozione con cui si impegnerà il sindaco Laura Marzi a revocare, come previsto dall'articolo 25 dello Statuto comunale, la delega a Litteri, considerata la principale artefice del flop della raccolta differenziata dei rifiuti, è stata sottoscritta da tutti e sei i partiti di opposizione. Si sono ritrovati d'accordo dunque Forza Muggia-Lista Dipiazza, Movimento 5 Stelle, Obiettivo comune per Muggia, Lega, Meio Muja e Fratelli d'Italia, cosa in effetti non semplice vista l'eterogeneità delle forze politiche in questione. Riallacciandosi all'avvio problematico del porta a porta e all'«assenza di uno studio di fattibilità che tenga conto della conformità urbanistica del territorio e delle diverse tipologie di utenze esistenti», l'opposizione, in modo compatto, ha altresì ricordato la mancata preventiva ed adeguata campagna informativa sul nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, mettendo poi sul piatto della bilancia le continue segnalazioni di disservizi e disagi subiti dai cittadini e dei commercianti e la necessità di salvaguardia dell'igiene e del decoro urbano. Rievocando poi le numerose manifestazioni di protesta dei cittadini che hanno ottenuto l'appoggio anche di sindacati e associazioni, tutti i consiglieri d'opposizione fanno riferimento nell'atto a una «manifesta incapacità dell'assessore delegato del sindaco (Laura Litteri, ndr) a ricoprire l'incarico di assessore all'Ambiente». Nella mozione è stato citato l'articolo 27 dello Statuto comunale di Muggia in cui si evidenzia come il sindaco, «capo dell'amministrazione comunale e responsabile dell'amministrazione dell'ente», abbia «competenza e poteri di indirizzo, vigilanza e controllo in ordine all'attività degli assessori». Il documento è stato firmato da Stefano Norbedo, Giulia Demarchi, Andrea Mariucci (Forza Muggia-Dpm), Emanuele Romano (M5s), Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia), Giulio Ferluga (Lega), Roberta Tarlao (Meio Muja) e Nicola Delconte (FdI). Nel question time che anticiperà di fatto i punti all'ordine del giorno i rifiuti saranno ancora protagonisti con l'interrogazione presentata da Roberta Tarlao e sottoscritta da Romano e Vlahov sull'applicazione del regolamento Iuc. Nel testo l'esponente di Meio Muja chiederà all'assessore Litteri delucidazioni in merito alla concreta possibilità da parte dei commercianti e addirittura dei cittadini del centro storico di godere delle riduzioni in base sia agli «inferiori livelli di prestazione del servizio» della raccolta di rifiuti, che alla distanza attuale della piazzola ecologica spostata da via Manzoni al piazzale ex Alto Adriatico. Inoltre, nel question time, è prevista l'audizione di diverse sigle sindacali che informeranno il Consiglio comunale sulla delicatissima situazione dei lavoratori dello stabilimento di Pasta Zara. All'ordine del giorno, infine, anche la convenzione per una gestione associata del servizio di segreteria comunale tra i comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo della Valle, Sgonico e Monrupino.

Riccardo Tosques

 

 

Due anni non sono bastati a riattivare il Tram di Opicina - La lettera del giorno di Luigi Bianchi
Il Tram di Opicina torni in Piazza Oberdan ! Trieste ha bisogno del tram, subito! Sul Piccolo abbiamo letto di recente la notizie che "Il tram resta fermo ai box ma già si pensa ai tour futuri". Quasi una presa in giro. Più di ventimila adesioni all'iniziativa del Piccolo e del bar Tivoli non riescono a sconfiggere il torpore delle autorità competenti, ma sono utili solo a rinnovare le promesse da campagna elettorale: è sconfortante e preoccupante. Meno di due anni furono sufficienti per la costruzione della Ferrovia della Val Rosandra (appalto il 18 Settembre 1885, inaugurazione il 5 Luglio 1887) e della Trenovia di Opicina (concessione 28 Ottobre 1901, inaugurazione il 9 Settembre 1902). Nel terzo millennio più di due anni non sono invece sufficienti per la riattivazione della tranvia Trieste-Opicina... Ogni commento è inadeguato, anche considerando il diverso peso, economico e finanziario, della costruzione e della riattivazione di una linea. Una amministrazione comunale ed un'impresa di trasporto che trattano il ripristino di un servizio pubblico essenziale della mobilità cittadina come una noiosa pratica del catasto, che può tranquillamente attendere mesi ed anni senza un impegnativo cronoprogramma, denunciano una deriva preoccupante della cultura di governo e della capacità amministrativa nel capoluogo regionale. Trieste non merita un simile trattamento. Non lo merita il Friuli Venezia Giulia.

 

 

Knulp - Un aperitivo con Amnesty
Domani ricorre il 57esimo anniversario dalla fondazione di Amnesty International, 57 anni in cui Amnesty si è battuta nel mondo in difesa dei diritti umani, sempre in maniera imparziale e indipendente; 57 anni in cui la comunità di soci e attivisti ha raggiunto quota sette milioni. Nonostante ciò, la battaglia per i diritti umani è ancora lunga, anche nel nostro Paese, dove vengono sempre più minacciati dalle ideologie dell'odio e della discriminazione. Amnesty festeggerà questa ricorrenza domani pomeriggio, a partire dalle 18.30, con un aperitivo di autofinanziamento al bar Knulp (via Madonna del Mare 7/A). Durante l'evento sarà possibile conoscere meglio le attività dell'associazione, scoprire come unirsi ad Amnesty e contribuire alle attività, anche acquistando i gadget della linea "I love Human Rights". L'evento è presente anche sulla pagina Facebook all'indirizzo www.facebook.com/events/231362950959225.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 maggio 2018

 

 

Da Belgio e Svizzera nuovi investitori per Porto vecchio

Il sindaco Dipiazza ha accompagnato ieri la delegazione - Interesse per quattro magazzini vicino all'area Greensisam
Brilla una buona stella sopra il cielo di Porto vecchio. Il primo via ufficiale è stato dato con la realizzazione del parcheggio Boveto. E, in attesa che il bando di gara per il centro congressi Esof 2020 venga ultimato, spuntano nuovi investitori con progetti in mano per accaparrarsi il numero maggiore di magazzini tra gli 88 a disposizione. C'è il famoso gruppo di cinque sili in concessione a Greensisam che andrà a breve all'asta. Ma in pentola ci sono anche tante altre idee riguardanti ad esempio la realizzazione di nuovi parcheggi, con l'intenzione poi di Dipiazza di eliminare gli stalli che invadono le Rive. È fresco di ieri mattina l'ultimo incontro che ha visto il sindaco - ormai inseparabile dalla sua mappa dell'antico scalo - solcare, assieme ai vertici di importanti società con sede in Svizzera e in Belgio, accompagnati dai triestini Giuseppe Borruso e Corrado Del Ben, la linea che divide ancora la città "invisibile" dal centro triestino. L'occhio si è fermato sul blocco di quattro magazzini subito accanto ai cinque che sono in mano a Greensisam. Sul destino dell'investimento non si sa ancora nulla. Bisogna vagliare piano regolatore e uffici comunali. Ma è trapelato che il sindaco, come ha annunciato l'altro ieri in una riunione della Terza commissione, presieduta da Francesco Panteca e in cui si è fatto il punto della situazione dei lavori in Porto vecchio e in cui molti consiglieri hanno posto diverse domande a Dipiazza stesso, vorrebbe vendere i blocchi in verticale. Cioè i magazzini uno dietro l'altro e non in fila in senso orizzontale. Una soluzione che adotterà per tutta l'area. «Così non si compra solo il lato mare», spiega. Quanto a ieri, il commento è con il sorriso. «È stata una giornata estremamente proficua e carica di positività - dice -. Abbiamo discusso anche dei fondi europei che verranno messi a disposizione per i porti virtuosi che si occuperanno della raccolta della plastica in mare, del futuro delle navi a gas per evitare di scaricare in mare. Studieremo i documenti che abbiamo ricevuto in proposito per cercare di poter partecipare a queste iniziative». Ma ieri in realtà è stata l'occasione pure per accogliere il numero uno di una società proprietaria di una catena alberghiera che ha strutture dalla Serbia al Montenegro. L'interesse qui era mirato solo su palazzo Carciotti. Ma torniamo al Porto vecchio e anche alla partita Greensisam. La società austriaca, con sede a Bolzano, interessata da tempo all'area, potrebbe concludere a breve l'affare che prevede in cinque anni la realizzazione di due hotel fronte mare mentre gli altri immobili saranno convertiti in residenze. L'investimento è di 160 milioni. Ma c'è una novità. Grazie all'emendamento dell'ex senatore Francesco Russo, che prevede anche la vendita dei magazzini, ci sarà la prima asta su parte di Porto vecchio. L'ultimo intervento ad hoc con un altro emendamento proposto in Consiglio comunale dal consigliere Roberto Cason (Lista Dipiazza). Come previsto l'85% del ricavato andrà nelle casse dell'Autorità portuale per interventi di infrastrutturazione del Porto nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto franco. Mentre il restante 15% sarà del Comune per investimenti in opere pubbliche. L'asta per 16 milioni di euro verrà a breve indetta dal Municipio. «Abbiamo inserito i cinque magazzini nel piano delle alienazioni - conferma l'assessore Lorenzo Giorgi -, c'è la priorità promessa al sindaco in modo da procedere il prima possibile, ci vogliono i tempi tecnici». Essendo appunto un'asta pubblica, non è detto però che gli investitori austriaci abbiano la meglio, anche se pare ormai quasi scontato. A voler continuare a lavorare a Trieste anche Interparking, la società che gestisce il contenitore del Park San Giusto, la quale vorrebbe realizzare due parcheggi negli spazi sotterranei del mercato ortofrutticolo e del Molo IV. «Così poi eliminiamo gli stalli sulle Rive», afferma Dipiazza. Capitolo a parte sono invece le banchine e i moli del Porto vecchio. «Dobbiamo capire, aprendo un dibattito con maggioranza, opposizione e Autorità portuale, se vogliamo indirizzare l'area attirando investitori che realizzino delle marine con yacht di lusso, lasciando le grandi navi in Stazione marittima, oppure accettando di attirare i colossi delle crociere. Bisogna decidere». Intanto da lunedì partono ufficialmente i lavori sul park Boveto, dove l'ingegner Giulio Bernetti, direttore del Servizio Pianificazione territoriale, Valorizzazione Porto vecchio, Mobilità e traffico, ipotizza anche di valorizzare di più l'area verde attorno. «Ha già fatto un miracolo sul parcheggio Boveto - ha commentato il primo cittadino - ma con lui abbiamo tante idee che sta portando avanti».

Benedetta Moro

 

I FONDI - Sprint per blindare i 50 milioni romani
La partita Porto vecchio va avanti grazie anche all'importante boccata d'ossigeno dei 50 milioni di euro del Mibact per i quali, due anni fa ormai, c'è stata prima la delibera da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) e, nel 2017, la firma sull'accordo operativo tra Regione, Comune e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale. Ma nei corridoi di piazza Oberdan, ha fatto sapere l'altro ieri il consigliere comunale di Fi Bruno Marini in un incontro della Terza commissione, sembra circolare una voce allarmante: i fondi potrebbero essere a rischio. C'è stato anche un appuntamento che in qualche modo avrebbe suffragato la paura tra l'ex assessore Fvg alla Cultura Gianni Torrenti, il neoconsigliere regionale del Pd ed ex primo cittadino Roberto Cosolini e il sindaco Roberto Dipiazza. Ma alla fine si è scoperto che il pericolo di perdere questi soldi non c'è. Dipiazza ha assicurato che dopo riunioni interne e telefonate ai piani alti regionali tutto sembra essere a posto. E allora Torrenti e Cosolini? «Siamo andati anche a sollecitare a mantenere un rapporto costante con gli uffici competenti (del Mibact, ndr) e anche a ribadire il fatto che per la liquidazione servono i progetti», commenta l'ex sindaco. Insomma, bisogna muoversi perché sono passati due anni. Dagli uffici del Municipio arrivano però rassicurazioni in merito. Proprio in questi giorni è stato inviato alla Regione un documento per dettagliare l'utilizzo dei 50 milioni di euro. «Abbiamo tempo fino a marzo 2019 - dicono dal Municipio - per avviare le gare d'appalto». Sul Museo del mare, per cui sono a disposizione 23 milioni, sono in fase di definizione da parte delle direzioni Lavori pubblici e Cultura i documenti di indirizzo per il progetto, che verrà approvato entro i primi di giugno. E poi, prima di avviare la gara al fine di individuare i professionisti che si occuperanno della progettazione esecutiva e della direzione lavori, l'assessore e il direttore dei Lavori pubblici Elisa Lodi ed Enrico Conte assieme al direttore del Servizio Edilizia pubblica Lucia Iammarino e all'architetto Paolo Ricci voleranno ad Amburgo per prendere un po' di spunti dal Museo marittimo internazionale. Gli uffici del Servizio Pianificazione territoriale, Valorizzazione Porto vecchio, Mobilità e traffico diretti da Giulio Bernetti si stanno occupando anche dei sottoservizi attorno all'area del Magazzino 26 e della viabilità, che prevede la realizzazione della bretella rotatoria-piazza Libertà, per cui sono previsti in totale 14 milioni di euro. Tre sono invece i milioni per l'Ursus. Il segretario generale dell'Authority Mario Sommariva conferma che quello che c'era da fare è stato fatto. Verrà bandita poi una gara pubblica per il progetto. Altra storia per l'Icgeb. Per il suo trasloco nei tre piani del Magazzino 26 ci sono 10 milioni, ma ne servirebbero ancora 7 o 8. «Stiamo attendendo da due anni di incontrare i rappresentanti del Comune per capire come reperire gli altri fondi - spiega il direttore generale uscente Mauro Giacca -. Essendo l'Icgeb un'organizzazione internazionale non può accendere mutui o ipotecare immobili: è il Paese ospitante che deve mettere a disposizione la sede in maniera gratuita. Io rimango in fiduciosa attesa. Se c'è la volontà politica, si fa tutto.

(b.m.)

 

LE ALTRE NOVITA' - Interparking pensa a due parcheggi sotterranei, imprenditore in visita per il Carciotti
Emerge anche che Interparking, la società che in città già gestisce il contenitore del Park San Giusto in via del Teatro romano, vorrebbe realizzare due nuovi parcheggi nello spazio sotterraneo del mercato ortofrutticolo (prossimo al trasloco all'ex Duke in zona industriale) e in quello sottostante il Molo IV. Novità che potrebbero permettere di liberare le Rive dagli stalli bluSempre nella giornata di ieri il sindaco Roberto Dipiazza ha accolto anche un altro ospite d'eccezione: il numero uno di una società proprietaria di una catena alberghiera che ha strutture dalla Serbia al Montenegro. L'interesse di questo imprenditore - di cui non è stato svelato il nome - non riguarda nello specifico il Porto vecchio, quanto invece lo storico palazzo Carciotti (foto) affacciato sulle Rive

 

 

Il torrente Chiave e l'inquinamento del bagno alla Diga - La lettera del giorno di Sergio Battistella
Mi riferisco all'articolo di martedì 22 maggio dal titolo "Diga senza gestore né pace. Ora è vietata la balneazione". Bene ipotizza, nell'articolo la giornalista trattarsi di una contaminazione da scarichi fognari. L'Acegas ApsAmga, gestore del sistema fognario, prontamente declina ogni responsabilità. La inevitabile conclusione è che, tutto sommato, bisogna rimpiangere la gestione diretta del Comune delle fognature cittadine! All'azienda interessa soprattutto l'utile, qualche trascuratezza nella manutenzione in genere passa inosservata. Ma non a Trieste! Bisogna dire che il torrente Chiave, che oggi sfocia in Porto Vecchio, anticamente sfociava più o meno dove oggi vi è la chiesa di S. Antonio Nuovo. Per costruire il Borgo Teresiano, se ne deviò il corso facendogli compiere un ampio giro sino al Porto vecchio. Succede così che il tratto tra via Carducci ed il mare è praticamente a pendenza zero. Con la marea alta l'acqua di mare risale sino a quasi piazza Dalmazia per ridefluire con la bassa marea. Un lavaggio dell'alveo è inevitabile. Certo è però che se non vi sono scarichi... Rimanendo in tema, i lavori sulle coperture del Torrente, in via Carducci, proseguono pigramente. Il tempo previsto dalla stessa Acegas è grossomodo lo stesso entro il quale si è raddoppiato il canale di Suez! Ho francamente delle perplessità. Se i lavori non creassero disagi si potrebbe chiudere un occhio, ma non è così. Oltretutto per quanto abbia letto le dichiarazioni su dei responsabili, non sono riuscito a capire in cosa consistano questi "prolissi" lavori. Rifacimento dei volti di copertura?Ricordo comunque che negli anni ottanta il Comune decise una radicale pulizia dell'alveo ed estrasse circa 3000 metri cubi(circa 450 autocarri) di detriti, da fori larghi solo qualche metro. I più anziani se lo ricorderanno. Il tempo impiegato fu all'incirca lo stesso, ma con minori disagi. Quei lavori ci salvarono da un'esondazione del torrente sul tipo di quella avvenuta a Genova qualche anno fa. Ah, dimenticavo: la Tour Eiffel è stata realizzata il due anni...

 

Monfalcone - Allarme insabbiamento nel Canale Est Ovest
Di nuovo allarme insabbiamenti nel Canale Est Ovest di Monfalcone. Le prime segnalazioni sono arrivate la scorsa settimana: c'è il rischio di incagliare la barca a vela se si passa con la bassa marea, ma il problema è che bastano anche -20 centimetri per toccare e quello che è più grave è che le gobbe di fango con il rialzo del fondale si sono verificate in punti nuovi del canale, non quelli "classici" oggetto della manutenzione periodica. Quattro le zone pericolose e quella più a rischio è proprio all'imbocco del Canale Est Ovest dove ci sono i fari che tracciano la rotta. E l'ingresso è molto prima del Villaggio del Pescatore, praticamente al traverso di Duino. A dare l'allarme proprio il direttore (uscente) del Consorzio per lo sviluppo economico del monfalconese, Giampaolo Fontana che alcuni giorni fa si è incagliato con la sua barca a vela, Furietta, e il suo equipaggio di esperti, molti dei quali operatori della nautica e cantieristica con aziende insediate nel polo del Lisert lungo il canale. Quattro come si diceva all'inizio le zone critiche con il fondale insabbiato dal fango, una poco dopo l'ingresso del canale, la seconda poche centinaia di metri oltre ben prima di arrivare al traverso del serbatoio dell'acquedotto, la terza poco dopo la curva a gomito a sinistra del canale e cento-duecento metri dopo la quarta. Un inizio di stagione non certo positivo per tutti i diportisti e gli operatori nautici che operano nella zona dal Villaggio del Pescatore al Polo nautico del Lisert lungo il Canale Est Ovest: migliaia di diportisti che ormeggiano nei vari marina. Tanti i cantieri che operano in zona e danno lavoro a centinaia di operai specializzati e tra questi il gioiello della Monte Carlo Yachts. Il rischio infatti riguarda tutti, non solo le barche a vela: se una di queste si incaglia in maniera grave, si mette a rischio la navigazione per tutti i diportisti. Come è accaduto alcuni anni fa quando era saltata la manutenzione con i dragaggi bisognerà tornare ad utilizzare le tabelle di marea e impegnare il canale soltanto quando c'è alta marea o minime irrilevanti. Quest'anno infatti non è probabile che parta una nuova campagna di manutenzioni che è stata fatta lo scorso anno in ritardo. È c'è anche il problema delle analisi che sono obbligatorie prima della campagna di dragaggio e i campionamenti dovranno essere effettuati anche in queste nuove zone di insabbiamento. Proprio lo scorso aprile, in vista di prossimi dragaggi che sembravano non urgenti (i risultati delle analisi dei fanghi infatti hanno validità triennale) sono stati fatti campionamenti dei sedimenti del canale negli spazi di mare antistanti il Villaggio del Pescatore e di Punta Sdobba. Attività che sono state realizzate con un'imbarcazione battente bandiera slovena, la New York, ma che in realtà sono state gestite dall'Osservatorio geofisico ambientale (Ogs) di Trieste.

(g.g.)

 

 

ISTRIA - Pronto il nuovo sistema regionale rifiuti. Timori per una tassa molto pesante

Ci vorrà ancora un mesetto prima della risposta alla grande incognita che tiene in apprensione le famiglie dell'Istria dopo l'entrata in funzione del Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion, nel sud della penisola: la bolletta per la rimozione delle immondizie. Apprensione più che giustificata visto che secondo diverse voci, l'importo dovrebbe salire notevolmente considerati gli elevati costi del trattamento dei rifiuti in base alle moderne tecnologie. Che l'enigma verrà risolto nell'arco di una trentina di giorni, lo hanno annunciato in conferenza stampa i direttori delle municipalizzate istriane operanti nel settore. «Abbiamo definito un sistema tariffario e di prelievo delle immondizie unitario a livello regionale - è stato detto - e anche in questo campo l'Istria è davanti alle altre regioni del Paese».

(p.r.)

 

 

Spiagge & fondali puliti con Legambiente

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente invita tutti a partecipare alla campagna di "Spiagge e fondali puliti". I volontari provvederanno alla raccolta dei rifiuti nella spiaggia di Canovella de' Zoppoli alle 9.30. Legambiente mette a disposizione tutto l'occorrente.

 

Trieste - Racconti di giovani autori palestinesi alla Lovat

Alle 18, alla Lovat, Ibriq presenta "Gaza writes back". Una raccolta di racconti di giovani autori di Gaza. Racconti brevi, a tratti ruvidi e acerbi, sempre carichi di quell'intensa energia che contraddistingue i palestinesi per dimostrare la loro capacità di affermare la vita. Ospite via Skype da Gaza Refaat Alareer, docente all'Università islamica di Gaza e curatore del libro. Traduzione di Ada Scrignari Prelazzi.

 

Montedoro - Anche le conchiglie si mettono in mostra
La passione per le conchiglie ha sempre coinvolto l'uomo. La loro indubbia bellezza sarà al centro di "Nesie-2nd North East International Shell Exposition", la grande mostra-mercato di conchiglie, la più grande d'Italia, che si svolgerà oggi e domani al Montedoro Shopping Center di Muggia. Qui arriveranno decine di espositori provenienti da Spagna, Francia, Slovenia, Croazia e Italia. «Molti di noi, da piccoli, hanno raccolto conchiglie sulle spiagge, ma solo alcuni hanno trasformato la loro passione di bambini in un vero e proprio hobby che diventa un potente mezzo di conoscenza degli ecosistemi marini, preziosa fonte di informazione per gli scienziati», racconta Walter Gasperi, organizzatore dell'evento. L'ingresso alla mostra-mercato, dove si potranno acquistare, scambiare o anche far determinare il valore delle proprie conchiglie, sarà gratuito. «I bimbi potranno lasciare un proprio disegno inerente il mare e le conchiglie, che verrà pubblicato sulla pagina Facebook di Nesie Shells. Il più bello riceverà un premio», ha aggiunto Gasperi. Gli orari: oggi 9.30-20.30 e domani 9.30-19.

(r.t.)

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - VENERDI', 25 maggio 2018

 

 

Rifiuti: raccolta differenziata, nuovi posti di lavoro a Treviso

L’esempio di Treviso sulla raccolta differenziata è tanto virtuoso da esser stato citato nel Contratto di Governo siglato pochi giorni fa come modello da seguire in tutta Italia, ma ciò che finora non era noto è che oltre a consentire ai cittadini di risparmiare, ha permesso la creazione di nuovi posti di lavoro.

Si apprende che se prima c’erano 58 operatori della nettezza urbana, oggi se ne contano 86, un aumento dell’occupazione possibile senza inficiare negativamente sulle tasche dei residenti. Il modello del Comune di Treviso si basa sul principio del “Paga quanto produci”: con la raccolta porta a porta vengono prelevate a domicilio le diverse tipologie di rifiuto urbano più comuni (secco non riciclabile, umido, vegetale, carta e cartone, vetro plastica e lattine), che i cittadini gettano in appositi contenitori, messi loro a disposizione e contraddistinti da colori specifici. La tariffa viene applicata al singolo utente e viene commisurata all’effettiva produzione di rifiuti, incentivando i comportamenti virtuosi e rappresentando un fattore determinante nella riduzione della quantità dei rifiuti prodotti. Il 60% della tariffa è fisso, in base alla composizione del nucleo famigliare. Il restante 40% è variabile, a seconda di quanto scarto non riciclabile si produce. Le differenze rispetto alle altre zone d’Italia sono significative. Si parla di una Treviso altamente efficiente su tal fronte, con ogni cittadino che produce circa 40-45 chili l’anno di rifiuti indifferenziati contro la media italiana di 270-300 chili l’anno, e di costi pari in media a 180-190 euro a famiglia contro i 300 euro circa del resto d’Italia.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 maggio 2018

 

 

A Bagnoli un'area per le biomasse - Residenti e aziende potranno portare nella piattaforma tronchi e ramaglie
SAN DORLIGO DELLA VALLE - A partire da martedì prossimo, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle-Dolina sarà in funzione una nuova piattaforma dove residenti e aziende potranno far affluire masse vegetali come potature, tronchi e ramaglie. È stata la A&T 2000 spa, l'impresa che gestisce l'asporto dei rifiuti per conto dell'amministrazione, a individuare un'area idonea, recintata e presidiata, denominata "piattaforma biomasse", che si trova a Bagnoli, tra il campo sportivo del Domio e il piazzale antistante la Wärtsilä, in località "Pri Kalu - K'rmacn'k". La piattaforma sarà aperta ogni martedì dalle 9 alle 13 e il giovedì pomeriggio, d'estate dalle 15 alle 19 e d'inverno dalle 14 alle 18. Questo nuovo servizio va ad integrare la raccolta del verde già attiva al centro di Bagnoli, dove sfalci d'erba e sacchi di fogliame continueranno a essere conferiti in esclusiva. Le utenze domestiche dovranno presentare la tessera sanitaria, quelle non domestiche il tesserino rilasciato da A&T 2000. Per i primi mesi non sono previsti oneri di conferimento per gli utenti del Comune di San Dorligo, mentre per quelli provenienti da Comuni limitrofi sarà applicata una specifica tariffa. Per gli utenti impossibilitati al trasportare è previsto un servizio di ritiro a domicilio, su richiesta e a pagamento. Per informazioni A&T 2000 è a disposizione al numero verde 800482760 o alla e-mail tecnico@aet2000.it. «L'apertura della piattaforma biomasse - si legge in un comunicato del Comune - rappresenta un ampliamento della gamma di servizi offerti al territorio e andrà ad arricchire l'offerta per gli utenti a tutto vantaggio della collettività».

(u.s.)

 

 

L'insostenibilità turistica del Parco del mare alla Lanterna   -   La lettera del giorno di Isabella Pace
Mai congiuntura fu mai così tanto favorevole per lo sviluppo economico e culturale come quella che Trieste sta vivendo in questo momento. Ma mai come ora si spendono fiumi di parole e di inchiostro per un progetto che non ha nessun aggancio fattuale e reale né con la peculiarità culturale e architettonica della nostra città . Parlo naturalmente del Parco del Mare. Lo si chiami come si vuole ma è e rimane un acquario e - poiché in realtà per ora c'è solo un rendering abbastanza pacchiano - da quel poco che è dato sapere non è nemmeno un acquario di ultima generazione, quando invece è di notorietà pubblica che anche acquari molto rinomati come quello di Genova si rivolgono ormai a soluzioni di tipo virtuale. Ma perché Trieste, solo negli ultimi anni fortunatamente scoperta, e ormai definitivamente riconosciuta come destinazione di turismo culturale, dovrebbe improvvisamente mettersi a scimmiottare Dubai e Barcellona o voler concorrere con Genova? I sostenitori di questo progetto dovrebbero informarsi sulle recenti criticità in termini di sostenibilità turistica, vedi appunto Barcellona oppure Venezia!Inoltre mi domando chi sarebbe e da dove verrebbe questo fantomatico quasi milione di visitatori attratto e motivato principalmente dall'acquario e non da tutto quello che Trieste già offre e potrebbe ulteriormente offrire. Per aver lavorato per oltre trent'anni nel settore della progettazione culturale in vari paesi, posso assicurare che uno dei primi passaggi obbligati di uno studio di fattibilità è quello dell'analisi qualitativa e quantitativa del pubblico potenziale e delle sue attese e aspettative. I promotori del progetto si sono mai chiesti perché e per vedere cosa il turista decide di venire a Trieste? Non ne vedo traccia nelle svariate presentazioni del Parco del Mare. Mi auguro che si sia ancora in tempo per lasciar posto al buon senso e concentrare gli sforzi e le risorse su un progetto organico: da una parte il recupero delle aree degradate come quella intorno alla Lanterna - che necessita innanzitutto una serie di demolizioni - e dall'altra un programma completo e coerente di riconversione del Porto Vecchio, luogo ideale per raccontare l'immenso patrimonio di tradizione e innovazione che caratterizza il rapporto tra Trieste e il mare.

 

 

Incontro sulla Fincantieri

Il Circolo Studi Che Guevara organizza alle 17.30, alla sala meeting dell'Hotel Continentale, una conferenza su "Fincantieri industria multinazionale: ruolo e prospettive". Relatori: Giorgio Trincas, docente all'Università; Paolo Maschio, già dirigente Fincantieri; e Fabrizio Potetti, della Fiom Cgil Nazionale.

 

"Monitoraggio dei grossi carnivori"

Alle 18.30, alla sede Cai della Società Alpina delle Giulie in via Donota 2, Stefano Pesaro terrà una conferenza con immagini dal titolo "Un orso tra le mani. Cattura e monitoraggio dei grossi carnivori in Friuli Venezia Giulia". L'ingresso è libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 maggio 2018

 

 

Fioritura "extralarge" per il dittamo in Carso «Rischio irritazioni»
L'abbondanza del fenomeno determinata da due fattori: le tante precipitazioni del periodo e la ripresa del pascolo
Petali rosa, striati, fusti alti e una fioritura a perdita d'occhio, che ha ricoperto negli ultimi giorni molte zone del Carso. A segnalare il fenomeno alcuni triestini, che hanno ammirato le piante passeggiando o passando in auto tra le strade dell'altipiano. Ma la pianta osservata e fotografata, che può sembrare una sorta di orchidea, nasconde in realtà qualche insidia. «Si tratta del dittamo - spiega Nicola Bressi, naturalista triestino e appartenente alla Società italiana di scienze naturali - che non va assolutamente raccolto perché può provocare vesciche. Si può sfiorare ma non strofinare, ha uno dei pochi lattici che possono causare conseguenze fastidiose sulla pelle. La fioritura più abbondante - aggiunge - può essere collegata a due fattori, a questa primavera, particolarmente piovosa, e anche al ritorno del pascolo sul Carso, che ha riportato in tutta l'area parecchi cervi e caprioli. Il dittamo ovviamente viene evitato dagli animali, proprio perché velenoso, e quindi è riuscito a proliferare indisturbato. Non abbiamo un'evidenza di una fioritura eccezionale - precisa ancora - ma proprio il Carso orientale, da Opicina in poi, è stato interessato da tante precipitazioni, quindi le segnalazioni sono attendibili e la situazione è legata proprio, come detto, al clima e alla presenza di un numero maggiore di animali». Meglio quindi osservare la distesa di fiori ma non toccare nulla, al massimo si può scattare qualche foto o selfie per i più appassionati. «I fiori in ogni caso, di qualsiasi tipo, non vanno mai raccolti, ma lasciati crescere in natura - ribadisce il naturalista - e in questo caso poi il rischio è anche quello di riempirsi di vesciche». E per i più curiosi Bressi indica anche una descrizione accurata sul "dictamus albus" che si può reperire sul web. «La pianta - si legge - chiamata anche frassinella, per la forma delle foglie simile a quella dei frassini, ha un intenso profumo di limone e quando sboccia si riconosce facilmente per i fiori riuniti in un'infiorescenza piramidale. Hanno cinque petali rosei con venature porporine, due rivolti in alto, due di lato e uno girato in basso. Tutta la pianta è ricoperta di peli ghiandolari che contengono un olio volatile che a contatto con la pelle provoca fastidiose e durature irritazioni, oltretutto aggravate dall'esposizione alla luce solare per il fatto che le zone cutanee irritate dall'olio divengono particolarmente sensibili alla luce».

Micol Brusaferro

 

L'ESPERTO - «Ha piovuto molto e l'area è più verde»
Fioriture e una vegetazione rigogliosa. Tutta la zona dell'altipiano sta vivendo un momento di cambiamento e a confermarlo è il naturalista Nicola Bressi. Cosa succede al Carso? È molto più verde perché eravamo abituati a primavere secche, con una siccità che si faceva sentire già ad aprile o maggio, mentre quest'anno ha piovuto molto, soprattutto sulla parte orientale, con tanti temporali, quindi il Carso è più fiorito. In primavera molti temono le zecche sul Carso, in questo caso il clima diverso ha influito? Sfatiamo il mito che con un inverno freddo le zecche muoiono. Vivono nelle pellicce degli animali quindi con la loro temperatura corporea. E la primavera calda e piovosa non muta la situazione, continuano a restare negli animali ospiti, in particolare topi e cinghiali che purtroppo proliferano per colpa dell'uomo. Quali gli errori? Molti li nutrono, specie nella stagione fredda. E non serve. Anzi è dannoso.

(mi.b.)

 

 

Lovat - Il regno delle balene e degli orsi
Oggi alle 18, alla Lovat, Massimo Maggiari presenta "Al canto delle balene" (Giunti Editore). Esiste un posto, nel cuore dell'Artico, dominato dal biancore delle banchise. Un luogo incontaminato, regno di balene e orsi bianchi. È qui, con una prosa spesso pervasa di lirismo, che ci accompagna Massimo Maggiari (nella foto), da anni protagonista di viaggi in queste terre. Attraverso i racconti diretti dei cacciatori da lui incontrati, l'autore ci spiega il vero significato della caccia alla balena tutt'oggi praticata dal popolo degli Inuit: un'usanza che affonda le sue radici nella partecipazione dell'uomo al tutto, nel rispetto assoluto del mondo animale e preceduta da una serie di riti tesi a propiziare il sacrificio spontaneo della balena, l'animale sacro nel cui occhio ogni essere umano si specchia in un incontro empatico ed emozionante. Nel corso della serata Massimo Maggiari suonerà il tamburo magico energetico e canterà facendoci entrare nel mistico mondo degli sciamani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 maggio 2018

 

 

Un filmato postato sui social per svelare il Parco del mare
Un video semplice, che consente ai triestini di sbirciare dentro un sito chiuso e non accessibile, anche se molto conosciuto e vicino al centro. È stato pubblicato ieri su Facebook da Vittorio Sgueglia della Marra, portavoce del sindaco Roberto Dipiazza, un filmato che mostra la conferenza stampa organizzata pochi giorni fa per presentare il progetto della realizzazione del Parco del Mare, come noto caldeggiato dal presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti. Filmato che offre anche una panoramica proprio sul luogo dove si svilupperà il progetto, dietro la Lanterna, a pochi passi dal noto Pedocin. «È una clip preparata in velocità, mentre mi recavo in treno a Roma per il forum sulla pubblica amministrazione racconta della Marra -. Si tratta delle immagini catturate durante il sopralluogo fatto due settimane fa, che ho deciso di montare insieme e di diffondere sul mio profilo Facebook e Twitter. L'idea è quella di far conoscere a tutti le condizioni attuali in cui versa l'area. Un'area appunto poco nota, tant'è che abbiamo volutamente scelto di organizzare la conferenza stampa lì, direttamente sul posto, per mostrarlo a fotografi e operatori tv. Si notano chiaramente le strutture fatiscenti, un punto della città che è in condizioni di forte degrado e che in futuro è destinata a cambiare radicalmente». Nel video si vedono il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti e una visuale sugli edifici attorno al piazzale dove si è svolto l'incontro. Il video è pubblico ed è stato intitolato "Parco del mare di Trieste. I sogni diventano progetti e presto realtà".

(mi.b.)

 

 

Quindici pini, olmi e platani nel gruppo degli alberi "vip" - Censite per la prima volta le 2.407 piante monumentali d'Italia
In città il nucleo più importante è dentro al Parco di Miramare
Due cerri, una sofora del Giappone, un corbezzolo, due platani comuni, un tiglio selvatico, due roverelle, un leccio, un pino d'Aleppo, un pino grigio, una sequoia sempreverde, un olmo del Caucaso e un cipresso comune. Sono quindici gli "alberi monumentali d'Italia" presenti a Trieste. Sono quelli contenuti nel primo elenco approvato dal Ministero delle politiche agricole. Sono state censiti in tutto il Paese 2. 407 alberi che si contraddistinguono per valore biologico ed ecologico (età, dimensioni, morfologia, rarità della specie, habitat per alcune specie animali), per l'importanza storica, culturale e religiosa che rivestono in determinati contesti territoriali. Dei veri monumenti verdi o "patriarchi della natura" visto che molti superano tranquillamente il secolo di vita. Il primo elenco degli alberi monumentali d'Italia è stato approvato dal ministero delle Politiche agricole e forestali a dicembre 2017 e pubblicato in Gazzetta ufficiale a febbraio. Da quel giorno si può consultare anche sull'albo pretorio del Comune di Trieste. Il nucleo più importante delle alberature monumentali di Trieste è quello del Parco di Miramare dove si trovano anche le essenze più esotiche come la sequoia sempreverde alta trenta metri: la proprietà ovviamente è del ministero dei Beni culturali. Ad Opicina, invece, troviamo in via della Vena una Sofora del Giappone (alta 12 metri) di proprietà di Luciana Cossutta che fa parte del Club Touristi Triestini e del gruppo "Vivere Opicina e l'Altipiano". L'albero monumentale più alto (35 metri) è quello del cerro della dolina di Percedol di proprietà del Comune di Trieste. Nella classifica della circonferenza del fusto vince la gara il platano comune del giardino pubblico Muzio de Tommasini sempre di proprietà del Comune di Trieste: 5 metri e 25 centimetri di circonferenza (160 centimetri di diametro). Nell'elenco ci sono anche il pino d'Aleppo del Parco Revoltella (proprietà del Mibact), il cerro della Val Rosandra (di proprietà della Comunella di Bagnoli della Rosandra), il tiglio Selvatico di Crogole (di proprietà della Parrocchia San Ulderico di San Dorligo della Valle), la roverella dei giardini dell'Università degli Studi di Trieste e l'olmo del Caucaso di Villa Sartorio. Allargando l'orizzonte ci sono poi il terebinto del sentiero Rilke di proprietà del Comune di Duino Aurisina, il cipresso di Monterey della Baia di Sistiana di proprietà della Serenissima, società di gestione di risparmio e il salice bianco dello stadio di Muggia. I quattro alberi monumentali di proprietà del Comune di Trieste (i due platani del giardino pubblico, la Zelkova carpinifolia del Caucaso di Villa Sartorio e il cerro di Percedol) rientrano nel progetto esecutivo da 135 mila euro varato lo scorso anno dall'amministrazione comunale per i 78 alberi "a rischio schianto". Ma in soccorso agli alberi monumentali d'Italia arriva anche la Regione Friuli Venezia Giulia: prima in Italia, assieme alla Sardegna (400 alberi monumentali censiti), che si è datata di un regolamento che prevede contributi da 500 a 5 mila euro per i grandi arbusti, veri e propri monumenti verdi che necessitano di attenzioni. Nel marzo del 2017 è stato pubblicato l'elenco regionale degli alberi monumentali: sono state censite 138 piante di valore storico. Su questi alberi verranno effettuati interventi di salvaguardia per circa 300 mila euro, ovvero la cifra stanziata nel primo bando regionale per la cura e la salvaguardia degli alberi monumentali. I contributi possono variare da 500 a 5 mila euro a pianta. L'elenco degli alberi monumentali d'Italia è destinato a crescere nel tempo. Per legge sono previsti due aggiornamenti all'anno. Sono circa 400 i nuovi alberi monumentali d'Italia che verranno aggiunti entro giugno al primo elenco. E così dai primi 2.407 si arriverà a quota 2.800. L'ultimo censimento dei "monumenti verdi" risaliva al 1982 e ne contava 1.405. Nel 2013 una legge statale ha stabilito la tutela e la valorizzazione omogenea di questi alberi, e l'obbligo di censirli entro un anno. Il lavoro, che ha impegnato soprattutto i Comuni, ha però richiesto più tempo del previsto, e così si è arrivati a oggi. Trentacinque anni dopo. Ovvero 35 cerchi ulteriori sul tronco. I patriarchi della natura non hanno fretta. E non temono il passare del tempo.

Fabio Dorigo

 

 

Coppia di cigni reali mette su famiglia sull'Ospo
Mamma, papà e i cinque piccoli hanno trovato "casa" a Muggia. E sui social sono già diventati star
Cinque splendidi anatroccoli nati da pochissimi giorni, accompagnati alla scoperta della vita da mamma e papà. Una nuova famiglia di cigni reali si è formata in questi giorni nelle acque muggesane. Diventati subito star sui social, stanno scorrazzando allegramente nel Muggesano, al confine con le acque triestine, dove sono stati già visti più volte. Se negli anni scorsi le coppie di cigni reali erano soventi trovare la loro alcova in territorio sloveno, quasi sempre nel mese di maggio, quest'anno i due pennuti adulti hanno deciso di stabilirsi a Muggia. A raccontare i retroscena della nuova storia d'amore è Valdi Tiepolo, grande amante della natura: «Grazie anche all'ospitalità della società, sono riuscito a scattare le immagini dei cigni e dei loro cignetti dal pontile della società nautica di Rio Ospo, sito molto vicino al ponte sulla foce. Il nido era circa 30, 40 metri più in su rispetto allo squero. Una bella emozione». La nascita dei cuccioli nel vallone di Muggia, un tempo piuttosto raro, è un fenomeno che sta iniziando ad avere una certa costanza. Evidentemente questi animali, spesso provenienti dalle foci dell'Isonzo, hanno trovato un nuovo habitat in zona Ospo, che si conferma ambiente adatto ad ospitare varie specie animali, a cominciare dalle nutrie. I cigni sono erbivori e si nutrono di alghe, piante acquatiche ed erba vicina agli specchi d'acqua. Già di base sarebbe buona norma non dare da mangiare agli animali selvatici, in particolare però bisogna evitare di proporre loro spuntini di pane. La motivazione? I carboidrati non esistono in natura. Tra gli alimenti consigliati, invece, la lattuga. Altra questione importante la privacy. I cigni, spesso erroneamente considerati domestici o quanto meno semidomestici, sono a tutti gli effetti animali selvatici. L'assessore Stefano Decolle, noto per il suo amore verso la natura e gli animali, conferma: «Con i cigni bisogna avere sostanzialmente la stessa delicatezza che si ha con gli orsi. Guai a disturbarli avvicinandosi troppo. Lasciamoli liberi di nuotare e siamone contenti, significa che il nostro ecosistema è accogliente e salubre».Valdi Tiepolo, il "fotografo ufficiale", spera «vivamente che le condivisioni, le faccine, i cuoricini e i "mi piace" in internet siano di buon auspicio per la crescita di questi cinque cuccioli e di incoraggiamento per nuove nascite sull'Ospo, in passato devastato dall'inquinamento».

Riccardo Tosques

 

 

Rigassificatore, Zagabria decide - Domani in Parlamento la legge per l'impianto di Veglia. La sindaca: andremo alla Corte costituzionale
FIUME - Domani il dibattito al Sabor, il parlamento croato, con la votazione prevista per il giorno successivo. È alla stretta finale la paventata "lex Lng", come viene definita la norma che dovrebbe permettere l'insediamento del rigassificatore galleggiante nelle acque di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj), nell'isola di Veglia. Il provvedimento - così come lo stesso terminal metanifero - continua a essere criticato con toni duri dalla municipalità isolana, dalla Regione del Quarnero e Gorski kotar, dagli ambientalisti e dai partiti dell'opposizione perché sarebbe stato progettato a favore di potenti interessi d'oltreconfine. «Il rigassificatore offshore di Castelmuschio - ha rilevato il governatore della Regione di Fiume, Zlatko Komadina - apparterrà a un'azienda straniera, il cui interesse sarà di avere un impianto poco costoso. Questo significherà avere un terminal a rischio per l'ambiente e per la salute degli abitanti di Veglia e del Quarnero». Proprio per ribadire il no di Castelmuschio alla presenza della nave metaniera, la sindaca Mirela Ahmetovic ha invitato i parlamentari del Sabor a un colloquio incentrato sul rigassificatore. Ai presenti - l'adesione non è stata massiccia: sei deputati del Partito socialdemocratico e Ines Strenja Linic di Most - Ahmetovic ha ricordato che l'impianto galleggiante non è contemplato nei piani regolatori di Castelmuschio e della Regione, mentre per quello sulla terraferma è già stata rilasciata la concessione per l'uso di superficie. «Il terminal offshore - ha ribadito la sindaca ai parlamentari - contribuirà a produrre appena un paio di posti di lavoro, visto che il personale a bordo arriverà dall'estero, mentre tasse e contributi non resteranno in Croazia. L'impianto a terra darebbe invece impiego a centinaia di persone, residenti di Veglia e dei dintorni: ingegneri, tecnici, lavoratori edili e così via, con ricadute positive per la comunità locale e regionale». Secondo Ahmetovic «dall'impianto offshore non avremo a Castelmuschio alcun benefit né vantaggi, ma solo timori legati all'ambiente e danni all'industria turistica. L'impatto visivo della metaniera poi sarà terribile». Di qui l'appello ai deputati del Sabor «affinché prevalga la ragione». Se venerdì il Parlamento darà luce verde al terminal galleggiante, «ci rivolgeremo alla Corte costituzionale e se servirà anche alla Corte europea per i diritti umani. La lex Lng viola la legislazione croata e quella comunitaria anche perché la concessione - ha detto Ahmetovic riferendosi a voci che circolano in questi giorni - sarà data a una società che poi diventerà di proprietà straniera». Nell'incontro in Comune, il consulente municipale per l'Energia Ognjen Antunac ha riferito in via ufficiosa che nel braccio di mare dinanzi a Castelmuschio dovrebbe arrivare la nave metaniera Golar Spirit, per essere adibita a rigassificatore. È stata varata nel 1981, dunque 37 anni fa: un altro dato che ha destato dubbi e preoccupazioni.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 maggio 2018

 

 

Cantieri: il viaggio - Dall'ex Meccanografico alle ville - Le venti incompiute di Trieste
Fallimenti delle imprese, affari andati male, conti in banca in rosso, la burocrazia che mette i bastoni fra le ruote: sono almeno 20 gli immobili in giro per la città che rimangono in balia di cantieri infiniti. Da Rozzol a Grignano non c'è differenza. Sono stati versati chili e chili di cemento rimasti in attesa di una fine lavori mai giunta. E sono stati investiti milioni di euro, forse buttati al vento. Il tour tra le incompiute, a Trieste, quasi tutte di proprietà di privati, è basato anche sulle segnalazioni delle sette circoscrizioni che sono a stretto contatto con il territorio. Proprio dalla mappatura puntuale di Alex Pellizer, consigliere della quinta circoscrizione, ma anche architetto, che ha redatto per il master "Temporiuso" al Politecnico di Milano, si scoprono edifici abbandonati ma anche i cantieri incompiuti nell'area della sua circoscrizione, vale a dire San Giacomo e Barriera vecchia. In via Molino a vento compaiono due edifici. Il primo, all'altezza circa del numero 47, si presenta con finiture esterne complete ma all'interno è rimasto al grezzo. Non ci sono cartelloni che indichino il committente né l'impresa dei lavori, dati questi invece presenti su un foglio appeso davanti a una palazzina poco più avanti, sull'altro lato della strada, che vede un'impresa con sede a Giarizzole quale proprietaria, irraggiungibile però al telefono. «Io non ho mai visto nessuno lavorare all'interno», afferma Pellizzer. Altra incompiuta: si trova all'angolo tra via Ginnastica e via Nordio. Una struttura particolare che sembrerebbe aver ospitato in passato una banca. Non finisce qui la lista. L'esempio più eclatante della periferia Est triestina è forse l'ex Maddalena. I lavori del comprensorio, un tempo dell'Azienda sanitaria, con la proprietaria Generalgiulia 2 che ha richiesto il concordato preventivo in tribunale, sono iniziati nel 2011 ma non sono mai finiti. Solo recentemente è spuntato un possibile salvatore, l'imprenditore veneto Francesco Fracasso, che potrà intervenire con un aumento di capitale per la realizzazione di tre strutture commerciali. Nelle principali arterie cittadine languono da tempo altri tre immobili. In primis l'ex Meccanografico, oggi previsto nel piano alienazioni del Comune per il 2019 dall'assessore Lorenzo Giorgi. Si tratta di un edificio un tempo di proprietà delle Ferrovie, acquistato dal Comune, con cantiere iniziato 25 anni fa e mai terminato. Quasi sulle Rive, all'angolo tra via Lazzaretto e salita al Promontorio, è da anni vuoto, con lavori rimasti a metà, un altro ampio complesso di tre e più piani. Il presidente della Quarta circoscrizione Riccardo Ledi, dalle informazioni che ha ricavato, parla di un progetto per una casa di riposo e anche in questo caso di una ditta fallita. In via Cavana, all'incrocio con via Venezian, l'occhio cade su un altro edificio. Lo scheletro vuoto è della Immobiliare Cavana srl da una decina d'anni, una delle società del gruppo trevigiano Lucchetta. La crisi ha completamente bloccato il cantiere. Disabitati in piazza Cavana risultano due imponenti edifici della famiglia veneziana Lorenzon. Gli esterni sono perfetti. Mentre in via delle Mura resta l'impalcatura di una casa che ormai è un rudere, o forse lo è sempre stato: la causa anche in questo caso è il fallimento della ditta. Poco più su, in via Giustinelli, la casa ecologica per eccellenza resta ancora in fase di lavoro. Davanti infatti c'è da almeno una decina d'anni una gru, che un anno e mezzo fa ha avuto pure un cedimento. Dall'altra parte della città, in via Pietraferrata, un palazzo fantasma sorge su un terreno dell'Edilfriuli, dicono i vicini di bottega. Per anni il terreno è stato occupato da un campo nomadi. Nella stessa area, zona della settima circoscrizione, sopra via Rio Primario, in via San Sabba, all'altezza del civico 16 s'incontra una struttura in cemento: «Non sappiamo chi l'ha costruita in fretta e furia a dicembre scorso, dopo anni in cui il terreno era abbandonato e poi sono spariti tutti», dice una persona che lavora nelle vicinanze. Anche la sesta circoscrizione, a Rozzol Melara, ospita un incompiuto, precisamente in via Holan: il sogno di un centro di aggregazione giovanile è stato fermato dal fallimento di una ditta, ora rilevata dalla Pertot srl Ecologia e servizi, che avvierà il cantiere su un nuovo progetto dell'architetto Eugenio Meli. Gretta e tutta l'area che racchiude la terza circoscrizione raccolgono diversi cantieri incompleti. A partire da via della Mandria, dove ci sono due edifici, un complesso di villette a schiera e un grande immobile completamente abbandonati. «Sono almeno quattro anni che non vediamo nessuno e abbiamo paura che la gru ci cada addosso». Non finita è anche la villa a picco sul mare in via Bruni, perpendicolare di via Bonomea. «Sono sette anni - spiega il dirimpettaio - che non vanno avanti». Anche il residence costruito alle spalle del maestoso hotel Greif, a Barcola, è stato realizzato ma poi mai abitato. Perché? E anche in via del Pucino, a Grignano, resta in sospeso il destino di una villa. Nemmeno l'altipiano rimane indenne dai lavori a morsi. In via dei Salici, spiega il presidente della circoscrizione Altipiano Est Marko De Luisa, «i lavori da parte di Ater con fondi comunali per la riqualificazione di una dolina e la realizzazione di un'area verde attrezzata sono fermi da più di un anno». Il direttore dell'Ater Antonio Ius spiega che si è trovata una soluzione ora al vaglio del Comune. Non mancano poi le strade al palo per rimpalli su rimpalli: non parte il cantiere per il ripristino di un muro ceduto tra Padriciano e Gropada, passato di mano dalla Provincia alla Regione a Fvg Strade.

Benedetta Moro

 

«Progetti valutati superficialmente» - Elisabetta Delben, a capo dell'ordine degli ingegneri triestini: «Si danno per scontati aspetti tecnici ed economici iniziali»
«Si dà per scontata la progettazione, che andrebbe invece approfondita nella sua completezza». Ecco perché spesso gli immobili sono "vittime" di cantieri che non termineranno mai. A spiegarlo è Elisabetta Delben, da nemmeno una settimana a capo dell'ordine degli ingegneri di Trieste. L'inizio di un'opera architettonica deve avere le fondamenta solide, anche sulla carta. Altrimenti quello che succede al committente è di ritrovarsi con molte più spese del previsto e di non farcela a coprirle tutte. Ma sono anche le stesse imprese ad essere spesso protagoniste di un circolo vizioso che le vede incaute nel valutare un investimento. Perché alcuni immobili restano opere incompiute?Spesso alcune operazioni non funzionano perché investimenti, costi e guadagni non vanno a braccetto. Tante volte lo vediamo in sede di consulenze d'ufficio per il tribunale: si dà per scontata la progettazione che andrebbe invece approfondita nella sua completezza, non solo dal punto di vista architettonico. C'è tutta una parte di progettazione che troppe volte si tende a non fare: valutazioni tecniche, economiche, con la relativa formulazione di computi metrici redatti su progetti esecutivi e tutto l'aspetto contrattualistico, che troppo spesso ai professionisti non vengono richiesti. Il committente, che può essere un condominio o la singola proprietà o l'impresa che vuole fare un investimento, pensa soprattutto ad abbassare i costi, ma risparmiando in questa fase iniziale si va incontro a sorprese. I cantieri incompiuti tante volte sono la mancanza di tutto questo. Cui si aggiunge magari l'assenza di un'autorizzazione, ma evidentemente anche in questo caso non si è compiuta un'analisi completa all'inizio. E in pratica poi che cosa succede? Per quanto riguarda i condomini, può subentrare il problema della frammentazione della proprietà, un condomino si ritira, ma essenzialmente i cantieri si fermano per problemi di natura economica. Si stipulano dei contratti d'appalto che nel privato a volte non sono degni di questo nome. Le imprese di costruzione a volte sono anch'esse vittime e altre forse "impreparate"? Se in qualche modo il cantiere è incominciato e l'impresa lo lascia a metà è perché non ha più la capacità economica per proseguire. Alle volte perché non è stata pagata. Ma perché non è stata pagata? Perché gli accordi non sono chiari? Ciò non accade necessariamente perché le due parti sono in malafede. Analogamente può succedere anche quando è l'impresa stessa che compie l'investimento: il rapporto tra investimento e quello che si realizza deve essere blindato. Troppo spesso non si consultano gli esperti per approfondire determinati aspetti: dalla normativa antisismica all'acustica. Perché ci sono diversi immobili non conclusi, ma comunque si costruisce ancora? In realtà il consumo di suolo, anche visto il nuovo piano regolatore, è molto limitato. Quelli che vengono realizzati sono soprattutto interventi di privati che vogliono ampliare la propria casa, in applicazione del cosiddetto Piano casa. Oggi l'attenzione è rivolta al recupero dell'esistente, che deve essere valorizzato.

(b.m.)

 

Le tante inaugurazioni fasulle del Grezar
Lo stadio Grezar, costruito nel 1932, è stato oggetto per anni di uno dei cantieri pubblici più lunghi della storia di Trieste, che ha visto rinvii su rinvii. Solo l'anno scorso l'ospitalità concessa ai campionati italiani assoluti di atletica leggera hanno messo fretta all'amministrazione che ha presentato la struttura quasi del tutto completa. Mancano ancora alcune aree da ripristinare, come la tribuna posteriore che non è utilizzabile al momento. Si spera che con i finanziamenti pari circa a 4 milioni di euro, che si stanno investendo per il contiguo stadio Nereo Rocco, si possano eseguire gli ultimi interventi di una lunga sequenza che non sembra avere fine. Proprio il Rocco infatti il prossimo anno, a giugno, sarà una delle sei sedi che accoglieranno il campionato europeo di calcio per nazionali under 21, affidato all'organizzazione di Italia e San Marino. La ristrutturazione del Grezar è iniziata nel 2004 per un costo totale di 13 milioni, cui si è aggiunto un altro milione proprio l'anno scorso, prima che i migliori atleti italiani, in campo a caccia di 40 titoli nazionali, 20 maschili e 20 femminili, si sono presentati in campo. C'è stata anche un'inaugurazione "a tranello" nel 2013, voluta dall'allora assessore regionale allo Sport Emiliano Edera. Ma da quel momento il campo di atletica non era mai stato utilizzato seriamente perché poteva essere solo usufruito dalle società sportive e dai tesserati e amatori e dunque nessuna gara è stata organizzata poi prima dell'anno scorso.

(b.m.)

 

Un oratorio a Rozzol entro due anni - Spazio di aggregazione voluto dalla chiesa di Pio X. Giardino pensile sul tetto
In via Hollan, a due passi da via Cumano, entro due anni, poco più poco meno, nascerà il primo vero oratorio della chiesa di Pio X di via Revoltella, nel rione di Rozzol. I fondi, provenienti da Regione, Cei e Fondazione CRTrieste, ci sono. In uno spazio di quella che è una fetta di campagna in città c'è già in realtà una gru, ma è immobile da ormai alcuni anni. La prima impresa che doveva occuparsi di questi lavori era la Settimo costruzioni, che però nel frattempo è fallita. Solo recentemente la "partita" è stata rilevata da un'altra azienda, la Pertot Ecologia e servizi, che realizzerà l'edificio su progetto dell'architetto Eugenio Meli, al momento impegnato anche su altri fronti, tra cui il restauro dell'antico colonnato del cimitero di Sant'Anna e la costruzione di un edificio di 40 metri a Lignano Sabbiadoro. Ma perché proprio un oratorio? «Purtroppo non ci sono punti di aggregazione a Rozzol - spiega don Mario De Stefano, parroco della chiesa -, deve essere un polo aggregativo soprattutto per giovani ma anche meno giovani». Mancano dunque spazi in cui ritrovarsi a giocare a pallone, a fare una chiacchierata nella zona di Rozzol. Ecco dunque che a pensarci è la chiesa Pio X con un immobile a bassissimo impatto visivo nel rispetto del contesto rurale, con una performance energetica importante e un giardino pensile sul tetto. Si posizionerà come cardine tra la zona residenziale di via Cumano, il complesso scolastico di strada di Rozzol, l'area museale di via Cumano e il verde circostante di cui, spiega Meli, anche nel Piano regolatore è prevista la rivalutazione. Il tutto completando il processo di rilancio della parrocchia stessa per la quale si prevedono pure a breve alcuni lavori di ristrutturazione e rinnovamento. «Il manufatto si colloca in maniera organica nel suo contesto - aggiunge -, andando a riempire il declivio naturale della zona, creando l'atmosfera più propizia per momenti di relazione, incontro e comunità; prevedendo spazi ludici esterni e ambienti interni che possano declinarsi a più necessità». Il complesso ospiterà: sale polifunzionali, bar, un campo da gioco e diversi posti auto. All'edificio si accederà principalmente da via Lucano attraverso la parte superiore del manufatto. E, la copertura dello stesso, appunto, sarà costituita da un sistema di giardino pensile «che costituirà l'area gioco nonché la copertura della struttura sottostante». In tutto il lavoro di progettazione, date le caratteristiche del terreno, è stato di fondamentale importanza lo studio in sezione. «Il manufatto - conclude l'architetto - ha l'ambizione di porsi non come capriccio architettonico, ma vuole nascondersi come un "architettura ipogea" (nuovo filone di bio-architettura, ndr), sottoporsi al paesaggio in antitesi alle architetture d'immagine molto alla moda».

(b.m.)

 

 

Diga senza gestore né pace - Ora è vietata la balneazione

Valori di "enterococchi intestinali" oltre i limiti nelle acque attorno alla struttura - Ordinanza del sindaco Dipiazza in vigore fino all'esito positivo di nuovi esami
Non c'è pace per l'Antica Diga. Ora in quelle acque è vietato anche fare il bagno. Dai campioni prelevati nel golfo lo scorso 15 maggio e analizzati dai laboratori dell'Arpa, i valori di "enterococchi intestinali", ovvero di batteri presenti nelle feci, in quel tratto di mare superano il limite di legge. Ricevuta comunicazione, il sindaco Roberto Dipiazza ha ordinato il «divieto temporaneo di balneazione nelle acque prospicienti la Diga Vecchia Sud-Diga Foranea del Porto Franco Vecchio fino a nuove analisi dell'Arpa che attestino il rientro dei parametri». Dei cartelli indicheranno il divieto e spetterà alla Capitaneria di porto verificare che l'ordinanza venga rispettata. Una situazione che non crea gravi ripercussioni sullo stabilimento, visto che la Diga è chiusa dal 2016. La presenza di enterococchi intestinali è indice di una recente contaminazione fecale. E la prima ipotesi al vaglio è stata quella che si trattasse di un problema al sistema fognario. Ma AcegasApsAmga esclude categoricamente si tratti di una contaminazione causata dallo scarico in mare del torrente Chiave, che ha sbocco proprio nei pressi del Molo 0. L'azienda propende invece per l'ipotesi che a causare quel superamento dei valori limite sia stato lo scarico di liquami in mare da una nave. «Tutti i collettamenti delle acque nere del Chiave, che pompano quelle acque verso il depuratore di Servola - spiega AcegasApsAmga - sono a monte di via Carducci, più precisamente in largo Barriera e all'altezza tra via Carducci e via Battisti, e quindi le acque trasportate da quel punto verso il Molo 0 sono chiare». AcegaApsAmga valuta anche che «se da via Carducci, dall'altezza dove sono in atto i lavori di ripristino delle volte sotterranee del torrente, verso il mare, ci dovesse essere un scarico abusivo del quale però noi non abbiamo notizia, al Molo 0 quell'acqua nera arriverebbe molto diluita e dunque non in grado di far variare in quel modo i parametri». L'ipotesi più attendibile, quindi, è che il "danno" sia stato causato dallo scarico abusivo di una nave, effettuato magari anche non in prossimità della Diga ma trasportato in quel punto dalle correnti. Nel Comune di Trieste, dalla Lanterna fino ai Filtri di Aurisina, i punti di rilevazione dei campioni delle acqua di balneazione sono 14. Sei invece a Muggia e 9 a Duino Aurisina. Se le indagini del monitoraggio evidenziano un superamento dei valori limite, è previsto venga adottato un protocollo che include l'interdizione temporanea alla balneazione dell'area in esame e l'attivazione di un controllo aggiuntivo entro le 72 ore. In caso di esito favorevole dell'analisi, e a seguito di un ulteriore controllo dopo 7 giorni, l'area viene riaperta. In caso di esito sfavorevole l'area resta invece vietata alla balneazione fino a quando l'analisi non sarà favorevole. Tornando all'Antica Diga, dopo che nessun investitore si era fatto avanti per gestire lo stabilimento entro i termini del precedente bando di gara, ora è in via di definizione da parte dell'Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico orientale un nuovo bando per la concessione demaniale. Il segretario generale dell'Authority, Mario Sommariva, anticipa che la proposta sarà più vantaggiosa per i concorrenti perché la superficie della Diga da destinare a stabilimento si è ridotta a seguito dell'affidamento della concessione della radice, dalla parte verso il molo, alla Saipem.

Laura Tonero

 

 

Spuntano sull'Isonzo 5 centrali idroelettriche - i cinque siti
I progetti presentati in Regione. Quello proposto dal Consorzio di bonifica ha già ottenuto la Via. La preoccupazione delle associazioni ambientaliste
GORIZIA - Cinque nuove (possibili) centraline idroelettriche lungo il corso dell'Isonzo nel territorio del Comune di Gorizia. Al momento non sono sull'acqua ma solo sulla carta, a livello progettuale, ma la prospettiva c'è. Sui tavoli della Regione infatti sono approdati cinque progetti per la realizzazione di altrettanti impianti dedicati alla produzione di energia elettrica, di cui uno porta in calce la firma del Consorzio di bonifica della pianura isontina, e gli altri quattro quella della Domus Brenta srl, società veneta specializzata, tra le altre cose, nella realizzazione di studi di fattibilità e di progetti per impianti e la valorizzazione e il recupero di siti industriali. Lo scenario che racconta le cinque nuove centrali ha già acceso nel capoluogo isontino la preoccupazione degli ambientalisti ma, va detto subito, i progetti sono tutti ancora in attesa di autorizzazione. Con l'aggiunta che il piano regolatore del Comune di Gorizia non prevede la possibilità di creare simili impianti sul fiume, anche se il parere negativo dell'ente potrebbe essere superato ugualmente dal via libera della Regione. E c'è, soprattutto, un primo importante distinguo da fare. L'unico ad aver ottenuto il primo e più importante disco verde, la Valutazione di impatto ambientale (e di conseguenza quello più concreto ad oggi) è il progetto per la centralina del Consorzio, che dovrebbe sorgere sulla traversa a valle del ponte 8 Agosto. Traversa ospiterebbe la centralina sulla sponda sinistra del fiume, con l'impianto che verrebbe integrato al suo interno e che sarebbe di tipologia "ad acqua fluente". In altre parole non verrebbe deviato il flusso dell'Isonzo, ma la centralina preleverebbe solo il flusso minimo vitale d'acqua, che già oggi passa attraverso le paratie, per poi re-immetterlo nel fiume una ventina di metri dopo. Il progetto prevedrebbe peraltro anche l'introduzione della scala di monta per la fauna ittica, ovvero un particolare passaggio che permette la risalita del fiume da parte dei pesci. Un elemento, questo, previsto dalla legge e oggi mancante, che permetterebbe dunque di adeguare la traversa. Investimento totale, circa 1 milione e 850 mila euro.«Si prevede una produzione di energia pari a 2,5 megawatt, quando il nostro consumo è di 4,5 all'anno - spiega il presidente del Consorzio di bonifica della pianura isontina Enzo Lorenzon -. Questo vuol dire che l'impianto coprirebbe oltre il 50% del fabbisogno». Sempre dal Consorzio, il direttore tecnico Daniele Luis precisa che «al momento è già stata superata la Valutazione di impatto ambientale, e manca l'autorizzazione unica a procedere, che passerà dalla convocazione di una conferenza dei servizi». Poi, come detto, ci sono i progetti di Domus Brenta. La società ha effettuato uno studio di fattibilità sul fiume (come del resto su tantissimi altri corsi d'acqua in regione e in Italia) per capire dove potrebbero essere realizzate nuove centraline. E da questo sono usciti quattro siti e altrettante proposte progettuali: in corrispondenza della citata traversa a valle del ponte 8 Agosto, sotto la passerella di Straccis (due possibili centraline) e nei pressi del Parco di Piuma. «Questo tipo di impianti produce da 500 kilowatt a 1,5 megawatt - dice l'architetto Marco Rampazzo, responsabile del progetto per le centrali di Domus Brenta -, e hanno un ridottissimo impatto ambientale in quanto si appoggiano a strutture già esistenti lungo il corso del fiume, e le varie componenti si trovano al di sotto del livello dell'acqua». Rampazzo precisa che a oggi nessuno dei quattro progetti ha ancora ottenuto l'autorizzazione a costruire, e solo quando eventualmente sarà trovato l'accordo i progetti verranno sottoposti a realtà interessate a realizzare le centrali.«I progetti sono ancora tutti alla fase delle autorizzazioni, vengono vagliati dagli enti e le realtà interessate e preposte, anche attraverso le conferenze dei servizi - dice Rampazzo -, e non ci devono dunque essere preoccupazioni dal punto di vista ambientale. È importante che la gente sappia che questo tipo di impianti sono quelli a minor impatto ambientale per la produzione di energia. Anche i pannelli fotovoltaici oggi tanto diffusi, per intenderci, devono essere di volta in volta sostituiti e il silicio che li compone smaltito». Rassicurazioni però non sufficienti a tranquillizzare gli ambientalisti. Intanto, come detto, la palla è destinata a passare innanzitutto alla Regione. E a finire nel "campo" del neo assessore ad Ambiente e Energia Fabio Scoccimarro, che fa sapere di essere pronto a occuparsi della questione non appena ufficialmente insediato.

Marco Bisiach

 

Dal Comune un primo parere negativo: «Incompatibili con il piano regolatore
«Il fiume Isonzo è già pesantemente modificato. Innumerevoli centrali elettriche sfruttano le sue acque sia in Italia che in Slovenia, per cui riteniamo sia da irresponsabili permetterne la costruzione di nuove». È netta la posizione delle associazioni ambientaliste Eugenio Rosmann, Fiume Isonzo, Legambiente e Save the Soca sui progetti presentati alla Regione. Che denunciano il «silenzio» sulla questione. «In realtà invece noi abbiamo già espresso il nostro parere negativo - spiega l'assessore all'Ambiente Francesco Del Sordi -, perché da un punto di vista urbanistico le centrali non sono compatibili con il nostro piano regolatore, anche perché l'Isonzo è classificato Area di rilevante interesse ambientale. Detto questo stiamo parlando ad oggi solo di ipotesi di progetto, che verranno valutate come prevede la legge da soggetti competenti e deputati a farlo. E se otterranno le prime autorizzazioni passeranno poi la conferenza dei servizi, dove saremo chiamati a dire la nostra».

(m.b.)

 

 

Compost in dono a chi differenzia il verde - L'iniziativa di AcegasApsAmga è dedicata a quanti richiedono il ritiro di scarti di potature e ramaglie
Parte l'iniziativa di AcegasApsAmga dedicata all'economica circolare del rifiuto verde, come scarti delle potature e ramaglie: per ogni richiesta di ritiro verrà regalato al richiedente (fino ad esaurimento scorte) un sacco di compost certificato per agricoltura biologica da 8 chilogrammi, proveniente dallo stabilimento Bioman di Maniago. La scelta non è casuale, infatti è qui che vengono avviati a recupero tutti i rifiuti organici triestini, che al termine della lavorazione si trasformano, appunto, in compost di alta qualità: perché anche i rifiuti producono valore se correttamente differenziati. L'iniziativa vuole inoltre sfatare il mito secondo cui i rifiuti «finiscono tutti insieme» consegnando al cittadino il vero e proprio prodotto nato dalla raccolta differenziata del rifiuto organico e del verde. Per richiedere l'asporto del verde a domicilio è necessario iscriversi, gratuitamente, al servizio chiamando il numero verde 800955988 (gratis da telefono fisso e mobile) e ritirare il contenitore in comodato d'uso gratuito alla sede di AcegasApsAmga in via Orsera, il sabato dalle 8 alle 10. È inoltre operativa anche la prenotazione automatica del ritiro degli scarti di giardino tramite sms 24 ore su 24: per aderire a questo sistema di prenotazione è necessario contattare l'800955988 (saranno richiesti un numero di cellulare e un indirizzo e-mail). Differenziare correttamente il rifiuto verde è estremamente importante - sottolinea una nota della multiutility -, si stima infatti che dovrebbe costituire circa il 15% del totale dei rifiuti raccolti da una città, mentre a Trieste corrisponde per ora solo al 3%: per agevolare i cittadini nel conferimento di questo rifiuto che può essere completamente riciclato, AcegasApsAmga mette a disposizione sistemi che integrano la raccolta a domicilio di sfalci e ramaglie. Dall'inizio della primavera sono stati posizionati quasi 50 nuovi contenitori per la raccolta stradale di sfalci e ramaglie in circa 25 isole ecologiche presenti in zone particolarmente ricche di aree verdi private o condominiali, quali quelle di via Romagna, Costiera e viale Romolo Gessi. I nuovi cassonetti si aggiungono a quelli già installati nel 2016-2017, di varie dimensioni (660, 1.100 o 3.200 litri) per adattarsi a tutti i tipi di vie cittadine, da quelle più ampie a quelle più strette, tipiche di alcune zone di Trieste.

 

 

Orario estivo Trenitalia, a bordo anche con la bici - dal 10 giugno
MILANO - Una nuova rotta Frecciargento Roma - Vicenza, sette nuove fermate Frecciarossa a Reggio Emilia, due Frecciarossa in più nel fine settimana tra Milano, Rimini e Ancona: sono alcune delle novità del nuovo orario estivo di Trenitalia che entra in vigore dal 10 giugno con servizi, offerte e agevolazioni con particolare attenzione alle famiglie, così come illustrato a Milano dall'ad Orazio Iacono. Saranno oltre 110 le fermate stagionali di Frecce, InterCity e Freccialink, che arricchiscono l'Offerta e, nel complesso, 437 le corse giornaliere di Frecce e InterCity e oltre 200 i capoluoghi e le città servite oltre a piccoli centri. Invariata - fa sapere Trenitalia - l'offerta delle Frecce da e per la nostra regione, con la conferma della fermata al Trieste Airport. L'integrazione poi con le 6500 corse regionali gestite da Trenitalia consentirà di ampliare il network raggiungendo 32 siti Unesco, 25 tra i «Borghi più belli d'Italia», 8 Parchi Nazionali, e oltre 90 tra spiagge, centri di benessere, mete montane e termali. In tutto più di 500 luoghi di attrazione turistica. In questo contesto, in regione ci sono le offerte "Leisure estate 2018". Per la ciclovia Alpe Adria, per esempio, la linea ferroviaria è la Trieste-Udine-Tarvisio con 11 treni al sabato dal 14 luglio e 13 nei festivi dal 10 giugno, con convoglio attrezzato per il trasporto di 30 biciclette. Nelle stesse date anche il treno da Trieste, Gorizia o Udine a Venzone, mentre dal 10 giugno al 9 settembre la tratta Udine-Palmanova-Trieste sarà attiva anche nei festivi, oltre che al sabato, con 5 collegamenti giornalieri, sempre con convogli attrezzati per il trasporto di bici. A livello nazionale Trenitalia ha previsto anche diverse agevolazioni: 30% di sconto per famiglie e gruppi fino a 5 persone, gratis gli under 4 e al 50% gli under 15 sulle Frecce, al 50% gli under 12 sui regionali, la possibilità di portare il proprio cane con sé ad agosto al prezzo simbolico di 5 euro e nuovi servizi di accompagnamento a bordo per anziani e persone che lo necessitano.

 

 

Chiudere l'Ilva, anzi no. È scontro - Divergenze tra M5S e Lega anche dopo il Tavolo avviato a Taranto con i sindacati
ROMA - Uno dei primi banchi di prova sulla tenuta dell'accordo tra M5S e Lega si chiama Ilva. Sul destino della grande azienda e di 14 mila dipendenti, più l'indotto, le idee dei due partiti che vogliono governare non sono affatto coincidenti, almeno per ora. Si sapeva, ma le responsabilità cambiano e la divergenza è riemersa dopo il Tavolo sull'Ilva convocato a Taranto dal M5S per un confronto con le organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm, Usb, Flmu Cub e Ugl. Al termine dell'incontro, Lorenzo Fioramonti, consulente economico di Luigi Di Maio, ha ribadito: «In questo momento ci muoviamo in una direzione chiara, cioè chiusura programmata e riconversione economica dell'Ilva». E chiusura programmata, ha aggiunto, «significa andare verso la chiusura in un periodo di tempo relativamente breve, ma non brevissimo, non 20 anni o 30 anni, ma nemmeno 1 anno o 6 mesi. Il percorso va intrapreso, bisogna condividere il metodo». Il 30 giugno, però, l'Ilva potrebbe passare ad ArcelorMittal: «Quando saremo al governo - anticipa Fioramonti - ci muoveremo in maniera coordinata per garantire la continuità salariale e reddituale dei dipendenti Ilva e interverremo in modo chiaro per evitare che altri tipi di accordo, che non abbiano visto la condivisione delle parti sociali, vengano intrapresi. In quel momento potremo dire quali elementi tecnici avremo a disposizione». Rossano Sasso, deputato pugliese della Lega e coordinatore regionale di "Noi con Salvini", a Radionorba ha espresso però una posizione diversa: «Chiudere l'Ilva è assolutamente da pazzi e so che anche i 5Stelle stanno rivedendo queste posizioni: quando si passa dall'opposizione al governo si deve fare i conti con il territorio e con un senso di responsabilità maggiore. Non mi sentirete mai dire che l'Ilva deve essere chiusa: l'Ilva rappresenta il 50% del prodotto interno lordo regionale. Va difesa la salute e vanno difesi i livelli occupazionali e, intanto, non facciamo scappare l'acquirente». Se per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (Pd), il M5S ha dato un segnale «di cambio di metodo rilevante», il ministro Carlo Calenda (Pd), che si è visto bocciare dai sindacati un accordo sull'acquisto dell'Ilva attraverso il consorzio AmInvestCo, attacca Fioramonti su twitter: «"Chiudere l'Ilva non in un anno, ma nemmeno in 20/30". Ma come si fanno a dire simili superficialità? O chiudi l'Ilva o la risani. Con quali soldi la tieni aperta a tempo? Dilettantismo di chi non ha mai gestito nulla in vita sua. Sulla pelle di 20 mila lavoratori».

Denis Artioli

 

 

Morso da una vipera finisce all'ospedale
Il 24enne triestino si stava arrampicando in Val Rosandra. Portato a Cattinara, è stabile ma continuamente monitorato
Durante un'arrampicata in Val Rosandra, mentre cercava appoggio tra le pietre, un giovane triestino di 24 anni ieri mattina è stato morso alla mano da una vipera. Superato lo choc e l'intenso dolore, non si è perso d'animo a chiamare i soccorsi ed è stato portato al pronto soccorso di Cattinara. Poco dopo mezzogiorno il ragazzo, in condizioni stabili e non in pericolo di vita, è stato trasferito nel reparto di rianimazione e sottoposto alla sieroprofilassi. Una terapia che necessita il ricovero in rianimazione non per la gravità delle condizioni di salute del paziente ma per la necessità di un costante monitoraggio, date le possibili reazioni anafilattiche. Quando il giovane è arrivato a Cattinara la mano era già arrossata, gonfia. Il ventiquattrenne ora verrà tenuto alcuni giorni in osservazione «perché il veleno - spiega Roberto Copetti, primario del reparto unificato del pronto soccorso e della medicina d'urgenza dell'ospedale - può avere degli effetti sistemici, di tossicità sul fegato e soprattutto può alterare la coagulazione con il rischio di emorragie o trombosi». Il morso da parte di una vipera è un fatto piuttosto raro a Trieste. Il rettile si è accorto probabilmente solo all'ultimo momento della presenza umana che per lui rappresenta un pericolo e ha reagito nell'unico modo disponibile, conficcando nella mano dell'arrampicatore i suoi denti velenosi. Ha morso perché era troppo tardi per scappare. Ma cosa fare in questi casi? «Chiamare il 112, immobilizzare l'arto e stare tranquilli - consiglia Copetti - L'agitarsi può causare tachicardia e velocizzare la circolazione nel sangue del veleno. Oggi non si muore da morso di vipera e il suo veleno agisce in 12-24 ore e dunque c'è tutto il tempo per sottoporsi alle prime cure e alla successiva sieroprofilassi qualora i sintomi da avvelenamento dovessero essere importanti». I sintomi che fanno intuire che il veleno è stato inoculato e che serve somministrare la sieroprofilassi sono il forte dolore locale, l'estensione dell'edema, il dolore addominale, il vomito, la sudorazione. Le persone più a rischio sono coloro che hanno una reazione al veleno della vipera, gli anziani, i bambini. Copetti specifica che la vipera quando morde non sempre riesce ad inoculare il veleno, e elenca una serie di comportamenti da non tenere. «Non seguire consigli che venivano erroneamente dati un tempo, e dunque non incidere la ferita, non succhiare la ferita e non stringere lacci in prossimità del morso. Se c'è la possibilità, è bene lavare la ferita». In questa stagione va posta parecchia attenzione quando si passeggia in Carso. Non sono esclusi da questo rischio nemmeno i cani che potrebbero essere morsi alle estremità dei loro arti e anche sul muso. Il cane morso manifesta subito forte dolore segnalandolo con sonori guaiti, la zona colpita appare rapidamente tumefatta, calda al tatto.

Laura Tonero

 

 

AMBIENTE - I prodotti di bellezza inquinano

Una ricerca conferma: la cura del corpo ha un costo pesante per l'ambiente. Le quantità di sostanze rilasciate nell'aria dai prodotti di bellezza è ai livelli dei gas di scarico. Deodoranti, shampoo, profumi, gel per capelli inquinano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 maggio 2018

 

 

Il libro sugli oceani

Oggi, alle 18, alla Libreria Lovat di viale XX Settembre, Sandro Carniel, oceanografo dell'Istituto di Scienze Marine del Cnr di Venezia, presenta "Oceani" (Edizioni Hoepli, 2017). Pescando a piene mani da quella che, oggi, è la vita di uno scienziato che studia gli oceani, Carniel riesce a far capire quanto queste distese d'acqua siano fondamentali per la nostra sopravvivenza. Il libro ha vinto il Premio Costa Smeralda, 2018. Ne parla con l'autore Paola Del Negro, direttore della Sezione di Ricerca Oceanografica dell'Ogs.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 maggio 2018

 

 

«Arrivano il pesce e pollo bio» - Cresce la qualità degli allevamenti "green" anche in Fvg
MILANO - Spigole, orate, trote, ma anche cozze e vongole dal sapore "diverso" allevati in modo biologico nel mare e in acque dolci. È la nuova frontiera di un modello produttivo che, dopo frutta, verdura e formaggi, sta prendendo piede nell'acquacoltura, un comparto però ancora poco conosciuto dai consumatori nonostante il salto qualitativo compiuto dal settore pesce d'allevamento, ormai quasi tutto prodotto in mare aperto e non più in vasche. A metterlo in luce è il Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, che ha lanciato Fish&Chicken. Una campagna informativa che, col supporto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, valorizza anche il pollo, altro prodotto di punta del bio, per svelare i segreti di queste produzioni sane e di qualità. «Il pesce allevato in Italia - sottolinea Domitilla Pulcini, ricercatore del Crea Zootecnia e Acquacoltura - ha raggiunto un livello di elevata qualità, sia sotto il profilo nutrizionale, sia sotto quello della sostenibilità». Allevare in modo bio, spiegano i ricercatori, significa avere una densità minore rispetto al prodotto convenzionale, con spazi più larghi nelle gabbie di allevamento in mare aperto dove il pesce, avendo la possibilità di nuotare sviluppa una muscolatura più soda che produce carni più compatte e quindi diverse e saporite; una bassa densità di allevamento che si riflette poi anche in un minor impatto ambientale. Altro capitolo sono i mangimi in uso negli allevamenti della green economy: sono costituiti da ingredienti di origine animale e vegetale anch'essi bio. Certo, i numeri per ora sono esigui, osservano i ricercatori del Crea Zootecnia e Acquacoltura, Domitilla Pulcini e Fabrizio Capoccioni: «Cinquemila tonnellate per i mitili, 910 tonnellate per la trota e 100 tonnellate tra spigola e orate. Produzioni ancora di nicchia che coprono il 3% del totale nazionale di pesce allevato, ma destinato a crescere». La maggior parte delle aziende certificate bio, sottoposte a regole molto stingenti, si trovano nel Nordest, dal Friuli Venezia Giulia, Veneto fino all'Emilia-Romagna, ma anche in Toscana e Trentino Alto Adige.

 

 

Uranio impoverito-tumori - Belgrado adesso indaga
In Serbia Istituita una commissione d'inchiesta parlamentare con voto unanime - Preso ad esempio il caso italiano. Restano scettici molti ricercatori e scienziati
BELGRADO - La Serbia fa sul serio. E promette verità sulla controversa questione delle possibili ricadute sulla salute pubblica dei proiettili all'uranio impoverito usati dalla Nato nella guerra del 1999. Verità che dovrebbe arrivare attraverso il lavoro di una commissione parlamentare d'inchiesta, che ha ricevuto luce verde venerdì, con il voto praticamente unanime di tutti i deputati di maggioranza e opposizione presenti in Aula. Commissione - il suo primo rapporto sarà presentato nel 2020 - che avrà il preciso compito di stabilire se esista un collegamento tra uranio impoverito e un presunto aumento dei casi di cancro nel Paese balcanico, ma anche di indagare sugli effetti in materia di ambiente e salute a causa dei bombardamenti su industrie chimiche e simili. Aumento di patologie tumorali che si sarebbe verificato, ha affermato nei giorni scorsi anche il presidente Vucic, aggiungendo di «non aver mai creduto del tutto a tali teorie», ma di aver parlato con medici che gli hanno fatto cambiare punto di vista, in particolare su una crescita del numero dei colpiti, in particolare fra i bambini. Servono però ora prove incontrovertibili e la commissione «cercherà la verità e non sarà un'aula di tribunale», ha promesso la presidente del Parlamento serbo, Maja Gojkovic, una delle "anime" dell'iniziativa, aggiungendo che non si vuole «giudicare nessuno, né dire ai serbi a chi dare la colpa». Gojkovic aveva in precedenza anticipato che i lavori del comitato saranno facilitati dai risultati di una simile commissione d'inchiesta istituita in Italia.Ma l'attività di ricerca non sarà certamente facile, perché il tema è sensibile e pieno di sfaccettature, i dubbi tanti. Alcuni li ha espressi l'epidemiologo Zoran Radovanovic, che ha ribadito che non esiste alcun aumento dei casi di cancro e che sono molto più pericolosi i fertilizzanti usati in agricoltura. Anche il fisico nucleare Istvan Bikit, parlando alla Tv N1, ha sottolineato che è molto difficile «provare un collegamento» tra uranio impoverito e tumori e ricordato che molto dipende dal tempo di esposizione e dalla vicinanza al luogo dell'esplosione. E sottolineato che le analisi dovrebbero focalizzarsi sul sud della Serbia e in particolare sul Kosovo, dove sono state usate la maggior parte delle munizioni. Il collegamento tra uranio e tumori non esiste, ha invece seccamente smentito, come era del resto ovvio, l'ambasciatore Usa a Belgrado, Kyle Scott.

Stefano Giantin

 

 

OGGI - A Miramare per la Festa delle oasi con il Wwf Apertura gratuita dalle 10 alle 18. Approfondimenti tematici e due angoli speciali per i bimbi

Oggi, come ogni anno, si festeggia la Festa della Natura in tutte le Oasi Wwf italiane, diventate in questi anni dei rifugi preziosi per migliaia di animali. Nel 2018, la festa è dedicata alla raccolta fondi per la campagna anti-bracconaggio promossa dal Wwf per la tutela della fauna selvatica: anche l'Italia è definita infatti un paese "trappola", con decine di aree calde per il bracconaggio, pratica che ha sottratto negli ultimi 40 anni il 50% degli animali selvatici del pianeta e finanziato un mercato criminale di centinaia di milioni di dollari. Solo nel nostro paese ogni anno sono oltre 300 i lupi e 6 i milioni di uccelli uccisi illegalmente, che si affiancano ad aquile, piccoli uccelli migratori, squali, balene e delfini colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato. Anche quest'anno all'evento prende parte naturalmente la struttura di Miramare, che per l'occasione promuoverà attività gratuite per adulti, famiglie e bambini per tutta la giornata di domenica. L'Area Marina Protetta sarà aperta gratuitamente tutto il giorno, dalle 10 alle 18, con lo staff di biologi a disposizione del pubblico per visite libere. Nel pomeriggio avranno luogo alcuni approfondimenti tematici e saranno allestiti due speciali spazi dedicati ai bambini dai 6 anni in su: la Tana del Polpo al primo piano avrà come protagonista un pesciolino bugiardo e temerario, mentre lo speciale angolo sulle foreste marine accoglierà bambini e famiglie nell'aula didattica del piano terra. Le attività, gratuite grazie al supporto della Regione e del progetto europeo Roc-Poplife, si ripeteranno ogni mezz'ora dalle 15 alle 17 (ultimo turno) e si potranno prenotare direttamente sul posto, con un massimo di una decina di bambini, che dovranno essere accompagnati, per ogni laboratorio.È possibile offrire il proprio contributo effettuando una donazione con un sms al 45590.

(g.t.)

 

Biologo nutrizionista in piazza

Si terrà ancora oggi la Giornata del biologo nutrizionista in piazza, in piazza Sant'Antonio Nuovo dalle 10 alle 19. La cittadinanza avrà l'occasione di incontrare dei biologi nutrizionisti che presteranno servizio gratuitamente per eseguire una valutazione antropometrica e un'analisi del proprio stile di vita, fornendo dei consigli. La consulenza, completamente gratuita, avverrà in alcuni ambulatori mobili attrezzati per l'occasione in piazza.

 

 

Trieste - Alla Lovat l'importanza degli oceani

Domani alle 18, alla Lovat, Sandro Carniel presenta "Oceani" (Ed. Hoepli). Pescando a piene mani da quella che, oggi, è la vita di uno scienziato che studia gli oceani, Carniel riesce a far capire quanto queste distese d'acqua date così per scontate siano fondamentali per la nostra sopravvivenza. Ne parla con l'autore Paola Del Negro, direttore della Sezione di ricerca oceanografica dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 maggio 2018

 

 

Varata la nuova giunta regionale di centrodestra

Leghisti 5 assessori su 10. Sanita' a Riccardi, rivolta Forza Italia per la sorpresa Rosolen. L'ex AN Fabio Scoccimarro ottiene la delega ad Ambiente e Energia.

 

 

Monfalcone, spuntano sei rari protei
La scoperta nella grotta della ferrovia. Prima spedizione degli esperti all'interno della cavità n. 4383 sul Carso
MONFALCONE - È la prima esplorazione condotta all'interno del Pozzo dei Protei di Monfalcone da quando, nel 1983, esso venne portato alla luce. Gli speleologi, almeno, non hanno traccia di altre spedizioni interne alla cavità n. 4383 - il codice che il catasto regionale attribuisce alla grotta - scoperta quando vennero ampliati i binari di fronte alla stazione ferroviaria. Ed è questo motivo che li ha indotti di recente a fare il grande passo: sabato scorso una squadra del Centro ricerche carsiche "C. Seppenhofer" di Gorizia, capitanata da Mauro Picinc, 53 anni - operaio di professione e speleologo per passione - ha varcato il cancello di entrata, determinato ad addentrarsi nel pozzo, alla scoperta di un mondo finora inesplorato. La spedizione, durata l'intera mattina, ha dato i suoi frutti. In fondo alla grotta sono stati infatti trovati sei esemplari di protei, i piccoli draghi che abitano le profonde acque dei fiumi sotterranei del Carso. «Una scoperta meravigliosa perché, da quanto ne sappiamo, in questa grotta era stato avvistato solo un esemplare, forse due» afferma Picinc, il sorriso sulle labbra. «Siamo scesi in due, io e il fotografo Alessandro Urban. Avevamo tutta l'attrezzatura del caso: caschetto, imbragature, luci e fotocamere subacquee, perfino un canotto. All'esterno sono rimasti a mo' di sentinelle due speleologi, Anna e Michele Soranzo, insieme al tecnico delle Ferrovie cui abbiamo dovuto chiedere un permesso speciale per la spedizione». Comincia così la discesa nei mondi sotterranei di Monfalcone. La grotta è formata da pareti di calcari chiari, grigi e più scuri, che risalgono al periodo Cretaceo dell'Era Mesozoica, quella, per intenderci, caratterizzata dall'espansione degli oceani e compresa fra 130 e 65 milioni di anni fa. Ebbene, da lì si accede a un pozzo abbastanza spazioso, dalla forma cilindrica, profondo 22,5 metri che nella gola si allarga come a formare una cavernetta lunga otto metri e larga due. Ed è a quella profondità che si trova un laghetto di acque risorgive collegate all'ampio sistema idrico del Carso isontino. Ed è lì che è avvenuto l'avvistamento. «Urban ha documentato tutto - ancora Picinc - Gli esemplari erano distanti l'uno dall'altro, pertanto non è stato possibile immortalarli insieme, ma solo uno alla volta». Spetta al presidente del Centro Seppenhofer, Enrico Tavagnutti, spiegare come lo straordinario avvistamento sia tutt'altro che fine a se stesso. Si comprende così che «Picinc ha promosso una ricerca volta a localizzare tutti i punti dell'Isontino dove testimoniare la presenza dei protei». Uno studio, insomma, decisamente ampio, che è stato intrapreso con la collaborazione della Società adriatica di speleologia di Trieste. Da dove l'esperto Edgardo Mauri conferma come «la presenza del proteo nelle acque sotterranee del Monfalconese e dell'Isontino è ormai accertata. Monitorarla nel territorio è importante da un punto di vista naturalistico e culturale. Per questo, il lavoro che stanno facendo il centro Sepenhofer e gli altri gruppi speleologici è straordinario. Siamo praticamente giunti a una passo dal monitoraggio della popolazione». Per la determinazione del numero di protei e individuare la reale estensione delle popolazioni, gli speleologi stanno effettuando il monitoraggio tramite il "Dna-ambientale", che consente, attraverso il filtraggio di certi quantitativi di acqua, di determinare la presenza del dna dei protei e di calcolare per approssimazione la quantità degli individui. Il proteo, chiosa Mauri, vive nelle acque pulite e la salvaguardia della specie è strettamente connessa alla tutela dell'ambiente.

Elena Placitelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 maggio 2018

 

 

Piano giardini inquinati - Chiusa la prima bonifica
Completata l'opera di rizollatura nell'area della scuola don Chalvien di via Svevo - Ora la Biagio Marin di Servola. Da lunedì de Tommasini chiuso per manutenzione
Il giardino della scuola don Chalvien di via Svevo è il primo delle sette aree verdi che nel 2016 sono state classificate come inquinate a essere stato bonificato. Il Comune, annuncia l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, ha terminato la rizollatura di 20 centimetri di manto erboso e ora sta procedendo con questo primo lotto per rendere nuovamente agibile anche lo spazio verde della seconda scuola "affetta" dalla stessa problematica, la Biagio Marin di via Marco Praga, a Servola. I lavori nel 2017 avevano subìto uno stop dovuto all'introduzione di un nuovo decreto legge, che aveva messo i bastoni fra le ruote. Dopo due anni si vedono dunque i primi risultati, che adesso andranno monitorati grazie all'acquisto da parte del Comune dei deposimetri. Entro giugno si concluderà questa prima fase di ripristino. Mentre la settimana prossima, afferma l'esponente della giunta Dipiazza, «approveremo il progetto così da avviare la gara d'appalto per il fitorimedio»: sono le "super piante" capaci di assorbire i veleni. Verranno seminate in tutte le altre superfici in cui sono state trovate le sostanze cancerogene, a cominciare dal "de Tommasini" di via Giulia, che proprio lunedì prossimo chiuderà per circa quattro giorni, il tempo per completare i previsti e necessari lavori di manutenzione e pulizia generale che vengono effettuati durante l'anno dall'amministrazione. Anche se spesso diversi cittadini si sono lamentati della trascuratezza in cui versano i diversi spazi. Fresco di sfalcio risulta già invece il giardino di piazzale Rosmini, sottolinea Lodi, un'altra area che è interdetta nelle zone dove cresce l'erba proprio per il problema inquinamento. E che quindi è nella lista dei punti destinatari degli interventi di piantumazione delle speciali piante vegetali assieme al Miniussi di Servola. Nello stesso quartiere compaiono inoltre i cortili della chiesa San Lorenzo e dell'Associazione amici del presepio in via dei Giardini. L'indagine effettuata nel 2016 dall'Arpa aveva individuato sette giardini inquinati su dodici. Si era scoperto in particolare che erano presenti contaminazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre sostanze potenzialmente cancerogene. Tutti i lavori di bonifica rientrano in un progetto approvato dall'Istituto superiore di sanità, preparato da Comune, Regione, Arpa, AsuiTs ed ex Provincia e finanziato con 350 mila euro. I tre enti Istituto superiore di sanità, AsuiTs e Arpa avevano inoltre chiesto già a suo tempo al Comune un piano di monitoraggio delle aree interessate. Non basterà dunque "ripulire" o punteggiare il suolo di piante speciali, ma sarà necessario anche accertare se nelle superfici trattate il terreno continui a subire contaminazioni o meno. Per questo infatti, quando le opere termineranno, verranno inseriti dei deposimetri, apparecchi costruiti per mappare le polveri che si depositano liberamente nell'atmosfera, attraverso cui si potrà capire quali sostanze inquinano di più. E quali sono le principali fonti che producono queste sostanze. Si concluderà così un capitolo importante, anche per la gioia delle mamme dei bambini iscritti nelle scuole coinvolte, che negli scorsi mesi hanno più volte protestato per l'incuria in cui sono rimasti per tanto tempo i piazzali di fronte agli edifici che ogni giorno i propri figli frequentano.

Benedetta Moro

 

 

Rifiuti abbandonati a Muggia: scattano i controlli dei vigili
MUGGIA - I sacchetti con i rifiuti differenziati impropriamente non verranno più ritirati. Questa la decisione del Comune di Muggia in seguito all'"indisciplina" da parte di troppi cittadini muggesani. «I volumi eccessivi conferiti nei contenitori, soprattutto dell'indifferenziata, sono ancora dovuti ad una scarsa differenziazione», ha lamentato l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri durante l'ultima riunione del Consiglio comunale. E a breve entreranno in azione anche gli agenti della Polizia Locale. L'occasione per tornare a discutere di rifiuti è stata fornita da Roberta Tarlao (Meio Muja) che ha presentato un'interrogazione - sottoscritta anche da Roberta Vlahov (Ocpm) ed Emanuele Romano (M5S) - chiedendo quali siano le strategie che il sindaco di Muggia Laura Marzi intenda affrontare per risolvere il problema dei rifiuti abbandonati all'esterno dei cassonetti. Una problematica dettata dal fatto che «la capienza degli stessi in molte zone - stigmatizza Tarlao - non soddisfa le quantità di rifiuti conferiti». Da qui il quesito sulle intenzioni del Comune per una possibile implementazione dei bidoni o un aumento dei ritiri dei rifiuti. La risposta è stata fornita dall'assessore Litteri. Il Comune ha deciso di aumentare il numero di bidoni o le dimensioni degli stessi «ove effettivamente si verifica un sottodimensionamento dei volumi». L'amministrazione Marzi ha però lamentato come in taluni casi i volumi eccessivi conferiti nei contenitori siano dovuti a una errata differenziazione dei rifiuti stessi. «Su tali situazioni si sta intervenendo con avvisi e contatti diretti con gli utenti: si è ritenuto di aspettare ancora un breve periodo prima di iniziare con la segnalazione all'utenza del rifiuto non conforme (il famigerato bollino rosso, ndr), con il conseguente mancato ritiro», puntualizza Litteri. Ma le novità non sono finite. In seguito all'abbandono di sacchi nel territorio, in particolare vicino alle due isole del centro storico, l'assessore ha annunciato che a breve inizierà il controllo da parte del personale di Net, con tanto di pettorina di riconoscimento, accompagnato dal personale della Polizia locale. «Tale intervento, unitamente alla videosorveglianza (una delle due isole è già dotata di telecamera, la seconda ne sarà munita a breve, ndr), consentirà di eliminare il problema degli abbandoni» precisa Litteri. Interessante infine la reale motivazione per cui è stata smantellata l'area di via Manzoni, sita dietro al futuro Infopoint di Caliterna, utilizzata come zona ad hoc per i rifiuti dei commercianti del centro storico. L'area, in concessione al Comune da parte dell'Autorità portuale, è stata smantellata dopo l'intervento della Capitaneria di Porto, «poiché la collocazione di cassonetti per la raccolta dei rifiuti - ha ammesso Litteri - non rientra negli scopi per i quali è stata rilasciata la suddetta licenza di concessione». Da qui la dismissione in fretta e furia dell'area e lo spostamento tra piazzale Caliterna e il tanto contestato piazzale ex Alto Adriatico.

(r.t.)

 

 

Cinghiali e burocrazia tengono "in ostaggio" i piccoli della Tomizza
Le reti installate del Comune per tenere lontani gli animali dal parco sono inefficaci. Bimbi costretti a restare in classe
Hanno la fortuna di avere attorno alla loro scuola non un semplice giardino, ma un vero e proprio parco. Eppure i bambini della scuola Tomizza di via Commerciale, una quarantina in tutto, non ci possono né giocare né correre durante la ricreazione. Colpa dei tanti cinghiali che circolano abitualmente negli 11mila metri quadrati di area verde mettendo a rischio la loro sicurezza e spingendo di conseguenza le maestre a tenere i piccoli in classe. «I primi cinghiali sono comparsi nel settembre 2016 - spiega Enka Todorchevska, mamma e presidente del comitato dei genitori -. Per molto tempo il parco è rimasto del tutto privo di recinzioni, installate solo di recente dal Comune. Peccato che siano state forzate nel giro di pochi giorni». Proprio contro la rete di sicurezza si concentra ora la rabbia dei genitori. Realizzata con un intervento della ditta Global Service che lavora con il Comune (che ha stanziato circa 50 mila euro per il rifacimento del recinto, come dichiarato alla stampa dal capogruppo della Lega Paolo Polidori ndr), la recinzione non appare né robusta né fissata al muro perimetrale, e permette quindi il passaggio ai cinghiali, che amano rintanarsi sotto i vicini cespugli, scelti come zone di riposo, sosta o riproduzione per questi mammiferi. «La rete non ci sembra adeguata - racconta Valentina Pian -. Dispiace che, a causa di questo, i bambini non possono uscire dalle classi e non possono vivere questo splendido parco. Anche perchè nelle aule che hanno le finestre esposte ad ovest c'è un caldo soffocante, soprattutto il pomeriggio. L'anno scorso - prosegue Pian - sono stati abbattuti cinque cinghiali all'interno del parco. Qualche tempo fa il sindaco è venuto a scuola e ha detto a mia figlia che avrebbe risolto il problema. Invece non è successo niente e lei mi chiede sempre quando potranno uscire di nuovo in giardino». Un'altra mamma Albana Xhomaqi pensa che «il lavoro non sia stato fatto bene». Dello stesso avviso Paola Travan. «Una scuola materna deve avere per legge uno spazio aperto dove poter far giocare i bambini». I genitori hanno così fatto partire una raccolta firme, per sollecitare le autorità a risolvere una volta per tutte il problema che, da due settimane, blocca le uscite in giardino dei piccoli. Cercata più volte al telefono, la preside Tiziana Farci non ha voluto rilasciato alcuna dichiarazione, anche perchè impegnata nei consigli di classe, e non ha autorizzato le altre maestre a parlare a nome della scuola. La Stazione Forestale di Trieste, da anni impegnata nella divulgazione sul comportamento da tenere nei confronti dei cinghiali, ha compilato una relazione sui lavori eseguiti ma non è stato possibile ottenere il documento; le indiscrezioni parlano di necessarie modifiche di rinforzo alla recinzione. Elisa Lodi, assessore ai Lavori Pubblici, commenta così: «Le reti che abbiamo sistemato erano necessarie ma sono provvisorie. Assieme alla Commissione Paesaggistica (a cui spetta il parere definitivo ndr) sistemeremo tutto e spero di riuscire a farlo in estate». Per poter giocare nuovamente in giardino, insomma, i bambini dovranno attendere settembre.

Nicolò Giraldi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 maggio 2018

 

 

Parco del mare, dal Porto un ok "soft"
L'Authority non opterà per una revisione vera e propria del Piano regolatore in modo da non rallentare i tempi del progetto
Un cauto via libera. È l'orientamento con cui l'Autorità portuale guarda al Parco del mare, in attesa che il Comune trasmetta alla Torre del Lloyd la proposta di intesa sulla modifica al Piano regolatore cittadino, vitale per la partenza del progetto a Porto Lido. Il conseguente aggiornamento del Piano regolatore portuale potrebbe consentire all'Adsp di rimandare di anni la partenza, ma è uno strumento cui il Porto non è intenzionato a ricorrere, poiché l'ex Cartubi è una zona di pertinenza urbana e di utilità nulla per la logistica. Al contempo, però, l'Adsp attende di conoscere come sarà finanziato l'acquario, visto che la zona è pur sempre di pertinenza demaniale. I due piani regolatori Andiamo con ordine. La modifica allo strumento urbanistico comunale è attualmente nella pancia del Municipio, e dovrebbe approdare a breve in Consiglio. La delibera cambierà la destinazione d'uso dell'area, al momento "porto turistico", per renderla compatibile con la realizzazione di un acquario. Porto Lido, però, è anche pertinenza del Porto, la cui vita è a sua volta normata da un Piano regolatore. Dopo l'approvazione in Consiglio, fanno sapere fonti interne allo scalo, l'Autorità portuale attende una proposta di intesa da parte del Comune, che consenta anche al Porto di recepire la modifica, per così dire, prendendone atto. Il cambiamento di destinazione d'uso dell'area è considerato infatti di entità minima, e al momento l'Adsp non ritiene necessario avviare anche l'iter di modifica al Piano regolatore portuale. Quest'ultimo è soggetto a una scansione ferrea di passaggi, tutt'altro che agevoli: oltre che a quello della Regione, la modifica dovrebbe passare anche al vaglio del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. È uno snodo che, come spesso avviene negli uffici romani, potrebbe spostare la partenza del cantiere ben più in là del dicembre 2018, annunciato dal presidente della Cciaa Antonio Paoletti, patrono del progetto. Tanto più che il Consiglio superiore è solito occuparsi di temi ben più ponderosi di quello in oggetto. Fondi e demanio L'Autorità attende invece con particolare interesse i risvolti sulla sostenibilità economica del progetto, visto che si tratta comunque di sviluppare un'area soggetta al demanio. Porto Lido è infatti dato in concessione dall'Adsp alla società Italia Navigando attraverso la controllata Trieste Navigando, che la Camera di Commercio si accinge ad acquisire per farne la società strumentale per la costruzione del Parco del Mare. Dopo il venire meno dei nove milioni stanziati dalla Fondazione CRTrieste, il finanziamento disponibile al momento è di 11 milioni su circa 40 di costi totali. Anche se Paoletti ha rassicurato più volte gli interlocutori sulla solidità del progetto.

Giovanni Tomasin

 

 

Allarme smog e Xylella - Bruxelles accusa l'Italia
Roma deferita alla Corte di Giustizia anche per la gestione dei rifiuti radioattivi - Pm10 oltre i limiti, sforzi insufficienti per fermare il batterio che uccide gli ulivi
BRUXELLES - La Commissione europea chiama l'Italia sul banco degli accusati con quattro capi di imputazione. Superamento ripetuto dei limiti fissati dalla Ue sullo smog; incapacità a risolvere il problema della Xylella, il batterio ritenuto responsabile della morte degli ulivi in Puglia; mancata notifica del programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi; mancato recepimento della direttiva Ue del 2012 che modifica le prescrizioni tecniche per gli esami effettuati su tessuti e cellule umani. La nuova raffica di deferimenti alla Corte di giustizia per violazione del diritto comunitario è stata decisa ieri, ma la comunicazione ufficiale arriverà solo oggi, con l'apertura di quattro nuove procedure di infrazione che al momento, tuttavia, non prevedono multe. Smog. Per il "peso" eccessivo dell'inquinamento, Bruxelles ha deferito sei Paesi Ue, accusati di aver violato le norme anti-smog, alla Corte di giustizia europea. Italia, Ungheria e Romania sono nel mirino per lo sforamento dei limiti del particolato Pm10 rilevato in molte grandi città. Il commissario europeo Karmenu Vella aveva già lanciato un avvertimento il 30 gennaio scorso ai Paesi a rischio, che erano stati convocati a Bruxelles e invitati a prendere misure urgenti, ma il monito non è stato sufficiente. I livelli di Pm10 restano troppo elevati non solo in diverse aree della Val Padana, ma anche in molte aree metropolitane, come Roma e Palermo. Francia, Germania e Regno Unito andranno invece davanti alla Corte per il superamento dei limiti di biossido di azoto (No2), per il quale la situazione dell'Italia non si è aggravata (la procedura di infrazione però è ancora in corso). Xylella. L'Italia, secondo l'esecutivo europeo, non è stata in grado di fronteggiare l'emergenza Xylella e di evitare la diffusione del batterio capace di attaccare 300 specie vegetali, rilevato per la prima volta in Europa sugli ulivi in Salento, e notificato a Bruxelles nel 2013. Le battaglie contro l'abbattimento degli alberi hanno rallentato le procedure di rimozione delle piante ammalate, ma secondo la Commissione, restano ancora tremila ulivi infetti da rimuovere, trovati positivi al batterio nel marzo scorso in un'area dove nel 2015 si registravano pochi esemplari infetti. La prossima settimana la Commissione potrebbe proporre al comitato Ue sulla salute delle piante l'aggiornamento dell'area di quarantena, spostando di una ventina di chilometri verso Nord la fascia di territorio dove vanno applicate le misure più drastiche. «In cinque anni e mezzo si sono susseguiti errori, incertezze e scaricabarile che hanno favorito l'avanzare del contagio, con effetti disastrosi sull'ambiente, sull'economia e sull'occupazione» accusa la Coldiretti, che quantifica in un miliardo i danni da Xylella, con 10 milioni di piante infettate dal 2012. Rifiuti radioattivi. L'Italia è in ritardo anche sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi: Bruxelles accusa Roma di non aver notificato entro i termini previsti il programma nazionale di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. A luglio l'Italia aveva già ricevuto un parere motivato insieme ad Austria, Croazia, Repubblica Ceca e Portogallo.

(m.r.t.)

 

 

Estate 2018, tornano le sentinelle del mare
Vent'anni di "Sentinelle del mare". Il progetto internazionale di "Citizen Science" torna ad animare l'estate italiana. L'iniziativa, guidata dall'Università Alma Mater di Bologna in collaborazione con Confcommercio e Imprese per l'Italia, che dal 1999 ha come obiettivo il monitoraggio e la tutela delle specie animali e vegetali del Mediterraneo, chiama a raccolta tutti gli amanti del mare, dai semplici bagnanti ai professionisti subacquei fino agli snorkelisti. L'edizione 2018 è stata presentata ieri e, come ogni anno, attraverso il monitoraggio della biodiversità marina e il coinvolgimento degli italiani si punta a far crescere e a consolidare la consapevolezza ambientale e la difesa delle specie più a rischio. Come si svolgerà il progetto? Gli esperti del settore chiederanno ai cittadini di avvistare specie marine facilmente riconoscibili, indicatori di biodiversità, e di compilare apposite schede di rilevazione che verranno poi elaborate dal Dipartimento universitario dell'Alma Mater. «La nostra presenza in questa iniziativa - spiega il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, - conferma e rende più esplicito il nostro impegno di Confcommercio per la tutela ambientale e per uno sviluppo sostenibile. Siamo convinti che i nostri imprenditori degli stabilimenti balneari, delle strutture alberghiere, della ristorazione, dei villaggi turistici, dei campeggi e dei porti turistici saranno sentinelle del mare molto attente e sensibili». Nel corso delle edizioni precedenti le "Sentinelle" hanno segnalato la presenza di 17 mila specie marine, che rappresentano il 7% della biodiversità marina mondiale. Le località coinvolte dal progetto toccano Liguria, Toscana, Lazio Sardegna, Sicilia, Puglia e Marche.

(m.d.b.)

 

 

TESTIMONIANZE - L'ex sindaco di Lampedusa Nicolini a San Giovanni

A "Rose, libri, musica e vino 2018" al Parco di San Giovanni, domani alle 18 arriva Giusi Nicolini, ambientalista ed ex sindaco di Lampedusa, «pluripremiata - si legge nel comunicato stampa di presentazione - per aver ridato umanità agli sbarchi: converserà con Fabio Spitaleri, esperto di diritto europeo, e Nicolò Giraldi, giornalista sulle tracce dei dimenticati». Dall'Africa proviene anche la musica del jazzista friulano Claudio Cojaniz, che nel roseto farà risuonare le atmosfere del continente «che è Madre ma anche Futuro».

 

 

 

 

VoceArancio.it - MERCOLEDI', 16 maggio 2018

 

Global warming, quanto potrebbe costarci?

Il riscaldamento globale è realtà e l'innalzamento delle temperature sta accelerando in modo significativo. Se da un lato il conto per l'economia potrebbe essere salato, dall'altro si possono aprire opportunità di investimento
I 16 anni più caldi della storia si concentrano tutti nel 21esimo secolo e il 2017 è stato il 41esimo anno consecutivo in cui le temperature globali si sono attestate al di sopra della media del 20esimo secolo. Se non verranno presi provvedimenti al più presto, in uno scenario “normale” senza grandi stravolgimenti, le temperature globali saliranno di 4 gradi di qui al 2100 e in alcune regioni del pianeta ci saranno addirittura 12 gradi in più rispetto alla media del 2005 (dal 1970 a oggi, l’aumento delle temperature è stato di 0,17 gradi ogni decennio, fate voi i conti).

Il riscaldamento globale è una realtà. Bastano questi pochi numeri, contenuti in un recente report di BofA Merrill Lynch, per darci una misura del problema: il riscaldamento globale è realtà e l’innalzamento delle temperature – causato dall’attività umana – sta accelerando in modo significativo. Le prime conseguenze sono già visibili, sotto forma di uragani, inondazioni e periodi di siccità: basti pensare che nel 2016 si sono registrati 93 cicloni tropicali contro una media annuale di 82 e che sempre il 2016 è stato il 37esimo anno consecutivo in cui i ghiacciai si sono ritirati (di 832 mm nello specifico): oggi il livello dei mari è più alto di 82 mm rispetto al 1993.
Il global warming ha un prezzo. L’aumento delle temperature globali e il clima “estremo” riguarderanno, a tendere, il 60% della popolazione mondiale, concentrandosi soprattutto sulle zone più povere del pianeta, con un costo stimato oltre il 5% del PIL mondiale. Per queste regioni più vulnerabili – dove entro la fine del secolo risiederà il 75% della popolazione mondiale – l’aumento delle temperature si tradurrà in una minore produzione agricola e quindi in meno lavoro e, in definitive, in un calo del reddito pro capite. Insomma, non si tratta di problematiche astratte.
L’indifferenza è la peggiore nemica. Qualcuno sostiene che contrastare il cambiamento climatico sia troppo costoso e, in definitiva, dannoso per l’economia globale. In realtà è vero il contrario: se consideriamo i costi a lungo termine legati al cambiamento climatico, appare chiaro che intervenire – e alla svelta – conviene. Un recente studio ha stimato che i danni da cambiamento climatico dovrebbero ammontare a circa 20 trilioni di dollari entro il 2100 senza nessun intervento, cifra si dimezzerebbe in caso di un effettivo intervento da parte delle autorità competenti.
Come intervenire? Secondo i calcoli degli esperti, se il riscaldamento globale si mantenesse entro i 2°C in più rispetto ai livelli pre-industriali si potrebbero evitare le conseguenze più catastrofiche del cambiamento climatico. Per non superare questa soglia, le emissioni di carbonio dovrebbero toccare il picco massimo nel 2020, per poi ridursi drasticamente – fino a scendere di circa il 50% entro il 2050. A venirci in aiuto nel raggiungimento dell’obiettivo potrebbero essere le nuove tecnologie. Del resto la rivoluzione tecnologica sta trasformando profondamente ogni settore e la lotta al cambiamento climatico non fa eccezione. Stiamo assistendo a un calo esponenziale del costo delle energie rinnovabili, delle batterie dei veicoli elettrici e di tante altre soluzioni tecnologiche fino a poco tempo fa inavvicinabili a causa dei prezzi proibitivi.
L’aiuto delle tecnologie green. Di questo passo, stima Bofa Merrill Lynch, le tecnologie green potrebbero aiutarci a ridurre le emissioni di 30-40 GtCO2 (gigatonnellate di diossido di carbonio equivalente) ogni anno di qui al 2030, con costi sotto i 100 dollari per tonnellata di CO2e, una velocità doppia rispetto a quella necessaria per rispettare l’obiettivo del 2°C. Motore di questa “transizione” verso un mondo a basse emissioni saranno in particolare sei aree: energia solare, energia eolica, automobili elettriche, elettrodomestici ad alta efficienza energetica, riforestazione e stop alla deforestazione. Energie rinnovabili e migliore efficienza energetica da sole potrebbero consentire una riduzione delle emissioni di CO2 di circa il 40% entro il 2040, stando al World Energy Outlook 2017 della IEA, con le opportunità più interessanti in Africa.
Investire sul tema del cambiamento climatico. Bofa Merrill Lynch stima investimenti oltre i 70 trilioni di dollari nei prossimi 22 anni per portare avanti la transizione verso un mondo “low carbon”. Per gli investitori che volessero cavalcare il tema della lotta al riscaldamento globale le opportunità non mancheranno: tra le aree destinate a una rapida crescita, gli esperti segnalano le energie rinnovabili, i veicoli elettrici, le batterie, le illuminazioni a led, l’internet of things, le YeldCos, gli edifici ad alta efficienza energetica, il settore industriale e i trasporti. Anche strumenti innovativi come i green bond (che hanno chiuso il quinto anno consecutivo di emissioni record), potrebbero rivestire un ruolo chiave nel mettere in contatto capitali privati e soluzioni volte a contrastare il cambiamento climatico.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 maggio 2018

 

 

Porto Vecchio in consiglio - Centro congressi - Via libera dell'aula
Il primo passo è fatto. Con l'approvazione del Consiglio comunale all'unanimità, nella seduta dell'altra notte, della proposta di project financing a iniziativa privata per la realizzazione di un Centro congressi polifunzionale nei magazzini 27 e 28 del Porto vecchio, ha preso corpo il progetto che punta a portare alla costruzione di quello che è già stato chiamato "Convention center". Una struttura che tutti auspicano possa vedere la luce in tempo per ospitare, dal 4 al 10 luglio del 2020, Esof, la più rilevante manifestazione europea focalizzata sul dibattito tra scienza, tecnologia, società e politica. È stata Elisa Lodi, assessore comunale per i Lavori pubblici, a illustrare il progetto. «Il Comune, che sarà il proprietario della struttura, sosterrà il 49 per cento delle spese di realizzazione, pari a 5 milioni e mezzo di euro - ha precisato - e destinerà a tale scopo 4 milioni e 700 mila euro frutto della vendita di azioni Hera, mentre i restanti 800 mila euro saranno messi a disposizione dalla Prefettura. Adesso - ha sottolineato Lodi - dovremo predisporre nel minor tempo possibile il bando di gara, al quale seguiranno la progettazione e infine il cantiere. Per quest'ultimo - ha ricordato - è previsto debbano essere necessari 15 mesi. Non ci resta perciò molto tempo, se vogliamo avere pronto il nuovo Centro congressi per Esof. La struttura - ha aggiunto l'assessore - dovrà essere ultimata entro il primo semestre del 2020. La città - ha continuato - da tempo chiedeva un nuovo centro congressi, siamo quindi molto soddisfatti di poter dare il via al programma. È importante - ha concluso Lodi - anche il fatto che, a proporre l'iniziativa di project financing, sia una società, la Trieste convention center (Tcc), formata da una trentina fra imprese, professionisti e tecnici locali». La conferma che l'idea di un nuovo centro congressi sia uniformemente condivisa dalle forze politiche della città la si è avuta nel momento del voto: 29 sì su 29 votanti. «È evidente che un progetto come questo non può che ottenere il nostro sì - ha detto Fabiana Martini, capogruppo del Pd - perché si tratta di un'opera per Trieste, per il suo futuro, che sarà estremamente utile per Esof ma anche in prospettiva. Presteremo però notevole attenzione all'iter procedurale che si concluderà, come auspichiamo, con l'inaugurazione del Centro - ha precisato la capogruppo dem - in quanto vorremmo che si accompagnasse a questo progetto anche una visione complessiva del futuro del Porto vecchio. Finora abbiamo avuto la sensazione che si stia procedendo a vista, con la formula del cosiddetto "spezzatino" - ha concluso -, ci piacerebbe vedere che questa maggioranza è capace di guardare a un orizzonte più vasto». Sì con distinguo anche da parte del Movimento 5 Stelle. «Il Centro congressi in Porto vecchio - ha osservato il capogruppo Paolo Menis - è sicuramente una struttura di cui Trieste ha bisogno e, al di là dell'appuntamento con Esof del 2020, si tratta di un investimento che rende più attrattiva la nostra città e che svolge un ruolo di moltiplicatore dello sviluppo economico. Ci preme però sottolineare - ha detto il consigliere pentastellato - come il piano economico finanziario sia stato sviluppato con troppa approssimazione e per questo abbiamo chiesto di permettere al Comune di aumentare il canone che il soggetto privato dovrà corrispondere al Comune stesso. Purtroppo - ha commentato Menis - la richiesta è stata respinta. Ma su questo fronte, cioè quello del piano finanziario dell'opera - ha concluso -, resteremo vigili e attenti». Un coro di approvazione si è alzato dai banchi della maggioranza. Bruno Marini (Forza Italia) ha parlato di «carta decisiva per il territorio, fondamentale in vista di Esof. Oggi in questa chiave - ha aggiunto - ritengo si possa anche abbattere la sala Tripcovich, struttura che, nel recente passato, ho sempre difeso, ma ora ci sarà un'alternativa». Per Paolo Polidori (Lega Nord) «di questo progetto beneficeranno le aziende e i lavoratori locali, perciò il nostro sì è ancora più convinto». Salvatore Porro (Fdi) non ha perso l'occasione per dire che «anche il santuario di Monte Grisa potrà diventare meta dei tanti turisti che saranno attirati a Trieste dal nuovo Centro congressi».

Ugo Salvini

 

Il gestore allunga la "vita" all'Adriaterminal al 2034
Saipem ha chiesto all'Autorità portuale di prorogare di 14 anni la concessione relativa ai 27 mila metri quadrati nella parte nord dell'odierno terminale
Polo della robotica per montaggio e manutenzione di macchinari per l'industria petrolifera offshore, test per veicoli sottomarini, addestramento e formazione del personale: sulla base di questo menu Saipem, la grande partecipata Eni che opera nell'indotto oil&gas, ha chiesto all'Autorità portuale dell'Adriatico Orientale di allungare l'attuale concessione all'Adriaterminal dal 2020 al 2034. La richiesta dell'azienda è stata protocollata il 2 maggio, fino al 14 giugno chi ha osservazioni da fare a tutela dei propri diritti potrà farlo scrivendo all'Autorità, che poi istruirà la pratica concessoria. Saipem ha sostanzialmente confermato l'interesse per la stessa area dove oggi opera: si tratta di 27 mila metri quadrati, incluso il Magazzino 23, nella parte settentrionale dell'Adriaterminal, l'unico scalo operativo nel Porto vecchio. Per risistemare questa porzione dell'Adriaterminal, anch'essa beneficiata dal regime di punto franco, Saipem ha investito - secondo quanto si disse a marzo - un paio di milioni di euro. Vi lavorano una ventina di addetti. Il prolungamento di 14 anni della concessione accompagna - riferiscono fonti aziendali - il nuovo piano operativo della base triestina che prevede l'incremento della robotica subacquea e la formazione dei tecnici specializzati in questo comparto. Tra l'altro dovrebbero essere in programma test per chi andrà a monitorare il giacimento di gas davanti alle coste mediterranee egiziane. Lo scorso 6 marzo Saipem aprì le porte della concessione per presentare lo scopo e l'obiettivo della presenza triestina. Si chiama Offset installation equipment (Oie), allestito nella parte finale del Magazzino 23: un gigantesco "tappo" da utilizzare nella malaugurata ipotesi si determini una fuoriuscita di greggio in mare, come quella dell'agosto 2010 nel Golfo del Messico. Osrl, organismo costituito dalle 8 maggiori compagnie petrolifere mondiali, lo ha commissionato a Saipem, che lo ha progettato e che poi ha coinvolto nella costruzione due aziende del Nordest, la Cartubi di Trieste e la Depretto di Schio. Ne è sortita una originale realizzazione del valore di circa 50 milioni di euro: quattro torri-serbatoio circondano il macchinario-clou, che è in grado di chiudere con grandi "tappi" da 100 tonnellate l'eventuale falla che si venisse a creare in un impianto petrolifero sottomarino. Un sistema unico al mondo pronto a intervenire in caso di emergenze, venendo trasportato via-nave (con partenza da Trieste) o via-aereo previo smontaggio e 8 voli con Boeing 747 cargo. Ad attendere il "carrier" ci sono quattro "tappi" parcheggiati in altrettante parti del mondo, vicini a grandi giacimenti petroliferi: Brasile, Sudafrica, Norvegia, Singapore.

Massimo Greco

 

 

La rete si divide sul Parco del mare - Il 51% dei lettori è favorevole ma l'11% preferirebbe l'antico scalo come location
Il progetto del Parco del Mare divide i triestini. Il 51% dei lettori che hanno espresso il loro parere attraverso il sondaggio lanciato pochi giorni fa sul sito de Il Piccolo in merito al progetto e alla sua collocazione, ha espresso parere favorevole, ma con un distinguo. Se da un lato il 40% approva il progetto e anche l'area scelta per la sua realizzazione, ovvero quella ex Cartubi su molo Fratelli Bandiera, dall'altro c'è un 11% che approva sì la nascita di questa realtà ma preferirebbe vederla sorgere altrove. E raccogliendo i commenti sul web, il sito alternativo indicato il più delle volte dai lettori è quello di Porto vecchio. Sul fronte opposto, a esprimere un parere totalmente contrario al Parco del Mare risulta essere il 47% dei lettori, ai quali si aggiunge una piccola percentuale del 2% che scegliendo l'opzione di voto "Non so" dichiara ancora incertezza. Gli sfavorevoli da un lato esprimono perplessità etiche, sono contrari a quel tipo di struttura perché «rinchiude in gabbia» gli animali, dall'altro temono l'operazione non si regga in piedi dal punto di vista finanziario. Il progetto, che raccoglie già l'approvazione del sindaco Dipiazza, dopo un recente sopralluogo organizzato proprio sul posto ha incassato il parere favorevole anche del neogovernatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Un segnale di notevole importanza, che offre una garanzia al progetto che pochi giorni fa è stato abbandonato dalla Fondazione CRTrieste. Per Antonio Paoletti, il presidente della Camera di commercio che per primo lo propose nel lontano 2004, anche per ridare una ventata di ottimismo a una Trieste uscita con le ossa rotte dalla corsa per l'aggiudicazione dell'Expo, trova dunque un nuovo alleato nel rilancio del progetto, puntando a dare avvio al cantiere entro la fine del 2018. «L'amministrazione precedente ha stanziato due milioni e si è impegnata a darne altri due. Questo è confermato. Ma vogliamo fare di più. Per ora non prendo impegni economici, ma dopo l'insediamento della giunta mi confronterò con gli assessori per vedere se e come ampliare il contributo della Regione», aveva dichiarato Fedriga a margine del sopralluogo, sottolineando il valore turistico dell'iniziativa. Lunedì scorso, in un incontro organizzato da Confcommercio su "Restyling Porto vecchio: le opportunità per le imprese del territorio", il sindaco Dipiazza illustrando le occasioni che si stanno offrendo alla città, ha immaginato il cambiamento radicale che, proprio partendo dall'avvio del progetto del Parco del Mare, potrà subire l'area di Campo Marzio. «Tra il Parco del Mare, quello che potrebbe arrivare nell'area del Mercato Ortofrutticolo ora che lo spostiamo all'ex Duke e il rilancio del Museo Ferroviario, quella fetta della città diventerà di forte attrazione: se fossi ancora un commerciante investirei in quell'area di Trieste», ha spiegato. Nel frattempo prosegue l'iter di modifica del Piano regolatore del Comune per consentire di realizzare il maxi acquario sul sito. Una volta che il testo sarà approvato anche dal Consiglio comunale, il Parco del Mare entrerà a far parte del Prg.

(l.t.)

 

SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE - I motivi del mio "No"

Ci sono persone che si dicono favorevolissime al Parco del mare, elencando una serie di motivazioni, delle più curiose e fantasiose, tralasciando il motivo economico (visto che a Trieste non si prevede tutta questa affluenza di pubblico, per potere ripagare le spese e il mantenimento dell'impianto). Dunque, le elenco in dettaglio. Valenza didattica: insegniamo ai bambini il mare, portandoli a vedere gli animali in gabbie di vetro. Giusto, insegniamo alle nuove generazioni che la libertà e il rispetto della vita non valgono per tutti, e che la natura va ingabbiata per poterla preservare. In un mondo in cui si auspica la chiusura degli zoo-lager (fa scuola Copenaghen), continuiamo ad alimentare la tratta e la prigionia degli animali, «tanto sono solo animali». Valenza scientifica e culturale: qui si sperimenta per salvare e studiare le specie. D'accordo solo in parte, ci sono oasi di protezione e centri di recupero di animali feriti per questo: andrebbero aiutati e invece nella maggior parte dei casi vivono di donazioni. Valenza conservativa: creando acquari, si insegna "il mare" e a rispettarlo. Certo! Non sarebbe meglio insegnare il rispetto per la natura e per il mare senza imprigionare esseri viventi? Creando parchi marini come Miramare, piuttosto, e gestendoli in maniera intelligente e consapevole?Tralascio le motivazioni economiche, in quanto visto il bacino turistico di Trieste con o senza "acquario" non potrà mai incassare il necessario per sostenere questo eco-mostro. Qui si tratta a mio avviso di pure speculazioni di pochi e non del bene di tutti. Chi crede in questa favolette, immagino creda ancora alla Befana e al lupo cattivo. Anche la serra a Miramare con farfalle e colibrì è stata spostata altrove! Ora, scatenatevi a produrre altre fantasiose motivazioni per supportare il "futuro della città grazie all'Acquario". Se uno volesse vedere pesci, squali e bei colori, con un piccolo budget vola in Mar Rosso e con maschera pinne e boccaglio si immerge in un bell'acquario naturale, certamente molto più educativo di un edificio con misere vasche, pompe e cemento a imprigionare esseri viventi.

Serena Zamola

 

 

Vibrazioni eccessive - Limite di dieci all'ora per i bus in via Carducci
I passaggi verso Barriera Vecchia si fanno sentire in seguito al rafforzamento delle volte sul Chiave
Dieci chilometri all'ora. A passo d'uomo fino al 31 dicembre del corrente anno. In genere è una limitazione di velocità adottata in presenza di cantieri posizionati in zone impervie, dalle curve strette e perigliose. Invece stavolta riguarda un tratto di 150 metri di via Carducci, lungo la direttrice della corsia preferenziale bus-taxi che da piazza Oberdan conduce verso Barriera Vecchia. Per intenderci, è la corsia sotto la quale si stanno svolgendo, a cura di AcegasApsAmga, le opere di rafforzamento relativi alle volte del torrente Chiave. L'introduzione di un così costrittivo limite è stato pensato soprattutto per i mezzi pesanti impiegati nel trasporto pubblico. A spiegarlo è la secca prosa di Giulio Bernetti, mobility manager del Comune, nell'ordinanza 319, che recepisce le segnalazioni pervenute del direttore dei lavori sotto il manto stradale. Infatti, in seguito alla demolizione della galleria di destra estesa sotto l'asfalto di via Carducci, sarebbero aumentate le vibrazioni «percepite soprattutto ai piani superiori» dell'edificio al civico 19 di via XXX Ottobre (che sfocia in piazza Oberdan). La stessa AcegasApsAmga, che funge da stazione appaltante per la risistemazione delle ottocentesche volte, ha chiesto a Bernetti una settimana fa di emettere il provvedimento limitativo della velocità «in modo da ridurre l'intensità delle vibrazioni e contemporaneamente aumentare la sicurezza veicolare e pedonale». L'area di via Carducci e adiacenze si arricchisce inoltre di un ulteriore lavoro, programmato sempre da AcegasApsAmga all'inizio di via del Coroneo, dove Mari&Mazzaroli e Cantieri srl debbono procedere contestualmente sia alla dismissione delle vecchie condotte gas in ghisa grigia che alla manutenzione straordinaria delle reti idriche, elettriche, fognarie. Un intervento da svolgersi in due fasi distinte tra l'intersezione con via Carducci e largo Piave, che implica una durata di 60 giorni «naturali e consecutivi». Per consentire lo svolgimento dei lavori, l'ordinanza 310, anch'essa sottoscritta da Bernetti, prevede divieto di sosta con tanto di rimozione per i reprobi su entrambi i lati della parte iniziale di via del Coroneo. La carreggiata sarà ristretta a 2 corsie, larghe almeno 3,50 metri, rispetto alle attuali 3. Saranno inoltre spostati la fermata del bus, che funzionerà davanti alla galleria pedonale, e tre stalli per disabili. La scadenza prevista è fissata al 6 agosto. Bernetti non è particolarmente preoccupato, perchè la buona ampiezza di via Coroneo dovrebbe limitare i disagi per il traffico. Anche Sergio Abbate, comandante della Polizia locale, analizzando un quadrante critico come quello che afferisce alla chicane di via Carducci, ritiene tutto sommato la situazione accettabile, «il traffico scorre, pur con qualche comprensibile problema». Tra l'altro i lavori nello scacchiere-Carducci proseguiranno nei prossimi mesi estivi, per fortuna risparmiando la circolazione alimentata dalle scuole. Ma dovranno comunque affrontare l'acuzia legata alla prossima chiusura di una corsia di via Milano, nei pressi dell'intersezione con via Carducci: questo invece preoccupa un po' di più i tecnici dell'amministrazione. Il cittadino automobilista si dovrà rassegnare a un anno di slalom tra i jersey della strada più trafficata di Trieste, con una media giornaliera di 30 mila passaggi. L'apertura ufficiale del cantiere sotto via Carducci, avvenuta ai primi di aprile, ha scandito il cronoprogramma dell'operazione: i lavori dureranno 15 mesi e si protrarranno fino all'estate 2019. Il costo previsto, Iva compresa, sarà di 2,3 milioni di euro: il Municipio investirà 1,3 milioni rateizzati lungo un decennio. L'intervento sarà eseguito dall'impresa modenese Pro Service Costruzioni. Il dossier-Chiave è balzato agli onori delle cronache lo scorso anno, quando in seguito all'esame dello studio Pambianco tutti i soggetti coinvolti - a cominciare dal Comune - presero atto che l'ammaloramento delle volte, realizzate nell'Ottocento a copertura del torrente Chiave, era giunto al classico punto di non ritorno. Il timore di condizionare la circolazione in via Carducci aveva frenato gli amministratori: ma adesso il rischio era divenuto troppo alto

Massimo Greco

 

 

Oggi - Israele e Palestina, il "Dolci" in piazza

Il Comitato Dolci ha convocato per oggi alle 17.45 in piazza Unità, accanto alla targa che ricorda l'annuncio delle leggi razziali, una conferenza stampa in vista della «testimonianza» di domenica 20 sulla questione israelo-palestinese.

 

ARCI SERVIZIO CIVILE

Alle 18 al Polo giovani Toti, in via del Castello 1, verranno presentati i 30 progetti di Arci Servizio civile Fvg per 112 giovani tra i 16 ai 28 anni, negli ambiti dell'organizzazione e gestione di iniziative sportive, ambientali e culturali.

 

L'habitat del Carso

Nell'ambito del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro" organizzato da Italia Nostra e dal Comune di Trieste, Miris Castello parlerà sul tema "Gli habitat dei laghi carsici". Al Museo di Storia naturale di via Tominz 4, alle 17.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 maggio 2018

 

 

Sensi unici invertiti e autobus "sfrattati" - piazza Libertà cambia
Conto alla rovescia per l'avvio del piano che rivoluzionerà il traffico attorno alla stazione. Il rebus della Tripcovich
Il progetto che rivoluzionerà la viabilità di piazza Libertà sta per decollare. La gara d'appalto, per l'avvio del cantiere del valore circa di 5 milioni di euro, si è conclusa ed è stata affidata provvisoriamente all'ati composta da alcune imprese triestine doc: Mari & Mazzaroli quale capofila, Rosso srl e Ennio Riccesi holding. «I lavori - annuncia l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - potranno partire quest'estate». A dirigere le danze come responsabile unico del procedimento sarà Enrico Cortese. I fondi, stanziati in parte ancora 15 anni fa, provengono in particolare dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dalla Regione e dal Comune. Si sta per concludere il periodo di cosiddetto "stand still" ovvero il tempo necessario che deve trascorrere dalla chiusura della gara al successivo step di inizio lavori per eventuali ricorsi. Trascorsi i 35 giorni di rito, se tutto fila liscio, alla fine del mese di maggio si procederà con l'aggiudicazione definitiva e la firma del contratto, in modo da far partire il cantiere prima di agosto. L'opera di riqualificazione, che dovrebbe durare un anno, oltre al rifacimento del servizio a rete da parte di AcegasApsAmga, punta a cambiare viabilità, allargare i marciapiedi, rinnovare l'area verde e a spostare le fermate del trasporto pubblico. Il tutto per rendere «molto più fluido il traffico» e rendere più sicuro il passaggio dei pedoni. La "macchia" asfaltata intorno alla stazione dei treni avrà più strisce pedonali e sarà costellata da un maggior numero di semafori. Le novità più significative riguardano via Cellini, e via Flavio Gioia. Nel primo caso, chi sarà alla guida dei veicoli, non potrà svoltare a sinistra verso la stazione all'altezza dell'incrocio con via Pauliana, ma dovrà proseguire dritto in direzione Roiano. Per raggiungere la stazione si utilizzerà allora via Ghega, che nella sua parte finale vedrà invertire l'attuale senso unico: quindi l'automobilista potrà percorrere interamente la via da piazza Dalmazia fino a piazza Libertà, che sarà sgravata dalle fermate dei bus. Queste verranno inserite tra il Silos e la Tripcovich, in attesa che quest'ultima venga rasa al suolo, volontà che il sindaco Dipiazza ha già più volte manifestato ma rispetto alla quale non è stata ancora assunta alcuna decisione concreta. Anche perché sul teatro progettato da Umberto Nordio pende ancora un vincolo della Soprintendenza. Coinvolta nella trasformazione urbanistica anche la "bretella" tra largo città di Santos e corso Cavour, che diventerà un senso unico in direzione del centro. Un altro capitolo ancora riguarda sempre via Cellini, protagonista invece di alcuni lavori al momento in fieri sulla rete del gas che nulla c'entrano con il cantiere di piazza Libertà. Dovrebbero terminare fra una quindicina di giorni con il ripristino della viabilità modificata appositamente nei mesi precedenti. C'è poi un'altra piazza che sarà oggetto di un profondo restyling, a partire già in parte da questa settimana: piazza Sant'Antonio. Sta per iniziare il rifacimento dell'ultima facciata della chiesa, quella su via delle Torri, "sponsorizzato" con 890mila euro dalla Regione e dal Comune su proposta ancora dell'ormai ex consigliere regionale Bruno Marini (Fi), l'ultima di una serie di tappe avviate ancora nel 2008, in era Tondo, per rifare le altre tre facciate. Il progetto però che coinvolgerà tutta l'agorà è ora oggetto di studio da parte del Comune, senza però, come ha già precisato più volte l'amministrazione, fare riferimento al concorso di idee indetto ancora dalla giunta Cosolini. L'area Lavori pubblici, con a capo Enrico Conte, prevede di consegnare il rendering per la fine dell'anno, precisa Lodi. È agli sgoccioli invece l'ultimo tratto di via XXX Ottobre, con chiusura del cantiere prevista a luglio.

Benedetta Moro

 

Veicoli elettrici per gli enti pubblici - Il servizio Noemix coinvolge anched Area Science Park e UniTs
E se il Friuli Venezia Giulia fosse la prima regione in Italia con una quota consistente di veicoli elettrici appartenenti alle Pubbliche Amministrazioni? Si chiama Noemix ed è il nuovo servizio, attivo dal 2019, di car sharing per la Pubblica Amministrazione sviluppato da NeMo (New Mobility in Friuli Venezia Giulia), progetto europeo finanziato dal programma Horizon 2020 che intende contribuire alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, riducendo l'inquinamento urbano causato dai veicoli a motore. La Regione ha il ruolo di lead partner mentre Area Science Park quello di progettazione e coordinamento tecnico-scientifico, coinvolta anche l'Università di Trieste che ha svolto l'analisi dei bisogni di mobilità delle Pa. La novità principale consiste nell'aggregare le esigenze di Pubbliche Amministrazioni diverse per dare vita ad un "servizio centralizzato di mobilità elettrica" gestito da operatori privati. Oltre al car sharing, al noleggio di veicoli elettrici e a un software di gestione e ottimizzazione della mobilità delle PA, Noemix prevede l'installazione di infrastrutture di ricarica e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Da una prima analisi condotta nel corso del 2016, risulta che le PA del Friuli Venezia Giulia (Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Aziende per l'Assistenza Sanitaria, Comuni capoluogo di provincia, Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Università e Centri di ricerca), hanno esigenze di mobilità gestite con almeno 1500 autovetture che viaggiano per 50-100 km al giorno, prevalentemente in ambito urbano e per il 70% si tratta di veicoli sottoutilizzati. Spiega Fabio Morea, esperto di efficienza energetica e innovazione di Area Science Park: "Nomix" introdurrà nel parco auto delle PA regionali almeno 560 auto elettriche, 660 colonnine di ricarica e impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, che garantiranno il 50% della fornitura di energia elettrica, mentre il restante 50% sarà dato dall'acquisto di energia verde certificata.

Lorenza Masè

 

 

Maratona decisiva in aula per il Centro congressi
Esame nella notte della delibera sul project financing per i magazzini 27 e 28 - Duro scontro in precedenza sul via libera definitivo al Daspo urbano
Si avvicina la nascita del nuovo Centro congressi in Porto vecchio. Il Consiglio comunale ha esaminato nella notte la proposta di delibera di project financing per la "realizzazione della nuova struttura nei magazzini 27 e 28". È stata Elisa Lodi, assessore ai Lavori pubblici, a illustrare il progetto, ottenendo subito una sostanziale approvazione da parte della maggioranza e trovando aperture anche da parte dell'opposizione, pur con alcuni distinguo. Bruno Marini (Forza Italia) ha parlato di «carta decisiva per il territorio, fondamentale in vista di Esof. Oggi in questa chiave ritengo si possa abbattere la sala Tripcovich». Per l'opposizione Paolo Menis (M5s) ha confermato che «si tratta di un investimento per la città», mentre la sua collega di partito Cristina Bertoni ha invitato l'amministrazione «a prestare attenzione al piano finanziario». Per Paolo Polidori (Lega Nord) «di questo progetto beneficeranno le aziende e i lavoratori locali». Nel corso della prima parte della seduta è stata approvata la delibera che introduce il Daspo urbano in città, provvedimento presentato dal vicesindaco Pierpaolo Roberti. Si tratta in sostanza dell'estensione in sede locale del provvedimento nazionale che punta a colpire chi viene trovato in stato di ubriachezza, compie atti contrari alla pubblica decenza, esercita il commercio abusivo, l'attività di parcheggiatore o guardamacchine abusivo, in aree importanti e centrali. Chi violerà questa norma andrà incontro a una sanzione amministrativa e a un ordine di allontanamento, che ne limiterà la libera accessibilità e la fruizione di infrastrutture pubbliche. Roberti ha precisato che «la competenza per l'adozione dei provvedimenti sarà della Questura, ma - ha sottolineato - su segnalazione della polizia locale». I proventi delle sanzioni saranno destinati a interventi di recupero del degrado urbano. Le aree nelle quali il Daspo urbano sarà operativo sono quelle delle Rive, con penetrazione verso l'interno fino all'ospedale Maggiore, di Cittavecchia, della riviera di Barcola, della zona dei Campi Elisi. Roberti ha precisato che «il testo risponde a ciò che i cittadini oggi chiedono. Questo - ha concluso - è un provvedimento di ordine pubblico, le politiche sociali devono trovare collocazione altrove». Nel corso della discussione, Menis ha espresso apprezzamento per la scelta del vicesindaco di stralciare, dal testo originario, la parte del provvedimento che prevedeva sanzioni amministrative a carico di chi ospita in un appartamento un numero di persone maggiore rispetto a ciò che stabilisce la legge nazionale in materia. Valentina Repini (Pd) ha detto invece che «la maggioranza applica la tolleranza zero esclusivamente per motivi politici e mostra i muscoli invece di attuare politiche reali contro la povertà». Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza) ha osservato che «sono invece provvedimenti che puntano a migliorare la vita di tutti». Giovanni Barbo (Pd) ha definito ancora Trieste «città non pericolosa, per la quale non era necessario il Daspo». Alberto Polacco (Fi) ha accusato i consiglieri del Pd di «non ricordare che a proporre il Daspo è stato un esponente nazionale del loro partito». Polidori ha insistito sul fatto che «il provvedimento risponde a un'esigenza reale» ma per Fabiana Martini, capogruppo Pd, «in questo modo il centrodestra cerca solo di intercettare consenso».

Ugo Salvini

 

 

Industria, giù le emissioni - Vicino l'obiettivo del 20%
I dati Ispra: decisivi gli anni della crisi e il calo degli usi energetici nelle fabbriche - Traguardo di Parigi 2015 raggiungibile: serve spingere sulla riconversione green
ROMA - Un complesso lavoro di analisi ed elaborazione di dati da fonti diverse, un classico strumento di monitoraggio di una policy: l'Italia verifica se sta rispettando gli obiettivi definiti negli accordi internazionali sul clima, da COP 21 a Parigi nel 2015 ad oggi, e li comunica ai suoi partner. È l'Inventario nazionale delle emissioni 1990-2016 e le proiezioni di gas serra al 2030 che Ispra, l'Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell'Ambiente, ha elaborato misurando e stimando i principali gas serra (prima di tutto l'anidride carbonica), emessi dalle varie fonti di inquinamento: produzione di energia, industria, trasporti, agricoltura, servizi, attività civili e domestiche, gestione dei rifiuti. L'Inventario analizza soprattutto le emissioni di anidride carbonica (CO2), principale gas serra e responsabile più di altri delle alterazioni climatiche in atto (81,9%), ma considera anche altri inquinanti: metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi. Le emissioni totali di gas serra (senza considerare gli assorbimenti) sono diminuite in Italia del 17,5% dal 1990 al 2016, passando da 518 a 428 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Una buona notizia quindi, che sembra rendere l'obiettivo del 20% raggiungibile nei prossimi anni con facilità. Diminuisce molto l'emissione di CO2 (-20,4%), meno quella di metano (-11,1%), e molto quella di ossido di azoto (-32,1%) mentre crescono (+3,4%) gli altri gas serra (clorofluorocarburi). La notizia è solo in parte positiva. L'andamento delle emissioni infatti è discontinuo durante i 26 anni considerati. Il totale delle emissioni aumenta dal 1990 al 2005, diminuisce dal 2005 al 2014, risale nel 2015 e riscende nel 2016. Un ruolo importante nella riduzione di emissioni nel periodo sembra avere avuto quindi la crisi economica del periodo 2008-2013, più che le misure di riduzione degli inquinanti a parità di prodotto interno lordo. Occorrerà quindi vedere cosa sta accadendo in questi due ultimi anni, 2017-2018. Se infatti la riduzione delle emissioni inizia nel 2005, il fenomeno può essere riconducibile alla crisi ma anche all'avvio delle politiche europee per efficienza energetica e conversione alle fonti rinnovabili e all'uso del metano. Interessante invece analizzare i dati per singoli settori economici. Il settore degli usi energetici ha ridotto le emissioni del 18,2% e anche il settore della produzione industriale presenta buoni risultati con un -20,7%. Nel settore agricolo si riducono le emissioni soprattutto di metano più che di anidride carbonica, mentre nei trasporti si vede diminuire le emissioni rilevate su strada (grazie ai nuovi motori) e dai mezzi nautici, mentre aumentano quelle della mobilità aerea, che nel periodo ha quasi raddoppiato il numero di passeggeri e la quantità di combustibile usata. Le emissioni dalla gestione dei rifiuti sono aumentate del 5,6%, con il settore che contribuisce per il 4,3% al totale delle emissioni climalteranti. Siamo vicini al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra assegnato all'Italia a livello internazionale, ma andranno rafforzate le politiche di sostegno alla conversione energetica nell'attuale fase di ripresa economica, in particolar modo sostenendo una politica forte nei trasporti.

Alfredo De Girolamo

 

Le priorità dell'Onu su energia e clima spiegate agli studenti
Insegnare ai giovani i principi della sostenibilità e trasformarli in ambasciatori di quei valori tra i coetanei, in famiglia e, perché no, anche a livello nazionale. È l'ambizioso obiettivo dell'evento "Formazione e scienza per lo sviluppo sostenibile" che la Twas,(l'Accademia mondiale delle scienze con sede a Trieste) organizza mercoledì 23 maggio al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam con inizio alle 14. Nel corso di un pomeriggio di lavoro collettivo gli studenti approfondiranno i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (sustainable development goals) dell'Agenda 2030 dell'Onu, focalizzandosi in particolare su tre di essi: energia pulita e accessibile (obiettivo n.7), lotta contro il cambiamento climatico (obiettivo n.13) e consumo e produzione responsabili (obiettivo n.12). Divisi in gruppi svilupperanno i temi e discuteranno azioni da intraprendere, per produrre, a fine giornata, da un minimo di cinque a un massimo di 10 raccomandazioni sullo sviluppo sostenibile, che potranno essere diffuse in famiglia, nelle comunità e presso le autorità, sia locali che nazionali.«Siamo orgogliosi che la Twas possa condividere parte dell'esperienza maturata lavorando con il Sud del mondo anche qui in Italia, dov'è il nostro quartier generale, e dov'è comunque importante trasmettere alle nuove generazioni principi dal valore globale», dice Romain Murenzi, direttore esecutivo dell'accademia. La Twas, storica accademia delle scienze fondata dal fisico pachistano Abdus Salam, si adopera dal 1983 per promuovere lo sviluppo scientifico e tecnologico nel sud del mondo. Con i suoi programmi di scambio, i grant di ricerca e le borse di pre- e post- dottorato, la Twas è fra i principali organismi mondiali a dar voce all'eccellenza scientifica nei Paesi in via di sviluppo. L'idea di stimolare gli studenti su questi temi è di Max Paoli, coordinatore dei programmi della Twas. «I ragazzi trascorrono a scuola buona parte della giornata: è importante che tornino a casa con emozioni e non solo con nozioni. Con la consapevolezza di aver imparato abilità (di pensiero, negoziazione, condivisione, azione), che potrebbero essere applicate nella vita reale - spiega Paoli -. Con le attività che chiederemo loro di svolgere vorremmo arricchire l'egregio lavoro che già i loro insegnanti fanno, offrendo spunti di riflessione globali sui cardini dello sviluppo sostenibile stilati dalle Nazioni Unite, nel cui circuito la Twas opera». Domande apparentemente banali quali "perché è importante riciclare?", "quali sono le conseguenze della presenza di microplastica nell'ambiente marino?", e "cosa si può fare per coinvolgere le persone sui temi della sostenibilità?" saranno oggetto di dibattito e riflessione per azioni mirate, da comunicare e da promuovere in prima persona.Il workshop già raccolto l'adesione di scolaresche della provincia di Trieste e della vicina Slovenia, attratte dai temi selezionati e dal lavoro che gli studenti faranno vestendo i panni di ambasciatori sociali, cui spetterà il compito di avviare misure di sostenibilità per il futuro. Sono disponibili ancora dei posti. Per iscriversi e per info contattare entro il 19 maggio: programmes@twas.org

 

 

Trieste - Ambienti naturali del Carso antico

Domani, alle 17.30, al Civico Museo di Storia Naturale di via dei Tominz 4, si parla degli "Gli ambienti naturali del carso tra passato, presente e futuro", a cura di Miris Castello, nell'ambito dell'ampio ciclo di incontri Primavera/Autunno organizzato da Italia Nostra Trieste in collaborazione con il Comune. Un ciclo di incontri che intende presentare al pubblico, ai giovani in particolare, l'evoluzione del Carso.

 

 

 

 

SLOWFOOD.it - LUNEDI', 14 maggio 2018

 

 

I pescatori guardiani del mare contro la plastica

Vietato raccogliere rifiuti in mare. Sembra un’assurdità, ma oggi i pescatori che durante l’attività ittica catturano nelle reti gli scarti galleggianti sono costretti a ributtarli in acqua: nel caso in cui li conducano a riva per smaltirli, infatti, la legge li considera produttori di rifiuti.
Per sanare questo controsenso giuridico, la Regione Toscana su suggerimento della Fondazione Angelo Vassallo ha avviato un progetto di riciclaggio che interessa i trecento chilometri quadrati di mare tra Livorno e Grosseto. Qui da circa un mese i pescherecci possono raccogliere i rifiuti plastici e gettarli in un apposito contenitore in banchina, da dove poi verranno trasportati in un impianto per essere smaltiti o riciclati. Ciascuna imbarcazione ne raccoglie tra i venti e i trenta chili ogni giorno, corrispondenti in media a un 3% del pescato. Solo in Canada e nel Nord Europa, finora, sono state avviate iniziative simili a quella intrapresa dalla Toscana con “Arcipelago pulito”. È quindi la prima volta che in Italia si struttura una filiera operante dalla raccolta in mare fino al trattamento e all’eventuale recupero: la Regione conta di replicare l’operazione anche altrove, e l’interessamento del ministero dell’Ambiente fa ben sperare che presto possa diventare una pratica nazionale. Secondo l’indagine “Plastic free sea” promossa dalla Goletta Verde di Legambiente, il 95% dei rifiuti galleggianti nel mar Tirreno è composto da plastica. Per il 41% si tratta di buste e frammenti e questo dovrebbe far riflettere anche quei consumatori che – stando all’ultima analisi dell’Ismea – nel primo trimestre del 2018 hanno preferito acquistare ortofrutta fresca confezionata. Peraltro a prezzi molto maggiorati rispetto a quelli dei prodotti sfusi acquistabili con i sacchetti biodegradabili. Si stima che oggi nel mondo si producano 280 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Nel 2050, se il trend non si arresta, saranno il doppio. Se consideriamo che soltanto il 15% dei rifiuti plastici in mare, in media, può essere riciclato, si può comprendere come la soluzione ideale sia produrre meno rifiuti possibili: anche in famiglia, prevenire è meglio che buttare.
Gaetano Pascale - presidente di Slow Food Italia da La Stampa del 13 maggio 2018

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 maggio 2018

 

 

Rifiuti elettrici: si cambia, previsti 15 mila nuovi occupati - Ora anche bici e stufe
ROMA Non solo frigo, telefoni e tv: la famiglia dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) sta per raddoppiare, includendo una serie di altri prodotti che vanno dalle stufe alle carte di credito. La causa è l'entrata in vigore ad agosto del decreto legislativo 49/2014, che potrebbe creare dai 13mila ai 15mila posti di lavoro in più. A dirlo è il consorzio Remedia, che si occupa della gestione di questo tipo di rifiuti, secondo cui la novità darà un taglio ai gas serra pari a 2,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Con la nuova norma si va da un sistema chiuso, in cui nell'insieme dei Raee rientrano solo 10 categorie di prodotti, al sistema «open scope», che apre a tutti gli apparecchi non esplicitamente esclusi. Nella categoria rientreranno carte di credito con chip, bici elettriche e a pedalata assistita, stufe a pellet e montascale. Per via del decreto, che recepisce una direttiva Ue, si passerà dalle attuali 825mila tonnellate di apparecchiature immesse al consumo a circa 2 milioni di tonnellate all'anno. Ad oggi è avviato al riciclo solo il 40%, mentre i target prevedono che si arrivi al 45% nel triennio 2016-2018 e al 65% dal 2019. Se gli obiettivi di raccolta saranno raggiunti, sottolinea il consorzio, si eviteranno emissioni per 2,2-2,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, corrispondenti a un valore economico di 98-112 milioni di euro. Tra gli altri benefici per il portafogli, si calcola inoltre un risparmio nell'acquisto di materie prime pari a 1,25 miliardi di euro. «Gli obiettivi europei per la società del riciclo sono sempre più stringenti e l'Italia ha le potenzialità per posizionarsi tra i Paesi leader nel raggiungimento degli impegnativi target comunitari», ha commentato il direttore generale di Remedia, Danilo Bonato.

 

 

REFERENDUM - Raddoppio della linea Capodistria-Divaccia anche al secondo tentativo niente quorum
Fumata nera anche la seconda volta per il referendum contro la legge del governo sloveno relativa alla costruzione del secondo binario lungo la linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. Perché la norma fosse abrogata dovevano recarsi al voto ed esprimere il loro parere negativo 342 mila aventi diritto. Ebbene quella di ieri, invece, è stata l'affluenza alle urne più bassa della storia della Slovenia indipendente. Alle 16 aveva votato il 10.67% degli aventi diritto. Alla stessa ora al precedente referendum l'affluenza era stata del 14,3%. Quando sono è stato scrutinato il 63,24% delle schede i favorevoli all'infrastruttura erano il 51,05%.

(m. man.)

 

 

Parco del mare, il sondaggio sul sito - In vantaggio i favorevoli: 53% contro 45%
Dopo il sopralluogo che ha visto il neopresidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga qualche giorno fa visitare l'area di Porto Lido con il sindaco Dipiazza e il presidente della Camera di Commercio Paoletti, il progetto per creare un parco del mare a Trieste sembra prendere sempre più piede, tanto che si parla dell'avvio dei lavori già a dicembre 2018. Sul sito del Piccolo anche voi lettori potete dire la vostra sul progetto. «A Trieste si torna a parlare del progetto del futuro del Parco del mare. Che ne pensate? Vi piace la collocazione nell'area di Porto Lido?», questa la domanda sul sito. Alle 21 di ieri, avevano votato in 3.123. Il 45% si dice contrario alla realizzazione del Parco del mare; il 42%, invece, è favorevole. Tra i favorevoli all'opera ma non a Porto Lido bensì in un altro luogo, l'11%. Un 2%, infine, risponde "Non so".

 

SEGNALAZIONI - parco del mare/1Come sfidare il "no se pol"

A Trieste, la città del "no se pol", come dev'essere un progetto per sperare (correre il rischio) di essere realizzato, a dispetto della nostra tradizionale inerzia? Non esistere come tale: basta un concept, meglio se elastico (prima più grande, poi ridotto). Pretendere una location assurda, contro ogni logica (paesaggistica, architettonica, storica): un bislacco pezzo di monopoli lasciato cadere sul Molo F.lli Bandiera, disdegnando l'area di Porto vecchio dopo tanto recuperata alla città. Presentare una incerta sostenibilità dell'investimento, sia per la realizzazione che, tanto più, per la manutenzione e il ritorno economico negli anni. Non deve essere un progetto nuovo, deve venire da lontano (tre lustri), quando non si parlava ancora, per i musei, di realtà virtuale e la sensibilità verso gli animali era scarsa. Non deve tenere assolutamente conto dell'opinione pubblica contraria (associazioni ambientaliste, comitati, esperti). Per tutto questo vedi il cosiddetto Parco del mare, volgarmente Acquario, ieri (11 maggio) presentato alla stampa in forma privata. Auguri a Camera di Commercio, Comune e Regione. Perché, in caso di flop, chi pagherà (se non Pantalone)? I soldi ci sono, assicura Paoletti, comunque fa appello all'aiuto dei cittadini, non si sa mai. Intanto, chissà perché, la Fondazione Crt si è opportunamente defilata in extremis.

Carlo Dellabella

 

SEGNALAZIONI - Parco del mare/2 - Meglio valorizzare la "Torre dei balini"

Da passate segnalazioni e articoli vari, mi sembrava di avere capito che la "tergestina plebe" non fosse tanto d'accordo sulla costruzione del novello Parco del mare proprio in Sacchetta. A parer comune ben venga questo magnifico richiamo turistico ma... meglio e più logico sarebbe nel riqualificato Porto vecchio dove, anche qui l'Adriatico, necessario per il prelievo di milioni di mc di acqua salata, bagna abbondantemente i moli. Però, dalle affermazioni del signor sindaco (trasmissione tv del mercoledì) e dal Piccolo (articolo in data 11/05) apprendo che il suddetto progetto procede come un "rullo compressore" e, da importanti "reggitori", vuole essere portato a termine anche senza l'aiuto finanziario della Fondazione Crt. Potrei almeno vedere pubblicato, sul nostro quotidiano, un "rendering" (parola di gran moda) di tutta la zona interessata? E soprattutto ben segnalata l'area posteggio per le centinaia o migliaia di automobili "turistiche" che il "Grande Acquario" dovrebbe attirare. Dalla dettagliata foto aerea dell'ex Cartubi si nota svettante al cielo l'antica Lanterna (anno 1832): questa verrà lasciata in loco e valorizzata o (zitti...zitti) messa nel dimenticatoio, com'è stato fatto con la "Torre dei balini" di via San Francesco,41? Per i più giovani informo che detta costruzione (importante archeologia industriale) era usata per getti di piombo fuso dall'alto dei suoi 45 metri, il quale passando attraverso delle piastre di rame forate, si frammentava in gocce che poi raffreddandosi, cadendo in acqua, creavano i "proiettili" per le armi da caccia. Datata 1839 è suppongo, unica in Italia: anche questa costruzione sarebbe attualmente un ottimo richiamo turistico, ma la Storia non recede, come non sta recedendo ora, il suddetto "rullo".

Leonardo Garbin

 

 

Confcommercio - Incontro sui progetti per il Porto Vecchio

Oggi alle 12.30 nella sede della Confcommercio, in via Mazzini 22, si svolgerà un incontro pubblico rivolto agli imprenditori di commercio, turismo, servizi, logistica e spedizioni, sul tema "Restyling del Porto vecchio: le opportunità per le imprese del territorio" All'appuntamento parteciperà anche il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, che illustrerà progetti e occasioni di sviluppo future nell'area dell'antico scalo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 maggio 2018

 

 

Rivoluzione in centro - Via Imbriani pedonale
Nel piano del sindaco anche l'apertura della parte centrale di piazza Goldoni  alle automobili e l'idea di riservare via Gallina solo ai taxi. Scattano i test
Chiudere via Imbriani, aprire alle automobili anche la parte centrale di piazza Goldoni, riservare via Gallina solo ai taxi e alle operazioni di carico e scarico. Roberto Dipiazza lancia una nuova sfida per pedonalizzare un altro angolo della città, ridando dignità ad una via sofferente dal punto di vista commerciale. L'idea è scaturita da una visita che il sindaco ha riservato mercoledì scorso al Museo Morpurgo di via Imbriani. Un piccolo gioiello in pieno centro, aperto però solo al martedì dalle 9 alle 13. Malgrado alcune iniziative, la volontà dell'assessore alla Cultura Giorgio Rossi di rilanciarlo e la visita di promozione di Vittorio Sgarbi, quella sede museale presenta ancora delle forti criticità. È pensando a come valorizzarlo che Dipiazza ha valutato dapprima un allargamento del marciapiede davanti al museo e successivamente di chiudere l'intera via. «Quel museo è una chicca, ma è poco valorizzato - valuta il sindaco - così ho pensato che la pedonalizzazione della via avrebbe ricadute positive anche sul Morpurgo, magari con il posizionamento di alcune statue in bronzo proprio davanti all'entrata del museo». La chiusura di via Imbriani era già stata inserita nel Piano del traffico del 2013. La giunta Cosolini nel 2015 aveva avviato una sperimentazione che ne prevedeva la chiusura solo nei fine settimana e che andava di pari passo con la chiusura di via Mazzini. Ma non ebbe seguito. Tornando all'attuale progetto di Dipiazza, il sindaco vedrebbe dunque via Imbriani preclusa al traffico. Contemporaneamente prevederebbe la riapertura della viabilità su piazza Goldoni, nella parte centrale, oggi riservata solo agli autobus e ai taxi. In pratica, chi viaggia lungo Corso Italia, per raggiungere via Carducci non taglierebbe più lungo via Imbriani, ma proseguirebbe fino in piazza Goldoni, girando poi a sinistra. Chi arriva in piazza Goldoni dalla galleria De Sandrinelli, continuerebbe invece a svoltare a destra raggiungendo via Carducci da Passo Goldoni o proseguendo verso Largo Barriera attraverso Corso Saba. In poche ore il primo cittadino ha dato mandato agli uffici tecnici del Comune di fare un'attenta valutazione della fattibilità del progetto. «Va preso in considerazione il flusso di traffico che confluirebbe su piazza Goldoni, devo sentire il parere di Trieste Trasporti - spiega Dipiazza - e poi capire come gestire le zone di carico e scarico delle merci». Insomma, un lavoro complesso ma che non spaventa il sindaco, intenzionato ad andare fino in fondo, conscio di avere gran parte dei commercianti e dei residenti dalla sua parte. I tecnici stanno già predisponendo delle simulazioni, ipotizzando la riassegnazione del traffico nelle vie circostanti e pesando l'impatto che la chiusura della via potrebbe avere sull'intera zona. «Su via Gallina lascerei sono i taxi e l'area riservata al carico e scarico delle merci», anticipa Dipiazza. Ci sono poi altri due nodi da sciogliere: la possibilità di chiudere anche via Reni e lo spostamento delle fermate degli autobus che transitano su via Imbriani e via Gallina. Oggi i taxi escono da piazza San Giovanni attraverso via Reti se devono poi proseguire verso piazza Oberdan, mentre imboccano Passo Pecorari se devono dirigersi verso via Battisti o a destra se scelgono di andare verso piazza Goldoni, Largo Barriera. I commercianti della zona chiedono al sindaco di chiudere completamente anche via Gallina, via Reti e Passo Pecorari, riservando solo una corsia per i taxi. «Saprò dare una risposta più precisa dopo le valutazioni degli uffici tecnici», dichiara Dipiazza da sempre favorevole alla chiusura del centro ma obbligato anche a tener conto di certe esigenze tecniche. Quello che è certo è che il sindaco, pareri tecnici alla mano, darà il via ad una fase sperimentale che servirà a evidenziare eventuali criticità, ad apporre dei correttivi e capire se la città ha retto il test. Avanzare tempistiche è ancora prematuro. Oggi quella via è commercialmente in difficoltà. Basta dare un'occhiata alla netta differenza di afflusso di gente tra quella strada e via delle Torri o la zona di piazza San Giovanni pavimentata con tanto di dehors, per capire il cambio di passo dettato dalla pedonalizzazione.

Laura Tonero

 

Un coro unanime di sì da negozianti e residenti
In molti plaudono l'iniziativa del primo cittadino. Anche i tassisti d'accordo - L'unica voce contraria il titolare della pasticceria Lionetti: «Una buffonata»
Un coro unanime di pareri favorevoli. I commercianti e i residenti di via Imbriani plaudono alla decisione del sindaco di chiudere la via. Nell'aprile del 2015, per esprimere apprezzamento per la fase sperimentale della chiusura, chiedendo all'allora giunta Cosolini di andare avanti verso l'applicazione integrale del Piano del traffico e la definitiva pedonalizzazione di via Imbriani, erano state raccolte oltre 400 firme. «Io fui una delle promotrici di quella raccolta firme, - ricorda Cinzia Silvestri dal bar Haiti che si affaccia proprio su via Imbriani - l'adesione allora fu importante perché il test andò molto bene, con incrementi di fatturato nelle giornate che prevedevano che la via fosse interdetta al traffico». Bastava dare un'occhiata ieri mattina al flusso di gente nella zona: un serpentone transitava da via delle Torri verso piazza San Giovanni mentre lungo via Imbriani, verso le 11, si contavano meno di una decina di persone. «Sono sempre stato favorevole ad aumentare le pedonalizzazioni nel centro storico, - dichiara Franco Rigutti, vice presidente di Confcommercio - al di là dell'idea della chiusura di via Imbriani per la quale esprimo ovviamente parere favorevole, è importate capire i passi successivi, avere una visione d'insieme di quello che il piano del traffico prevede di adottare lì intorno. Volendo chiudere via Imbriani, è bene tenere conto anche del traffico degli autobus su via Mazzini: potrebbero esserci problemi per gli attraversamenti dei pedoni». Chiudendo interamente via Imbriani, è verosimile vengano adottate le stesse misure che oggi si trovano nel tratto di intersezione, ad esempio, tra via San Lazzaro e via Mazzini. Non riscontrano particolari problemi nemmeno i tassisti. «Quello di via Gallina è il parcheggio principe per noi, - anticipa Davide Secoli, presidente della cooperativa Radio Taxi - ma non riscontro nessun problema a rinunciare al passaggio su via Reti se dopo Passo Pecorari ci viene consentito di girare a sinistra. La possibilità tecnicamente già c'è, - osserva - l'afflusso di taxi non è enorme, si tratta di gestire un paio di macchine allo scattare di ogni semaforo e se viene tolto da via Gallina il transito degli autobus la cosa diventa assolutamente fattibile». Pareri favorevoli anche dai residenti. Tra loro anche l'"inimitabile" Andro Merkù: «Mi sta bene la chiusura, anche perché il passaggio degli autobus in una via così stretta è causa di costanti vibrazioni: negli appartamenti che si affacciano sulla via si riscontrano parecchie crepe sui muri». «Il piano delle pedonalizzazioni - aggiunge Merkù - deve però andare di pari passo con un piano parcheggi, perché noi residenti riscontriamo seri problemi da questo punto di vista». Semaforo verde al progetto di Dipiazza anche da parte di Micol Suppancig, titolare della storica macelleria di piazza San Giovanni. «La fase di sperimentazione servirà a tutti per valutare le ricadute sul sistema di trasporto dei mezzi pubblici, sul servizio taxi, sulle zone di carico e scarico e sulle opportunità per noi commercianti. Alla fine del test saremo a fianco del sindaco per eventuali correttivi ma l'obbiettivo va raggiunto, la via va chiusa». Favorevole anche Marina Marass Sferza di Coloratissimo. «L'esperimento anni fa ha funzionato, ha attratto clienti quindi vedo positivamente il progetto», dichiara. «Oggi siamo tagliati fuori dal circuito dello shopping - fa notare Guido Cosciani di Gaia Life - eppure per i fori commerciali paghiamo affitti elevati: ben venga la chiusura al traffico veicolare». Anche chi tratta prodotti di un certo volume e che quindi potrebbe avere qualche disguido da una zona di carico e scarico meno agevole, sostiene l'idea di Dipiazza. «Ci organizzeremo, faremo qualche metro in più con il carrello per trasportare la merce ma la chiusura va fatta», dichiara Mario Visentini di Unieuro City. Unica voce fuori dal coro è il pasticcere Michele Lionetti. «È una grande buffonata. Nella precedente sperimentazione avevo perso un mucchio di soldi, ma non mi interessa perché tanto a fine anno lascio questo negozio».

(l. t.)

 

Borgo Teresiano - A luglio la fine dei lavori in via XXX Ottobre
Mentre la pedonalizzazione di via Imbriani per ora è un progetto, quella di via XXX Ottobre è già un dato di fatto. I lavori di pavimentazione sono iniziati lo scorso 11 settembre e dovrebbero terminare entro le prime settimane di luglio. Si tratta di un intervento da 900 mila euro appaltato a Friulana Costruzioni. Il cantiere è partito dalla parte alta della via, quella più vicina a piazza Oberdan. Nel tratto di via XXX Ottobre dove i lavori sono già terminati - ovvero quello tra via del Lavatoio e via Valdirivo - si respira un'atmosfera diversa e i pubblici esercizi hanno già esposto i loro dehors, godendo della bella stagione. «A breve termineranno pure i lavori nel tratto tra via Valdirivo e via Torrebianca - anticipa l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - mentre l'impresa ha già iniziato l'intervento nella parte tra via Torrebianca e piazza Sant'Antonio, che auspico venga terminato entro le prime settimane di luglio».

(l.t.)

 

 

Parco del Mare, parte il sondaggio - Il voto sul sito del Piccolo. Il 43% favorevole, il 12% dà l'ok ma in un altro luogo
Vi piace o non vi piace l'idea del Parco del Mare? Ora potete esprimere la vostra opinione rispondendo al sondaggio sul sito del Piccolo. Le opzioni possibili sono quattro: sì, no, sì in un altro sito, non so. Questa la domanda: «Dopo il sopralluogo che ha visto il neopresidente del Fvg Massimiliano Fedriga visitare l'area di Porto Lido con il sindaco Dipiazza e il presidente della Camera di Commercio Paoletti, il progetto per creare un Parco del Mare a Trieste sembra prendere quota, tanto che si parla di un avvio del cantiere a dicembre 2018. E voi cosa ne pensate del progetto e della collocazione che è stata scelta?» Dopo le 20 di ieri sera oltre mille persone avevano votato: il 43% era favorevole, il 43% contrario, il 12% favorevole a un altro sito, il 2% indeciso. Nel frattempo anche l'opposizione si esprime sugli ultimi risvolti della vicenda. C'è chi sospende il giudizio con scetticismo, come l'ex sindaco dem Roberto Cosolini. C'è chi lo sostiene con entusiasmo, come il socialista Roberto De Gioia. C'è chi lo boccia su tutta la linea, come il capogruppo pentastellato Paolo Menis. Dice Cosolini: «La mia posizione sul sito scelto e sulle modalità di realizzazione è nota: io avrei fatto altrimenti. Ma, preso atto che si va avanti su Porto Lido, quel che mi attendo a questo punto è qualche novità sul piano finanziario». L'ex sindaco ricorda il recente addio della Fondazione: «Parliamo di un progetto da 40 milioni che fino a qualche tempo fa era finanziato per venti. Con il passo indietro della Fondazione ne restano solo 11. Prima di esprimere qualsiasi valutazione, sulla base di soli annunci, è importante sapere chi e come interverrà per garantire l'investimento. E con che tipo di coinvolgimento da parte dei privati». Molto più caloroso il socialista/verde Roberto De Gioia, che ha anche partecipato al sopralluogo di venerdì: «A mio avviso xe una figada. L'ho detto anche in Consiglio comunale, sono favorevolissimo. Quella è un'area fortemente degradata in una posizione straordinaria. Inoltre è vicina all'arrivo della superstrada e della ferrovia. Più di così cosa si può volere? Io mi occupo di mare da tempo, e so bene che questo tipo di acquari sarebbe un attrattore importante, come è avvenuto a Genova». Menis ribadisce invece la contrarietà su tutta la linea del M5S: «Per noi non cambia nulla, rimangono tutte le perplessità che abbiamo espresso anche in Consiglio comunale: il Parco del Mare non sta in piedi dal punto di vista economico. Non è mai stato in piedi e non starà mai in piedi. Il fatto che intervenga la Regione al posto della Fondazione fa sì anche che ci siano ancor più soldi pubblici di mezzo, quindi è un'aggravante. Siamo assolutamente contrari».

Giovanni Tomasin

 

 

Il centrodestra attacca  Marzi sul caos rifiuti «Si dimetta e rivotiamo»
Sempre più feroci le polemiche sulla gestione della differenziata - Il sindaco replica: «Imporremo alle ditte il rispetto degli impegni»
MUGGIA - Inviare una diffida alla Net per l'inadempimento delle clausole contrattuali. È questa la severa richiesta avanzata da tre consiglieri del centrodestra - Andrea Mariucci (Forza Muggia), Giulio Ferluga (Lega) e Nicola Delconte (Fdi) - che rimarcano la situazione insostenibile della raccolta differenziata dei rifiuti a Muggia. E intanto, mentre la consigliera Giulia Demarchi trova un cavillo che permetterebbe ai commercianti di non pagare la Tari, il Comitato Muggia Sos Porta a porta decide di smarcarsi ufficialmente dalle recenti "avances" della stessa consigliera forzista: «No alle strumentalizzazioni, siamo apartitici»Ma andiamo con ordine. «È stata inoltrata dal Comune alla Net una diffida per l'adempimento delle clausole contrattuali che non si stanno rispettando? Non vorremmo che il Comune si dimenticasse di esercitare il suo ruolo di controllo nei confronti del servizio». Così i consiglieri Mariucci, Ferluga e Delconte tornano a chiedere conto della desolante situazione della raccolta dei rifiuti muggesani. Ma non solo. «Abbiamo chiesto più volte in Consiglio che il sindaco Marzi ritiri la delega all'assessore Litteri, per manifesta incapacità. La responsabilità politica di quello che sta succedendo - per i tre consiglieri - ora passa nelle mani del sindaco e della sua maggioranza. Non ci sono più scuse. Invochiamo le dimissioni del primo cittadino e che si torni al voto». Chiamata in causa il sindaco Laura Marzi replica sugli oggettivi problemi che stanno affliggendo da oltre un mese Muggia e i muggesani: «Sto seguendo in modo costante e quotidiano la situazione, senza limiti orari nelle mie giornate, rispondendo a chiunque mi chiami, mi scriva o mi contatti anche sui canali social, proprio perché voglio continuare ad avere il polso preciso di quanto accade. Con fermezza e costanza monitoriamo, ora dopo ora, riunione dopo riunione, sopralluogo dopo sopralluogo, l'operato di Net e Sager. Le nostre richieste sono perentorie nel far rispettare tutti gli accordi presi. Non possiamo accettare che queste siano le tempistiche di raccolta (dei rifiuti, ndr) del nostro centro storico». Intanto, come detto, anche Giulia Demarchi, esponente in Consiglio comunale di Forza Muggia - Dpm, anche «a seguito degli incontri e delle manifestazioni con il Comitato Sos Porta a Porta», evidenzia come «in base al Regolamento di nettezza urbana gli esercenti non sono tenuti al pagamento della Tari essendo il sito di piazzale ex Alto Adriatico distante oltre i 300 metri dalle loro attività». Una brutta grana dunque per il Comune, e un probabile motivo per una nuova protesta da parte dei commercianti rivieraschi. L'ammiccamento al Comitato non viene ben preso, però, dal Comitato stesso, che sconfessa Demarchi: «Sos Porta a porta non ha mai acconsentito di vedere citato il proprio nome in qualsiasi contesto riguardante un partito politico essendo la nostra natura apartitica. Siamo e vogliamo rimanere la voce dei cittadini, senza strumentalizzazioni da parte di nessuno». Il Comitato comunica infine che a breve inizierà la fase conclusiva della raccolta dei moduli per la sintesi tutte le preoccupazioni di tipo igienico-ambientale e di tutti i disservizi segnalati dai cittadini di Muggia.

Riccardo Tosques

 

 

A scuola di ecologia e pace sulla Cottur - Una settantina i partecipanti alla pedalata finale dopo le lezioni in aula alla Bergamas
Successo ieri per "Pace in bici", la pedalata sulla ciclabile Giordano Cottur per alunni, genitori e insegnanti organizzata dall'Istituto comprensivo Bergamas in collaborazione con Fiab Trieste. L'iniziativa è frutto di un concorso di interessi che vede attuato in chiave sportiva un preciso progetto degli insegnati dell'istituto: educare alla pace, promuovere attività di ricerca, di riflessione e di servizio, in cui i ragazzi diventino protagonisti di azioni per la sensibilizzazione del territorio e di chi ci vive. Grazie anche a Fiab Ulisse (che dopo alcuni anni riprende l'attività di formazione dei giovani all'interno della scuola), questa pedalata è stata la conclusione di un percorso didattico che ha visto lo svolgimento di quattro interventi in aula di circa un'ora e mezza, con un "comitato bici" di rappresentanza appositamente formato dagli alunni delle diverse classi partecipanti. «Secondo noi è fondamentale preparare le nuove generazioni ad una maggiore sensibilità nei confronti della mobilità sostenibile, della mobilità attiva e anche dell'uso sicuro della bicicletta» così il presidente Fiab Ulisse Luca Mastropasqua. «Da febbraio - ha aggiunto - su questo percorso stiamo sviluppando i temi della sostenibilità, dell'uso della bicicletta, dei diritti e doveri dei ciclisti, della sicurezza in bici e del suo funzionamento. Un'esperienza molto bella e formativa». La Bergamas punta molto su questo progetto. Gli obiettivi? Coinvolgere i ragazzi il più possibile in attività che non siano puramente didattiche e, soprattutto, promuovere concretamente la pace. «Abbiamo proposto ai ragazzi della cooperativa scolastica di fare questo progetto con Fiab, istituendo un "comitato bici" e promuovendo la mobilità e il corretto uso della stessa. L'anno scorso abbiamo partecipato a Roma ad un incontro nazionale per le scuole sulla pace, e quest'anno quindi vogliamo incoraggiare il valore della mobilità sostenibile come elemento costruttore, a sua volta, di pace», queste le parole dell'insegnante Silvia Cettina, che ha portato avanti il progetto. La pedalata, partita dall'imbocco della ciclabile Cottur a San Giacomo, nei pressi dell'istituto, si è sviluppata lungo cinque chilometri circa, con destinazione finale la stazione di Moccò: sul posto sono stati organizzati giochi e diverse attività ludiche. Tra alunni, docenti e genitori, una settantina circa i partecipanti iscritti.

Stefano Cerri

 

 

Grigliate, torte e fotografie - Festa scout all'Ostello Alpe Adria per i trent'anni dell'Amis
Un appuntamento conviviale, per mangiare insieme e stare all'aria aperta, ma anche per celebrare un anniversario importante e per dare alla cittadinanza la possibilità di saperne di più sulle vicende di un sito storico e delle persone che lo hanno animato e popolato. Anche quest'anno l'Amis-Amici delle iniziative scout, nella sua grande festa per celebrare il patrono San Giorgio, apre a tutti gli interessati gli spazi dell'Ostello Alpe Adria, a Prosecco 381, località Campo Sacro. Il raduno si svolge oggi, dalle 12, anche per la grigliata organizzata dai "Rover". Non mancheranno la tradizionale gara per la torta più buona, più grande e più bella e "L'angolo della solidarietà", con libri usati e dischi in vinile. Dalle 15.30 alle 16 si svolgerà il "quadrato finale", con la premiazione delle "Pattuglie" e delle "Mute" vincitrici del "San Giorgio" e verrà rinnovata la promessa scout per giovani e adulti. L'appuntamento sarà anche un'occasione, per l'Amis, di celebrare i trent'anni dalla sua fondazione. L'atto costitutivo, formalmente, è stato firmato nel giugno del 1988 e alla festa una medaglia-ricordo sarà consegnata ai soci fondatori. Dalle 12 si potrà visitare anche il piccolo museo della memoria dedicato in particolare alle famiglie che, dove oggi sorge l'Ostello Alpe Adria, hanno vissuto nel periodo successivo all'esodo post-bellico. Documenti topografici, foto e oggetti di uso comune spazieranno dagli anni '40 agli anni '80. «Le sale del piccolo museo - spiega Fabiano Mazzarella, presidente dell'Amis - sono intitolate ad Armando Rossi, storico custode del campo, e alla moglie Antonietta, per il grande impegno profuso nella cura e crescita dell'area». Le costruzioni che oggi ospitano l'ostello risalgono al 1945. Gli Alleati trovarono strategico stabilirvi una base di sorveglianza. Ma dal '47 le abitazioni furono impiegate per i profughi dall'Istria e dalla Dalmazia, circa 300, in quello che si trasformò in un villaggio.

Annalisa Perini

 

Visite guidate nella Riserva delle falesie - Da oggi ad agosto i tour promossi dal Comune insieme al Wwf
Iniziano oggi le visite guidate gratuite nella Riserva naturale delle falesie di Duino. Sono promosse dal Comune di Duino Aurisina per la valorizzazione di uno dei punti più belli e suggestivi dell'intera regione, in collaborazione con il Wwf e il Camping Village Marepineta, e con il contributo della Regione. Due le opzioni, entrambe adatte a tutti, perché le difficoltà sono contenute: "Il Carso a picco sul mare: il sentiero Rilke" (durata due ore; dalle 9.30) e "Dalle Falesie alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza" (durata tre ore; dalle 9.30). La prima è un'escursione lungo il sentiero dedicato allo scrittore e poeta boemo Rainer Maria Rilke, che porta a esplorare lo spettacolare itinerario che attraversa la Riserva; protagonista assoluto, l'algiroide magnifico, simbolo della Riserva, ma ci sono anche il falco pellegrino e il gufo reale. La seconda permette di passare in rassegna una grande varietà di paesaggi compresi tra il sentiero Rilke e le falesie su cui si affaccia e il bosco della Cernizza. È sempre necessaria la prenotazione a Camping Village Marepineta (tel. 040-299264, info@marepineta.com). Le escursioni sono accompagnate da una spiegazione in italiano, in qualche caso anche in sloveno e inglese. Le prossime date: il 27 maggio si andrà "Dalle falesie alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza" (alle 9.30); il 3 giugno "Il Carso a picco sul mare: il sentiero Rilke, alle 18.30; il 17 giugno "Dalle falesie alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza", alle 18.30. E poi l'1 luglio (alle 18.30, "Il Carso a picco sul mare: il Rilke"), il 15 luglio (alle 18.30, "Dalle falesie alle spiagge"), e il 5 agosto, alle 18.30, si chiude con "Il Carso a picco sul mare.

 

All'Orto botanico torna "Invasati" - Nuovo appuntamento con il mercatino del giardinaggio (e non solo)
Torna oggi, all'Orto botanico di via Marchesetti 2, sul colle di San Luigi, dalle 10 alle 19 a ingresso gratuito, l'atteso mercatino del giardinaggio e orticoltura intitolato "Invasati, tutti pazzi per i fiori". Non si tratta solo di un momento di incontro, confronto e scambio di esperienze e di materiali fra giardinieri non professionisti, appassionati e dilettanti, perché sono tanti gli eventi collaterali. Ecco, in dettaglio, il programma: dalle 10 alle 12, Caccia al tesoro botanica a cura Pier Luigi Nimis, docente di Botanica sistematica del Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste; alle 11, letture al femminile di poesia e prosa a cura del Gruppo Le Voci-Luna e l'Altra; dalle 16 alle 17, Incontriamoci #abassavoce nel parco, letture per bambini dai 3 anni e per gli adulti a loro vicini a cura delle volontarie di Nati per leggere, una splendida occasione per condividere con i bimbi i libri più belli sulla natura e letture a tema in occasione della Festa della mamma. Alle 16, "Il giardino delle delizie", laboratorio botanico di public art tra ceramica e natura a cura dell'artista Paola Pisani. E alle 17, l'appuntamento musicale con Federico Rossignoli (al liuto), a cura della Scuola di musica 55. Tutte le info su www.ortobotanicotrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 maggio 2018

 

 

Via al Parco del mare - Fedriga nuovo garante
Il neogovernatore, al sopralluogo ufficiale a Porto Lido insieme a Paoletti e Dipiazza, si impegna a rilanciare il progetto dopo l'uscita di scena della Fondazione CRTrieste
«Non è solo la mia presenza fisica, la Regione sul Parco del mare c'è». La battuta del neoeletto presidente Fvg Massimiliano Fedriga al sindaco Roberto Dipiazza, che lo ringrazia per aver preso parte al sopralluogo sul potenziale sito di Porto Lido, lascia ben sperare Antonio Paoletti: il presidente della Cciaa, reduce dell'addio della Fondazione CRTrieste (e dei suoi nove milioni di euro), ha un nuovo amico al suo fianco. E chi trova un amico, si sa, trova un tesoro. Letteralmente. In un momento in cui i danari servono come l'acqua in un acquario, Fedriga promette un maggiore impegno da parte dell'ente: «L'amministrazione precedente ha stanziato due milioni e si è impegnata a darne altri due. Questo è confermato. Ma vogliamo fare di più. Per ora non prendo impegni economici, ma dopo l'insediamento della giunta mi confronterò con gli assessori per vedere se e come ampliare il contributo della Regione». Ma partiamo dal principio. Il sopralluogo di ieri al Molo Fratelli Bandiera, il primo aperto alla stampa, ha inizio con un capannello di bandiere gialle: sono i militanti di Legambiente e qualche animalista, presentatisi davanti al portone per manifestare la loro contrarietà al progetto. Dentro, il sindaco Dipiazza e Paoletti attendono il presidente regionale. Quando arriva, Fedriga è accolto da un nugolo di fotografi e operatori. Lo strano terzetto si avvia tra le rovine dell'ex Cartubi: l'attenzione del più giovane e informale dei tre è contesa dai più maturi, imbustati nei loro completi, grigio Dipiazza e blu elettrico Paoletti. Gli edifici dell'area cadono letteralmente a pezzi. «Respira piano, che non si sa mai», mormora qualcuno tra la stampa, ipotizzando problemi di salubrità dell'aria. Il sindaco indica tutto attorno e commenta ironico: «Guarda, guarda, Massimiliano. Ci dicono che qui non si può fare l'acquario perché ci sono edifici di pregio, guarda quanto sono pregiati». Aggiunge ancora Dipiazza, rivolto a Fedriga: «Sono contento che la prima visita ufficiale che faccio con te sia in quest'area. Presto sarà la più importante zona di riqualificazione in città dopo il Porto vecchio. Da un lato il Mercato ortofrutticolo, che diventerà uno spazio di sviluppo, e qui il Parco del mare che Paoletti sta portando avanti ormai dal 2004». Poi prende la parola il presidente della Cciia: «Appena la variante al Piano regolatore sarà approvata in Consiglio, la prossima settimana, noi andremo a rogito per l'acquisizione di Trieste Navigando, la società che ha la concessione per Porto Lido», dice dopo i ringraziamenti di rito. Quale sarà poi l'iter di realizzazione? Paoletti scommette sul progetto che sta realizzando la società friulana Icop (che sta costruendo la Piattaforma logistica del porto). L'idea della Cciaa è lanciare un bando europeo in project financing basato sulla proposta di Icop. Il modello, in sostanza, è il medesimo adottato dal Comune per il centro congressi di Porto vecchio: una cordata locale (in quel caso quella guidata dall'imprenditore Diego Bravar) avanza una proposta, il pubblico contribuisce, e se poi qualcun altro vince il bando si limita a retribuire i costi del progetto al primo proponente. Precisa Paoletti: «Ci sarà una commissione incaricata di valutare i progetti». Di che tipo di commissione si tratti, è ancora tutto da vedere. Quanto al venir meno della Fondazione e del suo finanziamento milionario, Paoletti la fa breve: «Non è un problema, la Camera ha le risorse sufficienti per provvedere». Il capo della Cciaa azzarda infine una previsione sulla partenza dei lavori: «Ci piacerebbe inaugurare il cantiere il 16 dicembre 2018, 14 anni esatti dal lancio dell'idea». Interviene poi Fedriga: «Il Parco del mare può rappresentare un ulteriore tassello per lo sviluppo turistico ed economico del Friuli Venezia Giulia e, in tale prospettiva, è importante che il progetto venga portato avanti». Il presidente anticipa che «la Regione sosterrà sempre iniziative capaci di attrarre investitori privati, incrementare l'occupazione e generare indotto sul territorio. Nel Parco noi ci saremo in maniera più decisa di quanto avvenuto fino ad adesso, anche con interventi diretti. Vedo positivamente lo strumento del project financing previsto per la realizzazione dell'opera, una scelta adeguata per far funzionare questo tipo di progetti e mi auguro che si possa rispettare una tempistica rapida. Mi complimento - conclude Fedriga - con la Camera e assicuro che noi ci saremo, dove avremo competenza, anche per agevolare il percorso amministrativo». La visita a questo punto è finita. Ancora una passeggiata sul molo, da cui si vede tutta la città. E poi si torna alle auto per lasciare Porto Lido, ormai probabile sito del Parco del mare, sempre che non arrivi l'ennesima vicissitudine a tagliare le gambe a questo progetto che svolazza su Trieste ormai da 14 anni. In un certo senso se lo augura Andrea Wehrenfennig, portavoce di Legambiente, che faceva parte del picchetto di contestazione all'ingresso: «Sinceramente mi pare ci sia sempre meno trasparenza. Che manchino i soldi della Fondazione è un disastro per il progetto, non un passo in avanti». Conclude l'ambientalista triestino: «Il vicesindaco uscente Pierpaolo Roberti ci ha detto prima delle elezioni che un vero progetto ancora non c'è, che al momento è solo un concept. Ma davvero stiamo investendo milioni di fondi pubblici prima ancora di avere un progetto su cui discutere? I costi sono reali. Le entrate e le uscite, per il momento, sono solo teoriche. E anche tra i professionisti ci sono molti dubbi sulla sostenibilità dell'acquario».

Giovanni Tomasin

 

 

Arvedi assume 31 persone per il laminatoio
Nella selezione saranno considerati requisiti preferenziali titoli di studio e residenza sul territorio. «In futuro altri posti di lavoro»
"A.A.A.". Cercasi nuovo personale per Siderurgica Triestina. Il Gruppo Arvedi, infatti, nell'annunciare ulteriori assunzioni in futuro, per il presente fa sapere di essere subito a caccia di 31 persone fra addetti alla produzione e alla manutenzione del nuovo impianto di decapaggio all'interno dell'area a freddo da 65 mila metri quadrati avviata nel 2016: è qui che l'acciaio verrà trattato con degli agenti chimici per rendere il prodotto particolarmente resistente agli agenti atmosferici. La produzione, diretta al settore automobilistico, e a quelli degli elettrodomestici e della componentistica dei tubi, fanno sapere dall'azienda, «è sempre in crescita». In attesa di capire quali saranno i rapporti tra la Ferriera e la nuova amministrazione regionale di centrodestra, intanto arriva dunque questa buona "novella" sotto il profilo occupazionale. Non l'unica. Recentemente infatti è stato assunto un ingegnere meccanico proveniente dall'Università di Trieste. «Una conferma del nuovo corso nella storia della Ferriera», commenta l'azienda, con l'evidente soddisfazione di poter confermare le promesse fatte a suo tempo per quanto riguarda nuovi posti di lavoro, nonostante sia stata, prima e dopo, al centro di forti polemiche. Una fabbrica, specifica il comunicato che divulga la notizia, che «non è più l'immagine del passato, ma uno stabilimento innovativo ed esemplare per qualità e tecnologia. Il personale richiesto è atteso dunque per andare a implementare a partire da quest'estate, il tempo di ultimare il nuovo impianto e di individuare le nuove figure, il parterre di dipendenti che dagli attuali 530, di cui una trentina proveniente da fuori Trieste, passerà a circa 560.Nell'arco del prossimo mese e mezzo i vertici selezioneranno 27 operatori di produzione, due manutentori elettrici e due manutentori meccanici. Fra i requisiti preferenziali, viene richiesto di risiedere a Trieste o nei comuni confinanti. A discrezione dell'azienda, inoltre, saranno valutati in modo positivo, per i 27 operatori di produzione, anche il possesso di qualifica o diploma, la disponibilità a lavorare su turni, nonché un eventuale bagaglio di esperienze lavorative in contesti industriali. Per i quattro manutentori vincolante risulta essere una qualifica o un titolo di studio attinente o una comprovata esperienza maturata in ruoli «assimilabili». L'ingegner Edoardo Tovo, ad di Siderurgica, punta molto sui nuovi profili.«La presenza di personale qualificato tra diplomati e laureati - afferma - valorizza in maggior misura un percorso produttivo già di elevatissima qualità». La nota specifica poi che «gli impianti da poco completati, insieme a quelli in fase di avviamento, comporteranno un ulteriore incremento della capacità produttiva ed è ragionevole immaginare che parallelamente crescerà ancora l'esigenza di aumentare la forza lavoro». La candidatura deve essere inoltrata entro il 27 maggio sul sito web arvedi.it. Per i curricula conterà anche l'ordine di arrivo.

Benedetta Moro

 

 

Cervi sul Carso, agricoltori in allarme - Cresce il numero di esemplari. Si nutrono di vitigni e olivi. Oggi a Borgo Grotta un convegno sul fenomeno
SGONICO - È allarme cervi sul Carso. Dopo i danni all'agricoltura provocati dai cinghiali, ora il nuovo pericolo è rappresentato infatti dalla considerevole crescita del numero di cervi presenti sul territorio. Se ne contano almeno un centinaio soltanto sull'altipiano triestino, ma si arriva a novemila in tutto il Friuli Venezia Giulia. Un problema molto sentito, che troverà una prima analisi oggi, alla Casa della cultura di Borgo Grotta Gigante, dove, a partire dalle 9.30, è in programma un convegno intitolato "Cervo: una nuova realtà sul Carso - Esperienze di gestione a confronto". Un appuntamento organizzato di concerto fra la sezione di Trieste della Federcaccia, l'Associazione dei cacciatori sloveni del Fvg e l'Unione nazionale cacciatori zona Alpi, con il patrocinio del Comune di Sgonico. «I cervi sono erbivori - spiega Fabio Merlini, presidente della sezione triestina della Federcaccia - perciò si nutrono di tutto ciò che trovano, a cominciare dai vitigni e dalle piante di ulivo, di cui il Carso triestino è ricco. Ecco perché la loro massiccia presenza, fattore recente e del tutto nuovo nel nostro territorio - aggiunge - sta provocando non poca preoccupazione fra tutti coloro che, sull'altipiano, si dedicano all'agricoltura». Anche Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico, è molto attenta all'evolversi della situazione: «La presenza di cervi in quantità - sottolinea - costituisce un pericolo per i viticoltori, in quanto questi animali sono erbivori e sul Carso ci sono moltissime coltivazioni di vario tipo, ma anche per la popolazione in generale, perché il Carso è densamente popolato, le strade sono tante e un incidente può essere facilmente provocato da un cervo che improvvisamente attraversa la strada». «Un esemplare maschio - precisa Merlini - può raggiungere i 200 chili, mentre una femmina arriva più o meno alla metà. Ecco allora che il problema esiste». Fra l'altro, l'estate è il momento nel quale i cervi provvedono alla cosiddetta "pulitura dei palchi", cioè il momento nel quale eliminano da quelle che normalmente sono definite corna la patina che si è creata durante l'inverno. Tutto questo per presentarsi al meglio della forma in autunno, in particolare nel periodo che va da fine settembre alla prima metà di ottobre, quando inizia la fase del famoso "bramito", cioè il momento dell'accoppiamento, quando il cervo maschio emette un particolare verso per richiamare l'attenzione del proprio harem di femmine e procedere alla riproduzione. «Per pulirsi i palchi - riprende Merlini - i cervi utilizzano gli arbusti e gli alberi, sfregandosi su di essi. Evidenti anche in questo caso - prosegue il presidente della sezione provinciale della Federcaccia - i danni che tale operazione può provocare». Uno degli obiettivi del convegno odierno sarà quello di definire la possibilità di fissare una serie di piani di abbattimento, per cercare di contenere il numero di esemplari sul territorio. «Abbiamo invitato apposta esperti provenienti da altre regioni italiane e dall'estero - conclude Merlini - per sentire l'opinione di chi ha già proceduto a dare vita a piani di abbattimento e capire quale potrà essere il modus operandi da attuare sul Carso triestino».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 maggio 2018

 

 

Paoletti tira dritto sul Parco del mare: «Abbiamo i soldi»
Il presidente camerale dopo l'addio della Fondazione: «Spiace ma non blocca l'opera, ci sono altri finanziamenti»
Tra incontri istituzionali e appuntamenti politici Massimiliano Fedriga ha in questi giorni un'agenda davvero fitta di impegni. Il fatto quindi che oggi il trovi il tempo per partecipare alla conferenza stampa sul Parco del Mare in programma nell'area dell'ex Cartubi, la dice lunga sull'attenzione che il neopresidente della Regione riserva al progetto. La sua presenza al fianco della "mente" dell'iniziativa Antonio Paoletti, cioè, non può non essere letta come un segnale del favore accordato dal governatore all'idea del grande acquario nel sito della Lanterna.Un appoggio, quello di Fedriga, ovviamente molto importante per il presidente camerale, che si trova ora ad avere in mano le redini del progetto. Dopo l'addio della Fondazione, annunciato due giorni fa dal presidente Massimo Paniccia, alla Cciaa spetta il compito di completare l'acquario, e soprattutto quello di reperire (oltre ai 22 già in lista) anche i 9 milioni di finanziamento venuti a mancare con il passo indietro della CRTRieste.Paoletti si riserva di commentare il tutto nell'incontro di oggi, il primo che si terrà sul sito dove dovrebbe sorgere il cantiere, ma ieri ha anticipato in tv alcune opinioni. La linea scelta è quella del minimo livello di scontro, speculare al garbo con cui Paniccia ha sottolineato di essersi ritirato «in accordo con la Cciaa»: «Noi non abbiamo problemi economici perciò il progetto finanziariamente va avanti - ha spiegato il presidente Cciaa -. Spiace, però ognuno fa le scelte che pensa più utili al suo ente». Paoletti non rinuncia a chiamare a raccolta tutta Trieste, rilanciando un progetto che ormai dal lontano 2004 è il suo chiodo fisso, un vero e proprio tormentone per la politica triestina: «A questo punto bisogna che la città si stringa attorno a un progetto del genere, perché posti di lavoro, alberghi pieni, negozi che vendono... Sarà un cambiamento come lo è stato per Genova, Lisbona, Barcellona e via dicendo».Nel frattempo prosegue l'iter della modifica al piano regolatore del Comune che consentirà di realizzare l'acquario sul sito di Porto Lido. L'assessore Luisa Polli ha riferito ieri i particolari delle modifiche al piano di fronte alle circoscrizioni riunite in Consiglio: «Due parlamentini mi hanno chiesto ulteriori specificazioni sulle modifiche (che non riguardano soltanto la Lanterna ma anche altre parti della città, ndr). Di solito sono sempre pronta ad andare di persona nelle circoscrizioni per spiegare le singole delibere, ma in questo caso ho ritenuto necessario ricorrere a una convocazione comune in Consiglio». La ragione sta nel carattere del provvedimento: «Non si trattava di una semplice illustrazione politica. Qui parliamo di un testo molto tecnico, per il quale è necessario l'intervento degli uffici. Piuttosto che pagare gli straordinari al personale comunale per i vari passaggi nelle circoscrizioni, mi è parso fosse più saggio tenere una seduta unica. Se qualcuno poi lo vorrà, comunque, potrò andare lo stesso spiegare la norma nelle varie o sedi». Una volta che il testo sarà approvato anche dal Consiglio, per la prima volta il Parco del Mare entrerà a far parte del piano regolatore comunale.

Giovanni Tomasin

 

 

Traffico illecito di rifiuti "speciali" dal punto Acegas - Indagati per furto un dipendente e il complice sloveno - I materiali depositati venivano rivenduti e portati via
Quanto può fruttare sul mercato dell'usato una marmitta, un vecchio televisore, un aspirapolvere scassata? Qualche decina di euro, forse. Ma se la marmitta, il televisore e l'aspirapolvere diventano due, tre, quattro, cinque pezzi alla volta o chissà quanti, e così per settimane e mesi, il giro ha indubbiamente un certo valore. Tanto più se con un'aggiustatina il materiale può diventare di nuovo utile. Era un vero traffico di rifiuti quello che la polizia locale ha scoperto a Trieste in uno dei centri di raccolta dell'AcegasApsAmga, quello di Roiano in via Valmartinaga. Nei guai è finito un dipendente della multiutility: un cinquantacinquenne triestino di cui la Procura - che ha coordinato l'indagine - ha reso note le iniziali: K.R. L'uomo aveva un complice, uno sloveno di cinquant'anni, S.M. le sue iniziali. È stata proprio l'ex municipalizzata ad accorgersi del giro losco, segnalando il tutto alle forze dell'ordine. Gli agenti della polizia locale, grazie a una serie di appostamenti, hanno constatato che l'operatore, quando notava qualche pezzo interessante o perlomeno spendibile sul mercato nero, telefonava al "collega" sloveno con cui era d'accordo. Lui, dopo un po', si presentava a Roiano con il suo Fiat Fiorino per prendere quanto concordato. Pagando, naturalmente. È così che il dipendente Acegas ci guadagnava. Guadagnava sui rifiuti che i cittadini portano al centro di raccolta: spesso roba ingombrante o che non si può buttare in un normale cassonetto delle immondizie. Rifiuti "speciali", appunto, per cui è prevista una precisa procedura per il deposito e lo smaltimento. Con ogni probabilità - sospetta la Procura - il complice sloveno rivendeva a sua volta quanto acquistava. Si presume oltreconfine. L'indagine si è sbloccata alcuni giorni fa quando gli investigatori sono passati all'azione fermando lo straniero a bordo del Fiorino. Il mezzo era pieno di masserizie provenienti proprio dal centro di Roiano: pneumatici, materiale elettrico, un'idropulitrice, tubi metallici, termosifoni, valvole termostatiche e miscelatori dell'acqua. L'uomo è stato bloccato dagli agenti nei pressi dell'Università. Sia lo sloveno che l'addetto della multiutility dovranno rispondere penalmente di concorso in furto aggravato continuato. Ma oltre che le conseguenze giudiziarie, il dipendente dell'ex municipalizzata rischia pure pesanti contraccolpi disciplinari, fino al licenziamento. L'AcegasApsAmga, che gestisce il centro, è risultata estranea all'attività illecita. Come detto le segnalazioni sono scattate proprio dall'ex municipalizzata che da tempo cerca di arginare il problema del traffico di rifiuti in un altro dei centri di raccolta esistenti a Trieste, quello di via Carbonara. L'area esterna, che dà su via D'Alviano, è diventata una sorta di crocevia di materiale da discarica. Tutta roba destinata allo smaltimento, ma che viene intercettata da alcuni individui. Come? Fermano le automobili che si recano al centro, proprio nei pressi dell'ingresso, nella speranza di recuperare qualche pezzo buono. La zona è spesso piena di elettrodomestici, stufe e materassi. Mesi fa un'operazione della polizia municipale aveva portato all'identificazione dei responsabili. La nuova indagine, prima in mano al pm Maddalena Chergia e poi alla collega Chiara De Grassi, era iniziata dopo che una pattuglia aveva sorpreso una vettura non autorizzata che usciva dal deposito di via Carbonara. Era carica di rifiuti. Dai movimenti esterni al deposito, l'inchiesta si è allargata al personale interno fino a risalire all'addetto di Roiano. Resta un interrogativo sul Fiorino del complice sloveno e sui beni che trasportava: l'avvocato William Crivellari, che difende lo straniero, ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame ottenendo il dissequestro in virtù di alcune violazioni procedurali. All'indagato non è stato spiegato che poteva farsi assistere da un legale. Ma il nuovo pm ha disposto successivamente un sequestro "preventivo". La prossima udienza dovrà decidere sulla destinazione del mezzo e dei rifiuti.

Gianpaolo Sarti

 

L'azienda: «Massimo rigore - Grave danno d'immagine»
Piccoli, responsabile Servizi Ambiente della multiutility: «Siamo parte lesa» - E il Comune plaude all'opera della Polizia locale: «I controlli non si fermano»
«Oltre a tutte le violazioni che la persona ha commesso, dispiace perché i centri di raccolta sono il nostro fiore all'occhiello e sono fondamentali per la raccolta differenziata, con ottimi risultati sul territorio. Questo comportamento determina anche un grave danno d'immagine». Così Giovanni Piccoli, responsabile Servizi Ambientali di AcegasApsAmga, commenta la notizia sulla denuncia. «L'indagine parte anche dalle nostre segnalazioni, che risalgono ormai a quasi un anno fa - prosegue Piccoli - perché in particolare nella struttura di via Carbonara avevamo il sentore che ci fosse qualcosa di anomalo, di strano, oltre a un problema di decoro urbano all'esterno. Ma le indagini hanno portato alla luce una situazione che non avevamo sospettato, quella che riguarda via Valmartinaga, un'area che viene gestita direttamente da noi. È un bene che tutto questo sia emerso - evidenzia - e che le autorità abbiano dato seguito alle nostre richieste di attenzione. Certamente ci sentiamo parte lesa e non avevamo idea che fosse coinvolto un nostro dipendente, abbiamo avviato subito un iter interno, gestito con il massimo rigore e con grande serietà, che potrebbe portare al licenziamento della persona coinvolta, se tutto sarà confermato». La speranza di AcegasApsAmga è che l'episodio non comprometta il regolare servizio, al quale tanti triestini si rivolgono costantemente e che consente di evitare l'abbandono di oggetti ingombranti sulle strade, un obiettivo particolarmente sentito dall'azienda, che in tema ha avviato in passato anche campagne di sensibilizzazione ad hoc. Già mesi fa erano emersi dei problemi, anche attraverso segnalazioni giunte alla nostra redazione da parte di chi veniva fermato, fuori dal centro di via Carbonara soprattutto, da persone che chiedevano di poter prendere i rifiuti, spesso con insistenza, dalle auto che puntavano a entrare nel centro stesso. I cittadini non sapevano che le indagini in realtà erano già in atto. «Proprio a fronte di tante lamentele che anche noi avevamo recepito - ricorda il vicesindaco Pierpaolo Roberti - avevo chiesto alla Polizia locale di avviare i controlli, anche se in zona era difficile, per il traffico vivace e il luogo particolarmente esposto. In più avevo presentato nell'ultima variazione di bilancio la richiesta di installazione di una videocamera, che è stata posizionata all'inizio dell'anno, presentata ufficialmente quando l'indagine si era conclusa. Dalle immagini catturate sono emersi gli illeciti amministrativi, con le sanzioni a chi lasciava rifiuti ingombranti all'esterno del centro, e soprattutto si è arrivati alla prima denuncia, come noto. Voglio ringraziare gli agenti della Polizia locale per l'ottimo lavoro svolto e i cittadini per averci inviato più volte segnalazioni sul disagio sentito». Le verifiche proseguiranno, anche a beneficio della pulizia di tutta la zona. «Di sicuro si continua - sottolinea Roberti -: due erano i problemi che ora continuiamo a combattere, lo stato di evidente degrado in cui versava l'area, considerando la gente che scaricava fuori dal centro oggetti vari, e l'esborso del Comune, che era costretto a interventi di pulizia straordinaria a carico dell'ente. Ci auguriamo - conclude - che dopo questa prima denuncia non si ripresentino altri casi».

Micol Brusaferro

 

L'altro filone dei "cacciatori" disperati - Organizzazione fai da te che bloccava i cittadini per trovare oggetti riutilizzabili
L'impianto di videosorveglianza ha permesso anche la riduzione di un altro fenomeno, quello di chi fermava le auto fuori dai cancelli del centro raccolta di via Carbonara, invitando le persone a consegnare gli oggetti da smaltire, una prassi consolidata da anni, denunciata a più riprese soprattutto dai residenti, stanchi di assistere ogni giorno al ripetersi di uno scenario talvolta sfociato anche in risse. Lo scorso novembre, dopo le tante segnalazioni giunte alle forze dell'ordine, AcegasApsAmga e Questura avevano tracciato un identikit dei "cercatori" di rifiuti. Si trattava nella maggior parte dei casi di individui in grave difficoltà economica, alcuni anche senza fissa dimora, italiani e stranieri, di diverse età, frequentatori abituali dell'area, impegnati quotidianamente nella ricerca di due tipologie di scarto, vecchi elettrodomestici o computer ormai dismessi. Disposti secondo una sorta di organizzazione fai da te, nell'arco di tutta la giornata, bloccavano le vetture in arrivo, con la scusa di dare una mano a scaricare gli oggetti, salvo poi controllarli con attenzione per verificare cosa fosse riutilizzabile, da rivendere subito, da riparare o da smembrare. Ciò che non interessava, veniva abbandonato sul ciglio della strada, contribuendo al degrado della zona, più volte portato all'attenzione del Comune dai residenti e da chi transitava nella trafficata arteria vicina. Per gli elettrodomestici la destinazione finale era l'Est, dove prodotti come videoregistratori o vecchi televisori trovano ancora un mercato fiorente, per i pc invece l'obiettivo era quello di ricercare piccole quantità di materie preziose all'interno, anche in questo caso da rivendere. La divisione degli ingombranti avveniva quasi sempre in base a regole non scritte, ma decise evidentemente dal nucleo di persone, sempre le stesse, che gravitavano attorno a via Carbonara e che arrivavano già al mattino presto, in gruppetti di due o tre. Non sono mancati in passato anche episodi di litigi o risse, segnalati sempre dai cittadini, quando forse gli oggetti da spartire o qualche nuovo avventore non gradito avevano creato divergenze tali da provocare urla e spintoni, con situazioni di disagio che si andavano ad aggiungere al degrado generale dello spazio antistante il centro.

(mi.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 maggio 2018

 

 

Fondazione CRTrieste si sfila dal Parco del mare
La Fondazione CRTrieste si sfila dal progetto del Parco del mare. Lo fa con garbo, senza affondare il colpo verso l'ex partner Camera di commercio della Venezia Giulia, ma inesorabilmente. A darne la notizia è lo stesso presidente Massimo Paniccia: «Ragioni normative ci impediscono di partecipare. Di comune accordo con la Cciaa, facciamo un passo indietro per consentire la realizzazione del progetto». Figura misurata, Paniccia viene meno alla sua consueta riservatezza per chiarire personalmente la posizione della Fondazione, visto che da tempo si mormora del possibile ritiro dell'ente dal progetto. Il presidente della Fondazione premette l'impegno profuso dall'ente a favore del Parco del mare nel corso degli anni: «Siamo stati noi a creare le premesse perché il progetto diventasse realizzabile - precisa -. L'abbiamo fatto sia con l'intervento con l'architetto Peter Chermayeff volto a ipotizzare la struttura, sia con il nostro advisor che ha fatto la valutazione di sostenibilità, ancora nel 2015. Abbiamo poi ottenuto il consenso di Regione e Comune in un momento in cui il progetto, mi pare, era finito su un binario morto». Ora, però, la Fondazione non intende proseguire nell'avventura. Paniccia riprende ed espone le perplessità di carattere normativo già esposte nella lettera inviata nei mesi scorsi al presidente della Cciaa Antonio Paoletti: «Ci sono delle norme e un'authority che controllano l'operato della Fondazione, l'unica possibilità che noi avevamo di realizzare un progetto simile era gestirlo con un project financing in proprio, attraverso una società strumentale di cui dovevamo detenere la maggioranza». Secondo gli addetti ai lavori, la riluttanza della Cciaa a cedere del tutto il timone alla Fondazione sarebbe uno dei motivi per cui quest'ultima ha infine deciso di ritirarsi: realizzazione e gestione di un acquario del genere sono una partita in cui nessuno dei due enti accetta volentieri un ruolo di luogotenente. Ma Paniccia non ne fa menzione, e spiega che la comparsa di un potenziale partner privato rende di fatto impossibile la partecipazione della Fondazione: «Si è venuta a creare una cordata che si propone per il progetto. In questo quadro noi non possiamo avere un ruolo, pur essendo lieti della notizia. Di comune accordo con la Cciaa, li lasciamo procedere con l'iniziativa di Porto Lido e ci tiriamo indietro». Con la Fondazione, però, vengono meno anche i nove milioni di finanziamento che l'ente aveva messo sul progetto finora: «La normativa è stringente su questo, noi non possiamo in alcun modo dare fondi ai privati». Viene meno ovviamente anche la partecipazione all'acquisizione di Trieste Navigando, la concessionaria di Porto Lido, che secondo il piano originario sarebbe dovuta diventare la società strumentale controllata al 51% dalla Fondazione: «Rinunciamo a favore della Camera di commercio. Siamo comunque soddisfatti di aver creato le condizioni perché si potesse realizzare un'opera che favorisce lo sviluppo di Trieste». Ma nel caso in cui cambiassero le condizioni attuali, la Fondazione sarebbe disposta a tornare "a bordo"? Paniccia risponde: «Io mi auguro che vada tutto in porto così come sta andando ora. Dopodiché la Fondazione è sempre a disposizione dello sviluppo socioeconomico della città, purché questo risponda alle condizioni normative che dobbiamo rispettare. Eventualmente, un domani, anche sul Parco del mare. Ma penso che non ce ne sarà bisogno». La cordata cui fa riferimento il presidente della Fondazione è quella della Icop, la società friulana che sta realizzando la piattaforma logistica del porto. Nei mesi scorsi la Icop aveva manifestato il suo interesse alla realizzazione dell'acquario, inviando una lettera a tutti gli enti interessati. In un primo momento quel tentativo non aveva sortito risultati concreti, ma il presidente della Icop Vittorio Petrucco conferma che l'interesse è ancora vivo: «Se devo attenermi ai fatti, siamo ancora in una fase interlocutoria. Ma abbiamo delle persone che stanno lavorando a una proposta concreta, i cui numeri reggano. Ci piacerebbe presentare un piano realizzabile». Con l'uscita di scena della Fondazione l'onore, e soprattutto gli oneri, passano tutti alla Cciaa.

Giovanni Tomasin

 

Il colpo di scena alla vigilia della presentazione ufficiale - le tempistiche
Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti attenderà domani per commentare l'uscita di scena della Fondazione. E lo farà in uno scenario inedito: è prevista proprio per domani pomeriggio, infatti, una conferenza stampa a Porto Lido sul Parco del mare, cui parteciperanno anche il sindaco Roberto Dipiazza e, soprattutto, il neopresidente regionale Massimiliano Fedriga. L'appuntamento è importante per due motivi. Il primo: è la prima volta che le porte del sito della Lanterna si aprono ai media per parlare dell'acquario. Ma il secondo è ancora più rilevante: nel momento in cui la Cciaa perde il suo partner storico nell'impresa, si assicura se non altro di mantenere l'appoggio della Regione, anche con la nuova amministrazione a guida leghista. Al di fuori dei canali ufficiali, la Cciaa prende con filosofia l'annuncio di Paniccia. La presa di distanza della Fondazione è cosa nota ormai da tempo in piazza della Borsa, e la Camera conta di poter sopperire altrimenti al venir meno dei nove milioni di finanziamento: è pronta ad accendere dei mutui, e scommette anche sulla possibilità che diverse cordate (oltre a quella di Icop, vedi articolo a sinistra) si presentino al bando di realizzazione dell'acquario. Non parliamo di spiccioli. Finora il prospetto dei finanziamenti necessari era il seguente: nove milioni messi a disposizione dalla Cciaa, altri nove dalla Fondazione e due milioni dalla Regione, a cui si sarebbero dovuti poi aggiungere altri 22 milioni da parte dell'eventuale socio privato. I fondi da reperire salgono così a quota 31 milioni. La Camera si trova quindi ad affrontare un compito complesso, per il quale è necessario assicurarsi l'appoggio delle istituzioni. Quello del Comune è ormai assodato: Dipiazza non sarà forse un fan fanatico del progetto, ma ha avviato tutte le iniziative necessarie a renderlo realizzabile. Non ultima la modifica al Piano regolatore cittadino, sincronizzata con quella dell'omologo strumento portuale, che renderà possibile la costruzione di un acquario alla Lanterna. La norma è stata approvata nelle scorse settimane dalla giunta e il suo iter verso il Consiglio è blindato. Se la Fondazione aveva avuto un ruolo chiave nell'ottenere il via libera (e due milioni) da parte della Regione, pare che il suo venir meno non trascini con sé anche l'ente regionale. La partecipazione del presidente Fedriga alla conferenza stampa è un dato che consente a Paoletti di tirare un sospiro di sollievo.

(g.tom.)

 

Un'idea in balia degli umori politici - La proposta fu lanciata nel 2004. Da allora una sfilza di false partenze
Ora qui, ora là. Ora sì, ora no. È una storia a intermittenza quella del Parco del Mare. Ormai è praticamente una crociata per Antonio Paoletti, il presidente della Camera di Commercio che per primo lo propose nel lontano 2004, come "premio di consolazione" per una Trieste abbattuta dall'esclusione all'Expo. Cos'è il Parco del Mare? La Cciaa lo definisce così in un comunicato recente: «Il Parco di Trieste con il suo grande acquario consentirà all'Italia di avere due attrattori di elevate dimensioni, uno ad Ovest - l'Acquario di Genova - e l'altro ad Est nel Friuli Venezia Giulia». Il parallelo con Genova è presente fin dall'inizio, dai primi annunci del 2004. Da allora, però, ripercorrerne le vicende è come sgranare un rosario di intoppi. All'inizio si pensa di collocarlo sul terrapieno di Barcola, subito dopo sequestrato per inquinamento. Nel 2006 spunta l'ipotesi dell'acquario al posto del mercato ortofrutticolo di Campo Marzio. Se ne parla per un paio d'anni, poi la cosa finisce nel nulla. Nel 2008 si valuta una posizione tra il Salone degli Incanti, il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. A metà 2009 anche questa ipotesi viene bloccata perché uno studio del Comune (sindaco ancora Roberto Dipiazza) pone forti dubbi sulla sostenibilità economica. Nella primavera del 2010 Dipiazza propone una soluzione di minima che pare preludere al cestinamento definitivo: «La soluzione è piazzare delle vasche per i pesci all'interno del Salone degli Incanti senza mettersi a costruire mega-strutture insostenibili. Trieste può sopportare un acquario da 200-300 mila visitatori l'anno, non un Parco del mare da un milione di presenze con costi di manutenzione folli». Nel 2012 il sindaco del Pd Roberto Cosolini torna a vagliare Campo Marzio. Nel giugno 2013, spunta una nuova proposta: i magazzini 3 e 4 del Porto vecchio, in mano a Greensisam. Anche questa idea finisce nel cestino. Nel 2014 il vicepresidente regionale di centrosinistra Sergio Bolzonello stronca il Parco: «Neanche un euro, progetto inattuabile». Nel 2014, quando Paoletti tira fuori la destinazione di Porto Lido, la Regione cambia idea. Nel settembre del 2015 il progetto viene presentato all'ente pubblico: lo firma l'architetto statunitense Peter Chermayeff, autore degli interventi all'acquario di Genova e dei parchi acquatici di Boston, Osaka, Baltimora e Lisbona. Il disegno iniziale è maestoso, poi viene liofilizzato per ridurre costi di gestione e spazi. Nel dicembre dello stesso anno Fondazione CRTrieste si rende disponibile a dare nove milioni. Il resto è storia recente: la Regione mette a disposizione dei fondi, Cciaa e Fondazione si accordano per acquisire Trieste Navigando. Il Comune si attiva per il cambio di piano regolatore, senza contare il fatto che Costa Edutainment, ramo acquari della compagnia d'armatori, manifesta il suo interesse per la gestione della struttura.

g.tom.

 

 

Anidride carbonica - Mai così tanta in 800mila anni
In 800mila anni, non c'è mai stata così tanta anidride carbonica nell'aria: ad aprile, il livello mensile ha superato le 410 parti per milione (ppm). Sono i dati diffusi dal Mauna Loa Observatory alle Hawaii e rilanciati da Business Observer. Benché l'homo sapiens si sia evoluto solo 200mila anni fa, dagli studi dei ghiacci in Groelandia e Antartide, gli esperti sono riusciti a sapere come era l'atmosfera andando indietro fino a 800mila anni fa. Ma è negli ultimi due secoli che la situazione è peggiorata rapidamente, con l'immissione nell'atmosfera di grandissime quantità di Co2. Da qui, l'allarme sul riscaldamento globale lanciato dagli scienziati. Con l'accordo di Parigi sul clima, l'obiettivo è di limitare l'aumento della temperatura globale entro i 2 gradi Celsius, ma secondo lo studio pubblicato su Nature la tendenza attuale viaggia verso i 3 gradi.

 

ALLIANZ - Anche il colosso  tedesco dice addio al carbone
Anche Il colosso assicurativo tedesco Allianz, dopo le Generali, pianifica il suo addio al carbone, rinunciando progressivamente ad assicurare aziende che basano i loro affari su questa fonte energetica, nel solco degli obiettivi del clima posti dall'accordo di Parigi. «Entro il 2040 - si legge sul sito del gruppo - i modelli di affari basati su carbone, che si trovano nel portfolio dei clienti, dovrebbero progressivamente scadere». E si punterà sempre di più di più sulle rinnovabili, si spiega. Una svolta confermata anche ieri di fronte all'assemblea degli azionisti a Monaco.

 

 

Acque italiane avvelenate da diserbanti e pesticidi
Dal dossier di Ispra un quadro allarmante per l'ambiente e la salute umana - Nelle regioni del Nord i campioni inquinati raggiungono anche il 90 per cento
ROMA - Quanti pesticidi si trovano nelle acque superficiali e sotterranee italiane, e quanto sono pericolosi? Ispra - l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell'Ambiente - presenta i risultati delle periodiche analisi sui pesticidi delle acque italiane, con riferimento al biennio 2015-2016. E il quadro che emerge è allarmante per ambiente e salute umana. Nella sola agricoltura si utilizzano in Italia 130.000 tonnellate all'anno di pesticidi, mentre non si hanno dati sui biocidi utilizzati per altri usi (ad esempio lungo i binari ferroviari). I principi attivi utilizzati sono circa 400 e molte sono le miscele. Fortunatamente da anni esiste un quadro normativo italiano ed europeo che definisce limiti e standard, ed è così possibile monitorare la presenza di queste sostanze ed individuare le soglie di pericolosità. Si tratta di sostanze chimiche complesse e potenzialmente molto rischiose, nascono infatti per uccidere organismi viventi ritenuti dannosi per le coltivazioni, ed il rischio per la salute pare sicuramente sottostimato. Il lavoro di ricerca di Ispra è notevole, con circa 2 milioni di analisi e 36.000 campionamenti. Un primo dato preoccupante ci dice che nel 67% delle analisi su acque superficiali, e nel 33,5% delle analisi su acque sotterranee è stata verificata la presenza di pesticidi. Un fenomeno diffuso quindi, specie nell'area padana. In alcune regioni la presenza di pesticidi interessa il 90% delle analisi delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Veneto e Piemonte, più dell'80% dei punti in Emilia Romagna e Toscana. Supera il 70% in Lombardia e provincia di Trento. Ma anche nelle acque sotterrane in alcuni regioni (Friuli, Piemonte, Sicilia) si arriva al 60/80% dei casi. Nei campioni si trovano 259 sostanze diverse. Ma veniamo al superamento dei limiti: nelle acque superficiali il 23,9% dei campioni registrano valori superiori ai limiti ambientali di legge, l'8,3% nelle acque sotterranee. Un fenomeno in aumento dal 2003 al 2016 nonostante la graduale crescita delle colture biologiche o integrate. Un andamento che sembra molto collegato sia alla cessazione dell'uso di alcune sostanze e all'introduzione di nuove, con un saldo di fatto ancora negativo. Aumentano le miscele di pesticidi, fenomeno legato a una crescente complessità dei trattamenti da parte degli agricoltori. I superamenti dei limiti si concentrano nel Nord Italia e in Toscana, e appaiono di minore intensità nelle altre regioni. Nelle acque superficiali i contaminanti più diffusi sono il glifosato (erbicida tra i più diffusi al mondo), mentre nelle acque sotterranee è ancora diffusa l'atrazina, presente benché proibita negli anni '80. Altro problema da risolvere: alcuni prodotti cancellati continuano a essere presenti negli ecosistemi, a testimonianza del fatto che questi si muovono e si degradano molto lentamente. Siamo insomma ancora distanti dagli obiettivi della legge europea che prevedeva il raggiungimento di un buono stato chimico nelle acque superficiali entro il 2015. La dinamica di vendita dei prodotti si riduce dal 2002, anche se aumenta di nuovo nel periodo analizzato 2014-2016, crescita legata a una certa ripresa del settore agricolo in quegli anni. Resta il fatto che l'uomo assume questi prodotti tramite l'acqua, il cibo ma anche attraverso respirazione e contatto con la pelle.Il Rapporto segnala, quindi, una criticità che forse pensavamo in via di soluzione. Occorre un aggiornamento delle politiche di settore, maggiori controlli ed omogenei in tutto il territorio nazionale. Una più forte selezione dei prodotti in commercio e una maggiore attenzione al loro uso da parte degli agricoltori. Una più forte spinta alla conversione biologica dell'agricoltura e, infine, maggiori controlli sull'acqua potabile, come indicato dalla nuova bozza di Direttiva europea. Insomma migliora il quadro delle analisi e dei controlli, ma quella dell'inquinamento agricolo è una battaglia ancora da vincere.

Alfredo De Girolamo

 

 

Pola, allarme radon nelle scuole - Concentrazione oltre i limiti in cinque strutture. Il Comune: situazione monitorata e sotto controllo
POLA - Scoppia il caso del radon in alcuni plessi scolastici a Pola. Comprensibile l'apprensione e l'ansia dei genitori per la concentrazione del gas oltre il limite consentito di 300 becquerel per metro cubo rilevata in due istituzioni prescolari e in tre scuole della città. Tra queste c'è anche la elementare italiana "Giuseppina Martinuzzi", nel cui edificio trova posto pure la sezione Delfini dell'asilo italiano Rin Tin Tin. Il radon è un agente di rischio per la salute umana: l'Organizzazione mondiale della sanità lo indica come fattore di incremento di rischio di tumore polmonare. La vicenda è emersa solo dopo che i risultati delle rilevazioni sono stati resi noti dal quotidiano istriano Glas Istre, malgrado le indagini fossero state effettuate dal Dipartimento di Fisica dell'Università di Osijek già nel 2015. E in molti si chiedono per quale motivo non se ne sia parlato prima d'ora. In questo contesto, a tranquillizzare l'opinione pubblica ha provveduto in una conferenza stampa convocata a palazzo municipale la vice assessore all'Edilizia Ingrid Bulian. Invitando tutti a non lasciarsi andare agli allarmismi, Bulian ha sottolineato che «le misurazioni non hanno dato risultati allarmanti e la misura da adottare subito per abbassare la concentrazione del radon è quella di arieggiare gli ambienti. Poi, se sarà necessario, si procederà a interventi di bonifica che all'estero hanno dato ottimi risultati, tanto che pensiamo di seguire il modello di intervento attuato dall'Irlanda e dalla Svizzera». La vicesindaca Elena Puh Belci ha annunciato che si procederà comunque a ulteriori misurazioni per confrontare i dati già esistenti con quelli da rilevare: sarà inoltre attuato un monitoraggio continuo per garantire che le scuole e gli asili risultino ambienti totalmente sani per gli alunni. «Sia a Pola che a livello regionale - ha aggiunto Puh Belci - verranno fissate norme in materia di riduzione dalle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambienti chiusi». Intanto a breve arriverà in città Vanja Radolic, professore ordinario del Dipartimento universitario di Osijek, per tenere un incontro in cui rispondere alle domande e ai dubbi di tutti gli interessati. Radolic, in risposta ai quesiti posti dall'amministrazione municipale, ha già fatto sapere che l'esposizione per poco tempo al radon non causerà problemi sanitari, raccomandando però al contempo di non soggiornare a lungo negli ambienti fuori norma. Intanto la direttrice della scuola elementare italiana "Giuseppina Martinuzzi" Susanna Cerlon ha detto di avere appreso del problema solo dalla stampa, non in via ufficiale dalle istituzioni: «In ogni caso - ha fatto sapere - ci batteremo per la promozione della cultura della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro e vita». Del problema si è parlato anche nella seduta dell'Assemblea dell'Unione Italiana a Pola, dove - aspetto sanitario a parte - è stata anche espressa preoccupazione per il possibile calo di iscrizioni alla scuola italiana. Il presidente dell'Ui Furio Radin ha annunciato tutto l'appoggio possibile nella soluzione del problema.

(p.r.)

 

 

Sit in per la pace in piazza Oberdan - Scelto per il raduno il luogo dove i nazisti portavano i prigionieri politici
«In via Beccaria, dietro piazza Oberdan, c'è il portone dal quale i nazisti accedevano all'edificio dove di nascosto trasportavano i prigionieri politici», spiega Luciano Ferluga, del Comitato per la pace Danilo Dolci. Il palazzo corrisponde al civico 4 della piazza, attualmente sede di una banca, scelto ieri dal Comitato come luogo simbolico per commemorare tre ricorrenze, che cadono tutte nella data del 9 maggio. La prima è l'anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, che in Europa orientale si celebra come Giornata della vittoria. Ma la data è stata scelta anche per la festa dell'Europa e per la giornata dedicata alle vittime del terrorismo. La manifestazione è iniziata con l'osservanza di un minuto di silenzio, a memoria di «coloro che ancora oggi muoiono per guadagnarsi il pane quotidiano». È quindi intervenuto il giornalista Luciano Santin: «Esistono la libertà dalla fame, dai bisogni e dalla violenza e la libertà di agire. Quest'ultima dev'essere limitata da regole altrimenti scade nella licenza del più forte che vuole sopraffare il più debole: è la narrazione relativa alla "deregulation" che vuole sottrarre diritti spacciandosi per una libertà fasulla». L'attrice Sara Alzetta ha quindi eseguito delle letture su Ondina Peteani, prima staffetta partigiana in Italia, mentre tra il pubblico era presente il figlio Gianni Peteani. È stata ricordata anche la figura di Ljubo Susic, partigiano antifascista deportato a Buchenwald, venuto a mancare il 9 febbraio scorso. Sotto le bandiere della pace allestite per l'occasione erano presenti decine di persone.

Lilli Goriup

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 9 maggio 2018

 

 

Una bottiglia di carta per sostituire quelle di plastica, ecco come

Un chimico britannico ha inventato una innovativa bottiglia di carta dotata di un rivestimento impermeabile che può essere biodegradata nel giro di pochissime settimane. Un’invenzione che potrebbe contribuire a salvare gli oceani dalle tonnellate di rifiuti di plastica che vengono lì scaricati ogni anno da persone e industrie.

Si chiama Choose Water e viene proposta in crowdfunding come la bottiglia senza plastica: è realizzata nello specifico con un involucro esterno di carta riciclata, mentre all’interno dispone di un rivestimento impermeabile, fatto però di materiali biodegradabili che riescono a legarsi all’involucro cartaceo creando così una barriera che impedisce all’acqua di raggiungere la carta. Secondo colui che l’ha inventata, James Longcroft, gli strati interni ed esterni della bottiglia si decompongono entro sole tre settimane. “Abbiamo un solo pianeta e dobbiamo agire ora per assicurarci di proteggerlo per le generazioni future”, spiega Longcroft, esplicando così lo scopo di una invenzione del genere. Il chimico mantiene il massimo riserbo sulla composizione della bottiglia di carta, ma assicura che è “completamente sostenibile” e che incorpora anche sostanze in grado di ridurre l’acidità del suolo e di fornire nutrienti agli ecosistemi idrici. La speranza è che questo prodotto sostituirà le bottiglie di plastica monouso e aiuterà a salvare gli oceani del mondo dai rifiuti di plastica, che solitamente richiedono centinaia di anni per essere decomposti.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 maggio 2018

 

 

Rifiuti, Italia a due velocità - Green Book: modello industriale solo al Nord. Servono investimenti per 4 miliardi
ROMA - Ottime performance economiche ed ambientali nel Nord Italia grazie al binomio "riciclaggio/termovalorizzazione" (come accade nel Nord Europa), mentre nel Centro ed in particolare nel Sud sussistono peggiori performance economiche ed ambientali grazie alla formula "poco riciclaggio, impianti di selezione, discarica" (cosi come accade nei Paesi del Sud Europa e nei Paesi in via di sviluppo). Nel Nord Italia si fa il 65% di raccolta differenziata, il 25/30% di termovalorizzazione (quindi discarica quasi zero), e si spende 271 euro per famiglia all'anno. Il Sud Italia fa il 37,6% di raccolta differenziata, non ha praticamente impianti di termovalorizzazione e va in discarica per due terzi dei rifiuti, spendendo 363 euro a famiglia. Questi i dati principali che emergono dal Green Book, il rapporto sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia a cura della Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e realizzato per Utilitalia (che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia elettrica e del gas). Cifre che parlano chiaro e che danno l'idea di come nel settore dei rifiuti il Paese sia diviso a metà: per lo smaltimento in discarica, il Sud è al 62% del rifiuto urbano residuo a livello nazionale, mentre la situazione si capovolge sugli impianti di recupero energetico, concentrati al Nord dove viene trattato il 69%, il 12% al Centro e il 19% al Sud. Ma il Green Book prova anche a spiegare il perché di questa situazione così chiara. Il Nord ha scelto un modello di gestione industriale e moderno, il Sud no. Al Nord un terzo degli abitanti è gestito da aziende quotate in Borsa, al Sud zero. Al Nord il 50% degli abitanti è servito da aziende pubbliche o miste, al Sud solo un terzo. Al Nord le gestioni in economia non esistono più, al Sud servono due terzi degli abitanti. Al Nord i gestori sono ormai qualche decina, al Sud qualche centinaio. Un altro dato interessante riguarda la dinamica dei costi, che dal 2014 in Italia non crescono più, con una media pari a circa 310 euro a tonnellate. È vero al tempo stesso che i differenziali regionali di costo continuano ad essere molto diversi: Sud a 360 euro e Nord a 270 con il Centro intorno a 330. Il settore ambientale dei rifiuti si conferma una grande azienda verde nazionale, con 12 miliardi di euro di fatturato, 90.000 dipendenti, quasi 600 aziende, bilanci in utile e redditività alta, investimenti in crescita. Un'industria nazionale al centro della green economy e della sfida dell'economia circolare lanciata dall'Unione Europea per l'uso efficiente delle risorse e dell'energia. Tra le cattive notizie, l'elevata frammentazione gestionale diffusa (il 55% delle aziende, quelle piccole, si divide solo il 10% del mercato, il 3% delle aziende, le grandi, il 37%); la poca concorrenza (le gare per il servizio di fatto sono state fatte solo in Toscana - tutta - un po' in Umbria ed Emilia Romagna, pochissimo in Veneto, Marche e Sicilia),pesa su efficienza e qualità del servizio; la dotazione infrastrutturale, insufficiente e sbilanciata verso il Nord. Il fabbisogno di investimenti in Italia è stimato in 4 miliardi di euro per la raccolta differenziata. Si investe sempre di più - nel 2017 il trend degli investimenti in raccolta sono aumentati del 73% rispetto al 2012 - ma ancora non basta. Lo sforzo da fare è enorme per realizzare impianti per il riciclaggio della frazione organica e della frazione secca, per il recupero energetico e per le discariche. Probabilmente 20/30 miliardi di euro nei prossimi 10 anni. Intere aree del nostro Paese sono prive degli impianti necessari e sopravvivono con discariche o con impianti di selezione da cui escono rifiuti prodotti da altri rifiuti che vanno nel Nord Italia o nel Nord Europa. Insomma il Green Book ci fornisce indicazioni chiare e adeguate ad orientare le politiche dei prossimi mesi e dei prossimi anni: sostegno agli investimenti, promozione di riciclaggio e recupero energetico, efficienza gestionale e rafforzamento delle imprese, concorrenza e non da ultimo il superamento della frammentazione.

Alfredo De Girolamo

 

 

'Uti giuliana investe su mobilità lenta e trasporti via mare
TRIESTE - Valorizzare la rete dei percorsi della mobilità lenta - sentieri e piste ciclopedonali -, intensificare i collegamenti marittimi, anche transfrontalieri, con l'obiettivo di promuovere percorsi turistici via mare e lungo la costa. Questi gli obiettivi delineati nell'ambito del primo tavolo di coordinamento dei portatori di interesse relativo alle strategie contenute nel Patto territoriale 2017-2019 dell'Uti giuliana, che beneficia delle risorse messe a disposizione dalla Regione. L'incontro, che si è svolto nella sede dell'Uti giuliana, a palazzo Galatti, ha visto protagonista l'architetto Romana Kacic, incaricata di stendere il progetto. «Il programma di interventi relativo alla mobilità lenta, definito "Obiettivo 1", dovrà prevedere l'esecuzione di lavori da suddividere nelle tre annualità, dal 2018 al 2020, fino all'importo massimo di 200 mila euro annui - ha precisato - e quindi di complessivi 600 mila nel triennio. In merito all'"Obiettivo 2", che riguarda il potenziamento dei collegamenti marittimi - ha proseguito Kacic -, il programma di interventi dovrà prevedere l'esecuzione dei lavori a partire dal 2019 per gli importi massimi di 150 mila nel 2019 e di altrettanti nel 2020, per un totale di 300 mila euro. In entrambi i casi, all'interno dell'importo di finanziamento troverà copertura la spesa tecnica per la redazione dei successivi livelli di progettazione». I criteri per la scelta degli interventi prioritari dovranno tenere conto della presenza di eccellenza nell'area, le caratteristiche specifiche del territorio, l'esistenza di vincoli ambientali e paesaggistici che possano compromettere e allungare i tempi di realizzazione. Il progetto dovrà inoltre tener presenti strategie e risultanze già conseguite con il Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e gli obiettivi proposti nel 2014-2020. L'incontro ha visto numerosi interventi da parte di una cinquantina di rappresentanti degli enti territoriali pubblici e privati, di associazioni e organizzazioni impegnati nel turismo e nel trasporto, tutti tesi alla predisposizione di un'ipotesi di fattibilità degli interventi di manutenzione e di nuova realizzazione dei percorsi turistici per la mobilità lenta e dei collegamenti marittimi verso le località turistiche.

(u.s.)

 

L'altipiano reclama autobus più frequenti tra i paesi e le scuole
Lettera dell'Istituto comprensivo alla Trieste Trasporti in cui 120 famiglie chiedono un cambio di passo nel servizio
TRIESTE - Una fermata aggiuntiva, una pensilina da inserire, una serie di agevolazioni per i bambini e i ragazzi che frequentano le scuole dell'altipiano in tema di sicurezza e, soprattutto, la modifica degli orari in vigore per i bus, che al momento non rispondono alle esigenze del territorio. Sono le richieste dell'Istituto comprensivo statale Altipiano, inviate alla Trieste Trasporti, con l'obiettivo che vengano accolte a partire dal prossimo settembre o comunque prima dell'avvio del prossimo anno scolastico. I soli ragazzi delle scuole medie, che usufruiscono spesso del servizio, sono circa 300, e il passaggio degli autobus, finora, secondo molti genitori, non copre in modo ottimale la zona. La dirigente scolastica Marina Reppini, dopo aver sentito la voce di mamme e papà dei figli iscritti all'Istituto comprensivo, ha inviato per l'appunto una richiesta ufficiale alla Trieste Trasporti, con la firma di 120 famiglie in allegato, con diverse richieste, a cominciare proprio dall'adeguamento dell'orario, dopo aver raccolto le istanze dei tanti alunni presenti. «Spesso gli orari di passaggio degli autobus - scrive la dirigente nella lettera - non sono compatibili con le aperture dei numerosi plessi scolastici e questo provoca molte difficoltà alle famiglie». Segue una lista dettagliata di esigenze espresse, sempre in collaborazione con i genitori. Per la scuola de Tommasini di Opicina serve ad esempio il passaggio in tutte le frazioni dell'altipiano della linea 39: gli studenti infatti sono costretti a camminare per lunghe distanze da casa per raggiungere gli istituti o per rientrare, e in più andrebbero cambiati gli orari che il bus osserva attualmente. Per la scuola secondaria di primo grado de Tommasini viene espresso anche in questo caso il bisogno di orari diversi rispetto a quelli in vigore e viene segnalata anche l'esigenza di posizionare una pensilina di fronte alla scuola di Banne, in direzione Basovizza. Per la sede di Prosecco viene fatto osservare come l'orario della linea 46, che transita per Gabrovizza, sia completamente sfasato rispetto a uscite ed entrate dei ragazzini. L'Istituto formula poi una serie di osservazioni di carattere generale, come l'assenza di collegamenti con le frazioni di Pese, Grozzana, Draga e San Lorenzo, le sole tre corse giornaliere della linea 51, che andrebbe potenziata, la necessità di un volontario del traffico nel passaggio pedonale di strada per Vienna per la sicurezza dei giovani, la fermata troppo lontana dalla scuola de Tommasini e la situazione di criticità relativa ai collegamenti con la frazione di Campo Romano e via Bonomea. «Il miglioramento degli orari in particolare - sottolinea ancora la dirigente nella lettera - porterebbe a un maggior utilizzo dei mezzi pubblici, oltre che agevolare le famiglie sprovviste di mezzo di trasporto». La lettera è stata inviata nelle settimane scorse. Dalla Trieste Trasporti spiegano che tutte le segnalazioni espresse dai vari istituti vengono prese in considerazione e valutate con attenzione, e che la mail spedita sarà esaminata a breve. «Si auspica che i suggerimenti possano trovare accoglienza a partire dal 10 settembre - conclude la dirigente - data di ripresa delle attività didattiche».

Micol Brusaferro

 

 

Comitato Dolci - Festa dell'Europa per i 73 anni di pace

Oggi, Festa dell'Europa, ricorre il 73° anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Nell'occasione il Comitato Danilo Dolci promuove un incontro pubblico alle 17.30 in piazza Oberdan davanti al palazzo che ospitò il comando della polizia politica delle Ss. In programma letture, poesie, testimonianze per dire no a tutte le guerre.

 

Regione - Convegno su cibo e tradizioni a tavola

Oggi e domani a Trieste si svolgerà un convegno internazionale dedicato a "Cibo, tra sostenibilità alimentare e salvaguardia dei saperi tradizionali". Le sessioni di lavoro si apriranno domani alle 15 nel salone di rappresentanza del Palazzo della Regione in piazza Unità, durante le quali si alterneranno esperti italiani e stranieri.

 

CONFERENZA sul pino nero

Per gli incontri organizzati da Italia Nostra e dal Comune, Andrea Nardini parlerà su "Il declino del pino nero: un effetto dei cambiamenti climatici?". Al Museo di Storia naturale, alle 17.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 maggio 2018

 

 

Operazione sicurezza sulle strisce pedonali - Partenza da Barcola
Avviati da viale Miramare gli interventi decisi dal Comune - Attraversamenti protetti anche in via Flavia e via Revoltella
Rendere più visibili e strutturati alcuni attraversamenti pedonali in determinate strade ad elevata percorrenza e crearne di nuovi. È partita ieri da viale Miramare l'operazione del Comune, che si concluderà prima dell'inizio dell'estate, per il miglioramento della sicurezza stradale in alcune aree critiche, centrali e periferiche, della città, teatro spesso di incidenti. Interventi finanziati con 115 mila euro. A presentare il nuovo cantiere a Barcola, all'incrocio con via Panzera, gli assessori Elisa Lodi (Lavori pubblici) e Luisa Polli (Urbanistica) assieme al direttore del Servizio strade Enrico Cortese. La ditta appaltatrice Cp Costruzioni srl (che nel capoluogo giuliano al momento è impegnata pure nel restyling di palazzo Biserini, in piazza Hortis) ha incominciato a lavorare nella giornata di ieri all'altezza del civico 135 di viale Miramare. Procederà poi sul tratto di strada vicino alla Pineta di Barcola, in particolare in prossimità dell'incrocio con salita di Contovello, e subito dopo il distributore di benzina Tamoil. Questi lavori termineranno in una decina di giorni. Si rinforzeranno subito dopo gli attraversamenti pedonali in via Revoltella: nei pressi della chiesa San Pio X e nel punto in cui la strada principale s'interseca con via San Pio X. A seguire la trasformazione delle strisce pedonali di via Locchi all'altezza dell'incrocio con via Bellosguardo. È prevista anche la realizzazione di due nuovi passaggi pedonali in via Flavia, in corrispondenza delle vie De Franceschi e Forti. Gli interventi nello specifico prevedono la costruzione di diversi strumenti per proteggere i pedoni e dissuadere i cittadini a guidare ad alta velocità. Verranno realizzate delle isole salvagente centrali, che consistono in una sorta di piattaforme di piccole dimensioni, destinate al riparo o alla sosta dei pedoni e collocate in mezzo alla strada, in corrispondenza delle zebre. E ancora il ripristino locale della pavimentazione dei marciapiedi con eventuale sollevamento di cordonate di marciapiede dove necessario, la creazione di rampe di abbassamento al piano strada e la posa di pavimentazione tattilo-plantare in masselli di calcestruzzo vibro-compresso auto-bloccanti. Oltre a queste strutture la squadra di operai si occuperà anche di rifare una nuova segnaletica orizzontale e della posa di segnaletica verticale, di impianti lampeggianti con pannelli fotovoltaici e di transenne e paletti. Il tutto verrà completato prima della stagione estiva. «Abbiamo dato avvio a questo lavoro partendo da viale Miramare - ha spiegato Lodi - per non creare disagi visto che l'affluenza in questa strada con la bella stagione diventa importante». Polli ha commentato con piena soddisfazione «l'iniziativa, che dà la priorità a una serie di interventi che vanno a incidere su alcune strade dove esistono dei rettilinei che inducono i mezzi a correre più veloci, dove si sono verificati diversi incidenti e in cui c'è un grosso afflusso di pedoni, perché vicini anche agli istituti scolastici e a luoghi di culto. Tutte le forze politiche hanno votato all'unanimità questa proposta che quindi non ha trovato alcuna difficoltà nell'essere attuata». Commenta positivamente l'iniziativa anche Michele Babuder, presidente della commissione Lavori pubblici: «Viale Miramare negli anni è diventato uno degli assi di scorrimento più pericolosi. Le opere rientrano in una serie di interventi a lungo attesi anche dai residenti e più volte proposti nell'ambito della Terza Circoscrizione negli anni passati. Discorso analogo vale per i nuovi attraversamenti in via Flavia, in particolare all'intersezione con via Forti: in quel tratto di strada vi sono fermate bus molto utilizzate e l'utenza è sempre stata costretta ad attraversare l'importante arteria viaria in condizioni di assoluto pericolo. Già a ottobre 2016, insieme ai colleghi Alberto Polacco e Piero Camber, avevamo presentato un'interrogazione di sollecito sul tema».

Benedetta Moro

 

 

Grado fa il record con la Bandiera blu - Assegnata per la trentesima volta. E subito dietro c'è Lignano - Le Bandiere Blu 2018
ROMA - Grado fa sventolare in questo 2018 una Bandiera blu tutta speciale. La località ha ricevuto infatti il riconoscimento per la trentesima volta: il record italiano, detenuto assieme alla sola Moneglia (Genova). Mentre l'ennesima conferma arriva dunque per le spiagge dell'Isola d'oro (Pineta; la principale, ovvero Spiaggia dell'Imperatore; e Costa Azzurra), il Friuli Venezia Giulia festeggia anche per la Bandiera blu conferita a Lignano Sabbiadoro - Lido, che con il riconoscimento numero 29 si piazza al secondo posto, subito dietro a Grado. La comunicazione ufficiale è arrivata ieri mattina nella sala convegni del Cnr di Roma da parte del presidente della Fee (Foundation for Environmental Education), Claudio Mazza. Nel 2017 furono 163 le località a fregiarsi di questo riconoscimento; quest'anno si arriva a quota 175, tenendo pur conto che rispetto allo scorso anno sono usciti Comuni come Anzio, Gabicce Mare, Termoli e Pozzallo. Quanto alle spiagge, invece, sono complessivamente 368 quelle insignite, a fronte delle 342 del 2017. Alla cerimonia ha partecipato per Grado la senatrice gradese Raffaella Marin, delegata dal sindaco Dario Raugna assente per impegni precedenti. Sindaco che peraltro in questo mandato ha puntato molto proprio sul turismo sostenibile: fattore evidenziato dal presidente della Fee. «Il turismo - ha detto Mazza - non può che essere sostenibile, in modo da garantire un equilibrio tra fruizione e tutela del patrimonio ambientale, e la Bandiera Blu guida passo dopo passo i Comuni costieri a scegliere strategie di gestione sostenibile del proprio territorio, attraverso un percorso che giovi all'ambiente e alla qualità della vita». Per ottenere il vessillo è necessario disporre di acque di balneazione ritenute ottimali secondo regole più restrittive di quelle previste dalla normativa nazionale sulla balneazione, e dunque classificate come «eccellenti» a fronte di continui e capillari campionamenti effettuati dall'Arpa, con risultati che poi finiscono fra quelli del ministero della Sanità. Non solo mare, però: per concorrere alla Bandiera blu valgono anche - fra i 32 totali - parametri quali la depurazione, la raccolta differenziata, le aree pedonali e le piste ciclabili, e poi ancora aree verdi curate e spiagge dotate di tutti i servizi e prive di barriere architettoniche. Le località "blu" devono anche dedicare spazio ai corsi d'educazione ambientale, in particolare per studenti e giovani. Nello stilare gli elenchi la Fee tiene conto fra l'altro anche della presenza di strutture alberghiere, di servizi di utilità pubblica sanitaria, informazioni turistiche e segnaletica aggiornata. A collaborare con la Fee nell'individuazione delle spiagge che possono issare nel 2018 il vessillo blu c'è l'Ispra, l'Istituto superiore protezione e ricerca ambientale che, come ha spiegato il presidente, Stefano Laporta, ha operato nell'individuazione dei requisiti da valutare che ogni anno vengono rivisti con l'obiettivo «di stimolare i Comuni a impegnarsi nell'ottica del miglioramento continuo». Un miglioramento che come detto si è verificato con i Comuni insigniti saliti a 175, nei quali si contano peraltro 16 nuovi ingressi e quattro uscite. Così, le 368 spiagge che possono vantare questo sigillo di qualità lungo lo Stivale, le isole e i laghi, rappresentano il 10% di quelle premiate a livello mondiale. Quanto ai numeri delle singole regioni, la Liguria si conferma regina incontrastata con 27 Comuni premiati, seguita a ruota nello stesso mar Tirreno da podio dalla Toscana, che ottiene i 19 vessilli dello scorso anno. La sorpresa però giunge dalla Campania, regione di un Sud dove le Bandiere sono in crescita: con tre nuovi ingressi (Piano di Sorrenti, Sorrento e Ispani) la regione ha raggiunto quota 18 e si issa sul podio sorpassando le Marche, che perdono la bandiera a Gabicce mare e scivolano al quarto posto, con 16 Comuni fregiati. Dando un'occhiata alle altre regioni, la Puglia conquista tre nuove località (Rodi Garganico, Peschici e Zapponeta), tutte in provincia di Foggia, e raggiunge 14 bandiere. La Sardegna conta due nuovi ingressi (Trinità d'Agultu e Vignola) e ottiene il vessillo in 13 località, mentre l'Abruzzo sale a quota 9 con l'ingresso del lago di Scanno, a pari merito con la Calabria che registra due new entry (Tortora e Sella Marina). Durante la cerimonia Mazza ha invitato i presenti - sindaci o assessori in rappresentanza delle varie amministrazioni - a un applauso a Grado e Moneglia per il traguardo dei trent'anni. «Orgogliosa e fiera» si è detta la senatrice Marin, annotando che la Bandiera blu «premia anche la qualità della nostra acqua». E mentre il sindaco di Lignano Luca Fanotto sottolinea come la località balneare friulana può «orgogliosamente far sventolare anche per il 2018 la prestigiosa Bandiera», a Grado l'amministratore unico della Git Alessandro Lovato annuncia l'intenzione di un ulteriore ampliamento della raccolta differenziata nel comprensorio balneo-curativo, osservando come «la Bandiera blu è un vessillo che deve fungere da stimolo per migliorare ancora».

Antonio Boemo

 

Anche la Lega Navale di Trieste fra gli approdi al top
ROMA - Contestualmente alla premiazione dei Comuni e delle spiagge, c'è anche in contemporanea la comunicazione fatta dalla Fee dell'assegnazione della Bandiera Blu destinata agli approdi. Confermate per il Friuli Venezia Giulia le Bandiere Blu per l'approdo della Lega Navale di Trieste e per il Marina Hannibal di Monfalcone. Dopo un anno (nel 2017 era saltata per un puro disguido puramente tecnico) torna nell'elenco degli approdi premiati con la Bandiera Blu anche Porto San Vito di Grado. E possono nuovamente far sventolare il vessillo anche i sette approdi di Lignano Sabbiadoro già premiati in precedenza: ovvero il Porto Turistico Marina Uno, Marina Punta Verde, Marina Punta Faro e Darsena Porto Vecchio di Lignano Sabbiadoro oltre a Marina Punta Gabbiani, la Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord, tutte di Aprilia Marittima. Bandiera Blu confermata, infine, anche per il Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. Per ottenere la Bandiera blu un approdo turistico - 70 quest'anno quelli insigniti in Italia - deve essere in particolar modo dotato di pontili e moli per diportisti, offrire i servizi necessari e gli standard in conformità ai severi e numerosi criteri previsti dal regolamento di assegnazione del riconoscimento. Intanto, nel vicino Veneto le Bandiere blu per le spiagge sono andate a Bibione; Brussa, Duna Verde, Levante, Ponente e Porto Santa Margherita a Caorle; Eraclea Mare; Jesolo Lido; Cavallino Treporti; Lido di Venezia; Sottomarina di Chioggia; Rosolina Mare, Albarella Centro Sportivo e Albarella Capo Nord a Rosolina. Quanto agli approdi, ti premiati Marina di Albarella; Darsena Le Saline a Chioggia, il Porto turistico di Jesolo, Marina del Cavallino e Darsena dell'Orologio a Caorle (Venezia).

 

Mare e ambiente: da Trieste guerra alle microplastiche

OGS nel progetto europeo per gestire i rifiuti e valutare i pericoli nell'area mediterranea

Ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nell'oceano. Si tratta della stragrande maggioranza dei rifiuti marini. Anche le acque marine superficiali italiane sono sempre più minacciate da un'enorme e diffusa presenza di microplastiche, comparabile ai livelli presenti nei vortici oceanici del Nord Pacifico. A rivelarlo sono i risultati diffusi dall'Istituto di scienze marine del Cnr di Genova (Ismar), dall'Università Politecnica delle Marche (Univpm) e da Greenpeace Italia, frutto dei campionamenti realizzati durante il tour "Meno plastica più Mediterraneo" della nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, che la scorsa estate ha visitato le coste del Mediterraneo. Ma che cosa sono le microplastiche e come arrivano nel nostro mare? Risponde Francesca Malfatti biologa marina, phd e post-doc all'Università di San Diego, rientrata nel 2014 all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale Ogs dove tra i vari progetti, insieme a Paola Del Negro (direttrice della Sezione di oceanografia), partecipa a "Plastic Busters Mpas", progetto europeo in cui per la prima volta su scala mediterranea, Paesi Ue e Stati candidati all'adesione affrontano la problematica dei rifiuti marini per fare una sorta di censimento di tutte le macro e microplastiche che inquinano il sito e ne studiano le conseguenze sull'ambiente marino e sulla salute della sua fauna. «Le microplastiche sono frammenti di plastica piccolissimi - spiega Malfatti - meno di 5 millimetri in lunghezza, in genere derivano dal processo di frammentazione delle plastiche più grandi. La degradazione del polimero plastico - prosegue - avviene a causa dell'esposizione al sole, al sale dell'acqua di mare, alle abrasioni fisiche; si tratta di polietilene con cui si producevano ad esempio i sacchetti dei supermercati e si continuano a fare le bottigliette per lo shampoo e i giocattoli per bambini; polipropilene che fa parte della famiglia delle termoplastiche; polistirene che è il comune di polistirolo». Parte della plastica che finisce in mare è trasportata dai fiumi e dalle acque di scarico e recenti studi scientifici hanno mostrato una probabile correlazione tra le zone di accumulo di plastica e le rotte più frequentate dalle navi da crociera; ci sono poi le plastiche che derivano da incidenti, come la perdita o la rottura della rete, durante attività di pesca e acquacoltura. «La costa del Mediterraneo - commenta la ricercatrice - è un'area densamente popolata ed è anche una meta turistica, ulteriore fonte di plastiche e al suo interno l'Adriatico è un bacino chiuso con un lento ricambio d'acqua e con sistemi di correnti superficiali che formano vortici che favoriscono l'accumulo di rifiuti di plastica. Il problema - ammette Malfatti - è serio poiché le microplastiche vengono ingerite da diversi organismi marini che muoiono o smettono di riprodursi, inoltre il pesce che contiene la microplastica potrebbe finire sulla nostra tavola inserendosi nella nostra catena alimentare. Per questo - sottolinea - è importante che sia a livello europeo che mondiale ci si stia muovendo per un bando totale della plastica non riciclabile». L'Ogs, con Valentina Tirelli, partecipa al progetto Baseman JPI Ocean che ha come obiettivo la definizione di protocolli operativi standard a livello europeo per il campionamento delle microplastiche e la valutazione dei rischi ambientali derivanti. Tomaso Fortibuoni ha partecipato al progetto europeo DeFishGear il cui scopo era di stimare i rifiuti marini (sul fondo, spiaggiati e galleggianti).

Lorenza Masè

 

Ceramicola, la geologa che studia i fondali - Lavora all'OGS, con Trieste e' stato amore a prima vista. Individua le pericolosita' che stanno sul fondo.

Si trova di tutto. La ricercatrice racconta che a 1700 metri di profondita' nel mar Jonio sono stati rinvenuti anche rifiuti antropici. - (vedi articolo)

La sua passione è il mare: «L'ho ereditata da mio padre». A parlare è la geologa marina Silvia Ceramicola, attiva all'Ogs dal 2000: «Mi sono innamorata di Trieste», dice, «e poi non potrei più vivere in una città senza mare». Bolognese di nascita, ma un po' cittadina del mondo, Ceramicola ha vissuto molto all'estero per gli studi, prima con un Erasmus in Inghilterra e poi a San Diego con una borsa di studio Fulbright, all'Istituto oceanografico Scripps: «È stato amore a prima vista, sia per la possibilità di specializzarmi in geologia marina, sia perché l'istituto era locato di fronte all'Oceano Pacifico». E infine un altro dottorato in Belgio sui grandi laghi di Rift: «Che sono enormi spaccature della terra, riempite da sedimenti», qui infatti si specializza sulla tettonica e sulla sedimentologia. È stato durante un convegno in cui presentava i risultati della sua tesi che ha incrociato la via di Trieste: «Durante questo meeting ho incontrato quello che sarebbe diventato il mio capo. Erano anni che vivevo all'estero, non è stato facile rientrare in Italia, ma quando per il colloquio sono venuta a Trieste me ne sono innamorata. Me lo ricordo bene, era una giornata di febbraio, miracolosamente senza bora nera, piena di luce e sole». Da allora vive qui. All'Ogs studia i processi che avvengono in fondo al mare: «Negli ultimi 10 anni mi sono specializzata nella mappatura dei fondali marini. In particolare le pericolosità, ciò che può essere dannoso a fondo come le faglie e le frane sottomarine che possono causare anche tsunami, le fuoriuscite di fluidi, i vulcani magmatici. Questo tipo di mappatura è importante perché la maggior parte dei fondali marini è sconosciuta». Un'analisi che comporta anche altre questioni, quella dei rifiuti: «A 1700 metri di profondità del Mar Ionio abbiamo trovato anche rifiuti antropici. In questo ultimo anno mi sono dedicata anche alla divulgazione scientifica per sensibilizzare a questa problematica. Grazie al progetto del Mur "Ritmare", stiamo facendo un inventario dei rifiuti antropici ritrovati».

Mary B. Tolusso

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 maggio 2018

 

 

L'aprile caldo del Fvg - temperatura media da record a Trieste
Sulla costa i 16,8 gradi, valore raggiunto nel solo 2007 - In montagna zero termico registrato a quota 3700 metri - media delle temperature giornaliere
TRIESTE - Un caldo da morire, in questo aprile 2018, in Friuli Venezia Giulia. E non solo nella percezione comune. Dopo un marzo rigido, il mese che si è appena concluso - confermano gli esperti dell'Osmer Arpa Fvg - è stato caratterizzato da temperature molto elevate, che a Trieste - in riferimento allo stesso periodo - non si percepivano dal 2007, mentre in regione il termometro si è rivelato lievemente più basso. Le temperature medie mensili sono state addirittura superiori di 3 gradi rispetto alla norma; e si sono registrate pure alcune giornate con valori mai visti, di cui ha risentito lo stesso mare Adriatico. Secondo gli esperti la "colpa", da queste parti, è del borino che non ha lasciato spazio alla brezza marina di mitigare l'aria; ma anche dell'anticiclone che a fine mese è rimasto sulla zona del Centro Europa e danubiana influenzando il Fvg. Conseguenze che non hanno inciso tanto sul resto d'Italia quanto sui Paesi della Mitteleuropa e che derivano sempre dal cambiamento climatico. Sulla costa, a Trieste in particolare, il meteo ha raggiunto in aprile i 16.8 gradi centigradi di media giornaliera, valore che, andando indietro nel tempo, si ritrova solo nel 2007, e mai dal 1993. Il dato "normale" infatti parla di circa 13.8 gradi. Per fare un esempio relativo ad aprile, ecco il giorno 20, quando i dati percepiti a Trieste facevano pensare all'arrivo dell'estate: la temperatura media al molo Fratelli Bandiera ha superato i 23 gradi, di gran lunga il valore più alto in assoluto per aprile su questa stazione, e valore tipico della metà di giugno appunto. Non da meno le temperature della pianura e della montagna, anch'esse caratterizzate da anomalie. Queste zone, nella classifica regionale, si inseriscono al secondo posto dopo Trieste (per pochi decimi di grado) rispetto alle temperature percepite ad aprile 2007. Lo stesso 20 aprile le massime toccate in pianura localmente hanno raggiunto l'apice dei 30 gradi, e in varie zone i 29 con il record di 31. Temperature di 10 gradi superiori ai valori che normalmente si dovrebbero avere in questo periodo. Di rilievo anche i valori in montagna, dove per avere lo zero termico nella notte si è dovuti "salire" a 3700 metri di quota. Anche le acque del mare sono state coinvolte in questo cambiamento eccezionale, come dicono i dati Osmer Arpa Fvg. A Trieste la temperatura del mare ha raggiunto il 30 aprile i 18.7 gradi medi, valore mai visto storicamente nel mese. Si è avuto inoltre un picco istantaneo di poco superiore ai 20 gradi, oltre i 19.6 del 26 aprile 1968. Passando alla fascia lagunare, a Lignano la temperatura del mare ha raggiunto i 20.4 gradi di valore medio il 26 aprile. È la prima volta - dicono gli esperti - che si superano, sulle coste della regione, i 20 gradi prima di maggio. La regione del resto non è l'unica ad aver sofferto di un mese sopra le righe. Questi valori estremi trovano conferma anche nei paesi limitrofi: in Austria, dove un aprile così caldo non si vedeva dal 1800, mentre in Slovenia e in Croazia si è riscontrato un clima che, rispetto alla normalità, mostrava 5 gradi sopra la media. «Il fatto che si ripresentino mesi di maggio e aprile sempre più caldi è conseguenza del cambiamento climatico che in questo caso anticipa l'arrivo dell'estate - dicono dall'Osmer Arpa Fvg -. Ma se maggio negli ultimi dieci anni è stato un mese sempre più caldo, ora nel trend si inserisce pure aprile». Per il territorio del Fvg le spiegazioni derivano in particolare da due fattori: «È complice da queste parti l'effetto del borino - spiegano dall'Osmer - che in una giornata normale impedisce alla brezza di mitigare le minime, di solito nel pomeriggio, quando dovrebbe rinfrescare. In pianura il borino ha avuto un effetto ancora maggiore. Si aggiunge a fine aprile l'anticiclone, che è rimasto sulla zona del Centro Europa e danubiana causando qui la massa calda e provocando un'enfasi sul borino, che ha soffiato costantemente e per compressione ha riscaldato». Il caldo in anticipo tuttavia non dà tregua in questo maggio. Sono già stati raggiunti picchi record in alcune zone di pianura: a Udine la temperatura media giornaliera del giorno 3 ha raggiunto i 22,7 gradi, valore che sarebbe normale a luglio.

Benedetta Moro

 

IL SONDAGGIO - Clima, mutamento che preoccupa
Per il 90% degli abitanti del Fvg che hanno partecipato al sondaggio online "Cambiamenti climatici in Fvg: cosa ne pensi?" i mutamenti del clima sono un problema da non sottovalutare e gli effetti sono già oggi visibili anche in regione. È questo il più rilevante dei risultati del sondaggio lanciato lo scorso novembre, predisposto dall'Osmer per valutare la percezione del pubblico sul tema. L'87% dei partecipanti ha riscontrato che il clima è cambiato. Il 69% pensa che i mutamenti climatici siano dovuti alla sola attività umana; per il 24% sono dovuti sia all'attività umana che a cause naturali. Il progetto è stato gestito da Arpa-Osmer senza ricorrere a risorse esterne, usando strumenti gratuiti disponibili online. Non è quindi una rilevazione con tecniche e strumenti propri delle indagini demoscopiche, sebbene - si legge in una nota - il notevole numero di persone che hanno compilato il questionario (3.400 persone, di cui 3.200 residenti in regione) fa ritenere di grande interesse le risposte raccolte. I risultati preliminari su arpa.fvg.it e su meteo.fvg.it.

 

 

I sei grifoni in volo dopo le cure - Caduti dai nidi la scorsa estate, erano stati portati al Centro di recupero di Cherso
CHERSO - Plavnik, Kvarneric, Kruna, Nevera, Jadran e Pavlomir. Sono i nomi che i primi soccorritori hanno dato ai sei grifoni che nel weekend sono stati rimessi in libertà dopo avere trascorso dieci mesi al Centro di recupero situato nella località chersina di Caisole (Beli). I sei uccelli erano caduti dai loro nidi la scorsa estate, quando avevano circa due mesi di vita, ferendosi più o meno gravemente. Non è per nulla raro che i grifoni - nell'intento di abbandonare il loro nido sull'isola di Cherso o nelle vicine Plavnik e Veglia - precipitino in mare o sulle rocce. Per qualcuno dei giovanissimi volatili, spesso non ancora abbastanza forti per volare, risulta fatale andarsene dal luogo in cui sono nati. Per salvarli risulta importante il ruolo della popolazione locale: ci sono isolani che mettono al sicuro gli uccelli per poi portarli alla struttura di Caisole, altri lanciano l'allarme chiamando direttamente gli esperti. Le operazioni di salvataggio e recupero dei grifoni sono affidate principalmente agli esperti dell'istituto pubblico Priroda (Natura), che operano in collaborazione con i colleghi del Giardino zoologico di Zagabria e delle associazioni non governative Biom di Zagabria e Tramuntana di Caisole. Dall'estate scorsa e fino a ora, i sei grifoni sono così potuti tornare in forma grazie alle cure ricevute al Centro. Prima di venire liberati sono stati dotati di localizzatori Gps che permetteranno agli ornitologi di seguire i loro spostamenti. «Quando hanno potuto lasciare le gabbie, hanno spiccato il volo con forza e in tutta sicurezza - ha detto con soddisfazione la direttrice di Priroda, Sonja Sisic - ci sono volute cure lunghe e appropriate, ma poi i nostri sei ce l'hanno fatta». Il direttore del Giardino zoologico zagabrese, Damir Skok, ha osservato che «anche se il grifone è una specie tutelata in Croazia da leggi molto severe, le sfide che deve affrontare a causa dell'uomo e di altri fattori sono davvero tante. Spero che i sei volatili rilasciati, tutti con un' apertura alare che sfiora i due metri e mezzo, sapranno adattarsi alle regole imposte dalla natura e sapranno irrobustire la preziosa colonia quarnerina. Da parte nostra - ha aggiunto Skok - siamo sempre pronti a intervenire, in quanto il periodo in cui il grifone abbandona il nido è il più pericoloso della sua esistenza, con un alto tasso di mortalità». Gli spostamenti dei grifoni possono essere seguiti tramite il sito web di Priroda. Inoltre gli interessati possono visitare fino a tutto agosto il Centro visitatori di Caisole, nel cui ambito agisce la struttura di recupero.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 maggio 2018

 

 

Casette a schiera e ville - Raffica di gru in Costiera
Tornano in azione le ruspe nell'area più ambita e delicata del lungomare per costruire seconde case di russi e austriaci e residence gestiti da veneti
L'ultima gru, di colore bianco, alta ben 33 metri, è stata montata in questi giorni. Altre tre "sorelle" svettano in punti diversi. E altre ancora si vedono qua e là all'interno di cantieri di minori dimensioni. In Costiera si torna a costruire. Circostanza che, da un lato, dimostra come la fase più pesante della crisi sia alle spalle, e, dall'altro, allarma non poco gli amanti del tratto più affascinante, e delicato, del Carso triestino. Una zona non a caso interessata vincoli (paesaggistici, idrogeologici, Natura 2000 ecc), e tutelata in modo particolare da leggi regionali e piano regolatore, decisi a difendere quello straordinario tratto di costa e o sovrastanti terrazzamenti a picco sul mare.In quell'area - da sempre "osservata speciale" da parte di Comune e Soprintendenza, deputate ad approvare i progetti -, con l'attuale piano regolatore generale dell'ex assessore all'Urbanistica Elena Marchigiani, in vigore dal 2016, oggi è più facile demolire e ricostruire o ampliare - al massimo di 200 cubi, vale a dire il 20% in più - costruzioni già esistenti piuttosto che edificare su nuove aree, dicono gli esperti. «Ma ci sono ancora alcune aree edificabili in Costiera, anche se il grosso della zona è stata tutelato sia per quanto riguarda i pastini sia per la parte verde - spiega l'assessore della giunta Dipiazza, Luisa Polli -. Inoltre chi ha iniziato i lavori con il precedente piano regolatore e ha un vecchio titolo edilizio valido può portare a termine i lavori». Questo anche all'interno di terreni che, nel tempo, sono stati riclassificati, diventando ora non più edificabili. I lavori in corso, però, sono di altro tipo e riguardano sia l'ampliamento di ville o appartamenti già esistenti, sia appunto la costruzione ex novo di edifici. Richiesti, in particolare, da cittadini e imprenditori veneti e lombardi, ma anche da facoltosi acquirenti russi, austriaci e tedeschi. Andando a zonzo sul lungomare, e procedendo dal centro città verso Duino, non è difficile imbattersi in ben quattro gru, necessarie per questo tipo di territorio. A operare ad esempio è la Costiera srl, società di costruzioni che entro un anno e mezzo sfornerà dal nulla sette nuove villette a schiera. La titolare Mara Prataviera, veneta, figlia di un costruttore, spiega: «Il posto è magnifico, ci lavoro da anni a questa idea, che prevede sette unità, che possono anche essere meno, ma non di più, con la possibilità di unirle. A differenza di molte altre costruzioni ogni casa sarà dotata di due garage indipendenti l'uno dall'altro, cosa difficile da fare perché scavare nella roccia è difficile e costoso, avvieremo un intervento con micropali e berlinese. Il beneficio di avere queste comodità però è impagabile. Inoltre ci sarà l'accesso diretto al mare e stiamo chiedendo al Demanio di mettere a posto la parte antistante». All'altezza del numero 130 della strada Costiera verrà invece creata una struttura ricettiva partendo da una già casa esistente. Dietro al progetto, si legge sul cartello esterno, un albergatore viennese che sul sito web descrive così l'ameno luogo: «Cosa si potrebbe chiedere di più? Se si volesse vivere vicino al mare, ci vorrebbe una barca! L'invitante e nuovissima casa vacanze sulla costa adriatica inebria i visitatori con accesso privato al mare, due camere da letto per quattro persone, due bagni, un'accogliente cucina abitabile, giardino e - se il tempo non collabora - anche un sauna o aria condizionata». Anche il ristorante Tenda rossa si trova in mezzo a tre cantieri. Si tratta da una parte di due nuovissime costruzioni, una delle quali sarà oggetto di due anni di lavori per una villa di proprietà di un russo. Dall'altra parte una casa è stata demolita e completamente ricostruita per un cliente di origini triestine, che ha acquistato qualche anno fa una casa per le vacanze. Tra una gru e l'altra però ci sono anche cantieri meno impattanti. Come quelli nell'area di proprietà della Sind international spa, riconducibile all'acciaieria Danieli, interessata da ampliamenti e ristrutturazioni. Via Piccard, la stradina che porta alla spiaggia dei Filtri, ospita poi ben due cantieri. Il primo prevede una costruzione turistica, con permesso datato anno 2016. Ma, a parte le fondamenta, non sembra esserci altro, per il momento. Poco più in su è il geometra Euro Clai il progettista che sta rimettendo a posto e aumentando di volume una casetta per una coppia austriaca, per viverci sei mesi all'anno. «C'è un mercato estero che si sta ampliando - commenta -. A farsi avanti molti russi e bielorussi, una rarità fino a pochi anni fa».

Benedetta Moro

 

Scatta l'atteso recupero dei pastini - Progetto da 1,7 milioni per consolidare i terreni e scongiurare frane e dissesti
«Recupero del tessuto agricolo e mantenimento storico dei terrazzamenti esistenti da oltre cent'anni per evitare così fenomeni di dissesto idrogeologico». Si presenta con questa definizione l'intervento del valore di un milione e 742 mila euro che nel giro di meno di un anno coinvolgerà diversi terrazzamenti costruiti a Contovello. È stata approvata recentemente dal Consiglio comunale, dopo essere passata in giunta su proposta dell'assessore Luisa Polli, la variante al Piano regolatore generale che permetterà ora al Consorzio di bonifica "Pianura Isontina", che ha ottenuto l'incarico, di procedere fra qualche mese come ente appaltatore a individuare l'impresa che si occuperà dei lavori. «Con questa variante è stato inserito il vincolo preordinato all'esproprio affinché possiamo operare in quest'area», spiega il direttore Daniele Luis. I pastini in questione infatti sono di proprietà di alcuni privati che già li coltivano anche se, di fatto, secondo l'amministrazione, non si sono mai fatti realmente carico della manutenzione. «Questa operazione servirà ad assicurare i terreni da un punto di vista anche idrogeologico e ambientale», spiega infatti l'esponente della giunta Dipiazza. In particolare si agirà sulla sistemazione dei muretti a secco, sul fondo della stradina di accesso in modo che possa essere percorribile con mezzi agricoli di piccole dimensioni e favorendo così il recupero e il mantenimento dell'area, e sulla realizzazione di una canaletta per l'irrigazione. Si procederà anche a eliminare la parte di boscaglia presente solo in parte. «In passato erano stati ricavati dei canali di scorrimento - annota Polli - per evitare che l'acqua trascinasse il versante giù». Nell'ordine ora si sta procedendo alla progettazione esecutiva, poi entro l'anno verrà aggiudicata la gara d'appalto affinché i lavori possano partire alla fine del 2018 o al massimo all'inizio del 2019. Il cantiere durerà circa 365 giorni, poco più, poco meno. «Nel mezzo infatti ci dovremo fermare - spiega ancora Luis - per permettere a chi coltiva queste terre di vendemmiare, perché c'è un'unica possibilità di accesso». I finanziamenti erano stati assegnati in origine alla Provincia di Trieste dalla Regione (750mila euro) e dal Fondo Trieste (440mila euro). Si tratta di risorse che hanno origine lontana. Infatti è stata l'ex amministrazione regionale guidata dall'allora governatore Riccardo Illy ad occuparsene per prima, quando assessore alle Risorse agricole era Enzo Marsilio. Quei fondi sono rimasti "in letargo" per una decina d'anni.La Provincia non ha potuto poi dar seguito alle successive fasi dell'iter a causa dei vincoli imposti dal patto di Stabilità. Nel 2015, grazie alle nuove norme regionali finalizzate ad attenuare le difficoltà degli enti locali nell'impiego di contributi già riscossi e da riscuotere, l'iter è ripartito. E ultimamente quindi sono stati rimessi in carreggiata.

(b.m.)

 

«Va alzata la guardia contro le speculazioni»
L'appello lanciato dai vertici di Legambiente alle istituzioni - Ma per architetti e Wwf non c'è pericolo di colate di cemento
La Costiera sembrerebbe al sicuro. Il piano regolatore generale vigente dovrebbe assicurare una buon deterrente per evitare isole di cemento. Ma non è detta l'ultima parola. Secondo architetti e ambientalisti in ogni caso la soluzione migliore è sempre «ristrutturare anziché consumare nuovo suolo». Il presidente dell'Ordine degli architetti, Thomas Bisiani infatti spiega infatti che «il nuovo piano regolatore conferma l'edificazione per quelle aree dove esistono già degli edifici - annota -. E tutela di più le aree non ancora edificate, in particolare le zone verdi. Limitare gli interventi edilizi non è solo una questione strettamente tecnica ma di sensibilità, perché il vincolo che c'è in Costiera c'è sempre stato, è in vigore dal '54. Il riuso del patrimonio esistente tuttavia è sempre preferibile rispetto alla costruzione ex novo». La novità, che potrebbe ulteriormente mettere dei paletti in quella e altre zone, riguarda il piano paesaggistico regionale, ancora però incompleto in alcune parti. «Inciderà attraverso delle regole sugli interventi relativi a materiali o ad alcune tipologie edilizie da privilegiare - aggiunge Bisiani -. Ciò sarà oggetto di approfondimento, i contenuti ultimi ancora non li sappiamo». E se di cura per il paesaggio si parla, un'attenzione particolare va data proprio alla manutenzione dell'area. «La Costiera è una zona storicamente antropizzata. È stata modellata con muri di contenimento, pastini e percorsi, quindi qualsiasi forma di tutela deve essere attiva, non possiamo fotografare la Costiera così com'è e non permettere di gestirla e manutenerla perché - conclude - banalmente il verde infestante e la crescita di alberi, dove un tempo c'erano le vigne e le coltivazioni, oggi creano dei problemi: l'abbandono di queste aree è uno dei fattori di dissesto idrogeologico». A porsi dei dubbi sui nuovi progetti a picco sul mare è Alessandro Giadrossi, avvocato e delegato regionale del Wwf. «Sono da vedere - spiega infatti - le tabelle di cantiere ed è necessario capire di quando sono le autorizzazioni paesaggistiche concesse per queste nuove costruzioni in Costiera. Ricordo infatti che durante l'adozione dell'attuale piano erano state considerate diverse tutele, che sono state poi però allentate in sede di approvazione, perché sono state accolte varie istanze dei privati. Bisognerebbe dunque capire se ci sono state delle richieste di modifica delle destinazioni, e se sì, se sono state accolte in fase di approvazione. Tutto sommato comunque l'insieme di vincoli e tutele dovrebbero preservare il paesaggio. Sono sicuramente sempre meglio le ristrutturazioni, se fatte bene, che le nuove edificazioni». In attesa di nuove verifiche esprime il proprio parere anche Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente. «Trieste - dice - puntava a un'espansione di abitanti sovradimensionata: l'ultimo importante piano regolatore era quello di Illy, che ha riempito tutti i quadratini verdi di case. Per fortuna poi i piani successivi hanno ridotto questo andazzo, anche se è difficile tornare indietro. La città è piena di casa non abitate, è inutile costruire ancora. Questa dinamica segue l'interesse dei privati che non vogliono rinunciare a nulla, ma l'interesse pubblico invece è altro. Il Comune deve iniziare a opporsi e ci deve essere una spinta sulle ristrutturazioni».Eppure il mercato di nuove costruzioni, così come le compravendite di case preesistenti, in Costiera continua ad essere fiorente, eccome. A darne prova Stefano Nursi, presidente provinciale Fiaip. «Le ultime trattative in questo anno e mezzo - afferma -, con acquirenti provenienti soprattutto da fuori Trieste, anche italiani, veneti e lombardi, e poi russi e austriaci, sono state notevoli. Comprano per una seconda casa. È c'è un risveglio generale per cui i proprietari storici ampliano le proprie case grazie anche ad agevolazioni fiscali, mediante il miglioramento energetico, che vanno fino a 97mila euro. In questo modo valorizzano, ampliano e ristrutturano l'immobile. Anche se l'ampliamento costa 1.500 - 2mila euro al metro quadrato, il benefico varrà poi il doppio. E le nuove costruzioni probabilmente sono progetti risalenti al vecchio piano regolatore, ora tutto è complicato».

(b.m.)

 

 

Api uccise da insetticidi, indaga la procura
Ci sarebbe l'utilizzo dei «neonicotinoidi», prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura come insetticidi e antiparassitari ma il cui impiego è vietato per concia delle sementi, cereali e colture che attraggono le api, alla base della moria di api e degli anomali spopolamenti degli alveari, fenomeno a cui si assiste ormai da anni nelle campagne, italiane e internazionali. Lo rileva una indagine avviata due anni fa dalla Procura di Udine e sfociata ora nel sequestro dei campi di mais, 17 fondi agricoli in varie zone della provincia, notificato a 22 indagati, tra proprietari e conduttori dei fondi in cui sarebbero stati utilizzati i prodotti vietati. L'ipotesi di reato è inquinamento ambientale. I neonicotinoidi farebbero infatti perdere l'orientamento alle api che non riescono dunque più a trovare gli alveari. Le sostanze sono state messe al bando nei giorni scorsi anche dall'Unione europea. Il divieto di utilizzo all'aperto sarà applicabile da fine 2018. La Procura da marzo a giugno 2016, ha monitorato 400 arnie vicine a campi di mais nella campagna friulana rilevando che la popolazione delle api da miele era calata da circa 60 mila a 10-20 mila unità. Secondo quanto accertato, le api riuscivano a stento a produrre il miele per il proprio sostentamento, azzerando la commercializzazione del prodotto; è stato al contrario necessario provvedere ad apporti nutrizionali artificiali per evitarne la morte per denutrizione; in alcuni casi sono state trasferite in zone sicure. L'attività d'indagine, coordinata dal pm Viviana Del Tedesco e delegata al Corpo forestale regionale Noava, avrebbe consentito di accertare l'impiego nelle colture di mais dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze vietate.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 maggio 2018

 

 

Le emissioni aumentano, allarme nella UE

Anziché diminuire le emissioni del gas serra CO2 continuano ad aumentare in Italia e nell'Unione europea. In aprile, la concentrazione di questo gas nell'atmosfera del pianeta ha superato per tutto il mese il picco storico delle 410 parti per milione (ppm). Appare sempre più difficile raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima: contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi dai livelli pre-industriali, se possibile entro 1, 5 gradi (tenendo conto che già oggi è salito di 1 grado). Dal 2016 al 2017 le emissioni di CO2 sono aumentate dell'1, 8% in Europa e del 3, 2% in Italia, riferisce Eurostat, l'ufficio di statistica dell'Ue. L'aumento può dipendere da condizioni climatiche, crescita economica e demografica, trasporti e attività industriali. Gli aumenti più significativi si sono avuti a Malta (+12,8%), Estonia (+11, 3%), Bulgaria (+8,3%), Spagna (+7, 4%) e Portogallo (+7,3%). Finlandia (-5,9%), Danimarca (-5,8%) e Gran Bretagna (-3,2%) sono invece i Paesi dove si è registrato il taglio maggiore. L'americana Scripps Institution of Oceanography ha scoperto poi che l'anidride carbonica nell'atmosfera ha superato in aprile la concentrazione di 410 parti per milione, con valore medio nel mese di 411, 24 ppm. La soglia dei 410 è un picco storico già superato il 18 aprile del 2017: ma è la prima volta (da quando il fenomeno viene rilevato dall'uomo) che la concentrazione resta sopra questo valore per un intero mese. La concentrazione di anidride carbonica in atmosfera era di 280 parti per milione nel 1880, inizio era industriale, quando sono cominciate le rilevazioni meteorologiche con criteri scientifici. Quando nel 1958 fu introdotta la curva di Keeling per misurare le variazioni dell'anidride carbonica nell'atmosfera il valore era di 315 ppm.

 

 

Spazzatura davanti all'ingresso del Comune - Eclatante gesto di protesta a Muggia contro l'introduzione del "porta a porta". La scoperta di primo mattino. Indaga la polizia
MUGGIA - Sette sacchi pieni di spazzatura lasciati davanti all'ingresso del Municipio. Amara sorpresa, ieri mattina, per il sindaco Laura Marzi e la sua amministrazione, che hanno visto recapitarsi in casa un inatteso dono: sette sacchi colorati, per l'appunto, contenenti rifiuti vari. Un gesto simbolico che inasprisce ancora di più il clima attorno al nuovo servizio di raccolta differenziata integrale "porta a porta". Dopo l'iniziale stupore, sul posto è stata chiamata la polizia di Stato - l'abbandono di rifiuti può essere punito con una sanzione amministrativa - per i rilievi del caso. Successivamente, un camioncino del Comune ha recuperato i sacchi liberando l'entrata dell'edificio di piazza Marconi. «Sono singole manifestazioni polemiche, e di maleducata protesta, che nulla hanno a che vedere con l'approccio proficuo della maggior parte della cittadinanza che, anche nel lamentare talune criticità ancora esistenti, lo fa in modo corretto e collaborativo», ha fatto sapere subito Marzi. Le autorità competenti visioneranno comunque i filmati registrati dalle videocamere di sorveglianza presenti nell'area per individuare il protagonista, o i protagonisti, dell'eclatante gesto. Il web Ma qual è stata la reazione dei muggesani? Dal web sono arrivati quasi esclusivamente plausi per quanto accaduto. «Finalmente, ecco dove portarli, se mi aveste avvisato li avrei portati anch'io». «Forse così si sveglieranno». «Bravissimi a chi ha avuto il coraggio, ben fatta, ci sarebbe voluto un camion». «Non è bello, ma giusto così». Queste le frasi più significative di appoggio al gesto di protesta. Ovviamente c'è anche chi ha ironizzato: «Secondo me i sacchetti sono di colore sbagliato». Eloquente comunque il fatto che i commenti più apprezzati siano stati del tenore dell'«oh, finalmente, bravi, ecco il posto giusto per le scovazze» e, ancora, dell'«e cusì dovesimo far tuti».La politica Naturalmente non sono mancati i commenti politici. Dai banchi dell'opposizione Roberta Tarlao, capogruppo di Meio Muja, ritiene che «la situazione sta sfuggendo di mano, con pesanti conseguenze per decoro, salute e igiene pubblica, anche se i cittadini maleducati sono i più grandi alleati di un'amministrazione incompetente. Servono tariffe puntuali per i virtuosi e sacchetti non anonimi». Dalla maggioranza, invece, Riccardo Bensi, capogruppo del Pd, stigmatizza l'accaduto: «Siamo di fronte ad un grave gesto provocatorio e strumentale. Stiamo risolvendo i problemi esistenti, problemi che sono comprensibili essendo ancora il servizio in fase di rodaggio. La giunta e i consiglieri di maggioranza sono in stretto contatto con i cittadini, questa è la cosa importante».I commercianti Sempre ieri il Comune ha confermato le nuove misure per i commercianti dopo lo smantellamento, avvenuto giovedì, dell'area rifiuti di via Manzoni, imposto dalla Capitaneria a causa dei forti odori provenienti da dietro il futuro Infopoint. Tre le aree dedicate ai commercianti muggesani. Una in piazzale ex Alto Adriatico, per il conferimento di plastica, carta e cartone, e un'altra in piazzale Caliterna, con apertura a chiave e raccolta per cinque giorni a settimana (no al martedì né alla domenica), per il secco residuo. Infine tra via Roma 22 e piazzale Caliterna sono state allestite le isole ecologiche per rifiuti organici, vetro e "barattolame", per le quali rimarrà il conferimento quotidiano. Questa, dunque, la soluzione adottata dall'amministrazione Marzi, «che va ad integrare e non a sostituire il sistema di raccolta porta a porta», servizio «che si continuerà a garantire secondo il consueto calendario e che in tutto il territorio sta dando risultati davvero buoni già da questo primo periodo». Il raduno Non è finita qui, però, perché per oggi alle 10, sempre in piazza Marconi, si annuncia una nuova protesta promossa da una serie di commercianti che porteranno con sé le loro immondizie. E il Comitato Muggia Sos "porta a porta" invita i cittadini ad aggregarsi.

Riccardo Tosques

 

 

Nasce la guida online per scoprire "a piedi" la flora delle Falesie
Da quest'anno chi passeggia nella Riserva potrà riconoscere le 600 specie di fiori e piante presenti usando lo smartphone
DUINO AURISINA - Un paio di "clic" sul telefonino o sul tablet e si potrà individuare immediatamente davanti a quale, delle 600 specie spontanee di fiori e piante presenti nella Riserva naturale delle Falesie, ci si trova. È questa la grande novità della stagione 2018 per quanto riguarda la Riserva regionale, punta di diamante della proposta turistica del territorio comunale di Duino Aurisina e dell'intero Friuli Venezia Giulia. Si tratta della guida interattiva del Sentiero Rilke e della Riserva delle Falesie, una modalità semplice, a portata di tutti, basata sulla diffusione oramai capillare di sistemi mobili, studiata apposta dall'Università di Trieste per offrire un'importante opportunità in più per tutti coloro che amano il turismo naturalistico. È stato Pierluigi Nimis, ordinario alla facoltà di Scienze della vita del locale ateneo, a illustrarla ieri, nel corso dell'appuntamento, svoltosi nella palazzina ex Aiat per le informazioni turistiche di Sistiana, che ha segnato l'avvio ufficiale della stagione turistica a Duino Aurisina, alla presenza di Marco Tullio Petrangelo, direttore di PromoTurismo Fvg, del sindaco Daniela Pallotta, dell'assessore Andrea Humar, del consigliere Massimo Romita e di Saul Ciriaco, naturalista ed esperto subacqueo in rappresentanza del Wwf. «Siamo partiti dall'esperienza maturata in Friuli, dove, quattro anni fa - ha ricordato Nimis - abbiamo realizzato la guida interattiva alla flora delle Alpi Carniche meridionali, dedicandoci alla vegetazione presente nella conca di Sauris. Immediatamente il numero dei visitatori si è moltiplicato. Alle Falesie - ha annunciato il docente di Botanica - contiamo di ottenere un risultato altrettanto rilevante. Partendo dal presupposto che oggi, con gli smartphone e i tablet, è possibile fare moltissime cose, abbiamo studiato un sistema che potrà essere utilizzato online oppure dopo aver scaricato il sistema». In sostanza, attraverso un percorso di domande molto semplici, si potrà arrivare a capire subito davanti a quale fiore o pianta ci si trova. Sarà sufficiente dire qual è il colore e la forma delle foglie, fornire qualche ulteriore indicazione e con un "clic" finale sullo schermo del portatile apparirà la specie esatta con tutte le sue caratteristiche. Per i turisti amanti della natura si apre dunque un mondo di possibilità, racchiuse nell'ambito di un territorio relativamente piccolo. La Riserva regionale delle Falesie copre una superficie di 107 ettari, ma al suo interno la varietà delle specie è notevole. «Abbiamo inserito nella guida anche una galleria fotografica con 180 mila foto - ha ripreso Nimis - e tutte con le specifiche caratteristiche individuali delle varie specie. Le informazioni e le immagini sono riproducibili su word con il semplice copia incolla. Ovviamente la guida è bilingue. Insomma, passeggiando sulle Falesie si potrà esplorare un mondo immenso». Ciriaco ha presentato il programma delle visite guidate alla Riserva, predisposte dal Wwf di concerto con l'amministrazione comunale. «Ne faremo di due tipi - ha spiegato - una si chiama "Il Carso a picco sul mare: il sentiero Rilke", l'altra '"Dalle Falesie alle spiagge, attraverso il bosco della Cernizza". L'auspicio è che la fruizione della Riserva sia inserita in un contesto di rispetto della natura e della sua conservazione».

Ugo Salvini

 

 

Con Elio sul treno dei ricordi lungo la Trieste-Erpelle
Martari è stato l'ultimo aiuto macchinista sulla storica linea ferroviaria a vapore - «Quelle dure giornate con il carbone e la bora che annerivano i nostri volti»
«Ho fatto l'aiuto macchinista sulla linea ferroviaria a vapore Trieste-Erpelle dal marzo del 1957 fino all'estate dell'anno successivo, quando l'hanno chiusa". Elio Martari, triestino classe 1935, è uno degli ultimi ferrovieri della città a possedere la testimonianza di prima mano dell'epopea delle locomotive di un tempo, di quelle che a raccontarle ai giovani d'oggi sembrerebbero quasi leggendarie. «Partivamo da Campo Marzio con la prima corsa alle 5.10 del mattino - afferma il signor Elio - e pensa che per poter muovere la locomotiva dovevo essere sul posto di lavoro già alle 4. Il treno consumava carbone, che come aiuto macchinista ero tenuto a caricare prima. Si partiva e si impiegava mezz'ora per raggiungere Erpelle, dove non avevamo mai tempo per fermarci. Si ripartiva quasi subito».Il diario di Elio scivola via lungo le pagine di una storia quasi dimenticata, in quella nostalgia verso le immagini in bianco e nero che la crisi della contemporaneità alimenta. «Il viaggio di ritorno della prima corsa era quello forse più frequentato, perché a Draga Sant'Elia, Moccò e San Giuseppe della Chiusa salivano a bordo le donne del latte (mlekarice in sloveno, ndr) che chiacchieravano tra di loro fino al capolinea».La quarta stazione del percorso era Sant'Anna: «Delle cinque che partivano giornalmente da Campo Marzio solo la seconda, l'ultima e quella del primo pomeriggio giungevano fino a Erpelle. Le altre invece fermavano a Draga» racconta Elio che snocciola aneddoti curiosi e divertenti. «Quando tornavamo da Erpelle, siccome mancava uno svincolo, dovevamo farla praticamente in retromarcia, un po' come i gamberi. La bora poi - continua - era sempre un elemento di disturbo: a causa del carbone che dovevamo utilizzare e delle raffiche, spesso ci ritrovavamo con il viso completamente annerito. Mia moglie quando ci siamo conosciuti la prima volta - sorride Martari - mi ha chiesto: "Ma cossa perché la ga i oci neri lei?"». Anche nell'espressione dialettale trasuda l'eleganza del ritmo a passo lento della locomotiva della fine degli anni Cinquanta.«Per la festa di San Giuseppe poi, da città salivano a bordo decine e decine di persone a ogni corsa, tanto che dovevamo mettere una locomotiva in più e almeno quattro o cinque vetture, tanta era la gente che voleva andare a passare una bella giornata di festa. Sono tanti anni ormai che non vado più, go 84 anni mi la sa?». Se si è alle prese con un signore che ha superato gli ottanta ed è in splendida forma come nel caso di Elio, si sa che gli anni tendono ad aumentare, un po' per scherzo e un po' per fare invidia alla persona che si ha davanti. «Vado a correre tre volte alla settimana - racconta così - e ogni tanto ho portato anche i miei nipoti sulla linea ferroviaria, quella che oggi è la ciclabile che passa sopra la Val Rosandra».I ricordi e le emozioni si sprecano, anche se Elio ha le idee molto chiare: «Era una linea impossibile, dicevano fosse una delle più difficili d'Europa a causa della pendenza e del tracciato (si partiva da tre metri sul livello del mare per toccare i 490, ndr). La chiusero perché non era più funzionale e credo costasse troppo. È giusto che oggi sia una ciclabile e che venga usata dalle persone per andare a correre o in bicicletta».Il signor Martari ha radici veronesi: «Mio padre Enrico e mia madre Maria erano entrambi di Villafranca di Verona e si sono incontrati qui a Trieste subito dopo la Prima guerra mondiale. Mio padre infatti aveva combattuto sul Carso e sull'Isonzo (prigioniero nel dopo Caporetto per sei mesi in un campo di prigionia tedesco, ndr) e da reduce gli era stato offerto un lavoro proprio qui come ferroviere». Elio ricorda che «mia madre, dopo la terza avviamento, mi spedì dritto a cercare lavoro. Io avrei voluto fare il Volta ma non c'erano soldi per la scuola». Martari partecipa al concorso nel 1956 e dopo nove mesi di corso a Udine viene assunto. «Come aiuto macchinista percepivo uno stipendio di 78 mila lire (questo il dato del 1958 che Elio ricorda, ndr) ma era un lavoro duro, oggi lo chiamerebbero usurante».Una linea transfrontaliera che attraversava la Cortina di Ferro metteva di fronte i ferrovieri italiani e quelli sloveni in un periodo in cui i rapporti tra Roma e Belgrado non erano per niente all'acqua di rose. «Con i colleghi sloveni c'era un rapporto cordiale e non abbiamo mai avuto alcun problema». Elio ricorda ancora: «Andavamo a 15 chilometri all'ora e anche se per qualche motivo facevamo ritardo nessuno si indignava, non eravamo mica il Frecciarossa di oggi». Nei suoi occhi rimane la gioia di essere uno degli ultimi protagonisti della locomotiva a vapore e ha un pensiero speciale da dedicare a Campo Marzio. «Spero veramente - conclude Martari - che il museo riesca a diventare un punto di riferimento per i tanti appassionati e per i turisti. Hanno detto che stanzieranno dei soldi per la sua ristrutturazione: speriamo lo facciano davvero».

Nicolò Giraldi

 

 

"Nel mare dell'Intimità" da 24 mila ingressi

Chiusa la mostra al Salone degli Incanti. Una parte dell'allestimento finirà al Museo di Campo Marzio - (vedi articolo)

Quasi 24 mila visitatori per la mostra "Nel mare dell'intimità. L'archeologia subacquea racconta l'Adriatico", dedicata alla memoria di Pedrag Matvejevic e allestita al Salone degli Incanti di Trieste, esposizione conclusasi il 1° maggio. Il dato finale parla di 23.856 visitatori in quattro mesi e mezzo di apertura, con una media giornaliera di quasi 200 persone. Il progetto ha peraltro avuto un nuovo e importante riconoscimento da parte del Mibact che ha inserito l'iniziativa nel programma ufficiale "2018. Anno europeo del patrimonio culturale". L'esposizione è stata curata da Rita Auriemma, direttore del Servizio catalogazione, formazione e ricerca dell'Erpac - Ente regionale per il Patrimonio culturale della Regione Friuli Venezia Giulia, che l'ha promossa e organizzata insieme al Comune di Trieste - Assessorato alla Cultura e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Fvg, il Polo museale del Friuli Venezia Giulia, la Federazione archeologi subacquei, il Croatian Conservation Institute, l'International Centre for Underwater Archaeology e numerosi altri partner italiani e stranieri. Poco più della metà dei visitatori sono triestini. Oltre al dato aggregato è interessante notare la significativa incidenza dei visitatori provenienti da fuori Trieste (il 23% del totale) e dall'estero (il 12,5 %). Natale, Capodanno e le altre festività nazionali, durante le quali la mostra era sempre aperta, hanno registrato picchi di ingressi con una significativa presenza di "non triestini" a testimonianza dell'attrattività turistico-culturale della città. Le provenienze più significative in termini di numeri sono state quelle da Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Francia, Inghilterra, ma anche Stati Uniti. Nel solo mese di aprile 7.633 i visitatori, dei quali 1.353 nella giornata di chiusura. Così la curatrice Auriemma: «La cosa che ci ha più sorpreso è stata la fantastica risposta del pubblico, non solo in termini di presenze, ma soprattutto di forte coinvolgimento emozionale. Intorno alla mostra si è creata una vera e propria comunità, non solo scientifica, ma anche di cittadini. Sono tantissime le persone che ci hanno inviato proposte, suggerimenti, messaggi e attestazioni commosse di ringraziamento». Giorgio Rossi, assessore comunale alla Cultura, ha osservato: «La mostra non è stata solo un avvenimento culturale ma un'esperienza umana per tutti quelli che con spirito e cuore l'hanno ideata, sostenuta e offerta agli altri». Una mostra pensata per sopravvivere a se stessa, a partire da alcuni elementi dell'allestimento che troveranno nuova collocazione al Museo del Mare di Campo Marzio. E la Regione Puglia ha chiesto il trasferimento di parte dell'esposizione a Brindisi con uno sguardo privilegiato sul basso Adriatico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 maggio 2018

 

 

In arrivo a Barcola il percorso Pedibus formato "extralarge" - Ampliato ai tre asili della zona il progetto originario che prevedeva il collegamento tra la Finzgar e l'oratorio
Dopo alcuni sopralluoghi e la messa a punto del progetto tra insegnanti, genitori e Comune, anche Barcola sarà fornita di un percorso Pedibus, cioè un itinerario che i bambini possono attraversare a piedi in sicurezza per raggiungere la scuola e i diversi luoghi di aggregazione. L'ordinanza è già stata emanata, quindi i lavori potrebbero cominciare e terminare già prima della fine dell'anno scolastico, altrimenti si arriverà al prossimo settembre. Inizialmente il tragitto prevedeva solo il collegamento tra la scuola primaria di lingua slovena Fran Saleski Finzgar dell'istituto comprensivo Vladimir Bartol, che ne aveva fatto richiesta all'amministrazione, e l'oratorio accanto alla chiesa di San Bartolomeo, che si affaccia su viale Miramare. Ma l'assessorato all'Urbanistica, guidato dall'esponente della giunta Luisa Polli, ha poi allargato lo sguardo, realizzando un camminamento che si estenderà tra via Moncolano, attraverso tre isolati, e via del Boveto. Unite tra loro, tra fermate del bus e lo scambio scuola-casa, saranno così, oltre alla scuola elementare e il ricreatorio, le tre materne: la paritaria Sacro Cuore delle Orsoline in via del Cerreto 2, dove si trova anche una casa albergo per anziani, e le statali dell'istituto comprensivo Roiano-Gretta, all'inizio di via di Vallicula, e dell'istituto sloveno Vladimir Bartol, che ha sede nella stessa via. Nuovi attraversamenti pedonali e altrettanti dissuasori ottici di velocità spunteranno quindi sul manto stradale dell'area. Delle zebre, in particolare, saranno collocate all'incrocio tra via Moncolano e via del Cerreto, in uno spazio che darà modo alle auto che provengono dalla parte alta della stessa via Moncolano, grazie appunto anche ai dissuasori, di non trovarsi, nell'immediato, a ridosso dello stop per i pedoni.Altre strisce saranno collocate in via del Cerreto, a metà, dove la strada incontra via Bonafata, così come nel primo tratto, che si affaccia su viale Miramare, nonché alla fine, in modo da dare la possibilità di svoltare da e per via Vallicula, intersezione a fondo cieco. E proprio sullo stradone principale il servizio Pedibus continuerà accompagnando i ragazzi sulla strada di ritorno verso casa.Dopo la sperimentazione positiva dei Pedibus a Servola, con la scuola Biagio Marin, e ancor prima a Rozzol, con la scuola Giotti, si entra dunque nel vivo a Barcola mentre è stato avviato l'iter nel rione di San Vito. «Abbiamo creato questo sistema - commenta Polli - affinché, in qualsiasi direzione i bambini vadano, lo possano seguire. Ci saranno dapprima le maestre che daranno istruzioni ai propri alunni su come percorrerlo, per renderli indipendenti, anche con delle uscite prova. Accompagneranno comunque sempre i ragazzi per l'ora di catechismo. Si tratta di un buon mezzo per impartire il senso di educazione civica ai più piccoli. Ed è stata proprio la scuola slovena a chiedercelo, per questo invito istituzioni scolastiche e genitori a contattare l'amministrazione per la richiesta dei percorsi Pedibus laddove ce ne fosse bisogno». Erano stati infatti genitori e insegnanti, anche con un sopralluogo della Sesta commissione e con il sostegno poi di alcuni consiglieri comunali, a chiedere una soluzione in seguito anche a un incidente in via del Cerreto che aveva visto un bimbo investito da un auto lo scorso ottobre. «Il sindaco auspica che questo progetto sia realizzato già entro la fine dell'anno scolastico - precisa l'assessore - ma non avendo ancora ultimato il bilancio bisogna capire con la collega Elisa Lodi, dei Lavori pubblici, se c'è ancora margine, all'interno del budget a disposizione per la ditta incaricata alla pitturazione della segnaletica a terra, per fare questo intervento. Altrimenti sarà pronto per l'inizio di settembre. Nell'occasione verranno inseriti un nuovo bidone delle immondizie davanti all'ingresso della scuola slovena e un cestino nell'area per le deiezioni dei cani, e saranno arretrati verso la città i cassonetti che si trovano in viale Miramare, poco prima della chiesa, per dare maggiore visibilità alle auto che entrano in via Moncolano».

Benedetta Moro

 

 

La TARI si fa "low cost" per negozi, locali e studi gestiti da under 35.

MUGGIA - Esenzione totale della Tari per l'anno 2018 e riduzione del 50% per il 2019. È questa l'agevolazione fiscale introdotta a Muggia dall'amministrazione comunale per esercizi commerciali, pubblici esercizi e attività professionali di cui sono responsabili soggetti di età non superiore a 35 anni. Una sola la condizione prevista per l'attivazione del bonus Under 35: che l'attività venga avviata nel corso dell'anno 2018 in unità immobiliari all'interno del centro storico, come individuato nel vigente Piano regolatore generale del Comune di Muggia. «La possibilità di avvalersi di questa esenzione non ha un'esclusività muggesana e potrebbe pertanto rappresentare un'attrattiva anche per chi viene da fuori - racconta l'assessore al Commercio di Muggia Francesco Bussani - senza sottovalutare il fatto che offre un valore aggiunto alla scelta di chi volesse mettersi in gioco: il fatto di poter avere un'esenzione totale per un anno, e una riduzione della metà della Tari sul secondo, potrebbe essere d'aiuto a coloro che, specie all'inizio, sono bloccati da tutti gli obblighi che scendere in campo porta inevitabilmente con sé e penso quindi ai nostri giovani, ma anche a gruppi di mamme che potrebbero magari unirsi per aprire un'attività». Per il secondo anno consecutivo, quindi, la giunta Marzi, «ritenendo di strategica importanza il sostegno del tessuto economico cittadino e la valorizzazione del centro storico», protagonista purtroppo di numerose chiusure di negozi, imprese e studi, si sta impegnando per favorire l'apertura di nuove attività imprenditoriali anche attraverso la realizzazione di forme di agevolazione fiscale. «Siamo convinti dell'importanza che riveste il rivitalizzare il centro storico non solo per il cuore di Muggia, ma per tutta la città ed i suoi cittadini, anche sul piano sociale e turistico», conferma Bussani che ricorda infine che per il 2018 è stata mantenuta un'altra delle promesse elettorali della coalizione del sindaco Laura Marzi, visto che nel programma elettorale era stato esplicitamente scritto che «per la riqualificazione del centro storico di Muggia sarà inoltre previsto un sistema di detassazione e di rimborsi delle tasse comunali per favorire il ritorno delle piccole botteghe». Intanto il Comune sta continuando a prendere le misure sulla nuova raccolta differenziata dei rifiuti. L'ultima novità riguarda i pannoloni e i pannolini. Dal Municipio è stato comunicato che gli utenti che utilizzano dispositivi sanitari per l'incontinenza e le famiglie con bambini dagli zero ai tre anni potranno usufruire di una seconda giornata di asporto settimanale dedicata e che, «se necessario», gli utenti potranno inoltre richiedere un bidone aggiuntivo da destinare a questa raccolta. La richiesta potrà essere inoltrata via mail all'Ufficio Sviluppo energetico ed Ecologia ambientale, all'indirizzo silvio.lettich@comunedimuggia.ts.it indicando nell'oggetto "Richiesta secondo giro secco".

(ri. to.)

 

Troppa puzza, trasferita l'area rifiuti - La zona adibita a centro raccolta, dietro a piazzale Caliterna, spostata all'ex Alto Adriatico
MUGGIA - Un odore talmente nauseabondo da richiedere l'intervento della Capitaneria di Porto e l'immediata rimozione di tutti i contenitori. Situazione al limite dell'incredibile quella verificatasi ieri a Muggia, attorno all'ora di pranzo, quando gli olezzi provenienti dall'area sita dietro al piazzale Caliterna, adibita a centro raccolta dei rifiuti dei commercianti del centro storico, sono stati così insostenibili tanto da richiedere l'intervento da parte della Capitaneria e la pronta rimozione da parte di Net della dozzina di contenitori di indifferenziata, plastica, vetro e carta presenti. Dell'accaduto è stata informata anche la Polizia di Stato che ha monitorato l'evolversi della vicenda. Ma alla resa dei conti, dove sono andati a finire i contenitori? Nel primo pomeriggio di ieri è arrivata l'ufficialità, con tanto di lettera fatta firmare ai commercianti, che dalla giornata di oggi i rifiuti dovranno essere conferiti non più dietro a Caliterna bensì nel piazzale ex Alto Adriatico, nuova sede dei contenitori. Una zona dunque decisamente più lontana rispetto a quella precedente e certo di non immediato raggiungimento per i commercianti del centro storico. Creata ad hoc dall'amministrazione Marzi e attiva dai primi giorni di aprile, l'area sita nella zona dell'àncora, tra la trattoria Alla Marina e la palazzina comunale che ospiterà il futuro infopoint, era già entrata nel mirino da parte dei muggesani che lamentavano il poco edificante spettacolo di un'area recintata solo da una rete metallica (con tanto di lucchetto) e quindi perfettamente visibile ad occhio nudo. Tante le segnalazioni fotografiche che hanno immortalato nel mese di aprile un ammasso di rifiuti di ogni genere, molto spesso lasciati a terra a causa della mancanza di spazio nei contenitori. E tra i rifiuti conferiti, i residui indifferenziati dei prodotti ittici, vedi ad esempio i gusci delle cozze o i resti dei crostacei, anche in conseguenza delle alte temperature degli ultimi giorni, hanno giocato un ruolo importante nel creare un'aria irrespirabile che con il vento di ieri si è propagata per diverse centinaia di metri sino all'interno dell'adiacente centro storico. Intanto ieri mattina la Fipe Trieste ha avuto incontro avvenuto con il Comune di Muggia proprio sul sempre più spinoso tema della raccolta differenziata dei rifiuti. Viste le tante lamentele giunte alla federazione provinciale dei pubblici esercizi da parte dei commercianti rivieraschi, esasperati dal nuovo sistema porta a porta, la Fipe ha chiesto di istituire un circuito di "utenti speciali" per godere di una raccolta dei rifiuti più frequente. In particolar modo gli esercenti dotati di metrature più piccole hanno chiesto un rapido intervento da parte dell'amministrazione. Fipe, appurata la volontà del Comune di trovare una soluzione condivisa, ha affermato di auspicare di chiudere positivamente la vicenda entro la fine del mese di maggio.

(ri. to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 maggio 2018

 

 

È allarme energia sporca - Sott'accusa petrolio e gas - L'Organizzazione mondiale della sanità: 7 milioni di morti per l'inquinamento
Nove persone su dieci sono a rischio malattie gravi. Dati choc anche in Europa - LE MORTI PER INQUINAMENTO
ROMA - In Asia, in Africa, ma anche in Europa si continua a morire per colpa dell'aria inquinata. Lo affermano le ultime cifre diffuse dall'Organizzazione mondiale della sanità, riferite al 2016, secondo cui nel mondo il 90% della popolazione respira inquinanti a un tasso superiore a quello giudicato massimo per la salute, con la conseguenza che in un anno sette milioni di persone sono morte per questa causa, con numeri sostanzialmente stabili negli ultimi anni. Le stime si basano sui dati di 4.300 città in 100 Paesi diversi sia sull'inquinamento atmosferico, con i tassi di polveri sottili e ultrasottili, che su quello indoor, causato dall'utilizzo di stufe a carbone o a legna per cucinare e riscaldare gli ambienti. Secondo la stima dell'Oms, l'aria inquinata è causa del 24% di tutte le morti per attacco cardiaco, del 25% degli ictus mortali, del 43% delle morti per malattie polmonari ostruttive e del 29% dei tumori al polmone. Il peso maggiore è per il sud est dell'Asia e per il Pacifico Occidentale, che hanno più di due milioni di morti, mentre la regione europea dell'Oms ne conta circa 500mila. Il 7% dei morti sono bambini e ragazzi sotto i 15 anni. «L'inquinamento dell'aria ci minaccia tutti, ma i più poveri e i più marginalizzati sopportano il peso maggiore - afferma Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore generale dell'Oms - È inaccettabile che più di 3 miliardi di persone nel mondo, la maggior parte donne e bambini, respirino ancora, ogni giorno, fumi tossici derivanti dall'uso di stufe a casa. Se non agiamo subito non raggiungeremo mai l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile». Ovviamente, sottolinea il rapporto, sono le grandi città ad avere l'aria peggiore, e questo riguarda anche quelle europee, dove, a seconda del livello di inquinamento, si perdono dai 2 ai 24 mesi di vita per colpa dello smog. «Molte delle mega città del mondo superano i livelli indicati dalle linee guida dell'Oms per la qualità dell'aria di oltre cinque volte - sottolinea Maria Neira, una delle autrici del rapporto per l'Oms - e questo rappresenta un rischio grave per la salute».I risultati sono paragonabili a quelli ottenuti e diffusi questo mese dalla organizzazione non governativa statunitense Health Effects Institute. In quel caso, la stima della percentuale di popolazione che respira troppo smog è del 95%, mentre i morti stimati sono 6,1 milioni. Numeri che fanno insorgere Green Peace. «I dati dell'Organizzazione mondiale della sanità sui livelli di inquinamento nelle città di tutto il mondo mostrano che la dipendenza dall'energia sporca rappresenta un rischio per la salute a livello globale: 9 persone su 10 sono esposte a livelli di inquinamento dell'aria pericolosi per la salute, e l'inquinamento dell'aria è responsabile ogni anno di milioni di morti premature». Lo dichiara in un comunicato Andrea Boraschi, responsabile campagna Trasporti Greenpeace Italia. «L'aumento dell'utilizzo di carbone, petrolio e gas nel 2017, che implica una crescita delle emissioni non solo di CO2, ma anche di sostanze inquinanti nell'atmosfera, rappresenta un grave rischio per la salute delle persone e necessita di un'azione immediata - aggiunge Boraschi - Per assicurare aria pulita per tutti e salvare vite umane, i governi devono stabilire con urgenza scadenze improrogabili e piani d'azione per raggiungere gli obiettivi di qualità dell'aria. Per raggiungerli è necessaria una transizione veloce a fonti di energia pulite e trasporti sostenibili».

 

 

PASSEGGIATA PER BOSCHI CARSICI

Triestebella organizza una passeggiata nei boschi e nella natura del Carso con ritrovo domenica alle 9.30, davanti alla Foiba di Basovizza. Elio Polli parlerà della vegetazione e di altre particolarità, Roberto Barocchi della storia dei rimboschimenti e della figura di Josef Ressel forestale. Gradita la prenotazione scrivendo a scrivi@triestebella.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 maggio 2018

 

 

Muggia - Da giovedì si può ritirare il kit per la raccolta rifiuti "porta a porta"
Il Comune di Muggia ricorda ai cittadini che vivono all'interno del perimetro del territorio municipale che, a partire da giovedì 3 maggio e sino al 28 giugno, tutti i martedì e i giovedì (salvo festivi) con orario compreso fra le 9.30 e le 11, nei magazzini comunali di via di Trieste 8 sarà possibile, per ciascun richiedente, ritirare il kit per la raccolta differenziata dei rifiuti "porta a porta". Il materiale in questione è composto da un bidoncino verde per il vetro, uno marrone per l'umido oltre a 50 sacchi gialli, 50 sacchi blu e 50 sacchi neri. Il centro di raccolta di Vignano resterà chiuso nella giornata di oggi, in occasione della festività del Primo maggio. Il Municipio ricorda inoltre ai muggesani come per qualsiasi dubbio sulla differenziata rimanga operativa la doppia possibilità di rivolgersi all'Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) del Comune in piazza della Repubblica oppure di chiamare il numero verde della società Net all'800520406.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 aprile 2018

 

Stazione ferroviaria - Gasparo e le meraviglie del Carso
Il ciclo di conferenze dedicato a "Misteri e meraviglie del Carso", la mostra fotografica visitabile allo spazio Trieste Città della conoscenza (stazione ferroviaria), si chiude con Dario Gasparo, il premiato professore di scienze (nella top 5 dell'Italian Teacher Prize 2017), biologo, fotografo e videomaker. Oggi, alle 17.30, Gasparo illustrerà - anche attraverso foto e video - le meraviglie del Carso nelle quattro stagioni: dai rossi accesi, violenti sulla roccia di Monrupino tormentata dalle intemperie, al bianco silenzioso del ghiaccio e della neve nella Val Rosandra e a Rakov Scocjan, dal giallo estivo della landa carsica dello Stena, al verde brillante della primavera sui laghetti carsici. Ingresso libero. Gasparo ha vinto decine di concorsi video e fotografici anche internazionali. Si potrà poi visitare la mostra "Misteri e meraviglie del Carso" che raccoglie alcune delle più belle immagini prodotte dai membri dell'omonimo gruppo Facebook.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 aprile 2018

 

 

ACEGASAPSAMGA - Sabati ecologici - Tappe anche a Santa Croce e Prosecco
TRIESTE - Archiviato il Sabato ecologico a Padriciano, il calendario dei prossimi appuntamenti targato AcegasAps - sempre con orario continuato dalle 10 alle 18 - continuerà il 5 maggio a Trieste, in piazzale XXV Aprile (entrando da via Curiel), poi il 9 giugno alla Rotonda del Boschetto - area parcheggio presso la sede della Sesta circoscrizione. La settimana dopo, il 16 giugno, si farà ritorno sull'altipiano: a Santa Croce, alla sede della Protezione civile - ex ricreatorio. Il 23 giugno Sabato ecologico nuovamente a Trieste, nel parcheggio di piazzale delle Puglie, e poi il 30 si tornerà in piazzale XXV Aprile. L'8 settembre sarà la volta di Prosecco (area parcheggio "Mandria") e il 15 di Basovizza (area parcheggio in via Gruden all'incrocio con la strada statale 14). Il 22 settembre ancora Rotonda del Boschetto - area parcheggio presso la sede della Sesta circoscrizione, e il 29 piazzale XXV Aprile. Anche a Padriciano era presente con un proprio stand il progetto di recupero creativo RiCREAzione di Oltre Quella Sedia, nato dal desiderio di realizzare delle attività dedicate all'ambiente e al riuso. Nello specifico il progetto permette di dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al loro recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano con l'associazione, oltre a contribuire a sostenere le loro attività. Per supportare il progetto RiCREAzione è sufficiente recarsi alle prossime tappe dei Sabati ecologici dove Oltre Quella Sedia sarà presente con un proprio stand per ritirare gli oggetti che i cittadini vorranno donare. Inoltre, a fronte di un'offerta libera, sarà possibile ricevere un oggetto RiCREAto. Al di là dell'iniziativa Sabati ecologici, è comunque sempre possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici, insoliti e pericolosi nei quattro Centri di raccolta cittadini gestiti da AcegasApsAmga, oppure prenotando al numero verde 800955988 il servizio gratuito per il ritiro a domicilio dei rifiuti ingombranti.

 

Alla spiaggia di Canovella sacchi dei rifiuti abbandonati - La lettera del giorno di Maria Gabriella Rigato
Sono una padovana innamorata della costiera triestina. Sono stata la scorsa settimana alla spiaggia di Canovella e ho trovato vicino al ristorante, al momento chiuso, dei sacchi neri dell'immondizia. Tornata il 23 aprile scorso ho trovato tanti sacchetti abbandonati da gitanti domenicali vicino ai sacchi neri. Credo che i bagnanti pensino che l'immondizia venga raccolta. Ho chiamato stamane (24 aprile 2018) il Comune di Aurisina, mi è stato detto che non hanno giurisdizione sulle spiagge e che adesso vedranno il da farsi. Che tristezza! I gabbiani hanno cominciato ad aprire i sacchetti alla ricerca di cibo. Alla prossima pioggia andrà tutto in mare.

 

 

SEGNALAZIONI - Progetti - Parco del Mare? Meglio virtuale

Ma del Parco del Mare siamo proprio sicuri? Capisco il desiderio di Paoletti di realizzare il suo sogno ma, visto i dubbi sull'impatto ambientale e sui costi (prima e dopo), perchè non gira il timone e propone un Parco del Mare diverso? Un Parco virtuale. Come? Sede Porto vecchio vicino al futuro Museo del Mare, una struttura almeno a un piano con schermi e visori collegati a droni sottomarini che girano il Golfo e la laguna e magari on-line a livello mondiale (se ci sono già non lo so), con una linea tipo "Delfino verde" per escursioni nella Riserva di Miramare dove trovare dei mini sub o immersioni con il locale gruppo di diving per visitarla, con una sezione dedicata a mostre e conferenze. Sono alcune idee a cui si possono aggiungere delle altre. Insomma qualcosa di unico e coinvolgente. Richiamerebbe turisti? Sicuramente, magari affiancando anche altre offerte. E costi di sicuro minori e sostenibili. Il parcheggio per le corriere può essere realizzato sul terrapieno di Barcola (si sta già lavorando), collegandolo con un "tramway" del Porto vecchio ma elettrico questa volta. Non possiamo pensare di portare corriere e turisti in Campo Marzio. Dove li sistemiamo? E verranno? Perchè, se non vengono, penso che ci sarà un problema economico molto serio. E il destino di Porto Lido? L'Accademia ha bisogno di spazio: facciamola lì sfruttando qeullo che c'è senza creare ostacoli alla visione del Golfo. Non mi sono mai piaciuti né circhi, né zoo, né acquari: non sopporto vedere animali in gabbia e allora diamo l'esempio: facciamo qualcosa di nuovo, eticamente migliore

Gabrio Dilissano

 

 

"Piacevolmente Carso" partendo dalla dolina Riselce - Escursioni domenicali fino al 3 giugno alla scoperta di storie e sapori del territorio
Con un'imboccatura sul fondo di centosessanta per centosessanta metri e una profondità di oltre quaranta è, a dir poco, una signora dolina. Anzi, per essere precisi, in gergo speleo-tecnico è una "dolina di crollo", poiché si è molto probabilmente formata in seguito a una serie di cedimenti della volta di una grotta vicino alla superficie. È la dolina Riselce, fenomeno geologico tra i più spettacolari del Carso triestino a pochi passi da Sgonico, lungo il percorso naturalistico del sentiero Riselce. E protagonista questa mattina di "Piacevolmente Carso", il ciclo di escursioni e visite guidate a cura della cooperativa Curiosi di Natura, il sodalizio che promuove la cultura, il turismo e la tutela dell'ambiente del nostro territorio. Appuntamento alle 9. 10 nella piazza del municipio di Sgonico per una mattinata - dalle 9. 30 alle 13 - che proporrà una camminata tra i boschi, i prati e la landa carsica nel momento del suo massimo splendore, con in carnet la dolina Riselce, gli esterni del Baratro dei Cavalli, letture a tema e, per accontentare le papille gustative, degustazioni con i ristoratori del circuito "Sapori del Carso". L'iniziativa (le escursioni si snoderanno le domeniche fino al 3 giugno; è raccomandata la prenotazione chiamando il numero 340 5569374 oppure scrivendo all'indirizzo curiosidinatura@gmail. com) naturalistica promossa da Curiosi di Natura - con il patrocinio di Promoturismo Fvg e Aitr, in collaborazione con Ures, Banca Etica, Uecoop e Sapori del Carso - si propone di offrire dei tour alla portata di tutti e dunque accessibili anche a un pubblico non particolarmente allenato e ai bambini. Tornando all'escursione di oggi, la passeggiata con destinazione Riselce è, tranne il leggermente impegnativo tratto per raggiungere la discesa della dolina, quasi tutto pianeggiante, con qualche moderata salita. Sono in ogni caso consigliate le scarpe da trekking o le pedule, ma chi lo desidera potrà ammirare la dolina e la parete a strapiombo dall'alto, senza scendere verso l'imboccatura. La camminata proseguirà poi con la visita esterna al Baratro dei Cavalli con la sua parete rocciosa verticale, cunicolo per speleologi di lungo corso, ben celato nel bosco sempre in zona Sgonico. L'uscita successiva di "Piacevolmente Carso" ha in programma, domenica 13 maggio, la passeggiata "Da Opicina a Monte Grisa" , con ritrovo alle 9. 10 davanti all'Obelisco. Ulteriori dettagli e informazioni sulla pagina www. curiosidinatura. it.

(pat.p.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 aprile 2018

 

 

Raccolta rifiuti a Muggia - Alt ai sacchetti "sbagliati"
La Net non preleverà più le borse conferite nei contenitori in maniera impropria ma ci applicherà sopra un bollino. Il Comune: «Colori di riferimento da rispettare»
MUGGIA I materiali differenziati nei sacchetti di "colore sbagliato" non verranno più ritirati. È questa l'ultima indicazione arrivata dal Comune di Muggia che a quasi un mese dall'avvio della raccolta "porta a porta" integrale dei rifiuti ha diffuso alcune informazioni per risolvere i vari problemi tuttora in essere che stanno attanagliando i residenti muggesani. Sacchetti La prima importante indicazione giunta dal Municipio riguarda il colore dei sacchetti. Rispetto ai conferimenti dei rifiuti, il Comune «invita all'utilizzo dei sacchetti secondo il colore di riferimento di ciascun rifiuto», ossia il blu per carta-cartone, il giallo per la plastica, il verde per il vetro-barattolame e il nero per il secco residuo. Importante poi ricordare che il materiale non va necessariamente conferito attraverso la dotazione Net, ma può essere usato qualsiasi sacchetto in vendita purché del colore della giornata di ritiro. In questo primo periodo sono stati raccolti molti sacchi di colori o materiali «non consoni che purtroppo, proprio per questo aspetto - stigmatizza il Comune -, non possono essere differenziati incrementando, ovviamente, la quota di secco residuo». Indifferenziata Per ora, secondo quanto comunicato dal Comune, tutti i sacchetti sono stati raccolti indipendentemente dalla corretta differenziazione dei rifiuti. Ma questo trend cambierà presto. Prossimamente, infatti, quelli "sbagliati" verranno segnalati con un bollino e non verranno più ritirati. «Invitiamo a differenziare con quanta più accortezza possibile all'interno di ciascuna categoria: questo primo periodo ha visto conferimenti di qualsiasi tipo all'interno di plastica, carta e vetro. Se il disorientamento iniziale e l'errore in buona fede sono più che comprensibili, rinvenire plastica o umido nella carta, per esempio, risulta difficile da ricondurre a queste possibilità e vanifica la bontà dell'intero conferimento», spiega il Comune. Confermato infine che per quest'anno non saranno applicate sanzioni ai trasgressori. Kit Per semplificare il reperimento del materiale necessario per attuare il nuovo sistema di raccolta anche da parte di tutti coloro che non hanno ricevuto o che inizialmente hanno rifiutato l'occorrente, dal 3 maggio al 28 giugno, tutti i martedì ed i giovedì, dalle 9.30 alle 11, nei magazzini comunali di via di Trieste sarà offerta l'opportunità, a ciascun richiedente, di ritirare un bidoncino verde per il vetro, uno marrone per l'umido oltre a 50 sacchi gialli, 50 sacchi blu e 50 sacchi neri. Info Ricordando come il centro di raccolta di Vignano resterà chiuso nella giornata di martedì primo maggio, il Comune ha evidenziato che per qualsiasi dubbio rimane operativa la doppia possibilità di rivolgersi all'Urp in piazza della Repubblica o di chiamare il numero verde Net 800520406. Litteri L'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri ha infine voluto spendere parole di elogio per i tecnici comunali impegnati nel "porta a porta": «Abbiamo constatato che la tipologia di servizio di cui il cittadino usufruisce in questa fase è di pura segnalazione, mentre, giorno dopo giorno, si è superata la fase di confronto che necessitava dell'affiancamento da parte dei tecnici. Tecnici che sono comunque a disposizione e che non si stanno risparmiando per dare risposte concrete e in tempi rapidi».

Riccardo Tosques

 

 

Piantato a Barcola un nuovo tiglio davanti alla chiesa
Il piazzale della chiesa di Barcola ha nuovamente due tigli. Ieri mattina, gli addetti del Verde pubblico del Comune hanno piantato un giovane tiglio nello spazio che per più di un secolo era stato occupato dal suo predecessore, giudicato ammalato e pericolante e perciò abbattuto, causando una notevole amarezza fra i residenti. Ieri mattina l'operazione è stata ultimata in tempi brevi, davanti agli occhi dei passanti che non si aspettavano un così rapido intervento da parte dell'amministrazione. «Eravamo pronti a sollecitare il Comune dopo l'abbattimento del vecchio tiglio - ha spiegato Vera Poljsak, segretaria dell'associazione degli sloveni di Barcola, pronti, assieme a tanti altri residenti, a chiedere con forza l'arrivo di un nuovo tiglio - e stavolta siamo rimasti positivamente sorpresi dalla rapidità di esecuzione». Qualcuno ha interpretato la mossa dell'amministrazione come una scelta dettata dall'imminenza del voto per le regionali e forse ci ha azzeccato. Ma alla maggioranza dei barcolani poco interessa: l'essenziale era che il piazzale antistante la chiesa rionale, dedicata a san Bartolomeo, tornasse rapidamente alla situazione precedente. Certo, ci vorrà del tempo prima che il giovane tiglio cresca e assuma, almeno vagamente, le dimensioni del fratello maggiore, ma intanto la situazione è tornata quella di sempre e l'allarme è cessato.«Il Comune si era impegnato da subito, dopo il taglio del vecchio tiglio - ha commentato il consigliere comunale Michele Babuder (Forza Italia), barcolano "doc" - e sono contento di questa soluzione, perché anche a livello personale, pur conoscendo le ragioni che avevano portato all'eliminazione del vecchio albero, mi provocava amarezza vedere quel piazzale monco di uno dei suoi elementi essenziali. Ora tutto sta tornando alla normalità - ha continuato - e ne sono felice». Il taglio del vecchio tiglio, come si ricorderà, si era reso necessario, dopo un esame dello stato di salute dell'albero, effettuato dagli esperti del Comune. Il tiglio era stato giudicato gravemente ammalato e di conseguenza pericolante. Essendo il piazzale della chiesa molto frequentato, in quanto nella chiesa si celebrano regolarmente funzioni religiose, matrimoni, battesimi, per garantire la sicurezza dei cittadini si era proceduto al taglio. Dopo le prime proteste, tutti avevano capito che quella era stata l'unica soluzione possibile. Era rimasta però l'amarezza per la scomparsa di un albero che faceva parte della storia recente del rione. Ora tutto tornerà come prima, non appena il nuovo tiglio comincerà a crescere in maniera visibile. «Siamo soddisfatti - ha concluso Vera Poljsak, una delle anime storiche di Barcola - perché così il piazzale tornerà quello di prima».

Ugo Salvini

 

 

Slovenia e Croazia - Centrale di Krsko, guerra su cda - Veti incrociati per le nomine dei rispettivi rappresentanti nel board

LUBIANA - Confine marittimo nel golfo di Pirano, conti correnti della Ljubljanska Banka e ora, tra Slovenia e Croazia ci si mette pure la centrale nucleare di Krsko attualmente in fase di rimontaggio dopo i periodici controlli sull'operatività e la sicurezza dell'impianto. La centrale, infatti, è in co-proprietà tra i due Paesi confinanti (si trova a pochi chilometri dal confine con la Croazia a Ovest di Zagabria) ed è gestita dalla società mista Nek. A dividere Lubiana da Zagabria è la nomina di due nuovi membri nel consiglio di amministrazione di Nek, situazione che ha portato fin qui all'utilizzo di veti incrociati da parte dei due Paesi. La parte slovena, rappresentata dalla società Gen energija, visto che non è stato raggiunto alcun accordo con la controparte croata (Hep, Hrvatska elektroprivreda) ha unilateralmente nominato nel board per i prossimi cinque anni il presidente della stessa Nek, Stane Rozman, mossa questa che, a detta degli sloveni, è possibile in base all'accordo internazionale e bilaterale sulla gestione dell'impianto. Lubiana, infatti, è contraria all'allontanamento dal consiglio di amministrazione del croato Hrvoje Perharic al posto del quale Hep vorrebbe nominare Sasa Medlakovic membro dell'Ufficio per la sicurezza nucleare e radiologica della Croazia. Croazia che ha immediatamente fatto intendere che nelle more dello stallo sarebbe pronta anche a ricorrere all'arbitrato (un altro?) tecnico-commerciale con il direttore di Gen energija Martin Novsak che pone invece l'accento sulla delicata fase di rimontaggio in cui si trova l'impianto e che proprio adesso ha bisogno di una guida esperta ed estremamente competente. Novsak spiega inoltre che i criteri per la nomina nei membri del cda ben definiti sia negli accordi internazionali che in quelli societari relativi alla centrale. La chiave sta nella licenza che il candidato deve dopo aver partecipato a un preciso corso d'istruzione dimostrando al termine di avere una perfetta conoscenza tecnica dell'impianto, della sua collocazione fisica, delle persone che vi operano e delle loro capacità tecniche e, ovviamente, sapere che cosa fare nel malaugurato caso si dovesse verificare un incidente. Tutte caratteristiche che, secondo Novsak, il candidato croato non avrebbe. Da qui il veto.

Mauro Manzin

 

 

URBI ET HORTI

Oggi alle 10.30 nell'orto di Borgo S. Sergio incontro davanti Habitat Microarea via Grego 48. Orticoltura pratica con il maestro contadino Roberto Marinelli. Coltivazione e uso dei sistemi di irrigazione. Raccolta e uso dei prodotti dell'orto.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 aprile 2018

 

 

Api, approvato bando permanente in UE per tre neonicotinoidi dannosi. Greenpeace: «Ottima notizia, bene voto a favore dell’Italia»
Greenpeace accoglie con grande soddisfazione il bando permanente e quasi totale di tre insetticidi neonicotinoidi dannosi per le api, approvato questa mattina dai Paesi Ue. Anche l’Italia ha votato a favore del bando, insieme alla maggioranza dei Paesi membri. Secondo l’organizzazione ambientalista, oggi è una grande giornata per il futuro dell’agricoltura europea.
«Questa è una notizia importante per le api, l’ambiente e tutti noi. Il voto a favore dell’Italia certifica l’attenzione dei cittadini italiani per la protezione degli impollinatori», dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «I danni di questi neonicotinoidi sono ormai incontestabili. Bandire questi insetticidi è un passo necessario e importante, il primo verso una riduzione dell'uso di pesticidi sintetici e a sostegno della transizione verso metodi ecologici di controllo dei parassiti».
Il bando votato oggi estende quello parziale già in essere dal 2013 per tre neonicotinoidi - l'imidacloprid e il clothianidin della Bayer e il tiamethoxam della Syngenta. Rimane consentito il loro utilizzo solo all’interno di serre permanenti.
I Paesi che hanno votato a favore del divieto sono: Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Svezia, Grecia, Portogallo, Irlanda, Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta, che rappresentano il 76,1% della popolazione dell'Ue. Quattro i Paesi contrari al divieto: Romania, Repubblica Ceca, Ungheria e Danimarca. Otto gli astenuti: Polonia, Belgio, Slovacchia, Finlandia, Bulgaria, Croazia, Lettonia e Lituania.
Oltre ai 3 insetticidi in discussione, ce ne sono altri che costituiscono una minaccia per le api e altri insetti benefici. Tra questi quattro neonicotinoidi, il cui uso è attualmente permesso in Ue: acetamiprid, thiacloprid, sulfoxaflor e flupyradifurone e altre sostanze quali cipermetrina, deltametrina e clorpirifos.
Per evitare che questi tre insetticidi ora vietati vengano sostituiti con altre sostanze chimiche che potrebbero essere altrettanto dannose, Greenpeace ritiene che l'Ue debba bandire l’uso di tutti i neonicotinoidi, come la Francia sta già considerando di fare. È inoltre necessario applicare gli stessi rigidi standard utilizzati per questo bando alla valutazione di tutti i pesticidi e, soprattutto, ridurre l'uso di pesticidi sintetici e sostenere la transizione verso metodi ecologici di controllo dei parassiti.

GREENPEACE Italia

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 aprile 2018

 

 

Alberi "rasati" a Slivia - È guerra tra la Regione e il titolare di un campo - Fvg Strade elimina il verde al bordo della carreggiata - Il proprietario del terreno vicino: «Era solo da regolare»
DUINO AURISINA - Doveva essere un semplice e modesto intervento finalizzato a contenere la futura crescita di alberi e arbusti. Si è trasformato invece in un processo di pesante disboscamento, che potrebbe comportare il ritorno alle vie giudiziarie delle parti interessate, nella fattispecie la Regione e il privato, proprietario del terreno teatro della contesa. Tutto questo sta accadendo a Slivia, piccolissimo centro di circa 130 abitanti, situato nel territorio comunale di Duino Aurisina, noto a triestini e ai turisti per la presenza delle famose Grotte delle Torri di Slivia, una cavità di indubbio interesse. All'origine del fatto la causa, intentata alla Regione da Ferruccio Gozzi, proprietario di un terreno vicino alla strada ex provinciale, oggi regionale, che porta proprio a Slivia, il quale, a suo tempo, aveva chiesto all'amministrazione regionale un risarcimento del danno e la "riduzione in pristino", cioè l'operazione mediante la quale una situazione viene riportata a com'era prima di subire una "turbativa" o un "pregiudizio". Era successo che gli alberi e gli arbusti situati sul ciglio della strada regionale, crescendo a dismisura, avevano in parte abbattuto il muretto in pietra che delimita il terreno di Gozzi, sfondando, in alcuni punti, anche la rete di recinzione. Il problema era stato risolto agevolmente, in quanto la Regione aveva riconosciuto la propria responsabilità, proponendo a Gozzi un risarcimento in danaro, una cifra peraltro piuttosto modesta, ma ritenuta comunque adeguata dallo stesso Gozzi, impegnandosi al contempo a effettuare un intervento di potatura, con l'obiettivo di evitare il ripetersi di una crescita incontrollata degli alberi e degli arbusti in quel punto. Su suggerimento dei suoi legali, Gozzi aveva anche inviato una lettera alla Regione, indicando le modalità con le quali, a suo avviso, si sarebbe potuto portare a termine l'intervento, senza appunto "pregiudizio" per il verde che fa da barriera naturale fra il suo terreno e la strada che porta a Slivia. Un'indicazione, si sosteneva, dettata dalla profonda conoscenza che lo stesso Gozzi può vantare dell'area in cui vive e dall'interesse generale alla conservazione degli alberi e degli arbusti, posto che essenziale era che gli alberi non invadessero nuovamente il suo terreno abbattendo il muretto carsico e sfondando la rete di recinzione. «Faccio presente che un vostro intervento sproporzionato rispetto alle effettive esigenze manutentive - aveva scritto Gozzi - potrebbe creare un irreparabile e ingiustificato danno ambientale, per di più in una zona che ha chiara vocazione turistica e naturalistica, essendo circondata da aziende che operano nell'agriturismo e nella quale si svolgono spesso escursioni a piedi, in bicicletta e a cavallo». Grande è stato perciò il suo stupore quando, qualche giorno fa, ha visto arrivare sul posto una squadra di addetti che hanno cominciato un'operazione di disboscamento radicale. Gozzi ha cercato di dissuadere gli operai dal portare a termine l'intervento con quelle modalità, ma a nulla è servito il suo appello. A questo punto a Gozzi non resterà probabilmente che convocare nuovamente i suoi legali. Dall'altra parte, Fvg Strade, che opera per conto della Regione nella manutenzione della viabilità, ha fatto sapere di operare «nel rispetto della sentenza del giudice che ha obbligato l'amministrazione alla riduzione in pristino».

Ugo Salvini

 

 

Sabati ecologici, tappa a Padriciano - Domani il centro di raccolta dei rifiuti ingombranti sarà allestito nei pressi del Gaja
TRIESTE - Tornano domani i Sabati ecologici 2018. La tappa stavolta è a Padriciano nell'area parcheggio del campo sportivo Gaja con orario continuato dalle 10 alle 18. Qui i cittadini troveranno come sempre un'area allestita per il centro di raccolta mobile destinata a quelle tipologie di rifiuti che non possono essere conferiti nei contenitori stradali della differenziata, come ingombranti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, sfalci e ramaglie. E a proposito degli scarti del verde, a chi si recherà al punto di raccolta itinerante per conferire sfalci e ramaglie, e per iscriversi al servizio di ritiro a domicilio, AcegasApsAmga regalerà un sacco di compost certificato per agricoltura biologica da otto chili, proveniente dallo stabilimento Bioman di Maniago, dove vengono avviati a recupero i rifiuti organici triestini, che al termine della lavorazione - si legge in un comunicato della multiutility - si trasformano, appunto, in compost di alta qualità. Inoltre, insieme al compost, verrà consegnato in omaggio un pratico cestino per la raccolta del rifiuto umido-organico domestico. I prossimi appuntamenti con i Sabati ecologici sono calendarizzati il 5 maggio in Settima circoscrizione (piazzale XXV Aprile da via Curiel), il 9 giugno in Sesta circoscrizione (Rotonda del Boschetto, nell'area di parcheggio della stessa circoscrizione), il 16 giugno in Prima circoscrizione (Santa Croce, nella sede della Protezione civile, all'ex Ricreatorio), il 23 giugno in Quinta circoscrizione (parcheggio di piazzale delle Puglie), il 30 giugno di nuovo in Settima circoscrizione, l'8 settembre in Prima circoscrizione (Prosecco, nella area parcheggio "Mandria"), il 15 settembre in Seconda circoscrizione (Basovizza, area parcheggio di Via Gruden all'incrocio con la Statale 14), il 22 settembre di nuovo in Sesta circoscrizione e il 29 settembre ancora in Settima. Anche nella tappa di domani a Padriciano sarà presente con un proprio stand il progetto di recupero creativo RiCREAzione di Oltre Quella Sedia, finalizzato a dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al loro recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano con l'associazione.

 

 

Orti cultura pratica

Per Urbi ed Horti oggi alle 15 nell'orto di Borgo San Sergio incontro davanti Habitat Microarea via Grego 48, Orticoltura pratica con il maestro contadino Roberto Marinelli.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 aprile 2018

 

 

Otto progetti a Trieste per il Servizio Civile Solidale - Scade il 31 maggio il termine per presentare le domande. Impieghi dall'assistenza allo sport
La Regione Friuli Venezia Giulia ha istituito il Servizio Civile Solidale regionale rivolto a giovani di 16-17 anni ed è appena stato pubblicato il bando per la selezione di giovani interessati a questa esperienza. Il Servizio Civile Solidale è nato per sviluppare e valorizzare lo strumento del servizio civile sul territorio regionale creando occasioni per contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani. Questo avviene mediante l'organizzazione di attività riconosciute e retribuite a favore dei ragazzi più giovani e che hanno anche lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità stessa. L'obiettivo è quello di promuovere tra i giovani una cultura della pace, della solidarietà e della non violenza attraverso progetti che veicolano messaggi di cittadinanza attiva e di impegno sociale e favorendone l'ingresso nel mondo del lavoro con un'accresciuta consapevolezza delle tematiche sociali e del proprio ruolo. In quest'ottica, il servizio civile solidale promuove anche il senso di appartenenza dei giovani alla comunità regionale. L'impegno è di 360 ore distribuite nell'arco dell'anno. Arci Servizio Civile sarà attiva in Friuli Venezia Giulia con 11 progetti di servizio civile solidale: otto a Trieste mentre uno è previsto a Udine, uno a Muzzana del Turgnano e uno a Carlino dando la possibilità a 32 giovani di mettersi in gioco. I progetti si occupano, tra l'altro, di organizzazione e gestione di iniziative sportive, ambientali e culturali; attività nel campo della comunicazione; diffusione della cultura della cittadinanza attiva; educazione alla legalità e alla progettazione partecipata; promozione del commercio equo-solidale; sviluppo di centri di aggregazione giovanile; servizio di doposcuola multiculturale; supporto nel campo della disabilità. Arci Servizio Civile è la più grande associazione italiana no-profit dedicata esclusivamente al servizio civile che mette a disposizione dei giovani l'opportunità di dedicare un anno della propria vita per conoscere se stessi, agire per promuovere i diritti delle persone, partecipare alla vita sociale, costruire le condizioni pratiche per la pace.Gli interessati possono rivolgersi negli uffici di Arci Servizio Civile in via Fabio Severo 31, a Trieste entro il 31 maggio. Info: www.arciserviziocivilefvg.org. L'inizio è previsto nel mese di luglio. Arci Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia ha sede in via Fabio Severo 31.

 

Urbi et horti

Oggi alle 17.30 nella sala Arac del Giardino pubblico, "Il paesaggio e il verde urbano": ne parla Roberto Barocchi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 aprile 2018

 

 

Legambiente - Le promesse dei candidati su Ferriera e rigassificatore
Dismissione dell'area a caldo della Ferriera, attraverso un nuovo accordo di programma e la revisione dell'Aia, garantendo continuità di occupazione ai lavoratori di Servola, dopo un processo di riconversione. Interventi per la tutela della salute e della qualità della vita della popolazione. Chiusura del progetto per il rigassificatore di Zaule. Queste le promesse fatte da tre dei candidati alla presidenza, Bolzonello (Pd), Fedriga (Lega) e Fraleoni Morgera (M5S) a Legambiente, No smog e Sinistra per Trieste. I rappresentanti di queste associazioni ieri hanno organizzato una conferenza stampa nel corso della quale il loro portavoce, Andrea Wehrenfennig, ha spiegato che «il problema della Ferriera è il più importate. Sul canale Youtube di Legambiente Trieste e su Facebook è possibile ascoltare la registrazione degli interventi fatti dai candidati nel corso dell'incontro al Circolo della Stampa».

(u. s.)

 

 

Con guanti e scope a ripulire un pezzo di Val Rosandra - Sabato 28 aprile il Wwf Trieste chiama a raccolta i volontari per riqualificare e scoprire il territorio
Alla scoperta della Val Rosandra, respirando da vicino temi, colori e problematiche del suo paesaggio. È lo spunto di "Paesaggi da Amare", l'appuntamento di sabato 28 aprile a cura del Wwf Trieste organizzato in collaborazione con il Comune di San Dorligo, la Comunella di Bagnoli, la sigla A&T 2000 e con il sostegno della Regione. Una classica escursione ma coniugata all'impegno ecologico e con il "dulcis in fundo" in chiave conviviale. La tappa propone in sintesi questo, ma pone soprattutto l'accento sulla valenza del termine "paesaggio", qui inteso - affermano gli ideatori del progetto - come «il risultato di un secolare rapporto tra uomo e natura, dove sono richieste cure costanti, pena il degrado». In tale ottica la gita in Val Rosandra proverà a riunire diverse cifre del volontariato al servizio dell'ecologia, concretizzando l'impegno in una mattinata di pulizia. Come? Per aderire basta munirsi di scarpe comode, guanti idonei e qualche sacco nero, quanto basta per scendere in campo in compagnia e provvedere alla "ripulita" di una zona degradata della Val Rosandra, un modo come un altro per conoscere pregi, luci e ombre dell'intero territorio. Il programma di "Paesaggi da Amare" del 28 aprile - primo segmento di un progetto articolato nel Friuli Venezia Giulia in quattro tornate - prevede anche la visita alla Comunella di Bagnoli, modello di proprietà collettiva che include una parte significativa dell'intero quadro boschivo della Val Rosandra. A coadiuvare i volontari della sede triestina del Wwf ci penseranno anche alcuni rappresentanti della A&T 2000, l'azienda che gestisce il servizio di raccolta differenziata in una cinquantina di comuni sparsi in Friuli, e una delegazione della Esn Trieste, una costola del Progetto Erasmus dell'Ateneo triestino. Dopo l'impegno ecologico e gli interventi didattici legati al rapporto tra ambiente e paesaggio, la giornata del volontariato all'aperto propone un rinfresco, sempre all'interno della Comunella di Bagnoli. Il ritrovo è fissato alle 8.30 nell'area della piazzetta di Bagnoli. Le adesioni si effettuano scrivendo a wwftrieste@gmail.com, entro domani. Ulteriori informazioni telefonando al 3389900970. La sede del Wwf Trieste è attualmente ospitata al secondo piano del liceo classico "Dante" di via Giustiniano 3, con la segreteria operativa il martedì e il giovedì, dalle 8 alle 12.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 aprile 2018

 

 

FIAB - L'appello del popolo delle bici sottoscritto da 34 candidati
Sono 34 i candidati alle regionali che hanno risposto all'appello lanciato dal coordinatore regionale della Fiab Federico Zadnich sottoscrivendo un documento con 7 impegni per promuovere la mobilità ciclistica nel Fvg. Tra loro i candidati alla presidenza Alessandro Fraleoni Morgera, Sergio Bolzonello e Sergio Cecotti (Fedriga invece non è pervenuto). Con la sottoscrizione del documento i 34 candidati si impegnano a dare alla Regione un più forte ruolo di coordinamento di tutte le azioni da mettere in campo per promuovere la mobilità ciclistica grazie all'istituzione dell'Ufficio regionale mobilità ciclistica e alla stesura di linee guida tecniche regionali per la realizzazione delle piste ciclabili. C'è poi l'impegno a finanziare azioni concrete e progetti che promuovano l'uso della bici sugli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola e a sostenere l'acquisto di stalli per bici e la predisposizione di spazi per la sosta delle biciclette negli edifici. Condivisa inoltre la necessità di completare la rete ciclabile regionale con adeguati investimenti e rifinanziare il bonus per l'acquisto di bici a pedalata assistita. L'elenco completo dei sottoscrittori è sul sito www.ulisse-fiab.org

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - LUNEDI', 23 aprile 2018

 

 

Microplastiche: Mediterraneo italiano come il Pacific Vortex

Nel Mar Mediterraneo una concentrazione di microplastiche come nel Pacific Vortex. Il quadro è emerso dai risultati di uno studio diffuso oggi dall’Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova (ISMAR), dall’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) e da Greenpeace Italia, frutto delle analisi portate avanti sui campioni raccolti nelle acque italiane (19 stazioni lungo la costa italiana, da Genova ad Ancona) durante il tour “Meno Plastica più Mediterraneo” della Rainbow Warrior.

I picchi più rilevanti in corrispondenza di Portici (Napoli) e delle Isole Tremiti (Foggia). Secondo Greenpeace Italia riempiendo due piscine olimpioniche con l’acqua prelevata nelle due località indicate ci si troverebbe a nuotare rispettivamente in 8.900 e 5.500 pezzi di plastica. Come ha dichiarato Francesca Garaventa, responsabile CNR-Ismar dei campionamenti: "I risultati indicano che l’inquinamento da plastica non conosce confini e che i frammenti si accumulano anche in aree protette o in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento. Nella stazione di Portici (Napoli) zona a forte impatto antropico, si trovano valori di microplastiche pari a 3,56 frammenti per metro cubo, ma valori non molto inferiori – 2,2 – si trovano anche alle Isole Tremiti". Ai risultati attuali (forniti dal CNR-ISMAR per indagare quantità e composizione nelle acque superficiali e nello zooplancton) si aggiungeranno nel corso dell’anno quelli elaborati da UNIVPM, con l’obiettivo di individuare presenza e composizione di microplastiche nei pesci e negli organismo marini. Secondo i dati riportati da Greenpeace finiscono in mare ogni anno circa 8 milioni di tonnellate: "I risultati di questo studio confermano l’enorme presenza anche nel Mediterraneo di microplastiche con valori paragonabili a quelli che si trovano nelle “zuppe di plastica” presenti nei vortici oceanici. Preoccupante è il fatto che concentrazioni cosi elevate di microplastiche siano evidenti anche nel Mediterraneo, un bacino semi-chiuso fortemente antropizzato, con un limitato riciclo d’acqua che ne consente l’accumulo". Diverse le fonti di provenienza delle microplastiche, riferisce l’associazione ambientalista, dai prodotti per l’igiene personale come cosmetici, dentifrici, creme ecc. fino a pellet o polveri utilizzate nella produzione di materiali in plastica (microplastiche primarie); presenti anche microplastiche secondarie (contenenti additivi come gli ftalati) derivate dalla frammentazione e decomposizione di materiali plastici di dimensioni più grandi. Come ha concluso Serena Maso, campagna mare di Greenpeace: "I dati raccolti confermano che i nostri mari stanno letteralmente soffocando sotto una montagna di plastica e microplastica, per lo più derivante dall’uso e dalla dispersione di articoli monouso". Per invertire questo drammatico trend bisogna intervenire alla fonte, ovvero la produzione. Il riciclo non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall’eliminazione della plastica usa e getta.

Claudio Schirru

 

Plastica, UK: bicchieri e cannucce monouso, primo stop dal 2021

Niente più plastica usa e getta come bicchieri, cannucce, vaschette per alimenti, fascette, glitter e bottigliette per l’igiene personale a partire dal 2021, in oltre 60 festival indipendenti inglesi. È l’iniziativa lanciata dall’Association of Independent Festivals (AIF): denominata “The Drastic on Plastic”, vuole risolvere in tal modo uno dei problemi più critici per attività di questo genere e in generale per l’intera società.

Sono ben sessantuno i festival che hanno aderito alla campagna The Drastic on Plastic, tra cui End of the Road, Bestival, Boardmasters e Kendal Calling. L’AIF dice che vorrebbe che i partecipanti ai festival pensassero al riuso, e non al monouso; a ogni modo l’obiettivo triennale per vietare la plastica monouso da tutti e 61 i festival indipendenti britannici è considerato un obiettivo realistico, anche se l’amministratore delegato dell’AIF, Paul Reed, ammette che ci saranno delle sfide per gli organizzatori che hanno dei budget limitati. Toccherà agli organizzatori degli eventi fare tutto il possibile per ridurre i rifiuti di plastica. Anche i fondatori del Glastonbury festival hanno annunciato lo scorso febbraio che avrebbero attuato un sito di divieto per le bottiglie di plastica per la nuova edizione del 2019; precedentemente era stato stimato che durante tale evento vengano utilizzate ogni volta 1 milione di bottiglie di plastica. L’AIF ha sottolineato come sia: "Incoraggiante e stimolante che tanti membri dell’Associazione abbiano preso parte a questa iniziativa, senza esitazione e prendendo una posizione collettivamente contro di plastica monouso. Lavorando insieme a tutto il settore e portando avanti queste azioni concrete possiamo fare una differenza tangibile".

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 aprile 2018

 

 

Lo stop di Bolzonello all'area a caldo - Nuova rotta sulla Ferriera: «Oggi la logistica portuale può garantire l'occupazione»
TRIESTE - Sulla Ferriera il centrosinistra cambia rotta. I tempi sono maturi per «forzare la mano sull'area a caldo» e arrivare alla sua chiusura: parola di Sergio Bolzonello. Nell'incontro dedicato al futuro dell'impianto siderurgico, organizzato da Legambiente, No Smog, Sinistra per Trieste e Circolo della stampa, il candidato presidente si è detto certo di poter convincere la proprietà a spegnere definitivamente l'altoforno e a puntare sulla logistica, senza che ciò comporti perdite di posti di lavoro, perché «dal 2013 al 2018 sono cambiate molte cose nell'economia della città ed è possibile valutare altre opzioni». L'area a caldo è dunque nel mirino di tutti candidati. L'aspirante governatore è sicuro di poter centrare la revisione dell'accordo di programma: «Oggi ci sono tutte le condizioni per far capire all'imprenditore che la logistica portuale ha redditività maggiore dell'area a caldo e assicurare ai lavoratori la certezza dei posti di lavoro grazie ai servizi portuali e alle attività manifatturiere legate al Porto franco». L'impegno è «mettere intorno al tavolo lavoratori, impresa, città, governo e Regione». Perché non farlo allora già durante gli ultimi cinque anni? «Perché nel 2013 il Porto e la situazione economica complessiva erano in un'altra situazione e c'era il problema di mantenere i posti di lavoro. Io rappresento la continuità con l'amministrazione uscente, che però ha lavorato proprio per creare la discontinuità che propongo oggi». E Bolzonello rivendica i meriti del governo regionale uscente: «Abbiamo applicato misure restrittive per costringere l'azienda a dare risposte, siamo intervenuti sulle autorizzazioni per difendere la salute dei cittadini e abbiamo trovato un imprenditore che tutelasse i posti e gestisse una situazione complessa, non gestita per decenni. Quest'amministrazione è l'unica che può mettersi delle stellette. Abbiamo sostituito il sistema dell'Autorità portuale e cercato le persone giuste per gestirla, abbiamo risolto dopo 60 anni la partita del Porto franco, abbiamo risanato l'Ezit affidandolo all'Autorità portuale, che oggi chiede aree per logistica e manifattura». Ed è proprio lo scalo la risposta al superamento della produzione di ghisa: «È il più grande porto ferroviario d'Italia e ha una prospettiva di lungo periodo. Così possiamo arrivare a chiudere l'area a caldo, trovando una nuova missione».

(d.d.a.)

 

 

Scattano in estate i bus sperimentali da Trieste a Lipizza - Nuova linea annunciata dal Comune con tappe in Carso - Corse attive da venerdì a domenica fino alla Barcolana
TRIESTE - Una mappa con tutti i punti naturalistici, culturali e storici del Carso italiano e sloveno e una nuova linea di trasporto circolare sperimentale che collegherà via autobus il centro di Trieste a Lipizza, passando per diversi punti significativi dell'altopiano. Sono le iniziative turistico-promozionali pensate dal Municipio per valorizzare il territorio dell'altipiano. Iniziative che, assicura l'assessore comunale al Turismo Maurizio Bucci, partiranno in concomitanza con l'avvio della stagione estiva. L'annuncio della nuova strategia è arrivato in risposta al pressione avviato su questo fronte dalla presidente della prima circoscrizione Maja Tenze. Dal parlamentino di Altipiano Ovest è stata infatti appena inviata una richiesta all'amministrazione comunale per un potenziamento della segnaletica nelle proprie frazioni. «Contovello, Prosecco e Santa Croce possono offrire al turista di passaggio diversi motivi di interesse - sostiene la presidente -. Per fare un esempio, penso alla valorizzazione di un itinerario che, partendo dal porticciolo di Santa Croce, salendo per l'antico sentiero dei pescatori, giunga sino al centro del borgo per visitare il museo della Pesca e la cappella di San Rocco. Alla periferia del paese - continua - un altro storico sentiero boschivo porta al Monte San Primo con la panoramica vedetta Slataper e, proseguendo nel bosco, a Prosecco». Per valorizzare queste e altre bellezze paesaggistiche e monumentali a ovest dell'Altopiano, il consiglio circoscrizionale chiede appunto segnaletiche ad hoc, per informare su quanto di bello e importante esiste in questa parte del Carso, con i debiti collegamenti con gli esercizi di ristorazione e gli altri esercizi utili. Da piazza Unità l'assessore Maurizio Bucci risponde a stretto giro di posta, annunciando che a breve ci saranno importanti novità in tema di segnaletica delle risorse culturali e naturalistiche della città e dell'altopiano. «Il Carso rappresenta una notevole risorsa turistica - afferma - ma va valorizzato con nuovi criteri. Poche e semplici le indicazioni necessarie a un forestiero da tempo armato di navigatore e telefonino. Il Comune inizia da un progetto sperimentale di collegamento circolare attraverso il Carso tra il centro città e il territorio di Lipizza, un'idea che abbiamo sviluppato con il Gal (agenzia di sviluppo del Carso), Trieste Trasporti e Pro Loco Trieste. In una riunione tenuta pochi giorni fa abbiamo chiarito alcuni punti fondamentali e ora ognuno degli enti coinvolti perfezionerà il proprio contributo economico. La strategia prevede la realizzazione di una cartina del Carso nella sua interezza che riporterà i diversi punti di attrazione. Verrà redatta in italiano, sloveno, inglese e tedesco». Per quanto riguarda il collegamento in bus con la località slovena, Trieste Trasporti studierà un percorso attraverso San Dorligo, Opicina e altre località carsoline fino a Lipizza. I tempi sono stretti, ma l'assessore si sbilancia affermando che cartina e linea saranno pronti per l'inizio del periodo estivo. «La linea circolare - precisa Bucci - funzionerà di venerdì, sabato e domenica sino al periodo della Barcolana».

Maurizio Lozei

 

 

Da Zaule a Chiampore, cinque punti di raccolta per gli scarti da giardino
MUGGIA - Novità in arrivo per i muggesani alle prese con ramaglie e rifiuti "green". Il Comune ha annunciato che entro la fine di aprile installerà cinque nuove postazioni ad hoc. «Ancora una volta - commenta l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri - l'avvio di questo nuovo sistema di raccolta sta dimostrando flessibilità, cercando di dare la migliore risposta possibile alle necessità dei cittadini e di adattarsi alle diverse esigenze del territorio». Vi si potranno portare erba, ramaglie, potature e più in generale scarti di verde dei propri giardini o terreni. Le postazioni "green", come detto, saranno complessivamente cinque, accuratamente scelte con strategia da parte dell'amministrazione comunale. Ecco le location in cui sorgeranno concretamente entro fine mese: Santa Barbara (nelle vicinanze della chiesa), Crevatini-Piasò (nel piazzale antistante l'ingresso dello stadio "Zaccaria"), Zaule (nelle vicinanze della "stazione acquedotto"), via XXV Aprile (parcheggio area ex Enel) e Chiampore (all'incrocio tra Darsella San Bartolomeo e Strada per Ligon). «Confidiamo che queste nuove postazioni vengano utilizzate con responsabilità e non ci si debba trovare ad affrontare la gestione di conferimenti impropri in mezzo al verde come troppo spesso succedeva in passato, purtroppo», ammonisce Litteri. Per il verde rimarranno comunque operativi anche gli altri due servizi. Oltre alla possibilità di conferire autonomamente il materiale nella piazzola ecologica di Vignano, proseguirà il prelievo del materiale a domicilio, eseguito a cadenza settimanale nella giornata del martedì. Su quest'ultimo servizio l'amministrazione cittadina precisa che per poterne usufruire bisognerà prenotare il prelievo con almeno due giorni di anticipo al numero verde Net. Ci sono comunque dei limiti di recupero del verde. Gli operatori potranno infatti raccogliere fino a due metri cubi di materiale per un massimo di 10 sacchi o cinque fascine ben legate, di lunghezza massima di un metro e mezzo. Nonostante le difficoltà logistiche del servizio "porta a porta" persistano, come testimoniato dalla raccolte di firme che ha chiesto di rivedere il servizio e come documentato quasi quotidianamente sui social network, l'assessore sprizza ottimismo: «Come per tutte le novità, c'è bisogno di cimentarsi concretamente con le nuove modalità di conferimento e di abituarvisi. Soltanto cimentandosi e misurandosi con esigenze e criticità che emergono dall'introduzione di qualsiasi novità, si può verificare e affinare quanto messo in campo per fare in modo che si possa rispondere nel miglior modo possibile». Come già confermato più volte, dunque, nessun passo indietro: «Siamo fiduciosi che, come successo negli altri comuni che sono già, prima di noi, passati a questo sistema di raccolta, grazie alla collaborazione dei cittadini, riusciremo a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale che Muggia è di certo in grado di ottenere, e che la maggior parte dei muggesani si stanno già impegnando a raggiungere».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

Slowfood.it - DOMENICA, 22 aprile 2018

 

 

Carlo Petrini: «Togliamo la plastica dalla nostra tavola»

Mentre scrivo queste righe mi guardo intorno e noto che la cover del mio telefonino è di plastica così come la struttura del mio pc. Che la biro che sto usando è di plastica così come i bottoni della mia camicia, la copertina della mia agenda e le maniglie dell’armadio che mi sta di fronte.
La plastica è entrata, dalla sua nascita negli anni Cinquanta, in tutti gli aspetti della nostra vita. Trasporti, manifattura, intrattenimento, comunicazione, conservazione, agricoltura, pesca, artigianato, sport, non c’è ambito dell’agire umano che non adoperi questo materiale. Leggero, duttile, versatile, resistente, durevole. Praticamente adatto a ogni occasione.
Ma forse il nostro amore per la plastica si è spinto troppo in là, perché oggi ce la stiamo anche mangiando. Milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei mari di tutto il mondo, si degradano in nano e micro plastiche, vengono ingerite dai pesci e così entrano a tutti gli effetti nella catena alimentare. Un problema di proporzioni preoccupanti, tanto che le ultime stime ci dicono che, a questo ritmo, nel 2050 avremo nei mari più plastica che pesci (oggi ogni tre tonnellate di pesce ce n’è una di plastica). Perché la plastica non è biodegradabile, e una volta ingerita e metabolizzata produce effetti sugli organismi che ancora non ci sono del tutto chiari ma che certamente influenzano l’attività endocrina e in alcuni casi sono cancerogene. Come è possibile che ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscano in mare? In primis bisogna identificare un corto circuito “filosofico”: la plastica, che è un materiale nato per durare a lungo, sempre più è diventato il costituente base di quella infinita lista di prodotti che sta sotto al cappello di “usa e getta”. Cannucce, stoviglie, sporte, imballaggi di ogni genere, contenitori e così via. Abbiamo inventato un materiale potenzialmente indistruttibile e lo impieghiamo per operazioni che lo trasformano in un rifiuto in pochi secondi. Partendo da questa constatazione vale la pena aprire una riflessione sul concetto stesso di rifiuto, entrato ormai a far parte delle nostre categorie mentali come un concetto normalissimo e accettabile. Per quanto ancora possiamo andare avanti pensando di perpetrare un modello basato sull’assunto che un prodotto possa semplicemente, alla fine di una carriera sempre più breve, essere sotterrato o incenerito? Come può avere senso un approccio del genere se consideriamo i costi energetici, economici, umani e ambientali che sottendono a qualunque produzione, a maggior ragione quando si parla di materie prime non rinnovabili (la plastica è un derivato del petrolio)? Ecco allora che occorre un profondo cambio di paradigma da parte del mondo produttivo, in particolare da parte delle aziende che si occupano di produzione, distribuzione e packaging di cibo ma anche, in definitiva, da parte di tutti noi. Non possiamo più pensare che produrre rifiuti sia normale, bisogna prevenirli e riutilizzarli. E non sto parlando solo di riciclaggio (pratica pure fondamentale), al contrario ho in mente l’economia circolare, quell’approccio che, partendo dal concetto di riuso, identifica qualunque materia di scarto come potenziale materia prima per un nuovo processo produttivo. È questa la chiave, dobbiamo progettare sistemi produttivi chiusi. Abbiamo tutti gli strumenti per farlo, abbiamo imprese che lo fanno da anni, abbiamo fior di ingegneri, architetti, designer, economisti, manager che hanno già elaborato modelli, che li hanno già messi in pratica con successo. Se saremo in grado di realizzare questo salto di qualità, allora non sarà più necessario produrre plastica al ritmo attuale (300 milioni di tonnellate all’anno), perché quella che già circola, adeguatamente reimmessa nel circuito produttivo una volta a fine vita, sarà sufficiente per tutto ciò che ci serve. Non solo, ma la Commissione Europea ha stimato nella realizzazione dell’economia circolare un potenziale di crescita di quasi 4 punti di Pil su base continentale. Dunque lavoro, investimenti, nuova ricerca, oltre ai risparmi derivanti dall’evitare problemi ambientali gravi. Perché quel che è certo è che non possiamo e non dobbiamo rinunciare alla plastica, dobbiamo solo usarla in maniera intelligente se vogliamo avere un futuro su questo pianeta. La politica non è ferma, alcuni passi sono stati fatti e ci danno la cifra dell’urgenza. Recentemente in Italia è diventato illegale utilizzare microplastiche nei cosmetici e produrre cotton fioc di plastica, così come dal 2007 lo è l’utilizzo di buste non biodegradabili nei negozi. E in molti Paesi del mondo questo trend è in corso. Tuttavia non possiamo demandare la soluzione di un problema di questa portata solo alla legislazione. Noi cittadini abbiamo poi un ruolo decisivo e dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità. Come Slow Food abbiamo approvato all’unanimità una mozione su questo tema, e vogliamo lanciare prossimamente una campagna trasversale, una chiamata globale a rivedere i propri atteggiamenti di consumo e le proprie abitudini nei confronti della plastica. Pensiamo alla vita media di una cannuccia con cui gustiamo le bibite al bar (tra l’altro in molti locali ne mettono due per bicchiere, peggio ancora!): dieci secondi, tre minuti? E poi dritto nella spazzatura (e prima o poi anche in mare). O alle stoviglie di plastica, all’imballaggio che racchiude la verdura e la frutta confezionata. Oppure alle monodosi di shampoo negli hotel: una bustina o un tubetto di plastica nato per servire per il tempo di una doccia. E poi via anche questo, magari con ancora metà del contenuto. Su questo come cittadini possiamo e dobbiamo incidere. Ne parlavo l’altro giorno con la proprietaria di un albergo facendole notare che in molti posti, specialmente in nord Europa, il dispenser ricaricabile ha preso piede, con conseguente risparmio di rifiuti. Risposta? Ai clienti il dispenser non piace. È qui che dobbiamo intervenire, dobbiamo divenire clienti che chiedono il dispenser, che chiedono che non ci sia la cannuccia in plastica, che chiedono di non avere imballaggi doppi o tripli. In questo modo state certi che il cambiamento sarà più veloce. Siamo ancora in tempo, ma non possiamo non giocare questa partita in prima persona, tutti. Per noi e per i nostri figli. (vedi articolo originale)
Carlo Petrini - da Robinson – La Repubblica del 22 aprile 2018

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 aprile 2018

 

 

Nove su dieci temono il clima che cambia - il sondaggio
Per il 90% degli abitanti di Trieste e del Friuli Venezia Giulia che hanno partecipato al sondaggio online "Cambiamenti climatici in Fvg: cosa ne pensi?", gestito dall'Arpa su input del quartier generale della Regione di piazza Unità, i mutamenti del clima rappresentano un problema da non sottovalutare e gli effetti sono già oggi visibili anche in questo territorio cittadino e regionale. È questo il più significativo dei risultati del sondaggio lanciato a novembre 2017, predisposto per l'appunto dall'Osservatorio meteorologico regionale (Osmer) dell'Agenzia regionale per l'Ambiente (Arpa) al fine di valutare la percezione della cittadinanza proprio sul tema dei cambiamenti climatici. L'87% dei partecipanti, si legge in un comunicato stampa della Regione stessa, ha riscontrato personalmente che il clima è cambiato, rilevando tra gli effetti principali la riduzione dei ghiacciai e dell'innevamento, oltre all'aumento degli eventi estremi. Il 69% ritiene che i mutamenti climatici siano dovuti alla sola attività umana, mentre per il 24% sono dovuti sia all'attività umana che a cause naturali. Il sondaggio, prosegue la nota della Regione, contiene anche interessanti risultati sulla percezione di quali saranno gli impatti più rilevanti dei cambiamenti climatici sui territori di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Il progetto è stato gestito da Arpa-Osmer, aggiunge il comunicato stampa, «senza ricorrere a risorse esterne e utilizzando strumenti gratuiti disponibili sul web. La rilevazione non è quindi una rilevazione condotta con tecniche e strumenti propri delle indagini demoscopiche, sebbene il notevole numero di persone che hanno compilato il questionario, 3.400 persone, di cui 3.200 residenti in regione, fa ritenere di grande interesse le risposte raccolte. I risultati preliminari del sondaggio sono pubblicati sul sito arpa.fvg.it e sul sito tematico meteo.fvg.it.

 

 

«C'è Porto vecchio che fa sognare» - Il presidente regionale della Fiaip Piccoli: «Area il cui sviluppo desta interesse»
«Trieste oggi regala anche un sogno, che è quello dello sviluppo del Porto vecchio che fa incantare anche quanti intendono investire a livello immobiliare». Leonardo Piccoli, presidente provinciale di Fiaip, nell'analizzare le rilevazioni effettuate in città e che verranno sviscerate il prossimo mese di giugno nel corso della presentazione del Borsino immobiliare, non può non soffermarsi sulle cifre che raccontano di una Trieste che ha inserito la marcia e fa da locomotiva della ripresa dell'intera regione. Senza percentuali a due cifre, comunque anche le altre province registrano un trend positivo delle compravendite. Nella provincia di Gorizia passano, dal 2016 al 2017, da 1.558 a 1.600 (+2,6%); a Pordenone da 2.789 a 2.900 (+3,8%); a Udine da 5.477 a 5.700 (+4%). «È il terzo anno che si evidenzia un segno positivo su tutta la regione - sottolinea Piccoli - dopo un periodo buio iniziato con il decreto Salva Italia del 2011, il primo atto del governo Monti, che inaspriva le tasse sulla casa e reintroduceva l'Imu sulla prima casa. Nel 2012 - sottolinea Piccoli - in regione registrammo un calo delle compravendite del 35 per cento: un disastro». Lentamente il Friuli Venezia Giulia sta riprendendo fiato. «Un recupero - osserva il presidente - dovuto anche al fatto che la casa torna ad essere il miglior investimento, confermato dalla crescita di persone che acquistano anche seconde case da mettere a reddito, da destinare all'affitto. Alla "carta", ovvero a obbligazioni e azioni, si preferisce il mattone». A proposito di investimenti, Piccoli indica tre zone in Fvg tra le più quotate a livello turistico: il waterfront triestino, Grado e Lignano. In regione si guarda con interesse anche alla performance di Sappada, di recente approdata in Friuli Venezia Giulia. «Se da un lato aumenta il numero delle compravendite, dall'altro resta ancora basso il valore patrimoniale degli immobili - spiega il presidente -, che si attesta a meno 5 per cento rispetto ai valori che si riscontrano in altre regioni e senza tener conto che nel resto d'Europa sono superiori del 14 per cento». «La richiesta, l'interesse che ruota attorno alla nostra regione e i buoni risultati degli ultimi anni - aggiunge - ci fanno comunque ben sperare in un recupero anche dei valori patrimoniali». Nella nostra regione, la casa è da sempre un valore importante. «L'85 per cento dei residenti in Friuli Venezia Giulia - riferisce il vertice Fiaip - è proprietario di prima casa, un primato in Italia che sottolinea il valore che in questa regione assumono gli immobili». C'è un aspetto che però preoccupa Piccoli: «Dopo la Liguria siamo la regione con la popolazione dall'età media più avanzata, ci sono realtà che perdono molti residenti anno dopo anno, e questo non è positivo per il mercato immobiliare».

(l.t.)

 

 

Giornata mondiale della terra - 12,7 milioni di tonnellate di plastica nel mare

Oggi in 192 Paesi si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Si mobilita il Movimento Ecologista Ecoitaliasolidale: fra bottiglie, tappi, rivestimenti, imballaggi, 12,7 milioni di tonnellate inquinano il mare».

 

 

Scarpe comode e buone letture - A spasso per il Carso e dintorni con i tour di Curiosi di natura
A spasso per il Carso e dintorni, respirando da vicino sia la natura che i prodotti enogastronomici del territorio. È quanto racchiude anche quest'anno il cartellone di "Piacevolmente Carso-Primavera", ciclo di passeggiate a cura della cooperativa Curiosi di natura, progetto distribuito fino al 3 giugno lungo sette percorsi disegnati dai versanti carsici (interni e costieri) lambendo il tratto goriziano e sloveno, toccando Aurisina, Trebiciano, la dolina di Orlek, il sentiero Riselce di Sgonico e ancora zone classiche dell'entroterra triestino, come la Val Rosandra, Monte Grisa e le "casite" di Banne. Aperto a tutti, anche a coloro che non masticano escursioni da tempo, che hanno magari i muscoli appannati e sono poco propensi alle lunghe distanze, prediligendo un sano andamento lento tra boschi, stagni e grotte, con un pensiero inoltre rivolto all'immancabile sosta in qualche ristorante tipico targato "Sapori del Carso", il circuito che offre lo sconto del 10% ai partecipanti alle gite. Le escursioni si tengono di domenica, dalle 9.30 alle 13 circa, con ritrovo 20 minuti prima al punto di partenza. Per i più mattinieri, la prossima uscita della stagione è oggi: si andrà "Da Devetachi a Nova Vas"; domenica 29 si percorrerà invece "Il sentiero Riselce", a Sgonico. Domenica 13 maggio escursione "Da Opicina al Monte Grisa": tra i boschi, con ampi panorami su Trieste e il mare e domenica 27 si farà invece una passeggiata "Sopra la Val Rosandra". Infine, domenica 3 giugno, "Tra Trebiciano e Banne": fra boschi, doline e grotte, stagni, muretti a secco e casite carsiche. Sono consigliate scarpe da trekking o con suole antiscivolo. Il format delle escursioni prevede il corredo di letture a tema. Informazioni e prenotazioni visitando il sito www.curiosidinatura.it, scrivendo a curiosidinatura@gmail.com o al cell. 3405569374.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 aprile 2018

 

 

LO STUDIO DI REGIONE E CRO - Esami sui servolani «Nessun allarme»

«Lo studio non evidenzia risultati sostanzialmente significativi rispetto alla presenza di inquinanti nelle urine delle persone». Lo afferma Diego Serraino, responsabile del progetto e direttore della Struttura organizzativa complessa di Epidemiologia oncologica del Cro di Aviano. L'osservazione riguarda i risultati dello studio pilota per il "Monitoraggio biologico umano" delle persone residenti in prossimità della Ferriera di Servola e della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone. La ricerca è stata commissionata dalla Direzione centrale Salute della Regione e condotta dal Cro di Aviano, in collaborazione con le Aziende sanitarie 1 e 2 e con l'Arpa. Le analisi di laboratorio, particolarmente complesse, sono state affidate al Centro diagnostico ambrosiano Cedam di Milano. L'indagine ha riguardato complessivamente 151 persone suddivise in tre gruppi: 50 (25 uomini e 25 donne tra i 18 e i 74 anni) scelte casualmente dall'elenco dei residenti da almeno cinque anni entro un raggio di 800 metri dalla Ferriera; altre 50 con le medesime caratteristiche, residenti da almeno cinque anni entro 1.300 metri dalla centrale A2A; un terzo gruppo di 51 volontari ricoverati nell'ospedale di Gorizia, non residenti né a Trieste né a Monfalcone, omogenei per età e sesso ai gruppi precedenti, utilizzato come riferimento comparativo. Lo studio è stato condotto su un numero limitato di persone per verificare le metodologie di campionatura e di rilevamento degli inquinanti e per valutare la fattibilità e l'opportunità di una eventuale successiva indagine su una fascia di popolazione più ampia. È stato necessario contattare un numero di residenti più di due volte superiore all'obiettivo prefissato. In particolare a Monfalcone l'adesione è stata del 40% rispetto alle persone contattate e del 41% a Servola, con una maggiore disponibilità tra le donne. «L'adesione può considerarsi bassa, essendo nettamente al di sotto del 75% atteso», osserva Serraino. Oltre una ventina gli inquinanti atmosferici misurati nelle urine, in prevalenza metalli pesanti. Nella gran maggioranza delle persone non sono stati rilevati valori superiori ai limiti di laboratorio. Nessun inquinante atmosferico è stato riscontrato in 33 persone su 50 a Monfalcone e in 32 su 50 a Servola. «In sostanza - evidenzia Serraino - risulta che i casi con valori alterati sono pochi e riguardano prevalentemente la presenza nelle urine di cotinina, alcaloide del tabacco e metabolita della nicotina, riconducibile al fumo da sigaretta».

 

 

Pressing in coro da Muggia «Sito inquinato da rivedere»
Il Consiglio comunale vota all'unanimità il documento presentato da Finocchiaro - «La giunta Marzi si mobiliti con i diversi enti per liberare le aree non contaminate»
MUGGIA - Riperimetrare la zona del Sito inquinato d'interesse nazionale di Trieste. Con voto unanime il Consiglio comunale di Muggia ha approvato la risoluzione presentata dal consigliere Marco Finocchiaro (Pd) durante l'ultima riunione dell'assemblea. Sin È una storia oramai ultradecennale quella del Sito inquinato, iniziata nel 2001 con l'inserimento dell'area del porto industriale di Trieste nei siti inquinati a cui si applicano «gli interventi d'interesse nazionale per la bonifica e restituzione ad usi legittimi di queste aree». Il sito è ubicato a sud-est della città di Trieste e comprende un'area di circa 1.700 ettari. La parte a terra del sito occupa una superficie di circa 500 ettari, che ricade anche nel territorio comunale di Muggia, confinante ad est con il Comune di San Dorligo della Valle. La parte a mare, invece, si estende per 1.200 ettari. Di fatto un'area immensa per Muggia e la provincia che a mare prende tutto il porto industriale nuovo e di fatto tutta la costiera muggesana dal Canale industriale e Punta Ronco e a terra include Noghere e l'ex raffineria Aquila. Ambiente Nel 2014 accade l'auspicata svolta con l'introduzione dell'articolo 252-bis nel Codice dell'Ambiente, che prevede la possibilità di stipulare degli accordi di programma con soggetti privati o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse nazionale. Negli anni successivi l'Ezit (oggi in liquidazione) e l'Autorità portuale di Trieste (oggi Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale) vengono individuati come soggetti attuatori nell'ambito dell'accordo di programma sul Sin di Trieste, per la caratterizzazione rispettivamente della parte a terra e a mare/terra. Riperimetrazione Nel febbraio scorso, a seguito dell'azione svolta dalla Regione, con soggetti privati e pubblici, di concerto con il Ministero dell'Ambiente, viene chiesta la riperimetrazione del Sin - Trieste con l'esclusione di alcune aree site nel Canale industriale. Da qui la presentazione del consigliere comunale muggesano Finocchiaro di una risoluzione al Consiglio comunale che impegni il sindaco Marzi e la sua giunta ad agire nei confronti dell'Authority e del nuovo soggetto subentrante all'Ezit per completare, ove non ancora fatto, la caratterizzazione di propria competenza e nei confronti di Regione e Ministero dell'Ambiente rivedendo quindi la perimetrazione del Sin e restituendo le aree non inquinate agli usi legittimi. «Tutto ciò agevolerebbe la progettazione delle opere programmate nel nuovo bilancio sulla costa. Basti pensare alla difficoltà oppure al divieto di eseguire opere fondazionali subacquee fisse all'interno del Sin», racconta Finocchiaro. Il secondo impegno è quello di rivedere la perimetrazione a terra al fine di favorire opere edili e infrastrutturali nella zona di Noghere e con l'obiettivo di sviluppare l'industria sostenibile e retroportuale dopo lo spostamento del punto franco.

Riccardo Tosques

 

 

Spezzatino in Porto Vecchio. No di investitori e archistar.

Il colosso austriaco Siller: "Vogliamo esportare qui il modello Amburgo, ma serve la garanzia di poter acquisire tutta l'area". E Cucinella invoca un piano strategico

«Noi vorremmo fare a Trieste come ad Amburgo». A parlare è Manfred Siller, amministratore delegato della società austriaca Siller Real Estate. E ciò di cui parla è la sua idea per il Porto vecchio di Trieste: un recupero complessivo sulla falsa riga dell'operazione compiuta dal grande scalo germanico sull'Elba, i cui magazzini furono teatro di una delle più spettacolari operazioni di riqualificazione in Europa. A sentir lui, però, sulla sua strada si frappongono le istituzioni triestine: «Nessuno ha saputo dirmi finora se posso comprare l'area oppure no». Nel frattempo l'archistar Mario Cucinella interviene nuovamente sul tema Porto vecchio, proponendo un "vademecum" per le istituzioni. Il caso Siller Da due anni la società sta coltivando l'idea dell'operazione e ha coinvolto interlocutori tedeschi che hanno lavorato proprio ad Amburgo. «I nostri partner hanno operato nel recupero dell'HafenCity (il "Porto vecchio" amburghese ndr) - spiega Siller -. L'idea è esportare quel modello». Quel che serve, secondo l'imprenditore, è «un piano generale che coinvolga tutta l'area, che preveda spazio per servizi, commercio, residenziale». La cordata ha incontrato diverse volte il sindaco Roberto Dipiazza e ha avanzato una manifestazione d'interesse. L'ultima visita a Trieste è dell'autunno scorso: «Non abbiamo ottenuto molto. Fino a poco tempo fa nessuno mi aveva detto dell'esistenza della concessione di 99 anni a Greensisam - dice l'imprenditore -. Senza la garanzia di poter acquisire tutta l'area non possiamo investire soldi in progettazione. Aspettiamo di vedere se si rifaranno vivi». Le intenzioni di Dipiazza L'idea di un acquirente unico con un piano complessivo per il vecchio scalo cozza con i desideri del sindaco, che intende procedere un'alienazione alla volta, edificio per edificio. La cordata guidata da Siller non è stata l'unica a proporre un acquisto in blocco in questi anni, fanno sapere fonti comunali. Anche cordate russe e arabe avrebbero fatto lo stesso, trovando in Dipiazza un'accoglienza gioviale ma poco interesse. I consigli dell'archistar L'architetto Mario Cucinella, allievo di Giancarlo De Carlo e Renzo Piano, interviene nuovamente sull'argomento Porto Vecchio, dopo la sua visita a Trieste del settembre scorso. Secondo lui l'approccio "a spezzatino" è criticabile: «Si rischia di non sapere dove si va a finire. D'altra parte, però, anche una pianificazione troppo precisa non è necessaria, perché il mondo e l'economia cambiano molto velocemente». Secondo l'architetto è fondamentale un progetto d'insieme per gli spazi pubblici: «Serve un piano strategico di opere come giardini, pedonali, ciclabili, moli. Ancora prima di decidere cosa fare con i singoli edifici». Per Cucinella «i due piani vanno sovrapposti»: «Gli investimenti sugli edifici devono essere fatti all'interno di un progetto di uso pubblico, che deve essere strategico». Forse un piano urbanistico sarebbe uno strumento troppo rigido, prosegue, «ma serve senza dubbio una visione generale della città, pur a maglie larghe, che le dia una direzione. È un punto fondamentale». Uno strumento del genere richiede impegno e visione, riflette l'architetto: «Bisogna condividerlo con la cittadinanza in un dibattito largo. È faticoso ma è importante farlo». L'internazionalizzazione Cucinella sottolinea infine che è importante attrarre competenze da fuori città, «magari attraverso i concorsi»: «Ma anche questi vanno indirizzati con una visione politica. Avere dei buoni ingredienti non comporta per forza che la ricetta funzioni». L'indirizzo è il primo compito delle istituzioni: «La politica deve avere visione. Sottrarsi a questa significa lasciare troppo aperto il mercato di natura speculativa. Gli investimenti vanno bene, ma vanno indirizzati nell'interesse pubblico, coinvolgendo la comunità». Conclude Cucinella: «La politica non deve avere paura di farsi aiutare in questo percorso. Trieste apra un tavolo di competenze, costruendo una prospettiva assieme a diverse persone. L'occasione per la città è troppo importante».

Giovanni Tomasin

 

Italia Nostra approva il piano del Comune - «Da sempre contrari a un soggetto unico»
Italia Nostra approva il piano del Comune su Porto vecchio. «Abbiamo sempre sostenuto che non può essere un soggetto unico a intervenire sul Porto vecchio e che non bisogna usare termini impropri per descrivere il "distretto storico portuale" del Porto Vecchio - afferma la presidente Antonella Caroli -. Esistono gli strumenti urbanistici in vigore, un masterplan di Italia Nostra approvato dal ministero, una costituenda società di coordinamento tra le istituzioni, proposte concrete in essere che andranno valutate insieme alle istituzioni e realizzate in tempi brevi. È urgente che le istituzioni si muovano a livello centrale ed europeo per ottenere le condizioni essenziali che rendano competitivo ed attrattivo, non solo dal punto di vista architettonico ma anche economico, il rilancio del distretto storico portuale».

 

Gli esperti - I grandi nomi in missione ora restano a guardare
Così come sono arrivati, così se sono andati. E probabilmente non torneranno mai più. Sono gli archistar che, da tutto il mondo, hanno solcato mari e monti per raggiungere il capoluogo giuliano e vedere l'immensità del Porto vecchio, per poi non essere più richiamati. Hanno perso tempo? Chissà. Nell'ultimo anno nomi come quelli di Mario Cucinella, fantasioso progettista di opere green in diversi siti colpiti dal terremoto e non, o di Massimiliano Fuksas, che ha firmato importanti edifici in tutto il mondo come la Fiera Rho di Milano e lo Zenith Music di Strasburgo, e ancor prima i colleghi Stefano Boeri e Mario Botta, possono mettersi l'anima in pace perché un progetto complessivo su Porto vecchio per ora non è nei programmi dell'amministrazione Dipiazza. Il modus operandi per riqualificare l'area adottato adesso guarda piuttosto a procedere per gradi, senza affidare a un unico professionista l'intero scalo con una visione di insieme. L'arduo compito di riprogettare gli assi viari spetta per ora ai tecnici del Comune. Cucinella, presente a Trieste l'anno scorso in occasione dell'edizione di Trieste Next, parlava della necessità di avviare un laboratorio urbano pubblico sul Porto vecchio, che costruisse un dibattito per scoprire le esigenze di Trieste e le opportunità che il grande comprensorio potrebbe offrire. «Serve - sottolineava - una riflessione più ampia per capire qual è il ruolo e l'equilibrio che quell'area porterà a Trieste. Non si tratta solo di fare un business plan. Ho visto quello di Ernst&Young, dove si indica di mettere questo o quello, ma di "questo o quello" possiamo discutere quanto vogliamo. A mio avviso quegli spazi hanno una vocazione pubblica molto importante». La sua immaginazione ipotizzava di vivere inizialmente una fetta dello spazio, in modo che la città iniziasse pian piano ad appropriarsi del sito, magari con qualche piccola attività commerciale o ristorante: pian piano lo «aggrediamo e poi iniziamo i lavori». Fuksas invece, non meno di una settimana fa, durante una visita in Porto vecchio con Dipiazza, dopo essere stato a Capodistria - dove realizzerà la torre Capo Grande, che unirà la costa tra la città e Isola alla vetta del monte San Marco - annunciava la sua voglia di venire a lavorare a Trieste: «È l'unico luogo dove mi interessa operare». Un desiderio che forse deve mettere da parte. Porto vecchio, come «opportunità storica unica, con nuovi alberghi, sedi scientifiche, approdi nautici e nuove idee industriali, tutte inserite nel profilo costruttivo che da Opicina declina fino al golfo, al mare», vedrà difficilmente compimento. Ed esattamente un anno fa, si inaugurava a palazzo Gopcevich una mostra sulle "idee concettuali" di sviluppo dell'area del Porto vecchio realizzate da studenti del politecnico di Vienna e delle Università di Zurigo e Mendrisio. "Trieste città nuova" si chiamava l'iniziativa, promossa e coordinata dal Comune e curata dall'architetto Luca Paschini. L'assessore alla Cultura Giorgio Rossi aveva spiegato il perché della manifestazione: «Ricevere valutazioni e opportuni contributi da parte di ingegneri, economisti ed esperti in materia e al contempo dare la possibilità a chi è lontano dal contesto di esprimere proposte originali offrendo un'utile occasione di confronto». Ora i pareri di questi esperti andranno in porto?

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 aprile 2018

 

 

Urbanistica: il progetto - Il Comune ridisegna Porto vecchio - anello e spazi verdi fino a Barcola

La mappa della futura viabilita' in Porto Vecchio
Collegare Rive e Porto vecchio. Organizzare gli "spazi esterni" della zona sdemanializzata, cioè provvedere a tutto quello che non riguarda la sorte della parte edificata, alla quale provvederà l'apposita società di gestione di prossima costituzione. Garantire una buona accessibilità per le diverse funzioni esercitate nell'ambito dei 65 ettari del sito: auto, cicli, pedoni, ma anche la logistica di Adria Terminal e quella - sperabile - dell'approdo "cruise" di Msc. Il Comune mette mano a un primo intervento pianificatorio - definito "prodromico" - nel grande spazio di Porto vecchio, «per garantirne vivibilità e funzionalità», come premette il sindaco Roberto Dipiazza. Ma prestando attenzione - insistono i tecnici - a non creare rigidità urbanistiche tali da limitare lo sviluppo dell'area. L'impegno esecutivo e finanziario è ingente. Toccherà alla Soprintendenza esprimere la sua valutazione, poi tra settembre e ottobre si andrà in gara. Se non intervengono complicazioni, a gennaio 2019 potrebbero iniziare i primi lavori, in anticipo di oltre un anno rispetto all'inaugurazione di Esof 2020. Dipiazza utilizzerà una decina di milioni di euro, provenienti dal "pacchetto" di 50 milioni previsti dall'accordo stretto con Governo, Regione, Autorità portuale. Vediamo allora, con una gita virtuale, come il Comune intenda impostare mobilità, circolazione, fruibilità del Porto vecchio. Fase 1 Il cittadino-visitatore imbocca la strada-ciclabile a senso unico, più o meno dove si erge l'ex Casa del lavoratore portuale. La carrabile-ciclabile procede in direzione di Barcola tenendo alla sua destra l'asse ferroviario: la carreggiata avrà un'ampiezza di circa 6 metri, cui si aggiungerà lo spazio per i ciclisti. La nostra staffetta guida/pedala dietro il Magazzino 26, vede la centrale idrodinamica, la sottostazione elettrica. Poi vira verso il mare e punta - stavolta in doppio senso - in direzione di Barcola, rasentando il costruendo parking e fendendo il terrapieno. Lunghezza dell'itinerario circa 3 chilometri. Fase 2 All'andata segue il ritorno. Stavolta l'autista/ciclista prenderà la direzione Rive: ovviamente in doppio senso da Barcola fino al Polo culturale (Magazzino 26, centrali, ecc.), poi riecco un senso unico che corre tra la prima e la seconda fascia di edifici, fino all'ex Casa del lavoratore portuale. L'idea, visibile sulla mappa, è quella di un "ring" che organizza la mobilità attorno agli edifici del Porto vecchio. Fase 3 In mezzo ai due sensi di marcia andata/ritorno viene allestito uno spazio verde (giochi per bambini, attrezzature sportive) che si dipana dalle Rive fino a Barcola. Un "parco lineare" - lo definisce il sindaco - che procede a sua volta per 3 chilometri tra la seconda e la terza fila di edifici. Camminatori, corridori, famiglie sono i benvenuti.Il titolo è "Progetto per la viabilità e per la sistemazione delle aree esterne del Porto vecchio". Una decina tra tecnici e consulenti della Pianificazione territoriale municipale, coordinati dal mobility manager Giulio Bernetti, ha svolto il lavoro in circa sei mesi. Tenendo conto delle iniziative in corso e di quelle ipotizzate, di stimoli e suggestioni, delle necessità operative segnalate dall'Autorità portuale. Il "ring" avvolge e serve - nelle intenzioni di Dipiazza - le diverse attività e le varie esigenze che si vanno delineando: il "blocco" Greensisam, un eventuale scalo crocieristico Msc, l'Adria Terminal, il Polo culturale, l'intramontabile "fish market". Fino alla rotatoria di collegamento con viale Miramare e, a seguire, sino al parcheggio che sarà realizzato al termine settentrionale di Porto vecchio in tempo per la Barcolana 2018: tra un mese, agli ordini dell'appaltatore Innocente & Stipanovich, entreranno in azione le ruspe.

Massimo Greco

 

«No al piano unico - Un passo per volta» - La filosofia di Dipiazza: «L'intera partita va affidata a più di un soggetto. In passato soldi spesi senza risultati»
Il termine "spezzatino" lo irrita, perché dice che non rappresenta quanto lui voglia e intenda per governare Porto vecchio. E lo dice mentre apre la mappa del sito sdemanializzato, nel quale sono segnati gli interventi che disegnano l'infrastrutturazione viaria e logistica di Porto vecchio. È montata la discussione pubblica sui criteri con cui amministrare e promuovere una grande potenzialità metropolitana, le critiche al sindaco vertono sulla frammentazione delle proposte, mancherebbe una logica progettuale unificante. «Macché spezzatino - esclama Roberto Dipiazza - ecco il primo atto pianificatorio che abbiamo impostato. Abbiamo preso in carico Porto vecchio il primo gennaio 2017, il tempo di studiarlo e c'è la nostra prima risposta. Strade, parcheggi, rotatoria, spazi verdi ... Lavori per 10 milioni, cantieri aperti nella prima metà del 2019». Dipiazza, aldilà del merito contenuto nel progetto sulla viabilità e sulle "aree esterne", ne approfitta per spiegare il suo approccio con i 65 ettari che si estendono dalle Rive a Barcola. «Non voglio affidare l'intero progetto a una sola figura o a un solo studio professionale - scandisce il primo cittadino - mi sembra che di soldi se ne siano già spesi abbastanza con grandi nomi ... Penso ai milioni spesi da Pierluigi Maneschi o dal duo Maltauro-de Eccher: sono passati Botta, Boeri ... Disegni su disegni. E poi? Cosa è rimasto?». Polvere: si strofina le dita per una plastica sottolineatura della vanità di tanta produzione cartacea. Allora? Allora Dipiazza, in coerenza con la sua mentalità e la sua esperienza, preferisce una modalità graduale, capitolo per capitolo, basata sul costante controllo pubblico delle operazioni: «Intanto con questo piano il Comune si assume in prima persona la messa a punto dell'accesso, della mobilità, delle iniziative nelle zone non occupate dagli edifici». A seguire decollerà la società, anch'essa pubblica (partecipata anche dalla Regione), chiamata invece a gestire la parte edificata o, meglio, da edificare. «Intanto - prosegue Dipiazza - organizziamo quello che già c'è e che probabilmente ci sarà». Il dito viaggia sulla mappa: «Greensisam, approdo crocieristico di Msc, Polo culturale, fish market ... E siamo solo all'inizio». Dipiazza lo dice in tralice, commentando l'inopportunità di affidare le operazioni a un solo soggetto progettuale privato: in questi casi l'ente pubblico committente/appaltante si accorda con il privato affinché siano poi messi a disposizione del pubblico spazi, siti, luoghi... Ma quasi sempre il privato si tiene i bocconi migliori e molla gli scarti all'ente pubblico. Un rischio che il sindaco non vuole correre. E vuole tenere il filo dell'operazione, per quanto possibile, nelle sue mani.

magr

 

Il Prg a misura di Parco del mare - Approvata la variante che apre la strada alla struttura dietro alla Lanterna
Dopo innumerevoli anni di rumore e polemiche il Parco del mare approda al primo, "vero", atto amministrativo che lo riguarda. Ieri la giunta comunale di Trieste ha approvato una serie di modifiche al piano regolatore, inclusa quella che dovrebbe rendere possibile la realizzazione di un acquario nell'area della Lanterna. Spiega l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli: «Con la delibera abbiamo approvato il recepimento della redigenda variante al piano regolatore portuale che appunto renderà possibile l'opera. Il Comune fa proprio il contenuto di quella variante, siglando la compatibilità dello strumento urbanistico con il progetto del Parco del mare alla Lanterna». Nella delibera non c'è alcun riferimento diretto al Parco del mare, «ma la tipologia urbanistica indicata è indirizzata a una serie di servizi incluso quello in cui possiamo inquadrare gli acquari», dice Polli. Conclude cauta l'assessore: «Se poi i privati cambieranno idea e vorranno fare qualcos'altro di compatibile starà a loro. In questo momento il Parco del mare è realizzabile, questo è il punto. Il primo passo è stato fatto». Inevitabilmente la notizia suscita la gioia di Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia e primo sostenitore del progetto: «È una storia lunga, tipicamente italiana, ma che finalmente vede la luce. È ormai dal 2004 che il Parco del mare è per la Camera di commercio il grande attrattore per la definitiva svolta in chiave turistica di Trieste e della Venezia Giulia». Paoletti prefigura un futuro luminoso di visitatori che si rifrangono su tutto il territorio regionale, «da Grado al Collio, da Gorizia a Trieste passando per il Carso». Ora Dipiazza, «con cui stiamo dialogando e collaborando fattivamente», fa a Paoletti il regalo più atteso: «Un indirizzo chiaro per un obiettivo lungamente rincorso e che grazie a questa amministrazione comunale e alla collaborazione dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, inizia ufficialmente il proprio percorso amministrativo per trovare la sua concreta e definitiva realizzazione». Resta da stabilire chi sarà il socio privato che verrà ad aggiungersi alla Cciaa e alla Fondazione CRTrieste per trasformare l'idea di Paoletti in un cantiere. Anche perché negli ultimi tempi la Fondazione sembra aver tirato un po' il freno, ponendo alla Cciaa delle questioni su come dovrebbe procedere il progetto. Anche il cambio al vertice della Regione si riverbererà con tutta probabilità sulle prospettive del Parco. Comunque ora più vicino alla realizzazione.

Giovanni Tomasin

 

 

Semina di mais OGM, assolto Fidenato. Il giudice: per la legge non e' reato

Il leader di Agricoltori Federati Giorgio Fidenato è stato assolto dalla accusa di aver violato il divieto di semina di mais Ogm anche per la semina 2015 nel campo di Colloredo di Monte Albano (Udine). Per il giudice monocratico del tribunale di Udine Carlotta Silva «il fatto non è previsto dalla legge come reato». Assoluzione anche per Leandro Taboga, proprietario del terreno di Colloredo di Monte Albano. Lo ha riferito il loro avvocato Francesco Longo. La pronuncia discende dalla sentenza della Corte di Giustizia europea che a settembre aveva fornito l'interpretazione autentica del regolamento comunitario 1829 del 2003. «Abbiamo sostenuto l'ingiustizia dell'imputazione perché si basava su un decreto dichiarato non conforme alla norma comunitaria da parte della Corte europea - ha spiegato il legale - Lo Stato non poteva intervenire con un potere cautelare in assenza dei presupposti per poterlo esercitare. La pronuncia presuppone che il giudice abbia disapplicato l'atto amministrativo. Fin dall'inizio era evidente che la loro attività era consentita». «Semineremo ancora. Dove e quando, lo diremo a semina avvenuta per evitare problemi di ordine pubblico», ha detto Fidenato. Marco Perduca dell'associazione Coscioni ha affermato che «quel che non è proibito deve esser consentito. Grazie all'Europa è stata messa fine a una proibizione tutta italiana, ora il Governo faccia sapere che non esistono sanzioni penali per chi semina mais geneticamente migliorato e smetta di ostacolare la coltivazione».

 

 

La giunta di Muggia congela le tariffe della tassa sui rifiuti -
Scongiurati aumenti per utenze domestiche e negozi - Il sindaco Marzi: «Costi tra i più bassi dell'intera provincia»
MUGGIA - A Muggia non vi saranno aumenti sulla Tari per il 2018. La buona notizia è stata confermata durante l'ultima riunione del Consiglio comunale durante l'approvazione della tariffa della tassa sui rifiuti. Dopo l'aumento (in alcuni casi) sino al 30% registrato lo scorso anno, per l'anno in corso rimarrà tutto invariato. «L'entrata tributaria della Tari nel 2018 conferma quella del 2017 e non comporta, pertanto, alcun aumento di costi da spalmare sulle tariffe dei cittadini. La tariffa che resta allineata, in alcuni casi più favorevole, degli altri comuni dell'area giuliana», racconta il sindaco muggesano Laura Marzi. Come vuole la legge, la tassa sui rifiuti deve coprire per intero i costi del servizio di gestione dei rifiuti essendo questo il tributo destinato a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento ed è dovuta da chiunque abbia il «possesso, l'occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo e anche di fatto, di locali o di aree scoperte a qualunque uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati». Calcolate su base annuale, dopo l'introduzione del nuovo sistema di raccolta "porta a porta", le tariffe resteranno complessivamente invariate sia per le utenze domestiche sia per quelle degli esercizi commerciali - il costo del servizio è suddiviso al 61% sulle utenze domestiche ed il 39% su quelle non domestiche - tenendo in considerazione i valori derivanti dalla percentuale quota fissa (che si riferisce alla superficie dell'immobile) e da quella variabile (che fa riferimento al numero di persone che compone il nucleo famigliare). Il Comune ha tenuto comunque a precisare che «qualche tariffa potrebbe presentare in qualche caso una qualche minima variazione, ma non perché le aliquote siano state in alcun modo soggette di un aumento, quanto piuttosto per la differente composizione del nuovo piano economico finanziario del servizio», che vede un differente riparto tra appunto la cosiddetta "quota fissa" e la "quota variabile" collegato al differente sistema di raccolta e smaltimento. Come già dichiarato in occasione della scoperta di un 10% circa delle utenze non in regola con i pagamenti della tassa sui rifiuti, il nuovo sistema di raccolta, proprio in quanto singolarmente fornito, sta permettendo al Comune di meglio conoscere gli effettivi destinatari del servizio. «La puntuale verifica delle posizioni tributarie sta, infatti, portando all'identificazione di diverse irregolarità e di diversi evasori - ha concluso il sindaco Marzi - e la regolarizzazione di queste posizioni, una volta opportunamente verificate, porterà o a ripartire i costi su un maggior numero di posizioni tributarie e, di conseguenza, ad una riduzione delle tariffe per gli altri contribuenti oggi in regola». Introdotta nel 2014, la Tari sostituì la Tares - in vigore solo per il 2013 - che a sua volta aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi.

Riccardo Tosques

 

San Dorligo della Valle / Dolina - Raccolta del secco residuo anticipata tra martedì 24 e mercoledì 25 aprile
Raccolta rifiuti anticipata a San Dorligo della Valle nella notte tra martedì 24 e mercoledì 25 aprile. L'Area Servizi sul territorio del comune di San Dorligo della Valle - Obcina Dolina comunica infatti che, in via eccezionale, la raccolta del secco residuo di mercoledì 25 aprile, verrà anticipata a partire dalle 4 del mattino, causa orario ridotto dell'impianto di destino. Il Comune raccomanda quindi a tutti i cittadini di esporre i sacchi rosa a partire dalla serata di martedì 24 aprile.

 

A Muggia portano via l'erba sfalciata dopo 21 giorni - La lettera del giorno di Pietro Mezzoli
Sono uno dei tanti detentori di un giardino di proprietà a Muggia. A suo tempo abbiamo preferito non lastricare gli spazi, optando per una salvifica,per noi, distesa di prato all'inglese.Queste dispettose graminacee hanno,però, un brutto difetto: con il tepore primaverile e le piogge frequenti tendono,ahimè,a crescere velocemente.Prima d'intraprendere l'operazione di taglio e memore di notizie non proprio rassicuranti, mi armo di pazienza e prendo in mano la brochure della Net. Digito il numero indicato pensando si riferisse ad un servizio operativo invece mi risponde il Comune di Muggia, dove la gentile operatrice mi informa che quei "bricconcelli" della Net hanno sbagliato ad inserire quel numero e mi devo rivolgere ad un Numero verde - in provincia di Udine- dove alla mia richiesta per il ritiro del sfalcio mi rispondono dandomi un appuntamento per il giorno 8 maggio, 21 giorni(ventuno) dalla mia richiesta. Altrimenti potevo portare, a mia cura, tutta l'erba che volevo al Centro di raccolta. Tanto per chiarire, tendo a precisare: pago regolarmente le tasse; non rientro nel famoso 10% degli evasori muggesani della Tari.

 

 

I candidati alla prova dell'ambiente - Dalla Ferriera di Servola alla A2A di Monfalcone fino al turismo, ecco le ricette dei quattro aspiranti presidenti
TRIESTE - Ambiente, territorio, vocazione turistica. Parte da qui il confronto fra i quattro candidati alle elezioni regionali del 29 aprile che Il Piccolo ospiterà nei prossimi giorni, a partire da oggi. Minimo comune denominatore, tra le proposte di tutti gli aspiranti governatori, la convinzione di dover affrontare questioni ambientali - nodo inquinamento in testa - e prospettive di rilancio turistico con un approccio integrato e unitario, pena il rischio di produrre danni potenzialmente irreparabili. Ecco allora il richiamo dell'autonomista Sergio Cecotti all'adozione di nuovi strumenti di governance del territorio; l'impegno del candidato di centrodestra Massimiliano Fedriga a predisporre un piano strategico ad ampio raggio come alternativa agli inutili, e a volte deleteri, interventi settoriali. E ancora la determinazione del democratico Bolzonello nel proseguire sulla rotta della regia unica avviata negli ultimi 5 anni di amministrazione di centrosinistra, e il richiamo del pentastellato Alessandro Fraleoni Morgera a mettere in campo proposte e soluzioni concrete. Le stesse che, denuncia il candidato M5s, per troppi anni i partiti di centrodestra e centrosinistra hanno consapevolmente, e colpevolmente, evitato di adottare per non "disturbare" eccessivamente gli interessi della grande industria. Il riferimento è prima di tutto alla Ferriera di Servola, ma anche alla centrale A2A di Monfalcone. Realtà, quest'ultima, che secondo Cecotti va affrontata in modo netto. Quale? Imboccando la strada della decarbonizzazione. Ma parlare di ambiente, come detto, significa anche parlare di turismo. Prima di tutto, secondo Bolzonello, quello "slow", scelto ormai da migliaia di persone attratte dal Friuli Venezie Giulia proprio per la possibilità di godere delle bellezze del territorio - a partire da quello della campagna affidata alle tante e preziose aziende agricole -, con i ritmi lenti e a misura di famiglie. Senza dimenticare però, ribadisce l'ex governatore Cecotti, le tante declinazioni del turismo in regione: da quello artistico a quello enogastronomico, da quello sportivo a quello di carattere magico-mitico. Di carte da giocare su questo fronte, insomma, il Friuli Venezia Giulia ne ha molte. Per valorizzarle però, sottolinea Fedriga, è necessario coinvolgere e ascoltare i tanti attori in campo: dagli operatori turistici alle Pro loco, dalle guida agli albergatori e gli agenti di viaggio. Senza dimenticare ovviamente, insiste il leghista, gli enti locali, rispetto ai quali la Regione deve svolgere un'azione di coordinamento. Quanto alle priorità per l'azione a tutela del territorio, ognuno ha le sue. E nell'elenco spunta anche quale indicazione di nicchia, come la tutela dei pozzi artesiani invocata da Fraleoni Morgera.

Diego D'Amelio

 

ALESSANDRO FRALEONI MORGERA (5 Stelle) - «Basta collusioni con l'industria»
TRIESTE - «La Ferriera di Servola, la diossina fuori controllo nel Maniaghese, i fanghi industriali del lago di Cavazzo, le emissioni della centrale A2A di Monfalcone, gli odori molesti della Siot, i pozzi artesiani della Bassa friulana, le grotte del Carso invase da idrocarburi, l'amianto abbandonato sul Cellina, i giardini inquinati di Trieste». Quando si chiede ad Alessandro Fraleoni Morgera quali siano i problemi ambientali del Fvg, il candidato non si ferma più. «Non c'è crisi ambientale - dice il grillino - che non veda il M5s in prima fila, puntualmente contrastato da centrosinistra e centrodestra, sempre attenti a non disturbare la grande industria». Secondo Fraleoni Morgera, «per il M5s stare dalla parte dell'ambiente e della salute dei cittadini significa fare proposte concrete: controlli implacabili sui livelli di inquinamento come nel caso dei nostri test sui polli del Maniaghese, bonifiche delle aree inquinate, chiusura degli impianti che non rispettano i limiti di legge, incentivi per la loro riconversione, stop all'incenerimento dei rifiuti e appoggio convinto alle politiche per il riciclo, riuso e recupero dei rifiuti. E ancora: stop ai rigassificatori e a nuove centrali a combustibili fossili». Fraleoni non dimentica poi nodi quali «l'efficientamento del servizio idrico, misure urgenti contro il dissesto idrogeologico, tutela dei pozzi artesiani, delle aree protette e della biodiversità vegetale e animale. Su queste basi potremo promuovere un turismo più verde e sostenibile, leva fondamentale per la crescita economica della nostra regione».

(d.d.a.)

 

MASSIMILIANO FEDRIGA (Lega Nord)  - «Regia unica e più confronto»
TRIESTE - Massimiliano Fedriga propone un punto di vista "olistico" per misurarsi con i nodi dell'ambiente, del territorio e del turismo: «Serve un approccio non settoriale, come fatto finora. Politiche ambientali, identità territoriali e sviluppo turistico devono far parte di un unico piano strategico che consenta l'ottimizzazione degli investimenti». Per il candidato del centrodestra, «far questo significa individuare modelli di governance del territorio che devono avere come attori principali i Comuni, cui sommare gli esperti del settore: operatori turistici, guide, pro loco, albergatori e agenti di viaggio. Alla Regione spetta, invece, il delicato compito di coordinare le diverse realtà per fare sistema». Secondo Fedriga, il Fvg ha «un patrimonio ambientale e culturale ricchissimo che va preservato, valorizzato e pubblicizzato. Tale obiettivo può essere raggiunto con una semplificazione del quadro normativo e con una collaborazione sinergica tra pubbliche amministrazioni e privati, anche attraverso la formazione del personale, degli operatori e dei cittadini». L'impegno è a «cambiare passo attraverso il continuo confronto: da una politica ambientale volta solo a reprimere e chiusa su se stessa (e abbiamo visto che questo in realtà ha portato talvolta al mancato presidio e cura del territorio) a una gestione ambientale sostenibile che si confronti con tutti i settori, dalle infrastrutturazioni all'urbanistica, all'agricoltura. Una gestione in progress che rispetti i tempi dell'economia e le necessità delle comunità».

(d.d.a.)

 

SERGIO CECOTTI  (Patto per l'autonomia) - «Arpa inefficace Va riformata»
TRIESTE«La priorità è rifondare gli strumenti di governo ambientale del territorio». Sergio Cecotti, leader del Patto per l'autonomia, si cala anzitutto nelle necessità tecniche per la tutela dell'ecosistema del Fvg. Per l'ex governatore, «Valutazione di impatto ambientale (Via) e Valutazione ambientale strategica (Vas) non sono più momenti partecipativi e pratiche efficaci sul piano scientifico, ma inutili passaggi burocratici». Il candidato pensa inoltre a una riforma dell'Arpa, sottolineando che «l'assenza di strumenti credibili di politica ambientale ha prodotto situazioni assurde come l'elettrodotto aereo Redipuglia-Udine e l'area a caldo della Ferriera di Servola. Serve poi un piano energetico "vero", che affronti i nodi a partire dalla decarbonizzazione della centrale di Monfalcone». Per la sicurezza del territorio, «la priorità sono le manutenzioni ordinarie e straordinarie delle opere di difesa del suolo dal rischio idrogeologico non effettuate in questi anni. Cento milioni di euro serviranno inoltre contro gli effetti dei mutamenti climatici». Alla cura del territorio si collega il turismo e Cecotti ritiene che vada «riqualificato quello "classico" montano e marino, in particolare con l'ammodernamento delle strutture ricettive». C'è poi un secondo asse: «lo sviluppo dei turismi tematici (ambientale, enogastronomico, culturale, artistico, sportivo, religioso, magico-mitico) il cui aggregato produce numeri di tutto rispetto. Su questi temi il Fvg più filo da tessere di altri. Ma bisogna crederci, pianificare e impegnarsi». (d.d.a.)

 

SERGIO BOLZONELLO (PD) - «Amianto zero e Sin bonificati»
TRIESTE«Un territorio curato e un ambiente sano sono elementi che valorizzano il turismo». Ed è alla luce di questo principio che Sergio Bolzonello, leader del centrosinistra, mette in campo «quelli che sono chiaramente tanti progetti per il Fvg e che passano per la conclusione della bonifica dei siti inquinati di Trieste e Torviscosa alla risoluzione degli storici problemi dell'Isontino sul fronte della depurazione delle acque». Bolzonello ricorda inoltre di avere «nel programma l'obiettivo amianto zero negli edifici attraverso gli aiuti della Regione, che possono essere implementati sia per lo smaltimento che per i lavori successivi». L'esponente del Pd ritiene inoltre che «un ruolo strategico è legato alle aziende agricole, preziose per valorizzare il territorio continuando a far progredire quel turismo "slow" che attrae sempre più persone. Anche i giovani stanno scoprendo il fascino dell'agricoltura e sempre di più scelgono di investire sulla terra: una decisione che alcuni anni fa poteva sembrare coraggiosa e che oggi li ha premiati». Sul turismo bisogna invece «proseguire su quanto avviato in questi anni dalla Regione, perché i numeri stanno premiando le nostre scelte con un milione in più di soggiorni e oltre 1.500 assunzioni nelle attività di alloggio e ristorazione. Quindi valorizzazione del territorio, penso anche al Collio/Brda che deve diventare patrimonio Unesco, e formazione delle persone. Tutto questo sotto una regia unica per tutta la regione perché non possiamo pensare a compartimenti stagni».

(d.d.a.)

 

 

POMERIGGIO - INCONTRO URBI ET HORTI

Alle 15, incontro nell'orto di Borgo S. Sergio (davanti Habitat Microarea, via Grego 48) su "Orticoltura pratica" con il maestro contadino Roberto Marinelli.

 

 

Predatori alati del Friuli Venezia Giulia.

Alle 18.30, nella sede dell'Alpina delle Giulie di via Donota 2 (IV p.), Enrico Benussi terrà una conferenza con immagini dal titolo: "Predatori alati, ma non solo, del Friuli Venezia Giulia. Dove vivono e come possiamo proteggerli". L'ingresso è libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 aprile 2018

 

 

Ortofrutticolo all'ex Duke - Il Comune si prende l'area
Ezit in liquidazione ha aggiudicato la struttura a un milione e 190 mila euro - Il sindaco Dipiazza: «Nel 2019 il trasferimento e Campo Marzio sul mercato»
Se tutto procede come Roberto Dipiazza immagina, tra un anno gli operatori all'ingrosso del Mercato ortofrutticolo potranno vendere il loro prodotto nel capannone ex Duke in via Ressel, capannone di 2515 metri quadrati che il Comune si è aggiudicato ieri mattina e che provvederà a ristrutturare nei prossimi mesi. Il commissario liquidatore dell'Ezit, Paolo Marchesi, ha comunicato nella tarda mattinata che sull'area ex Duke era pervenuta una sola offerta, quella del Comune, pari a un milione 190 mila euro, valore di poco inferiore alla stima del bene. Dipiazza era comprensibilmente contento, perché, come dicono i giocatori di biliardo, ha fatto filotto: sposta il mercato in zona industriale (tra l'altro nel territorio comunale di San Dorligo) e libera l'ampio perimetro Campo Marzio-Giulio Cesare-Ottaviano Augusto che oggi ospita la struttura mercatale. Perimetro che cinge un'area di prelibata qualità urbanistica e immobiliare, in quanto posta sulle Rive, a quattro passi dal centro, ben servita dal trasporto pubblico. Dipiazza ritiene realistico metterla sul mercato nella seconda parte del 2019, dopo che il Municipio avrà riallestito il Mercato ortofrutticolo nella nuova sede. Valore di 26 milioni di euro. Il sindaco già prevede e pregusta la trasformazione della vecchia e sciupata area annonaria in qualcosa di prestigioso: per dimostrare il livello di attenzione suscitata dal perimetro davanti alla Sacchetta, squaderna il primo progetto di massima che gli è stato consegnato la settimana passata: non vuol fare nomi, ma parla di un investimento da 90 milioni di euro, con un cronoprogramma di due anni e mezzo. Investimento articolato in alberghiero, residenziale, direzionale, sportivo, commerciale. L'uno-due galvanizza il primo cittadino. «Siamo finalmente venuti a capo di una procedura durata un anno e mezzo, quando avremo effettiva disponibilità dell'ex Duke bandiremo una gara per progettarne ripristino e riconversione». Davanti al capannone sarà realizzata una caffetteria e il Mercato - anticipa Dipiazza - non sarà direttamente condotto dal Comune ma verrà dato in gestione esterna. Il sindaco pensa di aver portato a termine un buon affare: l'area ex Duke è di poco inferiore ai 290 mila metri quadrati, di cui 2.515 coperti e 13.815 scoperti, 7.200 mq dei quali edificabili. Non ha problemi di amianto, non è soggetta a operazioni di bonifica non essendo inserita nel Sito di interesse nazionale, è prossima al raccordo con la Grande viabilità. Il capannone, costruito nella seconda metà degli anni '70, contiene un magazzino, varie celle frigorifere, uno spaccio di vendita. Anche Lorenzo Giorgi, che fin dall'inizio ha seguito l'operazione come assessore al Commercio, plaude al lieto compimento del lungo fraseggio con l'Ezit. Ma non solo con Ezit: perché ragioni di glasnost amministrativa avevano consigliato al Comune di sondare quali altri opportunità erano offerte dal territorio per insediarvi il Mercato. Due le risposte giunte in piazza Unità nello scorso ottobre: sappiamo di quella firmata Ezit, mentre l'altra - curiosamente - era stata prospettata dal curatore fallimentare della Duke, Emilio Ressani, e riguardava lo stabilimento salumiero vero e proprio, anch'esso situato in via Ressel. La concorrente presentava un prezzo sicuramente migliore, 500 mila euro, ma le condizioni del fabbricato erano molto peggiori. Fatto sta che il Comune aveva ritenuto più consono al proprio fabbisogno l'ex Duke. Ma Ezit non poteva cedere un proprio asset senza che vi fosse verifica di proposte migliorative: allora avanti con l'asta, che ieri mattina ha ottenuto l'esito di cui sopra. Adesso deve essere stilato l'atto di vendita in un arco di tempo di sessanta giorni. Le parti sono interessate ad accorciare quanto prima i termini: Dipiazza vuole entrare in possesso dell'ex Duke per rispettare la "staffetta" tra Mercato e cessione di Campo Marzio. Marchesi conclude il mandato commissariale il 30 giugno e intende incassare il più rapidamente possibile.

Massimo Greco

 

E oggi in giunta il Parco del mare - Variante sul progetto nell'ex Portolido. Già passata intanto la modifica alla Fiera
A Churchill gliene bastavano due, a forma di V. A Dipiazza di dita gliene servono tre: «Ieri mattina il Mercato ortofrutticolo, lunedì sera la variante urbanistica sulla Fiera e infine, previsto oggi nel menu della giunta, il Parco del mare. Una settimana importante», riassume. Cominciata lunedì sera con un serrato dibattito consiliare, dove le opposizioni dei Cinquestelle e dei "dem" hanno contestato la variante che consente all'investitore austriaco Walter Mosser, acquirente dell'area dell'ex Fiera, di realizzare un centro commerciale, in precedenza non contemplato dalla pianificazione comunale. Le opposizioni hanno sollevato varie questioni, sia nel merito - le grandi strutture commerciali rovinano le piccole imprese - che nella procedura - la variante viene portata in aula dopo l'asta. Alla fine la proposta giuntale è passata e Mosser, che non pensa al residenziale, potrà dedicarsi a negozi, ristoranti, fitness. Altro appuntamento strategico è quello con il Parco del mare. Dipiazza aveva preannunciato a fine marzo che la modifica al Piano regolatore, relativamente all'ex area di Portolido, in precedenza occupata dalla Cartubi quasi di fianco al "Pedocin", sarebbe approdata in giunta in aprile: così oggi pomeriggio ci sarà il vaglio dell'esecutivo comunale. Poi correranno 50 giorni per le osservazioni, in seguito alle quali la delibera arriverà in Consiglio comunale. La zona attorno alla Sacchetta è destinata, con Parco del mare e trasloco dell'Ortofrutta, a un radicale cambiamento.

 

 

Il regno Greensisam nel piano alienazioni - l Municipio pronto a inserire nell'elenco i cinque magazzini del Porto vecchio in mano a Maneschi. Valgono 16 milioni
Sedici milioni e 100 mila euro. Tanto valgono i 37 mila metri quadrati (18.052 dei quali edificati pari a 5 magazzini e 17.948 liberi da costruzioni) di Porto vecchio. Praticamente: 465 euro a metro quadrato. Prendendo questo valore, il Porto vecchio (600 mila mq) vale complessivamente 279 milioni. La perizia di stima, acquisita il 23 marzo scorso, riguarda i 5 magazzini della concessione novantennale di Greensisam che andranno a integrare il Piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliare del prossimo bilancio. Lo si è appreso ieri nel corso della riunione congiunta delle Commissioni II e IV chiamate a discutere la proposta di deliberazione consiliare: "documento unico di programmazione Dup 2018-2020 e bilancio di previsione 2018-2020". L'emendamento è stato illustrato dal presidente della II Commissione Roberto Cason e subito rinviato a un'altra seduta per un ulteriore approfondimento. La vendita del complesso Greensisam, che rappresenta una sorta di porta d'ingresso del Porto vecchio alla città, è un passaggio obbligato dopo la sdemanializzazione dell'area. Il canone di concessione dei 5 magazzini è stato riconvertito nel canone di locazione (in vigore dal primo gennaio 2017) pari a 509 mila euro all'anno. L'incasso del bene, che andrà all'asta, sarà interamente girato all'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale per la gioia del presidente Zeno D'Agostino che dovrà reinvestirlo in ambito portuale (magari valorizzando i punti franchi spostati altrove). Era una delle condizioni per la sdemanializzazione previste nel famoso emendamento dell'ex senatore Francesco Russo. All'amministrazione comunale, come ha fatto presente il segretario generale Santi Terranova, spetterà solo una commissione da agenzia immobiliare per la mega operazione: «Un compenso da sensale». Quello di Greensisam, come ha lasciato intendere di recente il sindaco, è un affare da 200 milioni di euro, che dovrebbe portare alla nascita di hotel fronte mare, oltre a strutture di servizi e residenziali. Gli acquirenti con cui sta trattando Greensisam sono dei fondi d'investimento dell'Europa centrale (la porta in Baviera passando per l'Austria). Non è detto però che sarà Greensisam del patron Pierluigi Maneschi ad aggiudicarsi all'asta i 5 magazzini della vecchia concessione. In questo caso, però, il compratore potrebbe dover attendere 74 anni (quello che resta della concessione novantennale rilasciata nel 2001) prima di entrare in possesso del bene. Greensisam, infatti, potrebbe continuare a gestire l'area pagando un canone di affitto di 509 mila euro annui. Non mancano però le perplessità sulla titolarità dell'area legata al famoso allegato VII del trattato di pace. «Non si può sdemanializzare qualcosa che non è del demanio. Stiamo violando la legislazione internazionale» ripete come un mantra il capogruppo della Lega Paolo Polidori ogni volta che si tocca il Porto vecchio. Secondo lui vendere un pezzo del Territorio libero di Trieste sarebbe come la vendita della Fontana di Trevi tentata da Totò.

Fabio Dorigo

 

 

Viaggio nel Polo intermodale - il gigante e' ancora in letargo

Luci e ombre a un mese esatto dall'inaugurazione della struttura di Ronchi - In attesa di nuovi voli e passeggeri, fra utenti soddisfatti e il park semideserto.

RONCHI DEI LEGIONARI - Un gigante ancora in letargo, che aspetta la primavera degli aerei con la privatizzazione dell'aeroporto, e chissà, forse quella dei collegamenti via rotaia (un miraggio se di mezzo ci sono Trenitalia e Rfi). È passato un mese dall'inaugurazione del polo intermodale dell'aeroporto di Trieste a Ronchi dei Legionari, ma come era immaginabile è ancora presto anche per fare bilanci, e questa nuova infrastruttura, davvero bella come l'aeroporto che sta cambiando e sta mettendo il vestito nuovo, è ancora addormentata in un sonno profondo. Non sono bastate le nuove tendenze dei residenti del monfalconese, che hanno spostato il loro baricentro logistico da Monfalcone a Ronchi dei Legionari per partire da questa nuova stazione che assomiglia tanto a quelle di una metropolitana di una città europea, a creare un traffico significativo. Anche Stelio Vatta, project manager del nuovo polo intermodale, che ogni giorno percorre un paio di volte la lunga passerella che collega la stazione ferroviaria all'aeroporto per vedere che tutto funzioni, tra i più entusiasti promotori della nuova struttura che ha fatto e visto nascere è conscio che ci vorrà del tempo perchè decolli. «Ci vuole pazienza - commenta con un sorriso mentre ti accompagna lungo il lungo corridoio con occhio vigile sulle passerelle mobili - la gente ha le sue abitudini, per cambiarle ci vorrà ancora del tempo». Stelio Vatta se ne va, rientra in ufficio, e l'imponente e lunga passerella torna vuota e silenziosa, tanto da far risaltare in sottofondo il soffio del vento caldo della primavera che sta facendo rifiorire tutta la campagna intorno e porta dentro nuovi profumi. Dall'altra parte il grande parcheggio esterno è praticamente semivuoto, a contarle non ci saranno nemmeno cinquanta vetture. L'unico abbastanza pieno è il park multipiano che si affaccia sulla stazione aeroportuale e sull'arteria stradale, e vista la distanza da percorrere è più facile che si tratti di clienti dell'aeroporto e non della stazione ferroviaria. E con l'arrivo dell'aereo da Roma delle 10 la struttura si anima un poco. Un paio di persone si presentano alla fermata sottostante dell'Apt, c'è il bus che porta a Trieste e che parte alle 10.30. «Il tragitto dura cinquanta minuti, ma è l'unico modo per garantire le fermate lungo il tragitto - racconta l'autista - altrimenti per andare a Trieste direttamente c'è il treno, sta 25 minuti. Il bus però è molto più frequente». Non vale la pena attendere più di tre quarti d'ora il treno che parte appena alle 11.17. Il numero delle persone però è ridotto al minimo. Passa una signora che ha appena lasciato la nipote in aeroporto. «Cosa vuole ho dovuto farlo, è girovaga, mi ha chiesto di accompagnarla» commenta con una battuta e chiede come fare per pagare il ticket del parcheggio. «Se sapevo che c'era tutta questa trafila del biglietto venivamo a piedi, tanto cosa vuole che sia venire da Ronchi». Parte il bus, va via anche la signora e torna il silenzio. Sale di attesa e biglietteria con tanto di porta aperta sono deserte, come i bagni, si vede comunque che sono stati usati, alcuni sono sporchi. C'è già cattivo odore e acqua per terra, mancano i supporti per la carta igienica e pure le salviette per asciugarsi le mani. La stazione ferroviaria si anima poco prima del treno delle 11.17, alla fine si contano sette persone. Due uomini d'affari stranieri, una ragazza con il trolley, un'anziana che è arrivata da qualche paese vicino con i giornali e la borsetta, diretta a Trieste, un extracomunitario vestito alla moda che timbra il biglietto. Poi due ragazzi stranieri, parlano inglese, sono arrivati in aeroporto una settimana fa, hanno preso un'automobile a noleggio e hanno fatto un giro in regione. Ora l'hanno riportata al noleggio e prendono il treno per Trieste: sono diretti in Croazia. Gli unici finora ad aver colto in pieno tutte le potenzialità ancora inespresse del polo intermodale. Arriva il treno, scendono due persone dirette all'aeroporto. All'esterno sulle banchine continuano a lavorare almeno una decina di operai che stanno ultimando gli impianti, passano i cavi, altri controllano i sistemi informatici dei distributori automatici dei biglietti, altri ancora il funzionamento delle scale mobili. Il polo intermodale non è ancora ultimato, ci sono ancora lavori da fare. Un gigante bellissimo, ancora addormentato.

Giulio Garau

 

L'ISPEZIONE - Il sogno: pendolari in bici - Lamentele dai taxisti
RONCHI DEI LEGIONARI - La curiosità è davvero tanta e lo si vede dalla mole di persone che, quotidianamente, entra e visita una realtà che, sino a poco più di un anno fa, era solo nell'immaginario della gente e nelle tavole dei tanti elaborati realizzati prima di aprire il cantiere. C'è grande aspettativa sul ruolo che potrà recitare il polo intermodale di Ronchi dei Legionari all'interno del sistema dei trasporti del Friuli Venezia Giulia. Ed ancor di più per ciò che potrebbe offrire all'utenza della bisiacaria. Un punto di riferimento accessibile ed immediato, che offra vantaggi e possa essere considerato qualcosa di indispensabile per la mobilità delle persone. Altrimenti non si spiegherebbero le tante prese di posizione, le richieste, il numero considerevole di post che invadono i social. Ciò che sta a cuore, tra le altre cose, è l'accessibilità delle biciclette. Ed è per questo che Bisiachinbici e la Fiab hanno elaborato un report il cui fine è quello di valutare la mobilità ciclistica all'interno del polo e il suo collegamento con la viabilità esterna, mettendo in evidenzia i punti di forza ma soprattutto le criticità, con l'obiettivo di porne rimedio nell'ottica di favorire gli spostamenti in bicicletta in ingresso ed uscita al polo. Molto dipenderà anche dalla realizzazione delle piste ciclabili, sistema che dovrà essere realizzato dall'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari.Il trasporto pendolare potrebbe, a detta delle due organizzazioni, avere una grossa spinta da questa infrastruttura. Vista la non gratuità dei parcheggi auto è infatti presumibile ipotizzare che gli spostamenti verso la stazione, da parte di chi la utilizzerà quotidianamente, possano dirottarsi verso l'uso della bicicletta. A patto, però, di fornire l'accesso alla stazione con comode e sicure piste ciclabili e di dotarla di adeguati stalli per le bici. Come per la viabilità su quattro ruote, anche per le bici l'unico accesso alla stazione ferroviaria avviene dalla corsia Sud della regionale 14, in direzione del centro abitato ronchese. Arrivati però sul punto in cui è previsto l'ingresso della ciclabile ecco il primo problema. Davanti all'imbocco della ciclabile è stata realizzata una zebratura, strisce bianche a 45°, che indica inequivocabilmente un'isola di traffico. Per definizione del codice della strada l'isola di traffico è una zona in cui è vietato il traffico e la sosta dei veicoli, qualunque essi siano. La pista ciclabile c'è ma è irraggiungibile, a meno di infrazioni del codice.«L'area di sosta delle bici - si legge nel report - è posizionata sotto la parte terminale del ponte, in prossimità degli ascensori che portano ai binari. Assolutamente inadeguate sono le rastrelliere porta bici. La tipologia è quella che peggio si consiglia per contrastare i furti. Non è possibile agganciare le bici con lucchetti da nessuna parte se non nel poggia ruota, a cui peraltro non è facile riuscire ad agganciare il telaio». Perplessità arrivano anche dai taxisti che operano nella zona. «I taxi esterni all'aeroporto che porteranno i clienti al nuovo polo - afferma un operatore - dovranno pagare un extra, perché è stato deciso che chi di noi passa al parcheggio P4, obbligatorio per la sosta breve, da 3 volte massimo in un giorno a 12 in un mese deve fare un abbonamento a scelta tra 300 euro per 100 entrate o 100 euro per 30 entrate, numeri ridicoli da superare. Questo significa pesare sulle tasche della gente e rovinare un servizio già piegato a causa della concorrenza».

Luca Perrino

 

Conto alla rovescia per la privatizzazione - in lizza le maggiori società aeroportuali
Il Trieste Airport potrebbe entrare nella galassia di Save, la società che gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso e che detiene il 40% di quello di Verona ed il il 27,65% dell'aeroporto belga di Charleroi. E' presto per dire quali realtà parteciperanno all'asta per la vendita del 45% del capitale, con opzione per un ulteriore 10%, il cui termine è stato fissato per il 6 giugno. Ma il presidente di Save, Enrico Marchi, che ieri ha presentato il volo diretto di American Airlines per Chicago, operativo dal 5 maggio, ha già fatto intendere che l'interesse è concreto. Accanto a Venezia potrebbero esserci Atlantia, che fa capo a Benetton e che controlla la società Aeroporti di Roma, il fondo privato F2i, azionista di riferimento di SEA Aeroporti di Milano e presente a Napoli, Torino, Bologna e Alghero, ma anche Fraport, che controlla 14 scali greci e detiene il 75% dell'Aeroporto di Lubiana. Interesse anche da Aéroports de Paris, ma soprattutto Everbrigh di Hong Kong, che ha Tirana.

(lu.pe.)

 

Insieme a Piazza Europa ecco Park&Bus - Il servizio consentirà di lasciare l'auto nei parcheggi e arrivare in centro con i mezzi senza pagare il biglietto
Torna il Park&Bus gratuito in occasione di Piazza Europa 2018. Il servizio, che ha mostrato di essere molto apprezzato da triestini e turisti durante le scorse festività natalizie e nei giorni di carnevale, è promosso e sostenuto da Trieste Trasporti (gruppo Arriva) in collaborazione con il Comune di Trieste ed Esatto. Anche questa volta il Park&Bus consentirà di lasciare l'automobile in apposite aree semiperiferiche e di raggiungere il centro città in autobus senza dover pagare il biglietto. Cinque i parcheggi coinvolti: Opicina (quadrivio, lato Banne), via Flavia (piazzale Cagni), Chiarbola (piazzale delle Puglie), Barcola (piazzale 11 Settembre) e via Carli. In ciascun parcheggio sarà delimitata un'area dedicata all'iniziativa. Il servizio sarà attivo dal 22 al 25 aprile: si potrà parcheggiare gratuitamente nelle aree indicate dalle 10 alle 20 di domenica e mercoledì e dalle 15 alle 20 di lunedì e martedì. Il personale addetto, presente sul posto, consegnerà agli utenti un biglietto per viaggiare sui normali autobus di linea fino alla mezzanotte di ciascuna giornata (senza la necessità di dotarsi di ulteriori titoli di viaggio). Il biglietto dovrà essere obliterato nel viaggio di andata e dovrà essere esibito a richiesta dei verificatori a bordo dei mezzi. Per l'occasione, grazie a Esatto, sarà gratuito anche il parcheggio di via Carli (normalmente a pagamento). Nei giorni di Piazza Europa sono anche previste alcune deviazioni ai normali percorsi di linea, in virtù della chiusura al traffico di via Mazzini (nel tratto compreso fra via Imbriani e le rive) dalle 15 di sabato 21 aprile all'ultima corsa di mercoledì 25 aprile. In particolare saranno soggette a modifiche le linee 4 (direzione piazza Tommaseo), 5 (entrambe le direzioni), 9 (entrambe le direzioni), 10 (entrambe le direzioni, con capolinea in piazza della Borsa), 11 (direzione corso Italia), 17 (direzione piazza Tommaseo), 18 (direzione corso Italia), 24 (entrambe le direzioni), 25 (direzione corso Italia), 28 (direzione piazza Tommaseo), 30 (entrambe le direzioni) e A (entrambe le direzioni). I dettagli dei percorsi modificati sono disponibili sul sito www.triestetrasporti.it alla sezione Ultima Ora. Aggiornamenti anche su Twitter (@triestetrasport) e sul canale Telegram del Comune di Trieste.

 

Decolla l'infopoint - E Muggia si candida hub del cicloturismo
Entro maggio la riapertura dell'ex Pro loco in piazzale Caliterna - Offrirà innovativi pacchetti dedicati in particolare alle due ruote
MUGGIA «Muggia come hub del turismo sostenibile dell'Adriatico settentrionale». È un nome importante quello scelto per il progetto elaborato dal Gal Carso, e sottoscritto dal Comune di Muggia, con un unico grande ed ambizioso obiettivo: rilanciare il turismo nella cittadina. In base alla nuova convenzione stipulata appunto in questi giorni tra i due enti, il nuovo infopoint verrà realizzato in piazzale Caliterna, nella palazzina utilizzata sino all'aprile dello scorso anno dalla Pro loco di Muggia. «Vogliamo aprire al pubblico un punto informativo per turisti e residenti, dotato di servizi gestiti da operatori commerciali e non», spiega l'assessore alla Promozione della città Stefano Decolle. Previsti, dunque, noleggio e tour guidati con e-bike, biciclette e segway. Ma anche servizi di incoming, esperienze attive e pacchetti turistici, nonché la rivendita di prodotti del territorio. La durata del comodato d'uso della palazzina sarà di tre anni con possibilità di rinnovo per altri tre anni. Il Comune erogherà al Gal esattamente 91 mila e 540 euro per i prossimi tre anni, di cui 41 mila e 655 euro per il personale. «Il contributo potrà essere rivisto annualmente in considerazione dell'eventuale ampliamento concordato delle attività o in ragione del significativo mutamento dei costi connessi alla loro organizzazione», viene puntualizzato nella convenzione. La manutenzione straordinaria dei vani sarà di competenza del Comune. Queste, dunque, le premesse. In realtà ora spetta al Gal individuare concretamente il gestore del punto informativo, nonché gli operatori che forniranno i vari servizi ad esso collegati secondo gli indirizzi e gli obbiettivi fissati, «osservando le regole di trasparenza e di libera concorrenza su cui deve improntarsi l'azione pubblica amministrativa». Per quanto riguarda invece gli orari di apertura questi dovranno essere ancora concordati con l'amministrazione comunale, anche se il Gal ha già proposto nel proprio progetto una copertura di sei giorni su sette (esclusa la giornata del mercoledì) con orari 9-12 e 17-20. Nel progetto sono stati altresì presentati gli obiettivi generali. Innanzitutto creare un infopoint che coniughi servizio pubblico e approccio professionale privato. L'infopoint dovrà dunque vendere «esperienze turistiche» e pacchetti basati su Muggia e dintorni. Altro aspetto fondamentale è che nei servizi offerti saranno coinvolte concretamente le aziende e le associazioni di Muggia. Per quanto riguarda il personale operativo la gestione sarà basata su un staff di due lavoratori a contratto per sei mesi, staff che «auspicabilmente» dovrà essere trilingue, ossia in possesso della conoscenza di inglese, tedesco e, naturalmente, italiano. Tra le proposte previste anche l'incentivo al pernottamento sul territorio (alberghi, residence, agriturismi e bed and breakfast), una scelta dettata proprio dal desiderio di trasformare Muggia da zona di passaggio a vera e propria zona di sosta del turismo, in particolare quello sostenibile dato dalle biciclette. Una scommessa che dovrebbe iniziare entro maggio, il mese previsto per l'apertura del nuovo corso turistico della cittadina, intesa ora, come detto, come «hub del turismo sostenibile dell'Adriatico settentrionale».

Riccardo Tosques

 

 

Allevare suini? «Una bomba ecologica» - Il report della Ong "Terra!": falde acquifere minacciate dagli scarti. Un pieno di antibiotici finisce nei terreni
ROMA - Il prosciutto è una squisitezza. Peccato che, come rivela un rapporto della Ong ambientalista "Terra!", la filiera nazionale del prosciutto sia del tutto insostenibile dal punto di vista ambientale. Anzi: va considerata una vera e propria bomba ecologica. Basti pensare che i 12 milioni di maiali macellati ogni anno nel nostro paese - la gran parte impiegati per produrre Parma e San Daniele, i cui disciplinari prevedono che gli animali siano nati, allevati e macellati in Italia - producono annualmente una quantità spaventosa di escrementi: ben 11,5 milioni di tonnellate l'anno, quasi tutte smaltite in modo inquinante, ovvero sparse sui campi mettendo in pericolo le falde acquifere. È come se ci fosse una popolazione aggiuntiva di 25,5 milioni di persone non collegate alla rete fognaria. Ma questa è solo una delle inquietanti rivelazioni del rapporto «Prosciutto Nudo», che mette nel mirino le conseguenze dell'allevamento industriale intensivo, una tecnica inventata negli Usa negli anni '70 ormai dilagata nel mondo. «Una tecnica - spiega il giornalista e scrittore Stefano Liberti, autore del rapporto - che permette grande efficienza, grandi produzioni a basso prezzo per i consumatori e grandi profitti. Ma che scarica all'esterno le conseguenze negative per la salute del territorio, delle persone e degli animali. Un modello insostenibile». L'88% dei maiali presenti nel nostro Paese (come detto, 12 milioni l'anno, oppure 8,6 milioni considerando che la «speranza di vita» di un suino da noi è di soli nove mesi) è rinchiuso in pochi (circa il 10%) allevamenti di grandi dimensioni, con più di 500 capi. Lager dove i suini trascorrono la loro breve vita senza mai uscire all'aria aperta, spesso in gabbie singole, senza possibilità di movimento, imbottiti di antibiotici per evitare malattie e ingrassare presto. La stragrande maggioranza degli allevamenti italiani è concentrata in un'area ristretta: pochi chilometri quadrati tra Mantova, Brescia, Reggio Emilia e Modena. Quasi la metà dei maiali si trova in Lombardia, con ben 3.937.201 capi. Il record è in provincia di Brescia, con 2.180 allevamenti e 1.289.614 suini. Considerando che un suino in un anno «produce» 15 volte il suo peso in deiezioni, questo liquame orrendo pieno di azoto, fosforo e potassio invece di diventare utile biogas va sui campi e poi nelle falde acquifere. Insieme alle feci, vanno anche i molti farmaci somministrati agli animali. Il 68% degli antibiotici consumati in Italia è somministrato negli allevamenti, tre volte più che in Francia, quasi come negli Usa e in Cina. Medicinali che finiscono nelle falde acquifere, a peggiorare il fenomeno sempre più allarmante dell'antibiotico resistenza, che dà vita a ceppi di batteri sempre più difficili da vincere. Infine, i costi ambientali in senso esteso: per far funzionare una filiera così divoratrice di risorse, occorrono 3,5 milioni di tonnellate di mangimi (in prevalenza importati, in prevalenza OGM), e tantissima acqua. Risultato: per produrre un chilo di prosciutto servono 4 chili di cereali, 6.000 litri d'acqua, 1,4 mg di antibiotici. Con il sottoprodotto di 11 chili di feci, e 12 chili di emissioni di CO2. Che fare? "Terra!" propone di ridurre drasticamente i consumi di carne. «Intanto - spiega il direttore Fabio Ciconte - bisogna dare ai consumatori un'etichetta trasparente, che riveli la provenienza da allevamento intensivo e gli impatti associati. Contribuendo così a rompere quella distanza cognitiva che si è venuta a creare tra la carne che consumiamo e l'animale da cui proviene». E poi, tornare agli allevamenti tradizionali all'aperto, oggi per fortuna in ripresa, come quelli della Cinta Senese o della Mora Romagnola. Ma noi consumatori capiremo che di prosciutto sostenibile ce ne sarà poco e costerà caro?

Roberto Giovannini

 

 

San Dorligo, polemica sulla gestione dei rifiuti - L'opposizione: «Le quantità censite calano, i costi no». La replica: «È semplicemente salita la differenziata»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Tema immondizie sempre caldo a San Dorligo della Valle. È di Boris Gombac, capogruppo di Uniti nelle tradizioni in Consiglio comunale, un nuovo attacco alla giunta del sindaco Sandy Klun. «Nel secondo semestre del 2017 - scrive Gombac in una nota - con l'arrivo della A&T 2000 spa nella gestione dello smaltimento si sono volatilizzate 241 tonnellate di rifiuti. Siamo passati dalle 959 del primo semestre 2017 alle 718 del secondo. Un calo ancora più significativo - prosegue - se si ricorda che nel 2005, prima dell'introduzione della raccolta differenziata, i rifiuti del nostro Comune ammontavano a 2.600 tonnellate l'anno. Avanti di questo passo - insiste Gombac - il problema rifiuti si risolverà da solo, perché non ne avremo più. Tutto questo però - conclude - non ha comportato un proporzionale calo dei costi a carico dei cittadini, anzi. Abbiamo un costante aumento dei costi sia fissi sia variabili, mentre dovrebbe essere il contrario».«La modifica del sistema di raccolta - replica Klun - aveva come obiettivi la riduzione del rifiuto indifferenziato, il più inquinante e costoso, l'aumento dei quantitativi raccolti di umido e l'eliminazione dei conferimenti impropri e abusivi. La puntuale riorganizzazione del servizio, fatta con A&T 2000 - aggiunge il sindaco - ha richiesto senz'altro investimenti, che si traducono in costi fissi, ma ha permesso di raggiungere pienamente e fin da subito gli obiettivi, inclusa la riduzione dei costi totali del servizio. Infatti - prosegue Klun - come si evince dal Piano finanziario si è riusciti a superare il minimo di legge del 65% nella differenziata, mentre nel 2016 e nel primo semestre del 2017 si era arrivati solo al 56%. Nel secondo semestre del 2017 si è raggiunto il 68,29%, percentuale in ulteriore aumento nell'anno in corso, si è ridotta la produzione del rifiuto indifferenziato, proprio grazie al nuovo sistema di raccolta, che ha contribuito ad eliminare i conferimenti impropri e abusivi, sono aumentate le quantità raccolte di umido ed è notevolmente migliorata la qualità dei rifiuti differenziati raccolti. I dati sui rifiuti, snocciolati nel tentativo di sostenere tesi quanto meno bizzarre - conclude Klun - confermano invece il buon esito delle iniziative dal Comune. I rifiuti non si sono volatilizzati, ma la loro riduzione è proprio il risultato voluto».

(u. s.)

 

 

Bubo e poi Anacleto, due gufi reali all'Enpa nel giro di 15 giorni

Alla struttura di via De Marchesetti ospite anche una poiana - Il coordinatore Fvg Urso ai giovani: «Servono nuovi volontari»
È arrivata la primavera e con essa, all'Enpa di Trieste, è giunto il tempo di accogliere nuovi ospiti. Dopo aver concluso il 2017 con numeri davvero sorprendenti (2.706 gli animali accolti e curati nella struttura, oltre 3.000 calcolando anche quelli soccorsi all'esterno) l'Ente nazionale protezione animali di via De Marchesetti promette di confermare anche nel 2018 il proprio ruolo decisivo nella salvaguardia e nella cura degli animali di fauna selvatica e non solo. Da poco all'Enpa sono infatti arrivati due ospiti "d'eccezione"... Senza nulla togliere agli altri amici ospitati dalla struttura, non si può che rimanere incantati alla vista dei due meravigliosi gufi reali da poco giunti in sede. Bubo (dal nome scientifico Bubo bubo) e Anacleto, questi i nomi assegnati dai volontari ai due giovani esemplari maschi, sono stati accolti nella struttura a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Bubo, a cui manca una zampa, è stato trovato nella zona di Campanelle circa un mese fa. Non gli fa certo difetto la curiosità: ecco allora che è sua abitudine scrutare chi lo osserva, facendo capolino dal nido appositamente preparato e dipinto per lui dai volontari. Solo quindici giorni dopo l'arrivo di Bubo, un altro esemplare di gufo reale, il bellissimo Anacleto, è stato trovato nella zona di Muggia e poi accolto dall'Enpa per essere curato e rimesso infine in libertà: «Il fatto che ogni anno - spiega la presidente, Patrizia Bufo - arrivi nella nostra struttura almeno un esemplare di gufo reale, fa ben pensare come la nostra provincia rimanga sempre ricca di fauna selvatica». Oltre a Bubo e Anacleto questa primavera ha portato anche un bell'esemplare di poiana, che sarà liberata lunedì, in occasione della visita in sede di una scolaresca. Ad essere liberato a breve, tra 20 giorni circa, sarà anche uno scoiattolo ospite in via De Marchesetti ormai da più di un anno. Ospiti che vanno, ospiti che vengono. Ma la certezza dell'Enpa di Trieste resta Circe, il meticcio di cinghiale che da quattro anni si fa "viziare" da visitatori e volontari, che non possono resistere alla sua simpatia. In merito al ruolo prezioso svolto all'interno e all'esterno della struttura, Gianfranco Urso, coordinatore regionale dell'Enpa, che lo scorso 13 marzo ha festeggiato i suoi primi 50 anni di volontariato all'Ente nazionale protezione animali, ci tiene a comunicare che «l'attività, diurna e notturna, di recupero in città e provincia di animali feriti svolta sin qui dai volontari della protezione animali, a partire dal 1° maggio sarà di competenza della Regione Fvg. Il problema è che - sottolinea Urso - a coprire il servizio notturno volontario siamo in pochi e "vecchi". Manca dunque un ricambio generazionale: è per questo che rivolgiamo un appello alle nuove generazioni affinché possano portare avanti un servizio che è diventato un punto fermo per i triestini e non solo. Voglio rassicurare tutti che la nostra instancabile squadra di volontari sarà sempre disponibile al soccorso in strada, almeno durante il giorno. Perché l'Enpa c'è, sempre».

Alexandra Del Bianco

 

 

Cultura e Ferriera per Bolzonello

Il candidato presidente del Fvg sostenuto dal centrosinistra, Sergio Bolzonello, sarà impegnato oggi dalle 9 alle 11.30 in alcune interviste tv, alle 12 nel confronto Confcooperative, alle 14 sempre a Trieste in un incontro con operatori del cinema e della cultura e alle 15 parteciperà a un incontro organizzato da Legambiente sul tema della Ferriera.

 

 

Comitato Dolci - Raduno anti-guerra in piazza Unità

Il Comitato Dolci chiama i cittadini alla mobilitazione, presso la targa che ricorda le leggi razziali in piazza Unità, domani alle 17.30, per un raduno contro «la guerra mondiale a pezzi evocata da papa Francesco» che «avanza e colpisce Siria e Palestina mentre trovano ospitalità a Trieste navi impegnate in raid missilistici e manovre prebelliche col supporto aereo della base di Aviano». Il Comitato Dolci, che dedica l'iniziativa a Patrizia Vascotto, recentemente scomparsa, per la sua «testimonianza di pace e convivenza tra i popoli»,torna pure a polemizzare con il sindaco che «ha negato al Comitato Pace l'utilizzo dei luoghi pubblici» e «concede i permessi a sua discrezione e gradimento, anche politico, alla vigilia del 25 aprile».

 

 

BANCHETTO INFORMATIVO AMIANTO

L'Associazione europea rischi amianto comunica che dalle 9 alle 12 in piazza della Repubblica, a Muggia, allestirà, in collaborazione con lo Spi-Cgil, un banchetto informativo sulle problematiche relative all'amianto.

 

 

POMERIGGIO INCONTRO SULL'AGRICOLTURA BIOLOGICA

Dalle 17.30, alla sala Arac del Giardino pubblico, "Pratiche colturali e scelta delle orticole in agricoltura biologica" con Daniela Peresson (agronoma).

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 18 aprile 2018

 

 

Plastica: creato un enzima che può mangiarla

Gli scienziati dell’Università di Portsmouth hanno creato un enzima mutante capace di mangiare la plastica. La svolta, stimolata dalla scoperta di batteri che mangiano plastica in una discarica giapponese, potrebbe aiutare a risolvere la crisi globale dell’inquinamento plastico, consentendo per la prima volta il pieno riciclaggio delle bottiglie.

Alcuni si ricorderanno che nel 2016 era stato scoperto il primo batterio che si era evoluto naturalmente per mangiare la plastica, trovato in una discarica di rifiuti in Giappone. Ora, gli scienziati sono riusciti a comprendere la struttura dettagliata dell’enzima cruciale prodotto da tale batterio, modificandolo per vederne l’evoluzione. I test hanno però dimostrato che inavvertitamente avevano reso la molecola ancora più efficace nel degradare la plastica PET (polietilene tereftalato) utilizzata comunemente per le bottiglie delle bibite. L’enzima mutante impiega alcuni giorni per iniziare a scomporre la plastica, ma lo fa comunque molto più velocemente del tempo che impiega il processo naturale negli oceani. I ricercatori sono ottimisti che questo processo possa essere ulteriormente accelerato e diventare attuabile su larga scala, riducendo così notevolmente la quantità di materiale plastico diffusa nell’ambiente. In tutto il mondo vengono vendute ogni minuto circa 1 milione di bottiglie di plastica e solo il 14% di queste viene poi riciclato. Molte finiscono negli oceani, danneggiando la vita marina e potenzialmente anche le persone che mangiano pesce. L’enzima mangia plastica potrebbe dunque aiutare a risolvere tale problematica. Come spiegato da John McGeehan dell’Università di Portsmouth: Sebbene il miglioramento sia modesto, questa scoperta inaspettata suggerisce che c’è ancora spazio per migliorare ulteriormente questi enzimi, avvicinandoci a una soluzione di riciclaggio per la montagna di plastica buttata in continua crescita.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 aprile 2018

 

 

Nuova sentenza dal Lazio - Il Tar respinge il ricorso Smartgas: «Niente risarcimento per i ritardi»
E intanto il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato da Smart Gas per ottenere un risarcimento danni di 57 milioni 892 mila euro per i «ritardi subiti dal progetto» di un impianto di rigassificazione di Gnl nella zona portuale del Lisert. La sentenza, emessa il 4 dicembre 2017 dalla Terza sezione del Tar del Lazio, presieduta dal magistrato Gabriella De Michele, ma pubblicata solo alcuni giorni fa, definisce infondata la domanda di risarcimento che quindi «deve essere respinta». Smart Gas, che ha come project leader il presidente di Sbe Alessandro Vescovini, aveva lamentato che i ritardi delle procedure autorizzative erano la causa di una dilazione dei flussi di ricchezza, del mutamento sfavorevole delle condizioni ambientali nelle quali oggi l'imprenditore si trova ad operare, dell'ingresso di nuovi "competitors" anche stranieri e della sottrazione di risorse e tempo a investimenti complementari. Il ricorso ha quindi chiamato in causa i ministeri dell'Ambiente, per i Beni e le attività culturali, dello Sviluppo economico, la Regione e l'Azienda speciale per il porto, tutti coinvolti nella procedura di Valutazione di impatto ambientale (il Mise in realtà nel rilascio dell'Autorizzazione unica). Secondo i magistrati, «emergono, dall'esame puntuale del procedimento, numerose carenze progettuali e informative, ritardi nel fornire informazioni, variazioni progettuali, imputabili alla stessa Smart Gas la quale, in tal modo, ha certamente concorso a causare la ritardata definizione del procedimento di Via». Contro la Via negativa emessa dal ministero dell'Ambiente nel marzo 2017 pende peraltro sempre al Tar del Lazio un altro ricorso presentato da Smart Gas e che ha indotto quindi il Mise a sospendere la procedura di rilascio dell'Autorizzazione unica. Per i magistrati amministrativi «lo stesso ritardo nella definizione del procedimento non è addebitabile a colpa delle amministrazioni resistenti ma alla concorrente condotta della ricorrente». Cioè Smart Gas. La terza sezione del Tar del Lazio ha respinto il ricorso per il risarcimento dei danni, e ha condannato Smart Gas, al pagamento delle spese legali in favore degli enti resistenti. Si tratta di 5 mila euro complessivi a favore dei ministeri nel loro insieme, vista l'unicità della loro difesa legale, di altri 5 mila euro a favore della Regione e di 3 mila euro a favore dell'Azienda speciale per il porto. Smart Gas aveva quantificato i danni subiti in 39.329.219 euro per mancati flussi finanziari, 15.731.688 euro per deterioramento degli scenari, 2.831.458 per costi di istruttoria e accessori. Per un totale, per l'appunto, di 57.892.365 euro. Al ministero dell'Ambiente Smart Gas ha contestato tra gli altri addebiti di «avere scientemente ritardato l'adozione del provvedimento finale di Via e, ancor più, di avere addotto ragioni già note e superate in istruttoria pur di motivare il diniego anche raccogliendo pareri "extra ordinem" al di fuori del procedimento». Al Mibact è stato contestato di avere fornito «con grave ritardo il proprio parere negativo di compatibilità paesaggistica dell'intervento» e al Mise di non avere portato a compimento il procedimento di Autorizzazione unica avviato nel 2014 e di avere sospeso il procedimento «senza ragione apparente». La Regione "con i suoi reiterati avvisi negativi" avrebbe invece "ingigantito le poche criticità che alcuni pareri esprimevano sulla proposta". L'Aspm infine si sarebbe «ostinata a osteggiare il progetto del privato con ripetuti pareri irrituali nella procedura, al malcelato scopo di favorire l'esecuzione sulla medesima area portuale del proprio progetto, evitando in radice ogni possibile interferenza e conflittualità con il progetto della ricorrente».Il Tar del Lazio ha dato però un altra lettura, analizzate tutte le memorie presentate dalle controparti, della vicenda. Ora si attende l'altro ricorso.

Laura Blasich

 

 

Rotatoria e ciclabile - Così Muggia punta sulle "Zone 30"
Via libera del Consiglio al progetto per ridurre la velocità - Interessata l'area tra le vie Roma, Tonello, Frausin e Battisti
MUGGIA - La creazione di una nuova rotatoria all'ingresso di Muggia nell'ambito delle "Zone 30" e il potenziamento del Trasporto pubblico locale. Queste le due tematiche affrontate durante l'ultima riunione del Consiglio comunale, su impulso del consigliere dem Marco Finocchiaro. Zona 30 Il primo documento votato dalla maggioranza di centrosinistra e dal Movimento 5 stelle (astenute le altre forze politiche presenti in Consiglio) ha deciso di impegnare il Comune a inserire il piano denominato "Progettazione e realizzazione di Zone 30", già finanziato dalla Regione a fine 2016, nel programma triennale delle opere pubbliche muggesane per l'anno 2019. Il progetto preliminare prevede la realizzazione di una rotatoria stradale a ridosso delle vie Roma, Tonello, Frausin e largo Caduti per la Libertà, nonché la realizzazione di una pista ciclabile sulla via Battisti e alcuni interventi di illuminazione degli attraversamenti pedonali esistenti nel centro di Muggia, con l'applicazione del limite di 30 km/h nelle arterie stradali citate.«Le zone interessate dall'intervento sono aree pubbliche ad alta densità pedonale e ciclabile, in presenza di edifici pubblici, condomini densamente abitati, studi medici, impianti sportivi e attività commerciali, nella quali le categorie deboli risultano esposte a rischi rilevanti come dimostrato dai dati accessibili al sistema Mitris della Regione, nel quale confluiscono tutti i dati inerenti gli incidenti stradali rilevanti», ha puntualizzato Finocchiaro. Il Tpl È stata poi affrontata anche la delicata questione del Trasporto pubblico locale. Negli anni scorsi il Comune aveva richiesto ripetutamente alla Provincia e a Trieste Trasporti un miglioramento del servizio di trasporto pubblico locale, miglioramento che non era stato possibile attuare a causa dei ricorsi contro la gara europea promossa nel 2014 dalla Regione per l'affidamento del servizio su base regionale.«Nel mese di marzo, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, è avvenuta la definitiva aggiudicazione al consorzio costituito dalle Aziende delle quattro ex province - spiega Finocchiaro -. Da qui la mia idea di impegnare il sindaco Marzi e la giunta a evidenziare alla Regione, competente in tema di Tpl, le richieste avanzate negli anni passati». In sintesi l'ex assessore ai Lavori pubblici della giunta Nesladek ha richiesto una diminuzione dei tempi di percorrenza della linea 20 sia feriale che festiva, un potenziamento della "47" a servizio di Aquilinia, Zaule e via di Trieste e della "31" di Cerei già oggetto di un raccolta di firme da parte dei cittadini. «Ho anche chiesto l'unificazione dell'abbonamento marittimo e terrestre del Delfino Verde, nonché il potenziamento delle linee verso Chiampore, Lazzaretto, scuolabus ed ospedali. Ora - conclude Finocchiaro - queste modifiche potranno essere finalmente attuate: potranno essere aumentati i chilometri di percorrenza, su determinate tratte, o come nel caso della 20 accorciando la percorrenza potranno essere riversati su altre linee, quali ad esempio la 47 che potrebbe diventare una sorta di circolare ad altra frequenza». La risoluzione sul Tpl è stata accolta dal Consiglio comunale all'unanimità.

Riccardo Tosques

 

 

Duino - Inquinamento acustico - Sondaggio web di Autovie
DUINO AURISINA - I residenti di Duino Aurisina sono stati scelti, unici fra quelli del territorio provinciale di Trieste, per partecipare al primo sondaggio online, predisposto da Autovie venete, per il monitoraggio dell'inquinamento acustico nei tratti vicini all'autostrada. La spa di Palmanova ha allestito un innovativo software, utilizzabile con Google earth, che permette di visualizzare la mappatura delle zone adiacenti all'autostrada, i dati rilevati dal monitoraggio e le misure adottate per ridurre il rumore. Autovie ha recentemente predisposto un programma di interventi per ridurre l'inquinamento acustico. I Comuni interessati dal sondaggio sono 52, in 14 dei quali le opere di contenimento sono già state realizzate, mentre per i restanti 38 gli interventi sono stati pianificati nei prossimi anni. Entro il 2022 saranno conclusi tutti quelli inseriti in tratti autostradali non interessati dai lavori della terza corsia, mentre i rimanenti saranno collegati a quest'ultimo cronoprogramma. Oltre 153 milioni di euro l'investimento totale. Autovie ha misurato l'inquinamento acustico sonoro diurno e notturno, per poi stabilire se fosse necessario installare ulteriori schermature. Il piano di azione e la mappatura predisposti sono pubblicati sul sito www.autovie.it. Dopo aver scaricato Google earth, cliccando sul simbolo menu del sito www.autovievenete.it e selezionando prima la categoria autostrada e poi la voce ambiente, si accede al link "risanamento acustico". Cliccandoci su si apre la pagina Normativa End dove è presente la voce "cerca il tuo Comune". Sulla sinistra è rappresentato l'albero di navigazione che segnala gli elementi visualizzabili: dalle barriere esistenti agli edifici, fino alla rappresentazione dei livelli di rumore. Sulla destra, invece, il territorio è caratterizzato da una serie di colori che rappresentano il livello di rumore sulla base della mappatura acustica. I cittadini di Duino Aurisina, dopo aver consultato i dati, possono presentare osservazioni, inviandole all'indirizzo servizioclienti@autovie.it entro venerdì 1° giugno. Autovie ne terrà conto al momento della predisposizione del piano di azione definitivo.

(u.s.)

 

 

Nel Parco del mare la natura sarebbe carcerata - La lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente Triestebella
"Parco del mare" è un nome furbesco per indicare un acquario i cui visitatori vedrebbero una natura carcerata. Un parco è invece un'area naturale molto vasta in cui gli animali si muovono liberamente. Esiste un modo per fare conoscere gli ambienti marini senza costringere dei pesci in luoghi stretti, con minori costi di realizzazione e gestione e con effetti stupefacenti: realizzare un acquario virtuale mediante tecniche di multiproiezione e di olografia. Per dare una pallida idea di quello che si può fare allego una foto di una mostra sull'Antartide tenutasi a Lione nel 2016: in una sala si era circondati da centinaia di pinguini in movimento. Nell'Acquario di Genova pochi tristi pinguini stanno rintanati in fondo alla gabbia. Si possono ricreare ambienti sottomarini proiettando anche sul soffitto. L'acquario virtuale (magari anche uno zoo virtuale) andrebbe messo in Porto vecchio in un polo museale comprendente la Stazione idrodinamica, un nuovo e più grande Museo del mare, l'Immaginario scientifico e attrezzature e locali per mostre, conferenze, ristorazione, vendita di oggettistica. Ci starebbe bene anche un Museo della speleologia, essendo stata Trieste alla fine dell'800 la culla della speleologia assieme alla Francia.

 

 

Circolo Verdeazzurro Legambiente

Alle 17 in prima convocazione e alle 18 in seconda convocazione, in via Donizetti 5/a, assemblea ordinaria dei soci.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 aprile 2018

 

 

Il Parco del mare divide i candidati - Progetto triestino bocciato da centrosinistra e M5s. Il padano Roberti in minoranza
TRIESTE - A meno di due settimane dal voto, anche il progetto del Parco del Mare di Trieste irrompe nella campagna elettorale. A mettere a confronto i candidati sul tema è stato l'incontro promosso dal comitato "La Lanterna", Legambiente e altre associazioni animaliste firmatarie della petizione contro l'opera, che il sindaco Roberto Dipiazza intende avviare entro fine anno. Ad aprire il dibattito le relazioni tecniche dell'architetto William Starc e dell'esperto di economia Gianfranco Depinguente, entrambe nettamente contrarie al progetto. «L'aumento dei flussi di traffico non sarà più compatibile con le caratteristiche della viabilità del centro di Trieste geometriche dell'arteria - hanno sottolineato -. Inoltre le previsioni di 800 mila visitatori all'anno, appaiono poco credibili». Netto nel prendere le distanze dall'operazione Parco del Mare in Sacchetta anche il candidato del Pd, Roberto Cosolini. L'ex sindaco, pur non escludendo a priori l'opzione del sito di Porto vecchio, ha messo l'accento sui rischi di carattere economico, ricordando che «l'associazione mondiale degli acquari da tempo ricorda i forti problemi economici della gestione. L'alternativa? Una struttura virtuale. L'importante comunque - ha concluso - è evitare di cedere alla tentazione di «correre solo per correre». In linea la candidata dei Cittadini, Maria Bassa Poropat, lei propensa ad una rilettura virtuale del progetto, da abbinare però rigorosamente al mondo della ricerca scientifica. Un no fermo è arrivato anche dall'esponente pentastellato Andrea Ussai convinto dell'insostenibilità, tecnica e ambientale, del progetto perché « Trieste merita un grande museo capace di educare al rispetto del mare, non un parco di divertimenti». Unico candidato a prendere le difese dell'opera è stato il leghista Pierpaolo Roberti, che ne sottolinea le ricadute turistiche: «Il potenziale turistico della città passa per iniziative come queste - ha ribadito il vicesindaco -. Il Parco del Mare è da ritenere dunque senza dubbio utile allo sviluppo di Trieste e alla crescita delle sue attrattive, da far maturare nel piano di riqualificazione generale di Campo Marzio».

(fr.ca)

 

 

DOMANI - CIRCOLO VERDEAZZURRO

Al Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, domani pomeriggio alle 17 in prima convocazione e alle 18 in seconda convocazione, in via Donizetti 5/a, si terrà l'assemblea ordinaria dei soci.

 

 

Al Collegio va in scena il volontariato - Gli studenti del Mondo unito di Duino impegnati nel fine settimana per aiutare il prossimo
DUINO AURISINA Agire nel volontariato, per integrare la preparazione scolastica e aprirsi meglio al mondo. Questa l'esperienza che hanno vissuto, nel corso del fine settimana, una cinquantina di studenti del Collegio del Mondo unito dell'Adriatico, assieme a un centinaio di loro colleghi delle scuole superiori di Monfalcone, Trieste e Udine, nell'ambito della terza Fiera del Volontariato. Dedicata ai giovani tra i 16 e 19 anni, la manifestazione è sostenuta dalla Regione nel contesto dei Progetti speciali per il volontariato. L'appuntamento ha segnato la conclusione di un percorso che ha visto il Collegio coinvolgere le scuole di tutta la Regione, dove si sono svolti incontri informativi e di orientamento nella scelta di un'attività di volontariato. Lo svolgimento di un'attività di tale tipo è parte integrante del percorso di studi del Collegio ed è preso in considerazione anche nella valutazione ai fini del conseguimento del diploma di Baccellierato internazionale. La condivisione con gli studenti delle scuole del territorio è stata lo stimolo per incoraggiare i ragazzi che non hanno mai fatto questo tipo di esperienza a dedicare un po' del loro tempo libero a un'attività alternativa. A coordinare il tutto una dozzina di insegnanti. Gli studenti di Duino hanno presentato i loro 34 servizi di volontariato, suddivisi in 4 ambiti: adulti, bambini, disabilità e anziani. Diciannove le associazioni esterne presenti e partner del Collegio. La mattinata si è conclusa con un piccolo spettacolo, il "Social Service Show" e con la consegna al Collegio di un mosaico. Al termine della manifestazione, è emersa l'idea di inserire, all'interno del progetto di alternanza scuola-lavoro, anche una proposta di alternanza scuola-volontariato. In futuro, l'associazione Mondo 2000 del Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico lavorerà in collaborazione con il Liceo Preseren, per predisporre una proposta in tal senso, da sottoporre all'amministrazione regionale proprio per studiare le modalità con cui offrire agli studenti delle scuole superiori questo genere di opportunità.

(u. s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 aprile 2018

 

 

In cantiere la casa per le associazioni - Ristrutturazione da un milione inserita nel Piano delle opere - Al traguardo così il progetto ideato dalla precedente giunta
Dopo anni d'attesa la "Casa delle associazioni" di via Combi si appresta finalmente a diventare realtà. Lo ha annunciato l'assessore comunale al Patrimonio Lorenzo Giorgi in una seduta della IV commissione consiliare, dedicata all'utilizzo delle aree comunali da parte delle associazioni. «Inseriremo l'intervento di ristrutturazione nel Piano delle opere 2019 - ha spiegato Giorgi -, così potremo finalmente dare risposta alle tante associazioni che ci richiedono spazi per le loro attività». Risale al 2014 il progetto della precedente giunta comunale per trasformare l'ex scuola De Amicis, struttura che negli anni ha ospitato anche l'Istituto per gli studi di Servizio sociale, in una cittadella per le associazioni. Ma un sopralluogo nel 2016, ricorda l'assessore Giorgi, aveva messo in evidenza la necessità di intervenire con una ristrutturazione molto più pesante di quanto inizialmente ipotizzato per rendere nuovamente fruibile l'edificio di proprietà del Comune a pochi passi da piazzale Rosmini. «È stato rilevato un problema strutturale al tetto che comporta spandimenti che arrivano quasi fino al piano terra: servirà dunque un intervento di rifacimento del tetto e di messa in sicurezza di tutti i piani dell'edificio», evidenzia Giorgi, che spiega che l'intenzione è di creare uno spazio che possa offrire una sede fisica per le associazioni, con delle sale condivise che incoraggino lo scambio reciproco di esperienze e le collaborazioni. A fronte di un canone estremamente ridotto le associazioni che vi entreranno però dovranno rimboccarsi le maniche e rendersi disponibili a migliorare la struttura con i lavori necessari: «Noi prepareremo il contenitore, ma come dico sempre alle tante associazioni che mi richiedono spazi anche loro dovranno darsi da fare». Sono circa un centinaio, racconta l'assessore, le associazioni senza fini di lucro che da anni fanno richiesta per ottenere uno spazio da utilizzare: «Le ricontatteremo tutte per informarle di questa possibilità», dice. La notizia della ristrutturazione dello stabile di via Combi, che costerà circa un milione di euro, mette d'accordo tutti, opposizione compresa: «Appoggio in pieno l'inserimento nel Piano delle opere 2019 della ristrutturazione dello stabile di via Combi, un'idea nata dalla precedente amministrazione, perché c'è bisogno di una prima risposta alle associazioni - dice il consigliere del Pd Antonella Grim -. Per l'utilizzo converrà ricorrere allo strumento dei bandi, perché la richiesta è ampia e variegata, ma magari si può pensare ad alcune priorità. Condivido anche l'impostazione per cui, a fronte di un canone ridotto o simbolico, le associazioni si impegnino per portare avanti piccoli lavori e migliorie: la partecipazione orizzontale va incoraggiata». Nel frattempo, racconta Giorgi, alcuni spazi comunali sono già stati dati in gestione ad associazioni: l'ex galleria-rifugio di via Mameli è stata destinata a un'associazione che la risistemerà con mezzi propri e vi porterà avanti un progetto storico-culturale, l'ex macello è stato reimpiegato per attività ludico-sportive di Softair, così come l'ex polveriera, che verrà utilizzata anche per gare di motocross, mentre l'ex pista da sci su erba 3 Camini si userà per gare di mountain bike.

Giulia Basso

 

 

Rioni pronti al raddoppio delle casette dell'acqua -
Il Municipio annuncia l'arrivo di tre nuovi erogatori a Roiano, Valmaura, San Vito e la sostituzione dei tre già attivi a Rozzol, in Rotonda del Boschetto e via Grego
Raddoppiano le casette dell'acqua. «Terminata la fase di sperimentazione abbiamo deciso di indire un bando di gara per la ricollocazione delle tre casette già collaudate e la posa di altre tre che andranno sistemate nei rioni di Roiano, Valmaura e San Vito», anticipa l'assessore ai Lavori pubblici, Elisa Lodi. Nel dettaglio, un nuovo impianto verrà collocato in via dei Moreri, il secondo in via Valmaura e il terzo in via Locchi all'altezza del Centro civico. È stato stabilito che l'importo base di gara sia di 180 mila euro, al netto dell'Iva. Il bando per la concessione di due anni di suolo pubblico per l'erogazione di acqua potabile refrigerata e gasata per mezzo di questi impianti, prevede un affidamento mediante procedura aperta con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base dell'esclusiva valutazione dell'offerta tecnica. Le offerte dovranno pervenire entro le 12.30 del prossimo 2 maggio. Le buste con le proposte verranno aperte il giorno successivo alle 9.30. I criteri di valutazione terranno conto della tipologia delle casette con attenzione a elementi come il design, i progetti a basso impatto ambientale, la facilità di utilizzo ma pure l'accessibilità per le persone con disabilità. Si terrà conto inoltre delle caratteristiche tecniche dell'impianto, del programma di manutenzione ma pure delle possibili offerte alla cittadinanza. Le tre casette dell'acqua già presenti sul territorio verranno sostituite con quelle di più recente progettazione proposte da chi si aggiudicherà la gara. Le prime casette dell'acqua sono state collocate nel settembre del 2014 in tre punti del territorio comunale: in via Castiglioni nel rione di Rozzol Melara, in Rotonda del Boschetto e in via Grego a Borgo San Sergio. Hanno riscontrato fin dai primi giorni del loro funzionamento l'interesse e l'apprezzamento di molti cittadini, spesso in fila per riempire le proprie bottiglie sia che si tratti di acqua liscia che gasata. Ogni anno, in media, i triestini hanno fatto sgorgare da quei tre erogatori 550 mila litri di acqua. Con questi impianti il Comune intende promuovere la qualità e la sicurezza e quindi l'utilizzo alimentare dell'acqua pubblica, dando contestualmente un forte contributo alla riduzione del consumo e dello smaltimento delle bottiglie di plastica, oltre che a quella delle emissioni inquinanti dovute al trasporto dell'acqua in bottiglia. Degli erogatori già attivi, il più utilizzato è quello di Rotonda del Boschetto. Dando uno sguardo al tipo di acqua scelta in questi impianti dai triestini, emerge che la frizzante viene preferita di gran lunga rispetto alla liscia. La concessione che il Comune si appresta ad affidare potrà venir implementata da un erogatore nel rione di San Giovanni, subordinatamente a una verifica di fattibilità tecnica e all'acquisizione di alcuni pareri. «Le richieste di nuove collocazioni in diversi siti continuano a pervenire - spiega Lodi - e anche nel recente giro nelle Circoscrizioni ne ho raccolte diverse. Per questo motivo ritengo che, esaurita questa fase di aggiudicazione, raccoglieremo le ulteriori richieste in modo da poter inserire nella programmazione nuovi siti dove collocare degli erogatori». Ogni cittadino italiano spende mediamente oltre 200 euro all'anno per l'acquisto di acqua in bottiglia. L'acqua è conservata nelle bottiglie di plastica da 3 a 9 mesi e nel prezzo per ogni bottiglia la "materia prima" (cioè l'acqua) incide per una frazione inferiore allo 0,5%; il resto è dovuto al costo della bottiglia, del trasporto e della pubblicità. In una famiglia media si consumano 800 litri all'anno, pari a 540 bottiglie da 1,5 litri. Per produrle si impegnano 54 chili di petrolio e 324 litri di acqua, emettendo 43 chili di CO2 in atmosfera. Per il trasporto si impiegano 11 litri di gasolio emettendo 26 chili di CO2, per lo smaltimento un litro di gasolio emettendo 57 chili di CO2. L'acqua in bottiglia costa oltre mille volte di più dell'acqua del rubinetto e spesso la sua qualità non è migliore rispetto a quella che arriva dall'acquedotto comunale.

Laura Tonero

 

 

Indagine di legambiente - L'auto elettrica piace agli italiani ma con incentivi fiscali
ROMA - L'auto elettrica piace agli italiani, ma per comprarla vorrebbero sostanziosi incentivi fiscali, visto che i veicoli eco costano più di quelli diesel e benzina. Non solo, ma vorrebbero anche «pieni» di elettricità più economici e più stazioni di ricarica in città e fuori. Sono i dati che emergono da un sondaggio sulla mobilità sostenibile condotto dalla Lorien Consulting per Legambiente. Il 33% del campione intervistato acquisterebbe un'auto elettrica se costasse meno la ricarica, il 29% se ci fossero degli incentivi fiscali per almeno il 15 - 20% del valore. Il 23% sceglierebbe l'elettrico se fosse più facile trovare punti di rifornimento in città e fuori, il 21% se fosse possibile ricaricare a casa. La maggiore durata della carica spingerebbe all'acquisto il 25%, le migliori performance il 14% e la versione elettrica del modello preferito il 9%. Le opinioni degli italiani rispecchiano la realtà odierna della mobilità elettrica: veicoli cari e con poca autonomia, pochissime stazioni di ricarica. Ma la richiesta di ricariche meno costose tradisce una scarsa conoscenza dei veicoli: oggi fare 100 km con un diesel di media cilindrata costa sugli 11 euro, con un modello elettrico equivalente sui 3,5 euro. Il sondaggio della Lorien rivela altri aspetti della mobilità in Italia, non tutti positivi. L'uso dei mezzi pubblici è calato del 12% negli ultimi 6 mesi (li hanno usati solo il 52% dei cittadini), mentre quello dei mezzi privati a motore (auto, moto e scooter) è salito del 2% (li ha usati l'89% della popolazione). Cresce però la sharing mobility: negli ultimi sei mesi il 13% degli italiani ha usato un'auto condivisa, il 3% in più rispetto al semestre precedente. Il 12% degli italiani usa solo il car sharing per guidare un'auto, mentre il 28% pedala su una bicicletta.

 

 

Temi ambientali - Il futuro della Ferriera e il rigassificatore

Primo incontro oggi, dei tre previsti con i candidati presidente di Regione, su Ferriera e rigassificatore promosso da Legambiente Trieste, NoSmog e Sinistra per Trieste. Appuntamento alle 18 al Circolo della Stampa con Massimiliano Fedriga.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 aprile 2018

 

 

Porto vecchio, appello di Italia Nostra - Caroli: «Impegnati dagli anni '90 sul futuro dell'area. Ma ci stanno ignorando»
Bisogna smetterla di parlare a sproposito di Porto vecchio. Denunciare il "rischio spezzatino" o chiamare in causa le archistar che nulla conoscono del territorio per farsi indicare la strada da seguire significa ignorare completamente l'operato di chi da trent'anni si sta battendo fattivamente per un recupero meditato dell'area. È la denuncia di Antonella Caroli, presidente della sezione triestina di Italia Nostra, che ieri ha ricordato come un progetto internazionale per il futuro di Porto vecchio esista già: «L'associazione Italia Nostra è impegnata su Porto vecchio fin dagli anni '90 - puntualizza Caroli - e ha trovato i fondi per il restauro della Centrale Idrodinamica e della Sottostazione Elettrica, che sarà sede operativa di Esof 2020. Nel 2013 ha elaborato un masterplan approvato dal Mibact e ora ha in cantiere un progetto di restauro e riconversione di altri sei magazzini, con la realizzazione di una foresteria, l'"Harbour College" e il restauro della vecchia rimessa ferroviaria». Ma questi interventi, sottolinea Caroli, sono stati resi possibili da una fattiva collaborazione con le istituzioni, che in questi ultimi anni, proprio quando finalmente la situazione è stata sbloccata con la sdemanializzazione dell'area, è venuta a mancare. «Francesco Russo è stato il padre della sdemanializzazione di Porto vecchio - ricorda Caroli nel salutare l'ex senatore presente alla conferenza stampa -, ma in quest'ultima tornata politica siamo stati completamente ignorati dalle istituzioni». Eppure, dice Caroli, da anni Italia Nostra lavora con un comitato internazionale di 155 esperti per il futuro di Porto vecchio. «Ci spiace che Fuksas scopra in ritardo il patrimonio del Porto vecchio di Trieste, ma bisogna chiarirgli che questo sito non è un banale waterfront su cui costruire ex novo, ma un distretto portuale di alto valore storico e architettonico». Per l'associazione Italia Nostra, che ieri era presente anche con un suo consigliere nazionale, c'è il pericolo che nuovi e fantasiosi interventi snaturino l'area. Italia Nostra ha pronto un progetto per far rinascere il distretto storico portuale nel segno dell'energia pulita e rinnovabile: «Abbiamo elaborato un progetto per l'insediamento di un Energy Park, un parco tecnologico incentrato sulle energie pulite e rinnovabili, in sei magazzini di pregio architettonico di Porto vecchio, che intendiamo recuperare con l'utilizzo di materiali a basso impatto inquinante e soluzioni di efficienza energetica», spiegano Isabella Artioli e l'architetto bolzanino Marco Sette, esperto in edifici sostenibili. I costi? Circa cinque milioni di euro a magazzino, stima Caroli, che ripropone un ruolo da protagonista per la sua associazione nei piani futuri per Porto vecchio.

Giulia Basso

 

 

Catturato in Friuli l'orso Mirtillo - Pesa 163 chili. Prima di rilasciarlo gli è stato applicato un radiocollare
LUSEVERA (Udine) - Nella notte tra giovedì e venerdì, sulle pendici del Gran Monte, è stato catturato un esemplare di orso maschio di 163 chili al quale poi gli studiosi hanno applicato un radiocollare. L'operazione è avvenuta nello stesso sito dove erano stati catturati gli orsi "Alessandro" e "Madi". È il terzo esemplare preso nella zona dal 2013 e il primo nell'ambito del progetto Nat2Care: i dati del collare permetteranno di conoscere meglio l'orso e garantire la protezione della specie. L'animale intercettato è un maschio di 5-6 anni e dal peso 163 chili, dal pelo bruno: la cattura ha permesso di predisporgli un collare satellitare utile per studiare il suo comportamento e i suoi movimenti. Le analisi genetiche dovranno confermare la sua origine, se proveniente dalla popolazione slovena o da quella trentina come M4-Francesco, che tutt'ora vive in Carnia. Dalle immagini raccolte, potrebbe essere un orso di origine slovena. L'animale è entrato verso le 23 nella gabbia, che si è chiusa automaticamente, è stato immediatamente sedato, sottoposto a prelievi di pelo e sangue e pesato. Ed è stato dotato di collare satellitare. Verso le 4 del mattino l'animale si è risvegliato e, all'alba di venerdì ha cominciato a mettersi in cammino. Il collare satellitare permetterà di monitorare l'orso per un massimo di 12-18 mesi. «Per la prima volta - spiega il professor Stefano Filacorda dell'Università di Udine - il nome dell'orso è stato deciso tra una serie di proposte risultate vincitrici di un concorso con relativa votazione fatta dai ragazzi della scuola media inferiore Tiepolo di Pagnacco: il suo nome è "Mirtillo"».Le attività di cattura e monitoraggio sono state realizzate nell'ambito del progetto Interreg Nat2Care, che ha come lead partner il parco naturale delle Prealpi Giulie e partner parco naturale delle Dolomiti friulane, Università degli studi di Udine, parco nazionale del Triglav, Nacklo e Istituto di biologia della Slovenia. L'orso è stato catturato da un team misto dell'Università di Udine e del Corpo forestale regionale; ad alcune fasi hanno partecipato volontari dell'associazione "Il Villaggio degli orsi", studenti e tirocinanti dell'università di Udine e di altri atenei. Ora si cercherà di capire le più nascoste abitudini di questa specie e di questo esemplare, ma anche di prevenire eventuali danni al patrimonio zootecnico. In questo momento in regione sono presenti tre orsi dotati di collare, l'intera popolazione regionale è stimata in 6-10 orsi.

Barbara Cimbaro

 

 

Addio a Patrizia Vascotto, anima dell'interculturalità - MERCOLEDI' I FUNERALI
Trieste ha perduto un'intellettuale colta, coraggiosa e infaticabile. Patrizia Vascotto, di professione insegnante, ma per vocazione ideatrice di eventi culturali, scrittrice e mediatrice tra le diverse culture di questa nostra città. Nata a Trieste dove ha lavorato come docente di italiano e storia nelle scuole superiori, è stata lettrice di lingua italiana all'Università di Lubiana e ha collaborato da pubblicista a testate italiane e slovene. Portata in modo eccezionale per le lingue parlava e traduceva dallo sloveno, dallo spagnolo, dal francese. Conosceva inoltre inglese, tedesco, croato e greco moderno, che prediligeva nei suoi frequenti soggiorni nell'Ellade alla ricerca delle più diverse e sconosciute radici di un Paese. Scriveva in prosa e marginalmente poesia. La lingua, le sue varianti, le sue commistioni e il suo mutare sono state lo strumento con cui Patrizia Vascotto ha operato in ogni campo della propria attività. Lingua, come strumento duttile che sa piegarsi al gioco, all'immaginazione, all'invenzione, all'espressione di quanto più profondamente sgorga dal nostro io. Innumerevoli i suoi scritti e saggi. Ricordiamo "Le rotte di Alessandria", pubblicato insieme a Franco Però. Un libro (e uno spettacolo teatrale) che trattano un fenomeno molto particolare delle migrazioni nel XIX e XX secolo, quello delle donne del Goriziano e della zona del Vipacco che vanno a lavorare come balie e come domestiche in Egitto. "La Trieste di Tomizza, itinerari", scritto con Stella Rasman, che guida lettori e visitatori nella conoscenza di luoghi specifici e significativi della città, che hanno caratterizzato gran parte degli scritti tomizziani. Ma Patrizia Vascotto era anche una guida turistica diplomata e ha proposto altri itinerari in città alla scoperta dei segni più significativi delle sue comunità etniche e religiose. Ha dedicato tante energie alla sezione triestina del "Forum Tomizza", che si articola ogni anno nelle tre città dove lo scrittore ha vissuto e lavorato: Trieste, Umago e Capodistria, affrontando le tematiche a lui care con intellettuali provenienti da tutti i Balcani, dall'Italia e dall'Austria. È stata curatrice delle manifestazioni del Premio Vilenica (uno dei principali premi letterari sloveni) in città. Attiva socia del Pen Club ha promosso la conoscenza di scrittori dell'Est europeo. Ultimo ma non ultimo, Patrizia Vascotto è stata la colonna del "Gruppo 85 - Skupina 85" nato 33 anni fa dalla volontà di amici italiani e sloveni che hanno voluto favorire una naturale convivenza tra le due maggiori realtà culturali cittadine, quella italiana e quella slovena. Parlare insieme di Trieste e costruire insieme la città sono diventati nel tempo gli obiettivi principali dell'associazione. Se Trieste è oggi una città dove la convivenza è disinvolta e cordiale lo si deve anche a Patrizia Vascotto. La cerimonia funebre si terrà mercoledì 18 aprile, alle 12.30 in via Costalunga.

Pierluigi Sabatti

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 aprile 2018

 

 

La Ferriera irrompe nella campagna elettorale - Questione ambientale e lavoro nei colloqui con i candidati lanciati da ambientalisti e sinistra
TRIESTE - Finora era rimasto sotto traccia, nonostante l'importanza che riveste per la città di Trieste e, forse, dell'intera regione. È il tema del futuro dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola. Un impianto, da anni, al centro di forti polemiche legate alla difficoltà di far convivere due istanze fondamentali: da un lato la difesa dei posti di lavoro assicurati dall'attività dell'area a caldo dello stabilimento, dall'altro la tutela della salute di quanti vivono vicino al comprensorio industriale, accusato da tempo di immettere nell'aria polveri e sostanze pericolose per la salute. Ora, però, anche i candidati alla presidenza della Regione saranno chiamati a prendere posizione sullo scottante argomento. Lo faranno da lunedì sollecitati dalle associazioni Legambiente Trieste, NoSmog e Sinistra per Trieste.All'invito hanno risposto gli aspiranti governatori Sergio Bolzonello (centrosinistra), Massimiliano Fedriga (centrodestra) e Alessandro Fraleoni Morgera. I candidati verranno incontrati singolarmente dai rappresentanti delle tre associazioni. Si comincerà al Circolo della Stampa di Trieste con Fedriga lunedì alle 18.15. E, il giorno successivo, 17 aprile, alle 11.30 sarà la volta di Morgera. Mentre Bolzonello sarà accolto il giorno 19 aprile nella sede in cui è ospitata Legambiente. Gli incontri saranno registrati in un video che sarà messo in rete affinché i cittadini di Trieste possano avere una conoscenza diretta degli impegni che intendono assumere i tre candidati su Ferriera e rigassificatore. «Chiediamo ai nostri interlocutori - spiegano i promotori dei confronti - di presentare le politiche che vogliono attuare durante il loro mandato in merito a due aspetti cruciali del territorio triestino: il futuro dell'area a caldo della Ferriera e il progetto del Rigassificatore di Zaule, sul quale dev'essere ancora pronunciata la parola fine con la convocazione della conferenza dei servizi decisoria. In merito alla Ferriera si aprono nuove opportunità offerte dal dinamismo che caratterizza le azioni dell'Autorità portuale. Per cui è possibile immaginare alternative alla permanenza di un'industria siderurgica che utilizza tecnologie obsolete nella produzione. Quanto all'ipotesi rigassificatore in area costiera, pensiamo rappresenterebbe un ostacolo ai traffici commerciali e un rischio oggettivo per la popolazione».

 

 

L'Immaginario sbarca al Magazzino 26 - Oltre 3.500 metri quadrati dell'hangar nell'antico scalo dati in concessione dal Comune. Per l'allestimento 2,5 milioni
Vai col Lis. Dopo esser rimbalzato dall'ex Pescheria all'ex Meccanografico, il Laboratorio dell'Immaginario Scientifico (Lis) trova finalmente semi-fissa dimora approdando in Porto vecchio, più precisamente nel Magazzino 26 dove ottiene in concessione (per non più di 9 anni) dal neo-proprietario Comune uno spazio di oltre 3.500 metri quadrati articolati su due livelli. La quantificazione del canone è rinviata a successivi provvedimenti. La delibera giuntale 155, illustrata dal dipiazzista Giorgio Rossi in veste di assessore alla Cultura, detta le direttive sulle quali s'imposterà l'operazione: l'atto è controfirmato da ben tre direttori d'area, che sono Fabio Lorenzut (Cultura), Enrico Conte (Lavori Pubblici), Walter Cossutta (Patrimonio).La delibera del 5 aprile ne richiama una precedente, che risale al settembre dello scorso anno e che recepiva l'accordo sul Porto vecchio definito tra MiBact, Regione Fvg, Autorità portuale, lo stesso Municipio. L'intesa prevedeva la realizzazione del Museo del mare nei Magazzini 24-25, la collocazione dell'Icgeb (International centre for genetic engineering and biotechnology) nel Magazzino 26 dove comunque era previsto l'inserimento dell'Immaginario Scientifico. Per il trasferimento e l'allestimento del Laboratorio sono a disposizione 400 mila euro del Miur (ministero dell'Istruzione, università, ricerca) e 2,1 milioni stanziati dalla Regione al Comune. I lavori - ricorda la delibera - debbono iniziare entro il 31 dicembre 2019 e terminare entro il 31 dicembre del 2020 (anno in cui si terrà nell'area di Porto vecchio l'euro-appuntamento scientifico con Esof). Il Servizio di edilizia pubblica comunale, in collaborazione con il Lis, sta progettando le opere edili e impiantistiche necessarie per consentire l'allestimento di sale espositive, laboratori, servizi, depositi, uffici. La delibera portata da Rossi compie un ampio viaggio storico che riepiloga le biografie del Lis e del Magazzino 26. Il Laboratorio è nato nel 1985 da un'idea del fisico Paolo Budinich: la mostra, inaugurata a Parigi nel contesto di "Trouver Trieste", si trasformò nel primo nucleo di museo scientifico interattivo in Italia e trovò ospitalità presso l'Ictp di Grignano. S'ispira - spiega l'atto comunale - agli "science centre" di scuola anglosassone. Quello che si annuncia essere il nuovo contenitore, ovvero il Magazzino 26, è il più grande dei vecchi hangar nell'ambito di Porto vecchio: restaurato tra il 2004 e il 2008, ha ospitato varie iniziative, dal padiglione Fvg organizzato nel 2011 da Vittorio Sgarbi nell'ambito della Biennale alla mostra su Nereo Rocco.

Massimo Greco

 

Italia Nostra - Idee per riqualificare l'area con metodi ecosostenibili
Si intitola "Il Porto vecchio di Trieste: ritorno al futuro" l'incontro organizzato dalla sezione triestina dell'associazione Italia Nostra, in programma questa mattina alle 11 nella sede dello stesso sodalizio in via del Sale 4/b. L'appuntamento servirà per illustrare alla cittadinanza le nuove proposte di Italia Nostra in materia di interventi di riqualificazione ecosostenibili. L'incontro sarà aperto dalla presidente dell'associazione triestina, Antonella Caroli. Ad illustrare le proposte di riqualificazione e rilancio dell'antico scalo saranno gli architetti Marco Sette e Isabella Artioli Parteciperanno all'incontro inoltre Rodolfo Corrias, consigliere nazionale dell'associazione Italia Nostra e Stefano Novello, presidente sezione di Italia Nostra - Bolzano. Di recente il sodalizio aveva fatto sentire la propria voce in difesa degli antichi binari esistenti dentro il Porto vecchio, ritenuti una perla da salvare e non da nascondere sotto gli stalli del previsto parcheggio.

 

Quei modelli virtuosi sviluppati oltralpe da copiare per far decollare Porto vecchio
«Auguro a Trieste di essere tra le prime città in Italia a indire nuovamente dei concorsi internazionali di architettura e urbanistica. Solo il meglio può bastare per Trieste». L'architetto austriaco, ma di madre triestina, Peter Lorenz si esprime così davanti a un piatto di Knödel conditi con ragù, piatto meticcio austro-mediterraneo come la città che brilla fuori dalla finestra. Per commensali ha soltanto architetti: la triestina Giulia Decorti, l'ex architetto della Provincia di Trieste William Starc, la veneta Irene Zamboni. Nel corso della conversazione vengono alla luce le idiosincrasie triestine di sempre, ma anche la crescente attenzione e nostalgia con cui l'Austria guarda al suo antico porto. Un tesoro di buone pratiche oltre la linea delle Alpi all'orizzonte, mai come ora indispensabili per Trieste. Al centro del dialogo, inevitabile, il Porto vecchio e progetti come quello del centro congressi. «In tutte le città europee senza eccezioni sarebbe stato fatto comunque con un concorso internazionale per giuria e partecipanti», commenta Lorenz. Il modello Amburgo Per far rinascere il Porto vecchio e la città con lui bisogna guardare a modelli europei. È un punto su cui tutti concordano. Dice l'architetto austriaco: «L'Europa ha ricominciato a pensare l'urbanistica moderna in termini democratici a partire dagli anni '90. Il progetto forse di maggiore successo, e più simile a Trieste, è l'HafenCity di Amburgo. L'ideale sarebbe copiare proprio da lì». Rilancia Zambon: «Il buono di Amburgo è che la pianificazione è partita da lontano e ha richiamato grandi nomi da tutto il mondo con concorsi trasparenti. Anche se tutto è gestito dal Comune, si è puntato subito sull'internazionalizzazione e la qualità. Il rischio è che sia un'operazione solo per ricchi, tanto che oggi si lavora proprio per impedirlo. Ma intanto la qualità è garantita». Starc si fa portavoce dello scetticismo triestino: «Città come Amburgo e Barcellona sono capitali d'area, il cui territorio supera i meri confini amministrativi. Trieste non è così. Non siamo riusciti a costruire un rapporto continuativo con i territori oltre confine, anche se il Muro è caduto nell'89 e la Jugoslavia si è dissolta nel '92. Questa città solo con le sue risorse non riesce a procedere. Anche la sua consistenza demografica non aiuta il cambiamento». Appello agli architetti Controbatte Lorenz: «Oggi Trieste è nell'Ue, ha un hinterland più ampio rispetto al passato. Può aprirsi e collaborare. Le categorie professionali, penso ad architetti e urbanisti, devono far sentire la loro voce per questo. All'estero ci aspettiamo che gli architetti italiani lo facciano». Vienna insegna che un periodo di stasi, anche lungo, non è una condanna eterna: «È la città madre di Trieste - dice Lorenz -. Prima della Grande Guerra era paragonabile a Parigi, negli anni'70-'80 del Novecento era una città morta, quasi senza speranze. Valevano gli stessi argomenti che si usano ora per Trieste. Poi negli anni Ottanta persone visionarie hanno deciso di collaborare al rilancio della città. Ora è da otto anni la città con la qualità della vita più alta al mondo per la classifica Mercer. Trieste deve soltanto scegliere di voler andare in questa direzione». Il sistema concorsi Come farlo? Tutti concordano sul fatto che il concorso sia lo strumento migliore. «In Italia ormai si fanno solo gare al massimo ribasso», osserva Starc. Dice Decorti: «I concorsi, siano a modalità ristretta o aperti, sono utili se si vogliono ottenere progetti di qualità. Per incarichi pubblici sopra un determinato importo sono in ogni modo obbligatori. Ovviamente hanno senso se preparati da esperti e se i progetti sono giudicati da una giuria competente di professionisti esterni al bando». Gli architetti portano l'esempio del Gestaltaungsbeirat di Salisburgo: «È una commissione messa all'opera per la prima volta nel 1983 - dice Lorenz - ed è composta da tre architetti che, per statuto, non devono essere di Salisburgo e non possono lavorare in città nei tre anni del loro mandato, e nemmeno nei due successivi. Il risultato è che è praticamente impossibile realizzare un progetto brutto. Magari restano tagliati fuori anche i progetti più d'avanguardia, ma la media si mantiene molto alta». Buone pratiche d'oltralpe La commissione di Salisburgo non è l'unica possibile ispirazione da trarre dall'Austria. Nel 1985, ad esempio, è stata fondata a Graz una "Casa di architettura", in cui i professionisti espongono i loro progetti in uno spazio aperto alla società. Oggi ne esiste una in ogni capoluogo. Lorenz e Decorti propongono poi l'idea di una "Dichiarazione dell'architettura triestina: «Come la Wiener Architekturdeklaration del 2005, che ha stabilito i criteri di Vienna per l'architettura e l'urbanistica: qualità nella progettazione e nella costruzione, trasparenza in linee guida, scopi e procedimenti, disponibilità al dialogo». Anche un nuovo ordinamento per i concorsi, come quello approvato in Austria nel 2010, è lì pronto per essere copiato. Un masterplan per Trieste La conclusione a cui giungono tutti gli architetti, finita la cena, è che la città deve tornare a pensarsi europea come ai tempi dell'Impero. «Il Porto vecchio deve essere un progetto europeo, se lo si pensa come un progetto triestino, non si va da nessuna parte». E lo sviluppo della città va progettato ad ampio respiro. Conclude Lorenz: «Serve un masterplan come ad Amburgo o Vienna. Si deve pensare la città nel suo insieme e non un pezzo per volta. È quel che hanno iniziato i greci e perfezionato i romani. Dobbiamo tornare a guardare all'Ellade, il suo modello è la base della città europea. Una visione in cui lo spazio pubblico è parte vitale della società».

Giovanni Tomasin

 

 

È polemica a Muggia sulla Tari non pagata dal 10% delle utenze
MUGGIA - Ma come è possibile che solamente ora sia emerso che il 10% delle utenze di Muggia, domestiche e non, non ha pagato la Tari? Dopo le dichiarazioni del sindaco Laura Marzi, che ha denunciato la presenza di evasori o di posizioni quanto meno irregolari nella cittadina sulla tassa rifiuti, il quesito sulla tardiva scoperta è sulle bocche di quasi tutti i partiti d'opposizione. «Il sindaco stana i furbetti. Bene, i trasgressori della legge vanno sempre perseguiti. Ma chiedo a lei e alla sua variegata sinistra compagine dov'erano in questi ultimi dodici anni? Hanno forse amministrato Muggia o qualche altra città?», si chiedere perplesso Nicola Delconte. Il capogruppo di Fratelli d'Italia insiste: «Almeno due volte all'anno in sette anni di mandato ho sempre chiesto in commissione se l'evasione o l'elusione di tutti i tributi fosse sotto controllo e la risposta dei tecnici è sempre stata: "Siamo nei limiti del fisiologico"». Critica anche la capogruppo di Ocpm Roberta Vlahov: «Siamo all'assurdo. Irregolarità fiscali? Tutta la marea di gente che ho sentito, e che ha più volte contattato Net e Comune per avere il kit di bidoni o sacchetti, si meravigliava proprio del fatto che, pur avendo sempre pagato la Tari, non aveva avuto niente per la differenziata. Ora invece si dice addirittura che si tratta di evasori? Che senso ha che un evasore tampini il Comune per avere i cassonetti? Siamo all'assurdo». Incredula Roberta Tarlao (Meio Muja): «È una vicenda che non corrisponde alla situazione reale. I dati del Comune non sono aggiornati. Purtroppo lo sport preferito di quest'amministrazione è lo scaricabile. Colpa di Net, colpa di Italspurghi e ora colpa dei cittadini». Nella giornata di ieri il Comune ha chiarito che «la posizione di coloro che non hanno ricevuto il materiale non coincide inequivocabilmente con quella degli evasori», puntualizzando che le posizioni tributarie esistenti sono «6461 domestiche e 500 non domestiche», motivo per cui il dato del 10% equivale a «696 possibili situazioni irregolari non necessariamente tutte ascrivibili ad evasori totali o parziali». Il Comune ha anche evidenziato che «la gran parte dei regolari contribuenti muggesani, che paga correttamente e puntualmente le imposte comunali, si sta impegnando per prendere dimestichezza con il nuovo sistema di raccolta "porta a porta"». Per quanto riguarda infine il ritardo nell'accertare le irregolarità il sindaco Laura Marzi ha così commentato: «Facendo anche solo una veloce ricerca su Google emerge chiaramente che ogni imposta ha un dato fisiologico di evasione. La Tari è una di quelle più evase in Italia, con percentuali di gran lunga superiori al Comune di Muggia dove il "porta a porta" ha permesso, come in altri Comuni che sono passati a questo tipo di raccolta dei rifiuti, di far emergere delle situazioni che saranno verificate insieme a quelle che emergono dalla costante attività di accertamento che l'ente mette continuamente in atto».

Riccardo Tosques

 

AMBIENTE - La nuova campagna per la differenziata

"La differenziata crea nuova risorse per la tua città": è questo il claim forte della nuova campagna messa in campo sinergicamente da Comune di Trieste e AcegasApsAmga per sensibilizzare i cittadini ad una corretta raccolta differenziata e che a partire da questa settimana potrà essere notata sulle pensiline degli autobus della città.

 

 

Nella Riserva naturale delle Falesie si stanno coltivando nuove colonie di calamari
Tecnicamente si chiamano "captatori". Sono gli strumenti in uso sperimentale, nel parco marino delle Falesie, per far crescere i calamari, e che stanno danno i primi risultati. Lo ha spiegato ieri Paolo Decarli, consigliere del Consorzio della piccola pesca costiera, nel contesto dell'inaugurazione del nuovo sportello Flag: «Si tratta di creare sui fondali una rete di corde dalle quali se ne alzano alcune, per qualche metro, in quanto sollevate da galleggianti, assumendo le sembianze di alghe. Su di esse si attaccano i calamari che così crescono sul posto e vi depongono le uova. Il progetto è di far prosperare la specie dentro la Riserva delle Falesie, rendendola un'attrattiva per i turisti che amano le immersioni».

(u.s.)

 

 

La Croazia non vuole chiudere Fianona 1 - Il governo intende lasciarla in funzione per altri 15 anni. Scaduto il certificato ecologico internazionale. La rabbia dei Verdi
POLA - L'Azienda elettrica di stato Hep insiste con il carbone in Istria anche dopo l'accantonamento pressoché definitivo del contestatissimo progetto della centrale termoelettrica Fianona 3. Ora intende ammodernare e prolungare la vita di altri 15-20 anni della vecchia Fianona 1 della potenza di 125 megawatt, ritenuta una caffettiera fumante (e inquinante) che avrebbe dovuto cessare per sempre l'attività il 31 dicembre scorso, allo scadere del certificato ecologico internazionale. Le intenzioni della Hep hanno subito scatenato diverse reazioni visto che vanno contro corrente rispetto alla tendenza mondiale sulla chiusura delle centrali a carbone. Ad esempio Austria, Gran Bretagna e Italia si impegnano a farlo entro il 2025 e la Francia ancora prima, entro il 2023 per passare alle fonti alternative sicuramente meno inquinanti. Ad alzare primi la voce contro il prolungamento della vita della Fianona, che ha ormai alle spalle 50 anni di attività, sono gli ambientalisti di Zelena Istra-Istria Verde che annunciano una grande battaglia. La sua presidente Dusica Radojcic ritiene che nonostante gli ingenti investimenti nel suo ammodernamento, la Fianona 1 continuerà a essere un impianto vecchio e a rappresentere una costosa minaccia dal punto di vista della sicurezza.«La qualità dell'aria nell'albonese - spiega - continuerà a peggiorare con l'ulteriore devastazione dell'ambiente e danni irreversibili alla salute della popolazione dell'area nella quale tanta gente continua a morire di tumore e causa le malattie all'apparato respiratorio». E quindi riporta il dato sulla grande concentrazione di zolfo nelle foglie aghiformi del pino nero, proprio nelle vicinanze della centrale. Sulla stessa linea di pensiero degli ambientalisti, c'è il presidente della Regione Valter Flego che ricorda il piano territoriale della penisola, nel quale non c'è posto per le centrali a carbone. Dal canto suo la Hep risponde che il mantenimento in vita della Fianona 1 rientra nelle sue strategie di sviluppo fino al 2030 entro il quale si dovrà passare all'uso di fonti energetiche a basso tasso di CO2. «Con l'ammodernamento - spiega la direzione - si darà un notevole contributo alla stabilità del sistema elettro-energetico, soprattutto in Istria dove si registra la crescente domanda di energia elettrica, soprattutto nella stagione turistica». A proposito dell'entità dell'investimento per il suo ammodernamento non vengono riportate cifre concrete. Di certo la Hep e di riflesso il governo vorrebbero ridurre l'importazione di energia elettrica per la quale al momento si spendono da 400 a 500 milioni di euro all'anno, cifra destinata a salire ulteriormente in futuro con l'aumento della crescente domanda di energia elettrica. Intanto nei giorni scorsi è iniziato il dibattito pubblico sull'ammodernamento della Fianona 1, che durerà fino al 9 maggio prossimo. Istria verde lancia un appello ai cittadini e alle istituzioni a esprimere parere contrario.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 aprile 2018

 

 

Un muggesano su 10 evade la tassa rifiuti - A non pagare la Tari sono ben 1.300 i residenti. Il Comune sul porta a porta: «Partenza con difficoltà fisiologiche»
MUGGIA - Oltre 1.300 residenti muggesani non stanno pagando la tassa su rifiuti. Lo sconcertante dato è stato fornito ieri, a sorpresa, dal Comune di Muggia. A far emergere le irregolarità fiscali è stato il recente avvio della raccolta differenziata dei rifiuti "porta a porta". «Incrociando le utenze delle consegne con la banca dati esistente, la puntuale verifica delle posizioni tributarie sta portando all'identificazione di diverse irregolarità ed diversi evasori, in una percentuale che si stima attorno al 10 per cento», ha spiegato il sindaco Laura Marzi. Numeri altissimi, dunque, che peraltro, secondo il Comune, si riferiscono perlopiù a quelle stesse persone che lamentano a tutt'oggi la mancata consegna dei kit (i bidoncini o i sacchetti colorati) per effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti. Una vicenda paradossale, dunque, secondo quanto denunciato dal Municipio. «Il numero di coloro i quali non hanno ancora ricevuto il materiale per differenziare e conferire i rifiuti sta andando progressivamente a ridursi - si legge in una nota - e tra questi soggetti rientrano anche le persone che non risultavano, per diverse ragioni, nella banca dati dei contribuenti Tari, taluni di questi in quanto mai iscritti nelle posizioni tributarie del Comune e quindi di fatto evasori». Tramite l'introduzione di questo nuovo sistema di raccolta, proprio in quanto fornito singolarmente, è stato possibile conoscere meglio gli effettivi destinatari del servizio. Intanto, in attesa che il Comune prenda provvedimenti per gli oltre 1.300 evasori, l'amministrazione Marzi è tornata sul difficoltoso avvio del nuovo sistema di raccolta avviato a Muggia da un mese e mezzo in via parziale-sperimentale e da dieci giorni in modo integrale-obbligatorio. «La novità ha fatto emergere, come comprensibile, alcune fisiologiche situazioni di "difficoltà" nell'applicazione del nuovo sistema», ha ammesso il Comune. In merito ai tanti disservizi lamentati dai cittadini, i primis tramite i social network, dall'amministrazione è arrivata un'analisi: «L'allungamento dei tempi di ritiro verificatosi in alcune zone è stato determinato dalla necessità di recuperare alcuni conferimenti non corretti e di far fronte a taluni abbandoni di rifiuti. La rimozione di questo materiale si è tradotta, conseguentemente, in un allungamento dei tempi di lavoro programmati. Queste operazioni richiedono, infatti, un grande impegno da parte degli operatori, che non possiamo non ringraziare per il loro impegno». L'abbandono dei rifiuti sul suolo pubblico - sanzionabile per legge - è dettato da diverse motivazioni, in primis la protesta contro l'imposizione del nuovo sistema. Ma secondo il Comune «vi è anche la situazione di chi si trova per la prima volta a differenziare i rifiuti. Comprensibile e giustificabile è quindi la difficoltà a utilizzare correttamente i nuovi kit». Infine, per quanto concerne il 10% di muggesani che non stanno pagando le tasse sui rifiuti, il sindaco Marzi ha voluto vedere il bicchiere mezzo pieno della vicenda: «La notizia positiva, oltre ovviamente all'importante contributo nella lotta all'evasione, è che la regolarizzazione di queste posizioni, una volta opportunamente verificate, porterà a ripartire i costi su un maggior numero di posizioni tributarie e, di conseguenza, a una riduzione delle tariffe per gli altri contribuenti oggi in regola».

Riccardo Tosques

 

 

SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE/1 - Sono favorevole ma in Porto Vecchio

Ho letto alcuni giorni fa sulle pagine del nostro quotidiano locale uno scritto a nome Giorgetta Dorfles sempre a riguardo del Parco del mare. Tengo a precisare nuovamente che sono, sin dalla prima ora, un sostenitore di tale progetto ma che condivido anche l'opinione che il sito più consono sarebbe stato quello del Porto vecchio. Purtroppo e io lo so bene, non sempre si ha la possibilità di scegliere quello che si vuole, e inoltre alcune variabili implicherebbero perdita di tempo e ulteriori spese che in questo momento non possono far altro che stoppare nuovamente tale iniziativa (se non erro sono già passati una decina d'anni dal primo progetto)La zona della Lanterna denominata Porto Lido è stata valutata dagli esperti come quella ottimale anche perchè così si prenderebbero due piccioni con una fava e cioè quello della valorizzazione di tale sito, (oggi in uno stato di completo degrado a parte la Lanterna) e appunto la creazione di questa struttura che incrementerebbe a mio avviso in maniera significativa il turismo nella nostra città, portando un introito nelle casse comunali che oltre a provvedere alla sua manutenzione ed eventuale ampliamento (vedi Parco di Genova) servirebbe anche a migliorarne i servizi. Inoltre aggiungo che sono sicuro che questo progetto sarà una delle "perle" da aggiungere alla collana di meraviglie che questa città può offrire ad un qualunque turista che la visiti e un motivo in più, se ce ne fosse bisogno, affinchè la sua permanenza duri più a lungo. Ultima cosa che ritengo abbia una grande importanza è quella che niente possa sostituire sia negli adulti ma soprattutto nei bambini il poter vedere gli animali dal vivo anche se so benissimo che questa non è sicuramente la scelta più giusta da fare, ma penso che se le attrezzature saranno adeguate e tenute nel modo consono, un piccolo sacrificio si possa fare per il bene della nostra città, tanto più che i risultati ottenuti in gran parte di quelle che già lo possiedono ormai da decenni mi danno ragione (dobbiamo ricordarci che comunque un "Acquario" lo abbiamo già e che se non porteremo avanti noi il prima possibile questo progetto lo faranno sicuramente gli altri (ci sono già casi in Croazia). Concludo con la convinzione che non dovrebbe essere difficile creare dei pacchetti turistici sia estivi che invernali che in aggiunta alle tante cose da vedere della nostra città possano includere anche quella di un futuro Parco del Mare, perché non sono molte le città in Italia che hanno cultura mitteleuropea, scienza mare e montagna il tutto racchiuso in poche decine di chilometri.

Paolo Fabricci

 

 

SEGNALAZIONI - PARCO DEL MARE/2 - Progetto non coerente con lo sviluppo

Per ESOF2020 "Capitale europea della Scienza", evento inserito in una delle tre linee strategiche di sviluppo di Trieste (Portualità, Scienza&Tecnologia, Turismo Culturale) si sta ancora ad elemosinare fondi. Eppure sembra che in città ci siano finanze abbondanti da poter realizzare da subito e al contempo tutta una serie di opere colossali. Perché nessuno grida all'irragionevolezza di questa posizione su cui si arrocca chi dispone delle nostre risorse? I primi a gridare dovrebbero essere gli stessi organizzatori di ESOF2020, ma non lo possono fare, devono gestire con delicatezza i rapporti con i vari poteri, pena il fallire nell'importante impegno. Allora lo facciano cittadini di buon senso: chiediamo perché il cospicuo gruzzolo che proviene da imprese e cittadini - 9 milioni alla Camera di commercio e altrettanti alla Fondazione CrT - rimane bloccato su un progetto - Parco del Mare - che non è coerente con le linee strategiche di sviluppo e suscita motivati e documentati dubbi sulla sua sostenibilità.ESOF2020 sarà il potenziale innesco della rivitalizzazione del Porto vecchio, opera per la quale i 50 milioni assegnati dal Governo grazie al master-plan di Italia Nostra costituiscono appena un frazione di quanto servirà; siamo realisti, concentriamo su questo unico obiettivo ogni sforzo, per rendere il grande progetto definitivamente credibile ed appetibile per i grandi investimenti pubblici e privati.

Piero Miceu

 

 

Circolo della Stampa - Confronto sul Parco del Mare

Oggi alle 17 al Circolo della stampa di corso Italia 13 si terrà un dibattito sul Parco del mare. Gli enti che avevano firmato la petizione contro la struttura, invitano i candidati alla presidenza Fvg e i capilista a intervenire.

 

 

La passione si tinge di verde - Al parco di San Giovanni il ritorno di "Horti tergestini"
Al via domani alle 11, con l'inaugurazione ufficiale, "Horti tergestini", la rassegna florovivaistica dedicata alla cultura del verde ospitata nel parco di San Giovanni. La mostra mercato si presenta più rigogliosa che mai con oltre cento espositori provenienti dall'Italia e dall'estero, che dalle 9 al tramonto animeranno l'oasi verde cittadina proponendo ai visitatori una ricca selezione di piante, fiori, bulbi e rarità botaniche, ma anche attrezzature e oggettistica. Oltre a un variegato programma di eventi collaterali. Ospite d'onore al taglio del nastro della kermesse promossa dalla Agricola Monte San Pantaleone - in collaborazione con Promoturismo Fvg, associazione Tra fiori e piante, Erpac Fvg, Comune, Università, AsuiTs e Trieste Trasporti - il direttore dell'Arboretum Volcji Potok di Lubiana, Ales Ocepek. Alle 15, con ritrovo al Padiglione Z (replica con le stesse modalità domenica), visita guidata "Passeggiata nel parco" a cura della cooperativa La Collina, assieme a Luca Bellocchi e Isabella Maria Costadura, mentre alle 15.30 - allo Spazio Villas - incontro con Samuele Dalmonte per "Cronaca di un recupero: le antiche varietà di alberi da frutto della Venezia Giulia". Spazio Villas che ospiterà (17.30) la presentazione del volume di Nicoletta Campanella "Rose cinesi-Regine dell'Oriente". Questo il carnet domenicale: alle 10, laboratorio per bimbi "Spaventapasseri" a cura del Mini-Mu, mentre alle 11 - allo Spazio Villas - presentazione del libro "La verde bellezza. Guida ai parchi e giardini storici pubblici del Fvg", a cura di Rita Auriemma dell'Erpac, assieme a Umberto Alberini e a Franco Rotelli. Tra gli eventi collaterali la mostra fotografica "Leros-Il mio viaggio" al Padiglione Z, la cui visita guidata è alle 11.30. Tra gli appuntamenti pomeridiani, "In - fusioni... tra erbe, aceto, foglie e verdure" (15.30) e la presentazione (17) di "È un vino paesaggio", ambedue allo Spazio Villas. Info su www.hortitergestini.it.

Patrizia Piccione

 

 

Solidarietà - TriesteAltruista e le buone azioni
TriesteAltruista, associazione che promuove il volontariato flessibile, partecipa al Good Deeds Day: una giornata internazionale durante la quale milioni di persone compiranno buone azioni a beneficio degli altri e del pianeta. Le giornate in cui si è deciso di aderire al progetto sono quelle di oggi, domani e domenica. Due sono i modi per poter partecipare: o iscrivendosi ai progetti di volontariato di TriesteAltruista (www.triestealtruista.org/good-deeds-day/) o da soli (o con gli amici), organizzando autonomamente delle buone azioni. Maggiori informazioni anche qui sul sito www.good-deeds-day.org/getideas

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 aprile 2018

 

 

Troppi TIR, l'Austria dice "STOP" - Maggio nero per il trasporto merci. L'Italia vuole la galleria ferroviaria

Troppo inquinamento, stop ai camion. Il Tirolo austriaco alza le barricate contro i mezzi pesanti che lo stanno invadendo (58 mila in più nel primo bimestre 2018) e l'Italia si scopre improvvisamente scollegata da Centro e Nord Europa. Il caso Brennero. Si preannuncia una primavera da incubo per chi ogni giorno attraversa l'autostrada del Brennero per arrivare in quella dell'Intall: a maggio, per dieci giorni, sarà istituito il numero chiuso dalla Germania verso sud. Potranno transitare "soltanto" 300 Tir all'ora (uno ogni 12 secondi). Un passaggio a singhiozzo che provocherà code infinite e farà diventare la direttrice una sorta di tartaruga commerciale. Un colpo basso all'economia circolare continentale: per il Tirolo transitano ogni anno 2,2 milioni di mezzi pesanti. A pagarne le conseguenze saranno Italia e Baviera che hanno già protestato con l'Ue: Bruxelles ha riconosciuto le loro ragioni e ha bacchettato l'Austria, con la Commissaria europea ai Trasporti Violeta Bulc che ha confermato la non compatibilità delle norme comunitarie con quanto applicato. Il traffico. Il piano austriaco, che provocherà giornate da bollino nero per il traffico, ha anche l'obiettivo di incentivare lo sfruttamento delle rotaie, dove ancora passa una percentuale minima delle merci rispetto a quelle che viaggiano su gomma. Il traffico di Tir su questo angolo del confine preoccupano l'Austria ma non sono neanche paragonabili a quello che si registra nelle altre strade del Nord Italia. Secondo i dati della Cgia di Mestre, nel "nuovo" triangolo produttivo (Milano-Bologna-Padova) transitano ogni giorno 240 mila mezzi pesanti, oltre il 60% in più rispetto al "vecchio" triangolo industriale (Torino-Milano-Genova) dove si arriva a 148 mila unità. L'autostrada più trafficata d'Italia è l'A4 Brescia-Padova che registra 26.242 veicoli pesanti medi giornalieri. Seguono l'A4 Milano-Brescia con 24.699, l'A1 Milano-Bologna con 21.663, l'A1 Bologna-Firenze con 16.490, l'A14 Bologna-Ancona con 15.069. Solo dopo il Passante/Tangenziale di Mestre con 13.829.Il tunnel ferroviario. Con quasi 47 milioni di tonnellate di merce sugli oltre 160 milioni che varcano i confini italiani, il Corridoio multimodale del Brennero (strada più ferrovia) già oggi rappresenta di gran lunga il più trafficato varco transalpino, dunque il principale elemento di connessione tra l'Italia e l'Europa. La vera rivoluzione per diminuire il traffico su ruota si avrà solo dal 2027 - se sarà rispettato il cronoprogramma della più grande opera pubblica in costruzione nella Penisola - quando entrerà in funzione il nuovo tunnel ferroviario, cioè il collegamento sotterraneo su rotaia più lungo del mondo. Si svilupperà per 55 chilometri e costerà all'Italia 4,4 miliardi di euro. Permetterà di attraversare le Alpi in 25 minuti, a una velocità superiore ai 200 chilometri l'ora. I divieti. Quello imposto dalla regione austriaca è solo l'ultimo vincolo imposto al mondo dell'autotrasporto, ma sul Brennero incombono anche nuove proposte della Provincia di Bolzano: vietare il transito dei carri merci vecchi e rumorosi, rendere obbligatorio un ticket (la cosiddetta "eurovignetta") e inserire nel pedaggio una sorta di tassa sull'inquinamento.Il caos. Secondo le organizzazioni dei camionisti, il maggio nero imposto dall'Austria rischia di provocare un caos nel panorama commerciale che ancora deve riprendersi dalla crisi degli ultimi anni. Rispetto al 2007, infatti, il numero medio di Tir nelle autostrade italiane è ancora più basso del 12%. Tra le 35 tratte analizzate, le uniche che hanno recuperato i flussi di traffico di allora sono state l'A5 Aosta-Traforo del Monte Bianco (+16,2%), la T1 Traforo del Monte Bianco (+8,6) e proprio l'A22 del Brennero-Verona (+2,3). «A incrementare i volumi di traffico - conferma la Cgia - sono stati solo i principali assi autostradali che hanno consentito alle nostre merci di arrivare nel cuore dell'Europa, in particolar modo in Francia e Germania. Tutte le altre, invece, hanno registrato forti contrazioni, così come è avvenuto per il trasporto merci su rotaia, che in questi ultimi 10 anni, a livello nazionale, ha perso il 10%».

 

 

Nasce a Muggia l'area rifiuti per soli esercenti - Realizzata in via Manzoni un'isola sperimentale per alleggerire le problematiche del "porta a porta"
MUGGIA - Arriva l'area rifiuti sperimentale temporanea dedicata ai locali del centro storico. È la novità proposta dal Comune in via Manzoni per venire incontro alle esigenze dei negozianti alle prese con il nuovo "porta a porta". Soddisfatta Laura Litteri, assessore all'Igiene urbana: «Abbiamo proposto una soluzione in grado di fornire risposte a quanto emerso dagli incontri in cui i gestori avevano manifestato ancora delle difficoltà organizzative ad adeguarsi al nuovo sistema». Che ci fosse malumore tra i commercianti per il nuovo servizio era cosa risaputa. Considerate le peculiarità del centro storico, caratterizzato da fori di piccole dimensioni, spesso peraltro privi di spazi di deposito, il mantenimento dei bidoncini si era dimostrato da subito complicato. Tenendo poi conto dell'arrivo della bella stagione e quindi delle prossime manifestazioni pubbliche, le esigenze espresse da buona parte dei commercianti non hanno lasciato indifferente l'amministrazione comunale, che ha ritenuto opportuno individuare una soluzione, pur in via sperimentale e temporanea. «Individuare una zona ad hoc, anche in vista delle manifestazioni pubbliche che inizieranno dal mese di aprile e che comporteranno un significativo maggiore afflusso di turisti e clienti con una conseguente maggiore produzione di rifiuti, ci è parsa la soluzione più proficua», racconta il vicesindaco e assessore al Commercio Francesco Bussani. Nell'area adiacente a via Manzoni è stata appena istituita un'area dotata di cassonetti per il conferimento dei rifiuti ad accesso limitato esclusivamente ai gestori dei pubblici esercizi del centro storico. L'accesso sarà garantito tramite una chiave. I commercianti potranno così usufruire di questa opzione oltre al "porta a porta" già esistente. L'area sarà invece off-limits per gli altri cittadini, motivo per cui è stata predisposta una serratura. «Questa nuova area per i nostri commercianti ha comportato, ovviamente, lo spostamento dei tre posti auto dedicati alle forze dell'ordine presenti nella via», ricorda Bussani. Gli stalli sono stati "recuperati" nell'area ex Esso, individuando in altra area un ulteriore posto per disabili in sostituzione di quello soppresso. Il nuovo sistema di differenziata in vigore in via sperimentale dal primo marzo con l'affiancamento dei bidoni stradali, in fase di rimozione in questi primi giorni di aprile in seguito all'instaurazione di un sistema di differenziata integrale, sta dunque proseguendo nonostante la forte protesta di tanti muggesani. A tale proposito Litteri rimarca il pensiero del Comune: «Auspichiamo che venga colta l'opportunità che l'area rappresenta e che venga utilizzata responsabilmente. Nei primi giorni si sono infatti riscontrate diverse anomalie di conferimento e sarebbe davvero un peccato che si reiterassero, perché per i comportamenti di qualcuno ne farebbero le spese tutti, anche chi ha dimostrato di essere diligente e rigoroso.

Riccardo Tosques

 

 

Trieste - Al San Marco si parla di ecosistemi marini

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente vi invita alla conferenza "Ecosistemi marini: la minaccia della plastica" al Caffè San Marco, oggi alle 18. Cambiamenti climatici, distruzione degli habitat e inquinamento da plastica sono identificati come le tre maggiori minacce per il futuro del mare e del pianeta. Scopriamo perché. Interviene Antonio Terlizzi, professore di Zoologia dell'Università di Trieste.

 

 

Progetti - Focus sul destino del Parco del mare

Domani alle 17, al Circolo della Stampa, il Comitato "La Lanterna", Legambiente e le associazioni animaliste promuovono un incontro sul Parco del mare, cui sono stati invitati i candidati alle regionali.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 aprile 2018

 

 

Orti, paesaggio e verde urbano - In città e a Borgo San Sergio lezioni di agricoltura "sociale"
Anche a Trieste, ogni anno c'è sempre più voglia di biologico. Per favorire l'approccio alla coltivazione di orti, giardini e balconi in modo sostenibile e all'interno del centro urbano, anche quest'anno l'associazione Urbi et Horti, in collaborazione con l'assessorato comunale al Volontariato, ha organizzato un corso teorico e pratico su agricoltura biologica, ambiente e tutela del paesaggio. Gratuito, è rivolto a tutti coloro che vogliono imparare a diventare orticoltori o giardinieri anche sul proprio balcone e si svolgerà nella sala Arac del Giardino pubblico con cadenza settimanale, ogni giovedì fino al 26 aprile alle 17.30.Il percorso di formazione si articola in 4 moduli formativi di 2 ore ciascuno al termine del quale verrà rilasciato un attestato di partecipazione. «Le lezioni - spiega Tiziana Cimolino di Urbi et Horti - hanno lo scopo di fornire strumenti e metodi utili per promuovere, progettare e realizzare esperienze di agricoltura sociale a livello territoriale e di anno in anno sempre più persone si avvicinano al progetto sia per favorire la collettività che per prendersi cura del proprio piccolo appezzamento o del balcone di casa. La docenza è affidata a esperti nell'ambito dell'agricoltura, botanica e tutela del verde. Nella prima lezione, l'agronoma dell'Aiab Daniela Peresson ha spiegato come coltivare il proprio orto o balcone in maniera bio. Domani sarà la volta del conduttore della storica trasmissione Rai della domenica mattina, "Vita nei campi", Enos Costantini».Le lezioni pratiche - con accompagnamento in campo del maestro contadino Roberto Marinelli - si svolgeranno i sabati mattina fino al 28 aprile all'orto di Borgo San Sergio "Le piane", uno degli orti comuni che l'associazione cura, con ritrovo alle 10.30 in via Grego 48. Sabato si parlerà di preparazione dei semenzari e cura del seminato. Informazioni: orticomunitrieste@gmail.com, chiamando il 3287908116 e sulla pagina Facebook orticomunitrieste.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

il Fatto Quotidiano - MARTEDI', 10 aprile 2018

 

 

Ambiente & Veleni - Groenlandia, il ghiaccio si scioglie e tornano a galla i segreti militari Usa

C’è un segreto militare Usa che era pensato per non essere scoperto. E, invece, i cambiamenti climatici che portano allo scioglimento dei ghiacci ci consegnano indizi terribili.

Marlene Cimons di Nexus Media ha svolto un’inchiesta in cui svela che al culmine della Guerra fredda (negli anni 50) la calotta glaciale della Groenlandia ospitava una serie di basi militari clandestine degli Stati Uniti il cui compito era quello di tenere in posizione 600 missili balistici a medio raggio con testate nucleari pronte per il dispiegamento verso l’Unione Sovietica. La base, Camp Century in Groenlandia, fu abbandonata nel 1967 lasciando dietro di sé una terribile eredità sepolta sotto tutto quel ghiaccio e neve. Tonnellate di rifiuti tossici che i funzionari militari evidentemente presumevano sarebbero rimasti congelati per sempre. Cinquant’anni fa, l’esercito degli Stati Uniti probabilmente non teneva conto del cambiamento climatico. Ma ora, lo scioglimento dei residui ricoperti mette a repentaglio l’ecosistema marino.
Il ghiaccio di Camp Century nascondeva decine di migliaia di litri di gasolio, grandi quantità di policlorobifenili (Pcb) e quella che si ritiene essere una piccola quantità di pericolosissimo materiale radioattivo seppure di medio livello. Il caso è l’indice inquietante di come l’innalzamento del livello del mare possa portare nell’oceano materiali tossici provenienti da altri siti militari costieri.
Le isole del Pacifico sono particolarmente vulnerabili secondo lo studio che cita, tra gli altri, i rifiuti radioattivi militari statunitensi lasciati durante la Guerra fredda all’atollo di Johnston e alle Isole Marshall. L’indagine geologica degli Stati Uniti sta attualmente studiando questi potenziali rischi, ma la loro piena estensione non è ancora nota. Il cambiamento climatico è un problema globale e quindi difficile da attribuire esclusivamente a qualsiasi governo o attore politico, ma gli effetti come questi qui esposti sono territorialmente specifici: quindi le popolazioni locali possono individuarne le responsabilità e chiedere un risarcimento.
L’uragano Harvey illustra il problema. I cambiamenti climatici hanno esacerbato un uragano, rendendolo più grande e più cattivo di quanto sarebbe stato altrimenti. Il ciclone ha di conseguenza portato gravi danni agli impianti chimici e alle raffinerie, che a loro volta hanno rilasciato nel terreno e in mare inquinanti tossici.
Gli Stati Uniti da soli hanno centinaia di basi oltremare che richiedono un continuo coordinamento politico con i governi ospitanti e i rischi ambientali legati al clima potrebbero rappresentare un nuovo tipo di tensione all’interno delle alleanze politiche internazionali. La Groenlandia, ora un territorio semi-sovrano della Danimarca, potrebbe subire una contaminazione delle acque da Camp Century. In definitiva, ci saranno costi di disinquinamento da pagare e un risarcimento per i locali colpiti dall’inquinamento.
Nel 1951 – all’epoca in cui i paesi firmarono l’accordo di difesa della Groenlandia, che stabilì le basi – la Danimarca aveva una politica estera nominalmente priva di nucleare ma aperta ad alleanze formalmente riconosciute. Il trattato in vigore ha quindi permesso agli Stati Uniti di rimuovere la proprietà dalle basi o di disfarsene in Groenlandia (dopo aver consultato le autorità danesi) senza tuttavia far cenno ai materiali radioattivi.
Così la Danimarca potrebbe obiettare che non è stata completamente consultata in merito alla disattivazione reale di alcuni siti militari abbandonati; quindi qualsiasi scoria atomica abbandonata rimane una responsabilità degli Stati Uniti. Inoltre, la Danimarca afferma che non è mai stata contattata ufficialmente per un piano di posizionamento di missili nucleari in Groenlandia.
In assenza di cambiamenti climatici, il ghiaccio quasi certamente avrebbe conservato questo segreto per sempre. L’idea che l’esercito potesse lasciare i rifiuti abbandonati in Groenlandia, per essere sepolto nella neve per sempre, non sembrava una pazzia. Nessuno al momento ha previsto l’enorme e devastante esperimento che stiamo da tempo incautamente conducendo sul nostro pianeta.
Gli amanti della pace hanno salutato con entusiasmo l’assegnazione del premio Nobel per la Pace del 2017 alla associazione iCAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapon) una coalizione (come dice il nome) internazionale di gruppi attivi nella richiesta di eliminazione delle armi nucleari, eppure il rischio venuto alla luce nel mare Artico rivela una sconsiderata politica che non si è limitata solo al periodo della Guerra fredda.
Sono 90, infatti, le bombe nucleari che alloggiano tuttora a Ghedi e Aviano – nel Nord dell’Italia – e che vengono ammodernate e mantenute a spese del nostro Paese, ma senza alcun controllo da parte delle popolazioni e senza messa in discussione della loro legittimità da parte delle nostre istituzioni. Stanno lì come accigliati cerberi a disposizione della Nato e in mani non certo affidabili come quelle di Donald Trump, ma anche (fortunatamente) sotto osservazione degli sforzi di denuclearizzazione del pianeta come quelli prodotti dai 122 Paesi che hanno firmato in sede Onu il trattato Tpna.
Mario Agostinelli

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 aprile 2018

 

 

«Il nuovo skatepark di Muggia sorgerà nell'area di Acquario» - La futura location svelata dal vicesindaco Bussani - Bisognerà però attendere la fine del cantiere nel 2019
MUGGIA - «Muggia avrà un nuovo skatepark nella rinnovata area di Acquario». Il vicesindaco Francesco Bussani ha finalmente svelato la futura location della struttura smantellata pochi mesi fa dal Comune nel piazzale ex Alto Adriatico. L'argomento è stato affrontato anche durante l'ultima seduta del Consiglio comunale attraverso una mozione, presentata dalla capogruppo di Meio Muja Roberta Tarlao, che ha impegnato il sindaco Marzi e la sua giunta a incontrare i ragazzi della scuola media "Nazario Sauro", fruitori sino a qualche mese fa della struttura. Quegli stessi ragazzi che hanno sottoscritto una petizione con 200 firme per chiedere la riqualificazione dell'area creata ad hoc per gli skaters. La decisione della giunta Marzi di chiudere lo skatepark per arginare il fenomeno di degrado, che soprattutto nel 2017 aveva interessato l'ex Alto Adriatico, era stato un duro colpo per i ragazzini amanti delle rotelle. L'esponente dell'opposizione Tarlao ha ricordato come il Regolamento di polizia urbana dichiara espressamente che l'attività di skater può «avere luogo solamente nelle aree a ciò destinate dall'amministrazione comunale», tanto che anche recentemente un agente della Polizia locale è intervenuto alla media "Sauro" spiegando che «tra le normative del codice della strada è previsto il divieto di circolare con lo skate in zone non adibite». Come noto, nel settembre scorso il Comune ha inizialmente recintato una buona parte del piazzale ex Alto Adriatico. Una decisione presa a causa della situazione di degrado venutasi a creare in seguito "trasformazione" in discarica, da parte di ignoti, della parte verde sita in fondo al piazzale e all'utilizzo della zona riservata agli skater da parte di giovani su moto da cross e scooter. «Abbiamo visionato più volte i filmati delle telecamere e verificato l'uso improprio del piazzale da parte di diversi soggetti protagonisti delle relative indagini, ma è evidente che l'ex Alto Adriatico è un'area che da troppo tempo sta dando dei problemi», aveva detto con rammarico l'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle. Da lì il successivo smantellamento dell'area, diventata poi non più omologabile per motivi di sicurezza.«Ho incontrato una delegazione dei ragazzi con la loro insegnante (la professoressa Valentina Marchesan, ndr), che aveva già raccolto circa 200 firme per chiedere degli interventi di miglioria sullo skatepark esistente. Sono stati incontri proficui, in cui abbiamo capito che una soluzione tampone non poteva bastare», racconta l'assessore alle Politiche sociali Luca Gandini. Da qui la conferma di quanto annunciato dal vicesindaco Bussani: «L'area di Acquario si presta per creare uno skatepark in grande stile, come quello esistente a Trieste nel rione di San Giacomo - prosegue Gandini -, una struttura che potrà dunque essere la giusta risposta alle richieste dei giovani muggesani». L'assessore ha infine i prossimi passi: «Entro l'anno incontrerò nuovamente i ragazzi per condividere al meglio il progetto, fermo restando che le tempistiche di realizzazione della nuova struttura, contestuali al cantiere di Acquario, sono previste per il 2019».

Riccardo Tosques

 

 

Sconto sulla tassa dei rifiuti a chi evita sprechi alimentari
Uno sconto sulla Tari per i titolari di attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere che decidono di limitare gli sprechi donando le proprie eccedenze alimentari ad associazioni assistenziali o di volontariato. Questa è la previsione dell'articolo 36 quater, introdotto la scorsa primavera nel Regolamento della Iuc (Imposta Unica Comunale) in attuazione della legge 166/2016 contro gli sprechi alimentari. Nell'ottica di promuovere un sistema di semplificazioni e incentivi improntato al principio di ispirazione comunitaria secondo il quale "chi meno inquina meno paga", il Comune di Trieste ha previsto una riduzione tra il 6 e il 10 per cento sulla parte variabile della tariffa della tassa sui rifiuti (la Tari appunto), a seconda del quantitativo annuo della donazione effettuata. Gli imprenditori e commercianti interessati potranno fruire dell'agevolazione presentando, entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello per il quale si chiede la riduzione, la dichiarazione di dettaglio della donazione effettuata, unitamente all'attestazione dei relativi quantitativi, sottoscritta anche da parte dell'associazione beneficiaria. Tutta la modulistica è disponibile sul sito di Esatto Spa e sulla Rete civica del Comune di Trieste. I rispettivi indirizzi web sono www.esattospa.it e retecivica.trieste.it. E sempre a proposito di tassa sui rifiuti, proprio sul sito di Esatto, la società di riscossione che opera per conto del Municipio, viene ricordato come sia fissato al prossimo 31 maggio il termine di pagamento dell'eventuale saldo della Tari dell'anno 2017, «dovuto - viene specificato dalla stessa Esatto nella sezione "scadenze" del sito - solo da chi è stato interessato da variazioni nel corso dell'anno 2017».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 aprile 2018

 

 

La sosta selvaggia traina il "business" delle multe
Sanzioni passate da 52 a 57 mila. In aumento anche gli automobilisti puniti per eccesso di velocità. Nel 2017 finiti nelle casse municipali 4 milioni di euro
Le multe per infrazioni stradali tornano a lievitare. Percorrendo soprattutto quattro vie. Insistete a parcheggiare in doppia fila? Sfrecciate incuranti davanti agli autovelox piazzati nei punti "caldi" della circolazione urbana? Ve ne fregate dei targa system in grado di rilevare chi non ha saldato l'assicurazione dell'auto o chi non ha provveduto alla periodica revisione? Continuate imperterriti a conversare al cellulare mentre invece dovreste essere concentrati sulla guida della vostra vettura? Liberi di farlo, sappiate comunque che l'insieme di queste irregolarità certamente non beneficia il vostro portafoglio, ma giova alle casse del vostro Comune. Con la determina 661/2018 gli uffici municipali accertano altri 1,7 milioni di sanzioni amministrative per infrazioni al Codice della Strada, che portano il totale degli incassi 2017 a una quota superiore ai 4 milioni di euro (4,03). La precedente "fotografia", che aveva ritratto questo fruttuoso capitolo della contabilità comunale, si era fermata a 2,3 milioni. In media i triestini hanno speso 19,6 euro pro capite all'anno. Rispetto al 2016, come riportato ieri dal Sole 24 Ore, gli incassi per le multe hanno registrato un +7,2%. Il servizio amministrativo della Polizia locale ha elaborato i numeri datati 30 gennaio 2018 dal gestionale Chipsweb utilizzato da Esatto, la controllata comunale incaricata della riscossione delle multe. Sono stati pagati 41.436 verbali, di cui 13.850 notificati e 27.586 non notificati. E ce ne sono ancora 11.808 notificati e non pagati «corrispondenti - scrive la determina - a un credito esigibile pari a euro 1.556.524,70». Il vicesindaco leghista Pierpaolo Roberti è soddisfatto di questi risultati, che riscattano parzialmente la fiacca vendemmia del 2016, un'annata caratterizzata dal trasferimento della polizia locale nella nuova caserma di via Revoltella alta, dedicata a San Sebastiano. Una volta riassestati gli uffici e il loro funzionamento, acquisite fresche tecnologie, è ripartita la caccia al reprobo della strada: «Sosta selvaggia, eccessi di velocità, targa system, telefonini corsari sono stati nel 2017 i fattori che hanno maggiormente contribuito a incrementare l'attività di repressione», commenta Roberti. E il vicario di Dipiazza ricorda come «l'uso improprio del cellulare, l'eccesso di velocità, le mancate precedenze sono le prime tre cause dell'incidentalità triestina». A proposito di "sosta selvaggia", Roberti sottolinea poi che il numero di sanzioni è salito da 52 mila a 57 mila. Al 31 dicembre 2017 la riscossione sul primo accertamento del 2017 - quello relativo ai 2,3 milioni - risulta superiore a 1,9 milioni ritenuto «un buon livello di incasso» dal pubblico amministratore leghista. Il quale, in linea con Abbate, profetizza per il 2018 un ulteriore aumento degli introiti da multe. Va ricordato che il Codice della Strada prevede che il 50 per cento dei proventi, derivanti dalle violazioni commesse da conducenti distratti o irrispettosi, abbiano un vincolo di destinazione: al 50% saranno utilizzati per migliorare la sicurezza stradale; il 12,5% parteciperà all'ammodernamento, al potenziamento, alla manutenzione della segnaletica; una ulteriore quota del 12,5% andrà al rafforzamento dell'attività di controllo. La ripartizione delle entrate da sanzioni stradali, deliberata nell'ottobre 2017 in base agli incassi del 2016, aveva provveduto a stanziare su queste tre voci 1,2 milioni di euro. Al netto dei cosiddetti crediti «di dubbia esigibilità», ovvero di quelle multe il cui incasso è considerato altamente acrobatico, dalle sanzioni alle auto con targa straniera ai sequestri. Nel 2016 questa casistica ha rappresentato un'importante statistica pari a un terzo degli accertamenti.

Massimo Greco

 

 

La rivolta di via Torino contro i sacchi neri «Basta immondizie» - Trascinati dai gestori dei locali, sporcano i marciapiedi - Scatta la protesta dei residenti contro gli effetti della movida
Esplode nuovamente la polemica nell'area di via Torino. È stato sufficiente l'arrivo delle prime serate primaverili, che hanno finalmente garantito ai tantissimi giovani e ai meno giovani che amano frequentare i locali della zona la possibilità di sostare all'esterno dei numerosi locali, e subito la situazione è diventata esplosiva. Alcuni dei residenti hanno fotografato la situazione delle strade al mattino presto con bottiglie vuote e bicchieri sparsi un po' dappertutto, macchie sull'asfalto testimoni di bevute, mozziconi di sigaretta a tappezzare i marciapiedi, cestini delle immondizie letteralmente coperti da rifiuti di ogni tipo. Qualcuno ha scattato immagini per mostrare le scie che rimangono impresse sui marciapiedi, prodotto del trascinamento dei sacchi neri da parte degli addetti dei pubblici esercizi della zona all'atto della chiusura dell'attività. Insomma una protesta in grande stile, corredata da fotografie molto esplicite. E tutto questo nell'attesa che riprenda, sulla falsariga di quanto avvenuto molte volte nelle ultime estati, la richiesta da parte dei residenti di contenere il volume della musica diffusa dai locali. Sarà sufficiente aspettare che la temperatura si alzi ancora un po' e c'è da scommettere che anche questa polemica tornerà di attualità. Intanto, sul tema delle immondizie sparse in quella che è pur sempre una zona ad alta valenza turistica, interviene il vice sindaco, Pierpaolo Roberti, in qualità di titolare della competenza sulla Sicurezza e sulla Polizia locale: «Prendo atto del problema, ma posso annunciare ai residenti e, in generale, all'intera cittadinanza e ai turisti, che siamo in procinto di sottoscrivere un accordo, nel quale sono controparte gli esercenti della zona, rappresentati in questo frangente dalla Fipe, che prevede interventi di pulizia straordinaria che saranno effettuati al mattino presto, in sostanza all'alba, in virtù dei quali le strade e i marciapiedi della zona risulteranno puliti. È fondamentale che la città offra sempre una bella immagine - aggiunge il vice sindaco - e preciso anche che il costo dell'operazione di pulizia straordinaria del mattino non peserà in alcuna maniera sulle casse del Comune e, di conseguenza, su quelle dei triestini, in quanto saranno gli esercenti della zona di via Torino a sobbarcarsi tale onere. Ribadisco in ogni caso che su via Torino e aree vicine l'attenzione dell'amministrazione rimarrà sempre alta. Siamo in sostanza in una fase di tregua armata perché l'interesse primario da difendere deve essere quello della tutela della tranquillità dei residenti. Se dovessimo riscontrare, da parte di qualcuno, l'inosservanza delle regole - conclude il vice sindaco - o peggio, atteggiamenti recidivi, non esiteremo a intervenire in maniera adeguata». Anche Bruno Vesnaver, presidente provinciale della Federazione italiana pubblici esercenti (Fipe), si schiera dalla parte del Comune, replicando alle obiezioni di alcuni degli esercenti di via Torino, poco disposti a sopportare una spesa supplementare. «Se da un lato è vero che gli esercenti pagano già un capitale per la tassa sulle immondizie e per quella di occupazione del suolo pubblico - precisa - dall'altro c'è l'esigenza di garantire decoro alla città. Quella zona presenta gravi criticità a causa dell'inciviltà di molti cittadini, spesso neppure clienti di quegli esercizi, e perché, tra i tanti professionisti del nostro settore, si contano anche alcune pecore nere. Il problema è stato affrontato in un incontro con il vice sindaco, Pierpaolo Roberti, e c'è un piano sostenibile che però, per ora, non ha riscontrato la necessaria adesione di tutti. Mi auguro che tutti i miei colleghi della zona, facendo uno sforzo economico - conclude - diano un segnale di responsabilità».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 aprile 2018

 

 

"Grande puzza", la Siot si scusa - Mea culpa dell'azienda dopo le segnalazioni di venerdì. «Odore causato da manutenzioni al Terminal»
Si risolve con il mea culpa della Siot il mistero della "grande puzza" che l'altra sera ha invaso la zona Est di Trieste. Ieri infatti, dopo che si era diffusa la notizia anche sulle pagine del nostro quotidiano, la Società italiana per l'oleodotto transalpino ha diffuso una nota in cui chiede a chiare lettere «scusa alla popolazione per aver subito il forte odore». Questa volta, insomma, la Ferriera di Servola non c'entra, e nemmeno il nuovo depuratore né le petroliere presenti nel Golfo. Tutte ipotesi sui cui fino a ieri mattina s'interrogavano i residenti di vari quartieri, che avevano segnalato a tappeto il disagio, non solo sui social ma anche tempestando le centrali operative dei vigili del fuoco e della polizia locale, che avevano a loro volta interpellato l'Arpa. A sgombrare i dubbi è arrivata appunto ieri la nota della Siot che spiega come l'episodio sia stato dovuto a «lavori di straordinaria manutenzione effettuati per sostituire delle tubazioni», assicurando che il forte e sgradevole odore non è dannoso perché non comporta «alcun rischio per la salute». Segue la spiegazione nei dettagli. Tecnicamente, la "grande puzza" che ha invaso la città è stata originata dai "mercaptani", «che sono sostanze odorose non nocive per la salute e per l'ambiente, liberatesi nell'atmosfera a seguito della rimozione dei residui di greggio dalle linee di trasferimento della Siot». Si tratta, in particolare, delle linee che collegano il Terminale marino con il Parco serbatoi di San Dorligo della Valle, dove i lavori di manutenzione straordinaria sono consistiti nella sostituzione di alcuni metri di tubazioni con linee nuove, al fine di aumentare il livello di sicurezza degli impianti. I lavori dureranno ancora qualche settimana, ma la Siot assicura che l'emanazione dell'odore è da considerare un episodio circoscritto nel tempo e già terminato. Cosa che viene confermata anche dai vigili del fuoco , cui già dalla mattina di ieri non è più pervenuta alcuna lamentela. La società precisa ancora che «non vi sono state perdite di greggio, poiché tutti i lavori sono stati eseguiti in sicurezza e secondo le procedure della Siot», e che «gli odori sono collegati esclusivamente all'attività di aspirazione di residui di greggio presenti nelle tubazioni».«A nome della Siot- dichiara il presidente Alessio Lilli - mi scuso con la popolazione di Trieste che a partire dall'altra sera ha subito il disagio di sentire forti odori, riconducibili appunto alle operazioni di straordinaria manutenzione effettuate al Terminale Marino. Il rilascio dei forti odori - ancora il presidente Lilli - è dovuto al contatto di "mercaptani" con l'aria: nel momento in cui sono state tagliate le vecchie linee per essere sostituite con le nuove, le operazioni di aspirazione previste per evitare la dispersione dei "mercaptani" non si sono rivelate sufficienti ad evitare il problema, e questo elemento ha causato l'episodio. Abbiamo, già nel corso della notte, predisposto ulteriori misure di mitigazione che hanno permesso di ridurre significativamente il livello di "mercaptani" e quindi il cattivo odore».

Elena Placitelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 aprile 2018

 

 

Esof, via alla corsa contro il tempo - Poco più di venti mesi per preparare il Centro congressi. Scatta il "duello" con la burocrazia
È corsa contro il tempo. Da qui al 2020 restano poco più di una ventina di mesi per portare a termine e consegnare il grande centro congressi da 9 mila metri quadrati, tra i magazzini 27 e 28 del Porto vecchio, per il grande evento di Esof, che celebrerà Trieste Capitale europea della scienza fra due anni a luglio. L'ultimo termine utile per finire di costruire la struttura dettato da Euroscience e dalla Fondazione Internazionale Trieste, che organizza il grande rendez-vous della ricerca e dell'innovazione tra i vecchi sili dell'antico scalo, è tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020. Il Comune, che ieri attraverso il sindaco Dipiazza, all'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, al direttore dell'Area Enrico Conte e al funzionario direttivo Daniela Schleimer ha raccontato gli ultimi sviluppi dell'iter per realizzare il progetto, fa passi da lepre e cerca di accelerare il più possibile le pratiche. Il tempo però resta tiranno. Il centro congressi è appeso alla burocrazia e Trieste deve dare prova di grande compattezza per riuscire a farcela in un modo o nell'altro. L'ultima notizia riguardava la consegna agli uffici comunali di un progetto di fattibilità tecnico-economica di natura privata e d'interesse pubblico attraverso la formula del project financing. A proporlo la Trieste Convention Center srl, società che si è formata ad hoc negli scorsi mesi, composta da soli imprenditori triestini. Su proposta infatti dell'amministrazione municipale la volontà è stata quella di lasciare in eredità alla città dopo Esof 2020 una vera e propria struttura congressuale e quindi evitare le iniziali tensostrutture pensate per la manifestazione. Da gennaio dunque, in un mese e mezzo, anziché tre, gli uffici comunali hanno analizzato l'iniziativa e, con parere favorevole e qualche modifica, hanno passato la palla alla giunta comunale che l'altro ieri ha approvato la proposta che riguarda appunto la riqualificazione dei magazzini 27 e 28 (con ampliamento di quest'ultimo e un collegamento tra i due con un ponte), in modo da realizzare una struttura polifunzionale, un Centro Congressi che si estenderà su una superficie di oltre 9 mila mq e che potrà disporre esternamente anche di un'adeguata area parcheggio. Ora la tabella di marcia è molto serrata. Come hanno spiegato Conte e Lodi, nei prossimi giorni il progetto arriverà nella III circoscrizione che, su sollecitazione del sindaco, avrà dieci giorni anziché venti per approvarlo. Contemporaneamente lo valuteranno le commissioni consiliari. A questo punto il faldone giungerà in Consiglio comunale a fine aprile e, dopo vari passaggi burocratici, a fine maggio andrà in gara aperta. Gli stessi fautori del progetto potranno aderire al bando, dove il costo dell'opera è pari a 11,1 milioni di euro: il Comune finanzierà il 44%, pari a 5,5 milioni di euro, e il restante il vincitore della gara. Nell'offerta di Tcc inoltre ci sono altri dati: il proponente ha ipotizzato 12.500 partecipanti annuali da tutto il mondo con un minimo di 10 conferenze nazionali e internazionali. Il canone che percepirà il Comune è pari a 80 mila euro l'anno con la possibilità di usufruire dell'area per cinque eventi. Tornando all'iter, a metà luglio verranno chiuse le partecipazioni. L'aggiudicazione potrebbe essere verso gli inizi di agosto. Se si aggiudicherà la partita un altro soggetto diverso dal "promotore", vale a dire la cordata guidata da Bravar, quest'ultima avrà il diritto di prelazione e potrà rivedere la propria offerta. Ecco che nella peggiore delle ipotesi si perderebbe un altro mese. Tenendo inoltre in considerazione il periodo standard di 35 giorni per accogliere da parte di altri partecipanti eventuali ricorsi, a settembre potrebbe essere avviata la progettazione esecutiva di 130 giorni con partenza dei lavori a gennaio 2019. Il cantiere dovrebbe concludersi in 15 mesi e la fine dei lavori sarebbe prevista nei primi mesi del 2020. Se questo piano però potrebbe avere qualche inghippo, ecco che salta fuori il piano b, spiega Dipiazza: ritornare all'idea iniziale di installare delle tensostrutture per creare il villaggio Esof. «Noi andiamo comunque avanti in questo senso - sottolinea Stefano Fantoni, il champion di Esof 2020 -, non possiamo rischiare, se questo bellissimo progetto andrà in porto ben venga, altrimenti sarà già pronta l'alternativa».

Benedetta Moro

 

Si accelera anche per il nuovo Museo del mare - Allo studio i modelli di Amburgo, Marsiglia e Genova. Cantiere ai magazzini 24 e 25 entro marzo 2019
Termine perentorio per iniziare il cantiere: marzo 2019. Questa volta si parla del nuovo Museo del mare, che verrà realizzato nei magazzini 24 e 25 del Porto vecchio grazie ai 23 milioni dei 50 totali deliberati dal Cipe nel 2016 per la realizzazione di alcune opere nell'antico scalo. Finanziamenti che sono rientrati in un accordo operativo per il Piano stralcio "Cultura e Turismo" del Mibact, siglato lo scorso settembre tra quest'ultimo, Regione Fvg, Comune e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale. È in fase di definizione da parte del Municipio la prima fase del progetto con una collaborazione esterna, in un lavoro a tre tra le aree Lavori pubblici, Urbanistica e Cultura. Ma i tecnici dell'amministrazione non si soffermeranno a studiare il nuovo sito solo da Trieste: in mente c'è anche l'idea di volare ad Amburgo, Marsiglia e Genova per ispirarsi e capire come sono stati strutturati i tre musei del mare che in queste città attirano già migliaia di visitatori. Insomma, si dedicheranno alla letteratura di riferimento per scoprire come, ad esempio, in Germania siano riusciti a mettere in piedi una realtà museale nel più vecchio magazzino della città, datato 1879, dove sono presenti dieci ambienti che mostrano gli stretti rapporti tra l'uomo e il mare attraverso le epoche storiche e le civilizzazioni. O, per non andare troppo distanti, capiteranno in Liguria, al Galata Museo del mare: circa 10 mila metri quadrati suddivisi in ben cinque piani, con più di 4.300 oggetti originali, custoditi con cura. La riqualificazione dell'area del Porto vecchio, obiettivo di rilievo nazionale, avrà avvio con la creazione di questo grande attrattore culturale transfrontaliero, con un restauro degli edifici e il successivo allestimento, per una superficie stimata attorno ai 10 mila metri quadrati. Sono tre i livelli di progetto che dovranno essere messi in piedi. Il primo di fattibilità tecnico-economica, cioè la parte preliminare che tocca appunto all'amministrazione comunale. L'idea sarebbe quella di condividere poi questo step attraverso un processo partecipato con il pubblico. Successivamente il progetto verrà messo in gara attraverso un concorso e il successivo appalto e poi si darà il via al progetto definitivo ed esecutivo per arrivare a un programmazione ben strutturata e condivisa. Il Municipio prevede di proporre alcune ipotesi già prima dell'estate.

(b.m.)

 

Torna in città la "grande puzza", pioggia di segnalazioni
La "grande puzza" è tornata ieri sera ad ammantare Trieste con tutto il suo carico di mistero. Ma questa volta sempre più "grande" e "intensa" del solito. La grande puzza si è fatta sentire attorno alle 20 a Valmaura, Ponziana, San Vito, Chiarbola, Campanelle, Campi Elisi, Campo Marzio, via Baiamonti, Piazza Sansovino, largo Pestalozzi, via Settefontane, via del Roncheto. È arrivata, per dire, fino a Coloncovez. Dall'Ippodromo all'Aquamarina. «Xe una spuza che non ve digo». «Tanfo irrespirabile da vomitare». «No se pol tenir le finestre verte». «Me brusa el stomigo». «Brusa la gola!». Segnalazioni virali sui social e una scarica di telefonate di cittadini allarmati al 112, il numero unico per l'emergenza. Tirati in ballo i vigili del fuoco, ovviamente. Tempestata di chiamate anche la polizia municipale. «Abbiamo dirottato il problema all'Arpa, l'agenzia regionale per l'ambiente che sta facendo le verifiche. Ma non abbiamo ancora una risposta» spiegano dalla centrale i vigili urbani. «Soliti odori di cui non si riesce mai a capire l'origine» aggiungono i vigili del fuoco tempestati di chiamate. Alcuni parlano di zolfo, altri di metano, al di imprecisato gas. Altri di "nafta pura". Le ipotesi sono le più svariate. Si va dalla Ferriera di Servola al nuovo depuratore ("Bon che xe novo"), dai depositi della Siot alle petroliere presenti nel Golfo. Qualcuno punto il dito sui lavori in corso al Canale navigabile Non è la prima volta che Trieste respira questi "miasmi" dall'origine non bene identificata. Un allarme identico ci fu sei mesi fa e pure nel giugno dell'anno scorso. Ma c'è qualcuno che denuncia la persistenza della situazione. Quello di ieri non sarebbe un caso isolato, ma solamente un picco del fenomeno dei questo periodo. «Oggi Servola irrespirabile! Quinto giorno de spuza!» si lamenta qualcun dopo avere chiamato il 112 e parlato con i vigili del fuoco. Sarà l'Arpa si spera a fare chiarezza e a dare finalmente un nome alla "grande puzza".

 

 

MUGGIA - La guerra dei rifiuti spacca la maggioranza «Una falsa partenza»
A Muggia gli alleati del Pd lamentano i ritardi del gestore Net - Ma tutti i partiti bollano i sacchi abbandonati «Atti incivili»
MUGGIA - La reazione è sbagliata, ma il sistema "porta a porta" non sta funzionando. Questo il pensiero comune dei partiti di opposizione di Muggia riguardo la protesta contro la raccolta differenziata portata avanti dai residenti che, esasperati, da martedì stanno abbandonando i sacchi di rifiuti per strada, vicino ai cassonetti dell'immondizia sigillati. E, a sorpresa, anche due terzi dei partiti che formano la maggioranza lamentano problemi e ritardi da parte della Net. Insomma, a tutti gli effetti, è stata una falsa partenza.Il mea culpa «Ci siamo fidati troppo della Net e dell'esperienza dei loro tecnici». Antonino Ferraro, capogruppo della lista Laura Marzi sindaco, fa un mea culpa generale: «I tecnici Net ci hanno assicurato, più volte, che non ci sarebbero stati problemi. Invece ci troviamo davanti ad una partenza del porta a porta che bisogna ancora calibrare. Detto questo è inaccettabile che, per ripicca, qualche muggesano abbandoni di proposito i rifiuti fuori dai contenitori». Sulla stessa linea la capogruppo dei Cittadini per Muggia, Nicoletta Fait, che non nasconde le evidenti manchevolezze: «Quando la raccolta è partita non tutti avevano il materiale sufficiente e anche ora non tutti sono provvisti dei sacchetti o dei contenitori. La reazione dei cittadini arrabbiati, però, è sbagliata e sfocia nell'ignoranza. Credo ci vorrà ancora un po' di tempo affinché il servizio possa diventare efficiente. Tra un mese ne riparleremo».L'opposizione «Il sindaco metta delle pezze all'inadeguato sistema di raccolta rifiuti invece di accusare indistintamente i cittadini». Così il capogruppo del M5S Emanuele Romano mette sotto accusa la Marzi: «L'abbandono di rifiuti è un reato, ma non si può confondere con l'errato conferimento. Il sindaco la smetta di attribuire ai cittadini indistintamente cattivi comportamenti e inizi a controllare seriamente l'operato della Net». Da Fratelli d'Italia, il capogruppo Nicola Delconte conferma che gli «atti incivili e contro la legge sono sempre deprecabili», ma rimanda al Comune la situazione in cui si sta trovando Muggia: «Ancora una volta pressappochismo, incompetenza e arroganza da parte dell'amministrazione sono il mix letale che ha fatto diventare Muggia un immondezzaio. Il comune si dovrebbe preoccupare dei molteplici disservizi provocati da un tipo di raccolta imposto senza condivisione con la cittadinanza». Critica anche la capogruppo di Obiettivo comune per Muggia, Roberta Vlahov: «Attribuire le colpe di un simile disastro ai cittadini è l'ennesimo errore di questa amministrazione. Resta pesante la disorganizzazione operativa sul territorio, con famiglie o addirittura condomini interi che non hanno ricevuto i contenitori per la differenziata o i sacchetti». Per Roberta Tarlao (Meio Muja) il «"Comune sta lavorando in emergenza senza un progetto definito». Andrea Mariucci, consigliere comunale della lista Forza Muggia-Dpm, difende i propri concittadini: «La maggioranza dei muggesani è fatta di persone educate che, volenti o nolenti, si stanno adoperando per il porta a porta seguendo le istruzioni del volantino che è stato a loro consegnato. Sappiamo che maleducazione e inciviltà nell'abbandono dei rifiuti ci sono sempre state, ma sono episodi isolati di una piccolissima minoranza contro cui bisogna prendere provvedimenti. Se invece il sindaco ha ulteriori elementi prenda i provvedimenti del caso». L'ottimismo di Micor L'unico ad avere una visione più rosea della situazione è Massimiliano Micor, consigliere comunale e segretario del Pd muggesano: «Finalmente la raccolta porta a porta è partita e cominciamo a ricevere dalla cittadinanza feedback sempre più positivi. Certo le criticità ci sono e vanno risolte al più presto. In questi mesi abbiamo lavorato con grandissimo impegno e continueremo a farlo, il sistema va ovviamente perfezionato attraverso il dialogo, sempre auspicabile. Crediamo ci sia bisogno di un nuovo patto sociale anche tra i cittadini stessi. Ormai la nostra società deve vedere il cittadino protagonista della cura della propria città in modo costruttivo, attivo e responsabile lasciando spazio al fare piuttosto che al "no se pol"».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 aprile 2018

 

 

La montagna di rifiuti nascosta nei fondali del mare Adriatico
In profondità il 99% degli scarti. Una ricerca coordinata dal Cnr ha rilevato la presenza di 510 oggetti per chilometro quadrato- (vedi l'articolo)
TRIESTE - Il "Pacific Trash Vortex", l'immensa isola galleggiante nell'Oceano Pacifico contenente tre milioni di tonnellate di plastica, è solo la punta dell'iceberg di un'emergenza ben più allarmante: sulla superficie del mare è infatti presente l'1% dei rifiuti antropici, mentre l'altro 99% è interamente depositato sui fondali. Nascosto alla vista, ma c'è. Montagne di rifiuti non visibili sui fondali marini che continuano ad avvelenare i pesci e di conseguenza, risalendo la catena alimentare, anche il nostro organismo. Questa la realtà illustrata ieri sera all'Antico Caffè San Marco da Silvia Ceramicola, geologa marina dell'Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale), e da Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che ne hanno parlato durante l'incontro "Le scovazze in fondo al mar" organizzato dal circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste. I danni sull'ecosistema sono però ancora poco noti, come ha riferito Fortibuoni, in quanto i rifiuti tendono ad accumularsi in zone difficilmente accessibili e quindi studiabili dai ricercatori. Le correnti marine infatti - ha spiegato Ceramicola - tendono a spostare i rifiuti terrestri, che ci aspetteremmo di trovare vicino alla costa, in ambienti totalmente impensabili: lattine di birra a 950 metri nel mare Atlantico e borse di plastica nel mare Artico a 2500 metri; addirittura nella fossa delle Marianne, a 11 chilometri di profondità, sono state ritrovate delle lattine di carne in scatola. La situazione - lo dicono i dati - riguarda anche il mare Adriatico. Secondo una mappatura realizzata dal progetto "Ritmare" coordinato dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), nell'Adriatico sono presenti 510 rifiuti ogni chilometro quadrato - ma si arriva a picchi di oltre mille nel golfo di Venezia - di cui il 90% è costituito solo di oggetti di plastica. Soprattutto oggetti "usa e getta" come bottiglie e sacchetti, che possono restare sui fondali anche per più di 600 anni. Così, le reti a strascico dei pescatori si trovano a catturare, al posto del pesce, i rifiuti più insoliti: dagli pneumatici alle biciclette, fino alle balle di fieno e ai divani. Si stima che vengano pescati circa 9 rifiuti ogni 100 pesci. Paradossalmente, però, i pescatori che si trovano a pescare rifiuti li rigettano in mare, perché altrimenti sarebbero costretti a pagare i relativi costi di smaltimento, trovandosi così a ripetere sempre la stessa assurda operazione. Per contrastare questo fenomeno, da molti anni in Scozia sono stati messi a disposizione dei pescatori degli appositi contenitori nei quali separare i rifiuti dal pesce, così da poterli smaltire efficacemente. Una soluzione simile è stata sperimentata anche nell'Adriatico grazie a un'iniziativa dell'Ispra, che per quasi due anni dal 2016 ha pescato grazie, all'ausilio di sei imbarcazioni, circa 122 tonnellate di rifiuti in 15 porti tra l'Italia a la Grecia. Restringendo ancora di più il campo, uno studio condotto da Martina Busetti dell'Ogs ha dimostrato che al largo di Trieste, in un'area di 9.5 chilometri quadrati di fronte Muggia, sono presenti grandi quantità di fanghi originati dal dragaggio del canale petroli degli anni Sessanta.Ma situazioni del genere possono anche essere sfruttate in maniera virtuosa. A New York, ad esempio, si sono dismessi i vagoni della metropolitana buttandoli in mare per formare una "scogliera artificiale", in modo da popolare l'area fornendo una "casa" ai pesci. Anche senza andare troppo lontano, in Slovenia si sta valutando il progetto di un'isola artificiale davanti a Capodistria con il materiale di risulta degli scavi per un'infrastruttura ferroviaria. Non solo "buone pratiche" come la "pesca dei rifiuti" e le "scogliere artificiali". In conclusione dell'incontro, Ceramicola e Fortibuoni hanno ricordato che ogni cittadino dovrebbe svolgere la sua parte. In particolare, dovremmo tutti ricordarci delle "5 R": ridurre, riusare, raccogliere, riciclate e recuperare.

Simone Modugno

 

MUGGIA - Rifiuti abbandonati fuori dai cassonetti, Marzi alza la voce
Contenitori sigillati in strada con l'avvio del "porta a porta" e c'è chi vi lascia i sacchi vicino. Il sindaco: «Atti di inciviltà»
MUGGIA - I cassonetti delle immondizie sigillati, circondati da decine di sacchetti pieni di rifiuti, molti dei quali smembrati da qualche animale. È questa l'inquietante e sempre più ricorrente immagine che da martedì è sotto gli occhi di tutti, sia nelle vie centrali che in quelle periferiche del territorio muggesano. Forse un segno di protesta contro il nuovo sistema del "porta a porta spinto" voluto dall'amministrazione Marzi ed entrato in vigore il 3 aprile? Il sindaco di Muggia, però, non ci sta e sul proprio profilo Facebook ufficiale ha postato ieri una netta presa di posizione stigmatizzando «il comportamento di chi si rende colpevolmente protagonista dell'illecito abbandono di rifiuti». Insomma, per qualcuno potrebbe trattarsi di un braccio di ferro tra "ribelli", che avevano espresso da tempo il proprio parere negativo sul porta a porta radicale, e l'amministrazione comunale, che dopo aver concesso la proroga di un mese per il sistema misto stradale-domiciliare, non è più intenzionata a compiere un solo minimo passo indietro. L'operazione di smantellamento dei contenitori stradali per i rifiuti iniziata martedì da parte dell'Italspurghi sta proseguendo senza sosta. Ma intanto, i cassonetti rimasti ancora sulle strade sono stati sigillati, proprio per evitare il conferimento dei rifiuti. E c'è chi, trovando i cassonetti chiusi, lascia i sacchi fuori dal contenitore stesso. Situazioni critiche sono state testimoniate ad Aquilinia, nelle vie adiacenti al centro storico, a Zindis e in zona porto San Rocco. Ma sono anche tanti i cittadini che lamentano di non aver ancora ricevuto i bidoni o i sacchetti per effettuare la differenziata. E c'è pure chi la raccolta differenziata l'ha effettuata, ma degli operatori della Net nemmeno l'ombra. Risultato? I sacchetti dell'umido sono stati presi d'assalto dagli animali. «Prevedevamo un contraccolpo iniziale in termini di rifiuti abbandonati: Muggia non ha scoperto nulla, né la raccolta Pap, né l'abbandono dei rifiuti e proprio per questo i mezzi sono in azione costantemente», ha spiegato il sindaco Laura Marzi che ha utilizzato parole di fuoco contro gli autori di tali gesti visto che «in questi anni quasi quotidianamente l'incuria e la maleducazione di alcuni concittadini già regalavano rifiuti abbandonati ovunque oppure materiale non idoneo all'interno dei bidoni stradali». Per il primo cittadino, però, i rifiuti lasciati fuori dai contenitori non sono necessariamente riconducibili ai cittadini contrari a questa tipologia di "porta a porta": «Qualcuno sostiene che dietro all'abbandono dei rifiuti vi sia una manifestazione di protesta. Se così fosse, sarebbe ben più grave. Perché tale ipotetica protesta offrirebbe l'immagine di un cittadino muggesano che danneggia la propria città e di conseguenza se stesso e chi gli sta vicino». Un plauso è invece stato rivolto ai muggesani che facendo arrivare al Comune diverse segnalazioni hanno denunciato, anche con foto, «l'inciviltà di vicini di casa o concittadini generici che abbandonano i rifiuti senza alcuna reale spiegazione. Questo ci rincuora, perché denota che sono in molti, a Muggia, a demonizzare questi atteggiamenti indegni. Invito, quindi, non solo a porre in essere comportamenti civili ed ossequiosi delle regole ma anche a contrastare attivamente, continuando a segnalare e denunciare, chi inquina la nostra Muggia».

Riccardo Tosques

 

 

Economia del mare traino per l'occupazione - Ok anche elettronica, commercio, ristorazione, servizi alla persona nella fotografia scattata dall'IRES

Negli ultimi dieci anni in provincia di Trieste l'occupazione è cresciuta maggiormente rispetto al resto della regione, con un ritorno ai livelli pre-crisi (circa 97 mila occupati). A trainare il mercato del lavoro triestino sono stati i settori della ristorazione, dell'elettronica, dei servizi alla persona, del commercio e della cosiddetta "economia del mare" (magazzinaggio, cantieristica, trasporti). Sono alcune delle tendenze delineate ieri, dati alla mano, da Alessandro Russo, ricercatore dell'Ires Fvg, nell'incontro "Il lavoro al centro", promosso dall'associazione Luoghi Comuni di Trieste. A introdurre l'incontro l'ex sindaco Roberto Cosolini, che ha sottolineato come il tema del lavoro vada trattato con un'attenta analisi dei dati: «Che sono incoraggianti, legati anche alle scommesse fatte per lo sviluppo di questo territorio in materia di logistica, portualità e turismo. In elettronica si conferma la performance positiva alimentata anche dal nostro sistema di alta formazione. Tra le criticità invece ci sono l'invecchiamento progressivo della popolazione e la crescita del part-time, che spesso è una scelta obbligata». Il quadro a livello nazionale, da cui parte Russo, parla di un recupero di 900 mila occupati negli ultimi quattro anni, ma con un numero di ore lavorate inferiore (-6% tra il 2007 e il 2017). Nel 2015 si è registrato un forte aumento degli occupati a tempo indeterminato, grazie agli incentivi offerti dal Jobs Act, mentre il 2016 e il 2017 sono stati trainati dalla ripresa dell'occupazione a tempo determinato. In Friuli Venezia Giulia, anche se l'occupazione è in crescita, rispetto al 2007-2008 mancano all'appello ancora circa 14 mila occupati. A livello demografico in Fvg, e a Trieste, è diminuita sensibilmente la popolazione residente in età lavorativa (15-64 anni): ciò è dovuto all'invecchiamento della popolazione e al crollo dei residenti, diminuiti del 22% dal 2007 nella provincia di Trieste. Durante la crisi ad essere penalizzati sono stati soprattutto la componente maschile e il lavoro autonomo. Si è registrata invece una notevole espansione del part-time a discapito del tempo pieno, anche tra gli uomini, ma la diminuzione delle ore lavorate si è riflessa sui redditi. Sono circa 6.000 i disoccupati in provincia di Trieste nel 2017, 2.000 di meno rispetto al biennio 2015-2016. Trieste è l'unica provincia che rispetto al 2008 ha circa 1.400 occupati dipendenti in più nel settore privato, mentre nello stesso periodo in Fvg i dipendenti sono diminuiti di 17 mila unità. Una crescita dell'occupazione a tempo indeterminato si è verificata nel 2015, mentre nei due anni successivi si è registrato un calo, ma il saldo per Trieste resta positivo (+ 2.500). Sono aumentati i lavoratori over 50, effetto della legge Fornero sommata al fattore demografico e alle maggiori difficoltà per i più giovani nel trovare un'occupazione. È andata peggio invece alle imprese, diminuite di oltre 900 unità tra il 2009 e il 2017.

Giulia Basso

 

 

 

 

 

VOCEARANCIO.it - GIOVEDI', 5 aprile 2018

 

 

Come funziona il più grande marketplace di oggetti ricondizionati in Europa

L'arco di vita di smartphone e tablet è sempre più breve. L'alternativa per risparmiare e inquinare meno si chiama Back Market

L’obsolescenza programmata è quel fenomeno secondo il quale gli oggetti tecnologici e gli elettrodomestici sono costruiti per invecchiare prima del dovuto: la batteria non si carica più, il computer va a rilento, il frigorifero perde acqua, la lavatrice non gira più. Si tratta di una tecnica industriale inventata negli anni 30, dopo la prima grande crisi economica globale, per dare una spinta (artificiale) ai consumi. In un mondo digitale e connesso come il nostro, nel quale tutti possediamo decine di oggetti tecnologici diversi, si traduce in una catastrofe ambientale. Secondo una ricerca del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, i cellulari oggi durano in media meno di due anni, quanto le scarpe e gli spazzolini elettrici. I computer resistono tra i tre e i quattro anni, come un vestito di sartoria o una pentola. Dati surreali, che hanno come conseguenza numeri spaventosi quando si parla di rifiuti. Una discarica tecnologica globale. Secondo il rapporto Global E-waste Monitor 2017 nell’ONU i rifiuti elettronici nel mondo hanno superato le 44 milioni di tonnellate: è come buttare via 4500 torri Eiffel di vecchi gadget e lavatrici ogni anno. Solo il 20 per cento di questi rifiuti viene effettivamente riciclato. Entro il 2021, questa discarica hi-tech globale crescerà del 17%. In Italia si fa un ottimo lavoro con la raccolta dei RAEE (Rifiuti di apparecchi elettrici e elettronici), la cui raccolta è aumentata del 14%. A livello industriale la strada non può che essere portare anche la produzione hi-tech dentro l’economia circolare. Grandi produttori di smartphone, come Samsung, hanno annunciato che ricicleranno il cobalto dei cellulari dismessi. E un consorzio di aziende e organizzazioni europee ha deciso di cercare i materiali per la produzione tecnologica nelle miniere che abbiamo dentro le città: le discariche, con la creazione di Urban Mine Platform. Si tratta di una piattaforma che garantirà la tracciabilità e la previsione dei flussi di materiali dal negozio alla discarica in 30 nazioni europee, per recuperare parte di quei 55 miliardi di euro in materiali preziosi riciclabili che invece finiscono perduti tra i rifiuti. Insomma, a livello industriale il futuro passa (anche) dall’estrazione in discarica di neodimio, litio e cobalto. L’Amazon del ricondizionato. E voi? In attesa che le istituzioni e i processi industriali facciano il loro corso, una delle strategie che potete adottare per ridurre il vostro impatto ecologico e risparmiare quando si tratta di cambiare il vostro smartphone invecchiato troppo in fretta è acquistare oggetti tecnologici ricondizionati, cioè semi-nuovi, perché restituiti da un cliente senza essere mai stati usati o esposti in negozio. Questa strada vi potrebbe permettere di ridurre la vostra quota annuale di di 18,9 kg di rifiuti elettrici ed elettronici e risparmiare una percentuale che va dal 20 per cento dell’acquisto a salire (in alcuni casi si arriva addirittura anche al 50). In Europa c’è una startup che è stata ribattezzata «Amazon del ricondizionato», è nata in Francia quattro anni fa, da poco è sbarcata anche in Italia, si chiama Back Market, il primo marketplace europeo specializzato in ricondizionati. La maggior parte dei produttori tecnologici e dei siti di e-commerce ha ormai una sezione dedicata a questo genere di prodotti, il valore aggiunto di Back Market sta nell’ampiezza dell’offerta e nei processi di vendita online, tagliati e pensati per questo mercato. «La nostra missione?», si legge sul sito, «Rendere mainstream il consumo di prodotti “risuscitati”. Suona british e cristologico, ma è esattamente così». Non solo smartphone. Ecco come funziona Back Market: la piattaforma riunisce 70 diverse officine di ricondizionamento, tutte vagliate una a una con uno specifico audit. Il sito effettua una «triangolazione» tra officina e compratore, e dà agli utenti, che comprano direttamente sulla piattaforma, anche l’ultima parola su come valutare l’acquisto. Il compratore «è invitato a dare un voto alla qualità della prestazione, valutando il suo personale grado di soddisfazione su un prodotto/ricondizionatore specifico, e informandoci sulla longevità del suo acquisto». Inoltre, su ogni scheda prodotto, l’utente può accedere a tutti i controlli effettuati sulle singole funzionalità dell’apparecchio acquistato, per verificare come sono state testate, verificate e/o riparate dal ricondizionatore. La garanzia su Back Market dura sei mesi, «Perché tutto un semestre è largamente sufficiente per smascherare un prodotto di cattiva qualità», spiegano. Sul sito non si possono comprare solo smartphone, tablet e laptop, ma anche console di videogiochi, televisori, macchine fotografiche e piccoli elettrodomestici, come il tostapane o la macchina per il caffè.

Ferdinando Cotugno

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 aprile 2018

 

 

La bonifica infinita del giardino inquinato fa "fuggire" gli alunni - Iscrizioni in calo alla scuola Marin di Servola. Salta una prima
Le mamme: «I lavori non decollano e chi può sposta i figli»
Niente prima B il prossimo anno all'elementare Biagio Marin di Servola. Colpa delle scarse iscrizioni provocate, secondo lo sfogo di alcune mamme, dalla vicenda della bonifica "infinita" del giardino della scuola. Lo spazio verde attorno all'edificio dedicato al poeta gradese, infatti, rientra tra le sette aree risultate inquinate dopo l'indagine ambientale realizzata nel 2016 dall'Arpa. E appunto dal 2016 si attende ancora il risanamento delle zone a rischio, operazione per la quale esiste un finanziamento regionale di 350mila euro. Il Comune, attraverso l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi e il direttore dell'Area Enrico Conte, fa sapere che è stata avviata lo scorso ottobre la rimozione dei terreni inquinati nelle due scuole interessate (nella lista, oltre alla Marin, c'è anche la don Chalvien di via Svevo). I lavori però hanno subito quasi subito uno stop dovuto, spiega Conte, «all'introduzione di un nuovo decreto legge, che ha messo i bastoni fra le ruote. Dalla scorsa settimana però - aggiunge il dirigente - sono ripartiti i lavori di ripristino dei terreni». Una ripartenza che, però, non tranquillizza le mamme, decise ad alzare la voce contro la lunghissima attesa per la rinascita dei giardini. «Chiunque può vedere che nulla è stato fatto finora - dice Valentina Blasina -. Da mamma, e da servolana, provo rammarico perché una scuola così grande viene penalizzata per questi problemi. Questa condizione ha scoraggiato molti genitori, che non hanno iscritti i loro figli alla Marin, "dirottandoli" invece alla De Marchi, dove infatti la classe prima si farà. Non voglio accusare nessuno, ma stimolare la sensibilità di coloro che possono aiutarci a fare qualcosa di costruttivo». Dall'anno scorso Anastasia Cozzolino è la capoclasse della prima B. Lei, assieme alle colleghe, ha portato il problema all'attenzione della preside Marina Reppini. «Ci dicono dall'inizio dell'anno che i soldi sono stanziati da tempo, che gli operatori sono pronti - spiega -, che dopo la scuola di via Svevo interverranno all'interno della Marin. Nulla però si è sbloccato. Penso purtroppo che questa situazione abbia portato molti genitori a scegliere, giustamente, l'altra scuola elementare, la De Marchi, che è nuova. Un vero peccato, perché le nostre maestre sono bravissime. E poi così la scuola s'impoverisce, come anche il rione. Bisogna interessarsi un po' di più di queste cose, i genitori hanno bisogno di avere spiegazioni». A sentire le mamme, però, non c'è solo il problema dell'inquinamento. «Nel giardino c'è anche tanta spazzatura - segnala Simona Pilotti -. C'è un vecchio secchio e, all'interno, dei motori di lavatrici. Se un bimbo mette il piede lì, si fa male. Serve la nostra collaborazione per pulire? Sono certa che nessun genitore direbbe di no». Denuncia ulteriormente la pericolosità dell'area Karin Kocijan: «I bambini, anche se si dice loro di non andare, comunque vanno nel giardino, perché le transenne sono per terra. Le maestre sono bravissime, capisco i papà e le mamme che, dopo l'open day, hanno scelto di mandare i figli in un'altra scuola». Da parte sua l'assessore all'Ambiente Luisa Polli promette che «per il prossimo anno scolastico i giardini saranno a posto» e che agli interventi affidati a Comune, Regione, Arpa, AsuiTs e approvati dall'Istituto superiore di sanità, seguirà «un monitoraggio dell'Arpa per vedere quale tipologia di polveri si sedimentano». Lodi spiega il programma dei lavori. «Stiamo lavorando per il primo lotto dell'appalto nei giardini di via Svevo e della scuola Marin - afferma - per la rizollatura del manto erboso che andrà sostituito, mentre per gli altri giardini gli uffici stanno preparando il progetto per il secondo appalto, la cui gara deve partire a breve». Forse a settembre, se tutto va bene, potrà invece partire la piantumazione do quelle specie vegetali capaci di assorbire i veleni negli altri giardini della città: un'operazione, chiamata fitorimedio, che poi dovranno fare il loro effetto nel lungo periodo. Inoltre, conclude Conte, «verranno affittati i deposimetri». Con questi apparecchi, costruiti per mappare le polveri che si depositano liberamente nell'atmosfera, si potrà capire quali sostanze inquinano di più.

Benedetta Moro

 

La preside «Le condizioni dell'area verde non aiutano ma la mancata attivazione ha tante cause»
«Sicuramente non aiuta l'attuale condizione del giardino, ma non è sicuramente questo il motivo della non apertura della prima B - spiega Marina Reppini, la preside dell'Istituto comprensivo Italo Svevo -. Ci sono diversi fattori concomitanti. Dovremmo comunque riuscire a fare due classi con orario antimeridiano, sommando gli iscritti alla Biagio Marin (sezione B) a quelli della De Marchi, che sono la maggior parte, con sede in quest'ultimo istituto. Attendiamo conferma dal Miur». Quanto ai lavori di ripristino del giardino della scuola Marin spiega che «l'intervento inizierà dalla scuola dell'infanzia Don Chalvien di via Svevo questa settimana, poi dovrebbero spostarsi alla Biagio Marin».

(b.m.)

 

 

Diciotto milioni in tre anni al "supercomune" - Siglato il patto territoriale Regione-Uti giuliana. Fondi in arrivo per terrapieno di Barcola e piste ciclabili
Più di diciotto milioni di euro in tre anni. È quanto l'Uti giuliana incasserà fino al 2020 dalla Regione per attuare una serie di investimenti in opere pubbliche, cui i Comuni membri parteciperanno portando "in dote" un altro milione e mezzo, che farà arrivare il "tesoretto" finale oltre i venti milioni. Le cifre sono contenute nel Patto territoriale siglato ieri fra l'amministrazione regionale e l'Unione, come atto successivo alle «intese per lo sviluppo» firmate l'anno scorso dalle varie Uti del Friuli Venezia Giulia per individuare una serie di progetti prioritari. L'Uti giuliana metterà in cantiere sedici opere, a cominciare dai 5,8 milioni per il recupero del terrapieno di Barcola e dai 5,7 per interventi sul terrapieno in zona Acquario a Muggia. Non manca poi l'attenzione alla mobilità lenta: 600mila euro destinati alla manutenzione dei percorsi esistenti, 180mila alla sistemazione della pista ciclo-pedonale lungo la strada provinciale del Villaggio del pescatore e 190mila alla realizzazione di un percorso ciclabile fra San Dorligo e Bagnoli della Rosandra.Il Patto include pure l'intensificazione dei collegamenti marittimi anche transfrontalieri lungo la costa (300mila euro) e la definizione di un piano coordinato per la viabilità dell'area vasta con l'eliminazione di una serie di criticità (un milione). Per la rivitalizzazione delle aree in disuso, sia quelle industriali che i centri storici, sono stanziati 3,4 milioni, cui si aggiungono 800mila euro per la stazione ferroviaria di Prosecco e 1,4 milioni per la trasformazione dell'ex scuola elementare di Col a Monrupino in incubatore d'impresa. Il Patto include poi interventi in ambito sociale, tra cui la realizzazione di un sistema integrato dei servizi comunali (budget messo a bilancio 600mila euro) e la promozione di forma di un'economia solidale attraverso il recupero di un'area agricola del Comune di Muggia da destinare ad attività sociali-didattiche in collaborazione con realtà del terzo settore (300mila euro). Sono contemplati infine il rafforzamento della domiciliarità per gli anziani attraverso progetti innovativi (un milione), il potenziamento dell'offerta semiresidenziale per non autosufficienti (150mila euro) e il miglioramento dei servizi a favore dei minori con l'avvio del centro per le famiglie (150mila euro). Ieri, la Regione ha chiuso inoltre i patti riguardanti l'Uti Collio-Alto Isonzo e l'Uti Carso Isonzo Adriatico, con impegni rispettivamente di 7,5 e 8 milioni di euro. In quest'ultimo caso verranno finanziate 18 iniziative, tra cui la riqualificazione della viabilità intercomunale tra Staranzano e Ronchi dei Legionari, che porrà rimedio anche agli allagamenti di via Dobbia.

Diego D'Amelio

 

Parenzo, area verde al posto dell'hotel Marina
Una volta tanto succede il contrario: è il cemento che lascia il posto al verde. È quanto sta accadendo a Porto Cervera, sobborgo periferico votato al turismo a Parenzo, dove le ruspe smantellano l'albergo Marina appartenente al colosso turistico alberghiero Plava Laguna, una struttura costruita negli anni '70 dello scorso secolo all'epoca del boom del turismo di massa. Si calcola che i rifiuti da rimuovere saranno nell'ordine delle 7.500-8.000 tonnellate: sono destinati alla discarica di materiale edile, vicino al troncone meridionale della circonvallazione di Parenzo. Nella fase successiva, spiega Boris Djusti proprietario dell'azienda Djusto impegnata nelle operazioni, «sull'intera area dove sorgeva l'albergo abbiamo l'obbligo contrattuale di spalmare uno strato di terra spesso 10 centimetri su cui verrà seminata l'erba e saranno messi a dimora fiori e piantine». Sorgerà così una oasi verde a pochi passi dalla riva, destinata alle passeggiate dei residenti e turisti. L'albergo Marina, della capacità di 700 posti letto, durante la guerra di indipendenza della Croazia era stato adibito a centro di accoglienza per i profughi e sfollati provenienti dalle zone belliche del Paese. In seguito, per oltre vent'anni è rimasto vuoto e in abbandono, e rifugio di fortuna per senzatetto.

(p.r.)

 

 

I sacchetti "bio" anche da casa - Sì dal Consiglio di Stato. Il punto vendita non può vietarli se idonei a conservare la merce
ROMA - Sacchetti bio, dietrofront. Dopo l'obbligo scattato a gennaio, che aveva sollevato non poche discussioni, su shopper biodegradabili e compostabili a pagamento messi a disposizione nei reparti frutta e verdura dei supermercati, ora arriva un parere del Consiglio di Stato che rimescola le carte: nessun obbligo, il sacchetto si può portare da casa. A condizione che sia «idoneo a preservare la merce». I sacchetti bio a pagamento avevano suscitato molte critiche e prese di posizione da parte delle associazioni dei consumatori e il Codacons aveva, addirittura, presentato esposti in molte procure. L'obiettivo di ridurre l'impatto della plastica sull'ambiente si scontra con il fatto che a dover pagare i sacchetti è chi fa la spesa, e con un prezzo che oscilla tra 1 e 3 centesimi a busta il costo annuale per famiglia è stato stimato tra i 4 e i 12 euro. Un esborso che ora, stando al Consiglio di Stato, si potrà evitare. Il parere dei giudici amministrativi sottolinea che bisogna contemperare le esigenze del consumatore con quelle di tutela della sicurezza ed igiene degli alimenti. E stabilisce che «laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dall'esercizio commerciale per l'acquisto di frutta e verdura sfusa», è corretto che «possa utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l'integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge. In tal caso, richiamando le considerazioni già svolte, non sembra possibile per l'esercizio commerciale vietare tale facoltà». «Il legislatore - si legge nel parere - ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e verdura all'interno degli esercizi commerciali a prodotto che "deve" essere compravenduto», una merce quindi, che può essere acquistata anche al di fuori del supermarket in cui si fa la spesa. Inoltre «ciascun esercizio commerciale sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla verifica dell'idoneità e della conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore». Per gli ambientalisti «è un primo passo in avanti ma ora serve la circolare del ministero della Salute attesa da quattro mesi che chiarisca e magari dica che si possono utilizzare le retine riutilizzabili». Greenpeace e Legambiente ribadiscono che si deve permettere in Italia quello che si fa all'estero: le retine riutilizzabili sono diffuse in Svizzera, Austria, Germania dove non risultano epidemie.

 

 

Trieste - "Le scovazze in fondo al mar..." al San Marco

Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste e l'Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs di Trieste invitano all'incontro "Le scovazze in fondo al mar... alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la spazzatura è arrivata prima di noi", oggi alle 18 all'Antico Caffè San Marco in via Battisti 18. Interverranno Silvia Ceramicola, geologa marina presso l'Ogs e Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Ispra.

 

 

POMERIGGIO - CORSO DI AGRICOLTURA BIOLOGICA

L'associazione Urbi et Horti organizza un corso per parlare di agricoltura biologica, ambiente e tutela del paesaggio. Il corso, gratuito, si svolgerà nella sala Arac del Giardino pubblico, ogni giovedì fino al 26 aprile. Prima lezione, oggi, alle 17.30. Info: orticomunitrieste@gmail.com, e al 3287908116.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 aprile 2018

 

 

Aumentano gli attacchi dei lupi - Risarcimenti più rapidi per gli allevatori con la nuova legge
SPALATO - Qualche miglioramento in Croazia per i proprietari di animali da allevamento attaccati da lupi, orsi e via elencando. Lo scorso gennaio è entrato in vigore il nuovo Regolamento sul risarcimento dei danni provocati da animali in regime di tutela. Si calcola che in Croazia vivano tra i 200 e i 220 lupi, quota con cui il Paese è entrato cinque anni fa a far parte dell'Unione europea, impegnandosi pertanto a rispettare tale numero. Si ritiene infatti che una crescita della popolazione di lupi potrebbe costituire un grave squilibrio per l'ambiente, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero sia per gli animali selvatici (cervi, caprioli), sia per quelli da allevamento. In base al nuovo documento il risarcimento per una pecora uccisa da lupi è stato portato da 500 a 600 kune, cioè da 67,2 a 80,7 euro. Per una mucca gravida sbranata dal citato predatore si è passati da 4 mila e 500 kune (605 euro) a 6 mila kune (807 euro). Tra le varie novità, anche quella di corrispondere il 50 per cento del risarcimento previsto dal regolamento per quegli animali feriti negli attacchi e che vanno abbattuti. Da quanto è stato fatto sapere, grazie alle nuove regole il pagamento di quanto dovuto dallo Stato avviene ora in tempi più rapidi, mentre prima si attendevano anche fino a 3 o 4 anni. L'anno scorso in Dalmazia le scorribande dei lupi, e relativi danni, sono state 1252, con conseguenze fatali per 1944 capi di bestiame. La regione maggiormente presa di mira e' stata quella di Sebenico e Tenin (Knin), con 509 attacchi e 746 uccisioni. Al secondo posto la Regione di Spalato, con 436 attacchi di lupi e 584 animali domestici fatti a pezzi. Sul podio anche la contea di Zara (270 aggressioni e 529 vittime), mentre la regione maggiormente risparmiata è stata quella Raguseo-narentana. Qui gli attacchi sono stati solo 35 e gli animali uccisi 85.Nel biennio 2016 - 2017, Zagabria ha versato risarcimenti per complessivi 3 milioni e 300 mila kune, sui 444 mila euro. Tanti allevatori, agricoltori e anche semplici cittadini hanno chiesto allo Stato di far diminuire la popolazione di lupi nel Paese, ma da questo orecchio Zagabria non ci sente.

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 aprile 2018

 

 

Antico Caffe' San Marco - Giorgi e i cambiamenti climatici
È in libreria da pochi giorni l'ultimo libro del climatologo Filippo Giorgi "L'uomo e la farfalla. 6 domande su cui riflettere per comprendere i cambiamenti climatici" (editore FrancoAngeli). L'autore lo presenterà alle 18, al San Marco, dialogando con Elisa Cozzarini. L'evento è organizzato dal Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste. L'ingresso è libero. Il testo affronta i cambiamenti climatici in maniera semplice, chiara ed esauriente, sulla base dei risultati della ricerca scientifica più avanzata. Il clima sta cambiando? Perché? Siamo noi a causare il riscaldamento del pianeta o stiamo assistendo ad un fenomeno naturale? Possiamo fare qualcosa per evitare la "crisi climatica" o abbiamo raggiunto il punto di non ritorno? La narrazione ci accompagna in un viaggio che comincia con l'avvento dell'era dell'Antropocene, in cui le attività umane sono ormai in grado di modificare il funzionamento del nostro pianeta. Ci mostra poi come il riscaldamento del pianeta sia ormai un fenomeno in atto e per la maggior parte dovuto ad attività umane.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 aprile 2018

 

 

La ripresa Fvg corre sui Tir in autostrada - Secondo la Cgia il "nuovo" triangolo produttivo si sposta a Nordest con 240mila mezzi pesanti al giorno, oltre il 60% in più
TRIESTE - È una ripresa che va da Milano in direzione Friuli Venezia Giulia, stando alla presenza di Tir sulle autostrade settentrionali. La Cgia ha messo in fila i mezzi pesanti medi e ha concluso che sulle principali autostrade del "nuovo" triangolo produttivo Milano-Bologna-Padova transitano quotidianamente 240mila mezzi pesanti, oltre il 60% in più dei 148mila di quelli che viaggiano sul "vecchio" triangolo industriale Torino-Milano-Genova. Ancorché parziale, spiega la Cgia, la fotografia rileva in maniera empirica come i flussi di merci, e conseguentemente anche il peso del sistema economico del Paese, si sia ormai definitivamente spostato a Nordest. L'autostrada più trafficata è la A4 Brescia-Padova con 26.242 veicoli pesanti giornalieri. A seguire, con un dato medio riferito a tutte le autostrade italiane pari a 9.085 camion (dato in crescita a partire dal 2014), la A4 Milano-Brescia (24.699), la A1 Milano-Bologna (21.663), la A1 Bologna-Firenze (16.490), la A14 Bologna-Ancona (15.069) e il Passante/Tangenziale di Mestre (13.829). Con 10.513 Tir giornalieri trovano spazio le tratte gestite da Autovie Venete, la A4 Trieste-Venezia, la A23 Palmanova-Udine, la A28 Portogruaro-Conegliano, la A34 Villesse-Gorizia e la tangenziale di Mestre fino allo svincolo del Terraglio.«In un contesto in cui la presenza di cantieri ha prodotto una seppur lieve flessione del traffico leggero - osserva il presidente di Autovie Maurizio Castagna -, l'incremento dei mezzi pesanti è un fenomeno avviato da più di un anno che verifichiamo mensilmente. Non c'è dubbio che si tratti di un sintomo evidente della ripresa economica». Rispetto all'anno pre-crisi, il 2007, il numero medio di Tir circolanti nelle autostrade italiane, è peraltro più basso del 12%, quando la media era di 10.334 passaggi giornalieri. Nel decennio, tra le 35 tratte autostradali analizzate, le uniche che hanno recuperato quei flussi di traffico sono state la A5 Aosta-Traforo del Monte Bianco (+16,2%), la T1 Traforo del Monte Bianco (+8,6%) e la A22 del Brennero-Verona (+2,3%). Tutte le altre, invece, presentano variazioni negative.Le concessioni di Autovie fanno segnare il -11,4%, ma cali maggiori a Nord sono quelli della T2 Traforo del Gran San Bernardo (-34,7%), della Udine-Tarvisio (-24,8%), della T4 Traforo del Frejus (-19,2%), della A21 Torino-Piacenza (-15,3%) e della A8/A9 Milano-Varese e Lainate-Como-Chiasso (-12,9%). «Il forte squilibrio territoriale emerso dalla comparazione - spiega Sefano Zabeo della Cgia - è solo in parte ascrivibile al fatto che a Nordovest c'è una rete ferroviaria più diffusa. Questa specificità, collegata agli effetti sul trasporto merci delle autostrade del mare - prosegue -, ha consentito di assorbire una quota di prodotti che, altrimenti, viaggerebbero su gomma». Dopo di che, aggiunge Zabeo, «è altrettanto indiscutibile che il Nordest, allargato per ragioni storiche e culturali anche alle province di Brescia e Bergamo, è diventato il vero motore economico del Paese. Con centinaia di migliaia di Pmi da rifornire o con prodotti finiti che partono da questo territorio per raggiungere i mercati di destinazione». Nonostante alcune direttrici dell'export abbiano recuperato i flussi di traffico pre-crisi, gli autotrasportatori stranieri presidiano comunque stabilmente queste tratte. Dai dati Eurostat (2015) il peso dell'autotrasporto ha raggiunto livelli elevatissimi. A incrementare i volumi, fa poi sapere Renato Mason, segretario Cgia, sono stati solo i principali assi autostradali che hanno consentito alle merci italiane di arrivare nel cuore dell'Europa, in particolar modo in Francia e Germania.

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 marzo 2018

 

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare - Una location discutibile

Ci fa piacere che il presidente della Icop Vittorio Petrucco voglia investire nella nostra città. Vorremmo però metterlo in guardia, prima di lanciarsi in un'impresa tutt'altro che promettente. Si chieda, anzitutto, come mai in 14 anni, nonostante la sua decantata passione per il Parco del mare, Paoletti non sia riuscito a far decollare la sua idea. Dai conteggi dell'allora assessore al Bilancio Ravidà lo stesso sindaco Dipiazza, che ora sponsorizza il progetto, dichiarò di dover fare marcia indietro, perché i conti non tornavano. Analisi economica riconfermata nel 2018 nell'incontro pubblico dell'Associazione di cultura politica Luoghi Comuni: Gianfranco De Pinguente, già consulente di Friulia, valutò negativamente il risultato finale di un tale investimento. Inoltre la situazione triestina è cambiata da allora: esiste già un acquario, molto visitato, che sta per essere riqualificato ma anche la nuova sede del Wwf alle Scuderie di Miramare, il Bio Ma appena inaugurato. Le specie marine s'illustrano anche senza ricorrere ad animali vivi. Due strutture che, già da sole, dovrebbero esaurire la curiosità verso i pesci in gabbia che, vista la crescente sensibilità animalista, non sembrano essere molto in auge. Il presidente vada poi a fare un giro nell'area limitrofa alla Lanterna e vedrà se sia il caso di fare sorgere un polo ultramoderno in un contesto fortemente degradato. Non parlo della zona di Porto Lido ma di tutto il circondario: un edificio scrostato di qua e uno fatiscente di là, gli orribili casermoni del molo, la vecchia stazione di Campo Marzio in palese abbandono e, a completare il panorama, il fantasmatico moloch dell'ex-Meccanografico. Quale turista vorrebbe addentrarsi in questa sorta di "terra di nessuno"? Qualche perplessità Petrucco sembra già averla, almeno a leggere l'articolo del Piccolo. Credo soprattutto perché sul cosiddetto Parco del Mare non ha potuto visionare alcun progetto, svanito nel nulla dopo il ritiro di quello di Chermayeff, motivo per cui anche il nostro Comitato si è fatto da parte in attesa di avere dei dati da potere commentare. Non mi soffermo sulla questione paesaggistica, su cui si è già espressa larga parte della cittadinanza nella nutrita serie di segnalazioni apparse su questo giornale e in occasione della nostra petizione on line, che ha raccolto 1.300 firme, a cui si è aggiunto il parere contrario del mondo scientifico e accademico, ambientalista. Comunque, se si volesse proprio affrontare un'impresa così rischiosa e credo impopolare, la si affianchi alla prevista riqualificazione di Porto vecchio, abbinando magari un acquario al Museo del Mare che vi sarà trasferito, inserendosi quindi nella serie d'investimenti e progetti che affiancheranno Esof 2020, evento che sicuramente metterà in evidenza quell'area storica come scenario della crescita di Trieste.

Giorgetta Dorfles - portavoce Comitato La Lanterna

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 marzo 2018

 

 

Energie rinnovabili - Trieste fuori dal club delle città virtuose

Il Treno verde di Legambiente bacchetta i ritardi del territorio sul fronte degli impianti ecologici. In Fvg boom del fotovoltaico
Il futuro dell'ambiente corre sui binari. Merito del "Treno verde" di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, la campagna itinerante realizzata con la partecipazione del ministero dell'Ambiente e giunta alla 30.ma edizione. Il treno ha fatto tappa a Trieste, fermandosi ieri al binario 1 della stazione centrale, dove anche nella giornata di oggi la mostra interattiva allestita a bordo sarà aperta dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19 a tutti i cittadini interessati a temi quali l'energia pulita, le reti elettriche "intelligenti", l'efficienza e la mobilità sostenibile, per un Paese proiettato verso un futuro al 100% rinnovabile che si prepara alla fine dell'era fossile. Durante l'inaugurazione di ieri mattina, la direttrice regionale di Trenitalia, Elisa Nannetti, ha spiegato che l'azienda è fortemente impegnata nel piano d'integrazione della mobilità per incrementare l'uso del treno al posto di mezzi più inquinanti e quindi contribuire alla diminuzione delle emissioni. «Il nuovo polo dell'aeroporto di Trieste - ha aggiunto - è un esempio perfetto di struttura che mette assieme i mezzi di trasporto del futuro, cioè le piste ciclabili, i treni e gli aerei. Inoltre, l'azienda ha acquistato nuovi treni che permettono di risparmiare il 30% di Co2, che speriamo di veder circolare il più possibile». Rita Casalini della Struttura innovazione delle Ferrovie, istituita appena l'anno scorso, ha aggiunto che è «importante fare innovazione perché i clienti chiedono sempre più una mobilità integrata da punto a punto, in cui il treno è solo una parte del trasporto». Il portavoce del Treno Verde Davide Sabbadin ha poi presentato il rapporto 2018 di "Comuni rinnovabili", che da 12 anni fotografa lo sviluppo delle fonti rinnovabili nei territori italiani, realizzato grazie al contributo di Enel GreenPower. «Dal 2014 il 100% dei comuni italiani possiede almeno un impianto da fonte rinnovabile - ha illustrato - e il Comune si è dimostrata l'istituzione più vicina e sensibile al tema. La crescita delle fonti rinnovabili è stata forte, ma si è stabilizzata negli ultimi 2 anni, nonostante abbiamo ancora gli incentivi nazionali più alti d'Europa». Secondo il rapporto di Legambiente, in Fvg la crescita delle energie rinnovabili, sebbene al di sotto della media nazionale, è stata significativa negli ultimi anni. Oggi il 27,1% del totale dei consumi di energia è coperta da fonti rinnovabili, grazie ai 31.040 impianti diffusi nei comuni. Il dato significativo è quello della crescita di più del 1000% nella produzione del solare fotovoltaico, che si conferma la tecnologia più diffusa, anche se in termini di produzione è però l'idroelettrico a fornire il maggior contributo di energia. «A Trieste, però, ci sono ancora poche rinnovabili, perché si usano i grandi impianti del passato e non ci sono spazi dove realizzarne di nuovi», ha spiegato Sebastiano Cacciaguerra, dirigente del servizio Energia regionale. Anche a Trieste, come a ogni tappa del Treno verde, Legambiente ha ospitato una start-up innovativa - la "Zehus", che produce biciclette a pedalata assistita senza bisogno di essere ricaricate - e ha premiato "I RinnovAbili", ovvero le esperienze virtuose locali che hanno scommesso su nuovi modelli energetici. Tra queste, le aziende agricole "Isola Augusta", "Zore" e "Loner Carlo" della provincia di Udine, che soddisfano parte o tutto il proprio fabbisogno energetico grazie all'energia solare, e il Comune di Staranzano, che ha realizzato tre impianti fotovoltaici a servizio di scuole. In chiusura, il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti, ha rilevato come, scendendo verso Trieste, il servizio per i pendolari si sia rivelato di qualità. «Se non passiamo di corsa alle fonti rinnovabili - ha poi avvertito -, i cambiamenti climatici in regione porteranno a una concentrazione d'acqua in inverno e alla siccità in estate. Stiamo andando a velocità molto bassa rispetto ai problemi da risolvere».

Simone Modugno

 

I comuni - I tre produttori migliori sono in Friuli

Sono 101 i comuni del Fvg che grazie alle fonti rinnovabili producono più energia elettrica di quella consumata dalle famiglie. Pavia di Udine, Zoppola e Spilimbergo sono i primi tre comuni 100% rinnovabili elettrici.

 

La classifica - Udine medaglia d'oro in regione

Nella classifica regionale, sia per la maggior potenza da fonti rinnovabili installata sia per la produzione di energia, Udine si attesta al primo posto, seguita da Pordenone e Gorizia, mentre Trieste risulta in ultima posizione.

 

 

Rigassificatore a Veglia - spunta un documento secretato dal governo
I risultati dello studio cofinanziato dall'Unione europea sono contrari alla soluzione del terminal galleggiante
FIUME - Gli oppositori del progetto del rigassificatore galleggiante di Veglia hanno un'arma in più. La sindaca di Castelmuschio (Omisalj), Mirela Ahmetovic - che da tempo si batte contro l'impianto offshore nelle acque di fronte a questa cittadina - ha convocato i giornalisti esibendo uno studio di cui non si conosceva praticamente l'esistenza. È intitolato "Effetti macroeconomici del terminal metanifero a Veglia", è stato redatto nel 2016 dalla azienda specializzata Ekonerg e finanziato con risorse stanziate dall'Unione europea.«Nello studio si rileva inequivocabilmente che il rigassificatore sulla terraferma è di gran lunga più conveniente rispetto a quello piazzato in mare - ha rilevato Ahmetovic - purtroppo questo cosiddetto documento sul rapporto costi-benefici viene tenuto nascosto, segreto, dalle competenti autorità di Zagabria, sempre pronte a sostenere il progetto della nave metaniera a dispetto dei desiderata espressi da tutte le municipalità dell'isola di Veglia, dalla Regione del Quarnero e Gorski kotar, da numerosi partiti e associazioni non governative, come pure di quanto manifestato dai semplici cittadini. Nonostante sia materia top secret - ha proseguito Ahmetovic - sono riuscita a ottenere una copia dello studio che ho mostrato a esponenti della Commissione europea venuti a Fiume e Veglia per capire i motivi del rifiuto nei riguardi del terminal offshore». A Veglia sono arrivati infatti Adam Szolyak, rappresentante della Direzione centrale della Commissione Ue per l'Energia e Denis Redzepagic, dell'Ufficio croato della Commissione Ue. Sono giunti su iniziativa dell'eurodeputato istriano, Nino Jakovcic, che poche settimane fa a Fiume aveva espresso la contrarietà alla gigantesca nave dinanzi a Castelmuschio. I due esponenti di Bruxelles hanno avuto dapprima un incontro al Palazzo regionale a Fiume con il governatore Zlatko Komadina e con il connazionale Erik Fabijanic, presidente dell'Assemblea conteale. I due massimi dirigenti della Regione quarnerino-montana hanno illustrato agli interlocutori i motivi della bocciatura da parte delle autorità locali parlando di mancato rispetto dei criteri economici, energetici, ecologici ed estetici. «Non ci opponiamo affatto al rigassificatore sulla terraferma - hanno rilevato in coro - ma non possiamo accettare l'altro progetto, che reputiamo dannoso». Szolyak e Redzepagic sono stati quindi ricevuti dalla sindaca Ahmetovic, che ha esibito come detto lo studio ribadendo il no a quello che ha definito un mostro galleggiante, destinato a guastare il paesaggio quarnerino e soprattutto ad inquinare l'ambiente marino. Szolyak ha rimarcato che il rigassificatore offshore a Veglia è sì molto importante per l'Europa comunitaria, ma non al punto da arrivare ad uno scontro con la comunità locale: «Posso dire che l'Unione europea non finanzierà mai un progetto illegale, per quanto possa essere utile e remunerativo - ha concluso Szolyak - ora riferiremo a Bruxelles quanto visto e appreso nella regione fiumana».

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 marzo 2018

 

 

Nasce il coordinamento delle sigle "no Ferriera" Il portavoce è Battista - Riuniti Legambiente, 5 Dicembre, No Smog, Wwf e Nimdvm
L'ex deputato M5S: «Noi interlocutore unico per le istituzioni»
La battaglia dei comitati contro la Ferriera di Servola ha un nuovo volto: è quello di Lorenzo Battista, l'ex parlamentare di M5S poi passato in Mdp, che non ha partecipato all'ultima tornata elettorale. È l'effetto della nascita di un nuovo coordinamento che riunirà diverse realtà ambientaliste e civili cittadine, che finora si erano occupate del tema più o meno separatamente. Al tavolo della conferenza stampa, che si è tenuta ieri mattina al Caffè San Marco, sedevano esponenti di Legambiente, comitato 5 Dicembre, No Smog, Wwf, associazione Nimdvm. Mancavano soltanto il circolo Miani di Maurizio Fogar e il comitato Servola Respira di Romano Pezzetta. Battista farà da portavoce: «La Ferriera è un problema di tutta la città. Il nostro intento è dare un coordinamento a tutte le realtà interessate, speriamo se ne aggiungano altre, in modo da dare alle istituzioni un interlocutore unico. L'obiettivo è arrivare alla chiusura dell'area a caldo, con un piano di riconversione per tutelare i posti di lavoro. Ma tenendo al primo posto la salute dei cittadini». Ha aggiunto: «Troppo spesso questo tema è stato usato in modo fraudolento in campagna elettorale, bisognerà evitare di dare troppo credito ai candidati, d'ora in poi». Andrea Rodriguez del 5 Dicembre ha ricordato che «l'ultima presa di posizione istituzionale è la certificazione dell'Asuits dell'autunno scorso, che pur ammettendo la presenza di un problema di salute pubblica, lo definiva "non urgente". È una formula con cui non concordiamo, e ci chiediamo anzi se ci siano dei monitoraggi periodici sullo stato di salute dei cittadini. Probabilmente il Comune ha dei dati del genere, ci chiediamo perché non li diffonda. Manca la trasparenza, ovvero quel che noi chiediamo». Così invece Andrea Wehrenfennig di Legambiente: «Serve un nuovo accordo di programma. Questo si può conseguire annullando quello in vigore, per il mancato rispetto degli impegni presi da parte della proprietà, ad esempio la copertura dei parchi minerali. Altrimenti può esser fatto di comune accordo fra istituzioni e proprietà. Quest'ultima è forse la via preferibile, se si creasse un'alternativa credibile, magari in ambito portuale, all'attività dell'area a caldo. In ogni caso le associazioni e i comitati devono essere tra gli interlocutori, come previsto dalle direttive europee».Alda Sancin di No Smog ha dichiarato: «Arpa ha pubblicato un volume sullo stato di salute della regione in cui si fanno soltanto degli accenni alla Ferriera. Ci saremmo aspettati un capitolo dedicato. Quel che conta è che solo quest'anno ci sono state 600 segnalazioni alla Polizia locale da parte dei cittadini di Servola. Se fosse successo a una piccola azienda avrebbe avuto dei problemi, a una grande azienda questo non succede. Per dare uno sbocco portuale a quell'area servono infrastruttura, un lavoro che bisognava iniziare ieri, non un domani».Alberto Kostoris di Nimdvm ha dichiarato: «Solo l'unità di intenti fra cittadini può dare una svolta. Spero che altre realtà aderiscano al coordinamento». Dal pubblico è intervenuto il candidato M5S alle regionali, Alessandro Fraleoni Morgera: «Siamo l'unica forza politica che ha sempre sostenuto la chiusura dell'area a caldo. Se dovessimo andare al governo la nostra posizione non cambierebbe».

Giovanni Tomasin

 

 

I Verdi del Fvg commissariati «Tesseramenti insufficienti» - DECISIONE ROMANA
TRIESTE - I Verdi del Friuli Venezia Giulia sono commissariati. Come da richiesta delle Federazioni di Trieste e Gorizia. Lo confermano Luana Zanella e Gianluca Carrabs dell'esecutivo nazionale a Rossano Bibalo, Renato Fiorelli e Antonio Cattarini, i rappresentanti politici «provvisori» della Federazione regionale. A Cattarini viene pure affidata la rappresentanza, sempre provvisoria, della Federazione di Trieste. Tra le motivazioni dell'intervento romano anche «il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi del tesseramento». Nei giorni scorsi Bibalo e Cattarini, informando delle dimissioni, il 19 febbraio, del direttivo regionale, avevano fatto sapere che non vi era alcun accordo con il Pd per un sostegno a Sergio Bolzonello e la candidatura, in maglia Verdi, di Alessandra Guerra. E avevano aggiunto che Alessandro Claut, protagonista del contatto con l'ex leghista, non poteva più chiamarsi portavoce regionale del movimento. Claut non pare preoccuparsene. Ma, sul tesseramento, contrattacca: «Dopo avere annunciato che non mi sarei ricandidato, ho scoperto che a Trieste gli iscritti di inizio anno, me compreso, erano 7, numero tale da far saltare la Federazione regionale. Per evitare ripercussioni in vista delle elezioni, ho fatto iscrivere una decina di amici, chiedendo che i superstiti si accollassero i costi. Anziché tenere in vita la Federazione, hanno invece preferito chiederne il commissariamento, che sarebbe tra l'altro arrivato ugualmente, e appoggiare il Patto per l'Autonomia. Una baruffa ridicola, che serve a qualcuno per far credere di aver fermato la lista Guerra, ma a cui non intendo più partecipare. Auguro ai Verdi di diventare un partito serio».

(m.b.)

 

 

Porto - Navi rumorose - allo studio interventi preventivi
Il problema del rumore che talvolta viene causato dalle navi ormeggiate alle banchine del porto di Trieste è stato approfondito nel corso di un incontro del Tavolo tecnico svoltosi nei giorni scorsi nella sede dell'Arpa a Trieste. Secondo quanto riportato da una nota della regione, nel corso della discussione «sono emerse alcune indicazioni operative che contribuiranno a ridurre il fenomeno dell'eccessiva rumorosità di alcune attività portuali, recentemente segnalate dalla cittadinanza residente nei quartieri prospicienti lo scalo industriale». All'incontro hanno partecipato, oltre ai rappresentanti dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, anche quelli della Capitaneria di porto, della Polizia locale e dell'Autorità di sistema portuale, nonché i responsabili dei servizi e dell'utenza portuali (piloti, terminalisti e una società di navigazione).I partecipanti hanno confermato «la necessità di un costante monitoraggio della situazione da parte delle autorità preposte, ma anche di interventi preventivi che siano adottati dai comandanti delle navi, per ridurre il più possibile le emissioni acustiche ed evitare l'insorgere di disagi. Le società armatrici e i terminalisti - continua la nota della Regione - dovranno inoltre comunicare anticipatamente agli enti di controllo l'arrivo in porto di navi che potenzialmente possono essere fonte di maggiore disturbo». Si è inoltre concordato che le eventuali segnalazioni da parte della popolazione «vengano rese note immediatamente a tutti gli enti di controllo, ai fini di una loro pronta attivazione. Nei casi di maggiore gravità, la Capitaneria di Porto potrà effettuare controlli mirati».

 

 

MUGGIA - "Porta a porta spinto" - Dal 3 aprile l'addio ai cassonetti stradali
MUGGIA - Il "porta a porta spinto" è oramai alle porte. La nuova era della raccolta dei rifiuti, dopo la partenza morbida iniziata il 1° marzo, è pronta per essere avviata in maniera definitiva. A partire da martedì 3 aprile i cassonetti stradali, rimasti in deroga per tutto il mese di marzo sulle strade muggesane, inizieranno ad essere smantellati. E intanto il Comune esulta dinanzi ai primi dati del "porta a porta blando": «Superato il 65% di differenziata».I cassonetti Sono esattamente 795 i cassonetti presenti a Muggia che verranno tolti la prossima settimana. I bidoni, di proprietà di Italspurghi Ecologia srl, verranno ritirati in toto dalla stessa società. A conti fatti la cittadina rimarrà orfana di 332 bidoni per i rifiuti soliti urbani (indifferenziato), 97 per la carta, 83 per la plastica, 76 per vetro/lattine, 53 per il verde nonché di 154 bidoncini marroni per l'umido. «Dal 3 aprile partirà il ritiro, che verrà concluso entro qualche giorno», ha spiegato l'assessore all'Igiene ambientale Laura Litteri. A meno di clamorosi intoppi, dunque, entro venerdì 6 aprile Italspurghi avrà completato il lavoro. La differenziata La raccolta differenziata, in realtà, è già partita (seppur in modo non obbligatorio) da giovedì primo marzo. Ma come sono andate le prime tre settimane di porta a porta? «In questo periodo abbiamo raggiunto un grande traguardo: si è infatti riusciti a superare il 65% di differenziata sulla raccolta "porta a porta", mentre si ci si attesta intorno al 22% per quanto riguarda quella stradale - ha commentato l'assessore Litteri -. In sostanza coloro che hanno aderito sin da subito al nuovo sistema hanno effettivamente dato un riscontro concreto con un esito positivo, mentre la percentuale del 22% è la chiara dimostrazione dell'errato conferimento che continua ad essere portato avanti da coloro che, sino ad oggi, hanno contribuito a non far raggiungere a Muggia il risultato imposto dal governo». Lo sportello Per quanto riguarda la campagna informativa sul nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, questa settimana si chiuderà lo sportello itinerante, con una serie di appuntamenti a cui presenzieranno il sindaco Laura Marzi, l'assessore Litteri e i tecnici della Net. Queste le date e le location dei prossimi due incontri, fissati sempre dalle 17 alle 19: oggi ad Aquilinia (sede della segreteria della Tergestina, nel palasport) e domani a Chiampore (scuola di musica). L'attività di informazione riprenderà mercoledì 4 aprile con lo sportello fisso all'Urp di piazza della Repubblica operativo i mercoledì (17-19) e i venerdì (10-12). Sempre attivo il numero verde della Net 800520406.L'incontro per gli esercenti Infine ieri si è svolto nella sala "Millo" l'incontro con il personale dell'Azienda sanitaria organizzato dal Comune e rivolto agli esercenti di bar e ristoranti della città, per un confronto sul nuovo sistema di raccolta.

Riccardo Tosques

 

 

Nidi artificiali per i rondoni di Santa Croce - Trovata una soluzione per salvare la colonia, messa a rischio dai lavori al palazzo scelto come loro casa
TRIESTE - Sono fedeli al loro nido per tutta la loro vita e vi ritornano puntualmente, anno dopo anno. Se il loro rifugio viene distrutto o risulta inaccessibile, si rischia seriamente di mettere a repentaglio la loro esistenza. È la commovente caratteristica dei rondoni, volatili che affrontano una lunga migrazione dall'Africa per raggiungere, in primavera, il vecchio continente. Una piccola colonia di rondoni si è insediata da tempo negli interstizi del vecchio palazzone abbandonato che si trova sulla bretella che collega la strada Costiera a Santa Croce, non lontano dal tracciato ferroviario. Un edificio di proprietà comunale, "Santa Croce Filtri", attualmente gestito dall'AcegasApsAmga, che a giorni sarà oggetto di un intervento di ristrutturazione alle facciate e al tetto. Nei primi anni del Novecento funzionava come impianto di filtrazione delle acque prelevate dalle sorgenti di Aurisina, oggi è stazione di sollevamento dell'acqua potabile con annesso serbatoio. Al corrente della presenza dei nidi dei rondoni e allarmata dai preparativi della ditta che provvederà ai lavori, l'associazione "Liberi di volare", che si occupa del recupero e della cura dei volatili, ha chiesto lumi all'ex municipalizzata assieme ai vertici della prima circoscrizione decentrata. «Mancano ormai pochi giorni all'arrivo dei rondoni - spiega la referente dell'associazione Silvana Demauro - e siamo preoccupati per l'eventuale presenza di reti o altri materiali che possano interdire il reinsediamento. Si deve sapere che questi uccelli rimangono attaccati per tutta la vita al loro nido. Perennemente in volo, si riproducono solo nel nostro emisfero, evitano gli alberi e si insediano nei sottotetti, nelle intercapedini, nei fori che trovano negli edifici». Tutelati dalla legge internazionale sull'avifauna, i rondoni rendono un ottimo servizio all'ambiente. In fase di nidificazione consumano dai 6 agli 8 mila insetti dannosi sia per l'uomo che per l'agricoltura. A Trieste nidificano tutte e tre le specie di rondoni presenti in Europa. L'associazione locale che li tutela fa parte del gruppo "Rondoni Italia" e si è già distinta qualche anno fa tutelando la colonia di volatili che è insediata sull'edificio del Dante in via Giustiniano. In quel caso vennero predisposti una cinquantina di nidi artificiali nei quali si insediarono i rondoni sudafricani. Per quelli che entro il prossimo aprile arriveranno sulle balze di Santa Croce stremati dal lungo viaggio intercontinentale, l'impegno dei volontari, assieme alla sensibilità dimostrata da AcegasApsAmga, ha portato a un'articolata soluzione. Dopo un opportuno sopralluogo, si è deciso di predisporre dei nidi artificiali su parte dei ponteggi senza posizionare reti. La presenza dei lavoratori non intralcerà i volatili, i cui nidi naturali verranno conservati e successivamente ricollocati. Per informazioni, il sito è www.liberidivolare2012.com.

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 marzo 2018

 

 

Al lavoro in bici il 6% ma quasi la metà pronta a tradire l'auto - Sondaggio Swg commissionato da Fiab: non mancherebbe la "voglia di pedalare" se ci fossero più piste ciclabili
TRIESTE - C'è tanta "voglia di bicicletta", ma c'è anche tanto da pedalare. La mobilità in Friuli Venezia Giulia è ancora in larga misura insostenibile, troppo legata all'uso esclusivo di auto e scooter (77%). Ma è in atto un cambiamento culturale verso la bici, mezzo che in qualche forma interessa più della metà dei cittadini della regione. Giunge a questa conclusione il sondaggio presentato da Swg, in collaborazione con la Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) e svolto su un campione di 1.200 residenti in Friuli Venezia Giulia. Per andare al lavoro il 77% delle persone usa auto o scooter, solo il 9% usa i mezzi pubblici, l'8% va a piedi. A usare la bici è il 6%, pari a 58 mila cittadini. «Un dato superiore alla media nazionale - osserva Maurizio Pessato, presidente di Swg -, ma molto inferiore alle percentuali di altre nazioni dove l'uso della bici supera spesso il 20%». In alcune città come Copenaghen e Groningen supera quello delle auto. Un 16% usa la bici qualche vota al mese e un altro 11% la usa per fare delle gite. «In totale quindi un terzo della popolazione utilizza, con diversa intensità, la bicicletta». A queste percentuali si somma un 21% di cittadini tentati dall'utilizzo del mezzo, se fossero presenti delle piste ciclabili. Vi è pertanto un "mercato" potenziale di ciclisti che passerebbero a un uso regolare del mezzo in presenza di condizioni adeguate. Un invito quindi alle istituzioni a indirizzare gli investimenti su scelte urbanistiche di questo tipo. Per il 16% della popolazione gli investimenti per promuovere gli spostamenti a piedi e in bici dovrebbero essere prioritari; il 20% ritiene giusto fare qualche investimento. Quasi la metà (incredibile, ma vero) si dichiara disposta a togliere dello spazio alle automobili a favore della realizzazione di piste ciclabili. In generale, a frenare l'uso della bici sono sia l'esistenza di scarse infrastrutture dedicate sia la pericolosità del mezzo.In conclusione, dalle risposte dei cittadini del Friuli Venezia Giulia emerge un importante cambiamento culturale che mostra una crescente attenzione e disponibilità verso la promozione dell'uso quotidiano della bicicletta. «La bicicletta è amica dell'ambiente. Fa bene alle perone e riduce i costi sanitari. Non fa rumore. In altre parole migliora la qualità della vita» spiega Luca Mastropasqua, presidente Fiab Trieste. Se nei prossimi anni verranno messe in campo azioni per dare risposte alle 200 mila persone che "pensano spesso" che in presenza di una pista ciclabile lascerebbero volentieri l'auto a casa per raggiungere il posto di lavoro in bici, questo porterebbe numerosi e significativi benefici «Per chi pedala: perché farlo vuol dire salute e benessere, risparmio di soldi e di tempo, e benefici per le nostre città perché più ciclabilità vorrebbe dire meno smog e meno traffico, città più belle e a misura di persona, attraenti sia dal punto di vista economico che turistico. Dare risposta a questa domanda sarà, auspichiamo, una sfida che chi governerà la Regione nei prossimi 5 anni vorrà e saprà cogliere». È stato questo l'appello di Federico Zadnich, coordinatore Fiab Fvg. Ad ascoltarlo ieri non c'erano molti politici. All'incontro si sono fatti vedere solo l'ex senatore Francesco Russo e la capogruppo Pd al Comune di Trieste Fabiana Martini. Si spera che diventi perlomeno un tema della campagna elettorale appena iniziata.

Fabio Dorigo

 

IL RAPPORTO - Car e bike sharing numeri da boom - la situazione
Boom di mobilità condivisa in Italia: bike sharing, car sharing e carpooling - usati anche grazie alle app - fra il 2015 e 2017 sono saliti del 50%, garantendo a 18,1 milioni di persone l'uso di almeno un servizio (28% della popolazione). Milano al top fra le città con quasi 3.400 auto, 16.650 bici e più di 100 scooter elettrici. Il bike sharing con 39.500 bici offerte in 265 Comuni è il primo in Europa per diffusione. Il car sharing ha superato il milione di utenti. Le regioni del Sud, seppur indietro sul Nord, segnano la crescita più alta (+57%). Gli utenti del car sharing sono 1.077.589 con 62 milioni di km percorsi. Su anche i veicoli a zero emissioni: elettrici il 27% degli scooter e delle auto condivise. I dati arrivano dal secondo Rapporto nazionale a cura dell'Osservatorio nazionale sharing mobility (promosso da ministero dell'Ambiente e Fondazione per lo Sviluppo sostenibile). Nel 2017 «il bike sharing è salito del 147%».

 

 

Scuole e strade al primo posto nel nuovo piano delle opere - Ipotizzati investimenti per 170 milioni in tre anni, di cui 66 in quello in corso
In vendita altre azioni Hera: serviranno a finanziare il Centro congressi per Esof - il PIANO TRIENNALE DELLE OPERE
Scuole e strade: ecco dove andrà la maggior parte dei 170 milioni di euro che il Comune punta a investire in lavori pubblici da qui al 2020. È quanto previsto dal Piano triennale delle opere pubbliche (Ptop), presentato ieri in Municipio dagli assessori Elisa Lodi e Giorgio Rossi, delegati di giunta rispettivamente ai Lavori pubblici e ai Servizi finanziari. Una quota della somma, che sarà ottenuta anche attraverso la vendita di azioni Hera, finanzierà la costruzione del Centro congressi in Porto vecchio in vista di Esof 2020. Ma spuntano fondi anche per il tram e per palazzo Biserini. Il triennio La manovra prescritta dal Ptop è, come anticipato, pari a 170 milioni. La voce più cospicua sulla lista della spesa è quella relativa all'edilizia scolastica: 44 milioni, 113mila, 336 euro e 57 centesimi in tre anni. A tale cifra si sommano altri interventi nell'edilizia pubblica, abitativa e sanitaria: nel complesso, oltre 12 milioni (per l'esattezza 12.048.897,62 euro). All'edilizia seguono le infrastrutture: a quelle stradali vanno ad esempio quasi 32 milioni (31.830.287, 92 euro), cui si aggiungono oltre tre milioni e mezzo (3.612.774,25 euro) destinati ad «altre modalità di trasporto». Altri 32 milioni (32.008.855,07 euro) spettano quindi ai beni culturali, quasi 14 a sport e spettacolo (13.632.357,20 euro). Il settore direzionale e amministrativo assorbirà a sua volta circa 15 milioni (15.149.229,66 euro). Altre voci di spesa sono costituite da ambiente, produzione e distribuzione di energia elettrica, annona, commercio e artigianato, culto e altre infrastrutture non ulteriormente classificate. Del totale, 17 milioni e 339mila euro saranno ricavati dalla vendita di un pacchetto di sette milioni e 500mila azioni Hera. «La vendita azionaria è stata messa in atto per la prima volta l'anno scorso: una scommessa che abbiamo vinto e pertanto riproponiamo», ha commentato Lodi. Dell'incasso, 12 milioni e 639mila euro andranno in manutenzione straordinaria per scuole e strade, come nel 2017, mentre 4,7 milioni sono destinati al Centro congressi. La spesa 2018 Nell'anno in corso si prevede, in particolare, una spesa superiore a 66 milioni (66.108.356,18 euro), così ripartiti: circa 23 milioni (23.067.000 euro) saranno investiti in edilizia sociale e scolastica, quasi otto milioni (7.753.000 euro) in infrastrutture stradali, altrettanti poi (7.711.000 euro) in beni culturali. Poco più di sette milioni saranno consumati dal funzionamento dell'ingranaggio amministrativo (7.211.000) e sei (6.109.000) dagli impianti sportivi. Ecco alcuni esempi di spesa: saranno migliorate le infrastrutture di via Marchesetti e via Forlanini e l'incrocio tra le due stesse vie, si interverrà inoltre sul percorso pedonale Longera-Cattinara e su Porto vecchio. La segnaletica orizzontale sarà rifatta mentre saranno oggetto di manutenzione straordinaria le alberature dei bordi strada, i torrenti scoperti e le aree ad essi limitrofe, i giardini, i parchi, le aree gioco e il resto del verde urbano, nonché l'illuminazione pubblica. Da menzionare ancora le riqualificazioni del parco di Villa Revoltella e di quello della Rimembranza. Gli interventi edilizi riguarderanno in particolare la scuola Caprin, il liceo Dante, l'ex Carducci, la casa di riposo di via Marchesetti, vari nidi (di cui uno nuovo sorgerà nel comprensorio ex Chiarle) e scuole dell'infanzia, il complesso scolastico di via Forlanini e i ricreatori. Ma anche i teatri, i musei, le chiese, le farmacie e i mercati. Di questi, il Piano contempla la realizzazione di due nuovi: uno ortofrutticolo e uno ittico. Per finire, la trenovia Trieste-Opicina avrà 712mila e 774,25 euro e palazzo Biserini 250mila. Il bilancio Il Ptop è stato presentato contestualmente al Bilancio di previsione. Quello 2018 chiude in pareggio tra entrate e spese a 675 milioni e 511mila euro. L'entrata più cospicua è costituita dalle tasse: la spesa più ingente deriva dal funzionamento della macchina comunale, comprensiva dell'erogazione dei servizi ai cittadini.

Lilli Goriup

 

 

Hera vola a due cifre: utile netto su del 21,1% - Dividendo a 9,5 cent
Bilancio ok per la multiutility che controlla AcegasApsAmga - Al Comune di Trieste andranno poco meno di 6 milioni
MILANO - Hera chiude il bilancio 2017 con indicatori in forte crescita. La multiutility con headquarter a Bologna, e molto forte nel Nord-Est grazie alla controllata AcegasApsAmga, ha chiuso lo scorso esercizio con il fatturato in crescita del 10,3% a 6,14 miliardi di euro (complici l'ingresso di Aliplast perimetro del gruppo, oltre a maggiori attivi di trading e ricavi regolati del servizio idrico) e un balzo dell'utile netto nell'ordine del 21,1% a 266,8 milioni, con un ruolo decisivo giocato dalla diminuzione dell'aliquota fiscale media, che si attesta al 29,6% rispetto al 35,1% nel 2016. Bene anche il margine operativo lordo, indicatore della gestione caratteristica di un'azienda, che sale del 7,4% a 984,6 milioni, spinto soprattutto dai business energetici. Alla luce di questi risultati il cda proporrà all'assemblea convocata per il 26 aprile la distribuzione di un dividendo di 9,5 centesimi di euro (il piano prevede la salita a 10 centesimi nel 2018 e 2019, per arrivare a 10,5 nel 2020), in crescita del 5,5% rispetto a quello distribuito per l'esercizio 2016. Al Comune di Trieste andranno poco meno di 6 milioni di euro. Lo stacco della cedola avverrà il 18 giugno, con pagamento a partire dal 20 giugno. Numeri accolti positivamente dal mercato, con il titolo che ha chiuso la seduta di Piazza Affari in rialzo dell'1,72% a quota 2,84 euro. Quanto ad AcegasApsAmga, il direttore generale Roberto Gasparetto parla di un anno «particolarmente positivo» per la controllata. «La società ha messo a segno un incremento del margine operativo lordo di circa il 3%, salendo a 133,2 milioni». Quindi si sofferma sulle principali ragioni che hanno prodotto il risultato: «Questa performance - così Gasparetto - discende in primo luogo dal recupero di efficienza sulla gestione delle reti, frutto anche dello sviluppo di piattaforme informatiche focalizzate sulla valorizzazione dei big data. Un contributo assai rilevante viene anche dalla controllata AresGas, secondo operatore gas della Bulgaria, che ha registrato un notevole incremento nell'attività di metanizzazione e allacci nel Paese». Da sottolineare anche la dinamica degli investimenti lordi, saliti dagli 81,5 milioni del 2016 ai 102,5 milioni del 2017, trascinati dal completamento del depuratore di Servola, dagli interventi sull'illuminazione a Led su Udine e Padova, dallo sviluppo del piano di protezione catodica sulle reti gas e dal proseguo del piano di sostituzione contatori gas con misuratori elettronici. Tornando alla capogruppo Hera, in contemporanea con il bilancio sono stati pubblicati i dati relativi alle azioni nel campo della sostenibilità. La multiutility è stata tra le prime realtà ad avviare lo scorso anno la rendicontazione a valore condiviso ovvero delle attività di business che, oltre a generare margini operativi per l'azienda, rispondono ai driver per una crescita sostenibile definiti dall'Agenda Onu. Nel 2017 il margine operativo lordo di Hera è stato di 329 milioni di euro, il 10% in più del 2016, in linea con la traiettoria indicata dal piano industriale, che proietta al 2021 il progresso al 40%.

Luigi Dell'Olio

 

Che complicazione liberarsi dei rifiuti ingombranti - La lettera del giorno di Roberta Carga

Trovandomi nella necessità di smaltire vecchi serramenti in alluminio, il 12 marzo scorso (un lunedì) contatto il numero verde di Hera relativo ai servizi ambientali. L'operatrice mi fissa un appuntamento per il ritiro il giovedì successivo, pregandomi di mettere in sicurezza i vetri. Meravigliata dalla sollecitudine con cui l'azienda provvede ad erogare il servizio - aspettandomi in realtà tempi biblici - il giorno prima della data fissata, approfittando un momento di grazia dalla pioggia che quei giorni cadeva incessantemente, mi precipito a caccia di cartoni e perdo un'intera mattinata e imballare con essi i serramenti. La sera stessa, calare del buio, accatasto tutto a bordo strada a ridosso della recinzione del mio giardino, come mi era stato chiesto. Il mio stupore aumenta ancora il giorno dopo quando, a pomeriggio inoltrato, la catasta di rifiuti giace ancora là, intoccata, indecente spettacolo per gli automobilisti di passaggio. Telefono prontamente al solito numero verde e la solerte operatrice (perché se un merito ha il call center di Hera è di avere operatori gentili, disponibili e facilmente reperibili telefonicamente) mi dice che provvederà immediatamente ad aprire un sollecito e a contattare gli operatori affinchè passino il giorno dopo. Il giorno non si vede ancora nessuno ed essendo a ridosso del fine settimana, perdo ogni speranza che la mini-discarica venga "bonificata". Nel frattempo un rigattiere, di passaggio là davanti, suona chiedendomi se poteva ritirare lui il materiale. Per correttezza gli dico che sto aspettando quelli del servizio comunale i quali, peraltro, dopo l'ennesima telefonata mi rassicurano dicendo che sarebbero passati a prelevare il tutto quanto prima. A tutto il martedì successivo, ancora nessuno si fa vivo perciò chiamo il rigattiere per farlo venire a prelevare i serramenti ed Hera per annullare l'appuntamento. L'Odissea però non finisce qui. Il giorno dopo (siamo a mercoledì) quando finalmente la catasta è scomparsa per mano del rigattiere, mi chiama un operatore del call center dicendo che in serata o di notte sarebbe passato qualcuno a prelevarla. Comunico loro che mi ero già arrangiata dopo aver disdetto l'appuntamento ma, nonostante ciò, il mattino seguente (a una settimana di distanza da quando sarebbero dovuti venire) si presentano alla porta due operatori di Querciambiente che, non essendo stati avvisati, erano passati per il ritiro. Che dire?

 

 

Il maxi traliccio resiste Santa Barbara rilancia la guerra anti antenne
L'assessore Litteri assicura che l'impianto sarà abbattuto ma è probabile che ne sorga comunque un altro in zona
MUGGIA - Doveva essere abbattuta e trasferita. Invece, quattro anni dopo, l'enorme antenna, di oltre 40 metri d'altezza, giace lì, immobile. Strana storia, quella del traliccio di Santa Barbara, "ereditato" da Chiampore, sorto su una zona sottoposta a vincolo archeologico, oggetto di una battaglia popolare che aveva portato (almeno sulla carta) al suo abbattimento. E così, dopo anni di promesse, il Comitato anti antenne torna a battere i pugni: «Non vogliamo ecomostri a Santa Barbara». L'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Laura Litteri rassicura: «Lo delocalizzeremo». Ma sempre in zona Santa Barbara. La vicenda ha inizio verso la fine del 2013 quando, in seguito alla delocalizzazione dei tralicci di Chiampore, partono i lavori di costruzione di un megatraliccio di 42 metri in località Monte Castellier. Nel gennaio del 2014 il cantiere viene bloccato dalla Soprintendenza dei Beni archeologici del Fvg: durante i lavori di costruzione del traliccio vengono rinvenuti dei reperti di interesse archeologico, per l'esattezza un muretto di epoca romana. I lavori, però, inizialmente bloccati, ripartono e il traliccio viene completato. Emerge quindi un accordo firmato dalle ditte interessate alla costruzione del traliccio stesso - Monte Barbaria srl e Klasse uno srl - assieme al Comune di Muggia, e con il visto di approvazione della Soprintendenza, in cui si evidenzia che il traliccio appena eretto dovrà essere tolto entro 18 mesi per essere ricollocato in un altro sito. Una nuova area, intanto, viene individuata dal Comune, ma l'ordinanza di occupazione viene vittoriosamente impugnata davanti al Tar dal privato proprietario dell'area interessata. «Si è reso pertanto necessario reperire nuove aree idonee alla propagazione delle trasmissioni e fuori dal vincolo archeologico: individuate, d'accordo con la Soprintendenza, due nuove aree, si sta attendendo ora l'accertamento dell'idoneità del luogo», racconta Litteri. Una volta approvata l'idoneità, sarà necessario procedere all'aggiornamento dello studio relativo all'idoneità del sito alla cosiddetta propagazione delle trasmissioni nonché alla relativa valutazione d'incidenza. Seguiranno l'adozione e l'approvazione di una variante urbanistica di dettaglio per individuare la nuova area di delocalizzazione. Una volta raggiunto l'accordo sull'aspetto economico (redazione del progetto, spese di acquisizione delle aree, spese di costruzione del nuovo traliccio, spese di demolizione del traliccio esistente e quant'altro) e una volta acquisite le aree, potranno avere inizio i lavori. «Per garantire la continuità delle trasmissioni, il traliccio esistente potrà essere abbattuto solo dopo che il nuovo traliccio sarà stato attivato e le autorizzazioni ministeriali alla trasmissione diverranno definitive, salvo segnalazioni, al competente Ministero, di peggioramento dell'attuale situazione di interferenze e debordamento del segnale radioelettrico oltreconfine», puntualizza la stessa Litteri. Edoardo Ciacchi, portavoce del Comitato anti antenne di Santa Barbara, chiede con forza quanto già chiesto quattro anni or sono: «Il traliccio a Santa Barbara non lo vogliamo. Né dov'è ora, né in un altro punto». Ma, come accadde già durante la giunta Nesladek, la richiesta è stata rimandata al mittente. «Come confermato dallo studio radioelettrico alla base del Piano di delocalizzazione degli impianti, il sito di Chiampore e quello di Santa Barbara risultano tra i più idonei all'installazione di impianti di telecomunicazioni», sentenzia Litteri. L'antenna, insomma, verrà sì delocalizzata, ma rimarrà comunque a Santa Barbara.

Riccardo Tosques

 

«Lotta ai cattivi odori a San Dorligo - Strada ancora lunga»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Individuata la causa, resta il problema, molto complesso: trovare la soluzione. Per eliminare, o per lo meno ridurre i cattivi odori che, da anni, stanno mettendo in crisi migliaia di persone fra il territorio comunale di San Dorligo della Valle e il rione di Borgo San Sergio, cioè nelle aree che gravitano attorno all'oleodotto della Siot, sarà necessario impegnare molte risorse a completare studi ancora in fase embrionale. È questo il quadro, per nulla incoraggiante, delineato ieri dai tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche il sindaco di San Dorligo Sandy Klun, l'assessore Franco Crevatin e il presidente della Commissione comunale ambiente Roberto Potocco. «Abbiamo fatto un'approfondita analisi - ha spiegato Fulvio Stel, responsabile del Settore qualità dell'aria dell'Arpa - e siamo arrivati alla conclusione che la causa delle molestie olfattive va individuata nella presenza di "mercaptani". Si tratta - ha precisato Stel - di composti organici, assimilabili ad "alcoli", in cui l'atomo di ossigeno è sostituito da uno di zolfo, il cui odore è molto sgradevole per la specie umana». «Nei serbatoi - ha ricordato Potocco - da una ventina d'anni arrivano greggi diversi da quelli di mezzo secolo fa, quando la Siot iniziò a operare. Essi arrivano dalla regione caucasica e sono ricchi di zolfo, perciò il formarsi di "mercaptani" è inevitabile. Una delle conseguenze - ha aggiunto Potocco - è pure il crollo del valore delle case vicine all'oleodotto». «Anche per questo - è intervenuto Klun - registriamo proteste di nostri concittadini, ma riceviamo lamentele anche da Aquilinia, Muggia e Borgo San Sergio». A complicare la situazione c'è anche una normativa carente. «Non esiste una legge nazionale sulle molestie olfattive - ha ripreso Stel - perciò arrivare a una precisa disciplina è uno degli obiettivi». «Ce la stiamo mettendo tutta per risolvere il problema, perché garantire la salute delle persone è obiettivo prioritario - così Crevatin - e in questo abbiamo il conforto della Regione». La Regione stessa ha stanziato infatti 35 mila euro, su proposta dell'assessore Sara Vito, per «ricercare possibili azioni di contenimento delle molestie olfattive». L'Arpa ha reso noto inoltre che 11 dei 23 recettori attivati sul territorio registrano un disturbo olfattivo in più del 2% delle ore prese in esame nel corso di un anno, un valore considerato la soglia limite, ma in alcuni degli altri si arriva a superare il 10%. La Siot ha comunicato di aver messo nel bilancio preventivo 2018 investimenti utili per accelerare la ricerca in questo settore. In particolare, saranno acquistati due nuovi "nasi" elettronici portatili, saranno installati ulteriori tre sistemi di nebulizzazione e sarà intensificata l'attività di scambio di informazioni con l'Arpa.

Ugo Salvini

 

 

Industria: "Anti Ferriera" riuniti

Sarà presentato oggi alle 10.30 al San Marco, in un incontro aperto al pubblico, il Coordinamento per la chiusura dell'area a caldo della Ferriera. Lo comunica l'ex senatore Lorenzo Battista.

 

 

Le gallerie francesi - Le cavità settecentesche e la magia delle perle
Nel rione di Longera lungo il corso del torrente Starebrech/Farneto esistono alcune gallerie artificiali realizzate nella seconda metà del Settecento e che molti ignorano. Sono delle cavità scavate dall'uomo ancora al tempo di Maria Teresa e che avrebbero dovuto far parte dell'acquedotto che porta il nome dell'imperatrice. Vengono chiamate Stena inferiore e superiore o, per tradizione popolare, "le gallerie dei francesi". Situate all'interno dell'area del Bosco Farneto (comunemente Boschetto ndr) sono di proprietà del Comune di Trieste che non sembra riporre grande interesse in questo pezzo di storia cittadina. A ragion del vero, ad occuparsene sono i volontari della Società Adriatica di Speleologia che da decenni svolgono attività di monitoraggio e analisi. Paolo Guglia è curatore regionale per il catasto delle cavità artificiali, nonché membro della Sas. «L'organizzazione iniziale dell'acquedotto teresiano prevedeva una certa dinamicità e la costruzione di diversi rami proprio perché il flysch e l'arenaria non riescono a catturare le acque. Anche per questo motivo si pensa di iniziare a raccogliere l'acqua anche nella vallata del torrente Starebrech». In principio si pensa a costruire un collettore che corra parallelo a questo patok (ruscello) e alcune gallerie di captazione sia per quanto riguarda la riva sinistra sia per la destra orografica. «A cavallo dell'800 e successivamente durante le invasioni napoleoniche i lavori si interrompono per diverse ragioni: una di queste è rappresentata dalla vicenda di una contessa proprietaria dei terreni che, non soddisfatta economicamente dell'esproprio che le autorità avrebbero dovuto attivare nei suoi confronti, fa in modo che le lungaggini burocratiche prendano il sopravvento». Le acque delle Stene vengono così utilizzate dai contadini della zona e viene realizzato un lavatoio dove le donne erano solite a lavare i panni di casa. «Sono gli abitanti di questa valle a indicare le gallerie come francesi - continua Guglia - anche se il paradosso è che sono proprio le invasioni napoleoniche a frenare lo sviluppo del progetto e a renderle poco importanti». «Queste gallerie di captazione delle acque raggiungono all'incirca i 120 metri di lunghezza - commenta Marco Restaino della Sas - e al loro interno c'è molta acqua. Sono tra le più belle della zona, con una limpidezza eccezionale, per cui sembra veramente di essere dentro ad una grotta, con gamberetti e molti crostacei». La prima metà di queste gallerie è invasa dall'acqua. «Nel tratto iniziale - continua Restaino - si procede in leggera salita e non ci sono rivestimenti né archi a volta. Sono state scavate nella roccia nuda e il fenomeno delle concrezioni interne è a dir poco spettacolare». L'entrata della Stena inferiore negli ultimi 20 anni ha visto crescere a dismisura una concrezione di travertino. «Facciamo sopralluoghi una volta all'anno e non abbiamo mai avuto bisogno di allargarla». Una delle curiosità legate alle due gallerie è che rappresentano un importante sito riproduttivo della salamandra pezzata e della formazione delle pisoliti, comunemente chiamate perle di grotta. «Sono concrezioni che si formano in seguito alla presenza di granelli di sabbia, che per l'azione continua dell'acqua ricca di minerali, ruotano in piccole vasche e per accumulo si trasformano in perle. Ci piace pensare che la natura si stia riprendendo gli spazi», conclude Restaino. Le Stene quindi rappresentano a tutti gli effetti un elemento della Trieste da salvare. «Come nel caso delle grotte - commenta Guglia - il discorso è sempre un problema molto complicato. Un impianto che produce acqua per la comunità viene considerato pubblico mentre quando ci si trova di fronte a queste sorgenti, che non trovano riscontro nell'interesse da parte delle istituzioni, allora vengono accantonate come fossero delle vene d'acqua qualsiasi». «Dovremmo chiederci se la Soprintendenza abbia interesse a ritenerle importanti fino a considerarle vincolabili. Fino a quando il tutto non ha un vincolo puntuale - afferma Guglia - allora l'accesso è considerato anche a proprio rischio e pericolo». Contattati gli uffici di palazzo Economo, a margine di un recente cambio di organico, non c'è un architetto che ricopre la carica di responsabile della parte storico-architettonica (per il costruito, ndr) e bisogna rivolgersi a Udine. Il Comune di Trieste non possiede un ufficio preposto alla cura e al mantenimento di queste cavità così particolari (esiste invece per i bunker e i sotterranei, ndr) e «non vogliono neanche saperne anche per il fatto che altrimenti dovrebbero assumersi una responsabilità troppo alta», commenta Restaino. «In questo caso - conclude Guglia - tranne a noi della Sas queste gallerie sembrano interessare a pochi: da un lato tutto ciò può essere considerato negativamente perché nessuno investirà mai del denaro per proteggerle e valorizzarle, mentre dall'altro - il fatto che sorgano su terreno comunale - fa in modo che nessuno possa mai ottenere i permessi per costruirci sopra una villa». Se sono ancora accessibili lo si deve al lavoro degli speleologi della Sas, che contribuiscono a rendere vivo l'interesse per il sottosuolo. Essi rifuggono la superficie e amano la profondità.

Nicolò Giraldi

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 27 marzo 2018

 

 

Rinnovabili: 96% italiani chiede investimenti sulle energie pulite

Cresce la percentuale di italiani che chiede investimenti sulle energie rinnovabili. Questo il quadro tracciato dall’indagine promossa da Lifegate e realizzata da Eumetra MR, che vede il 96% degli intervistati chiedere di puntare sulle fonti pulite (+6% rispetto al dato 2017) per ridurre la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili.

Fonti verdi al centro dei pensieri degli italiani secondo l’indagine Lifegate-Eumetra, ma anche temi come il risparmio energetico. Il 70% degli intervistati ha scelto di utilizzare elettrodomestici a ridotto consumo, rispetto al 53% del 2017, anche a costo di pagare di più per l’acquisto: il 73% si dichiara disponibile in tal senso per quanto riguarda le lampadine LED, il 68% per disporre di elettrodomestici più efficienti, il 31% per utilizzare elettricità prodotta da fonti rinnovabili e il 22% per acquistare una vettura elettrica o ibrida piuttosto che a benzina o diesel. Un segnale quest’ultimo che si ripercuote anche sul versante della mobilità. Il 33% evita quando possibile di utilizzare l’auto privata in favore di soluzioni più sostenibili, frutto anche della crescente preoccupazione degli italiani per l’inquinamento atmosferico delle città (90%). Proprio la circolazione stradale è considerata l’area di intervento più valida per contrastarlo. Ecco quindi che il 96% degli intervistati (rispetto all’89% del 2017) risulta convinto della necessità di puntare sul potenziamento del trasporto pubblico per spingere gli automobilisti a utilizzare meno le auto, anche a costo di limitazioni alla circolazione dei veicoli. Tra i mezzi ritenuti più amici dell’ambiente figurano auto elettriche e ibride (38%) e le biciclette (36%), mentre il 64% ritiene la realizzazione di nuove piste ciclabili una priorità per le città. Italiani più attenti alla sostenibilità anche quando si tratta di alimentazione, con l’85% che approva il sostegno all’agricoltura biologica. Il 52% (44% nel 2017) si dichiara disposto a spendere di più per alimenti certificati bio, mentre il 19% risulta un consumatore abituale. In crescita anche la quota di chi scegli il km zero anche se a costi più alti, 64% rispetto al 58% dello scorso anno, e chi sceglie sempre prodotti a filiera corta (35%).

Claudio Schirru

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 27 marzo 2018

 

Rifiuti: mancato riuso, in Italia sprecate 60 mila tonnellate all’anno

Attualmente il 2% dei rifiuti prodotti in Italia potrebbe essere destinato al riuso poiché costituito da beni durevoli riutilizzabili. È quanto rivela il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2018, da cui si apprende che riprendere questa apparentemente piccola percentuale significherebbe recuperare ben 60 milioni di euro all’anno che attualmente vengono persi.

Presentato ieri a Roma e realizzato da Occhio del Riciclone in collaborazione con Utilitalia, la Federazione delle imprese italiane dei servizi idrici, energetici e ambientali, il Rapporto mette in evidenza le possibilità del riuso dei rifiuti nell’economia nazionale; sebbene la filiera conti già di alcune iniziative utili in tal senso, oggi in Italia si buttano annualmente circa 600 mila tonnellate di “beni potenzialmente riutilizzabili”. Dai mobili ai giocattoli, dai libri agli elettrodomestici agli oggetti di vario genere, sono tantissimi i beni che potrebbero essere riusati, ma che vengono appunto destinati al cestino dei rifiuti. Nonostante le iniziative, soprattutto proposte dai negozi dell’usato e dai commercianti ambulanti, si segnala in occasione del Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2018 la mancanza di una normativa che disciplini gli impianti di “preparazione per il riutilizzo”, la cui fattibilità è già stata dimostrata ma, come commentato da Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone: In Italia già da alcuni anni si parla di integrare il settore del riutilizzo alle politiche ambientali, e i tempi sembrano essere maturi perché si arrivi a un punto di svolta a partire dal quale le filiere si articoleranno, struttureranno e regolarizzeranno. Bisogna però insistere sulla professionalizzazione e sulla pianificazione, nella coscienza che il riutilizzo non è un gioco ma un’enorme opportunità per generare sviluppo locale e risultati ambientali.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 marzo 2018

 

 

Acegas potenzia la raccolta di rifiuti verdi - Installati nuovi contenitori per raccogliere sfalci e ramaglie all'interno di cinque isole ecologiche

Dieci nuovi contenitori per differenziare al meglio i rifiuti verdi. Li ha posizioni nei giorni scorsi AcegasApsAma all'interno di cinque isole ecologiche presenti in zone particolarmente ricche di aree verdi private o condominiali. I nuovi contenitori si aggiungono a quelli già installati nel corso del 2016-2017, ma si distinguono da questi ultimi perché di dimensioni più ridotte (660 o 1.100 litri invece di 3.200), per risultare adatti anche alle vie più strette, tipiche di alcune zone di Trieste. Sono stati posizionati infatti nella zona di via Artemidoro, via Romagna, via Montello e via Virgilio. Nel corso dei prossimi mesi, verranno posizionati altre batterie di contenitori della medesima tipologia identificando zone della città particolarmente ricche di aree verdi. I cassonetti, per essere facilmente identificabili, oltre al pittogramma con l'indicazione del tipo di raccolta, hanno una livrea personalizzata, caratterizzata da adesivi verdi a motivo floreale e una banda superiore contenente la chiara indicazione di conferire esclusivamente sfalci e ramaglie. E' infatti assolutamente fondamentale che nei nuovi cassonetti non vengano introdotti altri tipi di rifiuti, che inevitabilmente comprometterebbero la qualità della raccolta. Nello specifico è importante fare attenzione nel conferire i rifiuti, in quanto i nuovi contenitori sono simili ai cassonetti per il rifiuto secco non riciclabile, ma a differenza di questi ultimi sono sprovvisti di coperchio, allo scopo di facilitare il conferimento delle ramaglie, tipicamente ingombranti e di difficile trasporto manuale. E' quindi fondamentale non confondere i contenitori e ricordare che nei contenitori privi di coperchio vanno conferiti solo gli scarti dei giardini. Il posizionamento di questi speciali cassonetti, oltre a incrementare la quantità raccolta di sfalci e potature, consente di migliorare la qualità della raccolta differenziata degli scarti di cibo, che continua normalmente attraverso i classici contenitori con coperchio marrone. AcegasApsAmga ricorda comunque che la raccolta stradale di sfalci e ramaglie non sostituisce, ma integra le altre modalità di smaltimento a disposizione dei triestini. È infatti sempre possibile conferire il verde presso i centri di raccolta abilitati di strada per Vienna 84/a e Via Carbonara 3. Inoltre continua a essere attivo il servizio di ritiro a domicilio per le utenze con giardino.

 

 

Ferriera - Nasce il coordinamento contro l'area a caldo

La chiusura e la riconversione dell'area a caldo della Ferriera sono obiettivi attorno ai quali si è costituito un coordinamento tra più soggetti da tempo impegnati in queste sfide. Il progetto, che coinvolge No Smog, Comitato 5 dicembre, Legambiente Trieste - Circolo Verdeazzurro, Nimdvm e Wwwf Trieste, verrà presentato domani alle 10.30 al Caffè San Marco

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 marzo 2018

 

 

La Icop si fa avanti per il Parco del mare - La società che sta costruendo la piattaforma logistica punta il project financing
Intanto la Fondazione scrive alla Cciaa per blindare il suo ruolo da protagonista
Descritto a lungo come un castello in aria, ora più che mai il Parco del mare è a un passo dal diventare concreto. Un'importante realtà privata ha manifestato a tutte le istituzioni coinvolte il suo interesse a partecipare al bando per il project financing dell'opera: si tratta della friulana Icop, l'azienda che sta già realizzando la piattaforma logistica del Porto di Trieste. La lettera è di fine gennaio, ma è stata resa nota soltanto ora. E mentre accelerano le procedure burocratiche che dovrebbero sbloccare l'avvio dell'opera (vedi articolo a parte), la Fondazione CRTrieste spinge sulla Camera di commercio per avere un ruolo da protagonista nel futuro del Parco. Cominciamo dalla Icop. Il 29 gennaio l'azienda ha inviato una lettera, firmata dal presidente Vittorio Petrucco, a Regione, Comune, Autorità di sistema portuale, Camera di commercio e Fondazione: appreso dalla stampa del futuro bando per la realizzazione e la gestione, la Icop manifesta il suo interesse all'iniziativa e si candida come promotore per la realizzazione del Parco del mare in project financing. L'azienda chiede alle amministrazioni di poter visionare copia di una serie di documentazioni necessarie ad attestare l'avanzamento dell'iniziativa. L'obiettivo, scriveva Petrucco in gennaio, è presentare un progetto di fattibilità tecnico-economica entro il maggio 2018, in collaborazione con quelle che definisce aziende di comprovata esperienza nella progettazione, costruzione e gestione di strutture di questa natura. Spiega ora il presidente di Icop: «In gennaio avevo chiesto se si poteva avere la documentazione per capire qual era la situazione, perché stavamo immaginando di fare una proposta. A dire il vero non ho ricevuto molto». Ciononostante l'interesse rimane: «Direi di sì. Anche se bisogna capire meglio. Mi piace Trieste, vorrei continuare a lavorare qui». L'entrata in scena di Icop, in ogni caso, attesta il potenziale interesse dei privati verso l'opera, fino a ieri tutto da dimostrare. Ma in un momento in cui Trieste catalizza investimenti da più parti, anche per il Parco del mare pare esserci speranza. La questione non è secondaria: se al momento i finanziamenti presenti ammontano a 9 milioni messi a disposizione dalla Cciaa, altri 9 dalla Fondazione CRTrieste e 2 milioni dalla Regione, la comparsa di un privato significa che c'è qualcuno che può valutare di mettere i 22 milioni mancanti per poter inaugurare, un domani, il nuovo acquario triestino. È sullo sfondo di questi avvenimenti che si svolge il recente botta e risposta fra Fondazione e Camera di Commercio della Venezia Giulia. In una lettera riservatissima, che nessuno dei due enti ha voluto diffondere, il presidente della Fondazione Massimo Paniccia fa sapere al suo omologo in Cciaa Antonio Paoletti che, se la realizzazione dell'opera dovesse venir fatta direttamente da privati, l'ente bancario non riterrebbe opportuno partecipare per questioni di statuto. In alternativa, e qui c'è il punto pregnante della missiva, la Fondazione sottolinea che una società compartecipata assieme alla Cciaa potrebbe fare bene il ruolo di promotore di un project financing. Si tratta di un passaggio soggetto a diverse possibili interpretazioni. Gli accordi fra Cciaa e Fondazione, infatti, prevedevano che le due realtà acquisissero Trieste Navigando, la società detentrice di Porto Lido (sito designato per l'opera), con un 49% per la prima e un 51% per la seconda. Proprio questo soggetto è quello destinato a fare da stazione appaltante, fa sapere la Camera di commercio. Lo sottolinea Paoletti: «La Cciaa persegue con coerenza, da 14 anni, l'obiettivo di realizzare un'opera di primario interesse pubblico come il Parco del mare. Perciò ci siamo attivati per corrispondere a quanto richiesto dalla Fondazione CRTrieste, con un continuo e puntuale aggiornamento in incontri tra me e il presidente Paniccia, nel rispetto tempestivo del contratto con la stessa Fondazione sottoscritto per l'acquisizione delle quote azionarie della Trieste Navigando Srl. Ora siamo solo in attesa della formalizzazione del riscontro positivo già manifestato dalle istituzioni coinvolte». Quanto alle modalità di realizzazione, Paoletti dice: «Noi e la Fondazione siamo contrattualmente impegnati per svolgere un ruolo di stazione appaltante ai sensi dell'articolo 153, comma 19, del decreto legge 163 del 2006, come richiesto dalla Fondazione stessa e dagli altri enti, e non un ruolo di promotore di project financing».

Giovanni Tomasin

 

Il Piano Regolatore modificato ad hoc - In dirittura d'arrivo il testo della bozza. Entro aprile in giunta. Dipiazza: "Io ho fatto la mia parte, adesso tocca agli altri"

«La proposta di modifica al piano regolatore per il Parco del mare nell'area ex Porto Lido arriverà in giunta ad aprile. Poi ci saranno cinquanta giorni per le osservazioni, e infine la delibera approderà in Consiglio comunale». Il sindaco Roberto Dipiazza sintetizza così l'iter delle modifiche al piano cittadino che dovrebbero aprire la strada all'edificazione del Parco del mare nello spazio adiacente al bagno La Lanterna, comunemente noto come Pedocin. Chiosa Dipiazza: «Io ho fatto la mia parte - dice - ora sta agli altri attori fare la loro per realizzare l'opera». La bozza di modifica al piano regolatore sta venendo elaborata dagli uffici comunali ma, assicura il sindaco, è in dirittura d'arrivo. L'assessore all'urbanistica Luisa Polli ipotizza addirittura un'accelerazione: «Andremo in adozione presumibilmente entro il mese di marzo. Dico così perché ovviamente spetta ai tecnici predisporre tutti gli atti. Al massimo può slittare di un mese, siamo comunque ai passi finali. Poi ci sarà il tempo per osservazioni, circoscrizioni e si passerà alla fase di approvazione e poi vediamo». L'unico altro passaggio, dice, «sarà sottoscrivere un accordo tra Autorità portuale, Comune e Regione perché lì vige il piano regolatore portuale che noi non possiamo modificare: per quanto riguarda il nostro strumento urbanistico non c'è problema, ma va armonizzato con quello del porto. In ogni caso gli uffici del presidente Zeno D'Agostino sono già al lavoro e il loro iter è molto più breve del nostro». L'acquario va così a collocarsi nel disegno della giunta di revisione di Campo Marzio, che include la realizzazione di un nuovo spazio commerciale e turistico al posto del vecchio mercato ortofrutticolo. L'area ex Cartubi ed ex Porto Lido ha una storia travagliata. Per oltre un decennio si è vagheggiato sull'idea di realizzare sul posto un marina da 117 posti barca. Incaricata di farlo era la società Trieste Navigando, filiale triestina dell'ormai liquidata Italia Navigando. Tramontato il progetto, la società è finita in mano a Invitalia, che ha provveduto a metterla in vendita: questo è il contesto che ha portato la Camera di commercio e la Fondazione CRTrieste a individuare proprio in Trieste Navigando il soggetto ideale per fare da stazione appaltante per la realizzazione del Parco del mare. La società è infatti detentrice della concessione pluridecennale sull'area rilasciata dall'Autorità portuale. Nell'ottobre del 2016 il cda di Invitalia ha deliberato il preliminare relativo alla cessione del 100% di Trieste Navigando alla Cciaa e alla Fondazione per un totale di 62 mila euro. Nel dicembre scorso Dipiazza e il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti erano andati in sopralluogo a Porto Lido. Una visita che aveva convinto il primo cittadino: «È una delle zone più degradate di Trieste, se non la più degradata», aveva dichiarato. Dipiazza aveva sottolineato il potenziale di «importante attrattore turistico» del progetto, attaccando i suoi oppositori: «Come si fa a dire che il Parco del mare rovinerà un'area che oggi giace nel completo abbandono?». All'inizio dello scorso anno l'ipotesi della collocazione a Porto Lido aveva portato alla nascita del comitato "La Lanterna", guidato dalla portavoce Giorgetta Dorfles, che si opponeva alla realizzazione del grande acquario in quel punto. La motivazione principale era il potenziale effetto dell'edificio sulla linea di costa cittadina: per il comitato avrebbe oscurato lo storico faro che caratterizza il molo. Accuse respinte dalla Cciia.

(g.tom.)

 

Un'idea nata dalla delusione Expo - Nel dicembre 2004, al ritorno dalla missione a Parigi, il lancio del mega acquario
Lunga e travagliata correva la strada del Parco del mare. Il progetto, ormai una sorta di obiettivo di vita per il suo ideatore Antonio Paoletti, aleggia su Trieste ormai dal dicembre 2004, quando il presidente della Camera di commercio lanciò l'idea con squilli di trombe sulla via del ritorno da Parigi, dove la delegazione triestina aveva appena incassato una brutta batosta per l'Expo del 2008. L'ipotesi di partenza, nelle parole di Paoletti, era di realizzare «il più grande acquario del Mediterraneo, una struttura da insediare proprio nel sito previsto per l'Expo, da qualche parte tra Barcola e il Porto vecchio, e da far lavorare 365 giorni su 365. Un acquario superiore anche a quello di Genova». In principio si pensò di collocarlo sul terrapieno di Barcola, peccato che poco più tardi sia arrivato il sequestro dell'area a causa dell'inquinamento. Nel 2006 il Parco del mare risorge con una nuova ipotesi progettuale: lo spazio del mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, a due passi dall'area ex Cartubi di cui si discute adesso. Se ne parla per un paio d'anni, ma le complicazioni sono diverse: in primis, c'è il fatto che la proprietà dell'area non è soltanto del Comune. Nel 2008 l'acquario viene catapultato da un'altra parte, sulle Rive, tra il Salone degli Incanti, il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. Ci sono dei contatti fra le istituzioni interessate e i proprietari dell'area, ma a metà 2009 il progetto subisce uno stop a causa di uno studio del Comune (sindaco ancora Roberto Dipiazza) che pone forti dubbi sulla sostenibilità economica del Parco. Nella primavera del 2010 il sindaco suona quelle che tutti interpretano come campane a morto per il progetto: «La soluzione è piazzare delle vasche per i pesci all'interno del Salone degli Incanti senza mettersi a costruire mega-strutture insostenibili. Trieste può sopportare un acquario da 200-300 mila visitatori l'anno, non un Parco del mare da un milione di presenze con costi di manutenzione folli». Nel 2011 arriva il sindaco dem Roberto Cosolini, che l'anno successivo propone di rilanciare l'ipotesi Campo Marzio. Meno di un anno dopo, nel giugno 2013, spunta una nuova proposta: i magazzini 3 e 4 del Porto vecchio, in mano a Greensisam. Non se ne fa nulla. Nel frattempo cambia la giunta regionale e nel giugno del 2014 il vicepresidente Sergio Bolzonello (ora candidato del centrosinistra alla guida della Regione) sentenzia: «Neanche un euro, progetto inattuabile». In seguito la Regione cambierà idea. La svolta arriva nell'ottobre 2014, quando Paoletti tira fuori la destinazione di Porto Lido. Nel settembre del 2015 il progetto viene presentato alla Regione: lo firma l'architetto statunitense Peter Chermayeff, autore degli interventi all'acquario di Genova e dei parchi acquatici di Boston, Osaka, Baltimora e Lisbona. Il disegno iniziale, piuttosto grandioso, verrà poi ridotto per venire incontro alle esigenze di contenimento di costi e spazi. Nel dicembre dello stesso anno Fondazione CRTrieste comunica che si rende disponibile a stanziare l'importo complessivo di altri nove milioni di euro per la realizzazione del progetto, in aggiunta alle risorse già investite. Il resto è storia recente: la Regione mette a disposizione dei fondi, Cciaa e Fondazione si accordano per acquisire Trieste Navigando. Il Comune si attiva per il cambio di piano regolatore, senza contare il fatto che Costa Edutainment, ramo acquari della compagnia d'armatori, manifesta il suo interesse per la gestione della struttura. I costi? Nel complesso 44 milioni. Questa la ripartizione: 19 milioni per gli interni e gli impianti, quasi 16 milioni per la realizzazione edile, poco meno di 4,5 milioni destinati alla progettazione. A regime una settantina gli addetti.

(g.tom.)

 

 

«Acqua all'arsenico, rischi per un milione di persone»
Livelli superiori ai limiti di legge secondo indagini condotte nel nord della Serbia e in alcune aree di Croazia e Ungheria. Da valutare le conseguenze per la salute
BELGRADO - «Com'è l'acqua? Ha un sapore strano». «Si può bere? Sì, ma per i bambini compro quella in bottiglia». Scene e dialoghi ascoltati più volte, oggi così come in passato, in varie parti della Vojvodina, da Sombor a Kikinda. Scambi di opinioni e forti apprensioni incentrate sull'acqua che scorre dai rubinetti delle case nel nord della Serbia. Acqua che molto spesso non sarebbe di buona qualità, secondo la vox populi. Voce che è stata corroborata in questi ultimi giorni da una ampia inchiesta prodotta per il Balkan Fellowship for Journalistic Excellence, in cooperazione con il Balkan Investigative Reporting Network (Birn), dedicata proprio all'acqua. Un'indagine che ha lanciato un severo allarme confermando che «circa un milione di persone», in particolare nell'area settentrionale della Vojvodina, ma anche nella vicina Croazia e in Ungheria, sono esposte a gravi rischi per la propria salute. A causa dell'«acqua potabile dai livelli di arsenico oltre il limite di legge».È un'inchiesta che nasce nell'area di Vinkovci, in Croazia, dove nel 2014 un ingegnere del posto decise di dare un'occhiata alle analisi dell'acqua nella regione, scoprendo «livelli di arsenico superiori di tredici volte il limite», in particolare a Komletinci, un paesino dalle parti di Otok, non lontano dal confine con la Serbia. Ma Komletinci è solo l'anello di una catena più ampia. Il villaggio sorge infatti su una vasta area "transfrontaliera" che soffre di simili problemi. Lo hanno dimostrato recenti analisi commissionate da Birn in diversi territori nel nord della Serbia e in Croazia, alla ricerca dell'arsenico nei rubinetti o delle risposte delle autorità locali contattate. I risultati sono in certi casi di molto superiori ai dieci microgrammi per litro prescritti dalla legge e raccomandati dall'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità. In una decina di comuni nell'Est della Croazia i limiti sono stati superati di cinque volte, ma il problema maggiore è proprio in Vojvodina. I numeri svelati da Birn parlano chiaro: Backi Monostor, livelli d'arsenico tra 77 e 82 µg/litro; Ravno Selo 103; nell'area a sud di Subotica tra 13 e 99; a Ostojicevo 125; a Padej 132. E poi ci sono i record. Quelli di Taras (315-321). O di Novi Becej, 260-273, vicino a Zrenjanin, dove a causa dell'arsenico «l'acqua è stata dichiarata non potabile nel 2004». E dove un depuratore, al primo dicembre 2017, attendeva ancora i permessi per iniziare a operare.L'inchiesta ha citato anche uno studio del 2012 per confermare che l'emergenza è reale anche nel sud dell'Ungheria. Sono tutte aree dove milioni di anni fa si estendeva il Mare pannonico. Che in eredità ha lasciato chilometri di sedimenti «ricchi di arsenico», appunto, che contamina le falde e l'acqua. E «si accumula poi nel corpo, col passare del tempo, e può essere mortale», ha scritto Birn. Birn ha ricordato che, al momento, non esistono studi sulle conseguenze dell'acqua contaminata sugli esseri viventi nelle regioni prese in considerazione, anche se un rapporto del 2012 dedicato a Ungheria, Romania e Slovacchia ha trovato «solide prove di una associazione tra esposizione di lungo periodo all'arsenico» e tumori. Gli allarmi riguardano, secondo Birn, un numero enorme di persone. Sono infatti un milione circa quelle che vivono nelle aree a rischio, obbligate a bere acqua che scende da "rubinetti tossici", la maggior parte - 630mila - in Vojvodina, 170mila circa in Croazia, 100mila in Ungheria.Quali i rischi? Per l'Oms l'arsenico è «altamente venefico» e l'acqua contaminata usata per bere, ma anche per irrigare i campi, è una «minaccia grave». Che fare? Per l'Oms l'unica via è «fornire fonti d'acqua sicure», attraverso depuratori, «centralizzati o domestici». Una via che, suggerisce l'inchiesta, le locali autorità dovrebbero prendere urgentemente in considerazione.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 marzo 2018

 

 

Trieste da salvare/1 - Rilancio di Porto vecchio e difesa degli storici binari
Angoli dimenticati. Piccoli tesori lasciati ammuffire. Gioielli artistici e architettonici, che in molti pagherebbero per poter ammirare, ridotti a ruderi senza attenzioni né pubblico. Sono tante le ricchezze che Trieste, città spesso senza memoria, non solo non valorizza, ma rischia di perdere per sempre a causa di degrado e incuria. È dedicato proprio a queste "perle" più o meno sconosciute l'inchiesta del Piccolo sulla "Trieste da salvare". Un viaggio nelle rimozioni, che non può che partire dal Porto vecchio: 60 ettari dimenticati per 60 anni, e che ora, tornati alla città, rischiano di veder cancellate la loro identità nel progetto riqualificazione urbana.Il Porto vecchio corre infatti il pericolo di "deragliare" dagli storici binari. Una possibilità contro la quale scende in campo Italia Nostra di Trieste, che invita in questo senso a prendere esempio da Londra. «Il patrimonio storico, architettonico e ferroviario del Porto vecchio deve diventare risorsa economica e obiettivo di sviluppo come già avvenuto in altre città storiche portuali - afferma la presidente di Italia Nostra, Antonella Caroli -. A Londra, nell'area delle storiche stazioni di King's Cross e St Pancras, migliaia di persone attraversano ogni giorno ampi spazi pavimentati rigorosamente in pietra, nei quali sono stati conservati, accanto a storici magazzini, i tracciati ferroviari e le piattaforme girevoli, a testimonianza delle attività di interscambio delle merci legate alla strada ferrata. Un fascino irripetibile che celebra il carattere ferroviario dell'area». Il recupero di Porto vecchio insomma, a detta dell'associazione ambientalista, non può passare attraverso il seppellimento della rete ferroviaria storica, come rischia di accadere con la realizzazione dei 50 posti auto del parcheggio Bovedo. «In questi giorni, in molte zone d'Italia è stata celebrata l'XI Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. In questa ottica anche Trieste vuole mettere in luce e valorizzare la natura ferroviaria del Porto vecchio, dove in un'estesa area adiacente alla Stazione, dal Molo IV a Barcola Bovedo, sono visibili i numerosi binari che hanno consentito lo sviluppo dello scalo portuale sin dalla fondazione, come avvenuto a Fiume, assieme a Trieste tra i più importanti porti ferroviari», ricorda Caroli. Del resto «i porti non potrebbero movimentare le merci e distribuirle sul territorio senza collegamenti ferroviari efficaci». É la storia a dimostrarlo. «A metà '800 erano proprio le compagnie ferroviarie a costruire gli impianti portuali (vedi nel caso di Trieste la Suedbahn e la Compagnia delle strade ferrate francesi) - racconta la presidente di Italia Nostra -. Trieste è collegata a Vienna da ben 160 anni dalla ferrovia, attraverso i 577 chilometri della linea Meridionale o Suedbahn. Questo fondamentale asse ferroviario permise l'entrata della città e del porto nell'era moderna e mercantile, anche attraverso una qualificata e capillare rete di binari al servizio di moli, banchine, magazzini e piazzali, con un'estensione di oltre 40 chilometri».Una rete unica a livello portuale. Dal valore inestimabile. Già servito dalla ferrovia Meridionale, dal 1887 il porto venne ulteriormente collegato al territorio da una seconda linea ferroviaria, detta della Val Rosandra, che attraverso le rive si collegava al Porto vecchio e allo scalo di Barcola Smistamento, dove esistono ancora la rimessa per la manutenzione delle locomotive e l'impianto per il rifornimento dell'acqua. Gli impianti ferroviari interni all'area portuale erano collegati alla stazione di Trieste Centrale attraverso due varchi: uno in prossimità del Magazzino 8 e uno vicino al Magazzino 26. I binari destinati al carico e allo scarico delle merci erano suddivisi in quattro allineamenti, disposti parallelamente alle rive portuali. Di questi, alcuni sono ancora utilizzati al servizio dell'Adriaterminal. «In questa rete - proseguono da Italia Nostra - alcuni dispositivi ferroviari e scambi "sporgenti" sembrano essere "scomodi" o limitare interventi di sistemazione dell'area». E, infatti, nel progetto del parcheggio Bovedo, si prevede si smontarli e di conservarli in un magazzino. «Non si comprende perché a Trieste non si riesca a fare come in altre città o all'estero, dove le strutture ferroviarie sono state considerate indispensabili per la riqualificazione di siti storici» insiste Caroli citando la legge di salvaguardia 128 del 9 agosto 2017.E quindi? «Nel recupero dell'area del Porto vecchio sarebbe importante conservare parte del tracciato storico ferrato, completo degli scambi utili e il cui armamento è ancora in ottime condizioni, per poter offrire un collegamento a scopo turistico e culturale - proseguono dall'associazione -. Collegamento che sarebbe anche al servizio degli utenti delle società nautiche e degli spazi destinati alla balneazione. Inoltre i binari sulla parte non inquinata del terrapieno di Barcola potrebbero essere sfruttati per attrezzare a fianco un parcheggio, destinato sia alle auto sia ai pullman turistici, realizzando così un punto di interscambio strada/ferrovia dal quale raggiungere il centro. Nulla vieterebbe poi di utilizzare in futuro non solo motrici ferroviarie di tipo storico, ma anche a trazione elettrica. Un servizio aggiunto di trasporto - conclude la presidente di Italia Nostra -, che invece di sacrificare la storia diventerebbe elemento di attrazione e sfruttamento di strutture esistenti».

Fabio Dorigo

 

 

A San Dorligo la Tari più leggera della provincia - La classifica dei costi pubblicata dalla Camera di commercio - Monrupino maglia nera. Klun: «Ottimo accordo con la A&T»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - San Dorligo della Valle-Dolina è il Comune del territorio provinciale triestino nel quale si paga il costo più basso per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. È di 71 euro, infatti, l'importo annuo per la cosiddetta Tari, la "tassa rifiuti" che deve sostenere una persona che vive da sola in quel Comune. Si sale a 75 euro per la stessa situazione familiare nel Comune di Duino Aurisina, a 94 a Sgonico, 105 a Trieste, 113 a Muggia e 125 a Monrupino. San Dorligo rimane in testa a questa particolare classifica, pubblicata dalla Camera di commercio, anche quando il numero dei componenti la famiglia cresce. Nell'ipotesi di un nucleo composto da tre persone, a San Dorligo il costo è di 188 euro, a Duino Aurisina, sempre secondo, l'importo è di 197, a Muggia, che in questo caso sale in terza posizione, scavalcando Sgonico (241), bisogna sborsare 236 euro; Trieste si conferma in penultima posizione (304) e Monrupino rimane ultimo anche in questo caso con 318 euro. La graduatoria fa registrare invece un cambiamento nel caso i componenti siano cinque: in tal caso è Duino Aurisina a balzare in testa con l'importo più basso, che è di 273 euro, mentre San Dorligo passa in seconda posizione con 280 euro. Terza è Muggia con 352, quarto Sgonico con 361, quinta Trieste con 439 e ultimo sempre Monrupino con 489.A rimarcare il fatto che i residenti di San Dorligo della Valle sono favoriti in questo speciale contesto è il loro sindaco, Sandy Klun: «Il merito va a una serie di fattori - spiega -, frutto dell'impegno dell'amministrazione nel predisporre una buona convenzione con la A&T, l'azienda di Codroipo che dal luglio dello scorso anno provvede alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti nel nostro territorio. L'accordo si è rivelato molto efficace e l'opera dell'azienda friulana superiore alle migliori aspettative. Non a caso - precisa Klun - la A&T è stata collocata al terzo posto in Italia nella classifica dei gestori, nell'ambito del premio nazionale "Comuni ricicloni 2017", a conferma della qualità del servizio che sono in grado di assicurare». Altrettanto importante però, continua il sindaco, «è il virtuoso comportamento dei nostri concittadini, che hanno capito l'importanza di un giusto impegno nella differenziata. Per un Comune delle dimensioni del nostro è fondamentale poter vendere a chi poi li ricicla, determinati materiali. Per fare un esempio - spiega - la plastica leggera da imballo, se limita le impurità a meno del 20% del totale, ci permette di incassare 300 euro circa a tonnellata. Si tratta di cifre che poi possiamo utilizzare per garantire ai nostri concittadini servizi di maggiore qualità». Oltre alla graduatoria delineata in base ai costi, Klun si dice molto soddisfatto anche perché «nel nostro Comune stiamo superando l'80% nella differenziata. Tutto questo - annuncia - ci permetterà di ridurre ulteriormente le tariffe Tari. Contiamo di scendere a circa 62 euro per le famiglie formate da una sola persona, a 163 per quelle con tre e a 268 per quelle con cinque». Conta di calare le tariffe anche Marko Pisani, sindaco di Monrupino. «Stiamo attuando un piano per migliorare la differenziata - conferma -, il che ci permetterà di calare i costi a carico della popolazione per questo servizio». Pisani spiega anche il motivo che porta il suo Comune all'ultimo posto nella graduatoria provinciale: «Nel territorio di mia competenza vivono meno di 900 persone. È evidente che i costi fissi del servizio di asporto e smaltimento rifiuti incidono di più laddove non possono essere spalmati su una popolazione più numerosa».

Ugo Salvini

 

Volontari testeranno le nuove tariffe sui rifiuti - Il Consiglio comunale di Muggia approva la proposta del M5S. Un tavolo ad hoc e poi via alle simulazioni
MUGGIA Individuare un gruppo di cittadini volontari per sperimentare la tariffa puntuale sulla raccolta differenziata di rifiuti. Questo il progetto contenuto in una mozione presentata da Emanuele Romano (capogruppo del M5S) durante l'ultima seduta del Consiglio comunale di Muggia. Il documento, passato con l'approvazione di tutti i consiglieri, impegna la giunta Marzi ad attivare un tavolo di lavoro per determinare una ipotesi di tariffa puntuale individuando poi un gruppo di cittadini volontari sul quale sperimentare le proposte discusse. Una volta finito il periodo sperimentale, probabilmente di un anno, il sindaco Laura Marzi si impegnerà a rivedere ed eventualmente correggere l'ipotesi di tariffa puntuale, sulla base delle segnalazioni e considerazioni pervenute, al fine di avviare definitivamente la tariffazione puntuale. «Vorremmo evitare quanto successo con la raccolta dei rifiuti, l'imposizione dall'alto di un sistema pieno di criticità pratiche irrisolte. Si chiede un tavolo di lavoro per determinare una tariffa sperimentale e l'individuazione di utenti volontari che, pur pagando la Tari in vigore, ricevano comunicazione di quanto pagherebbero con la tariffa puntuale e diano suggerimenti per migliorare il sistema: una volta affinato, si potrà estendere quanto già rodato sul campo», il commento di Romano. Aperto al dialogo il capogruppo Pd Massimiliano Micor: «Avremo modo di discutere con tutte le forze che auspicano il passaggio alla tariffazione puntuale per individuare le modalità che sono da ritenersi preferibili e sostenibili. Auspichiamo un metodo di condivisione e confronto collaborativo nel quale si realizzi l'obiettivo della mozione». Respinta invece da tutta la maggioranza - ma anche da Movimento 5 Stelle, Obiettivo comune per Muggia e Meio Muja - la mozione delle tre forze del centrodestra che chiedeva l'introduzione del sistema misto-domiciliare per la raccolta dei rifiuti con il fine di sostituire l'attuale "porta a porta integrale". Così Roberta Vlahov (Ocpm): «Nonostante i proclami iniziali del centrodestra la mozione, peraltro poco chiara, non è stata condivisa con noi, Meio Muja e 5 Stelle. Il cassonetto stradale aperto rende impossibile applicare una tariffa puntuale, mentre è da oltre un anno che chiediamo con forza che a Muggia i cittadini virtuosi abbiano delle gratificazioni in bolletta». Dai banchi di Forza Muggia, Lega e Fratelli d'Italia arriva all'unisono l'immediata replica: «La maggior parte dei muggesani vuole un sistema di raccolta diverso. Lo hanno richiesto anche con quasi duemila firme. In aula abbiamo proposto un cambiamento ancora possibile verso il "porta a porta misto", per abbassare notevolmente costi e disservizi. Proposta bocciata da sindaco, maggioranza ed anche dal "terzo polo" dei 5 Stelle con le sue due succursali Meio Muja e Obiettivo Comune, che votando contro si sono resi palesemente favorevoli al sistema attuale voluto dalla giunta Marzi».

(ri.to.)

 

 

In 50 in piazza per salvare le nutrie - Animalisti in campo contro la legge regionale che dà via libera ai cacciatori
In marcia contro i metodi violenti imposti per abbattere il numero delle nutrie. Rappresentano una decina di associazioni animaliste attive in Fvg, e si sono dati appuntamento ieri mattina in piazza della Borsa per chiedere alla Regione di adottare metodi non cruenti per il contenimento dei "castorini". Il corteo, di una cinquantina di persone, è diretto in piazza Oberdan. Fiocchi rossi per simboleggiare il sangue delle pratiche violente, cartelli di sensibilizzazione, maschere che raffigurano il musetto dei roditori, gigantografie giganti di nutrie. Ecco il popolo di "#iostoconlenutrie", come recita l'hashtag che hanno lanciato. A inquadrare le ragioni della protesta, facendo riferimento alle norme vigenti, il responsabile dell'associazione MujaVeg Cristian Bacci: «Il Regolamento europeo prevede per le specie non autoctone, quali le nutrie, il contenimento o l'eradicazione legittimando l'uso di metodi letali e non. In Italia vige invece la legge nazionale 157 del 1992, secondo cui il contenimento della fauna selvatica deve essere fatto, in primo luogo, usando pratiche non violente. Solo nel caso in cui esse non risultino efficaci, viene legittimata, in un secondo momento, la pratica di metodi cruenti». La Regione entra in gioco nel momento in cui ha assunto le competenze sulla gestione della fauna selvatica prima affidate alle Province. «Nel farlo - continua Bacci - ha emanato la legge 20 del 2017 che, tramite un successivo decreto applicativo, prevede l'eradicazione delle nutrie con l'esclusivo utilizzo dei metodi violenti». Si legittima, spiega sempre l'animalista, la cattura dei roditori all'interno di trappole, e la soppressione «con il gas o per fucilazione». «Inoltre, i cacciatori possono sparare alle nutrie anche se le trovano nel loro habitat e non riescono a infilarle nelle trappole». Oltre ai cacciatori, sono legittimati a questi metodi, continua l'animalista, anche il personale che ha seguito un apposito corso di formazione regionale, i proprietari dei fondi agricoli e, per quanto riguarda le zone urbane, le imprese di derattizzazione. Da qui la protesta, «promossa - ricorda Patrizia Edera della Lav Trieste - dopo che la petizione sottoscritta da 650 persone e consegnata a gennaio alla Regione è rimasta inascoltata». «Chiediamo che per contenere le nutrie venga utilizzata la sterilizzazione, così come l'utilizzo di cibi che riducono la fertilità di questi animali». E così, mentre si attendono risposte, i cittadini si organizzano autonomamente. «Con una lotteria di autofinanziamento fissata il 17 aprile alla pizzeria "La Torre " di Longera. Lo scopo è raccogliere fondi per sterilizzare la comunità di nutrie di Rio Ospo», chiosa la maestra Serena Zamola.

Elena Placitelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 marzo 2018

 

 

Isole Incoronate - i residenti contestano la gestione del Parco - I ristoratori sul piede di guerra per il divieto di pesca minacciano una petizione per abolire il regime speciale
SEBENICO - È rottura tra il direttore del Parco nazionale delle Incoronate, Josip Zanza, e i ristoratori dell'area. L'incontro in cui si sarebbero dovute gettare le basi per la collaborazione nella prossima stagione turistica è finito con i ristoratori che hanno minacciato di avviare una raccolta di firme per abolire lo status di Parco nazionale. Mentre anche i residenti esprimono scontento. Da tempo del resto i ristoratori non perdonano alla direzione del Parco (gestita dallo Stato croato) le limitazioni introdotte nel 1980, con il regime di tutela. Negli ultimi due anni le restrizioni si sono fatte più forti e dal 2016 la pesca è vietata anche ai residenti. «Volete trasformare le Incoronate in destinazione gastronomica di lusso ma gli isolani non possono più calare in mare le reti - è stato detto a Zanza - è un'ingiustizia verso i residenti, mentre d'inverno i turisti possono pescare a pagamento». Nel mirino anche il progetto Rediviva Kurnata, per il quale il parco nazionale ha ottenuto 6,5 milioni di euro di fondi europei e croati. Criticato anche il centro visitatori di Betina, per il quale si spenderanno 1,6 milioni. «Con questo denaro - secondo i ristoratori - le Incoronate avrebbero potuto avere finalmente una propria rete idrica e un sistema di distribuzione energetica». È stato proposto a Zanza di non far più pagare il biglietto d'ingresso nel Parco in base alle dimensioni delle imbarcazioni, bensì in rapporto al numero di passeggeri. Ha preso posizione anche Vladimir Skracic, presidente dell'associazione Cornatari (i residenti) secondo cui Rediviva Kurnata non ha alcun contenuto che possa migliorare la vita degli abitanti: «A Zagabria non possono adoperarsi nel migliorare solo il soggiorno ai diportisti trascurando le condizioni di vita e lavoro degli isolani. Lo Stato deve impegnarsi di più per facilitare i residenti, altrimenti non stupisca la petizione per cancellare il Parco nazionale. Nel 1980 le Incoronate avevano 50 pescatori professionisti. Ora non c'è più nessuno». Skracic ha ricordato che di recente, quando l'arcipelago è stato investito da un'ondata di maltempo, è stato chiesto alla direzione se fosse possibile l'invio del battello del parco negli isolotti abitati, portando un po' di pane e alimenti. La risposta è stata che questo non rientra nei compiti del Parco nazionale e l'imbarcazione non è salpata.

Andrea Marsanich

 

 

Mobilitazione in rosso per salvare le nutrie - La manifestazione promossa dalle associazioni animaliste partirà alle 10.30 da piazza della Borsa
Un corteo color rosso sangue per salvare le nutrie. Trieste si mobilita così per «fermare l'uccisione dei simpatici castorini», con un corteo pacifico in cui i partecipanti sono invitati a indossare qualcosa di colore rosso, lo stesso del «sangue delle nutrie che viene versato sul suolo regionale». La manifestazione, promossa da un gruppo di associazioni animaliste, è in programma questa mattina, con ritrovo alle 10.30 in piazza della Borsa, da dove partirà per raggiungere il consiglio regionale in piazza Oberdan, passando per via Cassa di Risparmio, canale Ponterosso e via XXX Ottobre. Proprio la Regione è l'oggetto della protesta animalista, come recita un comunicato: «La Giunta Serracchiani ha recentemente imposto un piano di eradicazione delle nutrie basato esclusivamente su metodi cruenti. La scelta di contenere un animale estraneo agli habitat della regione non è in discussione, ma è inaccettabile che si utilizzino metodi violenti quando esistono metodi dolci più efficaci - si legge nella nota -. Le nutrie oggi possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il gas da alcuni soggetti autorizzati. La scelta di utilizzare tali metodi evidenzia una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili per tutti gli animali: il diritto alla vita e alla libertà». La normativa europea, spiegano ancora gli organizzatori, «prevede che il contenimento possa esser fatto con metodi non letali e la normativa nazionale incoraggia a non utilizzare la violenza». Gli organizzatori elencano quattro motivi per cui l'uccisione delle nutrie va fermata. Il primo è biologico: «Con l'abbattimento si osserva l'aumento del tasso di nascite e la tendenza dei maschi non leader delle colonie rimanenti ad uscire dal territorio in cui sono nati e ricolonizzare i territori nei quali le nutrie sono state prelevate ed uccise». Segue poi quello legale: «Il legislatore nazionale ha chiaramente garantito loro un ultimo diritto: quello che l'eradicazione sia svolta prioritariamente senza violenza e solo in caso di inefficacia, vengano approvati piani di abbattimento». Le altre due questioni sollevate riguardano il fatto che «il piano di abbattimento si basa su un parere dell'Ispra che, nonostante le formali richieste di accesso agli atti, le associazioni non sono riuscite ad ottenere» e il volere di «627 cittadini, che hanno presentato una petizione per chiedere che le nutrie siano eradicate con metodi non violenti».

 

 

POTATURA DEGLI OLIVI con Urbi et horti e Bioest

Appuntamento alle 10.30 con ritrovo davanti al Palatrieste. Consigliamo di portare guanti cesoia, vestiti e scarpe comode: vi metteremo subito all'opera! Per informazioni Tiziana Cimolino cell. 3287908116.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 marzo 2018

 

 

C'è sempre meno acqua - In Italia crisi eccezionale - La fotografia dell'Istat: «Nei quattro grandi fiumi la portata è in calo del 40%»
Anche papa Francesco in difesa del bene comune: «Dobbiamo tutelarlo»
ROMA - «La difesa della terra, la difesa dell'acqua è difesa della vita». Questo il tweet con cui Papa Francesco, il papa dell'enciclica ecologica "Laudato sì", inquadra la Giornata mondiale dell'acqua istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Non una delle tante ricorrenze che affollano il nostro calendario, dunque, ma un giorno in cui ricordare che l'acqua è un bene prezioso e scarso. Ed è un bene comune, come sancito da un referendum nel 2011, oggi largamente tradito. Sulla scarsità sempre maggiore la fotografia statistica offerta dall'Istat è impietosa: il 2017 è stato un anno di «un'eccezionale carenza di risorse idriche disponibili, soprattutto in alcune zone del Paese». Le quattro principali riserve d'acqua italiane - i fiumi Po, Adige, Arno e Tevere - hanno ridotto la loro portata del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010, con un livello di siccità ancora più alto nella seconda parte dell'anno. Nei primi mesi del 2018, invece, la situazione sembra più vicina alla norma. Restano, tuttavia, i problemi delle falle nel sistema di distribuzione: una famiglia su dieci lamenta irregolarità nel servizio di erogazione, il 30% delle persone intervistate, invece, non si fida a bere l'acqua del rubinetto. Se la correlazione tra siccità e cambiamenti climatici è un fatto sempre più riconosciuto all'interno della comunità scientifica, l'Italia non brilla nella raccolta dell'acqua che dal cielo continua a cadere: quella piovana. Coldiretti denuncia una situazione in cui «quasi nove litri di pioggia su dieci sono perduti». «L'Italia è un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua che cadono annualmente, per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l'11%», scrive l'associazione dei produttori agricoli. E se il 2017 è stato l'anno «più siccitoso dal 1800», Coldiretti sostiene che «di fronte alla tropicalizzazione del clima per continuare a sostenere l'agricoltura di qualità occorre organizzarsi per raccogliere l'acqua nei periodi più piovosi e servono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini e utilizzando anche le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere l'acqua piovana». Oltre all'acqua che non piove e a quella che non riusciamo a raccogliere, ci sono i bacini inquinati. È il caso della Regione Veneto dove le falde idriche sono contaminate dai Pfas, sostanze chimiche utilizzate per impermeabilizzare una serie di oggetti di uso comune: dai cartoni della pizza alle padelle. Dal ministero dell'Ambiente sono stati stanziati circa 80 milioni di euro per intervenire, a cui si aggiungeranno i proventi delle tariffe, su un piano complessivo di interventi da 120 milioni. Nella giornata dedicata all'acqua è impossibile non pensare al mare. «Il diritto all'acqua corrisponde al diritto ad un mare pulito, fondamentale per la nostra stessa esistenza», spiega Federico Di Penta dell'associazione Marevivo, fondata dal compianto documentarista ferrarese Folco Quilici. «Oggi questo ecosistema è diventato molto fragile - prosegue - sommerso dalla nostra inciviltà e dai rifiuti. Preservare il mare significa difendere il nostro polmone blu, la nostra risorsa idrica più vasta». La gigantesca isola di rifiuti, al 99% in plastica, che galleggia nel pacifico tra la California e la Hawaii ed è tre volte più estesa della Francia, sta lì a dimostrarlo.

 Andrea Scutellà

 

 

Agricoltura biodinamica

A Muggia, quarto incontro della serie dedicata ai "Cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" organizzato dal Circolo del Movimento decrescita Felice. Nella sala Millo di piazza della Repubblica 4, alle 17, l'antroposofo naturalista Michele Codogno, parlerà di "Agricoltura biodinamica, visione e obiettivi"

 

 

È l'Ora della Terra, tutti al buio per aiutare il pianeta - Wwf e Area Marina in campo contro l'inquinamento. Cena a lume di candela in molti ristoranti
Luci spente e passeggiate notturne. Domani scatta in tutto il mondo l'Ora della Terra, mobilitazione globale promossa dal Wwf. In centinaia di paesi e migliaia di città, istituzioni e cittadini evidenzieranno con un gesto simbolico la loro preoccupazione per le sorti del pianeta: spegnendo le luci di monumenti, sedi istituzionali, uffici e abitazioni. In contemporanea si svolgeranno eventi e iniziative di sensibilizzazione. Sarà una vera e propria ola di buio dalle 20.30 alle 21.30. Lo scopo dell'appuntamento annuale, giunto all'undicesima edizione, è aumentare la consapevolezza verso i cambiamenti climatici e favorire la partecipazione di ognuno per contrastarli. Anche nella nostra provincia si spegneranno le luci nelle piazze di Trieste, Duino Aurisina e S. Dorligo della Valle (e altri Comuni aderiranno nelle prossime ore). In città, con il coordinamento dell'associazione Mosaico, si cenerà a lume di candela in vari ristoranti: Caffè della Musica, Cantina degli Ostinati, Ginger - tea&cakes, Hostaria Malcanton, Mimì e Cocotte, Nuovo Ristorante Savron e Osteria del Sindaco. «Ogni anno aumenta l'urgenza perché le conseguenze su clima e biodiversità sono sempre più drammatiche - spiega Alessandro Giadrossi, presidente Wwf Trieste -: tutti se ne accorgono, ma si fa ancora troppo poco. Se le emissioni di CO2 continueranno ad aumentare senza controllo, oltre agli effetti sul clima il mondo è destinato a perdere almeno metà delle specie animali e vegetali. Ma se nei cittadini c'è sempre più consapevolezza, nelle agende politiche il clima non è considerato una priorità». L'evento proposto dall'Area Marina Protetta è una passeggiata serale, "Primavera in cielo e in terra", con ritrovo alle 18 nel piazzale antistante il tempio mariano di Monte Grisa: l'uscita, guidata da un naturalista e da un esperto di astronomia, sarà dedicata alla primavera, vista dal lato botanico, faunistico e astronomico. La partecipazione è gratuita grazie al contributo della Regione e non è necessario prenotare, ma per il rientro si consiglia di munirsi di torcia elettrica. «Non mancheranno - spiegano all'Oasi Wwf di Miramare - spunti per osservare gli effetti dei cambiamenti climatici».

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 marzo 2018

 

 

Urbanistica - Variante per l'ex Fiera - Bis in commissione
Servirà ancora un passaggio nelle Commissioni comunali congiunte terza e sesta, per licenziare la delibera che fissa le direttive alle quali dovrà adeguarsi la variante urbanistica - che verrà accompagnata da una puntuale variante del piano del commercio e che dovrà incassare il via libera del consiglio comunale - utile alla realizzazione del nuovo complesso che nascerà sulle ceneri dell'ex Fiera. Una ricalibratura delle destinazioni d'uso richiesta dalla Mid Immobiliare, la srl che nel settembre 2017 ha acquistato quel complesso e che lo scorso novembre ha chiesto di poter destinate tutti i 15 mila metri quadrati ad uso commerciale di vendita al minuto, intrattenimento e svago, servizi, con l'eliminazione della destinazione residenziale. Lo strumento urbanistico vigente ammette per quella zona una destinazione residenziale da un minimo del 30% e un massimo del 60% del volume esistente. La variante, dunque, manterrebbe la destinazione del piano regolatore esistente eliminando la parte riservata al residenziale.«Quella zona della città è piena di stabili in stato di abbandono e dunque si vuole spingere le imprese a investire al di fuori dell'ambito dell'ex Fiera» ha spiegato l'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli, che ha precisato come le modifiche introdotte dalla variante dovranno passare anche al vaglio degli Uffici regionali della Pianificazione territoriale. Dal canto suo la Mid Immobiliare propone di realizzare a proprie spese alcune opere di interesse pubblico in quella zona. Provvederà così al riassetto e al miglioramento viabilistico delle zone interessate, come gli assi di scorrimento da via Rossetti-Piccardi a piazzale De Gasperi e da via Revoltella a piazza Foraggi, accollandosi le spese per l'allargamento di via Rossetti (usufruendo anche degli spazi di sua proprietà), realizzando un doppio senso di marcia nel tratto tra piazzale De Gasperi e via Revoltella. Oltre ai posti auto previsti all'interno del comprensorio, la società dovrà realizzare nelle zone limitrofe altri 150 posti e provvedere all'incremento delle aree verdi a servizio dell'intero quartiere. Tra le opere a carico della Mid Immobiliare, pure la riqualificazione dell'area di piazzale De Gasperi.«Si sta dando il via libera, su richiesta di un privato, a un nuovo centro commerciale a Trieste con le conseguenze che questo comporterà» ha dichiarato ieri Paolo Menis, capogruppo M5s. «Non comprendo - ha aggiunto - come coloro che oggi rappresentano la maggioranza approvino l'intervento quando in passato si erano opposti ai centri monomarca». Su richiesta di Everest Bertoli (Fi) e Roberto Cosolini (Pd) verrà messa a disposizione dei consiglieri la documentazione che ripercorre la cronostoria, dal bando di gara per la vendita del complesso alla richiesta di rinunciare al residenziale. «Valutando quello che in prospettiva può rappresentare questo intervento per il commercio - ha indicato l'ex sindaco -, ritengo corretto ascoltare anche le associazioni di categoria». Associazioni che Polli prevede di interpellare quando il piano della Mid Immobiliare sarà più specifico. «Le direttive - ha valutato Michele Babuder (Fi) - prevedono la realizzazione, a carico degli investitori, di importanti opere pubbliche volte all'ammodernamento della zona. In tal senso va anche la prossima approvazione in Consiglio del contributo straordinario inerente agli oneri di urbanizzazione relativi alla valutazione del maggior valore eventualmente generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 marzo 2018

 

 

RIFIUTI - Lotta ai furbetti della Tari - Recuperati 600 mila euro
Nel 2018 la tariffa della tassa rifiuti (Tari) sarà leggermente più bassa per le utenze domestiche rispetto al 2017, principalmente grazie a una riduzione dei costi a carico del Comune e alle maggiori entrate previste nel 2018 per la cosiddetta "tassa sul disturbo" e per gli introiti derivanti dalla lotta all'evasione che ha visto recuperare nel 2017 600 mila euro (su un totale di 5-6 milioni, cifra costante negli anni, non versati, una parte quantomeno non entro i termini previsti). È quanto risulta dalla proposta di delibera consiliare sulla Tari, licenziata dalla Seconda commissione e che andrà in Consiglio comunale domani, in una seduta che prevede anche la discussione sul Pef (Piano economico finanziario) e sul Regolamento delle entrate. «Di fatto il Comune nel 2018 chiederà meno tasse sui rifiuti rispetto al 2017. La differenza complessiva in diminuzione dei costi dell'ente, pari a 68 milioni di euro, ha contribuito a far scendere la tassa a carico delle utenze domestiche - spiega Roberto Cason, presidente della II commissione, competente in materia di bilancio e tributi - mentre sulle utenze non domestiche (bar, ristoranti, uffici) assistiamo, per il 2018, a meri aggiustamenti di qualche centesimo a metro quadrato, derivanti da diversi fattori, tra cui il normale adeguamento Istat». Dalla tariffa rifiuti si prevede per il 2018 un incasso totale di 21 milioni 225 mila euro dalle utenze domestiche e di 13 milioni 198 mila euro dalle utenze non domestiche, per un totale di oltre 34 milioni. Rispetto al 2017 il Comune incamererà 68 mila euro di meno dalla Tari. Questo alla luce di una riduzione dei costi (personale e spese per i servizi), ma anche grazie alle entrate ricavate dalla lotta all'evasione, che si stima porterà a un recupero per il 2017 di circa 600 mila euro. «Per lo scorso anno è stato emanato un migliaio di avvisi di accertamento definitivi - spiega il funzionario Donatella Di Candia -. Ogni anno a fronte di circa 34 milioni totali di tassa sui rifiuti sono circa 5-6 milioni i denari che il Comune non riesce a incassare in prima battuta. Di queste mancate entrate si riesce a recuperare un po' più del 30%, mentre per il resto della somma (poco meno di 4 milioni, ndr) si deve procedere con la riscossione coattiva». A ciò si sommano il consueto introito di circa 100 mila euro l'anno che arriva dal Miur per le tasse rifiuti a carico degli istituti scolastici e circa 315 mila euro di "tassa del disturbo", ovvero i benefici che vengono redistribuiti ai cittadini per i rifiuti portati al nostro inceneritore dagli altri comuni. Altro elemento che ha influito è l'incremento di due punti percentuali della raccolta differenziata: dal 39,1% del 2016 al 41,1% del 2017. Ciò porta un alleggerimento dello 0,4% sugli importi da versare. Nella pratica, provando a fare qualche simulazione (si veda il grafico), come segnalato da Piero Camber (Fi) e Giovanni Barbo (Pd) non vi saranno particolari agevolazioni per i nuclei familiari numerosi, mentre saranno avvantaggiati i possessori di case ad ampia metratura.

Giulia Basso

 

Sono oltre quattromila i virtuosi del riciclo - Trend in aumento. Tanti, dal 2015, i cittadini che hanno chiesto gli "sconti" per l'autocompostaggio
Nell'ambito della discussione sulla tassa rifiuti arrivano anche alcuni dati relativi alle agevolazioni concesse dal Comune di Trieste ai singoli e alle società per comportamenti virtuosi in tema di riciclaggio e lotta agli sprechi alimentari. Ha avuto un buon successo l'iniziativa introdotta nel 2015 grazie a una delibera dei Cinquestelle per riconoscere direttamente al cittadino i vantaggi economici che derivano da una minore attività di produzione e smaltimento rifiuti. L'iniziativa accorda per le sole utenze domestiche una riduzione del 20% sulla Tari ai cittadini che dimostrino di aver avviato l'autocompostaggio domestico dei rifiuti organici e il successivo impiego sul posto del fertilizzante così ottenuto. Sono stati 4333 i cittadini che dal 2015 hanno fatto richiesta di questa riduzione, cui se ne sono aggiunti altri venti solo nell'ultimo mese utile per la dichiarazione. Sono quindi in aumento le persone che si dotano di impianto per compostaggio: dopo la dichiarazione agli uffici di Esatto e la riduzione automatica sulla Tari vengono portati comunque avanti dei controlli a campione per verificare che la dichiarazione resa corrisponda a verità. Ha avuto invece minore successo per ora un'iniziativa voluta dalla maggioranza che premia le utenze non domestiche che producono o distribuiscono beni alimentari (supermercati, mense, etc.) nel caso cedano le proprie eccedenze alimentari a titolo gratuito alle onlus e alle associazioni di volontariato iscritte nei pubblici registri. L'iniziativa prevede una riduzione percentuale sulla Tari in base alla quantità di prodotti alimentari donati nel corso dell'anno: del 6% tra i 5 e i 10 quintali, dell'8% fra i 10 e i 20 quintali, e del 10% nel caso la donazione superi i 20 quintali annui. Le adesioni per ora si attestano su poche unità: «L'iniziativa consente una riduzione importante della Tari per gli esercizi commerciali - spiega Roberto Cason, che l'anno ha partecipato attivamente alla costruzione della delibera, che modifica il regolamento per la disciplina dell'Imposta unica comunale (Iuc) -. Forse le scarse adesioni sono legate alla novità di questo provvedimento, lanciato solo l'anno scorso, e a un comunicazione che non ha raggiunto tutti gli interessati». Ricordiamo infine che per denunciare le nuove occupazioni, le variazioni e le cessazioni relative alla Tari 2018 non è necessario fare la fila: la procedura può essere espletata direttamente online sul portale di Esatto.

(g.b.)

 

 

Al via la ciclopedonale Muggia-Aquilinia - Il progetto, voluto dal sindaco Marzi, sta per diventare realtà. Finanziamenti per 70 mila euro
MUGGIA - Un unico percorso ciclopedonale da Aquilinia sino al porto di Muggia. Il progetto fortemente auspicato dall'amministrazione Marzi sta per diventare realtà. Nell'ambito della discussione sull'assestamento di bilancio, su proposta dei consiglieri Giulio Lauri e Alessio Gratton, la Regione ha deliberato il finanziamento che consentirà il proseguimento della realizzazione della ciclabile rivierasca. Nello specifico la Regione ha appoggiato la richiesta del Comune muggesano di realizzare una passerella ciclopedonale da posizionare sul rio Ospo, nei pressi della nuova rotatoria. «Con il finanziamento deliberato si realizzerà nel Comune di Muggia un lotto funzionale dell'itinerario ciclabile di collegamento tra il porto di Muggia, la ciclovia Parenzana e la ciclovia Eurovelo 8», racconta il consigliere Lauri. L'itinerario inizierà dal porto di Muggia (attracco del Delfino Verde), per arrivare alle foci dell'Ospo (da dove parte la ciclovia Parenzana) e raggiungere quindi la frazione di Aquilinia (torrente Rosandra al confine tra i Comuni di Muggia e Trieste). «Con tale intervento si aumenterà la sicurezza dei ciclisti che sempre più numerosi da Muggia utilizzano l'itinerario litoraneo Eurovelo 8 per raggiungere la Ciclovia Parenzana e la città di Trieste», ha aggiunto Lauri. Il finanziamento stanziato è di 70 mila euro. La scelta di potenziare la rete ciclopedonale è stata dettata fortemente anche dai dati del 2017 inerenti il cicloturismo a Muggia forniti da PromoTurismo Fvg che parlano di 45 mila 563 passaggi sulla Parenzana e di 12 mila 800 a Muggia. Già lo scorso anno la Regione aveva finanziato la ciclabile con una somma pari a 75 mila euro, a cui va aggiunta la progettazione della ciclabile Trieste-Muggia che si congiungerà alla Muggia-Aquilinia con una quota stanziata di 85 mila euro a cui vanno sommati ancora i 15 mila euro assegnati all'Uti Giuliana per lo sviluppo della mobilità ciclistica nell'area giuliana. Ad oggi, dunque, la Regione ha stanziato per la viabilità ciclistica della zona Muggia 245 mila euro. Relativamente all'ultimo finanziamento approvato il progetto della passerella sull'Ospo verrà consegnato entro l'anno, con inizio dei lavori previsti nei primi mesi del 2019. Per quanto riguarda invece il tratto rio Ospo-approdo Delfino verde si è conclusa la progettazione esecutiva: entro l'anno verrà svolta la gara e assegnato l'appalto. Per la ciclabile Muggia-Trieste, invece, è già in corso lo studio di fattibilità, che detterà i tempi successivi. Dopo aver raccolto le istanze di cittadini e delle associazioni di ciclisti, il consigliere regionale Lauri conclude: «Il provvedimento esprime piena coerenza con il Piano per una mobilità ciclistica sicura e diffusa che è diventato Legge regionale proprio il mese scorso. Il valore della salute pubblica e quello della tutela dell'ambiente trovano applicazione concreta anche con provvedimenti come questi».

Riccardo Tosques

 

 

La manifestazione per i diritti delle nutrie - Gli animalisti accusano la Regione di abuso di potere sugli animali. Sabato in piazza della Borsa
La nutria è morta, lunga vita alla nutria. Così andrebbe riadattato il motto per il corteo che sabato si dà appuntamento alle 10.30 in piazza della Borsa, invitando i partecipanti a «indossare qualcosa di rosso per richiamare il colore del sangue delle nutrie che viene versato sul suolo regionale».«La Giunta Serracchiani ha recentemente imposto un piano di eradicazione delle nutrie basato esclusivamente su metodi cruenti - recita un comunicato firmato da più associazioni animaliste -. La scelta di contenere un animale estraneo agli habitat della regione non è in discussione ma è inaccettabile che si utilizzino metodi violenti quando esistono metodi dolci più efficaci».«Le nutrie oggi possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il gas da alcuni soggetti autorizzati - continua il testo -. La scelta di utilizzare tali metodi evidenzia una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili per tutti gli animali: il diritto alla vita ed alla libertà». Il percorso terminerà presso la sede del Consiglio Regionale in piazza Oberdan passando per via Cassa di Risparmio, il canale di Ponterosso e via XXX Ottobre. Gli organizzatori chiedono di fermare l'uccisione dei «simpatici castorini» per quattro ragioni. La prima è di ordine biologico: «Con l'abbattimento si osserva l'aumento del tasso di nascite e la tendenza dei maschi non leader delle colonie rimanenti ad uscire dal territorio in cui sono nati e ricolonizzare i territori nei quali le nutrie sono state prelevate ed uccise». La seconda è di natura legale: «Nel 2016 le nutrie hanno perso le tutele previste per la fauna selvatica, tuttavia il legislatore nazionale ha garantito loro un ultimo diritto: quello che l'eradicazione sia svolta prioritariamente senza violenza. Denunciamo pertanto un eccesso dell'esercizio di potere della Giunta regionale». Secondo gli animalisti il piano di abbattimento delle nutrie è inoltre contraddittorio, in quanto si baserebbe su un parere dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che, nonostante le formali richieste, le associazioni non sono riuscite a ottenere. Per finire, ci sarebbe anche un problema «democratico»: 627 corregionali avrebbero già presentato una petizione popolare per chiedere l'eradicamento non violento delle nutrie.

(l.gor.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 marzo 2018

 

 

«Welfare, dati allarmanti e organici carenti» - L'sos di Sinistra per Trieste e Legambiente: «Più richieste di assistenza ma ci sono pochi operatori»
«Richieste di assistenza ai servizi sociali quasi raddoppiate - da 7 a 15 a settimana - nei Comuni di Muggia e San Dorligo; 5 mila utenti assistiti dai servizi sociali del Comune di Trieste, a cui vanno sommati gli 8 mila che percepiscono un'indennità di disoccupazione e un rapporto 1/300 tra operatori e utenti, cioè un assistente sociale ogni 300 casi». Sono i preoccupanti numeri, diffusi ieri da Legambiente e Sinistra per Trieste, di quella che definiscono «la situazione drammatica del welfare nella nostra provincia». Da qui, la richiesta di un tavolo tra tutti i soggetti coinvolti e l'istituzione, anche a Trieste, di un Forum sulle diseguaglianze che possa proporre soluzioni adeguate per ridurle.«Dal nostro punto di vista - ha spiegato Marino Sossi durante la conferenza stampa indetta in seguito «agli allarmanti dati resi noti dalla Cgil Funzione pubblica» - c'è un problema nel sistema di gestione del welfare. Un solo assistente sociale non è in grado di seguire 2-300 casi, né può verificare le condizioni di effettiva sussistenza dello strumento. La prima risposta a nostro avviso dev'essere perciò una copertura della dotazione dell'organico e per questo l'amministrazione comunale dovrebbe richiedere una deroga alla Regione per procedere a nuove assunzioni».«Si tratta - ha aggiunto Giorgio Vesnaver - di un problema politico: o si attua subito un rilancio del welfare o la situazione è destinata a precipitare». Sossi denuncia i ritardi nel versamento delle misure di integrazione al reddito. «Da gennaio si è passati a prevederne l'erogazione appena per fine marzo: è impensabile che chi dichiara un Isee di mille euro l'anno o percepisce una pensione minima possa attendere tutto questo tempo. A ciò si aggiunge il distacco delle utenze per morosità a molte di queste famiglie. A nostro parere - continua Sossi - ci dovrebbe essere prima un interfacciamento tra aziende e servizi sociali; auspichiamo quindi una riunione straordinaria tra i soggetti politici, amministrativi, istituzionali e le società che erogano i servizi primari per individuare le misure atte a contrastare un'emergenza sociale che coinvolge in particolare gli anziani».«Legambiente - ha proseguito il presidente, Andrea Wehrenfennig - è tra i promotori del forum nazionale "Disuguaglianze diversità", sulla cui scia promuoveremo pure a livello locale una serie di iniziative a cui inviteremo tutti i soggetti interessati, iniziando da associazioni e istituzioni. L'obiettivo è trovare possibili soluzioni e attivarci presso le amministrazioni pubbliche per attuarle». Stefano Borini del distretto Lega est Spi Cgil ha evidenziato infine le notevoli opportunità di lavoro offerte dal settore. «Ma non basta - ha concluso - stanziare 18 milioni per ristrutturare il quadrilatero di Melara: il rischio, se non si interviene al più presto, è che si lasci un'intera fascia della popolazione completamente sola».

(g.ter.)

 

 

Trieste Airport, ok alla privatizzazione - Via libera del governo. Marano: «Sì a un socio industriale. Pronti a cedere il 45%»
La linea veloce con Venezia resta lontana ma Gentile (Rfi) garantisce: «Si farà»
RONCHI DEI LEGIONARI - Non manca più niente al Trieste Airport. Da ieri collegato alla rete ferroviaria, è diventato un polo intermodale completo aereo-gomma-ferrovia, anticipando pure «gli obiettivi Ue sull'integrazione multimodale del 2050» come sottolinea l'eurodeputata Isabella De Monte della Commissione trasporti Ue nonché relatrice ombra dei dossier sugli slot aeroportuali. In realtà manca ancora qualcosa: l'incremento di voli e passeggeri che da ieri possono servirsi di una passerella di oltre 400 metri per spostarsi dalla nuova stazione ferroviaria all'aeroporto. «Per questo decollo che è decisivo lo scalo deve trovare un partner strategico»: ribadisce il presidente della società Aeroporto del Fvg, Antonio Marano. Il valore dell'aeroporto regionale, stimato in 70 milioni per il totale delle azioni detenute al 100% dalla Regione Fvg, costituirà la base di gara per la cessione del 45% della società che prevede inoltre l'opzione per la cessione di un ulteriore 10%. Il via libera per la gara era atteso da un momento all'altro e ieri in serata, a sorpresa, è arrivata la notizia da Roma, confermata dallo stesso Marano. «Nel tardo pomeriggio abbiamo ricevuto l'autorizzazione dal ministero dei Trasporti che ha raccolto il parere favorevole dell'Enac, del ministero dell'Economia e delle Finanze. È il passaggio finale, basta solo la ratifica della giunta regionale».Il presidente ha anche tracciato l'identikit del possibile partner: «Abbiamo posto precise condizioni per la gara che è innovativa: dovrà essere un socio industriale con un bagaglio di 10 milioni di passeggeri. Sono esclusi piccoli investitori o fondi speculativi. É previsto un primo ingresso con una quota del 45% e poi, dopo tre anni se si verificheranno determinate condizioni, potrà esercitare un'opzione su un ulteriore 10%. Toccherà al nuovo socio far decollare voli e passeggeri». Una partita tutta ancora da giocare per Trieste Airport e che mette in secondo piano le schermaglie con Alitalia sul secondo volo cancellato per Roma e la delusione per la sospensione del volo su Genova: «Alla fine il numero dei voli non cambia. Su Genova non avevamo grandi aspettative - spiega il presidente -. Il 90% del traffico lo fanno per ora Alitalia, Lufthansa e Ryanair». Marano non si anima nemmeno quando Carlo Nardello, capo staff dei Commissari straordinari di Alitalia, dopo aver parlato di quanto Alitalia ha investito «per sviluppare i collegamenti verso le principali destinazioni italiane ed europee» aggiunge che si «potrebbe lavorare per sfruttare meglio il collegamento con Milano Linate» e che «saranno presto presentate proposte». Solo un nuovo socio infatti potrà «dare senso» a tutti gli sforzi fatti sinora: «Ho ereditato un'azienda fallita - ricorda - il primo passo era risanare i conti e ci siamo riusciti. Abbiamo raggiunto i 2,8 milioni di utile netto e un Ebitda di oltre 5 milioni. Il secondo passo era il rinnovamento infrastrutturale, abbiamo investito 40 milioni di cui 12 solo per il polo intermodale. Ora tocca al terzo e ultimo passo: alleanze e privatizzazione». Sul mercato Trieste Airport porta come bagaglio anche la crescita raggiunta dalla gestione Antonio Marano-Marco Consalvo, il direttore della struttura . «Negli ultimi anni il trend è in crescita - dice quest'ultimo - dai 720mila passeggeri di fine 2015 prevediamo di raggiungere quota 840 mila nel 2018 e il milione di passeggeri nel 2019». Chissà se il nuovo polo intermodale e le Ferrovie faranno la loro parte. «Abbiamo un progetto di potenziamento di collegamento veloce Trieste-Venezia con un investimento da un miliardo e 800 milioni di euro» conferma l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile. Un progetto annunciato più volte dalle Ferrovie ma che finora non è mai partito e che condanna chi deve raggiungere Venezia, vera porta ferroviaria d'Italia, a sobbarcarsi un viaggio di quasi due ore. «Un nodo di servizi competitivo, bello anche nell'aspetto, la fotografia della nostra legislatura» il commento della governatrice (ora parlamentare Pd) Debora Serracchiani stupita dalla marea di gente intervenuta all'inaugurazione, giunta regionale compresa al completo. Quasi una festa finale del governo del Fvg. «Il polo intermodale di Trieste Airport - sottolinea ancora Serracchiani - è il simbolo più adeguato a rappresentare lo spirito con cui abbiamo affrontato le sfide nella nostra regione: con pragmatismo, obiettivi chiari e senza perdere tempo perché ne avevamo tanto da recuperare».

Giulio Garau

 

Serracchiani: ora parte lo sviluppo - La scommessa contro il tempo per portare a termine i lavori - Programmata la fermata di una settantina di treni al giorno
RONCHI - A distanza di quasi 30 anni da quando il bollettino ufficiale della Regione lo inserì, per la prima volta, nel piano integrato dei trasporti, il polo intermodale di Ronchi dei Legionari è diventato realtà. Un'opera che integra su una stessa area (54mila metri quadrati) i diversi sistemi di trasporto: bus, di linea e low cost, treno, automobile, aereo, ma, presto, anche bicicletta. La vera vita della neonata struttura è iniziata all'alba di ieri mattina quando, sotto una tormenta di neve, alle 5.43 precise, è arrivato alla stazione del Trieste Airport-Ronchi dei Legionari, il primo treno regionale proveniente da Trieste. A bordo, attesi dal sindaco, Livio Vecchiet, i primi tre passeggeri. Poco prima di mezzogiorno la presidente della giunta regionale, Debora Serracchiani, è scesa invece dal primo Frecciarossa proveniente da Venezia. Una vera e propria rivoluzione che, come ha sottolineato l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, dovrà far ripensare a quelle che sono le attuali fermate dei convogli veloci, ottimizzando le soste a Monfalcone e Cervignano che, su alcune tratte, potrebbero sparire. Sono 70 i convogli giornalieri che a pieno regime partiranno nelle due direzioni dalla stazione, la quale, grazie alla banchina lunga 400 metri, può essere raggiunta anche dai treni ad alta velocità. Un elemento, questo, fortemente strategico in chiave turistica per Trieste Airport in attesa ovviamente che si realizzi il collegamento rapido promesso da Trenitalia con Venezia. Programmata la fermata di 54 treni regionali sulle linee Udine-Trieste (via Cervignano) e Trieste-Venezia oltre a due Frecciarossa su Milano, un Frecciargento su Roma e due Intercity. Una scommessa contro il tempo, quella lanciata nel gennaio 2017, quando venne posata la prima pietra. Da allora la Ici Coop, capofila di un raggruppamento d'imprese che si è aggiudicata l'appalto, ha lavorato sodo per centrare l'obiettivo. Sempre sotto gli occhi vigili del responsabile dell'ufficio di piano, ingegner Stellio Vatta, del coordinatore della sicurezza, geometra Antonio Fiore ed del direttore dei lavori, Ermanno Simonati. Il corpo centrale della nuova infrastruttura, oltre che dalla stazione ferroviaria, è costituito dalla passerella lunga 425 metri per 7 di larghezza, che si erge a 6 metri di altezza dalla strada statale 14. Essa si sviluppa lungo tutta l'area del polo intermodale, collegando la stazione ferroviaria e l'aeroporto con il parcheggio per le automobili e gli stalli di sosta dei pullman. Per agevolare il flusso e la mobilità dei viaggiatori sono funzionanti lungo il percorso scale mobili e tapis roulant. Potenziate e totalmente innovate anche le aree destinate a parcheggio, con un multipiano da 500 posti e uno spazio a raso per altre 1000 autovetture: il tutto inserito in una nuova viabilità. Un progetto, come è stato ricordato dalla presidente della Regione Debora Serracchiani nel corso della cerimonia, pensato tre decenni fa ma che solo in questi ultimi anni ha ricevuto una decisiva accelerazione amministrativa e politica. «Dopo anni grigi in cui ha galleggiato alla deriva, l'aeroporto smette di essere una voce in perdita sul bilancio della Regione, e si prepara a un grande rilancio», ha detto Debora Serracchiani. L'eurodeputato, Isabella De Monte, ha sottolineato come il Trieste Airport anticipa i già ambiziosi obiettivi europei sull'integrazione multimodale degli spostamenti per il 2050.

Luca Perrinow

 

«Una sfida lanciata allo scalo di Lubiana» Un polo per Slovenia, Istria e Carinzia - reazioni
Una struttura strategica non solo per il Fvg, ma anche per il litorale sloveno, l'Istria Croata e la vicina Carinzia. A testimoniarlo le incredibili presenze di operatori giunti da ogni dove ieri a Ronchi, pure da Slovenia, Croazia e Carinzia. A cominciare dal sindaco di Capodistria Boris Popovic presente ieri alla festa. «Ronchi è di fatto lo scalo principale per una significativa parte di territorio sloveno in quanto più vicino e più facile da raggiungere dell'aeroporto di Lubiana, specialmente nella stagione invernale a causa delle condizioni metereologiche. Questo per ragioni di praticità, è il nostro aeroporto naturale. Anche perché lo scalo di Portorose, che è quello a noi più vicino, è adeguato esclusivamente all'atterraggio di aerei di dimensioni ridotte». Lo stesso aeroporto di Lubiana stenta a decollare, il numero di passeggeri ha superato di poco il milione e 400mila persone e Trieste Airport è ormai vicino alla quota di 1 milione. Ma la stessa sensazione la vivono anche i carinziani. A confermarlo il vicedirettore della Kleine Zeitung, Adolf Winkler, presente tra gli invitati. «L'aeroporto di Klagenfurt ha un traffico di passeggeri che è un quarto di quello di Trieste - conferma - poco più di 200mila persone contro le 7-800mila del Friuli Venezia Giulia. Da Klagenfurt si può raggiungere solo Vienna e qualche destinazione estiva con i voli charter. Ma per avere collegamenti con il Sud dell'Italia e il Sud dell'Europa c'è solo Trieste, anche per noi è il nostro aeroporto naturale».

 

 

Foreste marine da ripristinare pure a Miramare - Dai fondali stanno scomparendo le alghe brune (Cystoseira), indispensabili al sistema
Quando si parla di deforestazione selvaggia il pensiero corre subito all'Amazzonia, ma le foreste pluviali non sono le uniche che rischiano di scomparire. Sul fondo del Mare Nostrum stanno rapidamente scomparendo le foreste marine di Cystoseira, un genere di alghe brune che si trova principalmente nelle acque temperate dell'emisfero nord, nel Mar Mediterraneo e nell'oceano Pacifico e Indiano. Queste alghe, che possono raggiungere l'altezza di un metro e mezzo, svolgono la stessa funzione degli alberi di una foresta tropicale: producono ossigeno tramite la fotosintesi e rappresentano un habitat per altri organismi vegetali e animali, come i pesci che ci depongono le uova. Una loro scomparsa innescherebbe una serie di effetti a catena che finirebbero col riflettersi negativamente anche sulle attività economiche, dalla pesca al turismo. Per invertire questa tendenza è partito in questi giorni il progetto Rocpop Life, che ha come obiettivo quello di rimboschire, con una tecnica innovativa, le foreste marine di Cystoseira all'interno delle Aree marine protette di Cinque Terre e Miramare, dove quest'alga era presente in passato. «Già nel 2000 abbiamo notato che le foreste marine stavano scomparendo dal nostro mare - spiega Annalisa Falace, coordinatrice del progetto e ricercatrice dell'ateneo giuliano -. Quando il tema è diventato rilevante per la Comunità europea, che ha deciso di proteggere queste foreste, nel Golfo di Trieste non c'era già più Cystoseira». A causarne la scomparsa sono principalmente gli impatti antropici: la costruzione di porticcioli, la movimentazione degli scogli, gli sversamenti urbani, gli erbicidi e inquinanti chimici di diversa natura portati a mare attraverso i fiumi. A questo si sommano gli impatti dei cambiamenti climatici. La Cystoseira, spiega Falace, ha delle spore abbastanza pesanti che cadono vicino alla pianta madre, perciò non è possibile pensare a un ripopolamento spontaneo: serve l'intervento umano. «Così come lottiamo per preservare le foreste terrestri, dovremmo lottare per preservare le foreste marine, che svolgono funzioni analoghe sott'acqua», spiega l'algologa. Falace insieme all'assegnista di ricerca Sara Kaleb e a un gruppo di ricercatrici dell'Università di Genova, ha messo a punto un sistema innovativo per lavorare al ripopolamento delle foreste marine di Cystoseira: «Anziché espiantare e ritrapiantare la Cystoseira nei luoghi in cui è scomparsa, abbiamo messo a punto una tecnica di coltura che consente di ottenere nuove "plantule" da piccoli pezzetti di Cystoseira in riproduzione. Così non si danneggia la popolazione donatrice», spiega Falace. Le cinque ricercatrici si sono calate nei panni di "contadini del mare": da un singolo apice di Cystoseira riescono a produrre moltissime plantule. «Le portiamo in laboratorio e le coltiviamo secondo i protocolli messi a punto con l'Università di Genova - racconta -: facciamo crescere le piantine su dischetti ecosostenibili e biodegradabili che questa primavera andremo a inserire in mare per aiutare queste "alghe buone" a ripopolare il Mediterraneo». L'esperimento pilota verrà portato avanti nelle Cinque Terre e a Miramare. «Si agisce sulle aree marine protette perché tutti gli elementi di controllo messi in campo a livello gestionale sono la migliore garanzia per ottenere il risultato atteso - spiega Saul Ciriaco, della Riserva Marina di Miramare -. In questo modo assicureremo un monitoraggio costante sulla crescita delle nuove foreste marine».

Giulia Basso

 

 

 

 

eHABITAT.it - LUNEDI', 19 marzo 2018

 

 

Riscaldamento globale: l’obiettivo 1,5° C rischia di essere rapidamente fuori portata

Il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) ha rilasciato in questi giorni una bozza del sommario dello Special Report on Global Warming of 1,5°C (la relazione finale sarà resa disponibile a ottobre di quest’anno), in cui si evidenzia come la probabilità di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C rischia di diventare rapidamente al di fuori della nostra portata.
Per gli scienziati, la tendenza verso il riscaldamento globale è chiara
Il 2017 è stato, ancora una volta, uno degli anni più caldi mai registrati. Secondo le dichiarazioni rilasciate dalla NASA in una recente conferenza stampa, sarebbe il secondo più caldo di sempre dopo il 2016, seguito a ruota dal 2015. Ciò significa che i tre anni più caldi, da quando sono iniziate le misurazioni nel 1880, sono gli ultimi tre. Tali risultati confermerebbero, per la NASA, la tendenza al riscaldamento globale a lungo termine del nostro Pianeta. Tendenza causata principalmente dall’attività umana, attraverso l’emissione in atmosfera dei gas serra.

Nonostante il 2017 sia stato leggermente più fresco rispetto al 2016, per gli scienziati della NASA la tendenza verso il riscaldamento globale non potrebbe essere più chiara: i sei anni più caldi di sempre si sono verificati fra il 2010 e il 2017, mentre i 18 più caldi sono stati tutti registrati dopo il 2001.
E non è finita qui. Nel 2017 il riscaldamento globale ha contribuito al rapido scioglimento delle calotte polari, sia nell’Artico che nell’Antartico.

L’Antartide, in particolare, ha raggiunto il suo minimo storico, con una copertura di ghiaccio di quasi 400.000 km2 in meno (più della superficie dell’Italia intera) rispetto al precedente record negativo, registrato nel 1986. Nell’Artico invece la copertura dei ghiacci è stata superiore soltanto a quella del 2016.
Il Dr. Walt Meier del NASA Goddard Space Flight Center spiega in un video, pubblicato in copertina, come il ghiaccio marino abbia subito dei cambiamenti fondamentali dal 1979 (anno in cui sono iniziate le misurazioni satellitari) ad oggi. «Il ghiaccio artico non si è ridotto soltanto in termini di superficie negli ultimi anni, ma sta diventando sempre più giovane e sottile».

L’impatto del riscaldamento globale è già evidente
Secondo il sommario dell’IPCC e i dati della NASA, il clima ha già subito un riscaldamento globale medio di almeno 1°C rispetto alla precedente era preindustriale. Questo fa sì che siamo già oltre la metà rispetto all’ambizioso obiettivo fissato nell’accordo sul clima di Parigi del 2016 di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Secondo gli scienziati, continuando al ritmo attuale si giungerà ad un aumento medio della temperatura di +1,5°C intorno al 2040 (e in alcuni Paesi, fra i quali l’Italia, quasi certamente prima).
Le conseguenze del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici stanno tuttavia già impattando sugli ecosistemi e sulle popolazioni: dall’aumento degli eventi meteorologici estremi allo scioglimento dei ghiacci (con conseguente progressivo innalzamento del livello del mare), dal rischio siccità alla riduzione della resa dei raccolti, fino ad arrivare all’estinzione di numerose specie animali. Fenomeni già in atto, che tenderanno ad estremizzarsi e diventare sempre più catastrofici se non riusciremo a contenere il riscaldamento globale medio entro 1,5°C. E che avranno effetti ancora più acuti sulle popolazioni più povere, sempre più minacciate da carestie, fame, e conseguente incremento dei conflitti e delle migrazioni.
Fame, carestie, conflitti e migrazioni sono fra gli effetti del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.
Contro il riscaldamento globale urgono azioni ampie e immediate
Per poter contenere il riscaldamento globale medio entro 1,5°C, dovrebbero essere attuati tagli ben più rapidi e profondi alle emissioni di gas serra rispetto a quelli realizzati finora, a partire da subito e coinvolgendo tutti i settori. Più i tagli delle emissioni sono in ritardo, infatti, più ampia sarà la quota di CO2 da rimuovere dall’atmosfera e più difficile sarà quindi raggiungere l’obiettivo prefissato.
La pubblicazione del sommario dell’IPCC lancia pertanto un vero e proprio allarme, rivolto ai decisori politici e a tutti noi: poiché le emissioni di gas serra mondiali non diminuiscono adeguatamente (nel 2017 sono addirittura aumentate) e i livelli auspicati di rimozione della CO2 dall’atmosfera sembrano essere difficilmente realizzabili, c’è a questo punto un’alta probabilità che il mantenimento del riscaldamento globale medio entro la soglia di +1,5°C diventi rapidamente impraticabile.
Questo significa che potrebbe non essere sufficiente lavorare per ridurre i cambiamenti climatici, e che bisognerà iniziare a pensare – in fretta – a come i nostri sistemi sociali, agricoli e produttivi possano adattarsi per convivere con essi. Una sfida epocale, a cui dovremo rispondere e della quale non potremo dire di non essere stati avvertiti.
Alessandra Varotto

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 marzo 2018

 

 

Due italiani su tre comprano bio - Le vendite di questi prodotti sono cresciute del 10,3% nei primi sei mesi dell'anno
ROMA - Una rete di laboratori a cielo aperto in tutta Italia per produrre frutta e verdura biologica sempre più amici dell'ambiente, ma anche del portafoglio, per fare in modo di abbassare i costi di produzione e quindi nello scaffale per il consumatore finale. La ricerca scommette così sull'agricoltura bio, con un percorso al passo con i tempi confermato dagli ultimi dati. Grazie all'accresciuta coscienza ecologica e al cambiamento degli stili di vita e dei consumi, secondo Federbio nel 2017 il 78% degli italiani ha acquistato almeno un prodotto biologico, contro il 53% del 2012. Un mercato in continua crescita, basti pensare che le vendite dei prodotti biologici sono aumentate del 10,3% nei primi sei mesi del 2017, a conferma del +13,4% registrato nei 12 mesi precedenti. E come altri settori, anche per il biologico la crescita deve essere supportata dall'innovazione di cui le aziende agricole sentono particolarmente bisogno. I laboratori, dispositivi sperimentali di lungo termine (Lte), sono sette e fanno parte del progetto Retibio finanziato dal Ministero delle Politiche agricole e coordinato dal Crea. Si tratta di appezzamenti controllati dove i ricercatori condurranno in piena sicurezza esperimenti per testare innovazioni e buone pratiche di processo e di prodotto in agricoltura biologica. Si va dai concimi organici, a frutti in grado di garantire una vita più lunga nello scaffale, dal brevetto di un nuovo attrezzo agricolo a nuovi sistemi di rotazione delle colture orticole, dalle tecniche di gestione dei seminativi biologici in grado di sequestrare il carbonio atmosferico a quelle più efficienti sul fronte della biodiversità e dell'impatto ambientale. Federbio e Cepas, l'Istituto leader nella certificazione delle professionalità e competenze, hanno siglato un'intesa per creare un percorso di formazione per ispettori e consulenti impegnati ad attestare l'affidabilità del settore in forte crescita. Federbio ricorda che sono 178 i Paesi dove si pratica l'agricoltura biologica, 87 dei quali con una specifica normativa nazionale, 57,8 milioni di ettari, 11 milioni nel 1999 di cui 1,8 milioni in Italia, che pesano per l'1,2% della superficie agricola mondiale.

 

 

Conferenza - Giornata dell'acqua agli Incanti

L'Ogs promuove una serie di iniziative per la Giornata dell'Acqua. Oggi alle 18 al Salone degli Incanti incontro "Nature for Water: alluvioni, desertificazione, inquinamento: la risposta è nella natura", a ingresso libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 marzo 2018

 

 

In treno al Trieste Airport: al via il polo intermodale - Domani l'inaugurazione a Ronchi con la presidente Serracchiani e i vertici di Rfi

Un'opera costata 17,2 milioni di euro: dai tappeti mobili alla grande passerella
TRIESTE - Da domani, con l'arrivo alle 5 di mattina del primo treno, parte il polo intermodale dei trasporti del Trieste Airport. L'inaugurazione inizierà (alle 11.45) pochi minuti dopo l'arrivo del Frecciarossa proveniente da Venezia. Un evento che l'aeroporto regionale attende dal 23 gennaio del 2017 quando venne posta la prima pietra del cantiere. Alla cerimonia parteciperanno accanto ai vertici dello scalo (il presidente della società di gestione, Antonio Marano e il direttore generale Marco Consalvo) la presidente della giunta regionale, Debora Serracchiani, l'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, il direttore centrale dell'Enac, Roberto Vergari, il Chief of staff of commissioners di Alitalia, Carlo Nardello. Uno dei 70 convogli che, ogni giorno, viaggeranno nelle due direzioni. Da domani cambierà molto per lo scalo aereo del Friuli Venezia Giulia, l'unico aeroporto italiano inserito in un sistema integrato di diversi mezzi di trasporto. Nel "pacchetto" c'è anche un sistema di poste ciclabili, la cui progettazione ed esecuzione, per un totale di 500mila euro è stata affidata all'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari. Tutto comincia nel lontano 1988 quando il polo intermodale di Ronchi dei Legionari viene inserito nel piano regionale dei trasporti. Trascorrono 30 anni ma solo nel gennaio del 2017 partono i lavori veri e propri nell'area di 20mila metri quadrati compresa tra l'aeroporto e la linea ferroviaria Trieste-Venezia. In questi mesi si è lavorato alacremente e si continuerà a lavorare sino alla vigila dell'inaugurazione, sotto la supervisione del direttore di cantiere, ingegner Ermanno Simonati e dal direttore dell'ufficio di piano, ingegner Stellio Vatta. Il polo intermodale è stato realizzato con finanziamenti che derivano da fonti comunitarie, regionali e in autofinanziamento dalla società di gestione. Il progetto ha compreso una nuova fermata ferroviaria, conforme alla specifiche tecniche per l'interoperabilità ferroviaria concernenti persone a ridotta mobilità, una nuova autostazione, con 16 stalli in linea per i bus, con una superficie pedonale di 2800 metri quadrati ed una sala d'aspetto climatizzata, un parcheggio multipiano con una capacità di 500 posti auto, un parcheggio a raso, della capacità complessiva di 1000 posti auto, di cui 320 dedicati agli utenti con abbonamento del trasporto pubblico locale e ferroviario, a tariffa agevolata, ma anche un collegamento pedonale tra l'aerostazione e le strutture del polo con passerella sopraelevata, lunga 425 metri, accessibile con ascensori, scale mobili e scale di sicurezza, con tappeti mobili per facilitare la percorrenza. L'opera è stata suddivisa in due lotti funzionali. Il primo ha compreso la realizzazione della fermata ferroviaria, dell'autostazione e del parcheggio multipiano, della passerella pedonale di collegamento limitata allo scavalco della statale 14 e quindi al collegamento tra l'autostazione e l'aeroporto ed alla parte a scavalco della ferrovia. Il secondo ha compreso il completamento della passerella pedonale, compresi i tappeti mobili, scale mobili e ascensori, l'attuazione dell'anello interno di distribuzione del traffico unitamente all'asfaltatura della viabilità interna ai parcheggi e al completamento della pavimentazione in conglomerato drenante degli stalli di sosta. Costo complessivo dell'opera 17,2 milioni di euro, coperto con finanziamenti pubblici e privati, secondo le regole dei fondi comunitari (14,2 milioni di euro da finanziamento pubblico, 3 milioni di euro da co-finanziamento privato).

Luca Perrino

 

 

Il consiglio comunale sui rifiuti di Muggia in diretta sul web - La seduta di domani sera verrà trasmessa in streaming - Record di interrogazioni: quindici nel question time
MUGGIA - Niente teatro Verdi ma una diretta streaming. È questa la strategia adottata dal sindaco di Muggia, Laura Marzi, che ha convocato il tanto atteso Consiglio straordinario sul tema dei rifiuti per domani. La riunione dell'assemblea si terrà alle 19 nell'aula consigliare del municipio e non, come auspicato, in un luogo più capiente (in passato era già stato utilizzato il Teatro comunale Verdi, ndr), ma sarà trasmessa per la prima volta in diretta web sul canale YouTube del Comune di Muggia. Streaming «Si comunica che a partire da lunedì 19 marzo 2018 le sedute del Consiglio comunale saranno trasmesse in diretta streaming»: con un sintetico annuncio postato sul proprio profilo Facebook il Comune di Muggia ha deciso di garantire una più ampia diffusione dell'operato del Consiglio comunale. I lavori dell'assemblea saranno dunque visibili da muggesani (e non) tramite il personal computer, accedendo gratuitamente sul canale YouTube del Comune rivierasco. Grande la soddisfazione da parte del capogruppo del Movimento 5 Stelle Emanuele Romano che, appoggiato da Roberta Vlahov (Ocpm) e Roberta Tarlao (Meio Muja), per anni ha dato battaglia per far sì che le sedute vengano registrate e poi trasmesse sul web: «È un grande risultato per la democrazia poter assistere tramite il web alla massima espressione del lavoro istituzionale dell'amministrazione comunale, bene così» ha detto. Rifiuti Il Consiglio comunale straordinario di domani si preannuncia molto, molto "caldo". La richiesta di riunire l'assemblea consiliare era stata espressamente formulata dai sei partiti di opposizione - Forza Muggia, Lega Nord, Fratelli d'Italia, Movimento 5 Stelle, Obiettivo comune per Muggia e Meio Muja - i quali avevano chiesto di potersi riunire e discutere del tema più controverso dell'era Marzi: il sistema di raccolta differenziata "porta a porta" dei rifiuti. Complessivamente nella question time sono state inserite qualcosa come 15 interrogazioni: probabilmente un record per Muggia. A partire dalle 21, invece, verranno affrontate quattro mozioni, inerenti sempre lo stessa tema. Intanto la consigliera comunale Roberta Tarlao ha svelato sul proprio profilo Facebook il costo del ritardo del "porta a porta" spinto: «Durante la riunione della seconda commissione ho chiesto quanto sia costata la proroga di un mese del sistema misto (ossia il porta a porta abbinato ai cassonetti stradali, ndr), mantenendo quindi i cassonetti per la raccolta stradale dei rifiuti. La risposta? 60 mila euro, che il Comune pagherà a Net che a sua volta pagherà a Italspurghi». Domani il tema della raccolta di rifiuti verrà affrontato attraverso molti documenti. Tra i più "scottanti", la mozione presentata da Giulio Ferluga (Ln) su "la sospensione del sistema raccolta rifiuti, il cui avvio era previsto in data primo marzo 2018, salvo poi essere posticipato di un mese" e un'altra mozione sulla "sostituzione del sistema raccolta differenziata porta a porta "spinto" con sistema "misto" presentata dai sei consiglieri dei tre partiti del centrodestra muggesano.

Riccardo Tosques

 

Pacchi di marijuana "pescati" dalla polizia nel porto di Ragusa - Gettati da qualche natante di trafficanti, spinti dallo scirocco assieme a tonnellate di immondizie in arrivo dall'Albania
RAGUSA (DUBROVNIK) - Pacchi contenenti marijuana galleggiavano ieri mattina nelle acque del porto di Ragusa, in Dalmazia. Subito allertata la polizia locale, una motovedetta della Questura ha pattugliato per ore il braccio di mare e gli agenti hanno raccolto i pacchi, attenti a impedire che la droga eventualmente non recuperata finisse in mani sbagliate.«Le nostre forze dell'ordine hanno controllato sia le acque portuali, sia una vasta area nei dintorni della città - ha fatto sapere la portavoce della Questura, Andrijana Biskup - riteniamo di essere riusciti a recuperare tutti i contenitori di marijuana». Stando alla polizia, il carico di droga è stato quasi certamente lanciato in mare dall'equipaggio di qualche motoscafo che trasportava stupefacente fra il Montenegro e l'Italia. È probabile che per sfuggire a un controllo i trafficanti si siano liberati della marijuana - la polizia di Ragusa non ne ha specificato il quantitativo - gettandola in mare. Il forte vento di scirocco degli ultimi giorni e il moto ondoso hanno fatto il resto, facendo "risalire" il carico fino a Ragusa. Non è la prima volta che la droga viene recuperata nelle acque della Dalmazia meridionale. La marijuana in questo caso è andata ad aggiungersi alle tonnellate di rifiuti che in questi giorni stanno arrivando a Ragusa e dintorni dall'Albania. Un problema ormai pluriennale, che sorge puntualmente quando soffia il vento da sud-est. A quel punto sacchetti e bottiglie di plastica, rami, tronchi, carcasse di animali e altra immondizia si abbattono su chilometri di spiagge, porticcioli e segmenti costieri, dando vita a uno spettacolo desolante. Su tanta spazzatura appaiono scritte in albanese, che tradiscono l'origine di un problema che nemmeno gli incontri ai massimi livelli tra Croazia e Albania riescono a risolvere. Poche settimane fa durante un vertice a Zagabria fra i due capi di Stato, la presidente croata Kolinda Grabar Kitarovic aveva esortato l'omologo Ilir Meta a prendere provvedimenti, annotando che il mare Adriatico è un patrimonio comune da tutelare. L altro giorno a Tirana si è tenuto invece l'incontro fra la ministra croata degli Esteri Marija Pejcinovic Buric e il capo della diplomazia albanese Ditmir Bushati e anche in questa occasione l'accento è stato posto sulla questione dei rifiuti che a tonnellate arrivano dall'Albania inquinando e lordando non solo - ovviamente - le acque di Ragusa, ma anche quelle delle isole di Giuppana, Calamotta, Curzola, Meleda, Lagosta, Lissa e Solta, della penisola di Sabbioncello e più a settentrione quelle dell'Isola lunga. La scottante questione è stata portata all'attenzione del Parlamento europeo dall'eurodeputata croata ed ex sindaca di Ragusa, Dubravka Suica, ma senza esiti concreti. Ieri intanto sui social sono state diffuse le foto della spazzatura che ha invaso una tra le più belle spiagge dell'Adriatico, quella di Sakarun, che ciclicamente viene imbrattata dai rifiuti. A essere sommersa dalle immondizie è stata la località di Trastenizza (Trstenik), nella penisola di Sabbioncello.

Andrea Marsanich

 

Quei traghetti troppo rumorosi che disturbano il sonno - LA LETTERA DEL GIORNO di Giampaolo Bressan
La presenza dei traghetti Ro-Ro è certamente una fortuna per il porto, ben vengano incrementi del volume delle merci trasportate. Ma con gli anni le navi sono diventate sempre più grandi, ora parliamo di bestioni di oltre 200 metri, le operazioni di sbarco ed imbarco avvengono h24, gli addetti del porto lavorano velocissimi e senza arrecare disturbo, ma altrettanto non si può dire per i potentissimi generatori diesel che alimentano continuamente questi giganti del mare illuminandoli a giorno. A seicento metri di distanza dal molo VI, con le finestre chiuse, in zona via Locchi, si sente un persistente rombo di motore che impedisce il sonno. Quante misurazione sono state fatte dall'Arpa durante la notte, ovviamente quando i traghetti sono presenti? Basta andare in Largo Irneri per trovarsi di fronte ai rumorosi fumaioli dell'ormeggio 39. Il Comandante della Capitaneria di Porto dovrebbe prendere provvedimenti, analogamente a quanto fatto nel porto di Genova, per far utilizzare da subito gli scarichi dei fumi lato mare, controllare l'inquinamento acustico al fumaiolo, a 60 metri da terra, e non solo in banchina, e controllare il tipo di gasolio utilizzato, trattandosi di navi di linea. Inutile fare limitazioni al traffico a causa dell'inquinamento quando ci sono centrali elettriche gigantesche a ridosso del centro che lanciano fumi incontrollati nell'aria. Ovviamente l'Autorità Portuale dovrà predisporre gli allacciamenti elettrici in banchina, di adeguata potenza, in modo da eliminare l'uso dei rumorosi generatori diesel inquinanti, il cosiddetto "Cold-Ironing", sistema in uso nei porti moderni e consistente nel collegare le navi con un cavo elettrico alla rete di terra. Andrebbero anche incrociati i dati d'inquinamento rilevati dalla centralina di piazza Carlo Alberto con la presenza dei traghetti al molo VI, perché è facile addossare la colpa dell'inquinamento solo alla Ferriera quando poi ci sono altri inquinatori seriali impuniti.

 

 

La giunta approva le regole degli Ecomusei - A novembre le domande per il riconoscimento che permette l'accesso ai contributi del Servizio cultura
TRIESTE - Gli enti che intendono ottenere la qualifica di Ecomuseo di interesse regionale dovranno presentare domanda di riconoscimento al Servizio cultura, tra il primo e il 30 novembre dell'anno. E solo una volta riconosciuti potranno accedere ai contributi regionali. A stabilirlo è il nuovo regolamento degli Ecomusei approvato dalla giunta del Fvg, con cui sono stati definiti i criteri e i requisiti minimi per il riconoscimento di Ecomuseo di interesse regionale e i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti dalla legge istitutiva degli Ecomusei stessi (legge regionale 10/2006). Il rispetto dei requisiti e la loro valenza ai fini del riconoscimento saranno valutati dal Servizio cultura, con il supporto dell'Ente regionale per il patrimonio culturale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Erpac) e con il parere del Comitato tecnico scientifico istituito dalla legge regionale. Per ottenere il riconoscimento l'Ecomuseo dovrà avere caratteristiche di omogeneità culturale, geografica e paesaggistica riconducibili ad una particolare identità territoriale; dovrà annoverare beni di comunità, ovvero elementi patrimoniali, materiali e immateriali, naturalistici, culturali ed ambientali di riconosciuto valore per la comunità locale. Necessario inoltre che l'Ecomuseo sia già operativo da almeno tre anni e disponga di itinerari di visita e di almeno un luogo aperto al pubblico. La giunta approverà un Programma annuale delle attività con l'elenco di tutti gli Ecomusei detentori della qualifica di interesse regionale, che sarà aggiornato di anno in anno, previa verifica della sussistenza dei requisiti.La giunta ha inoltre approvato il regolamento che prevede trasferimenti ai Consorzi di sviluppo economico locale per opere di urbanizzazione primaria. Si attua così un'ulteriore misura tra quelle più significative previste dal RilancimpresaFvg, che completa il quadro di riferimento applicativo delle varie misure di finanziamento previste dalla legge regionale che, con l'avvenuta definizione del processo di riordino del sistema dei Consorzi stessi, risulta ora sostanzialmente pienamente operativo e coordinato. Sono ammissibili all'assegnazione dei trasferimenti gli interventi di progettazione, realizzazione e manutenzione di infrastrutture di urbanizzazione primaria a fruizione collettiva, veicolare o pedonale non soggette a sfruttamento commerciale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 marzo 2018

 

 

Una giornata con Birò la mini auto elettrica che si può condividere - Prova al volante del nuovo servizio di car sharing - Sguardi incuriositi e tante richieste di informazioni
Sguardi incuriositi della gente, qualcuno si ferma e chiede come funziona, altri si affiancano per osservare i dettagli. La novità della mini auto elettrica Birò piace ai triestini, che puntano a provarla per qualche giretto in centro. La due posti è arrivata solo da pochi giorni al garage Regina di via Raffineria, dove è possibile lasciare il proprio mezzo per poi spostarsi con il veicolo ecologico, silenzioso e non inquinante. Ma come funziona Birò? Il primo passo è collegarsi al sito www.biroshare.com e compilare tutti i dati, che comprendono anche una foto della patente, il codice fiscale e altre informazioni personali, oltre alla città in cui si vuole utilizzarla, tra quelle disponibili. La registrazione costa 3 euro, alla quale va aggiunta una prima ricarica da 5 euro. L'utente riceve poi una card, con la quale l'auto si attiva posizionandola inizialmente davanti al parabrezza e poi all'interno dell'abitacolo. Una volta conclusa l'operazione basta allacciare la cintura di sicurezza, premere sull'acceleratore e via. Attenzione, però: al massimo si raggiunge la velocità di 45 km/h. Più che sufficiente per muoversi in sicurezza nelle vie trafficate del centro. L'abitacolo è piccolino, ma la visuale è totale su tutti i lati, con la possibilità di aprire il tettuccio. C'è spazio per due persone e alle spalle solo pochi centimetri per sistemare una borsetta non troppo voluminosa. Alcuni piccoli vani accanto al volante permettono di contenere altri oggetti utili, come occhiali o telefonino. Impossibile invece portare bagagli grandi, visto che il veicolo è pensato per spostamenti brevi. Birò per il momento ha attirato soprattutto l'interesse di chi frequenta il garage, ma anche di alcune strutture ricettive: «Hanno chiesto informazioni turisti, triestini e anche alcuni hotel - spiega Carlo Cataneo, gestore del garage Regina -, che volevano sapere come funziona il servizio, per proporlo ai loro clienti». Birò è sistemata in bella vista e a guardarla da vicino c'è Paolo Micoli: «Mi piace - dice - lascio qui l'auto saltuariamente e di sicuro voglio provarla. Penso sia una trovata interessante, comoda, sostenibile e intelligente. E sono convinto che il car sharing andrebbe sviluppato molto di più, perché è un sistema valido per muoversi e tutelare l'ambiente». Una volta usciti dal garage, per strada Birò attira grande curiosità e al semaforo gli scooter si affiancano e sbirciano dentro, considerando, come detto, la totale visibilità del mezzo. E se ci si ferma un attimo, ecco che le persone si avvicinano, per capire come funziona. «È particolare - dice Valentina Romano -. Forse nel traffico mi spaventerebbe un po' spostarmi su un mezzo così piccolo, ma all'interno - aggiunge provando a sedersi - è molto comoda». «È buffa - commenta Sara Colamartino -, comunque mi sembra un'idea bella e pure divertente». Fa strano l'assenza totale di rumore: Birò infatti non produce alcun suono, fatta eccezione per quello che arriva dalle frecce usate per svoltare. Dotata di cambio automatico, ha due pedali e in basso, davanti al sedile del passeggero, è presente il freno a mano. Per la sosta va cercato un parcheggio regolare: pur essendo immatricolato come ciclomotore, non è possibile utilizzare gli stalli per motorini a bordo strada, visto che occuperebbe comunque una parte della carreggiata. Ma le misure molto ridotte, due metri appena, permettono di trovare facilmente uno spazio un po' ovunque. Concluso il giro in città si ritorna con Birò in via Raffineria, dove il mezzo sarà ricaricato con la corrente elettrica attraverso un semplice filo. Dopo il primo utilizzo, la card va conservata e caricata sempre online o con pochi "clic" dal telefonino. È possibile condividerla anche con altre persone, compilando gli appositi campi sul web, per farla guidare anche ad amici o parenti. Grazie alla piattaforma online e ai sistemi Gps e Gprs integrati sul mezzo, inoltre, si può sempre controllarne l'utilizzo. L'azienda che ha ideato e che produce Birò è una giovane realtà di Pordenone, che entro la fine del 2018 punta a diffondere l'auto elettrica in 30 città, con l'obiettivo di sollecitare una mobilità sempre più sostenibile.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - VENERDI', 16 marzo 2018

 

 

Allerta alimentare: microplastica nelle bottiglie d’acqua

Una nuova allerta alimentare coinvolge le bottiglie d’acqua di diversi marchi in alcuni Paesi del mondo. Nelle confezioni sono state trovate delle microplastiche, attraverso un’indagine condotta dall’organizzazione di giornalisti indipendenti Orb Media.

Il team ha realizzato un’inchiesta in collaborazione con la Fredonia State University di New York, mettendo a punto un’analisi dettagliata di 259 bottiglie di acqua in 9 Stati del mondo. Ne è risultata una vera e propria allerta alimentare, perché gli esperti hanno rilevato la presenza di una media elevata di piccole particelle di plastica proprio nelle bottiglie. È emersa la presenza in media di 10 particelle di microplastiche per litro, con una dimensione pari o maggiore a quella di un capello. La presenza delle particelle di plastica è stata riscontrata in tutte le marche di acqua analizzate. Nello specifico l’inchiesta è stata portata avanti tenendo conto di 11 marche diverse di acqua: Evian, Nestlé Pure Life, Aquafina, Dasani, San Pellegrino, Bisleri (per l’India), Aqua (per l’Indonesia), Gerolsteiner (per la Germania), Epura (per il Messico), Wahaha (per la Cina), Minalba (per il Brasile). È stata la Fredonia State University americana a condurre gli esperimenti, all’interno del laboratorio di Sherri Mason, per verificare la presenza di microplastiche. Già in precedenza era stata messa in evidenza un’allerta alimentare in occasione delle analisi di altri cibi. Gli esperti hanno analizzato con precisione tutti i passaggi anche con l’aiuto di filmati, dall’acquisto alla consegna in laboratorio, per escludere dettagliatamente l’eventuale rischio di contaminazione. Per effettuare le analisi gli studiosi hanno utilizzato il colorante Rosso Nilo, che si lega alla plastica e la rende fluorescente quando viene sottoposta a specifiche lunghezze d’onda.

Gianluca Rini

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 marzo 2018

 

 

LO DICO AL PICCOLO - URGE UNA CAMPAGNA CONTRO L'ABBANDONO DEI RIFIUTI

Abbiamo letto sul Piccolo della fiducia dell'assessore Polli nel trovare i colpevoli dell'abbandono di rifiuti. La cosa non appare per niente facile, non essendoci di solito sui rifiuti nome e cognome dei maleducati. Per trovare almeno una parte degli inquinatori occorrerebbe posizionare molte telecamere o ricorrere alle impronte digitali, il che appare impossibile. Triestebella aveva all'inizio dell'anno scorso proposto all'amministrazione comunale una campagna di sensibilizzazione con la speranza di ridurre (non certo di eliminare) l'abbandono di rifiuti. Si trattava di far disegnare delle simpatiche vignette da diffondere con manifesti o, più economicamente, inserendole nelle bollette di acqua, luce e gas. Avevamo anche fatto disegnare a titolo di esempio da due grafici due di queste vignette e le avevamo date al Comune. Avevamo proposto anche di realizzare isole ecologiche anche per rifiuti ingombranti, non sorvegliate (molti non hanno voglia di conferire rifiuti ingombranti nei depositi sorvegliati). Ma non è successo niente. Forse ora l'amministrazione comunale, magari in accordo con AcegasApsAmga, potrebbe riprendere l'idea di una campagna di sensibilizzazione ?

Roberto BarocchiTriestebella

 

 

AGRICOLTURA BIOLOGICA

A Muggia, terzo incontro della serie dedicata ai "cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" organizzato dal Movimento decrescita felice. Nella Sala Millo di piazza della Repubblica 4, alle 17, l'agronoma cristina Micheloni parlerà di "Agricoltura biologica, agricoltura conservativa, le buone pratiche".

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 marzo 2018

 

 

Il corvo sfratta i climber da Val Rosandra - Arrampicata off-limits sulla falesia "I falchi" per non disturbare la coppia in amore. L'ordinanza attiva fino al 6 maggio
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Divieto di arrampicata sulla falesia denominata "I falchi" e di sorvolo con droni sull'area che la ospita. Il tutto fino al 6 maggio. È il provvedimento adottato d'urgenza ieri dal sindaco di San Dorligo della Valle, Sandy Klun, dopo l'avvistamento di una coppia di corvi imperiali che, a detta degli esperti, sarebbero in procinto di nidificare proprio sulla falesia "I falchi".Il corvo imperiale (Corvus corax) è il più grande passeriforme e corvo europeo: le ali superano 1,3 metri in larghezza e dal becco alla coda può raggiungere la lunghezza di 70 centimetri. Può sfiorare il peso di 1,4 kg. Il piumaggio e il becco, che è molto robusto, sono neri, mentre la coda è cuneiforme e la gola irsuta. Il suo piumaggio è molto liscio, ma le piume del collo si possono drizzare in particolari situazioni. Il corvo imperiale è capace di esibirsi in volo in maniera molto elegante, seguendo una traiettoria quasi rettilinea. I maschi, durante il periodo degli amori, sostengono lotte che possono essere anche molto furiose per il possesso delle compagne. Si tratta dunque di un uccello molto bello e piuttosto raro. Per queste ragioni, l'amministrazione di San Dorligo della Valle è subito corsa ai ripari per tutelare la presenza di questa coppia, emanando un provvedimento destinato a preservare la zona di avvistamento in modo da non spaventare gli esemplari che stanno per nidificare sulla falesia "I falchi". Contestualmente sono stati allertati tutti i soggetti che possono contribuire a garantire la massima tranquillità alla coppia: a vigilare sul rispetto dell'ordinanza sono stati chiamati la polizia locale di San Dorligo, i carabinieri, la Protezione civile e a i vigili del fuoco. L'ordinanza, che nel testo ufficiale è definita «contingibile e urgente», è stata immediatamente notificata anche a Cai XXX Ottobre, Società Alpina delle Giulie, associazione Alpina slovena di Trieste, Guide alpine, Soccorso alpino e Lega italiana per la protezione degli uccelli (Lipu). Tutti soggetti che non hanno potere coercitivo, ma possono assicurare un'attenzione nella segnalazione di eventuali abusi e inosservanze del provvedimento. La competenza sulla gestione ordinaria della zona, nella fattispecie la Riserva della Val Rosandra, arriva all'amministrazione di San Dorligo in base a un accordo sottoscritto di concerto con la Regione. Sarebbe quest'ultima a doversi fare carico in prima battuta del controllo sull'area in cui si è verificato l'avvistamento, perché lo stabilisce una normativa del 1996. Ma nel dicembre del 2015 l'amministrazione regionale ha sottoscritto un accordo con il Comune, affidando tale competenza a quest'ultimo.Il sindaco Klun, appena ricevuta la segnalazione della presenza dei corvi imperiali dalla Forestale, ha applicato il regolamento che disciplina le attività all'interno della Riserva, che prevede fra l'altro che «al fine della tutela di habitat o di specie di particolare pregio si possono individuare aree di speciale tutela all'interno delle quali si possono vietare attività escursionistiche, alpinistiche o di altra natura». Il termine del 6 maggio, indicato nell'ordinanza, deriva dal fatto che normalmente entro tale data dovrebbe esaurirsi il tradizionale periodo di accoppiamento, deposizione e involo dei piccoli. «Il corvo imperiale - spiega il naturalista Fabio Perco - è tornato sul Carso e nelle zone a esso vicine dopo che, nel 1977, è stata modificata la normativa che, in precedenza, ne autorizzava la caccia. Si tratta di corvidi dalle spiccate tendenze necrofaghe, si nutrono cioè molto spesso delle carogne di altri animali. Di certo - aggiunge Perco - sono molto belli e grandi. Ma hanno anche un'altra qualità - aggiunge - sono intelligenti e sanno capire molto rapidamente se il territorio nel quale si trovano può essere a loro favorevole».

Ugo Salvini

 

 

Teatro Romano invaso dall'immondizia - Monumento ridotto a discarica a cielo aperto. La Soprintendenza avvia nuovi servizi di pulizia ma chiama in causa il Comune
Borse cariche di immondizia gettate nell'area verde vicina alla strada, avanzi di cibo, bottiglie, lattine, cartoni di pizze in grandi quantità. E ancora contenitori di plastica, imballaggi, mozziconi di sigarette o interi pacchetti vuoti. Il Teatro Romano, uno dei monumenti più visitati e ammirati del centro storico, è ridotto a una discarica a cielo aperto. Se ne sono accorti i turisti che, sbigottiti, ieri mattina, osservavano la scena. E l'hanno notato pure i triestini, che hanno immortalato il poco edificante spettacolo in una serie di scatti postati poi sui social. Il caso è rapidamente arrivato anche all'attenzione della Soprintendenza, guidata da Corrado Azzollini, competente per l'area. Palazzo Economo ha annunciato l'avvio di un nuovo servizio di pulizia dalla prossima settimana, precisando però di non avere alcuna responsabilità sulla vicenda e sollecitando il Comune a controllare in modo più attento la zona, meta di bivacchi e raduni di gruppetti di sbandati. «I rifiuti sono qui ormai da mesi - dicono alcune persone ferme a chiacchierare proprio accanto alla balaustra -. Sicuramente in parte è dovuto alla bora di qualche settimana fa, ma la colpa è prima di tutto di chi si ferma a bere e mangiare a tutte le ore, e getta qualsiasi cosa dentro. I contenitori ci sono, è la maleducazione che regna sovrana. Chi sporca un sito storico andrebbe multato». Il Teatro Romano è in effetti una delle tappe immancabili per chi visita Trieste. «Il problema della sporcizia in quest'area è percepibile già quando si scende da via Donota - spiega Francesca Pitacco, presidente dell' Associazione guide turistiche del Friuli Venezia Giulia - peccato che la Soprintendenza non pulisca prontamente. Si sa che, se uno vede sporco in una zona, si fa poi meno scrupoli a buttarci magari un'altra carta dentro. Spero si agisca quanto prima perché ormai siamo andiamo verso la stagione piena. Nelle giornate tra il 20 e il 30 marzo abbiamo veramente tantissime prenotazioni». Pronta la risposta della Soprintendenza. «Dalla prossima settimana - fa sapere l'ufficio stampa - arriverà una nuova ditta, che con cadenza settimanale effettuerà il servizio di pulizia. Ci teniamo comunque a precisare che non dipende da noi, anzi, è una piaga che ci costringe a pagare un servizio per lo smaltimento di ciò che viene raccolto. Visto che non si tratta solo di rifiuti portati dal vento, chiediamo al Comune e in particolare alla Polizia locale che ci siano maggior controlli». Impossibile poi, aggiungono dalla Soprintendenza, prevedere reti o altri recinzioni che limitino l'area. «Siamo a conoscenza del problema e cerchiamo di effettuare controlli puntuali - risponde a distanza il vicesindaco Pierpaolo Roberti - ma chiediamo anche alla Questura un aiuto in tal senso. Dobbiamo lavorare insieme per contenere il fenomeno. Da parte nostra la Polizia locale ha più volte mandato via gruppi di persone che gettavano rifiuti, che stazionavano lì e sporcavano, ma ci vuole un servizio congiunto per risolvere la situazione». «Parliamo di una zona centrale che anche in passato ha avuto problemi simili, in particolare nella zona verso via Donota - aggiunge l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi -. Serve un coordinamento tra diversi soggetti per migliorare la situazione». Quanto ai turisti, in molti sul web si sono lamentati. «Attorno al teatro - scriveva Mattia da Lissone due settimane fa - pullulano gatti e rifiuti vari sono nascosti sotto i cespugli e le siepi che lo circondano. Un peccato perché il teatro è piccolo ma bello». Su Facebook invece due giorni fa è apparso uno scatto, nel gruppo "Scovazoni de Trieste", pagina che segnala situazioni legate alla spazzatura in tutta la città. Nell'immagine si vede chiaramente la grande quantità di immondizie, e ha innescato subito tanti commenti indignati, con l'auspicio che l'immagine del teatro possa migliorare al più presto. Non se la passano bene nemmeno le aiuole che delimitano l'area e che, secondo la Soprintendenza sono di competenza del Comune. Alcune sono completamente prive di piante e utilizzate come posacenere o deposito di rifiuti. «Vanno inseriti dei fiori - suggerisce una signora -, che renderebbero tutto più bello e colorato e servirebbero anche a evitare questo schifo. Basta poco per farlo diventare un luogo molto più attrattivo e piacevole da guardare anche per noi che ci passiamo davanti ogni giorno».

Micol Brusaferro

 

 

All'ex OPP arriva l'APERITIVO VERDE

Il Centro di educazione ambientale urbano lancia con cadenza bimensile un momento light dove incontrare persone accomunate dallo stesso interesse per il "green" e disquisire di argomenti verdi. Questa settimana parleremo di cambiamenti climatici con Livio Dorigo. Ci vediamo alle 18 al padiglione V, ex Opp.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 14 marzo 2018

 

 

Il krill ingerisce la plastica: minaccia ambientale gravissima

Il fatto che la plastica stia sporcando i nostri oceani e che rappresenti una minaccia ambientale gravissima non è di certo una sorpresa. È stato tuttavia scoperto che il krill antartico può contare su un sistema digestivo in grado di macinare le microplastiche, trasformandole in particelle ancora più piccole: sebbene di primo acchito la notizia possa apparire positiva, le conseguenze sull’ambiente sono in realtà potenzialmente gravi.

Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio della Griffith University ha scoperto che il krill antartico, nome scientifico Euphausia superba, può scomporre parti di polietilene da 31,5 micron in frammenti con diametro inferiore a un micron. Non un vero servizio di pulizia dell’Oceano, la conversione delle microplastiche in nanoplastiche potrebbe rendere più facile il consumo di sostanze inquinanti da parte delle altre creature marine che abitano i mari, anche quelle più piccole. Gli autori affermano infatti che i frammenti nanoplastici possono passare più facilmente in altre aree del corpo delle creature marine, determinando effetti tossici su tutto l’ecosistema: La frammentazione biologica delle microplastiche in nanoplastiche è probabilmente diffusa nella maggior parte degli ecosistemi. Per questo, gli effetti nocivi dovuti all’ingestione di microplastiche devono essere studiati ulteriormente per includere i potenziali effetti cellulari delle nano plastiche. È dunque improbabile che il crostaceo fornisca una soluzione alle microplastiche che inquinano gli oceani. Il fatto che le micro e nanoplastiche siano difficilmente rilevabili, significa che c’è ancora una grandissima quantità di plastica nei mari: quest’ultima viene sminuzzata in pezzi ancora più piccolo e diviene più pervasiva, fino a costituire una minaccia ambientale sempre più grave.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 marzo 2018

 

 

Il Comune "congela" le tariffe della Tari
Cominciamo dalle tasche del cittadino-contribuente: la Tari, acronimo di tassa dei rifiuti, non rincara e resta quindi invariata. Lo specifica il punto 3 della delibera, all'esame del Consiglio comunale, che vara l'annuale Piano economico- finanziario relativo alla gestione dei rifiuti urbani svolta da AcegasApsAmga. Lo ha ribadito ieri pomeriggio davanti alle II e III commissioni consiliari l'assessore al Territorio e all'Ambiente, la leghista Luisa Polli, a conferma della volontà "calmieratrice" dell'esecutivo Dipiazza. E anche il Piano rifiuti conferma le cifre dell'esercizio 2017 a 29 milioni 370 mila euro, cui va aggiunto un 10% di Iva. C'è però un dubbio che alligna trasversale tra i consiglieri e che dovrà essere chiarito nell'aggiornamento dei lavori fissato venerdì mattina: lo stesso punto 3 puntualizza che «l'aumento dei costi non influirà sulla determinazione delle tariffe Tari» e questo perché «la maggior spesa verrà assorbita da pari riduzioni di costi posti direttamente a carico del bilancio del Comune, per l'attività svolta direttamente dal Comune medesimo». La prosa è piuttosto involuta: a cosa si riferiscono i maggiori costi, dal momento che il Piano prevede lo stesso impegno finanziario sostenuto nel 2017? E in cosa consistono questi maggiori costi "assorbiti" dal bilancio comunale?Forse la risposta è contenuta nelle premesse, dove si menziona una nota AcegasApsAmga che preannuncia entro il 30 aprile (anzichè entro la consueta data del 28 febbraio) la trasmissione del dettaglio sugli investimenti effettuati nel 2017, in quanto a quella data il bilancio dell'utility sarà stato approvato dal consiglio di amministrazione e dall'assemblea (dove la controllante Hera detiene il 100%). Ricapitoliamo: il Piano viene presentato senza la specifica sugli investimenti ed è esaminato dal Consiglio "sic et simpliciter". Nell'auspicio che a fine aprile (a ridosso delle elezioni regionali) il quadro completo delle cifre AcegasApsAmga non incida sul Piano e sulla tariffa. È bene ricordare che dal punto di vista procedurale la delibera sul Piano prepara quella sulla Tari, che sarà invece illustrata dall'assessore al Bilancio Giorgio Rossi. Luisa Polli era accompagnata dalla p.o. Raffaella Scarparo e dal responsabile della divisione ambiente di AcegasApsAmga Giovanni Piccoli. L'assessore ha relazionato su novità e conferme contenute nel Piano concordato con l'utility: spazzatura con ramazza a Servola, pulizie "radicali" sia in centro che in periferia, cassonetti per gli sfalci, micro-raccolta dell'amianto, giardini pubblici e Pineta di Barcola. Invece niente da fare per gli olii alimentari, perché l'aggiunta di cassonetti è poco compatibile con la ventosità triestina. Il buon andamento della differenziata è risultato in buon parte vanificato dall'inserimento nelle "campane" del vetro di materiali che nulla hanno a che vedere con il vetro, compresi schermi di computer. Come sempre quando si parla di "scovazze", dibattito intenso, presieduto dai dipiazzisti Panteca e Cason. Ecco i temi principali, a parte quello già trattato: lavaggio delle strade, attenzione alle zone della "movida", orari e funzioni dei centri di raccolta, frequenza di raccolta e spazzatura, lavaggio dei cassonetti, uso dei diserbanti. Hanno posto i quesiti i consiglieri Polacco, Bertoli, Apollonio (Fi), Lippolis (Lega), Menis (M5s), Grim e Svab (Pd), Codarin (Dipiazza), Bassa Poropat (IpT).

Massimo Greco

 

 

Report ambiente in FVG - Il clima impazzito e l'invasione "aliena"
TRIESTE - Gli "alieni" sono tra noi. Si tratta degli animali appartenenti a specie originarie di Paesi tropicali che, a causa dei cambiamenti climatici, si stanno espandendo a discapito di quelle autoctone: a risultarne modificata è la biodiversità della regione. È quanto emerso dal Rapporto sullo stato dell'ambiente Fvg 2018 , presentato ieri nel Palazzo della Regione alla presenza dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, del direttore generale di Arpa Luca Marchesi e dei dirigenti Fulvio Stel, Antonella Zanello e Franco Sturzi. Nel Rapporto, realizzato da Arpa Fvg, si fornisce un quadro dello stato di salute delle acque, dell'aria, dei suoli e degli ecosistemi, registrandone le variazioni avvenute negli ultimi cinque anni. «Sul fronte ambientale ci sono due risultati storici che siamo riusciti a ottenere in questa legislatura: la realizzazione del depuratore di Servola e il Piano di tutela delle acque», ha esordito Vito. Tornando ai cambiamenti climatici, si evidenzia l'espansione delle specie aliene ai danni di quelle locali, anche come conseguenza della maggior presenza di polline adatto alle prime. Le temperature medie si sono alzate di 1,4 gradi negli ultimi cinquant'anni: stando al documento, senza modifiche all'attuale stile di vita, la tropicalizzazione del clima proseguirà e favorirà il prevalere delle specie aliene. Per quanto riguarda invece la qualità dell'aria, gli inquinanti tipici degli anni Ottanta e Novanta stanno scomparendo per effetto dei miglioramenti tecnologici presenti negli impianti industriali recenti. Permangono invece problemi legati alle polveri (d'inverno) e all'ozono (d'estate). Quanto alle acque, dei 424 corpi idrici superficiali presenti in Fvg più del 50% hanno raggiunto l'obiettivo di qualità, mentre sugli altri vanno individuate azioni di miglioramento. Buono è lo stato del mare ed eccellente la qualità delle acque di balneazione. Per quanto riguarda l'allevamento dei molluschi, il 53% delle 51 aree marine e lagunari ricade in zone designata come "A", cioè zone di elevata qualità. È possibile consultare il rapporto integrale al link: "http://www.arpa.fvg.it/cms/istituzionale/consulta/Pubblicazioni/Rapporto-sullo-Stato-dellAmbiente-2018.html".

(g.b.)

 

 

Miti, natura e storia lungo il Timavo - Nel pomeriggio la passeggiata guidata con la Soprintendenza
Acqua, terra, lo scrosciare delle risorgive, ma anche miti, leggende, superstizioni: cosa fa di un luogo un paesaggio? La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Fvg, in occasione della Giornata nazionale del paesaggio, propone una passeggiata guidata alla scoperta del Timavo e del suo territorio, con personale dei servizi educativi della stessa Soprintendenza, per indagare come l'uomo abbia modificato il paesaggio nei secoli e come il paesaggio abbia influito sulle vite degli uomini che furono.Si percorreranno le antiche vie da cui si potrà apprezzare il paesaggio moderno e conoscere la forma e la storia di quello antico. Il ritrovo è oggi, alle 16, alla chiesa di San Giovanni in Tuba (si consiglia l'uso di calzature sportive adeguate e in caso di pioggia l'evento sarà sospeso). Per informazioni: www.sabap.fvg.beniculturali.it o la pagina Facebook @sabap.fvg. Il MiBact ha istituito la Giornata del paesaggio per trasmettere ai giovani il messaggio che la tutela e lo studio della sua memoria storica costituiscono valori culturali ineludibili.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 marzo 2018

 

 

Via XXX Ottobre sarà sempre più pedonale - L'amministrazione comunale approva la variante al piano del traffico. "Zebre" in quattro punti
La nuova area pedonale urbana di via XXX Ottobre ha un piano particolareggiato. L'ha approvato la giunta comunale il 5 marzo scorso nell'ambito dell'attuazione del piano generale del traffico urbano vigente. Praticamente una presa d'atto visto che i lavori di pavimentazione per la trasformazione pedonale della via XXX Ottobre sono iniziati lo scorso 11 settembre e termineranno entro maggio. Si tratta di un intervento da 900 mila euro appaltato a Friulana Costruzioni. La pedonalizzazione riguarda l'intera via del Borgo Teresiano che da piazza Oberdan porta a piazza Sant'Antonio tranne il tratto tra via Torrebianca e via Machiavelli che conserverà il senso unico esistente con una pista ciclabile realizzata tramite l'allargamento del marciapiede. Agli incroci tra via XXX Ottobre e le vie Milano e Valdirivo, che restano importanti arterie di scorrimento, verranno installati degli impianti semaforici per agevolare l'attraversamento pedonale. Il piano particolareggiato prevede infatti la creazione di nuovi percorsi sia pedonali che ciclabili nell'ambito della mobilità sostenibile. Una scelta, si sottolinea nella relazione tecnica, dettata dalla popolazione e dai commercianti della zona che «hanno manifestato la volontà di estendere il più possibile le aree pedonali al fine di ottenere una miglior fruizione delle medesime aree» e condivisa dalla IV Circoscrizione. Via XXX Ottobre, infatti, ha una importante «funzione di connessione tra l'ampia zona pedonale esistente di piazza Sant'Antonio e piazza Oberdan, che è uno dei poli del trasporto locale cittadino». Il primo intervento ha riguardato il tratto che da via del Lavatoio si estende fino a via Milano. Il secondo quello tra via Milano e via Valdirivo, il terzo quello tra via Valdirivo e via Torrebianca. In corso l'intervento che da via Machiavelli arriva in piazza Sant'Antonio. A breve partiranno i lavori tra via Torrebianca e via Machiavelli. Si tratta di un piano comunque che parte da lontano. Un primo progetto, che prevedeva una pedonalizzazione parziale dell'area, venne approvato dalla Soprintendenza nel 2014. Completamente riorganizzati i punti di carico e scarico merce della via. La sosta a pagamento è prevista solo nel tratto tra via Torrebianca e via Machiavelli. Ai motocicli, invece, saranno riservati degli stalli lungo via Milano e via Valdirivo. Sono previsti quattro nuovi attraversamenti pedonali.

(fa.do.)

 

Niente più benzina con il car sharing a zero emissioni - Da qualche giorno è possibile lasciare l'auto al garage Regina per poi muoversi in città con una mini macchina elettrica
Da qualche giorno a Trieste è possibile lasciare l'auto o lo scooter in un parcheggio, per muoversi in città con una mini auto elettrica, a due posti, un mezzo «zero emissioni, zero inquinamento acustico e zero consumi di benzina». Si tratta di un car sharing che si organizza via web o dal cellulare, utilizzabile da più utenti, attraverso una card. È la novità introdotta dal garage Regina di via della Raffineria, che mette a disposizione il veicolo, con l'obiettivo di sollecitare una modalità di spostamento sempre più ecologica. A breve lo spazio inoltre verrà dotato di colonnine di ricarica anche per le auto elettriche di privati, che potranno fare quindi "rifornimento green" durante la sosta. «È un servizio di car sharing che fa parte di un circuito europeo, basta collegarsi al sito Estrima per prenotare la mini auto, attraverso una card che viene inviata all'utente, ed è utile per chi vuole spostarsi in centro. Ha un'autonomia di 100 chilometri e si ricarica con un euro circa - spiega Carlo Cataneo, del garage - credo sia un'idea intelligente e comoda, per provare a sperimentare un mezzo non inquinante. Nei prossimi mesi il progetto è di inserire anche le centraline per le auto elettriche dei privati, perché sono in aumento e perché sono fortemente convinto che questo sia il futuro. Spero sia un modo per incuriosire la gente su questo fronte, per valorizzare la mobilità elettrica». Il sito diretto per registrarsi e richiedere la card è www.biroshare.com. Il mezzo è Birò e una volta completati i dati inseriti si riceve il codice, da poter condividere anche con altre persone, autorizzate da chi ha domandato il servizio online, senza scambio di chiavi. Sempre sul web è possibile creare la propria Community Birò Share e decidere chi far entrare a far parte del gruppo, che potrà così avere accesso al veicolo. Grazie alla piattaforma online e ai sistemi Gps e Gprs integrati sul mezzo, inoltre, si può sempre controllarne l'utilizzo. La mini auto funziona con un sistema keyless di apertura della portiera lato conducente e di accensione del motore, che si attiva grazie appunto alla card, una tessera magnetica con un codice. Una volta conclusi i giri e i percorsi da effettuare, si estrae la batteria che viene ricaricata, direttamente nel luogo dove viene presa, in questo caso a Trieste, all'interno del garage. Estrima, che realizzai veicoli Birò, ha sede a Pordenone ed è la prima azienda a proporre sul mercato il più piccolo veicolo elettrico a quattro ruote, che punta, come si legge nella mission della realtà regionale, a rivoluzionare la mobilità urbana. L'auto è dotata di due motori elettrici, ha una velocità massima di 45 chilometri all'ora, è lunga poco meno di due metri ed è provvista anche di uno spazio per i bagagli. «C'è già interesse, visto che è un servizio che finora non esisteva a Trieste - aggiunge Cataneo - un'opportunità per provare a muoversi con piccole auto di questo tipo sia per i turisti, sia per i triestini che devono recarsi in centro. Io sogno che quanto prima ci sia una svolta verso un modo di spostarsi diverso, spero di vedere un giorno tutte le auto elettriche all'interno del mio garage».

Micol Brusaferro

 

SEGNALAZIONI - Tremul lavorava per una città vivibile

Un mese fa ci ha lasciati Sergio Tremul, fondatore e per molti anni presidente di Camminatrieste. Questa Associazione, nata allo scopo di proteggere i pedoni, è diventata un punto di riferimento notevole per la sicurezza dei cittadini. Sergio Tremul, che nella sua attività lavorativa si era occupato, quale rappresentante sindacale, di reti di trasporti urbani, interpretò bene i problemi connessi con l'evoluzione del traffico, e della loro possibile risoluzione. In particolare individuò nell'ampliamento delle zone pedonali, nell'ammodernamento e potenziamento del servizio pubblico, nella diffusione della trazione elettrica, nello sviluppo di una metropolitana leggera gli strumenti più importanti affinché Trieste possa diventare una città più vivibile. Dotato di eccezionale capacità organizzativa, Tremul instaurò relazioni anche con altre realtà urbane e associazioni che perseguivano fini similari. Relazioni che portarono soci di Camminatrieste e scolaresche a incontri con le autorità di vario livello della nostra Regione, di altre Regioni italiane e Stati come Slovenia, Austria, Croazia. Sergio Tremul curò particolarmente i rapporti con le scuole, organizzando incontri di educazione stradale, visite a mostre, uscite in città e sul Carso. Molto frequenti anche le conferenze con le associazioni culturali e salutari passeggiate con quelle sanitarie. Pur avendo un carattere realista, Tremul propendeva sempre a un sano ottimismo nella risoluzione dei problemi, che affrontava con decisione e fantasia. Segno di un cambiamento positivo della mentalità cittadina era ad esempio l'accoglienza favorevole di zone pedonali, che nei primi anni di vita dell'Associazione erano viste con sospetto soprattutto da parte dei negozianti. Ma il suo grande cruccio (non solo suo!) era il gran numero di incidenti stradali, così frequenti anche in città. Prudenza, attenzione, osservanza delle norme di circolazione, velocità moderata in particolare nei centri urbani erano strumenti validi per ridurre le vittime della strada.

Luigi Bianchi - presidente di Camminatrieste

 

 

AMBIENTE - IL CASO - Raffica di discariche a cielo aperto fra via Svevo e Borgo San Sergio
 

Mobili, divani, assi da stiro e anche alberi di Natale alla portata di tutti. Non è la pubblicità della svendita di un negozio di articoli casalinghi, bensì l'elenco di una parte degli oggetti abbandonati nelle discariche a cielo aperto tra Valmaura e Borgo San Sergio. Un fenomeno causato purtroppo da un senso civico direttamente proporzionale alla disaffezione per il territorio. Fortunatamente, c'è anche chi non accetta la situazione e decide di prendere l'iniziativa. Le segnalazioni delle discariche sono così giunte da alcuni cittadini al consigliere Giorgio Semenzato della settima circoscrizione (Servola, Chiarbola, Valmaura e Borgo San Sergio), dove tale problema è storico e consolidato. Partendo da via Svevo, poco dopo la fine di via dei Lavoratori e sotto le arcate della ferrovia, nella zona attualmente recintata per alcuni controlli, sono stati abbandonati pezzi di mobili, sacchetti e, poco dietro, anche un carrello. Carrello che ritorna anche più avanti, dove via Svevo incrocia via Baiamonti, nel parcheggio dell'ex edificio della Telecom sul lato del cavalcavia verso Servola. Ormai la sbarra che regolava il flusso delle entrate è fuori uso e divelta, permettendo l'accesso a chiunque e il conseguente accatastamento di pannelli di legno, finestre e uno scaldabagno. Spostandosi al parcheggio della Risiera, oltre alle immondizie nelle zone verdi, è stata presumibilmente abbandonata un'auto semi-distrutta, con un finestrino e un faro rotti e senza la targa. Una scena non inedita, ma colpisce assistervi nei pressi di un monumento così tragico e significativo per la città e il Paese intero. Giungendo quindi dove via Frigessi incrocia strada della Rosandra, a pochi passi dal Pane Quotidiano, sulle rotaie della ferrovia sono stati abbandonati numerosi oggetti d'uso casalingo: un cesto per il bucato, sdraio, giocattoli e così via. Perfino un allegro alberello di Natale. Risultato di questa incuria, come segnala il consigliere circoscrizionale Semenzato, il proliferare di topi nella zona. Infine, non molto lontano, in via Morpurgo si trova l'ultima discarica, appena dietro ai bottini per le immondizie. Qui divani, poltrone, un asse da stiro e altri oggetti occupano un terreno privato, come già avvenuto in passato. «La polizia ambientale a suo tempo si era interessata alla pulizia e allo sgombero, ma essendo il terreno aperto il problema si è riproposto», scrive nella sua mozione Semenzato. Ogni anno il comune spende mediamente 500 mila euro per la pulizia delle discariche. «Così cittadini onesti pagano coi loro tributi questi comportamenti incivili», commenta l'assessore all'Ambiente Luisa Polli. L'assessore ha compiuto qualche tempo fa un sopralluogo con il presidente della settima circoscrizione, Roberto Sain, e realizzato una mappatura delle discariche nella provincia, alcune talmente irraggiungibili che servirebbe l'intervento di scalatori professionisti per ripulirle. «Mentre continuiamo a ripulire le discariche - spiega l'assessore -, cerchiamo una soluzione a lungo termine, come ad esempio la chiusura delle aree in questione e la realizzazione di un centro di raccolta aperto 24 ore su 24». Quest'ultimo è previsto nel piano per la riqualificazione delle periferie e dovrebbe sorgere nel parcheggio di fronte a villa Revoltella. Quando si parla di "discariche abusive", si dovrebbe precisare la differenza tra l'abbandono di rifiuti e la vera e propria discarica abusiva. Quest'ultima si riferisce a un'attività di gestione illegale di rifiuti pianificata e abituale, effettuata da soggetti in accordo tra loro e finalizzata alla sparizione dei rifiuti dietro adeguata contropartita economica. L'abbandono di rifiuti, invece, viene effettuato occasionalmente e in maniera discontinua da parte di vari soggetti diversi. Anche se inizialmente di lieve entità, esso può tuttavia, nel corso del tempo, assumere le caratteristiche di una vera e propria "discarica abusiva", come in maniera diffusa nella settima circoscrizione.

Simone Modugno

 

«La maleducazione regna sovrana» L'assessore Polli annuncia multe per chi lascia le immondizie fuori dai cassonetti
Altro che città mitteleuropea. «La maleducazione regna sovrana: le foto dimostrano il menefreghismo di alcuni cittadini! Sappiate che poi paghiamo tutti la loro negligenza!». L'assessore comunale all'Ambiente Luisa Polli ha dichiarato guerra alle "scovazze selvagge" dal suo profilo Facebook pubblicando una serie di immagini del degrado di alcune vie e strade di Trieste. Un pessimo biglietto da visita per i turisti con Trieste che rischia di fare concorrenza a Roma e Napoli. Nelle foto si vedono sacchi di rifiuti abbandonati in pieno centro cittadino fuori dai cassonetti assieme anche a parecchi rifiuti ingombranti (ogni anno si spendono 500 mila euro per gli ingombranti abbandonati). La cosa che fa arrabbiare l'assessore è che i cassonetti erano tutt'altro che pieni. «Faccio notare che grazie ai lettori di svuotamento cassonetti abbiamo la certezza che erano vuoti e abbiamo verificato il corretto funzionamento degli stessi. Una sola parola: vergognatevi!» tuona la Polli nei confronti dei suoi concittadini che ora minaccia con una pioggia di multe una volta individuati i trasgressori. I siti segnalati dall'assessore sono quelli di via Pietà, Barriera Vecchia, via della Tesa e via Donadoni. Ma si tratta solo di alcuni esempi. Dalle segnalazioni che sono piovute sul suo profilo Facebook l'emergenza "scovazze" riguarda l'intera città. Per questo l'assessore dichiara "tolleranza zero". «Ora cerchiamo di risalire ad alcuni di questi soggetti» assicura. Non dovrebbe essere difficile. «Da pochi mesi ci sono i rilevatori volumetrici quindi abbiamo la prova provata di chi trasgredisce!» spiega furiosa. Il malcostume è generalizzato. «Io girando ho fatto intervenire più volte Acegas e polizia locale e sono fioccate multe», assicura l'assessore che ha preso nota di tutte le segnalazioni arrivate sul suo profilo Facebook. Anche in via del Lazzaretto Vecchio, segnala qualcun altro, si ripete il mistero triestino dei "scovazoni" vuoti e marciapiedi pieni. Qualcuno chiede persino le telecamere contro i triestini maleducati e incivili. «Della raccolta differenziata poi manco l'ombra. Tutti quei sacchetti dell'immondizia potrebbero essere ridotti di un terzo del volume se solo uno si impegnasse minimamente di dividere» sottolinea Roberta. La raccolta differenziata, infatti, continua a essere una pratica per pochi eletti. Gli altri buttano tutto come capita. In una foto si notano bottiglie di vetro di superalcolici "dimenticati" fuori dai cassonetti dell'indifferenziata, probabilmente da uno dei tanti locali della movida triestina. Azzardati però i paragoni con Roma. «Qui il servizio funziona, i cassonetti sono vuoti e a Roma sono pieni: la Raggi è venuta qua ad imparare», attacca Polli.

(fa. do.)

 

Chi non paga la Tari se la vede con Esatto - Va in aula il regolamento comunale che innova la materia delegando la riscossione coattiva alla società "in house"
Cittadino-contribuente-utente sta in campana. Non paghi la tassa sui rifiuti? Non saldi la retta dell'asilo o della mensa? Glissi sull'Imu? Ignori la Tasi? Pensi di fare impunemente il furbo sulle multe comminate dalla Polizia locale? La lastra del pregresso si è ispessita a quasi 100 milioni di mancati incassi e il Municipio si è spazientito. E ha deciso di mettere i proverbiali ferri in acqua, se non altro per tutelarsi.La procedura di accertamento si accorcia, perché Esatto sta per essere nominato ufficialmente croupier del Comune. Di fatto lo era già, ma le modifiche al regolamento generale delle entrate municipali, in procinto di andare in aula, conferiranno alla società pieno e autonomo mandato d'azione per quanto riguarda la riscossione coattiva. Non ci sarà più il ping-pong tra piazza Unità e piazza Sansovino, una volta che la dirigenza comunale avrà trasmesso la documentazione al suo Esatto-re (almeno otto mesi prima dello scadere del termine di decadenza/prescrizione), la macchina della controllata "in house" potrà partire implacabile, mettendo in moto la fresca task force varata reclutando un ufficiale e tre addetti. Gli articoli del regolamento, che vanno dal 47 al 55, innovano completamente la materia riscossiva, perché Esatto ottiene delega completa: funzione, gestione, organizzazione, contenzioso. Fino al recente passato ogni imposta aveva il suo iter, ma - se il Consiglio comunale dirà sì alla proposta deliberativa portata dall'assessore al Bilancio Giorgio Rossi - la procedura diventerà una sola all'insegna della semplificazione e della razionalità del percorso amministrativo. Lo strumento utilizzabile è l'unico possibile per gli enti locali: l'ingiunzione, prevista dal modernissimo Regio Decreto 639/1910. Le misure cautelari sono il fermo amministrativo e l'ipoteca. L'ingiunzione non sarà emessa se la morosità sia inferiore a 30 euro. Il debito è diluibile in rate non inferiori a 100 euro e comunque la dilazione non è concessa per importi inferiori a 200 euro. E se è già scattata la notifica del pignoramento, addio rateizzazione. Ogni tre anni Esatto deve far sapere al Comune azionista-committente l'elenco dei crediti inesigibili, che sono tali quando lo stesso Esatto ha posto in essere tutte le azioni possibili per la riscossione coattiva «senza alcun esito». Al netto del "capo secondo", la prima parte del regolamento recepisce e organizza in chiave tributaria una serie di provvedimenti-adempimenti ecc. sparsi nella normativa amministrativa. È il caso dell'autotutela, per cui il funzionario responsabile del tributo può annullare/rivedere con atto motivato i propri provvedimenti quando dal loro riesame risultino palesemente illegittimi e sussista l'interesse pubblico alla loro eliminazione. Novità sul versante dei pagamenti con l'inserimento della "piattaforma pagoPa" tra le modalità previste. Particolare attenzione all'informazione dei cittadini con apertura di sportelli in tutti i giorni feriali, con attivazione di call center, con apposita sezione dedicata ai tributi sulla Rete civica comunale.

Massimo Greco

 

 

DATI 2018 - Il Rapporto sullo stato dell'ambiente

Stamane alle 10, nella sede della Regione di piazza Unità, verrà presentato il nuovo "Rapporto sullo stato dell'ambiente in Friuli Venezia Giulia 2018", curato dall'Arpa (nella foto il direttore Luca Marchesi).

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 marzo 2018

 

 

Piazza Unità e Porto vecchio la Seleco debutta in aprile
Uffici amministrativi e commerciali allestiti al primo piano di palazzo Pitteri - Magazzino 5 in punto franco da ristrutturare in tre mesi con 7-8 mila euro
Aprile a doppia mandata per lo sbarco triestino della Seleco, il glorioso brand del televisore tricolore rispolverato dall'imprenditore romano Maurizio Pannella. Che annuncia: apertura degli uffici in piazza Unità già dal prossimo martedì 3 aprile, immediatamente dopo Pasqua, e presa in carico del magazzino 5 in Porto Vecchio, dove occorreranno alcuni mesi di lavoro restaurativo per una spesa valutata in 7-800 mila euro. Pannella è convinto che comunque in estate inizierà l'assemblaggio dei televisori. Dopo l'annuncio autunnale e la fase preparatoria invernale, sarà primavera a decretare il lancio dell'operazione "tivù" nel superstite punto franco del Porto Vecchio.Il primo trasloco riguarda l'allestimento del quartier generale nel primo piano di palazzo Pitteri, dove Seleco sarà affittuaria di Bnp Paribas, che tre anni fa ha acquistato il prestigioso immobile di fine '700 da Allianz. Si comincia - racconta Pannella - con 7-8 persone, che saranno "reclutate" a Trieste: il programma prevede che amministrazione, contabilità, marketing si concentrino nel suggestivo affaccio su piazza Unità. Le sedi di Milano e Como - ribadisce l'imprenditore - sono già state chiuse. Della serie: indietro non si torna.Il secondo atto viene messo in scena in quel dock del Porto vecchio ben visibile anche dalle Rive. Il Magazzino 5 era stato fin dal principio candidato a ospitare l'assemblaggio dei televisori, in gennaio si era pensato a una temporanea collocazione in un hangar gestito da Samer in Punto franco nuovo. Ipotesi questa venuta meno, quindi si torna al progetto originario basato sul "5", che ha bisogno - spiega Pannella - di essere rimessato con un intervento che dovrebbe durare una novantina di giorni. La concessione dell'Autorità portuale è in via di definizione e dovrebbe trattarsi di un periodo di 6 anni rinnovabile per altrettanti. L'imprenditore non vuole perdere l'intera estate lavorativa ed è convinto di riuscire a partire operativamente prima di settembre: l'assemblaggio di un apparecchio ha una durata di 6-7 minuti. Pannella non ha rinunciato all'obiettivo 2018 di fatturare 50 milioni di euro. Confermata inoltre la previsione occupazionale di cinquanta addetti: in aprile si attiveranno le procedure per la ricerca di personale, ricerca che riguarderà soprattutto manodopera femminile. Proseguono le trattative per la fornitura di componenti, non è escluso il coinvolgimento di partner turchi come Beko e Vesit: le trattative sono seguite dall'avvocato Paolo Stern. Primavera decisiva, dunque, per il decollo del progetto Seleco a Trieste. Una revanche rispetto a quanto avvenne quarant'anni fa, quando un'iniziativa analoga venne frenata dai niet dell'Amministrazione doganale. A fine 2016 il brand è stato rilevato dalla Twenty, società controllata da Pannella, che aveva in precedenza acquisito la Magnadyne. In un primo tempo sembrava che gli assemblaggi ripartissero dal vecchio sito pordenonese di Vallenoncello, poi cambio in corsa in direzione del Punto franco triestino, dove Pannella conta di conseguire in termini fiscali un vantaggio competitivo stimato nel 14%, importante per ridare una prospettiva al marchio. Sul quale è stata impostata una campagna di sponsorizzazione sportiva, che ha nella Lazio il nome più eclatante.

Massimo Greco

 

 

Meno pescherecci e nel golfo di Pirano arrivano i delfini - Il contenzioso fra Slovenia e Croazia li ha fatti giungere numerosi, attratti dal cibo abbondante che ora trovano
PIRANO - Se il contenzioso tra Slovenia e Croazia per i confini marittimi tra i due Stati scontenta e amareggia gli uomini, nell'acqua però fa felici i pesci. Non tutti ovviamente, ma i predatori, in questo caso i delfini che da qualche mese in branco stazionano nelle acque tra Pirano e Punta Salvore richiamati - come confermano anche gli studiosi - dall'inusuale presenza di pesce da poter razziare. Con l'ingombrante presenza in mare delle motovedette delle polizie di Slovenia e Croazia che in cagnesco si fronteggiano h24, proteggendo due confini diversi vista la non omogenea interpretazione data dai due Paesi agli esiti dell'oramai venticinquennale confronto, praticamente non esiste più possibilità di pescare in nero o di frodo. E anche i pescatori "regolari" hanno diminuito le proprie puntate in quell'area per evitare incidenti e salatissime multe da pagare. Chi dei confini se ne infischia bellamente sono quindi i delfini che si sono in pratica impossessati delle acque del golfo di Pirano. Ne sono stati avvistati addirittura cinquanta in una volta sola, che facevano schiumare le tranquille acque di fronte Pirano. Tra di essi anche alcuni esemplari di giganteschi tonni. E così che un vecchio pescatore sloveno impegnato a riparare alcune reti tra una sigaretta e dieci bestemmie pronuncia anche il nuovo proverbio di Pirano: «Dove litigano i pescatori, i pesci li pescano i delfini». Delfini che, come è noto, sono animali dall'intelligenza sopraffina e sono abilissimi nella pesca in branco. Come spiegano gli esperti dell'Associazione slovena per i mammiferi marini Morigenos, i delfini sollevano in gruppo il fango e la sabbia di superficie del fondo marino in modo da far uscire i pesci allo scoperto per poi mangiarseli, ma il massimo della raffinatezza sta nello spingerli con maestria nelle reti gettate dai malcapitati pescatori per poi catapultarsi contro le stesse per far razzia del pesce impigliato, ma ovviamente anche delle reti. Da qui il rosario di bestemmie del pescatore di cui sopra. Ciascun delfino ogni giorno mangia 10 chilogrammi di pesce e il branco che da due mesi staziona nel golfo di Pirano, si calcola che in questo periodo abbia mangiato mezza tonnellata di pesce al giorno e 30 tonnellate in due mesi, molto più di quanto riescono a catturare tutti i pescatori sloveni messi assieme. Ana Hace di Morigenos ha spiegato al Delo di Lubiana che si tratta di uno dei due branchi che si osservano regolarmente nell'Alto Adriatico. Nel gruppo di 30 che sono arrivati nel golfo di Pirano c'erano come minimo quattro "cuccioli" tra i nove mesi e i due anni di vita. Altri nasceranno tra qualche mese, quando le acque del mare saranno più calde e dopo una gestazione nel ventre della madre di 12 mesi. Come spiegano i pescatori, nel mare attualmente ci sono moltissime orate, suri, menole, spari, riboni, cefali e sardelle, ma in questi giorni il pescato si riduce solo a qualche chilogrammo di tutto questo ben di Dio, e mostrano desolati, ma anche molto arrabbiati le reti "bucate" dai voraci morsi dei delfini. Uno dei pescatori, Dusko Kmetec, sempre al Delo ha sostenuto che lo Stato dovrebbe rimborsare ai pescatori il danno patito, così come avviene per gli agricoltori quando il loro raccolto viene distrutto da qualche tempesta, proclamando una sorta di calamità naturale. Ma quella che per l'uomo è una calamità per la natura altro non è se non vita.

Mauro Manzin

 

 

Pola - Smaltimento rifiuti - Castion già in crisi
Evidentemente il Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion nel Comune di Medolino è stato concepito sotto una cattiva stella. Dopo le contestazioni degli ambientalisti e di buona parte dell'opinione pubblica per via della sua ubicazione a un solo chilometro e mezzo dalle spiagge, quindi anni e anni di ritardi nella sua costruzione e numerosi rinvii dell'apertura avvenuta finalmente lo scorso primo maggio, affronta ora un ostacolo imprevisto fino a pochi giorni fa. Il problema riguarda lo smaltimento del prodotto secondario del trattamento dei rifiuti tramite la tecnologia Mbo, per la precisione del combustibile Rdf (refuse derived fuel) che fino a qualche giorno fa sembrava dovesse finire negli altiforni del cementificio di Valmazzinghi nell'albonese. Cementificio che però ha fatto dietro front bloccando il flusso dei rifiuti.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 marzo 2018

 

 

Il clima impazzito: fra 50 anni in regione avremo i fichi d'India - Presentato a Gorizia uno studio realizzato da Arpa-Osmer sugli effetti del riscaldamento globale dal 2071 al 2100
GORIZIA - È molto probabile che in regione avremo i fichi d'India. Proprio così: ci saranno più tratti in comune con il Meridione d'Italia che con il Nord d'Europa. Le temperature aumenteranno dai 2 ai 5 gradi, le piogge saliranno in inverno e scenderanno in estate (rimanendo stabili nel loro complesso), il livello del mare si innalzerà di qualche centimetro, la vegetazione alpina si ridurrà mentre si espanderà quella tipica delle aree mediterranee e sub-tropicali, muteranno gli ecosistemi sia terrestri sia marini con conseguenti variazioni nelle produzioni dei settori dell'agricoltura e dell'allevamento. Inoltre, diminuirà il ghiaccio sia a livello sotterraneo sia per quanto riguarda i nevai, che, nella migliore delle ipotesi, scompariranno per il 90%. Beninteso, non si tratta del riassunto di una nuova edizione dell'Apocalisse ma dei risultati di uno studio condotto tra la fine del 2016 e l'inizio di quest'anno da Arpa-Osmer sui cambiamenti climatici che interesseranno il Friuli Venezia Giulia dal 2071 al 2100. Tale studio, commissionato dalla Regione, è stato esposto ieri all'Auditorium di Gorizia (ma i suoi esiti sono anche consultabili online) in un incontro coordinato dal direttore di Arpa-Osmer Stefano Micheletti, pure coordinatore della ricerca. I fenomeni indicati potranno verificarsi in misura più o meno intensa a seconda degli interventi di mitigazione che verranno applicati. Per interventi di mitigazione si intendono tutte quelle misure aventi per obiettivo la diminuzione delle emissioni di gas serra, o, in altre parole, la riduzione dell'utilizzo di combustibili fossili. Significativi interventi di mitigazione sono ovviamente già stati eseguiti e continuano a eseguirsi (si pensi allo sviluppo del fotovoltaico) ma molti ancora si dovranno attuare. «Se guardiamo il Friuli Venezia Giulia - afferma Micheletti, di recente entrato nel Coordinamento nazionale per la meteorologia e la climatologia - l'aumento delle temperature causerà la necessità di adattamento della gran parte dei settori sociali ed economici: dal turismo alla sanità, dall'agricoltura alla produzione energetica. Ciò comporterà dei costi. E i problemi più importanti relativamente ai costi e alla diminuzione della qualità della vita a mio giudizio sono quelli legati al cambiamento del regime delle precipitazioni, specialmente alle più frequenti e più intense siccità estive, e all'innalzamento del livello del mare: quest'ultimo problema comporterà l'esigenza di alzare le dighe per evitare alluvioni sempre più numerose nelle nostre località costiere, in particolare di quelle della laguna». Ci si può consolare pensando che, in fondo, mal comune, mezzo gaudio. Nel senso che la situazione in Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il mutamento del clima, e, soprattutto, i suoi effetti, non è molto diversa da quella di altre parti d'Italia: alla sua radice, comunque, c'è sempre l'incremento dell'effetto serra dovuto alle emissioni dei cosiddetti gas climalteranti. Di certo, più interessata al riscaldamento climatico in regione è l'area montana. Fermo restando che le previsioni possono sempre sbagliare, «ma probabilmente non sbaglieranno di tanto - afferma ancora Micheletti - perché con l'avanzare della ricerca si affinano sempre di più tant'è vero che per il momento quelle fatte vent'anni fa si sono tutte avverate e purtroppo si sono avverate anche le più pessimistiche».

Alex Pessotto

 

«Risparmiare sui costi energetici»
Il lavoro condotto da Arpa-Osmer su mutamenti climatici nel territorio ha visto le collaborazioni delle università regionali nonché di tre enti di ricerca con sede a Trieste: il Centro internazionale di fisica teorica (Ictp), l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) e l'Istituto di Scienze Marine (Cnr_Ismar). Ieri, a Gorizia, per la sua presentazione sono intervenuti il sindaco del capoluogo isontino Rodolfo Ziberna: «Far capire ai giovani le conseguenze dei cambiamenti climatici è un primo passo per adottare comportamenti virtuosi e rispettosi dell'ambiente». Ricordando la realizzazione di un nuovo Piano energetico regionale che persegue il duplice obiettivo di potenziare il sistema energetico e di ridurre le emissioni climalteranti, l'assessore all'Ambiente Sara Vito ha invece sottolineato che «lo studio dell'Osmer consentirà di effettuare una migliore pianificazione del territorio, riducendo gli effetti negativi dei cambiamenti in atto». «Lo studio - ha ricordato il direttore generale di Arpa, Luca Marchesi - raccoglie le principali conoscenze finora prodotte sui cambiamenti climatici e, grazie alla collaborazione con l'Ictp, è stato possibile per la prima volta ottenere una stima di come potrà cambiare il clima in futuro in Friuli Venezia Giulia utilizzando le simulazioni di alcuni modelli climatici europei, che sono state "ritagliate" su misura per il territorio regionale».

(a.p.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 marzo 2018

 

 

Lo spettro delle sanzioni sul via al depuratore - Acceso l'impianto di Servola. Ma Vito e vertici AcegasApsAmga ricordano che l'infrazione resta in piedi
A Sara Vito, assessore regionale all'Ambiente, basta sfiorare il tasto di un tablet collegato con la sala controllo e via ... Tre anni di lavoro, per costruire uno dei depuratori all'avanguardia nel nostro Paese, hanno la loro consacrazione semi-ufficiale. Ieri mattina il nuovo impianto di Servola ha avviato l'esercizio provvisorio, una fase pre-operativa che lascerà presto il posto al funzionamento definitivo. Tempo due settimane, hanno garantito i vertici di AcegasApsAmga. Ma attenzione - lo ha detto la stessa Vito e lo ha ribadito il direttore generale di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto - Trieste non è fuori dalla procedura d'infrazione avviata dalla Corte di giustizia europea nel 2009, perchè adesso ci sarà un anno di campionatura idrica raccolta da Arpa che poi la proporrà all'esame comunitario. Non solo: c'è tutto il pregresso, ovvero gli anni durante i quali ha continuato a funzionare il vecchio impianto, che scaricava a mare senza preventivo trattamento a terra. Risponderà per primo lo Stato italiano a eventuali e inauspicate sanzioni, poi a scendere i livelli istituzionali che governano il territorio. Ma qui perlomeno - dicono azienda, Comune, Regione - la risposta c'è stata, perchè questa procedura d'infrazione è assai diffusa in tutto il Vecchio Continente a perimetro Ue e sono molte le realtà che non hanno ancora ottemperato.Per questo la semi-inaugurazione di ieri ha messo tutti di buon umore. L'investimento, coperto da euroquattrini Fsc e dalla Regione, è risultato pari a 52,5 milioni. Il depuratore è il più grande della Regione e servirà 190 mila residenti, superando gli impianti attivati a Lignano (d'estate), Tolmezzo, Udine. Progettista l'ingegnere romagnolo Massimo Vienna, che aveva inserito nel curriculum l'esperienza maturata in un'analoga realizzazione Hera a Rimini. Lo ha coadiuvato l'autoctono Enrico Altran. Atmosfera giocherellona, si diceva. Il sindaco Dipiazza sventolava un cartello con scritto "riservato" e la Vito lo ha invitato a metterlo sul parabrezza, ricordando il recente sgambetto parking inferto al primo cittadino. Il presidente di Hera Tommaso Tomasi di Vignano ha detto che a Trieste torna sempre volentieri (era stato amministratore delegato di Acegas al tempo di Illy sindaco) e Dipiazza gli ha consigliato allora di venire a fare il primo cittadino. L'unico accento vagamente polemico quello di Sara Vito, che ha detto di aver trovato il dossier-depuratore coperto di ragnatele (evidentemente lasciate dalla precedente giunta Tondo). A margine Tomasi ha sottolineato il buon bilancio 2017 che la capogruppo si accinge ad approvare. Buone anche le premesse per il 2018. Importante l'impegno finanziario in termini di investimenti, per affrontare in maniera adeguata la stagione delle gare gas e rifiuti. Acquisizioni nel Nordest con AcegasApsAmga pivot? Perchè no, se emergeranno opportunità attraenti.

magr

 

 

L'accelerazione di Dipiazza sul campus nell'ex caserma - L'annuncio del sindaco. «Entro fine mese l'acquisto del complesso di via Rossetti»
Operazione da 15 milioni. Progetto e lavori con le risorse lasciate dalla Provincia
«L'acquisto dell'ex area militare di via Rossetti è imminente, spero possa verificarsi già entro la fine di questo mese. Ritengo che il prezzo dell'operazione si posizionerà attorno ai 15 milioni di euro». Roberto Dipiazza, dopo la pausa invernale, riprende l'iniziativa e accelera su uno dei più ambiziosi progetti del suo terzo mandato di sindaco: la trasformazione della quasi centenaria zona castrense, dedicata a Vittorio Emanuele III, in un campus dove concentrare gli istituti scolastici - in particolare quelli oggi ospitati nelle strutture più malmesse - laboratori, officine, impianti sportivi. Attuale proprietaria degli oltre 85 mila metri quadrati racchiusi nel vecchio perimetro militare è Cassa depositi e prestiti (Cdp). «Il Comune - prosegue il primo cittadino, che ha affrontato questo tema a margine dell'avvio del nuovo depuratore servolano - affronterà con proprie risorse l'acquisizione della caserma. Per la progettazione e per le opere sarà utilizzabile un centinaio di milioni che l'Uti giuliana ha ereditato dalla Provincia». Tempistiche e cronoprogrammi non se ne fanno, perchè secondo Dipiazza è prematuro. Comunque - lo sottolinea l'assessore all'Educazione Angela Brandi - è pronta la bozza di convenzione Uti-Comune che codifica il passaggio di consegne in materia di edilizia scolastica e di istruzione, tracciando l'iter tra il periodo transitorio dal trasferimento effettivo delle competenze. Dipiazza ricorda di aver già incontrato i dirigenti scolastici, ai quali ha anticipato la volontà dell'amministrazione. «In via prioritaria andranno in via Rossetti le scuole superiori più disastrate - riprende il sindaco - il compendio di via Rossetti si trova in buone condizioni strutturali e può essere reso agibile con lavori di restauro, non sarà necessaria una radicale riqualificazione». Un'idea questa che si sono fatta anche gli assessori e i consiglieri appartenenti alla IV e V commissione. Ieri mattina hanno svolto un sopralluogo nell'ex caserma Vittorio Emanuele III, accompagnati dai tecnici incaricati da Cdp della manutenzione della vasta proprietà. C'erano gli assessori Brandi (scuola), Lodi (lavori pubblici), Giorgi (patrimonio). Le commissioni, cui hanno partecipato una quindicina di eletti (Fi, Dipiazza, Lega, Pd, M5s, Verdi Psi), erano guidate dai presidenti Babuder e Declich. L'obiettivo era verificare l'ampiezza e l'idoneità degli spazi per ospitare istituti scolastici. Al netto del degrado da abbandono (vetri rotti, scritte, ecc.) lo stato strutturale sembra buono - testimoniano la Brandi e Babuder -, la disponibilità di larghi corridoi e delle camerate facilita la trasformazione degli edifici dall'originaria missione militare alla nuova destinazione scolastica. «Abbiamo visitato - riferisce Angela Brandi - il comando e il cosiddetto edificio-tipo, cioè la tipologia ricorrente di stabile che si sviluppa su cinque livelli, ovvero tre piani, l'interrato, il sottotetto. Il colpo d'occhio è convincente, l'area sembra prestarsi a un'operazione di vasta scala, capace di soddisfare le prospettive di crescita di alcuni dei più frequentati istituti scolastici del territorio». D'altronde - ricorda ancora la titolare della delega comunale - il compendio di via Rossetti, al tempo dell'utilizzo militare, aveva una capienza di 5 mila persone. Babuder promuove un'interazione pubblico-privata nella realizzazione di impianti sportivi multifunzionali. Gli assessori hanno ricordato che l'ex caserma nell'aprile 2012 è stata sottoposta a vincolo da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, quando a palazzo Economo sedeva Giangiacomo Martinez. Una relazione di tre pagine ripercorre la vicenda ultracentenaria dell'area, dall'acquisto di "campagna Wildi" a opera del Comune avvenuta nel 1902 fino alle prime costruzioni d'epoca asburgica risalenti al 1912 e all'ultimazione nel 1926 sotto il Regno d'Italia. Come la denominazione, mantenuta anche durante l'era repubblicana, suggerisce.

Massimo Greco

 

 

«Il rigassificatore qui non ha posto»
«Riteniamo che non vi sia assolutamente spazio per un rigassificatore nel Golfo di Trieste, perchè creerebbe problemi al traffico marittimo e imporrebbe di alzare ulteriormente le misure di sicurezza nel porto di Trieste, che pure adesso è già sicuro, nonostante vengono stoccate 43 milioni di tonnellate di idrocarburi l'anno e vi è per fortuna molto traffico» ha affermato la presidente Fvg Debora Serracchiani a margine della presentazione del Progetto Namirg. Il comandante della Capitaneria di Porto Luca Sancilio ha d'altra parte reso noto che lo scalo di Trieste «ha una capacità di estinzione degli incendi superiore a qualsiasi porto del Mediterraneo». Ciò proprio in relazione alla movimentazione di greggio e alle caratteristiche geografiche del Golfo di Trieste. Tesi espressa anche dal sindaco Roberto Dipiazza: «Ero piccolo quando l'Oleodotto bruciò per un attentato ma da allora nel "nostro lago" nessun incidente di rilievo; bravi tutti gli operatori».

 

 

Un Porto più "green" grazie all'elettricità - Lo studio di un progetto pilota mirato a ridurre l'inquinamento prodotto dalle navi
TRIESTE - Non c'è solo l'industria, non c'è solo la Ferriera. Le navi che sostano nel porto di Trieste - dati dell'Arpa Fvg - producono un inquinamento atmosferico stimabile attorno al 20% del totale. Da qui l'esigenza di iniziare a delineare soluzioni per la sostenibilità energetica e ambientale che, anche in considerazione del progressivo aumento dei traffici nello scalo giuliano, possano abbattere i numeri dell'inquinamento. Una strada può essere quella dell'infrastrutturazione elettrica di parte delle banchine, il "cold ironing". L'intervento consentirebbe alle navi che stazionano in porto di allacciarsi alla rete elettrica, spegnendo i generatori di bordo e riducendo gli inquinamenti atmosferico e acustico. Di quello che potrebbe essere un progetto pilota si è parlato ieri in una giornata di studio che in Consiglio regionale, su impulso della Quarta commissione, ha riunito Autorità portuale, Consiglio superiore dei Lavori pubblici, armatori e operatori marittimi e navali ma anche Arpa e mondo scientifico e universitario. Proprio dall'Arpa è giunto il dato del 20% di inquinamento prodotto quanto a Pa10 e No2. Di qui la soluzione di un connessione elettrica a terra per le navi. Uno studio in questo senso, effettuato dall'Università, è già stato condotto analizzando costi, benefici e difficoltà dell'infrastrutturazione elettrica, fermo restando - come è stato fatto notare - che risparmi energetici sostanziali si potrebbero conseguire con la velocizzazione delle operazioni di carico e scarico. Il segretario generale dell'Autorità di sistema dell'Adriatico orientale Mario Sommariva ha precisato che l'Authority ha già avviato alcuni interventi di pianificazione sostenibile, come l'efficienza ferroviaria. Si tratta ora di capire quali forme di finanziamento europeo potrebbero essere attivate per lo sviluppo del progetto, che potrebbe partire dai moli cui approdano le rotte fisse, come quelle con la Turchia.

 

I segreti del mondo sommerso svelati alle Scuderie di Miramare
Si chiama BioMA, che sta per Biodiversitario Marino. È il nuovo museo immersivo e inclusivo dell'Area Marina protetta di Miramare dedicato, lo dice il nome stesso, alla biodiversità marina del Golfo di Trieste. Apre oggi i battenti e ospita il mondo sommerso in due stanze e trecento metri quadrati. Finanziato con 450mila euro di fondi pubblici e privati è la nuova versione del vecchio Centro visite che dal Castelletto, dov'era fino a qualche anno fa, si è spostato con una nuova versione alle Scuderie di Miramare, spazio dato in concessione per dieci anni dalla Soprintendenza Fvg al Wwf. Un museo interattivo all'insegna dell'etica, senza ricorrere dunque per forza alle specie animali vive, eccetto per una vasca, cosiddetta didattica, che contiene esseri viventi abituati, come spiega Federica Piazza dell'Area marina, ad abitare nelle aree della marea. Dal bagnasciuga lambito dalla marea alle profondità pelagiche, dalla scogliera sommersa alle praterie sottomarine, dagli anfratti rocciosi alle vaste distese sabbiose e fangose, l'itinerario subacqueo accompagna il visitatore tra ricchi diorami, alcuni pannelli (tutti rigorosamente in italiano e inglese) e alcuni focus multimediali e multisensoriali, come appunto la vasca didattica, le postazioni sonore per scoprire chi "parla" sotto alle onde o le suggestioni del mare bioluminescente. Per poi passare al piano di sopra dove vengono riportati veri e propri rifiuti marini abbandonati dall'uomo. Ecco allora che si esplorano le microplastiche e l'effetto dannoso che provocano alle nostre acque e all'ecosistema. C'è da divertirsi, perché ogni spazio è disegnato e creato a regola d'arte anche per i più piccoli. Con tanto di microscopio per confrontare, come ha raccontato Sara Firmiani della Riserva, le microplastiche attraverso i microgranuli naturali di una crema scrub e quelli in plastica di un dentifricio, e dunque capire la differenza dei prodotti, a cui dovremmo prestare più attenzione al momento dell'acquisto. Lo spazio espositivo (mostrato ieri in anteprima alla stampa) si compone anche di una moderna sala multimediale, dedicata a Barbara Camassa, giovane fotografa appassionata di fauna sottomarina, deceduta recentemente. Grazie alle liberalità offerte a Miramare in sua memoria, con l'accordo della famiglia, sono stati realizzati alcuni degli allestimenti tridimensionali. C'è uno spazio dedicato al collega deceduto Thomas De Marchi. E ancora un laboratorio didattico attrezzato, anche in questo caso dedicato al capitano Mario Bussani, appassionato naturalista e precursore dell'idea di «un parco marino e questa zona è stata la prima ad averne uno», ha detto Marizio Spoto, direttore della Riserva Marina. E infine uno spazio pensato per i più piccoli ma adattabile anche ad ospitare workshop e laboratori creativi. BioMa, realizzato in sette mesi grazie allo sforzo di tutta l'Area Marina, ha visto la partecipazione della ditta Cramer Giovanni & Figli, il Wwf Italia, ente gestore dell'area marina fin dalla sua istituzione, assieme a Wwf Oasi. Per curare il percorso museale sono stati ricostruiti ambienti e specie con minuziosa meticolosità del team di progettazione, tutto targato Wwf Oasi, mentre dietro alla realizzazione e alla posa in opera c'è la precisa ed esperta esecuzione artigianale dello studio Wild'Art di Roma, che ha curato le scenografie e gli allestimenti con oltre 200 specie di fauna e flora, di cui un centinaio in 3D e dimensioni naturale. Il risultato è il frutto di una collaborazione tra il ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (primo finanziatore con 350mila euro), e quello dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, così come della Regione. Ma a credere fin da subito al progetto è stata anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste e il Wwf stesso (in totale 100mila euro). Oggi si prevede orario continuato con visita libera gratuita per tutti dalle 10 alle 18. Domani dalle 10 alle 13 ingresso ridotto (4 euro) per la "Caccia ai tesori della Riserva". Invece al pomeriggio, due visite guidate, con partenza alle 14.30 e alle 16.30 e a seguire lo spettacolo "Biodiverso a modo mio" realizzato in collaborazione con l'Associazione Teatro Bandus grazie ad un contributo della Regione Friuli Venezia Giulia.

Benedetta Moro

 

 

Muggia - Incontro pubblico sui rifiuti
Oggi alle ore 15 al bar teatro Verdi di Muggia si terrà l'incontro "La parola ai cittadini, tema: rifiuti!", promosso dai Consiglieri comunali Emanuele Romano del M5S, Roberta Tarlato di Meio Muja e Roberta Vlahov di Obiettivo Comune. Verranno raccolte e valutate le proposte dei cittadini, da condividere con i consiglieri. «Stiamo facendo il lavoro che avrebbe dovuto fare l'amministrazione in questi ultimi due anni» dichiara Romano. «Informare, ascoltare, condividere, far partecipare le persone e scegliere assieme. Abbiamo già un'idea di come dovrebbe essere la raccolta rifiuti 5 stelle a Muggia, ma come metodologia il confronto diretto con i cittadini è fondamentale».

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 marzo 2018

 

 

Legambiente: bene la variante al PRGC del Comune di Grado che chiude con la cementificazione - (Legambiente, circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone)
Legambiente valuta favorevolmente l'approvazione da parte del Consiglio Comunale di Grado della "VARIANTE ALLA COMPONENTE STRUTTURALE DEL Piano Regolatore Comunale".
Il sostanziale ridimensionamento delle volumetrie nelle zone ex Cavarera (Zamparini City) e Sacca dei Moreri (Grado 3), progetti che Legambiente è impegnata ad ostacolare fin dal 2010, segna un passaggio fondamentale per chiudere definitivamente un capitolo che, con una vasta urbanizzazione, avrebbe determinato una vera e propria devastazione paesaggistica ed un enorme, immotivato, consumo di suolo.
Sulla ex Cavarera la variante prevede un intervento molto diverso dal progetto della cosiddetta “Zamparini City” e cita testualmente: "in alternativa alle attuali dense e concentrate previsioni volumetriche, una infrastrutturazione leggera preferibilmente per scopi turistico/ricettivi all’aria aperta, da realizzarsi secondo i principi di reversibilità ed integrazione ambientale".
Per quanto riguarda la Sacca dei Moreri, la variante stabilisce una drastica riduzione delle volumetrie, che verrebbero più che dimezzate. Le dimensioni gigantesche dell’intervento, complice anche la crisi edilizia, sono state considerate decisamente irrealistiche. L'intera area dovrà quindi essere soggetta ad un drastico ripensamento, si potranno aprire così nuove prospettive e potenzialità......destinazioni d’uso pertinenti al turismo, con volumetrie complessive più contenute rispetto all’attuale... una consistente quota di ricettività all’aperto, come peraltro indicato nel piano struttura.
Riteniamo quindi che le norme di salvaguardia approvate a Grado costituiscano un atto dovuto (e coraggioso) da parte dell’Amministrazione comunale di Grado, coerente con l’opposizione ad entrambi i progetti fatta da Legambiente e da Liber@ negli anni. Con questo nuovo atto, si traduce finalmente in pratica il principio, troppo spesso disatteso, del contenimento del consumo di suolo; i progetti che oggi subiscono un deciso ridimensionamento, rischiavano al contrario, di spalancare la porta alla speculazione edilizia interessata solo a costruire più metricubi possibili in tutto lo spazio disponibile, snaturando del tutto le preziose caratteristiche dell’Isola del Sole.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 marzo 2018

 

 

Ambiente - Il depuratore di Servola comincia a funzionare
Al nuovo depuratore di Servola manca solo una lieve pressione sul pulsante d'avvio. Da oggi avanti con l'esercizio provvisorio: un momento importante che prepara l'inaugurazione ufficiale dell'impianto, che dovrebbe tenersi in maggio. Ma il lavoro è concluso: stamane alle 11.30 ne prenderanno favorevolmente atto, nel cantiere della grande struttura ambientale situato in via degli Alti Forni 9 quasi adiacente a Scalo Legnami, l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito e il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Con loro il presidente del gruppo Hera, controllante di AcegasApsAmga, Tomaso Tommasi di Vignano e il direttore generale dell'utility giulio-friulo-padovana Roberto Gasparetto. L'annuncio dell'iniziativa sottolinea che dopo di tre anni di lavoro il depuratore è pronto per iniziare il trattamento dei reflui triestini. Con un respiro di sollievo per istituzioni e azienda: perchè stamane può finalmente iniziare l'iter per affrancare Trieste dalla procedura di infrazione comunitaria che pendeva sul vecchio impianto. L'accensione non implica automaticamente la liberazione dalle "indagini" condotte da Bruxelles, ma adesso si può documentare, a distanza di una decina d'anni da quando la Commissione Ue prese carta e penna, che la risposta è arrivata. Una risposta non dappoco. Una scheda di AcegasApsAmga riassume i numeri più importanti di un'impresa cominciata nel 2015. L'investimento totale ammonta a 52,2 milioni di euro, coperto per tre quinti da eurofondi Fsc e da un contributo pluriennale erogato dalla Regione Fvg, cui si aggiungono i proventi della tariffa. L'opera si sviluppa su una superficie di 34.500 metri quadrati ed è chiamata a servire 190 mila abitanti, poco meno di due terzi della popolazione residente nel territorio provinciale triestino. Saranno trattati dagli 80 ai 100 mila metri cubi di acqua al giorno. Un cantiere al quale ha lavorato una media di 300 addetti al giorno: la parte tecnologica dell'impianto è stata curata da Veolia e da Suez, mentre alle strutture edili ha provveduto la carpigiana Cmb. L'avventura del nuovo depuratore, come premesso, aveva avuto inizio nel 2008, quando Bruxelles rilevava l'inadeguatezza ambientale del vecchio impianto, in quanto la condotta sottomarina portava l'acqua fognaria direttamente in mare senza preventivo trattamento a terra. Il progetto, messo a punto per ovviare al pericolo dell'infrazione, è piuttosto complesso: gli ingegneri Massimo Vienna e Enrico Altran hanno predisposto un intervento multifasico su cinque passaggi. Pre-trattamento nel vecchio impianto, trattamento primario, trattamento biologico, trattamento terziario, la disinfezione. Poi l'acqua fognaria filtrata imboccherà la condotta sottomarina lunga 7,5 chilometri che scaricherà al largo. Non sarà più il mare a trattare l'acqua, perchè il lavoro sarà svolto - come abbiamo visto - sulla terraferma. AcegasApsAmga si è giovata della collaborazione fornita da Ogs. Bruxelles non si accontenterà di vedere l'opera in funzione. Si riserva un anno di campionamento, per verificare che la qualità dell'acqua a mare sia compatibile con i requisiti richiesti. La sala controllo di Servola è collegata con il centro di telecontrollo del gruppo Hera, che ha base a Forlì. Hera ha già effettuato nell'area nordadriatica due importanti realizzazioni di carattere fognario a Rimini e a Cà Nordio nel Padovano.

magr

 

Scatta l'operazione "campagne pulite" - A San Dorligo fari puntati contro il degrado: maleducazione e discariche abusive nel mirino
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Scatta l'operazione "Campagne pulite" a San Dorligo della Valle Dolina. Su iniziativa della seconda commissione consiliare, che ha competenza, fra gli altri temi, su territorio e ambiente ed è presieduta da Roberto Potocco (Pd), è iniziata un'operazione che ha come obiettivo quello di «restaurare la legalità e il decoro - si legge nel testo che accompagna l'avvio dell'intervento - laddove se ne verifichi la compromissione, in un territorio, come quello del nostro Comune, che valutiamo d'immenso valore naturale. Come ormai accertato - continua la nota - l'ambiente appare martoriato da comportamenti di cittadini, che non possiamo che definire incivili e che meritano tale classificazione a maggior ragione, perché del tutto ingiustificati. Non si riescono a trovare bisogni o esigenze reali dei proprietari delle aree interessate che giustifichino un tale modo di fare».«Il rispetto per il territorio, l'ambiente e il paesaggio è un dovere dell'intera comunità - sottolinea Potocco, che da tempo aveva in animo di avviare questo processo di rivisitazione del territorio e che si sta occupando anche delle problematiche legate ai cattivi odori, altro tema di attualità a San Dorligo della Valle - ed è quindi argomento svincolato da qualsiasi considerazione politica o partitica. Animati da questo spirito, come componenti della seconda commissione abbiamo dato avvio a un'attività di verifica e controllo del territorio. Abbiamo purtroppo individuato, già nel corso dei primi sopralluoghi baracche, roulotte e discariche, presumibilmente abusive, oltre a innumerevoli accumuli di materiale delle più svariate provenienze. Da tali rilievi è emersa la necessità di avviare tutte le attività utili a modificare questa situazione di degrado. I cittadini hanno diritti - continua il presidente della seconda commissione - ma anche doveri e tra questi ultimi è di primaria importanza quello del rispetto dell'ambiente e del paesaggio nel quale vivono e viviamo. L'operazione a questo punto può dirsi pienamente avviata - conclude - e ha lo scopo di contrastare sia i fatti illeciti, ove se ne risulti la sussistenza, sia la maleducazione dei singoli individui, fattore che compromette l'interesse di tutti».

Ugo Salvini

 

Niente turismo di massa - Brioni punta sull'ambiente
L'annuncio del ministro del Turismo Gari Cappelli: stop al progetto faraonico che prevedeva fra l'altro l'aumento dei posti letto e un golf resort di lusso
POLA - Viene cestinato il progetto dello sviluppo turistico commerciale a Brioni che prevedeva l'aumento delle capacità ricettive, l'adeguamento dell'offerta turistica e la costruzione di un moderno golf resort. Zagabria opta invece per il rilancio sostenibile, valorizzando al massimo le strutture già esistenti senza nuovi interventi sull'ambiente. E soprattutto verrà rafforzato il carattere di parco nazionale, mettendo in primo piano dunque la tutela dell'ambiente. È quanto ha dichiarato il ministro del Turismo Gari Cappelli parlando ai giornalisti allo stand dell'ente turistico croato allestito alla Borsa mondiale del turismo di Berlino. A questo punto appare chiaro - anche se nessuno lo dice- che le Isole Brioni non faranno più parte del decantato e mai decollato progetto Brioni Riviera, fortemente voluto dall'ex presidente della Regione Istriana Ivan Jakovcic. «Abbiamo abbandonato l'idea del turismo di massa - ha spiegato - per puntare alla qualità dell'offerta, in primo luogo all'innalzamento degli alberghi al rango di 5 stelle. Per quanto riguarda il golf, faremo piccoli interventi migliorativi al vecchio campo di 18 buche sul quale giocavano il Maresciallo Tito e i suoi ospiti. La nostra intenzione è di trasformare l'arcipelago in fiore all'occhiello del turismo istriano e croato in generale». Per quanto riguarda i metodi con cui procedere in questa direzione, il ministro ha spiegato che sulla piattaforma del progetto sta lavorando lui stesso accanto ai ministri Goran Maric e Tomislav Coric. «Ovviamente - ha aggiunto - intendiamo operare in perfetta sintonia con l'autonomia locale così da arrivare a una condivisione di obiettivi». È chiaro che per effettuare il salto di qualità servirà l'intervento di capitale fresco, per cui si sta pensando alla concessione che in ogni caso non verrà assegnata prima del 2020. A questo punto però emerge l'interrogativo sul tornaconto dell'investitore per un progetto pieno di vincoli e paletti da rispettare che ne limiteranno il profitto. Di certo un intervento va fatto, poiché le isole Brioni rappresentano una bellezza i cui effetti finanziari sono alquanto modesti, soprattutto se rapportati alle destinazioni simili nel Mediterraneo. Gli alberghi e le ville sull'isola di Brioni Maggiore - con un totale di 156 camere e 304 posti letto - registrano all'incirca 30.000 soggiorni all'anno, equivalenti a un incasso di 1,6 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunti i 2 milioni lasciati dai circa 150.000 escursionisti giornalieri e i 340.000 euro da parte dei diportisti. Troppo poco, tanto che lo Stato deve spesso intervenire per far quadrare i conti. L'approvvigionamento idrico fra l'altro è lacunoso, e non è raro che l'acqua per i servizi venga a mancare.Le isole che furono la residenza estiva di Tito e dei suoi privilegiati ospiti si rivelano dunque un patrimonio che non riesce a sostenersi finanziariamente. In passato i vari governi hanno effettuato diversi tentativi per attirare investitori stranieri, senza esito però. E neanche ora gli operatori del settore sembrano troppo ottimisti.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 marzo 2018

 

 

A2A in Fvg produce valore per 21 milioni - I numeri del bilancio di sostenibilità del gruppo energetico. Al via un concorso per favorire iniziative imprenditoriali per il turismo
MILANO - A2A presenta il primo bilancio di sostenibilità del Friuli Venezia Giulia, documento che riassume gli impegni, i risultati e i fatti del 2016 relativi alla attività della multiutility energetica sul territorio locale. I dati sono riferiti in particolare alle province di Udine e Gorizia, dove A2A è presente con le sue attività. Il valore della ricchezza distribuita dall'azienda sul territorio è stato di 21 milioni di euro nel 2016, con 5,4 milioni spesi in forniture e servizi a favore di aziende del territorio. Sul fronte della responsabilità ambientale, nell'ultimo anno considerato la società ha prodotto energia elettrica pari a quasi un terzo del fabbisogno regionale, con i suoi impianti idroelettrici (Somplago e Ampezzo) e termoelettrici (Monfalcone). Per il 18,5% si tratta di energia da fonti rinnovabili. Gli impianti idroelettrici hanno generato, nonostante le scarse precipitazioni, 503 gigawattora, beneficiando degli interventi di ottimizzazione realizzati - a partire dal 2011 - per sostituire i gruppi di generazione turbina-alternatore degli impianti di Somplago e Ampezzo. Nel 2016 sono stati rilasciati 62milioni di m3 di acqua per garantire il deflusso minimo vitale, a tutela degli ecosistemi fluviali.In parallelo è proseguita l'attività di ripopolamento della fauna ittica, in base agli accordi siglati con l'Ente Tutela Pesca della Regione Friuli Venezia Giulia. Nel corso del 2016, la centrale termoelettrica di Monfalcone ha prodotto 2.214 gigawattora. Nelle due sezioni, rimaste in servizio, sono operativi dal 1° gennaio 2016, i nuovi sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto, che hanno comportato un investimento di 25 milioni di euro. Nello stesso anno, sono state largamente inferiori ai limiti di legge, anche le emissioni medie di SO2 (-59%) e di polveri (-75%). Per quel che concerne la responsabilità sociale, l'azienda rivendica il supporto in maniera continuativa di iniziative culturali, sportive, ambientali e sociali sul territorio. Nel 2016 ha erogato 56mila euro in sponsorizzazioni e contributi ad associazioni locali. Il dialogo con la comunità si sviluppa anche attraverso l'apertura degli impianti al pubblico, che coinvolge scuole e famiglie. Nel 2016, 918 persone hanno visitato i siti produttivi di A2A sul territorio. Sono 161 i collaboratori che lavorano nelle sedi friulane di A2A, con nove nuove assunzioni nel 2016 di personale residente nel territorio. Grande attenzione viene prestata alla formazione: le ore dedicate nell'ultimo anno analizzato sono state in media 29 per dipendente, oltre il 40% in più rispetto alla media del gruppo. Intanto la multiutility lancia anche un concorso di idee "CreiAMO Fvg" con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo sostenibile del Friuli Venezia Giulia. Un'iniziativa che tira le fila del forumAscolto Fvg di A2A tenutosi sempre a Udine lo scorso dicembre. Nell'occasione, il gruppo che si occupa di produrre e distribuire energia elettrica e gas metano, nonché di servizi ambientali si era impegnata a lanciare nell'anno in corso un progetto a supporto di iniziative imprenditoriali finalizzate allo sviluppo sostenibile del territorio. Due mesi dopo arriva quindi la "chiamata alle armi" rivolta a tutti coloro (residenti o con sede legale in regione) che vorranno proporre idee imprenditoriali per favorire il turismo sostenibile in Friuli Venezia Giulia, ad esempio attraverso iniziative come mobilità sostenibile, attività sportive e culturali, nonché servizi innovativi e digitali. Le candidature dovranno essere presentate - entro il 15 aprile - direttamente online caricando sulla piattaforma dedicata una breve presentazione del progetto, un video pitch di tre minuti e un business plan. Ai vincitori sarà garantito, oltre a un sostegno economico, un percorso di light incubation per lo sviluppo della loro idea progettuale, curato dall'incubatore certificato Impact Hub Milano.

Luigi Dell'Olio

 

 

Sul Carso - Sistemati il Sentiero Natura e il lavatoio
TRIESTE - Dalla circoscrizione di Altipiano Ovest arrivano due buone nuove per i residenti di Prosecco e Santa Croce. Grazie alla collaborazione tra il privato e il pubblico, sono stati portati a termine due importanti manutenzioni, la prima lungo il Sentiero Natura, sistemato dagli smottamenti, la seconda sul vecchio lavatoio di Santa Croce, liberato dai rovi e dagli arbusti selvatici. Protagonisti dell'intervento una squadra di operai forestali del corpo regionale, la parte pubblica, e Albino Rupel, geometra residente a Prosecco, e già da alcuni anni interessato al recupero di manufatti e servizi del proprio territorio. Il prossimo obiettivo? La ristrutturazione della torretta che sovrasta il primo pozzo di acqua potabile di Contovello.

(ma. lo.)

 

 

Consiglio regionale - Giornata di studi su porti ed energia

Una giornata di studi dedicata alla sostenibilità energetica delle aree portuali. La organizza domani a Trieste il Consiglio regionale. Punto di partenza uno studio dell'Arpa sulle azioni pilota per il porto di Trieste. L'incontro si terrà alle 17 nella Sala Tessitori in piazza Oberdan.

 

 

Ex pescheria - Aree marine protette a confronto

Un confronto dedicato alla futura creazione di un network tra le aree protette del Mar Adriatico e dello Ionio. L'appuntamento è fissato per sabato alle 10 all'Auditorium del Salone degli Incanti. I lavori della giornata di studi, intitolata "Da AdriaPan ad AdrionPan" saranno aperti da Mitja Bricelj, segretario del ministero dell'Ambiente di Slovenia.

 

 

Corso apicoltura

Corso di avviamento all'apicoltura al Padiglione V (ex Opp), alle 17. Titolo dell'incontro "Perché tutelare le specie autoctone: la nostra ape istriana".

 

 

 

 

eHABITAT.it - MERCOLEDI', 7 marzo 2018

 

 

Ecologia del desiderio, un saggio per cambiare i paradigmi dell’ambientalismo

Perché le questioni ambientali continuano a interessare soltanto sparute nicchie di ambientalisti e non diventano, invece, la priorità di governi, organi di informazione ed educatori? Perché nei discorsi della politica – la recente campagna elettorale ne è una prova – l’emergenza ambientale viene costantemente dimenticata o, nel migliore dei casi, subordinata a urgenze costruite solamente per coagulare il consenso? In sintesi perché l’ambientalismo continua a essere una nicchia all’interno di una società che ha accesso a tutte le informazioni necessarie per comprendere i rischi connessi ai cambiamenti climatici, all’inquinamento e all’esaurimento delle risorse fossili e non ? Ecologia del desiderio, il saggio del giornalista Antonio Cianciullo pubblicato di recente da Aboca, cerca di rispondere a queste domande e lo fa a ragion veduta, visto che il suo autore si occupa di temi ambientali da oltre trent’anni. Secondo l’autore, due sono le cause del mancato cambio di paradigma di fronte alla catastrofe: gli interessi economici in gioco che perpetuano l’economia dei combustibili fossili a scapito delle energie alternative e il deficit della risposta delle masse alla richiesta di un rallentamento della folle corsa ai consumi. La tesi del saggio di Cianciullo è molto chiara. Se gli ambientalisti non sono riusciti a comunicare l’urgenza di una rivoluzione ecologista la colpa è da rintracciare in un difetto della comunicazione: “Finché gli ecologisti continueranno a vendere solo paura falliranno, anche perché la paura è merce inflazionata: dal terrorismo ai nuovi flussi migratori la concorrenza non manca. E la paura dell’oggi batte quella del domani”. L’ambientalismo riesce a dialogare con una ristretta nicchia di persone informate e desiderose di confrontarsi con la complessità, ma perché i paradigmi del consumo cambino occorre che questo messaggio arrivi alle masse. Anche l’intrattenimento deve concorrere alla costruzione di un nuovo immaginario capace di evidenziare le urgenze del nostro tempo: “Per smettere di addentare in modo bulimico il pianeta non bastano i notai dei disastri, ci vogliono romanzi, film, telenovele che aiutino a costruire un immaginario quotidiano in linea con la nuova realtà, quella in cui rischiamo di finire vittime di noi stessi. E questo immaginario non può essere solo negativo, perché in mancanza di alternative convincenti una prospettiva terrorizzante viene rimossa”. Nell’incontro tenutosi alla Casa dell’Ambiente di Torino lo scorso 2 marzo Cianciullo ha sottolineato l’importanza di un cambio di registro da parte di tutti coloro che hanno l’interesse a veicolare i temi della sostenibilità ambientale: “Giornalisti e politici devono conquistare, rispettivamente, l’attenzione di lettori ed elettori e il metodo più sbrigativo e conveniente che possono utilizzare è utilizzare la paura che è un potente traino per le emozioni. Lo si è visto nel corso di questa campagna elettorale. Da troppo tempo, però, l’ambientalismo fa leva sui timori della gente, mentre dovrebbe provare a battere altre strade per diffondersi in maniera più capillare”. Secondo Cianciullo, una delle chiavi per arrivare al grande pubblico è evidenziare come l’industria fossile non sia così conveniente come ci viene fatto credere. Nell’immaginario collettivo deve delinearsi un nuovo concetto di economia: “L’ecologia del desiderio è l’approccio di chi si è stancato di vedere una lunga lista di divieti. La strategia dell’astensione e della rinuncia potevano andare bene prima, ma oggi c’è bisogno di diffondere nuovi paradigmi della produzione a un numero più ampio possibile di persone”. La cultura pop può avere un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo immaginario. Il cinema è l’arte che più di ogni altra può entrare in contatto con un numero illimitato di persone: “Ogni anno, purtroppo, decine di ambientalisti vengono uccisi durante le lotte per la salvaguardia dell’ambiente. Queste sono storie che possono avere un grande impatto sul pubblico e possono portare le questioni ecologiche al di fuori delle nicchie dell’ambientalismo”. Uno dei tasti su cui occorre insistere sono i costi dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, due argomenti sui quali la politica e l’economia mettono costantemente la sordina. Ma come spiega l’economista Carlo Carraro, citato nelle ultime pagine del saggio, “il cambiamento climatico è il più importante dei problemi economici che abbiamo di fronte. Più della disoccupazione e delle crisi monetarie. Più della recessione della sostenibilità dei nostri sistemi pensionistici. Il più importante dei problemi economici, non un problema ambientale”. I numeri dei danni economici provocati dagli effetti dei cambiamenti climatici sono inequivocabili e dovrebbero costringere i governi e la grande industria a farsi due conti e a farli in fretta. Secondo Cianciullo, l’ambientalismo che si concentra sui limiti dello sviluppo “può spaventare, può vincere la gara dei calcoli previsionali, può conquistare credibilità scientifica. Ma non parla alla pancia, non muove la forza del sogno: una rivoluzione con una squadra di contabili al potere non suona convincente. Non ha un marketing vincente”. Nell’immediato la sfida dell’ambientalismo è, quindi, quella di creare una nuova narrazione capace di tenere insieme cultura, politica, economia e informazione. Proprio quello che Cianciullo riesce a fare con un libro divulgativo che si legge tutto di un fiato e riesce a fare un po’ d’ordine nel caos generato dal sovraccarico informativo in cui siamo immersi.

Davide Mazzocco

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 marzo 2018

 

 

Circolo Verdeazzurro - "La gestione degli alberi a Trieste"

Alle 18 in via Donizetti 5/A: incontro per discutere della gestione del patrimonio arboreo della città assieme a Francesco Panepinto, funzionario forestale del Servizio spazi verdi pubblici del Comune di Trieste.

 

 

Trieste lancia il Fvg nella rete green - La Regione entra nel network per lo sviluppo di pratiche ecosostenibili nelle città
La Regione Friuli Venezia Giulia ha siglato l'accordo per entrare nella rete "Green city network", promossa dalla "Fondazione Sviluppo Sostenibile" per analizzare, promuovere e sviluppare le buone pratiche ecosostenibili nelle città, le quali troppo spesso agiscono in maniera isolata. Il progetto è nato in seguito al lancio del manifesto "La città futura" per lo sviluppo della green economy e, nella sua fase sperimentale, vedrà la partecipazione delle Regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo scelto di iniziare con le due regioni con la maggior sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali, ma puntiamo ad ampliare la rete a livello nazionale», ha spiegato Edoardo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile ed ex ministro dell'Ambiente, nel corso della conferenza stampa tenutasi ieri nel palazzo della Regione a Trieste. Al centro del progetto "Green city Network" c'è una bozza di "linee guida" che puntano ad assicurare un'elevata qualità urbana (compresa quella architettonica), utilizzare le risorse in modo efficiente e circolare e adottare misure per contrastare il cambiamento climatico. Sulla base di queste linee guida si terrà in aprile un incontro coi Comuni della regione per chiedere un parere sulla loro possibile attuazione. «La "green economy" trasforma la sfida per la salvaguardia dell'ambiente anche in un'opportunità economica», ha dichiarato il presidente Ronchi. «Si deve pensare ad essa - ha ribadito l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito - non come a una dimensione marginale e bucolica, bensì a un settore trasversale per la strategia di sviluppo e di crescita». L'assessore Vito ha poi elencato alcune delle iniziative intraprese dalla Regione in campo di politiche ambientali, a partire dal piano per una rete d'infrastrutture per le auto elettriche fino alla battaglia contro il rischio idrogeologico, nonché il supporto al nuovo depuratore di Servola che verrà inaugurato venerdì. «Abbiamo ereditato una regione che era il fanalino di coda d'Italia riguardo all'ambiente e in cinque anni siamo riusciti a darle una svolta», ha rivendicato infine Vito.

Simone Modugno

 

 

Ricerca in Canada - L'inquinamento "controlla" Dna - Scoperto collegamento tra i geni sollecitati dallo smog e le malattie. Le morti per inquinamento
ROMA - Le sostanze inquinanti presenti nell'ambiente possono "prendere il controllo" del Dna, accendendo in questo modo alcuni geni piuttosto che altri e scatenando malattie cardiache e respiratorie. Ad indicarlo è la prima indagine basata sull'analisi del Dna di oltre mille individui. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Canada, dal gruppo dell'Ontario Institute for Cancer Researc. Dall'analisi del Dna raccolto da campioni di sangue, sono stati individuati gli effetti di polveri sottili, biossido di azoto e biossido di zolfo. Per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'Università di Roma Tor Vergata: «La ricerca ci dice quanto pesa il contributo dell'ambiente sul rischio di sviluppare alcune malattie». Queste «sono la conseguenza dell'interazione tra Dna, ambiente e casualità, ma non è facile determinare il peso di ognuno dei tre fattori». Ora si può fare grazie a studi come quello condotto nel Quebec sul Dna di 1.007 persone che vivono in posti diversi: da Montreal fino alla piccola Quebec City e la regione poco urbanizzata di Saguenay-LacSaint-Jean.Non a caso è stato scelto il Quebec per studiare gli effetti dell'ambiente sul Dna. «Qui la popolazione - ha spiegato Novelli - ha un corredo genetico simile, perché discende da un piccolo gruppo di persone arrivato nel XVIII secolo». Confrontando Dna simili di individui che vivono in zone diverse, e quindi sono esposti a livelli differenti di inquinamento, i ricercatori hanno scoperto che le sostanze inquinanti influenzano l'accensione o lo spegnimento di alcuni geni aprendo la strada soprattutto a malattie cardiache e respiratorie. È stato poi scoperto che l'impatto dell'ambiente sull'attività dei geni prevale sulla predisposizione genetica al rischio di queste malattie. «L'impatto dell'ambiente sui geni - ha concluso Novelli - è paragonabile ad un vestito, che il Dna può mettere o togliere. Mentre il Dna è scritto a penna e non si può cambiare, il "vestito" è scritto a matita e si può cambiare o con farmaci, oppure cambiando ambiente e stili di vita». Secondo l'esperto, lo studio dimostra anche quanto siano importanti i progetti sul Dna delle popolazioni, come Genome Canada, alla base dell'indagine. Per questo, anche in Italia «noi genetisti invochiamo da anni il progetto Genoma Italia».

 

 

Rigassificatore, Regione in trincea - Komadina annuncia la bocciatura dello studio di impatto ambientale
FIUME - Prosegue il muro contro muro tra Regione del Quarnero e Zagabria sul progetto del rigassificatore off-shore nelle acque dell'isola di Veglia. Un progetto fortemente avversato nella Contea fiumana e caldeggiato invece dall'amministrazione statale con il sostegno di Washington e dell'Unione europea. Il governatore della Regione di Fiume, il socialdemocratico Zlatko Komadina, ha annunciato che la sua amministrazione boccerà lo Studio di impatto ambientale del terminal offshore. Un rifiuto che contribuirà ad alimentare ulteriori tensioni e proteste lungo l'asse Fiume-Zagabria, con scenari al momento imprevedibili. Komadina, nel motivare il no della Contea al documento, ha dichiarato che in riva al Quarnero si pretendono alti standard di tutela ambientale, garantiti dal progetto legato all'approntamento del rigassificatore sulla terraferma, nei pressi di Castelmuschio (Omisalj). «L'attività del rigassificatore offshore - ha concluso il governatore - potrebbe invece inquinare gravemente l'ambiente marino». Intanto prosegue fino al 18 marzo nella sede del Comune di Castelmuschio (ma anche online) la raccolta di firme contro la nave metaniera.

(a.m.)

 

 

Un punto di raccolta rifiuti davanti al castello di Muggia - L'artista Villi Bossi, proprietario del maniero: «Un'offesa a città e visitatori»
L'assessore Litteri: «Pronti a spostarlo se interferisce con l'attività turistica»
MUGGIA - Sportelli itineranti e mappatura dei punti di raccolta dei sacchetti della spazzatura dove il servizio "porta a porta" non può arrivare. Queste le ultime novità in materia di raccolta differenziata dei rifiuti a Muggia, anche se le polemiche non accennano a diminuire come denuncia il proprietario del castello di Muggia: «Il Comune ha creato un punto di raccolta dei sacchetti della spazzatura davanti all'ingresso di uno dei simboli di Muggia». Castello Incredulità e rabbia. Sono i sentimenti che contraddistinguono in questi giorni Villi Bossi, il celebre artista muggesano di fama internazionale che da diversi anni ormai risiede all'interno dello storico Castello di Muggia. Il motivo? Il Comune ha deciso di posizionare davanti all'ingresso dell'edificio simbolo della cittadina rivierasca un punto di raccolta di rifiuti. «Sono sbigottito, mi chiedo solamente come si sia potuta pensare una simile cosa. Con tutti i turisti che vengono a farci visita come si può ipotizzare di raccogliere i rifiuti proprio davanti all'entrata del Castello? È un'offesa all'immagine di Muggia e al concetto di turismo», osserva Bossi. Anche il figlio, Alberto, ha rimarcato la situazione: «Mio padre è 25 anni che si impegna gratuitamente per tenere decorosa tutta la zona attorno al maniero. Siamo davvero amareggiati». Villi Bossi si è incontrato con l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri per cercare di far cambiare idea all'amministrazione comunale. Come è andata? «Potremmo eventualmente spostare questo punto di raccolta qualora interferisca con l'attività turistica del signor Bossi», ha spiegato l'esponente della giunta Marzi che ha anche puntualizzato le modalità del sistema: «Nel centro storico i sacchi vanno esposti fuori dalla porta di casa dalle 7 alle 9 del mattino tre volte alla settimana (carta, plastica e secco residuo): entro le 9 vengono raccolti da un mezzo elettrico. Soltanto per le case alle quali il mezzo elettrico non può accedere perché ci sono scale, abbiamo individuato dei punti di raccolta ed uno di questi è vicino all'entrata del castello». Nelle calli o nelle vie in cui il servizio "porta a porta" non è disponibile, i residenti sono dunque autorizzati a utilizzare i seguenti sette punti di raccolta dei rifiuti: via della Torre (angolo calle Puccini), via Dante Alighieri (lavatoio/fontana), via Verdi (angolo corso Secundis), calle Lauri (civico 2), calle Lauri (angolo calle Monticula), calle Monticula (angolo largo Amulia) e calle Monte Albano (angolo via Verdi). Sportello Uno "sportello itinerante" sulla raccolta differenziata dei rifiuti. È questa la nuova strategia comunicativa dell'amministrazione comunale muggesana per affrontare la spinosa questione del "porta a porta". Il Comune ha formalmente calendarizzato una serie di appuntamenti informativi dedicati ai cittadini che si snoderanno nel corso di tutto il mese di marzo. «Gli incontri sono stati strutturati secondo la modalità di uno sportello informativo itinerante quotidiano, dislocato, con cadenza fissa, in una zona diversa del territorio in modo da essere il più accessibile possibile a tutti i cittadini e offrire, al contempo, a chiunque la possibilità di interfacciarsi nel giorno più confacente ai propri impegni», spiega in una nota il Comune. Ogni giorno, dalle 17 alle 19, sarà offerta la possibilità di confrontarsi sul nuovo sistema "porta a porta". Questo il calendario stilato dal Municipio: i lunedì (12, 19 e 26 marzo) a Zindis (sede della Microarea), i martedì (13, 20 e 27 marzo) a Fonderia (sede degli uffici di via di Trieste, primo piano), i mercoledì (oggi, 14, 21 e 28 marzo) nel centro cittadino (all'ufficio Urp di piazza della Repubblica) e a Santa Barbara, i giovedì (8, 15, 22 e 29) ad Aquilinia (nella segreteria della Tergestina nel palasport) e infine i venerdì (9, 16, 23 e 30) a Chiampore (alla scuola della musica). Nel mentre l'Infopoint della Net continuerà ad essere operativo nella sede dell'Urp di piazza della Repubblica ogni venerdì, dalle 10 alle 12. E per chi non riuscisse a recarsi fisicamente ai vari appuntamenti rimarrà sempre a disposizione il numero verde della Net 800520406.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 marzo 2018

 

 

Com'e' profondo il mare di Renata Lucchi (OGS) - La ricercatrice svolge indagini sull'evoluzione dei margini continentali attraverso i carotaggi

Ora studia l'Artide - Ha grande esperienza, al suo attivo ben cinque missioni oceanografiche, di cui due come responsabile scientifico.

Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare, diceva Borges. Ed effettivamente il mare ha i suoi codici, la sua lingua e soprattutto una storia che può ricondurci a quella della Terra. Quando la passione per l'ambiente acquatico si fa scienza, qui a Trieste non si può ignorare il nome di Renata Lucchi, ricercatrice presso l'Ogs. Ha una storia articolata alle spalle: laureata a Milano, specializzata in Galles, ha poi svolto ricerca a Barcellona. Il suo campo è la Geologia marina. Ora vive e lavora a Trieste: «Non amo le città grandi - dice - Trieste ha una dimensione molto più umana rispetto alle metropoli e poi è realmente la città della scienza». All'Ogs Renata Lucchi si occupa dell'evoluzione dei margini continentali e quindi le aree di piattaforma e scarpata continentale: «Parliamo di ambiente marino con profondità dai 200 ai 1600 metri. Svolgo questa attività prevalentemente attraverso lo studio delle carote di sedimento», ovvero dei sondaggi del sottosuolo marino che contengono il record temporale di quello che è avvenuto nel punto in cui si effettua il sondaggio. «In pratica in base alle caratteristiche fisiche della composizione del luogo che io studio, posso capire quale tipo di progetto ha causato l'eventuale erosione o il trasporto. Da oltre 15 anni mi occupo dei margini polari. Quando sono rientrata dal Galles ho lavorato su progetti relativi all'Antartide mentre ora mi occupo dell'Artide». Lucchi ha fatto ben 5 campagne oceanografiche, in due aveva come responsabile scientifico. «I dati che noi produciamo, le nostre ricostruzioni, servono poi ai modellisti che li usufruiscono nei loro modelli con lo scopo di fare predizioni per il futuro». Ma il mare, appunto, è una passione che si traduce anche al di fuori del lavoro. Renata Lucchi infatti è istruttrice di nuoto, ha un brevetto di assistente bagnante, ha un brevetto Padi per fare le immersioni: «Amo però anche le altezze, non solo le profondità acquatiche. Ho seguito infatti un corso di alpinismo con il gruppo I Corvi di Mandello, tuttavia i miei hobby sono stati rallentati dalla nascita dei miei tre figli».

Mary B. Tolusso

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 marzo 2018

 

 

LAVORI: ACEGASAPSAMGA - Un piano acqua da 12 milioni - Tubi nuovi per 90 mila residenti

Il 2018 sarà l'anno dell'acqua. AcegasApsAmga, l'utility nordorientale (Trieste-Padova-Udine) controllata dal gruppo Hera, ha redatto il budget di stagione, che vede il ciclo idrico al primo posto negli investimenti programmati su Trieste. Il 40% delle risorse postate dalla società, per alzare la qualità dei servizi, è destinato in particolare a migliorare l'efficienza nell'erogazione dell'acqua, nella zona carsica e in una ampia porzione dell'area urbana. La distribuzione del gas, in vista anche della gara che sarà bandita entro l'estate, la riqualificazione della rete elettrica, l'ammodernamento dei mezzi e dei contenitori impiegati per tenere pulita la città completano il ventaglio degli interventi che saranno effettuati durante il corrente anno. Roberto Gasparetto, direttore generale dell'azienda e riferimento della capogruppo sul territorio, molla per un attimo gli ormeggi dalla sua proverbiale prudenza: «L'obiettivo strategico è l'eccellenza delle prestazioni. Se in questi anni abbiamo provveduto alla base preparatoria degli adempimenti, il 2018 dovrà segnare il salto di qualità». Per farlo AcegasApsAmga mette sul tavolo 30 milioni, a concludere il quadriennio di interventi iniziato nel 2015 con un impiego complessivo di circa 160 milioni di euro. I 30 milioni dell'annata saranno così ripartiti: 12 sul ciclo idrico, 10 sul gas, 6 sull'energia elettrica, 2 sull'ambiente. Sul punto più elevato del podio, come anticipato, scroscia la questione acqua. Con due operazioni-pilota. La prima, sia per i costi (2,4 milioni di euro) che per le difficoltà di esecuzione, riguarda la sostituzione della condotta di Monte Calvo, un rilievo di 454 metri non lontano dall'Area di ricerca. L'impianto approvvigiona circa 30 mila residenti: l'acqua arriva dal serbatoio di Santa Maria Maddalena e punta verso l'Altipiano. Disseta tra gli altri Padriciano, Basovizza, Conconello, Banne. Il dislivello di quasi 400 metri - spiega Gasparetto - deve essere affrontato mediante un'elevata pressione che ha finito con il logorare l'infrastruttura. L'attuale "tubone" s'inerpica in mezzo ai boschi e così ogni problema tecnico si moltiplica per due, perché manutenzioni e riparazioni sono più lunghe e difficili. E per ogni intervento bisogna chiudere l'impianto, provocando frequenti disservizi. La nuova condotta sarà invece realizzata vicino a strade praticabili, in modo tale da velocizzare l'operatività. Navigando nelle acque comunali si scende poi verso la periferia e verso il centro, dove saranno bonificate le condotte in ghisa grigia, collocate negli anni Trenta: l'anzianità delle giunzioni non giova al trasporto e alla distribuzione idrica, per cui occorre aprire numerosi cantieri e spendere 2 milioni di euro. Una vasta fascia urbana sarà interessata all'operazione, che toccherà Borgo Teresiano, Barriera Nuova, Cologna, Guardiella, zona dell'Ospedale Maggiore, Longera, Rozzol Melara. Gasparetto stima tra i 50 e i 60 mila residenti.La tubatura di ghisa grigia non è problematica solo per l'acqua, ma anche per il gas. Bisogna cambiarla. Una buona parte del lavoro sui 560 chilometri della rete cittadina è già stata fatta, nel 2018 necessiterà provvedere a una quarantina di km, finanziati con poco meno di 4 milioni di euro. In tema di energia elettrica, l'attenzione di AcegasApsAmga si concentrerà sull'area di Chiadino, dove saranno posati 4 chilometri di cavi a media tensione. Gasparetto ha chiuso la rassegna delle principali iniziative dell'annata con il comparto ambientale, che vedrà ammodernata la flotta di automezzi, la cui età media si è di molto abbassata attorno ai 4-5 anni e i cui standard sulle emissioni inquinanti sono tutti classificati Euro 6.I rapporti con il Comune, che è socio di Hera con una quota del 4,6%, sono giudicati dal direttore generale «buoni e collaborativi, come dimostrato dalla gestione del cantiere di via Carducci». Superate infine le incomprensioni sulle multe riguardanti la pulizia delle strade.

Massimo Greco

 

 

Gara dei rifiuti, parola al Consiglio di Stato
Roberto Gasparetto coglie l'occasione per un quadro generale delle iniziative e delle vertenze di maggiore rilevanza riguardo la presenza di AcegasApsAmga sul territorio. A cominciare dal Depuratore di Servola, che ha completato i lavori ed è ora sottoposto alle prove di collaudo: la più recente è stata quella ad opera delle Ferrovie dello Stato. L'accensione della macchina ambientale servolana, costata oltre 50 milioni di euro, è ritenuta imminente. Ancora attesa, invece, sulla gara da 9,3 milioni per aggiudicarsi spazzamento e raccolta dei rifiuti solidi nell'area urbana triestina: il contenzioso, acceso dalla coop romagnola Ciclat che nello scorso novembre ha prevalso davanti al Tar Fvg, è approdato in Consiglio di Stato, che non si è ancora espresso. La gara resta quindi congelata e AcegasApsAmga, in considerazione delle tempistiche decisionali della giustizia amministrativa, ha prorogato i gestori uscenti - Italspurghi e cooperativa Sole - fino al 30 aprile 2018. Ciclat aveva impugnato il bando di gara avendo contestato l'inserimento di vincoli di carattere contrattuale in tema di lavoro. Infine, Gasparetto ha preannunciato che l'esercizio 2017 dell'utility sarà esaminato dal cda, presieduto dall'avvocato Giovanni Borgna, attorno al 10 marzo. Senza entrare nel merito delle cifre, il direttore generale ha anticipato che si tratterà di un buon bilancio, con risultati «superiori alle previsioni». Al manager preme soprattutto sottolineare la sensibile diminuzione dell'indebitamento, sceso attorno ai 400 milioni.

(magr)

 

 

Rigassificatore di Veglia, sale la protesta - In pochi giorni diecimila firme per la petizione lanciata dal Comune di Castelmuschio. Manifestazione a Fiume
FIUME - Si infiamma la protesta contro il rigassificatore che il governo croato intende costruire a Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia (Krk). Il Comune, che da settimane si oppone all'idea di un terminale galleggiante (offshore), ha lanciato una petizione che ha raggiunto in pochi giorni quota diecimila firme, mentre l'altro ieri alcune migliaia di persone hanno manifestato a Fiume, ottenendo il sostegno di diversi politici. Il progetto, che si trascina da diversi anni e che dovrebbe essere completato entro il 2019 - ha già ricevuto un finanziamento europeo - sembra dunque non fare passi avanti per quanto riguarda il gradimento da parte della popolazione ma anche delle autorità locali.«Ritengo che il progetto di costruzione di un rigassificatore galleggiante a Castelmuschio sia inaccettabile dal punto di vista giuridico, economico ed ambientale e chiedo al governo croato di rinunciare alla sua attuazione»: è questo il testo che il Comune di Castelmuschio chiede ai cittadini croati di sottoscrivere al fine di far pressione sull'esecutivo di Zagabria. Pubblicata sul sito internet del Comune stesso (omisalj.hr/peticija), la petizione ha già ottenuto il sostegno trasversale di diverse autorità locali che dall'Istria a Fiume sono scese in campo contro il terminal per il gas naturale liquido (Gnl). L'eurodeputato della Dieta democratica istriana Ivan Jakovcic, i socialdemocratici Vojko Obersnel e Zlatko Komadina, rispettivamente sindaco di Fiume e presidente della Regione litoraneo-montana (Primorsko-goranska zupanija), così come il presidente del movimento anti-sistema Zivi zid, Ivan Sincic, hanno manifestato nel fine settimana a Fiume al fianco della prima cittadina di Castelmuschio Mirela Ahmetovic, chiedendo una moratoria sulla costruzione. A creare un fronte così esteso e variopinto dal punto di vista politico è il tipo di rigassificatore che il governo croato ha in programma di realizzare a Veglia. Il terminal Gnl, che inizialmente doveva essere situato sulla terraferma, sarà invece di tipo offshore, al fine di accelerare i lavori. Definito un «progetto strategico nazionale» dall'esecutivo, il piano ha già ricevuto un finanziamento europeo di circa 100 milioni di euro con un vincolo per l'entrata in funzione dell'infrastruttura al 2020. Tuttavia, come ha ricordato di recente l'eurodeputato istriano Jakovcic, «lo studio del 2016 finanziato dalla Commissione europea ha evidenziato come la soluzione sulla terraferma sia migliore dal punto di vista tecnico, ambientale e anche in termini finanziari». Proprio per questo Jakovcic ha chiesto all'esecutivo di tornare al progetto iniziale oppure di costruire il terminal offshore in mare aperto e lontano dalla costa. Le autorità locali sono dello stesso avviso. Sabato la sindaca Ahmetovic ha chiesto al governo di «rispettare la legge croata», e il presidente della Regione litoraneo-montana Zlatko Komadina ha accusato l'esecutivo di Adnrej Plenkovic di volere «un disastro naturale» sull'isola di Veglia. L'assemblea regionale ha intanto approvato all'unanimità una risoluzione che si oppone al rigassificatore galleggiante, considerato inaccettabile dal punto di vista ambientale e insufficiente per quanto riguarda i benefici economici che dovrebbe portare. Per l'esecutivo la situazione si fa complicata, tenuto conto delle scadenze (i lavori devono iniziare quest'anno se li si vuole terminare entro il 2019) e delle pressioni geopolitiche. Washington, lo ricordiamo, ha recentemente fatto sapere di sostenere il rigassificatore di Veglia, che permetterebbe all'Unione europea di limitare la propria dipendenza energetica nei confronti della Russia

Giovanni Vale

 

 

GORIZIA - Il Giardino Viatori è pronto a mostrare i suoi gioielli
Si avvicina la primavera e quindi la riapertura del Giardino Viatori. Lo annuncia in poche righe la Fondazione Carigo (che ne è proprietaria) sul suo sito Internet. Sarà possibile visitare il Giardino da sabato 17 marzo a domenica 3 giugno, dalle 15 alle 19, con visita guidata alle 17. E ci sarà come sempre da perdersi tra le meraviglie costituite da centinaia di rododendri ed azalee, collezioni di lillà, ortensie, spiree, viburni, osmanti, peonie, rose rampicanti, pruni e meli da fiore, oltre a un centinaio di magnolie caducifoglie, l'ultimo grande amore del professor Lucio che, da sempre appassionato di botanica e giardinaggio, diede vita alla sua magnifica creatura dagli anni Settanta (attraverso un lungo, appassionato e dispendioso lavoro), in seguito all'acquisto di una collina ai margini della città, con splendida vista su Gorizia con il suo castello, l'Isonzo, il Carso e le Prealpi. Da tempo, il Giardino Viatori costituisce uno degli incanti della città, capace di attrarre non solo appassionati e curiosi del territorio, ma anche di altre regioni d'Italia e dall'estero, che rimangono a bocca aperta di fronte a tanta bellezza. La storia è nota: secondo le disposizioni testamentarie del professor Lucio Viatori, scomparso nel febbraio 2014, il Giardino passò alla Fondazione Carigo, la quale, con oneri economici che difficilmente altri avrebbero potuto sostenere, si è assunta l'impegno di conservare e valorizzare questo prezioso patrimonio nell'interesse dell'intera comunità, mantenendo vivo il progetto e l'insegnamento del suo creatore. Alle visite gratuite, che erano state introdotte già da anni dal professor Lucio, il Giardino, da quando è gestito dalla Fondazione con il supporto operativo dell'associazione "Amici del Giardino Lucio Viatori", ospita anche una serie di iniziative concertistiche e collaborazioni con le scuole. Ciò ha permesso di espandere ulteriormente la sua conoscenza attirando anche un altro tipo di pubblico. Il calendario delle iniziative di quest'anno, al momento, non è ancora stato reso noto.

Alex Pessotto

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 marzo 2018

 

 

Trasporti, il filobus conviene di più di quello elettrico. La lettera del giorno di Lorenzo Zivec
In relazione all'articolo apparso in data 2 marzo 2018 e relativo all'ipotesi di linea Capodistria/ Trieste mediante l'utilizzo di autobus elettrici a ricarica rapida (presumo da quello che si capisce dall'articolo), volevo aggiungere da studioso dei trasporti ecocompatibili, un paio di cose relative all'aspetto tecnico/ economico del progetto. Il costo di un tale vettore non è del 20% superiore a quello di un veicolo a gasolio ma è il doppio; molto elevati risultano pure i costi di manutenzione ed impegnativo anche lo smaltimento degli accumulatori (di rilevante impatto ambientale). Inoltre anche la eventuale istallazione di "colonnine di ricarica" lungo il percorso non è un aspetto secondario da sottovalutare, in relazione soprattutto alla potenziale utenza,tutta da verificare, della linea in oggetto. Concluderei infine citando un articolo tratto dalla Gazzetta di Parma del 1/3/2018 in cui si parla di autobus elettrici, in cui Tep che è l'azienda che gestisce il trasporto pubblico nella città emiliana conclude:"Al momento, però, l'unica tecnologia elettrica altamente affidabile è quella filoviaria, nella quale Tep ha sempre creduto. Al contrario di tante città dove la rete filoviaria è stata smantellata a partire dal primo dopoguerra, a Parma la rete è stata mantenuta e progressivamente ampliata. Certamente si tratta di un tipo di alimentazione che non si adatta a tutti i tracciati, ma laddove è utilizzabile, Tep intende senz'altro mantenerla e svilupparla, in virtù del beneficio ambientale reale (zero emissioni, zero batterie da smaltire, mezzi praticamente non soggetti ad usura) che questo genere di mobilità offre. In quest'ottica abbiamo previsto la sostituzione dei filobus attualmente in servizio sulla linea urbana 1 con 7 filobus full electric di ultima generazione".

 

«Indisciplinati». «È ingiusto generalizzare» - Polemica sul Carso fra residenti e ciclisti
È polemica sull'altipiano fra residenti e ciclisti. I primi lamentano un comportamento irrispettoso delle regole del codice della strada da parte dei tanti che, sul Carso, «pedalano in maniera indisciplinata». I secondi si sentono sottoposti a un attacco che definiscono «immeritato e che generalizza in maniera ingiusta». «Non danno la precedenza ai pedoni sulle strisce - accusano molti residenti delle tante frazioni del Carso -, pedalano affiancati in file di tre o quattro, mentre il codice prevede che si debbano sistemare in fila indiana, non rispettano i segnali di precedenza. Rappresentano un pericolo». «Rifiutiamo a priori la definizione di "ciclisti indisciplinati" - replica Federico Zadnich, coordinatore regionale Fiab, la federazione che riunisce gli amici della bicicletta - perché esistono semplicemente cittadini che utilizzano vari mezzi per muoversi, uno dei quali può essere la bicicletta. Poi chi è irrispettoso delle regole lo è sia che usi un'auto o una moto, sia che salga su una bici».

(u.s.)

 

 

Clima - Dopo le tempeste in arrivo caldo e siccita' - I dati europei confermano il riscaldamento globale.

L'estate 2018 sara' da record. E l'agricoltura e' gia' in ginocchio: i danni da neve superano i 300 milioni di euro

ROMA - Buran, l'ondata di gelo siberiano, che ha messo in ginocchio l'Italia causando disagi immani alla circolazione dei treni e non solo ha portato le temperature a un livello che da qualche anno appariva inimmaginabile, quanto meno a bassa quota. Invece la Groenlandia ha avuto ben 61 giorni con la temperatura sopra lo zero, davvero incredibile se si pensa che dal 1980 il massimo dei giorni erano stati solo 16 nel 2011. Abbiamo assistito a un inverno impensabile anche sopra l'ottantesimo parallelo che impegnerà i climatologi a studiare il fenomeno. Nell'Artico, si sono toccate temperature medie superiori di 20 gradi. Per analizzarlo ci vorrà tempo, intanto gli scienziati definiscono pazza questa situazione. Tuttavia, per tornare all'Italia i vari sotto zero percepiti lungo tutto lo Stivale non devono trarci in inganno sulla condizione climatica. Buran infatti altro non è che un evento straordinario che, tuttavia, non disturberà lo status italiano degli ultimi anni di Paese affetto da caldo anomalo e da prolungati periodi di siccità. Il 2017 si è chiuso con il riconoscimento di anno più caldo e secco degli ultimi due secoli, secondo i dati dell'Isac-Cnr (l'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Centro Nazionale di Ricerca) alla luce del fatto che in ben sei mesi su 12 si è registrata una diminuzione di oltre il 50% dei rovesci medi con temperature più alte di quasi 1,5 gradi centigradi rispetto alla norma. Il 2018 - Buran a parte - non sembra essere da meno. L'avvertimento stavolta arriva dalle previsioni meteorologiche del Centro Europeo specializzato sul clima, l'Ecwmf, secondo cui nei prossimi tre mesi la temperatura sarà più calda di 1/1,5 gradi rispetto alle medie, con l'aumento base più anomalo, circa 2 gradi, che sarà percepito nel Triveneto. Le previsioni dell'Ecwmf fanno pensare quindi che anche quest'anno sarà afoso e secco, con i conseguenti danni all'agricoltura, all'ambiente e agli approvvigionamenti idrici che - purtroppo - ormai abbiamo imparato a conoscere bene. L'agricoltura soprattutto è un settore particolarmente in crisi, dal momento che non solo la siccità, ma anche queste improvvise ondate di gelo devastano letteralmente l'esito dei raccolti: secondo Coldiretti, il freddo di questi giorni ha causato danni agli agricoltori per circa 300 milioni di euro. Caldo o freddo che sia, l'agricoltura ci rimette sempre, dal momento che ancora Coldiretti stima i pesanti effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano sull'agricoltura italiana in 14 miliardi di euro di danni nell'ultimo decennio. Il cambiamento climatico dunque continua a imperversare, e si candida ad argomento clou anche del dibattito pubblico di quest'anno. Il fantasma della siccità aleggia pericoloso anche sul 2018, con l'agricoltura che non è l'unico campo che può risentirne, dal momento che la mancanza di piogge penalizzerà sicuramente l'utilizzo delle centrali idroelettriche, che vedranno la propria produzione di kilowatt/ora di energia drasticamente frenata. In termini pratici significa che le fonti rinnovabili rischieranno di essere in calo, e che quindi per soddisfare la domanda di energia elettrica del Paese si ricorrerà maggiormente alle centrali termoelettriche e a quelle a metano. Energia costosa dunque, che potrebbe in breve tempo far lievitare sensibilmente gli importi della bolletta. Occorre fare presto, quindi, a rovesciare questa situazione climatica. Bisogna ridurre le emissioni di gas serra e aumentare la capacità di assorbimento dell'anidride carbonica da parte della biomassa, incentivando l'efficienza energetica e l'uso di fonti rinnovabili. Occorre poi incentivare opere quali impianti fotovoltaici ed eolici e centrali geotermiche, superando paradigmi ideologici. Sfide importanti, da affrontare stringendosi nei nostri cappotti, ma consapevoli che dovremo riporli presto nell'armadio.

Alfredo De Girolamo

 

 

Pola - Smaltimento rifiuti, parte la discarica di Castion
POLA - Dopo una lunga serie di rinvii dovuti a problemi burocratici e anche di natura tecnica, finalmente il Centro regionale per la gestione dei rifiuti di Castion nel Comune di Medolino ha iniziato a operare a tutti gli effetti e con tutti i permessi richiesti. È stata un'inaugurazione alla chetichella, senza la presenza della stampa a causa delle avverse condizioni del tempo, come spiegato dal suo direttore Darko Visnjic. Nella prima fase che durerà da 15 a 20 giorni per una questione di calibratura degli impianti verranno trattate solo 3.600 tonnellate di rifiuti, poi man mano si salirà al 30-40 per cento delle 90 mila tonnellate che rappresentano la sua capacità annuale. L'Istria però ne produce 150.000 per cui si deve puntare al massimo sulla selezione, anche nel rispetto della direttiva europea che impone il riciclaggio del 50% dei rifiuti che quindi diventerà materia prima. La tecnologia di elaborazione dei rifiuti è la cosiddetta Mbo ormai obsoleta, il che ha scatenato aspre contestazioni da parte degli ambientalisti, della popolazione e dell'opposizione politica.

(p.r.)

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - Intollerabili i rifiuti in mare

Trieste è bella, ma è trattata male. Trieste è una della più belle città del mondo, questo lo sappiamo in molti, ma allo stesso tempo ci sono alcuni passanti, triestini e non, che non hanno troppa cura di essa. Quello che mi fa impazzire, oltre a vedere l'immondizia sparsa da tutte le parte, magari nei posti più belli, quegli storici, è quello di vedere in mare, galleggiare delle bottiglie di vetro. Ma come si può, dico io, essere così maleducati, da inquinare la natura, il nostro favoloso mare con delle bottiglie ed altri oggetti sparsi. Ma queste immagini sono assurde da comprendere, spazzatura che galleggia per giorni in mare, senza mai affondare. Ci sono anche delle meduse in mare, ma non credo esse abbiano l'usanza di bere birre e lasciarle nel loro habitat. Ma si può sfregiare la nostra città in questo modo? Mettiamoci una mano sulla coscienza. Esistono delle "cose", chiamate "bottini per le immondizie ", dove la gente, guarda caso, può inserire i rifiuti, ma no, meglio bersi una birra e poi gettarla in mare, tanto il mare non è mica nostro vero?Questo mi fa impazzire, abbiamo una bella città, dobbiamo saperla rispettare e conservare per noi e per quelli che verranno. In fondo però, è solo una questione di buona educazione, voi vorreste che qualcuno vi buttasse dell'immondizia in casa vostra? No, vero, allora evitiamo di farlo con la nostra bella natura.

Igor Gherdol

 

 

Diritti, inclusione sociale e ambiente - Quanto va a rilento l'economia civile di ANTONIO CALABRÒ

L'economia mondiale s'è rimessa in moto. Il Pil (la ricchezza prodotta nei vari Paesi in beni e servizi) cresce un po' dovunque, pure in Italia (anche se dell'1,5%, meno che nel resto d'Europa, la metà del 2,9% della Germania). Eppure è difficile parlare di una vera e propria "uscita dalla crisi". Permangono gravi diseguaglianze che frenano uno sviluppo più equilibrato e sostenibile. E si va a rilento sulla strada d'una "economia civile" attenta ai diritti delle persone, all'inclusione sociale e all'ambiente. Molti sprechi, poche riforme. Guardando innanzitutto al nostro Paese, si parla pochissimo di debito pubblico, un macigno che frena i nuovi investimenti ma oscura anche il futuro delle nuove generazioni. Il tema è caro a Carlo Cottarelli, economista di rilievo internazionale, una lunga carriera al Fondo monetario internazionale e la responsabilità (dal 2013 al 2014) di commissario per la revisione della spesa pubblica: ha costituito un "Osservatorio" all'Università Cattolica di Milano e ha appena pubblicato "I sette peccati capitali dell'economia italiana" (Feltrinelli, pagg. 176, euro 15,00): evasione fiscale, corruzione, eccesso di burocrazia, lentezza della giustizia, crollo demografico, divario tra Nord e Sud, difficoltà a convivere con l'euro. Sono frutto di scarso senso del bene comune, di egoismi di territorio, famiglia, censo e corporazione, non producono buon capitale sociale indispensabile per lo sviluppo. Mali di antiche radici politiche e sociali. Ma anche tendenze ancora attuali al malgoverno e allo spreco, eliminabili con serie scelte riformatrici. Ci sono tendenze di crescita interessanti, da parte dell'industria innovativa, pure nel Mezzogiorno. E si può fare molto di più. Cosa? Lo racconta Enrico Giovannini in "L'utopia sostenibile" (Laterza, pagg. 176, euro 12,00). Economista all'Ocse, ex presidente dell'Istat ed ex ministro del Lavoro, adesso presiede l'Asvis (l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, frutto della collaborazione tra autorevoli istituzioni e fondazioni d'impresa). E scrive che bisogna investire su ambiente, salute, istruzione, acqua ed energie rinnovabili e su infrastrutture, materiali e digitali, in grado di ridurre fame, povertà, emarginazione sociale. E conflitti (abbattendo così anche i flussi di migrazione che tanto preoccupano l'Europa). Sono gli "obiettivi di sviluppo sostenibile" indicati dall'Onu, una strategia per vivere tutti meglio.È necessario "Invertire la rotta", come suggerisce il titolo dell'ultimo libro di Joseph E. Stiglitz, professore alla Columbia University e premio Nobel per l'economia 2001, pubblicato da Laterza (pagg. 85, euro 8,00) su "disuguaglianza e crescita economica". Stiglitz sostiene ancora una volta che proprio gli squilibri sociali scatenano le crisi economiche e ostacolano lo sviluppo e dunque insiste sulla necessità di politiche economiche per "maggiori investimenti pubblici", d'una "migliore governance aziendale" e di "leggi antitrust e antidiscriminazioni", di "un sistema finanziario più regolamentato", di un "rafforzamento dei diritti dei lavoratori", di "sistemi di tassazione e trasferimenti più progressivi". Insomma, "riscrivendo le regole che disciplinano l'economia di mercato secondo queste esigenze potremo ottenere una maggiore uguaglianza nella distribuzione del reddito sia prima che dopo le tasse e i trasferimenti e di conseguenze risultati economici migliori".Nella riflessione critica sull'economia un posto speciale va riservato a Richard H. Thaler, premio Nobel 2017. Lo confermano le pagine di "Misbehaving" ovvero "La nascita dell'economia comportamentale" (Einaudi, pagg. 488, euro 22,00). "Misbehaving" vuol dire, letteralmente, comportarsi in modo anomalo. E cioè muoversi fuori dagli schemi razionali che l'homo aeconomicus dovrebbe seguire, per decidere un investimento, contrarre un mutuo, scegliere cosa consumare, assecondare i propri interessi. Lo fanno in tanti, seguendo l'istinto peggiore, ripetendo errori, scatenando crisi. Bisogna allora cercare di capire meglio le fondamenta della behavioral economics, l'economia comportamentale (analizzata anni fa anche da Daniel Kahneman, anche lui Nobel) e provare a convincere banchieri ed economisti, risparmiatori e consumatori a mettere in atto comportamenti virtuosi (pagare le tasse, per esempio) nel nome di reali interessi comuni. Evitare per esempio di scaricare il peso del proprio benessere attuale sulle nuove generazioni (facendo crescere il debito pubblico). Non affidarsi a spericolate operazioni finanziarie che distruggono ricchezza e lavoro. Non cedere a egoismi di tutela di privilegi se si distruggono ambiente ed equilibri sociali. Ci sono, spiega Thaler, con grande ricchezza di aneddoti e storie, "spinte gentili" che possono indirizzare l'opinione pubblica verso comportamenti non irrazionali e invece virtuosi. E riforme da fare diventare popolari, per tenere insieme progresso tecnologico e qualità della vita per il maggior numero di persone. Scelte indispensabili, da consigliare a chi governa, ma anche a chi guida le imprese, per creare proprio nei luoghi di lavoro la consapevolezza dell'importanza di scelte responsabili. Ne va d'un migliore futuro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 marzo 2018

 

 

Muggia lancia un Sos sul "porta a porta"dei rifiuti - La lettera del giorno del Comitato "Muggia Sos porta a porta"
"Muggia Sos porta a porta". La maggior parte dell'opinione pubblica non ha compreso la gravità del problema che sta scatenando le proteste dei muggesani e rischia di coinvolgere anche Trieste e dintorni. Perché abbandonare la "raccolta differenziata" di tipo "stradale" per un sistema "porta a porta spinto" è un'operazione delicata e complessa: che in questo caso si sta rivelando un salto nel vuoto, per le troppe lacune e improvvisazioni. Innanzitutto, a differenza dell'attuale servizio - garantito 365 giorni all'anno - il "porta a porta" previsto funzionerà solo se il tempo è bello: perché, lo stesso gestore "sconsiglia" di depositare i contenitori in strada "in condizioni atmosferiche avverse"... senza indicare, però, l'alternativa in caso di maltempo. Risultato: con bora o pioggia intensa, le immondizie rimarranno in casa oltre i 7 giorni minimi previsti. Compreso l'umido e il "residuo secco" che prevede anche assorbenti, pannolini e pannoloni. Così, sia per i tempi di permanenza che per gli ingombranti contenitori di immondizie consegnati ai muggesani, le case rischiano di trasformarsi in "piazzole ecologiche". Come rivelano le foto, i contenitori allineati occupano una parete di quasi 3 metri e aperti arrivano a metri 1,10 in altezza: ma in quale cucina o appartamento di Muggia, Aquilinia o San Dorligo c'è tanto spazio? Anche nasconderli per non dare uno schiaffo all'estetica, è arduo. Così come depositarli in strada di sera dalle 19 alle 24 - senza chiusura ermetica e senza ancoraggi - è un rischio per la salute, un esca per gli animali e un insulto al paesaggio. Oltre che un vero e proprio lavoro da netturbino: perché questo "porta a porta" è in realtà un "da porta in strada". Tocca al cittadino, infatti, depositare ogni sera e recuperare al mattino, i contenitori sulla strada pubblica anche se distante centinaia di metri dall'ingresso di casa. Se a questo si aggiunge che non sono chiari neanche i costi del servizio, ce n'è abbastanza per pretendere chiarimenti e per favorire, nel frattempo, la "migrazione dei rifiuti" verso i cassonetti di Trieste e dintorni. Perciò chiediamo la creazione di un tavolo di lavoro dove far sentire la voce dei cittadini ed ottenere chiarimenti precisi anche rispetto alla relazione tecnica del 2014 fatta dal Servizio Ambiente e Territorio del Comune di Muggia che sconsigliava il "porta a porta spinto": scelto, invece, dalla giunta muggesana.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 marzo 2018

 

 

Porto Vecchio: i progetti - Alberghi, uffici e abitazioni deluxe nei cinque magazzini Greensisam
Manca soltanto un passo, dice il sindaco Roberto Dipiazza, perché il primo grande investitore estero arrivi in Porto vecchio. Nelle aspettative del Comune, infatti, la chiusura dell'accordo per la vendita dei magazzini ora in gestione a Greensisam arriverà a brevissimo. Questione di settimane se non di giorni. È un affare da 200 milioni di euro, che dovrebbe portare alla nascita di hotel fronte mare, oltre a strutture di servizi e residenziali. Assicura il sindaco: «Siamo in fase di chiusura, stiamo facendo delle riunioni fiume». Gli acquirenti in questione sono dei fondi d'investimento dell'Europa centrale, la cui precisa identità verrà svelata soltanto dopo la chiusura dell'affare. L'area della concessione Greensisam è una sorta di porta d'ingresso del Porto vecchio dalla città, cinque magazzini storici e piazzali interni che si prestano a operazioni di ogni tipo, ma che necessitano di investimenti robusti. È presto per parlare del progetto nei particolari, ma dalle anticipazioni è prevista la realizzazione di due grandi hotel sul fronte mare, mentre la parte restante dei magazzini verrà impiegata tanto per uffici quanto a scopo residenziale. Se arriverà a compimento davvero nei prossimi giorni, si tratterà della fine di un percorso iniziato tempo fa. Pierluigi Maneschi, patron di Greensisam, è più cauto del sindaco, se non addirittura scettico: «Se Dipiazza dice che lo sblocco della situazione è vicino, mi auguro che abbia ragione», commenta. «Finora le cose non sono state affatto facili. Gli investitori hanno dovuto affrontare le consuete pastoie della burocrazia italiana, che fa di tutto per impedire che un progetto venga realizzato, interpretando tutte le norme nel modo più restrittivo e nefasto». L'acquirente, precisa Maneschi, è del tutto appropriato per la riqualificazione dei cinque magazzini: «Si tratta di persone che hanno già portato a compimento con successo sei operazioni analoghe in altre parti d'Europa. Certo, là non si sono trovati davanti i bizantinismi che solo in Italia abbiamo». Al termine dell'operazione, che vedrà la società Greensisam passare in mano agli acquirenti dei magazzini, il numero uno del Molo VII manterrà comunque una partecipazione, per quanto ridotta. Nei mesi scorsi si era parlato di un forte interessamento austriaco per l'area, tanto che degli operatori erano venuti in visita in Porto vecchio. Allora Roberto Dipiazza aveva parlato del 31 dicembre 2017 come possibile data di chiusura dell'accordo. Tutto lascia intendere che si tratti della medesima trattativa, protratta in avanti di qualche mese, magari proprio per gli intoppi burocratici cui fa riferimento Maneschi. Nel dicembre scorso quest'ultimo aveva dichiarato: «Confermo che ci sono nuovi potenziali acquirenti, austriaci in particolare e supportati anche da un fondo bavarese. Ma non sono altrettanto ottimista sui tempi del passaggio di mano. Non sono state risolte le questioni delle opere di urbanizzazione e della bonifica del torrente Chiave che spettano alla parte pubblica e poi non è ancora chiaro come si potrà passare dalla concessione alla vendita». Dice oggi Dipiazza: «I 50 milioni portati da Roma stanno per venire impiegati. Al contempo portiamo avanti il lavoro per la bretella di collegamento e la rotonda. Nel frattempo si ragiona sull'Immaginario scientifico e le altre iniziative per i vari magazzini. Con l'accordo per l'area Greensisam aggiungiamo un altro tassello fondamentale al mosaico. Che ora inizia a prendere forma». Conclude il primo cittadino: «Durante il mio viaggio a Dubai nelle settimane scorse ho avuto modo di vedere una foresta di gru crescere negli Emirati arabi. La mia speranza è quella di vedere presto un'analoga foresta crescere attorno a Porto vecchio».

Giovanni Tomasin

 

 

Prende forma il park sul terrapieno - Stanziati 530 mila euro per realizzare 400 posti auto sopra i vecchi binari
«Porto 50 camion di ghiaia e faccio un mega parcheggio» annunciò il 12 maggio 2017 Roberto Dipiazza immaginando mille posti auto (poi ridimensionati a 400) sul terrapieno di Barcola. Neppure un anno dopo il progetto è diventato realtà. I 20 camion di ghiaia con cui seppellire gli storici binari del Porto Vecchio costeranno 530 mila euro. Il progetto, inserito nel piano triennale delle opere 2017-2019, sarà finanziato con 200 mila euro di contributi dell'Uti Giuliana, 150 mila di alienazione dei titoli Hera e 180 mila di avanzi di bilancio. Il 9 febbraio scorso è stata acquisita l'autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza del Fvg. La giunta ha approvato il 22 febbraio scorso il progetto esecutivo e definitivo per la «realizzazione di un'area di sosta entro l'area ferroviaria dismessa del Porto Vecchio» che si chiamerà "parcheggio Boveto". «Dalle parole ai fatti. Ora parte la gara per la realizzazione e dopo l'aggiudicazione si parte con i lavori. La soddisfazione personale è quella di aver valorizzato le tante valide professionalità interne al Comune che hanno realizzato la progettazione "in casa"» ha esultato su Facebook l'assessore all'Ambiente Luisa Polli. A firmare il progetto sono gli ingegneri Giulio Bernetti e Silvia Fonzari assieme al consulente stradale Nicola Falconetti. L'area individuata per il parcheggio, (pari a 10.400 metri quadrati) è situata all'estremo Nord del Porto Vecchio e costeggia viale Miramare dall'intersezione con via del Boveto. Si tratta di un'area ferroviaria dismessa che era di proprietà del demanio marittimo dal 1917 e passata alla città a seguito della sdemanializzazione di Porto Vecchio: all'interno sono presenti ben cinque linee di binari su traversine in legno e scambi. Il parcheggio, nelle intenzioni dell'amministrazione, dovrebbe essere a servizio delle società nautiche presenti in zona (Società velica di Barcola e Grignano, Circolo Canottieri Saturnia, Club Nautico Triestino e Canottieri Nettuno) e tornare utile «in relazione alla futura urbanizzazione del Porto Vecchio» e in occasione di particolari eventi come la Barcolana e Esof 2020. Saranno realizzati 400 stalli per autovetture (8 dei quali riservati ai disabili) e 20 stalli per camper posizionati all'estremo sud dell'area di parcheggio. In ogni caso si tratta di «un'opera provvisoria e sperimentale» da realizzare in «tempo estremamente breve e con modeste risorse finanziarie. Un parcheggio "spartano"». Solo dopo aver verificato l'efficacia del parcheggio si potrà prevedere una «possibile evoluzione della stessa opera». I tempi per l'ultimazione dei lavori previsti sono di 90 giorni dalla data di consegna. Non si potranno toccare, perché vincolati dalla Soprintendenza (che "autorizza" con "prescrizioni"), sia la storica recinzione che delimita l'area (il sindaco si è impegnato a ridipingerla e la soprintendenza auspica un «prossimo restauro») sia i binari storici presenti all'interno dell'area stessa (che saranno solo coperti da un geo- tessuto sotto un doppio strato di ghiaia di almeno 20 centimetri). Prescrive la Soprintendenza: «Gli elementi sporgenti dal suolo quali leve di scambio, respingenti, andranno smontati e conservati presso i magazzini comunali per eventuali futuri utilizzi». Così pure la parte di recinzione storica con relativa pietra che sarà rimossa per aprire un varco al parcheggio nell'area sud in aggiunta a quella prevista all'altezza dell'attuale semaforo tra viale Miramare e via del Boveto dove ha sede la Società velica di Barcola e Grignano. Il parcheggio Boveto modificherà anche la viabilità di viale Miramare che sarà ridotto a una corsia di marcia in entrambe le direzioni dovendo impegnare due corsie per l'entrata e l'uscita in direzione Trieste e Miramare. Lungo il viale è prevista pure la realizzazione di un attraversamento pedonale. Sarà anche realizzato un impianto di illuminazione con 30 punti luce a led collocati su 14 piloni di 11 metri di altezza.

(fa.do.)

 

 

Autobus elettrici fino a Capodistria - Iniziativa lanciata da Petrol Slovenia. Previsto l'utilizzo di fondi Ue e la partenza dei collegamenti tra 2020 e 2023
La ferrovia tanto dibattuta non c'è, ma fra qualche anno Trieste e Capodistria potrebbero essere collegate da una linea giornaliera di autobus elettrici. È l'iniziativa presentata ieri nel salotto azzurro del municipio dal sindaco Roberto Dipiazza e dal suo collega capodistriano Boris Popovic, assieme al presidente di Petrol Slovenia Tomaz Berlocnik. Sarà infatti la compagnia energetica slovena (posseduta al 38% dallo Stato), nota a tutti i triestini soliti far rifornimento di benzina oltre confine, a fornire il servizio. Negli ultimi anni la Petrol ha investito con forza nell'ambito delle tecnologie "verdi", sperimentando soluzioni a minore impatto ambientale rispetto alla benzina. Ha quindi elaborato un progetto per la creazione di infrastrutture (colonnine di ricarica ultraveloci e distributori) per una rete di trasporti elettrica e a gas naturale compresso (Cng) su un'area che va da Venezia a Spalato e Lubiana, includendo le principali città nel mezzo. Ha spiegato Berlocnik: «Costruiremo l'infrastruttura per un'area vasta, ma per dimostrare la validità dei mezzi elettrici abbiamo deciso di gestire anche una linea di collegamento». E la decisione è ricaduta proprio sulla tratta Trieste-Capodistria, sprovvista di collegamenti ferroviari e collocata a cavallo di un confine. Questo la rende appetibile per la ricerca di fondi europei, che potrebbero coprire il 20% dell'investimento totale. Il costo del progetto nel suo insieme sarà di 40 milioni di euro, mentre quello della linea Trieste-Capodistria è ancora da stimare: in ogni caso dovranno essere collocate almeno due colonnine di ricarica ultraveloci (probabilmente di più) il cui costo sul mercato oggi è di circa 300mila euro. Oltre a questo Petrol dovrà acquistare anche i bus elettrici, che hanno un costo del 20% superiore a quelli normali. I tempi di realizzazione? La compagnia correrà per ottenere i fondi europei (ma assicura di voler realizzare il progetto in ogni caso). Al contempo le istituzioni locali, slovene e italiane, dovranno attivarsi per ottenere i permessi dai rispettivi governi. L'inizio del prossimo decennio, secondo Berlocnik, è la stima più attendibile per il via: «Fra 2020 e 2023». Commenta Dipiazza: «Il 19 marzo prossimo verrà inaugurato il polo intermodale dell'aeroporto di Trieste. Grazie a questo, la nostra città potrebbe diventare un ponte fra Venezia e Capodistria, una volta realizzato il collegamento dei bus elettrici». Così invece Popovic: «È una bella iniziativa di Petrol, per la realizzazione della quale le istituzioni italiane e slovene non dovranno sborsare un euro. Una linea elettrica giornaliera che collega due città appartenenti a stati diversi: sarà la prima tratta elettrica transfrontaliera d'Europa». Petrol sta valutando anche la possibilità di creare delle navette di collegamento fra Trieste e il polo intermodale di Ronchi. L'incontro di ieri, con la presentazione del progetto, è stato favorito dal vecchio rapporto di amicizia che lega Fabio Scoccimarro a Popovic. Appena saputo della proposta di Petrol, il politico di FdI ha organizzato l'incontro fra i due sindaci, che hanno dato il loro "ok" al progetto.

g.tom.

 

 

Antico Caffe' San Marco - Arpaia e la "fiction" sul clima
Oggi alle 18, al San Marco, Bruno Arpaia presenta "Qualcosa, là fuori" (Guanda), il primo libro di climate fiction uscito in Italia. Il romanzo è ambientato in un mondo stravolto dal cambiamento climatico, pieno di disperati in fuga da un'Italia quasi desertificata, tra il 2070 e il 2080. Uno scenario apocalittico, accompagnato dall'emergere di fondamentalismi e dalla negazione dei diritti. «Il mio potrebbe sembrare un romanzo pessimista - dice Bruno Arpaia, - invece è pieno di speranza, di fiducia che gli esseri umani sapranno prendere la strada giusta per arrestare il surriscaldamento globale e salvare il pianeta. Dobbiamo evitare che le peggiori previsioni degli scienziati diventino realtà, che si avveri ciò che io ho immaginato nel mio romanzo, sulla base proprio dei dati scientifici». Incontro organizzato da Legambiente del Friuli Venezia Giulia, con il circolo di Trieste, nell'ambito del progetto "Comunicare il cambiamento climatico", realizzato grazie a un finanziamento regionale.

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 marzo 2018

La sfida del clima impazzito - A Muggia si cambia il mondo iniziando dall'orto di casa
"Cambiamenti climatici, biodiversità e resilienza urbana e agricola" è il titolo del ciclo di incontri pubblici in programma i venerdì alle 17, in sala Millo, organizzati dal circolo di Muggia del Movimento decrescita felice. «Gli incontri - spiega il presidente, Jacopo Rothenaisler - muovono dalla considerazione che i cambiamenti climatici in atto siano un'enorme sfida ambientale, sociale ed economica, e comportino risposte urgenti. Intendiamo però uscire dalla sfera planetaria, che spesso costituisce un alibi, per calarci nella dimensione di singolo cittadino e comunità attivandoci nella protezione di ciò che ci circonda». Il movimento raggruppa quasi cento famiglie attive nel campo del biologico, degli acquisti collettivi e di varie iniziative tra cui il recupero di un sito in pieno centro storico trasformato in orto comune. «Nostre partner - riprende Rothenaisler - sono tutte le scuole muggesane: le visite all'orto che riprenderanno a primavera, rappresentano il momento più gratificante. Tutte le nostre attività mirano a introdurre nel lessico comune una parola fondamentale, resilienza, intesa come capacità di una persona, una comunità o un sistema di riprendere il proprio stato normale dopo uno shock esterno, che sarà il mantra del futuro». Nel prossimo incontro, il 9 marzo, il presidente della cooperativa agricola biologica Iris, Maurizio Gritta, parlerà di "Eventi estremi e agricoltura conseguenze e scelte di contrasto/mitigazione", il 16 l'agronoma Cristina Micheloni, presidente Aiab-Aprobio Fvg, illustrerà i temi "Agricoltura biologica, agricoltura conservativa, le buone pratiche". Il 23 marzo il naturalista Michele Codogno si soffermerà su "Agricoltura biodinamica, visione e obiettivi"; infine, il 6 aprile il docente di agronomia Marco Pasutto parlerà di "Moltiplicare la biodiversità nell'orto". Dal 17 marzo al 14 aprile, i sabati alle 15 verrà svolta una parte pratica in campo in Salita Ubaldini 2.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 marzo 2018

 

 

VEGLIA - Komadina riunisce i deputati della Contea per ribadire il no al rigassificatore offshore

Da Fiume e Quarnero è stato ribadito il no al rigassificatore galleggiante di fronte a Castelmuschio (Omišalj), sull’isola di Veglia. Nel capoluogo si sono incontrati il governatore della Regione litoraneo–montana, Zlatko Komadina, e i deputati della contea (socialdemocratici, Barriera umana e Most), a eccezione dei parlamentari dell'Hdz, la cui assenza però non ha stupito nessuno. Zagabria spinge per avere l'impianto offshore, appoggiato dagli Usa che vogliono limitare la presenza energetica russa in queste terre. E nello Stato croato è al potere una coalizione di centrodestra a guida Hdz. «Mi dispiace che gli esponenti Hdz non si siano presentati a questa riunione – ha detto Komadina (centrosinistra) – ci sono situazioni in cui desideri e prese di posizione dei singoli dovrebbero prevalere sulla disciplina partitica». Komadina ha ribadito che la nave metaniera non è accettabile dal punto di vista ecologico, economico ed energetico. «Ci opporremo con tutti gli strumenti legali a disposizione e, se sconfitti, pretenderemo che la nostra comunità possa avere robusti risarcimenti per le perdite che di certo saranno registrate dal settore turistico». La sindaca di Castelmuschio Mirela Ahmetović ha criticato il governo per la sua indifferenza: «Ho invitato il ministro dell'Ambiente Tomislav Coric – ha detto – a venire sabato a Fiume alla manifestazione di protesta. Purtroppo si è fatto notare per la sua arroganza, dicendo che fiumani, isolani e ambientalisti possono protestare finché vogliono e che il progetto dell’offshore prosegue».

(a.m.)

 

 

L'Italia desertificata di Bruno Arpaia
È un mondo stravolto dal cambiamento climatico, quello che Bruno Arpaia racconta nel suo ultimo romanzo Qualcosa, là fuori, uscito per Guanda nel 2016. È un mondo pieno di disperati che cercano la salvezza in Scandinavia, dove l'ambiente è ancora favorevole agli insediamenti umani, in un futuro ormai non troppo lontano. «Il mio potrebbe sembrare un romanzo pessimista - dice Bruno Arpaia, - invece è pieno di speranza, di fiducia che gli esseri umani sapranno prendere la strada giusta per arrestare il surriscaldamento globale e salvare il pianeta. Dobbiamo evitare che le peggiori previsioni degli scienziati diventino realtà, che si avveri ciò che io ho immaginato nel mio romanzo, sulla base proprio dei dati scientifici». Domani, alle 18, Arpaia sarà a Trieste, all'Antico Caffè San Marco, per un incontro organizzato da Legambiente del Friuli Venezia Giulia, con il circolo di Trieste, nell'ambito del progetto "Comunicare il cambiamento climatico", realizzato grazie a un finanziamento regionale, con l'obiettivo di sensibilizzare i cittadini sulle evidenze e gli impatti del surriscaldamento globale in Friuli Venezia Giulia. Nel romanzo di Arpaia, Livio, il protagonista, assieme a migliaia di persone è in fuga da un'Italia quasi desertificata, in un periodo imprecisato tra il 2070 e il 2080.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 febbraio 2018

 

 

SEGNALAZIONI - FERRIERA - C'è un'unica soluzione per il risanamento

Un nuovo Accordo di programma, una tesi che ho ribadito al Circolo della stampa in Ferriera. L'unica soluzione agli impatti sanitari e ambientali con tempi e finanziamenti per una dismissione dell'area a caldo. Inutile insistere sulla revisione dell'Autorizzazione integrata ambientale, figlia dall'Accordo di programma del 21/11/2014, dove era definito l'assetto della Ferriera: un nuovo laminatoio e la conservazione dell'area a caldo per almeno due anni secondo il dl 43/2013, che riconosceva come area di crisi complessa il territorio industriale di Trieste. Quattro sono gli Accordi di programma sottoscritti dal 2012. Il primo del 25/05 prevedeva riqualificazioni ambientali per reindustrializzare e infrastrutturare le aree comprese nel Sin di Trieste. Il secondo del gennaio 2014 disciplinava gli interventi di riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale dell'area di crisi complessa di Trieste. Art.10: le parti concordano sulla necessità di realizzare sul sito della Ferriera interventi di riconversione industriale che consentano di conseguire gli obiettivi di attrazione e insediamento di nuove iniziative industriali in grado di assicurare prospettive di stabile e duratura occupazione, nonché di modernizzazione e innovazione delle attività produttive e dei prodotti in termini di sostenibilità ambientale, come indicato nel Protocollo d'intesa del marzo 2012. Fu sottoscritto dagli enti locali, associazioni imprenditoriali e sindacati per una riconversione industriale attraverso nuove iniziative imprenditoriali, puntando ad attività ad alta concentrazione di manodopera e ad alto valore aggiunto d'innovazione tecnologa. Modernizzazione e innovazione delle attività produttive e dei prodotti in termini di sostenibilità ambientale e di green economy. Nell'Adp del 21/11/2014 il quadro cambia. Arriva Arvedi, continua l'attività dell'area a caldo ma lo stesso imprenditore nel Piano industriale e finanziario prevede la possibile dismissione della cokeria e la riconversione dell'area in retroportuale multipurpose. L'ultimo Adp del 27/07/2017 riguarda il Progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi complessa di Trieste di Invitalia. Un nuovo Accordo di programma, visto il quadro in forte evoluzione delle attività portuali con possibili insediamenti produttivi anche in free zone, è la cosa più logica che si possa immaginare.

Lino Santoro - Legambiente

 

 

«Il porta a porta  è la soluzione migliore per i muggesani» - Il sindaco Marzi: «Abbiamo fatto delle scelte che potranno dare vantaggi nel medio e lungo periodo alla nostra città»
MUGGIA - I muggesani non sono stati in grado di effettuare con rendimento soddisfacente la raccolta differenziata dei rifiuti tramite i bidoni stradali. È questa la spiegazione per cui la Giunta Marzi ha deciso di puntare diritto al "porta a porta spinto", facendo carta straccia della relazione datata aprile 2014 in cui il responsabile del Servizio Ambiente Territorio e Coordinamento grandi interventi del Comune di Muggia, fornendo tre diverse opzioni disponibili per impostare il nuovo appalto di servizio per la gestione dei rifiuti urbani, consigliò caldamente di optare per un servizio "misto stradale-domiciliare (porta a porta)" evitando così di tenere i bidoni in casa. «Il sistema proposto si compone di isole ecologiche stradali formate da due bidoni da 240 litri, uno per il vetro e uno per il rifiuto umido, un contenitore da 1100 litri (3200 vicino al centro storico) per la carta, con feritoia e coperchio bloccato, un dispenser con sacchetti per deiezioni canine vicino ai cestini, due cassonetti da 1100 litri, uno dedicato ai pannolini e ai pannoloni, uno con blocco per il secco residuo nell'area del centro e infine sacchi semitrasparenti da 70 litri per il secco residuo che verrà esposto dai residenti e ritirato una volta alla settimana». Era questa la proposta tecnica fatta dal capo ufficio Ambiente di Muggia allegata all'atto del Comune di Muggia dell'assunzione di una partecipazione di minoranza nella società Net Spa avvenuta nel 2015. «Tale sistema consente di mantenere una semplicità di utilizzo per l'utente che può conferire 24 ore su 24 le frazioni differenziate e il rifiuto organico, principale causa di odori molesti e formazioni di percolato e nel contempo incentiva, mediante l'asporto singolo settimanale, la formazione corretta del "residuo secco", parte in realtà residuale e minima del rifiuto domestico». E infine: «Tale sistema misto consente di mantenere la comodità di poter conferire le frazioni differenziate, compreso il rifiuto umido, in qualsiasi momento ed evitare problematiche legate alla presenza di molti contenitori e al permanere di rifiuti, soprattutto organici, nelle abitazioni e nei pubblici esercizi». Un sistema misto stradale-domiciliare, insomma, che in alcuni Comuni della regione ha prodotto livelli di raccolta differenziata superiori al 75%. Il progetto di un "porta a porta morbido" è stato però rifiutato. «Più o meno condivisibili che siano, l'Amministrazione ha cercato di fare le scelte migliori per i propri concittadini, evitando magari quelle più facili nel breve termine come il suggerito "far finta di nulla". Avremmo potuto vivere alla giornata o scegliere opzioni che forse avrebbero scosso meno i cittadini? Certo, ma abbiamo preferito fare delle scelte che, a costo di essere ora per qualcuno meno amabili, potranno dare maggiori vantaggi nel medio e lungo periodo alla nostra città». Così il sindaco di Muggia Laura Marzi spiega il perché del cambio di rotta da parte della propria Giunta che ha deciso di proprio pugno di puntare al "porta a porta spinto". «Il metodo stradale a Muggia ha comportato che non solo non siamo mai riusciti, come ci impone la vigente normativa, a raggiungere la percentuale del 65% di rifiuti raccolti in modo differenziato, ma che la nostra quota di differenziazione da anni si attesta intorno al 47% e che la produzione pro-capite di rifiuti muggesana cresca costantemente». Per Marzi «a Muggia sono già dislocati diversi tipi di cassonetti stradali che, se fossero stati usati in modo corretto, avrebbero potuto dare risposte concrete sulla raccolta differenziata. Purtroppo, per quanto a Muggia ci sia chi la differenziata la fa da anni, ci sono anche molti concittadini che o non la fanno proprio o, nei casi limite, riescono anche a compiere grandi "sbagli" di differenziazione». Secondo i dati forniti dal Municipio nell'indifferenziata si trovano tali percentuali: 32% di organico, 16% carta, 16% plastica, 4% metalli, 5% tessili, 4% vetro e poi pile e medicinali scaduti. Per la Giunta Marzi, dunque, nessun ripensamento, nemmeno tenendo conto della petizione popolare apartitica con oltre 1900 firme raccolte dai comitati "Muggia sicura" e "Mamme" di Muggia. La strada del "porta e porta" è oramai presa. Dopodomani l'inizio sperimentale per i "volontari" che vorranno iniziare a cimentarsi. Da aprile la partenza obbligatoria, per tutti i cittadini.

Riccardo Tosques

 

La raccolta firme - Una Commissione trasparenza

Sono 1.932 le firme raccolte nella petizione per bloccare l'avvio del porta a porta. Per analizzare la richiesta dei cittadini il consigliere Roberta Tarlao (Meio Muja) ha chiesto la riunione di una Commissione trasparenza.la raccolta differenziata

 

La convocazione del Consiglio

La convocazione di un Consiglio comunale straordinario aperto ai cittadini per parlare della raccolta differenziata. Questa la richiesta di tutti e sei i partiti di opposizione. Il Consiglio dovrà riunirsi entro venti giorni.
 

L'incontro pubblico - I retroscena della gestione

Un incontro pubblico per spiegare i retroscena sulla gestione dei rifiuti. Questo il tema dell'incontro pubblico previsto per oggi alle 17 nella sala "Millo" indetto da Dpm-Forza Muggia, Lega Nord e Fratelli d'Italia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 febbraio 2018

 

 

San Dorligo, confronto sulla questione odori - Vertice fra Regione e Comune. Sul tavolo anche lavori pubblici e Imu legata alle attività produttive
SAN DORLIGO DELLA VALLE -  La deroga concessa dal governo all'area carsica del Friuli Venezia Giulia per l'ampliamento delle quote di terreni ad uso agricolo, gli interventi di edilizia scolastica, i lavori di ristrutturazione del teatro comunale e la gestione, in collaborazione con l'Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente (Arpa), della questione ambientale legata alla presenza dei serbatoi della Siot - Società italiana per l'oleodotto transalpino sono i principali temi affrontati ieri, a San Dorligo della Valle, nel corso di un incontro tra la giunta comunale guidata dal sindaco Sandy Klun e l'amministrazione regionale rappresentata dalla presidente Fvg Debora Serracchiani. In merito all'ampliamento dei limiti previsti per le dimensioni delle aree ad uso agricolo, è stato sottolineato con soddisfazione dal Comune come questo provvedimento statale vada incontro alla specificità del territorio carsico e favorisca le produzioni locali d'eccellenza, in particolare quelle legate al vitivinicolo e all'olio d'oliva. Sul fronte dei lavori pubblici, è stata ricordata l'importante opera di ristrutturazione del tetto del teatro comunale (250 posti di capienza): lavori eseguiti grazie a uno stanziamento regionale di 70mila euro che garantiranno la fruibilità della struttura. Inoltre è in attuazione un intervento di bonifica dall'amianto che coinvolge un edificio scolastico. La prossimità del territorio al terminale marino dell'oleodotto che da Trieste fornisce il Centro Europa e il disagio legato in particolare all'odore causato da questo tipo di attività sono al centro di un tavolo permanente dove il Comune si confronta con l'Arpa e l'azienda per individuare delle soluzioni che attenuino l'impatto ambientale e i miasmi, dovuti al tipo di greggio di origine caucasica ricco di zolfo. Ma la presenza nel comune di San Dorligo di due importanti insediamenti industriali, come Wärtsilä e la stessa Siot, non determina delle ricadute fiscali a favore della municipalità. In tal senso, il Comune ha sollecitato la Regione a promuovere un intervento a livello statale affinché il gettito dell'Imu per le attività produttive riservi una quota destinata agli enti locali. La giunta comunale ha poi chiesto alla Regione lo stato del procedimento riguardante il rigassificatore di Zaule, per il quale, come ribadito dalla stessa amministrazione regionale, l'esecutivo del Fvg ha espresso formalmente attraverso una delibera la mancata intesa per la realizzazione dello stabilimento.

 

 

Vertice Bers, Sofia rilancia l'idea del nucleare regionale
Il premier bulgaro chiede ai Paesi balcanici non ancora nell'Unione europea di cofinanziare il progetto della già contestata centrale a Belene sul Danubio
BELGRADO - Via libera a grandi investimenti in infrastrutture. Ma anche petizioni inaspettate per controversi progetti. Come quelli di una centrale nucleare, sul suolo bulgaro, ma "aperta" a tutti i Balcani. Sono alcuni dei risultati del Western Balkans Investment Summit, forum annuale organizzato dalla Banca europea per la ricostruzione allo sviluppo (Bers) in quel di Londra, ospiti d'onore i sei premier dei Paesi balcanici ancora fuori dall'Ue. Londra dove ieri a giocare un ruolo da protagonista è stato però Boyko Borisov, primo ministro della Bulgaria, a rappresentare il Paese che al momento detiene la presidenza semestrale del Consiglio Ue. Borisov che ha rilanciato un progetto che sembrava ormai tramontato, quello della centrale nucleare di Belene.Belene, lo ricordiamo, è un sogno mai realizzato e in passato duramente criticato anche dagli ambientalisti. Nel 2008 Sofia aveva siglato un'intesa con i russi di Atomstroyexport per l'impianto da 2.000 Mw, sulle sponde del Danubio, per poi abbandonare il progetto nel 2013, per contrasti sui costi e incapacità di trovare un investitore strategico, lasciando come eredità un procedimento alla Corte di arbitrato di Ginevra. Belene potrebbe però ritornare d'attualità: è la "bomba" lanciata da Borisov, che ha ricordato ai premier balcanici che a Sofia «abbiamo due reattori nucleari nuovi» di zecca, quelli acquistati dalla Russia «per quattro miliardi». E mai usati, che sono di fatto «ancora nei loro contenitori», dai sigilli intatti. Perché allora «non pensare a un finanziamento comune con diverse percentuali», ha detto guardando i suoi omologhi seduti accanto, per avviare «un progetto balcanico» comune, utilizzando quei due reattori, «da collegare alla rete»? Potrebbe essere quella la via per «assicurare energia» a una regione con economie e industrie di nuovo in crescita e per questo affamate di elettricità, ha aggiunto Borisov, suggerendo poi il coinvolgimento nel finanziamento del progetto «della Bers e della Commissione» europea. Sogno che farà molto discutere, quello di Borisov. E che ora dovrà passare al vaglio della realtà, con la verifica dell'interesse dei Paesi confinanti e di Ue e Bers. Che, ieri, ha dato invece luce verde a cospicui contributi per una «massiccia espansione delle autostrade» in entrambe le entità in Bosnia. Si tratta di «oltre 700 milioni di euro» per il periodo 2018-2020, ha specificato una nota della banca, sbloccati dalla firma di un memorandum a Londra, finanziamenti importantissimi per «l'integrazione» del Paese balcanico e per «rafforzare i collegamenti con l'Europa occidentale», oltre che per la «convergenza economica» di una nazione che, sul lungo periodo, mira all'adesione nell'Ue. Seicento milioni è invece il valore dei progetti infrastrutturali sottoposti dal Kosovo all'attenzione di Bers e investitori, mentre il Montenegro ha posto l'accento al summit sull'importanza dei futuri "corridoi" stradali veloci e del gas nell'Adriatico, la Serbia sull'importanza dei collegamenti, di tutti i tipi, per abbattere le tensioni. Al Summit è stata presentata ufficialmente anche una piattaforma regionale online (www.investinsee.com) per attrarre investimenti nei Balcani extra-Ue, sviluppata dalla Chamber Investment Forum, organismo lanciato al vertice di Trieste per collegare le Camere di commercio di Albania, Serbia, Bosnia, Montenegro, Macedonia e Kosovo.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 febbraio 2018

 

 

Cambia la società per il "porta a porta" dei rifiuti a Muggia - La Net Spa affida alla Sager Srl il servizio di raccolta - Un avvicendamento in corsa ancora prima di iniziare

MUGGIA - La Net Spa ha affidato alla Sager Srl il servizio di raccolta e asporto dei rifiuti urbani assimilati, indifferenziati e differenziati, e dei rifiuti conferiti nel centro di raccolta di Vignano, prodotti sul territorio del comune di Muggia. Cambio in corsa, ancora prima di iniziare, dunque, nella complessa questione del “porta a porta” rivierasco. La Net, società di Udine a totale partecipazione pubblica a cui dal 2015 il Comune di Muggia ha affidato la gestione del servizio di rifiuti, ha optato in qualità di stazione appaltante l’affidamento del servizio alla Sager di San Giovanni al Natisone. Dalla base d’asta iniziale pari a 800 mila euro (annui), dopo un ribasso pari al 27,01%, il servizio è stato affidato a 583 mila 920 euro. Quale sarà dunque la redistribuzione prevista dei 216 mila euro frutto del ribasso d’asta? «Non vi sarà alcun “regalo” alla Net che, inoltre, proprio in quanto società pubblica non può distribuire utili ai soci e che deve, invece, reinvestire gli eventuali “guadagni” impiegandoli nel miglioramento dei propri impianti o riducendo le tariffe applicate ai comuni», spiega il sindaco di Muggia Laura Marzi. Nello specifico gli 800 mila euro sono «puramente la base d’asta su cui la Net ha costruito la gara d’appalto mentre, nel quantificare il costo del servizio richiesto al Comune di Muggia – puntualizza Marzi – la Net ha invece già tenuto conto del “vero” costo del servizio posto in essere a Muggia». I 216 mila euro d’avanzo, quindi, «non esistono». Il Comune di Muggia riconoscerà dunque alla Net la cifra di 583 mila 920 euro, costituente il costo effettivo dell’appalto in questione «che è la voce principale che compone il costo complessivo del servizio prestato e del costo del servizio riconosciuto alla Net». Dalla procedura di gara è emerso poi che il ribasso d’asta della Sager è stato pari a quasi al 10% in più rispetto alla seconda ditta arrivata in graduatoria. Il Comune non teme che questo ribasso così ampio pari a quasi un terzo della cifra iniziale possa ricadere sulla qualità del servizio? Marzi è serena: «Per quanto attiene al ribasso e alla sua entità la Net deve attenersi e rispettare, in quanto società partecipata pubblica, le disposizioni di legge sulle modalità di aggiudicazione della gara e nello specifico sui criteri da applicare nella valutazione delle offerte e dei possibili ribassi. Nel momento in cui Net ha proceduto nell’aggiudicazione della gara si deve ritenere che tutte le verifiche effettuate abbiano dato esito positivo». Il Comune di Muggia, che va precisato, «ha rapporto esclusivamente con la Net», comunque «vigilerà e verificherà che siano costantemente rispettati gli obblighi contrattuali nei suo confronti – promette Marzi – e che il servizio fornito alla cittadinanza rispetti gli standard previsti». Rimane però da capire perché da un mese i muggesani si stiano rapportando con i tecnici e personale della Net. Perché non rapportarli da subito con l’azienda e con le persone che in effetti opereranno sul campo? «È Net l’ente gestore del servizio per conto del Comune ed è la stessa Net a rispondere di eventuali disservizi alla cittadinanza e al Comune», sentenzia Marzi. In parole semplici: la Sager sarà il braccio operativo attraverso cui la Net, a partire dal primo marzo svolgerà il “porta a porta”, fermo restando che i cassonetti stradali rimarranno a disposizione dei cittadini sino al primo aprile.

Riccardo Tosques

 

MUGGIA - In Comune le firme per dire no al progetto

Verranno consegnate oggi in Comune le circa 1.800 firme raccolte tra i cittadini muggesani per dire "no" al sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta scelto dall'amministrazione Marzi. La petizione popolare apartitica, promossa dalla coalizione venutasi a creare tra il comitato "Muggia sicura" e il comitato "Mamme" di Muggia, ha espresso l'inadeguatezza di questo sistema. La coalizione dei due comitati, che chiede alla Giunta comunale di bloccare e rivedere la scelta adottata, ha trovato sostegno anche da parte di altre associazioni che già si sono dette contrarie a questa tipologia di "porta a porta". Tra queste anche Federconsumatori che a partire da domani riaprirà uno sportello a Muggia in via Mazzini (9.30-11, ogni martedì e giovedì) per rapportarsi con i cittadini anche sulle problematiche inerenti il servizio dei rifiuti. Da ricordare infine che la petizione popolare che oggi verrà protocollata in Comune, pur rimanendo assolutamente apartitica, ha ricevuto il plauso e il consenso esterno da parte di tutti i partiti che compongono l'opposizione nel Consiglio comunale di Muggia.

(r.tosq.)

 

 

Vienna contro l'Ue per la centrale nucleare - Nel mirino del governo il controverso progetto di modernizzazione dell'impianto ungherese di Paks
TRIESTE - Guerra a tutto campo, contro l'energia nucleare a un tiro di scoppio dal proprio confine. È quella dichiarata dalla vicina Austria, Paese storicamente contrario all'elettricità prodotta dall'atomo, sempre più in trincea contro il controverso progetto di modernizzazione ed espansione della centrale nucleare ungherese di Paks. Da realizzare attraverso un finanziamento da Mosca, di dieci miliardi di euro, per due nuovi reattori. Ampliamento che ha avuto luce verde, dopo approfondite analisi, anche dall'Unione europea, ma che non piace affatto a Vienna. Che ha annunciato nei giorni scorsi di aver presentato il più volte annunciato ricorso alla Corte di giustizia dell'Ue contro l'ok al progetto deciso da Bruxelles nel marzo dell'anno scorso. La Commissione aveva valutato che le sovvenzioni dello Stato magiaro all'impianto non distorcono il mercato energetico. A confermare il passo è stata la ministra austriaca Elisabeth Köstinger, che ha ricordato che l'Austria «è sempre stata un Paese che in maniera veemente si è battuta contro l'energia atomica». E anche ora, nel caso Paks II, si è trovata «obbligata» a prendersi la responsabilità di combattere una «battaglia di Davide contro Golia», a favore «della nostra natura, del nostro ambiente e del nostro paesaggio unico». Poi, la promessa-minaccia: «Non retrocederemo di un centimetro da questa linea», perché «l'energia atomica non ha spazio in Europa». Battaglia che ora si sposterà alla Corte di giustizia, dove la Commissione «difenderà la sua decisione» relativa a Paks del marzo 2017, ha confermato un portavoce dell'Ue, citato dall'agenzia Reuters. In precedenza, il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, aveva assicurato che Budapest ha «le carte in regola» per la costruzione della centrale e il sostegno del «diritto internazionale». Paks copre a oggi circa il 40% del fabbisogno del Paese. Il progetto dei due nuovi reattori, che dovrebbero entrare in funzione entro il 2025, è considerato strategico sia da Budapest sia da Mosca. Il colosso russo Rosatom, che contribuirà alla sua realizzazione, ha più volte affermato che il nuovo impianto soddisferà tutti i «requisiti di sicurezza post-Fukushima e le raccomandazioni» dell'Agenzia per l'Energia Atomica delle Nazioni Unite.

s.g.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 febbraio 2018

 

 

Il laghetto sommerge la panchina da pic-nic - Alle Noghere l'innalzamento dell'acqua ha "inghiottito" il nuovo manufatto e parte del sentiero
MUGGIA - La panchina sul lago è diventata la panchina nel lago. Brutta sorpresa per gli amanti dei laghetti delle Noghere: una volta giunti sul posto hanno scoperto che una delle cinque panchine da pic-nic, posizionate dal Comune di Muggia lo scorso novembre, era finita sott'acqua. La segnalazione, con tanto di foto, è arrivata all'attenzione dell'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani, che non ha nascosto il proprio stupore: «Certo non potevamo prevedere che le piogge insistenti dell'ultimo periodo avrebbero provocato un innalzamento delle acque tale da sommergere non solo l'area di una delle panchine, ma anche tutto il sentiero che fin lì e da lì si snodava. Siamo comunque intervenuti tempestivamente e abbiamo recuperato la panchina, senza alcun danno per quest'ultima». Il manufatto era stato posizionato nel biotopo muggesano grazie a "Pin-nic ai laghetti", il progetto presentato dal Comune di Muggia che lo scorso anno aveva vinto il concorso a premi promosso da Bricocenter Italia srl. Denominato "Insieme per il nostro quartiere", il concorso era destinato a progettualità con determinati requisiti di utilità sociale e mirate al quartiere della città in cui si risiede. "Siamo davvero grati a Bricocenter per questa preziosa opportunità offertaci che, nonostante la stagione caratterizzata da temperature un po' rigide, è già stata apprezzata da molti muggesani che non hanno mancato di farci pervenire il loro apprezzamento» ha raccontato l'assessore Bussani. I siti idonei per il posizionamento delle panchine, in realtà, pare non fossero molti. «È vero, abbiamo cercato di distribuirle lungo tutto il sentiero e di collocarle nei punti più suggestivi dell'area in modo che potessero offrire il valore aggiunto della vista al mero riposo. Grazie a quelle panchine tutto è divenuto ancora più apprezzabile», puntualizza Bussani. Qualche giorno fa, però, la brutta "scoperta". Una delle cinque panchine era finita quasi completamente sommersa dall'innalzamento del livello dell'acqua del biotopo. Nonostante l'incidente, il manufatto pare non si è usurato. Ma quale sarà il futuro della panchina? L'assessore ai Lavori pubblici di Muggia rassicura: «A breve la riposizioneremo in una zona meno perimetrale al laghetto, in modo da scongiurare in futuro ogni eventuale rischio di inondazione».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 febbraio 2018

 

 

Rifugio salva opere d'arte al Magazzino 20 - L'edificio in Porto vecchio verrà restaurato con i fondi del ministero per proteggere quadri e sculture in caso di calamità
Il rilancio del Porto vecchio passa per il Magazzino 20. Dopo la valorizzazione della centrale idrodinamica, della sottostazione elettrica e del Magazzino 26, l'edificio - utilizzato dal 1894 per movimentare le merci - si appresta a diventare la sede regionale delle opere d'arte da proteggere in caso di terremoto o calamità naturale. La notizia, diventata ufficiale martedì, con lo stanziamento da parte del Mibact della prima tranche di fondi (1 milione e 350mila euro), ieri ha preso corpo con la "dichiarazione d'intenti" della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Fvg, che in una nota ha messo nero su bianco tutti i dettagli finora disponibili. «Una quota del piano terra sarà attrezzata come zona di ricovero delle opere d'arte in caso di calamità naturali o di eventi ad alto impatto». Il soprintendente Corrado Azzollini conferma dunque ciò che l'assessore regionale alla cultura Gianni Torrenti aveva già anticipato. «All'epoca del terremoto del '76, tutte le opere d'arte furono messe al riparo nella chiesa di San Francesco di Udine, dunque in una zona sismica». Sebbene nei tempi più recenti il rischio sismico sia stato esteso a tutta la regione, Trieste resta nella fascia di pericolo medio-bassa. Da qui l'idea della Soprintendenza di creare a Trieste un rifugio dove proteggere, in caso di necessità, tutte le opere sparse nel territorio. Ma il futuro utilizzo del Magazzino 20 non si limita a questo. Da mesi Azzollini e i suoi lavorano per fare dell'edificio ottocentesco un "Centro per l'archeologia del Fvg". Un progetto da realizzare, oltre che con il sostegno della Regione, anche con l'appoggio del Comune di Trieste, proprietario dell'immobile. In attesa dell'Atto di concessione trentennale da parte di quest'ultimo, ora che i fondi ci sono si tenta insomma di stringere i tempi con la progettazione. «Gli spazi, una volta restaurati, fungeranno da centro di studio e formazione dell'archeologia, punto di riferimento per l'Italia settentrionale e di respiro transfrontaliero, grazie al coinvolgendo dei Paesi confinanti». Ecco che iI piano terra diviene pronto ad accogliere i reperti archeologici di pertinenza della Soprintendenza, provenienti dagli scavi sul territorio regionale. «Si tratta di un patrimonio in continuo accrescimento che ha necessità di trovare un'adeguata sistemazione» spiega Azzollini. Conservati in un unico sito, i reperti potranno essere catalogati, studiati, restaurati e valorizzati. Via libera allora a uffici per la catalogazione, laboratori di diagnostica e restauro, aule didattiche, spazi per esposizioni temporanee. «L'Erpac sta per rilanciare sia la scuola di restauro della carta, già riconosciuta a livello ministeriale, sia il corso di restauro del tessile - così Torrenti -. In questo nuovo progetto vediamo la possibilità di aggiungere un terzo tassello in Fvg». La notizia ha sollecitato Italia Nostra Trieste a rilanciare almeno una parte del progetto presentato nel 2013 dalla presidente Antonella Caroli, quella che prevedeva di ricreare, nel Magazzino 20, una foresteria per i giovani «da considerare protagonisti del processo di rigenerazione del distretto storico portuale».

Elena Placitelli

 

 

Pulizia "salata" all'ex Alto Adriatico - Il Comune di Muggia ha dovuto sborsare 20 mila euro per ripulire l'area usata come discarica abusiva
MUGGIA - Ben 20 mila euro di denaro pubblico. A tanto ammonta la cifra sborsata dalle casse comunali muggesane per lo sgombero dei rifiuti abbandonati da ignoti nel piazzale ex Alto Adriatico. La situazione di degrado era emersa in tutta la sua bruttezza nell'ottobre scorso, quando venne rinvenuta una e vera e propria minidiscarica a cielo aperto: armadi, stendibiancheria, un divano, mensole, cuscini, valigie, sedie e pure una barca giacevano nella zona coperta dalla vegetazione del piazzale. Ma come è possibile che nessuno si fosse accorto di nulla? Semplice. I balordi avevano approfittato della sosta di alcuni carri del Carnevale parcheggiati nel piazzale in estate durante i lavori di rifacimento dei portoni di accesso del magazzino comunale di via di Trieste. Ora è arrivato il conto di rimozione di tutta quella spazzatura: un conto decisamente salato. Proprio in seguito a quella situazione di degrado, ma anche a causa dell'utilizzo improvvido dell'attigua area per gli skater da parte di giovani in sella a moto e scooter, il Comune aveva deciso di chiudere l'accesso alla zona già dalla fine di ottobre, con una recinzione di circa 150 metri in acciaio, alta due metri e con la base in cemento armato. Questo il bilancio dopo quasi quattro mesi di chiusura parziale, spiegato dall'assessore alla Polizia locale Stefano Decolle: «Da quando la zona è stata messa in sicurezza non abbiamo riscontrato più problemi. Ovviamente la recinzione è di quelle che si possono togliere facilmente in caso di manifestazioni, ma per ora la barriera rimane al suo posto». Quale sarà ora il futuro del piazzale ex Alto Adriatico, una delle aree più grandi sul territorio muggesano? I tanti progetti del passato, per un motivo o per l'altro, sono stati tutti scartati. Durante l'amministrazione Nesladek era stata promossa la creazione di una pompa di benzina: poi non se n'è fatto più nulla. In passato si era ipotizzato anche di insediare lì la caserma dei vigili del fuoco: anche qui la proposta non ha avuto seguito. Per diversi anni la Pro Loco di Muggia aveva invece puntato sul progetto di un centro polifunzionale che sarebbe servito al Comune come struttura aggregativa. Il piano, promosso dal presidente Andrea Spagnoletto, era stato ben articolato: adeguamento del piazzale alla rete idrica, fognaria ed elettrica, costruzione dei servizi igienici, della zona ristoro e di un palco coperto con relativi spogliatoi, camerini e magazzino. Infine la realizzazione della Casa delle associazioni con auditorium e spazi espositivi polifunzionali. Il progetto, pur avendo suscitato interesse da parte delle varie forze politiche di allora, non venne mai più affrontato. Durante la seconda amministrazione Nesladek, infine, il piazzale era stato inquadrato nel famoso progetto Pisus (poi bocciato dalla Regione) come area dove ospitare i bus del trasporto pubblico. «Negli ultimi dieci anni sono stati proposti tanti progetti, più o meno validi, che però alla fine non hanno mai avuto il necessario sostegno finanziario. Se dovesse arrivare un soggetto interessato a portare, oltre a un progetto, anche le giuste risorse - ammette Decolle -, ce lo faccia sapere perché saremmo pronti ad un confronto».

Riccardo Tosques

 

 

"Mare di plastica" con Fai e Ogs
Lunedì pomeriggio, alle 19, il Café Rossetti ospiterà la conferenza "Un mare di plastica... Parliamone" a cura della Delegazione Fai di Trieste e dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs). I relatori affronteranno il tema attualissimo e critico dell'accumulo di rifiuti antropici negli oceani e mari, decisamente importante per Trieste, città di mare. A seguire verrà offerto un aperitivo e buffet ai partecipanti. Le iscrizioni vanno effettuate entro oggi al punto Fai della Cividin Viaggi.

 

 

Teatro San Giovanni - "In alto mare", l'emergenza clima
Alle 20.30, al teatro San Giovanni, andrà in scena lo spettacolo teatrale "In alto mare-Deep Water", a cura di Cies Onlus per la regia di Valentina di Odoardo (nella foto). La rappresentazione affronta temi di stringente attualità in una formula originale e alternativa: ironia e racconto scientifico si alternano e si completano per incoraggiare una riflessione critica sulla giustizia ambientale e sui cambiamenti climatici, questioni cruciali per l'epoca in cui viviamo. Nella performance i sei attori coinvolgono il pubblico in un dibattito socio-politico sulle ripercussioni ambientali causate dalle nostre scelte di vita quotidiana, invitandolo a esprimere la propria preferenza sull'installazione o meno delle trivelle sul proprio territorio. "Deep Water" è uno spettacolo metateatrale giocato su più livelli, che introduce a concetti poco conosciuti quali la "giustizia ambientale e sociale", ma anche il "razzismo ambientale", ossia la tendenza a spostare i costi ambientali dello sviluppo sulle popolazioni più deboli. Lo spettacolo è gratuito.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 23 febbraio 2018

 

 

Edison perfeziona l'acquisto di Gas Natural Vendita Italia

(Teleborsa) - Edison acquisisce Gas Natural Vendita Italia (GNVI) e rafforza la propria posizione nel mercato domestico aumentando del 50% la base clienti ed estendendo la propria presenza sul territorio nazionale.
Il prezzo per l’acquisto della società è pari a 195,3 milioni di euro, spiega la società energetica in una nota precisando che il portafoglio di GNVI è localizzato principalmente nel Sud del Paese ed è costituito per la gran parte da clienti gas, affidabili nei pagamenti e con un elevato grado di fidelizzazione.
"Siamo molto soddisfatti di aver portato a compimento questa operazione che ha una forte valenza strategica - afferma Marc Benayoun, Amministratore Delegato di Edison -. Facciamo un importante passo avanti nel settore retail, acquisendo una società che garantisce un elevato livello di servizio ai propri clienti grazie a una presenza capillare sul territorio, in particolare in Puglia, Calabria e Sicilia. Grazie a questa operazione, Edison raggiunge una massa critica importante e rafforza il proprio ruolo di operatore energetico nazionale".

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 febbraio 2018

 

 

Muggia, spostato l'incontro sulla differenziata - Sarà nell'atrio della scuola "Zamola" di Zindis
Vista la larga partecipazione di cittadini registrata nei precedenti appuntamenti, il Comune di Muggia ha deciso di spostare l'incontro pubblico previsto per la giornata di oggi sulla raccolta differenziata dei rifiuti dall'asilo "Biancospino" di Chiampore all'atrio della scuola "Zamola" di Zindis. Confermato, invece, l'orario delle 17.30. Il Comune ha altresì preannunciato che un incontro ad hoc con i residenti di Chiampore verrà organizzato nel mese di marzo. In attesa del calendario dei prossimi appuntamenti, martedì 27 febbraio alle 17.30 in sala "Millo" si svolgerà un altro incontro pubblico sempre dedicato al "porta a porta". Si ricorda infine che oggi dalle 10 alle 12 all'Ufficio relazioni pubbliche del Comune in piazza della Repubblica sarà aperto al pubblico l'infopoint nel quale un tecnico Net sarà a disposizione per fornire informazioni sul nuovo sistema di raccolta "porta a porta".

(r.t.)

 

 

Comitato «Chiudere con il rigassificatore»

Si è svolta ieri la riunione del comitato "Diciamo No al rigassificatore a Trieste". Il portavoce Luciano Ferluga chiama le istituzioni a chiudere definitivamente la possibilità che l'opera venga costruita.

 

 

CAMBIAMENTI CLIMATICI E RESILIENZA

Il Circolo di Muggia del Movimento decrescita felice, organizza un incontro su "Cambiamenti climatici, evidenze scientifiche, rischi locali e opportunità di mitigazione": alla sala Millo, alle 17, con il climatologo Filippo Giorgi.

 

 

Risparmio energetico "M'illumino di meno" in piazza Unità

"M'illumino di meno": Hera Luce partecipa allo spegnimento simbolico delle città. In occasione della "festa del risparmio energetico". A Trieste si spegneranno le luci della facciata del palazzo municipale.

 

"M'illumino di meno" anche a Trieste - Oggi luci spente sulla facciata di Comune, Università e Miramare
Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'umanità. Oggi torna M'illumino di meno, 14esima edizione dell'iniziativa promossa dalla trasmissione Caterpillar di Radio2 nel giorno della firma del Protocollo di Kyoto e dedicata quest'anno al camminare e all'andare a piedi. L'edizione 2018, intitolata "Con i piedi per terra", lancia un obiettivo: camminare simbolicamente fino alla Luna (che dista 555 milioni di passi) entro oggi. L'invito quindi è di spegnere le luci e fare una marcia, una processione, una ciaspolata, una staffetta, una maratona, un ballo in piazza o un pezzo di strada dietro alla banda del paese (info su http://caterpillar.blog.rai.it/milluminodimeno/decalogo). A Trieste hanno aderito molte istituzioni e tanti privati: il Comune di Trieste, ad esempio, ha avviato una sensibilizzazione sulla mobilità sostenibile e dalle 18.30 alle 20 spegnerà le luci della facciata del municipio; a Miramare, il castello spegnerà le luci sulla facciata dalle 19 alle 19.15. Anche l'Università spegnerà l'illuminazione della facciata e della scalinata di piazzale Europa (edificio A), dalle 18 alle 19.30. La Casa di riposo comunale di Muggia ha organizzato una serata con cena a lume di candela, musica e ballo. Area Science Park contribuirà con una passeggiata collettiva con partenza contemporanea alle 13 dai due campus e ritrovo a metà strada. L'asilo Casetta organizzerà percorsi motori all'aperto per gli alunni e genitori, e le educatrici raggiungeranno la sede a piedi. Il liceo Petrarca e la scuola Tarabochia spegneranno le luci nelle aule. Alla campagna hanno risposto presente anche alcuni locali pubblici, palestre (ci si allenerà a luci spente) e studi dentistici.

(g.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 febbraio 2018

 

 

I rifiuti di plastica che hanno creato il "maremostro"
Veniva chiamata la "maringa", una forma contratta per dire "casalinga del mare" , perché aveva iniziato a preoccuparsi di quelle plastiche e di quelle schiume strane che iniziavano a riempire il mare. Accadeva trentatré anni fa. Rosalba Giugni, napoletana, figlia di armatori e subacquea fondò così "Marevivo" , un'associazione che da allora si batte senza sosta per la difesa del mare e delle sue risorse. «All'epoca - ha raccontato ieri all'istituto Nautico - mi dicevano che la plastica era solo brutta, ma non faceva nulla, erano l'energia e la pesca che facevano male». Si rivolge alla platea di studenti del nautico che l'hanno accolta in una delle tappe che l'ente sta promuovendo in giro per lo stivale. Si tratta di incontri di informazione e sensibilizzazione sull'impatto della plastica in mare, che fanno parte di un progetto che da circa un anno Marevivo e le direzioni marittime delle Capitanerie di Porto stanno portando avanti e che farà tappa in ben 15 regioni, con percorsi formativi indirizzati a tutti gli "stakeholder" del mare, autorità portuali, Comuni, Regioni, pescatori e al Sindacato italiano Balneari, per analizzare e trovare soluzioni concrete, soprattutto a livello locale, e combattere l'emergenza dei rifiuti marini. Eventi programmati con il sostegno dei consorzi Castalia e Conisma. In particolare a Trieste l'appuntamento è stato ideato in collaborazione con la Direzione Marittima. Da mesi quindi è partita una vera e propria campagna dal nome emblematico: "Maremostro, un mare di plastica? " . «Il nostro mare ormai è sotto attacco - approfondisce Giugni - da pesca illegale ed eccessiva, petrolio, veleni di ogni tipo e da quello che noi abbiamo definitivo un "Mostro" apparentemente inarrestabile e indistruttibile che si insinua, addirittura, nella catena alimentare dell'uomo: la plastica. Se non agiamo subito le terribili previsioni annunciate dagli esperti potrebbero diventare realtà» . Alcune battaglie comunque Marevivo le ha già vinte. Sulla scia di una legge approvata in America con presidente Barack Obama, l'Italia ha inserito un emendamento nella finanziaria alla fine dello scorso dicembre quale primo Paese nell'Unione europea per proibire le microplastiche nella cosmesi e dire stop ai cotton fioc non biodegradabili che dilagano sulle spiagge italiane. Gli obiettivi futuri invece riguardano i fiumi. «L'80% della plastica arriva attraverso l'acqua dolce - conclude Giugni -, bisogna quindi agire lì e trovare il modo di raccogliere la plastica prima che arrivi in mare, ci sono tante tecnologie e modi, dobbiamo farcela» . Il direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia, il capitano di vascello Luca Sancilio, nel ricordare l'impegno in materia di ambiente del Corpo delle Capitanerie di porto, ha insistito sull'importanza della sensibilizzazione sugli argomenti della sostenibilità ambientale dei cittadini. Hanno portato i saluti il professore Bruno Zvech, vicepreside dell'Istituto Nautico Tomaso Savoia. Presenti Cristina Sgubin e Francesco Cumani di Arpa Fvg.

Benedetta Moro

 

FAI - "Mare di plastica" al Café Rossetti
Lunedì 26 febbraio, alle 19, il Café Rossetti ospiterà la conferenza "Un mare di plastica... Parliamone" a cura della Delegazione Fai di Trieste e dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs). I relatori affronteranno il tema attualissimo e critico dell'accumulo di rifiuti antropici negli oceani e mari, decisamente importante per Trieste, città di mare. A seguire verrà offerto un aperitivo e buffet ai partecipanti. Le iscrizioni vanno effettuate entro sabato al punto Fai della Cividin Viaggi.

 

Incontro sui rifiuti, in cento restano al gelo - A Muggia sala Millo esaurita presto e in tanti sono rimasti fuori. Domani altro focus sul "porta a porta"
MUGGIA - Un centinaio o forse qualcosa meno. Sono tanti i muggesani che ieri non sono riusciti a entrare nella sala "Gastone Millo", sede dell'incontro pubblico organizzato dal Comune di Muggia in collaborazione con Net per illustrare ai cittadini la nuova raccolta dei rifiuti "porta a porta". «Siamo rimasti fuori, con la porta chiusa», la testimonianza della muggesana Giuliana Drioli. Le fa eco Nadia Balbi sul web: «Siamo rimasti in piazza della Repubblica, fuori dalla sala Millo. Centinaia di persone, in piedi al freddo con la bora, lasciate fuori da una porta chiusa». Non è la prima volta che i residenti muggesani non riescono a entrare nella location prescelta dall'amministrazione per gli incontri sul porta a porta: era infatti già accaduto pochi giorni fa a Fonderia. Domani, alle 17.30, sarà l'asilo "Biancospino" di Chiampore a ospitare un altro incontro con il medesimo tema. Intanto, con la bora di ieri, si sono registrati i primi problemi ai nuovi contenitori della differenziata. Diversi infatti i bidoni rovesciatisi a causa del forte vento pur essendo stati collocati in aree relativamente riparate quali cortili e zone condominiali. Perplessa la muggesana Paola Citi: «Ma vi pare normale che proprio oggi (ieri, ndr), con questa bora e le previsioni che parlano di venti di Buriana ancora più forti nelle prossime ore, abbiano dato un'accelerata al posizionamento dei cassonetti condominiali che resteranno vuoti sino al primo marzo e che conseguentemente voleranno via?». Intanto il Comune sta attendendo dalla Net risposta sulla possibilità di far slittare in toto di un mese la partenza del "porta a porta". Forse entro la settimana si saprà se i cosiddetti "volontari" potranno già cimentarsi nella differenziata a partire dal primo marzo non usufruendo più dunque dei cassonetti siti sulle strade pubbliche che rimarranno comunque in loco sino al primo aprile. Naturalmente anche i partiti politici si stanno muovendo su un tema che sta mettendo a dura prova l'amministrazione comunale. Dall'opposizione sono partite diverse interrogazioni e mozioni che faranno parte del materiale all'ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale. E potrebbe essere indetto a brevissimo pure un Consiglio straordinario proprio sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti. Probabile, vista l'affluenza agli incontri pubblici, che la seduta possa essere ospitata in un altro luogo rispetto all'aula consiliare.

(ri.to.)

 

 

GLI ISCRITTI FIM CISL - «Basta uscite strumentali sulla Ferriera di Servola»
«"Chiudere la Ferriera": sono anni che, soprattutto in fase di campagna elettorale, questo titolo assieme a tante voci su questo tema si amplificano a dismisura. Quasi tutti i gruppi politici utilizzano la Ferriera come cassa di risonanza per la propria campagna elettorale e questo lo fanno ormai da molti anni». Inizia così una nota dei lavoratori dello stabilimento di Servola iscritti al sindacato Fim Cisl. «Per tanti, la strumentalizzazione ed il concreto interesse su questo tema sono direttamente proporzionali all'attenzione e all'impegno che poi gli stessi dedicano alla Ferriera nei momenti più neutri - proseguono -. Se, come dice l'articolo uno della Costituzione, l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro... fintanto che questa azienda viene dichiarata dagli organi competenti all'interno dei parametri di legge per quanto riguarda il tema ambiente, sulla Ferriera la parola chiusura non ha senso». I lavoratori iscritti alla Fim Cisl insistono: «Chi non crede nei dati sull'ambiente, ed afferma che chi controlla non fa bene questo compito, ha tutti gli strumenti legali per perorare la sua causa. Altra cosa è attaccare gratuitamente i lavoratori, noi difendiamo solamente il nostro posto di lavoro, e lo facciamo con onestà, in maniera civile, dando anche mandato di rappresentarci al sindacato. Lavorare in una fabbrica di "cioccolatini" piacerebbe sicuramente di più a tutti, ma non è così e, ad oggi, non ci risulta l'esistenza di altri sviluppi reali e concreti, almeno a breve termine (quindi non solo idee ma veri progetti, con chi fa cosa, quando e con quali investimenti) per quest'area. Troppo facile - concludono - dire che vadano a produrre altrove quello che per la società civile è indispensabile, ma non nella mia città, non è un po' ipocrita urlare al cielo per l'ambiente e dopo girare in centro in auto, auto fatte di acciaio, di ferroleghe non solo di plastica la cui produzione comunque inquina? Siamo stufi e non abbiamo mai creduto a chi, con molta faciloneria, promette posti di lavoro e prospettive di ricollocazione o riqualificazione per noi».

 

 

COORDINAMENTO - Iniziativa in piazza anti rigassificatore

Il coordinamento "Trieste unita dice No al rigassificatore" organizza un incontro oggi alle 11.30 in piazza Unità davanti alla prefettura in cui sarà presentata una lettera indirizzata ai ministri Calenda, Galletti e Franceschini, al capo del Dipartimento della Protezione civile Borrelli e al premier Gentiloni. Verranno poi richieste audizioni a enti del territorio e sindacati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 febbraio 2018

 

 

L'ex assessore Dapretto - «Vendere l'intero palazzo Carciotti è un insulto alla nostra città»
«La questione è lampante e sconcertante. La vendita dell'intero palazzo Carciotti non è altro che un sistema per fare cassa». L'architetto Andrea Dapretto, ex assessore comunale ai Lavori pubblici, parla da persona informata dei fatti. E, senza mezzi termini, parla di "svendita" del patrimonio storico. «L'ipotesi di vendita dei due terzi posteriori del palazzo messa in campo dalla giunta Cosolini, da me nel ruolo di assessore al Demanio, Patrimonio e Lavori Pubblici, si basava su due questioni - spiega Dapretto -. La prima era quella più evidente e in qualche modo ribadita in maniera sbiadita dalla commissione ministeriale, ovvero la necessità di lasciare alla città il palazzo più importante del neoclassico triestino e forse uno dei pochi palazzi di grande qualità architettonica, artistica e storica che Trieste possiede. La seconda, fatta propria a seguito di un emendamento consiliare, ovvero quella di vincolare l'importo ricavato al restauro della testata al fine di procedere con un progetto di restauro e di utilizzo con tali risorse. Parliamo di circa 17 milioni di euro. Così era stato valutato». Una visione stravolta dalla scelta della giunta attuale di Roberto Dipiazza con la regia dell'assessore Lorenzo Giorgi. «Ora, e ciò che sorprende è la faccia tosta di taluni soggetti, la vendita è prevista per tutto il palazzo, con la sola "prescrizione" di non toccare le opere d'arte e i volumi dell'edificio - continua Dapretto - e di mantenere la fruizione pubblica delle opere, ovvero potremmo entrare in un grande albergo a vedere gli affreschi e le statue. Interessante. L'operazione dei 21 milioni del duo Dipiazza/Giorgi invece prende un'altra direzione, cioè far cassa per sostenere il bilancio comunale. Quindi fare cassa dando il ben servito dal patrimonio pubblico al palazzo Carciotti ed alla sua storia. Prima si parlava di 17 milioni ora di 21mln. Prima i milioni si vincolavano per recuperare il palazzo stesso nella parte che restava al Comune ora si fa cassa. La differenza sembra, appunto, lampante. Certo che il Carciotti verrà venduto ed è certo che ci sono, come già c'erano, grossi gruppi alberghieri interessati. Ma è anche certo che vendere il Carciotti nella sua interezza è un insulto alla città».

(fa.do.)

 

Da Miramare a Sion, restauri da 7 milioni - Ok del Mibact al piano di prevenzione antisismica dei beni culturali. Nell'elenco pure Faro e Villa Necker
I beni culturali di Trieste e della regione si rifanno il look grazie al piano di investimenti appena approvato dal Mibact che stanzia, in tutto il Paese, 600 milioni di euro per la prevenzione del rischio sismico dei musei, rispondendo alle richieste provenienti dai territori. Il piano di messa in sicurezza - che il ministro Dario Franceschini ha definito essere «il primo e il più importante finora finanziato» - attinge al Fondo per gli investimenti istituito dalla legge di bilancio 2017 e si traduce , a Trieste, in interventi complessivi pari a 7,2 milioni; 36 in tutto il Fvg. Sette i poli di Trieste su cui, da ora, si potrà cominciare a progettare gli interventi di messa in sicurezza e restauro. Si comincia da Magazzino 20, in Porto vecchio, destinato a diventare il deposito regionale delle opere d'arte da proteggere in caso di terremoto o catastrofe naturale. «Durante il terremoto del '76 le opere vennero messe in sicurezza nella chiesa di San Francesco di Udine, dunque in zona sismica», ricorda l'assessore regionale Gianni Torrenti sottolineando come questo progetto, voluto dalla Soprintendenza e sostenuto dalla Regione, prevede di fare del Magazzino 20 anche la sede di un grande laboratorio di restauro statale. «E questo è solo il primo finanziamento, di 1 milione e 350mila euro». Due i milioni di euro assegnati a Miramare, che permetteranno il restauro delle case dei custodi e del Castelletto «rendendolo accessibile al pubblico grazie all'apertura del primo piano, ancora interdetto». Verifiche del rischio sismico e restauro da 800mila euro anche per la sede del Circolo Ufficiali di via dell'Università: Villa Necker con il suo grande parco. Soggetto a controllo ed eventuale rafforzamento anche il Faro di Trieste, 750mila gli euro assegnati. E ancora, interventi di: un milione per la riduzione della vulnerabilità di Palazzo Economo, sede della Soprintendenza; 200mila euro per la chiesa di Notre Dame de Sion e infine di 1,1 milione di euro per Villa Cosulich. «La bellezza è una risorsa non delocalizzabile del nostro territorio - così la presidente Serracchiani -, investire nella sua conservazione è investire sul nostro futuro». Per la segretaria del Pd Fvg, Antonella Grim, «è un segnale concreto per la valorizzazione dei nostri gioielli».

Elena Placitelli

 

Caserma di Roiano, il restauro sfora il budget - Costeranno 134 mila euro in più i lavori di riqualificazione. "Colpa" della scoperta del pavimento dell'800
Costeranno quasi 134 mila euro e trenta giorni in più di lavori gli imprevisti emersi a fine anno nel cantiere dell'ex caserma di Roiano. La scoperta di un pavimento dell'Ottocento e lo spandimento delle due cisterne di carburante hanno reso necessaria la modifica del quadro economico e dei tempi contrattuali. Una determina del Comune ha rivisto i contenuti di uno dei più dei più importanti cantieri in corso a Trieste. La demolizione dell'ex caserma della Polstrada di Roiano, iniziata al suono della fanfara dei bersaglieri il 5 giugno scorso, ha subito dunque la prima variante in corso d'opera. L'appalto è gestito dalla Impresit Lavori di Palestrina (Roma) per 660mila euro. «Non c'erano elementi che facessero presagire l'esistenza della pavimentazione ritrovata durante gli scavi come non erano ipotizzabili le aree inquinate dalle due cisterne di carburante visto che si estendevano al di sotto degli edifici esistenti», si legge nella relazione tecnica. Nel caso della pavimentazione ottocentesca, venuta alla luce durante la demolizione della vecchia autorimessa, è stata richiesta la verifica archeologica da parte della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, che deve pronunciare sulla sua eventuale conservazione. Il doppio inconveniente produrrà degli slittamenti all'interno del cronoprogramma che prevede la fine dei lavori a metà 2021. Il 12 gennaio scorso è stato raggiunto un accordo sulla variante che costerà all'amministrazione 134mila euro (include gli aggiornamenti delle parcelle dei professionisti incaricati) in più rispetto al milione e 660 mila euro previsto per la demolizioni degli immobili. «Vogliamo rispettare comunque, nonostante questi piccoli imprevisti, il cronoprogramma. Per noi è importante avere il risultato finale per giugno 2021» aveva garantito a gennaio l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Si tratta effettivamente di un intervento notevole, che interessa circa ottomila metri quadrati e prevede la realizzazione di un progetto del valore 7,8 milioni di euro. Un pezzo di Roiano che ritorna alla città. Una riqualificazione che i residenti attendono da 50 anni.

(fa.do.)

 

 

"Obiettori dei bidoni" contro il porta a porta dei rifiuti a Muggia - Diversi cittadini hanno rifiutato la consegna dei contenitori - Il sindaco Marzi: «Il servizio offerto va pagato comunque»
MUGGIA - Sono l'ultima novità sul tema rifiuti: gli obiettori di bidoncini. Più di qualche cittadino muggesano ha infatti deciso di non accettare la consegna a casa dei sei bidoni per la raccolta dei rifiuti "porta a porta", che da un mese sono in fase di distribuzione in tutte le abitazioni di Muggia. «Se qualcuno non vuole fare la differenziata a Muggia e preferisce portare i propri rifiuti a Trieste è una scelta personale - allarga le braccia il sindaco Laura Marzi -. Noi stiamo fornendo a tutti gli strumenti per iniziare a effettuare la raccolta differenziata della spazzatura. Detto questo non possiamo obbligare i cittadini a farla. Certo è che anche se qualcuno dovesse decidere, ad esempio, di portare i propri rifiuti a Trieste, il servizio offerto nel Comune di Muggia, anche se non usufruito, andrebbe comunque pagato» precisa Marzi. L'oggetto della diatriba rimangono i sei famigerati contenitori, cinque dei quali criticati soprattutto per le ampie dimensioni. Il sindaco ha fatto chiarezza anche per coloro i quali dovessero effettuare una differenziata errata: «Come già detto, per un anno non applicheremo sanzioni, ma gli operatori utilizzeranno un bollino rosso per evidenziare l'errato conferimento». Dopo un incontro con i vertici di Net, il sindaco ha confermato poi il mantenimento dei cassonetti della spazzatura sulle strade pubbliche: «Per un mese non verranno tolti, proprio per attivare una raccolta differenziata più morbida». Resta però ancora da capire se dal primo marzo partirà comunque il "porta a porta" da parte degli operatori di Net e se quindi chi vorrà, su base volontaria, potrà iniziare subito con la differenziata. «Abbiamo fatto formale richiesta a Net e ora stiamo attendendo risposta: per ora, come già detto anche durante l'ultima riunione pubblica ad Aquilinia, per un mese i cassonetti stradali non verranno rimossi» puntualizza Marzi. E mentre proseguono gli incontri con i cittadini, il tema del porta a porta muggesano infiamma anche la campagna elettorale. Vincenzo Zoccano, candidato alla Camera nell'uninominale per il M5S, anche da ex cittadino di Muggia dove ha risieduto per dieci anni, critica il servizio: «Ho partecipato assieme ai muggesani a un incontro organizzato da alcune forze di opposizione sulla questione della differenziata. Purtroppo c'è scarsa informazione, oltre che disorganizzazione già nella fase di distribuzione dei bidoncini». Zoccano ha elogiato invece «la grande partecipazione civica alla manifestazione di sabato scorso, che ha dimostrato che la gente non si accontenta di decisioni calate dall'alto». Pronta la replica del segretario del Pd muggesano Massimiliano Micor: «In questi mesi abbiamo dialogato continuamente con la popolazione raccogliendo impressioni e suggerimenti. La decisione di far slittare le sanzioni va appunto nell'ottica di informare più dettagliatamente la popolazione e risolvere ogni criticità rendendoci conto che, parlando di informazione, gli standard qualitativi promessi dalla ditta fornitrice del servizio non si sono rivelati adeguati. Personalmente spiace però che un tema importante come questo per la nostra comunità venga giornalmente strumentalizzato ad uso della campagna elettorale politica».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 febbraio 2018

 

 

Grotta Gigante - sì alla bonifica dell'ex polveriera
SGONICO - L'asfaltatura di alcune strade comunali e la bonifica dall'amianto della ex polveriera di Borgo Grotta Gigante. Sono questi i due più importanti provvedimenti di spesa, approvati dal consiglio comunale di Sgonico nel corso dell'ultima seduta, per quanto concerne le opere da eseguire nei primi mesi di quest'anno. Le risorse, pari a 237 mila euro, sono state già stanziate. «Alcune strade del nostro territorio hanno bisogno di una sistemazione - spiega il sindaco, Monica Hrovatin - mentre l'edificio che un tempo ospitava la ex polveriera dell'Esercito, struttura che attualmente è di nostra proprietà, se vogliamo poterlo utilizzare, mettendolo a disposizione della collettività, ha bisogno di un radicale intervento, che preveda l'eliminazione dei residui di amianto. Si tratta di un'opera indispensabile che certamente deve avere la priorità rispetto ad altre. Provvederemo inoltre - aggiunge Hrovatin - a eliminare la rete di recinzione dell'area della ex polveriera e a fare altre opere che la trasformino in una struttura utile e fruibile per la cittadinanza». Nel corso della seduta, il consiglio ha anche deciso di stanziare 10 mila euro, da destinare al completamento dell'opera di ristrutturazione e miglioramento dell'edificio che ospita la scuola elementare di Sgonico, situata di fronte al Municipio e che, nel corso del 2017, ha già beneficiato di lavori di messa a punto. Hrovatin ha annunciato poi che è partito il progetto denominato "Cantieri del lavoro", che ha permesso all'amministrazione di assumere due persone con contratti a tempo, della durata di 6 mesi, per un totale di spesa pari 15 mila euro, messi a disposizione dalla Regione, per l'esecuzione di lavori di pubblica utilità, in questo caso la sistemazione dell'archivio e il servizio di assistenza ai bambini che usano lo Scuolabus. In parallelo è partito anche il progetto "Messa alla prova", che prevede l'utilizzo, da parte dell'amministrazione, di persone over 55, che devono svolgere servizio civile, in base a sentenze del Tribunale. «Le impiegheremo - continua Hrovatin - una nell'archivio della Ragioneria comunale, l'altra per la sistemazione delle fontanelle pubbliche distribuite sul nostro territorio. Ma il lavoro più importante che dovremo fare anche in futuro - osserva il sindaco di Sgonico - consiste nel prestare estrema attenzione a tutti i bandi allestiti dall'amministrazione regionale e che prevedono assegnazioni di risorse finanziarie ai piccoli Comuni come il nostro, i cui bilanci sono sempre più stretti. Ricorrere ai fondi regionali - conclude Hrovatin - rappresenta l'unica possibilità per poter rispondere, in maniera adeguata, alle necessità del territorio e della popolazione».

(u. s.)

 

 

Federconsumatori: «Il Comune di Muggia sospenda l'avvio del porta a porta» - il caso rifiuti
«È indispensabile che il Comune di Muggia apra un canale di comunicazione e di ascolto attraverso il quale vengano date positive risposte a tutte le criticità fin qui segnalate. In attesa degli esiti di tale confronto è opportuno che l'amministrazione sospenda l'avvio della fase operativa del nuovo servizio». Così la Federconsumatori di Trieste, contattata da alcuni cittadini di Muggia in merito alle difficoltà emerse sull'avvio della raccolta "porta a porta" dei rifiuti, interviene sulla vicenda. «Federconsumatori - si legge ancora nella nota - ritiene che la situazione di disagio possa essere superata soltanto con la volontà dell'amministrazione di farsi carico dei problemi e delle criticità segnalate dai cittadini».

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI MUGGIA /1È assurdo, troppi i contenitori

Quando 8 anni fa mi sono trasferito a Muggia proveniente da un paese a una decina di chilometri da Milano, mi colpirono due assenze: quella della raccolta porta dei rifiuti solidi urbani e l'inesistenza di qualsiasi dissuasore di velocità nel centro abitato e, in particolare, sul lungomare Venezia, dove sono andato ad abitare, riscontrando subito incidenti dovuti alle elevate andature. Con una lettera al neoeletto sindaco mi lamentai per la mancanza, nel suo programma elettorale, di un preciso impegno per modernizzare la raccolta rifiuti. Non ottenni risposta. Quando, finalmente, sono cominciate a circolare (oralmente, perché il Comune di Muggia non investe nelle comunicazioni alle famiglie) le voci sull'introduzione della raccolta porta-a-porta", il commento per me naturale non poteva che essere: "finalmente". Un entusiasmo durato ben poco, cioè fino a quando ho poi saputo delle modalità di attuazione di questo obbiettivo e ho visto di persona la "bidonata". Quando, ormai di più di 20 anni fa, la stessa modalità venne decisa nel mio paese di provenienza, occorsero parecchi mesi per informare la popolazione, formare la mentalità nelle scuole, da quella materna alle medie e, in particolare, per dare ai condomìni il tempo necessario per organizzarsi con appositi spazi per la raccolta collettiva. Per ultimo vennero consegnati i contenitori: alle case monofamiliari un cestello per l'umido e uno con rotelle per la carta; alla nostra palazzina di 15 appartamenti e una cinquantina di residenti 5 contenitori (tutti con rotelle): 2 grandi per la carta e 3 medi, 2 per il vetro e 1 per l'umido. Naturale il mio stupore quando mi spiegarono che alla ventina dei residenti nella mia stessa scala il Comune di Muggia aveva programmato di rifilare non 5 (come nel Milanese) ma ben 72 bidoni spropositati, 6 a testa. Oltre al costo iniziale, dovremmo poi affrontare quello della "lavorazione" di questi bidoni, perché svuotarne 5 ha un costo (cui va aggiunto quello per lanciare sul camion i sacchi di plastica trasparente con gli altri rifiuti), manipolarne 72 un altro. Poi un'altra stranezza: finora per strada ci sono solo 5 tipologie di raccolta differenziata: come mai nel porta-a-porta sono diventate sei? Da qui tanti dubbi, miei e dei muggesani che incontro: queste "follie" sono dovute solo a incapacità e incompetenza? Mi auguro che i dubbi vengano sciolti quanto prima dalle autorità competenti.

Mario Tomainu

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI MUGGIA /2Metodo di raccolta gravoso e anti-igienico

Un doveroso grazie all'ampio spazio che il Piccolo da un mese dà ai problemi innescati dal modo con cui l'amministrazione comunale di Muggia pretende di avviare la raccolta differenziata dei rifiuti. L'ultimo atto è del 13 febbraio scorso, quando appare chiaro che non vi è alcun ripensamento della giunta davanti alle proteste generali della gran parte della cittadinanza e davanti alla petizione che si sta organizzando dal centro alla periferia. I responsabili della pianificazione definiscono «normale che un'operazione come questa possa incontrare difficoltà iniziali»; sei cassonetti unifamiliari consegnati nelle case (di quale dimensione esse siano) dove ogni tipo di rifiuto debba essere conservato da tre a sette giorni prima di condurlo in prossimità stradale dalle 20 alle 24 della sera pieno e ripreso vuoto al mattino dopo, proposti all'inizio della campagna, non sono difficoltà iniziali ma prepotenze inaccettabili. La successiva proposta per le sole case plurifamiliari di collocare cassonetti per la raccolta collettiva nei porticati condominiali (non stradali, si badi) da loro decisi con lo stesso calendario di vuotamento, sa di presa in giro o di tremenda ignoranza sia ecologica che igienica. Si cita «qualche problema di comunicazione»: no, la comunicazione è mancata del tutto se si è cominciato a consegnare cassonetti alle case prima di un qualsiasi straccio d'informazione e istruzione. «Da questo a sospendere il servizio senza proporre nulla di concreto ce ne passa»: gli abitanti chiedono un rinvio proprio con precise e circostanziate critiche al metodo inattuabile sin qui tentato e domandando una raccolta differenziata accettabile che compete alla giunta proporre, confrontandosi con la cittadinanza o i suoi rappresentanti istituzionali. «È giusto ascoltare i cittadini, il dialogo rimarrà sempre aperto» afferma il sindaco: ascoltare e poi concludere che così è deciso e non si torna indietro, come fin qui sostenuto dai piani alti di piazza Marconi, è semplicemente un dialogo fra sordi. Il sindaco faccia della petizione ciò che preferisce, sarà giudicato con i suoi collaboratori da come vorrà concludere la questione.

Bruno Baldas

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 febbraio 2018

 

 

Scout e volontari in Carso - Maxi pulizia delle doline - Agesci e Sos protagonisti: oltre 200 persone in campo. Riempiti 130 sacchi neri
Raccolti venti metri cubi di immondizie nelle vicinanze della Foiba di Basovizza
BASOVIZZA «Lasciare il mondo un po' migliore di come l'abbiamo trovato». È con il classico motto del mondo scoutistico che oltre 200 camicie azzurre dell'Agesci di Trieste hanno lavorato nella giornata di ieri per ripulire una buona parte delle discariche a cielo aperto nascoste vicino al monumento nazionale della Foiba di Basovizza. Con loro anche una decina di volontari di Sos Carso, l'associazione ambientalista che per prima ha lanciato l'allarme sull'inquinamento della zona. Complessivamente scout e volontari hanno riempito di spazzatura qualcosa come 130 sacchi neri: bottiglie, taniche, bidoni, filo spinato, cocci di vetri, a cui si sono aggiunti dieci pneumatici e un grande accumulo di ferraglia. Complessivamente sono stati raccolti circa 20 metri cubi di immondizia. La prima grande tranche dei lavori era stata svolta tra fine novembre e inizio dicembre da parte di una decina di volontari di Sos Carso, il gruppo apartitico di ambientalisti fondato da Cristian Bencich. In una sola dolina, a circa 500 metri dal monumento nazionale della Foiba, era stato recuperato vario materiale abbandonato nel verde per un totale di oltre 70 sacchi neri pieni. La decisione di operare in quella zona del Carso era stata presa dopo aver ricevuto una segnalazione ben precisa sulla discarica presente. In realtà, i volontari di Sos Carso, una volta perlustrata l'area in un raggio di circa mezzo chilometro, avevano rinvenuto altre cinque minidiscariche. Tra cui una distante appena 50 metri dalla Foiba di Basovizza. Di fronte a una simile situazione, visto il grande lavoro iniziale svolto da Bencich e soci, gli scout dell'Agesci di Trieste hanno contattato l'associazione ambientalista organizzandosi per una seduta collettiva di pulizia. «Il tutto è avvenuto a pochissimi giorni dalla Giornata del Pensiero (che ricorrerà mercoledì, ndr), festeggiata da tutto lo scoutismo mondiale in ricordo del nostro fondatore Baden Powell. Una giornata atta a sensibilizzare i ragazzi non solo al rispetto della natura ma più in generale alla partecipazione attiva e alla gestione responsabile del bene comune», ha spiegato ieri Matteo Dandri, capo scout e membro del Comitato di zona dell'Agesci di Trieste. E così un'ottantina di lupetti (bambini tra gli 8 e i 10 anni) e altrettanti esploratori e guide (11-16 anni), oltre a un folto gruppo di giovani appartenenti alle comunità rover e scolte ed una trentina di capi educatori si sono incontrati alle 8.45 davanti al monumento nazionale e poco dopo hanno dato il via ai lavori. L'alto numero di partecipanti messi in campo dalla sezione triestina dell'associazione guide e scout cattolici italiani, aggiunto all'esperienza e alla capacità di Sos Carso, ha permesso di ripulire non solo la prima discarica, ma anche di svuotare altre due discariche più piccole nei pressi della Foiba. «Nonostante la pioggia e la bora ci siamo armati di coraggio e con una abbigliamento consono e tanta buona volontà abbiamo raccolto circa 20 metri cubi di immondizia finendo tutto il lavoro di pulizia che ci eravamo prefissati», ha spiegato il capo scout Pietro Naccari. E pensare che a un certo punto, oltre al freddo, il vento ha iniziato a portare con sé anche la neve. Nonostante le intemperie tutti gli oltre duecento volontari hanno portato a termine la missione principale. Molto soddisfatto il cofondatore di Sos Carso Furio Alessi: «È stato un gran bel lavoro e non possiamo che ringraziare l'Agesci per la preziosa collaborazione». Anche se i problemi nella zona non sono affatto risolti, spiega Bencich: «Oltre a un paio di doline ancora piene di rifiuti e quindi da svuotare, rimane il problema d'inquinamento più grosso e pericoloso che si trova a 70 metri sottoterra nel "Pozzo dei Colombi", usato da dei criminali ambientali negli anni Settanta, con tanto di autorizzazioni del Comune di Trieste dell'epoca, come punto di sversamento di idrocarburi esausti e altre sostanze pericolose».

Riccardo Tosques

 

 

Rigassificatore di Veglia - Lng Croazia non arretra - L'azienda statale: avanti come stabilito con l'Ue, impianto attivo fra due anni
L'eurodeputato Jakovcic propone collocazioni alternative: «Contatti con Bruxelles»
FIUME - Sul rigassificatore galleggiante nelle acque di Veglia è muro contro muro. Mentre a livello politico continuano scontri e polemiche, l'azienda statale Lng Croazia, malgrado la persistente opposizione delle autorità isolane e della Regione quarnerino-montana guidata da Zlatko Komadina, ribadisce che l'impianto entrerà in funzione fra due anni. La presa di posizione giunge peraltro pochi giorni dopo che l'eurodeputato Ivan Nino Jakovcic ha proposto per l'impianto tre ipotesi di collocazione alternative, suscitando così la contrarietà dei sindaci dei luoghi a loro volta tirati in ballo. Ma andiamo con ordine. È stato Goran Francic, direttore della Lng Croazia, a ribadire all'agenzia di stampa nazionale Hina che «le attività legate alla nave Fsru, all'approdo e all'intera infrastruttura stanno andando avanti senza battute d'arresto, in base al ruolino di marcia stabilito dall'Unione europea, che cofinanzia il rigassificatore. Finora abbiamo avuto una ventina di offerte non vincolanti» per la movimentazione dell'impianto Lng, pari a 2,6 miliardi di metri cubi di gas all'anno. «Entro fine aprile chiuderemo la gara con le offerte vincolanti, ed entro la fine del secondo trimestre decideremo a chi affidare l'investimento». Francic ha ricordato che la realizzazione dell'impianto è stata concordata con l'Ue: «Il terminal galleggiante costerà in tutto sui 383,6 milioni di euro, di cui 101,4 milioni arriveranno dalle casse dell'Ue grazie all'accordo sottoscritto circa due mesi fa. Come detto, i primi quantitativi di metano dovrebbero essere erogati dal rigassificatore di Castelmuschio tra due anni».Il numero 1 della Lng Croazia ha ammesso che la nave avrà un forte impatto visivo sul golfo di Fiume: ma «anche per questo motivo - ha aggiunto - abbiamo avviato l'iter di modifica alla legge sul Mercato del gas, che permetterà al comune di Castelmuschio di beneficiare di determinate somme in rapporto alla produzione». Quanto all'abbandono del progetto del rigassificatore sulla terraferma - progetto che piace invece ai residenti e alle autorità locali - Francic ha spiegato che la movimentazione annua di 2,6 miliardi di metri cubi è il massimo che la rete nazionale possa assorbire. «L'impianto sulla terraferma, di gran lunga più costoso, arriverebbe a movimentare sui 7 miliardi di metri cubi all'anno, dei quali però in questo momento non c'è bisogno in quanto la domanda latita. Quando costruiremo la rete dei trasporti verso la Slovenia arriveremo anche a questo terminal». Parole che giungono pochi giorni dopo che Jakovcic, in merito al progetto fortemente voluto dal governo croato e appoggiato dagli Usa ma avversato a livello locale, in una conferenza stampa tenuta accanto alla sindaca di Castelmuschio Mirela Ahmetovic e al sindaco di Veglia città Darijo Vasilic ha sostenuto che l'impianto non dovrebbe essere collocato nelle acque di Casteluschio, offrendo tre ipotesi alternative: baia di Buccari, Porto Fianona e Urinj, poco a sud-est di Fiume. Jakovcic, per lunghi anni presidente della Dieta democratica istriana, ha anche annunciato che questa settimana avrà dei colloqui con esponenti della Commissione europea, per metterli in guardia su alcuni aspetti della vicenda. Secondo l'eurodeputato non sarebbe infatti possibile puntare sull'offshore giacché i piani regolatori della Regione e di Castelmuschio parlano di terminal metanifero sulla terraferma: «Mi impegnerò affinché questa realtà emerga», ha detto. La sindaca Ahmetovic, che ha criticato duramente il neoambasciatore americano a Zagabria, Robert Kohorst, per avere definito l'impianto d'interesse strategico per Washington, ha ricordato che il 3 marzo si darà vita a Fiume a una manifestazione di protesta contro la struttura nelle acque vegliote. L'iniziativa di Jakovcic intanto non ha incontrato però il favore dei sindaci di Buccari e Kostrena (del cui Comune Urinj fa parte), Tomislav Klaric e Drazen Vranic, che con vari argomenti si sono subito detti contrari all'ipotesi.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 febbraio 2018

 

 

A Muggia 500 in piazza contro il "porta a porta" -
Davanti al Comune in scena la pacifica manifestazione per contestare le modalità di introduzione della nuova raccolta differenziata. Niente confronto con la giunta
MUGGIA - Pacifici, senza bandiere di partito e piuttosto numerosi. Il popolo muggesano del "differenziata sì, ma non così" si è riunito ieri mattina in piazza Marconi per esprimere la propria serena ma ferrea contestazione alla raccolta differenziata dei rifiuti "porta a porta" che prenderà il via esattamente tra dodici giorni. Il mezzo migliaio di cittadini presente davanti al municipio ha atteso invano un confronto con il sindaco o l'assessore competente. Secca la replica del primo cittadino Laura Marzi: «Nessuno mi ha invitata ufficialmente al confronto». Soprattutto alla vigilia della manifestazione erano saliti i timori tra i manifestanti, datisi appuntamento in piazza tramite il tam tam su Facebook, per la possibile presenza di qualche provocatore. Fortunatamente, tutto è filato liscio. Attorno alle 10.15 la piazza era già bella piena di muggesani di tutte le età, alcuni dei quali anche con i "famigerati" contenitori per la differenziata. Alla fine le cinquecento persone hanno atteso il sindaco Laura Marzi e/o l'assessore Laura Litteri per un confronto. Confronto che però non c'è stato. «Non mi sarei assolutamente sottratta, come peraltro ho già dimostrato in queste settimane, ad un confronto con i cittadini. Nessuno però mi ha contattato ufficialmente per chiedere la mia presenza. Personalmente ho saputo di questa manifestazione guardando Facebook. Ero peraltro presente nei pressi della piazza durante la manifestazione, ma ripeto, nessuno mi ha ufficialmente invitata», racconta il sindaco. L'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri ha rimarcato ancora una volta come il percorso verso il porta a porta sia purtroppo difficoltoso: «La gestione dei rifiuti è materia complessa, che richiede la collaborazione di tutti i cittadini, ma sono sicura che siamo tutti disposti a fare qualche sacrificio per la salvaguardia dell'ambiente e sono altresì sicura che i muggesani saranno orgogliosi nel vedere aumentare la percentuale di raccolta differenziata». Non sono mancate, ovviamente, le reazioni politiche. Roberta Tarlao, capogruppo di Meio Muja: «La piazza di questa giornata è il sogno di ogni politico. Non essere presente per confrontarsi, ognuno con le proprie ragioni, a mio avviso è stata un'occasione persa». Severo Nicola Delconte (Fdi): «Mentre Net continua a distribuire bidoncini e sacchetti senza una apparente logica, i muggesani non ci stanno a subire passivamente il sistema porta a porta. E lo hanno civilmente dimostrato. Sindaco e assessore Litteri hanno dimostrato per l'ennesima volta quanto sono lontani dalla realtà del territorio che amministrano e per questo inadatti». Intanto critiche sono arrivate anche da una nota della Cgil, a firma del segretario generale di Trieste Michele Piga, in cui sono state espresse «forti perplessità sulla gestione del servizio da parte dell'assessorato competente che ha determinato un forte senso di smarrimento e incertezza sul territorio e non ha governato le azioni intraprese da Net che risultano evidentemente inadeguate e insufficienti a preparare la popolazione ad un cambiamento tanto necessario quanto impattante». Anche su sollecitazione della Cgil, il sindaco Marzi ha confermato di prevedere un adeguato periodo di sperimentazione su base volontaria per il "porta a porta". «Lunedì avremo un incontro con i vertici di Net e chiederemo di mantenere i raccoglitori delle immondizie presenti sul suolo pubblico in modo tale da creare un "porta a porta" graduale. Indubbiamente - ha ammesso Marzi - ci sono state delle lacune da parte della Net, ma anche noi non possiamo non assumerci le nostre responsabilità. Organizzeremo, in modo capillare, ulteriori incontri pubblici per informare i cittadini».

Riccardo Tosques

 

 

Nel 2050 metropoli superaffollate - L'Onu: 2,4 miliardi di persone si trasferiranno nei centri urbani
ROMA - Nei prossimi 30 anni 2,4 miliardi di persone si trasferiranno nelle città e per accoglierle sarà necessario ingrandire e adeguare le aree urbane o costruirne di nuove con un utilizzo di risorse naturali che potrebbe aumentare del 125% a 90 miliardi di tonnellate (dai 40 miliardi di tonnellate del 2010): un peso enorme sull'Ambiente. Per evitare un sovrasfruttamento è necessario quindi ripensare in chiave sostenibile il modo di progettare e costruire le città. Un'allerta rivolta ai responsabili politici dal Gruppo di esperti delle risorse naturali - istituito dall'Onu nell'ambito del Programma per l'Ambiente - nel rapporto dal titolo "Il peso delle città: i requisiti delle risorse della futura urbanizzazione". La gestione delle materie prime, osservano gli esperti, diventa un argomento politico centrale come il contenimento della CO2. Secondo lo studio, nel 2050 la popolazione globale che vivrà nelle città dovrebbe essere il 66% del totale (dal 54% del 2015) e quindi occorrono nuove strategie per accogliere questi flussi in modo da evitare choc per la natura e per l'uomo, cioè in modo che il sistema regga l'impatto. Ogni anno le risorse che la Terra è in grado di rigenerare da sola si esauriscono sempre prima: il 2 agosto scorso, ad esempio, siamo andati in debito verso il Pianeta per il 2017, e per soddisfare i consumi globali al ritmo attuale ci sarebbe bisogno di 1,7 Terre. Lo studio indica che più di un terzo della crescita urbana dovrebbe riguardare India (404 milioni di nuovi abitanti delle città), Cina (292 milioni) e Nigeria (212 milioni). Rileva anche che nel mondo le città sono cresciute al ritmo del 2% l'anno, con lo sfruttamento del territorio che passerà da un milione di chilometri quadrati, ai 2, 5 milioni del 2050. A fronte dell'impiego di miliardi di tonnellate di materie prime (combustibili fossili, sabbia, ghiaia, minerale di ferro, legno, acqua e cibo), il rischio è che si impieghino più risorse di quanto il nostro pianeta possa rigenerare, gravando soprattutto su agricoltura, energia, industria e trasporto. La raccomandazione è puntare su risparmi ed economia circolare: pianificare città compatte, per risparmiare chilometri di asfalto ed evitare sprechi di elettricità e acqua; prevedere trasporti pubblici efficienti ed economici, quartieri vivibili in cui le persone preferiscano andare a piedi o in bicicletta, uso di car sharing, veicoli elettrici con punti di ricarica, sistemi idrici efficienti, nuove tecnologie di riscaldamento, raffreddamento e illuminazione. E ancora, recupero e i riciclo di materiali. «Ci sono già troppe persone nel mondo avvelenate dallo smog nelle città in cui vivono ed è allarmante vedere che questa tendenza è destinata a peggiorare», commenta il capo dell'Unep, Erik Solheim.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 febbraio 2018

 

 

Ferriera, botta e risposta sui parchi minerali - Dipiazza: «Via all'iter di annullamento della proroga per il progetto di copertura». La Regione lo smentisce: «Nulla di deciso»
Attorno la Ferriera si è consumata ieri l'ennesima commedia degli equivoci. «Interessante» attacca il sindaco Roberto Dipiazza che, in un video su Facebook, annuncia la novità della Regione sventolando una lettera appena ricevuta dalla direzione ambiente della stessa. «La Regione Fvg, su richiesta formale del Comune di Trieste, ha avviato il procedimento per l'annullamento della proroga che essa stessa aveva ulteriormente concesso alla proprietà della Ferriera di Trieste per la presentazione del progetto definitivo ed esecutivo di copertura delle aree a parco. È evidente che le nostre richieste formali e motivate con cui chiedevamo alla Regione di procedere in autotutela all'annullamento dell'ulteriore proroga concessa sono arrivate a destinazione» spiega il primo cittadino. Solo che l'avvio di una procedura non presuppone il fatto che vada a buon fine. «Questo dimostra la serietà della nostra azione. Stiamo lavorando per chiudere l'area a caldo che crea molti problemi non solo ai nostri cittadini ma anche a quelli di Muggia e Capodistria» sottolinea Dipiazza. In realtà, la chiusura dell'area a caldo non è direttamente correlata alla copertura dei parchi minerali. Inoltre la proroga non è stata cancellata ma è in vigore fino al 29 marzo. «Come annunciato nei giorni scorsi - si spiega in una dettagliata nota degli uffici regionali - la Regione ha deciso di esaminare l'istanza del Comune di Trieste di procedere all'annullamento in via di autotutela della proroga concessa ad Arvedi spa per la presentazione del progetto di copertura dei parchi minerali della Ferriera di Servola. Di conseguenza ha avviato un procedimento amministrativo invitando formalmente la proprietà dello stabilimento e tutti i soggetti coinvolti (Comune di Trieste, Arpa Fvg, Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, Comando provinciale Vigili del fuoco) a presentare eventuali osservazioni entro 30 giorni. A termini di legge il procedimento amministrativo, di cui si occupa la Direzione ambiente, sarà concluso entro 45 giorni». Non è il caso di tirare affrettate conclusioni. «Il procedimento evidentemente potrà concludersi con la conferma della proroga concessa oppure con l'accoglimento della richiesta di annullamento della stessa proroga - spiega la Regione Fvg -. Nella nota inviata ai diversi portatori di interesse la Regione ha in ogni caso precisato che il rispetto dell'Aia rimane comunque prioritario. Pertanto ha comunicato ad Arvedi spa che la pendenza del procedimento non può costituire ragione per non rispettare i termini della proroga. Come si ricorderà la Regione aveva comunicato ad Arvedi spa la necessità di presentare il progetto di copertura dei parchi entro 60 giorni, ovvero entro il 29 gennaio 2018. Tuttavia l'8 gennaio 2018 è arrivata la richiesta di Arvedi di proroga del termine. La Regione ha quindi concesso la proroga, indicando il 29 marzo prossimo come termine ultimo per la presentazione del progetto di copertura delle aree a parco». Come dire che la fine del procedimento per l'annullamento della proroga avverrà a proroga conclusa.

(fa.do.)

 

La difficile convivenza tra crescita industriale e ambiente
«Pensare a un nuovo accordo di programma sulla Ferriera, che possa assorbire gli obiettivi di sviluppo del porto, è un'ottima idea. Ma il realismo ci porta a dire che intanto è fondamentale attuare l'accordo di programma in essere, nell'ambito di un dialogo con il gruppo Arvedi, in un contesto di crescita industriale complessiva della città». Mario Sommariva, segretario generale dell'Authority, ha sintetizzato così ieri sera la posizione dell'ente, nel corso del dibattito svoltosi al Circolo della stampa, intitolato "Ferriera: verso un nuovo accordo di programma", promosso dalle associazioni Sinistra per Trieste e No Smog e da Legambiente. «La dismissione dell'impianto - ha aggiunto - non può essere un progetto, perché bisogna prima individuare una valida alternativa. Il porto può essere uno strumento utile per la trasformazione, purché non si parli di dismissione e basta».Waldy Catalano, di Sinistra per Trieste, dopo aver ricordato che «passati tre anni dall'arrivo del gruppo Arvedi, la situazione è rimasta complessa», ha chiesto «la revisione dell'Aia, con la chiusura dell'area a caldo, ma prima di chiudere qualcosa è indispensabile avere una valida alternativa. Siamo disponibili a discutere della riconversione dei lavoratori dell'area a caldo nel nuovo futuro del porto, purché a parità di livelli occupazionali». Alda Sancin, di "No smog", ha ammesso che «la dismissione di un impianto crea un deserto, ma è altrettanto vero che, vicino alla Ferriera, i residenti subiscono da troppi anni gli effetti dell'inquinamento atmosferico provocato dall'attività industriale. I cittadini di Servola non possono essere considerati intrusi e vedere i politici respingere ogni richiesta di modifica di revisione dell'Aia. Va fissata una data di inizio dismissione». Anche Lino Santoro, di Legambiente, dice "No" a un nuovo accordo di programma". «Forse - ha spiegato - un errore è stato fatto quando ci si è soffermati sulla richiesta di revisione dell'Aia, invece di puntare sulla modifica dell'accordo di programma».

(u.s.)

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 febbraio 2018

 

 

Consiglio regionale - Mobilità ciclistica - Via libera alla legge
Il Consiglio regionale ha approvato ieri all'unanimità la nuova legge regionale sulla mobilità ciclistica. Tra le novità azioni volte a favorire gli spostamenti quotidiani casa-scuola e casa-lavoro in bicicletta, l'aumento dei parcheggi per le biciclette negli edifici pubblici e privati, l'omogeneità e qualità negli interventi grazie alle nuove linee guida per la realizzazione delle piste ciclabili, le azioni di monitoraggio dei flussi ciclistici per verificare che gli investimenti e le azioni messe in campo abbiano raggiunto i risultati previsti. Soddisfatti gli esponenti della Fiab, presenti in aula al momento del voto.

 

 

Muggesani in piazza contro la rivoluzione della raccolta rifiuti - Domani protesta dei nemici del porta a porta sotto il Municipio

Marzi promette un avvio morbido: «Niente multe per un anno»
MUGGIA - "Differenziata sì, ma non così". Questo lo slogan con cui Muggia si prepara ad ospitare domani mattina la protesta in piazza contro la nuova raccolta differenziata dei rifiuti. Un'operazione, insomma, che continua a far discutere anche le giunta Marzi ha assicurato una "partenza morbida": per un anno niente sanzioni a chi sgarra. La manifestazione - Domani, in piazza Marconi, alle 10, per la prima volta si riuniranno i contestatori del servizio "porta a porta" promosso dal Comune. Sotto tiro finiranno i tanto criticati raccoglitori per i rifiuti, che verranno esposti dai residenti nel cuore del centro cittadino. La manifestazione è stata organizzata sul web dai promotori della raccolta firme che chiede alla giunta Marzi la sospensione del nuovo servizio, in partenza giovedì primo marzo. La petizione, appoggiata da tutti i partiti dell'opposizione, secondo i promotori ha già superato le mille firme. Un interesse che fa ben sperare anche per la buona riuscita della manifestazione di domani che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrà comunque essere apartitica. Le novità - Intanto nella giornata di ieri il Comune ha annunciato che la partenza del "porta a porta" a Muggia sarà di tipo "morbido". È stato deciso infatti che non verranno applicate multe a partire dal primo marzo, ma ci sarà «un anno di tempo per capire e muoversi più agevolmente nella materia». Inoltre, a differenza di quanto accaduto in altri Comuni, l'avvio del porta a porta non comporterà l'immediata eliminazione dei cassonetti attualmente presenti in strada. Gli incontri - Già fissato un ricco calendario di incontri sul territorio «in modo da poter dissipare i dubbi che potrebbero sorgere anche una volta partito il nuovo sistema». Tre gli appuntamenti calendarizzati la prossima settimana. Lunedì alle 19 alla palestra della scuola "Loreti" di Aquilinia, mercoledì alle 17.30 in sala "Millo" e venerdì sempre alle 17.30 nell'asilo "Biancospino" di Chiampore. «Se servirà, poi, fisseremo altri confronti per rispondere ad eventuali interrogativi dei cittadini», afferma l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri. Ater - Nel frattempo sta proseguendo l'attività parallela svolta dall'infopoint dipiazza della Repubblica a cui si sommano i sopralluoghi dei tecnici Net, che quotidianamente gestiscono una media di 60 segnalazioni. Le soluzioni che sono state concordate anche con Ater, che proprio ieri ha dato il nulla osta all'avvio del sistema di raccolta condominiale con contenitori collettivi. «Nei prossimi giorni - avverte il Comune - potrebbero essere effettuate le consegne dei kit nei rispettivi stabili». Il sindaco - «Stiamo gestendo tutte le legittime preoccupazioni dei nostri cittadini, che comprensibilmente vivono i timori legati a questo importante cambiamento», commenta Laura Marzi. Il primo cittadino ammette che i disagi erano stati messi in preventivo: «Sarebbe stato da ingenui pensare che, come già peraltro avvenuto in altri comuni, l'operazione non avrebbe sollevato dubbi e contrarietà. Siamo ben consapevoli del senso di smarrimento che si può vivere di fronte ad un sistema che cambierà le proprie abitudini quotidiane. Proprio per questo - conclude - si sono messe in campo tutte le misure possibili perché questo passaggio sia il più graduale possibile».

Riccardo Tosques

 

 

In Italia si consumano 206 litri di acqua minerale a testa l'anno
ROMA - Con 206 litri a testa l'anno, siamo il Paese che detiene il primato europeo nel consumi di acqua minerale in bottiglia: 29 litri più dei tedeschi, 84 litri in più dei francesi e 85 litri in più degli spagnoli. Un fenomeno di massa: oggi sono nove italiani su dieci a bere acqua minerale, il 19% in più rispetto a 20 anni fa. E otto italiani su dieci si riconoscono nella categoria di «grandi bevitori», superando quota mezzo litro al giorno. È quanto emerge dall'indagine Censis, condotta su un campione di duemila intervistati, che delinea un consumo interclassista, dall'operaio al dirigente, unisex e per tutte le età, con grande apprezzamento nelle nuove generazioni dei Millennial e una crescente domanda da parte degli anziani. L'acqua minerale, nello studio illustrato da Francesco Maietta del Censis, è «un bene irrinunciabile per le famiglie italiane, che trovano in questo consumo, anche in tempi di crisi e neo-sobrietà, una gratificazione quotidiana». Nel 2016 l'Italia ha esportato 1,3 miliardi di litri, per un valore di 480 milioni di euro. Una performance positiva che colloca l'Italia al secondo posto per quantità e valore, recuperando terreno sulla Francia che è leader europeo del settore.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 febbraio 2018

 

 

Ex caserma - Scuole riunite in via Rossetti - Il Pd: «Puro spot elettorale»
«Il progetto di Dipiazza e Brandi di trasferire tutte le scuole superiori nell'ex caserma di via Rossetti è un puro spot elettorale, con scarsissime possibilità di riuscita: ci vorrebbero più di dieci anni di lavori e 40 milioni di euro, senza contare l'impatto di 8mila studenti contemporaneamente nello stesso posto. Il sindaco e i suoi assessori ascoltino piuttosto i dirigenti e portino avanti i progetti di riqualificazione degli istituti». L'attacco alla giunta triestina di centrodestra arriva da Adele Pino, della segreteria Pd di Trieste, i consiglieri comunali dem Antonella Grim, Valentina Repini e Igor Svab e la Cittadina Maria Teresa Bassa Poropat. «Il sindaco, in quanto presidente dell'Uti - continuano - ha il compito di dare attuazione ai lavori già oggetto di una programmazione dell'allora Provincia, condivisa con la dirigenza e la Consulta degli studenti. Le risorse a copertura degli interventi sono pari a 20 milioni di euro. Si parta dai lavori più urgenti: il liceo Nordio, i laboratori del Max Fabiani-Deledda, la succursale del Petrarca e del Galilei nella palazzina già individuata nel comprensorio della caserma di via Rossetti, l'istituto Stefan».

 

 

Conferenza sulle zone umide

Il Wwf Trieste organizza, alle 18.30, al Circolo canottieri Adria (Pontile Istria 2) una conversazione con il naturalista Paolo Utmar sull'iniziativa del Wwf Italia 2018: "One Million Ponds", check-up delle zone umide. Ingresso libero. Nonostante le loro ridotte dimensioni, le zone umide sono in assoluto tra le più ricche di biodiversità. Sono altamente produttive e per questo di vitale importanza per la pesca in moltissime aree del mondo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 febbraio 2018

 

 

«Chiudere l'area a caldo della Ferriera» - L'appello di Legambiente, Sinistra per Trieste e No Smog: «Trasferiamo i lavoratori in porto»
Chiudere l'area a caldo della Ferriera, trasferendo gli addetti che attualmente vi lavorano in porto, dove si sta vivendo una fase di decisa crescita. Questo, in sintesi, il messaggio lanciato ieri da Legambiente, Sinistra per Trieste e No Smog, nel corso di una conferenza stampa che ha visto unite le tre associazioni da un comune obiettivo. «Si tratta di trovare una soluzione che garantisca da un lato la soluzione del problema inquinamento - hanno detto Lino Santoro (Legambiente), Marino Sossi (SpT) e Alda Sancin (No Smog) - e dall'altro la salvaguardia dei livelli occupazionali, in una città che ha già subito forti tagli». Tutto questo in vista dell'incontro in programma venerdì, alle 17, al Circolo della Stampa, quando i rappresentanti delle tre associazioni incontreranno Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità portuale. «In tale sede - ha precisato Santoro - verificheremo quali iniziative si possono intraprendere in questa fase per superare l'accordo di programma che oramai risale al 2014. L'area a caldo va chiusa in tempi brevi - ha aggiunto - perciò dopo più di tre anni bisogna cambiare. Il porto è in pieno sviluppo, perciò si potrebbero spostare i lavoratori dell'area a caldo in altri comparti produttivi». «La Ferriera - ha sottolineato Sossi - non deve più essere strumento di campagne elettorali. Bisogna invece trovare un punto di sintesi e mettere tutti d'accordo sul momento della chiusura dell'area a caldo, senza perdere posti di lavoro. È indispensabile definire un nuovo accordo di programma, con date precise sulla chiusura dell'area a caldo, coinvolgendo anche le organizzazioni sindacali». «Da dieci anni sentiamo promesse di dismissione, riconversione e altro, soprattutto nel corso delle numerose campagne elettorali che si sono succedute - ha ricordato Sancin - bisogna invece pensare alle reali esigenze della gente, adottando scelte concrete. Aderiamo all'ipotesi presentata da Legambiente e SpT per modificare l'accordo di programma. La Ferriera - ha continuato - richiede una procedura di dismissione graduale, che cominci dagli impianti inquinanti, fissando una data. Forse la politica è troppo vicina agli interessi della proprietà, ma è tempo che quest'ultima accettai di demolire le strutture. Bisogna infine smetterla con la strumentale contrapposizione fra lavoratori e residenti».

Ugo Salvini

 

 

A Muggia scattano i lavori di restyling della rete fognaria - Cantieri al via lunedì per sostituire le condotte in centro - Interessate via Signolo e via Tonello. Costo: 260 mila euro
Nuovo cantiere in arrivo a Muggia. A partire da lunedì 19 febbraio via Signolo e via Tonello saranno al centro di un restyling sotterraneo per sostituire le condotte fognarie presenti nelle due arterie centrali della cittadina. I lavori dureranno complessivamente tre mesi. La spesa totale finanziata dall'AcegasApsAmga? Esattamente 260 mila euro. I lavori, per creare condotte più capienti e una nuova stazione di sollevamento, si svilupperanno lungo un tratto di circa 270 metri. Il cantiere, che comporterà un aumento della capacità di ricezione della rete fognaria, vedrà la totale sostituzione delle condotte al di sotto di via Signolo e via Tonello. Contestualmente verrà realizzata una nuova stazione di sollevamento che permetterà di ottimizzare e potenziare anche la rete fognaria di via Frausin. Per quanto riguarda gli impatti sull'ambiente, oltre all'evidente miglioria sul piano del drenaggio urbano e degli scarichi domestici, l'intervento dovrebbe costituire una svolta fondamentale per quanto riguarda il rio Fugnan, torrente che da mezzo secolo è contraddistinto da significative criticità legate proprio all'inquinamento dagli scarichi fognari. Fino al 2012, i valori di inquinanti presenti nel rio erano decine di volte superiori alle soglie indicate nel Decreto legislativo 116/2008 e relativo Decreto ministeriale 30/03/2010, in quanto risultavano diversi allacci fognari abusivi che scaricavano direttamente nel torrente. Negli ultimi anni, grazie alla collaborazione tra Comune di Muggia e AcegasApsAmga, sono state attuate diverse azioni che hanno portato ad un sensibile miglioramento dei valori di inquinamento alla foce del torrente, l'ultimo dei quali sarà proprio quello in programma a partire dal 19 febbraio: l'intervento di sostituzione e potenziamento della rete fognaria prevede infatti anche un adeguamento funzionale degli scolmatori connessi al torrente stesso. Naturalmente il cantiere provocherà degli impatti non di poco conto sulla viabilità cittadina. Date le caratteristiche e la zona dell'intervento, nel corso delle prossime settimane si renderanno necessarie modifiche alla normale circolazione degli automezzi. Già dalla mattina di lunedì 19, il traffico veicolare cittadino lungo via Tonello sarà caratterizzato da un restringimento della carreggiata con divieti di sosta che si estenderanno da piazza Repubblica sino a via Signolo (lato ricreatorio). Poi il restringimento si sposterà nella restante via Signolo sino ad arrivare al tratto di via Tonello sino a raggiungere la via Frausin. I lavori avranno una durata complessiva di 90 giorni fermo restando che nella prima settimana di avvio del cantiere saranno realizzati degli scavi di sondaggio propedeutici e necessari per valutare eventuali interferenze nel sottosuolo non mappate. A meno di intoppi, dunque, i lavori dovrebbero concludersi entro la metà di maggio. Tutte le informazioni relative ai lavori potranno essere visionate sulla pagina online di AcegasApsAmga "Infocantieri" consultabile sul sito internet www. acegasapsamga. it/infocantieri.

Riccardo Tosques

 

 

Comune e animalisti in difesa delle nutrie - Per i roditori, destinati all'abbattimento in base alle direttive regionali, si apre la via della sterilizzazione
MUGGIA «Siamo disponibili a valutare la congruità di un piano di gestione delle nutrie delle Valle delle Noghere che contempli il ricorso alla sterilizzazione». La lettera dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, alimenta nuove inattese speranze di sopravvivenza per la colonia dei castorini muggesani. I roditori, destinati all'abbattimento in base alle direttive della Regione, sono ufficialmente entrati nelle mire protezionistiche del Comune. «Questa settimana invieremo alla Regione la nostra formale richiesta di sterilizzazione delle nostre nutrie: siamo contrari ad ogni tipo di violenza su questi animali», ricorda Laura Litteri. Il progetto di tutela delle nutrie promosso dall'assessore all'Ambiente, in strettissima sinergia con Enpa e MujaVeg, dopo aver incassato l'interesse da parte dell'Ispra, sta per arrivare dunque sui tavoli dell'ente che ha invece dichiarato guerra aperta ai roditori presenti in Fvg. E sotto tiro non poteva non finire anche la colonia muggesana del rio Ospo, una delle più "difficili", però, da affrontare, per motivi prettamente di confine. La causa è determinata da uno Schengen naturalistico esistente da tempo, come spiega la stessa Ispra: «Le nutrie che frequentano l'area delle Noghere originano dalla vicina Slovenia tramite il rio Ospo. Si tratta quindi di un nucleo non isolato. Ne deriva che, anche riuscendo a rimuovere tutti gli animali della valle Noghere-Ospo-Grandi Motori, questi verrebbero con tutta probabilità rimpiazzati da quelli sloveni attraverso l'asta del rio Ospo che oggi, come negli anni Settanta, mette in connessione questi nuclei». Insomma: abbattere le nutrie sull'Ospo non significherebbe eradicarle per sempre. E intanto il mondo animalista è tornato alla carica ribellandosi ai metodi cruenti promossi dall'amministrazione regionale. Le associazioni, «non criticando la decisione di eradicare un animale estraneo all'habitat regionale», hanno espresso al contempo il loro «rifiuto categorico verso l'abbattimento». Come spiegato dalle varie realtà animaliste «le nutrie oggi possono venir intrappolate ed uccise a colpi di fucile o con il gas da alcuni soggetti autorizzati. La scelta di utilizzare tali metodi evidenzia una mancanza di rispetto di diritti che dovrebbero esser inviolabili per tutti gli animali».

(r. t.)

 

 

Wwf, incontro sulle zone umide
Il Wwf Trieste organizza giovedì alle 18.30, al Circolo canottieri Adria (pontile Istria 2), una conversazione con il naturalista Paolo Utmar sull'iniziativa del Wwf Italia 2018 "One Million Ponds-Check up delle zone umide". Ingresso libero. Nonostante le loro ridotte dimensioni, le zone umide sono in assoluto tra le più ricche di biodiversità. Sono altamente produttive e per questo di vitale importanza per la pesca in moltissime aree del mondo. La conservazione del loro ciclo idrologico rappresenta un punto essenziale per la difesa del suolo e per la lotta alla crisi idrica e alla mancanza di acqua potabile.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 febbraio 2018

 

 

Ex Fiera verso la rinascita - Ok alla doppia variante - Opera da 65 milioni: niente residenziale e 15 mila metri quadrati commerciali
La giunta approva la delibera di indirizzo in cui si inquadra il progetto di Mosser
Riqualificazione dell'ex Fiera, il Comune mette in moto la procedura amministrativa propedeutica alla realizzazione del grande progetto da 65 milioni di euro voluto e finanziato dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, che conta di vederlo completato nel 2021. La giunta Dipiazza ha approvato le direttive che prevedono una doppia variante, una relativa al Piano regolatore generale (Prg) e una attinente al Piano di settore del commercio. Gli interventi di carattere urbanistico argomenteranno l'esclusione dell'uso residenziale - al momento previsto per un minimo del 30% e per un massimo del 60% - e l'insediamento di una superficie commerciale di vendita al minuto superiore a 15 mila metri quadrati. L'investitore austriaco pensa a ristorazione, shopping, intrattenimento, fitness. Mid Immobiliare, la società italiana del gruppo guidato dall'avvocato di Klagenfurt, si impegna a proprie spese nel portare a termine alcune opere di carattere viario e infrastrutturale, che modificheranno l'assetto della zona: doppio senso di marcia nell'ultima parte di via Rossetti a mo' di boulevard con alberatura centrale, ampliamento delle aree di sosta con la creazione di ulteriori 150 posti-auto rispetto agli 800 già programmati, nuovo giardino pubblico nell'ambito dell'ex comprensorio fieristico, riqualificazione di piazzale De Gasperi. Con un effetto di miglioramento a ricadere sull'intero scacchiere, dagli assi Rossetti-Piccardi a piazza Foraggi. Dipiazza aveva assicurato Mosser che il Municipio avrebbe accelerato, per quanto possibile, i passaggi autorizzativi. La delibera, co-firmata dagli assessori Luisa Polli (urbanistica) e Lorenzo Giorgi (commercio), è stata trasmessa all'attenzione delle Circoscrizioni V e VI affinché esprimano il loro parere. E sarà inoltrata - rammenta Luisa Polli - alla valutazione della Regione, nell'auspicio che, consultazioni elettorali permettendo, l'esame da parte dell'ente sovraordinato possa esaurirsi nel giro di 3-4 mesi: secondo l'assessore leghista, non dovrebbero comunque sussistere problemi, perché la disponibilità complessiva di superficie commerciale è molto ampia. Trattandosi di materia urbanistica, indispensabile il via libera del Consiglio comunale. Giorgi, anticipando eventuali obiezioni, è fiducioso: «L'operazione è finalizzata a risistemare un'area degradata e ha consentito al Comune un buon incasso pari a 13,3 milioni di euro, incasso che ha superato di un paio di milioni la base d'asta».Il progetto Fiera è partito nell'aprile dello scorso anno, quando - come ricordava Giorgi - Mid Immobiliare aveva acquisito l'ex comprensorio fieristico, preannunciando un'operazione di riassetto dal valore di oltre 60 milioni. Dopo il rogito firmato in settembre nello studio del notaio Ruan, martedì 14 novembre 2017 l'idea di Mosser ha avuto una prima illustrazione pubblica nel salotto azzurro comunale: un candido complesso su due piani da quasi 20 mila metri quadrati, arricchito da uno spazio verde di 6400 metri quadrati con ingresso principale da via Rossetti. I vecchi stabili dell'ex Fiera saranno demoliti. L'esecuzione delle opere impiegherà 300 addetti e, a regime, nel nuovo "polivalente" lavoreranno 500 persone. Saranno divelti oltre 100 mila metri cubi di strutture edili, con un volume di scavo pari a quasi 90 mila metri cubi. Spostare e stoccare questa montagna di inerte è uno dei problemi sul tavolo: allora Dipiazza propose, come soluzione, l'utilizzo di Cava Faccanoni. Il sindaco è un convinto fautore del progetto, perché pensa che possa esercitare una funzione attrattiva per l'intera zona. Polo scolastico nelle ex caserme di via Rossetti, nuovi servizi comunali in via Revoltella, musei nell'ex caserma Duca delle Puglie, riqualificazione ex Sadoch in viale dell'Ippodromo, risanamento di galleria Foraggi-Montebello: in mezzo il "magnete" da 65 milioni.

Massimo Greco

 

Le 29 Comunelle del Carso "blindate" dalla nuova legge
DUINO AURISINA - Inalienabili, indivisibili, non assoggettabili a usucapione e necessariamente destinate a utilizzo agricolo, silvestre e pastorale. Sottratte perciò a processi di cementificazione. Per 5mila ettari di terre del Carso triestino il 2018 è l'anno della svolta. È entrata in vigore, negli ultimi giorni del 2017, dopo un lavoro di preparazione di otto anni, la nuova normativa che disciplina le "Proprietà collettive", quelle che il Codice civile definisce «le forme alternative alla piena proprietà privata delle terre, ascrivibili a numerose persone, spesso indefinite nel numero, ma non riconducibili alla proprietà pubblica vera e propria». Sul Carso triestino sono 29 le Comunelle che aspettavano l'approvazione della nuova norma, che permetterà loro di programmare, su basi giuridiche certe, il futuro delle varie attività agricole. Assicurare una tutela e un riconoscimento giuridico a tutte le forme di proprietà collettiva sparse sul territorio nazionale è stato un obiettivo perseguito fin dalla sua costituzione, avvenuta nel 2006, dalla Consulta nazionale della proprietà collettiva, organo di cui è vicepresidente il triestino Carlo Grgic. «Per noi - spiega - l'approvazione della legge 2017/168 è un traguardo fondamentale, che ci permette di essere al sicuro anche da eventuali futuri espropri. Dovesse rendersi necessario, da parte dello Stato o altri enti pubblici, l'utilizzo di un'area che rientra nella Proprietà collettiva del Carso si potrà procedere, ma l'ente, oltre a pagare una somma a titolo di risarcimento, dovrà individuare un'altra area da adibire alle attività agricole. La Consulta - precisa - è l'associazione delle diverse realtà collettive italiane, espressione di comunità esistenti sui territori che hanno come obiettivo la tutela del rapporto fra uomo e terra, attraverso l'uso sostenibile delle risorse naturali».In altre regioni italiane si parla di Comunalie, Partecipanze, Università agrarie; le Comunelle sono il termine tipico locale del Carso. A loro la nuova legge riconosce ora a pieno titolo la classificazione di "soggetti dotati di personalità giuridica". «Le Comunelle - riprende Grgic - non sono da considerare relitti di civiltà scomparse, ma modelli cui anche l'attuale società democratica può guardare come possibili ed effettive forme di buon governo del territorio».«Fino a prima dell'approvazione della legge 168 - sottolinea Stefano Lorenzi, segretario delle Regole d'Ampezzo, Proprietà collettiva che, dal 1990, gestisce il Parco delle Dolomiti - la posizione delle Comunelle è stata a volte incerta, soprattutto laddove interessi economici privati si contrapponevano all'uso collettivo dei beni. La nuova legge - osserva - va a rafforzare e integrare quanto già era stabilito in precedenza ed è perciò un elemento di sostegno a ciò che in passato il legislatore, spinto dalle nostre comunità locali, aveva già riconosciuto». Il passo successivo spetta ora alla Regione. «Dovremo interagire con il legislatore - conclude Grgic - per trovare soluzioni adatte alle realtà collettive locali che possano migliorare la situazione esistente». Qualora la Regione non intervenisse, la nuova legge dà facoltà alle collettività di attivarsi in autonomia.

(u.s.)

 

Frane e cedimenti -  Strada di Canovella verso il restyling - Un milione di euro dalla Regione per la messa in sicurezza - Al via l'iter burocratico per espropriare il sentiero privato
DUINO AURISINA - Sarà rifatta e messa in sicurezza la strada che dalla Costiera porta alle spiagge, all'altezza di Canovella de' Zoppoli. Si tratta di una ripida discesa, lunga circa 800 metri, realizzata negli anni Sessanta, seguendo il vecchio sentiero dei pescatori di Santa Croce, per servire le ville e gli edifici che in quell'epoca cominciavano a sorgere numerosi e che sta accusando il peso del tempo e le conseguenze degli agenti atmosferici, al punto da essere diventata addirittura pericolosa. Piccole frane e cedimenti l'hanno trasformata in un susseguirsi di avvallamenti e dossi. È iniziato in questi giorni, dopo anni di attesa, l'iter burocratico-amministrativo che porterà all'esproprio della strada da parte della Regione, che poi ne trasferirà la proprietà del Comune di Duino Aurisina, che estende fino alla galleria naturale della Costiera la propria competenza territoriale.«Abbiamo avuto in questi giorni un primo incontro con i residenti - spiega Andrea Humar, assessore comunale a Duino Aurisina -, nel corso del quale abbiamo spiegato che l'unica soluzione valida per rimettere in sesto quella strada è quella che prevede l'esproprio a favore della Regione e il successivo passaggio a noi per la gestione negli anni futuri. I cittadini hanno capito che si tratta di una proposta che va incontro alle esigenze della collettività - aggiunge l'assessore comunale alla Viabilità-, in quanto, a fronte della perdita della proprietà, compensata in ogni caso da un risarcimento, non sarà più a carico dei privati la manutenzione della strada che porta alla spiaggia di Canovella de' Zoppoli». La Regione ha già stanziato un milione di euro per l'operazione, i cui dettagli saranno definiti subito dopo che sarà stato raccolto il consenso all'esproprio da parte di tutti i residenti della zona.«In particolare, un primo intervento sarà fatto su 300 degli 800 metri della discesa - riprende Humar -, un tratto che necessita di lavori che prevedono l'utilizzo di micropali da sistemare sotto il manto stradale, per garantirne la tenuta anche dopo le sollecitazioni delle automobili in transito». Quella è una strada che, soprattutto d'estate, è molto transitata. L'intervento perciò dovrà tener conto delle mutate esigenze dovute alla massiccia presenza di bagnanti nei mesi caldi.«Ci rendiamo conto che per l'amministrazione comunale di Duino Aurisina - sottolinea l'esponente della giunta Pallotta - assumere l'onere della gestione di quella strada rappresenta un costo, ma è un servizio che vogliamo garantire alla collettività». Giovedì prossimo, 15 febbraio, alle 9.30 del mattino, il Comune ha nuovamente convocato sul posto i residenti, per segnare un altro passaggio sulla strada della definizione degli accordi. Difficile per il momento indicare i tempi d'intervento, perché in via preliminare bisognerà risolvere tutti gli aspetti burocratici.

Ugo Salvini

 

LUTTO - Morto lo storico Giuseppe Galasso

È morto a Napoli lo storico Giuseppe Galasso. Ne dà conferma la sua casa editrice Laterza. Giornalista, politico e professore universitario italiano era nato a Napoli il 19 novembre 1929. Era attualmente docente di storia moderna all'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Decine le sue pubblicazioni molte delle quali incentrate sulla storia del Mezzogiorno. È stato deputato della Repubblica e sottosegretario, dall'83 all'87 durante il governo Craxi, del ministero dei Beni culturali. «La scomparsa di Giuseppe Galasso - dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - priva il mondo della cultura italiana di un protagonista indiscusso, un grande intellettuale che si è impegnato in prima linea per la difesa del patrimonio del Paese in un'intensa esperienza politica mai dimenticata. A lui dobbiamo una legislazione sulla tutela del paesaggio, pensat per preservare il territorio italiano, che non a caso porta il suo nome».

 

 

La petizione sui rifiuti spacca il Consiglio - A Muggia tutta l'opposizione si schiera per il rinvio del "porta a porta". La maggioranza: «Si va avanti»
MUGGIA - Tutti i sei partiti di opposizione hanno deciso di schierarsi in favore della petizione popolare apartitica per il rinvio dell'inizio della raccolta differenziata "porta a porta" dei rifiuti previsto per il primo marzo. Ferma, invece, la posizione dei tre partiti di maggioranza: «Nessun appoggio alla petizione, si va avanti come da programma». Ennesima spaccatura dunque all'interno del Consiglio comunale di Muggia. Andrea Mariucci (Forza Muggia) non ha dubbi: «Sosterrò questa iniziativa nelle forme istituzionali possibili affinché le richieste dei muggesani vengano finalmente prese in considerazione. Marzi e la sua Giunta ci avevano assicurato che in un anno avrebbero promosso una preventiva campagna di informazione, invece stanno informando i cittadini a cose stabilite». Ad aver già firmato la petizione è Giulio Ferluga della Lega Nord: «Nessuno è contrario alla raccolta differenziata, ma questa raccolta non và. Gli incontri organizzati dal Comune con la cittadinanza, anziché dissipare i dubbi, ne hanno fatti sorgere altri». D'accordo anche Nicola Delconte (Fdi): «Appoggiamo l'iniziativa perché le scelte sul porta a porta andavano condivise prima con i cittadini. Se si va avanti così il sistema rischia di fallire con evidente danno per tutti». A puntare il dito contro la comunicazione del Comune è anche Emanuele Romano del M5S: «Non è stata sufficiente, impossibile pensare di partire tra due settimane con la raccolta». Roberta Vlahov (Ocpm) ricorda che la «raccolta di firme era nei programmi dell'associazione che supporta la nostra lista civica dunque ci uniamo al gruppo di cittadini che l'ha promossa», mentre Roberta Tarlao, di Meio Muja, condivide «la preoccupazione e appoggio la raccolta firme. Urge inoltre una commissione trasparenza proprio per analizzare la petizione, una volta che verrà depositata». Schierata in difesa della partenza della raccolta differenziata dei rifiuti a partire dal primo marzo, invece, è tutta la maggioranza, a partire dal capogruppo Pd Riccardo Bensi: «Capisco la paura della novità, soprattutto quando va ad intaccare la sfera privata e non si può nascondere che ci sia stato qualche problema nella comunicazione, ma da questo a sospendere il servizio senza proporre nulla di concreto ce ne passa». Antonino Ferraro della lista Laura Marzi sindaco, dopo aver premesso che «le petizioni sono espressioni di libertà e democrazia, ed è giunto ascoltare i cittadini», sottolinea come in questo caso «bisogna voltare pagina con la nuova raccolta dei rifiuti, fermo restando che il dialogo rimarrà sempre aperto» . Ferma anche Nicoletta Fati (Cittadini per Muggia): «È normale che un'operazione complessa come questa possa incontrare difficoltà iniziali, quindi non appoggeremo la petizione».

Riccardo Tosques

 

 

MANUTENZIONE - Giardino di via Giulia chiuso per tre giorni

Il Comune di Trieste rende noto che, da domani e per una durata prevista di tre giorni consecutivi, il giardino pubblico "Muzio de Tommasini" di via Giulia sarà chiuso al pubblico per consentire un intervento di manutenzione e pulizia generale all'interno dello stesso.

 

 

Un sistema spia la rete idrica così si spreca meno acqua - Individua facilmente le perdite, calate di quasi il 9%. Recuperati otto miliardi di litri

Lo ha messo a punto Idrostudi srl, società che opera nel villaggio scientifico di Padriciano
Il tema del risparmio idrico si fa sempre più pressante: i cambiamenti climatici, dicono i dati diffusi dal Giec (Gruppo Intergovernativo degli Esperti sul Cambiamento Climatico), stanno influendo enormemente sulla disponibilità d'acqua e se non si metteranno in atto misure decise e risolutive nel 2030 potrebbe ridursi del 40% rispetto ad oggi. In Italia, segnala l'Anbi, negli ultimi sette anni le disponibilità idriche si sono più che dimezzate. Eppure continuiamo a sprecare questa risorsa, a partire dai nostri acquedotti: l'acqua che arriva ai nostri rubinetti non corrisponde neanche a metà di quella immessa nella rete. In Friuli Venezia Giulia la dispersione della rete acquedottistica, stando al rapporto "Bes 2017: il benessere equo e sostenibile in Italia" dell'Istat, è di circa il 47%, con punte d'eccellenza a Pordenone e qualche problema in più a Trieste, che però in questi ultimi anni è corsa ai ripari. La tecnologia infatti è di grande aiuto nella progettazione e nel monitoraggio di reti idriche in grado di ridurre sensibilmente gli sprechi: reti smart, fortemente interconnesse e capaci di "parlare", segnalando guasti o anomalie. Ne abbiamo parlato con Francesca Zanello, di Idrostudi srl, società sita in Area Science Park che fornisce servizi a tutto tondo per quanto riguarda la gestione di acquedotti e reti fognarie. Idrostudi, che opera in Italia e dal 2015, con lo sbarco in Turchia, anche all'estero, in regione ha fornito servizi avanzati per l'acquedotto Poiana, che serve i comuni del cividalese, e per la distrettualizzazione della rete idrica di Trieste gestita da AcegasAPSAmga nell'ambito del progetto eAqua.«La situazione di Trieste è particolare - dice l'ingegnere Zanello - a causa dell'orografia della città, dell'anzianità dell'acquedotto e di come è stato concepito il sistema: la rete è stata strutturata in modo che le condotte principali stiano sulla costa e la risorsa idrica venga pompata gradualmente verso l'altipiano. Ciò ha conseguenze sui costi gestionali di sistema e sull'entità delle perdite idriche: più alta è la pressione più elevata è l'entità dell'eventuale perdita a parità di guasto». Un acquedotto moderno, spiega Zanello, è costituito da cinque elementi funzionali: il sistema di captazione, che permette l'estrazione di acqua dal ciclo naturale; gli impianti di trattamento, situati immediatamente a valle delle prese d'acqua per rimuovere i contaminanti indesiderati; la rete di trasmissione, che convoglia la risorsa in prossimità degli utenti finali, gli impianti di stoccaggio e le reti di distribuzione. Le reti sono iperconnesse tra di loro per garantire l'affidabilità del servizio alle utenze, ma proprio per questo è più difficile l'individuazione delle perdite idriche. «Il sistema che abbiamo messo a punto per rendere "smart" l'acquedotto punta a "farlo parlare" - spiega Zanello. Perciò prima si caratterizza la rete idrica, con l'acquisizione d'informazioni dal gestore e il rilievo sul campo: tutti questi dati vengono digitalizzati in un sistema informativo territoriale consultabile via web (WebGis). Quindi si procede alla distrettualizzazione, suddividendo l'intera rete in porzioni idraulicamente indipendenti, con l'installazione di strumenti di monitoraggio di portata e pressione lungo le condotte. Si procede dunque al monitoraggio, grazie a un software specifico in grado di inviare i dati in tempo reale tramite GSM/GPRS, e all'analisi dei dati, che permette di determinare per ogni singolo distretto il bilancio idrico e di identificarne le perdite. Una volta individuate le perdite, che si possono localizzare più precisamente anche con l'uso di tecniche acustiche, si può procedere alla loro gestione, con l'installazione di valvole riduttrici di pressione in punti chiave della rete. Un'installazione che può essere anche simulata prima, per stimarne l'effetto, grazie alla modellazione numerica». Grazie a questo sistema, dice Andrea Rubin di AcegasAPSAmga, le perdite dell'acquedotto triestino si sono notevolmente ridotte, passando in percentuale dal 45,9% del 2013 al 37,5% di fine 2017, con un risparmio di circa otto miliardi di litri d'acqua all'anno. Scusate se è poco.

Giulia Basso

 

 

Addio a Sergio Tremul, il fondatore di Camminatrieste
«Mi ricordo che a sei anni nel 1936, mia nonna viene a prendermi al Porto di Muggia: "Andiamo a casa che in piazza c'è confusione". I fascisti avevano ucciso il marittimo muggesano Rossetti nel bar sotto il Municipio e tanta gente protestava, ricordi e immagini rimasti indelebili insieme a tanti altri. Nel 1944 all'età di 14 anni, lavoravo in un cantiere navale di Muggia, mancava un anno alla fine della guerra, giovani e lavoratori del cantiere ci davamo da fare con azioni di propaganda e volantinaggio contro Fascisti e Tedeschi. In quel periodo mi ero iscritto alla gioventù comunista del cantiere e poi fino alla fine del 1948, segretario della gioventù comunista e antifascista di Muggia. A 18 anni sono stato festeggiato per il mio impegno da parte di centinaia di giovani muggesani». I ricordi di Sergio Tremul, scomparso l'altro ieri all'età di 87 anni, incrociano pesantemente il secolo breve che l'ha visto come protagonista da dirigente del Pci di Muggia, segretario comunale della Cgil e anche segretario regionale della Filt Cgil, settore trasporti. In questa veste è stato presente nel Comitato consultivo per il Trasporto pubblico della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e per quattro anni membro della Commissione amministratrice dell'Act (l'attuale Trieste Trasporti). Da pensionato, nel 1991, fonda assieme a un gruppo di amici, il Comitato per la sicurezza ed i diritti del pedone, che successivamente diventa Coped Camminatrieste. «Era un uomo con una grande personalità, uno spiccato senso dell'umorismo e dal cuore d'oro», ricorda la nipote Erica Sancin a nome del direttivo Camminatrieste. «Ha lottato per la salvaguardia dei pedoni e delle vittime della strada, per la tutela dell'ambiente e per il miglioramento del trasporto pubblico locale - ricorda la nipote -. Spero che tutto quello per cui lui ha lottato e che ha cercato di far capire a noi tutti, pedoni, autisti, ciclisti, non sia stato vano». Camminatrieste è in cammino da 26 anni.

 

 

 

 

eHABITAT.it - LUNEDI', 12 febbraio 2018

 

 

Barriere coralline a rischio, il 2018 è l’anno per salvarle

Esanimi e bianche come la neve. Cosa sta succedendo alle barriere coralline del mondo? Negli ultimi trent’anni la metà dei coralli del pianeta è morta a causa del surriscaldamento e dell’acidificazione degli oceani. Una situazione tanto drammatica da spingere l’International Coral Reef Initiative, insieme a Nazioni Unite e WWF, a proclamare il 2018 Anno Internazionale delle Barriere Coralline.

Barriere coralline, per salvarle ora o mai più.
2018. Si tratta dell’anno “dell’ora o mai più” per salvare i coralli. Ne è convinto Erik Solheim, a capo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. “Abbiamo una piccola finestra in cui possiamo agire per salvare le barriere coralline” ha dichiarato dalle Isole Fiji, durante il lancio dell’Anno Internazionale delle Barriere Coralline. “L’Onu, il Wwf e Paesi come le Fiji stanno chiamando il mondo a fare i passi necessari a risolvere il problema quest’anno“. D’altro canto proprio l’UNEP ha inserito il monitoraggio e la tutela delle barriere coralline fra i sei temi ambientali prioritari su cui concentrare l’attenzione nel 2018.
Barriere coralline, il caso giapponese.

Circa il 50% della maggiore barriera corallina in Giappone, nell’area di Sekisei, a sud dell’arcipelago, era completamente sbiancata alla fine del 2017. Lo rivela il ministero dell’Ambiente nipponico, che definisce preoccupante la situazione. “Le temperature medie dei mari rimangono alte, così come la percentuale dei coralli sbiancati, e non possiamo essere ottimisti sul loro recupero” ha affermato il portavoce del ministero, riferendosi agli ecosistemi che versano in condizioni critiche e non mostrano segnali di guarigione. Una ricerca compiuta nel corso del 2017 dal Ministero dell’Ambiente aveva rivelato lo sbiancamento del 30% dei coralli nei pressi dell’isola di Okinawa, lungo le isole Amami nella prefettura di Kagoshima, il 10% in più della precedente rilevazione.
Il caso australiano.
Nei primi mesi dell’anno scorso, uno studio shock pubblicato sulla rivista “Nature” allertava sullo stato di (scarsa) salute della Grande Barriera Australiana. La più larga struttura corallina esistente sulla Terra è stata infatti vittima di uno sbiancamento senza precedenti a causa di un temporaneo aumento della temperatura del mare fino a 4 gradi. Parlando, cioè, in numeri e percentuali, si è assistito a uno sbiancamento del 90% dei coralli e alla morte di più del 20%. Ora, sessanta milioni di dollari australiani (circa 39 milioni di euro) finanzieranno programmi di ricerca e sviluppo per il recupero del reef. Fra questi, cinque milioni saranno destinati a sistemi di allarme per prevenire ulteriori sbiancamenti dei coralli e ad assicurare i necessari interventi di gestione. Secondo i gruppi ambientalisti, si tratta di una decisione insufficiente e troppo comoda. “Se fosse sinceramente interessato alla nostra preziosa barriera corallina” ha affermato Nikola Casule, attivista di Greenpeace Australia, riferendosi al Primo Ministro Turnbull, “si impegnerebbe seriamente a combattere il cambiamento climatico invece di impegnarsi in soluzioni fantasiose che ignorano il vero problema“.

L’Australia è uno dei maggiori esportatori di carbone nel mondo e gli australiani sono fra i più alti emettitori pro capite di anidride carbonica. Nel 2016, il dipartimento dell’Ambiente del Paese avrebbe fatto pressione sull’UNESCO per cancellare il capitolo riguardante lo stato attuale della Grande Barriera Corallina, dopo aver promesso di spendere due miliardi di dollari per attuare misure per proteggerla e gestirla. Il tutto per evitare danni al turismo. Quanto sono seri, dunque, i propositi formulati?
I nemici del corallo.
Acerrimi nemici delle barriere coralline, oltre all’aumento delle temperature e all’acidificazione degli oceani, sono anche la pesca indiscriminata e l’inquinamento, soprattutto da plastica. Problemi che, purtroppo, attualmente sono tutt’altro che in via di risoluzione. Tempi duri, quindi, per le barriere coralline del mondo. Auguriamoci politiche concrete ed efficaci, che consentano di godere della loro bellezza mozzafiato per molto, molto tempo a venire.

VALENTINA TIBALDI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 febbraio 2018

 

 

Pool anti-incendi transfrontaliero - Con fondi Ue. Vigilerà sulla sicurezza in mare nell'Alto Adriatico. Coinvolte Italia, Slovenia e Croazia
POLA - Una squadra speciale di pronto intervento in mare in caso di incendi o inquinamento delle acque. Lo prevede il progetto Namirg (North Adriatic Maritime Response Group) con riferimento al Mirg. Quest'ultima è una strategia d'azione comune già sperimentata e collaudata in Gran Bretagna, Olanda Finlandia, Norvegia e da alcuni Paesi baltici che ora verrà adottata anche nell'Alto Adriatico, sotto il patrocinio dell'Unione Europea che ne ha riconosciuto la validità. Per la sua attuazione la Commissione europea ha erogato 905.000 euro di cui 203.000 spettanti alla Comunità antincendio della regione istriana per l'acquisto di attrezzatura e altre spese. Ebbene la squadra speciale del Namirg sarà composta da 25 vigili del fuoco: otto istriani, otto del Comando di Capodistria e i rimanenti otto del Comando regionale del Friuli Venezia Giulia, titolare del progetto. Per diventare operativo, il reparto dovrà seguire un corso di addestramento e scegliersi il proprio comandante. La durata del progetto è di due anni dopodiché i tre Paesi avranno a disposizione una squadra comune di professionisti altamente qualificati e preparati.«Abbiamo accettato di buon grado - ha dichiarato il comandante antincendio dell'Istria Dino Kozlevac alla presentazione del progetto nella sede della Regione - l'invito dei colleghi del Friuli Venezia Giulia di includerci nel progetto poiché perfettamente coscienti della sua importanza al giorno d'oggi».Kozlevac si è riferito al numero giudicato spropositato di navi e imbarcazioni che ogni giorno solcano il mare e che inevitabilmente portano con se un elevato rischio di incidenti. «In genere - ha aggiunto il comandate istriano - ogni attività umana sul mare e lungo la costa è una potenziale fonte di pericolo per cui dobbiamo essere pronti a intervenire in ogni momento». Alla presentazione è intervenuto il presidente della Regione Walter Flego. «La realizzazione di un sistema di risposta omogeneo, coordinato e utilizzabile in tutte le situazioni possibili e immaginabili - ha sottolineato il governatore - è sicuramente la migliore risposta alle emergenze». Fortunatamente grosse emergenze di mare come incendi e inquinamento negli ultimi anni non ce ne sono state. L'ultima risale a esattamente 10 anni fa, quando a 13 miglia dalla costa rovignese si era incendiata la nave ro ro turca Und Adryatik, finita poi rottamata causa i gravi danni subiti. L'incidente si era concluso anche senza gravi conseguenze ecologiche. E ciò grazie soprattutto alla concomitanza di circostanze favorevoli più che all'efficienza dell'intervento di soccorso. L'Unione europea sta dimostrando la giusta sensibilità per la sicurezza in mare e per questo sta attuando importanti finanziamenti in questa direzione, soprattutto in un'area come quella dell'Alto Adriatico che risulta molto "intasata" da rotte di navigazione molte delle quali sono percorse da enormi petroliere che sbarcano il greggio al terminal dell'oleodotto di Zaule.

(p.r.)

 

Sarajevo rischia il gelo per la guerra del gas - La distributrice BH-Gas è accusata di non pagare le tariffe di transito alla controparte serbo-bosniaca
BELGRADO - Una inedita guerra del gas si profila all'orizzonte. Non è un nuovo conflitto tra Russia e Ucraina per i prezzi e il transito del gas, né si parla di rinnovate scaramucce a causa del gasdotto South Stream, finito nel dimenticatoio, almeno per il momento. La nuova guerra riguarda invece un Paese solo sulla carta unito, la Bosnia-Erzegovina, dove in questi giorni diversi media locali hanno lanciato un preoccupante allarme. Allarme che riguarda decine di migliaia di residenti nella Federazione croato-musulmana, in particolare i quasi trecentomila che vivono a Sarajevo, città che si scalda e cucina con il metano distribuito in città da un gasdotto che ora è al centro di polemiche. E che potrebbe presto far rimanere al freddo i sarajevesi, a causa del disaccordo tra aziende di Republika Srpska e Federazione bosgnacco-croata. Guerra del gas, hanno spiegato i media locali, che nasce da una complessa diatriba su presunti debiti accumulati dalla BH-Gas, il gestore-distributore del gas a Sarajevo, e sulle tariffe di transito da pagare sempre a carico della BH-Gas alla controparte serbo-bosniaca, la Sarajevo Gas, che tra l'altro serve anche Istocno Sarajevo, la parte serba della città. E controlla il gasdotto Zvornik-Kladanj, attraverso il quale il metano affluisce a Sarajevo città percorrendo però anche un tratto di 40 chilometri in Republika Srpska. Da tre anni - il problema-chiave - BH-Gas non pagherebbe le tariffe maggiorate applicate unilateralmente dai serbo-bosniaci, sostiene Sarajevo-Gas. Il tempo delle attese è però finito, ha avvisato Slavo Krajisnik, direttore dell'azienda a controllo pubblico Sarajevo-Gas, specificando che se BH-Gas non accetterà di pagare le tariffe ritoccate all'insù, entro la fine del mese, allora i rubinetti del gas verranno chiusi. «Annunceremo a quel punto la data della sospensione delle forniture di gas», ha spiegato Krajisnik, chiarendo che una lettera-ultimatum è già stata consegnata a Sarajevo, al governo della Federazione e al Segretariato della Comunità dell'Energia, a Vienna.Lo scenario, ha aggiunto poi Krajisnik, è assai fosco. Interrompere l'afflusso di gas comporterebbe infatti «un totale stop alle forniture per i consumatori» nel cuore della Bosnia. «Ma siamo costretti a farlo, da quasi tre anni cerchiamo di risolvere il problema in maniera pacifica», ha chiosato. Che la situazione sia seria è stato confermato anche dal ministro federale dell'Energia, Nermin Dzindic, che ha invitato la direzione di BH-Gas a saldare subito i debiti pregressi. Parole che, per ora, non hanno sortito l'effetto sperato. «Non abbiamo un marco convertibile di debito» verso Sarajevo-Gas, ha chiuso le porte il management di BH-Gas in un comunicato, riportato dall'agenzia Fena. Parole che fanno pensare a una conclusione non felice della vicenda.

(s.g.)

 

THE MEDI TELEGRAPH - LUNEDI', 12 febbraio 2018

 

 

Il phase out dell’Italia è fissato al 2025 / L’ANALISI
Allineare i prezzi del gas a quelli europei,contenere la spesa, azzerare l’uso carbone, aumentare l’efficienza energetica.

Sono gli obiettivi della Strategia energetica nazionale al 2030. La Sen 2030 fissa al 2025 il phase out del carbone

Genova - Allineare i prezzi del gas a quelli europei, contenere la spesa, azzerare l’uso carbone, aumentare l’efficienza energetica. Sono gli obiettivi della Strategia energetica nazionale al 2030. La Sen 2030 fissa al 2025 il phase out del carbone: l’Italia dovrà tagliare le emissioni del 39% al 2030, e del 63% al 2050, rispetto ai livelli dl 1990. L’energia pulita è prevista al 22% nel 2030 come crescita tendenziale, dato che sale al 28% con le aste tecnologicamente neutre e gli interventi di repowering. L’obiettivo è portare la quota di fabbisogno energetico coperta dalle importazioni dal 75% attuale al 64%. Gli investimenti previsti sono 175 miliardi: 30 per reti e infrastrutture, 35 per le rinnovabili, il resto all’efficienza energetica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 febbraio 2018

 

 

Ambiente - Confronto pubblico su smog e Ferriera

Sinistra per Trieste assieme a Lega Ambiente e No Smog promuovono un confronto pubblico sul tema della Ferriera. Le coordinate dell'appuntamento verranno illustrate martedì nella sede dei soci della Banca Etica via Donizetti 5/a alle 11.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 febbraio 2018

 

 

Blitz in Val Rosandra Condanne annullate  - La Cassazione cancella le pene inflitte a Ciriani e vertici della Protezione civile in Appello.

Riconosciuta la prescrizione. La delusione degli ambientalisti

TRIESTE - La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d'Appello di Trieste che aveva condannato a sei mesi e 18 mila euro di ammenda l'ex vicepresidente della giunta regionale Luca Ciriani (Fdi-An), processato con l'accusa di danno ambientale legato a lavori di disboscamento in Val Rosandra. Stesso esito per i dirigenti della Protezione civile con lui coimputati: l'allora capo Guglielmo Berlasso, il funzionario Cristina Trocca e l'operativo Adriano Morettin. Per tutti i giudici hanno anche constatato la prescrizione dei reati contestati. L'esponente di Fratelli d'Italia esulta per il risultato, mentre le associazioni ambientaliste rilevano come la prescrizione costituisca un serio ostacolo all'accertamento dei reati ambientali nel nostro Paese. La sentenza della Cassazione chiude una lunga vicenda giudiziaria segnata da continui colpi di scena. In primo grado tutti gli imputati erano stati assolti, poiché la perizia del pm era stata considerata non valida a causa di un vizio processuale, spiega l'avvocato di Trocca e Berlasso, Luca Ponti. Il giudice aveva dovuto nominare un ulteriore perito a cui fare riferimento. Un anno fa la sentenza è stata ribaltata in secondo grado: la Corte d'Appello ha condannato gli imputati, facendo riferimento alle perizie presentate dalle parti civili, il ministero dell'Ambiente e il Wwf. «A quel punto abbiamo impugnato in Cassazione - spiega Ponti -. Ritenevamo infatti che la Corte d'Appello, aderendo alle prove fornite dalle parti civili, dovesse comunque sentire nuovamente il perito del primo grado». Questo lo snodo che ha portato alla risoluzione della Cassazione di giovedì: «Il Procuratore generale ha confermato il vizio di procedura: non si sarebbe potuto aderire alle prove di una delle due parti senza risentire l'altra», dice Ponti. La Corte ha quindi annullato la sentenza di secondo grado, oltre a dichiarare la prescrizione nel frattempo maturata per i reati contestati. La vicenda è stata poi rinviata al giudice civile. «Quest'ultimo - precisa Ponti -, dovrà partire dalla sentenza di primo grado senza utilizzare quella d'appello, che è stata annullata». Un anno fa la legale di Ciriani aveva annunciato che il suo assistito avrebbe rinunciato alla prescrizione. Commenta ora l'ex assessore regionale: «Esco da questa esperienza ancor più convinto che lo spirito della Protezione civile e l'impegno dei suoi volontari debbano essere strenuamente difesi». Dice ancora Ciriani: «Se questo processo ha dimostrato qualcosa è solo che, purtroppo, anche se si agisce a fin di bene, forti delle leggi e delle richieste che provengono dal territorio, si rischia di entrare in vicende giudiziarie a tratti paradossali». Conclude il politico: «Il risultato più triste che si poteva raggiungere al termine di questo procedimento giudiziario sarebbe stato quello di mortificare e scoraggiare l'impegno e l'abnegazione di migliaia di volontari, oggi il mio pensiero va soprattutto a loro». Inutile dire che la fedina pulita diventa ora un valore aggiunto per la corsa romana di Ciriani, candidato all'uninominale del Senato nel collegio Udine-Pordenone. L'avvocato e presidente del Wwf di Trieste Alessandro Giadrossi commenta: «Aspettiamo di vedere la documentazione ufficiale. A parte questo, siamo di fronte all'ennesimo caso in materia ambientale nel nostro Paese che va a finire con la prescrizione. Visto che si tratta di procedimenti complessi, non si ha quasi mai un grado di giudizio finale. Fra indagini e perizie i tempi diventano spesso inconciliabili con il giudizio. Un problema risolto solo in parte dalla legge sulla prescrizione». Questa invece la reazione di Lino Santoro di Legambiente: «Prendiamo atto della prescrizione. Speriamo francamente che a livello civile si riesca comunque a ottenere una cifra sufficiente a procedere con il recupero di quell'area. È questo il punto più importante».Il corso della Val Rosandra soffre ancora gli effetti di quegli eventi, dice Santoro: «L'area ha perso le proprie caratteristiche. Sono state eliminate essenze fondamentali per il territorio, e ciò ha avuto un impatto forte anche sull'ecosistema dei piccoli animali che vivono in quell'area». Conclude l'esponente ambientalista: «Il Comune di San Dorligo aveva annunciato un piano di ripristino entro ottobre o novembre, ma al momento non ci risulta ancora niente. Nel frattempo in Val Rosandra la situazione resta la stessa ormai da anni: predominano le specie invasive, occupando uno spazio che un tempo era una nicchia ecologica estremamente interessante».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 febbraio 2018

 

 

Il governo ridimensiona l’area del Sito inquinato -  Il ministro dell’Ambiente Galletti firma l’atteso decreto sulla riperimetrazione - Rivista la regia delle competenze.

Serracchiani: «Semplificazione e investimenti» - Il ruolo di Area - Preziosa per raggiungere il traguardo si è rivelata la collaborazione con il parco scientifico oltre che con il Porto

Un decreto del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti vidima il risultato raggiunto a Roma il 24 agosto scorso in sede di conferenza dei servizi: il governo accetta che sia la Regione Fvg a occuparsi direttamente di alcune aree del Sito di interesse nazionale (Sin). Trieste, attraverso l’assessore Sara Vito, aveva chiesto di riperimetrare il Sin, per consentire una gestione più rapida e semplificata delle procedure ambientali, così da accrescere il grado di interesse economico delle zone interessate per gli investitori. Una novità di rilievo a 15 anni dalla perimetrazione che avvenne nel 2003 e che ha contribuito a frenare l’utilizzabilità dei terreni. La Regione ha comunicato la notizia della firma ministeriale, accompagnata da una soddisfatta dichiarazione del presidente Debora Serracchiani: tempistiche più celeri per le bonifiche, opportunità di attivare insediamenti a elevato contenuto tecnologico, pratiche amministrative sbrigate a Trieste senza andate/ritorno nella Capitale, coinvolgimento dell’Autorità portuale e dell’Area Science Park. Fattori positivi questi, sottolineati nella nota anche da Sara Vito. La zona riperimetrata a vantaggio della diretta conduzione regionale si svolge attorno al Canale navigabile: una “U” che corre lungo le tre sponde e che abbraccia 75 ettari sui 500 di cui si compone il Sin. Più o meno il 15% del totale: ma un 15% pesante, che riguarda - aveva detto Sara Vito in agosto - 23 aziende operanti nell’area del Canale. Attorno alla via acquea ci sono alcune realtà importanti del contesto economico territoriale come Frigomar, Autamarocchi, Redaelli. A queste aziende, che partecipano al tradizionale panorama attorno al Canale, si stanno aggiungendo nuove attività. L’area si sta muovendo. Per esempio, Crismani ha comprato dall’Ezit il piazzale alla radice del Canale. Ma c’è qualcosa di fresco dal punto di vista imprenditoriale, di cui si fa interprete il presidente di Area Science Park, Sergio Paoletti. Che ricorda il recentissimo insediamento dell’indonesiana Java Biocolloid proprio sulle sponde del Canale, dove importerà e tratterà alghe rosse. «Il primo risultato della maggiore attrattività di questa zona. Siamo solo all’inizio, già nel prossimo mese abbiamo in programma contatti e visite, da cui speriamo di ottenere concrete ricadute». Paoletti sottolinea il lavoro di équipe svolto dai suoi funzionari e dallo staff dell’Autorità portuale, che ha consentito il rapido definirsi dello sbarco indonesiano, paradigma di quello che potrà accadere sul Canale. Paoletti considera il “decreto Galletti” «quasi alla pari dei provvedimenti di sdemanializzazione di Porto vecchio, perchè svincola dai gravami del sito di interesse nazionale un’area di grande interesse». Un’altra iniziativa, in pista di decollo, riguarda il riciclo dell’acqua di sentina, che avverrà in una vecchia struttura comprata da Italcementi: è un progetto di ReOil, azienda avviata da imprenditori di origine veneta e domiciliata - non è un caso - nel “distretto” di Padriciano. Non va dimenticato che la concessione del punto franco viene amministrato dall’Autorità. Dalla collaborazione tra Autorità e Area - completa Paoletti - sorgerà un osservatorio dedicato alle materie prime strategiche: anch’esso avrà sede vicino al Canale.

Massimo Greco

 

Smog, l’ultimatum dell’Ue - «Misure certe entro oggi» L’Italia rischia una procedura d’infrazione se il piano non convincerà Bruxelles
Maglia nera a Torino, la Pianura Padana fra le aree più inquinate del continente

ROMA - Il ministro Galletti lo ha assicurato: oggi la Commissione Ue riceverà «un nuovo documento» di «un dossier relativo alle misure messe in campo per il miglioramento della qualità dell’aria». È l’ultima occasione per l’Italia e altri otto Paesi dell’Unione (tra cui Francia e Germania): se gli interventi pensati dal governo non soddisferanno il commissario all’Ambiente, Karmenu Vella, il Belpaese dall’aria irrespirabile sarà rinviato alla Corte di giustizia Ue che aprirà una procedura di infrazione. E Vella non è tipo che si soddisfa facilmente. Galletti aveva già provato con un timido «l’Italia ha già fatto molto per migliorare la qualità dell’aria», ma il commissario maltese aveva risposto: «Sono totalmente in disaccordo con quello che dice il ministro, tutti i Paesi hanno molto da fare. Siamo in ritardo di anni, ci aspettiamo non più incontri o meeting ma risultati e impegni rispettati». È finito, dunque, il tempo delle parole. Se la Commissione, da un lato, fa sapere di voler «aiutare gli stati membri a mettersi in regola» sottolinea dall’altro che i governi «hanno concordato» gli obiettivi e poi non li hanno «mai rispettati per anni». Così Galletti spera che gli «interventi, prevalentemente in materia di energia e mobilità, che non erano stati ancora portati a conoscenza della Commissione Europea» siano sufficienti non tanto per raggiungere gli impegni già mancati, ma almeno a dimostrare la buona volontà di fronte all’ “incontentabile” commissario. D’altronde basta osservare le immagini diffuse all’Agenzia spaziale europea (Esa) il primo dicembre 2017, per comprendere la situazione disastrosa in cui versa la Pianura Padana. È il livello del diossido di azoto, in particolare, a preoccupare dalle rilevazioni effettuate dal satellite Sentinel-5p, lanciato oltre l’atmosfera il 13 ottobre. «Causate in gran parte dal traffico e dalla combustione di combustibili fossili nei processi industriali - scrive l’Esa -, le alte concentrazioni di questo inquinante atmosferico possono essere viste su parti dei Paesi Bassi, nell’area della Ruhr nella Germania occidentale, sulla Pianura Padana in Italia e su parti della Spagna». Le maggiori preoccupazioni sono al Nord, anche se la situazione al Sud non fa dormire sonni tranquilli. Ben 39 capoluoghi nel 2017 hanno superato il livello consentito per le polveri sottili per più di 35 giorni, secondo il rapporto di Legambiente “Mal’aria”. Maglia nera di questa speciale classifica è Torino: con ben 112 superamenti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017 (quasi un giorno su tre). Sopra i 100 anche Cremona, Alessandria, Padova e Pavia. Seguono Asti, Milano, Venezia, Frosinone (prima città centro-meridionale), Lodi, Vicenza e Mantova. In 31 dei 36 capoluoghi di provincia di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, è stato oltrepassato il limite. L’inquinamento accorcia la nostra vita: spiega Legambiente che in Italia circa 60mila morti premature l’anno possono essere attribuite a questa causa, come precisano i report dell’Agenzia ambientale europea. E sporca anche gli animi: secondo uno studio made in Usa pubblicato sulla rivista Psycological Science nelle città più inquinate sono più frequenti i crimini e i comportamenti non etici. L’effetto sarebbe legato ai livelli di ansia delle persone, che salirebbero con l’aumentare dell’inquinamento.

Andrea Scutellà

 

Ex Dina di Veglia Zagabria rimuove i depositi pericolosi

FIUME - Si torna a parlare di un ex gigante dell’industria quarnerina, la defunta Dina petrolchimica di Castelmuschio (Omišalj), sull’isola di Veglia, dove nelle prossime settimane dovrebbe partire l’opera di rimozione delle sostanze tossiche contenute negli impianti dismessi. Per gli esperti, nella “pancia” della Dina – azienda chiusa da sei anni - sono presenti circa 600 tonnellate di sostanze tossiche, definite una bomba ecologica per il Quarnero. Il ministero croato dell’Ambiente ha pubblicato sul sito web delle gare pubbliche gli elementi utili per partecipare al concorso internazionale per la rimozione. La documentazione resterà in visione fino al 12 febbraio, in seguito verrà bandita la gara d’appalto. Fonti del dicastero hanno confermato che l’intera operazione verrà a costare circa 10 milioni di kune (1,34 milioni di euro), denaro che arriverà dalla massa fallimentare della Dina. «Se non ci saranno intoppi – si legge in una nota del ministero dell’Ambiente – la rimozione delle sostanze tossiche sarà completata entro il 31 marzo». In questi giorni a manifestare interesse per gli stabilimenti ex Dina è stata l’azienda lussemburghese Gasfin, che si è detta pronta a occuparsi di recupero e riutilizzo delle centinaia di tonnellate di sostanze venefiche che negli ultimi anni sono state motivo di frizione tra Zagabria e le autonomie del Quarnero. In parecchie occasioni partiti politici, comuni, Regione quarnerino–montana, ambientalisti e semplici cittadini hanno criticato lo Stato croato per l’atteggiamento passivo nei riguardi del materiale tossico sistemato nell’ex colosso di Castelmuschio, abbandonato da anni senza cautele. La stessa Gasfin si è detta pronta – tramite la propria Adria Polymers – a riavviare la produzione petrolchimica a Castelmuschio. Inoltre ha espresso il sostegno alla collocazione di un rigassificatore galleggiante nelle acque vegliote, progetto che invece vede nettamente contrarie la Regione quarnerino-montana e le municipalità dell’isola.

(a.m.)

 

 

Muggia si ribella alla raccolta rifiuti “porta a porta” - Petizione popolare al via. Critiche da opposizione e Spi Cgil - Il sindaco Marzi: «Mai trattato i cittadini come ignoranti»

Sospendere immediatamente il sistema di raccolta “porta a porta” e trovare soluzioni alternative coinvolgendo i cittadini. Questo l’obbiettivo della petizione popolare apartitica promossa ufficialmente da ieri a Muggia contro l’attuale impostazione della raccolta differenziata dei rifiuti. Partendo dal concetto base “sì alla differenziata, no a questo sistema”, il documento indirizzato alla giunta Marzi chiede la “revisione totale” del modus operandi che entrerà in vigore dal primo marzo. «Il sistema attuale prevede che i cittadini debbano conservare i rifiuti in bidoni o, in casi limitati, in sacchi all’interno delle proprie case fino all’arrivo degli operatori ecologici e che siano rimossi i bidoni pubblici» recita la premessa del documento. Cinque dunque i punti messi sotto accusa: questo sistema «non tiene conto delle dimensioni delle case che sarebbero stipate di contenitori di rifiuti» , costringerebbe a «usare cortili, giardini, e orti come depositi di immondizie, danneggiando decoro e valore delle abitazioni private» e «non tiene conto di abitazioni su strada sterrata e in zone isolate». L’attuale sistema, inoltre, «non tiene conto delle esigenze dei locali e dei commercianti di beni alimentari, che producono rifiuti da smaltire tempestivamente», e «creerebbe forte disagio, rischi igienici e ambientali, se per maltempo, sciopero o qualsiasi causa di forza maggiore ci fossero ritardi nel servizio». Ovviamente non sono mancate le polemiche politiche dopo i due affollatissimi incontri pubblici con i cittadini organizzati dal Comune. Emanuele Romano (M5S) ha evidenziato come nel primo incontro pubblico «il sindaco abbia mancato di rispetto ai cittadini, presenti e non, trattandoli come ignoranti incapaci di capire il sistema porta a porta», Nicola Delconte (Fdi) ha definito quello del Verdi «un confronto grottesco in cui sindaco e assessore Litteri si sono dimostrati totalmente inadatti al ruolo che ricoprono». Critiche sono piovute anche dal sindacato pensionati della Cgil che ha lanciato un appello alla giunta per rinviare la partenza del nuovo sistema di raccolta rifiuti e «svolgere invece un’ampia discussione con la cittadinanza, rendendosi disponibile ad apportare tutte le modifiche al regolamento utili al miglioramento della vita dei muggesani». Pronta la replica del sindaco Marzi: «Mai ho trattato i cittadini come ignoranti e lungi da me pensare che non possano capire il sistema porta a porta. Detto ciò, mi dispiace onestamente per come sia andato il primo incontro. Sono consapevole che qualunque sindaco abbia intrapreso questo importante cambiamento nel suo Comune, si sia trovato di fronte alle stesse reticenze o perplessità da parte dei suoi cittadini. Purtroppo, nonostante fossi preparata alle polemiche politiche e alle preoccupazioni espresse più o meno animosamente dai cittadini attorno al nuovo sistema di gestione, di fronte a certa tracotanza verbale, umanamente, ho reagito, e di questo sinceramente mi dispiaccio». L’assessore Litteri, invece, ha replicato sia a Delconte («L’opposizione aveva tutti gli strumenti per intervenire dal 2015 ad oggi, quelle di adesso sono solo strumentalizzazioni») che alla Cgil («Il numero degli incontri pubblici è stato incrementato e potrebbe esserlo ancora: abbiamo trovato una nuova data per Aquilinia, il 19 febbraio, che andrà a recuperare quella persa e ci siamo attivati per fissare un altro incontro a Fonderia»). Nessuna marcia indietro dunque sulla data di partenza del nuovo sistema di raccolta: «Ricordiamo invece che non sono previste sanzioni, come accade in altri comuni, nel caso di un semplice errore nella gestione dei rifiuti differenziati. È chiaro che ci vorrà del tempo perché le persone si abituino al nuovo sistema, ed è per questo che sono previsti dei bollini che segnaleranno eventuali conferimenti non corretti, ma nessuna multa. I cittadini vanno accompagnati». Il Comune infine ha annunciato che oggi verrà aperto l’Infopoint sulla raccolta di rifiuti, attivo ogni venerdì, dalle 10 alle 12, nella sede dell’Urp di piazza della Repubblica.

Riccardo Tosques

 

 

Pescatori di frodo e tutela soppressa I biologi: le oloturie rischiano l’estinzione

L’oloturia - o cetriolo di mare - è un invertebrato che rischia l’estinzione nelle acque croate dell'Adriatico se i ritmi di raccolta proseguiranno a ritmo indiscriminato. A lanciare l’allarme sottolineando i rischi per l’ambiente è il biologo marino Petar Kružic, della Facoltà scientifico–matematica di Zagabria. La raccolta dell’oloturia, spesso di frodo, è incontrollata: enormi quantitativi prendono la via della Turchia, da dove vengono venduti ai mercati dell'Asia dove il cetriolo di mare è particolarmente apprezzato. Solo pochi giorni fa la polizia marittima di Fiume ha fermato nei pressi di Šilo, sull'isola di Veglia, due cittadini croati che avevano con sé 320 chili di cetrioli di mare, tutti prelevati con attrezzatura subacquea e senza disporre di regolare licenza per la pesca commerciale. Pescato e attrezzatura sono stati sequestrati, i due pescatori di frodo sono stati multati. Fino agli anni '90 del secolo scorso queste creature marine venivano sottoposte a una pesca indiscriminata, che ne aveva messo in pericolo l'esistenza. Poi il ministero croato aveva deciso che le oloturie fossero in regime di severa tutela, una misura improvvisamente soppressa lo scorso anno senza alcuna spiegazione.

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 febbraio 2018

 

 

Ferriera, la Regione "smonta" il Comune - «Fuori tempo massimo le osservazioni sui parchi minerali. Richiesta di revoca in autotutela mai arrivata»
«Il Comune di Trieste era ben consapevole della possibilità di formulare osservazioni in merito alla richiesta, presentata da Arvedi spa, di proroga del termine per la presentazione del progetto di copertura dei parchi minerali. Purtroppo, tali osservazioni, di cui si sarebbe certamente tenuto conto, sono state inviate fuori tempo massimo». Lo rileva la direzione regionale Ambiente, responsabile del procedimento, rispetto alla notizia, peraltro annunciata solo a mezzo stampa, che il Comune di Trieste avrebbe richiesto di procedere in autotutela all'annullamento d'ufficio della proroga stessa. In proposito, dalla direzione Ambiente si sottolinea che in ogni caso la questione posta dal Comune è squisitamente ed esclusivamente formale. Infatti se la proroga non fosse stata concessa, la Regione, una volta superato il termine inizialmente fissato al 29 gennaio per la presentazione del progetto, avrebbe dovuto diffidare la società a proporre il progetto di copertura entro un termine congruo. In pratica, si tratta dello stesso effetto che si è ottenuto concedendo la proroga richiesta. Ribadendo comunque che al momento non risulta essere pervenuta da parte dell'amministrazione comunale di Trieste alcuna richiesta, la direzione Ambiente ricostruisce, nel dettaglio, gli ultimi passaggi della vicenda. La Regione, con nota del 30 novembre 2017, ha comunicato ad Arvedi spa la necessità di presentare il progetto di copertura dei parchi entro 60 giorni, ovvero entro il 29 gennaio 2018. Tale nota è stata inviata per conoscenza anche a tutte le amministrazioni coinvolte. Compreso naturalmente il Comune di Trieste. L'8 gennaio 2018 è arrivata in Regione la richiesta di Arvedi di proroga del termine. Anche la richiesta di proroga è stata inviata a tutte le amministrazioni coinvolte. Poiché dunque il termine sarebbe scaduto il 29 gennaio, l'eventuale proroga poteva essere concessa solo entro tale data, non essendo evidentemente possibile prorogare un termine dopo che lo stesso è scaduto. La Regione ha quindi concesso la proroga sia in quanto ha ritenuto congrua la richiesta sia perché entro il 29 gennaio nessuna delle amministrazioni coinvolte nel procedimento aveva manifestato proprie osservazioni. «La comunicazione della Regione ad Arvedi contenente l'assenso alla richiesta di proroga è partita dagli uffici della direzione Ambiente alle ore 15.05 di lunedì 29 gennaio - si fa sapere -. Come detto la proroga non poteva essere concessa dopo la scadenza del termine. Soltanto alle ore 17.36 dello stesso giorno, e quindi evidentemente fuori tempo massimo, è pervenuta una nota del Comune contenente le ragioni per cui, secondo il Comune stesso, la proroga non doveva essere concessa». Ma non basta. «Ad ogni modo gli uffici della Regione esamineranno con la doverosa attenzione l'istanza del Comune di procedere all'annullamento in via di autotutela - è l'ultima stoccata della Regione al Comune -. Purché tale istanza sia stata effettivamente presentata e non solo annunciata agli organi di stampa».

 

 

Arrivano i bus "porta bici" da Monfalcone a Capodistria - L'obiettivo è collegare le ciclabili della regione con la Parenzana oltreconfine
Scatta in aprile Inter Bike II, progetto da 200 mila euro finanziato dall'Europa
Monfalcone sarà a breve per i cicloturisti lo snodo dove scendere dalla due ruote e salire sul bus in direzione di Trieste e Capodistria , dove imboccare la ciclabile della Parenzana. Un percorso che i "viaggiatori lenti" potranno effettuare anche in senso inverso, in direzione dell'Italia e, in particolare, di Grado. Sempre con l'area dell'ex Gaslini a funzionare da polo di interscambio. A rendere possibile, da aprile, il nuovo sistema di trasporti transfrontaliero, all'insegna dell'intermodalità "bici+bus", già sperimentata con successo da Trieste e Udine con Grado, è il progetto Inter Bike II, vincitore del bando Interreg V-A Italia-Slovenia. Per sviluppare le azioni il gruppo di partner, guidato dal Centro regionale di sviluppo di Capodistria e composto da Comune di Monfalcone, Agenzia di sviluppo Rod di Aidussina, Gruppo di azione locale del Veneto Orientale (Vegal), ha ottenuto un finanziamento di 800mila euro. Di questi 200mila mila sono appannaggio del Comune di Monfalcone che li utilizzerà per le finalità del progetto, promuovendo allo stesso tempo il proprio territorio sotto il profilo turistico, come spiegato ieri dal sindaco Anna Cisint in un incontro partecipato anche dagli altri partner di progetto e dalla Direzione centrale Infrastrutture della Regione. Il Centro dello sviluppo di Capodistria si è mosso a fronte dei risultati raggiunti con il primo Inter Bike (25 chilometri di nuove piste e 100 chilometri sistemati di tracciati esistenti ) e del successo dei trasporti bici più bus già attuati nel Friuli Venezia Giulia. Ma anche delle scarse possibilità di poter contare su percorsi protetti per le due ruote fino a Monfalcone, come ha rilevato per l'agenzia slovena Larisa Kunst. Le interconnessioni riguarderanno comunque anche Cormons e Ronchi dei Legionari, mettendo quindi in contatto le due reti ciclistiche Adriabike e Alpe Adria, che collega Salisburgo a Grado. Il Comune di Capodistria dal canto suo introdurrà una linea di autobus sperimentale di biciclette tra la città e il confine di Rabuiese. «In sostanza la zona collinare del territorio comunale, da cui è facile scendere con i percorsi ciclabili esistenti - ha spiegato per il Comune di Capodistria Ivana Strkal -, ma molto meno facile salire». L'azione che riguarda il veneto e sarà gestita dal Gal del Veneto Orientale, lungo il tracciato della rete Adriabike, che arriva fino a Ravenna, consiste invece nel trasporto delle biciclette su imbarcazioni nella laguna di Venezia. Due i collegamenti via mare: il primo tra Bibione e Caorle, che accorcerà il percorso in bici sulla Adriabike, e il secondo lungo il fiume Lemene, che collegherà l'entroterra lagunare con le località costiere.«Noi riteniamo però che Monfalcone non possa essere esclusa dall'intermodalità via mare - ha detto ieri il sindaco Cisint -. Ora oggettivamente frenati dall'assenza di fondali nel porticciolo Nazario Sauro, l'interscambio e i collegamenti via mare devono essere ripristinati non appena verrà effettuato il dragaggio del canale Valentinis e del porticciolo. Sono un tassello importante per far conoscere e valorizzare il nostro territorio e quello circostante». A margine dell'incontro il sindaco ieri ha espresso rammarico per la mancata approvazione sul programma Italia-Slovenia della seconda fase del Progetto Julius, incentrato sull'area carsica e portato a modello della passata programmazione dalla Regione. Il Comune intende quindi sollecitare l'amministrazione regionale, perché nel paternariato da costituire per i bandi strategici di prossima uscita, in particolare in quello di Natura 2000 e infrastrutture verdi, possa essere incluso anche Monfalcone per il completamento del Centro visite di Pietrarossa per farne uno dei suoi riferimenti regionali. Per quel che riguarda la cooperazione internazionale allo sviluppo il Comune di Monfalcone è presente intanto in Montenegro e in Argentina.

Laura Blasich

 

 

Rigassificatore, nasce il fronte dei sindaci - I sette primi cittadini di Veglia annunciano una manifestazione di protesta a Fiume. Raccolta di firme in tutta la regione
FIUME - Si amplia il fronte della ribellione al rigassificatore off-shore a Veglia, la principale isola adriatica in campo turistico. A scendere in campo sono ora tutti i sindaci delle sette municipalità isolane: Veglia città, Castelmuschio, Dobrinj, Bescanuova, Ponte, Verbenico e Malinska-Dubasnica. I primi cittadini, riuniti in via straordinaria, hanno bocciato l'impianto definendolo dannoso per il mare, i pescatori e il turismo. E per dare corpo al dissenso hanno organizzato una grande manifestazione di protesta contro il terminal Lng che si terrà il 3 marzo in Corso, a Fiume. Sarà anche promossa una raccolta di firme in tutta la regione quarnerino-montana contro la promulgazione della cosiddetta Lex Lng con cui il governo intende agevolare, sotto tutti i profili, la realizzazione del rigassificatore.«Non siamo isolati nella nostra opposizione al progetto offshore - ha detto il sindaco di Veglia città Darijo Vasilic - anche l'Assemblea regionale ha espresso il suo no all'impianto galleggiante. Sia chiaro che noi non ci opponiamo a un rigassificatore a terra, peraltro compreso nel Piano regolatore della nostra contea, accettato dallo Studio di impatto ambientale e che dispone del permesso per l'uso della superficie. Il governo sta tentando in ogni modo di far passare il progetto dicendo che si tratta della prima fase, comprendente il rigassificatore galleggiante, e che nella seconda ci sarà spazio per un impianto sulla terraferma. Ma su questa seconda fase non ci sono garanzie». Particolarmente battagliera Mirela Ahmetovic, sindaca del comune di Castelmuschio (Omisalj), nelle cui acque dovrebbe venire sistemata la gigantesca nave. «Il governo di centrodestra del premier Andrej Plenkovic ha improvvisamente inserito la parola galleggiante nel progetto, credendo di farla franca - ha detto Ahmetovic - non si può andare in modo disinvolto contro i piani regolatori e vari documenti, contro la Costituzione croata e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Queste ultime non prevedono la possibilità che un governo imponga un progetto rifiutato dall'autonomia locale. Spero che l'esecutivo avrà il buon senso di ascoltare i cittadini e di raggiungere un'intesa con noi in modo civile, senza mostrare i muscoli». La sindaca di Castelmuschio ha denunciato il comportamento delle competenti autorità croate, alle quali si è rivolta per denunciare il problema ma senza ottenere risposta. Ha fatto sapere di avere scritto alla Commissione europea, alla Banca mondiale e alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. «Al contrario del muro di silenzio opposto da Zagabria, Bruxelles e le due istituzioni finanziarie hanno risposto al mio appello affermando di voler essere informate sulla vicenda e aggiungendo che verificheranno se nella realizzazione del progetto vengono rispettate leggi e regolamenti comunitari».

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 febbraio 2018

 

 

Ferriera di Servola - Copertura parchi minerari - Dipiazza boccia la proroga
«Abbiamo formalmente contestato alla Regione Fvg la decisione di concedere alla proprietà della Ferriera di Servola un'ulteriore proroga per la presentazione del progetto di copertura dei parchi minerari». Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza scrive l'ennesimo atto del giuoco delle parti fra Comune e Regione in ambito di Ferriera. Palazzo Cheba si scaglia contro la decisione regionale di dare altro tempo all'azienda per presentare il progetto definitivo ed esecutivo di copertura. Il contesto da cui nasce la critica del sindaco è la conferenza dei servizi del gennaio scorso, durante la quale il Comune ha presentato un documento con dei suggerimenti per dimezzare i tempi burocratici di realizzazione dei parchi. Un testo che la conferenza aveva fatto propria. Ma che ora, per Dipiazza, la Regione contraddice concedendo più tempo a Siderurgica triestina. Dice il sindaco: «La proroga è stata concessa autonomamente senza che ci sia stata nemmeno l'acquisizione dei necessari elementi di valutazione da parte di tutte le amministrazioni coinvolte, tra cui il Comune di Trieste che, come noto, aveva sin da subito richiesto e ottenuto in sede dell'ultima conferenza dei servizi il contenimento proprio di questi termini». Dipiazza aggiunge poi che il Comune non è stato nemmeno avvisato: «La Regione non ha mai inviato al Comune alcuna comunicazione relativa all'avvio del procedimento di esame della richiesta di proroga avanzata da Acciaieria Arvedi Spa, nonostante questa sia obbligatoria». Il primo cittadino contesta poi la decisione nel merito: «Il rilascio della proroga, inoltre, risulta avvenuto senza l'effettiva verifica delle ragioni adottate da Acciaieria Arvedi Spa. Non risulta, infatti, espletata un'adeguata istruttoria, come dimostrato dal fatto che tutte le amministrazioni coinvolte non sono state invitate a esprimere le proprie valutazioni». Il sindaco chiede quindi all'ente regionale di tornare sui suoi passi: «In considerazione delle ragioni di dissenso alla proroga che abbiamo già avuto modo di evidenziare formalmente, si chiede ora all'Amministrazione Regionale di procedere in autotutela all'annullamento d'ufficio dell'ulteriore proroga concessa». Conclude Dipiazza: «Come avevamo già segnalato alla Regione, considerati ed evidenziati gli obblighi a carico della società, l'inadempienza già in precedenza alla medesima contestazione e la non ragionevolezza della richiesta di proroga formulata a fronte dei rilevanti interessi pubblici al rispetto della tempistica in precedenza indicata, non possiamo che manifestare il fermo diniego alla concessione della proroga dei termini per la presentazione dei progetti definitivo ed esecutivo».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 febbraio 2018

 

 

Dubbi e disagi per la raccolta differenziata - Ad Aquilinia residenti e commercianti si interrogano su tempi ed efficienza del nuovo sistema porta a porta
MUGGIA «Incontri singoli presso ciascun pubblico esercizio da effettuare entro la data prevista per l'avvio del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti», ossia entro il primo marzo. Era questa la promessa scritta lasciata dall'assessore all'Igiene urbana di Muggia non meno di dieci giorni fa. Una promessa letta durante l'ultima riunione del Consiglio comunale in risposta all'interrogazione promossa da M5S, Obiettivo comune per Muggia e Meio Muja che chiedevano le modalità del "porta a porta" per i locali pubblici. Ma ad Aquilinia pare che non sia andata proprio così. «Mi hanno consegnato sei bidoni, piccolissimi, che riempiremo in mezza giornata. Non abbiamo ricevuto nessun preavviso», racconta basito Giovanni Di Bari, titolare del bar Zaule ad Aquilinia. «Mi chiedo dove dovremmo tenerli visto che il vetro verrà raccolto ogni settimana e l'umido addirittura ogni due settimane. In bar? Nel magazzino assieme a cibo e bevande? Tra i tavoli dei clienti? Lascio immaginare il disagio tra ingombro, puzza e rischio pantigane». Di Bari ha aggiunto poi la perplessità sul fatto di separare i mozziconi delle sigarette (indifferenziata) dalla cenere (nell'umido). E non sono mancate le critiche politiche. «Avrei gradito una risposta sincera del tipo "non ci sono i tempi", ma non condivido la scelta di mentire in Consiglio per coprire l'inadeguatezza delle soluzioni adottate», racconta Emanuele Romano, capogruppo M5S. Il capogruppo Roberta Vlahov (Ocpm) rincara la dose: «Nessuno si è ancora fatto vivo negli esercizi e in gran parte delle abitazioni muggesane, come invece era stato detto per iscritto dall'assessore Litteri, nella risposta alla nostra interrogazione». Caustica Roberta Tarlao (Meio Muja): «Il risultato è un menefreghismo totale. E non mi si dica che è colpa di Net perché Net è il braccio operativo del Comune e lo scaricabarile dell'amministrazione dimostra ancora una volta la totale incompetenza». Chiamata più volte in causa l'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri ha fornito una serie di risposte. In primis al titolare del bar Zaule: «Il signor Di Bari ha ricevuto il kit, in quanto residente al medesimo indirizzo. Possiamo però rassicurarlo che, come tutte le altre attività commerciali, anche la sua sarà protagonista di una valutazione mirata esito di un confronto con i funzionari Net, ai quali potrà sottoporre la sua casistica». L'esponente della Giunta Marzi ha poi replicato al consigliere Romano evidenziando come «le risposte siano state sincere» e «che i tempi rispondono ad una cronologia ben predisposta da Net sulla base della sua decennale esperienza in questo settore». Litteri ha poi puntualizzato di avere «fiducia nell'azienda» e ha infine evidenziato come «ogni cambiamento comporta il disorientamento. Sono preoccupazioni legittime ed è per questo che cambiamenti quali il sistema di raccolta dei rifiuti rappresentano ancor più una sfida importante».

(r.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 febbraio 2018

 

 

Studenti, artigiani e neosposi fanno rivivere la zona Urban - Assegnati i primi alloggi nelle palazzine ex Erdisu ora diventate proprietà comunali
Canoni mensili da 280 euro per un bilocale. In arrivo il bando per altri 40 alloggi
Dalla finestra ammirano gli archeologi e i restauratori all'opera per far tornare alla luce gli antichi scavi della Trieste romana. «Qui si sta molto bene ed è conveniente - esclama un giovane -, mai più potrei permettermi un appartamento in questa zona secondo i prezzi reali di mercato». Canoni d'affitto da 140 euro a testa per un bilocale. Cifre stracciate proprio per venire incontro a una certa tipologia di esigenze. Capita a chi abita uno dei 61 appartamenti posizionati in zona Urban che, fino al 2016, erano in mano all'Erdisu ora Agenzia regionale per il diritto agli studi superiori (Ardiss), e che poi sono ritornati al proprietario, il Comune. «Abbiamo consegnato le chiavi già di 18 appartamenti ai giovani studenti alle accademie del Nautico e del Volta - comunica Lorenzo Giorgi, assessore al Patrimonio -, una a carattere industriale e l'altra legata alle attività marittime. Altri sette invece sono locali commerciali al piano terra, quasi tutti assegnati negli scorsi mesi tramite un bando ad artigiani, tecnici o piccoli imprenditori, che hanno aperta specifiche attività». Ora manca l'ultima sfornata di circa 40 alloggi che, sempre tramite bado pubblico, saranno destinati a uso turistico e a una piccola nicchia riservata a giovani coppie che, nell'attesa di trovare una sistemazione definitiva, potranno usufruire di prezzi molto abbordabili per un tempo prestabilito. Anche se su quest'ultimo punto la giunta non ha preso ancora una decisione definitiva. Ci sarà uno spiraglio anche per le unioni civili? Il dibattito aveva già preso il sopravvento lo scorso anno, quando Giorgi aveva accettato come raccomandazione una mozione del Pd, che invitava a prendere in considerazione anche i sottoscrittori di unioni civili come possibili destinatarie della proposta. Intanto questa porzione della città torna a vivere una seconda giovinezza con le palazzine ora nuovamente, e finalmente, abitate. L'idea di utilizzare gli edifici, una decina, dislocati tra via Capitelli, via Trauner e via Pozzo di Crosada, secondo affittanze agevolate, era stata lanciata in passato da Roberto Cosolini, che aveva ipotizzato una nuova riorganizzazione degli affitti in stile low cost nel momento in cui questo patrimonio immobiliare sarebbe ritornato al Comune. Spuntavano anche i ragazzi del Nautico e del Volta, che ora già abitano i bilocali o trilocali della palazzina rosa tra via dei Capitelli e via Pozzo di Crosada e di una di quelle accanto. Hanno età diverse, ma sempre sotto i 30 anni. Salpano in mare ogni sei mesi e in questo modo c'è sempre un continuo ricambio. Gli spazi adibiti ad attività commerciali che si trovano invece ai piani bassi dei palazzi sono stati sfruttati attraverso diverse modalità. C'è chi vende oggetti antichi, chi prodotti tipici del territorio italiano. Dovrebbe aprire a breve in una delle tre vie anche un take-away. Due invece sono diventati un deposito e un ufficio di liberi professionisti. Un altro paio dovrà essere rimesso al bando. Stesso destino della quarantina di appartamenti che rimangono a disposizione. Circa 37 sono in cerca di una società che possa gestirli a uso turistico. «È un'occasione imprenditoriale che può essere giocata molto bene. Tutti gli alloggi sono come nuovi - spiega Giorgi -. Se dovessero essere usati come ricettività di lusso, certo bisognerebbe fare un piccolo investimento, altrimenti sono perfetti». Nello stesso bando rientrano quelli dell'iniziativa "Sposi 3.0". Si tratta sempre di bilocali o trilocali da affittare a prezzi tra i 200 e i 300 euro spese comprese. Il parere della giunta per quest'ultima quarantina di immobili è stato favorevole, ma non è stato ancora deliberato. Restano da decidere appunto i precisi destinatari del programma dedicato alle giovani coppie. «Proprio per far sì che questi spazi vadano a sposi con figli arrivati da poco o in arrivo - specifica Giorgi -, la coppia dovrà essere "riconosciuta". Stiamo verificano se unicamente con matrimonio o eventualmente anche con l'unione civile, d'altronde il nome casa degli sposi delinea bene lo scopo finale».

Benedetta Moro

 

Case degli orrori a Gretta, demolizione finita - Al posto degli edifici in via Gradisca e in via Gemona sorgeranno 86 nuovi appartamenti, sempre Ater
Sono stati tutti demoliti gli edifici Ater di Gretta, i cinque condomini costruiti negli anni Cinquanta, su via Gradisca e via Gemona. L'intervento di smantellamento era iniziato a fine dicembre. Al posto dei fabbricati sorgeranno nuove case, sempre Ater, con 86 appartamenti, parcheggi interrati e giardini, con il cantiere al via tra qualche mese. Per il momento rimane un'enorme distesa di calcinacci e in tanti, nei giorni scorsi, si sono fermati a curiosare, a osservare i cumuli di macerie, dove per decenni trovava posto il grande comprensorio di edilizia popolare, tristemente noto, dopo la dismissione degli alloggi, anche per l'omicidio di Giovanni Novacco. Della palazzina dove il giovane venne ucciso resta in piedi solo una piccola porzione di muro, mentre sulla ringhiera verso la strada c'è ancora un piccolo mazzo di fiori e un fiocco, che ricordano quella vita spezzata nell'estate di sette anni fa. Le ruspe erano entrate in azione lo scorso 27 dicembre e una parte di quel condominio era stata la prima a crollare sotto la forza delle macchine. Poi una dopo l'altra, anche le altre case sono state demolite, dopo un rafforzamento della recinzione, per impedire ai "non addetti ai lavori" l'ingresso all'area, più volte in passato meta di vandali. Il mare di mattoni che ha invaso tutta la zona è ciò che resta di abitazioni storiche per il rione, le prime erano state edificate nel 1950 in via Gemona, seguite da tutte le altre, ambienti in grado di ospitare famiglie intere per generazioni, divenute poi troppo piccole per le esigenze moderne. Ma soprattutto richiedevano una messa a norma di impianti e parti strutturali, che avrebbero richiesto interventi troppo radicali, da qui la decisione dell'Ater di demolire tutto e ricostruire. Gretta ha atteso per anni l'intervento attuale. Un sospiro di sollievo per molti residenti, che spesso avevano denunciato il pessimo stato in cui versavano, soprattutto negli ultimi tempi, gli edifici a ridosso della strada, mentre i cortili erano diventati depositi per immondizie. L'immagine dell'area è destinata a cambiare entro la fine del 2018. I nuovi appartamenti saranno più grandi e non porteranno via posti auto ai residenti, grazie al park interrato. A completare il tutto giardini e spazi di aggregazione che porteranno, come aveva sottolineato a dicembre Antonio Ius, direttore dell'Ater di Trieste, a una vera e propria "rigenerazione urbana".

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 febbraio 2018

 

 

Alleanza Muggia-Slovenia per dire no al metanodotto - Ricorso anche della vicina repubblica contro l'ok ambientale al progetto Snam
«Conseguenze negative per la sicurezza e la salute del territorio e delle persone»
MUGGIA - La Slovenia sarà alleato del Comune di Muggia nel ricorso al Tar del Lazio contro il metanodotto. La notizia era già nell'aria, ma ora è diventata ufficiale. Il governo della vicina repubblica ha presentato ricorso davanti alla giustizia amministrativa italiana al fianco del Comune di Muggia, della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Ancarano. L'amministrazione comunale di Muggia si era già espressa lo scorso novembre contro il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ma anche contro la società Snam rete Gas spa e contro la società Gas Natural Rigassificazione Italia spa. Motivazione? La cittadina rivierasca chiede l'annullamento del decreto del ministero con il quale, di concerto con il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, è stata disposta la compatibilità ambientale del progetto del metanodotto "Trieste-Grado-Villesse" presentato dalla Snam. In particolare sono stati posti sotto la lente d'ingrandimento i pareri tecnici emessi negli anni dalla Commissione tecnica di valutazione dell'impatto ambientale, sulla base dei quali si è espresso il ministero. Il rischio rigassificatore sembrava ormai svanito pochi mesi fa, quando invece è stato proposto il progetto del metanodotto: due impianti, in realtà, strettamente connessi tra loro. L'intreccio si evince a chiare lettere dal decreto ministeriale, in cui il metanodotto è definito un'opera «direttamente collegata alla realizzazione del rigassificatore (nuovo terminale Gnl localizzato nel porto di Trieste - Zaule) proposto dalla Società Gas Natural Italia Spa», la quale «ha presentato richiesta di allacciamento alla rete di metanodotti di Snam Rete Gas». Da sempre nettamente contraria al progetto, il sindaco muggesano Laura Marzi ricorda l'azione promossa dal Comune: «La nostra Regione e tutte le amministrazioni territoriali interessate hanno da tempo espresso l'assoluta contrarietà in merito alla realizzazione dell'impianto di rigassificazione, anche mediante la presentazione di diversi ricorsi dinanzi all'autorità giurisdizionale competente del Tar del Lazio. Il Comune di Muggia ne ha, in particolare, promossi ben tre». Marzi ha poi evidenziato l'importante ruolo ricoperto dalla vicina repubblica: «La Slovenia in passato è già stata al nostro fianco contro il progetto del rigassificatore, condividendo con noi la forte contrarietà che ora di nuovo ci vede, insieme, contro il metanodotto e, di conseguenza, il rigassificatore a quello strettamente connesso. Ritrovarci di nuovo fianco a fianco all'avvocatura dello Stato sloveno è un supporto importante, ma anche una conferma di quanto questo progetto sia egualmente inconcepibile e inaccettabile da parte di tutto il territorio coinvolto, al di là dei confini nazionali». Rappresentata dagli avvocati Peter Mocnik e Aldo Fontanelli, la Repubblica di Slovenia è scesa in campo a sostegno di quanto già presentato da Comune di Muggia, Regione Fvg e Comune di Ancarano, con un ricorso che sottolinea come dal progetto del metanodotto "Trieste-Grado-Villesse" derivino «conseguenze negative per la sicurezza e per la salute, dell'ambiente del mare, del territorio e soprattutto delle persone, con effetti anche transfrontalieri vista la prossimità del confine con la Slovenia, con cui l'Italia divide parte della zona marittima interessata dai suddetti progetti»

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 febbraio 2018

 

 

Ferriera, tutti contro tutti - L'azienda attacca il M5S - Comunicato di Siderurgica contro Patuanelli: «Da lui dichiarazioni diffamatorie»
Flop della commissione congiunta: Barbieri non si presenta. Pd critico su Polli
Tutti contro tutti sulla Ferriera di Servola. L'azienda attacca il candidato parlamentare del M5S Stefano Patuanelli, definendo «diffamatorie» le sue affermazioni sul mancato rispetto dell'Accordo di programma. Nel frattempo si è rivelata un buco nell'acqua la commissione congiunta che ieri mattina doveva svolgersi alla presenza del consulente comunale Pierluigi Barbieri. Il tecnico ha infatti dato forfait all'ultimo per motivi personali. Prosegue anche la polemica sull'uscita dell'assessore all'ambiente Luisa Polli sul piano acustico: il Pd e l'ex sindaco Roberto Cosolini criticano l'esponente della giunta auspicando che «inizi ad amministrare». La commissione congiunta doveva riunire la I e la VI, ma ieri mattina il presidente Antonio Lippolis (Lega Nord) ha inviato un sms a tutti i consiglieri chiedendo loro di non presentarsi, poiché Barbieri ha fatto sapere di non poter partecipare. Va detto che nei giorni scorsi lo stesso sindaco Roberto Dipiazza aveva espresso qualche perplessità sull'idea di esporre i risultati del lavoro di Barbieri in una commissione anziché in conferenza stampa. Inviando il messaggio, Lippolis ha abbattuto di molto i costi della commissione, che altrimenti avrebbe superato i 2 mila euro. Così solo quattro consiglieri si son presentati. Commenta il consigliere: «Barbieri ha avuto un impedimento, può succedere. Era comunque corretto prevedere un momento del genere, perché il consiglio deve interessarsi di un problema serio come quello di Servola». Il gruppo consigliare del Pd ricorre invece all'ironia per commentare il fatto: «La lettura del Piccolo deve aver fatto andare di traverso la colazione a più di qualcuno stamattina, al punto da generare dei virus che hanno improvvisamente impedito la convocazione delle commissioni I e VI per l'illustrazione della relazione del consulente Barbieri. E un problema di salute devono averlo avuto anche i dispositivi tecnologici di alcuni consiglieri di maggioranza, perché sono venuti nonostante i messaggi inviati dai presidenti Lippolis e Porro, con cui si informava dell'assenza del professor Barbieri e si invitava a non presentarsi per non gravare sulle casse comunali». Il Pd si chiede se la ragione non sia la ricerca del gettone: «Ancora una volta (non è la prima) grande senso di responsabilità da parte delle opposizioni e mancanza di coordinamento, per usare un eufemismo, da parte di chi amministra, che dovrebbe perfezionare un po' la programmazione». I consiglieri dem si rivolgono poi a Polli: «Dopo più di 19 mesi passati a fare comunicati, conferenze stampa e a scrivere su Facebook sarebbe il caso che cominciasse ad amministrare. È più complesso ma più utile per la collettività e di sicuro dà maggiori soddisfazioni; peraltro, almeno a giudicare dagli ultimi post, molto probabilmente le riuscirebbe meglio». Sul tema interviene anche Cosolini: «Polli è insediata da più di un anno e mezzo. È il caso che inizi a spiegare quello che fa lei invece di lamentarsi di quello che è stato o non è stato fatto ormai più di due anni fa». Infine il comunicato con cui Siderurgica triestina attacca Patuanelli per le sue dichiarazioni sul mancato rispetto dell'Accordo di programma. L'azienda «ribadisce con forza, documenti e dati alla mano, che l'Adp è rispettato e che ad oggi il sito di Servola è l'unico Sin ai sensi dell'articolo 252 bis su cui sono in corso interventi di recupero ambientale e risulta quasi completamente risanato». ST definisce «inaccettabili e diffamatorie» le «gravi» affermazioni di Patuanelli: «Riferite a scenari inesistenti e non fornite di alcuna prova. Preoccupa e amareggia che un soggetto che ricopre ruoli istituzionali asserisca pubblicamente tali dichiarazioni, non corrispondenti al vero e fuorvianti, proprio, ma probabilmente non a caso, nel corso del periodo elettorale». L'azienda dice che tutelerà la propria «immagine» «in ogni modo» e invita Patuanelli a visitare lo stabilimento. Il candidato risponde invece che il mancato rispetto coinvolge «l'impatto acustico e il progetto di confinamento e copertura delle aree a parco». Patuanelli auspica la chiusura dell'area a caldo e chiosa: «Ritengo che diffamatorio, per i cittadini, sia dichiarare che tutto va bene dopo tutti gli episodi di spolveramento che hanno interessato l'intera città. Sono commosso dall'invito di visitare lo stabilimento: io invito Siderurgica Triestina a stendere il bucato in un poggiolo in via del Ponticello».

Giovanni Tomasin

 

 

Raccolta dei rifiuti, nuova serie di incontri - Il Comune di Muggia ha reso note le date degli appuntamenti sulla differenziata. Si inizia il 6 febbraio
Il Comune di Muggia ha stilato un nuovo calendario degli incontri pubblici sulla raccolta differenziata "porta a porta". La ricomposizione delle date si è resa necessaria dopo l'annullamento dell'appuntamento in zona Aquilinia cancellato dopo l'incendio che ha colpito la sala Primavera dell'asilo. Il primo incontro, che riguarderà il centro cittadino, si svolgerà martedì 6 febbraio alle 19 al Teatro comunale "Giuseppe Verdi". Il giorno dopo appuntamento alla scuola materna di Fonderia "Il Giardino dei Mestieri" alle 17.30. Ad Aquilinia ci si incontrerà invece il 19 febbraio alle 19 all'interno della palestra. Il 21 marzo in sala Millo (in piazza della Repubblica) alle 17.30. L'ultimo incontro nella scuola materna di Chiampore alle 17.30. Durante gli appuntamenti i tecnici della Net illustreranno il nuovo sistema di raccolta che entrerà in vigore il primo marzo. E intanto il Comune ha fornito alcune risposte alle domande più frequenti. «Se in casa non ho spazio per tenere il kit della differenziata, come faccio?». Ecco la risposta: «Ogni utenza si può organizzare in funzione dei propri spazi. Il "porta a porta" è un sistema che responsabilizza in primo luogo proprio sulle quantità di rifiuti prodotta giornalmente. Il primo suggerimento è quello di impegnarsi per ridurre la produzione. È già prevista, inoltre, la massima disponibilità nell'affrontare casistiche particolari». Pronta anche la risposta al quesito vento: «Come ci si deve comportare in caso di bora persistente anche oltre una settimana? Il mezzo per la raccolta effettua il passaggio anche in caso di bora, ma non si deve posizionare il bidone in zone esposte e in assenza di ancoraggio». Tra i quesiti più gettonati poi c'è il perché il Comune abbia scelto di cambiare le modalità del servizio di raccolta rifiuti. Molteplici le motivazioni: «Fra queste, alcune considerazioni non sottovalutabili quali il fatto che la produzione pro-capite di rifiuti cresce costantemente: ogni cittadino di Muggia produce in media 590 kg all'anno. Basti pensare che nel 2016 e 2017 la percentuale di differenziata a Muggia è stata circa del 47% e l'obbligo europeo prevede di raggiungere almeno il 65% di raccolta differenziata".

(r. t.)

 

 

No del Quarnero al rigassificatore di Veglia - Le autorità locali replicano a Zagabria che ha definito strategico l'impianto off shore
VEGLIA È arrivata immediata la risposta delle autorità locali alla posizione esplicita presa da Zagabria sul rigassificatore di Veglia. Nella sua ultima riunione il governo croato ha messo in pratica quanto annunciato: l'impianto galleggiante di Castelmuschio (Omisalj) è stato definito d'importanza strategica per la Croazia, pronta dunque a fare di tutto perché entri in funzione a fine 2019. E non è tutto perché l'esecutivo croato di centrodestra promulgherà la cosiddetta lex Lng, norma che velocizzerà la costruzione del rigassificatore offshore. Non si sono fatte attendere le reazioni dal Quarnero, regione compatta contro quello che viene descritto come il "mostro marino": una nave lunga 300 metri, larga 100 e alta come un grattacielo di 17 piani. Un gigante - fanno notare i detrattori - nell'azzurro golfo di Fiume, pieno di strutture turistiche e con acque ancora abbastanza pescose. La prima a farsi viva sul progetto, dopo che Zagabria ha deciso di non portare a termine il tanto sbandierato rapporto di partenariato con la regione quarnerino-montana, è stata la sindaca di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic. Giovane e senza peli sulla lingua, Ahmetovic ha tuonato contro la delibera governativa, bollandola come illegale e anticostituzionale. «Sono e siamo contrari in questo Comune alla collocazione di un simile impianto a due passi dalle nostre case - ha detto - noi abbiamo nel turismo il principale ramo economico, con il rigassificatore che darebbe un colpo mortale al settore. Se a ciò aggiungiamo la tecnologia contemplante il raffreddamento del mare e l'utilizzo di cloro, allora siamo ben messi. Posso contare sull'appoggio delle altre municipalità di Veglia e della Contea del Quarnero e Gorski kotar, il cui Piano regolatore prevede solo ed esclusivamente il rigassificatore sulla terraferma e non in mare, sulla falsariga del nostro documento regolatore. Siamo di fronte pertanto ad un progetto illecito e anticostituzionale».«Come pensa il governo di modificare questi piani? Vogliono costringerci con la forza ad accettare il rigassificatore offshore, oppure intendono abolire il comune di Castelmuschio?», gli ha fatto eco il governatore della contea, Zlatko Komadina, il quale ha ribadito ancora una volta che la Regione altoadriatica non è affatto contraria al terminal metanifero, ma non vuole vederlo collocato nelle acque dell'isola. Lo stesso concetto è stato rimarcato in sede di Parlamento (il Sabor) dal deputato socialdemocratico ed ex vice sindaco di Fiume, Zeljko Jovanovic, il quale ha pure parlato di comportamento anticostituzionale del governo, che agirebbe «a favore d'interessi d'oltreconfine, camuffati con il nome pomposo di progetto strategico».

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 febbraio 2018

 

 

Piano acustico di Servola - Bufera per il post di Polli - L'assessore su Fb: «La Regione ce lo chiede perché è a favore dell'azienda»
La replica: «Parole gravissime». Siderurgica triestina valuta «contromosse»
«Vi siete chiesti perché la Regione chiede il piano acustico anche in stralcio? Perché è a favore di Siderurgica triestina». Ci va giù pesante l'assessore all'ambiente del Comune di Trieste, Luisa Polli, nel commentare su Facebook la richiesta di piano acustico che la Regione ha rivolto al Comune stesso nei giorni scorsi. Un'affermazione che provoca la reazione dell'assessore regionale Sara Vito e dell'azienda stessa, che pare stia vagliando delle «contromosse». Il commento di Polli compare sul gruppo Fb "Basta Ferriera". Dopo aver detto che la bozza di piano attualmente in possesso del Comune è favorevole all'azienda, aggiunge che per questo motivo è stato tenuto fermo. L'assessore precisa poi, parlando con la stampa: «Nei giorni scorsi la Regione ci ha chiesto di approvare il piano acustico comunale, o almeno uno stralcio riguardante Servola. Altrimenti, dicono, non possono dare indicazioni alla proprietà. Fatto sta che subito dopo hanno emanato un provvedimento per imporre limiti alla Siderurgica triestina. Questo perché le norme vigenti possono essere applicate anche senza il piano comunale». Ma perché il Comune è ancora privo di piano? L'ex assessore all'ambiente del centrosinistra Umberto Laureni spiega che «la precedente amministrazione comunale aveva appaltato a uno studio di consulenza la realizzazione di detto piano, la cui conclusione era prevista entro il 2016». Laureni respinge le parole della Regione, secondo cui nulla è stato fatto: «Mi auguro invece che venga giustificato il ritardo rispetto alla data prevista».Polli precisa però che quel piano «non è accettabile»: «Inserisce le case prossime alla Ferriera nella fascia acustica pari a quella dello stabilimento o di poco inferiore. Una posizione per noi insostenibile. Ho dato mandato agli uffici perché stabiliscano delle nuove fasce, che tutelino la salute di chi vive a ridosso della fabbrica». Nel frattempo, aggiunge, il Comune preferisce tenere ferma la bozza approntata dalla giunta precedente: «Non c'è un obbligo cogente ad approvare il piano. In queste condizioni è meglio aspettare la nuova versione dello strumento, che sottoporremo anche al ministero della Salute, prima di approvarlo».Risponde l'assessore regionale Vito: «La Regione ha richiesto al Comune l'adozione del Piano di classificazione acustica non "per provocare", ma perché a marzo saranno passati quattro anni dalla scadenza del termine entro il quale il Comune, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge, avrebbe dovuto approvare il Piano di classificazione acustica, come è invece già stato fatto da molti altri Comuni della regione. Non si tratta di un atto che il Comune può quindi decidere di fare o non fare a proprio piacimento».Per quanto riguarda in particolare la questione di Servola, dice Vito, «la Regione sta imponendo ad Arvedi il rispetto di normative che sono sì vigenti, ma che sono nate per essere applicabili solo in via temporanea, fino all'approvazione del piano di classificazione acustica». Inoltre, aggiunge, «qualora l'attuale giunta comunale non concordi con i contenuti delle bozze già predisposte, può ricominciare l'iter e adottare un piano che presenti eventualmente limiti più stringenti, che anche lo stabilimento siderurgico sarebbe ovviamente chiamato a rispettare». Questa la conclusione di Vito: «Attualmente quindi la Regione ha imposto con diffida il rispetto dei limiti vigenti, per quanto transitori, e avrebbe potuto imporre il rispetto dei diversi limiti fissati dal piano di classificazione acustica se il Comune lo avesse adottato. Irricevibile e gravissimo quanto divulgato sui social media dall'assessore Polli: la Regione è assolutamente imparziale nell'applicare leggi e norme». Quanto all'azienda, Siderurgica triestina non commenta, ma fa sapere di star vagliando delle «contromosse». Non è da escludere, quindi, che tra queste siano incluse anche le vie legali.

Giovanni Tomasin

 

Scontro aperto da inizio mandato - Dall'impegno sui 100 giorni del sindaco Dipiazza alle richieste di rivedere l'Aia
Lunga è la lista dei bisticci fra Comune e Regione in materia di Ferriera di Servola. Se su altri temi il sindaco Roberto Dipiazza non fa mistero d'andare d'amore e d'accordo con la presidente regionale uscente Debora Serracchiani, su questo i due enti si prendono a capocciate virtuali fin dal primo giorno della giunta triestina. Si è cominciato subito con l'annuncio dei 100 giorni, entro i quali il sindaco diceva che avrebbe compiuto i passi necessari per la chiusura dell'area a caldo. Una dichiarazione che ha portato molti a rinfacciargli (a dir il vero storcendo un po' il bastone) di aver promesso la chiusura entro quella data. La linea del Comune in seguito è rimasta la stessa: era il dicembre 2016 quando Dipiazza, partecipando a una fiaccolata organizzata a Servola, diceva: «Se non faccio sparire questo cancro dalla città, me ne vado». Per farlo il Comune si è dotato di un supporto inaspettato: Pierluigi Barbieri, assessore all'ambiente in pectore dell'ipotetico Cosolini bis, reclutato come consulente tecnico del Comune. Già a fine gennaio 2017 da palazzo Cheba si levava la richiesta di revisione dell'Aia, un ritornello che si è ripetuto molto spesso nei mesi successivi. «Riaprano l'Aia o ricorreremo alla Corte di giustizia europea», diceva l'assessore all'ambiente Luisa Polli. Finora, però, le richieste del Comune non hanno portato al risultato agognato. Gli uffici tecnici della Regione hanno rilevato che le risultanze portate dal Comune per giustificare la revisione non erano sufficienti. A quella prima richiesta gli uffici regionali hanno risposto come segue: «Come viene spiegato nella comunicazione al Comune, in primo luogo abbiamo rilevato che l'istanza non conteneva alcun elemento di novità. In base infatti al decreto legislativo che detta norme in materia ambientale, una richiesta di riesame avrebbe potuto essere presa in considerazione esclusivamente solo in presenza di una serie di ipotesi tassative, puntualmente elencate, che in questo caso non sussistono». Gli episodi di contrasto non sono mancati nei mesi successivi. I fenomeni di "spolveramento", ovvero le nuvole nere che si levavano dai parchi minerali dello stabilimento nelle giornate di bora, hanno dato modo a tutti gli attori coinvolti di discutere sulla copertura dei parchi stessi. Da farsi entro qualche l'anno per l'azienda, da farsi subito per il Comune e via dicendo. Gli ultimi capitoli di questa storia infinita (che al contrario del libro di Michael Ende ha ben poco di fiabesco) hanno visto il Comune annunciare il ricorso a un pool di avvocati per poter ricorrere anche in sede legale contro l'azienda. Recentissima poi la richiesta formale di revisione dell'Aia che a inizio anno il sindaco Dipiazza ha inviato alla Regione. Forte, stavolta, di dati emersi da un'indagine affidata dalla Procura di Trieste a un tecnico esterno. A sostegno della sua tesi, il Comune ha portato anche la risposta dell'Azienda sanitaria sui rischi collegati alla presenza di benzene nell'area prossima allo stabilimento servolano. Elementi che l'ente spera possano costituire quella «serie di ipotesi tassative, puntualmente elencate» che gli uffici regionali richiedono.

g. tom.

 

Oggi Barbieri presenta la sua relazione
È attesa per stamane, con tanto di consiglieri frementi, la duplice commissione consigliare in cui il consulente del Comune sulla Ferriera, Pierluigi Barbieri, dovrebbe presentare i contenuti della sua relazione sullo stabilimento. Si tratta di un momento voluto con forza dai consiglieri di maggioranza: in un momento di accesa campagna elettorale, anche gli eletti in consiglio cercano di finire sotto i riflettori che si accendono automaticamente quando si parla di Ferriera. In un primo momento l'iniziativa aveva incontrato la contrarietà del sindaco Roberto Dipiazza (in questi giorni fuori città) che intendeva invece esporre i risultati della relazione assieme a Barbieri in un'apposita conferenza stampa. L'insistenza della maggioranza, però, ha portato il sindaco a desistere e a concedere il suo assenso alla commissione congiunta. Resta qualche perplessità di carattere, se vogliamo, monetario: una commissione congiunta costa circa 2mila euro, soltanto in gettoni per i consiglieri, mentre una conferenza stampa ne costa zero. È un'osservazione che in questi giorni ha girato con insistenza fra i corridoi del Comune. La considerazione non deve aver però convinto il presidente Antonio Lippolis (Lega Nord), che la commissione l'ha convocata. Non resta che ascoltare il contenuto della relazione di Barbieri.

(g.tom.)

 

La Cimolai «coprirà» le polveri dell'Ilva - Al via i lavori di un'opera mastodontica
ROMA - Partono i lavori della copertura dei parchi minerari dell'Ilva di Taranto: l'incarico è stato affidato alla società friulana Cimolai. I tempi previsti per la realizzazione delle opere sono 24 mesi per ogni parco. Dunque il 2020 sarà l'anno senza polveri. Intanto resta alta la tensione fra istituzioni centrali e locali mentre i sindacati, impegnati in tavoli che qualcuno di loro definisce «quasi virtuali», chiedono di poter capire finalmente se ArcelorMittal è disponibile a garantire tutti e 14.000 di addetti del gruppo Ilva. «È un'opera che non ha eguali al mondo, sicuramente la più grande». Così Luigi Cimolai, presidente dell'omonimo gruppo che si è aggiudicato la commessa illustrando ieri i dettagli del progetto in una conferenza all'interno della fabbrica. L'investimento complessivo per la realizzazione dell'opera è di circa 300 milioni di euro. Per la realizzazione saranno utilizzate 60mila tonnellate di acciaio, 200mila metri cubi di calcestruzzo, 10mila tonnellate di armature e 24mila metri di pali di fondazione, per un totale di 700 mila metri quadrati di copertura. In via preliminare verranno coperte le zone dei parchi più vicine al quartiere Tamburi per poi proseguire lungo il resto dell'area prevista. «La verifica della geometria strutturale dell'opera - ha spiegato Cimolai - è stata effettuata tramite misurazioni, all'interno della galleria del vento, di azioni aerodinamiche su un modello in scala rappresentante la costruzione e l'ambiente circostante». Non è prevista una bonifica della falda nè la realizzazione di una pavimentazione. «Non ci sono - ha aggiunto Cimolai - problematiche particolari. È stato tutto studiato prima dal punto di vista geotecnico». La copertura dei parchi, si legge nel documento presentato al Mise nelle scorse settimane, sarà «un'opera di dimensioni notevoli. La copertura del solo parco minerale investirà un'area in grado di contenere 28 campi di calcio, sarà alta quasi 80 metri e larga 254 metri». Il Mise ha disposto che i commissari dell'amministrazione straordinaria Ilva, Gnudi, Carrubba e Laghi, aprano il cantiere dei lavori anche se Am Investco - che realizzerà l'investimento in questione per 375 milioni di euro - non è ancora formalmente subentrata alla guida dell'azienda. L'amministrazione straordinaria si avvarrà temporaneamente «delle risorse rinvenienti dal prestito obbligazionario» previsto del decreto legge numero 1 del 2015 (i fondi della transazione Riva, un miliardo e 80 milioni).

 

 

Nascerà a Pianezzi il primo orto sociale dei muggesani - L'Uti giuliana ha finanziato il progetto con 300mila euro - Verrà riqualificata un'area di quattro ettari ora inaccessibile
MUGGIA - In un lotto di terreno agricolo di circa 4 ettari sorgerà il nuovo orto pubblico di Muggia. "Promozione di forme di agricoltura sociale o di altre filiere di economia solidale, in raccordo con il Terzo settore": è questo il titolo del progetto che l'Uti Giuliana ha deciso di supportare finanziando il Comune di Muggia con 300mila euro. Entusiasta l'assessore alle Politiche sociali Luca Gandini: «Non solo andremo a riqualificare un'area verde all'interno del nostro territorio, ma la stessa potrà diventare luogo di incontro e di integrazione intergenerazionale per giovani, anziani, famiglie, disoccupati e lavoratori».L'area protagonista di questa importante riqualificazione è un lotto di terreno di forma rettangolare in località Pianezzi, appartenente al Comune di Muggia, con destinazione urbanistica E6 - "aree agricolo produttive" di circa quattro ettari di estensione. Le zone interessate dall'intervento risultano oggigiorno per la maggior parte inaccessibili a causa della presenza di vegetazione infestante e non sono dotate di alcun tipo di recinzione perimetrale. In tal senso il progetto, già forte di un finanziamento di 50mila euro risalenti al 2017, prevede lo sfalcio della vegetazione infestante, il taglio all'occorrenza di alberi e cespugli e la demolizione di manufatti presenti (con raccolta, trasporto e conferimento a discarica del materiale di risulta), per poi passare al ripristino e preparazione del terreno per la successiva semina e piantumazione, fino alla messa in sicurezza dei muretti di sostegno (con previsione di utilizzo del pietrame di recupero).Il Comune dovrà inoltre attuare uno studio di fattibilità sull'individuazione dei percorsi tra i pastini, la predisposizione del terreno per la realizzazione di opere di primaria urbanizzazione, l'individuazione di zone per il posizionamento delle attrezzature (vasche di raccolta acqua, capanni per gli attrezzi, giochi, etc), la scelta delle culture da sviluppare nelle diverse zone, con la supervisione di un agronomo, nonché l'individuazione dell'area da adibire a "mercato del contadino".«Il progetto di Pianezzi avrà il chiaro obiettivo di promuovere l'educazione e la formazione di adulti e bambini, il rispetto per l'ambiente, la creazione e il consolidamento di legami sociali, ma sarà anche strumento di divulgazione ed informazione a tutta la popolazione ad uno stile di vita più sostenibile» precisa Gandini. Il progetto promosso dall'Uti giuliana aveva sostanzialmente già posto le proprie basi in "Pian(ezz)i condivisi", il ciclo di quattro incontri finalizzato alla progettazione partecipata di un orto sociale nell'area, appunto, di Pianezzi, organizzato dal Comune di Muggia in collaborazione con l'Università di Trieste - Dipartimento di Ingegneria e architettura. Gli incontri avevano il compito di individuare, assieme alla popolazione e ai portatori d'interesse, quale fosse la funzione e la configurazione più opportuna da dare a quest'area ora diventata protagonista del finanziamento.

Riccardo Tosques

 

 

AMBIENTE - Parte la raccolta di firme anti Parco del Mare

Petizione popolare promossa dalle associazioni ambientaliste e animaliste contro il progetto del Parco del mare. La raccolta firme continuerà fino all'estate. I cittadini potranno firmare nelle sedi delle associazioni del territorio, a iniziare dal 5 febbraio da quella della Lav Trieste in via Donizetti 5/a (dalle 20 in poi).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 febbraio 2018

 

 

«Rischio di crolli lungo la strada di clivo Artemisio» - Grido di allarme dei residenti dopo gli ultimi cedimenti - Alcuni new jersey sono stati "inghiottiti" da una voragine
«Se passa un camion come quello della raccolta dei rifiuti e la strada cede improvvisamente può verificarsi una tragedia». Questa, in sintesi, l'apprensione degli abitanti di clivo Artemisio (zona università) in merito al cedimento strutturale di parte del marciapiede e della ringhiera. A guardarla da vicino la situazione è preoccupante: parte della carreggiata si è sgretolata, la ringhiera penzola nel vuoto e una decina di metri più sotto si possono notare i new jersey caduti. «Saranno almeno otto anni che la strada è stata messa in sicurezza» racconta Franco Cermelj, residente della zona. «Là sotto xe crostèl, cossa ghe vol tirar su un cantier per metter a posto?».Il camion dei rifiuti passa qui ogni mattina e arriva fino all'incrocio con via Fleming, dove raccoglie le immondizie dei bottini. «Ogni tanto sono passati anche dei camion molto più grandi - ricorda Cermelj -. Con mezzi troppo pesanti lì sotto potrebbe aprirsi una vera e propria voragine e se capitasse proprio in quell'istante la situazione potrebbe rivelarsi drammatica». Bruno Hussu lamenta i ritardi: «Prima Dipiazza, poi Cosolini e poi Dipiazza di nuovo: mi sembrano un po' troppi anni per fare un lavoro». Ultimamente la via è stata parzialmente chiusa al traffico a causa di un muro pericolante, poi messo a posto da Elio Roncelli. «Possono anche darti la multa per incuria quando succedono queste cose, mentre quando sono loro a non fare niente va tutto bene» conclude Hussu. La zona è continuamente attraversata da automobili che, soprattutto la mattina, scendono da Opicina svoltando su via Baiardi per accorciare i tempi di percorrenza verso il centro. I residenti tempo fa si erano lamentati per l'eccessiva velocità che gli automobilisti o gli scooteristi hanno nel guidare i loro mezzi. Durante gli ultimi mesi del 2017 il cedimento è peggiorato a vista d'occhio e la struttura potrebbe cedere da un momento all'altro. Due new jersey sono volati via fino alle prime case che si trovano all'inizio di clivo Artemisio. Il Comune sembra essere relativamente conscio del problema. «Per quanto riguarda la strada, la situazione ce la portiamo avanti dall'amministrazione precedente (la messa in sicurezza venne fatta durante il Dipiazza II ndr)» afferma l'assessore ai lavori pubblici Elisa Lodi. «Tuttavia, in merito ai lavori da effettuare, vogliamo inserire un lotto di manutenzione all'interno del bilancio che stiamo preparando, così da poter intervenire al più presto. Stiamo monitorando la strada e per quanto riguarda i new jersey che sono caduti nella valle sottostante manderemo immediatamente una squadra a ripristinarli». Per il momento quel tratto di carreggiata non sembra molto rassicurante. Assieme ai new jersey della ditta Hilary's Pagani ci sono anche alcune reti metalliche che sembrano abbandonate e una luce di segnalazione che mette in guardia gli automobilisti. «È un lavoro che deve essere fatto molto presto, per scongiurare qualsiasi inconveniente» conclude Cermelj. Forse quello di clivo Artemisio è un cantiere che non può più aspettare.

Nicolò Giraldi

 

 

PromoTrieste scommette sul turismo in bicicletta
Il presidente del Consorzio Promotrieste, Umberto Malusà, annuncia nella sede di via Cassa di Risparmio "Trieste by bike", un'iniziativa di marketing territoriale per rispondere alla conformazione turistica della città: «Una risposta che non può più essere data individualmente. Grazie alla sensibilità e alla sinergia degli operatori, Trieste si propone oggi nel sistema di bici con prospettive interessanti». Il progetto nasce infatti dalla collaborazione di Promoturismo Fvg, Gal Carso - Las kras, e Associazione Guide Turistiche. Il turismo a due ruote è particolarmente redditizio sul profilo dell'incoming territoriale e va maggiormente sfruttato considerata la crescente domanda che stanno sperimentando tutte le strutture costruite lungo le ciclovie. Nell'ambito di specializzazione ciclistica, ad oggi il club prodotto (l'insieme degli operatori attivi nel settore), conta 50 aderenti (di cui 15 officine) su 3 i tipi di main line: le ciclovie, il ciclismo su strada e il ciclismo da fuoristrada. «L'obiettivo è lo stanziamento di 700mila euro in quattro anni per fondi di animazione turistica», dichiara David Pizziga, presidente del Gruppo di Azione Locale del Carso, e continua: «Abbiamo costruito una mappa che fa parte di un marketing integrato; la carta è un prodotto, ma è anche un programma che indica 5 percorsi al turista che lo rendono consapevole della ricchezza del nostro territorio. Dobbiamo attirare più turisti con potenziale di spesa per aumentare la nostra economia». Cresce inoltre la domanda di guide turistiche: «È una sfida difficile mettere insieme guida turistica e biker, ma bisogna adattarsi al nuovo mercato e collaudare nuovi approcci. Serve una presenza umana che affianchi le famiglie che arrivano e intendono noleggiare», così Francesca Pitacco, presidente delle guide turistiche Fvg. «Oggi il cliente soddisfatto è il primo promotore per i turisti internazionali - conclude Promotrieste -. Servono infrastrutture di servizio e di ospitalità adeguate alle richieste: le parole chiave sono dunque professionalità, organizzazione e accoglienza».

Stefano Cerri

 

 

Scorie nucleari di Krsko, nessuno vuole il deposito - La Croazia scarta un'area in territorio sloveno perché troppo vicina alla Sava
Nel mirino per lo stoccaggio una zona vicina alla Bosnia, dove crescono i timori
BELGRADO - Al grande e controverso passo mancano tempo e conferme ufficiali. Ma con alta probabilità una nuova diatriba presto accenderà gli animi e farà litigare Croazia e Bosnia. La diatriba riguarda la delicata questione delle scorie nucleari prodotte dalla centrale di Krsko, in Slovenia, impianto di cui la vicina Croazia è comproprietaria al 50%. Così come lo è dei rifiuti della centrale. Da anni sono proprio questi ultimi - e il luogo dove stoccarli - il pomo della discordia. A riportare l'attenzione sul tema sono stati di recente diversi media balcanici - ma anche l'emittente pubblica tedesca "Deutsche Welle" (Dw) - che hanno tratteggiato il complicato quadro e suggerito che la questione sta diventando di nuovo attuale. Dw ha infatti rivelato, citando il numero uno dell'Istituto nazionale croato per la sicurezza nucleare, Sasa Medakovic, che dopo anni di valutazioni e discussioni Zagabria avrebbe formalmente cassato poco più di un mese fa l'idea di un deposito comune a Vrbina, nei pressi dell'impianto e su suolo sloveno, delle scorie nucleari «a media o bassa radioattività», oggi conservate all'interno della centrale. Neanche in questo caso, come spesso accade, i due Paesi sono riusciti a mettersi d'accordo. La soluzione slovena non è piaciuta alla Croazia per molteplici ragioni. Tra queste, il fattore costi - circa 300 milioni di euro a testa - e il fatto che il sito proposto è troppo vicino al fiume Sava e alle falde da cui sgorga «l'acqua potabile che disseta Zagabria». Il tema, ha rivelato Dw, verrà ancora discusso in questi mesi da esperti dei due Paesi, ma sarà difficile raggiungere un'intesa su una questione che divide da tanto tempo. E qui nella vicenda si fa largo un terzo attore, suo malgrado, la Bosnia. La Croazia infatti sarebbe orientata, come alternativa, su una vecchia idea già emersa anni fa: quella di un deposito per le scorie sul proprio territorio, da erigere entro il 2023 ai margini del Paese, nell'area a bassa densità abitativa di Trgovska Gora, vicino alla cittadina di Dvor. E a un tiro di schioppo dalla Bosnia, zona già indicata in passato sollevando ferme proteste. E anche stavolta preoccupazioni forti sono sorte tra la popolazione in Bosnia, raccontate da "Slobodna Evropa". Anche le autorità di Sarajevo hanno confermato al portale Klix di «seguire le attività» della Croazia. A ribadire l'avversione a ospitare un deposito di scorie nel cortile di casa, o poco lontano, anche il parlamentare bosniaco Jasmin Emric, che ha sottolineato come le forze politiche nel Paese siano da tempo unite contro il progetto croato. E ha suggerito persino l'ipotesi di ricorrere all'«arbitrato internazionale». Timori e contrarietà, dall'altra parte del confine, che sono crescenti. Lo conferma al Piccolo l'ecologista bosniaco Rijad Tikvesa (Ekotim). È «comprensibile che uno Stato voglia collocare qualcosa del genere» il più lontano possibile dal cuore del Paese, «nei pressi dei propri vicini, ma penso non sia giusto». «Vicino a quell'area - ricorda - abbiamo un parco naturale», il Nacionalni park Una, «bei fiumi ricchi di pesci» e si rischia di «mettere a rischio» l'intera area. Di certo, la Bosnia dovrebbe lanciare quanto prima «discussioni pubbliche su un progetto» che potrebbe insistere «su un'area particolarmente sensibile». Qualcosa si sta muovendo già in Republika Srpska (Rs), l'entità della Bosnia interessata dalla questione, spiega invece Natasa Crnkovic, presidentessa del Centar za zivotnu sredinu di Banja Luka. Anche se il tema non è di estrema urgenza, almeno per ora, «il governo della Rs ha avviato procedure di protezione per quella zona, per fermare il deposito di scorie nucleari», aggiunge Crnkovic, sottolineando però al contempo che servirà ben altro per bloccare la costruzione dello stesso. Certamente, il deposito croato è «problematico». «E come organizzazione - chiosa - siamo totalmente contrari al nucleare. Anche perché non c'è ancora una maniera per stoccare in sicurezza le scorie».

Stefano Giantin

 

Luci sull'ambasciata per segnalare lo smog - L'iniziativa della diplomazia svedese a Sarajevo. E a Pristina cittadini in piazza contro l'inquinamento
BELGRADO - Un'ambasciata che s'illumina di diversi colori per allertare la popolazione, a Sarajevo. E centinaia di persone che scendono in piazza per protestare contro l'inazione delle autorità, a Pristina. Continua a tenere banco nei Balcani - e in particolare in Bosnia e in Kosovo - la questione dello smog che rende irrespirabile e pericolosa l'aria. Smog che è al centro di un esperimento dell'ambasciata svedese a Sarajevo, una delle città più inquinate d'Europa, capitale di un Paese dove ogni anno - secondo dati dell'Organizzazione mondiale per la salute (Oms) - muoiono a causa del fumo delle centrali elettriche a lignite, del riscaldamento a carbone, nafta o legna e a causa dello smog prodotto dalle auto 223 persone ogni 100mila abitanti. La Bosnia perde in danni ambientali il 21,5% del Pil ogni dodici mesi. L'ambasciata svedese ha annunciato nei giorni scorsi, nell'ambito di una campagna di sensibilizzazione, un inedito sistema che allerterà per qualche tempo i sarajevesi sulla minaccia ambientale. È anche un tentativo di rendere più reattiva la classe politica al potere, affinché inizi ad agire per contrastare l'avvelenamento dell'aria con misure concrete. La rappresentanza svedese, con un semplice sistema di illuminazione, muterà il colore della facciata dell'edificio che la ospita a seconda del livello di inquinamento registrato in città. La facciata si tingerà così di verde nei - pochi, soprattutto d'inverno - giorni in cui l'aria ha una qualità buona o almeno accettabile; di giallo invece quando i valori dello smog cominciano a impennarsi; e d'arancione per avvisare che i fumi possono mettere a rischio la salute delle categorie più fragili, in particolare i bambini. Il rosso è stato scelto per avvisare che l'inquinamento ha raggiunto livelli pericolosi, mentre tonalità tra il marrone e il violetto ammoniranno i passanti che l'aria è talmente malsana che sarebbe meglio indossare mascherine. O rifugiarsi in casa. E sono statisticamente così frequenti questi ultimi allarmi - non solo a Sarajevo, ma anche in altre città della Bosnia e in tutti i Balcani, a Skopje, Tetovo, da Pristina fino all'inquinata Sofia - da aver spinto la Svezia ad agire. «Quando per la prima volta sono arrivato a Sarajevo lo scorso inverno», ha ricordato l'ambasciatore svedese Hagelberg, «sono rimasto scioccato dalla cattiva qualità dell'aria e anche se alcuni dicono che quest'inverno non è poi così male, in verità lo è, è mortale». E mortale lo è anche in Kosovo, uno dei Paesi più avvelenati d'Europa in particolare a causa delle centrali a lignite. Proprio ieri centinaia di cittadini sono scesi in piazza a Pristina, con mascherine sulla bocca, per chiedere al governo di combattere l'inquinamento. In contemporanea le autorità locali hanno per la prima volta deciso di vietare l'ingresso nella capitale alle auto, parziale risposta alle petizioni.

(st.g.)

 

 

Rigassificatore di Veglia - Zagabria avanti col sostegno Usa
ZAGABRIA - Il rigassificatore di Veglia è un progetto strategico su cui il governo croato non farà marcia indietro. A ribadirlo - nel corso di una conferenza sul futuro energetico della Croazia - è stato il primo ministro Andrej Plenkovic, intervenuto assieme al vicepresidente della Commissione europea e commissario all'Unione energetica Maros Sefcovic. Per il premier, «con un rigassificatore di questo tipo giocheremo un ruolo più importante nella politica energetica dell'Europa». Un punto di vista confermato dallo stesso Sefcovic, secondo cui il progetto croato contribuirà a un obiettivo fondamentale dell'Unione, ovvero «migliorare la diversificazione nel rifornimento di gas». Ma che ne è delle autorità locali, che a Fiume e a Castelmuschio sull'isola di Veglia si sono mostrate ultimamente poco propense alla costruzione di un rigassificatore off-shore? Interrogato in merito, Plenkovic ha assicurato che il suo esecutivo proseguirà in partenariato con la Regione litoraneo-montana e con il suo presidente Zlatko Komadina, senza bypassarli. Qualche giorno fa, inoltre, Zagabria ha ottenuto un altro prezioso sostegno sul progetto di Veglia, quello di Washington. Durante la sua visita negli Usa infatti il ministro croato dell'Energia Davor Bozinovic ha incassato l'appoggio dell'amministrazione americana, desiderosa di vedere Zagabria liberarsi dal peso di Mosca in quanto al rifornimento di gas naturale. Stando a quanto riportato dal portale regionale Birn, il vice segretario di Stato per gli Affari europei ed eurasiatici Aaron Wess Mitchell ha affermato che non solo l'amministrazione Trump vede con favore il progetto del rigassificatore, ma lo considera un «progetto strategico» nell'area. Per Zagabria resta dunque da sciogliere solo il nodo delle autorità locali contrarie all'approvazione di una legge ad hoc per accelerare i lavori e, soprattutto, alla costruzione di un rigassificatore non a terra ma off-shore. Su questo punto, Zlatko Komadina aveva già affermato qualche settima fa che «esistono diversi metodi, inclusa la disobbedienza civile».

(gi.va.)

 

 

Balenottera morta al largo di Lussino, esperti al lavoro
LUSSINPICCOLO - Non ci sono segni di ferite: l'animale è morto per debolezza causata forse da fame. È la conclusione alla quale sono giunti gli esperti dell'associazione Plavi svijet (Mondo blu) di Lussingrande dopo avere esaminato la carcassa di balenottera comune (Balaenoptera physalus) che ora giace sui fondali nei pressi dell'isola di Lussino, ad una profondità di 20 metri. Il corpo senza vita del cetaceo, una giovane femmina lunga 11,7 metri, è finito impigliato nella rete a strascico di un pescatore lussignano, che l'ha trainato fino alle acque di fronte all'isolotto di Oriule Piccola per poi avvertire polizia e Autorità portuale, subito intervenute. Secondo gli ambientalisti di Plavi svijet, è probabile che si tratti della balena avvistata il 6 gennaio scorso nelle acque vicino a Ravagnasca (Rovanjska), nei pressi di Lussingrande. «Il corpo appare abbastanza magro, segno di un esaurimento che probabilmente è stato fatale a questo maestoso animale - ha dichiarato Nikolina Rako Gospic, direttrice del Programma scientifico e di ricerche di Plavi svijet - inoltre sono stati rinvenuti numerosi copepodi parassiti e questo sta a indicare un sistema immunitario debilitato». Considerato che la carcassa è stata rinvenuta in acque lussignane, i responsabili dell'associazione isolana (che si occupa tra l'altro anche della colonia di delfini lussignani) hanno deciso di conservare il grande scheletro di questo mammifero. Per questo motivo la carcassa resterà in acqua fino a quando il naturale processo di decomposizione non l'avrà ridotta al solo scheletro, che poi sarà valorizzato a fini didattici ed espositivi nella miglior maniera possibile. Proprio per evitare eventuali danneggiamenti, il giovane esemplare è stato cinto da una robusta rete e legato con funi così da evitare che venga trascinato via dalle correnti. Nei prossimi mesi i ricercatori terranno sotto controllo quanto resta della balenottera. Plavi svijet ha voluto pubblicamente ringraziare i partecipanti all'azione di traino della carcassa, in primo luogo i propri sub e quelli di Kostrena (regione di Fiume), i pompieri volontari di Lussino e i dipendenti dell'azienda Elektroprimorje, che hanno messo a disposizione la propria imbarcazione. Va ricordato infine che negli ultimi due anni di balenottere comuni nell'Adriatico settentrionale ne sono state avvistate un paio.

(a.m.)

 

 

Corso Apicoltura

Seconda lezione del corso di avviamento all'Apicoltura al Padiglione V ex Opp alle 17. Obiettivo del corso è quello di far acquisire le competenze di base ai partecipanti per iniziare ad allevare le api con piacere e soddisfazione. Per maggiori e dettagliate informazioni telefonare al 3287908116 (Tiziana).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 gennaio 2018

 

 

La diffida sulla Ferriera - La Regione intima ad Arvedi di ridurre i livelli di rumore
Entro il 31 dicembre 2018 Arvedi dovrà intervenire sugli impianti della Ferriera per garantire comunque, anche in assenza del Piano comunale di classificazione acustica (Pcca) di competenza del Comune di Trieste, il rispetto dei limiti acustici imposti dal Decreto del presidente del Consiglio del primo marzo 1991. È quanto previsto dalla diffida inviata dalla Regione all'azienda ed elaborata sulla base delle rilevazioni fonometriche eseguite dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa Fvg). Lo rende noto - con un comunicato stampa diffuso nel primo pomeriggio di ieri - l'amministrazione regionale, all'indomani dell'avviso inoltrato dalla stessa Regione al Comune nel quale l'ente presieduto oggi da Debora Serracchiani sollecitava quello guidato da Roberto Dipiazza ad adottare per l'appunto al più presto un Piano acustico in modo da scongiurare il rischio di possibili futuri contenziosi con l'attuale proprietà dello stabilimento siderurgico. La nota - divulgata ieri dall'amministrazione Serracchiani - fa presente che «dopo aver eseguito, su indicazione della Regione e della stessa Arpa Fvg, alcuni interventi di mitigazione del rumore, la società aveva infatti proposto di progettare ulteriori azioni entro 10 giorni dall'approvazione del Piano di classificazione acustica comunale e di realizzarli entro un anno dal medesimo termine, in funzione delle difficoltà di programmazione derivanti proprio dalla mancata adozione del Pcca da parte dell'amministrazione cittadina», e che, il Piano acustico in questione, «in base alla normativa», si sarebbe «dovuto» adottare «entro il 25 marzo 2014».«A tutela della salute dei cittadini - prosegue la nota diffusa dall'amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia - la Regione ha, invece, ritenuto prioritaria la riduzione della rumorosità dell'impianto siderurgico e ha imposto ad Acciaieria Arvedi di trasmettere entro 10 giorni il nuovo cronoprogramma delle attività necessarie per conseguire il rispetto dei limiti normativi vigenti, tenendo conto dei tempi tecnici strettamente necessari per la realizzazione degli interventi». Nello specifico, fa sapere ancora il comunicato della Regione - «il provvedimento impone interventi in nove punti identificati quali sorgenti che contribuiscono in maniera significativa al campo acustico complessivo dell'acciaieria triestina». Ed «è stato inviato», oltre che all'azienda, «anche al Comune, all'Arpa, all'Azienda sanitaria universitaria integrata, al Comando provinciale dei vigili del fuoco e al ministero dell'Ambiente».

 

 

Una mini isola pedonale all'inizio dell'ex Ghetto - Traffico limitato in arrivo tra la Questura e l'ex Carli. Spostati i box dei librai
Piazza Vecchia e via del Rosario solo per le auto della polizia e lo scarico merci
La "elle" di piazza Vecchia e via del Rosario sarà ridisegnata. Diventerà una "zona a traffico limitato a elevata valenza pedonale". Saranno ampliati i marciapiedi e saranno spostati a fianco della chiesa del Rosario i bouquinistes, che oggi sono precariamente sistemati sotto le finestre dell'ex istituto Carli, attuale sede dell'assessorato all'Educazione. Il "piano particolareggiato partecipato", che ha scopo di ingentilire e rendere transitabile il disordinato "gomito" a fianco della Questura, è stato illustrato alcuni giorni fa dalla titolare dell'Urbanistica comunale, la leghista Luisa Polli, ai colleghi di giunta: la delibera 19 passa adesso ai Lavori Pubblici, per dar corso all'attuazione degli interventi, con una tempistica peraltro non ancora definita. Finalità: migliorare la qualità della vita in termini di inquinamento acustico e atmosferico. Quindi, basta con il rodeo attorno all'ex Carli, tra Tor Bandena e via del Teatro Romano. Spazio ai pedoni (e ai velocipedi, puntualizza la relazione tecnica a cura dell'ingegner Giulio Bernetti), sosta riservata alle vetture della Polizia e alle operazioni carico/scarico, varco d'ingresso piazzato all'intersezione di piazza Vecchia con Tor Bandena, varco d'uscita sistemato laddove via del Rosario sfocia in via del Teatro romano. Il cul de sac di Tor Bandena resterà dedicato alle forze dell'ordine, che tra l'altro perderanno alcuni stalli a loro disposizione in via del Teatro romano. Avanti, dunque, con la pianificazione di aree circoscritte del centro urbano: una prima fase aveva interessato - nello scacchiere XX Settembre-Carducci-Ospedale Maggiore - le vie Nordio, Toro, Erbette, Sorgente, Foschiatti; una seconda fase tocca le vie XXX Ottobre e Torre Bianca; un'ulteriore momento pianificatorio è stato dedicato al borgo storico di Prosecco.La "ztl", aldilà delle poche decine di metri effettivamente coinvolti, s'inserisce in un'area sensibile della circolazione e del parcheggio urbano: siamo alle spalle di piazza Unità e contigui a via del Teatro Romano, che si definisce come asse direzionale sul quale insistono il Provveditorato alle opere pubbliche, le sedi del Municipio, l'Inail, la Questura. Ma sul quale si affacciano anche le vestigia archeologiche romane e la scalinata che sale verso Santa Maria Maggiore e San Silvestro (avviato a prossimo restauro). Park San Giusto è uno dei più importanti contenitori della sosta triestina e il concessionario dovrebbe provvedere entro la fine della primavera - come da precetto della Soprintendenza - a riqualificare l'illeggibile facciata. Inoltre è aperto il confronto con la Soprintendenza sulla questione-parcheggi davanti al Teatro romano. Palazzo Economo sarebbe assai lieto di ottenere un divieto di sosta, che consentirebbe di valorizzare lo spazio archeologico. Ma la fame di stalli rende gli interlocutori prudenti. In qualche misura collegata alla sorte di via Teatro romano è la vicenda di casa Francol. A giorni il Comune, proprietario dell'antico e inutilizzato edificio, pubblicherà una richiesta di manifestazione di interesse, orientata a sondare il mercato sulla possibilità di un project financing finalizzato a realizzare una struttura recettiva. Al Municipio avanza dagli antichi fondi Urban la rispettabile somma di 1,4 milioni di euro. Quale la destinazione? Casa Francol, così da chiudere un dossier interminabile che ha visto il destino dello lo stabile zigzagare tra contenitore di associazioni e sede di Esatto. In un primo tempo i Lavori Pubblici municipali si erano espressi a favore di un sito informativo, ma il sindaco Dipiazza aveva lanciato l'idea di una struttura recettiva per turisti, da dare in gestione a un operatore privato. Davanti a casa Francol c'è lo spiazzo in passato usato come parcheggio dei mezzi comunali: la proposta degli uffici comunali è di metterla a disposizione del privato, che avrà casa Francol, per completare la riqualificazione di un angolo trascurato del centro.

Massimo Greco

 

 

Smog, ultimatum Ue: agite subito - Il ministro Galletti protesta per la minaccia di sanzioni: abbiamo fatto già molto
BRUXELLES - Di fronte a nessuna nuova misura «sostanziale» antismog messa sul tavolo, la Commissione Ue ha brandito di nuovo il suo ultimatum all'Italia e agli altri 8 Paesi convocati a Bruxelles: bisogna agire, o non ci saranno alternative alla Corte di giustizia Ue. Per il ministro dell'ambiente Gianluca Galletti, però, il governo italiano ha già fatto il suo dovere, con «risultati evidenti» che vedono gli «sforamenti» dei giorni con i valori inquinanti superiori ai limiti Ue «ridotti dal 2000 ad oggi di più del 70%». Di conseguenza l'Italia non invierà nulla di nuovo entro lunedì prossimo alla Commissione Ue. «Per adesso non abbiamo alcun deferimento» alla Corte, «anche se nel nostro Paese molti lo speravano», ha attaccato Galletti, mentre gli ambientalisti di Greenpeace e dello European Environmental Bureau chiedono a Bruxelles di portare avanti la sua azione legale. La situazione della qualità dell'aria in Europa, nonostante le direttive Ue sulla qualità dell'aria con impegni vincolanti fissati al 2005 e al 2010 e finora non rispettati da buona parte dei 28, è preoccupante. Ogni anno, infatti, ha ricordato il commissario all'ambiente Karmenu Vella, ci sono 400mila morti premature nell'Ue a causa di smog e polveri sottili. L'Italia da sola ne conta 66mila. «Non possiamo continuare a rinviare», ha ammonito Vella al termine della riunione da lui convocata con Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Repubblica ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia, dove «ci sono stati alcuni suggerimenti positivi, ma a prima vista non abbastanza sostanziali da cambiare il quadro». Per questo, ha avvertito, «la sola cosa che tratterrà la Commissione» dal portare davanti alla Corte Ue gli Stati membri «è che quanto i Paesi mettono sul tavolo permetta di raggiungere i target senza ritardi». Da qui la scadenza fissata da Bruxelles «al più tardi entro lunedì» per coloro che vorranno presentare nuove misure antismog. L'Italia, però, non sembra essere preoccupata. «Abbiamo portato all'attenzione della Commissione tutto il lavoro fatto in questi anni che ha dato risultati evidenti» e tutti i diversi provvedimenti - dalla Strategia energetica nazionale (Sen) all'accordo sul Bacino padano - con compongono «una strategia forte», ha affermato Galletti. «Questi impegni sono nuovi, la Sen è un impegno nuovo, non è che ogni dieci giorni possiamo fare qualcosa», ha risposto il ministro a chi chiedeva se l'Italia avesse presentato ulteriori misure. Spetterà ora a Bruxelles, nelle prossime settimane, valutare la situazione Paese per Paese.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 gennaio 2018

 

 

«Ferriera, il Comune adotti un piano acustico» - La Regione scrive a Dipiazza su Servola: «Senza il documento rischiamo contenziosi con l'azienda»
Il Comune di Trieste deve dotarsi di un piano acustico. È l'avviso volato ieri da un lato all'altro di piazza Unità: la Regione ricorda all'ente locale la necessità di preparare lo strumento per la lotta all'inquinamento sonoro, in un nuovo capitolo del confronto sulla Ferriera di Servola. Al di là del tono tecnicamente asettico con cui la Regione comunica l'avvenuto avviso, sembra difficile poter staccare il valore politico del messaggio, visto che da mesi il Comune invia all'ente regionale documenti e richieste volte a limitare la produzione della Ferriera, rivedere l'Aia e via dicendo. Si legge nel comunicato dell'Agenzia regionale: «La Regione, tramite una lettera inviata dall'assessore all'Ambiente Sara Vito al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, ha sollecitato l'amministrazione cittadina a dotarsi nel minor tempo possibile di un Piano comunale di classificazione acustica (Pcca) oppure a valutare la possibilità di adottare un Piano stralcio della classificazione acustica con riferimento alla sola area di Servola». L'inquinamento acustico continua a essere uno dei fronti problematici del rapporto della fabbrica con il quartiere. Spiega la Regione: «Secondo l'amministrazione regionale questo strumento (il piano ndr) è infatti fondamentale per affrontare con chiarezza il problema dell'inquinamento acustico, in particolare in prossimità della Ferriera di Servola, attraverso una condivisione istituzionale delle scelte strategiche». La lettera non manca poi di ricordare che il piano acustico triestino non risponde all'appello ormai da quasi quattro anni: «In assenza del Pcca, che in base alla normativa avrebbe dovuto essere adottato entro il 25 marzo 2014, la Regione è costretta ad imporre allo stabilimento siderurgico l'osservanza di limiti acustici "transitori". Un'azione che verrà comunque attuata dalla Regione attraverso una serie di provvedimenti a tutela del benessere psicofisico della comunità servolana, ma che rischia di dare origine a contenziosi con l'azienda». Questa la conclusione: «Come evidenziato nella missiva, secondo la Regione il Comune avrebbe tutti gli elementi necessari per adottare il Pcca, ma in caso contrario l'amministrazione regionale è pronta a mettere a disposizione i propri uffici per fornire il supporto necessario».

g.tom.

 

 

Riecco dopo 3 anni il piano per il Silos ma Dipiazza frena - Il 7 marzo conferenza dei servizi decisiva sul restyling - Il sindaco: «Valuteremo se andare avanti oppure no»
Tre anni sono passati dall'ultima volta. Silenzio di tomba interrotto solo dalle irruzioni di giovani profughi afgani e pachistani. Il progetto per il centro commerciale con annesse sale congressi all'interno del fabbricato del Silos torna alla ribalta con una conferenza dei servizi indetta per il 7 marzo dal Comune, a cui parteciperanno la proprietà Silos spa e gli altri enti che nel 2009 avevano firmato l'accordo di programma per riconvertire la struttura. La maggioranza delle quote della società proprietaria dell'immobile è in mano a Coop Alleanza 3.0 e Unieco (in liquidazione). Il progetto, a grandi linee, è sempre lo stesso del 2003, quando sindaco, al suo primo mandato, era Roberto Dipiazza. Il faldone è tornato ora di nuovo sulla scrivania dello stesso Dipiazza, al timone del Municipio per la terza volta. Alla luce dei recenti cambiamenti che hanno investito la città negli ultimi mesi, però, i contenuti potrebbero essere superati dai nuovi e vecchi shopping mall che riempiono la città e dal centro congressi che dovrebbe nascere due chilometri più in là in Porto vecchio, apposta per Esof 2020, il cui progetto sta procedendo a ritmi serrati poiché fra due anni avrà luogo la manifestazione scientifica. Nel "summit" di marzo dunque bisognerà capire che cosa fare degli spazi del Silos e se magari prendere in considerazione anche altri progetti. Come quello di trasformare l'area congressi del Silos stesso in auditorium, nel caso in cui la sala Tripcovich venisse rasa al suolo. Ipotesi, questa, avanzata già anni fa. Il Comune va infatti cauto sull'ipotesi di dare il placet definitivo. «Una volta radunati tutti gli attori di questa operazione - afferma Dipiazza -, bisognerà capire se andare avanti oppure tornare indietro. Faremo le nostre valutazioni e poi diremo quello che vogliamo fare. Alla fine in tutti questi anni è la Silos spa che ha mancato di procedere, non noi». Non è un mistero poi che ci sia un'ala del centrodestra a cui non importa tanto la natura del progetto, quanto che il Silos non rimanga abbandonato e rifugio di richiedenti asilo. A sentire comunque la spa, attraverso il consigliere Fabrizio Carta, l'appuntamento primaverile ha tutta l'aria di essere quello conclusivo, dopo anni di varianti e attese di vario tipo. A suo dire non sarebbe stato solo l'ostacolo della crisi a frenare il cantiere. «Molto tempo è andato - dice Carta - per apporre modifiche alle planimetrie e per rincorrere le norme vigenti». L'aspettativa che oggi trapela dalla spa, in previsione della conferenza dei servizi, è di vedere confermato tutto il piano per poi procedere con i lavori. «Abbiamo una convenzione con il Comune (firmata nell'era Cosolini, ndr) - spiega ancora Carta - in conformità della quale dobbiamo fare il Centro commerciale. Se tutto va bene, potremmo partire entro fine anno. Il progetto è in aderenza con le richieste di fondo già dall'origine». L'ultima pietra da deporre sarebbe prevista per il 2020, proprio l'anno in cui dovrebbe essere pronto il centro congressi nell'antico scalo per Trieste capitale europea della scienza. La struttura adiacente alla stazione ferroviaria, un esempio di archeologia industriale - simbolo dei traffici commerciali e marittimi dell'epoca asburgica, ma anche rifugio nel dopoguerra per gli esuli istriani, oggi per i profughi dell'Asia meridionale - che vede due magazzini paralleli, subirà secondo i rendering un innesto attraverso un grande cubo che sarà il centro congressi. Mille posti più altri 400 divisi in tre sale. Attorno, un supermercato, ristoranti, spazi commerciali, uffici, una vasta area wellness con l'ingresso confermato di Virgin Active, la catena di centri fitness dell'imprenditore britannico Richard Branson e un ampio giardino d'inverno. Tutto ciò andrà a invadere anche la parte attualmente dedicata alla stazione delle corriere e quella, sempre al piano terra, riservata ai negozi. Rimarranno invariati i piani occupati dai parcheggi, che verranno ampliati con un nuovo parking sotterraneo e in superficie. Nel piazzale sul retro s'inseriranno anche le pensiline che tracciano gli arrivi e le partenze dei bus. Il deposito dei mezzi verrà trasferito nella zona in cui si trovano i nuovi uffici delle Ferrovie, dalla parte dei binari. Costo totale? Oltre 120 milioni di euro, interamente finanziati, se le trattative ormai avanzate andranno a buon fine, da un fondo inglese, ancora top secret. Stessa nazionalità hanno altri investitori tra i tanti che, come racconta il sindaco, si sono palesati recentemente nel suo ufficio per proporre un'altra cosa: trasformare il Silos in un grande outlet di lusso. Per dare un'idea, lo stampo sarebbe quello della catena di McArthurGlen di Noventa di Piave. Se dunque il Comune e gli altri enti non ritenessero opportuno continuare sulla via del progetto iniziale, non sarebbe difficile adattare il Silos anche ad outlet, perché sempre di spazi commerciali si tratta, e non occorrerebbe nemmeno un altro accordo di programma. Quei 50mila metri quadrati, poi, alla fine verrebbero comunque consegnati al Comune.

Benedetta Moro

 

 

E in Porto vecchio decolla il maxi centro congressi - Progetto da 3mila posti depositato in Comune dalla Trieste convention center
Interessati gli spazi dei Magazzini 26 e 27. Già coinvolta una ventina di aziende
La società Trieste Convention Center srl - formata esclusivamente da imprenditori triestini e nata nelle scorse settimane apposta per realizzare un centro congressi che possa ospitare la manifestazioni di Esof 2020 con la prospettiva di dotare la città di una servizio che manca da tempo -, ha depositato il progetto promesso negli uffici comunali. Uffici che, già nei giorni scorsi, hanno convocato presidente dell'aula e consiglieri per analizzare i documenti. La srl punta a realizzare tra i Magazzini 26 e 27 in Porto vecchio una struttura da tremila posti con la formula del project financing caldeggiata anche da Roberto Dipiazza. «Questo convention center altamente flessibile potrà essere inaugurato per Esof e continuare poi la sua attività fino al 2040 (la durata della concessione è infatti di 22 anni, ndr), portando notevoli benefici alla città, creando nuovi posti di lavoro e un considerevole indotto», conferma Diego Bravar, vicepresidente della Fondazione internazionale Trieste e presidente di Trieste Convention Center, che in poche settimane ha raccolto l'adesione di una ventina di aziende e ben 570mila euro: i termini ultimi per la sottoscrizione da parte di ulteriori realtà imprenditoriali si chiuderanno domani e l'obiettivo finale è raggiungere quota un milione di euro. Il plafond minimo di partenza era di 10mila euro. I soci fondatori sono Cristiana Fiandra Cambissa (the Office srl), Pierpaolo Ferrante (Re.Te. Srl), Andrea Monticolo (Monticolo Sergio Srl), Paolo Rosso (Rosso Srl), Francesco Rossetti Cosulich (Gamap Srl), Alex Benvenuti (Magesta Spa), Massimo Iesu (Ergon Consulenti Associati Srl), Federico Pacorini. Ma nella compagine appare anche Maurizio Vretenar, importante figura del Cern di Ginevra, che ha contribuito alla raccolta del capitale. Tcc, affermano gli organizzatori, è pronta a costruire e gestire il più grande centro congressi del Nord Est nell'area del Porto vecchio: un polo congressuale multifunzionale, progettato con tecnologie d'avanguardia, per rispondere alle esigenze dell'industria congressuale, segmento in forte crescita. «Per lanciare adeguatamente il centro congressi - spiega Cristiana Cambissa Fiandra -, verrà attuato un piano di comunicazione e promozionale fin da subito per assicurare a Trieste eventi a partire dal periodo post-Esof». Il progetto di fattibilità, presentato ieri al pubblico il 29 gennaio nella sede di Confindustria Vg, è firmato da Pierpaolo Ferrante, project manager di Esof 2020, con Re.Te., società d'ingegneria che si occupa anche della parte sicurezza e strutture. Come consulente compaiono lo studio di architettura Metroarea, mentre per gli impianti la S.g.m. consulting srl. La costruzione è affidata a Monticolo srl e Rosso srl e la gestione a The Office. I contenitori raccolgono fino a 3mila posti. Con elementi moderni di aerazione, come precisa Monticolo. «La struttura potrà ospitare non solo congressi - annuncia Ferrante -, ma anche concerti e spettacoli. L'acustica della sala sarà ottimale per accogliere anche eventi musicali». L'auditorium principale da 2mila posti si trova proprio nel Magazzino 28, dotato di tutta l'impiantistica necessaria con sala regia e cabine traduzione. Il progetto prevede anche una zona espositiva da 5mila mq e altre sale convegni più piccole nel Magazzino 26. La nuova "pelle" degli edifici, in policarbonato, permette la realizzazione della completa retroilluminazione per rendere il 28 come una grande lanterna. Un ponte di collegamento in cristallo dotato di quattro ascensori collega i due magazzini permettendo il passaggio nella sottostante strada e mette in diretta connessione gli spazi espositivi multifunzionali. Il project financing prevede che il Comune partecipi con investimento che ammonta a circa il 49% dell'investimento, mentre Tcc o altri che si dovessero aggiudicare la concessione dovrebbero assicurare il restante 51%. Nel caso il progetto fosse approvato, la srl presieduta da Bravar accenderebbe un mutuo, che comunque ripagherebbe grazie alla gestione di 22 anni delle strutture. Ora il faldone dovrà seguire un iter ben preciso. Se gli uffici tecnici riterranno idoneo il progetto dal punto di vista della fattibilità e dell'interesse pubblico, ecco che il tutto verrà esaminato dal Consiglio comunale. Se la faccenda andrà in porto, il progetto poi potrà essere messo in gara. Una gara europea, perché in ballo c'è un importo sopra i 5 milioni. Se si aggiudicherà la partita un altro soggetto diverso dal "promotore", vale a dire la cordata guidata da Bravar, quest'ultima avrà il diritto di prelazione e potrà rivedere la propria offerta, come spiegano il direttore generale del Comune Santi Terranova e il direttore Lavori pubblici Enrico Conte. Se decidesse però di non alzare la posta, la cordata verrebbe comunque "rimborsata" per la proposta d'ingegno. I tempi sono stretti: entro settembre i lavori devono partire.

(b.m.)

 

 

L'ex Pescheria diventa fotovoltaica - Guaina "invisibile" sopra il Salone degli incanti. Avviati i lavori da 325mila euro
Entro l'estate il Salone degli incanti sarà coperto dalla guaina fotovoltaica che attende dal 2011. Trova così finalmente realizzazione uno degli appalti "impossibili" del Comune di Trieste, finanziato sei anni fa con mezzo milione di fondi Pisus e poi congelato dal Patto di stabilità e dalle modifiche del Codice sugli appalti. Sono iniziati in questi giorni i lavori e già si possono ammirale le impalcature che avvolgono il tetto dell'ex Pescheria. Il cantiere è stato consegnato l'8 gennaio e il termine è fissato per il 7 giugno prossimo. Il progetto esecutivo è dell'architetto Sergio Russignan, mentre il direttore tecnico del cantiere è l'ingegnere Alessandro Luci. Ad aggiudicarsi la gara sono state le imprese Cp Costruzioni di Trieste ed Elettroimpianti snc di Duino Aurisina per 325mila euro grazie a un ribasso pari al 14,7%. Cinque mesi di lavoro (150 giorni). La copertura del Salone degli incanti con una guaina fotovoltaica rientra in un "antico" piano di sostenibilità energetica. Il progetto era stato approvato dalla giunta di Roberto Cosolini a metà novembre del 2011.L'intervento prevede l'installazione di una guaina fotovoltaica scura e non riflettente sulla copertura dell'ex Pescheria. Un'opera a impatto visivo quasi nullo e dalla resa energetica garantita anche nei giorni di cielo coperto. Il progetto era stato inserito tra le richieste di cofinanziamento inviate alla Regione dall'amministrazione cittadina nella cornice dei Pisus (ovvero i Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile), attraverso i quali vengono veicolati una serie di fondi comunitari per «incrementare la qualità dell'ambiente urbano». Il progetto risulta finanziato al 77% dalla Regione (il restante 23% spetta al Comune). L'obiettivo è «l'installazione sulla copertura rifinita attualmente con guaina ardesiata» di «un sistema impermeabile fotovoltaico con caratteristiche innovative a film sottile a tripla giunzione». Una tecnologia, questa, grazie alla quale le componenti blu, verde e rossa «dello spettro della luce solare» possono essere assorbite proprio «in modo frazionato dai differenti strati presenti». Il sistema insomma funziona «con qualsiasi condizione atmosferica». Ma c'è di più: la guaina è talmente sottile (e pure removibile) da risultare praticamente invisibile. A lavori terminati il Salone degli incanti diventerà un modello dal punto di vista del consumo energetico a emissione zero di Co2.

(fa.do.)

 

 

Frana di via Commerciale, via ai lavori - Il primo step del cantiere prevede l'installazione di una serie di pali di contenimento necessari alla rimozione delle macerie
Ci vorranno mesi prima di poter rimuovere le macerie. Ma qualcosa, in via Commerciale, inizia a sbloccarsi: ieri sono cominciati ufficialmente i primi interventi per la messa in sicurezza del terreno franato un mese e mezzo fa assieme al muraglione di cinta. Era il pomeriggio dell'11 dicembre: dalla collinetta che sovrasta l'edificio ai civici 39 e 41, dove alloggiavano cinque famiglie per una ventina di persone, si era staccata un'enorme quantità di terra e detriti. Il motivo, probabilmente, la pioggia che si era abbattuta sulla città in quelle giornate, mettendo a rischio svariati muri di contenimento delle zone residenziali. L'incidente in via Commerciale non aveva provocato vittime, ma una persona aveva rischiato di essere travolta dalla valanga. Sono state distrutte ben quattro automobili. I vigili del fuoco avevano dichiarato inagibili le tre case che si trovano nella parte sovrastante la collinetta e pure quella sottostante. E' il civico 41 di via Commerciale: pianterreno, primo, secondo piano e mansarda, dove abitavano quattro famiglie. Il cantiere è partito in mattinata: si tratta di costruire una sorta di barriera di contenimento del terreno utilizzando decine di pali da posizionare in verticale. Le gettate di cemento assicureranno il terreno instabile durante le operazioni di scavo dei detriti franati. Asportando subito quelli, infatti, le zolle della parte superiore potrebbero rovinare verso il basso. Sarebbe un disastro. Serve quindi creare una sorta di "argine" prima di iniziare con il prelievo dei metri cubi di materiale precipitati durante lo smottamento. I lavori seguono un vero e proprio progetto edilizio affidato a tecnici strutturisti. Il costo, ad oggi, è ancora incerto. L'intervento rappresenta dunque il primo step propedeutico alla rimozione vera e propria delle macerie. L'operazione, a quanto pare, si prolungherà per almeno due o tre mesi. Una volta tolti i detriti, si procederà con la ricostruzione del muraglione. Nel frattempo sarà anche necessario avviare alcune perizie per accertare l'entità dei danni dovuti allo smottamento e le responsabilità dell'incidente, oltre alla tenuta del muro rimasta ancora in piedi. In linea di massima una prima verifica sulla resistenza strutturale potrebbe riguardare proprio la parte di muro "sana" che andrà messa in sicurezza in modo da evitare possibili ulteriori crolli. A ciò vanno aggiunti i controlli per valutare e la capacità di resistenza alle perforazioni previste per l'installazione dei pali di contenimento. L'analisi del tecnico punta ad stabilire con certezza i danneggiamenti pregressi, quelli determinati dalla frana, e gli effetti delle nuove trivellazioni. Le verifiche sono state sollecitate dagli stessi condomini. Il giudice del Tribunale ha nominato un tecnico ad hoc. Ma il condominio, quello che si trova al numero civico 41, nel frattempo è rimasto senza gas. I residenti sono stati evacuati per ragioni di sicurezza, ma una novantenne che alloggia nell'unica parte dell'edificio ritenuta agibile (quella con l'ingresso frontale e non laterale), è costretta a stare al freddo. La famiglia si è attrezzata con un inverter e delle stufe elettriche, insufficienti però per riscaldare l'intera villa. «Riusciamo a rendere vivibile in pratica soltanto una stanza - afferma il signor Floriano Bellavia, parente dell'anziana - il resto no perché la potenza dell'impianto elettrico è troppo bassa. Il risultato è che le temperature sono assolutamente inadeguate - spiega - tanto più per una persona di novant'anni, come nel caso di mia suocera. Non possiamo mettere a rischio la salute di questa persona, quindi abbiamo domandato alla ditta che si occupa delle forniture e degli allacciamenti della nostra abitazione, cioè "EnergiaBaseTrieste", di adeguare l'impianto raddoppiando la potenza. Abbiamo fatto richiesta il 12 gennaio, ma finora non abbiamo avuto alcuna riposta, sebbene sia previsto un intervento nel giro di cinque giorni dalla comunicazione. Io ho chiamato più volte gli uffici e ho inviato già due mail. Ma - protesta Bellavia - nonostante le rassicurazioni, non si è visto nulla. Così non si può andare avanti, è un comportamento inaccettabile».

Gianpaolo Sarti

 

 

E lo smog soffoca 39 città - Bruxelles convoca l'Italia - Anche Trieste nel dossier di Legambiente - Le citta' piu' inquinate
ROMA Una nuvola di smog incombe sull'Italia e rende «l'aria sempre più irrespirabile». Un'emergenza «cronica» da «codice rosso», tanto che nel 2017, sono state 39 città quelle dichiarate "fuorilegge" per inquinamento atmosferico. Situazioni più critiche, al nord e nella pianura padana. Un quadro preoccupante a cui il nostro paese paga già un tributo di morti premature e costi sanitari e che potrebbe, senza l'individuazione di soluzioni a breve termine, potrebbe portare a sanzioni europee. È infatti convocato dalla commissione Ue il tavolo dedicato all'inquinamento dell'aria con i paesi più inquinati e dunque sotto scacco d'infrazione. Sono nove in tutto, tra cui l'Italia. Il nuovo rapporto di Legambiente "Mal'Aria 2018" disegna un quadro che racconta come le concentrazioni di polveri sottili (PM10) e l'ozono siano ormai arrivate alle stelle. Sono circa 7 milioni le persone che risultano esposte a questi due inquinanti in modo «costante». La città più inquinata d'Italia rimane Torino con 112 sforamenti della soglia (di 50 microgrammi per metro cubo al giorno, fino a un massimo di 35 superamenti consentiti all'anno), seguita da Cremona con 105 sforamenti e Alessandria con 103. La prima del centro-sud è Frosinone al nono posto (93 giorni). Ci sono anche Padova (102); Pavia (101); Asti (98); Milano (97); Venezia (94). In Friuli Venezia Giulia la classifica Mal'aria vede Pordenone (Centro) con 39 superamenti e Trieste (Mezzo mobile) con 37.Non solo. Sommando gli sforamenti "fuorilegge" di PM10 e ozono, le città che hanno superato il limite di 25 giorni nell'anno solare salgano a 44. I cittadini di Cremona, ad esempio, con 178 giorni di superamenti del limite, (105 per le polveri sottili e 73 per l'ozono) hanno respirato «polveri e gas tossici e nocivi un giorno su due» all'anno. Legambiente è chiara: l'inquinamento porta «problemi di salute, costi per il sistema sanitario (tra i 47 e i 142 miliardi di euro) e morti premature: secondo l'Agenzia ambientale europea, in Italia 60mila l'anno». E lancia l'appello: «Non bastano misure tampone, ma interventi strutturali e azioni ad hoc». Riflettori puntati su Bruxelles dove il commissario dell'Ambiente, Karmenu Vella offrirà un'ultima possibilità ai nove Paesi membri sotto procedura d'infrazione per superamento dei limiti, di trovare in tempi brevi soluzioni all'emergenza smog. Senza piani adeguati la questione potrebbe "scivolare" alla Corte di Giustizia.

 

 

Ogs in Antartide svela i segreti del clima globale - Da Trieste nel Mar di Ross: studi sui ghiacci e sulle reazioni alla temperatura in aumento
A 400 chilometri dalla terra ferma, nel grande continente bianco: l'Antartide. A bordo della Joides Resolution, impiegata per fare perforazioni del fondo degli oceani a scopo scientifico, nel Mare di Ross, una profonda e ampia baia dell'Antartide. Per due mesi, dall'8 gennaio all'8 marzo, 31 ricercatori, provenienti da tutto il mondo e tra cui 13 donne, supportati nel lavoro da 22 tecnici e 63 membri dell'equipaggio studieranno le dinamiche glaciali, oceanografiche e geologiche che hanno caratterizzato le zone del Mare di Ross negli ultimi 20 milioni di anni, per verificare come i cambiamenti climatici abbiano impattato sul WAIS (West Antarctic Ice Sheet) e cercare di capire cosa potrebbe significare un mondo più caldo in futuro: con assenza di ghiaccio e con un livello marino globale più alto di diverse decine di metri. Laura De Santis, geologa marina dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS è una veterana delle missioni scientifiche in Antartide, all'attivo 6 campagne, in servizio dell'ente da oltre 20 anni, coordina un programma attivo da oltre 50 anni: la missione internazionale "Iodp (international Ocean Discovery Program) Expedition 374", insieme a Robert M. McKay, dell'Antarctic Research Centre della Victoria University of Wellington (Nuova Zelanda). Risponde alle nostre domande da questo luogo estremo ma fondamentale per la scienza tanto da far sì che che qualcuno scelga di sfidare le condizioni proibitive: «Siamo partiti dalla Nuova Zelanda e in 7 giorni abbiamo raggiunto il Mare di Ross. La rompighiaccio Palmer ci ha scortato fino all'interno del Mare di Ross attraverso la cintura del pack. Non ci sono iceberg né ghiaccio, quindi non vediamo pinguini, ma solo qualche foca e uccelli. Il mare è calmo e ci permette di lavorare bene e in modo efficace». «Il Mare di Ross - spiega - è un'ampia piattaforma continentale che ancora conserva spessi archivi di informazioni paleoclimatiche all'interno dei sedimenti depositati durante gli avanzamenti e i ritiri delle calotte di ghiaccio avvenuti nei periodi glaciali e interglaciali». Si tratta insomma di un osservatorio privilegiato perché è altamente sensibile ai cambiamenti della temperatura e circolazione dell'oceano e dell'atmosfera, un luogo chiave per indagare su come la più grande coltre di ghiaccio del pianeta stia rispondendo oggi e abbia risposto in passato ai cambiamenti di temperatura sia dell'atmosfera che dell'oceano e quindi come abbia contribuito alle variazioni del livello del mare e della circolazione marina globale. «La nave è operativa 24 ore al giorno, non ci sono interruzioni nell'attività di ricerca - racconta De Santis - ogni giorno da mezzanotte a mezzogiorno (sulla nave hanno adottato l'ora neozelandese, quindi ci sono 12 ore di differenza con l'Italia, ndr) svolgo la mia attività di ricerca e di supervisione del gruppo». La Joides Resolution è dotata di strumenti avanzati di perforazione: i ricercatori realizzeranno 6 pozzi di 700-800 metri di profondità, in punti accuratamente selezionati. «Grazie alle perforazioni - spiega De Santis che da oltre 20 anni si occupa di ricerche paleoclimatiche in Antartide - verranno recuperate delle carote, ossia cilindri di 10 centimetri di roccia, che verranno poi studiati da petrografi, paleontologi, chimici, geofisici, Si tratta di esperimenti costosi che vengono effettuati in Antartide in media ogni 10 anni». L'importanza di recuperare record climatici nelle zone prossime alla calotta glaciale rende questa spedizione unica: gli scienziati a bordo descriveranno di cosa sono fatti i sedimenti, identificando i fossili e i minerali per capire quando e dove si sono formati i sedimenti, per ricavare informazioni sui meccanismi che regolano le interazioni tra oceano e calotta di ghiaccio».

Lorenza Masè

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 gennaio 2018

 

 

Laghi di Plitivice a rischio nel patrimonio Unesco
ZAGABRIA - Considerati un bene "in pericolo" o peggio ancora ritirati dalla lista del Patrimonio mondiale dell'umanità, della quale fanno parte fin dal 1979. È questo il destino che spetta ai celebri laghi di Plitvice, se il governo della Croazia non prenderà al più presto delle contromisure per arginare i danni causati dall'eccessiva attività turistica. L'Unesco, l'agenzia Onu che si occupa di educazione, scienza e cultura, ha infatti chiesto a Zagabria di presentare, entro questo giovedì 1° febbraio, una lista di misure volte a tutelare maggiormente il parco nazionale, vittima del turismo di massa e di tutte le sue conseguenze (dall'incremento del traffico agli abusi edilizi, passando per l'impoverimento della qualità dell'acqua). Il ministero croato dell'Ambiente e dell'Energia, che invierà in questi giorni la propria risposta, si dice fiducioso sul futuro del parco. «Crediamo che l'Unesco riconoscerà i nostri sforzi e l'intenso lavoro intrapreso in tutti i settori», fanno sapere le autorità di Zagabria che assicurano di aver risposto a tutte le criticità sollevate dalla delegazione internazionale. La missione Unesco che ha visitato Plitvice nel gennaio 2017 ha formulato un totale di 10 raccomandazioni, avvertendo la Croazia che «se dei progressi sostanziali non saranno realizzati entro il 2018, questa delegazione chiederà al Comitato per il Patrimonio mondiale (Whc) di valutare l'iscrizione della proprietà nella Lista del Patrimonio mondiale in pericolo». Onde evitare questo scenario, Zagabria aveva dunque un anno di tempo per mettere un freno alla costruzione di appartamenti a scopo turistico nell'area del parco e per interrompere lo sfruttamento delle riserve d'acqua da parte di privati. Doveva inoltre limitare il numero dei visitatori (che nel 2017 è arrivato a quota 1,7 milioni) e riflettere ad una nuova gestione del traffico così come all'eventuale istituzione di una zona cuscinetto che protegga maggiormente l'area dei 16 laghi, oggi considerata minacciata. Ma come si è arrivati ad una situazione tanto critica? Per l'ex direttore del parco nazionale Andjelko Novosel il "vaso di Pandora" è stato aperto nel 2014 con l'approvazione del nuovo Piano territoriale. «Dal 1945 fino al 1991, il parco ha goduto di un'ottima politica di tutela ambientale, ma nel 2014, questa politica è stata distrutta», riassume Novosel, che ha lavorato a Plitvice come Responsabile della salvaguardia dal 2012 al 2016 e ha ricoperto poi la carica di direttore fino alla primavera 2017. «Il nuovo Piano territoriale ha permesso nuove costruzioni nell'area dei laghi e il numero degli appartamenti privati è passato dai 16 del 2009 agli oltre 300 del 2017, con un balzo nei pernottamenti da 600 (2009) a oltre 30mila (2017)», prosegue Novosel. Come se non bastasse, infine, «tutto è stato edificato senza infrastrutture e, in particolare, senza sistemi fognari», conclude l'ex direttore, che assicura di aver perso il proprio posto di lavoro proprio perché contrario a questa politica. Più che il numero totale di visitatori (comunque dannoso per l'ecosistema del parco), sarebbero dunque queste costruzioni private a ridosso dei laghi a compromettere la qualità dell'acqua. A questo proposito, il deputato Branimir Bunjac del movimento Zivi Zid accusa i due principali partiti croati, i socialdemocratici (Sdp) e i conservatori (Hdz), di aver permesso una tale situazione per delle ragioni economiche.

Giovanni Vale

 

La dura battaglia dei reduci di guerra contro l'abusivismo edilizio nel Parco
Per 108 giorni, dal 21 giugno fino al 15 ottobre 2017, gli ex combattenti della guerra d'indipendenza croata hanno protestato a Plitvice contro la costruzione di nuovi appartamenti privati nell'area del parco. «Abbiamo montato una tenda e abbiamo dormito lì per oltre tre mesi», racconta Ivica Jandric, veterano della brigata dei "Tigrovi" ed originario della Lika. «In quel periodo, siamo riusciti a bloccare quasi tutti cantieri, ma le istituzioni non hanno accolto le nostre domande», prosegue Jandric, che riassume le principali richieste inoltrate al governo: revisione del Piano territoriale, verifica dei permessi di costruzione accordati e distruzione delle abitazioni costruite illegalmente. «Molti investitori hanno ottenuto un permesso per ricostruire una casa già esistente, ma ne hanno approfittato per creare nuove e più grandi strutture», conclude l'ex militare.

(g.v.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 gennaio 2018

 

 

Niente sardoni nelle reti - I pescatori contro l'Ue - A Bruxelles proposte regole a salvaguardia dei piccoli pelagici nell'Adriatico
Gli operatori del settore: «Imprese e occupazione a rischio anche in città»
Divieto di pesca, almeno parziale, per "sardoni" e "sardelle" in tutto l'Adriatico. È questo il rischio al quale sta per andare incontro anche il sistema pesca di Trieste. Un problema che potrebbe mettere in totale crisi il centinaio di lavoratori, fra pescatori e indotto, che opera nel settore in città. I livelli occupazionali del comparto in sostanza potrebbero crollare. Il tutto per effetto di un Regolamento proposto dalla Commissione europea, che andrà all'esame dell'assemblea Ue per l'approvazione ai primi di marzo e che contiene un piano pluriennale per la tutela degli stock di piccoli pelagici, cioè le acciughe e le sardine, nel mare Adriatico, sottoregione del Mediterraneo che totalizza circa un terzo del valore totale del pescato nell'area. La proposta punta a salvaguardare le quantità di queste specie, a detta degli esperti europei a rischio estinzione, e a garantire la sostenibilità delle attività di pesca. Nel dettaglio, i piccoli pelagici dell'Adriatico sono considerati sovra sfruttati (90 per cento) e ai minimi storici per quanto riguarda i livelli di biomassa. Sono cioè più piccoli e magri rispetto a qualche anno fa. La diminuzione della cattura di acciughe e sardine dovrebbe attestarsi, secondo questo piano, sul 25-30% entro il 2021. Per il sistema pesca di Trieste sarebbe una mazzata. Per spiegare le ragioni della categoria, i pescatori dell'Adriatico hanno scelto Guido Doz, esponente del settore e presidente della cooperativa Colmi di Trieste, per presentare al Parlamento europeo un documento che illustra i motivi del "no" alla proposta della Commissione. «Crisi di alici e sarde si sono avute anche negli anni 1984 e 1985 - ha ricordato Doz nel corso dell'audizione a Bruxelles -, ora sembra che siamo alla vigilia di un problema simile. I nostri pescatori lo hanno capito e si sono subito mossi con azioni di ridimensionamento e cure dolorose, dovute anche alle norme restrittive che sono state emanate dal competente ministero italiano. Abbiamo ridotto i giorni di pesca in media a quattro alla settimana, rispettando il limite dei 20 al mese e dei 180 annui. Altri pescatori hanno deciso di dedicarsi ad altre attività di pesca. Osserviamo poi il fermo pesca dei piccoli pelagici - ha aggiunto - in due periodi di 15 giorni ciascuno per permettere la riproduzione, arrivando a una riduzione di circa il 7% del prelievo. Nel 2017 abbiamo registrato un aumento delle taglie di alici e sarde. Da qualche settimana, in Italia stiamo procedendo alla dismissione di una decina di imbarcazioni per la pesca dei piccoli pelagici. Da questa analisi - ha continuato Doz - mi sento di dire che da quest'anno ci sarà una riduzione della capacità di pesca di oltre il 40% rispetto al 2014. Lo stock potrà così ricostituirsi abbastanza velocemente. Oggi, mettere in campo altre azioni come quelle previste dal Piano - ha concluso - sarebbe esagerato e porterebbe a significativi impatti in termini economici e sociali. In sostanza, molte imprese chiuderanno, tanti pescatori rimarranno disoccupati e aumenterà la pesca illegale». «La situazione è molto complessa - spiega da parte sua Simone Libralato, esperto del settore e ricercatore in ambito Ogs, cioè all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - perché da un lato esistono dati oggettivi, come la diminuzione della dimensione dei piccoli pelagici, fenomeno che si è accentuato dal '95 a oggi, dall'altro è noto che influiscono su questa situazione fattori sui quali non si può intervenire a breve, come le mutazioni climatiche e l'inquinamento atmosferico. Ecco allora che ridurre la pesca può rappresentare l'unica soluzione possibile, perché si tratta di un elemento che si può governare. Di certo - aggiunge Libralato - sappiamo che, se si andrà avanti ai livelli attuali, a un certo punto potremmo trovarci al cospetto di una situazione che non gioverebbe per primi agli stessi pescatori, che non troverebbero più queste specie in mare, con conseguenze facilmente immaginabili. D'altra parte - sottolinea il ricercatore - non è detto che misure come quelle proposte dalla Commissione europea debbano essere mantenute per sempre. Si potrebbe optare per una riduzione temporanea, da sospendere non appena gli indicatori cominciassero a presentare una situazione di segno opposto rispetto a quella attuale».

Ugo Salvini

 

La politica - L'europarlamentare De Monte: «Ci opporremo - Azione comune con i colleghi sloveni e croati»
«Il Pd si opporrà alla proposta della Commissione, che intende bloccare, anche se solo temporaneamente, l'attività della pesca di piccoli pelagici». È secca la presa di posizione di Isabella De Monte, europarlamentare friulana, che fa parte del Gruppo dei socialisti democratici, nel quale rientra anche il Pd. «Se da un lato è comprensibile che si cerchi di limitare la pesca di specie ittiche la cui quantità sta calando - precisa - dall'altro è altrettanto importante garantire la continuità del lavoro per quanti operano nel settore, come i pescatori e il loro indotto». De Monte annuncia anche che «in sede di Commissione pesca, quando si discuterà della proposta finalizzata a ridurre il prelievo in mare, presenteremo un emendamento che porti a una sostanziale modifica dei contenuti attuali, in modo da evitare che il comparto possa risentirne per quanto concerne i livelli occupazionali. La politica della pesca - ha ribadito - deve garantire la sostenibilità delle specie, ma anche l'equilibrio economico del comparto». E in questa battaglia l'europarlamentare potrà contare sugli alleati sloveni e croati del Gruppo dei socialisti e democratici: «Sono coinvolti anche loro - conclude - visto che il provvedimento parla di riduzione della pesca in tutto l'Adriatico e abbiamo già concordato un'azione comune».

(u.s.)

 

«Il golfo è unico - Serve una deroga» - La categoria lancia l'idea di una tutela "doc" per Trieste - Ma il vicepresidente dei commercianti approva il blocco
Pescatori e titolari di pescherie si schierano su fronti opposti stavolta. Sul tema della proposta della Commissione europea, che intende limitare i prelievi in mare dei piccoli pelagici, le opinioni contrastano. Per Gaetano Dambrosio, pescatore da sempre sulla breccia, «la Commissione commetterebbe un errore se adottasse tale provvedimento, perché nella pesca i cicli ci sono sempre stati. Sardoni e sardelle hanno vita breve - aggiunge - e se non vengono pescati comunque muoiono rapidamente. I pescherecci di Trieste sono già molto pochi rispetto al passato e non è il loro lavoro che riduce le quantità in mare». Di opinione opposta Livio Amato, vicepresidente dell'Associazione dei dettaglianti e titolare di pescheria: «Il provvedimento della Commissione allargherebbe i mercati - osserva - si andrebbe a comperare altrove, come già avviene in qualche caso per le alici. Anzi - sottolinea - una regolamentazione in chiave locale alzerebbe il valore del prodotto nostrano, oggi ai minimi termini come prezzo. Bisogna avere la capacità di ricollocarsi in relazione al modificarsi dei mercati - prosegue Amato - e, soprattutto, è necessario guardare lontano, non fermarsi al quotidiano. Una riduzione nel tempo del pesce in mare danneggerebbe per primi i pescatori».Di tutt'altro avviso Salvatore Pugliese, operatore del comparto: «Se passa questo Regolamento per noi la situazione si farebbe drammatica - è il suo esordio - perché già peschiamo poco, se ci tolgono anche sardoni e sardelle molti di noi, e siamo pochi rispetto al passato, sarebbero costretti a chiudere. C'è chi ha perso la licenza perché non ha potuto fare il numero minimo di uscite in mare - continua Pugliese -, una limitazione alla pesca sarebbe pesantissima. E poi non si può fare di tutta l'erba un fascio - osserva -, perché l'Adriatico è grande e non si possono mettere i pescatori di Trieste alla stregua dei colleghi del Veneto o delle Marche. L'Unione europea raccoglie dati nei mercati, basati su visite sporadiche, mentre bisognerebbe fare una media con controlli quotidiani. Propongo un'altra soluzione - conclude - cioè chiedere una deroga per il pescato nel golfo di Trieste, che garantisce una qualità introvabile altrove. Una sorta di pescato "doc"». Concetto su cui insiste anche Guido Degrassi: «I nostri sardoni sono speciali, diversi dagli altri in virtù di sostanze che si trovano solo nel nostro golfo. Dovrebbero essere tutelati. Se dovesse passare la proposta delle quote - aggiunge - sarebbe un disastro e si metterebbe a rischio la sopravvivenza di pescherecci e imprese locali del comparto».

(u. s.)

 

 

Il pino storto avrebbe potuto sopravvivere altri 10 anni - La lettera del giorno dell'Associazione Wwf Trieste
Una bella notizia avremmo potuto leggere sul giornale di domani. Il Wwf, un club velico e un gruppo di cittadini avevano adottato un albero che era parte della memoria collettiva. Il Wwf aveva offerto un progetto per la realizzazione del tutore, i costi di realizzazione sarebbero stati sostenuti dai cittadini. Il Pino storto, ovvero il Pino d'Aleppo di Barcola era stato salvato. Ancora per alcuni anni, forse per un decennio o anche di più, quell'albero avrebbe potuto continuare a impreziosire un angolo della città. Questa era la soluzione che si stava profilando ieri a fine mattinata, dopo una serena riunione tra l'assessore Elisa Lodi, i dirigenti del Comune di Trieste e il presidente del Wwf Alessandro Giadrossi. A loro era corso in aiuto il presidente della Barcola Grignano Mitja Gialuz, che si era subito offerto a raccogliere la somma per realizzare un bel supporto per ancorare l'albero al suolo. Domani leggeremo invece che l'albero è stato tagliato, in fretta e furia, per decisione del sindaco, Roberto Di Piazza, dopo un suo sopralluogo. Irremovibile, non ha voluto prendere in considerazione gli appelli a una riflessione per un confronto volto a consentire una meditata decisione. Una decisione incomprensibile del primo cittadino che dobbiamo censurare. Non ci si venga a dire che c'erano ragioni di pubblica sicurezza o urgenza tali da non poter procrastinare l'abbattimento del bell'albero. Nella peggiore delle ipotesi sarebbe caduto su una aiuola e un semplice transennamento o il sacrificio di un parcheggio avrebbero consentito, per un breve periodo, di evitare anche eventuali danni materiali. Peccato, sarebbe stato un bell'esempio di gestione partecipata del verde pubblico, una dimostrazione ai cittadini come alla fobia dell'albero killer si possa porre rimedio con soluzioni tecniche moderne che non siano quelle del sacrificio di alberature storiche.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 gennaio 2018

 

 

MUGGIA - Arriva l'infopoint sul "porta a porta" - Ok alla mozione del centrodestra. Emendata e accolta all'unanimità quella pro disabili
Sì alla creazione di uno sportello informativo per l'avvio della differenziata dei rifiuti e sì all'aiuto delle categorie più deboli alle prese col nuovo servizio. Il delicatissimo tema della raccolta "porta a porta" è stato affrontato in varie sfaccettature durante l'ultima riunione del Consiglio comunale. L'assemblea ha approvato appunto la mozione per l'apertura di un infopoint sul "porta a porta" presentata da Forza Muggia, Lega e Fdi.La richiesta è nata con l'obbiettivo di fornire una risposta concreta ai dubbi dei tanti muggesani che dal primo marzo saranno chiamati al rispetto del nuovo sistema. «Era un documento importante con semplice intento di buon senso: giustamente è stato condiviso dalla maggioranza del Consiglio», così Nicola Delconte (Fdi). Sempre sul tema rifiuti Giulio Ferluga (Lega) ha chiesto alla giunta l'attivazione di un servizio volto ad aiutare persone disabili a trasportare dall'abitazione i rifiuti differenziati. «Sono moderatamente soddisfatto che la mia mozione, seppur emendata, sia passata all'unanimità», il commento di Ferluga. L'emendamento chiede che sia la Net ad andare incontro alle esigenze dei muggesani con difficoltà di deambulazione, scegliendo un tipo di servizio che possa adattarsi alle singole situazioni. Sempre sui rifiuti, il Comune ha poi replicato alle interrogazioni presentate da Roberta Tarlao (Meio Muja), Roberta Vlahov (Obiettivo comune) ed Emanuele Romano (M5S). L'assessore all'Ambiente Laura Litteri ha rimarcato che la fornitura di cassonetti condominiali «è legata all'espressione di assenso del condominio e a tale fine il Comune e la Net stanno ricevendo la disponibilità da parte degli amministratori degli stabili, fermo restando che i singoli condomini potranno optare per la raccolta famigliare». Quanto agli esercizi pubblici Litteri ha precisato che entro il primo marzo, data dell'avvio della raccolta, verranno organizzati «incontri singoli con gli esercenti». Ad ogni modo va ricordato che la Net ha espresso la propria piena disponibilità in caso di ulteriori informazioni e chiarimenti da parte dei cittadini. In attesa dell'infopoint, si potrà chiamare il numero verde 800520406.

(ri.to.)

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - VENERDI', 26 gennaio 2018

 

 

Rinnovabili: navi elettriche zero emission grazie a solare ed eolico

Sta per arrivare in Olanda una grande innovazione sul fronte del trasporto merci. A partire dall’estate, salperanno dai porti di Anversa, Amsterdam e Rotterdam le prime navi elettriche il cui obiettivo è quello di ridurre notevolmente l’utilizzo dei mezzi di terra garantendo zero emissioni e assenza di equipaggio. Sono realizzate dalla ditta olandese Port Liner.

Le nuove navi che non emettono alcun tipo di inquinamento impiegano batterie da 7 metri che funzionano a energia solare ed eolica e sono state rese possibili grazie a un progetto da 100 milioni di euro, sostenuto da un sussidio di 7 milioni di euro proveniente dall’Unione Europea. Si prevede che avrà un impatto enorme sui trasporti, tanto che vengono soprannominate le “Tesla dei canali”. Secondo Port-Liner, le “Tesla Ships” alimentate a batteria sono in grado di trasportare ben 280 container. Si prevede che con questa tipologia di trasporto sarà possibile eliminare annualmente l’impiego di 23 mila camion con motori diesel (inquinanti) dalle strade dei Paesi Bassi, sostituendoli con un trasporto a emissioni zero. In un primo momento vi sarà del personale a bordo per ragioni di sicurezza, ma successivamente non ve ne sarà più bisogno. Si stima che il loro utilizzo potrebbe portare un risparmio di CO2 stimato in 18 mila tonnellate all’anno. L’obiettivo futuro è quello di adeguare le peculiari batterie che alimentano tali navi elettriche portacontainer anche per l’uso nelle navi esistenti.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 gennaio 2018

 

 

La Ferriera sfida il Comune - «Porte aperte a ogni verifica» - La proprietà: «Nuovi controlli? Confermeranno i risultati positivi ottenuti»
Siderurgica Triestina risponde così alla richiesta di rivedere la procedura Aia
«Le porte dello stabilimento sono aperte». Siderurgica Triestina risponde così al documento con cui il sindaco Roberto Dipiazza ha chiesto alla Regione di rivedere l'Autorizzazione integrata ambientale della Ferriera di Servola. Le ragioni, spiega Dipiazza in quel testo, stanno nello studio predisposto dalla procura di Trieste, da cui emergerebbe la presenza di benzene nelle vicinanze dell'impianto. Il Comune rileva poi la necessità di rivedere il posizionamento delle centraline. L'azienda risponde sottolineando che ogni nuovo controllo sarà benvenuto, «perché accerterà i risultati positivi finora avvenuti». La presa di posizione di Siderurgica Triestina arriva con una lettera intestata all'amministratore delegato Edoardo Tovo «e con la piena adesione del presidente cavaliere Giovanni Arvedi»: «La società segnala che le porte dello stabilimento industriale di Trieste sono aperte per ogni opportuna verifica e che è ben gradito ogni controllo da parte degli organi competenti», è l'esordio del comunicato. L'apertura, prosegue, ha il fine di consentire «di prendere visione degli interventi effettuati e dei risultati conseguiti, con particolare riferimento al postcombustore e ricadute delle emissioni del camino E42, così come citato nella comunicazione del sindaco alla Regione in merito alla richiesta di riesamina Aia». Nell'occasione l'azienda sottolinea come, «il recentissimo rapporto Arpa Fvg sulla qualità dell'aria a Servola aggiornato al 15 gennaio 2018, evidenzi il pieno rispetto degli standard di qualità ambientali che per l'area di Servola sono stati fissati dall'Aia con valori più restrittivi di quelli di legge lungo tutto il 2017 e fino a oggi. In particolare, l'ulteriore riduzione dei valori misurati negli ultimi due mesi, mostrano la validità degli interventi straordinari di miglioramento effettuati di recente sull'altoforno».Il monitoraggio dei parametri di qualità dell'aria, prosegue Siderurgica Triestina, «viene infatti effettuato su un capillare numero di stazioni di monitoraggio il cui posizionamento è frutto di un lungo lavoro di analisi di Arpa, iniziato ai tempi della gestione Lucchini, che ha portato ad individuare i punti di maggior ricaduta ove effettuare le rilevazioni». Secondo l'azienda l'eventuale ridefinizione della posizione delle stazioni di monitoraggio o anche l'eventuale incremento dei punti o della frequenza di monitoraggio «potrà solo confermare quanto già ampiamente riscontrato, ovvero il considerevole miglioramento della qualità dell'aria e il pieno rispetto degli obiettivi di qualità ambientali, così da valorizzare ulteriormente l'adeguatezza degli interventi di ambientalizzazione messi in essere dall'azienda e la compatibilità ambientale dell'attività produttiva con il contesto territoriale circostante». Siderurgica Triestina fa inoltre presente «che una eventuale ridefinizione dei monitoraggi di qualità dell'aria non necessita di un procedimento di riesame di Aia, in quanto è indipendente dall'Aia stessa e può in ogni momento essere stabilito unilateralmente dall'ente di controllo in base a proprie valutazioni o indicazioni degli enti territoriali». Questa la conclusione: «Sulla questione in oggetto, l'azienda è serena e disponibile da subito ad ogni confronto tecnico». Resta il fatto che starà agli uffici competenti, quelli regionali, valutare se i dati portati dal Comune a supporto della richiesta, che si avvalgono anche di un parere dell'Azienda sanitaria universitaria triestina, sono sufficienti o meno alla riapertura dell'Aia. Il responso dell'ente regionale è atteso nelle prossime settimane

Giovanni Tomasin

 

Giardino pubblico chiuso a partire da lunedì - Tre giorni di accesso vietato per consentire le opere di manutenzione e di pulizia generale dell'area
Da lunedì, per tre giorni consecutivi, il giardino pubblico Muzio de Tommasini chiuderà l'accesso al pubblico per consentire un intervento di manutenzione e pulizia generale. Lo ha comunicato ieri il Comune. «Si tratta di un intervento consistente di manutenzione del verde - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - che facciamo sempre anche per una questione di igiene pubblica». Sfalcio dell'erba, pulizia e raccolta delle foglie sono i compiti principali di cui dovranno occuparsi gli operatori. «La pulizia - specifica comunque l'assessore - viene fatta costantemente ma siccome il Giardino è tra i siti inquinati, dobbiamo usare le misure precauzionali, per questo vengono utilizzate delle speciali tecniche come da normativa». E in più, tra le motivazioni di questa decisione, c'è anche la vastità del giardino che impone una pulizia approfondita e veloce a porte chiuse. Per questa operazione viene sfruttato l'appalto dedicato alla manutenzione dei giardini inquinati, finanziato con contributi della Regione pari a un totale di 300mila euro. Lodi annuncia anche che è in fase di preparazione la procedura per avviare la gara riguardante il fitorimedio, le "super piante" capaci di assorbire i veleni ovvero il mezzo predisposto per bonificare i sette giardini inquinati individuati a Trieste. Questi pezzi di terra, in cui l'Arpa ancora nel 2016 aveva rinvenuto sostanze cancerogene ben al di sopra dei limiti di legge, sono: piazzale Rosmini, il Miniussi di Servola, il de Tommasini, gli spazi all'aperto di due scuole, dell'infanzia ed elementare, cioè il "don Chalvien" di via Svevo e la "Biagio Marin" di via Praga a Servola. E, sempre nello stesso rione, i cortili della chiesa San Lorenzo e dell'Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In queste aree verdi erano spuntate contaminazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene e altre sostanze. Verrà utilizzato il metodo "green", a cominciare dal Giardino pubblico. Già concluse le azioni di risanamento nelle due scuole. Il fascicolo giardini inquinati era stato discusso a un tavolo apposito composto da Regione, Asuits, Università di Trieste e Comune, avvallato poi da Roma. Infatti, ottenuto il via libera dell'Istituto superiore di sanità, l'insieme di enti aveva dato mandato al Comune di avviare i lavori.

Benedetta Moro

 

 

Un milione di euro dalla Ue per Esof 2020 - Ok al budget minimo, ma Fantoni punta a incrementarlo. Al Centro di fisica focus su scienza e Balcani
Riparte da Trieste il rilancio dei Balcani, questa volta in chiave scientifica. S'intitola "Forum on new international research facilities for South East Europe", la due giorni iniziata ieri all'Ictp, che termina oggi e che riunisce i più importanti scienziati di quest'area e del Cern di Ginevra accompagnati da alcuni rappresentanti istituzionali. Al centro delle discussioni due quesiti: è possibile realizzare una struttura come il Cern anche nel Sud-est Europa? Come costruire infrastrutture per la "big science" in questi Paesi? A partecipare in qualità di speaker, anche Robert-Jan Smits, direttore generale per la Ricerca e l'innovazione della Commissione europea. È il numero uno della struttura che si occupa anche di finanziare i progetti vincitori di Esof, che nel 2020, come noto, si terrà a Trieste. Un'occasione da non perdere per Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste e deus ex machina della vittoria giuliana, che con il funzionario ha avuto un incontro privato proprio per parlare dell'evento. E anche in parte dei finanziamenti. «È stato mantenuto il budget che tipicamente viene concesso dall'Ue per questo appuntamento - ha annunciato Fantoni -: un milione di euro. L'aspetto economico lo tratteremo comunque in modo esteso più in là, il minimo per ora è stato mantenuto e quindi ciò è molto incoraggiante». L'obiettivo della cordata intenta a preparare la città al 2020, che ha invitato all'incontro pure Peter Tindemans, segretario generale di Euroscience, è quello di portare a casa qualche soldo in più, visto che per la prima volta si coinvolge non solo il territorio in cui viene messo in piedi Esof, ma pure le aree del Est Europa. «Che per noi - spiega Fantoni - vuol dire maggiori spese, perché gli invitati di questi Paesi andranno sostenuti dal punto di vista finanziario». Fantoni non demorde e ha ottime sensazioni affinché questa mission venga centrata, «altrimenti ci saranno comunque altre organizzazioni come l'Unesco che potranno appoggiarci», specifica. Oltre a parlare di denaro, Fantoni e Smits hanno visitato Porto vecchio: «Il direttore generale - racconta ancora il presidente della Fit - è rimasto entusiasta, anche perché l'idea di riqualificare siti per Esof è importante e lui l'ha percepito. E poi Smits mi ha comunicato che l'Ue considera questo evento come proprio e quindi lo sostiene molto».

Benedetta Moro

 

 

Barcola dice addio a "Pino lo storto" - Lo storico albero è stato abbattuto nonostante le proteste di cittadini e ambientalisti. Dipiazza: «Aveva le radici marce»
Tutte le proteste e i tentativi fatti per salvarlo non sono bastati: dopo oltre un secolo Trieste ha detto addio a "Pino lo storto". Le vicende dello storico albero del giardino Skabar di Barcola si sono concluse per sempre ieri mattina con il suo abbattimento. Il comitato che negli ultimi tempi si è battuto in ogni modo per cercare di salvarlo, raccogliendo oltre 300 firme, ha riferito che gli operai sono giunti sul posto già alle 6 del mattino; sono saliti sulla gru e, armati di motosega, hanno potato l'albero fino a lasciarne il solo tronco. Solo fino al giorno prima il suo destino sembrava invece ancora incerto. Infatti, secondo quanto riferito dai membri dello stesso comitato per la salvaguardia dell'albero, il Comune stava iniziando a valutare l'idea di attendere prima di procedere all'abbattimento. «Una bella notizia avremmo potuto leggere sul giornale di domani (cioè oggi, ndr). Il Wwf, un club velico e un gruppo di cittadini avevano adottato un albero che era parte della memoria collettiva. Il Pino storto era stato salvato», scrive in un comunicato il Wwf di Trieste. L'ente aveva infatti offerto un progetto per la realizzazione del tutore per il sostenimento del pino, così come proposto dal comitato, i cui costi di realizzazione sarebbero stati sostenuti dai cittadini firmatari della petizione. Così, ancora per un po' di tempo, l'albero avrebbe potuto continuare a sopravvivere. «Questa era la soluzione che si stava profilando ieri (mercoledì, ndr) a fine mattinata - prosegue la nota -, dopo una serena riunione tra l'assessore Elisa Lodi, i dirigenti del Comune di Trieste e il presidente del Wwf, Alessandro Giadrossi. A loro era corso in aiuto il presidente della Svbg, Mitja Gialuz, che si era subito offerto a raccogliere la somma per realizzare un bel supporto per ancorare l'albero al suolo». Cosa è successo, quindi, per arrivare a un epilogo opposto? Netta e specifica l'accusa del Wwf di Trieste: «L'albero è stato tagliato, in fretta e furia, per decisione del sindaco, Roberto Dipiazza, dopo un suo sopralluogo. Irremovibile, non ha voluto prendere in considerazione gli appelli a una riflessione per un confronto volto a consentire una meditata decisione». In attesa di una decisione sul da farsi, era emersa anche la proposta di realizzare un transennamento, per un breve periodo, così da evitare anche eventuali danni materiali: «Peccato, sarebbe stato un bell'esempio di gestione partecipata del verde pubblico, una dimostrazione di come alla fobia dell'albero killer si possa porre rimedio con soluzioni tecniche moderne che non siano quelle del sacrificio di alberature storiche», conclude il Wwf. Stefano Pockaj, il promotore della petizione, rincara la dose: «L'albero è stato tagliato così presto di mattina per non avere contestazioni». E aggiunge che sono state scattate dai membri del comitato delle foto delle sezioni dell'albero per capire se l'intervento fosse davvero necessario o dettato dalla fretta. Il sindaco Dipiazza risponde impugnando la perizia effettuata dai tecnici incaricati dal Comune, che evidenziava l'assenza di ampie prospettive di vita dell'albero a causa della diffusione dei funghi e la necessità dell'abbattimento: «Ho visionato l'albero di persona - racconta il sindaco - e si riusciva ad affondare un coltello nelle radici, segno che erano marce. Quindi, se avessi messo un sostegno, sarebbe cambiato poco, perché il problema non era la chioma, ma le radici». Dipiazza ricorda poi la recente caduta dell'albero al ricreatorio Pitteri, che si sarebbe potuto abbattere su dei bambini. «In caso di un incidente causato dal pino, cosa avrei potuto dire dopo essere stato avvisato dai miei tecnici?», si domanda retoricamente. «Il sindaco - conclude - non si diverte ad abbattere alberi e ad andare contro i cittadini, ma mi sono dovuto assumere le mie responsabilità».Il Comune specifica anche di aver piantato 360 nuovi alberi nel 2017 e aver pianificato per quest'anno la piantumazione di ulteriori 250. Comunque sia, ormai "Pino lo Storto" ha terminato la sua esistenza. Per commemorarlo, si potrebbe ricorrere a una bella poesia di Saba, nella quale si proclama invidioso degli «Alberi silenziosi, belli come bei giovanetti o vecchi ai quali la vecchiezza è un aumento! (...) E a voi ritorna, amico; laghi d'ombra nel cuore dell'estate». Oppure, come qualcuno scrive sui social in maniera più popolare: «Pino, per mi te ieri un drito. Rip Pino lo storto».

Simone Modugno

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 25 gennaio 2018

 

 

Fusione ghiacciai Antartide: aumento livello mare, rischio imminente

Un nuovo studio effettuato presso l’Università di Stanford rende noto che una grande area ghiacciata in Antartide, la Pine Island, potrebbe fondersi più in profondità di quanto precedentemente previsto e diffondersi a Thwaiti, altra ampia area ghiacciata, causandone lo scioglimento e di conseguenza l’aumento del livello del mare.

L’innalzamento del livello del mare è diventata una delle principali preoccupazioni globali sulla base di ricerche che dimostrano che l’acqua extra oceanica proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai potrebbe inondare le aree costiere di tutto il mondo, contaminare l’acqua potabile e irrigua, minacciare la popolazione selvatica e danneggiare l’economia. Per via di questa prospettiva disastrosa, i ghiacciai Thwaites e Pine Island nell’Amundsen Sea Embayment dell’Antartide sono divenuti negli ultimi anni al centro dell’attenzione dei ricercatori internazionali, che vogliono meglio comprendere il loro potenziale impatto proprio sull’aumento del livello del mare. Si apprende con la nuova ricerca che occorreranno certamente ulteriori studi per valutare i rischi che comporta quell’area così dinamica per questi due ghiacciai, ma se l’azione dell’acqua proseguirà potrebbe innescare o accelerare (anche di molto) la perdita della superficie gelata nel ghiacciaio Thwaites, che arriva a toccare il Pine Island. Le possibilità che si inneschino delle reazioni a catena impossibili da controllare sono molte, per tale motivo diviene ancora più necessario adottare delle misure apposite per prevenire gli effetti più catastrofici che potrebbero arrivare dall’innalzamento del livello del mare.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 gennaio 2018

 

 

Piano paesaggistico, disgelo Regione-Carso - L'assessore Santoro rassicura il Tavolo verde di Duino Aurisina: «Accoglibili molte delle osservazioni»
DUINO AURISINA -  Il Piano paesaggistico regionale «non istituisce alcun nuovo vincolo, ma servirà invece anche ad aumentare le possibilità di intervento». È stata molto esplicita l'assessore regionale per le Infrastrutture e il Territorio, Mariagrazia Santoro, nel corso dell'incontro che l'ha vista confrontarsi con i rappresentanti del Tavolo verde, organismo neocostituito nell'ambito del Comune di Duino Aurisina con l'obiettivo di salvaguardare gli interessi «di tutti i soggetti attivi nel mondo dell'agricoltura sul Carso». Era stato proprio il Comune guidato dal sindaco Daniela Pallotta a chiedere un incontro per chiarire la situazione dopo la diffusione delle regole contenute nel Piano paesaggistico regionale. «Volevamo poter illustrare le nostre 22 osservazioni al Piano - spiega nel dettaglio l'assessore comunale, Andrea Humar - perché da un primo esame risultava che in sostanza sarebbe stato impossibile fare interventi sul territorio, a sostegno delle strutture del mondo agricolo. L'assessore Santoro ha dimostrato notevole disponibilità - ha aggiunto - perciò organizzeremo nuovi incontri, per completare un percorso condiviso».«Abbiamo riscontrato una significativa sintonia sulle problematiche - osserva l'altro assessore comunale di Duino Aurisina, Lorenzo Pipan - e una evidente disponibilità da parte della Regione a venir incontro alle esigenze dei comuni del Carso, oltre che una convergenza sulla maggioranza delle osservazioni presentate». «Il Piano - la conferma di Santoro - coordina le norme che già ci sono in materia, al fine di facilitare e chiarire gli interventi possibili e, compatibilmente con le previsioni nazionali ed europee di tutela, coordinarli». All'incontro hanno partecipato anche gli amministratori dei comuni di Monrupino e Sgonico e il vicepresidente del Consiglio regionale Igor Gabrovec. «La fase in corso - ancora Santoro - è a pieno titolo uno dei momenti dell'elaborazione del Piano, che consente di esplicitarne meglio i contenuti in una prospettiva di semplificazione complessiva e di dinamicità, e tale attività proseguirà quando il Comune adeguerà i propri strumenti urbanistici alle previsioni del Piano paesaggistico. L'incontro è stato positivo in quanto molte delle osservazioni del Comune potranno trovare accoglimento».

Ugo Salvini

 

La Barcolana in campo per Pino lo storto - I soci della Svbg: «Va salvato, fa parte della storia del nostro rione». In piazza Skabar al via i lavori di manutenzione del verde
Nonostante a Barcola siano iniziati i lavori di manutenzione del verde, con il taglio di un albero malato e la potatura di altri arbusti in piazza Skabar, alla petizione sottoscritta da quasi 300 cittadini e dal Wwf per tentare di salvare "Pino lo storto" si è appena aggiunta anche la Società velica Barcola-Grignano. Sarà forse vero il proverbio, da prendersi alla lettera: «Fa più rumore un albero che cade di un'intera foresta che cresce». Comunque sia, il presidente della Svbg, Mitja Gialuz, riferisce che negli ultimi giorni la sorte di "Pino lo storto" (sul cui fusto è apparso l'avviso ufficiale di abbattimento, ndr) ha animato il dibattito dei soci, sempre attenti e sensibili a ciò che accade nel rione di Barcola. «Molti di loro da piccoli salivano e giocavano su quell'albero, che segna la storia di un rione e le sue stesse radici - spiega Gialuz -. Quindi mi hanno chiesto se fosse possibile provare ancora a salvarlo prima di arrendersi». Non solo. Come i firmatari della petizione, la società velica si mette a disposizione per supportare economicamente i costi di un'altra perizia, precisando che l'iniziativa non è animata da intenti di contestazione, bensì da una massima volontà di collaborazione. Intanto alla gelateria Pipolo, proprio davanti al pino, è ripartita la raccolta delle firme per la petizione lanciata da Stefano Pockaj. Dopo l'ultima risposta apparentemente definitiva dell'assessore Elisa Lodi, che si era detta grata ai cittadini per il loro impegno ma rilevava la mancanza di possibili soluzioni alternative all'abbattimento, il comitato non si è ancora dato per vinto ed ha proseguito la sua battaglia: «Il Comitato di cittadini - dichiarano - contesta le dichiarazioni dell'assessore comunale ai Lavori pubblici, la quale insiste a volerlo tagliare, affermando che la semplice colonnina muraria di sostegno proposta insisterebbe sul vialetto vicino e che per erigerla sarebbe perciò necessaria l'autorizzazione della Soprintendenza». Il Comitato, invece, afferma che «la colonnina non insisterebbe affatto sul vialetto e che la Soprintendenza può comunque autorizzarla, perché il "pino storto" centenario del giardino di Barcola è parte caratteristica del paesaggio urbano, riprodotta in tutti i relativi materiali fotografici e iconografici d'epoca». I firmatari della petizione puntano poi il dito sulle potature effettuate in passato, le quali, a loro dire, sarebbero state effettuate erroneamente e avrebbero quindi causato l'infezione che sta uccidendo "Pino lo storto". «La prassi adottata dall'amministrazione comunale di sostituire le cure dei grandi alberi storici della città con l'affidamento a ditte esterne del loro abbattimento appare anomala - continuano -, perché altera senza reale necessità il paesaggio urbano e comporta una spesa di denaro pubblico molto superiore ai costi delle cure». Infine, si pongono una domanda: «Dove va a finire il legno pregiato dei fusti e dei ceppi centenari, che è ricercato per sculture e altri utilizzi particolari?». Secca la risposta dell'ufficio del Verde pubblico comunale sui vari punti: «Non ci risulta che ci siano stati problemi di errati interventi in passato. Non tutto è eterno e si è valutato che le condizioni attuali del pino non permettano più di mantenerlo in vita. Per quanto riguarda il suo destino, il materiale utilizzabile rimarrà di proprietà dell'impresa che lo abbatterà per contratto d'appalto, mentre buona parte finirà in discarica». Si attendono ora nuovi sviluppi della vicenda. Nel frattempo, da un lettore è arrivata un'altra segnalazione riguardante alberi morenti. «Al visitatore che entra nel parco di Miramare - scrive Alberto Zotti - si presenta un'immagine meravigliosa in cui però stonano numerosi alberi morti ormai da parecchi anni. E non appena si passano le Scuderie, alzando lo sguardo, fa male al cuore vedere quei tronchi avvizziti. Credo che abbatterli non possa che migliorare il biglietto da visita di un parco meraviglioso». La direttrice del parco di Miramare Contessa si dice d'accordo e comunica che è già prevista una sostituzione dei suddetti alberi, dato che a breve sarà firmata una convenzione con i forestali della regione per questo e altri interventi.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 gennaio 2018

 

 

Tasse e web - Dichiarazioni Tari sul sito di Esatto - Debutta il servizio inedito per il Fvg
Primo in regione, il Comune di Trieste consente ora di effettuare la dichiarazione online, con accesso autenticato, della Tari. Un sistema che eviterà ai cittadini lunghe code e inutili attese agli sportelli. I servizi offerti da Esatto si arricchiscono così di nuove funzionalità. Collegandosi online al sito dell'agenzia di riscossione di piazza Sansovino, sarà consentito non solo prendere visione della propria situazione o stampare i modelli F24, ma anche inviare la prima dichiarazione della tassa rifiuti, dichiarare eventuali variazioni o la chiusura di una posizione. «È un servizio aggiuntivo che ha come obbiettivo quello di semplificare il rapporto con i cittadini, - spiega il presidente di Esatto Andrea Polacco - e nel tempo si limiterà così l'accesso agli sportelli. Non ci aspettiamo una variazione immediata delle abitudini ma la strada è stata aperta e sarà utile anche a tante associazioni di categoria che gestiscono le posizioni di molti utenti, di tante aziende».Ad associazioni di categoria o a realtà che, ad esempio, supportano gli inquilini, Esatto provvederà a fornire ampie indicazioni sull'utilizzo del nuovo servizio. «La Tari è il tributo più importante dal punto di vista numerico - osserva il direttore generale di Esatto Davide Fermo - e coinvolge 115mila contribuenti. Al servizio si accede previa autenticazione "Loginfvg" standard (utente e password) e avanzata (smart card o business key) o tramite il sistema nazionale "Spid": sul nostro sito sono già disponibili tutte le indicazioni per effettuare le procedure». Il servizio, accessibile da pc e smartphone, sostenuto anche da una mozione presentata lo scorso anno dal consigliere comunale Roberto Cason, è stato sviluppato da Insiel che, entro l'anno, prevede di ampliare anche le modalità di pagamento dei servizi del Comune di Trieste. Restando in tema di Tari, scade il 31 gennaio il termine di presentazione della dichiarazione per le variazioni relative al 2017. Un'operazione che ora, dunque, è possibile effettuare anche online. Sarà il primo banco di prova per gli utenti più tecnologici.

Laura Tonero

 

CONFCOMMERCIO - «Sacchetti bio, non coinvolte le categorie»
Borse per la spesa, etichettatura degli alimenti e smaltimento dei rifiuti. Sono le prime novità che il 2018 ha portato in dote a imprese e consumatori. Se n'è parlato in Confcommercio in un incontro che aveva l'obiettivo di fornire una panoramica delle novità normative a beneficio delle aziende dei comparti interessati. Le nuove disposizioni, per il presidente di Confcommercio Antonio Paoletti, condivisibili in termini di maggiore salvaguardia dell'ambiente, «lasciano però perplessi quanto a tempi di adeguamento concessi alle imprese ed anche a contenuti. Il nostro Paese, infatti, in riferimento alle borse della spesa, ha adottato misure ancora più stringenti di quelle previste dalla Legge Europea dell'aprile 2015. Il legislatore italiano infatti si è occupato anche dei sacchetti "leggerissimi", stabilendo non solo che debbano essere biodegradabili e compostabili, ma pure a pagamento. Un esempio, questo, di mancata concertazione con le organizzazioni di categoria». Concertazione che «sarebbe stata opportuna per non imporre ulteriori oneri, di vario carattere, ad attività commerciali e consumatori»

 

 

Zona 30 o pedibus per i bimbi della Finzgar - Sopralluogo della Sesta commissione per risolvere il problema della sicurezza stradale davanti alla scuola
Per tutelare la sicurezza dei bambini della scuola primaria statale slovena Finzgar di via del Cerreto a Barcola, la creazione di un'eventuale Zona 30 potrebbe essere una soluzione praticabile nel lungo periodo. Ma per un intervento più rapido potrebbe essere sufficiente la creazione di un attraversamento pedonale davanti alla scuola, con l'aggiunta di segnaletica orizzontale ed eventuali dissuasori ottici di velocità. È la proposta fatta ieri, nel corso di un sopralluogo sul posto da parte della Sesta commissione, dalla consigliera Pd Valentina Repini, che si è fatta portavoce, attraverso una segnalazione, delle preoccupazioni di insegnanti e genitori per la sicurezza dei più piccoli, visto che lo scorso ottobre un bimbo è stato investito da un'autovettura proprio all'uscita dalla scuola. Un'altra ipotesi spuntata ieri e sostenuta anche dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli è quella di creare un percorso pedibus come a Servola. Lì, per garantire la sicurezza nel tragitto tra la scuola di via Marco Praga e il vicino ricreatorio, si sta sperimentando in effetti un percorso pedibus con relativa ordinanza di viabilità che limita il transito veicolare nelle aree coinvolte. Una proposta che piace al Cinquestelle Alessandro Imbriani e alla Pd Fabiana Martini. «Ma la richiesta di realizzare un pedibus dev'essere fatta dai genitori e concordata con la collega Angela Brandi - spiega Polli - perché poi servono dei volontari che si occupino, con la segnaletica da noi fornita, di bloccare la strada per quei cinque minuti in cui i bimbi entrano o escono da scuola. E comunque potrebbe partire solo dal prossimo anno scolastico». L'assessore rilancia anche l'ipotesi di dar vita a un "quadrilatero di sicurezza", con la creazione di una Zona 30 tra via Moncolano, via del Cerreto e via del Boveto, come proposto dal consigliere Michele Babuder (Fi). I tempi, conferma, però, potrebbero essere lunghi: «Stiamo partendo con la Zona 30 di Opicina, che terremo monitorata per un periodo per vedere se si renderanno necessari eventuali aggiustamenti. Considerate però che per la Zona 30 a Opicina i progetti sono partiti in epoca Cosolini e anche in questo caso i passaggi necessari per realizzarla richiederebbero del tempo». Per accelerare il processo si potrebbe pensare a una Zona 30 "light", dice ancora l'assessore. «Al momento non escludo nessuna soluzione - sottolinea Polli -: mi confronterò con i tecnici».

Giulia Basso

 

 

Le mini "operaie" della natura - Da domani a San Giovanni il corso per futuri apicoltori
Al via le attività del 2018 del Centro di educazione ambientale urbano comprendenti vari corsi, dall'apicoltura al giardinaggio, ma anche la cucina delle nonne e la panificazione con grani antichi. E poi, ogni seconda domenica del mese, incontri con il gruppo Genitori insieme (feste dello scambio di vestitini) e con "Aspettando te" insieme nella gravidanza e, i sabati, con i Gruppi di acquisto solidale. Il ricco calendario prevede numerose attività in collaborazione con Bioest, Legambiente, Felis, Il ponte, Asc Fvg, Circolo Istria , Aiab. «Oltre ai classici corsi di orticoltura, che inizieranno a marzo e saranno sia teorici che pratici - spiega Tiziana Cimolino di Bioest - da fine mese riproporremo anche il corso di avviamento all'apicoltura. Ma ci sarà pure il corso, dal 2 al 9 marzo, di manutenzione delle attrezzature da giardinaggio. E il 24 febbraio è previsto un nuovo incontro con un maestro di panificazione della Val Tramontina per insegnare come preparare i dolci con le farine di grano antico. Spazio anche ai corsi di cucina delle nonne».Si parte giovedì alle 17, al Padiglione V di via Weiss 14, con il corso di apicoltura, il cui obiettivo è quello di far acquisire le competenze di base. Il corso è strutturato essenzialmente con lezioni pratiche in apiario in date da definire. Il confronto con docenti esperti del settore sarà alla base dell'apprendimento. Nel primo incontro si affronterà il tema "Storia e importanza dell'apicoltura e del suo rapporto con l'uomo". Il ciclo proseguirà ogni giovedì alle 17. L'1 febbraio si parlerà de "Le api nel susseguirsi delle stagioni", l'8 febbraio ci si soffermerà su "I prodotti dell'alveare e le attrezzature. Introduzione alle patologie delle api. Legislazione apistica". Il 15 febbraio invece si tratterà l'argomento "L'apicoltura del Mediterraneo" e il 22 "Le api dall'evoluzione alla globalizzazione". Il 29, infine, ci si chiederà "Perché tutelare le specie autoctone: la nostra ape istriana". Per informazioni, 3287908116.©

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 gennaio 2018

 

 

Muggia, raccolta differenziata programmata da "estranei" - La lettera del giorno di Gianni Busatto
Mi riferisco all'articolo pubblicato sul Piccolo del 17 gennaio scorso col il titolo "Muggia, ecco i maxi contenitori per il porta a porta" e in particolare rimando all'affermazione «per ora il ricevimento non ha suscitato grande approvazione... Anzi...». Bene: ironicamente voglio sottolineare che quel «anzi» andrebbe molto, ma molto rafforzato! Sono molto scettico sullo spazio che tale tipo di differenziata occuperebbe nell'abitazione e su quello che ogni famiglia muggesana dovrà riservare nella propria casa ai contenitori della raccolta, sia che abiti in un appartamento di 70 o più metri quadri che in un monolocale di forse 40 m2.Inoltre, da un primo esame, sembra che il piano/metodo previsto per la raccolta dei rifiuti sia stato preparato (e approvato!) da persone estranee al Comune, che non conoscono né la morfologia del territorio e delle sue strade, né il particolare che una componente numerosa della popolazione locale è formata da anziani. Comunque, prima di entrare nei dettagli di queste e tantissime altre problematiche aspetterò di sentire cosa verrà detto dagli "esperti" e in particolare dai rappresentanti della giunta in carica nelle riunioni già previste con la cittadinanza sul tema.

 

 

 

 

EHABITAT.it - LUNEDI', 22 gennaio 2018

 

 

Microfibre, è allarme inquinamento marino: milioni in mare ad ogni lavaggio

Ad ogni lavaggio a mano o in lavatrice, milioni di microfibre, ovvero particelle microplastiche con dimensioni inferiori ai 5 millimetri, finiscono in mare causando ingenti danni all’ecosistema e alla vita marina. Secondo un recente studio della International Union for Conservation of Nature, le microfibre rappresenterebbero ben il 35% delle microplastiche primarie (quelle cioè che non si formano dalla decomposizione dei rifiuti) che finiscono in mare. Un problema dunque molto diffuso, che parte dai nostri capi in acrilico (PC) e poliestere (PL).
Cosa sono le microfibre, e perché sono così dannose? Le microfibre sono un materiale sintetico prodotto attraverso la combinazione di due fibre di base: il poliestere e la poliammide (un sottoprodotto del nylon). La principale caratteristica delle microfibre è di essere estremamente sottili, rendendo possibile la realizzazione di filati molto densi, composti cioè da moltissime fibre legate insieme strettamente le une alle altre. Questo rende il colore dei tessuti così ottenuti molto brillante e intenso. In aggiunta a questo, le microfibre presentano numerosi altri vantaggi: hanno un costo di produzione ridotto, risultano molto morbide al tatto e sono facili da pulire e mantenere (non devono infatti essere stirate). Secondo uno studio della Fondazione Ellen MacArthur, negli ultimi anni l’impatto del settore moda sull’ambiente è aumentato notevolmente. Il fenomeno della fast fashion ha infatti fatto raddoppiare il numero di capi prodotti dal 2000 al 2014, un trend che non accenna a fermarsi. Allo stesso tempo, si è assistito ad una crescita esponenziale dell’utilizzo di fibre sintetiche: ad oggi, circa il 60% di tutti gli indumenti a livello globale è realizzato con tessuti sintetici. Questi, denuncia la Fondazione, sono molto pericolosi per l’ecosistema marino. Attraverso il loro lavaggio, infatti, ogni anno vengono scaricate negli oceani mezzo milione di tonnellate di microfibre: una quantità pari a 50 miliardi di bottiglie di plastica. Microfibre: ad ogni lavaggio milioni finiscono in mare - Un team di ricercatori dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha analizzato per un anno cosa succede quando i materiali sintetici vengono lavati a temperature diverse, fra i 30 e i 40 gradi, con differenti tipologie di detergenti. È stato osservato che ogni ciclo di lavaggio rilascia circa 700.000 microfibre nell’ambiente. In questo senso, il poliestere e l’acrilico sono due dei tessuti peggiori, in grado di liberare circa 730.000 minuscole particelle, circa 5 volte in più di un tessuto misto cotone-poliestere, che ne cede “solo” 137.000. «Queste microfibre raggiungono il mare perché non bloccate dagli impianti di trattamento» ha spiegato Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo, una ONG che, dopo aver ottenuto la messa al bando delle microplastiche nei cosmetici, ha lanciato in questi giorni la campagna #StopMicrofibre, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle microplastiche che finiscono in mare a seguito del lavaggio dei tessuti sintetici. Il danno apportato dalle microplastiche all’ecosistema marino, afferma Rosalba Giugni, non è solo ambientale, in quanto «le particelle entrano nella catena alimentare accumulandosi negli apparati digerenti degli animali, riducendo anche la loro capacità di assorbire il cibo». Quali sono le possibili soluzioni all’inquinamento causato dalle microfibre? «Scienziati di tutto il mondo stanno lavorando per trovare una soluzione» conclude Giugni. «La prima fra tutte deve essere quella di studiare tessuti senza rilascio di microfibre». O composti di microfibre completamente biodegradabili, come fa ad esempio Mango Materials, che trasforma le emissioni di metano in filati hi-tech ed eco-friendly (qui la storia di questo bel progetto). È inoltre necessario anche migliorare il sistema di filtraggio dei depuratori delle acque reflue. Non sono soluzioni semplici o immediate, ma sono necessarie. Nel frattempo ognuno di noi può fare qualcosa per aiutare il mare, ha spiegato la Presidente di Marevivo. «Ridurre, riciclare e riusare. Ridurre gli acquisti superflui, usare più a lungo i capi acquistati e riciclarli correttamente, e soprattutto effettuare lavaggi meno frequenti usando programmi per la lavatrice brevi, a basse temperature e con una velocità della centrifuga ridotta».

ALESSANDRA VAROTTO
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 gennaio 2018

 

 

Il Tavolo verde di Duino all'attacco della Regione -
Prima seduta nel nuovo organismo con il Piano paesaggistico del Fvg nel mirino - «Ingessa ogni tipo di attività agricola e di sviluppo in un territorio già vincolato»
DUINO AURISINA - Rigettare il Piano paesaggistico proposto dalla Regione «perché va a ingessare ogni tipo di attività agricola e di sviluppo del settore in un territorio già pesantemente vincolato per oltre il 90 per cento della sua estensione». Parte con un obiettivo ben preciso il Tavolo verde istituito dal Comune di Duino Aurisina, organismo neo costituito e che ha vissuto la sua prima seduta, in base alla convocazione fatta dal sindaco Daniela Pallotta e dal consigliere delegato per il Turismo, l'Agricoltura e le Politiche del Carso, Massimo Romita. Un incontro che ha visto confermata la notevole fiducia nel Tavolo e nei risultati che lo stesso potrà conseguire da parte di tutti i soggetti coinvolti, che hanno risposto in massa all'invito di Pallotta e Romita. Hanno partecipato tutti gli attori coinvolti nello sviluppo del mondo agricolo del territorio: l'azienda Aries della Camera di commercio, Gal Carso, le associazioni di categoria degli apicoltori, degli allevatori, dei viticoltori, dei produttori dei formaggi del Carso, l'Alleanza contadina (Kmecka Zveza), i rappresentanti della rete Landa carsica, della Città del vino, dei cacciatori, delle aziende agricole del territorio e di alcune delle associazioni ambientaliste che hanno la loro sede a Duino Aurisina. «Il Tavolo verde - ha esordito Romita - deve essere lo strumento operativo e di confronto tra l'amministrazione comunale e i rappresentanti del mondo agricolo e ambientale del territorio. Un Tavolo - ha aggiunto - che deve dare le indicazioni sulle azioni che dovranno intraprendere la giunta e il consiglio comunale per una condivisione dello sviluppo e delle politiche per il Carso». Visti i presupposti, hanno partecipato alla seduta anche i due presidenti delle Commissioni comunali competenti, Sergio Milos (Agricoltura e Politiche del Carso) e Chiara Puntar (Ambiente), che hanno così avuto modo di recepire le necessità del comparto agricolo e potranno di conseguenza iniziare a lavorare per trasformare tali esigenze del territorio in azioni concrete e delibere attuative. Sono state inoltre messe a verbale le 22 osservazioni curate e predisposte dagli assessori Andrea Humar e Lorenzo Pipan, in gran parte indirizzate proprio a cercare di rivedere la situazione che si è venuta a creare con la stesura del Piano paesaggistico regionale. «È inutile che da una parte si facciano partire bandi con fondi destinati al miglioramento fondiario e delle aziende stesse - è stata la conclusione emersa dall'incontro - e dall'altra si predispongano strumenti deleteri, che non solo bloccano il territorio per il futuro, ma causano danni a progetti già finanziati e in corso di sviluppo». «Siamo in una fase molto importante per il settore - ha ribadito Romita - perciò dobbiamo impegnarci tutti per conseguire risultati che reputiamo fondamentali per l'economia del territorio».

Ugo Salvini

 

 

Bollino rosso sui rifiuti "sbagliati" - Il Comune di Muggia fa chiarezza sulla raccolta differenziata. Nessuna multa. E maxi bidoni restituibili
MUGGIA - Rivalutazione caso per caso della distribuzione dei contenitori, "bollino rosso" a chi sgarra e premialità per i più bravi che potrebbe iniziare il prossimo anno. Nel marasma del preavvio della raccolta differenziata dei rifiuti (la data effettiva di partenza è e rimane quella del primo marzo) l'amministrazione Marzi, messa sotto accusa in questi giorni, ha gettato luce sulle diverse ombre emerse a Muggia. Buona parte del caos, che ha comportato la sospensione temporanea della consegna dei contenitori che verrà ripristinata a partire da oggi stesso, è derivata dal fatto che i cassonetti, in diversi casi, sono stati consegnati prima della ricezione della lettera che ne preannunciava l'arrivo. Ovviamente grande è stato lo stupore da parte delle famiglie muggesane nel vedersi recapitare cinque bidoni da 70 litri ciascuno e un minicontenitore, oggetti ingombranti e di difficile gestione, non solamente per i residenti in appartamento. Il Comune ha voluto dunque fare chiarezza innanzitutto per gli abitanti del centro storico dove il materiale necessario per l'espletamento del servizio sarà composto da un kit di due soli contenitori, di piccole dimensioni. E ha poi spiegato che verranno adottate «soluzioni condominiali mirate alle specifiche esigenze di edifici che raggruppano molteplici unità abitative». Soluzioni che però prevedono un necessario confronto con l'amministratore di ogni singolo edificio «perché fondano su dinamiche di vicinato che devono trovare un accordo prestabilito tra condomini quale, per esempio, anche solo l'identificazione di chi tra loro si occuperà della messa in strada dei cassonetti». Da qui un altro passaggio fondamentale comunicato dal Comune, che potrebbe essere la risposta ai dubbi di tante famiglie: in caso di accordo con gli amministratori condominiali per una modalità di raccolta rifiuti condivisa, chi ha già ricevuto il cosiddetto kit famigliare potrà restituire i cinque maxi bidoni. La Net ha poi espresso la propria piena disponibilità a fornire ulteriori informazioni e chiarimenti ai cittadini attraverso il numero verde 800520406. Ma non solo: è infatti al vaglio anche la possibilità di predisporre un infopoint specifico sul territorio per accompagnare la partenza effettiva del nuovo sistema di raccolta, un luogo dove potersi confrontare e ottenere risposte ai diversi interrogativi che stanno emergendo in questi ultimi giorni tra i cittadini muggesani. L'ultimo punto su cui il Comune ha voluto fare luce riguarda le sanzioni per chi dal primo marzo non parteciperà correttamente alla differenziata. In realtà non vi saranno multe: la Net semplicemente non raccoglierà i sacchetti che non rispettano le regole sul corretto conferimento ma vi applicherà un bollino rosso. E la tanto attesa premialità per i cittadini virtuosi? «Arriverà, ma solo quando il nuovo sistema di raccolta di rifiuti entrerà a pieno regime», osserva l'assessore comunale all'Ambiente Laura Litteri. Molto probabilmente, il via alla premialità scatterà a partire dal 2019.

Riccardo Tosques

 

Parte a fine mese il programma di incontri per spiegare le regole del nuovo sistema
Il Comune di Muggia organizza una serie di incontri informativi aperti alla cittadinanza sul tema della raccolta differenziata. Le conferenze serviranno a spiegare nel dettaglio il nuovo metodo del "porta a porta". Tutti gli appuntamenti si terranno alle 17,30. Si comincia mercoledì 31 gennaio ad Aquilinia al Centro parrocchiale "Casa Primavera"; la settimana successiva, il 7 febbraio, ci si sposta invece alla scuola materna "Il Giardino dei Mestieri"(Fonderia). Il 21 febbraio l'evento avrà luogo nella sala conferenze del palazzo "Millo" in piazza della Repubblica 4, a Muggia, mentre due giorni dopo (23 febbraio) alla scuola materna di Chiampore. Gli incontri si svolgeranno alla presenza di un rappresentante di Net Spa, società alla quale è affidato il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, che illustrerà le novità del sistema e le regole di conferimento della spazzatura.

 

 

Scompaiono i calamari, biologi in allarme - L'esperto dell'Istituto spalatino di oceanografia: da anni sottoposti a una pesca indiscriminata
FIUME - Le segnalazioni riguardano tutte le acque dell'Adriatico croato, dall'Istria al Sud della Dalmazia: nella stagione autunnale e in queste settimane d'inverno, i calamari si sono rarefatti e spesso pescatori - professionisti e non - tornano a casa a mani vuote. Il fenomeno si è fatto via via più presente negli ultimi dieci anni, e va di pari passo con l'impennata dei costi che si registra nelle pescherie croate dove se fino a non molti anni fa per un chilo di calamari si spendevano non più di dieci euro, ora si arriva anche oltre i venti. Ma a lanciare l'allarme arrivano anche gli esperti. Secondo il parere di Ivan Katavic, biologo marino dell'Istituto spalatino di oceanografia e pesca, negli ultimi decenni il "Loligo vulgaris" è stato al centro di un'attività di pesca indiscriminata nelle acque croate, mentre le istituzioni competenti non hanno stabilito nemmeno le dimensioni minime in base alle quali permettere la pesca di questo cefalopode: soltanto dallo scorso anno è stata resa poi obbligatoria la notifica dei calamari pescati.«Il prelievo - ha spiegato Katavic - diventa praticamente insostenibile nel corso della stagione turistica e a prescindere dal divieto, che resta in vigore dal primo marzo al 30 settembre, di utilizzare le lampade nella pesca al calamaro. I controlli sono rari e comunque inefficaci, anche perché la pesca continua a essere assolutamente non selettiva e va a colpire maggiormente gli animali non ancora adulti, con tutte le conseguenze del caso». Secondo l'esperto spalatino esiste comunque anche la possibilità che la minore presenza del mollusco sia da addossare ai cambiamenti climatici oppure a qualche evento maturato nelle profondità delle acque adriatiche. «Fortunatamente - ha aggiunto Katavic - il calamaro è una risorsa rinnovabile e ha una crescita rapida: resta il fatto che bisogna fare in modo di permetterne il ripopolamento, così da potere avere entro un paio d'anni nuovamente di nuovo quantità sufficienti e sostenibili nelle nostre acque». Secondo Katavic «forse in futuro avremo il calamaro d'allevamento, fatto crescere in gabbie speciali o in altri contenitori. Gli spagnoli per esempio stanno sperimentando l'allevamento dei polpi, un altro cefalopode che si sta facendo assente negli ultimi tempi nelle acque istriane, quarnerine e dalmate».

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 gennaio 2018

 

 

Per la pista ciclabile fra Trieste e Muggia 85mila euro regionali - Finanziato il progetto del percorso: due alternative al vaglio
Obiettivo il collegamento sino all'attracco del Delfino Verde
TRIESTE - Una pista ciclabile che colleghi Trieste a Muggia e unisca la città direttamente alla Parenzana, sviluppando le opportunità di un cicloturismo che sta conoscendo un boom in Friuli Venezia Giulia, dove nel 2017 si sono registrate 100mila presenze di amanti della mobilità slow. Per ora si tratta solo della fase progettuale del percorso, realizzabile grazie a uno stanziamento da 85mila euro nell'ultima manovra finanziaria regionale. Il Comune di Trieste ha già avviato studi preliminari e il progetto dovrà ora sciogliere il nodo fondamentale dell'itinerario, con due alternative: il miglioramento e l'allungamento dell'attuale pista ciclabile di Campo Marzio fino a Muggia oppure l'ipotesi di percorrere corso Italia e viale D'Annunzio, proseguendo attraverso la galleria di piazza Foraggi e via Flavia. La decisione spetterà agli ingegneri incaricati dall'Uti giuliana, destinataria di altri 15mila euro per l'aggiornamento del piano della mobilità ciclistica (fermo al 2004) e la stampa di un opuscolo turistico che presenti l'offerta del territorio. Per l'avvio dei cantieri serviranno altre risorse, ma è intanto possibile disegnare un percorso che permetterà ai ciclisti di arrivare fino all'attracco muggesano del Delfino Verde. Da qui, entro l'estate, si dipartirà intanto il chilometro di collegamento ciclabile con la Parenzana, fra Muggia e l'imbocco del rio Ospo, i cui lavori sono garantiti da ulteriori 75mila euro regionali. Ad oggi, i turisti che arrivano a Trieste pedalando sulle vie ciclabili europee non possono infatti proseguire in bici verso l'Istria e scelgono spesso l'opzione del viaggio in traghetto per bypassare la periferia cittadina. Come spiega Giulio Lauri, consigliere regionale promotore dei finanziamenti in questione, «il Fvg e Trieste sono uno snodo straordinario degli assi della rete Eurovelo della mobilità lenta. A Grado si incrociano la linea Est-Ovest che percorre tutta la pianura Padana e la linea Nord-Sud che passa per Salisburgo e Tarvisio partendo dalla Polonia». Non a caso, la giunta regionale è intervenuta nell'ultima finanziaria con mezzo milione per mettere in cantiere il tratto fra la Ciclovia Adriatica (Fvg 2) e l'aeroporto di Ronchi, che consentirà a chi arriva in volo dall'estero di inforcare la bici non appena toccato terra. A completare il pacchetto, ci sarà infine la messa in funzione di una linea di autobus fra Trieste e Parenzo, dotati di sistemi per il trasporto di biciclette. Per Lauri, «sempre più residenti vanno in bici e la ciclabile Trieste-Muggia avrà quindi funzioni non solo turistiche, ma permetterà a chi si sposta per lavoro, di farlo in bicicletta». L'esponente della sinistra civica evidenzia anche il sostegno regionale all'acquisto di bici a pedalata assistita, funzionali in un territorio di saliscendi come il nostro: «In tre anni la Regione ha previsto contributi fino a 200 euro per ogni mezzo acquistato, un impegno da 450mila euro. Fondi richiestissimi e andati esauriti. La misura è stata pertanto rifinanziata ora con 100mila euro».

Diego D'Amelio

 

 

Muggia - Raccolta differenziata e "porta a porta" - Interrogazioni urgenti mercoledì in aula
Il caso del "porta a porta" a Muggia e le conseguenti polemiche relative alla modalità per la raccolta dei rifiuti differenziati (polemiche scatenate in particolare dalla distribuzione di 6 maxicontenitori nelle case dei muggesani, che hanno suscitato forti perplessità per le loro dimensioni ingombranti) approdano mercoledì in Consiglio comunale. Alle 19.30, infatti, è stata inserita nel "Question time" un'interrogazione urgente sulla modalità di raccolta dei rifiuti e un'altra relativa alla raccolta rifiuti negli esercizi pubblici. Alle 20 sono in programma le dimissioni del consigliere comunale Tullio Bellen, che verrà sostituito da Nicoletta Fait e la discussione delle varie mozioni.

 

 

«Pino lo storto da salvare, paghiamo noi» - I firmatari della petizione si offrono di coprire le spese per il recupero dell'albero malato. Lodi ribadisce: «Sarà abbattuto»
"Pino lo storto" non deve morire. Così continuano a sostenere i circa trecento firmatari della petizione per salvare lo storico albero di piazza Skabar, ai quali si è appena aggiunto il Wwf, dopo la notizia ufficiale da parte del Comune del suo abbattimento. Anzi, rilanciano e si offrono di sostenere le spese necessarie alla sua sopravvivenza. «Il Pino "storto" di Barcola - dicono - rappresenta una parte della storia della riviera Barcolana, essendo stato impiantato alla fine dell'800, e ha quindi un pregio non solo naturale, ma anche paesaggistico e storico, che non può e non deve essere cancellato da improvvide e affrettate decisioni prese da burocrati, senza alcun coinvolgimento dei cittadini» Per ovviare al potenziale problema di tenuta dell'albero, evidenziato dalla perizia del servizio comunale del Verde Pubblico, essi avevano proposto una soluzione già adottata in altri luoghi: la creazione di un supporto fisso che sosterrebbe il fusto dell'albero, così come fatto per esempio a Fasana in un caso analogo. I firmatari della petizione si sono dichiarati disposti a coprire le spese per la predisposizione di un'approfondita perizia, «al fine di accertare i migliori interventi per curare e tutelare un albero così importante per la nostra città». Alla petizione hanno allegato una foto esplicativa con il supporto che, a detta loro, permetterebbe di sostenere il peso del pino, impedendone il cedimento. Certo è che si rischia un "accanimento terapeutico" su un paziente ultracentenario. A rispondere alla nuova proposta, ci pensa l'assessora ai Lavori Pubblici Elisa Lodi, la quale ancora una volta si dice sinceramente grata ai cittadini per il loro impegno, ma rileva che una soluzione non sia più possibile. «Un intervento del genere andrebbe a incidere su un passaggio pedonale e servirebbe quindi il permesso della Soprintendenza - spiega l'assessora -. Ma, soprattutto, l'albero ha contratto un fungo e non può che continuare a peggiorare. Infatti, il problema non è il fatto che sia storto, ma gravemente malato e quindi senza prospettive future». Lo storico "Pino lo storto" è sorto nel giardino dedicato a Monsignor Matija Skabar, a ridosso del piccolo porticciolo all'inizio della passeggiata sul lungomare, quando nel 1895 la Società per l'Abbellimento di Trieste rivolse un appello ai possessori di giardini affinché contribuissero per crearvi un giardino pubblico. Da allora, incurvandosi sempre di più, "Pino lo storto" ha sovrastato quanti, ancora oggi, nel piccolo giardino tra gli alberi e le siepi, si sono fermati a leggere un quotidiano in attesa dell'autobus o a gustare un gelato.

Simone Modugno

 

 

Capodistria-Divaccia, è rebus Ungheria - Lubiana: il raddoppio della linea realizzabile solo se arriveranno i fondi di Budapest. In bilico anche i finanziamenti Ue
LUBIANA - Nuovi fantasmi aleggiano sulla realizzazione del secondo binario sulla linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. In pratica la nuova infrastruttura potrà essere costruita solamente se l'Ungheria investirà nella stessa. Ma se, e soprattutto quanto Budapest è disposta a mettere sul piatto e che cosa chiederà in cambio restano un mistero. La commissione parlamentare di controllo sulle finanze pubbliche al termine dei suoi lavori ha esplicitamente chiesto al governo di fornire un piano finanziario per la realizzazione della Capodistria-Divaccia senza l'intervento dei magiari. Il governo ha risposto in modo chiaro: senza l'Ungheria l'opera diventa irrealizzabile. Posizione che, come scrive il Dnevnik di Lubiana, ha trovato conferma anche presso gli uffici del direttore della società 2TDK Metod Dragonja, che è stata istituita per legge proprio per gestire la realizzazione dell'infrastruttura ferroviaria. La posizione del governo Cerar è che proprio la 2TDK mettendo a posta il finanziamento di Budapest (si parla dai 200 milioni di euro) ha chiuso il piano finanziario per i lavori, riuscendo a ottenere anche un finanziamento da parte dell'Unione europea. E proprio grazie al cofinanziamento ungherese, sostengono fonti di governo, il progetto ha immediatamente riscosso un alto gradimento presso l'Unione europea visto che la Commissione Ue tende a valorizzare di più i progetti transfrontalieri. Se, dunque, la Slovenia dovesse perdere l'appoggio finanziario di Budapest rischierebbe, sempre secondo l'esecutivo Cerar, di restare senza anche degli almeno 109 milioni di euro che Bruxelles sarebbe disposta a mettere in gioco.Il governo di Lubiana precisa altresì che se lo Stato dovesse farsi carico dei 200 milioni in caso di rinuncia dei magiari questo costituirebbe un grave problema per il bilancio della Slovenia. Slovenia che nel bilancio 2018-2019 e nelle future proiezioni di spesa non ha risorse aggiuntive alle quali fare ricorso. «Dopo il rallentamento della crescita economica registrata nel 2017 - sostengono fonti dell'esecutivo - non si possono attendere entrate aggiuntive per lo Stato». Di fatto il governo con queste affermazioni in pratica smentisce quanto affermato ai tempi del referendum sulla Capodistria-Divaccia, quando aveva garantito l'esistenza di un "piano B" se l'Ungheria dovesse sfilarsi dal progetto. Affermazione questa che, peraltro, si trova ancora scritta sulla pagina web della 2TDK. Anche il suo direttore Dragonja nel settembre scorso aveva sostenuto che il governo «ha in tasca un piano B che consiste nel ricavare le risorse mancanti in caso di rifiuto di Budapest di contribuire all'opera con 200 milioni dal bilancio dello Stato». Ora la marcia indietro di Lubiana.Il Partito Sinistra (Opposizione) chiede che il piano finanziario per la Capodistria-Divaccia venga reso pubblico così come il testo dell'accordo bilaterale con l'Ungheria che dovrebbe essere firmato - è la speranza - a breve. Ma né il sottosegretario alle Infrastrutture Jure Leben, né il ministro stesso Peter Gaspersic non vogliono parlare delle trattative in corso con i magiari. La Sinistra è convinta che quando l'accordo sarà reso noto si scoprirà una divisione dei proventi dalla realizzazione dell'infrastruttura tra la Slovenia e l'Ungheria, un'influenza di Budapest nella gestione della 2TDK e affari collegati con il Porto di Capodistria. Certamente l'Ungheria con il premier Viktor Orbán non investe 200 milioni di euro senza ottenere una contropartita.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 gennaio 2018

 

 

Ferriera, Dipiazza chiede di rivedere l'Aia - Il Comune: «Dai dati della Procura emergono nuovi pericoli per la salute». La Regione: «Valuteremo la documentazione»
Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza chiede ufficialmente alla Regione la revisione dell'Autorizzazione integrata ambientale della Ferriera di Trieste. E lo fa inviando alla Regione un plico di carte arrivato al Comune dalla Procura: si tratta di una relazione realizzata dal tecnico Sabrina Licen per conto degli inquirenti. Secondo quanto riportato dal Comune, che però non può diffondere pubblicamente il documento, vi si parla anche di un rischio benzene, sostanza cancerogena, nelle case di Servola a ridosso dello stabilimento. Dipiazza spiega che la relazione, arricchita da ulteriori pareri del consulente comunale Pierluigi Barbieri, è stata inviata alla Regione, ad Arpa, e all'Azienda sanitaria triestina: «Gli importanti elementi presenti nelle relazioni hanno avuto un immediato riscontro da parte dell'Asuits - dice il sindaco -. L'Azienda evidenzia che in base ai rilevi ricevuti si rappresenta una nuova evidenza di esposizione della popolazione del quartiere di Servola e determina un potenziale rischio per la salute». Prosegue: «Per l'Asuits è opportuno venga rivalutata la distribuzione delle stazioni di monitoraggio delle emissioni diffuse, e che venga verificata l'efficienza e l'efficacia del nuovo postcombustore termino verificando le ricadute delle emissioni dal camino E42. Stante l'evidenza sarebbe opportuno ad una rivalutazione di quanto previsto nell'Aia». La richiesta di revisione dell'Aia che il Comune ha inviato alla Regione riporta alcuni stralci della risposta del dipartimento Prevenzione dell'Asuits. In riferimento alle concentrazioni di benzene rilevate dalla centralina posta dalla Procura in via San Lorenzo in Selva, l'Asuits indica che «tale rilievo rappresenta una nuova evidenza di esposizione della popolazione del quartiere in esame e determina un potenziale rischio per la salute». Commenta ancora Dipiazza: «Ebbene queste nuove evidenze non fanno altro che confermare ulteriormente la bontà ed efficacia dell'attività intrapresa dal Comune di Trieste che già in altre occasioni ha chiesto con atti formali quanto ora indica anche l'Azienda Sanitaria». Questa la conclusione del sindaco: «Con l'ausilio dello studio legale che ci sta affiancando stiamo potenziando questa nuova attività di controllo ed in forza di questi ulteriori elementi forniti chiediamo alla Regione con urgenza il riesame dell'Aia». La Regione fa sapere che la documentazione fornita dal Comune sarà presa in analisi dai tecnici dell'ente, e sottolinea che in ogni caso «non si tratta di una scelta politica». Commenta l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito: «Diciamo che, come sempre accade, ogni richiesta pervenuta dal Comune di Trieste è oggetto di massima attenzione da parte della Regione». A prendere in carico la valutazione delle richieste e dei dati forniti dall'ente locale, prosegue l'assessore, «sono appunto gli uffici e le parti tecniche». Aggiunge ancora Vito: «Le scelte fatte dalla Regione per quanto riguarda lo stabilimento di Servola non sono mai decisioni politiche ma sono il risultato del lavoro degli organi competenti, ovvero della Direzione ambiente regionale e dell'Arpa Fvg». Conclude l'assessore: «L'Agenzia regionale per l'ambiente sta seguendo con competenza l'intero procedimento dell'Autorizzazione integrata ambientale, e anche questa volta il compito verrà svolto con il massimo dell'attenzione». Quanto a Siderurgica triestina, l'azienda si riserva di commentare soltanto nel momento in cui verrà coinvolta nero su bianco.

Giovanni Tomasin

 

L'assessore all'Ambiente incontra gli ecologisti - Sara Vito ha discusso con i rappresentanti triestini di Legambiente, Andrea Wehrenfennig e Mario Mearelli.
La Regione si confronta con gli ambientalisti sul tema Ferriera. Proprio ieri si è svolto un incontro fra l'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito, il direttore regionale all'Ambiente Roberto Giovanetti, il direttore tecnico scientifico di Arpa Fvg Franco Sturzi e i rappresentanti triestini di Legambiente, Andrea Wehrenfennig e Mario Mearelli. Questo l'esito, secondo quanto comunicato dall'ente: «La Regione e l'Arpa avvieranno un dialogo diretto con Legambiente per rendere più fruibile e comprensibile il dato della qualità dell'aria triestina, ponendo un'attenzione particolare all'impianto siderurgico della Ferriera di Servola». Nel corso dell'incontro, durante il quale la Regione ha espresso apprezzamento per il dialogo costruttivo instauratosi negli ultimi anni con Legambiente, è stato toccato inoltre il tema dell'inquinamento diffuso nell'area di Trieste che ha portato alla chiusura di alcune aree verdi nei parchi cittadini. In merito l'amministrazione ha confermato l'assegnazione dell'incarico all'Università di Trieste di redigere il Piano regionale per l'inquinamento diffuso generale, e garantito che solleciterà al Comune di Trieste l'attuazione degli interventi già previsti ma non ancora attuati attraverso la tecnica del fitorimedio. Nei giorni scorsi i tecnici della Regione avevano incontrato anche gli esponenti del circolo Miani, Maurizio Fogar, e del comitato Servola Respira, Romano Pezzetta. Se l'ente regionale ha rivendicato un esito positivo dell'incontro, il circolo Miani scrive sul suo profilo Fb: «Al di là della buona volontà espressa dai vertici regionali, a giorni la proprietà della Ferriera riceverà una seconda stringente diffida dalla Regione, e dalla condivisione della necessità di un pronto abbattimento dell'inquinamento acustico, sul resto si è vissuto un continuo imbarazzo visti i limiti palesati dal consulente tecnico Boscolo su funzionamento e conduzione degli impianti».

g.tom.

 

 

Oleodotto Siot da record: Trieste capitale del greggio - Lo scorso anno sbarcate nelle pipeline del terminal 42,4 milioni di tonnellate
Trasportate 502 petroliere. L'ad Alessio Lilli: investiamo sull'ambiente - I NUMERI DELLA SIOT
TRIESTE - L'area produttiva dell'Europa centrale attraversa una buona stagione e il sistema Tal, comprendente il terminal triestino Siot e l'oleodotto diretto a Germania meridionale-Austria-Cechia, ne beneficia. Tant'è che il 2017 archivia un'annata record con 42,4 milioni di tonnellate di greggio, sbarcate nelle pipeline triestine e avviate per il 75% nelle raffinerie tedesche di Ingolstadt e di Karlsruhe, per il 25% restante distribuite tra l'austriaca Schwechat e la ceca Litvinov. L'aumento percentuale è stato del 2,5% e conferma il primato di Trieste come scalo petrolifero mediterraneo. In cifra tonda si è trattato di quasi un milione di tonnellate in più rispetto alla movimentazione del 2016. Trasportate 502 petroliere. Senza contare, naturalmente, la fortissima incidenza del greggio sulle statistiche del traffico portuale triestino, nel quale rappresenta una quota superiore ai due terzi. Alessio Lilli, reduce da una fresca riconferma fino al termine del 2020 alla guida della Siot, ha illustrato ieri mattina i principali numeri dello scalo petrolifero. Che a Trieste occupa 119 addetti, ma che soprattutto - secondo le stime aziendali - rappresenta e distribuisce un «valore per il territorio pari a 120 milioni di euro». Un valore onnicomprensivo, che raccoglie il gettito fiscale e gli stipendi, le attività indotte e gli importi del combinato investimenti-manutenzioni (20 più 30 milioni). Le sole tasse portuali ammontano a 7 milioni. A Trieste il volano Siot muove circa settecento posti di lavoro. Grande attenzione al dato ambientale, perchè la rilevanza degli azionisti (tra le maggiori griffe dell'industria petrolifera internazionale) e l'ampiezza degli interessi non consente di sgarrare. Lilli ha ricordato alcune recenti opere realizzate proprio nell'ambito della tutela ecologica: il sollevamento a sette metri da terra delle quattro linee in uscita dal terminale, il parco valvole nella tank farm di San Dorligo, la protezione dell'infrastruttura messa a punto vicino a un fiume riottoso come il Tagliamento, non lontano da Tolmezzo. Certo, non c'è ancora l'en plein del benessere. Il sindaco di San Dorligo, Sandy Klun, ha rievocato con aperta nostalgia «il petrolio di quindici anni fa», che puzzava di meno. Lilli gliene ha dato parzialmente atto: sono cambiate qualità e quantità del prodotto, la società sta lavorando per mitigare il problema olfattivo, che affligge i residenti di San Dorligo. Ha commissionato uno studio, vorrebbe brevettare un sistema innovativo che attenui l'effetto-odore. Per il resto generale soddisfazione. A cominciare da quella del capitano di vascello Luca Sancilio, comandante della Capitaneria di porto: Trieste è il primo scalo petrolifero nazionale ed è di conseguenza «il porto più pericoloso d'Italia», quindi il tema della sicurezza assume un'importanza dirimente. Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità portuale triestina, ha sottolineato la notevole performance commerciale e operativa del terminal Siot, che, con i volumi di greggio movimentati, da solo rappresenta uno dei primi scali marittimi nazionali. Sergio Razeto, presidente di Confindustria Venezia Giulia, ha inteso evidenziare il contributo della Siot al sistema produttivo-energetico-logistico del territorio. Infine, nessun commento dal numero uno del terminal Lilli sul progetto relativo al metanodotto Snam, in origine collegato al rigassificatore Gas Natural, impianto sul quale Siot si era espressa negativamente.

Massimo Greco

 

 

Trieste-Lubiana in treno, l'impegno di Fvg e Slovenia

La presidente del Friuli Venezia Giulia ha evidenziato tre punti principali: l'obiettivo di realizzare, come detto, un collegamento ferroviario tra Trieste e Lubiana, supportato dal governo italiano; la ferma contrarietà della Regione al progetto del rigassificatore di Zaule; la necessità di rafforzare la collaborazione sul piano della ricerca scientifica in vista dell'appuntamento del 2020 con Trieste Esof. Confermato dal Comitato bilaterale il riavvio della linea entro l'anno. Rilancio sulla Doc comune per il Terrano. Erjavec torna a chiedere il seggio per le minoranze
TRIESTE - Rendere Trieste più vicina a Lubiana e viceversa. È questo il principale impegno emerso ieri a Trieste durante il terzo incontro del Comitato Friuli Venezia Giulia-Slovenia alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri sloveno Karl Erjavec e della presidente del Fvg Debora Serracchiani. Il mezzo per avvicinare la capitale della Slovenia al capoluogo regionale è quello del treno che collegherà nuovamente, entro fine anno, le due città spingendosi a Ronchi dei Legionari, dove fermerà nel nuovo hub aeroportuale in fase di realizzazione e si spingerà poi fino a Venezia. Confermata la ripartenza della linea, dunque, la presidente Serracchiani ha precisato che «si partirà usufruendo della vecchia rete esistente, ma nel futuro si cercherà di sviluppare una rete nuova e più veloce», cercando altresì di porre rimedio all'attuale mancanza di collegamenti con mezzi pubblici tra il centro di Trieste e la stazione di Villa Opicina dove farà fermata il treno. «Dal versante sloveno - ha precisato Serracchiani - c'è già un impegno e uno stanziamento da parte del governo di Lubiana per velocizzare la rete che da Lubiana arriva fino a Sesana». Al termine dei colloqui i rapporti tra Fvg e Slovenia sono stati definiti intensi, proficui e solidi. Da entrambe le parti è stata evidenziata la felice intuizione di avviare il Comitato Congiunto come format ideale per la collaborazione tra la Regione e la vicina Repubblica. «Nel 2016 - ha ricordato il vicepremier Erjavec - l'interscambio tra le due entità è stato di oltre 860 milioni di euro, mentre nel primo semestre del 2017 ha già superato i 450 milioni». «L'economia e le minoranze etniche, quella slovena in Italia e quella italiana in Slovenia - ha concluso - sono i principali punti di unione tra i nostri Paesi». Molti i temi toccati nei colloqui che hanno preceduto la sessione plenaria e i sei tavoli di lavoro tematici in cui sono impegnate le rispettive delegazioni. La presidente del Friuli Venezia Giulia ha evidenziato tre punti principali: l'obiettivo di realizzare, come detto, un collegamento ferroviario tra Trieste e Lubiana, supportato dal governo italiano; la ferma contrarietà della Regione al progetto del rigassificatore di Zaule; la necessità di rafforzare la collaborazione sul piano della ricerca scientifica in vista dell'appuntamento del 2020 con Trieste Esof; promosso poi il confronto bilaterale per la creazione della prima Doc transnazionale del vino "Terrano/Teran".Erjavec, da parte sua, ha dimostrato apprezzamento per la costituzione a Trieste dell'Ufficio per la lingua slovena e ha convenuto con la presidente del Friuli Venezia Giulia sulla bontà di perseguire la candidatura del Collio/Brda a patrimonio mondiale dell'Unesco. La parte slovena ha assicurato l'interessamento a risolvere i problemi comportati dallo svasamento del bacino che forma il lago di Santa Lucia d'Isonzo, evidenziati dalla presidente della Regione. «Attuiamo la specialità del Friuli Venezia Giulia collaborando con altri Paesi, e in particolare con la confinante Slovenia che è nostro partner strategico», è stato il commento di Sergio Bolzonello, vicepresidente della Regione. Erjavec ha rilevato, infine, l'importanza della rassicurazione ricevuta dal governo italiano lo scorso novembre sulla restituzione alla minoranza slovena del Narodni Dom di Trieste. Sempre in tema di minoranze e vista l'imminenza delle elezioni politiche in Italia (in Slovenia saranno a giugno), Erjavec ha ribadito le richieste del governo sloveno di ottenere un seggio garantito a Palazzo Madama per la minoranza slovena, come accade per quella italiana in Slovenia. Ma dopo gli esiti della riforma elettorale, che tale seggio non ha garantito, il vicepremier si è detto favorevole affinché nelle liste Pd ci sia un seggio sicuro a un rappresentante sloveno. Serracchiani, come governatrice, ha ricordato di aver ricevuto la stessa richiesta dal capo dello Stato della Slovenia, Borut Pahor, mentre come esponente dei dem ha assicurato che il «Pd è il partito che sta cercando di garantire un seggio a Roma a un membro della minoranza slovena».

Mauro Manzin

 

INFRASTRUTTURE - E Vienna punta a potenziare i collegamenti ferroviari
TRIESTE - Il rafforzamento delle eccellenti performance registrate in questi ultimi anni dal porto di Trieste in ordine al traffico merci su rotaia e l'ulteriore sviluppo, in chiave turistica, della linea ferroviaria che collega la Carinzia al Friuli Venezia Giulia, oltre all'interessamento da parte regionale per la realizzazione di un collegamento Vienna-Trieste. Questi alcuni dei temi emersi nel corso dell'incontro che si è tenuto ieri, a Trieste, tra la presidente della Regione e i vertici delle Ferrovie austriache (Obb) guidati dall'amministratore delegato Andreas Matthae.Lo stesso Matthae ha testimoniato l'indirizzo da parte del governo austriaco finalizzato all'aumento del flusso di treni verso il Friuli Venezia Giulia e, più a lungo raggio, su Venezia. Attualmente sulla tratta Vienna-Venezia, che passa per Udine, ci sono due collegamenti in orario diurno e uno in orario notturno. Non essendoci ancora un treno su Trieste, l'amministrazione regionale ha manifestato l'interesse a lavorare congiuntamente con Obb per creare una linea che unisca Vienna al capoluogo giuliano. Oltre a ciò sono stati illustrati ai dirigenti delle Ferrovie austriache i progressi compiuti in questi ultimi anni dal porto di Trieste e, più in generale, da un sistema regionale allargato, anche giuridicamente, al porto di Monfalcone e, operativamente, agli interporti di Fernetti, Pordenone, Gorizia e Cervignano, per il quale Obb ha manifestato un'attenzione particolare nella prospettiva dei lavori che riguarderanno la stazione di Campo Marzio di Trieste. In questo senso un accento è stato posto sugli 80 milioni di euro di investimento stanziati dal governo italiano per la rete ferroviaria del porto di Trieste, in un regime di forte collaborazione tra l'Authority dello scalo e le stesse Istituzioni centrali. Oltre a ciò sono stati rimarcati altri due importanti interventi strutturali di grande respiro per l'aumento dei traffici: la realizzazione delle Piattaforma logistica e il raddoppio del Molo VII. Dopo aver affrontato il tema del traffico merci il discorso si è spostato su quello passeggeri.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 gennaio 2018

 

 

I vigili adottano le bici a pedalata assistita - Presentati in Comune i due nuovi velocipedi. Arricchiranno il parco mezzi degli agenti "ciclisti"
Presentate ieri ed entrate subito in funzione due nuove biciclette a pedalata assistita in dotazione alla Polizia Locale. Serviranno per controllare soprattutto le aree pedonali, le piste ciclabili e le zone a traffico limitato. Vanno ad aggiungersi ad altre due bici modello base, che già sono operative e a disposizione degli agenti, una dozzina in totale quelli che fanno parte del nucleo "ciclisti" e che si spostano pedalando ormai da qualche anno, in particolare nel periodo estivo. A illustrare i nuovi mezzi ieri il vicesindaco e assessore alla Polizia Locale Pierpaolo Roberti, con il comandante Sergio Abbate e il funzionario Paolo Jerman. «Già da tempo la Polizia Locale si muove anche in bicicletta - ha ricordato Roberti - partendo dal distretto di via Locchi e vigilando soprattutto d'estate sul lungomare di Barcola. Con questi due modelli a pedalata assistita si potrà così garantire un maggior controllo di zone sensibili del territorio, sia pedonali che ciclabili, compiendo percorsi più lunghi per un servizio che dura svariate ore. In futuro puntiamo a introdurre anche nuove auto e moto a energia elettrica, perché si va in questa direzione per la tutela dell'ambiente e sicuramente parte del parco veicoli verrà implementato, attraverso una richiesta mirata di contributo della Regione». Abbate ha precisato che si tratta di biciclette a pedalata assistita e non elettriche, quest'ultime infatti non avrebbero la possibilità di circolare in determinate zone. «Una corretta mobilità delle biciclette - ha aggiunto Jerman - viene promossa anche durante le lezioni di educazione stradale da parte della Polizia Locale, per dare un messaggio corretto ai giovani e perché tutti ci rendiamo conto che è un mezzo sempre più utilizzato in città, con un numero di ciclisti in costante crescita». Dopo aver presentato le bici in Municipio, i due agenti della Polizia Locale sono subito entrati in servizio con una pedalata dimostrativa attorno al Comune, prima di spostarsi in altre zone pedonali del centro. E le stesse bici a pedalata assistita stanno riscontrando un successo sempre più grande anche tra chi si muove abitualmente in città sulla due ruote. Nel corso del 2016 in Italia il mercato del settore ha raggiunto i 124.000 pezzi, secondo i dati dell' Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori.

Micol Brusaferro

 

 

Scontro politico sulla differenziata - A Muggia chiesta una commissione ad hoc sulle criticità emerse nel "porta a porta"
MUGGIA - La richiesta di una commissione trasparenza sulle modalità operative della raccolta dei rifiuti "porta a porta". È questa la prima reazione politica dinanzi alla consegna dei maxicontenitori per la raccolta differenziata in corso nelle case muggesane. «I consiglieri di minoranza sono stati tenuti all'oscuro delle procedure che l'amministrazione intende adottare per la raccolta differenziata: per questo ho chiesto la convocazione della commissione alla presenza anche dell'assessore deputato (Laura Litteri, ndr), del responsabile del servizio incaricato e di un rappresentante della Net» afferma Roberta Tarlao, capogruppo di Meio Muja. Intanto altre forze politiche hanno raccolto i primi malumori da parte della cittadinanza: «Sono parecchie le segnalazioni giunteci da parte dell'utenza, soprattutto nel centro storico, sulla chiara impossibilità di ospitare i contenitori in casa o sui pianerottoli delle abitazioni più piccole» spiega Emanuele Romano (M5S). Sulla stessa lunghezza d'onda Roberta Vlahov (Ocpm), che ha ricordato la mozione del 24 aprile scorso, bocciata in Consiglio comunale: «Pur essendo favorevoli al porta a porta avevamo espresso perplessità sull'impostazione adottata, chiedendo sistemi di tariffazione puntuale. A parte noi, Meio Muja e 5 Stelle, le altre forze politiche avevano bocciato la nostra richiesta e ora ci ritroviamo con dei contenitori ingestibili per un territorio come Muggia. Oltre il danno anche la beffa». Pronta la replica dell'assessore Litteri: «Abbiamo fatto un'enormità di sopralluoghi e stiamo monitorando l'iter in modo da affrontare le criticità che si possono riscontrare quando si apporta un cambiamento epocale come questo. C'è tutta la volontà di trovare soluzioni ai problemi, con la disponibilità a rimodulare o adeguare il sistema di raccolta». L'applicazione della tariffa puntuale per Litteri «è il punto di arrivo condiviso, ma è pensabile solo una volta entrati a regime con il nuovo sistema». Il Comune ha infine bocciato la richiesta di una commissione trasparenza poiché questa «non contempla un confronto su tematiche quali gli aspetti tecnici di una raccolta differenziata».

Riccardo Tosques

 

 

Sfuma il salvataggio per "Pino lo storto" - L'albero della pineta di Barcola verrà abbattuto nonostante la mobilitazione di 300 cittadini. Il Comune: «Scelta inevitabile»
Alla fine lo storico albero di piazza Skabar detto "Pino lo storto", che affonda le sue radici nella storia stessa della città data la sua veneranda età, verrà abbattuto. La decisione, definitiva e incontrovertibile a questo punto, è stata presa ieri dall'assessorato ai Lavori pubblici del Comune. Gli esperti municipali hanno comunicato che l'abbattimento dell'albero - e di altre due piante messe a dimora nella pineta di Barcola - appare necessario alla luce dei risultati della valutazione di stabilità eseguita da personale qualificato e dotato di adeguate competenze in materia, secondo un protocollo tecnico scientifico riconosciuto anche dalla Società di arboricoltura italiana. «L'impegno di questa amministrazione - si legge nel testo - è da un lato mirato alla salvaguardia del patrimonio arboreo e dall'altro, quando vengono a mancare le sufficienti condizioni di sicurezza, è rivolto alla preminente salvaguardia della pubblica incolumità». Incolumità, in questo caso, messa eccessivamente a rischio, tanto da far apparire l'abbattimento «non procrastinabile». A nulla quindi è valsa la petizione sottoscritta da quasi 300 cittadini e l'appello a trovare strade diverse per tutelare un albero che «da generazioni è vanto estetico del giardino Skabar di Barcola e compare nei ricordi di tutti i frequentatori del porticciolo e della riviera barcolana». I firmatari proponevano come soluzione alternativa all'abbattimento la costruzione di un semplice supporto fisso, da guarnire poi con rose o altre piante da fiore, come si è soliti fare per i vecchi alberi nei giardini storici. Una proposta che l'amministrazione comunale ha fatto saper di aver apprezzato, al pari della sensibilità dimostrata dai proponenti verso la tutela del verde pubblico. Ma, ha evidenziato allo stesso tempo, non sussistono purtroppo le condizioni oggettive per l'esecuzione degli interventi di puntellamento dell'albero. «L'albero infatti - precisa il Servizio comunale del verde pubblico - si presenta mal strutturato nel suo complesso e privo di ampie prospettive di vita future, considerato che la parte interna della chioma risulta in forte regressione e diffusamente disseccata a causa del deperimento fisiologico provocato dalla diffusione dei funghi cariogeni. Le analisi strumentali - prosegue - confermano l'alterazione profonda dei tessuti legnosi alla base del fusto e del principale cordone radicale del lato in trazione, segno che l'albero non riesce ormai a contrastare la diffusione del fungo». Comunque, l'assessora ai lavori pubblici Elisa Lodi assicura che per ogni albero abbattuto, ne verrà piantumato uno sostitutivo. Lo storico "Pino lo storto" sorge - ancora per poco - nel giardino dedicato a monsignor Matija Skabar, a ridosso del piccolo porticciolo all'inizio della passeggiata sul lungomare e di fronte alla Fondazione Rittmeyer. Alla fine dell'800, dopo la costruzione dello stabilimento balneare Excelsior, Barcola era un rione vivacemente animato. Ma nel 1883 la testimonianza di un viaggiatore francese riferiva che si trattasse di «una marina grigia, senza giardini». Così, nel 1895 la Società per l'Abbellimento di Trieste rivolse un appello ai possessori di giardini affinché contribuissero per crearvi un giardino pubblico. Da allora, incurvandosi sempre di più, "Pino lo storto" sovrasta quanti, ancora oggi, nel piccolo giardino tra gli alberi e le siepi, si fermano a leggere un quotidiano in attesa dell'autobus o a gustare un gelato, tra l'aroma delle piante e l'odore del mare che arriva con la brezza del porticciolo.

Simone Modugno

 

Il gemello di Fasana è vivo e vegeto - Merito dei pali di legno usati per puntellare il fusto curvo e sostenerne il peso
Eppure, guardandosi un po' intorno, forse una soluzione si potrebbe trovare per evitare a "Pino lo storto" di fare una brutta fine. È la tesi sostenuta dalla sociologa Melita Richter, che stila un lungo elenco di alberi secolari salvaguardati dall'uomo in virtù della storia di cui sono testimoni viventi, seppur ormai acciaccati. Fra questi, Melita Richter annovera in primis il pino incurvato di Fasana, piccolo comune dell'Istria meridionale affacciato sul mare. «È il gemello del pino di Barcola - esordisce - solo che, a differenza del primo, in Istria se la passa decisamente meglio». In effetti, come si vede nella foto accanto, il pino incurvato è stato salvaguardato con un intervento semplice, costituito da una serie di sostegni di legno che ne sorreggono il peso. I motivi di questa scelta sono presto spiegati dalla sociologa. «Il pino di Fasana se la passa bene perché vive in un ambiente umano sensibile, responsabile. E coerente a ciò che insegniamo alle giovani generazioni: che le piante e gli alberi sono esseri viventi e con noi condividono la vita sul pianeta. Siamo responsabili per loro e per le loro vite. Sono i nostri conviventi - continua - Se uno di noi fosse malato, a rischio di cadere, di rovesciare la tazzina perché le mani non reggono più, o si scordasse di chiudere il gas del fornello, lo abbatteremmo? Oppure lo curiamo e accompagniamo il suo declino con attenzione. Ebbene, per gli alberi ci vuole lo stesso: cura, cultura, e meno tecnicismo». E giù con la lista degli alberi salvati benché vecchi. «Se fossero stati abbattuti - riprende la sociologa - non ci sarebbe più la quercia sotto cui Torquato Tasso sostava a leggere durante i soggiorni romani, non ci sarebbe un secolare eucalipto in fondo al Corno d'Oro, l'albero sacro dei nomadi delle steppe della Turchia, o il cipresso di Pocitlej che sfidò le granate nel cuore della Bosnia, non sarebbe vivo a Brioni uno degli ulivi più antichi del Mediterraneo che supera i 1600 anni, spaccato in due dalle intemperie ma salvo, sorretto, che fruttifica ancora; non ci sarebbe il nespolo di secolari memorie a Kosovo polje, squarciato, medicato, orgoglioso ancora. Neppure potremmo ammirare la secolare acacia nella centralissima Szécheny tér ai bordi del Danubio, l'albero più antico di Budapest, indebolito dalla vetustà, ma protetto testimone dei tempi di infuocati discorsi del grande István Széchenyi, politico e scrittore».

Elena Placitelli

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 18 gennaio 2018

 

 

Cambiamenti climatici: clima della Terra torna all’Eocene?

Il clima della Terra sta tornando allo stato dell’Eocene, ovvero a più di 33 milioni di anni fa, quando non c’era ghiaccio su nessuno dei due poli. Ciò è dovuto all’inquinamento da carbonio, come spiegato recentemente da James Anderson, professore di chimica atmosferica all’Università di Harvard divenuto particolarmente noto per aver dimostrato il danno dei clorofluorocarburi sullo strato di ozono.

In particolare, il livello di carbonio presente nell’atmosfera ha ora raggiunto livelli che la Terra non vedeva da 12 milioni di anni. Ne consegue che i rapidi aumenti della concentrazione di CO2 starebbero riportando il clima terrestre all’Eocene, era geologica in cui non c’era ghiaccio nei due poli, non c’era quasi nessuna differenza di temperatura tra l’equatore e il polo e le correnti oceaniche profonde erano eccezionalmente calde. Lo scienziato spiega a tal proposito cosa comportava una situazione geologica simile: L’oceano aveva una temperatura di quasi 10° C superiore rispetto a oggi e la quantità di vapore acqueo nell’atmosfera significava sistemi di tempesta estremamente violenti. Secondo Anderson, non è possibile recuperare la situazione solamente riducendo le emissioni di CO2. Occorre piuttosto una trasformazione completa dell’industria e una accelerazione degli sforzi per arrestare l’inquinamento da carbonio e rimuoverlo il più possibile dall’atmosfera.

Floriana Giambarresi

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 gennaio 2018

 

 

Bonifiche in Ferriera, scatta il sopralluogo - A giorni le prime verifiche tecniche da parte delle società vincitrici delle gare per la messa in sicurezza
Scatterà entro fine gennaio il primo sopralluogo nell'area della Ferriera di Servola a cura dei raggruppamenti d'impresa che si sono aggiudicati le gare d'appalto per gli interventi previsti dall'Accordo di programma quadro per la messa in sicurezza, bonifica e reindustrializzazione dello stabilimento. Un primo cronoprogramma sulle attività di indagine e di progettazione è stato fissato ieri in Regione nella riunione tecnica convocata e introdotta da Debora Serracchiani, governatrice e commissario straordinario per l'attuazione dell'Accordo di programma. La prima fase operativa, cui si riferisce l'imminente sopralluogo, riguarda l'analisi del terreno e delle acque e la verifica delle caratteristiche e degli inquinanti delle acque di falda. Dopo la ricognizione preliminare sulla presenza di eventuali residuati bellici, saranno realizzate le trivellazioni necessarie a effettuare il monitoraggio topografico, completato il quale servirà un periodo compreso tra i sei e gli otto mesi per acquisire dati stabili. L'obiettivo è giungere nell'arco di 12 mesi all'autorizzazione del barrieramento, finalizzato impedire il deflusso di eventuali falde acquifere inquinate, e dell'impianto di trattamento delle acque. Lo stanziamento totale per la realizzazione delle opere di bonifica (analisi, progettazioni e lavori) del Sin di Trieste ammonta a 41,5 milioni di euro. Serracchiani ha auspicato che l'accordo di programma possa essere realizzato, per conciliare, in un contesto oggettivamente complesso, salute e lavoro e ha ricordato il valore dell'Accordo quadro sull'area della Ferriera, unico caso di applicazione del decreto che prevede misure per la realizzazione, nei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico, di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica e di riconversione industriale e sviluppo economico al fine di promuoverne il riutilizzo in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale. Sempre ieri si è tenuto in Regione un confronto tra i vertici di Arpa, Direzione regionale Ambiente, i rappresentanti di Circolo Miani e associazione No Smog, Marcello Fogar e Romano Pezzetta, e Marco Boscolo dell'Università di Trieste. Nel corso della riunione sono state affrontate alcune tematiche specifiche, tra cui l'efficacia del sistema di aspirazione dei fumi della cokeria e dell'altoforno, l'affidabilità del sistema di misurazione degli inquinanti sul territorio triestino e muggesano e la rumorosità dell'impianto. In merito a quest'ultimo punto la Regione ha dichiarato che la rumorosità del sistema di aspirazione della cokeria sarà oggetto di rilevazione da parte di apposito fonometro in continuo, che è stato da poco installato. Relativamente al tema della sicurezza dell'altoforno, in particolare del crogiolo della ghisa, posto dalle associazioni ambientaliste è stato chiarito che la questione sarà sottoposta all'attenzione del Comitato tecnico regionale (Ctr), che si riunirà martedì prossimo.

 

 

Un pavimento ottocentesco blocca il cantiere di Roiano - Lavori di demolizione dell'ex caserma fermi da due mesi dopo il ritrovamento
Lodi: «Abbiamo dovuto coinvolgere la Soprintendenza archeologica del Fvg»
Il cantiere dell'ex caserma di Roiano "scivola" sul pavimento dell'Ottocento e finisce dentro due cisterne di carburante. Un doppio imprevisto ferma per due mesi uno dei più importanti cantieri in corso a Trieste. La demolizione dell'ex caserma della Polstrada di Roiano, iniziata con tanto di fanfara dei bersaglieri il 5 giugno scorso, si è improvvisamente bloccata. Ora servirà una variante in corso d'opera per riprendere i lavori. Lo ha annunciato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, rispondendo in Consiglio comunale a una domanda d'attualità del collega di partito e consigliere di Fratelli d'Italia Salvatore Porro. In aula Lodi ha dovuto ammettere lo stop forzato dei lavori di riqualificazione dell'area dell'ex caserma di Roiano. «Sono sorte due problematiche che hanno comportato una variante in corso d'opera - spiega l'assessore -. La prima è il ritrovamento di una porzione di pavimentazione ottocentesca, che ha costretto a contattare la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia che ha chiesto di procedere affidando i lavori ad una ditta specializzata e revisionando il progetto. La seconda riguarda invece l'ampliamento degli scavi nei punti dove si trovavano le cisterne dal momento che i versamenti di carburante nel suolo erano più ampi di quanto non fosse possibile prevedere in fase di progettazione». La pavimentazione ottocentesca, sulla cui eventuale conservazione dovrà pronunciarsi la Soprintendenza, è venuta alla luce dalla demolizione dell'autorimessa. Il doppio inconveniente produrrà ovviamente degli slittamenti all'interno del cronoprogramma dei lavori che prevede la fine a metà 2021. «Il 12 gennaio scorso è stato raggiunto un accordo sulla variante che nel corso della settimana dovrebbe essere approvato come determina dirigenziale - spiega Lodi -. Nel frattempo gli uffici tecnici si sono messi all'opera per affidare gli incarichi esterni per completare il gruppo di progettazione dei due nuovi edifici previsti nel sito. In questo modo vogliamo rispettare comunque, nonostante questi piccoli imprevisti, il cronoprogramma. Per noi è importante avere il risultato finale per giugno 2021». L'accordo per la variante è stato fatto con l'impresa incaricata delle demolizioni senza, per il momento, prevedere spese ulteriori sul milione e 660mila euro stanziato per la demolizione degli immobili. I lavori sono stati affidati alla Ibisco Appalti di Palestrina (Roma). Si tratta effettivamente di un intervento notevole, che interessa circa ottomila metri quadrati e prevede la realizzazione di un progetto del valore 7,8 milioni di euro. Un pezzo di Roiano che ritorna alla cittadinanza, insomma, con spazi di aggregazione all'aperto e verdi per il quartiere, un ampio parco urbano e aree per la sosta, il gioco e il transito. Previsto anche un asilo nido (in grado di accogliere una sessantina di bambini) integrato alle urbanizzazioni del quartiere e un parcheggio seminterrato che potrà ospitare 70 autovetture. Una riqualificazione che i residente attendono da 50 anni. L'area con gli edifici dell'ex caserma della Polstrada erano passati di mano dall'Agenzia del Demanio al Comune solo a fine 2016. Disposta sulle tre vie Moreri, Villan de Bachino e Montorsino l'area diventerà un punto di incontro per la cittadinanza e potrà essere attraversata in tutte le sue parti. Nel progetto sono impegnati fondi Prusst (programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile), progetto che risale ai primi due mandati della giunta Dipiazza, sfruttato anche per il rifacimento delle Rive e che coinvolge ministero dei Trasporti, il Comune e la Regione. A Roiano quei soldi vengono usati in extremis, altrimenti sarebbero andati persi. «Questa è l'ultima opera inserita in quel Prusst che ha la durata di 15 anni - spiegò a suo tempo l'assessore Lorenzo Giorgi -. Quindi dobbiamo avviare i lavori entro maggio 2017 per non perdere il finanziamento di 7,8 milioni». Pavimento ottocentesco o meno.

Fabio Dorigo

 

Uno scempio da risolvere il cantiere vicino al Burlo - La lettera del giorno di Susanna Borgnolo
Ogni giorno con la linea 10 passo davanti al Burlo vedo lo "scempio" che è stato lasciato, oramai ben più di 5 anni fa. Esattamente partito nell'autunno del 2011 il mega progetto prevedeva la realizzazione di un complesso di edilizia residenziale e commerciale che doveva concludersi 2 anni dopo nel 2013. L'idea era di riqualificare l'area dell'ex ospedale. Oggi è stato ri... qualificato in un disastro! Una struttura fatta di lamiere tutte arrugginite, pilastri di cemento, rifiuti e in mezzo un laghetto, cioè un acquitrino con immondizie galleggianti di tutti i i tipi, è una visione a dir poco triste. D'estate poi deve essere terribile: maleodorante, casa di ratti e zanzare, da laghetto / acquitrino si trasforma in palude. Non capisco come le case li vicino e l'ospedale di fronte non abbiamo fatto nulla. Mi ricordo ancora il bellissimo giardino pieno di alberi, fiori e piante che sono stati distrutti. Un danno a dir poco... Gli animaletti che c'erano: uccellini, scoiattoli pure i pappagallini volteggiavano tra i rami in primavera, ritornavano ai loro nidi... gli scoiattolini che saltavano da un ramo all'altro. Avete fatto un danno alla flora e alla fauna locale. È questo che vogliamo lasciare ai nostri nipoti? E nessuno ne parla da anni... forse questa amministrazione comunale vuole prendere in mano questo caso e risolverlo? Sembra un Utopia!

 

 

Muggia si ribella all'abbattimento delle "nutrie star" - A rischio la colonia di roditori che vive sull'Ospo - Chiesta una deroga rispetto alla legge regionale
MUGGIA - Una deroga rispetto al regolamento regionale fresco di approvazione, che preveda il ricorso alla sterilizzazione anzichè allo sterminio. È la richiesta che il Comune di Muggia avanzerà all'amministrazione Serracchiani per affrontare la questione delle nutrie del rio Ospo. Ad annunciarlo è l'assessore all'Ambiente Laura Litteri, che ha confermato l'intenzione di dar via ad un "processo alternativo" nella cittadina istroveneta, una sorta di esperimento pilota in Friuli Venezia Giulia. «Il Piano triennale regionale di eradicazione delle nutrie è un obiettivo da raggiungere senza mezzi cruenti - osserva -. Per questo stiamo elaborando un piano di contenimento del numero di nutrie presenti nel nostro Comune attraverso la loro sterilizzazione tramite un progetto elaborato dall'associazione MujaVeg e dall'Enpa». Ecco la strategia definita dalla giunta Marzi. Invece che essere catturati ed uccisi, gli animali verranno catturati e successivamente sterilizzati, analogamente a quanto viene già fatto con le colonie di gatti randagi. Identici anche i costi per le spese veterinarie: 32 euro per l'intervento sugli esemplari maschi, 60 per le femmine. «Considerato che la colonia di nutrie muggesana è costituita da circa una ventina di esemplari, stiamo parlando di cifre piuttosto basse. Inoltre - prosegue Litteri -, se consideriamo che le carcasse delle nutrie uccise vanno smaltite in modo adeguato, così come pure il proiettile utilizzato, credo che i costi della sterilizzazione saranno inferiori». Originaria della Patagonia, la nutria è un roditore introdotto nel scorso secolo in molti Paesi, sia nel Nord America sia in Europa. I primi allevamenti commerciali per la produzione di pellicce videro la luce in Italia alla fine degli anni '20 per giungere in seguito anche nel Muggesano e in altre zone del Fvg. Negli ultimi anni questi animali sono cresciuti tanto da creare allarme tra gli agricoltori. Che, appunto, hanno chiesto aiuto alla Regione. «Il provvedimento di eradicazione delle nutrie nel Fvg con metodi selettivi intende tutelare le produzioni zoo-agro-forestali, l'idrografia e le opere idrauliche», ha spiegato più volte Diego Moretti, capogruppo consigliare regionale de Pd e relatore di maggioranza della Legge che prevede l'eradicazione dei roditori, compresi quelli presenti nel rio Ospo. L'assessore regionale alla Caccia Paolo Panontin non ha mai nascosto la sua posizione, definendo quella delle nutrie «una specie invasiva, non originaria e dannosa». Si qui la scelta dell'esecutivo di delineare un Piano triennale di contenimento del costo di 60mila euro. Tra i metodi di soppressione impiegabili, «armi comuni da sparo» oppure «trappolaggio e successivo abbattimento con metodo eutanasico dell'animale mediante narcotici, armi ad aria compressa o armi comuni da sparo». La decisione della Regione è stata da subito osteggiata da diverse associazioni animaliste. Tra queste MujaVeg, attivatasi subito con una petizione nella quale si è chiesto espressamente il rispetto di un principio: che le nutrie non soffrano durante la fase di eradicazione operata dalla Regione. Tra i metodi suggeriti quello invocato anche da altre associazioni ambientaliste: la sterilizzazione. E la campagna di sensibilizzazione, che aveva raccolto oltre 600 adesioni, pare aver fatto breccia anche in alcuni amministratori locali come appunto, l'assessore Litteri. «Indubbiamente va ricordato che le nutrie della zona delle Noghere nascono nella vicina Slovenia e si spostano attraverso il rio Ospo. Si tratta quindi di un nucleo non isolato e, anche riuscendo a rimuovere tutti gli animali della valle delle Noghere, questi verrebbero molto probabilmente rimpiazzati da quelli sloveni attraverso il corso d'acqua che mette in connessione i due nuclei. In pratica - conclude l'esponente della giunta Marzi - è impossibile riuscire ad eradicare le nutrie dal nostro territorio». La proposta è stata inviata ora all'Ispra che si è dichiarato disponibile a valutare la congruità di un piano di gestione delle nutrie che contempli il ricorso alla sterilizzazione. La risposta è attesa entro fine mese.

Riccardo Tosques

 

 

Scontro sul rigassificatore di Veglia- Zagabria prepara una legge per accelerare sul terminal offshore. Regione e Comune: no a norme calate dall'alto
ZAGABRIA - È guerra aperta tra Fiume e Zagabria sul progetto del rigassificatore di Veglia (Krk). Il quotidiano croato Jutarnji List ha svelato un piano del governo per accelerare la costruzione di un impianto galleggiante a Castelmuschio (Omisalj) attraverso l'approvazione di una legge ad hoc, già soprannominata "Lex Lng" (acronimo che indica i termini inglesi per il gas naturale liquefatto, ovvero "Liquefied natural gas"). E già è arrivata la risposta ufficiale del presidente della Regione litoraneo-montana, Zlatko Komadina, il quale ha avvertito l'esecutivo del premier Andrej Plenkovic: la Regione - le sue parole - non è «disposta a negoziare» su alcuni punti chiave quali «gli aspetti ecologico, economico ed energetico». Tutto è cominciato con lo scoop del giornale zagabrese, che citando «fonti ben informate» assicura che «il governo sta scrivendo una lex Lng», ossia «una legge speciale che faciliterà e accelererà la costruzione di un rigassificatore galleggiante nei pressi di Castelmuschio sull'isola di Veglia». Notizia che non ha ricevuto smentite. L'obiettivo del governo sarebbe quello di piegare la resistenza delle autorità locali che hanno espresso apertamente la loro contrarietà a una "versione galleggiante" del rigassificatore in questione, concepito originariamente come impianto di terra. Secondo il quotidiano croato la legge speciale permetterebbe infatti di aggirare il problema della concessione da ottenersi tramite gara pubblica per un intervento sul demanio marittimo. Un aspetto, quest'ultimo, emerso proprio con l'evoluzione del progetto da rigassificatore a terminal offshore. Politicamente, poi, l'intervento legislativo farebbe uscire l'esecutivo Plenkovic dalla difficile posizione in cui si è venuto a trovare: sotto pressione da un lato da parte della Commissione europea per il finanziamento da 100 milioni di euro già accordato (e per il termine di fine lavori già fissato al 2019) ma vincolato, dall'altro, al consenso delle autorità locali. Insomma, come per Agrokor (definita «compagnia di valore sistemico») è stata varata una "Lex Agrokor", così per il rigassificatore di Veglia («progetto strategico di interesse nazionale») si passerebbe per una "Lex Lng". Ma questo piano non fa i conti, si accennava, con le autorità locali: la Regione e, soprattutto, il Comune di Castelmuschio, assolutamente contrario a ogni scorciatoia. Nella conferenza stampa congiunta tenuta con Komadina, la sindaca Mirela Ahmetovic ha fatto sapere che «il governo non ha alcun diritto di varare delle leggi senza avere prima interpellato i governi locali». Secondo Ahmetovic, l'esecutivo cerca di «eludere la procedura legislativa per favorire un unico concorrente»: si tratta della Lng Croatia Llc, l'impresa pubblica responsabile dello sviluppo del rigassificatore che - con l'approvazione della nuova legge - non dovrebbe più partecipare ad alcun bando di gara per intervenire sul demanio marittimo. A spalleggiare la sindaca di Castelmuschio è inoltre intervenuto, si diceva, il presidente della Regione litoraneo-montana Zlatko Komadina, che ha assicurato che «le autorità locali non si oppongono agli interessi strategici nazionali, ma esigono di essere rispettate», e ha aggiunto che «esistono diversi metodi, inclusa la disobbedienza civile». A contrariare Komadina sono sia i metodi dell'esecutivo che il nuovo aspetto del progetto. Già a fine ottobre 2017 il presidente regionale si lamentava infatti che Zagabria avesse sostituito l'iniziale rigassificatore da terraferma con «una nave gigante lunga 300 metri, larga 100 e alta come un grattacielo di 17 piani», insomma «un mostro» per l'ambiente e il turismo nel Quarnero. In questo scenario resta il cronoprogramma che prevede l'entrata in funzione del rigassificatore all'inizio del 2020.

Giovanni Vale

 

 

 

 

VENEZIATODAY.it - MERCOLEDI', 17 gennaio 2018

 

 

Deposito di Gnl da 100 milioni di euro a Porto Marghera
Venice Lng scopre le carte: ecco il maxi deposito di gas liquefatto da 100 milioni - Lo stabilimento sarà a emissioni zero e garantirà di "risparmiare" 330 tonnellate di pm10 l'anno. Il combustibile è per camion e navi. Serve l'ok definitivo del ministero e la Via
Un investimento da 100 milioni di euro che permetterà a Porto Marghera, se andrà tutto liscio dal 2021 in poi, di diventare uno degli scali più all'avanguardia del Mediterraneo in fatto di gas naturale liquefatto (Gnl). Ancora l'iter autorizzativo deve iniziare e prevede una Valutazione d'impatto ambientale del ministero dell'Ambiente e un ok definitivo del ministero per lo Sviluppo economico, ma la società Gnl Venice, con socia al 65% Decal spa e al 35% San Marco Gas spa, mercoledì mattina nella sede di Confindustria Venezia ha voluto già scoprire le carte: l'intenzione è di costruire un deposito di gas naturale liquefatto, un combustibile di ultima generazione per navi e camion che si rivolge anche alle abitazioni che non sono ancora raggiunte dalla rete del gas "canonica". Deposito di Gnl da 100 milioni di euro a Porto Marghera. Dove sarà situato? La struttura sorgerà sul Canale industriale sud a Porto Marghera nell'area che un tempo era occupata dallo stabilimento Italcementi, a sinistra del centro di stoccaggio Decal: "L'Europa e l'Italia premono per l'adozione di questo tipo di carburante - è stato spiegato in conferenza stampa - Lo zolfo viene ridotto del 95% e il pm10 del 90% in confronto a un ottimo motore diesel. Ci sarà un ritorno ecologico importante. Inoltre i mezzi alimentati a Gnl sono molto più silenziosi". Il serbatoio avrà una capacità massima di 32mila metri cubi (stoccato in forma liquida a -160 gradi centigradi). Fino a 900mila metri cubi di Gnl. Gnl Venice all'inizio si attende di movimentare 150mila metri cubi di combustibile alternativo l'anno, ma a regime la quota potrebbe toccare i 900mila metri cubi, per un traffico portuale di una nave a settimana. Si tratta di trasporti "green" sostitutivi delle petroliere, così come i camion a Gnl garantiscono una sostenibilità ambientale esponenzialmente migliore rispetto agli autotreni tradizionali. "In materia di sicurezza i nostri studi hanno escluso ogni possibile effetto domino in caso di problemi negli stabilimenti vicini - è stato spiegato dai tecnici - L'impianto adotterà i migliori standard tecnologici del mondo. Dal punto di vista ambientale la sintesi è che in un'area dismessa andremo a creare una struttura a zero emissioni". Secondo le previsioni, a regime si potranno convertire 15mila camion a Gnl, riducendo di circa 330 tonnellate le emissioni di pm10. "Numero che in fatto di traffico navale può essere tranquillamente moltiplicato per 10", si è concluso. Gioco di squadra tra pubblico e privato. Il progetto è stato presentato dal presidente di Venice Lng, Gian Luigi Triboldi, e ha ottenuto l'appoggio del presidente di Confindustria Venezia-Rovigo, Vincenzo Marinese, del presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico, Pino Musolino, e del Comune di Venezia, presente con l'assessore Simone Venturini: "Questo è il primo esempio di nuova industria a Porto Marghera - è stato spiegato - Merito anche del gioco di squadra tra pubblico e privato. Questo stabilimento all'avanguardia avrà la possibilità di attrarre ulteriori investimenti e imprese dell'indotto". Da Porto Marghera al mondo e ritorno. "Negli anni siamo riusciti a espandere il nostro business nel mondo - ha dichiarato Triboldi, che è anche presidente di Decal spa - Ma abbiamo un forte radicamento locale: tutto è iniziato a Porto Marghera e ora il frutto della nostra internazionalizzazione lo riportiamo qui. Questo progetto ci lascia molto ben sperare per quelli che potrebbero essere gli sviluppi futuri. Ci sono delle problematiche di tipo economico, nel senso che il Gnl crescerà ma non è ancora cresciuto. I primi anni saranno in perdita. Ma serve qualcuno che cominci a costruire infrastrutture, e noi ci siamo. Useremo le migliori tecnologie e cercheremo di usare nel limite del possibile aziende locali, per una struttura che a regime darà lavoro a una ventina di ingegneri specializzati in Gnl. Più tutto l'indotto". "Momento d'oro per Porto Marghera tutto da cogliere" .In questo caso non si parla di recupero di un'area in dismissione, bensì di una struttura nuova di zecca: "Porto Marghera negli ultimi anni sta accelerando - ha commentato il presidente del Porto, Musolino - Ci sono moltissime iniziative imprenditoriali che stanno prendendo corpo. Attraverso la società Panfido stiamo realizzando una bettolina Lng dal design tutto made in Venezia che esporteremo nel mondo e servirà per rifornire sia il nostro porto ma anche le strutture vicine, come Capodistria, che su questo è molto più indietro. Questo è un tipo di mercato dove l'offerta crea la domanda e che determina importanti circoli virtuosi". Parole che hanno spinto l'assessore comunale Venturini a sottolineare come "Porto Marghera, che era vista come area di declino industriale, oggi viene indicata come testa di ponte per nuovo sviluppo e tecnologia. Dopo la Pilkington ecco un altro nuovo grosso investimento. Merito del gioco di squadra tra istituzioni". Il più raggiante di tutti è il presidente di Confindustria, Vincenzo Marinese: "E' un momento d'oro per Porto Marghera - ha commentato - è finito il tempo di dire solo no. Altrimenti tra vent'anni parleremo solo di cadaveri industriali. Quest'area deve confermare la propria vocazione, ma è difficile pensare che nei prossimi lustri questi 2.200 ettari saranno riempiti solo di strutture del settore secondario. Noi dobbiamo lavorare per rendere queste aree fruibili e preservare le attività che ci sono". Bettin: "Seguiremo con interesse lo sviluppo del progetto". "Seguiremo con interesse e attenzione lo sviluppo del progetto del deposito di gas naturale liquido presentato da Venice LNG e lo presenteremo alle popolazioni di Marghera e Malcontenta, le più vicine all’impianto - dichiara in una nota il presidente della Municipalità di Marghera, Gianfranco Bettin - Rispettando i principi di precauzione e di sostenibilità, e innescando un’intera nuova filiera energetica capace di ridurre le emissioni dei mezzi su gomma e acquei, può rappresentare un passo ulteriore di una nuova Porto Marghera basata sulle tecnologie più avanzate e sostenibili. Anche il progetto di un centro di ricerca europeo sulla fusione nucleare va in questa direzione. Avevamo già dato una prima disponibilità del Comune di Venezia a ospitarlo a Porto Marghera, sulle aree dell’Eni su cui avevamo firmato un preliminare di accordo di acquisizione, negli ultimi mesi della amministrazione Orsoni, tra la fine del 2013 e il 2014. Ora il progetto, che nel frattempo era rimasto in via di elaborazione altrove, ritorna attuale e giustamente il Comune si candida a ospitarlo: tuttavia, su quelle aree che avrebbero dovuto essere oggetto di ulteriori accordi al fine di perfezionarne l’acquisto, gravano ancora molte incognite, perché nessun passo in avanti da allora è stato fatto per acquisirle definitivamente. Occorre quindi accelerare, così come è necessario raggiungere un accordo programmatico con l’Autorità Portuale per il loro riuso".

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 gennaio 2018

 

 

"Zona 30" a Opicina - La sperimentazione al via in primavera - Intervento pro sicurezza dei pedoni nel centro della frazione

A seguire bis nelle vie attorno alla scuola Finzgar di Barcola
Per incrementare la sicurezza dei pedoni sulle strade in un'epoca in cui gli automobilisti, complici i telefoni cellulari, sono sempre più distratti, il Comune punta sulle "zone 30". In primavera partirà un primo progetto sperimentale a Opicina con la trasformazione di una vasta area del centro (nel perimetro di via di Prosecco e via Carsia) in "zona 30", grazie a un intervento del valore di 400mila euro. E nella seduta del Consiglio comunale di lunedì l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli ha fatto propria la mozione dei consiglieri Michele Babuder (Forza Italia) e Salvatore Porro (Fratelli d'Italia), che richiede uno studio di fattibilità per individuare le strade cittadine più a rischio per i pedoni, con presenza di scuole e asili, ricreatori, centri di aggregazione e case di riposo, in cui il Codice della strada consenta di intervenire con una zona 30. Si tratta di una soluzione prospettata anche nel caso di una criticità ormai decennale che interessa la scuola primaria statale slovena Finzgar a Barcola. Il tema della sicurezza stradale davanti alla scuola di via del Cerreto è stato evidenziato ieri con una segnalazione alla sesta commissione dalla consigliera Valentina Repini (Pd), che parlando con insegnanti e genitori ha verificato la criticità di quella zona, sprovvista di attraversamento pedonale e di dissuasori di velocità, con una segnaletica orizzontale poco visibile. La questione, hanno sottolineato le maestre della scuola invitate a intervenire dalla commissione, si trascina dall'inizio del Duemila, con segnalazioni finora cadute nel vuoto. A dicembre è stata consegnata anche la raccolta di un centinaio di firme di genitori e residenti della zona che chiedono di intervenire per la tutela dei pedoni in una strada in cui gli automobilisti sfrecciano a velocità sostenuta. La proposta di realizzare un attraversamento pedonale davanti alla scuola è stata però cassata dal dirigente dell'Area Urbanistica Giulio Bernetti, che ha auspicato piuttosto la realizzazione di una zona 30. Magari, ha consigliato Babuder, nel quadrilatero tra via Moncolano, via del Cerreto e via del Boveto. L'idea, dice Bernetti, è quella di procedere step by step: «Se la sperimentazione a Opicina avrà esito positivo potrà essere estesa ad altre zone cittadine». I tempi però potrebbero essere piuttosto lunghi: per ora è stato fissato per volontà dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi un sopralluogo nella zona, che verrà effettuato la prossima settimana, con l'ipotesi di intervenire intanto con dissuasori ottici di velocità e un potenziamento della segnaletica. Altre criticità segnalate da Repini riguardano la scuola primaria Milcinski di Cattinara, in via Marchesetti, dove vengono richiesti la riparazione del marciapiede e provvedimenti per migliorare la sicurezza dei pedoni, e la scuola media statale Santi Cirillo e Metodio, di strada di Fiume 511. «Per arrivare alla scuola è necessario percorrere via Valdoni, che conduce al Polo cardiologico di Cattinara, una strada molto trafficata e sprovvista di attraversamento pedonale», spiega la consigliera. «Su Cattinara stiamo portando avanti uno studio con il cantiere dell'ospedale, per ora ipotizziamo la realizzazione di un attraversamento pedonale con aiuole a proteggerlo», evidenzia Bernetti, ricordando insieme a Lodi come le priorità d'intervento siano state già messe nero su bianco con la mappa delle strade a maggior rischio di incidenti realizzata dal Comune e il relativo programma di ristrutturazione degli assi e dei nodi stradali.

Giulia Basso

 

 

L’Europa contro la plastica Nel 2030 sarà riciclabile Riuso totale solo per gli imballaggi. Limiti anche per i frammenti nei cosmetici

Monito dell’Ue: «Se non cambiamo, nel 2050 peserà più dei pesci negli oceani» - LA GUERRA ALLA PLASTICA

ROMA - L'Unione Europea muove i primi passi contro lo smisurato mostro di plastica che minaccia l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo e gli alimenti che mangiamo. Più di 150 milioni di tonnellate presenti nei mari e negli Oceani, che si incrementano a un ritmo medio di 8 milioni di tonnellate l'anno, e circa 400 milioni di tonnellate di Co2 generate dalla produzione e dall'incenerimento della plastica in un anno. «Se non modifichiamo il modo in cui produciamo e utilizziamo le materie plastiche, nel 2050 nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesci», avverte il vicepresidente della Commissione Ue Franz Timmermans. E gli stessi pesci sono sempre più "plastificati": con il degrado dei rifiuti più grandi si formano le microplastiche, frammenti più piccoli di cinque millimetri che entrano persino nei tessuti degli animali che li ingeriscono. La scienza ci dice che sono ovunque, anche nell'aria e nell'acqua. Ma non quali sono i loro effetti sulla salute umana. Per questo la Commissione Ue ha varato la "Strategia sulla plastica", che prevede di rendere riciclabili al 100% gli imballaggi entro il 2030 e più della metà dei rifiuti totali provenienti dal derivato del petrolio, contro l'attuale 30% delle 25,8 tonnellate prodotte ogni anno. Prevista anche la riduzione delle microplastiche introdotte volontariamente nell'ambiente, perché utilizzate dall'industria cosmetica per i prodotti per la cura del corpo (dagli scrub alle creme, dai dentifrici ai saponi). In media sono 150mila le tonnellate di frammenti che entrano nei mari dell'Ue ogni anno. Menzionate anche azioni per ridurre la plastica monouso e l'utilizzo di alcune attrezzature da pesca. Infine, la Commissione ha sottoposto al Consiglio e al Parlamento Europeo una direttiva per il trattamento dei rifiuti nei porti. A livello industriale, si punta a rendere il riciclaggio conveniente per le imprese. «Stiamo gettando le basi per una nuova economia circolare della plastica - ha spiegato il vicepresidente della Commissione europea per la crescita Jyrki Katainen - e orientando gli investimenti in questo senso. In tal modo contribuiremo a ridurre i rifiuti sulla terra, nell'aria e nei mari, offrendo al contempo nuove opportunità per l'innovazione, la competitività e un'occupazione di alta qualità. È un'occasione per tutti». E per la ricerca e lo sviluppo di nuovi progetti la Commissione mette a disposizione altri 100 milioni di euro. Soddisfatte solo in parte le associazioni ambientaliste e animaliste. «È un passo importante che però deve tradursi in azioni concrete e proposte legislative coerenti», spiega Legambiente. Anche il Wwf parla di «passo importante per combattere uno dei drammi che caratterizzano la nostra civiltà, ossia la plastica, il terzo materiale umano più diffuso sulla Terra dopo acciaio e cemento» ma «l'orizzonte del 2030 appare un po' troppo lontano rispetto ad una vera e propria emergenza».

Andrea Scutellà

 

«Finché c'è la bottiglia ci sarà chi la butta via»
ROMA - «L'aumento della plastica riciclata è una buona notizia, ma può non avere effetto sulle abitudini di chi la usa. Finché c'è la bottiglietta di plastica, qualcuno la butterà in mare. In Gran Bretagna si parla di eliminarla nel 2042, perché è quello il tempo che ci vuole per toglierla dalla circolazione. Se noi lo facciamo tra 20 anni è già tardi». Ezio Amato è responsabile dell'Area emergenze ambientali in mare dell'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Un mondo in cui la plastica è diventata una minaccia costante con cui confrontarsi, perché rappresenta la maggior dei rifiuti presenti nei nostri mari e nei nostri oceani. Può spiegarci cos'è il "marine litter" e come sta cambiando i mari del nostro mondo?«Il programma per le Nazioni Unite per l'ambiente lo definisce come qualsiasi "manufatto" di cui ci si disfà in mare. Ogni rifiuto: la busta, il tappo o il relitto entra a far parte del "marine litter". La quantità maggiore arriva dalla terra, dai sistemi fluviali. Quella rilasciata per attività marine è ridicola in confronto, ma c'è. A questa categoria appartengono anche le attrezzature, come le reti dei pescatori, che a volte sono abbandonate proprio in mare. Nello stretto di Sicilia, ad esempio, vengono regolarmente affondate cime di centinaia di chilometri in propilene per la "pesca ai cannizzi", anche detta pesca con l'ombra che serve a catturare le lampughe». Quanto influisce la plastica sul "marine litter"?«Molto, uno degli elementi principali è che è persistente e che i grandi rifiuti si frammentano in micro e nanoplastiche. Si ritrova persino nei tessuti degli organismi marini. E ci allarma perché siamo coinvolti direttamente noi che poi mangiamo quei pesci, ma lo scienziato si preoccupa perché queste microplastiche diventano sede di accumulo per alcuni inquinanti, oltre a soffocare le tartarughe». Cosa stiamo facendo per contrastare questi fenomeni nel Mediterraneo?«L'Europa ha messo in campo la "Marine strategy", finanziando anche l'Italia per avere contezza di alcuni fenomeni, tra questi la presenza di plastica spiaggiata, galleggiante o affondata per individuare misure per contenerla e strumenti per indagare se sono efficaci o meno. Attualmente è in corso la fase due, le misure sono ancora da mettere in atto. Abbiamo individuato gli indicatori, le quantità di alcune tipologie di plastica, ma i risultati ancora non sono noti».

(and. scut.)

 

 

Muggia - Ecco i maxicontenitori per il "porta a porta"
MUGGIA - I primi contenitori per le immondizie differenziate stanno approdando nelle case dei muggesani. Con il nuovo anno la raccolta dei rifiuti "porta a porta", che partirà ufficialmente il primo marzo, sta iniziando a prendere piede. E non senza disagi. Gli incaricati della società Net, alla quale è stato affidato il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, hanno iniziato la distribuzione del materiale necessario per l'espletamento del servizio alle singole utenze del Comune di Muggia. Il kit è composto da contenitori, sacchetti, materiale informativo e calendario di raccolta rifiuti.«Con l'introduzione della raccolta porta a porta verranno eliminati tutti i cassonetti stradali attualmente presenti sul territorio comunale, pertanto a far data dal primo marzo gli stessi non saranno più presenti e inizierà il nuovo sistema di raccolta» è stato ricordato nella lettera consegnata ai cittadini da parte del Comune. Come preannunciato lo scorso anno, l'amministrazione guidata dal sindaco Laura Marzi ha stilato il calendario degli incontri informativi previsti sul territorio comunale per spiegare il nuovo metodo di raccolta, alla presenza di un rappresentante di Net, che illustrerà nel dettaglio le novità del sistema e le regole di conferimento dei rifiuti. Si inizierà mercoledì 31 gennaio ad Aquilinia al centro parrocchiale "Casa Primavera", mentre mercoledì 7 febbraio ci si sposterà alla scuola dell'infanzia "Il Giardino dei Mestieri" di Fonderia. Mercoledì 21 febbraio è in programma l'appuntamento forse più atteso nella sala conferenze del palazzo "Millo" di piazza della Repubblica, in cui verranno coinvolti dunque tutti i residenti del centro storico. Infine venerdì 23 febbraio la scuola dell'infanzia di Chiampore ospiterà l'ultimo incontro previsto. Tutti gli appuntamenti si svolgeranno alle 17.30. Agli incontri presenzierà per il Comune l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. «Vista la grande sensibilità dimostrata dai cittadini muggesani in tema di rispetto dell'ambiente e del territorio, si confida nella partecipazione numerosa alle serate informative, certi che ciascuno parteciperà attivamente al cambiamento, adottando comportamenti rispettosi delle nuove regole di conferimento, a beneficio di tutti i concittadini e dell'ambiente» recita ancora la lettera indirizzata dal Comune ai cittadini muggesani. Per ora il ricevimento dei primi contenitori non ha suscitato grande approvazione da parte dei muggesani. Anzi. Forti perplessità sono state espresse soprattutto sulle dimensioni dei contenitori, complessivamente sei, differenziati per colore: blu per carta e cartone, giallo per gli imballaggi e la plastica, verde per il vetro e i barattoli, grigio per i rifiuti secchi residui e due marroni (uno grande e uno piccolo) per l'umido. Pronta la replica del Comune: in caso di ulteriori informazioni e chiarimenti la società Net ha espresso la piena disponibilità a rispondere alle richieste e alle perplessità formulate dai cittadini muggesani. Per contattare il gestore del servizio di raccolta dei rifiuti si dovrà chiamare il numero verde 800520406.

(r. t.)

 

 

Sirovich cittadino onorario di Casoli - Allo scrittore triestino il riconoscimento dal Comune abruzzese per averne riscoperto la Memoria
È sempre più stretto il legame che la città di Trieste sta stringendo con il paesino abruzzese di Casoli, cinquemila e rotti abitanti in provincia di Chieti. Un legame che verrà ufficializzato nel Giorno della Memoria, il prossimo 27 gennaio, quando il Comune di Casoli conferirà la cittadinanza onoraria allo scrittore triestino e geologo dell'Ogs Livio Isaak Sirovich. É stato d'altronde lui a ricostruire, con il suo libro "Non era una donna, era un bandito - Rita Rosani, una ragazza in guerra" (Cierre edizioni 2014/2015), una trama che altrimenti sarebbe rimasta sfilacciata. Nell'opera Sirovich racconta la storia della triestina Rita, medaglia d'oro della Resistenza, che il 17 settembre 1944 venne trucidata, a 23 anni, sul Monte Comune a nord di Verona, in un violento scontro a fuoco tra alcuni partigiani e un battaglione di soldati fascisti e nazisti. Sirovich si avvale delle corrispondenze epistolari che Rita ebbe con il fidanzato Giacomo Nadler, deportato a Casoli insieme ad altri 50 ebrei stranieri di Trieste subito dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia. Ecco che il volume di Sirovich «ha contribuito a far conoscere alcune delle vicende occorse a Casoli durante la guerra agli internati/deportati ebrei», scrive il sindaco del paese abruzzese, Massimo Tiberini, nella lettera in cui ufficializza la cerimonia. «Sirovich - si legge nel testo - ha valorizzato i documenti conservati a Casoli relativi alla presenza sia dei prigionieri/internati ebrei stranieri e sia dei tanti civili sloveni e croati deportati in campi di concentramento e di internamento nel territorio italiano, e in specie abruzzese, dopo l'invasione del Regno di Jugoslavia nella primavera del 1941 da parte della monarchia e del Regime fascista italiano. Servendosi di interviste a testimoni dell'epoca, ha saputo raccontare il comportamento della comunità casolana con competenza, manifestando anche un'insolita empatia con chi all'epoca fu travolto da vicende di imprevedibile tragicità». «Sono commosso, è una notizia tanto inaspettata quanto piacevole», commenta Sirovich, consapevole di aver anche ispirato lo storico Giuseppe Lorentini a ideare il progetto di ricerca online sul Campo di concentramento di Casoli, che, attraverso il sito www.campocasoli.or, permette di far rivivere parte della memoria storica del paese.

Elena Placitelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 gennaio 2018

 

 

Bici in zone pedonali - Lega beffata in aula dalla mozione dem
Maggioranza "in rivolta" contro la mozione del leghista Antonio Lippolis per il divieto di circolare in bici nelle aree pedonali. È l'esito della lunghissima concione che ieri sera ha impegnato il consiglio comunale. Al centro del contendere il testo, al suo secondo passaggio in aula, con cui il consigliere del Carroccio proponeva di introdurre il divieto. In un primo momento la mozione è stata emendata dal capogruppo Paolo Polidori, che all'impegno di emanare un'ordinanza di divieto ha affiancato il consiglio di valutare in alternativa l'adozione di nuova segnaletica che porti i ciclisti sulle apposite piste. Il testo è stato fatto proprio dall'assessore Luisa Polli. Il Pd però ha presentato una mozione, redatta da Laura Famulari, in cui si chiede di fare più attenzione alla sicurezza delle aree pedonali e anche di fare sensibilizzazione sul tema. Ma il punto saliente è il seguente: «Non introdurre divieti alla circolazione dei velocipedi nelle zone pedonali». In sostanza l'annullamento della mozione Lippolis. Il testo dei dem è stato discusso a lungo dall'aula, non senza alcune vette ad effetto, come quando al consigliere Roberto De Gioia (Socialisti/Verdi) è sfuggita la parola "slalom" e ha difeso i ciclisti «a parte alcuni idioti che fanno slogan in mezzo alla gente». Alla fine, però, la mozione del Pd è stata votata da tutti i gruppi, inclusi Forza Italia e Lista Dipiazza: unici contrari Lega, Fratelli d'Italia e il forzanovista Fabio Tuiach. Tramonta così l'opzione Lippolis. Veniamo al resto della serata. È stata ritirata in diretta dalla Lega la mozione sulle residenze dei migranti che aveva suscitato le perplessità di Forza Italia nei giorni scorsi. Le due forze hanno trovato una forma di accordo, e Polidori ha dichiarato: «La mozione è talmente importante che non ci opponiamo all'idea di arricchirla. Chiediamo di rinviarla alla prossima seduta così da dare ai consiglieri il modo di emendarla per renderla più completa». Approvata invece la mozione di Michele Babuder, Piero Camber e Alberto Polacco (Fi) per la ricollocazione della targa a Giulio Corelli a Gretta. La placca dedicata al fu presidente della Polisportiva locale è stata eliminata durante i lavori di restauro degli edifici Ater ed è ora custodita a Ronchi dei Legionari. Assieme alla targa, è emerso, è stato segato via anche il pezzo di muro allegato. Urge quindi la ricollocazione dell'imponente manufatto. Operazione che l'assessore Lorenzo Giorgi s'è impegnato a fare quanto prima. Tra le mozioni approvate nel corso della serata c'è anche la proposta di Antonella Grim (Pd) per l'introduzione del bancomat nelle biglietterie dei musei civici che ne sono sprovvisti: «A partire da San Giusto - commenta Grim -. La valorizzazione turistica passa anche per una migliore informatizzazione e comunicazione». Approvata seduta stante anche la mozione forzista che chiede di concordare un'intesa fra Comune, Uti e Regione per la gestione dell'edilizia scolastica. All'inizio della serata il sindaco Roberto Dipiazza ha commemorato il professor Italo Gabrielli, scienziato e politico triestino scomparso nei giorni scorsi, nonché padre del presidente del consiglio Marco Gabrielli.

(g. tom.)

 

Ok alle barriere antirumore di Sistiana - Il ministero ha approvato il progetto per il tratto autostradale fino a Duino. Il cantiere si aprirà tra qualche settimana
DUINO AURISINA - L'incubo rumore sta per finire. Con l'approvazione del progetto esecutivo da parte del ministero delle Infrastrutture, arrivata a dicembre, e la firma del protocollo d'intesa fra Anas e Fvg Strade, la costruzione delle barriere antirumore nel tratto autostradale compreso fra Sistiana e Duino può iniziare. Un intervento molto atteso dai cittadini che vivono e lavorano a Sistiana, Duino e San Giovanni di Duino. Si posizioneranno barriere alte dai quattro ai sei metri, fabbricate in materiali ecologicamente compatibili che, dal punto di vista estetico, saranno simili alla pietra di Aurisina e copriranno complessivamente 3.740 metri di lunghezza e 18.500 metri quadrati. Realizzate dalle aziende Fip Industriali spa e Cir Ambiente Spa, riunite in Ati (Associazione temporanea d'impresa), le barriere richiederanno un investimento di circa 6 milioni di euro. I lavori dovevano iniziare dopo l'estate, ma l'iter dell'opera si è rivelato molto tormentato «come purtroppo accade spesso in Italia - si legge in una nota di Autovie venete - per una serie di motivi di tipo tecnico e procedurale. La zona è sottoposta a rigidi vincoli di tutela, i tempi ministeriali per il rilascio delle autorizzazioni sono stati molto lunghi e i numerosi enti coinvolti hanno dovuto seguire un percorso complesso per il rilascio delle autorizzazioni relative allo spostamento delle interferenze».«Le operazioni preliminari all'apertura del cantiere - conferma il presidente di Autovie Venete, Maurizio Castagna, in stretto contatto con il sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta - avverranno già nelle prossime settimane, cominciando dagli espropri, perciò possiamo garantire che, nell'arco di un anno e mezzo circa, le barriere saranno installate».Il cronoprogramma del cantiere, che sarà discusso nei dettagli da Castagna e Pallotta nel corso di un incontro programmato per martedì prossimo, prevede una durata complessiva di 510 giorni. Il progetto fa parte di un programma finalizzato alla limitazione del rumore nelle autostrade dell'intero territorio regionale. Pallotta ha espresso "grande soddisfazione" per questo risultato. «Ringrazio Autovie venete e in particolare il presidente Castagna - ha detto -, che ha dimostrato grande disponibilità nei confronti del problema dell'inquinamento acustico. Un incontro decisivo - ricorda - era avvenuto già lo scorso 27 luglio, alla presenza del nostro assessore alla Viabilità, Andrea Humar. In tale frangente erano stati esaminati i dettagli del progetto, che ha avuto un lunghissimo iter di approvazione, iniziato nel lontano 2005. Un ringraziamento va anche a Pietro Del Fabbro, nel 2005 amministratore delegato di Autovie venete - ha proseguito - che aveva seguito l'avvio dell'intervento». Sul tema si era impegnato anche l'ex sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret (Autonomia responsabile), oggi consigliere regionale e comunale, che a dicembre aveva scritto una lettera alla presidente Debora Serracchiani, parlando di «vent'anni di annunci, cui non sono mai seguiti i fatti».

Ugo Salvini

 

 

Trieste Airport, passerella pronta - Sopralluogo dei vertici con il sindaco Dipiazza dall'aerostazione alla fermata Fs. Primo treno il 19 marzo
RONCHI - È iniziato il conto alla rovescia. Il 19 marzo prossimo approderà il primo treno ed allora, a poco più di un anno dall'avvio del cantiere, il 23 gennaio 2017, il polo intermodale dei trasporti di Ronchi dei Legionari sarà una realtà che dovrà far ripensare a tutto il sistema della mobilità regionale. Il punto della situazione è stato fatto ieri, in occasione della visita del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza che, accompagnato dal presidente e dal direttore generale di Trieste Airport, Antonio Marano e Marco Consalvo, per la prima volta ha attraversato la lunga passerella, 425 metri di lunghezza, dall'aerostazione alla fermata ferroviaria, in avanzata fase di allestimento. Con loro anche il responsabile dell'ufficio di piano, Stellio Vatta, il direttore dei lavori, Ermanno Simonati e Marco Seibessi, presidente della Ici Coop, l'azienda capofila del raggruppamento d'imprese che si è aggiudicato l'appalto. In questi giorni è iniziata la posa in opera delle pareti esterne, così come anche del soffitto, mentre sono già state montate le scale mobili e si sta provvedendo alla sistemazione del sistema di tappeti mobili. Quasi del tutto completato il parcheggio multipiano, si è provveduto a realizzare il manto d'asfalto di larga parte della zona destinata al parcheggio a raso, mentre, in questi giorni, si lavora per la stabilizzazione dei rimanenti 350 parcheggi scoperti. Montate, poi, le infrastrutture che permetteranno la sistemazione di un sistema di pannelli fotovoltaici che consentiranno di far funzionare due colonnine per la ricarica delle automobili elettriche. Ormai concluse le operazioni di realizzazione dell'illuminazione esterna, si lavorerà senza sosta anche alla fermata ferroviaria, dove si debbono completare le banchine per i passeggeri e realizzare le pensiline. Non sarà un'inaugurazione di facciata, ribadiscono gli addetti ai lavori e dal 19 marzo tutto dovrà essere completato e funzionale ad accogliere i passeggeri. Allora mancherà solo il sistema di piste ciclabili che, come da accordi, è di competenza dell'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari che ha ricevuto un finanziamento regionale di ben 500mila euro. Ma interventi di una certa portata sono previsti anche all'interno dell'aerostazione che, dalla prossima settimana, sarà oggetto della sostituzione della copertura in plexiglass realizzata negli anni Novanta. Qui, va detto, è ormai stata quasi completata tutta la viabilità che sarà operativa da marzo. «Stiamo realizzando la nuova porta della nostra regione - ha detto il presidente Marano - e non possiamo che sperare che i cittadini accolgano di buon grado la valenza e l'utilità di questa bellissima opera che non è più un sogno nel cassetto». E la soddisfazione è piena anche nelle parole di Dipiazza. «Non può che far piacere toccare con mano che qui le cose sono state fatte in grande, pensando ad un rilancio vero del nostro aeroporto all'interno di un sistema del trasporto nell'area Alpe Adria».

Luca Perrino

 

I siti archeologici contesi stoppano il secondo binario -
La realizzazione della Capodistria-Divaccia rischia di subire rallentamenti per lo scontro tra le Università del Litorale e di Lubiana sugli scavi di ricerca
LUBIANA - Una "maledizione" sembra incombere sulla tanto agognata realizzazione del secondo binario lungo la linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, opera che permetterebbe al Porto del capoluogo del Litorale di continuare il proprio trend di crescita verso i mercati del centro Europa. Non sono bastate la battaglia politica sfociata addirittura in un referendum contro la realizzazione, perso dagli anti-secondo binario, e le continue polemiche che accompagnano le prime mosse per l'avvio dell'opera: ora ci si mettono anche le lungaggini giudiziarie dovute all'affidamento di scavi archeologici su due siti, a Busevc, visino Villa Decani e Spina, nei pressi di Ospo che insistono proprio sulla tracciato dei lavori. La Commissione statale di revisione, infatti, come scrive il Delo di Lubiana, per la seconda volta negli ultimi nove mesi ha annullato l'accordo stipulato tra la Direzione statale per le infrastrutture e l'Ufficio per i beni culturali assieme all'Università del Litorale per svolgere i lavori archeologici nei due siti interessati da resti romani e tardo medievali. L'annullamento è stato chiesto e vinto dalla Facoltà di filosofia di Lubiana secondo la quale i due committenti (Ufficio dei beni culturali e Università del Litorale) non avrebbero tutti i requisiti necessari a svolgere gli scavi archeologici. La Direzione statale per le infrastrutture già il 18 agosto del 2016 aveva definito i termini per l'affidamento delle opere archeologiche necessarie nei due siti di Villa Decani e Ospo ma fino a oggi tutto è rimasto bloccato. Bando che la Direzione ha ripetuto nel dicembre del 2016 e che è stato aggiudicato il 3 aprile del 2017 all'Ufficio per i beni culturali e all'Università del Litorale i quali si sono impegnati a svolgere i lavori per complessivi 1,09 milioni di euro. Dieci giorni più tardi è partita l'opposizione della Facoltà di filosofia dell'Università di Lubiana che si diceva pronta a svolgere l'opera per 1,5 milioni. La Direzione statale per le infrastrutture ha bocciato questa offerta già il 9 maggio 2017 ma la facoltà di filosofia si è rivolta alla Commissione statale per la revisione che ha dato ragione a Lubiana il 13 giugno scorso. Tutto da rifare. Nuovamente il 28 agosto i lavori vengono affidati alla cordata prima aggiudicatrice ma nuovamente la facoltà di filosofia è ricorsa in Commissione il 28 agosto 2017.A questo punto la diatriba potrebbe ancor più dilatarsi nel tempo con la Direzione statale delle infrastrutture che continua a ripetere che affiderà i lavori a un solo soggetto proponente e che, nelle more, ventila la possibilità di rifare nuovamente il bando di gara. I lavori di scavo archeologico dureranno, se partiranno e quando partiranno ben 10 mesi. I treni possono attendere.

Mauro Manzin

 

 

L'addio di Barcola alle piante ferite - Censiti dal Comune gli alberi malati. Abbattimenti in vista. Ma in 268 si mobilitano a difesa del pino storto
Gli habituè di Barcola sono avvisati: quest'estate la pineta avrà qualche zona d'ombra in meno, poiché a breve si procederà all'abbattimento di alcuni dei suoi alberi, seriamente intaccati dalla presenza di pericolosi funghi. Tra di loro anche lo storico "Pino storto" di piazza Skabar, a difesa del quale sono già scese in campo poco meno di 300 persone (268 per la precisione). Il Comune ha avviato di recente un censimento, affidato agli uffici tecnici, degli alberi pericolanti in città. E in pineta, come detto, ne sono già stati individuati alcuni. Come riconoscerli? Semplice, basta cercare i cartelli di pericolo affissi ai loro tronchi. «Avviso: l'albero sarà abbattuto per estremo rischio di schianto - si legge in uno dei messaggi -. La pianta sarà sostituita con la messa a dimora di un nuovo albero». Altri fogli, invece, riportano diagnosi diverse e più approfondite. «Questo leccio presenta diversi funghi responsabili del decadimento dei tessuti legnosi - si legge su un'altra pianta poco distante -. Sono presenti inoltre diverse ferite e cavità aperte alla base del fusto. La vitalità della pianta è modesta. Sono state effettuate misurazioni strumentali con resistografo. È quindi necessario abbattere la pianta». Elisa Lodi, assessore ai Lavori pubblici, precisa che per ora gli interventi di abbattimento riguarderanno solo due alberi della pineta (nonostante non siano gli unici malati). Il taglio avverrà nell'arco di qualche mese. A breve poi potrebbe subire lo stesso trattamento un altro albero inserito nell'elenco di quelli pericolosi e pericolanti: lo storico pino incurvato del giardino Skabar, situato appena prima l'inizio della pineta, accanto all'ex capolinea del bus numero 6. Per salvare "Pino lo storto", che affonda le sue radici nella storia stessa della città data la sua età, è addirittura nata una petizione promossa da Stefano Pockaj e sottoscritta fino ad oggi da altri 268 cittadini. «Il Comune - si legge - vuole abbattere lo storico pino secolare incurvato che è da generazioni pregio estetico particolare del giardino Skabar di Barcola ed è con esso nei ricordi di tutti i frequentatori del porticciolo e della riviera barcolana. Il motivo dell'abbattimento - prosegue il testo - è che potature sbagliate, eseguite per conto dello stesso Comune, lo hanno ferito facendovi penetrare dei funghi. Ma ognuno può constatare che il grande pino è egualmente vitale e rigoglioso». Come soluzione alternativa al taglio viene proposta, quindi, la costruzione di un semplice supporto fisso, da abbellire magari con rose o altre piante da fiore, come si è soliti fare per i vecchi alberi nei giardini storici. In questo modo, secondo l'autore della petizione, si riuscirebbe a consolidare il tronco di "Pino lo storto", impedendo il rischio che si spezzi e cada. «Chiediamo perciò al Comune - si conclude la petizione - di annullare l'ordine di abbattimento di quel pino secolare che fa parte del paesaggio di Barcola, dov'è già visibile nelle cartoline d'inizio '900, e di provvedere invece all'opportuno supporto di sostegno». Dopo un primo incontro ieri che però non ha dato i frutti sperati, proprio oggi Lodi e l'ufficio tecnico del verde pubblico si riuniranno di nuovo per decidere le sorti di "Pino lo storto".

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 gennaio 2018

 

 

L’Uti porta “in dote” 4,3 milioni in due anni per l’area di Acquario - Intesa siglata tra giunta regionale e Consiglio delle autonomie

Destinati a Muggia fondi per accelerare le opere di bonifica

MUGGIA - Esattamente 4 milioni e 300 mila euro, che approderanno entro il 2019 in piazza Marconi. A tanto ammonta in finanziamento che l'Unione territoriale intercomunale giuliana affiderà al Comune di Muggia per finanziare un'opera attesissima: la bonifica e la riqualificazione del terrapieno Acquario. L'accordo è arrivato in seguito all'Intesa per lo sviluppo regionale e locale 2018-2020 avvenuta a Udine e sottoscritta dalla presidente della Regione Debora Serracchiani e dal presidente del Consiglio delle autonomie locali Andrea Carli. Il documento ha sancito il piano dei finanziamenti che nei prossimi tre anni andranno alle Unioni territoriali del Friuli Venezia Giulia per la realizzazione degli interventi di area vasta: sulla bilancia qualcosa come 147 milioni di euro. Per quanto concerne l'Uti giuliana, il Comune di Muggia nel 2018 incasserà un finanziamento pari a 3,1 milioni di euro - ossia il 43% dei 7 milioni 676 mila totali dell'Uti - a cui si andrà ad aggiungere il milione e 400 mila euro (pari al 30% totale giuliano) nel 2019. «Nei prossimi due anni, oltre a 200 mila euro di investimento per la promozione di forme di economia solidale, la città riceverà 4 milioni 300mila euro per il recupero di tratti di costa da bonificare e restituire alla fruizione pubblica nel terrapieno Acquario: uno tra i più importanti e attesi progetti sul territorio dunque, sarà portato a compimento», ha commentato con soddisfazione il sindaco Laura Marzi. Il terrapieno Acquario, posto sul lato mare di strada per Lazzaretto in località Boa, è a tutti gli effetti il più grande spazio esistente a Muggia destinabile a fini turistico-balneari con i suoi 30mila metri quadri di terreno disposti su un'area lunga quasi un chilometro. Interdetto al pubblico da quasi quindici anni per una complessa vicenda giudiziaria, il sito è stato "sbloccato" nel 2015 con l'approvazione da parte della Conferenza di servizi regionale del progetto definitivo per la sua messa in sicurezza e bonifica. «Proprio in ragione della sua lunghezza ed estensione, quella di Acquario è l'area di maggiore interesse in quanto il suo recupero consente, oltre all'incremento significativo delle aree destinabili alla balneazione e alle attività ad esse connesse, anche la realizzazione di ampi spazi di servizio e ludico-ricreativi», ha commentato Bussani. Entro l'estate le aree del primo lotto - comprendente la pista ciclabile e due aree parcheggio - verranno già aperte al pubblico. L'apertura del lato mare consentirà dunque ai bagnanti di potersi recare in acqua. Ma il progetto finale prevede anche la messa in sicurezza dell'area a monte con la creazione di spazi per attività sportive e di ristorazione. «Una volta completato il progetto, ossia entro la fine del mandato, il lungomare diventerà per Muggia non solo il naturale luogo di ritrovo e svago della sua cittadinanza ma costituirà anche una attrazione nel periodo estivo per i territori vicini - puntualizza Bussani - divenendo un volano imprescindibile per il suo sviluppo turistico e, più ampiamente inteso, economico». Significative le parole del sindaco Laura Marzi: «Si stanno finalmente concretizzando progetti che anni fa sembravano utopia. La trasformazione del litorale muggesano, che ha già visto restituire riqualificata l'area da punta Olmi al molo "T" e, a breve, il primo lotto di Acquario, continua quindi a grandi passi verso la sua piena restituzione alla città».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 gennaio 2018

 

 

Al volante con il cellulare in mano - Escalation di multe: + 122% nel 2017
L'articolo 173 del codice della strada, che vieta l'utilizzo del cellulare alla guida, è stato violato almeno 595 volte nell'arco del 2017. E la Polstrada ha staccato altrettante multe. Il 122% in più rispetto al 2016. Un dato che fa riflettere. Uno dei tanti che ieri i diversi settori della Polizia di Stato hanno comunicato per fare un bilancio dell'attività svolta l'anno scorso. Ecco alcuni dei numeri più salienti. Sempre per rimanere in ambito stradale, si scopre che l'utilizzo delle cinture non va molto di moda, segnando così 839 violazioni per il mancato uso, sanzioni che sono in aumento del 14% in confronto al 2016. Ritirate 330 patenti. Sono stati 273 gli incidenti, di cui quattro mortali e 126 con feriti. I punti decurtati? Oltre 18mila. Deputata al primo approccio con il cittadino in difficoltà è la sala operativa della Questura, che quest'anno ha visto gli operatori rispondere a 57.649 chiamate sia inerenti a fatti gravi che semplici richieste di informazioni. L'attività di prevenzione si è esplicata attraverso il controllo di 55.800 persone e 16.000 veicoli, 36 sono stati gli esercizi pubblici sottoposti a verifiche di polizia. Il Nucleo regionale degli artificieri antisabotaggio ha operato 346 ispezioni di luoghi interessati dalla presenza di personalità o a rischio terrorismo; sono intervenuti in sette servizi di rappresentanza. Gli interventi su presunti ordigni esplosivi improvvisati sono stati 61. Altrettanto alacri gli agenti della polizia di frontiera che hanno identificato 75.329 persone e 24.626 veicoli. L'efficacia del dispositivo adottato è dimostrato dagli 80 arresti eseguiti e dalle 660 denunce in stato di libertà, nonché dal fermo di 451 migranti irregolari (afghani, iracheni e pakistani) di cui 67 immediatamente rimessi alla Repubblica di Slovenia. Questi sono solo alcuni dei numeri portati a termine da questa area. L'Ufficio di polizia di frontiera marittima ha svolto la verifica di prima e seconda linea in occasione degli arrivi e partenze di 4.968 navi, sia di sicurezza, prevenzione e supervisione della Security Portuale. Sono 32 le sanzioni date a vettori marittimi per 550mila euro. Nel corso di attività di prevenzione all'immigrazione clandestina, sono stati sequestrati 11 autoarticolati provenienti dalla Turchia di cui tre già sottoposti a confisca. Tanto che gli ingressi irregolari attraverso il porto di Trieste sono cresciuti del 50% nel 2017. Anche i reati informatici hanno fatto lavorare il compartimento della polizia postale che ha monitorato nell'ambito della pedopornografia monitorando 2046 siti web in Fvg di cui 1030 nel capoluogo giuliano, dove sono state eseguite anche dieci perquisizioni. Hanno svolto inoltre 265 controlli negli Uffici Postali nel periodo del ritiro delle pensioni. La Polfer invece ha scortato 7.455 convogli ferroviari con una media di 21 treni al giorno; sono stati predisposti 854 servizi antiborseggio in abiti civili sia negli scali che sui convogli. Grazie a tale dispositivo il Compartimento polizia ferroviaria per il Fvg ha tratto in arresto 26 persone e ne ha indagate in stato di libertà 822 e sono stati rintracciati ben 180 minori allontanatisi da casa o da strutture di accoglienza. Le stazioni ferroviarie di Udine e Pordenone sono state oggetto, più volte, di specifici servizi per la prevenzione e la repressione del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope svolti anche con l'ausilio di unità cinofile.

(b.m.)

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - SABATO, 13 gennaio 2018

 

 

ECOBONUS 2018, TRA CONFERME E NOVITA'

Anche per il 2018, chi ha programmato lavori di ristrutturazione nel corso dell’anno potrà contare sull’Ecobonus. Ecco i principali interventi detraibili. A 21 anni dal suo debutto, l’Ecobonus si rinnova e introduce alcune importanti novità. Le detrazioni riservate a chi ha programmato di eseguire lavori nella propria abitazione sono state confermate dalla legge di Bilancio anche per il 2018, seppur con alcune modifiche rispetto agli anni precedenti.

Lavori di efficientamento energetico, cosa cambia rispetto al 2017. Rimane confermata la possibilità di detrarre il 65% in dieci anni delle spese relative ai lavori che migliorano l’efficienza energetica delle singole unità abitative. Il tetto massimo di spesa è fissato a 100.000 euro e include lavori di diverse tipologie: dagli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale ai sistemi di domotica che garantiscono il controllo da remoto degli impianti di acqua calda, climatizzazione e riscaldamento. A differenza di quanto avveniva fino all’anno scorso, la detrazione passa dal 65 al 50% per la sostituzione di finestre, per l’installazione di caldaie a condensazione meno evolute e per gli impianti di riscaldamento alimentati a biomasse, come le stufe a pellet. Passa al 50% anche la detrazione per l’acquisto e la posa in opera di schermature solari, come le tende da sole. Un’altra novità riguarda la possibilità di detrarre il 65% delle spese sostenute nell’arco del 2018 per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti già esistenti.
Ristrutturare e recuperare metà della spesa sostenuta. Altro punto che rimane invariato è quello relativo ali lavori di ristrutturazione edilizia che, anche quest’anno, permetteranno di recuperare in dieci anni il 50% della spesa sostenuta, per un massimo di 96.000 euro. Rientrano in questo gruppo tutti i lavori di manutenzione ordinaria relativi alle parti comuni condominiali (sostituzione dei pavimenti, tinteggiatura di pareti…), quelli di manutenzione straordinaria (rifacimento delle scale), di restauto o di risanamento conservativo (ripristino dell’aspetto storico-architettonico di un edificio) e le spese di ristrutturazione edilizia (realizzazione di una mansarda…). Come negli anni passati, sono detraibili anche gli interventi volti a eliminare le barriere architettoniche, quelli per la prevenzione di atti illeciti da parte di terzi (installazione di porte blindate, grate…) e gli interventi per la bonifica dell’amianto. Tra le novità del 2018 spicca il cosiddetto “Bonus verde” che prevede la possibilità di detrarre il 36% della spesa sostenuta per la sistemazione di balconi, giardini e terrazzi privati.
Sismabonus e efficientamento, le detrazioni per i condomini. Nel 2018 viene introdotta qualche novità sulle detrazioni relative al consolidamento degli edifici, il cosiddetto sismabonus, e su quelle che garantiscono un maggior risparmio energetico. La legge di Bilancio favorisce le operazioni combinate eseguite negli stessi stabili e proroga la scadenza fino al 31 dicembre 2021. Infatti se un condominio che si trova in zona sismica 1, 2 o 3 decide di avviare i lavori di messa in sicurezza e, contestualmente, anche quelli di efficientamento energetico, potrà usufruire di una detrazione dell’80%, nel caso in cui l’intervento comporti il miglioramento di una classe di rischio. La detrazione può arrivare fino all’85% se i lavori assicurano il miglioramento di due classi di rischio, su una spesa massima di 136.000 euro per unità. Se l’edificio esegue i soli lavori di consolidamento e se questi migliorano una classe di rischio sismico, la detrazione sarà invece pari al 70%. Confermate anche le detrazioni relative all’efficientamento energetico sulle parti comuni degli edifici. Se gli interventi interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda, la detrazione sarà del 70%. Se i lavori comportano almeno la qualità media per la prestazione energetica invernale ed estiva, invece, la detrazione arriva fino al 75% della spesa.
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 gennaio 2018

 

 

Un piano triennale per cancellare le nutrie dal territorio del Fvg - Disciplinati i metodi di cattura e soppressione, con il fucile - Potranno intervenire anche gli agricoltori purché «formati»
TRIESTE - È nel 1929, l'anno della grande depressione, che gli italiani iniziano a conoscere la nutria (o castorino). Il roditore arrivava dal Sud America e una quarantina di anni dopo sarebbe pure stato diffusamente allevato per la produzione di pellicce. In regione la presenza è segnalata dagli anni Novanta e oggi, secondo una stima dell'Università di Udine, si contano 70mila esemplari. Decisamente troppi visti i danni all'agricoltura e la minaccia alla sicurezza idrogeologica del territorio: le nutrie preferiscono l'ambiente acquatico e sono solite scavare gallerie e tane ipogee anche di diversi metri, con conseguenti rischi per la tenuta delle arginature di corsi d'acqua naturali e canali di irrigazione e scolo. Con la premessa che nel 2014 la legislazione nazionale ha declassato la nutria da specie selvatica ad «animale infestante», e secondo il dettato della legge regionale 20 dello scorso giugno, la giunta interviene via delibera con un obiettivo chiaro: sterminare la specie. Il piano di durata triennale - «Uno strumento efficace per il controllo e l'eradicazione della specie», lo riassume l'assessore Paolo Panontin - entra nel dettaglio dei metodi di intervento, degli operatori, dello smaltimento delle carcasse. L'importante è che non siano usati veleni, esplicitamente vietati assieme a ogni altro metodo non selettivo. La giunta informa innanzitutto sulle persone autorizzate all'intervento. Si tratta del Corpo forestale regionale, delle guardie comunali con licenza di caccia, di operatori anche non cacciatori ma selezionati e addestrati dalle ex Province. Via libera anche all'agricoltore proprietario o conduttore, «purché adeguatamente formato», previa comunicazione all'ispettorato forestale. La via preferenziale, anche se non viene escluso l'abbattimento diretto, è la cattura in vivo tramite gabbie-trappola e successiva soppressione. Nell'allegato alla delibera si precisa inoltre che vanno impiegati meccanismi a scatto collegati con esche alimentari come mele e granoturco. Le gabbie, una volta attivate, devono essere controllate almeno una volta al giorno (due in periodo estivo), allo scopo di non procurare inutili sofferenze agli animali catturati e di verificare l'eventuale presenza di specie non bersaglio che dovranno essere prontamente liberate. La soppressione «con metodo eutanasico» degli animali catturati con il trappolaggio dovrà poi avvenire nel minor tempo possibile. Di dettaglio in dettaglio si spiega anche il metodo di soppressione. Il più semplice: il colpo di fucile. Con canna liscia, ma anche di piccolo calibro (tipo flobert) o di dispositivi ad aria compressa con potenza non superiore a 7,5 Joul e calibro pari a 4,5 per i quali non sono richiesti porto d'armi e licenza per l'esercizio venatorio. Il trasporto delle armi da casa al luogo della cattura, nessuna sorpresa, è consentito soltanto a maggiorenni. Data poi per scontata la «massima diligenza», con arma scarica e nella custodia. Una volta uccise, le nutrie vanno messe «in contenitori ermetici ove vengono esposte al biossido di carbonio ad alta concentrazione». In ogni caso, più se ne uccidono, meglio è: «Tenuto conto che l'obiettivo auspicabile è l'eradicazione della specie dal territorio regionale, non sono previste limitazioni numeriche al prelievo». Non manca la dotazione finanziaria: 22mila euro all'anno (66mila nel triennio) per lo smaltimento delle carcasse e per l'acquisto delle gabbie. Un investimento «contraddittorio», denuncia peraltro la Lav-Lega anti vivisezione, che cita, con il referente di Trieste Fulvio Tomsich Caruso, gli 80mila euro pubblici che sostengono uno studio dell'Università di Udine per individuare e testare sistemi che riducano le capacità riproduttive delle nutrie. «Un'azione non violenta che ci vede ovviamente favorevoli - dice l'animalista -, ma che rende ancor meno comprensibile perché si vada sulla strada opposta dell'abbattimento cruento». Un'iniziativa, aveva già denunciato in passato la Lav, «che otterrà l'effetto di indurre la specie a moltiplicarsi ed estenderà la caccia 24 ore su 24 anche fuori dalla stagione venatoria, facendo girare persone armate e dando copertura alle attività di bracconaggio».

Marco Ballico

 

 

Coste della Croazia lordate dai rifiuti giunti dall'Albania - L'immondizia spinta dai venti di scirocco che soffiano da Sud - Scempio sulle spiagge di Ragusa. Tre settimane per pulirle
FIUME - Torna a far parlare di sè l'annoso problema dell' invasione dei rifiuti nel sud della Dalmazia. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un paio di sciroccate che per i dalmati meridionali sono al livello di una sciagura o quasi. Centinaia e centinaia di tonnellate d'immondizia che - sospinte dal vento e dal moto ondoso - arrivano dall'Albania e vanno ad occupare chilometri quadrati di porti, marina, spiagge, baie. Mesi fa la città di san Biagio, Ragusa (Dubrovnik) per intenderci, era stata lordata da sacchi e rifiuti di plastica, bottiglie di ogni tipo, rami e legname vario, un bruttissimo e ripugnante tappeto di immondizia che aveva occupato, tra l'altro, la rinomata spiaggia di Banje, uno dei simboli turistici di questa località dalmata. Ebbene, ci sono volute tre settimane per liberare Ragusa da quell'inguardabile strato, che puntualmente appare ogni anno con lo scirocco autunnale. A protestare per quanto sta avvenendo negli ultimi giorni sono stati gli abitanti delle isole di Curzola, Meleda, Giuppana, Mezzo, Lunga e Lissa, della penisola di Sabbioncello e della stessa Ragusa. Ci sono tanti, troppi rifiuti e tutti arrivano inesorabilmente da sudest, dall' Albania. Un abitante di Curzola città, che ha voluto mantenere l'anonimato, si è rivolto ad un giornalista che stava prendendo nota della montagna di rifiuti presenti nelle acque del capoluogo isolano e ha detto con la voce alterata dalla rabbia: «A Zagabria si sono dimenticati di noi, trascurando il fatto che simili discariche in mare minano la nostra salute e quella degli organismi marini. L'ultimo spot promozionale dell'Assoturistica croata indica il Paese come un luogo Full of life. Invece è full of shit». A muoversi per prima è stata l'organizzazione croata di Greenpeace che ha promosso una raccolta di firme tramite Internet, con messaggio rivolto al ministro croato dell'Ambiente, Tomislav Coric, invitato a muoversi in tempi rapidi, in primis a Bruxelles, «per evitare che la Croazia continui ad essere inondata dai rifiuti». Lo scottante tema, che aveva già visto Zagabria protestare ufficialmente nei riguardi di Tirana, è stato toccato l'altro giorno nel corso dell'incontro tra i presidenti di Croazia e Albania, Kolinda Grabar Kitarovic e Ilir Meta.

Andrea Marsanich

 

 

Sofia porta a scuola l'allarme clima - La studentessa della Sissa premiata con la borsa di studio "Prattico"
«Il clima cambia anche a livello locale. Per raccontarlo a scuola si diventa videomaker». Con questo tema Sofia Rossi, milanese, studentessa del master in Comunicazione della scienza "Franco Prattico", ha vinto la borsa messa in palio dall'assessorato all'Educazione, scuola, università e ricerca del Comune di Trieste per la promozione della conoscenza scientifica con approcci didattici innovativi. Il riconoscimento è stato consegnato ieri dall'assessore comunale Angela Brandi e dal direttore della Sissa, Stefano Ruffo.«Sono molto contenta del risultato ottenuto. Il mio progetto punta sui prodotti multimediali - ha spiegato Sofia - perché sono strumenti moderni, adatti a raggiungere i ragazzi delle scuole e coinvolgerli in modo efficace in un tema così importante e attuale come quello dei cambiamenti climatici. Si riescono a diffondere alle nuove generazioni contenuti che rappresentano uno dei problemi più grandi che l'uomo si trova ad affrontare e che dipendono dal comportamento dell'uomo stesso - spiega -. Gli studenti dovranno ideare un video con gli strumenti che verranno forniti, realizzando le immagini e occupandosi anche del montaggio. Impareranno anche a lavorare in gruppo, come un vero team, e potranno scegliere l'argomento specifico su cui concentrarsi, ovviamente legato al tema principale. Io li seguirò ma dovranno essere sempre autonomi e liberi di sviluppare le proprie idee». Attraverso l'obiettivo della videocamera, i giovani studenti dovranno quindi riflettere e discutere su un problema globale, come quello del riscaldamento del pianeta, da una prospettiva cittadina e regionale, per poi raccontare a loro modo il tema con un progetto creativo. Nelle precedenti edizioni dell'iniziativa, con la stessa borsa, sono state premiate le studentesse del master Irene Campagna, per un elaborato dedicato alla conoscenza e alla prevenzione delle malattie infettive, e Sara Petrillo, che ha realizzato una proposta di citizen science, per il monitoraggio della zanzara tigre in città conclusosi nell'autunno 2017.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 gennaio 2018

 

 

Piccoli mostri di plastica finiscono nei nostri piatti - Tonnellate di micro-frammenti nei mari europei ogni anno. In arrivo stangata Ue
Molti si trovano nei prodotti cosmetici: ingeriti dai pesci, ce li ritroviamo a tavola
ROMA - Gli Stati Uniti le hanno messe al bando nel 2017, la Gran Bretagna da qualche giorno e l'Italia, divisa dal dibattito sui sacchetti compostabili, si accoderà soltanto nel 2020. Parliamo di microplastiche, ovvero quei frammenti «di misura inferiore o uguale a cinque millimetri» - così le definisce l'emendamento approvato nella legge di Bilancio - che le Nazioni Unite considerano una delle sei emergenze mondiali dell'ambiente. Dopo essersi infiltrate negli impianti di depurazione, miliardi di particelle appestano fiumi, laghi, mari e oceani finiscono persino sulle nostre tavole, con l'aspetto invitante di un buon pesce a indorare la pillola. Per lo più si tratta di macrorifiuti di plastica che si scompongono in acqua. Secondo la Goletta Verde di Legambiente, infatti, il derivato del petrolio rappresenta il 95% degli scarti presenti nel Tirreno, tra cui spicca un 41% di buste e frammenti. Ma l'invasione delle microplastiche è anche il risultato della cura del nostro corpo, purtroppo: è possibile trovarne in alcuni dentifrici, bagnischiuma, saponi, creme, ma soprattutto nei cosmetici. «Alcune aziende le utilizzano come agente esfoliante negli scrub o nelle maschere per togliere la pelle morta, un compito che in realtà potrebbe essere svolto benissimo da sali e altri minerali», spiega Eleonora De Sabata, portavoce del progetto Clean Sea Life, coofinanziato dall'Unione Europea, che ha per missione la riduzione dei rifiuti marini, attraverso una campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Le stime dell'inquinamento da microplastiche contenute nei cosmetici non sono trascurabili: ogni giorno ne vengono sversate nei mari europei 24 tonnellate, che diventano 8.600 in un anno. Immaginatelo come un unico, mostruoso blob di plastica che si aggira per i nostri mari. Racconta il monitoraggio di Clean Sea Life, in costante aggiornamento, di almeno 88 cosmetici attualmente in vendita che utilizzano polietilene. Una sostanza che, secondo gli industriali del settore, rappresenta il 94% delle microplastiche presenti nei prodotti per la cura della persona. In media ogni flacone contiene 750mila particelle di plastica, per un totale di 12 grammi. Il record è quello dello scrub per i piedi del marchio indiano Himalaya, tuttavia, che contiene 1.632.000 frammenti, per un totale di 27 grammi di polietilene. Non mancano aziende leader del settore tra quelle che usano microplastiche: «Ma noi non vogliamo che i consumatori giudichino in base ai nomi dei marchi - spiega ancora De Sabata - perché il monitoraggio non è ancora completo. Preferiamo che guardino l'etichetta, tra gli ingredienti deve essere riportato se il prodotto contiene o meno polietilene». Non sono mancate iniziative da parte degli stessi produttori: nel 2015 Cosmetic Europe ha invitato le aziende associate a non utilizzare più microplastiche entro il 2020. L'Oreal nel 2014 ha promesso di cessare l'utilizzo entro il 2017 per tutti i prodotti e entro l'anno per la linea Biotherm. Passati tre anni, tuttavia, è possibile trovare ancora in commercio degli esfolianti Biotherm che contengono polietilene. Nel frattempo l'Unione Europea inizia a pensare a una tassa - di cui, tuttavia, non si conosce la natura - per scoraggiare l'uso di plastica e la Gran Bretagna ha annunciato lo stop a questo genere di rifiuti per il lontano 2042. «Le tassazione - conclude De Sabata - è uno dei modi possibili, ma l'obiettivo è scoraggiare l'utilizzo».

Andrea Scutellà

 

Unione europea - Limiti al bisfenolo - Ma sarà "a zero" solo per i bambini
BRUXELLES - La Commissione ambiente del Parlamento europeo ha dato il via libera al taglio sostanziale dei limiti di "contaminazione" del bisfenolo A da materiali in contatto con gli alimenti. La bozza di regolamento di esecuzione proposto dalla Commissione europea, approvato dagli eurodeputati, abbassa i limiti ammessi per la migrazione della sostanza da materiali plastici a contatto con gli alimenti da 0,6 mg a 0,05 mg per chilo di cibo. Questo si applica anche alle vernici e ai rivestimenti usati ad esempio all'interno delle lattine. Il provvedimento riduce inoltre a zero il limite di migrazione della sostanza, vietandone di fatto l'impiego, per la fabbricazione di tutti i contenitori di latte per neonati, alimenti a base di cereali, alimenti per l'infanzia o alimenti per scopi medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei bambini da 0 a 3 anni. Le misure dovrebbero entrare in vigore a settembre. Il bisfenolo A (Bpa) è una sostanza chimica utilizzata dagli anni '60 in plastiche, resine e, in piccola quantità, anche nella carta termica degli scontrini. A contatto con gli alimenti, il Bpa può "migrare" nel cibo e da circa dieci anni sono emersi molti dubbi sulla sua sicurezza. Dal 2011 è vietato dall'Ue nei biberon.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 gennaio 2018

 

L'eredità di Marino, tessitore di genti - Il bagaglio di storie, passioni e incontri di Vocci ripercorso a un mese esatto dalla sua morte
Caro Marino, capita di scoprire un uomo dal vuoto che lascia quando muore. Il vuoto che tu hai lasciato andandotene, un mese fa, mi ha messo di fronte a un uomo vero, e al dispiacere di non averti conosciuto e valutato abbastanza da vivo. Sarei dunque l'ultimo a essere autorizzato a parlare, ora, ma il dovere di riconoscenza che Trieste e l'Istria - che dico, l'Adriatico intero - hanno nei tuoi confronti mi obbliga, da giornalista e da scrittore, a racimolare frammenti di te per ricordarti ancora una volta, in questo trigesimo. A dire qualcosa che va oltre il tuo sorriso e le tue mitiche sopracciglia ma che di quell'icona inconfondibile fa intimamente parte. Perché eri esattamente quello che sembravi. Un entusiasta in un mondo di cinici.In questa terra di confini inquieti, di amori e rancori, il tuo lavoro di cucitura fra le genti è stato pari se non superiore a quello di un ambasciatore. Non so quanto gli esponenti istituzionali della parte politica per la quale ti eri speso se ne sono resi conto, a giudicare da chi ha partecipato a quel memorabile bagno di folla che è stato il tuo funerale. Era venuta gente da Bolzano, Pola, Bari, Venezia, Ancona, ma i parlamentari votati qui non c'erano. Era presente, con commossa partecipazione, il nostro sindaco col suo assessore alla Cultura, che ringrazio per questo sorvolando sui nostri ricorrenti, pubblici dissapori. Quella presenza più di ogni altra dimostrava che sapevi parlare con tutti, nonostante la tua appartenenza politica. Univi anziché dividere. Sai, fatico a ricordarti in lingua italiana, perché fra noi regnava il dialetto comune. Era la nostra casa comune. Il tuo, un po' cantilenato, di Caldania. Il mio, più ruvido, di Trieste. Ma ci provo lo stesso. Una volta eravamo in un museo, a Lesina: ebbene, mentre io guardavo le bacheche piene di mappe adriatiche e fotografie, tu guardavi la gente. Eri sedotto dalle facce. Per strada, in treno, sugli autobus, tu collezionavi facce anziché nozioni, scommettevi sulle provenienze etniche traguardando zigomi, naso e bocca. Sorridevi, attaccavi discorso, impostavi dialoghi. Un tessitore paziente, innamorato della nostra terra e del nostro mare. Nostro non nel senso che appartiene a qualcuno. Nostro perché noi appartenevamo a lui. A prescindere dalla lingua e dalla cultura. Quando persi per pochi voti alle elezioni parlamentari del '96 - ero in lista per l'Ulivo di Prodi, e tu mi davi una mano - il tuo dispiacere fu tale che a scrutinio completato ti scolasti da solo una bottiglia e mezza di malvasia e fosti là e là per scivolare sotto il tavolo. Ridevi, piangevi, imprecavi, e dovetti consolarti. Che giorni erano stati quelli, a far comizi con Orazio Bobbio e Fulvio Camerini, un terzetto espresso dalla società civile di caratura difficilmente ripetibile, e che mai più la sinistra avrebbe messo in campo. Girando le periferie, sentivamo la città dilatarsi giorno dopo giorno, e nello stesso tempo capivamo che i partiti stavano perdendo, o avevano già perso, il polso del territorio. Come organizzatore eri un disastro, ma vivaddio conoscevi il mondo. Girare con te, specie in Istria e in Carso, significava essere salutati da tutti, italiani, croati o sloveni.Il tuo patrimonio di conoscenze era sterminato, ma a livello istituzionale - fa presente non senza polemica Veit Heinichen - pochi hanno saputo coglierne l'eredità. Strana città, Trieste. Smemorata al vertice e piena di affetto tra il popolo nei confronti degli uomini liberi. Dov'era per esempio la sinistra triestina - la destra figurarsi - quando il pittore Ugo Pierri ha festeggiato gli ottant'anni? Lo dicevi anche tu: è più facile ricevere attestati di riconoscenza in un bar di Coloncovez che nei palazzi di Piazza Grande. La messa davanti alle tue ceneri ne ha dato la controprova. Era tutta gente che ti voleva bene. Pochissimi lì solo per rappresentanza. E commozione immensa. Meno di un mese prima di levare le ancore - mi ricorda Luigi Nacci - ti presentasti con Telecapodistria sotto le rocce di Prosecco, lungo la passeggiata "Napoleonica", per un raduno nazionale di camminatori. Ottobre di foglie rosse, mare a perdita d'occhio fino a Salvore, strapiombi calcinati di bianco, cielo blu sfolgorante: e tu incantasti tutti con una galoppata di racconti fuori programma che spaziarono dai palombari di Contovello alla cultura dei capperi, fino alle passeggiate italiane insieme a Fulvio Tomizza. Quanta energia ancora. Un uomo che ha ben vissuto se ne va senza lasciare scorie negative e senza rimpianti. In questo ci hai dato una lezione, come un anno fa il musicista Alfredo Lacosegliaz, che pur devastato da una malattia ha lavorato fino all'ultimo, con animo lieto e triestinissima autoironia.«Ha gestito la sua morte con energia stupefacente - dice di te Edi Rabini, che in Alto Adige rappresenta la fondazione Langer - mai astraendosi dalla realtà più scottante». Ed è vero: fra una chemio e l'altra, senza mostrare affaticamento, sempre col sorriso, hai continuato a toccare i grandi temi: ecologia, immigrazione, frontiere. Le tue quattrocento puntate della Barca dei Sapori su Telecapodistria restano una miniera di volti, luoghi, tematiche. Le hai portate avanti fino alla fine, lentamente defilandoti, per passare il testimone a tua figlia Martina. Non ti eri mai mosso per interesse personale, ambizione o narcisismo. Hai lasciato dietro di te una confraternita di compagni di strada, senza imporre mai agli altri un pensiero unico o una posizione di partito. Ricorda Giorgio Godina, vecchia quercia dei Cai XXX Ottobre, il tuo impegno a tutela dell'ambiente montano, le passeggiate istriane con i soci alpinisti, le conferenze affollatissime che organizzavi come responsabile del Museo del mare, gli incontri "vis à vis" sui temi dell'Adriatico; una storia, dicevi, scritta sull'acqua. E le bevute di moscato secco a Momian, gli incontri con la gente da sindaco di Duino Aurisina, le storie narrate sulle saline di Sicciole, le scorribande in cerca di casite nel Dignanese. E qui forse un difetto l'avevi, caro Marino: non dicevi mai di no. A qualcuno, a ripensarci ora, avresti dovuto dirlo.

PAOLO RUMIZ

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 11 gennaio 2018

 

 

Sacchetti frutta a pagamento: etichetta rischia di comprometterli

Con l’introduzione dei sacchetti compostabili per la spesa rimane attualmente un altro problema, quello dell’etichetta che viene attaccata sui bioshopper. Queste etichette rendono di fatto inutili le buste per un riutilizzo per la raccolta dell’umido.

Negli ultimi giorni molti consumatori attenti alle tematiche ambientali stanno cercando delle possibili soluzioni a questo problema, attaccando le etichette adesive non compostabili su un foglio di carta oppure sul manico delle buste. Tutto questo per evitare di staccarle in seguito dal sacchetto e rischiare quindi di rovinarlo, rendendolo inutilizzabile per altri usi. Eppure esisterebbe la possibilità di realizzare delle etichette prodotte in materiali compostabili. È un materiale che costa di più rispetto a quello che viene utilizzato normalmente. Alcune catene di supermercati spiegano che non hanno ricevuto delle indicazioni sulle caratteristiche che le etichette dovrebbero rispettare. Esselunga utilizza delle etichette in materiali compostabili. Alcuni supermercati, come Lidl, risolvono il problema in altri modi, visto che la frutta e la verdura vengono pesate alla cassa e il costo viene aggiunto direttamente sullo scontrino, senza passare per le etichette. Il Consorzio Italiano Compostatori ha ricordato a questo proposito alcune regole molto semplici per effettuare una raccolta corretta dell’organico, partendo proprio dalla scelta dei sacchetti compostabili. Il CIC ha ribadito anche la necessità che le etichette vengano rese compostabili. Massimo Centemero, direttore del CIC, ha affermato: L’introduzione dell’obbligo dell’uso di sacchi per ortofrutta compostabili ci consente ancora una volta di tornare sul tema dei sacchetti biodegradabili e compostabili, sulla qualità delle raccolte differenziate e sul compostaggio dei rifiuti organici. Tuttavia, la mancanza di una comunicazione adeguata nei confronti dei cittadini e degli organi di stampa ha creato fraintendimenti e la diffusione di informazioni a nostro avviso non corrette, soprattutto per quanto riguarda la raccolta differenziata dell’umido e gli impianti di compostaggio. Lo stesso CIC ha poi diffuso un elenco in cui chiarisce alcuni punti chiave relativi ai nuovi sacchetti compostabili da utilizzare per l’acquisto di frutta e verdura: I sacchetti utilizzati per frutta e verdura dall’1 gennaio 2018 possono essere usati anche per conferire l’umido domestico. Si dovrebbe prestare molta attenzione alle etichette, anche a quelle che vengono applicate su alcuni tipi di frutta. Gli utenti dovrebbero apporle sul manico dei sacchetti compostabili, in modo da rimuoverle prima del riutilizzo delle buste. Un sacchetto che viene strappato può essere smaltito attraverso la raccolta dell’organico dedicata al compostaggio. Per la raccolta dell’organico devono essere utilizzati solo sacchetti certificati a NORMA UNI EN 13432 realizzati in carta o in bioplastica.
Un sacchetto compostabile dovrebbe riportare la dicitura “biodegradabile e compostabile”. La presenza di plastica nei rifiuti organici è un problema molto grave, perché la rimozione di questi elementi richiede interventi impegnativi per l’energia da investire e i costi.

Gianluca Rini

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 gennaio 2018

 

 

C'è il rischio nichel e non si tocca l'acqua vicino a Vignano
MUGGIA - Divieto a tempo indeterminato dell'utilizzo per le acque di falda presenti nei pressi del centro di raccolta rifiuti di Vignano. Questo l'oggetto dell'ordinanza firmata dal sindaco muggesano Laura Marzi, dopo che il Piano di caratterizzazione, promosso dal Comune nell'area rientrante nel Sin, ha rilevato nelle acque sotterranee lo sforamento di nichel. «Abbiamo fatto predisporre l'analisi di rischio sanitario ed ambientale in cui è stato evidenziato che il nichel, non avendo caratteristiche chimico-fisiche per volatilizzare dalla falda in atmosfera, non genera rischi né cancerogeno né tossico per l'uomo», ha puntualizzato il sindaco Marzi. Allo stesso tempo, però, il nichel è un elemento che genera un rischio non accettabile per la risorsa idrica, motivo per cui l'area «diviene conseguentemente sito contaminato» e risultano quindi necessari «interventi di bonifica finalizzati all'eliminazione o almeno alla riduzione delle concentrazioni di nichel in falda, ad un livello uguale o inferiore alla concentrazione soglia di rischio che coincide con la concentrazione soglia di contaminazione prevista secondo la Legge per le acque sotterranee». In seguito alle indagini in due punti di campionamento all'interno dell'area di proprietà comunale in attuazione del Piano di caratterizzazione, è stato rilevato lo sforamento nelle acque sotterranee di un punto di prelievo del parametro nichel rispetto i limiti normativi tabellati pari a 20 ug/l, qui rilevato con una concentrazione di 30 ug/l. Sebbene nessuno attinga dalla falda, il Comune in misura puramente cautelativa e precauzionale ha subito ordinato, al fine di tutelare la pubblica e privata incolumità quale primo intervento preventivo, il divieto assoluto di utilizzo a qualsiasi fine, compresi gli usi agricoli-irrigui, dell'acqua sotterranea della soggiacente falda idrica e di emungimento (l'estrazione dell'acqua dal sottosuolo, ndr) ed utilizzo da tutti gli eventuali punti di captazione privati provvisti allocati all'esterno della particella ricadente nel Sin. L'ordinanza dunque è indirizzata anche ai proprietari e/o conduttori dei fondi a destinazione prevalentemente industriale circostanti l'area di proprietà del Comune ossia il centro di raccolta di rifiuti urbani in via dei Laghetti in località Vignano (Zona industriale Noghere). «L'analisi di rischio sanitario ed ambientale è stata inviata all'attenzione di tutti gli enti competenti nel procedimento tecnico-amministrativo inerente il Sito inquinato d'interesse nazionale di Trieste, in primis al ministero dell'Ambiente che ci ha risposto richiedendoci l'attivazione delle misure preventive ai sensi della normativa vigente», ha puntualizzato il sindaco, il quale ha evidenziato come «la falda in zona non è coinvolta negli approvvigionamenti idrici di acqua potabile e nel frattempo stiamo anche concordando con Arpa e l'Azienda sanitaria ulteriori misure da attuare». A breve, per affrontare la situazione, si riunirà la Conferenza di Servizi che deciderà successivamente l'iter per procedere alla bonifica necessaria della falda, procedimento di cui è competente il ministero dell'Ambiente.

Riccardo Tosques

 

 

La Ue prepara una tassa sulla plastica
BRUXELLES - Mentre in Italia imperversa la polemica sui sacchetti bio a pagamento, l'Unione europea fa un passo ancora più ampio nella lotta alle plastiche inquinanti. Cercando di renderla anche remunerativa. L'idea l'ha presentata il commissario al bilancio, Gunter Oettinger: una tassa sulla plastica aiuterà i cittadini a ridurne il consumo, la produzione calerà e il gettito finirà direttamente nelle casse del bilancio europeo, colmando in parte quel buco da 12-14 miliardi che si aprirà dopo la Brexit. La Commissione europea, ha spiegato Oetteinger, dovrebbe presentare la proposta assieme al pacchetto in arrivo il 16 gennaio. Si tratta di una "strategia europea sulle plastiche", nell'ambito della politica per lo sviluppo di un'economia "circolare" sostenibile e rispettosa dell'ambiente. Ma anche capace, con un sostegno finanziario e normativo, di agevolare la riqualificazione delle industrie coinvolte e di stimolare l'innovazione. «Utilizziamo e produciamo troppa plastica, che nonostante il riciclaggio finisce nei rifiuti», e dal 1° gennaio non va neppure più in Cina, dove «diventava giocattoli per bambini», ha detto Oettinger. «Ci sarà una tassa sulla plastica», ha spiegato, anche se mancano i dettagli. Non è infatti chiaro cosa andrà a colpire il balzello.

 

BORSE DI NYLON E PLASTICA SUPER INQUINANTE - La rubrica CONSUMATORI di LUISA NEMEZ

Ogni anno ha il proprio "tormentone": può essere piacevole, specie se si tratta di un brano musicale ritmato, ma può essere anche ossessionante e pesante. Di quello attuale ormai ne parlano tutti - e ognuno con una propria teoria - quindi non possiamo fare a meno d'inserirci pure noi nella "mischia". Certo che sarebbe bene potere dare qualche suggerimento valido, intelligente. Invece l'impressione ricorrente è quella che si gira attorno a un argomento molto dibattuto, fra altro, senza suggerire una soluzione. Parliamo naturalmente dei sacchetti biodegradabili ma sembra che la nota dolente interessi più il loro costo. Si tratterebbe di 2, 3 centesimi, in fin dei conti non pesano ma se li moltiplichiamo per ogni spesa e per ogni prodotto merceologico ci accorgiamo che quei 2 o 3 centesimi - e talvolta anche 10 - diventano una bella cifretta. Ma tralasciamo i costi che produrranno un bel gettito Iva e soffermiamoci sul perché ogni tanto a scadenza fissa si ritorna sull'argomento "problema rifiuti". Un esempio eclatante ci viene dalle bottigliette di plastica abbandonate dappertutto: il mare è diventato la discarica privilegiata per tanti, troppi. E i residui di plastica ingoiati dai pesci (di cui nelle diete vengono raccomandate almeno tre assunzioni alla settimana) entrano nella catena nostra alimentare. E non è l'unico inquinamento. La raccolta differenziata ha raggiunto quota 52,5%, sempre troppo poco; per contro abbiamo raggiunto quota 497 kg di rifiuti, un enorme peso per l'ambiente. Il chimico francese Lavoisier diceva «ricordiamo che nulla si crea e nulla si distrugge». Dal canto nostro tante volte abbiamo raccomandato di avere rispetto per il futuro, di non consegnare ai nostri discendenti un ambiente irrimediabilmente ammalato. Anche lo smaltimento rifiuti inquina, come pure il riciclo. Eppure questa dei sacchetti non ci va giù e non per 2 o 3 centesimi e talvolta 10, ma perché con il sistema imposto si andrà ad accrescere la quota rifiuti. E allora lasciate almeno che ognuno, volendolo, porti la propria borsa. Attendiamo intanto la pensata dell'Unione europea che ha in serbo per noi misure importanti sugli imballaggi e stoviglie monouso. Che Dio ce la mandi buona!

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 gennaio 2018

 

 

Maxiraccolta di tappi di plastica a San Dorligo - Da settembre a oggi sette quintali grazie al bottiglione di "Sorgente dei Sogni" che sabato si sposterà
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Sette quintali. Questa la quantità di tappi di plastica raccolti nel territorio comunale di San Dorligo della Valle da settembre a oggi, grazie alla presenza della "Bottiglia eco solidale itinerante". Si tratta dello speciale contenitore oggetto della proposta dell'associazione no profit "Sorgente dei Sogni" di Fontanafredda, che consiste nel mettere a disposizione della popolazione questo originale bottiglione, che ha la funzione di sensibilizzare tutti alla raccolta dei tappi di plastica, per un loro riutilizzo, nel contesto di una presa di coscienza della necessità di evitare la dispersione nell'ambiente di residui di plastica. Sarà una festosa cerimonia a salutare, sabato alle 11, la partenza da San Dorligo della Valle del contenitore, che era arrivato lo scorso 23 settembre. L'iniziativa era stata promossa dalla giunta guidata dal sindaco Sandy Klun, che nell'aprile dello scorso anno aveva deciso, con specifica delibera, di aderire alla proposta dell'associazione di Fontanafredda. Il bottiglione era arrivato dal comune di Ponte di Piave ed era stato posizionato davanti al centro culturale France Preseren di Bagnoli della Rosandra. Promotrice del progetto di solidarietà nel Comune di San Dorligo della Valle è stata l'associazione dei Vigili del fuoco volontari "Breg" che, in occasione del 40.o anniversario dalla fondazione, ha voluto proporre questa lodevole iniziativa, il cui ricavato sarà devoluto al Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano. Nel periodo di permanenza della bottiglia, la collaborazione dei cittadini, alcuni provenienti anche dai Comuni limitrofi, è stata esemplare. Numerose inoltre sono state le visite delle scolaresche. Ogni sabato dalle 10 alle 12 tre volontari dell'associazione Breg hanno sostato nei pressi della bottiglia per ricevere i tappi e anche per raccogliere indumenti, scarpe e giocattoli, che sono stati destinati alla Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin. Negli altri giorni, si potevano conferire i tappi negli appositi due contenitori, da circa un metro cubo ciascuno, che nei fine settimana erano sempre riempiti. Un dettaglio di colore: nei giorni di forte bora il vento ha compattato i tappi, liberando ulteriore spazio per i nuovi. Da San Dorligo della Valle la bottiglia si sposterà nel comune di San Pietro di Feletto in provincia di Treviso.

(u.s.)

 

Come è difficile fare la spesa con i sacchetti biodegradabili - La lettera del giorno di Luigi Civita
Me ne sono stato in disparte, leggendo, osservando, ignorando. La guerra dei centesimi non fa per me. Anche perché in linea di principio sono favorevole all'utilizzo di sacchetti biocompostabili, perfino se a carico del consumatore, a patto che siano per davvero ecologici. Due centesimi in più, anche se moltiplicati per un numero ancora imprecisato, non mi cambieranno la vita più di tanto. E così oggi mi sono recato in un ipermercato, per fare spesa secondo le mie regole e senza lasciarmi condizionare dalle recenti polemiche. Per scoprire che, nonostante il negozio faccia parte di una catena della grande distribuzione organizzata, di organizzazione ce n'è proprio poca. Non volendo ovviamente pensare a una malafede organizzata. Leggo lo scontrino, e trattengo una risata a stento. Ho acquistato 8 carciofi, e mi sono stati conteggiati 8 sacchetti. I quattro fasci di "friarielli", non venduti a peso ma a pezzo, non li ho imbustati come sempre, anche per favorire il conteggio: sono stati aggiunti 4 sacchetti. L'ananas, poverino, volevo imbustarlo, ma dopo aver rotto ben tre buste (ben più delicate di quelle che si usavano fino all'anno scorso), ho desistito: ovviamente, è stato conteggiato il sacchetto implicito. Per mele e pere, ritenendo gli scontrini più inquinanti dei sacchetti, ho trascurato l'etichettatura singola proposta dai contestatori, e ho usato due sacchetti regolarmente addebitati. Il cavolo broccolo, già avvolto nella sua pellicola e già etichettato mi è costato comunque un sacchetto, esattamente come accaduto per la zucca, nonostante fosse adagiata sul suo bel letto di polistirolo e avvolta da una coltre spessa di film alimentare. In definitiva, mi sono stati addebitati 17 sacchetti, 4 stornati automaticamente dal buon cuore della cassiera a fine scontrino. Peccato che di sacchetti ne abbia utilizzati solo 3. In pratica, ho pagato 10 sacchetti in più. 20 centesimi non mi avrebbero mandato in rovina, anche perché i quindici minuti di tempo che ho impiegato per risolvere la questione con le premurose signorine del centro accoglienza clienti, davvero preoccupate per il mio rossore in volto, valgono molto di più. Magari, i miei acquisti proverò a farli altrove, se potrà tornare utile.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 gennaio 2018

 

 

Parcheggi a Ponterosso, residenti in pressing - I cittadini del Borgo Teresiano chiedono di aprire presto un tavolo di confronto con l'amministrazione
I residenti di Ponterosso invocano un numero maggiore di parcheggi riservati solo a loro nella zona del borgo Teresiano. Lo avevano chiesto ai rappresentanti comunali durante una riunione della quarta circoscrizione lo scorso autunno. Hanno scritto poi qualche mail, ma nessuno ha più risposto loro. «Siamo quattrocento residenti e vorremmo avere un posto per una macchina per famiglia - spiega Lorella Francarli, presidente del Comitato Ponterosso -. Ovviamente chi ha già un garage non ne usufruirebbe. Oppure sì, ma impegnando una certa cifra». La loro richiesta, che inizialmente aveva trovato il consenso dell'amministrazione, prende spunto da altre città, come Padova, Vicenza e Verona, dove le Zone a traffico limitato (Ztl) ospitano molte isole che vengono dedicate a chi abita nei dintorni. Le vie interessate a Trieste sarebbero via Torrebianca, via Machiavelli e via Genova, già Ztl che però non vengono rispettate. Nello specifico ci sarebbero due soluzioni avanzate: «Potremmo aumentare le zone bianche o avere i contrassegni per parcheggiare nelle zone blu, pagando una determinata somma annuale», spiega Francarli. Con un appunto: «In via Genova ad esempio l'Iniziativa centro europea (Ince) possiede tre posti, basterebbe farli attraversare il ponte e inserirli nei posti blu, loro che vengono esclusivamente per lavorare e che si suppone non debbano portare borse, che invece noi, come residenti, dobbiamo trasportare quotidianamente». Richieste che per ora attendono ancora una risposta. «Avevamo contattato anche il direttore di Esatto, Davide Fermo - sottolinea la portavoce -, ci ha risposto molto gentilmente, facendoci sapere comunque che l'iniziativa deve partire dall'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, la quale può far muovere questa macchina. Quindi chiediamo di aprire un tavolo di studio. Si tratta di una realtà che coinvolge tante famiglie». Al momento i posteggi bianchi, che secondo il comitato sono troppo pochi, sono spesso occupati soprattutto da scooter o da auto che non hanno il contrassegno per poter inserirsi nell'area.

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 gennaio 2018

 

 

Una balenottera nuota nel Quarnero appello ambientalista - Secondo gli esperti dell'associazione di Lussingrande se spaventato il grosso cetaceo rischia di finire spiaggiato
ZARA - Ancora una balena avvistata nelle acque orientali dell'Adriatico. Sabato pomeriggio un cetaceo di grosse dimensioni è stato osservato mentre si muoveva placidamente nell'insenatura di Ravagnasca, a poca distanza dalla località di Jasenica, in quel bacino chiuso che prende il nome di canale del Velebit o Alpi Bebie, poco a settentrione di Zara. Una scoperta che ha messo in preallerta le organizzazioni ambientaliste della zona preoccupate per l'incolumità del grosso cetaceo. Secondo gli esperti dell'associazione ambientalista Plavi svijet (Mondo blu) di Lussingrande, l'enorme mammifero appartiene alla specie Balaenoptera physalus e dunque si tratta di una balenottera comune. Quello che è il secondo animale per dimensioni al mondo, potendo raggiungere i 26 metri di lunghezza, ha nuotato lentamente in direzione dell'abitato di Starigrad (Ortopula), immergendosi e risalendo in superficie con intervalli di circa dieci minuti. Per i responsabili di Plavi svijet, la balenottera - nonostante le gigantesche dimensioni - è un animale che riesce a muoversi bene in acque basse e in canali di tipo chiuso, cosicchè nel versante orientale dell'Adriatico non è mai avvenuto che questa specie - parliamo di esemplari sani - si arenasse. Alcuni pescatori sono riusciti a immortalare con il telefonino, fotografando l'esemplare mentre emerge dall'acqua «Al cetaceo visto a Rovagnasca - spiegano all'associazione lussignana - servirà magari qualche giorno per poter riprendere il largo, tornando in acque profonde. É sicuro che il più imponente dei cetacei riuscirà nell'impresa ma nel frattempo sarà bene non importunarlo, nè avvicinarsi troppo alla balena a bordo di imbarcazioni». Gli esperti hanno spiegato che qualsiasi tentativo di avvicinare la balenottera comune potrebbe avere l'effetto di spaventarla e a quel punto l'animale potrebbe anche finire spiaggiato, con conseguenze drammatiche come è avvenuto giorni fa per la balena da sette tonnellate trovata spiaggiata sul litorale di Platamona. Va lasciato in pace, senza disturbarlo». L'avvistamento di balenottere comuni non è un evento raro nelle acque quarnerino-dalmate. Lo scorso agosto due esemplari furono visti nelle acque a occidente di Lussino, a circa 3 miglia dalla costa ed entrambi misuravano sui 17 - 18 metri. Erano in forma più che discreta, come raccontano i responsabili di Plavi svijet, che nel caso della balena di Rovagnasca non sono riusciti a stabilirne la lunghezza. Di fatto la frequenza di simili avvistamenti dimostra quanto i cambiamenti climatici e la situazione ambientale in Adriatico stiano modificando il percorso di questi grossi cetacei che si avvicinano sempre di più alle nostre coste. Scatenando curiosità ma anche molta preoccupazione fra gli ambientalisti.

Andrea Marsanich

 

 

Docufilm "Disruption" al Knulp
Oggi, al bar e libreria Knulp di via Madonna del Mare 7/a, alle 20.30, il gruppo di Trieste di Greenpeace e Metropolis per la rassegna "Ciak... Azione! Storie di attivismo, persone, comunità, movimenti attivi nella società", presentano il film documentario "Disruption" di Kelly Nyks, Jared P. Scott (Usa, 2014). Quando si parla di cambiamento climatico, perché facciamo così poco quando sappiamo così tanto?" Attraverso una inarrestabile inchiesta per trovare la risposta, "Disruption" analizza con determinazione le devastanti conseguenza della nostra inattività. L'indagine mette a nudo la tremenda verità scientifica, il frammentato processo politico, gli interessi del mondo dell'industria e lo stallo della società civile, elementi che hanno condotto l'umanità ad un punto cruciale sociale, morale ed ecologico. Il film, inoltre, porta lo spettatore dietro le quinte dell'organizzazione del più grande raduno climatico nella storia del pianeta durante il vertice mondiale delle Nazioni Unite sul clima.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 gennaio 2018

 

 

Pagnotte in strada per i cinghiali - Lungo il viale al Cacciatore c'è chi lascia cibo destinato agli animali selvatici. La condanna dell'esperto
Pagnotte di varie misure, alcune intere altre fatte a pezzi, lanciate sul ciglio del viale al Cacciatore o abbandonate a pochi metri dalla carreggiata, tra gli alberi. Da qualche giorno chi ha percorso la strada, che da Villa Revoltella porta alla rotonda sottostante, attraverso il polmone verde, ha notato il pane, disseminato ovunque. A scaricare il cibo sarebbero persone che nutrono i cinghiali e altri animali che popolano l'area, un comportamento che però sarebbe nocivo per l'ambiente, tanto da comportare la proliferazione di alcune specie, compresi esemplari malati. A spiegare il fenomeno è lo zoologo Nicola Bressi, che di casi simili ne ha visto tanti negli ultimi anni, in diverse zone della città. «Possiamo definirlo un malcelato animalismo - spiega - dare da mangiare agli animali avanzi può essere comprensibile soltanto in tre occasioni, in casi di inverni molto rigidi, e non ci troviamo in questa situazione, quando si vogliono salvare specie in via d'estinzione, e anche qui non è così, o quando ci siano animali deboli o in difficoltà, e pure in questo frangente è sbagliato nutrirli. Dando cibo soprattutto in questa stagione si creano danni pazzeschi all'ecosistema, causando la proliferazione di cinghiali, gabbiani o ratti, specie che andrebbero contenute e non aumentate. Ratti e cinghiali per esempio contribuiscono a danneggiare altre specie, creando squilibri notevoli. La gente però pensa, sbagliando, di fare del bene». Bressi racconta di segnalazioni in merito a persone che raccolgono in tutta la città avanzi, da portare poi in diversi punti di Trieste, dove si trovano gli animali, spesso proprio i cinghiali. «Scene viste a San Giovanni, Longera, Barcola, Strada del Friuli, non i stupisce quindi anche nel Boschetto - dice - addirittura so di chi va fuori dai negozi, cercando scarti o cose che verrebbero buttate. Paiono indigenti, invece il loro obiettivo è appunto raccogliere quanto possibile, ogni giorno, ciò che poi va a gettato agli animali». E i cinghiali ad esempio in alcuni punti della città sono ormai di casa, si spingono vicino alle abitazioni, nei giardini o proprio nei luoghi dove sanno di trovare cibo facilmente. «Purtroppo i comportamenti delle persone rischiano di causare problemi non da poco. Se infatti si porta pane o altro a esemplari malati o deboli, le conseguenze saranno negative per tutta la specie. Dando da mangiare a un animale in difficoltà - prosegue Bressi - si dà una chance di sopravvivenza dove invece la selezione naturale ne comporterebbe la morte. Anche se per qualcuno è brutto da sentire, meglio lasciarli nel loro ambiente senza interferire». E Bressi cita anche uno studio, che dimostrerebbe come il fatto di alimentare "artificialmente" animali liberi in natura, sia controproducente. «Una ricerca inglese, effettuata tempo fa sulle mangiatoie per uccelli, posizionate in molte case o giardini privati, ha dimostrato che venivano a cercare mangime soprattutto i volatili malati, che faticavano a trovarlo in natura, e sporcando il contenitore con le deiezioni contagiavano anche quelli sani. Un esempio concreto di come l'intervento dell'uomo in natura non sempre porti vantaggi».

Micol Brusaferro

 

 

Offensiva Ue contro la plastica - Nuove misure europee, nel mirino imballaggi e stoviglie monouso
BRUXELLES Dopo i sacchetti anche gli imballaggi, le stoviglie monouso e le microplastiche presenti in prodotti come detersivi e cosmetici finiscono nel mirino della Commissione europea nel quadro di una nuova offensiva contro le plastiche inquinanti. L'esecutivo Ue ha messo a punto un pacchetto di nuove proposte e misure "ad hoc" che, salvo cambi di programma, sarà varato il 16 gennaio in occasione della riunione a Strasburgo, dove si svolgerà la prima sessione plenaria dell'Europarlamento del 2018. Tornata in questi giorni alla ribalta delle cronache italiane in seguito alla polemica scoppiata intorno al pagamento dei sacchetti bio utilizzati soprattutto nei supermercati per frutta e verdura, la battaglia contro l'inquinamento da plastiche - e gli effetti devastanti sull'ambiente - è una delle priorità del programma di lavoro della Commissione guidata da Juncker. Tema su cui l'opinione pubblica europea risulta assai sensibile e attenta. L'ultima indagine Eurobarometro, ad esempio, ha indicato che ben il 72% degli intervistati ha ridotto in questi ultimi anni l'uso delle buste di plastica. Un risultato che fa ben sperare sulla possibilità di raggiungere l'obiettivo che l'Ue si è data: arrivare al 2019 con una calo dell'80% dei sacchetti rispetto al 2010.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 gennaio 2018

 

 

Un outlet "inglese" con grandi marchi negli spazi del Silos - Proposta avanzata al Comune da un fondo d'Oltremanica - E una spa americana punta ad attrarre megayacht in molo III
Un outlet con marchi di alto livello - sul modello di quello aperto a Noventa di Piave -, da realizzare all'interno del Silos. È l'idea avanzata da un fondo inglese, attratto dalle potenzialità d'investimento di Trieste, e in particolare del Porto vecchio, e deciso appunto a trasformare l'edificio fatiscente che ospita ora bivacchi di profughi e disperati in mecca dello shopping a prezzi scontati. Un'idea che farebbe di certo felici le tante fashion victim della città e che lo stesso Roberto Dipiazza vedrebbe di buon occhio. «La città non ha bisogno di altri centri commerciali - afferma il sindaco -. Diverso, e decisamente più interessante, è invece il discorso di un outlet, peraltro così vicino e alla stazione. Una soluzione molto funzionale per turisti e passeggeri, che potrebbero così fare acquisti in attesa tra un viaggio e l'altro, anche in vista dell'arrivo del nuovo collegamento verso l'aeroporto». Quella dell'outlet, peraltro, non è l'unica proposta "internazionale" per il rilancio di Porto vecchio e dintorni. Ad essersi fatta avanti è anche una società americana, che realizza marine solo per yacht di lusso. L'obiettivo è realizzare una struttura imponente tra Molo IV e Molo III, di fronte sede alla Guardia costiera, affinchè gli ospiti possano sostare in tutta sicurezza. Il nome, come quello degli altri investitori, è sempre top secret, ma il profilo è stato ufficializzato. Si concentra sull'acquisizione, la gestione e la manutenzione dei porti turistici di yacht di lusso e delle proprietà immobiliari circostanti. Offre una collezione di porti turistici nei Caraibi e nelle Americhe, che si rivolgono a una varietà di tipi di imbarcazioni tra cui natanti per la pesca sportiva, incrociatori, barche a vela e yacht a motore, oltre e che sono stati scelti come esclusiva "casa base" da alcuni dei megayacht più grandi del mondo. Non solo, la società americana in questione ha un portafoglio completo di soluzioni di gestione e formazione per le esigenze di ogni proprietario di marina, dalle operazioni e servizi al marchio e marketing, contabilità, assicurazioni, sviluppo, progettazione e ingegneria, con professionisti interni per assistere i clienti.In ballo c'è poi la realizzazione di un porto di scalo per Msc. Un'opzione, fa notare il sindaco, che «imprimerebbe un'accelerazione bestiale alla realizzazione di locali e ristoranti nella stessa zona». E poi ancora c'è la trattativa per l'utilizzo futuro dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il manager sta infatti dialogando con un gruppo d'Oltralpe interessato a costruire due hotel di lusso («nessuno ormai punta agli hotel con poche stelle», precisa il sindaco), e a trasformare gli altri edifici in residenze per inquilini "danarosi". In mezzo, tante palme, viali alberati e spiazzi verdi. E la prospettiva, in caso di problemi alle fognature legati alla presenza del torrente Chiave, di realizzare un intervento sotterraneo con un sistema austriaco per evitare la puzza di fogna intorno al Molo IV attraverso un pompaggio che arriva fino a Servola, dove sta per essere inaugurato il nuovo depuratore. Insomma - assicura con orgoglio il sindaco, indicando sulla cartina dell'antico scalo stesa sul tavolo del suo ufficio - il Porto vecchio inizia davvero a far gola agli investitori stranieri: inglesi, americani e austriaci. Per non parlare poi dei cinesi: entro fine mese televisioni e giornali del colosso dell'Estremo Oriente sbarcheranno in città proprio per accendere i riflettori sul Porto vecchio. E questo è solo l'inizio.

Benedetta Moro

 

Un outlet "inglese" con grandi marchi negli spazi del Silos - Proposta avanzata al Comune da un fondo d'Oltremanica - E una spa americana punta ad attrarre megayacht in molo III
Un outlet con marchi di alto livello - sul modello di quello aperto a Noventa di Piave -, da realizzare all'interno del Silos. È l'idea avanzata da un fondo inglese, attratto dalle potenzialità d'investimento di Trieste, e in particolare del Porto vecchio, e deciso appunto a trasformare l'edificio fatiscente che ospita ora bivacchi di profughi e disperati in mecca dello shopping a prezzi scontati. Un'idea che farebbe di certo felici le tante fashion victim della città e che lo stesso Roberto Dipiazza vedrebbe di buon occhio. «La città non ha bisogno di altri centri commerciali - afferma il sindaco -. Diverso, e decisamente più interessante, è invece il discorso di un outlet, peraltro così vicino e alla stazione. Una soluzione molto funzionale per turisti e passeggeri, che potrebbero così fare acquisti in attesa tra un viaggio e l'altro, anche in vista dell'arrivo del nuovo collegamento verso l'aeroporto». Quella dell'outlet, peraltro, non è l'unica proposta "internazionale" per il rilancio di Porto vecchio e dintorni. Ad essersi fatta avanti è anche una società americana, che realizza marine solo per yacht di lusso. L'obiettivo è realizzare una struttura imponente tra Molo IV e Molo III, di fronte sede alla Guardia costiera, affinchè gli ospiti possano sostare in tutta sicurezza. Il nome, come quello degli altri investitori, è sempre top secret, ma il profilo è stato ufficializzato. Si concentra sull'acquisizione, la gestione e la manutenzione dei porti turistici di yacht di lusso e delle proprietà immobiliari circostanti. Offre una collezione di porti turistici nei Caraibi e nelle Americhe, che si rivolgono a una varietà di tipi di imbarcazioni tra cui natanti per la pesca sportiva, incrociatori, barche a vela e yacht a motore, oltre e che sono stati scelti come esclusiva "casa base" da alcuni dei megayacht più grandi del mondo. Non solo, la società americana in questione ha un portafoglio completo di soluzioni di gestione e formazione per le esigenze di ogni proprietario di marina, dalle operazioni e servizi al marchio e marketing, contabilità, assicurazioni, sviluppo, progettazione e ingegneria, con professionisti interni per assistere i clienti. In ballo c'è poi la realizzazione di un porto di scalo per Msc. Un'opzione, fa notare il sindaco, che «imprimerebbe un'accelerazione bestiale alla realizzazione di locali e ristoranti nella stessa zona». E poi ancora c'è la trattativa per l'utilizzo futuro dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il manager sta infatti dialogando con un gruppo d'Oltralpe interessato a costruire due hotel di lusso («nessuno ormai punta agli hotel con poche stelle», precisa il sindaco), e a trasformare gli altri edifici in residenze per inquilini "danarosi". In mezzo, tante palme, viali alberati e spiazzi verdi. E la prospettiva, in caso di problemi alle fognature legati alla presenza del torrente Chiave, di realizzare un intervento sotterraneo con un sistema austriaco per evitare la puzza di fogna intorno al Molo IV attraverso un pompaggio che arriva fino a Servola, dove sta per essere inaugurato il nuovo depuratore. Insomma - assicura con orgoglio il sindaco, indicando sulla cartina dell'antico scalo stesa sul tavolo del suo ufficio - il Porto vecchio inizia davvero a far gola agli investitori stranieri: inglesi, americani e austriaci. Per non parlare poi dei cinesi: entro fine mese televisioni e giornali del colosso dell'Estremo Oriente sbarcheranno in città proprio per accendere i riflettori sul Porto vecchio. E questo è solo l'inizio.

Benedetta Moro

 

 

Sacchetti bio, l'Ue "scarica" l'Italia - L'Unione: «È Roma che ha deciso di farli pagare». Coop verso le borse riutilizzabili
 ROMA - Far pagare i sacchetti biodegradabili per l'ortofrutta è stata una decisione autonoma dell'Italia. La direttiva europea che ha imposto i sacchetti a pagamento escludeva quelli sottili per frutta e verdura. L'Unione europea mette i puntini sulle "i" sulla questione bioshopper, mentre in Italia non si fermano le polemiche: per i commercianti portarsi i sacchetti da casa (come ha concesso il ministero della Salute) è un'ipotesi «fantascientifica», mentre Legambiente chiede di autorizzare piuttosto le borse a rete, e Coop annuncia che fornirà a breve buste riutilizzabili ed ecologiche. Un portavoce della Commissione europea ha precisato che la Direttiva europea 720 del 2015, che ha imposto il pagamento dei sacchetti di plastica per disincentivarne l'uso, ha dato agli Stati membri la possibilità di escludere dal campo di applicazione le bustine al di sotto dei 15 micron di spessore, cioè quelle utilizzate per frutta e verdura. Lo stesso portavoce ha poi ribadito che Bruxelles non entra nel merito del riuso dei sacchetti bio, poiché si tratta di una questione sanitaria di competenza nazionale. In Italia il ministero della Salute ha permesso ai consumatori di portarsi bustine monouso da casa per l'ortofrutta, ma non di riutilizzarle, per motivi igienici. Una scelta duramente criticata da Legambiente. «Non ci risulta che in Germania, Svizzera e negli altri Paesi europei ci siano mai state epidemie causate dalla contaminazione da sacchetti o retine riutilizzabili nei supermercati», ha commentato il direttore, Stefano Ciafani. Per Legambiente serve piuttosto che il governo «autorizzi la grande distribuzione a garantire ai cittadini un'alternativa riutilizzabile alle buste compostabili monouso, così come avviene già in diversi Paesi europei». Anche la Fida, la Federazione italiana dettaglianti dell'alimentazione, attacca le nuove norme. «Soltanto chi non ha mai lavorato in un punto vendita può pensare che siano percorribili soluzioni fantascientifiche - ha detto la presidente, Donatella Prampolini Manzini -, come quelle dell'utilizzo di sacchetti portati da casa, con l'obbligo da parte degli esercenti di verificarne l'idoneità. Un modo certo per creare contenziosi con i clienti». Il Wwf ricorda però che i bioshopper biodegradabili possono essere riutilizzati a casa per la raccolta dei rifiuti organici, con un risparmio per il consumatore. La Coop annuncia che «presenterà a breve soluzioni e materiali di confezionamento della merce fresca e sfusa che siano effettivamente riutilizzabili, a bassissimo costo per i consumatori e di maggior vantaggio per l'ambiente».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 gennaio 2018

 

 

Basovizza -  Landa carsica - Il progetto di recupero passa all'Uti
Il progetto di recupero ambientale della Landa carsica a Basovizza viene trasferito all'Uti giuliana, dopo la soppressione della Provincia di Trieste. Ma una buona parte del percorso è stata fatta: dalla manutenzione delle aree boschive alla promozione dell'attività di pascolo, le azioni, finora realizzate nella zona, sono una buona premessa per il completamento dell'ultimo lotto di interventi, volti alla trasformazione del bosco in pascolo. Tant'è che il Comune di Trieste autorizza la cooperativa "Pascolo sociale di Basovizza" a presentare la documentazione per chiudere l'operazione. Questa è l'indicazione sorta dall'ultima seduta giuntale del 2017, in seguito alla delibera presentata dall'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. La vicenda nasce dall'ormai lontano 1994, quando venne definito un accordo di programma tra Regione Fvg, Comune, Provincia, Comunità montana del Carso, per fare il punto sugli interventi da realizzarsi nell'Altipiano. Con riferimento ai contenuti programmatici del '94, nel 2007 la giunta provinciale approvò il progetto di recupero ambientale, che prevedeva la costruzione di un ricovero per bovini, finalizzato alla stabulazione del bestiame durante il periodo invernale, nonchè gli interventi infrastrutturali accessori, la realizzazione di due punti per l'abbeverata e interventi manutentivi ai sentieri. Tra il 2010 e il 2011 - ricorda il testo della delibera - questi lavori vennero completati. La situazione del progetto, per quanto riguarda gli interventi ancora da svolgere, attiene le azioni di contrasto alla presenza di piante infestanti in tutta l'area, il contenimento della ricrescita della vegetazione arbustiva, i lavori di pulizia. Già eseguiti invece l'eliminazione dei pini neri, il taglio completo di alberi e arbusti di alto fusto, le iniziative finalizzate alla conduzione zootecnica (ricovero e abbeverata), il ripristino della sentieristica e delle strade vicinali, le recinzioni elettrificate.

 

 

Dieci opere per migliorare l'affidabilità delle strade con 191mila euro
Dieci interventi per migliorare, dal punto di vista della sicurezza, la circolazione di pedoni e veicoli. Prosecco, Opicina, via Baiardi, via Commerciale, viale XX settembre, Forlanini-Cumano-Revoltella, piazzale Resistenza, via di Giarizzole, via rio Primario, strada Rosandra: ecco il "decalogo" dei siti che il Comune ha scremato per un range di interventi finanziato con 191 mila euro correlati al contributo regionale concesso per la sistemazione dell'incrocio via Flavia-Caboto. L'assessore ai Lavori Pubblici, Elisa Lodi, ha elencato nella delibera, portata nell'ultima riunione giuntale del 2017, le tipologie di lavori che saranno effettuate: la segnaletica stradale orizzontale e verticale, le isole spartitraffico in carreggiata stradale, la costruzione e la risagomatura di alcuni tratti di marciapiede, gli attraversamenti pedonali protetti, gli abbassamenti pedonali corredati di pavimentazione tattilo-plantare, l'installazione di dissuasori di sosta come transenne e paletti. Con quali criteri gli uffici comunali, diretti dal responsabile del servizio strade Enrico Cortese, hanno scelto il "decalogo" degli interventi prioritari? Quali aspetti di particolare "patologia" presentano i dieci siti individuati?Risponde la stessa Lodi nel testo della delibera: «intersezioni stradali critiche per problemi di visibilità e difficoltà di manovra, aree stradali caratterizzate dalla presenza di sosta irregolare di veicoli, tratti stradali interessati da transiti veicolari a velocità sostenuta con conseguente ridotto sicurezza per i pedoni nelle fasi di attraversamento stradale, assenza di tratti di marciapiede all'interno di percorsi esistenti protetti, assenza di attraversamenti pedonali in vicinanza di fermate bus e isole ecologiche». Successive determine della dirigenza stabiliranno, come di prammatica, le modalità di scelta del contraente. L'opera è inserita nel Programma triennale delle opere 2017-19.

magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 gennaio 2018

 

 

Una società guidata da Bravar per il nuovo centro congressi - La struttura aprirà in Porto vecchio per Trieste eurocapitale della scienza 2020
Il sodalizio punta a realizzarla e a gestirla. Il progetto sarà vagliato dal Comune
Si chiama Trieste Convention Center srl e ha come obiettivo la realizzazione e la futura gestione del centro congressi in Porto vecchio, utilizzando i magazzini 27, 28 e un'estensione di quest'ultimo. L'idea di far nascere questa nuova realtà presieduta da Diego Bravar e che vede alcuni imprenditori triestini impegnati in prima linea in un investimento che donerebbe alla città una struttura idonea a far ripartire il comparto congressuale, è nata nell'ambito di Confindustria. «Durante la presentazione di Esof 2020 in Confindustria - spiega Bravar -, nell'ascoltare la descrizione del progetto da parte di Stefano Fantoni, abbiamo appreso che per le loro esigenze era sufficiente una struttura congressuale del tipo "monto, arredo, smonto"». È dalla valutazione di queste circostanze che Bravar ha lanciato un appello agli associati: «Ho spiegato che se qualcuno, se la società civile, intendeva fare qualcosa per Trieste, questo era il momento giusto», riferisce. Da quell'istante con un tam tam, con il passa parola, è iniziata tra gli imprenditori la ricerca di figure intenzionate ad esporsi con un capitale minimo di 10mila euro. Qualcuno ha già alzato la mano tanto che in poche settimane sono stati raccolti 100mila euro. Bravar preferisce non fare i nomi di coloro che hanno dato riscontro al suo appello con un "io ci sto". Ma la visura della Trieste Convention Center srl parla chiaro e indica tra i soci Federico Pacorini, la Biovalley Investments Partner srl (Bravar ne è presidente), The Office srl, Re. Te realizzazioni tecniche, Gamap srl, la Magesta spa, Ergon Consulenti associati srl, Monticolo Sergio srl e la Rosso srl. Presidente, come anticipato, è Bravar. Consiglieri: Pierpaolo Ferrante, Cristiana Cambissa, Andrea Monticolo e Paolo Rosso. Oggetto sociale della srl è la progettazione, il coordinamento e la realizzazione di centri congressi e strutture edilizie assimilabili e connesse. Ma anche la gestione di queste realtà nonché l'organizzazione di eventi aggregativi quali congressi, convegni, conferenze e eventi culturali in genere. «Fino al 31 gennaio accettiamo l'entrata di nuovi soci fino al raggiungimento del capitale sociale di un milione di euro». L'obiettivo è quello di raccogliere sì capitale ma pure di coinvolgere contemporaneamente figure imprenditoriali che rappresentino un valore aggiunto all'iniziativa. Trieste Convention Center, nella prima fase della sua mission, è impegnata nella stesura del progetto esecutivo di quello che è forse più corretto definire un polo congressuale e che prevede una sala da 2mila posti con accanto spazi modulari consoni a ospitare 500 e 200 persone. Il progetto esecutivo, non appena completato, verrà presentato al sindaco. «Ho lanciato fin dall'inizio l'idea che da Esof la città tragga anche il vantaggio di un centro congressi permanente - commenta Dipiazza - e non posso che essere felice che il mondo dell'imprenditoria locale, che la città, abbia deciso di impegnarsi direttamente: sono certo che alla fine Trieste potrà contare su un bellissimo centro congressi». «Se il progetto incasserà il parere positivo dell'ente pubblico - spiega Bravar - chiederemo al Comune se vuole partecipare e di indire una gara europea per avviare la realizzazione e la gestione della struttura in project financing. Noi - aggiunge - parteciperemo facendo un mutuo da affiancare al capitale racconto». La notizia della creazione della nuova società è arrivata anche all'orecchio di Federalberghi che da sempre auspica la nascita di un centro congressi. «Sono felice che imprenditori investano di tasca propria per il bene della città ma a noi ufficialmente non è stato presentato nulla: i contatti sono avvenuti solo con singoli albergatori», dichiara Guerrino Lanci, presidente di Federalberghi. «Seguo con interesse l'iniziativa, attendiamo di vedere il progetto e capire quali siano le risorse a disposizione», osserva Umberto Malusà, presidente di Promotrieste. «Ritengo sia indispensabile - conclude - affrontare fin da subito la questione relativa alla gestione e alla promozione senza la quale costruiremmo un'altra cattedrale nel deserto: siamo disponibili ad investire le nostre capacità».

Laura Tonero

 

 

Adriatico sott'acqua - docufilm e concerti al Salone degli incanti
Sono una ventina gli appuntamenti culturali che accompagneranno tutto il periodo di apertura della mostra "Nel mare dell'intimità.

L'archeologia subacquea racconta l'Adriatico", organizzata dal Servizio di formazione, catalogazione e ricerca dell'Erpac e dal Comune di Trieste, fino al 1° maggio al Salone degli incanti. A cura di Bonawentura, Pietro Spirito e Rita Auriemma, gli appuntamenti aiuteranno i visitatori ad avere una visione più completa delle tante storie che emergono dai temi dell'esposizione. Suddivisi in conferenze, docufilm, spettacoli e concerti, avranno luogo al Salone degli incanti (con inizio alle 18), al Revoltella (dalle 17) e al Miela (dalle 20.30). Dopo il successo a fine dicembre del primo evento in programma, lo spettacolo "La cameriera del Rex" (con Sara Alzetta Francesco De Luisa), si riparte oggi - al Salone degli incanti - con la proiezione del documentario "Fortuna Maris. Il mistero di un naufragio" di Adolfo Conti, racconto della vita a bordo di una nave romana, quella ritrovata a Valle Ponti a Comacchio, che rivela aspetti poco noti della marineria di duemila anni fa. L'11 gennaio la curatrice della mostra, Rita Auriemma, ci porterà sott'acqua alla scoperta dell'intimo mare Adriatico; il 18 gennaio, Ida Koncani Uhac e Marko Uhac del Museo Archeologico dell'Istria di Pola racconteranno al pubblico il relitto di Zambrattia, la barca cucita più antica del Mediterraneo, trovata in Istria e risalente all'età del Bronzo (3200 anni fa); il 23 gennaio ci sarà una conferenza sul relitto di Grado, oggetto di otto campagne di scavo che hanno portato al recupero del carico e dello scafo, con Rita Auriemma e Dario Gaddi. E ancora: il 26 gennaio la conferenza "Il ritorno del marinaio" di Franz Von Suppé, appuntamento musicale con Adriano Martinolli D'Arcy, il musicologo Marco Maria Tosolini, Petar Kovacic, Peter Ghirardini, Luca Bellinelllo e Michela Cattaruzza, Alberto Cattaruzza, Renzo de Vidovich; il 1 febbraio ecco il documentario "Trincee del mare-La Grande guerra nel Nord Adriatico" di Pietro Spirito e Luigi Zannini, produzione Rai Fvg, un viaggio sott'acqua alla scoperta di episodi in gran parte dimenticati della Grande guerra sul mare. Il 7 febbraio, al Miela, si terrà l'evento dedicato a Predrag Matvejevic nel primo anniversario dalla morte, con Filippo Borghi, Fuad Ahmadvand al Santur e la regia di Mila Lazic: si tratta di "Breviario Mediterraneo", dove le parole di Matvejevic si intrecceranno con la polifonia mediterranea, un'installazione acustica composta da più voci nelle lingue del mondo in cui il libro è stato tradotto. Gli altri appuntamenti al Miela: il 9 marzo ecco "Il Milione ovvero il libro delle meraviglie", concerto spettacolo di La Reverdie e la voce di David Riondino, e il 17 aprile "In viaggio sul Rex", ricostruzione dell'atmosfera musicale che si respirava quando si viaggiava sul Rex attraverso l'esecuzione di alcuni brani originali e danze in voga negli anni '30 con La Big Band diretta dal Mo Davanzo e la partecipazione di Pietro Spirito. Il calendario prosegue al Salone degli incanti: per quanto concerne febbraio, il 15 spazio alle affascinanti storie de "La Gagliana Grossa, storia del relitto di Gnalic" con Irena Radic (Università di Zara); e il 22 febbraio ecco "La nave dolce" di Vicari, un documentario sulla nave albanese Vlora, che giunse nel porto di Bari nel 1991 con ventimila persone, presentato da Nicolò Carnimeo. Gli eventi al Revoltella e al Salone degli incanti sono a ingresso gratuito. Gli spettacoli al Miela avranno un biglietto di 8 euro, ma per i possessori del biglietto della mostra (previa prenotazione alla biglietteria del teatro) saranno gratuiti. Per chi invece sceglierà di partecipare prima a uno degli spettacoli al Miela, con il biglietto avrà un ingresso ridotto alla mostra. Calendario eventi su www.nelmaredellintimita.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 gennaio 2018

 

 

Ferriera, Barbieri resta al fianco di Dipiazza - Il chimico si aggiudica il bando bis per il ruolo di super esperto sui dati ambientali legati all'impianto
Pierluigi Barbieri ricoprirà anche nel 2018 l'incarico di consulente del Comune per la questione ambientale relativa alla Ferriera di Servola. Il conferimento è avvenuto a seguito di una selezione pubblica, con avviso pubblicato il 13 dicembre scorso sull'Albo pretorio comunale, alla quale ha partecipato unicamente Barbieri a cui la Commissione aggiudicatrice, lo scorso 27 dicembre, ha affidato l'incarico che ricoprirà fino al 31 dicembre 2018. La consulenza, nello specifico, prevede per l'esperto in inquinamento e chimica dell'ambiente «lo svolgimento dell'attività di supporto tecnico al sindaco per la lettura e il controllo dei dati di fumi e inquinamento relativi allo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola». Per 12 mesi di incarico il corrispettivo è di 23.640 euro ai quali si aggiungono 5.200 euro di iva e 1.159 euro per imprevisti: in totale 30mila euro. Barbieri, docente di Chimica all'Università di Trieste, professionista stimato anche dalle associazioni ambientaliste, svolgerà l'incarico in regime di intra moenia. La determina con la quale il Comune conferisce l'incarico indica «la necessità da parte dell'amministrazione comunale di monitorare le emissioni ambientali della Ferriera in relazione ai rischi dell'area a caldo, oggetto di particolare attenzione nel programma di mandato del sindaco, e di controllo del rispetto dei limiti normativi in materia ambientale da parte dell'azienda». L'esigenza di un esperto capace di affiancare il primo cittadino nella lettura dei dati e nella preparazione di tutte le carte che il Comune sta producendo nel corso del suo "confronto" con la Ferriera era emersa fin dalle prime settimane dopo l'elezione di Dipiazza nel 2016. Barbieri - peraltro indicato da Roberto Cosolini come suo assessore all'Ambiente in caso di vittoria del centrosinistra alle ultime amministrative - aveva assunto l'incarico di consulente del Comune già dal 1° ottobre 2016 al 30 giugno 2017. L'amministrazione si era allora riservata la facoltà di rinnovare l'incarico per ulteriori sei mesi, tenuto conto dei fondi disponibili, dell'andamento della situazione e del grado di soddisfazione degli stessi vertici municipali per l'attività sino a quel momento svolta. Il rinnovo era poi arrivato e ora, dopo la selezione pubblica, il professionista proseguirà nel suo ruolo di supporto al primo cittadino.

Laura Tonero

 

 

Nuovo crollo a Gretta, telefoni fuori uso - La frana in un punto già in parte collassato nei giorni scorsi. Cornette mute e Internet disattivato per una ventina di famiglie
Nell'arco di soli tre giorni un secondo smottamento ha compromesso lo stesso muro di contenimento nella zona di Gretta. Le intense piogge del primo dell'anno hanno provocato la caduta di un'altra parte della muraglia in pietra alta quattro metri, che si trova in Via Camaur, all'altezza dei numeri 13 e 15, protagonista già il 29 dicembre di una frana che aveva danneggiato una vettura. A intervenire sul luogo i vigili del fuoco. Questa volta il crollo invece ha interessato un cavo della linea telefonica. Di conseguenza senza telefono e Internet è rimasta una ventina di famiglie che abitano in circa cinque case presenti nella prima parte della strada. Una squadra della Telecom è intervenuta ieri mattina. Per il momento però solo quattro sono le segnalazioni effettuate dai residenti che hanno lamentato il problema alla compagnia. La dinamica è stata la medesima di qualche giorno fa. Mentre alla fine del 2017 sono crollati circa sei metri di muro, afferenti all'edificio di via Camaur numero 13, al momento in vendita e ora interdetto, lunedì sera è ceduto verso le 17.30 una sezione relativa all'abitazione accanto. Un tratto di circa sei metri, al civico 15 della strada, che fa angolo con via Bison. Parte del terrazzamento della piccola casa a schiera, con tanto di barbecue, è caduto sul vicolo di passaggio, vicino alla chiesa di Santa Maria del Carmelo. I proprietari della casa non erano all'esterno al momento del cedimento, e probabilmente nemmeno in casa, visto che sono stati i dirimpettai a chiamare i soccorsi dopo aver sentito un forte boato. Per fortuna l'area sottostante era stata transennata in precedenza, per cui non è stato arrecato danno a nessun mezzo. Non è detto però, fanno sapere i vigili del fuoco, che a causa di condizioni meteorologiche avverse nei prossimi giorni non possa sprofondare anche un'altra sezione della parete che si trova ora in stato precario. I lavori di smantellamento e ripristino della muraglia potrebbero costare attorno ai 60mila euro, fanno sapere alcuni residenti. A rimanere senza linea telefonica non solo dunque le persone che abitano nella casa colpita dal disastro naturale, ma anche altre famiglie delle case limitrofe. Nessuno però ha ancora idea di quando verrà riabilitato il servizio. «Una squadra della Telecom - spiega Flavia Zacchi Vecchiet, che abita proprio accanto - è arrivata questa mattina, ci ha detto che a breve verrà realizzato un cavo provvisorio per riattivare la rete telefonica. Ma non si sa quando sarà ripristinata esattamente». Il cavo infatti, al momento, si trova quasi tutto sotto le macerie. Ma perché telefoni e wifi tornino a funzionare forse, ipotizzano altri residenti della zona anch'essi con apparecchiature fuori uso, metteranno un allacciamento su alcuni pali provvisori. Per ora la strada rimane aperta al traffico. Anche se l'area dove ci sono i massi resta recintata. Saranno i proprietari delle due case a doversi occupare dello smantellamento dei detriti. «Speriamo tutto ciò venga fatto presto, perché potrebbe essere pericoloso per noi - avvertono altre persone -. Noi abbiamo chiesto ai vigili se il nostro ingresso è al sicuro, non vorremmo incorrere in altri incidenti». Anche una bombola che spunta dal giardino della villetta ha destato l'inquietudine del vicinato: «Spero - auspica un altro - signore - non sia ancora carica, forse bisognerebbe fare un controllo».

di Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 gennaio 2018

 

 

Anche il Comune contro il metanodotto Snam - Ricorso al Tar del Lazio per il decreto ministeriale che aveva stabilito la compatibilità ambientale
Attacco a tre punte contro il metanodotto Snam, che dovrebbe collegare il rigassificatore di Zaule a Grado e a Villesse. In campo da fine novembre anche il Comune di Trieste, dopo che a luglio si era schierata la Regione e, sempre a novembre, il municipio muggesano aveva deliberato il "niet". Trasversalità politico-istituzionale nel territorio contro il decreto del ministero dell'Ambiente, che aveva stabilito la compatibilità ambientale dell'infrastruttura, fatto salvo il rispetto di 180 prescrizioni. Una vicenda strana, perché, nonostante rigassificatore e metanodotto siano impianti inter-dipendenti, il procedimento ministeriale ha distinto i due dossier. Il progetto del rigassificatore sembrava ormai tramontato, tant'è che il gruppo spagnolo Gas Natural lo aveva inserito tra gli asset in vendita. Invece l'Ambiente, retto da Luca Galletti da sempre vicino a Pierferdinando Casini, ha detto sì - sia pure con 180 riserve - alla realizzazione della condotta. La prima a muoversi fu a luglio la Regione Fvg che impugnò il decreto ministeriale al Tar del Lazio. Poi Muggia, a seguire il Comune triestino che tecnicamente si costituisce in giudizio mediante un atto di intervento sul ricorso regionale. Nelle premesse della delibera, preparata dal dirigente dell'avvocatura Maria Serena Giraldi e portata in esecutivo dall'assessore Maurizio Bucci, si rileva innanzitutto la «palese illegittimità» della disgiunzione operata dal ministero tra i due procedimenti (rigassificatore/metanodotto), dal momento che si tratta di un «unicum» progettuale. Poi la delibera solleva le questioni di merito, ovvero perchè il Comune si esprime negativamente sulla questione: sicurezza della popolazione, impatto negativo sul turismo e sulla pesca, interferenze con il traffico marittimo, criticità del tracciato laddove prevede la posa a mezza costa, interferenza con il Sito di interesse nazionale (bonifiche). Tutto questo, che coincide sostanzialmente con le ragioni del "no" al rigassificatore, motiva il ricorso comunale, che verrà studiato dai legali del Municipio e dall'avvocato Aldo Fontanelli (Foro di Roma). Le spese per la domiciliazione e per le competenze di Fontanelli ammontano a 4500 euro. Poco prima di Natale Legambiente era tornata sulla vicenda sollecitando il pressing della Regione.

magr

 

 

Restyling di piazza Libertà Parte la gara da 2,9 milioni - Offerte al Municipio entro il 20 febbraio.

Il cantiere sarà aperto prima dell’estate Al via la progettazione di galleria Montebello: un mese e mezzo per le proposte

Avviso alle imprese e ai professionisti che operano nel settore dell'edilizia e delle costruzioni: tra il 21 e il 22 febbraio gli uffici comunali apriranno le liturgiche buste e verificheranno le offerte pervenute entro le due giornate precedenti che riguardano i lavori di riqualificazione in piazza Libertà e la progettazione del risanamento previsto per la galleria di piazza Foraggi-Montebello. I bandi di gara sono apparsi nelle ultime schermate dell'albo pretorio negli ultimi frangenti del 2017.L'importo delle opere da eseguirsi davanti alla Stazione Centrale ammonta a 2,9 milioni di euro, mentre progettare la riqualificazione della galleria Foraggi-Montebello propone una parcella di 720mila euro. A metà novembre la direzione dei Lavori Pubblici comunali aveva preannunciato che le gare sarebbero partite entro la fine dell'anno e l'impegno è stato rispettato. In verità si tratta di opere da lungo tempo attese. Non è sbagliato dire da troppo tempo attese e finora rinviate. Per esempio, piazza Libertà rientra in quei carnet che gli uffici municipali, un po' impietosamente, definiscono "cadaveri", ovvero quei progetti che, per una ragione o per l'altra, non decollano mai e sembrano destinati all'autopsia archivistica. Invece, stavolta, l'improvvisa accelerazione a tredici anni di distanza dall'accensione dell'iter amministrativo: d'altronde sprecare quasi 4 milioni di euro - 2,3 governativi e 1,5 regionali - destinati a un'area degradata e assolutamente bisognosa di cure, come quella della Stazione Centrale, sarebbe stato un insulto alla miseria. Ricordiamo che il protocollo d'intesa "originario" risale al 30 giugno 2004 e venne sottoscritto dal ministero delle Infrastrutture, dalla Regione Fvg, da Rfi (gruppo Fs), dall'Autorità portuale, dal Comune. Nel 2007, previa gara europea, il progetto venne affidato all'Ati Baubüro-Fierro-Zelco&Lazzari-Zlatich. Ampliamento dei marciapiedi, verde pubblico, terminal dei bus di fianco alla Tripcovich, utilizzazione di via Ghega per raggiungere la stazione, accesso al Porto Vecchio: ecco alcuni degli spunti principali che porteranno alla "riedizione" di piazza Libertà, uno dei principali nodi viari e infrastrutturali della città. In gara - come abbiamo anticipato - vanno lavori per poco meno di 3 milioni di euro, su cui incidono 750 mila euro di interventi riguardanti i servizi a rete, a cura di AcegasApsAmga. L'appalto non è suddiviso in lotti, attiene opere di manutenzione stradale, consente un ricorso al subappalto pari al 30%, prospetta una durata di 360 giorni. Se non emergeranno fattori di "disturbo", il cantiere potrà essere aperto entro giugno. L'aggiudicazione avverrà tenendo conto dell'offerta più vantaggiosa, con 70 punti alla proposta tecnica e 30 a quella economica. Gli interessati potranno presentare la propria "candidatura" entro le 12.30 del 20 febbraio prossimo venturo e la rituale apertura seguirà il giorno seguente alle 10 nella consueta stanza 11 dell'ammezzato in piazza Unità. Se ne occupa il servizio appalti&contratti diretto da Riccardo Vatta. Il bando era stato preparato da una determina co-firmata dagli ingegneri Enrico Cortese e Giulio Bernetti. Se per piazza Libertà si intravede finalmente la possibilità del cantiere, per la galleria Montebello-Foraggi lo stadio è ancora quello della progettazione. Un bel progetto, comprensivo di sicurezza-direzione lavori-assistenza al collaudo, mirato all'improcrastinabile risanamento-riqualificazione di un tunnel strategico nei collegamenti urbani. È uno degli interventi più importanti tra quelli pianificati in questa stagione dal Comune e assorbirà 13 milioni di euro. Il sindaco Dipiazza ha preteso, per limitare il disagio all'utenza da/per Trieste Sud e al trasporto pubblico, che la galleria non sia chiusa ma che i lavori vengano effettuati tenendo aperta una corsia. In considerazione della rilevanza dell'opera, il bando richiede ai partecipanti alcuni requisiti in termini di capacità economico-finanziaria, come un fatturato non inferiore a 1,4 milioni negli ultimi tre esercizi e l'aver svolto negli ultimi dieci anni «due servizi analoghi». Anche in questo caso il criterio di aggiudicazione è l'offerta economicamente più vantaggiosa, con 70 punti "tecnici" e 30 "economici". Riferimento è sempre il servizio condotto da Riccardo Vatta. Le proposte dovranno pervenire entro le 12.30 del 21 febbraio per essere aperte il dì seguente alle 10. Il dirigente torna sempre sul luogo della gara: appuntamento alla stanza 11 dell'ammezzato.

Massimo Greco

 

 

Terrapieno muggesano verso la riapertura - La giunta: «I lavori procedono a pieno ritmo. Il primo lotto dovrebbe essere accessibile entro l'estate»
MUGGIA - «I lavori sul terrapieno di Acquario procedono come da programma ed entro la prossima estate sarà aperto al pubblico il primo lotto comprendente la pista ciclabile ed i due parcheggi». Francesco Bussani, assessore ai Lavori pubblici di Muggia, rassicura i residenti e tutti i bagnanti della costa rivierasca sull'andamento del cantiere sito sul terrapieno inquinato. La riqualificazione della costa muggesana, uno dei motti cardine della precedente amministrazione Nesladek, rimane tutt'oggi uno degli obbiettivi principali dell'amministrazione Marzi. I lavori sul tratto di costa posto in strada per Lazzaretto stanno proseguendo quasi senza sosta come spiega Bussani fornendo importanti dettagli: «La rete divisoria di recente posa, che separa la parte messa in sicurezza da quella su cui si deve ancora intervenire e che ha creato curiosità tra i nostri concittadini, era una delle condizioni vincolanti poste dalla Conferenza dei Servizi per poter aprire al pubblico intanto la parte a mare del terrapieno». Per quanto riguarda i lavori è confermato il progetto originario con qualche possibile ulteriore sviluppo: «L'accesso a mare per il momento sarà possibile attraverso le due spiaggette, ma nel prossimo periodo saranno studiate soluzioni atte ad ampliare gli accessi anche in altre zone del terrapieno». Il primo lotto dei lavori di riqualificazione di Acquario è costato circa 972mila euro grazie ad un finanziamento del Comune. Nel dettaglio, la spesa ha visto l'impiego di 400mila euro riservati al percorso da creare lungo la scogliera, 340mila euro per i parcheggi e l'area di sosta, e oltre 30mila euro per gli scarichi a mare delle acque meteoriche. Dalla prossima estate, dunque, l'area sarà nuovamente fruibile dopo quasi quindici anni di attesa: «Riconsegneremo alla cittadinanza una passeggiata a mare di 900 metri e le persone potranno entrare in acqua. E a chi sostiene che non ci saranno posti auto a sufficienza, dico che creeremo due parcheggi da quasi 100 posti», puntualizza Bussani. Ma non solo. L'assessore ai Lavori pubblici annuncia infatti importanti novità: «C'è una buona notizia. A partire dal prossimo autunno sarà già possibile proseguire nuovamente con i lavori dal momento che i patti territoriali tra l'Uti Giuliana e la Regione hanno sancito per i prossimi due anni lo stanziamento delle risorse necessarie al completamento dell'intera opera». Grazie al finanziamento - si parla di circa 2 milioni di euro - verranno quindi completate le opere idrauliche di raccoglimento delle acque meteoriche già iniziate durante la realizzazione del primo lotto: «Dopo decenni di abbandono e dopo un lungo e difficile lavoro iniziato durante la Giunta precedente, finalmente potremo usufruire di un'area, che ci era stata interdetta e che abbiamo potuto osservare soltanto da dietro una rete metallica. È evidente - conclude Bussani - che non possiamo che essere soddisfatti».

(ri.to.)

 

 

 

 

 

 

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